CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 16 ottobre 2013
104.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Finanze (VI)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

5-01055 Capezzone: Adozione del decreto ministeriale previsto dall'articolo 52, comma 3, del decreto-legge n. 98 del 2013, in relazione all'applicazione del meccanismo di rateazione dei debiti tributari.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame il Presidente Capezzone chiede di conoscere i tempi di adozione del decreto del Ministro dell'Economia e delle finanze per l'attuazione delle modifiche in materia di rateazione delle somme iscritte a ruolo, di cui al comma 3, dell'articolo 52, del decreto legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98.
  Al riguardo, si rappresenta quanto segue.
  Il citato articolo 52, comma 1, del decreto legge n. 69 del 2013 ha modificato l'articolo 19 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973 n. 602, inserendo il comma 1-quinquies in base al quale la rateazione, prevista dai commi 1 (rateazione ordinaria, concessa nell'ipotesi di temporanea situazione di obiettiva difficoltà) e 1-bis (rateazione in proroga, concessa nell'ipotesi di comprovato peggioramento della situazione di cui al comma 1), può essere aumentata fino a centoventi rate mensili, qualora il debitore si trovi per ragioni estranee alla propria responsabilità, in una comprovata e grave situazione di difficoltà legata alla congiuntura economica.
  Ai fini della concessione di tale maggiore rateazione, si intende per comprovata e grave situazione di difficoltà quella in cui ricorrono congiuntamente le seguenti condizioni:
   a) accertata impossibilità per il contribuente di eseguire il pagamento del credito tributario secondo un piano di rateazione ordinario;
   b) solvibilità del contribuente, valutata in relazione al piano di rateazione concedibile ai sensi delle nuove disposizioni introdotte.

  Il comma 3, del medesimo articolo 52, del decreto legge n. 69 del 2013 citato, ha previsto, poi, l'adozione di un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze mediante il quale dovranno essere stabilite le modalità di attuazione e monitoraggio degli effetti derivanti dall'applicazione del menzionato meccanismo di rateazione.
  In proposito, i competenti Uffici dell'Amministrazione finanziaria comunicano che sono in fase avanzata gli approfondimenti necessari alla stesura del provvedimento in argomento.
  In particolare, l'Agenzia delle entrate ed Equitalia S.p.A. stanno collaborando con il Dipartimento delle finanze ed il Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato alla predisposizione di una bozza di decreto che possa consentire, in un'architettura coerente con le altre disposizioni di settore, l'applicazione del nuovo meccanismo di rateazione nel più breve tempo possibile, al fine di tutelare i contribuenti in difficoltà.

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ALLEGATO 2

5-01162 Busin: Modalità e procedure seguite dall'Agenzia delle entrate per individuare i proprietari di immobili fantasma.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame l'Onorevole interrogante chiede chiarimenti in merito all'operazione condotta dall'Agenzia delle entrate e denominata «case fantasma».
  Al riguardo, l'Agenzia delle entrate rappresenta quanto segue.
  Preliminarmente, occorre fornire alcune precisazioni in merito a quanto rappresentato dagli Interroganti, in relazione al numero delle particelle e delle unità immobiliari accertate, nonché sulla circostanza che non sembrerebbe chiaro se si tratti di case fantasma, nel senso di edifici costituenti abusi edilizi... o di immobili per i quali era in via di definizione la rendita catastale da parte dei proprietari;».
  A tal proposito, l'Agenzia conferma quanto già riportato nel comunicato stampa, in merito all'individuazione, mediante la sovrapposizione delle ortofoto con le mappe catastali, di 2.228.000 particelle dei terreni sulle quali sono state attivate le operazioni finalizzate all'accertamento di immobili (o anche porzioni di immobili) sconosciuti in catasto. Tale operazione ha consentito di accertare la presenza di 1.261.000 unità immobiliari urbane e ciò indipendentemente dal fatto che gli immobili fossero abusivi, ovvero realizzati in regola con le norme urbanistiche.
  In relazione a tali unità immobiliari urbane individuate, per circa 492.000 immobili, l'Agenzia ha attribuito, ai sensi del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, una rendita presunta, non avendo provveduto i soggetti interessati agli adempimenti dichiarativi, mentre le restanti unità immobiliari, pari a circa 769.000, sono state censite con rendita definitiva, nella quasi totalità dei casi a seguito dell'avvenuta presentazione degli atti di aggiornamento catastali ad opera dei proprietari.
  Gli Interroganti, inoltre, lamentano che: «l'Agenzia... non spiega tuttavia come si sia potuto associare gli immobili ai proprietari...».
  Al riguardo, si evidenzia che, in linea generale, l'individuazione dei soggetti intestatari delle unità immobiliari urbane accertate è stata effettuata associando alle stesse gli intestatari catastali della particella di Catasto Terreni, ove è ubicato il fabbricato «fantasma», nel rispetto del principio dell'accessione e fatte salve eventuali diverse ulteriori informazioni.
  Gli interroganti, infine, rappresentano che «le stime rese note dall'Agenzia riferiscono solo di gettito fiscale, in termini di IMU, Irpef, cedolare secca e imposta di registro, in termini di gettito annuale per il futuro, non chiarendo se .... verranno imputate, ed in che misura, sanzioni e richieste di imposte pregresse...».
  A tal proposito, l'Agenzia sottolinea che la decorrenza fiscale delle rendite catastali, riguardanti i fabbricati fantasma, è stabilita come di seguito indicato.
  In relazione alle unità immobiliari urbane per le quali i soggetti interessati hanno provveduto alla regolarizzazione catastale, prima della attribuzione della rendita presunta, la decorrenza è stabilita dall'articolo 2, comma 36, del decreto Pag. 76legge 3 ottobre 2006, n. 262, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2006, n. 286.
  Più precisamente, a norma del citato articolo l'Agenzia del territorio, anche sulla base delle informazioni fornite dall'AGEA e delle verifiche, amministrative, da telerilevamento e da sopralluogo sul terreno, dalla stessa effettuate nell'ambito dei propri compiti istituzionali, individua i fabbricati iscritti al catasto terreni per i quali siano venuti meno i requisiti per il riconoscimento della ruralità ai fini fiscali, nonché quelli che non risultano dichiarati al catasto. L'Agenzia del territorio, con apposito comunicato da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale, rende nota la disponibilità, per ciascun comune, dell'elenco degli immobili così individuati comprensivo, qualora accertata, della data cui riferire la mancata presentazione della dichiarazione al catasto, e provvede a pubblicizzare, per i sessanta giorni successivi alla pubblicazione del comunicato, presso i comuni interessati e tramite gli uffici provinciali e sul proprio sito internet, il predetto elenco, con valore di richiesta, per i titolari dei diritti reali, di presentazione degli atti di aggiornamento catastale redatti ai sensi del regolamento di cui al decreto del Ministro delle finanze 19 aprile 1994, n. 701. Se questi ultimi non ottemperano alla richiesta entro sette mesi dalla data di pubblicazione del comunicato di gli uffici provinciali dell'Agenzia del territorio provvedono con oneri a carico dell'interessato, alla iscrizione in catasto attraverso la predisposizione delle relative dichiarazioni redatte in conformità al regolamento di cui al decreto del Ministro delle finanze 19 aprile 1994, n. 701, e a notificarne i relativi esiti. Le rendite catastali dichiarate o attribuite producono effetto fiscale, in deroga alle vigenti disposizioni, a decorrere dal 1° gennaio dell'anno successivo alla data cui riferire la mancata presentazione della denuncia catastale, ovvero, in assenza di tale indicazione, dal 1° gennaio dell'anno di pubblicazione del comunicato di cui al secondo periodo. Con provvedimento del Direttore dell'Agenzia del territorio, sono stabilite modalità tecniche ed operative per l'attuazione del presente comma. Si applicano le sanzioni per le violazioni previste dall'articolo 28 del regio decreto-legge 13 aprile 1939, n. 652, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 1939, n. 1249, e successive modificazioni.
  Con riguardo alle unità immobiliari per le quali non sono stati espletati gli adempimenti dichiarativi in argomento l'Agenzia ha attribuito la rendita presunta ai sensi dell'articolo 2, comma 5-bis, del decreto legge 29 dicembre 2010, n. 225, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10.
  Più in particolare, secondo la norme citata, in considerazione della massa delle operazioni di attribuzione della rendita presunta, l'Agenzia del territorio ha notificato gli atti di attribuzione della predetta rendita mediante affissione all'albo pretorio dei comuni dove sono ubicati gli immobili. Dell'avvenuta affissione è data notizia con comunicato da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale, nel sito internet dell'Agenzia del territorio, nonché presso gli uffici provinciali ed i comuni interessati. Trascorsi sessanta giorni dalla data di pubblicazione del comunicato nella Gazzetta Ufficiale, decorrono i termini per la proposizione del ricorso dinanzi alla commissione tributaria provinciale competente. In deroga alle vigenti disposizioni, la rendita catastale presunta e quella successivamente dichiarata come rendita proposta o attribuita come rendita catastale definitiva producono effetti fiscali fin dalla loro iscrizione in catasto, con decorrenza dal 1° gennaio 2007, salva la prova contraria volta a dimostrare, in sede di autotutela, una diversa decorrenza. I tributi, erariali e locali, commisurati alla base imponibile determinata con riferimento alla rendita catastale presunta, sono corrisposti a titolo di acconto e salvo conguaglio.
  Le procedure previste per l'attribuzione della rendita presunta si applicano anche agli immobili non dichiarati in catasto, individuati ai sensi dell'articolo Pag. 7719, comma 7, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, a far data dal 2 maggio 2011.
  In merito agli aspetti sanzionatori correlati all'accertamento catastale trovano applicazione le disposizioni contenute nell'articolo 2, comma 12 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, che ha inasprito i limiti edittali delle sanzioni amministrative previste in caso di inadempimento degli obblighi di dichiarazione degli immobili e delle variazioni di consistenza e destinazione, come chiarito nella circolare n. 4 del 29 aprile 2011 dell'Agenzia del Territorio.

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ALLEGATO 3

5-01163 Pisano: Emanazione di atti interpretativi in merito all'applicazione dell'imposta di bollo sugli estratti dei conti correnti intestati ai condomini.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame gli onorevoli interroganti chiedono l'adozione di un'apposita circolare che chiarisca l'imposta di bollo da applicare, ai sensi della tariffa allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 642, agli estratti conto e altri documenti inviati dalle banche e relativi ai conti correnti intestati ai condomini
  Al riguardo, l'Agenzia delle entrate fa presente quanto segue.
  Ai fini dell'imposta di bollo, l'articolo 13, comma 2-bis, della tariffa allegata al decreto del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 642, prevede che l'imposta dovuta per gli estratti di conto corrente venga applicata nella misura di euro 34,20, se il cliente è persona fisica e, nella misura di euro 100, se il cliente è soggetto diverso da persona fisica.
  Con riferimento al condominio, la Corte di Cassazione con sentenze n. 9148 dell'8 aprile 2008 e n. 16920 del 21 luglio 2009, ha affermato che l'amministratore e l'assemblea nell'ambito del condominio non possono essere paragonati agli organi di un ente di gestione o, ancora più in generale, ad una persona giuridica.
  Ciò premesso, l'Agenzia delle entrate sottolinea che la previsione normativa in argomento è stata oggetto di interpretazione con la circolare n. 15 del 10 maggio 2013.
  In tale sede, è stato ribadito che il trattamento tributario applicabile, ai fini dell'imposta di bollo, agli estratti di conto corrente è differenziato in ragione del soggetto titolare del rapporto, ed è pari ad euro 34,20, su base annua, se il cliente è persona fisica, e ad euro 100, su base annua, se il cliente è diverso da persona fisica.
  A tal fine, occorre considerare il soggetto che risulta intestatario del conto corrente o del libretto di risparmio.
  Sulla base di tale principio, con riferimento ai conti correnti intestati ad imprenditori individuali, è stato precisato che l'imposta deve essere comunque applicata nella misura prevista per le persone fisiche, a prescindere dall'attività svolta da tale soggetto.
  In considerazione della previsione dettata dal richiamato articolo 13, comma 2-bis, ed in assenza di specifiche previsioni al riguardo, deve, dunque ritenersi che nel caso in cui il conto corrente sia intestato al condominio, trattandosi di soggetto diverso da persona fisica, l'imposta di bollo deve essere corrisposta nella misura annua di euro 100,00.
  Non sembra assumere rilievo al riguardo, la circostanza che la giurisprudenza di legittimità abbia affermato che il condominio non possa essere assimilato «agli organi di un ente di gestione o, ancor più in generale di una persona giuridica».
  La previsione normativa dettata dall'articolo 13, comma 2-bis, della Tariffa, allegata al decreto del Presidente della Pag. 79Repubblica 26 ottobre 1972, n. 642 assoggetta, infatti, all'imposta di bollo nella misura di euro 100 tutti i rapporti intestati a soggetti diversi dalle persone fisiche.
  È opportuno rappresentare, comunque, che la problematica in esame appare meritevole di ulteriori approfondimenti tecnici da parte degli Uffici dell'Amministrazione finanziaria.

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ALLEGATO 4

5-01164 Causi: Interventi sui sistemi dei compensi della dirigenza bancaria e finanziaria.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con l'interrogazione a risposta immediata in Commissione l'onorevole Causi, nel citare i compensi che spetterebbero all'Amministratore Delegato del gruppo Intesa San Paolo, chiede al Governo se l'Autorità di Vigilanza sia intervenuta in materia e se non ritenga urgente un intervento legislativo sul sistema dei compensi del management nel settore bancario e finanziario.
  Al riguardo, la Banca d'Italia, sentita dalla Segreteria del Comitato Interministeriale per il Credito ed il Risparmio, ha comunicato che a seguito della crisi finanziaria internazionale la tematica delle remunerazioni dei manager bancari ha formato oggetto di attenzione anche nell'ambito del più ampio dibattito instaurato nelle sedi internazionali.
  In tale linea, si inseriscono le disposizioni in materia di politiche di remunerazione dettate nel 2008 dalla Banca d'Italia al sistema bancario, con l'emanazione delle istruzioni in materia di organizzazione e governo societario, secondo i quali i sistemi retributivi non devono essere in contrasto con le politiche di prudente gestione del rischio della banca e con le sue strategie di lungo periodo.
  L'Autorità di Vigilanza ha fatto presente di essere intervenuta ripetutamente per richiamare gli intermediari al pieno rispetto delle linee guida e delle norme emanate in materia e, in linea con i principi e gli standard approvati a livello internazionale, nel marzo 2011, ha emanato le nuove Istruzioni di Vigilanza in materia di politiche e prassi di remunerazione e incentivazione nelle banche e nei gruppi bancari.
  Tali istruzioni prevedono che i sistemi di remunerazione nelle banche e nei gruppi bancari devono essere coerenti con gli obiettivi aziendali di lungo periodo, opportunamente corretti per tener conto di tutti i rischi e in linea con i livelli di capitale e di liquidità necessari a fronteggiare le attività intraprese.
  Le citate disposizioni stabiliscono, altresì, che l'ammontare complessivo della remunerazione variabile deve essere sostenibile rispetto alla situazione finanziaria della banca e non deve limitare la sua capacità di mantenere o raggiungere un adeguato livello di patrimonializzazione.
  Con l'approvazione della legge 15 dicembre 2011, n. 217 (legge comunitaria per il 2010) sono state apportate le necessarie integrazioni al Testo Unico Bancario e al Testo Unico in materia di Intermediazione Finanziaria per includere espressamente i sistemi di remunerazione nell'ambito degli assetti organizzativi e di governo societario degli intermediari e per attribuire alla Banca d'Italia specifici poteri di intervento, tra cui quello di fissare limiti all'importo totale della parte variabile delle remunerazioni.
  Nel marzo 2012, la Banca d'Italia è nuovamente intervenuta sul tema per chiedere alle banche e ai gruppi bancari di impegnarsi, in sede di approvazione dei bilanci per l'esercizio 2011, a preservare l'equilibrio della situazione aziendale e il Pag. 81mantenimento di condizioni di adeguatezza patrimoniale, tenendo conto del difficile momento congiunturale.
  In tale contesto, è stato esplicitamente fatto un richiamo, oltre che all'esigenza di politiche di distribuzione degli utili ispirate a canoni di prudenza, alla necessità di un contenimento degli oneri derivanti dalla remunerazione variabile a vantaggio dell'obiettivo del rafforzamento patrimoniale.
  Infine, ulteriori interventi, volti a sollecitare da parte degli intermediari vigilati una prudente politica di bilancio in materia di remunerazione e incentivazione del personale, sono stati effettuati con comunicazione del 13 marzo 2013, che si allega, disponibile anche sul sito internet della Banca d'Italia.
  Si segnala, comunque, che ulteriori disposizioni in materia sono contenute nella Direttiva 2013/36/UE, che dovrà essere recepita nell'ordinamento italiano entro il 1° gennaio 2014.
  Per quanto riguarda, poi, gli accordi economici intercorsi tra il Gruppo Intesa San Paolo e il dottor Cucchiani, il Comitato Interministeriale per il Credito ed il Risparmio ha precisato che sulla vicenda gli uffici della Vigilanza della Banca d'Italia hanno acquisito informazioni che sono allo stato oggetto di valutazione.

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ALLEGATO 5

5-01210 Zanetti e Sberna: Interpretazione della disciplina relativa al calcolo degli interessi sull'imposta sostitutiva per la rivalutazione degli immobili di impresa.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame, gli Onorevoli interroganti segnalano che le società stanno ricevendo avvisi di irrogazione delle sanzioni per presunti carenti versamenti della seconda e terza rata dell'imposta sostitutiva per la rivalutazione degli immobili, effettuata ai sensi dell'articolo 15 del decreto legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2.
  Il motivo del recupero è rappresentato dal fatto che gli interessi dovuti sulla seconda e terza rata vengono, da parte dell'Agenzia delle entrate, quantificati nella misura del 3 per cento, mentre le società contribuenti hanno versato gli importi dovuti aumentati in ragione del tasso d'interesse legale, in virtù di una controversa interpretazione del comma 22, del citato articolo 15 del decreto legge n. 185 del 2008.
  Ciò posto, gli onorevoli interroganti chiedono l'adozione di una apposita iniziativa ermeneutica volta a chiarire, in via definitiva, le modalità di applicazione degli interessi dovuti sui versamenti rateali dell'imposta sostitutiva per la rivalutazione degli immobili delle società.
  Al riguardo, l'Agenzia delle Entrate osserva che il citato articolo 15, comma 22, del decreto legge n. 185 del 2008, prevede che il pagamento dell'imposta sostitutiva possa essere dilazionato in tre rate, la prima delle quali doveva essere versata entro il termine di versamento del saldo delle imposte sui redditi relative al periodo d'imposta con riferimento al quale la rivalutazione è stata eseguita e le altre entro il termine previsto per il versamento a saldo delle imposte sui redditi, relative ai periodi d'imposta successivi.
  In particolare, i contribuenti con esercizio coincidente con l'anno solare, che hanno eseguito la rivalutazione nel bilancio chiuso al 31 dicembre 2008 e hanno optato per il versamento rateale dell'imposta sostitutiva, dovevano effettuare il pagamento della prima rata entro il 16 giugno 2009 e quello delle due rate successive entro il 16 giugno 2010 e il 16 giugno 2011.
  La medesima disposizione in esame prevede, inoltre, che sulle rate successive alla prima sono dovuti «gli interessi legali con la misura del 3 per cento annuo» da versarsi contestualmente al versamento di ciascuna rata. La norma, nel fare riferimento all’«interesse legale», ne fissa la misura al 3 per cento. Tale misura coincideva con quella del saggio d'interesse legale in vigore dal 1o gennaio 2008 al 31 dicembre 2009 (decreto ministeriale 12 dicembre 2007) ma non con la misura del predetto saggio vigente negli anni successivi.
  La formulazione della norma in commento, a parere dell'Agenzia, può effettivamente dare adito a dubbi interpretativi, perché la misura del saggio degli interessi legali, fissata di volta in volta mediante decreto ministeriale, è per sua natura variabile e, quindi, mal si concilia con l'indicazione di uno specifico tasso di interesse, coincidente con il saggio di interesse Pag. 83legale, vigente alla data di entrata in vigore della norma. Tanto più che nella generalità dei casi il legislatore, quando intende far riferimento al saggio di interesse legale, non ne indica la misura.
  Ciò premesso, l'Agenzia delle Entrate evidenzia che la specificazione, contenuta nella norma, della misura del tasso di interesse in caso di rateazione (3 per cento) deve intendersi nel senso che il legislatore abbia voluto l'applicazione di un saggio fisso per tutte le rate da corrispondere. Il riferimento, pur contenuto nella norma, all’ «interesse legale», deve ritenersi, a parere dell'Agenzia, quale mero pleonasma, diretto a specificare – in maniera evidentemente ridondante – che il tasso in discorso, in quanto previsto da una norma, è comunque «legale».
  Pertanto, l'Agenzia esprime l'avviso che la specifica indicazione, nella disposizione in esame, della misura del tasso di interesse da corrispondere in caso di pagamento rateale (3 per cento), comporti l'applicazione del predetto tasso fisso in ciascuno dei tre versamenti previsti dal comma 22 del predetto articolo 15 del decreto legge n. 185 del 2008, a prescindere dalla misura del saggio di interesse legale in vigore negli anni 2010 e 2011.
  D'altro canto, l'Agenzia condivide l'avviso espresso dagli Onorevoli Interroganti che la formulazione della norma è idonea ad ingenerare un'obiettiva condizione di incertezza sulla corretta misura del saggio di interesse applicabile ai versamenti rateali.
  A tale fine, nel mese di settembre 2013 sono state già impartite, da parte dell'Agenzia delle Entrate, agli uffici le istruzioni affinché gli stessi – in sede di assistenza prestata ai contribuenti che abbiano ricevuto comunicazioni di irregolarità a seguito del controllo automatizzato di cui all'articolo 36-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 procedano alla disapplicazione della sanzione relativa ai maggiori interessi dovuti in applicazione del tasso del 3 per cento, rispetto alle misure inferiori del saggio legale in vigore alle scadenze della seconda e della terza rata. Ciò, in ossequio al principio dell'affidamento e della buona fede, di cui all'articolo 10 comma 3, della legge n. 212 del 2000 (Statuto dei diritti del contribuente).

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ALLEGATO 6

DL 101/2013: Disposizioni urgenti per il perseguimento di obiettivi di razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni. C. 1682 Governo, approvato dal Senato.

PARERE APPROVATO DALLA COMMISSIONE

  La VI Commissione,
   esaminato, ai sensi dell'articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria, il disegno di legge C. 1682, approvato dal Senato, di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, recante «Disposizioni urgenti per il perseguimento di obiettivi di razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni»;
   sottolineata positivamente la previsione di cui al comma 7-bis dell'articolo 3 del decreto-legge, la quale stabilisce che nei contratti dei dirigenti di società pubbliche non possono essere inserite, a pena di nullità, clausole che prevedano, al momento della cessazione del rapporto, benefici economici superiori a quelli derivanti ordinariamente dal contratto collettivo di lavoro, salvo il caso in cui le stesse clausole non siano state preventivamente autorizzate dall'ente o amministrazione controllante,
  esprime

NULLA OSTA