CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 26 settembre 2013
90.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari esteri e comunitari (III)
ALLEGATO

ALLEGATO

Sulla missione svolta in Afghanistan
(11-14 settembre 2013)

COMUNICAZIONI

  Una delegazione delle Commissioni Affari esteri del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati, composta dai senatori Augusto Minzolini, Maria Mussini e Giorgio Tonini, e dai deputati Gennaro Migliore, Gianluca Pini e Maria Edera Spadoni, si è recata in missione in Afghanistan dall'11 al 14 settembre 2013 per visitare i progetti della cooperazione e il contingente militare italiani, oltre che per avere incontri con rappresentanti delle istituzioni e della società civile afgana*.
  La delegazione, accompagnata dal consigliere parlamentare Federico Petrangeli, è giunta a Dubai nella tarda serata di mercoledì 11 settembre. All'aeroporto di Dubai ha incontrato il Vice Ministro degli Affari esteri, Lapo Pistelli, insieme al quale ha proseguito la missione fino a Kabul, dove è giunta, con volo di linea, nella mattina del 12 settembre, accolta dall'Ambasciatore d'Italia Luciano Pezzotti.
  * La missione è stata preceduta da due incontri di approfondimento, che si sono tenuti a Roma, Il 5 settembre la delegazione parlamentare ha incontrato, presso il Senato, Zia Nezam, Ambasciatore dell'Afghanistan in Italia, mentre il 10 settembre ha incontrato, presso la Camera, Flavio Bucci, Capo dell'Unità Afghanistan e Dimensione regionale del Ministero degli Affari esteri, e Alessandro Gaudiano, Vice direttore centrale per la programmazione degli interventi presso la Direzione generale per la cooperazione allo sviluppo, sempre del Ministero degli Esteri, e Capo della task force Afghanistan, Pakistan e Myanmar.

  È stata quindi effettuata una visita all'ospedale di Emergency. In Afghanistan l'organizzazione umanitaria, presente dal 1999, ha aperto e gestisce 3 centri chirurgici situati, oltre che a Kabul, ad Anabah, nella valle del Panshir, e a Lashkar-gah, capoluogo della provincia meridionale di Helmand. Nati come ospedali destinati alle vittime di guerra, nel tempo i centri hanno ampliato i criteri di ammissione per rispondere ad altri bisogni della popolazione. Il Centro chirurgico di Kabul, che ha avviato le sue attività nel 2001, è collocato in un ex asilo bombardato, nel centro della città. Nell'agosto del 2003 è stato aperto un Reparto di rianimazione e terapia intensiva dotato di 6 posti letto, con monitor, infusori e ventilatori. Nell'agosto del 2005, a causa dell'aumento costante di pazienti con traumi «chiusi», è stato installato un apparecchio per tomografie computerizzate, il solo disponibile gratuitamente in tutto l'Afghanistan. Durante la visita dell'ospedale la delegazione ha potuto apprezzare, tra l'altro, le strumentazioni presenti, le condizioni igieniche e la collaborazione tra personale italiano e personale afgano.
  Si è poi svolta una visita all’Ospedale Esteqlal, situato sempre nel centro della città di Kabul. Il sostegno all'ospedale Esteqlal di Herat è una delle prime attività avviate dalla Cooperazione Italiana in Afghanistan. La struttura, dopo il periodo della guerra civile e dei talebani, era semi distrutta e scarsamente operativa. La Cooperazione Italiana, nel corso degli anni, ha contribuito alla ricostruzione fisica delle strutture, alla fornitura di macchinari ed equipaggiamenti medicali, e infine alla Pag. 49formazione del personale sia dal punto di vista sanitario, sia da quello gestionale. L'ospedale serve una popolazione di oltre un milione di abitanti ed è collegato a 7 centri sanitari decentrati, anch'essi sostenuti in passato dalla Cooperazione Italiana.
  Tra le realizzazioni più importanti il nuovo reparto di maternità visitato dalla delegazione e il dipartimento ustionati. Quest'ultimo è stato l'unico servizio del genere a Kabul fino a pochi mesi fa ed è particolarmente importante per la quantità di casi derivati da incidenti casalinghi, ma anche da scoppi di ordigni o dall'uso di acidi contro le donne. In questo momento, è in corso un progetto gestito direttamente dal Ministero della Sanità Pubblica, con fondi italiani, che consentirà di realizzare un moderno centro diagnostico.
  I medici dell'ospedale hanno sottolineato in particolare i programmi di educazione sessuale e pianificazione familiare rivolti alle fasce più giovanili della popolazione femminile afgana. Hanno espresso l'auspicio che il sostegno italiano possa essere mantenuto e rafforzato anche dopo il 2014.
  La visita è poi proseguita nel «Giardino delle Donne», una bella struttura con ampio giardino e zone verde, nel centro della città. Il Giardino delle Donne è una struttura protetta tradizionale nella cultura afgana, dove le donne si recano, in particolare il venerdì e i giorni di festa, per passare tempo in libertà con amiche e figli. La Cooperazione Italiana ha aiutato il Ministero degli Affari Femminili a realizzare all'interno del Giardino attività formative per donne (dal taglio di pietre semipreziose, ai corsi di cucina per attività di catering, non dimenticando l'alfabetizzazione di base). Attraverso i corsi sono state formate più di mille donne in vari aspetti e mestieri. L'attività di formazione viene generalmente condotta da ONG locali, con la collaborazione di ONG internazionali, soprattutto per gli aspetti di facilitazione e di mediazione sociale.
  Sono state costituite due cooperative che risultano operanti al di fuori del Giardino, per attività di vario genere, in particolare nel settore del taglio delle pietre (le donne hanno aperto un negozio a Chicken Street, la strada dell'artigianato) e del catering per ministeri e organismi pubblici. Anche il punto di ristoro all'interno del Giardino è stato aperto nel quadro del progetto della Cooperazione Italiana. Dai progetti di formazione è nata anche «Tolo-e-shams», è una società impegnata nel settore elettrico, specializzata nella riparazione e nell'assemblaggio di apparecchiature elettriche ed elettrodomestici, oltre che nell'istallazione di impianti di condizionamento e di sistemi fotovoltaici.
  Il sostegno al Ministero degli Affari femminili ha comunque subito una naturale evoluzione e, a partire dal 2013, si è passati dal sostegno diretto alle attività all'interno del Giardino delle donne, iniziato nel 2005, al supporto alla progressiva autonomizzazione della struttura che viene ormai gestita dallo stesso Ministero degli Affari Femminili. Le donne coinvolte nei progetti hanno raccontato le proprie esperienze di formazione, le prospettive lavorative e il mutamento delle relazioni nei confronti delle famiglie e degli ambienti sociali di riferimento. La delegazione la cui visita è stata molto apprezzata ha assunto l'impegno di garantire la continuazione dei progetti di cooperazione italiana.
  A seguire, si è tenuto un incontro, presso il quartier generale dell'ISAF, con l'Ambasciatore Maurits Jochems, Senior Civilian Rapresentative NATO, e con il Gen. C.A. Giorgio Battisti. L'ambasciatore Jochems ha sottolineato la delicatezza dell'attuale fase di transizione, sia in Afghanistan che nelle capitali dei principali paesi impegnati nella missione ISAF. Nonostante gli innegabili progressi, il Paese continua infatti a soffrire di gravi debolezze strutturali. Il quadro di sicurezza resta fragile, alla minaccia dell'insorgenza si aggiungono la criminalità organizzata e il traffico di droga alimentato dall'abbondanza di oppio, di cui l'Afghanistan è il primo produttore al mondo. Le istituzioni permangono deboli e non vi è una reale Pag. 50separazione dei poteri dello Stato. I principali partiti politici affondano le radici nei gruppi di miliziani, nati negli anni della resistenza sovietica, divisi principalmente secondo linee etniche, tribali e religiose. A seguito della caduta del regime talebano c’è stata una proliferazione di partiti di dimensioni minori, blandamente accomunati da un'agenda politica di stampo progressista occidentale. Tuttavia, la loro capacità di incidere nella dinamica politica afgana è rimasta ridotta, a causa delle limitate risorse a loro disposizione rispetto alle strutture della resistenza. I partiti agiscono comunque per lo più come organizzazioni elettorali o reti di sostegno per le candidature. La marginalizzazione dei partiti nel sistema elettorale afgano non è avvenuta per caso. È noto lo scetticismo del Presidente afgano nei confronti delle organizzazioni partitiche, nelle cui pressioni e rivalità ha spesso indicato alcune delle cause dell'instabilità del paese. In questo contesto le prossime scadenze elettorali sia presidenziale che parlamentare, rappresentano un fondamentale banco di prova delle prospettive di stabilizzazione politica del Paese.
  I componenti della delegazione hanno chiesto approfondimenti sulla normativa per la presentazione delle candidature e sulle posizioni dei diversi possibili candidati alle elezioni presidenziali, anche in relazione alle rispettive appartenenze tribali. Per la presentazione delle candidature vige un sistema di raccolta e deposito di firme, accompagnato da garanzie di carattere economico. I principali leader politici stanno cercando di organizzare dei ticket presidenziali in grado di rappresentare le diverse appartenenze etniche. È pertanto ancora difficile fare previsioni sulle candidature e sugli esiti della consultazione. Di certo emerge il desiderio del Presidente Karzai di mantenere un certo controllo sul risultato elettorale e sul futuro del paese, anche se nell'ambito di un passaggio di consegne pacifico, se non altro per garantire la propria sopravvivenza politica e il mantenimento della rete di interessi sviluppata in questi anni.
  Per quanto riguarda i profili militari della transizione post 2014, il Gen. C.A. Giorgio Battisti ha sottolineato come il processo di definizione della nuova missione Nato «Resolute support», che partirà dal 1o gennaio 2015, è ancora in corso. Fin dal vertice Nato di Chicago, i Paesi alleati hanno stabilito che nella nuova missione le forze armate avranno essenzialmente funzioni di addestramento, formazione e assistenza a favore delle forze di sicurezza afgane con dimensioni ben inferiori rispetto alla missione ISAF. Non sono però ancora chiare le modalità di partecipazione dei vari paesi attualmente impegnati sul terreno. La delegazione ha chiesto approfondimenti sul fenomeno degli attacchi cosiddetti «green-on-blue», cioè le aggressioni perpetrata ai danni della coalizione internazionale da parte di membri delle forze di sicurezza afgane. Si tratta di un fenomeno che, purtroppo, è in forte crescita, anche per la progressiva maggior concentrazione sulle attività di formazione e di addestramento, che implicano vicinanza e collaborazione costante tra le truppe ISAF e afgane. Nel 2012 si sono registrate più di 50 vittime tra i soldati della coalizione, segnando così un netto incremento rispetto al 2011.
  Durante la colazione di lavoro presso il compound della Cooperazione allo Sviluppo, la delegazione ha potuto approfondire le varie attività della cooperazione italiana, ma anche conoscere direttamente le condizioni di vita e di lavoro del nostro personale in loco.
  Una particolare attenzione è stata destinata alla presentazione del progetto per la sistemazione della strada Kabul – Maidan Shar – Bamyan, nei cui confronti diversi componenti della delegazione avevano espresso, fin nell'incontro preparatorio del 10 settembre, particolare interesse, formulando diverse richieste di chiarimenti. Il tracciato del collegamento è di 132 km e si snoda attraverso la catena dell'Hindukush, passando per due passi a circa 3000 metri. Si tratta quindi di una tratta montana con notevoli difficoltà tecniche, ma importante sia economicamente che politicamente, per la sua funzione di Pag. 51collegamento a Kabul della provincia di Bamyan, culla dell'etnia hazara, storicamente discriminata nel Paese ed oggetto di eccidi durante la guerra civile ed il periodo talebano. La prima idea relativa alla realizzazione della strada risale al 2002, su richiesta dell'allora Ministro delle Finanze afgano. Le risorse finanziarie allora disponibili non permettevano di finanziare un'iniziativa di riabilitazione dell'intera tratta stradale. Quindi venne ipotizzato il finanziamento dell'intera progettazione e la realizzazione dei lavori sui primi 70 km di percorso: da Maidan Shar a Gardandewal. L'iniziativa venne quindi deliberata nell'ottobre del 2003 per un importo complessivo di 38 milioni di Euro, di cui 36 milioni affidati al Governo afgano e 2 milioni a UNDP-UNOPS per le attività di assistenza tecnica e certificazione. La società selezionata per la progettazione e la supervisione dei lavori è stata la «Lotti e Associati» attraverso gara limitata a ditte italiane. Il bando per la costruzione del primo lotto è stato pubblicato, nel 2006 come gara internazionale aperta e vinto da una grande società di costruzioni cinese. I lavori sono iniziati a fine 2006. Per problemi di sicurezza la consegna dei primi 54 km è stata possibile solo giugno 2012. Nel frattempo, nell'aprile del 2008 è stata approvata la delibera per la realizzazione della seconda tratta della connessione. I fondi sono stati anche in questo caso affidati alla gestione delle Autorità afgane. Per la supervisione dei lavori la gara è stata vinta ancora una volta dalla «Lotti e Associati». La selezione della società di costruzione ha comportato invece numerosi problemi e ritardi. La gara è stata ripetuta tre volte, ed è stata alla fine vinta da consorzio formato da una società iraniana capofila (che si è verificato non fosse soggetta a sanzioni internazionali) e da due società afgane. I lavori si sono avviati a ottobre 2010 e al momento attuale hanno raggiunto il 40 per cento del totale. Si prevede il completamento dell'opera nell'agosto 2015.
  I dati ufficiali, ma non aggiornati, si trovano sul sito della Direzione Generale per la Cooperazione allo Sviluppo del Ministero degli affari esteri:
   Importo complessivo: 40.077.337,63 Euro
   Forma: Dono – Ordinaria
   Canale: Bilaterale
   Gestione: Affidamento ad Altri Enti
   Ente esecutore: Governo Locale
   Controparte: Ministero dei Lavori Pubblici dell'Afghanistan

  Bisogna ricordare che nell'aprile 2008 è stata approvata dal Comitato Direzionale la Delibera n. 62 per la realizzazione della seconda tratta della connessione Kabul – Bamyan: 82 km da Bamyan al passo Onai per un importo complessivo di 63,4 milioni di euro, affidati alla gestione delle Autorità afghane.
  Inoltre si può constatare che REMABAR costa circa 700 mila dollari a km per la prima tratta e circa 900 mila dollari a km per la seconda, visti i complessi interventi data la natura del terreno.
  La Dgcs ha offerto un pacchetto di crediti di aiuto fino a 150 milioni di euro per altre due infrastrutture: la strada Herat-Chest i Sharif, perno del corridoio stradale est-ovest (orientativamente 95 milioni di euro), e l'aeroporto internazionale di Herat, al fine di aprirlo quanto prima al traffico internazionale: 55 milioni di euro per la prima fase. Bisognerebbe sapere lo stato dei progetti.
  Nel complesso, l'Italia ha approvato dal 2001 circa 645 milioni di euro per programmi di cooperazione allo sviluppo, dei quali circa 500 finora effettivamente erogati.
  Nel pomeriggio, presso la Residenza dell'Ambasciatore, si è svolto un incontro con una delegazione di parlamentari donne: Elay Ershad, Fawzia Koofi, e Nahid Farid. All'incontro erano presenti anche Najila Habibyar, Commissaria per la partecipazione dell'Afghanistan all'Expo 2015 e Khojesta Fana Ebrahimkhel, Direttrice Pag. 52del dipartimento delle questioni femminili e dei diritti umani presso il Ministero degli esteri afgano.
  Particolare interesse ha suscitato l'intervento della signora Farid, che ha 24 anni ed è stata eletta deputato per la Provincia di Herat, nel 2009. Si tratta del parlamentare più giovane del Paese, che si è sempre distinta per grinta e determinazione. Appartiene a un movimento di ispirazione ecologista, lontano dalle posizioni del Presidente Karzai. Dopo aver presieduto provvisoriamente l'Aula l'On. Farid ha cercato di farsi eleggere, senza successo, Vice Presidente della Commissione Bilancio, terza carica dell'Assemblea parlamentare. Ha raccontato che, il motivo per cui non è riuscita a riportare il numero di voti sufficiente è che i suoi colleghi non volevano una donna, per giunta molto giovane, a presiedere, in caso di assenza del Presidente e del suo Vice, i lavori della Camera. Nonostante le difficoltà, la signora Farid continua in Parlamento a far sentire la sua voce in favore della trasparenza, della legalità e dei diritti delle donne. Ha ricordato la soddisfazione con cui, nei primi giorni della sua attività, si è trovata a sedere in Parlamento, come donna, con gli stessi diritti dei colleghi uomini. La signora Habibyar, commissaria per la partecipazione all'Expò, ha ricordato l'importanza della presenza femminile nel mondo economico, e, più in generale, l'importanza dell'autonomia e dei riconoscimenti professionali nel cammino dell'emancipazione femminile.
  Le parlamentari afgane che hanno ripetutamente ringraziato i colleghi italiani per la loro presenza hanno anche ricordato la necessità di una politica di «quote rosa» che favorisca la presenza femminile nelle istituzioni e l'importanza di considerare i diritti delle donne nei progetti di cooperazione dei paesi donatori. La delegazione italiana ha ricordato l'impegno italiano alla Conferenza di Tokio, affinché i diritti delle donne fossero inseriti tra le condizioni necessarie per la concessione di aiuti economici e di sostegno allo sviluppo. È stata ricordata la costituzione, alla Camera, di un Gruppo di contatto delle deputate italiane con le donne afgane, coordinato dalla Vice Presidente Sereni. La delegazione ha anche rappresentato, l'auspicio, condiviso dalle più alte cariche del Parlamento italiano, di un rafforzamento delle relazioni interparlamentari tra i due paesi. È stata prospettata l'attivazione di programmi di scambio e di cooperazione, anche amministrativa, tra i due Parlamenti, che potrebbero anche essere finanziati all'interno dei programmi di intervento della cooperazione italiana.
  A seguire si è poi svolto, sempre presso la Residenza, un incontro con rappresentanti della società civile afgana, cui hanno partecipato Sima Samar, Presidente della Commissione indipendente dei Diritti umani, Najla Ayubi, di «Open Society Foundation», Nargis Nehan, Direttrice della ONG «Equality for Peace and Democracy», e Andesha Farid, responsabile di «Afghan Child Education and Care Organization». Particolare interesse ha suscitato la presenza di Sima Samar, personaggio assai significativo in Afghanistan per la lotta per i diritti, in particolare quelli delle donne. Politicamente avversa al Presidente Karzai, con cui ha un rapporto complesso, reso difficile dal fatto di essere nota per criticarlo in pubblico e soprattutto tenergli testa in privato, Sima Samar lavora con tenacia da anni per rafforzare l'istituzione di cui è a capo. Quando ha cominciato, all'inizio degli anni 2000, la Commissione lavorava in poco più che una stanzetta. Oggi ha 16 Uffici sparsi nel Paese e circa 600 persone di staff. Dopo 18 mesi di impasse, dovuta alla scadenza del mandato di una parte dei suoi membri, l'organismo ha ripreso la sua piena attività a giugno, quando il Presidente Karzai ha nominato i membri mancanti. Si tratta purtroppo di persone scelte con criterio politico, che non hanno alcuna esperienza nel campo dei diritti umani e che anzi, almeno in un caso, destano sospetti circa il loro orientamento restrittivo. Ciò pone un problema pratico alla signora Samar e uno serio per il futuro della Commissione: a fine ottobre il Consiglio dei Diritti Umani di Ginevra (organismo non ONU composto dai rappresentanti Pag. 53delle Commissioni indipendenti dei diritti umani dei Paesi del mondo che hanno lo status di A – garanzia della massima indipendenza) rivedrà, come accade ogni 5 anni, lo status della Commissione afgana e c’è il serio pericolo che le assegnino una B. La retrocessione potrebbe indurre Samar a lasciare un organismo con poco credito ma soprattutto potrebbe determinare il ritiro dei finanziamenti da parte di alcuni donatori internazionali, tra cui il Canada che è il principale, perché la normativa nazionale non consente di sostenere commissioni per i diritti umani che non abbiano il rango di A.
  La signora Saman ha rappresentato le numerose difficoltà del processo di riconciliazione nazionale, condividendo l'opinione, espressa dalla delegazione, che tale processo debba necessariamente prevedere l'accertamento delle responsabilità personali. Ha comunque espresso la speranza che le prossime elezioni possano favorire il processo di riconciliazione, e ha chiesto il sostegno internazionale per assicurare condizioni di correttezza del processo elettorale, entro una cornice di sicurezza e per favorire la presenza femminile. La delegazione ha espresso il rammarico che l'Italia non sia tra i finanziatori della Commissione, impegnandosi per quanto possibile a sollecitare il superamento di tale lacuna. Su richiesta della delegazione, la signora Saman ha confermato che il rapporto sulla situazione dei diritti umani nel suo paese è di fatto completo, e che la sua pubblicazione si scontra con ragioni di opportunità politica. Ha anche aggiunto, rispondendo a una sollecitazione della delegazione, che la Commissione intende esercitare una forma di controllo, sempre sotto il profilo dei diritti umani, anche nei confronti del processo elettorale. Sia la signora Ayubi, che la signora Nehan, oltre a ringraziare della visita, hanno rivolto un pressante invito al nostro paese a mantenere e rafforzare il sostegno, oltre che alle istituzioni, anche ai soggetti della società civile.
  Nel pomeriggio la delegazione si è trasferita, con volo militare, alla base militare «Camp Arena» di Herat, dove è stata accolta dal Generale di Brigata Gualtiero Mario De Cicco, Comandante del Comando generale Ovest.
  Il Contingente italiano è attualmente attestato a 3.100 unità, distribuite tra le aree di Kabul (dove ricopre prevalentemente incarichi di staff presso il quartiere generale di AISAF). Pesante il tributo in termini di vite umane, con 53 militari morti. Il contingente di stanza a Herat ha la responsabilità di un'ampia regione dell'Afghanistan occidentale (grande circa quanto il Nord d'Italia) che si estende sulle quattro province di Herat, Badghis, Ghowr e Farah. A «Camp Arena» opera anche, sotto la gestione italiana, il Provincial Recostrucion Team (PRT) che fornisce sostegno alla popolazione attraverso la realizzazione di progetti di varia natura. Il PRT a conclusione di un graduale ridimensionamento, dovrebbe chiudere entro il mese di giugno 2014 trasferendo le residue capacità di finanziamento alle forze ISAF della regione.
  Nel Decreto missioni, sono stati stanziati ulteriori 21 milioni per il periodo gennaio-settembre 2013 come cooperazione allo sviluppo, mentre come missione ISAF nel 2012 sono stati stanziati 747.649.929 (12 mesi) e 426.617.379 nel 2013 (9 mesi).
  Dopo un incontro con i militari italiani, si è svolta la cena presso la mensa centrale della base militare. Successivamente la delegazione si è trasferita al Compound della cooperazione italiana, nel centro della città, dove ha pernottato.
  Il programma della giornata successiva, 13 settembre, prevedeva una fitta serie di incontri per approfondire la realtà della cooperazione italiana nella zona Ovest del paese. Erano infatti in calendario una visita dell'ANDMA (protezione civile afgana), l'incontro, presso il Centro di sviluppo comunitario, un incontro con i beneficiari dei progetti di cooperazione nelle zone rurali della regione di Herat, un pranzo di lavoro con i funzionari delle ONG italiane presenti nella zona. Erano previsti anche alcuni significativi incontri istituzionali, come quello con il Governatore Pag. 54di Herat, Sayed Fazlullah Wahedi, e con la Procuratrice Generale, Maria Bashir, oltre che la visita del carcere femminile di Herat.
  Purtroppo, come noto, nelle prime ore della giornata la città di Herat è stata colpita da un grave attentato, rivolto contro il consolato americano. L'attacco, che ha provocato sette vittime ha ovviamente reso impossibile, per motivi di sicurezza, ogni movimento nella città. La delegazione è quindi rimasta nel Compound della cooperazione italiana fino a quando le condizioni di sicurezza hanno consentito, a metà mattina, il trasferimento alla base militare di «Camp Arena».
  Da qui la delegazione si è nuovamente imbarcata sul volo militare per tornare a Kabul.
  Il pranzo si è svolto in uno dei pochi ristoranti della città in grado di assicurare le necessarie condizioni di sicurezza.
  Nel pomeriggio era stata organizzata una breve visita della città. Il programma è stato però annullato per ragioni di sicurezza. Dopo una visita alla base militare dell'Isaf di Kabul la delegazione ha quindi fatto ritorno al Compound della Cooperazione italiana.
  La sera si è svolta una cena informale presso la Residenza, offerta dall'Ambasciatore. Ad essa hanno preso parte, tra gli altri, gli italiani impegnati nelle strutture dell'Unione europea e nelle varie organizzazioni internazionali presenti in Afghanistan, nonché i vertici locali di diverse agenzie delle Nazioni unite. La delegazione ha quindi potuto approfondire le attività condotte nel paese da questi soggetti. La cena è stata preceduto dalla cerimonia di scopertura del cippo commemorativo dedicato a Barbara De Anna, funzionaria italiana dell'Organizzazione internazionale delle Migrazioni rimasta uccisa a Kabul lo scorso giugno, in seguito ad un attentato terroristico.
  Dopo il pernottamento presso il Compound della Cooperazione allo Sviluppo, la mattina del 14 settembre la delegazione, accompagnata dall'Ambasciatore Pezzotti, si è recata all'aeroporto da dove, con volo di linea, dopo lo scalo a Dubai, è rientrata a Roma.