CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 18 settembre 2013
84.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Attività produttive, commercio e turismo (X)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

Interrogazione n. 5-00051 De Menech: Prospettive produttive dello stabilimento ACC Group di Mel.

TESTO DELLA RISPOSTA

  I problemi in cui si trova la ACC Compressors SpA di Mel sono all'attenzione del Governo da tempo.
  La ACC Compressors, come ricordano gli interpellanti, è un'azienda nata da uno spin off di Electrolux. Attualmente le quote della società sono detenute da fondi d'investimento che hanno deciso di non procedere alla necessaria ricapitalizzazione.
  L'intervento finanziario verso 1'ACC è, invece, assolutamente necessario per far fronte al rilancio della società a seguito delle vicende intervenute e che hanno determinato tra l'altro, il distacco della unità austriaca di ACC. Tale separazione ha ulteriormente indebolito la posizione finanziaria dello stabilimento di Mel.
  Per far fronte a tale indisponibilità da parte dei fondi proprietari a procedere alla ricapitalizzazione l'attuale gruppo dirigente si è attivato per individuare una soluzione societaria che prevedesse la partecipazione di una significativa parte dei creditori e l'impegno degli stessi a trasformare una parte del loro credito in equity e a finanziare la società con nuova liquidità.
  Su tali presupposti era prevista per la giornata del 5 giugno la presentazione del piano industriale asseverato, ai sensi della nuova disciplina in materia di concordato preventivo. Questa scadenza era stata decisa a seguito dell'incontro con il management dell'azienda e le organizzazioni sindacali tenutosi presso il Ministero dello sviluppo economico lo scorso 29 maggio.
  Nella giornata del 3 giugno il Ministero è stato informato che una parte dei nuovi soci non aveva presentato la formale adesione al progetto, con ciò determinando la rinuncia anche degli altri sottoscrittori e facendo decadere questa ipotesi che pure poteva avere un rilievo importante per consentire una ripresa della ACC.
  A questo punto, alla fine del mese di giugno la ACC ha adito il tribunale di Pordenone affinché dichiarasse l'insolvenza della medesima società ai sensi e per gli effetti del decreto legislativo n. 270 del 1999, recante la disciplina della amministrazione straordinaria delle grandi imprese insolventi.
  Accertata l'esistenza dei requisiti di legge, il tribunale ha dichiarato l'insolvenza della ACC in data 28 giugno 2013, nominando commissario giudiziale, su designazione del Ministro dello sviluppo economico, il dottor Maurizio Castro.
  Sulla base della relazione predisposta da quest'ultimo, con decreto in data 27 agosto 2013, il tribunale di Pordenone ha dichiarato l'ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria della ACC e, da ultimo, con decreto in data 4 settembre 2013, il Ministro dello sviluppo economico ha provveduto alla nomina del commissario straordinario nella persona del dottor Maurizio Castro.
  Naturalmente l'obiettivo che il commissario è chiamato a perseguire è prima di tutto quello di mettere in sicurezza la prosecuzione dell'attività e dei rapporti di lavoro dell'azienda e cercare poi soluzioni che possano consentire di avere un futuro produttivo e occupazionale adeguato per la ACC.
  A questo scopo il commissario straordinario dovrà predisporre entro 60 giorni dall'apertura della procedura, il programma Pag. 150di prosecuzione delle attività dell'impresa, con le relative previsioni economico-finanziarie, le connesse modalità di copertura del fabbisogno e le concrete ipotesi di sbocco futuro della procedura. Quindi, ora siamo in attesa del piano del commissario e naturalmente, non appena ci sarà questo piano, si avrà maggiore conoscenza sulle prospettive che si determineranno alla luce del piano stesso.
  Per quanto concerne la situazione occupazionale, anche il Ministero del lavoro ha seguito la vicenda e il 10 settembre 2012 la società ACC e le organizzazioni sindacali di categoria hanno sottoscritto un verbale di accordo che prevede, al fine di ridurre l'impatto occupazionale delle misure di ristrutturazione, il ricorso alla cassa integrazione guadagni straordinaria «per ristrutturazione per complessità dei processi produttivi» a decorrere dal 13 ottobre 2013 per la durata di dodici mesi.
  L'intervento della cassa integrazione guadagni straordinaria interessa i siti di Mel e Pordenone e riguarda un massimo di 622 unità, pari all'intero organico dei due siti interessati.
  Si ricorda, infine, che, come gli Onorevoli sanno benissimo (do quindi questa informazione per completezza, anche se è superflua), con l'apertura della procedura di amministrazione straordinaria è applicabile il trattamento di integrazione salariale, ai sensi della legge n. 236 del 1992, che ne prevede l'utilizzo per tutta la durata dell'attività del commissario (e quindi in base al programma che poi il commissario stesso presenterà).
  Continueremo, pertanto, a seguire con grande attenzione la vicenda della ACC che – ripeto – è molto importante sicuramente per il territorio bellunese, ma anche per l'intero settore dell'elettrodomestico nel nostro Paese e, alla luce del programma del commissario straordinario, potremo fornire ulteriori informazioni al Senato.

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ALLEGATO 2

Interrogazione n. 5-00373 Zanetti: Chiarimenti interpretativi dell'applicazione della normativa relativa all'indirizzo PEC degli imprenditori individuali.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Nell'atto in questione viene evidenziato il disorientamento diffuso tra gli operatori circa gli adempimenti di cui all'articolo 16, c. 6, del DL 185/2008 (iscrizione nel registro delle imprese del proprio indirizzo pec da parte delle società) e all'articolo 5, cc. 1 e 2, del DL 179/2012 (iscrizione nel registro delle imprese del proprio indirizzo pec da parte delle imprese individuali).
  Tale disorientamento sarebbe riconducibile, a parere degli On.li Interroganti, alla mancanza di univocità delle indicazioni ministeriali che in un primo tempo (con circolare n. 3645/C del 3/11/2011) hanno contemplato la possibilità di assolvere all'adempimento in questione, consentendo alle società, di indicare, in luogo dell'indirizzo PEC «proprio» (cioè specifico) dell'impresa, l'indirizzo PEC di un terzo (ad esempio, un professionista di fiducia) eletto come «domicilio digitale»; e che, in un secondo momento (con lettera circolare prot. n. 68168 del 23/04/2013), hanno, in occasione dell'adempimento relativo alle imprese individuali, escluso tale possibilità, richiedendo che l'indirizzo PEC da iscrivere fosse riconducibile «esclusivamente ed univocamente all'imprenditore stesso, senza possibilità di domiciliazione presso soggetti terzi».
  Detta disomogeneità, sempre secondo gli On.li Interroganti, si sarebbe riflessa anche sul comportamento che avrebbero assunto le Camere di Commercio in modo differenziato sul territorio, con atteggiamenti conformi ora alla prima posizione ora alla seconda, generando ulteriore confusione tra l'utenza.
  Ciò premesso, per meglio comprendere il succedersi degli eventi si ritiene opportuno evidenziare che piuttosto che di un mutamento degli indirizzi ministeriali si debba richiamare l'attenzione sui provvedimenti di legge che hanno comportato un mutamento del quadro normativo di riferimento.
  A tale riguardo, si segnala, in primo luogo, il DL n. 5 del 9/02/2012, recante «Disposizioni urgenti in materia di semplificazione e di sviluppo», il cui articolo 47 rubricato «Agenda digitale italiana» prevede quale obiettivo prioritario del Governo la modernizzazione dei rapporti tra pubblica amministrazione, cittadini e imprese, attraverso azioni coordinate dirette a favorire lo sviluppo di domanda e offerta di servizi digitali innovativi, a potenziare l'offerta di connettività a larga banda, a incentivare cittadini e imprese all'utilizzo di servizi digitali e a promuovere la crescita di capacità industriali adeguate a sostenere lo sviluppo di prodotti e servizi innovativi.
  A tale norma si collega l'articolo 1 (rubricato «Attuazione dell'Agenda digitale italiana e documento digitale unificato e finanziamento dell'ISTAT») e l'articolo 5 il comma 3 del DL 18/10/2012, n. 179 recante «Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese» che introduce il nuovo articolo 6-bis al DLGS 82/2005 (codice dell'amministrazione digitale), che prevede l'istituzione del pubblico elenco denominato Indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata (INI-PEC) delle imprese e dei professionisti, presso il Ministero per lo sviluppo economico, al fine di favorire la presentazione di istanze, Pag. 152dichiarazioni e dati, nonché lo scambio di informazioni e documenti tra la pubblica amministrazione e le imprese e i professionisti in modalità telematica. Tale indice nazionale è realizzato sulla base degli elenchi di indirizzi PEC costituiti presso il registro delle imprese e degli ordini o collegi professionali, e l'accesso è consentito alle pubbliche amministrazioni, ai professionisti, alle imprese, ai gestori o esercenti di pubblici servizi ed a tutti i cittadini tramite sito web e senza necessità di autenticazione.
  Le norme sopra richiamate, ove esaminate in un'ottica «di sistema» indicano la volontà del legislatore di accentuare la rilevanza dell'indirizzo di PEC «proprio» delle imprese, in coerenza con la lettera dei citati articolo 16, c. 6, DL 185/08 e articolo 5, cc. 1 e 2, DL 179/2012, ai fini degli adempimenti in questione. In tal senso, la stessa natura «aperta» dell'INI-PEC appare pensata per una comunicazione «punto-punto» per via telematica, che risulterebbe ampiamente svilita dalla presenza, nell'ambito dell'Indice in questione, di indirizzi di posta elettronica certificata «non propri».
  Non si può trascurare, inoltre, sempre in un'ottica «di sistema», che analoghi principi sembrano ispirare anche le disposizioni contenute nell'articolo 4 del citato DL 179/2012, in tema di «Domicilio digitale del cittadino», prevedendo l'indicazione di «un proprio indirizzo di posta elettronica certificata, rilasciato ai sensi dell'articolo 16-bis, comma 5, del DL n. 185/2008, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, quale suo domicilio digitale».
  Con la circolare del 23/04/2013 il MiSE ha, quindi, provveduto a chiarire che, alla luce delle norme sopravvenute, l'attuazione in senso semplificativo e di favore per le imprese dell'adempimento di cui all'articolo 16, c. 6, del DL 185/2008, proposta nella precedente circolare n. 3645/C del 2011, era da considerarsi ormai superata, nel senso della necessità dell'indicazione per tutte le tipologie di imprese (a prescindere dal fatto che siano di tipo societario o individuale) di un proprio ed esclusivo indirizzo di posta elettronica certificata. Ciò non impedirà, naturalmente, di continuare eventualmente a delegare la gestione operativa di tali indirizzi pec univoci, sia da parte delle imprese individuali che da parte delle società, a soggetti terzi o professionisti ovvero, come avviene in taluni casi per le società, alla società del gruppo che cura per tutte alcuni servizi amministrativi comuni.
  Ovviamente, avendo nel frattempo, sulla scorta delle indicazioni della citata circolare n. 3645/C del 2011, molte imprese societarie provveduto ad iscrivere nel registro delle imprese un indirizzo PEC non «proprio» ma di un soggetto terzo, si porrà a breve, il problema della graduale transizione anche di tali imprese ad un indirizzo pec pienamente rispondente ai principi sopra illustrati.
  In tal senso il MiSE sta provvedendo ad acquisire dal sistema camerale dati aggiornati circa la consistenza del fenomeno, al fine di valutare le più opportune iniziative amministrative (o normative, ove necessario) atte a rendere l'IVI-PEC, ed in ogni caso le basi di dati desumibili dal registro delle imprese, coerenti con gli impegnativi ed innovativi obiettivi contenuti nei citati decreti legge n.5 e n. 179 del 2012.

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ALLEGATO 3

Interrogazione n. 5-00681 Prodani: Iniziative a favore dello stabilimento industriale Ferriera di Servola.
Interrogazione n. 5-00919 Sandra Savino: Prospettive produttive e piano industriale dell'impianto siderurgico della Ferriera di Servola di Trieste.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con riferimento ai quesiti posti dagli interroganti Onn. PRODANI, SAVINO e VIGNALI, ritengo indispensabile premettere che il Governo sta seguendo con particolare impegno le vicende del Gruppo LUCCHINI, ben prima che questa importante azienda del nostro sistema industriale fosse ammessa alla procedura di Amministrazione Straordinaria. Il dissesto generato dal Gruppo Severstal ha comportato interventi straordinari di tutto il sistema nazionale per impedire un fallimento disastroso per molte migliaia di lavoratori e per interi territori. Il Polo Siderurgico di Piombino, la Ferriera di Servola e le altre unità della «Lucchini», infatti, sono stati e sono ancora oggi essenziali per il nostro sistema produttivo.
  Proprio per queste ragioni abbiamo voluto seguire una strada eccezionale, quella del Decreto Legge, per riconoscere Piombino e Trieste aree di crisi complessa ai sensi della legge n. 71 del 2013. Aver esteso l'intervento anche a Trieste non è stato un fatto «automatico», ma il risultato di un vero convincimento che quel territorio ha bisogno di uno strumento straordinario per governare il proprio futuro.
  Ora presso il Ministero dello Sviluppo Economico è in corso un lavoro che vede impegnati, oltre al Ministero dell'Ambiente e al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, la Regione Friuli VG insieme al Comune ed alla Provincia di Trieste con l'Autorità Portuale, per la definizione dell'Accordo di Programma. Ovvero dello strumento fondamentale che preciserà in modo puntuale i concreti obiettivi da raggiungere (piani di bonifica delle aree, di valorizzazione della attività portuale e retroportuale, progetti di nuove attività produttive) con l'obiettivo di ridisegnare il futuro di una area fondamentale per la Città di Trieste. Ovviamente nell'Accordo di Programma dovranno essere precisate le risorse impegnate per il raggiungimento degli obiettivi definiti, oltre alle responsabilità assegnate a ciascuno dei soggetti che sottoscriveranno il documento. È un lavoro molto impegnativo che, tuttavia, sta procedendo in modo celere perché vi è in tutti la consapevolezza che è necessario fare bene ma anche in fretta. La situazione occupazionale dell'area triestina è grave e richiede interventi concreti; a questo tutti i soggetti che ho richiamato stanno lavorando.
  In tale contesto si inserisce la recente decisione del gruppo ARVEDI di avanzare al Commissario Straordinario del Gruppo LUCCHINI in A.S. una proposta di affitto temporaneo della Ferriera di Servola, con la previsione di una futura acquisizione definitiva. Il Commissario, ricevute le necessarie autorizzazioni, ha accettato la proposta del Gruppo ARVEDI che pertanto è impegnato a garantire il funzionamento della ferriera fino al prossimo mese di novembre data entro la quale scioglierà la riserva dell'acquisto.
  Per il Governo si tratta di un fatto positivo perché la proposta è formulato da Pag. 154un protagonista della siderurgia italiana e consente di evitare i gravi problemi occupazionali che potrebbe determinare la definitiva chiusura della Ferriera.
  È del tutto evidente che l'ingresso di ARVEDI non può far dimenticare nessuno dei problemi che il territorio da tempo solleva e, primariamente (ma non solo) quelli importantissimi della bonifica ambientale e della sicurezza degli impianti. Con i rappresentanti dell'Azienda, con il Commissario di LUCCHINI e con le Autorità nazionali e territoriali competenti, è in corso un serrato confronto per definire gli interventi impiantistici e di bonifica delle aree necessari ed urgenti, nonché le risorse finanziarie per realizzarli. È un lavoro impegnativo che tuttavia posso dire si sta svolgendo con spirito costruttivo e di collaborazione da parte di tutti. Nelle prossime settimane ritengo si possa giungere ad una conclusione che, allo stato del confronto, penso si possa concludere positivamente.
  È del tutto evidente che la prosecuzione o meno della attività lavorativa presso la Ferriera, costituisce un elemento centrale nella definizione dell'Accordo di Programma. Non solo per gli aspetti occupazionali già richiamati, ma soprattutto per l'impegno richiesto nel recupero delle aree qualora l'impianto venisse definitivamente fermato. Nessuno infatti può immaginare che dopo la Ferriera si possa tenere per lungo tempo una area molto vasta e centrale per il futuro di Trieste inutilizzata e senza una concreta destinazione da attuarsi in tempi ragionevolmente brevi.
  Concludo questa risposta rassicurando gli interroganti che Trieste, come altre aree del Paese, sta impegnando il Governo ed i Ministeri direttamente interessati in un lavoro importante (per molti aspetti anche innovativo) per dare nuove e concrete prospettive ad un territorio ancora oggi strategico per il Paese.

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ALLEGATO 4

Interrogazione n. 5-00845 Prodani: Iniziative a favore dello sviluppo dei distretti turistici.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Mi riferisco all'interrogazione con la quale l'On.le Prodani chiede di conoscere quali iniziative il Ministero che qui rappresento intende assumere per favorire lo sviluppo dei distretti turistici e per il rilancio del settore turistico in generale.
  Vorrei preliminarmente sottolineare che i distretti turistici possono essere definiti quali libere aggregazioni di imprese articolate sul piano territoriale e sul piano funzionale, con l'obiettivo di accrescere lo sviluppo delle aree e dei settori di riferimento, di migliorare l'efficienza nell'organizzazione e nella produzione secondo principi di sussidiarietà verticale e orizzontale, anche individuando modalità di collaborazione con associazioni imprenditoriali.
  Attualmente, il quadro normativo nazionale di riferimento è rappresentato dall'articolo 3, comma 5, del decreto legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106, successivamente modificato dall'articolo 66, comma 1-bis del decreto legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, che ha introdotto il termine del 31 dicembre 2012 per la delimitazione dei distretti turistici.
  Successivamente, con il comma 388 dell'articolo 1 della legge di stabilità 2013, n. 228 del 24 dicembre 2012, è stata accordata una proroga al 30 giugno 2013 e vi è stato un tentativo in sede parlamentare di ottenere un'ulteriore proroga che, malauguratamente, non ha avuto esito positivo.
  La proroga al 30 giugno 2013 non è risultata sufficiente per conseguire l'obiettivo di agevolare le amministrazioni e le associazioni di categoria nella creazione dei distretti turistici in quanto l'iter amministrativo previsto dalla normativa vigente, coinvolgendo tutte le parti sociali e amministrative interessate allo sviluppo del turismo, ha comportato un dilatamento dei tempi necessari.
  Il Governo, ed in particolare il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, ritiene che la costruzione dei distretti turistici deve necessariamente avvenire dal basso sulla spinta degli enti locali e di soggetti privati, sia singolarmente che in forma associata, in un'ottica collaborativa e secondo una strategia coordinata e condivisa da tutti gli attori privati e istituzionali.
  L'impegno del Ministero dei Beni e delle attività culturali e del turismo è di dare nuovo impulso a questo tipo di aggregazioni come strumento per lo sviluppo turistico del Paese. I distretti turistici, ma possiamo immaginare anche altre denominazioni per libere aggregazioni di reti di impresa, saranno oggetto di una proposta normativa che avrà per fine il superamento del solo territorio costiero come ambito d'azione. Occorre pensare a un rilancio del sostegno alle forme di aggregazione spontanea, dalle semplificazioni burocratiche alle agevolazioni di carattere fiscale, che sia esteso a tutte le aree definibili come di interesse turistico sull'intero territorio nazionale, per la riqualificazione e il rilancio dell'offerta turistica dei territori.

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ALLEGATO 5

Interrogazione n. 5-00907 Cenni: Rilancio del settore termale in Italia.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Mi riferisco all'interrogazione con la quale l'On.le Cenni, più altri, chiede alcuni chiarimenti in merito all'azione del Governo sul turismo termale.
  Il comparto termale, come correttamente riferito dall'On.le interrogante, rappresenta per il sistema turistico nazionale una realtà molto rilevante.
  Tutti gli studi di settore evidenziano come siano in continuo aumento, a livello globale, il turismo del fitness, della ricerca di cura di sé e del benessere psicologico come componenti dei mega trend che influenzeranno la crescita della domanda turistica internazionale nell'area del Mediterraneo.
  Il termalismo, nel corso degli anni, ha cambiato il proprio posizionamento, da un lato nell'ambito del servizio sanitario nazionale, dall'altro nel contesto delle attività turistiche.
  In questo lungo processo, che è durato un quarto di secolo, si è sviluppato in modo autonomo e separato da quello termale, il comparto del benessere, fondato su applicazioni che non utilizzano le proprietà terapeutiche delle acque termali, e quindi non è vincolato nella localizzazione della propria attività.
  Molti centri benessere sono sorti, infatti, nelle grandi città. Le numerose SPA («salus per aquam»), localizzate nelle città come servizio offerto all'interno di un albergo, sono la dimostrazione della crescente «domanda di benessere», ormai inclusa in molti aspetti della vita quotidiana.
  Si è fatto più labile il confine fra attività terapeutiche in senso stretto, che hanno una valenza prettamente sanitaria, ed i trattamenti estetici e di wellness, per cui si parla con sempre maggiore frequenza di centri-benessere, intendendo per benessere l'acquisizione e il mantenimento di uno stato che è al tempo stesso fisico e psichico.
  SPA, beauty farm, centri benessere e terme sono diventate denominazioni che spesso si confondono fino a diventare espressione unica di un'offerta che si rivolge tanto al turista-viaggiatore orientato alla cosiddetta vacanza benessere, che al cittadino.
  Le imprese termali garantiscono principalmente un servizio di ordine medico-sanitario, ed è quello il settore nel quale dovrebbero formularsi nuove proposte agevolative.
  Si conviene comunque sul fatto che esse costituiscono sicuramente anche una determinante risorsa per il sistema turistico-economico nazionale, appare importante pertanto aprire, con l'amministrazione della Salute, un dialogo per definire un percorso condiviso per il rilancio del turismo nelle terme italiane e per rendere effettive le loro potenzialità, proprio in vista del recepimento della Direttiva 2011/24/UE concernente l'applicazione dei diritti dei pazienti relativi all'assistenza sanitaria transfrontaliera.
  Per quanto riguarda l'ambito dei piani promozionale dell'ENIT – Agenzia nazionale del turismo, preciso che nell'ambito del Piano esecutivo annuale 2014, trasmesso dall'ENIT, ai sensi dell'articolo 2, comma 2, del decreto del Presidente della Pag. 157Repubblica 6 aprile 2006, n. 207, sono previsti significativi interventi volti alla promozione del turismo termale e del benessere.
  Ne cito alcuni: progetto «Educational»: con operatori provenienti dal Belgio, Germania, Canada e Regno Unito; viaggi stampa, aventi quali destinatari giornalisti provenienti dalla Polonia e dalla Russia, seminari per operatori del Regno Unito ed incontri di promo-commercializzazione per operatori spagnoli.