CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 31 luglio 2013
66.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Agricoltura (XIII)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

Interrogazione n. 5-00776 Caon: Sulla tutela dei prodotti agroalimentari italiani nel commercio internazionale, con particolare riferimento alle esportazioni di vini in Cina.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Il livello di attenzione in difesa del Made in Italy agro-alimentare da parte del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali è e sempre sarà al massimo livello in tutte le sedi competenti.
  Infatti, la necessità di salvaguardare i prodotti italiani sia dai ben noti fenomeni di contraffazione, di usurpazione di denominazione, sia di conflittualità con i marchi commerciali, viene sempre rappresentata in sede di Consiglio dei Ministri dell'agricoltura ogni volta che si discute sui negoziati commerciali o su problematiche specifiche.
  Inoltre, questo Ministero collabora efficacemente con il Ministero degli affari esteri e con il Ministero dello sviluppo economico per tutte quelle problematiche che afferiscono alla tutela dei nostri prodotti agroalimentari. Questa collaborazione si esplica in tutte le sedi a livello nazionale e in ambito europeo ed internazionale.
  È nostra intenzione rafforzare questa già intensa attività anche in vista dei prossimi appuntamenti di caratura internazionale, in primis l'EXPO 2015.
  Per quanto attiene alla vicenda legata alla procedura anti-dumping avviata dalle autorità cinesi, anche in questo caso vorrei rassicurare la massima attenzione e sensibilità da parte nostra.
  La collaborazione tecnica avviata con il Ministero dello sviluppo economico e con le organizzazioni di settore interessate è stata intensa ed efficace da subito.
  Grazie all'opera di sensibilizzazione ed all'intenso lavoro di coordinamento la maggior parte delle aziende esportatrici (circa 1200) hanno compilato i formulari predisposti dalle autorità cinesi nella prima fase dell'indagine che sono stati inviati conseguentemente al Ministero cinese per il commercio.
  Anche il Governo italiano, a sostegno delle nostre aziende esportatrici si è registrato, come già fatto dalla Commissione europea, come parte interessata dall'indagine.
  Il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali sta reperendo risorse finanziarie per contribuire a supportare un eventuale prosieguo dell'indagine cinese a carico delle imprese vitivinicole italiane: in tal senso sono state già date assicurazioni al Ministero dello sviluppo economico.
  Continueremo a seguire con attenzione gli sviluppi di questa situazione, garantendo la massima assistenza, per quanto di nostra competenza, agli operatori italiani nel prosieguo della vicenda.

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ALLEGATO 2

Interrogazione n. 5-00777 Gallinella: Sulla tutela dei prodotti agroalimentari DOP e IGP nel commercio on-line.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Come sottolineato lo scorso 12 giugno dal Ministro De Girolamo, in occasione della presentazione delle linee programmatiche alle Commissioni riunite Agricoltura di questo Parlamento, la questione ICAAN – Top level domains – è assolutamente strategica per il sistema di qualità agroalimentare italiano.
  Tale considerazione, purtroppo, è stata sottovalutata nel recente passato dai vari Governi, con il risultato che in sede di GAC (Governamental Advisory Committee) la posizione italiana non è emersa con la dovuta rilevanza.
  Per rilanciare l'attenzione su un tema così delicato, è stato decisivo l'intervento del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali che, in vista della riunione del GAC tenutasi nei giorni scorsi a Durban, contribuendo all'inversione di tendenza da parte del Governo, ha ottenuto che fosse identificata come posizione italiana quella indicata nella sua proposta, di cui evidenzio i punti salienti:
   preservare i diritti di proprietà intellettuale acquisiti, con particolare riferimento ai marchi e alle indicazioni geografiche registrati, salvaguardando gli enormi interessi nazionali da ulteriori fenomeni di sfruttamento indebito della loro reputazione anche in internet;
   bloccare la procedura di assegnazione dei nuovi domini generici di primo livello in cui sono presenti .wine, .vin, .food (anche in ideogrammi), .pizza, . organic, impedendo, anche in collaborazione con altri Paesi sensibili e interessati a tali questioni (come, ad esempio, Francia, Spagna, Svizzera e la stessa Commissione europea) che si raggiunga il consenso di tutti i rappresentanti degli Stati partecipanti al GAC, necessario per adottare le decisioni;
   rivedere la governance di internet, con la definizione di regole condivise a livello internazionale.

  Parallelamente, il collega onorevole Martina ha sensibilizzato il Sottosegretario USA Vetter sulla vicenda: il ruolo degli USA su ICAAN, infatti, non appare trascurabile.
  Al momento, la questione dei nuovi domini generici di primo livello è ancora in discussione e la posizione italiana in sede GAC è minoritaria. Riguardo all'utilizzo dei termini .wine e .vin, invece, è stato deciso un rinvio di 30 giorni, al cui termine il GAC dovrebbe decidere. In ogni caso, la delegazione italiana si sta già attivando per difendere la posizione della «non concedibilità» dei nomi.
  Colgo l'occasione per far presente che, in una riunione interministeriale del 29 luglio scorso, abbiamo chiesto che il rappresentante italiano al prossimo meeting GAC (previsto nel novembre prossimo) sia affiancato da un rappresentante agricolo per rafforzare ulteriormente il peso delle valutazioni agricole in materia.Pag. 251
  Il tema del Top level domains è uno degli aspetti del più ampio tema della governance di internet: il modello multistakeholders che muove l'ICAAN, infatti, fa sì che il ruolo dei Governi non sia decisivo in tale governance, come dimostrano le difficoltà del GAC.
  Ritengo, pertanto, che una forte presa di posizione anche del Parlamento italiano potrebbe essere di sostegno alla battaglia governativa svolta in sede GAC per affermare la piena tutela dei diritti di proprietà intellettuale acquisiti.

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ALLEGATO 3

Interrogazione n. 5-00779 Zaccagnini: Sui controlli relativi ai prodotti agroalimentari importati da paesi extra UE, con particolare riferimento alla contaminazione da pesticidi vietati in tale ambito.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Preliminarmente, debbo precisare che la materia relativa ai controlli sugli alimenti in importazione, provenienti da Paesi terzi, è di primaria competenza del Ministero della salute.
  I controlli sono effettuati, infatti, dagli uffici periferici del Ministero della salute che coordina e definisce i relativi programmi ufficiali sui prodotti alimentari, comprendenti anche i piani annuali di controllo disciplinati dal decreto ministeriale 23 dicembre 1992 del Ministro della salute, in materia di residui di prodotti fitosanitari negli alimenti.
  I piani di controllo sono parte integrante di un programma coordinato di controllo ufficiale previsto dall'Unione europea, sia sugli alimenti di produzione interna che di importazione, rivolto a verificare la rispondenza ai livelli massimi consentiti dei residui nelle derrate alimentari.
  L'attuazione dei controlli in materia avviene, quindi, secondo le disposizioni di riferimento che a livello europeo sono stabilite dai regolamenti (CE) n. 882/2004 e n. 396/2005, rispettivamente riguardanti il regime dei controlli ufficiali e la fissazione dei livelli massimi di residui di prodotti fitosanitari negli alimenti.
  In particolare, il regolamento (CE) n. 882/2004 fissa i criteri generali per i controlli ufficiali e per la verifica della conformità alla normativa, stabilendo altresì le caratteristiche che devono essere osservate dai laboratori in tutte le procedure, le attività, i metodi e le tecniche di analisi.
  In base alle norme comunitarie e nazionali di riferimento, il sistema dei controlli si esplica con modalità attuative dettagliate, fino a comprendere l'indicazione esplicita del numero minimo e del tipo di campioni da analizzare.
  La finalità del sistema giuridicamente inquadrato consiste nel verificare e garantire la conformità dei prodotti in questione alle disposizioni dirette a prevenire i rischi per la salute pubblica, proteggendo gli interessi dei consumatori ed assicurando la lealtà delle transazioni commerciali.

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ALLEGATO 4

Interrogazione n. 5-00778 Bordo: Sulle procedure di autorizzazione di nuovi prodotti OGM e sui tempi di pubblicazione del decreto per il divieto di coltivazione di mais OGM.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con l'interrogazione in titolo sono stati chiesti chiarimenti sulla posizione nazionale espressa a Bruxelles in merito a tre proposte di decisione per il rilascio dell'autorizzazione di nuovi eventi di mais geneticamente modificati e sul decreto interministeriale introduttivo, in Italia, del divieto di coltivazione della varietà di mais MON8IO.
  Per quanto riguarda la prima parte dei chiarimenti richiesti, segnalo che le proposte di decisione, avanzate in sede di Comitato d'Appello dell'11 luglio scorso, mirano ad autorizzare, per le importazioni di alimenti e mangimi, ma non per la coltivazione, l'immissione sul mercato di due varietà geneticamente modificate – mais MON89034 x 1507 x MON88017 x 59122 e 8 sotto-combinazioni e mais MON89034 x 1507 x NK603 – e del polline derivante da mais MON8IO.
  Preciso che la Commissione europea, secondo le procedure, sottopone le proposte di decisione al Comitato d'appello quando il Comitato ordinario, in questo caso quello della catena alimentare e animale, si sia espresso negativamente oppure non abbia raggiunto la maggioranza qualificata né a favore né contro le decisioni in discussione. Preciso anche che l'autorità nazionale competente su questi aspetti della materia è il Ministero della salute che concorda, con i tutti i dicasteri interessati, la posizione da esprimere a Bruxelles.
  Per quanto riguarda l'autorizzazione di polline derivante da mais MON8IOAI, la delegazione italiana ha espresso parere contrario in considerazione dell'alto rischio di diffusione genetica nell'ambiente connessa all'uso di polline derivante da un OGM; mentre si è astenuta sulla decisione relativa all'immissione in commercio delle varietà geneticamente modificate di mais, sulle quali, peraltro, vige un divieto di coltivazione finalizzata all'importazione di alimenti per uso zootecnico.
  Ciò premesso, è doveroso segnalare che nell'ambito del Comitato comunitario ordinario risulta funzionale ostacolare il raggiungimento di una maggioranza qualificata favorevole alla autorizzazione di detti prodotti poiché si assiste da tempo, con particolare riguardo ai nuovi eventi transgenici, ad una contrapposizione netta di due blocchi di Stati membri, ossia quelli «contrari o astenuti» e quelli «favorevoli».
  Nel Comitato d'appello, al pari di quanto avvenuto in Comitato, non è stata raggiunta la maggioranza qualificata né a favore né contro le tre proposte di decisione in questione, con la conseguenza che le stesse sono rinviate alla Commissione europea per le conclusioni finali.
  In merito all'adozione del divieto di coltivazione di varietà di mais MON8IO, comunico che, il 12 luglio scorso, i Ministri della salute, delle politiche agricole alimentari e forestali e dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare hanno emanato il necessario decreto interministeriale vietando, per diciotto mesi su tutto il territorio nazionale, la coltivazione di varietà di mais MON8IO provenienti da sementi geneticamente modificate. Tale provvedimento è stato già trasmesso alla Commissione europea e agli altri Stati membri ed è attualmente in registrazione presso la Corte dei conti e, in tempi brevi, potrà essere pubblicato nella Gazzetta Ufficiale.

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ALLEGATO 5

Interrogazione n. 5-00780 Oliverio: Interventi per la prosecuzione del piano irriguo e la realizzazione di infrastrutture irrigue.

TESTO DELLA RISPOSTA

  La delibera CIPE n. 74 del 2005, approvando il Piano irriguo nazionale, ha assegnato le risorse previste dalla legge n. 350 del 2003 per la realizzazione di interventi infrastrutturali irrigui (complessivi 1.100 milioni di euro) attribuendo per le opere localizzate nelle regioni centrosettentrionali, circa 770 e a quelle delle Regioni meridionali 330 milioni di euro.
  A questo Piano sarebbe dovuto seguire un importante piano di completamento finanziato con le risorse stanziate della legge n. 244 del 2007, che aveva autorizzato l'ulteriore contributo di 100 milioni di euro (a decorrere dal 2011 per 15 anni) per un complessivo di 1.500 milioni di euro. Tale stanziamento, successivamente ridotto a circa 800 milioni per fare fronte a vincoli di bilancio sempre più pressanti, è stato infine quantificato, mediante delibere CIPE, in complessivi 595 milioni di euro, di cui 418 per il finanziamento delle opere il centro-nord, e 177 per quelle del sud.
  Al riguardo mi preme evidenziare, non solo, l'approvazione di tutti i progetti esecutivi che, pur nelle ristrettezze di bilancio, hanno completato il Piano irriguo nazionale, ma anche il fortissimo impegno dei consorzi nell'appaltare i lavori nei tempi definitivi.
  In tal modo, intendiamo lanciare un forte segnale al Paese riguardo alla capacità dello Stato e dei consorzi di mettere a frutto le limitate disponibilità finanziare in tempi celeri, pur in considerazione delle crescenti complessità procedimentali legate all'attuazione delle opere irrigue.
  Ritengo che un eventuale nuovo piano irriguo, quale prosecuzione del piano di completamento, potrebbe essere finanziato (tenendo conto dell'attuale quadro di finanza pubblica) con le risorse messe a disposizione dall'Unione europea nella nuova programmazione 2014-2020, con il contributo dello sviluppo rurale e degli altri fondi strutturali, in sinergia con le amministrazioni centrali e regionali onde conferire la massima efficacia agli interventi finanziati.
  Per le Regioni appartenenti all'obiettivo Convergenza, una possibilità di finanziamento può essere l'utilizzo di parte dei fondi assegnati al nostro Paese nel quadro dell'accordo sulla revisione del bilancio comunitario dell'8 febbraio 2013 (risorse che, seppur allocate in ambito FESR, sono destinate all'attuazione di iniziative in favore delle aree rurali), mentre per le regioni del centro nord, si potrebbe utilizzare parte dei fondi destinati allo sviluppo rurale.
  Tali considerazioni, così come l'importantissimo contributo che i consorzi danno al Paese per la prevenzione dei fenomeni di dissesto idrogeologico, sono state recepite nelle proposte di accordo di partenariato (comprensivo di tutte le azioni relative agli investimenti e alle misure che fanno capo al FEASR ed al FESR), in modo da costruire una cornice comune all'interno della quale gli strumenti della programmazione possano dialogare e collegarsi in politiche dotate delle necessarie risorse finanziarie.
  Si tratta ora di condividere le priorità di intervento e la dotazione finanziaria da riservare alla risorsa «acqua», con il Ministero della coesione territoriale (capofila del negoziato sull'accordo di partenariato), le regioni (responsabili dell'attuazione della maggior parte delle politiche finanziate attraverso i fondi strutturali) e con il partenariato economico e sociale.