CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 26 giugno 2013
45.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Bilancio, tesoro e programmazione (V)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

5-00391 Boccia: Sulle eventuali iniziative normative in materia di cinque per mille.

TESTO DELLA RISPOSTA

   Con il documento in esame, l'Onorevole interrogante fa presente che, in via preliminare, che l'articolo 1, comma 337, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (legge finanziaria per il 2006) ha introdotto nel nostro ordinamento, a titolo iniziale e sperimentale, la possibilità per i contribuenti di destinare una quota pari al 5 per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche per finalità di sostegno del volontariato e delle altre organizzazioni non lucrative di utilità o promozione sociale, nonché al fine di promuovere il finanziamento della ricerca scientifica, dell'Università e della ricerca sanitaria.
  La disposizione è stata successivamente prorogata di anno in anno, ricollegando a essa un limite massimo di spesa di 400 milioni di euro; ai sensi dell'articolo 2, comma 1, del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10.
  Tale tetto, risulta inferiore alle risorse che dovrebbero essere destinate in favore delle organizzazioni destinatarie sulla base delle scelte effettivamente compiute dai contribuenti italiani.
  Inoltre, l'interrogante segnala che numerose organizzazioni del Terzo settore hanno rappresentato l'esigenza che il Governo introduca una norma volta ad assicurare la stabilizzazione dello strumento del 5 per mille, con contestuale eliminazione del citato tetto di 400 milioni di euro stabilito ai sensi dell'articolo 23 del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135.
  Ciò premesso, l'Onorevole interrogante chiede al Governo se «intenda adottare iniziative normative volte a rendere permanente l'istituto del 5 per mille, anche attraverso la definizione di tempi certi per l'erogazione degli importi spettanti a ciascun ente, e a sopprimere o, quantomeno, ad elevare in misura congrua il tetto di spesa da destinare alle organizzazioni beneficiarie».
  Al riguardo, si fa presente la questione dedotta dall'Onorevole interrogante è stata in affronta in sede di svolgimento dell'interpellanza urgente n. 2-00076, svolta in Aula Camera nella seduta del 13 giugno 2013.
  Al riguardo, il Dipartimento delle Finanze e della Ragioneria Generale dello Stato evidenziano che l'adozione di un'apposita normativa che finanzi permanentemente il fondo del cinque per mille, conformemente alla vigente normativa contabile, dovrà indicare l'idonea copertura finanziaria dei relativi oneri.
  A titolo personale, auspico un'iniziativa parlamentare per rendere strutturale e senza limitazioni esogene la disciplina concernente il 5 per mille.

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ALLEGATO 2

5-00392 Andrea Romano, Zanetti e Galgano: Attuazione delle disposizioni di cui all'articolo 7 del decreto-legge n. 35 del 2013, in materia di ricognizione e certificazione di somme dovute dalle pubbliche amministrazioni.

TESTO DELLA RISPOSTA

   Con l'interrogazione a risposta immediata in Commissione l'On. Romano ed altri pongono quesiti in ordine alla situazione della Piattaforma elettronica dei debiti della pubblica amministrazione.
  Al riguardo, occorre premettere che il sistema Piattaforma per la Certificazione dei Crediti utilizza alcune informazioni detenute dall'Indice della Pubblica Amministrazione (IPA) per identificare in modo univoco i responsabili delle diverse amministrazioni ed enti che si accreditano alla citata Piattaforma. In particolare, TIPA è un indice telematico di tutte le pubbliche amministrazioni detenuto dall'Agenzia per l'Italia Digitale (Ministero dello sviluppo economico). L'accreditamento ad IPA è obbligatorio per tutte le amministrazioni, ai sensi dell'articolo 12 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 31 ottobre 2000 e dell'articolo 57-bis del decreto legislativo 7 marzo 2005, n.82.
  L'univoca identificazione è un requisito di legge (stabilito dal DM sulla certificazione dei crediti) in quanto i documenti prodotti dalle amministrazioni costituiscono delle certificazioni di credito utilizzabili – ai fini dello smobilizzo dei crediti – presso il sistema bancario e – ai fini della compensazione – presso gli Agenti della riscossione e presso l'Agenzia delle entrate.
  Molte amministrazioni, alla data del 29/4/2013, non erano in regola con l'iscrizione all'IPA; pertanto, prima di iniziare la procedura di abilitazione sul sistema Piattaforma per la Certificazione dei Crediti hanno dovuto regolarizzare la loro posizione sull'Indice della Pubblica Amministrazione, che a causa dell'elevato flusso di richieste, ha impiegato diversi giorni per evadere tutte le istanze.
  Le amministrazioni – stazioni appaltanti – che alla data del 29/4/2013 hanno avviato la procedura di accreditamento sul sistema Piattaforma per la Certificazione dei Crediti sono 17.457.
  A tale numero andrebbero tuttavia aggiunte le amministrazioni e gli enti che, alla data indicata, non avevano potuto avviare la procedura sul sistema Piattaforma per la Certificazione dei Crediti in quanto non risultava regolarizzata la registrazione all'Indice della Pubblica Amministrazione (IPA).
  L'identificazione dei soggetti che chiedono l'abilitazione è realizzata oltre che con la verifica puntuale dei documenti richiesti, anche attraverso un processo telematico che incrocia le informazioni presenti su banche dati diverse; il numero delle amministrazioni che ha effettuato le operazioni successive alla registrazione su IPA sale a un intervallo stimabile tra 19.006 e 19.362 (per conoscere il numero esatto occorrerebbe verificare le date effettive di avvio della procedura sul sistema IPA da parte di ciascuna amministrazione).
  Attualmente, il totale delle amministrazioni ed enti registrati su IPA è pari a 21.056 (dato che include anche le amministrazioni per le quali l'obbligo di accreditamento sulla Piattaforma per la Certificazione dei Crediti è stato previsto solo Pag. 57a seguito della modifica apportata dalla legge di conversione del decreto-legge n. 35 del 2013 (articolo 7, c. e 7-ter).
  Il numero di amministrazioni ed enti pubblici che non hanno ottemperato all'obbligo di accreditamento non è, invece, un'informazione disponibile ma, alla data odierna, n. 224 amministrazioni ed enti hanno provveduto a scaricare i moduli necessari per la comunicazione dei debiti. Nessuno di essi risulta ancora sottoscritto.

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ALLEGATO 3

5-00394 Castelli e Fraccaro: Sulle risorse destinate all'acquisto di programmi informatici di tipo proprietario mediante ricorso a licenze.

TESTO DELLA RISPOSTA

   Con l'interrogazione a risposta immediata in Commissione l'On. Castelli pone quesiti in ordine all'acquisizione di programmi informatici.
  Al riguardo, premesso che la questione rientra nella specifica competenza del Ministero dello sviluppo economico, il quale ha fornito i seguenti elementi, si esprime la più ampia condivisione sulla necessità di garantire i principi di economicità, efficienza, tutela degli investimenti, riuso e neutralità tecnologica in ordine all'acquisizione di programmi informatici o parti di essi, come previsto dalla normativa di settore.
  In proposito, occorre tenere presente che l'articolo 68 del Codice dell'Amministrazione Digitale di cui al decreto-legislativo 7 marzo 2005, n. 82, da ultimo modificato dal decreto-legge n. 179 del 2012, convertito nella legge n. 221 del 2012, prevede per le Pubbliche Amministrazioni l'obbligo di effettuare, ai fini della predetta acquisizione, una valutazione comparativa di tipo tecnico ed economico tra le diverse soluzioni disponibili sul mercato, fra le quali:
   a) software sviluppati per conto della Pubblica Amministrazione;
   b) riutilizzo di software o parti di esso;
   c) software libero o a codice sorgente aperto;
   d) software fruibile in modalità cloud computing;
   e) software di tipo proprietario mediante ricorso a licenza d'uso;
   f) software combinazione delle precedenti soluzioni.

  La scelta impone una istruttoria completa sulle soluzioni disponibili, che, antecedentemente alla citata normativa, non veniva effettuata.
  In particolare, l'analisi non si deve limitare alla valutazione dei costi di avvio, ma deve essere omnicomprensiva di tutti quegli elementi che contraddistinguono il ciclo di vita e di esercizio del software stesso. L'articolo de quo, al comma 1-bis lettera a), individua quali voci di spesa non solo quello afferenti all'acquisto, ma anche all'implementazione, mantenimento e supporto, pertanto la ratio della norma non si esaurisce con la dismissione del software in licenza d'uso a fronte di software distribuito secondo altre modalità.
  Con riferimento, infine, all'impegno economico necessario per l'acquisizione di programmi a licenza d'uso, occorre tenere presente che:
   il bilancio non prevede piani di gestione strutturati in base alle modalità di distribuzione del software, ma solo in base all'uso (hardware e software di base, software applicativo e reti);
   l'evoluzione del software è caratterizzata da una estrema dinamicità e flessibilità commerciale in ragione della quale, all'atto di ogni singola valutazione di acquisizione, il mercato dei programmi disponibili secondo le varie modalità può essere completamente differente.

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ALLEGATO 4

5-00436 Palese e Bernardo: Sulle valutazioni del rapporto predisposto da Mediobanca in merito alla situazione di grave crisi dell'economia italiana.

TESTO DELLA RISPOSTA

   Con l'interrogazione a risposta immediata in Commissione l'On. Palese ed altri chiedono notizie sul rapporto diffuso da Mediobanca in ordine alla situazione economica dell'Italia.
  Al riguardo, occorre premettere che il rapporto di Mediobanca conferma la visione tenuta già nel passato da parte di Mediobanca Equities nei confronti delle prospettive di crescita e della finanza pubblica nazionale. In particolare, questa posizione risulta pessimistica rispetto anche a molte altre banche d'affari che, nel loro insieme e soprattutto negli ultimi tempi, hanno assunto un atteggiamento più positivo. Pertanto, essa va interpretata come una delle tante opinioni che circolano nei mercati finanziari.
  Il documento è tecnicamente ben scritto, tuttavia porta a supporto delle proprie posizioni delle informazioni di recente uscita effettuandone una interpretazione eccessivamente pessimistica e soggetta a contro-argomentazioni. Peraltro, il rapporto riconosce all'Italia di avere effettuato progressi in diversi campi; quest'aspetto non risulta all'interno della interrogazione presentata.
  Per quanto riguarda le scelte di politica economica effettuate dal precedente Governo, queste erano dettate dalla ineludibile necessità di perseguire il risanamento finanziario, anche alla luce degli obblighi europei, ed in linea con gli impegni presi nel tempo dai governi italiani. Vi erano stretti margini di manovra per ottenere i risultati necessari entro i tempi dettati dalle regole sottoscritte anche dal nostro paese. Gli obiettivi fondamentali di finanza pubblica – portare il deficit nominale al di sotto della soglia del 3 per cento del PIL ed avere un saldo strutturale di bilancio in pareggio – sono stati conseguiti e hanno portato alla recentissima uscita del paese dalla procedura del deficit eccessivo.
  L'aumento del rapporto debito/PIL di circa 9 punti percentuali previsto per il 2013 è principalmente imputabile alla minore crescita economica e al minore avanzo primario. Il confronto tra i dati del DEF 2012 e quelli del DEF 2013 permette di identificare pienamente l'origine di tale incremento. Innanzitutto, nel 2012 il debito in rapporto al PIL è stato rivisto al rialzo di circa 3.6 punti percentuali passando dal 123.4 per cento al 127.0 per cento del PIL al lordo dei sostegni. Tale ammontare (carry-over effect) viene di fatto ereditato nel 2013. A questa componente occorre aggiungere:
   1. un ulteriore scarto di 2.5 punti di PIL dovuti al minore avanzo primario previsto dal DEF 2013 per l'anno in corso (2.4 per cento del PIL vis-à-vis 4.9 per cento previsto dal DEF 2012);
   2. un ulteriore scarto (snow ball effect) di 2.2 punti di PIL dovuto al maggior impatto del differenziale tra tasso di interesse e crescita del PIL (4.7 per cento del PIL previsto dal DEF 2013 vis-à-vis 2.5 previsto nel DEF 2012);
   3. un ulteriore aumento di 0.6 punti di PIL dovuti al maggior impatto del raccordo Stock-Flussi.

  Più nello specifico, l'aumento del debito in rapporto al PIL è spiegabile da una revisione al ribasso della crescita economica Pag. 60sia per il 2012, che per il 2013 (la revisione della crescita in termini reali tra i due documenti programmatici è di -1.1 p.p. per il 2012 e -1.8 p.p. nel 2013) e da una revisione al ribasso del contributo delle entrate/PIL (la riduzione del rapporto tra i due documenti programmatici è di -1.1 p.p. per il 2012 e -1.8 p.p. nel 2013). A fronte di queste dinamiche, le spese in rapporto al PIL sono previste aumentare di 1.6 p.p. nel 2013 rispetto a quanto previsto nel DEF del 2012.
  La situazione dell'economia Italiana prospettata nel DEF del 2012 definiva tempi più rapidi di ripresa. Peraltro, le previsioni allora effettuate scontavano correttamente un effetto temporaneo negativo sull'economia delle misure di consolidamento fiscale. Gli errori di previsione derivavano piuttosto dall'avere ipotizzato, in linea con i principali organismi internazionali, tempi più rapidi di rientro delle tensioni sui mercati finanziari e significativamente minori fiscal multipliers. L'inasprimento delle condizioni creditizie erano difficilmente prefigurabili.
  L'interrogazione chiama in causa il rapporto di Mediobanca in diversi punti attribuendo ad errori di politica fiscale ed economica la causa dell'incremento del debito ed alla assenza di riforme strutturali la bassa crescita del prodotto interno lordo. Occorre sottolineare innanzitutto che nel rapporto non si trova un riferimento così netto ad assenza di riforme strutturali; in secondo luogo, si fa presente che tutti i principali organismi internazionali riconoscono all'Italia di avere effettuato interventi profondi e rilevanti proprio in questo campo. Gli effetti delle riforme strutturali tuttavia, non si manifestano immediatamente e portano ad aumenti del PIL soltanto dopo alcuni anni.
  Il Governo in carica si è dato come obiettivi la continuazione del percorso delle riforme strutturali, apportando ove necessario delle correzioni migliorative alle riforme intraprese nel passato e soprattutto a introdurre – all'interno degli impegni presi a livello europeo – delle politiche atte a sostenere la domanda. L'uscita dalla procedura di deficit eccessivo darà, a partire dal prossimo anno, maggiori spazi di manovra. Va, tuttavia, sottolineato che già a partire da quest'anno sono state prese misure significative di sostegno alla domanda e che il governo sta facendo ogni possibile sforzo per operare nell'immediato nuovi interventi.
  Due ulteriori questioni sollevate dall'interrogazione riguardano le misure di politica economica suggerite dal rapporto e i rischi di default per il debito pubblico italiano. Per quanto riguarda il primo punto, l'introduzione di una patrimoniale è stata oggetto di dibattito da parte della pubblica opinione, ma è stata espressamente e esplicitamente esclusa dalla forze a sostegno del governo. Non per ragioni ideologiche. Ma per inefficacia o finanche dannosità ai fini dell'obiettivo perseguito. Una tale misura presenta forti controindicazioni. Un prelievo fiscale così accentuato avrebbe effetti negativi non pienamente valutati nel rapporto. Si ritiene che il mix di misure adottate in Italia negli ultimi anni sia, comunque, in grado di portare il rapporto debito/PIL su un sentiero sostenibile grazie a una dinamica dell'economia superiore al 1 per cento al saldo di bilancio in pareggio e ad un rilevante saldo primario.
  Proprio in virtù della solida posizione conseguita la prospettiva di un default rappresenta uno scenario estremamente improbabile; né l'Italia avrà bisogno di richiedere un salvataggio europeo. Tutte le aste del debito pubblico hanno, anche nei momenti peggiori vissuti a fine 2011, avuto successo con una domanda da parte degli investitori che ha sempre ecceduto l'offerta. Gli attuali tassi di interesse, ma anche livelli più elevati, sono pienamente sostenibili.