CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 6 giugno 2013
34.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Ambiente, territorio e lavori pubblici (VIII)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

Interrogazione n. 5-00261 Zan: Iniziative urgenti in materia di utilizzazione dei combustibili solidi secondari (CSS) nei cementifici.

TESTO DELLA RISPOSTA

  In risposta all'interrogazione a risposta immediata presentata dagli onorevoli Zan ed altri, concernente l'utilizzo di combustibili solidi secondari (CSS), si rappresenta quanto segue.
  Nella Gazzetta Ufficiale del 14 marzo 2013, n. 62, è stato pubblicato il decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare 14 febbraio 2013, n. 22, «Regolamento recante disciplina della cessazione della qualifica di rifiuto di determinate tipologie di combustibili solidi secondari (CSS), ai sensi dell'articolo 184-ter, comma 2, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni».
  Il citato decreto ministeriale è stato adottato ai sensi dell'articolo 184-ter del decreto legislativo n. 152 del 2006, preventivamente notificato alla Commissione europea con decorso del termine di «stand still». Nel dettaglio il decreto ministeriale stabilisce le condizioni e i requisiti in base ai quali dalle operazioni di trattamento di specifiche tipologie di rifiuti si ottiene il prodotto denominato combustibile solido secondario (CSS), nonché le relative condizioni di utilizzo in alcune specifiche tipologie di impianti industriali (cementifici) ritenuti idonei, al fine di rispettare gli standard di tutela dell'ambiente e della salute umana.
  Sotto il profilo tecnico a livello europeo è prevista come una cosiddetta migliore tecnica disponibile (MTD o best available technique – BAT) l'utilizzo di combustibili solidi secondari in cementifici.
  In ogni caso, sotto il profilo della tutela dell'ambiente e della salute, il decreto ministeriale n. 22 del 2013 stabilisce che il CSS-Combustibile può essere utilizzato solo in impianti che rispettano le condizioni di esercizio del decreto legislativo n. 133 del 2005 in materia di co-incenerimento di rifiuti che ha recepito nell'ordinamento nazionale la direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio del 4 dicembre 2000, n. 2000/76/CE, sull'incenerimento dei rifiuti.
  Oltre a detti vincoli di esercizio l'utilizzo del CSS deve rispettare anche le diverse prescrizioni più restrittive contenute nella rispettiva Autorizzazione integrata ambientale (AIA); infatti, possono utilizzare CSS solo gli impianti soggetti a A.I.A. obbligati, come tali, al rispetto delle migliori tecnologie disponibili (Best Available Techniques-BAT).
  Pertanto, l'utilizzo del combustibile solido secondario (CSS) deve comunque rispettare anche i valori limite di emissioni in atmosfera indicati o calcolati secondo quanto descritto nell'Allegato 2, decreto legislativo 11 maggio 2005, n. 133, sull'incenerimento di rifiuti.
  Il decreto ministeriale in oggetto è stato elaborato sulla base di una serie di dati di valutazione acquisiti nel corso dell'istruttoria.
  Da ultimo nel 2011 uno studio condotto dal Network for Business Sustainability (Canada) in collaborazione con il Politecnico di Bari (facoltà di ingegneria meccanica) ha analizzato decine di database universitari, con l'obbiettivo di condurre una analisi di tutte le pubblicazioni internazionali relative all'utilizzo di combustibili alternativi in cementeria. Sono stati giudicati rilevanti ai fini dello studio più di 110 articoli tecnici, rapporti di associazioni Pag. 44internazionali di ricerca e organizzazioni governative, pubblicazioni di ricercatori universitari, LCA Analysis, eccetera. La maggior parte dei documenti analizzati conclude che le emissioni dai camini di CO2, NOx, SO2, metalli, diossine e furani sono generalmente inferiori rispetto alla marcia a combustibili fossili (Network Business for Sustainability and Politecnico di Bari, 2011).
  Inoltre, con specifico riferimento al tema delle diossine, sollevato nell'interrogazione, l'utilizzo del CSS con dosaggi e proporzioni prestabilite e controllate in processi di combustione a temperature molto elevate per esempio, nel caso della combustione nei cementifici, la materia solida raggiunge i 1450oC; i gas raggiungono addirittura i 2000oC e tempi di residenza di assoluta garanzia non è risultato favorevole alla formazione di diossine, in quanto assicura la distruzione e la completa ossidazione di tutte le molecole inquinanti di natura organica eventualmente presenti.
  Per quanto riguarda le diversità tra alcuni limiti emissivi previsti per inceneritori e cementifici, si tratta di limiti fissati in ambito comunitario. Gli unici limiti che per legge comunitaria e nazionale sono superiori agli inceneritori sono per gli ossidi di azoto (500 per le cementerie e 200 per gli inceneritori, quindi non corrispondono al vero i limiti indicati nell'interrogazione) e le PM 10 (30 mg/Nm3 per le cementerie, 10 mg/Nm3 per gli inceneritori). Cementerie e inceneritori rappresentano due processi industriali completamente diversi: per questi motivi hanno parametri diversi e limiti di emissione diversi in tutto il mondo. Questi limiti, infatti, sono limiti fissati dalla direttiva IPPC, ora sostituita dalla Direttiva 75/2010/UE. Una cementeria che utilizza CSS-Combustibile dal 2005 è soggetta ad un limite di ossidi di Azoto pari a 800 mg/Nm3 (500 per impianti nuovi). La Direttiva 75/2010/UE, di prossimo recepimento in Italia, imporrà un limite di 500 mg/Nm3 per tutte le cementerie (nuove o esistenti).
  Con riferimento agli ossidi di azoto l'istruttoria del decreto ministeriale si è basata su esperienze tecniche condotte in Italia e in tutta Europa che evidenziano una diminuzione dei livelli emissivi in caso di utilizzo di CSS, come rilevato anche dal Politecnico di Torino (Genon, Brizio, 2008) e dalla provincia di Cuneo (Settore Tutela Ambiente della Provincia di Cuneo, atti Forum PA 2009). I dati e le pubblicazioni citate in bibliografia sono reperibili pubblicamente.
  Inoltre, il bilancio emissivo e ambientale preso a riferimento nel corso dell'istruttoria è risultato comunque a favore dell'impiego del CSS in cementeria in quanto oltre a migliorare l'impatto emissivo del cementificio rispetto alla normale conduzione con combustibili fossili, eviterebbe le emissioni del processo di incenerimento o gli impatti della messa in discarica dei rifiuti altrimenti non impiegati nella filiera di produzione ed utilizzo del CSS.
  Il processo di produzione del CSS-Combustibile e, più in generale, del combustibile solido secondario (CSS) deve essere visto in sinergia con la raccolta differenziata finalizzata al riciclo in quanto sono gli stessi requisiti merceologici a cui deve corrispondere il CSS-Combustibile a rendere necessaria a monte l'effettuazione di una raccolta differenziata di materiali quali il vetro e le diverse tipologie di metalli. I macchinari utilizzati per la produzione del CSS-Combustibile trarrebbero, infatti, danni dalla presenza di materiali inerti, motivo per cui la raccolta differenziata rappresenta sempre una soluzione integrante da anteporre al processo di produzione del CSS-Combustibile.
  Con riferimento alla questione, sollevata nell'interrogazione, sugli effetti del decreto ministeriale n. 22 del 2013 sulla raccolta differenziata, la disciplina comunitaria e nazionale impongono comunque obiettivi minimi di raccolta differenziata che devono essere rispettati e se non vengono conseguiti determinano responsabilità economiche e politiche a carico degli Pag. 45amministratori. Inoltre, potrebbe addirittura essere incentivata la raccolta differenziata della frazione umida.
  Peraltro l'articolo 6, comma 2, del decreto ministeriale n. 22 del 2013, richiama espressamente l'articolo 179, decreto legislativo n. 152 del 2006, proprio al fine di evitare che la produzione del CSS-Combustibile avvenga nel mancato rispetto della gerarchia dei rifiuti. Si conferma pertanto il principio per cui il riciclo si colloca tra le opzioni più virtuose per il trattamento dei rifiuti. In tal senso il decreto ministeriale n. 22 del 2013 rispetta pienamente anche le disposizioni europee che pongono il riciclo in un ambito gerarchicamente superiore rispetto ad altre forme di recupero di materia o di energia.
  Con riferimento alla questione dei controlli, sollevata nell'interrogazione, si ricorda che la produzione e l'utilizzo del CSS-Combustibile sono soggetti non solo a tutte le attività di controllo previste dall'ordinamento, ma anche a una serie di ulteriori e specifici controlli previsti dallo stesso decreto ministeriale n. 22 del 2013.
  In ogni caso, si intende approfondire i dati già disponibili e acquisire ulteriori dati sperimentali sull'utilizzo del CSS, con particolare riferimento ai profili tecnici e di impatto segnalati dall'interrogante, al fine delle opportune verifiche sulla completezza dell'istruttoria che sta alla base dell'elaborazione del CSS.
  In merito è stato già disposto che un gruppo tecnico del MATTM approfondisca le criticità segnalate.
  All'esito di tale integrazione istruttoria saranno assunte le conseguenti iniziative.

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ALLEGATO 2

Interrogazione n. 5-00262 Borghi: Sulla realizzazione di un impianto di stoccaggio di gas naturale nel comune di Rivara.

TESTO DELLA RISPOSTA

  In risposta all'interrogazione a risposta immediata presentata dagli onorevoli Borghi ed altri, concernente il supplemento di VIA/VAS richiesto dalla società Erg Rivara Storage per lo stoccaggio di gas a Rivara, si rappresenta quanto segue.
  In premessa occorre precisare che con decreto del 17 febbraio 2012, questo Ministero ha decretato la compatibilità ambientale, limitatamente alle operazioni previste per la realizzazione della fase preliminare di accertamento concernente il progetto in epigrafe, al «limitato fine dell'eventuale rilascio (....) dell'autorizzazione da parte del Ministero dello Sviluppo Economico d'intesa con la Regione Emilia Romagna» della fase di accertamento medesima.
  Con il detto decreto di VIA è stato altresì disposto che «nel caso in cui la fase di accertamento dia esito positivo, confermando la fattibilità dei proposti programmi di stoccaggio di gas in unità geologi che profonde, la Società ERG Rivara Storage S.r.l., ai fini del rilascio della concessione da parte del Ministero dello Sviluppo Economico, dovrà richiedere preventivamente al Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare la riattivazione della procedura di VIA presentata in data 8 settembre 2006, aggiornata sulla base degli esiti della citata fase di accertamento, in relazione alle fasi di realizzazione e di esercizio dell'impianto di stoccaggio gas».
  Successivamente, in data 1o giugno 2012, in considerazione del fatto che parti del territorio interessato dal progetto di accertamento sopra detto erano state interessate da eventi sismici imprevedibili e di intensità inattesa ed in considerazione della eventuale possibilità di variazione dei presupposti alla base del decreto VIA sopra citato, è stato chiesto alla Commissione tecnica VIA VAS un supplemento istruttorio «volto ad accertare l'attualità del pronunciamento di VIA ovvero se del caso, valutare l'adozione delle opportune misure correttive o comunque di differenti determinazioni in merito».
  Nelle more della conclusione di detto supplemento istruttorio di VIA, il Ministero dello sviluppo economico con il provvedimento direttoriale del 6 agosto 2012, rigettava l'istanza di autorizzazione presentata dalla Società ERG Rivara Storage negando, quindi, l'autorizzazione ad eseguire il programma di ricerca relativo alla predetta fase di accertamento «Rivara – Verifica fattibilità stoccaggio».
  Atteso che, per effetto dell'emanazione da parte del Ministero dello sviluppo economico del citato provvedimento di diniego dell'autorizzazione, venivano meno i necessari presupposti alla base del procedimento avviato in data 1o giugno 2012, non avendo, pertanto, il medesimo più ragion d'essere, con nota del 19 novembre 2012 la competente Direzione del Ministero dell'ambiente ha comunicato a tutti gli interessati che, in aderenza al principio di non aggravio del procedimento, l'Amministrazione non avrebbe dato ulteriore corso al procedimento medesimo e che non sarebbero stati emanati ulteriori provvedimenti correttivi/integrativi del decreto del 17 febbraio 2012. Questo pur avendo la Commissione tecnica di verifica dell'impatto ambientale VIA e VAS ritenuto con Pag. 47parere n. 1079 del 26 ottobre 2012 di completare il supplemento di istruttoria tecnica in questione.
  Successivamente il Ministero dello sviluppo economico con decreto del 3 marzo 2013 ha rigettato definitivamente l'istanza (presentata in data 1o luglio 2002) per il rilascio della concessione di stoccaggio di gas naturale in unità geologica profonda da realizzare in località Rivara, nel comune di San Felice sul Panaro (Modena).
  È del tutto evidente che, stante la natura endoprocedimentale del procedimento di VIA, essendo venuto meno il procedimento autorizzativo del MISE a seguito del provvedimento di rigetto sopra richiamato, anche il procedimento di VIA si intende caducato.

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ALLEGATO 3

Interrogazione n. 5-00263 Grimoldi: Iniziative urgenti per verificare lo stato di inquinamento del suolo e della falda idrica in un'area del comune di Melegnano e di Cerro al Lambro.

TESTO DELLA RISPOSTA

  In risposta all'interrogazione a risposta immediata presentata dagli onorevoli Grimoldi e Rondini, concernente l'inquinamento provocato dall'insediamento industriale Chimica Saronio nel comune di Melegnano (Milano), sulla base delle informazioni pervenuta in particolare dagli enti territoriali, si rappresenta quanto segue.
  Nel dicembre 2003 (atto regionale del 19 dicembre 2003, n. 22652), la regione Lombardia ha approvato la perimetrazione provvisoria del sito ex Chimica Saronio, sulla scorta della cartografia riportante le aree storicamente occupate dalla medesima e delle indagini ambientali svolte finalizzate alla identificazione delle situazioni di pericolo.
  Il sito denominato «ex Chimica Saronio» ricomprende diverse aree, più o meno ampie, ubicate sul territorio dei comuni di Cerro al Lambro e Melegnano (Milano), il cui complesso originario noto come «industrie Chimiche Saronio», ha subito un'evoluzione e sviluppo produttivo che seguono gli eventi storici dagli anni ’20 fino agli anni ’60, quando la Società ACNA-Montecatini rileva le quote societarie e nel 1960 ne sancisce la chiusura dell'ultima linea produttiva in comune di Melegnano.
  Il sito comprende anche l'arcate della fabbrica di Riozzo in comune di Cerro al Lambro, acquisito al demanio militare verso la fine della seconda guerra e utilizzato fino al 1992 come zona di addestramento con l'impiego di artifizi esplosivi.
  Le sostanze utilizzate nei cicli produttivi erano essenzialmente naftalina, benzolo, acidi inorganici e composti intermedi quali anilina, diossinaftalina, clorobenzolo, naftilammina; le analisi effettuate dagli enti hanno permesso di accertare che il fiume Lambro costituiva il recettore finale dei reflui di produzione, sottoposti a processi di stoccaggio e di decantazione e successivamente convogliati tramite canali in un sistema di vasche interrate.
  Il procedimento ambientale avviato ai sensi del decreto ministeriale 25 ottobre 1999, n. 471, ha visto il coinvolgimento attivo e sinergico dei comuni interessati, della provincia di Milano, dell'ARPA Lombardia, dell'ASL e dell'Autorità sanitaria locale, formalizzato attraverso l'istituzione di un apposito gruppo di lavoro regionale (atto della direzione generale competente 22 dicembre 2003, n. 22762), con funzioni di supporto tecnico amministrativo ai comuni coinvolti, e successivamente rinnovato nel febbraio del 2008.
  All'interno del perimetro definito, è opportuno menzionare le attività di bonifica delle aree industriali della Ditta ALTEA Costruzioni srl e della Società STEAS srl, entrambe in comune di Melegnano, i cui progetti sono stati approvati dalla regione Lombardia e le attività di bonifica conclusesi con le certificazioni ambientali della provincia di Milano rispettivamente dell'ottobre e del dicembre 2007.
  Il monitoraggio ambientale e le indagini condotte dalla provincia di Milano e dall'ARPA, hanno evidenziato la diffusione delle ammine aromatiche nella falda sospesa, imputabile alla presenza di una Pag. 49sorgente primaria nella zona satura, con elevate concentrazioni degli inquinanti.
  La regione Lombardia, in ragione della natura e delle caratteristiche del suolo e del sottosuolo e dell'uso del territorio e delle fonti di rifornimento idrico, ha promosso l'importanza di un complessivo e particolareggiato piano di caratterizzazione presso le aree pubbliche e private del perimetro di interesse regionale, sia dei terreni che delle acque del sito ex Chimica Saronio, prodromico alla definizione degli interventi di bonifica necessari e comprensivi di una idonea barriera idraulica per contenere gli effetti della contaminazione nelle acque di falda e per la protezione delle risorse idropotabili.
  In relazione all'applicazione dei principi normativi in materia, nell'ambito del contenzioso civile avviato nei confronti della Società Edison spa, succeduta nella proprietà dell'area, la pronuncia del tribunale amministrativo della regione Lombardia del luglio 2009 (rif.: sentenze T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. IV, del 16 luglio 2009, n. 4379 e 4380) ha posto in capo alla società Edison l'onere delle misure per la messa in sicurezza d'emergenza delle acque sotterranee nel comparto ex Chimica Saronio, propedeutica alla progettazione di uno sbarramento idraulico.
  Riguardo all'Area militare in frazione Riozzo del comune di Cerro al Lambro, la bonifica è sottoposta alle procedure ministeriali stabilite per gli interventi nelle zone militari, e a tal fine il Ministero della difesa, effettuato apposito sopralluogo tecnico, non ha rilevato almeno in superficie la presenza di tracce evidenti di contaminazione chimica. Anche a seguito di una più approfondita indagine strumentale, gli esiti dello studio pur in presenza, in alcuni punti di rilevamento, dei superamento dei valori limite con riferimento ai solfati, manganese ed arsenico, i primi referti analitici sulle acque sotterranee nei pozzi a valle del presidio militare non hanno indicato particolari situazioni di compromissione delle acque sotterranee. In merito l'ARPA della regione Lombardia, appositamente interessata dalla Forza armata non ha ritenuto necessaria l'attivazione della procedura indicata nell'articolo 6 del decreto ministeriale 22 ottobre 2009 che prevede tempestivi interventi di caratterizzazione e bonifica.
  Per quanto riguarda la qualità delle acque sotterranee destinate al consumo umano, si comunica che sono monitorate annualmente con sei monitoraggi, di cui quattro da parte dell'ASL e due da parte del Gestore della rete idrica. Allo stato attuale le analisi eseguite attestano e garantiscono i requisiti di potabilità delle acque destinate al consumo umano.
  La caratterizzazione ambientale dell'ex insediamento della Chimica Saronio sarà eseguita dal comune di Melegnano, quale intervento d'ufficio in sostituzione del soggetto obbligato inadempiente. Contestualmente è stata avviata l'azione di rivalsa contro il soggetto obbligato per il recupero delle spese sostenute dalla pubblica amministrazione. Il piano di caratterizzazione è stato approvato da regione Lombardia con atto dirigenziale n. 3468 del 20 aprile 2012 e di recente, in data 23 maggio 2013, il comune di Melegnano ha comunicato l'avvenuta predisposizione della documentazione necessaria per l'avvio delle procedure di caratterizzazione. Il comune di Milano ha in corso le procedure di appalto per la realizzazione delle indagini ambientali.
  Sarà cura del Ministero dell'ambiente seguire e attivare gli enti territoriali competenti al fine di conoscere le misure adottate per il ripristino ambientale dei luoghi o per eventualmente sollecitare i necessari interventi ed assumere le iniziative di competenza.

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ALLEGATO 4

Interrogazione n. 5-00264 Pastorelli: Iniziative urgenti per contrastare i fenomeni di danneggiamento delle coltivazioni agricole in aree poste all'interno o in prossimità di aree naturali protette.

TESTO DELLA RISPOSTA

  In risposta all'interrogazione a risposta immediata presentata dall'onorevole Pastorelli, concernente i danni causati all'agricoltura dalla fauna selvatica, si rappresenta quanto segue.
  In riferimento a quanto esposto dall'onorevole interrogante riguardo le problematiche inerenti i danni cagionati dalla fauna selvatica al patrimonio agricolo e zootecnico ed il conseguente risarcimento dei danni, si comunica che tali problematiche risultano essere di competenza delle regioni che sovente delegano le province per la quantificazione dei danni ed il relativo indennizzo a coloro che lo hanno patito. Quanto sopra per quel che attiene i danni che si verificano nelle zone di cui all'articolo 10 della legge n. 157 del 1992.
  Per quel che attiene invece danni arrecati alle produzioni agricole all'interno delle aree protette, tale competenza risulta essere ascritta all'ente gestore dell'area protetta. A questo proposito è necessario precisare che l'attività venatoria è vietata nelle aree protette ma il controllo anche con sparo, che è bene ribadirlo è altra cosa dalla caccia, è lecito dentro e fuori dalle aree protette.
  Ciò premesso, si ritiene che le 2 norme generali in materia di danni da fauna selvatica (157/92 e 394/91) appaiono in linea di massima valide e attuali, il problema è legato alla loro applicazione a livello regionale o di area protetta. A questo proposito si individuano tre ordini di problemi:
   1) la necessità di un maggiore attenzione alla pianificazione faunistica, che spesso è impostata solo in un'ottica venatoria;
   2) la carenza di risorse dedicate alla prevenzione dei danni e al loro risarcimento;
   3) una forte attenzione al benessere degli animali che in molte situazioni travalica le stesse finalità di conservazione della biodiversità (anteponendo l'interesse per il singolo individuo rispetto alla conservazione della specie o dell'ambiente in toto), tale attenzione frena in molti casi l'autorizzazione o l'attuazione di interventi che risultano coerenti con le finalità delle rispettive norme.

  Rispetto al primo punto è importante ricordare che: la maggior parte dei danni sono prodotti dai cinghiali e per tale specie esistono da tempo linee guida prodotte da ISPRA; in molte situazioni i cacciatori sono i primi a ostacolare un'efficace azione di controllo in quanto una corretta attuazione della stessa ridurrebbe il numero di animali da poter cacciare negli anni successivi; un consistente problema deriva anche dai ripopolamenti, pratica da anni sconsigliata da ISPRA in particolare per i cinghiali.
  Rispetto al terzo punto si rileva come il richiamo nella norma nazionale all'utilizzo di metodi ecologici rende in certi casi particolarmente complesso e lungo l’iter di autorizzazione per l'utilizzo di metodi di controllo maggiormente efficaci.
  Infine si richiama il fatto che la tempestiva adozione dei regolamenti di parco (il cui iter di approvazione è in molti casi ancora in corso), con adeguate misure rivolte al controllo, potrebbe favorire una più efficace soluzione della problematica.

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ALLEGATO 5

Interrogazione n. 5-00265 Latronico: Iniziative urgenti per la realizzazione degli interventi di bonifica di alcuni siti inquinati nelle province di Potenza e Matera.

TESTO DELLA RISPOSTA

  In risposta all'interrogazione a risposta immediata presentata dall'onorevole Latronico, concernente lo stato di avanzamento dei progetti di bonifica delle aree della Val Basento e dell'ex Liquichimica di Tito in provincia di Potenza, si rappresenta quanto segue.
  Il Sito dell'Area industriale della Val Basento è stato individuato – quale intervento di bonifica di interesse nazionale – dall'articolo 14 della legge 31 luglio 2002, n. 179.
  Con decreto ministeriale 26 febbraio 2003 è stato definito il perimetro del SIN che comprende i seguenti comuni della provincia di Matera: Grottole, Salandra, Miglionico, Pomarico, Ferrandina e Pisticci.
  Il sito, che occupa una superficie di circa 34 ettari, è interessato dalla presenza di tre insediamenti industriali (Salandra al confine Nord, Ferrandina e Pisticci, a ridosso del confine sud del perimetro), inseriti tra aree a prevalente vocazione agricola.
  Sull'area insistono anche svariate attività produttive di tipo chimico, nonché aree dismesse che furono in passato sede di produzione e manufatti in cemento-amianto ed altre di produzione di metanolo.
  Il sito racchiude un'area piuttosto ampia, posizionata lungo l'asta fluviale del fiume Basento, orientata secondo l'asse nord-ovest/sud-est.
  La ricostruzione stratigrafica eseguita a seguito di sondaggi condotti fino ad una profondità di circa 15 m nell'area ha messo in luce la presenza di terreni di alluvioni fini recenti, quali sabbie mediofini, limi ed argille limose, poggianti su alluvioni grossolane, quali ghiaie e ciottoli in matrice sabbiosa. A profondità maggiori si rinviene un complesso argilloso, nell'insieme impermeabile pur presentando fratture superficiali che localmente possono limitare tale caratteristica. La vicinanza del fiume Basento e il pericolo connesso alla possibile presenza di contaminazione nelle aree industriali attive e/o dimesse, hanno portato a ritenere che il sito presenti caratteristiche di elevato rischio ambientale e sanitario.
  La stratigrafia si riassume nei seguenti tre strati (fatta esclusione del materiale di riporto e/o vegetale):
   1) terreno di riporto fino alla profondità 0,7-1 m dal p.c.;
   2) sabbie debolmente limose, spessore medio di c.a. 3 m;
   3) ghiaia in matrice sabbiosa, spessore medio di c.a. 6,3 m (a volte si presenta come primo strato con minor spessore)
   4) limi argillosi grigio azzurri.

  La contaminazione ad oggi riscontrata risulta essere, in particolare per le aree industriali, sia per i suoli (Tab. 1) che per le acque di falda (Tab. 2) a carico di metalli pesanti, IPA, solventi clorurati e composti aromatici.

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  Per le aree private ad oggi risultano attivati i seguenti interventi:
   n. 15 interventi di MISE in aree private;
   approvato progetto di Messa in Sicurezza di Emergenza Consortile per le acque di falda dell'intero comparto industriale di Pisticci;
   MISE dell'area Ex Materit interessata da problematiche ambientali da amianto;
   Approvati n. 50 di PdC delle aziende rispetto ad un totale di 67;
   Approvati i progetti definitivi di bonifica di n. 3 aree private.

  Per le aree pubbliche ad oggi risultano approvati:
   il Piano di Caratterizzazione delle aree agricole;
   i risultati della caratterizzazione delle aree agricole.

  Gli interventi programmati per le aree di competenza pubblica interessano anche le aree agricole, in particolare la progettazione di interventi di messa in sicurezza di emergenza dei suoli e delle acque di falda delle aree agricole contaminate e caratterizzazione dell'asta fluviale del fiume Basento.
  Relativamente alla rete piezometrica regionale integrativa, nell'ambito del SIN si sta conducendo una caratterizzazione qualitativa delle acque di falda in ingresso ed in uscita dal perimetro del sito di interesse nazionale ed a ridosso dell'area diaframmata della Syndial nella zona industriale di Ferrandina, al fine di accertare la qualità delle acque in ingresso ed in uscita dal perimetro del sito di interesse nazionale della Val Basento.
  In particolare, sono stati eseguiti una serie di sondaggi meccanici, attrezzati, a piezometri ubicati rispettivamente a monte del perimetro del sito, lungo la sezione del Fiume Basento in territorio di Grassano e Grottole (n. 11 piezometri), a valle del perimetro del sito, trasversalmente alla golena del Fiume Basento in territorio di Pisticci e Montescaglioso (n. 17 piezometri) e, per effetto di una variante progettuale, ulteriori 14 piezometri in corrispondenza dell'area diaframmata della Syndial in territorio di Ferrandina.
  Relativamente alla messa in sicurezza d'emergenza, ad oggi risultano in corso di adozione circa 15 interventi di messa in sicurezza d'emergenza delle acque di falda.
  Risulta, altresì, in corso di attuazione da parte delle Aziende un progetto di messa in sicurezza d'emergenza consortile per le acque di falda dell'intero comparto industriale di Pisticci.
  Inoltre, risulta in corso di adozione un intervento di messa in sicurezza d'emergenza dell'area dell'ex stabilimento Materit – nel quale si realizzavano manufatti in amianto – interessato da problematiche ambientali da amianto.
  Ad oggi risultano presentati 50 Piani di Caratterizzazione, per le aree delle 67 Aziende perimetrate.
  Inoltre, è stato approvato il Piano di Caratterizzazione per le aree agricole comprese nel perimetro del sito di interesse nazionale che riguarda una superficie di 3.140 ha.
  Con riferimento ai risultati dei Piani di Caratterizzazione, ad oggi risultano presentati 21 Risultati della Caratterizzazione, dei quali 20 approvati, per le aree delle 67 Aziende perimetrate.
  Risultano, altresì, approvati i risultati della caratterizzazione per le aree agricole comprese nel perimetro del sito di interesse nazionale. Quest'ultime indagini hanno consentito la restituzione agli usi legittimi per circa 3.140 ha ed hanno individuato la necessità di bonifica di 57 hot spot di terreno contaminato nelle aree agricole, per i quali i comuni interessati stanno provvedendo alla delimitazione di dette aree. Inoltre, alla luce dei citati risultati della caratterizzazione sono state restituite agli usi legittimi le aree di 4 Aziende perimetrate.Pag. 54
  I Progetti di bonifica ad oggi approvati sono 3, rispettivamente per le aree dell'ex Centrale di Desolforazione ENI in comune di Salandra.
  Rispetto al Progetto consortile di messa in sicurezza di emergenza falda, si rappresenta che su richiesta di questo Ministero è stato presentato un progetto consortile, relativamente all'area di Pisticci ubicata a sud dell'area perimetrata.
  A tale progetto hanno aderito i seguenti soggetti: Tecnoparco Val Basento, Biosearch Manufacturing, Ergom Automotive, Freudenberg Politex, ITL, LAES, Pregis, Panasonic, Equipolymers, CFP, Helesi, Nylstar, Immobiliare Snia, Dow Italia.
  La Conferenza di Servizi decisoria del 15 febbraio 2007 ha approvato con prescrizioni il Progetto integrato di messa in sicurezza d'emergenza delle acque di falda trasmesso dal Consorzio Tecnoparco ed acquisito dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare (prot. n. 26262/QdV/DI del 29 dicembre 2006).
  La Conferenza di Servizi istruttoria del 23 ottobre 2007 ha ribadito integralmente le prescrizioni formulate dalla sopracitata Conferenza di Servizi decisoria.
  La Conferenza di Servizi decisoria del 24 gennaio 2008 ha deliberato di prendere atto della formalizzazione dell'adesione al progetto consortile da parte dei soggetti in indirizzo titolari di aree ricadenti all'interno del SIN della Val Basento, (nota trasmessa da Tecnoparco ed acquisita da questo Ministero con prot. n. 31/187/QdV/DI del 3 dicembre 2007 e prot. n. 0640/QdV/DI del 14 gennaio 2008) ed ha, inoltre, sollecitato l'attivazione dei 13 piezometri previsti dal progetto approvato.
  Successivamente la scrivente Direzione Generale, ha sollecitato, a tutte le aziende che hanno aderito ufficialmente al progetto di cui in oggetto, l'attivazione delle misure di messa in sicurezza d'emergenza delle acque di falda.
  Il progetto di messa in sicurezza d'emergenza prevede una prima fase in cui saranno realizzati due pozzi pilota (W1 e W2), al fine di calibrare correttamente il modello teorico di flusso e dimensionare definitivamente la barriera idraulica – verificando anche la necessità di ri-immettere le acque depurate in falda. Il Consorzio prevede in una seconda fase la realizzazione di ulteriori 13 pozzi (richiesti in seguito ad esame istruttorio dalla Conferenza di servizi della Scrivente Direzione) ad integrazione di quelli già realizzati al fine di completare la barriera idraulica. Nella documentazione è riportato che risultano i seguenti superamenti dei limiti di normativa a carico della matrice Acque sotterranee: Manganese, Solfati, Nitriti, 1,1-Dicloroetilene, Tricloroetilene e Sommatoria Organoalogenati.
  Detti 15 pozzi sono stati definiti sulla base di uno studio di simulazione con modello WhAEM2000, dei quali due di monte erano quelli già previsti nella precedente stesura e sono da realizzare, due sono già utilizzati per la messa in sicurezza d'emergenza della falda dell'area della Soc. Freudenberg Politex, uno da realizzare in prossimità dell'anomalia in zona immobiliare Snia, cinque da realizzare a monte idrogeologico e cinque da realizzare a valle idrogeologico. In definitiva è evidenziato che dei 15 pozzi solo due sono già in esercizio. Nel documento è previsto di realizzare preliminarmente due nuovi pozzi, rimandando la realizzazione degli ulteriori 11 solo dopo la verifica in campo del comportamento idrodinamico della falda.
  In merito al trattamento delle acque di falda emunte per la messa in sicurezza d'emergenza delle stesse non è descritto il sistema specifico previsto ma è indicato che saranno preliminarmente utilizzate le due linee esistenti denominate TASA e TRAS.
  Ad oggi non risultano attivati gli interventi proposti dal progetto.
  Relativamente alle risorse finanziarie, si rappresenta che il Dicastero dell'Ambiente ha stanziato a favore della bonifica del Sito in parola, complessivi euro 2.272.727,00 (a valere sul decreto ministeriale n. 308 del 2006) già trasferiti alla regione Basilicata con D.D. prot. 1324 del 14 aprile 2011.Pag. 55
  Il Ministero ha stanziato, inoltre, ulteriori euro 500.000,00 per la bonifica da amianto nell'area dello stabilimento ex Materit, sita nel comune di Ferrandina.
  Ad oggi, risultano già trasferiti euro 350.000,00 a favore del comune medesimo con D.D. prot. n. 524 del 21 giugno 2004.
  Il Sito di Interesse Nazionale di «Tito», invece, è stato istituito con decreto ministeriale n. 468 del 2001 e successivamente perimetrato con decreto ministeriale 8 luglio 2002.
  In merito all'area Ex Liquichimica, si rappresenta che le attività di messa in sicurezza della falda risultano avviate in data 9 gennaio 2009 ed hanno interessato 20 coppie di piezometri (a doppia canna) e le acque di falda sono state smaltite come rifiuti.
  Sono risultati contaminati 8 coppie di piezometri con i seguenti analiti: Fe, Mn, Cdv, dicloroetilene, tricloroetilene, solfati, fluoruri.
  Gli emungimenti continueranno nei piezometri risultati contaminati.
  Previo censimento dei rifiuti presenti, sono state condotte le attività di smaltimento a impianto autorizzato che hanno riguardato le seguenti tipologie di rifiuti:
   1. rifiuti misti da attività di costruzione e demolizione;
   2. rivestimenti e materiali refrattari;
   3. plastica;
   4. terre e rocce;
   5. rifiuti derivanti dalle operazioni di bonifica;
   6. imballaggi metallici contenenti amianto;
   7. ferro e acciaio;
   8. rifiuti organici;
   9. imballaggi.

  Nel febbraio 2011 è stata dichiarata la conclusione delle relative attività ed è stata presentata la certificazione di regolare esecuzione.
  Altre attività hanno riguardato:
   1. bonifiche amianto;
   2. scorie siderurgiche;
   3. serbatoi di ammoniaca.

  In merito al punto 1), è stata dichiarata la conclusione delle relative attività di bonifica e la restituibilità delle strutture da parte della competente ASL.
  In merito al punto 2), è stata dichiarata la conclusione delle prime attività di messa in sicurezza ed è stata presentata la certificazione di ultimazione lavori e regolare esecuzione.
  In merito al punto 3), è stata dichiarata la conclusione delle attività di bonifica ed è stata presentata la certificazione di ultimazione lavori e regolare esecuzione.
  Questo Ministero ha chiesto agli organi di controllo locali di procedere alle necessarie verifiche.
  Presentato il Progetto preliminare di bonifica della falda e dei terreni ed il Progetto della Messa in sicurezza permanente con recupero funzionale del Bacino Gessi, ritenuto approvabile nella Conferenza di Servizi decisoria dell'aprile 2010, la regione Basilicata ha richiesto, in data 3 marzo 2011 di valutare la possibilità di adottare soluzioni diverse ed alternative rispetto a quelle già proposte ed approvate.
  In particolare la regione ha proposto l'utilizzo di barriere reattive in luogo di quelle idrauliche e, per il bacini gessi, di utilizzare dati relativi aggiornati provenienti dalla realizzazione della nuova rete piezometrica regionale.
  In data 21 novembre 2012, l'ISPRA, su richiesta di questo Ministero, ha trasmesso parere sulla citata proposta progettuale regionale, ritenendo la proposta barriera permeabile reattiva «non... adatta» alla tipologia di contaminazione presente.
  Questa Amministrazione ha quindi sollecitato la presentazione immediata delle nuove alternative progettuali ovvero l'adozione delle iniziative già discusse ed approvate Pag. 56nella Conferenza di Servizi decisoria. Attesa la valenza ambientale degli argomenti, infatti, non sono accettabili rinvii nell'adozione effettiva di interventi a tutela della salute e dell'ambiente.
  Giova evidenziare che il Dicastero dell'Ambiente ha stanziato a favore della bonifica del Sito in parola, complessivi euro 4.993.985,47, a valere sui fondi della legge n. 426 del 1998 e successivamente ripartiti con il già citato decreto ministeriale n. 468 del 2001.
  A fronte della citata disponibilità finanziaria, pari ad euro 4.993.985,47, alla data del 31 dicembre 2012, risultano impegnati dalla regione Basilicata euro 3.468.974,05 e spesi euro 2.413.012,99.
  Da ultimo si rappresenta che per la bonifica di entrambi i SIN, la Delibera CIPE n. 87/2012 ha stanziato un ulteriore importo, pari a complessivi euro 41.723.249,01, di cui:
   euro 23.295.181,98 a favore del SIN di Tito;
   euro 18.428.067.03 a favore del SIN di Val Basento.

  La citata Delibera ha previsto che le suddette risorse siano disciplinate mediante la sottoscrizione di un apposito Accordo di Programma Quadro «rafforzato».
  Ad oggi il testo dell'Accordo di Programma Quadro «rafforzato» è stato condiviso da tutti i Soggetti sottoscrittori e si è in attesa della convocazione da parte del Ministero dello Sviluppo Economico ai fini della stipula.

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ALLEGATO 6

Interrogazione n. 5-00266 Matarrese: Iniziative urgenti per contrastare i fenomeni di inquinamento nell'area dello stabilimento industriale «Caffaro s.r.l.».

TESTO DELLA RISPOSTA

  In risposta all'interrogazione a risposta immediata presentata dagli onorevoli Matarrese ed altri, concernente la bonifica del sito dell'ex stabilimento Caffaro a Brescia, si rappresenta quanto segue.
  L'azienda «Caffaro Brescia» Spa rientra tra quelle a rischio di incidente rilevante ex articolo 8 della legge n. 334 del 1999 e, in virtù di ciò, la prefettura di Brescia ha redatto il prescritto «Piano di Emergenza Esterna» nel 2008.
  Con l'articolo 14 della legge n. 179 del 2002 è stato aggiunto all'elenco dei siti di bonifica di interesse nazionale, di cui alla legge n. 426 del 1998, il sito di «Brescia – Caffaro (aree industriali e relative discariche da bonificare)».
  L'Azienda chimica Caffaro opera nella produzione di vari composti derivati dal cloro, fra cui i policlorobifenili (PCB) fino al 1984. Questi composti, si sono accumulati nell'ambiente interessando ad oggi non solo il comune di Brescia ma anche altri comuni della stessa provincia. Nel territorio è stata altresì riscontrata la presenza di elevate concentrazioni di diossine e furani, composti che possono generarsi come prodotti secondari indesiderati del ciclo produttivo dei PCB.
  Il Ministero dell'ambiente, con decreto del febbraio 2003 ha definito una triplice e distinta perimetrazione del Sito, che si sviluppa prevalentemente a sud dello stabilimento Caffaro, seguendo il sistema delle rogge e comprende in particolare:
    per la matrice suolo, (circa 270 ha) l'area che include anche lo stabilimento Caffaro Srl, le varie discariche circostanti nel comune di Castegnato e Vallosa in comune di Passirano nonché le aree ex Comparto Milano, Bruschi & Muller, ex CamPetroli, ex Pietra e Spedali Riuniti di Brescia;
   per il comparto acque sotterranee, un'area più vasta (circa 2.100 ha) delimitata sulla base delle evidenze analitiche già disponibili di contaminazione della falda;
   il sistema delle rogge a sud dell'area oggetto della predetta ordinanza.

  Dal 2009, viene tenuta costantemente sottocontrollo da parte di ARPA Lombardia – Dip. di Brescia – la situazione di inquinamento da cromo totale e da cromo VI della falda perimetrata, e, recentemente, anche l'ASL di Brescia sta costantemente monitorando la qualità delle acque prelevate dai pozzi della rete acquedottistica pubblica, per garantire la salvaguardia della salute pubblica.
  Relativamente alle risorse finanziarie si rappresenta che questo dicastero ha stanziato a favore della bonifica del sito in parola, complessivi euro 6.752.727,00 (a valere sul decreto ministeriale n. 308 del 2006) già trasferiti alla regione Lombardia con D.D. prot. 1323 del 14 aprile 2011.
  In data 29 settembre 2009 è stato sottoscritto l'accordo di programma «Per la definizione degli interventi di messa in sicurezza e successiva bonifica nel sito di Interesse Nazionale di Brescia Caffaro», nel quale sono state disciplinate le predette risorse nonché individuati puntualmente i soggetti attuatori (Enti locali territoriali, ASL di Brescia, Istituto superiore Pag. 58di sanità, ARPA Lombardia e Soggetto pubblico in house) degli interventi medesimi.
  Al riguardo si precisa che, alla data di sottoscrizione dell'Accordo in parola, le risorse di cui sopra, erano già cadute in perenzione amministrativa e sono state trasferite alla regione Lombardia, successivamente alla loro reiscrizione in bilancio, nel corso del 2011.
  Si evidenzia, in particolare, che le aree interessate dagli interventi di bonifica di competenza pubblica previsti nel citato Accordo sono solo quota parte dell'intero perimetro del SIN.
  Tenuto conto delle problematiche legate alle limitazioni di spesa imposte dal patto di stabilità, è stato possibile individuare in maniera definitiva i soggetti attuatori degli interventi disciplinati nell'accordo di programma del 29 settembre 2009 solo in data 25 ottobre 2012.
  Ad oggi, questa amministrazione unitamente alla regione Lombardia ha stipulato i previsti atti convenzionali con la ASL di Brescia, l'Istituto superiore di sanità, l'ARPA Lombardia e la Sogesid S.p.A.
  Si comunica, inoltre, che è in corso di realizzazione l'intervento di «Messa in sicurezza di emergenza e progettazione della bonifica dei terreni delle aree agricole nel comune di Brescia» la cui attuazione è stata demandata alla regione Lombardia nonché gli ulteriori interventi previsti nei comuni di Passirano e Castegnato.
  Relativamente al contenzioso, si rappresenta che l'ISPRA ha predisposto una relazione tecnica di valutazione e quantificazione dei danni connessi alle attività produttive svolte nel sito di Brescia-Caffaro, quantificata nel 2009 con stima sommaria in euro 450.000.000,00 – consentendo l'avvio delle azioni necessarie ad assicurare la riparazione del danno ambientale ivi accertato.
  Infatti, nel gennaio 2009 la competente direzione generale del Ministero dell'ambiente ha richiesto all'Avvocatura dello Stato di promuovere in relazione al sito in questione – oltre che ai siti di Grado Marano e Valle del Sacco – ogni iniziativa ritenuta opportuna a tutelare la pretesa erariale dell'amministrazione in relazione sia agli obblighi di risarcimento del danno ambientale ivi riscontrato sia al diritto di rivalsa per i costi sostenuti, e da sostenere, per la messa in sicurezza e la bonifica delle aree contaminate.
  Sempre in riferimento al sito di Brescia-Caffaro, l'ISPRA ha provveduto nel febbraio 2009 a fornire una relazione tecnica di dettaglio, sia pure ancora preliminare, che quantifica un danno pari ad euro 1.533.807.700,00.
  In merito al contenzioso suddetto, sono seguiti numerosi incontri presso il Ministero dell'Ambiente, a cui hanno partecipato le competenti Avvocature dello Stato, l'amministratore delegato della SNIA Spa ed il commissario liquidatore delle società Caffaro S.r.l. e Caffaro Chimica S.r.l. (poste in liquidazione a seguito di scioglimento anticipato), al fine di individuare il percorso più opportuno a garantire il rispetto degli obblighi di bonifica posti a carico delle società responsabili dell'inquinamento. Il soggetto liquidatore, in data 19 marzo 2009, ha trasmesso alcuni schemi di contratto di transazione volti al superamento di ogni pretesa di danno ambientale di questo Ministero ritenute non soddisfacenti a perseguire l'interesse dell'amministrazione e, pertanto, non è stato raggiunto alcun accordo transattivo.
  Con nota del 25 luglio 2011, l'avvocatura distrettuale di Milano ha informato questa amministrazione che il tribunale di Milano, con sentenza n. 252/10, ha dichiarato lo stato di insolvenza di SNIA (socio unico di Caffaro Srl) e che, pertanto, appariva necessario proporre domanda di insinuazione al passivo nella predetta procedura per il riconoscimento dei crediti relativi al danno ambientale cagionato dalle attività della Società nei siti di Grado Marano, Valle del Sacco e Brescia-Caf faro.
  A tal fine, è stato fornito al predetto ufficio legale il necessario supporto tecnico, provvedendo, con specifico riferimento al sito di Brescia-Caffaro, a sollecitare ISPRA per l'integrazione della relazione tecnica già predisposta (integrazione ad oggi non ancora effettuata) e Pag. 59trasmettendo, in data 18 ottobre 2011, un promemoria sullo stato di contaminazione riscontrato nel sito e riconducibile alle attività industriali svolte dallo stabilimento Caffaro, sugli interventi prescritti ai fini della bonifica delle aree nonché sullo stato del contenzioso in atto con la Società. In merito alle risorse pubbliche destinate alla bonifica del sito, è stata inviata una nota esplicativa messa a disposizione dall'ufficio competente.
  In data 26 luglio 2012, l'avvocatura di Milano ha riferito di aver presentato, nell'interesse dell'amministrazione, domanda di ammissione al passivo della società SNIA, richiedendo il riconoscimento di un credito complessivo di euro 3.439.037.876,46 (per i danni ambientali e le spese di bonifica sostenute nei siti di interesse nazionale sopra indicati).
  Nel frattempo, la società SNIA ha azionato un procedimento nei confronti della società Sorin s.p.a. (costituita mediante scissione) per il riconoscimento della sua corresponsabilità, solidalmente e illimitatamente, per le somme dovute al Ministero dell'ambiente a titolo di risarcimento del danno ambientale o di oneri di bonifica o, comunque, riconosciute ad altro titolo.
  Nell'ambito del citato procedimento, in cui è stato fornito supporto all'avvocatura di Milano ai fini della costituzione in giudizio dell'amministrazione, sono state sostenute le ragioni di SNIA, circa la strumentalità della scissione intervenuta nel 2004, operata al solo scopo di depauperare i creditori sociali e, in particolare, questo Ministero.

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ALLEGATO 7

Interrogazione n. 5-00267 De Rosa: Iniziative urgenti per verificare lo stato di inquinamento in alcune aree interessate dal progetto per la realizzazione dell'autostrada Pedemontana lombarda.

TESTO DELLA RISPOSTA

  In risposta all'interrogazione a risposta immediata presentata dagli onorevoli Busto ed altri, concernente la presenza di diossina nel territorio bresciano e brianzese su cui graverà la pedemontana lombarda, sulla base delle informazioni acquisite dai soggetti territorialmente competenti, si rappresenta quanto segue.
  Occorre risalire al 2008, per rinvenire da parte della regione Lombardia i risultati del piano di indagini preliminari eseguiti dalla soc. Autostrada Pedemontana Lombarda s.p.a. con l'obiettivo di individuare eventuali criticità ambientali nelle aree che furono interessate dall'incidente ICMESA del 1976, interferenti con la costruenda autostrada (zone A, B e R, definite all'articolo 1 della lr. n. 60/85), al fine di ottemperare alle prescrizioni CIPE.
  Il gruppo di lavoro rilevò le aree critiche, concatenate al constatato accertamento di superamento dei limiti tabellari di riferimento previsti dalla normativa ambientale (tab. 1 dell'all. 5 del Titolo V parte quarta del decreto legislativo n. 152 del 2006), e ciò ha comportato l'obbligo per la soc. Pedemontana di procedere con ulteriori approfondimenti ambientali per definire le aree interessate dalla contaminazione di diossine, allo scopo di definire le modalità di intervento: scavo e smaltimento dei terreni contaminati.
  Con l'approvazione del progetto definitivo nel novembre 2009 il CIPE con deliberazione n. 97/2009 ha impartito prescrizioni da ottemperare durante la progettazione esecutiva e la fase di realizzazione in merito alla tutela degli interventi e delle opere di bonifica effettuati e alla tutela della salute pubblica e degli operatori durante la cantierizzazione.
  Il progetto esecutivo della tratta B2 del collegamento autostradale è attualmente in fase di redazione e sono in corso di esecuzione anche le ulteriori indagini dettagliate sui terreni interessati da contaminazione da diossina.
  Tali ulteriori indagini vengono effettuate nei comuni di Seveso, Mesa, Cesano Maderno e Bovisio Masciago. Il comune di Desio con nota del 12 marzo 2013 ha richiesto al CIPE l'estensione al proprio territorio delle ulteriori indagini volte alla presenza di diossina. Ai fini del controllo in corso d'opera dei lavori è stato sottoscritto un protocollo di legalità tra le prefetture competenti, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e il concessionario al fine di coinvolgere le aziende nei controlli antimafia preventivi.
  L'ARPA Lombardia riferisce che non sono stati effettuati, in contraddittorio con l'agenzia stessa ulteriori rilievi di diossine nel suolo e nel sottosuolo nelle aree interessate dall'incidente ICMESA, oltre a quelli già indicati nelle premesse dell'interrogazione. La necessità di approfondimento delle indagini prescritta dal CIPE dovrà riguardare le effettive aree interessate dal progetto esecutivo, che allo stato attuale è ancora in corso di predisposizione. La stessa ARPA ha manifestato piena disponibilità ad eventuali collaborazioni relativamente agli approfondimenti sulle aree del comune di Desio interessate dal progetto esecutivo.