CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 30 maggio 2013
29.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Finanze (VI)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

5-00185 Busin: Definizione dell'ambito di applicazione della disciplina in materia di responsabilità solidale dell'appaltatore e del committente per i versamenti a titolo di ritenute sui redditi da lavoro dipendente e di IVA nell'ambito dei contratti di appalto e subappalto di opere e servizi.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame l'Onorevole interrogante segnala taluni aspetti problematici connessi all'ambito oggettivo di applicazione della disciplina prevista all'articolo 13-ter del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, in materia di responsabilità solidale dell'appaltatore nell'ambito dei contratti d'appalto e di subappalto di opere e servizi. Il citato articolo 13-ter è intervenuto sulla disciplina previgente di cui all'articolo 35 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, con la sostituzione integrale del comma 28 e con l'aggiunta dei commi 28-bis e 28-ter.
  La nuova disciplina prevede che la responsabilità solidale viene meno se l'appaltatore verifica, acquisendo la documentazione prima del versamento del corrispettivo, che gli adempimenti richiesti dalla legge, scaduti alla data del versamento, sono stati correttamente eseguiti dal subappaltatore.
  Sia l'appaltatore che il committente possono sospendere il pagamento del corrispettivo dovuto al subappaltatore/appaltatore fino all'esibizione della prevista documentazione.
  L'inosservanza delle modalità di pagamento previste a carico del committente è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000 euro a 200.000 euro.
  Ciò premesso, l'Onorevole interrogante chiede, in particolare, che vengano fugati dubbi interpretativi – non completamente risolti dall'interpretazione fornita dall'Agenzia delle entrate con la circolare n. 40/E dell'8 ottobre 2012 – al fine di chiarire se la disciplina in materia di responsabilità solidale dell'appaltatore/subappaltatore trovi applicazione solo con riferimento ai contratti di appalto stipulati nell'ambito del settore edilizio ovvero si applichi alla generalità dei contratti di appalto.
  Al riguardo occorre evidenziare che tale problematica è stata recentemente oggetto di interpretazione da parte dell'Agenzia delle entrate con la circolare n. 2/E del 1o marzo 2013.
  Nel citato documento di prassi l'Agenzia si è espressa a favore della più ampia applicazione della normativa de qua, atteso che il citato articolo 13-ter dispone la modifica dell'articolo 35 del decreto-legge n. 223/2006, rubricato «Misure di contrasto dell'evasione e dell'elusione fiscale» ed è inserito nel Titolo III, concernente «Misure in materia di contrasto all'evasione ed elusione fiscale, di recupero della base imponibile, di potenziamento dei poteri di controllo dell'Amministrazione finanziaria, di semplificazione degli adempimenti tributari e in materia di giochi».
  Pertanto, lo scopo della norma non è di contrastare l'evasione nel solo ambito del settore edile, ma è quello di far emergere base imponibile in relazione alle prestazioni di servizi rese in esecuzione dei contratti di appalto e di subappalto a prescindere dal settore economico in cui operano le parti contraenti.Pag. 45
  Inoltre, la predetta circolare 2/E precisa che, per quanto concerne la tipologia di contratti interessati dal citato articolo 35, commi 28, 28-bis e 28-ter, occorre fare riferimento alle sole fattispecie riconducibili al contratto di appalto come definito dall'articolo 1655 del codice civile, secondo cui l'appalto è «... il contratto col quale una parte assume, con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, il compimento di una opera o di un servizio verso un corrispettivo in danaro».
  Pertanto, l'Agenzia delle entrate chiarisce che devono ritenersi escluse dal campo di applicazione delle norme in esame le tipologie contrattuali diverse dal contratto di appalto di opere e servizi quali, ad esempio:
   a) gli appalti di fornitura dei beni;
   b) il contratto d'opera, disciplinato dall'articolo 2222 c.c.;
   c) il contratto di trasporto di cui agli articoli 1678 e seguenti del c.c.;
   d) il contratto di subfornitura disciplinato dalla legge 18 giugno 1998, n. 192;
   e) le prestazioni rese nell'ambito del rapporto consortile.

  Infine, è utile rammentare che la norma in materia di responsabilità solidale in argomento trova applicazione sia nell'ipotesi in cui vi sia un contratto di subappalto, che presuppone la coesistenza di almeno tre soggetti economici distinti (committente, appaltatore e subappaltatore), sia nella ipotesi in cui l'appaltatore provveda direttamente alla realizzazione dell'opera affidatagli dal committente.

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ALLEGATO 2

5-00186 Zanetti ed altri: Revisione della disciplina tributaria sulle società di comodo.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame, gli Onorevoli interroganti chiedono al Governo di provvedere ad una rideterminazione al ribasso dei «coefficienti di rendimento presuntivi» previsti dalla disciplina sulle società di comodo, nonché all'adozione di urgenti iniziative, anche normative, volte ad ampliare la cosiddetta «presunzione di non operatività» alle società in perdita per tre periodi consecutivi, ed alla revisione della disciplina per le società che si dovessero trovare in perdita sistematica.
  Al riguardo, il Dipartimento delle finanze ha rappresentato quanto segue.
  La disciplina fiscale delle società non operative è stata introdotta nel nostro ordinamento dall'articolo 30 della legge 23 dicembre 1994, n. 724, allo scopo di contrastare il fenomeno delle cosiddette società di comodo e, in particolare, di disincentivare il ricorso allo strumento societario al solo fine di gestire il patrimonio nell'interesse esclusivo dei soci, anziché per esercitare un'effettiva attività commerciale.
  Tale disposizione prevede, in particolare, una presunzione legale di non operatività in capo ai soggetti ivi indicati (società per azioni, in accomandita per azioni, a responsabilità limitata, in nome collettivo, in accomandita semplice e le società e gli enti di ogni tipo non residenti con stabile organizzazione nel territorio dello Stato) qualora si rilevi che l'ammontare complessivo dei ricavi, degli incrementi, delle rimanenze e dei proventi dell'ente di cui trattasi, con esclusione di quelli afferenti alla gestione straordinaria, risultanti dal conto economico, sia inferiore al valore derivante dall'applicazione di predeterminati coefficienti previsti nella stessa disposizione.
  Come ricordato, tra l'altro, anche dagli Onorevoli interroganti, in materia è recentemente intervenuto l'articolo 2, commi da 36-decies a 36-undecies, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, che ha ampliato l'ambito soggettivo di applicazione della disciplina delle società non operative, includendovi anche le società che, per tre periodi d'imposta consecutivi, dichiarino una perdita fiscale ovvero, per due anni, una perdita fiscale e, nell'altro anno, un reddito inferiore a quello minimo presunto in base all'articolo 30 della suddetta legge n. 724 del 1994 (cosiddette società in «perdita sistematica»).
  Il comma 4-bis del predetto articolo 30 consente, tuttavia, al contribuente di chiedere la disapplicazione della sopra menzionata disciplina, dimostrando la sussistenza di obiettive situazioni che hanno reso impossibile «il conseguimento dei ricavi, degli incrementi di rimanenze e dei proventi nonché del reddito». In simili circostanze, la vigente normativa prevede la presentazione, presso l'Agenzia delle Entrate, di un'istanza di interpello disapplicativo, ai sensi dell'articolo 37-bis, comma 8, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, in cui il contribuente possa dimostrare e far valere le esimenti del caso. La Circolare del 2 febbraio 2007, n. 5, dell'Agenzia delle Entrate e i Provvedimenti del Direttore dell'Agenzia delle Entrate del 14 febbraio Pag. 472008 e dell'11 giugno 2012 hanno delineato la casistica delle oggettive situazioni in presenza delle quali è consentito derogare alla vigente normativa in materia di società di comodo.
  L'Agenzia delle entrate, inoltre, ha sottolineato che per i «coefficienti di rendimento presuntivo» in argomento non è prevista alcuna forma di aggiornamento rimessa all'Amministrazione finanziaria, né alcuna modalità di adeguamento automatico degli stessi, a differenza degli studi di settore per i quali, ad esempio, l'articolo 10-bis della legge 8 maggio 1998, n. 146, e l'articolo 8 del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, nella legge 28 gennaio 2009, n. 2, individuano le modalità ed i termini per la loro revisione.
  In merito alla possibilità di estendere da tre a cinque i periodi di imposta ai fini dell'applicazione della presunzione di non operatività alle società in perdita sistematica, il Dipartimento delle finanze ha stimato effetti negativi in termini di gettito pari a circa 130 milioni di euro su base annua.
  Infine, per quanto concerne la rideterminazione al ribasso dei coefficienti di rendimento presuntivo, auspicata dagli interroganti, si fa presente che sarebbero necessarie apposite iniziative normative che tengano, altresì, conto dei vincoli di finanza pubblica.

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ALLEGATO 3

5-00187 Causi: Impatto delle misure per il contrasto dell'evasione fiscale introdotte dal decreto-legge n. 201 del 2011.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame l'Onorevole interrogante chiede di conoscere lo stato di attuazione delle misure dirette a contrastare l'evasione fiscale con riguardo, in particolare, alle norme di cui al decreto- legge 6 dicembre 2011, n. 201 convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, anche al fine di calibrare futuri interventi legislativi atti a scongiurare il rischio di una perdita di efficacia nell'azione di contrasto ai fenomeni evasivi.
  Al riguardo, l'Agenzia delle entrate fa presente quanto segue.
  In merito alla comunicazione dei saldi e movimenti relativi ai rapporti finanziari, l'articolo 11 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, ha previsto un nuovo obbligo per gli operatori finanziari di comunicazione all'archivio dei rapporti finanziari delle movimentazioni nonché di ogni ulteriore informazione necessaria ai fini dei controlli fiscali relativa ai rapporti e alle operazioni già trasmessi al medesimo archivio dei rapporti finanziari di cui all'articolo 7, sesto comma del decreto del Presidente della Repubblica n. 605 del 1973. Tale disposizione potenzia ulteriormente le informazioni dell'Archivio dotando l'Amministrazione finanziaria di un nuovo ed incisivo strumento per la lotta all'evasione fiscale.
  In particolare, il comma 4 del citato articolo 11 prevede che gli ulteriori dati saranno utilizzati per effettuare la selezione dei contribuenti a maggior rischio di evasione nonché, per effetto dell'integrazione di detto comma operata della legge 7 agosto 2012, n. 135, ai fini della semplificazione degli adempimenti dei cittadini in merito alla compilazione della dichiarazione sostitutiva unica, di cui all'articolo 4 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 109, ed altresì in sede di controllo sulla veridicità dei dati riportati nella medesima dichiarazione.
  Completa il suddetto quadro normativo la previsione del comma 4-bis del medesimo articolo 11 con la quale viene stabilito che l'Agenzia delle Entrate trasmetta annualmente alle Assemblee Parlamentari una relazione con la quale sono comunicati i risultati relativi all'emersione dell'evasione a seguito dell'applicazione delle disposizioni di cui ai commi da 2 a 4.
  Ciò premesso, nel rispetto del dettato normativo e delle indicazioni contenute nei pareri espressi dal Garante per la protezione dei dati personali con i provvedimenti del 17 aprile 2012, 15 novembre 2012 e 31 gennaio 2013, sentite le Associazioni di categoria degli operatori finanziari, è stato emanato il Provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle Entrate del 25 marzo 2013, che attua il predetto l'articolo 11. Detto provvedimento, in particolare, stabilisce le modalità e termini di comunicazione delle informazioni che consistono, oltre che nei dati identificativi del rapporto, nelle informazioni relative ai saldi (iniziali e finali) e ai movimenti finanziari aggregati del periodo, con evidenza, per ogni tipologia di rapporto, del totale dare e avere.
  Le informazioni relative all'anno 2011 saranno trasmesse entro il 31 ottobre 2013, le informazioni relative all'anno 2012 saranno trasmesse entro 31 marzo Pag. 492014 e, a regime, le informazioni relative all'anno precedente saranno poi trasmesse entro il 20 aprile dell'anno successivo.
  Il citato provvedimento prevede inoltre adeguate misure di sicurezza, di natura tecnica e organizzativa, per la trasmissione dei dati e per la relativa conservazione. Sotto questo ultimo profilo viene stabilito che la conservazione delle informazioni integrative ha come termine massimo quello previsto per la decadenza del potere di accertamento delle imposte sui redditi.
  Per quanto concerne la limitazione all'uso del contante, la nuova formulazione dell'articolo 49, comma 1, del decreto legislativo n. 231 del 2007, a seguito delle modifiche introdotte dall'articolo 12 del citato decreto legge n. 201 del 2011, dispone che: «è vietato il trasferimento di denaro contante o di libretti di deposito bancari o postali al portatore o di titoli al portatore in euro o in valuta estera, effettuato a qualsiasi titolo tra soggetti diversi, quando il valore oggetto di trasferimento, è complessivamente pari o superiore a euro mille».
  Anche in relazione al valore di emissione di assegni bancari e postali (articolo 49, comma 5) e di assegni circolari, vaglia postali e cambiari (articolo 49, commi 7 e 8), è posto lo stesso limite di mille euro superato il quale è disposto l'obbligo di indicazione del nome (ovvero della ragione sociale) del beneficiario e della clausola di non trasferibilità.
  Analoga limitazione è prevista per il saldo dei nuovi libretti di deposito bancari o postali al portatore ai sensi dell'articolo 49, comma 12, del citato decreto legislativo n. 231 del 2007.
  Tali misure contribuiscono al contrasto all'evasione fiscale in quanto, rendendo più trasparenti i pagamenti nelle transazioni commerciali attraverso l'utilizzo di strumenti tracciabili, consente all'Amministrazione fiscale di intercettare più facilmente l'omessa fatturazione delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi.
  In merito alla disciplina premiale applicabile in favore dei contribuenti che risultano congrui e coerenti rispetto alle risultanze degli studi di settore, i commi da 9 a 13 dell'articolo 10 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, hanno introdotto uno specifico regime premiale applicabile ai contribuenti soggetti al regime di accertamento basato sulle risultanze degli studi di settore.
  In particolare:
   a) sono preclusi gli accertamenti basati sulle presunzioni semplici di cui all'articolo 39, primo comma, lettera d), secondo periodo, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e all'articolo 54, secondo comma, ultimo periodo, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633;
   b) sono ridotti di un anno i termini di decadenza per l'attività di accertamento previsti dall'articolo 43, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e dall'articolo 57, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1972, n. 633. Tale disposizione non si applica in caso di violazione che comporta obbligo di denuncia ai sensi dell'articolo 331 del codice di procedura penale per uno dei reati previsti dal decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74;
   c) la determinazione sintetica del reddito complessivo, di cui all'articolo 38 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, è ammessa a condizione che il reddito complessivo accertabile ecceda di almeno un terzo quello dichiarato.

  Per accedere a tale regime è necessario che il contribuente:
   a) dichiari, anche per effetto dell'adeguamento, ricavi o compensi pari o superiori a quelli risultanti dell'applicazione degli studi di settore;
   b) abbia regolarmente assolto gli obblighi di comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell'applicazione degli studi di settore, indicando fedelmente tutti i dati previsti;
   c) risulti coerente con gli specifici indicatori previsti dai decreti di approvazione Pag. 50dello studio o degli studi di settore applicabili.

  Il comma 12 del medesimo articolo 10 del decreto-legge n. 201 del 2011 prevede che con Provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate, sentite le associazioni di categoria, possono essere differenziati i termini di accesso alla disciplina in argomento, tenuto conto del tipo di attività svolta dal contribuente, e che, con lo stesso Provvedimento, sono dettate le relative disposizioni di attuazione.
  Ai fini dell'applicazione di tale disciplina al periodo di imposta 2011, si è provveduto a sentire le Associazioni di categoria rappresentate nella Commissione degli Esperti per gli studi di settore prevista dal comma 7 dell'articolo 10 della legge n. 146 del 1998.
  In particolare con nota del 17 maggio 2012 è stato chiesto a tali Associazioni di comunicare valutazioni in merito alla sussistenza di particolari specificità di comparto e di possibili effetti delle stesse sull'applicazione della disciplina premiale.
  Successivamente, con nota del 25 giugno 2012, sono state inoltrate alle Associazioni le analisi effettuate dall'Agenzia delle Entrate con il supporto della SOSE, chiedendo di comunicare osservazioni in merito.
  In particolare, attesa l'esigenza di garantire l'applicazione del regime premiale ai contribuenti che dichiarano fedelmente i dati degli studi di settore e che risultano congrui alle risultanze degli stessi, con il Provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle Entrate del 12 luglio 2012 è stato previsto che, per il periodo di imposta 2011, accedono al regime premiale i contribuenti che applicano studi di settore per i quali risultano approvati indicatori di coerenza economica riferibili ad almeno quattro delle seguenti tipologie:
   a) di efficienza e produttività del fattore lavoro;
   b) di efficienza e produttività del fattore capitale;
   c) di efficienza di gestione delle scorte;
   d) di redditività;
   e) di struttura.

  In alternativa, accedono al regime premiale i contribuenti che applicano studi di settore per i quali risultano approvati indicatori di coerenza economica riferibili ad almeno tre delle tipologie indicate in precedenza e che contemporaneamente sono riferibili a settori di attività economica per i quali, in base alle risultanze della relazione finale sulle attività del gruppo di lavoro «Economia non osservata e flussi finanziari», istituito dal Ministero dell'economia e delle finanze in vista della riforma fiscale, disponibile sul sito del citato Ministero, è stata a suo tempo stimata una percentuale del valore aggiunto del sommerso economico (ipotesi massima) inferiore alla percentuale di valore aggiunto sommerso del totale economia (ipotesi massima).
  Tanto premesso, l'Agenzia evidenzia che, dalle prime analisi dei dati dichiarativi relativi al periodo di imposta 2011, effettuate con il supporto della SOSE, è emerso che circa 200.000 contribuenti risultano possedere i requisiti per l'accesso al regime premiale per tale annualità.
  Tale entità numerica sembrerebbe confermare la selettività dell'accesso al citato regime.
  L'Agenzia delle Entrate, inoltre, rappresenta che le attività di analisi e confronto con le Associazioni, relative all'applicazione del regime in argomento all'anno d'imposta 2012, basate anche sulle risultanze dichiarative del 2011, tenuto altresì conto delle modifiche apportate agli studi di settore con i decreti ministeriali 21 e 28 marzo 2013, sono in fase di avanzata realizzazione.
  Da ultimo, si segnala che ai sensi del comma 299, lettera b), della legge 24 dicembre 2012, n. 228, in allegato alla nota di aggiornamento del Documento di Economia e Finanza sarà presentato un rapporto annuale sui risultati della lotta all'evasione che dovrà indicare, tra l'altro, le strategie per il contrasto all'evasione ed il confronto dei risultati con gli obiettivi.

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ALLEGATO 4

5-00188 Capelli ed altri: Riconoscimento della valenza retroattiva, a fini ICI, del carattere di ruralità dei fabbricati.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame l'Onorevole interrogante ha manifestato al Governo l'esigenza di chiarire anche attraverso una norma di interpretazione la valenza retroattiva del carattere di «ruralità dei fabbricati», ai fini ICI, a decorrere dal quinto anno antecedente a quello della «presentazione della domanda» come indicato nel decreto ministeriale 26 luglio 2012 recante l'individuazione delle modalità di inserimento negli atti catastali della sussistenza del requisito della ruralità.
  Al riguardo, si rappresenta quanto segue.
  La materia era originariamente disciplinata dall'articolo 7, comma 2-bis, 2-ter e 2-quater, del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito con modificazioni dalla legge 12 luglio 2011, n. 106, successivamente la disciplina è stata innovata dal citato decreto legge n. 201 del 2011, convertito con modificazioni dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, che, con l'articolo 13, comma 14, lettera d-bis), ha espressamente abrogato i citati commi, mentre con il comma 14-bis del suddetto articolo 13 ha previsto l'emanazione di un apposito decreto del Ministro dell'economia e delle finanze per stabilire le modalità di inserimento, negli atti catastali, della sussistenza del requisito di ruralità, fermo restando il classamento originario degli immobili rurali ad uso abitativo.
  Il decreto ministeriale previsto dal predetto comma 14-bis per stabilire le modalità di inserimento, negli atti catastali, del requisito di ruralità è stato emanato in data 26 luglio 2012 e ha, fra l'altro, previsto che gli interessati dichiarino che l'immobile possiede i previsti requisiti di ruralità a decorrere dal quinto anno antecedente a quello di presentazione della domanda necessaria ai fini del riconoscimento di detto requisito.
  In particolare appare opportuno ricostruire sistematicamente la portata della norma contenuta nell'articolo 7 del decreto ministeriale 26 luglio 2012 a cui si riferisce l'interrogante.
  Il comma 2 del citato articolo 7, che non a caso è rubricato come «Disposizioni transitorie e finali», prevede che «restano salvi gli effetti delle domande presentate ai sensi del comma 2-bis dell'articolo 7 del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106, anche dopo la scadenza dei termini originariamente previsti dallo stesso comma e comunque entro e non oltre il 30 settembre 2012, in relazione al riconoscimento del requisito di ruralità, fermo restando il classamento originario degli immobili rurali, già censiti nei gruppi ordinari. La presentazione delle domande e l'inserimento negli atti catastali dell'annotazione producono gli effetti previsti per il riconoscimento del requisito di ruralità, fatto salvo quanto indicato all'articolo 5, comma 2, del presente decreto, a decorrere dal quinto anno antecedente a quello di presentazione della domanda».
  Dal tenore letterale di tale disposizione si evince che le domande prese in considerazione dalla norma sono quelle presentate ai sensi del comma 2-bis dell'articolo 7 del decreto-legge n. 70 del 2011. Detta disposizione prevedeva proprio che «ai fini del riconoscimento della ruralità Pag. 52degli immobili ai sensi dell'articolo 9 del decreto-legge 30 dicembre 1993, n. 557, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1994, n. 133, e successive modificazioni, i soggetti interessati possono presentare all'Agenzia del territorio una domanda di variazione della categoria catastale per l'attribuzione all'immobile della categoria A/6 per gli immobili rurali ad uso abitativo o della categoria D/10 per gli immobili rurali ad uso strumentale. Alla domanda, da presentare entro il 30 settembre 2011, deve essere allegata un'autocertificazione ai sensi del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, nella quale il richiedente dichiara che l'immobile possiede, in via continuativa a decorrere dal quinto anno antecedente a quello di presentazione della domanda, i requisiti di ruralità dell'immobile necessari ai sensi del citato articolo 9 del decreto-legge n. 557 del 1993, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 1994, e successive modificazioni».
  Quindi, il Dipartimento delle Finanze evidenzia che la disposizione recata dal decreto ministeriale è fondata sulla norma di rango primario sopra riportata e, pertanto, non appare del tutto condivisibile la tesi sostenuta da una parte della giurisprudenza secondo la quale il carattere retroattivo della norma discenderebbe esclusivamente da un provvedimento di rango secondario.
  Ciò posto, l'Agenzia evidenzia, comunque, che una disposizione normativa di natura interpretativa, finalizzata a chiarire la decorrenza degli effetti dell'inserimento dell'annotazione negli atti catastali, avrebbe indubbi vantaggi in termini di certezza delle posizioni giuridiche e di deflazione dell'eventuale contenzioso.

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ALLEGATO 5

5-00189 Bernardo: Proroga dei termini per la presentazione del Modello Unico 2013 e per il versamento della prima rata dell'IMU.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame, l'Onorevole interrogante lamenta le difficoltà operative segnalate dall'Ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili per la corretta compilazione dei modelli di dichiarazione dei redditi e per la corretta liquidazione delle imposte dovute entro il prossimo 17 giugno. In particolare, i commercialisti rappresentano di non disporre della versione definitiva del prodotto software Gerico, indispensabile per la compilazione e il calcolo degli studi di settore riguardanti una vasta platea di contribuenti, e che la scadenza del 17 giugno 2013 coincide con quella del versamento dell'acconto dell'imposta municipale unica – IMU – per la quale esiste un quadro applicativo particolarmente complesso.
  Pertanto, l'interrogante chiede se il Governo non ritenga opportuno prevedere, anche per l'anno in corso, una proroga all'8 luglio 2013 per i versamenti in scadenza il 17 giugno 2013 relativi al saldo e al primo acconto delle imposte sui redditi e dell'IMU.
  Al riguardo, per quanto di competenza, l'Agenzia delle entrate, relativamente alle problematiche riguardanti gli studi di settore, precisa che quest'anno la tempistica di approvazione degli studi di settore e del relativo software applicativo è stata anticipata rispetto agli anni precedenti. Gli studi di settore, infatti, sono stati approvati con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze del 23 maggio 2013 (in corso di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale) ed il software (GERICO) è stato pubblicato a partire dal 16 maggio nella versione di prova (sostanzialmente definitiva), in modo da consentire agli intermediari di avviare le attività di implementazione delle proprie procedure.
  Si fa presente, inoltre, che, al fine di individuare una soluzione alla questione dei versamenti, è all'esame dei competenti Uffici dell'Amministrazione finanziaria uno schema di provvedimento, di contenuto analogo a quelli di proroga degli anni scorsi, in cui il termine di versamento delle imposte è prorogato al giorno 8 luglio 2013 (in luogo del 17 giugno), senza alcuna maggiorazione; per i versamenti effettuati dal 9 luglio 2013 al 20 agosto 2013 è prevista, invece, una maggiorazione delle somme da versare pari allo 0,40 per cento a titolo di interesse corrispettivo. Tenuto conto della motivazione alla base della richiesta dei commercialisti, nello schema di decreto si prevede che il differimento si applichi esclusivamente alle persone fisiche e ai soggetti diversi dalle persone fisiche che esercitano attività economiche per le quali sono stati elaborati gli studi di settore.

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ALLEGATO 6

5-00190 Barbanti ed altri: Effetti sulla capacità creditizia della Cassa depositi e prestiti della partecipazione della stessa CdP al capitale di una nuova società alla quale fosse conferita la rete di Telecom.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con l'interrogazione a risposta immediata in Commissione l'onorevole Barbanti ed altri, premesso che il Consiglio di Amministrazione di Telecom Italia avrebbe esaminato l'ipotesi di aggregazione con 3 Italia e il progetto di separazione della rete e che Cassa Depositi e Prestiti avrebbe manifestato interesse all'investimento attraverso il Fondo Strategico Italiano, chiedono se non si ritenga opportuno di rinviare la citata operazione, per consentire al Parlamento un'attenta valutazione della questione.
  Al riguardo, l'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, tramite il Ministero dello sviluppo economico, ha comunicato che Telecom Italia, in qualità di significativo operatore di mercato, è soggetto ad una serie di obblighi regolamentari stabiliti dall'Autorità stessa con delibere n. 731/09/CONS e n. 1/12/CONS, attualmente in fase di revisione. Le nuove regole saranno stabilite nei prossimi mesi all'esito delle risultanze della consultazione pubblica nazionale (attualmente in corso, delibera n. 238/13/CONS del 21 marzo 2013) e comunitaria.
  In tale contesto, assume particolare rilevanza la possibilità che Telecom Italia proceda ad una separazione funzionale o strutturale della propria rete di accesso, ipotesi prevista e disciplinata dal quadro regolamentare vigente. L'articolo 50-ter del Codice delle comunicazioni elettroniche, infatti, disciplina l'ipotesi di «Separazione volontaria da parte di un'impresa verticalmente integrata», stabilendo che le imprese designate quali detentrici di significativo potere di mercato devono informare l'Autorità nel caso in cui intendano:
   1) trasferire i loro beni relativi alle reti di accesso, o una parte significativa degli stessi, a un soggetto giuridico separato sotto controllo di terzi;
   2) istituire un'entità commerciale separata per fornire a tutti i fornitori al dettaglio, comprese le sue divisioni al dettaglio, prodotti di accesso pienamente equivalenti, al fine di consentire all'Autorità di valutare l'effetto dell'auspicata transazione.

  Peraltro, il tema delle misure di separazione della rete di accesso degli operatori dotati di significativo potere di mercato è oggetto di discussione anche a livello europeo e, in particolare, la bozza di Raccomandazione in materia di obblighi di non discriminazione e metodologie di costo per l'accesso all'ingresso di rete fissa, pubblicata recentemente dalla Commissione Europea, dovrebbe essere approvata nel prossimo mese di luglio.
  Con riferimento agli aspetti di competenza di Cassa Depositi e Prestiti, quest'ultima ha rappresentato il proprio interesse nel promuovere lo sviluppo e l'ammodernamento dell'infrastruttura digitale nell'ambito dell'Agenda Digitale Europea 2020.
  In particolare, il settore delle infrastrutture di telecomunicazioni rientra nelle priorità di Cassa Depositi e Prestiti, pertanto, la stessa ha promosso, tramite il Pag. 55Fondo Strategico Italiano S.p.A., l'investimento in Metroweb S.p.A, azienda proprietaria della rete in fibra ottica di ultima generazione nell'area metropolitana di Milano.
  Tale rete è, attualmente, la più grande rete metropolitana in Europa. L'investimento di euro 200 milioni nel capitale di Metroweb da parte di Fondo Strategico Italiano è finalizzato a finanziare il piano di costruzione delle reti di nuova generazione nelle principali città italiane.
  Per quanto riguarda Telecom, Cassa Depositi e Prestiti ha comunicato di avere fornito la propria disponibilità, anche tramite il Fondo Strategico Italiano, a valutare un investimento in una società della rete di Telecom Italia S.p.A., finalizzato al finanziamento degli interventi di ammodernamento necessari.
  In tale ambito, eventuali sinergie tra Metroweb ed una eventuale società della rete di Telecom permetterebbero di ottimizzare gli investimenti nel settore, minimizzare le sovrapposizioni possibili nella costruzione di più reti nelle stesse città, promuovere una tempistica accelerata e ridurre i costi della costruzione dell'infrastruttura.
  Per valutare concretamente un possibile investimento in tale società di nuova costituzione di Telecom, sarebbe propedeutica una «societarizzazione» degli asset infrastrutturali da parte di Telecom stessa, con la conseguente individuazione degli attivi e passivi, che consentano un'analisi e la valutazione di tale opportunità, nonché degli eventuali impatti su Fondo Strategico Italiano e Cassa Depositi e Prestiti.
  Queste informazioni sono necessarie a Fondo Strategico Italiano per completare la propria istruttoria sul possibile investimento in tale nuova società, nell'ambito dei criteri privatistici di valutazione dell'intervento contenuti nel proprio Statuto. Questi stessi criteri sono stati utilizzati anche nell'istruttoria dell'investimento nel capitale di Metroweb.
  Cassa Depositi e Prestiti ha, infine, precisato che alla data odierna non risulta che Telecom abbia deliberato nel senso sopra indicato.

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ALLEGATO 7

Indagine conoscitiva su: «Gli strumenti fiscali e finanziari a sostegno della crescita, anche alla luce delle più recenti esperienze internazionali».

PROGRAMMA DELIBERATO DALLA COMMISSIONE

  La questione del superamento della crisi e del sostegno alla crescita nell'attuale, difficilissima situazione economico – sociale, costituisce la sfida fondamentale che si pone di fronte al Paese nel suo complesso, e, in particolare, al Parlamento ed a tutti gli attori istituzionali, i quali sono chiamati a cooperare per fornire all'economia del Paese gli strumenti per superare la recessione in atto e far fronte alle sfide poste dalla globalizzazione e dalla concorrenza internazionale.
  Si tratta, evidentemente, di una problematica estremamente complessa ed articolata che, per quanto riguarda le competenze specifiche della Commissione Finanze, può essere affrontata sotto due punti di vista distinti, ma tra loro interconnessi: il primo attiene agli strumenti di carattere tributario per sostenere l'attività imprenditoriale, mentre il secondo riguarda le misure e le strategie di natura creditizia e finanziaria per assicurare al tessuto produttivo nazionale la necessaria liquidità e un'adeguata dotazione di capitale.
  Per quanto riguarda il tema del fisco, in particolare della riforma del sistema tributario, esso è al centro, ormai da molti anni, del dibattito pubblico, sia in sede politica, sia in sede di discussione dottrinaria e mediatica. Nonostante tale attenzione, in realtà più apparente che reale, molto spesso gli interventi in materia impositiva che si sono succeduti continuamente nel corso delle ultime legislature, nella massima parte non sono stati orientati da una chiara consapevolezza degli obiettivi strategici che la leva tributaria deve perseguire, ma sono stati guidati da esigenze contingenti, per lo più legate alla necessità di ripristinare o mantenere la tenuta dei conti pubblici.
  L'andamento frammentario degli interventi in materia, unitamente alle condizioni di criticità del bilancio pubblico, hanno comportato un progressivo aggravio del carico impositivo, in alcuni casi apprezzabile pienamente solo in fase di concreta applicazione delle nuove norme, nonché l'ulteriore peggioramento del già notevole tasso di complessità dell'ordinamento tributario e l'incremento degli adempimenti cui sono tenuti i contribuenti, in particolare i professionisti e le imprese.
  Tale situazione non riguarda solo i tributi erariali, ma anche il sistema delle entrate locali, che risulta ancora non stabilizzato, in particolare a causa del sovrapporsi, nel biennio 2011-2012, di numerosi interventi legislativi, costituiti principalmente dal decreto legislativo n. 23 del 2011 sul federalismo fiscale municipale, dal decreto-legge cosiddetto «salva Italia» (decreto-legge n. 201 del 2011) e dalla legge di stabilità 2013 (legge n. 228 del 2012), i quali hanno concorso a determinare un assetto normativo nel quale al momento sono presenti alcuni elementi di transitorietà.
  In questo settore questioni particolarmente scottanti attengono ad una serie di tributi che incidono in maniera significativa sulla fiscalità delle imprese, quali l'IRAP, l'IMU sui beni strumentali delle imprese, l'imposizione tributaria per finanziare il servizio di raccolta dei rifiuti (TIA-TARES), il complesso sistema delle addizionali regionali e locali. Pag. 57
  In generale, la crescente opacità del sistema tributario, indotta dal carattere sempre più spesso emergenziale delle misure introdotte di volta in volta, oltre a rappresentare, in sé, un elemento di freno rispetto alle iniziative produttive (quando non addirittura un fattore recessivo), costituisce un serio ostacolo rispetto alla compiuta analisi e valutazione del complesso, molto articolato, di misure di carattere tributario, vigenti nell'ordinamento, volte a sostenere, in varie forme e modalità, l'economia del Paese (le cosiddette «spese fiscali» o tax expenditures).
  La consapevolezza circa l'esigenza di realizzare un censimento esaustivo ed affidabile di tutte le misure di sostegno tributario attualmente esistenti ha portato, nel corso della precedente Legislatura, alla costituzione, in seno al Ministero dell'economia e delle finanze, di un gruppo di lavoro, presieduto dal dottor Vieri Ceriani, sulla cosiddetta erosione fiscale, con il compito di redigere un elenco ragionato delle esenzioni e riduzioni del prelievo tributario, nonché dei regimi sostitutivi ed agevolativi vigenti.
  Sempre nel corso della precedente Legislatura, il Parlamento ha altresì tentato di dare traduzione normativa a tale attività di analisi, prevedendo, nell'ambito del disegno di legge C. 5291, esaminato in sede referente dalla Commissione Finanze e approvato in prima lettura dalla Camera dei Deputati, l'attribuzione di una delega al Governo per riformare, ridurre o eliminare tali spese fiscali, in particolare laddove si evidenzino misure ormai ingiustificate o duplicazioni. Purtroppo, tale intervento di riforma non ha potuto vedere la luce, in quanto le turbolenze politiche che hanno caratterizzato gli ultimi mesi della XVI Legislatura hanno impedito di concludere positivamente l’iter parlamentare del predetto disegno di legge.
  Il nuovo Parlamento è dunque ora chiamato a misurarsi ulteriormente su questi temi fondamentali, anche attraverso una comparazione con i sistemi tributari di altri Paesi, non solo nell'ottica di una complessiva revisione del bilancio pubblico, che pure consentirebbe di reperire risorse da utilizzare in modo più produttivo, ma anche per fare chiarezza circa le linee strategiche che si intendono perseguire nell'uso della leva tributaria come strumento per il sostegno alla crescita e per il rilancio dell'economia nazionale.
  In tale contesto l'indagine conoscitiva intende monitorare le misure tributarie di sostegno alle attività economiche introdotte negli ultimi anni, analizzandole in parallelo con analoghe misure adottate in altri Paesi avanzati, verificandone lo stato di attuazione e valutandone in termini quantitativi l'effettiva efficacia sul piano degli impatti economici, con l'obiettivo di contribuire in particolare a:
   definire i settori nei quali concentrare prioritariamente le risorse pubbliche erogate attraverso i meccanismi fiscali;
   valutare i meccanismi di sostegno già in essere dal punto di vista della loro efficienza, efficacia e trasparenza;
   identificare le misure più urgenti ed attuabili di semplificazione del sistema e degli adempimenti gravanti sui contribuenti e sugli intermediari;
   operare un confronto comparativo con i meccanismi di sostegno fiscale allo sviluppo esistenti in altri Stati;
   stabilire le modalità e gli strumenti per giungere finalmente alla complessiva revisione delle spese fiscali.

  Occorre, infatti, che, soprattutto nell'attuale situazione di emergenza economica in cui versa il Paese, il tema della riforma del sistema impositivo fuoriesca dall'ambito retorico nel quale finora è rimasto confinato, e si sottragga anche alle tentazioni di continue, sterili politiche di natura prevalentemente elettoralistica, per divenire oggetto di un dibattito arricchito dal confronto con le più significative esperienze internazionali in questo campo e il più possibile orientato da criteri di oggettività e razionalità, nella prospettiva di giungere a soluzioni il più possibile condivise, Pag. 58che corrispondano alle necessità reali dei cittadini e delle imprese.
  Come già accennato in precedenza, un altro dei nodi fondamentali attorno al quale ruotano sia l'analisi circa le ragioni della crisi sia le strategie per il suo superamento è costituito dalle problematiche concernenti il credito alle imprese ed alle famiglie.
  Sotto il primo profilo è noto come il sistema imprenditoriale italiano sia caratterizzato, storicamente, da una dimensione media d'impresa piuttosto ridotta e da un livello di capitalizzazione e patrimonializzazione generalmente basso, inferiore a quello riscontrabile nelle economie avanzate comparabili con la nostra.
  Tali condizioni, legate, in estrema sintesi, all'insufficiente sviluppo dei mercati del capitale di rischio, al carattere spesso informale delle strutture imprenditoriali, nonché alle resistenze di molti imprenditori ad aprirsi al capitale esterno, hanno determinato una forte dipendenza delle imprese dal credito bancario, non solo per il finanziamento delle iniziative di investimento, ricerca e sviluppo, ma anche per il funzionamento ordinario delle imprese stesse.
  In questo contesto la crisi finanziaria internazionale ha trasformato queste caratteristiche, che pure avevano rappresentato, in una precedente fase del capitalismo italiano e della congiuntura internazionale, un fattore di flessibilità tale da favorire la rapida crescita di un tessuto imprenditoriale diffuso ed a rete in molte aree del Paese, in un elemento di debolezza, che pone in molti casi a rischio la stessa sopravvivenza delle imprese stesse.
  Paradossalmente, sebbene il nostro sistema economico-finanziario risultasse sostanzialmente esente da quegli eccessi che hanno caratterizzato il tumultuoso processo di finanziarizzazione dell'economia mondiale, e che sono alla base della crisi mondiale, esso ha finito per risentire più di altri delle conseguenze di quest'ultima sull'economia reale.
  Infatti, la natura inizialmente finanziaria della crisi, che ha comportato la sostanziale chiusura del mercato interbancario dei capitali e la conseguente impossibilità, per gli istituti bancari, di approvvigionarsi di mezzi finanziari attraverso canali diversi dalla raccolta diretta e dal capitale proprio, nonché l'innalzamento dei requisiti di patrimonializzazione degli stessi istituti dovuto all'attuazione dell'Accordo di Basilea 3 e ad alcune decisioni in materia dell’European Banking Authority (EBA), hanno indotto le banche italiane a salvaguardare la propria stabilità principalmente attraverso la riduzione della dimensione degli attivi, cioè mediante la riduzione delle linee di credito e dei margini di sconfinamento, la richiesta di rientro dai finanziamenti già in essere o l'appesantimento delle condizioni richieste per l'erogazione del credito.
  Il peggioramento delle condizioni di liquidità creditizia è inoltre legato alla penalizzazione competitiva che il contesto normativo europeo e internazionale determina sull'attività delle banche italiane, le quali sono per lo più focalizzate sulle attività tradizionali di banche commerciali, nonché al più elevato premio per il rischio (costituito essenzialmente dai premi medi sui credit default swap - CDS) che le banche nazionali pagano rispetto agli operatori creditizi di altri Paesi europei nostri competitori a livello internazionale (ad esempio Francia e Germania), rendendo il costo del denaro più alto per le imprese italiane rispetto a quanto pagato dalle imprese degli altri Paesi europei.
  L'inasprimento della politica creditizia degli intermediari incide dunque negativamente sulla competitività del Paese ed appare una delle ragioni fondamentali della fase recessiva in atto, in quanto ha posto rapidamente molte imprese, strettamente dipendenti dal credito bancario, in una condizione di crisi di liquidità, che si è riverberata ed amplificata a catena lungo tutte le singole filiere produttive, ponendo a rischio la sopravvivenza di interi comparti produttivi, spesso a prescindere dai fondamentali dei rispettivi mercati di riferimento. Infatti, l'insufficienza dei mezzi finanziari di cui soffre la singola impresa (dovuta, peraltro, anche al cronico ritardo Pag. 59nei pagamenti da parte delle pubbliche amministrazioni) si è scaricata anche su tutti gli altri operatori economici che con essa hanno legami commerciali, acuendo ed amplificando la caduta complessiva dei consumi e degli investimenti.
  Considerazioni in parte analoghe possono svolgersi con riferimento al secondo profilo di tale specifica tematica, relativo al credito alle famiglie.
  A questo riguardo, occorre segnalare come, sebbene il livello medio di indebitamento delle famiglie italiane risulti notevolmente inferiore a quello della maggior parte dei Paesi avanzati, sia in termini assoluti, sia in rapporto al reddito disponibile, e sebbene l'Italia sia caratterizzata storicamente per un'elevata propensione al risparmio, negli ultimi anni si sia assistito ad un crescita del loro tasso di indebitamento, anche a causa del diffondersi, fisiologico nelle economie moderne, di forme più estese e sofisticate di finanziamento personale e di credito al consumo.
  Laddove, in anni recenti, come testimoniato anche dalle risultanze dell'indagine conoscitiva sul credito al consumo svolta dalla Commissione Finanze nel corso della XVI Legislatura, si era assistito ad un ampliamento addirittura eccessivo della disponibilità di finanziamento, che aveva determinato, in danno di un significativo numero di consumatori, fenomeni di sovraindebitamento, di indebitamento non consapevole o, addirittura, di violazione fraudolenta delle norme in materia di trasparenza delle condizioni contrattuali e di tutela del contraente debole, la crisi generale del credito ha contribuito ad una repentina inversione di tendenza, attraverso una riduzione dell'erogato ed un peggioramento delle condizioni. Anche in tal caso la restrizione creditizia appare legata al disagio economico-sociale del Paese da un rapporto complesso, in quanto essa sembra essere, al tempo stesso, causa ed effetto del peggioramento delle condizioni di vita e delle possibilità di consumo di una vasta fascia di popolazione, in una sorta di spirale perversa che amplifica le difficoltà in cui soprattutto i giovani, i precari, i disoccupati, le famiglie e gli anziani a basso reddito si trovano nel soddisfare esigenze fondamentali quali l'acquisto della casa, l'istruzione, le cure parentali, la salute.
  In tale articolato e difficile quadro l'indagine rappresenterebbe uno strumento utile per consentire alla Commissione di approfondire, sia pure in termini sintetici e con un taglio non teorico ma focalizzato sui problemi concreti, i meccanismi causali, sia contingenti sia strutturali, che hanno portato all'attuale condizione di restrizione del credito, nonché le prospettive evolutive che essa potrà avere sul panorama complessivo dell'economia italiana, al fine di individuare ipotesi di correttivi e soluzioni che possano costituire la base per il lavoro parlamentare e contribuire ad orientare in termini più precisi e concreti il confronto politico su questi temi.
  A questo proposito merita segnalare come, nell'attuale, difficile contesto, siano state avanzate alcune proposte per il potenziamento dell'erogazione del credito alle imprese e per il rafforzamento del capitale di rischio delle medesime, che devono essere attentamente e prioritariamente valutate. Si tratta, in particolare:
   del potenziamento del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese;
   della cartolarizzazione dei crediti delle PMI, eventualmente con il supporto della BCE;
   dell'adozione di forme di «mini bond» per il finanziamento alle imprese;
   del potenziamento del ruolo che può essere svolto in materia dalla Cassa depositi e prestiti;
   dell'incentivazione del ruolo dei fondi pensioni, dei fondi assicurativi e degli investitori istituzionali nel rafforzamento del capitale di rischio delle imprese italiane;
   dell'incentivazione del ruolo del venture capital e del private equity, sia a sostegno del start up sia a sostegno delle imprese industrialmente sane ma in difficoltà creditizia;Pag. 60
   dello sviluppo del ruolo della finanza di progetto (project financing);
   del possibile ruolo degli strumenti di «bad banking» per superare la crisi finanziaria ed i suoi effetti sull'economia reale.

  L'indagine, che si concluderebbe entro il termine di due mesi, si articolerebbe nel seguente programma di audizioni:
   Ministero dell'economia e delle finanze;
   Ministero dello sviluppo economico;
   Rappresentanti delle regioni e degli enti locali;
   Banca d'Italia;
   CONSOB;
   Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni (IVASS);
   European Banking Authority (EBA);
   Esponenti di organizzazioni internazionali operanti nei settori fiscale e finanziario;
   Cassa depositi e prestiti;
   Associazione bancaria italiana (ABI);
   Associazione nazionale fra le banche popolari;
   Federazione italiana delle banche di credito cooperativo (Federcasse);
   Rappresentanti di altri operatori del settore finanziario e creditizio;
   Esponenti di alcuni istituti di credito;
   Esponenti di fondi pensionistici ed assicurativi e del settore del private equity e del venture capital;
   Confindustria;
   R.ETE. Imprese Italia;
   Organizzazioni rappresentative del settore agricolo;
   Organizzazioni sindacali;
   Associazioni rappresentative del settore della cooperazione;
   ASSONIME;
   Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili;
   Unione dei giovani dottori commercialisti ed esperti contabili;
   Confprofessioni;
   Esperti e studiosi della materia.