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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 888 di lunedì 20 novembre 2017

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROBERTO GIACHETTI

La seduta comincia alle 14.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito la deputata segretaria a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

ANNA MARGHERITA MIOTTO, Segretaria, legge il processo verbale della seduta del 6 novembre 2017.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

  (È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Gioacchino Alfano, Alli, Amendola, Amici, Baldelli, Bellanova, Dorina Bianchi, Stella Bianchi, Biondelli, Bobba, Bocci, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Matteo Bragantini, Bratti, Bressa, Brunetta, Bueno, Caparini, Capelli, Casero, Castiglione, Catania, Causin, Antimo Cesaro, Cirielli, D'Alia, Dambruoso, De Micheli, Del Basso De Caro, Dellai, Di Gioia, Faraone, Fedriga, Ferranti, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Franceschini, Garofani, Gelli, Gentiloni Silveri, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, Kronbichler, Laforgia, Locatelli, Lorenzin, Losacco, Lotti, Madia, Manciulli, Marazziti, Marcon, Migliore, Orlando, Pes, Pisicchio, Portas, Rampelli, Ravetto, Realacci, Rosato, Rughetti, Sanga, Sani, Santerini, Scalfarotto, Tabacci, Tidei, Valeria Valente, Velo e Vignali sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.

I deputati in missione sono complessivamente settantanove, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Trasmissione dal Senato di un disegno di legge di conversione e sua assegnazione a Commissione in sede referente (ore 14,04).

PRESIDENTE. Comunico che il Presidente del Senato, con lettera in data 17 novembre 2017, ha trasmesso alla Presidenza il seguente disegno di legge, che è stato assegnato, ai sensi dell'articolo 96-bis, comma 1, del Regolamento, in sede referente, alla V Commissione (Bilancio):

S. 2942. - "Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 16 ottobre 2017, n. 148, recante disposizioni urgenti in materia finanziaria e per esigenze indifferibili. Modifica alla disciplina dell'estinzione del reato per condotte riparatorie" (4741) – Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), III, IV, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), VII, VIII (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento), IX (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento), X, XI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, relativamente alle disposizioni in materia previdenziale), XII, XIII e XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Il suddetto disegno di legge, ai fini dell'espressione del parere previsto dal comma 1 del predetto articolo 96-bis, è stato altresì assegnato al Comitato per la legislazione.

Discussione della proposta di inchiesta parlamentare: Causin ed altri: Proroga del termine per la conclusione dei lavori della Commissione parlamentare di inchiesta sulle condizioni di sicurezza e sullo stato di degrado delle città e delle loro periferie (Doc. XXII, n. 82) (ore 14,06).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della proposta di inchiesta parlamentare: Proroga del termine per la conclusione dei lavori della Commissione parlamentare di inchiesta sulle condizioni di sicurezza e sullo stato di degrado delle città e delle loro periferie (Doc. XXII, n. 82).

Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta del 15 novembre 2017 (Vedi l'allegato A della seduta del 15 novembre 2017).

(Discussione – Doc. XXII, n. 82)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

Avverto che la I Commissione (Affari costituzionali) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire, in sostituzione del relatore, l'onorevole Roberta Agostini, Vicepresidente della Commissione.

ROBERTA AGOSTINI, Vicepresidente della I Commissione. Grazie, Presidente. Illustro brevemente il parere e chiedo il permesso di consegnarlo in forma scritta.

Il Documento XXII, n. 82 dispone la proroga, fino al termine della legislatura, per la conclusione dei lavori, della Commissione parlamentare di inchiesta sulle condizioni di sicurezza e sullo stato di degrado delle città e delle periferie. La Commissione è stata istituita con delibera della Camera dei deputati il 27 luglio 2016. L'articolo 2 prevedeva che la Commissione dovesse concludere i propri lavori entro dodici mesi dalla data della sua costituzione, la Commissione si è costituita il 25 novembre 2016 e, quindi, il termine di un anno per la conclusione dei lavori scadrà il prossimo 25 novembre.

I compiti della Commissione erano quelli di accertare lo stato di degrado e del disagio sociale delle città e delle loro periferie, a partire dalle aree metropolitane, con particolare attenzione all'evoluzione della situazione socio-economica e delle implicazioni sociali e della sicurezza. La Commissione ha proceduto alla sua attività sulla base di un programma di lavoro strutturato in base a quattro aree di indagine, che hanno riguardato: la rigenerazione sociale, la rigenerazione urbana, la sicurezza e la modalità di erogazione e utilizzo dei fondi destinati al recupero delle aree periferiche della città delle leggi di bilancio degli anni 2016 e 2017. La Commissione ha svolto un intenso programma e un'attività di natura prevalentemente conoscitiva: dieci sopralluoghi, soprattutto a Roma, a Napoli, a Milano, a Bologna, a Bari, a Torino, a Palermo e a Genova. La Commissione però, nel termine stabilito dalla deliberazione istitutiva, non sarà in grado di concludere le attività già programmate.

La proposta in oggetto è formata da due articoli: l'articolo 1, che prevede che la Commissione concluda i propri lavori entro la fine della XVII legislatura e presenti alle Camere la relazione finale delle indagini svolte; l'articolo 2, al fine di adeguare la dotazione finanziaria della Commissione alla maggiore durata proposta.

Infine, la I Commissione ha avviato l'esame del documento nella seduta del 31 ottobre 2017, non sono stati presentati emendamenti, la Commissione bilancio ha espresso un parere favorevole con un'osservazione e il 15 novembre la Commissione ha conferito al relatore il mandato a riferire all'Assemblea in senso favorevole. Consegno poi la relazione scritta. Grazie.

PRESIDENTE. È autorizzata, grazie, onorevole Agostini. Ha facoltà di intervenire il rappresentante del Governo, che si riserva di farlo in seguito.

È iscritto a parlare l'onorevole Miccoli, che non vedo presente in Aula, quindi si intende che vi abbia rinunciato. È iscritto a parlare anche l'onorevole Causin, che non vedo in Aula, si intende che vi abbia rinunciato.

Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

Non vi sono repliche, perché non c'è stato il dibattito. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Ora, colleghi, per una questione tecnica, sospendiamo per cinque minuti la seduta, che riprenderà alle ore 14,15.

La seduta, sospesa alle 14,10, è ripresa alle 14,15.

Discussione della mozione Colonnese ed altri n. 1-01683 concernente iniziative volte a superare le criticità della normativa in materia di prevenzione vaccinale.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della mozione Colonnese ed altri n. 1-01683 concernente iniziative volte a superare le criticità della normativa in materia di prevenzione vaccinale (Vedi l'allegato A).

Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi riservati alla discussione della mozione è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (Vedi calendario).

Avverto che sono state altresì presentate le mozioni Fossati ed altri n. 1-01750 e Lenzi ed altri n. 1-01751, che, vertendo su materia analoga a quella trattata dalla mozione all'ordine del giorno, verranno svolte congiuntamente (Vedi l'allegato A). I relativi testi sono in distribuzione.

(Discussione sulle linee generali)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali delle mozioni.

È iscritta a parlare l'onorevole Colonnese, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-01683. Ne ha facoltà.

Non funziona il microfono, onorevole Colonnese? Spostiamoci sia gentile, onorevole Colonnese, evidentemente abbiamo un problema. Grazie, mi scusi.

VEGA COLONNESE. Si figuri, Presidente. L'esigenza di questa mozione nasce dal fatto che il “decreto vaccini” è stato, forse, uno dei punti più bassi di questa legislatura, anche perché è stata una forzatura rispetto a quello che poteva essere un dibattito che si poteva tenere non solo in Commissione affari sociali alla Camera, ma proprio all'interno del Parlamento partendo anche, in ultima istanza, dalle proposte di legge che erano state presentate poco prima della forzatura del decreto.

Perché questa mozione? Questa mozione significa che dobbiamo analizzare altri punti: dobbiamo cercare di capire le ragioni di un decreto-legge che è stato voluto con forza, addirittura ponendo la fiducia da parte di uno dei peggiori Ministri della Salute che ha avuto l'Italia e, soprattutto, uno dei Ministri che è stato sempre riconfermato in questa lunghissima legislatura; anche perché, successivamente al decreto, proprio per l'inapplicabilità della legge stessa, ha dovuto mettere le toppe, ad esempio, presentando delle circolari ministeriali che hanno soltanto creato ulteriore caos all'interno delle segreterie scolastiche e, soprattutto, un'ulteriore ansia da parte dei genitori che non possono essere semplicemente definiti “no vax”, dato che la sanità italiana non permette una fiducia tale da poter essere così tranquilli quando si danno dei farmaci, dei vaccini a dei bambini di tre mesi.

Questo non significa essere contro la pratica della vaccinazione, perché nessuna persona di buonsenso può essere contro le vaccinazioni. Si possono proporre delle questioni, delle domande sul calendario vaccinale, si può discutere e il compito della politica è quello di discutere e di cercare di trovare la soluzione migliore.

Uno dei punti più bassi si è avuto quando si parlava del consenso informato. Il consenso informato - e leggo - si configura quale vero e proprio diritto della persona e trova fondamento nei principi espressi all'articolo 2 della Costituzione, che tutela e promuove diritti fondamentali, e negli articoli 13 e 32 della Costituzione, i quali stabiliscono, rispettivamente, che la libertà personale è inviolabile e che nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario, se non per disposizione di legge. Questo significa che il paziente, soprattutto se sano e, quindi, non in uno stato di malattia, deve avere un rapporto fiduciario con il proprio medico e anche con le istituzioni che rappresentano la sanità.

Questo che significa? Significa che nel momento in cui si prescrive un vaccino, che deve aiutare in condizioni di effettiva situazione di crisi all'interno della sanità del Paese di cui si è parte, bisogna fare in modo che la persona ne sia consapevole, soprattutto, quando si tratta di genitori che devono decidere per il proprio figlio senza alcuna assistenza, perché i centri vaccinali e, soprattutto, i consultori, cioè quelli che dovevano servire come primo strumento di rapporto fra genitori e medici - perché qui stiamo parlando del rapporto fondamentale fra persone e medici e qui si dimentica che si tratta tutto sulla fiducia -, si trovano in uno stato pietoso; consultori dove - lo ricordiamo e lo mettiamo a verbale - non ci sono neanche fasciatoi quando si portano i bambini a visitare, per dirne una sullo stato dei consultori, che adesso sono diventati solo dei centri vaccinali.

Il fatto di portare dei bambini in situazioni così precarie vuol dire che comincia a minarsi il rapporto di fiducia anche con la struttura che dovrebbe rappresentare il momento di fiducia massimo.

Questo si poteva risolvere in questa lunghissima legislatura, perché il Ministro è stato sempre confermato per le sue notevoli capacità: si vede con il “Family Day”, quindi, è stato riconfermato essendo uno dei migliori, ovviamente, di questa legislatura. Questa conferma del Ministro ha portato che, invece di ascoltare le istanze dei cittadini attraverso anche delle interrogazioni, che non ha presentato solo il MoVimento 5 Stelle, ma che hanno presentato in maniera trasversale tutti i partiti, il problema principale del Ministro era solo la copertura vaccinale, che resta una cosa da risolvere, ma, in questa lunghissima legislatura, si sarebbe potuto risolvere in maniera diversa, facendo in modo che ci fosse una maggiore fiducia.

Il rapporto di fiducia viene anche dal fatto che: è vero, c'è un'emergenza di morbillo. Gentiloni aveva detto che non si parlava di epidemia e il Ministro - che è quello che rappresenta, forse, il punto più basso della fiducia fra cittadini e Ministero della Salute, che è uno dei Ministeri più importanti che rappresentano un Governo - continuava a dire che c'era questa emergenza. I genitori, che si trovano sempre a dover decidere della salute dei bambini, non erano convinti e, sottovalutando le persone, insultandole, chiamandole “no vax”, facendo una guerra esclusivamente partitica perché si voleva colpire il MoVimento 5 Stelle, si parlava di una possibile epidemia causata da Grillo, come primo dato che veniva dato. Quindi, i genitori si trovavano ancora senza risposte.

Prendiamo per certo questo dato. Arrivano i dati reali: si parla di età mediana di 27 anni e la gente si trovava davanti questi dati e non riusciva a capire perché non ci fosse stata un'informativa da parte del Governo nel Parlamento, che è quello che rappresenta le istituzioni nel senso più ampio, e non solo i partiti, perché non si parlava di dati reali e perché non ci fosse subito la messa a disposizione di un vaccino monovalente per il morbillo per tutte le persone che potevano essere gli untori. Ma questo era sempre colpa dei genitori “no vax”, dei partiti “no vax”, di Internet e di tutto quello che serviva alla campagna mediatica per fare in modo che non si assumesse la responsabilità il Ministero della Salute rappresentato dal peggior Ministro della Salute e, soprattutto, non ci fossero dei dati certi.

Che cosa succede? Succede che, analizzando un po' le cose, forse, non è stata la campagna su Internet, che pure ha avuto delle responsabilità, perché Internet va usato come strumento di informazione e, soprattutto, non è uno strumento di informazione passivo come la televisione e, quindi, permette anche un ragionamento e un'analisi maggiore - quindi, questa è una cosa che non si è voluta analizzare e l'avremmo potuto fare in Parlamento con una discussione più ampia della situazione -, ma forse è stato il caso del farmaco Tamiflu, che ha consentito alla società Gilead enormi profitti in relazione alle supposte pandemie dell'influenza suina e aviaria. Forse era questa la cosa che ha fatto cambiare un po' l'opinione delle persone nei confronti della vaccinazione; forse era questo che si doveva analizzare e non fare convegni contro le persone, analizzare e colpevolizzare i genitori e, soprattutto, creare un rapporto bruttissimo fra medici e genitori.

I genitori hanno cominciato a non fidarsi più dei medici, i medici, per paura di essere radiati da un momento all'altro solo se mettevano un “ma” vicino alla parola vaccinazione, hanno cominciato a parlare, come se fosse un lavoro a cottimo, di quante vaccinazioni dovevano essere fatte alle singole persone, ai singoli bambini e, quindi, il rapporto si è cominciato a incrinare.

Non contenta, il Ministro decide che si deve rovinare anche il rapporto fra i dirigenti scolastici e i genitori, perché la devastazione deve essere totale, perché se non sai essere credibile devi essere autoritario, perché non hai credibilità e, quindi, devi per forza puntare e isolare le persone; tanto si sa che in Italia non ci sono i servizi e i genitori disperati devono decidere se andare a lavorare il giorno dopo e portarli in strutture che permettono una frequenza e con ansia, paura sono andati a vaccinare.

Ed è questo il peggiore problema che abbiamo creato: noi tutti dovevamo fare in modo che ci fosse la naturale fiducia riguardo alle vaccinazioni che doveva esserci, cioè noi dovevamo fare in modo che i genitori affidassero in maniera consapevole i propri figli alle cure di un medico, fare in modo che ci fossero delle analisi sul singolo bambino, perché per noi i bambini sono un dato “x”, sono una media, ma per il genitore il bambino è unico, è quello, e se ha un danno, quello è un danno per tutta la vita del genitore. Ma questo non lo abbiamo voluto analizzare, anche se avevamo tutto il tempo, perché questa legislatura non vuole finire, quindi ci prenderemo fino all'ultimo giorno e fino all'ultimo giorno continueremo a fare decreti-legge e continueremo a parlare, in maniera sbagliata, anche degli argomenti che ci avrebbero trovato tutti d'accordo. Ma è più importante la propaganda che trovare una soluzione.

In tutto questo - e l'abbiamo detto perché ci siamo presi i pochi minuti, i momenti che avevamo nella discussione -, abbiamo parlato tutti, abbiamo cercato di cambiare questa deriva terribile che si era avuta, anche quella del processo alle intenzioni, perché la parola “ma”, il dubbio, vicino alla vaccinazione, crea l'attacco mediatico e sei un “no vax” pericolosissimo. Continuo a dire che nessuno lo è.

L'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha fatto un'indagine conoscitiva; quest'indagine conoscitiva doveva essere la parte prima per poter parlare del mercato e della concorrenza dei vaccini, perché anche questo è un dato. In più, si è parlato, al Senato, anche della possibilità di avere i monocomprendenti, perché è importante creare un'offerta reale, perché offerta vaccinale significa, anche, far capire che c'è la volontà di venire incontro alle persone. I monocomprendenti sono introvabili; ad oggi, se un genitore va in quegli edifici fatiscenti che si chiamano centri vaccinali, a cui non si danno soldi neanche per prendere i fasciatoi, non c'è la possibilità di rassicurarlo e di dirgli: guarda, se hai preso la varicella, c'è la possibilità di avere il singolo sul morbillo, dato che c'è questa emergenza; perché il Ministro Lorenzin, carica della sua autorità, ha detto al Parlamento che sono questi i dati, invece, no. Gli edifici, comunque, sono quegli edifici terribili, perché, è vero, gli adulti si sono abituati a stare nelle corsie degli ospedali, ma un adulto, anche se è abituato a vivere male, non è abituato a far vivere male i propri figli, questo ci dobbiamo ricordare.

Quindi, adesso, i dati sicuramente parleranno di un innalzamento delle coperture vaccinali, ma non è una vittoria, perché si è ottenuta attraverso la coercizione, si è ottenuta mettendo con le spalle al muro i genitori e dicendogli: guarda, tu devi decidere se scegliere un'attività formativa per tuo figlio - e sappiamo che adesso i nidi garantiscono una formazione dei bambini - oppure avere la possibilità di andare col patema d'animo in questi edifici e fare delle vaccinazioni, senza accompagnamento alcuno, perché ancora oggi non c'è. In più, si sono incrinati i rapporti fra dirigenti scolastici e genitori; io sono di Napoli, non ho mai visto tanta polizia usata fuori dagli edifici per allontanare i genitori; magari, la stessa Polizia serviva di più altrove e, magari, la polizia stessa aveva voglia di farlo, di andare in quartieri più difficili e cercare di salvare i ragazzini dall'essere merce di camorra, però, per questo non c'è, lo ripeto, non c'è. Sembra un mischiare le varie cose, questo, è vero, sembra? Ma in realtà non lo è, perché questa è stata la percezione: un decreto fatto nell'ultima settimana prima della pausa estiva, fatto di corsa, quando le persone chiedevano altre cose e quando non esiste un genitore al mondo che vuole il male dei propri figli, non esiste, quindi è solo propaganda politica e noi la dovevamo accantonare.

Quindi, l'idea di questa mozione, in realtà, è una richiesta fatta a fine legislatura, sapendo che non si potrà, al di là dei voti negativi che riceverà questa mozione, mettere in atto per la prossima legislatura. Cioè questo è un impegno per capire se abbiamo voglia di sanare questa divisione che c'è stata fra istituzioni e genitori, fra le istituzioni a vario livello, perché non c'è solo questa istituzione, anche a scuola, con i dirigenti scolastici, si sono causati dei problemi e anche con i medici. Abbiamo intenzione di farlo; queste sono le nostre proposte, ci sono i punti a cui teniamo e su cui si può aprire tranquillamente un dibattito. Sono dei punti per iniziare una discussione; non sono dei punti imperativi. Perché sulle campagne, soprattutto, sanitarie non ci può essere un punto e basta, ci deve essere un'analisi, sfruttando le audizioni e sentendo veramente la comunità scientifica, non affidandoci a quello che dice uno dei peggiori Ministri della salute.

Quindi, Presidente, lei mi interromperà se sono fuori minutaggio, ma comincio a dire i vari impegni, così, magari, restano anche a verbale. La mozione impegna il Governo: ad emanare una circolare urgente che consenta ai genitori che debbano effettuare le analisi sierologiche, contemplate dal decreto-legge n. 73 del 2017 e volte a comprovare l'avvenuta immunizzazione, di rivolgersi gratuitamente al Servizio sanitario nazionale; a introdurre, in occasione del nuovo aggiornamento dei livelli essenziali, tutti gli esami sierologici o diagnostici che consentano, alla luce delle conoscenze scientifiche acquisite, di individuare con la maggiore precisione possibile le complicanze potenzialmente derivabili dalla vaccinazione, implementando, se necessario, un gruppo di ricerca deputato a determinare se e quali strumenti diagnostici possano essere idonei a prevedere la concreta verificabilità degli eventi avversi alle vaccinazioni; a emanare un provvedimento, anche di natura regolamentare, che disciplini la possibilità di esprimere il dissenso informato e motivato alla somministrazione della profilassi vaccinale, che il genitore o il tutore intendano firmare al fine di interrompere la profilassi; a monitorare gli effetti applicativi del decreto-legge n. 73 del 2017, prevedendo una relazione semestrale da pubblicare sul sito Internet del Ministero della salute, anche al fine di adottare iniziative normative necessarie ad escludere l'obbligatorietà delle vaccinazioni e al fine di recuperare la piena tutela e protezione del principio di autodeterminazione della persona e della libertà del singolo nel rispetto dei principi costituzionali del nostro ordinamento giuridico, prevedendo altresì che, in caso di eradicazione delle malattie oggetto di vaccinazione di cui al decreto-legge n. 73 del 2017 o di efficaci coperture vaccinali, possa essere sospeso l'obbligo vaccinale, anche con il potere di ordinanza contemplato nel nostro ordinamento giuridico; a ridurre gli oneri burocratici delle famiglie, prevedendo che siano le amministrazioni pubbliche interessate dal decreto-legge n. 73 del 2017 a trasmettere la documentazione comprovante l'avvenuta vaccinazione; a rivedere, anche attraverso nuove iniziative legislative, il divieto di accesso dei bambini ai servizi educativi per l'infanzia e alle scuole dell'infanzia, in caso di mancata presentazione della documentazione comprovante le avvenute vaccinazioni, al fine di poter comunque garantire a tutti l'ingresso ai servizi socio-educativi e alle materne e, quindi, il loro diritto alla socializzazione e all'apprendimento; a reperire risorse aggiuntive - anche in fase di approvazione della prossima legge di bilancio - e di adottare misure necessarie all'ampliamento dell'organico amministrativo delle scuole e all'implementazione di procedure informatizzate, affinché le scuole possano sostenere gli oneri burocratici e amministrativi susseguenti all'entrata in vigore del decreto-legge n. 73 del 2017, come modificato a seguito della conversione in legge; a prevedere maggiori risorse al Servizio sanitario nazionale, al fine di garantire la piena disponibilità sul territorio nazionale di vaccini monovalenti, affinché il soggetto immunizzato sia posto nella condizione di poter adempiere all'obbligo vaccinale, escludendo qualsiasi possibilità di effettuare la vaccinazione in soggetti già immunizzati e prevedendo altresì che la produzione monovalente dei vaccini obbligatori sia affidata allo stabilimento chimico farmaceutico nazionale; a implementare ricerche e studi concernenti i potenziali effetti collaterali e complicanze da vaccini multivalenti, tenendo conto di quanto rilevato dalla “Commissione uranio” nella relazione intermedia citata in premessa.

A emanare linee guida specifiche affinché i centri vaccinali forniscano ai genitori, tutori o affidatari informazioni puntuali sulle modalità di effettuazione e la via di somministrazione dei vaccini, sul grado di efficacia e sugli eventi avversi, sulle probabilità del loro verificarsi e sul loro trattamento nonché sulle possibili conseguenze sanitarie derivanti dalla mancata vaccinazione, sulle condizioni cliniche che costituiscono una controindicazione alla vaccinazione, nonché precise indicazioni per sanitari e genitori sulle procedure da attivare per la comunicazione di segnalazioni avverse; a prevedere che le risorse derivanti dalla comminazione delle sanzioni rimangano nella disponibilità delle regioni, siano rese pubbliche nel loro ammontare e siano destinate ai consultori familiari, affinché siano in grado di attivare un'informazione capillare ed esaustiva alle famiglie e affinché siano in grado di attivare una farmacovigilanza attiva attraverso un calendario di visite periodiche, anche post vaccinali; a rafforzare gli standard organizzativi e strutturali dei centri e servizi preposti alle vaccinazioni, implementandone gli organici e forme di collaborazione attiva con la rete dei pediatri di famiglia; a prevedere, anche con successivi interventi normativi, che il Ministero della salute, in relazione agli indennizzi e risarcimenti conseguiti ai danni procurati dei vaccini, di cui al decreto legge n. 73 del 2017, debba rivalersi sulla casa farmaceutica di produzione; a prevedere, anche con successivi interventi normativi, le risorse necessarie ad assicurare al Ministero della salute un contingente fino a venti unità di personale dedicato alla definizione delle procedure intese a ristoro dei soggetti danneggiati da trasfusione con sangue infetto, da somministrazione di emoderivati infetti; a fornire con sollecitudine un'interpretazione autentica della disposizione contenuta nel decreto-legge n. 73 del 2017; a prevedere efficaci iniziative, anche legislative, che favoriscano una ricerca pubblica e indipendente in ambito farmacologico; ad attivarsi anche con circolari esplicative affinché la negoziazione dei vaccini obbligatori non sia coperta da vincolo di confidenzialità e riservatezza; ad attivarsi affinché le persone incaricate e coinvolte nella sperimentazione clinica non abbiano conflitti di interesse; a tutelare l'indipendenza dei ricercatori, assicurando loro la massima autonomia nella pubblicazione e diffusione dei dati; ad attivarsi affinché le riviste scientifiche siano realmente trasparenti, anche attraverso l'introduzione di appositi divieti volti a non considerare validi nei concorsi pubblici punteggi che siano correlati a pubblicazioni scientifiche non supportate da una comprovata indipendenza; ad assicurare il preliminare intervento del Garante della privacy ad attivarsi affinché sia resa pubblica, anche attraverso una relazione alle Camere da parte dei ministri competenti, l'esposizione finanziaria dell'Italia in relazione al GAVI, indicando esattamente se e quali debiti l'Italia abbia contratto, chiedendo se e in quale misura eventuali obbligazioni finanziarie del GAVI siano correlate al decreto-legge n. 73 del 2017, indicando con chiarezza se il decreto-legge citato assorba o meno impegni di tipo finanziario assunti dall'Italia con questa Fondazione avente natura giuridica privata. C'era molto da discutere e speriamo veramente che se ne discuterà prima o poi (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Colonnese, vorrei rassicurarla che, essendo in fase di discussione generale, peraltro lei ha illustrato la sua mozione, è stata perfettamente attinente alla materia. È iscritta a parlare l'onorevole Murer, che illustrerà anche la mozione Fossati ed altri n. 1-01750, di cui è cofirmataria. Ne ha facoltà.

DELIA MURER. Grazie, Presidente. Anche noi riteniamo che sia importante avere un momento di discussione del Parlamento sulle criticità che la normativa sui vaccini può avere ed ha a nostro avviso. Innanzitutto, io vorrei dire una cosa che è stata ribadita dal nostro gruppo anche durante la discussione del decreto-legge del Governo: noi, come movimento, non solo siamo per i vaccini, ma siamo perché il nostro Paese si dia un obiettivo di raggiungere un'eccellenza nelle strategie di diffusione delle vaccinazioni, in ragione della capacità delle campagne vaccinali di prevenire ed affrontare i temi relativi ad importanti patologie, patologie che sono molto pericolose.

La cosa che noi vogliamo evidenziare e che è stata evidenziata anche in quel dibattito è, però, il fatto che, mentre il nostro Paese aveva già un piano vaccinale, aveva già un'iniziativa tra Ministero della salute e regioni in corso, di certo, di fronte a criticità emerse sulla copertura per quanto riguarda una serie di malattie e difficoltà che riguardavano in particolare il morbillo, parotite e rosolia, di fronte a una sollecitazione per invertire la rotta si è scelto un modo che non è stato il modo migliore, si è scelto di fare un decreto-legge, si è anche impedito in qualche modo di fare dei miglioramenti ponendo la fiducia. Quindi, è a partire da un elemento di rottura in una modalità di lavoro che peraltro esisteva soprattutto in alcune regioni che si erano anche già attivate, che noi ci siamo trovati ad operare e ci troviamo ad operare oggi.

C'è, di fatto, la necessità, a nostro avviso, di fare molto di più sul piano della sensibilizzazione e del coinvolgimento dei cittadini, proprio per cercare di dare una risposta seria e scientifica a dubbi ed esitazioni che tanti genitori, probabilmente, hanno bisogno di chiarire con un coinvolgimento pieno. E temiamo che la scelta del Governo di prevedere l'obbligatorietà di dieci vaccini in alcuni casi possa produrre un effetto boomerang. Noi pensiamo che - lo dicevo all'inizio - sia molto importante fare un lavoro di condivisione sul tema, di conoscenza scientifica e, quindi, di allargamento della copertura vaccinale nel nostro Paese.

Questo deve essere il nostro obiettivo, ma dobbiamo capire come questo obiettivo si possa perseguire nel migliore dei modi e, da questo punto di vista, anch'io vorrei sottolineare un punto: è indispensabile lavorare per recuperare la fiducia dei cittadini nelle indicazioni provenienti dalle istituzioni sanitarie. Io credo che questo sia un elemento molto importante. Ed è necessario, a mio avviso, acquisire la consapevolezza che il tempo che dedichiamo a informare e che il sistema sanitario usa per relazionarsi con i genitori e le persone che dovrebbero vaccinarsi, è vero e proprio tempo di cura. Io qui lo voglio sottolineare, ne abbiamo tanto parlato anche nella legge sul consenso informato e sul fine vita e credo che questa deve essere una rivoluzione di approccio che va usata all'interno del sistema sanitario. Noi dobbiamo, quindi, porre l'informazione e il consenso informato al centro di questo elemento e quindi anche la nostra mozione parte dalla necessità di implementare una capacità del sistema sanitario di informare, sviluppare conoscenza, diffondere conoscenze scientifiche e, laddove fosse necessario per ottenere dei buoni risultati, anche togliere degli obblighi che oggi, invece, sono previsti.

Credo che sia anche molto importante che si faccia ben presente che ci sono alcune criticità nel decreto: delle criticità che riguardano sia gli aspetti dell'assunzione dei vaccini, sia gli aspetti dell'accesso al mondo scolastico, che, come tutti noi sappiamo, prevede una difficoltà per i bambini che non fossero vaccinati nell'accedere al diritto allo studio, e credo che questi siano punti particolarmente forti e critici su cui va fatta una discussione e io mi auguro che anche la discussione di queste mozioni porti a migliorare la situazione.

La stessa cosa vorrei dire anche per quanto riguarda le vaccinazioni dei militari, che molte volte avvengono in forma multipla e senza le necessarie verifiche sullo stato di salute della persona prima di procedere alle vaccinazioni. Anche qui noi sappiamo che ci saranno delle risultanze importanti della Commissione d'inchiesta che lavora a questo proposito e credo che queste debbano essere tenute nella giusta considerazione. Io credo che sia importante leggere in quest'Aula i punti dell'impegno nelle nostre mozioni, dicendo che le premesse certamente esemplificano in termini anche più ampi i punti che io ho sottolineato brevemente.

Allora, l'impegno del Governo è per noi a prevedere la possibilità - per tutti i vaccini obbligatori in luogo degli attuali quattro vaccini, previa verifica triennale - di disporre la cessazione dell'obbligatorietà sulla base della verifica dei dati epidemiologici, delle eventuali reazioni avverse segnalate, delle coperture vaccinali raggiunte, nonché degli eventuali eventi avversi segnalati, effettuata dalla commissione per il monitoraggio dell'attuazione dei nuovi LEA; a ripensare il vigente divieto di accesso dei bambini ai servizi educativi per l'infanzia e alle scuole dell'infanzia in caso di mancata presentazione della documentazione attestante le avvenute vaccinazione, al fine di poter comunque garantire a tutti i bambini l'ingresso ai servizi socio-educativi e alle materne, e quindi il loro pieno diritto all'apprendimento e alla socializzazione; a destinare maggiori risorse al Servizio sanitario nazionale. E qui devo dire che siamo molto preoccupati, anche in generale, del sotto-finanziamento del sistema sanitario nazionale. In particolare, sulla questione dei vaccini crediamo che ci debba essere una maggiore un'attenzione, nonché maggiori risorse, per garantire la piena disponibilità su tutto il territorio nazionale di vaccini in formulazione mono-componente o combinata, anche al fine di consentire a tutti i soggetti immunizzati di poter adempiere all'obbligo vaccinale senza doversi sovraccaricare di vaccini multipli oppure di restare esclusi. Inoltre, impegniamo il Governo a prevedere con opportuni interventi normativi che l'indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazione obbligatoria, venga esteso anche alle vaccinazioni raccomandate previste dal Piano nazionale vaccini; a mettere in atto tutte le iniziative necessarie per favorire la ricerca pubblica indipendente in ambito farmacologico; a garantire, attraverso opportuni interventi normativi, l'assenza di potenziali conflitti di interesse tra soggetti coinvolti ai fini dell'autorizzazione dell'immissione in commercio dei vaccini e le aziende farmaceutiche; a prevedere le eventuali opportune iniziative conseguenti alle conclusioni a cui giungeranno i lavori della quarta Commissione d'inchiesta di cui in premessa, che terminerà la sua attività alla fine della legislatura in corso, relativamente alla salute del personale militare riguardante l'uso delle pratiche di vaccinazione.

Insomma, noi speriamo che la discussione che ci sarà e il voto su queste mozioni, ma soprattutto gli impegni che il Governo si potrà prendere, portino a ricucire questo rapporto di difficoltà che c'è stato nei confronti dell'insieme della popolazione italiana. Pensiamo anche che questa legislatura lasci comunque anche dei progetti di legge molto interessanti di cui si potrà fare tesoro nei passi successivi all'applicazione del decreto del Governo (Applausi dei deputati del gruppo Articolo 1-Movimento Democratico e Progressista).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Amato, che illustrerà anche la mozione Lenzi ed altri n. 1-01751, di cui è cofirmataria.

MARIA AMATO. Presidente, la discussione sui vaccini ha avuto ampio spazio nel corso di questa legislatura, sia nel confronto parlamentare sia, nel tempo della legislatura, fuori, attraverso manifestazioni, discussioni sui media e molti interventi della società scientifica. Una discussione importante per tema ed obiettivi. Non torno su temi ampiamente dibattuti come la storia naturale delle malattie infettive o le percentuali di copertura vaccinale, ma come ho fatto ogni volta che abbiamo trattato il tema delle vaccinazioni, voglio ribadire che i vaccini sono il sistema e il mezzo più efficace per contrastare le malattie infettive, i loro rischi sui individui e collettività.

Si è sviluppato un dibattito pubblico che a tratti ha avuto punte di confronto duro, tra una visione sinteticamente e anche troppo sommariamente definita No-vax e quella più vicina al mondo medico; visione a tratti ideologica, estrema, sfociata anche in una protesta aggressiva dopo l'approvazione del “decreto vaccini” alla Camera. La condanna della violenza è a prescindere, ma quel momento sta lasciando spazio - il doveroso spazio - ad un confronto pacato tra medici e genitori dubbiosi e disorientati. Infatti, ascolto e dialogo stanno accompagnando il percorso di attuazione del “decreto vaccini”, non senza difficoltà.

Culturalmente questo è il messaggio migliore scaturito dal clamore sollevato dall'obbligatorietà vaccinale: l'obbligatorietà, una volta raggiunto il livello di copertura e di sicurezza, deve lasciare spazio all'adesione responsabile e ad un saldo rapporto di fiducia medico-genitore, e soprattutto di fiducia di tutti nel sistema sanitario. È servita la discussione nei diversi aspetti a ribadire alcuni concetti: le vaccinazioni appartengono alla sfera della salute individuale e contemporaneamente a quella collettiva, e i due aspetti non vanno separati nella valutazione dei risultati. Lo scorso 28 luglio, la Camera ha approvato in via definitiva il decreto-legge 7 giugno 2017, n. 73, recante disposizioni urgenti in materia di prevenzione vaccinale, pubblicato poi nella Gazzetta Ufficiale del 5 agosto. Tale decreto prevede, per i minori di età compresa tra 0 e 16 anni e per i minori stranieri non accompagnati, l'obbligatorietà e la gratuità delle seguenti vaccinazioni: antipolio, antidifterica, antitetanica, antiepatite B, antipertosse, anti haemophilus influenzae tipo B, antimorbillo, antirosolia, antiparotite, antivaricella. L'obbligatorietà per le ultime quattro (morbillo, rosolia, parotite e varicella) è soggetta a revisione ogni tre anni in base ai dati epidemiologici delle coperture vaccinali raggiunte. Cioè, se la copertura vaccinale raggiunta è sufficiente, l'obbligatorietà deve decadere. Per i nati dal 2001 al 2016 devono essere somministrate le vaccinazioni contenute nel calendario vaccinale nazionale vigente nell'anno di nascita; a queste dieci vaccinazioni se ne aggiungono quattro fortemente raccomandate, che il decreto prevede ad offerta attiva e gratuita, ma senza obbligo, da parte delle regioni e province autonome, che sono l'antimeningococcica B, l'antimeningococcica C, l'antipneumococcica e l'antirotavirus.

La mancata somministrazione dei vaccini obbligatori preclude l'iscrizione agli asili nido e alle scuole materne. Per il mancato rispetto dell'obbligo da parte di bambini e ragazzi più grandi, invece, è prevista una multa da 100 a 500 euro, prima però si deve essere contattati dalla propria ASL di competenza per avviare il percorso di recupero delle vaccinazioni; sono esonerati dall'obbligo i bambini e i ragazzi già immunizzati a seguito di malattia naturale e i bambini che presentano specifiche condizioni cliniche che rappresentano una controindicazione permanente o temporanea alle vaccinazioni.

Il 14 settembre il TAR del Lazio ha emesso un'ordinanza dove sono respinte le richieste di una madre che voleva la sospensione e poi l'annullamento dell'atto che ha lasciato fuori il figlio da una materna. Si tratta di uno dei tanti ricorsi presentati da genitori contrari alle vaccinazioni dopo l'approvazione della legge avvenuta questa estate. Il tribunale amministrativo del Lazio è tra i primi a prendere posizione a favore della legge. Senza vaccini, quindi, per legge non si possono frequentare le lezioni. Il problema di questo primo anno di avvio della norma è tutto nella procedura, che in alcuni casi ha creato non pochi problemi alle famiglie, alle prese con il reperimento dei certificati vaccinali presso le ASL o con la compilazione delle autocertificazioni da presentare alla scuola all'inizio dell'anno, in cui si assicura alla scuola di provvedere al vaccino dimostrando di aver già preso l'appuntamento con gli ambulatori della ASL. Altra difficoltà è quella di procurarsi da parte degli adulti, cioè gli insegnanti, la propria storia vaccinale, essendo una gran parte d'Italia non provvista di archivi informatizzati o archivi facilmente consultabili.

Date e appuntamenti da prendere, scadenze e liste d'attesa che non hanno mancato di creare qualche confusione tra le famiglie.

Un avvio in salita, che comunque era stato previsto: tanto che, secondo i piani del decreto approvato a giugno, la semplificazione sarebbe dovuta arrivare nell'arco dei prossimi due anni. Arriverà prima, grazie ad un emendamento al decreto fiscale già approvato al Senato, e sottoposto anche alla valutazione del Garante per la privacy: la semplificazione sarà effettiva già dal prossimo anno scolastico, sarà possibile nelle regioni e province autonome già dotate di anagrafi vaccinali, o che siano comunque in grado di effettuare la trasmissione dei dati sensibili nel rispetto della normativa della privacy. A partire dall'anno scolastico 2018-2019, per il quale le iscrizioni partono dal 16 gennaio prossimo, le singole scuole potranno quindi dialogare con le ASL di competenza.

Secondo la nuova procedura, quindi, le scuole inviano gli elenchi degli iscritti alle ASL, che verificano poi quali sono i ragazzi sotto i 16 anni in regola con i vaccini e quali invece sono gli inadempienti. Saranno, infine, le scuole ad avvisare le famiglie per mettersi in regola.

Quindi, il decreto sull'obbligatorietà ha avuto il pregio dell'ampliamento della copertura vaccinale, dello stimolo alla discussione della comunità scientifica, che è tornata a ribadire che la medicina è quella basata sull'evidenza, della domanda urgente di ascolto e di trasparenza sui temi di salute, in particolare per ciò che riguarda il mondo del farmaco. Ha evidenziato, però, la diversa visione delle regioni e le difficoltà pratiche di un sistema che, come sempre a macchia di leopardo, alterna aziende tecnologicamente avanzate con archivi dei dati vaccinali rapidamente accessibili ad aree in cui c'è un'oggettiva difficoltà di accesso ad archivi cartacei, e talvolta l'impossibilità del reperimento dei dati.

Con questa mozione affrontiamo questi problemi, sostenendo un percorso di semplificazione per una migliore e meno difficoltosa attuazione del decreto vaccini, auspicando la piena collaborazione delle regioni e degli operatori del sistema sanitario. A questi contenuti fanno riferimento nella nostra mozione le richieste al Governo perché si attivi per il conseguimento degli impegni assunti a livello internazionale, dando priorità a recuperare la flessione delle vaccinazioni contro la polio nella prima infanzia, delle vaccinazioni contro morbillo e rosolia nell'infanzia, ma anche promuovendo campagne di recupero dei non vaccinati tra gli adolescenti ed i giovani adulti, per interrompere la trasmissione di queste infezioni nel nostro Paese.

È importante sostenere la vaccinazione tra gli operatori della scuola e della sanità, ed implementare la campagna vaccinale antinfluenzale agendo simultaneamente su più coorti di pazienti, in modo da arrivare nel più breve tempo possibile ad una copertura capace di garantire standard ottimali su tutto il territorio nazionale.

Un sistema vaccinale dunque migliore, più forte in autorevolezza, ma anche in trasparenza, indipendenza, omogeneità, capacità di ascolto e flessibilità. Di conseguenza è necessario omogeneizzare le procedure, informatizzare, come previsto dal Piano nazionale, il sistema informativo e di sorveglianza delle vaccinazioni, che preveda una registrazione in continuo delle vaccinazioni per prodotto e per vaccinato, al fine di verificare la proporzione di vaccinati a diverse età (così avremo anche informazioni sugli adolescenti e gli adulti vaccinati) e verificare la qualità delle azioni di recupero dei non vaccinati di età oltre l'età target, valutare l'effetto di diversi calendari vaccinali in uso in diverse aree nel Paese. Un sistema di questo tipo è previsto nella bozza di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri su registri e sorveglianza di interesse nazionale, che però è in attesa ancora di essere varato.

La questione maggiore trasparenza, più volte richiamata nella mozione, sia in premessa che negli impegni, nasce, oltre che dal momento che stiamo vivendo, un momento che richiede trasparenza per il recupero pieno della fiducia nello Stato e nel sistema salute, dalla necessità di ritessere su solide basi quel rapporto di fiducia tra popolo e istituzioni, tra paziente e sistema sanitario, tra utenza e mondo medico.

Siamo partiti dall'indagine conoscitiva sui vaccini per uso umano “Un mercato più trasparente su costo e prezzi dei farmaci”, promossa dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato e pubblicata il 25 maggio 2016, per chiedere e per ragionare sugli impegni.

Questa indagine conoscitiva ha riscontrato alcune criticità sul piano della concorrenza, in parte intrinseche alla struttura dell'industria vaccinale e del settore farmaceutico nel suo complesso, altre proprie della situazione italiana. L'Antitrust ha analizzato le dinamiche di offerta e domanda dei vaccini qualificati come essenziali nel periodo 2010-2015, quando i costi per l'acquisto di questi prodotti da parte del Sistema sanitario nazionale sono stati mediamente di 300 milioni di euro l'anno. L'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha dato una valutazione positiva rispetto alla riaggregazione della domanda pubblica intorno ad un numero limitato di centrali di acquisto, considerandolo un sistema idoneo a bilanciare la concentrazione dell'offerta; per cui, però, è d'obbligo una maggiore trasparenza informativa, con più facile accesso ai dati di aggiudicazione delle gare di appalto, per valutazione di benchmark e buone pratiche amministrative.

A conclusione delle indagini conoscitive, è la stessa Antitrust a segnalare la necessità di posizioni chiare, trasparenti ed indipendenti delle autorità mediche, sia per l'inclusione di una determinata vaccinazione nei piani nazionali di prevenzione e nei LEA, sia in merito ai profili di equivalenza medica e tra i prodotti vaccinali. L'Autorità propone, inoltre, di includere i vaccini in classi di rimborso che assoggettino i prezzi ad una contrattazione preventiva con Aifa per quei prodotti che, dopo essere stati registrati in classi a prezzo libero, vengano compresi nei piani nazionali di vaccinazione, in quanto ciò garantisce acquisti continuati di grandi volumi e in vista di opportune valutazioni sconti/qualità, con l'obiettivo di un maggiore equilibrio tra domanda ed offerta.

Torniamo sul tema delicato dei danni da vaccini nella parte degli impegni, chiedendo di poter prevedere misure normative volte alla possibilità di rivalersi sulle case farmaceutiche produttrici per i danni da vaccinazioni ad esse imputabili, in tutti i casi in cui siano riconosciuti indennizzi e risarcimenti.

Un'attenzione va, inoltre, dedicata alla realtà dei centri vaccinali (concordo sulla fatiscenza, anche se non in tutta Italia, ma in molta parte d'Italia), per cui sono stati segnalati problemi nella logistica e nelle risorse umane non sempre sufficienti. Riteniamo necessario che si intraprendano iniziative volte a reperire maggiori risorse finanziarie per il loro potenziamento, per l'umanizzazione degli spazi, che in genere sono il primo impatto dei bambini con il sistema salute, e un ambiente umanizzato riduce gli effetti della paura e la memoria della paura; per il tempo degli operatori, perché se parliamo di recupero di fiducia, le parole, l'ascolto richiedono tempo.

Riteniamo che tutti i protagonisti del sistema salute debbano fare la propria parte per raggiungere gli obiettivi individuati dal Piano nazionale prevenzione vaccinale 2017-2019, che vale la pena di ricordare, perché sono gli obiettivi che hanno mosso le nostre scelte: mantenere cioè lo status polio-free (la regione europea dell'Organizzazione mondiale della sanità ha raggiunto lo status polio-free nel 2002); raggiungere lo status morbillo-free e rosolia-free; garantire l'offerta attiva e gratuita per le vaccinazioni nelle fasce di età indicate e nei gruppi di popolazione considerati a rischio; aumentare l'adesione consapevole alle vaccinazioni nella popolazione generale, anche attraverso la conduzione di campagne di vaccinazione per il consolidamento della copertura vaccinale; contrastare le disuguaglianze, promuovendo interventi vaccinali nei gruppi di popolazione marginalizzati o particolarmente vulnerabili; completare l'informatizzazione delle anagrafi vaccinali a livello regionale e nazionale, interoperabili tra di loro e con altre basi di dati (malattie infettive, eventi avversi, residenti assistiti); migliorare la sorveglianza delle malattie prevenibili con vaccinazione; promuovere nella popolazione generale e nei professionisti sanitari la cultura delle vaccinazioni; sostenere a tutti i livelli il senso di responsabilità degli operatori sanitari, dipendenti e convenzionati con il Sistema sanitario nazionale, e la piena adesione alle finalità di tutela della salute collettiva che si realizzano attraverso i programmi vaccinali.

Attivare un percorso di revisione e standardizzazione dei criteri per l'individuazione del nesso di causalità, ai fini del riconoscimento dell'indennizzo, ai sensi della legge n. 210 del 1992, per i danneggiati da vaccinazioni, coinvolgendo le altre strutture competenti, per esempio il Ministero della difesa.

Una breve nota va dedicata ai vaccini praticati ai militari. Nel lavoro di audizione e di analisi condotto dalla Commissione di inchiesta uranio, a cui ho partecipato, sono emerse problematiche non assimilabili alle normali campagne vaccinali, ma problemi frequentemente riconducibili a somministrazioni di vaccinazioni con modalità, tempi e verifiche del tutto errati e senza il rispetto delle norme di buona prassi. Talvolta sono emersi possibili errori o dubbi sulla conservazione dei farmaci, raccordi anamnestici sommari o inesistenti.

Ora, è evidente che queste problematiche nulla tolgono all'efficacia dei vaccini, ma sottolineano con maggiore incisività la necessità di linee guida e l'aderenza a percorsi scientificamente validati dall'Istituto superiore di sanità e condivisi con il personale sanitario. Nulla toglie all'efficacia dei vaccini in generale, ovviamente, una pratica anomala che non rispetti le linee-guida, che non rispetti la conservazione, che non tenga conto dell'anamnesi vaccinale; toglie molto e all'efficacia dei vaccini e alla potenzialità del danno sui militari.

Gli obiettivi sono alla portata del nostro sistema. È necessario, come dicevo, che ognuno faccia la sua parte nella stesura di linee guida, nelle informazioni, nella pazienza dell'ascolto, nella ricerca e nell'approfondimento dei motivi che hanno portato al fenomeno sociale del rifiuto della vaccinazione e un più ampio atteggiamento di sospetto e di sfiducia nel sistema salute. Lavoriamo per la semplificazione dei percorsi nel rispetto, sostegno, facilità di accesso alle pratiche, per il riconoscimento di indennizzi in caso di danno.

Ecco, in questa stagione così complessa per fake news, per tribù digitali, per brutale aggressività verbale, dobbiamo ancorarci saldamente ai fatti, alla medicina basata sull'evidenza, alla trasparenza e, in modo particolare, alla trasparenza nel mondo del farmaco, a contenuti chiari di voci credibili e autorevoli, ad un'armonica integrazione tra istituzioni, scuola e sanità, a percorsi semplici intorno a un obiettivo comune: la salute individuale e collettiva (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Palese. Ne ha facoltà.

ROCCO PALESE. Grazie, signor Presidente. La Camera dei deputati, come è noto, ha approvato in data 28 luglio 2017, con modificazioni, la conversione in legge del decreto-legge 7 giugno 2017 n. 73, recante disposizioni urgenti in materia di prevenzione vaccinale, ritenuto necessario per fronteggiare una situazione di allarme a causa della diffusione all'interno del nostro Paese, supportata statisticamente da significativi dati, di alcune malattie.

Il provvedimento reca misure che perseguono l'obiettivo dell'ampliamento dell'elenco delle vaccinazioni obbligatorie per i minori, attraverso una revisione delle relative sanzioni, modificando altresì la disciplina sugli effetti dell'inadempimento dei suddetti obblighi relativamente ai servizi educativi, alle scuole e ai centri di formazione professionale e regionale.

È noto oggigiorno che la vaccinazione protegge da malattie gravi e rappresenta uno degli interventi più efficaci e sicuri nell'ambito della sanità pubblica. Si assiste, infatti, grazie alla vaccinazione, alla drastica diminuzione dell'incidenza di molte gravi malattie nel mondo, evitando milioni di complicanze e decessi. A tale diminuzione è corrisposto un generale aumento delle coperture vaccinali tra la popolazione; di qui il rischio che alcune malattie fino ad ora eliminate o diventate rare, per esempio la polio o la difterite, possano rapidamente riapparire qualora non siano mantenute coperture vaccinali ottimali, in quanto gli agenti infettivi che le causano continuano a circolare in altre parti del mondo.

L'Organizzazione mondiale della sanità ha messo in luce una situazione che in Italia, con riferimento al morbillo, è letteralmente da allarme rosso - da qui i motivi d'urgenza, signor Presidente, che hanno indotto all'epoca il Governo a varare il decreto-legge con le norme che poi i due rami del Parlamento hanno approvato - con i casi saliti da 3.500 a 3.672 solo in una settimana. Si tratta di una situazione ulteriormente aggravata dalla circostanza che dall'inizio dell'anno si sono registrati anche tre decessi.

Sempre da più parti si afferma l'assoluta necessità che vengano promosse campagne di informazione sul rilevante tema dei vaccini. La stessa vicedirettrice generale dell'Organizzazione mondiale della sanità, la dottoressa Flavia Bustreo, ha recentemente dichiarato che nel nostro Paese è importante portare avanti non solo una campagna di informazione, ma altresì l'istituzione di una commissione indipendente di esperti per diffondere una corretta informazione, evitando così di far prendere piede alla paura diffusa dai No vax.

Il decreto adottato dal Governo persegue anche l'obiettivo di riequilibrare le coperture vaccinali all'interno del nostro Paese, riportandole al livello europeo. Si tratta dunque di un provvedimento emanato allo scopo di fronteggiare un'emergenza riguardante, per un verso, la salute individuale, per altro verso, la salvaguardia della saluta pubblica del Paese.

Sono tuttavia noti gli scontri e il clima di polemiche creatosi nel Paese, peraltro riecheggiato anche in Aula durante la conversione in via definitiva del decreto, sino ad arrivare alla messa in discussione di pareri di istituzioni scientifiche forniti in materia e la pronuncia della Corte di cassazione che esclude la correlazione tra vaccinazione e autismo; ciò non ha fatto altro che rendere più difficoltosa l'approvazione di un provvedimento che, al contrario, dovrebbe unire tutti per fronteggiare con maggiore impegno ed efficacia l'emergenza.

Il decreto-legge sulla obbligatorietà delle vaccinazioni per l'iscrizione al sistema scolastico, da zero a sei anni, inoltre, pone fine ad una situazione di forte eterogeneità normativa in materia, in virtù della quale alcune regioni avevano di fatto legiferato in modo difforme sulla medesima questione.

L'Organizzazione mondiale della sanità ha fissato la soglia di sicurezza minima per la copertura dei vaccini al 95 per cento; si tratta di un limite che l'Italia nel suo complesso non raggiunge per nessuno dei vaccini monitorati dall'Istituto superiore della sanità. Al di sotto di quel 95 per cento, gli agenti patogeni continuano a circolare, mettendo a repentaglio la salute di tutti.

Forti preoccupazioni destano i dati che riguardano la copertura vaccinale per morbillo e rosolia, che hanno perso addirittura cinque punti percentuali tra il 2013 e 2015, passando dal 90,4 per cento all'85,3 per cento. Nell'ambito degli ultimi dati resi noti dall'Istituto superiore di sanità, si riscontra con riferimento al morbillo, dall'inizio 2017, che si siano verificati nel nostro Paese 3.672 casi, l'89 per cento dei quali relativo a persone non vaccinate, con un incremento del 230 per cento sul 2016, che hanno portato a tre decessi e a una percentuale del 41 per cento di persone ricoverate, il 35 per cento con una complicanza. L'Italia risulta inoltre tra i primi dieci Paesi al mondo che hanno segnalato più casi di morbillo dalla fine 2016 ad oggi.

Obiettivo primario del provvedimento è, dunque, quello di riportare le coperture vaccinali al di sopra della soglia fissata dalla Organizzazione mondiale della sanità per proteggere innanzitutto i minori, categoria più vulnerabile.

Non mancano tuttavia all'interno del provvedimento aspetti che necessitano di una grossa attenzione. Il Ministero dell'economia e delle finanze, ad esempio, per mancanza di copertura finanziaria, non ha consentito che potesse addivenirsi ad una estensione dell'obbligatorietà delle vaccinazioni nei confronti del personale scolastico docente e amministrativo e del personale del Servizio sanitario nazionale.

Inoltre, anche sugli immigrati vi è la necessità che coloro i quali entrano nel nostro territorio siano vaccinati. Questo, signor Presidente, fu uno dei motivi di sollecitazione più forte all'interno del Parlamento nel contesto della discussione della conversione del decreto e, a tutt'oggi, a noi non risulta che la legge di stabilità abbia dedicato uno stanziamento specifico a questa contraddizione enorme.

Non si può determinare l'obbligatorietà per le considerazioni che poco fa ho illustrato, per poi non determinare la stessa obbligatorietà nei confronti del personale scolastico e del personale sanitario. È evidente che occorre procedere in questo senso e io ritengo che la mozione possa essere oggi uno strumento utile, al di là delle considerazioni e delle differenze legittime che sono anche all'interno della stesse mozioni esposte.

Però, se c'è un punto chiave su cui io immagino che il Parlamento possa ritrovarsi unanime, è quello che l'obbligatorietà va estesa in particolare al personale che è in diretto contatto con le situazioni che si sono verificate.

L'articolo 1 stabilisce l'obbligatorietà, per i minori di età compresa tra 0 e 16 e per tutti i minori stranieri non accompagnati, di sei tipologie di vaccinazione a carattere gratuito allo scopo di assicurare la tutela della salute pubblica e il mantenimento di adeguate condizioni di sicurezza epidemiologica in termini di profilassi e di copertura vaccinale, garantendo il conseguimento degli obiettivi prioritari del Piano nazionale della prevenzione vaccinale ed il rispetto degli obblighi assunti a livello europeo ed internazionale. Si tratta delle vaccinazioni antipoliomielitica, antidifterica, antitetanica, antiepatite B, antipertosse, anti-haemophilus influenzae tipo B.

Il comma 1-bis estende altresì tale obbligo per i medesimi soggetti con riferimento alle seguenti ulteriori vaccinazioni antimorbillo, antirosolia, antiparotite ed antivaricella.

Il decreto-legge, convertito, inoltre, all'articolo 2, comma 2, prevede l'avvio di iniziative di formazione del personale docente ed educativo, nonché di educazione degli alunni, delle studentesse e degli studenti sui temi della prevenzione sanitaria e, in particolare, delle vaccinazioni. Tali iniziative sembrano, dunque, essere rivolte esclusivamente alle scuole statali; sarebbe, dunque, necessario prevedere un'estensione anche alle scuole paritarie e private e degli enti locali che, insieme a quelle statali, secondo quanto stabilito dalla legge 10 marzo 2000, n. 62, costituiscono il sistema nazionale di istruzione. A tal proposito, signor Presidente, non ci risulta che queste campagne dedicate, che queste informazioni specifiche ed essenziali, nel contesto di innestare una corretta cultura rispetto all'utilità e alle indispensabilità delle vaccinazioni, siano avvenute nella maniera dovuta.

È questo il punto chiave, perché altrimenti noi possiamo pensare o immaginare che possa passare il messaggio dell'imposizione: non è così. La tutela della salute pubblica è un bene collettivo che non può essere messo in discussione da singoli: è lo Stato che deve provvedere, nel contesto della tutela della salute pubblica collettiva, ad individuare le forme e, in questo caso, la scienza ci dà l'opportunità per prevenire tutto quello che può essere evitato attraverso una situazione anche di prevenzione, di condivisione e di cultura rispetto a questo aspetto, in quanto - lo ribadisco - c'è stata necessità di un decreto-legge addirittura d'urgenza e quant'altro, perché avevamo una copertura vaccinale che veramente destava enorme preoccupazione.

Si ritiene fondamentale che tale provvedimento sia parte di un'ampia strategia informativa: io penso che su questo bisogna assolutamente insistere che vi sia una corretta informazione, soprattutto, al di là di tutte le crepe e degli anelli deboli che erano stati evidenziati già durante la discussione del decreto-legge in riferimento alle autocertificazioni, in riferimento alla circolare, in riferimento al rapporto tra scuola e ASL e Servizio sanitario nazionale; un sistema informativo unico che potesse consentire con gli attuali strumenti informativi una anagrafe vera delle vaccinazioni e quant'altro.

Sono questi i presupposti di cui, ahimè, non abbiamo ancora notizia: si è fatta la legge, si sapeva già che ci sarebbero stati questi problemi, oltre a quello segnalato dell'obbligatorietà delle vaccinazioni e di reperire i fondi per renderle obbligatorie e consentire anche al personale scolastico e al personale del Servizio sanitario nazionale di effettuare le vaccinazioni, come fu all'epoca dell'epatite. Io penso che queste preoccupazioni continuano ad esserci e continua ad esserci una situazione, anche se in calo, in diminuzione rispetto al momento caldo, di conflitto che non ha motivo di esistere: è un conflitto veramente fuori dall'ordinario, fuori dalla ragione, fuori proprio dalla grazia di Dio, si potrebbe dire.

In questo senso, io penso che la mozione o le mozioni che sono in discussione possano essere un utile strumento di impegno che il Governo possa assumere, intanto, per fare il punto, per integrare, per cercare di rendere ancora più snella e togliere via tutta la parte che riguarda le procedure burocratiche. E, soprattutto, signor Presidente, c'è una cosa che manca che bisogna dire assolutamente: ci sono delle disparità di prestazioni sanitarie nel contesto delle vaccinazioni che vengono eseguite non solo tra le regioni, tra le ASL e, addirittura, all'interno delle ASL, tra i diversi distretti. È veramente una cosa incredibile che ci sia una disorganizzazione senza precedenti da questo punto di vista.

Questa crea disagio, questo sì che crea allarme, questo è terreno fertile su cui si innesta l'allarme; anche l'aspetto che riguarda un aggiornamento professionale, con corsi compatti, era da prendere assolutamente in considerazione come presupposto rispetto a questo dato. Anche il corpo medico che lavora all'interno delle ASL non ha la cultura di 20-30 anni fa, quando era necessario ed erano fin troppo evidenti le motivazioni della necessità di avere la copertura vaccinale. Io penso che il Governo debba assolutamente essere impegnato a predisporre una strategia di potenziamento dell'attività di prevenzione e monitoraggio sulla diffusione della comunicazione antiscientifica attraverso i media tradizionali e i social, allo scopo di evitare la formazione e il consolidamento di una cultura antivaccinale che rischia di rivelarsi dannosa per la sanità pubblica dell'intero territorio; a valutare la possibilità di introdurre misure puntuali, volte ad una corretta e completa informazione rispetto alle tipologie di vaccinazioni previste dal provvedimento, con particolare riferimento alle modalità di effettuazione e di somministrazione degli stessi, nonché delle possibili conseguenze sanitarie derivanti dalla mancata vaccinazione e anche all'opportunità di estendere, attraverso ulteriori iniziative normative, tutto ciò che riguarda quanto previsto dall'articolo 2, comma 2, sulle scuole paritarie e anche degli enti locali e a cercare di superare tutte le criticità. Attualmente, nel contesto del decreto fiscale, è stata inserita una norma rispetto alla situazione delle certificazioni, ma non è assolutamente sufficiente: siamo ancora lontani dal cercare di far prevalere la ragione e le ragioni dell'opportunità delle vaccinazioni, poiché, all'interno del decreto, occorre che vengano integrate e superate anche quelle criticità.

Io mi auguro, signor Presidente, che il Governo, per il tempo che rimane di questa fine legislatura, possa ancora intervenire in maniera più appropriata e più efficace per innestare una corretta informazione, per innestare una prevenzione sicura, per affrontare tutti i casi, uno per uno, di prevenzione proprio dove c'è più resistenza e cercare assolutamente di superare queste situazioni attraverso una obiettività scientifica ineludibile.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

Prendo atto che il Governo si riserva di intervenire nel prosieguo del dibattito.

Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Organizzazione dei tempi di discussione dei disegni di legge di ratifica.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione dei disegni di legge di ratifica nn. 4465, 4466, 4467, 4468 e 4686.

Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi riservati all'esame dei disegni di legge nn. 4465, 4466, 4467 e 4468 è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (Vedi calendario) e che quello del disegno di legge n. 4686 nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta del 10 novembre 2017 (Vedi l'allegato A della seduta del 10 novembre 2017).

Discussione del disegno di legge: S. 2098 - Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica dell'Ecuador in materia di cooperazione nel campo della difesa, fatto a Roma il 18 novembre 2009 e a Quito il 20 novembre 2009 (Approvato dal Senato) (A.C. 4465) (ore 15,25).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato, n. 4465: Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica dell'Ecuador in materia di cooperazione nel campo della difesa, fatto a Roma il 18 novembre 2009 e a Quito il 20 novembre 2009.

(Discussione sulle linee generali – A.C. 4465)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

Avverto che la III Commissione (Affari esteri) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire il relatore, onorevole Marco Fedi.

MARCO FEDI, Relatore. Grazie, Presidente. Signor rappresentante del Governo, Viceministro Giro, colleghi deputati, l'Aula è chiamata a ratificare il disegno di legge di ratifica ed esecuzione dell'Accordo in materia di cooperazione nel campo della difesa, sottoscritto fra l'Italia e l'Ecuador nel novembre 2009, già approvato dal Senato il 4 maggio scorso. Ricordo che l'Ecuador è un Paese di quasi 15 milioni di abitanti, stretto tra l'Oceano Pacifico, la Colombia e il Perù; occupa un'area di particolare valore strategico e di alta valenza politica in ragione degli interessi nazionali e degli impegni internazionali assunti dal nostro Paese nel continente sudamericano.

L'Accordo intende sviluppare la relazione bilaterale nel settore della difesa, consolidare le rispettive capacità difensive e determinare effetti positivi nei settori produttivi e commerciali dei due Paesi. Il documento si compone di 15 articoli e di un breve preambolo. Le attività di cooperazione sono compiute dai Ministeri della difesa dei due Paesi, con la possibilità di svolgere visite di delegazioni per l'elaborazione di rapporti integrativi.

La cooperazione si realizzerà nei settori della politica, sicurezza e difesa, nello svolgimento di esercitazioni e formazioni militari e nelle operazioni di supporto alla pace.

Per quanto riguarda la cooperazione nel campo degli armamenti, si prevede che l'approvvigionamento reciproco potrà avvenire con cooperazioni dirette tra le parti o mediante compagnie private autorizzate dai rispettivi Governi.

Gli articoli 7 e 8 individuano le attività comuni nell'area dell'industria per la difesa, le attività di ricerca e sviluppo, nonché la mutua assistenza tra le parti. I successivi articoli disciplinano gli aspetti finanziari derivanti dall'Accordo e il trattamento della informazione classificata.

Il disegno di legge di ratifica si compone di cinque articoli che dispongono, rispettivamente, in merito all'autorizzazione alla ratifica, all'ordine di esecuzione, alla copertura finanziaria, alla clausola di invarianza e all'entrata in vigore. Gli oneri economici per l'Italia per le spese di viaggio e di missioni per il personale coinvolto ammontano a poco più di 5.000 euro, ad anni alterni.

L'Accordo è stato già ratificato dalla nostra controparte e non presenta profili di incompatibilità con la normativa nazionale, con l'ordinamento comunitario né con altri obblighi internazionali sottoscritti dal nostro Paese. Auspico, pertanto, signor Presidente, la sua celere approvazione da parte dell'Aula.

PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire nel prosieguo del dibattito.

Non essendovi iscritti a parlare, dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali, avvertendo che non si darà luogo alle repliche.

Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione del disegno di legge: S. 2100 - Ratifica ed esecuzione del Memorandum d'intesa tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica del Perù per la cooperazione nel campo della sicurezza e difesa e dei materiali per la difesa, fatto a Roma il 17 marzo 2010 (Approvato dal Senato) (A.C. 4466) (ore 15,27).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato, n. 4466: Ratifica ed esecuzione del Memorandum d'intesa tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica del Perù per la cooperazione nel campo della sicurezza e difesa e dei materiali per la difesa, fatto a Roma il 17 marzo 2010.

(Discussione sulle linee generali – A.C. 4466)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

Avverto che la III Commissione (Affari esteri) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire il relatore, onorevole Marco Fedi.

MARCO FEDI, Relatore. Presidente, colleghi deputati, il Memorandum d'intesa oggi all'esame dell'Aula rinnova un precedente documento bilaterale risalente al 2002 e ha lo scopo di fissare la cornice giuridica entro cui sviluppare la cooperazione fra i due Paesi nel settore della difesa, con l'intento di consolidare le rispettive capacità difensive e di indurre positivi effetti indiretti in alcuni settori produttivi e commerciali delle rispettive economie.

Composto da un preambolo e da sei articoli, il testo prevede, innanzitutto, che la cooperazione deve basarsi sul principio della reciprocità e svolgersi in conformità con gli ordinamenti giuridici dei due Paesi, come previsto dall'articolo 1. Lo stesso articolo definisce, inoltre, gli obblighi di assistenza e supporto tecnico logistico che l'Italia è tenuta ad assicurare, in relazione a sistemi, materiali e mezzi di provenienza italiana.

L'articolo 2 demanda ad appositi protocolli aggiuntivi l'indicazione delle concrete modalità attuative dell'intesa. L'articolo 3 istituisce una commissione mista, composta da rappresentanti dei due Ministeri della difesa. La commissione, chiamata a riunirsi almeno una volta l'anno, alternativamente in Italia e in Perù, sarà preposta all'esecuzione e alla supervisione dell'accordo. L'articolo 4 definisce gli aspetti finanziari della cooperazione e le modalità per la composizione delle controversie interpretative e attuative dell'accordo. Da ultimi, gli articoli 5 e 6 disciplinano gli aspetti relativi alla sicurezza delle informazioni classificate, la data di entrata in vigore dell'accordo e le modalità per una sua eventuale denuncia o revisione.

Il disegno di legge di ratifica, già approvato dal Senato il 4 maggio scorso, si compone di cinque articoli che dispongono, rispettivamente, in merito all'autorizzazione alla ratifica dell'accordo, all'ordine di esecuzione e alla copertura finanziaria. Gli oneri economici sono quantificati in circa 22.000 euro ad anni alterni per le spese di missione dei membri della commissione mista di difesa e sicurezza.

L'accordo non presenta profili di incompatibilità con la normativa nazionale né con l'ordinamento comunitario e con gli altri obblighi internazionali sottoscritti dal nostro Paese. Per questa ragione auspico una rapida ratifica da parte dell'Aula.

PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire nel prosieguo del dibattito.

Non essendovi iscritti a parlare, dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali, avvertendo che non si darà luogo alle repliche.

Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione del disegno di legge: S. 2182 - Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica di Macedonia in materia di cooperazione di polizia, fatto a Roma il 1° dicembre 2014 (Approvato dal Senato) (A.C. 4467) (ore 15,30).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato, n. 4467: Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica di Macedonia in materia di cooperazione di polizia, fatto a Roma il 1° dicembre 2014.

(Discussione sulle linee generali – A.C. 4467)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

Avverto che la III Commissione (Affari esteri) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire il relatore, onorevole Marco Causi.

MARCO CAUSI, Relatore. Grazie, Presidente. Si tratta di un Accordo fra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica di Macedonia, in materia di cooperazione di polizia. L'Accordo tratta materie di sicurezza, impegnando i reparti a prestarsi reciproca assistenza nel contrasto a un'ampia gamma di reati riconducibili alla criminalità organizzata internazionale. Per la collocazione geografica particolare, specifica della Macedonia, nel cuore dei Balcani, questo è un Accordo molto importante, perché la Macedonia ha un ruolo importante in quella zona; sarò molto sintetico e chiederò di depositare una breve relazione.

Tra l'altro, la Macedonia in questa fase è fortemente impegnata ad aderire all'Alleanza atlantica e, quindi, questo Accordo di cooperazione sulle questioni di sicurezza, che userà anche scambio di informazioni, formazione del personale e speciali tecniche investigative, è da parte dell'Italia un ponte a questo Paese per percorrere il percorso verso l'Alleanza atlantica.

Quindi, anche questo accordo, come i precedenti è già stato ratificato dal Senato, io auspico che anche la Camera dei deputati posta ratificarlo velocemente e con successo. Consegnerò la relazione.

PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire nel prosieguo del dibattito.

Non essendovi iscritti a parlare dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali, avvertendo che non si darà luogo alle repliche.

Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione del disegno di legge: S. 2183 - Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica del Mozambico sulla cooperazione nel settore della difesa, fatto a Maputo il 19 marzo 2014 (Approvato dal Senato) (A.C. 4468) (ore 15,32).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato, n. 4468: Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica del Mozambico sulla cooperazione nel settore della difesa, fatto a Maputo il 19 marzo 2014.

(Discussione sulle linee generali – A.C. 4468)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

Avverto che la III Commissione (Affari esteri) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire il relatore, onorevole Marco Causi.

MARCO CAUSI, Relatore. Grazie, Presidente. Si tratta in questo caso di un Accordo fra la Repubblica italiana e la Repubblica del Mozambico nel settore della cooperazione per la difesa. L'Accordo fissa la cornice giuridica entro cui sviluppare la cooperazione bilaterale fra le forze armate di Italia e Mozambico; ciò è volto ad aiutare il Mozambico a esercitare un'azione stabilizzatrice per l'intera regione dell'Africa orientale, sostenendo anche l'attività di contrasto alla pirateria marittima.

Fra i campi di cooperazione sono annoverati i settori della politica di sicurezza e di difesa, il supporto logistico all'acquisizione di beni e servizi, la formazione, l'addestramento e la sanità militare. Nell'Accordo viene introdotto l'impegno esplicito delle parti a non riesportare il materiale acquistato, senza un preventivo benestare della parte cedente.

Richiamo, molto velocemente, i profondi vincoli di amicizia fra il nostro Paese e il Mozambico, iniziati fin da prima dell'indipendenza, negli anni Settanta, che vide l'Italia in un ruolo di mediatore; l'accordo di pace che interruppe la guerra civile in quel Paese fu firmato a Roma, nel 1992.

Il Mozambico è uno dei principali percettori dei nostri interventi di cooperazione allo sviluppo e, quindi, tutto ciò premesso, ricordando che il Senato ha già ratificato questo Accordo, auspico una rapida approvazione di questo disegno di legge e chiedo l'autorizzazione a depositare una breve relazione scritta.

PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire nel prosieguo del dibattito.

Non essendovi iscritti a parlare dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali, avvertendo che non si darà luogo alle repliche. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione del disegno di legge: S. 2882 - Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Centro europeo per le previsioni meteorologiche a medio termine concernente i locali del Centro situati in Italia, con Allegati, fatto a Reading il 22 giugno 2017 (Approvato dal Senato) (A.C. 4686) (ore 15,34).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato, n. 4686: Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Centro europeo per le previsioni meteorologiche a medio termine concernente i locali del Centro situati in Italia, con Allegati, fatto a Reading il 22 giugno 2017.

(Discussione sulle linee generali – A.C. 4686)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

Avverto che la III Commissione (Affari esteri) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire il relatore, onorevole Marco Causi.

MARCO CAUSI, Relatore. Grazie, Presidente. Tutti stiamo pensando, in questi giorni, alla possibilità e alla potenzialità che ha l'Italia di attrarre a Milano l'Agenzia europea del farmaco, ma questo accordo ci racconta di un'attrazione che abbiamo già ottenuto, perché verrà in Italia il Centro europeo per le previsioni meteorologiche a medio termine, che tradizionalmente è localizzato in Inghilterra, a Reading, ma che un anno fa, un anno e mezzo fa, ha fatto un bando di gara, cercando un Paese che ospitasse la localizzazione della sua banca dati, che è la principale banca dati mondiale per quanto riguarda le previsioni meteorologiche, e l'Italia ha vinto questa gara. Quindi, la banca dati del Centro europeo per le previsioni meteorologiche atterrerà in Italia; ricordo che si tratta di un centro con uno staff di circa 350 unità di personale, provenienti da trenta Paesi.

L'Italia ha vinto questa gara, mettendo in campo un progetto localizzativo che è risultato il migliore tra quelli che hanno partecipato alla gara, organizzato dalla regione Emilia Romagna, dal CNR, dall'ENEA e dall'Istituto nazionale di fisica nucleare. È evidente che, accanto all'interesse localizzativo di un centro di ricerche e studi e di ricerche operative così importante, c'è anche per il nostro Paese una importante aspettativa anche di ricaduta tecnologica, di lavoro e di attività di ricerca per i nostri centri di ricerca collegati alla fisica meteorologica. E il Centro europeo, una volta completati i lavori di predisposizione delle infrastrutture, verrà ospitato presso l'area del Tecnopolo di Bologna, nella zona dell'ex Manifattura Tabacchi.

Questo Accordo, già ratificato al Senato, se guardate la data è fatto nel giugno del 2017, normalmente ratifichiamo accordi fatti molti anni prima, qui dobbiamo correre perché evidentemente è interesse del Paese stabilire in modo definitivo il quadro giuridico dentro cui ospitare questa struttura internazionale. Di nuovo, raccomandando una veloce approvazione di questa ratifica, chiedo il permesso di depositare una breve relazione scritta.

PRESIDENTE. È ovviamente autorizzato. Il rappresentante del Governo si riserva di intervenire nel prosieguo del dibattito. Non essendovi iscritti a parlare dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali, avvertendo che non si darà luogo alle repliche. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione della proposta di legge: Laforgia ed altri: Modifica dell'articolo 18 della legge 20 maggio 1970, n. 300, e altre disposizioni concernenti la tutela dei lavoratori dipendenti in caso di licenziamento illegittimo  (A.C. 4388-A); e dell'abbinata proposta di legge: Airaudo ed altri (A.C. 4610) (ore 15,36).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della proposta di legge n. 4388-A: Modifica dell'articolo 18 della legge 20 maggio 1970, n. 300, e altre disposizioni concernenti la tutela dei lavoratori dipendenti in caso di licenziamento illegittimo; e dell'abbinata proposta di legge n. 4610.

Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta del 17 novembre 2017 (Vedi l'allegato A della seduta del 17 novembre 2017).

(Discussione sulle linee generali – A.C. 4388-A)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

Avverto che i presidenti dei gruppi parlamentari Articolo 1-Movimento Democratico e Progressista, MoVimento 5 Stelle e Partito Democratico ne hanno chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.

Avverto, altresì, che la XI Commissione (Lavoro) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire la relatrice per la maggioranza, onorevole Titti Di Salvo.

TITTI DI SALVO, Relatrice per la maggioranza. Grazie, Presidente. Oggi discutiamo la proposta di legge Laforgia, a cui è abbinata una seconda proposta di legge, che riguarda l'articolo 18, il ripristino cioè di un articolo sui licenziamenti.

Naturalmente, per le persone qui presenti è del tutto superfluo che ricordi di che cosa si tratti, penso invece sia rilevante precisare l'oggetto, e cioè noi parliamo della reintegra, articolo 18 della legge n. 300 del 1970, più comunemente conosciuta come Statuto dei lavoratori, il quale diceva che, nel caso di licenziamento definito illegittimo dal giudice, in questi casi sarebbe stata possibile la reintegra nel posto di lavoro. È un articolo che è stato modificato nel tempo, prima dalla legge sul lavoro Fornero e successivamente dal Jobs Act.

Quindi noi parliamo di questo, la proposta di legge Laforgia e la proposta di legge Airaudo si occupano di questo punto e propongono anche altre cose, ma il centro del ragionamento è questo: il ripristino dell'articolo 18, cioè quindi della reintegra nel posto di lavoro di fronte a un licenziamento dichiarato illegittimo dal giudice, non soltanto nelle imprese sopra i quindici dipendenti, ma anche nelle imprese sopra i cinque dipendenti, quindi l'estensione, diciamo così. Le due proposte di legge hanno alcune differenze, ma il cuore fondamentale è del tutto identico. La Commissione ha lavorato nel Comitato ristretto, adottando come testo base, per scelta di entrambi i presentatori, il testo Laforgia.

Ora, come prima considerazione che voglio fare, anticipo subito che la Commissione ha dato alla sottoscritta, in quanto relatrice, il mandato a riferire in senso negativo rispetto alla proposta; e ha dato questo parere dopo il lavoro del Comitato ristretto, nel quale abbiamo, da un lato, esaminato l'intenzione politica dei proponenti, dall'altro, ascoltato le opinioni che si sono espresse. In particolare ritengo rilevante - perché è giusto che lo riferisca come scelta dei proponenti delle due proposte di legge - l'intenzione espressa di presentare un testo che si riferisse esplicitamente a una parte della Carta dei diritti delle lavoratrici e dei lavoratori presentata dalla Cgil, su cui la Cgil raccolto più di un milione di firme. Nomino questa relazione perché è stata in modo preciso richiamata dai presentatori di entrambe le proposte di legge.

La prima considerazione che intendo fare, una volta definito di che cosa parliamo, è questa: l'articolo 18 è stato nel tempo l'architrave di un sistema di diritti, in modo più preciso l'architrave di un sistema di diritti che è l'impianto integrale dello Statuto dei lavoratori. Cioè, lo Statuto dei lavoratori, la legge n. 300 del 1970, ha un cuore: il cuore è l'articolo 18, cioè la reintegra in caso di licenziamento illegittimo. Ecco, il punto è esattamente questo, e cioè chiedersi se oggi, in un mondo completamente cambiato, poi dirò meglio, vi sia la necessità di trovare un nuovo impianto, un architrave che non solo freni la precarietà, ma dia valore al lavoro e si opponga alla svalorizzazione del lavoro; ecco, la domanda è se di fronte ai cambiamenti di oggi questo architrave è ancora ciò che serve per dare valore al lavoro. Questa è la prima considerazione. La mia risposta è negativa ed è sulla base di questo ragionamento che articolerò adesso meglio che la Commissione ha votato mandato negativo alle proposte di cui dicevo prima. Perché? Intanto, quando si dice “sono cambiate molte cose”, “è cambiato il mondo”, sono espressioni che vengono usate nel senso comune, in questo caso si dice una cosa molto precisa perché ci si riferisce ai cambiamenti che sono intervenuti nei processi produttivi, nei processi economici, nei processi macroeconomici: cito, ma non mi soffermo, non soltanto le novità portate nella competizione internazionale dalla globalizzazione, cito, in relazione a questo e molto altro, come si forma oggi la catena del lavoro, cito l'economia digitale, le rivoluzioni determinate e il suo impatto. Ora, l'opinione che io ho è che tutti questi cambiamenti non modificano di un millimetro la necessità che ci sia una rete di diritti, perché il lavoro non è una merce, perché il valore del lavoro informa di sé un'idea, una visione di modello di sviluppo, potevamo dire con un termine antico, ma, insomma, una visione di società. Questo è il punto. Allora, la domanda che propongo - e poi darò la mia risposta, ovviamente - è se in questo momento così epocale sia possibile e quali siano le forme e le modalità per tenere insieme la modernità, e con questa parola faccio una sintesi dei cambiamenti di scenario che ho detto prima, seppure in modo molto sintetico e sicuramente difettoso di altri punti che avrei potuto presentare nello scenario del racconto del cambiamento, ecco, come è possibile oggi, se la mia risposta è positiva e quindi la mia domanda ulteriore è come tenere insieme questa modernità, questo cambiamento di scenario inarrestabile, con la scelta che ripropongo di dare valore al lavoro, perché, come dicevo prima, il valore del lavoro, e quindi il contrasto alla sua svalorizzazione è uno dei cardini di un'idea di una visione di società, non è un dettaglio, è uno dei cardini di un'idea di società.

Allora, la mia opinione è appunto che quell'architrave che ha sorretto l'impalcatura dei diritti degli anni che abbiamo alle spalle oggi non sia più quello necessario per arrivare a quell'obiettivo, l'obiettivo cioè del valore del lavoro come cardine di una visione dei rapporti di lavoro, delle relazioni industriali, di come si creano i prodotti, di come si lavora, di come si sta all'interno delle imprese, di come si sta nei posti di lavoro che non sono più la stessa cosa, di come si fa il lavoro individuale, eccetera eccetera. Dico ancora di più, senza nessuna pretesa di aver trovato ovviamente - scusate la banalità - la soluzione al problema, perché penso che questo aspetto ha di fronte a sé una domanda talmente difficile che non richiede sicuramente ricette preconfezionate, richiede però, forse, mettersi d'accordo se la domanda è giusta o no, e poi una ricerca profonda che interroga non solo il nostro Paese ma sicuramente l'Europa. Dico l'Europa non soltanto per descrivere una dimensione che oltrepassa i confini nazionali, ma perché l'Europa sociale ha un'idea di crescita, di sviluppo coerente con le cose che dicevo prima, quindi la domanda interroga davvero le linee di una politica europea di crescita. Quindi, senza pretesa di esaurire una domanda storica di passaggio d'epoca, mi permetto di indicare alcune linee su cui costruire un nuovo architrave di un sistema di diritti, un nuovo architrave di un sistema di diritti per realizzare quell'obiettivo, il valore del lavoro, che sono sicuramente il diritto alla formazione, il diritto - se penso alla realtà che abbiamo di fronte nel nostro Paese - all'equo compenso e sicuramente il salario minimo nei settori non coperti dalla contrattazione collettiva, quindi come scelta di sostegno alla contrattazione collettiva, non di svalorizzazione. Se penso ai ragazzi della gig economy, per esempio, penso che quella scelta sarebbe molto utile, e penso ad esperienze europee analoghe.

Sono un esempio, neanche una graduatoria, una citazione di punti di nuove frontiere della precarietà che a mio avviso non sarebbero colmate e risolte né dalla riproposizione dell'articolo 18 come l'abbiamo conosciuto nella legge n. 300 né dalla sua estensione. Però questa domanda, a mio avviso, è la domanda giusta che i progressisti dovrebbero proporsi: modernità e diritti del lavoro, come si fa oggi a coniugare queste cose? Le proposte di legge, come dicevo, hanno un'opinione e la traducono in articoli e commi. Il secondo ragionamento che voglio affrontare unito al primo è questo: a me pare che questa discussione che provavo a descrivere prima sia difficile da proporre alla fine della legislatura, in ogni caso. La dimensione che ho provato a descrivere prima, è difficile proporla alla fine della legislatura, ma naturalmente, mentre affermo questa che è quasi una presa d'atto, voglio dire anche un'altra cosa, cioè che questa è una legislatura che non ha evitato di guardare in faccia le nuove frontiere della precarietà. Insomma, non credo sia utile - non è questo l'obiettivo - utilizzare il mio ruolo di relatrice in questo momento per proporvi dati sull'andamento dell'occupazione dall'inizio della legislatura ad oggi, se non per dire, riprendendo le parole del Presidente del Consiglio di qualche giorno fa, che dal 2009 al 2014 sono stati persi 1 milione di posti di lavoro, dal 2014 al 2017 ne sono stati recuperati altrettanti; se non per dire che nel 2014 l'80 per cento dei rapporti nuovi di lavoro era precario e oggi il 61 per cento dei nuovi avviamenti è a tempo indeterminato. Ma non è questo il punto. Per il tema che ho proposto io prima, non è questo il punto, perché, a chi dice “guardiamo dentro quei rapporti di lavoro”, io dico “sì, guardiamo dentro i rapporti di lavoro”.

Cioè, se proponiamo di ragionare in termini di precarietà, allora bisogna naturalmente guardare dentro quei lavori, avendo definito quel quadro che dicevo prima. Allora, di questa legislatura voglio nominare le cose fatte contro la precarietà. Voglio nominare la legge contro il caporalato. La si nomina sempre quando si parla delle condizioni delle persone che lavorano nei campi, quando si parla di Paola Clemente e della sua morte di fatica, ma si nomina troppo poco una cosa che c'è dentro quella legge sul caporalato, cioè il reato di sfruttamento. E per la prima volta nella storia viene definito cos'è lo sfruttamento del lavoro. Naturalmente le leggi non è che di per sé risolvono, ma la scelta di definire cos'è lo sfruttamento è una scelta importante. È una legge che è stata votata con grande consenso. È una legge importante che ha fatto questa legislatura. Voglio nominare, parlando…

PRESIDENTE. Concluda.

TITTI DI SALVO, Relatrice per la maggioranza. Ho finito il tempo?

PRESIDENTE. Ha un minuto e quindici secondi.

TITTI DI SALVO, Relatrice per la maggioranza. Oh Signore! Non credevo… ok. Voglio nominare anche la scelta del JobsAct e di privilegiare il lavoro a tempo indeterminato. Voglio nominare le nuove regole sul lavoro occasionale, che hanno definito esattamente cos'è il lavoro occasionale, impedendo l'utilizzo di voucher al posto di altri rapporti di lavoro. Voglio nominare le dimissioni in bianco. Voglio nominare la tracciabilità delle retribuzioni, che spero diventi legge anche in questa legislatura. Ma allora, detto tutto ciò, io sono molto interessata - come relatrice della Commissione ho questo mandato a dirlo - a ragionare dell'impatto del JobsAct sui licenziamenti, cioè a ragionare dell'andamento dei licenziamenti, e a intervenire su questo, che è il terzo punto che propongo come relatrice. Da un lato, il ragionamento sulla precarietà e su come si contrasta, sui nuovi problemi e sulle nuove domande, dall'altro come qui e ora si affronta questo tema, il tema dei licenziamenti.

La legge di bilancio è il luogo in cui, al di là del confronto speculativo sui grandi temi, noi possiamo ragionare positivamente su questo; altri canali non arriveranno a conclusione, quello sì. La legge di bilancio attualmente contiene l'aumento della tassa sui licenziamenti, proposta dal Governo nel testo base, lì è il luogo in cui si può andare a fondo e andare oltre, magari immaginando l'aumento dell'indennità di risarcimento prevista in luogo della reintegra, non perché risarcisce, ma perché fa costare di più i licenziamenti. Questo è il punto e questa è la proposta.

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il relatore di minoranza, onorevole Airaudo.

GIORGIO AIRAUDO, Relatore di minoranza. Presidente, questa discussione, anche la relazione che abbiamo appena sentito, dell'onorevole Di Salvo, ci dice che il problema esiste, quindi è per questo che penso che rinviare questa discussione, immaginare di non farla, buttare la palla in tribuna e scaricarla sulla legge di bilancio, sia un errore. Si dice che non c'è più tempo, ma io registro che la legge d'iniziativa popolare, per cui la CGIL ha raccolto oltre 1.100.000 firme, risulta presentata il 29 settembre 2016; la proposta dell'onorevole Laforgia risulta depositata a marzo 2017; io ho presentato una proposta nel luglio 2017, perché abbiamo immaginato che se non c'era un'iniziativa della minoranza con le sue prerogative, non si sarebbe discusso di quello che è un problema. Il problema dei licenziamenti in questo Paese esiste, c'è quantitativamente, intanto: i dati dell'osservatorio sul precariato dell'INPS per il 2017 ci dicono che fino ad agosto di quest'anno, quindi otto mesi su dodici, sono stati 48.769. Sto parlando dei licenziamenti per giustificato motivo oggettivo, quelli che erano tutelati dalla legge n. 300, articolo 18. Ci dice che sotto i 15 dipendenti sono stati 25.728, questi licenziamenti; sopra i 15, 23.041. Ma se guardiamo sempre i dati di quell'osservatorio, nel 2014 erano poco più di 55.000, e che nel 2016, dopo la tabula rasa fatta dal Jobs Act, sono diventati 75.000.

Quindi, sono aumentati i licenziamenti per giustificato motivo oggettivo, tutti quei licenziamenti che sarebbero stati tutelati.

Il grosso di quegli aumenti è collocato nelle aziende sopra i 15 dipendenti; quindi, da questo punto di vista, il Jobs Act ha funzionato, non c'è assolutamente dubbio: ha abbassato le tutele.

Però il Jobs Act è solo uno degli strumenti che ha abbassato queste tutele; e, anche qui, il diritto del lavoro in questo Paese con una serie di provvedimenti in questi anni è stato smontato pezzo a pezzo: si può dire che ci ha consegnato un lavoratore completamente disarmato, e dentro la crisi questo disarmo è stato feroce ed ingiusto.

È stato ingiusto anche dove apparentemente sono state costruite delle finte e retoriche tutele, come il contratto a tutele crescenti: cito solo per la cronaca uno dei casi più clamorosi, quello della Pigna di Tolmezzo, dove sono stati licenziati tre lavoratori assunti con contratto a tempo indeterminato; uno di questi tre era anche a tutele crescenti, uno di questi tre aveva anche usufruito degli incentivi, e sono stati licenziati dopo otto mesi. Di questo il Ministro del Lavoro e delle politiche sociali Poletti, ci dicono le cronache e i giornali, si stupì, dicendo che era irrazionale; e, invece, quell'imprenditore ha purtroppo fatto una cosa molto razionale, perché gli è convenuto prendere gli incentivi per quel lavoratore che egli ha preso e pagare, nella certezza di ormai quello che potremmo definire un tabellario, quelli che sono i risarcimenti. È, quindi, più conveniente licenziare un lavoratore a tempo indeterminato a tutele crescenti, che lasciare a casa un lavoratore a termine, proprio da un punto di vista matematico, dei conti della serva, avrebbe detto mia nonna.

Si dice - la discussione sicuramente ha una sua urgenza e i licenziamenti è solo uno degli aspetti – che si deve sostituire la tutela reintegrativa (questa è una mia sintesi, ovviamente) con la tutela risarcitoria; ed è quello che è stato fatto! Peccato che la tutela risarcitoria sia bassa ed insufficiente. Lo dico con estrema franchezza: prima di entrare in quest'Aula mi è capitato, come anche alla relatrice che mi ha preceduto e come anche al presidente della Commissione Cesare Damiano qua a fianco, di fare il sindacalista. Gli ultimi licenziamenti che io ho trattato, dove i lavoratori non volevano, come si dice, essere reintegrati, andavano dai 50 ai 100 mila euro; quindi, anche da questo punto di vista, risarcitorio, è stato fatto un bel lavoro: si è abbassato il costo dei licenziamenti, se ne è abbassato il risarcimento. Si è abbassato sia quando decideva il giudice, sia quando contrattavano i rappresentanti. Si è calmierato il prezzo del licenziamento! In questo senso si è fatto, anche da questo punto di vista, un bel lavoro.

Poi si dice: il mondo è cambiato. Anche qui, io vorrei che la finissimo con questa retorica: l'idea che per costruire nuovi diritti bisogna azzerare tutti i diritti precedenti, per cui c'è una specie di inattività che ogni volta si ripresenta, si ricomincia sempre daccapo. È una cosa che non solo ha generato ingiustizie non indifferenti, ma è sbagliata: i nuovi diritti si costruiscono dove i vecchi diritti sono forti. Basta! Questa è un'idea che l'ultraliberismo ha ampiamente alimentato, che le politiche di destra sul lavoro hanno ampiamente osservato; ma i diritti nuovi si costruiscono se c'è una base di diritti solidi.

Io penso che i lavoratori di Foodora avrebbero avuto bisogno dell'articolo 18. Avrebbero avuto bisogno anche di quello statuto, di quella difesa, che sarebbe stato possibile contrattualizzare diversamente, quindi, anche i nuovi lavori. Ed è per questo che nella proposta che è stata presentata, e che è alla base di questa nostra discussione, si è preso il suggerimento di un grande sindacato, sostenuto da 1.100.000 cittadini che l'hanno firmato, che è quello di estendere la soglia partendo dai 5 dipendenti: perché dentro la destrutturazione dei prodotti, dentro la scomposizione del ciclo produttivo, dentro la rideterminazione del ciclo del valore di un prodotto, noi abbiamo molte imprese e molte attività che sono uscite dalle grandi imprese manifatturiere, ma non solo, anche da quelle dei servizi; o anche molte nuove imprese, dove si svolgono lavori importanti, sofisticati.

E a me sarebbe piaciuto e piacerà, se ci riusciremo, se il Partito Democratico, se la maggioranza cambierà idea, discutere qui in Aula con i colleghi del MoVimento 5 Stelle, rispetto al fatto che bisogna mantenere la soglia dei 15 dipendenti. Mi sarebbe piaciuto discuterne perché io penso che, nella modifica del lavoro, nella povertà del lavoro, le soglie hanno un loro peso; e che bisogna anche uscire da una retorica tutta paternalista che descrive la piccola impresa in una versione che c'è, a me è capitato di incontrarla, e che non ha bisogno dell'articolo 18, quella dell'imprenditore che non si dà lo stipendio per mantenere al lavoro i suoi lavoratori.

Ce n'è, ci sono casi del genere, ma in quei casi lì il problema delle discriminazioni, degli ingiusti licenziamenti non c'è, lì non serve l'articolo 18; serve in tutti gli altri casi, di fronte ad un lavoro impoverito, di fronte ad un lavoro più debole, più fragile, più ricattato, di fronte ad una perdita di potere, e di fronte al fatto che questo lavoro impoverito aiuta un Paese ad essere più povero.

Si cita la produttività: come si può pensare di avere una produttività più alta se aumenta il lavoro povero? Come si può pensare che il lavoro povero incrementi e aumenti la produttività? Non è possibile! Servono lavoratori con diritti forti, con diritti esigibili, con diritti che non si limitano ad un risarcimento monetario, e servono quei lavoratori per avere un Paese ricco, forte, per avere del lavoro buono. Io penso che in questo senso la discussione sia proprio attuale, e non possano essere i tempi a sacrificarla.

Aggiungo un'altra cosa: che abbiamo avuto un insieme di norme che hanno indebolito il lavoro. Abbiamo avuto per esempio anche l'incrocio tra… C'è, per esempio, il senatore Ichino che ogni tanto si entusiasma per il calo dei contenziosi legali: peccato che il senatore Ichino si limiti a leggere i dati di resoconto dei tribunali, non ci entri dentro, non parli con i lavoratori probabilmente, e neanche con i magistrati del lavoro, e neanche con gli avvocati del lavoro. Perché il contenzioso legale diminuisce non perché la legge funziona ed è efficace, perché ci sono meno licenziamenti (l'INPS ci dimostra che non è così neanche di fronte a quelli discriminatori), ma diminuisce per la semplice ragione che andare in un contenzioso oggi costa. Nella mia città, Torino, perdere in giudizio (e oggi è facile perdere) vuol dire non solo non prendere i risarcimenti già bassi, da 4 a 24 mesi oggi e, anche se aumentati, non così rilevanti da dissuadere da un licenziamento, e non così importanti per risarcire un posto di lavoro; ma quei contenziosi diminuiscono per la semplice ragione che le cause costano. Nella mia città occorrono 5 mila euro per ricorrere, se vuoi arrivare in Cassazione ne servono 15 mila; e i lavoratori semplicemente, anche quando hanno ragione, sono costretti a rinunciare. Anche questo noi volevamo sanare!

Concludo, ricordando che oggi è la Giornata mondiale, il TDOR, in memoria delle vittime della transfobia, contro la violenza e contro la discriminazione. Nella vostra legge noi volevamo che nel ripristino dell'articolo 18 venisse inserito anche quello come giustificato motivo di reintegro: le persone transgender hanno diritto al lavoro come tutti gli altri cittadini di questo Paese e di questo mondo (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà-Possibile).

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire la rappresentante del Governo, se ritiene. Onorevole Bianchi, intende intervenire?

Sta bene, prendo atto che la rappresentante del Governo si riserva di intervenire nel prosieguo del dibattito.

È iscritto a parlare l'onorevole Marcon. Ne ha facoltà.

GIULIO MARCON. Presidente, intanto vorrei ringraziare l'onorevole Miccoli e l'onorevole Martelli che mi hanno concesso di parlare ora, perché purtroppo dovrò andare via ad un certo punto per un altro impegno; e ringrazio lei per avermi concesso questa possibilità.

Vorrei dire questo: vorrei dire che questo dibattito che facciamo oggi è, in realtà, l'unica possibilità che abbiamo di approfondire e di entrare nel merito di queste proposte di legge, perché domani non sarà possibile. Sappiamo tutti che sarà richiesto il rinvio in Commissione. Si scappa: si scappa dal confronto, si scappa dalla possibilità di entrare nel merito con l'approvazione di una buona legge, la tutela dei diritti dei lavoratori; si scappa da una dialettica che è connaturata al Parlamento, connaturata alla Camera dei deputati, e questo purtroppo ce la dice lunga, come è successo in altre occasioni, rispetto alla volontà della maggioranza di confrontarsi su temi così importanti con la minoranza, con l'opposizione, quando questa avanza delle proposte così precise e così concrete.

L'onorevole Di Salvo, nella sua relazione così compassata e anche dimessa, soprattutto nella sua prima parte, ha citato: “il lavoro non è una merce” che era il primo comma, la prima frase, che compariva nello Statuto della ventiseiesima conferenza dell'Organizzazione Internazionale del lavoro quando si riunì nel ‘44 a Filadelfia (la prima frase era appunto: Labour is not a commodity, il lavoro non è una merce). Solamente che poi, nel corso del tempo, nel corso della legislatura, di questa ultima legislatura, il lavoro è diventato una merce. Abbiamo trasformato il mercato del lavoro in un mercato dei lavoratori. Abbiamo trasformato i lavori in lavoretti, abbiamo costruito le condizioni per una precarizzazione del mercato del lavoro togliendo tutele e togliendo diritti ai lavoratori. Un anno e mezzo fa, più o meno un anno fa, una copertina dell'Economist raffigurava un rubinetto con dei lavoratori che scendevano da questo rubinetto e il titolo era Workers on tap, lavoratori alla spina, lavoratori somministrati, lavoratori che vengono utilizzati a seconda delle convenienze dell'impresa. Naturalmente a noi dispiace che anche in questo Parlamento ci siano deputati, e al Senato senatori, che hanno sposato questa tesi, che sono passati dalla difesa - di cui hanno fatto anche una parte importante della loro vita - del diritto dei lavoratori a non essere licenziati ingiustamente al diritto degli imprenditori di licenziarli ingiustamente. D'altronde, abbiamo Ministri che sono passati dalle marce pacifiste alle marce militari e, purtroppo, abbiamo parlamentari che sono evoluti in questa loro cultura politica, cultura istituzionale, prendendo le parti dell'impresa, prendendo le parti di una tesi sbagliata: dando alle imprese maggiore possibilità di licenziare, si sarebbero creati posti di lavoro nuovi e di qualità. Così non è stato, perché le statistiche che citava l'onorevole Airaudo sono sotto gli occhi di tutti.

Ed è sotto gli occhi di tutti il fatto che i nuovi lavori che ci sono stati in questi anni, sono lavori precari, sono lavori, come anche testimonia l'Istat, che vengono censiti come nuove unità di lavoro, ma che spesso sono ore lavorate, una, due o tre ore lavorate in una settimana precedente in cui si fa la rilevazione statistica. Questo lo dobbiamo dire. Dobbiamo dire che smantellare le tutele dei diritti del lavoro in un contesto di crisi, in un contesto di grande difficoltà, in un contesto di disagio, è gravissimo. È gravissimo soprattutto quando si scambiano i diritti con la loro monetizzazione. L'onorevole Di Salvo ha citato questa espressione “tassa sui licenziamenti”, come se si potesse mettere una tassa sulla violazione dei diritti e sulla mancanza di quelle tutele che i lavoratori oggi dovrebbero godere. E l'attenzione rispetto a questo tema, la disattenzione anzi, rispetto a questo tema, è testimoniata dal fatto che oggi non c'è nessun rappresentante del Ministero del lavoro a questa nostra discussione. Nessun rappresentante del Ministero del lavoro a testimonianza della scarsa sensibilità rispetto a un tema che riguarda migliaia e migliaia di persone. Ecco perché noi, con due proposte di legge che hanno costituito il frutto di un lavoro comune, quella a prima firma dell'onorevole Laforgia e l'altra dell'onorevole Airaudo, abbiamo voluto rilanciare la mobilitazione, l'impegno, le iniziative, che il più grande sindacato italiano, raccogliendo più di 1.100.000 firme, ha voluto mettere nei mesi scorsi e negli anni scorsi, cercando di fare della tutela di diritti dei lavoratori il perno centrale rispetto a quella agenda fondamentale che dovrebbe costituire, per un Governo che si dice di centrosinistra, l'obiettivo fondamentale: rimettere al centro i diritti del lavoro, i diritti dei lavoratori, porre un argine a chi si trova indifeso nelle situazioni in cui viene discriminato, in cui viene a essere oggetto di licenziamenti ingiusti.

Monetizzare questo mancato diritto fa parte purtroppo di una tendenza che non riguarda solo questo Paese: l'idea che i diritti si possono scambiare con un prezzo che viene stabilito per la violazione di quei diritti e anche per un welfare che sempre di più va in quella direzione, per cui non ci sono più asili nido, ma magari ci sono i bonus bebè, non c'è più il diritto di non essere licenziato, ma c'è la tassa sui licenziamenti; ci sono i risarcimenti che non bastano e non sono sufficienti nemmeno a coprire il costo di quelle cause così esorbitanti come Airaudo, in qualche modo, ricordava. Per questo la nostra proposta va nella direzione opposta, di ripristinare i diritti dei lavoratori e delle lavoratrici, mettere il dito sulla piaga di una scelta che è stata una scelta fatta a danno dei lavoratori, di chi è più indifeso.

Io penso che questo sia l'obiettivo che dovrebbe avere una forza, un insieme di forze, che insomma si battono per la difesa dei diritti di tutti e di tutte. Per questo noi rivendichiamo la scelta fatta, rivendichiamo la necessità di discutere fino in fondo il tema che le nostre proposte di legge in qualche modo hanno posto. Io penso che fuggire, come succederà domani, da questa discussione, è un grave errore, è un grave segnale dato al Paese, è un grave segnale dato al sindacato, è un grave segnale dato a chi purtroppo subisce ogni giorno discriminazioni e condizioni ingiuste nei suoi rapporti di lavoro. Per questo noi speriamo che ci sia un ripensamento e che domani questa legge possa essere discussa, votata e approvata (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà-Possibile).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Miccoli. Ne ha facoltà.

MARCO MICCOLI. Grazie Presidente. Nell'apertura del suo intervento la collega Titti Di Salvo ha tenuto a sottolineare su che cosa verte la discussione di oggi, quindi illustrando anche un po' la proposta dei colleghi Laforgia e Airaudo. In effetti, il dibattito su questa proposta è stato un po' erroneamente presentato soprattutto dai media come un dibattito sulla riforma del Jobs Act o sulla sua cancellazione. In realtà, io però credo proprio che su questa nostra discussione invece servirebbe una verifica, un'analisi molto puntuale, sull'intero Jobs Act. L'estrapolazione, quindi la decontestualizzazione solo dell'articolo 18, delle vicende che riguardano i licenziamenti non rende giustizia a questa discussione, agli effetti complessivi del Jobs Act che è stato messo in campo; insomma bisognerebbe innanzitutto comprendere e spiegare bene che Jobs Act non è solo la vicenda che riguarda l'articolo 18, ma è molto altro. Penso soprattutto a quanto sia sottovalutata una parte importante della riforma e quindi del Jobs Act, quella che riguarda la riforma sulle politiche attive del lavoro, la nascita e il funzionamento dell'Agenzia nazionale, il ruolo dell'INAPP, dei centri per l'impiego, della formazione, dell'apprendistato e, collegata a questo, l'uso degli ammortizzatori sociali. Tutta questa parte di riforma andrebbe certamente rivista, perché la bocciatura del referendum costituzionale ha provocato sostanzialmente una discrasia tra quello che abbiamo messo in campo e quello che oggi noi ci troviamo a gestire. Insomma, il ruolo che la riforma del lavoro che abbiamo messo in campo ha avuto, rispetto ai dati che ci consegna l'Istat, è una questione da analizzare profondamente.

Il ruolo che qui che ha avuto, per esempio, la riforma del tempo determinato, del lavoro a tempo determinato che in questa legislatura è stata fatta è certamente determinante in questa discussione. E poi, certo, c'è l'articolo 18, i licenziamenti. Tre giorni fa c'è stata la sentenza di reintegro dei 153 lavoratori licenziati da Almaviva Contact, poi ci tornerò, anche perché poco fa, insieme ai colleghi Stefano Fassina e Alfredo D'Attorre abbiamo incontrato proprio i lavoratori di Almaviva. Quindi l'interrogarsi sulla regola, sulle legislazione, sui licenziamenti, è cosa doverosa a questo punto della legislatura. Servirebbe quindi un'analisi puntuale dei dati, non solo quelli su occupazione e disoccupazione; certo, ci sono le dinamiche che riguardano gli attivi e i lavoratori inattivi che sono dentro una logica di dati abbastanza altalenanti. Oppure servirebbe comprendere bene lo scorporo di alcuni di quei dati, penso ai dati sulla disoccupazione, sull'occupazione che riguarda le fasce di età, i giovani e gli over 50, oppure quello che riguarda gli uomini e le donne.

Per esempio, sugli ultimissimi dati, appunto quelli relativi presente, al terzo trimestre del 2017, gli ultimi, dove è vero che c'è una variazione che conferma il trend degli ultimi tre anni, quello che ha portato ad oltre 900 mila posti di lavoro. È una variazione significativa: tra settembre 2016 e settembre 2017 c'è un più 1,4 per cento, cioè 326 mila posti in più, con una quota di ultracinquantenni notevole di oltre 415 mila. Ma c'è un dato costante negli ultimi anni, che è l'aumento dei contratti a tempo determinato. Nell'ultimo anno questo aumento è stato del 14,8 per cento: 361 mila posti a tempo determinato in più rispetto allo scorso anno, mentre i lavori stabili nuovi, i nuovi posti di lavoro stabili sono solo lo 0,2 per cento in più, soltanto 26 mila posti in più. Quindi, c'è un rallentamento del tempo indeterminato, del lavoro stabile, e quindi ci troviamo di fronte a una prima nostra considerazione, che è quella che riguarda una parte del Jobs Act, che è quella degli incentivi.

Quindi, accogliamo con favore il fatto che nella legge di bilancio venga accolta una di quelle che erano le nostre richieste, sostanzialmente, che era quella di rendere stabili gli incentivi, a fronte proprio dei dati che venivano analizzati con quanto ho detto prima. Quindi, c'è già una prima valutazione, quindi una sorta di ritocco alla logica del Jobs Act da questo punto di vista. Si cambia, quindi, un aspetto, che è quello di rendere stabile quelle incentivazioni. Quindi, sul dato, per esempio, che riguarda il tempo determinato, c'è un permanere di incertezza, nonostante anche i dati che indicano che c'è un superamento della crisi, ma quel dato è dovuto, probabilmente, non solo alla riforma del tempo determinato, ma anche a un elemento di incertezza che rende l'esigenza di leggere bene quei dati. Ho ritenuto di sottolineare queste cose, questi pochi dati, perché questo nostro dibattito di merito in queste ore viene offuscato, ovviamente, da un confronto esclusivamente politico, figlio, ovviamente, dell'imminente campagna elettorale ormai alle porte, e credo che questo non sia buona cosa, quando si tratta di lavoro e dei suoi diritti.

E poi c'è il tema della tempistica. La tempistica, purtroppo, ci dice che questo provvedimento - difficilmente è stato ricordato - approderà e sarà poi votato al Senato, al di là di come verrà approvato qui alla Camera. Ormai siamo in quella logica, in quel magone di una prossima campagna elettorale, e questo prevarica la possibilità di ragionare serenamente nel merito, purtroppo. Io e molti miei colleghi pensiamo che sulle norme relative ai licenziamenti almeno vada fatto un tagliando, vadano riviste, possano essere riviste in alcune delle loro parti importanti. Quindi, non un'abiura del Jobs Act complessivamente, ma un tagliando. Peraltro, su alcuni punti avevamo già proposto dei cambiamenti, proprio sulla vicenda dei licenziamenti.

Basterebbe leggere il parere della Commissione lavoro sull'atto 134 del Governo, il decreto attuativo che li ha instaurati, proprio su quei tre punti che sono oggi oggetto del dibattito che c'è stato anche in Commissione, tre punti sui quali ci siamo sempre battuti. La forzatura di inserire i licenziamenti collettivi, peraltro fuori delega, e qui voglio sottolineare la vicenda di Almaviva, dei lavoratori che abbiamo incontrato poco tempo fa. Il giudice ha ritenuto quei licenziamenti illegittimi, con elementi di discriminazione e di ritorsione, addirittura. A quei lavoratori, ai 1.066 lavoratori di Roma è stata sostanzialmente riconosciuta l'illegittimità del licenziamento perché la discriminazione sta nel fatto che loro avevano bocciato, con un referendum, un accordo proposto dall'azienda che diminuiva loro il reddito e il TFR. I loro colleghi di Napoli hanno accettato quell'accordo e non sono stati licenziati. Ecco, credo che questa vicenda debba porre una riflessione sui licenziamenti collettivi. Poi, c'era il tema della sproporzione tra la sanzione del licenziamento e l'addebito disciplinare contestato. Qui, per farla breve e per essere esplicito, voglio citare il presidente Damiano in Commissione: se rubi una mela, non ti do l'ergastolo, ci ha spiegato il presidente Damiano. O meglio, se ritardi cinque minuti, non ti licenzio.

E poi c'era il tema delle indennità minime e massime in caso di licenziamento illegittimo, cioè rendere più costoso e ovviamente meno conveniente un licenziamento illegittimo. Credo che questi siano tre punti ancora giusti da esaminare e sottolineo che sono stati oggetto della nostra discussione anche oggi. Credo siano i punti su cui tutti possiamo ancora provare a modificare qualcosa e vorrei dire che la novità di queste ore è proprio questa, lo ha anche accennato la collega Di Salvo: la disponibilità della maggioranza e del Partito Democratico a valutare possibili interventi, non necessariamente in questo provvedimento, non in questa nostra discussione. Uno di questi, proprio quello sulle indennità di licenziamento, e quindi sull'aumento dei costi in caso di licenziamento illegittimo, è un intervento che sulla legge di bilancio può essere messo in campo.

Vorrei dire al collega Marcon che la tassa sul licenziamento già esiste; la legge di bilancio prevede il raddoppio di quella tassa. Ecco, noi pensiamo che a quel raddoppio della tassa sul licenziamento possa essere aggiunto un aumento delle indennità di licenziamento, aumentare quel costo, dare la possibilità al lavoratore di ricevere un numero maggiore di indennità, sia nella parte minima che nella parte massima. Ecco, e qui c'è il punto politico, perché abbiamo deciso di non votare emendamenti soppressivi e di ritirarli. Non volevamo dare dimostrazione che non siamo interessati a questa discussione; non scappiamo, come qualcuno ha detto poco fa, non intendiamo scappare dalla discussione, non intendiamo non metterci mano.

È in corso una discussione, anche difficile, e quindi abbiamo voluto lasciare una porta aperta al dialogo e alla possibilità di modifica. Quindi, non cedere alle divisioni politiche e perdere di vista, conseguentemente, i possibili passi avanti, continuando così un confronto di merito, fuori, appunto, dal merito che invece serve discutere. Vede, Presidente, e tramite lei mi rivolgo a tutti i colleghi, per molti di noi questa è una discussione complicata, difficile; riguarda anche tante storie personali che si sono intrecciate e che sono dislocate in modo trasversale dentro quest'Aula.

Oggi i protagonisti di questo dibattito - ho ascoltato con molto rispetto il collega Airaudo qui a fianco a me, i colleghi che siedono ed altri che sono in Aula - sono figli di un passato, di una storia. È per questo che nutro molto rispetto. Storie personali che sono trasversali, in modo trasversale dislocate in quest'Aula, anche in un'altra parte dell'emiciclo; penso, per esempio, alla collega Polverini, che su altri versanti ha svolto, comunque, un ruolo di rappresentanza sindacale. E, quindi, nutro molto rispetto verso questo dibattito e i colleghi che partecipano a questo dibattito. Sono storie di chi ha dedicato una vita alla difesa dei diritti dei lavoratori e anche alla difesa dell'articolo 18. Molti di noi si sono accorti che però, mentre difendevano l'articolo 18, da un'altra parte aumentava la precarietà, e che i nuovi contratti di lavoro prevedevano solo una piccola parte di lavoratori a tempo indeterminato, mentre altri venivano assunti con altre tipologie. E, quindi, penso che dobbiamo sapere che, anche se in passato queste battaglie le abbiamo svolte fianco a fianco, prima che la politica ci dividesse, anche in periodi difficili del Paese, c'è bisogno di uno sforzo. C'è bisogno di uno sforzo e penso che gli sforzi fatti da ognuno di noi in queste ore, dentro e fuori il Parlamento, stanno dentro anche il perimetro di questo rispetto, del rispetto che tutti noi nutriamo per questa discussione, che mi auguro possa continuare, che possa essere, questa nostra riflessione di questi giorni, oggetto di un'analisi anche fuori dal Parlamento, e mi auguro che questo possa servire veramente ai lavoratori e ai disoccupati di questo nostro Paese.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Martelli. Ne ha facoltà.

GIOVANNA MARTELLI. Grazie, signor Presidente. Con questa discussione sulla reintroduzione dell'articolo 18 oggi riportiamo nel dibattito politico il tema delle tutele delle lavoratrici e dei lavoratori.

Ci confrontiamo nella sede giusta sul diritto di ognuna e di ognuno di noi a vivere liberi senza ricatto. Per questo è importante il dibattito di oggi e - lo voglio dire in modo molto chiaro - respingo le allusioni, neanche troppo velate, che questa sia un'operazione speculativa rispetto ad una prossima e imminente scadenza elettorale. La proposta di legge che discutiamo oggi è stata depositata il 17 marzo 2017, poche settimane dopo la formazione di questo gruppo parlamentare. Il nostro gruppo parlamentare e il nostro movimento politico hanno messo al centro dell'agenda proprio il tema del lavoro in tutte le sue articolazioni: dalle tutele ai diritti, al modo in cui migliorare le condizioni lavorative delle donne e degli uomini del Paese ma anche al modo in cui poter accrescere l'occupazione nel Paese. Per tale motivo respingo le allusioni con nettezza perché abbiamo avuto il tempo sufficiente e necessario per poter addivenire alla discussione che poteva aprire un dibattito anche su quali tutele e diritti introdurre in forme nuove rispetto ad un mondo del lavoro che sicuramente è cambiato ma non è cambiato per un processo ineludibile: è cambiato per determinate e precise scelte politiche che vengono da lontano. Quindi credo che alludere alla speculazione sia un esercizio pericoloso perché l'altro canto potrebbe essere che si ricorre all'allusione dell'attendismo rispetto al fatto di portare in Aula un provvedimento di tale portata. Mi sento di dire che la proposta è altrettanto speculativa quanto voler forzare la mano sui diritti e le tutele delle lavoratrici e dei lavoratori. Quindi cerchiamo di stare al merito che significa che, nel mondo di oggi, se immaginiamo di svalutare il lavoro e togliere i diritti che esistono, pensiamo che oggettivamente sia molto difficile risalire la china e aprire una nuova stagione di diritti e tutele per le nuove forme di lavoro e di occupazione che oggi ci sono nel nostro Paese.

Ricordo alcuni dati sui licenziamenti in Italia dal tempo in cui è stato introdotto fino ad oggi non più un contratto a tempo indeterminato ma a tempo indeterminabile nel senso che ormai si vive una condizione di precarietà esistenziale al limite dello sfruttamento lavorativo. Riporto alcuni dati. Nel 2016 ci sono stati quasi 900.000 licenziamenti, considerando tutte le fattispecie: sono stati in crescita del 5,7 per cento rispetto al 2015. Le dimissioni sono state invece oltre 1.200.000: in calo del 17 per cento sempre rispetto al 2015. Con la proposta di legge vorremmo introdurre una nuova disciplina delle conseguenze del licenziamento individuale illegittimo, sostituendo integralmente l'articolo 18 della legge n. 300 del 1970, dando anche risposta alla richiesta dei milioni e milioni di cittadini che hanno sottoscritto per aver la reintroduzione dell'articolo 18 e si sono fatti parte di una richiesta e di una rivendicazione legittima. La nuova disciplina prevede in particolare l'obbligo per il giudice di applicare la sanzione della reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro in tutti i casi di licenziamenti disciplinari discriminatori inefficaci o nulli, senza alcuna distinzione in relazione alle dimensioni aziendali. In tali casi, inoltre, il giudice condanna il datore di lavoro anche al risarcimento del danno. Secondo, la proposta prevede la possibilità per il giudice di scegliere tra la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro o la condanna al pagamento di una somma di denaro (da cinque a quindici mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto), nelle aziende fino a cinque dipendenti, in due sole ipotesi: fatto di particolare gravità commesso dal lavoratore e vizio solo formale di un licenziamento disciplinare altrimenti legittimo.

È prevista, inoltre, la possibilità per il giudice di scegliere tra la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro o la condanna al pagamento di una somma di denaro, nel caso di licenziamento economico illegittimo (al di fuori del caso di cui ne sia accertata l'insussistenza delle ragioni) o nel caso in cui il datore di lavoro dimostri di non poter utilizzare i lavoratori in altre mansioni equivalenti inferiori.

L'articolo 2 della proposta di legge modifica, inoltre, la procedura obbligatoria che i datori devono seguire per procedere ai licenziamenti individuali per motivi economici come definita dall'articolo 1 della cosiddetta legge Fornero. In particolare, rispetto alla normativa vigente, si prevedono altre modifiche: si prevede che la procedura sia obbligatoria per tutti i datori di lavoro; si prevede che la comunicazione relativa alla volontà del datore di lavoro di procedere al licenziamento debba essere comunicata preventivamente; si rafforzano gli obblighi di motivazione del licenziamento da indicare nella comunicazione del datore di lavoro; si prevede un maggiore coinvolgimento delle rappresentanze sindacali nella fase successiva alla comunicazione al fine di esaminare eventuali soluzioni alternative al licenziamento o percorsi di riqualificazione e ricollocazione del lavoratore.

Gli articoli 3, 4 e 5 della proposta di legge dettano invece una nuova disciplina del licenziamento collettivo illegittimo modificando articoli di una precedente legge che l'aveva introdotto. La proposta di legge prevede oltretutto l'obbligo per le imprese che delocalizzano all'estero, nell'ambito di procedure di licenziamento di collettivo, di restituire integralmente ogni sussidio pubblico goduto negli ultimi cinque anni.

È una proposta di legge completa che apre una discussione reale e mette un punto fermo rispetto ai diritti e alle tutele delle lavoratrici e dei lavoratori. È un'occasione importante: cerchiamo di non mancarla (Applausi dei deputati del gruppo Articolo 1-Movimento Democratico e Progressista).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Dall'Osso. Ne ha facoltà.

MATTEO DALL'OSSO. Grazie, Presidente. Il provvedimento in esame reca una nuova disciplina delle conseguenze del licenziamento individuale illegittimo; non interviene sul decreto legislativo n. 23 del 2015 attuativo del cosiddetto Jobs Act e non sembrerebbe quindi incidere sulla disciplina dei licenziamenti illegittimi applicabile ai lavoratori assunti a decorrere dal marzo 2015. Si prevede un inasprimento generalizzato delle disposizioni dell'articolo 18 della legge n. 300 del 1970, mantenendo al contempo la cosiddetta doppia platea rispetto ai lavoratori assunti a decorrere dal 7 marzo 2015.

Dal punto di vista giuridico, tale impostazione risulta essere del tutto anacronistica e foriera di diseguaglianze immotivate tra lavoratori. Riteniamo infatti che si dovrebbe al contrario superare il dualismo di tutele mediante l'estensione del regime applicato ai lavoratori assunti successivamente all'entrata in vigore del decreto legislativo n. 23 del 2015 anche ai lavoratori assunti precedentemente. Proprio questo doppio regime - tutele crescenti per i neoassunti e tradizionali tutele per i lavoratori già dipendenti - ha indotto molti interpreti ad evidenziare le disparità di trattamento tra lavoratori all'interno della stessa azienda, i quali, di fronte a un medesimo provvedimento datoriale, potranno ottenere differenti rimedi.

Non si tratta di una disparità di trattamento tra diverse categorie di lavoratori indotta da ragioni oggettive bensì tra colleghi di lavoro della stessa azienda, indotta da ragioni puramente soggettive, ad esempio la data di assunzione - è incredibile! -, con l'evidente possibilità che i giudici, investiti di tali situazioni, possano, a richiesta del ricorrente o meno, sollevare questioni di incostituzionalità per violazione dell'articolo 3 della Costituzione italiana che recita, lo ripeto, così giusto per dire: Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

Voi non solo state tradendo i lavoratori, ma state violando ancora una volta la Costituzione. Rispetto alla struttura dell'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, la normativa del Jobs Act ha determinato un cambiamento radicale in materia di licenziamento. Faccio riferimento ai lavoratori assunti successivamente all'entrata in vigore del decreto legislativo n. 23 del 2015 e anche ai lavoratori assunti precedentemente.

Questo proprio doppio regime - tutele crescenti per i neo-assunti e tradizionali tutele per i lavoratori già dipendenti - ha indotto molti interpreti ad evidenziare la disparità di trattamento tra lavoratori all'interno della stessa azienda, i quali, di fronte a un medesimo provvedimento datoriale, potranno ottenere differenti rimedi. Una disparità di trattamento tra diverse categorie di lavoratori, indotta da ragioni oggettive, bensì tra colleghi di lavoro della stessa azienda, indotta da ragioni puramente soggettive, ad esempio, la data di assunzione. Con l'evidente possibilità che i giudici investiti di tali situazioni possano, a richiesta delle parti ricorrenti o meno, sollevare questioni di incostituzionalità per la violazione dell'articolo 3 della Costituzione.

La regola della tutela obbligatoria per il licenziamento ingiustificato conosce un'eccezione per il licenziamento disciplinare, nell'ammettere la reintegra per “specifiche fattispecie”. Se questa era la previsione fatta dalla legge delega, essa deve essersi subito rivelata di difficile traduzione, specie perché un'elencazione, pur tassativa, in funzione della rilevazione del fatto contestato, come reato o come fatto grave, avrebbe restituito spazio al giudizio discrezionale del giudice. Sicché alla fine, con questa prima decisione della Suprema Corte, si è optato per una formula ritenuta altamente restrittiva, ai sensi della quale “Esclusivamente nelle ipotesi di licenziamento per giustificato motivo soggettivo o per giusta causa in cui sia direttamente dimostrata in giudizio l'insussistenza del fatto materiale contestato al lavoratore, rispetto alla quale resta estranea ogni valutazione circa la sproporzione del licenziamento, il giudice annulla il licenziamento e condanna il datore di lavoro alla reintegrazione nel posto di lavoro”.

Inoltre, anche in relazione all'indagine fatta dal MoVimento 5 Stelle in tema di mercato di lavoro, siamo convinti che servano interventi di natura strutturale, che intervengano su alcuni settori strategici quali l'istituzione di un salario minimo, la semplificazione burocratica, la digitalizzazione, la riduzione del costo del lavoro, la valorizzazione delle sinergie tra le imprese e il sistema di formazione, in vista di numerose riconversioni lavorative ormai desuete. Il motivo che ci spinge a non votare favorevolmente la proposta in itinere riguarda anche la moltitudine di criticità presenti nell'impianto legislativo della proposta di legge Laforgia, come peraltro evidenziato da numerosi giuristi.

Con riferimento alla previsione, che impone al datore di lavoro il pagamento di una somma di denaro da corrispondere al lavoratore in caso di inosservanza o di ritardo nel procedere all'effettiva reintegrazione, manca un coordinamento con quanto previsto dall'ex articolo 614-bis del codice di procedura civile, che recita: con il provvedimento di condanna all'adempimento di obblighi diversi dal pagamento di somme di denaro il giudice, salvo che ciò sia manifestamente iniquo, fissa, su richiesta di parte, la somma di denaro dovuta dall'obbligato per ogni violazione o inosservanza successiva, ovvero per ogni ritardo nell'esecuzione del provvedimento.

Concludo, ribadendo che non convince nemmeno l'accordo tra Laforgia e Airaudo, relativamente all'adozione del testo base Laforgia, posto che la proposta di legge Airaudo dispone sia l'abrogazione dei commi da 47 a 69 dell'articolo l della legge Fornero, applicabili alle controversie aventi ad oggetto l'impugnativa dei licenziamenti, sia l'abrogazione del decreto legislativo n. 23 del 2015, che disciplina il contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti, ai sensi della legge n. 83 del 2014, stabilendo che: il regime di tutela previsto dall'articolo 18 della legge 20 maggio 1970, n. 300, come da ultimo sostituito dal comma l del presente articolo, si applica anche ai contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato già in essere alla data di entrata in vigore della presente legge e a quelli per i quali non sono ancora decorsi i termini per l'impugnazione del licenziamento.

Si tratta forse di una strategia di tipo elettoralistico per entrambi i gruppi politici parlamentari? Il primo ha la necessità di strumentalizzare la mancata convergenza del PD sulla modifica sostanziale del Jobs Act. Il secondo deve, forse, ancora decidere con quali soggetti allearsi con la nuova legge elettorale?

Il PD si prenda la responsabilità di portare in Aula questo testo per non affossarlo, portandolo in Commissione per non votarlo ancora. Veramente incredibile! Ma tanti lavoratori non sono più degli scemi e lo sanno bene che il PD non li rappresenta più e sicuramente questa vostra mossa darà loro, appunto, ancora più certezza per non votarli più (Applausidel deputato Tripiedi).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Gnecchi. Ne ha facoltà.

MARIALUISA GNECCHI. Presidente, ovviamente colgo subito l'occasione per dire che noi pensiamo che i lavoratori e le lavoratrici siano sempre persone, che soprattutto cercano di conoscere i propri diritti e non ci permetteremmo mai di pensare che siano stati o che possano essere o che possano essere anche in futuro nella condizione di essere considerati degli scemi, a seconda di chi votano o di chi voteranno. Siamo convinti e vogliamo che esista una maggiore consapevolezza da parte di tutti e ci auguriamo e pensiamo che a questo abbiano contribuito e continuino a contribuire anche le organizzazioni sindacali, rispetto a queste sensibilizzazioni. Già il collega Miccoli ha parlato del nostro parere della Commissione lavoro, in occasione della discussione sul decreto legislativo, uno dei tanti decreti legislativi conseguenti alla delega sul lavoro.

Cinque sono le deleghe della delega lavoro e tantissimi sono i decreti legislativi, che sono stati fatti, li cito solo per correttezza e completezza: il decreto legislativo n. 22 del 2015, relativo all'introduzione dei nuovi ammortizzatori sociali in caso di disoccupazione involontaria; il decreto legislativo n. 23 del 2015, sul contratto a tutele crescenti, che è quello di cui stiamo parlando; il decreto legislativo n. 80 del 2015, sulla conciliazione tra tempi di vita e di lavoro; il decreto legislativo n. 81 del 2015, relativo al riordino dei contratti di lavoro e alla disciplina delle mansioni; il decreto legislativo n. 151 del 2015 sulle semplificazioni in materia di lavoro e pari opportunità; il decreto legislativo n. 150, in materia di politiche attive; il decreto legislativo n. 149, relativo all'attività ispettiva in materia di lavoro e legislazione sociale; il decreto legislativo n. 148, sulla riorganizzazione della disciplina degli ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro.

Quindi tanti sono, ma dico anche - e di questo mi dispiace molto -, che, se si guarda allo stato di attuazione aggiornato al 6 marzo 2017, che è nel sito della Camera, vediamo che sono tanti altri anche gli interventi che si dovrebbero ancora fare.

Noi, nel nostro parere, quindi già allora, avevamo detto anche in premessa che bisognava trovare un bilanciamento nel quadro di un sistema di interventi più ampio e comprensivo, volto in particolare a rafforzare le tutele per i lavoratori che abbiano perduto involontariamente l'occupazione. Ovviamente anche questo concetto della proporzionalità, di cui ha già parlato il collega Miccoli, l'avevamo già messo nelle premesse: va assicurata la salvaguardia del principio di proporzionalità tra la gravità dei fatti contestati e la sanzione del licenziamento. Ma poi, ovviamente, noi avevamo puntato molto anche sui centri per l'impiego, e su tutto il lavoro che i centri per l'impiego dovrebbero fare per aiutare i lavoratori comunque a trovare un altro lavoro. Il collega Dell'Aringa, già il 13 luglio 2016, aveva presentato una mozione, firmata da 105 colleghi, sui centri per l'impiego, che è andata in discussione il 12 aprile 2017, e in quella si diceva in modo esplicito che il rapporto tra il numero dei disoccupati e il numero degli addetti ai centri per l'impiego è di oltre 300 unità nel nostro Paese (un addetto per 300 disoccupati), mentre è di 21 in Germania, di 57 in Francia e di 32 nel Regno Unito; e poi recitava anche, come cosa molto importante, che i percettori di Naspi sono già soggetti alle prescrizioni previste dalle nuove regole in tema di politiche attive, a partire dalla necessità di sottoscrizione del patto di servizio personalizzato. Tutto ciò ancora andrebbe ovviamente rafforzato.

Noi siamo contenti che nell'articolo 20 dell'attuale legge di bilancio, che ha come titolo “misure a sostegno della ricollocazione dei lavoratori di imprese in crisi”, si parli finalmente di questo assegno di ricollocazione anche con l'intenzione di rifinanziarlo. Diciamo anche da subito ai colleghi che non è affatto detto che questo raddoppio del costo da 1.470 euro a 2.900 euro rimanga, perché sappiamo che c'è già chi si sta mobilitando contro questo raddoppio della tassa di licenziamento, che comunque è una tassa da versare all'INPS, mentre noi chiediamo la proporzionalità, rispetto al lavoratore che deve essere risarcito in caso di licenziamento, anche come risarcimento al lavoratore. Il collega Speranza sa - quindi lo dico subito -, proprio perché lui era il nostro capogruppo, che noi avevamo addirittura messo delle condizioni molto precise per il parere di questo decreto legislativo, quindi con grande tranquillità dico che, se nel decreto legislativo fossero state accolte le nostre condizioni, che erano condizioni precise perché dicevamo che, in caso di licenziamento collettivo, ai sensi di determinati articoli, eccetera eccetera, ovviamente bisognava trattare i lavoratori in un modo diverso. Dicevamo che andava incrementata la misura minima e massima delle indennità dovute in caso di licenziamento per giustificato motivo o giusta causa, ferma restando la regola che prevede la corresponsione di un'indennità pari a 2 mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto per ogni anno di servizio; e chiedevamo che il Governo provvedesse a rivedere la formulazione dell'articolo 3, comma 2, primo periodo, al fine di assicurare la reintegrazione nel posto di lavoro nelle ipotesi di licenziamento per giustificato motivo o giusta causa in cui sussista un'evidente sproporzione tra la sanzione del licenziamento e l'addebito disciplinare contestato. Ovviamente noi siamo convinti che il nostro parere fosse giusto e che le condizioni che avevamo posto fossero giuste, e faremo di tutto perché in legge di bilancio entrino, oltre al raddoppio della tassa di licenziamento, anche delle misure a favore dei lavoratori.

Sempre guardando la relazione tecnica, si vede che l'articolo 20 dice che - quindi dobbiamo credere che sia così - ai fini della determinazione delle maggiori entrate contributive derivanti dall'aumento del contributo di licenziamento si è ipotizzato un numero annuo di licenziamenti di lavoratori a tempo indeterminato pari a 60.000. Mediamente, negli ultimi anni, il numero di licenziamenti collettivi nelle aziende in aria di cassa integrazione guadagni e straordinaria è stato sicuramente superiore, ma si è voluto tener conto del forte ridimensionamento avvenuto nell'ultimo anno. Prudenzialmente non si è considerato un contributo di licenziamento pienamente ancora più forte, ma sottolineo che quanto già previsto nell'articolo 20 deve assolutamente essere approvato, perché comunque è un segnale chiaro. Ma soprattutto sottolineo anche che praticamente si sarebbe dovuto fare ogni anno un monitoraggio. È stato anche istituito un comitato scientifico per il monitoraggio della riforma del mercato del lavoro; sempre nel sito della Camera si può trovare il quaderno di monitoraggio n. 1 del 2016. È un monitoraggio molto dettagliato, ovviamente, se l'avessimo anche per il 2017, molte delle cose che ha detto anche il collega Airaudo nella sua relazione di minoranza probabilmente potrebbero avere o conferme o modifiche, rispetto a quello di cui noi dovremmo sempre tener conto, cioè i dati.

Il Ministro Poletti ha sempre detto che è importante, rispetto alle nuove norme che si approvano, monitorarle, in modo proprio da poterle eventualmente correggere; quindi siamo convinti che anche la proposta di legge Laforgia ha rimesso l'attenzione sui licenziamenti e su tutta la delega lavoro in generale. In sede di discussione in Commissione abbiamo fatto molte audizioni; la discussione in Commissione lavoro è stata veramente utile, e forse varrebbe veramente la pena pretendere che tutto quello che vi è di positivo per i lavoratori nella delega lavoro venga veramente attuato, e soprattutto che i monitoraggi vengano fatti.

Ho già detto quello che è stato l'impegno di molti di noi rispetto ai centri per l'impiego, quello che è stato l'impegno rispetto ad altri decreti legislativi che abbiamo anche discusso in Commissione per l'espressione dei pareri; è chiaro che, così com'è adesso la situazione, con i 150 tavoli di crisi aperti, anche tutto il tema sugli ammortizzatori sociali e il riordino degli stessi è una discussione che va veramente affrontata, perché sicuramente, rispetto al diritto del lavoro, c'entra tutto quello che abbiamo già detto, rispetto alla proporzionalità, rispetto alla possibilità di reintegro. Il fatto che i giudici decidano, come ha detto il collega Miccoli, purtroppo crea la situazione per cui un giudice decide in un modo e un altro giudice decide in un altro: questo è un problema reale. Allora, almeno mettere delle basi forti rispetto a tutto quello che possono essere gli ammortizzatori sociali. Soprattutto, che l'assegno di ricollocazione e, ancor di più, i centri per l'impiego e il patto di servizio da fare con i lavoratori funzionino: sono di sicuro parti assolutamente importanti. Noi vogliamo cercare di vedere le cose in positivo, quindi diciamo che sia la raccolta di firme della CGIL, per quanto riguarda la Carta dei diritti dei lavoratori, sia le proposte di legge che sono state presentate, e anche il fatto che ci siano stati dei tempi di discussione, sicuramente hanno rimesso e riposto al centro tutta la discussione sul lavoro, sul diritto del lavoro e sulle misure da attuare. Quindi, anche quello che sappiamo - ormai è già stato detto da tutti -, cioè che probabilmente ci sarà un rinvio in Commissione, va colto come volontà, occasione e possibilità di riuscire a mettere in pratica tutte le parti positive dell'ampia delega sul lavoro che ancora non sono state attuate. Quindi, da questo punto di vista, noi contiamo che si possa anche affrontare positivamente un lavoro che vada nella direzione di migliorare le condizioni dei lavoratori e soprattutto in generale dell'occupazione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Murer. Ne ha facoltà.

DELIA MURER. Presidente, io penso che le norme sul reintegro del lavoratore licenziato ingiustamente contenute nella nostra proposta interpretano un bisogno che è molto avvertito, non solo dai lavoratori e dal sindacato, con tutte le firme che erano state raccolte sulla Carta dei diritti come ricordato dai colleghi; e credo che il tema dei licenziamenti e dell'articolo 18 comincia ad essere affrontato anche dai giudici, come dimostrato dalle sentenze recenti. Proprio per questo motivo io apprezzo anche i riferimenti che i colleghi della Commissione lavoro hanno posto al lavoro svolto in Commissione sui decreti legislativi; ma mi pare che sia un grave errore (io questo lo vorrei dire schiettamente) non affrontare i temi posti dalla proposta di legge in discussione, e oggi proporci un rinvio in Commissione: perché noi vogliamo affrontare il tema dei licenziamenti illegittimi, ma vogliamo anche riproporre al centro il tema del valore del lavoro, la ricostituzione dei diritti, e mi pare molto grave che l'unico atto che uscirà prima dello scioglimento delle Camere sia sul tema del risarcimento in caso di licenziamento illegittimo, un incremento della somma per il risarcimento illegittimo in legge di stabilità.

Credo che già al momento del varo del Jobs Act ci siano state perplessità e contrarietà ad inserire in esso il tema dei licenziamenti. Abbiamo avuto atteggiamenti diversi: c'è chi aveva votato favorevolmente, chi aveva già votato contro. Io penso che quel quell'atto sia stato un errore. Stiamo parlando di licenziamenti illegittimi per motivi economici o disciplinari, senza giusta causa o giustificato motivo: che possibilità si ha di far valere le proprie ragioni e di ottenere una reintegra? Mi pare che la stessa onorevole Gnecchi poneva tra i punti sui pareri dei decreti legislativi proprio questo tema. Quindi non è vero che non è attuale affrontare il tema dei licenziamenti: è attuale secondo me, ed è molto grave che si voglia caricarlo di una riflessione quasi strumentale relativa alle elezioni. No: qui il tema è proprio di una difficoltà di vita di lavoratori, di lavoratrici, di giovani.

Io vorrei sottolineare anche un altro punto, che ci veniva detto dalla rete delle consigliere di parità: emerge un grande aumento di molestie sessuali nel lavoro, proprio perché il lavoro è ricattabile; e spesso non si arriva a licenziamenti in questi casi perché si ha paura di perdere il lavoro, e allora non si denuncia.

Non sono secondo me quindi solo i risarcimenti che possono risolvere il problema: serve una tutela reale e una revisione concreta anche del contratto attuale a tutele crescenti, che nei fatti è un contratto a tutele ridotte.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

DELIA MURER. Io vorrei ricordare solo un punto, chiudendo, Presidente: la precarizzazione dei lavoratori non è tanto un adeguamento al mancato rapporto tra crescita e mercato, ma è il risultato di una serie di decisioni politiche che negli anni, sul mercato del lavoro, hanno reso il lavoro una risorsa povera, incapace di fornire agli italiani quello che un tempo poteva dare, sicurezza economica, forza contrattuale, capacità progettuale. Io voglio anche pensare che forse il mondo del lavoro era più forte nel negli anni Settanta di adesso: oggi parliamo di prestazione a chiamata, liberalizzate, di cottimo, di formazione volontaria, di alternanza scuola-lavoro, che hanno sdoganato il lavoro gratuito…

PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole.

DELIA MURER. … l'idea che il lavoro non necessariamente deve essere retribuito. Tutto ciò io penso che sia inaccettabile! Ridiamo valore alle parole: non è lavoro, è sfruttamento, ed è per questo che è urgente cambiare le politiche (Applausi dei deputati del gruppo Articolo 1-Movimento Democratico e Progressista).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Fassina. Ne ha facoltà.

STEFANO FASSINA. Presidente, una discussione importante, una discussione difficile; tra l'altro, se mi posso permettere questa parentesi, segnata sostanzialmente da colleghi che sono stati eletti paradossalmente nell'ambito della stessa coalizione, Italia. Bene Comune, e che come è evidente ci trova su campi molto lontani. Spiace verificare il totale disinteresse da parte del Governo ad una discussione come questa, in particolare del Ministero del lavoro e delle politiche sociali; comunque non siamo sorpresi, sebbene l'amarezza rimanga tanta.

Vorrei provare a rispondere alla domanda: perché il Jobs Act, perché siamo arrivati al Jobs Act? La sinistra in questi anni ha smarrito la capacità di guardare alle cause strutturali e si è rifugiata spesso su spiegazioni di carattere quasi psicologico, la personalità del leader di turno. Ebbene, non è così. Quali sono le cause strutturali del Jobs Act? La causa fondamentale è che siamo da tempo in una Unione europea, e in una Eurozona, che è fondata, è costituita e funziona in modo ordinario attraverso la svalutazione del lavoro: questo è il punto fondamentale! All'inizio degli anni Duemila Schroeder in Germania vara le famose riforme Hartz, dal nome dell'amministratore della Volkswagen che ha presieduto la commissione che le ha definite; quelle cosiddette riforme, le riforme strutturali, hanno determinato una caduta, una contrazione dei salari reali tedeschi del 10 per cento; da allora chi stava nella stessa area monetaria, non potendo svalutare la moneta, è costretto a svalutare il lavoro, e i Jobs Act li hanno dovuti fare tutti, chi più chi meno volontariamente: c'è chi ha resistito, c'è chi invece li ha cavalcati anche con convinzioni ideologiche.

Quindi questa è la prima ragione strutturale: siamo in un contesto che funziona attraverso la svalutazione del lavoro. Il Jobs Act aveva l'obiettivo, in particolare con l'intervento sull'articolo 18… Ma anche con altri interventi, perché non credo sia una buona tattica difensiva quella di provare a bilanciare gli effetti negativi dell'intervento sull'articolo 18 richiamando interventi su altri capitoli, perché in quel provvedimento c'è anche la norma sui dimensionamenti, che pure tanta efficacia ha; c'è la norma sui controlli a distanza, che pure tanta efficacia ha. Ci sono una serie di norme che, come l'intervento sull'articolo 18, hanno la funzione di svalutare il lavoro, cioè indebolire ancora di più la capacità negoziale del lavoratore e abbassare le retribuzioni, perché bisogna svalutare il lavoro nell'impossibilità di svalutare la moneta, in un contesto in cui il Paese leader dell'Eurozona fa svalutazione del lavoro per accumulare quegli enormi avanzi di bilancia commerciale.

Queste ragioni strutturali sono state poi accompagnate da altre ragioni ma c'è chi ha resistito: durante il Governo Monti il Partito Democratico resistette all'offensiva che veniva dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali e dal Presidente del Consiglio, contro la stessa offensiva allora si costruì una barriera, che fu solo parzialmente efficace ma mantenne il principio di reintegro; invece col Governo Renzi si cavalca ideologicamente, e sposando gli interessi della parte più forte si cavalcano queste ragioni strutturali dovute all'appartenenza alla moneta unica e all'Unione europea, si cavalcano queste ragioni strutturali e si sublima quello che era stato già a fondamento del programma del PD nel 2007 e cioè che oramai non c'è più differenza tra chi compra e chi vende lavoro. Il diritto del lavoro, come hanno sostenuto onorevoli esponenti del Partito Democratico, può diventare, perché siamo nei tempi moderni, una branca del diritto commerciale, perché non c'è più una specificità; il lavoro è una merce come le altre, non c'è asimmetria. Quindi, si dà il via a un provvedimento che, al di là del merito, ha una portata simbolica potentissima.

Il collega Miccoli ricordava la vicenda di Almaviva. Guardate che là non c'è solo il fatto del licenziamento discriminatorio: tu dici “no” al taglio della retribuzione? Dici “no” all'aumento dell'orario di lavoro e dell'intensità di lavoro con la riduzione di retribuzione? E io ti licenzio. Il giudice, grazie al fatto che per quei lavoratori valeva ancora il vecchio articolo 18, li reintegra e quel padrone (purtroppo non è un termine fuori moda, è un termine che capisco possa urtare la sensibilità di qualcuno), di fronte alla disposizione del tribunale di Roma, che fa? Attua una strategia di ritorsione e dice a quei 153 lavoratori: bene, vi devo reintegrare ma vi trasferisco, da un giorno all'altro, da Roma a Catania. L'arroganza padronale che faceva parte di un'altra fase storica, attraverso quell'atto simbolico, è diventata ordinaria.

Poi, nei pochi minuti che mi sono rimasti veniamo ai numeri: i numeri, l'efficacia, il milione di posti di lavoro. Avete a disposizione una macchina propagandistica straordinaria, per cui non è che mi illudo di riportare dati di realtà. Innanzitutto non sono posti di lavoro, sono” occupati” e la definizione eurostat di “occupato” è: colui che nella settimana dell'indagine svolge almeno un'ora di lavoro, quindi sono occupati, non sono posti di lavoro. E' diminuito di un miliardo e duecento milioni il monte ore lavorate in un anno a partire dal 2008 e la stragrande maggioranza dei contratti a tempo indeterminato riguarda ultracinquantenni, bloccati al lavoro dalla riforma Fornero. Ci sono dati molto puntuali: abbiamo buttato 20 miliardi per tornare allo stesso numero di assunzioni mensili del 2013; 106.000 nel 2013 e nel 2014, 106.000 nel 2016, 104.000 nel 2017, però ovviamente il numero dei contratti a tempo determinato invece è esploso, passando da 265.000, media mensile del 2013, ai 400.000 come media mensile del 2017.

Presidente, credo sia umiliante provare a mettere una toppa a questa regressione culturale politica compiuta dal Partito Democratico, nonostante gli impegni elettorali, con un innalzamento dell'indennità di licenziamento; è umiliante, lasciamo stare, è meglio evitare. E vorrei anche dire ai colleghi del MoVimento 5 Stelle che ogni volta che c'è un tema controverso fuggono: non è con l'atteggiamento pilatesco che avete assunto nel merito di questo provvedimento che si difende il lavoro.

Allora, noi andremo avanti e non accettiamo il rinvio in Commissione. Andremo avanti, andremo avanti fuori di qua, e speriamo di maturare i rapporti di forza per poter cambiare questa disciplina (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà-Possibile).

PRESIDENTE. Onorevole Fassina, lei ha fatto riferimento all'inizio del suo intervento al disinteresse del Governo. Ora io, ovviamente, formalmente, non posso che ribadirle che il Governo è presente in Aula attraverso il sottosegretario, e che quindi, dal punto di vista formale, la posizione è ineccepibile. Mi consenta anche di dirle che, dal punto di vista dell'opportunità, probabilmente, essendoci un Ministro e due sottosegretari al lavoro (ringraziando la gentilezza e la presenza della collega Bianchi), forse questa poteva essere l'occasione per cui un sottosegretario competente avrebbe potuto essere presente ai lavori. Comunque, il Governo è rappresentato formalmente.

È iscritto a parlare l'onorevole Tripiedi. Ne ha facoltà.

DAVIDE TRIPIEDI. Grazie Presidente. Volevo sottolineare anch'io questa mancanza di sottosegretari e del Ministro del lavoro.

PRESIDENTE. L'abbiamo sottolineata, quindi andiamo avanti.

DAVIDE TRIPIEDI. Presidente, vorrei anche dire che non è una mancanza di rispetto nei confronti dei lavoratori, o dei componenti della Commissione parlamentare lavoro, ma è una questione di rispetto nei confronti del Parlamento, con tutto il rispetto che io ho per la sottosegretaria Bianchi, non vorrei mai insinuare che lei vale meno di un'altra. Voglio solo dire che ci sono dei principi da portare avanti, ed è il rispetto verso il Parlamento che oggi, a mio modo di vedere, manca.

Torniamo subito sulla discussione del tema. Son passati tre anni dall'approvazione del Jobs Act in quest'Aula e in questi tre anni abbiamo visto numeri che ci dicono, secondo la maggioranza, che sono aumentati i posti di lavoro, è aumentata l'occupazione, il Jobs Act ha funzionato. Ma a livelli pratici, cosa è costato al lavoratore e al popolo italiano il Jobs Act? Aumento del debito pubblico dai 14 ai 18 miliardi per questa norma (fossi stato il Ministro del lavoro, avrei utilizzato questo bel bacino di denaro per fare altro, ma non voglio star qui a raccontarvi cosa vorrei fare io), distruzione dei diritti e ipocrisia, perché ci diceva il Governo e ci diceva Renzi che le aziende non ci chiedono l'abrogazione dell'articolo 18, serve altro, e poi ci ritroviamo in Aula ancora oggi a discutere del ripristino dell'articolo 18, dopo che Renzi e il suo Governo hanno demolito completamente il diritto del lavoro.

Voglio ricordare anche che non solo Renzi, ma anche la Fornero hanno distrutto… ma non tanto la Fornero, Presidente, perché non è giusto dare la colpa a lei, dato che c'era qualcuno che ha dato la fiducia alla Fornero e che ha votato i suoi provvedimenti. Di conseguenza, oggi io mi ritrovo qua le stesse persone che hanno votato per la distruzione dei diritti che cercano di dire “no, miglioriamo monetizzando ancora di più il licenziamento”. Quindi, di fatto, si sposa il principio della monetizzazione del licenziamento.

Io voglio dire all'onorevole Fassina che noi non ci nascondiamo davanti a nessuno e davanti a nulla, perché noi pensiamo che ci sia una netta differenza tra un'azienda sotto i quindici dipendenti e un'azienda sopra i quindici dipendenti e le spiego anche perché. Vi spiego nel dettaglio che con questa norma non si fa un piacere al lavoratore, ma si rischia ancora grosso. Vi spiego semplicemente perché: immaginate un lavoratore che si trova in un'azienda di sei dipendenti, che viene reintegrato, laddove lo stesso datore di lavoro magari lavora insieme ai lavoratori; secondo lei, onorevole Fassina (ma anche a Laforgia faccio questa domanda; a Fassina, a Laforgia, piuttosto che a Bersani): psicologicamente il lavoratore come può lavorare sereno all'interno di quella fabbrica, sapendo che è stato licenziato senza giusta causa? Ma il datore di lavoro come lo accoglie in azienda? Gli fa le carezze o magari lo mobbizza ancora di più? Sappiamo che ci sono differenze sostanziali. L'articolo 18 è stato pensato per cercare di tutelare le persone, i lavoratori - molte volte operai - che sono facilmente sostituibili. Cosa vuol dire? Vuol dire che se io lavoro in una catena di montaggio e sto antipatico al mio caporeparto, ho il diritto di avere una sicurezza, che è quella dell'articolo 18. Invece, nella piccola impresa, il lavoratore è un pochino più preparato professionalmente e se il datore di lavoro perde quel pezzo importante dell'azienda, per lui è una perdita economica, perché c'è molta più professionalità; questa è una netta differenza che dobbiamo fare emergere.

Il MoVimento 5 Stelle non è contro l'articolo 18, anzi in questo teatrino, l'unica vera forza politica che si è dimostrata coerente con gli atti portati avanti con il Jobs Act e con gli atti portati avanti in questa norma di legge, è quella del MoVimento 5 Stelle, che vuole fare una differenza sostanziale, ma che non vuole fare campagna elettorale sulla pelle dei lavoratori. Gli accordi politici non si prendono facendo questa diatriba. Gli accordi politici si prendono da un'altra parte, qua si parla del bene delle persone e del diritto dei lavoratori.

Con il Jobs Act, Presidente, si è creato un sistema duale: io, Davide Tripiedi, che lavoro nella Nestlè, - prendo un'azienda a caso - vengo assunto prima del Jobs Act e ho il diritto alla reintegra. Matteo Dall'Osso, che viene assunto dopo il Jobs Act, non ha diritto alla reintegra. Ma voi immaginate all'interno di queste grandi aziende che atmosfera si può creare? Secondo voi, il lavoratore che non ha la tutela della reintegra all'interno dell'azienda può immaginarsi di incentivare l'attività sindacale piuttosto di fare uno sciopero? No, perché c'è un'emergenza lavoro, e quindi ha paura del ricatto; di conseguenza, bisogna cercare di rendere ancora uniformi le situazioni. Avete creato un sistema malato, dove siete voi che avete attaccato il sindacato, perché siete voi che avete messo in queste condizioni i lavoratori di non appartenere a un sindacato o all'altro per paura di essere giudicati dal datore di lavoro.

Quindi, vi prego, utilizziamo un pochino di capacità di relazionarsi e, soprattutto, di comprensione per quanto riguarda le aziende e i lavoratori. Si è parlato di padroni, eccetera. È vero, c'è differenza, ormai ci sono delle persone che speculano sul lavoro, è vero, non possiamo non dirlo, ma non ci dobbiamo dimenticare del dramma del lavoro che sta succedendo oggi, perché l'articolo 18 viene superato, onorevole Fassina, lo sa come? Con il licenziamento collettivo. E abbiamo visto tantissime aziende che da un giorno all'altro decidono di delocalizzare, magari nonostante abbiano preso soldi pubblici. Parliamo del caso K-Flex. Oppure, l'ultima azienda, Canali, nota azienda che produce abiti di alta moda, che io non mi potevo permettere da operaio, decide di licenziare 130 donne e 4 uomini da un giorno all'altro. Quindi le lavoratrici entrano in azienda e si ritrovano una bella lettera in cui è detto: cara mia, devi andare a casa, sei stata licenziata.

E allora dobbiamo andare oltre, oltre; dobbiamo cercare di immaginare un futuro migliore, partendo dai diritti, ma cercando di ricostruire un sano principio di rispetto verso il mondo del lavoro. Ci dimentichiamo anche che questa norma e questo aumentare dei contratti a termine, quindi contratti a tempo determinato, arriva prima del Jobs Act, con il decreto Giovannini. Il decreto Giovannini toglie la causale nei contratti a tempo determinato, perché prima il datore di lavoro doveva dare un motivo per assumere un lavoratore a tempo determinato. Oggi non è più così. Oggi viene tolta la casuale e di fatto aumentano i contratti a tempo determinato. Ho sentito parlare l'onorevole Gnecchi, e dico che io ho una stima profonda per lei. Si è parlato del fatto che interloquiva con l'onorevole Speranza che, tra l'altro, tra parentesi, ha votato il Jobs Act e oggi viene in Aula a voler ripristinare l'articolo 18, addirittura puntando in alto, sopra i cinque dipendenti. È una follia ma magari si vuole lavare la faccia, perché ha fatto, secondo lui, un danno maggiore, e allora, per tornare indietro, per migliorare la sua credibilità, punta in alto.

Ma l'onorevole Gnecchi ha parlato di condizioni che abbiamo dato, perché noi abbiamo votato le condizioni - si ricorda, onorevole? - insieme a loro, proprio per far capire che, se lo propone uno o l'altro, noi non guardiamo in faccia a nessuno. Il tema conta, e noi quel tema lo avevamo votato. Peccato, però, che ci dimentichiamo di dire che le condizioni all'interno delle leggi delega non sono vincolanti; quindi, potevamo scrivere anche che l'articolo 18 lo dobbiamo inserire così come era, precedentemente alla legge Fornero, ma, se il Governo non lo recepisce, non ha nessun vincolo, non ha nessun obbligo. Posso scrivere tutto quello che voglio ma di fatto il risultato è zero, zero, perché poi è venuto in Aula, via, l'articolo 18 è stato distrutto, e, di fatto, si è andato a precarizzare ancora di più il mondo del lavoro, perché questo fatto è oggettivo. L'Osservatorio sulla precarietà ci dice che c'è un netto aumento della precarietà; quindi, di fatto, questa norma, il Jobs Act, ha aumentato la precarietà, ha aumentato le disuguaglianze all'interno delle aziende.

Mi faccio una domanda. Presidente, noi sappiamo che il testo domani verrà rinviato in Commissione, lo sappiamo. Perché non prendersi la responsabilità di affrontare questo discorso in Aula, quando l'Aula è piena, e, magari, esporre quali sono i principi del MoVimento 5 Stelle, ma capire anche quali sono quelli di Stefano Fassina o dell'onorevole Airaudo o di Laforgia o di Speranza o di Bersani, che hanno votato il Jobs Act? Voglio capire perché non si affronta questo tema. Non si affronta perché il PD ha paura di perdere quel bacino elettorale che fa comodo a loro, quindi metterci la faccia dicendo “sono contro”, perché poi il voto è palese. Invece no, domani ci diranno “Lo rispediamo in Commissione” - ma ce lo hanno detto anche oggi in discussione sulle linee generali - “per migliorarlo”. Non c'è più da migliorare: o ripristiniamo o dobbiamo cercare di andare avanti coerentemente con quello che si sta facendo, e lo state facendo.

Però non prendiamo in giro i lavoratori e, soprattutto, non dite che il MoVimento 5 Stelle è contro l'articolo 18. Non ditelo mai, perché gli atti parlamentari parlano chiaro. Gli atti parlamentari dimostrano che gli unici coerenti siamo stati noi. Abbiamo fatto una battaglia sull'articolo 18 in Aula e la rifaremo, perché ci sembra ingiusto non porre all'attenzione dell'Aula questi temi. Noi non voteremo contro, non me la sento di votare contro. Noi, come gruppo politico, non ce la sentiamo, ma ci asterremo. Ci asterremo perché non vogliamo entrare nelle diatribe politiche che ci sono tra MDP, SEL-Sinistra Italiana e il Partito Democratico. Voglio mandare questo messaggio a MDP: il Partito Democratico è un partito aziendalistico, punto. Ma non perché agevola le imprese, ma magari agevolasse le imprese, quelle piccole e medie, quel vero settore produttivo del nostro Paese, quella vera ricchezza che abbiamo.

No, agevola le multinazionali, perché è a loro che - innanzi a un licenziamento illegittimo - dei soldi non gliene frega, perché ne hanno tanti. Mi rifaccio al caso della Nestlé o di un'altra multinazionale o della Perugina. Hanno i soldi e ti dicono: va bene, tieni i soldi e vai fuori dalle balle. Ecco dov'è il principio.

Quindi, noi dobbiamo cercare di avere una coerenza, una coerenza che viene anche dai dati, ma non voglio ridirli, perché sarei noioso e li abbiamo già detti. Di fatto, con il Jobs Act aumenta una cosa: la precarietà. E domani, se dovessimo andare al Governo, noi restituiremmo l'articolo 18, non ho paura di dirlo. Ma, allo stesso tempo, agevoleremmo le imprese piccole e medie, perché sappiamo che quella è l'ossatura del nostro Paese. Faremo anche il salario minimo garantito, così da poter bloccare quei contratti fasulli a 4,40 euro, firmati anche dai sindacati, dove il giudice ci dice: non possiamo dare 4,40 euro ai lavoratori. Ma quel contratto lo hanno firmato i sindacati, Presidente. Ecco perché dobbiamo istituire il salario minimo: meno di 9 euro non si possono dare! Qualità del lavoro, salario onesto e, soprattutto, salario gratificante: questo deve essere il principio, un salario gratificante che possa dar valore a quello che fa il lavoratore. Presidente, chiudo e la ringrazio se sono andato un po' fuori…

PRESIDENTE. No, ha ancora mezzo minuto.

DAVIDE TRIPIEDI. La ringrazio. Il diritto del lavoro è una cosa importante. Il Parlamento deve e ha l'obbligo di affrontare una discussione sul tema; quindi, prego la maggioranza, il sottosegretario che non c'è, il Ministro che non c'è, di portare in discussione questo tema e di prendervi la responsabilità di quello che pensate. Semplicemente, dite al popolo italiano cosa ne pensate dell'articolo 18 (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Nicchi. Ne ha facoltà.

MARISA NICCHI. Con pervicacia abbiamo riportato alla Camera l'urgenza di una nuova legislazione per i diritti delle lavoratrici e dei lavoratori. Lo abbiamo fatto come gruppo che si chiama Articolo 1 quale primo atto al momento della sua costituzione e non certo per la campagna elettorale ma perché pensavamo che fosse un'urgenza del Paese. Abbiamo in mente il mondo del lavoro così provato; abbiamo in mente chi soffre per le pesantezze inaudite del lavoro; chi soffre per la mancanza di lavoro e lo cerca sopportando tutti i costi; chi è sfiduciato e nemmeno lo cerca. Pensavamo alle donne che lo desiderano e non vogliono rinunciare a coniugarlo con la libertà di diventare madri, con la cura della vita e lo fanno a prezzo di equilibrismi stressanti e penalizzanti per la propria vita lavorativa. Nel nostro Paese ci sono innumerevoli lotte e vertenze: i giovani precari a cui si sono aggiunti ora anche gli studenti che giustamente sono critici rispetto alla nuova forma di gratuità del lavoro che viene introdotta attraverso l'alternanza scuola-lavoro. Vorrei inoltre ricordare a tanti che sono qui e ne capiscono bene il valore la grande mobilitazione della Cgil, il valore della Carta dei diritti universali che la Cgil ha elaborato, il vero fondamento di una modernità autentica che ha fatto un cambio di impostazione molto importante rispetto a cui il Parlamento e la maggioranza non dà segnali positivi. È in questo contesto di lotte, in questo nuovo quadro di elaborazione che abbiamo presentato la proposta di legge e abbiamo introdotto e posto al centro della questione il ripristino e l'estensione dell'articolo 18. Con tale articolo si tocca la radice della dignità e della libertà delle persone che lavorano. Con l'articolo 18 era stata tracciata una linea netta che distingueva tra sfera del diritto del lavoro e quella dell'arbitrio che intende il lavoro una variabile dipendente dalla logica del puro profitto, a disposizione del datore di lavoro, subordinata al suo potere. C'era questa distinzione. Con il Jobs Act questa demarcazione è stata cancellata; è stata sostituita e trasformata in un risarcimento economico. Il calcolo monetario ha preso il posto di un diritto ed è una logica, come purtroppo ho sentito dalla discussione, che la maggioranza continua ancora a riproporre anche puntando ad aumentare il risarcimento. Ma qual è il punto? Questo sì è un punto di vera distinzione tra di noi: che il risarcimento, anche aumentato, non agisce su un altro aspetto determinante ossia impedire di lavorare in soggezione, impedire di lavorare sotto ricatto, sotto tutti i tipi di ricatto, come ha ricordato la collega Delia Murer, pensando proprio alle molestie che le donne subiscono nei luoghi di lavoro ma che non sono certo l'unica forma di ricatto e di soggezione che oggi vive pesantemente chi lavora in modo subordinato.

Con la proposta di legge vogliamo riaffermare ed estendere l'articolo 18 per i due seguenti motivi. Primo, per i risultati fallimentari: dopo mesi di applicazione del Jobs Act possiamo affermare di sicuro, al di là della propaganda del Governo, che non si è minimamente intaccato il fenomeno che si diceva di voler combattere, la disoccupazione giovanile. Si diceva che era impedito combatterla perché c'erano troppe tutele rigide. E meno che mai è venuto meno il precariato. Più precariato e più licenziamenti: qualcosa non torna, altro che tagliando!

Inoltre c'è un altro motivo per cui noi chiediamo la soppressione dell'attuale articolo 18 e il suo ripristino. Il lavoro è cambiato rispetto alle stagioni che hanno portato alla conquista dello Statuto dei lavoratori non fosse altro per la rivoluzione tecnologica, per la robotica ma, di fronte a questi cambiamenti e a queste sfide…

PRESIDENTE. Concluda per favore.

MARISA NICCHI. … mi avvio a concludere. Ma di fronte a tali cambiamenti e a tali sfide l'unica cosa che il Governo e le maggioranze hanno presentato è la soppressione dei diritti. Questa ricetta è sbagliata e noi dobbiamo assolutamente superarla. Lo facciamo ora nelle aule del Parlamento e lo continueremo a fare nel Paese (Applausi dei deputati del gruppo Articolo 1-Movimento Democratico e Progressista).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Gregori. Ne ha facoltà.

MONICA GREGORI. Grazie, Presidente. Dopo tre anni esatti, possiamo dire, in quest'Aula si torna a parlare dei diritti dei lavoratori e certo non si torna a parlarne grazie alla maggioranza che oggi governa il Paese. Si torna a parlarne grazie alle proposte di legge presentate dal nostro gruppo, Sinistra Italiana-Possibile, e dal gruppo Articolo 1-MDP. Non è una questione strumentale, non è una questione di campagna elettorale e voglio sottolinearlo perché prima il collega Airaudo ha detto una cosa importante: le proposte di legge, che ovviamente seguivano la grande battaglia e la mobilitazione della Cgil, furono presentate in questo Palazzo nel 2016, quindi è una scelta sostanziale della maggioranza iniziare a discuterne oggi.

PRESIDENTE. Scusi, possiamo abbassare un po' il tono della voce?

MONICA GREGORI. E quindi anche quando la relatrice di maggioranza ci dice che oggi non c'è tempo e ci viene inoltre detto da altri colleghi di tentare di migliorare quello che nel Jobs Act non è andato, noi rispondiamo che il tempo c'è e che non possono essere migliorati gli effetti negativi che oggi vengono dal Jobs Act legandosi alla legge di stabilità. Qui bisogna ripartire dalle fondamenta dei diritti e fare una vera riforma del lavoro. Non a caso in queste due proposte addirittura i diritti si estendono: si va al di sotto dei quindici dipendenti. Voglio venire a quanto giustamente diceva il collega Tripiedi cioè immaginarsi un lavoratore che rientra in un'azienda dove ci sono solo sei dipendenti e addirittura il datore di lavoro lavora con loro. Con quale spirito psicologicamente può rientrarvi? È vero ma è vera anche un'altra cosa: è una scelta che il lavoratore si dà, un'opportunità del lavoratore. Non si dice però al lavoratore che non deve rientrare così come ha fatto il Jobs Act, che è totalmente diverso. Io, quando fui licenziata, scelsi di rientrare. Non ho scelto di prendere l'indennità e l'ho fatto con uno spirito totalmente positivo perché io avevo vinto la mia battaglia. Io ero riuscita a dimostrare che nel mio posto di lavoro non avevo fatto nulla di male, anzi. Ripeto: anzi. Poi c'è anche chi non ha un carattere forte e dice: no, io lì non voglio rientrare ma noi diamo un'opportunità. Di certo non facciamo quello che ha fatto il Jobs Act e quello che ha fatto la maggioranza, quello che fece tre anni fa togliendo tutto - ripeto: tutto - ai lavoratori. Vorrei ricordare che molti di noi, che oggi siedono in opposizione mentre allora eravamo nel Partito Democratico, molti di noi lì, in quelle sedie, non votammo il Jobs Act e fummo devastati da critiche, da mille discussioni nel gruppo parlamentare perché noi eravamo i cattivi. Ma noi avevamo semplicemente detto che non si poteva eliminare la reintegra del licenziamento illegittimo perché era una discriminazione. Infatti il lavoratore non è merce, non è una matricola, non è un numero: il lavoratore non vuole l'indennità, il lavoratore vuole dignità. Vuole questo perché voi, come maggioranza, avete girato le spalle a chi oggi purtroppo grazie al Jobs Act ha perso il lavoro. Vogliamo entrare nei rapporti di lavoro? Entriamoci. Ragazzi che sono presi a lavorare a cottimo per due ore al giorno e poi ne fanno otto e, se si permettono di fare un giorno di malattia, il giorno successivo non li fanno entrare al lavoro; oppure i lavoratori che subiscono i cambi di appalto perché le aziende vogliono attuare il Jobs Act e licenziare dalla sera alla mattina, ridurre la retribuzione e aumentare l'orario di lavoro. Questo è accaduto grazie al Jobs Act in questi tre anni e lo sappiamo tutti.

Tutte quelle vertenze, che l'onorevole Gnecchi citava, nella maggior parte riguardano questi casi. E quelle, però, sono persone che il giorno successivo non sanno come fare mangiare i propri figli. A loro voi avete voltato le spalle tre anni fa! Quelle sono persone che non sanno come potranno pagare la mensa scolastica ai propri figli, lì dove è la mensa scolastica, intendiamoci. Sono persone che non possono - perché non hanno possibilità economica - accedere a cure sanitarie. Ricordiamoci gli 11 milioni di persone che non riescono ad accedere al Servizio sanitario nazionale. Guardate che è dovuto anche da questo, soprattutto da questo.

E, allora, noi non vogliamo fare battaglie contro il Partito Democratico, non ci sono accordi, né diatribe, assolutamente no! Noi respingiamo tutto questo. Noi diciamo, con questa proposta di legge, che dobbiamo restituire la dignità ai lavoratori, che dobbiamo ridare loro i diritti e ridare la possibilità, dinanzi ai giudici, di potersi difendere e dimostrare la loro innocenza e riprendersi il posto di lavoro. Noi questo diciamo! Oggi anche il peggior criminale può essere assolto, perché va in tribunale, e in un modo o nell'altro, dice che è innocente e lo dimostra, anche se è sbagliato, ma comunque, il peggior criminale ha la possibilità di rivolgersi a un giudice e far valere le sue ragioni. Oggi un lavoratore onesto, che viene licenziato ingiustamente, non ha questa possibilità, primo, perché non ha possibilità economiche, come ricordava il collega Airaudo, e, secondo, perché voi gli avete disintegrato tutti i diritti. Quindi, non ha diritti che può fare valere dinanzi a un giudice. Allora, noi respingiamo quello che la maggioranza vuole fare e cioè il rinvio in Commissione. Saremo in Aula a dare battaglia su questo tema e saremo fuori dall'Aula e porteremo avanti questa causa, fino a quando i diritti dei lavoratori non saranno ripristinati e allargati a tutti quanti i lavoratori (Applausidei deputati del gruppoSinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà-Possibile).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Albini. Ne ha facoltà.

TEA ALBINI. Signor Presidente, io faccio parte di quella generazione che ha fatto il Sessantotto, quella delle tante battaglie per i diritti delle donne; quella che definiva servizio quello che fino allora si chiamava assistenza e beneficenza; quella che lottava per la scuola e la sanità pubblica e quella che pensava che il figlio di un operaio poteva diventare anche dottore e che chiedeva pari opportunità per tutti, al di là del censo e del sesso; quella delle grandi battaglie per il divorzio e l'aborto; quella della legge n. 300 del 1970, che apriva finalmente una stagione nuova per il lavoro, riconoscendo dignità e diritti a tutti i lavoratori.

Oggi, senza nessuna nostalgia e riconoscendo anche i limiti e gli errori di quella stagione, penso, allora come ora, che il lavoro è l'unico mezzo che rende liberi nel pensiero e nelle azioni e la difesa di quei diritti e di quella dignità è una battaglia giusta e che vale la pena di fare. Per questi motivi non votai il Jobs Act, quando ero nel Partito Democratico, e ho firmato convintamente questa proposta di legge, sulla modifica dell'articolo 18.

Vede, signor Presidente, la questione della difesa dal licenziamento illegittimo non può continuare ad essere una mera questione di risarcimento economico, ma deve essere anche l'occasione per un rinnovamento della visione stessa dei diritti del lavoro, a cominciare da una realtà che, abolendo il vecchio articolo 18, ha finito non solo con il togliere o non proteggere abbastanza il diritto, ma ha favorito un sottobosco sregolato di scappatoie e furbizie, a danno del concetto stesso del lavoro dipendente e dei suoi corretti equilibri di forza tra le parti, equilibri, a mio parere, in cui lo Stato non può permettersi di essere assente.

Una visione nuova, che ruota intorno ai tre principi di base: l'obbligo al reintegro e di un giusto risarcimento; il superamento delle variabili della dimensione aziendale rispetto all'obbligo stesso, anche nei casi di licenziamenti collettivi; infine, l'obbligo dell'intervento e coinvolgimento di una serie di attori, di rappresentanti e sindacati in primis e di alcuni seri ostacoli, da annettersi, la restituzione dei sussidi pubblici goduti, se goduti, al vuoto di risposte e di proposte del sistema attuale.

I fatti di cronaca di questi giorni, i migliaia di tavoli di lavoro e di crisi, ridimensionamenti, delocalizzazioni, attualmente aperti e affidati alla semplice buona volontà mediatoria del sindacato e di istituzioni territoriali, a fronte della tendenza opposta di frammentazione e precarizzazione e sudditanza, che cresce in ragioni statisticamente allarmanti, ne dimostrano la necessità e l'urgenza.

In merito ai punti fondamentali, ha ben illustrato la collega Martelli, per cui non mi dilungo. E vorrei, signor Presidente, dichiarare che il parere negativo della Commissione non è solo il parere negativo alla proposta di legge di alcuni parlamentari. Questo sarebbe già poco. Ma è il parere negativo al diritto dei lavoratori alla tutela del posto di lavoro in caso di licenziamento illegittimo.

Io ritengo che ogni volta si nega un diritto ad un lavoratore, fosse anche uno solo, si fa arretrare l'intera classe lavoratrice, quella di oggi e quella di domani. Lo vediamo oggi, con il parere espresso dalla relatrice per la maggioranza, ma l'abbiamo visto in questi anni nei famosi mille giorni che hanno, a mio parere, reciso il rapporto storico tra i lavoratori e il Partito Democratico, così come hanno dimostrato i risultati di tutti gli ultimi appuntamenti elettorali.

Io, signor Presidente, concludo il mio intervento e in estrema sintesi, con la nostra proposta di legge, chiediamo un articolo 18, che sia il segno di una forte discontinuità con le recenti riforme del lavoro e inauguri un nuovo punto di riflessione sul lavoro futuro, che non può essere appannaggio esclusivo di imprese, di vecchi e nuovi liberalismi e globalizzazioni, in qualsiasi modo si vogliono intendere (Applausi dei deputati del gruppo Articolo 1-Movimento Democratico e Progressista).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Civati. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE CIVATI. Grazie signor Presidente. Mi consenta una battuta per iniziare. Non è che scappano: è che non sono proprio venuti. Lo dico, pensando ad un Governo autorevolmente rappresentato, ma non dal Ministero del lavoro. Lo dico, pensando ai gruppi di una destra arrembante, che non sono nemmeno intervenuti oggi, su una questione di grande rilevanza sociale e politica per il nostro Paese.

Monica Gregori ha ricostruito con grande dolore - potremmo dire - politico quello che è successo tre anni fa. Non ci tornerò, perché è stata già molto esaustiva. Vorrei solo ricordare che all'inizio questa storia dell'abolizione dell'articolo 18 è stata introdotta da una dichiarazione dell'allora Ministro Alfano - “allora”: in realtà è rimasto - che l'ex Premier salutò come una battuta agostana balneare, non dando alcuna importanza a quella dichiarazione. Poi, dopo qualche mese, l'articolo 18 è volato via, per dire anche della lontananza con quanto avevamo promesso ai nostri elettori, alla nostra tradizione culturale e politica.

Io credo, però, che l'occasione di oggi - un'occasione che, temo, mancherà domani, nel senso che questo lavoro tornerà in Commissione - sia quella di una grande riflessione sul tema dello sfruttamento del lavoro. Non riguarda solo evidentemente questa discussione, ma la stagione politica in cui siamo immersi in questo scorcio di legislatura e per la prossima.

È saltato un patto sociale, sia in termini di diritti sia in termini di retribuzioni. Lavoratori che, pur lavorando, restano poveri, persone che sono precarie a vita, per una vita che diventa essa stessa precaria, un sistema in cui il salario è la prima variabile su cui giocare, merce più delle altre merci, perché anche chi fa della qualità un marchio spesso trascura la qualità del lavoro e della vita del lavoratore, che invece dovrebbe essere la prima cosa che un sistema virtuoso tutela.

Le distopie che ci vengono raccontate, in cui robot comandano, sono già qui tra noi, se è vero che i rapporti sono spesso disumani, i licenziamenti avvengono per e-mail - è stato clamoroso il caso della Ericsson -, le liquidazioni sono automatiche - c'è qualcuno addirittura che se ne compiace - e i robot, le macchine e gli strumenti sono più valorizzati dei lavoratori stessi, dei lavoratori umani, loro. Non è colpa, in particolare, di questo Governo ovviamente. La colpa di questo e di altri Governi è quella di non essersi assunti fino in fondo questo stato di cose, di non avere preso la misura della sua pericolosità.

“Non è lavoro, è sfruttamento” è un libro che trovate in queste settimane in libreria, di cui consiglio la lettura a tutti, perché farebbe riflettere, al di là delle parti politiche e delle polemiche, che ho sentito anche oggi, veramente un po' ridicole da parte del MoVimento Stelle.

Ci vuole altro, ci vuole una giusta paga e una giusta causa, temi costituzionalissimi; e aggiungerei che la giusta causa è una causa giusta, necessaria, centrale, per poter definire e mettere a fuoco tutte le altre. La precarizzazione da contrastare, non certo da agevolare e da sostenere, una misura - come dicevo - da ritrovare; le disuguaglianze da superare davvero, dove si manifestano. Una riflessione che per noi - lo dico - non è moneta di scambio per questa o per quella forza politica, come leggo sui giornali, è un tema politico di rilevanza assoluta. Ecco, vorrei dire a molti commentatori che questo non è un argomento telefonico, con buona pace di Piero Fassino, è un argomento parlamentare, è un argomento politico. Non è precario quel singolo lavoratore, è precario il nostro Paese; questo dovremmo considerare, per una ragione sostanziale, che è diventato tutto, in termini di diritti e di lavoro, precario, nel senso di ottenuto con preghiera, ciò che si esercita con permissione e per tolleranza altrui. È invece un fatto costituzionale, lo ribadisco. Un torto subito, è il giudice che lo deve verificare e mettere a posto, non possono essere altri, in un sistema democratico. Non è possibile eludere per nessuna ragione questo aspetto, e questa è la ragione per la quale allora ci opponemmo a queste misure.

Articolo 18, e ovviamente non basta nemmeno quello, è fondamentale che si riapra la discussione su come questo contratto definito a tutele crescenti assicuri che esistano vere tutele e che il contratto sia unico, perché almeno si citino i promotori di quell'idea fino in fondo, non solo anche quello in parte. Che esista un salario minimo legale per tutti quelli che non sono rappresentati da un contratto nazionale, perché si vada verso una maggiore contrattualizzazione dei lavoratori; che il tempo di prova, per essere seri, sia limitato alla prova e non sia fonte di speculazione di ribassi ulteriori, e che non ci siano mille modi per far lavorare le persone e rigorosamente per non pagarle in modo adeguato. Si dice che l'articolo 18, caro Presidente, sia una cosa vecchia, perché risale alla stagione delle lotte, agli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso: ecco, non averlo ci riporta più indietro, esattamente di un secolo, agli anni Sessanta e Settanta dell'Ottocento, in cui nacquero queste battaglie e la richiesta di un sistema in cui nessuno approfitti e si approfitti dell'altro, e ci sia una garanzia di giustizia e di dignità. In questo contesto noi inseriamo questa proposta, una proposta che per noi è motivo di orgoglio politico e anche di restituzione agli elettori, e che speriamo domani non finisca nella burocrazia parlamentare, che è l'unica cosa della vita parlamentare che non ci piace (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà-Possibile).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche - A.C. 4388-A)

PRESIDENTE. Avrebbero facoltà di replicare l'onorevole Airaudo così come l'onorevole Di Salvo, ma, avendo terminato il tempo a loro disposizione nell'intervento iniziale, non ne hanno per la replica. Prendo atto che la rappresentante del Governo rinuncia alla replica.

Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione della proposta di legge: S. 2227 - D'iniziativa dei senatori: Fabbri ed altri: Disposizioni per la celebrazione dei centocinquanta anni dalla morte di Gioachino Rossini (Approvata dal Senato) (A.C. 4665) (ore 17,50).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della proposta di legge, già approvata dal Senato, n. 4665: Disposizioni per la celebrazione dei centocinquanta anni dalla morte di Gioachino Rossini.

Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta del 17 novembre 2017 (Vedi l'allegato A della seduta del 17 novembre 2017).

(Discussione sulle linee generali – A.C. 4665)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

Avverto che il presidente del gruppo parlamentare MoVimento 5 Stelle ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.

Avverto, altresì, che la VII Commissione (Cultura) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire la relatrice, onorevole Manzi.

IRENE MANZI, Relatrice. Presidente, onorevoli colleghi, sottosegretario, oggi arriva in quest'Aula la proposta di legge a prima firma della senatrice Fabbri concernente la celebrazione dei 150 anni dalla morte del compositore Gioacchino Rossini. Una celebrazione che verrà adeguatamente ricordata attraverso il sostegno ad azioni di valorizzazione della personalità e dell'opera di un compositore poliedrico e vitale, di una personalità dalle mille sfaccettature, autore di opere celebrate, capace di spaziare dal genere buffo de IlBarbiere di Siviglia, de LaCenerentola, de L'italiana in Algeri ad opere dell'impatto decisamente più drammatico come il Guglielmo Tell, fino alle composite orchestrazioni della Petite messe solennelle e dello StabatMater.

“Lo invidio più di chiunque abbia vinto il primo premio in denaro alla lotteria della natura. A differenza di quello, egli ha vinto un nome imperituro, il genio e soprattutto la felicità”. Con queste parole, Stendhal, nella Vita di Rossini, commentava e celebrava il genio della personalità rossiniana, che la proposta di legge oggi in esame mira a ricordare nel 2018, proprio in occasione dell'anniversario della sua morte, avvenuta a Parigi nel 1868. E lo fa per prima cosa impegnando la Repubblica a celebrarne la figura nell'ambito delle finalità di salvaguardia e promozione del patrimonio culturale, storico, artistico e musicale, dichiarando in suo onore il 2018 anno rossiniano. Accanto a tali dichiarazioni solenni, la proposta di legge intende celebrare l'anniversario individuando tre obiettivi fondamentali da perseguire, a cui destinare il contributo straordinario di 700.000 euro, suddivisi tra il 2018 ed il 2019. Le attività, nello specifico, si articolano nel sostegno alle attività formative, didattiche, congressuali, seminariali, espositive e di spettacolo dirette a promuovere la conoscenza del patrimonio musicale, artistico e documentario relativo alla figura e all'opera di Gioacchino Rossini, incluse anche le attività promosse dall'Accademia rossiniana del Rossini Opera Festival e dalla Fondazione Rossini. Oltre a questo, il recupero, il restauro ed il riordino del materiale storico, artistico e museografico riguardante Rossini, nonché il recupero edilizio ed il restauro dei luoghi rossiniani. Infine, la promozione della ricerca scientifica in materia proprio di studi rossiniani, anche attraverso l'istituzione di borse di studio in favore di studenti dei conservatori e delle accademie musicali.

La proposta di legge affida nello specifico ad un comitato promotore per le celebrazioni, presieduto dal Presidente del Consiglio dei ministri e composto da rappresentanti delle istituzioni nazionali e locali e da esperti ovviamente di chiara fama, il compito di definire le attività che rientreranno nelle finalità sopra descritte, definendone inoltre i criteri generali che dovranno orientarne l'azione. Il testo in esame oggi si inserisce dunque nel filone di altre proposte di legge esaminate negli anni passati in quest'Aula dirette a celebrare figure particolarmente celebri del panorama culturale italiano; proposte di legge che si sono affiancate al procedimento specifico contenuto nella legge n. 420 del 1997, che ha dettato un procedimento ordinario per l'istituzione ed il sostegno dei comitati nazionali per le celebrazioni di personaggi ed anniversario illustri; disposizioni specifiche di legge che hanno trovate proprio nel particolare rilievo e nella particolare importanza di alcuni personaggi la ragione di una legge speciale e nominativa, se vogliamo. Penso in particolare alla legge del 2012 che ha voluto celebrare l'anniversario e la figura di Giuseppe Verdi in occasione del secondo centenario della sua nascita; alla legge che ha voluto celebrare la figura di Alberto Burri, fino alla legge n. 153 del 2017, dedicata alle celebrazioni delle figure di Leonardo, Raffaello e Dante negli anniversari della loro morte. Proposte di legge, dunque, che hanno voluto rimarcare, in presenza di personaggi di assoluto rilievo nazionale ed internazionale, l'impegno della Repubblica a celebrarne la memoria e a valorizzarne l'opera, e che nel caso odierno arriva in Aula a pochi mesi dalla conclusione della legislatura e dall'inizio dell'anno rossiniano.

Proprio l'urgenza di voler concludere l'iter di questo provvedimento senza modifiche è alla base della bocciatura degli emendamenti presentati in Commissione da parte di alcune delle forze politiche presenti; proposte emendative devo dire dirette anche a migliorare la portata del testo, inserendo anche giusti rinvii al requisito della trasparenza nell'utilizzo delle risorse statali, che però non è stato possibile accogliere e che mi auguro i colleghi vogliano richiamare anche con specifici ordini del giorno, vista ovviamente la necessità di giungere in tempi rapidi all'approvazione del testo, evitando a pochi mesi dalla conclusione della legislatura e dall'inizio del 2018 che un eventuale rinvio al Senato possa compromettere il buon esito delle iniziative già programmate. È allora questo il motivo della bocciatura degli emendamenti, è questo il motivo per cui mi auguro che il testo di legge in esame possa godere anche in sede di voto finale del più ampio e trasversale consenso politico. Ciò ovviamente per il suo oggetto e per la sua finalità, quella di valorizzare la figura di Rossini attraverso un positivo raccordo tra soggetti pubblici e privati, tra esperti e figure istituzionali, e grazie, tra l'altro, ad una fattiva sinergia tra le realtà culturali locali - per la verità di rilievo nazionale -, come il Rossini Opera Festival e la Fondazione Rossini, che in questi anni si sono dedicati attivamente alla valorizzazione e alla conservazione della memoria del compositore pesarese.

Attività che si uniranno a quelle di altre associazioni di rilievo internazionale che hanno già avviato una positiva forma di collaborazione, vista la rilevanza culturale della produzione rossiniana. Una sinergia che potrà esprimersi a livello nazionale, e ancor più nel caso della città di Pesaro, la città natale del grande musicista, proclamata tra l'altro da pochi giorni, grazie all'impegno speso in questi anni a sostegno della diffusione della cultura musicale rossiniana, Città creativa UNESCO per la musica; una città che in questi anni si è impegnata, e che mi dà l'opportunità di aggiungere un'altra cosa, andando a concludere il mio intervento.

L'anniversario del 2018 e la proclamazione dell'anno rossiniano arrivano all'interno di un contesto di realtà fortemente impegnate, da sempre, nella conservazione e nella valorizzazione della memoria rossiniana, e nella diffusione di una cultura musicale come fattore e motore di sviluppo della comunità e di un contesto urbano sostenibile. E in questo, le celebrazioni rappresentano una giusta ricorrenza, ma non soltanto una ricorrenza: esse possono rappresentare un momento di crescita e sviluppo della città e della comunità attraverso il ruolo propulsore della musica, di tutta la musica, da quella classica a quella contemporanea, in una vitalità e in un crescendo, non a caso rossiniano, che ben si riconnetta ai tratti poliedrici della personalità di Rossini. Le iniziative celebrative pensate e sostenute da questa legge sono allora una giusta occasione di ricordo, che non vuole però restare confinata al 2018, ma può allargarsi e legarsi agli eventi e ad un tessuto culturale vivo e creativo, che in questi decenni è cresciuto, proprio a partire dalla città di Pesaro: ne sono una diretta testimonianza le attività delle istituzioni rossiniane, dal Conservatorio Rossini alle attività della Fondazione Rossini, una istituzione culturale sostenute e riconosciuta dallo stesso Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, fino alle prestigiose stagioni del Rossini Opera Festival, festival musicale e lirico di rilievo internazionale, che ogni anno a Pesaro celebra con il suo programma operistico l'opera di Rossini.

Azioni e progetti che la proposta di legge odierna riconnette in un tessuto comune proprio in vista del 2018, e che confermano, ancora una volta, a pochi giorni dall'approvazione in quest'Aula della legge sullo spettacolo dal vivo, l'impegno e l'attenzione del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo verso la musica in tutte le sue forme di espressione e verso l'arte, insostituibile strumento di crescita del nostro Paese. Ed è giusto allora ricordarli in occasione dell'approvazione di una proposta di legge che proprio ad un musicista è dedicata, nella giusta consapevolezza di quanto la tradizione musicale ottocentesca abbia contribuito a costruire l'identità nazionale del nostro Paese. E allora, il 2018 può essere davvero un'occasione di cui approfittare per promuovere e valorizzare, come spesso abbiamo fatto in più occasioni e in questi anni, la cultura e l'educazione musicale come fattore identitario, formativo e qualificante per il nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire la rappresentante del Governo, che tuttavia si riserva di intervenire nel seguito del dibattito.

È iscritta a parlare l'onorevole Bossa. Non la vedo in Aula: si intende che vi abbia rinunziato.

Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali, avvertendo che non si darà luogo alle repliche. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

  Martedì 21 novembre 2017, ore 12:

1.  Svolgimento di interrogazioni.

  (ore 15)

2.  Seguito della discussione della proposta di inchiesta parlamentare:

CAUSIN ed altri: Proroga del termine per la conclusione dei lavori della Commissione parlamentare di inchiesta sulle condizioni di sicurezza e sullo stato di degrado delle città e delle loro periferie. (Doc. XXII, n. 82)

Relatore: MISURACA.

3.  Seguito della discussione delle mozioni Colonnese ed altri n. 1-01683, Fossati ed altri n. 1-01750 e Lenzi ed altri n. 1-01751 concernenti iniziative volte a superare le criticità della normativa in materia di prevenzione vaccinale.

4.  Seguito della discussione dei disegni di legge:

S. 2098 - Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica dell'Ecuador in materia di cooperazione nel campo della difesa, fatto a Roma il 18 novembre 2009 e a Quito il 20 novembre 2009 (Approvato dal Senato). (C. 4465)

Relatore: FEDI.

S. 2100 - Ratifica ed esecuzione del Memorandum d'intesa tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica del Perù per la cooperazione nel campo della sicurezza e difesa e dei materiali per la difesa, fatto a Roma il 17 marzo 2010 (Approvato dal Senato). (C. 4466)

Relatore: FEDI.

S. 2182 - Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica di Macedonia in materia di cooperazione di polizia, fatto a Roma il 1° dicembre 2014 (Approvato dal Senato). (C. 4467)

Relatore: CAUSI.

S. 2183 - Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica del Mozambico sulla cooperazione nel settore della difesa, fatto a Maputo il 19 marzo 2014 (Approvato dal Senato). (C. 4468)

Relatore: CAUSI.

S. 2882 - Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Centro europeo per le previsioni meteorologiche a medio termine concernente i locali del Centro situati in Italia, con Allegati, fatto a Reading il 22 giugno 2017 (Approvato dal Senato). (C. 4686)

Relatore: CAUSI.

5.  Seguito della discussione della proposta di legge:

LAFORGIA ed altri: Modifica dell'articolo 18 della legge 20 maggio 1970, n. 300, e altre disposizioni concernenti la tutela dei lavoratori dipendenti in caso di licenziamento illegittimo. (C. 4388-A)

e dell'abbinata proposta di legge: AIRAUDO ed altri. (C. 4610)

Relatori: DI SALVO, per la maggioranza; AIRAUDO, di minoranza.

6.  Seguito della discussione della proposta di legge:

S. 2227 – D'INIZIATIVA DEI SENATORI: FABBRI ed altri: Disposizioni per la celebrazione dei centocinquanta anni dalla morte di Gioachino Rossini (Approvata dal Senato). (C. 4665)

Relatrice: MANZI.

La seduta termina alle 18.

TESTI DEGLI INTERVENTI DI CUI È STATA AUTORIZZATA LA PUBBLICAZIONE IN CALCE AL RESOCONTO STENOGRAFICO DELLA SEDUTA ODIERNA: ROBERTA AGOSTINI (Doc. XXII, n. 82)

ROBERTA AGOSTINI, Vicepresidente della I Commissione. (Relazione – Doc. XXII, n. 82). Il doc. XXII, n. 82 dispone la proroga fino al termine della legislatura per la conclusione dei lavori della Commissione parlamentare di inchiesta sulle condizioni di sicurezza e sullo stato di degrado delle città e delle loro periferie. Si ricorda che la Commissione è stata istituita, ai sensi dell'articolo 82 della Costituzione, con la delibera della Camera dei deputati 27 luglio 2016, pubblicata nella Gazzetta ufficiale n. 184 dell'8 agosto 2016. L'articolo 2, comma 4, di tale deliberazione prevede che la Commissione concluda i propri lavori entro dodici mesi dalla data della sua costituzione e presenti alla Camera, entro i successivi sessanta giorni, la relazione finale sulle indagini svolte. La Commissione si è costituita, con l'elezione dell'Ufficio di Presidenza, il 25 novembre 2016 e, quindi, il termine di un anno per la conclusione dei suoi lavori scadrà il prossimo 25 novembre.

Si ricorda altresì che, ai sensi del comma 2 dell'articolo 1 della deliberazione istitutiva, i compiti della Commissione sono i seguenti: accertare lo stato del degrado e del disagio sociale delle città e delle loro periferie, a partire dalle aree metropolitane, con particolare attenzione all'evoluzione della situazione socio-economica e alle implicazioni sociali e della sicurezza; accertare il ruolo delle istituzioni territoriali, le modalità previste e messe in opera per favorire la partecipazione delle cittadine e dei cittadini alla gestione delle politiche rivolte alle periferie, nonché la presenza di organismi di base e di cittadinanza attiva che promuovono tale partecipazione; acquisire le proposte operative che provengono dalle istituzioni territoriali, dalle associazioni locali di cittadine e cittadini, dalle parrocchie, dai sindacati e dalle altre organizzazioni di categoria, dalle organizzazioni rappresentative degli utenti e dei consumatori e dalle organizzazioni delle diverse etnie presenti, volte a favorire la rinascita sociale delle periferie a partire dall'occupazione, dall'istruzione, dalla formazione professionale, dai servizi, dalla mobilità, dall'integrazione dei migranti, dalla cultura e dallo sport; verificare lo stato di attuazione delle disposizioni della legge 27 dicembre 2006, n. 296, concernenti l'istituzione di zone franche urbane finalizzate a contrastare i fenomeni di esclusione sociale negli spazi urbani e favorire l'integrazione sociale e culturale delle popolazioni abitanti in circoscrizioni o quartieri delle città' caratterizzati da degrado urbano e sociale; valutare le esperienze realizzate nelle città italiane ed europee nelle quali si è' raggiunto un buon livello di integrazione e dove il disagio sociale e la povertà sono stati affrontati con efficaci interventi pubblici e privati; riferire alla Camera dei deputati proponendo interventi, anche di carattere normativo, al fine di rimuovere le situazioni di degrado delle città' e delle loro periferie.

La Commissione, come si deduce dalla relazione introduttiva alla proposta, ha proceduto alla sua attività sulla base di un programma di lavoro strutturato su quattro aree prioritarie di indagine le quali hanno riguardato: la rigenerazione sociale; la rigenerazione urbana; la sicurezza; le modalità di erogazione e di utilizzo dei fondi destinati al recupero delle aree periferiche delle città dalle leggi di bilancio per gli anni 2016 e 2017. La Commissione ha quindi svolto un intenso programma di audizioni di natura prevalentemente conoscitiva nel corso delle quali sono stati asco tati trentasette soggetti istituzionali e ventisette tra associazioni e comitati di cittadini. Sono stati inoltre svolti dieci sopralluoghi tre a Roma, gli altri a Napoli, Milano, Bologna, Bari, Torino Palermo e Genova —, nel corso dei quali, oltre ai soggetti istituzionali, la Commissione ha incontrato anche i rappresentanti di circa centosettanta associazioni e comitati di cittadini. Sono state inoltre acquisite all'archivio della Commissione circa trecento unità documentali, la maggior parte delle quali costituita da documenti consegnati direttamente in audizione o nei sopralluoghi ovvero trasmessi da associazioni e comitati di cittadini.

Come si deduce sempre dalla relazione introduttiva alla proposta, la Commissione, nel termine stabilito dalla deliberazione istitutiva non sarà in grado di concludere le attività già programmate, predisporre le relazioni al Parlamento e realizzare, in collaborazione con la società RAI-Radiotelevisione italiana Spa, un film-documentario, che rappresenti la realtà delle periferie italiane; la disponibilità di un ulteriore spazio temporale consentirebbe alla Commissione di completare le suddette attività.

La proposta è formata da due articoli.

L'articolo 1 modifica il comma 4 dell'articolo 2 della deliberazione istitutiva, prevedendo che la Commissione concluda i propri lavori entro la fine della XVII legislatura e presenti alla Camera la relazione finale sulle indagini svolte.

L'articolo 2, al fine di adeguare la dotazione finanziaria della Commissione alla maggiore durata proposta, modifica il comma 5 dell'articolo 5 della deliberazione istitutiva, prevedendo che le risorse finanziarie messe a disposizione della Commissione per l'anno 2017 siano aumentate di 10.000 euro.

La I Commissione ha avviato l'esame del documento nella seduta del 31 ottobre 2017. Sul testo, al quale non sono stati presentati emendamenti, la Commissione Bilancio ha espresso parere favorevole con un'osservazione. Nella seduta del 15 novembre 2017 la Commissione ha conferito al relatore il mandato a riferire all'Assemblea in senso favorevole.

TESTI DEGLI INTERVENTI DI CUI È STATA AUTORIZZATA LA PUBBLICAZIONE IN CALCE AL RESOCONTO STENOGRAFICO DELLA SEDUTA ODIERNA: MARCO CAUSI (A.C. 4467)

MARCO CAUSI, Relatore. (Relazione – A.C. 4467). Signora Presidente, signor rappresentante del Governo, colleghe e colleghi, l'intesa oggi all'esame dell'Aula è volta a rafforzare la collaborazione fra il nostro Paese e le autorità di Skopje in materia di sicurezza, impegnandosi le parti a prestarsi reciproca assistenza nel contrasto a una ampia gamma di reati, riconducibili alla criminalità organizzata internazionale.

La Macedonia, infatti, in ragione della sua collocazione geografica nel cuore dei Balcani, costituisce un crocevia privilegiato dei traffici internazionali di droga e oggi soprattutto di migranti ed è un luogo di interesse per le organizzazioni criminali internazionali.

L'accordo identifica come autorità competenti il Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell'interno per l'Italia e il Ministero dell'interno per la Repubblica di Macedonia.

Tra i settori di cooperazione operativa ci sono la criminalità organizzata, la produzione illegale e il traffico di stupefacenti, la tratta di esseri umani e il traffico di armi. L'Accordo definisce inoltre le modalità attraverso cui la cooperazione potrà aver luogo, includendo lo scambio delle informazioni, la formazione del personale e gli strumenti legislativi e scientifici per combattere il crimine.

Fra le ulteriori modalità di cooperazione, l'articolo 3 menziona altresì l'impiego di speciali tecniche investigative, quali le consegne controllate e le operazioni sotto copertura. L'intesa disciplina le procedure per l'esecuzione delle richieste di assistenza fra i due Paesi, con particolare attenzione ai limiti concernenti l'utilizzo delle informazioni e dei documenti.

L'Accordo prevede, inoltre, riunioni e consultazioni fra i rappresentanti delle Autorità competenti per valutare l'esecuzione dell'Accordo, ed individua le modalità di ripartizione delle spese tra i due Paesi.

Il disegno di legge, già licenziato dal Senato il 4 maggio scorso, consta di quattro articoli che riguardano l'autorizzazione alla ratifica, l'ordine di esecuzione, la copertura finanziaria e l'entrata in vigore del testo. Gli oneri complessivi sono definiti in poco più di 152.000 euro annui, ascrivibili a spese di missione e ad attività di coordinamento e formative.

L'analisi delle compatibilità dell'intervento non segnala criticità di ordine costituzionale, né di contrasto con l'ordinamento dell'Unione europea.

L'Accordo è compatibile anche con gli altri obblighi internazionali dell'Italia, a partire dalle disposizioni delle convenzioni sulle sostanze stupefacenti, delle convenzioni contro il terrorismo adottate dalle Nazioni Unite e della Convenzione contro la criminalità organizzata transnazionale.

Confido, pertanto, in una rapida approvazione di questa intesa con la Macedonia che è impegnata in una incoraggiante stagione di rinnovamento politico, segnata dall'elezione del premier socialdemocratico Zaev che ha recentemente aperto a possibili concessioni sulla denominazione del Paese, oggetto di un lungo contenzioso con la Grecia, per poter accelerare il processo di adesione di Skopje all'Alleanza atlantica.

TESTI DEGLI INTERVENTI DI CUI È STATA AUTORIZZATA LA PUBBLICAZIONE IN CALCE AL RESOCONTO STENOGRAFICO DELLA SEDUTA ODIERNA: MARCO CAUSI (A.C. 4468)

MARCO CAUSI, Relatore. (Relazione – A.C. 4468). Signora Presidente, signor rappresentante del Governo, colleghe e colleghi, l'Accordo al nostro esame, composto da un preambolo e da dodici articoli, è finalizzato a fissare la cornice giuridica entro cui sviluppare la cooperazione bilaterale tra le Forze armate di Italia e Mozambico.

L'intesa è inoltre volta ad indurre positivi effetti indiretti in alcuni settori produttivi e commerciali dei due Paesi e ad esercitare un'azione stabilizzatrice per l'intera regione dell'Africa orientale, sostenendo anche le attività di contrasto alla pirateria marittima.

Il testo disciplina gli aspetti generali della cooperazione, prevedendo che essa si sviluppi sulla base di piani annuali e pluriennali elaborati dalle parti. Fra i campi di cooperazione, sono annoverati i settori della politica di sicurezza e di difesa, il supporto logistico e l'acquisizione di beni e servizi, la formazione e addestramento, la sanità militare.

L'articolato regola gli aspetti finanziari dell'Accordo, le questioni attinenti alla giurisdizione e alle modalità per il risarcimento degli eventuali danni provocati dal personale delle parti in relazione all'esercizio reso.

Viene anche disciplinata l'eventuale cooperazione nel settore dei materiali per la difesa, con l'impegno esplicito delle parti a non riesportare il materiale acquisito senza un preventivo benestare della parte cedente, con l'obiettivo di razionalizzare i controlli e di garantire la protezione della proprietà intellettuale, inclusi i brevetti.

Il disegno di legge, già approvato dal Senato il 4 maggio scorso, quantifica gli oneri economici in circa 4.000 euro ad anni alterni, imputabili alle spese di missione.

Concludo richiamando i profondi vincoli di amicizia tra il nostro Paese ed il Mozambico, iniziati fin da prima dell'indipendenza negli anni Settanta del secolo scorso e poi significativamente rafforzato dal ruolo di mediatore svolto dall'Italia durante i negoziati che si conclusero con la firma dell'Accordo di Pace di Roma del 4 ottobre 1992, che pose fine a 16 anni di guerra civile che devastarono il Paese.

A questo occorre aggiungere i numerosi interventi effettuati dalla Cooperazione allo sviluppo negli ultimi trent' anni, di cui le Autorità mozambicane ci sono sinceramente riconoscenti e che hanno contribuito a fare dell'Italia un partner di primo piano del Mozambico, come testimonia anche la relazione al provvedimento. Maputo è infatti tra i venti Paesi prioritari della nostra cooperazione, come attesta il sito Openaid Italia, e ha potuto contare nel 2015 su circa 17 milioni di euro erogati per il finanziamento di progetti di sviluppo.

Tutto ciò premesso, auspico una rapida approvazione di questo disegno di legge da parte dell'Aula.

TESTI DEGLI INTERVENTI DI CUI È STATA AUTORIZZATA LA PUBBLICAZIONE IN CALCE AL RESOCONTO STENOGRAFICO DELLA SEDUTA ODIERNA: MARCO CAUSI (A.C. 4686)

MARCO CAUSI, Relatore. (Relazione – A.C. 4686). Signora Presidente, signor rappresentante del Governo, colleghe e colleghi, il Centro europeo per le previsioni meteorologiche a medio termine è un'organizzazione intergovernativa con sede nel Regno Unito, istituita nel 1975.

Il centro è attualmente sostenuto da 22 Stati membri europei - fra cui, oltre a molti Paesi dell'Unione europea, anche la Norvegia, l'Islanda, la Svizzera, la Serbia e la Turchia - e da 12 Stati osservatori - fra cui Israele, Marocco e Macedonia.

Il suo compito principale è di fornire previsioni meteorologiche globali a medio termine ai servizi nazionali di previsioni, per finalità strategico-militari e civili, ed in particolare per segnalare il possibile verificarsi di condizioni meteo potenzialmente pericolose.

Per tali attività il Centro si avvale di sistemi di elaboratori ad altissime prestazioni, installati presso la sede principale dell'organizzazione. Il Centro vanta, fra l'altro, il più grande archivio di dati numerici di previsione del tempo.

Dal 2015 il Consiglio del Centro ha deciso di procedere ad una competizione internazionale per stabilire dove ospitare il nuovo centro dati, il più grande del mondo, dopo aver ritenuto insoddisfacenti le proposte di localizzazione avanzate dal Regno Unito.

Il concorso è stato vinto - nel dicembre 2016 - dalla società consortile ASTER dell'Emilia-Romagna - tra i cui soci figurano la Regione, gli atenei della regione, gli enti di ricerca come CNR, ENEA e Istituto nazionale di fisica nucleare.

Il progetto è stato valutato come il migliore, sotto il profilo sia tecnico che finanziario, fra quelli pervenuti. Il progetto, oltre che dal Comune di Bologna e dalla Regione Emilia Romagna, è stato fortemente sostenuto dal Governo, che, nella legge di bilancio per 2017 ha già stanziato risorse complessive per 52 milioni di euro.

Le successive riunioni bilaterali fra il Governo italiano, la Regione e i rappresentati del Centro europeo hanno quindi portato alla definitiva messa a punto dell'Accordo in esame. Il Centro europeo, una volta completati i lavori di predisposizione delle infrastrutture, verrà ospitato presso l'area del Tecnopolo di Bologna, nella zona dell'ex Manifattura Tabacchi.

Nello specifico l'Accordo di sede, composto di 8 articoli e di due Allegati, è finalizzato a definire gli aspetti tecnici relativi alla messa a disposizione dell'area del Tecnopolo, nonché lo status riconosciuto al centro e al suo staff.

L'Accordo fissa in 4 milioni di euro il contributo che il Governo italiano si impegna a versare annualmente al Centro a partire dal 2019; illustra il regime giuridico delle aree e degli edifici concessi e disciplina il riparto di responsabilità tra il Centro e il Governo italiano negli ambiti internazionale e civilistico. Il testo stabilisce inoltre le modalità per le consultazioni tra le Parti volte ad apportare modifiche o a discutere modalità attuative dell'intesa e disciplina la risoluzione di eventuali controversie.

I due Allegati al testo sono dedicati ai locali di utilizzo e allo status riconosciuto al centro e al personale.

Il disegno di legge di ratifica, già approvato dal Senato, si compone di 4 articoli.

Gli oneri economici contemplano: una spesa complessiva di 40 milioni di euro per il triennio 2017-2019 - con risorse peraltro già rese disponibili dalla legge di stabilità 2017 -; un contributo finanziario annuale per 4 milioni di euro annui dal 2019 e un contributo statale per ulteriori 250.000 euro annui (a decorrere dal 2020) a favore della Regione Emilia-Romagna, per la manutenzione dei locali dell'area.

Concludendo, auspico una pronta approvazione del provvedimento in esame, che è già stato approvato dal Senato il 5 ottobre scorso. Esso, infatti, autorizza la ratifica di un accordo di grande rilievo per il nostro Paese poiché attesta la qualità, internazionalmente riconosciuta, della ricerca italiana nel settore delle scienze dell'atmosfera.

La collocazione del Centro in Italia rappresenta inoltre un motivo di grande soddisfazione per il nostro Paese, che potrà beneficiarne non solo in termini di prestigio internazionale ma anche per la positive ricadute di carattere economico.