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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 862 di lunedì 2 ottobre 2017

PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE MARINA SERENI

La seduta comincia alle 12.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito il deputato segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

DAVIDE CAPARINI, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 29 settembre 2017.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

  (È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Gioacchino Alfano, Amendola, Amici, Bellanova, Bernardo, Dorina Bianchi, Biondelli, Bobba, Bocci, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Matteo Bragantini, Bratti, Bressa, Brunetta, Capelli, Casero, Castiglione, Causin, Antimo Cesaro, Cirielli, D'Alia, Dambruoso, Del Basso De Caro, Dellai, Luigi Di Maio, Faraone, Fauttilli, Fedriga, Ferranti, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Franceschini, Garofani, Gelli, Gentiloni Silveri, Giachetti, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, La Russa, Laforgia, Locatelli, Lorenzin, Losacco, Lotti, Lupi, Madia, Manciulli, Marazziti, Marcon, Migliore, Monaco, Orlando, Picchi, Pisicchio, Portas, Ravetto, Realacci, Rigoni, Rosato, Domenico Rossi, Rughetti, Sani, Scalfarotto, Tabacci, Simone Valente, Valeria Valente e Velo sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.

I deputati in missione sono complessivamente settantacinque, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Annunzio di petizioni.

PRESIDENTE. Invito il deputato segretario a dare lettura delle petizioni pervenute alla Presidenza, che saranno trasmesse alle sottoindicate Commissioni:.

DAVIDE CAPARINI, Segretario, legge:

Vincenzo Crea, da Motta San Giovanni (Reggio Calabria), chiede:

interventi per la bonifica dell'area della ex Liquichimica di Saline Joniche, nel comune di Montebello Jonico (Reggio Calabria) (1319) – alla VIII Commissione (Ambiente);

provvedimenti urgenti per la messa in sicurezza della strada statale n. 106 Jonica (1320) – alla VIII Commissione (Ambiente);

Enrico Andreoni, da Pesaro, chiede iniziative affinché siano fornite adeguate garanzie sulla sicurezza dei vaccini (1321) – alla XII Commissione (Affari sociali);

Cosmo Giacomo Sallustio Salvemini, da Fonte Nuova (Roma), chiede:

il riordino complessivo del sistema radiotelevisivo (1322) – alle Commissioni riunite VII (Cultura) e IX (Trasporti);

misure diverse per la riduzione del costo della vita (1323) – alle Commissioni riunite V (Bilancio) e VI (Finanze);

Massimo Torre, da Genova, e numerosi altri cittadini chiedono la riforma degli ordini professionali (1324) – alla II Commissione (Giustizia);

Giovanni Caso ed Enrico Tellini, da Grosseto, chiedono l'istituzione di un consorzio per la gestione e la salvaguardia della laguna di Orbetello (1325) – alla VIII Commissione (Ambiente);

Edoardo Caiero, da Carasco (Genova), chiede l'eliminazione di alcune accise sui carburanti (1326) –alla VI Commissione (Finanze);

Francesco De Ghantuz Cubbe, da Roma, chiede:

che non siano approvate norme volte a introdurre il principio dello ius soli ai fini dell'acquisizione della cittadinanza italiana (1327) – alla I Commissione (Affari costituzionali);

l'introduzione del reato di invasione nel codice penale (1328) – alla II Commissione (Giustizia);

l'istituzione di una Commissione di inchiesta sulle cause e le caratteristiche dei fenomeni migratori degli ultimi decenni (1329) – alla I Commissione (Affari costituzionali);

iniziative per incoraggiare l'impiego di cittadini italiani anche nei lavori poco qualificati e l'istituzione di un fondo a favore degli immigrati che intendono ritornare nei Paesi d'origine (1330) – alle Commissioni riunite I (Affari costituzionali)e XI (Lavoro);

nuove norme per garantire l'igiene dei prodotti alimentari esposti al pubblico (1331) – alla XII Commissione (Affari sociali);

Monica Pipitone, da Conegliano (Treviso), chiede che siano introdotti requisiti più restrittivi per l'acquisizione della cittadinanza italiana e che non siano approvate norme volte a introdurre il principio dello ius soli(1332) – alla I Commissione (Affari costituzionali);

Francesco Di Pasquale, da Cancello ed Arnone (Caserta), chiede norme per agevolare l'accesso dei lavoratori autonomi ai trattamenti pensionistici (1333) – alla XI Commissione (Lavoro);

Wally Bonvicini, da Parma, chiede iniziative per garantire la piena applicazione, anche nei rapporti con le banche, delle norme della legge n. 108 del 1996, in materia di usura (1334) – alla II Commissione (Giustizia);

Michele Vecchione, da Alatri (Frosinone), chiede:

norme per semplificare le procedure per il riconoscimento delle agevolazioni per gli invalidi civili (1335) – alla XII Commissione (Affari sociali);

modifiche alle modalità di calcolo dell'indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) (1336) –alle Commissioni riunite VI (Finanze) e XII (Affari sociali);

Massimiliano Valdannini, da Roma, chiede che sia realizzata una rotatoria all'incrocio tra le strade statali n. 2 Cassia e n. 311 Nepesina, nel comune di Monterosi (Viterbo) (1337) – alla VIII Commissione (Ambiente);

Andreas Poder, da Lana (Bolzano), e altri cittadini chiedono:

iniziative per la riduzione degli oneri burocratici e fiscali a carico delle imprese (1338) – alle Commissioni riunite VI (Finanze) e X (Attività produttive);

l'esclusione della possibilità di applicare pene alternative al carcere per i reati di maggiore allarme sociale (1339) – alla II Commissione (Giustizia);

norme per l'introduzione del divieto di indossare il burqa nel territorio italiano (1340) –alla I Commissione (Affari costituzionali);

la soppressione della regione Trentino-Alto Adige e la creazione delle regioni Trentino e Südtirol/Sud Tirolo (1341) –alla I Commissione (Affari costituzionali);

nuove norme in materia di congedi parentali retribuiti (1342) –alla XI Commissione (Lavoro);

il ripristino di alcune festività religiose soppresse (1343) –alla I Commissione (Affari costituzionali);

norme per limitare il ricorso al lavoro domenicale ai soli servizi essenziali (1344) –alla XI Commissione (Lavoro);

Antonio Minardi, da Rende (Cosenza), chiede iniziative per celebrare la figura del professor Antonio Cantaro, già docente di informatica presso l'Istituto di istruzione secondaria superiore "Ettore Majorana" di Gela (1345) – alla VII Commissione (Cultura).

Discussione della proposta di legge: D'Incecco ed altri: Disposizioni per il coordinamento della disciplina in materia di abbattimento delle barriere architettoniche (A.C. 1013-A); e dell'abbinata proposta di legge: Dorina Bianchi (A.C. 1577) (ore 12,07).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della proposta di legge n. 1013-A: Disposizioni per il coordinamento della disciplina in materia di abbattimento delle barriere architettoniche; e dell'abbinata proposta di legge n. 1577.

Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (Vedi calendario).

(Discussione sulle linee generali – A.C. 1013-A)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

Avverto che il presidente del gruppo parlamentare MoVimento 5 Stelle ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.

Avverto, altresì, che la VIII Commissione (Ambiente) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire la relatrice, deputata Chiara Braga.

CHIARA BRAGA, Relatrice. Grazie, signora Presidente. Onorevoli colleghi, oggi l'Assemblea è chiamata a esaminare il nuovo testo della proposta di legge n. 1013 D'Incecco, predisposto dalla VIII Commissione, volto a prevedere l'emanazione di un regolamento ove far confluire, coordinare ed aggiornare le vigenti prescrizioni tecniche per l'eliminazione delle barriere architettoniche per gli edifici pubblici e privati e per gli spazi e i servizi pubblici o aperti al pubblico o di pubblica utilità contenute nel decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1996, n. 503, e nel decreto ministeriale n. 236 del 1989. Credo sia particolarmente significativo che l'approvazione della Camera, seppure in prima lettura, di questa legge avvenga all'indomani della quindicesima edizione della Giornata nazionale per l'abbattimento delle barriere architettoniche, che si è celebrata proprio ieri, 1° ottobre. Il tema dell'accessibilità degli spazi pubblici e privati a partire dalle persone con disabilità attiene alla qualità della vita dell'intera comunità.

Case, scuole, luoghi di lavoro, spazi pubblici universalmente accessibili sono uno dei presupposti per l'effettivo esercizio del diritto di cittadinanza. Penso sia giusto ricordare all'inizio della nostra discussione che questo disegno di legge affonda le sue radici proprio nei principi fondamentali della nostra Costituzione, nella seconda parte dell'articolo 3: è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l'uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese. Il testo della proposta originaria riproduceva integralmente il testo dell'Atto Senato 3650 della XVI legislatura, approvato in prima lettura alla Camera. Prima di passare ad illustrare più dettagliatamente il nuovo testo, ricordo che il regolamento di cui al citato DPR n. 503 del 1996 reca norme per l'eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici, spazi e servizi pubblici e ha sostituito, aggiornando, le precedenti norme dettate da un DPR del 1978.

Ricordo, altresì, che, in attuazione della legge n. 13 del 1989, è stato emanato un decreto ministeriale, il n. 236 del 1989, recante prescrizioni tecniche necessarie a garantire l'accessibilità, l'adattabilità e la visitabilità degli edifici privati e di edilizia residenziale pubblica, sovvenzionata e agevolata, ai fini del superamento e dell'eliminazione delle barriere architettoniche. L'articolo 12 di tale decreto prevedeva, poi, l'aggiornamento e la modifica delle prescrizioni tecniche attraverso l'istituzione, con apposito decreto interministeriale, di una commissione permanente. La citata commissione è stata costituita nell'ottobre 2004 e ha concluso i propri lavori nel luglio 2006 con una relazione e l'approvazione di uno schema di regolamento per l'eliminazione delle barriere architettoniche, poi trasmesso al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per l'approvazione.

Nella relazione sono state evidenziate numerose incongruenze tra i vari testi normativi disciplinanti la materia, motivo per cui la commissione ha suggerito l'emanazione di un unico DPR di riordino dell'intera materia nel settore pubblico e in quello privato, per garantire unitarietà ed omogeneità di disposizioni tra i due settori. Ricordo che, nelle more di emanazione del citato regolamento, una risoluzione della VIII Commissione, nel corso della XVI legislatura, aveva rilevato la necessità di promuovere una rivisitazione complessiva del quadro normativo, prevedendo l'emanazione di un testo unico in materia di abbattimento delle barriere architettoniche.

Il rappresentante del Governo, nella seduta della Commissione dell'ottobre 2012, aveva dichiarato che la Commissione, avendo ultimato i propri lavori, era stata soppressa e prevedeva il trasferimento delle attività svolte ad altri organismi collegiali, operanti presso le pubbliche amministrazioni.

Passo quindi a illustrare brevemente il contenuto del testo in esame, facendo presente che il comma 1 dell'articolo 1 prevede l'emanazione di un unico regolamento, al fine di assicurare unitarietà e omogeneità della normativa relativa agli edifici, agli spazi e ai servizi pubblici e della disciplina relativa agli edifici privati e di edilizia residenziale pubblica nonché, in recepimento delle osservazioni della Conferenza delle regioni, al fine di promuovere l'adozione e la diffusione della progettazione universale, in attuazione e in conformità ai principi espressi dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità del 13 dicembre 2006, ratificata dal nostro Paese.

In particolare, l'articolo 2 della citata Convenzione definisce “progettazione universale” la progettazione di prodotti, strutture, programmi e servizi utilizzabili da tutte le persone nella misura più estesa possibile, senza il bisogno di adattamenti o progettazioni specializzate.

Il comma 1 disciplina anche le modalità procedurali per l'adozione del nuovo regolamento, prevedendo che esso venga adottato entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, con il concerto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali e il Ministro dell'economia e delle finanze, sentito il parere del Consiglio di Stato, per i profili di competenza, del Consiglio superiore dei lavori pubblici, la Conferenza unificata e acquisito il parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia.

Il comma 2 dispone, a decorrere dalla data di entrata in vigore del nuovo regolamento, la conseguente abrogazione dei regolamenti sostituiti.

Il comma 3 prevede la ricostituzione della Commissione permanente già prevista dal decreto ministeriale del 1989, precisando che ciò deve avvenire nell'ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente. Lo stesso comma affida alla Commissione i compiti di individuazione della soluzione di eventuali problemi tecnici derivanti dall'applicazione della normativa di cui alla presente legge, dell'elaborazione di proposte di modifica, di aggiornamento e di aggiornamento delle linee guida tecniche basate sulla progettazione universale, ai sensi dell'articolo 4 della Convenzione delle Nazioni Unite del 13 dicembre 2006. Secondo tale norma gli Stati si impegnano a intraprendere e promuovere la ricerca e lo sviluppo di beni, servizi, apparecchiature e attrezzature progettati universalmente, che dovrebbero richiedere il minimo adattamento possibile e il costo più contenuto possibile per venire incontro e soddisfare le esigenze specifiche delle persone con disabilità.

Nel corso dell'esame in sede referente sono stati ampliati i compiti della Commissione in senso significativo, prevedendo il monitoraggio sistemico delle pubbliche amministrazioni per l'attuazione dell'articolo 32 della legge 28 febbraio 1986, in tema di adozione e di piani di eliminazione delle barriere architettoniche, che ai commi 20 e 22 dell'articolo 32 detta, appunto, disposizioni in ordine ai piani di eliminazione delle barriere architettoniche che le pubbliche amministrazioni sono tenute ad adottare per gli edifici pubblici non ancora adeguati alle prescrizioni tecniche del previgente DPR del 1978. La proposta di legge prevede l'eventuale intervento di un commissario in sostituzione delle amministrazioni medesime inadempienti.

È stato, inoltre, introdotto, come nuovo compito della Commissione, l'elaborazione di proposte di modifica, di aggiornamento della normativa richiamata dalla legge, anche finalizzate a semplificare l'inserimento di innovazioni tecnologiche dirette all'eliminazione delle barriere architettoniche nelle parti comuni degli edifici e nelle loro pertinenze.

La nomina dei componenti della Commissione è affidata al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra Stato, regioni e province autonome.

A seguito della condizione resa, ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione, nel parere della V Commissione, l'VIII Commissione ha inserito un nuovo articolo recante la clausola di invarianza finanziaria.

Credo che l'approvazione di questa legge, che ha trovato, in discussione in Commissione ambiente, una larga condivisione - la condivisione di tutti i gruppi parlamentari -, possa risultare un segnale importante anche in questa fine di legislatura e mi auguro che la discussione che svolgeremo oggi, tenuto conto dei contributi ovviamente di tutti i gruppi, possa portare ad un risultato positivo. Grazie (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire la rappresentante del Governo. Si riserva di farlo successivamente.

È iscritta a parlare la deputata Vittoria D'Incecco. Ne ha facoltà.

VITTORIA D'INCECCO. Grazie, signora Presidente.

Signora Presidente, signor sottosegretario, permettetemi innanzitutto di ringraziare il presidente della Commissione ambiente, la relatrice del provvedimento, onorevole Braga, e tutti i componenti della Commissione per aver avuto la sensibilità di capire l'importanza, nella sua semplicità, di questa norma e di essere riusciti a farla approdare in Aula.

Secondo i dati Istat in Italia ci sono 3 milioni di persone diversamente abili, secondo il Censis sarebbero addirittura più di 4 milioni. Nonostante questi dati, il nostro, purtroppo, non è ancora un Paese a misura di disabilità e questo per diverse ragioni, in particolare quella di cui stiamo discutendo oggi, quella delle barriere architettoniche, che impediscono, purtroppo, alle persone diversamente abili di usufruire delle strutture e dei servizi come dovrebbero.

Non ripeto l'articolo 3 della Costituzione, che saggiamente ha già menzionato la relatrice, ma non è solo quella che ci ricorda che è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale: l'accessibilità è una delle colonne portanti della strategia dell'Unione europea. Non a caso, infatti, la strategia europea sulla disabilità 2010-2020 ha l'obiettivo di rendere beni e servizi accessibili a tutti e, quindi, di abbattere le barriere. Questo è un obiettivo che ovviamente anche l'Italia deve perseguire, perché nel nostro Paese i diversamente abili hanno ancora una vita non facile, soprattutto per quanto riguarda questo tema.

Non si può non pensare alla Convenzione ONU dei diritti delle persone disabili, approvata nel dicembre 2006 e ratificata anche in Italia nel febbraio 2009, che sancisce principi importanti come l'autonomia individuale, la libertà di scelta, l'indipendenza, la non discriminazione, la piena ed effettiva partecipazione e inclusione nella società. Sono principi messi a dura prova dalle difficoltà che invece incontrano quotidianamente le persone diversamente abili.

Qual è la giornata tipo di una persona disabile? La giornata tipo, purtroppo, è spesso una vera e propria lotta alla sopravvivenza e lo dico, guardate, da medico di base, che entra tutti i giorni nella quotidianità dei propri pazienti. E questo, perché? Perché le barriere architettoniche rappresentano un limite invalicabile, a volte, per chi, ad esempio, è costretto a vivere su una sedia a rotelle; andare a scuola, al lavoro, uscire di casa e stare con gli altri diventa spesso problematico.

Quali sono le norme che attualmente regolano questo tema le ha già molto bene elencate la relatrice. Le voglio ricordare: la legge n. 13 del 1989, che disciplina l'abbattimento delle barriere architettoniche e stabilisce i termini e le modalità per l'accessibilità a vari ambienti, con particolare attenzione ai luoghi pubblici; il decreto ministeriale n. 236 del 1989, che sancisce che persone affette da disabilità fisica o psichica hanno il diritto di raggiungere l'edificio e le relative unità immobiliari e ambientali, di entrarvi agevolmente e di godere dello spazio e delle attrezzature in condizioni di sicurezza e autonomia - cosa che non succede spesso, purtroppo, oggi - nonché il diritto di accedere agli spazi di relazione e almeno ad un servizio igienico in ogni unità immobiliare e di modificare lo stabile secondo le proprie esigenze; poi, il decreto del Presidente della Repubblica n. 503 del 1996, relativo all'eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici pubblici, che fa particolare riferimento all'accessibilità diretta ai servizi e disciplina le soluzioni che la pubblica amministrazione deve adottare per garantire l'accesso ai servizi erogati ai cittadini.

E poi c'è la legge quadro sull'handicap, la n. 104 del 1992, che stabilisce che il rilascio delle concessioni edilizie sia vincolato al rispetto delle norme sull'abbattimento delle barriere: le opere pubbliche devono essere considerate inagibili, inabitabili, qualora i disabili abbiano difficoltà ad accedervi, e si prevedono sanzioni per i responsabili. C'è anche il decreto n. 114, emanato il 16 maggio 2008, che contiene le linee guida per il superamento delle barriere architettoniche nei luoghi culturali.

E quindi cosa si vuole fare con la presente proposta di legge? Semplicemente si vuole superare, attraverso l'emanazione di un unico regolamento, la frammentazione normativa relativa alle prescrizioni tecniche per il superamento delle barriere architettoniche negli edifici pubblici e privati, negli spazi e servizi pubblici o aperti al pubblico o di pubblica utilità, che è contenuta attualmente in diversi provvedimenti, come abbiamo visto, di differente rango normativo, approvati nell'arco degli ultimi trent'anni. Questo vogliamo fare! Questo, con l'obiettivo di dare certezze agli utenti e agli operatori del settore.

Guardate, la questione non è più rinviabile, e merita tutta la nostra attenzione: perché, come ha sottolineato Papa Francesco in un telegramma a firma del cardinale Pietro Parolin in occasione della Giornata nazionale per l'abbattimento delle barriere architettoniche che si è celebrata domenica 1° ottobre, bisogna garantire la pari opportunità di vita per tutti, indipendentemente dalla condizione fisica o sociale, promuovendo un cambiamento culturale incentrato sull'abbattimento di tutte le barriere esistenti. Abbattere le barriere, quindi, non solo quelle architettoniche, e noi lo vogliamo fare, ma anche e soprattutto quelle culturali e sociali, è indispensabile se vogliamo combattere la discriminazione e favorire una reale inclusione delle persone con disabilità, in ogni ambito della società. Su questo il Partito Democratico ha lavorato alacremente in questa legislatura, ed anche attraverso questo progetto di legge il Partito Democratico vuole ribadire il suo impegno (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Kronbichler. Ne ha facoltà.

FLORIAN KRONBICHLER. Signora Presidente, mi ritrovo perfettamente anche nelle spiegazioni delle colleghe sul contenuto, e sono comunque del parere che non sempre tutto deve essere detto da tutti. In questo mi sento proprio anche di tralasciare… A mio e a tutto nostro profitto, voglio dire che, per quanto solenne il momento, che ha ricordato con belle parole la relatrice e collega Braga, ritengo doveroso, ad onore della onestà e della correttezza di fronte a noi stessi e ancor più che di fronte ai cittadini, anteporre alle mie spiegazioni una precisazione di principio. Non contribuiamo con questo provvedimento - con il titolo “Disposizioni per il coordinamento della disciplina in materia di abbattimento delle barriere architettoniche” potrebbe o cerca di fare credere - a togliere o anche solo a mitigare qualche problema a portatori di handicap, non togliamo alcuna ulteriore barriera architettonica: istituiamo purtroppo solo una Commissione, e la istituiamo tardi, troppo tardi. Questa proposta di legge, su cui non ci sono stati contrasti fra i gruppi politici in Commissione, sin dall'inizio: e come potrebbero esserci, se non c'è alcun contenuto degno di concetto su cui ci si possa dividere?

Era approdato, questo provvedimento, in Parlamento il 16 ottobre del 2013, ovvero a legislatura appena iniziata; si concluderà, se va bene, e non ne ho dubbi, alla sua fine. Ha subito quindi un blocco di quattro anni: non è una pagina di gloria della cronaca della legislatura. Il motivo di tale blocco è dovuto al fatto che nella seduta del 25 marzo 2014 il rappresentante del Governo ha richiesto una relazione tecnica, che è stata prodotta e trasmessa dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti con bollinatura della Ragioneria generale dello Stato soltanto il 7 giugno 2017. Fu una relazione tanto difficile e complessa, la cui elaborazione richiedeva o giustificava quattro anni? Non si direbbe; anzi, nel caso della proposta di legge in esame era di tutta evidenza che le disposizioni in essa contenute non recassero oneri finanziari allo Stato.

È stata dunque inutile la richiesta di una relazione tecnica del Governo, oltre che colpevole il ritardo con cui la relazione, di poco più di una sola cartella, è stata prodotta: la relazione del Ministero, nella sua parte essenziale, la si legge in un'unica frase. Infatti - cito testualmente da essa - l'ultimo periodo del comma prevede che ai componenti della Commissione, personale dipendente del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, non siano corrisposti compensi ad alcun titolo, gettone di presenza o rimborso spese, e che siano utilizzati beni strumentali già in uso della stessa amministrazione. Tutto qui! Semmai vi fossero stati dei dubbi sulla onerosità del provvedimento, sarebbe bastato richiedere l'inserimento di una clausola di invarianza finanziaria, particolare questo che è stato poi inserito nella proposta qui in esame; però tutto questo, a distanza di quattro anni, dico quattro, dall'approvazione unanime in Commissione ambiente. Credo che sarebbe per una volta tanto il caso di chiedere scusa a tutte le persone vittime delle barriere architettoniche, che sono ancora molte, toppe, e di varietà anche inimmaginabili.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Sarro. Ne ha facoltà.

CARLO SARRO. Presidente, onorevoli colleghi, signor rappresentante del Governo, oggi prende avvio l'esame di un provvedimento che si propone di coordinare la normativa che, nel corso degli anni, è stata prodotta in materia di abbattimento di barriere architettoniche. Un provvedimento in verità che era giunto già ad un passo dall'approvazione definitiva nella scorsa legislatura, e in quell'occasione aveva rappresentato un terreno di condivisione, di sensibilità comune a tutte le forze politiche. Oggi è un giorno anche simbolicamente particolarmente adatto per discutere questo tema, considerando che proprio ieri si è svolta la quindicesima edizione della Giornata nazionale per l'abbattimento delle barriere architettoniche: tema che, se è vero che si esplica e concretizza mediante l'adozione di iniziative di natura tecnica, ha un valore di portata ben più ampia. Le barriere architettoniche sono ostacoli fisici, ma simbolicamente rappresentano soprattutto ostacoli culturali, segnano la difficoltà di progettare i nostri luoghi del vivere, con empatia nei confronti di coloro che presentano handicap motori o fisici. Segnano la difficoltà di ragionare al di fuori di quella che consideriamo la normalità, di assumere su di noi il fatto che quegli ostacoli, a volte anche piccoli e più o meno evidenti, nei quali ancora e troppo spesso ci si imbatte in edifici pubblici e privati, e che impediscono l'uso libero degli spazi, costituiscono in concreto un impedimento al pieno esercizio della cittadinanza da parte di coloro che vivono la disabilità.

Dalla prima legge quadro adottata in materia, la n. 13 del 1989, sono ormai passati trent'anni; e risale al 1986, alla legge n. 41, la prima previsione di strumenti organici di pianificazione: i piani, appunto, per l'eliminazione delle barriere architettoniche. Ed entrambe queste norme sono state, negli anni successivi, integrate e modificate, dando vita ad un sistema di prescrizioni e regole sovente difficile da applicare in quanto complesso da interpretare, in relazione alla qualità e quantità degli interventi, ma soprattutto in relazione anche ai soggetti incaricati di porli in essere.

Il progetto di legge, oggi all'esame dell'Aula, si propone di intervenire proprio in tal senso: dare sistematicità a questa normativa, prevedendo l'emanazione di un regolamento che ne superi la frammentarietà e la disomogeneità. Esigenza che era stata già espressa dalla commissione permanente di studio istituita per la seconda volta nel 2004, presso il Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti, con la partecipazione anche delle regioni, delle province e delle associazioni maggiormente rappresentative delle categorie interessate, e che alla conclusione dei lavori, nel 2006, aveva predisposto uno schema di regolamento volto a dare uniformità e coerenza alla normativa in materia di abbattimento delle barriere architettoniche, schema però mai entrato in vigore.

Intervenire, nel senso di rendere di facile adozione le regole sull'abbattimento delle barriere architettoniche nelle vecchie costruzioni e sulle modalità da adottare nelle nuove, affinché non siano presenti tali barriere, rappresenta più che uno strumento tecnico, soprattutto un salto culturale e, ancora una volta, un correttivo a un modo di produrre la nostra legislazione che spesso si traduce in ritardi, rallentamenti, complessità e, talvolta, perfino confusione.

Sono stati sicuramente fatti passi da gigante in materia di inclusione e di politiche per la disabilità; significativi sono in tal senso, ad esempio, i risultati ottenuti nel campo dello sport da atleti italiani diversamente abili. Soprattutto, è nostro preciso compito, come legislatori, ricordare che, nel 2006, è stata approvata la Convenzione ONU per i diritti delle persone con disabilità, che il nostro Paese ha ratificato con la legge n. 18 del 2009. Questo atto sancisce e riconosce il diritto delle persone disabili all'indipendenza, sottolinea l'importanza per le persone con disabilità di esprimere e vivere la loro autonomia che si realizza anche attraverso l'accessibilità alle strutture fisiche, che vuol dire anche sociali, economiche e culturali.

Tuttavia, ancora molta è la strada da percorrere. Continuiamo, purtroppo, a leggere sulla stampa, con frequenza pressoché quotidiana, denunce di atti di insensibilità, disattenzione e ignoranza nei confronti di persone con disabilità, siano queste derivanti da difficoltà motorie o da disabilità psicofisiche. Ma nel fare riferimento all'abbattimento delle barriere architettoniche, non è utile limitarsi solo a fare riferimento alle persone disabili; le caratteristiche architettoniche di un edificio possono diventare insormontabili anche per le persone anziane, per i bambini, per i passeggini dei neonati, difficoltà di accesso e di movimento si possono avere anche in conseguenza di eventi traumatici subiti dalle persone. Quello che, allora, è necessario cambiare è la mentalità, l'approccio, con il quale noi, persone normodotate, pensiamo, progettiamo e organizziamo gli spazi del nostro vivere comune.

Forza Italia crede fortemente nella importanza e nella necessità di interventi in tal senso, anche mediante la promozione di campagne di sensibilizzazione che possono essere declinate nei modi più diversi. Cito una recente iniziativa: l'approvazione in consiglio regionale della mia regione, la Campania, di una mozione di iniziativa di una nostra consigliera, Flora Beneduce, per l'avvio di una forte campagna di sensibilizzazione per l'abbattimento delle barriere architettoniche nelle strutture balneari, perché anche il tempo libero, anche l'accesso ai luoghi dello svago, rappresenta una manifestazione importante di una condizione normale di vivere. La nostra condivisione è piena e altrettanto pieno sarà il nostro sostegno all'approvazione del provvedimento.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Binetti. Ne ha facoltà.

PAOLA BINETTI. I colleghi che sono intervenuti prima di me, Presidente, sottosegretaria, hanno tutti fatto riferimento a un elemento di concretezza di questa proposta di legge che approda oggi in Aula, subito dopo la giornata di ieri, che era la giornata destinata all'abbattimento delle barriere architettoniche.

Io vorrei soltanto sottolineare due aspetti: che questa giornata si è svolta in piazza Colonna, quindi proprio a un passo da qui, come se il suo interlocutore privilegiato fossimo proprio noi, le istituzioni; e, la seconda cosa, che la parola d'ordine di questa giornata è stata l'importanza della formazione per educare all'accessibilità, cioè la necessità di affrontare questo tema anche sul piano culturale per evitare mille cose, per evitare quelle che io chiamo le molestie burocratiche (tante volte quando si va in ufficio), per evitare quelle orribili situazioni che abbiamo vissuto, anche attraverso la cronache, di chi occupa il posto, il parcheggio dei disabili, e per di più non chiede neppure scusa per averlo fatto, ma si arroga il diritto di giudicare, eccetera.

Quindi, questo disegno di legge ha un senso soprattutto se lo affrontiamo in termini di chiarezza culturale, di messaggio esplicito che arriva a tutta la popolazione. Da questo punto di vista, ha ragione il collega quando dice che questa legge, che è partita nel 2013 a inizio di legislatura, che approdi alla fine, ci sembra un po' umiliante per la scala delle priorità che ci si è dati. Ma ci auguriamo con tutto il cuore, caro collega, che davvero venga concluso il suo iter in quest'Aula sicuramente nei prossimi giorni, e che il Senato non faccia il suo ostruzionismo abbastanza abituale.

È una proposta di legge che parla soprattutto di due cose, io le ho chiamate le due parole chiave: semplificare e monitorare, perché già la maggior parte delle misure positive, erano già contenute nella lunga lista di disegni di legge e di decreti che sono stati citati dalle colleghe e che sono un vanto per noi, un vanto per l'Italia. Riguardo alla legge n. 13 del 1989, faceva impressione come il decreto ministeriale che creava la normativa applicativa fosse dello stesso anno, del 1989, a distanza di pochi mesi; adesso ci sono ben altri ritmi tra un disegno di legge e il suo decreto attuativo, a volte passano anni. Quindi, questo vuol dire che nel 1989 c'era anche una qualità, uno spessore di lavoro parlamentare che riusciva ad agganciare bene teoria e pratica. Ma c'è poi la legge n. 104 e molte altre sentenze, anche della Corte Costituzionale, che vanno tutte a favore dei diritti della disabilità.

Cosa è che io leggo in modo particolarmente interessante in questa proposta di legge, oltre - insisto - al fatto che parli di semplificare e monitorare, perché altrimenti non si capirebbe che bisogno c'era di questa legge, se le altre leggi precedenti fossero state tutte applicate in modo rigoroso e funzionale ai bisogni dei disabili? C'è il riferimento al fatto che si tratta di un diritto di cittadinanza. La disabilità, come una disabilità motoria permanente, è evidente a tutti, ma oggi noi andiamo avanti verso un'età che si allunga enormemente, diventiamo tutti più o meno disabili passati gli “anta”, diciamo gli ottanta (ed oggi si arriva fino ai novanta e oltre), siamo tutti parzialmente disabili. Penso anche, per esempio, a una situazione invece straordinariamente più bella, come quella delle mamme che spingono una carrozzina; veramente è una disabilità assoluta muoversi. Ci sono anche situazioni transitorie (una persona recentemente operata di un tumore, una persona che ha avuto un incidente).

Il diritto di cittadinanza parla a tutti noi, perché con la disabilità, perlomeno con la disabilità transitoria, tutti nella nostra vita dobbiamo fare i conti. Rendere questa legge più umana e più diffusa significa rendere un servizio anche ad ognuno di noi, cominciando proprio da quelle che sono le forme di disabilità più gravi.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche - A.C. 1013-A)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare, se lo ritiene, la relatrice: non lo ritiene. Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo: non lo ritiene.

Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione della proposta di legge: S. 57 - D'iniziativa dei senatori: Amati ed altri: Misure per contrastare il finanziamento delle imprese produttrici di mine antipersona, di munizioni e submunizioni a grappolo (Approvata dalla 6ª Commissione permanente del Senato) (A.C. 4096) (ore 12,40).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della proposta di legge, già approvata dalla 6ª Commissione permanente del Senato, n. 4096: Misure per contrastare il finanziamento delle imprese produttrici di mine antipersona, di munizioni e submunizioni a grappolo.

Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (Vedi calendario).

(Discussione sulle linee generali – A.C. 4096)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

Avverto che il presidente del gruppo parlamentare MoVimento 5 Stelle ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.

Avverto, altresì, che la VI Commissione (Finanze) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire il relatore, deputato Federico Ginato.

FEDERICO GINATO, Relatore. Grazie, Presidente. L'Assemblea avvia oggi la discussione della proposta di legge n. 4096, approvata in sede deliberante dalla 6° Commissione finanze e tesoro del Senato, recante misure per contrastare il finanziamento delle imprese produttrici di mine antipersona, di munizioni e submunizioni a grappolo.

È opportuno segnalare come la proposta di legge riprenda sostanzialmente il contenuto della proposta di legge A.C. 5407, approvata solamente dalla Camera dei deputati il 18 dicembre 2012 durante la XVI legislatura.

Rispetto a tale proposta, il testo del provvedimento in esame reca alcune precisazioni in ordine, tra l'altro, ai compiti delle Autorità di vigilanza e all'apparato dei controlli. Le sanzioni amministrative-pecuniarie comminate dal provvedimento, pur essendo di analoga natura, presentano altresì un ammontare più elevato rispetto a quelle previste dalla richiamata proposta di legge A.C. 5407.

Prima di passare all'illustrazione del provvedimento merita sottolineare e riconoscere che l'Italia è stata protagonista, negli ultimi vent'anni, di un importante percorso che l'ha portata a riscattarsi dal triste primato di essere stata, fino ai primi anni Novanta, uno dei principali produttori a livello mondiale di mine antiuomo e di bombe a grappolo. A milioni sono state disseminate in quasi tutti i Paesi teatro di guerre e hanno causato centinaia di migliaia di morti e feriti, tra i quali moltissimi civili, soprattutto, bambini. Non dimentichiamo, infatti, che le bombe a grappolo sono costituite, a loro volta, da 250 munizioni più piccole che, una volta lanciate, si spargono su un'area che arriva a coprire un chilometro quadrato e che in una percentuale molto significativa rimangono inesplose; continuano, quindi, molto a lungo a causare vittime tra la popolazione residente nelle aree colpite.

Per far fronte ad una situazione di tale emergenza umanitaria, l'Italia approva, già nel 1997, la legge n. 374, recante norme per la messa al bando delle mine antipersona: una legge coraggiosa che stabilisce il divieto di uso, a qualsiasi titolo, di ogni tipo di mina antipersona e ne vieta la ricerca tecnologica, la fabbricazione, la vendita, la cessione l'esportazione e l'importazione.

Anche a livello internazionale matura in quegli anni un'importante attenzione al problema che sfocia in due convenzioni internazionali: la prima è la Convenzione di Ottawa sul divieto di impiego, di stoccaggio, di produzione e di trasferimento delle mine antipersona, firmata da 127 Paesi nel dicembre 1997 e ratificata dall'Italia con la legge n. 106 del 1999. La seconda è la Convenzione di Oslo sulle munizioni a grappolo, entrata in vigore internazionale il 1° agosto 2010 e ratificata dall'Italia con la legge n. 95 del 2011, che proibisce l'uso, lo stoccaggio, la produzione e il trasferimento di munizioni a grappolo, prevedendo, inoltre, l'assistenza alle vittime, la bonifica delle aree contaminate e la distruzione delle scorte.

Infine, va detto, l'Italia ha svolto un ruolo da protagonista nell'opera di bonifica dei residuati bellici e ha istituito, con la legge n. 58 del 2001, il Fondo per lo sminamento umanitario per realizzare programmi integrati relativi allo sminamento.

Purtroppo - e vengo al dunque e ai motivi della legge -, nonostante questi sforzi e a fronte di alcune istituzioni finanziarie che si sono dotate di policy più o meno rigorose nell'erogazione dei finanziamenti, si è accertato che, negli ultimi quattro anni, sono almeno 166 le istituzioni finanziarie che hanno investito 31 miliardi di dollari in aziende che producono questa tipologia di armi, che continua ad essere utilizzata, anche ai giorni nostri, in Paesi come la Siria e lo Yemen. È, quindi, fondamentale non solo vietare che queste tipologie di munizioni vengano prodotte e commercializzate da aziende del nostro Paese, ma anche che gli investimenti finanziari vengano attentamente monitorati, affinché non siano messe a disposizione di industrie che producono in Paesi terzi.

Queste sono le regioni che hanno ispirato codesta proposte di legge, della quale vado a riassumere contenuto, partendo dall'articolo 1, che vieta totalmente a intermediari finanziari e creditizi, a fondazioni e a fondi pensione di finanziare società, in qualsiasi forma giuridica costituite, aventi sede in Italia o all'estero, che, direttamente o avvalendosi di società controllate o collegate, svolgono attività di costruzione, sviluppo, assemblaggio, riparazione, conservazione, ricerca tecnologica, utilizzo, stoccaggio, detenzione, promozione, vendita, distribuzione, importazione, esportazione e trasporto di mine antipersona e di munizioni a grappolo o anche solo di parti di esse.

L'articolo 2 reca le definizioni rilevanti ai fini dell'applicazione del provvedimento, mentre l'articolo 3 individua i compiti delle Autorità di vigilanza in relazione ai divieti previsti dall'intervento legislativo.

In particolare, si prescrive che, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento, detti organismi emanino, di concerto tra loro, apposite istruzioni per l'esercizio di controlli rafforzati sull'operato degli intermediari abilitati; nel medesimo termine, essi provvedano a istituire l'elenco delle società operanti nei settori individuati dall'articolo 1, indicando l'ufficio responsabile della pubblicazione annuale del medesimo elenco.

Il comma 2 incide sui compiti dell'Unità di informazione finanziaria per l'Italia, la cosiddetta UIF, istituita presso la Banca d'Italia dal decreto legislativo n. 231 del 2007, specificando che controlli dei flussi finanziari svolti da tale organismo sono estesi alle imprese e alle società di cui all'articolo 1. Al riguardo si ricorda che l'UIF, nell'ambito del sistema di prevenzione del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo, è l'autorità incaricata di acquisire i flussi finanziari e le informazioni riguardanti ipotesi di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo, principalmente attraverso le segnalazioni di operazioni sospette trasmesse da intermediari finanziari, professionisti e altri operatori. Di dette informazioni l'UIF effettua l'analisi finanziaria, utilizzando l'insieme delle fonti e dei poteri di cui dispone, e valuta la rilevanza ai fini della trasmissione agli organi investigativi e alle autorità giudiziarie.

L'articolo 4 definisce i compiti per gli intermediari, i quali devono escludere dai prodotti offerti ogni componente che costruisca supporto finanziario alle società di cui all'articolo 1.

L'articolo 5 disciplina, invece, le verifiche circa il rispetto dei divieti posti dalle norme in esame, prevedendo, in particolare, al comma 1, che la Banca d'Italia possa richiedere dati, notizie, atti e documenti agli intermediari abilitati e, se necessario, possa effettuare verifiche presso la sede degli stessi.

Il comma 2 dispone, inoltre, che gli organismi di vigilanza provvedono, nell'ambito delle ispezioni e dei controlli a carico dei soggetti vigilati, anche a controlli specifici di valutazione dell'attività connessa alla funzione di compliance in relazione ai divieti previsti dal provvedimento.

L'articolo 6, infine, disciplina le sanzioni comminate agli intermediari abilitati che non osservano il divieto di finanziamento delle società operanti nel settore delle mine e delle munizioni. In particolare, ai sensi del comma 1, gli intermediari abilitati che violano il divieto di finanziamento sono puniti con la sanzione amministrativa-pecuniaria da 150 mila a un milione e mezzo di euro. Per le persone fisiche che svolgono funzioni di amministrazione e di direzione degli intermediari abilitati o che per conto loro svolgono funzioni di controllo, si prevede una sanzione amministrativa-pecuniaria da 50 mila a 250 mila euro.

Inoltre, il comma 3 dell'articolo 5 collega all'applicazione delle sanzioni amministrative-pecuniarie anche conseguenze di tipo interdittivo: è disposta, ad esempio, la perdita temporanea dei requisiti di onorabilità per i rappresentanti legali degli intermediari finanziari, nonché per i revisori e i promotori finanziari.

Per quanto riguarda l'andamento dell'esame in sede referente presso la Commissione finanze, occorre sottolineare come esso si sia svolto in tempi molto rapidi - in meno di un mese -, senza che siano state presentate proposte emendative e con l'assenso, sostanzialmente unanime, di tutti i gruppi. Anche l'esame presso le altre Commissioni competenti in sede consultiva si è, del resto, sviluppato nel giro di pochi giorni, senza che sia stata espressa alcuna condizione o osservazione sul testo.

Tale rapidità, nonché l'universale condivisione sul provvedimento, evidenziano come si tratti di un intervento legislativo che ha assunto ormai il carattere dell'urgenza politica, a testimonianza della maturità ormai raggiunta dal mondo politico e dall'intera società italiana rispetto a una tematica che, ormai, è da tempo all'attenzione dell'opinione pubblica nazionale e internazionale, anche grazie all'opera di informazione e sensibilizzazione svolta da molte organizzazioni non governative e dalle organizzazioni nazionali e internazionali attive in questo campo.

È questa una legge che apre scenari nuovi nel campo della cosiddetta finanza sostenibile. Per la prima volta, si disciplinano le modalità con le quali lo Stato e le Autorità di vigilanza possono porre forti limitazioni, in un campo certamente molto specifico, ad una finanza che, in questo caso, si pone, purtroppo, al servizio di un'economia che nega la dignità dell'uomo.

È un piccolo precedente, come un precedente sono stati gli incentivi fiscali che la legge di bilancio dell'anno scorso ha introdotto per gli organismi bancari di finanza etica e sostenibili, che, tra le altre cose, utilizzano anche un rating etico per l'erogazione dei propri finanziamenti. Sono piccoli segnali, che però mi auguro servano ad aprire e ad allargare un dibattito, anche parlamentare, sulle finalità e le modalità di operare del mondo finanziario.

Auspico, quindi, che sia possibile giungere, già nei prossimi giorni, all'approvazione definitiva del provvedimento, concludendo positivamente un lavoro che ha visto impegnato il Parlamento italiano in due legislature e che appare ormai necessario per colmare una lacuna nell'ordinamento nazionale. Auspico altresì che, come il Parlamento, anche tutte le autorità coinvolte mostrino la massima attenzione e sensibilità rispetto alla puntuale attuazione della disciplina in esso contenuta e degli adempimenti che essa richiede loro, permettendo così al nostro Paese di assumere una posizione d'avanguardia nel contesto delle misure adottate a livello internazionale per estirpare una vera e propria piaga umanitaria.

PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire nel prosieguo del dibattito.

Non vi sono iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali, avvertendo che non si darà luogo alle repliche.

Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione della proposta di legge: S. 580-B - D'iniziativa dei senatori: Falanga ed altri: Disposizioni in materia di criteri per l'esecuzione di procedure di demolizione di manufatti abusivi (Approvata dal Senato, modificata dalla Camera e nuovamente modificata dal Senato) (A.C. 1994-B) (ore 12,53).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della proposta di legge, già approvata dal Senato, modificata dalla Camera e nuovamente modificata dal Senato, n. 1994-B: Disposizioni in materia di criteri per l'esecuzione di procedure di demolizione di manufatti abusivi.

Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta del 28 settembre 2017 (Vedi l'allegato A della seduta del 28 settembre 2017).

(Discussione sulle linee generali – A.C. 1994-B)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

Avverto che il presidente del gruppo parlamentare MoVimento 5 Stelle ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.

Avverto, altresì, che la II Commissione (Giustizia) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire il relatore, deputato Carlo Sarro.

CARLO SARRO, Relatore. Presidente, il provvedimento in esame giunge in quest'Aula per la quarta lettura, dopo essere stato licenziato dall'Aula del Senato il 22 gennaio 2014, approvato dalla Camera il 18 maggio 2016 e nuovamente modificato dal Senato il 17 maggio 2017.

È un provvedimento che oggi noi valutiamo ed esaminiamo in relazione alle uniche modifiche introdotte dall'altro ramo del Parlamento, che hanno riguardato aggiustamenti di carattere strettamente tecnico, derivanti, da un lato, dall'ormai superata copertura finanziaria di 5 milioni per il 2016 del Fondo di rotazione, che l'articolo 3 istituisce presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per l'erogazione di finanziamenti ai comuni finalizzati alle opere di demolizione, e l'analoga copertura di 5 milioni, per il 2016, per la costituzione presso il Ministero delle infrastrutture della banca dati nazionale sull'abusivismo edilizio. Le restanti parti del provvedimento hanno già ricevuto l'approvazione conforme di entrambi i rami del Parlamento.

Devo dire che, per la prima volta, si pone ordine in una materia e che l'intervento si presenta sicuramente come molto atteso da larghi settori, non solo degli operatori istituzionali, a partire dai comuni, che, in base al testo unico degli enti locali e al testo unico dell'edilizia, hanno la competenza a curare le demolizioni degli immobili abusivi che sono sanzionati in via amministrativa, ma anche per quanto riguarda l'esecuzione delle sentenze di condanna passate in giudicato, con le quali appunto è stato contestato il reato di costruzione abusiva, della cui esecuzione si occupano direttamente le competenti autorità giudiziarie. Quindi, una disposizione che per la prima volta affronta questo complesso e variegato fenomeno e fissa un percorso, che è quello del doppio binario, quindi mantiene la distinzione tra le procedure di natura amministrativa e l'esecuzione delle sentenze - quindi di natura più squisitamente giurisdizionale - e delimita anche il perimetro delle competenze dei soggetti istituzionali che sono coinvolti nei rispettivi procedimenti, in particolar modo per quelli amministrativi, con una precisa caratterizzazione di tempi e di funzioni e soprattutto estendendo, rispetto agli interventi dei prefetti, che assolvono ad una funzione, per così dire sussidiaria, nel caso di mancata esecuzione da parte delle autorità amministrative territoriali, un ampliamento del perimetro delle competenze, proprio per rendere effettiva l'esecuzione del provvedimento sanzionatorio.

È un provvedimento, quello, accompagnato da un largo dibattito, perché il fenomeno dell'abusivismo edilizio è un fenomeno che sappiamo essere estremamente diffuso, in particolar modo in alcune aree del Paese, ma non esclusivamente in quelle, è una presenza a livello nazionale, e secondo le valutazioni e le stime più attendibili sono circa 5 milioni gli immobili che sono stati realizzati in assenza di titoli abilitativi. Naturalmente, dati precisi non ce ne sono, e questa è una delle prime lacune che il provvedimento mira a colmare, anche attraverso l'integrazione della dotazione finanziaria, che è stata votata nella lettura successiva dal Senato, perché si crea per la prima volta un'anagrafe precisa, quindi una banca dati dei provvedimenti sanzionatori e una quantificazione degli abusi edilizi che sono stati registrati e colpiti da misure restrittive sanzionatorie.

Sono obiettivi quindi importanti, che rappresentano finalmente una risposta concreta a tanti bisogni e a tante esigenze che a diversi livelli sono state rappresentate e forse costituisce anche il primo passo da compiere per mettere ordine in questo magma generale, in questa situazione di grande confusione e di grandi difficoltà.

Noi crediamo fermamente nell'utilità di questo provvedimento, anche in considerazione degli orientamenti espressi a livello giurisprudenziale, in particolar modo per quanto riguarda la Corte europea dei diritti dell'uomo, che, in una sua recente pronuncia, per l'esattezza intervenuta lo scorso anno in un contenzioso intercorso tra una cittadina bulgara e il proprio Stato a proposito del diritto preminente dello Stato al ripristino della legalità violata o se del nucleo familiare alla conservazione della soluzioni alloggiativa, la Corte europea, con questa decisione della V sezione del 21 aprile 2016, richiamando l'articolo 8 della Convenzione, ha ritenuto che, laddove appunto il nucleo familiare versi in una condizione di necessità, è sicuramente preminente il diritto alla casa, all'abitazione e alla conservazione del luogo di riferimento della famiglia rispetto al diritto, altrettanto pregnante e significativo, dello Stato a garantire il corretto svolgimento dell'attività edificatoria.

È questa una sentenza particolarmente importante, particolarmente significativa, che viene in un certo senso recepita dal testo di cui oggi si avvia la discussione in Aula, perché questo testo, nel determinare la graduazione dei casi e soprattutto delle fattispecie per l'esecuzione delle demolizioni, stabilisce che, pur dovendo essere demolite le costruzioni occupate da nuclei familiari che sono privi naturalmente di un'alternativa possibilità alloggiativa, questi interventi vanno posti, in un certo senso, in ultima collocazione, da un punto di vista temporale, rispetto ad altre priorità e ad altre esigenze, come gli immobili che costituiscono pericolo per la pubblica e privata incolumità, che hanno priorità assoluta.

Questo rappresenta anche una risposta implicita a quanti hanno sollevato critiche al provvedimento evocando anche i recenti eventi sismici che hanno interessato, in particolar modo, l'isola di Ischia, perché questa legge fissa proprio parametri e, soprattutto, assegna risorse destinate a rimuovere con priorità assoluta proprio quegli edifici, che costituiscono una situazione di pericolo per la pubblica e privata incolumità e, dunque, hanno un deficit dal punto di vista della sicurezza statica, che li pone come primi nell'ordine di esecuzione delle demolizioni; analogamente per quanto riguarda gli immobili ritenuti ascrivibili al patrimonio di soggetti appartenenti alla criminalità organizzata e gli immobili che sono collocati in aree di particolare pregio ambientale o di particolare fragilità, dal punto di vista idro-geologico, tanto da essere sottoposti al regime vincolistico che la legislazione di settore prevede in relazione a queste fattispecie.

Dunque, si tratta di un soluzione normativa, che non introduce nessuna forma di sanatoria e di condono, sia espresso che surrettizio. È semplicemente un intervento normativo, che fissa con chiarezza procedure, determina con altrettanta precisione i tempi e assegna per la prima volta risorse che sono dedicate specificamente a questa funzione e a questo compito, con l'istituzione e il finanziamento del fondo di rotazione. E, per la prima volta, consente, in maniera organica e puntuale, la definizione della banca dati sull'abusivismo edilizio, per tutti i soggetti istituzionali che a diverso titolo intervengono nei procedimenti, ma anche per agevolare l'attività pianificatoria e di governo del territorio, che non può non tener conto della consistenza e delle dimensioni di questo fenomeno, cioè del fenomeno dell'abusivismo.

Quindi, in sostanza, una legge che dà risposte, dà indicazioni, fissa regole molto precise e, soprattutto, rappresenta per la prima volta una risposta organica e puntuale ad un'esigenza rappresentata in tante occasioni, che ha finito poi spesso per essere motivo anche di tanto contenzioso, di una proliferazione del contenzioso, perché, in assenza di regole chiare e precise, è molto facile e molto agevole poi sollevare, dal punto di vista della tutela giurisdizionale, una serie di elementi e di argomenti.

Concludo questa relazione, dicendo che l'altro elemento caratterizzante il provvedimento è rappresentato dall'essere, quest'impianto complessivo, assistito anche da una sorta di norma di chiusura, nel senso che tutte le autorità, chiamate a diverso livello nel procedimento per l'esecuzione delle demolizioni, in ogni caso vedono poi la conclusione attraverso l'intervento del prefetto, con una preventiva determinazione temporale dell'arco di tempo assegnato al comune per garantire l'esecuzione delle demolizioni in 270 giorni; dopodiché, c'è l'intervento conclusivo del prefetto, al quale viene riconosciuta, nell'ampliamento delle sue funzioni e del perimetro delle sue possibilità d'intervento, anche la possibilità di avvalersi del Genio militare e di ditte private; questo per superare anche quelle difficoltà e quelle complessità burocratiche, che molto spesso si registrano nei comuni.

È un punto fermo, in un tema molto delicato, che ha un'altissima, per così dire, sensibilità, dal punto di vista sociale, soprattutto credo in una stagione come quella che vive oggi il nostro Paese, dove noi assistiamo purtroppo spesso a conflitti. Immaginiamo quello che è accaduto anche di recente per gli sgomberi di immobili occupati da cittadini italiani o da ospiti o cittadini extracomunitari, presenti nel nostro territorio o immigrati non regolari. Pensiamo, ad esempio, ai conflitti che sono sorti in materia di assegnazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica. Io credo che compito del legislatore sia quello di prevenire, quanto più largamente possibile, fenomeni di questo tipo. Dunque, introdurre in questo campo regole certe ed una garanzia di protezione, in modo particolare per le soluzioni abitative di nuclei familiari che sono privi di altri alloggi, credo costituisca anche una misura per disinnescare e sminare un terreno di conflitto sociale, che è particolarmente triste ed è particolarmente odioso, talvolta, in alcune delle sue manifestazioni.

È dunque un provvedimento utile, che tantissimi cittadini e tantissime famiglie attendono e che noi speriamo, dopo questo lungo e travagliato iter parlamentare, possa essere definitivamente licenziato (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire la rappresentante del Governo. Si riserva di farlo successivamente.

È iscritta a parlare la deputata Agostinelli. Ne ha facoltà.

DONATELLA AGOSTINELLI. Grazie, Presidente. L'atto in esame reca nella sua intestazione il seguente titolo: disposizioni in materia di criteri di priorità per l'esecuzione di procedure di demolizione di manufatti abusivi.

Stando al solo titolo, quindi, sembrerebbe che si stia cercando di dettare criteri uniformi, per risolvere finalmente uno dei problemi più spinosi del nostro Paese, l'abusivismo edilizio appunto. Ma, come specificherò, l'iter e la ratio di questa legge, a prima firma del senatore verdiniano Falanga, presentano notevoli e spinose criticità.

Il provvedimento, rimasto, per così dire, dormiente per mesi, torna nuovamente ed improvvisamente alla Camera, con alcune modifiche del Senato, per la sua quarta lettura complessiva. Guarda caso, in questi giorni si vota anche la Nota di aggiornamento al DEF, i cui numeri al Senato sono in realtà traballanti. E ciò, purtroppo, temiamo farà ingoiare più facilmente, anche ai deputati piddini più recalcitranti, questa leggina pro abusivi.

Riteniamo sia utile ricordare che il problema dell'abusivismo nel nostro Paese è molto serio. La realtà ci parla di una cementificazione illegale che dilaga. I numeri denunciano più di 20 mila immobili abusivi l'anno. Demolizione e riduzione in pristino dello stato dei luoghi costituiscono l'unico rimedio per questo fenomeno - spiace dirlo - marcatamente italiano. La minaccia della demolizioni, realizzata poi in concreto come sanzioni amministrative e penali, costituisce l'unico reale deterrente per le condotte abusive.

L'ultimo rapporto Istat del 2015 - sottolineo ancora - riporta dati preoccupanti, che confermano un aumento delle stime sulla tendenza all'abusivismo. Accanto al riconoscimento della mancata decrescita del fenomeno vi è un palese, quanto pericoloso, ritardo, in tutte le regioni, nell'approvazione dei piani paesaggistici. E questo contribuisce, di sicuro, all'incertezza di un'efficace azione dello Stato nella tutela del paesaggio.

L'atto in esame constava inizialmente di un unico articolo, con il quale si introducevano undici criteri, di ordine di priorità decrescente, ai quali il procuratore della Repubblica in fase esecutiva doveva rigidamente attenersi, nel procedere all'esecuzione delle demolizioni. Dopo la rielaborazione, avvenuta nei passaggi Camera-Senato, abbiamo ora quattro articoli. La principale modifica di carattere sostanziale ha ad oggetto l'abolizione di quegli undici criteri di priorità inderogabili, sostituiti da tre criteri generali - e non più di priorità - cui il procuratore capo della Repubblica dovrà dare adeguata considerazione, come si legge nel testo.

Ma veniamo al nuovo contenuto del provvedimento. L'articolo 1 interviene sul decreto legislativo n. 106 del 2006, relativo alla riorganizzazione degli uffici del procuratore della Repubblica, inserendo un'ulteriore lettera c-bis), al comma 6 dell'articolo 1, che ne specifica le attribuzioni. Al procuratore capo della Repubblica viene, dunque, attribuito il compito di determinare i criteri per l'esecuzione: in primo luogo, di demolizione di opere abusive; in secondo luogo, degli ordini di rimessione in pristino dello stato dei luoghi.

Nella determinazione dei criteri, il procuratore della Repubblica dovrà dare adeguata considerazione a tre ordini di elementi, non tutti immediatamente riscontrabili, e cioè, in primo luogo, agli immobili di rilevante impatto ambientale o costruiti su area demaniale o su area soggetta a vincolo ambientale e paesaggistico o a vincolo sismico o a vincolo idrogeologico o a vincolo archeologico. Norma questa, frutto di un emendamento in Commissione di merito, in prima lettura alla Camera, della maggioranza, fondamentalmente identico per contenuto ad un emendamento a firma del MoVimento 5 Stelle. In secondo luogo, agli immobili che per qualunque motivo rappresentano un pericolo per la pubblica o privata incolumità, nell'ambito del necessario coordinamento con le autorità amministrative preposte. In terzo luogo, agli immobili nella disponibilità di soggetti condannati per reati di associazione mafiosa o di soggetti colpiti da misure di prevenzione.

Ferma restando una considerazione delle specificità del territorio di competenza, all'interno di ciascuna fascia di priorità, dovranno essere di regola prioritariamente demoliti gli immobili in corso di costruzione o comunque non ancora ultimati, alla data della sentenza di condanna di primo grado, e gli immobili non stabilmente abitati.

Di questi ultimi criteri non possiamo non sottolineare - ribadiamo ancora una volta - che sarà probabilmente molto poco agevole verificarne l'effettiva vigenza e che ciò si presterà a facili strumentalizzazioni. Un tempo si sarebbe detto: fatta la legge, trovato l'inganno. Invece, qui possiamo dire che l'inganno è suggerito direttamente dal legislatore. L'articolo 2 aggiorna la normativa di cui al Testo unico dell'edilizia che regola le demolizioni di opere abusive derivanti dal procedimento amministrativo di competenza di comuni, regioni e prefetture. L'articolo 41 del Testo unico dell'edilizia prevede che entro il mese di dicembre di ogni anno il comune trasmetta al prefetto l'elenco di una serie di opere non sanabili per le quali il responsabile dell'abuso, entro i termini previsti, non abbia provveduto alla demolizione e al ripristino, affinché il prefetto ne acquisisca la titolarità e proceda con la demolizione. L'articolo 2 accorda un ulteriore termine di 270 giorni all'ente comunale per provvedere esso stesso alla demolizione dell'immobile in questione.

L'articolo estende, inoltre, la possibilità prevista per il prefetto di avvalersi di imprese private o di strutture operative del Ministero della difesa per eseguire la demolizione anche ai casi in cui sia il comune a procedere alla demolizione. In sostanza, dunque, la competenza è spostata in capo alla prefettura, perché dopo una sentenza per abusivismo edilizio, prima di abbattere il fabbricato, saranno fatte valutazioni di ordine pubblico. Gli articoli 3 e 4 sono frutto dell'approvazione di due emendamenti del MoVimento 5 Stelle in prima lettura alla Camera. L'articolo 3 istituisce presso il Ministero delle infrastrutture un fondo di rotazione dotato di 40 milioni di euro nell'intervallo 2017-2020 per integrare le risorse necessarie per le opere di demolizione dei comuni.

L'articolo 4 costituisce presto il Ministero delle infrastrutture la banca dati nazionale sull'abusivismo edilizio. Ricordiamo anche che, in caso di tardivo inserimento dei dati all'interno della banca dati nazionale di cui al comma primo, si applica una sanzione pecuniaria pari a mille euro a carico del dirigente o del funzionario inadempiente. Ora, fin qui un'analisi strettamente letterale del testo della nuova normativa, ma veniamo a quello che è stato detto, invece, in sede di audizione. I cicli di audizioni effettuati hanno confermato, in realtà, fin da subito, i nostri sospetti. I magistrati intervenuti, Franco Ionta, sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Roma, Alberto Liguori, sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Roma, Luigi Riello, procuratore generale presso la Corte d'appello di Napoli, Ugo Ricciardi, sostituto procuratore presso la Corte d'appello di Napoli, Leonida Primicerio, procuratore generale presso la Corte d'appello di Salerno, sono solo alcuni degli auditi che hanno fatto notare tutte le criticità che il provvedimento contiene. Non c'è stato nessuno, e dico nessuno, che in audizione abbia detto che questo provvedimento era di qualche utilità.

Il provvedimento sembra invece studiato ad hoc, nonostante quello che ha dichiarato il primo firmatario, il senatore Falanga, e cioè che le successive e quasi inevitabili attività giurisdizionali e le procedure di sospensione degli abbattimenti dei manufatti abusivi sarebbero da considerare delle garanzie per i cittadini. In realtà, secondo noi non sono altro che meri cavilli che rischiano di rallentare o, addirittura, di bloccare l'intero procedimento. Non possiamo, pertanto, ritenerci affatto soddisfatti delle modifiche che sono state apportate al testo, nonostante l'accoglimento in origine di alcune nostre proposte emendative. Si continua ad affrontare in modo insoddisfacente l'intero fenomeno; inoltre, si rischia di ottenere un effetto ben più grave dei soliti condoni, perché il provvedimento in oggetto non prevede limiti temporali alla sua applicazione.

Ribadiamo, pertanto, il nostro “no” ad una legge che consisterà in un condono senza scadenza e, di fatto, ostacolerà l'attività delle procure impegnate da sempre in prima linea contro l'abusivismo. Concludo, Presidente, dicendo che è incredibile che in un Paese come il nostro, dove il rischio sismico e il dissesto idrogeologico sono emergenze all'ordine del giorno, si faccia l'ennesimo regalo, evidentemente a scopo elettorale, a quegli stessi che hanno fatto scempio di interi territori.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Rostan. Ne ha facoltà.

MICHELA ROSTAN. Grazie, Presidente. Sono stati 22 i tentativi fatti negli ultimi sette anni per bloccare le demolizioni degli abusi edilizi in Italia. Disegni di legge, emendamenti in vari provvedimenti, ordini del giorno, perfino bozze di decreti, codicilli, piccoli comma, che si è tentato di inserire nel mille proroghe o nelle manovre finanziarie. Tutti con un solo obiettivo: fermare le ruspe sulle case fuorilegge.

Nessuno di questi è andato in porto; quello di oggi, invece, ha qualche possibilità. Il disegno di legge di cui discutiamo è il tentativo finale. Cambiano i dettagli, ma non l'obiettivo: bloccare le demolizioni, anche di fronte a sentenze passate in giudicato, anche di fronte ad atti esecutivi, impedire che gli abusi edilizi siano buttati giù e che si segni, nell'unico modo possibile, la dissuasione a farne altri. Il rapporto fra l'Italia e l'abusivismo edilizio è florido ed è di lunga data, è diffuso da Nord a Sud, dal mare alla montagna, e conta numeri spaventosi, che dovrebbero allarmarci e che, invece, evidentemente, ci spingono a trovare sempre la maniera per minimizzare, quando proprio non si può più condonare. L'Istat ci dice che nel 2015 il numero delle nuove costruzioni abusive è salito rispetto all'anno precedente da 17,6 a 19,7 ogni 100 autorizzate.

Questo significa che quasi un fabbricato su cinque delle nuove edificazioni viene costruito senza rispettare le norme. Un fenomeno, quindi, che non riguarda solo il passato, ma che continua a gonfie vele, segno che le politiche attivate fino ad ora non hanno scoraggiato l'abuso, anzi, probabilmente lo hanno incentivato. L'abusivismo non conosce la crisi economica. È scandaloso, lo è per il danno che comporta al territorio. Bisogna ricordare che una casa abusiva non solo determina un guasto paesaggistico ed ambientale, ma crea un disequilibrio sul territorio, non ha fogne e non ha servizi. È una casa che non dovrebbe esistere su un luogo dove dovrebbe esserci altro. Sfugge alla pianificazione, quindi sfugge all'organizzazione, facendola saltare. Se il nostro Paese vive una perenne situazione di rischio idro-geologico è proprio per aver cementificato tutto in modo selvaggio e aver creato disagi, rischi, problemi a tutto il sistema territoriale.

Qui bisogna dire una parola di chiarezza sul cosiddetto abusivismo di necessità: esiste l'abuso di necessità? No, perché non esiste nessuna necessità di commettere un abuso. Questo non significa che gli abusi siano tutti uguali, ma che gli abusi sono tutti tali. È chiaro che una mansarda non vale un ecomostro, la chiusura di una veranda non è paragonabile a un palazzone abusivo, ma tutti violano la legge e per nessuno di questi è pensabile un'area di impunità. Quando parliamo di abuso di necessità, ci mettiamo mai nei panni di chi rispetta la legge, paga i tributi, versa tutte le tasse, segue le regole e si sobbarca di un costo, di un prezzo, accetta limitazioni per essere nel rispetto delle norme? Quando tolleriamo una piccola illegalità, ci pensiamo mai al messaggio che diamo a chi, invece, le leggi le rispetta? E con la piccola tolleranza che si costruisce nel Paese la sensazione è che esista chi paga le tasse e rispetta le leggi e chi, invece, trova sempre la maniera per farla franca. Già i condoni hanno spesso alimentato questa sensazione, togliendo valore etico e forza alla legge. La prima norma di condono edilizio, varata dal Governo Craxi, produsse 11 milioni di domande; cinque milioni di queste sono addirittura ancora inevase, mentre, ovviamente, solo aver presentato l'istanza ha sostanzialmente congelato quell'abuso, rendendolo nei fatti legale. Con il secondo condono, quello del 1994, primo Governo Berlusconi, si contarono oltre 2 milioni di domande e circa 2 milioni anche in quello del 2003. In totale, fanno oltre 15 milioni di domande di sanatoria.

Ci rendiamo conto di che cosa significano, in un Paese democratico, 15 milioni di abusi edilizi? Significano la distruzione del territorio. Solo lo 0,9 per cento dei comuni italiani non ha visto domande di condono, quindi è teoricamente privo di abusi edilizi. È una gigantesca colata di cemento selvaggio, una vera piaga sociale. Chi ricorre all'abuso lo fa perché costa meno e, costruendo abusivamente, compra tutto in nero, paga la manodopera in nero, non rispetta le norme di sicurezza sul lavoro, usa spesso materiali scadenti, a loro volta filiera nascosta dell'economia illegale.

L'abusivismo edilizio si lega spesso sui territori ad alta densità mafiosa al lavoro dei clan che controllano il settore, il movimento terra, l'acquisto materiali, in primis il calcestruzzo. Non è certo un caso se l'81 per cento dei comuni sciolti in Campania dal 1991 al 2013 per infiltrazioni camorristiche vede tra le motivazioni un diffuso abusivismo edilizio, con casi ripetuti di speculazione immobiliare e pratiche di demolizione inevase. C'è un filo che collega le cose: l'abuso edilizio non è solo danno territoriale, ma è danno all'economia, danno fiscale, danno alla salute dei lavoratori e danno al sistema sociale e democratico di un Paese. Ecco perché, pur facendo le differenze tra abuso e abuso, non si può mai parlare di necessità, né si può mai invocare impunità. L'abuso, come ogni forma di illegalità, va colpito e va punito, non ci sono molte parole da dire al riguardo.

L'abuso edilizio si cancella solo ripristinando lo stato dei luoghi. Tutti gli altri modi sanano le carte, ma non la terra, e tutti gli altri modi alimentano indirettamente l'abusivismo. I condoni, ovviamente, incoraggiano altri a costruire abusivamente, e anche le mancate demolizioni, tanto più quanto esistono sentenze della magistratura, magari definitive, ordini dei giudici che non vengono eseguiti.

Qual è il messaggio che si lancia lasciando in piedi un abuso edilizio, che per sentenza deve essere demolito? Il messaggio è che si può costruire, poi un modo si trova. Gli ordini di demolizione nei capoluoghi di provincia dal 2000 al 2011 sono stati oltre 46.000, quanti di questi sono stati eseguiti? Poco meno di 5.000, un messaggio devastante. Di fronte a uno scenario di questo tipo, noi in Parlamento dovremmo porci il problema di impedire nuovi saccheggi, di tutelare il territorio e di lanciare al Paese un messaggio positivo verso il rispetto delle regole di incoraggiamento verso chi vive nella legalità. Dovremmo creare norme per favorire la demolizione o l'acquisizione al patrimonio comunale degli immobili abusivi e non perdere così credibilità rispetto alla nostra capacità di far rispettare le leggi.

Invece, con il provvedimento in discussione, sebbene dentro un quadro di numerose modifiche rispetto all'originaria stesura, noi non risolviamo i nodi esistenti, anzi, ne creiamo di nuovi, quasi come se l'obiettivo fosse determinare nuove nebulose e non dipanarle. Non si scioglie, ad esempio, la questione del rapporto fra le demolizioni amministrative e le demolizioni giudiziarie, con complesse vicende interpretative, finite spesso davanti alla giustizia amministrativa, determinando ritardi, lentezze, che non hanno fatto bene alla certezza del diritto.

Fissare dei criteri, come fa l'articolo 1 di questo disegno di legge, che poi è un altro nome dato all'intenzione vera, quella della priorità che si trasforma in area di impunità, non è sbagliato di per sé, lo diventa quando questi criteri sono costruiti con la chiara intenzione di fare annegare il procedimento in un mare di nuova burocrazia, di ricorsi, di controricorsi, per cui alla fine del gioco ci saranno abusi che non verranno mai demoliti.

Nessuno è contrario al principio che va demolito primo un palazzo costruito dalla camorra rispetto ad un monovano di un contadino, nessuno può essere in disaccordo rispetto al fatto che si butti giù prima un ecomostro e poi un piccolo abuso, ma l'obiettivo deve essere che tutto venga punito e che non ci siano sacche di impunità. Quindi, prima si creano i presupposti per eseguire tutte le demolizioni e poi si fissa un eventuale cronoprogramma. Posso dire: prima l'uno, poi l'altro, quando mi sono dato la certezza che demolirò sia l'uno sia l'altro. Invece, in questo caso, il discorso sui criteri sembra chiaramente orientato a prendere tempo, a infilare tutto il tema in un buco nero di inattività, a costruire ostacoli sul percorso di azioni, che già sono lente e faticose, per fermarle definitivamente.

Appare evidente l'intenzione politica di dare garanzie ad alcune categorie dell'abusivismo edilizio. Con questa legge si dice ad alcuni: state tranquilli, la vostra casa abusiva è al sicuro, nessuno la butterà giù, basterà un avvocato che costruirà ricorsi su ricorsi, che si appellerà ai criteri per dire che andava prima abbattuto un altro immobile. Figuriamoci, poi, con l'idea che le case abitate vanno abbattute dopo, si metteranno due travi come tetto e delle persone dentro, solo per impedire che la casa venga buttata giù.

Naturalmente questa norma non può dire in maniera chiara che l'obiettivo è evitare le demolizioni, parleremmo in questo caso di un altro condono, peraltro gratuito; lo si fa però nei fatti, generando equivoci, creando problemi, mettendo ostacoli, determinando situazioni di fatto, coinvolgendo le prefetture, che a loro volta avranno bisogno degli uffici comunali, mettendo magari poi in mora i comuni che non adempiono nei tempi, spulciando quei criteri, valutando le situazioni territoriali, per cui se c'è un rudere abusivo non abbattuto non si può abbattere una casa abitata, sostanzialmente allungando la procedura e rendendola così per sua natura meno efficace, non determinata, lenta, lunga nel tempo, in pratica sanando di fatto gli abusi, lasciandoli impuniti, dicendo alla gente: fate pure, tanto ve la cavate. Una volta si diceva: “Fatta la legge, trovato l'inganno”, qui nasce una legge per determinare l'impaccio, non per aiutare il sistema a recuperare credibilità.

Il gruppo a cui appartengo ha lavorato al Senato, innanzitutto dove i margini di correzione erano aperti; a differenza di questa nuova lettura alla Camera, che si orienta solo sulle poche parti modificate, ha lavorato per sciogliere i nodi, che invece restano tutti sul tappeto: procedure, fondi, finanziamenti, competenze. È una legge, che in definitiva, non ha l'obiettivo di tutelare il territorio e di combattere l'abusivismo, di tutelare la legalità, ha come obiettivo quello di rassicurare chi ha realizzato gli abusi. Ci sono nuovi meccanismi burocratici che rallenteranno le demolizioni e scaricheranno l'unica arma che lo Stato ha per ripristinare condizioni di legalità sul suo territorio: un messaggio sbagliato che farà male al Paese.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche - A.C. 1994-B)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore, se lo ritiene. Prego, onorevole Sarro.

CARLO SARRO, Relatore. Grazie, Presidente. Telegraficamente, solo per esprimere una considerazione, avendo ascoltato attentamente i due interventi che mi hanno preceduto.

Nella mia relazione io ho richiamato una precisa pronuncia del giudice della Convenzione e mi sorprende che forze politiche che in più occasioni, rispetto ad altri temi, si sono sempre appellate alle pronunce della Corte europea dei diritti dell'uomo, rispetto a questo caso, invece, assumano una posizione di totale contrarietà.

Ma vi è di più, il concetto di abuso di necessità. Certo, tutti gli abusi sono uguali, da un punto di vista della - come dire - categoria giuridica, cioè tutti si traducono in una violazione di norme. Il problema dell'abuso di necessità, così come delineato dalla pronuncia della Corte europea dei diritti dell'uomo, è quello di ritenere comunque ammissibile una fascia di tutela e di protezione rispetto a quelle che sono condizioni di estremo disagio e di estrema difficoltà, nelle quali, appunto, la soluzione abitativa è solo ed esclusivamente quella rappresentata dall'abitazione ancorché costruita in assenza di titoli abilitativi. Quindi, non si è evocata una categoria inesistente, ma, come conferma la recentissima pronuncia della Corte europea, una categoria che ha trovato riconoscimento e dignità nel pensiero giuridico, per lo più del giudice della Convenzione.

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare la rappresentante del Governo, che vi rinunzia.

Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Interventi di fine seduta.

DAVIDE CAPARINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DAVIDE CAPARINI. Grazie, Presidente. Le repressioni da guerra civile a cui abbiamo assistito nelle ultime quarantotto ore ci preoccupano e lanciano delle pesanti ombre su qual è il livello di democrazia in Europa. La Spagna, evidentemente, vuole soffocare quella che è la volontà di un popolo, quella che è la sua identità, in un luogo che non è il suo. Noi siamo convinti che l'ultima parola debba sempre e comunque spettare ai cittadini e non alle forze dell'ordine, non agli eserciti, che abbiamo visto impegnati a impedire la legittima espressione democratica.

Ancora una volta l'Europa borbonica, neo-centralista, si è distinta per essere stata in un silenzio assordante, ha voltato la testa altrove, ha tradito anche quelli che sono i principi fondanti, quelli di Altiero Spinelli, quelli per cui l'Europa a cui dovremmo tendere è l'Europa dei popoli, quella libera espressione di comunità. Purtroppo tutto questo non c'è, non c'è stato, oggi l'Europa non ha preso alcun tipo di posizione per dare a quella che è una terra con una identità, una storia, una cultura, una lingua, una legittima aspirazione indipendentista e di autodeterminazione, quelle che sono le minime prerogative democratiche.

Chiedo, anche a nome della Lega Nord, di poter sentire la posizione del Governo e di capire cosa sta oggi facendo il nostro Governo. Noi, in passato, ci siamo schierati, anche come Comunità europea, a favore di altre richieste di indipendenza, come quella del Kosovo, abbiamo garantito la legittima l'espressione degli scozzesi al momento del loro referendum, vogliamo che lo stesso trattamento venga riservato a tutte quelle istanze di autonomia che sono pre-costitutive, quindi vanno al di là delle Costituzioni attualmente vigenti.

A proposito di Costituzione - e qui chiudo - siamo molto preoccupati dalle dichiarazioni del Vice Premier spagnolo e anche dal fatto che, comunque, la Costituzione spagnola, l'articolo 155, consentirebbe lo scioglimento del Governo catalano e la rimozione del suo Presidente. Quindi, è per questo che noi chiediamo da subito - Mattarella è già intervenuto in materia - che il nostro Governo prenda posizione per garantire che la democrazia ci sia in ogni terra e in ogni angolo di questa Europa.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

  Martedì 3 ottobre 2017, alle 11:

1.  Svolgimento di interrogazioni.

  (ore 15,30)

2.  Seguito della discussione della proposta di legge:

D'INCECCO ed altri: Disposizioni per il coordinamento della disciplina in materia di abbattimento delle barriere architettoniche. (C. 1013-A)

e dell'abbinata proposta di legge: DORINA BIANCHI. (C. 1577)

Relatrice: BRAGA.

3.  Seguito della discussione della proposta di legge:

S. 57 – D'INIZIATIVA DEI SENATORI: AMATI ed altri: Misure per contrastare il finanziamento delle imprese produttrici di mine antipersona, di munizioni e submunizioni a grappolo (Approvata dalla 6ª Commissione permanente del Senato). (C. 4096)

Relatore: GINATO.

4.  Seguito della discussione della proposta di legge:

S. 580-B - D'INIZIATIVA DEI SENATORI: FALANGA ed altri: Disposizioni in materia di criteri per l'esecuzione di procedure di demolizione di manufatti abusivi (Approvata dal Senato, modificata dalla Camera e nuovamente modificata dal Senato). (C. 1994-B)

Relatori: SARRO E DI LELLO.

La seduta termina alle 13,30.