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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 849 di mercoledì 13 settembre 2017

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROBERTO GIACHETTI

La seduta comincia alle 9,30.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito la deputata segretaria a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

ANNA ROSSOMANDO, Segretaria, legge il processo verbale della seduta del 2 agosto 2017.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

  (È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Alfreider, Artini, Boccia, Michele Bordo, Brambilla, Brunetta, Caparini, Cirielli, Dellai, Fedriga, Ferranti, Fico, Garofani, Giancarlo Giorgetti, La Russa, Laforgia, Latronico, Locatelli, Manciulli, Marcon, Mazziotti Di Celso, Meta, Migliore, Pes, Piccoli Nardelli, Piepoli, Portas, Rampelli, Ravetto, Realacci, Sanga, Sani, Schullian, Sereni, Sottanelli e Valeria Valente sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.

I deputati in missione sono complessivamente novantasette, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 9,35).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.

Sospendo pertanto la seduta, che riprenderà alle ore 9,55.

La seduta, sospesa alle 9,35 è ripresa alle 9,55.

Seguito della discussione della Relazione all'Assemblea sulle forme di raccordo tra lo Stato e le autonomie territoriali e sull'attuazione degli statuti speciali, approvata dalla Commissione parlamentare per le questioni regionali (Doc. XVI-bis, n. 11).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione della Relazione all'Assemblea sulle forme di raccordo tra lo Stato e le autonomie territoriali e sull'attuazione degli statuti speciali, approvata dalla Commissione parlamentare per le questioni regionali (Doc. XVI-bis, n. 11).

Avverto che il tempo per il seguito dell'esame a disposizione della componente politica del gruppo Misto Civici e Innovatori per l'Italia, costituitasi a seguito del venire meno dell'omonimo gruppo, è pari a due minuti.

Ricordo che nella seduta del 26 giugno si è conclusa la discussione ed è stata presentata la risoluzione D'Alia, Ribaudo, Kronbichler, Parisi, Gigli, Plangger ed altri n. 6-00335 (vedi l'Allegato A), sulla quale il rappresentante del Governo si è riservato di esprimere il parere.

(Parere del Governo - Doc. XVI-bis, n. 11)

PRESIDENTE. Invito il rappresentante del Governo, onorevole Bressa, ad esprimere il parere sulla risoluzione n. 6-00335.

GIANCLAUDIO BRESSA, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Il Governo riconosce che la risoluzione affronta i temi aperti e dà delle soluzioni che sono ragionevoli. Compatibilmente con le possibilità che ancora abbiamo in termini di tempo e con l'ovvia attenzione che deve essere riservata ad alcuni particolari contenuti nella risoluzione, che abbisognano di qualche approfondimento, nel complesso la valutazione da parte del Governo è positiva.

PRESIDENTE. Dunque è un parere favorevole? Bene.

(Dichiarazioni di voto - Doc. XVI-bis, n. 11)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pastorelli. Ne ha facoltà.

ORESTE PASTORELLI. Grazie, Presidente. Signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, ad oggi il problema principale relativo alle autonomie territoriali è quello del ruolo degli enti di area vasta e delle province, in particolare. Queste ultime sono state svuotate delle loro competenze, con effetti devastanti sui territori. Penso, per esempio, all'ambiente, alla viabilità, all'edilizia scolastica, le cui carenze sono sotto gli occhi di tutti.

Le ragioni di una simile situazione sono ben tratteggiate nella relazione - dalla mancata attuazione della riforma costituzionale del Titolo V, al taglio dei trasferimenti statali, sino al ritardo nell'attuazione del federalismo fiscale -: una serie di concause che negli anni hanno creato uno stallo, che deve essere superato tramite un adattamento della “legge Delrio” all'esito referendario del 4 dicembre scorso. Ciò significa riconoscere il rilievo costituzionale delle province, assegnare loro una serie di funzioni di governo, attribuirgli le dotazioni finanziarie necessarie ed eliminare le interferenze istituzionali.

Da ex amministratore provinciale e locale, poi, so bene che l'esigenza degli enti locali è quella di avere un dialogo diretto con interlocutori nazionali. Sarebbe utile, infatti, un coinvolgimento di rappresentanti locali nei lavori della Commissione parlamentare per le questioni regionali e una razionalizzazione del sistema delle conferenze intergovernative.

La presente relazione rappresenta, dunque, un buon percorso, che auspichiamo possa essere attuato in tempi non lunghi, e sulla quale esprimo il voto favorevole della componente Socialista. Grazie.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Catalano. Ne ha facoltà.

IVAN CATALANO. Grazie, Presidente. Il gruppo Civici e Innovatori condivide le conclusioni raggiunte dalla Commissione. Riteniamo, infatti, opportuno dare piena attuazione all'articolo 11 della legge costituzionale n. 3 del 2001 e rendere la Commissione per le questioni regionali, integrata dai rappresentanti territoriali, la sede deputata al coordinamento legislativo tra Stato e autonomie locali.

Il sistema delle conferenze, adeguatamente razionalizzato, potrebbe così concentrarsi sul compito che gli è proprio, ossia il coordinamento esecutivo tra livelli di governo. Attraverso queste due forme di coordinamento, adeguatamente raccordate, si potrà ridurre l'ingente contenzioso costituzionale generatosi negli anni tra Stato e regioni.

Risulta, infine, necessario rispondere all'esigenza, emersa dall'istruttoria della Commissione, di assicurare corrispondenza tra le risorse assegnate e le funzioni affidate ai diversi livelli di governo. Per questo il gruppo Civici e Innovatori voterà favorevolmente. Grazie.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Nastri. Ne ha facoltà.

GAETANO NASTRI. Grazie, Presidente. Come è stato ricordato nel corso dell'avvio dell'esame del provvedimento, lo scorso giugno, la Commissione parlamentare per le questioni regionali ha avviato una riflessione sullo stato del regionalismo e, più in generale, sull'assetto degli enti territoriali del nostro Paese, a seguito dell'esito non confermativo del referendum costituzionale del dicembre 2016. La Commissione ha inteso, infatti, portare a compimento il percorso seguito negli ultimi due anni attraverso lo svolgimento di due indagini conoscitive sulle forme di raccordo tra lo Stato e le autonomie territoriali, con particolare riferimento al sistema delle conferenze e sulle problematiche concernenti l'attuazione degli statuti delle regioni ad autonomia speciale.

Nel corso della fase istruttoria è stata svolta un'ulteriore indagine conoscitiva, mirata all'individuazione di proposte concrete e operative volte a completare il quadro istituzionale delineato dalla riforma costituzionale del 2001, che può, allo stato, ritenersi consolidato, adeguando finalmente ad esso le procedure parlamentari.

Aggiungo, inoltre, come la Commissione parlamentare per le questioni regionali in composizione integrata può costituire uno snodo fondamentale nella prevenzione del conflitto costituzionale tra Stato e regioni. Il riparto di competenze legislative delineato dall'articolo 117 della Costituzione ha, infatti, ben presto dimostrato la sua insufficienza nella composizione degli interessi nazionali, regionali e locali, anche a causa della mancata attuazione dell'autonomia finanziaria che l'articolo 119 della Costituzione riconosce agli enti territoriali, come evidenziato dalla relazione.

Nell'ambito dell'ultima indagine conoscitiva, i soggetti auditi hanno inoltre convenuto sulla necessità di riconoscere una sede parlamentare di dibattito e confronto sulla questione relativa agli enti territoriali, individuata nella Commissione parlamentare per le questioni regionali integrata da rappresentanti delle autonomie territoriali, in attuazione delle previsioni di rango costituzionale della riforma del Titolo V del 2001, recata dall'articolo 11 della legge costituzionale n. 3 del 2001.

Ricordo che tale norma costituzionale prevede che, sino alla revisione delle norme del Titolo I della Parte Seconda della Costituzione, i Regolamenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica possono prevedere la partecipazione di rappresentanti delle regioni, delle province autonome e degli enti locali alla Commissione parlamentare per le questioni regionali (primo comma); e che, quando un progetto di legge riguardante le materie di cui al terzo comma dell'articolo 117 e all'articolo 119 della Costituzione contenga disposizioni sulle quali la Commissione parlamentare per le questioni regionali, integrata ai sensi del comma 1, abbia espresso parere contrario o parere favorevole, condizionato all'introduzione di modificazioni specificatamente formulate, e la Commissione che ha svolto l'esame in sede referente non vi si sia adeguata, sulle corrispondenti parti del progetto di legge l'Assemblea delibera a maggioranza assoluta dei suoi componenti (secondo comma del citato articolo 11).

PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Nastri. Per favore, il tavolo del Governo… Grazie. Prego.

GAETANO NASTRI. Pertanto, l'esito non confermativo del referendum relativo alla seconda riforma costituzionale approvata dal Parlamento sul tema impone di procedere all'attuazione dell'articolo 11, che costituisce, allo stato, l'unica forma di raccordo tra Stato e autonomie territoriali prevista a livello costituzionale, in un assetto che può oramai ritenersi consolidato.

La mancata attuazione dell'articolo 11 ha costituito per il Parlamento, in pratica, una sostanziale rinuncia ad una funzione essenziale nell'attuale sistema di governance multilivello: la funzione di coordinamento tra i diversi livelli di governo.

Uno dei punti più delicati dell'attuazione dell'articolo 11, come è già stato ricordato, riguarda l'individuazione della modalità di deliberazione e funzionamento della Commissione in composizione integrata. Si tratta, infatti, del primo caso in cui la Commissione parlamentare assume una deliberazione con la partecipazione di soggetti non parlamentari. Devono in proposito essere considerati i notevoli poteri riconosciuti alla Commissione dall'articolo 11 nell'ambito del procedimento legislativo e, in particolare, la previsione secondo cui il parere contrario o il parere con condizioni, specificatamente formulato, può essere superato dall'Assemblea solo con votazione a maggioranza assoluta. Quindi, con una maggioranza più ampia di quella prevista per la fiducia al Governo.

Al fine di assicurare il corretto funzionamento del sistema costituzionale con riguardo al rapporto Parlamento-Governo, appare necessario adottare dei correttivi che evitino che la Commissione parlamentare per le questioni regionali integrata possa assumere strutturalmente decisioni sulla base di maggioranze occasionali indotte da ragioni di mero opportunismo politico più che di merito.

Infine, giova ricordare come l'ultimo tema affrontato dalla relazione sia stato quello del riordino degli enti di area vasta, province e città metropolitane. All'indomani del referendum costituzionale, si è avviato un dibattito sulle possibili conseguenze della mancata entrata in vigore della riforma della Costituzione e sulla legge n. 56 del 2014 con cui si è operato il riordino.

In proposito rimane immutata la collocazione nell'ordinamento delle province, che continuano ad essere enti costitutivi del Repubblica insieme allo Stato, alle regioni, alle città metropolitane e ai comuni e a vantare una propria autonomia, anche in termini finanziari.

Per le citate considerazioni, annuncio il voto di astensione del gruppo di Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Dellai. Ne ha facoltà.

LORENZO DELLAI. Grazie, Presidente. Desidero dare atto, innanzitutto, al lavoro svolto dalla Commissione, cui riconosco l'importanza, su molti aspetti specifici che anche condivido: il tema dell'integrazione della Commissione, il tema della riconfigurazione del sistema delle conferenze, il tema anche aperto di quello che, con una espressione molto brutta, viene definito “area vasta”. C'è, però, un tema di fondo credo, che è quello che interessa di più e, cioè, viene fuori comunque una domanda: qual è l'idea di Stato che abbiamo e, prima ancora, quale è l'idea di società. Perché, dietro ad una idea delle istituzioni, vi è un'idea di società: se vogliamo, cioè, una società plurale, articolata, oppure verticalizzata e omologata.

La crisi di questi anni ha colpito duro un sistema istituzionale italiano che era già fragile, composto com'è di un mix tra uno statalismo mai superato, un municipalismo che spesso vede le singole municipalità lasciate a se stesse e un regionalismo mai compiutamente realizzato ed oggi in forte crisi di identità e anche, spesso, di efficienza.

C'è il rischio che la risposta a tutto questo nasca da una visione fondata sull'individualismo, sul rifiuto di ogni vincolo comunitario, sul superamento di ogni mediazione, sia essa sociale o, appunto, istituzionale e territoriale. Questo è un grande tema che dovrà essere affrontato senz'altro nella nuova legislatura e che mi auguro porti ad uno rilancio, in termini anche molto nuovi, di una idea autonomistica della nostra Repubblica.

Vorrei soffermarmi sul punto delle regioni speciali, invece, che è la seconda parte della Relazione: queste forme istituzionali spesso demonizzate e non viste, invece, come esperienze vitali. Si possono dare giudizi positivi o negativi sul singolo comportamento, ma credo che vada rivendicata questa esperienza come una forma di laboratorio istituzionale utile per l'intero sistema.

E credo che vada anche ricordato a chi, anche in questi giorni, propone delle soluzioni totalmente inaccettabili e guarda al tema delle regioni come guardavano le grandi potenze coloniali quando hanno costruito gli Stati nazionali del Nord Africa, che, comunque, l'autonomia, e l'autonomia speciale in maniera particolare, appartiene alle comunità, non agli enti che la amministrano; hanno dietro storie, esperienze di comunità, talvolta, anche vicende intricate dal punto di vista dei rapporti internazionali.

Per quanto riguarda la Relazione, su questo punto, ravviso un elemento molto critico che voglio mettere in evidenza: traspare, qua e là, l'idea di armonizzare e omologare le regioni a statuto speciale. A me pare che omologare tra di loro le specialità sia un ossimoro, perché le specialità sono una storia particolare e ognuna risponde a delle vicende particolari.

In maniera specifica, vorrei sottolineare tre punti: in primo luogo, le Commissioni paritetiche: io ho l'onore di presiederne una, quella che riguarda i rapporti fra lo Stato e la mia regione. La nostra Commissione ha fatto 150 norme di attuazione dal 1972 in poi e, dunque, voglio rivendicare che ogni esperienza di Commissione paritetica rappresenta una storia a sé, perché dà forma a sistemi di patti assolutamente speciali, assolutamente particolari, con procedure anche speciali.

In secondo luogo, gli ordinamenti finanziari. La finanza non è neutra rispetto al quadro delle competenze e delle funzioni e, dunque, siccome la diversità delle competenze e delle funzioni è l'essenza stessa, l'ossatura di ogni specialità, va da sé che la diversità degli ordinamenti finanziari, la loro peculiarità non può essere sostituita da modelli omologati.

In terzo luogo, la revisione degli Statuti speciali. È giusto, condivido definire procedure più chiare, più trasparenti a questo riguardo, nel rispetto, naturalmente, sempre del principio inviolabile della loro natura pattizia, tuttavia, io credo che sia assolutamente sbagliato porsi l'obiettivo di una loro - anche qui - armonizzazione. Io penso che l'Italia abbia bisogno, Presidente, e concludo, di diversificare, non di omologare, perché solamente così si possono liberare e non soffocare le energie positive dei territori, scommettendo, ancora, con fiducia sulla loro autonomia e lavorando, piuttosto, ad uno Stato centrale sobrio e non barocco, autorevole e non autoritario o invasivo.

Per queste ragioni, desidero che sia messo a verbale il mio dissenso su questi punti della Relazione e, naturalmente, anche, assieme, formulo l'auspicio che nel prossimo futuro, su questi temi, possa essere riaperta una discussione più approfondita e più organica.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Plangger. Ne ha facoltà.

ALBRECHT PLANGGER. Grazie, Presidente. Do per letto e consegno il mio intervento.

PRESIDENTE. La ringrazio, rimane agli atti.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Parisi. Ne ha facoltà.

MASSIMO PARISI. Grazie, Presidente. Le riforme costituzionali, quelle fatte, approvate, entrate in vigore e quelle tentate hanno, talvolta, un singolare destino nel nostro Paese e sono sottoposte, come dire, a una forma di rimozione quasi dalla memoria. Ho avuto modo di esternare questa riflessione, qualche giorno fa, sul referendum del 4 dicembre, ma, in fondo, la possiamo estendere, questa riflessione, anche alla riforma costituzionale del 2001, alla riforma del Titolo V. Una riforma che ha aumentato a dismisura i poteri delle regioni, introducendo la potestà legislativa concorrente, con la conseguente incertezza sui confini delle competenze; una riforma che ha ingolfato di ricorsi la Corte costituzionale e molte regioni hanno sviluppato legislazioni contrastanti su materie di interesse strategico.

Il legislatore del 2001 aveva pensato ad una soluzione che potesse arginare questo fenomeno; lo aveva fatto con il citato articolo 11 di quella riforma, che altri colleghi, prima di me, hanno ricordato, che introduce la possibilità che la Commissione per le questioni regionali possa, attraverso modifiche dei Regolamenti di Camera e Senato, essere integrata dai rappresentanti delle regioni, delle province autonome e degli enti locali. Da quella data, i tentativi di modificare il titolo I della Parte seconda sono stati due, quello del 2006, del centrodestra, e quello del 2014, che prima citavo, ed entrambi sono stati bocciati. È, quindi, forse, giunto il momento di trovare soluzioni a quegli handicap della riforma del 2001 con gli strumenti che abbiamo a disposizione, perché temo che di riforme organiche della Carta costituzionale non ne sentiremo parlare per un bel po', anche se poi tutti ne riconoscono l'urgente necessità.

A proposito di strumenti a nostra disposizione, l'unico ad oggi facilmente utilizzabile è quell'integrazione della Commissione per le questioni regionali con i rappresentanti delle autonomie; una soluzione che era delineata come un ponte, in attesa di una più ampia riforma costituzionale, ma oggi questa soluzione può costituire l'unica forma di raccordo fra Stato ed autonomie territoriali, in un assetto che appare ormai consolidato. La partecipazione delle autonomie territoriali al procedimento legislativo consentirebbe di anticipare il confronto tra Stato ed enti territoriali sulla legislazione, un confronto che, oggi, è relegato alla sola sede di attuazione delle leggi presso le Conferenze e tutto ciò, auspicabilmente, potrebbe portare alla riduzione di quel contenzioso fra lo Stato e le regioni.

Su questo aspetto della relazione, quindi, il sostegno del nostro gruppo alle indicazioni contenute è certo; ci sono, però, altri temi, affrontati da questa relazione a cui vorrei dedicare qualche parola. C'è, per esempio, il tema delle regioni a statuto speciale. L'esito negativo del referendum del dicembre 2016 non ha fatto venir meno l'esigenza di una revisione degli statuti speciali, senza dimenticare, però, anche la necessità di giungere a una regolamentazione del procedimento di attuazione di quegli statuti. Qui, il dibattito potrebbe essere ampio anche in relazione a quei referendum, per la verità più propagandistici che altro, convocati da Veneto e Lombardia; referendum che potrebbero portarci all'istituzione di un altro tipo di regioni: dopo quelle speciali e quelle ordinarie, anche quelle speciali, ma solo un po'.

I tempi sono stretti, non ho modo di soffermarmi sull'argomento, perché vorrei dedicare qualche altra parola all'ultimo tema affrontato dalla Relazione, quello del riordino degli enti di area vasta, province e città metropolitane. È rimasta immutata, per volontà del popolo sovrano, la collocazione nell'ordinamento costituzionale delle province, che continuano ad essere enti costitutivi della Repubblica e a vantare una proprio autonomia, in teoria anche finanziaria.

A questo proposito, all'inizio del mese di luglio, quest'Aula si è già espressa, approvando, con il consenso del Governo, varie mozioni, tutte incentrate sul ripristino dell'autonomia organizzativa di questi enti e sulla garanzia dell'erogazione dei fondi necessari all'esercizio delle funzioni assegnate.

La palla è, quindi, passata in mano all'Esecutivo e, come dire, attendiamo fiduciosi.

Il problema è che queste province, oltre a essere diventate organi di secondo grado - e non credo che sia neanche in discussione una nuova riforma - da questo punto di vista, sono state esautorate di gran parte delle loro risorse, ma solo di alcune delle loro funzioni, con il risultato che i compiti primari e ordinari, come la manutenzione delle strade e delle scuole, non possono più essere adempiuti.

Queste nuove province si trovano, oggi, a convivere con enti di area vasta che non sono stati ben definiti e ben distinti da quelle che erano le vecchie province, in una situazione nella quale le città metropolitane, anch'esse citate nella Costituzione, avrebbero dovuto rappresentare il connubio tra i grandi centri della cintura costituita dagli altri comuni e, invece, sono delle super province o, meglio, sono le vecchie province con una governance e un nome diverso.

Questi enti, tramite le sinergie tra comuni, avrebbero dovuto determinare, da una parte, dei risparmi e, dall'altra, un miglioramento dei servizi, ma, soprattutto, avrebbero dovuto rappresentare un volano per le economie locali. Possiamo dirci, tranquillamente, che questo obiettivo è stato completamente mancato.

In conclusione, il nostro sarà un voto di sostegno alla relazione fatta dalla Commissione, una relazione che è dettagliata per quanto riguarda la questione del raccordo fra Stato ed enti territoriali e, forse, è meno precisa sulle linee guida da adottare in materia di riorganizzazione degli enti di area vasta, ma che, comunque, anche in questo campo, mette in luce problematiche che quest'Aula dovrà presto, in un modo o in un altro, affrontare. Pertanto il nostro voto sarà favorevole.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pastorino. Ne ha facoltà.

LUCA PASTORINO. Signor Presidente, come abbiamo sentito, la relazione affronta più questioni, tra le quali viene dedicato particolare spazio a quella relativa all'integrazione della Commissione parlamentare per le questioni regionali, secondo quanto previsto dall'articolo 11 della legge costituzionale n. 3 nel 2001, di modifica del Titolo V della Parte Seconda della Costituzione, che abilita i Regolamenti delle Camere a prevedere la partecipazione di rappresentanti delle regioni, delle province autonome e degli enti locali alla Commissione parlamentare per le questioni regionali.

In merito a tale questione, la relazione parte dal presupposto della bocciatura, nel referendum del 4 dicembre, della riforma costituzionale, rispetto alla quale, tuttavia, pare da ribadire, ancora una volta, come questa non realizzasse realmente una trasformazione del Senato in una Camera delle autonomie, mancando qualunque meccanismo istituzionale volto a tale scopo, sia in termini di selezione dei componenti che in termini di funzionamento e votazione, in particolare.

D'altronde non convince l'argomento per cui il ritardo nell'attuazione dell'articolo 11 sia da imputare alla pendenza, prima, della riforma costituzionale bocciata dagli elettori nel 2006 e, poi, di quella bocciata sempre dagli elettori nel 2016. Infatti, a parte il fatto che tra queste ci sono state intere legislature, la XV e la XVI, lasciate decorrere inutilmente, la lettera della norma indica chiaramente come sia proprio in attesa di tali ed eventuali riforme che le Camere possono procedere all'attuazione; per cui, anche in questa legislatura, in attesa dell'eventuale approvazione della revisione costituzionale, si sarebbe comunque potuto procedere.

A quest'ultimo proposito, è proprio sul significato da dare al verbo “potere” sul quale sarebbe stato, innanzitutto, opportuno riflettere, in quanto, secondo alcuni, esso indica l'abilitazione delle Camera a procedere, richiedendo però che ciò sia fatto. Seppure questa non sembri la lettura maggioritaria - e comunque certamente quella condivisa dal Parlamento in nessuna delle legislature che si sono succedute dalla XIV, compresa questa, che giunge, infatti, a porsi il problema con estremo ritardo -, è da ritenere certamente almeno utile e opportuno procedere all'attuazione.

La relazione, per il gruppo di Sinistra Italiana Possibile, è quindi condivisibile circa l'obiettivo, ma non lo è nell'analisi dei motivi per cui è opportuno farlo adesso. Tuttavia, come abbiamo imparato in questa legislatura, a suon di dichiarazioni di incostituzionalità, bocciature popolari e analisi dei risultati, non bastano i titoli; è, quindi, opportuno affrontare adeguatamente le modalità di attuazione.

In proposito, rispetto alle proposte tratteggiate nella relazione, non tutto è condivisibile e per il nostro gruppo la discussione in Aula risulta la prima occasione per dare un minimo contributo, non avendo nessun rappresentante nell'ambito della Commissione; circostanza sulla quale pare utile richiamare rispettosamente l'attenzione della Presidenza, non sembrando che i lavori dell'unica Commissione espressamente citata nella Costituzione possano svolgersi adeguatamente senza il coinvolgimento di uno dei gruppi presenti in Aula.

Nel merito, dal punto di vista della composizione, appare certamente condivisibile sia il carattere paritetico parlamentare e dei rappresentanti degli enti locali, sia la durata di questi ultimi, rimessa al duplice termine del mandato e della Commissione, legata alla durata della legislature delle due Camere.

Circa l'ambito di intervento, è da condividere la differenza fra il potere da esprimere sulle leggi alle quali espressamente si riferisce l'articolo 11, comma 2, della legge n. 3 del 2001, che devono essere oggetto di stretta interpretazione, in quanto si determina una modificazione del procedimento legislativo ordinario, dalle altre, rispetto alle quali i pareri possono pur sempre essere espressi senza determinare un aggravio del procedimento legislativo.

Ciò che tuttavia non pare da condividere, almeno completamente, è l'illusione che ciò determinerà una deflazione del contenzioso tra lo Stato e le regioni. Questo, infatti, è da imputarsi ai lunghi elenchi di materie di cui all'articolo 117 e non troverebbe in questo modo stretta soluzione. Tuttavia, se ne avvantaggerebbe la cooperazione tra Stato e regioni, potenziando quell'idea di federalismo cooperativo, che forse la riforma del 2001 non ha adeguatamente sviluppato, rispetto al quale ancor più negativamente era da giudicare la riforma costituzionale approvata dalle Camere in questa legislatura.

Circa gli effetti sul procedimento legislativo, i punti delicati sono due: quello degli emendamenti presentati in Assemblea e quello della questione di fiducia. Dal primo punto di vista, pare da concordare circa il fatto che il parere della Commissione debba essere espresso anche sugli emendamenti presentati in Aula, onde evitare l'elusione della norma; viceversa, non si può concordare circa il fatto che il parere negativo non richiederebbe il voto a maggioranza assoluta. Infatti, il parere negativo su una norma nelle materie indicate sembra superabile solo a maggioranza assoluta e pare che la questione sia sostanziale, presentandosi altrimenti la soluzione emendativa come elusiva della norma stessa, essendo la soluzione preferibile in effetti evidenziata nel parere formulato nella XIV legislatura.

Per quanto concerne, invece, la fiducia, probabilmente la cosa più semplice è escludere, nei casi riguardati dall'articolo 11, comma 2, dalla legge costituzionale n. 3 del 2001, la possibilità di apporre la fiducia.

La relazione, poi, affronta anche meno approfonditamente altre questioni, quali la razionalizzazione del sistema delle Conferenze, la revisione e l'attuazione degli statuti speciali e il riordino degli enti di area vasta.

Ecco, sugli enti di area vasta, pur accogliendo con favore l'evidenziazione di alcune criticità della “legge Delrio”, anche soprattutto alla luce dalla mancata revisione costituzionale, secondo quanto emerge dalla stessa giurisprudenza costituzionale, riteniamo che la critica circa le scelte compiute - sia in termini di rappresentatività, con l'eliminazione del suffragio universale diretto, una discutibile riorganizzazione degli organi e una discriminazione nell'ambito delle città metropolitana tra gli abitanti del comune capoluogo e gli altri, sia in termini di risorse, che pongono le province nella sostanziale impossibilità di operare, anche rispetto alla sicurezza di strade ed edifici scolastici - debba essere molto più radicale, che, per quanto ci riguarda, abbiamo già espresso con la mozione Civati ed altri, alla quale integralmente si rinvia.

Quindi, con queste considerazioni, che vogliono essere un contributo alla discussione, comunque preannuncio il voto favorevole del gruppo di Sinistra Italiana-Possibile (Applausi dei deputati del gruppoSinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà-Possibile).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Busin. Ne ha facoltà.

FILIPPO BUSIN. Grazie, Presidente. Noi riconosciamo senz'altro alla Commissione di aver posto, con questo documento, con questa relazione, un problema sentito e centrale nel nostro ordinamento, che è quello delle autonomie locali, in particolare il problema mai risolto delle competenze concorrenti fra governo periferico e Governo centrale e dei meccanismi che regolano questi due governi. Una questione sentita soprattutto dai cittadini, prima ancora che dai politici, i quali da tempo sono consapevoli - e lo hanno dimostrato anche con il loro voto - che questo è un assetto istituzionale assolutamente inadeguato non solo a gestire e a governare, ma anche a valorizzare le differenti realtà socio-economiche, culturali e storiche che compongono la penisola. Un sistema che - i problemi li sappiamo, ormai, li abbiamo detti più volte - è un malato di una burocrazia pletorica, inadeguata, eccessivamente complicata, che frena la libera iniziativa, che frena le associazioni volontaristiche, che frena la libera impresa, un eccessivo carico tributario, una distribuzione assolutamente sbagliata e sperequata delle risorse prodotte dai vari territori, e aggiungo anche una capitale, Roma, assolutamente non all'altezza di rappresentare un Paese industrializzato qual è l'Italia.

In questo senso, il tema della devolution, giustamente posto dalla Lega, risulta quanto mai attuale e verrà ripreso sicuramente dal prossimo Governo, quando ci saremo noi in quei banchi.

La soluzione dei mali di cui si dibatte ormai dalla creazione dello Stato unitario è quella che ha proposto la Lega Nord: e cioè, il federalismo, il decentramento e la responsabilizzazione dei Governi e delle autorità territoriali, che non può prescindere...

PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Busin. Colleghi, possiamo abbassare il tono della voce? Grazie. Prego.

FILIPPO BUSIN. ... che ovviamente non può prescindere dal conferimento di maggiori potestà legislative e da una maggiore autonomia finanziaria con l'assegnazione di tributi propri e, come detto in precedenza, una diversa distribuzione delle risorse prodotte nei vari territori. La soluzione era quella proposta dalla legge n. 42 del 2009, quella sul federalismo fiscale, che questo Governo e i precedenti hanno avuto la grave colpa di affossare e di non portare a compimento.

I recenti Governi, poi, hanno avuto anche altre colpe in questo senso e altre responsabilità che hanno contribuito ad aggravare il problema oggi posto all'attenzione del Parlamento. Lo abbiamo visto attraverso le manifestazioni della loro ideologia e del loro DNA politico, che è fondamentalmente neocentralista, sia nella legge Delrio, ma soprattutto nella riforma costituzionale che è stata sonoramente bocciata con il referendum del 4 dicembre. Qui si è manifestata quella che era l'idea assolutamente reazionaria di riforma di questo e dei precedenti Governi, che assolutamente andava nella direzione opposta a quella auspicata, che in qualche modo voleva riavvolgere il nastro della storia e annullare vent'anni di battaglie politiche della Lega. Ci ha pensato il popolo a bocciarla e noi, in particolare, in questa relazione lamentiamo il fatto che questo aspetto non sia stato sufficientemente sottolineato e rilevato. Ci aspettavamo, cioè, una presa di coscienza più critica da parte dell'attuale maggioranza e che questa presa di coscienza fosse anche rappresentata in questa Relazione.

Abbiamo ormai capito, ne abbiamo avute numerose e innumerevoli prove, che questo sistema ha delle resistenze difficilmente superabili, questo assetto istituzionale difficilmente arriverà a riformarsi radicalmente come è necessario per adeguarsi ai tempi e per gestire una realtà che è assolutamente articolata e che va gestita con un assetto istituzionale diverso. Ci penseremo noi, non saranno le soluzioni proposte da questa Commissione, ci penserà il referendum per l'autonomia del Veneto e della Lombardia del 22 ottobre, ci vorrà quindi una forza esterna, un'azione di popolo, che si esprime in modo unito, compatto e plebiscitario, e che con la forza dei propri voti e del consenso popolare costringa questo Stato a riformarsi in modo radicale e in modo adeguato a quelle che sono le esigenze attuali. La vera rivoluzione saranno questi due referendum, dal 22 ottobre in poi nulla sarà più come prima: la vera riforma, la vera rivoluzione, la vera soluzione dei problemi posti anche da questa Relazione avverrà con il voto del 22 ottobre per l'autonomia del Veneto e della Lombardia (Applausidei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie-Lega dei Popoli-Noi con Salvini).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole D'Alia. Ne ha facoltà.

GIANPIERO D'ALIA. Grazie, signor Presidente. Ovviamente, nell'annunciare il voto favorevole del mio gruppo parlamentare alla Relazione, con le motivazioni che stanno nella relazione introduttiva che abbiamo fatto prima dell'estate sul documento di sintesi della Commissione bicamerale, mi permetto di fare solo qualche brevissima considerazione integrativa.

La prima è questa. Il documento della Commissione è un documento di sintesi di due anni di lavoro, che è stato fatto e che ha prodotto due indagini conoscitive: la prima, collegata in maniera specifica alle regioni a statuto speciale, al tema del rapporto tra queste regioni e l'ordinamento statale, ha riguardato l'attualità della specialità, per ragioni storiche, territoriali, geopolitiche, etniche e così via, con particolare riferimento all'andamento dei rapporti finanziari fra lo Stato e queste regioni proprio per la specificità del sistema statutario speciale e proprio perché nel quadro dell'obbligo della armonizzazione dei sistemi contabili e finanziari ci si è interrogati su come salvaguardare l'autonomia e la specialità, ma dentro un quadro di politiche economiche e finanziarie che vanno nell'interesse del Paese. Quindi, da questo punto di vista, mi permetto di sottolineare al collega Dellai, del quale apprezzo l'intervento e gli approfondimenti che ha fatto, che nell'indagine conoscitiva che la Commissione ha fatto e che in sintesi è stata espressa nel documento che oggi siamo chiamati ad esaminare, non vi è alcun vulnus alle autonomie speciali: si è tentato di approfondire quali sono le criticità nel funzionamento dei meccanismi pattizi, soprattutto con riferimento alle questioni di carattere economico e finanziario, che poi alimentano, anche rispetto a queste regioni, un dibattito nell'opinione pubblica nazionale che non sempre è informato e non sempre va nella direzione della conferma dei principi di autonomia e di pluralismo istituzionale che l'articolo 5 della Carta costituzionale scolpisce come principi fondamentali dell'ordinamento.

Le proposte che la Commissione ha fatto, non solo in questo documento, che, ripeto, è di sintesi, ma all'esito di quell'indagine conoscitiva, sono state quelle di definire non procedure che omologhino le regioni a statuto speciale, ma di definire procedure comuni che facciano sì che tutte le regioni a statuto speciale utilizzino gli strumenti di autonomia che gli statuti e la Costituzione gli attribuiscono, per evitare che vi siano regioni a statuto speciale che, come emerge dalla nostra Relazione, vanno bene, hanno sviluppato appieno le loro prerogative autonomistiche, e regioni a statuto speciale che viceversa non hanno utilizzato appieno gli strumenti che lo statuto e la Costituzione mettono loro a disposizione; e questo mancato utilizzo ha prodotto sostanzialmente un diverso ed inferiore livello di crescita economica e sociale.

L'altra considerazione che voglio fare, ringraziando il sottosegretario Bressa e il Governo, con cui abbiamo lavorato in questi due anni in assoluta sintonia, è che dall'altra indagine conoscitiva che abbiamo fatto, e che è sintetizzata in questo documento che è all'esame del Parlamento, il tema che noi ci siamo posti, sia prima del referendum costituzionale del 4 dicembre e, a maggior ragione, dopo l'esito non confermativo di questo referendum costituzionale, è legato a come il sistema deve restare plurale di istituzioni, perché la democrazia si alimenta di pluralismo; il pluralismo istituzionale, il valore dei comuni, degli enti di area vasta, delle regioni e dei territori è un valore che arricchisce il sistema democratico e non può essere vissuto come un orpello o come, ancora di più, una zavorra, dal punto di vista del Paese.

Quindi, ci siamo posti due questioni: la prima è come funziona il raccordo amministrativo, cioè come funziona il rapporto tra le burocrazie statali e le burocrazie regionali e locali, perché il sistema definito dopo la riforma del Titolo V, Parte seconda, della Costituzione del 2001, è un sistema che ha mostrato evidenti lacune, che ha fatto crescere la burocrazia e il livello di complessità del sistema pubblico italiano, e ha messo in crisi l'efficienza della governance di questo sistema. Non è che qui c'è un dibattito tra federalisti e centralisti, il tema è comprendere come il sistema delle conferenze, il sistema del raccordo fra lo Stato, le regioni e le autonomie locali può funzionare per migliorare la qualità della vita dei cittadini, delle famiglie e delle imprese nel rapporto con l'amministrazione pubblica, e, poiché questo rapporto, come è emerso anche dal dibattito di oggi, è un rapporto che non ha funzionato al meglio, come tutto questo possa essere ricondotto in termini migliori.

PRESIDENTE. Concluda.

GIANPIERO D'ALIA. L'altro aspetto che è emerso - mi avvio subito alle conclusioni, signor Presidente - è quello legato al tema del raccordo legislativo: la sentenza n. 251 sulla riforma “Madia” è una sentenza che ha aperto un problema dal punto di vista del rapporto fra il legislatore e il sistema delle regioni. L'attuazione dell'articolo 11, che è complessa - assolutamente complessa -, sta dentro questo ragionamento.

Un passo in avanti l'abbiamo fatto con l'approvazione, nel decreto sul Mezzogiorno, di una norma che consentirà alla Commissione bicamerale di poter svolgere, ancorché in maniera diversa dai contenuti dell'articolo 11, una forma di istruttoria preventiva e di raccordo col sistema delle Conferenze e delle autonomie locali, che sicuramente preverrà tutti quei conflitti che solo la Corte costituzionale ha potuto risolvere. Per queste ragioni, signor Presidente, ringraziando ovviamente i colleghi della Commissione e tutti quelli che sono intervenuti, noi esprimiamo il nostro voto favorevole.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Kronbichler. Ne ha facoltà.

FLORIAN KRONBICHLER. Presidente, colleghe e colleghi, questa relazione stesa dal collega D'Alia, presidente della Commissione bicamerale per le questioni regionali, e firmata anche da me e da altri capigruppo in Commissione, è in sostanza la prima presa d'atto e il riconoscimento, l'accettazione, della débâcle del referendum costituzionale del dicembre dell'anno scorso. I cittadini hanno detto allora “no” alla riforma che nel merito avrebbe dato un colpo mortale al già flebile regionalismo o federalismo in generale. Hanno detto a stragrande maggioranza “no” alla revisione del Titolo V della Costituzione ovvero al ridimensionamento del Senato a una specie di Camera delle autonomie. E l'invidiabile prontezza di riflessi del presidente D'Alia è stata di aver messo all'ordine del giorno della Commissione uno studio sul futuro degli enti territoriali del Paese. Mi scuso per la presunzione, però mi permetto di rivendicare che io, il collega e compaesano Albrecht Plangger e il senatore aostano Albert Laniece siamo stati i più assidui a presenziare alle tante, secondo me troppe, audizioni (me ne sono lamentato di frequente con il presidente). È comprensibile che noi autonomisti, autonomisti speciali abbiamo posto la nostra attenzione soprattutto sul destino delle nostre autonomie speciali, delle rispettive competenze, non ultimo del suo assetto finanziario e del regionalismo e federalismo come tale. Non occorre leggere lo spesso rapporto, steso dal presidente e dalla brava segretaria di Commissione, basta dare un'occhiata all'indice, per accorgersi del peso speciale dato alle autonomie speciali. Abbiamo scorto in parecchi auditi la strisciante tentazione di normalizzare le regioni a statuto speciale, di ritenere esauste le ragioni storiche, un'anomalia, uno status da superare, da estirpare. Abbiamo fatto fronte a tale concezione livellatrice al ribasso. Le differenze, abbiamo argomentato, sono non un difetto ma una qualità: se non c'è differenza non c'è specialità. Mi sono attirato espressioni di incomprensione da parte del presidente, per certi miei apprezzamenti poco distinti sulla Commissione, o meglio sulle tante Commissioni che si occupano delle regioni. Infatti, ci sono, oltre alla Bicamerale, la Conferenza Stato-regioni, le Commissioni cosiddette paritetiche, e ci sarebbe stato, appunto, il Senato delle regioni: decisamente una overdosis di organi per quel poco di regionalismo da coordinare. Strada facendo me ne sono ricreduto: la Commissione si è rivelata un affidabile se ben timido difensore delle cause regionaliste. Dicevo dell'importanza che il rapporto riserva alle autonomie speciali. Un cenno solo ai vari tentativi di revisione e di attuazione degli statuti speciali, che trovano ampio spazio nella relazione. Apprezziamo molto i suggerimenti che la Commissione dà riguardo alle cosiddette Commissioni paritetiche, che nel nostro caso delle province autonome di Trento e Bolzano, quasi in segreto, di fatto sfornano norme di rango costituzionale, bypassando le rappresentanze parlamentari sia dello Stato che delle province.

Per quanto alla Commissione cosiddetta “dei sei”, per la provincia di Bolzano, oso parlare di extraparlamentarizzazione della legislazione. In proposito la relazione che voteremo si legge come un'esortazione a più democrazia in quella Commissione. Chiede esplicitamente una più rigorosa, trasparente regolamentazione del suo funzionamento. Chiede precise forme di programmazione dei lavori, un'intensificazione del collegamento fra le Commissioni paritetiche e le Assemblee legislative, statali e provinciali, e infine una maggior pubblicità dei lavori in Commissione. Fino ad ora, purtroppo, questa Commissione assomiglia più ad una loggia segreta. È il richiamo a più democrazia e più trasparenza nella revisione e attuazione degli statuti speciali. E scorgo in questo un bizzarro, simpatico sincronismo, perché in contemporanea con i nostri lavori in Commissione questioni regionali, a Bolzano, con altrettante ma sicuramente più estenuanti sedute, una Convenzione-Convent di 33 persone ha elaborato proposte in ordine alla revisione dello Statuto di autonomia. Voleva essere, secondo la sua legge costitutiva, la riscrittura partecipata dello Statuto. Non ci si è arrivati a questo. E delle due relazioni finali, una di maggioranza e l'altra di minoranza, quest'ultima, cioè di minoranza o di opposizione, redatta dal consigliere provinciale verde Riccardo Dello Sbarba, si legge come l'applicazione delle indicazioni date in questa relazione. Il mio gruppo Articolo 1-Movimento Democratico e Progressista vota a favore della relazione (Applausi dei deputati del gruppo Articolo 1-Movimento Democratico e Progressista).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fabrizio Di Stefano. Ne ha facoltà.

FABRIZIO DI STEFANO. Grazie, signor Presidente. Desidero innanzitutto dare atto al presidente D'Alia per la tempestività con cui ha inteso istituire la Commissione, proprio all'indomani della bocciatura del referendum dello scorso dicembre e, più in generale, della capacità dello stesso di gestire tutti i lavori, non solo nell'analisi conoscitiva - di cui oggi trattiamo - ma dei lavori di questi anni nella Commissione, confrontandosi e lasciando spazio alle opposizioni di esprimersi e di contribuire, nella misura più idonea e più ritenuta atta, alla costruzione di pareri, di documenti, insomma i lavori più in generale della Commissione stessa. E così nasce il frutto di questa relazione, relazione che fotografa molto bene sia come la stessa è stata prodotta, attraverso un ampio lavoro di condivisione, di coinvolgimento, di audizioni, di esperti, di rappresentanti delle autonomie locali, di tutto quell'universo mondo di competenze, che…

PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Di Stefano. Non è possibile, però… Prego, onorevole.

FABRIZIO DI STEFANO. …potevano servire alla Commissione stessa per farsi una più giusta conoscenza dell'argomento.

E, venendo proprio poi alla materia specifica, come giustamente ha detto il presidente, - ed è qui quindi anche il nostro distinguo forte che nasce - il vulnus nasce dal fatto che c'è stato un momento storico, di questo Parlamento, di questo Governo e di questa legislatura, in cui si credeva che tutto era possibile e che bastava la volontà del singolo, del capo, perché tutto si realizzasse e si passasse anche al di sopra e ben oltre la volontà degli italiani. Cioè, in sostanza, il vulnus nasce dal fatto che, per dirla come si dice dalle parti nostre, si è messo il carro davanti ai buoi. Si è fatta una riforma, che doveva essere fatta a valle di una precedente riforma costituzionale, e invece la si è fatta a monte, dando per scontato che la volontà del capo fosse la volontà del popolo italiano.

E cade tutta l'impalcatura, quando? Quando il referendum boccia quella riforma. È chiaro che la riforma, cosiddetta Madia, è collegata a quel tipo di idea riformista, che sarà bocciata dagli italiani. Allora, questo evidentemente, se per quanto riguarda l'analisi sugli statuti, viene fotografata l'esigenza e, quindi, la necessità di riprendere un percorso di armonizzazione statutaria, per quanto riguarda invece il settore delle autonomie locali, evidentemente è chiaro che c'è un problema di fondo. E il problema è proprio quello, che oggi - e qui forse la relazione andava maggiormente pressata - ci troviamo ad assistere ad una paralisi, in particolar modo di alcuni enti.

Qui si parla di area vasta, penso a quelle che sono ed erano le province, perché si è fatta una riforma, pensando che le province non dovessero più esistere e, invece - come viene ribadito nella parte quarta della Relazione - oggi le province ci sono ancora, sono perfettamente inserite nel dettato costituzionale, perché la riforma non è stata approvata, ma sono state depauperate di tutte le funzioni, con i danni consequenziali che ne derivano. È anche quello che abbiamo visto quest'estate con la tutela del territorio, che era una delle competenze in cui anche le province avevano un grande ruolo, insieme al Corpo forestale dello Stato, altro elemento che è stato scardinato dall'ordinamento giuridico, appunto, da questa serie di riforme, scellerate, io dico, che si sono susseguite.

È chiaro che oggi giustamente nella Relazione si dice che occorre ripensare a come andare ad integrare poiché - leggo testualmente - la mancata entrata in vigore della riforma costituzionale ha avuto l'effetto di cristallizzare la riforma ordinamentale. In buona sostanza significa che la riforma ordinamentale, essendo cristallizzata, non funziona. E questo va detto a chiare lettere: non funziona. Non funziona perché - lo dice sempre la Relazione - anche la riforma delle città metropolitane ormai sono tre anni e non parte ancora. E non parte ancora perché è evidente che c'è un problema di fondo. C'è il problema che si è fatta una riforma, non tenendo conto delle difficoltà applicative enormi, se la stessa andava fatta.

Allora, su questo noi appuntiamo la nostra differenziazione dalla Relazione, sebbene la Relazione presenti ampi aspetti condivisibili - ripeto - soprattutto per quanto riguarda l'esigenza di riprendere un percorso per armonizzare la situazione delle regioni a statuto speciale e, come ha detto qualche collega poc'anzi - mi pare il collega Parisi - anche di vedere che cosa accadrà, alla luce dei referendum che sono in procinto di essere espletati in alcune regioni del Nord Italia. Bene, va necessariamente ripreso, ma va altrettanto necessariamente, e forse con ancor più urgenza, ripreso un percorso normativo che, contrariamente a quello che si dice nella Relazione, non può lasciare in buona sostanza immutato lo stato delle cose causato dalla riforma, perché quella riforma - diceva sempre la Relazione - sembrerebbe opportuno non rimettere completamente in discussione, al fine di non introdurre ulteriori elementi di incertezza. E purtroppo non è così, perché se la riforma è sbagliata, perché il presupposto di partenza era sbagliato, perché si prevedeva che la Costituzione sarebbe stata comunque cambiata, è necessario anche rivedere tutte le norme modificate, attraverso quella riforma, perché le province così non funzionano. E ce ne accorgiamo oggi ancor di più, quando i due principali compiti delle province – e, cioè, quello della manutenzione stradale e quello della manutenzione degli edifici scolastici superiori - si trovano in grandissime difficoltà, perché le province sono state depauperate non soltanto delle risorse - e qui proprio si è detto poc'anzi che ci sono stati interventi, ma necessitano ulteriori interventi di nuovi finanziamenti, di nuove risorse a disposizione di questi enti, per cercare di fargli mantenere le funzioni -, ma sono state depauperate, in questo percorso, anche di professionalità, che nel frattempo, nella ipotesi di smobilitazione di questi enti, sono state spostate, sono state assegnate ad altri enti, comuni o regioni che siano.

Allora, è chiaro che, a nostro avviso, quelle riforme sbagliate, quella riforma sbagliata - e mi avvio alla conclusione - va rivista profondamente, va rivista profondamente assieme ad altre. Vi sono gli esempi di quest'estate, con gli incendi terribili che hanno devastato, che nel numero sono uguali a quelli dello scorso anno, ma che nelle dimensioni sono molto superiori, perché è mancato quel ruolo fondamentale che era quello del Corpo forestale dello Stato, e va rivisto anche questo.

E, allora, pur apprezzando il lavoro del presidente della Commissione, pur condividendo i principi con cui questo lavoro è stato impostato, pur condividendo l'analisi sulla parte riguardante le regioni a statuto speciale, rispetto a quelle degli organi di area vasta noi prendiamo le distanze e, quindi, non possiamo dare il nostro voto favorevole, ma annunciamo il voto di astensione del gruppo di Forza Italia. Grazie.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ciprini. Ne ha facoltà.

TIZIANA CIPRINI. Grazie, Presidente. Esporrò in quest'Aula quanto già illustrato dal MoVimento 5 Stelle nell'altro ramo del Parlamento. Il documento contiene sicuramente le risultanze di esigenze condivise da tutte le forze politiche nella Commissione per le questioni regionali. Faccio riferimento, per esempio, alla necessità di superare i contenziosi, ancora diffusi e presenti, che riguardano il rapporto Stato-regioni. La Commissione per le questioni regionali ha riconosciuto che continuano ad essere valide, in alcuni ambiti, le Conferenze Stato-regioni, anche se bisogna sottolineare che esse intervengono a conciliare le esigenze di entità governative, in quanto vi partecipano Governi regionali e statali, mentre non esiste - questo è già un limite del nostro ordinamento - un luogo dove intervenire, nella fase legislativa, per conciliare diverse esigenze tra Stato e poteri locali.

Da qui nasce la necessità di mettere mano alle norme per cercare una sempre maggiore armonia tra Stato e regioni. Il documento appare, però, ancora troppo generico, perché si possa prendere una posizione chiara e condivisa da parte della nostra forza politica. Nonostante contenga degli elementi positivi, infatti, vi sono altri aspetti che andrebbero approfonditi per fugare eventuali dubbi. Sto parlando, ad esempio, dell'ipotesi di allargare la Commissione per le questioni regionali a rappresentanti delle regioni e degli enti locali: è un'indicazione che ci perviene dalla legge costituzionale n. 3 del 18 ottobre 2001 che, al suo articolo 11, prevede che la partecipazione delle Commissioni parlamentari per le questioni regionali si possa allargare ai rappresentanti delle regioni, delle province autonome, degli enti locali. Vorrei fare alcuni esempi che inducono a perplessità e prudenza nel dare assenso alla Relazione: ad esempio, l'ipotesi di allargamento ai rappresentanti degli enti locali della Commissione comporterebbe ovviamente la presenza di rappresentanti delle regioni - e qui fin qui tutto bene -, tuttavia si avrebbe anche, così facendo, la presenza di rappresentanti di altri enti locali.

PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Ciprini. Colleghi tutti… Grazie.

TIZIANA CIPRINI. Si parla esplicitamente di province, città metropolitane e comuni. Dal momento che i componenti delle città metropolitane e delle province non vengono eletti direttamente dal cittadino, si avrebbe la situazione paradossale per cui delle persone nominate non dai cittadini, ma dai loro colleghi, ossia consiglieri comunali, si troverebbero addirittura in una elezioni indiretta di secondo grado a dover nominare dei componenti di una Commissione parlamentare. Quindi, avremmo componenti di una Commissione parlamentare eletti da persone che non sono elette dal popolo e questa, per il MoVimento 5 Stelle, è una questione molto delicata e alquanto discutibile. Per questo motivo bisognerà valutare quali saranno i testi proposti, per operare l'eventuale modifica del funzionamento della Commissione parlamentare per le questioni regionali, che poi influenzerà i lavori del Parlamento.

Infatti, si prevede che tale Commissione abbia anche un potere interdittivo nei riguardi di provvedimenti legislativi che dovrebbero essere approvati dalle due Camere non più a maggioranza dei presenti, ma a maggioranza assoluta, qualora la maggioranza della Commissione per le questioni regionali lo richiedesse. L'ipotesi è di una Commissione formata da 60 membri; ci sono anche altre ipotesi che ne farebbero qualcosa di ancora più grande, quasi una terza Camera.

C'è anche da dire che la legge costituzionale del 2001 attribuisce ai Regolamenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica la possibilità di prevedere una partecipazione allargata. Si potrebbe, quindi, procedere anche con una modifica dei Regolamenti parlamentari, che sarebbe una strada più semplice e rapida, ma è anche chiaro che, per avere meccanismi di elezioni da parte delle regioni e degli enti locali, ci vorrà un passaggio di tipo legislativo, non solo regolamentare.

La relazione pone problemi, ipotizza soluzioni, che tuttavia rimangono vaghe, indeterminate, soprattutto in riferimento al coinvolgimento delle regioni nell'attività legislativa statale. Pertanto, esprimeremo voto di astensione, poiché in pratica si chiede di votare un documento che impegna il Governo a dar corso alle indicazioni contenute nella relazione, ma le indicazioni sono vaghe; quindi, in sostanza, si sta dando al Governo la facoltà di scegliere tra le indicazioni scritte, alcune anche in contrasto tra di loro, quella che il Governo stesso ritiene preferibile. Riteniamo, pertanto, opportuno prendere posizione su un progetto del genere solo quando ci saranno all'attenzione proposte molto più precise (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Prego tutti i colleghi di abbassare il tono della voce, per favore.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ribaudo. Ne ha facoltà.

FRANCESCO RIBAUDO. Grazie, Presidente. La Commissione parlamentare per le questioni regionali, in questi ultimi due anni, ha fatto propria l'esigenza di fare una riflessione, una riflessione sistematica su quello che è lo Stato e il regionalismo in Italia e ha voluto particolarmente attenzionare - eravamo in una fase piena delle riforme in Italia - la questione, in particolare, degli statuti autonomi. Lo ha fatto con tre indagini: una ha riguardato appunto gli statuti autonomi e i rapporti tra gli statuti autonomi e lo Stato centrale, l'altra ha riguardato le problematiche concernenti l'attuazione, non solo degli statuti, ma le forme di raccordo tra lo Stato e l'autonomia territoriale, con particolare riguardo al sistema delle Conferenze, e in ultimo, quando nella fase finale di questi due anni eravamo già a ridosso del referendum e subito dopo la sentenza n. 251 che ha riguardato il decreto legislativo Madia, che ha bocciato la procedura dell'approvazione del decreto legislativo Madia (il nostro presidente ha avuto l'intuizione), la Conferenza ha dovuto rivedere e fare sintesi del lavoro fatto nei due anni, per capire meglio e per proporre anche a questa Assemblea alcuni elementi di riflessione e suggerire ipotesi. Non ci permettiamo di dire: “è questa la via”, ma di suggerire ipotesi, ipotesi che, comunque, sono proposte concrete per la piena applicazione della riforma, quella vigente, dal momento che il referendum ha bocciato la proposta di riforma, quindi la riforma della Costituzione portata avanti con la legge n. 3 del 2001.

Allora, per quanto riguarda gli Statuti speciali (questa mattina vi sono stati molti interventi dei colleghi), questo lavoro svolto dalla Commissione ha fatto emergere una cosa chiara: gli statuti autonomi non andavano cancellati. È serpeggiata in quest'Aula, l'anno scorso, l'idea che con le riforme che avevamo messo in campo si cancellassero poi gli statuti speciali. Bene, è emerso da quel lavoro che gli statuti speciali non vanno cancellati, sono una ricchezza. Questa posizione è condivisa da tutti, è condivisa soprattutto anche dagli esperti che hanno relazionato nella nostra Commissione.

Il documento che riguarda gli statuti speciali auspica, però, un approccio comune alle cinque autonomie speciali nei confronti della revisione, al fine appunto di ritardare il pluralismo costituzionale e rileggere i fondamenti della specialità sotto forma di due principi, due valori: la responsabilità e la solidarietà. Per questo, è già in corso, onorevole Dallai, una sorta di laboratorio unitario, dove chiaramente devono essere coinvolte le assemblee elettive; ed è già stato avviato questo processo che possa concludersi, appunto, con una convenzione che tracci linee procedurali per un percorso comune degli statuti, come è già accaduto precedentemente.

A che cosa ci deve portare, infatti, questo lavoro? Ci deve portare a delineare alcune soluzioni concernenti problematiche che sono state messe a fuoco anche stamattina, qui, nel corso di questa discussione, ma che abbiamo approfondito durante i lavori dell'indagine. È necessario innanzitutto aggiornare gli statuti, e questo indipendentemente se la riforma fosse passata o no: gli statuti vanno aggiornati su principi comuni. Quindi, armonizzare, poi, la disciplina della composizione e del funzionamento delle Commissioni paritetiche: quello, sì, è un fatto di criticità. Le Commissioni paritetiche delle cinque regioni a statuto speciale si sono comportate e hanno funzionato in maniera diversa l'una dalle altre. Allora, bisogna avere criteri, principi e metodi comuni.

PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Ribaudo. Colleghi, per favore, abbassiamo il tono della voce? Prego.

FRANCESCO RIBAUDO. La regolamentazione del procedimento di adozione degli schemi dei decreti legislativi in attuazione degli statuti, cioè delle delibere delle Commissioni paritetiche: alcune volte abbiamo assistito a delibere delle Commissioni paritetiche che vengono parcheggiate e non vengono mai approvate dal Governo; dobbiamo stabilire tempi, modalità, come si perviene e come si arriva a definire procedimenti.

In ultimo, ma è la cosa più importante rilevata anche qui stamattina, la definizione dei principi e dei criteri direttivi comuni nella disciplina dei rapporti finanziari, finalmente, fra Stato e questi enti, e le regioni. Su questi punti, il documento ha già proposto delle soluzioni, sono soluzioni anche operative (diamo anche il rinvio all'argomento), che possono anche essere attuate.

Per quanto riguarda il sistema delle Conferenze, ricordo che buona parte del lavoro era stato fatto prima che ci fosse il referendum, comunque la Commissione aveva lavorato, tenendo conto che il referendum poteva essere approvato o non approvato. Quindi, la Commissione ha lavorato tenendo conto del sistema vigente, al fine di offrire elementi su ciò che già esisteva, sulle norme esistenti e su come, appunto, funzionavano ad oggi i tre livelli di Conferenze: Conferenza unificata, Conferenza Stato-regioni e Conferenza programmatica.

Poi, alla luce anche della nuova riforma, ci siamo posti il problema di capire: servono ancora le Conferenze nel momento in cui questa riforma approverà un Senato delle autonomie? Ebbene, è venuto fuori - questo il Parlamento lo deve sapere – che, in tutti e due i casi, sia nel caso di approvazione del referendum sia nel caso, così come è avvenuto, di non approvazione del referendum, le Conferenze vanno mantenute. È stato rilevato da parte di tutti - giuristi, ma anche da tutte le parti politiche - la funzione importante, l'importanza che hanno avuto le Conferenze in questi trent'anni.

Era necessario, però, svolgere anche una riflessione per capire cosa ha funzionato e cosa non ha funzionato di queste Conferenze, perché è vero che hanno avuto una funzione importante di raccordo, una funzione devo dire anche di rilevanza costituzionale data dalle sentenze della Corte costituzionale nel corso di questi trent'anni, laddove la Costituzione ha ritenuto che, con le Conferenze, si attuasse il principio di leale collaborazione. Nel corso dell'indagine, è emerso anche che, in caso di approvazione della riforma costituzionale, il sistema delle Conferenze non andasse sospeso dicevo, bensì riformato: quindi, è ovvio che questo Parlamento dovrà mettere mano ad una riforma, ad una riorganizzazione del sistema delle Conferenze.

Una delle principali criticità del regionalismo italiano è riconducibile all'assenza di sedi e di istituti di cooperazione tra Stato e autonomie nella formazione delle leggi e nella definizione delle politiche pubbliche, tanto è vero che questo è rilevato da diverse sentenze della Corte costituzionale. Questo è dovuto anche all'assenza del coinvolgimento nel procedimento legislativo - quindi, nella fase ascendente della legge - delle autonomie locali, perché, se da un lato, le Conferenze hanno svolto una funzione, che tutti riconosciamo, nella fase attuativa della legge, nella fase discendente, laddove appunto si fanno i decreti attuativi e la Conferenza Stato-regioni e la Conferenza Stato-città determinano l'attuazione attraverso le loro delibere, è pure vero che quello che è mancato è il coinvolgimento nella fase della formazione, nell'iter formativo.

Tutto questo, con la legge costituzionale n. 3, nella riforma fatta nel 2001, era demandato a questa Commissione, alla nostra Commissione per le questioni regionali, che doveva essere allargata e nella quale dovevano essere coinvolti anche dei componenti che rappresentassero le autonomie locali.

Tutto questo non è avvenuto e non è avvenuto per una semplice ragione: perché, prima con la mancata riforma del 2006 e adesso con questa, si prevedeva e si è sempre pensato che, prima o poi, in Italia si sarebbe riusciti a costituire un Senato delle autonomie. Questo non è avvenuto, quindi oggi, a bocce ferme, a norme ferme, a regole vigenti, dobbiamo per forza intervenire sull'applicazione dell'articolo 3 della Costituzione.

PRESIDENTE. Concluda, onorevole Ribaudo.

FRANCESCO RIBAUDO. L'attuazione della Costituzione con riferimento all'integrazione della Commissione per le questioni regionali potrebbe rappresentare un'occasione importante. Perché? Perché noi abbiamo avuto in questa fase, nonostante il coinvolgimento nella fase discendente, il fatto che nel procedimento legislativo…

PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole Ribaudo, ha finito il tempo.

FRANCESCO RIBAUDO. …gli enti locali non sono stati coinvolti: evidentemente ciò ha determinato un contenzioso, un contenzioso che è sfociato anche in referendum, come sappiamo. Le proposte riportate - e concludo veramente - nella Commissione, che la Commissione ha avuto anche l'impegno di proporre…

PRESIDENTE. Ha finito il tempo, onorevole Ribaudo, deve proprio concludere con una battuta.

FRANCESCO RIBAUDO. Concludo dicendo questo: che il Parlamento oggi ha gli elementi, dati da questo lavoro fatto dalla Commissione, per poter procedere a fare delle modifiche regolamentari e anche di legge. Questo per far funzionare meglio le nostre istituzioni democratiche. Per questo motivo, il Partito Democratico esprime il parere favorevole alla risoluzione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto.

(Votazione - Doc. XVI-bis, n. 11)

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione D'Alia, Ribaudo, Kronbichler, Parisi, Gigli, Plangger ed altri n. 6-00335, con il parere favorevole del Governo.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 1).

Trasferimento a Commissione in sede legislativa della proposta di legge n. 3831 ed abbinata (ore 11,10).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'assegnazione di proposta di legge a Commissione in sede legislativa.

Propongo alla Camera l'assegnazione in sede legislativa della seguente proposta di legge, della quale la sotto indicata Commissione ha chiesto il trasferimento in sede legislativa, ai sensi dell'articolo 92, comma 6, del Regolamento:

alla III Commissione (Affari esteri): La Marca ed altri: “Istituzione della Giornata nazionale degli italiani nel mondo” (A.C. 3831).

(La Commissione ha elaborato un nuovo testo).

Per consentire alla stessa Commissione di procedere all'abbinamento richiesto dall'articolo 77 del Regolamento è, quindi, trasferita in sede legislativa anche la proposta di legge Caruso ed altri: “Istituzione della Giornata della solidarietà degli italiani nel mondo” (A.C. 4325).

Se non vi sono obiezioni, così rimane stabilito.

(Così rimane stabilito).

Seguito della discussione della relazione sul fenomeno della contraffazione sul web, approvata dalla Commissione parlamentare di inchiesta sui fenomeni della contraffazione, della pirateria in campo commerciale e del commercio abusivo (Doc. XXII-bis, n. 9) (ore 11,11).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione della relazione sul fenomeno della contraffazione sul web, approvata dalla Commissione parlamentare di inchiesta sui fenomeni della contraffazione, della pirateria in campo commerciale e del commercio abusivo (Doc. XXII-bis, n. 9).

Ricordo che nella seduta del 17 luglio si è conclusa la discussione ed è stata presentata la risoluzione Baruffi, Gallinella, Russo ed altri n. 6-00337 (Vedi l'allegato A).

Avverto che la risoluzione è stata sottoscritta anche dai deputati Garofalo, Franco Bordo e Pastorelli.

(Parere del Governo – Doc. XXII-bis, n. 9)

PRESIDENTE. Invito il rappresentante del Governo ad esprimere il parere su tale risoluzione. Colleghi, per favore, abbassiamo il tono dalla voce...

ANTONIO GENTILE, Sottosegretario di Stato per lo Sviluppo economico. Buongiorno, Presidente. La risoluzione si accoglie con l'impegno: “e valutando l'iniziativa, anche in sede europea”, con alcune precisazioni, alle conclusioni proposte nella relazione ai punti c), e), k) ed n). Alla lettera c), nel secondo periodo, aggiungere dopo gli ISP: “e ove ritenuto necessario”.

PRESIDENTE. Scusi, sottosegretario Gentile, un attimo. Sottosegretario, un secondo. Noi facciamo riferimento e dobbiamo fare riferimento alla risoluzione che è stata pubblicata, cioè quella n. 6-00337 Baruffi, Gallinella, Russo, Cenni, Mongiello, con le firme che si sono aggiunte in corso d'opera. Quindi, lei mi stava facendo riferimento a un altro documento che non è quello. Se vuole glielo faccio avere in maniera che lei lo guarda al volo ed esprimiamo il parere sull'atto che abbiamo.

Onorevole Corsaro, la prego….

ANTONIO GENTILE, Sottosegretario di Stato per lo Sviluppo economico. L'avevo confusa con l'altra, quindi, su questa, parere favorevole.

(Dichiarazioni di voto Doc. XXII-bis, n. 9)

PRESIDENTE. A questo punto passiamo alle dichiarazioni di voto.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pastorelli. Ne ha facoltà.

ORESTE PASTORELLI. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, il fenomeno della contraffazione sul web presenta da tempo dimensioni preoccupanti, con effetti negativi tanto sulla sicurezza dei consumatori, quanto sulle capacità di crescita dei piccoli e medi operatori economici.

Ciò che più ci deve preoccupare è l'assenza di efficaci strumenti di controllo del commercio su Internet, come, ad esempio, un organismo di regolazione per la tutela dei diritti di terzi rispetto agli illeciti commerciali effettuati online. È ovvio che in questo contesto la falsificazione del marchio e dei prodotti, così come la pirateria digitale, crescono indisturbati.

È inutile, poi, sottolineare gli effetti devastanti di questi fenomeni sul made in Italy, effetti, peraltro, da noi sottolineati da tempo ed emersi con chiarezza dai lavori della Commissione anticontraffazione.

Del resto, mentre i prodotti venduti dalle multinazionali sono quelli maggiormente garantiti, i beni più contraffatti sono proprio quelli prodotti da piccole aziende o filiere territoriali che non hanno la forza di arginare dei fenomeni di portata globale; un esempio per tutti che ci riguarda da vicino è il settore agroalimentare.

La relazione rappresenta, quindi, un documento prezioso, poiché oltre a mettere in luce un quadro critico e di forte illegalità, delinea un piano di interventi valido che parte dall'educazione dei consumatori e passa attraverso un sistema di certificazione di qualità delle piattaforme di vendita online. Esprimo, dunque, il voto favorevole della componente Socialista alla risoluzione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Quintarelli. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE STEFANO QUINTARELLI. Signor Presidente, ho dedicato la mia vita a questi temi e poter intervenire per solo due minuti è mortificante, ma in democrazia le possibilità di intervento non si pesano, si contano, ed è giusto così.

Voglio esprimere un apprezzamento per la quantità di lavoro fatto dalla Commissione su temi che per i non addetti sono ostici; quantità di lavoro notevole, ma, temo, insufficiente. Non avendone il tempo sorvolo su imprecisioni ed errori tecnici e mi limito ad osservazioni su metodo di lavoro e raccomandazioni.

Si osserva nella relazione che è un tema tecnicamente complesso, si sottolinea l'importanza dell'e-commerce per l'Italia, formata da un prezioso tessuto di piccole e medie imprese, si parla di tutela dei consumatori e di bilanciamento dei diritti civili, ma non sono state audite associazioni di tecnici per valutare la praticabilità dei rimedi proposti; le associazioni delle PMI non sono state audite, quelle che vendono in rete, come Confartigianato, Confcommercio, tutte molto attive e competenti nell'e-commerce; non sono state audite le associazioni dei consumatori come Altroconsumo, Adiconsum, Federconsumatori, tutte molto dedite a Internet. Questo sul metodo. Per le proposte, molto bene il principio del follow the money e la formazione, meno il resto. Si propugna l'uso di intelligenza artificiale per il notice & stay down, citando il sistema di You Tube, costato oltre 60 milioni di euro. Crediamo che centinaia di PMI italiane che erogano servizi online possano fare altrettanto? Proponiamo di istituzionalizzare provvedimenti in bianco e fermare illeciti futuri? Significa rimettere totale discrezionalità a chi esegue i blocchi. Alcuni dei rimedi proposti possono essere efficaci per sospendere alcune attività indebite, ma che succede per gli errori di valutazione? La storia è piena di errori; si ripone una fiducia salvifica nella tecnologia, ma è utopia aspettarsi che sia un software a valutare senza sbagliare cosa sia lecito e cosa no. Capisco la richiesta delle grandi aziende, ma nel nostro ruolo non possiamo non tutelare le vittime di errori di giudizio, specie se fatte da un software.

Concludo; dobbiamo prevedere garanzie per i take down temerari e tempi certi e non può essere affidato tutto a una decisione di privati. Il procuratore aggiunto Nello Rossi, in audizione, ha auspicato un rafforzamento della collaborazione internazionale che è un punto fondamentale…

PRESIDENTE. Concluda, onorevole.

GIUSEPPE STEFANO QUINTARELLI. Chiudo, è un punto fondamentale, ma inspiegabilmente assente nelle proposte che riflettono, in larga misura, posizioni frutto di audizioni parziali, risultano tecnicamente imprecise e sbilanciate a svantaggio di PMI ed operatori italiani e per questo voteremo contro.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rizzetto. Ne ha facoltà.

WALTER RIZZETTO. Grazie, Presidente. Questo è un documento sicuramente molto, molto importante, rispetto a quanto si vorrà fare nei confronti di contraffazione e, soprattutto, tra l'altro, di cosiddetta pirateria digitale. Io l'ho letto, è un documento approfondito, mi ricordavano poc'anzi e lo ricordo anch'io che, ad esempio, noi in Commissione abbiamo votato a favore, all'unanimità, rispetto a questo tipo di documento che non vorremmo, però, come molto spesso accade, fosse soltanto un esercizio di stile, piuttosto che qualche pagina giustamente ben scritta per poi non andare a legiferare in seguito, rispetto a questo che è uno studio, lo rinnovo, sicuramente molto, molto importante.

Da questo studio, da questa analisi, Presidente e colleghi, risulta che circa l'86 per cento della popolazione italiana, quindi quasi 41 milioni di persone nella fascia d'età tra 11 e 74 anni, ha accesso a Internet, ha accesso alla rete e riesce ad arrivare, attraverso la rete, anche ad andare ad agire, rispetto alla stessa, comprando, scambiando, piuttosto che facendo crescere il mercato dell'e-commerce che, come è evidente da tutti i dati, negli ultimi anni riesce a far risultare, fortunatamente, anche, sotto alcuni punti di vista, una crescita esponenziale rispetto all'alveo entro il quale stiamo cercando di dare alcune risposte, soprattutto, per cittadini e consumatori. Ciò non toglie, Presidente, che risulta da questo enorme mercato che si è creato, anche attraverso la proposizione e l'utilizzo di piattaforme molto, molto interessanti, ma molto ampie a livello mondiale, a livello internazionale, rispetto a questa cosiddetta compravendita, che ci sono comunque dei cosiddetti danni economici, rispetto alle aziende italiane; non soltanto, evidentemente, rispetto alle aziende italiane, ma qui parliamo anche e soprattutto di quelle. Nel senso che, studiando questo tipo di documento, emerge che le caratteristiche del cosiddetto mercato online favoriscono la contraffazione, sì o no? Molto spesso queste dinamiche favoriscono il mercato delle contraffazioni, perché? Perché non c'è una governance che tale si possa definire e c'è, tra l'altro, anche da parte delle istituzioni o da parte di coloro che sono deputati ad investigare rispetto alla contraffazione stessa o alla pirateria digitale, una complessa azione investigativa da poter applicare rispetto a questo alveo. Chiaramente siamo consapevoli e c'è di fatto la consapevolezza di tutto il Parlamento che deve esserci una necessaria lotta alla contraffazione, ad esempio rispetto a un capitolo molto interessante di questo documento, presso i cosiddetti internet provider, ovvero rispetto agli stessi deve intervenire lo Stato o sono le stesse aziende di venditori che devono responsabilizzarsi per poter offrire sul mercato, tra l'altro, prodotti non contraffatti.

Tutto questo si va a riverberare, come prima accennato, innanzi alla cosiddetta tutela dei consumatori, che molto spesso fanno molta fatica a capire se un prodotto, ad esempio, anche artigianale, o un prodotto alimentare, o un prodotto del vestiario, di moda, del tessile, è più o meno originale, e chiaramente, non essendoci, come prima accennato, un controllo o difficoltà rispetto a controlli investigativi, rispetto al mercato stesso, è chiaro che possono incorrere molto sovente nell'errore. Tra l'altro, la cosiddetta è una delle società, delle piattaforme più importanti rispetto al punto che noi stiamo trattando stamattina, che è la società eBay, in audizione, mi pare, si dice d'accordo nel cercare di regolamentare con regole più ferree questo tipo di mercato, e questo l'hanno detto in audizione. Giustamente, ricordava il collega Quintarelli, non tutti i soggetti sono stati auditi, anche secondo noi questo potrebbe essere un punto di caduta, poiché, se andiamo ad ascoltare soltanto le grandi piattaforme, è vero che non andiamo ad ascoltare i clienti stessi delle piattaforme, come può essere il negozio che va ad appropinquarsi rispetto ad un mercato, ad un e-commerce, tanto per essere chiari, che potrebbe aiutare le aziende, sottosegretario, anche a cercare di far fronte ad un periodo importante di crisi, quale quello che stiamo vivendo.

I provider, appunto stavamo parlando dei provider, che, secondo me, secondo noi, sono il vero cuore pulsante di questo chiamiamolo problema, con accordi dovrebbero sicuramente cercare di agevolare questo passaggio attraverso degli accordi con delle aziende, attraverso gli oscuramenti dei siti che non fanno bene a questo tipo di mercato, e attraverso anche la certificazione, invece, di aziende o di provider o di piattaforme stesse, che, dopo una certificazione, possono essere, lo ripeto, certificati nel poter vendere prodotti originali e di qualità.

È un primo intervento che in questi cinque anni viene fatto, è un primo documento corposo, interessante e virtuoso, che in questi cinque anni di legislatura viene fatto, è secondo noi indubbiamente un documento valido a cui chiaramente diremo “sì” anche in sede legislativa o normativa, sperando che, fondamentalmente, quanto detto e come prima accennato nell'incipit questo documento non venga lasciato cadere nel nulla, ma che serva effettivamente per legiferare, sia in sede italiana, ma soprattutto, sottosegretario, anche in sede europea, perché è lì il vero problema rispetto a questo mercato che molto spesso non è assolutamente gestito (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Catania. Ne ha facoltà.

MARIO CATANIA. Grazie, Presidente. Sin dalla prima fase di attività della commissione d'inchiesta sulla contraffazione, di cui faccio parte, è emerso con tutta evidenza che il problema della contraffazione che viaggia attraverso il web è un problema di dimensioni estremamente importanti e tendenzialmente crescente. È un problema che impatta già oggi su una realtà economicamente ingente e che è destinato nei prossimi anni a crescere ulteriormente. Questo ha spinto la Commissione a un approfondimento specifico sul tema della relazione tra contraffazione e web e la relazione alla quale ci riferiamo oggi è il prodotto del nostro lavoro.

In questa relazione vengono indicate una serie di soluzioni su cui ora non tornerò nel merito, che sono state largamente condivise da tutti i membri della Commissione, discusse approfonditamente anche sulla base di una ampia gamma di audizioni fatte a riguardo. Ripeto, non entrerò nel merito delle soluzioni indicate, dico però soltanto che noi oggi abbiamo davanti agli occhi, parlando di contraffazione e di internet, una tematica che in realtà è parte di un problema ancora più importante e ancora più complesso.

Mi riferisco al problema della regolamentazione del fenomeno di Internet a tutto tondo, rispetto al quale tutti gli ordinamenti giuridici dei Paesi occidentali soffrono, a mio avviso, un palese ritardo. C'è un ritardo nella regolamentazione fiscale tributaria di quelle che sono le attività svolte su Internet; è un tema di cui il Parlamento ha avuto modo già di occuparsi, ma senza imboccare una strada già decisa. C'è un ritardo nel problema della regolamentazione penale che concerne i comportamenti illeciti che vengono praticati su Internet, non solo i reati relativi alla contraffazione, ma anche in generale tutta una tipologia di reati che purtroppo sono presenti nel mondo del web. C'è un problema di ritardo nella regolamentazione delle responsabilità di coloro che operano sul web di fronte agli ordinamenti giuridici, di fronte alle giuste aspettative di una collettività nazionale e ai giusti diritti da tutelare da parte dei singoli.

Per questo motivo, oltre a sollecitare il Governo - ringraziandolo per l'attenzione - a dare corso alle indicazioni che sono contenute nella relazione prodotta dalla Commissione, io non posso che avviarmi a concludere questo intervento facendo un appello più generale: occorre che il Paese, le istituzioni, in particolare, Parlamento e Governo, affrontino con maggior decisione, sia in sede nazionale, sia in sede comunitaria, il tema della regolamentazione di Internet, un mondo complesso che è nato con determinate caratteristiche, che ha vissuto fino ad oggi di una libertà probabilmente da ripensare; regolamentazione del fenomeno di Internet che deve riguardare non solo il problema della contraffazione, su cui noi abbiamo lavorato, ma un po' tutti gli aspetti del rapporto tra il mondo del web e gli ordinamenti giuridici nazionali, in termini di fiscalità, in termini di responsabilità penale e in termini di responsabilità civile.

Fatta questa premessa, rinnovo il mio totale sostegno e quello del mio gruppo, Democrazia Solidale-Centro Democratico, alla risoluzione che voteremo oggi, relativa alla relazione della Commissione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Allasia. Ne ha facoltà.

STEFANO ALLASIA. Grazie, Presidente. Dietro al fenomeno della contraffazione esiste una realtà che nel corso di questa legislatura abbiamo avuto modo di indagare nelle sue...

PRESIDENTE. Onorevole Allasia, le chiedo scusa, ho commesso un errore, mi perdoni, avevo cancellato l'onorevole Paglia, ma era iscritto l'onorevole Marcon, quindi devo dare prima la parola... Ho sbagliato completamente, chiedo scusa a tutta l'Assemblea, c'è l'onorevole Auci, poi c'è l'onorevole Marcon e poi c'è l'onorevole Allasia. Chiedo venia.

Onorevole Auci, prego.

ERNESTO AUCI. Grazie, Presidente. Signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, analogamente a quanto accade in ogni altro Paese...

PRESIDENTE. Onorevole Auci, le chiedo scusa, ma evidentemente è una frazione della giornata non positiva, dovrebbe cambiare microfono perché rimbomba tutto, grazie. Si metta a quello accanto, grazie. Attenda, adesso arriva il segnale.

ERNESTO AUCI. Ecco, bene. Signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, analogamente a quanto accade in ogni altro Paese colpito, la contraffazione provoca anche in Italia molteplici effetti dannosi, in quanto determina una concorrenza sleale nei confronti delle altre imprese e, quindi, ne riduce il fatturato, sottrae posti di lavoro e genera una grande evasione fiscale, inoltre viene meno la tutela dei consumatori. C'è, poi, un effetto forse più grave, consistente nel lucro realizzato dalla criminalità organizzata. Dalle risultanze dei rapporti ufficiali, possiamo ormai affermare con ragionevole certezza che ogni anno la contraffazione genera un ammanco in termini di introiti fiscali di alcuni miliardi di euro.

Quantificare il fenomeno non è ovviamente facile, però non vi è dubbio che possiamo affermare con assoluta certezza che le filiere della contraffazione sono nella maggior parte dei casi nelle mani della criminalità organizzata, la quale, negli ultimi decenni, ha intuito con lucidità l'ampio potenziale di questa tipologia di illecito, che presenta buoni margini di guadagno a fronte di un modesto rischio repressivo.

L'inserimento della criminalità organizzata ha determinato un salto di qualità nel business della contraffazione. Le organizzazioni criminali hanno costituito le relazioni necessarie a scala planetaria per ottimizzare i risultati, individuando i luoghi più convenienti per produrre i beni contraffatti, le migliori vie di transito e i mercati di sbocco preferibili. Va poi ricordato che la produzione di beni contraffatti si accompagna, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo, a pesanti comportamenti di sfruttamento del lavoro, anche minorile, accentuando quindi la gravità del fenomeno.

Un ulteriore fattore di accelerazione, come si è anche detto prima, del carattere transnazionale della contraffazione è costituito dalla crescita dell'e-commerce, che per le sue caratteristiche si presta ad una dislocazione internazionale dell'attività. Voglio infine ricordare che c'è poi un aspetto ulteriore che aggrava la questione per il nostro Paese, cioè il fatto che le azioni tendenti a simulare la qualità di un prodotto non si limitano alla contraffazione dei beni protetti dalle norme sulla proprietà intellettuale, ma addirittura hanno assunto un rilievo crescente i comportamenti tesi a sfruttare in maniera fraudolenta la notorietà acquistata da alcuni nostri paesi o regioni o da alcuni nostri prodotti. In tal caso viene contraffatto non un marchio singolo, ma viene falsamente evocata un'origine che gli acquirenti considerano indice di qualità, come in genere il made in Italy ha acquistato nel mondo.

Le caratteristiche del sistema produttivo italiano, ricco di marchi famosi e fortemente orientato alla qualità, espongono il nostro Paese ad entrambe le forme di illecito e ciò suscita un allarme crescente da parte delle imprese. Tale stato di cose impone alle istituzioni una particolare attenzione nei riguardi di tutte le fenomenologie di danno e di illecito ed è per questo che guardiamo con favore al lavoro svolto dalla Commissione d'inchiesta, per far sì che possano essere elaborate, nel più breve tempo possibile, azioni che possano arginare e contrastare il fenomeno, anche a livello sovranazionale, un fenomeno che deve essere rapidamente gestito e controllato.

Per questo, Scelta Civica-ALA voterà a favore della risoluzione presentata (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica-ALA per la Costituente Liberale e Popolare-MAIE).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marcon. Ne ha facoltà.

GIULIO MARCON. Presidente, intervengo per annunciare il voto favorevole del gruppo di Sinistra Italiana Possibile alla risoluzione relativa alla relazione sul fenomeno della contraffazione sul web e chiedo il permesso di consegnare l'intervento. Quindi, confermo il voto favorevole e la ringrazio per la disponibilità.

PRESIDENTE. La ringrazio io. Ovviamente è autorizzato.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Allasia, con il quale mi scuso ancora per l'equivoco di prima. Ne ha facoltà.

STEFANO ALLASIA. Presidente, dietro il fenomeno della contraffazione esiste una realtà che, nel corso di questa legislatura, abbiamo avuto modo di indagare nelle sue varie sfaccettature. Dall'attività della Commissione d'inchiesta sui fenomeni della contraffazione e della pirateria, che ha coinvolto diversi settori economici del Paese, dal calzaturiero al tessile di Prato, passando per l'agroalimentare, con riguardo alle filiere dell'olio d'oliva e della mozzarella di bufala campana, è emersa l'esistenza di mercati paralleli che, seppur con le loro diversità, appaiono tutti governati dalle stesse regole: falsificazione dei diritti di proprietà industriale e di opere d'autore, sfruttamento del lavoro in nero, sostegno indiretto delle attività criminali, frode fiscale e inganno per i consumatori.

Si tratta di un insieme di attività illecite che danno vita a un fenomeno senza contorni delimitati che rende difficile qualsiasi tipo di studio. Nel caso specifico, la prima difficoltà è quella di avere a che fare con un mercato, quello appunto del commercio elettronico, in continua espansione ed evoluzione, dove quotidianamente si aprono nuovi spazi che coinvolgono un numero sempre più esteso di partecipanti, sia operatori professionali che utenti privati. Sul piano normativo, ciò ha reso inadeguate e obsolete le norme vigenti, sia a livello europeo che nazionale, rendendo difficile l'adozione di azione incisive per il contrasto dei fenomeni di contraffazione compiuti in rete. A livello comunitario il riferimento è alla direttiva del 2000 che disciplina l'attività delle aziende che forniscono servizi Internet, i provider. Essi sono degli intermediari delle comunicazioni che hanno il compito di veicolare in rete tutte le informazioni immesse dagli utenti delle piattaforme, senza responsabilità per eventuali contenuti illeciti immessi dagli utenti.

È evidente come una serie di azioni di contrasto alla contraffazione debba fondarsi su interventi tanto di natura repressiva quanto preventiva. In tal senso, bisogna lavorare per sviluppare azioni sinergiche fra tutti i soggetti coinvolti - forze dell'ordine, provider, gestori di siti e consumatori finali - al fine di creare le condizioni per l'assunzione da parte di ciascuno di comportamenti più responsabili. In primo luogo sono le istituzioni, quelle europee, che devono impegnarsi nella lotta alla contraffazione con l'adozione di nuove regole per la tutela delle imprese e dei consumatori. Purtroppo, bisogna dire che molti Paesi europei non hanno alcun interesse a vedere tutelate le produzioni di qualità, in quanto non ne sono produttori ma semplici importatori. Questa è una delle ragioni per cui a livello europeo non tutti i Paesi ravvisano la stessa esigenza di adottare un idoneo quadro di regolamentazione del commercio elettronico.

Nel 2016, quasi il 5 per cento del PIL europeo è stato prodotto dal commercio online, vedendo tra i leader la Gran Bretagna, col 30 per cento del totale, seguita da Germania e Francia, entrambe col 25 per cento. L'Italia produce solo il 3 per cento del totale dell'e-commerce nell'Unione europea, per un totale stimato di beni e servizi acquistati nel corso del 2016 pari a 16 miliardi. È evidente come questi dati dipendano anche dal grado di sviluppo della stessa rete Internet: l'Italia, a differenza di altri Paesi, ha un grande ritardo nello sviluppo e diffusione della banda larga su tutto il territorio nazionale e manifesta anche una ridotta propensione all'acquisto con metodi di pagamento elettronici. Tuttavia, l'impatto che la contraffazione produce sulla nostra economia è devastante. Un sistema produttivo come il nostro, costituito da tante micro e piccole imprese che in gran parte operano in settori contraddistinti da produzioni di elevata qualità, risulta desiderabile da aggredire per chi illegittimamente intende sfruttare l'attrattiva del marchio made in Italy, per ottenere considerevoli guadagni a danno di qualsiasi tipo di tutela della salute, del lavoro e dell'ambiente.

Il costo della contraffazione online per l'economia è stimato in perdite per le imprese italiane nei vari settori industriali per circa 6,5 miliardi di euro e oltre 104.000 unità lavorative perse per contraffazione e pirateria. Tra i beni più a rischio di contraffazione vi sono il fashion, l'elettronica di consumo, i farmaci e l'alimentare. Abbiamo avuto modo di indagare come uno degli ostacoli più grandi al contrasto di azioni illecite nel web sia quello di conciliare le istanze dei titolari dei diritti di proprietà industriale e del diritto d'autore con la necessità di garantire, da un lato, le peculiarità dei servizi forniti dai provider e, dall'altro, il libero ed indiscriminato accesso alla rete a tutti gli utenti.

In questi anni la giurisprudenza è intervenuta nel colmare il vuoto della legislazione comunitaria, delineando, da un coordinamento delle norme della direttiva del 2000 con quelle sui marchi e del regolamento sul marchio comunitario, linee guida circa i limiti delle responsabilità del commercio elettronico, prefigurando un punto di equilibro tra i diversi portatori di istanze da tutelare.

Guardando alla realtà italiana, dobbiamo considerare che i titolari dei diritti d'autore sui media audio-video sono spesso aziende multinazionali le cui dimensioni sono tali da consentire lo sviluppo di forme di dialogo e collaborazione con i provider al fine del contrasto di illeciti, mentre i titolari dei diritti sui marchi sono identificabili per lo più con le PMI le quali sono fortemente radicate nei territori di origine e prive di strumenti per difendersi dalla concorrenza del mercato del falso. Il primo passo da compiere è quello dunque di riportare al centro dell'azione di Governo quanto è stato fin qui fatto, anche grazie al contributo della Lega Nord per la tutela del made in Italy. È ormai improrogabile l'adozione di una legge sulla tutela del marchio made in Italy e sull'origine e la tracciabilità dei prodotti in commercio. In tal senso l'Europa deve essere investita della responsabilità di adottare iniziative per l'etichettatura e la tracciabilità delle merci che rafforzino, da un lato, la fiducia dei consumatori in merito all'origine e alla sicurezza dei prodotti acquistati e, dall'altro, tutelino le imprese dalla minaccia della concorrenza sleale e della contraffazione, la quale ultima, proprio con lo sviluppo del web, rischia di essere un fenomeno incontenibile. Detto questo, voteremo a favore della relazione della Commissione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Garofalo. Ne ha facoltà.

VINCENZO GAROFALO. Grazie Presidente. Il gruppo parlamentare di Alternativa Popolare voterà a favore della relazione della Commissione permanente di inchiesta sul fenomeno della contraffazione e della pirateria in campo commerciale e del commercio abusivo. La contraffazione online - è già stato detto anche da chi mi ha preceduto - è un fenomeno di grande attualità, oltre che di rilevanza giuridica, economica e sociale; un fenomeno ampiamente diffuso a livello mondiale che non può essere sottovalutato perché minaccia seriamente lo sviluppo del commercio online che, al contrario, offre enormi opportunità per le imprese serie, buone e di piccola e media dimensione. Proprio per questo la Commissione, della quale faccio parte, appunto ha dedicato parecchio tempo per un lavoro che oggi, quindi, in Aula viene esaminato. D'altro canto lo sviluppo del web, con l'incremento dei servizi offerti online e la diffusione dell'e-commerce quale mezzo attraverso il quale gli utenti scelgono sempre più spesso di porre in essere le loro transazioni commerciali, è senza dubbio apprezzabile. Ha aperto agli imprenditori nuove prospettive di crescita, ha allargato i confini, consente loro appunto di raggiungere una platea mondiale di consumatori, ha costi assolutamente limitati e sviluppa anche nuove opportunità di lavoro ovviamente.

Dalla relazione della Commissione si evince, ad esempio, che in Italia il 3 per cento del PIL, per un valore pari a 16 milioni di euro, deriva dal commercio elettronico. Ma l'Italia è ancora al di sotto di una media europea, che si attesta attorno al 5 per cento su un totale del PIL che vale in Europa 14 mila miliardi. E comunque ancora - dato più importante - le previsioni per il 2020 parlano di un dato in crescita, fino a raggiungere appunto il 7,5 per cento del totale del PIL dell'Unione europea. Quindi, dati importanti.

Se da un lato le prospettive sono positive per le imprese, allo stesso tempo, però, anche il commercio elettronico non è immune dal fenomeno della contraffazione, come abbiamo detto, ed in tutti i settori, dalla musica ai farmaci, al settore alimentare, al settore dell'abbigliamento. Per questo motivo, per questo tema della contraffazione, si rende necessaria una regolamentazione attenta e costante. In particolare occorre affrontare e disciplinare il ruolo degli operatori del web e le loro conseguenti responsabilità e individuare quali strumenti porre in essere per contrastare il fenomeno della contraffazione online. Sono temi che non possono essere presi sottogamba, come abbiamo detto, perché la contraffazione può causare gravi ripercussioni, incidendo negativamente, non solo sulle imprese e sul tessuto economico nazionale sano, ma nel suo complesso e anche sugli utenti finali, per la sicurezza, per il sistema con il quale fanno le proprie scelte, in quanto i prodotti contraffatti sfuggono al controllo e, dunque, non sono prodotti sicuri. Non solo. La contraffazione alimenta criminalità organizzata, per la quale costituisce oggi un settore rilevante di attività, basti pensare allo sfruttamento del lavoro nero e all'evasione fiscale, temi che sono ovviamente di priorità assoluta. La Commissione ha individuato nelle proprie conclusioni alcune strade da percorrere per contrastare questo fenomeno.

Tra queste, sicuramente, quella di prevedere forme di coinvolgimento su base consensuale degli stakeholders del settore, proponendo intese volontarie per la definizione di comportamenti commerciali, comportamenti positivi volti a garantire il rispetto della legalità nelle transazioni commerciali, salvaguardare la libertà della rete e del commercio elettronico, tutelare i diritti di proprietà industriali e intellettuali e tutelare maggiormente i consumatori.

Non solo. Ancora, una strada fondamentale può essere quella di svolgere un'attività di sensibilizzazione degli utenti finali, che è una strada altrettanto importante. La contraffazione, infatti, deve essere percepita da tutti socialmente come un disvalore, come un elemento di disturbo per l'intera società.

Alle conclusioni giunge la Commissione, come dicevo, che ha svolto un'attenta attività istruttoria, con tante audizioni avvalendosi di esperienze delle forze dell'ordine, di protagonisti del settore, di tutti gli stakeholders che partecipano a questo enorme comparto e ovviamente di tutti coloro i quali sono già in campo in questa battaglia, che ha consentito un lavoro presentato appunto qui in Aula. E le proposte operative della stessa - quindi della stessa Commissione - sono importanti e costituiscono una base essenziale per poter arrivare a un quadro definitivo, che consenta di contrastare in modo efficace la contraffazione on line. Per quanto detto, ribadisco il voto favorevole del gruppo di Alternativa Popolare.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Franco Bordo. Ne ha facoltà.

FRANCO BORDO. Grazie Presidente, la vendita dei prodotti contraffatti via Internet, insieme alla commercializzazione on line di prodotti che possono essere venduti solo attraverso canali regolamentati, quale ad esempio i farmaci, sta raggiungendo proporzioni di giorno in giorno sempre più allarmanti. Il fenomeno non è pregiudizievole solo per i titolari dei diritti di proprietà industriale violati, ma può avere conseguenze gravi anche per i consumatori, in quanto tali prodotti possono mettere in pericolo la sicurezza e la salute dei cittadini. Prodotti contraffatti e quelli venduti fuori dai circuiti regolamentati, infatti, sono spesso realizzati in modo non conforme alle prescrizioni di sicurezza dei prodotti stessi e alla tutela dei diritti dei lavoratori. Inoltre alimentano - ormai è acclarato - circuiti criminosi di notevole importanza.

Il problema della contraffazione via Internet richiama in causa il ruolo dell'Internet service provider e più in generale dei fornitori di servizi via web. Tale attività ha assunto un rilievo tale che, in previsione dell'attuale direttiva sul commercio elettronico e del decreto legislativo emanato nel 2003, non appare adeguata ad affrontare il fenomeno, così come si è evoluto.

La Commissione parlamentare ha chiesto di potere lavorare su quest'argomento. Ha deciso, pertanto, di approfondire il tema, analizzando le modalità, con le quali si manifesta oggi il commercio illecito di beni contraffatti, con lesione dei diritti di proprietà industriale, e con questo primo elaborato la pirateria digitale particolarmente, che si realizzano in forme sbagliate, palesi e occulte, nei siti e nelle piattaforme di e-commerce e dei social forum su Internet.

Uno dei problemi oggi sul tappeto è quello di conciliare la libertà di rete e le esigenze di espansione del commercio elettronico con le legittime istanze di tutela dei diritti di proprietà industriale del copyright, da un lato, e dei consumatori dall'altro, rispetto ai profili di responsabilità dei fornitori di servizi telematici, offerti sul mercato e per l'utilizzo degli spazi virtuali ceduti.

Il quadro complessivo che emerge dagli approfondimenti svolti in Commissione evidenzia che il tema richiede, tuttavia, una serie di azioni, volte ad adeguare la disciplina esistente ai grandi mutamenti intervenuti nel commercio digitale, al fine di rafforzare l'affidabilità complessiva del settore, per la quale la presenza di fenomeni diffusi di illegalità costituisce una minaccia al suo sviluppo e un grave nocumento per il titolare di diritti e per i consumatori.

In particolare, appare urgente e necessario adeguare anche la nostra legislazione interna, allo scopo di fornire una tutela effettiva contro ogni attività che venga ad interferire con ciò che i diritti di proprietà intellettuale concretamente rappresentano nella realtà economica e sociale, in tal modo garantendo un equilibrio di interessi, che non penalizzi oltre il necessario i gestori dei servizi web e che, nello stesso tempo, protegga le imprese e gli utenti contro ogni inganno e ogni pregiudizio, alla loro salute e alla loro libertà di scelta.

Occorre, poi, considerare la continua evoluzione della rete Internet, che, negli ultimi anni, ha visto la crescita esponenziale dei cosiddetti social network e delle piattaforme che consentono lo scambio e la condivisione in tempo reale di contenuti non solo da parte di operatori professionali ma, anche e soprattutto, degli utenti privati. Tale evoluzione pone un'ulteriore diversa sfida ai tradizionali istituti della proprietà industriale che debbono essere conformati in maniera tale da garantire la tutela dei diritti esclusivi, preservando, al contempo, interessi e diritti anche di rango costituzionale, tra cui la libertà di espressione e il diritto di critica.

Con queste motivazioni il gruppo di Articolo 1-MDP voterà a favore sul testo proposto.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Paolo Russo. Ne ha facoltà.

PAOLO RUSSO. Grazie, Presidente. Finalmente quest'oggi ragioniamo di questioni che interessano ai cittadini, ai consumatori ed alle imprese. La contraffazione è odiosa perché colpisce…

PRESIDENTE. Scusi, onorevole Russo. Grazie.

PAOLO RUSSO. Grazie, Presidente. La contraffazione è odiosa perché colpisce le prospettive di sviluppo di un'azienda, di un territorio, colpisce l'intrapresa, l'ingegno, la fantasia di quell'attività, ma è lo strumento di vecchie e nuove forme di criminalità organizzata per riciclare denaro e rafforzarsi. Sul web è tutto più impalpabile, globalizzato, eppure esponenzialmente più invasivo. Ti giunge fin dentro casa utilizzando la logistica ed il sistema digitale ordinario e legale. Penetra in quell'anfratto grigio fatto di talune colpevoli disattenzioni, di atteggiamento permissivo e di non assoluta consapevolezza del danno etico che si infligge alla democrazia delle economie legali.

Siamo stati costretti in Commissione, nell'affrontare la tematica web e contraffazione, a ragionare delle dinamiche più direttamente connesse ad Internet e abbiamo registrato, come è evidente, che vi è una carenza nella governance mondiale - e meno male forse per alcuni aspetti - ma è evidente che questa carenza genera anche taluni vuoti e talune assenze. Questo si declina con la inadeguatezza della normativa internazionale e in alcuni casi l'assenza di qualsivoglia divieto, tanto che si prende a prestito o a modello la normativa e la prassi giurisprudenziale statunitense. Come antica ed inadeguata è la normativa comunitaria. Talvolta appare, ovviamente nella lettura di oggi, anche ridicola per quanto sia distante dalla molteplicità di fattispecie non considerate e, soprattutto, non più parametrata alle dimensioni epocali dei fenomeni. E per giunta questa normativa comunitaria non solo è datata ormai, ma rappresenta di per sé e condiziona di per sé l'intrapresa anche di un'azione normativa nazionale, riducendo la possibilità di iniziativa dei Parlamenti nazionali.

Si è discusso su questo tema di un antico dilemma e si è provato a trovare, cosa non facile, un punto di sintesi tra le due vicende anticamente contrapposte che sono pur tanto vicine: libertà di espressione e privacy, libertà dell'individuo e tutela soggettiva. È evidente che tutto questo nella rete diventa ancora più ampio, ancora più vasto, ancora più esponenziale.

Diventa un dilemma sempre più complesso e difficile da interpretare e a cui dare risposte adeguate.

Cosa fare? Intanto, la cosa più semplice è che non vi è una sola risposta, non vi è un solo modello, non vi è una sola azione capace di contrastare la contraffazione sul web. Vi è un'azione multitasking, capace di interpretare una forma articolata, una sorta di caleidoscopio di azioni capaci - forse se fatte insieme e coordinate - di ottenere il risultato di un contrasto più efficace. Parliamo della prima questione, che è la formazione del consumatore, l'adeguata consapevolezza, l'istruzione, aiutare alla percezione e alla distinzione il consumatore. Non esiste strumento migliore se non quello affidato alla percezione e alla individuazione della contraffazione da parte del soggetto diretto percettore di quel bene, interessato a quel bene. Ma poi bisogna provare a giungere a soluzioni che non si limitino ad azioni interdittive a domanda, a segnalazione, ma provare a costruire - e ne comprendo la difficoltà - una sorta di codice di responsabilità. Il relatore in Commissione ci ha suggerito un codice di diligenza, un codice di responsabilità capace, cioè, di consentire un'azione etica a monte, un'azione etica-valoriale da parte delle piattaforme, un'azione etica capace di interpretare questo sentimento, ormai sempre più diffuso nei consumatori, che non è solo un sentimento nel voler acquistare esattamente il prodotto che si desidera ma è anche il sentimento di avere un'interfaccia etica capace di rispondere a questa domanda, in questo senso sempre più say down e sempre meno take down.

Certo, questo è uno strumento che può aiutare attraverso un'azione preventiva, attraverso un'azione proattiva, attraverso sistemi di filtraggio tecnologici che ormai sono largamente invalsi, ma forse dovremmo provare anche a suggerire vere e proprie blacklist, anche in chiave preventiva, per bloccare l'utilizzo da medesimo device o indirizzo IP. Insomma, dobbiamo provare a rincorrere quell'impronta digitale negativa, dobbiamo provare ad alimentare le buone pratiche di contrasto come quelle elaborate da alcune procure italiane circa l'oscuramento dei siti - e non lo dico in chiave negativa - e l'oscuramento anche dei siti derivati a strascico. Dobbiamo provare a moltiplicare le collaborazioni e gli accordi tra Stati e tra l'ambiente delle imprese. Ovviamente, non possiamo non essere favorevoli alle best practice volontarie se queste poi diventano modello per tutti, ma evidentemente ad una prima fase volontaristica deve rispondere una seconda fase obbligatoria e con sanzioni. Insomma, l'e-commerce non è il fine; è lo strumento.

E allora proviamo, anche attraverso l'eccellente lavoro che ha fatto la Commissione presieduta dal collega Catania, ad invertire l'ordine delle questioni e delle cose, proviamo ad invertire la ragione. Come la tv, come il telefono, è uno strumento; e allora proviamo noi ad utilizzare quello strumento pervasivo quando diventa capace di scovare e di individuare contraffattori e criminali. Proviamo a scrivere un patto sociale che amplifichi e rilevi anche la pericolosità sociale di questo fenomeno. Si tratta di un fenomeno che sottrae non soltanto risorse, ma anche libertà.

Per questa ragione, nell'apprezzare il lavoro che è stato fatto, esprimo a nome del gruppo di Forza Italia l'auspicio dell'approvazione di questa risoluzione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gallinella. Ne ha facoltà.

FILIPPO GALLINELLA. Grazie Presidente. Colleghi, “Non c'è pace per il prosecco”, comincia così un articolo del Corriere della Sera dell'8 settembre scorso in merito al maxisequestro sulla piattaforma Alibaba. Infatti l'ICQRF ha bloccato una potenziale vendita di milioni di lattine. Questo perché è stato possibile? È stato possibile perché c'è stata una cooperazione tra l'istituzione, in questo caso l'ICQRF, la repressione frodi, e alcune piattaforme di vendita web, come Amazon, Alibaba ed eBay; quindi l'intervento su Alibaba era pianificato da un accordo. Questo è interessante perché ci fa capire come questo strumento di collaborazione può essere efficace. Solo per rendere noto all'Aula cosa succede almeno per il traffico alimentare sul web: nel 2016 è stato sequestrato Asiago, diversi oli regionali, Parmigiano Reggiano, Grana Padano, ovviamente il Prosecco, aceto balsamico; interessante che è stata anche sequestrata della soppressata calabrese, per dirvi che sul commercio on line si trova di tutto.

Questo punto dell'accordo tra le piattaforme di vendita e le istituzioni è stato un punto fondamentale della relazione e per questo abbiamo udito gli operatori web anche sotto questo profilo. Sicuramente nel caso dell'agroalimentare ciò sembra funzionare e potrebbe essere uno strumento da allargare anche a tutti gli altri operatori e a tutti gli altri prodotti. Chiaramente è un esperimento, c'è da fare, si deve normare, il mondo del web è ampissimo, esiste il dark web, ma nell'introduzione della discussione generale di queste cose ne abbiamo parlato.

Cosa bisogna fare? Bisogna sicuramente informare il consumatore, seguire il commercio elettronico dal punto di vista dello scambio di moneta elettronica, quindi integrazione con gli operatori finanziari. Sicuramente l'oscuramento dei siti web abbiamo visto che non è efficace perché si riaccendono in un secondo. Tutto questo va integrato nella normativa vigente, a meno che domani non pensiamo di cambiarla, e si deve fare a livello comunitario, dove relativamente al commercio elettronico si sancisse la libertà della rete e la irresponsabilità dei provider; poi se si vuole mettere in discussione questo bisogna sicuramente ragionarci. È stato accennato anche negli interventi precedenti che comunque è un mondo nuovo e complicato. Una cosa che poi non va sottovalutata è che reati che sono vigenti nel nostro Paese non sono vigenti in altri Paesi. Quindi in questo caso come bisogna comportarsi? Sicuramente un mutuo riconoscimento di certi reati è necessario, ma non è un percorso che si fa in un secondo. Anche qui bisogna lavorarci perché il commercio elettronico sta crescendo, si accendono operatori in ogni momento e chiaramente c'è una concentrazione di potere relativamente agli operatori che sono entrati prima nel mercato e che sono dei giganti con i quali ovviamente le istituzioni e la politica non possono far altro, in questa fase, che relazionarsi per capire come poter agire, perché una loro obiezione rischierebbe di non evitare l'eventuale diffusione di prodotti contraffatti e poi ci sarebbero cause internazionali che non finirebbero mai.

Questo un po' il sunto del lavoro fatto dalla Commissione. Sicuramente tutto è perfettibile, molti aspetti ancora dovranno essere scoperti, ma chiaramente è il primo lavoro su un fenomeno così complicato e quindi ben venga quello che è stato fatto. Mi auguro che il Governo ne prenda spunto per approfondire e fare ragionamenti, anche magari insieme ai membri della Commissione.

Chiudo, ovviamente, esprimendo il voto favorevole del MoVimento 5 Stelle e ricordando al Governo che però la tutela dei prodotti, non solo italiani, in questo caso italiani, ma anche e soprattutto la tutela dei consumatori, va anche nella direzione che oramai molti Paesi chiedono ovvero il made in obbligatorio. Su questo chiedo al Governo di intervenire perché a Bruxelles di queste cose non se ne vogliono interessare oppure non lo vogliono di proposito. Concludo dicendo: pensate anche a un'unione rafforzata per identificare la tutela del made in, perché ne va non solo della fiscalità, dei posti di lavoro, della sicurezza, ma anche del nome dell'Italia (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cenni. Ne ha facoltà.

SUSANNA CENNI. Grazie, Presidente. Presidente e colleghi, la relazione che abbiamo discusso e che stiamo approvando è la conclusione di un intenso e ottimo lavoro svolto dalla Commissione d'inchiesta, e dal suo relatore Baruffi, dagli uffici che voglio davvero ringraziare, che credo ci consentirà un'approvazione con un voto davvero molto, molto largo.

È una conclusione che già oggi potrebbe significare ulteriori approfondimenti e aggiornamenti, tanto è veloce l'evoluzione del fenomeno. Secondo Indicam la contraffazione online cresce ogni anno a livello mondiale del 15,6 per cento, con un costo per l'economia stimato in 1.800 miliardi di dollari. Quindi, figuriamoci quanto ancora potremmo scrivere su questa materia, quanti soggetti ancora potremmo ascoltare.

Una delle prime cose che noi abbiamo avuto chiare avviando i lavori delle numerosissime indagini svolte in questi anni sul fenomeno della contraffazione, è indubbiamente la capacità dell'industria della contraffazione - chiamiamola così - di innovare la propria attività criminale, aggirare norme e regolamenti, infilarsi nelle pieghe del commercio, della produzione, delle filiere, ovunque, in modo trasversale, con flessibilità, conoscenza, abilità e velocità. Questo accade in ogni ambito: accade per il diritto d'autore, per i prodotti della creatività. E, se questo è vero, la dimensione e il luogo del commercio online è per sua natura, per le sue peculiarità, il contesto più difficile in cui individuare il reato, intervenire, stoppare, perseguire e soprattutto impedire che l'attività criminale ricominci il giorno dopo con un nuovo volto e un nuovo nome. Così come è assai complesso regolare e individuare la dimensione, la collocazione più utile, tecnicamente e istituzionalmente, dell'attività normativa, per la fisionomia del luogo in cui avviene la truffa, appunto la rete, il web.

Già nei mesi passati, nelle tante indagini, quella sull'olio d'oliva, quella sul calzaturiero, lo vedremo ancora in quella sui farmaci in modo particolare, in moltissime audizioni delle forze dell'ordine e dei magistrati, si chiariva quanto la rete e le vendite online rappresentassero uno strumento formidabile per veicolare, spesso in modo insospettabile, merci contraffatte. E durante le tante audizioni dei soggetti impegnati nell'attività di contrasto, di studio, e anche degli operatori e gestori di piattaforme online, dei tecnici, degli accademici, delle imprese, abbiamo compreso e ascoltato il racconto dei tanti sforzi che già vengono posti in essere per restringere e annullare quegli spazi della truffa e dell'aggiramento, ma contemporaneamente c'è stato reso anche molto più chiaro quanto grande ancora sia lo spazio, invisibile ai più, per aggirare nuovamente regole, norme, buonsenso, cittadini inconsapevoli, dal giorno dopo, dal giorno dopo in cui si è intervenuti per bloccare. Un ambito davvero troppo vasto affinché le sole norme nazionali possano produrre efficacia. Un ambito intangibile per combattere con gli strumenti tradizionali.

Sulla dimensione del fenomeno sono già stati ripresi anche dai colleghi numeri, cifre, io stessa ho già detto sopra; vale, però, la pena di ricordare come per il nostro Paese questo tema sia un tema di grande interesse. Sicuramente in primo luogo perché - anche se qui in Italia meno che altrove si ha l'abitudine di fare shopping online, solo il 3 per cento del totale dell'e-commerce europeo ci riguarda - il fenomeno è comunque in evoluzione. Si tratta di un volume di affari in beni e servizi di circa 16 miliardi di euro con diciannove milioni di consumatori.

In secondo luogo, non dobbiamo mai dimenticarci che l'Italia è il secondo Paese al mondo, dopo gli Stati Uniti, per numero di prodotti che vengono contraffatti. Dove c'è qualità, dove ci sono eccellenze, peculiarità, lì si concentra l'attività di contraffazione. Quel sogno, quel desiderio che giunge da luoghi del mondo più remoti di poter acquistare un prodotto made in Italy, una borsa, un capo di abbigliamento di uno stilista italiano, un grande vino, magari a prezzi incredibili appunto, diventa possibile attraverso i siti più strani, con declinazioni accattivanti, nomi che richiamano l'Italian style e, in qualche caso, con prodotti così ben fatti che la truffa diventa difficile da individuare anche dai produttori veri delle nostre produzioni di qualità.

È, quindi, evidente in che misura il fenomeno ci riguardi, sappiamo quanto pesi sulla nostra economia, con perdite per tante decine di miliardi e oltre 100.000 unità lavorative perse. Sappiamo che i prodotti più contraffatti sono nella moda, nell'elettronica, nei farmaci, nell'agroalimentare. Ma se nella contraffazione materiale, quella che arriva nei nostri porti con container o nasce in qualche laboratorio territoriale nei sottoscala, le tecniche di contrasto vengono affinate, nascono da indagini, dalla collaborazione fra le forze dell'ordine, da sequestri di materiale, in questo campo la immaterialità dei mercati, della loro dimensione, delle transazioni, la transnazionalità dei traffici di merci e un quadro normativo davvero poco omogeneo complicano moltissimo la possibilità di intervento e la sua efficacia in un contesto già molto difficile per la complessità del fenomeno stesso.

La relazione che i colleghi avranno potuto leggere, insomma, fa una sintesi di un insieme di casistiche complesso che va dalle semplici pagine di vendita di prodotti contraffatti ai falsi domini che evocano prodotti noti - ricorderete tutti la battaglia contro i domini che evocavano i vini italiani - ed ancora all'uso illegittimo di marchi inseriti in messaggi pubblicitari che appaiono in piattaforme di larga consultazione, per giungere alle dark web, che operano fuori dalla rete tradizionale con valori di scambio alternativi alla moneta e alle quali è complicatissimo arrivare con strumenti di indagine tradizionali.

Allora, quindi, cosa si può fare? C'era un invito, che anche alcuni colleghi facevano, a non fermarsi a raccontare il fatto, ma legiferare, eccetera. La relazione prova a farlo, prova ad individuare delle cose che sia il Parlamento che il Governo dovrebbero a nostro parere fare, a partire dalle sedi europea ed internazionale, che sono quelle nelle quali agire.

La prima dimensione dell'impegno che serve non può, infatti, che essere una revisione delle normative sull'e-commerce in sede europea, in grado di accrescere il livello di responsabilizzazione dei fornitori di servizi sulla rete. Noi siamo consapevoli che questo tema, quello della responsabilizzazione, da un lato, la possibilità quindi di intervenire, e la libertà di espressione, dall'altro, viaggiano su un confine sottile, sul quale non è semplice normare, agire. Sappiamo che tutto ciò può generare limiti nello sviluppo dell'economia digitale, limiti che nessuno desidera in una fase nella quale fare acquisti da casa, prenotare una vacanza, scaricare musica, valutare il prezzo di un capo di abbigliamento fa parte del nostro comportamento, ma sappiamo anche che il tema della responsabilizzazione, soprattutto dei grandi protagonisti del web, è un tema serissimo, già affrontato da queste aule sulle norme del cyberbullismo.

Io sono convinta che solo con un salto di qualità possiamo dare qualche garanzia in più ai consumatori, produttori e agli stessi gestori di siti, piattaforme, e di fronte a modifiche così velocissime è evidente che una direttiva europea che risale al 2000 è difficilmente adeguata ai temi che stiamo discutendo.

Si può intervenire con tanti strumenti, occorrono cittadini, consumatori capaci di muoversi con consapevolezza sulla rete, servono procedure e programmi in grado di intercettare e prevenire la circolazione di beni e servizi contraffatti - notice and stay down -, non solo intervenire dopo. È possibile ottenere risultati importanti con l'uso di algoritmi, con sistemi di filtraggio capaci di individuare l'ingresso di prodotti contraffatti, è possibile creare black-list utili a bloccare la riapertura di nuovi profili ed ancora sono importanti le certificazioni di qualità di siti e piattaforme di vendita online sulla base di accordi, protocolli, come quelli che il nostro Governo ha già stipulato, producendo risultati positivi. Ci sono, quindi, cose importanti.

Concludo, Presidente. Io credo che qualche anno fa, quando abbiamo iniziato ad interrogarci sulla possibilità di avere un contributo fiscale, anche nel nostro Paese, che gravasse sui giganti del web, ci siamo misurati con tante difficoltà, poi abbiamo provato a normare, lo abbiamo fatto nella manovrina ed oggi quel tema è nuovamente aperto anche a livello comunitario grazie all'Italia.

Ecco, io penso che per alcuni aspetti dobbiamo muoverci nello stesso modo. Noi abbiamo ascoltato tutti, abbiamo apprezzato le cose che già si fanno, crediamo che sia possibile fare ancora di meglio e auspichiamo che si possa inaugurare una stagione di globalizzazione forse più equa di quella dei soli mercati importanti, come quelli della conoscenza, dell'informazione eccetera. Ecco, diciamo che vorremmo contribuire a inaugurare una stagione che immagini una estensione anche delle responsabilità e della responsabilizzazione di chi nella globalizzazione opera e fa reddito.

Anche per queste ragioni esprimo il parere positivo del Partito Democratico sulla relazione. Grazie (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Bianconi. Ne ha facoltà.

MAURIZIO BIANCONI. Grazie, Presidente. Io facevo parte della Commissione la scorsa legislatura e racconterò un bravissimo fatto.

Viene il comandante generale della Guardia di finanza in audizione e ci spiega che il 90 per cento della contraffazione in Italia avrebbe avuto la sua fine solo se fossero stati chiusi i cosiddetti money transfer. Ci mettiamo d'accordo per fare una legge in questo senso - tutti i commissari -, io preparo questa proposta, la porto alla firma, non la firma più nessuno, meno la disponibilità dell'onorevole Fava, della Lega. Tutti avevano una scusa per non firmarla.

La scusa poi la capii, perché io fui subissato da telefonate di quelli che si definivano lobby del money transfer. Allora, la prima cosa da fare per abolire la contraffazione era chiudere i money transfer, non si è fatta, perché questo Parlamento allora non la volle fare. Oggi siamo a fare altre discussioni su cose che non si fanno e non si vogliono fare, colpire gli interessi, non fare i discorsi! E per questo io voterò contro.

PRESIDENTE. Colleghi, prima di passare al voto vorrei un attimo di attenzione. Ho appreso dalle agenzie di stampa che nella giornata di ieri il collega Gianfranco Rotondi, che è presente in Aula, ha ricevuto un grave atto di intimidazione: gli sono stati spediti due proiettili Magnum 357 a casa, in relazione alla posizione politica ovviamente assunta sul tema dei vitalizi; peraltro, tale atto fa seguito a minacce di morte che lo stesso collega Rotondi aveva ricevuto prima dell'estate.

Ovviamente è del tutto evidente che spetterà alle Forze di polizia ed eventualmente alla magistratura approfondire e stabilire, eventualmente individuare e perseguire, chi si è reso protagonista di un atto di intimidazione così grave. Penso e spero, interpretando il sentimento di tutta l'Assemblea, che a noi spetti esprimere vicinanza e solidarietà all'onorevole Rotondi, ricordando soprattutto che noi qui dentro siamo persone libere, abbiamo ovviamente posizioni diverse, ma dobbiamo difendere fino in fondo la nostra libertà nella nostra azione politica e nelle nostre espressioni del pensiero. Grazie (Applausi).

(Votazione - Doc. XXII-bis, n. 9)

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione Baruffi, Gallinella, Russo, Garofalo, Franco Bordo, Pastorelli, Catania ed altri n. 6-00337, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 2).

Sospendiamo a questo punto la seduta, che riprenderà alle ore 15 per lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata.

La seduta, sospesa alle 12,20, è ripresa alle 15.

Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata, alle quali risponderanno il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro della giustizia, il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo e la Ministra per i rapporti con il Parlamento.

(Iniziative in relazione ai problemi occupazionali presso gli stabilimenti Ericsson - n. 3-03221)

PRESIDENTE. Passiamo alla prima interrogazione all'ordine del giorno Quaranta ed altri n. 3-03221 (Vedi l'allegato A).

Chiedo all'onorevole Quaranta se intenda illustrare la sua interrogazione o se si riservi di intervenire in sede di replica. Prego, per un minuto.

STEFANO QUARANTA. Grazie, Presidente. Signor Ministro, come Articolo 1 le poniamo con forza la questione della vertenza Ericsson, perché ci sta a cuore il destino di questi lavoratori, ma anche perché pensiamo che abbia un valore generale e simbolico.

A luglio, a Genova, sono stati licenziati 47 lavoratori, circa 200 in tutta Italia, ma i numeri che sono stati annunciati sono superiori. Lavoratori che per anni hanno prestato la loro opera sono stati licenziati con una mail il venerdì sera e invitati a non ripresentarsi il lunedì: una modalità, visto che siamo a Genova, che è più degna dei film di Fantozzi che non di una grande, importante ed apprezzata multinazionale, che, peraltro, negli anni, ha beneficiato di cospicui finanziamenti pubblici nell'ordine di decine di milioni di euro e che oggi è indisponibile persino ad accompagnare i lavoratori con ammortizzatori sociali. Il Governo non può stare a guardare e deve fare qualcosa.

PRESIDENTE. Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, Giuliano Poletti, ha facoltà di rispondere, per tre minuti.

GIULIANO POLETTI, Ministro del Lavoro e delle politiche sociali. Grazie, Presidente. Grazie onorevole, voglio innanzitutto chiarire che la problematica occupazionale del gruppo Ericsson è ben nota al Ministero del lavoro.

Nell'ambito della fase amministrativa della procedura di licenziamento si sono tenuti, presso il Ministero del lavoro, diversi incontri tra le parti, ai quali hanno partecipato i rappresentanti del Governo, delle regioni Campania, Liguria, Lombardia e Lazio. Nel corso di queste riunioni, il Ministero e le regioni hanno ripetutamente invitato l'azienda a valutare la possibilità di adottare una soluzione non traumatica per la gestione degli esuberi, ivi compreso l'utilizzo di ammortizzatori sociali. Tuttavia, nonostante gli sforzi messi in campo, è stato inevitabile prendere atto delle divergenti posizioni delle parti e della impossibilità di addivenire ad un'intesa.

Nonostante il mancato accordo recepito nel verbale del 1° giugno 2017, sulla base delle richieste presentate dalle organizzazioni sindacali, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e il Ministro dello sviluppo economico hanno incontrato i referenti aziendali nella metà del mese di luglio 2017 per verificare possibili alternative ai licenziamenti prospettati dalla società nel corso della vertenza. Appare, quindi, evidente l'impegno particolarmente intenso che il Governo ha rivolto alla trattazione di questa crisi al fine di individuare possibili soluzioni che potessero evitare il licenziamento.

Il Governo, attraverso l'azione congiunta dei due Ministeri, è intervenuto dunque in più occasioni per cercare soluzioni diverse dai licenziamenti attivati dalla società Ericsson. Le iniziative hanno raggiunto il risultato di ridurre il taglio occupazionale e di impedire ridimensionamento delle attività di ricerca, ma non hanno impedito il ricorso ai licenziamenti per un numero significativo di lavoratori, che non hanno ritenuto possibile utilizzare gli incentivi all'esodo, le azioni di outplacement, le politiche di ricollocazione in collaborazione con le regioni interessate.

La chiusura di Ericsson ad ogni sollecitazione rivolta ad evitare i licenziamenti è stata più volte condannata dal Governo, che tuttora ritiene si debba fare ogni ragionevole sforzo possibile per una gestione concordata della situazione di difficoltà aziendale. Il Governo continuerà a sollecitare Ericsson perché illustri rapidamente un proprio piano di consolidamento delle attività in Italia e del loro sviluppo. Non sfugge, tuttavia, che Ericsson ed altre aziende minori stanno subendo l'ingresso nella vita economica e sociale del Paese della multinazionale cinese ZTE, vincitrice della gara per le nuove infrastrutture in fibra bandita da Wind Tre e in precedenza affidata alla multinazionale svedese. Nei confronti di questa società è in essere un lavoro di moral suasion perché assuma, nel rispetto delle norme, il maggior numero possibile di lavoratori licenziati da Ericsson. Continuiamo a mantenere questa attenzione insieme alle regioni per cercare di ridurre al minimo il disagio per i lavoratori coinvolti.

PRESIDENTE. L'onorevole Quaranta ha facoltà di replicare, per due minuti.

STEFANO QUARANTA. Guardi Ministro, il tema del lavoro è il tema centrale del nostro Paese, allora io vorrei che fossimo molto chiari su quale ruolo intende svolgere il Governo. Perché, vede, i dati Istat, ancora in questi giorni, hanno dimostrato che c'è un aumento della produzione industriale e, tuttavia, dal punto di vista occupazionale e del lavoro, i segnali sono ancora troppo deboli. Io vorrei capire cosa intende fare il Governo, se non altro per difendere il lavoro che c'è. La situazione di Genova è molto pesante, perché, oltre alla vicenda Ericsson, ne abbiamo altre importanti, da Ilva a Piaggio.

Allora io le pongo delle domande, perché lei deve dire non a me, ma ai cittadini italiani, cosa intende fare il Governo. Voglio dire: nel rapporto con le multinazionali il Governo pensa di esercitare un ruolo? Pensa di esercitare il suo peso? Ancora. Ci sono settori strategici, tra cui c'è quello delle telecomunicazioni, ormai nel nostro Paese largamente in mano a soggetti stranieri dal punto di vista dei capitali, delle imprese e anche dei manager che ci lavorano. Esiste un tema di clausole sociali, laddove un'azienda o una multinazionale ha beneficiato di cospicui finanziamenti pubblici? Ancora. Ci sono dei siti produttivi su cui negli anni si è scommesso perché potevano essere dei volani di sviluppo, in cui si è cercato di creare le condizioni attraverso anche - penso al caso di Erzelli a Genova - di parchi scientifici e tecnologici: c'è bisogno di una particolare attenzione oppure no?

Insomma, non vedo da parte del Governo una politica industriale degna di un Paese sviluppato come dovrebbe essere l'Italia. Almeno, signor Ministro, se non c'è una politica industriale, si faccia di tutto per accompagnare questi lavoratori, che non possono sentirsi abbandonati. Quindi, io le chiedo davvero con il cuore, perché conosco la situazione della mia città, veramente un'attenzione particolare per Genova, per i lavoratori di Piaggio, di Ilva e di Ericsson, perché aspettano un segnale per non cadere nella disperazione.

(Iniziative volte alla riduzione del cuneo fiscale, con particolare riferimento ai giovani e agli ultracinquantenni – n. 3-03222).

PRESIDENTE. L'onorevole Tancredi ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-03222 (Vedi l'allegato A), per un minuto.

PAOLO TANCREDI. La ringrazio, Presidente. Ministro, la nostra interrogazione è abbastanza chiara, l'avevamo posta e pensata, a dire la verità, prima dell'estate: ci ritroviamo a discuterla adesso, momento in cui siamo alla fine di un periodo in cui sono confluiti e arrivati una serie di dati che testimoniano che l'Italia ricomincia a crescere in maniera forte, certo, insieme all'Europa, ma con una dinamica maggiore. Quindi si vede che i provvedimenti che abbiamo messo in campo, in qualche modo, hanno funzionato, ma il problema dell'occupazione rimane forte, anche se è migliorato, anche questo, rispetto alle dinamiche degli altri Paesi.

Abbiamo fatto una forte politica anche legata a bonus ed interventi spot sull'abbattimento del cuneo fiscale: l'interrogazione chiede se non sia arrivato il momento, con la prossima legge di bilancio e con i prossimi provvedimenti, di studiare un provvedimento strutturale per questo problema della riduzione del cuneo fiscale, che è un problema serio che impedisce spesso alle imprese di programmare assunzioni, anche su larga scala.

PRESIDENTE. Il Ministro del Lavoro e delle politiche sociali, Giuliano Poletti, ha facoltà di rispondere, per tre minuti.

GIULIANO POLETTI, Ministro del Lavoro e delle politiche sociali. Grazie, Presidente. Grazie, onorevole Tancredi, anche dalle sue parole emerge questo dato di evoluzione della situazione occupazionale e dell'andamento dell'economia nel nostro Paese, che viene confermato abbastanza sistematicamente, ma questo dato ci consegna comunque l'esigenza di un lavoro specifico per la lotta alla disoccupazione giovanile ed in particolare per il tema, insieme a questa, della disoccupazione di lunga durata.

Su questo versante, già a decorrere dal 2015, si è realizzato un primo intervento strutturale in materia di abolizione, nella base imponibile IRAP, della componente relativa al costo del lavoro per tutti i lavoratori a tempo indeterminato, ed è stato così realizzato un primo abbattimento di circa un punto del cuneo fiscale. Così come devo ricordare che nella legge di bilancio per il 2017 sono stati prorogati i benefici contributivi, in particolare, per il contratto di apprendistato in forma duale, che è nostra intenzione rendere stabile in prospettiva futura perché è giusto che ci sia una situazione di stabilità negli interventi che si vanno a realizzare. Così come vorrei ricordare la presenza, in questo momento, del “bonus occupazione sud”, che ha prodotto buoni risultati sia rispetto ai giovani sia rispetto ai disoccupati di lunga durata - al momento abbiamo 73 mila contratti che sono stati sostenuti -, così come il “bonus assunzione” sulla Garanzia giovani, che ha prodotto, anche questo, un significativo risultato di 40 mila contratti di lavoro sostenuti. Quindi, noi confermiamo la volontà di intervenire ancora in materia di occupazione giovanile attraverso un intervento di fiscalizzazione di una quota degli oneri contributivi che, al momento, ipotizziamo in forma strutturale nella misura del 50 per cento per tre anni.

Naturalmente, noi ci auguriamo di essere nelle condizioni di poter rendere stabile e permanente una riduzione degli oneri contributivi, proprio nello spirito, che qui veniva citato, di abbassamento dello zoccolo degli oneri in questo senso.

Rispetto a questo tema, sappiamo che, insieme al tema della disoccupazione giovanile, abbiamo un tema che riguarda i disoccupati di lunga durata e gli over 50; su questo versante dobbiamo dire che, da una parte, un primo passo l'abbiamo fatto anche attraverso l'APE sociale, quindi, per fare in modo che le persone che sono più vicine al pensionamento abbiano la possibilità di uscire dal percorso di lavoro; l'altro versante sul quale continuiamo a lavorare è riferito allo sviluppo di politiche attive che consentano la ricollocazione al lavoro di queste persone, in particolare, attraverso l'attivazione in termini totali dell'assegno di ricollocamento, finalizzato a facilitare l'accesso a nuove opportunità occupazionali.

Quindi, posso confermare l'attenzione e l'impegno del Governo, sia nei confronti del tema dell'occupazione dei giovani, quanto dei disoccupati di lunga durata.

PRESIDENTE. L'onorevole Tancredi ha facoltà di replicare, per due minuti.

PAOLO TANCREDI. Grazie Ministro, la sua risposta e il suo impegno sono soddisfacenti. Lei ha ricordato, giustamente, l'abbattimento della parte lavoro sull'IRAP che è un provvedimento importante, mai forse sufficientemente ricordato, perché comunque è stato oneroso e rappresenta un provvedimento strutturale di abbattimento del cuneo fiscale, così come le altre misure che abbiamo fatto in questi anni.

Per quanto riguarda il discorso dell'abbattimento contributivo - misure naturalmente che hanno un arco temporale di durata - noi crediamo che si debba programmare una stabilità e una strutturalità di alcuni interventi per dare alle aziende e alle imprese - lo ripeto - un respiro più ampio.

C'è un dato, oggi, che è uscito, tra gli altri, e che è una piaga della nostra situazione, del Paese: noi siamo tra i primi in Europa per la popolazione di giovani sotto i 29 anni che non hanno né impiego né studiano e, sostanzialmente, non cercano lavoro. È lecito pensare che parte di quella platea sia dedita al lavoro nero e, quindi, la misura di abbattimento del cuneo è una misura che va, sicuramente, in una direzione anche di recupero della fiscalità di lavoro che oggi sfugge.

Così come, voglio citare, e finisco, il dato di uno studio della BCE di queste ore, che dice che l'intervento, altro, forte, di abbattimento del cuneo fiscale, il famoso bonus degli 80 euro, è stato un intervento che ha, comunque, pesato in maniera importante sull'aumento dei consumi delle famiglie in questi anni. Si tratta di un'altra testimonianza che il lavoro fatto, comunque, sta dando dei risultati.

(Iniziative volte a rivedere le condizioni di accesso all'Ape sociale con riferimento ai lavoratori autonomi – n. 3-03223).

PRESIDENTE. L'onorevole Rizzetto ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-03223 (Vedi l'allegato A), per un minuto.

WALTER RIZZETTO. La ringrazio, Presidente, buongiorno, Ministro Poletti. Partiamo da un presupposto e partiamo da come la pensiamo noi, Ministro, anche rispetto a quanto da lei appena affermato. L'APE, l'anticipo pensionistico, è un obbrobrio, ancor peggio si fa con l'APE sociale. L'APE social, di fatto, diventa, per l'ennesima volta, come per le salvaguardie, tra l'altro, un'ennesima lotteria. Allora, la mia domanda, la nostra domanda è semplice: come mai, dalla cosiddetta APE social sono esclusi i lavoratori autonomi, coloro che, di fatto, non hanno l'indennità di disoccupazione, come mai sono esclusi coloro che non percepiscono l'indennità di disoccupazione o non hanno fatto in tempo a presentare questa domanda. Ed, infine, e chiudo Presidente, mi deve spiegare, Ministro, quale è la ragionevole motivazione per cui c'è una platea a cui non vengono riconosciuti i contributi esteri per raggiungere i requisiti contributivi minimi per accedere a questo tipo di alveo sociale, come lo chiamate voi.

PRESIDENTE. Il Ministro del Lavoro e delle politiche sociali, Giuliano Poletti, ha facoltà di rispondere, per tre minuti.

GIULIANO POLETTI, Ministro del Lavoro e delle politiche sociali. Grazie, Presidente, grazie, onorevole Rizzetto. Come lei sa, la legge di bilancio 2017 ha previsto in via sperimentale, fino al dicembre 2018, per determinate categorie di soggetti che si trovano in particolari condizioni, la possibilità di beneficiare di una indennità, la cosiddetta APE sociale, fino al compimento dell'età anagrafica prevista per l'accesso al trattamento pensionistico di vecchiaia.

Con il decreto successivo del Presidente del Consiglio dei ministri sono state adottate le modalità di attuazione delle disposizioni in esame. Con la circolare n. 100, del 16 giugno scorso, l'INPS ha fornito le prime indicazioni operative per l'accesso a questo istituto. In merito, debbo dire che la circolare, approntata in conformità al DPCM, riproduce in maniera sostanzialmente testuale, quanto previsto dalla normativa. La legge di bilancio 2017 stabilisce, infatti, che possono beneficiare dell'APE sociale i residenti in Italia, iscritti all'assicurazione generale obbligatoria dei lavoratori dipendenti, alle forme sostitutive ed esclusive della medesima, alle gestioni speciali dei lavoratori autonomi, nonché alla gestione separata che, alla data di accesso al trattamento, siano in possesso dei requisiti che la norma prescrive. Voglio, quindi, precisare che non è corretto parlare di discriminazione, in quanto si tratta di una scelta, discutibile, certamente, del legislatore che ha consentito in via sperimentale e per un tempo limitato l'accesso di talune categorie a questo strumento.

Voglio, infine, evidenziare che, intorno a questo tema, sia nella fase di predisposizione sia in questo momento, si è sviluppato un confronto con le organizzazioni sindacali, teso ad analizzare tutte le problematiche eventualmente non affrontate nella norma che potessero o dovessero essere corrette. Peraltro, le stesse norme istitutive dell'APE sociale prevedono una specifica attività di monitoraggio e verifica delle spese derivanti dall'applicazione della misura, alla quale provvederà una conferenza di servizi già convocata nei prossimi giorni dagli uffici del Ministero e dell'INPS. In quella sede, vi sarà una prima valutazione tecnica delle eventuali criticità emerse.

Proprio per la natura sperimentale della misura e in conseguenza di questa condizione, è, in questa sede, quindi, quella di verifica e di relazione al Parlamento e di decisione rispetto alla possibilità di dare stabilizzazione a questo strumento, che riteniamo si debbano, in quella sede, valutare le osservazioni proposte dall'interrogante, in quanto incidono in modo consistente sull'impianto della norma che oggi è in fase di sperimentazione.

PRESIDENTE. L'onorevole Rizzetto ha facoltà di replicare, per due minuti.

WALTER RIZZETTO. Grazie, Presidente. Lei, Ministro, come al solito, è molto rassicurante; il problema è un altro, Ministro, lo rinnovo. Secondo noi l'APE social è discriminatoria, perché nei confronti della platea dei lavoratori applica un principio discriminatorio e viola il principio di uguaglianza sociale. Mi chiedo se i contributi di coloro che hanno versato gli stessi all'estero non siano uguali rispetto ai contributi di un dipendente italiano. Mi chiedo se le persone che hanno versato dei contributi e che non sono riuscite per una tempistica, voglio dire, mancata, a fare la domanda dell'APE social, siano diversi dai contributi di una persona che, invece, ci ricade. Mi chiedo, per l'ennesima volta, Ministro, se l'Italia è un Paese laddove un Parlamento, che dovrebbe essere sovrano in questo Paese, legifera e ogni volta dobbiamo attendere le circolari interpretative di INPS. Lei ha presente perfettamente la porcheria che INPS sta facendo rispetto alle circolari di interpretazione. Sono loro a legiferare, è il presidente Boeri o è il Parlamento italiano a legiferare? Questo, Ministro, è il punto.

Non sono soddisfatto della risposta. State creando, per l'ennesima volta, una lotteria, state creando, per l'ennesima volta, delle disuguaglianze sociali. L'unica cosa che mi conforta è la fase finale della sua risposta, quando dice che, grazie a questa interrogazione, forse – forse - si riuscirà a rimettere su un tavolo di concertazione quanto abbiamo appena indicato in termini di categorie che sono, di fatto, escluse. E le posso garantire, Ministro, e chiudo, Presidente, che una persona che ha una partita IVA o un autonomo non sono meno usurati di una persona che fa un altro lavoro, seppur pesante, e ci mancherebbe altro.

Mi auguro, Presidente, mi auguro, Ministro, che siccome siamo in quest'ultimo scorcio di legislatura, che il Governo sollevi la testa, che l'Esecutivo e il Partito Democratico sollevino la testa almeno in legge di stabilità, dopodiché tempo non ce ne sarà più.

(Iniziative di competenza in relazione all'omicidio del giovane Niccolò Ciatti avvenuto nella località spagnola di Lloret de Mar, con particolare riferimento alla richiesta di estradizione – n. 3-03224).

PRESIDENTE. L'onorevole Parisi ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-03224 (Vedi l'allegato A), per un minuto.

MASSIMO PARISI. Grazie, Presidente. Signor Ministro, nella notte tra l'11 e il 12 agosto di quest'anno, la vita di un giovane italiano, di un ragazzo di poco più di vent'anni, di Scandicci, in provincia di Firenze, è stata brutalmente strappata ai suoi affetti per l'azione criminale e omicida di tre individui di nazionalità cecena residenti in Francia, con lo status di richiedenti asilo.

Quel fatto, che abbiamo tutti nella memoria e che ha sconvolto la nostra estate, ha sollevato nel Paese, non solo, com'era ovvio, fra i suoi cari e fra i suoi amici, una enorme domanda e richiesta di giustizia. I tre accusati sono stati individuati, uno di questi è stato trattenuto in carcere ed è reo confesso, gli altri due sono stati liberi di rientrare in Francia e uno di questi può anche uscire dall'area Schengen. Noi chiediamo con questa interrogazione come il Ministero abbia intenzione di rispondere a questa domanda di giustizia che si è sollevata nel Paese, con specifico riferimento alle possibilità di attivare una richiesta di estradizione.

PRESIDENTE. Il Ministro della Giustizia, Andrea Orlando, ha facoltà di rispondere per tre minuti.

ANDREA ORLANDO, Ministro della Giustizia. Grazie, Presidente. Questa occasione mi offre l'opportunità di esprimere anche in questa sede il mio profondo cordoglio ai familiari del giovane Niccolò Ciatti, vittima dell'efferato omicidio avvenuto in Spagna nello scorso mese di agosto presso una discoteca di Lloret de Mar. A seguito, ho anche personalmente telefonato al Ministro della Giustizia spagnolo, segnalando l'attenzione del Governo sullo svolgersi degli accertamenti.

La tragica vicenda è stata nell'immediatezza seguita con la massima attenzione dal Consolato generale a Barcellona e dall'Ambasciata a Madrid, in stretto contatto con la Farnesina. La rappresentanza consolare, in particolare, si è adoperata per prestare ai congiunti del giovane ogni possibile assistenza nelle fasi successive al decesso e per consentire il rientro del feretro in Italia nel più breve tempo possibile. Nel pieno rispetto dell'autonomia e dell'indipendenza della magistratura spagnola, che sta al momento procedendo, è stato formalmente richiesto per via diplomatica, lo scorso 16 agosto, il massimo impegno per l'accertamento tempestivo della responsabilità che la Spagna ha assicurato.

Allo stato attuale, il procedimento penale instaurato in Spagna si trova in fase istruttoria, si sta provvedendo alla raccolta di tutti i necessari elementi probatori a carico degli accusati, anche in ambito medico-legale. Nel merito delle iniziative intraprese dalla nostra autorità giudiziaria, la Procura della Repubblica di Roma ha comunicato che, a seguito della notizia, è stato aperto un procedimento per il reato di omicidio, in relazione all'articolo 10 del codice penale, che disciplina la punibilità del diritto comune dello straniero all'estero in danno di un cittadino italiano. Nell'ambito del citato procedimento, è stata eseguita un'autopsia sul cadavere e il medico legale ha indicato la causa della morte in un trauma cranico encefalico, così come già accertato dai consulenti tecnici spagnoli. La procura generale presso la Corte d'Appello ha comunicato che al momento non sussistano i presupposti per formulare una richiesta di estradizione, tenuto conto, come detto, che allo stato si procede a carico di ignoti.

Mi preme, comunque, rassicurare gli onorevoli interroganti che il Governo continuerà a seguire, per il tramite della Farnesina, l'Ambasciata a Madrid e il Consolato generale a Barcellona, i risvolti processuali della vicenda, anche assicurando la necessaria assistenza ai familiari del giovane fino a quando non sarà fatta piena luce sulle circostanze che hanno condotto alla tragica morte del ragazzo.

PRESIDENTE. L'onorevole Parisi ha facoltà di replicare per due minuti.

MASSIMO PARISI. Sì, signor Presidente, signor Ministro, io sono certo che il Governo manterrà alta la vigilanza su questi fatti, però devo dirle che la risposta mi ha solo parzialmente soddisfatto. Qui non si tratta, come dire, di fare quello che abbiamo già fatto e che mi sembra sia il minimo sindacale per un Paese, ossia quello di assistere i familiari nelle tragiche necessità successive ad un evento di questo genere; qui si tratta di rispondere con forza ad una richiesta di giustizia che viene dal Paese e non viene solo dal babbo e dalla mamma, da Luigi, da Cinzia, da Sara, dalla sorella, dai familiari, dagli amici tutti. Quello che è accaduto in danno di un cittadino italiano in vacanza in una tranquilla, o teoricamente tranquilla, cittadina di mare spagnola è un fatto che riguarda la dignità del nostro Paese e dobbiamo preoccuparci che sia fatta giustizia. Non ci sono fatti particolarmente complicati da accertare: i tre responsabili che hanno agito con una bestiale violenza sono stati individuati, due di questi sono già potuti tornare in Francia, segnalo che quello reo confesso, il principale attore, ha già fatto richiesta perché sia valutata la sua posizione in carcere, quindi potremmo trovarcelo anche probabilmente rimesso in libertà, al pari degli altri due, e questa è una cosa che ovviamente ferirebbe non solo le vittime, non solo i parenti e i familiari, ma ferirebbe il nostro Paese. Quindi io auspico che, anche rispetto all'atteggiamento da tenere nei confronti del tema dell'estradizione, sia salda l'attenzione del Governo, oltre che della Procura, che mi pare di aver capito per il momento non ritiene ci siano gli estremi, perché su questa vicenda noi non possiamo permettere che si spengano le luci, che si spengano i riflettori, e per parte nostra continueremo a fare ogni cosa possibile perché ciò non avvenga.

(Iniziative finalizzate ad un immediato scorrimento delle graduatorie relative a selezioni interne per le figure professionali di cancelliere e funzionario Unep – n. 3-03225).

PRESIDENTE. L'onorevole Polverini ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-03225 (Vedi l'allegato A) per un minuto.

RENATA POLVERINI. Grazie Presidente, grazie signor Ministro, ad agosto un avviso sul sito del Ministero della giustizia ha posto in una sorta di limbo gli idonei della selezione interna per funzionari giudiziari. Si tratta di persone che, da alcuni anni, attendono una progressione nella figura superiore. L'articolo 24-quater del decreto-legge n. 83 del 2015 non dice nulla sul fatto che per lo scorrimento della graduatoria si debba attendere l'ingresso di altrettante unità dall'esterno. Alla luce di quanto esposto, chiedo al Ministro interrogato quali iniziative intenda adottare per procedere ad un immediato scorrimento della graduatoria, ex articolo 21-quater, comma 2, del decreto-legge 27 giugno 2015, n. 83.

PRESIDENTE. Il Ministro della Giustizia, Andrea Orlando, ha facoltà di rispondere per tre minuti.

ANDREA ORLANDO, Ministro della Giustizia. Grazie. Con riferimento alla questione prospettata dagli onorevoli interroganti, va premesso come l'impulso dato alle politiche del personale negli ultimi tre anni ha finalmente consentito una svolta tanto rilevante e dinamica, e da tempo auspicata, anche al tema della riqualificazione del personale, pur nel quadro di generale restrizione introdotto dalla legge Brunetta ed imposto da esigenze di stabilità della finanza pubblica.

Come è noto, lo scorso luglio è stata pubblicata la graduatoria della procedura concorsuale per la riqualificazione del personale amministrativo del comparto giustizia, che chiude quella che ricordo essere l'unica procedura di riqualificazione realizzata nel settore. Il vincolo previsto dal secondo comma dell'articolo 21-quater del decreto-legge n. 83 del 2015 risponde alla generale prescrizione vigente in materia, che vincola le progressioni interne ad altrettante nuove assunzioni, anche in seguito all'esperimento di procedure di mobilità. Il meccanismo in questione prevede, dunque, necessariamente, che la quota degli idonei ammessi allo scorrimento possa essere determinata quantitativamente solo all'esito di procedure che abbiano comportato nuove assunzioni, non disponendosi altrimenti del dato di riferimento.

Coerentemente a queste premesse e all'unica possibile interpretazione del citato articolo 21-quater, è stata formulata la risposta nell'argomento “FAQ”, riportata nell'interrogazione, che appare perciò corretta. Tale meccanismo non determina, diversamente da quanto prospettato, una stasi indefinita dello scorrimento della graduatoria. A tal proposito ricordo che la graduatoria degli idonei resta valida per tre anni ed abbiamo già avviato lo scorrimento delle prime 200 posizioni, che saranno a breve definite con apposito decreto della Direzione generale del personale, in corrispondenza dei nuovi ingressi derivanti da altre procedure assunzionali. Al contempo, sono in corso ulteriori procedure di mobilità, la cui prossima definizione consentirà un correlato scorrimento di ulteriori posizioni della graduatoria degli idonei. Quanto alla copertura finanziaria, le risorse sono state rese disponibili per il complessivo processo di riqualificazione a copertura dell'integrale avanzamento di qualifica degli aventi diritto nei tempi e con le modalità previste dalla legge.

PRESIDENTE. L'onorevole Polverini ha facoltà di replicare per due minuti.

RENATA POLVERINI. Sì, grazie signor Ministro, naturalmente l'interrogazione è stata formulata proprio perché non era previsto in maniera espressa quanto da lei in questo momento evidenziato rispetto allo scorrimento della graduatoria, ovviamente rapportata all'ingresso di nuove unità. Naturalmente, lei sa che c'è una grande apprensione da parte degli idonei e soprattutto di persone che da tanti anni, come ho avuto modo scrivere nell'interrogazione, auspicano una progressione di carriera. Quindi, mi auguro che, come da lei oggi sostenuto, si arriverà in tempi brevi allo scorrimento e, quindi, alla progressione delle persone interessate, che sono tantissime. Lei ha parlato di 200 unità, insomma auspichiamo che una progressione di carriera possa essere messa nella disponibilità di tutti coloro che ne hanno diritto e che hanno, con le procedure previste dalla legge, partecipato ad una selezione.

(Iniziative di competenza a tutela dell'inviolabilità del domicilio e della sicurezza delle abitazioni private, anche in considerazione di una recente sentenza della Corte di cassazione – n. 3-03226).

PRESIDENTE. L'onorevole Rondini ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-03226 (Vedi l'allegato A) per un minuto.

MARCO RONDINI. Sì, grazie Presidente. Il caso è quello della sentenza della Corte di cassazione di assoluzione per tenuità del fatto di un clochard che ha trovato riparo in abitazione altrui, in quanto non merita di essere condannato chi, in condizioni di emarginazione e miseria, vive per la strada se, per ripararsi dal freddo, si introduce nell'abitazione altrui o nelle pertinenze di appartamenti e villette per non passare la notte all'addiaccio.

Ebbene, noi riteniamo che questo sia un orientamento che è pura follia. Chiediamo al Ministro se e quali iniziative, nel rispetto delle attribuzioni costituzionali, intenda adottare alla luce degli eventi sopra richiamati, affinché sia garantito il diritto costituzionalmente sancito dell'inviolabilità del domicilio e della tutela e sicurezza delle abitazioni private, nonché la punibilità del reato di violazione di domicilio, indipendentemente dalla condizione soggettiva di chi delinque.

PRESIDENTE. Il Ministro della Giustizia, Andrea Orlando, ha facoltà di rispondere, per tre minuti.

ANDREA ORLANDO, Ministro della Giustizia. Presidente, l'atto di sindacato in esame affronta il tema della tutela del diritto all'inviolabilità del domicilio e della sicurezza delle abitazioni private, prendendo spunto da una recente sentenza in cui la Suprema Corte ha applicato l'istituto della non punibilità per particolare tenuità del fatto nei confronti di un senzatetto condannato per il reato di violazione di domicilio. Va in primo luogo ribadito come, nel rispetto delle prerogative costituzionali, l'orientamento della Corte di Cassazione espresso nel caso di specie non possa essere sottoposto a valutazioni in questa sede. L'applicazione dell'istituto del proscioglimento per particolare tenuità costituisce difatti manifestazione del libero convincimento del giudice, e non è suscettibile pertanto di censura da parte del Governo, al di fuori delle ipotesi di manifesta abnormità della decisione, non rilevabili nel caso di specie.

Considerato che nel nostro sistema il giudice penale è chiamato anche all'esame delle condizioni soggettive dell'autore del reato, nel caso di specie proprio la valutazione della particolare situazione dell'imputato avevano portato già nel giudizio di merito al ridimensionamento dell'accusa. Proprio l'ancoraggio della decisione in questione alla particolarità del caso esclude in linea generale e astratta che l'istituto del procedimento per particolare tenuità del fatto possa rappresentare una forma di depenalizzazione di reati avvertiti come allarmanti. Le iniziative legislative del Governo dimostrano, peraltro, la particolare attenzione riservata al tema della sicurezza ed al contrasto dei reati predatori, specie ove commessi in luoghi di privata dimora. L'obiettivo prioritario di contrastare il dilagare di gravi episodi delittuosi di criminalità comune, di alleviare il diffuso senso di insicurezza e di impunità per coloro che commettono reati di grave allarme sociale ha ispirato la legge n. 103 del 2017, recante modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e all'ordinamento penitenziario, con la quale, a seguito della presentazione di emendamenti governativi, sono stati introdotti severi inasprimenti nel trattamento sanzionatorio per taluni reati, in relazione ai quali è stato ridotto l'ambito di applicazione della sospensione condizionale della pena in modo da attuare in concreto il principio di effettività della pena. Tra i predetti reati spicca il furto in abitazione e la rapina, per i quali è stata aumentata la pena in maniera significativa, ed è stata limitata la possibilità di bilanciare con eventuali attenuanti gli aumenti di pena dovuti alla ricorrenza di aggravanti specifiche. Proprio il tema della sicurezza e della tutela della sfera privata rappresenta allora un cardine della riforma, ferma restando l'autonomia del giudice nella valutazione dei singoli casi concreti sulla base dei criteri oggettivi e soggettivi delineati dal legislatore.

PRESIDENTE. L'onorevole Rondini ha facoltà di replicare, per due minuti.

MARCO RONDINI. Presidente, ce l'aspettavamo una risposta di questo tipo, che naturalmente non ci soddisfa assolutamente. Lei, Ministro, ha sottolineato che va garantito o comunque tutelato il libero convincimento del giudice, la discrezionalità del giudice, che poi ha portato a questa sentenza, che, torno a dire, secondo noi è assolutamente allucinante. Noi riteniamo che riconoscere le condizioni di emarginazione, come ricomprese in sostanza nelle attenuanti, e che giustificherebbero l'applicazione dell'istituto della particolare tenuità sia una cosa assolutamente grave. Da domani, tutti i senza tetto, in particolare gli stranieri, che in centinaia di migliaia avete portato gentilmente nel bel Paese dal 2013 ad oggi e il cui costo sociale poi naturalmente ricade sulla comunità, saranno autorizzati a violare il domicilio privato, tanto poi ci pensano i magistrati ad assolverli, per quell'allucinante principio che avete sancito per legge, della tenuità del fatto. In realtà, nel caso specifico, essendoci stata anche reiterazione del reato di violazione di domicilio da parte del bipede che proveniva dall'Est europeo, lo stravagante istituto non avrebbe dovuto trovare applicazione. Ma tant'è, ormai ci siamo abituati all'ampia discrezionalità del magistrato che avete garantito, che, in ossequio al principio del “se uno delinque, la colpa è della società” o a quell'altro stravagante principio espresso di “boldriniana” memoria, cioè la vittima che diventa carnefice, si esercita nella ricerca di attenuanti per demolire anche quel poco che è sopravvissuto in termini di Stato di diritto e di principio di legalità per la furia del politicamente corretto che ha animato l'azione delle maggioranze che si sono succedute alla guida della penisola italica dal 2013 ad oggi.

Beh, quando finalmente andremo a elezioni e andremo a governare, ristabiliremo dei principi, il principio che la legge deve prima tutelare i cittadini onesti e poi i delinquenti.

(Elementi in merito all'ammontare delle erogazioni liberali, nell'ambito del cosiddetto Art bonus, e dei corrispettivi crediti di imposta – n. 3-03227).

PRESIDENTE. L'onorevole Gigli ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-03227 (Vedi l'allegato A), per un minuto.

GIAN LUIGI GIGLI. Presidente, signor Ministro, l'Italia, come è noto, costituisce il più grande giacimento di beni culturali nel mondo intero, ed è da ascrivere a suo merito l'introduzione di questa misura dell'art bonus, che personalmente reputo una delle iniziative più innovative tese a dare slancio e rinnovamento alla fruizione e all'uso, anche a fini per così dire industriali, del patrimonio culturale della nostra penisola. In precedenti occasioni, come lei forse ricorda, avevo sottolineato l'opportunità che venisse estesa l'utilizzazione dell'artbonus anche ad altri beni che non fossero dello Stato ma di pubblica fruizione, no profit, e mi era stato risposto che tutto questo non poteva al momento esser fatto per problemi di erario, cioè di copertura finanziaria. La domanda che le faccio oggi è se, sapendo ormai quanto è stato il gettito di questa misura e quanto è stato viceversa ciò che lo Stato ha dovuto detrarre ai privati, siamo in grado di fare una quantificazione dello strumento.

PRESIDENTE. Il Ministro dei Beni e delle attività culturali e del turismo, Dario Franceschini, ha facoltà di rispondere, per tre minuti.

DARIO FRANCESCHINI, Ministro dei Beni e delle attività culturali e del turismo. Presidente, l'onorevole Gigli mi chiede sia di quantificare il totale degli incassi dell'art bonus - ed è giusto fornire al Parlamento in modo trasparente, come previsto dalla norma, le cifre dei risultati - e se anche è possibile allargarlo. Io sono molto soddisfatto dall'andamento. La norma è stata introdotta prima in via sperimentale e poi è stata resa permanente. Naturalmente, soprattutto le imprese hanno dovuto capire come funzionava questo meccanismo e integrarlo con i tempi dei loro bilanci, ma ad oggi l'ammontare delle erogazioni liberali è stato pari a 180.694.028 euro, di cui 7.459.817 provenienti da persone fisiche e - arrotondo - 88.527.000 provenienti da imprese. Tutto è trasparente, come previsto dalle norme, quindi la società ALES, che è una società interamente in house del Ministero, in tempo reale aggiorna continuamente le donazioni, chi ha donato e a che cosa ha destinato. Quindi, come vedete, si tratta di una somma significativa. Sono stati intrapresi 1.471 interventi, di cui 1.084 interventi di restauro di beni culturali pubblici, 352 a sostegno di istituti e luoghi della cultura, fondazioni lirico-sinfoniche o teatri, 35 per il potenziamento di strutture di enti pubblici per lo spettacolo. Quindi, un risultato positivo, che io sono certo si rafforzerà nel tempo. Il modo in cui abbiamo introdotto l'art bonus è stato prima in via sperimentale - il Parlamento ha ottenuto un risultato che da tempo era auspicato, cioè l'introduzione di un incentivo fiscale in grado di spingere le imprese e i privati cittadini a donare per il patrimonio e le attività culturali -, poi quella misura è stata resa permanente con un successivo miglioramento, poi è stata estesa alle fondazioni lirico-sinfoniche e ai teatri di tradizione, da ultimo è stata estesa ai beni ecclesiastici delle zone colpite dal sisma dell'Italia centrale. Il disegno di legge collegato, il disegno di legge per lo spettacolo dal vivo di cui si inizia la discussione domani al Senato, lo estende a un'altra tipologia di teatri - perché non è giusto che vi siano interventi di artbonus fiscalmente detraibili per la musica e non per la prosa -, e quindi viene esteso a un'altra serie di tipologie di teatri. Io sono assolutamente d'accordo: bisogna estenderlo. Naturalmente ognuna di questa operazione ha dei costi; anche la legge sullo spettacolo dal vivo ha dei costi, e penso che in prospettiva si possa estenderla sicuramente a quanti gestiscono beni pubblici o beni vincolati ad uso pubblico. Naturalmente questo costa, quindi penso che abbiamo già fatto molti passi avanti. Gradualmente - perché sono norme che si possono migliorare gradualmente - il Parlamento, o da questa legge di stabilità o dalla prossima legislatura, potrà allargare la fascia di chi usufruisce dell'art bonus.

PRESIDENTE. L'onorevole Gigli ha facoltà di replicare, per due minuti.

GIAN LUIGI GIGLI. Grazie. Signor Ministro, io la ringrazio innanzitutto dei dati che ha fornito, che sono significativi, come lei ha detto. E la ringrazio anche per l'intenzione manifestata, della quale ero certo e consapevole, come avevamo avuto modo di parlarne in precedenza.

Tuttavia manca, però, un tassello per capire la fattibilità dell'operazione e i costi dell'operazione. Io vorrei sapere quali sono stati, a questo punto, gli oneri fiscali che lo Stato ha dovuto supportare, perché, a fronte di questi oneri, se il beneficio è stato superiore, noi potremmo dire che vale la pena estendere. E varrebbe la pena estendere, direi, quasi indefinitamente a tutta la possibile platea dei beneficiari che sono a gestire beni di fruibilità pubblica, come lei ha detto, ma che sono di interesse nazionale, tenendo conto anche che, per alcuni di questi beni, lo Stato comunque paga interventi di restauro e li paga cari. Infatti, non è pensabile che, se crolla il tetto di Santa Maria Novella a Firenze, siccome è una chiesa, lo Stato non intervenga. È verosimile che interverrà. Allora noi dobbiamo, per così dire, mettere sul piatto della bilancia, tutte queste informazioni.

Credo che l'occasione - e qui le voglio dare uno stimolo - della prossima legge di stabilità potrebbe essere il momento opportuno per fare un bilancio complessivo e cercare di fare di questa misura, che - ripeto - torna a suo onore, un provvedimento generalizzato.

È un po' quanto è accaduto con le erogazioni liberali per la scuola. Lei ricorda che, finché non c'è stata la possibilità di finalizzare a tutti gli istituti, indicando l'istituto che veniva beneficiato, il bonus per la scuola, questo tipo di donazioni andavano quasi sottotraccia. Nel momento in cui è stato possibile collegarlo a quel preciso bene - in quel caso la scuola, nel caso nostro ovviamente il bene culturale -, il meccanismo si è dilatato. Dobbiamo essere un po' più americani in questo senso, signor Ministro.

PRESIDENTE. Onorevole Fragomeli, vale anche per lei il discorso di prima.

(Iniziative di competenza in ordine al trasporto in raffineria degli idrocarburi estratti nel giacimento petrolifero di Tempa Rossa in Basilicata – n. 3-03228).

PRESIDENTE. L'onorevole Latronico ha facoltà di illustrare, per un minuto, la sua interrogazione n. 3-03228 (Vedi l'allegato A).

COSIMO LATRONICO. Grazie, signor Presidente. In Basilicata, nell'area di Tempa Rossa, è stato realizzato un altro grande progetto industriale per l'estrazione del petrolio. Entro dicembre di quest'anno l'impianto dovrebbe entrare e produrre a partire da 20 mila barili di greggio al giorno. C'è il rischio che questo greggio sia trasportato su gomma, perché mancando l'intesa con la regione Puglia, non si potrebbe - uso il condizionale - utilizzare l'oleodotto, che collega la Val d'Agri col polo petrolifero di Taranto. Chiedo al Governo notizie e provvedimenti.

PRESIDENTE. La Ministra per i Rapporti con il Parlamento, Anna Finocchiaro, ha facoltà di rispondere, per tre minuti.

ANNA FINOCCHIARO, Ministra per i Rapporti con il Parlamento. Grazie. Circa il progetto del giacimento petrolifero denominato Tempa Rossa, faccio presente che l'inizio della produzione è prevista per il primo quadrimestre del 2018, con un livello gradualmente crescente, fino al raggiungimento di una portata massima, a regime, di circa 50 mila barili al giorno.

È previsto il trasferimento del greggio prodotto nell'ambito della concessione mediante un oleodotto alla raffineria ENI di Taranto, all'interno della quale devono essere, tuttavia, realizzati alcuni lavori di adeguamento delle strutture logistiche, per permettere stoccaggio e carico del greggio su navi petroliere.

A giugno del 2015, la società ENI ha chiesto, quindi, al Ministero dello sviluppo economico, di essere autorizzata ad adeguare le strutture logistiche della raffineria di Taranto, secondo quanto previsto dalla legislazione vigente. Il Ministero ha curato l'istruttoria, acquisendo tutti i pareri previsti dalla normativa del settore, ad eccezione del parere del comune di Taranto il quale, nonostante i ripetuti solleciti, non ha mai fatto pervenire alcuna risposta. Con la determinazione conclusiva del procedimento, a fine 2015, il Ministero ha chiesto l'intesa della regione Puglia, necessaria per potere rilasciare l'autorizzazione. Nonostante i ripetuti solleciti alla regione e visto il tempo trascorso dell'inizio dell'istruttoria (ormai più di due anni), lo scorso 23 giugno il Ministero ha rimesso alla deliberazione del Consiglio dei ministri il superamento della mancata intesa regionale. Tale procedura prevede lo svolgimento di un'attività istruttoria e di coordinamento da parte della Presidenza del Consiglio dei ministri, tesa a verificare la possibilità di acquisire l'intesa con la regione interessata ovvero a superare il suo mancato raggiungimento. Il 18 luglio e l'11 settembre scorsi si sono svolte due delle tre riunioni, che sono previste dalla fase istruttoria, e nell'arco di trenta giorni dovrà essere convocata la terza e ultima riunione.

Se alla fine dell'attività istruttoria l'intesa non sarà ancora raggiunta, sarà necessaria una deliberazione del Consiglio dei ministri, a cui parteciperà anche il presidente della regione, per consentire il rilascio dell'autorizzazione alla realizzazione delle opere per lo stoccaggio e il trasferimento. Dati i tempi necessari alla conclusione del procedimento, la società rappresentante unico per il titolo minerario ha individuato, come soluzione temporanea e alternativa, la realizzazione di un centro di carico per autobotti in aree attigue al centro olio, per permettere di trasferire una parte del greggio, che verrà prodotto nel 2018, tramite autobotti ai terminali costieri. Per tale soluzione, che - ripeto - essere alternativa e temporanea, è stata presentata ad agosto l'istanza di valutazione di impatto ambientale e sono in corso le verifiche di procedibilità. Il Ministero dell'ambiente fa inoltre presente che la documentazione ricevuta è stata pubblicata sul portale delle valutazioni ambientali del Ministero l'8 settembre e c'è un termine di trenta giorni per la presentazione di osservazioni. Riteniamo comunque che la soluzione originaria resti quella preferibile da continuare a perseguire e adottare.

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare l'onorevole Latronico per due minuti.

COSIMO LATRONICO. Grazie Presidente. Io ringrazio naturalmente il signor Ministro, per le puntuali notizie che ha fornito su una questione, che credo che non vada sottovalutata per la portata industriale più generale. Non riguarda solo la Puglia e la Basilicata, ma riguarda un asset industriale del Paese.

Stiamo parlando di un impianto che è costato 1,6 miliardi di euro negli anni, attorno al quale ci sono stati anche degli investimenti importanti, compreso l'oleodotto. Ora noi ci auguriamo che la collaborazione e la coesione istituzionale tra regione e Governo si possano realizzare. Infatti, sarebbe strano - il Ministro converrà con noi - che a fronte di un oleodotto funzionante - perché su questo oleodotto al momento va il petrolio estratto in Val d'Agri che va al porto di Taranto - non possa connettersi l'impianto della Valle del Sauro, cioè quella di Tempa Rossa, per un conflitto istituzionale del tutto evidente tra il Governo, il comune di Taranto e la regione Puglia. Ecco, noi non vorremmo che questi conflitti istituzionali o interistituzionali si trasformino in un danno per la realtà economica del Paese. Pensate - e concludo - che 170 mezzi dovrebbero trasportare, per iniziare, 20 mila barili al giorno di greggio, invadendo le strade del centrosud d'Italia, con rischi di natura ambientale e con rischi più generali. Speriamo che questo non accada.

(Iniziative di competenza in merito alla fatturazione a quattro settimane relativa ai contratti di telefonia – n. 3-03229).

PRESIDENTE. L'onorevole Paglia ha facoltà di illustrare, per un minuto, l'interrogazione Marcon ed altri n. 3-03229 (Vedi l'allegato A), di cui è cofirmatario.

GIOVANNI PAGLIA. Grazie Presidente. Signora Ministro, come credo si sappia, con una delibera del 15 marzo 2017, l'Agcom ha stabilito che le bollette della telefonia fissa debbano arrivare con scadenza mensile e quelle della telefonia mobile ogni quattro settimane, non meno di quattro settimane. Questo ha una ragione abbastanza ovvia: gli utenti e i clienti devono essere in grado di comparare le offerte che le diverse compagnie fanno e, quindi, hanno bisogno di una scadenza uguale per tutte.

Senonché le compagnie hanno ben deciso di non adeguarsi a questa ordinanza dell'Agcom e di fare esattamente quello che volevano. Tradotto: attualmente tutte le bollette dei cittadini italiani cominciano ad arrivare a scadenza di ventotto giorni, anziché di trenta. Questo significa una cosa molto banale, che in un anno, anziché arrivarne dodici, ne arrivano tredici, con un aggravio di costo dell'8,6 per cento.

A noi appare del tutto chiaro che questo è stato fatto ovviamente per approfittare del fatto che la cosa non è particolarmente evidente e, di conseguenza, impedire ai cittadini di recedere eventualmente dal contratto.

Ora quello che io le chiedo, signora Ministro, è se, secondo lei, si possa privatizzare anche il calendario in questo Paese. Io non credo.

PRESIDENTE. La Ministra per i Rapporti con il Parlamento, Anna Finocchiaro, ha facoltà di rispondere, per tre minuti.

ANNA FINOCCHIARO, Ministra per i Rapporti con il Parlamento. Grazie. Ricordo che gli operatori del settore della telefonia, che avete nominato, e l'impresa Sky hanno progressivamente modificato la cadenza delle fatturazioni, portandola a una volta ogni ventotto giorni, con un aggravio dei costi per i consumatori.

Mentre non è in discussione la libertà degli operatori di formulare nuove offerte commerciali, nel rispetto della regolamentazione, non possono altrettanto essere messi in discussione i principi fondamentali di tutela e di trasparenza a favore degli utenti dei servizi. In questa condotta si legge, infatti, un comportamento scorretto verso i consumatori, che pagano queste iniziative in prima persona e di tasca propria.

Rammento che, lo scorso 15 marzo, l'Agcom è intervenuta con misure di carattere generale in materia di conoscibilità del credito residuo e anche di cadenza della fatturazione e rinnovo delle offerte da parte degli operatori di telecomunicazioni. Alla luce dell'evoluzione dei mercati della telefonia fissa e mobile, l'Autorità ha infatti ravvisato la necessità di garantire una tutela effettiva degli utenti avendo riscontrato problemi in termini di trasparenza e compatibilità delle informazioni in merito ai prezzi vigenti nonché di controllo dei consumi e della spesa, determinati anche dal venire meno di un parametro temporale certo e consolidato per la cadenza del rinnovo delle offerte e della fatturazione. A tale fine sono stati individuati criteri temporali certi. Nello specifico, per la telefonia fissa l'Autorità ha individuato il mese quale unità temporale per la scadenza di rinnovo e fatturazione dell'offerta, mentre per la telefonia mobile la cadenza non può essere inferiore ai 28 giorni. Nel caso di offerte convergenti che coinvolgano sia la telefonia mobile sia la fissa prevale la cadenza fissa per quest'ultima, ovvero su base mensile. L'Autorità aveva stabilito un periodo temporale di 90 giorni per consentire agli operatori di adeguarsi. La delibera è stata impugnata al TAR, che il 7 giugno ha accolto le richieste di sospensiva mentre il giudizio sul ricorso è stato fissato al prossimo 7 febbraio. Il Governo ha apprezzato l'evoluzione della regolazione dell'Agcom, che è intesa ad aumentare il livello di trasparenza e comparabilità delle comunicazioni rivolte al pubblico a tutela dei consumatori. Al contempo, reputa che, sempre a maggiore tutela dei consumatori, l'omogeneità delle condizioni contrattuali in materia di trasparenza e di base temporale debba essere un obiettivo da perseguire concretamente, utilizzando tutti gli strumenti di regolazione a disposizione. In attesa di conoscere l'esito sia degli interventi di Agcom, a conclusione del contenzioso in atto con gli operatori, sia dell'Antitrust, con riferimento alle istruttorie avviate in materia di tutela della concorrenza e di pratiche commerciali sleali, sta valutando segnalazioni specifiche all'Antitrust e un apposito intervento normativo a supporto dei suddetti obiettivi.

PRESIDENTE. L'onorevole Paglia ha facoltà di replicare per due minuti.

GIOVANNI PAGLIA. A me fa piacere che il Governo stia valutando un apposito intervento normativo e mi auguro che la valutazione diventi rapidamente un impegno e poi che si vada avanti in quella direzione. Io credo che non sia accettabile - e lo dico esattamente così – non può essere accettato che imprese private - peraltro tre imprese private sostanzialmente se parliamo della telefonia e una se parliamo del servizio di pay-tv - possano fare quello che vogliono in questo Paese. Io credo - e lei signor Ministro credo che possa concordare - che siamo di fronte ad un caso abbastanza chiaro di oligopolio. Questo probabilmente non era semplicemente un caso da Agcom; questo diventava un caso da Antitrust, perché qui non è semplicemente in discussione il fatto che tre operatori possano fatturare nel modo che preferiscono, ma qui è in discussione il fatto che è del tutto evidente - e quindi prendo la responsabilità di quello che dico - che questi operatori si sono messi d'accordo, perché altrimenti non si spiega come sia possibile che la stessa pratica commerciale che danneggia i consumatori venga adottata praticamente nello stesso momento.

In questo Paese noi non abbiamo più una compagnia telefonica, nonostante sia un settore fondamentale. Eravamo partiti anni fa in cui ce n'era una di Stato, l'altra dell'Enel - quindi, sostanzialmente pubblica o parapubblica - e una apparteneva alla compianta Olivetti. Oggi ci troviamo con un'azienda inglese, un'azienda che ha sede nei paradisi fiscali delle Cayman e delle Bermuda, ed un'altra che è di proprietà francese. Cioè, ci sono tre soggetti esteri che intervengono in regime di oligopolio nel nostro Paese e fanno quello che vogliono. Sebbene vi sia una delle nostre autorità preposte a dare loro delle indicazioni evidentemente possono permettersi di fare di nuovo i comodi loro, allora io mi auguro che questo intervento normativo annunciato a questo punto diventi realtà nel più breve tempo possibile a tutela di tutti i consumatori italiani.

(Stato di avanzamento del piano Industria 4.0, in relazione alle misure di incentivazione e all'attuazione dei programmi di alta formazione, innovazione tecnologica e ricerca industriale – n. 3-03230)

PRESIDENTE. L'onorevole Basso ha facoltà, per un minuto, di illustrare l'interrogazione Benamati ed altri n. 3-03230 (Vedi l'allegato A), di cui è cofirmatario.

LORENZO BASSO. Grazie, signor Presidente. Proprio un anno fa il Ministro Calenda ha presentato al Paese il Piano Italia 4.0, un insieme di misure che hanno implementato il lavoro svolto dal Parlamento con l'indagine conoscitiva Industria 4.0 realizzata dalla X Commissione della Camera. Dall'aumento degli investimenti in svariati settori e dalla relazione della Commissione europea sui progressi nel settore digitale possiamo già dire che le misure incentivanti di questo piano hanno svolto un ruolo davvero determinante per la ripresa economica del nostro Paese. Nello stesso tempo registriamo ancora una forte richiesta di sostegno, in particolare dalle piccole e medie imprese e da alcune realtà geograficamente più svantaggiate.

Ravvediamo, quindi, la necessità di accelerare la costruzione della rete territoriale dei digital innovation hub e la partenza dei competence center, secondo una procedura di selezione competitiva che premi la validità dei progetti, molti dei quali sono già in campo: da quello dell'automotive di Torino, a quello della protezione delle infrastrutture critiche di Genova, da quello della robotica di Pisa, a quello sull'agroalimentare di Bologna.

PRESIDENTE. Concluda.

LORENZO BASSO. Chiediamo per questo al Governo quale sia complessivamente lo stato di avanzamento del Piano Industria 4.0 in relazione alle diverse misure di incentivazione e, in particolare, in relazione all'attuazione delle misure connesse ai competence center.

PRESIDENTE. La Ministra per i Rapporti con il Parlamento, Anna Finocchiaro, ha facoltà di rispondere per tre minuti.

ANNA FINOCCHIARO, Ministra per i Rapporti con il Parlamento. Vorrei fare presente che gli ultimi dati relativi ai comparti manifatturieri del settore 4.0 indicano come l'Italia stia compiendo nuovi passi in avanti verso la ripresa industriale e come le aziende stiano investendo in tecnologia e innovazione. Secondo l'Istat, infatti, la produzione industriale a luglio ha segnato una crescita del 4,4 per cento rispetto all'anno passato e l'aumento è stato particolarmente sostenuto proprio nel comparto dei beni strumentali (più 5,9 per cento) e in modo ancora più marcato nella fabbricazione di macchinari e attrezzature (più 8 per cento). Risultati ancora più positivi si registrano nei primi cinque mesi del 2017 nell'ambito degli ordinativi interni, che segnano per i macchinari un più 10,6 per cento e per le apparecchiature elettriche ed elettroniche un più 6,6 per cento. Questi segnali sono le prime conferme che le misure rafforzate introdotte dal Governo hanno effetti positivi. In particolare, il Piano Industria 4.0 ha stimolato il tessuto imprenditoriale che oggi può accedere alle agevolazioni in modo automatico e non settoriale.

Il Piano, tuttavia, non si esaurisce con strumenti finalizzati allo stimolo degli investimenti ma si fonda sul pilastro complementare delle competenze che rappresentano oggi più che mai la leva indispensabile per attivare e ottimizzare gli interventi di innovazione, ricerca e sviluppo. Per questo motivo abbiamo istituito il network nazionale per i servizi di trasferimento tecnologico e di formazione specializzata in ambito di Industria 4.0. Insieme alle Camere di commercio abbiamo dato il via ai punti di impresa digitale con le varie associazioni di categoria, al digital innovation hub al fine di arrivare in modo capillare a rispondere alla domanda di innovazione e competenza del tessuto produttivo, soprattutto di piccola e media dimensione. I competence center, poli di eccellenza a livello nazionale per l'alta formazione e la realizzazione di progetti di ricerca industriale e sviluppo sperimentale, sono parte integrante del network nazionale e saranno in grado di fornire supporto altamente qualificato alle imprese. Per la costituzione dei competence center si riscontrano ad oggi dei ritardi su cui stiamo lavorando. Il relativo decreto interministeriale Mise e MEF, infatti, dopo il complesso iter istruttorio è stato inviato al MEF firmato dal Ministro Calenda ed è stato sottoscritto proprio ieri dal Ministro Padoan. Il documento è stato trasmesso oggi alla Corte dei conti per la registrazione e la successiva pubblicazione in Gazzetta Ufficiale al fine di avviare una selezione trasparente e competitiva entro quest'anno. Il nostro obiettivo adesso è limitare quanto più possibile i ritardi accumulati nel tempo, così da offrire alle imprese tutto il miglior supporto possibile, vista anche la loro risposta positiva al Piano Industria 4.0, a beneficio dell'intera economia italiana.

PRESIDENTE. L'onorevole Benamati ha facoltà di replicare per due minuti.

GIANLUCA BENAMATI. Grazie, signora Ministro, e grazie delle sue parole. Qui facciamo chiarezza sul fatto che il Governo della Repubblica ha una politica industriale. Più di 900 mila nuovi occupati con i Governi del Partito Democratico - possono diventare un milione alla fine della legislatura - e una crescita importante della produzione industriale, quale lei ha menzionato. L'export ai massimi livelli nella storia repubblicana e una situazione dei consumi interni in ripresa sono risposte vere a domande spesso demagogiche. Oggi abbiamo una situazione di Industria 4.0 cruciale per il rinnovamento del nostro sistema produttivo e per metterlo al passo con le sfide del futuro. Per il nostro Paese costituiscono un fattore unico di competitività, come lei diceva, questi investimenti sulla manifattura ma anche gli investimenti che lei citava sul capitale umano. Vanno bene, quindi, i dati sul rinnovamento delle macchine utensili, dei parchi delle macchine utensili e delle attrezzature.

Io ricordo a tutti di osservare il fatto che il Paese ha fatto in un anno, come diceva già il collega Basso, ciò che altri Paesi a noi vicini hanno sviluppato in un arco pluriennale di 4-5 anni. Oggi, però, è essenziale l'avvio dei competence center e del digital innovation hub. Prendiamo atto delle sue indicazioni perché queste sono l'accesso vero, la porta vera di accesso delle PMI, dell'innovazione e del collegamento fra il tessuto industriale piccolo e l'innovazione che noi proponiamo.

Serve anche una ricognizione sull'andamento delle misure perché noi speriamo, signor Ministro, noi chiediamo al Governo, di porre nella legge di stabilità alcuni interventi che, fatta una selezione fra le più efficaci misure che sono state condotte in quest'anno su industria 4.0, possano stabilizzare e possano riconfermare alcune di esse nell'ambito e nella prospettiva di un consolidamento di questa grande ripresa industriale che il nostro Paese sta vivendo.

(Intendimenti del Governo in merito alla deliberazione dello stato di emergenza relativo alla eccezionale ondata di maltempo che ha colpito la regione Toscana e, in particolare, la città di Livorno – n. 3-03231)

PRESIDENTE. L'onorevole Bonafede ha facoltà di illustrare l'interrogazione Luigi Di Maio n. 3-03231 (Vedi l'allegato A), di cui è cofirmatario.

ALFONSO BONAFEDE. Grazie Presidente. L'ondata di maltempo che ha colpito la costa toscana ha prodotto gravi danni, soprattutto nella zona di Livorno, come frane e smottamenti che hanno causato la morte di nove persone. L'alluvione ha devastato la città con onde di piena che hanno travolto diverse famiglie e allagato interi quartieri.

Le istituzioni territoriali, le forze dell'ordine e le squadre di volontari che stanno lavorando senza sosta non possono essere lasciati soli nel fronteggiare un simile disastro. Una primissima stima dei danni materiali arrecati al patrimonio comunale, ancora del tutto parziale, in costante aggiornamento, ammonta a quasi 4 milioni di euro. È evidente che siamo di fronte ad una situazione gravissima che impone la deliberazione dello stato di emergenza già dichiarato a livello regionale. Chiediamo, quindi, al Governo di fare la propria parte e stanziare subito le risorse per gli interventi di urgenza nelle zone alluvionate. Non c'è un minuto da perdere, dobbiamo stare vicino ai cittadini.

È noto a tutti che noi non ci fidiamo del Governo, Ministro, ma le chiedo questa volta di prendere un impegno serio, perché sarebbe particolarmente grave mentire ai livornesi. Tanti di loro hanno perso la loro impresa, hanno visto danneggiata la loro casa, alcuni hanno perso anche dei familiari.

PRESIDENTE. La Ministra per i Rapporti con il Parlamento, Anna Finocchiaro, ha facoltà di rispondere, per tre minuti.

ANNA FINOCCHIARO, Ministra per i Rapporti con il Parlamento. Con riferimento ai quesiti posti dagli onorevoli interroganti, preme evidenziare che le squadre della struttura regionale della Protezione civile, con i mezzi a propria disposizione, hanno fatto rapidamente fronte all'emergenza e a ciò si aggiunga che, a poche ore di distanza dall'evento, si sono recati sul posto il capo del dipartimento della Protezione civile e il presidente della regione Toscana al fine di valutare l'entità dei danni e l'eventuale necessità di ulteriori supporti operativi. Il capo della Protezione civile ha comunque, fin dai primi momenti, manifestato al presidente Rossi la disponibilità a inviare, ove necessari, ulteriori mezzi e uomini di supporto.

Dopo i primi interventi, resi nell'immediatezza dei fatti, sono giunti nei luoghi colpiti anche i volontari della regione Emilia Romagna e della regione Liguria, affiancati da circa 150 volontari opportunamente muniti di mezzi idonei. Ricordo che lo stato di emergenza, ai sensi dell'articolo 5, della legge 24 febbraio 1992, n. 225, è deliberato dal Consiglio dei ministri anche su richiesta dei presidenti delle regioni interessate, e comunque acquisita dall'intesa, a seguito di un'istruttoria predisposta dalla Protezione civile. A tal fine sono state già inviate in loco le squadre di tecnici che, mediante sopralluoghi, stanno raccogliendo le informazioni occorrenti per il perfezionamento della richiamata attività istruttoria propedeutica alla delibera del Consiglio dei ministri, che sarà quindi adottata il più rapidamente possibile.

Posso comunque anticipare che il Fondo per le emergenze nazionali, istituito allo scopo nel bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio, reca le disponibilità necessarie a fronteggiare gli oneri che saranno individuati a seguito del completamento dell'istruttoria.

PRESIDENTE. L'onorevole Daga, cofirmataria dell'interrogazione, ha facoltà di replicare.

FEDERICA DAGA. La ringrazio, Presidente. Noi stiamo chiedendo lo stato di emergenza quale ultima spiaggia di un problema gravissimo: in questo Paese non è possibile che si vada ad agire a disastro ambientale avvenuto. Sono anni che denunciamo la mancanza di una seria programmazione della cura del territorio e la mancanza della pianificazione della difesa del suolo, mentre questo Governo, e i precedenti, si sono concentrati solo sulla mitigazione del dissesto idrogeologico e con risultati anche insoddisfacenti. Lasciamo stare la speculazione politica che è stata fatta sui giornali, ora è necessaria la collaborazione stretta di tutti i soggetti, istituzionali e non, competenti sul tema. Noi non possiamo non sottolineare che da quando siamo entrati in Parlamento stiamo denunciando l'assenza di programmazione e la mancanza di fondi reali destinati ai lavori contro il dissesto; già così la politica ha fallito. Quindi, chiediamo di evitare di sbandierare miliardi inesistenti.

Ad oggi i fondi a disposizione sono intorno al miliardo tra quelli destinati alle aree metropolitane, 33 opere di cui una sola portata a termine, e quelli nei conti delle regioni, che però non sono ancora stati spesi da ben dieci anni. Non basta, quindi, annunciare che ci sono dei fondi, ma bisogna assicurarsi che vengano spesi e che vengano spesi per gli interventi necessari. Forse Italiasicura, a questo punto, dovrebbe occuparsi di fare i dovuti controlli sull'andamento dei lavori, piuttosto che fare solamente annunci e slide e ve lo diciamo come suggerimento. Con la questione della siccità e dei cambiamenti climatici noi siamo già soggetti a fenomeni come quelli che abbiamo appena visto e che dobbiamo considerare normalità e non qualcosa di straordinario.

Abbiamo fatto delle proposte, vorremmo che ci copiaste in questo. Quindi, chiediamo con forza sicuramente lo stato di emergenza per la regione Toscana, per dare un supporto al territorio livornese, con l'auspicio che tutti inizino a lavorare nell'esclusivo interesse del territorio a difesa del suolo e a difesa dei cittadini.

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata.

Sospendo a questo punto la seduta che riprenderà alle ore 16,30.

La seduta, sospesa alle 16,05, è ripresa alle 16,30.

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Adornato, Alfreider, Boccia, Bratti, Buttiglione, Caparini, Capelli, Catania, D'Alia, Dambruoso, Dellai, Epifani, Ferrara, Fico, Fontanelli, Lorenzo Guerini, Locatelli, Marcon, Mazziotti Di Celso, Palma, Pes, Pisicchio, Portas, Realacci, Sanga, Sani, Schullian, Speranza, Tofalo, Vignaroli, Villecco Calipari e Zolezzi sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.

I deputati in missione sono complessivamente centocinque, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Seguito della discussone delle mozioni Rampelli ed altri n. 1-01582, Allasia ed altri n. 1-01549, Donati ed altri n. 1-01542, Della Valle ed altri n. 1-01565, Laffranco ed altri n. 1-01610, Ricciatti ed altri n. 1-01641, Abrignani ed altri n. 1-01672, Vignali ed altri n. 1-01684, Fassina ed altri n. 1-01688 e Galgano ed altri n. 1-01690 concernenti iniziative relative all'applicazione della cosiddetta direttiva Bolkestein (ore 16,35).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione delle mozioni Rampelli ed altri n. 1-01582 (Nuova formulazione), Allasia ed altri n. 1-01549 (Nuova formulazione), Donati ed altri n. 1-01542, Della Valle ed altri n. 1-01565, Laffranco ed altri n. 1-01610 (Nuova formulazione), Ricciatti ed altri n. 1-01641 (Ulteriore nuova formulazione), Abrignani ed altri n. 1-01672, Vignali ed altri n. 1-01684, Fassina ed altri n. 1-01688 e Galgano ed altri n. 1-01690 concernenti iniziative relative all'applicazione della cosiddetta direttiva Bolkestein (Vedi l'allegato A).

Avverto che dopo la conclusione della discussione sulle linee generali, che ha avuto luogo nella seduta di lunedì 29 maggio 2017, sono state presentate le mozioni Ricciatti ed altri n. 1-01641, riformulata in data 22 giugno 2017 e ulteriormente riformulata in data 12 settembre 2017, Abrignani ed altri n. 1-01672, Vignali ed altri n. 1-01684, Fassina ed altri n. 1-01688 e Galgano ed altri n. 1-01690, che sono già state iscritte all'ordine del giorno.

Avverto, altresì, che è stata presentata la risoluzione Palese n. 6-00347 (Vedi l'allegato A). Il relativo testo è in distribuzione.

(Intervento e parere del Governo)

PRESIDENTE. Il rappresentante del Governo ha facoltà di intervenire, esprimendo altresì il parere sulle mozioni e sulla risoluzione presentate.

ANTONIO GENTILE, Sottosegretario di Stato per lo Sviluppo economico. Grazie, Presidente. Allora, sulle mozioni Rampelli, Allasia, Donati, Della Valle, Laffranco, Ricciatti, Abrignani Vignali, Fassina e Galgano; solo su quella dell'onorevole Palese, poiché è arrivata pochi minuti fa, gli uffici stanno predisponendo il nuovo testo. Quindi, per l'ultima chiedo solo qualche minuto di tempo. Per quanto, invece, attiene la parte generale, con le mozioni in discussione si fa riferimento all'applicazione della direttiva 2006/123/CE, cosiddetta Bolkestein, sulle aree pubbliche e l'assogettabilità della disciplina delle concessioni alla procedura della gara pubblica. La medesima direttiva, come evidenziato in tutte le mozioni, in Italia è stata recepita con decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59, il cui articolo 16 stabilisce il divieto di rinnovo automatico dei titoli concessionari scaduti, in quanto equipara la nozione di risorsa naturale con quella di suolo pubblico, e quindi assoggetta il rilascio delle concessioni alla procedura di selezione pubblica.

Il 5 luglio 2012, ai sensi dell'articolo 70 del citato decreto legislativo, come peraltro evidenziato anche dagli onorevoli estensori, è stata adottata un'intesa in sede di Conferenza unificata con specifico riferimento alle procedure di selezione per l'assegnazione di posteggi sulle aree pubbliche. Tale intesa, pur contenendo delle disposizioni transitorie di proroga delle concessioni scadute o in scadenza o rinnovate maggio-luglio 2017, sembrerebbe non risolvere completamente le criticità di settore. Ricordo, inoltre, che il decreto-legge 30 dicembre 2016, n. 244, cosiddetto “milleproroghe”, ha prorogato il termine delle concessioni al 31 dicembre 2018, in modo da dare la possibilità ai comuni di avviare le procedure di selezione pubblica per il rilascio delle nuove concessioni.

Infine, tengo a dire che la possibilità di non applicare al commercio su area pubblica le disposizioni di cui all'articolo 12 della citata direttiva, correlata all'articolo 16 del decreto legislativo n. 59 del 2010, è stata oggetto di svariate richieste, e di conseguenza il Ministero dello sviluppo economico, nell'ambito della sua competenza, si è attivato e si sta attivando in tal senso. Andiamo alla disamina dei singoli impegni. Presidente, mi permetto di leggerli tutti, almeno quelli che sono presentati.

Allora, per quanto riguarda la mozione n. 1-01582 dell'onorevole Rampelli ed altri, gli impegni 1, 2 e 3 si è pensato di accorparli e di accoglierli con la seguente riformulazione: a studiare interventi volti a contenere le potenziali ripercussioni negative sul tessuto economico e sociale, anche mediante l'individuazione di criteri che, nell'ottica della valorizzazione delle finalità sociali all'articolo 12, tengano conto delle diverse caratteristiche, delle dimensioni e dei requisiti professionali acquisiti dagli operatori, della tutela dell'occupazione nel settore e dei luoghi in cui si svolge il commercio ambulante, a tal fine costituendo rapidamente un tavolo di confronto con gli operatori del commercio su aree pubbliche e i rappresentanti degli enti locali, considerando anche la situazione in essere.

L'impegno 4 è accolto nella seguente riformulazione: a verificare la possibilità di escludere dal regime di applicazione della direttiva servizi per l'ambito professionale delle guide turistiche a salvaguardia dell'interesse prevalente della tutela del patrimonio artistico-culturale del Paese e delle competenze professionali che vi operano. L'impegno 5 è accolto con la seguente riformulazione. Si propone, pertanto, tale testo: a valutare e supportare le iniziative parlamentari in atto che, nel sostenere le attività marittime, lacuali e fluviali ad uso turistico-ricreativo, prevedono di censire tutte le strutture destinate al regime concessorio, massimizzando la trasparenza, il regime di accesso e la tutela degli interessi pubblici e introducendo una politica di revisione dei canoni concessori. L'impegno 6 non è accolto.

Per quanto attiene, invece, la mozione n. 1-01549 dell'onorevole Allasia ed altri, gli impegni 1, 2 e 3 sono stati accorpati e accolti con la seguente riformulazione: a studiare interventi volti a contenere le potenziali ripercussioni negative sul tessuto economico e sociale, anche mediante l'individuazione di criteri che, nell'ottica della valorizzazione delle finalità sociali all'articolo 12, tengano conto delle diverse caratteristiche, delle dimensioni e dei requisiti professionali acquisiti dagli operatori, della tutela dell'occupazione nel settore e dei luoghi in cui si svolge il commercio ambulante, a tal fine costituendo rapidamente un tavolo di confronto con gli operatori del commercio su aree pubbliche e i rappresentanti degli enti locali, considerando anche la situazione in essere. L'impegno n. 4 non è accolto. L'impegno n. 5 si ritiene di accoglierlo con la seguente riformulazione: a valutare e supportare le iniziative parlamentari in atto che, nel sostenere le attività marittime, lacuali e fluviali ad uso turistico-ricreativo, prevedono di censire tutte le strutture destinate al regime concessorio, massimizzando la trasparenza, il regime di accesso e la tutela degli interessi pubblici ed introducendo una politica di revisione dei canoni concessori.

Per quanto attiene la mozione n. 1-01542 dell'onorevole Donati ed altri, il Governo la accoglie con riformulazione, con il seguente testo: a promuovere proposte in sede di Unione europea per meglio definire la portata e gli effetti della direttiva Bolkestein rispetto al commercio ambulante, considerando anche la situazione in essere, studiare interventi volti a contenere le potenziali ripercussioni negative sul tessuto economico e sociale, anche mediante l'individuazione di criteri che, nell'ottica della valorizzazione delle finalità sociali all'articolo 12, tengano conto delle diverse caratteristiche, delle dimensioni e dei requisiti professionali acquisiti dagli operatori, della tutela dell'occupazione nel settore e dei luoghi in cui si svolge il commercio ambulante, a tal fine costituendo rapidamente un tavolo di confronto con gli operatori del commercio su aree pubbliche e i rappresentanti degli enti locali.

Per quanto attiene alla mozione n. 1-01565 dell'onorevole Della Valle ed altri, in relazione agli impegni 1 e 2 gli stessi vengono accorpati e accolti con la seguente riformulazione: a valutare iniziative in sede di Unione europea al fine di meglio definire la portata e gli effetti della direttiva Bolkestein nell'ambito del commercio ambulante volte a contenere le ripercussioni negative sul tessuto economico e sociale, anche mediante l'individuazione di criteri per la concessione delle autorizzazioni che tengano conto delle diverse caratteristiche, delle dimensioni e dei requisiti professionali acquisiti dagli operatori, della tutela dell'occupazione nel settore e dei luoghi in cui si svolge il commercio ambulante.

Poi vi è un'altra mozione, la n. 1-01610 dell'onorevole Laffranco ed altri.

L'impegno 1) viene accolto con la seguente riformulazione: “a studiare interventi volti a contenere le potenziali ripercussioni negative sul tessuto economico e sociale, anche mediante l'individuazione di criteri che, nell'ottica della valorizzazione delle finalità sociali (articolo 12), tengano conto delle diverse caratteristiche delle dimensioni dei requisiti professionali acquisiti dagli operatori della tutela dell'occupazione, del settore e dei luoghi ove si svolge il commercio ambulante”.

L'impegno 2) invece non è accolto.

Il terzo impegno non può essere accolto.

Per quanto attiene invece alla mozione dell'onorevole Ricciatti ed altri n. 1-01641, il primo punto ed il secondo accorpati e accolti con riformulazione, peraltro analoga all'impegno 5 della mozione presentata dall'onorevole Rampelli: a valutare e supportare le iniziative parlamentari in atto che, nel sostenere le attività marittime, lacuali e fluviali ad uso turistico o ricreativo, prevedono di censire tutte le strutture destinate a regime concessorio, massimizzando la trasparenza, il regime di accesso e la tutela degli interessi pubblici ed introducendo una politica di revisione dei canoni concessori”.

Il terzo impegno è invece accolto con la seguente riformulazione: “a verificare la possibilità di escludere dal regime di applicazione della direttiva servizi per l'ambito professionale delle guide turistiche, a salvaguardia dell'interesse prevalente, alla tutela del patrimonio artistico-culturale del Paese e delle competenze professionale che vi operano”.

Il quarto impegno è accolto.

Per quanto attiene la mozione dell'onorevole Abrignani ed altri n. 1-01672, il punto 1) è accolto.

In relazione agli entrambi impegni 2 e 3, si propone di accorparli in un unico testo, accogliendo con riformulazione; pertanto il nuovo testo che si propone è il seguente: “a valutare iniziative, nell'ambito dell'applicazione della direttiva servizi, volte a contenere le ripercussioni negative sul tessuto economico e sociale, anche mediante l'individuazione, per quanto di competenza, di criteri per la concessione delle autorizzazioni che tengano conto delle diverse caratteristiche, della dimensione e dei requisiti professionali acquisiti dagli operatori della tutela dell'occupazione, del settore e dei luoghi in cui si svolge il commercio ambulante.

I punti invece 4), 5) e 6) non possono essere accolti.

Per quanto attiene la mozione n. 1-01684 dell'onorevole Vignali ed altri, il primo punto è accolto con riformulazione, che viene così proposta: “a valutare con attenzione le norme e le sentenze europee che riconoscono agli Stati membri la possibilità di far valere questione di interesse nazionale, legittimo affidamento, riconoscimento degli investimenti e dei valori commerciali delle imprese”.

Per quanto riguarda la mozione n. 1-01688 dell'onorevole Fassina ed altri, il primo ed il secondo impegno si propone di accorparli in un unico testo, accogliendolo con la seguente riformulazione: “a studiare interventi volti a contenere le potenziali ripercussioni negative sul tessuto economico e sociale, anche mediante l'individuazione di criteri che, nell'ottica della valorizzazione delle finalità sociali (articolo 12), tengano conto delle diverse caratteristiche, della dimensione e dei requisiti professionale acquisiti dagli operatori della tutela dell'occupazione, del settore e dei luoghi in cui si svolge il commercio ambulante, a tal fine costituendo rapidamente un tavolo di confronto con gli operatori del commercio su aree pubbliche e rappresentanti degli enti locali, considerando anche la situazione in essere.

Infine, per questo primo blocco, per quando attiene alla mozione n. 1-01690 dell'onorevole Galgano ed altri, il primo, secondo e terzo impegno si propone di accorparli in un unico testo, con la seguente riformulazione: “a studiare interventi volti a contenere le potenziali ripercussioni negative sul tessuto economico e sociale, anche mediante l'individuazione di criteri che, nell'ottica della valorizzazione delle finalità sociali (articolo 12), tengano conto delle diverse caratteristiche, della dimensione e dei requisiti professionali acquisiti dagli operatori della tutela dell'occupazione, del settore e dei luoghi in cui si svolge il commercio ambulante, a tal fine costituendo rapidamente un tavolo di confronto con gli operatori del commercio su aree pubbliche e rappresentanti degli enti locali, considerando anche la situazione in essere”.

Il quarto impegno è accolto con riformulazione, premettendo al testo stesso: “a valutare la possibilità di assumere iniziative per rivedere la durata delle concessioni, in misura tale da garantire la remunerazione degli investimenti connessi alle attività del settore del commercio su aree pubbliche.

Il quinto impegno è accolto con la seguente riformulazione: “a promuovere iniziative che, nell'ambito delle attività marittime, lacuali e fluviali ad uso turistico o ricreativo, prevedano il censimento di tutte le strutture destinate al regime concessorio, massimizzando la trasparenza, li regime di accesso e la tutela degli interessi pubblici e introducendo una politica di revisione dei canoni concessori”.

Per quanto attiene l'ultima delle mozioni presentate in ordine di tempo, quella dell'onorevole Palese, l'impegno 1) è accolto con riformulazione; si propone pertanto il seguente testo: “a valutare e supportare le iniziative parlamentari in atto che, nel sostenere le attività marittime, lacuali e fluviali ad uso turistico o ricreativo, prevedono di censire tutte le strutture destinate al regime concessorio, massimizzando la trasparenza, il regime di accesso e la tutela degli interessi pubblici e introducendo una politica di revisione dei canoni concessori”.

L'impegno 2) viene accolto.

L'impegno 3) viene accolto con riformulazione, con la seguente dicitura: “a valutare la possibilità di assumere iniziative per riconoscere al concessionario attuale la professionalità acquisita”

L'impegno 4) è accolto.

L'impegno 5) è accolto con la seguente riformulazione: “a studiare interventi volti a contenere le potenziali ripercussioni negative sul tessuto economico e sociale, anche mediante l'individuazione di criteri che, nell'ottica della valorizzazione delle finalità sociali (articolo 12), tengano conto delle diverse caratteristiche, delle dimensioni e dei requisiti professionali acquisiti dagli operatori della tutela dell'occupazione, del settore e dei luoghi in cui si svolge il commercio ambulante, a tal fine costituendo rapidamente un tavolo di confronto con gli operatori del commercio su aree pubbliche e dei rappresentanti degli enti locali, considerando anche la situazione in essere”.

PRESIDENTE. Un attimo sottosegretario, mi confermi se abbiamo interpretato bene. Innanzitutto io do per scontato che, non avendo lei minimamente fatto riferimento alle premesse, le premesse sono tutte accolte nella riformulazione, cioè le premesse…

ANTONIO GENTILE, Sottosegretario di Stato per lo Sviluppo economico. No, no, cioè sono accolte nella misura in cui… non ne accogliamo nessuna in verità, perché…

PRESIDENTE. Allora onorevole sottosegretario…

ANTONIO GENTILE, Sottosegretario di Stato per lo Sviluppo economico. Scusi, perché tutte quante insieme hanno tutte delle valutazioni più o meno differenti, sulle quali è difficile dare un unico…

PRESIDENTE. Io non dubito di questo signor sottosegretario; siccome lei non ha fatto riferimento, quando non si fa riferimento è perché si intende che il Governo le accolga.

Quindi nella riformulazioni che lei ha dato, di tutte le mozioni e risoluzioni, si fa riferimento a una riformulazione che espunge tutte le premesse.

ANTONIO GENTILE, Sottosegretario di Stato per lo Sviluppo economico. Perfetto.

PRESIDENTE. In più, un'altra chiarificazione: lei in alcuni casi ha citato diversi punti, dicendo che era favorevole ad alcuni e contrario ad altri e si, diciamo, desumeva che, nella riformulazione che lei dava, i punti su cui era contrario non erano contenuti nella riformulazione.

In altri casi, le non ha espresso direttamente il parere contrario su quei punti, ma nella riformulazione che ha fatto li ha espunti.

Quindi diciamo che in tutte le riformulazioni che lei ha dato sono contenuti soltanto i punti sui quali c'è il parere favorevole del Governo.

Siamo d'accordo?

ANTONIO GENTILE, Sottosegretario di Stato per lo Sviluppo economico. Perfetto, grazie.

PRESIDENTE. Molto bene.

Passiamo a questo punto alle dichiarazioni di voto…

GIANFRANCO GIOVANNI CHIARELLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIANFRANCO GIOVANNI CHIARELLI. Grazie Presidente, non ho ben inteso quello che il sottosegretario dice sinceramente, se sono state accolte o non sono state accolte…

PRESIDENTE. No, le premesse, tutte le premesse non sono accolte, quindi la proposta di riformulazione del Governo nelle varie mozioni prevede che siano espunte le premesse.

Qualora i gruppi o i deputati ritengano di voler conservare le premesse, c'è il parere contrario del Governo.

FABIO RAMPELLI. Chiedo di parlare per un richiamo al Regolamento.

PRESIDENTE. Scusi, onorevole Chiarelli. Ne ha facoltà.

FABIO RAMPELLI. Le chiedo scusa Presidente, però siccome abbiamo tutti quanti potuto apprendere in presa diretta diciamo le valutazioni “approfondite” del Governo sulle premesse delle mozioni, ovviamente tra virgolette approfondite, io chiedo cortesemente che il Governo, dopo mesi di gestazione di queste mozioni, ci faccia la cortesia di leggere con attenzione le premesse e possa dare un giudizio di merito, perché le premesse sono in taluni casi parte integrante delle conclusioni e degli impegni.

Quindi, penso che si possa procedere con i soliti cinque minuti di sospensione - questa è la proposta che avanzo -, in modo tale che il Governo possa essere preciso. C'è un lavoro fatto, ci sono delle categorie coinvolte, non è che si può venire qui e dare per scontato - giustamente, come ha fatto lei sottolineandolo - che le premesse vengono accolte salvo poi essere smentiti dal Governo che ci manda il sottosegretario che neanche legge le premesse. Insomma, a tutto c'è un limite. Chiedo cortesemente una pausa, affinché si possa esprimere un giudizio di merito - perché questo il Parlamento pretende - anche sulle premesse.

PRESIDENTE. Onorevole Rampelli, ho semplicemente ricordato che normalmente, quando il Governo non interviene sulle premesse, è perché il Governo ritiene che le premesse siano… Bene, dopodiché ho chiesto un chiarimento al Governo, che ha avuto tutto il tempo per poter valutare sia le premesse che i dispositivi, e il Governo non ha detto semplicemente “no”, ma ha spiegato - mi pare di aver capito, penso l'abbiamo capito tutti - che il Governo ritiene che quello che è contenuto nelle premesse è una ricostruzione che non coincide con la valutazione del Governo. Detto questo, onorevole Rampelli, chiedo conferma al Governo: se il Governo ritiene di avere bisogno di cinque minuti perché non ha sufficientemente visto le premesse, non ho nessun problema a sospendere la seduta; se il Governo - da come io ho capito - le premesse le ha valutate e ne trae le conseguenze che ne ha tratto, ovviamente non possiamo che prenderne atto tutti. Quindi, vorrei semplicemente una precisazione da parte del Governo.

ANTONIO GENTILE, Sottosegretario di Stato per lo Sviluppo economico. Presidente, le voglio dire solo questo: il Governo non le ha accolte non perché sia nettamente contrario alle premesse, ma perché sulle premesse ci sono delle valutazioni di merito che non sempre sono condivisibili. Alcune sono magari anche condivisibili, però, se il Presidente vuole, possiamo anche rinviare di cinque. Se lo richiede, possiamo rinviare di cinque minuti.

DAVIDE CRIPPA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DAVIDE CRIPPA. Presidente, mi scusi, ma anch'io mi accodo alla richiesta del collega Rampelli, perché credo che siamo davanti a un problemino di natura gestionale di queste mozioni. Le spiego perché. Credo che sia evidente da sempre che in qualsiasi mozione ci sono delle premesse, e le premesse è ovvio che siano variegate, perché espressione di ciascun gruppo politico che le ha presentate, quindi non saranno mai uguali, e spesso saranno anche in ampio contrasto tra le parti esplicate. Credo soltanto che vedere una semplicità di gestione di questa problematica con riformulazioni fotocopia, accorpando punti che sono fondamentalmente impegni precisi sotto un macro-riformulazione del Governo, sia anche un atteggiamento poco rispettoso di quello che è il ruolo del Parlamento. Perché se un gruppo ha precisato tre punti in maniera puntuale, elencandoli, non possono questi essere riformulati in una macro-riformulazione che è la fotocopia di quella che è la mozione precedente. Qui siamo davanti veramente ad una modalità con cui il Governo arriva in Aula e cerca di fare un papocchio per non fare emerge quale sia la sua posizione, completamente assente e confusionaria su questo tema. Quindi, sarebbe bene che riusciamo a dare 10 o 15 minuti di sospensione, perché almeno sulle promesse ci si prenda anche la responsabilità di dire che quello che alcuni gruppi dichiarano è sbagliato per il Governo. Questo è il punto veramente importante.

PRESIDENTE. Onorevole Crippa, ha speso bene il suo intervento.

STEFANO FASSINA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Onorevole Fassina, se è per questo, io sarei orientato a sospendere per un quarto d'ora la seduta, in maniera che così abbiamo un tempo adeguato per il Governo. Benissimo. Sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 17,10.

La seduta, sospesa alle 16,55, è ripresa alle 17,30.

PRESIDENTE. Colleghi, il tempo che ci eravamo dati si è un po' allungato, ma speriamo che sia stato utile per sciogliere i nodi che erano rimasti. Do la parola al sottosegretario Gentile.

ANTONIO GENTILE, Sottosegretario di Stato per lo Sviluppo economico. Presidente, la mia prima osservazione nell'intervento precedente era che sulle premesse vi sono degli aspetti anche da giudicare positivamente, ma ve ne sono alcuni sui quali bisognava espungere alcune parti. Fare questo lavoro per undici mozioni e lavorare sui testi è cosa abbastanza complicata, quindi il Governo ha ritenuto a questo punto, sulle premesse, di rimettersi all'Aula, così l'Aula decide liberamente su ogni mozione quello che si vuole fare.

PRESIDENTE. La ringrazio. Passiamo ai voti. Come da prassi, le mozioni e le risoluzioni… (Commenti). Siamo alle dichiarazioni di voto, sono andato troppo rapido.

(Dichiarazioni di voto)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Chiarelli. Ne ha facoltà.

GIANFRANCO GIOVANNI CHIARELLI. Presidente, noto che fate di tutto per evitare il dibattito, anche di sentire quelli dell'opposizione. La direttiva Bolkestein è stata recepita nel 2010 con il decreto legislativo n. 59 del 26 marzo. Tale recepimento comportò l'inserimento tra le categorie oggetto della normativa anche quella del commercio ambulante, escludendone però diverse altre. La categoria del commercio ambulante conta almeno 200 mila piccole aziende costruite sulla base di investimenti a lungo termine, rappresenta una delle colonne portanti dell'economia del nostro Paese, notoriamente fondata sulla piccola e media impresa, ed ogni azione da cui possono scaturire limiti all'attività di questo importante comparto produrrebbe un generale impoverimento dall'intero tessuto socio-economico nazionale. In particolare, nelle aree riconosciute come economicamente depresse - vedi in particolare il Sud Italia, di cui ho conoscenza ampia e diretta - l'applicazione puntuale della norma comporterebbe un ulteriore grave danno per l'occupazione. L'inserimento del commercio ambulante tra i destinatari della direttiva Bolkestein segnala come sempre sia più ampia la distanza tra chi governa - nello specifico questo Governo - e i cittadini; denuncia la mancata conoscenza di come fuori dai palazzi si svolge la vita reale.

Presidente e colleghi, questo recepimento è veramente un grave danno, enorme, per chi conosce il commercio ambulante. Chi lo conosce sa quanti sacrifici comporta, sa cosa vuol dire alzarsi prestissimo la mattina per raggiungere la piazza, che ci sia il sole la pioggia o la neve; sa cosa vuol dire tornare a casa, a volte al tramonto, e doversi occupare del mezzo, dell'acquisto della merce e delle tante incombenze burocratiche; sa cosa vuol dire, quando il maltempo svuota la piazza, dover tornare a casa senza aver incassato nulla, o quando un incidente o un guasto al mezzo pregiudicano la giornata e a volte un lungo periodo di inattività; sa cosa vuol dire lavorare anche quando si ha la febbre o si lascia a casa qualcuno che sta male. Una vita di sacrifici che ha come unico compenso la possibilità di mantenere la propria famiglia, certamente non di arricchirsi. Con la Bolkestein si vogliono vanificare questi sacrifici. Ma appare del tutto pleonastico rinnovare quanto da tempo, anche con dichiarazioni che sono agli atti della Camera, il gruppo di Direzione Italia abbia reso sull'argomento. Dico questo perché leggendo le mozioni - e abbiamo visto anche il sottosegretario dover rettificare quanto nel primo intervento aveva detto - mi sembra che si stia trattando quest'argomento più come tema di campagna elettorale che come provvedimento effettivo rivolto alle esigenze di una categoria. Mi riferisco in particolare alla mozione a firma dei colleghi del Partito Democratico. Mi piacerebbe conoscere su questo punto il parere del sottosegretario per l'economia e le finanze, De Micheli, che il 23 febbraio di quest'anno ha bocciato un ordine del giorno da Direzione Italia presentato, da me sottoscritto con i colleghi Latronico, Marchi e Distaso, che impegnava il Governo affinché emanasse i necessari provvedimenti ad assicurare…

PRESIDENTE. Concluda, onorevole.

GIANFRANCO GIOVANNI CHIARELLI. …- sì, Presidente - ad assicurare il rigoroso rispetto della proroga dei termini di attuazione della direttiva. Ma ormai siamo abituati alle incongruenze di un Governo, che in piena continuità con il precedente non ha mai accettato il confronto con le opposizioni, quelle naturali come la nostra, e quelle interne al partito di maggioranza relativa.

Concludo dicendo, Presidente, che noi siamo per l'esclusione, senza se e senza ma, del commercio ambulante fra questa direttiva. Il Governo, se ha a cuore le sorti di tanta gente, deve riformare il decreto legislativo n. 59 ed escludere il commercio ambulante dall'applicazione della direttiva Bolkestein. Non si ipotizzi nulla di diverso e nulla di meno (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Direzione Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Galgano. Ne ha facoltà.

ADRIANA GALGANO. Grazie Presidente. Sottosegretario Gentile, aumentare la concorrenza non solo fa crescere la ricchezza del Paese, l'innovazione nelle aziende e i vantaggi per i consumatori. È soprattutto una questione di equità. Concorrenza significa, infatti, che tutti possono concorrere. Noi Civici e Innovatori pensiamo che non ci possano e non ci debbano essere steccati, che includano a priori alcuni fortunati ed escludano per sempre tutti gli altri. Siamo consapevoli che in taluni casi creare più concorrenza richiede un'analisi approfondita per evitare pregiudizi a chi ha lavorato e investito seriamente, magari con lo sforzo di tutta la famiglia. Ma siamo contrari a rinnovi indiscriminati, come se la concessione fosse un diritto eterno. Non lo è.

Per questo, nella nostra mozione sulla direttiva Bolkestein, apprezziamo che il Governo abbia accolto, tra gli altri, gli impegni della nostra mozione, di convocare appositi tavoli di confronto con gli operatori del commercio su aree pubbliche e per criteri per le concessioni, che tengano conto delle diverse caratteristiche e dimensioni degli operatori.Bene anche l'accoglimento della nostra richiesta di trasparenza sulle condizioni di affidamento, sui canoni, sugli investimenti e sul regime di accesso delle strutture che hanno concessioni nelle zone marittime, lacuali e fluviali.

La trasparenza è innanzitutto dovuta al cittadino. Inoltre le informazioni che garantirà consentiranno di valutare l'opportunità di revisione dei canoni. I canoni devono certamente consentire alle aziende di essere remunerativi, ma contemporaneamente devono tutelare l'interesse pubblico.

Concludo dichiarando il nostro voto favorevole a tutti gli impegni accolti dal Governo. E dico al Governo che consideriamo un po' anomala questa procedura di rimettersi all'Aula per tutte le premesse e che avremmo gradito un lavoro approfondito, visto che su questo tema si sta dibattendo alla Camera da tanto tempo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rampelli. Ne ha facoltà.

FABIO RAMPELLI. Grazie Presidente. Colleghi deputati, sottosegretario, siamo arrivati dopo molto tempo e dopo avere a lungo penato, a questo dibattito in Aula, che penso che sia, in quanto tale, già un segnale importante e positivo. Infatti, finalmente, Montecitorio si occupa di qualcosa di serio e di concreto, che spero possa almeno parzialmente e inizialmente appagare le centinaia di migliaia di persone e di famiglie, che non auspicavano tanta grazia e si sarebbero forse accontentate anche di quei tavoli, che voi nelle riformulazioni, che proponete alle nostre mozioni, dopo mesi e mesi, dite di voler avviare. Penso che sarebbe stato pleonastico aprire questi tavoli di trattative e concordare e condividere con i diretti interessati tutte le possibili formulazioni e i possibili approcci rispetto a questa direttiva, che probabilmente è stata accolta, anzi prima votata, dal Parlamento europeo e dal Consiglio europeo nel 2006, evidentemente con una fiducia smisurata nei confronti dell'Europa.

Poi, piano piano, crescendo, abbiamo un po' tutti capito, chi più e chi meno - noi molto -, quanto l'Europa stia diventando in buona sostanza un soggetto burocratico, lontano anni luce dagli interessi deboli e diffusi delle famiglie, oltre che dei popoli. Erano gli anni dell'utopia europeista. anche quelli in cui è maturato il decreto legislativo del 2010, che ha recepito la direttiva, in maniera a nostro giudizio acritica. Non si può, a mio modesto avviso, a nostro avviso, - lo abbiamo detto insieme ai colleghi del gruppo di Fratelli d'Italia in lungo e largo in tutto lo stivale, nelle assemblee, quindi, al cospetto dei lavoratori interessati - non si può arrivare in sede europea e non capire che alcune direttive producono comunque delle conseguenze, che possono anche essere dei danni, come in questo caso, sull'economia - ma anche il concetto di economia è comunque un'astrazione -, sulla vita delle persone, sul lavoro, sugli occupati, sulle famiglie, sugli investitori, su chi comunque ha messo da parte una quota dei propri risparmi e ha comprato i furgoni, le strutture, ha realizzato le infrastrutture e ha costruito quelli che voi vorreste - voci di corridoio - derubricare da concessioni a servizi, per provare a porre rimedio e, quindi, a eludere la direttiva europea, la cosiddetta, impronunciabile, Bolkestein.

Ma come si fa, dico io, su alcuni settori strategici? Non vogliamo utilizzare parole altisonanti, diciamo su alcune tipicità. Va bene? Supponiamo che non sia la stessa cosa la gestione di un mercato rionale o di uno stabilimento balneare rispetto a Finmeccanica. Ma comunque capite e siamo tutti nelle condizioni di poterlo fare, con un minimo di applicazione del proprio quoziente intellettivo, chiunque è nelle condizioni di capire che noi non abbiamo, come popolo italiano, come imprese italiane, alcuna reciprocità nell'applicazione di questa direttiva. Infatti, i nostri imprenditori e le nostre aziende non possono andare a gestire gli arenili del Lussemburgo, semplicemente perché non esistono, piuttosto che quelli impraticabili della Germania o di altre nazioni del nord Europa, che ovviamente giocano facilmente la partita del libero mercato.

Anche su questo dovremmo intenderci. Chi ci guadagna, in una situazione di sofferenza economica, di contrizione, di compressione delle disponibilità, in un'Europa che non è uniforme da un punto di vista economico, finanziario e fiscale, dove, come sappiamo, perché ce lo diciamo in continuazione e non soltanto nei dibattiti relativi alle leggi finanziarie, le vere imprese italiane sono letteralmente oppresse e vessate in termini di tassazione rispetto a quelle del nord Europa? Quali condizioni equiparabili esistono tra le imprese italiane, in una situazione di depressione economica, e quelle tedesche, per esempio? Potremmo noi andare, qualora fosse possibile, con le nostre imprese a fare concorrenza alle imprese tedesche? No. Quindi, non solo perché non c'è un mare altrettanto bello e non ci sono piazze altrettanto belle e storicamente ricche di una maggiore capacità culturale. Non solo per queste ragioni, ma anche perché economicamente non siamo competitivi. E allora, come si può non tentare di fare massa critica?

Lo dico al Governo, ma lo dico anche alle altre forze politiche. Ci sono tante mozioni che hanno fatto seguito alla nostra mozione. Potremmo anche provare, se ci fosse una comune intenzione - noi l'abbiamo proposto a monte e bisogna darcene atto - ad accantonare le diversità e a fare una mozione unitaria di tutto il Parlamento, perché in gioco ci sono gli interessi di milioni di persone. Come sono stati citati poco fa dall'intervento che mi ha preceduto, 200 mila sono soltanto i commercianti su aree pubbliche, ma poi bisogna calcolare l'indotto e poi i balneari e l'indotto dei balneari e poi le guide turistiche e il loro indotto. Infatti, in questa perversione della deriva utopistica europea, che finalmente vede, diciamo, così allontanarsi sull'orizzonte - ma i danni già li ha fatti - avevamo anche immaginato che le nostre guide turistiche dovessero accettare - anzi subire - la concorrenza sleale di chi non ha neanche un monumento, ma neanche mezzo! Dove vanno a fare le guide turistiche le guide italiane che si sono abilitate in Germania piuttosto che in Finlandia piuttosto che in Norvegia? Ma di che cosa stiamo parlando? Però, da queste nazioni possono venire a illustrare i beni culturali, artistici e monumentali italiani le guide di quei posti, di quei Paesi. Ma vi rendete conto l'asimmetria che è stata innescata attraverso questa perversa direttiva? E vi rendete conto del danno che si produce non solo alla nostra economia, non solo al nostro lavoro e alle nostre famiglie, ma anche alla nostra identità, perché per le piazze italiane, dove ci sono i mercati rionali, passa la cultura italiana, passa l'identità italiana; per le costa e gli arenili passa la cultura italiana, la cultura del paesaggio; per i beni culturali, a maggior ragione, passano degli elementi che non sono soltanto quelli - e basterebbero - di carattere materiale.

Allora, di fronte a questa che è una vera e propria emergenza, come può un Governo intanto non mandare - e le chiedo scusa, sottosegretario; non ce l'ho certamente con lei e la ringrazio per la sua presenza, per la sua applicazione e per il suo lavoro - e non far scendere in campo il Ministro in persona, ben sapendo, perché tutti lo sappiamo, che dietro le quinte stanno preparando un decreto al riguardo. E allora lo dovete dichiarare, dovete venire qui in coerenza e affrontarci a viso aperto e non nascondervi. Che cosa c'è scritto in questo decreto, in primo luogo? In secondo luogo, perché le categorie non vengono consultate? Che cosa avete da nascondere? Non è che dietro a questo minuetto c'è come al solito per esempio - per non fare nomi e cognomi ma soltanto nomi - la grande distribuzione e magari la grande distribuzione, per esempio, non si è messa d'accordo con le grandi categorie e con i grandi sindacati, che spesso hanno dimostrato di essere un po' troppo consociativi e hanno trovato facili accordi per poter in qualche maniera monopolizzare alcuni segmenti delle nostre attività produttive. No, questo non va bene! Voi dovete giocare alla luce del sole. Non vi potete fare i gargarismi con la parola trasparenza salvo poi nascondervi e trattare forse solo con chi volete, senza scendere al livello di coloro i quali domani rischiano di stare in mezzo alla strada e di vedere vanificati i propri sacrifici e i propri investimenti. È questa la nostra principale preoccupazione.

È vero; la nostra è la mozione capostipite, ma non ce ne importa niente. Come abbiamo già dimostrato in altre circostanze, siamo perfettamente consapevoli che la partita in gioco è una partita molto più elevata rispetto alla vita e alla morte dei singoli partiti rappresentati qui in quest'Aula e, quindi, siamo ben disponibili - lo dico anche a chi prenderà la parola dopo di me - a fare un passo indietro e a fare finta che non esista la mozione di Fratelli d'Italia per fare tutti insieme un provvedimento, per scrivere una mozione che possa dare un segnale importante in un momento di crisi economica devastante per chi lavora, per chi non chiede niente allo Stato, per chi non vive di sussidi e si alza alle cinque del mattino e monta i propri banchi.

PRESIDENTE. Concluda, onorevole Rampelli.

FABIO RAMPELLI. Non gli avete dato niente! Non sono sindacalizzati e non sono sindacalizzabili, cioè non diventeranno mai lavoratori salariati. Questo era il senso, perché ci mancherebbe altro…

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Rampelli.

FABIO RAMPELLI. …che le associazioni sindacali ci devono stare - e concludo - e fortunatamente qualcuno il proprio lavoro l'ha fatto e lo sta facendo fino in fondo. Questa è la proposta, caro sottosegretario, cari colleghi. Nel caso in cui non fosse approvata, noi chiediamo che vengano sostenute tutte le mozioni che chiedono la derubricazione, l'accantonamento e l'esclusione di questa categoria dalla “direttiva Bolkenstein” (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Rampelli.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Capelli. Ne ha facoltà.

ROBERTO CAPELLI. Presidente, il tema che trattiamo oggi, la cosiddetta “direttiva Bolkestein” dal nome dell'allora Commissario alla concorrenza della Commissione europea presieduta da Romano Prodi, più precisamente direttiva dei servizi n. 2006/123 della Comunità europea, approvata dal Parlamento e dal Consiglio dell'Unione europea, è stata recepita nel 2010 dal decreto legislativo n. 59 emanato dal Governo Berlusconi e coinvolge e preoccupa molti settori del nostro commercio e dei servizi, settori vitali che spesso si sentono minacciati, appunto, da suddetta direttiva.

Il fine di tale direttiva - è già stato detto - è facilitare la libera circolazione dei servizi e l'abbattimento delle barriere tra i vari Paesi. In pratica, si intende consentire a un cittadino di un Paese della UE di proporre all'interno di un altro Paese della UE la propria attività. Tutto ciò ha suscitato immediatamente comprensibili preoccupazioni soprattutto - di questo stiamo discutendo - nelle associazioni dei venditori ambulanti. In particolare preoccupa l'articolo 12 della direttiva, che prevedeva la partecipazione ai bandi di gara per il rinnovo delle concessioni anche di società di capitali. Si tratta, in sostanza, della semplificazione delle procedure amministrative e burocratiche necessarie per esercitare temporaneamente - e si faccia attenzione a questa espressione - un'attività all'interno di un Paese UE, evitando discriminazioni basate sulla nazionalità del venditore ambulante. È proprio quel termine, “temporaneamente”, che fa preoccupare i venditori ambulanti italiani, dato che dall'applicazione della “Bolkestein” senza correttivi potrebbe tranquillamente accadere che un venditore non italiano eserciti la sua attività per esempio durante la stagione turistica, quella più proficua, senza nessuna garanzia per coloro che esercitano tale attività già da tempo e per l'intero anno e in quel dato territorio.

In realtà, si può dire che i problemi nascono con il decreto legislativo del 2010 che applica la direttiva, in particolare facendo riferimento, appunto, all'articolo 12 della direttiva, laddove si afferma che, qualora il numero di autorizzazioni disponibili per una determinata attività sia limitato per via della scarsità delle risorse naturali e delle capacità tecniche utilizzabili, gli Stati membri applichino una procedura di selezione tra i candidati potenziali. Si tratta e stiamo parlando, come rilevato durante la discussione sulle linee generali, di un comparto, quello dell'ambulantato, molto importante, che riguarda il 12 per cento dei consumi nazionali e il 20 per cento dei punti vendita italiani e interessa oltre venti milioni di consumatori del nostro Paese. La questione è affrontata anche in X Commissione attività produttive, che nel 2015 ha impegnato il Governo alla promozione delle iniziative per l'attivazione di un tavolo di lavoro che coinvolga tutte le parti interessate per una rapida soluzione delle problematiche legate all'applicazione della direttiva come attuata dal decreto legislativo del 2010.

Le cose in un certo senso però si sono complicate dopo l'intervento di alcune regioni che hanno approvato documenti proposti da associazioni di commercianti ambulanti che richiedevano di rivedere la decisione di applicare la norma della “Bolkestein” al commercio ambulante o, in subordine, di estendere la durata del periodo provvisorio di proroga direttamente al 2020, così come chiesto esplicitamente dal presidente dell'ANCI Antonio Decaro. Inoltre, l'Autorità garante del mercato e della concorrenza nello scorso dicembre ha criticato la durata delle concessioni e i criteri di selezione - troppo lunga, predeterminate e rigida - oltre che la preferenza accordata agli operatori già presenti, con una snaturazione evidente dello spirito della “direttiva Bolkestein”. Appare evidente a chi non abbia pregiudizi che la normativa che è stata concepita in Italia e non in Europa danneggia fortemente piccole e medie imprese, già colpite da una profonda crisi. Quindi, è auspicabile un intervento regolatore per affrontare concretamente la questione ricordando, ancora una volta, che la “Bolkestein” non ha in alcun modo espressamente nominato il commercio ambulante tra i settori sui quali intervenire e che non si spiega - o forse si spiega - la scelta del Governo di allora di intraprendere una strada che non appariva certo favorevole agli operatori del settore.

La direttiva riguarda però, come ho già ricordato, anche il settore del demanio marittimo, nel quale in VI, in VII e in X Commissione è in corso la discussione per la legge delega al Governo volta al riordino del settore. Il nostro gruppo con il nostro rappresentate, l'onorevole Fauttilli, ha portato all'attenzione della Commissione alcuni emendamenti che sono sicuramente una strada da seguire per dare una risposta agli operatori del settore marittimo che occupano i suoli demaniali marittimi. Si tratta di rispondere ad una pesante sentenza della Corte europea di giustizia - è vero - che nel luglio 2016 ha condannato la proroga automatica e generalizzata fino al 31 dicembre 2020. Ora, certo la direttiva prevede che gli Stati tengano conto dei motivi di interesse generale e imperativi, come la necessità di tutelare il legittimo affidamento dei titolari delle autorizzazioni, in modo che si possano ammortizzare gli investimenti effettuati, ma afferma la Corte: considerazioni di tal genere non possono giustificare una proroga automatica, qualora al momento del rilascio iniziale delle autorizzazioni non sia stata organizzata alcuna procedura di selezione. Il più volte ricordato articolo 12, inoltre, vieta con chiarezza qualunque misura nazionale di proroga automatica delle autorizzazioni di sfruttamento del demanio marittimo - come ho detto - e lacustre per attività turistico-ricettive. Qui non sembra esserci molta scelta. Ma certo, pur nel rispetto della norma, come precisata dalla Corte, non si può ignorare la necessità di tutelare per quanto possibile le imprese e gli operatori attualmente operanti, gli investimenti da loro effettuati e la professionalità acquisita da parte di chi opera da tempo nel settore, in un Paese particolare come quello italiano.

A prescindere però dei singoli casi che il Parlamento potrà regolare in questa legislatura, o più probabilmente nella prossima, appare necessario un intervento anche piuttosto rapido da parte del Governo per chiarire dubbi e problemi che la direttiva, ma più che altro la sua non corretta applicazione in Italia, stanno creando a vasti settori del nostro commercio; oltre quelli già ricordati, si pensi per esempio al caos dei taxi che si è scatenato nei mesi scorsi e che pende ancora come una spada di Damocle su questo Governo. Il gruppo Democrazia Solidale-Centro Democratico voterà a favore delle mozioni accolte dal Governo, con un auspicio, cioè auspicando, come detto, un intervento chiarificatore che sia rapido, chiaro e in grado di risolvere le varie problematiche prospettate dalle mozioni.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Abrignani. Ne ha facoltà.

IGNAZIO ABRIGNANI. Grazie Presidente. Onorevoli colleghi, signor sottosegretario, il decreto legislativo 26 marzo 2010 ha dato attuazione alla direttiva cosiddetta Bolkestein, approvata sia dal Parlamento europeo, che dal Consiglio d'Europa, al fine di facilitare la creazione di un libero mercato dei servizi in ambito europeo. Tra le categorie commerciali per le quali è previsto l'applicazione della direttiva in Italia rientra anche quella del commercio al dettaglio su aree pubbliche per la quale sono introdotti l'obbligo di applicazione da parte delle autorità competenti di una procedura di selezione tra i candidati potenziali, la durata limitata delle autorizzazioni, il divieto del rinnovo automatico delle concessioni e il divieto di accordare vantaggi al prestatore uscente. L'attuale situazione per il settore e per l'amministrazione interessata appare, perlomeno, ampiamente confusa, in quanto le norme, peraltro, non avevano trovato tale applicazione.

In sede di Conferenza unificata era stata stabilita una proroga delle concessioni al 7 maggio 2017, successivamente ridefinita col decreto-legge 30 dicembre 2016 con modificazioni, che prevede il termine delle concessioni in essere al 31 dicembre 2018, invitando poi le amministrazioni ad avviare le procedure di selezione pubblica. La direttiva Bolkestein recepita dall'ordinamento italiano con il citato decreto legislativo n. 59 del 2010, introducendo limitazioni temporali alle concessioni per l'esercizio del commercio su aree pubbliche ed estendendo l'esercizio del commercio su area pubblica anche a società di capitale regolarmente costituite o cooperative oltre che a persone fisiche o società di privati, di fatto ostacola la programmazione degli investimenti o il recupero di quelli già realizzati, danneggiando soprattutto i piccoli operatori del settore già in difficoltà nel fronteggiare la maggiore forza finanziaria delle predette società in grado di detenere anche indirettamente un maggior numero di autorizzazioni.

Inoltre, le disposizioni della direttiva non tengono pienamente conto delle peculiarità e della eterogeneità del settore costituite da attività di commercio, effettuate su posteggio fisso ed attività compiute in forma itinerante e con turnazioni, svolte non solo nei centri storici e nei tradizionali mercati rionali, ma anche spesso nelle aree periferiche. Ed è per questo che, oltre alla presente mozione, noi di ALA- Scelta Civica abbiamo presentato una proposta di legge, a mia prima firma, finalizzata a disciplinare le modalità di accesso e di esercizio dell'attività del commercio sulle aree pubbliche e a superare le problematiche emerse nel corso degli ultimi anni a seguito appunto del decreto legislativo 2010 n. 59.

Le misure previste in questo decreto legislativo infatti, nonostante il regime transitorio approvato dalla Conferenza unificata, non tengono conto della pluralità di queste attività, quasi sempre imprese individuali a dimensioni familiare, che difficilmente potrebbero competere in un mercato troppo aperto. Inoltre, il decreto legislativo menzionato, fa venire meno in maniera assolutamente imprecisa quei requisiti di stabilità necessari per programmare investimenti in strutture e personale, nonché per recuperare gli investimenti già realizzati e indispensabili per garantire un'offerta migliore. Non bisogna dimenticare che questa tipologia di mercati conta circa 195.000 imprese e 530.000 addetti a livello nazionale e fa parte in maniera completa del tessuto economico delle città italiane, nonché della loro immagine turistica e tradizionale; anche per questo necessita di maggiore tutela.

Un accenno, inoltre, va rivolto alla situazione riguardante le concessioni demaniali marittime anche esse, in parte, toccate della direttiva Bolkestein. Abbiamo inserito nell'intero della nostra mozione un impegno rivolto al Governo a mobilitarsi al fine di prevedere nell'ambito della direttiva servizi una deroga in favore di tali concessioni; anche questi elementi essenziali di un settore importante per l'economia nazionale data la posizione geografica dell'Italia e la rilevanza turistica di buona parte delle coste, delle penisole e delle maggiori isole.

Signor sottosegretario, non siamo assolutamente soddisfatti della riformulazione che abbiamo ascoltato, pur apprezzando certamente lo sforzo che è stato fatto, perché manca fondamentalmente un concetto sul quale noi insistiamo da tempo: questa situazione non si risolve con una mozione, forse neanche con una legge, ma si risolve con un'azione. Qual è questa azione a cui noi ci rivolgiamo e preghiamo il Governo da tempo, anche in incontri che abbiamo avuto presso il Ministero, di procedere? Signor sottosegretario, bisogna andare in Europa e lì che è nato il problema, ed è lì - e voglio ricordare, anche per non sottrarmi alle responsabilità, che anche sotto il Governo del centrodestra sono stati fatti degli errori di valutazione su questo - che bisogna andare e risolvere il problema. Oggi abbiamo visto che sono presenti alcune rappresentanze di categorie interessate. Allora, al di là di dare dei pareri, oggi sarebbe stato bello se da parte del Governo ci fosse stato un impegno in questo senso. Non è un impegno difficile, si tratta semplicemente di andare a raccontare in Europa che queste categorie, questi servizi, con la limitazione prevista dalla direttiva Bolkestein, non c'entrano assolutamente nulla. La direttiva Bolkestein nasce su un concetto di limitazione dei servizi. Cosa c'entra il commercio ambulante? Quali sono le limitazioni che devono essere date o possono essere date in ogni singolo comune?

Per non parlare poi, come dicevo prima, delle concessioni demaniali dove ci sono centinaia di migliaia di spazi di spiaggia ancora libera. Questo è il problema a monte. Dopodiché ha ragione, ma vorremmo capire anche noi qual è questo decreto. Finché abbiamo la spada di Damocle di una direttiva che dobbiamo eliminare dal servizio, dobbiamo eliminare in maniera definitiva da quelle che sono le condizioni di regolamentazione di questi settori, noi non riusciremmo - mi scusi il termine - a ricavare un ragno dal buco. Bisogna prima partire e andare a dimostrare e a spiegare in Europa che non c'è limitazione dei servizi, e se non c'è una limitazione di servizi non ci può essere nemmeno la direttiva Bolkestein. Questo momento, peraltro in cui l'Europa sta rivedendo tutta una serie di trattati, tutta una serie di indicazioni anche al proprio interno, è il momento buono per arrivare a capire che noi vogliamo l'Europa, vogliamo più Europa, vogliamo un'Europa unità, ma che le singole specificità dei singoli Paesi vanno comunque tutelate, come altri Paesi hanno fatto e come l'Italia ancora non è riuscita a fare. È questo che noi vorremmo, signor sottosegretario, vorremmo un impegno in questo senso, a far sì che queste categorie possano programmare un loro futuro, possano ritrovare la serenità che da tempo purtroppo hanno perso, che continuamente vivono in uno stato di precarietà che impedisce loro di avere la serenità, ma anche allo Stato di crescere, perché investimenti e programmazione vuol dire anche Pil che aumenta e non semplicemente precarietà. Solo dopo che questo è avvenuto, allora sì noi potremmo con una legge nazionale riordinare il settore, trovare le giuste indicazioni. Ma trovarsi sotto questa spada di Damocle delle aste, delle limitazioni delle aste pubbliche, lo ripeto, questo è quello che noi dobbiamo, a monte, limitare. Noi abbiamo oggi ascoltato tante mozioni che sono andate in questo senso; purtroppo, questo impegno da parte del Governo non è stato preso, nonostante, ripeto, noi sappiamo che lei stesso si è battuto più volte per queste categorie, ma evidentemente il Governo in questo momento non la vede come una priorità. E, allora, proprio per questo, dico che il voto di ALA-Scelta Civica andrà verso tutte quelle mozioni che vorranno indicare in questo senso che il primo concetto da approvare in questa Camera è l'esclusione di queste categorie dalla Bolkestein.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fassina. Ne ha facoltà.

STEFANO FASSINA. Grazie, Presidente. Come è stato già sottolineato, arriviamo alla votazione di oggi dopo un lungo ritardo su un tema estremamente importante, la cosiddetta direttiva Bolkestein, che è una delle principali direttive che regola i servizi nel mercato interno. In particolare, discutiamo, affrontiamo e proviamo a correggere l'articolo 12, l'applicazione dell'articolo 12, l'applicazione che ne è stata fatta in Italia nel 2010 con un decreto legislativo che ha incluso anche il commercio su area pubblica nell'ambito di applicazione della direttiva. Ma è evidente, e su questo voglio fare qualche riflessione, che qui, oggi, oltre ad affrontare un punto specifico, affrontiamo una riflessione di carattere più generale, perché la direttiva Bolkestein non è un incidente di percorso, non è un frutto eccentrico, ma è la coerente e diretta applicazione dei principi contenuti nei trattati europei, il principio cardine dei trattati europei, che è, appunto, il principio della concorrenza, che, secondo quello che è il paradigma liberista, porta al bene comune.

Quindi, il primato della dimensione economica sulla dimensione politica e la funzione ancillare dello Stato, che è ridotto a presidio dei sacri meccanismi del mercato secondo, appunto, quello che è il mantra dell'ordoliberismo di matrice tedesca. Ecco, il principio della concorrenza, un principio che è radicalmente contraddittorio rispetto ai principi della nostra Costituzione, che, invece, come sappiamo tutti, ha, come linee di fondo, la solidarietà, la dignità del lavoro, il primato dell'utilità sociale sulla libertà di iniziativa economica, l'articolo 41 della nostra Costituzione. È vero che nei trattati si possono trovare anche altri principi meno contraddittori o anche coerenti, ma sono principi sottordinati al principio della concorrenza. E questo principio della concorrenza, che trova applicazione nella direttiva Bolkestein, il principio che informa il mercato unico europeo, su quale fattore produttivo si esercita? La concorrenza su quale fattore produttivo si esercita? Si esercita sulla rendita? No, decisamente no. Si esercita sul capitale? No, decisamente no. Si esercita su che cosa? Si esercita sul fattore produttivo lavoro, ed è il lavoro che viene svalutato, che viene sacrificato, che viene condizionato in modo negativo dall'applicazione del principio della concorrenza.

La direttiva articola questo principio della concorrenza secondo la regola del Paese di origine, in questa direttiva, nella direttiva sui lavoratori distaccati, nella direttiva sulle qualifiche professionali, che riguarda, appunto, tra le altre categorie, le guide turistiche, come è stato ricordato.

La regola del Paese di origine è stata e continua a essere il canale principale, efficacissimo, di dumping sociale, di svalutazione del lavoro. Ecco, quindi, che siamo di fronte a un prodotto che non è occasionale, e su questo dovremmo riflettere, al di là delle questioni specifiche. Noi dedichiamo fiumi di parole - tutti, oramai, in modo critico - al fiscal compact, ma la direttiva Bolkestein e il decreto attuativo, la direttiva sui lavoratori distaccati, la direttiva sulle qualifiche professionali hanno effetti decisamente più pesanti sulle condizioni del lavoro, sulla qualità del lavoro, sul welfare dei Paesi che un tempo avevano delle condizioni del lavoro dignitose. Non stiamo parlando di questioni astratte; stiamo parlando di problemi estremamente concreti, sui quali dovremmo riflettere ed intervenire. E le iniziative di intervento devono stare su due livelli, e mi avvio a concludere: il primo è il livello europeo per le ragioni che ho detto prima.

Non siamo di fronte alle esigenze corporative, come è stata spesso raccontata questa storia, di qualche categoria; in particolare, in questo caso, le esigenze corporative del commercio ambulante. Siamo di fronte a dei principi sbagliati, a dei principi che colpiscono il lavoro subordinato e autonomo, rispetto ai quali ci vuole un'offensiva a tutto campo nell'Unione europea per correggere radicalmente la direttiva Bolkestein, le altre direttive che ho citato e altre ancora che non ho avuto tempo di affrontare. E poi c'è il versante interno: bisogna arginare gli effetti negativi delle direttive, a cominciare dalla direttiva Bolkestein. È stato ricordato qual è l'ambito, la rilevanza dell'ambito in termini di persone, di uomini e donne, di imprese, di produzione di valore aggiunto che riguarda il commercio ambulante.

E vorrei ricordare qui che non stiamo facendo un'iniziativa bizzarra. Il Parlamento europeo, nella seduta del 5 luglio del 2010, ha invitato gli Stati membri a escludere il commercio ambulante dall'applicazione della direttiva Bolkestein; il Parlamento europeo. E poi vorrei sottolineare che non risulta che vi siano altri Paesi europei che hanno applicato la direttiva Bolkestein al commercio ambulante. E vorrei, infine, sottolineare che diversi consigli regionali in Italia, tra i quali quello del Piemonte e quello della Puglia, hanno invitato il Governo a escludere il commercio ambulante dall'ambito di applicazione della direttiva; e i consigli comunali di Roma e di Torino hanno impegnato i rispettivi esecutivi affinché vengano sospesi i bandi per la messa a gara delle concessioni.

Allora noi, nella nostra mozione, chiediamo due impegni molto precisi, due, ci siamo limitati, nonostante, come è stato ricordato, i terreni su cui si esercita l'influenza negativa della direttiva siano diversi. Chiediamo di escludere il commercio ambulante dall'applicazione della direttiva, e quindi di correggere il decreto legislativo n. 59 del 2010, e di convocare un tavolo. Il Governo convochi un tavolo con le rappresentanze, quelle vere, non solo quelle che fanno comodo, le rappresentanze vere di quei lavoratori e lavoratrici che stanno sulla strada, che stanno nei mercati ogni giorno, e concordi, valuti con loro la regolazione da attuare. E si eviti lo scempio che abbiamo visto l'anno scorso con emendamenti surrettizi infilati di notte a qualche decreto per provare a farla franca.

Quindi, noi voteremo tutte le mozioni, tutti i dispositivi che, come il nostro, chiedono l'esclusione degli ambulanti dall'applicazione della direttiva Bolkestein, e però devo dire che non accettiamo…

PRESIDENTE. Concluda onorevole Fassina.

STEFANO FASSINA. Concludo: la riformulazione del Governo e devo dire - mi spiace - che la trovo anche abbastanza poco rispettosa, perché un conto è dire: “Non siamo d'accordo” ed è legittimo, un conto è proporre di studiare; al punto in cui siamo, come si fa a proporre e ad avere rispetto degli interlocutori quando si propone di studiare gli effetti potenzialmente negativi della direttiva?

Questo davvero è inaccettabile e chiediamo al Governo quindi di rivalutare le posizioni che ha preso e le valutazioni che ha fatto sui dispositivi delle varie mozioni (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà-Possibile).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Allasia. Ne ha facoltà.

STEFANO ALLASIA. Grazie Presidente, la gravissima crisi del 2008 non è stata ancora superata dal nostro Paese, ne è testimonianza il fatto che l'Italia si ritrova oggi con un tasso di disoccupazione altissimo e la crescita più lenta d'Europa.

A risentirne in primo luogo sono i settori di nicchia della nostra economia: piccole imprese a conduzione individuale o familiare che non hanno i mezzi necessari per contrastare la crisi.

Su queste imprese gravano poi ancora di più che sulle grandi gli obblighi imposti dall'Unione Europea, che in determinati comparti, in nome dell'armonizzazione, ha introdotto regole troppo stringenti senza tener conto della specificità dei territori dei singoli Stati membri.

Per quanto riguarda l'impatto ad esempio della direttiva 2006, cosiddetta direttiva Bolkestein (spero si pronunci così, perché quest'oggi l'ho sentita nominare in vari modi, un po' come nel famosissimo film di Mel Brooks, in cui si citava Frederick Frankestin; potrebbe anche essere oggi definita dal nuovo Parlamento italiano, il padre della legge, della stessa norma, Frederick Bolkestin, almeno si possono armonizzare tutti i nomi, come richiede anche il Capo dello Stato)…Come dicevo l'impatto avuto su alcuni settori strategici per l'economia italiana è stato dirompente, segnando per molti di questi una perdita di competitività: sono note, infatti, le difficoltà che le imprese hanno avuto nell'adeguarsi ai rigidi dettami della direttiva, tant'è che in alcuni settori - e mi riferisco al commercio ambulante su aree pubbliche - ciò ha contribuito a determinare la chiusura di molte aziende, con forte impatto sull'economia e l'occupazione dei territori locali e più in generale del Paese.

Considerata quindi la grave crisi del settore del commercio sulle aree pubbliche, la presente mozione e successive proposte di legge e risoluzioni che ha presentato il gruppo della Lega, senza alterare la disciplina generale della direttiva, introduce una deroga ai principi stabiliti dalla stessa direttiva, facendo prevalere l'interesse nazionale, che non trova altra corrispondenza se non nel sostegno di questo specifico comparto.

La mozione apporta delle modifiche sostanziali, alcune modifiche alla normativa vigente, al fine di escludere il commercio sulle aree pubbliche dall'applicazione della suddetta direttiva.

La direttiva nota, come direttiva Bolkestein, ha di fatto irrigidito il sistema autorizzatorio prevedendo che, qualora il numero di autorizzazioni disponibili per una determinata attività sia limitato a causa della scarsità delle risorse naturali, il comune applica una procedura di selezione tra i potenziali candidati.

In particolare, l'articolo 16 del decreto legislativo del 26 marzo 2010, n. 59, oltre ad introdurre un limite al numero delle concessioni di posteggio utilizzabili nella stessa area, stabilisce, al comma 4, il divieto di rinnovo automatico dei titoli scaduti, creando non poche difficoltà per il settore.

Lo stesso articolo, equiparando la nozione di risorse naturali a quella di posteggi in aree di mercato, ha avuto l'effetto di generare una forte concorrenza, questa non sostenibile per gli operatori del commercio ambulante.

Infatti, esso fa rientrare il suolo pubblico concesso per l'esercizio di attività di commercio ambulante nella nozione di risorse naturali, assoggettandolo quindi alla procedura di selezione pubblica.

A queste criticità si aggiungono quelle relative all'articolo 70, del citato decreto, il quale riconosce l'accesso al settore anche alle società di capitali, rischiando di mettere fuori dal mercato le piccole aziende a conduzione familiare, che fino ad oggi hanno investito nel settore, rendendolo competitivo.

La nostra idea di modifica è molto semplice ed è spiegata negli impegni il Governo: è di superare la rigidità imposta al settore dalla direttiva Bolkestein, da un lato modificando gli articoli 7 e 16 del decreto legislativo n. 59 del 2011 ed escludere la categoria dall'obbligo dell'espletamento della gara pubblica e, dall'altro, abrogando l'articolo 70 del medesimo decreto legislativo, al fine di riservare l'attività del commercio al dettaglio su aree pubbliche esclusivamente alle imprese individuali e a società di persone.

Perciò il nostro parere sul parere del Governo è assolutamente contrario, non accettiamo le riformulazioni e chiediamo il voto della mozione stessa, come voteremo anche le altre dieci mozioni in cui, riferite agli stessi impegni, voteremo a favore.

Però c'è da ricordare cronologicamente quali sono stati gli eventi per cui si è arrivati oggi a discutere delle mozioni e, nelle varie Commissioni competenti, varie proposte di legge di quasi tutti i gruppi parlamentari, anche perché il settore è un settore, per l'economia del Paese, molto importante: conta 190.000 aziende, che occupano circa 630.000 persone, lo ricordo per inciso soprattutto al Governo, che non ha capito la volontà del Parlamento alla modifica stessa.

Queste sono fonti Istat del giugno 2016: la stima è di 8.200 mercati, con circa 60.000 posteggi.

Si tratta di un'economia molto importante per il territorio del nostro Paese e come dicevo c'è la necessità di modifica di questa direttiva, che è arrivata in un momento storico sicuramente non felice per la democrazia italiana perché, come si è già citato da parte di tutti, è stata approvata in un Governo di centrodestra nel 2010, però ricordo a tutti che nel 2011 c'è stato un golpe, un cambio di Governo e di casacca del Governo, che è passato da Berlusconi a Monti e già all'epoca di Berlusconi, e la riprova è stata data dal precedente intervento, in cui i consigli regionali nel 2010 e nel 2011 chiedevano l'abrogazione della legge dal Piemonte alla Puglia e non solo, per cercare di trovare un'intesa e un sistema sicuramente migliorativo della direttiva stessa.

Ahimè, Monti nel 2011 arrivò e non gli interessò assolutamente modificare la norma.

Così è stato anche poi successivamente per Letta e Renzi e ci auspicavamo che Gentiloni avesse un po' più di lungimiranza e volontà di cambio di passo verso il Parlamento europeo, ma ahimè, come abbiamo visto nelle relazioni, sia nei dispositivi sia negli impegni, da parte sua il Governo ha assolutamente lasciato intendere che non c'è la volontà di modificare questa direttiva e sicuramente non lo farà nei prossimi sei mesi, neanche con decreti legislativi.

Ci auspichiamo che le mozioni possano essere approvate dal Parlamento e poi successivamente ci sia possibilità effettivamente, anche se mancano 6 mesi a fine legislatura - perché non penso che facciate un decreto per allungare la legislatura, questo non lo auspica nessuno, né tanto meno noi né tanto meno gli italiani - ma c'è la volontà, da parte dell'Aula parlamentare e successivamente del Governo, di effettivamente approvare quelle leggi che sono nel cassetto nelle Commissioni competenti, come dicevo prima, in fase legislativa, perché sarebbe una presa in giro se ci fosse la volontà da parte di un Presidente di Commissione di portare avanti un iter legislativo tradizionale per approvare una legge, una proposta di legge parlamentare, perché sappiamo benissimo che le statistiche non sono dalla nostra e ci vogliono almeno due anni per i vari passaggi tra Camera e Senato.

Perciò, se ci fosse effettivamente la volontà, dopo l'approvazione di queste mozioni, se ci fosse effettivamente la volontà, da parte di chi governa e di che appoggia il Governo, di velocizzare e modificare prima che partano le date prestabilite nel 2018, per i vari bandi ci sia la possibilità effettivamente di approvare più velocemente questa modifica che tanti e tutti stanno richiedendo (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie-Lega dei Popoli-Noi con Salvini).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Vignali. Ne ha facoltà, però non è in Aula e quindi si intende che vi abbia rinunciato.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ricciatti. Ne ha facoltà.

LARA RICCIATTI. Signor Presidente, ci è chiara la difficoltà nel rapporto tra il governo del territorio e la libertà di iniziativa economica, che pone al centro la potestà di conformazione dei suoli attribuita ai pubblici poteri. E in questo contesto, il recepimento della direttiva Bolkestein nel nostro ordinamento, con particolare riferimento peraltro alle attività commerciali, incontra ancora legittime e forti resistenze, sia a livello regionale che a livello locale, nel favorire, lì dove non vi siano dei limiti ambientali, dove non vi siano dei limiti culturali oppure di pubblica sicurezza, l'impulso comunitario diretto all'affermazione della libertà del mercato e all'affermazione della libertà nel mercato. Permetteteci di dire che per noi non sono incomprensibili queste resistenze e queste preoccupazioni, se pensiamo alle fortissime connessioni che ci sono spesso tra la presenza di concessioni demaniali o di altro tipo e la generazione di economie locali, che rappresentano spesso una delle poche fonti di reddito capaci di mantenere la coesione socio-economica nei nostri territori, in un momento peraltro - segnalo al sottosegretario - di estrema difficoltà sociale ed economica nel contesto nazionale italiano. Le tensioni che si vengono quindi a creare tutte le volte che a livello nazionale si ripropone e si reintroduce il tema della concreta applicazione della direttiva Bolkestein nei vari contesti territoriali italiani non possono essere ricondotte. Noi non ci vogliamo peraltro iscrivere a nessuna delle due tifoserie - lo voglio dire in maniera molto chiara e molto semplice - fra chi teorizza che ci sia una chiusura netta degli interessi nazionali e chi invece teorizza che vada combattuto il mercato unico e la liberalizzazione del mercato interno. Noi pensiamo solo che le modalità nelle quali le amministrazioni operano e le loro scelte vadano accompagnate, e il compito della politica dovrebbe essere questo.

Presso questo ramo del Parlamento c'è già in discussione una serie di provvedimenti riguardanti la direttiva Bolkestein nei vari rami delle varie economie del nostro Paese, e noi per scelta vogliamo usare il termine plurale e parlare di svariate economie, perché oggi di fatto affrontiamo questo tema su tre sfere: la sfera del commercio ambulante, la sfera delle guide turistiche e la sfera delle concessioni demaniali. Noi siamo convinti, graniticamente convinti che le guide turistiche stanno correndo il rischio di non vedere più riconosciuta la loro qualificazione professionale, a seguito del processo di revisione di questa direttiva. Lo diciamo perché pensiamo che la guida turistica, proprio per definizione, non perché lo inventiamo noi, sia specializzata nell'illustrazione del patrimonio del proprio territorio, e diciamo che le conoscenze e le competenze acquisite nel territorio d'origine sono difficilmente trasferibili in un'altra realtà; c'è un livello di knowhow che in questo caso pensiamo non possa essere trapiantato e reinsediato in un altro territorio. Pensiamo che perdendo la competenza territoriale si svuoti di competenza la guida turistica, allora segnalo al sottosegretario che siccome l'Italia sarebbe un Paese che dovrebbe, almeno sulla carta e nella filosofia della politica, vivere di turismo, forse applicare questa direttiva alle guide turistiche diventerebbe un errore madornale per l'Italia e per il nostro sistema. Siamo convinti di un'altra cosa, cioè che a volte le dimensioni economiche si intreccino fortemente anche con le dimensioni sociali. In Italia abbiamo un indotto lavorativo di 320.000 lavoratrici e lavoratori che, ad esempio, si occupano di commercio ambulante, e ci sono qualcosa come 190.000 micro e piccole imprese e artigiani che orbitano intorno a questo settore, quello del commercio ambulante, allora è palese che non possiamo trovare una soluzione per via parlamentare o per via governativa. Il Governo dovrebbe solo dire una cosa: si apra immediatamente un tavolo con le rappresentanze nazionali, con l'ANCI, con i rappresentanti del settore, per trovare una soluzione. Vogliamo dare anche un suggerimento: si riparta dall'intesa firmata il 5 luglio 2012, dove venivano messi in atto anche meccanismi di salvaguardia e tutela.

Ciò perché il problema per noi non è - lo voglio dire in maniera molto franca - tirare fuori un ambulante dalla direttiva Bolkestein, il tema per noi è con quale metodo vengono poi assegnate le concessioni, in quale modo si va a regolamentare il criteri. Questo è il problema, che va risolto attraverso un tavolo, ma non deve essere uno dei tanti tavoli che il Ministero dello sviluppo economico va ad aprire pro forma, deve essere una riscrittura che tenga conto in maniera molto chiara del fatto che in Italia 190.000 micro e piccole imprese e artigiani lavorano e guadagnano in maniera quotidiana con quel sistema di lavoro. E veniamo all'altro tema che a noi sta particolarmente a cuore, cioè le concessioni demaniali e marittime.

Lei, sottosegretario, sa molto bene che l'Italia ha una particolarità, cioè quella che gli stabilimenti balneari per lo più hanno una caratteristica: sono a gestione familiare, e le famiglie hanno investito tutta l'economia familiare, che è quotidiana ma anche di una vita, per provare a costruire profitto e un'idea di futuro. Con la nostra mozione c'eravamo permessi di dire: si faccia un'operazione di trasparenza, perché la trasparenza non ha alcuna bandiera, deve essere richiesta da chiunque fa politica e scrive leggi; allora abbiamo detto: andiamo a fare un censimento corretto, preciso e puntuale di tutti gli stabilimenti balneari presenti nel nostro Paese; andiamo anche a rivedere le concessioni, i termini e la quantità delle concessioni, dei canoni soprattutto, però permettiamo a queste persone di avere la certezza nel futuro, la certezza degli investimenti della propria famiglia. Abbiamo suggerito al Governo di indicare un termine, si immagini di legiferare per arrivare a una deroga, ma questo non è stato fatto. Allora su questo, signor sottosegretario, non accettiamo la vostra riformulazione, perché avremmo voluto, questo sì, delle parole chiare. Parole chiare, perché deve essere chiaro che, seppure attraverso una mozione, noi oggi andiamo a legiferare sul futuro delle persone. Allora, se è vero che l'economia italiana è un'economia localistica, che poggia i propri pilastri sul tema dei vari turismi, allora bisogna incentivarle queste economie, e non permettere - mi si permetta di dire -, come è stato fatto su tutta la politica industriale italiana, di chiamare le imprese estere. Le chiamiamo per venire in Italia a fare shopping delle nostre peculiarità, delle nostre caratteristiche, delle nostre intelligenze, per poi tornare nei loro Paesi di origine. Ci sono tanti modi per provare ad attuare questa direttiva. Probabilmente, provare a tenere in considerazione tutte le caratteristiche e le peculiarità italiane sarebbe stata di certo una strada un pochino più difficile, una strada che ci avrebbe obbligato a fare un po' di battaglia in sede europea e non ad abbassare sempre la testa, ma di certo avremmo reso un grandissimo servizio alle varie economie del nostro Paese. Signor sottosegretario, sotto certi aspetti, oggi abbiamo perso una grande occasione (Applausi dei deputati del gruppo Articolo 1-Movimento Democratico e Progressista).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Laffranco. Ne ha facoltà.

PIETRO LAFFRANCO. Signor Presidente, colleghi, la discussione di oggi non è certamente una novità del dibattito politico, perché di questa famigerata direttiva Bolkestein si discute ormai da anni, con l'unico risultato che si è in taluni casi riusciti a posticiparne l'applicazione grazie alle classiche norme del decreto “mille proroghe”. Per carità, meglio rinviare che fare del male, ma non è questo il modo di affrontare la questione. Non è questo il modo di affrontare la questione perché siamo dinanzi ad una direttiva europea che reca oggettivamente danni particolarmente significativi a due settori importanti della nostra economia nazionale, o per lo meno ad almeno due settori. Oggi, quelli di cui stiamo quasi tutti discutendo, sono quello del commercio ambulante e quello delle concessioni marittime e demaniali. L'uno, quello del commercio ambulante, riguarda solo - si fa per dire, appunto - circa 200 mila imprese, con un indotto di 1 milione di italiani. Per l'altro, quello delle concessioni cosiddette demaniali, parliamo di circa 30 mila piccole e medie imprese e di circa 300 mila occupati. Stiamo cioè parlando di due settori estremamente significativi, due settori che vedrebbero a grave rischio il proseguimento di una serie di piccole e medie attività, in forza dell'applicazione di questa direttiva. Infatti, la messa a gara delle concessioni demaniali - detto per inciso è tutto da discutere, trattandosi di beni e non di servizi, che gli si debba applicare la direttiva - e la procedura di selezione delle autorizzazioni del commercio ambulante rischierebbero di mettere, anzi metterebbero certamente in crisi queste piccole e medie imprese, perché le metterebbero in concorrenza, o con le multinazionali del turismo o comunque delle grandi imprese, cioè di imprese di diversa, assolutamente diversa, dimensione.

Ovviamente non ci sarebbe più la certezza degli investimenti e non ci sarebbe più la certezza degli occupati. In buona sostanza, credo che, da parte nostra, ci dovrebbe essere soltanto la presa d'atto che questa direttiva non può essere applicata a questi due settori. Lo dico in questi termini, perché credo che noi dobbiamo essere estremamente chiari.

Oggi questa vicenda ci consente, ci obbliga, a misurarci ancora una volta con il rapporto tra il nostro Paese e l'Europa. E ci impone, dunque, una riflessione: l'Europa è in grado di autoriformarsi o no? Ma per autoriformarsi ha bisogno che i Paesi membri comprendano che cosa sta succedendo. La direttiva Bolkestein è del 2006.

Di acqua sotto i ponti, dal 2006, ne è passata tantissima. C'è stata la più grande crisi finanziaria ed economica del secolo, insieme a quella del 1929. Le situazioni di concorrenza si sono completamente modificate. C'è, quindi, la necessità che i singoli Paesi portino le loro singole esperienze e le loro specificità in Europa, perché l'Europa si autoriformi e, quindi, non crolli definitivamente. Infatti, questa è la questione politica di cui si sta discutendo in questo momento. C'è di mezzo la sussistenza di centinaia di migliaia di imprese. C'è di mezzo il posto di lavoro di centinaia di migliaia di donne e di uomini italiani. C'è di mezzo un pezzo significativo della nostra economia e c'è di mezzo la credibilità politica di questo Paese.

Possibile che, ogni volta che bisogna difendere i nostri interessi, non si ha la capacità di farlo in Europa? Europa che ha già fatto danni a sufficienza. Lo vogliamo ricordare tutto il periodo della super-austerità voluta dalla Germania e che non è stata in grado di dare una risposta alla crisi del 2007-2008? Allora, io credo che oggi il Governo avrebbe dovuto dare delle risposte completamente diverse. Io capisco che siate totalmente allo sbando, capisco che stiate contando i giorni in cui sarete ancora in grado di sedere su quelle poltrone, però, vivaddio, un atteggiamento un po' più costruttivo, un po' più intelligente, un atteggiamento che prenda atto della serietà delle posizioni che, pressappoco, tutte le forze politiche hanno posto in questa sede parlamentare! Come si fa a non comprendere che il futuro di una parte della nostra economia è strettamente connesso al futuro della possibilità che l'Europa recuperi, si riprenda e torni a essere attore protagonista, rispetto agli Stati Uniti, alla Cina e ai grandi Paesi emergenti? Ma se noi non sappiamo affrontare la questione del commercio ambulante e la questione delle concessioni marittime, - ricordo - due specificità tipicamente italiane, nella giusta sede europea, come possiamo pretendere di affrontare le grandi sfide del futuro, che coinvolgono milioni e milioni di persone?

Purtroppo, questo Governo manifesta la sua scarsa autorevolezza in questa vicenda. Non che sia il primo caso e temo, per le settimane a venire, non sarà neppure l'ultimo. Però, ci saremmo aspettati, signor sottosegretario, un approccio diverso. Almeno la consapevolezza delle questioni che vengono poste! Non rimandare, studiare, verificare, controllare. Ma che cosa c'è da controllare? Chi non è in grado di vedere che l'applicazione sic et simpliciter della direttiva Bolkestein al commercio ambulante e alle concessioni marittime demaniali mette in difficoltà una parte significativa della nostra economia e mette a rischio centinaia di migliaia di posti di lavoro o è cieco o non vuol vedere! Non è che c'è una terza possibilità.

E allora concludo, perché non credo che ci sia bisogno di altre parole - e poi sarebbero sprecate, dinanzi a chi non vuole ascoltare e non vuol sentire le ragioni che da più parti del Parlamento arrivano -, dicendo che noi ovviamente non accettiamo una riformulazione capziosa e inconsistente. Quindi chiederemo di mettere in votazione la nostra mozione, ovviamente votando tutte quelle che andranno nella medesima direzione (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Della Valle. Ne ha facoltà.

IVAN DELLA VALLE. Grazie Presidente. Siamo all'ennesima pagliacciata. Dopo sette anni, siamo ancora a prendere in giro gli ambulanti e siamo all'ennesima pagliacciata. Io mi chiedo se questo Governo vive su Marte o dove. Arriva oggi con una riformulazione, dopo che tutte le forze politiche, compreso il Partito Democratico, avevano inserito all'interno della propria mozione di verificare la possibilità di escludere gli ambulanti dalla direttiva. Ci fa una riformulazione dove dice di andare a verificare gli impatti. Ma dove vive?

Una mia risoluzione che chiedeva l'esclusione degli ambulanti in X Commissione è stata bocciata nel 2014. Contemporaneamente, è stata approvata una risoluzione del Partito Democratico nel 2014, che chiedeva di aprire un tavolo. Bene, siamo nel 2017: quante volte è stato convocato quel tavolo? Dal 2014 al 2016, zero! E voi sareste gli esperti della politica e noi saremmo quelli inesperti? Siete incapaci, totalmente incapaci (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle)! Zero volte. Sapete quante volte, dal 2016 a oggi, è stato di nuovo convocato quel tavolo? Una volta, dopo una manifestazione nazionale di 10 mila ambulanti, qua a Roma, in piazza della Repubblica. Solo questo vi fa muovere, solo le persone che vengono a protestare! Aspettate solo quello per fare una minima cosa. E dopo, dopo tutto ciò, arrivate qui con tutte le mozioni che chiedono l'esclusione e ci fate questa riformulazione che è una pagliacciata? Non avete soluzioni migliori?

E dobbiamo smentire un po' di cose che state dette. La direttiva Bolkestein: io sfido chiunque dei nostri colleghi a trovare la parola “ambulanti” all'interno della direttiva Bolkestein. È una direttiva che poi è stata nel 2010 recepita dal Governo italiano, il Governo di centrodestra, quindi Forza Italia, con la Meloni, con la Lega, con Maroni, con Brunetta che oggi faceva le sue belle conferenze stampa: era Ministro anche lui. Hanno loro inserito, all'interno della direttiva Bolkestein, gli ambulanti! Sapete quante nazioni in tutta Europa hanno inserito gli ambulanti all'interno della direttiva Bolkestein? Solo l'Italia! Nessun altro Paese in Europa ha inserito gli ambulanti nella direttiva. Non è vero che ce lo chiede l'Europa, era una volontà di quel Governo di inserire gli ambulanti! E poi andiamo a vedere il doppio danno, perché poi, all'articolo 70, dicono: facciamo partecipare alle gare anche le società di capitali. Allora, è possibile che quel Governo rispondesse anche ad altri poteri, magari di favorire la grande distribuzione (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle), di favorire altro commercio rispetto a quello degli ambulanti?

Bene, poi arriva naturalmente un Governo di centrosinistra che dice: risolviamo tutte le porcherie che ha fatto il Governo Berlusconi, risolviamo tutto, mettiamo a posto i vari conflitti d'interessi, facciamo una legge seria sul lavoro. Sì, hanno fatto il Jobs Act, hanno rovinato il lavoro e hanno varato l'articolo 18, ciò che non era riuscito a fare il Governo Berlusconi. E, anche su questo, cosa hanno fatto? Nulla! Arriviamo a oggi e cosa ci dicono: valutiamo gli impatti. Non fanno nulla. Sono stati quattro anni al governo a fare l'ombra del Governo Berlusconi senza risolvere alcun problema. Nel 2014 ha fatto la risoluzione, nel 2015 ha presentato una proposta di legge in merito che chiedeva sempre l'esclusione degli ambulanti. Dal 2015 a metà del 2016, anche qui in un cassetto. Dopo la manifestazione nazionale e dopo quel tavolo finalmente la Commissione si è degnata di calendarizzare la nostra proposta di legge. Ebbene, in quel momento come per miracolo in Commissione attività produttive tutte le forze politiche hanno depositato una proposta di legge, compreso il Partito Democratico, che chiede l'esclusione degli ambulanti dalla direttiva. Lo sa il Governo che sono incardinate 4 o 5 proposte di legge in X Commissione che chiedono tutte l'esclusione, compresa quella del PD? E il Governo, la maggioranza, invece cosa dice a una mozione che poteva essere propedeutica perché se vogliamo, visto che tutte le proposte di legge lo chiedono, nel giro di qualche mese possiamo approvare anche la proposta di legge. Non c'è problema visto che siamo tutti d'accordo. Il Partito Democratico ci sente oggi? C'è? Dà respiri? Batte un colpo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle)?

Poi, io vi chiedo un'altra cosa, perché questa è simpatica. C'è il Governo che riformula una mozione della propria maggioranza. Visto che tanti hanno detto che non accetteranno la riformulazione del Governo, compresi noi naturalmente, quando andremo a votare quell'impegno, che era lo stesso scritto nella vostra mozione, voi voterete contro su quello che avete scritto oggi per dare ragione al Governo e fare i servi dal Governo? È questo ciò che potrebbe succedere, visto che noi non accetteremo questa riformulazione. Allora, il Partito Democratico fa un impegno, si fa bello, va nelle piazze e dice: “Anche noi chiediamo l'esclusione degli ambulanti”. Poi arriva in Aula, il Governo propone una riformulazione che non chiede l'esclusione ma dice di valutare gli impatti, le solite “menate” che scrivete, e adesso voglio vedere cosa farà quando dovranno votare quel punto che anche loro avevano scritto nella loro mozione.

Poi, sottolineo il fatto che il Governo arrivi oggi, dopo sei mesi che sono depositate le mozioni, e ci faccia questa riformulazione indegna e non abbia neanche i pareri sulle premesse. È vero, forse è un po' difficile: ci sono 11 mozioni e bisogna anche lavorare un pochettino, però sono passati sei mesi per guardare questi impegni. Non era proprio il lavoro di Ferragosto. Poteva anche impegnarsi un pochettino di più, vista anche l'importanza di queste richieste e le proteste che sono state fatte negli anni. Cioè, si parla di duecentomila aziende, si parla, come è stato detto adesso, di quasi un milione di posti di lavoro con l'indotto e tutto il resto e io mi chiedo come si faccia a trattare un argomento del genere con questa superficialità e a venire oggi in Aula a chiedere una cosa del genere quando se ne parla come minimo dal 2014, viste le nostre richieste, e nonostante tutto questo siamo ancora qui a dire: “Facciamo il tavolo”. Cioè, si tratta di una cosa chiesta tre anni fa. E le dico di più: potevate addirittura essere più intelligenti. Sono delle mozioni, sono solo delle mozioni. Io avrei comunque contestato il fatto che siamo a sei mesi dalla fine della legislatura e, invece di accelerare su delle proposte di legge che sono ormai depositate all'unanimità da tutte le forze politiche, arriviamo ancora con una semplice mozione che impegna il Governo, un Governo che è ormai allo sfratto e che fra sei mesi se ne andrà. Dopo finalmente arriverà la forza politica che in questi anni ha promesso di fare delle cose e quando veramente sarà eletta non farà finta di niente ma le realizzerà veramente. Allora, mi chiedo: sarà la solita pagliacciata in cui prenderanno questo impegno e poi, visto che sono ormai in fase di sfratto esecutivo, se ne andranno. Invece no! Non hanno neanche questo coraggio e addirittura propongono una riformulazione che fa ridere.

Quindi, naturalmente noi non accettiamo la riformulazione. Voteremo a favore su tutte le mozioni che chiedono con chiarezza l'esclusione degli ambulanti dalla direttiva e siamo curiosi di vedere cosa farà il Partito Democratico, visto che anche loro nella loro mozione avevano chiesto l'esclusione (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Donati. Ne ha facoltà.

MARCO DONATI. Grazie, Presidente. Gentili colleghi, oggi terminato questo dibattito sono sicuro che se potessimo verificare con gli uffici della Camera dei deputati il numero di accessi alla web-tv credo non ci sorprenderebbe scoprire che la discussione sulle mozioni presentate e sulle quali oggi siamo chiamati ad esprimere un voto è una delle più visualizzate di questa legislatura. In questo momento, Presidente, sono migliaia le persone che stanno guardando con apprensione a questo dibattito e molte altre, impossibilitate a causa del loro lavoro, sono fisicamente davanti ai propri clienti, nei banchi e in tutta Italia, ma sempre con un pensiero a questa discussione e all'indirizzo che la Camera darà al Governo. Una discussione, questa che svolgiamo oggi in Aula, che preoccupa tanti piccoli imprenditori e che da tempo richiede un punto fermo per consentire a tanti operatori di progettare il proprio futuro e i piccoli o grandi investimenti che ne conseguono. In effetti, Presidente, c'è un tema di merito e un tema legato al tempo, sul quale tornerò tra poco.

Intanto, faccio una premessa molto pratica, legata ai dati del commercio ambulante che molti colleghi prima di me hanno ricordato: gli operatori ambulanti su area pubblica rappresentano in Italia un comparto distributivo davvero significativo; delle 360 mila aziende presenti nell'intera Unione europea oltre il 50 per cento opera in Italia. Per la precisione, ci sono 190 mila aziende prevalentemente a conduzione familiare che occupano circa 630 mila persone (questi sono i dati dell'Istat del 30 giugno 2016). È possibile anche stimare che negli 8.200 mercati sono circa 60 mila i posteggi a cui vanno aggiunti anche quelli singoli presenti in 5 mila fiere. Si tratta, quindi, di un comparto molto importante, che detiene ben il 12 per cento dei consumi nazionali, il 20 per cento dei punti vendita italiani e che interessa 26 milioni di consumatori. Questi operatori in questi anni hanno avuto, Presidente, un vero concorrente che è stata la crisi, una crisi che grazie al lavoro di questo Governo inizia finalmente a farsi meno pesante. Si tratta di un settore che in Italia ha proprie peculiarità e caratteristiche spesso diverse dal resto d'Europa e sul quale sicuramente occorre intervenire. Purtroppo, in passato i Governi a guida centrodestra che hanno preceduto l'attuale hanno commesso l'errore di applicare la “Bolkestein” al commercio su area pubblica senza minimamente valutare le conseguenze che tale applicazione comporterebbe per migliaia e migliaia di operatori.

Vengo ora al merito. La mozione che ho presentato, assieme all'onorevole Becattini e ad altri colleghi che ringrazio per il lavoro e il contributo che hanno portato a questa discussione, è finalizzata a superare le problematiche emerse nel corso degli ultimi anni a seguito dell'approvazione, appunto, del decreto legislativo del 26 marzo 2010 - questa data è molto importante perché ricorda la guida del Governo di centrodestra - con il quale appunto il nostro ordinamento ha recepito la direttiva europea e, in particolare, l'articolo 12 della direttiva “Bolkestein”. Con tale articolo si prevede che, qualora il numero di autorizzazioni disponibili per una determinata attività sia limitato per via della scarsità delle risorse naturali o delle capacità tecniche utilizzabili, gli Stati membri sono tenuti ad applicare una procedura di selezione tra i candidati potenziali. Il legislatore nel 2010, in attuazione di quanto stabilito dalla direttiva “Bolkestein”, non ha inserito il commercio al dettaglio svolto sulle aree pubbliche fra i settori esclusi dall'applicazione della direttiva ma, al contrario, ha stabilito che lo stesso sia sottoposto agli obblighi previsti nel decreto, ovvero procedure selettive, limitazione della durata delle autorizzazioni nonché divieto di rinnovare automaticamente le concessioni e di accordare vantaggi al prestatore uscente. A un accordo in Conferenza unificata Stato-regioni è poi stato rimandato il compito di individuare i criteri per il rinnovo e il rilascio delle concessioni, includendo anche le concessioni in essere. L'accordo in Conferenza unificata sancito il 5 luglio 2012, la cosiddetta “intesa”, ha rinviato l'entrata in vigore delle norme del decreto legislativo n. 59 a dopo il 7 maggio 2017, prevedendone l'attuazione in tre anni, dal 2017 al 2020, e in questa parentesi un regime transitorio di licenze. Tale previsione ha una durata tra i 9 e i 12 anni durante la quale i comuni avrebbero dovuto effettuare bandi privilegiando gli ambulanti che già svolgono le attività ed è stata prevista appunto la possibilità di assegnare fino a 40 punti alle graduatorie in essere. Sulla materia lo scorso dicembre si è espressa però l'Autorità garante del mercato e della concorrenza auspicando la modifica dei documenti di riferimento del settore, in special modo l'intesa in particolare per ciò che riguarda la durata delle concessioni e i criteri di selezione.

Su questo tema è dunque calata la scure dell'incertezza, Presidente. È arrivato il momento di mettere un punto fermo su questa vicenda che coinvolge sì piccoli imprenditori ma anche l'intero settore e il suo indotto, che hanno una loro rete di investimenti. Penso ad esempio, Presidente, ai produttori di mezzi con i quali gli operatori svolgono il proprio lavoro e ad altre componenti dell'indotto. I tanti piccoli imprenditori coinvolti sono persone, quindi, che sicuramente stanno guardando al futuro con molta preoccupazione e che oggi chiedono di intervenire perché in apprensione per la propria attività d'impresa e per le proprie famiglie.

Le disposizioni introdotte dal decreto legislativo n. 59 del 2010, Presidente, non sembrano tenere pienamente conto delle peculiarità e della eterogeneità del settore, soprattutto in Italia, che affianca attività di commercio svolte su posteggio fisso, all'attività svolta in forma itinerante e con turnazioni e che coinvolge non solo i centri storici, e i tradizionali mercati rionali, ma anche aree periferiche meno qualificabili, come limitate. Per questi motivi la mozione a mia prima firma mirava a proporre il superamento della direttiva Bolkestein e l'applicabilità di una direttiva che sicuramente in questo settore rischia nel nostro Paese di creare gravi difficoltà a piccole e micro imprese, nonché a correggere l'errore fatto nel 2010 di inserire il commercio su aree pubbliche nella normativa, impegnando il Governo: “ad assumere iniziative volte ad una revisione del decreto legislativo del 2010, escludendo il commercio su aree pubbliche dall'applicazione della direttiva del 2006”.

Allo stesso tempo, nell'accettare la riformulazione proposta, invito il Governo a fare presto, a non abbandonare la strada di promuovere in sede europea proposte per meglio definire la portata e gli effetti della direttiva e a convocare, questa volta davvero, sottosegretario, un tavolo rappresentativo che valuti interventi normativi concreti che tengano conto delle diverse caratteristiche, delle dimensioni, della professionalità acquisita dagli operatori, della tutela dell'occupazione nel settore e dei luoghi nei quali si svolge il commercio ambulante, contenute ora nella riformulazione. Su questo vi era già stato un incontro proficuo tra il Ministro Calenda e i rappresentanti di numerose associazioni che purtroppo, ad oggi, non ha visto maturare gli effetti sperati.

Presidente, mi consenta una valutazione, quasi una battuta, prima di concludere: c'è un detto secondo il quale nella vita si nasce incendiari e si muore pompieri. Lo ribalto, negli anni passati i partiti di centrodestra hanno spento le aspettative dei commercianti su area pubblica e oggi incendiano le piazze con slogan, felpe e megafoni. In questi mesi le regioni governate dal centrodestra sono state le più veloci ad applicare la normativa che oggi proviamo a modificare. Ritengo questo atteggiamento incoerente e non rispettoso di tante persone che attendono una risposta dalla politica e da questo Parlamento.

Vado a concludere. Nell'ultimo anno per volontà del Partito democratico, e in seguito alle disposizioni contenute nel decreto “mille proroghe”, i Governi guidati da Matteo Renzi e successivamente da Paolo Gentiloni hanno ben compreso la necessità di un intervento normativo che tenga in considerazione l'esigenza della piccola e media impresa. Uno ruolo importante è stato svolto anche dal presidente di ANCI Antonio Decaro che ha giustamente messo in evidenza le difficoltà amministrative legate all'applicazione dell'intesa, dimostrandosi allo stesso tempo interlocutore delle richieste arrivate da tanti operatori. Nel chiedere, vista l'imminente fine legislatura, di dar seguito velocemente a quanto contenuto nell'impegno di questa mozione nella riformulazione proposta dal Governo, dichiaro il mio voto favorevole e quello del gruppo del Partito Democratico sul testo a mia prima firma. Prima di concludere però allo stesso tempo, anche se non ricompreso precedentemente nella mozione che avevo sottoscritto con gli altri colleghi, ricordo l'impegno del mio gruppo nelle sedi parlamentari sul tema riguardante le concessioni demaniali e anche sul tema delle guide turistiche sui quali so che il Governo è impegnato a trovare una soluzione. Su questo il Partito Democratico è parimenti impegnato a trovare una soluzione nell'interesse di cittadini e imprese.

Mi consenta di concludere, Presidente, su una conferenza stampa alla quale oggi ho avuto modo di assistere con la web-tv della Camera (non ero presente alla conferenza a cui hanno partecipato molti colleghi, in particolare il gruppo di Forza Italia che l'ha promossa). Quella conferenza dimentica totalmente che oggi siamo qui a parlare perché sette anni fa il Governo di centrodestra, a guida Silvio Berlusconi, decise di introdurre la Bolkestein. Se non ci fosse stata quella decisione (ricordo che nel dibattito parlamentare esponenti del Partito Democratico mossero critiche all'introduzione della direttiva così come è stata considerata), oggi questo dibattito non ci sarebbe e non saremmo a discutere di problematiche che purtroppo riguardano tante persone che in questo momento ci stanno guardando. Sottosegretario a lei l'invito ad aprire presto questo tavolo. So che lo farà, so che su questo è impegnato anche il Ministro Calenda. Occorre davvero nei prossimi mesi una risposta concreta che vada nella direzione di quanto si è discusso anche nei mesi precedenti nell'incontro tra il Governo e gli ambulanti. Il voto del Partito Democratico è favorevole sulla mozione così come riformulata (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Bianconi. Ne ha facoltà.

MAURIZIO BIANCONI. Il poco tempo mi costringe a leggere. Primo: finché le questioni non marciscono, qui si fa finta di niente o quasi. Secondo: ora, con le mozioni, li illudono tutti. Sappiano gli interessati che, con le mozioni, non succede niente. Terzo: i settori colpiti sono, non a caso, i fondamenti non solo economici della nostra comunità. Su questi temi Francia e Germania ci hanno insegnato come fare, anteporre a qualsiasi costo l'interesse nazionale. Sappiate che questo Governo non farà nulla se non chiacchiere, non farà niente perché finanza e Germania vogliono: primo, azzerare il commercio ambulante italiano per impossessarsi dei consumi tramite la grande distribuzione; secondo, mettere le mani sugli assi portanti dell'economia nazionale, turismo e risorse naturali. Il nostro futuro, misero e gregario, che il duo Berlusconi-Renzi ci hanno disegnato, passa anche da questa parte.

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto.

(Votazioni)

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Come da prassi, le mozioni e la risoluzione saranno poste in votazione per le parti non assorbite e non precluse dalle votazioni precedenti.

Avverto che i presentatori della mozione Rampelli ed altri n. 1-01582 (Nuova formulazione) hanno accettato la riformulazione proposta dal Governo relativa al quarto capoverso del dispositivo, mentre non hanno accettato le riformulazioni relative ai restanti capoversi del dispositivo.

Contestualmente, i medesimi presentatori hanno chiesto la votazione per parti separate, nel senso di votare: dapprima, il dispositivo, ad eccezione del quarto capoverso, con il parere del Governo contrario; a seguire, il quarto capoverso del dispositivo, così come riformulato su richiesta del Governo, su cui il Governo ha espresso parere favorevole; infine, qualora il dispositivo sia in tutto o in parte approvato, la premessa su cui il Governo si è rimesso all'Assemblea.

Allora, colleghi suggerisco a tutti di prestare attenzione, perché, come avrete capito, le votazioni sono un pochino complicate e quindi, onde evitare che magari, non avendo inteso bene che cosa votiamo, si voti in modo non conforme alle indicazioni, io, molto lentamente, lo dirò, però cerchiamo anche di prestare un po' più della normale attenzione che prestiamo alle votazioni.

FABIO RAMPELLI. Presidente!

PRESIDENTE. Onorevole, Rampelli, siamo in fase di votazione (Commenti del deputato Rampelli). E' un richiamo al Regolamento. Su quale articolo del Regolamento, onorevole Rampelli?

FABIO RAMPELLI. Presidente, provo in maniera telegrafica. Io accetto, diciamo così, la riformulazione del Governo, anche l'accorpamento di tre punti in un punto, perché tanto mi pare di capire che non ci sia soluzione e il Governo non voglia prendere coraggio per affrontare la materia in maniera seria e credibile. Ma penso che non possa costituire precedente prendere tre punti di un impegno di una mozione e accorparli in…

PRESIDENTE. Onorevole Rampelli, la ringrazio. Ho capito il suo intervento…

FABIO RAMPELLI. Io potrei essere d'accordo su una parte….

PRESIDENTE. Onorevole Rampelli, mi ascolti: ho capito benissimo il suo intervento (Commenti del deputato Rampelli)…no, onorevole Rampelli, siamo in fase di votazione, le posso garantire (Commenti del deputato Rampelli)… onorevole Rampelli, lei è già intervenuto in dichiarazione di voto, non sta facendo un richiamo al Regolamento; le sto spiegando che non solo non è un precedente di adesso, ma che è pienamente nella facoltà del Governo riformulare come intende i testi delle risoluzioni, come evidentemente è nella facoltà di chi ha scritto il testo originario di accettare o meno la riformulazione. Quindi, non stiamo costituendo nessun precedente (Commenti del deputato Rampelli).

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Rampelli ed altri n. 1-01582 (Nuova formulazione), limitatamente al dispositivo, ad eccezione del quarto capoverso. Il parere del Governo è contrario.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

Colleghi, dopo questo voto, mi raccomando restate al posto, perché abbiamo parecchie votazioni.

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 3).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Rampelli ed altri n. 1-01582 (Nuova formulazione), limitatamente al quarto capoverso del dispositivo, come riformulato su richiesta del Governo, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 4).

A seguito dell'approvazione di parte del dispositivo della mozione Rampelli ed altri n. 1-01582 (Nuova formulazione), ne verrà ora posta in votazione la premessa.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Rampelli ed altri n. 1-01582 (Nuova formulazione), limitatamente alla premessa, su cui il Governo si è rimesso all'Assemblea.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 5).

Passiamo alla votazione della mozione Allasia ed altri n. 1-01549 (Nuova formulazione). Avverto che i presentatori di tale mozione non hanno accettato le riformulazioni al dispositivo proposte dal Governo e pertanto il parere del Governo deve intendersi contrario sul dispositivo.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Allasia ed altri n. 1-01549 (Nuova formulazione) limitatamente al dispositivo, su cui il parere del Governo è contrario.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 6).

In virtù della reiezione del dispositivo della mozione Allasia ed altri n. 1-01549 (Nuova formulazione), non si procederà alla votazione della relativa premessa.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Donati ed altri n. 1-01542, limitatamente al dispositivo, come riformulato su richiesta del Governo, su cui il Governo ha espresso parere favorevole

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 7).

A seguito dell'approvazione del dispositivo della mozione Donati ed altri n. 1-01542, ne verrà ora posta in votazione la premessa.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Donati ed altri n. 1-01542, limitatamente alla premessa, su cui il Governo si è rimesso all'Assemblea

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 8).

Passiamo alla votazione della mozione Della Valle ed altri n. 1-01565. Avverto che i presentatori di tale mozione non hanno accettato le riformulazioni al dispositivo proposte dal Governo e pertanto il parere del Governo deve intendersi contrario sull'intero dispositivo.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Della Valle ed altri n. 1-01565, limitatamente al dispositivo, su cui il parere del Governo è contrario.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 9).

In virtù della reiezione del dispositivo della mozione Della Valle ed altri n. 1-01565, non si procederà alla votazione della relativa premessa.

Passiamo alla votazione della mozione Laffranco ed altri n. 1-01610 (Nuova formulazione). Avverto che i presentatori di tale mozione non hanno accettato la riformulazione del dispositivo proposta dal Governo e pertanto il parere del Governo deve intendersi contrario sul dispositivo.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Laffranco ed altri n. 1-01610 (Nuova formulazione), limitatamente al dispositivo, su cui il parere del Governo è contrario.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 10).

In virtù della reiezione del dispositivo della mozione Laffranco ed altri n. 1-01610 (Nuova formulazione), non si procederà alla votazione della relativa premessa.

Passiamo alla votazione della mozione Ricciatti ed altri n. 1-01641 (Ulteriore nuova formulazione).

Avverto che i presentatori hanno accettato la riformulazione proposta dal Governo relativa al terzo capoverso del dispositivo, mentre non hanno accettato le riformulazioni relative ai capoversi primo e secondo del dispositivo; contestualmente, i medesimi presentatori hanno chiesto la votazione per parti separate, nel senso di votare dapprima i capoversi primo e secondo del dispositivo, su cui il parere del Governo è contrario, a seguire il terzo e il quarto capoverso del dispositivo, quest'ultimo come riformulato su richiesta del Governo, su cui il Governo ha espresso parere favorevole, e infine, qualora il dispositivo sia in tutto o in parte approvato, la premessa, su cui il Governo si è rimesso all'Aula.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Ricciatti ed altri n. 1-01641 (Ulteriore nuova formulazione), limitatamente ai capoversi primo e secondo del dispositivo, su cui il parere del Governo è contrario.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 11).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Ricciatti ed altri n. 1-01641 (Ulteriore nuova formulazione), limitatamente al terzo e al quarto capoverso del dispositivo, quest'ultimo come riformulato su richiesta del Governo, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 12).

A seguito dell'approvazione di parte del dispositivo della mozione Ricciatti ed altri n. 1-01641 (Ulteriore nuova formulazione), ne verrà ora posta in votazione la premessa.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Ricciatti ed altri n. 1-01641 (Ulteriore nuova formulazione), limitatamente alla premessa, su cui il Governo si è rimesso all'Assemblea.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 13).

Passiamo alla votazione dell'emendamento mozione Abrignani ed altri n. 1-01672.

Avverto che i presentatori non hanno accettato le riformulazioni proposte dal Governo e, contestualmente, hanno chiesto la votazione per parti separate, nel senso di votare dapprima il dispositivo, ad eccezione del primo capoverso (il parere del Governo è contrario), a seguire il primo capoverso del dispositivo, su cui il Governo ha espresso parere favorevole e infine - qualora il dispositivo sia in tutto o in parte approvato - la premessa, su cui il Governo si è rimesso all'Assemblea.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Abrignani ed altri n. 1-01672 limitatamente al dispositivo, ad eccezione del primo capoverso; il parere del Governo è contrario.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 14).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Abrignani ed altri n. 1-01672, limitatamente al primo capoverso del dispositivo, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 15).

A seguito dell'approvazione di parte del dispositivo della mozione Abrignani ed altri n. 1-01672, ne verrà ora posta in votazione la premessa.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Abrignani ed altri n. 1-01672 limitatamente alla permessa, su cui il Governo si è rimesso all'Assemblea.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 16).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Vignali ed altri n. 1-01684 limitatamente al dispositivo, come riformulato su richiesta del Governo, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 17).

A seguito dell'approvazione del dispositivo della mozione Vignali ed altri n. 1-01684, ne verrà ora posta in votazione la premessa.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Vignali ed altri n. 1-01684 limitatamente alla premessa, su cui il Governo si è rimesso all'Assemblea.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 18).

Passiamo alla votazione della mozione Fassina ed altri n. 1-01688.

Avverto che i presentatori di tale mozione non hanno accettato le riformulazioni al dispositivo proposte dal Governo e pertanto il parere del Governo deve intendersi contrario sul dispositivo.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Fassina ed altri n. 1-01688, limitatamente al dispositivo, su cui il parere del Governo è contrario.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 19).

In virtù della reiezione del dispositivo della mozione Fassina ed altri n. 1-01688, non si procederà alla votazione della relativa premessa.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Galgano ed altri n. 1-01690 limitatamente al dispositivo, come riformulato su richiesta del Governo, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 20).

A seguito dell'approvazione del dispositivo della mozione Galgano ed altri n. 1-01690, ne verrà ora posta in votazione la premessa.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Galgano ed altri n. 1-01690 limitatamente alla premessa, su cui il Governo si è rimesso all'Assemblea.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 21).

Dovremmo ora passare alla risoluzione Palese n. 6-347.

Avverto che la risoluzione è stata testé ritirata dal presentatore e pertanto non verrà posta in votazione.

L'esame degli ulteriori argomenti iscritti all'ordine del giorno è rinviato alla seduta di domani.

( I deputati di Fratelli d'Italia espongono cartelli “No Bolkestein” ).

No, per favore i cartelli, onorevole Rampelli! I commessi, gli assistenti per favore: leviamo i cartelli! Grazie onorevole Rampelli, La Russa, collaboriamo con gli assistenti, grazie (Gli assistenti parlamentari ottemperano all'invito del Presidente).

Calendario dei lavori dell'Assemblea per il mese di settembre 2017 e conseguente aggiornamento del programma.

PRESIDENTE. Comunico che, a seguito della riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo, ai sensi dell'articolo 24, comma 2, si è convenuto sulla seguente articolazione dei lavori dell'Assemblea per il periodo 18-29 settembre:

  Lunedì 18 settembre(ore 17,30, con eventuale prosecuzione notturna)

  Discussione sulle linee generali delle proposte di legge:

n. 338 e abbinate - Interventi per il settore ittico, deleghe al Governo per il riordino e la semplificazione normativa nel medesimo settore e in materia di politiche sociali nel settore della pesca professionale;

n. 2950 - Disciplina e promozione delle imprese culturali e creative.

Discussione sulle linee generali dei disegni di legge di ratifica:

n. 3916 – Protocollo addizionale di Nagoya - Kuala Lumpur, in materia di responsabilità e risarcimenti, al Protocollo di Cartagena sulla biosicurezza, fatto a Nagoya il 15 ottobre 2010;

n. 2801 e abbinata - Protocolli: a) Protocollo n. 15 recante emendamento alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, fatto a Strasburgo il 24 giugno 2013;b) Protocollo n. 16 recante emendamento alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, fatto a Strasburgo il 2 ottobre 2013.

  Martedì 19, mercoledì 20 e giovedì 21 settembre (antimeridiana e pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna e nella giornata di venerdì 22 settembre) (con votazioni)

  Seguito dell'esame della proposta di legge n. 3960 – Modifiche al decreto legislativo 23 luglio 1999, n. 242, in materia di limiti al rinnovo dei mandati degli organi del Comitato olimpico nazionale italiano (CONI) e delle federazioni sportive nazionali, e al decreto legislativo 27 febbraio 2017, n. 43, in materia di limiti al rinnovo delle cariche nel Comitato italiano paralimpico (CIP), nelle federazioni sportive paralimpiche, nelle discipline sportive paralimpiche e negli enti di promozione sportiva paralimpica (approvata dal Senato) (ove non concluso nella settimana 12-15 settembre).

  Seguito dell'esame delle mozioni:

Marcon, Duranti ed altri n. 1-01662 e Corda ed altri n. 1-01663 concernenti la situazione di crisi nello Yemen, con particolare riferimento all'emergenza umanitaria e all'esportazione di armi verso i Paesi coinvolti nel conflitto (ove non concluso nella settimana 12-15 settembre);

Basilio ed altri n. 1-01081, Marcon ed altri n. 1-01673 e Gianluca Pini ed altri n. 1-01674 concernenti iniziative in materia di dislocazione, trasporto e acquisizione di armi nucleari in Italia (ove non concluso nella settimana 12-15 settembre).

  Seguito dell'esame delle proposte di legge:

n. 4130 e abbinate – Modifiche al codice penale e al codice di procedura penale, concernenti i delitti di frode patrimoniale in danno di soggetti vulnerabili e di circonvenzione di persona incapace (ove non concluso nella settimana 12-15 settembre).

n. 338 e abbinate - Interventi per il settore ittico, deleghe al Governo per il riordino e la semplificazione normativa nel medesimo settore e in materia di politiche sociali nel settore della pesca professionale;

n. 2950 - Disciplina e promozione delle imprese culturali e creative.

  Seguito esame dei disegni di legge di ratifica:

n. 3916 – Protocollo addizionale di Nagoya - Kuala Lumpur, in materia di responsabilità e risarcimenti, al Protocollo di Cartagena sulla biosicurezza, fatto a Nagoya il 15 ottobre 2010;

n. 2801 e abbinata - Protocolli: a) Protocollo n. 15 recante emendamento alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, fatto a Strasburgo il 24 giugno 2013;b) Protocollo n. 16 recante emendamento alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, fatto a Strasburgo il 2 ottobre 2013.

  Lunedì 25 settembre(antimeridiana/pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna)

  Discussione sulle linee generali della proposta di legge n. 1039-B – Modifiche al codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, al codice penale e alle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale e altre disposizioni. Delega al Governo per la tutela del lavoro nelle aziende sequestrate e confiscate (approvata dalla Camera e modificata dal Senato).

  Discussione sulle linee generali dei disegni di legge di ratifica:

n. 3083 – Atto di Ginevra dell'Accordo dell'Aja concernente la registrazione internazionale dei disegni e modelli industriali, fatto a Ginevra il 2 luglio 1999, nonché norme di adeguamento dell'ordinamento interno;

n. 4224 – Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica di Croazia sulla cooperazione transfrontaliera di polizia, fatto a Zagabria il 5 luglio 2011 (approvato dal Senato);

n. 4227 – Protocollo recante modifiche alla Convenzione tra la Repubblica italiana e la Repubblica delle Filippine per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e per prevenire l'evasione fiscale del 5 dicembre 1980, fatto a Manila il 9 dicembre 2013 (approvato dal Senato).

  Discussione sulle linee generali della mozione Occhiuto n. 1-01687 concernente iniziative in ordine ai criteri di ripartizione del fondo di solidarietà comunale, anche nell'ottica dell'attuazione della riforma del federalismo fiscale.

  Martedì 26 e mercoledì 27 settembre (antimeridiana e pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna) (con votazioni)

  Seguito dell'esame degli argomenti previsti per la settimana 18-22 settembre e non conclusi.

  Seguito dell'esame della proposta di legge n. 1039-B – Modifiche al codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, al codice penale e alle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale e altre disposizioni. Delega al Governo per la tutela del lavoro nelle aziende sequestrate e confiscate (approvata dalla Camera e modificata dal Senato).

  Seguito dell'esame dei disegni di legge di ratifica:

n. 3083 – Atto di Ginevra dell'Accordo dell'Aja concernente la registrazione internazionale dei disegni e modelli industriali, fatto a Ginevra il 2 luglio 1999, nonché norme di adeguamento dell'ordinamento interno;

n. 4224 – Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica di Croazia sulla cooperazione transfrontaliera di polizia, fatto a Zagabria il 5 luglio 2011 (approvato dal Senato);

n. 4227 – Protocollo recante modifiche alla Convenzione tra la Repubblica italiana e la Repubblica delle Filippine per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e per prevenire l'evasione fiscale del 5 dicembre 1980, fatto a Manila il 9 dicembre 2013 (approvato dal Senato).

  Seguito dell'esame della mozione Occhiuto n. 1-01687 concernente iniziative in ordine ai criteri di ripartizione del fondo di solidarietà comunale, anche nell'ottica dell'attuazione della riforma del federalismo fiscale.

  Seguito dell'esame delle proposte di legge:

n. 2305-A/R e abbinate - Disposizioni per lo sviluppo della mobilità in bicicletta e la realizzazione della rete nazionale di percorribilità ciclistica;

n. 3235-A/R e abbinate - Disposizioni in materia di legalizzazione della coltivazione, della lavorazione e della vendita della cannabis e dei suoi derivati.

  Nella giornata di mercoledì 27 settembre, al termine delle votazioni, avrà luogo la discussione congiunta sulle linee generali dei disegni di legge S. 2874 - Rendiconto generale dell'Amministrazione dello Stato per l'esercizio finanziario 2016 e del disegno di legge S. 2875 - Disposizioni per l'assestamento del bilancio dello Stato e dei bilanci della Amministrazioni autonome per l'anno finanziario 2017 (ove trasmessi dal Senato).

  Giovedì 28 settembre (antimeridiana e pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna e nella giornata di venerdì 29 settembre) (con votazioni)

  Seguito dell'esame proposta di legge n. 1039-B – Modifiche al codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, al codice penale e alle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale e altre disposizioni. Delega al Governo per la tutela del lavoro nelle aziende sequestrate e confiscate (approvata dalla Camera e modificata dal Senato).

  Seguito dell'esame dei disegni di legge di ratifica:

n. 3083 – Atto di Ginevra dell'Accordo dell'Aja concernente la registrazione internazionale dei disegni e modelli industriali, fatto a Ginevra il 2 luglio 1999, nonché norme di adeguamento dell'ordinamento interno;

n. 4224 – Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica di Croazia sulla cooperazione transfrontaliera di polizia, fatto a Zagabria il 5 luglio 2011 (approvato dal Senato);

n. 4227 – Protocollo recante modifiche alla Convenzione tra la Repubblica italiana e la Repubblica delle Filippine per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e per prevenire l'evasione fiscale del 5 dicembre 1980, fatto a Manila il 9 dicembre 2013 (approvato dal Senato).

  Seguito dell'esame della mozione Occhiuto n. 1-01687 concernente iniziative in ordine ai criteri di ripartizione del fondo di solidarietà comunale, anche nell'ottica dell'attuazione della riforma del federalismo fiscale.

  Seguito dell'esame della proposta di legge n. 2305-A/R e abbinate - Disposizioni per lo sviluppo della mobilità in bicicletta e la realizzazione della rete nazionale di percorribilità ciclistica.

  Seguito dell'esame dei disegni di legge S. 2874 - Rendiconto generale dell'Amministrazione dello Stato per l'esercizio finanziario 2016 e del disegno di legge S. 2875 - Disposizioni per l'assestamento del bilancio dello Stato e dei bilanci della Amministrazioni autonome per l'anno finanziario 2017 (ove trasmessi dal Senato).

  Seguito dell'esame delle proposte di legge:

n. 3235-A/R e abbinate - Disposizioni in materia di legalizzazione della coltivazione, della lavorazione e della vendita della cannabis e dei suoi derivati;

  n. 2352-A/R e abbinate - Modifiche al testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, in materia di elezione della Camera dei deputati, e al testo unico di cui al decreto legislativo 20 dicembre 1993, n. 533, in materia di elezione del Senato della Repubblica, nonché delega al Governo per la rideterminazione dei collegi elettorali uninominali (ove concluso dalla Commissione).

  Il calendario potrà essere integrato con l'esame della Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza 2017, una volta che la stessa sia stata presentata dal Governo.

  Lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata (question time) avrà luogo il mercoledì (dalle ore 15).

Lo svolgimento di interpellanze urgenti avrà luogo, di norma, il venerdì (dalle ore 9,30).

  Il martedì, di norma, tra le ore 9 e le ore 11, avrà luogo lo svolgimento di interpellanze e di interrogazioni.

  La Presidente si riserva di inserire nel calendario l'esame di ulteriori progetti di legge di ratifica licenziati dalle Commissioni e di documenti licenziati dalla Giunta per le autorizzazioni.

  L'organizzazione dei tempi per la discussione degli argomenti iscritti nel calendario sarà pubblicata nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta odierna.

  Per quanto riguarda l'esame dei progetti di legge nn. 1039-B, 2305-A/R, S. 2874 e S. 2875, 3235-A/R e 2352-A/R l'organizzazione dei tempi sarà valutata sulla base del testo che verrà licenziato dalle competenti Commissioni di merito.

  Il programma s'intende conseguentemente aggiornato.

Interventi di fine seduta.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Oliaro. Ne ha facoltà.

ROBERTA OLIARO. Presidente, molto velocemente, volevo sollecitare la risposta a delle mie interrogazioni che giacciono negli uffici dei Ministeri a partire dal 2013.

Se lei mi autorizza, depositerei l'elenco, visto che sono più di 50 e la lettura comporterebbe l'impiego di qualche minuto. Quindi, se mi autorizza, io lo deposito, e ovviamente mi auguro di ricevere a questo punto una risposta.

PRESIDENTE. Onorevole Oliaro, la autorizzo assolutamente a consegnarlo agli uffici.

Ha chiesto di parlare l'onorevole Di Battista. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO DI BATTISTA. Presidente, il 4 settembre scorso c'è stata una seduta delle Commissioni esteri e difesa congiunte durante la quale si è parlato del caso Regeni. È passata una decina di giorni e, nonostante la presenza di Gentiloni ieri al Copasir, del caso Regeni si parla sempre meno. Durante quell'audizione del Ministro degli affari esteri, Alfano, sono uscite delle cose incredibili: è uscito il fatto che probabilmente, secondo qualcuno, il reportage del New York Times nel quale c'è scritto che ci sono delle prove esplosive sul coinvolgimento dei servizi segreti egiziani sulla morte e la tortura di Regeni sia stato commissionato dai servizi segreti statunitensi; è uscito il fatto che probabilmente vi siano coinvolte delle lobby petrolifere straniere rispetto appunto alla morte di Regeni. Il Presidente della Commissione, Cicchitto, ha detto anche: non è la prima volta che un italiano in un certo senso viene ammazzato per ragioni economiche e ragioni di petrolio. Si riferiva ad Enrico Mattei, il presidente dell'ENI, ucciso, perché di omicidio si trattò. Tra l'altro, Buscetta, il boss che venne interrogato da Falcone, disse che probabilmente Enrico Mattei venne ammazzato da Cosa Nostra per fare un favore a degli stranieri. E il giornalista che indagava sul caso Mattei - se non sbaglio si chiamava Mauro De Mauro - venne fatto sparire - sempre secondo Buscetta - da Mimmo Teresi su ordine di Stefano Bontate, il capo della mafia di allora.

Queste sono notizie incredibili. Che il presidente della Commissione affari esteri possa dire che non è il primo caso di un italiano morto per colpire gli interessi italiani all'estero, è qualcosa di estremamente grave, appunto della partecipazione possibile di lobby petrolifere rispetto appunto all'omicidio Regeni. Oggi sappiamo per certo che chi ha ammazzato Regeni sono state parti di servizi segreti deviati egiziani. Quel che vogliamo sapere è chi sono i mandanti e per quale ragione è stato ammazzato. In virtù di questo, Presidente, e chiudo, come principale forza d'opposizione del Paese chiediamo la presenza del Premier Gentiloni qui in Aula, perché noi abbiamo il diritto di fare determinate domande in virtù di quel che è uscito dalla Commissione, e il Presidente Gentiloni ha il dovere di metterci la faccia qui in Parlamento e non soltanto in Copasir, e rispondere alle opposizioni e all'opinione pubblica (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Onorevole Di Battista, ovviamente io trasferirò alla Presidente della Camera la sua richiesta. Peraltro, c'è stata anche la Conferenza dei capigruppo, immagino che magari il tema sia stato anche posto in quell'occasione.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

  Giovedì 14 settembre 2017, alle 9:

1.  Seguito della discussione delle mozioni Carfagna, Lupi, Abrignani, Castiello, Cirielli, Chiarelli ed altri n. 1-01557, Brignone ed altri n. 1-01661, Silvia Giordano ed altri n. 1-01665, Gadda ed altri n. 1-01666, Vargiu ed altri n. 1-01667, Fossati ed altri n. 1-01669 e Vezzali ed altri n. 1-01689 concernenti iniziative in materia di raccolta e donazione dei farmaci non utilizzati.

2.  Seguito della discussione della proposta di legge:

S. 361 – D'INIZIATIVA DEI SENATORI: RANUCCI e PUGLISI: Modifiche al decreto legislativo 23 luglio 1999, n. 242, in materia di limiti al rinnovo dei mandati degli organi del Comitato olimpico nazionale italiano (CONI) e delle federazioni sportive nazionali, e al decreto legislativo 27 febbraio 2017, n. 43, in materia di limiti al rinnovo delle cariche nel Comitato italiano paralimpico (CIP), nelle federazioni sportive paralimpiche, nelle discipline sportive paralimpiche e negli enti di promozione sportiva paralimpica (Approvata dal Senato). (C. 3960-A)

Relatrice: COSCIA.

3.  Seguito della discussione delle mozioni Marcon, Duranti ed altri n. 1-01662 e Corda ed altri n. 1-01663 concernenti la situazione di crisi nello Yemen, con particolare riferimento all'emergenza umanitaria e all'esportazione di armi verso i Paesi coinvolti nel conflitto.

4.  Seguito della discussione delle mozioni Basilio ed altri n. 1-01081, Marcon ed altri n. 1-01673 e Gianluca Pini ed altri n. 1-01674 concernenti iniziative in materia di dislocazione, trasporto e acquisizione di armi nucleari in Italia.

5.  Seguito della discussione della proposta di legge:

ERMINI ed altri: Modifiche al codice penale e al codice di procedura penale, concernenti i delitti di frode patrimoniale in danno di soggetti vulnerabili e di circonvenzione di persona incapace. (C. 4130-A)

e delle abbinate proposte di legge: CIRIELLI ed altri; FUCCI; CAPARINI ed altri; FERRARESI ed altri. (C. 40-257-407-4362)

Relatore: ERMINI.

La seduta termina alle 19,35.

TESTI DEGLI INTERVENTI DI CUI È STATA AUTORIZZATA LA PUBBLICAZIONE IN CALCE AL RESOCONTO STENOGRAFICO DELLA SEDUTA ODIERNA: ALBRECHT PLANGGER (DOC. XVI-BIS, n. 11)

ALBRECHT PLANGGER. (Dichiarazione di voto finale – Doc. XVI-bis, n. 11). Riteniamo che l'indagine conoscitiva in merito sia stata una importante opportunità di analisi e di dialogo su un obiettivo fondamentale: operare e intervenire, sia politicamente che in sede legislativa, per favorire le ragioni di armonizzazione fra Stato e autonomie speciali, in una prospettiva che non può non essere federalista.

  Tale impegno a nostro giudizio è coerente con l'esigenza, certamente prioritaria, di avviare un procedimento di revisione costituzionale che consenta l'adeguamento e l'aggiornamento degli statuti speciali. Procedimento nel cui ambito non si potrà prescindere dal meccanismo pattizio, in ragione del pronunciamento della Corte costituzionale, secondo cui ciò costituisce un passaggio imprescindibile per modificare l'ordinamento degli enti ad autonomia speciale".

  Come Trentino-Alto Adige e Valle d'Aosta riteniamo certamente che il no al referendum sulla riforma della II parte della Costituzione abbia precluso obiettivi essenziali. In primo luogo la esigenza di giungere ad una organica riforma costituzionale.

  In secondo luogo una revisione, certamente ragionevole e dovuta, dei problemi determinati dalla riforma del titolo V nel 2001, ad esempio in ordine al federalismo fiscale. In questo contesto, ed è tema discusso nell'ambito dell'indagine conoscitiva, la non attuazione dell'articolo 11 di quella riforma, relativo alla composizione della Commissione affari regionali ed alla armonizzazione fra parlamentari e rappresentati degli enti locali, rimane un punto aperto, che dopo il referendum fallito, dev'essere chiuso con la massima celerità.

  Nel documento si conviene sull'esigenza di riconoscere una sede parlamentare di dibattito e confronto sulle questioni relative agli enti territoriali, in cui questi ultimi possano rappresentare le proprie esigenze e avanzare specifiche proposte, che consentano un più rapido ed efficace raggiungimento di posizioni condivise tra Stato centrale ed autonomie, una semplificazione del quadro dei relativi rapporti ed il superamento del contenzioso istituzionale.

  La commissione avrebbe tutte le competenze secondo art. 117 comma 3 e art. 119 della Costituzione e una competenza consultiva rinforzata.

  Auspichiamo che dopo l'approvazione in agosto dell'art. 15 bis nel decreto-legge Mezzogiorno — che recepisce almeno in parte le indicazioni contenute nella relazione — si possa arrivare in tempi ragionevoli ad una riforma dei regolamenti sia della Camera che del Senato, per consentire l'attivazione fin da subito di sinergie tra la Commissione parlamentare per le questioni regionali e i rappresentanti di Regioni ed Enti Locali.

  Per questo motivo le Minoranze Linguistiche voteranno a favore di questo parere.

TESTI DEGLI INTERVENTI DI CUI È STATA AUTORIZZATA LA PUBBLICAZIONE IN CALCE AL RESOCONTO STENOGRAFICO DELLA SEDUTA ODIERNA: SUSANNA CENNI (DOC. XXII-BIS, n. 9)

SUSANNA CENNI. (Dichiarazione di voto - Doc. XXII-bis, n. 9). Presidente, colleghi, la relazione che abbiamo discusso e che stiamo approvando è la conclusione di un intenso e ottimo lavoro svolto dalla commissione di inchiesta e dal suo relatore, Baruffi, che voglio nuovamente ringraziare. Una conclusione che già oggi richiederebbe ulteriori approfondimenti, aggiornamenti tanto è veloce l'evoluzione del fenomeno (secondo Indicam la contraffazione on line cresce ogni anno a livello mondiale del 15,6% con un costo per l'economia stimato in 1800 mld di dollari).

Una delle prime cose che abbiamo avuto chiare avviando i lavori delle numerosi indagini svolte in questi anni sul fenomeno della contraffazione è indubbiamente la capacità dell'"industria della contraffazione" di innovare la propria attività criminale, aggirare norme e regolamenti, infilarsi nelle pieghe del commercio, della produzione, delle libere. Ovunque, in modo trasversale. Con flessibilità, conoscenza, abilità.

Se questo agire vale per ogni settore produttivo, per il diritto di autore, per i prodotti della creatività la dimensione ed il luogo del commercio on line è per sua natura, per le sue peculiarità il contesto più difficile in cui individuare il reato, intervenire, stoppare, perseguire e soprattutto impedire che l'attività criminale ricominci il giorno dopo con un nuovo volto ed un nuovo nome. Cosi come è assai complesso regolare ed individuare la dimensione, la collocazione più utile, tecnicamente ed istituzionalmente, dell'attività normativa per la fisionomia del "luogo" in cui avviene la truffa: la rete.

Lo ha ricordato il Ministro Orlando durante una sua recente audizione "l'evoluzione tecnologica non solo amplifica la modalità di aggressione dei beni tutelati dalla contraffazione, ma rende rapidamente obsolete anche le stime tradizionali del fenomeno".

Già nei mesi passati, nella indagine sull'olio di oliva, quella sul calzaturiero, lo vedremo in quella sui farmaci, e in moltissime audizioni delle forze dell'ordine, dei magistrati, si chiariva quanto la rete, le vendite on line, rappresentassero uno strumento formidabile per veicolare merci contraffatte.

L'indagine che oggi licenziamo, ha visto lavorare a lungo il relatore, On Baruffi, che ringrazio per la serietà e la minuziosità che caratterizza il lavoro consegnato a questa Camera, e gli uffici della Commissione. Ancora una volta voglio sottolineare come, questo ci consenta un consenso unanime sulle conclusioni raggiunte.

Durante le numerosissime audizioni dei soggetti impegnati nell'attività di contrasto, di studio, dei grandi operatori e gestori di piattaforme on line, dei tecnici, abbiamo appreso ed ascoltato molto circa lo sforzo che è già posto in essere da tanti di loro, per restringere ed annullare gli spazi della truffa, dell'aggiramento, e contestualmente ci è stato reso più chiaro quando grande sia lo spazio, invisibile ai più, per aggirare nuovamente, regole, norme, buon senso, cittadini inconsapevoli.

Un ambito troppo vasto affinché le sole normative nazionali possano produrre efficacia, intangibile per combattere con gli strumenti tradizionali.

Sulla dimensione del fenomeno sono già stati ripresi numeri, cifre, ed io stessa ho già detto sopra, vale pero la pena di ricordare come il nostro Paese sia interessato dal fenomeno per più ragioni: anche se qui, in Italia, meno che altrove si ha l'abitudine di fare shopping on line, (solo il 3% del totale dell'e-commerce dell'Unione europea), il fenomeno è comunque in evoluzione e si tratta di un volume di affari in beni e servizi di circa 16 mld di euro, con 19 milioni di consumatori.

L'Italia è il secondo Paese al mondo, dopo gli Usa, per numero di prodotti contraffatti. Dove c'è qualità, dove ci sono eccellenze, peculiarità, li si concentra l'attività di contraffazione. Quel sogno, quel desiderio che giunge da luoghi del mondo più remoti di poter acquistare un prodotto made in Italy, una borsa o un capo di abbigliamento di uno stilista italiano, un grande vino, magari a prezzi incredibili diventa possibile attraverso i siti più strani, con declinazioni accattivanti, nomi che richiamano! Italian style, e in qualche caso con prodotti così ben fatti che la truffa diventa difficile da individuare anche dai produttori veri delle nostre produzioni di qualità. E' quindi evidente come il fenomeno ci riguardi.

Sappiamo quanto pesi sulla nostra economia (Censis: perdite per oltre 76,5 mld, 104.500 unità lavorative perse), sappiamo che i prodotti più contraffatti sono nella moda, nell'elettronica, famaci, agroalimentare.

Ma se nella contraffazione materiale, quella che arriva nei nostri porti con container, o nasce in qualche laboratorio territoriale, nei sottoscala, le tecniche di contrasto vengono affinate, nascono da indagini, collaborazione tra forze dell'ordine, sequestri di materiale, in questo campo la immaterialità dei mercati, della loro dimensione, delle transazioni, la transnazionalità dei traffici di merce, un quadro normativo poco omogeneo complica moltissimo la possibilità di intervento e la sua efficacia in un contesto già molto difficile per la complessità del fenomeno stesso.

La relazione rappresenta alla Camera in somma sintesi un insieme di casistiche assai complesso che va da semplici pagine di vendita di prodotti contraffatti inseriti in siti legali, ai falsi domini che evocano prodotti noti, (ricorderete la battaglia contro i domini che evocavano i vini italiani), ed ancora dall'uso illegittimo di marchi inseriti in messaggi pubblicitari che appaiono in piattaforme di larga consultazione, per giungere alle dark web che operano fuori dalla rete tradizionale, con valori di scambio alternativi, ed alle quali è complicatissimo arrivare con strumenti di indagine tradizionali.

Con quali strumenti si può intervenire? Indubbiamente prima di tutto con il maggior coordinamento possibile a livello internazionale, con strumenti coordinati e possibilmente con norme che comunicano tra loro

Troverete nella relazione un quadro dettagliato dei soggetti in campo, le audizioni dei giganti del web le esperienze di altri Paesi, a partire dagli Usa.

La relazione, come nostro dovere, visto che abbiamo il compito di consegnare materiali ma anche suggerire a Parlamento e Governo, possibili aggiornamenti di strumenti ed azioni, si conclude con indicazioni di lavoro che vengono consegnate a questa aula che tra pochi mesi terminerà il proprio lavoro, ed al Governo che può farne buon uso da subito nelle sedi internazionali. Perché quelle sedi, Europee ed internazionali sono quelle nelle cui agire.

La prima dimensione dell'impegno che serve non può infatti che essere una revisione delle normative sull'e-commerce in sede Europea, in grado di accrescere il livello di responsabilizzazione dei fornitori di servizi sulla rete.

Noi siamo consapevoli che questo tema: la responsabilizzazione da un lato, la possibilità quindi di intervenire, e la libertà di espressione dall'altro, viaggiano su un confine sottile, sul quale non e semplice normare, agire. Sappiamo che tutto ciò può generare limiti nello sviluppo dell'economia digitale, limiti che nessuno desidera in una fase nella quale, fare acquisti da casa, prenotare una vacanza, scaricare musica o video, valutare il prezzo di un capo di abbigliamento fanno parte del nostro comportamento, delle abitudini di molti italiani. Ma sappiamo altresì che il tema della responsabilizzazione dei grandi protagonisti del web, è un tema serissimo, già affrontato nelle norme sul cyberbullismo ecc. lo sono convinta che solo con un salto di qualità possiamo dare qualche garanzia in più ai consumatori, ai produttori, ed agli stessi gestori di siti, piattaforme, e di fronte a modifiche così veloci, una direttiva Europea che risale al 2000 appare difficilmente adeguata ai temi che stiamo discutendo.

E' evidente che si interviene efficacemente con una molteplicità di strumenti: Occorrono cittadini consumatori capaci di muoversi on line con strumenti ed informazioni adeguate, ma anche consapevoli del disvalore che c'è dietro a prodotti contraffatti (non solo per i rischi insiti in prodotti rischiosi), ne discuteremo prossimamente quando arriverà la relazione conclusa ad inizio agosto, ma e giusto far comprendere come con un banale acquisto poco oculato si possa contribuire a finanziare la criminalità organizzata. Servono procedure e programmi in grado di intercettare e prevenire la circolazione di beni e servizi contraffatti (Notice and stay dawn), non solo di intervenire dopo. Ne abbiamo parlato a lungo, sia durante gli incontri con alcune autorità europee, che con i grandi gestori del web. E' possibile ottenere risultati molto importanti con l'uso di algoritmi, sistemi di filtraggio capaci di individuare l'ingresso di prodotti contraffatti (ci hanno raccontato di molte esperienze costruite con alcune grandi firme della moda), ma tutto ciò è possibile solo se assumono una responsabilità più forte, certa, provider, siti, operatori, ecc. Sappiamo che esiste la possibilità di creare black list utili a bloccare la riapertura di nuovi profili per soggetti che sono già stati bloccati dalle autorità intervenute. Nell'ambito dell'azione preventiva, sono utili le certificazioni di qualità di siti e piattaforme di vendita on line, sulla base di accordi, protocolli, come quelli, importanti, stipulati dal nostro Governo con rilevanti piattaforme e mercati on line.

La relazione suggerisce molti altri ambiti di intervento che avrete ascoltato nella discussione generale, letto. Molti di questi scenari non appartengono alla categoria dell'impossibile, ci sono esperienze importanti che riguardano il nostro Paese (Carta Italia), e di carattere internazionale. Ci sono norme già in essere (l'art 18 del CI 70/2003) che vanno attuate ed attualizzate, ed altre che vanno proprio riviste (pensate all'anacronismo del marchio Siae nell'era del commercio on line di musica.)

Si può indubbiamente fare di più nella tutela del consumatore nelle transazioni elettroniche anche attuando la direttiva UE 2011/83 sui diritti del Consumatore.

Non è semplice ricondurre ad una unica, facile soluzione definitiva, ma io credo che l'indagine ci abbia consegnato un quadro che sarà prezioso sia per approfondire ulteriormente, sia per individuare un percorso di lavoro comune quantomeno con le autorità europee. Ed è ancora una volta lì, nel contesto comunitario che occorrerebbe uno scatto importante un input a coordinare attori, azioni, normative.

Qualche anno fa, quando abbiamo iniziato ad interrogarci sulla possibilità di avere un contributo fiscale anche nel nostro Paese dai giganti del web, ci siamo misurati con difficoltà, resistenze, l'oggettiva fragilità della dimensione nazionale di norme in materia. Poi pero qualcosa si è mosso, grazie all'insistenza di molti di noi, e non solo in Italia, e nella ultima manovra approvata in commissione bilancio e poi in aula per la prima volta, con tutti i limiti insiti in una ricerca di accordo volontario, ma, abbiamo normato. Lo abbiamo fatto con consapevolezza, con la ricerca di collaborazione. Oggi il tema è con più forza nuovamente all'ordine del giorno del dibattito internazionale, e le basi per una nuova imposizione fiscale vengono studiate e ricercate anche grazie all'Italia.

Ecco, io credo che per alcuni aspetti dovremo muoverci nello stesso modo.

Abbiamo ascoltato soggetti importati, con quali il nostro Governo ha già stipulato importanti accordi, che consentiranno a molti nostri prodotti di giungere in mercati nuovi, appetibili, impossibili da raggiungere attraverso i normali strumenti della promozione internazionale. Abbiamo apprezzato gli strumenti di filtraggio, di individuazione di blocco di prodotti che vengono intercettati, di garanzia verso i consumatori.

Crediamo che sia possibile fare ancora di meglio, ed auspichiamo che si possa inaugurare una stagione di globalizzazione, forse più equa di quella dei soli mercati, importante come quella della conoscenza, della circolazione delle informazioni, ecco diciamo che vorremmo contribuire ad inaugurare una stagione che veda la globalizzazione anche delle responsabilità e della responsabilizzazione di chi nella globalizzazione opera e fa reddito.

Queste alcune delle ragioni per la quali annuncio il voto convintamente favorevole del gruppo del Partito Democratico.

SEGNALAZIONI RELATIVE ALLE VOTAZIONI EFFETTUATE NEL CORSO DELLA SEDUTA

  Nel corso della seduta sono pervenute le seguenti segnalazioni in ordine a votazioni qualificate effettuate mediante procedimento elettronico (vedi Elenchi seguenti):

  nella votazione n. 1 la deputata Faenzi ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto favorevole;

  nella votazione n. 7 il deputato Prataviera ha segnalato che si è erroneamente astenuto mentre avrebbe voluto votare contro;

  nella votazione n. 17 la deputata Bergamini ha segnalato che non è riuscita ad astenersi dal voto.

VOTAZIONI QUALIFICATE EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 2 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 13)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nominale Doc. XVI-bis, n. 11 - Ris. 6-00335 418 279 139 140 278 1 78 Appr.
2 Nominale Doc. XXII-bis, n. 9 - Ris. 6-00337 441 430 11 216 423 7 74 Appr.
3 Nominale Moz. Rampelli e a 1-1582 n.f. p.I 448 430 18 216 195 235 80 Resp.
4 Nominale Moz. Rampelli e a 1-1582 n.f. p.II rif. 449 440 9 221 440 0 80 Appr.
5 Nominale Moz.Rampelli e a 1-1582 n.f. p.III 450 443 7 222 217 226 79 Resp.
6 Nominale Moz. Allasia e a 1-1549 n.f. p.I 450 403 47 202 170 233 79 Resp.
7 Nominale Moz. Donati e a n. 1-1542 p.I rif. 452 450 2 226 291 159 79 Appr.
8 Nominale Moz. Donati e a n. 1-1542 p.II 449 446 3 224 387 59 79 Appr.
9 Nominale Moz. Della Valle e a n. 1-1565 p.I 454 449 5 225 217 232 78 Resp.
10 Nominale Moz.Laffranco e a 1-1610 n.f. p.I 454 449 5 225 218 231 78 Resp.
11 Nominale Moz.Ricciatti e a 1-1641u.n.f. p.I 451 447 4 224 216 231 78 Resp.
12 Nominale Moz.Ricciatti e a 1-1641u.n.f p.II rif. 452 443 9 222 442 1 78 Appr.
13 Nominale Moz.Ricciatti e a 1-1641u.n.f pIII 444 395 49 198 392 3 78 Appr.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M = Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui é mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi é premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.

INDICE ELENCO N. 2 DI 2 (VOTAZIONI DAL N. 14 AL N. 21)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
14 Nominale Moz. Abrignani e a n. 1-1672 p.I 450 413 37 207 182 231 78 Resp.
15 Nominale Moz. Abrignani e a n. 1-1672 p.II 449 445 4 223 445 0 77 Appr.
16 Nominale Moz. Abrignani e a n. 1-1672 p.III 451 447 4 224 216 231 77 Resp.
17 Nominale Moz. Vignali e a n. 1-1684 p.I rif. 452 378 74 190 296 82 77 Appr.
18 Nominale Moz. Vignali e a n. 1-1684 p.II 451 397 54 199 395 2 77 Appr.
19 Nominale Moz. Fassina e a n. 1-1688 p.I 448 431 17 216 201 230 77 Resp.
20 Nominale Moz. Galgano e a n. 1-1690 p.I rif. 441 411 30 206 332 79 77 Appr.
21 Nominale Moz. Galgano e a n. 1-1690 p.II 447 411 36 206 330 81 77 Appr.