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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 827 di mercoledì 5 luglio 2017

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE LUIGI DI MAIO

La seduta comincia alle 9,30.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito la deputata segretaria a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

ANNA MARGHERITA MIOTTO, Segretaria, legge il processo verbale della seduta di ieri.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

  (È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Alfreider, Baretta, Caparini, Causin, Antimo Cesaro, Chaouki, Costa, Dambruoso, Dellai, Epifani, Fedriga, Fico, Fontanelli, Giorgis, Laforgia, Manciulli, Marcon, Antonio Martino, Merlo, Monchiero, Pes, Piccoli Nardelli, Piepoli, Pisicchio, Portas, Rampelli, Rossomando, Sani, Sottanelli e Valeria Valente sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.

I deputati in missione sono complessivamente centoventiquattro, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 9,34).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento. Sospendo pertanto la seduta, che riprenderà alle ore 10.

La seduta, sospesa alle 9,35, è ripresa alle 10,04.

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE LAURA BOLDRINI

Seguito della discussione della proposta di legge: S. 10-362-388-395-849-874-B - D'iniziativa dei senatori: Manconi ed altri; Casson ed altri; Barani; De Petris e De Cristofaro; Buccarella ed altri; Torrisi: Introduzione del delitto di tortura nell'ordinamento italiano (Approvata in un testo unificato dal Senato modificata dalla Camera e nuovamente modificata dal Senato) (A.C. 2168-B).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione della proposta di legge, già approvata, in un testo unificato, dal Senato, modificata dalla Camera e nuovamente modificata dal Senato n. 2168-B: Introduzione del delitto di tortura nell'ordinamento italiano.

Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi per il seguito della discussione è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (Vedi calendario).

Ricordo che nella seduta del 26 giugno si è conclusa la discussione sulle linee generali e il rappresentante del Governo è intervenuto in sede di replica, mentre i relatori vi hanno rinunziato.

(Esame degli articoli - A.C. 2168-B)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli articoli della proposta di legge e degli emendamenti presentati.

Le Commissioni I (Affari costituzionali) e V (Bilancio) hanno espresso i prescritti pareri (Vedi l'allegato A), che sono in distribuzione.

Avverto che, a norma dell'articolo 70, comma 2, del Regolamento, non saranno posti in votazione gli articoli 2, 5 e 6, in quanto non modificati dal Senato.

Sempre ai sensi dell'articolo 70, comma 2, del Regolamento, non sono pubblicati nel fascicolo gli emendamenti presentati direttamente in Assemblea non riferiti a parti modificate dal Senato o non conseguenti rispetto a tali modifiche.

Informo l'Assemblea che, in relazione al numero di emendamenti presentati, la Presidenza applicherà l'articolo 85-bis del Regolamento, procedendo in particolare a votazioni per principio o riassuntive, ai sensi dell'articolo 85, comma 8, ultimo periodo, ferma restando l'applicazione dell'ordinario regime delle preclusioni e delle votazioni a scalare.

A tal fine, il gruppo Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale è stato invitato a segnalare gli emendamenti da porre comunque in votazione.

(Esame dell'articolo 1 - A.C. 2168-B)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 1 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A).

Ha chiesto di intervenire sul complesso degli emendamenti la deputata Michela Marzano. Ne ha facoltà.

MICHELA MARZANO. Grazie, signora Presidente. La tortura è senz'altro una delle violazioni più gravi dei diritti umani, una delle violazioni più abominevoli. Dietro il dibattito che da anni accompagna il tentativo in Italia di introdurre questa fattispecie di reato, in realtà si esprime una vera e propria concezione, la concezione che noi abbiamo dell'essere umano. Che valore vogliamo dare all'essere umano? Possiamo immaginare che l'essere umano possa avere un valore puramente strumentale oppure dobbiamo - come io credo - riconoscere a ogni essere umano, indipendentemente da come si comporta, un valore intrinseco? Non dobbiamo, noi tutti, rispettare l'intrinseca dignità di ognuno? Ma, se dobbiamo rispettare l'intrinseca dignità di ognuno, come ci si può lasciare andare a un delitto efferato, come si può permettere il perpetrare di atti di tortura?

Il nostro Paese lo ha riconosciuto, lo ha riconosciuto nel 1988, ratificando la Convenzione di New York del 1984. Da allora, però, sono passati trent'anni, trent'anni di impunità per chi quegli atti li commette e li ha compiuti. Senza il reato di tortura, signora Presidente, non solo resta impunito chi quegli atti li commette, ma non si possono nemmeno perseguire atti di tortura perpetrati all'estero ai danni dei cittadini italiani. Ricordiamo, recentemente, il dramma di Giulio Regeni: forse, se ci fosse stato il reato di tortura, l'Italia avrebbe avuto un'autorevolezza morale e giuridica che forse non ha avuto.

Allora, credo che poi sia inutile manifestare, partecipare e comunicare il proprio dolore alla madre di Giulio Regeni, quando poi non si fa nulla o si fa molto poco per dare valore morale e giuridico alla posizione dell'Italia. Bene, quindi, introdurre nel nostro ordinamento la fattispecie della tortura; è urgente ed è necessario.

Come si sta introducendo, però, questa fattispecie? Come la stiamo introducendo? La stiamo determinando, la stiamo qualificando in maniera adeguata oppure, come è stato sottolineato, scritto, ripetuto da illustri penalisti italiani, mi limito a nominare Vladimiro Zagrebelsky, ma anche Tullio Padovani, che, commentando la norma così come è uscita dal Senato, hanno detto, hanno scritto, hanno ripetuto: si tratta di un'informe creatura giuridica. Ecco, io penso…

PRESIDENTE. La invito a concludere.

MICHELA MARZANO. Sì, concludo, riprenderò poi la parola successivamente in dichiarazione di voto, avendo soltanto un minuto, ma mi limito a concludere dicendo: stiamo attenti, è necessario introdurre questo reato, è, forse, necessario votarlo oggi ed evitare che ritorni al Senato perché si impantani poi la norma, ma, lo ripeto, un'informe creatura giuridica. È per questo che vorrei firmare tutti gli emendamenti a prima firma Ferraresi, a prima firma Andrea Maestri e a prima firma…

PRESIDENTE. Grazie, deputata Marzano.

Se nessun altro chiede di intervenire sul complesso degli emendamenti, invito i relatori e poi il rappresentante del Governo ad esprimere il parere agli emendamenti riferiti all'articolo 1.

FRANCO VAZIO, Relatore per la maggioranza. Presidente, sarò molto rapido: per tutti gli emendamenti presentati all'articolo 1, invito al ritiro o parere contrario.

PRESIDENTE. Il relatore di minoranza?

VITTORIO FERRARESI, Relatore di minoranza. Grazie, Presidente. Sull'emendamento 1.70 Sisto parere contrario, 1.13 Daniele Farina parere favorevole, 1.6 Ferraresi parere favorevole, 1.7 Ferraresi parere favorevole, 1.71 Sisto parere contrario, 1.8 Ferraresi parere favorevole, 1.62 Cirielli parere contrario, 1.60 Cirielli parere contrario, 1.9 Ferraresi parere favorevole, 1.61 Cirielli parere contrario, 1.78 Sisto parere contrario, 1.10 Ferraresi parere favorevole, 1.14 Andrea Maestri parere favorevole, 1.77 Sisto parere contrario, 1.50 Molteni parere contrario, 1.15 Daniele Farina parere favorevole, 1.51 Molteni parere contrario, 1.52 Molteni parere contrario, 1.53 Molteni parere contrario, 1.11 Ferraresi parere favorevole, 1.72 Sisto parere contrario, 1.54 Molteni parere contrario, identici 1.12 Ferraresi e 1.16 Daniele Farina parere favorevole, 1.76 Sisto parere contrario, 1.75 Sisto parere contrario, 1.17 Andrea Maestri parere favorevole, articolo aggiuntivo 1.02 Ferraresi parere favorevole.

PRESIDENTE. Sottosegretario Migliore?

GENNARO MIGLIORE, Sottosegretario di Stato per la Giustizia. Grazie, Presidente. I pareri sugli emendamenti sono conformi a quelli resi dal relatore per la maggioranza.

PRESIDENTE. Passiamo all'emendamento all'1.70 Sisto, su cui c'è un invito al ritiro o parere contrario di Commissione e Governo.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Cirielli. Ne ha facoltà.

EDMONDO CIRIELLI. Rapidamente, questo primo emendamento del collega Sisto, che noi, come Fratelli d'Italia, sottoscriviamo, ci consente già di chiarire la natura erronea e falsata della visione da parte non soltanto delle forze governative di maggioranza, ma anche della sinistra DOC e dell'ultrasinistra dei 5 Stelle antagonista; come l'introduzione del reato di tortura cerchi di far passare in via sviata, a fronte di una parola che etimologicamente è chiara e condivisa, un concetto estraneo in parte alla Convenzione di New York, ma anche estraneo al significato etimologico stesso, come ho detto.

Le due manifestazioni che mi consentono di fare questo chiarimento sono messe in luce dall'emendamento del collega Sisto, innanzitutto perché non viene rispettata la Convenzione di New York, che usa chiaramente l'avverbio “intenzionalmente”, cioè le violenze e le minacce devono intenzionalmente voler provocare gravi e acute sofferenze fisiche e mentali. È importante, perché questo aspetto configura e differenzia una violenza qualunque a fronte di una tortura.

Aggiungo: oggi il nostro codice già punisce le violenze di chiunque, e le punisce in maniera aggravata, con una pena di un terzo in più, se vengono commesse dagli appartenenti alle forze dell'ordine. Aggiungo: questi appartenenti alle forze dell'ordine vengono anche sottoposti a un procedimento di disciplina, che può portare anche al licenziamento nel caso abusino del loro potere, facendo delle violenze, come è giusto che sia e come è giusto che il codice preveda.

Ma, l'altro aspetto parallelo: la sproporzione messa in campo dalle pene che voi avete inserito rende questa norma pazzesca, nel senso che voi prevedete, nel caso un pubblico ufficiale commetta non una tortura, ma queste violenze, neanche intenzionalmente dirette a provocare acute e gravi sofferenze per ottenere estorsioni o fare punizioni al di fuori di quello che è previsto dalla legge, che le stesse vengano punite con la pena da cinque a dodici anni, e, nel caso si procuri una lesione (quindi, anche un occhio nero oppure la persona va in ospedale e si fa refertare con un giorno), la pena passa da sette a sedici anni. Allora, per chiarire, in Italia la violenza sessuale ha una pena da cinque a dieci anni.

Per uno schiaffo o più schiaffi, che, sbagliando, abusando del suo potere, un appartenente alle forze dell'ordine dà a un delinquente, voi prevedete minimo cinque anni fino a dodici; per la rapina la pena è da tre a dieci anni, inferiore a una violenza reiterata. Per il tentato omicidio la pena è quattordici anni; nel caso che, con queste reiterate violenze, il delinquente riporti un giorno di guarigione, la vostra pena è da sette a sedici anni. La pena per lesione gravissima, visto che siamo in tema, oggi è di moda da parte di delinquenti incalliti buttare acido in faccia, magari, all'ex moglie o alla moglie che lo ha tradito o che teme o che pensa che l'abbia tradito, in quel caso la pena è da sei a dodici anni; voi, per un appartenente alle forze dell'ordine che dà qualche schiaffo, sbagliando, a un delinquente, prevedete una pena da sette a sedici anni. L'omicidio preterintenzionale è punito da dieci a diciotto anni; voi prevedete trent'anni minimo. Questo dimostra l'atteggiamento punitivo vergognoso nei confronti delle forze dell'ordine.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Sisto. Ne ha facoltà.

FRANCESCO PAOLO SISTO. Grazie, Presidente. Noi ci illudiamo che ogni volta dalla Commissione giustizia si sia raggiunto il massimo, e invece non c'è mai limite; non c'è mai limite in questa legislatura ad una parodia del diritto penale, perché il diritto penale diventa un luogo di esercitazione bellica per l'incremento di sanzioni, con un principio, che è quello dell'horror vacui, che io pensavo, come dicevo l'altro giorno rivolgendomi al Ministro Franceschini, che fosse soltanto degli artisti dei vasi della Magna Grecia, cioè riempire assolutamente il quadro di tutto quello che è possibile per dare un'idea di pieno, ma veramente non c'è mai limite.

Infatti, questa legislatura è caratterizzata da questa incredibile voglia di riempire il codice penale di fattispecie, di incrementare le sanzioni, come se restituire ai pubblici ministeri e alla polizia giudiziaria il pallino della giustizia fosse la soluzione a quelli che sono, invece, problemi molto più gravi, e che afferiscono più alle strutture che alle indagini. Cioè, qui stiamo tornando ad un sistema assolutamente poliziesco, con un'aggravante in questo caso, perché si vuole sostanzialmente creare un clima poliziesco all'interno delle forze dell'ordine.

Il dato è di una gravità assoluta sul piano metodologico e politico, ma è grave sul piano del metodo tecnico. E, Presidente, siamo proprio convinti che più norme, più diritto penale, più sanzioni sia più Stato? Io penso esattamente il contrario, ma non sono io, sono le statistiche: pensate all'omicidio stradale, dove abbiamo decuplicato le pene, intensificato tutto quello che c'era da intensificare, e gli omicidi stradali non sono diminuiti. Non sono diminuiti, a dimostrazione che queste terapie sono terapie folli, e semplicemente destinate ad avere il consenso di determinate fasce! Diritto penale del consenso, questo voi portate avanti, non un diritto penale sistematico.

Ma, Presidente, se noi volessimo per un solo attimo pensare al principio di specialità, questa norma non è una norma speciale: è una norma inutilmente speciale, perché serve soltanto a creare confusione all'interno delle forze dell'ordine, e a non chiarire che vi è una netta distinzione fra l'adempimento del proprio dovere e il rischio dell'adempimento del proprio dovere. Noi andiamo incontro ad un adempimento difensivo, esattamente come la medicina difensiva! Le nostre forze dell'ordine oggi avranno paura di essere adempienti, con una norma così generica.

Questo emendamento cerca di dire esattamente il contrario, cioè sanziona la tortura finalizzata all'ottenimento di informazioni. Siamo di fronte ad un atteggiamento certo specifico, speciale, cari colleghi della Commissione giustizia: conoscete questa parola, specialità, o l'avete dimenticata, in nome di un diritto penale carico di misure e carico di sanzioni? Da un lato, si allungano i termini di prescrizione, perché incrementando la sanzione l'articolo 111 viene mortificato: questo è l'effetto! Sanzioni sempre più pesanti, fine processo mai! Questo è l'altro effetto. Noi le cambieremo, perché, Presidente, non è possibile assistere a questo massacro del diritto penale.

Ma, nel caso di specie, qual è il rischio che noi dobbiamo esorcizzare? E la nostra battaglia sugli emendamenti sarà finalizzata alla tutela dell'adempimento delle forze dell'ordine ragionevole. Evitare che vi sia, da parte di chi denuncia condotte sintonizzate a queste norme, l'abuso del diritto per paralizzare la legittimità dell'adempimento. Perché a questo arriveremo: il timore di essere denunciati tout court per qualsivoglia generico atteggiamento invasivo, legittimamente invasivo, significherà, da un lato, solleticare la denuncia, dall'altro inibire l'adempimento. È questo che voi volete? Cioè, volete per ragioni politiche e di mera bandiera paralizzare ulteriormente l'efficienza dalla nostra Polizia giudiziaria?

Noi di Forza Italia difenderemo l'adempimento delle forze dell'ordine, lo difenderemo ragionevolmente, invocando una norma che possa avere i caratteri della specialità e che sia posta a sanzionare efficacemente non con queste pillole megagalattiche di sanzioni, con questa cura massiccia di antibiotici pieni di anni e anni di reclusione, ma specificando le condotte e individuando esattamente quello che merita di essere sanzionato.

Voteremo a favore di questo emendamento e degli altri, che hanno un solo scopo: sintonizzare la richiesta di una specificità di condotte al sistema del diritto penale.

FRANCO VAZIO, Relatore per la maggioranza. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FRANCO VAZIO, Relatore per la maggioranza. Presidente, mi sembra veramente suggestivo, e anche surreale, ascoltare gli interventi che si sono succeduti in queste prime battute dell'esame di questo provvedimento, perché equiparare il reato di tortura ad un reato comune, quando viene definito dagli organismi internazionali come un crimine contro l'umanità, è una cosa che fa un po' rabbrividire. E anche, nello stesso tempo, sentire che non c'è la fretta di approcciare un reato di questa natura, quando risale al 1988 la ratifica della Convenzione delle Nazioni Unite del 1984, è una cosa che fa un po' pensare.

Credo che debba essere respinta con grande forza anche la tesi che questa sia una legge contro le forze di polizia, o comunque una legge che non punisca invece degli abusi gravi.

Da un lato diciamo subito, e credo che vada immediatamente chiarito, che non qualsiasi atto di violenza integra il reato di tortura, ma viene definito con chiarezza dal testo in esame oggi; e dall'altro diciamo, con altrettanta nettezza, che i pubblici ufficiali non verranno puniti se danno uno schiaffo a qualcheduno per la strada, perché il presupposto per la punizione di un pubblico ufficiale è anche l'abuso dei poteri o la violazione dei doveri inerenti alla funzione e al servizio. E allora, quando la Corte di giustizia europea definisce i fatti della Diaz come fatti inumani e degradanti, io credo che oggi possiamo dire che quei fatti, se anche sono integrati da un solo atto di violenza o da una sola minaccia, con questo articolato saranno certamente puniti, perché i fatti degradanti e inumani integrano questa fattispecie penale perché è un reato grave, perché è un crimine contro l'umanità! Questo è il fatto.

Quindi richiamare ed evocare crimini comuni o fatti qualunque per definire questo articolato, credo non faccia giustizia al lavoro che è stato svolto già in seconda lettura dalla Camera dei deputati, dalla Commissione giustizia, e quindi poi dal Senato. Certamente possiamo avere opinioni differenti su alcune sfumature, ma dobbiamo non ingannare noi stessi quando diciamo che i trattamenti inumani e degradanti saranno puniti come tortura; e allo stesso tempo non possiamo dire che un poliziotto che dà uno schiaffo sarà punito con la pena dei 18 anni. I poliziotti saranno puniti solo se tortureranno le proprie vittime, e credo che questo risponda ad un criterio che è quello che ci richiede e a cui ci richiama la Convenzione delle Nazioni Unite (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Molteni. Ne ha facoltà.

NICOLA MOLTENI. Presidente, io invito la Camera a rivolgere un'attenzione particolare su questo disegno di legge, disegno di legge che ormai da anni è oggetto di discussioni tanto alla Camera quanto al Senato. Un disegno di legge che nasce sotto l'attenzione e la lente di ingrandimento da parte dell'opinione pubblica, come se ormai il quotidiano la Repubblica dettasse l'agenda parlamentare: è uno di quei temi che il quotidiano ha inserito tra quelli che dovrebbero essere approvati.

Io credo che un Parlamento serio approva dei disegni di legge, delle proposte di legge esattamente nel momento in cui le proposte di legge che vengono presentate alla Camera hanno un senso, hanno un'opportunità di approvazione, e soprattutto hanno una stesura del testo che sia chiara e lineare.

Ecco, oggi noi trattiamo di un tema, un tema estremamente delicato qual è il tema della tortura. Chi è contrario alla sanzione della tortura? Nessuno: nessuna persona di assoluto buonsenso può dirsi contraria al fatto che chi compie un atteggiamento di tortura inumano e degradante possa non essere sanzionato. Qui però stiamo parlando di un'altra cosa, cioè dell'introduzione nel codice penale del nostro Paese di una fattispecie di reato. E questo lo dico a fronte del fatto che spesso e volentieri a noi al gruppo parlamentare della Lega è stata mossa l'accusa di introdurre in maniera disinvolta fattispecie di reato unicamente per introdurre nuove sanzioni penali, e questa cosa ci viene riportata ciclicamente all'attenzione.

Oggi noi vediamo che questo stesso atteggiamento viene introdotto da chi quelle accuse le ha mosse in maniera sistematica; a fronte di un dibattito, quello sulla tortura, che sta spaccando il Paese, Presidente: non tanto il tema della tortura, quanto il disegno di legge che oggi viene approvato, perché esattamente coloro i quali del 2013 (mi riferisco al senatore Manconi) hanno presentato la proposta legge, che ovviamente noi non condividevamo e non condividiamo, sono i più acerrimi nemici e i più acerrimi contestatori di questa proposta di legge.

Stiamo portando in votazione e in approvazione alla Camera un disegno di legge che trova la contrarietà sostanzialmente unanime, come credo mai sia riuscito ad accadere. C'è la contrarietà di una parte della sinistra, c'è la contrarietà da parte della destra, c'è una contrarietà da parte delle forze di polizia; e spenderò qua una parola sulle forze dell'ordine, che credo all'interno di questo Parlamento debbano essere non demonizzate, bensì difese. C'è la contrarietà da parte di una fetta importante e autorevole della magistratura del nostro Paese, che chiede alla maggioranza e al Governo e al relatore di fare un passo indietro e di riflettere sul reato che si sta per introdurre. C'è una contestazione durissima da parte della avvocatura, e c'è una contestazione complessiva da parte dell'opinione pubblica.

Quindi, io credo che serva un momento di riflessione. Approvare una legge tanto per approvare una legge, tanto per piantare una bandierina ideologica e demagogica, su un tema tanto delicato che va a toccare i diritti civili e i diritti umani, credo non sia cosa buona ed opportuna.

Credo che da questo Parlamento debba uscire una voce unanime e convinta a difesa della dignità della forza di polizia, perché anche dall'approvazione di questo disegno di legge, in modo particolare con l'aggravante, in modo particolare con le sanzioni che vengono comminate, vi è il rischio di mettere le manette alle forze dell'ordine, un rischio presente e permanente.

Credo che un partito, il Partito dell'antipolizia da cui nasce questa proposta di legge, volesse evidentemente andare esattamente in questa direzione.

Stiamo parlando di un disegno di legge che è ambiguo, che è confuso, che crea caos giurisprudenziale, che crea caos giuridico, che lascia all'interpretazione soggettiva arbitraria e discrezionale del magistrato la valutazione di alcuni elementi di condotta di coloro i quali saranno sanzionati con questo reato.

Ma credo, soprattutto, che debba emergere in maniera chiara una parola a difesa dalle forze dell'ordine. Penso che se noi mettiamo assieme tutta una serie di provvedimenti che sono stati approvati, che rischiano di essere approvati, o che la maggioranza e il Governo vorrebbero approvare (penso al reato di tortura, penso alle nuove regole di ingaggio per le manifestazioni pubbliche, penso alla volontà di introdurre – e vado a concludere - i numeri identificativi sulle difese delle forze di polizia che esporrebbe il poliziotto a denuncia pretestuosa da parte del criminale, penso ai tagli sulle forze dell'ordine, penso al tema degli straordinari)…ecco penso che questo provvedimento va a inserirsi in quel novero di provvedimenti, che non sanciscono e riaffermano la dignità del poliziotto. Il poliziotto, Presidente, se sbaglia paga, il poliziotto che sbaglia deve pagare proprio per la funzione e per la divisa che ricopre. Però credo che questo disegno di legge meriti una riflessione ulteriore e mi auguro che coloro i quali non condividono questo disegno di legge perché è troppo soft abbiano il coraggio di far sentire la propria voce in questo che è l'ultimo passaggio parlamentare utile e disponibile (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie-Lega dei Popoli-Noi con Salvini).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Mazziotti Di Celso. Ne ha facoltà.

ANDREA MAZZIOTTI DI CELSO. Grazie, signora Presidente. Onorevoli colleghi, devo dire che l'emendamento Sisto, che in buona parte reintroduce il testo che era stato approvato alla Camera nella lettura precedente, è un'occasione per sottolineare come questa proposta di legge sia stata una vittima della situazione assurda del nostro attuale bicameralismo, nel senso che quasi tutti i gruppi si sono comportati in maniera differente tra Camera e Senato, proponendo cose diverse, dicendo cose diverse, con motivazioni diverse e arrivando a votare dei testi diversi. Ciò è abbastanza interessante e invito tutti a guardarsi i resoconti per vedere quello che è successo.

Però, esiste un dato di fatto: noi stiamo parlando di una fattispecie di reato che ci viene richiesta da una Convenzione internazionale. Ci viene richiesta in una forma che non è il massimo, ma è sicuramente abbastanza chiara; il testo della Convenzione di New York è un testo abbastanza comprensibile. Su questo si sono scatenati tutti i colleghi, sia qui, sia al Senato, nell'apportare modifiche e integrazioni, ognuno con un'impostazione ideologica e politica partendo dal presupposto “tutti vogliamo punire la tortura, ma”, e lì si arrivati a un testo, quello del Senato che arriva oggi, che ha dell'assurdo nel suo contenuto.

Io anticipo il fatto che come gruppo ci asterremo su questo provvedimento, ma voglio anche sottolineare che così come è assurdo quello che è stato scritto in questo testo, è assurdo che si sia fatta una guerra al Senato per dire, e parlo ai colleghi del centrodestra, bisogna inserire anche gli altri non solo i pubblici ufficiali, come se inserire i reati di tortura per i soggetti diversi pubblici ufficiali, che con la Convenzione di New York non c'entrano niente, fosse una cosa a tutela della polizia.

Non è che ai poliziotti cambia molto se viene punito con questo reato un torturatore, ma è stato un altro modo per incasinare le norme, perché si doveva parlare di quello di cui parla la Convenzione. Si doveva evitare l'atteggiamento che c'è stato al Senato che è stato quello di dire “ma siamo più bravi noi, il primo testo funzionava molto meglio, l'hanno corretto, rifacciamolo come prima”. Ora, sarebbe normale che i partiti, richiamando il ruolo dei partiti, mettano insieme le Commissioni, i membri di Commissione, su temi così delicati, fuori dal Parlamento - lo dico chiaramente - per poi adottare posizioni in Parlamento, perché è ridicolo leggere che qualcuno dice che - parlo della maggioranza, ma anche dell'opposizione, perché ci sono stati atteggiamenti analoghi - il testo fatto di là è tutto sbagliato.

Ma una telefonata in fase di Commissione? È un modo di lavorare folle, ma che non giustifica il fatto di approvare una norma solo perché bisogna avere in vigore il reato di tortura. Ecco, io credo che noi abbiamo fatto una discussione identica la scorsa settimana sul tema della concorrenza, che ha un impatto ben minore, e ci si è detto “no, no, tre piccole modifiche e torniamo subito al Senato”. Per una norma penale di questa importanza, in cui c'è un appello firmato da Zagrebelsky e da altri per rivedere il testo, ci sono molti che dicono “non si capisce cosa dice”, incluso il sottoscritto e ci tornerò in dichiarazione di voto, in cui ci sono norme invece che sono di una severità assurda e incostituzionale come la nostra Commissione ha sottolineato venendo ignorata dal Parlamento, ecco in questa situazione, io credo che sia fondamentale un ripensamento. Un ripensamento perché non è pensabile che ci siano sanzioni come i trent'anni quando la conseguenza non voluta sia la morte, equiparata al sequestro di persona (sono condotte molto diverse tra loro dove serviva una proporzionalità). Il testo basta leggerlo per capire che è di una confusione totale, perché si ignorano le immunità. C'è una serie di ragioni per cui questo testo va rivisto.

Noi voteremo contro gli emendamenti, perché non pensiamo che in questa situazione si possa lavorare a colpi di emendamenti per aggiustare il testo, spetterebbe e spetta ai relatori questo ruolo di rimettere il testo in condizioni decenti e normali. Io credo che nel penale il concetto “il meglio è nemico del bene” non valga, nel penale le norme vanno fatte bene (Applausi dei deputati del gruppo Civici e Innovatori e di deputati del gruppo Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente), senza alcuna deroga sotto questo aspetto.

Quindi, noi ci asterremo, solo per anticipare, e voteremo contro questo e altri emendamenti perché credo che questo emendamento sia un emendamento ping pong in cui la Camera dice al Senato “no, siamo stati più bravi noi”; il Senato ha detto la stessa cosa. Io credo che i partiti, coloro che svolgono un ruolo nei partiti, avrebbero il compito di assicurare un coordinamento tra le due Camere, perché altrimenti il bicameralismo non è perfetto, ma è un bicameralismo autonomo dove ognuna delle Camere fa quello che gli pare (Applausi dei deputati del gruppo Civici e Innovatori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Daniele Farina. Ne ha facoltà.

DANIELE FARINA. Grazie, Presidente. Tranquillizzi il collega Molteni che la voce di chi da sinistra reputa questo un cattivo provvedimento la sentirà, eccome, anche perché ho l'impressione, ascoltando i primi interventi dei colleghi del centrodestra, che stiamo parlando di un testo diverso da quello al nostro esame, forse di una precedente versione, certamente non di quello trasmessoci dopo l'ultima modifica del Senato.

Continui a tranquillizzare i colleghi che questo reato, così come è congegnato, non soltanto non sarà punitivo rispetto alle forze dell'ordine qualora esercitassero il delitto di tortura, ma non si applicherà a nessuno essenzialmente, certamente non a quel “chiunque”, reato comune, in cui abbiamo trasformato il dettame della Convenzione del 1984 da noi ratificata quattro anni dopo.

Sostanzialmente, si configura una sorta di reato impossibile. In questo senso, non lo dico io, si sono espressi i giuristi, si sono espressi magistrati, quelli ad esempio delle inchieste di Genova, del G8 di Genova 2001, si sono espressi pezzi del mondo associativo, tutto il mondo associativo. Le voci contrarie sono solo quelle della politica, di una parte della politica, che ha deciso di usare il tema del delitto introdotto e del reato punitivo contro le forze dell'ordine come un meccanismo di cassetta sostanzialmente. I colleghi del centrodestra, in realtà, sanno benissimo che così il reato – ripeto - è impossibile.

Allora, perché, dopo tutti questi anni, assistiamo addirittura ad un'inversione dei ruoli? Coloro che hanno passato la legislatura ad introdurre nuove fattispecie penali, ad invocare un incremento del minimo e del massimo edittale delle pene, una legislatura passata così, senza alcun riferimento all'efficacia di quelle pene in relazione alla frequenza e ai reati (cioè nessuna), improvvisamente costoro si scoprono garantisti. E, unico testo di legge dell'intera legislatura in materia penale, propongono una riduzione delle pene; hanno costruito al Senato un testo inapplicabile e così vanno le cose.

Coloro che, invece, hanno fatto battaglie di tutt'altro segno si trovano semplicemente a dire, per via emendativa, in quest'Aula: ma, forse, la pluralità delle condotte che è stata introdotta andrebbe riportata a univocità, al singolare, così come la Convenzione vuole; forse le pene, come stabilite da quest'Aula di Montecitorio prima di trasmetterle al Senato, hanno una certa proporzionalità sulla gravità del reato e, quindi, magari, rispetto agli sconti fatti al Senato, si potrebbe tornare al testo originario.

Quindi, mi sembra che le barricate qui siano mal poste. C'è solo - leggo e vedo - una strumentalità, atta ad un po' di cassetta e, soprattutto, a dire una cosa: tortura non è mai esistita in questo Paese, voi dite questo, colleghi del centrodestra, la tortura non è mai esistita in questo Paese, né mai esisterà. Questa è la tesi dietro le parole di aggressione alle forze di polizia, perché non è così, non è questo il provvedimento. In realtà, l'esperienza, la cronaca e qualche inchiesta nelle motivazioni ci ha spiegato che in questo Paese, a tratti, purtroppo, la tortura è esistita ed in questi tempi inquieti, probabilmente, ahinoi, esisterà. Ecco perché io credo che quella polemica, quella linea conduttrice, quella vis che sentiremo, avrà bisogno di risposta, una risposta da sinistra, ma io credo una risposta del buon senso, ventotto anni dopo - ventotto anni dopo! -, ultimo dei Paesi, quasi, aderenti a quella Convenzione che la trasforma in un articolo del codice penale, quasi un record, ma negativo!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Sannicandro. Ne ha facoltà.

ARCANGELO SANNICANDRO. Indubbiamente, il dibattito che stiamo svolgendo, che svolgeremo, è abbastanza imbarazzante per molti di noi, perché le nostre condotte, qui al Senato, sono state controverse, spesso contraddittorie, e io mi sono domandato perché; mi sono chiesto per quale motivo la definizione di tortura, così come l'abbiamo definita alla Camera in quest'Aula, poi è stata stravolta, dal momento che noi abbiamo un ausilio; l'ausilio è dato proprio dalla Convenzione di New York, la quale, senza ombra di dubbio, non ha bisogno di interpretazioni, si poteva tradurre tale e quale in un articolato, come facemmo, d'altra parte, in una prima lettura. Infatti, qui si dice: il termine tortura indica qualsiasi atto mediante il quale sono intenzionalmente inflitti ad una persona dolore o sofferenze forti, fisiche o mentali, al fine, segnatamente, di ottenere da essa o da una terza persona informazioni o confessioni, di punirla per un atto che essa o una terza persona ha commesso o è sospettata aver commesso, al fine di intimorirla o di fare pressione su di lei, o di intimorire o di far pressione su una terza persona, o per qualsiasi altro motivo fondato su qualsiasi forma di discriminazione, qualora tale dolore o sofferenze siano inflitte da un agente della funzione pubblica o da ogni altra persona che agisca a titolo ufficiale, o su sua istigazione, o con il suo consenso espresso o tacito. Tale termine non si estende al dolore e alle sofferenze risultanti unicamente da sanzioni legittime inerenti a tali sanzioni o da esse cagionate.

Noi che cosa abbiamo fatto in prima lettura? Abbiamo sostanzialmente disarticolato questo testo e abbastanza correttamente lo abbiamo riprodotto in vari articoli. Quindi, se il Senato, con tutto il rispetto per i colleghi del Senato, si è impegnato - tenacemente, a quanto sembra - per modificare questo testo, vuol dire che la ragione è un'altra, la ragione sarà appunto quella di catturare il consenso da parte di chi è avverso a questo provvedimento e non certo da ragioni, come dire, di rispetto della Convenzione o di rispetto delle forze dell'ordine, perché le forze dell'ordine non hanno nulla da temere, ad esse va la nostra riconoscenza per il lavoro pericoloso che svolgono.

Però, è ovvio che anch'essi sono servitori dello Stato, anche loro sono al servizio dei cittadini, e quando i cittadini delinquono, devono essere sempre trattati come cittadini che delinquono, ai sensi degli articoli della Costituzione che già voi conoscete bene.

Ora, gli emendamenti che i colleghi del centrodestra hanno proposto hanno un leitmotiv e qual è? Quello di ridurre sostanzialmente le pene, questo è tutto. E qui mi rifaccio a quanto è stato già detto in precedenza. È veramente curioso che noi, dopo quattro anni in cui, con tanta disinvoltura, da un lato, abbiamo introdotto i reati più improbabili e, dall'altro, abbiamo aumentato le pene in un modo che non aveva né capo e né coda, oggi quelle persone chiedono con degli emendamenti di ridurre le pene, non per proporzionarle, badate bene, perché questo avrebbe anche un senso - d'altra parte l'emendamento di Sisto in un certo senso fa questo sforzo - ma se leggiamo gli emendamenti che vedremo in seguito, sono tutti emendamenti i quali, come dire, radicalmente riducono le pene, quasi a farle diventare irrisorie, e quindi questo non va bene perché si snatura, attraverso la previsione di una pena minima, il concetto stesso di tortura, che è un fatto grave, come le Convenzioni hanno stabilito.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Sisto 1.70, con il parere contrario di Commissione e Governo e anche del relatore di minoranza.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 1).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Daniele Farina 1.13, con il parere contrario di Commissione e il Governo, e parere favorevole del relatore di minoranza.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 2).

Passiamo all'emendamento 1.6 Ferraresi, sul quale c'è il parere contrario della Commissione e del Governo e il parere favorevole del relatore di minoranza.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ferraresi. Ne ha facoltà.

VITTORIO FERRARESI. Grazie, Presidente. Con questo emendamento e con i seguenti noi, come in tante occasioni di discussione sia al Senato sia alla Camera, noi volevamo cercare di fare in modo che questo tipo di reato, che aspettiamo da quasi trent'anni, dalla ratifica della Convenzione dell'ONU, sia accertabile e, quindi, perseguibile in sede di giustizia, in sede giudiziaria. Fare questo agendo così, togliendo questa locuzione “violenze o minacce gravi” che, di fatto, come si può capire benissimo, non corrisponde a tutte le ipotesi di tortura che si possono verificare effettivamente e che si sono verificate, come abbiamo già saputo dei magistrati che si sono occupati anche della vicenda Diaz.

È ovvio che la tortura può consistere, e consiste, anche in una sola azione: dire che può consistere solo in violenze o minacce gravi è, ovviamente, una cosa del tutto errata; in più si aggiungono altre parole che rendono ancora più difficile l'accertamento. “Violenza o minacce gravi”: la parola “gravi” in questo senso qualifica ancora di più la minaccia; le parole “acuta nelle sofferenze” qualificano un ulteriore step in più per l'accertamento. E, poi, si va, ovviamente, sulle parole “verificabile trauma psichico”, che vuol dire tutto e non vuol dire niente, perché è ovvio che una sofferenza psichica che viene inflitta deve essere verificata, sennò non può essere assolutamente accertata, altrimenti non ci può essere il reato, ma neanche un risarcimento del danno credo. Quindi, è ovvio che la sofferenza psichica, che doveva essere sofferenza psichica senza verificabile trauma psichico, deve essere assolutamente accertata.

Qui non è in discussione la singola parola: qui è in discussione un insieme di parole che si frappongono come paletti difficilmente raggiungibili, difficilmente evitabili tra il reato e l'accertamento dello stesso in sede giudiziaria. È per questo che noi facciamo una serie di emendamenti, che potrebbero anche essere accolti in minima parte, ma che darebbero veramente un reato applicabile e non, come adesso, un reato difficilmente applicabile. Vero è che ci sono anche delle alternative, ovvero agendo con crudeltà, oppure se il fatto è commesso mediante più condotte, oppure se la condotta comporta un trattamento inumano e degradante per la dignità della persona.

Certo, ci sono delle alternative, ma questa alternative sono difficilmente raggiungibili, difficilmente accertabili e sicuramente creeranno caos a livello giurisprudenziale e, quindi, una difficoltà di accertamento che, secondo noi, dopo quasi trent'anni dalla ratifica di questa Convenzione sull'introduzione del reato di tortura nel nostro ordinamento, noi non ci possiamo assolutamente permettere, perché doveva essere fatto tutt'altro lavoro: un lavoro chiaro, trasparente, che puntava ad un reato accertabile, un reato chiaro, che possa veramente punire questo tipo di condotte molto, molto gravi.

È per questo che abbiamo presentato questi emendamenti, ovviamente sulle singole parole, ma che riguardano una difficoltà di accertamento che è globale, che tanti hanno sottolineato e che noi vogliamo, ovviamente, porre all'attenzione del Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Sannicandro. Ne ha facoltà.

ARCANGELO SANNICANDRO. Molti emendamenti cercano di circoscrivere la fattispecie e di evitare che con l'incremento di aggettivi, sostantivi, avverbi si possa rende difficile l'accertamento del reato. Noi scriviamo: “Chiunque, con violenza o minacce gravi”: di qui l'emendamento con “violenza o minaccia”, in qualcun altro togliamo “gravi” ovvero “agendo con crudeltà”, in qualche altro togliamo “agendo con crudeltà”.

La nozione di tortura che ci viene consegnata dalla Convenzione dell'ONU è molto più semplice, lo dico con parole mie in modo banale, poi leggerò: chiunque tortura un altro. Dice così, semplicemente: “Chiunque intenzionalmente infligge ad una persona dolore o sofferenze forti, fisiche o mentali al fine di (…)”. Quindi, se ti spezzano una costola con il sorriso sulle labbra non è che la cosa cambia: mi sono spiegato? Quindi, chiunque infligge un atto che comporta sofferenze gravi. Questo dice la Convenzione.

Noi, forse nel tentativo di circoscrivere la fattispecie, ma aggravandone l'attività di accertamento, abbiamo introdotto tutta una serie di aggettivi. Comunque, in questa opera di ritorno all'essenzialità del concetto, che gli emendamenti come quello che stiamo esaminando comportano, noi voteremo a favore, però nei limiti di cui ho detto, cioè pur consapevoli che non c'era bisogno di scrivere “con violenza o minaccia”, “con crudeltà”, eccetera, che poi è la ragione per la quale molti giuristi, anche molti magistrati, hanno detto: con questo modo di scrivere ci avete reso la vita difficile.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.6 Ferraresi, con il parere contrario di Commissione e Governo e favorevole del relatore di minoranza.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 3).

Passiamo all'emendamento 1.7 Ferraresi, sul quale c'è il parere contrario di Commissione e Governo e favorevole del relatore di minoranza.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Sisto. Ne ha facoltà.

FRANCESCO PAOLO SISTO. Grazie, Presidente. È singolare come, da un lato, si cerchi di rendere questa norma specifica e, dall'altro, c'è chi cerca di slabbrarla per rendere possibile, con la sua genericità, la contestazione indipendentemente dal fatto, fatemi passare questo termine. È chiaro che qui bisogna mettersi d'accordo: cioè, le forze dell'ordine devono avere, nell'ambito del proprio adempimento, la certezza che diventi reato solo quello che specificamente o specialmente, per usare un termine più tecnico, deve essere ritenuto tale? La determinatezza dalla fattispecie: abbiamo votato contro un emendamento che, addirittura, pretendeva di avere un solo episodio di violenza o minaccia. Ma immaginate un appartenente alle forze dell'ordine che deve vivere con il terrore che un episodio, magari caratterizzato da un'enfasi nella fase della tensione di una operazione, possa essere individuato come penalmente responsabile, con delle sanzioni così gravi.

Addirittura, qui si vuole eliminare la gravità. Ma, signori, avete mai assistito ad un'operazione di polizia giudiziaria? Sapete che cosa è stare sulla strada, stare in mezzo a soggetti che non chiedono altro che farla franca? Io credo che questo è un dato che manchi a larga parte di quest'Aula. E quando si è ampliata in questo modo la fattispecie, non ci si rende conto che la mancanza di calibro, di specificità di quel calibro, rende assai rischiosa l'introduzione di quanto è accaduto.

Io dico al presidente Mazziotti, nei cui confronti non posso ovviamente che esprimere la massima stima anche per il suo discorso, corretto, sulla necessità che le norme penali non siano il meglio, ma siano il bene - e queste parole dovrebbero rimbombare in questa Aula, dove noi abbiamo scritto norme penali veramente con i piedi e sono passate senza battere ciglio, ma ce ne accorgeremo nella pratica applicazione -, che votare contro gli emendamenti che invece modificano il testo è sbagliato, perché così si ratifica il passaggio di questo testo. Se si è contro il meglio e si vuole il bene, si vota a favore degli emendamenti, per impedire che questo testo diventi legge. L'aritmetica, ahimè, non è un'opinione; la nobiltà nella gestione del voto qualche volta produce degli effetti sbagliati.

Allora, se l'Aula sinergicamente recupera una sensibilità contro questo testo e fa passare almeno uno degli emendamenti, ovviamente quelli che tendono a dare, a mio avviso, più specificità e non certamente più ampiezza alla condotta, fa cosa buona e giusta. Noi voteremo contro questo emendamento, perché va proprio nella direzione opposta: allarga anziché restringere e rassicurare le nostre forze dell'ordine.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Cirielli. Ne ha facoltà.

EDMONDO CIRIELLI. Sì, Presidente, per annunciare il voto contrario, ma anche per dire che questo, come altri emendamenti dei 5 Stelle, smascherano chiaramente la natura di questo Movimento, che si configura sempre di più come un movimento anarchico di estrema sinistra (Commenti di deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Addirittura… State calmi, siete anche amici dei No-TAV - lo sappiamo benissimo -, che fanno violenze contro le forze dell'ordine, ma questo va bene, così gli elettori sanno chi siete e serve a chiarire anche, magari, a tanti appartenenti alle forze dell'ordine che in buona fede vi votano, pensando che volete cambiare il sistema.

Tornando a noi, Presidente, io credo che provare addirittura a inserire una serie di norme non peggiorative del testo, ma contro il testo previsto dalla Convenzione di New York, dimostra chiaramente la confusione giuridica, per non dire altro, che pervade questo Movimento. Ovviamente, noi voteremo contro, a dimostrazione che si è creato un coacervo di forze che, per motivazioni ideologiche, per dabbenaggine giuridica, per confusione varia, mette in campo norme sproporzionate, in un momento in cui avremmo bisogno, invece, di avere forze dell'ordine salde e motivate per contrastare la crisi di sicurezza che sta pervadendo il nostro Paese.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Molteni. Ne ha facoltà.

NICOLA MOLTENI. Grazie, Presidente. Anch'io esprimo il voto contrario da parte dalla Lega a questo emendamento e a tutti quegli emendamenti che vanno nella direzione non di fare chiarezza, ma di peggiorare e di allargare ulteriormente il campo di applicazione di questo reato.

Lo dico in maniera molto chiara: io non credo - e l'ho già detto anche in altre circostanze - che il MoVimento 5 Stelle sia un pericolo per la democrazia, il MoVimento 5 Stelle è un Movimento che ha una legittimità istituzionale e costituzionale che deriva da una volontà popolare dovuta ai voti; siedono legittimamente in Parlamento e rappresentano in maniera degna e dignitosa una fetta importante del sistema democratico del nostro Paese. Però, credo, proprio perché con il MoVimento 5 Stelle, su alcuni temi, ad esempio sul tema della sicurezza o sul tema della legalità della giustizia, in Commissione giustizia abbiamo combattuto delle battaglie comuni, nel rispetto a volte di posizioni non sempre identiche, ma complementari, io credo che su questo tema - non tanto sul tema del reato di tortura, ma sulle implicazioni che il reato di tortura porta in modo particolare sugli ufficiali di Polizia e sugli ufficiali di pubblica sicurezza -, debba essere fatta estrema chiarezza.

Oggi dobbiamo dire, Presidente, il Parlamento lo deve dire e noi lo vogliamo dire con estrema forza che noi stiamo dalla parte delle forze di Polizia, noi stiamo dalla parte delle forze dell'ordine. L'ho detto prima, se il poliziotto e le forze di Polizia sbagliano, devono pagare attraverso gli strumenti penali che il nostro codice già prevede: la possibilità di poter applicare, ad esempio, il reato di lesioni personali oppure di violenza privata. Il poliziotto che sbaglia paga e deve pagare in maniera seria proprio per l'incarico che riveste e la divisa che indossa, però noi non possiamo permettere che coloro i quali rischiano la propria vita per garantire la nostra sicurezza vengano sistematicamente messi nelle condizioni di non poter fare con dignità, impegno e credibilità la propria funzione.

Questo provvedimento rischia di andare esattamente in quella direzione, quel partito dell'antipolizia ideologico e demagogico rischia di avere la meglio nel dibattito che si sta consumando in quest'Aula. Quindi, servono parole chiare, senza equivoci, senza fraintendimenti, senza tentennamenti: o si sta dalla parte delle forze dell'ordine, e si sta dalla parte della sicurezza e della legalità, oppure si sta dall'altra parte.

Per questo credo che, da parte di tutte le forze politiche, ci debba essere un pronunciamento chiaro e non equivoco, che non può essere frainteso e che non può essere una volta da una parte e l'altra volta dall'altra parte.

Credo che questo sia il tema principale: il tema della sicurezza è un tema centrale nel dibattito politico? Sì. Deve essere un tema centrale dell'agenda politica di un Governo? Sì. È il tema principale dell'agenda di questo Governo? No, lo sarà del nostro qualora e casomai ci venisse data l'opportunità; però oggi credo che su questo tema non tutte le forze politiche stanno esprimendo una posizione chiara, non equivoca e lineare. Certamente lo è quella della Lega: noi difendiamo le forze di polizia, oneste e perbene; se un poliziotto sbaglia, paga, ma non può essere fatta una generalizzazione e non si può introdurre uno strumento che rischia di penalizzare gravemente e seriamente l'operato dei nostri uomini in divisa (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie-Lega dei Popoli-Noi con Salvini).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Daniele Farina. Ne ha facoltà.

DANIELE FARINA. Grazie, Presidente. Continuiamo in un'operazione di pura fantasia. Evidentemente qualche collega pensava che si potesse scrivere in questo testo, ma io penso in qualunque testo normativo, il fatto che i cittadini italiani che esercitano un pubblico ufficio, magari che vestono la divisa, sono esentati da una norma dello Stato. Siccome questo, ovviamente, non è possibile, il Senato della Repubblica ha scelto di esentare tutti; cioè, chiunque, nell'attuale formulazione, difficilmente – difficilmente! - sarà mai imputabile di siffatto delitto, cioè, chiunque commetterà un determinato delitto, difficilmente sarà imputabile di siffatto reato.

Ma qui siamo nel campo della fantasia anche per altre ragioni. Quale sarebbe l'altra parte da cui non si dovrebbe stare? Perché io vedo solo un'altra parte: c'è un chiunque, che a volte può essere anche rappresentato da un esponente delle forze di polizia deviato, diciamo così, dalla tradizione democratica, e dall'altra parte ci sono le vittime; non c'è qualcun altro: ci sono i torturatori, chiunque, e le vittime della tortura.

Allora, a coloro che sono intervenuti una legislatura intera dicendoci che noi chissà da quale parte stavamo, mentre loro sempre a tutelare le vittime, questo è l'unico provvedimento arrivato in quest'Aula in cui non state dalla parte delle vittime, anzi neppure sospettate che possono esistere vittime di tortura passate, e magari future, nella cronaca nera, ahimè, di questa nostra Italia. Perché nessuno di voi, collega Sisto, collega Molteni, mi scusi Presidente… Le vittime, dove sono le vittime nel vostro ragionare? Non ci sono, o perché ritenete che la tortura sia assente – ripeto - dalla nostra storia e dal nostro futuro o perché fate una battaglia, come dire, non di retroguardia, vecchia di ventotto anni, pensando a una qualche cassetta elettorale.

Purtroppo, invece, la verità vera è che questo è un reato impossibile, ce lo dicono anche i magistrati, anzi non l'hanno detto a noi, hanno mandato anche una lettera alla Presidenza della Camera e alla Presidenza del Senato, dicendo sostanzialmente che, così congegnato, neanche in quelle inchieste, che loro hanno seguito, sarebbe stato applicabile questo reato. Allora, se neppure lì, se neppure in quel frangente, in quel meandro buio della storia repubblicana, dove lo sguardo della democrazia si è spento per alcune ore o alcuni giorni, se neppure lì, dov'altro, chiedo, dov'altro? Ecco perché il reato è impossibile e, sinceramente, forse, lo sguardo potrebbe anche aprirsi sul fatto che stiamo approvando una norma il cui titolo è diverso da ciò che poi l'articolato reca.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Marzano. Ne ha facoltà.

MICHELA MARZANO. Grazie, Presidente. Credo che ci sia un grande assente in questo dibattito che sta avendo luogo oggi, cioè la parola “essere umano”. Non credo che ci si debba schierare da una parte specifica della specie umana; quando si parla di tortura, si è sempre dalla parte dell'umano. Condannare la tortura significa condannare ciò che è contrario alla dignità, e mi permetto di dirlo tramite lei, signora Presidente, anche al collega Molteni, che, tra l'altro, stimo: non si tratta di non essere dalla parte delle forze dell'ordine, ma si tratta di essere sempre dalla parte dell'umano, e quindi contrario a - e questa è la parte finale della norma che andrebbe sempre ricordata - quando il fatto è contrario, quando il fatto comporta un trattamento inumano e degradante per la dignità della persona.

Cioè, non si sta parlando di una violenza generica: quando il fatto è degradante nei confronti dell'essere umano. Ecco, invito veramente i colleghi e l'Aula a non dimenticare di cosa stiamo parlando. Quando si parla di tortura, si parla della dignità dell'essere umano e si deve stare tutti dalla parte degli esseri umani, perché questo è il messaggio che deve dare questo Parlamento: si è dalla parte dell'essere umano, si è dalla parte della dignità, si è contro ogni atto che cancella questa dignità ed è degradante per ciò che è umano.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Sannicandro. Ne ha facoltà.

ARCANGELO SANNICANDRO. Intervengo perché è necessario respingere questa raffigurazione di noi che i colleghi della Lega vogliono dare. Loro dicono: noi siamo a favore delle forze dell'ordine. Benissimo, e però dimenticano di aggiungere: siamo a favore delle forze dell'ordine che eventualmente torturassero qualche cittadino, perché questo è il testo di legge.

Non è un testo di legge contro le forze dell'ordine; è un testo di legge contro le forze dell'ordine che, eventualmente, dovessero torturare le persone che avessero a che fare con loro, come il reato, non so, di corruzione è un reato contro gli impiegati statali e che esercitano un pubblico servizio, eccetera, che eventualmente dovessero corrompere o essere corrotti o concutere o essere corrotti. Questa è la situazione! Quindi, evitiamo di fare propaganda, perché, altrimenti, ogni volta che direte “siamo a favore delle forze dell'ordine”, noi ci alzeremo per dire “voi siete a favore delle forze dell'ordine che torturano”, qualora ci fossero.

E andiamo al testo, perché è inutile che giriamo intorno: il testo ridimensiona già di molto, già di molto, la Convenzione dell'ONU, perché il testo, sia quando lo abbiamo approvato alla Camera sia quando lo abbiamo approvato al Senato, riconduce tutto a coloro i quali dovessero torturare qualcuno che è affidato a loro per motivi di cura, assistenza, ovvero che si trovano in condizioni di minorata difesa. Invece, il testo dell'ONU dice “chiunque tortura”, punto e basta (dico tortura per sintetizzare cose che già sappiamo); e, quindi, si rivolge anche a chi non è pubblico ufficiale, anche a chi non fosse pubblico ufficiale.

Un sequestratore di una persona… in Italia ne abbiamo avuti di sequestri, non li abbiamo avuti i sequestri di persona? Erano anche abbastanza diffusi in una certa epoca. E, se un sequestratore torturasse nel senso della Convenzione dell'ONU un sequestrato, si applicherebbe questo testo o non si applicherebbe? Secondo me, non si applicherebbe, e quindi questo testo ridimensiona già la portata del concetto di tortura ai soggetti qui indicati, che sono molto meno di quelli, invece, a cui si riferisce la Convenzione dell'ONU. Quindi, è inutile che allarmiamo la pubblica opinione più del necessario; diciamo già che siamo stati abbastanza prudenti e moderati, e di questo, forse, dovremmo avere qualche pentimento, e non esaltarci, come, invece, stiamo facendo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Corsaro. Ne ha facoltà.

MASSIMO ENRICO CORSARO. Grazie, Presidente. Per segnalare alla sua attenzione e a quella dell'Aula il fatto che abbiamo appena assistito ad un evento epocale, non dico nella storia, perché sarebbe troppo, ma, insomma, nella cronaca della politica nazionale.

E mi riferisco alla circostanza che pochi minuti fa abbiamo appreso dalla viva voce del collega Farina che, anch'egli, si è reso conto che esistono delle vittime.

Ora, io, che provengo dalla stessa città del collega Farina e che tristemente ne conosco la storia fin da quando, alla guida del peggiore dei centri sociali, si distingueva per la predicazione nell'uso di sostanze stupefacenti o partecipava ad azioni punitive, non di carattere culturale, nei confronti di avversari politici, ne conosco la sua predilezione, ne conosciamo, vorrei dire, perché ne ha fatto strumento principale della sua azione parlamentare, la sua predilezione ogni volta che si tratta di collettivizzare le colpe, ogni volta che si tratta di negare la responsabilità soggettiva di ogni azione, ogni volta che bisogna fare la gara per abbassare le pene previste dal codice nei confronti di questo o di quel reato, ogni volta che si tratta di favorire l'adozione di indulti, amnistie e altre porcate del genere, che quest'Aula, con il suo determinante appoggio e invito, purtroppo, in questa legislatura ha più volte reiteratamente approvato.

E il minimo comune denominatore di tutte le azioni fin qui perpetrate dal collega Farina, e immagino dalla sua area politica di riferimento, è che le stesse sono state sempre convogliate solo ed esclusivamente alla riduzione delle responsabilità del reo e mai all'interesse che le vittime hanno di vedere riconosciuto il torto che hanno subito.

Questa è una circostanza in cui, per la prima volta, sentiamo dal collega Farina il riconoscimento della circostanza che, quando si tratta di un potenziale reato, in quel reato c'è anche la vittima. Benvenuto nella ragionevolezza, mi verrebbe da dirle, collega Farina, se non fossi convinto che, viceversa, lei sta semplicemente attuando un calembour dialettico per usare, una volta tanto, per i suoi fini, un obiettivo che non le è caro per niente.

PRESIDENTE. Inviterei i colleghi a riferirsi a me direttamente e non a fare un dialogo, onorevole Corsaro. Onorevole Corsaro, invitavo i colleghi a riferirsi a me e a non fare un dialogo tra di loro, per favore.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Ferraresi. Ne ha facoltà.

VITTORIO FERRARESI. Grazie, Presidente. Premesso che, quando un partito ci definisce anarchici insurrezionalisti o di sinistra e il partito opposto ci definisce di destra, noi da lì capiamo che siamo sulla strada giusta (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle), e che quindi siamo a favore dei cittadini, senza destra o sinistra e senza divisioni, capiamo proprio che stiamo facendo, secondo noi, un buon lavoro, perché è indubbio ed è accertabile da tutti che in questi quattro anni abbiamo lavorato per garantire alle forze dell'ordine, alle forze di Polizia, alle forze della Polizia penitenziaria, diritti, personale, risorse, contratti, concorsi. Basta andarsi a vedere le carte per vedere il nostro lavoro e il nostro impegno in Commissione giustizia, in Commissione affari costituzionali, per garantire una vita dignitosa e diritti alle forze dell'ordine in questo Paese.

Così come è innegabile che il MoVimento 5 Stelle in queste Commissioni ha lottato per la legalità; per la legalità, per la certezza della pena, per la velocità della giustizia; ma la legalità non può essere applicata solo ad alcuni. La legalità va applicata a tutti i cittadini, perché tutti i cittadini possono essere vittima di reati, tutti, e tutti i cittadini italiani possono commettere reati, da un rappresentante di un partito politico, da un magistrato, da un operaio, da un medico, da un rappresentante delle forze dell'ordine. Garantire la legalità e garantire i diritti di tutti i cittadini significa che la legge vale per tutti e deve essere rispettata per tutti.

Se vengono commessi gravi reati nei confronti delle vittime, devono essere oggetto di tutela nei confronti dell'ordinamento, e, quando si va a introdurre un reato comune, poi possiamo essere favorevoli o d'accordo rispetto a questo reato, ma, quando si va a introdurre un reato comune, significa che è un reato applicabile a tutti i cittadini.

Ora, voi mi dovete spiegare il perché questo reato comune non debba avere un'aggravante nei confronti dei pubblici ufficiali che commettono questo tipo di reati; che è una fattispecie molto grave, perché significa che queste violenze non vengono commesse da un cittadino qualunque, ma da un cittadino che dovrebbe far rispettare le regole, e dovrebbe dare l'esempio in prima istanza (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle)! E, allora, perché sulla corruzione noi prevediamo aggravanti nei confronti di pubblici ufficiali, e sulla tortura no? Allora, qui si smaschera non il MoVimento 5 Stelle, ma gli altri partiti che sostengono che c'è un partito dell'anti-Polizia quando così non è, perché qui si tratta semplicemente di far rispettare la legalità per tutti i cittadini: chi dice il contrario dice o una falsità essendo ignorante, e quindi non essendosi letto la norma, oppure una falsità ideologica, una falsità che viene solamente dicendo delle menzogne. E questo noi, Presidente, non lo possiamo accettare (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.7 Ferraresi, con il parere contrario della Commissione e del Governo, favorevole del relatore di minoranza.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 4).

Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.71 Sisto.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Sisto. Ne ha facoltà.

FRANCESCO PAOLO SISTO. Presidente, questo emendamento tende, ancora una volta, ad offrire specificità alla condotta, ad evitare che nell'ambito della genericità della contestazione possa annidarsi una sorta di legittimazione ad un adempimento difensivo, che offende la generosità delle forze dell'ordine e mortifica la necessità che sia assicurata anche in via preventiva la sicurezza dei nostri cittadini.

Lo dico con molta franchezza: il Governo e la maggioranza devono assumersi le loro responsabilità. Questa è una norma contro le forze dell'ordine, una norma contro l'adempimento fisiologico di quelli che sono i propri doveri. Perché, parliamoci chiaro: per chi ha un minimo di dimestichezza con la prassi giudiziaria e quello che accade all'interno delle procure, il nostro è un Paese ad azione penale obbligatoria, cioè ad una denuncia deve corrispondere da parte del pubblico ministero la valutazione del fatto, l'iscrizione a modello 21 e l'apertura di un'indagine. Quanto più generica è la norma, tanto più è facile che l'appartenente alle forze dell'ordine sia iscritto a modello 21; e nel nostro Paese, cari colleghi, l'iscrizione a modello 21 è già paralisi della propria attività.

Un Paese che ha fatto della presunzione di non colpevolezza fino a sentenza definitiva ormai un gioco, cioè è un fantasma, è un simulacro, è un totem, l'iscrizione a modello 21 per un appartenente alle forze dell'ordine significa già condanna.

Allora, mi chiedo, in una specie di gioco logico facile: in questo contesto di un Paese avvinghiato ad un'informazione di garanzia uguale condanna, uguale paralisi, uguale messa alla berlina, le norme devono essere più specifiche o si possono permettere il lusso della genericità, in nome di un diritto penale del consenso? Lo dobbiamo o no alle nostre forze dell'ordine, la specificità di metterle sotto processo solo e soltanto quando vi è una specifica condotta chiaramente individuata? O dobbiamo lasciare all'interprete, vittima presunta o non presunta, la scelta di quale poliziotto, di quale carabiniere, di quale finanziere mettere sotto processo, perché magari ha osato essere troppo adempiente e troppo zelante?

Questa è la realtà di questo Paese, in cui essere iscritti a modello 21, avere un'indagine addosso significa essere trasferiti, significa essere messi da parte, non avere la possibilità di continuare in un'attività!

Allora, ben vengano le norme che sanzionano chi si comporta in modo scorretto, ma con chiarezza nell'esercizio delle indagini; chi per estorcere informazioni usa violenza, ben venga! Ma che non si scambino la violenza e la minaccia grave come una sorta di badge di accesso a delle responsabilità presunte. E, quando dopo due, tre, quattro anni quell'appartenente alle forze dell'ordine sarà scagionato, perché il fatto non costituisce reato o non sussiste, in quei due, tre, quattro anni noi avremo paralizzato intere, intere squadre, interi soggetti, una serie di soggetti che vogliono soltanto adempiere!

Allora io credo che questo sia un provvedimento gravissimo da questo punto di vista, sia un provvedimento che apre ad incidere nel cuore delle forze dell'ordine, va a colpire quella che è l'onorabilità delle forze dell'ordine. Colleghi della maggioranza e del Governo, pensateci: voi state attaccando coloro che ci tutelano e li state attaccando pesantissimamente, Presidente! Li attaccate con una genericità di fattispecie che indurrà correttamente i pubblici ministeri ad aprire le indagini; e quante indagini si apriranno perché i soggetti indagati penseranno che un gesto di eccesso, un eccesso di zelo possa essere capace di integrare queste fattispecie!

Presidente, noi insisteremo in questa attività, perché l'Aula si assuma la responsabilità di questo provvedimento, e sappia che, quando questo provvedimento diventerà legge, noi avremo inferto un colpo mortale alla correttezza delle forze dell'ordine e alla loro onorabilità. Noi voteremo a favore di questo emendamento e a favore delle nostre forze dell'ordine (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Sannicandro. Ne ha facoltà.

ARCANGELO SANNICANDRO. Vorrei chiedere: quando abbiamo introdotto pene assurde per l'omicidio stradale, quando abbiamo quasi abbattuto i confini tra omicidio colposo e omicidio volontario, doloso, stavamo facendo una norma contro qualcuno, contro gli automobilisti? Qui stiamo facendo norme contro i cittadini, caro collega Sisto! Quando stabiliamo pene fuori da ogni raziocinio, non è che ce l'abbiamo con quella categoria: ce l'abbiamo con tutti i cittadini che dovessero incorrere in quelle situazioni drammatiche di delitto. Non dimentichiamo che con l'omicidio stradale si può subire una sanzione quasi superiore all'omicidio volontario! Quindi, qui non è una norma contro le forze di polizia: è una norma contro le forze di polizia che dovessero delinquere: punto! Questa è la situazione.

È, quindi, anche riduttivo prendere a pretesto questo e ridurre il tutto ad una norma contro le forze di polizia: la verità è che, dopo quattro anni, possiamo tranquillamente dire che in quest'Aula si è perso il senso della proporzione, quando si stabiliscono le sanzioni per i delitti, per i reati. Questa è la verità e non c'è da strumentalizzare: c'è da dire una verità ancora più grave. La verità ancora più grave è che il principio di proporzionalità e di razionalità nel fissare le pene qui è scomparso definitivamente. E perché è scomparso? Perché non si legifera con una visione lunga. Una norma penale, il codice, deve durare nel tempo: non può essere suscettibile di variazioni come quelle climatiche. Non è che devo vedere il barometro ogni mattina per sapere se la pena è di sei anni, cinque anni, quattro anni.

Il codice penale è del 1930, se non sbaglio, e regge ancora la vita sociale italiana. Immaginate se avessero introdotto delle norme che dovevano durare per qualche… Anche perché d'altra parte così stiamo facendo! Invito tutti, per una bella esperienza, a prendere il codice penale vigente, un'edizione aggiornatissima, e vedrete quante norme sono bis, ter, quater, quinquies, duodecies, terdecies, proprio per indicare come si sta modificando in modo compulsivo, molto spesso perché un giornale ha suscitato un allarme, molto spesso perché un'associazione delle vittime di qualche cosa è venuta qui a pietire (scusate l'espressione) un aggravamento delle pene; e noi non abbiamo la lungimiranza e la freddezza di legiferare per un tempo lungo.

Ho detto già una volta che qui abbiamo un lucernaio che mi ricorda il lucernaio del municipio di Amburgo e, quando chiesi perché non c'erano le finestre, mi fu risposto che, quando si legifera - là si deliberava ovviamente -, non bisogna essere influenzati dalle finestre aperte, ma bisogna guardare verso l'alto. Voglio ricordare che Benedetto Croce invocò lo Spirito Santo quando facevano la costruzione. Noi, invece, qua non invochiamo la Spirito Santo, ma il diavolo del consenso elettorale immediato.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Buttiglione. Ne ha facoltà.

ROCCO BUTTIGLIONE. Signora Presidente, onorevoli colleghi, io mi sento molto in accordo con la conclusione dell'intervento del collega Sannicandro. Questo è un provvedimento che nasce male; noi l'abbiamo votato in prima battuta qui alla Camera indicando alcune linee lungo le quali speravamo fosse cambiato al Senato, ma questo non è avvenuto.

Perché nasce male? Nasce sotto l'impatto dell'indignazione popolare per le note vicende di Genova e questo ha portato a vedere il problema in un modo inevitabilmente unilaterale. Giorgio Guglielmo Federico Hegel ha scritto una volta: Jedes Ding hat drei Seiten, ogni cosa ha tre lati. Noi siamo partiti da un lato e non abbiamo più visto gli altri due.

Il punto di vista unilaterale è quello di colui che si trova ad essere eventualmente vittima di azioni che vanno al di là della legge da parte delle forze di polizia. Ed è un punto di vista giustificato, ma non è l'unico.

Oggi affrontiamo il provvedimento in un clima di opinione pubblica che è radicalmente cambiato. Il cittadino si sente minacciato, il cittadino ha paura, ha paura del terrorismo, ha paura della criminalità legata più o meno al terrorismo e tende a introdurre un altro punto di vista, che noi avremmo dovuto tenere presente.

Che succede al poliziotto che è accusato ingiustamente? Stiamo mettendo nelle mani dei delinquenti e dei terroristi un'arma di ricatto contro la polizia, contro gli agenti che fanno il loro dovere, con il quale possono distruggere la loro carriera e comunque metterli in una condizione di inferiorità psicologica, che li induce a non fare fino in fondo il loro dovere? È un punto di vista egualmente legittimo, avremmo dovuto cercare di metterli assieme, non l'abbiamo fatto.

In altri Paesi lo hanno fatto fin dall'inizio. Se facciamo un paragone con la legislazione del Regno Unito - unito non sappiamo ancora per quanto, ma comunque per il momento unito - di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, vediamo che il problema è affrontato a monte; perché? Perché l'accusa di tortura può essere elevata solo dall'Attorney General o con il consenso dell'Attorney General, ciò esiste una funzione di tutela dello Stato, perché l'Attorney General non è il nostro pubblico ministero, è uno che ha a cuore la pretesa punitiva dello Stato, il quale fa una valutazione preliminare se portare davanti alla Corte il caso oppure non portarlo.

Questo filtro noi non lo abbiamo e questo è un primo problema che giustamente il collega Sisto ha fatto valere. Tornerò più tardi su altri aspetti del provvedimento. Noi voteremo l'emendamento Sisto.

FRANCO VAZIO, Relatore per la maggioranza. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FRANCO VAZIO, Relatore per la maggioranza. Telegraficamente: un'osservazione sull'emendamento Sisto, per tranquillizzare sia l'onorevole Sisto, che l'onorevole Buttiglione. Questa preoccupazione è assolutamente coperta dal terzo comma. Loro hanno preoccupazione per il fatto che vi siano sofferenze inflitte in conseguenza di condotte legittime o connesse dalle stesse cagionate. Ma il terzo comma, che ci auguriamo che venga approvato, dice che: “Il comma precedente non si applica nel caso di sofferenze risultanti unicamente dall'esecuzione di legittime misure privative o limitative di diritti”. Quindi, le preoccupazioni che hanno sollevato sono inesistenti: se le forze di polizia adempiono ai loro doveri e si limitano ai loro diritti, non saranno ovviamente punibili per il reato di tortura, perché agiscono senza abusare delle loro prerogative e all'interno delle loro mansioni e diritti.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Capezzone. Ne ha facoltà.

DANIELE CAPEZZONE. Solo per segnalare al relatore, di cui pure apprezziamo lo sforzo, che la sua precisazione rischia di rendere le cose ancora meno chiare, ancora più ambigue, nel senso che consegnano all'interprete, al giudice, un ennesimo elemento di incertezza del diritto, un ennesimo elemento di arbitrarietà. Per cui ci sarà, dinanzi a un comportamento analogo, il giudice della città X che dirà “sì, è dentro l'esercizio dei doveri dell'agente di polizia” e c'è il giudice della città Y che dirà esattamente l'opposto, rispetto a una circostanza analoga.

Vi rendete conto (Commenti del deputato Vazio)… mi scusi, signor relatore, è inutile che lei si agiti, perché più si agita e più testimonia la scarsa chiarezza mentale…

PRESIDENTE. Onorevole Capezzone, si rivolga a me.

DANIELE CAPEZZONE. Mi rivolgo a lei, signora Presidente, però si chiama Parlamento e da Westminster in poi ci si parla e ci si confronta, perché, altrimenti, ci mandiamo un messaggio su delega.

PRESIDENTE. Sì, però, poi si fa un dialogo a due che non aiuta il dibattitto.

DANIELE CAPEZZONE. Signora Presidente, la ringrazio, però, mi creda, Westminster è un luogo dove ci si confronta. Il relatore ha appena detto una cosa significativa, a mio avviso, particolarmente contestabile, perché introduce un ulteriore elemento di arbitrarietà e incertezza del diritto.

Allora, converso con lei, converso con i colleghi parlamentari: guardiamo più in là del nostro naso; cosa accadrà quando, tra sei mesi, su due diversi quotidiani, dinanzi a casi analoghi, vedremo il comportamento della procura X, che legittimamente agirà in un modo, e il comportamento della procura Y, che legittimamente in base alla stessa legge interverrà in modo opposto?

Allora, il compito di un Parlamento intelligente, quale che sia l'approccio, di destra e di sinistra, liberale o illiberale, è quello di scrivere norme che restringano la sfera di arbitrarietà, che non la allarghino. Voi state allargando - e, purtroppo, signora Presidente, la precisazione del relatore aggrava la situazione - la sfera di arbitrarietà dell'interprete; l'importante è saperlo prima.

Andrete nei telegiornali, questa sera, dicendo: abbiamo approvato la legge contro la tortura; tra sei mesi - anche lei, signora presidente della Commissione giustizia, che scuote la testa -, avrete altre ragioni più gravi per scuotere la testa e saranno i cittadini a ricordarvele dinanzi a tanta arroganza (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Direzione Italia).

DONATELLA FERRANTI, Presidente della II Commissione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DONATELLA FERRANTI, Presidente della II Commissione. Presidente, lei ha rivolto più volte l'invito affinché si rivolgano a lei, ma, insomma, mi sembra che il diritto anche di scuotere la testa penso che ognuno di noi lo abbia, lo mantenga ancora, ancora siamo in un regime in cui si può scuotere la testa. Anche una presidente può scuotere la testa di fronte a delle affermazioni di presunta arroganza, di incertezza, di arbitrarietà, di atteggiamenti per cui si darebbe in mano ai giudici l'interpretazione. Forse non si sa che proprio l'attività del giudice è quella di interpretare la legge, oltre che di applicarla.

Quindi, non si sta dando nessun potere ulteriore, anzi, pensate che questa precisazione che si è voluta inserire nel testo a cui stiamo lavorando è contenuta nella Convenzione. Nella Convenzione si fa riferimento espressamente a questa esplicitazione: le sofferenze che qualsiasi misura limitativa della libertà procura, quelle sofferenze laddove derivino unicamente dalla esecuzione di legittime misure, ovviamente non possono inserirsi nell'ambito di un reato qualsiasi, tanto meno quello di tortura.

È una precisazione che potrebbe sembrare ultronea, ma che è importante e che, tra l'altro, trae origine da una Convenzione, non dall'arroganza, ma dalla chiarezza e dalla volontà proprio di offrire uno strumento in più definito e preciso all'interprete (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.71 Sisto, i pareri sono contrari.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 5).

Passiamo all'emendamento 1.8 Ferraresi, su cui i pareri di Commissione e Governo sono contrari e su cui c'è il parere favorevole del relatore di minoranza.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Corsaro. Ne ha facoltà.

MASSIMO ENRICO CORSARO. Presidente, rivolgendomi rigorosamente ed esclusivamente a lei, noi abbiamo appena registrato - e credo che lei, come Presidente, debba farsi carico della gravità di quello che abbiamo ascoltato - una sovversione totale dei principi giuridici su cui si fonda l'ordinamento nazionale, espressi con insopportabile sicumera, non da un normale componente del Parlamento, ma dal deputato che ricopre il ruolo di presidente della Commissione giustizia di questo ramo del Parlamento.

Invito, per chi si fosse distratto, a prendere lo stenografico dell'intervento di pochi minuti fa del presidente della Commissione giustizia, quando ha rivendicato alla magistratura il compito di interpretare le norme. Ora, vede, Presidente, l'articolo 12 delle preleggi, ovvero delle disposizioni sulla legge in generale, che sono leggi ordinarie dello Stato e, quindi, fonte del diritto... Presidente, io mi rivolgo a lei, lei dovrebbe ascoltarmi, però, perché, se no, la cosa non è reciproca...

PRESIDENTE. No, no, io la sto ascoltando.

MASSIMO ENRICO CORSARO. Grazie, ben gentile, Presidente, ben gentile.

Dicevo, l'articolo 12 delle preleggi stabilisce quanto segue: “Mell'applicare la legge non si può” - non si può! - “ad essa attribuire altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse e dalla intenzione del legislatore.” In altri termini, al magistrato non è dato di interpretare, ma di applicare la legge.

Ora, che il presidente della Commissione giustizia della Camera dei deputati venga a proferire la sua verità, provando ad insegnare a questo ramo del Parlamento che, per sua interpretazione, in Italia i magistrati sono tenuti a comportarsi in modo tutt'affatto difforme da quello che le leggi dell'ordinamento dello Stato prevedono, è circostanza - onorevole Presidente, torno a rivolgermi esclusivamente a lei - che dovrebbe indurci a determinare se noi siamo correttamente rappresentati in un'alta carica come quella della presidenza della Commissione giustizia o se stiamo mandando tutto l'ordinamento al macero.

PRESIDENTE. Avverto che le componenti UDC-Idea e Direzione Italia del gruppo Misto hanno esaurito il tempo previsto dal contingentamento per il seguito dell'esame e, come da prassi costante, la Presidenza concederà a tali componenti un tempo aggiuntivo pari a un terzo di quello originariamente previsto.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Cirielli. Ne ha facoltà.

EDMONDO CIRIELLI. Sì, Presidente, io sul merito dell'emendamento e per fare alcune valutazioni. Si vuole sopprimere la parola “acuta” rispetto alle sofferenze che vengono inflitte dal pubblico ufficiale o anche, nel caso del reato comune, dal cittadino comune. Ma questo serve per chiarire anche un po' di confusione che, non so se perché c'è qualcuno che ce l'ha in testa, la confusione, o subdolamente cerca per ignoranza, ricordando un termine utilizzato da altri, di diffonderla in malafede. Allora, il punto qual è?

Il reato di tortura è quello previsto, tratteggiato, dalla Convenzione che l'Italia ha prima firmato e poi ratificato - firmato nel 1984 e ratificato nel 1988 - e prevede condotte speciali, particolari, rispetto a violenze generiche, sebbene commesse anche dal pubblico ufficiale con abuso. Allora, innanzitutto, visto che di vittime siamo esperti e ne possiamo parlare perché le difendiamo sempre, non soltanto quando le vittime sono vittime di eventuali appartenenti alle forze dell'ordine, oggi tutti i reati commessi da pubblici ufficiali, quindi le violenze e le minacce, sono già puniti in maniera più grave di tutti gli altri cittadini, con un terzo della pena in più. Questo per rispondere a chi dice ‘voi siete a favore delle forze dell'ordine che commettono i reati'; i reati già sono puniti. E aggiungo: probabilmente, in occasione dei fatti di Genova di qualche anno fa, se i magistrati non avessero perso tempo in indagini strane, a voler ricercare chissà quali complotti politici, non avrebbero fatto andare in prescrizione molti di questi reati.

Ciò detto, il reato di tortura, se effettivamente si riesce a costruire una figura giuridica che corrisponda al termine etimologico, ci sta anche bene. E, anzi, voglio anche dire che, tutto sommato, riconosco al PD, in quest'ultima versione, di aver cercato di essere quanto più vicini possibile al reato individuato dalla Convenzione di New York. Il punto è un altro: è la sproporzione delle pene, cioè il vostro reato che dà da 5 a 12 anni. Ma in realtà - parlo del pubblico ufficiale - è logico che chiunque si farà refertare e avrà almeno un giorno; voi state prevedendo anche per una violenza ripetuta, grave ma che non comporta un patimento, quindi una lesione gravissima o altri reati, per una semplice violenza, una pena che arriva da 7 a 14 anni. È questa l'assurdità!

Io mi rivolgo al presidente Ferranti, in quanto presidente della Commissione giustizia, si intende, non come semplice parlamentare, così come ai gruppi di maggioranza, al PD: può anche andare bene il reato, per come lo avete configurato, molto simile al reato previsto, ma la pena è assolutamente sproporzionata rispetto al nostro codice. Non potete prevedere una pena nel minimo a 7 anni per una violenza psichica, ancorché grave, questo il punto! C'è una sproporzione. Voglio dire che per violenze anche gravi, anche con lesioni gravi nei confronti delle forze dell'ordine - che sono l'emergenza vera: 6 mila all'anno, a fronte di una ventina di reati di abuso contestati alle forze dell'ordine in Italia, al di là della qualificazione, 6 mila l'anno! -, la pena per violenza a pubblico ufficiale è da 6 mesi a 5 anni.

Cioè, se il delinquente, nel corso dell'ordine pubblico bastona a sangue l'appartenente alle forze dell'ordine, arriva il collega e, dopo che lo ha ammanettato, sbagliando, gli dà due o tre ceffoni, il poliziotto che ha dato due o tre ceffoni all'ammanettato si becca da 7 a 14 anni, cioè l'appartenente alle forze dell'ordine che è stato aggredito, mentre il delinquente che lo ha aggradito ha una pena da 6 mesi a 5 anni. È questa l'assurdità! Lo dico a quelli che spero che in buona fede difendano per motivi alti e umanitari il concetto dell'introduzione del reato di tortura.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Sannicandro. Ne ha facoltà.

ARCANGELO SANNICANDRO. Solo per richiamare l'attenzione dei colleghi sul fatto che noi stiamo introducendo il reato di tortura nel nostro ordinamento in adempimento, sia pure tardivo, ad un obbligo internazionale.

Ora, è evidente che i trattati internazionali di questo tipo, le convenzioni, eccetera, quando sono stipulate da decine di Stati, devono adottare un testo che possa ricomprendere le situazioni dei singoli Stati. Quindi, in questo caso, per fare un esempio pratico, avere introdotto la norma che è stata tanto contestata da alcuni colleghi, adesso la leggo, in cui si dice che, se il fatto è commesso in adempimento di un dovere, non costituisce praticamente illecito, non è che c'era bisogno della Convenzione dell'ONU, perché è già esattamente previsto, questo fatto, all'interno del nostro codice penale.

L'articolo 51, parlando dei reati in generale e del reato consumato e tentato, poi, alla fine, introduce “esercizio di un diritto o adempimento di un dovere”: “L'esercizio di un diritto o l'adempimento di un dovere imposto dalla norma giuridica o da un ordine legittimo della pubblica autorità esclude la punibilità”, e poi continua con delle fattispecie più specifiche.

Voglio dire che non è una norma che abbiamo introdotto perché c'era bisogno di introdurla: si è ritenuto, forse ad abundantiam, di introdurre quell'espressione perché, evidentemente, non si tiene presente che le norme dei Trattati sono scritte per Stati che, eventualmente, alcune garanzie processuali, per esempio, non le abbiano.

Il problema delle pene: io l'ho già detto, il collega Cirielli, ripeto, sta portando abbondanti esempi, ma non è che li possiamo portare soltanto in questa occasione, perché questo ragionamento, cari colleghi, non è che lo possiamo sentire soltanto oggi e dimenticarcelo domani, perché questa è una storia che, almeno noi da questo lato, stiamo scrivendo dall'inizio della legislatura. Ho citato l'omicidio stradale: già il termine è improprio, perché si dice “segnaletica stradale”, ma “omicidio stradale” mi pare già un'espressione impropria; ma lo dico a prescindere dall'uso dei termini, che sono molto improvvisati.

Noi qui, in questa legislatura, abbiamo constatato una sorta di schizofrenia tra il dire e il fare: quando il Ministro Orlando viene in quest'Aula fa dei bei discorsi indubbiamente, ma la maggioranza, poi, nel concreto, come si comporta? L'abbiamo visto a proposito delle disposizioni per modificare il codice penale, di procedura penale e l'ordinamento penitenziario: da un lato, ottime norme circa la modifica dell'ordinamento penitenziario, dall'altro, l'introduzione di norme per l'estinzione del reato per riparazione. Da un lato, il primo articolo diceva questo e il secondo articolo che cosa diceva? Aumentiamo per la terza volta le pene per il reato di furto, del ladruncolo badate bene e, poi, di tutti i furti aggravati, e via discorrendo.

Questo è il modo, perché poi, alla fine, sia voi che la maggioranza avete la stessa logica, non è che siete diversi. Avete la stessa logica, perché potete discettare se bisogna mettere un anno in più o un anno in meno - per esempio, l'emendamento di Sisto dice da tre a dieci anni, il testo dice da quattro a dieci anni -, però siete simili da questo punto di vista, mentre la cultura moderna porta a dire che tu ti devi interessare - legislatore e Stato - dei fatti che conducono al reato, non del reato quand'è stato commesso, perché, quando il reato è stato commesso, il problema lo risolviamo tranquillamente: ne prendiamo uno, lo mettiamo in galera, buttiamo eventualmente, come si dice da quei lati, anche da parte della maggioranza, la chiave fuori dalla finestra e stiamo tranquilli e, poi, i reati si ripetono tranquillamente come se nulla accadesse.

Quel filone culturale, qua, non dico che è minoritario, è proprio negletto, è proprio sconosciuto: allora, di che cosa parliamo? Litigate con il PD: ma siete uguali al PD, questa è la verità! E non dite che il MoVimento 5 Stelle è anarchico, per favore, perché il MoVimento 5 Stelle vota sempre con voi. A proposito dell'aumento delle pene e dell'introduzione di nuovi reati: ma stiamo veramente a scherzare? Avete mai visto il MoVimento 5 Stelle che vota in modo difforme dalla Lega o, addirittura, da voi? Ma veramente vogliamo alterare il corso della storia, così come l'abbiamo vissuta in questi quattro anni? Non sono degli anarchici, state tranquilli: sono persone molto, ma molto sensibili alla pancia dalla gente.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Buttiglione. Ne ha facoltà.

ROCCO BUTTIGLIONE. Grazie, signora Presidente. Io, in genere, sono d'accordo con l'onorevole Sannicandro, soprattutto, su di una battaglia, che non faccio in questa occasione soltanto, contro la tendenza che noi abbiamo ad aumentare sempre le pene quando vogliamo dare l'impressione di prendere sul serio un fenomeno, mentre tutta la dottrina più recente, ma anche il Beccaria, ci dice un'altra cosa: pene miti, con un'elevata probabilità che vengano applicate e intervenire oggi con pene alternative andando alla radice dei fenomeni.

Solo su di una cosa devo esprimere un dissenso: non c'è nessun obbligo internazionale da parte di nessuno perché noi legiferiamo in questa sede. Volete un esempio? La Repubblica federale tedesca non ha legiferato, dicendo che, all'interno del suo ordinamento, già erano previste le fattispecie corrispondenti, che sono peraltro previste anche nel nostro ordinamento.

Perché io non riesco a capire cosa adesso diventa punibile che prima non fosse già punibile sulla base della normativa generale che riguarda i reati di lesioni e i reati affini contenuti nell'ordinamento italiano. E, ancora peggio, vi sono poi alcuni emendamenti che tentano di ulteriormente aggravare questa tendenza già di per sé condannabile.

FRANCO VAZIO, Relatore per la maggioranza. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FRANCO VAZIO, Relatore per la maggioranza. Anche in questo caso, intervengo telegraficamente per tranquillizzarla, Presidente, della velina imperfetta che hanno passato all'onorevole Corsaro. A prescindere dal fatto che ci sono in tutte le università italiane corsi di studio sull'interpretazione della legge, e anche della legge penale, ma quando si legge un articolo bisogna leggere il primo e il secondo comma, non ci si può fermare a leggere solamente il primo comma. Ed è noto che un operatore del diritto, tanto avvocato, come magistrato, debba applicare la legge interpretandola, tanto è vero che l'articolo 12 delle preleggi che lui ha citato, di cui gli hanno passato la velina, è titolato “Interpretazione della legge”, non è detto diversamente. E con riferimento all'interpretazione della legge, certamente, un operatore non può prescindere dall'interpretazione letterale, ma noi sappiamo che per interpretare la legge penale ci sono i lavori parlamentari, c'è un'interpretazione costituzionalmente orientata.

Quindi, quando si rivolge al presidente della Commissione dicendo che ha sovvertito l'ordine costituzionale, richiamando l'operatore e, quindi, il magistrato, ad interpretare la legge, credo che sia andato oltre i limiti del buonsenso, perché un operatore, magistrato o avvocato, la legge, per applicarla, la deve interpretare letteralmente, costituzionalmente orientato e anche con tutti i lavori parlamentari, quindi anche con gli interventi che noi parlamentari, che i parlamentari fanno in quest'Aula. Sono elementi fondamentali per comprendere ed applicare la legge (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Mazziotti Di Celso. Ne ha facoltà.

ANDREA MAZZIOTTI DI CELSO. Grazie, Presidente. Per tornare su questo punto, io trovo che questo dibattito abbia confermato l'andamento della discussione sul tema. Abbiamo sentito, da una parte, che si dice “noi stiamo dalla parte della polizia”, come se abbassare le pene per la tortura fosse stare dalla parte della polizia: gli emendamenti della Lega sono solo abbassamenti di pena, non ci sono altri emendamenti, sono solo abbassamenti di pena. Quindi, il concetto è: a prescindere da come è la tortura - è scritta bene, è scritta male, eccetera -, per il reato di tortura, intanto, abbassiamo le pene. E non è esattamente un atteggiamento per la legalità. L'atteggiamento per la legalità potrebbe essere quello che ha portato avanti, in un certo senso, in parte, in alcuni emendamenti, l'onorevole Sisto, che però, ripeto, è un ennesimo ping pong Camera-Senato, che non ha alcuna utilità.

Dall'altro lato, c'è una sfiducia nell'interpretazione del giudice di tutti, devo dire anche del legislatore che sta facendo questa norma, che ha riempito di requisiti, dopo faremo l'elenco, magari, in dichiarazione di voto: c'è un elenco di requisiti specifici, uno più specifico dell'altro. L'unica cosa che trovo assurda è la polemica che è stata appena fatta sull'abuso del potere e sulla violazione dei doveri, perché è un'aggravante prevista dal codice penale, che c'è dai tempi andati e nessuno si è mai sognato di dire che era vaga, incerta, non specifica, che non si capiva che cosa volesse dire. Sta nel codice penale dall'inizio, perché è ovvio che, se un pubblico ufficiale sta violando i suoi doveri, abusando dei suoi poteri, deve essere punito in maniera più grave di chi quella violazione non commette perché non ha quei doveri, perché non ha quella responsabilità, perché non gli sono stati conferiti.

Qui il problema è come è scritta la norma, la definizione del reato di tortura e alcuni aspetti delle sanzioni. Mi fa specie, però, che si parli delle violazioni del diritto internazionale, che ci sono: contrariamente a quello che dice l'onorevole Buttiglione, siamo stati più volte segnalati e condannati per la mancanza delle norme sulla tortura e di norme adeguate. Quindi, sarà pure che non c'è l'obbligo in Germania, non lo so, ammetto che non conosco la legislazione tedesca, ma in Italia c'è di sicuro.

Il problema è che, però, alcuni esponenti che hanno tenuto le posizioni dell'onorevole Sannicandro e anche il suo partito, poi, hanno detto che bisognava eliminare tutte le immunità. E quando noi abbiamo detto di inserire di far salvo il diritto internazionale, al Senato sono stati d'accordo nell'eliminarlo, che è un'altra assurdità, perché il diritto internazionale prevale comunque. Quindi, noi oggi abbiamo un principio che dice: tutte le immunità non si applicano ai diplomatici stranieri. Vedremo cosa dirà la Corte costituzionale.

Ripeto, il discorso va riportato al contenuto della norma, a come è scritta. Qui non ci sono difensori delle forze dell'ordine. Chi dice “sono un difensore delle forze dell'ordine, perché abbasso le pene”, scusate, sta dicendo una bugia, perché è come dire “sto difendendo un torturatore”. Il problema è far sì che le forze dell'ordine non vengano accusate di tortura quando il loro comportamento rientra o nell'esercizio dei loro doveri e poteri o, magari, costituisce uno sbaglio grave, ma non tale da dover essere considerato un atto di tortura. Non è certo lavorando sulle pene che si fa un favore alle forze dell'ordine, così come non si aiuta la legalità cercando di estendere le norme anche al di fuori, come ha appena fatto l'onorevole Ferraresi, mi pare, con un suo emendamento, anche al di fuori di quello che dice la Convenzione, cioè le “acute sofferenze”. Ma no, togliamo “acute”, così siamo più severi: ecco, questo modo di legiferare e di gestire politicamente una materia importante e delicata come questa è precisamente la ragione per cui poi si arriva a dei testi come questo, sul quale - ripeto - noi ci asterremo. Grazie (Applausi dei deputati del gruppo Civici e Innovatori).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.8 Ferraresi, con il parere contrario di Commissione e Governo, parere favorevole del relatore di minoranza.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 6).

Passiamo all'emendamento 1.62 Cirielli, con il parere contrario della Commissione, del Governo e del relatore di minoranza.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Cirielli. Ne ha facoltà.

EDMONDO CIRIELLI. Sì, Presidente. Ovviamente il sistema delle segnalazioni degli emendamenti, imposto dal fatto che si contingentano i tempi, si cerca di strozzare il dibattito anche su temi così importanti, fa mancare una coerenza complessiva agli emendamenti, ma il senso è sempre il solito. Anche per introdurre un concetto, l'ho prima segnalato e lo ribadisco: l'aver previsto una tortura aggravata, inserendo l'aumento di un terzo della pena per una semplice lesione. Ripeto, una semplice lesione è una persona che va in ospedale e riferisce di avere avuto uno schiaffo, di stare male, di sentire mal di testa e l'ospedale, il pronto soccorso, ti dà un giorno di guarigione e automaticamente la pena diventa da 7 a 14 anni. Io vi dico quali sono i reati per cui oggi si viene puniti con 14 anni: tentato omicidio, da 6 a 12 lesione gravissima (la persona che getta l'acido in faccia a una persona).

Lo dico perché, oggettivamente, siete andati, per furore ideologico, ben oltre. Probabilmente la maggioranza, per paura dell'attacco a sinistra di aver troppo tipizzato il reato, di averlo troppo reso simile al reato individuato dalla Convenzione di New York, cerca di farsi perdonare a sinistra, prevedendo pene sproporzionate.

Guardate, già oggi - lo ribadisco - il codice penale prevede un terzo di pena in più del reato di violenza commessa dal pubblico ufficiale, se sono più violenze c'è la continuazione e, quindi, c'è un ulteriore aumento di pena, ma più che triplicare, quadruplicare, quintuplicate le pene, come state facendo, mi sembra veramente una cosa incredibile, che provocherà distorsioni, ingiustizie.

Aggiungo che è sicuramente anche una norma anticostituzionale, perché si crea nel sistema delle pene una sproporzione così evidente. D'altronde, l'ho detto prima e lo ribadisco, ma vi sembra normale che la violenza contro il pubblico ufficiale sia da 6 mesi a 5 anni e la violenza del pubblico ufficiale sostanzialmente diventa da 7 a 14 anni? Io credo che, su questo, chi ha un minimo di tecnicismo, ma se non è il tecnicismo, un minimo di buonsenso dovrebbe far capire che si vuole fare forse anche una cosa buona, ma intempestiva, perché, lo ribadisco, i nuovi reati si introducono quando c'è un'emergenza criminale. Se noi fossimo di fronte a atti continui di prepotenze, di violenze e di abusi commessi da pubblici ufficiali, di fronte a una polizia corrotta di tipo sudamericano o di tipo sovietico, cubano o nordcoreano, o venezuelano, per parlare di amici vostri, allora posso capire che uno introduce pene durissime contro continui abusi da parte delle forze di polizia. Ma, a fronte di casi che si contano veramente sulla punta delle mani e a fronte di migliaia di aggressioni alle forze dell'ordine, questo intervento era intempestivo. Ma l'avete voluto fare, tutto sommato la norma può anche andare bene così come l'avete individuata, ma con pene assolutamente sproporzionate: da 7 a 14 anni per una violenza psichica grave. Io non so se vi rendete conto di che cosa state facendo. Mi rivolgo anche a qualcuno che fa il magistrato, che ha fatto il magistrato, che dovrebbe capirlo.

PRESIDENTE. Avverto che la componente UDC-IDEA del gruppo Misto ha esaurito anche i tempi aggiuntivi concessi dalla Presidenza, quindi la Presidenza consentirà lo svolgimento, per ciascun emendamento, di un breve intervento per illustrare la posizione della componente della durata di un minuto, da imputare ai tempi previsti dal contingentamento per gli interventi a titolo personale.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Buttiglione. Ne ha facoltà.

ROCCO BUTTIGLIONE. Grazie, signora Presidente. Io ho sentito con approvazione le parole dell'onorevole relatore, che ha rivendicato il fatto che la norma inevitabilmente si interpreta. Ad adiuvandum vorrei aggiungere che l'eccesso di potere interpretativo del giudice è spesso il risultato di una cattiva tecnica del legislatore, che offre delle norme, le quali sono difficilmente interpretabili e quindi aperte ad interpretazioni discutibili o arbitrarie. Ma non stiamo facendo questo errore anche noi, adesso? Perché, vedete, “l'acuta sofferenza” è un concetto, il quale inevitabilmente dipende da un'unica fonte di accertamento, vale a dire la testimonianza soggettiva di chi dice che ha subito un'acuta sofferenza e quella che per uno è un'acuta sofferenza, per un altro potrebbe anche non esserla. Questo apre enormi margini interpretativi e una tecnica legislativa migliore lo eviterebbe. Per questo noi voteremo a favore di questo emendamento.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.62 Cirielli, con il parere contrario della Commissione, del Governo e del relatore di minoranza.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 7).

Avverto che il gruppo Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale ha esaurito il tempo previsto dal contingentamento per il seguito dell'esame. Come da prassi costante, la Presidenza concederà a tale gruppo un tempo aggiuntivo pari a un terzo di quello originariamente previsto.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.60 Cirielli, con il parere contrario della Commissione, del Governo e del relatore di minoranza.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 8).

Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.9 Ferraresi, con il parere contrario di Commissione e Governo e favorevole del relatore di minoranza.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Sisto. Ne ha facoltà.

FRANCESCO PAOLO SISTO. Grazie, Presidente. Uno dei principi normativi più interessanti che deriva dalla filosofia del diritto è l'eterogenesi dei fini, cioè una norma nasce per certi scopi e, qualche volta, va oltre quegli stessi scopi; ma la norma ha una sua forza intrinseca e mi meraviglia che un collega, che si occupa anche di diritto penale praticato, come il relatore, faccia riferimento all'abitudine della interpretazione della norma sulla scorta dei lavori parlamentari, magari in certi casi, per fortuna in altri. I lavori parlamentari sono lasciati soltanto agli studi universitari, ma mi risulta che siano assolutamente out rispetto alle abitudini di quotidiana interpretazione ermeneutica, soprattutto delle norme penali, che sono norme, come posso dire, on the road, cioè norme che si interpretano tutti i giorni con grande rapidità e con grande necessità applicativa.

Quindi, direi di lasciare fuori dal nostro dibattito le superfetazioni pseudo culturali e che nella quotidianità mi sembra non debbano trovare spazio. Noi siamo un Parlamento che scrive per la realtà, non scrive per la dottrina e meno che mai per le astruserie. E, in tema di eterogenesi dei fini, Presidente, questo emendamento del collega Ferraresi cerca di modificare il verificabile trauma psichico con la sola parola “psichiche”. Mi sono chiesto se questa norma, per avventura…e non si dimentichi che, nel 613-bis, è previsto che, se dai fatti di cui al primo comma deriva la morte, quale conseguenza non voluta, la pena è della reclusione di anni trenta, un'altra barbarie della pena fissa, ma su questo torneremo, magari, in seguito.

Attenzione alla violenza psichica, perché mi chiedo e chiedo anche al presidente della Commissione giustizia, che è stato pubblico ministero, ma siamo proprio sicuri che qualcuno non possa ipotizzare in un trattamento di eccessivo zelo da parte di un pubblico ministero nel corso di un interrogatorio, nel corso di un contatto diretto con questi soggetti, una sorta di violenza psichica che sia un trauma psichico che poi conduce a conseguenze gravi? Presidente, la storia di Mani Pulite ci insegna che tanti soggetti si sono tolti la vita in carcere. Allora, io, eterogenesi dei fini, mi chiedo e chiedo alla maggioranza: state scrivendo una norma, che autorizzerà il soggetto, che dovesse subire un trauma psichico da un pubblico ministero che esercita, che fa il suo dovere, ritenendo questo atteggiamento capace di produrre traumi, magari verificabili, che portano lesioni, questa moltiplicazione dei pani e dei pesci, anche nei confronti dei pubblici ministeri? Attenzione, attenzione, perché la norma vive di luce propria, non di quello che in quest'Aula noi vogliamo che sia. La voluntas legis è diversa dalla voluntas legislatoris; dico una banalità, una volta tanto, mi auguro.

Noi non possiamo controllare che tutto questo non possa comportare un domani, anche per coloro che legittimamente esercitano il ruolo di pubblici accusatori, un rischio anche per l'eccesso di verbosità, una perdita di controllo, il fatto che ci possa essere un soggetto che subisca un trauma psichico verificabile, magari in condizioni di debolezza psichica pregressa, perché non è scritto da nessuna parte che il soggetto che abbia già una debolezza psichica non possa rivendicare il verificabile trauma psichico. Attenzione a quello che scrivete, perché, poi, è facile guadagnarsi il consenso momentaneo, l'effimero applauso del pubblico non pagante, ma, quando poi si va nelle aule di tribunale e le norme si stabilizzano nel tempo, e in un Paese in cui il procedimento conta più della sentenza, in cui la pendenza giudiziaria è più penalizzante rispetto all'esito finale, voi state scrivendo, state innestando nel sistema un virus che comporterà una rivolta di coloro che, invece, dovrebbero essere certo garantiti, ma garantiti con norme specifiche.

Allora, credo che questo emendamento del collega Ferraresi, su cui noi voteremo contro, ovviamente, denunci ulteriormente la debolezza dell'impianto di questa legge, che dovrebbe essere molto, molto, molto specifica per essere garantista; non lo è e sono convinto che, senza sorrisi sulle labbra, che sarebbe facile collegare all'ironia, questa sia una norma che comporterà conseguenze a carico di coloro che l'hanno scritta (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. Chiederei ai colleghi Ricciatti, Laforgia e D'Attorre di non voltare le spalle costantemente alla Presidenza, grazie.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.9 Ferraresi, con il parere contrario di Commissione e Governo e favorevole del relatore di minoranza.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 9).

Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.61 Cirielli, su cui i pareri sono contrari.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Cirielli. Ne ha facoltà.

EDMONDO CIRIELLI. Presidente, intervengo anche sull'altro emendamento, che più o meno è analogo: entrambi ribadiscono il concetto che lanciamo ancora una volta l'appello al PD e alla maggioranza di rivedere le pene che sono assolutamente sproporzionate. Voglio anche dire che è logico che il magistrato interpreti la legge secondo l'articolo 12, faccia l'interpretazione letterale, ma sappiamo bene anche che, per quanto riguarda i reati penali, esiste una prudenza specifica, il principio di stretta legalità, di tassatività, ma, insomma, ho capito che il senso sicuramente era quello della Presidente. Lo dico non perché voglio tornare sulla polemica, ma per dire che, tutto sommato, per come è stata articolata la condotta, noi apprezziamo lo sforzo della maggioranza in queste due trasmissioni tra Camera e Senato; riconosciamo che si potrebbe anche sostanzialmente essere d'accordo a mettere insieme, rispetto a delle violenze e degli abusi, un qualcosa di più simile alla Convenzione di New York, magari anche con doli specifici, l'intenzionalità di punire piuttosto che di ottenere confessioni.

Ci sta anche una pena sicuramente aumentata, magari anche un po' più del terzo rispetto ai reati base di violenza o di minaccia, ma, oggettivamente, le pene che avete previsto, la pena base per questo reato, Presidente e colleghi, sarà da 7 a 14 anni; è una pena assolutamente sproporzionata, ci dovrete ritornare anche voi, anche per tutte le conseguenze in termini processuali e investigativi rispetto a una pena così liberticida. Allora, spero che questi emendamenti, sebbene non raccolti, portino a una riflessione complessiva, da parte della maggioranza, ma anche da quelle parti che notoriamente cercano di essere garantiste, a rendersi conto che il sistema delle pene del nostro codice è molto equilibrato; si stanno veramente facendo degli strafalcioni giuridici ultimamente per motivi che poco hanno a che vedere con la realtà, cioè l'intervento di politica criminale che dovrebbe servire a contrastare il crimine in questo momento è inesistente in questo provvedimento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Daniele Farina. Ne ha facoltà.

DANIELE FARINA. Presidente, io ho l'impressione che alcuni dei colleghi che intervengano abbiano una decisa sottovalutazione dei fatti di cui stiamo parlando, e cioè di che cosa in realtà è la tortura: perché qui abbiamo avuto l'intero florilegio di una serie di comportamenti - i due schiaffoni, una certa ruvidità, per usare il testuale - che però sono molto distanti da ciò che configura un reato di tortura, e che toccherebbe a noi definire con precisione, in base alle convenzioni internazionali che danno una definizione molto precisa che è stata ripresa in quasi tutti gli ordinamenti. L'unico Paese in cui si è realizzato questo straordinario ritardo, non l'Egitto che ce l'ha, non la Turchia che ce l'ha, e vediamo come funzionano le cose lì, ma questo Paese con enorme ritardo è l'unico, sostanzialmente, in cui la fatica per la definizione del reato, l'introduzione del delitto sembra una cosa onerosissima, ed è una cosa onerosissima.

E passati da questa sottovalutazione di che cosa stiamo parlando, abbiamo poi una sottovalutazione della gravità delle condotte; perché, alla fine, qui stiamo discutendo di un emendamento che vorrebbe, una volta appurato il reato di tortura, così come da noi definito, definito al Senato in realtà, applicare alla stessa condotta la stessa pena, che si attribuisce al reato di taccheggio. Questo è l'emendamento! Mettere sullo stesso piano il furto aggravato e il reato di tortura, testimonia che, in questo Parlamento, come in una parte del Paese, la gravità di quelle condotte, o l'esistenza stessa di quelle condotte, è sottovalutata e negata; perché altrimenti non si possono equiparare due condotte delittuose di tale natura e sottoporle alla stessa pena! Ma ci vuole un minimo di dignità a venire in Parlamento e ad equiparare queste cose, come se la storia di questo Paese, nel contesto internazionale, non avesse detto con chiarezza cosa è stata e cos'è la tortura, e perché c'è stato bisogno di una convenzione internazionale liberamente sottoscritta da questo Paese nel 1984 e ratificata nel 1988! Tant'è vero che il primo disegno di legge del senatore Battelli, del Partito Comunista Italiano, era semplicissimo, 10 righe: convenzione internazionale, definizione, 10 righe! Qui siamo arrivati molti anni dopo a 90 righe di testo che non definiscono nulla.

Di più: se il dibattito parlamentare ha un senso, se la discussione parlamentare ha un senso dal punto di vista dell'interpretazione giurisprudenziale della legge, vogliamo far credere ai magistrati, agli stessi che ci scrivono, avendola vista la tortura, essendosi occupati di comportamenti che probabilmente configuravano la tortura, vogliamo far credere che la discussione in Parlamento, che la volontà del legislatore è quella che tutto sommato farà rubare in un supermercato e torturare le persone? Chiunque, eh? Chiunque. Torturare le persone, in fondo sostanzialmente stiamo parlando della stessa cosa: questo è l'emendamento che discutiamo! Per questo voteremo contro (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà-Possibile).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Amoddio. Ne ha facoltà.

SOFIA AMODDIO. Presidente, io sto ascoltando con molta attenzione gli interventi anche dell'opposizione. Ascolto che si punirebbe in maniera molto grave il pubblico ufficiale; si fa la differenza tra un cittadino che usa violenza verso il pubblico ufficiale, che viene punito con una pena di sei mesi; invece, il pubblico ufficiale, che usa violenza verso il cittadino, rischia una pena da 5 a 12 anni e più.

Bene: tutto questo da sottolineare e da spiegare meglio a questo consesso di deputati. Perché? Si passa da una visione minimalista, che dice che noi, nell'ordinamento italiano, abbiamo già una serie infinita di reati con i quali potrebbe essere punito colui che infligge torture, lesioni reiterate, sofferenze reiterate ad un cittadino, sia esso soggetto agente il pubblico ufficiale o chiunque, cioè un cittadino comune.

Nel nostro ordinamento è vero che esistono già diversi reati, ma non sono reati definibili come tortura. Noi siamo già stati condannati dalla Corte europea perché non abbiamo legiferato e non abbiamo individuato nel nostro ordinamento questo reato; ed io voglio citare per tutti, affinché sia chiaro a tutti, un esempio concreto che è accaduto in Italia, e per il quale la Corte di cassazione ha detto che mancava il delitto di tortura. Questo esempio che io vi porto è il frutto delle tantissime audizioni che ha svolto la Commissione giustizia. Ve ne cito uno soltanto, a dimostrazione degli effetti concreti che la mancata previsione del reato di tortura nel nostro ordinamento comporta. È accaduto nel carcere di Asti. Questo per far capire che c'è una differenza notevole tra il delitto di percosse, il delitto di lesioni, il delitto di maltrattamenti e il delitto di tortura: la tortura è tutt'altra cosa! Che non sono i maltrattamenti, non sono le lesioni, non sono le percosse: è qualcosa di molto, molto più grave, che non è in questo momento definita dall'ordinamento italiano.

Nel carcere di Asti nel 2012, si è conclusa questa vicenda in Cassazione nel 2012, due detenuti sono stati presi di mira da un gruppo di agenti, maltrattati in modo sistematico. Attenzione perché le parole hanno un peso! Uno dei due è stato spogliato, condotto in una cella di isolamento priva di vetri, priva di materassi, priva di lavandino, priva di sedie. È rimasto lì per circa due mesi, per i primi giorni completamente nudo; gli è stato razionato il cibo, per alcuni giorni ha ricevuto solo pane e acqua; è stato picchiato con calci e pugni. Il tribunale di Asti ha cercato di condannare, ha parlato di una prassi di maltrattamenti in maniera sistematica, e nella sentenza si legge che i fatti avrebbero potuto essere qualificati come reato di tortura, ma non è stato possibile; sono stati qualificati, lo sapete come? Come abuso di autorità, che è un delitto previsto dall'ordinamento italiano. Abuso d'autorità! Quindi sono state svolte le indagini, è stato accertato il fatto, ma non è stato possibile applicare la sanzione, ovvero la punizione, perché il reato era prescritto. Ed era prescritto perché l'unico reato che poteva essere individuato era l'abuso di autorità, che prevedeva una pena minima, e quindi sottoponibile ormai al decorso del tempo, e quindi alla prescrizione. La Corte di cassazione, non il Parlamento, non l'opposizione, non la maggioranza: la Corte di Cassazione ha scritto nella sentenza che questo era un grave vulnus, perché mancava nell'ordinamento italiano il delitto di tortura. Quindi, per questi fatti ai veri responsabili, accertati con sentenza, non è stato possibile applicare la giusta pena (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Buttiglione. Ne ha facoltà.

ROCCO BUTTIGLIONE. Signora Presidente, non reitererò l'argomento per il quale non è aumentando le pene che si affrontano le patologie sociali. Vorrei invece segnalare, una seconda volta perché mi sembra che non sia stato colto, il fatto che non è vero che tutti i Paesi hanno introdotto il reato di tortura: la Repubblica federale tedesca non l'ha fatto, e non è un Paese di poco peso nell'Europa e nel mondo di oggi. In altri Paesi, come in Gran Bretagna, c'è stata una preoccupazione di evitare che si potesse usare questo per intimidire o ricattare le forze dell'ordine. In altri Paesi ancora, per esempio agli articoli 174 e 175 del codice penale spagnolo, si è provveduto a tipizzare il reato, perché noi non l'abbiamo tipizzato: copre fattispecie già presenti, e per le quali ci sono pene anche abbastanza importanti.

Si è introdotto lì il tema della integrità morale, della violazione della integrità morale. Non ho il tempo di soffermarmi su questo, ma credo che questo possa funzionare per dare consistenza al reato di tortura e anche per evitare che possa essere troppo facilmente strumentalizzato. Un po' di comparazione con altri ordinamenti simili al nostro forse avrebbe giovato.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.61 Cirielli, con i pareri contrari.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 10).

Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.78 Sisto, i pareri sono contrari.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Cirielli. Ne ha facoltà.

EDMONDO CIRIELLI. Presidente, visto che stiamo facendo anche una valutazione complessiva del sistema delle pene, si parla di taccheggio e di furto aggravato, ricordo che, nel nostro codice, sono previste delle aggravanti come quelle di avere agito con particolare crudeltà nei confronti delle vittime e quando ci sono altri reati come lesione gravissima, piuttosto che lesione grave; ci sono ulteriori reati e quindi ulteriori pene. È evidente che in tale quadro si inseriva il nostro emendamento.

Ora mi fa piacere che alcuni colleghi hanno messo in evidenza che oggi il reato di violenza a pubblico ufficiale va dai sei mesi a cinque anni. Quindi, se uno dei giovani antagonisti bastona, tira una pietrata in testa a un poliziotto, ha una pena assai inferiore al furto aggravato, al taccheggio di cui si parlava prima. Ecco, la considerazione che la sinistra, la maggioranza e i Cinque Stelle hanno nei confronti delle forze dell'ordine. Oggi le persone che picchiano un rappresentante delle forze dell'ordine, anche in maniera violenta, cosa che capita di frequente, non soltanto grazie agli antagonisti, ma anche purtroppo grazie a tantissime aggressioni di immigrati che voi avete portato in Italia, e che vengono arrestate, il giorno dopo, nella migliore delle ipotesi, potrebbero andare agli arresti domiciliari. In realtà, vengono sempre scarcerate il giorno dopo, se non il giorno stesso.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Sisto. Ne ha facoltà.

FRANCESCO PAOLO SISTO. Presidente, non casualmente nella nostra Costituzione le pene hanno una loro identità. Non è che il trattamento sanzionatorio è un trattamento semplicemente astratto e che può essere rimesso alla libera discrezionalità del legislatore, perché vi è un equilibrio all'interno del sistema sanzionatorio che in questa legislatura noi stiamo violentando; violando è poco. La reiterazione della violenza comporta una consapevolezza e un dolo specifico, se non addirittura di premeditazione, in ordine all'incremento folle del rapporto fra fatto e sanzione, come in questo caso del tutto spropositato. Qualcuno mi deve spiegare perché nell'antagonismo fra due soggetti vi sia un trattamento sanzionatorio giustificato nei confronti del privato e un trattamento sanzionatorio del tutto ingiustificato, anche perché borderline rispetto al legittimo esercizio del proprio dovere, nei confronti del pubblico ufficiale.

Io credo che il diritto penale modaiolo debba essere abbandonato ovvero la necessità, anche seguendo delle indicazioni autorevoli, di farlo proprio in modo assolutamente inconsulto. In questo, io condivido la linea di pensiero del collega Sannicandro, per cui non è affatto detto che a maggiori sanzioni corrisponda una maggiore efficacia della norma penale, anzi esattamente il contrario.

Allora, almeno il pudore di ridimensionare questo effetto shock dal punto di vista del sistema, questa sorta di un minimo di profilassi che possa garantire l'adeguamento delle sanzioni, a me sembra assolutamente ragionevole. Intanto noi interveniamo su questi temi perché poi il disequilibrio del sistema sanzionatorio si ripercuote fatalmente nella gestione dei fatti, cioè è chiaro che, nel momento in cui vi saranno sanzioni così gravi, il pubblico ufficiale adempiente sarà più prudente, più cauto, più difensivo, più attento a sé che attento alla generosità dell'adempimento. Ecco perché mi sembra che questi emendamenti che cercano un minimo - un minimo! - di ridimensionamento di questa follia sanzionatoria vadano votati. Noi li voteremo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Buttiglione. Ne ha facoltà.

ROCCO BUTTIGLIONE. Grazie signora Presidente. È difficile prendere posizione su questi emendamenti, perché se riferiti a una fattispecie troppo generica le pene appaiono evidentemente troppo elevate, se riferiti a vere fattispecie di tortura, le pene potrebbero anche essere giuste. È per questo che l'introduzione di una migliore comprensione specifica del reato di tortura avrebbe giovato. Il tema della integrità morale indica comportamenti i quali hanno il compito di fiaccare la volontà e di impedire alla persona di agire sulla base della propria coscienza perché la base dell'integrità morale è la coscienza. Violentare la coscienza della persona, questo è lo specifico di un reato di tortura sul quale poi si possono mettere intorno tutti gli altri comportamenti già previsti dal codice. Allora poteva essere giustificato un aumento delle pene come quello che viene proposto; allo stato attuale non lo è, e quindi voteremo a favore di questo emendamento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Sannicandro. Ne ha facoltà.

ARCANGELO SANNICANDRO. Per dire che è l'ultimo intervento che faccio sul sistema delle pene, perché è evidente che la maggioranza intende rigettare tutti gli emendamenti, questo già lo si sapeva, tant'è vero che noi emendamenti non li abbiamo presentati. Il problema vero è questo: dobbiamo rischiare di mandare la legge un'altra volta al Senato oppure vararla praticamente così come è? Disquisire sul sistema delle pene oggi appare abbastanza retorico per quanto mi riguarda perché non più tardi di qualche settimana fa ne abbiamo ugualmente parlato ma in modo come dire vox clamantis in deserto. Ognuno badava ad altro e noi abbiamo messo in risalto che si sta creando una disarmonia del sistema; ma non soltanto l'ultima volta, è una storia che ormai si ripete.

Sembra grottesco, il collega dice: ma la violenza a pubblico ufficiale è punita da sei mesi a cinque anni; e il furtarello? Questo è il problema, perché quando si aumentano pene di volta in volta casualmente, poi alla fine ci si trova a fare paragoni, quando capita l'occasione che a noi interessa, e viene fuori un quadro abbastanza impressionante. Ecco perché io dico: speriamo che la legislatura finisca presto, perché noi facciamo danni. Io teorizzo che dovremmo stare fermi; se mai volessimo lavorare, dovremmo lavorare per rielaborare quello che abbiamo prodotto in questi cinque anni, in questi quattro anni. Se continuassimo in questa maniera avremmo lasciato in eredità e colpito i cittadini con un sistema penale veramente sproporzionato e disarmonico e il tutto poi si risolve in grida manzoniane. Affastelliamo carte, ma non produciamo mai nulla di buono.

Voglio soltanto velocemente dirvi: siamo arrivati ad aumentare le pene non perché le pene meritassero di essere aumentate in relazione alla gravità del reato, ma per raggiungere altri fini, come la prescrizione, la misura cautelare, l'arresto, eccetera, eccetera. È una cosa mostruosa che non ha nulla a che vedere con la civiltà giuridica, però qua si è fatto in modo tranquillo. Oggi, invece, cominciamo forse a rifletterci un po' meglio.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Sisto 1.78, i pareri sono contrari.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 11).

Avverto che il gruppo Fratelli d'Italia ha esaurito anche i tempi aggiuntivi concessi dalla Presidenza. La Presidenza consentirà lo svolgimento, per ciascun emendamento, di un breve intervento per illustrare la posizione del gruppo della durata di un minuto, da imputare ai tempi previsti al contingentamento per gli interventi a titolo personale.

Avverto che anche il gruppo Articolo 1-Movimento Democratico e Progressista ha esaurito il tempo previsto dal contingentamento per il seguito l'esame. Come da prassi, anche in questo caso la Presidenza concederà a tale gruppo un tempo aggiuntivo pari a un terzo di quello originariamente previsto.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Ferraresi 1.10, con il parere contrario della Commissione e del Governo, e con il parere favorevole del relatore di minoranza.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 12).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.14 Andrea Maestri, con il parere contrario della Commissione e del Governo, e con il parere favorevole del relatore di minoranza.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 13).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.77 Sisto, i pareri sono contrari.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 14).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.50 Molteni, con il parere contrario della Commissione e del Governo, e anche del relatore di minoranza.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 15).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.15 Daniele Farina, con il parere contrario di Commissione e Governo, e con il parere favorevole del relatore di minoranza.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 16).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.51 Molteni, i pareri sono contrari.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 17).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.52 Molteni, i pareri sono contrari.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 18).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.53 Molteni, i pareri sono contrari.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 19).

L'emendamento 1.11 Ferraresi è stato ritirato dal presentatore.

Passiamo all'emendamento 1.72 Sisto.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Sisto. Ne ha facoltà.

FRANCESCO PAOLO SISTO. Due osservazioni, Presidente. La prima: ho sentito qualche collega autorevolmente dire: ma la tortura, qui, però, cerchiamo di essere chiari: la parola tortura va calata esattamente nella descrizione della fattispecie incriminatrice che noi stiamo votando. Cioè, non c'è un concetto di tortura diverso da quello normativo. Chiunque volesse far passare questa norma pensando che questa norma sintetizzi efficacemente la parola tortura, sbaglia e offre un'immagine ingannevole di quello che noi stiamo facendo. Noi stiamo votando una fattispecie incriminatrice che potremmo anche chiamare Babbo Natale, non cambia, ma descrive una condotta che va analiticamente scannerizzata per comprenderne la capacità persuasiva e di collocazione all'interno del sistema. Quindi, che nessuno dica: chi vota contro, è contro la tortura. Noi siamo per punire pesantissimamente, ma la tortura, non delle lesioni più o meno ampiamente tradotte in una condotta così generica.

I trenta anni di reclusione derivanti dalla morte non voluta che scaturisca non dalla tortura, ma dalla condotta del primo comma, le pene fisse sono una barbarie che noi dobbiamo abbandonare. In questo emendamento, Presidente, si cerca, con un'ansia sistematica che non mi sembra davvero di poco conto, di sostituire questa barbarie della pena fissa - trenta anni di reclusione tout court - con un meccanismo che, in qualche maniera, dia al giudice la possibilità di graduare la pena a seconda di quello che è accaduto. Infatti, andiamo incontro - la Corte costituzionale interverrà sicuramente - ad una responsabilità dal punto di vista sanzionatorio del tutto immotivata, perché la pena fissa significa che il giudice non può commisurare il fatto al soggetto e alla sua concreta responsabilità. Quindi, attenzione, laddove non dovesse arrivare il Parlamento, arriverà la Corte costituzionale, e questo, una volta tanto, non è un malaugurio, è un augurio, perché pene così gravi, così innaturali, così incredibilmente, direi, irragionevoli non meritano altro. Voteremo a favore di questo emendamento nel tentativo di recuperare un minimo di umiltà e di coerenza con il sistema.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Bruno. Ne ha facoltà.

FRANCO BRUNO. Grazie, Presidente. Questo emendamento mi dà la possibilità di dire perché ho votato a favore di tutti gli emendamenti e voterò contro la legge, al di là delle problematiche e dei problemi che crea un'impostazione non del tutto condivisibile. Il problema sta proprio nel comma di cui tratta questo emendamento. Io non voterò mai una legge in cui è scritta la parola “ergastolo”: il fine pena mai, una vita senza possibilità di futuro, ancorché applicata ad un omicida torturatore, è abominevole; non c'entra nulla con la civiltà giuridica del nostro Paese né con la possibilità di costruire convivenze civili più normali, più serie, più umane. Sotto questo aspetto, io non voterò mai una legge così, se non si espunge quel termine, quella pena, quella fine della vita, che sotto il nome di ergastolo o di fine pena mai, fate voi.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Buttiglione. Ne ha facoltà.

ROCCO BUTTIGLIONE. Grazie, signora Presidente. Signora Presidente, onorevoli colleghi, io credo che questo emendamento ci aiuti a tentare di uscire da una contrapposizione artificiosa. Qui è in questione una modalità tecnica di definire e di comprendere il reato di tortura che è inadeguata, non solo per le ragioni dette fino ad ora, ma anche per una ragione opposta. Se andiamo a guardare di nuovo l'ordinamento spagnolo, agli articoli 174 e 175, vediamo che prevede, per esempio, molto opportunamente, la rottura della coscienza della persona attraverso la deprivazione sensoriale e la creazione di ambienti artificiali nei quali essa non è più in grado di essere se stessa. Questo, che è il tema della tortura, della tortura quella vera, quella seria, quella che purtroppo abbiamo da lamentare in tante circostanze, non è nemmeno sfiorato da questa legge, che, quindi, è carente e da un lato, ma anche dall'altro, perché lascia non considerate fattispecie di tortura che sono quelle che, oggi più che mai, meriterebbero l'attenzione del legislatore.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Mazziotti Di Celso. Ne ha facoltà.

ANDREA MAZZIOTTI DI CELSO. Grazie, Presidente. Quello della pena fissa dei trenta anni è un tema importante che abbiamo sollevato anche come Commissione affari costituzionali e che crediamo rappresenti un problema, però quello che non si capisce bene è il significato di questo emendamento, perché si toglie la pena di anni trenta e, poi, conseguentemente, si introduce una fattispecie di reato diversa, cioè quella nel caso in cui le violenze avverso i pubblici ufficiali in servizio di ordine pubblico sono commesse in gruppo o armati. Siccome si parla di violenze contro i pubblici ufficiali in servizio di ordine pubblico, si sta parlando di tutt'altro, cioè stiamo uscendo dalla legge. Non è che con questo voglio dire che siamo a favore - perché l'argomento è questo - delle violenze contro i pubblici ufficiali (il modo di ragionare è questo: se io propongo di mettere una cosa che non c'entra niente e qualcuno si oppone, quel qualcuno è contrario a risolvere il problema), ma semplicemente questo emendamento non fa quello che dovrebbe fare, cioè correggere la parte sanzionatoria, ma introduce una nuova fattispecie di reato che con la legge non ha nulla a che vedere. Per questo voteremo contro.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.72 Sisto, i pareri sono contrari.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 20).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.54 Molteni, i pareri sono contrari.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 21).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti 1.12 Ferraresi e 1.16 Daniele Farina, con il parere contrario di Commissione e Governo e favorevole del relatore di minoranza.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 22).

Passiamo all'emendamento 1.76 Sisto, sul quale i pareri sono tutti contrari.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Sisto. Ne ha facoltà.

FRANCESCO PAOLO SISTO. Presidente, se si potesse intervenire come alla scuola elementare con le matite rosse e blu, questo sarebbe un errore blu. Perché leggere in questo articolo 613-ter che l'istigazione del pubblico ufficiale a commettere tortura deve avvenire in modo concretamente idoneo fa sorridere.

È evidente che, dal punto di vista ermeneutico, un modo concretamente idoneo è un dato che può avere una lettura causale, ma il concetto di concretezza è un concetto assolutamente libero dal punto di vista della interpretazione e, d'altronde, non appartiene alle tematiche del diritto penale. La idoneità è una categoria propria del tentativo e la concretezza è una categoria propria di valutazioni di tipo procedimentale. Quindi, “concretamente idoneo” è una sorta di ibrido concettuale dal punto di vista tecnico fra una caratteristica molto specifica di una norma sostanziale e una caratteristica molto specifica di una norma processuale.

A questa mistione inaccettabile fra acciuga e marmellata, noi suggeriamo una risposta che sia, invece, in linea con il diritto penale sostanziale: cioè, in modo diretto e specifico. Perché che cosa rimane fuori da questa istigazione? La istigazione indiretta: perché dire “in modo concretamente idoneo” lascia aperta e scoperta la istigazione indiretta, che può essere anche concretamente idonea, benché indiretta. Allora, voi immaginate se il pubblico ufficiale si deve preoccupare che una parola, un gesto, un atteggiamento, un via libera, un permesso, una stanza aperta o chiusa, una porta chiusa a chiave o meno possa essere una istigazione indiretta alla tortura. Diretto e specifico significa che invece l'istigazione deve essere diretta, cioè un facere, un atteggiamento che deve essere ostensibile - io direttamente istigo - e specifica, perché deve espressamente essere indirizzata alla tortura. Questa espressione è un'espressione incerta, ancora una volta sarà una paralisi, sarà un veleno che provocherà la chiusura all'adempimento. Io credo che da questo punto di vista i fondamentali del tecnicismo andrebbero richiamati, con tutto il rispetto per chi ha scritto questa norma, ma mi sembra che davvero siamo a livelli di inaccettabilità parlamentare (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.76 Sisto, con il parere contrario della Commissione, del Governo e del relatore di minoranza.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 23).

Avverto che il gruppo Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente ha esaurito il tempo previsto dal contingentamento per il seguito dell'esame. Come da prassi costante, la Presidenza concederà a tale gruppo un tempo aggiuntivo pari a un terzo di quello originariamente previsto.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.75 Sisto, con il parere contrario della Commissione, del Governo e del relatore di minoranza.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 24).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.17 Andrea Maestri, con il parere contrario della Commissione e del Governo e favorevole del relatore di minoranza.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 25).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 1.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 26).

Adesso abbiamo gli identici articoli aggiuntivi 1.01 Daniele Farina e 1.02 Ferraresi. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici articoli aggiuntivi 1.01 Daniele Farina e 1.02 Ferraresi, con il parere contrario della Commissione e del Governo e favorevole del relatore di minoranza.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 27).

(Esame dell'articolo 3 - A.C. 2168-B)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 3 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A).

Se nessuno chiede di intervenire sul complesso degli emendamenti invito i relatori ad esprimere il parere. Relatore Vazio, prego.

FRANCO VAZIO, Relatore per la maggioranza. Invito al ritiro o parere contrario per tutti gli emendamenti.

PRESIDENTE. Il relatore di minoranza, deputato Ferraresi, prego.

VITTORIO FERRARESI, Relatore di minoranza. Sugli emendamenti 3.1 Sisto e 3.2 Sisto, parere contrario. Sugli emendamenti 3.3 Gregorio Fontana e 3.4 Gregorio Fontana, ci rimettiamo all'Aula.

PRESIDENTE. Il Governo?

GENNARO MIGLIORE, Sottosegretario di Stato per la Giustizia. Parere conforme al relatore per la maggioranza.

Passiamo all'emendamento 3.1 Sisto, i pareri sono contrari.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Sisto. Ne ha facoltà.

FRANCESCO PAOLO SISTO. Intervengo per dare il benvenuto alla nuova causa che sarà invocata universalmente per evitare il respingimento. Io credo che siamo di fronte davvero ad una, diciamo così, ad una via maestra che sarà più volte invocata. Noi suggeriamo soltanto di aggiungere alla parola: “fondati” la parola: “specifici”, cioè tu mi devi dimostrare che non solo ci sono fondati motivi per pensare che sarai torturato, ma specifici, cioè riferiti proprio al contesto in cui il soggetto si muove, che non sia una valutazione soltanto geopolitica, ma sia una valutazione specificamente legata a quel soggetto. Ora, si immagini, tutti invocheranno questo tipo di commodus discessus, o meglio di non commodus discessus. Io penso che questo emendamento abbia una sua fondatezza e lo voteremo.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 3.1 Sisto, con il parere contrario della Commissione, del Governo e del relatore di minoranza.  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 28).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 3.2 Sisto, con il parere contrario della Commissione, del Governo e del relatore di minoranza.  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 29).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 3.3 Gregorio Fontana, con il parere contrario della Commissione e del Governo, il relatore di minoranza si rimette all'Aula.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 30).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 3.4 Gregorio Fontana, con il parere contrario della Commissione e del Governo, il relatore di minoranza si rimette all'Aula.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 31).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 3.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 32).

(Esame dell'articolo 4 - A.C. 2168-B)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 4 (Vedi l'allegato A) al quale non sono state presentate proposte emendative.

Passiamo dunque ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 4.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 33).

(Esame degli ordini del giorno - A.C. 2168-B)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli ordini del giorno presentati (Vedi l'allegato A).

Se nessuno chiede di intervenire per illustrare gli ordini del giorno, inviterei il sottosegretario Migliore a dare il parere sugli ordini del giorno, che sono sette.

GENNARO MIGLIORE, Sottosegretario di Stato per la Giustizia. Sull'ordine del giorno n. 9/2168-B/1 Nesi il parere è contrario, poiché l'interpretazione che qui si richiama è affidata alla giurisprudenza. L'ordine del giorno n. 9/2168-B/2 Sannicandro è accolto come raccomandazione limitatamente al dispositivo. Sull'ordine del giorno n. 9/2168-B/3 Leva il parere è contrario. Sull'ordine del giorno n. 9/2168-B/4 Laforgia parere contrario, in quanto esiste già il Fondo per le vittime di reati violenti. Sull'ordine del giorno n. 9/2168-B/5 a prima vittima Santerini (Commenti)

PRESIDENTE. Vittima!

GENNARO MIGLIORE, Sottosegretario di Stato per la Giustizia. Mi scusi.

PRESIDENTE. Capisco che abbiamo parlato qui abbastanza, oggi, di vittime.

GENNARO MIGLIORE, Sottosegretario di Stato per la Giustizia. Sull'ordine del giorno n. 9/2168-B/5 a prima firma Santerini il parere è contrario, poiché è evidente, anche dalla spiegazione data dal relatore, che “ovvero” è congiunzione disgiuntiva. Sull'ordine del giorno n. 9/2168-B/6 Palese il parere è favorevole, mentre sull'ordine del giorno n. 9/2168-B/7 Galgano il parere è contrario, in quanto la norma è chiara in riferimento agli esempi che implicano anche le singole condotte come punibili, se comportano trattamenti inumani e degradanti.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/2168-B/1 Nesi, con il parere contrario del Governo.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 34).

Sull'ordine del giorno n. 9/2168-B/2 Sannicandro c'è una raccomandazione limitatamente al dispositivo. L'accetta? Non la sento, vada al microfono, per favore.

ARCANGELO SANNICANDRO. Normalmente sono contrario alle raccomandazioni; in questo caso facciamo un'eccezione.

PRESIDENTE. Va bene.

Sull'ordine del giorno n. 9/2168-B/3 Leva il parere è contrario: lo mettiamo in votazione? Va bene.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/2168-B/3 Leva, con il parere contrario del Governo.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 35).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/2168-B/4 Laforgia, con il parere contrario del Governo.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 36).

Sull'ordine del giorno n. 9/2168-B/5 Santerini il parere è contrario.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Santerini. Ne ha facoltà.

MILENA SANTERINI. Presidente, l'ordine giorno voleva semplicemente chiedere al Governo di ribadire che, anche nel caso di condotte non reiterate, si potesse parlare di tortura. Il Governo ci ha rassicurato in questo senso, ma io lo lascerei lo stesso in votazione.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/2168-B/5 Santerini, con il parere contrario del Governo.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 37).

Sull'ordine del giorno n. 9/2168-B/6 Palese il parere è favorevole. Vado avanti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno n. 9/2168-B/7 Galgano, con il parere contrario del Governo.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 38).

È così esaurito l'esame degli ordini del giorno presentati.

Allora, colleghi e colleghe, sospendiamo a questo punto l'esame del provvedimento, che riprenderà nel pomeriggio, dopo lo svolgimento dell'informativa urgente del Governo sulla gestione dei flussi migratori, per lo svolgimento delle dichiarazioni di voto finale e della votazione finale. Sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 15 per lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

La seduta, sospesa alle 13,15, è ripresa alle 15.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROBERTO GIACHETTI

Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata, alle quali risponderanno il Ministro dello Sviluppo economico, il Ministro dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro della Giustizia, il Ministro dell'Interno e la Ministra per i Rapporti con il Parlamento.

(Iniziative per il rilancio della capacità produttiva ed occupazionale dello stabilimento Bosch di Bari – n. 3-03127)

PRESIDENTE. Passiamo alla prima interrogazione all'ordine del giorno Pannarale ed altri n. 3-03127 (Vedi l'allegato A).

Chiedo all'onorevole Pannarale se intenda illustrare la sua interrogazione o se si riservi di intervenire in sede di replica. Ha un minuto a disposizione.

ANNALISA PANNARALE. Presidente, Ministro, la Bosch di Bari è oggi un'importantissima realtà industriale, produce componenti per motori diesel e occupa ben 1.900 lavoratori. Già a maggio scorso l'azienda aveva annunciato la possibilità di esuberi tra 450 e 850 persone, in cinque anni; poi il 20 giugno è stato presentato un piano industriale che comporterebbe l'esubero di ben la metà dei dipendenti dello stabilimento e un drastico peggioramento delle condizioni di lavoro e dei diritti dei lavoratori. Le cause di questa grave crisi occupazionale sono il declino della propulsione diesel a favore di propulsori meno inquinanti, ma anche le note vicende legate alle manipolazioni sul controllo delle emissioni compiute da diverse case automobilistiche, vicende che stanno rendendo stringente la necessità di nuove politiche industriali. A lei chiediamo quali siano le intenzioni reali del Governo rispetto all'urgenza di convocare Bosch, le parti sociali, la regione, le parti istituzionali, per definire un piano industriale differente…

PRESIDENTE. Concluda.

ANNALISA PANNARALE. …che parta dalla riconversione produttiva e che garantisca la salvaguardia dei livelli occupazionali.

PRESIDENTE. Il Ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda, ha facoltà di rispondere, per tre minuti.

CARLO CALENDA, Ministro dello Sviluppo economico. Intanto il tema dei contributi dati, che era stato sollevato nella domanda: a fine 2007 sono stati sottoscritti tre accordi con Bosch, che prevedevano investimenti complessivi pari a circa 120 milioni di euro, finalizzati principalmente all'ampliamento del centro di ricerca per lo sviluppo e il collaudo di componenti di motori diesel common rail e all'aumento della produttività dello stabilimento pugliese. Nello specifico, il contratto di localizzazione di Centro studi, le cui spese ammontavano a 26,7 milioni di euro, è stato revocato a seguito della rinuncia del soggetto proponente con decreto del 12 novembre 2011; mentre per quanto riguarda il contratto di localizzazione di Tecnologie Diesel e Sistemi Frenanti Spa, le cui spese ammesse ammontavano a 89,4 milioni di euro, è stato ultimato nel 2010, con un totale di spese ritenute ammissibili a contribuzione di 41,5 milioni di euro.

Le agevolazioni concesse in via definitiva con decreto del 29 novembre 2013 ammontano a euro 13,2 milioni. Successivamente all'adozione del predetto decreto, l'impresa beneficiaria ha provveduto a comunicare all'amministrazione l'avvenuta dismissione di alcuni macchinari agevolati prima dell'avvenuto decorso del prescritto quinquennio di non distoglimento; conseguentemente, con decreti del 26 febbraio 2015 e del 29 settembre 2015, è stata disposta la restituzione di una parte delle somme concesse. Negli ultimi cinque anni, tuttavia, per quanto riguarda eventuali finanziamenti di cui l'impresa avrebbe beneficiato da parte del Ministero dello Sviluppo economico, non sono state concesse ulteriori agevolazioni in favore del gruppo Bosch nella sede barese, né direttamente né tramite eventuali soggetti convenzionati con lo stesso Ministero.

Circa la questione occupazionale resa pubblica dall'azienda, che ha presentato di recente il piano industriale per i prossimi cinque anni prevedendo, come diceva l'interrogante, 850 unità, ossia il 40 per cento del totale degli attuali 1.890 dipendenti, il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, consultato in merito, ha riferito che al momento su questo fronte non risultano istanze di accesso agli ammortizzatori sociali. Considerate queste premesse e la delicata situazione che l'impresa sta affrontando, il Ministero dello Sviluppo economico è certamente disponibile ad attivare un tavolo di confronto, qualora le parti, come deve essere, lo richiedano, al fine di dare la massima collaborazione per trovare la migliore soluzione possibile e consentita, anche a tutela dei livelli occupazionali.

PRESIDENTE. L'onorevole Pannarale ha facoltà di replicare, per due minuti.

ANNALISA PANNARALE. Presidente, Ministro, mi rincuora l'intenzione da lei espressa di agevolare la convocazione di un tavolo, anche se francamente mi sarei aspettata uno sforzo in più, soprattutto rispetto alla capacità di disegnare un progetto industriale, un'idea industriale da parte del Governo, che possa assicurare il futuro produttivo e occupazionale di una parte così rilevante del sistema del Paese. Io credo che sia davvero ormai insopportabile continuare a scaricare ancora una volta sulla pelle dei lavoratori il peso di scelte industriali miopi e sbagliate, e che continuano in questo Paese a fare affidamento sui combustibili fossili che sono ormai vecchi e assolutamente in declino, e che non investono in progetti di ricerca; nello specifico, come gli avevo posto peraltro nella premessa, nella riconversione produttiva verso, ad esempio, motori ibridi ed elettrici.

Lei sa bene che in Germania, ad esempio, il Governo ha investito risorse cospicue in progetti di ricerca sulle nuove tecnologie per la propulsione elettrica, il che significa produrre dei prodotti che sono nuovi, che sono innovativi; noi in Italia continuiamo a produrre vecchie pompe per il diesel. Peraltro, la stessa rete di ricarica per i veicoli alimentati ad energia elettrica è assolutamente carente.

Noi non possiamo continuare a pensare che la crisi del diesel venga pagata non dai manager, non dai dirigenti, su cui pure si sta indagando nell'ambito dello scandalo legato al diesel, ma che continui ancora una volta ad essere pagata dai lavoratori, con il taglio della busta paga, dei loro diritti, col peggioramento delle condizioni di lavoro. Noi non ci distraiamo, continueremo a pressare, continueremo a vigilare.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

ANNALISA PANNARALE. Io credo che sia assolutamente urgente convocare subito questo tavolo, perché non possiamo stare ad aspettare i licenziamenti. Avete il dovere di salvaguardare i lavoratori ed il futuro del Paese!

(Iniziative volte a garantire adeguate risorse finanziarie e umane all'Ispra - n. 3-03128)

PRESIDENTE. L'onorevole Zaratti ha facoltà di illustrare l'interrogazione Laforgia ed altri n. 3-03128 (Vedi l'allegato A), di cui è cofirmatario, per un minuto.

FILIBERTO ZARATTI. Signor Presidente, l'Ispra svolge fondamentali ed importantissime funzioni conoscitive, di controllo, di monitoraggio, di valutazione. Queste competenze sono state ulteriormente normate dalla nuova legge, la n. 132 del 2016, che ha istituito anche il Sistema nazionale a rete per la protezione dell'ambiente, e che ha riordinato le agenzie ambientali. Il fatto che queste agenzie possano svolgere al meglio la loro funzione è fondamentale per quanto riguarda anche le nuove normative in ragione degli eco-reati. I controlli ambientali sono fondamentali; i cittadini devono credere che queste agenzie possano svolgere autonomamente la loro funzione. Chiediamo al Governo se non ritiene opportuno finanziare ulteriormente per rendere possibile il funzionamento di questi enti.

PRESIDENTE. Il Ministro dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare, Gian Luca Galletti, ha facoltà di rispondere, per tre minuti.

GIAN LUCA GALLETTI, Ministro dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare. Ringrazio intanto l'onorevole interrogante per l'interrogazione. La legge n. 132 del 2016, istitutiva del Sistema nazionale a rete, ha ridisegnato completamente il Sistema nazionale per la protezione dell'ambiente, e quale perno di tale sistema ha ridefinito i compiti e le funzioni di Ispra. Sono stati, infatti, introdotti nuovi obiettivi ambientali, ed è stato attribuito ad Ispra uno specifico ruolo strategico di coordinamento introducendo rilevanti innovazioni organizzative e di funzionamento per assicurare omogeneità ed efficacia all'azione conoscitiva e di controllo pubblico della qualità dell'ambiente. Tuttavia, per esigenze di contenimento della finanza pubblica, tale legge ha previsto una clausola di invarianza finanziaria; pertanto, non è stato previsto un incremento del contributo ordinario, come segnalato dal mio Ministero nelle sedi parlamentari.

Per le necessità di Ispra il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha già provveduto ad erogare il contributo ordinario, che è stato tutto trasferito all'istituto in due tranche, per un totale di 80 milioni di euro. Il mio Ministero, senza venir meno alle proprie funzioni di amministrazione vigilante, segue con la massima attenzione e partecipazione la situazione organizzativa interna di Ispra, partecipando anche agli incontri tra il Dicastero del lavoro e le parti sociali. Viene, inoltre, costantemente informato dagli organi dell'ente, i quali hanno fatto presente che presso l'istituto l'incidenza percentuale dei lavoratori con contratti flessibili rispetto alla dotazione organica è passata in meno di dieci anni dal 40 per cento al solo 6 per cento. Oggi Ispra conta circa 1.200 unità a tempo indeterminato; tutti i lavoratori in possesso dei requisiti necessari sono stati ammessi alle procedure di stabilizzazione previste dal decreto-legge n. 101 del 2013. Più precisamente, su 80 unità di personale con contratto a tempo determinato, 24 sono state inserite nelle procedure di stabilizzazione, e si prevede che saranno assunte con contratto a tempo indeterminato alla fine dell'anno. I restanti 56 lavoratori non hanno maturato i requisiti per partecipare alle procedure in atto, e in ogni caso trova applicazione la disciplina normativa in materia di contratti di lavoro a tempo determinato.

Dai numeri appena riportati, è chiaro che non si possa parlare di un blocco delle attività in caso di mancata prosecuzione dei rapporti di lavoro interessati.

Ciò non fa certamente venir meno l'attenzione mia e del mio Ministero nei confronti delle persone oggi non rientranti nel percorso di stabilizzazione. Il Ministero è parte attiva nella ricerca di soluzioni, tenendo conto, tuttavia, che l'utilizzo, all'interno di Ispra, dei meccanismi di superamento del precariato che il Governo ha introdotto, da ultimo con la “riforma Madia” entrata in vigore appena pochi giorni fa, resta subordinato all'individuazione di coperture finanziarie e legato al rispetto della normativa vigente in materia.

PRESIDENTE. L'onorevole Zaratti ha facoltà di replicare, per due minuti.

FILIBERTO ZARATTI. Grazie, Presidente. È evidente che le ultime cose che sono state affermate dal Ministro inficiano l'intero intervento che precedentemente il Ministro ha fatto. Che i piani di stabilizzazione del personale, ovvero il fatto che finalmente questi lavoratori possano trovare un posto di lavoro fondamentale e fisso (dico fondamentale perché è fondamentale nello svolgimento ordinario delle funzioni affidate a Ispra, quindi questi lavoratori non è che svolgono una funzione accessoria, ma fondamentale e determinata), quindi che i piani di stabilizzazione siano sottoposti alla compatibilità di natura finanziaria, così come è stato ribadito, anche rispetto alla n. 132, inficia la possibilità che questi Piani vengono attuati.

Noi chiediamo esattamente questo al Governo: che vengano messe in campo le risorse necessarie per i Piani di stabilizzazione, per permettere all'Ispra di svolgere le sue funzioni istituzionali. Non si possono svolgere quelle funzioni senza che i laboratori siano attrezzati, senza che ci siano i finanziamenti anche per le più minime ed essenziali necessità dei ricercatori, dei controllori, degli ispettori che lavorano presso l'Ispra; è un elemento fondamentale. Io voglio ricordare che proprio il 30 giugno molti lavoratori sono stati lasciati a casa perché il Ministero non ha ritenuto opportuno stanziare ulteriori 600 mila euro per permettere a questi lavoratori di poter continuare a svolgere le funzioni fondamentali in Ispra. Chiediamo al Governo, anche in sede di legge di stabilità, di mettere le risorse necessarie per far funzionare l'Ispra, per far funzionare il sistema dei controlli ambientali, che rimane una delle priorità del nostro Paese.

(Iniziative di competenza in merito ai rischi connessi alla realizzazione di una centrale termica solare nei terreni agricoli del comune di Gonnosfanadiga (provincia del Medio Campidano) – n. 3-03129)

PRESIDENTE. L'onorevole Capelli ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-03129 (Vedi l'allegato A).

ROBERTO CAPELLI. Grazie, signor Presidente. Signor Ministro, in Sardegna, in particolare, come detto nel titolo dell'interrogazione, nel territorio del Medio Campidano, nel comune Gonnosfanadiga e di altri comuni limitrofi, rischia di compiersi l'ennesimo inutile scempio ambientale con la compromissione di importanti aree attualmente destinate a pregevoli produzioni agricole, allevamento di ovini, piccoli pascoli naturali, arborati con sughere.

Si tratta appunto di un impianto termodinamico proposto da una società con sede a Londra, con capitale sociale versato di una sterlina, che ha trasformato la proposta iniziale con il solo scopo di modificare la competenza per il rilascio delle necessarie autorizzazioni, passando dalla regione allo Stato italiano. Non le sfuggirà che non è una richiesta e una posizione del no a tutto, ma semplicemente quello di verificare la possibilità di realizzare tali impianti in aree diverse da quelle prospettate.

PRESIDENTE. Il Ministro dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare, Gian Luca Galletti, ha facoltà di rispondere, per tre minuti.

GIAN LUCA GALLETTI, Ministro dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare. Grazie all'onorevole interrogante. Con riferimento alla realizzazione del progetto in questione, si rappresenta in via preliminare che l'intervento è stato sottoposto alle procedure di VIA, di valutazione di impatto ambientale. In tale contesto la commissione tecnica di verifica dell'impatto ambientale del Ministero ha espresso un parere di compatibilità ambientale positivo, a condizione che vengano rispettate specifiche prescrizioni. In particolare nella sua valutazione la commissione ha sostanzialmente ritenuto che la realizzazione del progetto è in linea con il raggiungimento degli obiettivi dell'Unione europea e del nuovo pacchetto clima-energia 2030, nonché con la normativa nazionale in tema di energie rinnovabili.

La commissione ha ritenuto comunque che l'osservanza del quadro prescrittivo, le limitazioni, mitigazioni e compensazioni previste, garantiscano il superamento degli eventuali possibili impatti derivanti dal progetto in esame. Il parere della Commissione VIA prevede infatti un numero consistente di prescrizione da ottemperare in fase di progettazione, realizzazione ed esercizio dell'opera, che riguardano le misure di mitigazione, compensazione, la gestione della terra e rocce da scavo, l'ambiente idrico, le misure antincendio, il monitoraggio ambientale e le radiazioni ionizzanti per quanto riguarda l'elettrodotto interrato connesso all'opera.

In totale sono dodici le prescrizioni principali, ciascuna delle quali è articolata in sottoprescrizioni di dettaglio che mirano a garantire la compatibilità ambientale dell'opera nel contesto specifico.

Per lo stesso progetto, il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo si è espresso con parere negativo, evidenziando in particolare che non è stato possibile valutare tutti gli impatti che la costruzione del progetto potrebbe generare sui valori paesaggistici e culturali esistenti. Al fine di superare il contrasto tra il parere espresso dalla Commissione VIA-VAS e il parere del Ministero dei beni e delle attività culturali, la questione è stata deferita al Consiglio dei ministri per una complessiva valutazione il cui iter è ancora in corso. Per completezza di informazione si segnala che la documentazione progettuale, le osservazioni del pubblico e i pareri degli enti interessati dalla realizzazione del progetto pervenuti nel corso dell'intero iter istruttorio, sono pubblicati sul portale delle valutazioni ambientali del Ministero dell'ambiente.

PRESIDENTE. L'onorevole Capelli ha facoltà di replicare.

ROBERTO CAPELLI. Signor Ministro, non le sfuggirà che, oltre al parere negativo del Ministero del turismo e della cultura, c'è il parere negativo della regione Sardegna e della sovrintendenza, oltre che dei comuni, rappresentato dai sindaci di quei territori interessati all'investimento. Non le sfuggirà anche, e questo presumo possa servire per il parere definitivo del Consiglio dei ministri, che la commissione ha assunto a fondamento del proprio parere di compatibilità, le argomentazioni della proponente, citandole in forma pedissequa, recependole in modo acritico, ritenendole aprioristicamente veritiere anche negli aspetti di più manifesta e logica infondatezza.

Vede oggi, signor Ministro, purtroppo, è deceduto uno degli storici indipendentisti della Sardegna, Doddore Meloni. È deceduto per distrazione dello Stato: una persona malata che in carcere per reati fiscali non ha potuto godere delle opportune attenzioni per essere trasferito per tempo nelle strutture adeguate a riceverlo, a seguito di due mesi di sciopero della fame. Perché cito questo? Perché non è proprio il caso, signor Ministro, di innescare ulteriori vertenze tra una regione che è sempre più spinta verso l'indipendentismo, cosa che io non condivido, ma che ha ben donde per lamentarsi delle disattenzioni dello Stato e dei pareri degli organi istituzionali amministrativi di quella regione che tendono semplicemente a tutelare quell'ambiente, non a escludere l'investimento che può essere destinato in altre aree già compromesse, siti industriali già compromessi, che possono ben essere messi subito a disposizione per ls realizzazione dell'impianto in questione.

(Chiarimenti in merito alla revoca delle risorse assegnate alle regioni e ad altri enti per la realizzazione di interventi di mitigazione del rischio idrogeologico – n. 3-03130)

PRESIDENTE. L'onorevole Daga ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-03130 (Vedi l'allegato A).

FEDERICA DAGA. Grazie, Presidente. Il “decreto sblocca Italia” del 2014 prevede che il Ministero dell'ambiente revochi quei fondi assegnati a regioni ed enti per contrastare fenomeni di dissesto idrogeologico qualora non siano ancora pubblicati i bandi di gara o effettuati affidamenti dei lavori entro settembre 2014. I fondi revocati vanno così nel fondo generale per essere riassegnati ad altri lavori.

Chiediamo, dopo tre anni, il numero, la quantificazione economica e le motivazioni delle revoche dei fondi e a quali altri interventi sono stati assegnati.

PRESIDENTE. Il Ministro dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare, Gian Luca Galletti, ha facoltà di rispondere.

GIAN LUCA GALLETTI, Ministro dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare. Grazie, signor Presidente. Relativamente alle procedure di revoca prevista dall'articolo 7 dello “sblocca Italia”, si evidenzia che, a seguito di una preistruttoria svolta da Ispra sulla base dei dati di monitoraggio contenuti nel database ReNDiS, gestito dallo stesso istituto, gli interventi oggetto di tale procedimento sono risultati 169, l'importo finanziato corrispondente ammonta a circa 245,5 milioni di euro. Tali interventi sono pari al 5,3 per cento di quelli complessivamente finanziati nel periodo 1998-2008. Il 6 ottobre 2014 il Ministero dell'ambiente ha avviato il procedimento finalizzato alla revoca del finanziamento per quelli in ritardo di attuazione.

All'esito dei successivi accertamenti svolti dall'Ispra e delle informazioni fornite dai soggetti beneficiari dei pareri espressi da parte delle Autorità di bacino territorialmente competenti, risulta che per 55 di questi interventi, sulla base delle informazioni aggiuntive pervenute dai soggetti beneficiari, il procedimento di revoca si è interrotto in quanto si è appurato che, alla data del 30 settembre 2014, risultava di fatto pubblicato il relativo bando di gara; ora è stato disposto l'affidamento dei lavori. Per altri 99 il procedimento di revoca si è interrotto a seguito del parere contrario reso dall'Autorità di bacino territorialmente competente. I restanti 15 sono stati, invece, oggetto di parere favorevole da parte dell'Autorità di bacino territorialmente competente.

In relazione a questi ultimi quindici interventi, sono in corso di formalizzazione gli atti di revoca parziale o totale, secondo i casi. La somma complessiva che potrebbe essere recuperata ammonta a poco meno di 7 milioni di euro, importo che non raggiunge neppure lo 0,5 per cento della somma complessivamente finanziata nel periodo in esame 1998-2008, e verrà reimpiegata per le medesime finalità.

Il mio Ministero continuerà a mantenere alto il livello di attenzione sulla questione, dirimente nella lotta al dissesto idrogeologico, di una spesa efficiente. Tutti i provvedimenti presi in questi ultimi anni, a partire dalla nomina dei governatori di regione quali commissari straordinari al dissesto e dall'avvio del nostro piano strategico, vanno proprio nella direzione di razionalizzare, semplificare, responsabilizzare e saldare un'alleanza tra Stato centrale e realtà locali di fronte alla grande emergenza della messa in sicurezza delle aree critiche del nostro territorio, puntando su una progettualità ben definita, con tempi e risorse certe.

PRESIDENTE. L'onorevole Daga ha facoltà di replicare per due minuti.

FEDERICA DAGA. La ringrazio, Ministro. Non sono soddisfatta della risposta ricevuta, perché, comunque, stiamo vivendo un momento di crisi idrica abbastanza diffusa e il pericolo dei dissesti causati da bombe d'acqua diciamo che è dietro l'angolo. Sono tre anni che il Governo e Italiasicura hanno prodotto tantissime e bellissime slide; i dati che mi ha appena dato non corrispondono, in realtà, a quello che è stato dichiarato lo scorso 10 maggio da un convegno dove si presentava un libro di Italiasicura con tutti i dati relativi a quello che poi, alla fine, è il Rendis. Si è presentato, appunto, un libro che, nella sostanza, sembra molto il database nazionale del Rendis.

Due anni fa si parlava di nove miliardi di fondi disponibili per tutta una serie di lavori che erano stati inseriti in questo database, però, alla fine, si è visto che erano disponibili 650 milioni di euro per un primo piano stralcio di 33 opere. Anche su queste 33 opere, quando ho fatto un'interrogazione due mesi fa, in sostanza il risultato è stato che un lavoro è veramente finito, mentre altri tre sono in fase di esecuzione, e tutti gli altri, invece, devono ancora uscire dal tunnel.

Il 10 maggio avete parlato, appunto, di 2 miliardi recuperati da queste revoche, ma mi sembra che il tesoretto, in realtà, non ci sia. Chiedo al Ministero un impegno maggiore nel monitoraggio di questi lavori, perché il tempo non aspetta; ci vogliono fondi certi, come ha detto anche lei, vera programmazione degli interventi necessari e maggiore coscienza del rischio che corre il Paese sia in autunno che ad ogni pioggia. E, io dico, se mi accanisco su questo tema, è sicuramente perché vorrei salvaguardare la sicurezza della cittadinanza in questo Paese.

(Iniziative volte ad evitare dubbi interpretativi in merito alla possibile estinzione del reato di stalking per condotta riparatoria – n. 3-03131)

PRESIDENTE. L'onorevole Locatelli ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-03131 (Vedi l'allegato A), per un minuto.

PIA ELDA LOCATELLI. Grazie, signor Presidente. Negli ultimi giorni si è parlato molto della riforma del codice penale appena approvata a causa delle possibili conseguenze che avrebbe sul reato di stalking. Alcuni dirigenti dei maggiori sindacati italiani e alcuni avvocati hanno criticato una parte della riforma, che, secondo loro, porta ad un indebolimento del reato; altri non sono d'accordo con questa interpretazione.

Il sottosegretario del Ministero della Giustizia è intervenuto sul tema, sostenendo che la depenalizzazione dello stalking è una notizia falsa, ma le critiche sono continuate. Anche lei, signor Ministro, ha dichiarato che le preoccupazioni risultano non fondate, ma temiamo che la questione sia più complicata di quanto non appaia. Chiediamo quindi, signor Ministro, quali siano le iniziative urgenti che lei intende assumere per fugare qualsiasi possibilità di equivoco interpretativo nel merito.

PRESIDENTE. Il Ministro della Giustizia, Andrea Orlando, ha facoltà di rispondere per tre minuti.

ANDREA ORLANDO, Ministro della Giustizia. Grazie, Presidente. Nel medesimo senso, con il progetto di riforma del codice antimafia, si era già intervenuti nel 2013 nella prospettiva di affinare ulteriormente il sistema della tutela, introducendo misure di prevenzione, quale l'ammonimento, finalizzato all'anticipazione della tutela delle donne ad ogni vittima di violenza domestica. E, come dicevo, nel medesimo senso vengono ampliate ora nel codice antimafia le misure di sicurezza personale applicabili ai soggetti indiziati del delitto di atti persecutori; quindi, è del tutto evidente quale sia l'indirizzo e l'orientamento del Governo su questo punto.

Si è intervenuti, inoltre, sul versante processuale attraverso l'introduzione di specifici provvedimenti cautelari e l'esclusione, tra l'altro, del reato di atti persecutori dal novero di quelli in relazione ai quali è possibile applicare l'istituto del proscioglimento per particolare tenuità del fatto.

A fronte di tali interventi reiterati, che dimostrano l'attenzione prestata al fenomeno, l'introduzione dello strumento previsto dall'articolo 162-ter del codice penale ha un'incidenza applicativa tale da non pregiudicare le esigenze di tutela delle vittime dello stalking. La previsione nel corpo dello stesso articolo 612-bis di specifiche ipotesi di procedibilità d'ufficio e di casi di irrevocabilità della querela già riducono ai soli casi di minore gravità la possibilità di applicare in astratto la causa estintiva del reato di stalking. Il controllo giudiziale su congruità della condotta riparatoria e la necessaria audizione della persona offesa rappresentano, inoltre, ulteriori baluardi contro l'applicazione incongrua dell'istituto.

Nel comprendere, tuttavia, l'allarme legittimamente manifestato e al fine di evitare il potenziale consolidarsi di prassi applicative che conducono ad una monetizzazione del reato, siamo aperti a modifiche normative che potranno essere orientate alla previsione di un ampliamento dei casi di procedibilità d'ufficio per il reato di atti persecutori o a definire chiaramente le ipotesi di minore gravità. Gli atti nei quali queste modifiche possono essere introdotte sono molteplici, perché ci sono diversi provvedimenti di contenuto connesso all'attività giudiziaria pendenti al Senato e anche in Commissione, qui, alla Camera.

PRESIDENTE. L'onorevole Locatelli ha facoltà di replicare per due minuti.

PIA ELDA LOCATELLI. Signor Ministro, apprezzo la sua apertura alle modifiche normative. Mi permetto di farle una raccomandazione: vede, questo allarme è stato, come posso dire, lanciato da persone che da una vita si occupano di questi temi, e, addirittura, è stato quantificato il problema. Si pensa che, in almeno il 50 o 60 per cento dei casi, questa sanzione riparatoria sarà applicabile. Non sto a raccontare tutto, perché lo sa benissimo che la irrevocabilità della querela è per i casi gravi di reato di stalking, ma noi abbiamo un problema sempre, ma in particolare in questo momento. Il rischio è che si lanci questo messaggio pericoloso: il reato di stalking non è poi così grave, tant'è che lo abbiamo indebolito con questa riforma del codice penale.

Il problema è: cosa legge una donna? Che, se la querela è ritirata, lo stalker se la caverà con poco, e il problema è che, dopo qualche giorno, dopo qualche mese, forse dopo qualche anno, riprenderà la sua attività, riprenderà i suoi atti persecutori. Questo è l'allarme che noi abbiamo lanciato, e quindi, mentre apprezziamo questa sua apertura alle riforme, e sono sicurissima che le giuriste si metteranno a disposizione per aiutare a cambiare questo testo, noi insistiamo sulla prevenzione.

Ci permettiamo di darle un suggerimento per la prevenzione di atti persecutori, per la non recidiva: l'uso di braccialetti elettronici e di GPS. Con un'ulteriore raccomandazione: forse è il caso di rinegoziare…

PRESIDENTE. Concluda, onorevole.

PIA ELDA LOCATELLI. …l'accordo con la Telecom, perché è stato un accordo troppo esoso per lo Stato.

(Iniziative di competenza volte a prevedere che le disposizioni in materia di estinzione del reato per condotta riparatoria non si applichino al reato di stalking – n. 3-03132)

PRESIDENTE. L'onorevole Carfagna ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-03132 (Vedi l'allegato A), per un minuto.

MARIA ROSARIA CARFAGNA. Grazie, Presidente. Signor Ministro, come è stato già detto, la riforma del processo penale, che è stata approvata qui alla Camera lo scorso 14 giugno con un voto di fiducia e riducendo ai minimi termini lo spazio per un necessario approfondimento parlamentare, ha introdotto, tra le altre cose, una norma, alla quale lei faceva riferimento, l'articolo 162-ter, che consente in alcuni casi di estinguere anche il reato di stalking, pagando una somma di denaro.

A nostro avviso è un passo indietro pericoloso, un errore giuridico, politico, per le ricadute che questo avrà sulla vita delle vittime di stalking e anche per il messaggio che viene lanciato, quello di un arretramento nella lotta contro la violenza sulle donne, proprio nello stesso momento in cui apprendiamo, anche dal capo della Polizia, che il reato di stalking funziona, funziona bene e funziona, anche e soprattutto, come arma di prevenzione. Le chiediamo, quindi, cosa intende fare per evitare che l'articolo 162-ter si applichi anche al reato di stalking.

PRESIDENTE. Il Ministro della Giustizia, Andrea Orlando, ha facoltà di rispondere, per tre minuti.

ANDREA ORLANDO, Ministro della Giustizia. Grazie, Presidente. Approfitto, nel rispondere a questa domanda, anche per riprendere alcune considerazioni precedenti; io non credo nella valenza simbolica del diritto penale, ma se così fosse, noi dobbiamo dire che nel corso di questi mesi noi avevamo introdotto misure restrittive per quanto riguarda la parte cautelare, parlo del 2013, abbiamo introdotto nel codice antimafia addirittura misure di prevenzione, per quanto riguarda questo tipo di reati. Quindi, se davvero il comportamento dei singoli fosse orientato dalla Gazzetta Ufficiale, cosa di cui dubito, la Gazzetta Ufficiale ha mandato anche questi segnali di cui è giusto tenere sufficientemente conto. Da questo punto di vista, ritengo che la scelta che è stata compiuta a suo tempo, di non prevedere la procedibilità d'ufficio per tutti i tipi di stalking, abbia in qualche modo indebolito lo strumento. So che su questo c'è stato un dibattito, a suo tempo, molto acceso, molto forte, ma la strada che credo si potrebbe e si dovrebbe percorrere – naturalmente, sono aperto al confronto su altre ipotesi - è questa: non tanto, come dire, evitare che la condotta riparatoria possa essere un istituto utile alla deflazione del processo, quanto sottrarre questo tipo di reati alla possibilità che in qualche modo ci sia una pressione in qualunque fase processuale nei confronti della donna, affinché in qualche modo possa rimettere la propria azione e la propria domanda di giustizia.

Vorrei aggiungere sommessamente che, forse, sì, la fiducia ha troncato una discussione in questo ramo del Parlamento che però l'aveva lungamente discusso, questo stesso testo, nella fase precedente in cui l'aveva approvato. Questo tema non è mai stato sollevato da nessuno in tutto l'iter del procedimento che data 2014 e il testo è rimasto lo stesso esattamente dal 2014 e non c'è stato nessun emendamento, non c'è stato nessuno che abbia sollevato la questione durante il percorso parlamentare. Quindi, credo che tutti quanti possiamo fare uno sforzo comune per affrontare in questi termini questo eventuale rischio che io ritengo molto remoto, ma che, comunque, per quanto remoto, data la valenza del tema di cui stiamo discutendo, deve e può essere affrontato.

PRESIDENTE. L'onorevole Carfagna ha facoltà di replicare, per due minuti.

MARIA ROSARIA CARFAGNA. Ministro, eviterei il gioco dello scaricabarile che trovo irrispettoso nei confronti delle donne vittime di violenza, anzi, ci tengo a dirle che apprezziamo la sua sensibilità, la sua apertura - e abbiamo avuto modo di dirglielo anche nei giorni scorsi - che stride, in realtà, con il silenzio assordante di alcuni suoi colleghi e, soprattutto, di alcune sue colleghe al Governo. Mi permetto di dire rapidamente che il punto non è quello di agire sulla procedibilità: lei ha fatto riferimento, giustamente, ad un dibattito che c'è stato e la scelta che fu fatta allora, fu fatta per valorizzare al massimo, come lei sa, la libertà delle donne; a nostro avviso bisogna escludere il reato di stalking tra quelli ricompresi nell'articolo 162-ter e ci riserviamo di presentare una proposta in merito.

Mi lasci dire una cosa, però, non è la prima volta che ci troviamo di fronte a un pasticcio giuridico che rischia di indebolire il sistema di tutela a favore delle donne vittime di violenza. Già nel 2014, il Consiglio dei ministri approvò una norma che aboliva la carcerazione preventiva per gli stalker e quella norma fu cancellata soltanto grazie all'attività emendativa di Forza Italia. Non è la prima volta e allora mi lasci esprimere amarezza nei confronti di quella che appare come un'indifferenza dei Governi Renzi, prima, e Gentiloni, poi, nei confronti della tematica dei diritti delle donne - indifferenza nel migliore dei casi, strumentalizzazione nel peggiore dei casi -, ne abbiamo vista tanta, soprattutto negli ultimi mesi; diritti delle donne che vengono utilizzati come strumento per ottenere visibilità.

Lei sa che per due anni e mezzo noi non abbiamo avuto un Ministro per le pari opportunità; di questa scelta, prima o poi, qualcuno dovrà rispondere; da un anno, da quando c'è stato un Ministro, prima, e un sottosegretario, ora, con delega, le cose onestamente non sono cambiate, ci dispiace perché avevamo dato un'apertura di credito al nuovo corso, ci auguriamo che la sua sensibilità possa contagiare le sue colleghe al Governo, perché le donne vittime di violenza debbono poter contare su istituzioni vigili, attente e sensibili.

(Intendimenti in ordine alla presentazione di un disegno di legge sull'equo compenso dei professionisti – n. 3-03133)

PRESIDENTE. L'onorevole Marotta ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-03133 (Vedi l'allegato A), per un minuto.

ANTONIO MAROTTA. Grazie, Presidente. Ministro, i minimi tariffari sono tutelati dalla legge, dalla riforma dell'ordinamento forense introdotto nel 2012, dalla sentenza del 2016 della Corte di giustizia dell'Unione europea, però, il consiglio nazionale forense segnala, già da tempo, l'esistenza di convenzioni che presentano un eccessivo squilibrio contrattuale in favore del committente e non rispettose della proporzione tra compenso pattuito e qualità e quantità del lavoro svolto dal legale su mandato. Tali convenzioni sono proposte dai cosiddetti clienti forti e lei sa a chi mi riferisco. Quindi, lei ha presentato un disegno di legge, fra l'altro concordato con il consiglio nazionale forense…

PRESIDENTE. Concluda, onorevole.

ANTONIO MAROTTA. …noi ci aspettiamo che questo disegno di legge vada avanti, se lei ci illumina su questo aspetto.

PRESIDENTE. Il Ministro della Giustizia, Andrea Orlando, ha facoltà di rispondere, per tre minuti.

ANDREA ORLANDO, Ministro della Giustizia. Sì, in questa sede si sottolinea il ruolo essenziale svolto dall'avvocatura per assicurare efficienza e funzionalità al servizio giustizia. La notevole riduzione delle cause civili pendenti, passate nell'ultimo triennio da 6 a 3,5 milioni, e la consolidazione del processo civile telematico sono alcuni, solo, dei settori in cui l'avvocatura ha dimostrato di essere risorsa fondamentale per il funzionamento della giurisdizione, mostrando spirito di leale collaborazione istituzionale ed elevatissimi livelli di professionalità. Ritengo, pertanto, grave voler imputare anche all'avvocatura le disfunzioni del sistema giudiziario, trascurando come sia, invece, un atto di un imponente processo di proletarizzazione dei professionisti che finisce per indebolire il sistema di tutela dei diritti, che rischia di mettere in discussione la stessa tenuta della democrazia.

Proprio per questo siamo impegnati perché si approvi una norma sull'equo compenso dei professionisti; in questa prospettiva abbiamo predisposto, anche tenuto conto dei contributi del consiglio nazionale forense, il disegno di legge in materia di equo compenso e clausole vessatorie nel settore delle prestazioni legali che intende assicurare il diritto degli avvocati ad essere equamente compensati, in proporzione alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, al contenuto e alle caratteristiche della prestazione legale. Il disegno di legge è incentrato sulla tutela del professionista contro le clausole vessatorie unilateralmente imposte da particolari categorie di clienti, cosiddetti forti, soprattutto le banche e le assicurazioni che, per particolari caratteristiche economiche, sono in grado di rivestire, nell'ambito del contratto di prestazione d'opera professionale, una posizione dominante, imponendo condizioni particolarmente svantaggiose. In particolare, al fine di riequilibrare il rapporto, è previsto che il giudice possa procedere alla giusta determinazione del compenso, previa declaratoria di nullità delle clausole nulle, applicando i parametri in vigore e tenendo conto delle caratteristiche specifiche della prestazione legale. Il provvedimento consentirà di tutelare adeguatamente la dignità professionale degli avvocati, soprattutto dei più giovani, contrastando vere e proprie forme di caporalato intellettuale. Il disegno di legge, inviato già in data 7 ottobre 2016 alla Presidenza del Consiglio dei ministri, dovrà essere approvato entro la fine della legislatura e costituire la base per ridefinire i compensi delle altre categorie di professionisti.

PRESIDENTE. L'onorevole Marotta ha facoltà di replicare, per due minuti.

ANTONIO MAROTTA. Grazie; nel dichiararmi pienamente soddisfatto dalle parole del Ministro che ci ha tranquillizzato nel dire che questo disegno di legge sarà portato a termine nell'arco di questa legislatura, voglio sottolineare come il problema del compenso per i professionisti che, fra l'altro, hanno dato luogo a una manifestazione anche nel maggio scorso, qui, a Roma, sia un fatto di estrema importanza, soprattutto per i giovani, a cui, pure, ha fatto riferimento il Ministro. Perché è chiaro che lì dove i giovani si avviano alla professione e si trovano di fronte a tariffe e onorari tali che non gli consentono di sopravvivere – a volte addirittura è chiesta loro l'anticipazione delle spese, da parte di alcuni enti o da parte di alcuni clienti forti, come li abbiamo definiti prima - non c'è per loro nessuna possibilità di intraprendere un'attività professionale.

Noi riteniamo che questo disegno di legge sia necessario, essenziale e atteso da tutte le categorie interessate, proprio per porre fine ad una situazione che, per quanto riguarda l'attualità del momento, sta veramente degenerando; è arrivata ai limiti di sopportazione da parte non solo della classe di tutti i professionisti, ma, ripeto, soprattutto dei giovani. È chiaro che questo incide anche sulla qualificazione professionale, perché, nel momento in cui il giovane si trova ad affrontare la professione e non ha nessuna possibilità economica in base a quello che è il rapporto di lavoro con un ente o con un istituto, viene meno anche la capacità economica di far fronte a una qualificazione professionale, che è necessaria soprattutto nella professione dell'avvocato.

(Elementi ed iniziative in ordine all'efficacia dei controlli di sicurezza presso il palazzo di giustizia di Milano – n. 3-03134)

PRESIDENTE. L'onorevole Auci ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-03134 (Vedi l'allegato A) per un minuto.

ERNESTO AUCI. Grazie, Presidente. Signor Ministro, come ricorderà, il 9 aprile 2015 un uomo, eludendo tutti i controlli, è entrato armato nel palazzo di giustizia di Milano e ha ucciso tre persone e ferito gravemente altre due. Vennero uccisi il giudice Fernando Ciampi, l'avvocato Lorenzo Claris Appiani e il signor Giorgio Erba. Il fatto suscitò un'ondata di commozione e di cordoglio, ma anche indignazione e preoccupazione per la scarsa sicurezza del tribunale di Milano. L'assassino è stato arrestato e condannato, mentre, per quel che riguarda il passaggio dell'arma, è stato incriminato il vigilante addetto alla porta di ingresso. Durante il processo il vigilante è stato completamente assolto, ma è emerso con chiarezza che i controlli, la sicurezza del tribunale di Milano non è adeguata, è completamente inefficiente, insomma fa acqua da tutte le parti. Questa sicurezza è controllata, a sua volta, da una commissione di manutenzione composta dalle più alte cariche del tribunale...

PRESIDENTE. Deve concludere.

ERNESTO AUCI. ...che, per la verità, deve aver agito male. Si intende solo chiedere al Ministro cosa vuole fare per intervenire.

PRESIDENTE. Il Ministro della Giustizia, Andrea Orlando, ha facoltà di rispondere per tre minuti.

ANDREA ORLANDO, Ministro della Giustizia. I tragici eventi occorsi nel palazzo di giustizia di Milano il 9 aprile 2015 hanno proposto all'attenzione l'esigenza di intervenire più efficacemente sul sistema di sicurezza degli uffici giudiziari. Ferme restando le valutazioni dell'autorità giudiziaria sulla responsabilità penale dei soggetti coinvolti, vi evidenzio come, nelle motivazioni, la sentenza, emessa nei confronti della guardia giurata in servizio presso l'ingresso di via San Barnaba del palazzo di Giustizia del tribunale di Brescia, ha confermato che i dispositivi di controllo erano perfettamente funzionanti.

La competente direzione generale, a sua volta, ha rilevato come risultassero regolarmente installati e funzionanti metal detector, che non erano pendenti richieste di manutenzione o di installazione di nuovi impianti.

Il sistema vigente all'epoca dei fatti attribuiva al Ministero della giustizia la competenza in ordine alla programmazione degli acquisti e delle strutture relative all'adeguamento della normativa di sicurezza. Fonti secondarie attribuivano alle prefetture la competenza per la sicurezza esterna ed alle strutture del procuratore generale presso la Corte di appello la competenza ad adottare i provvedimenti necessari ad assicurare la sicurezza interna.

Il quadro giuridico primario di riferimento è mutato radicalmente attraverso la legge di stabilità del 2015, che ha trasferito al Ministero della giustizia le spese per il funzionamento degli uffici giudiziari e ha comportato modifiche delle competenze concernenti la sicurezza dei palazzi di giustizia. In attuazione di ciò, sono state istituite le conferenze permanenti, competenti a definire i fabbisogni ed i criteri di intervento e valutazione tecnica dei provvedimenti per la tutela dei palazzi di giustizia. Il nuovo modello potenzia il ruolo di impulso e di coordinamento e raccordo proprio dei procuratori generali.

Il procuratore generale presso la Corte di appello di Milano ha presentato, nell'agosto 2016, un progetto dettagliato di ristrutturazione delle misure di sicurezza degli edifici giudiziari e la competente Direzione generale ha individuato le modalità per l'attivazione dei servizi per migliorare il sistema di sicurezza. L'attuazione delle scelte del legislatore del 2014 ha, pertanto, accelerato la costruzione di un nuovo modello di gestione degli interventi in tema di sicurezza degli edifici giudiziari.

Per il potenziamento dei sistemi di sicurezza degli uffici giudiziari, nel corso del 2016 abbiamo stanziato risorse aggiuntive per 2 milioni di euro dal Fondo efficienza e 11,5 milioni di euro dalla ripartizione del FUG. Inoltre, destineremo nuove risorse per l'anno in corso.

PRESIDENTE. L'onorevole Auci ha facoltà di replicare per due minuti.

ERNESTO AUCI. Signor Ministro, la ringrazio molto della sua risposta ampia e dettagliata. Credo che si siano fatti dei passi avanti, tuttavia sottolineo ancora una volta che non vedo un ruolo attivo, così come è stato confermato, da parte dei magistrati del tribunale stesso. Cioè, siccome è il Ministero in quanto tale che deve assicurare l'efficienza e la funzionalità delle strutture della giustizia, questo non c'entra nulla con l'autonomia dell'autorità giudiziaria, che deve essere mantenuta e bisogna rispettare la Costituzione, ma non credo che i magistrati siano titolati o abbiano una esperienza specifica in tema di sicurezza. Quindi, l'invito che rivolgiamo al Ministero è quello di farsi carico completamente del sistema di sicurezza dei vari tribunali, proprio per rassicurare le molte migliaia di persone, che, come nel caso di Milano, ma anche di altri tribunali importanti, frequentano tutti i giorni le Aule di giustizia.

(Iniziative volte a contrastare la diffusione sul web di contenuti illeciti e, in particolare, della propaganda terroristica – n. 3-03135)

PRESIDENTE. L'onorevole Quartapelle Procopio ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-03135 (Vedi l'allegato A) per un minuto.

LIA QUARTAPELLE PROCOPIO. Presidente, oggi i fili delle reti terroristiche sono soprattutto fili virtuali. Lo sappiamo, i terroristi usano il web, usano le piattaforme social, le piattaforme di contenuti per veicolare la loro propaganda d'odio. Internet, che è una delle più grandi conquiste della nostra epoca, rischia di diventare uno straordinario tallone di Achille, uno spazio libero, incontrollato e incontrollabile, che può diventare strumento di propaganda e di odio. È una questione che il Governo italiano conosce bene, che ha analizzato in vari consessi internazionali, in ultimo in sede del G7 e nel Consiglio europeo, e quindi le chiediamo quali tipi di iniziative si stiano intraprendendo a livello nazionale e internazionale, sulla scorta di quanto stanno facendo altri Paesi europei come, per esempio, la Germania, per contrastare la diffusione sul web di contenuti illeciti e, in particolare, della propaganda terroristica.

PRESIDENTE. Il Ministro della Giustizia, Andrea Orlando, ha facoltà di rispondere per tre minuti.

ANDREA ORLANDO, Ministro della Giustizia. Riservo al tema in discussione prioritaria attenzione, nella consapevolezza che la lotta alla minaccia globale del terrorismo passi, come è stato detto, anche attraverso una ridefinizione complessiva del ruolo dei social network ed un efficace controllo dei messaggi veicolati dalla rete.

Sul versante delle iniziative normative volte al contrasto del fenomeno, vorrei ricordare che, con gli interventi legislativi del 2015 e del 2016, abbiamo assicurato il recepimento delle fattispecie di reato previste dagli strumenti delle Nazioni Unite e del Consiglio d'Europa per contrastare la minaccia posta dai foreign fighters, rafforzando così, altresì, gli strumenti di indagine e di prevenzione in grado di contrastare l'utilizzo del web da parte delle organizzazioni terroristiche.

In particolare, abbiamo attribuito all'autorità giudiziaria il potere di oscurare i siti internet e rimuovere i contenuti online che siano connessi alla propaganda jihadista e alla perpetuazione delle condotte terroristiche. Al fine di garantire un costante monitoraggio del fenomeno, l'organo del Ministero dell'interno per la sicurezza e per la regolarità dei servizi di telecomunicazioni, provvede ad aggiornare costantemente un elenco di siti utilizzati per attività e condotte criminose di matrice terroristica.

Siamo stati tra i primi Paesi al mondo ad adottare queste importanti riforme, come è stato riconosciuto dalle Nazioni Unite nell'ultimo rapporto di valutazione dell'Italia al Comitato antiterrorismo dell'ONU. Nella convinzione che la rete ormai sia uno dei luoghi principali del conflitto e della dialettica democratica e che, dunque, la risposta più efficace e tempestiva non possa essere solo quella della criminalizzazione, ci siamo battuti a livello europeo, durante i negoziati della nuova direttiva antiterrorismo adottata dall'Unione lo scorso marzo, per avere un testo finale ambizioso, in grado davvero di innalzare l'efficacia dell'azione di contrasto alle nuove minacce. Abbiamo ottenuto l'introduzione di una norma che obbliga tutti gli Stati membri a dotarsi di strumenti che consentano la rimozione o il blocco dei contenuti online, quando essi costituiscano una pubblica provocazione a commettere un reato terroristico.

Il complesso delle iniziative avviate si iscrive nel quadro di interventi multidisciplinari che ho inteso avviare, a partire dall'interlocuzione con i principali social network. In questa prospettiva ho presentato, il 3 novembre scorso, insieme al rappresentante di Facebook, le linee guida di “Pensa prima di condividere”, per l'utilizzo consapevole dei social media e per la sicurezza online. Ho incontrato molte delle associazioni della società civile per costruire un'alleanza contro la propaganda d'odio veicolata sulla rete. Con il medesimo obiettivo è stato istituito con il Ministero dell'Interno e l'Unar un gruppo di lavoro che ha finalità di sviluppare sinergie tra amministrazione dello Stato, attraverso il coordinamento delle attività di osservazione e di prevenzione dei reati d'odio. Vorrei aggiungere il fatto che il protocollo europeo, che è stato siglato dalla Commissione europea con i principali providers che operano nel nostro continente, è stato realizzato su impulso del nostro Governo e di quello tedesco.

PRESIDENTE. L'onorevole Manciulli, cofirmatario dell'interrogazione, ha facoltà di replicare.

ANDREA MANCIULLI. Grazie, signor Ministro, io mi dichiaro molto soddisfatto della sua risposta: del resto, la sua risposta contiene anche un po' il percorso narrativo rispetto all'applicazione del decreto del 2015, che sta dando, da questo punto di vista, dei frutti molto seri e sui quali è opportuno anche apprezzare la valutazione di alcuni organismi internazionali.

Proprio domani questo Parlamento, se sarà il caso nella discussione, approverà un nuovo versante, al quale, in qualche maniera, lei faceva riferimento quando diceva che non basta soltanto un versante repressivo per combattere il terrorismo. Particolarmente, sulle vicende di Internet e della rete, il tema dei simpatizzanti e di come cresce questo fenomeno fra persone che immediatamente non commettono reati, ma provano simpatia per un fenomeno di questo tipo, sta crescendo ed è giusto dotarsi di strumenti preventivi che accompagnino il lavoro egregio che, fino ad oggi, è stato fatto.

(Iniziative per la digitalizzazione dei fascicoli relativi a procedimenti giudiziari di interesse storico – n. 3-03136)

PRESIDENTE. L'onorevole Catalano ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-03136 (Vedi l'allegato A), per un minuto.

IVAN CATALANO. Grazie, Presidente. Ministro, la maggior parte degli atti processuali archiviati in Italia sono conservati unicamente in formato cartaceo e alcuni, risalenti a molti decenni fa, tra poco, saranno illeggibili. Parliamo di casi di grande importanza storica, sociale e politica per il nostro Paese; casi di cronaca, processi di mafia e di terrorismo. Pensiamo al loro valore storico, alla loro importanza ai fini di studio per i ricercatori delle nostre università, ai molti progetti per la promozione della cultura della legalità.

La consultazione di questi atti è molto difficile, perché non esiste una banca dati telematica pubblica e gli archivi sono frammentati. Prendendo a parametro i costi dell'archivio di Milano, servirebbero circa 15 milioni di euro per tutta Italia: è certamente una cifra significativa, ma, se rapportata all'inestimabile valore di quegli atti nel raccontare la storia del nostro Paese, è tutto sommato sopportabile. È impensabile che i soli archivi dei tribunali, con minori capacità economiche ed organizzative, possano far fronte a questi costi, ma uno sforzo deve essere fatto se vogliamo salvare la documentazione e centralizzarla. Quindi, chiedo al Governo che cosa pensa di fare.

PRESIDENTE. Il Ministro della Giustizia, Andrea Orlando, ha facoltà di rispondere, per tre minuti.

ANDREA ORLANDO, Ministro della Giustizia. L'atto di sindacato ispettivo in discussione mi offre la possibilità di affrontare un tema, quello della conservazione degli atti giudiziari di maggiore interesse storico, cui il Governo e il Ministero che rappresento riservano un'attenzione prioritaria.

Proprio nella direzione auspicata dall'onorevole Catalano, il 6 maggio, ho sottoscritto, con il Ministero dei Beni e delle attività culturali e del turismo, un protocollo d'intesa per la realizzazione di un archivio digitale dei principali processi, previa ricognizione dei fascicoli giacenti presso gli uffici giudiziari.

L'obiettivo è quello di promuovere l'avvio di singoli progetti di digitalizzazione delle vicende giudiziarie di maggiore interesse storico, fonte privilegiata per la storia del nostro Paese. Trattasi di uno strumento di documentazione che coinvolge tematiche sensibili della nostra storia, come il terrorismo, la violenza politica, la criminalità organizzata.

Il protocollo, nello scorso mese di febbraio, ha peraltro visto l'adesione anche del Consiglio superiore della magistratura, che tenne a riservare sul proprio portale un'apposita sezione denominata “Giurisdizione e società”.

Al fine di dare concreta attuazione al protocollo d'intesa è stato istituito presso il mio gabinetto un gruppo di lavoro, cui partecipano esponenti del Mibact, del CSM e, in tale ambito, è già stato dato avvio al primo progetto di digitalizzazione relativo al processo Moro, la cui documentazione era già stata in parte catalogata dagli Archivi di Stato.

Sempre con il medesimo obiettivo di preservare il materiale giudiziario di rilevante interesse storico in seno al citato gruppo di lavoro, sono allo studio iniziative volte a promuovere il versamento, da parte degli uffici giudiziari degli Archivi di Stato, della documentazione d'interesse storico, così da poter avviare i successivi interventi di conservazione.

Sul versante delle risorse necessarie alla realizzazione degli interventi di digitalizzazione, mi preme assicurare l'onorevole interrogante che tra gli obiettivi del protocollo d'intesa vi è anche quello di reperire fonti pubbliche di finanziamento. In tale prospettiva, un ruolo significativo potrà essere svolto dalla Cassa delle ammende, attraverso il finanziamento di progetti che vedano il coinvolgimento dei detenuti, come peraltro previsto per il progetto, già avviato, di digitalizzazione del processo Moro.

È, inoltre, allo studio presso il mio Dicastero un piano di complessiva dismissione degli archivi cartacei degli uffici giudiziari mediante un sistema di digitalizzazione complessivo, i cui costi saranno sostenuti grazie anche allo stanziamento previsto dall'articolo 1, comma 140, della legge di bilancio 2017.

Il complesso delle iniziative messe in campo testimonia l'attenzione riservata al tema in discussione e crea le premesse per rendere disponibile all'intera collettività la documentazione giudiziaria e di interesse storico.

PRESIDENTE. L'onorevole Catalano ha facoltà di replicare, per due minuti.

IVAN CATALANO. Grazie, Presidente. Mi ritengo pienamente soddisfatto dalla risposta del Ministro. Raccomanderei - l'unica cosa che non ho sentito nella risposta - di rendere pubblica la banca dati ed accessibile a tutti, perché il patrimonio storico che questi atti processuali rappresentano è molto importante, soprattutto, anche per la ricerca, e sono una fonte di informazione per la diffusione della cultura della legalità.

Vorrei dare un suggerimento al Ministro con riferimento alla possibilità, oltre che di realizzare progetti nell'ambito del recupero dei carcerati, anche di usare il personale già in essere presso le cancellerie o anche i tirocinanti che hanno già effettuato dei corsi di formazione previsti dalla legge, in modo tale da rendere il servizio in modo più efficace ed efficiente possibile.

Un altro suggerimento, signor Ministro, è il seguente: nel caso non si dovessero trovare tutti i finanziamenti pubblici necessari, anche valutare la possibilità di partnership con il privato o, magari, estendere quelli che sono gli attuali bonus per l'arte, anche, magari, per il recupero del patrimonio storico nell'ambito dei processi.

(Chiarimenti in merito ad eventuali direttive date alle forze dell'ordine con riguardo al fenomeno dei roghi tossici nei campi nomadi e iniziative per assicurare il rispetto della legalità presso i medesimi campi– n. 3-03137)

PRESIDENTE. L'onorevole Rampelli ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-03137 (Vedi l'allegato A), per un minuto.

FABIO RAMPELLI. Grazie, Presidente. Ministro Minniti, nei campi nomadi si stocca refurtiva, si addestrano i bambini all'accattonaggio, al rovistaggio, al taccheggio, al borseggio, negandogli la scolarizzazione; si consumano scontri tra immigrati di diverse etnie, che non dovrebbero essere lì; divampano sempre più spesso roghi tossici: bruciano cavi di rame rubati e rifiuti speciali portati da gente che elude le più costose procedure legali. Il tutto nella più totale impunità, tanto che i cittadini italiani, esasperati, dicono che esisterebbero precise direttive politiche per non intervenire nei campi nomadi. È vero? Può smentirlo ufficialmente e provvedere ad intervenire per reprimere i reati che vengono consumati, quotidianamente, nei campi nomadi?

PRESIDENTE. Il Ministro dell'Interno, Marco Minniti, ha facoltà di rispondere, per tre minuti.

MARCO MINNITI, Ministro dell'Interno. Grazie, signor Presidente. Il fenomeno dei roghi tossici nelle adiacenze dei campi nomadi assume particolare rilevanza, soprattutto, in prossimità degli insediamenti di maggiore estensione, situati, per lo più, a ridosso dei grandi centri metropolitani. Specifici episodi si sono verificati e continuano a verificarsi, infatti, oltre che nella capitale, sulla quale mi soffermerò tra poco, anche nell'area torinese, milanese e nella città di Napoli.

In quest'ultima realtà, ad esempio, è attivo, sin dal 2013, un dispositivo che vede l'impiego di personale delle Forze armate e delle forze di polizia, cui si aggiungono mirati servizi di prevenzione generale. Le forze di polizia, anche in collaborazione con le polizie locali, sono costantemente impegnate nell'attività di controllo mobile del territorio nelle aree adiacenti ai citati insediamenti, al fine di individuare gli autori dei roghi tossici, che sono per lo più provocati dalla combustione di residui di materiali ferrosi suscettibili di recupero per la successiva immissione nel mercato clandestino.

Nel territorio della capitale, cui si fa particolare riferimento nella sua interrogazione, insistono numerosi campi ed insediamenti abusivi che interessano sostanzialmente tutta l'area della città. In molti di essi si sono verificati roghi tossici, che costituiscono un fattore di pericolo sia dal punto di vista ambientale che della salute.

La problematica è alla costante attenzione della prefettura, che, tra i diversi tavoli tematici attivati per l'approfondimento delle situazioni che incidono sull'ordine e la sicurezza pubblica nella capitale, ne ha istituito uno espressamente dedicato al contrasto di questo fenomeno.

Inoltre, in piena sinergia con il comune di Roma, è stato dato nuovo impulso ai controlli della filiera del recupero dei materiali ferrosi attraverso lo svolgimento di attente verifiche negli esercizi di rottamazione e autodemolizioni presenti nel territorio di Roma Capitale, attesa la stretta correlazione tra il fenomeno dei roghi tossici e il traffico illecito di rifiuti ferrosi, che hanno, effettivamente, ridotto gli spazi dei canali di acquisto illegale.

La tematica è seguita dagli Osservatori territoriali per la sicurezza, costituiti a livello municipale sulla base di un protocollo d'intesa siglato il 9 gennaio scorso tra prefettura, comune di Roma e forze di polizia provinciali. Le attività informative e di monitoraggio hanno determinato una flessione nel numero dei roghi, e hanno inoltre consentito, anche di recente, di procedere all'arresto di autori di reati particolarmente gravi. È evidente che, su un piano generale, particolare significato riveste, insieme all'attività di prevenzione e repressione dei reati, il buon esito delle numerose progettualità finalizzate all'inclusione sociale, che possono contribuire a mitigare i fenomeni come quelli descritti nell'interrogazione. Come vede, signor deputato, onorevole Rampelli, non c'è non solo alcuna sottovalutazione, ma soprattutto non c'è nessuna iniziativa a lasciar mani libere alle persone sul territorio.

PRESIDENTE. L'onorevole Rampelli ha facoltà di replicare, per due minuti.

FABIO RAMPELLI. Ministro, la ringrazio, ma penso che ci voglia serietà. I fuochi dei campi, sono sotto gli occhi di tutti: mi riferisco a La Barbuta, a via Salviati, alla Monachina, per quello che attiene al territorio della capitale d'Italia, e a quelli che la settimana scorsa sono avvenuti a Caivano, in provincia di Napoli, con 700 frigoriferi. Quanto tempo ci vuole per mettere insieme 700 frigoriferi e darli alle fiamme? Quindi, lei può raccontarmi tutte le analisi sociologiche possibili e immaginabili, e può raccontarmi anche quanto personale è stato messo a disposizione per tentare di fermare questo fenomeno, ma resta assolutamente inevasa la domanda secondo la quale non si capisce perché, se vi è un fuoco acceso - mentre noi parliamo mi arrivano dei messaggi che mi dicono che a La Barbuta ci sono dei fuochi tossici -, adesso, seduta stante - io la sfido, Ministro – perché lei non chiama il questore e non gli dice di entrare nel campo nomadi e di arrestare quei nomadi che, in flagranza di reato, stanno commettendo comunque un qualcosa di illegale che non dovrebbe accadere? Perché? Perché non viene con me? Abbiamo delle somiglianze: ci mettiamo una bella parrucca e a settembre - perché adesso le scuole sono chiuse - andiamo in un campo nomadi, e lei potrà verificare che ci sono bambini a cui viene sottratto il diritto al futuro, che non vengono scolarizzati. Perché in tempo reale non gli viene sottratta la patria potestà? Perché? Perché di fronte a reati che si consumano e che sono perfettamente individuabili - non parliamo di scippi, perché in trenta secondi lo scippo viene fatto e vattelappesca dove è collocato il piccolo furfante che ha commesso lo scippo, mentre il fuoco, per vederlo sprigionare, prevede che ci siano intanto delle merci stoccate, anzi della refurtiva stoccata, poi un'organizzazione, e quando si accende dura ore ed ore -, perché non c'è l'arresto in flagranza di reato? A questo mi riferisco. La sfido, lo faccia subito.

(Iniziative volte a ristabilire il regolare ed efficace funzionamento della Commissione per le adozioni internazionali – n. 3-03138)

PRESIDENTE. L'onorevole Rondini ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-03138 (Vedi l'allegato A), per un minuto.

MARCO RONDINI. Presidente, signor Ministro, soltanto dopo la protesta delle famiglie scopriamo che il perpetrarsi dei ritardi nelle risposte alle e-mail ufficiali era dovuto al fatto che la dottoressa Della Monica, vicepresidente della CAI, destinataria delle missive, dall'agosto 2016 non accedeva più alla propria casella di posta elettronica. A ciò va aggiunto che la vicepresidente Della Monica non ha mai convocato la commissione nell'arco degli ultimi tre anni di gestione (gestione sostanzialmente monocratica), rendendo di fatto molti degli atti sottoscritti inefficaci, perché non ratificati dall'organismo collegiale. Chiediamo dunque al Governo quali provvedimenti intenda adottare per far piena luce su questa vicenda, e come intenda in tempi rapidi ristabilire il buon andamento della Commissione per le adozioni internazionali, facendo sì che nessuna famiglia possa subire più tali disagi.

PRESIDENTE. La Ministra per i Rapporti con il Parlamento, Anna Finocchiaro, ha facoltà di rispondere, per tre minuti.

ANNA FINOCCHIARO, Ministra per i Rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, rispondo alle questioni poste dagli onorevoli interroganti concernenti il funzionamento della Commissione per le adozioni internazionali, la cosiddetta CAI, sulla base degli elementi forniti dalle competenti strutture della Presidenza del Consiglio. Il 13 febbraio scorso, a scadenza del mandato della dottoressa Della Monica, si è ritenuto di non procedere al suo rinnovo, bensì di nominare, quale vicepresidente della CAI, la dottoressa Laura Laera, già presidente del tribunale dei minorenni di Firenze. Si precisa che la dottoressa Laera, nominata con decreto del Presidente del Consiglio il 9 maggio scorso, ha assunto l'incarico in data 15 giugno.

Il Presidente del Consiglio ha invece ritenuto per il momento di mantenere in capo a sé la presidenza della commissione, di conseguenza sarà sua cura provvedere alla convocazione della commissione stessa, d'intesa con la vicepresidente Laera. Desidero infine rassicurare gli interroganti che il vicepresidente della CAI sta verificando con scrupolo la sussistenza di eventuali irregolarità verificatesi durante la precedente gestione, anche al fine di ripristinare, nel rigoroso rispetto delle norme e delle procedure esistenti, il corretto andamento delle attività della commissione medesima, nonché di potenziarne l'attività.

PRESIDENTE. L'onorevole Rondini ha facoltà di replicare, per due minuti.

MARCO RONDINI. Presidente, noi non ci sentiamo soddisfatti, perché riteniamo che, a computare i fatti rimbalzati agli onori della cronaca, anche giudiziaria, che hanno scandito i tempi di questa assurda e maledetta vicenda - per chi li ha subiti - pare che gli Esecutivi degli ultimi anni, a cui ricondurli, da Letta a Gentiloni, passando per quello Renzi, siano stati colpiti da una sorta di torpore letargico indotto da sciatteria, superficialità, malafede e interesse di parte, che ha impedito una reazione e un'azione all'altezza di una situazione precipitata nella realtà di cui ci danno conto i numeri: un crollo verticale delle adozioni, producendo il dramma di tante coppie in attesa di poter accogliere, che non hanno ricevuto nessuna risposta e, cosa ancora più grave, rendendo impossibili quelle adozioni che avrebbero garantito a dei bambini di poter crescere in un ambiente che, grazie al loro arrivo, sarebbe diventato una famiglia.

Aspettative e speranze vanificate per le coppie e diritto del bambino negato. Che cosa ci sia dietro queste drammatiche vicende e quale ne sia la causa lo abbiamo letto sui giornali, sollecitati ad approfondire i motivi della negligenza della CAI nei confronti delle coppie che non ricevevano risposte. Sogni e speranze spezzati e spazzati via da errori. Come altro definire la nomina di Della Monica alla carica di vicepresidente della commissione prima e, dopo, con perseveranza, averne tollerato la tracotante arroganza, dettati da mancanza di rispetto nei confronti della platea a cui questa commissione si rivolge? È evidente che moralmente la responsabilità è di chi avrebbe dovuto controllare l'operato di quella Della Monica che ha adottato queste intollerabili condotte rimbalzate agli onori della cronaca. Quindi, per noi la responsabilità è di questi Esecutivi.

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata. Sospendo a questo punto la seduta, che riprenderà alle ore 16,30 con lo svolgimento di un'informativa urgente del Governo sulla gestione dei flussi migratori.

La seduta, sospesa alle 16,10, è ripresa alle 16,30.

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE LAURA BOLDRINI

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Adornato, Alfreider, Matteo Bragantini, Capelli, Cirielli, Dambruoso, Dellai, Fedriga, Ferranti, Ferrara, Gregorio Fontana, Lorenzo Guerini, Laforgia, Locatelli, Manciulli, Marcon, Mazziotti Di Celso, Migliore, Pes, Pisicchio, Portas, Sottanelli, Speranza, Tabacci, Tofalo, Valeria Valente e Villecco Calipari sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.

I deputati in missione sono complessivamente centoventinove, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Informativa urgente del Governo sulla gestione dei flussi migratori.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di un'informativa urgente del Governo sulla gestione dei flussi migratori.

Dopo l'intervento del Ministro Minniti interverranno i rappresentanti dei gruppi in ordine decrescente, secondo la rispettiva consistenza numerica, per cinque minuti ciascuno. Un tempo aggiuntivo è attribuito al gruppo Misto.

(Intervento del Ministro dell'Interno)

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il Ministro dell'Interno, Marco Minniti.

MARCO MINNITI, Ministro dell'Interno. Grazie, signora Presidente. Onorevoli colleghi, nei giorni 27 e 28 giugno abbiamo avuto nel nostro Paese un afflusso straordinario di persone salvate nel Mediterraneo centrale. Ricordo i numeri: 22 navi poi diventate 25 nel corso delle ore successive; più di 10.000 arrivi che fanno salire la cifra complessiva delle persone salvate nel Mediterraneo centrale a più di 85.000 nei primi sei mesi di quest'anno, più 18,40 per cento rispetto allo scorso anno. Quegli arrivi così numerosi e così concentrati in uno strettissimo lasso di tempo e quel numero straordinario di navi, 25, hanno messo a dura prova il nostro sistema di approdo e di accoglienza.

Tuttavia consentitemi in questa Aula di poter ringraziare tutti coloro che in quelle ore e in quei giorni - forze di Polizia, guardia costiera, marina militare, prefetti, sindaci, Croce Rossa, volontari - hanno consentito di risolvere una situazione che posso garantirvi è stata molto difficile.

Tale difficile situazione è stata anche ben sintetizzata dalle parole impegnate del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che ringrazio per l'impegno e la passione che mette nel seguire il Governo su questi temi.

Come voi sapete, noi abbiamo immediatamente reagito sul terreno dell'accoglienza, ma anche sul terreno politico internazionale. Il nostro ambasciatore a Bruxelles, con un'iniziativa che non ricordo abbia precedenti, si è recato presso la Commissione europea; ha chiesto esplicitamente che di fronte a una situazione così delicata e così impegnativa l'Europa si assumesse chiare e limpide responsabilità. Successivamente siamo andati personalmente a Parigi per incontrare lì i Ministri dell'interno, i miei colleghi, francese e tedesco, e il commissario per i problemi dell'immigrazione Dimitris Avramopoulos.

È stato un incontro molto importante, impegnativo; è stata anche una discussione difficile e tuttavia era molto importante che un nucleo fondamentale di Paesi europei, la Francia, la Germania, l'Italia, insieme con la Commissione lavorassero per avere un punto di partenza, una posizione comune che consentisse a questi tre grandi Paesi su un tema così delicato di andare insieme al vertice di Tallinn che si svolgerà domani.

Politicamente era ed è molto importante. Abbiamo fatto a Parigi un primo importante passo, ma un primo passo, confermato poi dalla presentazione dell'Action Plan da parte della Commissione europea e, vedete, noi dobbiamo affrontare le cose per come sono, dire al Parlamento e agli italiani parole di verità su questi temi.

È importante che Francia, Germania e la Commissione europea hanno condiviso alcune nostre proposte. La prima che noi abbiamo avanzato è quella di un codice di comportamento delle organizzazioni non governative che operano con grande passione e con grande impegno nel Mediterraneo centrale. Non è stata un'iniziativa estemporanea del Governo: in questo Parlamento, nella Commissione Schengen, nella Commissione difesa del Senato, è stata svolta una indagine conoscitiva su questi temi. La Commissione difesa del Senato ha consegnato un parere, una valutazione, un impegno votato all'unanimità da tutte le forze politiche. Nel momento in cui c'è un'indicazione da parte del Parlamento è doveroso che il Governo si attivi e si muova in sintonia con le indicazioni del Parlamento. Ma voglio dirlo qui con grande chiarezza: nessun pregiudizio, nessuna generalizzazione e tuttavia il fatto che in Europa si sia convenuto insieme con noi di lavorare - naturalmente ascolteremo anche le organizzazioni non governative come è giusto fare in questi casi - per costruire insieme un codice di regolamentazione in una realtà molto difficile come quella del Mediterraneo centrale dove, come voi vedete, avvengono incidenti l'uno dopo l'altro, incidenti che sono costati la vita purtroppo a migliaia e migliaia di migranti. Intendiamo porre due questioni importanti in tale codice di comportamento. La prima questione è avere un coordinamento tra l'attività di salvataggio in acque territoriali libiche da parte della guardia costiera con le altre attività e con le attività delle ONG. Tra mille difficoltà e con mille problemi la guardia costiera libica ha effettuato in questi mesi 10.000 salvataggi in acque territoriali libiche. Queste cifre non sono cifre del Governo italiano: sono cifre che sono state fornite pubblicamente ieri dalla Organizzazione internazionale per l'immigrazione (OIM) che, nel momento in cui le ha rese pubbliche, ha anche ringraziato la guardia costiera libica per le operazioni di salvataggio che, ad avviso dello OIM, hanno salvato la vita di moltissimi migranti.

La seconda questione è un coordinamento con le attività di polizia giudiziaria nei confronti dei trafficanti di esseri umani. Le altre navi che operano nel Mediterraneo centrale sono navi militari. Nel momento in cui operano numerose navi civili, un Paese serio prende tutte le misure per coniugare la salvezza della vita con le esigenze della propria sicurezza e con l'indefettibile obiettivo di combattere i trafficanti di esseri umani.

Come voi vedete, nessun pregiudizio, nessuna generalizzazione, ma consentitemi di citare alcune cifre, per fare comprendere come questa questione sia di particolare rilievo. Nei primi sei mesi di quest'anno i salvataggi hanno avuto questo andamento, dal punto di vista delle operazioni fatte: 34 per cento delle organizzazioni non governative; 28 per cento della Guardia costiera italiana; 9 per cento della missione Sophia; 11 per cento della missione Frontex; poi singoli mercantili, 7 per cento, e tutto il resto sono piccolissime cifre.

Vedete, di fronte a tutto ciò, una volta si sarebbe detto: questa può essere una bella pagina di cooperazione tra il Parlamento e il Governo, il Parlamento indica una strada, il Governo si muove in quella direzione. Spero che così venga recepita. In caso contrario, mi taccio, stupito, magari, ma mi taccio.

È importante, è molto importante, che l'Unione europea, Francia e Germania, insieme con noi, abbiano deciso di rafforzare il loro impegno, impegno economico, impegno politico, in Libia. Lì si gioca una partita cruciale per i temi di cui stiamo discutendo. Il 97 per cento delle persone che sono arrivate in Italia, delle persone salvate nel Mediterraneo centrale, viene dalla Libia. Ma la cosa più incredibile è che viene dalla Libia ma non c'è un libico.

Questa è la straordinaria contraddizione che abbiamo di fronte e non c'è dubbio che, da questo punto di vista, noi dobbiamo comprendere che è lì, è lì che va affrontato il problema, sapendo che la situazione è maledettamente complicata.

La Libia non è la Turchia, non è la Turchia con la quale l'Europa ha negoziato un impegnativo e costoso accordo internazionale, che ha portato di fatto al superamento e al controllo assoluto in questo momento della rotta balcanica. La Libia è fragile, la Libia è instabile e tutto questo rende molto più difficile l'attività.

E, tuttavia, guardate, c'è un punto e c'è un nesso evidente, che vorrei sottolineare a questo Parlamento, e cioè il nesso sta in questo: c'è un rapporto forte tra la stabilizzazione della Libia e la lotta ai trafficanti di esseri umani. I trafficanti di esseri umani hanno bisogno di istituzioni fragili, hanno bisogno del controllo del territorio. Combattere i trafficanti di esseri umani in Libia significa dare un contributo straordinario per la stabilizzazione della Libia.

L'Italia è crucialmente e strategicamente interessata alla stabilizzazione della Libia e al fatto che la Libia si mantenga unita e non si separi. È crucialmente e strategicamente interessata. Su questo penso che questo Parlamento sia abbondantemente informato, sulle ragioni di questa strategicità.

Questo è il cuore dell'accordo che Italia e Libia hanno firmato nei mesi scorsi, di cui ho ampiamente riferito in altre circostanze in Parlamento. E mi consentirete, quindi, di non ritornarci per ragioni di brevità. E, tuttavia, quell'accordo aveva tre capisaldi. Io ci ritorno per darvi il senso dell'avanzamento che abbiamo prodotto.

Il primo punto è il controllo da parte della guardia costiera libica delle acque territoriali libiche. Abbiamo fornito quattro motovedette a quella guardia costiera; altre le forniremo nelle prossime settimane e nei prossimi mesi. Era molto importante ed è molto importante che su questo ci sia un impegno diretto finanziario, anche da parte della Commissione europea e dell'Unione europea. Era ed è importante che l'Italia non venisse lasciata sola.

L'Europa costruirà un centro di coordinamento per il soccorso marittimo a Tripoli. Se il punto cruciale è il controllo delle acque territoriali libiche, voi comprendete che il centro di coordinamento per il soccorso marittimo a Tripoli diventa uno strumento fondamentale molto importante, decisivo per potere affrontare lì il tema del governo dei flussi migratori.

Secondo punto era quello di affrontare il tema, non della costruzione di centri di accoglienza in Libia: ci sono già. Il tema fondamentale era quello dei livelli di vita in quei centri, questione che per noi era ed è inaccettabile. Da questo punto di vista, in questi mesi, l'Organizzazione mondiale per le migrazioni è tornata a Tripoli e in Libia. L'UNHCR è andata a Tripoli e in Libia. Questo costituisce un elemento molto importante per garantire il rispetto dei diritti umani in quella parte del mondo. Si è fatto in questi mesi, prima non c'era. L'Organizzazione mondiale per le migrazioni in questi mesi ha anche prodotto, come risulta dai loro atti, 5 mila rimpatri volontari assistiti verso i Paesi di provenienza.

Terzo punto: l'idea di considerare i confini a sud della Libia e quelli subsahariani un punto fondamentale per la sicurezza, non soltanto dell'Africa settentrionale, ma dell'intero Mediterraneo centrale e, quindi, in senso lato, dell'Italia e dell'Europa, non soltanto in funzione contro i trafficanti di esseri umani, ma anche e molto in funzione antiterrorismo.

L'accordo delle tribù Tebu, Tuareg e Suleiman per la pace, fatto a Roma; l'accordo che abbiamo fatto insieme con il Niger e con il Ciad per il controllo dei confini meridionali; il 24 luglio si riunirà a Tunisi, per la seconda volta, il gruppo di contatto Europa-Africa settentrionale. La prima riunione si è fatta a Roma, la seconda si fa a Tunisi. C'è un lavoro molto intenso tra l'Europa e l'Africa settentrionale. Ecco, voi comprendete perfettamente, quindi, che in quella parte dell'Africa settentrionale si gioca una partita cruciale per noi.

Guardate, nei prossimi giorni, faremo una riunione a Tripoli con i sindaci della Libia, per discutere, insieme con loro, di come liberarsi dal giogo dei trafficanti di esseri umani, perché la partita per liberare la Libia dal traffico di essere umani è insieme una partita naturalmente di prevenzione e di repressione, ma è anche una partita capace di costruire un percorso alternativo. Il traffico di essere umani, purtroppo, oggi è uno dei principali canali economici di cui la Libia vive. Nel momento in cui si punta a stroncarlo, è chiaro che bisogna offrire a quelle popolazioni un circuito economico alternativo.

Questo è il senso di una cooperazione forte tra Europa, Italia e quel Paese.

La Commissione ha messo 153 milioni e l'impegno, per il 2018, di altri 200 milioni. Basta? No; l'impegno è insufficiente dal punto di vista finanziario, c'è bisogno che ci sia un impegno diretto dei singoli Stati membri. C'è una sproporzione evidente tra quello che si è investito nella rotta balcanica e quello che si sta investendo, oggi, nel Mediterraneo centrale. Una sproporzione non comprensibile e, a mio avviso, non accettabile.

È importante, infine, che ci sia una strategia comune e un'azione comune per quanto riguarda i rimpatri, una strategia comune dell'Europa. L'Italia, nei primi sei mesi di quest'anno, ha fatto più 26 per cento per gli allontanamenti, più 16 per cento per i rimpatri e, tuttavia, l'idea di una strategia comune, lo ripeto, dell'Europa sui rimpatri, puntando moltissimo sui rimpatri volontari assistiti, è una richiesta antica dell'Italia; il fatto che, oggi, l'Europa l'abbia fatta propria, lo considero un altro piccolo passo in avanti; ma, soprattutto, è importante che la Commissione europea abbia deciso di ragionare insieme su una politica dei visti, da gestire insieme, nei confronti dei cosiddetti Paesi sicuri. Una politica dei visti dell'Unione europea nei confronti dei cosiddetti Paesi sicuri è sicuramente un punto d'aiuto molto forte per i rimpatri volontari assistiti, perché è del tutto evidente che, se c'è un flusso enorme di immigrazione illegale, è difficile pensare che un Paese possa avere flussi enormi di immigrazione illegale verso l'Europa e, insieme, avere una politica piena di utilizzazione dei visti. Non si era mai arrivati a concertare, almeno tra tre Paesi e la Commissione europea, misure di questa natura.

Infine, il quarto punto sono le rilocation, il punto più delicato. Alla fine anno dello scorso anno, l'Italia aveva ricollocato 2.600 persone in Europa, oggi ne ha ricollocate 7.500 - 405 sono in via di immediata definizione -, si tratta di circa 8.000 persone. È sufficiente? No e, tuttavia, è importante - anche qui, è un passo - che Commissione europea, Francia e Germania abbiamo deciso di forzare ancora sulla rilocation; è importante che siano state comminate sanzioni ai Paesi che non hanno partecipato alla rilocation. È importante che Francia e Germania, nel rapporto di domenica, abbiano deciso di aumentare la loro quota di rilocation nei confronti dell'Italia. Piccoli passi, ma piccoli passi in avanti.

Vedete, ci sono state anche delle sollecitazioni e delle raccomandazioni, sollecitazioni e raccomandazioni di cui terremo buon conto, di cui terrò buon conto. D'altro canto, dire ad uno che si chiama Minniti che deve fare di più per implementare la “riforma Minniti” non è una mission impossible(Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Alternativa Popolare-Centristi per l'Europa-NCD, Scelta Civica-ALA per la Costituente Liberale e Popolare-MAIE, Civici e Innovatori e Democrazia Solidale-Centro Democraticoe di deputati del gruppo Misto).

Tuttavia, in questi giorni, si è posta una questione di assoluto rilievo che non voglio qui eludere. In questi anni, l'Italia ha dato prova straordinaria di accoglienza, l'ha fatto, lo sta facendo e lo farà. È nel DNA del nostro Paese e, tuttavia, mi chiedo, mi sono chiesto: si può separare la salvezza in mare dalla terra che accoglie? Se non c'è la terra, se non c'è l'approdo, la salvezza è solo provvisoria.

Separare la salvezza dalla terra che accoglie voi comprendete che rischia di apparire una gigantesca ipocrisia. È difficile pensare che ci possa essere una missione internazionale di salvataggio, ma che poi l'accoglienza sia di un solo Paese. È chiaro qual è il problema? È chiaro qual è il problema che abbiamo posto?

Mi è stato detto: ma questo potrebbe essere un pool factor. Ho la sensazione che, in questo caso, una parola modernissima, come pool factor, non funzioni; temo occorra ritornare a qualcosa di più antico, che è sempre stato nelle vene dell'Europa tutta e, in particolare, dell'Europa mitteleuropea; questa parola si chiama: etica della responsabilità (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Alternativa Popolare-Centristi per l'Europa-NCD, Scelta Civica-ALA per la Costituente Liberale e Popolare-MAIE, Civici e Innovatori e Democrazia Solidale-Centro Democraticoe di deputati del gruppo Misto). L'Europa che non comprende questo è un'Europa che rischia di perdere un pezzo importante di se stessa.

Per queste ragioni, ho chiesto che venisse avviata una esplicita discussione in Europa, per questa ragione ho dato mandato al prefetto Pinto, capo del Dipartimento immigrazione e di pubblica sicurezza, che è il titolare di fare questo, di mandare una lettera a Frontex, per chiedere una discussione urgente sulle regole della missione Triton, affrontando il tema della regionalizzazione del soccorso in mare.

Con pazienza, con ascolto delle ragioni degli altri, ma con la convinzione delle nostre idee, così come abbiamo fatto, ieri, di fronte alle dichiarazioni del Ministro della difesa austriaco, di fronte all'idea di schierare le truppe al confine, abbiamo risposto che non c'era un'emergenza, che la cooperazione tra le forze di polizia austriache e italiane era ottima, che Italia ed Austria avevano un'amicizia e hanno un'amicizia e una cooperazione straordinarie. Si poteva dubitare delle affermazioni del Ministro dell'interno italiano, poi sono andate le televisioni e hanno visto che al Brennero non c'era nulla.

Stamattina ho letto le dichiarazioni del Cancelliere austriaco, possiamo così sintetizzarle: non c'è un'emergenza, c'è un'ottima cooperazione tra le forze di polizia italo-austriache, c'è un rapporto improntato ad amicizia e cooperazione tra i nostri due Paesi. Prendo atto. Noto pacatamente che forse avevamo ragione (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Alternativa Popolare-Centristi per l'Europa-NCD, Scelta Civica-ALA per la Costituente Liberale e Popolare-MAIE, Civici e Innovatori e Democrazia Solidale-Centro Democraticoe di deputati del gruppo Misto).

Con questo spirito andremo domani al vertice informale di Tallinn, e sottolineo “informale”. Con questo spirito affronteremo la discussione nei prossimi giorni in sede Frontex.

Vedete - e concludo -, abbiamo di fronte una vicenda epocale, cominciata molti anni fa e che, probabilmente, accompagnerà il mondo, non l'Italia, per i prossimi anni. Lo ripeto: il mondo, non l'Italia. Un grande Paese come l'Italia affronta questi temi con coraggio, non subisce, non insegue: governa. Questo è il tentativo che si è cercato di fare, non ci sono formule magiche, non esistono semplificazioni rafforzate.

Ci vuole una visione organica, una strategia, un impegnato lavoro di costruzione.

Vedete, l'illusione - lo dico a tutti in questo Parlamento e innanzitutto a me stesso - è una parola straordinaria: si afferma velocemente, ma poi, altrettanto velocemente, può rovesciarsi nel suo opposto, la disillusione. Attenti: l'onda della disillusione è più forte della raffica di vento dell'illusione.

Ma su un punto, per me cruciale, ritengo di dire con chiarezza la mia opinione di fronte a questo Parlamento. Ho più volte sostenuto, anche in questa sede, che ritengo del tutto infondata l'equazione tra terrorismo e immigrazione. Ribadisco questo punto. E, tuttavia, se guardiamo a quello che è avvenuto in Europa, da Charlie Hebdo in poi, c'è invece un nesso, a mio avviso abbastanza evidente, tra terrorismo e mancata integrazione. Se questo è il cuore della questione, debbo dirvi una cosa con altrettanta nettezza: l'accoglienza ha un limite nella capacità di integrazione, un limite a mio avviso non valicabile. Su questo mi sento personalmente impegnato. Il Ministro dell'Interno non può dimenticare questo principio, dal mio punto di vista. Su questo si gioca il presente e il futuro del nostro Paese. La sicurezza è uno straordinario bene comune.

Ho concluso. Vi ho detto quello che penso con grande sincerità; può piacere o non piacere, è la forza e la bellezza di una democrazia. Tuttavia, su questo - consentitemi - non si gioca solo la partita del consenso di breve periodo, si gioca qualcosa di più: si gioca la tenuta del tessuto connettivo del nostro Paese, si gioca, a mio avviso, un pezzo del futuro della nostra democrazia. Se questa è la sfida che abbiamo di fronte, sono convinto, penso che questo Parlamento, anche in vista degli appuntamenti internazionali dei prossimi giorni, abbia più ragioni per unirsi e meno ragioni per dividersi (Prolungati applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Alternativa Popolare-Centristi per l'Europa-NCD, Scelta Civica-ALA per la Costituente Liberale e Popolare-MAIE, Civici e Innovatori e Democrazia Solidale-Centro Democraticoe di deputati del gruppo Misto).

(Interventi)

PRESIDENTE. Ora passiamo agli interventi dei rappresentanti dei gruppi.

Ha chiesto di parlare il deputato Emanuele Fiano. Ne ha facoltà.

EMANUELE FIANO. Grazie, signora Presidente. Signor Ministro, onorevoli colleghi, abbiamo ascoltato, signor Ministro, condividendola, una serietà nelle parole che lei oggi ha voluto trasmettere a questo Parlamento, che corrisponde alla serietà del tema che lei ha trattato e alla serietà con cui questo partito e questa maggioranza hanno appoggiato il Governo nelle cose che noi abbiamo fatto in questi anni rispetto a questo tema.

Noi recepiamo anche completamente l'appello, che lei ha fatto oggi al Parlamento, di coesione repubblicana su questi temi, di ripulsa della propaganda su questi temi, della certezza che non vi siano atti di magia, ma solo la serietà strutturale di molti provvedimenti insieme, conoscendo la difficoltà, ma anche il valore, dei piccoli passi e la necessità e l'urgenza di un'etica condivisa della responsabilità.

Noi condividiamo la linea di questo Governo su questo tema, abbiamo condiviso la linea che si è espressa nel “decreto Minniti-Orlando”, convertito da noi in legge; una linea che si è assunta l'onere di affrontare la semplificazione del periodo di permanenza dei richiedenti asilo nel nostro Paese, che ha rinforzato il sistema del rimpatrio per coloro che non hanno diritto a rimanere, che ha rafforzato il sistema delle commissioni di esame e delle sezioni specializzate dei tribunali, che ha rafforzato la capacità di identificazione di coloro che qui arrivano e che ha investito nella diffusione dell'accoglienza.

L'Italia, come lei ha detto, Ministro Minniti, affronta un fenomeno che da molto tempo non è più emergenziale, salvo riconoscere le estreme emergenze delle ultime ore o di queste settimane. È un fenomeno di dimensioni più grandi della grandezza di qualsiasi singola nazione europea, è un fenomeno che nessuna nazione può affrontare da sola.

La Commissione europea, come lei ha già spiegato, ha preso in esame le sue proposte, le proposte del Governo, ha annunciato alcune importanti e importantissime prese di posizione e decisioni che non ripeterò, perché lei le ha già qui citate.

Il punto è che questo fenomeno necessita, al medesimo tempo, di una capacità, di una misura dell'umanità di coloro che se ne occupano, delle nazioni che se ne occupano, dall'ultimo poliziotto o dall'ultimo medico al Primo Ministro, e, contemporaneamente, di una misura della capacità politica di una comunità nazionale o di una comunità delle nazioni. Anche noi ringraziamo il coraggio, l'abnegazione, il sacrificio di tutti coloro che lei ha citato e che si sono occupati, in questi anni, di fare ciò che era possibile per soccorrere chi era in pericolo.

In questi anni, questa maggioranza e questo Governo, signor Ministro, hanno cercato soluzioni, rapporti con i Paesi da cui origina l'immigrazione, un miglioramento dell'efficienza del sistema di salvataggio, del sistema di identificazione, del sistema di accoglienza, dell'investimento su tutti questi strumenti. Quello che sicuramente serve, anche dopo le sue parole così elevate, è capire se anche in questo Parlamento si possa raggiungere un'unità repubblicana di intenti su questi temi o se, comunque, sempre, rimanga qualcuno che questi problemi, invece di risolverli, li voglia sfruttare a fini politici.

Noi siamo sempre ottimisti, ci auguriamo che, di fronte alla vastità e alla profondità storica di questi problemi, esista in questo Parlamento il valore di un'unità superiore, che appoggi questo Governo nelle richieste che sta facendo all'Europa e al mondo, per non rimanere da solo. Ci sono molti segnali positivi in questa direzione, piccoli, ma positivi.

Non sarà un problema che interesserà solo questa generazione, ma noi possiamo cambiare, risolvendo questo problema o avviando la risoluzione di molti dei nodi di questi problemi, anche affrontare la risoluzione di un deficit di politica che esiste in Europa. Se l'Europa sarà capace di dare, insieme, risposta a questo problema, dimostrerà che è ancora viva, che i motivi per cui furono abbattuti i muri dell'Europa all'indomani della seconda guerra mondiale e della Shoah sono gli stessi motivi per cui l'Europa può ancora rimanere in piedi e valorizzare i criteri di solidarietà e cooperazione per la quale è stata fondata e per i quali motivi ancora noi ci crediamo.

Unità in questo Parlamento, unità in questo Paese, unità in Europa sono la medicina migliore nella strada per risolvere un problema epocale, che noi vogliamo risolvere non cedendo di un centimetro ai nostri principi di umanità e investendo sulla politica e sulla capacità di coesione del nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Roberta Lombardi. Ne ha facoltà.

ROBERTA LOMBARDI. Grazie, Presidente. Ministro Minniti, siamo seri per favore (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico). Questa non è un'informativa al Governo, questo è un sunto della rassegna stampa degli ultimi due giorni, che abbiamo letto tutti, condita con qualche appello al vento e un po' di retorica politica. Siamo rimasti, un'altra volta, come Paese, col cerino in mano e lei viene qui a farci l'edizione delle 20 del TG. Non è serio, francamente (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

Quello che gli italiani sanno da ieri è che veniamo cacciati a pedate dall'Unione europea, che ci sbatte la porta in faccia, che ci volta le spalle in cinque minuti. E del lavorone di chi stiamo raccogliendo i frutti in questi giorni? Partiamo dalla formazione con Renzi Presidente del Consiglio, Alfano all'interno, Gentiloni agli esteri e lei ai Servizi. Cambiamo la formazione, invertendo l'ordine degli addendi, il risultato evidentemente non cambia: lei è all'interno, Gentiloni Presidente del Consiglio, Alfano agli esteri. Il risultato fallimentare della politica di queste tre persone che, negli ultimi tre anni, hanno gestito - gestito, che parolona! -, hanno cercato di gestire l'immigrazione è sotto gli occhi di tutti.

A questo quadro vorrei aggiungere un altro elemento. Un paio di giorni fa, l'ex Ministro Emma Bonino, in un video che è disponibile in rete e che vi invito a vedere, ha dichiarato che, nel 2014-2016, abbiamo chiesto noi che gli sbarchi avvenissero tutti quanti in Italia: lo abbiamo chiesto noi, ha ripetuto la Bonino. Ma “noi” chi? Chi c'era nel triennio 2014-2016? Ah sì, c'era Renzi, ah sì, c'era lei, ah sì, c'era Gentiloni, ah sì, c'era Minniti, ah sì, c'era Alfano. Ora questa cosa dovete spiegarcela: la Bonino non è una passante, è una ex Ministro di uno dei tanti Governi PD nati in provetta e ha dichiarato delle cose pesantissime. C'è stato un accordo? C'è un accordo scritto? Renzi ha firmato un accordo? Vogliamo leggerlo! Con chi ha firmato questo accordo? Perché ha richiesto che tutti i migranti, tutti gli arrivi, tutti gli sbarchi venissero gestiti da noi?

Anche perché, poi, a fronte di questo grande impegno, l'Unione europea ci ha riconosciuto - forse, perché cambiano le cifre di giorno in giorno - 35 milioni di euro. Ci danno le briciole: con la Turchia almeno c'è un impegno di 10 miliardi, di cui 225 milioni peraltro sono i nostri. Chiudiamo il corridoio dei Balcani per aumentare, pagando pure 225 milioni di euro, l'immigrazione sulle nostre coste (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle)? Ma a voi che importa? Tanto 35 milioni di euro sono sempre buoni, perché, comunque, avete già i vostri riferimenti a cui darli: le cooperative che, comunque, sono il vostro bacino elettorale e che lavorano così splendidamente, come abbiamo visto anche in Mafia capitale (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle – Commenti dei deputati del Partito Democratico)! Tanto per dire una cosa: noi che ci siamo tagliati lo stipendio, i nostri regionali hanno raccolto in questi anni 80 milioni di euro, altro che i 35 dell'elemosina dell'Unione europea!

Ora io vorrei ripercorrere insieme a lei alcuni esempi sul territorio italiano di questo business della gestione. Ventimiglia: frontiere francesi chiuse, emergenza umanitaria; da tutta Italia arrivano per varcare le frontiere francesi, con permesso di soggiorno o meno, chi viene fermato viene rispedito nell'hotspot di Taranto, da cui scappa per cercare di tornare a Ventimiglia. Lombardia: regione che accoglie di più, il 13 per cento del dato nazionale. Maroni si fa la sua solita propaganda: noi non li vogliamo, tornino a casa loro, ma stanno tutti e lui zitto. Roma: il sindaco Raggi chiede di non portare altri migranti in una città che, evidentemente, è già in una situazione molto difficile e il Ministero dell'interno che fa? Annuncia altri due centri con altri 500 ospiti ciascuno. Foggia: centro governativo sovraffollato, come tutti gli altri del resto; ghetti disseminati ovunque senza che lo Stato faccia nulla. Isola di Capo Rizzuto: ancora la mafia che fa soldi con i migranti. Mineo: centro ancora operativo, eccetera, eccetera.

Questi sono i risultati del vostro fallimento. Io adesso mi permetto, Ministro, di richiamare la sua attenzione e di chiederle di prendere qualche appunto sui suggerimenti che le stiamo per dare. Primo: va subito rivisto il regolamento “Dublino 3”, ridistribuendo i migranti per quote negli altri Paesi e sanzionando gli Stati membri che se ne lavano le mani (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle - Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico). Secondo: i porti italiani vanno chiusi alle navi delle ONG che non esibiscono bilanci in trasparenza e che, quindi, non permettono di conoscere i loro finanziatori. Terzo: va subito inibito l'approdo ai nostri porti a tutte quelle imbarcazioni straniere impegnate in queste operazioni che non accetteranno la presenza della polizia giudiziaria a bordo, come è stato scritto, mesi fa, in una nostra proposta di legge, quando per primi sollevammo il problema delle ONG e ci davate dei razzisti (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Quarto: bisogna aprire corridoi umanitari per permettere ai migranti di partire dai porti di imbarco diretti verso i Paesi dell'Unione europea dove vogliono arrivare per evitare le tragedie del mare.

PRESIDENTE. Concluda.

ROBERTA LOMBARDI. Quinto: dovete smetterla di vendere bombe a mezzo mondo. Sesto: bisogna rafforzare la sicurezza interna, dotare l'intelligence e le persone delle forze di polizia di mezzi.

Oggi, Ministro Minniti, nonostante la sua parola, c'è una sola drammatica verità.

PRESIDENTE. Deve concludere, deputata.

ROBERTA LOMBARDI. L'Italia è sola, sola per colpa vostra. Ma se siamo soli, allora lo dobbiamo essere fino in fondo e ce la dobbiamo gestire noi (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle – Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Brunetta. Ne ha facoltà.

RENATO BRUNETTA. Signora Presidente, signor Ministro, io vorrei che una nave, una soltanto, si dirigesse in un altro porto europeo. Certo, non risolverebbe i nostri problemi, ma sarebbe il segnale di un impegno solidale dell'Europa. Io mi batterò per questo, perché è inaccettabile separare il momento del soccorso da quello dell'accoglienza ed è un'ipocrisia dire: salvo una vita in mare, ma che fine fa, poi, quella vita è un problema di un solo Paese, l'Italia. Signor Ministro, forse lei riconoscerà queste parole: sono le sue, in un'intervista del 4 di giugno su il Corriere della Sera a Milena Gabanelli.

Lei non ha detto nulla oggi su questo punto (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico). Nulla su questo punto. Nulla su questo punto. Trovo i colleghi della sinistra, del PD molto nervosi (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente - Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico). Molto nervosi e molto preoccupati, perché qui si gioca il futuro dell'Italia, che si basa sul vostro fallimento, il fallimento dei vostri Governi, il fallimento della vostra maggioranza (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente)! Perché è tutto ascrivibile a voi, tutto ascrivibile a voi, signori della sinistra (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico)!

PRESIDENTE. Colleghi.

RENATO BRUNETTA. È tutto ascrivibile a voi! Il 27 e 28 giugno, lei ci ha ricordato un afflusso straordinario di ventidue navi, poi diventate venticinque, con 10-12 mila disperati. Poche settimane dopo la sua dichiarazione. E ho letto in un'agenzia, in quelle stesse ore di quel momento drammatico delle ventidue-venticinque navi che si stavano dirigendo verso l'Italia, che il suo Ministero, il suo Governo ipotizzavano la chiusura dei porti. Era una nota del Ministero dell'interno.

Sulla base di questa nota io ho fatto rilevare, signor Ministro, che avevamo chiesto, poche ore prima, lo stesso comportamento: cioè, di fronte ad un'emergenza, ad uno stato di emergenza di questo tipo serviva una risposta forte. E lei, per un momento, è parso darla quella risposta forte: chiudiamo i porti. Ce n'erano tutte le condizioni, giuridiche e legali, anche perché tutte le navi erano navi delle ONG che battevano bandiere diverse da quella italiana. Ma nulla è successo, signor Ministro, e mi rivolgo a lei con grande rispetto e amicizia, lei lo sa.

Abbiamo visto, e lei l'ha citata oggi, una cena parigina, di notte, di domenica, di sera, lei ci ha detto anche non facile; e abbiamo letto i giornali del giorno dopo trionfalistici: abbiamo vinto, abbiamo ottenuto tutto. Grande è stata la nostra delusione quando, nei giorni seguenti, abbiamo visto porte sbattute in faccia, alzarsi muri, muri di terra dalla Spagna, Ceuta, muri di mare, quelli di Malta, muri da grandeur, quelli francesi, con il Presidente Macron che ci spiegava: asilanti sì, ma migranti economici no. Ma no, signor Macron? Avevamo bisogno di questa spiegazione economicista dal neopresidente della Repubblica francese per capire che la stragrande maggioranza dei migranti sono migranti disperati utilizzati dalla criminalità?

Signor Ministro, mi lasci dire solo una cosa, perché il suo segretario di partito ha avuto persino la spudoratezza di dire che era responsabilità del nostro Governo, nel 2003, con gli accordi di Dublino, ma guardi che quei patti impliciti perversi per cui tutti i migranti debbano sbarcare in Italia non sono dentro l'accordo di Dublino, il patto di Dublino, il trattato di Dublino, sono dentro accordi oscuri, non chiari, che ha realizzato il suo Governo, il Governo Renzi, e che poi ha portato avanti il Governo Gentiloni. In cambio di che cosa? Questa è la mia domanda, signor Ministro.

PRESIDENTE. Concluda, per favore.

RENATO BRUNETTA. In cambio di che cosa voi avete accettato e consentito che tutti gli sbarchi avvenissero nel nostro Paese? Perché allora non si spiega il suo quesito: vorrei che una sola nave… E non si spiegano le porte in faccia degli altri Paesi, quasi che, in cambio di questa accettazione di tutti gli sbarchi nel nostro Paese, noi avessimo scambiato tutto questo, dentro un patto implicito perverso, con la famosa flessibilità sui nostri conti.

PRESIDENTE. Deve concludere, per favore.

RENATO BRUNETTA. Ho finito.

PRESIDENTE. Grazie, perché siamo fuori tempo.

RENATO BRUNETTA. Ho finito, ma non rispondevo a lei, signora Presidente.

PRESIDENTE. Però lei ha finito il suo tempo, onorevole Brunetta.

RENATO BRUNETTA. Pertanto le dico, signor Ministro: basta retorica, basta chiacchiere, ritorni quello di quel pomeriggio, quando aveva ipotizzato la chiusura dei porti, apra una crisi vera in Europa…

PRESIDENTE. Deve concludere…

RENATO BRUNETTA. …e avrà con sé il Parlamento intero…

PRESIDENTE. Grazie, la ringrazio.

RENATO BRUNETTA. …soprattutto avrà con sé il Paese, altrimenti sarete cacciati via dal popolo sovrano, perché avrete distrutto il Paese (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Filippo Fossati. Ne ha facoltà.

RENATO BRUNETTA. Vergogna!

PRESIDENTE. Onorevole Brunetta, la prego. Andiamo avanti. Prego, deputato Fossati.

FILIPPO FOSSATI. Presidente, il quadro che il Ministro ci descrive, alla vigilia dell'incontro di Tallinn, non è né confortante né, per qualche aspetto, convincente. Poco conforto viene dalle misure annunciate dall'Europa: qualche risorsa sull'emergenza, legata però a un repertorio di prescrizioni puntuali sulla struttura e sulla gestione delle procedure d'asilo che manifesta ancora sia un retropensiero sull'affidabilità dell'operatività del Ministero dell'interno e della giurisdizione italiana sia un'indicazione, con qualche aspetto di pregiudizialità o di preferenzialità, alla via dei respingimenti, un po' come soluzione politica e logistica auspicabile - mi chiedo chi sarebbero queste guardie di frontiera specializzate in respingimenti che noi dovremmo ospitare - più che come esito di un'istruttoria sui requisiti che accertano un diritto fondamentale come il diritto d'asilo.

Sì, perché poi le porte dell'Europa non si aprono, non si avvia la revisione di “Dublino”, non si mettono in campo azioni chiare, né per assicurare la relocation nei Paesi europei - già concordata e inattuata - dei rifugiati, né - questione sparita dai dossier - per la ridefinizione dei requisiti di accesso per la relocation: almeno l'allargamento dei Paesi di provenienza dei rifugiati, che oggi sono Siria, Iraq ed Eritrea, e il peso della condizione soggettiva di persecuzione e del pericolo di vita. Tra poco saremo al paradosso di non aver nessuno da ricollocare, dato che dal mare non arrivano siriani, e che un disgraziato cercherà di passare dalla Siria o in una guerra per poter emigrare. Oltre il merito, poi, abbiamo visto il fatto, il teatro, il teatro tragico: Macron, l'europeista che chiude e minaccia di restringere il campo dell'immigrazione in Francia; l'Austria, che si permette un comportamento inaccettabile per un Paese amico con cui collaboriamo. Lo sconforto dunque è grande per la reazione europea, ed è assai apprezzabile il suo richiamo, Ministro, all'etica di responsabilità; richiamo che sosteniamo in questo senso assieme alla sua azione.

Ma gran parte dello sconforto viene da una debolezza, da alcune debolezze dell'impianto che abbiamo oggi sentito, perché, da una parte, c'è, si sta facendo strada, una nuova consapevolezza della natura dei flussi migratori dall'Africa, che sono, come lei ci ripete spesso, tutti economici - anche se il termine è macabro, per chi scappa dalla fame -, dall'altra, abbiamo un'Europa che risponde a questa nuova consapevolezza, con un fallimento, un quadro di coordinamento che si era faticosamente data sulla gestione del flusso dei rifugiati ma che, di fronte all'onda africana, semplicemente non ha politiche comuni e non vuole averle, terrorizzata dalle reazioni razziste che la destra, e non solo, semina e raccoglie a piene mani, e che qui abbiamo sentito spesso.

Non c'è un impegno serio sulla cooperazione allo sviluppo, e non è serio se è vincolato a trattenere il flusso migratorio. Per cinismo si è presentato il capo del PPE, che ha detto che i soldi si danno se si fermano i flussi in Africa; e c'è un affidamento, che io direi un po' temerario, sulla Libia: un Paese in macerie con due Governi, bande e tribù armate e guerreggianti, ISIS e sodali compresi, il quale dovrebbe controllare la frontiera sud, pattugliare le coste, dotarsi di una struttura di coordinamento e di salvataggio in mare, attrezzare campi modello dove accogliere gentilmente chi viene recuperato in mare e chi bussa alla frontiera del deserto, e convincere volontariamente qualcuno al rimpatrio. Davvero? Un Paese dove non si controlla il territorio e dove si violano i diritti umani. E poi, anche se riuscissimo, ma l'Europa pensa che la Libia e qualche Paese refrattario intorno possano essere una sorta di grande centro di accoglienza e rimpatrio globale per conto nostro? È questo il disegno? Si pensa di alzare il muro sulla costa libica per fermare il grande esodo? Sarebbe una tragica illusione.

Non si risolve niente se non si affronta il tema vero, che è quello dell'accoglienza e dell'integrazione insieme, come spesso il Ministro ci dice. Cambiare la “Bossi-Fini”, fare una battaglia in Europa per una legislazione che apra agli ingressi legali. Ascoltiamo la Bonino, che ci dice di aprire ai visti per la ricerca di lavoro; ascoltiamo Manconi, che ci chiede con saggezza di usare i permessi umanitari a tempo, che sono permessi dalla legislazione comunitaria; moltiplichiamo i numeri degli ingressi dei corridoi umanitari gestiti in concertazione con le ONG, come la “Giovanni XXIII”, “Sant'Egidio”, ecco alcune cose da fare contemporaneamente alla nostra proposta sull'Europa. Alla fine, l'unico risultato rischia di essere quello di aver identificato e il poter intralciare e dissuadere il pullfactor, cioè il ruolo delle ONG in mare, ONG che sono invece una presenza preziosa, un concerto prezioso, e che, se si erano incontrate prima, forse non c'era bisogno di un codice per regolare la loro attività. Ora ci resta il pushfactor: come faremo? Il pushfactor è la miseria da cui si scappa.

PRESIDENTE. Concluda, per favore.

FILIPPO FOSSATI. Concludo. E non ci sono muri né mari che tengano, solo la morte che un migrante mette nel conto, ma che noi nel conto ci dobbiamo rifiutare di mettere. Vada a Tallinn, Ministro, scuota l'Europa, ma sappia proporre anche un nuovo racconto, e avrà più forza, oltre che il nostro consenso (Applausi dei deputati del gruppo Articolo 1-Movimento Democratico e Progressista).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare all'onorevole Fabrizio Cicchitto. Ne ha facoltà.

FABRIZIO CICCHITTO. Signora Presidente, signor Ministro, premetto che mi riconosco nel ragionamento sofferto che lei ci ha fatto, nelle preoccupazioni che lei ha espresso, e anche nel parziale cambio di passo che il Governo ha manifestato su questa vicenda, però voglio dire anche che mi sembra che ci sia una sorta di incomprensione in questo Parlamento di due fatti, in primo luogo, che ci troviamo di fronte a uno tsunami. Siamo nel cuore di uno tsunami che va molto al di là di tutte le previsioni e anche delle mediocri polemiche che sento qui. E questo tsunami può anche travolgerci, andando molto al di là di tutte le aspettative.

Quindi, rispetto a questo francamente certe polemiche che ho sentito, sia da parte del MoVimento 5 Stelle ma anche, devo dire, da Forza Italia, mi lasciano molto perplesso. Aggiungo che, mettendo nel conto che per quello che riguarda il MoVimento 5 Stelle c'è un gioco al tanto peggio tanto meglio, devo dire francamente che, se noi ripercorriamo l'historia in questi anni, non possiamo dire che c'è una parte politica che ha tutte le carte in regola e un'altra parte no, perché il Patto di Dublino, che ha un ruolo fondamentale in questa vicenda, fu fatto nel 1997 dal Governo Prodi ma fu confermato nel 2003 dal Governo Berlusconi con dentro la Lega. E dobbiamo anche dirci che, a fronte del fatto che personalmente Berlusconi era contro l'intervento in Libia, però il Governo Berlusconi fece anch'esso quell'intervento e quindi la colpa di quello che è avvenuto nel passato è equamente distribuita tra tutti e francamente ritengo asfittico, ingeneroso ma anche profondamente inutile questo gioco a rimpiattino. Detto questo, il Governo ha ottenuto quello che poteva ottenere ad una condizione, onorevole Ministro, alla condizione che noi riteniamo che la partita è tutta in corso nel senso che quello che avete ottenuto può mettere in moto un meccanismo che coinvolge l'Europa ma può anche mettere in moto un meccanismo che poi ci lascia, per così dire, il cerino in mano. Il problema è che, a un certo punto, noi non possiamo accettare totalmente quello che lei ha detto alla conclusione del suo intervento: lo squilibrio tra molte ONG che girano il mare per il salvataggio e un solo Paese che ha l'accoglienza. Qualora, onorevole Ministro, noi ci trovassimo di fronte ad una sordità dell'Europa che va tutta verificata passo per passo, la contraddizione di ONG appartenenti a Paesi che tengono chiusi i porti, ebbene a quelle ONG i nostri porti vanno tenuti chiusi per un corrispettivo di risposta, qualora fossimo costretti a questo dato. Io mi auguro di no, però noi dobbiamo sapere e avere la consapevolezza e la coscienza che ci troviamo di fronte a una partita aperta sulla quale tutte le speculazioni che qui ho sentito vanno respinte nettamente ma il Governo deve giocare questa partita fino in fondo, con il taglio costruttivo che lei ha dato ma anche con la possibilità di ricorrere a misure più drammatiche qualora si chiuda sulla stabilità di questo Paese un gioco cinico che, in parte, è tuttora in corso (Applausi dei deputati del gruppo Alternativa Popolare-Centristi per l'Europa-NCD).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Molteni. Ne ha facoltà.

NICOLA MOLTENI. Grazie, Presidente. Ministro, dal 2013 ad oggi sono sbarcati in Italia, anzi siete andati a prendere nelle acque territoriali libiche, qualcosa come 600.000 presunti profughi potenziali clandestini; 170.000 nel 2014; 154.000 nel 2015; 181.000 lo scorso anno; 85.000 nel 2017, il 20 per cento in più rispetto all'anno scorso con una previsione a fine anno di circa 200.000 sbarchi. L'85 per cento di chi parte dalle coste libiche e attraversa il Mediterraneo centrale arriva in Italia. Quest'anno, Ministro, sono morte nel Mar Mediterraneo 2.000 persone; l'anno scorso ne sono morte 5.000; negli ultimi tre anni 15.000 persone hanno toccato il fondo del Mediterraneo. I numeri dicono tanto, probabilmente non dicono tutto ma questi numeri sono la cartina al tornasole di una tragedia, Ministro. Sono la cartina al tornasole di una invasione di massa, pianificata a tavolino che ha messo e sta mettendo in ginocchio il nostro Paese: è il dato reale rispetto al quale bisogna partire.

Siamo di fronte ad un esodo biblico che il Governo e la maggioranza ha sempre negato e sempre minimizzato. Il costo dell'accoglienza nel 2017 è stato di 4,6 miliardi di euro; 12 miliardi di euro i soldi dei cittadini italiani per l'accoglienza negli ultimi tre anni: queste cifre le ricordo alla faccia di chi continua ancora a dire - ieri il presidente dell'INPS Boeri - che l'immigrazione è una ricchezza (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie-Lega dei Popoli-Noi con Salvini), che l'immigrazione è una risorsa, che gli immigrati pagano la pensione ai cittadini italiani: balle, Ministro! I cittadini italiani si pagano la pensione con i contributi che gli italiani hanno versato. L'immigrazione non è una ricchezza, l'immigrazione non è una risorsa, l'immigrazione illegale è un costo, un costo per il welfare sociale ed è un costo in termini di sicurezza. La politica ha una grande responsabilità che quella di decidere come spendere i soldi e, se noi oggi fossimo al Governo, tutti questi quattrini li spenderemmo per i cittadini italiani bisognosi e in povertà. Loro hanno realmente bisogno (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie-Lega dei Popoli-Noi con Salvini)! Loro soffrono la fame, Presidente e Ministro. Di fronte a questa tragedia, c'è una duplice responsabilità e c'è una duplice complicità: una complicità e una responsabilità nazionale e una responsabilità e una complicità europea. La responsabilità nazionale, Ministro, deve prendere atto del fatto che il suo decreto-legge, il piano Minniti sull'immigrazione, è fallito e il record di sbarchi ne è la conferma. I rimpatri non vengono fatti: nel 2016 su 40.000 decreti di espulsione emessi dall'autorità giudiziaria i rimpatri sono stati 5.000, un'inezia. L'Italia è diventata un centro attrattivo di immigrati: avete trasformato il nostro Paese in un grande centro d'accoglienza e, Ministro, andate ad approvare, scelta scellerata e folle, lo ius soli (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie-Lega dei Popoli-Noi con Salvini). La cittadinanza, Ministro, è una cosa seria perché dà un diritto civile fondamentale che è il diritto di votare. La cittadinanza non è uno strumento per integrare: la cittadinanza è il percorso conclusivo e l'approdo di un percorso di integrazione. La cittadinanza non si regala; la cittadinanza si chiede e si acquisisce dopo una seria integrazione. L'Europa non è la soluzione del problema, Ministro: l'Europa è il problema, questa Europa, la vostra Europa che volete, che sostenete, che difendete, la vostra Europa è il reale problema (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie-Lega dei Popoli-Noi con Salvini). È un'Europa che non difende i confini, che non difende le frontiere, che non difende gli interessi nazionali. Frontex è un baraccone che costa un sacco di soldi e che non difende i confini e le frontiere esterne. L'Accordo di Dublino è stato firmato nel 2012 dal Ministro Alfano. Quante volte abbiamo sentito il Ministro Alfano in quest'Aula dire: finalmente abbiamo abbattuto il muro di Dublino. Non è mai stato abbattuto il muro di Dublino e le ricollocazioni sono state 7.000 su 40.000, un fallimento perché avete sbagliato anche le regole di ingaggio. In Italia, Ministro, sbarcano 12.000 nigeriani, 4.000 dal Bangladesh e 4.000 dal Marocco: essi, Ministro, non scappano dalla guerra, non scappano dalle persecuzioni, questi sono migranti economici che vanno rimandati nel loro Paese. Andate in Europa - Presidente, mi avvio a concludere - andate in Europa con il cappello in mano; in Europa continuate a raccogliere briciole e sberle e non raccogliete nulla; la Francia chiude i confini, la Germania chiude i confini e sospende Schengen; Francia, Germania e Spagna non aprono i loro porti. La soluzione qual è, Ministro? È una sola: è l'esercizio della sovranità nazionale che deve essere esercitata, difendendo i confini, chiudendo i porti, con il blocco navale…

PRESIDENTE. Concluda per favore.

NICOLA MOLTENI. … con i respingimenti assistiti. Chiudo veramente, Ministro…

PRESIDENTE. Sì, chiuda.

NICOLA MOLTENI. … è inaccettabile ministro - glielo dico da persona che ha iniziato a fare politica nella pubblica amministrazione sui territori - scaricare un fenomeno sovranazionale e globale come il fenomeno dell'immigrazione sui territori e i sindaci (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie-Lega dei Popoli-Noi con Salvini). I sindaci fanno altro nella vita, non gestiscono l'incapacità di questo Governo. Chiedete scusa ai cittadini italiani per come avete gestito il fenomeno fino ad oggi (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie-Lega dei Popoli-Noi con Salvini).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Palazzotto. Ne ha facoltà.

ERASMO PALAZZOTTO. Grazie signora Presidente. Abbiamo ascoltato, Ministro, con disagio le sue parole, le parole di un Ministro che in quest'Aula dichiara la resa incondizionata sua e del suo partito alla cultura dilagante di una destra xenofoba, che cresce nella pancia di un Paese, nella pancia di un continente impaurito dalla crisi economica.

Lei ha parlato di parole di verità, ma noi non le abbiamo sentite quelle parole. E, allora, proveremo a dirle noi, anche se quelle parole daranno fastidio, e cominceremo dai ringraziamenti. Ci vogliamo unire ai ringraziamenti che lei ha fatto alla Polizia, alla Guardia costiera italiana, ai volontari, a tutti coloro che in questi giorni difficili si sono impegnati, per garantire accoglienza e un primo approdo sicuro a chi ha rischiato la propria vita attraversando il Mediterraneo.

Ma vogliamo aggiungere un ringraziamento, in particolare, che lei ha casualmente dimenticato, alle organizzazioni non governative (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà-Possibile), che quelle vite nel mare le hanno salvate e che, come ci ha detto lei, sono quelle che ne hanno salvate di più: il 34 per cento, a fronte del 9 per cento di Sophia, che era una missione che doveva essere da supporto ai salvataggi in mare.

Bene, noi vogliamo in quest'Aula riproporre parole di verità e le useremo, richiamando questo Parlamento alla responsabilità. Vede, noi condividiamo, lei ha parlato di etica della responsabilità ed è su questo punto che va affrontato il terreno dell'accoglienza e il problema legato ai flussi migratori. Non c'è un tema della solidarietà, che pure è uno dei valori scritti nella nostra Carta costituzionale, ma c'è il tema della responsabilità, che questo Parlamento si deve assumere, rispetto alle cause ad origine dei flussi migratori, alle scelte disastrose, che questo Parlamento ha fatto e che i Governi che l'hanno preceduta, e anche il suo, continuano a fare sul terreno della politica estera.

Buona parte dell'origine di quei flussi migratori è legata a scelte disastrose, a partire dalla guerra in Afghanistan, dalla guerra in Iraq e dalla guerra in Libia, che hanno destabilizzato intere aree del pianeta.

Ma riguarda l'etica della responsabilità anche il tema dei migranti economici, come li chiamate voi, gente che fugge dal più grande processo di desertificazione in atto nella storia del pianeta, legato al nostro modello di consumo, alle scelte che sono state fatte sul terreno della politica ambientale, a quelle che ancora nostri alleati, come gli americani, mettono in discussione rispetto all'urgenza.

Ma vogliamo dire parole di verità anche rispetto al fallimento delle politiche migratorie dell'Unione europea, a cui lei continua ad appellarsi e rispetto alle quali è sulla stessa linea su cui procede. L'esternalizzazione delle frontiere. È questa la verità che lei doveva venire a dire in quest'Aula: gli accordi fatti con le peggiori dittature che si affacciano sullo scenario della storia dell'umanità! Vogliamo parlare dell'accordo sottoscritto dal nostro Governo con il Sudan di al-Bashir, l'unico Capo di Stato che vanta due condanne della Corte penale internazionale per crimini di guerra e crimini contro l'umanità? O vogliamo discutere dell'accordo che lei ha richiamato, dicendo che la Turchia non è la Libia, con il Governo di Erdogan e con un Paese dove sono negati i diritti civili e i diritti umani, non solo nei confronti delle minoranze, ma anche nei confronti dei rappresentanti del popolo, nel Parlamento sovrano, nella Turchia?

Ecco, noi vogliamo consegnare queste parole di verità e dire che, quando lei viene in quest'Aula a dirci che 10 mila vite sono state salvate dalla guardia costiera libica, noi diciamo che 10 mila vite sono state affidate ai loro aguzzini, che in Libia non ci sono centri d'accoglienza, ma ci sono campi di detenzione (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà-Possibile), dove quelle persone vengono torturate, dove i rapporti parlano chiaro di donne stuprate, di bambini uccisi, dentro campi di detenzione gestiti anche dal Governo con cui lei ha sottoscritto quegli accordi!

Queste sono le parole di verità che noi volevamo sentire in quest'Aula e che stiamo dicendo noi. Concludo, dicendo che lei è venuto in quest'Aula e non ha pronunciato una parola rispetto agli accordi di Dublino, che sono il vero terreno problematico sulla gestione della responsabilità condivisa in Europa. Il nostro Governo non deve andare a dire che chiuderà i porti alle navi che non battono bandiera italiana, come se questo fosse possibile sul piano del diritto internazionale o come se il tema fosse non salvare quelle vite in mare. Il nostro Governo doveva andare a Bruxelles a dire che avrebbe posto il veto sul bilancio europeo, se l'Europa non si fosse assunta la responsabilità di condividere il peso dell'accoglienza, di ridiscutere le quote, non solo della relocation per alcune nazionalità, ma per tutti i richiedenti asilo che arrivano in Europa.

Bene - e concludo, Presidente - noi saremo chiamati a rispondere un giorno, davanti alla storia, di quello che stiamo facendo in uno dei passaggi così delicati. E io sono sicuro che la storia non ci assolverà; la storia non vi assolverà, signor Ministro (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà-Possibile).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Francesco Saverio Romano. Ne ha facoltà.

FRANCESCO SAVERIO ROMANO. Grazie, signora Presidente. Signor Ministro, noi apprezziamo il suo intervento onesto, intervento che è colmo di insoddisfazione, un'insoddisfazione che deriva dalle sue stesse parole e che stigmatizza, prima che l'incapacità di una risposta relativa ad un dramma epocale che abbiamo davanti a noi, la difficoltà di rendere attuali i principi fondanti dell'Unione europea.

Qualche giorno fa questi principi sono stati ribaditi da tanti leader europei, che sono accolti a Berlino ai funerali di Helmut Kohl, un signore che, in un tempo non molto lontano, per riunificare il suo Paese, mise in moto un processo di grande generosità. La stessa generosità che l'Europa ha trovato modo di rendere pratica, nel momento in cui l'abbiamo allargata ai Paesi dell'Est europeo, nel momento in cui abbiamo accolto i cittadini che venivano da oltre la cortina di ferro, come se questi fossero cittadini diversi da quelli, invece, che provengono dal sud del mondo e che non dobbiamo considerare uomini, ma già morti.

Lei, signor Ministro, ha declinato successi e insuccessi. Io voglio ricordare i successi e per questo mi associo ai suoi ringraziamenti. Il nostro Paese ha salvato migliaia di vite umane.

Per quanto riguarda gli insuccessi, e non sono tutti di responsabilità del suo Governo - ci tengo a dirlo -, ho apprezzato il fatto che lei abbia fatto un accorato appello al Parlamento, perché la sua azione si è rivelata insufficiente. E non è un atto di debolezza, è un atto di coraggio, perché lei vede quello che persone intelligenti non possono non vedere. Ci troviamo di fronte a un dramma che ci accompagnerà negli anni avvenire, senza soluzione di continuità.

E, allora, noi a questo appello, a un appello che serve per rendere unito un Paese ad affrontare una catastrofe umanitaria con ogni sforzo da parte di tutti, ci sentiamo impegnati a dare il nostro contributo. Rinunciamo alla polemica sterile, che in questi casi riteniamo alquanto dannosa, e vogliamo darle una mano.

Suggeriamo anche noi un percorso, un percorso che deve necessariamente avere due facce: la faccia della solidarietà nei confronti di coloro che, uomini e donne come noi, nessuno può considerare morti; e la faccia dell'intransigenza, nei confronti di coloro che in questo momento possono e non vogliono. I nostri partners europei devono comprendere, anche attraverso atti conclusivi, il disimpegno del Trattato di Dublino e che, ad esempio, nel Mediterraneo, ogni giorno, insieme ai gommoni dei mercanti di uomini, sta affondando l'Europa. La minaccia non può essere quella di chiudere i porti: troppo facile e troppo orribile.

La minaccia non può essere quella di chiudere i porti, troppo facile e troppo orribile; la minaccia, semmai, può essere quella di chiudere i rubinetti e, infine, di chiudere, purtroppo, questa malandata Europa.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Domenico Menorello. Ne ha facoltà.

DOMENICO MENORELLO. Signora Presidente, i numeri esposti dal Governo dicono del fallimento di una dicotomia, della dicotomia fra chi vuole dare tutto a tutti e chi vuole chiudere i porti anche ai richiedenti asilo. La storia non si divide in due; il bivio “aperto contro chiuso” non regge, il dualismo “sovranismo contro globalismo” frana di fronte al reale; anzi, questo scontro fra opposte demagogie genera paradossi. In Austria, i socialdemocratici, teorici dell'apertura generosa, minacciano di schierare l'esercito per chiudere le frontiere con l'Italia, ma lo stesso Trump non riesce a mostrare quanto proclamato nel suo programma elettorale, sia a livello di immigrazione che di commercio internazionale, e Macron, eletto come un liberal dalle ampie vedute europeiste, mostra inattesi tratti di gollismo, fra i quali la chiusura ai migranti economici e dei porti alle ONG. L'apertura indiscriminata e l'universalismo dei diritti umani senza confini hanno fornito carburante ai partiti anti establishment, ma la chiusura totale, il sovranismo, risulta un'utopia irrealizzabile e dannosa quando si arriva nelle stanze del Governo.

Esiste una terza via, è la strategia del contenimento che abbiamo sentito evocare, finalmente, anche dal Ministro Minniti. Contenere è l'unica possibilità per accogliere davvero, nella prospettiva di una dinamica di incontro virtuoso, che i secoli che ci stanno alle spalle testimoniano, dei migranti con il popolo italiano. Perciò vanno nella direzione giusta le misure chieste dal Governo in Europa, ma invocate prima ancora da molte e diverse forze politiche, quali gli interventi in loco in Libia, quali la costruzione di un accordo sulla rotta del Mediterraneo e non solo sulla rotta balcanica.

Ma, francamente, il Governo continua a dare l'impressione di essere debole, troppo fragile, in questa Europa che sembra rispondere alle sacrosante richieste italiane con una sorta di contentini, di elemosina istituzionale, perché? Forse è giusta quella lettura già evocata, forse perché chiediamo troppo su altri fronti, solo e sempre sugli stessi fronti, l'Italia non può più essere solo quello Stato che chiede in Europa più flessibilità, perché permanentemente in campagna elettorale non affronta scelte e riforme serie, quella che chiede, come ha stigmatizzato il Financial Times, solo il 26 giugno scorso – cito -: salvataggi bancari imperfetti che rischiano di far deragliare l'Europa. Ha fatto bene, Ministro, ad invocare la responsabilità; l'urto epocale delle migrazioni che rischia di dissestare il sistema sociale italiano impone a tutti di uscire responsabilmente dalla demagogia, ma a 360 gradi (Applausi dei deputati del gruppo Civici e Innovatori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Lorenzo Dellai. Ne ha facoltà.

LORENZO DELLAI. Signora Presidente, signor Ministro, grazie per l'informativa, noi l'abbiamo apprezzata. Parliamo di fenomeni di rilievo straordinario che fanno parte della storia dell'umanità, ma avvengono, oggi, con tempi, modalità e impatti del tutto inediti. Solamente su “Scherzi a parte” si potrebbe presumere di sentir dire, ma l'abbiamo sentito dire poc'anzi qui dentro, che invece il tutto è il frutto delle alchimie e delle tattiche di un Presidente del Consiglio. Nessuno è immune da preoccupazioni, siano esse di natura etica e umanitaria oppure di natura sociale e politica. Noi ci muoviamo secondo tre convinzioni; la prima: siamo orgogliosi come parlamentari di servire un Paese che, da sempre, ma in maniera particolare da Mare Nostrum in poi, si impegna con responsabile generosità a salvare migliaia di vite umane nel Mediterraneo.

La nostra ispirazione cristiana, ma anche la nostra stessa Costituzione repubblicana ci obbliga a considerare prioritaria questa scelta di civiltà, rispetto ad ogni altra, pur legittima, preoccupazione. Noi lasciamo ad altri, in questo senso, taroccare la bilancia della propria coscienza con i pesi aggiuntivi, ma effimeri della contabilità del consenso immediato.

La seconda convinzione: siamo solidali fino in fondo con il Governo, in particolare quando cerca di mettere gli altri Paesi europei, fino ad oggi scandalosamente sordi, di fronte alle proprie responsabilità. Pensiamo sia inutile far trapelare minacce improbabili come quella di chiudere i nostri porti; riteniamo sbagliato ed ingiusto prendersela con le ONG, al netto di eventuali singoli comportamenti scorretti. Consideriamo giustissimo chiedere la modifica dei codici operativi di Frontex e, in prospettiva, l'adeguamento dell'intero apparato giuridico ed organizzativo europeo, palesemente non più all'altezza della quantità e qualità dei processi migratori.

La terza convinzione: riteniamo essenziale intensificare subito le iniziative nei Paesi della sponda sud del Mediterraneo e dell'Africa. Senza una politica di cooperazione allo sviluppo, mirata, costante, consistente e di lungo periodo, che parta dal contrasto all'economia criminale del traffico di migranti e rafforzi le opportunità di crescita e di lavoro per i giovani africani, l'Europa non riuscirà a governare questa situazione. Occorre dunque occuparsi di questo con logica di futuro e non solo di emergenza, poiché, in larga parte, l'emergenza di oggi è il frutto della mancanza di lungimiranza strategica del recente passato.

Signora Presidente, signor Ministro, dobbiamo essere consapevoli che la geografia non è un elemento eludibile, neppure nella stagione delle reti virtuali. È evidente che l'Italia sarà sempre in prima linea di fronte al sommovimento sociale e demografico del continente africano. Dobbiamo trasformare questo dato di fatto in una grande e condivisa questione nazionale e, prima ancora che, giustamente, agli altri Paesi europei, fare appello alla società civile, alle comunità locali, alle organizzazioni del terzo settore, alla rete delle imprese e alle famiglie italiane. Serve uno sforzo corale di ordinata accoglienza e di regolata, sicura e diffusa integrazione. Questo per evitare, naturalmente, il peggio. Un appello che sia connotato da serietà, verità e umiltà e sostenuto da credibilità organizzativa ed efficienza operativa da parte dei pubblici poteri.

L'Italia ha le risorse morali e civili che servono; lo dimostrano le tante esperienze, magari poco gettonate, lo dice la pratica dei corridoi umanitari, lo documentano le tante persone che, già oggi, sono consapevoli e disponibili, ma la politica dovrebbe dare il buon esempio, rinunciando alla sguaiata strumentalità per fini di bottega e assumendo le proprie responsabilità, di fronte a quello che è, sempre di più, un interesse nazionale. Così purtroppo non è, così non è stato, neanche, per larga parte, in questo stanco rito parlamentare. Noi riteniamo - e concludo, Presidente - che questo sia un vero banco di prova, non tanto per il Governo o per la maggioranza, ma per tutto il sistema politico istituzionale. Giocare alla guerra politica interna sul tema della migrazione può anche far guadagnare qualche voto, oggi, ma farà perdere la legittimazione sociale, domani, un domani, peraltro, che è già un tutt'uno con l'oggi e, dunque, sarebbe bene rifletterci tutti insieme, finché la politica è ancora in tempo (Applausi dei deputati del gruppo Democrazia Solidale-Centro Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Giorgia Meloni. Ne ha facoltà.

GIORGIA MELONI. La ringrazio, Presidente; dunque, Ministro Minniti, io francamente mi trovo un po' in difficoltà a rispondere a questa sua informativa e direi in difficoltà per lei, perché, vede, lei viene presentato come una persona molto ragionevole, molto capace, quasi, dicono alcuni, addirittura, di destra (Commenti del deputato Giancarlo Giorgetti) nelle posizioni che ha e, invece, purtroppo, io, oggi, l'ascolto e mi pare che, insomma, quasi quasi, verrebbe voglia di rimpiangere il Ministro Alfano (Commenti dei deputati del gruppoLega Nord e Autonomie-Lega dei Popoli-Noi con Salvini)...

PRESIDENTE. Colleghi… Onorevole Giorgetti…

GIORGIA MELONI. Era al Governo con voi, per cui se vi fa così schifo è un problema vostro. A me non mi pare che ci siano grandi novità, mi pare che ci sia, anche da parte sua, tanto fumo gettato negli occhi, rispetto a una questione della quale lei, invece, che è una persona intelligente, capisce la profondità e la serietà.

E allora, vede, penso che, come me, si renda conto che ci sia qualche fake news in quello che anche lei è venuto a dire qui e nel modo in cui in generale voi presentate questa vicenda. Allora parto dalla fine: lei viene in quest'Aula e fa un appello alla responsabilità. E io le dico che accolgo quell'appello alla responsabilità e proprio perché siamo responsabili non intendiamo aiutarvi nell'invasione dell'Italia che state progettando, perché siamo responsabili.

Perché, vede, ci sono troppe cose che non tornano nel racconto che fate, dicevo.

Primo, l'Italia è la nazione più esposta ai flussi migratori: falso, l'Italia non è la nazione più vicina all'Africa, l'Italia non è l'unica nazione che governa i confini esterni dell'Unione europea, l'Italia è, banalmente, l'unica nazione che non riesce a difendere quei confini. La Spagna, che è molto più vicina all'Africa e che ha una enclave in territorio africano, ieri ha respinto l'assalto di ottocento migranti con l'esercito. E quindi è ovvio che, siccome tutte le altre nazioni difendono i confini esterni dell'Unione europea, le altre nazioni europee - e lo dico io, guardi, che si sa che non sono proprio una appassionata di questa l'Unione europea e dei nostri rapporti con gli altri Stati europei - che difendono i confini esterni dell'Unione europea, poi non sono disponibili a venire a distribuire i nostri immigrati clandestini. Cioè, alla Spagna, che manda l'esercito a fermare un assalto di ottocento migranti che cercano di entrare a Ceuta, noi non possiamo andare a chiedere: scusa, adesso che hai fermato l'assalto degli immigrati clandestini che vogliono entrare da te, ti puoi prendere i miei, che io li ho fatti entrare? Il problema dell'Italia, Ministro Minniti, non è che ha i confini e le coste, il problema dell'Italia è che ha il PD! È un'altra cosa e noi non possiamo pensare che ce lo risolvano gli altri.

La seconda questione ce l'ha spiegata bene Macron, l'enfant prodige, il nuovo idolo anche del progressismo europeo. Macron dice: signori, l'80 per cento di quelli che sbarcano in Italia non sono profughi, l'80 per cento di quelli che sbarcano in Italia sono migranti economici, quindi immigrati clandestini, e noi non ce li prendiamo. Sono gli stessi dati del Viminale, eh! Non è che Macron se li è inventati, devo dire che in questo - e io non sono neanche una sostenitrice di Macron - è stato molto preciso, perché i dati del Viminale dicono che, di quelli che arrivano da noi, il 5 per cento avrebbe diritto a essere accolto secondo la Convenzione di Ginevra, il 15 per cento avrebbe diritto ad essere accolto secondo la protezione sussidiaria dell'Unione europea. E quindi tutti gli altri sono gente che non ha nulla a che fare - lo voglio dire anche ai colleghi del MoVimento 5 Stelle -, per intenderci, con gli accordi di Dublino. Perché lei ci viene a parlare di relocation, ma anche se noi vincessimo la nostra battaglia sulla relocation, noi avremmo sempre il problema di rilocare il 20 per cento di quelli arrivano da noi. E i rimanenti 80 per cento, di grazia, dove li dovremmo mettere? Atteso che continuano ad aumentare.

Ministro, queste sono domande che continuiamo a fare, come Fratelli D'Italia, da anni e alle quali nessuno ci dà una risposta. Noi confondiamo l'immigrazione col problema dei rifugiati: sono questioni diverse, che si governano con norme diverse, e continuiamo a fare una politica che è assolutamente irresponsabile e priva di serietà. L'unica proposta seria, secondo noi, da fare - e sulla quale lei non ci dà risposte - è quella di chiedere all'Europa solidarietà, per arrivare a un blocco navale al largo delle coste libiche con missione europea, atteso che ci avete detto che il blocco navale era inumano, ma le segnalo che è molto più inumano chiudere i porti, perché almeno, se fai il blocco navale, la gente non parte, mentre, se chiudi i porti, la fermi quando sta già in mare, quindi vedete come poi ci arrivate dopo qualche anno e pure male! Una missione europea, blocco navale, accordo con i Governi libici (con meno di quello che spendiamo per foraggiare le cooperative amiche del Governo, possiamo trovare facilmente un accordo con i Governi libici), apertura in Europa di centri per stabilire chi ha diritto a essere rifugiato e da lì distribuzione equa nei ventisette Paesi dell'Unione europea: su questo bisogna chiedere responsabilità all'Unione europea. Perché, se l'Unione europea su una proposta seria come questa ci ride in faccia, ebbene, allora il problema è un problema serio, mentre se ci ride in faccia quando le diciamo che si devono prendere i nostri immigrati clandestini, io capisco francamente quello che dicono le altre nazioni dell'Unione Europea.

Quindi, complimenti, Ministro - e chiudo -, perché è venuto qui, molto convincente, in pieno stile renziano, molto fumo, poche risposte, se si mette a fare anche lei delle slide e magari istituisce un bonus per i clandestini potrebbe contendere la guida del Partito Democratico a Renzi, ma non c'è niente di sé. Allora, noi continuiamo per responsabilità a ritenere di dovervi mandare a casa per dare a questa nazione un Governo che faccia i suoi interessi e non quelli degli africani (Applausi dei deputati dei gruppi Fratelli d'Italia-Alleanza NazionaleeForza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Altieri. Ne ha facoltà.

TRIFONE ALTIERI. Grazie, Presidente. Purtroppo, signor Ministro, nella sua relazione manca, a nostro parere, l'elemento cardine del problema dell'emergenza migratoria di questi giorni, ovvero che questa emergenza è dovuta al più grande business criminale del momento, quello della tratta degli esseri umani, e né questo Governo, né tanto meno l'Unione europea intende affrontare il problema nella maniera esatta. Qui bisogna affrontare dei criminali che guadagnano 3 mila euro a passaggio da ogni migrante. Oggi non dobbiamo nemmeno parlare più di sbarchi, perché, signor Ministro, non sbarcano sulle nostre coste, ma questi criminali, dopo poche miglia, affondano i barconi, tolgono il motore ai motoscafi, perché oggi gli scafisti non rischiano più nemmeno il motore dei motoscafi, lo tolgono, fanno affondare i barconi, in questa operazione muoiono ogni volta dieci, venti, trenta, cinquanta tra donne e bambini, perché a morire annegati sono i più deboli, intanto viene lanciato l'SOS, arrivano i taxi del mare, le navi delle ONG, che recuperano i migranti e li portano in Italia. E noi, signor Ministro, non affrontiamo il problema, non contrastiamo i criminali. Nella sua informativa manca assolutamente la parola “contrasto” ai criminali scafisti, manca!

Lei ha detto di fare cose in sintonia con questo Parlamento. In questo Parlamento sono state approvate diverse mozioni, dove si chiede la partenza della terza fase di Eunavfor Med, ovvero il contrasto ai criminali scafisti in acque libiche. E invece sia questo Governo che l'Europa non affrontano questo problema; ha sbagliato, forse, anche l'interlocutore in Libia, e oggi noi ci troviamo con già 2 mila morti nei primi sei mesi dell'anno e ci troviamo 95 mila migranti, di cui 83 mila in Italia. Quindi è chiaro che l'emergenza è solo italiana, perché c'è stata l'incapacità di affrontarla.

PRESIDENTE. Concluda.

TRIFONE ALTIERI. Quindi, la preghiamo, Ministro, di andare domani a Tallinn a difendere gli interessi degli italiani e non quelli dei criminali scafisti (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Direzione Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Buttiglione. Ne ha facoltà.

ROCCO BUTTIGLIONE. Grazie, signora Presidente. Signora Presidente e signor Ministro, noi dell'UDC appoggiamo la linea che coraggiosamente il Ministro Minniti ha esposto. Mi consenta, senza polemiche, di ricordare che gran parte di quelle cose le ho dette io una decina d'anni fa davanti al Parlamento europeo, che si voleva occupare di altre cose, e fui accusato delle peggiori nefandezze. Lieto che un esponente di quella sinistra che allora mi crocifisse abbia capito che, almeno su questo, avevo ragione.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROBERTO GIACHETTI (ore 18,09)

ROCCO BUTTIGLIONE. C'è però un problema, alcune cose che non ho capito e una che mi sembra che manchi. La cosa che manca è il problema dei rimpatri. Noi non possiamo lasciar morire la gente in mare. Il salvataggio in mare è un dovere morale che non si discute, ma chi arriva e non ha diritto di stare in Italia deve essere rimpatriato. Questo è il buco della nostra politica, a cui lei ha tentato di porre rimedio con un provvedimento che recentemente abbiamo votato. Sarebbe interessante, invece di fare retorica su questo, se potessimo avere una prima valutazione - so che è passato poco tempo - del modo in cui sta funzionando. Diciamolo francamente: c'è una parte della magistratura italiana che sabota sistematicamente i rimpatri perché ritiene che chi arriva in Italia, in Italia deve rimanere per sempre.

L'altra cosa che sarebbe interessante capire è: il Centro di controllo del traffico marino, poi, le navi cariche di migranti le riporta in Libia o le rimanda in Italia? Perché, se potessimo ottenere l'approdo in Libia, sarebbe un enorme passo avanti. Ma questo è legato - e chiudo - a un'altra questione, che io segnalai già al Governo Berlusconi, che non seppe o non volle affrontarla: bisogna che la Libia aderisca alla Convenzione di Ginevra sulla tutela dei diritti umani e che vi sia poi un controllo che questa Convenzione venga effettivamente applicata. Con queste limitazioni, noi apprezziamo il suo sforzo e lo seguiamo con simpatia, con una simpatia ovviamente critica.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Alfreider. Ne ha facoltà.

DANIEL ALFREIDER. Grazie, Presidente. Sosteniamo l'azione del Governo e in primo luogo del Ministro Minniti in sede europea. Occorre essere chiari e determinati. I punti indicati nel Piano d'azione proposto dalla Commissione europea possono e debbono essere una base di confronto. Quel che più conta, però, è che sia un piano di azione effettivo e, soprattutto, condiviso da tutti.

Il fenomeno dell'immigrazione non riguarda solo l'Italia, ma tutta l'Unione: non è accettabile né compatibile con i doveri dell'Unione che alcuni Stati si sottraggano dalle loro responsabilità.

Abbiamo più volte affermato come l'Italia sia la frontiera dell'Europa, ma non è l'unica frontiera: ciò significa che le responsabilità sono anche della Francia, della Spagna, dell'Austria, della Germania e degli altri Paesi. In altri termini, ogni chiusura unilaterale di fronte alle esigenze di coordinamento, di condivisione e di controllo comune è destinata ad avere una grave conseguenza: porre in ulteriore crisi l'Europa.

Come avrebbe detto il Governo, la condivisione è indispensabile, la risposta deve essere in termini globali. È indispensabile superare le contrapposizioni interne all'UE sulla ricollocazione dei rifugiati e sul “no” agli sbarchi di immigrati da parte di Francia e Spagna. Occorre farlo ora, non domani. Bene fa l'Italia, in questo contesto, a continuare a sostenere la proposta del Centro unico di comando. Non si può abbandonare l'Italia in questa battaglia.

Voglio ricordare Helmut Kohl in questo contesto, che è stato molto celebrato in questi giorni, non a caso. A suo tempo, Kohl e, insieme a lui, i grandi europeisti hanno cercato soluzioni per riunificare e non per dividere. Hanno trovato soluzioni che, spesso, necessitavano il superamento di confini: anche oggi servono queste soluzioni.

Siamo soddisfatti - e concludo - che la posizione del Governo austriaco sia stata corretta, anche grazie all'impegno del Ministro e in seguito ai colloqui di queste ore tra Roma e Vienna. Una presenza militare al Brennero…

PRESIDENTE. Concluda, onorevole Alfreider.

DANIEL ALFREIDER. …sarebbe priva di motivazioni reali e un messaggio molto negativo per il futuro dell'Europa. Grazie e buon lavoro.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Locatelli. Ne ha facoltà.

PIA ELDA LOCATELLI. Grazie, signor Presidente. Ho sentito molte critiche, dentro e fuori quest'Aula, alle misure messe a punto con la Commissione europea, che andranno discusse a Tallinn. È stato detto che la UE ci volge le spalle, che sbagliamo a raccogliere per mare disperati che scappano da situazioni drammatiche, che le nostre politiche di accoglienza e di lavoro delle ONG hanno incentivato gli sbarchi e che il piano UE è una ridicola presa in giro. È singolare che questo avvenga proprio quando in Europa qualcosa incomincia a muoversi, quando si inizia a porre le basi per europeizzare il tema migrazioni. Sono anni che lo chiediamo e adesso che l'Europa incomincia a riconoscere quanto abbiamo fatto e sembra voler adottare un action plan condiviso abbiamo ripetuto i soliti slogan.

Certo, ci sono nodi che restano aperti, come la questione dei porti e la chiusura di alcuni Paesi - emblematico è il caso dell'Austria -, ma qualcosa sta cambiando: mai hanno concertato insieme tre Paesi e la Commissione UE per preparare un vertice, quello di Tallin.

Siamo ottimisti? Difficile fare previsioni, perché in questi giorni abbiamo ricevuto anche dei “no” e alcuni hanno fatto più male di altri, ma gli atteggiamenti nazionali non cambiano con un cambio di Presidenza, dovevamo aspettarcelo.

Difficile dire se arriveremo al superamento degli approcci nazionali per una gestione europea, ma non dobbiamo perdere la pazienza né la speranza.

Nel frattempo, apprezziamo il lavoro da lei fatto in questi giorni, miscelando fermezza e ragionevolezza, e la ringraziamo anche per aver fatto riferimento al rispetto dei diritti umani: una bussola ineludibile e le chiediamo di non perderla mai di vista.

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento dell'informativa urgente del Governo.

Si riprende la discussione della proposta di legge n. 2168-B (ore 18,15).

PRESIDENTE. Riprendiamo il seguito della discussione della proposta di legge, già approvata in un testo unificato dal Senato, modificata dalla Camera e nuovamente modificata dal Senato, n. 2168-B, concernente l'introduzione del delitto di tortura nell'ordinamento italiano.

Ricordo che nella parte antimeridiana della seduta si è concluso l'esame degli emendamenti e degli ordini del giorno.

(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 2168-B)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Locatelli. Ne ha facoltà.

PIA ELDA LOCATELLI. Grazie, signor Presidente. Nell'aprile 2015, quest'Aula aveva approvato un testo per introdurre il reato di tortura nel nostro ordinamento. Non era un testo pienamente convincente, ma un buon punto di partenza.

Oggi, dopo oltre due anni di stallo, ci arriva dal Senato un provvedimento peggiorato, disallineato rispetto alla giurisprudenza della Corte europea per i diritti umani, alle raccomandazioni del Comitato europeo sulla prevenzione della tortura, alla Convenzione delle Nazioni Unite sulla tortura, come scrive nella sua recente lettera al Presidente Grasso e ad altre autorità istituzionali il Commissario per i diritti umani del Consiglio d'Europa.

Da quasi trent'anni aspettiamo questa legge, da anni veniamo sollecitati dall'Europa e dall'ONU a metterci in regola. Adesso ci viene presentato un provvedimento da approvare in fretta e furia, inemendabile: prendere o lasciare.

Non si fa una legge per dimostrare che si è fatta, ancor meno una legge che rischia di non essere applicabile. Le nostre critiche al testo sono le stesse di quelle avanzate dalle principali associazioni che si occupano di diritti umani e dallo stesso presidente della Commissione diritti umani del Senato, senatore Manconi.

Non siamo noi socialisti contro le forze dell'ordine e vogliamo chiarire subito che non intendiamo affatto ostacolarne il lavoro, ma non possiamo accettare che sia considerabile tortura solo quella che viene reitirata o i tempi brevi di prescrizione o la quasi impossibilità di riconoscimento per le torture psicologiche. Non possiamo farlo come socialisti, non posso farlo come presidente del Comitato per i diritti umani.

Annuncio, quindi, il nostro voto di astensione (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Partito Socialista Italiano (PSI)-Liberali per l'Italia (PLI) e Civici e Innovatori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Binetti. Ne ha facoltà.

PAOLA BINETTI. Presidente, membri del Governo, colleghi, per ragioni fortemente analoghe a quelle testé espresse dalla collega Pia Locatelli, anche noi diamo un parere fortemente negativo su questa legge; solo che non solo ci limiteremo a non approvarla, ma voteremo espressamente contro.

Questa legge non ci piace: è il classico caso di una legge che è rimbalzata come una pallina di ping pong dalla Camera al Senato, dal Senato alla Camera e, ogni volta, ha peggiorato il suo assetto; ogni volta di più si è distanziata da quella che era la ragione di fondo che avrebbe dovuto sostenerla.

È evidente che tutti noi siamo contrari al delitto di tortura, perché la tortura rappresenta una delle violazioni più gravi dei diritti umani ed evoca nella mente e nell'immaginazione di tutti noi, fortunatamente per pochissimi nell'esperienza diretta, uno dei livelli di sofferenza fisica e psicologica più drammatici che possano essere inflitti ad un'altra persona, qualunque sia la sua colpa e, tanto più se, come spesso accade, si tratta di persona innocente, perseguitata per le sue idee, i suoi valori e le sue convinzioni politiche e religiose.

Il nostro “no” alla tortura è chiaro, forte e retto, ma questa legge non ci piace e per questo voteremo contro.

L'enfasi messa sull'inasprimento delle pene, ignorando vistosamente tutte le misure che, invece, definiscono la prevenzione della tortura non ci piace, perché non focalizza abbastanza la propria attenzione sugli interventi da porre in atto…

PRESIDENTE. Concluda.

PAOLA BINETTI. Non appena - un secondo solo, Presidente, se lei crede, poi, consegno il testo - il sospetto di trovarsi davanti ad una possibile forma di tortura. È una legge che nulla dice e nulla fa a tutela della vittima, prima, durante e dopo. E la vittima resta la grande assente di questa legge.

Presidente, posso consegnare il testo?

PRESIDENTE. Assolutamente sì. La ringrazio, onorevole Binetti.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Chiarelli. Ne ha facoltà.

GIANFRANCO GIOVANNI CHIARELLI. Grazie, Presidente. Siamo ormai alla fine della legislatura, una legislatura che andrebbe chiusa con provvedimenti a lungo attesi dagli italiani: provvedimenti necessari per la ripresa economica, per l'occupazione, soprattutto quella giovanile; provvedimenti che garantirebbero maggiore sicurezza per sostenere le famiglie sempre più in difficoltà, per assicurare la salute. Siamo nel pieno di una emergenza migranti e registriamo ritardi nel risolvere i tanti problemi anche delle aree terremotate.

Bene, anzi, male, molto male. Mentre il Paese attende questi provvedimenti, qui ci si accinge a votare un provvedimento che, secondo me, non consente, non solo agli italiani, di avere sicurezza, ma sembra assolutamente un provvedimento contro le forze di polizia.

Parliamo di tortura, ma cos'è la tortura? Non rappresenta, vorrei dire al Governo, tortura il 50 per cento e oltre di disoccupazione giovanile? Non è sofferenza gli oltre 4.200 esuberi a seguito della cessione dell'Ilva? Non è tortura quella sulle centinaia di ditte dell'appalto Ilva non ammesse alla procedura di prededuzione, che rischiano la chiusura? Non è tortura il fatto che migliaia di famiglie siano senza casa? Potrei continuare all'infinito.

Non ci si preoccupa mai in questo provvedimento dei poliziotti feriti durante gli assalti dei centri sociali; nessuno spiega perché un poliziotto fuori servizio, che sventa una rapina e colpisce un bandito debba essere posto sotto processo; nessuno si occupa di stipendi da fame, di risorse sempre più ridotte per le forze dell'ordine.

È un Paese sempre più insicuro, alla mercé di banditi di ogni razza, alle prese con una vera e propria invasione di proporzioni bibliche e, invece, si ha la sola preoccupazione di mandare sotto processo i cittadini che si difendono e impedire, di fatto, alle forze dell'ordine di svolgere il loro lavoro.

Sia chiaro, non si vuole qui sottovalutare la questione né, men che meno, giustificare qualsiasi forma di violenza; e sottolineo qualunque forma di violenza, da chiunque provenga.

PRESIDENTE. Concluda.

GIANFRANCO GIOVANNI CHIARELLI. Sto per concludere, Presidente. Occorre però evitare che si proceda verso l'eccesso opposto, ovvero il totale disarmo dello Stato: con questo provvedimento si va in quella direzione. Siamo davvero convinti che in Italia ci sia un'emergenza tortura? Piuttosto, al contrario: l'emergenza riguarda la sicurezza degli italiani. Ecco perché stiamo facendo passare le nostre forze di polizia, che attendono il rinnovo del contratto di lavoro da diversi anni, che richiederebbero quindi più tutele e strumenti, per un gruppo di spietati aguzzini. Allora diamo il giusto peso alle cose, ecco perché la componente Direzione Italia voterà fermamente e convintamente contro questo provvedimento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cirielli. Ne ha facoltà. Non è in Aula: si intende che vi abbia rinunciato. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Santerini. Ne ha facoltà.

MILENA SANTERINI. Presidente, ha scritto Jean Améry nel 1943: chi è stato torturato rimane torturato; chi ha subito il tormento non potrà più ambientarsi nel mondo; l'abominio dell'annullamento non si estingue mai; la fiducia nell'umanità, già incrinata dal primo schiaffo sul viso, demolita poi dalla tortura, non si riacquista più. Améry aveva partecipato alla Resistenza, era stato arrestato e torturato dalla Gestapo in Belgio e poi deportato ad Auschwitz. La tortura è irriducibile all'umanità e alla legalità, perché la legalità è violenza domata, controllata, esercitata solo in difesa della vita delle persone, mentre la tortura è un potere assoluto sul corpo e a volte sulla mente delle persone. Nel mondo, negli ultimi anni, sembra essersi allentata la vigilanza sulla tortura, come nel caso di Abu Ghraib. Esiste anche nei Paesi democratici, ma non se ne parla, perché ha bisogno della negazione e del silenzio. Su questo ha parlato recentemente il Presidente Mattarella, ed è stato forte il richiamo di Papa Francesco. Si arriva a giustificare la tortura in nome della difesa dell'ordine sociale, invece è una sospensione della democrazia, che finisce col distruggere la democrazia. Per questo, il riconoscimento del delitto di tortura in Italia, anche se la legge è imperfetta, dopo tanto tempo è comunque necessario, perché rompe non solo il silenzio, ma anche un'inaccettabile tabù.

La nostra Costituzione punisce in modo specifico la violenza inflitta ai ristretti, ma è ormai improrogabile adempiere alle convenzioni dell'ONU e a quelle europee, che datano di quasi trent'anni fa. La legge, molto attesa, è stata modificata dal Senato in modo peggiorativo. Il testo presentato dal nostro gruppo, a prima firma Marazziti, era più chiaro e incisivo nell'individuare il reato e punirlo. Tra l'altro, nel testo della Camera era più netta la norma sul divieto di estradizione nei Paesi dove si pratica la tortura, e si citavano i motivi di persecuzione (razza, sesso, religione) come causa per non espellere le persone. Togliere queste cause di persecuzione ha reso più debole il testo, perché, come sappiamo, la tortura si nutre di discriminazione.

Ma ci sono altri punti più importanti per cui non si può essere soddisfatti. Il primo riguarda il fatto di rendere più ampia l'applicazione della fattispecie, potendo in pratica la tortura essere commessa da chiunque. La tortura riguarda invece i soggetti che ricoprono incarichi pubblici, non riguarda la violenza privata, su cui abbiamo già strumenti sufficienti. La norma ha senso se si riferisce a pubblici ufficiali, altrimenti si sovrappone, ad esempio, agli articoli del codice penale sui maltrattamenti in famiglia. Il Commissario per i diritti umani del Consiglio d'Europa, Muižnieks, che abbiamo incontrato a Strasburgo qualche giorno fa, ha osservato che il provvedimento non coincide, anche per questo motivo, con la Convenzione ONU. Il fatto che il reato sia proprio del pubblico ufficiale non significa criminalizzare le forze di polizia. Qualcuno ha osato dire che colpisce l'onore delle forze dell'ordine, ma le forze dell'ordine sono disonorate da quei pochi che abusano della violenza, e sono invece tutelate da leggi giuste. C'è poi il problema della reiterazione, su cui ci richiama il Consiglio d'Europa, preoccupato che per configurare il reato ci vogliano più condotte di violenza.

Di fatto si potrebbe pensare, come hanno osservato alcuni magistrati, che anche una sola notte di violenza, come a Bolzaneto, non sarebbe tortura. Abbiamo chiesto al Governo di chiarire che tra le condotte plurime e i trattamenti inumani e degradanti ci sia sicuramente e chiaramente, senza possibilità di errore, una disgiuntiva, cioè che anche in assenza di condotte plurime siano sufficienti trattamenti inumani e degradanti, anche qui da intendersi come inumani o degradanti. Avremmo desiderato una formulazione più chiara. Quindi, da una parte si è ampliata e diluita l'applicazione della fattispecie, dall'altra si tenta un equilibrio enfatizzando le pene, con un effetto simbolico, col rischio che si colpiscano solo i responsabili minori. C'è poi nel testo la previsione esplicita dell'ergastolo, pena che in un ordinamento civile andrebbe abolita, e che invece qui andiamo a confermare. Non è così che si raggiunge un equilibrio politico, non col pendolo di un provvedimento aperto e uno chiuso: con una mano approvo formule indeterminate, quasi per lasciare una discrezionalità, e con l'altra mostro di aborrire la tortura aggravando le pene a chi la commette. Tra l'altro, in questo caso tutte e due le scelte politiche, a nostro parere, sono restrittive. Mancano infine gli interventi di prevenzione primaria, che sarebbero fondamentali, come obblighi di videoregistrazione, o i modelli organizzativi che aiutino a individuare i contesti di rischio con una funzione di autocontrollo delle forze dell'ordine. Scriveva Pietro Verri nel 1804, ispirandosi a Manzoni e alla Storia della colonna infame: “Mi pare impossibile, che l'usanza di tormentare privatamente nel carcere per avere la verità possa reggere per lungo tempo ancora”. In realtà, continua ancora oggi. Il nostro pensiero in questo momento va a Giulio Regeni, alla sua famiglia e a quanti in questo momento, in qualche carcere del mondo, sono torturati. Ci auguriamo per loro che questa legge, veramente imperfetta, dia almeno un contributo per sconfiggere la tortura.

PRESIDENTE. La ringrazio. Colleghi, il collega Cirielli era un momento fuori: se non ci sono obiezioni, darei a lui la parola, magari contando sul suo dono della sintesi. Prego, onorevole Cirielli.

EDMONDO CIRIELLI. La ringrazio, signor Presidente. Chiedo scusa ai colleghi, ma veramente ero qui fuori. Abbiamo fatto un lungo dibattito oggi, in cui abbiamo chiarito ampiamente che il nostro partito non è assolutamente contrario a punire condotte che configurano il reato di tortura, ci mancherebbe: Fratelli d'Italia è contro ogni abuso, contro ogni prepotenza, da chiunque viene commessa. Abbiamo innanzitutto criticato un fatto di tempestività: normalmente si inserisce un nuovo reato non perché ce lo chiede genericamente l'Europa, ma quando non è punito adeguatamente nel nostro ordinamento, e abbiamo spiegato ampiamente che oggi il codice penale punisce tutte le violenze e gli abusi commessi da pubblici ufficiali, con un terzo di pena in più e con un procedimento disciplinare che può portare anche al licenziamento di chi ha fatto questi abusi. Ma se anche si vuole dare una condotta unitaria e una pena più severa a comportamenti più gravi, crediamo che innanzitutto questo debba corrispondere a un pericolo imminente che esiste nella società. Oggi, parliamoci chiaro, gli abusi violenti commessi dagli appartenenti alle forze dell'ordine si contano in poche decine, a fronte di circa 6.000 aggressioni all'anno subite dalle forze dell'ordine. Oggi il reato di violenze gravi nei confronti di forze di polizia è punito da sei mesi a cinque anni; con gli “svuota carceri” che voi avete fatto, il giorno dopo che la persona è stata arrestata, o il giorno stesso, questa viene rimessa in libertà. Le violenze reiterate dei pubblici ufficiali verranno punite: questa la cosa gravissima che attribuiamo al PD, ma anche a un fronte variegato composto dall'ultrasinistra - che almeno è coerente con la sua storia - e dal MoVimento 5 Stelle. Punite le violenze dei pubblici ufficiali di fatto con una pena da sette a sedici anni. La pena base è da cinque a dodici anni, ma basta una semplice lesione, che significa neanche un'ecchimosi, ma andare in ospedale e avere un giorno di refertazione da parte dell'ospedale per avere una pena da sette a sedici anni.

È inutile dire, lo ricordo, che il reato di violenza sessuale prevede da cinque a dieci anni; il reato di rapina, da 3 a 10 anni; tentato omicidio, quattordici anni; tentata strage, quindici; lesioni gravissime - come ho detto, la persona che getta nel caso di stalking l'acido in faccia alla donna che lo ha tradito, che lo ha lasciato - da sei a dodici anni; omicidio preterintenzionale, dai dieci ai diciotti anni. Ecco questo dà il metro della sproporzione e dunque non è tanto l'introduzione del reato.

Anzi voglio anche dire che la maggioranza ha cercato di rendere più simile la norma alla Convenzione di New York senza riuscirci fino in fondo; invece il MoVimento 5 Stelle e altri gruppi hanno cercato di rendere qualunque forma di abuso violento da parte delle forze dell'ordine un reato gravissimo. Immaginiamo il poliziotto, il carabiniere che accorre di fronte a una grave violenza sessuale su una donna e magari perde la pazienza e dà qualche schiaffo al delinquente: viene punito con una pena più alta della violenza sessuale. L'appartenente alle forze dell'ordine che soccorre un collega bastonato a sangue dagli autonomi o altri teppisti simpatici a qualche gruppo, come i NO TAV in Piemonte, o, quando qualcuno ha tirato una pietra in faccia a un carabiniere, il collega che arriva dopo che lo ha ammanettato, perde la pazienza e gli dà qualche calcio: si tratta sicuramente di fatti da punire ma incorrono in una pena tre volte maggiore di quella dell'aggressore.

A fronte di tale sproporzione notiamo un odio ideologico non verso coloro che abusano del loro potere ma in genere nei confronti delle forze dell'ordine, proprio in un momento in cui noi invece dovremmo garantire il massimo sostegno morale, in un momento in cui dobbiamo far fronte all'invasione di 500.000 stranieri per lo più provenienti da zone dove non è che la cultura della vita umana valga qualcosa, proprio quando si stanno moltiplicando le aggressioni alle nostre forze dell'ordine andiamo a prevedere una condotta incerta nella sua quantificazione con una pena sproporzionata, cercando di farla passare come una battaglia di civiltà contro la tortura.

Noi a questo non ci stiamo: Fratelli d'Italia esprime tutta la sua contrarietà. Noi siamo dalla parte delle forze dell'ordine, non quelle che abusano o quelle violente ma quelle che vengono violentate da una cultura antimilitarista e di anticiviltà giuridica; noi siamo dalla parte dello Stato, siamo dalla parte delle forze dell'ordine (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mazziotti Di Celso. Ne ha facoltà.

ANDREA MAZZIOTTI DI CELSO. Grazie, Presidente. Signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, il nostro gruppo, il gruppo Civici e Innovatori, si asterrà sul provvedimento in esame perché, come ho avuto modo di dire oggi intervenendo sull'articolo 1, è un provvedimento che ha sofferto in modo drammatico del nostro sistema bicamerale e di una mancanza di coordinamento tra le due Camere che fa veramente specie. Noi avevamo detto fin dall'inizio che è una disposizione necessaria.

Contrariamente a quello che ho appena sentito da vari colleghi, introdurre il reato di tortura nell'ordinamento non è affatto un atto contro le forze dell'ordine. Queste ultime ovviamente hanno il dovere di rispettare la legge; il codice penale prevede già - è giusto che sia così - che chi abusa dei propri poteri venga punito più severamente perché maggiore è la responsabilità di chi ha questo tipo di compiti e quindi dire “noi siamo per le forze dell'ordine”, “noi siamo i difensori delle forze dell'ordine” e poi perdere tempo a introdurre al Senato, come è stato fatto, un'estensione della Convenzione di New York anche ad altri soggetti - aggiungo che anche i genitori probabilmente sono compresi in questa norma o almeno non è chiaro - è perfettamente inutile perché non è che aiuti le forze dell'ordine ma semplicemente aumenta la confusione.

Inoltre ci asterremo perché il testo della proposta di legge è stato peggiorato drammaticamente al Senato con una confusione oramai assoluta e si è scelto di non modificarlo nuovamente. Noi siamo per introdurre questa norma ma siamo per introdurre una norma che funzioni.

Dunque, vediamo perché questa proposta di legge non funziona: al Senato è stato inserito un numero folle di requisiti, incisi, presupposti, precisazioni. Si dice che viene punito “Chiunque con violenze o minacce gravi” - e qui ci siamo - “ovvero agendo con crudeltà,” - e non si capisce se è un'alternativa e se si può commettere violenze e minacce senza crudeltà e già questo non è chiaro - poi si dice: “cagiona acute sofferenze fisiche” - questo era nella Convenzione di New York perché è un concetto chiaro e poi si dice “o un verificabile trauma psichico a una persona”: ora se la violenza e le minacce sono gravi è possibile che non ci sia un trauma psichico? Chi lo verifica, come si fa a sapere: se io sono particolarmente calmo e non subisco un trauma psichico non è tortura pure se non sono stato picchiato? Che requisito è? È un ennesimo requisito per rendere difficile l'applicazione della norma introdotto su richiesta in questo caso della parte di destra della maggioranza.

Inoltre, per cosa si può essere puniti? Per aver commesso questi atti a “una persona privata della libertà personale o affidata alla sua custodia, potestà, vigilanza, controllo, cura o assistenza ovvero che si trovi in condizioni di minorata difesa”. Nel momento in cui l'agente non è più un pubblico ufficiale o un rappresentante delle forze dell'ordine si introducono, ad esempio, come dicevo prima, sotto le parole “vigilanza, potestà e controllo” i genitori. Ora nel caso dei genitori ci sono una serie di reati già previsti e il reato di tortura probabilmente è ultroneo: non ha molto senso prevederlo perché ci potrebbero essere un'enorme quantità di situazioni in cui si arriva a denunce infondate, eccetera, tanto che chi si è occupato della tortura a livello internazionale non si è sognato di metterlo nella Convenzione di New York.

Poi, fatto questo elenco, arrivati a un certo punto, si dice: “è punito con la pena della reclusione da quattro a dieci anni” e qui uno spererebbe di aver finito. Benissimo, dopo tutta questa elencazione complicatissima arriva la sanzione: no, perché poi si dice che “viene punito solo se il fatto è commesso mediante più condotte” e qui non si capisce questa introduzione, sinceramente è la parte più inspiegabile: una collega ha presentato un ordine del giorno.

È chiaro che un singolo comportamento non particolarmente violento, non particolarmente brutale non può diventare tortura, però il requisito delle multiple condotte non è chiaro perché non si capisce, ad esempio, se atti ripetuti nello stesso momento sono una singola condotta o più condotte. Se io uso violenza più volte nell'arco di un'ora sto parlando di più condotte o di una condotta sola? Anche qui, confusione assoluta. È stato opposto dal relatore oggi che sì, ma si dice che, se non è commesso con più condotte, potrebbe essere anche punibile se comportasse “un trattamento inumano e degradante per la dignità della persona”.

Ora, le violenze e le minacce sono sempre degradanti o non sono degradanti? Non sono sempre degradanti o inumane: pertanto si potrebbero avere situazioni in cui un singolo atto di violenza commesso su una persona sotto custodia, un singolo atto di tortura - pensiamo ai casi tipo waterboarding o atti di questo tipo - che può essere anche commesso una volta ma che è universalmente riconosciuto come tortura, si deve entrare nella discussione se è inumano o degradante, per punirlo come tortura? Io non credo. Credo che fosse inutile ed infatti questa precisazione nella Convenzione New York nessuno si è sognato di mettercela. Si cerca di definire la tortura - un concetto che nella generale cognizione delle persone è abbastanza chiaro - inserendo una serie di requisiti, presupposti, limiti, estensioni tale per cui al povero giudice a cui oggi si voleva limitare l'interpretazione viene affidato un compito che non è di cercare di capire se è stata commessa tortura ma se ci sono state violenze o minacce, se sono state plurime condotte; se non sono state plurime condotte allora era un comportamento inumano o lesivo della dignità?

È un lavoro improbo, che non è identificare se c'è stata tortura. Si doveva tornare al Senato e ci si doveva tornare previa discussione politica nei partiti. Su questo concetto è inammissibile che il Partito Democratico e Alternativa Popolare abbiano tenuto nelle due Camere un atteggiamento totalmente diverso senza nemmeno consultarsi su quello che avveniva. Il resoconto del Senato dà sostanzialmente degli incompetenti a quelli della Camera, dicendo che hanno scritto delle cose assurde.

Noi abbiamo scritto che quello che viene dal Senato nella I Commissione è probabilmente incostituzionale in un'altra parte, quella che dice che, se dalle condotte di tortura deriva come conseguenza non voluta la morte, la pena è trent'anni. Punto! Senza deroghe, senza minimi e senza massimi. Al Senato è stato motivato, dicendo: per il sequestro di persona è così. È vero, ma è stata dichiarata incostituzionale, perché mancavano delle sanzioni proporzionate nei casi di più lieve entità. E se la più lieve entità, nel caso di sequestro, è un concetto vago, perché il sequestro quello è - se c'è un sequestro di persona, io ho contribuito a un sequestro -, nel caso delle violenze, delle minacce e di questo tipo di comportamenti, c'è un'infinita serie di gradazioni. Per cui, io posso avere commesso un atto, in astratto e in concreto rientrante nella nozione di tortura, ma dal quale, in mille casi, non deriva la morte e c'è stato un evento particolarmente casuale. Possiamo dire: da quindici a trent'anni, da venti a trent'anni. Ricordo che la pena minima per l'omicidio volontario è ventun anni. Allora, si arriva all'assurdo. Abbiamo inserito delle condizioni, sono state nel parere della Commissione Affari costituzionali e sono state ignorate.

Da ultimo, qui, dalla parte di coloro che tendono ad aumentare la responsabilità, è stato tolto nella norma che esclude le immunità - diplomatiche, per semplificare, o comunque le immunità degli atti di tortura - il riferimento a “salvo il diritto internazionale”, che si applica comunque - segnala l'Assemblea - e, quindi, è una esclusione assurda. Ma anche qui abbiamo segnalato che era stato inserito e al Senato è stato tolto.

Io non voglio fare il ping pong di puntiglio: siamo meglio noi; è meglio il Senato. Mi piacerebbe che, su una norma così importante, non si fosse costretti dal fatto che ci sono associazioni, prese di posizione, lettere internazionali, che dicono fate il reato di tortura, soprattutto perché è pieno di lettere di questo tipo che dicono: rimandatelo al Senato e correggetelo, perché così non funziona.

Abbiamo appena vissuto un caso, nel quale noi ci siamo opposti ferocemente al rinvio al Senato della legge sulla concorrenza, che era un tema dove sono stati rinviati al Senato, come fondamentali, dei temi ben meno rilevanti di questo e che si potevano correggere dopo. Approvare una legge, che scontenta i giudici, che scontenta le associazioni dei diritti umani e che scontenta le forze dell'ordine - in alcuni casi a torto, in alcuni casi a ragione, perché, ad esempio, non è stato rispettato neanche quello che abbiamo inserito nel parere della I Commissione - ecco, questo noi crediamo che sia un errore. E per questo, per dare dall'altro lato un segno della nostra differenza, rispetto a chi dice che il reato di tortura non serve ed è contro le forze dell'ordine - che è una posizione ridicola -, per questo ci asterremo (Applausi dei deputati del gruppo Civici e Innovatori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Faenzi. Ne ha facoltà.

MONICA FAENZI. Grazie Presidente. Sono passati più di trent'anni da quel 10 dicembre 1984, in cui venne conclusa a New York la Convenzione ONU contro la tortura e i trattamenti crudeli, inumani o degradanti.

Alla base di questa Convenzione stavano i principi proclamati nella Carta delle Nazioni Unite, secondo cui il riconoscimento di diritti uguali e inalienabili di tutti i membri della famiglia umana è il fondamento della libertà, della giustizia e della pace del mondo, insieme all'articolo 5 della Dichiarazione universale dei diritti umani del 1948, che stabiliva che nessun individuo può essere sottoposto a trattamenti o punizioni crudeli, inumani o degradanti.

I tentativi di introduzione del delitto di tortura nell'ordinamento italiano sono stati molteplici, ma nessun testo è mai riuscito a vedere la luce. Oggi siamo alla quarta lettura di un provvedimento, che nel corso dell'iter è stato modificato, limato ed adeguato, non senza difficoltà, però. I due rami del Parlamento sono stati protagonisti di un lavoro serio, che ha prodotto un testo che, pur con alcuni limiti su cui tornerò poi, si rivela, però, più equilibrato rispetto a quello originario.

Entrando nel merito, dobbiamo dire che nell'ultimo passaggio al Senato, iniziato circa un anno fa e concluso nel maggio scorso, la discussione e le modifiche si concentrano essenzialmente sull'opportunità di una formulazione del reato, quanto più possibile aderente a quello della Convenzione ONU del 1984. Quel passaggio al Senato è stato necessario, anche per l'aspetto relativo alla reiterazione delle condotte illecite ai fini della configurazione del reato. Ed è per questo che, seppur rinviando l'approvazione della norma - che ricordo ha iniziato il suo percorso parlamentare nel 2013 - questo iter si è reso indispensabile, per approvare una legge più matura e maggiormente conforme anche alle più recenti direttive comunitarie in materia.

C'è stato poi un ampio dibattito, relativo all'aspetto consistente nell'istigazione a commettere tortura, commesso da pubblico ufficiale. Non è possibile ignorare, infatti, che il provvedimento legislativo in questione tocca aspetti assai delicati ed ha necessitato di un adeguamento in modo da coniugare la doverosa tutela dei cittadini con la copertura normativa delle necessarie operatività dei tutori dell'ordine.

Due questioni, quindi, sul tavolo, una di carattere prettamente penalistico, l'altra legata alle possibili conseguenze pratiche. Sul primo punto non c'è nulla da eccepire. Con tutto il rispetto per i colleghi che hanno ricordato che non tutti gli Stati contemplano nel loro ordinamento il delitto di tortura, ritengo che la sua introduzione nel nostro codice penale non rappresenti di per sé un fatto negativo.

La previsione di una nuova fattispecie di reato, peraltro particolarmente grave ed esecrabile, si configura, non come una minaccia, ma come un deterrente. Almeno questa, sono certa, era l'intenzione dei promotori delle proposte di legge, da cui è scaturito questo testo, più o meno, più volte riveduto e corretto. Certo, qualcuno, mosso da vetusti istinti anti-autorità, ha colto l'occasione per tentare, tramite questo provvedimento, di colpire le forze dell'ordine e minarne il loro operato.

Ma - e veniamo al secondo punto strettamente correlato al primo -, al di là delle buone intenzioni, ci sono le ripercussioni pratiche, che non possono essere trascurate. L'introduzione di alcune norme contenute in questo testo - e sappiamo bene che talvolta è sufficiente un avverbio o un aggettivo a cambiare le cose - non ci convince fino in fondo, perché apre dei varchi interpretativi, in cui sarebbe facile inserirsi strumentalmente, ampliando potenzialmente i confini di una possibile azione legale, contro chi, per legge, esercita, per conto dello Stato, il monopolio della forza fisica.

Mi riferisco, ad esempio, alla definizione del nesso di casualità tra l'azione violenta, le conseguenze e le finalità, o alle acute sofferenze patite dalle vittime. L'interessante dibattito di stamani non ha trovato un punto di caduta e il rischio, paventato da alcuni colleghi, di vedere la stessa condotta perseguitata da un tribunale e non da un altro è concreto.

Mi avvio a concludere, dicendo che, nel corso del dibattito, l'onorevole Sisto ha giustamente ricordato che dichiararsi contrari a questo testo non significa essere a favore della tortura. E ci mancherebbe! Adottando lo stesso metodo di ragionamento, possiamo affermare che schierarsi a favore, però, di questa legge non significa essere contrari alle forze dell'ordine, cui va la nostra gratitudine per l'enorme fondamentale compito che assolvono quotidianamente con abnegazione e professionalità. Se talvolta ci sono stati abusi, essi sono stati evidenziati e i responsabili sono stati condannati secondo le norme vigenti. Con le nuove norme, i responsabili incorreranno nella nuova fattispecie e nelle conseguenti pene.

C'era realmente bisogno, quindi, di quest'aggiornamento del codice penale? A nostro avviso sì, perché si tratta di tutelare i diritti umani. Non cadiamo, quindi, nel tranello di chi vuol far passare questo provvedimento come un attacco alle forze dell'ordine. Contrastare fenomeni definibili come tortura non è un atto contro qualcuno, ma è un atto di garanzia per tutti. Siamo convinti che questo sia lo spirito di questa legge.

Ho già avuto modo di dirlo e lo ribadisco: confido che l'approvazione non vada a rappresentare un ostacolo allo svolgimento del proprio lavoro da parte delle forze dell'ordine, ma semplicemente l'estensione della garanzia di trasparenza del loro operato, con vantaggi anche per la credibilità e la fiducia in chi serve il Paese e per difendere i cittadini e lo Stato nel pieno rispetto delle leggi.

Per le ragioni suddette, certo della ratio che ha animato i proponenti e tutti coloro che hanno dato il loro contributo nel corso dell'iter parlamentare, e confidando in un'intelligente e univoca applicazione delle norme, il gruppo di Scelta Civica-ALA voterà a favore di questo provvedimento. Lo farà, auspicando che, nel caso in cui dovessero verificarsi conseguenze negative penalizzanti per la collettività, il Parlamento sia pronto ad intervenire per correggere le storture e lo faccia con maggiore solerzia di quella dimostrata in sede di discussione di questo testo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Daniele Farina Ne ha facoltà.

DANIELE FARINA. Grazie Presidente. Ventott'anni dopo la ratifica parlamentare della Convenzione dell'ONU contro la tortura, siamo forse all'ultimo miglio.

Di legislatura in legislatura, in questa rilettura e in lettura, introdurre nel nostro ordinamento il delitto di tortura è sembrata una missione impossibile, e tale, però, nella realtà, oltre i titoli, secondo noi, resta.

Dalla X legislatura, dalle poche righe in articolo unico del senatore Battello, alle oltre 90 di oggi, anni di estenuante limatura del testo, fino a un risultato che, nell'opinione di molti, ha finito per intaccare l'anima del metallo, ovvero rendere sostanzialmente impossibile l'applicazione, in concreto, del reato.

La Corte europea per i diritti dell'uomo ci ha, di fatto, intimato, a mezzo di condanne, ad ottemperare alle nostre obbligazioni internazionali liberamente sottoscritte e questo nostro sforzo sembra progressivamente congegnato per rispondere nella forma, ma, ahinoi, non nella sostanza.

Nell'idea che il meglio è nemico del bene, ripetuta come un mantra, vi abbiamo seguito quando il reato da proprio, ovvero verso il pubblico ufficiale, come convenzione vorrebbe, è diventato comune, quando abbiamo ridefinito il reato, quando abbiamo eliminato ogni risorsa a sostegno delle vittime di tortura. L'ultimo passaggio al Senato ha definitivamente separato il titolo dal testo e ci consegna un capolavoro parlamentare degno de Il Gattopardo; Tancredi, qui, ancora discute, ventotto anni dopo, se “ovvero” sia una congiunzione disgiuntiva o esplicativa, da cui discende, ovviamente, una diversa definizione del reato, ma l'interpretazione autentica ce la danno le destre che, indipendentemente dal voto finale e un certo abbaiare, si limitano qui a un'opposizione di facciata che si riduce a vendere la merce avariata di un provvedimento contro le forze di polizia; ma, in realtà, così congegnato, il reato alle destre va benissimo.

Nello scorso passaggio alla Camera dei deputati, a coloro che sostenevano che nessuna legge fosse meglio di una mediocre legge, abbiamo contrariamente argomentato, lungo l'iter processuale dei fatti di Genova 2001, Bolzaneto, nel luglio del 2008, 15 condanne in Corte d'Assise, primo grado, nelle motivazioni della sentenza i giudici osservano che in mancanza di uno specifico reato di tortura sono costretti ad avvalersi di altre fattispecie di reato. Risultato: il 5 marzo del 2010 la Corte di appello di condanne ne commina addirittura 44, ma solo sette sono, in realtà, applicabili, perché le altre sono già, nel tempo, prescritte.

Una mediocre legge sarebbe stata, in quella formulazione approvata dalla Camera dei deputati, meglio di nessuna legge, ma in ordine al testo oggi al nostro esame, come modificato dal Senato, questa argomentazione che svolgevamo non è più valida; proprio quei giudici di Genova che si sono occupati di quei processi scrivono alla Presidente della Camera rilevando che il reato così congegnato sarebbe in concreto inapplicabile proprio a quei fatti.

Ma, allora, se perfino lì, macelleria messicana e dintorni, non siamo nel perimetro delimitato da questo articolato, dove altro si applicherà? Mi interrogo e vi interrogo, perché non mi vengono risposte. Se neppure nel ventre di un anfratto così scuro della storia della Repubblica, in quale altra concreta circostanza, deputati, colleghi, in quale altra circostanza? Abbiamo, insomma, confezionato un delitto impossibile.

Ma, forse, c'è un pensiero che non si può dire, rivolto al futuro piuttosto che al passato, e cioè che in un tempo segnato da un efferato terrorismo, l'innominabile, la tortura, possa di quando in quando venir buona. Questo è un Paese in cui le solide tradizioni democratiche non sono piovute dal cielo, sono il frutto di un cammino doloroso, a volte sanguinoso, un cammino sempre in bilico lungo una zona grigia, a volte nera, nell'assenza della legislazione, nel periodico risorgere di antiche prassi, ahinoi. Oggi, in quest'Aula, abbiamo ascoltato, in questi giorni, sui giornali abbiamo letto i difensori di quella zona grigia occultarsi dietro l'idea, da cassetta elettorale, di un provvedimento contro le forze di polizia, quando è esattamente vero il contrario.

Ma, in realtà, costoro reputano che nei tempi inquieti anche la tortura, lo ripeto, possa essere uno strumento a difesa dello Stato. Sono pensieri profondi quanto inconfessabili che, però, in quest'Aula, io credo ci siano. In base a questo testo, in questo nostro Paese non c'è mai stata e mai ci sarà tortura; peccato che l'esperienza e la cronaca ci abbiano raccontato altro. Domani i giornaloni titoleranno: “Approvato il reato di tortura”, peccato che, in realtà, oltre al titolo, nelle righe del testo non sia vero.

La nostra attenzione va alle vittime della tortura, sparite da quest'Aula, e che in base a questo testo tali non sarebbero state e tali non saranno. Non vi voteremo contro, colleghi, vi aspetteremo in quest'Aula e, soprattutto, nel Paese, perché è lì, soprattutto e purtroppo, che i gravi difetti di questa norma ricadranno. Per queste ragioni, annuncio il voto di astensione di Sinistra Italiana (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà-Possibile).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Invernizzi. Ne ha facoltà.

CRISTIAN INVERNIZZI. Signor Presidente, emerge con chiarezza, da tutti gli interventi sul voto finale da parte dai rappresentanti dei gruppi parlamentari che siedono in quest'Aula, come questo disegno di legge abbia il primato, penso, assoluto, quanto meno da quando siedo su questi banchi, di non accontentare nessuno, indice evidente e, mi sembra, autoevidente, più che evidente, del fatto che qualcosa è stato sbagliato; sono state sottolineate, in modo direi puntuale, da coloro che mi hanno preceduto, tutte le questioni che sono assolutamente non condivisibili dell'introduzione di questo reato.

È stato sottolineato in modo chiaro come sia forse giunto il momento di fermarsi, siamo ancora in tempo, e riflettere seriamente su quello che stiamo facendo. Stiamo istituendo un reato che è confuso, che è ambiguo, che è contestato sia dalla destra che dalla sinistra, contestato dalle forze di polizia, contestato dai magistrati, contestato dall'ordine degli avvocati, contestato, sostanzialmente, da chiunque e che, ancora adesso che siamo quasi al voto finale, non porta, invece, il Governo a fermarsi e a tornare indietro.

Qual è il problema principale dell'introduzione di un reato di questo tipo? Anche in questo caso, onorevole Presidente, direi che la risposta è già implicita in quanto è stato detto finora. Coloro che si sono dichiarati a favore dell'introduzione di questo reato, i pochi che lo hanno fatto, si sono premurati di chiarire come questa posizione favorevole non significhi, comunque, una posizione di contrarietà o di inimicizia nei confronti delle forze dell'ordine, indice, cioè, che anche coloro che ritengono opportuno introdurre un reato così fatto nel nostro ordinamento, vedono, ma, forse, non possono ammettere, il rischio che questo reato non sia altro che un modo per mettere delle manette legali, nonché fisiche, ai polsi di coloro che sono chiamati a contrastare i reati, a fare rispettare la legge, proprio agli esponenti delle forze dell'ordine.

È un rischio, è un rischio gravissimo, è un rischio pesantissimo, è un rischio che oggi, mai - penso, mai - uno Stato posso permettersi, ma, oggi come oggi, l'Italia chiaramente non può permettersi. Viviamo in tempi difficili, viviamo in momenti molto difficili, in momenti critici, viviamo in un momento nel quale, mai come in questo periodo, coloro che indossano una divisa, che sono chiamati a difenderci da pericoli sempre più attuali, devono sentirsi liberi di fare il proprio lavoro, lo ripeto, liberi di fare il proprio lavoro, non di commettere reati, ma di fare il proprio lavoro.

Noi non possiamo permetterci che, dal punto di vista politico, passi il messaggio che un reato di questo tipo potrà essere utilizzato - e sapete tutti, questo dubbio lo avete tutti - nei confronti o contro esponenti delle forze di polizia. Non possiamo permettercelo, oggi! Non possiamo permettercelo, non è il momento, non lo è mai, ma mai come oggi non possiamo permettercelo. Fermatevi, dov'è il problema? Il problema è che ce lo chiede l'ONU? Se ce lo chiede l'ONU, per carità, conosciamo tutti l'ONU, è un organismo internazionale che non si segnala, chiaramente, per la coerenza dei suoi atti interni, che non si segnala, chiaramente, per la celerità e la capacità di dare risposte a problemi reali. Insomma, se ce lo chiede l'ONU, possiamo dire all'ONU: no, non siamo ancora pronti. Ce lo chiede la Corte europea dei diritti umani? Certo, è una questione importante, è una questione fondamentale, ma stiamo commettendo un errore, lo sanno tutti, lo abbiamo capito tutti.

E perché si procede in questo modo? Perché domani - come diceva prima giustamente il collega che mi ha preceduto - noi vedremo titolati su tutti i giornali, anche quelli principali l'introduzione del reato di tortura e questo sarà un problema soprattutto per le forze dell'ordine. Ma come fate ad assumervi una responsabilità di questo tipo e in questo momento storico? Noi ribadiamo, per l'ennesima volta, il voto contrario della Lega Nord sull'introduzione di un reato così: non va bene, è sbagliato, siamo ancora in tempo, facciamo un passo indietro e facciamo un servizio utile, innanzitutto al grado giuridico, chiamiamolo così, del nostro Stato, che non si merita, certo avevamo esempi negativi, ma non si merita di vedere, all'interno dei propri codici, un ectoplasma di questo tipo.

In secondo luogo, lo ribadiamo con forza nei confronti di coloro che indossano delle divise, nei confronti di coloro che sono chiamati a compiti difficili, a compiti non semplici, per questo devono essere giustamente posti in una condizione di potersi muovere, in un ambito legislativo e in un ambito legale chiarissimo, in un ambito legale inattaccabile, in un ambito legale che possa superare tranquillamente, non soltanto il vaglio dei tribunali, ma anche la comprensione semplice dell'operatore che si trova a gestire situazioni in emergenza, magari anche sotto stress.

È un appello che facciamo, che purtroppo cadrà molto probabilmente nel vuoto, ma che noi consideriamo fondamentale. È inutile introdurre qualcosa che sappiamo perfettamente, da qui a breve, le stesse Camere legislative saranno chiamate a rivedere, perché ci accorgeremo, o meglio vi accorgerete, dall'immenso errore che abbiamo commesso. Grazie, Presidente, concludo qui l'intervento, ribadendo con forza il voto contrario della Lega Nord.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Scopelliti. Ne ha facoltà.

ROSANNA SCOPELLITI. Grazie, Presidente. Questa proposta che stiamo esaminando oggi nasce per colmare un vuoto notevole della nostra legislazione, come evidenziato più volte anche nelle sedi internazionali. Approvare, quindi, questo provvedimento significa adeguare il quadro normativo del nostro Paese nel segno del rispetto dei diritti umani, personali e della civiltà giuridica.

Arriviamo ad introdurre il reato di tortura nel nostro ordinamento pochi giorni dopo aver ricordato il compleanno della relativa Convenzione ONU, viene quasi da dire: scusate il ritardo. Votare a favore significa dotare il Paese di uno strumento che lo pone al livello di altre democrazie più avanzate, impedendo anche che venga colpito da possibili censure o richiami.

Le critiche che più ho ascoltato - lo abbiamo sentito anche prima e io le ho ascoltate attentamente, devo dire - sono quelle che hanno descritto questo provvedimento come penalizzante o delegittimante per le forze dell'ordine. Ho riflettuto e mi dispiace deludere il collega che mi ha preceduto, ma sono arrivata alla conclusione che, invece, non è così. Alternativa Popolare e io personalmente abbiamo sempre avuto e abbiamo la massima stima, una immensa riconoscenza verso le donne e gli uomini delle forze dell'ordine, che quotidianamente si impegnano per la sicurezza del nostro Paese. Peraltro, per quel che mi riguarda e anche per la mia storia personale, non potrebbe essere altrimenti: ho incentrato su questo anche gran parte della mia attività politica di questi anni e devo dire che questo provvedimento non inficia minimamente il lavoro delle forze dell'ordine, anzi, al contrario, definisce un quadro giuridico sicuro, attuale e adeguato alle esigenze che questo reato sollecita.

Prevediamo, è vero, un'aggravante, se a commettere questo orrendo reato è un pubblico ufficiale, ma fare questo serve proprio a tutelare le forze dell'ordine, che sono le prime a voler punire in modo esemplare eventuali mele marce che dovessero macchiarsi di un tale crimine.

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE LAURA BOLDRINI (ore 19,10)

ROSANNA SCOPELLITI. Io ricordo molto bene, ad esempio, le parole nette del generale Del Sette, commentando il rinvio a giudizio di alcuni militari dell'Arma per omicidio, il quale dice: siamo io, l'Arma dei Carabinieri e tutti i Carabinieri accanto alla magistratura, con forza e convinzione, come sempre, per arrivare fino in fondo alla verità, per poi poter adottare, con tempestività, con giustizia trasparente, equanime e rigorosa, i dovuti provvedimenti, giacché è gravissimo, inaccettabile, per un Carabiniere rendersi responsabile di comportamenti illegittimi e violenti. Il caso è diverso, sicuramente molto diverso, ma le parole del generale sono inequivocabili e ci dicono con chiarezza quale sia stato, sia oggi e sarà sempre l'atteggiamento delle nostre donne e dei nostri uomini in divisa verso chi la disonora: nessuna accondiscendenza verso i colpevoli, nessun riflesso condizionato, volto a coprire responsabili o eventuali mandanti. Va, infatti, nella stessa direzione di segnare una linea di demarcazione netta tra chi serve lo Stato e chi lo tradisce, anche l'introduzione dell'articolo 613-ter, ovvero il reato di istigazione del pubblico ufficiale a commettere tortura.

Nessuna delegittimazione, dunque, può arrivare da una eventuale futura condanna per il reato di tortura o istigazione alla tortura di chi porta la divisa, ma solo la conferma che, chi commette una tale viltà, infanga l'onore di tutti i suoi colleghi e va punito, allontanato e isolato. Lo Stato non si farà mai rappresentare da chi tortura, da chi abusa del proprio potere e chi procura delle sofferenze.

Oggi siamo alla quarta lettura del provvedimento e l'ultimo passaggio è stato caratterizzato, in particolare, dalla ferma volontà di giungere a una formulazione del reato di tortura in un modo non completamente conforme con quanto previsto dalla Convenzione ONU. Ci troviamo, infatti, davanti a un delitto di tortura inteso come reato comune, anziché proprio del pubblico ufficiale, e caratterizzato dal dolo generico, contrariamente a quanto stabilito dal testo prodotto dalla Camera. È facile, quindi, comprendere come la natura comune e non specifica del reato di tortura, insieme all'elemento della genericità del dolo, contribuiscono inevitabilmente ad ampliare l'ambito di applicazione della fattispecie. In questo modo, infatti, il reato di tortura può essere contestato a chiunque e indipendentemente dallo scopo perseguito con una tale condotta. Di conseguenza, il reato commesso da pubblico ufficiale, anziché porsi come diritto autonomo, costituisce, come ho già detto, una circostanza aggravante del reato di tortura nel suo complesso.

Ho letto alcune contestazioni anche di autorevoli giuristi e associazioni non governative per questa novità. A me sinceramente sembra, invece, una innovazioni utile e di buonsenso. Credo sia importante che lo Stato italiano decida di condannare la tortura in quanto tale, indipendentemente da chi la compie e dalle motivazioni per le quali viene compiuta.

In questo, forse, arrivare trent'anni dopo la Convenzione, ci ha consentito di tenere conto di come - e, in questo caso, purtroppo, in peggio - è cambiata la nostra società: quando è stata scritta la Convenzione era inimmaginabile una tortura non finalizzata a punire un dissidente o a carpire informazioni; oggi, purtroppo, certa violenza gratuita può verificarsi ed è giusto, quindi, che noi che siamo chiamati a legiferare, ne teniamo conto.

Altro elemento che va nella stessa direzione di ampliare l'ambito di applicazione riguarda la situazione di inferiorità della vittima del reato, non più limitata alla semplice privazione della libertà personale. Secondo quanto previsto dall'articolo 613-bis del codice penale, che introduciamo con il provvedimento al nostro esame, infatti, la vittima del reato di tortura dovrà trovarsi in almeno una delle seguenti condizioni: essere privata della libertà personale, essere affidata alla custodia dell'autore del reato, trovarsi in una situazione di difesa minorata.

Un altro elemento meritevole di menzione è quanto previsto in materia di connessioni tra il reato di tortura e la questione dell'immigrazione: sono vietate esplicitamente le espulsioni, i respingimenti e le estradizioni ogni volta sussistano fondati motivi di ritenere che, nei Paesi, nei confronti dei quali queste misure amministrative dovrebbero produrre i loro effetti, la persona rischi di essere sottoposta a tortura. Questa disposizione, che sostanzialmente aderisce a quanto stabilito dalla Convenzione ONU, precisa che tale valutazione è relativa alla presenza o meno di violazioni sistematiche e gravi dei diritti umani del Paese in questione. E questo ultimo passaggio rappresenta con ogni probabilità uno dei più importanti punti all'interno di questo impianto normativo di cui oggi stiamo discutendo. Questo perché attiene alla posizione che l'Italia deve ricoprire sullo scenario internazionale, non solo in materia di civiltà giuridica, ma anche di conformità al rispetto dei diritti umani universalmente riconosciuti.

E diventa ancora più essenziale, se pensiamo a quanto l'Italia sia impegnata nel mondo sul terreno della convivenza pacifica delle operazioni di peacekeeping e delle nuove prospettive di libertà individuali e collettive. Per tutti questi motivi, Presidente e colleghi, annuncio, a nome del mio gruppo, il voto favorevole (Applausi dei deputati del gruppo Alternativa Popolare-Centristi per l'Europa-NCD).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Sannicandro. Ne ha facoltà.

ARCANGELO SANNICANDRO. Si è tentato, da parte di alcuni colleghi, di minimizzare l'attualità dell'introduzione della tortura nel nostro ordinamento giuridico. Faccio presente che la tortura ancora oggi, nel tempo e nello spazio, è un problema che affligge l'umanità. D'altra parte, episodi di cui si è interessata la stampa, a proposto di Guantanamo, a proposito di quell'altro campo di concentramento gestito dalle truppe americane in un Paese arabo, hanno portato alla ribalta che, ancora oggi, nel mondo, si pratica la tortura. D'altra parte, strumenti di tortura erano presenti nelle carceri italiane oltre cinquant'anni fa, ma non più di lì: vi era il letto di contenzione e vi erano anche altre pratiche. Quindi, non parliamo di qualcosa - com'è stato detto - che si verifica di rado, di pochi episodi: il problema è che questo fenomeno persiste nel tempo e nello spazio ancora oggi, per cui il nostro ordinamento si deve adeguare, e ciò indipendentemente dal fatto che ce lo impone un Trattato che abbiamo liberamente sottoscritto e abbiamo ratificato ben ventotto anni fa.

La tortura è un fatto della cui concezione, delle cui manifestazioni i cittadini sono ben consapevoli e, quindi, appare molto strano che il Senato della Repubblica abbia peggiorato in misura talmente profonda il testo che era pervenuto dalla Camera. Ve lo rileggo, mi ricorda l'articolo 70 della riforma costituzionale: “Chiunque, con violenze o minacce gravi, ovvero agendo con crudeltà, cagiona acute sofferenze fisiche o un verificabile trauma psichico a una persona privata della libertà personale o affidata alla sua custodia o alla sua potestà o alla sua vigilanza o al suo controllo o alla sua cura oppure alla sua assistenza ovvero che si trovi in condizioni di minorata difesa, è punito con la pena della reclusione da quattro a dieci anni”. Ma non finisce qui. Poi il testo continua: “se il fatto è commesso mediante più condotte ovvero se comporta un trattamento inumano e degradante per la dignità della persona”.

Guardate quanti aspetti, quanti elementi, dovrebbe valutare un inquirente o il magistrato per poter giudicare se nel caso di specie è stato commesso il reato di tortura. Ma nessun cittadino avrebbe bisogno, per capire che cos'è il reato di tortura, se glielo spiegassimo, di una illustrazione di questo tipo, perché tutti concepisco la tortura per quello che anche la letteratura, anche i film hanno loro insegnato.

La tortura è intesa da tutto il popolo, come sentimento proprio popolare, come una inflizione di sofferenze gravi, a quale fine? Qui soccorre la storia: badate, la prima finalità indicata dalla Convenzione dell'ONU qual è? Quella di estorcere informazioni oppure di estorcere una confessione. Infatti, dovremmo ricordare che la tortura prima di essere un reato, nella storia, è stata uno strumento di prova: la Santa Inquisizione teneva tra gli strumenti di prova lo strumento privilegiato, che era, appunto, la tortura, che non era intesa - ripeto - come una sanzione, ma come uno strumento di prova. Fu introdotto da un Papa, nel 1200, proprio perché, all'epoca, vi era l'esigenza di mettere ordine nel sistema processuale e nel sistema probatorio, ed è stato sempre un Papa che lo ha espunto dalla cultura dalla Chiesa cattolica: mi riferisco a Pio XII.

Per quanto riguarda il versante laico, voglio ricordarvi che un italiano, Cesare Beccaria, ha scritto un libello in cui, tra l'altro, dice che la tortura non può essere considerata uno strumento processuale, perché la tortura era, è e rimarrà uno strumento afflittivo contro l'umanità, un delitto contro i diritti umani. Infatti, la Convenzione dell'ONU, lo ripeto, dice esplicitamente e semplicemente che la tortura è quel comportamento con il quale si infliggono ad una persona dolore o sofferenze forti, fisiche o psichiche. E le finalità sono quelle che la cronaca ci ha fatto conoscere, le ho già citate: per dare una punizione - ho citato il letto di contenzione per dirne una, o quant'altro avveniva nelle nostre carceri, e non soltanto nelle nostre carceri, ma anche nei sistemi penitenziari mondiali - oppure per intimorire una persona, oppure per discriminazione.

Quindi, c'è l'articolo 1 di quella Convenzione che, se fosse stato recepito puramente e semplicemente, ci avrebbe fatto risparmiare quattro-cinque anni di navetta parlamentare e avremmo risolto con un voto unanime, probabilmente, questa questione. Ma così non è andata, per cui anche io ritengo che se ci sono voluti tanti passaggi parlamentari e tante menti si sono cimentate nel porre pali e paletti per impedire la scoperta di un eventuale delitto di tortura, qualche motivo ci deve essere, ed stato già enunciato da un collega.

La vaghezza di tali norme, molte volte, serve per tenere quegli strumenti penali pronti per qualunque evenienza: si è citato, appunto, il terrorismo. Noi non vorremmo - si dice - che tale vaghezza, tale genericità, tale difficoltà di interpretazione siano state stabilite proprio perché la tortura potrebbe diventare uno strumento utile per combattere, eventualmente, per esempio, il terrorismo. Ma voglio ricordarvi, a questo proposito, che la stessa Convenzione prevede che qualcuno, qualche legislatore, possa essere indotto da questa tentazione. Infatti, la Convenzione dice: “Nessuna circostanza eccezionale, quale che essa sia, che si tratti di stato di guerra o di minaccia di guerra, di instabilità politica interna oppure di qualsiasi altro stato di eccezione, può essere invocata per giustificare la tortura”. Qui è detto in modo esplicito, perché è evidente che si ricorre alla tortura, come abbiamo detto prima, proprio in queste circostanze.

La Convenzione dell'ONU mette le mani avanti: non si può torturare - uso una battuta - né in tempo di pace né in tempo di guerra, né in tempo di stabilità politica né in tempo di instabilità politica. Quindi, leggendo queste norme e agganciandole alla nostra esperienza, ci ricordiamo quello che è successo con i regimi dittatoriali, quello che è successo durante il periodo nazista, quello che è successo sotto le dittature sudamericane.

Quindi, oggi, dopo ventotto anni, abbiamo probabilmente chiuso un argomento. Non ci soddisfa come questo adempimento tardivo viene adempiuto, però dobbiamo prendere atto che, in ogni caso, i magistrati sapranno indubbiamente, con la loro capacità, riportare a sistema e ad efficacia l'articolo 1 di questo testo, di questa proposta di legge. Infatti, i magistrati italiani, in casi analoghi, hanno saputo punire certi reati, ancorché non ci fosse nel nostro ordinamento il reato di tortura. Quindi, è evidente che, anche in questo caso, nonostante lo sforzo che è stato compiuto al Senato per limitare la possibilità di colpire questo tipo di reato, i magistrati certamente riusciranno nel loro compito.

Altri sono gli elementi, altre le criticità di questo testo, però, in ogni caso, come hanno scritto Amnesty International ed altre organizzazioni che si interessano di diritti umani, bisogna comunque approvare questa legge, in maniera tale che un contributo venga dato alla lotta contro questo efferato delitto. Noi voteremo astensione proprio per questo motivo (Applausi dei deputati del gruppo Articolo 1-Movimento Democratico e Progressista).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Sisto. Ne ha facoltà.

FRANCESCO PAOLO SISTO. Presidente, mi piace prendere le mosse, per tentare di esorcizzare il fantasma di quest'ulteriore insulto alla sistematica del diritto penale, da due osservazioni formulate da due colleghi parlamentari indubbiamente capaci. La prima osservazione di carattere generale viene dal collega Mazziotti Di Celso, che stamattina ha affermato, con una lapidaria frase, che nel diritto penale non c'è una norma che possa essere meglio rispetto al bene. Cioè, non ci si può accontentare di una mezza norma, di un passo avanti, perché le norme penali sono norme fondamentali nell'ambito del rapporto fra il cittadino e lo Stato. L'antica dogmatica insegnava che il diritto soggettivo di punire appartiene proprio allo Stato, che in virtù di norme certe, determinate, tipiche, con tutte le caratteristiche costituzionali, ha il diritto soggettivo di punire. Quindi, il passo avanti nella norma penale è un'eresia, è un gravissimo compromesso di questo Governo e questa maggioranza, che sta riempiendo il codice penale di norme assurde con un diritto penale del consenso, un diritto penale modaiolo, un diritto penale di consegna del Paese alle procure e alle indagini, scambiando la giustizia con le indagini, che è un atteggiamento gravissimo, ma di cui ahimè pagheremo tutti le conseguenze. Un Paese nelle mani delle procure e delle indagini, un Paese che moltiplica le occasioni di indagini inutilmente, oggi con questo provvedimento trova l'acme del paradosso, perché si sollecitano indagini nei confronti di coloro che le fanno. È una sorta di suicidio assistito dell'ortodossia delle indagini, con una norma, un complesso di norme approvate con una disinvoltura come sempre eclatante: la dura legge dei numeri, almeno - almeno! - sulle norme penali dovrebbe avere la capacità di una resipiscenza, prima di mettere il dito su quel verde drammatico.

La seconda affermazione è quella del collega Sannicandro: sbrighiamoci a chiudere questa legislatura e limitiamo i danni in materia penale. Ciò perché in materia penale stiamo facendo dei danni inenarrabili, e non lo dico io. Pensate ai reati ambientali, all'omicidio stradale, alla recentissima riforma sulla prescrizione, affetta da una incostituzionalità che parte da un voto di fiducia bulgaro indegno di un Parlamento, e si snoda su scelte tecniche che possono compiacere, come una dose di morfina, chi vuole sempre abbeverarsi di sanzioni, ma in realtà non sono curative: non sono né un antidolorifico né un antibiotico, ma sono eccitanti di un sistema che tenderà sempre più a sovrapporre le indagini alle sentenze, e questo è proprio di Paesi antidemocratici.

Ma questa voglia di giustizia piena di norme penali, piena di sanzioni, mai ha risolto il problema dei reati; è una giustizia piena di una tecnica inquisitoria, e ve lo dimostrerò. Questa è una norma che aveva una caratteristica, nel testo Camera, Presidente, quella di avere la chiarezza della specificità della condotta, anche del dolo specifico. Cioè, la condotta di tortura era una condotta di tortura, non di nome tortura e dalla condotta generica, violenza o minaccia grave. Qui arriveremo ad un doppio rischio: il primo rischio è quello di denunce strumentali, in un Paese in cui il procedimento conta più delle sentenze, in cui essere iscritti a “modello 21” comporta per le forze dell'ordine il trasferimento, il provvedimento disciplinare, le incompatibilità, tutta una serie di punizioni in contrasto alla presunzione di non colpevolezza fino a sentenza definitiva.

C'era una volta un principio di questo genere, lo raccontiamo ai nostri nipotini ormai come un passato obsoleto. La presunzione di non colpevolezza l'avete distrutta! L'avete distrutta! Un principio costituzionale come l'articolo 111: una demolizione progressiva, consapevole, dolosa ed inescusabile di principi cardine della Costituzione! E di questo dovrete vergognarvi - da un punto di vista puramente tecnico una vergogna! -, quelli che ne capiscono, che ne vivono e che acconsentono a questa demolizione dei principi! Non solo la strumentalità delle denunce contro le forze dell'ordine, ma ovviamente il “chi me lo fa fare?”, l'adempimento da medicina difensiva delle forze dell'ordine, che ovviamente saranno molto, molto, molto caute. La specialità rassicurante: una norma scritta come tortura. Ma non che abbia il nome della tortura, ma il sapore, la struttura, il contenuto di un reato generico, che in qualche maniera è capace di essere dilatato fino ad essere un vero virus nel sistema informatico della garanzia e delle democrazie processuali. Più pene, più Stato di polizia, squilibrio sanzionatorio: questo volete. Voi state trasformando il nostro Paese in uno Stato di polizia, introducendo reati su reati e sanzioni su sanzioni!

Ma, Presidente, il massacro dei principi di diritto sostanziale lo si ha nella istigazione cosiddetta indiretta, e, prima volta nella storia - e io credo che i padri del diritto penale giustamente si rivoltino cento volte nelle loro tombe -, l'istigazione non accolta che viene punita come sanzione. Tutti abbiamo studiato cos'è un'ipotesi di quasi reato, ma forse in quest'Aula qualcuno dovrebbe ricordare cos'è un quasi reato; l'abbiamo studiata l'istigazione non accolta, ma qui si punisce l'istigazione non accolta! Stiamo travolgendo i principi fondamentali del diritto penale, sulla scorta di che, degli ultimi giorni di Pompei di questa legislatura? Un'ulteriore violazione dell'articolo 111: questo reato - udite, udite - è imprescrittibile! Noi avevamo provato ad introdurre alla Camera l'articolo 157, raddoppiando i termini di prescrizione, ma esiste un reato imprescrittibile, quando l'articolo 111 impone la ragionevole durata del processo? Cioè, un reato che non si prescrive mai, noi arriveremo a questo. Sì, si può anche sorridere, e capisco che dai banchi del Governo e della maggioranza siano rassicurati dai numeri - e vedremo se sarete rassicurati dai numeri -, ma saranno i cittadini a darvi quello che meritate: un prezzo che dovrete pagare per questa ignominia di provvedimento, per la disinvoltura con cui travolgente i principi sulla scorta di input che non sono certamente di garanzia e improntati alla nostra Costituzione. E se questa implosione endocodicistica, questo riempimento senza pari del codice, squassando il sistema, non rispettando i principi, soddisfa qualcuno, certamente, Presidente, non può soddisfare la norma sul respingimento: basterà sostenere che nel proprio Paese si ipotizza una tortura fondata senza specificità e non ti posso respingere. Ma come possiamo pensare di risolvere i problemi dei migranti, cari amici - perché a questo punto non riesco a chiamarvi colleghi, perché la quotidianità impone un rapporto più confidenziale e diretto -, se questo Governo continua a bloccare, bloccare e bloccare, a offrire delle esimenti per tenere la gente in Italia quando non ne ha titolo? Come si può? Oggi abbiamo ascoltato il Ministro Minniti, e dovremmo dire: Ministro, ma lei si sente con i suoi colleghi della giustizia? Si rende conto che provvedimento stiamo approvando, quale briscola lei sta dando ai soggetti che diranno che nel loro Paese c'è questa situazione? Lo sa? No, perché da un lato ci si comporta in un modo, e dall'altro si finge di avere una sensibilità, perché il business, perché l'affarismo, tutto quello che è intorno a questo tema, in queste norme trova addentellati. Allora, Presidente, altro che tortura, qui, se c'è qualcuno torturato, è il sistema penale. Un sistema torturato che ovviamente non confesserà mai e non si presterà mai, per due, quattro, sette, dodici norme, ad essere sconquassato, perché noi queste norme le cambieremo.

Noi queste norme le cambieremo, e torneremo alla sana e robusta Costituzione che ci ha sempre accompagnato! E se voi la violate, ci sarà qualcuno che ripristinerà quello che è giusto. Noi voteremo contro convintamente il provvedimento in difesa delle forze dell'ordine che voi aggredite: voi le aggredite, è bene che si sappia che voi le state aggredendo dall'interno. Noi le difenderemo come abbiamo sempre fatto e difenderemo il sistema costituzionale del diritto penale (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Ferraresi. Ne ha facoltà.

VITTORIO FERRARESI. Grazie, Presidente. Oggi a più di trent'anni dall'adozione della Convenzione ONU del 1984 da parte del nostro Paese e a ventinove anni dalla ratifica della stessa ci troviamo a votare in quarta e ultima lettura l'introduzione del reato di tortura nel nostro ordinamento.

Doveva essere una giornata felice, una giornata che doveva cancellare il ritardo vergognoso del nostro Paese nell'introduzione di questa norma che ci è costata ben tre condanne in sede di Corte europea dei diritti dell'uomo e forse ne arriverà anche una quarta sia per non avere il reato di tortura nel nostro codice penale sia per non essere riusciti a perseguire adeguatamente violenze come quelle della Diaz, per non parlare del caso delle violenze del carcere di Asti che ha visto i giudici indicare fattispecie in oggetto come tortura ma non poterle applicare poiché non sono presenti nel nostro ordinamento. Invece sarà una giornata che lascerà l'amaro in bocca perché, a quasi trent'anni dalla ratifica di quella Convenzione, ci aspettavamo una norma diversa, non una semplice introduzione del reato di tortura ma una legge che contrastasse veramente il reato di tortura nel nostro Paese. È stancante, colleghi, ma sono costretto ogni volta a ripeterlo: la proposta di legge non è contro le forze dell'ordine; è una proposta di legge che tenta di punire qualunque cittadino che tortura. Chi dice il contrario o è giuridicamente ignorante o non ha letto la norma o è ideologicamente orientato e quindi mente sapendo di mentire per puro scopo elettorale (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Ho già dovuto sentire che siamo anarchici-insurrezionalisti di sinistra; dall'altra parte ci dicono che siamo di estrema destra: questo ci convince sempre più che stiamo portando avanti gli interessi giusti che non sono quelli di destra o di sinistra ma sono quelli dei cittadini tutti (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

In questi anni siamo sempre stati i primi a portare avanti battaglie importanti per i diritti delle forze dell'ordine, per le risorse alle strutture e alle forze dell'ordine stesse e alle loro garanzie, come siamo e saremo sempre in prima fila per difendere le vittime, tutte le vittime e la legalità perché la legge deve essere uguale per tutti. Infatti chi sbaglia deve pagare: a maggior ragione risulta più grave quando chi ha sbagliato ricopre una funzione pubblica che dovrebbe adempiere secondo la Costituzione con disciplina e onore. Chi deve dare l'esempio? Chi dovrebbe far applicare la legge. Infatti se in molti reati come quelli di corruzione il pubblico ufficiale è punito più severamente, non si capisce perché nella tortura dovrebbe essere differente. Noi siamo a favore del fatto che tutti i cittadini siano uguali davanti alla legge sia che siano semplici cittadini, sia che siano politici a maggior ragione, sia che siano magistrati, sia che siano poliziotti perché lo Stato dovrebbe essere il primo a far in modo che quelle mele marce che costituiscono la minoranza dei suoi appartenenti possano essere allontanate dai rispettivi corpi. Lo debbono alla divisa, alle istituzioni, alle vittime, a tutti i cittadini perché chi si macchia di questi reati infanga la divisa in primis, infanga lo Stato, infanga tutti noi e per questo deve essere punito e allontanato: per il rispetto delle vittime ma anche per rispetto di tutti i colleghi che fanno questo difficile lavoro con onestà, onore e trasparenza (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

Non è più accettabile far passare la contrapposizione che alcuni hanno voluto creare ad arte tra quelli pro forze dell'ordine e, dall'altra, quelli pro famiglie delle vittime: la rigettiamo con forza perché dovremmo semplicemente essere tutti dalla stessa parte, la parte della giustizia, della legalità, della democrazia. Il problema non è solo per gli episodi di cronaca più famosi che in un certo senso hanno avuto la fortuna di essere finiti sui giornali grazie alle battaglie coraggiose delle vittime e dei familiari delle vittime.

Il problema risulta ancora più grave per tutti gli episodi che per mancanza di forza, coraggio, risorse, informazione, attenzione non verranno mai alla luce rimanendo confinati nell'impunità e nell'oblio. Le violenze della scuola Diaz, Bolzaneto, Asti, di tutte le persone che sono morte nelle mani dello Stato, magari dove è stato proprio lo Stato a frapporsi tra le famiglie delle vittime e l'accertamento della verità per impedirgli di accertare in modo trasparente quello che è successo ai loro figli, ai loro compagni, ai loro amici che potrebbero essere i nostri figli, i nostri compagni, i nostri amici.

Cosa c'è di più grave di uno Stato che nega la verità quando è coinvolto in questi episodi? Cosa c'è di più grave di uno Stato che nega la giustizia ai propri cittadini? Questo non è accettabile, Presidente. Come non è accettabile questo testo dopo una lunga attesa: una serie di paletti normativi che di fatto renderanno difficile, se non impossibile, l'accertamento del reato di tortura con un possibile rischio di impunità. Se infatti l'accertamento si porrà come quasi impossibile, tutti i possibili indagati potranno passare come del tutto innocenti pur avendo commesso fatti gravi difficilmente accertabili. Presidente, mi auguro sinceramente che questo non avvenga mai. Lo dico perché spero che queste ipotesi non si verifichino. Io spero vivamente di sbagliarmi ma noi siamo legislatori, noi non siamo un meccanico che, come sostiene il Ministro Orlando, può fare il rodaggio delle leggi severe che non vanno bene, soprattutto in materia penale. Non possiamo sempre lasciare il caos e la responsabilità alla giurisprudenza: noi dobbiamo votare una legge oggi e dobbiamo votare una legge che crei certezza e non dubbio. I problemi dobbiamo risolverli noi, non lasciarli ai giudici, Presidente, e non lasciarli alle vittime.

Il testo dice che tortura è unicamente la pluralità di violenze o minacce gravi reiterate che provocano acute sofferenze fisiche ed un verificabile trauma psichico come se le sofferenze psichiche non dovessero essere verificate in ogni caso o, in alternativa, un comportamento crudele che integri un trattamento inumano e degradante per la dignità della persona. Ora, con queste previsioni noi non possiamo che storcere il naso perché sappiamo che tortura è anche soprattutto ben altro: una singola violenza, una singola minaccia che provoca acute sofferenze. Inoltre sparisce il raddoppio della prescrizione per questo reato difficile da accertare, che spesso richiede molto tempo per essere scoperto e di fatto creerà problemi a livello internazionale. Lo spiego al sottosegretario Migliore perché, in mancanza di conformità della normativa sulla prescrizione, ci potranno essere problemi sull'estradizione di chi ci chiede questi pericolosi criminali e noi non li potremo dare, come tra l'altro è già accaduto. Quindi, dopo la norma sulla legittima difesa, sullo stalking, sull'autoriciclaggio che non c'è, arriva l'ennesimo pasticcio.

Quanto risulta ipocrita, Presidente Boldrini, chiedere con forza verità e giustizia per Giulio Regeni quando il nostro Paese fa così poco per contrastare queste violenze in Italia! Con che faccia, con che faccia noi lo facciamo, con che faccia noi l'abbiamo fatto? Se c'è una cosa che però devo ammettere, colleghi, è che questo testo è migliore di quello che avevate approvato in prima lettura alla Camera, quando in tanti rimasero in silenzio e altrettanti ci criticarono all'epoca per il nostro voto contrario, unico movimento politico, noi del MoVimento 5 Stelle, a gridarlo con forza che il testo doveva essere migliorato. Noi però non crediamo che il meglio sia nemico del bene, Presidente. Noi vogliamo una vera legge che possa contrastare sul serio la tortura nel nostro Paese e quindi, dichiarando il voto di astensione del MoVimento 5 Stelle, ci impegniamo alla prima occasione utile a modificare il testo e a far sì che sia veramente efficace.

Presidente, colleghi, per tutti i reati c'è una pena che deve essere scontata con certezza. Per nessun reato, Presidente, è prevista una pena corporale, per nessun reato è prevista la pena di morte. Noi vogliamo che la giustizia in questo Paese possa tornare a splendere in special modo per tutti i cittadini e tutte le famiglie che hanno sofferto a causa di uno Stato, Presidente, che invece di attaccarli doveva proteggerli (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Verini. Ne ha facoltà.

WALTER VERINI. Presidente, Grazie. Cconsiderata l'obiettiva delicatezza e importanza del tema che la Camera sta trattando, prima dell'approvazione del testo credo di poter dire che la mia impressione, per quanto possa valere, è di un dibattito all'altezza, serio e appropriato rispetto all'importanza dell'argomento, della questione che stiamo trattando.

Ci sono state delle cadute sì, come l'intervento – diciamolo - un po' trombonesco dell'avvocato Sisto il quale io non credo che tornerà a governare l'Italia, almeno non me lo auguro, ma se capitasse che il centrodestra, in particolare il partito di Sisto, tornasse a governare l'Italia ci vorrebbero almeno vent'anni per rimettere mano alla mole di riforme e di cambiamenti, che, per esempio, anche nel campo della giustizia sono stati fatti in questi anni. Stasera la tortura, ma io voglio ricordare le unioni civili oppure il falso in bilancio, l'autoriciclaggio, il voto di scambio politico-mafioso, la riforma penale. Insomma, se si vuole demolire tutto quanto si è costruito, credo che sarà un'impresa davvero improba.

Detto questo, però, io penso davvero che nell'insieme sia stato un dibattito serio, perché il tema è serio. Come è stato ricordato da diversi interventi, sono quasi passati trent'anni dalla ratifica della Convenzione ONU contro la tortura e i trattamenti inumani. Sono stati tanti i richiami al nostro Paese e le condanne, come quella della CEDU, per i fatti di Genova del 2001.

E, quindi, con questo provvedimento, noi che cosa facciamo? Allineiamo l'Italia agli altri Paesi europei e al grado di civiltà degli altri Paesi europei. Abbiamo recuperato lo spread finanziario e a ci avviamo, con diverse riforme di questi anni, anche a recuperare lo spread in tema di diritti umani e civili. E approviamo questa legge dopo fatti, richiami, prese di posizione, di tante associazioni, di familiari, degli stessi sindacati di polizia più sensibili e più accorti, di autorità istituzionali. Voglio ricordare, in ordine di tempo, le prese di posizione di personalità di grande valore mondiale, come Papa Francesco oppure il richiamo e l'auspicio del Presidente Mattarella della settimana scorsa.

Come dicevo, è tema delicato, su cui è giusto discutere e avere opinioni. Del resto, tra Camera e Senato ci sono state valutazioni e opinioni diverse. Siamo ancora in bicameralismo, ci rimaniamo e, quindi, vanno rispettati anche i diversi pronunciamenti. Ma è delicato perché sono in gioco i valori civili, la dignità delle persone. Vede, io personalmente ho seguito con attenzione le critiche, che sono state rivolte a questo testo di legge dopo l'approvazione da parte del Senato. Sono state critiche di segno radicalmente opposto. Io, a titolo personale, mi trovo anche in alcune critiche che ho ascoltato da una personalità che stimo, che si batte da sempre per i diritti umani e i diritti civili, come il senatore Luigi Manconi. Però, ritengo anche che spesso, nell'avere l'orizzonte di ottenere un obiettivo - ed è importante averlo -, si deve, però, fare i conti con i rapporti di forza e con le opinioni di altre forze politiche. E se il Senato ci ha consegnato questo testo, noi abbiamo due alternative: o cambiarlo, magari ripristinando i contenuti che la Camera aveva introdotto nella sua lettura, prima di ridarlo al Senato, oppure decidere di fare un passo, un passo avanti importante, cioè introdurre nel nostro ordinamento il reato di tortura.

Ed è questo il passo che noi democratici riteniamo giusto fare. Vedete, c'è un signore che si chiama - lo conoscete - il professor Mauro Palma, che oggi ricopre l'incarico importante di Garante nazionale dei detenuti, fondatore di Antigone, il quale, in una trasmissione recente - l'ho ascoltata con le mie orecchie - ha detto: sì, non sarà una legge perfetta, ma l'importante è che nel nostro ordinamento il reato di tortura ci sia, perché questo è già un risultato importante.

Nel merito, già altri hanno risposto a critiche con puntualità. Lo ha fatto il relatore Vazio, lo ha fatto in un'intervista recente il Ministro per i rapporti col Parlamento Anna Finocchiaro. Io credo che si possa dire che non c'è il rischio che questa legge non sia efficace, come qualche critica ha detto, perché verranno punite - è vero - non le condotte plurime, ma le conseguenze di quelle condotte, cioè, oltre le condotte plurime, anche i comportamenti inumani e degradanti.

Per esempio, se qualcuno ha sostenuto che casi come quelli di Genova della Diaz non sarebbero punibili, dice probabilmente una cosa non vera, perché lì è stato dimostrato, è stato sancito: comportamenti inumani e degradanti ci sono stati. E già per quello, con il testo che ci apprestiamo ad approvare, sarà possibile punire quella condotta.

Poi credo che sia stato giusto ribadire il concetto di reato comune, perché spesso vessazioni, soprusi fisici e psicologici, sono attuati anche da persone normali contro persone più fragili, più indifese: i minori, i bambini, gli infermi, gli anziani. Quindi, è sbagliato, è sbagliato, è forzato dire, che questa è una legge punitiva verso le forze dell'ordine e della sicurezza.

A questo proposito - e mi avvio a concludere - penso che noi non dobbiamo portare solo rispetto nei confronti delle forze dell'ordine della sicurezza. Di più! Noi dobbiamo esprimere gratitudine alle forze dell'ordine e della sicurezza, che ogni giorno sono in divisa, certo con stipendi che non sono all'altezza di quello che loro fanno per la sicurezza di noi tutti. Quindi, non solo rispetto, ma gratitudine. E, tuttavia, io credo che, all'interno delle forze dell'ordine e della sicurezza, certi comportamenti siano marginali e isolati, perché spesso si parla di casi eclatanti, ma proprio perché sono eclatanti, proprio perché non rappresentano l'ordinaria attività delle forze di polizia. Quindi io penso che fare una legge come questa aiuta a colpire quei casi, che in qualche modo discreditano l'onore e il decoro delle forze dell'ordine.

Vedete, a me piace ricordare, ancora una volta, quello che diceva un grande poliziotto, che ci manca, manca al nostro Paese. Questo poliziotto, che si chiamava Antonio Manganelli, all'indomani della condanna per i fatti di Genova, disse testualmente: bene, adesso è il momento delle scuse; adesso si devono delle spiegazioni ai cittadini che hanno subito danni e anche a quelli che, avendo fiducia nell'istituzione polizia, l'hanno vista in grave difficoltà per qualche comportamento gravemente errato ed esigono sempre maggiore professionalità ed efficienza.

Uno Stato forte, uno Stato democratico, non ha paura di leggi che colpiscono comportamenti anomali, perché questa è una legge che colpisce comportamenti individuali, non è una legge contro le forze di polizia. È una legge che aiuta, semmai, a fare crescere sempre di più la professionalità, di chi ogni giorno si batte contro il terrorismo, contro la criminalità e contro la delinquenza. Ecco, perché io penso che sia una legge equilibrata.

Come dicevo, molti di noi avrebbero forse voluto qualcosa di più, qualcosa di diverso. Ma è questo l'importante: portare a casa nel nostro ordinamento, per la prima volta, dopo tanti anni, il reato di tortura.

Qualcuno ha detto: è una legge inutile. Io non credo, come non lo crede il presidente di Amnesty International Italia, come non lo crede Mauro Palma. È una legge utile ed è una legge riformista, perché il riformismo è fatto di obiettivi importanti e di visioni, ma è fatto anche di passi concreti, possibili, nella direzione giusta, purché siano nella direzione giusta. E introdurre il reato di tortura nel nostro Paese è un passo nella direzione giusta, un passo di civiltà.

È per questi motivi che noi del Partito Democratico votiamo con convinzione, anche con un po' di orgoglio che questo Parlamento abbia raggiunto questo risultato, questa proposta di legge (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, la deputata Marzano. Ne ha facoltà.

MICHELA MARZANO. Grazie Presidente. non voterò oggi questa legge e mi asterrò, ovviamente non perché pensi che non sia necessario introdurre il reato di tortura, ma perché, dopo quasi trent'anni di attesa, mi sarei aspettata, da parte del Parlamento, maggior coraggio e maggiore coerenza.

Quando nel 1988, ratificando la Convenzione di New York, l'Italia si è impegnata a introdurre nell'ordinamento il reato di tortura, lo ha fatto consapevole che la tortura è una delle violazioni più abominevoli dei diritti umani. Quando si parla di tortura, signora Presidente, non è in gioco solo la politica, è in gioco la concezione stessa che abbiamo dell'essere umano, è in gioco la concezione stessa dell'etica; la dignità umana, signora Presidente, è intangibile. Allora, che messaggio diamo oggi ai nostri giovani, con questa norma pasticciata, con questa informe creatura giuridica, come è stato detto, ripetuto e spiegato da grandi penalisti, ma anche da rappresentanti di Amnesty International? Ebbene, stiamo dando un pessimo esempio; non è vero che è meglio una norma, una qualunque, che nessuna; quando si parla di diritti, si deve cercare di fare il meglio, sui diritti umani non si può transigere, non basta qualcosa, talvolta, forse, è meglio un nulla, il compromesso è l'arte della politica, ma quando dal compromesso si scivola nella compromissione si perdono i valori in nome dei quali ci si batte (Applausi di deputati del gruppo Misto).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, la deputata Giuditta Pini. Ne ha facoltà.

GIUDITTA PINI. Grazie, Presidente. Il 21 luglio del 2001 ci fu l'irruzione alla scuola Diaz, ciò che il vice questore Fournier definì una macelleria messicana. Furono portati via 61 feriti, di cui tre in prognosi riservata e uno in coma. Per quei fatti, il nostro Paese è stato condannato più volte, l'ultima poche settimane fa. Come Commissione giustizia abbiamo lavorato molto a lungo e in modo molto serio e abbiamo mandato il testo sul reato di tortura modificato al Senato, da cui ci è tornato indietro 769 giorni dopo, lo ripeto, 769 giorni dopo, completamente stravolto. Per il rispetto della CEDU, che ci ha scritto, che le ha scritto, per dirci che questa legge rischia di non essere applicabile proprio per quei casi per cui siamo stati condannati, per il rispetto del lavoro che ha fatto la Commissione e, credetemi, con enorme sofferenza, per la stima che ho dei miei colleghi in Commissione giustizia e di tutto il gruppo del Partito Democratico, annuncio che non parteciperò al voto di questa legge (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà-Possibile).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.

FRANCO VAZIO, Relatore per la maggioranza. Chiedo di parlare per un ringraziamento.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FRANCO VAZIO, Relatore per la maggioranza. Presidente, ho chiesto la parola solo per rivolgere un plauso al Parlamento tutto, per aver avuto la determinazione di colmare una grave lacuna del nostro ordinamento, durata quasi trent'anni, ma, soprattutto, per rivolgere un pensiero a quelle vittime che in questi trent'anni hanno subito un crimine gravissimo, senza vedere i colpevoli assicurati alla giustizia.

(Votazione finale ed approvazione – A.C. 2168-B)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.

Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sulla proposta di legge, già approvata, in un testo unificato, dal Senato, modificata dalla Camera e nuovamente modificata dal Senato, n. 2168-B:

S. 10-362-388-395-849-874-B - "Introduzione del delitto di tortura nell'ordinamento italiano" (Approvata, in un testo unificato dal Senato, modificata dalla Camera e nuovamente modificata dal Senato).

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 39).

Interventi di fine seduta.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Elena Centemero, che però non è presente in Aula.

Ha chiesto di parlare la deputata Miriam Cominelli. Ne ha facoltà.

MIRIAM COMINELLI. Presidente, oggi, i giornali locali bresciani riportano l'esito di una conferenza che si è tenuta sullo stato delle acque bresciane. Pur ribadendo quanto l'acquedotto, quindi le acque potabili siano in sicurezza, viene posto l'accento sulla situazione critica della falda. Questo è l'ultimo dei campanelli d'allarme che ci dice come la questione ambientale di Brescia deve essere messa sempre di più al centro dell'attenzione nazionale, lasciando da parte gli allarmismi, ma affrontando seriamente il tema, ad esempio con una mappatura generale per arrivare ad un piano di bonifica puntuale del territorio, incentivando l'imprenditoria sana, che è la maggioranza, a non creare danni ambientali, a ripristinare quando questi vengono fatti e cercando di punire, veramente, chi, invece, fa caricare sulla collettività quelle che sono le proprie azioni illecite. Ed ancora rafforzando il sistema dei controlli, approvando quelli che sono i decreti attuativi della legge di riordino sulle agenzie ambientali.

Personalmente, ho fatto di questo il fulcro della mia attività in questa legislatura, presentando diversi atti parlamentari, ma oggi, però, sono qui a sollecitare l'attenzione della Presidenza su un altro atto parlamentare, una mozione che è stata sottoscritta dai deputati bresciani di tutti i gruppi politici presenti in quest'Aula, perché io credo che l'ambiente di Brescia non deve essere una bandiera da sventolare o usare contro qualcuno, ma una battaglia comune a tutti, senza spirito di parte, per il futuro che è il nostro futuro comune. Quindi, sollecito l'attenzione su questa mozione che raccoglie l'adesione di tutte le forze politiche (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Luisa Bossa, che però non è presente. Se, però, i deputati si iscrivono a parlare e poi non sono presenti, non è proprio correttissimo.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

  Giovedì 6 luglio 2017, alle 9,30:

1.  Seguito della discussione della proposta di legge:

DAMBRUOSO ed altri: Misure per la prevenzione della radicalizzazione e dell'estremismo violento di matrice jihadista.   (C. 3558-A)

Relatori: POLLASTRINI, per la maggioranza; LA RUSSA, di minoranza.

2.  Seguito della discussione delle mozioni Ruocco ed altri n. 1-01594, Melilla ed altri n. 1-01653, Marchi, Tancredi, Librandi, Tabacci, Locatelli, Gebhard ed altri n. 1-01654, Brunetta ed altri n. 1-01655, Simonetti ed altri n. 1-01658 e Capezzone ed altri n. 1-01659 in materia di trasparenza dei contratti derivati stipulati dal Ministero dell'economia e delle finanze.

La seduta termina alle 20.

SEGNALAZIONI RELATIVE ALLE VOTAZIONI EFFETTUATE NEL CORSO DELLA SEDUTA

  Nel corso della seduta sono pervenute le seguenti segnalazioni in ordine a votazioni qualificate effettuate mediante procedimento elettronico (vedi Elenchi seguenti):

  nelle votazioni dalla n. 1 alla n. 4, dalla n. 11 alla n. 14 e dalla n. 17 alla n. 20 il deputato Falcone ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario;

  nelle votazioni nn. 1 e 2 la deputata Gribaudo ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto contrario;

  nelle votazioni dalla n. 1 alla n. 4 la deputata La Marca ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto contrario;

  nella votazione n. 4 i deputati De Rosa e Micillo hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole;

  nella votazione n. 4 i deputati Preziosi e Venittelli hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto contrario;

  nella votazione n. 6 il deputato Vargiu ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario;

  nelle votazioni dalla n. 6 alla n. 8 il deputato Matarrese ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario;

  nella votazione n. 7 la deputata Basilio ha segnalato che ha erroneamente votato a favore mentre avrebbe voluto votare contro;

  nella votazione n. 7 la deputata Pes ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto contrario;

  nelle votazioni dalla n. 11 alla n. 39 la deputata Argentin ha segnalato che non è riuscita a votare;

  nella votazione n. 11 il deputato Romanini ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario;

  nella votazione n. 16 la deputata Galgano ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto contrario;

  nella votazione n. 17 il deputato Vico ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario;

  nella votazione n. 21 la deputata Bueno ha segnalato che non è riuscita a votare;

  nella votazione n. 26 la deputata Giuliani ha segnalato che ha erroneamente votato contro mentre avrebbe voluto votare a favore;

  nella votazione n. 27 il deputato Giulietti ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario;

  nelle votazioni nn. 29, 30 e 38 il deputato Oliverio ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario;

  nelle votazioni nn. 30 e 31 la deputata Rotta ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto contrario;

  nella votazione n. 33 il deputato Senaldi ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole;

  nella votazione n. 38 la deputata Vezzali ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto contrario.

VOTAZIONI QUALIFICATE EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 3 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 13)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nominale Pdl 2168-B - em. 1.70 376 376 0 189 56 320 112 Resp.
2 Nominale em. 1.13 382 382 0 192 111 271 112 Resp.
3 Nominale em. 1.6 388 388 0 195 110 278 112 Resp.
4 Nominale em. 1.7 375 375 0 188 110 265 109 Resp.
5 Nominale em. 1.71 388 377 11 189 56 321 108 Resp.
6 Nominale em. 1.8 393 392 1 197 121 271 107 Resp.
7 Nominale em. 1.62 378 377 1 189 58 319 107 Resp.
8 Nominale em. 1.60 388 387 1 194 62 325 107 Resp.
9 Nominale em. 1.9 400 399 1 200 122 277 103 Resp.
10 Nominale em. 1.61 388 387 1 194 64 323 104 Resp.
11 Nominale em. 1.78 391 389 2 195 63 326 104 Resp.
12 Nominale em. 1.10 394 393 1 197 116 277 104 Resp.
13 Nominale em. 1.14 393 392 1 197 114 278 104 Resp.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M = Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui é mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi é premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.

INDICE ELENCO N. 2 DI 3 (VOTAZIONI DAL N. 14 AL N. 26)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
14 Nominale em. 1.77 392 392 0 197 57 335 104 Resp.
15 Nominale em. 1.50 396 395 1 198 58 337 104 Resp.
16 Nominale em. 1.15 403 374 29 188 89 285 104 Resp.
17 Nominale em. 1.51 411 410 1 206 58 352 104 Resp.
18 Nominale em. 1.52 408 407 1 204 56 351 105 Resp.
19 Nominale em. 1.53 413 412 1 207 60 352 105 Resp.
20 Nominale em. 1.72 401 401 0 201 63 338 105 Resp.
21 Nominale em. 1.54 397 397 0 199 66 331 105 Resp.
22 Nominale em. 1.12, 1.16 399 399 0 200 115 284 105 Resp.
23 Nominale em. 1.76 395 394 1 198 58 336 104 Resp.
24 Nominale em. 1.75 405 404 1 203 60 344 104 Resp.
25 Nominale em. 1.17 403 376 27 189 96 280 103 Resp.
26 Nominale articolo 1 405 284 121 143 218 66 104 Appr.


INDICE ELENCO N. 3 DI 3 (VOTAZIONI DAL N. 27 AL N. 39)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
27 Nominale art. agg. 1.01, 1.02 399 399 0 200 85 314 104 Resp.
28 Nominale em. 3.1 394 393 1 197 61 332 103 Resp.
29 Nominale em. 3.2 389 388 1 195 61 327 102 Resp.
30 Nominale em. 3.3 384 276 108 139 59 217 102 Resp.
31 Nominale em. 3.4 386 280 106 141 60 220 102 Resp.
32 Nominale articolo 3 388 273 115 137 214 59 102 Appr.
33 Nominale articolo 4 385 266 119 134 212 54 102 Appr.
34 Nominale odg 9/2168-B/1 378 304 74 153 98 206 101 Resp.
35 Nominale odg 9/2168-B/3 368 367 1 184 107 260 102 Resp.
36 Nominale odg 9/2168-B/4 358 355 3 178 147 208 102 Resp.
37 Nominale odg 9/2168-B/5 360 293 67 147 47 246 101 Resp.
38 Nominale odg 9/2168-B/7 351 351 0 176 101 250 101 Resp.
39 Nominale Pdl 2168-B - voto finale 337 233 104 117 198 35 107 Appr.