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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 826 di martedì 4 luglio 2017

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROBERTO GIACHETTI

La seduta comincia alle 11,30.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito il deputato segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

RICCARDO FRACCARO, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 30 giugno 2017.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

  (È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Adornato, Aiello, Angelino Alfano, Alfreider, Artini, Baretta, Boccia, Brambilla, Cicchitto, Coppola, Damiano, De Menech, Epifani, Fauttilli, Fico, Giorgis, Greco, Mazziotti Di Celso, Meta, Monaco, Nicoletti, Pes, Picchi, Rigoni, Scagliusi, Scanu, Schullian, Sereni, Sottanelli, Simone Valente e Vignali sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.

I deputati in missione sono complessivamente centodiciassette, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Svolgimento di interpellanze e di interrogazioni.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze e di interrogazioni.

(Iniziative volte al completamento della strada statale n. 675 umbro-laziale - n. 2-01787)

PRESIDENTE. Passiamo alla prima interpellanza all'ordine del giorno Scotto n. 2-01787 (Vedi l'allegato A).

Prendo atto che il deputato Scotto non intende illustrare la sua interpellanza.

Il sottosegretario di Stato per le Infrastrutture e i trasporti, Umberto Del Basso De Caro, ha facoltà di rispondere.

UMBERTO DEL BASSO DE CARO, Sottosegretario di Stato per le Infrastrutture e i trasporti. Grazie, Presidente. La procedura autorizzativa, compresa la valutazione di impatto ambientale, del progetto preliminare della tratta Monte Romano Est-Civitavecchia è stata avviata il 29 luglio del 2015; il tracciato oggetto della fase autorizzativa è il risultato dell'analisi multicriteria elaborata dalla società ANAS, sulla cui base è stato individuato un percorso ottimale, sia da un punto di vista ambientale, relativamente agli aspetti vincolistici, ambientali, archeologici ed idrogeologici, che da un punto di vista economico, in termini di rapporto costi-benefici.

Il 15 marzo scorso si è chiusa la Conferenza dei servizi; in tale sede sono stati acquisiti i pareri favorevoli degli enti interessati, ad eccezione del parere del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, del comune di Tarquinia e del Consorzio di bonifica della Maremma etrusca. I competenti uffici del Ministero delle infrastrutture e trasporti, considerato il parere negativo del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, ed al fine di pervenire ad una concorde definizione del dissenso manifestato, tenuto conto della rilevanza dell'opera e preso atto dell'analisi multicriteria alla base della individuazione del tracciato, hanno chiesto, alla Presidenza del Consiglio dei ministri, di attivare la procedura prevista dall'articolo 183, comma 6, del decreto legislativo n. 163 del 2006, demandando la composizione del dissenso alla prima seduta utile del Consiglio dei ministri.

Inoltre, a seguito della riunione del 29 maggio scorso, presso il dipartimento per il coordinamento amministrativo della Presidenza del Consiglio dei ministri, lo stesso dipartimento, il successivo 31 maggio, ha provveduto ad inoltrare al Ministero dell'ambiente una nota con la quale invitava il Ministero stesso a fornire, entro il termine di quarantacinque giorni, eventuali prescrizioni o misure di mitigazione, concernenti il tracciato verde oggetto della Conferenza dei servizi, tanto al fine di consentire al Consiglio dei ministri di adottare il provvedimento di compatibilità ambientale e di permettere al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti di sottoporre il progetto al CIPE, prima della pausa estiva.

Per quanto riguarda, infine, la proposta di variante dei lavori in corso d'opera della tratta Cinelli-Monte Romano Est, finalizzata ad aggirare l'abitato di Monte Romano, evidenzio che, per questioni altimetriche, così come riferisce la stessa ANAS, il bypass può essere realizzato esclusivamente in galleria. I costi della sola galleria, estesa di circa 1600 metri, ammontano ad oltre 100 milioni di euro, cifra nettamente superiore all'economia finanziaria a disposizione per l'opera in argomento.

PRESIDENTE. L'onorevole Scotto ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

ARTURO SCOTTO. Ma, sì, grazie, signor Presidente, sono soddisfatto; mi auguro che i tempi si accelerino. Il sottosegretario Del Basso De Caro parlava del primo Consiglio dei ministri utile, della necessità di sbloccare, definitivamente, quest'opera entro l'estate, con la delibera del CIPE.

Parliamo di una infrastruttura fondamentale che è inserita all'interno del Corridoio europeo 5 sud, che è attesa da circa quarant'anni da quelle comunità locali, e che avrebbe - come dire - un forte impatto strategico, perché rappresenterebbe la possibilità di collegare, definitivamente, il porto di Civitavecchia e il polo industriale di Terni, di legare il Tirreno e l'Adriatico e di completare quell'operazione importante che è stata fatta, dalla fine degli anni Novanta ad oggi, con un investimento significativo di un miliardo e mezzo di euro, del porto di Civitavecchia, rendendolo, quindi, alla fine, un porto collegato con il resto del Paese e, soprattutto, con l'area circostante. Dunque attendiamo questo lavoro, questa scelta, questa decisione.

All'interno della nostra interrogazione veniva posto il quesito sull'ultimo aspetto che veniva toccato dal sottosegretario. Ovviamente, i costi sono lievitati anche in virtù dei ritardi che si sono accumulati e, dunque, quella indicazione che veniva data, di superare l'abitato, era anche legata a un impatto ambientale che occorrerebbe evitare fosse troppo forte sulle popolazioni locali.

(Iniziative volte al ripristino della viabilità sul raccordo autostradale Sicignano-Potenza - nn. 3-03123 e 3-03124)

PRESIDENTE. Passiamo alle interrogazioni Latronico n. 3-03123 e Folino ed altri n. 3-03124, che, vertendo sullo stesso argomento, saranno svolte congiuntamente (Vedi l'allegato A).

Il sottosegretario di Stato per le Infrastrutture e i trasporti, Umberto Del Basso De Caro, ha facoltà di rispondere.

UMBERTO DEL BASSO DE CARO, Sottosegretario di Stato per le Infrastrutture e i trasporti.

Grazie, Presidente. Rispondo congiuntamente agli atti n. 3-03123 dell'onorevole Latronico e n. 3-03124 dell'onorevole Folino in quanto vertono su analogo argomento. Per quanto riferisce ANAS, sono in corso i lavori di manutenzione straordinaria su alcuni viadotti del raccordo autostradale Sicignano-Potenza, tra lo svincolo di Balvano e lo svincolo di Vietri di Potenza, per una lunghezza complessiva di circa chilometri 5; entro la fine del corrente anno è programmata la riapertura al traffico del raccordo per la sola carreggiata, a doppio senso di circolazione, in direzione Potenza.

Nel frattempo ANAS ha provveduto al ripristino del sedime stradale della ex strada statale 94, riaperta al traffico il 7 aprile scorso, creando, in tal modo, una bretella della lunghezza di 600 metri che, bypassando il tratto interessato dalle sopra descritte attività, consente la immissione sul raccordo autostradale dei veicoli leggeri, alleggerendo, in tal guisa, il traffico sulle viabilità provinciali e comunali della zona.

PRESIDENTE. L'onorevole Latronico ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interrogazione n. 3-03123.

COSIMO LATRONICO. Signor Presidente, sono parzialmente soddisfatto. Diciamo che il tema della rottura di questo viadotto è di fondamentale importanza; il viadotto Marmo si connette, appunto, al raccordo autostradale Sicignano-Potenza che dà vita a questa arteria di importanza straordinaria, non solo per la Basilicata, perché è l'unica strada di accesso che connette la Basilicata all'autostrada, ma è anche un'arteria importante per il Mezzogiorno, perché connette il polo di Salerno con il polo ionico di Taranto, legando la Basilicata. Ora, stiamo parlando di una strada, la Basentana, come sa il sottosegretario, che è afflitta da problematiche complesse, anche di natura strutturale, i viadotti stanno cadendo uno dopo l'altro, ma, ovviamente, noi inseguiamo la rottura dei viadotti, non ci sono alternative, come sa il sottosegretario, se questi elementi dovessero precipitare ulteriormente.

Quindi, ringrazio per quello che ha fatto il sottosegretario, ma io mi sarei aspettato una risposta più organica, perché sulla Basentana, vogliamo capire che tipo di intervento strutturale si fa sui viadotti che si stanno rompendo, mettendo a dura prova la sicurezza dei veicoli e la connessione di un'intera area del Mezzogiorno, Basilicata compresa. Non ci sono alternative di accesso, se si dovesse rompere la Basentana, in Basilicata e, quindi, a Potenza, Matera, Taranto, nell'area ionica, di questo parliamo.

Quindi, io mi auguro che ci sia un supplemento di istruttoria e che il Governo trovi occasione per dire, con la regione Basilicata, cosa faremo di questa infrastruttura straordinaria e importante.

Poi, ci sono i temi della sicurezza, signor sottosegretario: insieme alle questioni strutturali ci sono le questioni della sicurezza, perché è un'arteria dove mancano i presidi minimi di sicurezza, con incidenti mortali, che hanno portato questa strada ad essere una delle più pericolose del nostro Paese.

Anche su questo vorremmo sentire qualcosa, perché gli investimenti sulle questioni infrastrutturali - ci rendiamo conto - hanno i loro tempi di programmazione e di esecuzione: speriamo che siano stretti e che l'ANAS, oltre a riorganizzare le sue strutture di governance, riorganizzi anche le sue strutture tecniche per fare progetti e appalti in tempi stretti e all'altezza delle esigenze e delle urgenze che ci sono.

Poi c'è un altro tema più immediato, che è la sicurezza. Nell'area della Basentana, come sa il sottosegretario, c'è l'assenza, per esempio, di guardrail, di segnaletica, mancano situazioni elementari che mettono a dura prova la sicurezza del traffico, con incidenti mortali. Su questo bisognerebbe intervenire rapidamente. Io spero che ci sia stata una qualche ragione di sintesi nella comunicazione e che, invece, l'ANAS stia lavorando sia sulla parte infrastrutturale che sulla parte della sicurezza.

PRESIDENTE. L'onorevole Folino ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interrogazione n. 3-03124.

VINCENZO FOLINO. Grazie, Presidente. Sono soddisfatto per il punto specifico, nel senso che l'interrogazione è di alcuni mesi fa: devo dire che, come ha detto il sottosegretario, rapidamente, è stata approntata la bretella che ha alleggerito la tensione su quelle strade. Sono parzialmente soddisfatto per il contesto complessivo, perché ANAS ci dice solamente che, al 31 dicembre, sarà aperta una sola corsia del raccordo Sicignano-Potenza e nulla sappiamo sul completamento dei lavori. Ciò con tutte le questioni che attengono anche alla sicurezza su quel tratto e, più complessivamente, sul tratto che va da Salerno a Taranto e viceversa, con tutte le questioni della strada statale n. 407 “Basentana”, che ha citato anche prima il collega Latronico: manca il guardrail da Calciano fino a Metaponto, con problemi di sicurezza.

Il punto è che l'ANAS, a mio giudizio, trascura molto tutte queste questioni: in particolare, sulla strada statale n. 407 “Basentana”, al chilometro 3, al chilometro 11 e al chilometro 15 vi sono cantieri da tantissimi anni. In particolare, al chilometro 3 - lo dico al sottosegretario - se gentilmente se ne può occupare con rifermento ad ANAS - lo faccio così, in maniera un po' informale, perché alle interrogazioni, poi, le risposte arrivano dopo molti mesi -, al viadotto Basento da oltre dieci anni c'è un restringimento in entrambe le direzioni. Non si è mai messa mano: è un cantiere abbandonato, con grave pericolo per la sicurezza degli automobilisti della tratta Salerno-Taranto.

Quindi, il problema non è solo l'emergenza, che è stata anche affrontata, ma è un atteggiamento non del tutto adeguato, o del tutto inadeguato, di ANAS rispetto al collegamento tra Sicignano e Metaponto, per parlare della tratta lucana. Conoscendo la sensibilità del sottosegretario Del Basso De Caro rispetto alle questioni delle pietose infrastrutture, in particolare quelle meridionali, mi auguro che si faccia parte attiva e portatore di una sollecitazione vera con ANAS, anche perché le situazioni o le conseguenze di questo atteggiamento di incuria potrebbero determinare pericolo per la salute e per la sicurezza degli automobilisti, ma anche responsabilità per gli stessi dirigenti di ANAS.

(Iniziative in sede internazionale per la tutela della libertà religiosa, con particolare riferimento alla situazione della comunità cristiana in Pakistan - n. 3-02551)

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per gli Affari esteri e la cooperazione internazionale, Benedetto Della Vedova, ha facoltà di rispondere all'interrogazione Pagano e Binetti n. 3-02551 (Vedi l'allegato A).

BENEDETTO DELLA VEDOVA, Sottosegretario di Stato per gli Affari esteri e la cooperazione internazionale. Grazie, Presidente. Desidero, in primo luogo, ringraziare l'onorevole Pagano per aver sollevato una questione di grande attualità e rilevanza internazionale, anche alla luce delle mozioni approvate qualche tempo fa da questa Assemblea, riguardanti il rispetto dei diritti umani e della libertà religiosa, temi per i quali è fortissimo l'impegno politico del Ministro Alfano e di tutta la Farnesina.

Il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, anche grazie alla costante azione di verifica e di monitoraggio della condizione delle minoranze religiose nel mondo svolta dalla propria rete diplomatica, conduce numerose iniziative sul tema, anche in coordinamento con l'Unione europea.

Su nostro impulso, il tema della tutela della libertà di religione o credo è al centro di risoluzioni tematiche promosse annualmente dall'Unione europea in seno all'Assemblea generale del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite. Intendiamo anche fare leva sulla nostra presenza nel Consiglio di sicurezza per rafforzare la vigilanza su questi temi.

La tutela e la salvaguardia della libertà di religione nel mondo rientrano appieno tra le priorità dell'azione dell'Unione europea in materia di diritti umani. Il nostro Governo ha, infatti, attivamente contribuito all'inserimento, nel Piano d'azione UE per i diritti umani e la democrazia 2015-2019, di specifiche azioni di promozione su scala globale dei diritti degli appartenenti a tutte le minoranze, incluse quelle religiose.

Ancora in ambito multilaterale, l'Italia partecipa al Gruppo di contatto internazionale sulla libertà di religione, istituito nel 2015 con l'obiettivo di favorire il monitoraggio di situazioni di rischio, lo scambio di informazioni e buone pratiche.

Fuori dai principali forum multilaterali, il Governo ha contribuito a numerose iniziative specifiche sul tema della tutela dei diritti degli appartenenti alle minoranze religiose nei Paesi in cui tali minoranze sono discriminate. Ha promosso progetti umanitari negli scenari di crisi a sostegno delle comunità religiose ed etniche vittime della violenza di Daesh e di altri gruppi terroristici, tra cui i programmi di cooperazione allo sviluppo specificamente mirati a sostenere, sul piano umanitario, gli appartenenti alle comunità minoritarie in Medio Oriente.

Giova ricordare che, nel dicembre scorso, all'indomani dell'avvio della campagna per la liberazione di Mosul da Daesh, la Farnesina ha realizzato, in collaborazione con UNICEF, un'iniziativa umanitaria per l'assistenza a favore di donne e ragazze vittime di violenza, con un focus particolare su quelle appartenenti ai gruppi minoritari cristiani e yazidi.

Nel bando della cooperazione italiana per il 2017 per la concessione di contributi ad iniziative proposte da organizzazioni della società civile e soggetti senza finalità di lucro è stato espressamente inserito, tra le varie priorità che possono essere perseguite dai progetti della categoria della promozione dei diritti umani, il contributo al dialogo interetnico e interreligioso, anche con l'intento di contribuire al superamento delle limitazioni della libertà religiosa.

Legata alla tutela della libertà di religione è, inoltre, la protezione del patrimonio culturale e religioso e, a tal proposito, la Farnesina sostiene l'azione intrapresa dall'UNESCO a tutela del patrimonio culturale, incluso quello religioso, nelle aree di crisi attraverso la creazione, su proposta italiana, di un meccanismo per interventi di urgenza, per il quale mettiamo a disposizione dell'organizzazione una task force nazionale specializzata nella protezione del patrimonio culturale in aree di crisi.

Iniziative sul tema sono anche parte dell'agenda italiana per la Presidenza del G7, che, per la prima volta, ha visto l'organizzazione di una riunione dei Ministri della cultura G7, e della nostra partecipazione ai lavori del Consiglio di sicurezza.

Ricordo, da ultimo, l'approvazione all'unanimità, lo scorso marzo, della risoluzione n. 2347 del Consiglio di sicurezza, su iniziativa dell'Italia e della Francia, in materia di protezione del patrimonio culturale e contrasto ai traffici illeciti di beni culturali nelle aree di crisi. La risoluzione sottolinea, tra l'altro, l'importanza della protezione del patrimonio culturale anche in chiave identitaria, di preservazione della natura multiculturale delle comunità interessate, di tolleranza e, come elemento essenziale, per facilitare i successivi processi di riconciliazione.

Per quanto riguarda specificamente la situazione in Pakistan citata dall'onorevole interrogante, il Ministro Alfano ha sollevato la questione della protezione dei diritti umani e delle minoranze religiose, con particolare riferimento a quella cristiana.

In occasione dell'incontro avuto lo scorso maggio con il Consigliere speciale per gli affari esteri, Sartaj Aziz, nel sottolineare come tale tema costituisca motivo di sempre maggiore attenzione da parte dei Governi e delle opinioni pubbliche europee, ha auspicato un'azione di rafforzamento del rispetto dei diritti fondamentali dell'uomo, e in particolare del diritto di libertà religiosa della comunità cristiana residente nel Paese. Si tratta di temi che io stesso ho sollevato nel corso delle due visite che ho svolto a Islamabad negli ultimi due anni, da ultimo a marzo scorso, nonché in diversi incontri con membri di Governo ed esponenti delle istituzioni pachistane in visita in Italia. Ho, altresì, incontrato il legale e i familiari di Asia Bibi a Roma nel 2015.

In conclusione, è ferma intenzione del Governo continuare a sostenere, anche insieme ai partner dell'Unione europea, iniziative per la promozione e la tutela della libertà di religione o credo e dei diritti degli appartenenti alle minoranze etniche e religiose nel mondo.

La tutela della libertà di religione delle minoranze è, inoltre, uno dei temi oggetti del dialogo di politica estera che il Ministro Alfano ha avviato sin dall'inizio del suo mandato con la Santa Sede. Si tratta, infatti, di valori imprescindibili, su cui intendiamo far convergere la comunità internazionale, e il suo richiamo al lavoro delle chiese contro le nuove persecuzioni e per una nuova convivenza va assolutamente in questa direzione. E, proprio nella consapevolezza che i leader religiosi possano svolgere un ruolo fondamentale nella prevenzione dell'incitamento all'odio e nella persecuzione delle minoranze, il Ministro Alfano intende promuovere il 13 luglio prossimo, con la qualificata partecipazione della Santa Sede, un evento dedicato alla tutela della libertà religiosa e delle minoranze religiose.

PRESIDENTE. L'onorevole Pagano ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interrogazione.

ALESSANDRO PAGANO. Presidente, se c'è un modo per potere definire sinteticamente la risposta del sottosegretario, al di là della stima personale, è quello di dire che burocraticamente il Ministero degli Affari esteri si è messo le carte a posto. Tutto l'excursus che è stato oggetto della risposta del sottosegretario, e quindi del Ministro, sostanzialmente, è all'interno di un approccio burocratico: abbiamo fatto questo, abbiamo partecipato a questo convegno, le chiese - intendo da un punto di vista fisico, come edifici - che sono oggetto anche di attentati militari da parte di forze terroristiche cerchiamo di salvaguardarle, siamo riconosciuti come interlocutori e come partner.

Parole, chiacchiere, perché io sono abituato, e non solo io, a giudicare le cose dai frutti: dai frutti li riconoscerete. L'utile di un'azienda, il patrimonio di un'azienda, sono la prova concreta se quell'azienda funziona bene o male. Il vostro Ministero è attentissimo a tutto quello che è possibile e immaginabile in diritti civili.

L'ultima perla: vi siete mossi per salvare il dogo argentino - che pensieri che abbiamo in Italia, quello di salvare il dogo argentino! - e non avete speso una parola per Charlie Gard fino all'altro ieri, quando in Italia, e non solo in Italia, nel mondo, c'è stata una sollevazione popolare per questo omicidio, per questo sacrificio nei confronti della dea ragione che è stato perpetrato dai giudici dell'Unione europea e dai giudici inglesi, che vogliono che il bambino debba morire per forza, nonostante il genitore se lo voglia portare a casa o lo voglia far curare negli Stati Uniti d'America, nella libertà di ciascun uomo.

Questo non è possibile nell'Unione europea di oggi, nell'Italia di oggi, in questo approccio che voi avete dove volete assolutamente salvare l'immagine, mettendo a posto le carte, e dove, evidentemente, i risultati sono quelli che sono. Io vi ricordo - mi avvio alla conclusione - che quello che è accaduto dal 2011 a oggi è qualcosa di spaventoso. Le primavere arabe hanno fatto saltare qualcosa come una decina di Paesi nel Medio Oriente, quindi non c'entra niente il Pakistan, con un'operazione scientifica. L'operazione era proprio quella di creare caos in quei Paesi: tra le 35 mila e-mail scoperte da Hillary Clinton c'era anche questo progetto, quello di creare questo problema, e dove le minoranze, non soltanto quelle cristiane, anche, in generale, quelle musulmane, dovevano essere tutte eliminate, massacrate e portate a emigrare, a essere profughi nel resto del mondo.

Quale migliore progetto di chi, evidentemente, vuole distruggere una cultura prima ancora che una fede. Stiamo parlando di fede, cioè del principio fondamentale su cui è incardinato qualsiasi divenire civile. La libertà religiosa è la libertà del proprio intimo: uno può fare a meno anche della libertà fisica, che è una cosa gravissima in sé e per sé, ma, certamente, quello di venire privato della libertà del proprio intimo, della scelta interiore, è qualcosa che appartiene alla peggiore delle dittature. Questo è quello che sta accadendo con il pensiero unico di questa dittatura nuova, di questa ideologia nuova, che è, appunto, quella che vuole realizzare questo processo.

Il Pakistan è la patria di Shahbaz Bhatti, il simbolo di qualsiasi uomo di Governo, un uomo che sicuramente va messo come icona da parte di chi evidentemente deve operare all'interno di un contesto politico e, a maggior ragione, istituzionale e governativo. Shahbaz Bhatti fu massacrato in nome di queste idee e di questi principi, fu ucciso; non si sono fermati, perché in Pakistan stanno andando oltre, stanno chiudendo tutte le televisioni private sul web che esistono, perché, evidentemente, anche la voce minima, anche quella che raggiunge il 2 per cento della popolazione, siccome è temuta dalle dittature, dalle dittature di questo nuovo pensiero e di questa nuova forma di oppressione, è evidente che, proprio per questo motivo, anche la voce di una singola radio dà fastidio.

Sottosegretario, ovviamente la mia insoddisfazione è palese, però quello che le chiedo è: per favore, non mettiamo la testa sotto terra. Abbiamo una concezione diversa della vita, questo lo sappiamo bene, abbiamo modi diversi di affrontare le cose, però certamente riconosco l'onestà intellettuale e riconosco anche le battaglie che ovviamente sono state condotte. Lei ha il dovere, e il Ministro Alfano ha il dovere, non solo su questa battaglia, ma dovunque, di intervenire concretamente, gridando e facendo sentire la voce di un Paese che non è un qualsiasi Paese, è un Paese del G8, e quindi qualche cosa in merito ha il dovere di dirlo ed è sicuramente ascoltato.

(Chiarimenti in merito alle procedure di infrazione europee in materia ambientale - n. 2-01562)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza Daga ed altri n. 2-01562 (Vedi l'allegato A).

Chiedo all'onorevole Daga se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica. Si riserva.

Il sottosegretario di Stato per gli Affari esteri e la cooperazione internazionale, Benedetto Della Vedova, ha facoltà di rispondere.

BENEDETTO DELLA VEDOVA, Sottosegretario di Stato per gli Affari esteri e la cooperazione internazionale. Grazie, Presidente. Rispondo all'interpellanza dell'onorevole Daga, in rappresentanza del sottosegretario Gozi, sulla base degli elementi forniti dalla Presidenza del Consiglio.

Con l'interpellanza indicata in oggetto l'onorevole interpellante affronta il problema delle tre procedure di infrazione in materia di acque reflue urbane avviate dalla Commissione europea a partire dal 2004 per il mancato adeguamento dei sistemi fognari e depurativi ai requisiti della direttiva 91/271/CEE. In particolare, le problematiche sollevate riguardano la quantificazione della sanzione pecuniaria formulata dalla CE relativamente alla procedura di infrazione 2004/2034 e l'erogazione dei fondi previsti dall'articolo 7, comma 6, del decreto-legge n. 133 del 2014, così detto “sblocca Italia”, per avviare i lavori infrastrutturali necessari all'adeguamento degli agglomerati oggetto di procedura.

Al riguardo, si forniscono le informazioni di seguito riportate. Le tre procedure di infrazione in materia di acque reflue urbane sono così articolate: la procedura di infrazione 2004/2034 riguarda attualmente 80 agglomerati con carico generato maggiore di 15 mila abitanti equivalenti e scarico in aree cosiddette normali ai sensi della suddetta direttiva. La procedura attualmente è in fase di ricorso ai sensi dell'articolo 260 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, causa C-251/17, notificato al Governo italiano il 22 maggio 2017. La prima sentenza di inadempimento ai sensi dell'articolo 258 del TFUE è del 19 luglio 2012, causa C-565/10, e riguardava 109 agglomerati.

La seconda procedura di infrazione, 2009/2034, riguarda attualmente 24 agglomerati con carico generato maggiore di 10 mila abitanti equivalenti e scarico in aree sensibili ai sensi della suddetta direttiva. La procedura è in fase di esecuzione della sentenza di inadempimento ai sensi dell'articolo 258 del TFUE del 10 aprile 2014, causa C-85/13.

Per la terza procedura di infrazione, 2014/2059, la procedura riguarda attualmente 758 agglomerati con carico generato maggiore di 2 mila abitanti equivalenti e scarico in aree normali o sensibili e 32 aree sensibili non conformi all'articolo 5 della direttiva. La procedura è in fase di parere motivato complementare ex articolo 258 del TFUE del 17 maggio 2017.

Il quadro sopra esposto rappresenta pertanto una situazione particolarmente complessa, non suscettibile di soluzioni mediante semplici interventi normativi e che richiede un forte impegno sul piano dell'azione amministrativa, determinazione politica in sede locale, l'impiego di consistenti risorse finanziarie e procedure di esecuzione di lavori da attuarsi nel rispetto della normativa sugli appalti pubblici.

L'insieme delle infrazioni relative al trattamento delle acque reflue rientra, infatti, nel novero del cosiddetto zoccolo duro del contenzioso europeo, rispetto al quale questo Governo, come il precedente, che hanno ereditato una situazione ampiamente compromessa da uno storico percorso di inadempimenti, hanno dedicato la più grande attenzione, al fine di mettere in atto misure concrete idonee a sanare progressivamente le molteplici violazioni.

Infatti, relativamente alle acque reflue urbane, al fine di accelerare gli interventi necessari a sanare le contestazioni della Commissione, la Presidenza del Consiglio dei ministri, in virtù delle disposizioni del comma 7 dell'articolo 7 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito con legge 11 novembre 2014, n. 164, cosiddetto “Sblocca Italia”, ha inizialmente disposto la nomina di appositi commissari straordinari per gli interventi nel settore fognario e depurativo. Tra aprile 2015 e luglio 2016, con successivi decreti della Presidenza del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sono stati nominati dieci commissari straordinari per complessivi 118 interventi.

Tuttavia, la scelta summenzionata ha incontrato delle difficoltà, dovute in particolare alle procedure di concreta messa a disposizione delle risorse dirette ai commissari, che sono risultate particolarmente laboriose. I commissari straordinari, infatti, hanno più volte evidenziato che la mancata disponibilità totale delle risorse sulla contabilità speciale ha comportato il mancato rispetto delle tempistiche di realizzazione degli interventi indicati nei cronoprogrammi.

Al fine di superare queste criticità, il decreto-legge 24 giugno 2016, n. 113 ha apportato delle modifiche all'articolo 7 del cosiddetto “Sblocca Italia”, commi 7-bis e 7-ter, consentendo ai commissari straordinari di poter procedere senza indugio all'impegno delle risorse necessarie alla realizzazione degli interventi, anche in assenza dell'effettiva disponibilità di cassa.

Ad ogni modo, per superare ulteriormente le problematiche riscontrate e favorire un maggior coordinamento delle attività dirette a realizzare, in tempi celeri, i necessari interventi di adeguamento, il Governo ha predisposto una scelta di good governance; tale scelta è stata auspicata fortemente dalla stessa Commissione europea ed è stata intesa a far confluire l'attività dei suddetti commissari in un commissario straordinario unico. Pertanto, con l'articolo 2 del decreto-legge 29 dicembre 2016, n. 243, convertito con modificazione in legge 27 febbraio 2017, n. 18, è stata prevista la nomina di un commissario unico con lo scopo di coordinare e realizzare gli interventi sui sistemi di collettamento, fognature, depurazione delle acque reflue, necessari a garantire, nel miglior tempo possibile, l'adeguamento alle procedure di infrazione n. 2004/2034 e n. 2009/2034. Si tratta, cioè, delle due procedure per le quali, come sopra detto, sono già state emesse delle sentenze di inadempimento della Corte dell'Unione europea, rispettivamente nel 2012, causa C-565/10, e nel 2014, causa C-85/13.

Il suddetto decreto-legge prevede che i commissari straordinari, ai sensi dell'articolo 7, comma 7, del cosiddetto “Sblocca Italia”, cessino dall'incarico relativamente alle due procedure sopra menzionate e che, contestualmente, le risorse presenti nelle contabilità speciali loro assegnate, nonché le risorse stanziate dalla deliberazione del CIPE n. 60/2012, destinate agli interventi necessari, siano trasferite ad apposita contabilità speciale intestata al commissario unico.

Il commissario unico resta in carica per un triennio e dovrà dedicarsi in via esclusiva alla realizzazione degli interventi e, pertanto, è previsto che gli venga riconosciuto un compenso a carico delle risorse (Fondo per lo sviluppo e la coesione, risorse statali e in parte regionali e corrispettivo di tariffa) già stanziate per la realizzazione di tutti gli interventi in questione, con il supporto di una segreteria tecnica, dei cui oneri si farà carico il Ministero dell'ambiente. Per svolgere la propria attività il commissario unico si avvale, sulla base di apposite convenzioni, di società in house delle amministrazioni centrali dello Stato, dotate di specifica competenza tecnica.

Con decreto della Presidenza del Consiglio dei ministri 27 aprile 2017, è stato nominato, quale commissario straordinario unico, il professor Enrico Rolle, già professore ordinario di Ingegneria sanitaria ambientale all'Università degli Studi di Roma-La Sapienza.

L'operatività dei commissari straordinari nominati ai sensi dello “Sblocca Italia” è stata, invece, conservata per gli interventi di adeguamento della più recente procedura n. 2014/2059, citata all'inizio della risposta alla presente interpellanza, che non è al momento a rischio di sanzioni pecuniarie.

Riguardo alla comminazione di sanzioni pecuniarie a carico dell'Italia, si fa presente che lo scorso 12 maggio la Commissione europea ha depositato presso la Corte di giustizia dell'Unione europea un ricorso proposto nei confronti della Repubblica italiana, ai sensi dell'articolo 260 del TFUE, causa C-251/17, notificato alle Autorità italiane il 22 maggio 2017. Il ricorso riguarda la non completa esecuzione della precedente sentenza di inadempimento del 19 luglio 2012, causa C-565/10, relativa alla procedura 2004/2034. Con il ricorso in questione la Commissione ha chiesto alla Corte di esaminare una sanzione forfettaria pari a oltre 62 milioni di euro e una sanzione giornaliera di circa 347.000 euro per ogni giorno di ritardo nell'adeguamento, a decorrere dalla pronuncia della seconda sentenza di condanna.

Al riguardo, si fa presente che, ai fini del calcolo dell'importo della penalità giornaliera, la Commissione ritiene opportuno che venga presa in considerazione la progressiva riduzione del numero complessivo di agglomerati non conformi. Ciò consentirà di tener conto dei progressi realizzati e spetterà pertanto alle autorità italiane informare la Commissione ogni qual volta essi riterranno che degli agglomerati siano stati resi conformi. Pertanto, nel ricorso, la Commissione osserva che, per potere essere in grado di prendere in considerazione i progressi compiuti, sarà opportuno che il calcolo della penalità sia effettuato con riferimento a periodi semestrali. Al termine di ciascun semestre dovrà essere determinato l'importo effettivo della penalità giornaliera, tenendo conto dei progressi ottenuti e, a tal fine, dall'importo della penalità giornaliera iniziale andrà sottratto l'importo corrispondente al numero di agglomerati resi conformi nel periodo di riferimento.

Si precisa, tuttavia, che spetta alla Corte, non vincolata dalla proposta della Commissione, decidere l'ammontare delle sanzioni. Non è pertanto possibile, al momento, prevedere la quantificazione esatta delle sanzioni che saranno erogate sia in termini di somma forfettaria che di penalità di mora. Sotto questo profilo, il trascorrere del tempo e i progressi realizzati nella messo in conformità dei singoli agglomerati impatteranno sull'ammontare della sanzione.

Pare, inoltre, opportuno precisare che le sanzioni vengono abitualmente pagate dal Ministero dell'economia e delle finanze, accreditando il conto “risorse proprie” dell'Unione europea, senza l'attivazione di meccanismi di compensazione rispetto ad altre partite, quali ad esempio i fondi strutturali.

Infine, si fa presente che la nomina del commissario straordinario del Governo non fa venir meno le responsabilità delle amministrazioni regionali inadempienti agli obblighi europei e non precluderà in futuro l'eventuale esercizio del potere di rivalsa da parte dall'Amministrazione statale. Grazie.

PRESIDENTE. L'onorevole Daga ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

FEDERICA DAGA. La ringrazio, Presidente. Non sono completamente soddisfatta della risposta. Certo, il fatto che si arrivi ad avere una sanzione dall'Unione europea non è una cosa così onorevole. Noi vorremmo che non si arrivasse mai a questo, anche perché tutti i fondi che in questo momento bisogna pagare come multa potevano essere utilizzati per farci qualcos'altro e, sinceramente, a livello ambientale, dato che questa legislatura non è stata tanto gentile con l'ambiente, avremmo bisogno di mettere a posto un po' di cosine, quando parliamo di depurazione e fognature, quando parliamo anche di contrasto al dissesto idrogeologico e affini, bonifica dei territori, e tutto quello che possiamo immaginare che ci serve in questo momento.

Il fondo che è stato attivato tramite il decreto n. 133 del 2016 è un fondo che noi abbiamo stimolato per un paio di anni, affinché venisse messo a disposizione dei commissari, perché lo “Sblocca Italia”, in realtà, l'aveva, come dire, istituito ma bloccato, se l'era tenuto un po' da parte. Quindi, ci siamo resi conto di questo, abbiamo capito che anche quei dieci commissari potevano avere delle difficoltà e abbiamo insistito perché questo fondo venisse messo a loro disposizione.

Insomma, in due anni non sono riusciti a lavorare anche per la mancanza di questi fondi immediati.

E adesso abbiamo il supercommissario. Lo chiamo supercommissario: uno al posto di dieci dovrà sicuramente fare un grandissimo lavoro. Noi lo diciamo anche perché ci teniamo a che non vengano fatti attacchi… Cioè, non bisogna essere attaccabili come istituzione: se abbiamo il governo di un Paese, bisogna riuscire a lavorare bene, e non essere anche attaccabili in modo semplice. Io dico, in oltre dieci anni non sono stati fatti i giusti controlli né verso gli enti locali, né verso i gestori che gestiscono il servizio idrico integrato in tutti i territori sotto i quali ricadono queste infrazioni: ci sono dei depuratori che ricadono anche in mano alla gestione di grossi, grossi nomi, grosse società per azioni quotate.

Bisognava fare lavori anche per rispettare quella che è la direttiva “acque” dell'Unione europea: per esempio, lo stato delle acque marine. Cioè, in questo momento di estate, c'è una marea di persone che vanno al mare, mettiamola in modo semplice, e quindi caricano sulla popolazione locale e caricano sulle depurazioni, che o ci sono o non ci sono per niente, quelli che sono gli scarichi a mare; diretti o indiretti, perché magari c'è un depuratore che non è sufficientemente grande.

Il nostro Paese ha una situazione depurazione fognature che non sta bene, appunto (ci ha risposto in questi termini), e sicuramente non è degna di un Paese del G7; siamo andati a parlare di ambiente all'interno del contesto del G7, ma siamo ancora abbastanza indietro. Ritorno sulla questione dei commissari: ad ogni Governo sembra che non vada bene il sistema precedente e debba essere modificato. Se non c'è una sana programmazione dei lavori, e non si dà il giusto tempo agli stessi commissari poi di effettuare questi lavori e quindi di lavorare, allora quasi non serve nemmeno nominarli; la metto un po' in termini semplicistici, però bisogna dar loro la possibilità di fare le cose: per questo noi abbiamo insistito anche sulla messa a disposizione dei dieci commissari di quel fondo, che in realtà era stato un po' messo da parte.

Ora, il supercommissario - non è una storia da supereroi, insomma, però probabilmente dovrà fare quasi il lavoro di Superman - in quattro mesi ha preso le misure di ciò che è stato fatto dai precedenti; però se continuiamo a cambiare di volta in volta, saremo sempre ai tempi di Adamo ed Eva. L'Unione europea, sì, ha chiesto il commissario unico, come ha chiesto per tanti anni anche che depurazione e fognature funzionassero e che ci fossero: siamo in questa situazione, cerchiamo anche di lavorare per arrivare all'obiettivo finale. Oltretutto, un commissario che lavora nella sede della Sogesid, io la chiamo la privatizzazione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare; poi magari è una visione la mia, la nostra che può non trovare d'accordo il Ministero, ma secondo noi il Ministero deve fare il suo lavoro, altre società possono essere di aiuto ma non possono sostituire quelli che sono i compiti di un Ministero.

Noi diciamo sempre una cosa: buone politiche ambientali sostenibili hanno un effetto positivo in termini occupazionali, economici e sociali per tutto il sistema Paese. È abbastanza chiaro che è necessario avere a cuore il destino di un Paese per farlo crescere, un po' come farebbe una madre con i propri figli. Quindi questo è il mio augurio: che in qualche modo questo Governo prenda coscienza effettivamente di cosa non è stato fatto, né dagli enti locali né dagli stessi Governi né dai gestori del servizio idrico, per spingere e insistere sulla realizzazione di questi lavori. Ne abbiamo bisogno, e ne abbiamo bisogno, purtroppo, in fretta.

(Elementi ed iniziative in merito agli incentivi per la promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili - n. 3-03052)

PRESIDENTE. Il Sottosegretario di Stato per le Infrastrutture e i trasporti, Umberto Del Basso De Caro, ha facoltà di rispondere all'interrogazione Latronico n. 3-03052 (Vedi l'allegato A).

UMBERTO DEL BASSO DE CARO, Sottosegretario di Stato per le Infrastrutture e i trasporti. Presidente, nell'atto presentato dall'onorevole Latronico viene richiamato il decreto del Ministro dello sviluppo economico 23 giugno 2016, sostenendo tra l'altro che talune disposizioni, come l'articolo 5 in tema di modalità di determinazione della potenza degli impianti, avrebbero introdotto dubbi interpretativi.

Si fa poi anche riferimento alla circostanza che gli impianti con potenza fino a 5 megawatt hanno diritto ai più generosi incentivi del precedente decreto del Ministro dello sviluppo economico 6 luglio 2012, se entrano in esercizio entro il 29 giugno 2017. L'onorevole interrogante esprime il suo disappunto riguardo alle lentezze dell'iter procedurale per il collegamento degli impianti alla rete elettrica, con il rischio, segnatamente per i minieolici, di non beneficiare dei più generosi incentivi del decreto del 2012, e con il concreto rischio di danneggiare una vasta platea di piccoli investitori.

Il Ministero dello sviluppo economico è impegnato per una effettiva ed ulteriore semplificazione dei procedimenti, come peraltro prospettato nella proposta di Strategia energetica nazionale attualmente in consultazione pubblica; semplificazione cui peraltro ben potrebbero concorrere anche i produttori, ad esempio con un approccio che utilizzi più ampiamente il dibattito pubblico. Vale la pena di osservare che l'ordinamento prevede molteplici garanzie per evitare i ritardi nella conclusione delle procedure amministrative, ivi compreso il risarcimento del danno, che è onere dell'operatore attivare. Anche le regole dell'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico sulle connessioni prevedono indennizzi a favore degli operatori, se i ritardi siano imputabili ai gestori di rete. Il sistema quindi già fornisce tutela agli operatori: un'eventuale proroga comporterebbe un aggravio delle tariffe elettriche a carico di famiglie ed imprese, e rischierebbe inoltre di far rientrare nel sistema di incentivazione più vantaggioso anche impianti che ad oggi non ne beneficerebbero.

Va infine sottolineato il fatto che il citato decreto ministeriale 23 giugno 2016 è stato notificato alla Commissione europea, e da questa approvato come compatibile con le regole sugli aiuti di Stato, di cui alla comunicazione 2014/C 200/01: ogni modifica del decreto, soprattutto se riguardante la proroga di un livello di incentivazione stabilita da un pregresso e più favorevole regime di sostegno, dovrebbe quindi essere sottoposta alle valutazioni della Commissione; con un esito del tutto incerto anche sotto il profilo dell'intensità dell'aiuto, considerato che dal 1° gennaio 2017, in base alle citate regole europee, gli impianti di potenza superiore ad 1 megawatt, con la sola eccezione dell'eolico, possono accedere agli incentivi solo con il meccanismo delle aste, mentre il decreto ministeriale 23 giugno 2016 ha previsto le procedure di registro per gli impianti fino a 5 megawatt.

PRESIDENTE. L'onorevole Latronico ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interrogazione.

COSIMO LATRONICO. Ringrazio il sottosegretario Del Basso De Caro per questa risposta, che è puntuale nella rappresentazione della problematica che io ho posto con l'interrogazione di cui parliamo. Vi è una platea, sottosegretario, di operatori che, non per colpa loro, non riescono ad attivare gli impianti entro il 29 giugno 2017: questo è il tema! Ora, è vero che il contesto normativo dà la possibilità agli operatori di attivare presso l'Autorità procedimenti di risarcimento per il riconoscimento del danno, ove la responsabilità del mancato adempimento non sia a carico degli operatori; ma chi ha costruito un piano finanziario, facendo affidamento su una tariffa incentivante più significativa, e non per colpa sua non riesce ad attivare l'esercizio dell'impianto, noi non possiamo scaricare la partita dicendo: va beh, hai la possibilità di ricorrere ad un risarcimento, perché creiamo un quadro operativo assolutamente inattendibile per gli investitori, e rischiamo…Io, signor sottosegretario, le chiedo un supplemento di indagine: ho relazioni di piccoli e medi operatori che si sono esposti finanziariamente per fare questi investimenti.

Ora, se l'ENEL non riesce a disporre gli allacci, perché non è organizzativamente in grado di sopperire, che c'entrano migliaia di imprese e migliaia di operatori che rischiano di fallire perché avevano fatto affidamento su un pubblico incentivo e per colpa loro non riescono ad attivare gli impianti?

Ora è inutile parlare di tutto il resto e dell'Unione europea: si capisce che stiamo parlando di ragioni sistemiche che non funzionano, che non possono essere addebitate agli operatori; stiamo parlando di mini-eolico, non di grandi impianti. Tra l'altro, c'è il rischio di mettere in difficoltà imprese, piccole e medie, che operano nel settore - non sono grandi speculatori - per colpa non loro e questo è noto.

Quindi, la prego di fare una verifica per vedere se non c'è ancora il margine per allungare di qualche mese e per mettere in condizione l'ENEL di attendere ai suoi obblighi e gli operatori di fare gli investimenti. Non possiamo, ripeto, dare una risposta del tipo: attivate le pratiche per il risarcimento. Non mi pare una risposta che è all'altezza di un sistema.

Inoltre, c'è una seconda domanda a cui lei non ha dato risposta - dico il Governo che lei rappresenta - cioè cosa si intende fare per quanto riguarda il decreto ministeriale per il triennio 2018-2020, al fine di assicurare un periodo relativamente lungo rispetto agli investimenti nel campo delle energie alternative. Anche su questo si attende da tempo un pronunciamento da parte del Ministero che non arriva. Quindi, colgo l'occasione per chiedere un supplemento di indagine per verificare se questa data, il 29 giugno 2017, riguardante il mini-eolico non sia prorogabile. Proroghiamo di tutto in questo Paese, stabilendo riserve per evitare che la platea si possa allargare, e, quindi, si può fare.

Seconda richiesta, il Ministero ci dia tale decreto ministeriale per disciplinare gli incentivi per il triennio 2018-2020, se vogliamo che questo comparto, attorno a quale pure si muovono interessi ed imprese, possa avere un futuro.

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze e delle interrogazioni all'ordine del giorno. Sospendiamo a questo punto la seduta che riprenderà alle ore 15.

La seduta, sospesa alle 12,25, è ripresa alle 15.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE LUIGI DI MAIO

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Bindi, Mannino, Pannarale e Piccoli Nardelli sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.

I deputati in missione sono complessivamente centoventuno, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Preavviso di votazioni elettroniche.

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.

Sospendo pertanto la seduta, che riprenderà alle ore 15,25. La seduta è sospesa.

La seduta, sospesa alle 15,01, è ripresa alle 15,25.

Discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 25 giugno 2017, n. 99, recante disposizioni urgenti per la liquidazione coatta amministrativa di Banca Popolare di Vicenza S.p.A. e di Veneto Banca S.p.A. (A.C. 4565) (Esame e votazione di questioni pregiudiziali).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione delle questioni pregiudiziali Sibilia ed altri n. 1, Busin ed altri n. 2 e Rampelli ed altri n. 3 (Vedi l'allegato A), presentate al disegno di legge n. 4565: Conversione in legge del decreto-legge 25 giugno 2017, n. 99, recante disposizioni urgenti per la liquidazione coatta amministrativa di Banca Popolare di Vicenza S.p.A. e di Veneto Banca S.p.A.

A norma del comma 4 dell'articolo 40 del Regolamento, in caso di più questioni pregiudiziali ha luogo un'unica discussione. In tale discussione, ai sensi del comma 3 del medesimo articolo 40, potrà intervenire, oltre ad uno dei proponenti, purché appartenenti a gruppi diversi, per illustrare ciascuno degli strumenti presentati per non più di dieci minuti, un deputato per ognuno degli altri gruppi, per non più di cinque minuti. Al termine della discussione si procederà ai sensi dell'articolo 96-bis, comma 3, quarto periodo, del Regolamento ad un'unica votazione sulle questioni pregiudiziali presentate.

(Esame di questioni pregiudiziali – A.C. 4565)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame delle questioni pregiudiziali presentate (Vedi l'allegato A).

Il deputato Sibilia ha facoltà di illustrare la sua questione pregiudiziale n. 1.

CARLO SIBILIA. Grazie, Presidente. Siamo nuovamente, come ogni principio d'estate o festività, a celebrare l'ennesimo regalo che si fa a queste banche private italiane. Questo decreto narra di un regalo, “esborso diretto” - parole del Ministro Pier Carlo Padoan -, di 5 miliardi di euro di soldi pubblici dei cittadini italiani. In più, verranno concessi 12 miliardi di euro a titolo di garanzia, perché, se effettivamente qualcosa dovesse andare storto, vogliamo essere sicuri che nessuna banca ci metta nemmeno un centesimo. Quindi, chiaramente questa somma fa 17 miliardi di euro, 5 miliardi di esborso diretto più 12 miliardi di garanzia pubblica.

A chi vanno questi soldi? Vanno a Banca Intesa, praticamente; Banca Intesa, che firma un contratto con Veneto Banca e Banca Popolare di Vicenza per, tra virgolette, salvarle con i soldi nostri.

C'è qualcosa che non va, mi verrebbe da dire. C'è qualcosa di incostituzionale in questo decreto, soprattutto se - passaggio fondamentale - mostriamo agli italiani un passaggio del contratto che Banca Intesa fa con le banche venete, al costo di un Euro, perché i soldi ce li mettono i cittadini italiani, dove al punto 10.1 si dice questo - ascoltate, cari colleghi parlamentari, ascoltate come avete svenduto la vostra sovranità politica alle banche private, ascoltate -: se il decreto-legge “Banche venete” non fosse convertito in legge ovvero fosse convertito con modifiche o integrazioni tali da rendere più onerosa per Banca Intesa San Paolo l'operazione e non fosse pienamente in vigore entro i termini di legge, verrebbe a concludersi questo contratto, ovvero Banca Intesa, se noi facciamo qualche modifica, cari signori parlamentari, perché non ci va bene qualcosa e questo è il nostro ruolo, il ruolo di legiferare come Parlamento, allora la cara Banca Intesa dice: guardate, a noi non ci sta più bene, se le cose non si fanno come diciamo noi, se voi fate qualche modifica come Parlamento, non siete più sovrani, i sovrani siamo noi banchieri privati. E questo, se permettete, è l'apoteosi dell'incostituzionalità di questo decreto (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Non credo - non credo - in nessun altro Paese del mondo possa mai essere accettata una sudditanza tale alle banche private rispetto a quello che fa un Parlamento.

Di cosa dobbiamo parlare oltre questo? Cos'altro vi serve per convincervi che non è questo il modo di legiferare sul sistema bancario italiano? Ma vogliamo aggiungere altre cose, perché non ce n'è una - non ce n'è una! - che ci dà una nota positiva di come viene formulato questo decreto.

Parliamo della questione del commissario, del commissario che viene scelto da Banca d'Italia per la liquidazione amministrativa coatta delle banche venete. Sapete come si chiama questo commissario? Si chiamerà Fabrizio Viola. Sapete Fabrizio Viola chi è? È uno di quelli che gestiva il crac, che voi avete contribuito a creare in quota Partito Democratico, di Monte dei Paschi di Siena. Viola è attualmente rinviato a giudizio per manipolazione del mercato e falso in bilancio per il crac di Monte Paschi e voi lo mettete a fare il liquidatore coatto delle banche in crisi (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle)?

Ma è roba da scoppiare il cervello - scoppiare il cervello! -, non ha alcun senso quest'operazione.

E noi effettivamente andiamo ad elargire questi soldi alle banche in cambio di che cosa? Se i cittadini italiani ci mettono 17 miliardi, cos'hanno in cambio? Hanno in cambio la partecipazione alla banca, mi verrebbe da dire. Non c'è. Hanno in cambio un ristoro di qualche tipo? Non c'è. Sono soldi di tutti i cittadini italiani che vanno a finire in un calderone, regalandolo a Banca Intesa in modo tale che metta insieme e salvi le banche venete.

Salva le banche venete? Per voi, tagliare 3.900 posti di lavoro è salvare le banche venete? Per voi, cancellare 600 filiali sul territorio significa salvare le banche venete? Per voi, ridurre il numero di prestiti alla piccola e media impresa, che Intesa chiaramente attiverà, sul territorio è salvare le banche venete? Questo è distruggere il sistema bancario italiano, non è salvare le banche venete. Se si vuole salvare un sistema, si deve intervenire in maniera strutturale nel sistema.

Oggi abbiamo appreso che i signori Vegas, presidente di Consob, e Visco, Presidente Governatore della Banca d'Italia, non possono venire in audizione, non possiamo ascoltarli su questo provvedimento; ci manderanno delle memorie, delle memorie in contumacia, mi verrebbe da dire: gente che, invece di fare la vigilanza, dovrebbe stare in galera a vita (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 StelleCommenti) per quello che hanno combinato al sistema italiano, perché, se c'è qualcuno che ha investito, lo ha fatto sulla base di informazioni che aveva! Le informazioni che aveva erano controllate da Consob e Banca d'Italia e si suppone siano delle informazioni garantite, delle informazioni vere; invece, oggi dobbiamo stare a commentare lo scoppio di questa bolla di decine di migliaia di azionisti privati di un loro diritto, quello di partecipare al capitale di una banca, di decine di migliaia di persone che hanno investito i loro risparmi.

Non avete idea di quante persone ci scrivono, e scrivono anche a voi e vi dicono: ma perché io che ho comprato lo stesso prodotto che ha comprato un cittadino italiano come me, io l'ho comprato on line, lui l'ha comprato davanti alla banca, io non devo avere alcun tipo di ristoro e lui sì. Perché questa disparità e, quindi, violazione dell'articolo 3 della Costituzione italiana? Violazione dell'articolo 47, salvaguardia del risparmio, della Costituzione. Ma che fine hanno fatto questi principi? Guardate che il 4 dicembre voi avete perso, la Costituzione non è stata modificata, perché gli italiani la vogliono così com'è, con tutti i principi al loro interno e devono essere rispettati.

Questo qui è il primo passaggio di appaltare l'attività legislativa alle banche private. Questo decreto è stato scritto, sotto dettatura di Banca Intesa, dal Ministero dell'Economia e finanza, questo è un dato di fatto acclarato, ve lo sto mostrando, questa è la firma del notaio Marchetti, lo potete trovare, lo pubblicheremo in rete, deve essere pubblica questa informazione, perché questi qua stanno facendo un contratto con i soldi dei cittadini italiani e voi l'avete reso segreto fino al 26 di giugno (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle)! Questo modo è inaccettabile.

Oggi, anche se molti di voi sono distratti, qualcuno pensa magari al mare, ma del resto è sempre così quando si parla di banche: o li fate il 23 dicembre, quando uno pensa al Natale, o li fate a luglio o a Ferragosto - i regali del resto si fanno durante le occasioni speciali -, quello che vi chiedo è che oggi, vi prego, portate a raccolta - portate a raccolta - tutto il vostro voler mantenere la sovranità parlamentare rispetto a quella finanziaria, in questo contratto che - ripeto - è firmato da tre banche private (Banca Popolare di Vicenza, Veneto Banca, con Intesa dall'altra parte), grazie ai soldi dei cittadini italiani. Questo è il passaggio: sono delle aziende private, delle banche private, che ci dicono come scrivere un decreto e che questo decreto non può essere modificato.

Io chiedo alla maggioranza: voi potete decidere come volete su come salvare il sistema bancario, su quanti soldi dargli, ma vi prego - vi prego! - ritenete indispensabile salvaguardare la sovranità di questo Parlamento rispetto al potere finanziario delle banche private! Questo è il problema dei problemi, oggi votate su questo, votate favorevolmente alla pregiudiziale di costituzionalità. Grazie (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Il collega Filippo Busin ha facoltà di illustrare la sua questione pregiudiziale n. 2.

FILIPPO BUSIN. Grazie, Presidente. Il Governo Gentiloni si conferma nel ricorso reiterato alla decretazione d'urgenza, siamo a una media di 2,2 decreti al mese, e si appresta a battere ogni record. Se a questo, poi, aggiungiamo il ricorso disinvolto alla legge delega, ci troviamo di fronte, di fatto, a un Parlamento privato del potere legislativo a favore del Governo. Ad aggravare il quadro, registriamo, da più di due anni, un susseguirsi di decreti-legge sempre sulla stessa materia, sulla materia bancaria, tanto da prefigurare il reato di reiterazione, condannata severamente dalla Corte costituzionale.

Il Governo si attribuisce, in questo ambito, un potere legislativo smisurato, ben oltre le proprie prerogative. Il rispetto della legge diventa per l'Esecutivo un aspetto poco più che formale e autoreferenziale, visto che sembra voglia assoggettarsi solo alle leggi che confeziona su misura per se stesso, in base alle evenienze e alle circostanze. Questo è particolarmente evidente nel provvedimento di cui oggi presentiamo la pregiudiziale, che interviene sulla crisi di due importanti istituti di credito veneti, provvedimento con il quale si violano almeno trenta norme che fanno riferimento non solo alla Costituzione, ma al diritto tributario, civile, fallimentare, alle leggi di bilancio, ma anche alle direttive europee sulla concorrenza.

Si consegna, di fatto, il monopolio sul credito di un'intera regione, strategica per l'economia nazionale, come il Veneto, ad un'unica banca che aveva già, con ottocento sportelli sul territorio, una posizione di primo ordine; a questi ne aggiunge quasi novecento ricevuti praticamente in regalo da questo Governo. Una simile fattispecie viola il titolo VII del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea che, agli articoli 101 e seguenti, stabilisce il divieto di sfruttamento di posizione dominante che, di fatto, si configura a favore di Banca Intesa come corollario di questo decreto. I trattati dell'Unione europea, sappiamo, sono necessariamente fonti di rango costituzionale che devono essere rispettate, ma l'attuale decreto-legge è in contrasto talmente evidente con la nostra Costituzione da richiamare direttamente i principi che l'hanno ispirata, più che i singoli articoli. Il principio di uguaglianza, anzitutto, di cui si fa riferimento esplicito all'articolo 3. Il decreto-legge discrimina fra risparmiatori che sono solo formalmente separati dal diverso titolo di credito vantato nei confronti dei due istituti posti in liquidazione; i soci delle due banche popolari sono stati definiti azionisti, trascurando il fatto che questa condizione è stata loro imposta da un altro decreto del Governo, il n. 3 del febbraio 2015, e, addirittura, speculatori da ladri, e a questo riguardo, secondo me, chi ha usato questo termine dovrebbe anche vergognarsi…

PRESIDENTE. Colleghi per favore, il tono della voce…

FILIPPO BUSIN. Si tratta, invece, in gran parte di investitori non istituzionali, ex soci - preferisco chiamarli così piuttosto che azionisti - di una società di credito cooperativo che avevano messo i loro risparmi in quello che consideravano il luogo in assoluto più sicuro che si potesse immaginare. E la convinzione che le loro banche popolari, che portavano anche il nome delle loro città, del loro territorio, fossero al riparo da rischi, non era, come vuol far credere il Governo, frutto della loro ignoranza relativa agli strumenti finanziari, ma piuttosto dell'immagine che queste banche si sono costruite in decenni, avvalorata da mezzi di comunicazione, da importanti e famosi testimonial, ma soprattutto certificata da organi di controllo interni ed esterni nazionali ed europei, avvalorata persino dalle procure, l'organo che più di ogni altro gode della fiducia dei cittadini, quale baluardo ultimo della giustizia.

Per anni, non solo i vertici delle banche, non solo i loro dirigenti ai vari livelli, ma l'intero sistema ha contribuito a costruire la loro fama di istituti solidi, ricchi, solvibili. Addirittura, la mancata quotazione in Borsa veniva dipinta come un elemento di ulteriore garanzia per i soci, messi al riparo dalle oscillazioni imprevedibili e dai rovesci talvolta irrazionali del mercato borsistico, come da intervista del presidente Zonin del 2014, quindi non molto remota. Chi fra i risparmiatori avesse voluto essere ancora più prudente acquistava obbligazioni emesse da queste banche; neanche questi si sono salvati dal disastro, perché molti di loro hanno sottoscritto, inconsapevolmente, lo ripeto, inconsapevolmente, obbligazioni convertibili e si sono ritrovati, senza saperlo, prima nel gruppo degli azionisti e, un anno dopo, fra gli azionisti azzerati delle stesse banche.

Il tutto con il contributo colpevole della BCE - chiamiamo in causa tutti gli artefici di questo disastro - che nel 2014 autorizzava un aumento di capitale alla Popolare di Vicenza per un miliardo, anche attraverso una delinquenziale conversione di 253 milioni di obbligazioni in azioni, valorizzate a 62,50 euro. Se questa distinzione fra diverse categorie di risparmiatori è, come affermiamo noi, solamente formale, evidentemente ci sono responsabilità a più livelli di chi doveva esercitare il suo ruolo di garante e non l'ha fatto; responsabilità, in primis, di Banca d'Italia, ma anche della BCE, della Consob che doveva vigilare e informare della pericolosità di certi titoli di credito, addirittura vietare che azioni così liquide e sopravvalutate, evidentemente sopravvalutate, potessero essere vendute a risparmiatori non istituzionali. Per non parlare degli organi di vigilanza interni e delle società di revisioni esterne.

E qui subentra il secondo principio violato dall'attuale decreto legge, il principio di giustizia. La Banca Popolare di Vicenza e, in parte, anche, Veneto Banca erano un sistema di potere formidabile, più che aziende di credito, al quale partecipavano le associazioni di categoria, la stampa, perfino la procura di Vicenza che in due diverse occasioni ha archiviato esposti riguardanti aspetti di mala gestio che, oggi, sono emersi in tutta la loro chiarezza. Ebbene, in un quadro così chiaro e vasto di inadempienze e collusioni di poteri e clientele, il Governo non ha fatto il minimo sforzo, intrapreso la minima azione per ristabilire, almeno, un senso di giustizia, individuando e punendo i responsabili. I risparmiatori-soci avevano già perso tutti i loro risparmi, ora perdono anche questa speranza, rimanendo gli unici condannati a pagare gli effetti di questo disastro. Giustizia negata ai risparmiatori-soci delle due popolari che, costretti ad insinuarsi nel fallimento, vedono, di fatto, annullate anche le loro azioni giudiziarie. Queste persone, scelte dal Governo come vittime sacrificali, hanno prima perso i loro risparmi, i risparmi di una vita, frutto di rinunce e sacrifici, poi il senso stesso della loro vita, il loro futuro, quello dei loro figli, il sostegno per la vecchiaia e la malattia e ora, con la privazione dei diritti, anche la dignità. Ci sono stati suicidi, tentati suicidi, famiglie distrutte, malattie gravi come la depressione causati da questi istituti di credito, aziende fallite, perdite di posti di lavoro e il peggio, purtroppo, a nostro avviso, deve ancora arrivare.

Il Governo ha deciso di salvare i potenti, dai vertici delle banche a quelli degli istituti di vigilanza, ha garantito in modo arbitrario alcune categorie di risparmiatori e non altre, ma soprattutto ha condannato alla morte civile i soci delle popolari e parte degli obbligazionisti subordinati. Questa violenza ripetuta nei confronti della parte più debole e coinvolta in questa crisi bancaria squalifica questo decreto-legge, chiaramente incostituzionale, e attraverso di esso lo stesso Governo, per il quale evidentemente il popolo non è sovrano, come richiamato in Costituzione; sovrane sono le caste, le massonerie e i clan finanziari, sovrani sono i poteri intoccabili autoreferenziali e i grandi gruppi privati rispetto ai quali il Governo ha dimostrato di essere non solo subalterno ma anche sotto ricatto, e questo è l'aspetto più grave.

PRESIDENTE. Colleghi, il tono della voce…

FILIPPO BUSIN. Questo provvedimento è non solo irrispettoso della Costituzione, ma anche indegno di uno Stato civile (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie-Lega dei Popoli-Noi con Salvini).

PRESIDENTE. Il deputato Walter Rizzetto ha facoltà di illustrare la questione pregiudiziale Rampelli n. 3, di cui è cofirmatario.

WALTER RIZZETTO. La ringrazio, Presidente; sottosegretario, siamo, in pochi giorni, a parlare sempre della stessa cosa, ovvero, per decreto, salvare le banche. Ora, se sotto un certo punto di vista, io parlo ad esempio in termini occupazionali, potrebbe anche essere, soltanto sotto quel punto di vista, un'idea interessante, rispetto a tutto il resto noi affermiamo con forza, e per questo abbiamo presentato tra i primi la questione pregiudiziale, qui, alla Camera, e sottolineiamo con forza, che questo è l'ennesimo decreto incostituzionale. Quindi, la maggioranza e il Governo che sosterranno questo decreto, di fatto, quasi fosse un sillogismo, sono incostituzionali; state compiendo un altro atto incostituzionale. Dovevate essere voi, poi, i padri costituenti, i nuovi padri costituenti, a cambiare la Costituzione il 4 dicembre scorso.

Ma ancor peggio, questo ennesimo intervento si è reso necessario in seguito alla dichiarazione della Banca centrale europea lo scorso 23 giugno 2017, perché, di fatto, sulla base di queste dichiarazioni, è stato ufficializzato il dissesto di questi due istituti. Quindi, non siamo nemmeno capaci di ufficializzare il dissesto da soli, ma deve venire a dircelo l'Europa, deve venire a dircelo la Banca centrale europea che questi due istituti sono, di fatto, falliti. Questo, sottosegretario, è l'ennesimo esempio di aiuto pubblico ad una banca, e noi ci occupiamo, rispetto a questo progetto, di dirvi una cosa: perché non andiamo ad aiutare anche altri settori in Italia che non siano soltanto quelli delle banche o dell'immigrazione, tanto per restare sul tema degli ultimi giorni?

Di fatto, per spiegarlo, un aiuto pubblico va a ricadere rispetto ed in pancia al cosiddetto bilancio pubblico. Bilancio pubblico significa che queste due banche sono e saranno salvate dai cittadini italiani, dalla collettività; ed allora, anche qui parafrasando il sillogismo di cui sopra, perché non andare a nazionalizzare questi due istituti, cercando di darli in mano a coloro che pagano il loro salvataggio, ovvero i cittadini italiani? Un regalo, come prima ascoltavo, a Banca Intesa, che, al prezzo di un caffè, si prende tutto il buono, quel poco di buono che c'era in seno a questi due istituti, per lasciare allo Stato e alla collettività tutta la porcheria che queste persone hanno fatto in questi anni. Allora, vorrei capire se questi venti miliardi sono stati messi a disposizione, tra l'altro, dal cosiddetto decreto “salva risparmio”: queste risorse avrebbero dovuto tecnicamente essere interamente destinate ad operazioni di ricapitalizzazione precauzionale, cioè ad operazioni che andavano a mettere in sicurezza i due istituti.

Così, purtroppo, non è stato, perché con il presente provvedimento, di fatto, vengono distratti questi miliardi - non si parla di poche centinaia di euro, si parla di miliardi - a favore di una procedura di liquidazione che poco ha a che fare - è una procedura di liquidazione, tra l'altro, coatta ed amministrativa - con la cosiddetta e prima citata ricapitalizzazione precauzionale dei conti delle banche stesse. Ma ci sono due grandi punti di caduta: il primo punto di caduta, di fatto, è la mancata e già accordata, tra l'altro, salvaguardia di tutti i risparmiatori ed azionisti vittime di questa pessima gestione dei due istituti bancari.

E, quindi, siete incostituzionali per due motivi: per l'articolo 47 della Costituzione, perché, di fatto, attraverso questo passaggio, non viene garantito il principio costituzionale della difesa del risparmio, e sulla base dell'articolo 3 della Costituzione, ovvero quello dell'uguaglianza tra i cittadini, cosa che non state applicando rispetto a questi passaggi, e lo sapete, lo sapete tutti, però oramai avete l'acqua alla gola. Infatti, bisogna anche capire e bisogna comprendere che ci sono delle differenze fra gli azionisti di una banca. Ma voi lo sapete che una persona, un privato, può diventare, anzi è obbligato molto spesso a diventare azionista della stessa banca soltanto perché, quando si reca presso lo sportello, presentano a lui un mutuo, l'accensione di un mutuo, ad esempio, con delle percentuali inferiori soltanto se diventa azionista?

E dove sta il salvataggio di questa gente qui, che non sono speculatori dell'alta finanza e della grande finanza, ma sono risparmiatori che si fidavano della propria banca? Dove sta la loro salvaguardia? Dove sta il principio costituzionale dell'uguaglianza, articolo 3, lo ripeto, tra i cittadini? Non c'è! Dicevamo prima, pochi decreti, due decreti, chiedo scusa, in pochi giorni; con questa terribile sequenza, il Governo va con sempre maggiore frequenza ad entrare nella crisi del sistema bancario italiano.

Allora, non avete pensato a salvare tutti? Si parla, e vado a citare, di circa 200 mila azionisti e piccoli risparmiatori, costretti, come prima detto, ad acquistare le azioni, che non verranno tutelati, ma il dottor Zonin, al posto di essere in carcere, tanto per essere chiari, al posto di essere al “gabbio”, era qualche giorno fa in una via della moda a fare acquisti. Le persone in piazza a protestare, lui a fare acquisti; e quindi, oltre al fatto che non avete risparmiato le cattiverie nei confronti di azionisti e risparmiatori, avete fatto peggio, perché, di fatto, non sono stati perseguiti a termini di legge i veri responsabili di questo dramma, Consob e Bankitalia, e mi spingo a dire, anche in questo caso, che i loro vertici, per non avere vigilato, quantomeno dovrebbero essere agli arresti domiciliari.

E dove sta questa gente? Perché in Commissione non è stata data la possibilità, rispetto a questo decreto, di fare un ampio ciclo di audizioni, ma avete ascoltato, soltanto in pochi minuti, un paio di attori proprio di Consob e Bankitalia, che, tra l'altro, chiaramente avallano tutti questi procedimenti? Occorre realizzare, di fatto, un'equità di trattamento nei confronti dei risparmiatori, che attualmente, ad oggi, in Italia, di fatto non c'è; basta leggere un giornale, non serve leggere un decreto, basta leggere un giornale per capire che non c'è questa equità di trattamento, perché oramai l'unica certezza dei cittadini italiani che attualmente si rivolgono ad una banca è quella di non avere i propri risparmi al sicuro, e voi avallate questa pessima scelta. Lo rinnovo, non perseguite e non perseguirete i veri responsabili di questo colpo di Stato italiano.

Sottosegretario, quand'è che mettiamo 20, 30, 40 miliardi, tra Monte Paschi Siena, Popolare di Vicenza, Banca Veneto, quand'è che li mettiamo per l'occupazione, quand'è che li mettiamo per le pensioni, quand'è che li mettiamo per il welfare, quand'è che li mettiamo per le infrastrutture, quand'è che li mettiamo sulla scuola? Mai li metteremo, ma li mettiamo nelle banche. E, allora, asetticamente io posso dirle che un'azienda privata come una banca, se deve fallire, ebbene fallisca, cercando chiaramente di tutelare tutto il risparmio, ma fallisca, perché un'azienda, anche una grande azienda italiana, in evidente difficoltà, fallisce. L'amministratore delegato di questa azienda, se fa delle porcherie, viene messo in carcere. Questo non avviene sotto questo punto di vista e la nostra Carta costituzionale, di fatto, non ammette le discriminazioni che voi state perpetrando in questi mesi.

La gestione, e vado a chiudere, Presidente, del sistema del credito non può funzionare secondo uno schema per cui le banche sono private quando devono dare il credito, anche caricato di contratti capestro e anatocismi vari, ma sono banche pubbliche, invece, quando sono da salvaguardare. Voteremo a favore di tutte le questioni pregiudiziali per affossare questo ennesimo decreto-schifezza (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il collega Paolo Tancredi. Ne ha facoltà.

PAOLO TANCREDI. La ringrazio, Presidente. Devo dire che, come prevedevo, l'illustrazione delle tre questioni pregiudiziali si è concentrata da parte dei colleghi su questioni di merito più che di forma e di contrasto al dettato costituzionale. Era inevitabile, ci mancherebbe altro, solo che è chiaro che bisogna fare un richiamo a quello che oggi abbiamo in discussione all'ordine del giorno, che è una pregiudiziale di costituzionalità. Ebbene, da questo punto di vista, senza entrare nel merito, su cui avrei parecchio da dire anche rispetto a molte considerazioni fatte dai colleghi prima di me, credo che le osservazioni di incostituzionalità fatte nelle tre questioni siano da respingere, e noi voteremo contro di esse.

In particolare, naturalmente tutte e tre le questioni pregiudiziali partono dalla forma decreto e dalla decretazione d'urgenza, su cui, naturalmente, ogni volta siamo qui a dirlo, si dovrebbe fare un discorso più complessivo, legato ormai alla Costituzione di fatto e alla legislazione e al processo legislativo che c'è di fatto in questo Paese, che non ha consentito a nessun Governo repubblicano, ma soprattutto ai Governi degli ultimi vent'anni, di portare avanti un'azione di governo senza ricorrere alla decretazione d'urgenza.

Ma vede, Presidente, anche volendo concedere questo, cioè che a volte anche questo Governo abbia peccato di eccesso nella decretazione, io credo che non ci sia nulla di più urgente, indifferibile e necessario di questo decreto-legge. Infatti, se uno si mette a osservare la calendarizzazione degli eventi così come si sono susseguiti, dalla dichiarazione di dissesto, poi alla proposta alla Commissione europea sulla situazione sistemica delle banche venete, l'accettazione della Commissione di questo presupposto, è chiaro che il Governo da quel momento in poi, cioè sostanzialmente dal 23 giugno in poi, aveva la necessità di rispondere con una norma urgente di questo tipo da quel punto di vista.

Qualcun altro mette in luce la diversità di trattamento tra le banche venete e quello che abbiamo fatto con la risoluzione delle quattro casse di risparmio, trattata un anno e mezzo fa. Ma, vedete, è proprio la peculiarità di questa situazione che ci consente di trattare in questo modo le banche venete: alla base di questa procedura e del decreto-legge c'è una dichiarazione, riconosciuta dalla Commissione, del fatto che queste due banche hanno un carattere sistemico soprattutto nell'area in cui sono collocate, area che è fondamentale dal punto di vista economico per questo Paese, e quindi il loro portato sistemico in tutto il sistema bancario italiano e nel sistema economico. Quindi, da questo punto di vista, la diversità è alla base di questo provvedimento: non può essere imputata tale, addirittura addebitando un vizio di incostituzionalità da questo punto di vista.

Così come non ci sono difformità di trattamento rispetto alle persone. Io non voglio, Presidente, entrare nel merito, come ho detto, ma continuo a sentire alcune dichiarazioni; per esempio, si diceva: abbiamo operato questo intervento sulle banche, miliardi, e non mettiamo niente sull'occupazione; ma l'occupazione la tuteliamo con questo intervento, perché le banche sono il lavoro che hanno migliaia e migliaia di italiani, decine di migliaia di italiani, gli interessi di tanti cittadini! Così come si dice: non si tutela il risparmio; ma è a tutela del risparmio questo provvedimento, perché altrimenti voi sapete benissimo che saremmo dovuti andare ad attaccare anche i conti correnti, che non vengono toccati! Mentre naturalmente viene toccato l'attivo delle banche, perché i soci non sono risparmiatori; è inutile, cioè, voi potete continuare a dirlo centinaia di volte, ma i soci non sono risparmiatori: i soci sono soci, che assumono un rischio, e i titolari di obbligazioni subordinate sono qualcosa che assomiglia di molto ai soci. Se noi mettiamo il principio che i soci vanno in ogni caso risarciti, in Italia tutti compreremo azioni più a rischio possibile; l'azzardo morale è una cosa che sta dietro l'angolo, rispetto a questo tipo di provvedimenti del Governo. Per tutte queste ragioni, noi voteremo contro le tre pregiudiziali.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il collega Bruno Tabacci. Ne ha facoltà.

BRUNO TABACCI. Signor Presidente, sottosegretario Baretta, non c'è una questione di costituzionalità ma di merito. La soluzione adottata forse poteva essere diversa, ma la perdita del tempo più adatto ha molti padri, e non riguarda solo il Governo.

Dopo il 23 giugno, quando la vigilanza unica ha dichiarato le due banche venete a rischio di dissesto, non ci sono più alternative: se il Parlamento non dovesse convertire il decreto-legge, si assumerebbe la responsabilità di un fallimento secondo le regole del bail-in, con effetti traumatici a cascata sull'intero sistema bancario e sull'economia.

I sottoscrittori delle pregiudiziali contestano il bail-in, e si può capire, ma anche l'intervento della fiscalità generale, cioè tutto e il suo contrario. Si parla della tutela degli azionisti, ne hanno parlato i colleghi leghisti, tra cui coloro che sono stati indotti ad acquistare azioni delle banche in connessione con la sottoscrizione di un mutuo o di un prestito: ma questi non possono essere tutelati! Casomai servono procedure giudiziarie. La storia dalle popolari venete è punteggiata da episodi di mala gestio: evidentemente il gioco della sopravvalutazione delle azioni era la copertura per dare soldi e prestiti a chi non li meritava. Si poteva fare diversamente? Forse, probabilmente le banche venete non erano al tracollo patrimoniale; ma avevano una crisi di liquidità che aveva comunque bisogno di una radicale ristrutturazione, come impostata dal piano industriale Viola, che prevedeva una fusione tra i due istituti.

E qui viene il bello: se i numeri dati dalla relazione tecnica sono corretti, poteva bastare una ricapitalizzazione precauzionale di 6 miliardi, di cui 4,8 dallo Stato e 1,2 dai privati; così l'investimento del Tesoro sarebbe stato recuperabile. Ma serviva una fusione tra le due venete, che probabilmente avrebbe comportato minori tagli occupazionali: un conto è eliminare tra le due venete le sovrapposizioni, un altro è eliminare tali sovrapposizioni tra le due venete e Banca Intesa. Ma a questo punto il presidente Zaia e molti ambienti veneti hanno frapposto ostacoli alla fusione, determinando tra l'altro la perdita secca di 3,5 miliardi del Fondo Atlante, che doveva aiutare la ricapitalizzazione. Così la divisione tra i soci e le incertezze dei regolatori e dei vigilanti europei hanno impedito una soluzione parzialmente di mercato!

Ora tornare indietro sarebbe disastroso, e la soluzione non ha alternative. Lunedì le banche venete non avrebbero riaperto gli sportelli. Certo, le contraddizioni sono palesi: MPS, sotto l'egida del Tesoro e con il sostegno della Banca centrale, cede i suoi crediti in sofferenza al 20,5 per cento del loro valore lordo al Fondo Atlante; nel caso delle venete, la liquidazione dovrebbe recuperare quasi il 47 per cento delle sofferenze, cioè più del doppio! Auguri. È vero che i contesti sono diversi, ma queste cose vanno spiegate; un conto è, però, richiedere delle spiegazioni, un altro bocciare il decreto-legge, aprendo una crisi bancaria dagli effetti disastrosi. Per questo il nostro gruppo esprime piena contrarietà alle questioni pregiudiziali presentate (Applausi dei deputati del gruppo Democrazia Solidale-Centro Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il collega Zoggia. Ne ha facoltà.

DAVIDE ZOGGIA. Signor Presidente, signor sottosegretario, onorevoli colleghi, dobbiamo confessare che, come gruppo Articolo 1, abbiamo a lungo riflettuto ed esaminato le questioni pregiudiziali che sono state presentate da vari gruppi in merito alla conversione in legge di questo decreto-legge. Abbiamo esaminato i tempi, e non possiamo non concordare con quei gruppi parlamentari che hanno evidenziato il ritardo con il quale si vuole procedere al piano di rilancio dei due istituti di credito. Crediamo che, anche in questo caso, come in molti altri, ci si trovi di fronte alla cosiddetta sindrome dei cieli azzurri da parte del maggior partito di Governo: quella sindrome che dipinge situazioni sempre felici, che tende a nascondere i problemi, soprattutto all'avvicinarsi di scadenze elettorali. Noi pensiamo che così non vada bene!

Abbiamo esaminato le modalità e le funzioni delle banche italiane. Sicuramente, prima di procedere alla separazione tra i due tipi di banche, commerciali e di affari, bisognava assicurarsi che le stesse svolgessero correttamente e pienamente il ruolo che era loro assegnato, e cioè quello principale di garanti di depositi, e solo successivamente di soggetti di collegamento della politica monetaria. Abbiamo esaminato il perché ogni volta si interviene con logica emergenziale. Perché sempre così? Perché sempre regole e leggi, soprattutto come in questo decreto-legge, che disattendono in parte una prassi giuridica consolidata e precostituita?

Non possiamo non rilevare e segnalare con forza che il perimetro normativo disegnato da questo decreto-legge è il risultato di moltissime norme derogatorie di numerosi disposizioni vigenti, che erano state poste a tutela del risparmio e della fede pubblica. Queste deroghe rischiano di colpire gravemente i principi basilari che governano le procedure concorsuali.

Insomma, il Governo ha preferito derogare per provare a stabilizzare il sistema bancario, piuttosto che lavorare per provare a dare risposte ai creditori sociali, lasciando, soprattutto nel Veneto, un senso di smarrimento e di rabbia in chi aveva creduto in queste due banche.

Abbiamo inoltre esaminato, e questo francamente mi sembra il punto più delicato e forse quello che grida maggior vendetta, il comma 2, dell'articolo 2, laddove si dice che l'accertamento del passivo delle due banche in liquidazione è condotto con riferimento ai soli crediti non ceduti, retrocessi o sorti dopo l'avvio della procedura. Questo comma autorizza i commissari liquidatori ad agire in deroga a quanto stabilito dall'articolo 2741 del codice civile e bypassa colpevolmente uno dei principi sacri del nostro codice quello della par condicio creditorum. Sorvolo, solo per questioni di tempo, sulle modalità di individuazione del cessionario, sull'offerta di un euro fatta dallo stesso, sulla separazione degli elementi attivi delle due banche cedute, la cosiddetta good bank, dalle loro passività, la bad bank, e su molte altre cose ancora. Dimenticavo: tutte le deroghe concesse in materia urbanistica, ambientale o relative ai beni culturali, comprese le regole dei piani regolatori. Ma perché si è voluto far questo? Vogliamo proprio umiliare i cittadini onesti che rispettano in maniera pedissequa le leggi?

Insomma, e ho finito, ci sarebbero ottime ragioni per sostenere molte delle questioni pregiudiziali presentate oggi, tuttavia noi di Articolo 1-MDP pensiamo che oggi serva fare un altro lavoro, serva cioè provare a ricostruire un tessuto di fiducia e di possibile rilancio in un territorio, il Veneto, che è stato massacrato da gestioni dissennate e da compiacenze interessate. Per questo abbiamo deciso di provare a lavorare al decreto per rimuovere tutti quegli ostacoli che ho citato, per provare a renderlo più giusto, più equo, meno attaccabile, non solo dal punto di vista giuridico, ma anche dal punto di vista politico.

Abbiamo presentato emendamenti che tendono a equilibrare un provvedimento che è totalmente spostato verso il cessionario, un provvedimento che sembra subito dal Governo e dalla politica. Si ha quasi la sensazione che non sia stato scritto negli uffici ministeriali, tante sono le incomprensibili deroghe previste. Quindi eserciteremo, come Articolo 1, l'ennesima azione di responsabilità politica, ovviamente ci aspettiamo serietà e confronto. Ci aspettiamo che su questo decreto si discuta e non si usi l'emergenza per impedire il confronto e magari si provi a risolvere tutto con la questione di fiducia. Siamo ovviamente curiosi e interessati a vedere lo sviluppo che prenderanno le posizioni del presidente della regione Puglia, posizioni coraggiose. Vedremo se questa volta alle parole seguiranno i fatti. Per questi motivi il gruppo di Articolo 1-MDP si asterrà sulle questioni pregiudiziali (Applausi dei deputati del gruppo Articolo 1-Movimento Democratico e Progressista).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il collega Barbanti. Ne ha facoltà.

SEBASTIANO BARBANTI. Grazie Presidente. Quando si parla di argomenti tecnici e complicati come questi, complottisti pseudoesperti di finanza internazionale e mondiale, inventori delle più grandi e assurde soluzioni, fanno delle esternazioni su cui è necessario fare inevitabilmente un'operazione anche di verità e di informazione.

Rimarrei ovviamente sul tema della costituzionalità partendo da quella che è la decretazione di urgenza, dove il caso delle banche venete è un caso di scuola (in cui appunto uno strumento normativo, qual è il decreto-legge, consente di intervenire in casi straordinari di necessità e urgenza con misure immediatamente efficaci e immediatamente presentate alle Camere), è quello che fa al nostro caso. Questo perché le ragioni di necessità e di urgenza sono ampiamente illustrate anche nella relazione tecnica che accompagna il decreto, dove si dice che sussiste la necessità di consentire l'adozione di misure pubbliche a sostegno dell'ordinata fuoriuscita dal mercato della Banca Popolare di Vicenza e di Veneto Banca. Ricordiamo questo perché il 23 di giugno queste banche dalla BCE sono state dichiarate in condizione di dissesto e il Comitato di risoluzione unico ha ritenuto non vi fossero i requisiti per l'applicazione della BRRD, quindi la direttiva della risoluzione, per cui si doveva agire secondo il testo unico bancario che in questo caso prevedeva l'avvio di una procedura di liquidazione coatta amministrativa.

Parlo a chi ovviamente parla di facili salvataggi bancari e di favori fatti alle banche, chiariamoci: chi è responsabile, i banchieri grossi di turno, risponderanno nelle sedi più opportune, ma qui si tratta non di salvare le banche, ma di salvare un'economia del territorio, i risparmiatori. Ricordiamoci che ci sono 9.000 famiglie che campano con gli stipendi di quelle banche e che da domani non avrebbero avuto da sfamare i propri figli. Ricordiamoci che ci sono imprese, molte migliaia di imprese, di quel territorio, che è traino dell'economia italiana, che si sarebbero viste tagliati tutti quanti i fidi e quindi a rischio altissimo di fallimento. Ricordiamoci che ci sono gli obbligazionisti senior e correntisti che si sarebbero visti azzerare totalmente quelli che sono i loro risparmi; un'economia rasa al suolo.

Chi ovviamente vuole uno sfascio del genere, è chiaro in questa Aula, e sono coloro che ovviamente non vogliono che questo decreto vada avanti e di certo, anche da questo punto di vista, i cittadini se ne ricorderanno perché significa, a questo punto, applicare il bail-in, che è una cosa che il Governo invece, con questa azione e con questo stanziamento di fondi, ha evitato. Ovviamente entriamo anche in quello che è l'articolo 47 della Costituzione che è stato più volte citato, che è quello che prevede di tutelare i risparmiatori. Sono propri i risparmiatori che vengono tutelati da questo punto di vista perché, e rientra anche con l'articolo 3 della Costituzione, anche in questo provvedimento, sono stati inseriti dei ristori per quanto riguarda gli obbligazionisti subordinati che vedranno lo stesso trattamento che hanno avuto gli obbligazionisti subordinati delle quattro banche, dove ricordiamo le differenze sono molto, ma molto diverse, perché sono due casi totalmente opposti.

Così come, e passo all'articolo 41 sull'incompatibilità con la libertà dell'impresa economica, anche in questo caso, non si è avuto un giorno di discontinuità nelle operazioni degli sportelli delle due vecchie banche, ora della nuova banca. Si è garantita una continuità, si è garantita anche la gestione di una delle banche (ovviamente i ratio patrimoniali parlano per noi) che è al vertice per quanto riguarda il contesto italiano. Quindi, da questo punto di vista, facili soluzioni non esistono, tanto più quelle che sono state inventate e raccontate qua. Non esistono problemi di incostituzionalità, esiste soltanto una cosa in questo momento: quella di salvare il destino di 9.000 famiglie, di migliaia di imprese, e di tantissimi risparmiatori, correntisti e obbligazionisti subordinati, che hanno rischiato seriamente di vedere azzerati i propri risparmi e la propria vita. Proprio per questo motivo, annuncio, ovviamente, il voto contrario del Partito Democratico (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il collega Laffranco. Ne ha facoltà.

PIETRO LAFFRANCO. Grazie Presidente. Ci sono state molte circostanze, colleghi, in questa legislatura, nelle quali le opposizioni, noi per primi, abbiamo forse abusato dell'istituto della questione pregiudiziale di costituzionalità nell'affrontare alcuni provvedimenti. Debbo però dirle, signor Presidente, che in questo caso, in realtà, c'è solo l'imbarazzo della scelta, nel senso che il decreto che il Governo ha varato in fretta e furia non rappresenta soltanto, come credo già sia stato detto, un coacervo di deroghe praticamente a tutto l'ordinamento giuridico italiano (norme del diritto civile, del codice civile, norme del diritto tributario, norme penali), ma è soprattutto un decreto che viola, in maniera chiara ed inequivocabile, tutta una serie di norme della nostra Carta costituzionale. Pertanto, questa discussione non solo è pienamente motivata, ma assolutamente necessaria. Vedete colleghi, ci troviamo ad affrontare l'ennesimo provvedimento che riguarda gli effetti della crisi bancaria. L'ennesimo provvedimento tampone con cui il Governo prova a rincorrere le questioni.

In realtà questo provvedimento ha come unici requisiti corretti di costituzionalità quelli della necessità ed urgenza, ma una necessità e un'urgenza che sono motivate dall'incapacità, dall'incompetenza e dai ritardi gravissimi di cui questo Governo si è macchiato nell'affrontare non soltanto la questione delle banche venete, ma tutte le questioni attinenti alle crisi bancarie. Ogni qual volta è scoppiato un caso, il Governo ha messo la testa sotto la sabbia, ha perduto tempo prezioso, è stato incapace di affrontarli e si è trovato, all'ultimo istante, nella necessità assoluta di varare dei provvedimenti sotto forma di decreti, che si sono poi rivelati, puntualmente, inefficaci per risolvere le questioni. E questo decreto non fa assolutamente eccezione. In questo caso, la vicenda era nota da molti anni. Io, in questi giorni, ho avuto modo di leggere un istruttivo libro che invito i colleghi a leggere - sto facendo un po' di pubblicità - dal titolo “Banche impopolari”: è stato pubblicato da pochi mesi ed è un'inchiesta sul credito popolare e sul tradimento dei risparmiatori. Ma ciò che mi interessa dire è che il Governo ha preso alla lettera il titolo di questo libro, cioè non ha compreso che le gravissime colpe dei management e le gravissime omissioni della Banca d'Italia (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente), così come, in taluni casi, anche le gravissime omissioni della magistratura, hanno portato ad emanare provvedimenti che hanno massacrato delle banche di territorio, che erano utili per le famiglie e per le imprese, provvedimenti che poi si rivelano, come dicevo, assolutamente incostituzionali.

Io mi domando, signor Presidente, come sia stato possibile, nell'alto del Colle, siglare questo decreto: un provvedimento che viola così lapalissianamente l'articolo 3 della Costituzione - quello sulla parità di trattamento giuridico dei cittadini -, quello sulla tutela del risparmio, quello sul diritto di difesa, oltre, come dicevo, ad erogare una quantità industriale di norme, tal che questo sia, di fatto, non un decreto sul salvataggio delle banche venete, ma la legge speciale Intesa-banche venete, perché è stata scritta interamente da coloro che andranno a gestire la parte buona di queste banche e che è stata lautamente pagata dai cittadini italiani e non dal Governo. Non lo dimentichiamo mai, perché i miliardi che sono stati posti a garanzia dell'operazione sono miliardi dei cittadini italiani.

Concludo, Presidente, visto che il tempo in questo caso è eccessivamente tiranno, dicendo che questo decreto ha un altro difetto di incostituzionalità gravissimo: manca della copertura finanziaria. Già, perché i famosi 20 miliardi che furono messi a disposizione del salvataggio delle banche sono ampiamente insufficienti a coprire entrambe le operazioni, cioè quella relativa a questo decreto e quella relativa al Monte dei Paschi. Ci attendiamo delle spiegazioni, anche se temiamo che il Governo, vista l'incapacità e l'incompetenza, non sia assolutamente in grado di mettere la A con la B e debba chiedere consiglio alle forze della globalizzazione finanziaria che gli impongono regole e decisioni (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il collega Zanetti. Ne ha facoltà.

ENRICO ZANETTI. Grazie, Presidente. Il gruppo di Scelta Civica-ALA voterà contro le pregiudiziali, pur riconoscendo, a differenza di altre volte in cui questo rito si ripete, una sostanza di talune argomentazioni e non una mera strumentalità. Voteremo contro, perché ci interessa discutere il decreto nel merito e nei termini della gestione politica dello stesso: due aspetti che non possono essere disgiunti, posto che, se fotografiamo la situazione al 23 di giugno, è chiaro che con ogni probabilità gran parte del testo di questo decreto diventa necessitata, ma non si può dimenticare come al 23 giugno si è arrivati.

Fino a gennaio, la strategia del Governo era chiara e assolutamente condivisibile; su di essa si è innestata una situazione di blocco nel rapporto con l'Unione europea. È stato sicuramente ragionevole far passare uno-due mesi, arrivare magari a marzo per cercare di vedere se la situazione si sbloccava; è stato totalmente irragionevole, poi, far passare ulteriori tre mesi, aspettare di avere una situazione ormai di default e, quindi, rendere necessitata una situazione che, se affrontata per tempo, necessitata non era.

Così come sfido veramente a dimostrare che se si fosse davvero, con i tempi adeguati, con calma, dato corso ad un'offerta pubblica in cui lo Stato diceva chiaramente a tutti i potenziali interessati: vi do gli attivi, mi tengo tutti i crediti deteriorati, vi do anche i soldi per pagare la ristrutturazione e vi do pure le garanzie nel caso in cui alcuni degli attivi che vi prendete poi ce li volete ridare perché non sono buoni: sfido veramente a dimostrare che se questo tipo di offerta fosse stata resa chiara e trasparente con tempi adeguati di risposta al mercato, non si sarebbe trovato qualcuno disposto a mettere 2, 3, 4 e forse persino 5 euro. Qui di trasparente c'è stato pochissimo; di adeguato sul piano della gestione politica praticamente nulla. Certo, arrivati al 23 giugno, ci si trova a dover fare i conti con una scelta di responsabilità ma, rispetto a questa scelta di responsabilità, la nostra vera pregiudiziale non è quella di tipo costituzionale ma è quella di un equilibrio tra la velocità folle e a rotta di collo con cui si chiede al Parlamento di votare il provvedimento pubblicato in Gazzetta Ufficiale il giorno stesso della sua promulgazione e la pari celerità sul fronte, ad esempio, dei tempi di costituzione della Commissione d'inchiesta, che è stata votata da questo Parlamento il 21 giugno e che, a distanza di quindici giorni, ancora non avete pubblicato in Gazzetta

PRESIDENTE. Colleghi, il tono della voce, per favore.

ENRICO ZANETTI. …circostanza che determina l'impossibilità di procedere da parte dei Presidenti delle Camere alle procedure di formazione. Dunque la nostra pregiudiziale è la seguente: noi discuteremo nel merito le critiche politiche che abbiamo avanzato e le rinnoveremo; siamo disponibili a valutare di assumerci la grave responsabilità che accompagna il decreto-legge ma solo a condizione che, quando si andrà a votare in Aula su esso, sia pubblicata in Gazzetta Ufficiale la legge istitutiva della Commissione di inchiesta, le procedure siano partite e si dimostri ai cittadini che si è veloci, rapidi ed efficaci non solo quando si tratta di andare ad approvare provvedimenti necessitati, scritti oggettivamente a quel punto sotto dettatura di soggetti privati ma anche quando si tratta di dare seguito a strumenti da usare con attenzione ma sicuramente idonei a far emergere le altre responsabilità, non meno importanti anzi direi davvero, lo ripetiamo, pregiudiziali rispetto alle responsabilità che si chiede di assumere al Parlamento. Se ci sarà questo equilibrio, esprimeremo un voto di responsabilità; se non ci sarà, si farà un voto da servi, non da Parlamento, istituzione centrale, ma da servi. Noi un voto responsabile siamo disposti a farlo, un voto da servi no.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il collega Latronico. Ne ha facoltà.

COSIMO LATRONICO. Signor Presidente, rappresentante del Governo, la settimana scorsa quest'Assemblea ha dato il suo assenso ad una Commissione di inchiesta sulle banche. L'abbiamo condivisa in parte perché molte aree che andavano indagate non saranno indagate: ci riferiamo alle manovre speculative a ridosso del decreto-legge. Ora stiamo discutendo le questioni pregiudiziali, che nel merito saranno valutate dalla Commissione finanze, all'esame del decreto-legge con il quale vengono liquidate la Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca. Di fatto vengono coperti i debiti di un management su cui attendiamo che si accertino rapidamente responsabilità. Lo sconcerto dell'opinione pubblica è palpabile e grande. Chi ha sperperato, dilapidato risparmi e investimenti di decine di migliaia di risparmiatori deve rispondere: è un decreto-legge di fatto blindato perché il Governo Gentiloni per uscire dal vicolo cieco in cui si trovava, dopo mesi di incertezza, ha promesso a Banca Intesa che non saranno consentite modifiche al testo con buona pace della sovranità del Parlamento, signor Presidente. Si tratta di un decreto con cui il Governo userà il denaro dei contribuenti fino a 17 miliardi, oltre ai 4,7 miliardi già dati ad Intesa. Chi come noi votò contro il provvedimento contenente una delega in bianco con cui, tra dicembre 2016 e gennaio 2017, il Governo chiedeva l'autorizzazione ad usare 20 miliardi dei contribuenti per i salvataggi bancari, oggi non può che essere contrario alle modalità e al contenuto del decreto-legge in esame. Da opposizione responsabile abbiamo offerto fin dalla introduzione del bail-in, in un percorso di preparazione, via via indicazioni e soluzioni percorribili quando si sono presentate le varie emergenze.

Sempre ci avete assicurato di no, cioè i nostri suggerimenti hanno avuto e ricevuto diniego. Ancora una volta - concludo, Presidente - purtroppo si realizza una pratica del nostro Paese: la privatizzazione dei profitti e la socializzazione delle perdite, che ha sovente il significato di deresponsabilizzare gli imprenditori, gli amministratori, il management, tanto alla fine pagano i contribuenti. Per tutto questo, signor Presidente, al netto dei profili di costituzionalità e di procedibilità sollevati nelle questioni pregiudiziali presentate dai colleghi, preannuncio il voto favorevole del gruppo di Direzione Italia.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il collega Rocco Buttiglione. Ne ha facoltà.

ROCCO BUTTIGLIONE. Grazie, signor Presidente. Io credo che vi siano molte buone ragioni per criticare il Governo per il modo in cui questo problema delle banche venete è stato affrontato e tuttavia non riesco a capire quali sono le soluzioni alternative che le forze di opposizione ci propongono, perché, vedete, il dato di partenza è rappresentato da banche le quali non sono in grado di continuare la loro attività, delle banche, le quali non sono in grado di rimborsare i crediti che hanno ricevuto.

Quando una banca non è in grado di rimborsare i crediti, cioè sta facendo fallimento, sostanzialmente, cosa bisogna fare? Le soluzioni sono due: una si chiama bail-out, e l'altra si chiama bail-in. Traducendo, dall'inglese all'italiano, bail-out significa che qualcun altro, alla fine lo Stato o il sistema bancario nel suo complesso, le banche liberamente decidono di unirsi per salvare quella di loro che sta andando a rotoli, oppure lo Stato ci mette i soldi per salvare quella banca. Se non vogliamo che ci metta i soldi lo Stato, l'unica alternativa è che i soldi ce li devono mettere chi? Ce li devono mettere gli azionisti. Gli azionisti non sono dei risparmiatori, semplicemente, gli azionisti sono la banca, sono i proprietari della banca; quando una banca fa fallimento, è ovvio che gli azionisti non possono recuperare il capitale che hanno investito, perché le azioni sono capitale da rischio. Rischio significa che, quando le cose vanno male, il capitale viene perduto. Gli azionisti sono la banca.

Allora, in questo caso, io capisco che noi abbiamo realizzato un piccolo pasticcio, un po' di bail-in e un po' di bail-out, tuttavia un pasticcio, tutto sommato ragionevole. Non capisco quale sarebbe stata l'alternativa: rigettare tutto il peso sugli azionisti, sui detentori di obbligazioni subordinate, sui detentori di conti, di conti correnti, perché poi alla fine sono anche i conti correnti che sono crediti che la banca non rimborsa. Il Governo, trattando con l'Europa … Mi lasci dire una cosa ancora. La differenza fra il trattamento di questa volta e quello della volta precedente, della crisi precedente, a parte le differenze oggettive, è che c'è stato un forte lavoro con la Commissione europea, che questa volta ha capito di più le nostre ragioni, più di quanto le avesse capite la volta precedente. Per tutte queste ragioni noi non voteremo questa pregiudiziale di costituzionalità.

PRESIDENTE. Sono così esauriti gli interventi sulle questioni pregiudiziali.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulle questioni pregiudiziali Sibilia ed altri n. 1, Busin ed altri n. 2, Rampelli ed altri n. 3.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 1).

La discussione sulle linee generali avrà luogo in altra seduta.

Seguito della discussione della proposta di legge: Sereni ed altri: Modifica alla legge 20 dicembre 2012, n. 238, per il sostegno e la valorizzazione del festival Umbria Jazz (A.C. 4102-A) (ore 16,32).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione della proposta di legge n. 4102-A: Modifica alla legge 20 dicembre 2012, n. 238, per il sostegno e la valorizzazione del festival Umbria Jazz.

Ricordo che, nella seduta del 19 giugno, si è conclusa la discussione sulle linee generali e la relatrice e il rappresentante del Governo hanno rinunciato ad intervenire in sede di replica.

(Esame dell'articolo unico - A.C. 4102-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo unico della proposta di legge e dell'unico emendamento ad esso riferito (Vedi l'allegato A).

Avverto che la Presidenza non ritiene ammissibile, ai sensi degli articoli 86, comma 1, e 89, comma 1, del Regolamento, in quanto del tutto estraneo rispetto al contenuto del provvedimento volto a introdurre un finanziamento in favore del festival Umbria Jazz, l'emendamento Fabrizio Di Stefano 1.1, che estende tale misura in favore della Deputazione teatrale “Teatro Marrucino” di Chieti.

Le Commissioni I (Affari costituzionali) e V (Bilancio) hanno espresso i prescritti pareri (Vedi l'allegato A), che sono in distribuzione.

Se nessuno chiede di intervenire, invito la relatrice e il rappresentante del Governo ad esprimere il parere sull'emendamento Nicchi 1.2.

ANNA ASCANI, Relatrice. Invito al ritiro o parere contrario.

ANTIMO CESARO, Sottosegretario di Stato per i Beni e le attività culturali e il turismo. Conforme al parere espresso dalla relatrice.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.2 Nicchi.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la collega Nicchi. Ne ha facoltà.

MARISA NICCHI. Grazie, Presidente. Noi non capiamo per quale motivo questo emendamento non venga accolto. È un emendamento che semplicemente sposta il finanziamento verso fondi che non intaccano il Fondo unico dello spettacolo, cioè la filosofia di questo emendamento è quella di aggiungere delle risorse per il festival Umbria Jazz, perché noi condividiamo questa scelta, senza andare a detrimento del Fondo unico dello spettacolo. Avevamo individuato un altro fondo; a questo, la Commissione bilancio della Camera ha dato nulla osta e quindi crediamo che respingere questo emendamento sia l'occasione persa per non aggiungere risorse ulteriori importanti per lo spettacolo e l'iniziativa culturale.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.2 Nicchi ed altri, con il parere contrario della Commissione e del Governo.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 2).

Avverto che, consistendo la proposta di legge di un solo articolo, non si procederà alla votazione dell'articolo unico, ma, dopo l'esame degli ordini del giorno, si procederà direttamente alla votazione finale, a norma dell'articolo 87, comma 5, del Regolamento.

(Esame di un ordine del giorno - A.C. 4102-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'unico ordine del giorno presentato (Vedi l'allegato A).

Se nessuno chiede di intervenire per illustrare l'ordine del giorno presentato, invito il rappresentante del Governo ad esprimere il parere sull'ordine del giorno Nicchi n. 9/4102-A/1.

ANTIMO CESARO, Sottosegretario di Stato per i Beni e le attività culturali e il turismo. Grazie, Presidente.

L'ordine del giorno è accolto con una riformulazione: impegna il Governo, compatibilmente con le esigenze della finanza pubblica - da inserire come inciso -, a incrementare e rendere, eccetera eccetera.

PRESIDENTE. Nicchi, per lei va bene, accoglie la riformulazione? Va bene? Sì, va bene.

È così esaurito l'esame dell'unico ordine del giorno presentato.

(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 4102-A)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Murgia. Ne ha facoltà.

BRUNO MURGIA. Signor Presidente, il gruppo di Fratelli d'Italia è favorevole a questa proposta e dunque voteremo “sì”.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la collega Santerini. Ne ha facoltà.

Colleghi siamo in dichiarazione di voto, quindi, adesso interverrà la collega Santerini e dopo la collega Galgano.

MILENA SANTERINI. Presidente, noi votiamo favorevolmente, per una serie di motivi. Anzitutto, la manifestazione ha un valore culturale, e non soltanto di tipo turistico o ricettivo, che noi vorremmo appoggiare. È una rassegna, quella di Umbria Jazz, non comune, soprattutto per la sua risonanza sul piano internazionale. Quindi, noi ne apprezziamo il valore culturale, formativo e, soprattutto, direi, il valore di sostenere e appoggiare una manifestazione di questo tipo in una regione come l'Umbria che è stata penalizzata dal terremoto e anche da altri eventi. Siamo, quindi, convinti che anche se, appunto, è un evento che va appoggiato insieme ad altri, come già è avvenuto con la Fondazione Rossini o il Festival dei due Mondi, questa specificità meriti anche un'attenzione particolare da parte del Parlamento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la collega Adriana Galgano. Ne ha facoltà.

ADRIANA GALGANO. Grazie, Presidente. Signor sottosegretario, onorevoli colleghi, Steve Lacy, sassofonista e compositore statunitense, diceva che il jazz è un virus, un virus di libertà che si è diffuso sulla terra, infettando tutto ciò che ha trovato sulla sua strada: il cinema, la poesia, la pittura, la vita stessa e, aggiungo io, anche la mia città, Perugia, e la mia regione. Nel mese di luglio, quindi, proprio in questo periodo, Perugia è, dal 1973, splendido palcoscenico di Umbria Jazz, che noi ci apprestiamo a finanziare con questa legge, e che è diventato, negli anni, uno dei festival jazz più importanti a livello mondiale. È, infatti, l'unico festival italiano a far parte dell'International Jazz Festival Organisation che associa le sedici principali manifestazioni di settore del mondo ed è menzionato nelle più importanti riviste specializzate del mondo.

Nasce grazie a un perugino appassionato di jazz e visionario di nome Carlo Pagnotta, al quale siamo felici di esprimere la nostra riconoscenza, in quest'Aula, per ciò che ha fatto per la città e per il jazz. Il festival, infatti, è riuscito nell'entusiasmante missione di contribuire a divulgare e a rendere popolare questo genere musicale, una volta appannaggio di pochi cultori, e questo festival ha anche una significativa ricaduta economica.

Per queste sue due rilevanti funzioni è molto positivo che lo abbiamo inserito nelle grandi manifestazioni culturali sostenute direttamente dal Ministero dei beni culturali. Il finanziamento che noi stanziamo oggi avrà, a Perugia e nella regione, un effetto moltiplicativo indispensabile in questo difficile momento. L'edizione che sta per iniziare sarà veramente molto internazionale; prevede la partecipazione di artisti che provengono da tutto il mondo.

Noi Civici e Innovatori votiamo convintamente a favore di questa legge e ringraziamo il sottosegretario per tutto quanto è stato fatto al MiBACT per questo e concludiamo l'intervento con una frase di Armstrong che diceva: “Che cos'è il jazz? Amico, se lo devi chiedere, non lo saprai mai”, perciò noi vi diciamo: venite a Perugia a scoprirlo (Applausi dei deputati del gruppo Civici e Innovatori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la collega Valentina Vezzali. Ne ha facoltà.

MARIA VALENTINA VEZZALI. Grazie, Presidente. Governo, colleghi, l'Umbria Jazz Festival è un evento che crea suggestioni e riesce a rendere sinergici artisti, spettacoli e luoghi che li ospitano. Nei dieci giorni in cui si svolge il Festival sono previsti, in media, venti concerti quotidiani, di cui una parte a pagamento e molti gratuiti. Si tratta di un festival che è un insieme di ricerca musicale, formazione, sperimentazione, ma anche occasione di conoscenza e diffusione di questa cultura musicale. Nel tempo si è conquistato un ruolo di riferimento per appassionati di questo genere, provenienti da ogni parte del mondo, e dopo 25 edizioni del festival invernale a Orvieto, adesso nella storia dell'Umbria Jazz Festival c'è anche un suo allestimento in Cina, che si è svolto nel 2016, a dimostrazione della sua valenza culturale e della sua capacità di esercitare il ruolo di ambasciatore e promotore del made in Italy.

Con questo festival, la cultura diventa un importante fattore di sviluppo e di crescita economica, offrendo una opportunità di promozione territoriale alla regione che lo accoglie. Rendere questo evento più solido, grazie al finanziamento che questa proposta gli destina, fa sì che l'intera regione che adesso è provata dagli eventi sismici, possa tornare attrattiva sotto il profilo turistico e concorre, con la valorizzazione del patrimonio culturale, a ridare ossigeno e opportunità agli operatori e alle attività produttive locali.

Va ricordato che con questo festival molti artisti italiani hanno avuto la possibilità di farsi conoscere e apprezzare a livello internazionale e che grazie alla collaborazione di grandi nomi della musica e dello spettacolo, Umbria Jazz ha organizzato un concerto grazie al quale ha raccolto fondi da destinare alla protezione civile, subito dopo il terremoto che ha sconvolto le regioni del centro Italia, per cui ha mostrato anche un grande cuore associando un brand di successo alla solidarietà. L'iter di questa proposta, sottoscritta da tutti i deputati della regione, è la prova che la cultura non ha colore politico e che la musica può essere un valido strumento di integrazione e crescita. A nome dei colleghi di Scelta Civica-ALA-MAIE auspico la sua approvazione e annuncio il voto favorevole del gruppo (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica-ALA per la Costituente Liberale e Popolare-MAIE).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il collega Borghesi. Ne ha facoltà.

STEFANO BORGHESI. Grazie, Presidente. Siamo consapevoli del valore e dell'importanza di questo festival che va assolutamente riconosciuto e valorizzato, quindi, il nostro voto sarà un voto di astensione che non è relativo alla manifestazione in sé, della quale conosciamo il valore e la portata a livello internazionale; il nostro voto sarà un voto di astensione in quanto, come è già successo in altri provvedimenti di questo tipo, riconosciamo una mancanza di programmazione da parte di questa maggioranza e di questo Governo che, tutte le volte, preparano delle leggi diverse su degli appuntamenti culturali molto importanti, come quello di oggi, cosa che, però, denota una mancanza di programmazione e una mancanza della visione di insieme. È appunto per questo che annuncio il voto di astensione del nostro gruppo (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie-Lega dei Popoli-Noi con Salvini).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la collega Rosanna Scopelliti. Ne ha facoltà.

ROSANNA SCOPELLITI. Grazie, Presidente. Oggi parliamo di un evento musicale prestigioso che, come ricordavano altri colleghi precedentemente, ha una prima edizione che risale al 1973 e che costituisce l'unico festival italiano membro dell'International Jazz Festival Organization, ovvero dell'associazione che mette insieme le sedici principali manifestazioni del settore nel mondo. L'Umbria Jazz Festival ha ricoperto, nel corso degli anni, un duplice ruolo che riteniamo debba essere sostenuto. Infatti ha, da un lato, organizzato in tutto il mondo, dagli Stati Uniti all'Australia, al Brasile e alla Cina, manifestazioni in cui i musicisti italiani hanno potuto farsi conoscere ed apprezzare e, dall'altro, ha fortemente contribuito a promuovere all'estero l'immagine e le ricchezze artistiche e culturali dell'Umbria, con delle ricadute positive in termini di flussi turistici.

Non va dimenticato, a tal proposito, che, accanto all'originario Festival, che si svolge nel periodo estivo nella città di Perugia, d'inverno è la cittadina di Orvieto a divenire la sede dell'Umbria Jazz Winter, altra grande manifestazione di successo che ha enormemente contribuito a promuovere il turismo nella regione umbra. L'erogazione di un contributo annuale alla Fondazione di Partecipazione Umbria Jazz, come previsto dalla proposta di legge alla nostra attenzione, ha proprio lo scopo esclusivo di assicurare la continuità di queste manifestazioni musicali a decorrere dal 2017, in cui si celebreranno i cento anni dalla registrazione del primo disco di musica jazz.

Inoltre, continuare a organizzare questo evento significa anche estendere la collaborazione che la Fondazione Umbria Jazz ha avviato con il Berklee College of Music di Boston e con il Conservatorio di musica. Tale cooperazione ha permesso di avviare dei corsi di formazione per i giovani musicisti italiani, che, in questo modo, hanno potuto perfezionare il loro linguaggio e la loro cultura attinenti al genere musicale del jazz. La Fondazione Umbria Jazz, ricordiamolo, nel garantire la continuità dell'evento musicale, è responsabile per la realizzazione di tutte le iniziative necessarie per il suo sviluppo e la sua diffusione, provvedendo al reperimento di mezzi finanziari e favorendo il coinvolgimento e la partecipazione di soggetti ed enti pubblici e privati.

Quindi, l'assegnazione di un contributo annuale alla Fondazione Umbria Jazz, a partire da quest'anno, porterebbe tale organizzazione allo stesso livello di altre fondazioni, che, peraltro, già ricevono contributi per il sostegno e la valorizzazione della loro attività. Penso alla Fondazione Rossini Opera Festival, al Festival dei Due Mondi di Spoleto, alla Fondazione Ravenna Manifestazioni, al Festival pucciniano di Torre del Lago e alle Fondazioni Teatro Regio di Parma e Romaeuropa Arte e Cultura.

Come per queste fondazioni che ho appena citato, anche nel caso di Umbria Jazz parliamo di un contributo di natura straordinaria, in quanto la stessa struttura è già finanziata a valere sul Fondo unico per lo spettacolo, come previsto dall'articolo 25 del decreto ministeriale 1° luglio 2014, che reca, appunto, i nuovi criteri validi per i contributi allo spettacolo dal vivo; criteri che Umbria Jazz Festival possiede a pieno titolo, in quanto costituisce sicuramente un evento di particolare rilievo nazionale e internazionale, che ha contribuito e contribuisce alla diffusione e allo sviluppo della cultura musicale, all'integrazione della musica con il patrimonio artistico e, in ultimo, ma non certo per ordine di importanza, alla promozione del turismo culturale. Dichiaro, quindi, il voto favorevole del gruppo parlamentare di Alternativa popolare alla proposta di legge al nostro esame, con l'auspicio che il sostegno e la valorizzazione dell'Umbria Jazz Festival possano fornire a quest'evento un ulteriore merito, oltre a quelli già citati, ovvero il merito di contribuire, quest'anno forse ancora di più, al rilancio turistico ed economico di un'area del nostro Paese, come appunto quella dell'Italia centrale, che è stata duramente colpita dagli eventi sismici dello scorso anno (Applausi dei deputati del gruppo Alternativa Popolare-Centristi per l'Europa-NCD).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la collega Nicchi. Ne ha facoltà.

MARISA NICCHI. Grazie, Presidente. Condividiamo la proposta di un finanziamento finalizzato per Umbria Jazz, però vogliamo cogliere questa occasione per un ragionamento più ampio, che comprende sia la convinzione della necessità di questo riconoscimento per il mondo del jazz e anche fare propria la critica alla logica di finanziamenti fuori dall'usuale contesto del Fondo unico, da cui, comunque, si sottraggono risorse; ricordo la filosofia dell'emendamento che noi avevamo presentato e che è stato respinto. Una logica che anche di recente si è manifestata in un episodio che ha fatto molto discutere, che ha suscitato molta critica, quello dei finanziamenti ad personam a Luca Barbareschi.

Ma, detto questo, criticata questa cattiva programmazione, la direi così, è indubbio che Umbria Jazz, così come tutto il jazz italiano, sia stato in questi anni ampiamente sottodimensionato nell'attenzione del finanziamento statale. Il meccanismo del FUS, infatti, tende a favorire principalmente le istituzioni storicizzate, anche quelle della musica classica, ma non solo, quelle che hanno un consolidato, e non segue sufficientemente ciò che riguarda l'innovazione.

Voglio ricordare che, fino a pochi anni fa, questo genere di musica, e noi sappiamo quanto sia difficile l'identificazione dei generi nella musica, era sottovalutato, il finanziamento arrivava tra i 40 e 80 mila euro. Dobbiamo dire che, con le modifiche inserite nel decreto ministeriale recente, i fondi sono aumentati, stiamo giungendo circa sui 250 mila euro. Ci sono, dobbiamo riconoscerlo, dei passi avanti, ma non sono sufficienti a cogliere, a stare all'altezza anche del livello qualitativo e quantitativo che il nostro jazz ha raggiunto. Si sono moltiplicati i soggetti organizzatori, sono cresciuti i concerti, anche il pubblico si attesta su livelli tutt'altro che trascurabili. La creatività del jazz italiano è riconosciuta in tutto il mondo grazie al lavoro di musicisti che da tempo sono praticamente protagonisti, ospiti dei principali festival del mondo, e che occupano una posizione di privilegio.

Ecco, in Italia, come abbiamo scritto nel nostro ordine del giorno, che naturalmente è stato accolto con la famosa formula del legame alla compatibilità economica, si devono investire più risorse per la musica, si devono fare più politiche attive per la cultura, e in particolare per la musica, e si deve avere anche un equilibrio maggiore, non limitandosi ad orientarsi sempre di più verso il mondo lirico-sinfonico. Oggi si decide affinché il Festival Jazz, un festival prestigioso, che tutti noi amiamo in Italia e in Europa, possa contare su fondi più ragionevoli, per svolgere un'importante funzione, quella che ha conquistato in questi anni. Tra poco tempo però, voglio ricordare, è imminente il provvedimento per lo spettacolo dal vivo; lì ritorneremo a discutere, e dove sarà importante che tutto il mondo del jazz possa ambire a recuperare il ruolo che già riveste nell'offerta della musica in Italia.

Gli ultimi anni hanno segnato questa crescita, per la maggior parte sono cresciuti i luoghi legati ai locali invernali, all'intrattenimento estivo; e anche il jazz, però, malgrado questa crescita, ha sofferto di limitazioni del live, pratiche burocratiche sempre più complesse, costi di gestione e di autorizzazione assolutamente scoraggianti, un inaccettabile stato di precarietà dei musicisti e delle musiciste. Ecco, occorre favorire una crescita, incentivare la musica dal vivo e, soprattutto, impiegare giovani talenti. Anche i festival e le rassegne del jazz stanno crescendo e hanno una qualità molto molto alta; occorre sostenerli e confermare questa crescita, permettendogli di lavorare con continuità e con previsione di risorse attendibili.

La potenzialità è enorme, come è accaduto sia in Umbria e anche a L'Aquila, voglio ricordare, in questi anni, quando, su un obiettivo di solidarietà alle zone terremotate, molti musicisti di jazz hanno partecipato gratuitamente ad eventi di cui si sta parlando in tutto il mondo per la solidarietà.

La musica del jazz è un fenomeno musicale importante per il Novecento, è stata il varco verso altri stili musicali, e la sua libera valorizzazione deve diventare una finalità di interesse collettivo, non può essere lasciata alla passione romantica dei musicisti o degli amatori, come ci ha ricordato il protagonista del film La La Land, strenuo difensore della valorizzazione del ruolo del jazz. Servono investimenti pubblici, non solo perché, proprio come Umbria Jazz ha dimostrato, con la cultura e la musica si può mangiare, perché quel festival è diventato anche un volano di uno sviluppo di qualità del territorio, ma perché con la musica e con la cultura si vive bene e si pensa bene, e si vive con un senso critico molto molto importante.

Attraverso l'approfondimento e lo studio della musica, molti studiosi hanno potuto valutare quale sia attualmente il livello di felicità e il modo per conseguirlo delle società. Scrive Bauman: “Siamo stati portati a credere che la felicità è nel consumo, nell'ottenere un lavoro per mantenere un tempo per guadagnare più soldi, per poi spenderli e quindi possedere sempre più cose; ed è notoriamente saputo invece che questa è un'illusione, giacché la vera felicità si trova nell'amicizia, nell'amore, vivendo in comunità, conoscendo i nostri vicini. La felicità è soprattutto nella musica, qualunque essa sia, - così scrive Bauman - nell'arte, nella cultura”. Ecco, chi meglio di un jazzista può esternare le proprie emozioni attraverso l'improvvisazione? L'improvvisazione, il sogno che si ripete senza schermi. È un virus di libertà, veniva ricordato; e noi che amiamo la libertà amiamo il jazz, e quindi condividiamo e voteremo a favore di questo provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Articolo 1-Movimento Democratico e Progressista).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il collega Pietro Laffranco. Ne ha facoltà.

PIETRO LAFFRANCO. Presidente, se dovessi usare una perifrasi autoironica, dovrei dire che sono in palese conflitto di interessi, nel senso che sono nato a Perugia, sono eletto in Umbria, sono un sostenitore di Umbria Jazz e ho sottoscritto la legge per finanziare Umbria Jazz. Ma, al netto delle battute, voglio intanto ringraziare i membri del gruppo di Forza Italia della Commissione cultura, in particolar modo Antonio Palmieri che ha accompagnato l'approvazione di questo provvedimento in Commissione; e anche il mio gruppo, che ne ha favorito la calendarizzazione in tempi celeri.

Umbria Jazz, l'ho detto nel corso dell'intervento in discussione generale, davanti purtroppo in quel caso a pochi colleghi, non è soltanto il principale festival di musica jazzistica italiana, o il più importante festival jazzistico europeo, o uno dei più importanti eventi di questo genere nel mondo: è probabilmente - per chi lo ha conosciuto è facile riconoscerlo - un evento unico, perché riesce a fondere, in maniera simbiotica, l'evento culturale con il luogo che la ospita, cioè sarebbe difficile immaginare un evento di questo genere in un posto diverso da quello in cui si svolge. Basta parteciparvi, e ci si accorge come, magari sedendosi in un qualunque bar del centro storico di Perugia, a un certo punto, improvvisando, un artista di straordinaria fama si mette a suonare e accompagna l'aperitivo delle persone che sono sedute, e poi magari scopri che è un artista noto in tutto il mondo. È, dunque, una manifestazione di straordinaria valenza culturale; ma lo voglio dire senza infingimenti, è anche uno strumento importante per il profilo turistico che porta alla mia regione, alla regione Umbria e in particolar modo alla città di Perugia e alla città di Orvieto che ne ospita la stagione invernale.

Ed è tanto più importante sostenerla non solo per le ragioni che ho avuto modo molto succintamente di ricordare qui oggi, e più diffusamente nel corso dell'intervento di qualche settimana or sono in discussione generale, in questo periodo: periodo di grande difficoltà per la mia regione, periodo drammatico perché, ancora una volta, come tutti voi ricordate, è stata colpita, come le altre regioni circonvicine, dal terremoto, che ne ha frustrato i profili sociali ed economici. Tanto più quando poi magari si verificano cose antipatiche, come il fatto che per esempio la mia regione è stata sostanzialmente bandita dalle gite scolastiche perché pericolosa; quando, per fortuna, gli eventi sismici si sono interrotti molte, molte settimane or sono.

E allora, io penso che tutte queste motivazioni ci debbano indurre non soltanto a questa approvazione, che mi auguro la più ampia e la più corale possibile, come d'altronde immagino, avendo tutti i gruppi presenti con propri parlamentari eletti in Umbria sottoscritto la legge; ma anche auspicando una rapida approvazione della stessa nell'altro ramo del Parlamento, senza modificazioni. Perché noi siamo arrivati…Non è l'edizione numero 44, ma sono 44 anni che esiste Umbria Jazz; ed è una manifestazione culturale che qualifica una città, che qualifica una regione, e che consente a quella regione di trovare, anche in questa manifestazione, le forze per continuare a vivere, per risorgere dagli eventi drammatici che si sono svolti, per dare forza al settore turistico che è il più importante su cui questa regione può puntare, e anche per la valenza culturale che ha non soltanto in Italia ma nel mondo, se è vero come è vero che ci sono stati eventi organizzati da Umbria Jazz non soltanto in Italia, ma anche in Cina, ma anche negli Stati Uniti. Insomma, è una manifestazione culturale arcinota nel mondo!

Concludo allora, auspicando che tutti possano votare questa legge, perché penso che daremmo un esempio e un segnale di grande vicinanza, non soltanto a chi, con fatica, la organizza, ma anche a tutti i cittadini dell'Umbria; e credo che, in questo momento, se lo meritino ampiamente (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la collega Chiara Di Benedetto. Ne ha facoltà.

CHIARA DI BENEDETTO. Presidente, la proposta di legge che ci apprestiamo a votare riguarda il festival Umbria Jazz, che, con la sua lunga tradizione, è sicuramente tra le più importanti manifestazioni nel panorama musicale dell'Italia, ma anche internazionale. Il suo valore risiede anche nel fatto che, grazie ad un'offerta di spettacoli per lo più gratuiti, ha avvicinato il grande pubblico ad un genere considerato purtroppo troppo spesso d'élite. Premesso l'indiscusso valore culturale della manifestazione, si deve fare un discorso a parte per quanto riguarda però il sistema di erogazione di contributi a favore di questo, come di altri festival musicali.

Tramite novella della legge n. 238 del 2012, si prevede un contributo per la Fondazione Umbria Jazz pari a 1 milione annuo, a decorrere dall'anno 2017, mediante corrispondente riduzione delle risorse di parte corrente del Fondo unico per lo spettacolo, ovvero il FUS. Il contributo è previsto come straordinario, in quanto la Fondazione, essendo partecipata dalla regione Umbria e dal comune di Perugia, riceve già delle risorse locali. Inoltre, la stessa è finanziata attualmente ai sensi dell'articolo 25 del decreto ministeriale del 1° luglio 2014, recante i nuovi criteri per i contributi allo spettacolo dal vivo a valere appunto sul predetto FUS. La straordinarietà del contributo viene motivata anche dalla ricorrenza dei 100 anni dalla registrazione del primo disco di musica jazz.

La stessa legge n. 238 del 2012 prevedeva l'assegnazione, a decorrere dal 2013, sempre a valere sul FUS, di un contributo a favore delle seguenti fondazioni: Fondazione Rossini Opera Festival, Fondazione Festival dei Due Mondi, Fondazione Ravenna Manifestazioni e Fondazione Festival Pucciniano Torre del Lago. Anche in tal caso, il contributo è qualificato come straordinario, perché le fondazioni sono già beneficiarie di contributi pubblici. Infine, si può citare la legge n. 17 del 2016, che dispone lo stanziamento di 1 milione di euro a favore della Fondazione Teatro Regio di Parma e di 1 milione di euro per la Fondazione Romaeuropa Arte e Cultura.

Nel campo teatrale, una analogia si può fare con i contributi che sono stati concessi in via straordinaria, anche qui, al Teatro Eliseo non molto tempo fa: in sede di conversione in legge del decreto-legge n. 50 del 2017, la cosiddetta manovrina, furono concessi a Barbareschi, gestore del teatro, ben 2 milioni di euro, successivamente innalzati a 8 milioni tramite un emendamento del relatore. Anche in quel caso, venne ravvisata come motivazione la ricorrenza dei 100 anni dalla fondazione del teatro.

Il Teatro Eliseo è un teatro regionale di interesse culturale e nessuno vuole negarne il valore; ma, allo stesso tempo, non si possono tacere i dubbi circa un sistema di finanziamenti come questo, che crea distorsioni e diseguaglianze tra tutti gli operatori culturali nella musica, così come nel teatro e anche nella danza.

Se è stata stabilita l'istituzione di un Fondo unico per lo spettacolo dal vivo ed è stato emanato il decreto ministeriale del 1° luglio del 2014 di fissazione dei criteri di riparto, che sono uguali per tutti, non si comprende la ratio di una legge successiva che stanzi a valere sullo stesso fondo, ma con criteri differenti e soggetti specifici, contributi che siano straordinari.

Si deve ricordare che il decreto ministeriale appena citato, il cosiddetto “decreto Franceschini”, è stato impugnato innanzi al TAR e ha creato un forte malcontento nel mondo dello spettacolo, tra gli operatori culturali che da anni arricchivano l'offerta culturale del Paese e che, da un giorno all'altro, non hanno potuto continuare l'attività, perché estromessi dai contributi pubblici da un algoritmo che ad oggi non è neanche chiaro come funzioni.

In conclusione, ciò che si ritiene di dover contestare, al di là di ogni ragionevole volontà di promuovere e valorizzare festival musicali all'interno del nostro Paese, è piuttosto la prassi consolidata ormai - purtroppo - in materia di erogazione dei contributi alle fondazioni, alle associazioni e agli istituti culturali, attraverso lo strumento legislativo sulla mera base dell'iniziativa di uno o più deputati che decidono di intervenire in favore di tali soggetti.

Si rilevi come questa modalità di erogazione dei fondi, la quale di fatto bypassa del tutto l'ordinario finanziamento già previsto dal FUS, determina con evidenza problemi di equità nella distribuzione dei fondi, nonché una inopportuna perdita di coerenza nella valutazione delle singole realtà.

Questo metodo, ormai consolidatosi negli anni, deve assolutamente cessare. Risulta chiaro che una regione come l'Umbria meriti ogni sforzo per valorizzare il proprio territorio, anche e soprattutto a seguito degli eventi sismici che ne hanno drammaticamente compromesso il tessuto sociale ed economico, ma ciò che si intende fare è scongiurare che i finanziamenti di questo tipo, che tra l'altro sono a regime e non sono limitati ad un breve periodo, vengano utilizzati in maniera del tutto strumentale, dal momento che già quest'anno altre due fondazioni hanno ricevuto il medesimo beneficio, pur non avendo le medesime motivazioni.

Risulta, quindi, necessario finanziare attraverso l'unico strumento del Fondo unico per lo spettacolo le realtà che presentino i requisiti, valutando senz'altro le singole fattispecie, le nuove necessità, ma all'interno di un quadro normativo che sia chiaro è valido per tutti. Occorre, quindi, creare dei criteri selettivi e oggettivi con cui il Ministero possa erogare i fondi a chi davvero li merita. Per tutti questi motivi, annuncio il voto di astensione del MoVimento 5 Stelle (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la collega Sereni. Ne ha facoltà.

MARINA SERENI. Grazie, Presidente. Colleghi, rappresentanti del Governo, il festival di cui ci stiamo occupando oggi nasce nel 1973 con una formula che solo i più anziani di noi ricordano: itinerante e totalmente gratuita; ed è senza ombra di dubbio la più importante manifestazione di musica jazz italiana. La formula del festival è mutata molte volte negli anni, spesso anticipando le tendenze del pubblico nella fruizione dello spettacolo di qualità e ha mantenuto, tuttavia, un suo specifico e peculiare tratto distintivo, la fortissima interazione tra la musica del nuovo mondo e gli ambienti urbani, architettonici, naturali nei quali si svolge: giardini, musei, teatri chiese, piccoli club, grandi piazze, Perugia, Orvieto, Terni, quest'anno per l'edizione pasquale, e ancora quest'anno, per la prima volta, Norcia, in segno di solidarietà e vicinanza con le aree e le popolazioni maggiormente colpite dal terremoto. Un festival che ha saputo crescere negli anni e valicare ampiamente i confini della mia e della nostra piccola regione.

Umbria Jazz non ha avuto, infatti, solo il merito di proporre buona musica, di far crescere la conoscenza del jazz in Italia, di promuovere il territorio attraverso un turismo culturale e di qualità; Umbria Jazz ha contribuito in modo determinante a far sì che il jazz italiano sia diventato uno dei principali protagonisti del panorama musicale internazionale.

Nel tempo la promozione del jazz italiano è diventata infatti una mission specifica di Umbria Jazz e della sua crescente azione di internazionalizzazione, che anche altri colleghi hanno richiamato. D'altra parte, il brand “Umbria Jazz” è oggi uno tra i più noti testimonial della musica italiana sulla scena internazionale e uno dei più accreditati veicoli dell'italian life style. Con la sua formula originale, che dal New York Times è stata definita jazz italian style, ha letteralmente esportato il jazz italiano all'estero, ottenendo successi di pubblico ovunque negli Stati Uniti, a New York, in Europa, da Belgrado a Barcellona, a Melbourne in Australia, a Tokyo, a Brasilia, a Rio de Janeiro, a San Paolo, a Curitiba, in Brasile, a Buenos Aires, a Soweto, in Sudafrica, e a Pretoria, fino all'ultima grande sfida, che è stata anch'essa citata e che io voglio però riprendere.

Nel 2016, Umbria Jazz porta per la prima volta il jazz italiano in Cina, non con un evento episodico, ma con un festival strutturato: sessantanove concerti, sette giorni, sette band, cinquantuno musicisti italiani, con il risultato di molte migliaia di spettatori e di una grandissima esposizione mediatica. Non a caso, questa esperienza si ripeterà nel 2017, con oltre cento concerti in Cina.

Stiamo dunque parlando di un festival che, insieme ai più grandi musicisti jazz italiani, ha portato e sta portando l'immagine e la cultura del nostro Paese, non solo dell'Umbria, nel mondo. Uno sforzo e un impegno che in tutti questi anni Umbria Jazz ha fatto con mezzi propri, i mezzi delle istituzioni locali, i mezzi degli sponsor, i tanti biglietti venduti, il tanto, tantissimo lavoro volontario, che tante persone dedicano, ogni anno (a cominciare dall'ideatore di questa manifestazione, che è già stato citato dalla onorevole Galgano, l'amico Carlo Pagnotta), da tanti anni, a questa manifestazione.

Ma ora tutta questa mole di eventi richiede un adeguamento organizzativo e di governance all'altezza dell'importanza assunta dal jazz italiano sulla scena culturale internazionale. Ecco perché lo scorso anno ho ritenuto, abbiamo ritenuto giusto, insieme ai colleghi umbri, raccogliere un appello che ci veniva rivolto da un folto gruppo di artisti italiani e stranieri, che scrivevano in questo modo: un tale riconoscimento, quello di cui stiamo parlando, una tale scelta, sarebbe un giusto riconoscimento non solo per il lavoro sin qui compiuto, ma anche per l'intero movimento jazzistico nazionale, attraverso la manifestazione storicamente più prestigiosa.

Il riconoscimento cadrebbe proprio nell'anno, il 2017, in cui il mondo del jazz e non solo festeggerà una ricorrenza importante, che anch'essa è stata citata: i cent'anni dalla registrazione del primo disco di questa musica che, guarda caso, venne effettuata in America da un musicista di sangue italiano come Nick la Rocca, figlio di siciliani emigrati a New Orleans.

Scrive Alberto Riva su la Repubblica a proposito di questo evento: “Chi abbia inventato o meno il jazz è un falso problema: è evidente che nessuna arte come il jazz è frutto di un mix le cui origini sono sostanzialmente le stesse del Big Bang”. Tuttavia, la spesso sottovalutata e misconosciuta parabola di Nick La Rocca rivela innanzitutto che in quel minestrone c'erano tanti italiani. E sarebbero aumentati, se pensiamo al peso che avranno nel jazz e nel business musicale gente come Frank Sinatra, Tony Bennett, i fratelli Candoli, Lennie Tristano, Louis Prima, Buddy De Franco e tanti altri, compreso quel Jack “Papa” Laine, alias George Vitale, che ai tempi di Nick La Rocca gestiva praticamente tutto il jazz bianco di New Orleans.

I primi dischi registrati dal cornettista e i suoi sodali nel 1917 hanno venduto milioni di copie e hanno fissato il punto di inizio rispetto a un passato sul quale possiamo solo congetturare.

Polillo nel suo classico Jazz, il libro della Mondadori, a proposito delle prime incisioni Victor e Columbia annotava che la mancanza di documenti discografici ci impedisce di verificare de audito come stessero esattamente le cose prima che gli uomini di New Orleans arrivassero al nord. Chi si era trovato dinanzi alle performance di La Rocca e delle altre band in circolazione in quel momento riferiva di un ragtime suonato veloce. Pare che lo stesso Armstrong, allora ragazzo, avesse constatato che il repertorio di quelle formazioni era ristretto ma si trattava di musica molto calda e suonata con slancio. Personalità potente quanto camaleontica, in un secolo il jazz è stato tutto e il contrario di tutto: musica tribale che entrava in città, cordiale accompagnamento da ballo o d'ascolto, palco per virtuosi, ribellione pura, gesto politico o snob, seducendo di volta in volta gente in cerca del nuovo oppure vecchi nostalgici. Di sicuro ha interrogato la musica e anche la società. Per primo ha fornito al racconto americano uno dei suoi ingredienti imprescindibili: la sanguinosa, gloriosa, lunga e tuttora sofferta epopea dell'integrazione. Dopo sarebbero arrivati il rhythm and blues, il rock, il rap, il funky, l'hip hop ma solo dopo, molto dopo.

Ritengo che con questa piccola proposta di legge facciamo un gesto di apertura, di una pagina nuova per Umbria Jazz ma anche un gesto di grande riconoscimento verso questo genere musicale che è un genere che dall'America all'Italia ha parlato e sta parlando a generazioni in tutto il mondo. Grazie alla presidente della Commissione e alla relatrice per il lavoro che abbiamo fatto e grazie a tutti i colleghi che vorranno votare la proposta di legge (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.

ANNA ASCANI, Relatrice. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANNA ASCANI, Relatrice. Presidente, soltanto per ringraziare, come siamo soliti fare, gli uffici per il lavoro che abbiamo fatto insieme sulla proposta e, anche se meno usuale, i colleghi di tutti i gruppi - ripeto: tutti i gruppi - che hanno sottoscritto la proposta di legge altrimenti non sarebbe mai stato possibile portarla in Aula in questi tempi.

(Coordinamento formale - A.C. 4102-A)

PRESIDENTE. Se non vi sono obiezioni, la Presidenza si intende autorizzata al coordinamento formale del testo approvato.

  (Così rimane stabilito).

(Votazione finale ed approvazione – A.C. 4102-A)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.

Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sulla proposta di legge n. 4102-A: “Modifica alla legge 20 dicembre 2012, n. 238, per il sostegno e la valorizzazione del festival Umbria Jazz".

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 3).

Su un lutto del deputato Mazziotti Di Celso.

PRESIDENTE. Colleghi, comunico che il collega Andrea Mazziotti Di Celso è stato colpito da un grave lutto: la perdita del padre. Al collega la Presidenza della Camera ha già fatto pervenire le espressioni della più sentita partecipazione al suo dolore, che desidera ora rinnovare anche a nome dell'Assemblea.

Seguito della discussione delle mozioni Simonetti ed altri n. 1-01553, Brunetta ed altri n. 1-01560, Civati ed altri n. 1-01646, Nesci ed altri n. 1-01647, Melilla ed altri n. 1-01648, Altieri ed altri n. 1-01649, Rampelli ed altri n. 1-01650 e Rosato ed altri n. 1-01652 concernenti iniziative volte a garantire il funzionamento delle province (ore 17,21).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione delle mozioni Simonetti ed altri n. 1-01553, Brunetta ed altri n. 1-01560 (Nuova formulazione), Civati ed altri n. 1-01646, Nesci ed altri n. 1-01647, Melilla ed altri n. 1-01648, Altieri ed altri n. 1-01649, Rampelli ed altri n. 1-01650 e Rosato ed altri n. 1-01652 concernenti iniziative volte a garantire il funzionamento delle province (Vedi l'allegato A).

Avverto che, dopo la conclusione la discussione sulle linee generali che ha avuto luogo nella seduta di lunedì 19 giugno 2017, sono state presentate le mozioni Nesci ed altri n. 1-01647, Melilla ed altri n. 1-01648, Altieri ed altri n. 1-01649, Rampelli ed altri n. 1-01650, Rosato ed altri 1-01652 e una nuova formulazione della mozione Brunetta ed altri n. 1-01560, che sono già state iscritte all'ordine del giorno.

Avverto, altresì, che in data odierna sono state presentate le mozioni Tancredi e Bosco n. 1-01656, Parisi ed altri n. 1-01657, una nuova formulazione della mozione Nesci ed altri n. 1-01647 e la risoluzione Pastorelli ed altri n. 6-00336. I relativi testi sono in distribuzione.

(Parere del Governo)

PRESIDENTE. Invito il rappresentante del Governo ad esprimere il parere sulle mozioni e sulla risoluzione.

ENRICO COSTA, Ministro per gli Affari regionali. Grazie, Presidente. Devo dire che alcune mozioni contengono passaggi che si possono rivelare anche superati dall'evoluzione normativa recente. C'è un punto sul quale ci terrei a fare una considerazione di ordine generale perché ricorre in molte mozioni: il punto relativo alla elezione degli organi delle province. In alcune mozioni ci sono inviti e impegni che il Governo dovrebbe assumere per ripristinare il processo elettivo diretto; in altre, invece, c'è una puntualizzazione su una stabilizzazione del percorso del processo di secondo grado. Su questi punti, poiché va fatta e andrà fatta una riflessione puntuale e precisa, ed è una riflessione che dovrà essere piuttosto complessa anche alla luce di una serie di consultazioni che dovranno esserci e di un dibattito sul tema, il Governo ritiene al momento di esprimere parere contrario su tutte le espressioni delle mozioni che vadano in una direzione o in un'altra, lasciando al momento chiaramente l'attuale sistema. Devo dire che personalmente - non lo nascondo - da parte mia c'è un'attenta riflessione anche sull'evoluzione verso un percorso che superi le elezioni di secondo grado. Però non è il momento ritengo in questa fase di affrontare il tema. Lo dico per il profilo del dibattito che comunque presenta aspetti, come quelli finanziari, in questo momento importantissimi e nevralgici sul tema. Per tali motivi esprimo i pareri sulle mozioni nei seguenti termini.

Il Governo esprime parere favorevole sulla mozione Simonetti ed altri n. 1-01553 purché, nel dispositivo, sia soppressa la lettera a) e, nella lettera c), siano soppresse le parole: “al sistema di elezione ripristinandone l'elezione diretta”.

Il Governo esprime parere favorevole sulla mozione Brunetta n. 1-01560 (Nuova formulazione) purché sia riformulato il punto 1, lettera b), del dispositivo nel modo seguente: “a individuare compatibilmente con le esigenze di coordinamento della finanza pubblica la necessaria copertura finanziaria per consentire che nei bilanci delle province possano affluire le somme corrispondenti ai risparmi” e poi prosegue il testo della lettera b).

Inoltre per quanto attiene al punto 2 il parere è favorevole purché siano soppresse le parole “ripristinando un sistema di elezione diretta del presidente e del consiglio provinciale”. Con tale riformulazione il Governo esprime parere favorevole, valutando chiaramente solo…

PRESIDENTE. Lettera d) punto 2)?

ENRICO COSTA, Ministro per gli Affari regionali. Lettera d) punto 2): ha ragione, Presidente.

PRESIDENTE. Sulle premesse il Governo esprime parere favorevole?

ENRICO COSTA, Ministro per gli Affari regionali. Io ho valutato al momento solo gli impegni quindi alla fine c'è una neutralità sulle premesse. Comunque ovviamente il Governo esprime parere favorevole perché attengono all'aspetto importante dell'impegno.

Il Governo esprime parere favorevole sulla mozione Civati e altri n. 1-01646 purché al punto b) si sopprimano le parole “e, in particolare, in relazione all'ente intermedio…” fino alla parola “referendum”, fino in fondo, quindi, alla lettera b). Questa era la mozione Civati.

Sulla mozione n. 1-01647 Nesci, parere contrario. Sulla mozione n. 1-01648 Melilla, al punto 4 del dispositivo, dopo “attivarsi”, aggiungere “per verificare la possibilità di istituire un fondo straordinario” e al punto 5, dopo la parola “terremoto”, aggiungere “a valutare la possibilità di”. Con questa riformulazione ci sarebbe il parere favorevole.

Sulla mozione n. 1-01649 Altieri ed altri, parere favorevole, purché al punto 2, lettera b), vengano soppresse le parole “ripristinandone l'elezione a suffragio diretto degli organi rappresentativi”.

Sulla mozione n. 1-01650 Rampelli, parere favorevole, purché al punto 2, all'inizio, si inseriscano le parole “valutare le opportune iniziative” e al punto 3 “valutare le opportune iniziative”.

Sulla mozione n. 1-01652 Rosato, parere favorevole, purché al punto 6 del dispositivo si sopprimano le parole “degli organi”, quindi “salvaguardando il principio della natura degli enti di secondo livello delle province”, non degli organi delle province.

Sulla mozione Tancredi, parere favorevole, purché venga espunto il quarto punto del dispositivo, quindi “ad adottare ogni iniziativa opportuna a favorire una più ampia autonomia organizzativa delle città metropolitane e delle province, anche parificando l'autonomia statutaria dei due tipi di enti in ordine alle possibili alternative circa la formazione dei loro organi” e l'eliminazione nell'ultimo impegno delle parole “quali idrico, ciclo integrato dei rifiuti”, quindi rimane “ruolo di coordinamento in area vasta per i servizi essenziali, intervenendo sulla governance delle realtà consortili comunali”.

Sulla mozione Parisi, parere favorevole, sopprimendo il punto 6 del dispositivo, quindi con questa riformulazione. Sulla mozione Pastorelli, parere favorevole.

PRESIDENTE. Salvo la Nesci, tutte le premesse favorevoli? Va bene. Grazie.

(Dichiarazioni di voto)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Achille Totaro. Ne ha facoltà.

ACHILLE TOTARO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, ci troviamo qui oggi a dichiarare il voto, e quindi ad approvare, queste mozioni riguardanti un problema che ci trasciniamo ormai da diversi anni e che riguarda la questione del riordino delle province nel nostro Paese. Purtroppo qualche anno fa non c'era talk show televisivo o trasmissione che si occupava di politica in cui i nostri rappresentanti del Governo, dell'attuale Governo, ma comunque dello stesso partito di riferimento - è cambiato il Presidente del Consiglio, ma il partito di riferimento, che sostiene questa maggioranza di governo, è sempre il solito -, non si presentassero davanti agli schermi televisivi e dicessero che il problema in Italia erano le province e la loro abolizione. Si è intervenuti dal punto di vista legislativo, non attraverso una legge costituzionale, ma attraverso una legge ordinaria e poi, quindi, si è creato il caos che ci troviamo ad affrontare oggi, discutendo di queste mozioni. Caos dovuto al fatto che le province non è che esistevano perché qualche dissennato o personaggio della nostra Repubblica del passato aveva pensato di inventare un ente così campato in aria; esistevano perché dovevano essere enti che, attraverso anche il voto dei cittadini, eleggevano il presidente della provincia e che eleggevano i consiglieri provinciali.

Ricordiamocelo questo passaggio: si è tolta questa possibilità ai cittadini di eleggere il presidente della provincia direttamente e i consiglieri provinciali. È stata l'unica vera rivoluzione in materia che riguarda le province, per poi dare mandato a questi mega sindaci, che poi vengono eletti a fare i presidenti della provincia, delle aree metropolitane - i consiglieri comunali si riuniscono ed eleggono questi personaggi che hanno superpoteri -, che ovviamente non sono eletti dal popolo italiano.

Allora, voglio dire che si è intervenuti su questo e si è eliminato, quindi, il fattore che poneva al centro dell'attenzione il cittadino, che sceglieva gli amministratori di enti che si occupavano di problematiche, che adesso ci troviamo ad affrontare, vedo anche in molte mozioni, non solo nella nostra di Fratelli d'Italia.

Ci sono mozioni che chiedono, appunto, di destinare le risorse, che, tra l'altro, vengono prese attraverso tributi che riguardano le province stesse attuali, a quello che riguarda l'attività di riordino di molti edifici scolastici, delle strade di competenza, che versano in gravi condizioni, perché col passaggio che è stato fatto si è fatta molta demagogia, molto fumo negli occhi di fronte ai cittadini: in un ente che costava, nel 2014, 10 miliardi di euro, per quanto riguarda il bilancio e il deficit di bilancio del nostro Paese, a fronte di regioni che costavano 124 miliardi.

Se si volevano fare i tagli, si dovevano andare a fare i tagli per quanto riguardava le regioni, non colpire l'ente più debole e che creava meno problemi dal punto di vista del dispendio di energie, di risorse pubbliche e di denaro pubblico. No, non si è fatto. Si è intervenuto sulle province, si è creato un mostro, perché questo è stato fatto, quindi si è eliminata la possibilità ai cittadini di andare a votare e di eleggere i propri rappresentanti. Fatto sta che ci sono questi enti, con personaggi che fanno i sindaci di grandi città, ma sono anche responsabili di aree enormi e si dovrebbero occupare di questioni che riguardano il territorio.

Io vedo girando - non so se ve ne rendete anche conto voi, cari colleghi - che purtroppo, in molti posti dove c'erano le competenze di questo ente, insomma, viene lasciato tutto andare, con problematiche che riguardano i cittadini che devono spostarsi con la macchina: incidenti stradali, problematiche che riguardano proprio le strade cosiddette provinciali o che vengono usate molto spesso da molti nostri concittadini, appunto, per recarsi nei posti di lavoro, dalle province delle nostre città per recarsi, appunto, a svolgere attività di vario genere.

Insomma, è sempre più frequente il dissesto che si sta verificando a seguito di questa legge ordinaria, che avete fatto.

Come ripeto e come vi era stato detto da molti anche costituzionalisti in quel periodo, per riformare e per eliminare le province, bisognava fare una legge che aveva rango costituzionale. Quindi, si è fatto, come al solito, un po' di fumo negli occhi. Siamo andati, siete andati, davanti alle televisioni a propagandare questa grande rivoluzione, che era l'abolizione delle province. Tra l'altro, siete partiti a valle, senza iniziare da monte, perché poi sapevate che c'era comunque un referendum e che, quindi, anche quello aveva una sua valenza. Quindi, si è fatto tutto con un'attività legislativa sconclusionata su questa problematica.

Fermo restando il fatto che i costi ovviamente vanno contenuti e vanno diminuiti, però, noi sommessamente facciamo una battaglia della destra . Lo dico personalmente da tanti anni. Io mi ricordo che qua, in quest'Aula - lo ricordo perché io ero un “bambino” -, ci fu un uomo che ha rappresentato tanto per la destra politica italiana e risponde al nome di Giorgio Almirante, che è stato un parlamentare per molte legislature in questa Camera dei deputati, che fece l'ostruzionismo parlamentare, l'allora gruppo del Movimento Sociale, contro l'istituzione delle regioni.

Lì nelle regioni c'è, come io vi ho detto, un dispendio enorme di risorse da parte dello Stato, ma si è andati a colpire le province. Adesso, noi abbiamo presentato le nostre mozioni perché, comunque, qui, ci sono problemi che riguardano il territorio, che riguardano la gestione delle strade, delle scuole dove vanno i nostri figli e che versano in condizioni gravissime, perché nessuno, poi, se ne occupa. Molto spesso, prima, c'era comunque un assessore di riferimento, c'era un presidente della provincia di riferimento, abbiamo avuto l'attuale segretario nazionale del Partito Democratico che è stato un presidente della provincia molto attivo, anche se, quando era presidente della provincia, non si occupava di queste cose, ma di fare propaganda per le sue attività che poi l'hanno portato a diventare segretario del PD e poi Presidente del Consiglio, però è stato presidente della provincia e, mi ricordo, una delle sue grandi iniziative fu quella dei suoi interventi per quanto riguardava la Firenze-Pisa-Livorno, un'arteria importante che dopo i suoi interventi ha versato in difficoltà ancora maggiori di prima, però, insomma, aveva già iniziato questa propaganda che poi l'ha portato a diventare quel che è diventato.

Allora, voglio dirvi, comunque, che c'erano delle persone fisiche a cui ci si poteva rivolgere e poter dire che certe cose non andavano bene; adesso è una cosa molto fumosa, dove la gente non sa più a chi rivolgersi, c'è un problema riguardo alle scuole e alle strade sempre più pesante, è sempre più difficile la gestione di certe situazioni e di certe competenze che riguardavano, appunto, questo ente così importante. Si poteva strutturare la cosa, abolendo in maniera diversa, ad esempio, le regioni. C'erano degli studi fatti in questa direzione; si poteva fare una legge costituzionale che prevedesse, appunto, un ente che fosse vicino al territorio, perché molto spesso, voi lo sapete meglio di me, in alcune regioni, in certi posti, il centro della regione non conosce quel che accade in periferia. Faccio l'esempio della Toscana; noi abbiamo, in Toscana, situazioni, penso alla Lunigiana o alla Maremma, che sono molto distanti da Firenze in tante situazioni. L'ente provincia era un ente, in questo caso, anche vicino ai cittadini, quindi si poteva riorganizzare tutto in maniera diversa e diminuire i costi. Questo non è stato fatto, perché è prevalso, appunto, questo orgasmo propagandistico che ha riguardato molti nostri personaggi, in primis ricordo, in quel periodo, siamo nel 2014, 2013, appunto, l'ex presidente della provincia di Firenze che era in prima linea su questa storia: aboliremo le province, e tutte queste storielle qua, come se, poi, di fatto, le competenze di quell'ente non dovessero andare in altra direzione, oppure i dipendenti di quell'ente non esistessero. Si è deciso di eliminare i consiglieri provinciali, sono so quanto potessero guadagnare, e gli assessori, però, questo è stato fatto e nient'altro di più, e francamente è un po' poco, direi, anzi, è niente, si è eliminato un fattore di democrazia diretta che riguardava i cittadini.

Allora, noi, nelle nostre mozioni, stando così le cose, chiediamo, appunto, che queste risorse vengano rivolte a ciò che è rimasto delle province, non saprei più nemmeno come chiamarle queste entità molto fumose che i cittadini, ormai, non riconoscono nemmeno più. Abbiamo questi sindaci che si dovrebbero occupare di questa cosa, consiglieri comunali eletti da altri consiglieri… fatto sta che ci sono delle problematiche grosse e noi chiediamo con la nostra mozione, la mozione di Fratelli d'Italia, che queste risorse vengano destinate ai problemi che riguardano i cittadini, perché a noi non interessa chi le gestisce, speriamo le gestiscano bene, ma ci sono problemi che riguardano le scuole, non è che possiamo aspettare le burocrazie romane statali che guardano altre cose, per cui, in periferia, poi, si disperdono questi soldi, nessuno interviene, di nessuno è la responsabilità. Noi con queste mozioni chiediamo, appunto, un riordino, la possibilità che le risorse rimangano a questi enti e vengano spese a favore dei cittadini e delle problematiche che riguardano i cittadini.

Quindi, per questo, daremo il nostro voto favorevole alla nostra mozione di Fratelli d'Italia e eventualmente anche ad altre mozioni, ora vedremo anche, tramite le riformulazioni proposte dal sottosegretario Costa, come verranno presentate; insomma, daremo il nostro voto favorevole anche alle altre mozioni … Ministro Costa, scusi, Ministro Costa (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto collega Gian Luigi Gigli. Non è presente in Aula, si intende abbia rinunciato. C'è per caso il collega Altieri, che aveva chiesto di parlare per dichiarazione di voto? Non c'è.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il collega Giovanni Monchiero. Ne ha facoltà.

GIOVANNI MONCHIERO. Grazie, Presidente. Credo che non avremo molte difficoltà a seguire le indicazioni del Ministro Costa e, quindi, nel votare a favore di quasi tutte queste mozioni che sono, tra l'altro, molto, molto simili fra di loro. Il pregio di queste mozioni non sta tanto nel loro contenuto specifico, in qualche caso pleonastico, in qualche caso, magari, anche non del tutto conforme alle normative vigenti, ma sta nel fatto di porre l'accento su di una problematica clamorosamente attuale, frutto di una serie di interventi normativi non sufficientemente approfonditi, ma, soprattutto, frutto di quell'impasse istituzionale che si è verificata a seguito della mancata approvazione della riforma costituzionale. Non possiamo dimenticare che nella riforma costituzionale le province, enti previsti dalla Costituzione, erano state eliminate. L'eliminazione delle province concorreva a dare un senso e un minimo di applicabilità anche a una norma piuttosto complessa come la legge n. 56 del 2014 e al conseguente caos delle aree metropolitane. È chiaro che con il mantenimento delle province, la sovrapposizione di enti di secondo livello, i cui organi amministrativi sono frutto di decisioni assunte dai comuni inseriti in quello specifico territorio, beh, insomma, la soppressione di enti non può che creare ulteriori confusioni e, quindi, è persino pleonastico sottolineare come un intervento normativo in questa materia sia assolutamente urgente.

Comprendo l'obiezione che ha fatto il Ministro Costa nel dire: beh, ma noi, in questo momento, non siamo in grado di risolvere il problema se sia meglio un ente con elezione diretta da parte dei cittadini o un ente con un'elezione di secondo grado. Beh, certo, non posso che condividere questo suo giudizio; in questo momento e in questo contesto non possiamo deciderlo, però, in quest'Aula, sì, nel senso che questa è la prima cosa da dirimere. Acclarato che le province ci sono e sono enti costitutivi dello Stato, insomma, dare una risistemazione istituzionale alle province diventa una esigenza impellente sotto due profili: il primo, è il profilo pratico.

Le province, negli ultimi decenni, con il consolidamento dell'esperienza regionale, avevano perso molte delle loro funzioni, però mantenevano funzioni significative in due ambiti, l'edilizia scolastica e la manutenzione delle strade. È chiaro che negli ultimi anni, con il progressivo passaggio di queste funzioni alle regioni e con la trasformazione delle province in organi, diciamo così, avviati verso l'estinzione, è chiaro che le risorse disponibili, le competenze professionali, insomma, tutta quell'organizzazione che stava a monte all'espletamento di queste due funzioni importantissime è venuta meno; su questa materia occorre, necessariamente, intervenire. È chiaro che occorrerà intervenire anche con delle risorse; tutti coloro che abitano al nord o nelle regioni appenniniche sanno quali difficoltà abbiano oggi le province a spalare la neve nel periodo invernale. Può apparire una incombenza minimale, ma per le comunità locali - come purtroppo ci hanno evidenziato anche fatti di cronaca gravissimi nell'inverno appena trascorso -, per le popolazioni locali lo sgombero della neve è un'esigenza vitale.

Secondo punto, l'aspetto istituzionale. Non è pensabile che un ente previsto a livello costituzionale possa essere amministrato da organi che sono frutto di un'elezione di secondo grado. Io credo che questo problema debba inevitabilmente essere affrontato e risolto, ma va risolto in una rivisitazione complessiva della legge n. 56 che contiene anche, se non ricordo male, qualche altro elemento di confusione.

In questo senso e con questo auspicio, nella speranza che al più presto, auspicabilmente entro fine legislatura, davvero, si metta mano a questo nodo gordiano di competenze mal trasferite e di risorse mal distribuite e si ridiano alle province le loro funzioni, con questo auspicio voteremo a favore delle mozioni presentate oggi (Applausi dei deputati del gruppo Civici e Innovatori).

PRESIDENTE. Adesso facciamo recuperare l'intervento al collega Altieri, che ha tre minuti. Prego.

TRIFONE ALTIERI. Grazie, Presidente, onorevoli colleghi, sulle province ci vorrebbero molto ma molto di più di tre minuti, perché ancora oggi sono enti previsti dalla Costituzione, esistenti sul territorio e con ancora rilevantissime deleghe che riguardano proprio i servizi più immediati ai cittadini quindi: strade provinciali, scuole, trasporto dei diversamente abili e così via.

La legge Delrio, alla fine, ha puntato su un risultato che Renzi e il suo Governo pensavano di avere già acquisito, il risultato del referendum elettorale; hanno montato una legge che all'epoca era sbagliata, oggi è sbagliata e anacronistica, perché il referendum elettorale del 4 dicembre scorso ha fatto sì che tutto l'impianto che prevedeva l'abolizione delle province sia stato respinto dagli italiani. Tra l'altro, è stato respinto in cosa? Qual è stato il punto cardine della vittoria del “no” al referendum del 4 dicembre scorso?

È stata proprio la bocciatura degli organi di secondo livello, è stata proprio la bocciatura dei senatori non eletti dai cittadini, ma eletti dai consiglieri regionali, dalle segreterie di partito, quindi non rappresentanti del popolo e degli elettori italiani, cosa che, purtroppo, avviene oggi nelle province, dove non solo sono stati tolti i fondi per i servizi ai cittadini e chi paga oggi sono i cittadini che hanno strade non ristrutturate, scuole pericolanti, eccetera eccetera, ma è stata tolta la dignità a un ente che, invece, sul territorio è molto molto importante, perché è l'ente di raccordo, è l'ambito territoriale ottimale per grandezza e per competenza.

Quindi, signor Presidente, in questa nostra mozione noi chiediamo al Parlamento e al Governo di rivedere oggi, alla luce del risultato del referendum, la legge Delrio, di dare alle province di nuovo fondi e dignità, perché sono utili, sono necessarie. Forse erano altri enti che sono poco necessari e molto spendaccioni: è su quelli che forse bisogna tornare a ragionare, e oggi bisogna ragionare in un contesto di enti locali più ampio.

Accolgo anche quanto detto dal Ministro, che ha dato parere favorevole alla nostra mozione, togliendo, però, la parte che riguarda l'elezione diretta dei consiglieri provinciali. Prendo questo come una proposta a un impegno su cui i partiti devono fare massa critica e ragionare oggi su quello che è rimasto dopo il referendum elettorale e quello che è oggi necessario al territorio. E, quindi, accogliamo il parere del Governo e accogliamo lo spunto a riflettere e a cercare di tornare ad eleggere i consiglieri provinciali, perché solo così restituiamo dignità alle province e restituiamo dignità alla politica (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Direzione Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il collega Parisi. Ne ha facoltà.

MASSIMO PARISI. Grazie, Presidente. Intanto, annuncio subito che accogliamo la riformulazione proposta dal Governo, e quindi acconsentiamo ad espungere l'ultimo punto della parte dispositiva della nostra mozione.

Vorrei cogliere questa occasione per confessare un certo straniamento nella discussione a cui stiamo assistendo, e quindi per fare una valutazione che può apparire un fuor d'opera, diciamo, perché è chiaro, sia leggendo tutte le mozioni presentate e anche ascoltando alcuni degli interventi che mi hanno preceduto, che stiamo in qualche modo nel solco di una discussione che dura in questo Paese ormai da un paio di anni, e, nella fattispecie, che dura in particolar modo, per gli effetti di un voto degli italiani, almeno dal dicembre dello scorso anno, cioè dalla bocciatura del referendum sulla riforma costituzionale.

Voglio dire con molta franchezza che, a seconda dell'interpretazione di quel risultato, si possono conseguire effetti diversi. Non sono fra quelli che si spellarono le mani in applausi quando fu deciso di dare in pasto al populismo e all'antipolitica i poveri consiglieri provinciali e le povere province, quando era di tutta evidenza che parlavamo di costi marginali per il bilancio dello Stato e di un provvedimento più di bandiera che non di sostanza; non mi sono spellato le mani in quell'occasione per applaudire a questo inchinarsi alla demagogia trionfante dell'antipolitica, magari pensando che forse in questo Paese bisognerebbe toccare le regioni - argomento che forse un giorno, chissà quando, apriremo -, vero centro di dispersione di risorse di questi ultimi decenni.

Non sono fra quelli che si spellarono le mani, però ci andrei cauto a dire adesso che gli italiani il 4 dicembre hanno detto che vogliono le province, hanno detto che le vogliono elettive, magari hanno detto che vogliono anche il Senato, magari hanno detto che vogliono anche un'Assemblea Costituente. Ci andrei cauto, ci andrei cauto perché ne va della serietà della politica. Sommessamente, ricordo ai partiti rappresentati in quest'Aula che ormai quasi cinque anni fa la gran parte di loro si sono presentati davanti agli elettori con il programma di abolire le province; lo dico anche ai colleghi del MoVimento 5 Stelle, che, nella loro mozione, si impegnano molto per assicurare soprattutto gli stipendi dei dipendenti delle province, cosa sicuramente da fare e cosa sicuramente da confermare, ma ho l'impressione che, nel dare un giudizio su quel voto degli italiani, che certamente hanno bocciato la riforma costituzionale, non c'è dubbio, ma, nell'estendere questo giudizio ad altro, rischiamo di commettere ulteriori errori.

Segnalo, per chi non se ne fosse accorto, che a queste elezioni comunali molti sindaci, molti sindaci in questo Paese sono stati eletti con il voto di meno del 50 per cento dei loro concittadini. Auguri, se vogliamo introdurre l'elezione diretta di nuovo per le province, perché ho la forte sensazione che ci troveremmo di fronte a percentuali molto ma molto più basse. Segnalo anche altrettanto cautamente alla riflessione di tutti che anche presidenti di regione sono stati eletti con meno del 50 per cento dei voti, in qualche caso con meno del 40 per cento dei voti. È una discussione che certamente dovremo fare: il Governo se ne è chiamato fuori, dicendo che non è il momento e che non è materia del Governo; in questo momento è anche una scelta comprensibile e legittima, dovrebbe essere il Parlamento a porsi il problema di quale assetto istituzionale dobbiamo dare a questo Paese, quando si ragiona degli enti locali e quando si ragiona dell'organizzazione dello Stato.

E, tuttavia, non c'è dubbio che dovevamo e si doveva intervenire, e che si deve intervenire, perché comunque le province ci sono, ma io credo che gli italiani siano molto più interessati alla manutenzione di quei 130 mila chilometri di strade e di quelle migliaia di edifici scolastici che non al sistema di elezione delle province. Lo dico, ripeto, come spunto di riflessione, anche perché abbiamo assistito - altra divagazione sul tema, tanto alla fine i pareri sulle mozioni sono quasi tutti favorevoli, per cui penso sia lecito divagare - al fatto che, in un Paese dove, e mi riferisco alla Francia, il Presidente Macron e poi il suo partito hanno stravinto le elezioni con quel sistema elettorale, in misura che è stata definita da qualcuno quasi facendo riferimento al bonapartismo o a divinità greche, tale è il potere del Presidente Macron, comunque non è che si è proposto di fronte alle Camere riunite, una delle quali eletta di secondo grado - segnalo che il Senato francese che l'altro giorno ha sentito il discorso di Macron è composto da eletti di secondo grado e credo che sia una democrazia anche la Francia -, dal Presidente che ha stravinto le elezioni con un sistema elettorale, che si può ridurre il numero dei deputati e si può perfino introdurre una quota di proporzionale nel sistema elettorale, il che vuol dire, appunto, che le elezioni e i risultati delle elezioni del popolo si possono magari anche provare, con senso di responsabilità, a interpretare e gestire.

Questo perché, e anche noi nella nostra mozione ne parlavamo, anche noi abbiamo parlato di sistema elettorale delle province, ma ci siamo riferiti, per la verità, a quello delle città metropolitane, che è altra cosa sia per il carico di funzioni sia per il livello e per l'importanza e per la duplicazione di ruoli, rispetto a quello delle province: è il punto che per l'appunto - mi si perdoni il gioco di parole - è stato espunto nella proposta di riformulazione del Governo. Ma io, ripeto, ci andrei cauto nell'interpretare il voto del 4 dicembre dei cittadini italiani come un voto a sostegno delle province, e facciamone di più, magari facciamole eleggere tutte direttamente dal popolo: mi sembrerebbe un errore, un errore tragico per la politica in questo momento.

Possono essere tuttavia fatte delle cose, e forse questi scampoli di legislatura potrebbero essere utili a farle: sulla forma degli enti, sulla loro organizzazione, sulla governance; e non ci si può nascondere dietro un dito sul fatto che gli enti locali, in particolar modo quelli di area vasta, siano stati un facile bancomat da cui lo Stato centrale ha reperito risorse per rimpinguare le casse. Con effetti appunto spesso devastanti, per le cose che interessano i cittadini, per le cose concrete di cui ancora per esempio le province devono occuparsi, come gli istituti superiori da ammodernare, le strade da costruire, da asfaltare, da rendere sicure.

Abbiamo parlato dei tagli che hanno colpito le province negli anni scorsi, ma sarebbe ingeneroso non ricordare come, negli ultimi mesi, qualcosa, da questo punto di vista, sia cambiato in meglio: parlo dello svincolo degli avanzi di amministrazione, ma anche delle misure contenute nella manovrina correttiva approvata poche settimane fa, l'aumento fino a 180 milioni del finanziamento per le funzioni fondamentali sia per il 2017 che per il 2018, e quello di 80 milioni dal 2019, ma anche i 170 milioni per la manutenzione straordinaria delle provinciali ed i 79 per le strutture scolastiche. Il problema è che ciò che è stato fatto evidentemente non basta, come denunciato da UPI ed ANCI, che anche quest'anno i bilanci rischiano di non essere in equilibrio.

Concludo, allora, con qualche riferimento ancora alla nostra mozione, in cui chiedevamo in particolare sugli impegni delle garanzie di adeguati livelli di finanziamento, con un occhio di riguardo per le province colpite dal sisma, anzi dai terremoti, dovremmo dire, di questi ultimi mesi e di questi ultimi anni; per poi chiedere che, come previsto dalla Costituzione, sia ripristinata l'autonomia organizzativa degli enti provinciali, che è stata negata da una specifica norma della legge finanziaria per il 2015.

Inoltre, un altro punto che abbiamo segnalato, e che è stato accolto, riguarda appunto gli eletti a livello locale, che decidono, gratuitamente in questo caso, di mettere il loro tempo a disposizione dell'amministrazione pubblica. Secondo alcune interpretazioni delle norme del testo unico sugli enti locali, chi è eletto in secondo grado presso i consigli provinciali o esercita le funzioni di consigliere delegato non può usufruire dei permessi retribuiti dal lavoro per lo svolgimento delle funzioni elettive: e questo è un vulnus a cui va posto certamente rimedio, perché non possiamo chiedere che un amministratore pubblico, oltre a prestarsi gratuitamente, debba anche farlo o solo nel proprio tempo libero, o rinunciando a parte dello stipendio che la sua professione gli garantisce.

Ho già detto invece per quel che riguarda il punto sull'elezione e sul sistema elettorale delle province e delle città metropolitane, e pertanto confermo l'accettazione della riformulazione e il nostro voto favorevole alla nostra mozione e anche alle altre sullo stesso tenore.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il collega Luca Pastorino. Ne ha facoltà.

LUCA PASTORINO. Signor Presidente, brevemente, perché mi pare di avere letto, e anche le parole di chi mi ha preceduto testimoniano il fatto che qui gli impegni si assomigliano un po' tutti. Ci sono delle sfumature: alcune sfumature, quali quella appunto del ripristino dell'elettorato diretto dei consigli provinciali. Proprio su questo mi rivolgo al Ministro Costa: noi ci permettiamo di insistere nella votazione di questo punto b). Lo diciamo perché, a nostro avviso, bisogna essere meno cauti, certe volte (riprendo le parole di chi mi ha preceduto), anche nell'analizzare gli effetti sul territorio di quelle che sono state le riforme; e di come evidentemente, è vero, la gente non va più a votare, ma io credo che le ragioni del non voto vadano cercate e ritrovate in tante diverse motivazioni, piuttosto che nel fatto che i consiglieri provinciali vengano scelti o meno direttamente dalle persone. Anche perché la realtà dei fatti è che comunque abbiamo costretto i cittadini a subire delle scelte che non sono soltanto gestionali, ma sono anche politiche e strategiche, e sulle quali non possono dire nulla. Non possono dire nulla ma non sanno nemmeno nulla: e questo secondo me alimenta la disaffezione nei confronti della politica. L'altro giorno chiedevo a mia moglie se sa che a Genova c'è un sindaco metropolitano; in casa parliamo anche poco di politica, ma ne parliamo, poi ho fatto l'amministratore per dieci anni: mia moglie non sapeva neanche dell'esistenza di questa figura. Io credo sia importante invece riportare al centro del dibattito (e quindi per questo ci permettiamo di insistere sul voto) la questione dell'elezione diretta dei consiglieri provinciali e dei presidenti delle province: che, badate, sono persone che poi, al di là di tutto, sono chiamate a fare due cose, due ruoli. Il sindaco metropolitano della città di Genova deve fare anche il sindaco di Genova, così come un presidente della provincia molto spesso deve fare il sindaco o nel comune capoluogo o in comuni della provincia: in un sistema di cose che mal si concilia con l'attenzione al territorio che tutti quanti bene o male in quest'Aula abbiamo sottolineato come esigenza e priorità.

E voglio dire, gli impegni vanno tutti nella stessa direzione, dalla parte della maggioranza e dalla parte della minoranza; a testimonianza del fatto che forse - e dico forse in maniera gentile - la riforma Delrio del 2014 non ha prodotto gli effetti desiderati: è una di quelle tante riforme che si innestano nella stagione delle riforme del Governo Renzi, e che hanno prodotto più danni della grandine, in certi casi. Nel caso degli enti locali, mi pare piuttosto evidente, perché qui stiamo parlando - l'hanno detto anche in tanti - di 130 mila chilometri di strade provinciali, di 5 mila plessi scolastici e di altre cose ancora: tutti servizi che i cittadini rivendicano, perché essenziali alla loro esistenza. Badate bene che oggi non vanno dal consigliere provinciale o dal sindaco della città metropolitana: vanno dal sindaco del paese dove passa quella strada, a chiedere ragione del fatto per cui quella strada non è più praticabile o è chiusa, perché un funzionario della provincia non si prende più la responsabilità di dare l'idoneità alla carrettabilità di quella strada. Questo è un po' il sistema di cose! Noi abbiamo quindi chiesto… E mi ripeto, perché l'avevamo chiesto già in occasione della manovrina, noi, come tanti altri gruppi all'interno di quest'Aula, compreso il gruppo del partito di maggioranza relativa: tutti quanti avevamo chiesto di poter trovare le risorse utili ad evitare il crollo del sistema provincia, o di quello a cui è stato ridotto il sistema province.

Poi è chiaro, io parlo anche per esperienza personale: ho fatto l'amministratore di un piccolo comune per dieci anni, e posso dare e portare a voi una testimonianza positiva e diretta di quello che era il lavoro della provincia di Genova e dei suoi amministratori, in termini di attenzione al territorio, di quella coesione territoriale e di complementarità che forse in altri territori non c'è stata; e quindi la provincia, questo assioma che è partito dal 2011 come provincia ente inutile da abolire, insomma, in altre parti d'Italia aveva ragione di essere, ma in molti altri casi vi posso garantire di no. Il risultato qual è stato? È stato quello che vediamo, con le scuole che sono a rischio di chiusura: faccio sempre il caso della provincia di La Spezia, che è emblematico per la mia regione, faccio l'esempio delle strade, faccio tanti altri esempi.

Non mi soffermo anche sul fatto, mi sembra un paradosso di cui nessuno parla…ma il fatto che questi amministratori locali di secondo livello debbano svolgere il loro lavoro, occuparsi della cosa pubblica gratis, a me sembra una roba da matti: questo è un principio che è stato introdotto da Pericle nel 450 avanti Cristo, che forse un po' di storia ci ha insegnato anche nella gestione delle novità all'interno della nostra società. Perché, voglio dire, se uno evidentemente deve prestare gratuitamente la propria opera a servizio della pubblica amministrazione, evidentemente o è uno che sta bene di famiglia, oppure non ha bisogno di trovare in modo lineare il proprio sostentamento per la vita.

Per cui i nostri impegni erano, come quelli degli altri, rivolti a riorganizzare l'assetto del governo locale attraverso procedimenti condivisi con i territori. Il punto b), per il quale si propone la cancellazione della seconda parte, era così scritto: “prevedere, nell'ambito di una riforma dell'intero quadro normativo degli enti locali, una razionalizzazione delle funzioni amministrative dei diversi livelli di governo, e in particolare, in relazione all'ente intermedio, il ritorno ad un'organizzazione fondata sul suffragio universale diretto nella scelta degli organi rappresentativi”. Ancora, “individuare le risorse adeguate a copertura delle funzioni assegnate in base ad un'analisi reale dei fabbisogni standard, nel rispetto di quanto previsto all'articolo 119 della Costituzione”. E ancora, “assegnare alle province le ulteriori risorse necessarie a garantire lo svolgimento delle funzioni fondamentali assegnate, eccetera eccetera eccetera, a partire dalle strade, dalle scuole”. Sono temi che abbiamo toccato tutti!

Ritorno un attimo al passato: da Monti in avanti, passando a Delrio, alla riforma costituzionale che è stata bocciata. Ecco, tanti amministratori locali a quell'epoca sottolineavano l'esigenza di una sistemazione, di una modifica, di una variazione all'interno degli equilibri tra gli enti locali. Ripeto: è un'esperienza positiva, altri ce l'avranno negativa, ma sicuramente quella doveva essere, per la maggior parte di tutti noi, l'occasione per stabilire chi dovesse fare qualche cosa, con quali soldi, evitando le sovrapposizioni che oggettivamente c'erano, perché le province, molto spesso, avevano anche, al di là delle funzioni delegate o funzioni proprie, i compiti dei comuni o delle regioni stesse. Insomma, era il caso di mettere un po' in ordine questo sistema che forse tanto bene non funzionava, ma che comunque aveva il pregio di potere mantenere il territorio integro, curato, nelle strade e nelle scuole.

Tenete presente che io vengo da una regione che negli ultimi anni è stata devastata da alluvioni di ogni tipo, le province di La Spezia e di Genova, quindi con una situazione di strade molto spesso al limite della praticabilità e il funzionario responsabile primo o poi, credo più prima che poi, andrà a chiudere questi percorsi a danno dei cittadini, della qualità della vita e di quel sentimento ormai diffuso che, come diceva il collega che mi ha preceduto, fa sì che le persone non vadano più a votare.

Io credo che la reintroduzione di un sistema di elezione diretta a suffragio universale degli organismi provinciali, modificati secondo una discussione che potremo fare, che parta veramente dalle cose, sia la cosa opportuna e un elemento di ragionamento che parte dalla situazione di oggi, che è una situazione di difficoltà, di problemi, gridati dagli amministratori dei comuni e dei cittadini (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà-Possibile).

SESA AMICI, Sottosegretaria di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Chiedo di parlare, per alcune precisazioni sui pareri resi.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SESA AMICI, Sottosegretaria di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Presidente, scusandoci con i colleghi, soprattutto con il collega Simonetti, e per dargli anche la possibilità di intervenire in dichiarazione di voto per vedere se accetta o meno la riformulazione. Al punto d) del testo della mozione di Simonetti c'è un tema che ha riguardato quest'Aula, come quella del Senato, nella discussione intorno a quanto è avvenuto con il decreto n. 50, che noi abbiamo approvato, dentro il quale il tema delle province, soprattutto della manutenzione stradale, è stato risolto attraverso la predisposizione per l'anno 2017 di 170 milioni a valere sul Fondo, invece dei 300 previsti dalla mozione Simonetti. È del tutto evidente che, qualora noi dessimo anche un parere favorevole con la riformulazione “compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica”, così come aveva detto il Ministro Costa, questo sarebbe in contraddizione con un atto che il Parlamento ha già votato. Per questo, si chiede al collega Simonetti di sopprimere il punto d).

Approfitto per dare anche un parere diverso sulla mozione Nesci ed altri n. 1-01647. Circa le premesse, credo che il Ministro Costa abbia detto che le premesse, proprio per il tipo di ragionamento che è avvenuto anche alla luce del referendum del 4 dicembre, ci pone in una condizione probabilmente di una riflessione più complessiva, non in questa sede di discussione delle mozioni. Quindi si dà un parere favorevole sulle premesse. Sul punto 1) del dispositivo si propone alla collega questa riformulazione: “ad assumere iniziative che, compatibilmente con gli obiettivi di finanza pubblica, consentono alle province il pieno esercizio delle funzioni, in particolare quelle dedicate alle scuole e alle strade, salvaguardando l'occupazione del personale impiegato e le relative retribuzioni”. Questo è il testo e quindi, rispetto alla formulazione dal punto, dopo le parole “dedicate alle scuole e alle strade” il periodo: “nonché per attribuire entro il termine di sei mesi” fino alla parola “riferimento”, sopprimerlo. Al secondo punto del dispositivo diventa favorevole con questa riformulazione “a continuare ad assicurare il ricollocamento del personale delle province in mobilità conseguente al disposto trasferimento di funzioni non fondamentali delle province presso altre amministrazioni centrali e periferiche che risultano in carenza di organico e in particolare, come già avvenuto, presso l'amministrazione della giustizia”. Con questa riformulazione, per i punti 1) e 2) i pareri sono favorevoli, su tutti gli altri rimane il parere espresso dal Ministro Costa.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il collega Simonetti. Ne ha facoltà.

ROBERTO SIMONETTI. Grazie Presidente, sottosegretario Amici, io ho apprezzato il tono con il quale lei mi ha chiesto di espungere la lettera d), però più che espungere la lettera d), lei avrebbe dovuto modificare la cifra da 300 milioni. Se ne avete già messi 170, mi diceva: la correggiamo in 130, perché toglierla significa che comunque al settore delle province mancano all'appello 300 milioni. Mancano 300 milioni e sono i dati rilevati sia dal settore finanziario economico dell'UPI, sia dalla Sose, che è un'entità tutta vostra del Ministero dell'economia, una società partecipata ed emanazione del Governo, che calcola i costi, i fabbisogni standard per la Commissione bicamerale del federalismo fiscale, la quale ha portato una relazione proprio in seno all'audizione che è stata effettuata sei mesi fa presso quella sede, in cui evidenzia che, a legislazione vigente, a funzioni vigenti, le entrate delle amministrazioni provinciali sono in negativo rispetto al reale costo di quelle funzioni che voi avete dato con la “legge Delrio” di ben 650 milioni. Con la manovrina avete tamponato, come già lei ha ricordato e come è stato già evidenziato non solo da chi si oppone a questo Governo ma anche dal presidente Variati, in maniera insufficiente. Siete intervenuti sì, ma in maniera insufficiente rispetto a quel minimo che è stato stabilito nella quota di 650 per arrivare a zero, non per avere un surplus o avere degli utili, ma per arrivare alla quota minima, alla quota zero. Quindi il settore province è ancora sotto di 300, quindi l'avrei lasciata questa lettera d) e pertanto è ovvio che non accetto questa riformulazione.

Ed è altrettanto ovvio che non accettiamo la richiesta del Governo di togliere, di espungere la parte più politica di queste mozioni che è la parte più nobile tra l'altro di questa iniziativa parlamentare che partiva proprio dalla Lega che vive a contatto con il territorio. Vive a contatto con il territorio e i territori cosa ci dicono? Ci dicono che tutto ciò che non è eletto di fatto non è rappresentativo. È ovvio che la vostra intenzione è quella di non portare più nessuno alle elezioni. Non volevate e non volete far di nuovo eleggere i presidenti di provincia, addirittura volevate cancellare le province dalla Costituzione e non vi è andata bene. Volevate addirittura non far votare più il Senato, cosa che i cittadini italiani fortunatamente vi hanno sonoramente bocciato. Non volete andare a elezioni dopo quattro Governi non eletti dai cittadini e siete qui ad arrancare giorno per giorno, con una maggioranza posticcia, per arrivare alla primavera dell'anno prossimo. Sostanzialmente la sinistra, questa maggioranza, è avulsa dal contatto con il cittadino. Non vuole il voto popolare, non vuole il giudizio popolare, soprattutto in un momento storico politico in cui tutte le volte che purtroppo per voi dovete andare alle elezioni, le elezioni le perdete e si è visto quindici giorni fa nelle elezioni amministrative, come si è visto nelle elezioni referendarie, come si è visto in tutte le altre elezioni che dal famoso 40 per cento in avanti siete andati in picchiata fino al meno del 30 per cento. Mi spiace che il ministro Costa di cui apprezzo la sincerità, soprattutto perché…

PRESIDENTE. Concluda.

ROBERTO SIMONETTI. Ho finito il tempo?

PRESIDENTE. Sì, ha venti secondi.

ROBERTO SIMONETTI. Ringrazio per la sincerità con la quale in una giornale nazionale ha dichiarato che sarebbe favorevole all'elezione diretta perché chi proviene, come noi proveniamo, come lei proviene, dal territorio, capisce qual è l'importanza dell'essere eletto direttamente. Lei ha iniziato da consigliere comunale, sicuramente da consigliere provinciale andava a cercare i voti, ha vinto con il maggioritario, con l'uninominale, nei collegi. Lei è conosciuto sul suo territorio e non perché è Ministro, anche perché è Ministro, ma soprattutto perché ha iniziato con un'attività amministrativa di eletto a livello amministrativo.

Ed è questo che rende nobile la politica: l'essere eletto direttamente, non nominato e né tantomeno eletto in seconda nomina. Grazie Presidente, per il tempo che mi è concesso, quindi non accetto le modifiche, voteremo contro tutte le iniziative di questa maggioranza perché è questa maggioranza che ha creato il problema…

PRESIDENTE. Concluda..

ROBERTO SIMONETTI. …degli enti locali, tutti, comuni e province (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie-Lega dei Popoli-Noi con Salvini)

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il collega Marotta. Ne ha facoltà.

ANTONIO MAROTTA. Grazie Presidente. Solo per annunciare il voto favorevole alla mozione Tancredi e Bosco e alle altre mozioni, che sono uguali o simili, con lo stesso contenuto, presentate da altri gruppi.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il collega Gianni Melilla. Ne ha facoltà.

GIANNI MELILLA. Grazie, signor Presidente. Innanzitutto accogliamo le riformulazioni che ci sono state proposte così come dichiariamo di votare tutte le mozioni le quali sono ispirate un po' da una logica di precauzione scientifica di riduzione del danno. Ridurre il danno dopo quello che purtroppo negli ultimi anni le province italiane hanno subito. Parliamo dell'istituzione più antica, insieme ai comuni, del nostro Paese, che ha dato per più di un secolo prima al Regno e poi alla Repubblica anche un'identità culturale e a tanti cittadini che si sono sentiti non solo abitanti e cittadini del proprio comune, ma anche appartenenti alla provincia di cui il loro comune faceva parte. Purtroppo la vicenda delle province è un po' la metafora in negativo dei guasti prodotti da una cultura dell'antipolitica che si è caratterizzata per un odio profondo, radicato e storicamente anche giustificato proprio in termini negativi che ha individuato nelle istituzioni proprio il luogo da disprezzare, da demolire, da mettere alla gogna.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROBERTO GIACHETTI (ore 18,22)

GIANNI MELILLA. Illustri giornalisti hanno realizzato profitti milionari attraverso pubblicazioni di grande fortuna; giornalisti di grido hanno animato i loro talkshow con aggressioni continue, volgari, rozze nei confronti della politica, dei partiti, delle istituzioni.

Le province insieme ad altri simboli di questa cultura regressiva e volgare sono stati sul banco degli accusati per molti anni e si è arrivati quindi alla loro demonizzazione totale. Le province erano espressione della casta, le province erano enti inutili, le province spendevano soldi; quando invece le province erano un po' l'anello debole della catena istituzionale di questo Paese. Forse sulle regioni si sarebbe dovuto riflettere meglio, sui guasti che sono stati prodotti anche da riforme assunte a maggioranza, riforme costituzionali come la riforma del Titolo V della Costituzione reclamata dalla Conferenza delle regioni, dalle regioni di destra e dalle regioni di sinistra, le quali hanno incassato enormi poteri che hanno gestito in modo discutibile affossando il bilancio dello Stato che poi doveva sempre ripianare questa capacità vorace delle regioni che non rispondevano a niente e a nessuno delle spese che hanno assunto a partire dagli inizi degli anni 2000.

Le province no: le province erano i parenti poveri; le province peraltro avevano la concretezza di dare risposte alla manutenzione di qualcosa come 130.000 chilometri di strade. Ci rendiamo conto? Stiamo parlando delle strade che interessano forse la parte più marginale, più negletta di questo Paese perché le strade provinciali collegano piccoli paesi di montagna, zone interne, non è la grande viabilità che è amministrata dall'ANAS e dallo Stato o dalle autostrade. Stiamo parlando dei luoghi in cui vivono alcune decine di milioni di italiani che non hanno gli stessi diritti dei cittadini che abitano nelle zone più sviluppate e più urbane di questa nostra meravigliosa Repubblica Italiana.

Questi 130.000 chilometri di strade sono state malridotte dalla legge Delrio, ma io dico dalla cultura antipolitica che ha penalizzato i piccoli comuni, che ha penalizzato le province in questi venti anni di Seconda Repubblica perché queste cose nella Prima Repubblica non succedevano. Infatti nella prima Repubblica quei 130.000 chilometri di rete stradale avevano la stessa dignità della rete statale e autostradale della viabilità. Poi le province hanno a che fare con piccoli problemi come la manutenzione di 5.000 scuole di questo Paese, 5.000 scuole in cui noi mandiamo i nostri figli e rispetto alle quali non ci preoccupiamo dello stato di sicurezza in cui versano, non ci preoccupiamo dalla situazione di vulnerabilità sismica di tutta la dorsale appenninica. Noi mandiamo i nostri figli in scuole insicure, però in tanti hanno applaudito alla cosiddetta abolizione delle province poi sonoramente bocciata nel referendum costituzionale. Che cosa si è determinato in questi anni? Si è determinato che la vittoria del populismo e dell'antipolitica per quando riguarda le province ha determinato guasti profondi che hanno peggiorato la condizione dei cittadini, ripeto, soprattutto delle zone marginali del nostro Paese. Vorrei fare un piccolo esempio, la provincia di Pescara da cui io provengo: a gennaio c'è stata una grande tragedia a Rigopiano, una slavina enorme, una tragedia in cui molti cittadini hanno perso la vita. Sapete come è andata a finire tutta questa storia? Hanno mandato l'avviso di garanzia al sindaco di quel paesino, Farindola, e al presidente della provincia di Pescara che è sotto accusa perché, essendo la nevicata di particolare intensità, non ha garantito in tempi rapidi la pulizia della strada e si sta indagando sull'operato di questo presidente della provincia. Su un giovane che gratuitamente, perché nelle province italiani i presidenti e i consiglieri provinciali non prendono un euro di indennità, ebbene sulle spalle di questo ragazzo presidente della provincia che è un consigliere comunale di un piccolo paese dalla montagna pescarese, non del Gran Sasso ma dell'altro versante della Majella, ambedue parchi nazionali quindi tra le zone più belle di questo Paese, ebbene sulle spalle di questo presidente della provincia c'è un'indagine giudiziaria che si basa sulla morte di molte persone. Che cosa dovrebbe dire questo presidente della provincia di Pescara? Grazie a questo Parlamento, certo dovrebbe ringraziare questo Parlamento che attraverso le sue iniziative legislative, in cui io sono fiero di non aver votato, ha praticamente ridotto al silenzio, all'inazione le istituzioni provinciali senza sostituirle nella manutenzione delle strade, nella manutenzione delle 5.000 scuole italiane. È stato un senso di irresponsabilità profondo del Parlamento che si è adeguato ad una cultura antipolitica e populistica e che non ha trovato di meglio che dare un colpo definitivo alle province senza neanche trovare chi sostituiva le funzioni che venivano depotenziate nelle province.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

GIANNI MELILLA. Mi avvio alla conclusione. Si è determinato il dissesto di tre province, il pre-dissesto di dieci province, il prossimo dissesto della maggioranza delle province. Si sono tolti in tre anni 3 miliardi di euro alle province - ripeto: 3 miliardi - gli stiamo restituendo qualche briciola, qualche centinaio di milioni di euro. Ma voi pensate che questo è il modo di governare un Paese complesso come il nostro? Per questo noi voteremo le mozioni che vanno tutte nel senso di una profonda autocritica nei confronti di questa cultura a cui voglio a questo punto dedicare il mio assoluto dissenso.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Sarro. Ne ha facoltà.

CARLO SARRO. Grazie Presidente. Nell'esame della nostra mozione, credo che la prima riflessione, la riflessione introduttiva, sia quella di considerare questo tema come paradigmatico di quanto è accaduto in questa legislatura, a proposito della stagione delle riforme, di cui abbiamo sentito parlare tanto frequentemente nel corso di questi anni, soprattutto in televisione e sui giornali, con l'enfasi e con lo spirito propagandistico, con cui i Governi in carica hanno propalato questa narrazione.

Credo che la vicenda delle province rappresenti proprio, come dicevo, il paradigma di questa stagione e l'esempio di come non fare le riforme in questo Paese e soprattutto di come, attraverso queste finte riforme, accrescere ed aggravare i problemi, che sono stati indicati come obiettivo da superare e da rimuovere attraverso questi interventi legislativi.

È stata ricordata già, in molti interventi che mi hanno preceduto, la funzione delicatissima che quest'ente intermedio svolge nel nostro assetto istituzionale: la competenza su materie di primaria importanza, la manutenzione della rete stradale provinciale (è stato ricordato un dato, quello dei 130.000 chilometri di strade, che sono affidate alle competenze della provincia) o degli istituti di istruzione secondaria di secondo grado (che sono oltre 5 mila, circa 5.100, in tutto il territorio nazionale), ma anche tanti altri servizi importanti, in materia ambientale, in materia di assetto idrogeologico, in materia di sicurezza dei cittadini. Pensiamo, per esempio, al servizio neve che le province devono assicurare, soprattutto nelle aree montane e nelle aree più isolate del nostro territorio nazionale.

Credo che avere ridotto questi enti, in una condizione di sostanziale impotenza e incapacità a svolgere quelle che sono le ordinarie funzioni, rappresenti forse la manifestazione più eloquente della crisi, nella quale le istituzioni del nostro Paese sono state spinte da scelte completamente sbagliate e da azioni di Governo che non esitiamo a definire scellerate. Infatti, davvero si ha la sensazione tra i cittadini che servizi fondamentali come questi, che vengono di fatto negati ad intere comunità, rappresentino la testimonianza più eloquente di una sorta di collasso del sistema istituzionale.

Questo risultato era un risultato facilmente intuibile e facilmente prevedibile, atteso che la progressiva riduzione di risorse finanziarie, assegnate e riconosciute alle province, non poteva che approdare a questo risultato. Noi abbiamo assistito negli ultimi tre anni ad un incremento progressivo di tagli, addirittura ad un prelievo diretto dello Stato sulle risorse proprie della provincia, attraverso le entrate dei tributi di competenza provinciale e, quindi, sostanzialmente, all'esaurimento delle disponibilità finanziarie, che ha provocato situazioni davvero paradossali.

Abbiamo province di cui io porto la testimonianza diretta, che è stata anche qui in Parlamento ricordata, nel corso di una iniziativa pubblica del nostro gruppo parlamentare, la provincia di Caserta, che ha dovuto addirittura chiudere la sede dei propri uffici, la sede istituzionale, perché non era più in grado di garantire neanche la pulizia ordinaria dei locali degli ambienti, per cui la ASL competente per territorio aveva diffidato a non usare più questi locali, ormai privi dei requisiti minimi di agibilità dal punto di vista igienico-sanitario.

Penso che questo, come molti altri esempi, ci inducano a ritenere la necessità di una revisione profonda, perché l'intervento della legge Delrio era un intervento ponte, in attesa della sicura abolizione delle province, almeno secondo il disegno di riforma costituzionale, che la maggioranza ha propugnato, ma che, come anche è stato ricordato precedentemente, è stato sonoramente bocciato del referendum costituzionale del 4 dicembre. Esso avrebbe dovuto permettere una gestione transitoria, in attesa del trasferimento delle competenze e delle funzioni ad altri enti, secondo una revisione complessiva del modello organizzativo, anche dei servizi di riferimento.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE LUIGI DI MAIO (ore 18,30)

CARLO SARRO. E quando poi c'è stata la bocciatura da parte del corpo elettorale in maniera netta di quel disegno costituzionale e, quindi, sostanzialmente la conservazione della natura giuridica, delle caratteristiche e delle prerogative costituzionali da parte di questi enti, ci si è trovati nella paradossale e davvero insostenibile situazione, in cui le province, pur mantenendo inalterate le loro caratteristiche - che derivano direttamente da una fonte di rango primario, dalla fonte costituzionale - hanno poi visto totalmente svuotare le loro disponibilità finanziarie e, quindi, come ricordavo precedentemente, essere ridotte in una condizione di sostanziale impotenza.

E non ci sono state iniziative correttive da questo punto di vista, che dovevano essere promosse immediatamente, all'indomani dell'esito referendario, correggendo e variando sensibilmente l'assegnazione delle risorse finanziarie a favore dell'ente intermedio, dell'ente provincia, proprio per garantire quel minimo fisiologico di continuità dell'azione amministrativa e dell'erogazione dei servizi.

Tutto questo non è avvenuto, anzi, si è ulteriormente proceduto sul piano dei tagli. Solo rispetto a delle emergenze, davvero ormai non più giustificabili in alcun modo, si è cercato di intervenire - anche in maniera piuttosto disorganica e in maniera piuttosto episodica -, proprio per rimediare e per porre rimedio a delle situazioni specifiche e a dei casi particolari, ma senza, ancora una volta, una visione organica, una visione complessiva, come la serietà del problema avrebbe richiesto, anzi, avrebbe decisamente imposto.

Voglio dire che qui il paradosso, e quasi questo cortocircuito, del sistema è evidenziato anche in ragione delle responsabilità che derivano agli amministratori, i quali svolgono gratuitamente la loro funzione e il loro esercizio. Pensiamo, per esempio, alle nuove norme che sono state introdotte a proposito dell'omicidio stradale e delle responsabilità che investono anche chi ha la titolarità di funzioni manutentive rispetto alla rete viaria, ma si trova, contestualmente, nella condizione di oggettiva impossibilità di operare e di promuovere interventi, financo di programmare questi interventi, come le ripetute segnalazioni, che la stessa magistratura contabile nella funzione di controllo ha più volte segnalato al Parlamento, rispetto alle conseguenze che possono derivare da una contrazione così accelerata e così marcata delle disponibilità finanziarie di questi enti, a competenze e funzioni inalterate.

È una contraddizione di sistema, insomma, che avrebbe richiesto e richiederebbe una risposta organica, una risposta complessiva, che sino ad oggi noi non abbiamo. Certamente, il dibattito che oggi investe e interessa quest'Aula rappresenta il primo tentativo di porre avvio e di porre mano ad una modifica seria del sistema, ma soprattutto di avviare una riflessione profonda sul destino di questo ente, ma soprattutto sul destino del complessivo assetto istituzionale e organizzativo del nostro Paese, soprattutto per quanto riguarda gli enti territoriali.

Noi di Forza Italia auguriamo che, accanto ad una risposta di tipo squisitamente economico, ci sia anche una risposta di sistema, in termini istituzionali, proprio per la delicatezza delle questioni, che sono state sollevate e che quotidianamente interessano vaste comunità del nostro territorio.

Rispetto alla proposta di riformulazione, che il Governo ha prospettato in relazione alla nostra mozione, pur dichiarandoci nell'insieme favorevoli alla rimodulazione della nostra mozione, accettando in particolar modo la riformulazione della lettera b) degli impegni, non possiamo accettare, invece, la riformulazione del punto 2 della lettera d) a proposito della necessità di espungere dal testo la richiesta di ritorno al sistema di elezione diretta degli organi di governo della provincia, perché noi crediamo che la legittimazione del voto popolare rappresenti un'ineludibile e una non più sostenibile soluzione di elezione indiretta che ha dato conto in questa breve esperienza di applicazione della legge Delrio di tutti i suoi limiti e di tutte le sue conseguenze negative. Per questa ragione, accettando la riformulazione della lettera b), invece, esprimiamo parere contrario rispetto alla riformulazione del punto 2 del dispositivo (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la collega Nesci. Ne ha facoltà.

DALILA NESCI. Grazie, Presidente. Decisioni e misure sulle province italiane dimostrano, da sei anni ad oggi, l'ambiguità e la malafede delle forze di governo, supine alle sfere dell'alta finanza e attive per conservare poltrone e potere. Le province dovevano essere soppresse con una legge costituzionale, ma sono state mantenute e sono state private di risorse adeguate alle funzioni previste dalla riforma Delrio. Ne è derivato il caos totale, di cui la maggioranza è perfettamente consapevole; ciononostante, permane l'immobilismo irresponsabile del Governo in carica, davanti ai mali prodotti, alla paralisi delle attività, alla mancata erogazione dei servizi, come la banale e ordinaria manutenzione delle strade e degli edifici scolastici e non di rado degli stipendi del personale. Finora il Governo ha scelto la linea del non intervento e dell'ignorare ad oltranza.

Il primo tentativo di ridurre le funzioni delle province risale al cosiddetto decreto-legge Monti. Il provvedimento fu dichiarato illegittimo nonostante concepito da un professore universitario investito del ruolo di Commissario europeo. Seguì la cosiddetta legge Delrio che introdusse il riordino provvisorio delle province, enti da abolire in un secondo tempo per via costituzionale. Tale riordino provvisorio venne articolato senza oneri per la finanza pubblica; alla luce dei fatti, chiari quanto drammatici, la conclusione è una soltanto: nonostante le parole e la propaganda martellanti nessun Governo ha mai voluto abolire le province e ricordo che, invece, il MoVimento 5 Stelle, per coerenza, nemmeno si è mai candidato alle elezioni provinciali (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

Altro aspetto grave è che nell'esaminare la cosiddetta legge Delrio, la Corte dei conti aveva evidenziato la possibilità che quel riordino avrebbe comportato aggravi di spesa, confusione ordinamentale e moltiplicazione di oneri. La Corte avvertì che le procedure indicate mal si concilierebbero, per la durata e la complessità, con la provvisorietà del disegno organizzativo perseguito dal provvedimento. Delle province, la legge Delrio ha soppresso soltanto la modalità di elezione degli amministratori, per cui ha soltanto tolto il diritto ai cittadini di scegliere i propri rappresentanti; per il resto, la stessa legge ha perfino incrementato le funzioni originarie degli enti in parola, contemplando, infatti, il successivo trasferimento di funzioni e di personale presso le regioni. Questo processo è stato problematico, in alcuni casi fallimentare; per molte province le risorse finanziarie sono insufficienti, i bilanci stanno al collasso e i mutui sono peggio di una camera a gas. Io stessa ho condotto un'inchiesta video, trasmessa anche alle procure, sugli effetti provocati dal mancato trasferimento di personale, in particolare della provincia di Cosenza, alla regione Calabria che, per conseguenza, dovrebbe recuperare oltre un milione di euro per canoni dimenticati del demanio, con centinaia di pratiche ammucchiate e di recente caricate su TIR senza fare un preventivo inventario. Se invece guardiamo all'invio delle risorse statali del Fondo di riequilibrio, spesso le banche, pure foraggiate da questo Governo, ne hanno trattenuto di forza somme cospicue.

Pertanto, a diverse province è rimasto poco o nulla per gli stipendi del personale, per lo svolgimento delle funzioni proprie e per garantire i servizi ai cittadini, in particolare, come ho già detto, quelli riguardanti le scuole e le strade che ogni giorno noi percorriamo.

Per ultimo, ricordo che l'Unione delle province italiane ha depositato in tutte le province italiane degli esposti cautelativi e si tratta di presidenti di province, di amministratori, dei vostri amministratori che depositano questi esposti per denunciare, a procure ordinarie, alla Corte dei conti, condotte omissive, illecite. Quindi, sono i vostri amministratori che dicono: abbiamo la consapevolezza di rivolgerci alla magistratura e che questa sia una sconfitta della politica. Ma noi diciamo che questa è una vostra sconfitta, su cui però i cittadini saranno costretti a gestire i disservizi, le mancanze, perché le risorse finanziarie devono consentire di finanziare integralmente le funzioni attribuite. E questo è inconciliabile, secondo noi, con il limbo giuridico nel quale le province versano, nonché con i tagli imposti dal Governo che persevera nell'errore e che aveva previsto la soppressione degli enti soltanto nell'ambito di un devastante progetto di revisione costituzionale, respinto in seguito al referendum del dicembre del 2016.

Noi, rappresentanti del Governo e colleghi tutti, in tema di province chiediamo al Governo le risorse necessarie a permettere lo svolgimento delle funzioni, in particolare di quelle relative alle scuole e alle strade e a garantire gli stipendi al personale. Noi non possiamo - e lo dico - accettare questa riformulazione, perché subordina le garanzie al personale, alla manutenzione di strade e scuole agli obiettivi di finanza pubblica, svuotando del tutto l'impegno che il MoVimento 5 Stelle aveva chiesto al Governo e, soprattutto, mette in luce gli stessi elementi che i vostri amministratori hanno inserito negli esposti alle procure e alla Corte dei conti. Quindi, non è più tempo di riformulazioni blande; non accetteremo la prima riformulazione, accetteremo quella sul secondo punto, per la ricollocazione del personale in mobilità, per una razionalizzazione efficace delle assegnazioni, con particolare riguardo alle carenze di organico in ambito penitenziario e nei tribunali. Avevamo chiesto, e questo non è stato accolto dal Governo, delle misure sanzionatorie verso le regioni che non ottemperano all'erogazione di questi servizi, avendo trasferito alle province, comunque, delle funzioni; avevamo previsto anche di consentire agli enti provinciali di apportare le necessarie correzioni al proprio bilancio e di intraprendere delle iniziative per estendere alle province la disciplina della ristrutturazione del debito già concessa alle regioni. Quindi, per ricapitolare anche agli uffici, voteremo separatamente il primo e il secondo punto ed insieme gli altri punti (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la collega Daniela Gasparini. Ne ha facoltà.

DANIELA MATILDE MARIA GASPARINI. Grazie, Presidente. Ho appena sentito l'intervento della collega Nesci che ha iniziato con un'affermazione che devo dire mi ha particolarmente fatto rabbrividire, quando dice che il Partito Democratico è molto legato alle poltrone e per questo non ha soppresso le province. Io ricordo che noi abbiamo votato “sì” e abbiamo voluto una riforma costituzionale che toglieva dalla Costituzione le province e toglieva 300 posti dei senatori, quindi, da questo punto di vista, non è possibile dire a noi che siamo disattenti all'esigenza di riorganizzare le istituzioni italiane, tenendo anche conto, certo, sì, dei costi. Dico questa cosa, perché, di fatto, il dibattito che qui abbiamo sentito tutti insieme è un dibattito che è per un verso contraddittorio, perché si dice: si è tolta, in riferimento alle province, la possibilità di eleggere i loro consiglieri e i presidenti, dicendo che questa scelta è una scelta fatta con la legge Delrio come se non ci fosse stato in questo Paese un dibattito.

Un dibattito che viene da molto lontano e nel momento in cui sono state istituite le regioni, di fatto, giustamente, in quel momento, tutti credevano che le province sarebbero state cancellate dalla Costituzione. Giustamente perché, nel momento in cui c'è un nuovo livello di governo legislativo territoriale, le regioni, di fatto si era pensato allora che politicamente i cittadini dovessero essere rappresentati dai comuni e i comuni fossero i soggetti che dovevano gestire le funzioni delegate dalla regione e dallo Stato. Non c'era bisogno di un corpo intermedio politico di rappresentanza; servivano soggetti, consorzi, allora si parlò di comprensori, per gestire funzioni che i comuni, per la loro dimensione, non sarebbero stati in grado di gestire. Ovviamente, parliamo di strade e di scuole come oggi, i temi sono sempre gli stessi e ricorrenti. Non si riuscì a far nulla perché, come succede spesso in Italia, allora come oggi la vischiosità del sistema istituzionale italiano rende difficile eliminare qualsiasi ente pubblico, anche se è superato da nuovi livelli di organizzazione dello Stato, anche se è superato da nuovi livelli di soggetti gestori.

Questo è il problema che noi abbiamo di fronte, quello che è anche emerso un po' dal dibattito: anziché affrontare razionalmente l'esigenza, che questo Paese ha, di efficienza e efficacia nella gestione della cosa pubblica, si ritorna a questo tema, o poltrone o sottrazione di responsabilità o di rappresentanza alle attuali province. Faccio presente che i presidenti di provincia, quasi all'unanimità, ma comunque l'Unione delle province italiane, l'UPI, che rappresenta non i presidenti di provincia, rappresenta i 7.980 comuni oggi in Italia, hanno detto che indietro non si torna. Loro ritengono che la nuova organizzazione prevista dalla legge Delrio sia una giusta organizzazione, perché permette ai comuni delle funzioni per le quali non servono più politici, serve una capacità di soggetti che gestiscono le strade, le scuole, i servizi di scala sovracomunale, dove politicamente quelle scelte stanno in capo ai comuni. Poi, di fatto, la provincia, la nuova provincia dettata dalla legge Delrio, è sostanzialmente un'agenzia a servizio dei comuni, la casa dei comuni in questo senso, quindi un soggetto che garantisce ai cittadini che alcune funzioni che hanno bisogno di un livello sovracomunale siano gestite a quel livello.

Quindi, da questo punto di vista, credo che sia necessario, certo, mettere mano alla legge Delrio, una legge, ci tengo a ricordare, che sostanzialmente anticipava la riforma costituzionale, ma sostanzialmente la riforma costituzionale, che non è stata approvata dal referendum del 4 dicembre, nulla tocca della legge Delrio. La stessa Corte costituzionale si è già pronunciata nel senso che, anche se la mancata riforma costituzionale non ha cancellato le province, non esiste un problema costituzionale perché le province continuino a restare un ente di secondo livello in rappresentanza dei territori con la partecipazione diretta dei propri sindaci. Quello che, però, ci tengo a dire è che quello che è venuto a mancare con la mancata approvazione della modifica della Costituzione è il fatto che le regioni avrebbero potuto finalmente ridisegnare in maniera diversa l'aggregazione dei comuni.

Noi abbiamo delle province che rappresentano storie passate, non più quello che sono i cambiamenti territoriali e socioeconomici determinati dal cambiamento delle città, dall'afflusso di tanti cittadini verso le città, e sarebbe stato utile, certamente importante, poter semplificare - quello che la nostra Costituzione, invece, rende molto gravoso - il ridisegno delle province stesse, per accorparle, per separarle, per farle diventare un ente di area vasta, così come dice la legge Delrio, più funzionale a quelli che sono i bisogni delle risposte ai cittadini.

Detto questo, credo che, così come abbiamo indicato nella mozione a prima firma Ettore Rosato, per la quale abbiamo preso atto nella mozione che con questa manovra, l'ultima manovra, il decreto-legge n. 50, sicuramente sono stati fatti passi in avanti rispetto al tema posto dall'Unione delle province d'Italia e da tutte le province che riguarda la mancanza di risorse necessarie per rispondere al tema della gestione delle scuole e delle strade, ma diciamo anche che quelle risorse che sono state messe per quanto riguarda questi servizi non sono sufficienti per dare garanzia di un buon servizio. E diciamo che, da questo punto di vista, ci possa essere da parte del Governo un'attenzione da subito affinché sia fatto un ulteriore sforzo per permettere alle province e alle città metropolitane di dare un giusto servizio ai propri cittadini per le funzioni delegate.

Così come sostanzialmente evidenziamo l'importanza che il Governo si faccia carico di capire chi non sta dando le giuste risorse alle province e alle città metropolitane, perché, se da una parte la legge Delrio ha dato come funzione statale le strade e le scuole, sostanzialmente, alle province, di fatto molte province, in maniera diversa in tutte le regioni italiane, hanno avuto funzioni trasferite dalle regioni, ma, da questo punto di vista, non è chiaro se tutte le regioni rispettano la legge costituzionale che dice: se ti do una funzione, te la do da gestire con le giuste risorse. E, siccome nel decreto-legge n. 50 è stata inserita una clausola, un articolo, che dice che verrà fatta una verifica se le regioni rispettano questo patto, e nel caso vengono sottratte risorse da dare alle regioni, noi chiediamo con la nostra mozione che questa analisi venga fatta da subito per garantire che le funzioni che oggi le province hanno di Stato e regioni siano coperte dalle giuste risorse, legate sicuramente a un'analisi legata anche ai fabbisogni standard, perché credo che questo sia l'obiettivo che vale per tutti gli enti locali.

La seconda cosa che sottolineiamo è di adottare da subito iniziative che diano libertà nella gestione organizzativa. Insomma, l'articolo 420 della legge n. 190, credo, nella sostanza dice alle province e città metropolitane: non potete assumere personale, non potete fare una serie di cose. Abbiamo alleggerito con il decreto-legge n. 50 questo articolo, ma noi ridiciamo che questo articolo andrebbe cancellato, perché le province e le città metropolitane possono, con le risorse destinate loro, di fatto decidere la propria organizzazione. È indispensabile, comunque, ristabilire la piena autonomia economica e finanziaria delle province e delle città metropolitane a partire dal prossimo anno.

Occorre che dal prossimo anno si esca da questa emergenza di un bilancio annuale, che ci sia un bilancio triennale, ridando piena autonomia funzionale a questi nuovi enti. E, per ultimo, dico al Ministro che prima è intervenuto all'inizio di questa nostra seduta che credo che sia, anche a fronte di questo dibattito, necessario e urgente, così come spieghiamo nella nostra mozione, mettere mano alla legge n. 56 da subito, per risolvere il problema delle province, per affrontare seriamente il problema delle città metropolitane, ma anche per ridare ordine al tema delle unioni e fusioni dei comuni, perché ogni anno noi andiamo a un rinvio di un obbligo di legge di unione e di fusione dei comuni.

I comuni, le unioni, l'Anci, l'Unione delle province italiane, alcune proposte di alcuni parlamentari che siedono in quest'Aula sono andati oltre e chiedono, da questo punto di vista, di far sì che città metropolitane e province possano giocare un ruolo importante nell'aiutare i comuni a organizzarsi in unioni e avviare anche nuove fusioni. Quindi, credo che sia utile una relazione - ho finito - fra Governo e Parlamento per dare stabilità economica, istituzionale e di regole alle province (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, la collega Sandra Savino. Ne ha facoltà, per un minuto.

SANDRA SAVINO. Grazie, Presidente. Mi permetta di ricordare a tutta l'Aula e al Governo, esclusi i rappresentanti eletti, come me, in Friuli-Venezia Giulia, che la nostra è l'unica regione in Italia che non ha più le province; sono state tolte dalla lungimirante politica del Partito Democratico nella persona della sua presidente Serracchiani.

Morale: mi è stato risposto dal Ministro che questo era un provvedimento atto a risparmiare proprio togliendo le province; morale di questa triste storia: a fronte di avere eliminato 4 province, sono state costituite 17 unioni territoriali intercomunali, ciò significa 17 strutture. Che cosa succede a questo punto? A questo punto succede che i comuni che si vedono appioppate le scuole le rifiutano perché fatiscenti, e con i patti di stabilità evidentemente poche risorse hanno per poterle ristrutturare; i rifiuti vagano da una parte all'altra senza nessuno che li controlli, e questo vale anche per i trasporti. Quindi vorrei ricordare una volta di più a quest'Aula, e soprattutto al Governo, che un pensiero su questa cosa bisognerebbe farlo.

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto.

(Votazioni)

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Come da prassi, le mozioni e la risoluzione saranno poste in votazione per le parti non assorbite e non precluse dalle votazioni precedenti.

Ricordo che i presentatori della mozione Simonetti ed altri n. 1-01553 non hanno accettato la riformulazione proposta dal Governo, e pertanto il parere deve intendersi contrario alla mozione nella sua interezza.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Simonetti ed altri n. 1-01553, con il parere contrario del Governo.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 4).

Passiamo alla votazione della mozione Brunetta ed altri n. 1-01560 (Nuova formulazione).

Avverto che i presentatori hanno accettato la riformulazione proposta dal Governo relativa al primo capoverso, lettera b), del dispositivo, mentre non hanno accettato la riformulazione relativa al primo capoverso, lettera d), punto 2, del dispositivo.

Avverto, altresì, che è stata chiesta la votazione per parti separate, nel senso di votare il primo capoverso, lettera d), punto 2, del dispositivo distintamente dalla restante parte della mozione.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Brunetta ed altri n. 1-01560 (Nuova formulazione), come riformulata su richiesta del Governo, ad eccezione del primo capoverso, lettera d), punto 2, del dispositivo. Il parere del Governo è favorevole.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 5).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Brunetta ed altri n. 1-01560 (Nuova formulazione), limitatamente al primo capoverso, lettera d), punto 2, del dispositivo, con il parere contrario del Governo.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 6).

Passiamo alla votazione della mozione Civati ed altri n. 1-01646.

Avverto che i presentatori non hanno accettato la riformulazione proposta al Governo relativa al primo capoverso, lettera b), del dispositivo.

Avverto altresì che è stata chiesta la votazione per parti separate, nel senso di votare il primo capoverso, lettera b), del dispositivo distintamente alla restante parte della mozione.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Civati ed altri n. 1-01646, per quanto non assorbita dalle precedenti votazioni, ad eccezione del primo capoverso, lettera b), del dispositivo. Il parere del Governo è favorevole.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 7).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Civati ed altri n. 1-01646, limitatamente al primo capoverso, lettera b), del dispositivo. Il parere del Governo è contrario.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 8).

Passiamo alla votazione della mozione Nesci ed altri n. 1-01647 (Nuova formulazione).

Avverto che i presentatori hanno accettato la riformulazione proposta dal Governo, relativa al primo e al secondo capoverso del dispositivo. Avverto, altresì, che i presentatori hanno chiesto la votazione per parti separate, nel senso di votare le parti su cui il Governo ha espresso parere favorevole distintamente da quelle su cui il Governo ha espresso parere contrario.

DALILA NESCI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DALILA NESCI. Il primo punto, così come riformulato dal Governo, non lo accettiamo. L'avevo precisato.

PRESIDENTE. Va bene, non l'avevamo capito, questo.

Allora, se per voi va bene, votiamo la premessa e il capoverso secondo insieme, che sono quelli su cui avete accettato la riformulazione, mentre nella seconda votazione votiamo primo, terzo, quarto e quinto capoverso del dispositivo (Commenti della deputata Nesci).

Volete votare il primo capoverso separatamente? Ma in ogni caso sono tutti con parere contrario. Sta bene.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Nesci ed altri n. 1-01647 (Nuova formulazione), limitatamente alla premessa e al secondo capoverso del dispositivo, come riformulato su richiesta del Governo, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 9).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Nesci ed altri n. 1-01647 (Nuova formulazione), limitatamente al primo capoverso del dispositivo, su cui il Governo ha espresso parere contrario.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 10).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Nesci ed altri n. 1-01647 (Nuova formulazione), limitatamente ai capoversi terzo, quarto e quinto del dispositivo, su cui il Governo ha espresso parere contrario.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera respinge (Vedi votazione n. 11).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Melilla ed altri n. 1-01648, come riformulata su richiesta del Governo e per quanto non assorbita dalle votazioni precedenti, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 12).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Altieri ed altri n. 1-01649, come riformulata su richiesta del Governo e per quanto non assorbita dalle votazioni precedenti, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 13).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Rampelli ed altri n. 1-01650, come riformulata su richiesta del Governo e per quanto non assorbita dalle votazioni precedenti, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 14).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Rosato ed altri n. 1-01652, come riformulata su richiesta del Governo e per quanto non assorbita dalle votazioni precedenti, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 15).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Tancredi e Bosco n. 1-01656, come riformulata su richiesta del Governo e per quanto non assorbita dalle votazioni precedenti, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 16).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Parisi ed altri n. 1-01657, come riformulata su richiesta del Governo e per quanto non assorbita dalle votazioni precedenti, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 17).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione Pastorelli ed altri n. 6-00336, per quanto non assorbita dalle votazioni precedenti e su cui il Governo ha espresso parere favorevole.

  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.

  La Camera approva (Vedi votazione n. 18).

Modifica nella composizione del Comitato consultivo sulla condotta dei deputati.

PRESIDENTE. Comunico che la deputata segretaria di Presidenza, Annalisa Pannarale, è stata chiamata a far parte del Comitato consultivo sulla condotta dei deputati, di cui al paragrafo VI del Codice di condotta, in sostituzione del deputato Gianni Melilla, cessato dalla carica di segretario di Presidenza.

Interventi di fine seduta.

STEFANO QUARANTA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

STEFANO QUARANTA. Grazie Presidente. Credo che sia giusto onorare in quest'Aula la figura di Paolo Villaggio, morto ieri a Roma a 84 anni, nato a Genova, un grande genovese, nel 1932. La carriera artistica di Paolo Villaggio è nota, nata come intrattenitore nelle navi della Costa Crociera dove incrocia la figura di un altro grande genovese, cioè Fabrizio De André. Poi debuttò prima in radio, dove inventò il personaggio di Fantozzi, poi nel 1968 in televisione, poi ancora scrittore, cinema, teatro, Leone d'Oro e David di Donatello alla carriera. Una grande figura, quindi, di artista ed intellettuale italiano.

Passerà alla storia in particolare per aver creato delle maschere comiche che riflettono il dramma della condizione umana, per essere l'inventore di un linguaggio di parole diventate poi in qualche modo di senso comune e aver descritto in modo acuto e disincantato un mondo che non c'è più, quello delle grandi aziende, l'epopea dei dipendenti a posto fisso, che poi era la Genova degli anni Sessanta e Settanta delle partecipazioni statali. A lui si deve la descrizione ironica e grottesca delle bassezze della natura umana con immagini che resteranno tragicomiche: il tram preso al volo, la Bianchina sempre scassata, le nuvole di pioggia dell'impiegato, la fiera delle atrocità aziendali fatte di sottomissione e di improbabili prove sportive. Il suo fu anche un impegno politico, non solo artistico, nel Partito Comunista, in Democrazia Proletaria, nei Socialisti, nella Lista Pannella, fino anche alla sua dichiarazione di voto nel 2013 per il MoVimento 5 Stelle.

Credo sia stato un grande artista, ma in questo momento un pensiero va rivolto anche alla sua famiglia, ai sui due figli Elisabetta e Pier Francesco e un po' a noi tutti liguri che abbiamo perso un grande figlio della nostra città. Concluderei dicendo questo: era certamente un uomo di carattere geniale, ma scorbutico, cinico, ironico, scontroso, insomma era molto genovese e ligure e noi lo ricorderemo come un grande della nostra città e della nostra regione (Applausi dei deputati del gruppo Articolo 1-Movimento Democratico e Progressista).

MARA CAROCCI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARA CAROCCI. Grazie Presidente. Vorrei associarmi alle parole del collega Quaranta. Sono molte le generazioni cresciute con Paolo Villaggio e con le maschere a cui ha dato il proprio volto. Penso per esempio alla mia generazione che ha assistito al suo esordio televisivo con il rivoluzionario professor Kranz - Kranz è un dolce - lo stupido e autoritario prestigiatore con l'accento tedesco e i trucchi ingenui in cui si intravedevano i primi lampi di quel genio che sarebbe esploso negli anni successivi con la sua maschera più riuscita, quella del ragionier Fantozzi, il prototipo del tapino, la quintessenza del nulla, grazie alla quale ha potuto raccontare in maniera lucida e irriverente l'Italia del posto fisso, quella degli impiegati di ultimo livello. Questo è quello che ha fatto Paolo Villaggio: raccontare con genialità e straordinaria umanità un Paese sfortunato, arrendevole, mediocre è sconfitto. Lo ha fatto in modo spietato e dissacrante grazie alla sua intelligenza e alla sua tragica comicità.

Chi potrà mai dimenticare il senso di liberazione che abbiamo provato con la sua battuta, che non posso ripetere in questa sede, sulla corazzata Potëmkin, una delle sue più riuscite, o l'abuso molto genovese dei congiuntivi che ne stigmatizzava l'uso errato e contemporaneamente il non uso? Villaggio entra nella tradizione della migliore comicità della commedia all'italiana, da Sordi in poi, con una personale originalità ma con la stessa capacità di far ridere lasciando una sensazione di fondo di malessere come avviene quando un artista riesce nel suo intento: far immedesimare il pubblico nel suo personaggio. Perdendolo perdiamo un artista testimone di noi stessi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Grazie, collega, Carocci. La Presidenza si associa al vostro ricordo. Ha chiesto di parlare la collega Di Benedetto. Ne ha facoltà.

CHIARA DI BENEDETTO. Grazie, Presidente. Anzitutto a nome del gruppo MoVimento Cinque Stelle vorrei unirmi al ricordo di Paolo Villaggio che ho avuto la fortuna di conoscere e che sicuramente mancherà come artista e come intellettuale a tutti noi.

Il mio intervento, Presidente, riguarda il dramma degli incendi che, come ogni estate, ritorna e ricomincia. Il Giornale di Sicilia riporta che per tutta l'Italia ci sono soltanto sedici Canadair, dunque neppure uno per regione. Eppure i soldi per i cacciabombardieri, Presidente, invece si trovano sempre. Con 841 incendi nel 2016 la Sicilia, adesso in piena emergenza, è stata la regione più colpita dopo la Calabria.

Con una legge regionale la Sicilia ha regolato la programmazione delle attività di antincendio boschivo, tuttavia nell'isola vi è una carenza di elicotteri riconducibile anche allo smantellamento del Corpo forestale dello Stato conseguentemente alla riforma del Ministro Madia. Fino allo scorso anno, infatti, la regione disponeva dei riferiti mezzi grazie a una convenzione con il Corpo forestale. Per quanto riportato da Il Giornale di Sicilia la regione ha chiesto allo Stato 4 elicotteri dedicati. Nel merito il capo della protezione civile nazionale avrebbe preso quarantotto ore di tempo per decidere. Credo che sia necessario invece che riferisca al più presto riguardo a questa decisione. Intanto il Conapo ha diramato una nota denunciando che in Sicilia manca una convenzione per potenziare il servizio a terra con almeno 15 squadre aggiuntive di vigili del fuoco.

Posto che bisogna salvaguardare il patrimonio boschivo e l'incolumità dei siciliani, con un'interrogazione al Presidente del Consiglio e al Ministro dell'interno ho già chiesto iniziative urgenti perché in Sicilia sia garantito un servizio antincendio tempestivo ed efficace (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

  Mercoledì 5 luglio 2017, alle 9,30:

  (ore 9,30 e al termine del punto 5)

1.  Seguito della discussione della proposta di legge:

S. 10-362-388-395-849-874-B - D'INIZIATIVA DEI SENATORI: MANCONI ed altri; CASSON ed altri; BARANI; DE PETRIS e DE CRISTOFARO; BUCCARELLA ed altri; TORRISI: Introduzione del delitto di tortura nell'ordinamento italiano (Approvata, in un testo unificato, dal Senato, modificata dalla Camera e nuovamente modificata dal Senato). (C. 2168-B)

Relatori: VAZIO, per la maggioranza; FERRARESI, di minoranza.

2.  Seguito della discussione della proposta di legge:

DAMBRUOSO ed altri: Misure per la prevenzione della radicalizzazione e dell'estremismo violento di matrice jihadista. (C. 3558-A)

Relatori: POLLASTRINI, per la maggioranza; LA RUSSA, di minoranza.

3.  Seguito della discussione delle mozioni Ruocco ed altri n. 1-01594, Melilla ed altri n. 1-01653, Marchi, Tancredi, Librandi, Tabacci, Locatelli, Gebhard ed altri n. 1-01654, Brunetta ed altri n. 1-01655, Simonetti ed altri n. 1-01658 e Capezzone ed altri n. 1-01659 in materia di trasparenza dei contratti derivati stipulati dal Ministero dell'economia e delle finanze.

  (ore 15)

4.  Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

  (ore 16,30)

5.  Informativa urgente del Governo sulla gestione dei flussi migratori.

La seduta termina alle 19,20.

SEGNALAZIONI RELATIVE ALLE VOTAZIONI EFFETTUATE NEL CORSO DELLA SEDUTA

  Nel corso della seduta sono pervenute le seguenti segnalazioni in ordine a votazioni qualificate effettuate mediante procedimento elettronico (vedi Elenchi seguenti):

  nella votazione n. 1 il deputato Capodicasa ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario;

  nelle votazioni nn. 1 e 2 la deputata Giuliani ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto contrario;

  nelle votazioni nn. 2 e 3 il deputato Capodicasa ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole;

  nella votazione n. 3 il deputato Busto ha segnalato che non è riuscito ad astenersi dal voto;

  nella votazione n. 3 i deputati Rubinato e Capone hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole.

VOTAZIONI QUALIFICATE EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 2 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 13)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nominale Ddl 4565 - quest. preg. 1, 2 e 3 419 390 29 196 142 248 97 Resp.
2 Nominale Pdl 4102-A - em. 1.2 418 326 92 164 51 275 96 Resp.
3 Nominale Pdl 4102-A - voto finale 412 335 77 168 333 2 94 Appr.
4 Nominale Moz. Simonetti e a. 1-1553 426 303 123 152 69 234 93 Resp.
5 Nominale Moz. Brunetta e a. 1-1560 n.f. pI 428 359 69 180 359 0 93 Appr.
6 Nominale Moz. Brunetta e a. 1-1560 n.f. pII 427 350 77 176 117 233 93 Resp.
7 Nominale Moz. Civati e a. 1-1646 pI 429 344 85 173 343 1 93 Appr.
8 Nominale Moz. Civati e a. 1-1646 pII 427 353 74 177 114 239 93 Resp.
9 Nominale Moz. Nesci e a. 1-1647 n.f.rif. pI 427 402 25 202 398 4 93 Appr.
10 Nominale Moz. Nesci e a. 1-1647 n.f. pII 429 428 1 215 184 244 93 Resp.
11 Nominale Moz. Nesci e a. 1-1647 n.f. pIII 429 394 35 198 149 245 93 Resp.
12 Nominale Moz. Melilla e a. 1-1648 rif. 422 346 76 174 345 1 93 Appr.
13 Nominale Moz. Altieri e a. 1-1649 rif. 423 339 84 170 339 0 93 Appr.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M = Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui é mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi é premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.

INDICE ELENCO N. 2 DI 2 (VOTAZIONI DAL N. 14 AL N. 18)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
14 Nominale Moz. Rampelli e a. 1-1650 rif. 424 354 70 178 353 1 93 Appr.
15 Nominale Moz. Rosato e a. 1-1652 rif. 421 292 129 147 278 14 93 Appr.
16 Nominale Moz. Tancredi e a n. 1-1656 rif. 416 342 74 172 316 26 93 Appr.
17 Nominale Moz. Parisi e a n. 1-1657 rif. 418 344 74 173 296 48 93 Appr.
18 Nominale Ris. Pastorelli e a n. 6-336 411 344 67 173 340 4 93 Appr.