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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 783 di venerdì 21 aprile 2017

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE SIMONE BALDELLI

La seduta comincia alle 10.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito la deputata segretaria a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

ANNA MARGHERITA MIOTTO, Segretaria, legge il processo verbale della seduta di ieri.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

  (È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Bindi, Brunetta, Caparini, Cicchitto, Dambruoso, Dellai, Fedriga, Ferranti, Gregorio Fontana, Fontanelli, Giancarlo Giorgetti, Laforgia, Locatelli, Lupi, Marazziti, Marcon, Mucci, Rampelli, Ravetto, Realacci, Rosato, Sanga, Sani e Valeria Valente sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.

I deputati in missione sono complessivamente ottantotto, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Discussione del disegno di legge: Delega al Governo in materia di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza (Già articolo 15 del disegno di legge n. 3671, stralciato con deliberazione dall'Assemblea il 18 maggio 2016) (A.C. 3671-ter-A); e dell'abbinata proposta di legge: Abrignani ed altri (A.C. 865) (ore 10,06).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge n. 3671-ter-A: Delega al Governo in materia di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza (Già articolo 15 del disegno di legge n. 3671, stralciato con deliberazione dall'Assemblea il 18 maggio 2016); e dell'abbinata proposta di legge n. 865.

Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta del 19 aprile 2017 (Vedi l'allegato A della seduta del 19 aprile 2017).

(Discussione sulle linee generali – A.C. 3671-ter-A)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

Avverto che il presidente del gruppo parlamentare MoVimento 5 Stelle ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.

Avverto, altresì, che la X Commissione (Attività produttive) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire il relatore, deputato Gianluca Benamati.

GIANLUCA BENAMATI, Relatore. Grazie, Presidente. Come si diceva, siamo qui per la trattazione del tema della delega al Governo in materia di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza. Il tema dell'amministrazione straordinaria è un tema quanto mai significativo e importante per il ruolo che questo strumento ha svolto negli ultimi anni, anche in questi di profonda crisi, per il salvataggio di pezzi importanti del tessuto produttivo nazionale e per la salvaguardia dell'occupazione. Da qui discende la significatività e la rilevanza dell'atto che ci apprestiamo ad analizzare.

Nello specifico, il disegno di legge, l'A.C. 3671-ter, deriva dallo stralcio di un originario disegno di legge, l'A.C. 3671, che concerneva la delega al Governo per la riforma organica delle discipline della crisi di impresa e dell'insolvenza. Nel corso dell'esame nella sede referente della Commissione Attività produttive commercio e turismo, il testo è stato modificato in diversi e significativi punti.

In primo luogo, in conseguenza dello stralcio, si è inserito un nuovo articolo, l'articolo 1, nel quale si specifica che l'oggetto della delega è la riforma organica della disciplina dell'amministrazione straordinaria di cui al decreto legislativo dell'8 luglio 1999, n. 270, la cosiddetta “legge Prodi-bis”, e al decreto-legge 23 dicembre 2003, n. 347, convertito dalla legge 18 febbraio 2004, n. 39 e successive modificazioni, la cosiddetta “legge Marzano”.

A questo fine il Governo viene delegato, con questo articolo, ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della proposta di legge in esame, un decreto legislativo su proposta del Ministero dello Sviluppo economico, di concerto con il Ministero della Giustizia e sentito il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali. Lo schema di questo decreto è sottoposto al parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia e gli aspetti finanziari.

Recependo una condizione contenuta nel parere della V Commissione, che ha reso il parere sul testo, la X Commissione ha inserito la clausola dell'invarianza finanziaria, che specifica come, nell'esercizio della delega, non debbano derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

L'articolo 2 contiene, invece, in specifico, i principi e i criteri direttivi della delega per la riforma dell'istituto dell'amministrazione straordinaria, al fine di ricondurlo ad un quadro di regole generali comuni, come derivazione particolare della procedura generale concorsuale.

Lo sforzo maggiore della riforma è, dunque, quello di assumere una coerenza sistemica, per unificare una disciplina stratificata su diversi interventi normativi, con l'obiettivo di contemperare le esigenze dei creditori e l'interesse pubblico alla conservazione del patrimonio e alla tutela dell'occupazione di imprese in stato di insolvenza che, per dimensioni, appaiono di particolare rilievo economico e sociale.

I numerosi criteri direttivi contenuti nel disegno di legge delega, nel comma 1 dalle lettere a) a t), riguardano dunque in primo luogo una procedura unica di amministrazione straordinaria, con finalità conservative, finalizzata alla regolazione dell'insolvenza di singole imprese ovvero di gruppi di imprese, laddove queste si trovino nelle condizioni già indicate dalla disciplina vigente, l'articolo 81 del decreto legislativo n. 270 del 1999, e che sotto questo profilo viene pertanto conservata (comma 1, lettera a)).

Con riguardo all'impostazione generale, resta ferma la struttura bifasica della procedura, che veniva contenuta nel decreto legislativo n. 270 del 1999, secondo la quale il tribunale dispone l'ammissione del debitore all'amministrazione straordinaria (cosiddetta fase giudiziale), previa verifica dei presupposti, tra i quali, in particolare, le prospettive di recupero dell'equilibrio economico dell'attività imprenditoriale (cosiddetta fase di osservazione).

In questo quadro si inseriscono i diversi profili innovativi contenuti nel disegno di legge.

In primo luogo, sono modificati i presupposti di accesso alla procedura. Con riferimento ai profili dimensionali dell'impresa o dei gruppi di imprese, nelle imprese singole il numero minimo di dipendenti è stabilito in 250, e non più 400, come nel testo originario presentato dal Governo, e in complessivi 800 in caso di contestuale richiesta di ammissione alla procedura di più imprese del gruppo. Il requisito dimensionale relativo al concetto di grande impresa non è più ancorato ai soli occupati, bensì viene riferito alla media del volume d'affari degli ultimi tre esercizi (comma 1, lettera b)). Infine, in sede referente, accanto alle concrete prospettive di recupero dell'equilibrio economico delle attività imprenditoriali, è stata inserita, come tema di rilevanza, la salvaguardia della continuità produttiva e dell'occupazione diretta e indiretta (comma 1, lettera b), numero 4).

Ulteriori profili innovativi attengono all'attribuzione della competenza sulla procedura di amministrazione straordinaria alle sezioni specializzate in materia di impresa presso i tribunali sedi di corte d'appello, all'esito di un'istruttoria incentrata alla massima celerità, così come indicato al comma 1, lettera c), nonché la necessità di disciplinare l'operatività di misure protettive analoghe a quelle previste per il concordato preventivo, a decorrere dalla pubblicazione nel registro delle imprese della domanda di accertamento dei presupposti per l'ammissione alla procedura (comma 1, lettera d)).

Ricordo che, in base agli articoli 167 e seguenti della legge fallimentare, durante la procedura di concordato preventivo, il debitore conserva l'amministrazione dei suoi beni e l'esercizio di impresa sotto la vigilanza del commissario giudiziale. Dalla data della pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese, fino al momento in cui il decreto di omologazione del concordato preventivo diventa definitivo, i creditori per titolo o causa anteriore non possono, sotto pena di nullità, iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari sul patrimonio del debitore. Le prescrizioni rimangono sospese e la decadenze non si verificano.

Inoltre, la legge fallimentare prevede una disciplina speciale per quanto riguarda i contratti pendenti. L'autorità giudiziaria può, infatti, autorizzare lo scioglimento dai contratti ancora ineseguiti o la sospensione degli stessi, salvo il diritto del contraente a un indennizzo.

Il disegno di legge delega in oggetto interviene, inoltre, in merito all'avvio dell'iter procedurale. In sede referente il testo è stato modificato nel senso di prevedere un termine di dieci giorni, dal deposito della domanda del debitore, entro il quale il tribunale, accertati i tre requisiti dell'insolvenza, della dimensione dell'impresa e del connesso numero dei suoi occupati, dichiari lo stato di insolvenza e disponga l'apertura della procedura per l'ammissione all'amministrazione straordinaria, nominando il giudice delegato (comma 1, lettera e)).

Un punto qualificante della nuova disciplina riguarda la nomina del commissario straordinario, ovvero dei tre commissari straordinari nei casi di eccezionale complessità, ai quali sono attribuite l'amministrazione e la rappresentanza dell'impresa insolvente.

Il commissario è individuato tra gli iscritti all'albo dei commissari straordinari, istituito presso il Ministero dello Sviluppo economico, da regolamentare con la predeterminazione dei requisiti di indipendenza, professionalità, onorabilità e trasparenza.

In particolare, nel corso dell'esame in sede referente è stata inserita una serie di requisiti necessari per la nomina a commissario, tra i quali l'assenza di conflitti di interesse, l'avere svolto funzioni di amministrazione o funzioni direttive nell'ambito di imprese di notevoli dimensioni o nell'ambito di procedure concorsuali di natura conservativa, e l'aver maturato una specifica esperienza e professionalità nel campo della ristrutturazione delle imprese in crisi. In particolare, è stato specificato che lo stesso soggetto non possa essere investito della funzione commissariale con riferimento a più imprese contemporaneamente, salvo che si tratti di imprese appartenenti al medesimo gruppo, ovvero in casi eccezionali e motivati. È stato, inoltre, previsto il divieto per i commissari straordinari di ricevere incarichi professionali da professionisti incaricati della stessa funzione o di conferirli ai medesimi. È stata, inoltre, inserita, nel corso dell'esame in sede referente, la specificazione dei criteri e delle modalità di remunerazione del commissario (comma 1, lettera i)).

Con riguardo alla procedura di ammissione all'amministrazione straordinaria (comma 1, lettera l)), in sede referente sono state apportate significative modifiche del testo presentato dal Governo. In particolare, rispetto al testo presentato dal Governo, è stato introdotta una tempistica più stringente in primo luogo per il tribunale, che, entro 45 giorni e non più due mesi, deve procedere all'apertura della procedura, previa acquisizione del parere favorevole del Ministro, che si delinea come un obbligo e non un vincolo, e ammettere, quindi, l'impresa con decreto all'amministrazione straordinaria, ove risulti comprovata la sussistenza di concrete prospettive di recupero sulla base del piano del commissario straordinario, quest'ultimo nominato con tempestività dal Ministro dello Sviluppo economico.

Nel corso dell'esame in sede referente è stata inserita la possibilità che il tribunale, ove lo ritenga utile o necessario, conferisca ad un professionista iscritto all'albo dei commissari straordinari l'incarico di attestare, entro i successivi trenta giorni, la sussistenza dei presupposti per il recupero dell'equilibrio economico delle attività imprenditoriali al fine di adottare il decreto di ammissione del debitore all'amministrazione straordinaria, ovvero, in alternativa, è stata inserita la possibilità che il tribunale dichiari aperta la procedura di liquidazione giudiziale.

Un ulteriore criterio di delega attiene alla rivisitazione della procedura del cosiddetto accesso diretto, ovvero la possibilità che specifiche imprese, quelle quotate sui mercati regolamentati, quelle di maggiore dimensione (imprese con almeno 1000 dipendenti e con un fatturato pari a un multiplo significativo di quello individuato per tutte le altre) e quelle che svolgono servizi pubblici essenziali, possano essere ammesse alla procedura in via provvisoria dall'autorità amministrativa (il Ministero dello Sviluppo economico), con contestuale nomina del commissario straordinario (cosiddetto accesso diretto). La conferma delle misure, verificati i requisiti, spetta comunque al tribunale, che provvede entro breve termine (comma 1, lettera m)).

Viene, dunque, rivista la procedura del cosiddetto accesso diretto e i presupposti per tale accesso, disciplinati nella cosiddetta legge Marzano. Non compare più, inoltre, il richiamo alle imprese che gestiscono almeno uno stabilimento industriale di interesse strategico nazionale. Secondo la disciplina vigente, ricordo, infatti, che, per tali tipologie di impresa e per quelle che svolgono servizi pubblici essenziali, l'ammissione immediata alla procedura straordinaria e la nomina del commissario straordinario sono disposte con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro dello Sviluppo economico. Con riferimento al requisito del fatturato pari ad un multiplo significativo, di cui dicevo poc'anzi, il disegno di legge in esame non definisce il valore, rimettendolo da questo punto di vista al legislatore delegato.

Nel corso dell'esame in sede referente, è stata, inoltre, inserita la previsione che le imprese soggette alla confisca ai sensi del codice di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, siano ammesse all'amministrazione straordinaria anche in mancanza dei requisiti previsti dal disegno di legge in esame (comma 1, lettera n)). Questa è una previsione critica, su cui attendiamo anche indicazioni dalla Commissione antimafia.

Ulteriori principi e criteri direttivi riguardano: la previsione di un Comitato di sorveglianza, nominato dal Ministro, di cui fanno parte anche i creditori nominati, invece, dal tribunale, la cui funzione è quella di vigilanza sull'attuazione del programma e sull'effettività delle prospettive di recupero economico dell'impresa (comma 1, lettera o)); le modalità con cui il tribunale, su ricorso del commissario straordinario, sentito il comitato di sorveglianza, può autorizzare (comma 1, lettera p)) o la sospensione o lo scioglimento dei contratti pendenti, il pagamento dei crediti pregressi strategici, al di fuori delle regole del riparto, e l'esonero di azioni revocatorie per i pagamenti effettuati dall'imprenditore.

PRESIDENTE. Concluda.

GIANLUCA BENAMATI, Relatore. Mi avvio a conclusione.

PRESIDENTE. Sì, anche perché mancano 50 secondi, però, volendo, può lasciare la parte rimanente della relazione.

GIANLUCA BENAMATI, Relatore. Sì, lascio agli atti la parte mancante. Questo è il lavoro che ha svolto la Commissione, che ha riformulato in diverse parti il testo originario e che noi sottoponiamo, a questo punto, al vaglio dell'Aula.

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Benamati. Ha facoltà di intervenire, se lo ritiene, la rappresentante del Governo. Prendo atto che si riserva.

È iscritto a parlare l'onorevole Vallascas. Ne ha facoltà.

ANDREA VALLASCAS. Grazie, Presidente. Colleghe, colleghi, i primi mesi del 2017 hanno confermato l'andamento drammatico che caratterizza da tempo l'industria italiana. In questi anni aziende storiche del nostro tessuto produttivo hanno chiuso i battenti e sono state cancellate per sempre dal panorama industriale. Altre hanno delocalizzato le produzioni, portando ricchezza altrove e creando disoccupazione in patria. Altre ancora sono oggetto dello shopping di investitori stranieri, spesso speculatori, che acquistiamo senza garanzie, salvo poi abbandonare di punto in bianco il nostro Paese non appena si presentano le prime difficoltà e si prospettano nuove opportunità all'estero.

Il sito del Ministero dello Sviluppo economico censiva, a giugno 2016, 145 tavoli di confronto aperti presso l'unità gestione vertenze: Almaviva, Piombino, Alcoa, solo per citare le più grandi, a cui si aggiungono situazioni di crisi mai risolte come quelle dell'Alitalia e dell'Ilva. Dietro queste sigle e questi marchi ci sono decine di migliaia di italiani precari, ormai disoccupati e in cassa integrazione.

Stiamo vivendo una situazione drammatica, di fronte alla quale sarebbe stato necessario un intervento forse più deciso e più ambizioso sotto il profilo legislativo. Questo disegno di legge delega interviene, infatti, su una materia particolarmente delicata perché si è sviluppata negli anni in maniera parziale e occasionale sulla spinta di situazioni contingenti e di casi specifici, ricordiamo il caso Parmalat. L'approccio emergenziale, nato attorno a specifici contesti industriali e a specifiche situazioni di crisi, ha fatto sì che si formasse un quadro normativo disomogeneo, privo di valenza generale e, conseguentemente, di difficile applicazione.

La disciplina in materia, fin dalla legge n. 95 del 1979, la cosiddetta legge Prodi, si è stratificata nel tempo su molteplici provvedimenti. Il risultato è che l'attuale quadro rischia di relegare a una dimensione aleatoria, incerta e per certi versi discrezionale, una materia che ha acquisito una grande rilevanza, soprattutto a causa, appunto, del dilagare della crisi economica che ha investito una molteplicità di grandi aziende e grandi gruppi italiani.

Gli attuali strumenti e le attuali misure di salvaguardia delle imprese e a garanzia dei creditori risultano inadeguati. L'impresa italiana e tutti gli operatori che ruotano attorno ai settori dell'economia hanno bisogno di regole, procedure e tempi ben definiti per governare le situazioni di crisi. Questo disegno di legge delega conferisce al Governo il compito di regolamentare l'importante materia dell'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza. L'obiettivo è quello di affrontare in maniera ordinata una molteplicità di fattori che emergono quando una crisi colpisce un'impresa, che, per dimensioni, può essere considerata di particolare rilievo economico e sociale. Da una parte, ci sono da salvaguardare le esigenze dei creditori, dall'altra, l'interesse pubblico alla conservazione del patrimonio e alla tutela dell'occupazione.

E proprio perché l'obiettivo è particolarmente importante, noi abbiamo sollevato alcune perplessità su due aspetti. Il primo riguarda proprio il ricorso alla legge delega, che conferisce una grande discrezionalità al Governo su un processo di riforma particolarmente delicato che avrebbe avuto bisogno, viceversa, di un più ampio coinvolgimento, a partire dal Parlamento.

Il secondo aspetto è relativo allo stralcio dell'originario disegno di legge sulla delega al Governo per la riforma organica delle discipline della crisi di impresa e dell'insolvenza.

Proprio perché l'obiettivo è quello di rendere organica e coerente una disciplina che allo stato attuale risulta disomogenea, come MoVimento 5 Stelle eravamo contrari allo stralcio. Anzi, viste le implicazioni con le procedure fallimentari e di messa in liquidazione, avevamo proposto l'esame unico congiunto con le Commissioni II e X. In questo senso si sarebbe potuto fare uno sforzo decisamente maggiore, soprattutto in una fase di riforma di una materia che, come detto, sino ad oggi si è caratterizzata proprio per i numerosi interventi emergenziali e occasionali. Ad ogni modo, c'è da sottolineare che in Commissione c'è stato un grande coinvolgimento di un più ampio ventaglio di soggetti operatori che hanno messo a disposizione competenze, conoscenze ed esperienze.

Nel complesso, il presente disegno di legge delega introduce criteri direttivi che stabiliscono una procedura unica di amministrazione straordinaria, con finalità conservative volte alla regolazione dell'insolvenza delle singole imprese. Durante l'esame del provvedimento in X Commissione sono state accolte quattro proposte emendative presentate dal gruppo del MoVimento 5 Stelle. La prima riguarda la procedura di approvazione dei decreti legislativi oggetto della delega: la proposta prevede che i decreti legislativi siano adottati entro 12 mesi e che debbano essere sottoposti al parere delle Commissioni competenti per gli aspetti di materia e di oneri finanziari. La seconda proposta riguarda la procedura di apertura della fase dell'amministrazione straordinaria. Un'altra proposta emendativa accolta è relativa all'incompatibilità dell'incarico di commissario: in pratica, non possono essere riconferiti allo stesso soggetto più incarichi riferiti a imprese diverse, salvo in casi eccezionali e motivati oppure nel caso appartengano allo stesso gruppo. Tra i casi di incompatibilità è previsto il divieto per il commissario di ricevere o conferire incarichi a professionisti incaricati della medesima funzione. Infine, la quarta proposta emendativa accolta riguarda i criteri e le modalità di remunerazione del commissario. In questo caso, per la definizione dei compensi si deve tenere conto dell'efficienza e dell'efficacia dell'opera prestata. Le remunerazioni devono infine essere parametrate secondo fasce coerenti alle dimensioni dell'impresa, all'attivo realizzato, al passivo accertato e al fatturato realizzato durante l'esercizio di impresa, nel rispetto dei tetti stabiliti per le altre procedure concorsuali.

Per concludere, c'è da rivelare un aspetto che per il MoVimento 5 Stelle non è affatto secondario, in particolare mi riferisco all'accoglimento della proposta emendativa dell'onorevole Ricciatti, che estende gli strumenti di amministrazione straordinaria anche alle imprese oggetto di confisca per mafia. Questo è un terreno molto complesso e delicato, sul quale il Governo deve fare molta attenzione, anche per valutare con il Ministro della giustizia gli interventi opportuni affinché non si creino situazioni di contrasto ed incertezza nella gestione e nella funzionalità delle misure antimafia. Su questo aspetto noi annunciamo già da subito un emendamento soppressivo, e invitiamo il Governo ad operare con estrema cautela: non vorremmo che un provvedimento, che vorrebbe mettere ordine in un settore delicato come l'amministrazione straordinaria delle grandi imprese, possa in qualsiasi modo intralciare l'attività di contrasto alla mafia.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Giammanco. Ne ha facoltà.

GABRIELLA GIAMMANCO. Presidente, l'istituto dell'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi è stato introdotto dal decreto-legge n. 26 del 1979, accanto alle procedure concorsuali tradizionali, per evitare il fallimento di imprese di rilevante interesse pubblico. A seguito della riforma intervenuta poi con il decreto legislativo n. 270 del 1999, l'ultimo decennio si è caratterizzato da una serie di interventi legislativi finalizzati all'introduzione di modifiche e di varianti rispetto all'originario impianto normativo, e si è assistito quindi alla formazione di un quadro certamente complesso, frammentato e caratterizzato dalla compresenza di diversi modelli procedurali, il cui discrimine applicativo è dato dalla presenza o meno di determinati requisiti di ammissione alla procedura. Scopo generale della procedura, che si avvale dell'intervento di uno o più commissari, rimane comunque quello di evitare le soluzioni liquidatorie che non tengano conto dei rilevanti interessi privati e pubblici alla conservazione e al risanamento dell'impresa.

Ciò contrariamente alle procedure concorsuali tradizionali, la cui funzione essenziale era invece quella di tutelare l'interesse privato dei creditori a soddisfarsi sul patrimonio dell'imprenditore fallito. L'obiettivo è dunque quello della conservazione del patrimonio produttivo tramite la prosecuzione, la riattivazione ovvero la riconversione dell'attività imprenditoriale accanto all'esigenza naturalmente di salvaguardare, per quanto possibile, il bacino occupazionale, quindi i dipendenti. Negli anni i Governi si sono quindi trovati in prima linea, di fronte alle crisi aziendali che hanno investito realtà imprenditoriali importanti del nostro Paese, nell'ambito dell'attività di vigilanza sulla procedura di amministrazione straordinaria, ai fini del risanamento dell'impresa e del ripristino dell'equilibrio finanziario, economico e patrimoniale per il recupero delle sue capacità produttive e occupazionali. Innanzitutto, vale la pena rilevare come i dati dell'ultimo periodo mostrino che lo strumento dell'amministrazione straordinaria sia ad oggi una via residuale, ancorché, per alcune realtà imprenditoriali del Paese, una strada molto significativa, dinnanzi all'affermazione progressiva del concordato preventivo come strumento principale per la gestione della crisi aziendale.

Nell'ultimo anno, infatti, sono state avviate soltanto cinque nuove amministrazioni straordinarie, a fronte di numeri ben più alti nei periodi precedenti. Per un confronto, basta guardare i numeri relativi ai dati occupazionali, perché nell'ultimo triennio i lavoratori coinvolti in procedure di insolvenza sono stati mediamente oltre 160.000 per anno, a fronte di un dato medio annuo di 6.700 dipendenti in capo alle procedure di amministrazione straordinaria aperte sempre nel medesimo periodo. Si tratta quindi di un fenomeno limitato, ma sicuramente molto significativo, per il ruolo che gioca l'amministrazione straordinaria nel sistema economico italiano. Complessivamente, nei quindici anni successivi alla riforma del 1999, l'amministrazione straordinaria ha interessato circa 136 gruppi di imprese, di cui 115 ai sensi appunto del decreto legislativo n. 270 del 1999 e 21 ai sensi del decreto-legge n. 347 del 2003, la cosiddetta legge “Marzano”, per un totale circa di 121.000 lavoratori. Nell'ultimo triennio sono state portate a soluzione crisi d'impresa rilevanti sotto il duplice profilo dell'occupazione e della complessiva perdita di valore che al sistema economico sarebbe derivata in caso di cessazione delle attività. Si pensi, in particolare, ai casi Tirrenia e Gaia, nel settore dei servizi pubblici, e alle crisi industriali Lucchini, Servola, Franco Tosi ed altre.

I numeri mostrano che la procedura di amministrazione straordinaria possa essere una modalità di gestione dell'insolvenza e di intervento pubblico ancora valida, se naturalmente volta alla conservazione del patrimonio produttivo del Paese. Nonostante tutto, abbiamo però la consapevolezza della necessità di miglioramenti normativi con riferimento ai requisiti di ammissione alla procedura, al potenziamento del legame tra amministrazione straordinaria e la sussistenza di concrete prospettive di recupero dell'attività di impresa, nonché ad una maggiore tutela del ceto creditorio. È noto, infatti, come negli anni sia mancata un'analisi approfondita sull'effettiva soddisfazione degli interessi dei creditori. Oggi questa riforma cerca di fare uno sforzo per offrire coerenza ad una disciplina che si è stratificata in diverse normative negli anni, frutto di situazioni emergenziali, ponendo il concreto problema della parziale sovrapposizione di modelli procedurali disciplinati da diverse disposizioni in materia.

Per questo, assieme ad altri colleghi, ho sottoscritto, nel mese di aprile 2013, la proposta di legge a prima firma del collega Abrignani oggi abbinata al disegno di legge del Governo, recante la disciplina delle procedure di amministrazione straordinaria delle grandi imprese, tema su cui, ricordo, che anche nella scorsa legislatura la Commissione attività produttive, di cui faccio parte, ha lavorato, senza purtroppo giungere all'approvazione di un provvedimento.

È quindi positivo offrire nuova organicità alla normativa vigente, attualizzarla, renderla maggiormente conforme all'ordinamento statuale e a quello comunitario, soprattutto nel momento in cui coinvolge una materia vitale, non solo per le dinamiche economiche del nostro Paese, ma anche per la loro rilevanza giuridica, laddove si consideri che la tutela del credito è forse uno dei settori dove maggiori sono le criticità registrate, soprattutto in termini di efficacia della tutela. Lo scopo è, quindi, quello di porre ordine nel quadro della normativa specificamente dedicata all'insolvenza delle realtà imprenditoriali che per dimensione appaiono di particolare rilievo economico e sociale, contemperando l'interesse pubblico alla conservazione del patrimonio e alla tutela dell'occupazione con le esigenze dei creditori, realizzando un nuovo equilibrio tra le ragioni della continuità aziendale e le ragioni sacrosante dei creditori.

Da questo punto di vista, il provvedimento in esame recepisce, quindi, l'indirizzo condiviso anche dal mondo imprenditoriale di rivedere in modo organico l'intera disciplina della crisi di impresa, al fine di arginare eventuali abusi e di tutelare in modo più efficace l'interesse dei creditori, tra i quali vi sono spesso anche le micro e piccole imprese dell'indotto, non dobbiamo dimenticarlo. Un indotto che, proprio per la dimensione delle imprese interessate dalla crisi, è particolarmente vivo e fondamentale per la sopravvivenza dei territori; un indotto che coinvolge fornitori di beni e di servizi diretti ed indiretti che rivestono un ruolo tutt'altro che marginale nella creazione di valore e nella vita di intere famiglie.

È necessario, infatti, ricordare che, in un circolo vizioso, le criticità causate da mancati pagamenti che generano carenza di liquidità anche ad imprese sane e vitali determinano effetti che si sovrappongono alle persistenti difficoltà delle imprese stesse di ricorrere al credito, provocando ulteriori aperture di procedimenti di fallimento, nonché chiusure di altre attività imprenditoriali. Fallimenti e chiusure che contribuiscono all'impoverimento del territorio e del tessuto economico direttamente coinvolto dalla crisi, quali fornitori, intermediari e lavoratori.

Oggi, purtroppo, l'amministrazione straordinaria rappresenta uno strumento di politica industriale sempre meno efficace. Troppo spesso, a fronte della crisi di molte aziende, infatti, è mancato uno strumento di risoluzione che desse alle imprese la possibilità di un recupero di produttività nei tempi necessari per rimanere sul mercato.

Sotto il profilo delle novità proposte dalla riforma dell'amministrazione straordinaria si segnala, quindi, l'innalzamento delle soglie occupazionali per l'accesso all'amministrazione straordinaria - il numero di dipendenti passa da duecento a duecentocinquanta unità per ciascuna impresa e a ottocento, da calcolarsi cumulativamente in caso di contestuale richiesta da parte di più imprese facenti parte dello stesso gruppo -, conservando, tuttavia, l'attuale criterio ancorato al profilo dimensionale - volume d'affari e numero di dipendenti -, piuttosto che sostituirlo con parametri certi di natura qualitativa connessi alla strategicità dell'impresa. Questa scelta, rimettendo all'autorità governativa la valutazione del requisito della strategicità e, quindi, l'individuazione concreta dell'impresa ritenuta strategica, potrebbe indurre ad una valutazione discrezionale e renderci bersaglio della comunità europea in ragione delle disposizioni in materia di aiuti di Stato.

Vi è, inoltre, un tentativo di potenziamento del legame tra amministrazione straordinaria e la sussistenza di concrete prospettive di recupero dell'equilibrio economico dell'impresa in crisi. Lo dimostra la circostanza che nel disegno di legge delega è espressamente contemplato che l'ammissione all'amministrazione straordinaria sia disposta soltanto ove risulti comprovata la sussistenza di concrete prospettive di recupero dell'equilibrio economico delle attività imprenditoriali, sulla base non più della relazione del commissario giudiziale - figura che, di fatto, scompare -, ma dell'attestazione di un professionista scelto dal tribunale tra gli iscritti in un istituendo albo e del piano predisposto dal commissario straordinario.

È, inoltre, stata attribuita al commissario straordinario, al Comitato di sorveglianza e ad una percentuale non irrisoria dei creditori la legittimazione a presentare al tribunale istanza di conversione dell'amministrazione straordinaria in liquidazione giudiziale ordinaria in caso di mancata realizzazione del programma ovvero di comprovata insussistenza o venir meno delle concrete prospettive di recupero dell'equilibrio economico.

Vi è, inoltre, il rafforzamento della tutela degli interessi del ceto creditorio attraverso l'attribuzione al tribunale della competenza nella nomina di rappresentanti dei creditori quali componenti del Comitato di sorveglianza e, grazie alla previsione della disciplina della composizione del Comitato di sorveglianza e dei relativi poteri, specie con riguardo alla vigilanza sugli interessi dei creditori.

L'auspicio è che la procedura di amministrazione straordinaria sia migliorata, preservando, tuttavia, l'istituto quale strumento di intervento pubblico nell'economia, al fine della salvaguardia occupazionale e, chiaramente, del rilancio produttivo.

In conclusione, per il gruppo di Forza Italia l'amministrazione straordinaria può sicuramente essere uno strumento efficace di politica industriale, necessario a far sopravvivere l'organismo produttivo e, con esso, chiaramente, i posti di lavoro ad esso collegati e tutto l'indotto naturalmente che ne deriva, purché vi siano delle concrete prospettive di recupero da parte dell'impresa dell'equilibrio economico.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Camani. Ne ha facoltà. Prima, però, salutiamo gli insegnanti e gli studenti dell'Istituto comprensivo “Lucca 5°” di Lucca, che assistono ai nostri lavori dalla tribuna (Applausi). Prego, onorevole Camani.

VANESSA CAMANI. Grazie, Presidente. Il disegno di legge in discussione oggi deriva, come ricordato anche dal relatore, dallo stralcio di uno specifico articolo contenuto nel disegno di legge recante delega al Governo per la riforma della disciplina della crisi di impresa e dell'insolvenza, approvato già dalla Camera il 1° febbraio di quest'anno e attualmente all'esame del Senato. Il presente provvedimento, dunque, si inserisce, con coerenza, nell'attività legislativa in itinere riguardante tutte le procedure concorsuali e nella relativa azione di riforma avanzata da Governo e Parlamento.

Nel provvedimento che riguarda la riforma organica della crisi di impresa, infatti, vengono definiti rilevanti profili innovativi circa le procedure concorsuali, finalizzati a favorire la composizione stragiudiziale della crisi, a facilitare il risanamento e la ristrutturazione dei debiti, a semplificare le regole processuali con la riduzione delle incertezze interpretative e dei margini di discrezionalità.

Il presente provvedimento, dunque, pur derivando dallo stralcio di un articolo della più generale riforma, è stato definito garantendo il collegamento preciso e la coerenza normativa con il quadro complessivo della delega di cui parlavo precedentemente. Anche per questa ragione, auspichiamo che l'iter parlamentare delle due leggi delega proceda rapidamente e parallelamente, in modo da poter definire una riforma di settore che sia realmente complessiva ed esaustiva.

Nello specifico, la proposta in materia di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza si sviluppa sulla base di due finalità strategiche. La prima è rappresentata dalla necessità di superare la frammentarietà della disciplina attuale: il prodotto di una serie di interventi normativi che si sono susseguiti negli ultimi quarant'anni. L'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, infatti, è stata introdotta per la prima volta nel 1979 con la cosiddetta legge Prodi, giudicata, nel 1999, dalla Corte di giustizia incompatibile con la normativa comunitaria in materia di aiuti di Stato. Nello stesso anno, dunque, viene adottato il “Prodi-bis”, un decreto legislativo che ha condizionato l'ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria a precisi indici dimensionali. A questi interventi si sono, poi, aggiunti nel tempo la disciplina relativa alla procedura speciale di ammissione immediata, la già ricordata “legge Marzano”, il “decreto Alitalia” del 2008 e il “decreto Ilva” del 2012.

Con questo disegno di legge di delega, dunque, si persegue l'obiettivo di ricondurre ad unum la disciplina in oggetto, superando la ratio dei precedenti interventi normativi improntati più a logiche di tipo prettamente punitivo o, comunque, essenzialmente liquidatorie per definire una nuova visione prospettica finalizzata, invece, al recupero e al risanamento delle grandi aziende in crisi.

La seconda necessità perseguita è quella di tenere conto delle novità introdotte anche in sede comunitaria. Il riferimento è, in particolare, sul punto al regolamento (UE) 2015/848 sulle procedure di insolvenza, con il quale, al fine di preservare il buon funzionamento del mercato interno inteso come spazio di libertà, sicurezza e giustizia, si ritiene indispensabile che le procedure di insolvenza, che spesso hanno rilevanza transfrontaliera, siano efficaci ed omogenee tra i Paesi membri. Oltre a ciò si è tenuto anche conto della raccomandazione della Commissione europea - la n. 135 del 2014 -, con la quale si incoraggiano gli Stati membri ad istituire, nell'ambito del fallimento e dell'insolvenza delle imprese, un quadro giuridico che sia orientato, da un lato, ad incoraggiare una ristrutturazione efficace delle imprese sane in difficoltà e, dall'altro lato, a promuovere l'imprenditorialità, gli investimenti e l'occupazione.

Infine, naturalmente, rimane imprescindibile la disciplina europea sugli aiuti di Stato, che non ammette alcun automatismo o discrezionalità tra il manifestarsi delle crisi aziendali e le concessione di aiuti di Stato senza alcun filtro che distingua tra imprese meritevoli e non.

Alla luce, dunque, di questo articolato quadro normativo sia nazionale che comunitario e di fronte alle crisi aziendali che hanno investito anche importanti realtà del nostro Paese, si inserisce il presente disegno di legge delega.

Sulla base dei dati storici, sebbene l'amministrazione straordinaria appaia limitata dal punto di vista quantitativo, essa è molto significativa per il ruolo che questo strumento può giocare nel sistema economico nazionale soprattutto come possibile leva di politica industriale. L'amministrazione straordinaria, quale strumento di intervento pubblico nell'economia, può diventare strategico, se ben strutturato, al fine di far sopravvivere l'organismo produttivo e, con esso, i posti di lavoro diretti ed indiretti. In questo senso, nel provvedimento in esame si definisce l'amministrazione straordinaria come un meccanismo valido ed attuale volto a contemperare le legittime esigenze dei creditori e l'interesse pubblico alla conservazione del patrimonio e alla tutela dell'occupazione. Con il disegno di legge delega, dunque, si definisce finalmente un'unica procedura di amministrazione straordinaria con specifiche finalità conservative del patrimonio produttivo, collegata a precisi parametri e presupposti legati allo stato di insolvenza, al profilo dimensionale dell'impresa e al numero dei dipendenti.

In riferimento a quest'ultimo parametro la Commissione, a seguito di un approfondimento con il Governo e di un confronto con i gruppi parlamentari, ha ritenuto opportuno abbassare il numero di addetti necessari per accedere all'amministrazione straordinaria da 400, come anche era previsto nella iniziale proposta del Governo, a 250. Il fondamento di questa valutazione si basa sulla volontà di accentuare, per quanto possibile, la connotazione di politica industriale di questo strumento, allargando il bacino potenziale di imprese, pur senza aumentare il livello di discrezionalità delle amministrazioni pubbliche. La scelta poi di conservare i criteri dimensionali come requisiti e di non sostituirli con parametri di natura qualitativa connessi alla strategicità dell'impresa non solo ci mette al riparo rispetto alla disciplina degli aiuti di Stato, ma risponde alla precisa volontà di privilegiare la celerità e la certezza delle decisioni in sede giurisdizionale.

L'altro elemento rilevante nella definizione dei princìpi e criteri direttivi della delega è rappresentato dal potenziamento del legame tra possibilità di ammissione all'amministrazione straordinaria e la sussistenza di concrete prospettive di recupero dell'equilibrio economico dell'impresa e dei relativi livelli occupazionali. L'amministrazione straordinaria può, infatti, essere disposta soltanto nel caso in cui risulti realmente comprovata la possibilità di ripresa. A conferma dell'assoluta rilevanza di questo parametro sta anche la previsione che possa essere presentata al tribunale la richiesta di convertire l'amministrazione straordinaria in liquidazione giudiziale nel caso in cui vengano meno le concrete prospettive di recupero dell'equilibrio economico.

L'altro grande elemento di novità delle direttive delineate dal disegno di legge è la forte propensione allo snellimento delle procedure previste, nella convinzione che la celerità delle decisioni sia un fattore fondamentale per l'efficacia delle azioni di recupero dell'attività dell'impresa in crisi e per garantire la continuità aziendale e, quindi, il mantenimento dei posti di lavoro.

Per prima cosa viene attribuita la competenza sulle procedure di amministrazione straordinaria alle sezioni specializzate in materia di impresa presso i tribunali sedi di corte d'appello e non più ai tribunali ordinari. In questo modo, si intende assegnare a questi casi una sorta di corsia giurisdizionale preferenziale per garantire la massima celerità.

In secondo luogo, anche in questo caso a seguito di un lavoro serio di approfondimento in fase emendativa in Commissione, si sono delineati tempi più celeri e specificatamente definito il riferimento alla fase giudiziale della procedura. Entro dieci giorni dal deposito della domanda il tribunale deve accertare l'esistenza dei requisiti previsti, dichiarare lo stato di insolvenza e aprire la procedura di ammissione all'amministrazione straordinaria. Entro ulteriori 45 giorni, previo parere del Ministero e in considerazione del piano predisposto dal commissario straordinario, il tribunale deve disporre o meno l'ammissione. Solo nel caso in cui il tribunale lo ritenga utile o necessario sono concessi ulteriori 30 giorni di tempo per consultare un professionista iscritto all'albo dei commissari che attesti la sussistenza dei presupposti previsti per l'amministrazione. Si definisce, dunque, una procedura snella con tempi certi e finalizzata all'omissione di ogni formalità non necessaria.

In terzo luogo si prevede che il Mise nomini tempestivamente il commissario straordinario - dunque già nella prima fase della procedura - al quale assegnare immediatamente funzioni di gestione e rappresentanza, oltre che l'elaborazione del piano di recupero. Si elimina così la figura del commissario giudiziale prevista dalla normativa vigente nella prima fase dell'istruttoria. Solo in casi particolari e qualora il tribunale non ritenga corrette le indicazioni formulate dal commissario straordinario, è previsto il ricorso ad una figura terza.

In ultimo, si prevede che il piano per il recupero aziendale non intervenga più dopo l'ammissione dell'impresa all'amministrazione straordinaria da parte del tribunale ma venga predisposto immediatamente già nella fase di osservazione e costituisca esso stesso la base per la decisione del tribunale circa l'ammissione.

Con queste nuove procedure, dunque, è evidente come emerga l'orientamento alla celerità delle previsioni finalizzate a garantire comunque il necessario equilibro tra le competenze dell'autorità amministrativa, giustificate da ragioni di interesse pubblico, e le competenze dell'autorità giudiziaria essenziali per la tutela di tutti i soggetti coinvolti.

Infine, lo sforzo compiuto con il disegno di legge delega è indirizzato a migliorare e incentivare i livelli di trasparenza di procedure e decisioni. Viene istituito presso il Mise un albo dei commissari straordinari per l'ammissione delle grandi imprese in stato di insolvenza in modo da limitare la discrezionalità sull'individuazione di questa figura. Si specifica che i soggetti iscritti posseggano requisiti di indipendenza, professionalità, onorabilità, trasparenza; devono essere liberi da qualsiasi conflitto di interesse e devono possedere requisiti professionali specifici. Viene fatto divieto al Mise di nominare commissario lo stesso soggetto con riferimento a più imprese, salvo casi eccezionali e motivati e viene fatto divieto ai commissari di ricevere incarichi professionali diretti o indiretti dall'azienda commissariata. Vengono introdotti parametri e criteri oggettivi alla remunerazione dei commissari legati all'efficacia e all'efficienza del lavoro svolto e alle dimensioni dell'impresa amministrata, fatti salvi i tetti retributivi relativi alle altre procedure concorsuali e i limiti ai compensi già previsti per le società pubbliche non quotate. Si definisce in maniera specifica la cosiddetta procedura accelerata per le società quotate di rilevante dimensione, riprendendo le finalità della legge “Marzano” ma sottraendo questi casi alla discrezionalità dell'autorità amministrativa per quanto possibile. In questi frangenti spetta al Mise disporre direttamente in via provvisoria l'ammissione all'amministrazione straordinaria con la nomina del commissario straordinario a cui seguirà comunque, in un secondo momento, la conferma o la revoca della decisione da parte del tribunale. Anche in questo caso, la scelta è improntata ad accrescere il livello di trasparenza piuttosto che lasciare alla decretazione d'urgenza la disciplina per tamponare le emergenze, come avvenuto nei casi Parmalat, Alitalia e Ilva, cosa che spesso ha spinto il legislatore ad adottare leggi fotocopie tarate sui singoli casi: meglio predisporre ex ante un complesso di norme funzionali adatte proprio alle grandi imprese in crisi.

Ovviamente, ci sono ancora alcune questioni sulle quali noi auspichiamo che anche il lavoro dell'Aula posta migliorare il prodotto finale e consentire un ulteriore approfondimento. In particolare, rimane ancora aperta la questione affrontata in Commissione per i lavoratori delle imprese in amministrazione straordinaria. Attualmente questi lavoratori dispongono delle tutele ordinariamente previste. Sarebbe opportuno, compatibilmente con le risorse disponibili, prevedere specifiche tutele al reddito dalla data di apertura della procedura fino all'esecuzione del piano predisposto dal commissario.

Allo stesso modo, rimane ancora aperta la discussione legata all'opportunità di prevedere all'interno di questo provvedimento la disciplina di amministrazione straordinaria per le imprese oggetto di confisca ai sensi della legge antimafia. Sarebbe forse più adatto anche qui lasciare che questo aspetto sia compreso nell'organica disciplina di settore in discussione proprio in questi mesi in Parlamento.

In generale, comunque, come Partito Democratico, possiamo ritenerci soddisfatti dei contenuti del provvedimento e degli obiettivi che con questa proposta ci siamo prefissati: superare la frammentarietà della disciplina; accogliere gli orientamenti promossi in sede comunitaria; connotare l'amministrazione straordinaria come strumento di politica industriale; impostare le procedure alla finalità del recupero dell'equilibrio economico dell'impresa e alla tutela dell'occupazione; ridurre al minimo il margine di discrezionalità dell'autorità amministrativa e aumentare i livelli di trasparenza di decisioni e procedure.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Abrignani. Ne ha facoltà.

IGNAZIO ABRIGNANI. Grazie, Presidente. Intervengo soltanto per dire, richiamando anche quanto detto dall'onorevole Giammanco, che la mia proposta di legge nasceva da un lavoro fatto da tutta la Commissione nella precedente legislatura, portato avanti in questa e che, a seguito dello stralcio, è stata unita al disegno di legge del Governo che presenta sicuramente diversità rispetto alla proposta complessiva formulata a mia prima firma.

Devo dire che, al termine del percorso in Commissione, sono stati recepiti alcuni aspetti importanti rispetto alle scelte strategiche per l'amministrazione straordinaria e per la celerità di essa. Qualcosa ancora dovrà essere fatto. Mi auguro che questa volta, visto che questo provvedimento dovrà andare al Senato, non faccia la fine di altri provvedimenti e che in questa seconda legislatura la Commissione abbia almeno il riconoscimento del lavoro fatto.

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche - A.C. 3671-ter-A)

PRESIDENTE. Prendo atto che il relatore e la rappresentante del Governo rinunciano alle repliche.

Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione delle mozioni Brescia ed altri n. 1-01439, Palese ed altri n. 1-01603, Binetti ed altri n. 1-01606, Andrea Maestri ed altri n. 1-01611, Carnevali ed altri n. 1-01612 e Rondini ed altri n. 1-01613 relative al funzionamento dei cosiddetti centri hotspot per i migranti (ore 10,55).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione delle mozioni Brescia ed altri n. 1-01439, Palese ed altri n. 1-01603, Binetti ed altri n. 1-01606, Andrea Maestri ed altri n. 1-01611, Carnevali ed altri n. 1-01612 e Rondini ed altri n. 1-01613 relative al funzionamento dei cosiddetti centri hotspot per i migranti (Vedi l'allegato A).

Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi riservati alla discussione delle mozioni è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (Vedi calendario).

(Discussione sulle linee generali)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali delle mozioni.

È iscritta a parlare la deputata Marta Grande, che illustrerà anche la mozione Brescia ed altri n. 1-01439, di cui è cofirmataria. Ne ha facoltà.

MARTA GRANDE. Grazie, Presidente. A seguito delle decisioni prese all'interno dell'Agenda europea delle migrazioni del maggio 2015, il Governo italiano ha introdotto l'istituzione di punti di crisi, chiamati informalmente hotspot, in alcuni punti di sbarco, individuati, inizialmente, nei porti di Trapani, Pozzallo, Taranto e Lampedusa; a questi si sono aggiunti, di fatto, nel tempo, hotspot informali, cioè altri porti di sbarco dei migranti dove vengono, di fatto, attuate le procedure previste negli hotspot, grazie alla presenza di un cosiddetto team mobile, a conferma del fatto che l'hotspot è stato immaginato, almeno in una fase iniziale, innanzitutto, come approccio e non solo come luogo fisico. Tutto ciò è avvenuto nella totale assenza di norme chiare ed esaustive che ne definissero la natura giuridica e la legittimità di quanto avviene al loro interno.

La mancanza di norme chiare è stata più volte ribadita dal Governo nelle parole dell'allora Ministro dell'interno Alfano e del capo dipartimento per le libertà civili, il prefetto Morcone, che in audizione nella Commissione d'inchiesta sui migranti, rispettivamente, in data 29 luglio 2015, il primo, e 19 luglio 2016, il secondo, confermavano l'assenza di copertura giuridica. Dunque, per un anno e mezzo, abbiamo tollerato l'esistenza di centri senza una legittimazione normativa, peraltro, all'interno dei quali avvenivano procedure in aperta violazione di norme di diritto interno costituzionali e di diritto internazionale ai danni di molti migranti. Citiamo ad esempio il trattenimento forzato ai fini identificativi anche di minori stranieri non accompagnati, come anche la Commissione di inchiesta parlamentare sul sistema di accoglienza ha potuto riscontrare e denunciare.

I centri hotspot, così come immaginati a livello europeo e, quindi, politico e non, è bene ribadirlo, da disposizioni normative, dovrebbero avere la funzione di garantire l'identificazione dei migranti tratti in salvo in mare e di procedere ad una distinzione, su base tendenzialmente discrezionale, tra quanti possano e vogliano presentare domanda di protezione internazionale e quanti, invece, debbano essere considerati migranti economici e, quindi, espulsi. È bene ricordare come la definizione di migrante economico non abbia alcuna base giuridica, ma sia una definizione politico-comunicativa e, quindi, per definizione, discrezionale. Tra quanti possano o vogliano richiedere protezione, vi sono alcune categorie, di base in virtù della nazionalità, che possono entrare nel programma di relocation o ricollocamento previsto dalla stessa agenda europea ed essere, quindi, trasferiti in altri Paesi membri, secondo quote prestabilite.

Dunque l'hotspot è funzionale anche a questi trasferimenti, previsti da due diverse decisioni che prevedono, per alleggerire il carico di migranti presenti sui Paesi di frontiera, Italia e Grecia, ed in deroga al Regolamento di Dublino che, invece, li vorrebbe responsabili dell'accoglienza dei richiedenti protezione, 160.000 migranti da distribuire in Europa. Stando ai dati aggiornati al 13 aprile 2017, risultano ricollocati dall'Italia solo 5.208 migranti; il fallimento dello strumento è pertanto palese. A questo si aggiunge la tanto richiamata riforma dell'iniquo Regolamento di Dublino che, però, stando agli orientamenti della discussione a livello europeo in atto, sembra delineare la volontà di riconfermarlo, dando ancor più rilievo agli obblighi di identificazione, quindi, di accoglienza al primo Paese di sbarco e, quindi, l'Italia. All'interno dell'hotspot sono, poi, state riscontrate diverse violazioni gravi - oltre, dunque, all'assenza di legittimità giuridica - quali i trattenimenti forzati ai fini identificativi, il trattenimento di minori non accompagnati, episodi di uso della forza per l'identificazione, la distinzione arbitraria tra richiedenti protezione e migranti economici effettuata attraverso la somministrazione di un modulo chiamato foglio notizie, e questo per citarne le principali. Per facilitare ed implementare, poi, le eventuali espulsioni, l'Italia si sta facendo portavoce di una serie di accordi bilaterali di grandissima discutibilità sul piano della tutela dei diritti. Ne citiamo due che sono particolarmente significativi, quello siglato ad agosto del 2016, con il Sudan e, con la Libia, il recente accordo del 2 febbraio 2017.

Ritengo non ci sia nulla da aggiungere sulla situazione di questo Paese. Sulle espulsioni effettuate verso il Sudan, a fine agosto 2016, di quaranta cittadini sudanesi, è stato presentato un ricorso alla CEDU; è facile immaginare quale ne sarà l'esito, alla luce della recente sentenza definitiva di condanna all'Italia proprio della CEDU, nel caso Khlaifia e altri contro l'Italia, che mette in rilievo una serie di violazioni gravi relative al trattenimento e all'espulsione verso Paesi non sicuri. Ad esprimere serie preoccupazioni sull'esistenza stessa degli hotspot ha contribuito anche il Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale che nella relazione al Parlamento 2017 si è espresso con grande forza e chiarezza circa le criticità dell'approccio hotspot quali il trattenimento senza tutele giuridiche efficaci, che si configura in violazione dell'articolo 5 della CEDU, nonché all'articolo 13 della Costituzione, circa le libertà personali. In questo contesto, il 18 aprile 2017, è però stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale la legge 13 aprile 2017 n. 46, conversione in legge con modifiche del decreto legge 17 febbraio 2017 n. 13, che tenta, maldestramente, di fornire quella famosa copertura giuridica che abbiamo detto essere mancata per così lungo tempo agli hotspot e alla possibilità di trattenere i migranti ai fini identificativi.

Entrando nel merito del tentativo di legittimazione giuridica degli hotspot questa avviene in base all'articolo 17, che rimanda al decreto-legge del 30 ottobre 1995 n. 451, convertito con modificazioni dalla legge 29 dicembre 1995 n. 563, detta “legge Puglia”. Ebbene la “legge Puglia” nasce in un contesto storico lontano, specifico, emergenziale e legato ad una precisa area geografica e consta, tra l'altro, di due soli articoli. Il Governo non ha saputo cogliere l'opportunità di superare la “legge Puglia” che lascia evidenti zone d'ombra data la scarsità di indicazioni relative alla gestione dei centri in oggetto, tradendo, inoltre, nella sostanza, ancora una volta, un'impostazione emergenziale della gestione del fenomeno migratorio.

Dunque, in data 16 marzo 2017, il prefetto Pantalone, nuovo capo del dipartimento libertà civili del Ministero dell'interno, conferma la volontà di aprire nuovi centri hotspot, mentre è stato accertato come negli hotspot avvenga sistematicamente il trattenimento di minori stranieri non accompagnati, avvengano sistematici trasferimenti illegittimi di migranti, rintracciati ai valichi di frontiera nord, soprattutto Ventimiglia, verso l'hotspot di Taranto, gravi illegittimità nelle procedure e limitazioni dell'accesso alle procedure di protezione internazionale. Rispetto ai trasferimenti tra nord e sud è evidente come questi rispondano ad un mero scopo di dissuasione e deterrenza che riteniamo del tutto illegittimo e a fronte di un ingente gravissimo sperpero di denaro pubblico che, ad ottobre 2016, ammontava già a 770.000 euro.

Per questi motivi nella nostra mozione impegniamo il Governo ad assumere iniziative per dismettere immediatamente i centri hotspot attualmente operativi, in quanto estremamente costosi ed inefficaci, tanto sul piano economico, quanto sul piano della tutela dei diritti fondamentali costituzionalmente riconosciuti ai migranti e, di conseguenza, a non proseguire oltre nella creazione di nuovi centri cosiddetti hotspot o, in generale, nel mettere in pratica l'approccio hotspot prima che questo abbia una chiara ed approfondita base giuridica, che vi siano garanzie certe che al loro interno non avvengano violazioni di diritto, che sia realmente effettivo il meccanismo di ricollocazione e che sia avviata una seria, concreta ed equa modifica normativa al Regolamento (UE) n. 604/2013, in applicazione delle previsioni dell'articolo 80 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea sul principio di solidarietà tra gli Stati membri.

PRESIDENTE. Saluto gli studenti e gli insegnanti dell'Istituto comprensivo Foligno 3, di Foligno, in provincia di Perugia, che assistono ai nostri lavori dalla tribuna.

È iscritto a parlare il deputato Giuseppe Civati, che illustrerà anche la mozione Andrea Maestri ed altri n. 1-01611, di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE CIVATI. Signor Presidente, io vorrei partire da una riflessione che vorrei condividere nel presentare questa mozione che riguarda la vicenda molto attuale di Gabriele Del Grande. È una vicenda che ci racconta, in modo paradossale, quasi fosse una metafora rovesciata, che cosa può capitare a un europeo che si trova in un centro di detenzione, in questa strana soglia di opacità, in una posizione nella quale sono sospesi i diritti, non sono chiare le procedure e, peraltro, su una rotta che conosciamo molto bene, che è quella che l'Unione Europea ha voluto affrontare con un accordo con la Turchia.

È una situazione che ci ricorda quanto sia delicata questa questione, quanto siano state inefficaci finora le misure che sono state assunte in questi anni e ci ricorda anche, ed è questo l'ultimo tratto paradossale, il fatto che sia coinvolto uno dei primi testimoni di questa difficile situazione, che riguarda però non solo un europeo, come in questo caso, ma una popolazione vastissima, che ci raggiunge, che raggiunge le nostre coste attraverso il mare e che non abbiamo ancora capito come accoglierla, come condividere questa accoglienza a livello europeo, come trasferire lo stato di diritto anche alle persone che ci raggiungono, non negandolo evidentemente, e come provare a leggere un fenomeno che non può essere emergenziale. Prima l'onorevole Grande usava, giustamente in modo critico, questo aggettivo: è assurdo parlarne in questi termini dopo tanti anni; è assurdo non avere una programmazione di più alto profilo, è assurdo immaginare che l'Unione europea e i suoi leader, la nostra politica siano così incapaci di formulare soluzioni più ambiziose, più capaci appunto di affrontare - non dico risolvere, ma almeno accompagnare - quello che si manifesta come un grande problema dell'epoca attuale.

Sono misure, quelle che appartengono a questa tradizione - l'hotspot è solo un caso, ma il decreto Minniti è l'esasperazione -, che sono sbagliate e che sono cattive, potremmo dire, e che sono appunto inefficaci. Questo ce lo dicono tutte le associazioni che se ne occupano, ce lo dicono i report di Amnesty International, ce lo dicono le sentenze che sono già state richiamate, ce lo dicono le persone che hanno preso più a cuore questa situazione. Non è facile parlare con gioia di riconoscimenti verso la sindaca di Lampedusa e poi, in Aula, votare certi decreti e sostenere un approccio e un'impostazione che non funzionano. È assurdo vedere quello che succede in questi giorni sui giornali, in cui si parla di città senza muri, ma in realtà, senza costruirli i muri, ce li mettiamo anche noi. Peraltro, una situazione curiosa, perché forse qualcuno si renderà conto che noi siamo dalla parte sbagliata del muro, cioè che, se non riusciamo a risolvere i problemi con il resto dell'Unione europea, ci ritroveremo noi isolati ad affrontare questi flussi e questi transiti, che riguardano appunto decine di migliaia di persone.

La nostra mozione proprio questo intende significare: una nuova impostazione, la necessità di trovare soluzioni e formule completamente diverse, il rispetto dei diritti di tutti, perché questa è la migliore esportazione della democrazia e di un significato a livello globale delle nostre repubbliche, delle nostre leggi e dei provvedimenti che diventano urgenti, non sono più emergenziali - come dicevo prima -, ma sono assolutamente urgenti. Per queste ragioni, noi chiediamo un cambiamento di prospettiva, lo facciamo attraverso una mozione molto chiara.

Ricorderò gli impegni brevemente. Chiediamo il superamento culturale e politico - non è un caso che parliamo anche di superamento culturale - della detenzione amministrativa delle persone migranti, garantendo in ogni momento la loro dignità e i diritti fondamentali e il divieto di ricorso all'uso della forza al di fuori di quanto consentito dalla legge - pensiamo al nostro connazionale Gabriele e alle tante persone che possono trovarsi in quelle condizioni -; il superamento dell'approccio e dei centri hotspot, intensificando ogni tentativo in sede europea per individuare forme di prima accoglienza alternative, con regole più rispettose dei diritti dei migranti e prevedendo, in particolare, l'apertura di canali di ingresso regolari diversi da quello, quasi unico, della protezione internazionale - anche su questo, non è forse il caso di superare certe ipocrisie e certe timidezze e parlare con grande spirito istituzionale di canali regolari, regolamentati? Lo stesso diciamo, aggiungendo: diamo maggiore stabilità ai soggiorni - le leggi sono quelle che abbiamo ereditato dai Governi precedenti, che non sono proprio stati campioni di accoglienza e di programmazione -, riduciamo il ricorso all'allontanamento per ipotesi limitate e sosteniamo piuttosto i rimpatri volontari.

Chiediamo, in questa mozione, di superare, di rivedere le procedure operative standard (le SOP), applicabili negli hotspot, per assicurare che nessun illegittimo screening avvenga immediatamente dopo lo sbarco e che tutte le persone in arrivo abbiamo accesso a informazioni sufficienti, prima dell'esame della loro situazione, eliminando, in particolare, dal cosiddetto “foglio notizie” domande sul motivo dell'arrivo in Italia. Sono misure che chiederemmo per noi italiani, anzi le pretendiamo - giustamente con indignazione -; dobbiamo riconoscerle anche a chi arriva nel nostro territorio nazionale.

Dobbiamo farlo, perché questa vicenda dell'immigrazione, della richiesta di asilo, di tutte le questioni ad essa collegate, deve essere considerata davvero un elemento strategico del nostro Paese, perché l'Italia stessa è un luogo di transito, di incontro, di passaggio, per ragioni geografiche, geopolitiche. Siamo in una strana posizione meridiana all'interno del Mediterraneo; potremmo avere uno straordinario protagonismo, potremmo trasformare un conflitto surreale con l'Unione europea in una interpretazione da leader di questa partita, potremmo costruire davvero uno scenario politico diverso, ovviamente cercando di intervenire sulle cause, non soltanto sugli effetti, provando a togliere la strumentalizzazione politica da questo dibattito e considerando, davvero, quel tratto di umanità e di diritto che non può mai essere dimenticato, quando si parla di persone che si trasferiscono. Io credo che su questo si misurerà la qualità della nostra Repubblica e la sua vocazione, potremmo dire. Quindi, la nostra aspettativa è che questa mozione sia considerata come un contributo alto al dibattito, come un tentativo non polemico di superare un'impostazione che non funziona e come un'occasione per riflettere sul percorso, su quello che succederà nel nostro futuro e dove stiamo andando. Con questa domanda saluto il Presidente e ringrazio per l'attenzione. La domanda è proprio questa: dove stiamo andando? Non si muovono soltanto i migranti, ci stiamo muovendo anche noi in un futuro sempre più incerto e con i diritti che diventano sempre più opachi e si riducono viepiù. Grazie.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Edoardo Patriarca, che illustrerà anche la mozione Carnevali ed altri n. 1-01612, di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.

EDOARDO PATRIARCA. Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi e colleghe, la mozione che abbiamo presentato, che andrò ad illustrare, approfondisce indubbiamente un segmento particolare, appunto i centri hotspot, di una vicenda tra le più complesse e cruciali per il nostro Paese e per l'intera Europa.

Il fenomeno delle migrazioni assumerà, nei prossimi decenni, tratti di un esito che taluni annunciano biblico. Il continente africano, in particolare i Paesi della fascia subsahariana, è travolto da una crisi economica lunga, da guerre locali - la terza guerra mondiale “a pezzi”, come la definisce Papa Francesco -, da cambiamenti climatici e da vasti processi di desertificazione. È un fenomeno che durerà per decenni, un fenomeno che le principali organizzazioni internazionali definiscono oramai strutturale. I migranti, insomma, partiranno ancora per anni e sono soprattutto giovani. Va da sé che necessiteranno una serie di misure politiche, umanitarie, sociali, economiche, culturali, di ampio respiro, sul piano europeo e internazionale. Si parla di fenomeni che coinvolgono decine e decine di milioni di persone: sono state 181 mila le persone accolte in Italia nel 2016, 26 mila solo in questi primi mesi, con un incremento del 30 per cento, tra questi 3.500 minori non accompagnati. È poi da tener conto, tragicamente - lo devo ricordare, lo dobbiamo ricordare -, le persone morte nel Mediterraneo in questi mesi, che alcuni dicono si attestano sui 5 mila.

Le politiche dei Governi di questa legislatura hanno agito, da una parte, sul fronte dell'emergenza e, dall'altra, per implementare azioni che guardano a tempi più lunghi, oltre l'emergenza appunto, se è vero che il fenomeno delle migrazioni è un fenomeno strutturale.

Il Partito Democratico si muove su questo sentiero difficile e applica un realismo che si nutre dei valori della solidarietà e dell'accoglienza, coniugato con il diritto alla sicurezza, che riguarda tutti, residenti e non. Non ci piace il realismo cinico e crudele - mi si passi questo termine -, che quotidianamente propone il “buttiamoli a mare” o “rispediamoli a casa”, non ci piacciono i respingimenti, che il diritto internazionale condanna, e neppure muri e fili spinati.

Eppure la solidarietà e l'accoglienza vivono anch'esse di realismo - questo sì, sano -, perché l'accoglienza va costruita, va gestita bene, proprio per garantire ai migranti il diritto alla vita e alla dignità. Non vogliamo un'accoglienza abborracciata e neppure l'accoglienza del fai-da-te, che non regge nel tempo, come dimostra l'esperienza di questi anni.

Se questo è il sentiero stretto nel quale ci muoviamo, i provvedimenti avviati dai Governi di questa legislatura tentano con efficacia, a nostro parere, questa non facile mediazione. La Camera ha approvato in via definitiva la proposta di legge che modifica la normativa vigente sui minori stranieri non accompagnati presenti in Italia, con l'obiettivo di rafforzare le tutele nei confronti dei minori e garantire un'applicazione uniforme delle norme per l'accoglienza su tutto il territorio nazionale.

Ancora, nel corso della legislatura è stata, altresì, data attuazione, col decreto legislativo n. 142 del 2015, alla nuova direttiva europea in materia di accoglienza dei rifugiati e richiedenti protezione internazionale. Per sostenere l'attività dei comuni sono state aumentate le risorse del Fondo nazionale per l'accoglienza dei minori non accompagnati ed è stata prevista la possibilità di accedere ai servizi di accoglienza finanziati con il Fondo nazionale per le politiche ed i servizi dell'asilo, istituito per finanziare l'accoglienza dei soli richiedenti protezione internazionale. Come pure assai rilevante il protocollo con ANCI, che definisce le modalità e i criteri per l'accoglienza negli SPRAR.

Va ricordato, al fine di dare attuazione alle richieste europee, la conversione in legge del decreto-legge n. 13 del 2017, recante disposizioni urgenti per l'accelerazione delle procedure amministrative e giurisdizionali in materia di protezione internazionale, che ha previsto, tra le altre cose, anche misure volte ad accelerare le operazioni di identificazione di cittadini di Paesi non appartenenti all'Unione europea e a rendere più efficaci le operazioni di rimpatrio; ed è stata, altresì, riservata una particolare attenzione alle procedure di fotosegnalamento e identificazione dei migranti, attrezzando a tal fine apposite strutture nelle zone di sbarco, in cui si stanno registrando crescenti livelli di attività.

Non da ultimo va, purtroppo, segnalato che, nonostante l'intenso sforzo dispiegato dal Governo italiano, mancano ancora i risultati auspicati a livello europeo: la riforma del Regolamento Dublino 3, in favore di un sistema comune europeo di gestione delle domande di asilo, più volte annunciata nei tavoli, stenta a partire, mentre i programmi comunitari già adottati con la relocation dei rifugiati - dei 160 mila previsti, è stato ricollocato appena il 3,5 per cento - sono di fatto parzialmente falliti per la persistente opposizione dei Paesi del gruppo Visegrad e di Paesi che progressivamente hanno finito per sospendere l'accordo di libera circolazione di Schengen. La stessa proposta italiana del migration compact non è ancora stata applicata, né sono state stanziate risorse europee atte a far decollare gli accordi con i Paesi africani di maggior flusso e transito.

Da questi provvedimenti si ricavano le direttrici che stiamo percorrendo e che intendiamo perseguire, illustrate nella mozione che abbiamo depositato. In breve, auspichiamo una ripresa decisa del confronto in Europa sui programmi di relocation, nel pieno rispetto dei diritti costituzionalmente garantiti. Chiediamo un impegno chiaro affinché la riforma di Dublino 3 in favore di un sistema europeo di gestione delle domande di asilo vada in porto. Proponiamo di rilanciare a livello europeo la proposta del Governo italiano del migration compact, che finalmente impegni l'Europa in Africa, per risolvere alle radici le ragioni delle attuali migrazioni. In tal senso appare significativo l'accordo con Niger e Tunisia e il memorandum con la Libia, come pure il rafforzamento della rete consolare in Africa. Ancora, altresì, riteniamo importante e urgente snellire e accelerare le procedure che avviano corridoi umanitari, che già in Italia stiamo sperimentando. Ancora, riteniamo urgente il superamento dei grandi centri - e lo abbiamo ribadito più volte e ripetutamente - e un investimento sull'accoglienza diffusa, con un rafforzamento del sistema di seconda accoglienza, che sia in grado di assorbire tempestivamente i nuovi ingressi.

Gli hotspot sono un segmento specifico, certamente specifico, determinante, perché attiene alla fase iniziale, quella più delicata: se messi in condizione di operare al meglio - noi lo crediamo -, gli hotspot potranno assicurare una gestione dell'accoglienza più razionale ed efficiente, consentendo non solo una tempestiva identificazione dei migranti, ma anche il loro rapporto, il loro rapido ricollocamento nelle diverse strutture del sistema. Gli hotspot - lo scriviamo nella nostra mozione, lo abbiamo chiesto al Governo e anche al Ministro Minniti - ovviamente non possono che essere strutture decorose e ospitali, prevedendo un protocollo uniforme, da applicare sull'intero territorio nazionale, sui requisiti richiesti e sulla tipologia dei servizi che si forniscono.

I profughi dovranno trattenersi per il tempo necessario, ricevere la prima assistenza, per essere identificati e poi ricollocati nei canali del sistema di accoglienza. Dovranno garantire, sempre gli hotspot, informazioni adeguate, certe, trasparenti, sulla procedura di protezione internazionale e sul programma o sui programmi di ricollocazione in altri Stati europei.

Non da ultimo, Presidente - e mi avvio alla conclusione, il Ministro Minniti lo ha ribadito e lo ha riconfermato -, riprendere le buone pratiche che in questi anni abbiamo già avviato; molte organizzazioni del terzo settore le hanno, comunque, praticate con grande successo sui rimpatri volontari. Sono progetti che in qualche modo sono stati interrotti negli anni scorsi, il Ministro Minniti, il Governo, intende riproporli con estrema forza e ci pare che questo sia uno strumento importante per favorire un ricollocamento nei Paesi d'origine sotto il segno dell'accompagnamento e della formazione.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Marco Rondini, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-01613. Ne ha facoltà.

MARCO RONDINI. Grazie, Presidente. Gli hotspot, stando ad una scheda informativa diffusa dalla Commissione europea, avrebbero dovuto garantire - il condizionale è d'obbligo -, in combinato disposto con i ricollocamenti, un metodo di gestione dei flussi migratori eccezionali, per dare sostegno agli Stati membri in prima linea nell'affrontare le forti pressioni migratorie alle frontiere esterne dell'Unione europea.

Nel maggio del 2015, la Commissione europea ha presentato un pacchetto di interventi immediati, recepiti dal decreto legislativo n. 142 dell'agosto del 2015, per contrastare la crisi migratoria in corso, tra cui l'approccio hotspot e i piani di ricollocamento. Queste due misure, avallate dal Consiglio europeo, avrebbero garantito un miglior contenimento dei crescenti flussi migratori illegali, rafforzando la gestione delle frontiere esterne dell'Unione. Nell'agenda europea gli hotspot sono stati presentati come valida iniziativa per aiutare gli Stati in prima linea a identificare, registrare e rilevare rapidamente le impronte digitali dei migranti in arrivo.

Secondo la definizione ufficiale della Commissione Europea, l'hotspot è una sezione di frontiera esterna caratterizzata da pressione migratoria specifica e sproporzionata, causata da flussi migratori misti. L'approccio hotspot implica che le agenzie dell'Unione europea intervengano in quella zona in modo coordinato tramite squadre di sostegno per la gestione delle migrazioni, basandosi sostanzialmente sul personale e le attrezzature messe a disposizione dagli altri Stati membri. A seconda delle situazioni valutate caso per caso, gli Stati potranno essere assistiti nell'identificazione, registrazione e trasferimento dei migranti fermati alla frontiera.

Da questo supporto mirato e globale sono, però, esclusi l'accoglienza dei richiedenti asilo e l'esame delle loro domande. Anche i rimpatri rimarranno essenzialmente nelle mani e peseranno sul bilancio dello Stato ospitante, nonostante l'esistenza di qualche forma molto limitata di sostegno finanziario ed operativo da parte dell'Unione europea.

Val la pena ricordare che, dal 2013 al 2016, la spesa sostenuta per la cosiddetta crisi migratoria è stata di circa 9 miliardi 700 milioni di euro e il contributo dell'Unione europea di soli 376 milioni di euro. Nel complesso, nonostante la retorica dell'assistenza, gli hotspot sono stati progettati in modo da rendere effettive le responsabilità che gli Stati in prima linea dovrebbero in teoria assumersi in base alla legislazione europea vigente: identificare gli immigrati, fornire la prima accoglienza, identificare e rimpatriare coloro che non fanno richiesta di asilo ed avviare chi, invece, fa domanda, verso le procedure di asilo dello Stato responsabile. Qui avrebbero dovuto entrare in gioco i piani di ricollocazione temporanea, secondo quanto previsto dalla decisione del Consiglio europeo del 14 e del 22 settembre 2015, a seguito dell'agenda europea sulla migrazione del 13 maggio 2015.

Questa, in breve, è la cronistoria delle buone intenzioni politicamente corrette, che si fanno norma. Questi strumenti, agevolati, ripeto, dalle stravaganti utopie dell'accoglienza che fanno da retroterra culturale a leggi e norme in materia di immigrazione e che trovano cittadinanza, ahinoi, anche fuori dal bel Paese, avrebbero dovuto garantire i ricollocamenti, ma in particolare l'identificazione, la registrazione e il rilevamento delle impronte digitali degli immigrati, ed inoltre il rimpatrio di coloro che non fanno richiesta d'asilo, come già detto. Tutti obiettivi disattesi.

Vede, nel sottolineare il fallimento anche di queste misure, salutate nel 2015 dal Governo Renzi come soluzione che conciliava l'accoglienza e il rigore, non ci associamo a coloro che criticano lo strumento degli hotspot definendoli luoghi dove avverrebbe, con metodi sommari, una distinzione tra rifugiati e cosiddetti migranti economici, anche perché così non è. Premesso che l'hotspot è uno strumento che, così come è stato pensato, per noi dovrebbe essere smantellato a prescindere, insieme a tutto quel sistema d'accoglienza che avete impiantato, quando volessimo cimentarci nella verifica della validità del pacchetto di misure adottate - gli hotspot, l'identificazione e i rimpatri - non ne possiamo che ribadire il fallimento. Attualmente risultano operativi solo 4 hotspot, precisamente a Lampedusa, Pozzallo, Trapani e Taranto, nei quali, al 28 marzo 2017, erano presenti 745 immigrati, e pare che ne siano in fase di realizzazione altri 5, benché già quelli attivi non abbiano portato ad alcun effetto in tema di ricollocamento.

Ad oggi, secondo i dati forniti dall'Unità di Dublino, del Ministero dell'interno, Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione, risultano ricollocati in altri Stati europei solo 4.438 richiedenti protezione internazionale, su quasi 40.000 previsti in sede comunitaria. Ciò in particolare ed in considerazione del fatto che le prime nazionalità dei cosiddetti richiedenti asilo in Italia sono quelle della Nigeria, del Gambia, del Bangladesh e del Senegal, che a tutti gli effetti sono da considerare migranti economici e che andrebbero rimpatriati. Infatti, a beneficiare del ricollocamento sono solamente principalmente siriani, iracheni ed eritrei. Vi è poi da sottolineare un dato che abbiamo anche registrato nel corso delle missioni della Commissione d'inchiesta sul sistema d'accoglienza: gli immigrati sono identificati oggi nella quasi totalità, poi vengono però sparpagliati nel sistema d'accoglienza diffuso su tutto il territorio, ma spesso senza essere accompagnati dai dati che ne attestano l'identità, altra falla del sistema.

Preso atto, comunque - e i dati che ho citato lo attestano in maniera inequivocabile -, che gli hotspot hanno fallito l'obiettivo di contribuire all'attuazione dei meccanismi temporanei di ricollocamento, passiamo dunque all'altro obiettivo che il pacchetto di misure doveva garantire: il rimpatrio di coloro che non fanno richiesta di asilo, che sono poche migliaia, fra i 30 e i 40 mila, dal 2013 ad oggi, a fronte di numeri che credo sia opportuno ricordarvi. Dal 2013 ad oggi sono arrivati in Italia, grazie alle vostre scriteriate politiche dell'accoglienza senza regole, 570.000 immigrati, di questi solamente 342.000 hanno formalizzato una richiesta: mancano all'appello 230.000 immigrati. Dove siano non si sa, anche perché, al netto dei rimpatri, sicuramente sul nostro territorio o in giro per l'Europa ci sono 200.000 immigrati il cui arrivo noi abbiamo agevolato e garantito. Ed in più, varrebbe la pena sottolineare quanti di quelli che hanno formalizzato una richiesta poi si sono visti comunque respingere questa richiesta. Oggi, sul totale delle richieste esaminate, che sono circa 240.000, solamente 110.000 sono quelle accolte, e di queste 55.000 sono quelle accolte come protezione umanitaria, quella riconosciuta solo nel bel Paese: altra trovata geniale per agevolare l'invasione di popolamento del nostro territorio.

Stando a questa breve analisi che ho fatto, attribuiamo la responsabilità politica e morale di questo disastro annunciato a chi, come i Governi italiani, si è fatto strumento di fini, anche ideologici, informati da quel terzomondismo da strapazzo che genera e alimenta un “mea culpismo” nelle nostre comunità e che induce ad un'accoglienza, come dicevo e ribadisco, senza regole; ma anche e soprattutto a quella regia che trova il suo spazio geometrico di azione e di influenza negli organi di quell'Unione europea sempre alla ricerca di alibi politicamente corretti per giustificare un'invasione di popolamento. Che poi in questo mare nuotino anche coloro che hanno tratto vantaggi economici, speso oggetto dell'attenzione della magistratura, è grave. Ma tant'è, il sistema in generale ed in particolare nel bel Paese, privo di regole chiare, è di per sé criminogeno. Voi ne avete la responsabilità politica e morale. Non ci illudiamo che vogliate accogliere i nostri impegni, però proviamo comunque a ricordarveli.

Noi crediamo che il Governo dovrebbe impegnarsi a valutare l'opportunità di assumere iniziative volte a procedere ad una totale revisione dell'attuale sistema di accoglienza; a valutare l'opportunità di attuare tutte le misure necessarie a disincentivare le partenze degli immigrati dai Paesi di origine e di transito mediante una seria e rigorosa politica finalizzata al controllo delle frontiere marittime, terrestri e aeree, anche con azioni di respingimento, che fra l'altro sono previste dalle direttive europee in relazione ai rimpatri; infine a farsi promotore - il nostro Governo, non questo, probabilmente, che non accoglierà sicuramente questi nostri impegni -, stante le proprie competenze, in tutte le opportune sedi europee, affinché vengano creati centri di prima accoglienza nei Paesi del Nordafrica o di partenza e transito, ove provvedere, in quei luoghi, all'identificazione degli immigrati e all'esame delle richieste di asilo.

Mi avvio alla conclusione ribadendo che non ci illudiamo che voi accogliate gli impegni posti in calce alla nostra mozione, ma l'occasione della discussione di queste mozione ci ha offerto ancora una volta l'opportunità di discutere intorno ad un sistema che vede negli hotspot uno dei vari strumenti, un sistema dell'accoglienza che porterà in futuro a delle gravi e pesanti ricadute sociali, che in qualche modo andranno a sacrificare quella pace e quella convivenza civile che possono ritrovarsi solo ed unicamente quando i membri della comunità si riconoscono in una tavola di valori da tutti i membri riconosciuta, cosa che non può accadere, soprattutto rispetto a quelle centinaia di migliaia di immigrati che avete portato sul nostro territorio e che sono portatori di una cultura e di una religione altra, antitetica completamente ai valori sui quali poggiano le democrazie occidentali. Voi ne porterete e portate la responsabilità politica e morale. Sacrificate sull'altare - non perderemo mai l'occasione di ricordarvelo - del politicamente corretto e delle vostre utopie il futuro delle nostre comunità.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Giammanco. Ne ha facoltà.

GABRIELLA GIAMMANCO. Presidente, l'approccio hotspot è stato introdotto dall'Agenda europea sulle migrazioni del 13 maggio 2015 e prevede la collaborazione di funzionari europei con le autorità nazionali nelle operazioni di identificazione, registrazione e rilevamento delle impronte digitali dei migranti in arrivo. In Italia sono attualmente attivi solo quattro hotspot: a Lampedusa, a Trapani, a Pozzallo e a Taranto, entrati ufficialmente in funzione tra settembre 2015 e febbraio 2016. L'approccio hotspot - privo di una specifica cornice giuridica fin dal suo inizio, lo vogliamo ricordare - è al centro però di numerose critiche, in particolare per le condizioni in cui versano i centri di trattenimento. Da questo punto di vista, quindi, condividiamo molte delle critiche, rilevate anche nella mozione presentata dal MoVimento 5 Stelle, in merito alla disorganizzazione e al dilettantismo con i quali il Governo ha gestito e continua a gestire la questione hotspot. La stessa Unione europea, a cui comunque va il grave demerito di avere lasciato il nostro Paese da solo assieme alla Grecia a gestire l'imponente ondata migratoria in atto, ha più volte messo in mora l'Italia per l'inefficienza del nostro sistema di identificazione dei migranti. In base al Regolamento di Dublino, una domanda di asilo non può essere presentata in più di uno Stato membro e deve essere esaminata dallo Stato dove il richiedente ha fatto ingresso nell'Unione: tutto ciò fa sì che il migrante richiedente asilo, una volta sbarcato sulle coste italiane, rimanga in carico all'Italia anche se varca i confini nazionali.

Anche per questa ragione, molti migranti richiedenti asilo cercano di sottrarsi al processo di identificazione, per entrare nei sistemi di gestione dell'immigrazione dei Paesi del nord Europa e perché in essi, spesso, risiedono loro familiari o conoscenti. I fotosegnalamenti, inoltre, non sempre vengono compiuti negli hotspot, anzi, le postazioni mobili con le quali si effettuano i primi fotosegnalamenti, secondo quanto dichiarato dalla polizia scientifica, vengono portate dalla polizia ed installate nella località in cui lo sbarco avviene, che non sempre coincide con le sedi degli hotspot. Infatti, le attività di fotosegnalamento possono essere svolte anche in tensostrutture allestite per l'occasione sulle banchine dei porti o presso locali adibiti a questo scopo temporaneamente, hangar, capannoni, oppure, quando ci si riesce, addirittura negli uffici di polizia scientifica.

Per cui non esiste nel nostro Paese un protocollo unico di identificazione dei migranti richiedenti asilo: quando un migrante richiedente asilo giunge in territorio italiano, di fatto, non viene identificato, ma solo individuato. L'identificazione, infatti, è una procedura scientifica giuridicamente rilevante che permette di attribuire ad ogni singola persona, in maniera univoca, una e una sola identità; viceversa, l'individuazione è la mera attribuzione di un nome e di una provenienza che, tuttavia, possono mutare senza che vi sia l'effettiva possibilità di pervenire ad una identificazione sicura.

In altre parole, manca un'anagrafe unitaria e affidabile dei migranti richiedenti asilo che arrivano nel nostro Paese e mancano, in generale, gli strumenti adatti per trattenere e identificare i migranti. Di fatto, se non cambia il sistema, gli hotspot saranno e continueranno a essere fabbriche di clandestinità. Non è più sostenibile permettere che arrivino sulle nostre coste migliaia e migliaia di immigrati e che non ci siano adeguati strumenti per identificarli ed eventualmente rimpatriarli.

La soluzione non può essere quella dell'accoglienza diffusa senza se e senza ma, dell'accoglienza cieca e indiscriminata che, a lungo andare, può rivelarsi un boomerang per il nostro Paese. È giusto provvedere all'accoglienza, all'integrazione di chi fugge da guerre e persecuzioni, garantendo loro la sicurezza che hanno perso, ma il processo di integrazione può riguardare solo persone che abbiano un qualche titolo per stare sul territorio nazionale. Di fatto, fino ad oggi, si tratta di una piccola minoranza rispetto alla massa di immigrati presenti in Italia.

Più in generale, le iniziative e le misure poste per fronteggiare il fenomeno migratorio, un'emergenza che ha assunto negli ultimi anni un carattere strutturale, non hanno fino ad ora avuto esiti positivi, registrando, di fatto, il fallimento della politica italiana su questo tema, nonché il fallimento di una ancora più necessaria politica europea: una politica europea comune, condivisa, della gestione del fenomeno migratorio. La gestione condivisa del fenomeno con gli altri Paesi europei, infatti, si è rivelata un grande bluff: la cosiddetta ricollocazione dei richiedenti protezione internazionale dall'Italia verso l'Europa, di fatto, è stata pressoché inesistente e ha visto la redistribuzione di poche migliaia di persone. Una cifra irrisoria: considerato che, solo nel 2016, sono sbarcati nel nostro paese 180 mila stranieri e per quest'anno il dato è destinato a crescere.

L'Italia, da parte sua, aveva il dovere di provare ad offrire all'Europa quell'impulso decisivo in grado di mettere in campo tutte le misure necessarie per governare l'ondata migratoria, ma il Governo ha miseramente fallito. Lo dicono soprattutto i numeri, in particolare, quelli relativi agli sbarchi, ai rimpatri, all'immigrazione irregolare. Su questo tema Forza Italia ha avanzato linee di indirizzo chiare: innanzitutto, quella di sollecitare un intervento decisivo da parte dell'Unione europea, che fornisca adeguato sostegno agli Stati membri in prima linea, assicurando la ricollocazione e il rimpatrio dei migranti, oltre che la costituzione di hotspot nei Paesi di provenienza, definendo un approccio comune europeo per la gestione del flusso dei rifugiati e dei migranti economici.

Abbiamo proposto anche di ridefinire le regole che in Italia disciplinano la concessione della protezione internazionale, abolendo la protezione umanitaria per tutti o quasi, lasciandola in piedi esclusivamente per i minori stranieri non accompagnati.

Questo tipo di protezione, infatti, è un unicum da noi, in Italia: fu prevista dalla “legge Turco-Napolitano” perché pensata per i flussi migratori degli anni Novanta, che avevano comunque dimensioni infinitamente inferiori a quelle che stiamo vivendo oggi. Oggi, invece, è usata come una sorta di sanatoria mascherata per i migranti economici, con un conseguente smisurato ampliamento della loro presenza sul territorio italiano.

Più specificatamente, sul tema dell'identificazione abbiamo proposto anche l'aumento del periodo di stato di fermo, innalzandolo da 24 a 72 ore per permettere con maggiore sicurezza l'accertamento dell'identità del migrante richiedente protezione.

Abbiamo, inoltre, proposto l'istituzione di un registro unico centralizzato dei migranti richiedenti asilo. Abbiamo anche ulteriormente proposto di garantire l'accesso agli hotspot ai parlamentari e agli amministratori locali proprio per assicurare un controllo esterno sulle modalità e le condizioni di trattenimento, nonché sul rispetto dei diritti fondamentali e della dignità degli stranieri presenti negli hotspot.

Sono tutti temi che abbiamo avanzato e che sono rimasti lettera morta nel corso della discussione del “decreto Minniti” in materia di immigrazione: temi che sicuramente riproporremo, anche nella nostra mozione. Questioni che, purtroppo, il Governo Gentiloni, sulla scia del pressappochismo della politica dell'immigrazione portata avanti dal precedente Governo Renzi, non si sta dimostrando all'altezza di gestire.

PRESIDENTE. Saluto studenti e insegnanti dell'Istituto comprensivo “Casalbore” di Montecalvo Irpino, in provincia di Avellino, che assistono ai nostri lavori dalla tribuna (Applausi).

Non essendovi altri iscritti a parlare, dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali delle mozioni.

Prendo atto che il Governo si riserva di intervenire successivamente.

Il seguito della discussione è rinviato ad altra seduta.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

  Mercoledì 26 aprile 2017, alle 12:

(ore 12, con votazioni non prima delle ore 16)

1.  Discussione del Documento di economia e finanza 2017. (Doc. LVII, n. 5)

Relatori: RUBINATO, per la maggioranza; D'INCÀ e MARCON, di minoranza.

2.  Seguito della discussione delle mozioni Vezzali ed altri n. 1-01511, Di Vita ed altri n. 1-00293, Lenzi ed altri n. 1-01437, Cimbro ed altri n. 1-01494, Rondini ed altri n. 1-01567, Gregori ed altri n. 1-01568, Palese ed altri n. 1-01570, Vargiu ed altri n. 1-01572, Calabrò e Bosco n. 1-01573, Gigli ed altri n. 1-01574, Rampelli ed altri n. 1-01575 e Centemero e Occhiuto n. 1-01576 concernenti iniziative volte alla prevenzione dell'HIV/AIDS e delle malattie sessualmente trasmissibili.

3.  Seguito della discussione della proposta di legge:

DAMBRUOSO ed altri: Misure per la prevenzione della radicalizzazione e dell'estremismo violento di matrice jihadista. (C. 3558-A)

Relatori: POLLASTRINI, per la maggioranza; LA RUSSA, di minoranza.

4.  Seguito della discussione della proposta di legge:

S. 119-1004-1034-1931-2012 - D'INIZIATIVA DEI SENATORI: D'ALI'; DE PETRIS; CALEO; PANIZZA ed altri; SIMEONI ed altri: Modifiche alla legge 6 dicembre 1991, n. 394, e ulteriori disposizioni in materia di aree protette (Approvata, in un testo unificato, dal Senato). (C. 4144-A)

e delle abbinate proposte di legge: TERZONI ed altri; MANNINO ed altri; TERZONI ed altri; BORGHI ed altri. (C. 1987-2023-2058-3480)

Relatore: BORGHI.

5.  Seguito della discussione delle mozioni Lupi ed altri n. 1-01525, Palese ed altri n. 1-01545, Sorial ed altri n. 1-01546, Franco Bordo ed altri n. 1-01548, Allasia ed altri n. 1-01550 e Marcon ed altri n. 1-01555 concernenti iniziative volte all'estensione dei cosiddetti poteri speciali del Governo al fine di salvaguardare gli assetti proprietari delle aziende italiane di rilevanza strategica.

6.  Seguito della discussione dei disegni di legge:

Ratifica ed esecuzione dei seguenti Accordi: a) Accordo di cooperazione tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo degli Emirati Arabi Uniti, nell'ambito della cultura, arte e patrimonio, fatto a Dubai il 20 novembre 2012; b) Accordo tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica di Malta in materia di cooperazione culturale e di istruzione, fatto a Roma il 19 dicembre 2007; c) Accordo di cooperazione scientifica e tecnologica tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo del Montenegro, fatto a Podgorica il 26 settembre 2013; d) Accordo di cooperazione culturale, scientifica e tecnica tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica del Senegal, fatto a Roma il 17 febbraio 2015; e) Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica slovacca sulla cooperazione in materia di cultura, istruzione, scienza e tecnologia, fatto a Bratislava il 3 luglio 2015; f) Accordo di collaborazione nei settori della cultura e dell'istruzione tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica di Slovenia, fatto a Roma l'8 marzo 2000. (C. 3980-A)

Relatore: FEDI.

S. 2194 - Ratifica ed esecuzione della Convenzione tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo di Barbados per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e per prevenire le evasioni fiscali, fatta a Barbados il 24 agosto 2015 (Approvato dal Senato). (C. 4226)

Relatrice: LA MARCA.

Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo di Costa Rica sullo scambio di informazioni in materia fiscale, con Allegato, fatto a Roma il 27 maggio 2016. (C. 4254)

Relatrice: LA MARCA.

Ratifica ed esecuzione dei seguenti Accordi: a) Accordo euromediterraneo nel settore del trasporto aereo tra l'Unione europea e i suoi Stati membri, da un lato, e il Governo dello Stato d'Israele, dall'altro, fatto a Lussemburgo il 10 giugno 2013; b) Accordo sullo spazio aereo comune tra l'Unione europea e i suoi Stati membri e la Repubblica moldova, fatto a Bruxelles il 26 giugno 2012; c) Accordo sui trasporti aerei fra l'Unione europea e i suoi Stati membri, da un lato, gli Stati Uniti d'America, d'altro lato, l'Islanda, d'altro lato, e il Regno di Norvegia, d'altro lato, con Allegato, fatto a Lussemburgo e Oslo il 16 e il 21 giugno 2011, e Accordo addizionale fra l'Unione europea e i suoi Stati membri, da un lato, l'Islanda, d'altro lato, e il Regno di Norvegia, d'altro lato, riguardante l'applicazione dell'Accordo sui trasporti aerei fra l'Unione europea e i suoi Stati membri, da un lato, gli Stati Uniti d'America, d'altro lato, l'Islanda, d'altro lato, e il Regno di Norvegia, d'altro lato, fatto a Lussemburgo e Oslo il 16 e il 21 giugno 2011. (C. 2714)

Relatore: FEDI.

7.  Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge:

FIORIO ed altri; CASTIELLO ed altri: Disposizioni per lo sviluppo e la competitività della produzione agricola e agroalimentare con metodo biologico. (C. 302-3674-A)

Relatrice: TERROSI.

8.  Seguito della discussione del disegno di legge:

Disposizioni per la celebrazione dei 500 anni dalla morte di Leonardo da Vinci e Raffaello Sanzio e dei 700 anni dalla morte di Dante Alighieri. (C. 4314-A)

e dell'abbinata proposta di legge: GIANLUCA PINI ed altri. (C. 4252)

Relatrice: PICCOLI NARDELLI.

9.  Seguito della discussione della proposta di legge:

ERMINI: Modifica all'articolo 59 del codice penale in materia di legittima difesa. (C. 3785-A/R)

e delle abbinate proposte di legge: MOLTENI ed altri*; LA RUSSA ed altri; MAROTTA e SAMMARCO; MOLTENI ed altri; FAENZI; GELMINI ed altri; GREGORIO FONTANA ed altri; FORMISANO e PORTAS; MOLTENI ed altri. (C. 2892-3380-3384-3419-3424-3427-3434-3774-3777)

Relatori: ERMINI, per la maggioranza; LA RUSSA e MOLTENI, di minoranza.

*Tutti i deputati firmatari della proposta di legge hanno ritirato la propria sottoscrizione dopo la conclusione dell'esame in sede referente.

10.  Seguito della discussione delle mozioni Marcon ed altri n. 1-01589, Capezzone ed altri n. 1-01600, Caso ed altri n. 1-01601, Melilla ed altri n. 1-01602, Brunetta n. 1-01604 e Guidesi ed altri n. 1-01609 concernenti la questione dell'inserimento del cosiddetto Fiscal compact nei Trattati europei, nonché le politiche economiche e di bilancio dell'Unione europea.

11.  Seguito della discussione delle mozioni Rosato ed altri n. 1-01508, Binetti ed altri n. 1-01558, Cominardi ed altri n. 1-01559, Rampelli ed altri n. 1-01561, Ricciatti ed altri n. 1-01562, Palese ed altri n. 1-01571, Allasia ed altri n. 1-01607 e Catalano ed altri n. 1-01608 in materia di robotica ed intelligenza artificiale.

12.  Seguito della discussione del disegno di legge:

Delega al Governo in materia di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza (Già articolo 15 del disegno di legge n. 3671,   stralciato con deliberazione dall'Assemblea il 18 maggio 2016). (C. 3671-ter-A)

e dell'abbinata proposta di legge: ABRIGNANI ed altri. (C. 865)

Relatore: BENAMATI.

13.  Seguito della discussione delle mozioni Brescia ed altri n. 1-01439, Palese ed altri n. 1-01603, Binetti ed altri n. 1-01606, Andrea Maestri ed altri n. 1-01611, Carnevali ed altri n. 1-01612 e Rondini ed altri n. 1-01613 relative al funzionamento dei cosiddetti centri hotspot per i migranti.

14.  Seguito della discussione della proposta di legge:

ARLOTTI ed altri: Distacco dei comuni di Montecopiolo e Sassofeltrio dalla regione Marche e loro aggregazione alla regione Emilia-Romagna, nell'ambito della provincia di Rimini, ai sensi dell'articolo 132, secondo comma, della Costituzione. (C. 1202-A)

e dell'abbinata proposta di legge: GIANLUCA PINI ed altri. (C. 915)

Relatori: MATTEO BRAGANTINI e FABBRI.

La seduta termina alle 11,45.

TESTI DEGLI INTERVENTI DI CUI È STATA AUTORIZZATA LA PUBBLICAZIONE IN CALCE AL RESOCONTO STENOGRAFICO DELLA SEDUTA ODIERNA: GIANLUCA BENAMATI (A.C. 3671-TER-A)

GIANLUCA BENAMATI. (Relazione – A.C. 3671-ter-A). Ulteriori princìpi e criteri direttivi riguardano: la previsione di un comitato di sorveglianza (nominato dal Ministro, di cui fanno parte anche i creditori nominati invece dal Tribunale) la cui funzione è quella di vigilanza sull'attuazione del programma e sull'effettività delle prospettive di recupero economico dell'impresa (comma 1, lettera o)); le modalità con cui il tribunale, su ricorso del commissario straordinario, sentito il comitato di sorveglianza, può autorizzare (comma 1, lettera p)): la sospensione o lo scioglimento dei contratti pendenti; il pagamento di crediti pregressi strategici al di fuori delle regole del riparto; l'esonero dalle azioni revocatorie per i pagamenti effettuati dall'imprenditore; l'assicurazione della flessibilità in funzione delle caratteristiche dell'impresa e dei mercati di riferimento nella definizione dei contenuti del programma di ristrutturazione nonché la durata dei programmi di ristrutturazione e di cessione dei complessi aziendali (comma 1, lett. q)); la legittimazione del commissario straordinario e del comitato di sorveglianza a presentare al tribunale istanza di conversione dell'amministrazione straordinaria in liquidazione giudiziale ordinaria, in caso di mancata realizzazione del programma ovvero di comprovata insussistenza o del venire meno delle concrete prospettive di recupero dell'equilibrio economico; nonché l'attribuzione di analoga facoltà a una percentuale non irrisoria dei creditori, consentendone l'esercizio non prima di un congruo termine (comma 1, lett. r)); la disciplina dell'accesso delle imprese in amministrazione straordinaria al concordato, anche sulla base di proposte concorrenti (comma 1, lett. s)); la previsione che, per quanto non altrimenti disciplinato e in particolare per quanto attiene alla disciplina dei gruppi di impresa (in base alla modifica inserita in sede referente) e all'esecuzione del programma, trovino applicazione i criteri ispiratori della disciplina di cui al D.Lgs. n. 270/1999, sostituendo il fallimento con la liquidazione giudiziale ; per i debiti contratti dalle imprese in amministrazione straordinaria il disegno di legge dispone che venga tenuta ferma la possibilità per lo Stato di garantirli, secondo quanto previsto dalla disciplina vigente ed entro i limiti consentiti dalla normativa dell'Unione europea (comma 1, lettera t)).