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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 693 di lunedì 17 ottobre 2016

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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE SIMONE BALDELLI

  La seduta comincia alle 14.

  PRESIDENTE. La seduta è aperta.
  Invito il deputato segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

  EDMONDO CIRIELLI, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 10 ottobre 2016.

  PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.
  (È approvato).

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Abrignani, Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Amendola, Amici, Bellanova, Bernardo, Dorina Bianchi, Biondelli, Bobba, Bocci, Bonaccorsi, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Matteo Bragantini, Brambilla, Bratti, Bressa, Brunetta, Bueno, Camani, Caparini, Capelli, Casero, Castiglione, Antimo Cesaro, Costa, D'Alia, Dambruoso, De Micheli, Del Basso De Caro, Dellai, Di Gioia, Luigi Di Maio, Epifani, Fantinati, Fedriga, Ferranti, Fico, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Franceschini, Garofani, Gelli, Giachetti, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, Grillo, La Russa, Locatelli, Lorenzin, Losacco, Lotti, Lupi, Madia, Manciulli, Marazziti, Migliore, Nicoletti, Orlando, Pes, Pisicchio, Portas, Prodani, Rampelli, Ravetto, Realacci, Ricciatti, Rosato, Domenico Rossi, Rughetti, Sanga, Sani, Scalfarotto, Scotto, Speranza, Tabacci, Tentori, Tofalo, Simone Valente, Valeria Valente, Velo Vignali e Zanetti sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
  I deputati in missione sono complessivamente novantatré, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Discussione del disegno di legge: S. 2217 – Disposizioni in materia di contrasto ai fenomeni del lavoro nero, dello sfruttamento del lavoro in agricoltura e di riallineamento retributivo nel settore agricolo (Approvato dal Senato) (A.C. 4008); e delle abbinate proposte di legge: Mongiello e Mattiello; Mongiello ed altri; Mongiello ed altri; Falcone ed altri; Zaccagnini ed altri; Matarrelli; Carloni ed altri; Matarrese ed altri; Scotto ed altri; Chimienti ed altri (A.C. 429-2134-3298-3367-3379-3405-3580-3817-4046-4069) (ore 14,05).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato, n. 4008: Disposizioni in materia di contrasto ai fenomeni del lavoro nero, dello sfruttamento del lavoro in agricoltura e di riallineamento Pag. 2retributivo nel settore agricolo; e delle abbinate proposte di legge nn. 429-2134-3298-3367-3379-3405-3580-3817-4046-4069.
  Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato nell'Allegato A al resoconto stenografico della seduta del 14 ottobre 2016.

(Discussione sulle linee generali – A.C. 4008)

  PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
  Avverto che i presidenti dei gruppi parlamentari Partito Democratico e MoVimento 5 Stelle ne hanno chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
  Avverto, altresì, che le Commissioni II (Giustizia) e XI (Lavoro) si intendono autorizzate a riferire oralmente.
  Ha facoltà di intervenire il relatore per la II Commissione, deputato Giuseppe Berretta.

  GIUSEPPE BERRETTA, Relatore per la II Commissione. Signor Presidente, il provvedimento approvato dal Senato il 1o agosto 2016, e non modificato dalla Commissione in sede referente, mira particolarmente al contrasto del fenomeno del cosiddetto caporalato, ovvero dell'intermediazione illegale dello sfruttamento lavorativo in agricoltura: che coinvolge, secondo stime sindacali e delle associazioni di volontariato, circa 400 mila lavoratori in Italia, sia italiani sia stranieri, come riferito nella relazione all'Assemblea in Senato, ed è diffuso in tutte le aree del Paese in settori dell'agricoltura molto diversi dal punto di vista della redditività. Il testo è volto a garantire una maggiore efficacia dell'azione di contrasto del caporalato, introducendo significative modifiche al quadro normativo penale e prevedendo specifiche misure di supporto dei lavoratori stagionali in agricoltura.
  Le principali novità dell'intervento normativo riguardano la riscrittura del reato di caporalato, che introduce la sanzionabilità anche del datore di lavoro; l'applicazione di un'attenuante in caso di collaborazione con le autorità; l'arresto obbligatorio in flagranza di reato; il rafforzamento dell'istituto della confisca; l'adozione di misure cautelari relative ad aziende agricole in cui è commesso il reato; l'estensione alle persone giuridiche della responsabilità per il reato di caporalato; l'estensione alle vittime del caporalato delle provvidenze del Fondo anti-tratta; il potenziamento della rete del lavoro agricolo di qualità in funzione di strumento di controllo e prevenzione del lavoro in nero in agricoltura; il graduale riallineamento delle retribuzioni nel settore agricolo. Mi limiterò ad illustrare i primi sette articoli che compongono il testo, in quanto si tratta delle disposizioni che attengono principalmente alle competenze della Commissione giustizia, mentre sulle restanti disposizioni, che rientrano nelle competenze della XI Commissione, si soffermerà il relatore per tale Commissione, onorevole Miccoli.
  In particolare, Presidente, mi soffermerò sulle questioni sorte in Commissione in merito alla modifica dell'articolo 603-bis del codice penale, rimandando alla relazione scritta per le altre parti del testo rientranti comunque nelle competenze della nostra Commissione. Preliminarmente vorrei sottolineare, già in questo momento, che le critiche al testo approvato dal Senato sono superabili in via interpretativa, anche facendo ricorso alla stessa giurisprudenza della Corte di cassazione in relazione agli elementi fattuali della fattispecie, quali lo sfruttamento e lo stato di bisogno.
  L'articolo 1 detta una nuova formulazione dell'articolo 603-bis del codice penale, relativo alla intermediazione illecita ed allo sfruttamento del lavoro, che attualmente punisce il cosiddetto caporalato. Il nuovo articolo 603-bis prevede infatti, al primo comma, una prima ipotesi che riscrive la condotta illecita del caporale, ovvero di chi recluta manodopera per impiegarla presso terzi in condizioni di sfruttamento, approfittando dello stato di bisogno; è soppresso il riferimento allo Pag. 3stato di necessità. Rispetto alla fattispecie vigente è introdotta una fattispecie base, che prescinde da comportamenti violenti, minacciosi o intimidatori; non compare più il richiamo allo svolgimento di un'attività organizzata di intermediazione, né il riferimento all'organizzazione dell'attività lavorativa caratterizzata da sfruttamento.
  Inoltre – quindi, oltre al caporale –, è sanzionato il datore di lavoro che utilizza, assume o impiega manodopera reclutata anche mediante l'attività di intermediazione, sfruttando i lavoratori e approfittando del loro stato di bisogno. Tale fattispecie base del delitto di intermediazione illecita è punita con la reclusione da 1 a 6 anni e la multa da 500 euro a 1.000 euro per ogni lavoratore reclutato.
  Il secondo comma del nuovo articolo 603-bis prevede un'aggravante caratterizzata dall'esercizio di violenza o minaccia. Le sanzioni rimangono invariate rispetto a quanto ora previsto dalla fattispecie base: reclusione da 5 a 8 anni e multa da 1.000 a 2.000 euro per ciascun lavoratore reclutato. Il terzo comma del nuovo articolo 603-bis riguarda le condizioni ritenute indice di sfruttamento dei lavoratori.
  Per quanto riguarda la fattispecie criminosa di cui all'articolo 603-bis, numero 2, del codice penale, va rilevato che essa è stata oggetto di critiche da parte di coloro che ritengono che possa essere applicata, ad esempio, anche a casi di singole e saltuarie violazioni delle norme sulla sicurezza del lavoro o sugli orari di lavoro: si è fatto più volte riferimento al mancato utilizzo delle prescritte scarpe da lavoro. Beh, questa considerazione è del tutto fuorviante !
  In primo luogo, per quanto attiene alla nuova descrizione degli elementi oggettivi del reato, si fa presente che il provvedimento normativo in esame ha lo scopo di superare i dubbi interpretativi evidenziati in dottrina in ordine alla possibilità di estendere l'incriminazione anche al datore di lavoro per le condotte di sfruttamento dei lavoratori, con approfittamento dello stato di bisogno. Questo è uno degli obiettivi del provvedimento ! E proprio per eliminare tali criticità interpretative, la formulazione proposta dal disegno di legge distingue la condotta di chi recluta manodopera allo scopo di destinarla al lavoro presso terzi in condizioni di sfruttamento, da quella di chi utilizza, assume o impiega la manodopera: così espressamente specificando che integra il reato sia la condotta di mediazione illecita, sia quella di sfruttamento del lavoro stesso.
  A coloro i quali criticano la nuova formulazione del reato, probabilmente sfugge un dato di fondamentale importanza: gli elementi che caratterizzano la condotta in entrambi i casi sono lo sfruttamento del lavoratore e l'approfittamento dello stato di bisogno quale modalità attraverso cui si realizza lo sfruttamento stesso. Le nozioni di sfruttamento e di stato di bisogno debbono essere intese in stretta connessione tra loro, costituendo la situazione di vulnerabilità di chi versa in stato di bisogno il presupposto della condotta approfittatrice del soggetto agente attraverso la quale si realizza lo sfruttamento.
  Il concetto di sfruttamento, pertanto, dev'essere ricondotto a quei comportamenti, anche se posti in essere senza violenza o minaccia, idonei ad inibire e limitare la libertà di autodeterminazione della vittima mediante l'approfittamento dello stato di bisogno in cui versa.
  A riguardo, la Cassazione ha avuto modo di chiarire che il delitto di cui all'articolo 603-bis è finalizzato a sanzionare quei comportamenti che non si risolvono nella mera violazione delle norme poste dal decreto legislativo n. 276 del 2003, senza peraltro raggiungere le vette dello sfruttamento estremo di cui alla fattispecie prefigurata dall'articolo 600 del codice penale, come confermato dalla clausola di sussidiarietà con la quale si apre la previsione. Si consideri poi che la nozione di sfruttamento implica concettualmente una compressione o meglio, una violazione temporalmente apprezzabile dei beni interessati tutelati: non si sfrutta il lavoratore con un singolo atto, ma attraverso condotte che ne conculcano, per una Pag. 4durata significativa, i diritti fondamentali, che vengono in gioco nel momento in cui viene prestata l'attività lavorativa.
  Occorre quindi che la condotta si sviluppi nel tempo, che integri, appunto, una situazione di fatto duratura. Per questo, a nostro avviso, non v’è stata necessità di specificare, nella parte dedicata agli indici di sfruttamento, che la reiterata violazione e la reiterata corresponsione di una retribuzione sproporzionata non possono consistere nella commissione di quei fatti anche soltanto per due volte, perché appunto devono essere più di due. Occorre leggere il «reiterato» unitamente all'elemento oggettivo, centrale, dello sfruttamento, che per sua struttura di disvalore non può consumarsi con singoli occasionali atti.
  Specularmente alla nozione di sfruttamento, quella di stato di bisogno non si identifica, secondo l'interpretazione offerta dalla giurisprudenza – in particolare, con riferimento alla circostanza aggravante del diritto di usura –, con il bisogno di lavorare per vivere; non è sufficiente su questo semplice presupposto, ma presuppone uno stato di necessità tendenzialmente irreversibile, che, pur non annientando in modo assoluto qualunque libertà di scelta, comporta un impellente assillo tale da compromettere fortemente la libertà contrattuale della persona.
  Un altro punto da chiarire assolutamente, in quanto ha suscitato una serie di equivoci, dovuti anche alla mancanza della conoscenza della legislazione vigente, è quello relativo agli indici di sfruttamento già previsti dall'articolo 603-bis. Gli indici sono sintomi, indizi che il giudice dovrà valutare, se corroborati dagli elementi di sfruttamento e approfittamento dello stato di bisogno, e non condotte immediatamente delittuose. Si tratta della stessa situazione che accade oggi quando la Guardia di finanza entra in un'azienda per violazioni tributarie e trova i libri contabili non in ordine. Quello è un indizio, un indice, che non integra di per sé il reato di frode fiscale. Le condizioni richiamate dall'articolo, in altre parole, costituiscono mero indicatore dell'esistenza dei fatti oggetto di incriminazione, di cui il giudice deve tener conto nell'accertamento della verità, ma certamente non si identificano con gli elementi costitutivi del reato.
  Esemplificando, la violazione delle disposizioni in tema di sicurezza e igiene nei luoghi di lavoro non è di per sé capace di integrare la condotta del delitto, occorrendo comunque che il lavoratore risulti sfruttato – per come abbiamo detto prima – e che del suo stato di bisogno il datore di lavoro abbia approfittato. Anche lo stato di bisogno l'abbiamo correttamente qualificato, sempre nella relazione. Il legislatore, con l'elencazione degli indici di sfruttamento, semplicemente agevola i compiti ricostruttivi del giudice, orienta l'indagine e l'accertamento in quei settori che rappresentano gli ambiti privilegiati di emersione di condotte di sfruttamento e di approfittamento.
  A tal proposito, si è detto, molto opportunamente, in dottrina che gli indici svolgono una funzione di orientamento probatorio per il giudice ed è per tale ragione che non ha fondamento il rilievo critico circa l'asserito difetto di determinatezza della norma che li descrive e circa la loro presunta incompletezza. In particolare, il testo del disegno di legge ha rivisitato la disposizione relativa alla sussistenza di violazioni in materia di sicurezza e igiene sul lavoro, espungendo l'inciso finale «tale da esporre il lavoratore a pericolo per la salute, la sicurezza e l'incolumità personale».
  È bene chiarire subito che l'eliminazione di tale inciso non indebolisce la forza selettiva della norma incriminatrice, ossia la sua capacità di qualificare soltanto le condotte realmente meritevoli di punizione. Se, infatti, si tiene presente che le norme sugli indici di sfruttamento non descrivono il fatto tipico e non riguardano dunque le condotte costitutive del reato, si comprende pienamente che non c’è alcun pericolo che la modifica possa portare a un eccesso di penalizzazione, colpendo anche comportamenti dei datori di lavoro che non si segnalino per un particolare disvalore.Pag. 5
  In questo senso, anzi, l'eliminazione del riferimento al pericolo per la salute, sicurezza ed incolumità personale giova ad evitare il rischio di un fraintendimento interpretativo. Se si carica la disposizione di orientamento probatorio di un elemento che autonomamente denota un significativo disvalore, si può ingenerare l'equivoco che essa contenga almeno una delle condotte costitutive del reato, data dallo sfruttamento della manodopera. Si evita, insomma, il rischio che si possa ritenere la sussistenza dello sfruttamento per il solo fatto che sia stata violata una disposizione in materia di sicurezza o igiene sul lavoro, quasi che la contravvenzione a una delle tante, tantissime disposizioni volte a prevenire rischi per la sicurezza dei lavoratori possa integrare la condotta, di ben altro disvalore penale, dello sfruttamento della manodopera.
  Per quanto attiene poi alle altre disposizioni del testo rientranti nella competenza della Commissione giustizia, rimando alla relazione scritta, che chiedo di depositare.
  In questa sede, mi limito a rilevare che l'attenuante della collaborazione (pena diminuita fino a due terzi) utilizza il modello già sperimentato nella normativa anticorruzione e in quella sugli ecoreati. I reati di caporalato, corruzione e disastro ambientale sono infatti fenomeni accomunati, sotto il profilo dell'indagine e del contrasto, da una fitta rete omertosa che ne rende difficile l'emersione e la scoperta. L'attenuante è strumento di rottura dell'omertà, diretta ad incoraggiare chi aiuta a scoprire certe realtà.
  Quanto al controllo giudiziale delle aziende nelle quali si verificano tali fattispecie, ripreso ed in sintonia con quanto previsto in uno dei provvedimenti già approvati e riguardanti l'Anac e nella riforma del codice antimafia, già approvato dalla Camera e oggi all'esame del Senato, risponde al principio che l'intervento dello Stato non può e non deve coincidere con la chiusura dell'azienda. Il ripristino della legalità, anzi, deve accompagnarsi al rilancio dell'azienda e al mantenimento dei posti di lavoro.

  PRESIDENTE. Concluda.

  GIUSEPPE BERRETTA, Relatore per la II Commissione. Presidente, le chiedo l'autorizzazione a depositare la relazione scritta per il resto.

  PRESIDENTE. Ovviamente questa facoltà le è concessa.
  Ha facoltà di intervenire l'onorevole Miccoli, relatore per la XI Commissione.

  MARCO MICCOLI, Relatore per la XI Commissione. Presidente, sulla base degli ultimi dati forniti dal quarto rapporto sulle agromafie, elaborato da Eurispes, Coldiretti e dall'Osservatorio sulla criminalità in agricoltura e sul sistema agroalimentare, nel 2015 il fenomeno dello sfruttamento della manodopera in agricoltura ha coinvolto, come ha ricordato poco fa il collega, circa 430 mila lavoratori, italiani e stranieri, di cui 100 mila costretti a lavorare in condizioni che si possono definire di vera e propria schiavitù. Si tratta di un fenomeno che, sulla base della medesima fonte, è in continuo aumento, dal momento che nel 2015 ha interessato tra le 30 e le 50 mila persone in più dell'anno precedente.
  Tempo fa, il Ministero del lavoro ha reso noti i dati relativi al 2015 in merito alle ispezioni svolte per contrastare forme di lavoro irregolare e di sfruttamento. Nel settore agricolo sono state ispezionate circa 8.862 aziende, il 59 per cento in più del 2014. In queste aziende sono stati rilevati 6.153 lavoratori irregolari, di cui 3.629, quindi più del 50 per cento, totalmente in nero; oltre 713 episodi di caporalato rilevati.
  L'esigenza di individuare misure più incisive per promuovere la legalità nel lavoro in agricoltura è stato più volte evidenziato in ambito parlamentare. Va ricordato, al riguardo, l'ampio dibattito sul fenomeno del caporalato svolto dalle Commissioni riunite XI e XIII alla fine dello scorso anno e conclusasi il 2 dicembre 2015 con l'approvazione della risoluzione unitaria n. 8-00158, a prima firma della collega Capozzolo, i cui impegni hanno Pag. 6trovato in parte riscontro nel testo del disegno di legge in esame, nonché nella risoluzione Simonetti n. 8-00150.
  Tra gli impegni contenuti nella risoluzione n. 8-00158 vanno ricordati, in particolare, quelli attinenti alla necessità di dare piena attuazione alla rete del lavoro agricolo di qualità, intervenendo sulla normativa vigente con la previsione di una partecipazione più ampia di soggetti che, a diverso titolo, sono portatori di interessi nel settore, potenziando la composizione della cabina di regia della rete, prevedendo un monitoraggio costante dell'andamento del mercato del lavoro agricolo, introducendo ulteriori filtri ai fini dell'adesione alla rete degli imprenditori agricoli nonché prevedendo specifici interventi allo scopo di organizzare servizi di trasporto regolari per i lavoratori agricoli, sottraendoli in tal modo alle organizzazioni sfruttatrici della manodopera.
  Nell'ambito della discussione delle risoluzioni, le Commissioni XI e XIII svolsero un ampio ciclo di audizioni informali che coinvolsero le parti sociali, gli operatori economici e le istituzioni competenti in materia, acquisendo informazioni che hanno consentito di delineare un quadro completo e aggiornato dei fenomeni di sfruttamento del lavoro in agricoltura. C’è da ricordare che, già nel corso della precedente legislatura, la Commissione lavoro della Camera aveva condotto un'ampia indagine conoscitiva su taluni fenomeni distorsivi del mercato del lavoro (lavoro nero, caporalato e sfruttamento della manodopera straniera), mentre, con più specifico riferimento alle condizioni dei lavoratori agricoli, anche la Commissione agricoltura aveva condotto un'indagine conoscitiva sulla situazione del sistema agroalimentare, con particolare riferimento ai fenomeni di illegalità che incidono sul suo funzionamento e sul suo sviluppo, a partire dai gravi fatti di cronaca verificatesi a Castel Volturno nel settembre 2008 e a Rosarno all'inizio del 2010.
  Quindi, un percorso parlamentare lungo, mi permetto di dire forse troppo lungo, a cui va aggiunta, inoltre, una serie di attività, iniziative e sopralluoghi svolti a diverso titolo dai parlamentari di tutti i gruppi politici nei luoghi dove il fenomeno si è manifestato con più forza.
  Venendo ora al contenuto del provvedimento appunto per la parte che riguarda i temi della Commissione lavoro, l'articolo 8 introduce modifiche all'articolo 6 del decreto-legge n. 91 del 2014, convertito con modificazioni dalla legge n. 116 del 2014, che reca l'istituzione della rete del lavoro agricolo di qualità.
  È importante ricordare che la rete del lavoro agricolo di qualità nasce con l'obiettivo di rafforzare le iniziative di contrasto dei fenomeni di irregolarità che caratterizzano le condizioni di lavoro nel settore agricolo attraverso la certificazione del possesso, da parte delle aziende che vi aderiscono di determinati requisiti di legalità e rispetto delle disposizioni vigenti in materia di lavoro.
  L'articolo introduce ulteriori requisiti rispetto a quelli che le aziende già devono possedere per poter aderire alla rete, escludendo la possibilità di iscrizione anche in caso di condanne penali per delitti contro la pubblica amministrazione, delitti contro l'incolumità pubblica, delitti contro l'economia pubblica, l'industria e il commercio, delitti contro il sentimento degli animali, riduzione in schiavitù, tratta di persone, intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro.
  Mentre in materia di sanzioni amministrative per l'iscrizione alla rete, le aziende agricole non devono essere state destinatarie negli ultimi tre anni di sanzioni amministrative ancorché non definitive per violazioni in materia di lavoro, legislazione sociale, rispetto degli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse.
  La norma prevede, inoltre, la disapplicazione delle disposizioni nel caso in cui il trasgressore, o l'obbligato in solido, abbiano provveduto, prima dell'emissione del provvedimento definitivo, alla regolarizzazione delle inosservanze sanabili e al pagamento in misura agevolata delle sanzioni entro i termini previsti dalla normativa vigente in materia.Pag. 7
  Si introducono, inoltre, due ulteriori requisiti rispetto alle disposizioni vigenti, richiedendo l'applicazione da parte delle imprese aderenti alla rete del lavoro agricolo di qualità dei contratti collettivi nazionali territoriali o aziendali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e dei contratti aziendali stipulati dalle loro rappresentante aziendali, o dalla rappresentanza aziendale unitaria, nonché prevedendo che le imprese non siano controllate da soggetti o collegate con soggetti privi dei requisiti necessari per aderire alla rete.
  Inoltre, si introduce il nuovo comma 1-bis nell'articolo 8 del decreto-legge n. 91 del 2014, al fine di consentire l'adesione alla rete del lavoro agricolo di qualità attraverso la stipula di apposite convenzioni con gli sportelli per l'immigrazione, delle istituzioni locali, dei centri per l'impiego, degli enti bilaterali e dei soggetti autorizzati a svolgere l'attività di intermediazione nel settore del mercato del lavoro, nonché le agenzie per il lavoro, di cui all'articolo 4 del decreto legislativo n. 276 del 2003, e degli altri soggetti autorizzati all'attività di intermediazione, di cui all'articolo 12 del decreto legislativo n. 150 del 2015.
  Vengono, inoltre, introdotti nuovi soggetti che partecipano alla cabina di regia della rete del lavoro agricolo di qualità. In particolare, si stabilisce che, oltre ai rappresentanti del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, delle politiche agricole, alimentari e forestali, dell'economia e delle finanze, nonché dell'INPS e della Conferenza delle regioni e delle province autonome, sia prevista la presenza di una cabina dei rappresentanti del Ministero dell'interno e dell'Ispettorato nazionale del lavoro, a far data dalla sua operatività, dell'Agenzia delle entrate e dell'Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro, a far data dalla sua operatività.
  Si integra la composizione della cabina con riferimento ai rappresentanti dei lavoratori subordinati e dei datori di lavoro e dei lavoratori autonomi dell'agricoltura, prevedendo che in essa faccia parte anche un rappresentante dei lavoratori subordinati delle cooperative agricole e un rappresentante delle associazioni delle cooperative agricole firmatarie di contratti collettivi nazionali del settore.
  Sui compiti assegnati alla cabina di regia, si prevede, in primo luogo, che essa proceda altresì ai monitoraggi dell'andamento del mercato del lavoro agricolo su base trimestrale, anche accedendo ai dati relativi all'instaurazione, trasformazione e cessazione dei rapporti di lavoro disponibili presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e ai dati che si rendono disponibili a seguito di specifico adattamento del sistema Uniemens presso l'INPS, valutando, in particolare, il rapporto tra il numero dei lavoratori stranieri che risultano impiegati e il numero dei lavoratori stranieri ai quali è stato rilasciato il nulla osta per il lavoro agricolo dagli sportelli unici per l'immigrazione. Vorrei sottolineare l'importanza di tale funzione di controllo che si iscrive in una più generale tendenza all'intensificazione delle verifiche a vari livelli come riportato prima dal citato aumento dei controlli del Ministero del lavoro.
  In secondo luogo, alla cabina di regia è attribuito l'ulteriore compito di promuovere iniziative in materia di politiche attive del lavoro, contrasto del lavoro sommerso e dell'evasione contributiva, organizzazione e gestione dei flussi di manodopera stagionale, assistenza di lavoratori stranieri immigrati, d'intesa con le autorità competenti e sentite le parti sociali.
  La cabina di regia potrà svolgere le nuove funzioni attribuitele dal provvedimento avvalendosi anche delle informazioni in possesso delle commissioni provinciali integrazione salari operai agricoli (CISOA) e dell'Agenzia per le erogazioni in agricoltura, per formulare indici di coerenza del comportamento aziendale strettamente correlati alle caratteristiche della produzione agricola del territorio. Infine, la norma prevede che la cabina di regia trasmetta alle Camere una relazione annuale sullo svolgimento dei suoi compiti e Pag. 8sui risultati del monitoraggio svolto sull'andamento del mercato del lavoro agricolo.
  Il provvedimento, inoltre, interviene sugli aspetti logistici del trasporto di lavoratori, prevedendo in particolare che i soggetti provvisti di autorizzazione al trasporto di persone in possesso dei requisiti necessari per aderire alla rete del lavoro agricolo di qualità possano, per provvedere al trasporto di lavoratori agricoli, stipulare apposita convenzione con la rete medesima, a cui gli enti locali possono subordinare l'accesso ai contributi eventualmente previsti per tale finalità.
  Nello stabilire le condizioni e l'ammontare di tali contributi, gli enti locali tengono conto di quanto eventualmente previsto dai contratti collettivi nazionali in ordine alla quantificazione e alla ripartizione del costo del trasporto tra imprese e lavoratori. Si modifica, inoltre, la clausola di invarianza degli oneri a carico dell'INPS, allo scopo di escludere espressamente l'insorgenza di nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
  All'articolo 9 si prevede la predisposizione di un piano di interventi per la sistemazione logistica e il supporto di lavoratori che svolgono attività lavorativa stagionale di raccolta di prodotti agricoli, nonché di forme di collaborazione con le sezioni territoriali della rete del lavoro agricolo di qualità, finalizzate anche alla realizzazione di modalità sperimentali di collocamento agricolo modulate a livello territoriale. In particolare, si stabilisce che il piano sia predisposto congiuntamente dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e dal Ministero dell'interno e sia adottato previa intesa in sede di Conferenza unificata con il coinvolgimento di regioni, province autonome e amministrazioni locali, delle rappresentanze dei datori di lavoro e dei lavoratori del settore e delle organizzazioni del terzo settore. Lo stato di attuazione del piano di interventi è oggetto di una relazione annuale predisposta congiuntamente dai Ministeri competenti e trasmessa alle Commissioni parlamentari competenti.
  Mi soffermo sull'articolo 10 che aveva suscitato alcune perplessità rispetto al possibile riutilizzo dei contratti di riallineamento retributivo, disciplinati dall'articolo 5 del decreto-legge n. 510 del 1996 e successive modificazioni. Va rilevato che, in sede di audizioni, il Ministro Martina ha categoricamente smentito tale possibilità. L'intento della disposizione, infatti, mira a chiarire la portata dell'articolo 5 del decreto-legge n. 510 del 1996, al fine di dirimere il contenzioso interpretativo insorto in riferimento all'applicazione di tale ultima norma rispetto alla cui portata sussistono orientamenti difformi nell'ambito della giurisprudenza di merito e mancano indicazioni della giurisprudenza di legittimità. In quest'ottica, la norma dovrebbe essere considerata alla stregua di una disposizione di interpretazione autentica, in linea con il testo dell'emendamento originariamente presentato presso l'altro ramo del Parlamento. Il chiarimento del Ministro pone fine alle controversie interpretative, con l'intenzione di dettare una norma riferita ai soli accordi di riallineamento già sottoscritti escludendo, in ogni caso, la possibilità di sottoscriverne di nuovi. Per consolidare questa interpretazione sarebbe opportuna, comunque, una stesura di un ordine del giorno da approvare in Assemblea.
  Infine, per rafforzare la validità dell'impianto riguardante le questioni lavoristiche, vanno segnalate le modifiche apportate con il decreto legislativo correttivo del Jobs Act del Consiglio dei ministri del 24 settembre 2016, dove si prevede la conferma del limite economico per l'utilizzo dei voucher di 2000 euro netti per ogni singolo lavoratore anche nel settore dell'agricoltura. Riguardo la tracciabilità degli stessi, gli imprenditori agricoli devono dare comunicazione dall'inizio della prestazione entro 3 giorni, anziché i 7 inizialmente previsti, alla sede territoriale competente dell'ispettorato nazionale del lavoro. Vengono così accolte le osservazioni espresse nel parere della Commissione lavoro relative proprio ai decreti legislativi di modifica del Jobs Act.Pag. 9
  Concludo con questo, Presidente: Paola, Abdullah, Arcangelo, Zaccaria, Ioan, sono nomi che dobbiamo tenere ben scolpiti nella nostra memoria. Sono le ultime vittime del caporalato, braccianti italiani e stranieri accomunati dal triste destino di aver pagato con la propria vita gli sforzi di ritmi insostenibili di lavoro. Ritmi di chi è stato costretto a lavorare 12 ore al giorno, a volte per 3 euro l'ora. I nomi si affiancano a quelli di Jerry Essan Masslo, assassinato a Villa Literno nel 1989, a quello di Annamaria Torno, che a soli diciott'anni, nel 1995, perse la vita nel Metapontino dopo un incidente stradale, mentre veniva trasportata da un furgone guidato da un caporale, la stessa sorte che toccò, il 24 agosto 1998, a Maria Incoronata Ramella e Incoronata Sollazzo, due braccianti di Cerignola, o di Hiso Telaray, ventiduenne albanese ucciso sempre a Cerignola, perché reo di essersi ribellato ai caporali. Oggi, il vino prodotto nelle terre sequestrate di quella zona porta il suo nome, un piccolo ma importante gesto per onorarne la memoria. Il nostro impegno, anche per la prosecuzione di questa legge, è dedicato a tutti loro (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo rinuncia ad intervenire.
  È iscritto a parlare l'onorevole Vico. Ne ha facoltà.
  Colleghi, per favore, già siamo pochissimi, mettiamo il collega Vico nelle condizioni di poter intervenire.

  LUDOVICO VICO. Presidente, signori rappresentanti del Governo, colleghi e colleghe, non è ridondante asserire che il caporalato, oggi, nel nostro Paese, è l'ultimo anello della catena della più spregiudicata forma di lavoro nero irregolare, finanche, in taluni casi, della tratta delle persone. Ma chi sono e quanti sono le lavoratrici e i lavoratori coinvolti, chi sono i caporali e chi fa la commissione al caporale ?
  Andiamo per ordine: i braccianti agricoli e giornalieri di campagna, italiani, sono un po’ di più di un milione; il 70 per cento è italiano, la restante parte sono stranieri. Nel Mezzogiorno l'89 per cento è italiano, nel centro nord i braccianti agricoli italiani sono circa il 42 per cento. Lo scenario che si configura è quello di un Paese tagliato a metà: al Sud, prevalenza di braccianti italiani e al Nord di stranieri. In Puglia c’è il 76 per cento, in Sicilia e Campania c’è il 74 per cento di italiane e di italiani, in Trentino i braccianti agricoli italiani sono il 38 per cento, in Piemonte e in Veneto il 45. Abbiamo a che fare, decisamente, con una gran parte della vita e del lavoro delle italiane e degli italiani e temo che questo non fosse noto a tutti, perché noi siamo abituati ad assorbire sempre più gli stereotipi mediatici, evitando la lettura delle cose e della realtà vera del Paese. Ebbene, il caporalato attraversa questo mondo e ne governa il mercato del lavoro, in sostituzione dello Stato e delle leggi vigenti e ciò riguarda prevalentemente il Mezzogiorno d'Italia.
  Ma chi sono i braccianti giornalieri di campagna, quelli che risultano con i contratti a dieci giorni, quelli della richiesta aperta e, spesso, mai chiusa ? Chi prende a prima mattina, prima del sorgere del sole, il pullman o il pulmino senza sapere verso quale meta (spesso le mete rimangono ignote) ? Ebbene, sono prevalentemente donne, ragazzi, giovani, pochi adulti maschi; si lavora per campare, le ragazze per il corredo di nozze, per la previdenza sociale minima delle 51 giornate e per la pensione che non si raggiungerà mai, con 51 giornate all'anno. Dicono: meglio 27 euro, 25 euro al giorno che niente, dovendo pagare anche il costo del trasportatore; per quel salario da fame, il 13 luglio scorso, il cuore di Paola, quarantanove anni, bracciante agricola di San Giorgio Ionico, provincia di Taranto, si fermò sotto un tendone di uva, ad Andria, a 150 chilometri di distanza dalla sua città.
  Intanto, il danno erariale annuo, in termini di evasione, è stimato in 600 milioni di euro, mentre il resto della paga contrattuale, tagliata a metà, come fosse una provvigione, entra nelle tasche del caporale di turno. Costui, il caporale, è un Pag. 10intermediario che riceve una commissione e la esegue, organizzando le squadre, decidendo il salario per i lavoratori, il periodo di lavoro, apre la richiesta per il collocamento e deciderà, casomai, quante giornate legali dovranno essere denunciate, utilizza le società interinali e le agenzie private di trasporti, definisce per sé il prezzo della intermediazione, insomma, organizza un mercato del lavoro non legale parallelo a quello ufficiale. E questa attività diventa, poi, una vera e propria tratta delle persone quando i braccianti sono stranieri e non solo nei periodi delle grandi raccolte del pomodoro, dell'anguria, dell'uva, degli ortaggi, ma sempre, tutti i giorni. Testimonianza ne sono i ghetti di Rignano e di Nardò, di Rosarno, di Castel Volturno e così via. Ma chi commissiona questa illegalità ? Una parte delle aziende ortofrutticole, una parte di aziende agricole, le prime quelle che acquistano sul campo con la tecnica del mordi e fuggi, le altre con la motivazione di minori costi. Ho detto però: una parte, perché un'altra grande parte delle aziende agricole sono regolari e la loro regolarità la subiscono al costo della concorrenza sleale sul costo d'impresa e sul mercato. Su questo resta decisivo il ruolo delle associazioni agricole a sostegno di questo definitivo provvedimento, non solo nella parte che riguarda la rete del lavoro agricolo di qualità, ma anche in relazione a tutti quei provvedimenti che il Governo ha già licenziato e licenzierà in favore dell'agricoltura italiana.
  E allora è benvenuta questa legge con le sue disposizioni che legislativamente assumono un'azione di contrasto ai fenomeni del lavoro nero, dello sfruttamento del lavoro in agricoltura, di riallineamento retributivo nel settore agricolo. È un risultato importantissimo del Governo, dei Ministri Orlando e Martina, del Parlamento italiano, delle due Camere, delle Commissioni giustizia e lavoro, dei sindacati dei lavoratori agricoli, delle loro battaglie e di quelle delle associazioni agricole, che rimangono un contributo decisivo e fondamentale. La battaglia per la legalità e la dignità del lavoro agricolo, ora, riprende – io penso e lo pensiamo tutti – con un sostegno che non ha precedenti: la rete di qualità, la rete dei trasporti e la sua logistica, l'invarianza, il collocamento sperimentale, il riallineamento contributivo, le cose che i relatori hanno già detto prima di me. Ma questo provvedimento per incidere, per incidere in profondità, avrà bisogno di un corredo che, finora, è mancato, un corredo più decisivo, ha bisogno di una nuova stagione civile e culturale della lotta al fenomeno del caporalato, che muova nei comuni, che muova nelle aree vaste; se posso dire, questo fenomeno ha vissuto, fino ad ora, nell'indifferenza sociale e civile nelle comunità del Mezzogiorno e italiane. Dove agisce, tutti sanno che c’è. Sapete, quando nel primo pomeriggio di primavera, d'estate o d'autunno i pullman rientrano nel tuo comune, i braccianti scendono, tu li saluti, spesso ci sono anche i tuoi parenti, ma continua a non succedere nulla.
  Concludo con la consapevolezza che questo Parlamento sta approvando una importantissima legge e la mia fiducia nel suo successo è di grande ottimismo. Grazie (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Polverini. Ne ha facoltà.

  RENATA POLVERINI. Grazie, Presidente. Cari colleghi, finalmente il provvedimento sul caporalato arriva in Aula. Dico finalmente perché ricordo a me stessa di aver preso parte, nell'agosto dello scorso anno, ad una campagna di alcune organizzazioni sindacali per far venire alla luce il fenomeno del caporalato nelle campagne italiane, in particolare in Puglia, dopo la morte della lavoratrice italiana che ricordava il collega Miccoli. Io rimasi, come dire, abbastanza sconcertata, non perché facemmo fatica a trovare le persone che, comunque, venivano sfruttate dai famosi caporali, ma perché erano sotto gli occhi di tutti. Erano sotto gli occhi di tutti, se pur in assenza di una presenza reale e concreta dello Stato, anche attraverso le forze dell'ordine, non perché le Pag. 11forze dell'ordine – con le quali pure in quei campi ho parlato – non si occupassero di quella materia, ma perché non avevano indirizzo rispetto al controllo, che pure era allora, e continua ad essere, necessario.
  Quindi, un'assenza totale dello Stato rispetto ad una piaga che contrasta francamente con quella che è l'immagine del Paese, che pure oggi il Presidente del Consiglio continua a dare: da un lato, un Paese, per come ci appare nelle trasmissioni televisive, all'avanguardia ormai su tutto, che lavora con le grandi tecnologie, che presenta qualsiasi provvedimento sotto forma di slide, che in qualche modo si rende accattivante anche per quella stampa straniera e, dall'altro, invece, un Paese che ancora fa i conti con chi sfrutta il lavoro nei campi, che siano lavoratori italiani o stranieri, che siano uomini, che siano donne, che siano intere famiglie che portano ai margini dei campi anche i loro figli, che non possono mandarli a scuola perché altrimenti vengono individuati e, quindi, in qualche modo, poi, intercettati dalla giustizia.
  In quei campi, vedete, sono stata contattata da imprenditori che avevano una loro visione del caporalato, e cioè ci chiedevano di intensificare i controlli, di mettere in campo un provvedimento che punisse quelle aziende che ricorrevano a quel tipo di manodopera, perché naturalmente lo consideravano un comportamento sleale anche rispetto alla bontà delle imprese stesse.
  Io tornai alla Camera, mi misi subito in moto, presentai una mozione insieme al collega Russo in Commissione agricoltura, alla quale poi, anche attraverso l'attività dell'onorevole Mongiello, si aggiunsero tanti parlamentari ed arrivammo a presentare una risoluzione unitaria, che, devo dire, prese quasi tutto il testo della mia mozione – e quindi per questo ringrazio la collega – ma che poi, nei fatti, non si è trasformata in un provvedimento così urgente come noi, invece, anche nella risoluzione unitaria chiedevamo.
  Vedete, per la prima volta, quando alcuni parlamentari forse avrebbero apprezzato un decreto-legge da parte del Governo, invece, rimanemmo abbastanza sconcertati perché arrivò il Ministro Martina e ci disse che il Governo in quella cosa specifica aveva deciso di presentare un disegno di legge, quindi un iter parlamentare lungo, e siamo ancora qui, a distanza di oltre un anno, a parlarne. Di questo, naturalmente, siamo rimasti colpiti in termini negativi, ma abbiamo continuato a dare il nostro contributo.
  Vedete, è un fenomeno complicato, quello del caporalato. Io molto spesso sento parlare di una parte, in particolare del Mezzogiorno d'Italia, vittima di questo fenomeno. In realtà sappiamo benissimo, basta cliccare «caporalato» su internet e ci viene fuori che questi caporali insistono in tutte le regioni d'Italia, ovunque c’è una raccolta che ha a che fare con una stagione, addirittura la Toscana, sembra che anche la nota rockstar Sting sia stato coinvolta da questo fenomeno; in Piemonte non è un segreto dire che, anche lì, nel momento in cui si raccoglie l'uva, c’è questo fenomeno.
  Quindi, un fenomeno che, guarda caso, unisce tutto il Paese e che non ha visto, a nostro avviso, una risposta così esaustiva e così immediata, come pure, invece, si richiedeva.
  Dico anche che noi siamo convinti che serva un provvedimento legislativo, anche se alcune grandi questioni che sono dentro il provvedimento non ci convincono. Parlavamo prima con alcuni colleghi sulla Rete del lavoro agricolo di qualità. I dati che ci ha dato il Ministro in Commissione ci hanno lasciato francamente perplessi: a fronte di 180 mila aziende, solo 2 mila si erano iscritte a quella che sembrava la risoluzione di un male così grande. E penso anche che, da un lato, comprendo gli atteggiamenti di alcune associazioni di imprese agricole, che comunque vedono un elemento punitivo non discriminatorio tra chi agisce nella piena illegittimità e chi, invece, in qualche modo, non lo fa, ma, al tempo stesso, credo anche che ci troviamo di fronte alla necessità di dare, comunque, una risposta anche dal punto di vista del codice penale. Quindi, un provvedimento Pag. 12che arriva comunque in ritardo, che non mette in campo gli strumenti che pure noi avevamo individuato, che continua a riproporre – ripeto – questa rete che non ci convince, ma che non mette in campo quei controlli che, invece, possono e devono essere necessari.
  Vedete, per esempio, io mi sarei aspettata da questo Governo non soltanto un'azione più incisiva rispetto all'attività delle forze dell'ordine: se io vado a Foggia in pieno agosto e vedo che ci sono dei carabinieri, che, giustamente, nell'esercizio delle loro funzioni, fermano le macchine perché magari superano il limite di velocità, al tempo stesso mi aspetto che, 50 metri più avanti, altri carabinieri si preoccupino di andare a vedere se ci sono dei lavoratori – e come ci sono ! – che operano in condizioni di schiavitù, magari con i bambini, come ho detto prima, al seguito, ma non a scuola perché non possono mandarceli.
  Mi aspettavo anche che, da parte di questo esuberante presidente dell'INPS, ci fosse una consapevolezza che anche l'INPS aveva gli strumenti per poter intervenire in termini di controllo, come anche le altre. Insomma, una filiera sicuramente di controllo poteva essere messa in campo con maggiore puntualità e maggiore fermezza di quanto non sia stato fatto, passando per gli ispettori del lavoro e per la magistratura.
  Ecco, io mi aspettavo, da questo punto di vista, un'azione molto più incisiva e un provvedimento, ripeto, che non ci facesse venire il dubbio. Perché da un lato, ripeto, c’è il dubbio se votare un provvedimento perché non divide la platea degli imprenditori capaci e perbene da quelli che non lo sono, e che, dall'altro lato, continua a mettere in campo strumenti che già hanno dimostrato nei fatti di non essere all'altezza della situazione, come la Rete del lavoro agricolo di qualità: lo continuo a dire perché su questo ci siamo molto confrontati con il Ministro, ma evidentemente non è stato sufficiente.
  Ecco, io sono molto preoccupata anche del voto che daremo in Aula; mi auguro che questa Camera possa in qualche modo modificare al meglio il provvedimento, ferma restando la consapevolezza che un provvedimento è assolutamente necessario. Quindi, continuiamo ad affrontare, come sempre, nel merito le questioni, nella consapevolezza che ci troviamo anche, a mio modesto avviso, a dover affrontare una regolamentazione complessiva degli strumenti del mercato del lavoro, che vedono una grande discussione anche, per esempio, sui famosi voucher, mentre nascono nuove professioni che molto spesso non possono far riferimento nemmeno a quelli.
  Ci saremo accorti recentemente, per esempio, quanti piccoli imprenditori nascono. Nascono piccoli imprenditori che ti prendono l'auto quando arrivi all'aeroporto, che ti portano il cane a spasso, che fanno tanti di quei mestieri che, probabilmente, ancora una volta, arrivano prima che il legislatore o il Governo possano in qualche modo normare le regole per evitare che si arrivi poi, in qualche modo, ad un caporalato sempre più diffuso.
  Quindi siamo assolutamente preoccupati. Siamo preoccupati perché la famosa cabina di regia che il Ministro Martina ha messo in campo non credo si sia mai riunita. E non credo nemmeno, mi permetto di dirlo in quest'Aula, che all'interno della cabina ci siano tutti i soggetti che possono dare un contributo positivo a che questa piaga venga in qualche modo allontanata da un Paese che si considera civile anche dal punto di vista del lavoro, perché anche la composizione degli organismi è qualcosa che poi ha a che fare con la bontà dell'azione che quell'organismo vuole mettere in campo.
  Ecco, io mi auguro, cari colleghi, che in queste ore possiamo ancora riflettere, possiamo dare un contributo per modificare al meglio questo provvedimento, perché vada nella direzione da tutti noi auspicata. Mi auguro di non dover vedere ancora quelle bidonville, che stanno sorgendo ai lati dei campi, che ormai settimanalmente anche Striscia la notizia rende pubbliche, ma che noi ancora facciamo finta, evidentemente troppo, di non vedere.Pag. 13
  Quindi, il nostro voto sarà un voto ponderato rispetto a quello che quest'Aula riuscirà in qualche modo a portare in termini di risultato positivo. Sappiamo che c’è molto da fare: qui c’è il presidente Damiano, che sa con quanta serenità noi affrontiamo tutti i provvedimenti in Commissione, e quindi anche in Aula.
  Mi auguro che questo provvedimento possa essere valutato anche dal nostro gruppo come un provvedimento che va nella direzione di rendere sempre migliore il mondo del lavoro, e che quindi questo ci permetta di votarlo (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente).

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Mongiello. Ne ha facoltà.

  COLOMBA MONGIELLO. Grazie, Presidente. Saluto i rappresentanti del Governo e i colleghi deputati. Chiunque scelga di fare politica a sinistra nella terra da cui provengo, la città di Foggia, non può fare a meno di studiare e comprendere le battaglie politiche e sociali di Giuseppe Di Vittorio, fondatore della CGIL, per l'emancipazione dei braccianti.
  Tutti sono stati braccianti dalle mie parti, ma ciò ha significato emancipazione dalla povertà, dallo sfruttamento, dall'analfabetismo, dall'emarginazione. I braccianti che a migliaia affollavano le campagne del Tavoliere delle Puglie per la mietitura, la raccolta dell'uva, non avevano diritti da rivendicare, non avevano alcun tipo di tutela giuridica, non erano dotati di alcuna soggettività di fronte alla legge o, peggio ancora, di fronte ai padroni.
  È passato più di un secolo e quelle migliaia di uomini e di donne senza identità e senza diritti continuano ad essere sfruttati nei campi dei pomodori, degli orti del sud, dei frutteti del nord, nei pescherecci dell'Adriatico, del Tirreno, del mar di Sicilia, nei vigneti del Chianti. Braccia senza identità, reclutate, talvolta schiavizzate, dai caporali, italiani e stranieri: questa è la vera novità. Il più delle volte, gente senza scrupoli, criminali veri e propri, inclini all'abuso fisico e morale nei riguardi di coloro che finiscono in questo vergognoso ingranaggio di reclutamento; in tanti casi, vittime a loro volta dello sfruttamento organizzato di manodopera, uno dei tanti business delle organizzazioni criminali.
  Lo hanno detto coloro che mi hanno preceduto: è arrivato il tempo di cacciare i caporali e ripristinare la legalità, restituire dignità ai lavoratori, italiani e stranieri. Finalmente Governo e Parlamento hanno deciso di far seguire alla riflessione l'azione; personalmente, ho contribuito alla proposta di legge in discussione, inserendo alcuni elementi innovativi nel corpo normativo che riguarda il collocamento agricolo, e di questo ringrazio il presidente Damiano, i membri della Commissione lavoro, tutti i colleghi che hanno lavorato con me, i colleghi pugliesi, quelli della Commissione agricoltura. Un sistema sostanzialmente fallimentare, che è necessario ricostruire insieme alle organizzazioni sindacali e datoriali, per far sì che siano davvero marginalizzati i caporali e davvero siano punite le imprese che se ne servono.
  Pensiamo alla raccolta del pomodoro, più volte citata: migliaia sono i lavoratori che affollano le campagne pugliesi per circa un mese e sono lì a lavorare per 3,50 euro a cassone. Fatica tantissima, guadagno misero e nella paga va compresa la quota dovuta ai caporali per chiamata e trasporto. Ecco, chiamata e trasporto sono due elementi che dobbiamo assolutamente liberare e sono i lacciuoli che legano il caporale alla intermediazione.
  Lo sfruttamento è originato anche dagli squilibri economici che tutt'oggi esistono all'interno della filiera e non sono stati cancellati dalla creazione del distretto del pomodoro.
  La sua realizzazione – perché cito questo – è anche una vittoria di chi, come me, ritiene essenziale costruire un efficiente sistema di gestione del prezzo della materia prima, della programmazione colturale, del lavoro in campo; chiudere le filiere, chiudere le filiere virtuose di chi vuole favorire al tempo stesso qualità produttiva e buona occupazione, prosciugando Pag. 14la pozza di fango in cui sguazzano i caporali. In Emilia-Romagna ha funzionato, in Campania e Puglia ancora no, e di questo, Ludovico, ce ne dobbiamo fare carico, dobbiamo riprendere la battaglia del distretto del pomodoro. E anche dalle criticità emerse con questa esperienza nasce la proposta di istituire la Rete lavoro, un nuovo e funzionale organismo paritario. Ci siamo tanto battuti per la Rete, per il contrasto al caporalato e alle altre forme illegali di ingaggio di manodopera nei campi.
  Il Ministro Martina, e io lo ringrazio, ne ha colto il senso, lo ha inserito già nel collegato agricoltura, aprendo la strada ad una nuova modalità di contrasto al caporalato. Può anche darsi che ci siano delle disfunzioni, lo ricordava la collega Polverini, ma è stato un punto di inizio importante, un luogo fisico di intermediazione dove fare incontrare domanda ed offerta, tuttora inesistente. Ma non solo è stato questo, arrestare e condannare i reclutatori non basta; bisogna combattere il fenomeno del caporalato all'origine, colpendo le aziende agricole che violano le norme sul lavoro, utilizzano i caporali per reclutare manodopera a buon mercato e creano concorrenza sleale ai danni delle imprese sane. È sulle aziende che inquinano il mercato del lavoro che si devono concentrare le attività di controllo e non solo su quelle che hanno aderito alla Rete di qualità – io questo l'ho già detto in Commissione – dimostrando di avere, proprio per l'iscrizione alla Rete, tutti i requisiti per farlo, compreso il DURC.
  Alle aziende sane, invece, bisogna garantire il supporto previsto dalle norme del collegato agricolo e non ancora rese operative, insieme a tutta la rete del trasporto e dei servizi, perché, senza di questi, vinceranno sempre i caporali. Sono convinta che la legalità, oltre ad essere un valore, debba essere una scelta conveniente per le imprese e soprattutto per i lavoratori; solo così potrà essere sconfitto chi alimenta questo immondo business criminale. Lo chiamo in questo modo perché da qui nasce tutta la battaglia anche sulla contraffazione e l’italian sounding.
  È sacrosanto rafforzare il profilo sanzionatorio con la restituzione dei contributi pubblici o la confisca dei beni in danno alle aziende che utilizzano i caporali e sfruttano i lavoratori, così come è doveroso mettere a valore, anche economico, il rispetto delle norme e l'adesione di una visione etica della produzione agricola. Lo voglio dire con forza, qui, in quest'Aula: produrre cibo ha un enorme valore sociale. Significa produrre beni, significa preservare il territorio, significa produrre lavoro vero e non lavoro nero. È sull'enfatizzazione di questo concetto che dobbiamo lavorare, oltre che sulla prevenzione o la repressione dell'illegalità. Qualche mese fa l'Italia ha conosciuto il ghetto di Rignano, ma io ne avevo già visti altri: Rosarno, Nardò, e così via, vicino Fondi, Latina. Ma ha conosciuto la baraccopoli in cui vivono anche migliaia di donne e uomini disperati e sfruttati.
  Quelle baracche, quelle fogne a cielo aperto, quella miseria sono anche l'esito di processi economici distorti, di cui tutti dobbiamo farci carico. Sono la drammatica e indegna fotografia del fallimento di leggi e regolamenti, tra cui quelli legati all'immigrazione, dell'ultimo ventennio. Chiudere ghetti è un dovere non più rinviabile, ma, per farlo, bisogna innovare la legislazione in modo da favorire una responsabile condivisione dei diritti e dei doveri da parte delle imprese, dei lavoratori, delle agenzie statali e regionali.
  Oggi, approvando questa legge, il Governo e il Parlamento dicono basta allo sfruttamento e si schierano a favore, al fianco delle imprese oneste, che creano un mercato sano, chiudono le filiere e sono gli indicatori di successo del made in Italy. Ecco, io lo dico qui, in quest'Aula, in questo momento, e, non vi nascondo, anche con grande soddisfazione: il Partito Democratico si schiera a favore del made in Italy di qualità (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

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  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Massimiliano Bernini. Ne ha facoltà.

  MASSIMILIANO BERNINI. Grazie, Presidente, membri del Governo, colleghi, siamo giunti finalmente in Aula con un testo di legge che tocca una delle situazioni più drammatiche presenti in Italia da diversi anni a questa parte. Stiamo parlando del caporalato, ovvero dell'intermediazione illecita del lavoro in agricoltura, ma anche di tutta quell'area grigia che riguarda lo sfruttamento del lavoro in agricoltura, con picchi che non crediamo fuori luogo definire di vero e proprio schiavismo.
  Mi rendo conto che sono parole forti, che non dovrebbero essere pronunciate in quest'Aula nel 2016, se non per ricordare episodi del passato o eventi che hanno a che fare con la storia e non con la cronaca. Purtroppo, non è così, perché la realtà odierna del mondo della produzione agricola italiana – non tutta, ovviamente – ha a che fare con ampie aree di sfruttamento selvaggio, senza regole o diritti, dove lo Stato è lontanissimo e sono vigenti le regole del più forte, del ricatto, dell'offesa, della ghettizzazione, del dominio, del bisogno assoluto, della vita o della morte. Sì, anche di morte, perché il percorso di questo provvedimento – ed è bene ricordarlo – è partito più di un anno fa quando un uomo, di nome Abdullah Mohammed, morì nelle campagne di Nardò, presumibilmente a causa delle estreme condizioni di lavoro durante la raccolta dei pomodori in aperta campagna, sotto lo scoppio del sole a 40 gradi, senza acqua e senza la possibilità di fermarsi. Era l'estate 2015; Mohammed aveva 47 anni, era di origine sudanese e fuggiva da una guerra civile terrificante, fatta di scontri etnici e religiosi, ma che affonda le sue radici in una guerra per il petrolio tra nord e sud del Paese. Difficile per noi anche solo immaginare gli scenari che si sono venuti a creare in quei luoghi, dai quali migliaia di persone sono state costrette alla fuga. Ebbene, Mohammed ha finito la sua vita nelle campagne pugliesi, raccogliendo il pomodoro, fiore all'occhiello della produzione made in Italy rinomata in tutto il mondo.
  Naturalmente, quando parliamo di caporalato, di sfruttamento del lavoro, di lavoro nero in ambito agricolo, non parliamo solamente di cittadini stranieri, ma anche di donne e uomini italiani che ogni giorno affrontano il bisogno e la necessità di portare a casa uno stipendio al prezzo di ore ed ore di lavoro chini sui campi o nelle aziende del settore, con retribuzioni ben lontane dalla contrattazione collettiva nazionale o provinciale, vero spartiacque tra il lecito e l'illecito, tra il diritto e lo sfruttamento. Non a caso, dopo la scomparsa di Mohammed arrivò la terribile notizia della morte di Paola Clemente. Paola è morta nel luglio 2015 ad Andria, mentre lavorava alla acinellatura dell'uva. Viveva insieme con suo marito e i suoi tre figli a San Giorgio Ionico; andava via di casa alle due di notte, prendeva l'autobus alle tre, ai campi ad Andria arrivava intorno alle cinque e mezza e tornava a casa non prima delle tre del pomeriggio, se non più tardi. Guadagnava 27 euro al giorno, meno della metà di quello che è previsto dalla legge e comunque pochissimo, se rapportato allo sforzo, ma purtroppo necessario per portare avanti la famiglia.
  Fermo qui il necrologio, ma ricordo che, prima e dopo questi fatti drammatici, altre persone sono decedute per le spaventose condizioni di lavoro nei campi e molte altre continuano a lavorare e a vivere in condizioni semplicemente disumane. Questo per ricordare, ancora una volta in quest'Aula, che il settore primario, l'agricoltura, è caratterizzato per lo più da lavori usuranti e pericolosi per la salute e la sicurezza dei lavoratori, mentre i controlli da parte degli organi di vigilanza, ASL e ispettorati del lavoro in primis, risultano essere, a tutt'oggi, assolutamente inadeguati.
  Il caporalato è stato inserito tra i reati perseguibili penalmente nel 2011, essendo considerato un reato spia di infiltrazioni criminali nel settore agricolo. Il recente rapporto Agromafie e caporalato, a cura Pag. 16dell'osservatorio Placido Rizzotto della FLAI-CGIL individua 80 epicentri presenti in Italia, non solo al sud, nei quali migliaia di persone sono soggette a condizioni di lavoro indegne. Sono tra le 400 e le 430 mila le persone soggette, di cui 100 mila vivono in condizioni di sfruttamento grave e di grave vulnerabilità fisica, psichica e alloggiativa, con una paga media per bracciante, quando vengono pagate, che varia tra i 22 euro e i 30 euro quotidiani.
  Poi, vittime tra le vittime, le donne. Questa volta sono italiane. Nella sola Puglia sono circa 40 mila le donne appunto sfruttate, con paghe che non superano i 30 euro per dieci ore trascorse a raccogliere fragole o uva. Inoltre, il 60 per cento di questi nuovi schiavi, perché non penso possano essere definiti lavoratori, non ha accesso all'acqua, ai servizi igienici e, per giunta, devono pagare al caporale il trasporto sul luogo di lavoro e i beni di prima necessità: cibo, acqua, eccetera, con circa 10 euro giornalieri sottratti dalla paga del lavoratore.
  Non risulta che le aziende al momento offrano servizi di prima necessità ai braccianti e, quindi, in molti casi è vitale la presenza della Caritas nonché delle associazioni di volontariato, come Emergency e Medu, e di assistenza sociale presso i luoghi di residenza delle persone. Questi luoghi – o, meglio, non luoghi – prendono la forma di veri e propri ghetti, in concomitanza con le principali raccolte di prodotti ortofrutticoli, tanto che alcuni osservatori hanno definito tutta l'impalcatura come la «ghetto economy», ossia un'intera economia fondata sullo sfruttamento selvaggio e la ghettizzazione di migliaia di persone senza diritti e forzatamente scollegate dai territori circostanti o da prassi di socialità di base.
  Per quanto riguarda, invece, le cosiddette «agromafie», queste coprono un giro di affari tra i 14 e 17 miliardi di euro. Quasi il 50 per cento dei beni sequestrati o confiscati alle mafie sono proprio terreni agricoli, a dimostrazione di come la mala vita tragga linfa proprio dal settore primario. E poi c’è tutta la tensione sociale legata al fenomeno: ricordiamo la tragica fine di Jerry Masslo nel 1989, ucciso per mano di una banda di criminali la cui vicenda portò alla prima manifestazione antirazzista mai organizzata in Italia; nel gennaio 2010 abbiamo gli scontri a Rosarno, nella piana di Gioia Tauro, dove si verificò un gravissimo scontro appunto tra braccianti e popolazione, presumibilmente con il coinvolgimento di esponenti delle ’ndrine locali; nell'estate 2011 circa 400 braccianti agricoli di origine africana, ospitati nella masseria Boncuri a Nardò, in provincia di Lecce, hanno scioperato per quasi due settimane e via discorrendo. Questo, colleghi, è il retroterra da cui prende corpo questo provvedimento e credo che in questa discussione, che ci porterà al voto finale, dovremo avere ben presente lo scenario sul quale ci stiamo muovendo e quali sono gli attori principali.
  Venendo al disegno di legge, il testo che abbiamo di fronte esce modificato dal Senato ed è sicuramente un atto importante per affrontare il problema del caporalato, del lavoro nero e dello sfruttamento in agricoltura, con uno sguardo nuovo ed ampio che investe, come è giusto che sia, più ambiti di competenza: nello specifico giustizia, lavoro e agricoltura. Il provvedimento si compone di due macro aree: una prima parte repressiva e una seconda propositiva. Riguardo agli aspetti giuridici della norma lascio che la disamina venga fatta dalle mie colleghe, mentre per quanto concerne la dimensione propositiva segnalo come la risposta del Governo all'intera situazione sia solo quella della rete del lavoro agricolo di qualità, alla quale gli imprenditori agricoli possono accedere su base volontaria.
  Come abbiamo avuto modo di ascoltare dalla voce del Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, Martina, in audizione in Commissione lavoro, si tratta, però, di una scommessa piuttosto che di un'azione concreta per la prevenzione e repressione dell'intermediazione illecita e dello sfruttamento del comparto agricolo. Lo dimostrano i numeri che sono stati ricordati anche prima: parliamo di 2 mila aziende aderenti, su un bacino di circa 180 Pag. 17mila aziende. Inoltre, la cabina di regia che la soprassiede e che dovrebbe tra l'altro, in accordo con tutti i soggetti partecipanti, indicare gli strumenti di lotta e di contrasto del caporalato e dello sfruttamento agli organi istituzionali, non parrebbe essersi riunita negli ultimi tempi. Cosa accadrà qualora la concertazione tra i vari soggetti della cabina spesso su posizioni molto distanti – sindacati e associazioni di categoria – dovesse fallire ? È giusto affidare quest'onere all'INPS, ai sindacati, alle associazioni di categoria eccetera, o piuttosto questo è un modo con il quale il Governo si scarica dalla responsabilità dell'inazione sulla reale lotta al caporalato ?
  Noi del MoVimento 5 Stelle abbiamo seguito con grande interesse tutti i passaggi del provvedimento e crediamo di aver dato, anche noi, un importante contributo collaborativo. Tuttavia, alla fine dei conti il testo ci sembra non pienamente soddisfacente, considerate le fortissime criticità presenti sui territori. In particolare, per il contrasto e la prevenzione dello sfruttamento delle lavoratrici e dei lavoratori, dell'intermediazione illecita e del lavoro nero avremmo preferito sicuramente ben altre azioni cogenti quali, ad esempio, l'incontro tra domanda e offerta di lavoro in agricoltura esclusivamente attraverso i centri per l'impiego pubblici, ovviamente adeguati alle peculiarità del lavoro agricolo, caratterizzato da una forte stagionalità e da tempi rapidi per il reclutamento dei lavoratori, e disposizioni forti ed efficaci sul trasporto e sulla dimensione alloggiativa dei lavoratori stranieri, quest'ultima una vera e propria emergenza sociale (basti pensare ai ghetti che possono ospitare contemporaneamente anche migliaia di persone); l'attivazione di un numero telefonico di utilità sociale anti-caporalato, attraverso il quale poter denunciare i fenomeni di sfruttamento mantenendo l'anonimato; l'informazione a tutti i lavoratori italiani e stranieri dei propri diritti, un'azione culturale veicolata dai mass media. Infine bisogna investire risorse economiche ed umane nei controlli, benché sia stata recepita la nostra proposta di incrociare i database dell'INPS e dell'Agea, ponderati con appositi indici di coerenza in una sorta di algoritmo anti-caporalato.
  Per tutte queste ragioni abbiamo presentato alcuni, pochi, emendamenti di merito, ma speriamo che il Parlamento faccia presto e approvi questa legge dicendo basta alla «ghetto-economy» (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle e di deputati del Partito Democratico).

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Carloni. Ne ha facoltà.

  ANNA MARIA CARLONI. Grazie Presidente. In apertura di questo mio intervento, vorrei ricordare una splendida figura di dirigente sindacale meridionale e di parlamentare del Partito comunista italiano, che è morto proprio la settimana scorsa, a novant'anni. Si tratta di Peppino Vignola. È stato parlamentare per tre legislature e proprio da quest'Aula con grandissimo impegno, per primo, ha denunciato i caporali autotrasportatori. Credo che il corpo di diritti che abbiamo saputo conquistare nei decenni passati per i lavoratori agricoli e di contrasto allo sfruttamento in agricoltura si debba anche a uomini come Peppino Vignola, che ho voluto in questo momento ricordare.
  Lo scorso giovedì la polizia ha sgominato l'ennesimo sistema di caporalato. Le storie che sono emerse sono quelle che abbiamo sentito tante volte, storie di miserie umane, di abbandono e di sfruttamento, schiavi del ventunesimo secolo pagati una miseria, vestiti spesso in modo inadatto al lavoro nei campi. Addirittura si è detto di un ferito gravissimo, con la gola tagliata, abbandonato in un ospedale, mascherando l'accadimento con la scusa vaga di un incidente domestico.
  Questo terribile scenario richiama alla mente quanto accade ogni giorno nelle campagne calabresi e nella raccolta dei pomodori in Campania e Puglia oppure nella raccolta degli agrumi siciliani. Tuttavia, questa volta è diverso. Il sistema di caporalato sgominato giovedì scorso è stato scoperto dalla procura di Prato e Pag. 18riguardava i vitigni del Chianti in Toscana, culla di civiltà rinascimentale, Umbria ed Emilia-Romagna. Tra i terreni coinvolti vi è perfino quello di un famoso cantante inglese, che però risulta estraneo alla vicenda. Quanto appena detto dimostra come il caporalato non rappresenti più un fenomeno confinato alle regioni meridionali. Questo ci dice quanto questa legge, a lungo attesa, sia importante per tutto il nostro Paese.
  Io stessa ho presentato durante la passata legislatura un disegno di legge di contrasto, firmato da tanti colleghi senatori, che nasceva da un lavoro condiviso con le organizzazioni sindacali nella provincia di Napoli. In questa legislatura, invece, numerose sono state le proposte presentate a riguardo e sono contenta che il testo che discutiamo oggi sia una felice sintesi delle sensibilità che le diverse proposte di legge presentavano.
  Del resto, che siamo di fronte ad un ritorno allo schiavismo, trasportato nelle nostre terre ed attualizzato ai tempi di oggi, non ce lo dicono solo i fatti orribili come quelli scoperti in ultimo dalla procura di Prato. Invito a consultare il rapporto sulle agromafie della FLAI CGIL, presentato lo scorso maggio in collaborazione con l'Osservatorio Placido Rizzotto, che – voglio ricordare ai più giovani – fu tra i primi sindacalisti a pagare con la vita il suo impegno contro l'oppressione mafiosa nelle campagne siciliane del marzo 1948. Perché è di questo che parliamo: dietro al caporalato vi è spesso la criminalità organizzata e, quando non è così, vi sono comportamenti di stampo mafioso di imprenditori senza scrupoli. Chi pensa che questo sia un fenomeno minore senza gravi conseguenze sull'economia sbaglia di grosso. Da quelle campagne, da quelle storie di emarginazione, parte un business stimato solo in Italia tra i 14 e i 17 miliardi di euro.
  Il caporalato è solo lo step iniziale di una filiera criminale, che influenza negativamente la gestione del mercato del lavoro, l’import-export di prodotti alimentari, l'imposizione di forniture al dettaglio, oltre a comportare l'infiltrazione della filiera del trasporto, della logistica e degli impianti mercatali, fino ad arrivare alla frode verso i progetti cofinanziati dall'Unione europea nel settore delle rinnovabili.
  Voglio, infatti, ricordare che la politica agricola comune, la cosiddetta PAC, è la prima fonte di spesa dell'Unione, con un budget di circa 100 miliardi di euro nel ciclo di programmazione 2014-2020, di cui oltre 10 miliardi destinati all'Italia. È inutile dire quanto il cercare di attingere a questi fondi rappresenti un'occasione criminale importante per le agromafie. Dicevamo come alla base di questo negativo giro d'affari, vario quanto vasto, vi siano i campi e il lavoro nei campi. Ieri come oggi, come aveva ben visto quel grande dirigente che è stato Giuseppe Di Vittorio, decisivo è il rapporto tra lavoro nei campi, stagionalità e flussi migratori. Oggi però, a differenza di allora, i flussi migratori sono di ben altra portata globale. Di che cosa parliamo, dunque, quando parliamo di caporalato ? Innanzitutto abbiamo a che fare con l'immigrazione e la clandestinità, tema cruciale dei nostri tempi. I due fenomeni sono strettamente interconnessi. Ogni giorno in televisione vediamo barconi carichi di disperazione, tuttavia, dove noi vediamo i profughi che scappano dalla fame e dalla guerra, i caporali vedono la forza lavoro, che attualmente è stimabile in circa 400 mila unità irregolari sul territorio nazionale, utilizzati come braccianti nei campi. La paga difficilmente va oltre i 25 euro (esattamente la metà di quanto in teoria è garantita dal contratto collettivo nazionale), le ore di lavoro oscillano tra le otto e le dodici, spesso senza accesso all'acqua potabile e ai servizi igienici. Non vi sono limiti di età, non vi sono tutele per le lavoratrici madri e solitamente le donne e i minori ricevono retribuzioni inferiori a parità di lavoro svolto.
  Il caporalato è stato enormemente favorito dalla legislazione in materia di immigrazione. Alleata preziosa dei caporali è stata la legge Bossi-Fini, che ha reso i lavoratori sprovvisti di permesso di soggiorno oltremodo ricattabili. Il contrasto a questo fenomeno, però, è in crescita e questa è la buona notizia. Le Forze dell'ordine, Pag. 19grazie anche a questo Governo e alla sensibilità di chi ne fa parte poiché viene dal mondo del contrasto a questi fenomeni, hanno spinto molto sulle nuove norme di tutela del lavoro agricolo e penale. Nel 2015 ben 8862 aziende sono state ispezionate, il 59 per cento in più rispetto al 2014. In questo senso la legge che oggi discutiamo rappresenta uno strumento supplementare importante nel contrasto al caporalato. Resta davvero ancora molto da fare, non si può non vedere come vi sia davanti a noi quasi un perverso gioco del domino, dove una tessera richiama un'altra. Il caporalato inteso strettamente come lavoro nei campi necessita di persone e queste persone vengono reclutate tra i migranti costretti alla irregolarità. Dunque, senza una politica europea di accoglienza e contrasto efficiente al traffico di persone, sarà difficile sottrarrei ai caporali il loro bene primario, i nuovi schiavi di cui si servono.
  In senso esteso il caporalato è legato al trasporto e, fin quando l'ossatura del nostro sistema commerciale sarà su gomma, il controllo della frastagliata miriade di società di autotrasporto sarà sempre difficile, una lotta di Davide contro Golia. È quindi necessario spingere, come si sta iniziando a fare sugli investimenti in logistica, in particolare il trasferimento delle merci dalla gomma al ferro, in strutture più centralizzate e più facilmente controllabili.
  Infine il caporalato necessita di venditori al dettaglio, costretti e/o conniventi, nonché di accesso ai mercati locali. In questo campo sono necessarie azioni di contrasto al racket e maggiori controlli sulle concessioni nei mercati, un campo spesso paragonabile ad una giungla, come chi viene da esperienze amministrative nei comuni, purtroppo, sa bene.
  Dunque questa legge è oggi benvenuta, al contempo è bene avere in mente che questo è solo un passo e che non basta una legge a fermare una pratica tanto radicata. Ma questo disegno di legge, con la confisca dei beni alle aziende colpevoli, l'arresto in flagranza, l'indennizzo alle vittime, è un passo importantissimo per contrastare lo sfruttamento in agricoltura (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Sannicandro. Ne ha facoltà.

  ARCANGELO SANNICANDRO. Signor Presidente, signori del Governo, colleghi, prima di entrare nel merito di questo disegno di legge, credo che sia opportuno sottolineare alcuni limiti di questo disegno di legge in termini, per così dire, di confezionamento del disegno di legge stesso. Dico questo perché ormai in Italia è di attualità il dibattito sulle leggi italiane, su come sono fatte e su come spesso non raggiungono lo scopo per cui vengono deliberate. È di attualità anche il fatto che, addirittura a livello di controriforma costituzionale, si parla del linguaggio sciatto, di termini impropri: in buona sostanza di leggi fatte male. Se n’è interessata anche la stampa inglese. In questo caso noi non facciamo diversamente dal passato.
  Il disegno di legge reca «Disposizioni in materia di contrasto ai fenomeni del lavoro nero, dello sfruttamento del lavoro in agricoltura e di riallineamento retributivo nel settore agricolo». È noto che la tecnica di produzione legislativa impone che il titolo debba sempre corrispondere al contenuto e il contenuto, a sua volta, non deve essere eterogeneo. «Disposizioni in materia di contrasto ai fenomeni del lavoro nero»: io mi aspettavo che qualche collega spiegasse dove, nel testo, vi è questa disposizione. Faccio un esempio significativo: laddove si parla di indici di sfruttamento – poi riprenderò meglio il tema – sono indicati vari indici (la reiterata corresponsione di retribuzioni in modo palesemente difforme dai contratti collettivi, la reiterata violazione delle norme relative all'orario di lavoro, la sussistenza di violazioni delle norme in materia di sicurezza e igiene nei luoghi di lavoro eccetera) e si dice che sono indici, sono delle finestre su quanto ci può stare dietro di più grave. Ma non si cita il lavoro nero.
  Non solo. «Disposizioni in materia di contrasto ai fenomeni del lavoro nero»: Pag. 20siamo ormai, da tempo, al linguaggio giornalistico. Il testo non corrisponde esattamente a quello che è scritto nel titolo. Il lavoro nero sarebbe il lavoro in nero e, in questo caso, sarebbe il lavoro di intermediazione in nero. Poi manca una parte cospicua: tutto il contenuto dell'articolo 8, che rappresenta il 50 per cento, in termini di norme, di questo disegno di legge. Dico questo per dimostrare la sciatteria con cui si fanno le leggi in questo Parlamento.
  Poi c’è un altro aspetto che ancora voglio sottolineare. Se andiamo a vedere gli articoli uno per uno, vediamo che si tratta di articoli o introdotti recentemente oppure di articoli le cui norme si potevano già prevedere quando è stata introdotta, a suo tempo, la norma precedente. Facciamo un esempio pratico: l'articolo 8 sulla cosiddetta «rete del lavoro agricolo di qualità». Con questo articolo 8 noi sostanzialmente modifichiamo per intero l'articolo del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 116. Cioè, a distanza di due anni, ci rendiamo conto che quella legge è stata fallimentare o comunque era carente rispetto ad alcune cose che cerchiamo di introdurre con questo disegno di legge. Ma allora il Parlamento dove stava ? I proponenti, il Ministero, il Governo dell'epoca dove stavano ? Si potrà dire che noi stiamo ponendo riparo a queste lacune ? Poi vedremo come.
  Lo stesso vale per gli altri articoli: modifica all'articolo «tot» del decreto-legge n. «tot»; modifica all'articolo 12 di una legge del 2003; modifica di un'altra legge sempre del 2003; per arrivare, alla fine, all'articolo 603-bis del codice penale, che sarebbe l'articolo che sanziona il fenomeno del caporalato.
  Questo articolo 603-bis del codice penale è stato introdotto appena nel 2011, ad agosto 2011. E allora io mi chiedo: ma è mai possibile che in quest'Aula non ci sia qualcuno della maggioranza o del Governo che ci spieghi perché stiamo sostituendo quell'articolo 603-bis a distanza di appena cinque anni ? Ce lo vuole spiegare perché ? Non ha funzionato ? Io sono andato a vedere gli atti dell'epoca e vi erano esaltazioni ed espressioni enfatiche perché si era introdotto questo articolo 603-bis del codice penale. Oggi me la do io una spiegazione, mi permetto di darla io, può darsi che sia sbagliata, dal momento che c’è carenza di una relazione su questo punto. Infatti, qui, quando si fanno le relazioni, si fa la relazione su quello che c’è scritto, quasi che noi non avessimo il testo davanti. Ma non si spiega la ratio che ha ispirato il legislatore nell'introdurre queste nuove norme. Allora, mi sono detto che probabilmente avranno scoperto che l'articolo 603-bis dell'attuale codice penale non ha sortito alcun effetto. Perché ? Perché l'ipotesi prevista è quella di colui il quale fa il mediatore di manodopera professionalmente esercitando la sua attività con violenza e minaccia. È evidente che si tratta non di un fenomeno diffusissimo, ma, come è stato detto nelle audizioni, di un fenomeno limitato, perché il caporale non ha bisogno di usare violenza per portare la gente a lavorare; la gente si offre, la gente si presenta al caporale o, meglio, si presenta all'azienda o si presenta al caporale guardando all'azienda. La gente attraversa il mare sui gommoni per trovare un lavoro e, quando poggia i piedi per terra, qui in Italia, vuole trovare un lavoro qualsiasi e quindi – si dice – incorre «nelle maglie del caporalato»; io direi «nelle maglie del capitalismo agrario». Questo è il punto.
  Non ha funzionato. Infatti, la giurisprudenza che si è citata consta semplicemente di due sentenze diverse, tutte e due di Cassazione, che riformano delle sentenze, una del tribunale di Foggia e l'altra del tribunale di L'Aquila, una a carico di un imprenditore agricolo e l'altra a carico di un imprenditore edile anche importante, con delle valutazioni diverse, proprio perché ci sono dei limiti – che adesso non voglio approfondire sul piano penale, perché oggi mi interessa un altro aspetto di questa questione –, ossia i limiti della legge penale così come è stata costruita. Infatti, la legge penale deve avere contorni di tipicità che non devono affidare alla magistratura un compito incongruo. Una cosa è interpretare e una cosa è costruire Pag. 21la norma. Quando le norme sono descritte in modo troppo largo, è evidente che noi dobbiamo affidarci, purtroppo, alla magistratura, che dovrà barcamenarsi. Infatti, le analisi semantiche delle due sentenze denotano due modi di approccio relativi a due culture completamente diverse. Una addirittura evoca il fatto che nella società capitalistica – non è detto proprio così, lo sto traducendo – lo sfruttamento e lo stato di bisogno sono impliciti e arriverà pure a conclusioni.
  Ma lasciamo stare adesso l'aspetto strettamente penale. Oggi ho ascoltato i colleghi e tutti pongono l'accento sulla parola «caporale». Io, invece, intendo porre l'accento sulla parola «padrone» – come si diceva una volta – sull'espressione «datore di lavoro». È al capitalismo, in cui siamo calati fino in fondo, che, da vent'anni a questa parte, è stato consentito di muoversi con la maggiore libertà possibile, perché sono stati eliminati tutti quegli elementi, quei paletti che, in un certo senso, ne frenavano gli istinti belluini. La mediazione di manodopera – badate – è una cosa che è stata sempre vietata, anche sotto il fascismo. Sotto il fascismo, nel sistema corporativo, la intermediazione di manodopera, cioè il fatto che una persona, un privato mettesse insieme domanda e offerta di lavoro non era consentito, sotto il fascismo, perché il collocamento della manodopera agricola era affidato allo Stato.
  Lo stesso abbiamo stabilito nel periodo repubblicano, oggi, fino agli anni Novanta, fino alla fine degli anni Novanta: già nel 1949, con la prima legge in materia di collocamento agricolo, fu stabilito che – posso leggere ? Anche il linguaggio è importante – chiunque esercita la mediazione in violazione delle norme della presente legge, è punito con l'ammenda – all'epoca – da lire 500 a lire 20.000. Se vi è scopo di lucro, la pena dell'arresto fino a 3 mesi e l'ammenda fino a lire 80.000. La mediazione in quanto tale ! Lo scopo di lucro era un'aggravante, cioè la civiltà che promana da questa legge del 1949, che è la prima legge sul collocamento, è la seguente: nessun essere umano può commercializzare altri essere umani, così come nessun essere umano può dare in affitto delle persone (da un lato l'interposizione di mano d'opera, da un lato la mediazione e dall'altro invece l'appalto fittizio di manodopera).
  I datori di lavoro che non assumono per il tramite degli uffici di collocamento i lavoratori, sono puniti con l'ammenda da lire tot a lire tot per ogni lavoratore assunto.
  Quindi la mediazione è vietata in quanto tale e lo Stato si fa carico del collocamento della mano d'opera, con due funzioni precise: da un lato la perequazione, diciamo la distribuzione del lavoro, perché normalmente nel collocamento si veniva assunti per chiamata numerica, cioè il datore di lavoro non poteva andare a scegliere, tranne che nei casi successivamente previsti con legge e poi su questa strada si è proseguito, perché nel 1960 fu fatta un'altra legge, che partiva sempre dal datore di lavoro e quando si facevano i dibattiti intorno a queste leggi, si parlava prima dei datori di lavoro e non dei caporali, prima dei datori lavoro, prima il mandante e poi il killer.
  Noi abbiamo invece qui, tanto per dire l'inversione lessicale: «è punito con la reclusione da 1 a 6 anni e con la multa da 500 a 1.000 euro, per ciascun lavoratore reclutato, chiunque recluta manodopera allo scopo di destinarla a lavoro presso terzi», quindi si parte dal mediatore, dal caporale e poi si passa al secondo comma: «chi utilizza, assume o impiega manodopera anche mediante l'attività di intermediazione, di cui al numero 1 eccetera eccetera, sottoponendo i lavoratori a condizione di sfruttamento ed approfittando del loro stato di bisogno».
  Secondo una vecchia cultura, invece, al di là dello sfruttamento e dello stato di bisogno, in ogni caso non si poteva intervenire.
  Ora, poiché lo Stato ha avuto il monopolio del collocamento agricolo, si è preoccupato anche, in quegli anni, per quanto possibile, di istituire dei sistemi che consentissero la programmazione in Pag. 22agricoltura, per quanto possibile, il controllo territoriale di questo mercato del lavoro.
  Voglio ricordarvi che nel 1970, prima dello Statuto dei diritti dei lavoratori, nel mese di febbraio, in agricoltura, con la legge n. 83, furono istituite comune per comune, le Commissioni locali per il collocamento agricolo, che erano ovviamente gestite da rappresentanti dei datori di lavoro e da rappresentanti dei lavoratori in misura maggioritaria, perché la merce lavoro è la loro ed erano loro che dovevano gestire l'offerta, diciamo il negozio, tanto per capirci in modo proprio popolare.
  Quindi poi, man mano, le norme successive: le aziende dovevano presentare il piano colturale, oltre che la denunzia aziendale, cioè ogni anno bisognava sapere, in quell'azienda, che cosa si sarebbe coltivato perché la Commissione agricola, potesse sapere, di conseguenza, quale manodopera si sarebbe dovuta assumere.
  In sostanza l'Italia affidava questo monopolio al controllo non soltanto dei carabinieri, non soltanto dell'ispettore del lavoro, ma delle migliaia e migliaia di sindacalisti o di delegati sindacali che facevano parte, all'interno, delle Commissioni di collocamento, quindi era un sistema fatto in questa maniera.
  Poi è intervenuta la modernità: da un lato si è consentito di poter affittare le persone, dall'altro si è consentito di poter dare in leasing gli esseri umani, ora siamo arrivati al caporalato legalizzato, cioè quello delle società e delle ditte di intermediazione e delle ditte di somministrazione di manodopera, quindi nel 2003 questo processo è arrivato all'apice, al compimento.
  Ovviamente, – come sa il collega Palese – se sul territorio pugliese (e mi limito a quello pugliese) ci sono migliaia e migliaia di aziende, con fabbisogno...

  ROCCO PALESE. A Cerignola !

  ARCANGELO SANNICANDRO. Anche dalle parti vostre, soprattutto dalle parti vostre, che non sono state mai sindacalizzate come i nostri territori...

  PRESIDENTE. Evitiamo l'interlocuzione diretta, sennò poi scendiamo all'interno della cartina, come fosse Google maps, rimaniamo un po’ più... Ecco, soprattutto rivolgiamoci alla Presidenza o perdiamo il filo.

  ARCANGELO SANNICANDRO. Ha ragione Presidente. Stavo dicendo: avendo quindi soppresso praticamente il collocamento agricolo, avendo consentito ai datori di lavoro di assumere chi piace e come piace, avendo liberato il datore di lavoro agricolo dal dovere di dire che cosa farà nella sua azienda, essendo rimasto soltanto l'obbligo di denunziare, quando si nasce come imprenditore agricolo, qual è la propria azienda, che estensione ha, che tipo di lavorazione ha, ma è una dichiarazione che rimane una tantum, è evidente che il datore di lavoro agricolo ha dovuto – come dire ? – ha potuto fare di tutto e di più; perché badate, io non intendo parlare dei caporali come un'attività di appannaggio esclusivo della malavita: c’è quello, ma c’è ben altro, c’è tant'altro, è chiaro ?
  Ecco, non vorrei che il caporale diventasse lo strumento, lo schermo dietro cui noi dimenticassimo la figura dell'imprenditore agricolo e del fatto che l'economia agraria oggi in Italia è gestita con molta ma molta libertà, dai datori di lavoro.
  Ora, oggi noi approviamo una norma penale. Questo la dice lunga. Non è che la norma penale non serve: ho già detto prima che dal 1949 erano sanzionati penalmente il datore di lavoro e il caporale che operassero al di fuori della legalità e la legalità era data dall'assunzione presso il collocamento, che era un ufficio pubblico.
  Ora, la norma penale c’è stata sempre, la norma penale era di carattere contravvenzionale, nel 2011 è diventata norma penale delittuosa, con la pena da 5 a 8 anni, e oggi noi la portiamo a da 1 a 6 anni per chi fa questa mediazione.
  Stranamente non trovo sanzionato penalmente chi fa l'appalto di manodopera alla stessa maniera, cioè con questa norma si punisce chi assume o chi fornisce manodopera, Pag. 23ma si parla sempre di singole persone. Chi dà in appalto prestazioni di lavoratori che non sono un'impresa, ma sono semplicemente manodopera che va a fare i servizi, il lavoro, questa figura scompare, o meglio non è ritenuta tale, perché esiste naturalmente nella legge, in altre norme, però scompare come forma di sfruttamento, come veicolo di sfruttamento che dovrebbe essere punito penalmente anch'esso e quindi questo la dice lunga.
  Ripeto, noi oggi introduciamo altri elementi che i colleghi hanno elencato prima: non ripeterò le stesse cose. Vorrei però aggiungere che ben altro bisognava fare. Ho fatto quella premessa semplicemente per dire che con la norma penale, che pur va posta, non andiamo lontano. D'altra parte se l'articolo 603-bis non ha prodotto risultati, dovremmo trarne le conseguenze. Infatti la norma penale da sola non è sufficiente. Ho già detto, parlando del passato, quali altri elementi si potrebbero utilizzare a corredo, proprio perché ci siano maggiori limiti, maggiori vincoli, maggiori controlli. Altrimenti noi saremo delle voci declamanti nel deserto perché la forza del capitalismo è tale – ripeto: è tale – che travolge ogni cosa. Per un caporale che sarà arrestato, ci saranno altri mille caporali che faranno il loro lavoro sporco come hanno fatto ancora fino ad oggi. A proposito dei trasporti – non passo di palo in frasca ma è attinente – ha detto il professor Pugliese e lo ha detto anche il collega Ludovico Vico nella sua relazione, che il caporale in verità supplisce allo Stato: lo hanno detto loro e anche il professor Pugliese lo ha detto. Parlando della varietà delle forme di caporalato, quando abbiamo fatto le audizioni, hanno detto: non mettete tutti sullo stesso piano perché altrimenti non comprendiamo bene il fenomeno. Ad esempio consideriamo il sistema di trasporto. Ora i sindacati si sono fatti carico di questo: da sempre è stato tenuto presente dai sindacati che per le campagne è difficile mettere su una rete di trasporto perché ci sono aziende piccole, aziende grandi e purtroppo, quando si parla di questo fenomeno, si devono tener presenti le aziende di 100 ettari, di 150 ettari e allora si parla di pullman. Io conosco queste realtà, le ho vissute queste scene. Prima i pullman venivano dall'Abruzzo, poi sono venuti dal subappennino dauno, «nella piana» si diceva. Ma questo fenomeno riguarda le grandi aziende che quando devono raccogliere le pesche, devono raccoglierle in fretta perché le pesche dopo tre giorni se non le raccogli marciscono e allora arrivano i pullman: qualcuno prima, quando c'era il collocamento pubblico, era autorizzato a fare questo lavoro. Ma nella stragrande maggioranza delle occasioni, come si fa ? Ad esempio nel contratto collettivo degli operai agricoli ancora oggi – infatti parliamo sempre di braccianti, dimenticando che la parola «bracciante» è stata espulsa dal vocabolario perché era offensiva e dal 1967 il contratto collettivo parla di operai agricoli – tornando all'argomento del contratto collettivo degli operai agricoli, è prevista la indennità di percorso. È un'antica indennità che risale ad epoca prefascista: un quarto d'ora di paga a chilometro – tenendo presente che allora si andava a piedi – oltre il terzo dal centro abitato. Vale a dire che oltre il terzo dal centro abitato si aveva diritto ad un quarto d'ora di paga per ogni chilometro. Poi dai piedi si è passati alla bicicletta e alla fine la norma diventò anacronistica. Con i mezzi moderni ovviamente diventava pesante prevedere un quarto d'ora di paga per ogni chilometro oltre il terzo e si tramutò la indennità in danaro tant’è che il contratto collettivo prevede una retribuzione per questo disagio. Quindi il fenomeno è conosciuto, il fenomeno è antico, i sindacati sono stati molto attenti al fenomeno concreto e hanno tentato di porre mano e fronteggiarlo. La questione è che tutto questo funzionava e funziona perché c'era il collocamento pubblico.
  Oggi non si vuole ripristinare il collocamento pubblico ? Non lo si può ripristinare anche perché siamo in epoca di globalizzazione.
  Abbiamo ascoltato il Presidente Renzi l'altro giorno, quando è venuto in questa sede, che ha detto che noi dobbiamo dire Pag. 24all'estero: guardate, venite in Italia, perché i nostri ingegneri costano meno. Quindi, mi rendo conto che la mia è una pretesa, per così dire, ingenua. Però è necessario trovare un sistema più o meno conforme, che riporti nelle mani dello Stato – ripeto: nelle mani dello Stato – la gestione delle risorse umane, di milioni e milioni di lavoratori. Lo Stato ha abdicato (bisogna ammetterlo ! Ripeto: ammetterlo !) e, quando lo Stato abdica, altri poteri prendono il sopravvento.
  Non so se avete avuto esperienza o amici che hanno avuto esperienza negli anni 1992-1993-1994, cioè negli anni in cui sono crollati i regimi dell'Est, in Albania per fare un esempio pratico. Qualcuno avrà qualche conoscenza. Quando è crollato lo Stato, in quei luoghi ha preso il potere la malavita o comunque poteri forti, intendendo per «poteri forti» non il potere economico, anche il potere fisico, il potere forte: quelli hanno preso il potere.
  Qui lo Stato ha abdicato a questa funzione importante, dimenticando che l'articolo 1 della Costituzione dice che «L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro» – ripeto: «sul lavoro» – quindi si dovrebbe avere cura di questo, invece lo Stato ha abdicato.
  E noi affidiamo alla norma penale e solo alla norma penale il governo della situazione ? Ripeto la norma penale c’è sempre stata e ci vuole, ma credo che siamo velleitari. Non aggiungo altro perché mi riservo di intervenire a proposito dei vari articoli: considerato che siamo in fase di discussione generale, non dobbiamo parlare, credo, dei singoli articoli, ma ne parleremo domani. Tuttavia è bene che questo Parlamento sia consapevole che ha una produzione enorme in generale e altrettanto in materia penale.
  Riflettevo oggi che tra questa sera e domani variamo questo disegno di legge; l'altro giorno abbiamo varato la legge sul furto di rame, che pure c'era, però lo abbiamo tramutato, eccetera, eccetera; poi abbiamo convertito un decreto-legge; poi faremo il testo unificato sulla videosorveglianza; poi un'altra proposta di legge, di cui non mi ricordo bene il titolo preciso; cioè, noi facciamo praticamente una legge alla settimana. Qua ne abbiamo fatte due o tre in una settimana: ma ci rendiamo conto ? Poi alla fine tra qualche anno, proprio perché non teniamo conto di tutto ciò di cui va tenuto conto, tra qualche anno faremo un 603-bis che forse diventerà 603-ter ! Fa impressione aprire il codice penale e vedere quante norme penali sono state cambiate: bis, ter, quater, quinquies.
  Vi racconto un piccolo aneddoto: ieri ho aperto il computer per trovare una legge e ho visto che diceva numero della legge, articolo...

  PRESIDENTE. La invito a concludere.

  ARCANGELO SANNICANDRO. Ho finito. Articolo, sotto-numero e c'era bis, ter, quater e via discorrendo. Ma non esiste quel che abbiamo inventato in questo caso: bis.1, bis.2, bis.3. Non so come faranno le case editrici a riformare i programmi online delle norme giuridiche.

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Agostinelli. Ne ha facoltà.

  DONATELLA AGOSTINELLI. Grazie, Presidente. Come è stato già sottolineato, l'attenzione del MoVimento 5 Stelle sul delicato tema del caporalato è stata alta già prima che venisse presentato e incardinato il provvedimento in oggetto. L'importante contributo alla risoluzione presentata alla Camera e gli emendamenti proposti al Senato sono stati indubbiamente un punto di riferimento per la maggioranza al fine di migliorare il testo. La competenza trasversale e la delicatezza del tema hanno fatto sì che il lavoro alla Camera, così come al Senato, sia stato svolto in modo sinergico.
  Il disegno di legge in discussione, infatti, ha profili di competenza della Commissione lavoro e altri, di fatto e naturalmente, della Commissione agricoltura e altri ancora della giustizia. Dunque, Presidente, in vista dell'esame degli emendamenti di domani in Aula, ritengo opportuno Pag. 25esporre in questa sede alcune considerazioni sui punti di competenza della Commissione giustizia.
  In primis, l'articolo 1 incide, tra le altre cose, direttamente sul 603-bis del codice penale; nello specifico si prevede lo spacchettamento del primo comma in due autonome fattispecie, connotate da un trattamento sanzionatorio diversificato. Infatti, al primo comma, vi è la sanzione per il reclutamento della manodopera allo scopo di destinarla al lavoro presso terzi in condizioni di sfruttamento, approfittando dello stato di bisogno dei lavoratori, ossia una multa che va dai 500 ai 1.000 euro per ciascun lavoratore, nonché la reclusione da uno a sei anni.
  Al secondo comma si dispone, invece, che, se le condotte esaminate sono state commesse con violenza o minaccia, la pena è più alta e comporta la reclusione da cinque a otto anni. La previsione del secondo comma è la stessa della disposizione attualmente in vigore, mentre quella del primo comma prevede una sanzione più mite rispetto al testo che si vorrebbe modificare. Abbiamo rilevato già in Commissione che la modifica, ove apportata, potrebbe porre problemi di successione delle norme penali nel tempo e ne potrebbe derivare l'applicazione retroattiva della norma più favorevole, per il principio del favor rei, anche per i soggetti già condannati per condotte di sfruttamento non caratterizzate da violenza o minaccia. Oltre alla criticità rilevata, avremmo voluto una previsione che punisse con maggiore severità le condotte del primo comma e non un abbassamento delle pene rispetto al testo vigente.
  Ciò posto, le novità della riforma sono ben più ampie rispetto a quelle che incidono sul mero trattamento sanzionatorio. Dal DDL è stralciata, infatti, la locuzione di cui al primo comma: «attività organizzata di intermediazione», una locuzione che sembra richiamare profili aziendalistici e che, scomparendo, lascia immaginare una notevole estensione del campo della punibilità, non solo dell'imprenditore intermediario, ma anche del reclutatore improvvisato, e questa previsione, pur con qualche perplessità legata al possibile onus probandi più gravoso per il pubblico ministero, può essere considerata una innovazione condivisibile, così come quella certamente positiva per il MoVimento 5 Stelle legata all'estensione della punibilità anche al datore di lavoro.
  Tale ultima novità sta appunto nell'autonoma punibilità del datore di lavoro per il solo sfruttamento, con approfittamento dello stato di bisogno del lavoratore, che comunque deve sussistere e deve essere accertato in concreto. E questo, per fugare i dubbi, che pure sono stati espressi, sulla rischiosa applicabilità di questa disposizione e a prescindere da una precedente condotta di intermediazione.
  Questa previsione appare una novità nel panorama del diritto penale, in quanto introduce, per la prima volta, una sanzione penale a carico del solo datore di lavoro per violazioni dei diritti dei lavoratori, che si siano però – ripeto – tradotte in un vero e proprio sfruttamento. In tal caso non c’è più intermediazione, ma solo sfruttamento, e la tutela del lavoratore sembra andare ben oltre i confini del mero caporalato.
  L'ambito di applicazione della norma si restringe, invece, per effetto della eliminazione della locuzione «stato di necessità», al n. 1 del primo comma dell'articolo 603-bis del disegno di legge. Resta, infatti, il solo stato di bisogno. Sarebbe stato auspicabile, visti i dubbi interpretativi che le due diverse locuzioni hanno sollevato in giurisprudenza, che fossero state previste entrambe. Al fine di non creare possibili abolitio criminis, si è suggerita con più di un emendamento in Commissione la reintroduzione di entrambe le locuzioni.
  Per la precisione, una previsione completa ed esaustiva avrebbe dovuto fare riferimento anche alla vulnerabilità ed alla formulazione utilizzata dal legislatore nell'articolo 600 del codice penale.
  Sarebbe stato altresì auspicabile inserire fra gli indici sintomatici dello sfruttamento previsti dal disegno di legge, non solo nell'ambito delle circostanze aggravanti, l'utilizzo di minori.Pag. 26
  E infine non possiamo non rilevare, tenuto conto della particolare natura dei fatti che integrano i reati in commento, nonché del bene giuridico tutelato, quanto già ribadito dalla Cassazione nella relazione del 5 settembre del 2011, uscita all'indomani dell'introduzione dell'articolo 603-bis del codice penale. La Suprema Corte ha in tale occasione evidenziato come appaia quanto meno anacronistico limitare la portata della seconda aggravante ai minori in età non lavorativa e non già ai minori tout court.
  Dunque, Presidente, avremmo auspicato più coraggio, visto che si aveva la possibilità di agire su un tema tanto drammatico anche con riferimento ai punti di stretta competenza della Commissione giustizia.
  Possiamo concludere, sottolineando che il provvedimento non soddisfa completamente le istanze che il MoVimento ha avanzato fin dall'incardinamento del provvedimento al Senato e che potevano invece garantire maggiore efficacia alla normativa, anche se riconosciamo che essa rappresenta indubbiamente un primo passo nella lotta al fenomeno del caporalato, per consentire a tanti invisibili di recuperare almeno in parte diritti e dignità di persone (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Zaccagnini. Ne ha facoltà.

  ADRIANO ZACCAGNINI. Grazie, Presidente. Questa legge è una legge importantissima, che recepisce il lavoro delle Commissioni della Camera dei deputati, che si è espressa attraverso alcune risoluzioni e che introduce nuove fattispecie di reato e strumenti di lotta allo sfruttamento dei lavoratori, simili appunto a quelli per il contrasto alla mafia. Finalmente dunque arrivano nuovi strumenti importanti ma non bastano, non bastano perché il caporalato, come è risaputo, è un fenomeno troppo radicato e culturalmente radicato nella nostra società. Resta molto ancora da fare, a partire dalla regolarizzazione dei lavoratori migranti. Bisogna facilitare questo processo di regolarizzazione e dare maggiori tutele a chi collabora con la giustizia. Vorrei ricordare ad esempio come, grazie ad una mia interpellanza in riferimento all'operato della questura di Foggia, finalmente si è riusciti ad aprire il procedimento di regolarizzazione dei titolari di protezione, ai quali non veniva recepita l'autocertificazione della residenza. Si sa appunto come la mancanza di recepimento dell'attestazione della residenza provochi la mancata possibilità di avere documenti regolari e quindi si cade appunto nella rete della criminalità. Nuove segnalazioni purtroppo mi sono giunte da territori che sono sotto la competenza della questura di Campobasso e di Isernia. La stessa Questura di Roma è stata condannata da un tribunale ordinario per non aver riconosciuto ad un lavoratore i requisiti, la possibilità di autocertificare la propria residenza. Quindi io credo che da questo punto di vista ci sia ancora molto da fare e che il Governo in particolare debba uniformare l'operato delle questure e vigilare su questo affinché possano semplicemente, come sancisce la legge, dare la possibilità a chi ha i requisiti di avere documenti regolari. Altro punto su cui mi soffermerò, sul quale c’è molto da fare è quello appunto dei protocolli di intesa, coi quali migliorare le condizioni dei lavoratori, le situazioni abitative, affinché siano dignitose, l'assistenza sanitaria e quindi i presìdi sanitari e i servizi di trasporto. Sono questioni cruciali affinché si possa arrivare appunto a contrastare il caporalato in maniera efficace ed organica; ciò non toglie che questa legge è sicuramente un passo in avanti che lascia ben sperare perché va nella direzione giusta.

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Chimienti. Ne ha facoltà.

  SILVIA CHIMIENTI. Grazie, Presidente. Il disegno di legge che ci apprestiamo a discutere è per il nostro gruppo un doveroso passo in avanti nella lotta al caporalato e allo sfruttamento del lavoro in agricoltura. Sappiamo bene come il Pag. 27precedente intervento normativo del 2011 abbia purtroppo fallito nel suo proposito, costruendo una fattispecie penale vuota, che ha mostrato una serie di falle e di impossibilità applicative concrete, proprio per le modalità in cui era stata scritta. Basti pensare che risultano giunti al terzo grado di giudizio per il reato di cui all'articolo 603-bis del codice penale, appena due procedimenti. Il cuore del disegno di legge che ci apprestiamo a discutere è dunque l'articolo 1, in cui finalmente, attraverso opportune modifiche, il reato penale di intermediazione illecita e di sfruttamento del lavoro prevede anche la punibilità dei datori di lavoro e delle organizzazioni criminali, oltre che del caporale che materialmente recluta i braccianti. C’è poi, sempre per restare sul fronte penale, una serie di altri interventi che vedono il nostro favore: l'arresto in flagranza, che diviene obbligatorio per le condotte di cui all'articolo 603-bis, la confisca dei beni alle aziende, l'assegnazione al Fondo antitratta dei proventi derivanti dalla confisca. Siamo quindi sostanzialmente favorevoli a questo impianto normativo, anche se riteniamo che, nella ridefinizione del reato penale, vi sia ancora una serie di zone d'ombra che, ad oggi, non garantiscono la massima efficacia in termini di punibilità. Su tutte vi è la necessità, non sempre così agevole da dimostrare in sede di giudizio, che i soggetti criminali abbiano approfittato dello stato di bisogno del lavoratore. Su questo inciso si giocheranno molti destini processuali e molte linee difensive di chi sarà chiamato a rispondere di sfruttamento. A questo proposito nel corso dell'esame in Commissione, Presidente, abbiamo, nostro malgrado, dovuto constatare come invece alcuni esponenti della Commissione lavoro abbiano impiegato energie e risorse per concentrare le loro proposte emendative nella direzione di un ulteriore abbassamento delle tutele dei lavoratori a vantaggio dei datori di lavoro, che, per essere incriminati, avrebbero addirittura dovuto realizzare condotte che integrassero due indici di sfruttamento contemporaneamente. Lavorare per rendere meno pesanti le sanzioni nei confronti di chi – lo voglio ricordare – si macchia del reato di sfruttamento di esseri umani mi sembra quantomeno bizzarro, specie se viene poi da esponenti del partito di Governo che ha promesso, per bocca del Premier Renzi, mai più pomodori macchiati di sangue.
  Presidente, negli ultimi tempi la condizione dei migranti nelle campagne italiane è sensibilmente peggiorata. Si è purtroppo utilizzato troppo a lungo l'alibi della crisi per giustificare tutto, anche l'ingiustificabile. Mi riferisco, in questo caso, all'illegalità estrema e alla schiavitù oggettiva e vergognosa a cui sono tuttora costretti, mentre noi parliamo, i braccianti agricoli, costretti a sottostare a un meccanismo incancrenito che ha fatto sì che la corda venisse tirata così tanto da finire per spezzare delle vite, diverse vite. Ciò che il Parlamento dovrebbe fare, attraverso questo disegno di legge, è proporre un modello sociale nuovo che sdogani definitivamente quello attuale, incentrato su logiche criminali di dominio, sulla prepotenza e sulla mera convenienza economica, in cui risulta peraltro fondamentale il contributo della mafia di varia origine. Ci rendiamo anche conto di come questo tema, il tema della dignità dei braccianti e del loro diritto di esseri umani a non sottostare al ricatto di un pugno di monete per piegarsi a condizioni di vita degradanti, è un tema molto delicato. C’è sempre il rischio che qualcuno pensi che chi viene qui a lavorare nei campi sottragga il futuro e il lavoro ai nostri connazionali. Bisognerebbe, invece, smontare questo assioma, offrendo delle risposte comuni senza mettere gli uni contro gli altri, perché vorrei ricordare che offrire un lavoro dignitoso e sicuro ai migranti non ci rende più poveri e non lede alcun nostro diritto; ci rende semplicemente degli esseri umani.
  Credo che questo testo vada nella direzione da noi auspicata, vada nella direzione, Presidente, ma non imbocchi ancora la strada giusta e più rapida per impedire il ripetersi di fenomeni criminali. Nel testo in esame si fa un gran parlare della rete del lavoro agricolo di qualità; si Pag. 28continua a legare ogni ipotesi di intervento strutturale unicamente all'adesione alla rete, che ad oggi resta volontaria e i dati parlano, purtroppo, per il momento di un sostanziale flop. Noi riteniamo, come MoVimento 5 Stelle, che oltre alla revisione della disciplina penale fossero due gli ambiti di intervento necessari: da una parte, il tema del sostegno alle condizioni di lavoro dei braccianti attraverso un potenziamento del sistema dei trasporti, che permettesse loro di non doversi più rivolgere ai caporali per raggiungere i campi, e attraverso la creazione di strutture abitative dignitose, che soppiantassero il tragico sistema dei ghetti; dall'altra parte, il tema fondamentale dell'incrocio tra domanda e offerta di lavoro. Una delle mancanze del nostro sistema agricolo, su cui si innestano i caporali e le imprese poco virtuose, è proprio l'assenza di metodi snelli e funzionali di reclutamento, anche all'ultimo momento, dei lavoratori agricoli. In questo senso il MoVimento 5 Stelle propone che entrino a regime le cosiddette «liste di prenotazione» in capo ai centri per l'impiego su base territoriale, in cui inserire telematicamente i nominativi degli aspiranti lavoratori.
  Purtroppo, questi due ambiti di intervento, che a detta di tutti i soggetti auditi nel corso degli ultimi mesi sono i veri punti su cui agire normativamente, sono affidati solamente a meccanismi di sperimentazione nell'alveo della rete agricola. Non vengono coinvolti i centri per l'impiego, come diceva il mio collega Massimiliano Bernini, né si vincolano gli enti locali ad offrire soluzioni pubbliche e concrete. E allora, Presidente, il disegno di legge è un punto di partenza necessario e urgente, ma un punto di partenza.
  Occorrerà continuare a monitorare la situazione fin dalla prossima raccolta degli agrumi; occorrerà restare vigili e non trincerarsi dietro all'approvazione di questo testo. I braccianti, in quanto esseri umani, meritano che la politica continui ad occuparsi di loro e non li dimentichi mai più (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche – A.C. 4008)

  PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore Berretta, che vi rinuncia.
  Ha facoltà di replicare l'onorevole Miccoli, che vi rinuncia anch'egli.
  Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.

  ANDREA OLIVERO, Vice Ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali. Grazie, Presidente. Intervengo soltanto per una brevissima osservazione. Voglio ricordare quanto sia importante per noi, per il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali e per tutto il Governo, questo provvedimento che, lo rammento, è stato approvato a larghissima maggioranza al Senato. Vorrei rassicurare i colleghi onorevoli che sono intervenuti quest'oggi – in particolare, vorrei rassicurare l'onorevole Sannicandro – che questa normativa è una parte della soluzione; ne siamo ben coscienti. C'era bisogno di andare a revisionare le norme, come è stato poc'anzi molto bene ricordato. Chi è riformista sa che bisogna costantemente andare a verificare se le leggi funzionano, non se sono perfette, ma se funzionano nel dato momento e nella condizione che ci troviamo a vivere. A fronte di alcuni aspetti che non erano in questo momento efficaci, ascoltate tutte le parti e sentiti attentamente tutti gli interlocutori, si è provveduto, in questa norma, a porre in essere dei cambiamenti. Lo si è fatto con linearità, lo si è fatto con trasparenza e, io credo, lo si è fatto secondo il migliore spirito riformista, che è quello, appunto come dicevo, di tener conto del dato di realtà.
  Ma siamo altresì convinti – e lo ribadisco – che è una parte del nostro lavoro. Questo provvedimento ci mette nelle condizioni – mette certamente il Governo, ma anche il Parlamento e tutti i soggetti, a partire dalla magistratura – di poter meglio compiere il proprio lavoro e di poter Pag. 29anche dare delle risposte al mondo imprenditoriale sano e pulito, che è la grande parte del mondo agricolo. Anche su questo punto l'onorevole Polverini ha detto che la rete del lavoro agricolo di qualità non funziona. Noi diciamo che ha iniziato da poco, da pochissimo, a funzionare; va rafforzata e in questa norma noi abbiamo proceduto in questa direzione, con una politica di un passo dietro all'altro, ma sempre nella direzione di un coinvolgimento dei soggetti. Pensare che un dramma come il caporalato, che fa parte, purtroppo, delle grandi pagine oscure del nostro Paese da secoli e che da molti decenni non si è riusciti a smuovere, possa essere affrontato soltanto dalle istituzioni, senza il coinvolgimento della società civile, delle imprese e del territorio, è del tutto vano. Pertanto, la strada che noi abbiamo intrapreso, sia pur appunto con la manutenzione via via che sarà necessaria, riteniamo che sia la strada giusta ed è per questo motivo che io credo che nel dibattito delle prossime ore, nei lavori di questa Camera, si potrà riflettere attentamente, ma credo altresì che questo provvedimento vada approvato al più presto nell'interesse soprattutto di quanti stanno soffrendo questa piaga che noi vogliamo, una volta per tutte, cancellare dal nostro Paese.

  PRESIDENTE. La ringrazio, Viceministro. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.
  Saluto gli studenti e gli insegnanti dell'istituto comprensivo «Perugia 5», di Perugia, che assistono ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
  Prima di passare al punto successivo all'ordine del giorno sospendo brevemente la seduta, che riprenderà alle ore 16,20.

  La seduta, sospesa alle 16,15, è ripresa alle 16,25.

Discussione della proposta di legge: Decaro ed altri: Disposizioni per lo sviluppo della mobilità in bicicletta e la realizzazione della rete nazionale di percorribilità ciclistica (A.C. 2305-A); e delle abbinate proposte di legge: Realacci ed altri; Bratti ed altri; Cristian Iannuzzi ed altri; Scotto ed altri; Busto ed altri (A.C. 73-111-2566-2827-3166).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della proposta di legge n. 2305-A: Disposizioni per lo sviluppo della mobilità in bicicletta e la realizzazione della rete nazionale di percorribilità ciclistica; e delle abbinate proposte di legge n. 73, 111, 2566, 2827 e 3166.
  Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato nell’allegato A al resoconto stenografico della seduta del 14 ottobre 2016 (Vedi l'allegato A della seduta del 14 ottobre 2016).

(Discussione sulle linee generali – A.C. 2305-A)

  PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
  Avverto che il presidente del gruppo parlamentare MoVimento 5 Stelle ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
  Avverto, altresì, che la IX Commissione (Trasporti) si intende autorizzata a riferire oralmente.
  Ha facoltà di intervenire il relatore, onorevole Gandolfi.

  PAOLO GANDOLFI, Relatore. Grazie, Presidente, ringrazio i colleghi presenti e il rappresentante del Governo, anche se di un altro Ministero, ma sempre utile.
  Si parla di mobilità sostenibile e non è frequente che in quest'Aula e che il Parlamento si tratti questo argomento. In particolare, questo specifico argomento è stato trattato per l'ultima volta diciotto anni fa, a dimostrazione di quanto il Parlamento italiano non ponga moltissima attenzione all'argomento. Per questo, con convinzione, la Commissione a cui appartengo, la Commissione trasporti, con il contributo di tutti i gruppi, ha voluto portare a compimento questa proposta di legge, che speriamo venga approvata rapidamente, Pag. 30sia da questa che dall'altra Camera, per poter diventare legge dello Stato.
  Ci rivolgiamo nello specifico, come già cita il titolo, alla mobilità ciclistica, ma in questo senso vorrei marcare una prima novità su questo argomento, nel senso che, nel parlare di mobilità ciclistica, non si vuole parlare semplicemente di un argomento legato a un'attività secondaria possibile ed eventuale, all'interno dello svolgimento della quotidiana attività umana, di esistenza e sopravvivenza a volte all'interno delle nostre città. Si vuole, con questa legge, fare un salto concettuale. Provo a spiegarlo rapidamente.
  La mobilità urbana, che è uno specifico settore del più generale contesto dei trasporti, è la parte che a livello nazionale ha meno attenzione e anche, per certi versi, meno competenze – gran parte di questo deriva da una scelta che, appunto, oggi cercheremo anche in parte di invertire –, ma che in realtà interessa la quasi totalità dei cittadini italiani. Sono intorno al 90 per cento gli spostamenti che ogni giorno avvengono all'interno delle città rispetto a quelli complessivi. Quindi, se volessimo anche valutare per quanto tempo e quanto interesse e attenzione tra noi abbiamo dedicato, per esempio, al tema della grande infrastrutturazione del Paese, basti ricordare che la quantità di persone, di cittadini italiani, che ogni giorno utilizzano tutti i treni a lunga percorrenza, Frecciarossa, Frecciabianca, Frecciargento che sia, tutte queste persone sono meno della quantità di persone che lo stesso giorno usano la linea della metropolitana B di Roma, a dimostrazione del fatto che la quantità di tempo che gli italiani dedicano a spostarsi nelle città è francamente esorbitante. Si calcola che siano più o meno cinque anni della propria esistenza, che ogni cittadino italiano, compresi quelli presenti in quest'Aula, dedica alla mobilità, dedica a spostarsi dentro le città. E in alcuni casi significa sostanzialmente passare questo tempo in coda o passare questo tempo in una condizione comunque di malessere. Tra parentesi, nella vita di ogni cittadino italiano il tempo che viene dedicato alla mobilità è uno di quelli su cui il legislatore, il Governo e le amministrazioni locali hanno la possibilità di incidere più efficacemente. È uno di quelli su cui si può fare molto, basta volerlo. Noi tendenzialmente non lo vogliamo fare, però, almeno oggi, dimostriamo un minimo di attenzione e di interesse a questo argomento e cerchiamo di dare riparo a quella che è una situazione che vede l'Italia nelle peggiori condizioni rispetto ai grandi Paesi europei, in termini appunto di qualità, efficienza e valore economico. C’è una stima che dice che sono più o meno 4 miliardi di euro buttati via in inefficienza della mobilità urbana, ovvero per come si muovono le nostre città, come si muovono i nostri cittadini dentro le città. Non è una stima che hanno fatto dei pericolosi rivoluzionari, è una stima fatta dall'ACI e, quindi, diciamo che tende a guardare il tema con una certa concretezza.
  Ebbene, si tratta di riuscire a intervenire sulla mobilità urbana, di fare in modo che questa sia riconvertita in una versione più moderna e sia in grado di essere più efficiente. Si tratta, quindi, di garantire che gli spostamenti avvengano meglio e più rapidamente, che questi spostamenti siano anche più sostenibili – e quindi garantiscano la qualità complessiva dell'aria e di altri fattori di impatto ambientale, come il consumo del territorio o il rumore, migliori di quelli che si hanno oggi –, e che siano soprattutto molto più sicuri, visto che ogni anno aumenta il numero di incidenti con morti e feriti nelle nostre città – anche questo è un argomento –, con una quantità di persone che noi tendiamo a dimenticare, ma che è sicuramente il dato peggiore, in termini di morte che non sia per malattia, in cui possa incorrere un cittadino italiano.
  Anche includendo la malattia, al di sotto dei cinquant'anni, la principale causa di morte per i cittadini italiani rimangono gli incidenti stradali e, siccome quelli nelle aree urbane sono in aumento, occuparsi di questo argomento credo che sia rilevante. Questo è un po’ il contesto entro cui si introduce una proposta di legge che, appunto, Pag. 31dal titolo può anche apparire una cosa frivola, che parli di cose piacevoli che servono a rinfrescarsi, per così dire, l'animo nei tempi di libertà, ma che in realtà si vuole rivolgere ad un tema rilevante, che è appunto quello di come funzionano le nostra città durante lo spostamento delle persone. È un argomento su cui ci sarebbe molto altro da dire, ma su cui termino questa prima parte di premessa.
  Nel farlo, la prima cosa che fa questo progetto di legge è attribuire delle competenze allo Stato italiano, competenze che già esistevano, ma in maniera molto, molto, disarticolata. Con questa legge diventano competenze del Ministero che appunto si occupa dei trasporti, cioè il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, a cui la proposta di legge assegna il ruolo di pianificare la mobilità ciclistica, che è una delle componenti della mobilità sostenibile e, più complessivamente, una delle componenti della mobilità urbana, e che è quella che ha maggiori potenziali, cioè che può crescere di più, con minori costi collettivi, personali e sociali.
  Per questo, al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, all'interno di questa proposta di legge viene attribuita la competenza di sviluppare la pianificazione e di occuparsi stabilmente di questa materia, come si occupa di grandi infrastrutture, di porti, interporti, di alta velocità, di autostrade e di altre cose sempre interessanti, ma – devo dirlo senza fare accesso a nessun atto retorico – che hanno una rilevanza per la vita di noi tutti e degli italiani, tutti i giorni, decisamente inferiore a quella degli argomenti di cui ci si vuole occupare con questa proposta di legge.
  Per questo, oltre all'attribuzione al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti di questa competenza, la proposta di legge stabilisce anche le competenze degli altri pezzi del sistema istituzionale italiano, a partire dalle regioni, alle province, le città metropolitane e i comuni, ognuno dei quali deve fare la propria parte all'interno di quelle che sono direttive e in un contesto disciplinare che l'Europa ha già perfettamente definito, sia nella prassi applicata in molti Paesi europei, sia nelle direttive europee. Quindi, da questo punto di vista, non dobbiamo fare altro che adeguarci a ciò che avviene nei contesti più avanzati del nostro continente.
  Oltre a questo la proposta di legge definisce i due principali settori di applicazione della mobilità ciclistica. Uno l'ho già descritto molto e riguarda la mobilità in ambito urbano, quindi la mobilità quotidiana, quella degli users, quella dei cittadini che ogni giorno si muovono. Possono farlo anche con altri mezzi, perché questa proposta di legge va a beneficio – lo dico perché so che il Presidente è sempre molto attento a questi temi – anche degli automobilisti. Infatti, è ovvio che, se alcuni degli automobilisti in futuro scelgono un mezzo diverso, quelli che rimarranno in automobile per necessità ne trarranno molto giovamento, più che stare lì ad aspettare che qualcuno abbia mai i soldi, il tempo, la forza e forse il mancato senso di costruire un'autostrada in un ambito urbano, dove questo non potrà mai avvenire. In tal senso questa soluzione, cioè quella di cambiare la mobilità e renderla sostenibile, è l'unica soluzione praticabile e questa proposta di legge la persegue.
  L'altro filone della legge è quello, invece, di intervenire sul territorio italiano definendo per la prima volta una rete, che copra tutto il territorio italiano, di più o meno 16 mila chilometri di «ciclovie», parola nuova, che interviene per la prima volta nel vocabolario italiano e che, quindi, in una qualche misura dovrà essere aggiornato, che rappresenta appunto un itinerario cicloviario, ma non necessariamente una pista ciclabile, che invece ha una definizione più precisa nel codice, ma un itinerario per le biciclette che percorre tutto il Paese, in questo caso prevalentemente con finalità turistiche. Si tratta cioè di garantire che la qualità e la straordinaria bellezza del nostro territorio, anche al di là dei centri di interesse principale, soprattutto quelli turistici, possa essere sviluppata all'interno di un settore turistico, che sta avendo un boom enorme anche in termini di valore economico. Per Pag. 32questo allo Stato viene dato il compito di realizzare la rete cicloviaria italiana, che si definisce, con questa legge, Bicitalia e che non è altro che l'estensione nel nostro Paese della rete cicloviaria Eurovelo, che, per nostra fortuna e per fortuna dei Paesi in cui ci sono, è già stata sviluppata ampiamente e che, quindi, aspetta solo che il pezzo forse il più pregiato del continente dal punto di vista della bellezza e della qualità si adegui.
  Queste sono le due parti principali in cui si articola questa legge: la mobilità urbana, da un lato, e le competenze in termini di realizzazione diretta della rete cicloviaria italiana. Per questo la legge stabilisce, a carico del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, anche un capitolo di spesa o, meglio, all'interno di un capitolo di spesa, già presente, relativo a quel Ministero e riguardante l'infrastrutturazione – quindi è la materia di cui stiamo parlando –, una quota percentuale che deve essere destinata a questo tipo d'interventi, che sono le ciclovie per quanto riguarda la rete di Bicitalia, ma che possono anche essere interventi all'interno della nostra città. Basti pensare che la più grande stazione italiana in termini di traffico passeggeri, ovvero la stazione Termini di Roma, sta per essere dotata di un grande parcheggio per automobili (circa 6 mila automobili, mi risulta), anche se mi risulta essere molto difficile arrivare alla stazione Termini in automobile in tempi accettabili, mentre non vi è possibilità di parcheggiare una bicicletta. Io capisco che in questa città la bicicletta possa avere qualche difficoltà in più che altrove, però credo che ci siano molti pendolari che potrebbero giovarsi di questa possibilità. Per esempio, questa legge aiuta a far sì che le grandi stazioni ferroviarie italiane comincino a somigliare di più alle grandi stazioni europee e diano ai pendolari un servizio che si aggiunge a quello che magari stiamo sviluppando con altre proposte, con altri disegni di legge e con altri decreti, relativamente alla mobilità, al trasporto pubblico locale e al trasporto pubblico regionale su ferro. Questo è il quadro complessivo. Quindi, queste risorse sono individuate in capo al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, dandogli il compito di realizzare queste cose in collaborazione con le amministrazioni locali.
  C’è poi una responsabilità precisa nell'introdurre questo argomento all'interno di tutti i livelli di pianificazione: quello che viene individuato per il Governo nazionale come «piano nazionale mobilità ciclistica», ma anche quelli che stanno all'interno dei piani regionali per i trasporti (PRIT) o all'interno dei piani urbani della mobilità sostenibile, che, invece, i comuni devono fare. Siccome è una novità ed è importante costruire un'attività a regime, si individua all'interno del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, un ufficio appositamente dedicato a questo tema. La cosa ha assunto, generalmente fuori da quest'Aula e sui territori, in particolare nelle zone dove questi argomenti sono già stati affrontati da tempo, un interesse tale per cui nella legge di stabilità votata nel dicembre scorso (la legge di stabilità per il 2016) sono già stati stanziati 91 milioni di euro in anticipazione rispetto ai contenuti di questa legge. Infatti, l'articolo introdotto nella legge stabilità ricalca perfettamente quelle che sono le finalità di questa legge, quindi possiamo considerare questo stanziamento una sorta di anticipazione per il primo triennio delle risorse necessarie. Questo lo dico perché è opportuno che nel dibattito e in sede di approvazione si tenga conto che effettivamente l'intenzione del Governo era talmente forte e sostenuta da aver addirittura anticipato l'azione legislativa del Parlamento; questo lo vogliamo riconoscere e crediamo che sia anche importante a seguito della discussione che si potrà sviluppare all'interno dell'Aula.
  Per questa ragione, quindi, se riuscissimo ad arrivare all'approvazione definitiva di questo provvedimento, come io auspico, dovremmo offrire per la prima volta al nostro Paese rispetto a questa materia un quadro legislativo di riferimento di standard e di qualità tale da poterci permettere di affrontare in maniera più risoluta il gravissimo problema della mobilità in ambito urbano, garantire Pag. 33maggiore sicurezza ai nostri cittadini nel momento in cui decidono di muoversi anche con un mezzo differente dall'automobile (cosa che dovremmo già riconoscere), garantire complessivamente maggiore qualità alle nostre aree urbane, riducendo la presenza del traffico e riducendo l'inquinamento atmosferico, che sappiamo essere, almeno nelle zone della Pianura Padana e nelle grandi aree urbane, a livelli tra i peggiori nel mondo, con eguali solo in alcune zone della Cina e in altre zone industriali del centro Europa, e dovremmo soprattutto far sì che la mobilità urbana diventi qualcosa di efficiente, qualcosa che dia maggiore produttività, forza e capacità di funzionamento alle nostre città, prima che esse siano ridotte semplicemente a degli enormi e dannosi ingorghi.
  Per questa ragione, Presidente, ritengo che sia utile sviluppare il dibattito, conscio che su questo tema c’è stato l'assenso di tutte le forze politiche presenti in Commissione. Quindi, mi aspetto che anche in Aula si ripercorra quel tipo di dibattito e di consenso e credo che sia fondamentale arrivare il prima possibile al voto in Aula per approvare questo provvedimento.

  PRESIDENTE. Prendo atto che il Governo si riserva di intervenire.
  È iscritto a parlare l'onorevole Minnucci. Ne ha facoltà.

  EMILIANO MINNUCCI. Grazie, signor Presidente. Grazie al rappresentante del Governo. Care colleghe e cari colleghi, solo per dare un piccolo cenno a quanto, in questa fase, vi sia attenzione da parte del Parlamento, di questo ramo del Parlamento alla situazione legata alla mobilità sostenibile e, in particolare, alla mobilità alternativa a quella dell'automobile, degli autoveicoli, vorrei citare che, oltre a questo passaggio parlamentare così importante, poc'anzi richiamato dal collega Gandolfi, è in discussione in IX Commissione un provvedimento che non è sovrapponibile, ma è senz'altro complementare rispetto a quello di cui oggi stiamo discutendo. Faccio riferimento al provvedimento relativo alla mobilità dolce, in modo particolare relativo all'utilizzo della rete ferroviaria, delle reti ferroviarie secondarie, quelle in disuso, quelle dismesse, quelle poco frequentate a fini di carattere turistico. Queste due proposte di legge vanno in parallelo e costituiscono – lo diceva poc'anzi il collega Gandolfi – una pietra importante, un punto di svolta nell'approccio che la politica e il Parlamento vogliono dare ad un tema così sentito da milioni e milioni di cittadini, per mettere il nostro Paese al passo con le grandi nazioni, in special modo quelle del centro e del nord Europa, che fanno della mobilità ciclistica, in questo caso specifico, uno strumento utilizzato dalla gran parte dei propri cittadini.
  Quindi, questa proposta di legge nasce attraverso un confronto proficuo in Commissione. Il collega Gandolfi ha tessuto una rete importante, ha tenuto insieme, attraverso una discussione di merito, tutte le forze politiche. Vi è stata – lo ricordava poc'anzi – una unanimità di giudizio da parte di tutti i colleghi. Tutti hanno potuto portare il proprio tassello a questo puzzle, a questo mosaico così ben fatto. Vorrei sottolineare, però, un dato di fondo: non stiamo parlando soltanto di una proposta di legge programmatica in senso lato. Infatti, vedete, spesso veniamo accusati, anche fuori da qui, di dar vita a norme molto belle sotto il profilo tecnico, molto apprezzabili come intenzione di fondo, di dar vita a una sorta di libro dei sogni, cui poi non corrisponde fattivamente, praticamente e concretamente nessuna capacità di incidere nelle politiche vere, reali e nella qualità della vita dei cittadini. Ebbene, in questo caso possiamo affermare con certezza che stiamo parlando d'altro: in questo caso non si tratta soltanto di una normativa d'ordine programmatico, ma è una legge che incide nella carne viva della capacità di programmazione non soltanto del sistema Paese, attraverso quelle ciclovie che entrano a far parte della rete europea della mobilità ciclistica, già in parte finanziate – come veniva ricordato – nella legge di stabilità per questo anno. Parliamo di 91 milioni di euro già appostati Pag. 34per quattro importanti ciclovie, che vorrei ricordare: la Venezia-Torino, la ciclovia del sole, la ciclovia dell'Acquedotto pugliese e il cosiddetto GRAB, il Grande raccordo anulare delle bici, tema su cui ritornerò fra poco.
  Quindi c’è intanto la scelta di mettere delle risorse reali e poi di mettere in campo un obbligo, in capo a tutti i livelli istituzionali, intanto le regioni e poi gli enti locali, parliamo degli enti di area vasta, città metropolitane e aggregazioni di comuni e ciò che sostituirà le province, ma anche i singoli comuni, affinché ad ogni livello si dia vita, necessariamente nel momento in cui si pianifica lo sviluppo territoriale di una realtà, di un singolo comune, si dia vita, all'interno di quella pianificazione, ad una specifica programmazione per la mobilità ciclistica.
  Ora questo tema è appunto una faccia della medaglia.
  Sul rovescio della medaglia, l'idea di statuire per legge che una quota fissa degli investimenti che lo Stato mette in campo annualmente per lo sviluppo infrastrutturale del Paese, che una quota fissa, un 2 per cento di questi interventi complessivi vada a finire nello sviluppo della mobilità ciclistica, questo a beneficio – lo si ricordava – delle famiglie, a beneficio dei singoli cittadini, a beneficio della capacità di muoversi in modo sostenibile all'interno delle nostre città, ma vorrei dire di più: anche a beneficio di un segmento della nostra economia, che è quello del cicloturismo, che in Italia in modo particolare ha delle potenzialità enormi. Dati 2015: parliamo – fonte ENIT – di 3,2 miliardi di euro di prodotto interno lordo generato dalla mobilità ciclistica, parliamo di 2 milioni e mezzo di turisti che hanno scelto il nostro Paese muovendosi attraverso la bici.
  Ora è chiaro che il nostro patrimonio ambientale, il nostro patrimonio storico-architettonico può trarre soltanto grande giovamento dal fatto che delle infrastrutture cicloviarie innervino tutta la penisola e fungano, così come furono le autostrade a cavallo tra gli anni Cinquanta e Sessanta, da grandi assi su cui poi innestare le piste ciclabili di carattere secondario, di tipo regionale, di tipo sovracomunale e di tipo comunale.
  È una prospettiva, ma se intanto cominciamo a mettere dei paletti, se intanto iniziamo questo processo, ebbene riusciremo, nell'arco di qualche lustro, a produrre risultati importanti, a produrre risultati efficaci.
  Vorrei tornare, signor Presidente, per un attimo, sulla questione del GRAB, del Grande Raccordo Anulare della bici, perché io credo che su questi punti non occorra fare demagogia.
  Ho sentito, da parte dell'amministrazione capitolina, della nuova amministrazione capitolina, far riferimento alla possibilità, al fine di abbattere i costi – per carità, tutto di guadagnato, è obiettivo ambizioso e corretto – di tracciare la pista ciclabile, di disegnare materialmente le piste ciclabili e quindi la rete, la ciclovia, attraverso un impatto economico minimo, che è quello di disegnare con un pennello una striscia gialla, a protezione dei ciclisti e di coloro che utilizzano questi strumenti.
  Ecco, io vorrei dire che bisogna essere molto attenti su questo terreno, come su altri terreni. Attenzione, perché una quota di quei 44 chilometri che costituiscono questo anello magnifico, che è il Grande Raccordo Anulare della bici, che tocca zone straordinariamente belle e importanti della capitale, che può essere sì un volano enorme anche per l'economia romana, per l'economia capitolina, 6 chilometri di quei 44 passano in strade ad alto traffico, ad intenso traffico.
  Vado a concludere, Presidente: ecco in particolar modo in quei 6 chilometri, ma per tutto l'anello dei 44 chilometri, bisogna essere molto attenti a mettere in sicurezza chi va in bici.
  Non è sufficiente tracciare una linea con un po’ di vernice, c’è bisogno che quelle piste, che quella via sia una via protetta, garantita affinché chi va in bici, in particolar modo chi approccia alla bici con i propri familiari, con i bambini, abbia una condizione di massima sicurezza e Pag. 35che la via ciclabile sia distinta, anche fisicamente, dalla via percorsa dalle automobili.
  Ne abbiamo già parlato anche in altre situazioni, proprio qui dentro, proprio con lei, Presidente, discutendo di sicurezza stradale.
  Credo che con questo progetto di legge – e concludo – stiamo affrontando un tema rilevantissimo, importantissimo, penso che rappresenti un ulteriore passo in avanti nella direzione auspicata da milioni e milioni di italiani e con questo spirito approcciamo al dibattito dei prossimi giorni.

  PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche – A.C. 2305-A)

  PRESIDENTE. Prendo atto che il relatore e il rappresentante del Governo rinunziano a replicare.
  Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione del testo unificato delle proposte di legge: Fucci; Giammanco ed altri; De Girolamo ed altri; Vezzali ed altri; Minardo; De Girolamo; Sbrollini ed altri; Roccella; Invernizzi ed altri; Rampelli ed altri; Marti ed altri; Giammanco ed altri; Chimienti ed altri: Misure per prevenire e contrastare condotte di maltrattamento o di abuso, anche di natura psicologica, in danno dei minori negli asili nido e nelle scuole dell'infanzia e delle persone ospitate nelle strutture socio-sanitarie e socio-assistenziali per anziani e persone con disabilità e delega al Governo in materia di formazione del personale (A.C. 261-1037-2647-2705-3597-3629-3738-3818-3829-3872-3912-3933-4048-A) (ore 16,51).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del testo unificato delle proposte di legge n. 261-1037-2647-2705-3597-3629-3738-3818-3829-3872-3912-3933-4048-A: Misure per prevenire e contrastare condotte di maltrattamento o di abuso, anche di natura psicologica, in danno dei minori negli asili nido e nelle scuole dell'infanzia e delle persone ospitate nelle strutture socio-sanitarie e socio-assistenziali per anziani e persone con disabilità e delega al Governo in materia di formazione del personale.
  Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato nell’allegato A al resoconto stenografico della seduta del 14 ottobre 2016 (Vedi l'allegato A della seduta del 14 ottobre 2016).

(Discussione sulle linee generali – A.C. 261-A ed abbinate)

  PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
  Avverto che i presidenti dei gruppi parlamentari del MoVimento 5 Stelle e del Partito Democratico ne hanno chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
  Avverto, altresì, che le Commissioni I (Affari costituzionali) e XI (Lavoro) si intendono autorizzate a riferire oralmente.
  Ha facoltà di intervenire la relatrice per la I Commissione, deputata Gabriella Giammanco.

  GABRIELLA GIAMMANCO, Relatrice per la I Commissione. Grazie, Presidente; il testo in discussione oggi in Aula, elaborato dalle Commissioni affari costituzionali e lavoro, all'articolo 1 si pone l'obiettivo di prevenire e contrastare, in ambito pubblico e privato, maltrattamenti o abusi, anche di natura psicologica, nei confronti di bambini di asili nido e scuole dell'infanzia, oltre che di anziani e disabili ospitati in strutture socio-sanitarie e socio-assistenziali.
  In tale quadro, è disciplinata la raccolta di dati utilizzabili nel corso delle indagini per l'accertamento di tali reati.Pag. 36
  Il provvedimento ha quindi lo scopo di offrire una particolare tutela a soggetti deboli, vulnerabili e indifesi, quali sono appunto i bambini piccolissimi, che frequentano gli asili nido e le scuole dell'infanzia, e le persone con disabilità e gli anziani.
  L'articolo 2 delega il Governo a legiferare in materia di formazione del personale degli asili nido, delle scuole dell'infanzia, delle strutture socio-sanitarie e socio-assistenziali per anziani e disabili.
  In particolare, il Governo è delegato ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge, un decreto legislativo per la definizione delle modalità di valutazione attitudinale per l'accesso alle professioni educative e di cura del personale, nel rispetto di alcuni criteri direttivi, che prevedono, tra l'altro, che per gli operatori socio-sanitari, infermieri e gli altri soggetti che operano con mansioni di assistenza diretta presso strutture socio-sanitarie, nonché per il personale docente e non docente degli asili nido e delle scuole dell'infanzia, i requisiti richiesti debbano integrare l'idoneità professionale con una valutazione attitudinale; che la sussistenza dei requisiti di idoneità sia verificata al momento dell'assunzione e successivamente con cadenza periodica; che incontri periodici e regolari con équipe di esperti siano previsti per monitorare precocemente le eventuali criticità e individuare le possibili soluzioni; che vengano svolti colloqui individuali o incontri collettivi tra famiglie e operatori o educatori, finalizzati a potenziare l'alleanza educativa-accuditiva come principale strumento per migliorare il benessere delle persone destinatarie di interventi educativi o di cura; che siano previsti adeguati percorsi di sostegno e ricollocamento del personale dichiarato non idoneo.
  Per prevenire maltrattamenti e abusi, anche di natura psicologica, l'articolo 3 prevede che, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge, il Ministro della salute, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, di concerto con le organizzazioni sindacali interessate, emani apposite linee guida per stabilire le modalità di accesso nelle strutture socio-sanitarie per garantire, ove possibile, le visite agli ospiti nell'intero arco della giornata. In questo modo, in sostanza, vogliamo promuovere il progressivo ampliamento degli orari di accesso alle strutture socio-sanitarie in modo tale che la prevenzione e il contrasto dei reati nei confronti di soggetti particolarmente vulnerabili si realizzi attraverso il controllo sociale e il maggiore coinvolgimento dei familiari dei soggetti che si trovano in una condizione di particolare vulnerabilità per età o per condizione personale.
  Per rispondere alle finalità del testo, l'articolo 4 dà la possibilità ad asili nido, scuole dell'infanzia e strutture socio-sanitarie e socio-assistenziali per anziani e persone con disabilità di installare sistemi di videosorveglianza a circuito chiuso le cui immagini sono cifrate al momento dell'acquisizione all'interno delle telecamere stesse attraverso un sistema a doppia chiave asimmetrica. L'accesso alle registrazioni dei sistemi è vietato, salvo quanto stabilito dal libro V, titoli IV e V del codice di procedura penale in caso di notizia di reato.
  Il testo richiama esplicitamente gli articoli del codice di procedura penale che regolano l'attività di iniziativa della polizia giudiziaria e l'attività del pubblico ministero. In sostanza, le immagini si potranno utilizzare solo qualora il pubblico ministero ne ravvisi la necessità, procedendo d'ufficio o su denuncia, ordinandone l'acquisizione e la visione. La presenza dei sistemi di videosorveglianza a circuito chiuso deve essere segnalata ai soggetti che accedono nella zona videosorvegliata.
  Nelle strutture sociosanitarie e socioassistenziali è altresì richiamato il necessario rispetto della Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, ratificata con legge 3 marzo 2009, n. 18, e il previo consenso degli interessati o, se minorenni o incapaci, dei loro tutori.
  Al Garante per la protezione dei dati personali, con proprio provvedimento da adottare entro sessanta giorni dalla data di Pag. 37entrata in vigore della legge, è affidata la definizione delle prescrizioni da osservare in relazione all'installazione dei sistemi di videosorveglianza e al trattamento dei dati personali effettuato mediante i medesimi sistemi.
  Abbiamo anche voluto specificare chiaramente che nelle strutture in questione è vietato l'utilizzo di webcam. Questo per sgomberare il campo dai dubbi e dalle perplessità di chi ha ipotizzato che la proposta di inserire telecamere in asili nido, case di riposo e strutture che ospitano disabili potesse in qualche modo istituire una sorta di grande fratello e rappresentare una forma di controllo da parte dei genitori o dei datori di lavoro nei confronti di chi opera in queste strutture, a stretto contatto con bambini, anziani e disabili.
  Si tratta di perplessità infondate, che non riflettono certo lo spirito originario di questo testo. Ho personalmente presentato e depositato la proposta di legge per l'introduzione delle telecamere in queste strutture nel lontano 2008. Fino ad oggi il testo della mia proposta era rimasto nei cassetti della Camera. Solo la scorsa primavera, in seguito a svariati casi di denuncia di maltrattamenti a danno di soggetti alla totale mercé di chi si prende cura di loro, le Commissioni hanno iniziato a discutere la mia proposta.
  Ma mi preme sottolineare che l'intento che fin dall'inizio mi ha spinto a presentarla è stato esclusivamente quello di dare alle forze dell'ordine uno strumento prezioso e immediatamente utilizzabile nelle indagini che si svolgono su ipotesi di reato a danno di bambini, anziani e disabili ospitati nelle strutture che ho elencato, affinché, in caso di accertamento degli abusi, questi soggetti fossero immediatamente – e non solo dopo mesi – sottratti a operatori o educatori senza scrupoli.
  Il testo unificato delle proposte prevede, inoltre, che si applichino le sanzioni di cui al titolo III della parte terza del codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, in caso di violazione delle disposizioni stabilite dal provvedimento del Garante.
  Giova ricordare che attualmente il trattamento dei dati personali effettuato mediante l'uso di sistemi di videosorveglianza non trova nel codice della privacy una regolamentazione specifica. L'articolo 134 del decreto legislativo n. 196 del 2003 si limita, infatti, a chiedere al Garante per la protezione dei dati personali di farsi promotore di codici di deontologia e di buona condotta.
  In assenza di previsioni legislative, il Garante ha dunque emanato una serie di provvedimenti generali, l'ultimo dei quali in data 8 aprile 2010, per delineare le modalità del trattamento di dati personali acquisiti tramite strumenti elettronici di rilevamento di immagini. In primo luogo, il Garante ha riconosciuto la liceità della videosorveglianza, purché ciò non determini un'ingerenza ingiustificata nei diritti e nelle libertà fondamentali degli interessati. Il Garante detta, quindi, prescrizioni per quanto riguarda l'informativa – gli interessati devono essere sempre informati che stanno per accedere in una zona videosorvegliata –, la designazione degli incaricati del trattamento e la durata della conservazione delle immagini.
  Il testo prevede, infine, all'articolo 5 la trasmissione al Parlamento di una relazione del Governo sull'attuazione della legge, in cui si dà conto anche dei dati rilevati dai Ministeri competenti sull'andamento dei reati commessi in danno dei soggetti in questione e dei relativi procedimenti giudiziari.
  Per quanto riguarda l'iter parlamentare del testo in discussione, le Commissioni riunite I e XI sono giunte all'approvazione di un testo unificato delle proposte di legge presentate da diversi gruppi parlamentari a seguito di un'ampia istruttoria legislativa nell'ambito della quale si sono svolte una serie di audizioni di esperti del settore, delle parti sociali, delle associazioni interessate nonché del Garante per la privacy e della Garante per l'infanzia e l'adolescenza.Pag. 38
  Sul testo unificato si sono espresse le Commissioni cultura e affari sociali, che hanno approvato un parere favorevole con alcune condizioni. I rilievi da loro formulati sono stati accolti dalle Commissioni di merito, le quali hanno proceduto all'esame degli emendamenti nelle sedute del 12 e 13 ottobre scorsi. Infatti, al fine di recepire i rilievi espressi nei pareri di cui sopra, nonché quelli della Commissione giustizia e della Commissione parlamentare per le questioni regionali, io e il collega del PD Boccuzzi, che ringrazio per il lavoro svolto e per lo spirito di collaborazione, abbiamo elaborato una serie di proposte emendative che sono state approvate dalle Commissioni con altri emendamenti di iniziativa parlamentare.
  Possiamo, quindi, tranquillamente sostenere che si è trattato di un lavoro attento, ampio e approfondito da parte delle Commissioni in sede referente, che si è arricchito anche grazie ad utili contributi informativi nel corso dell'istruttoria legislativa.
  Concedetemi un unico appunto: al momento, per la realizzazione delle disposizioni del testo unificato delle proposte di legge in discussione è stata prevista la clausola della neutralità finanziaria, che, tradotto, significa che non c’è uno stanziamento di risorse a supporto della formazione del personale per le verifiche attitudinali per l'installazione degli impianti di videosorveglianza. Per questo auspico che il testo, da questo punto di vista, nei prossimi giorni possa cambiare e si stanzino le risorse necessarie a far sì che questa proposta, una volta legge, sia concretamente efficace. Lo dobbiamo ai nostri figli, lo dobbiamo ai nostri anziani, lo dobbiamo ai nostri cari affetti da disabilità.
  Per concludere, quindi, mi auguro, che tutte le forze politiche presenti in Parlamento possano entrare nel merito del testo, che nei prossimi giorni verrà votato in Aula, superando gli steccati ideologici ed esprimendo un voto favorevole, convinto e unanime a questo provvedimento, che, da un lato, delega il Governo a legiferare nella direzione di valorizzare il più possibile l'aspetto della formazione del personale come elemento indispensabile per la prevenzione di abusi e maltrattamenti a danno di soggetti vulnerabili (bambini, anziani, disabili) e che, dall'altro, offre uno strumento deterrente a loro tutela che ad oggi non esiste, cioè la possibilità, da parte di asili nido, scuole materne, case di riposo e strutture socio-assistenziali per disabili pubbliche e private, di dotarsi di sistemi di telecamere criptate a circuito chiuso in grado di poter dare un aiuto prezioso e immediato alle indagini che si svolgono su fattispecie di reato davvero odiose e inaccettabili, tanto più perché a danno di soggetti totalmente indifesi.

  PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il relatore per la XI Commissione, deputato Antonio Boccuzzi.

  ANTONIO BOCCUZZI, Relatore per la XI Commissione. Grazie, Presidente. Il provvedimento che giunge oggi all'esame dell'Assemblea, al termine dell'esame da parte delle Commissioni riunite affari costituzionali e lavoro, è il frutto di una progressiva messa a fuoco degli interventi da mettere in campo per prevenire e contrastare le violenze consumate nei confronti delle persone vulnerabili nell'ambito degli spazi dedicati alla loro educazione e cura.
  Esiste nell'opinione pubblica e nei mezzi di comunicazione di massa una diffusa e legittima preoccupazione per gli episodi di violenza che si sono verificati in tali strutture, specialmente per la particolare condizione di vulnerabilità delle vittime.
  Si tratta, a dire il vero, di un fenomeno i cui contorni non sono esattamente delimitabili. Le audizioni svolte dalle Commissioni, e in particolare quelle del vicedirettore generale della pubblica sicurezza e del Capo di Stato maggiore del Comando generale dell'Arma dei carabinieri, infatti, hanno fornito importanti indicazioni circa la ricorrenza degli episodi e le attività svolte dalle forze di polizia per contrastare il fenomeno. Manca, però, un quadro Pag. 39completo ed esauriente degli episodi di violenza e di maltrattamento che si verificano nelle strutture educative e di cura e assistenza.
  A questo riguardo, è importante che l'articolo 4 della proposta di legge al nostro esame prevede la trasmissione annuale di una relazione al Parlamento che dia conto specificamente anche dei dati rilevati dal Ministero della giustizia e dal Ministero dell'interno circa l'andamento dei reati commessi in danno dei minori e delle persone ospitate nelle strutture assistenziali e socioassistenziali, nonché dei relativi procedimenti giudiziari. In questo modo, in un prossimo futuro, si potrà valutare anche l'adeguatezza delle disposizioni introdotte rispetto al fenomeno che esse intendono prevenire e contrastare, così da apportare, se necessario, correttivi e integrazioni.
  Come accennavo, il testo che abbiamo elaborato è frutto di una progressiva messa a fuoco dei diversi profili coinvolti nella prevenzione e nel contrasto degli episodi di violenza. Gli interessi, chiamati in causa dal provvedimento che oggi discutiamo in Assemblea, sono infatti molteplici e spesso contrastanti. Da un lato, chiaramente, vi è l'esigenza primaria, sentita da tutti noi, di proteggere le persone in condizioni di maggiore fragilità e vulnerabilità da abusi e atti violenti. I bambini, ma spesso anche gli anziani e le persone con particolari disabilità, infatti, non solo non sono in grado di difendersi adeguatamente, ma incontrano anche maggiori difficoltà nel rappresentare ai propri cari e, quindi, alle autorità di polizia le violenze e i soprusi di cui sono stati vittime.
  Per contro, non bisogna trascurare che proprio la vulnerabilità delle persone che vogliamo tutelare comporta anche la necessità di prestare particolare attenzione a preservare la loro dignità, evitando intrusioni indebite nella loro sfera più intima attraverso il ricorso a modalità troppo pervasive di controllo e di sorveglianza.
  Per altro verso, occorre considerare che interventi nell'ambito degli ambienti educativi per la prima infanzia e nelle strutture dedicate all'assistenza e alla cura delle persone più anziane con disabilità incidono inevitabilmente sui rapporti di fiducia e di affidamento che devono supportare l'inserimento in tali strutture. Occorre, infatti, che siano rispettati, da un lato, il patto di corresponsabilità educativa tra le famiglie e le istituzioni scolastiche e, dall'altro, l'alleanza terapeutica che è alla base delle relazioni tra le strutture sanitarie e gli assistiti. Penso anche all'esigenza che nei servizi educativi per l'infanzia debbano preservarsi la spontaneità e la fiducia che caratterizzano i rapporti tra i bambini e le educatrici e gli educatori.
  Con riferimento alla possibile installazione di sistemi di videosorveglianza vengono in rilievo, poi, le questioni relative al controllo a distanza dei lavoratori da parte del datore di lavoro, oggetto di disciplina nell'ambito dell'articolo 4 dello Statuto dei lavoratori, recentemente modificata dal decreto legislativo n. 151 del 2015, in attuazione delle deleghe del cosiddetto Jobs Act.
  Il compito delle Commissioni è stato quindi quello di ricercare un punto di equilibrio soddisfacente tra tutti questi interessi, in molti casi, come ho detto, in conflitto tra di loro. Da questo punto di vista ritengo che il metodo di lavoro che abbiamo seguito ci abbia aiutato a raggiungere un buon risultato, che spero possa essere perfezionato e portato a termine nel corso dell'esame in Assemblea. Considerata la trasversalità delle misure previste, molto opportunamente le Commissioni cultura e affari sociali hanno ritenuto di esprimersi per due volte in sede consultiva, prima, sul testo base adottato dalle Commissioni e, poi, sul testo risultante dall'esame degli emendamenti.
  In questo modo le Commissioni che, in prima battuta, hanno condizionato il loro parere favorevole a numerose modifiche, hanno supportato la nostra attività di relatori, consentendoci di mettere a punto le necessarie correzioni al testo.
  Le modifiche introdotte sono state quindi condivise dalle Commissioni Cultura e Affari sociali, che hanno espresso parere favorevole sul nuovo testo elaborato. Pag. 40Passando rapidamente in rassegna i contenuti del provvedimento, voglio sottolineare che il testo all'esame dell'Assemblea si muove sostanzialmente lungo tre direttrici di intervento: in primo luogo, l'articolo 2 reca una delega al Governo in materia di formazione del personale degli asili nido, delle scuole dell'infanzia e di strutture socio-sanitarie e socio-assistenziali per anziani e persone con disabilità che, per quanto attiene ai servizi educativi per l'infanzia, si affianca alla più ampia e comprensiva delega contenuta nella legge sulla «buona scuola», relativa all'educazione nella fascia da zero a sei anni di età. In particolare, con la delega si vuole assicurare che le verifiche relative all'idoneità professionale siano integrate da una valutazione attitudinale, effettuata al momento dell'assunzione e successivamente con cadenza periodica anche in relazione al logoramento psicofisico connesso allo svolgimento di mansioni che richiedono la prestazione di assistenza continuativa a soggetti in condizioni di vulnerabilità.
  Allo stesso tempo, il cammino professionale dei lavoratori dovrebbe essere accompagnato da percorsi di formazione continua, nonché da incontri periodici svolti nell'ambito del gruppo degli operatori per verificare tempestivamente l'emergere di eventuali criticità e individuare le possibili soluzioni innanzitutto all'interno del gruppo di lavoro. Il secondo filone di intervento invece è costituito dal rafforzamento del dialogo con le famiglie. In particolare, nell'ambito della delega, si prevede lo svolgimento di colloqui individuali o incontri collettivi tra famiglie e operatori o educatori, finalizzati a potenziare l'alleanza con le istituzioni educative assistenziali e ad assicurare il pieno coinvolgimento dei familiari nelle relazioni con il personale educativo e di cura, consolidando un clima di fiducia e di rispetto.
  Nella stessa ottica, l'articolo 3 prevede che, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento, il Ministro della salute, previa intesa in sede di Conferenza Stato-regioni e di concerto con i sindacati, emani linee guida sulle modalità di accesso nelle strutture socio-sanitarie e socio-assistenziali per garantire, ove possibile, le visite agli ospiti lungo l'intero arco della giornata.
  La terza direttrice infine è rappresentata dalla regolamentazione dell'utilizzo dei sistemi di videosorveglianza nell'ambito delle strutture educative per la prima infanzia e nelle strutture socio-assistenziali e socio-sanitarie per anziani e persone con disabilità. A questo proposito ritengo che l'introduzione di una disciplina legislativa possa considerarsi senz'altro un passo avanti, anche considerando che basta consultare un qualsiasi motore di ricerca Internet per verificare quanto sia diffusa e pubblicizzata la presenza di sistemi di videoregistrazione o anche di webcam specialmente negli asili nido. Con questo provvedimento si vogliono fissare quindi regole chiare e limiti precisi per l'utilizzo della videosorveglianza, in modo da contemperare i diversi interessi in gioco. Non esiste nel nostro ordinamento una normativa generale che disciplini organicamente la videosorveglianza. Il Garante ha emanato il decalogo di regole sulla videosorveglianza il 29 novembre del 2000, che costituisce una sorta di vademecum per l'attivazione della videosorveglianza e due provvedimenti generali che hanno disciplinato dettagliatamente gli adempimenti, le garanzie e le cautele necessarie per il suo esercizio. In estrema sintesi, nel provvedimento in esame, si consente l'installazione di sistemi di videosorveglianza a circuito chiuso con una specifica cifratura delle immagini, che garantisca la protezione dei dati acquisiti. Ha introdotto quindi un divieto generalizzato di accesso alle immagini acquisite che restano a disposizione della polizia giudiziaria e del pubblico ministero per le loro indagini, nei limiti previsti dal codice di procedura penale. Si prevede inoltre – come ha ricordato la collega Giammanco nella sua relazione – un espresso divieto dell'utilizzo di webcam, nel solco di quanto affermato dal Garante per la protezione dei dati personali, che, con un provvedimento dell'8 maggio 2013, aveva affermato l'illiceità di un sistema di videosorveglianza tramite webcam in grado di consentire Pag. 41ai genitori il controllo a distanza dei propri figli minori durante il periodo di permanenza in asilo.
  Quanto alle garanzie procedimentali, segnalo che per procedere all'installazione di sistemi di videosorveglianza è necessario il raggiungimento di un accordo con le rappresentanze sindacali, un'autorizzazione dell'Ispettorato nazionale del lavoro, con una disciplina che ricalca sostanzialmente quella prevista dall'articolo 4 dello Statuto dei lavoratori, così come modificato in attuazione del Jobs Act. Non va trascurata però una fondamentale differenza nel caso di questo provvedimento. Le immagini registrate non rappresentano lo strumento per il controllo da parte del datore di lavoro dell'operato dei lavoratori, ma sono strettamente finalizzate ad accelerare e agevolare le indagini delle Forze di polizia e della magistratura inquirente. In questa ottica potrebbe essere utile precisare espressamente, nell'ambito dell'esame in Assemblea, che le registrazioni dei sistemi di videosorveglianza non possono essere utilizzate con finalità di controllo delle attività dei lavoratori, se non nell'ambito della repressione dei reati in danno dei minori, degli anziani e delle persone con disabilità. Ferma la segnalazione della presenza di sistemi di videosorveglianza, il provvedimento prevede che, per quanto riguarda gli asili nido e le scuole dell'infanzia, con uno specifico decreto ministeriale si definiscano le modalità per assicurare il necessario coinvolgimento delle famiglie interessate nelle decisioni relative alla videosorveglianza. Per le strutture socio-sanitarie e socio-assistenziali si richiede, invece, il consenso degli interessati o, se minorenni o incapaci, dei loro tutori. Da ultimo, si rimette a un provvedimento del Garante per la protezione dei dati personali la definizione degli adempimenti e le prescrizioni da applicare in relazione all'installazione dei sistemi di videosorveglianza e al trattamento dei dati personali effettuato mediante i medesimi sistemi.
  Questo, in sintesi, è il contenuto del provvedimento al nostro esame. Spero che la discussione in Assemblea possa contribuire a completare la definizione di un quadro di regole che rafforzi la tutela dei bambini, degli anziani e delle persone con disabilità nelle istituzioni a cui è affidata la loro educazione, assistenza e cura (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo rinuncia ad intervenire.
  È iscritta a parlare l'onorevole Malpezzi. Ne ha facoltà.

  SIMONA FLAVIA MALPEZZI. Grazie, Presidente. Governo, colleghi, spesso anche un po’ per comodità comunicativa siamo soliti semplificare i contenuti delle diverse proposte di legge che discutiamo in quest'Aula e spesso poi queste semplificazioni diventano anche semplificazioni comunicative per la stampa, per cui sembra che oggi in Aula si discuta il provvedimento sulla videosorveglianza. A me fa molto piacere avere ascoltato dai relatori, invece, un'attenta e accurata descrizione di quelli che sono i contenuti di questa proposta di legge, che è una proposta di legge estremamente articolata, per quanto snella nel numero dei suoi articoli, ed è una proposta di legge, come è stato detto dai due relatori, che nasce da un testo unificato. Dire che una proposta di legge nasce da un testo unificato significa dire che è un testo estremamente elaborato, che è stato accolto e nato dall'ascolto, dalla condivisione e anche da una messa in comune di metodi e di sensibilità.
  Ebbene, ciò è avvenuto in questo testo unificato: una mediazione, potremmo dire, continua, attuata non solo dalle due Commissioni a cui questa proposta di legge è stata affidata, cioè la Commissione affari costituzionali e la Commissione lavoro, ma anche – e qui ringrazio, in modo particolare, i relatori che davvero si sono presi a cuore la questione – anche dal lavoro fatto dalla Commissione affari sociali e dalla Commissione cultura, che non erano state interpellate direttamente dato che la proposta di legge non è stata assegnata loro ma che, in un certo senso, se ne sono Pag. 42sentite parte integrante, in quanto per materia e per sensibilità è una proposta di legge che indubbiamente tocca i temi che queste due Commissioni sono solite toccare. Io faccio parte proprio della VII Commissione, della Commissione cultura appunto, e devo dire che, oltre ad aver raccolto la richiesta di una sorta di, chiamiamolo così, parere preventivo, noi abbiamo espresso un parere con una serie di condizioni e i due relatori hanno accolto tutte le condizioni che erano state poste come un contributo aggiuntivo, proprio per mettere in evidenza quelle che non solo erano le sensibilità ma quelli che erano i valori che dovevano stare al centro di questa proposta di legge che, lo ribadisco così come lo hanno già ribadito i relatori nel loro intervento, non è semplicemente la proposta di legge sull'installazione delle videocamere all'interno dei luoghi che comportano la cura dei nostri bambini, dei nostri disabili o dei nostri anziani.
  Da tutto questo lavoro, quindi lungo e attento, è nato questo testo che noi portiamo in Aula oggi. Un testo, come dicevo, con finalità indubbiamente più vaste, che porta anche – consentitemi di dirlo – alcune innovazioni che spesso passano un po’ in secondo piano, ma che sono davvero la chiave per comprendere quelle che sono le radici di questo provvedimento. Io userei due termini per poter cercare di dare una linea guida al percorso che è stato fatto: intanto il primo termine è «regolamentare». Non dobbiamo nasconderci dietro ad un dito e mi sembra che sia stato detto anche negli interventi precedenti: le videocamere e il sistema di videocamere in alcuni enti privati, che si occupano di accudimento, esiste di già ed esiste in maniera, potremmo dire, un po’ selvaggia, non normata, con la presenza, addirittura, di quelle webcam che interferiscono incredibilmente in quello che è soprattutto il rapporto educativo che per noi sta al centro dell'attività che si svolge all'interno degli asili nido e delle scuole dell'infanzia.
  Quindi, prima di tutto regolamentare, dire che cosa può funzionare e che cosa non può non funzionare e dire anche che le videocamere possono essere installate all'interno delle strutture ma con delle regole chiare e certe, così come è stato spiegato poco fa, anche con delle precisazioni date proprio dal Garante della privacy, e con delle linee guida che devono essere paletti chiari e certi, fonti di sicurezza per tutti.
  Ma il secondo termine chiave all'interno di questo provvedimento è coinvolgere. Regolamentare da una parte e coinvolgere, perché il processo educativo o il processo di accudimento non è un processo a senso unico. Le famiglie si devono sentire coinvolte in tutte quelle che sono le scelte che la scuola o il centro che accoglie il proprio familiare disabile o anziano fa. Questo succede già: succede in tantissime scuole dell'infanzia, che basano proprio la loro scelta educativa in quello che è il cosiddetto patto di corresponsabilità con i genitori e che li deve vedere coinvolti anche nel caso di questa scelta, perché è il patto educativo che sta al centro di tutte le scelte. Noi non possiamo dire e far passare questo messaggio ai genitori: «Mandate in quell'asilo nido i vostri bambini, mandate in quella scuola dell'infanzia i vostri bambini: ci sono le videocamere e saranno più sicuri». No ! Quello è al massimo uno strumento ulteriore, uno strumento che può accelerare le verifiche in caso di segnalazioni, ma noi le dobbiamo prevenire, noi dobbiamo fare in modo di prevenire quei fenomeni e per prevenirli – e io sono contenta che questo provvedimento contenga una gran parte di questi elementi – noi abbiamo bisogno di intervenire in maniera chiara e certa sulla formazione. Questo lo diciamo nel provvedimento all'articolo 2; lo diciamo in quella che è la delega, che costituirà una parte importante sia per le case di riposo, sia per le case che accolgono disabili, sia per gli asili nido e le scuole dell'infanzia.
  Come è stato detto poco fa, noi abbiamo già delle linee guida che saranno presto anche legge, già espresse all'interno di un testo di legge, che la è la legge n. 107 del 2015, cioè la legge sulla buona scuola. Sono quelle linee guida che andranno a costituire la delega sullo 0-6 e che prevedono Pag. 43davvero un'azione concreta sugli educatori, di condivisione, di lavori in équipe, di supervisione, di monitoraggio, di formazione continua, che è una cosa che i nostri lavoratori di quel settore e di quel comparto ci hanno sempre chiesto, perché la solitudine in cui troppe volte si sono trovati è una solitudine che ha portato anche a far sì che si verificassero dei disagi che sono inenarrabili. Noi interveniamo su quella parte lì; interveniamo per rasserenare e per garantire un clima di serenità all'interno della scuola, anche grazie – e lo ribadisco – ad un rapporto continuo e costante con le famiglie.
  L'idoneità. Sono ancora idoneo a svolgere questo lavoro ? Sono idoneo a poterlo svolgere ? Mi è sempre piaciuto, ma c’è qualcuno che mi certifica il fatto che io sia idoneo a farlo ? Questo è un altro elemento che noi abbiamo messo a fuoco e se non sei più idoneo ci sarà uno strumento che ti consentirà di poter trovare una nuova ricollocazione. In questo provvedimento noi abbiamo il coraggio di parlare di burnout e abbiamo il coraggio di dire che è necessaria una ricollocazione chiara e definita del personale. Anche questo è un elemento aggiuntivo e se diciamo che tutto questo si sposa con quelle che sono le linee – le abbiamo sentite proprio recentemente – rispetto a quello che viene detto nella legge di bilancio, che possono esistere dei lavori che sono usuranti e che anche l'insegnamento alle fasce più basse d'età può essere considerato un lavoro usurante, allora questo è un altro elemento e un altro tassello che viene inserito in questo contesto.
  Quindi, con questo provvedimento noi non vogliamo lasciare nessuno solo. Vogliamo dare garanzia alle famiglie, ricordando alle famiglie che l'affidamento alle strutture – e questo lo sanno – viene fatto perché loro si possano fidare: io mi affido perché mi fido, e questa fiducia sta alla base del rapporto educativo ed è centrale, lo garantisce e gli dà forza. Questo all'interno di questo provvedimento noi lo abbiamo ribadito più volte, utilizzando anche uno strumento ulteriore come quello di una regolamentazione delle videocamere che possono servire come strumento ulteriore, ma affiancato da quello – e lo ribadiamo con forza – che è l'elemento per noi cardine, quello di una formazione costante, continua, di équipe che si confrontano, di supervisioni, di famiglie che sono coinvolte, di insegnanti e di educatori che non vengono lasciati soli. Questo è il modello che noi portiamo in Aula e che riteniamo sia un modello che possa anche essere d'esempio per tutta una serie di realtà, che oggi forse si nascondono dietro un dito di una velata sicurezza, senza investire su ciò che crea sicurezza, quella fiducia data da una formazione e da una sicurezza, appunto, che di fronte si hanno dei professionisti di quel settore (Applausi).

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Calabria. Ne ha facoltà.

  ANNAGRAZIA CALABRIA. Grazie, signor Presidente. Onorevoli colleghi, arriva all'attenzione di quest'Aula, su richiesta del gruppo di Forza Italia, che da mesi si impegna per la calendarizzazione del testo, un provvedimento che vuole offrire una risposta ai troppo frequenti episodi di violenza fisica e verbale che si consumano all'interno di asili, di scuole dell'infanzia e di strutture socio-assistenziali.
  Quella di Forza Italia non è un'ordinaria battaglia politica. È un atto di responsabilità verso coloro i quali non hanno la possibilità di difendersi da soli, è la volontà di colmare un vuoto normativo grave, laddove molto spesso la prevenzione degli abusi è nulla e, a scoprire e denunciare i casi, sono le famiglie. Il legislatore non deve, non può, lasciare le famiglie da sole. Infatti, la violenza è ancora più ripugnante ed atroce se pensiamo che le vittime di tali episodi sono i soggetti più deboli e indifesi della nostra società. Mi riferisco ovviamente ai bambini, agli anziani, ai disabili, alle persone incapaci di denunciare soprusi e non in grado di provvedere autonomamente alle proprie esigenze e alla propria autodifesa e, quindi, ancor più bisognosi di tutela.
  I dati in nostro possesso ci parlano di un allarme sociale grave, di un'emergenza, Pag. 44per usare le parole del presidente dell'Osservatorio dei minori. Le cronache degli ultimi anni riportano un numero sempre maggiore di episodi di maltrattamenti, il cui solo pensiero ci riempie di dolore: bambini costretti a mangiare il proprio vomito, lasciati al buio, presi a gomitate, minacciati, anziani e disabili che subiscono violenze fisiche e psicologiche pesantissime, percosse continue, farmaci scaduti o irregolarmente conservati, alloggiati in un sottotetto, piuttosto che legati con lenzuola ai letti.
  Ebbene, di fronte a queste immagini, il legislatore ha il dovere di intervenire e di porre in essere forme adeguate di tutela, non solo della sicurezza dei soggetti più deboli, ma anche della serenità delle famiglie che affidano i propri cari a strutture che dovrebbero garantirne la cura, il rispetto e la massima attenzione. In quest'ottica il sistema di videosorveglianza, che la proposta di legge intende favorire e di cui intende disciplinare l'utilizzo, con una specifica tecnologia e con determinate regole, può rappresentare un ottimo strumento per intervenire in modo efficace, qualora vi siano denunce o dubbi legate alle condizioni di permanenza all'interno di queste strutture, ponendosi, quindi, come dichiarato dalla finalità della proposta, come strumento di prevenzione e di contrasto di condotte di maltrattamento e di abuso in danni di minori, anziani e persone con disabilità.
  Sappiamo, però, che il tema della videosorveglianza è una questione che deve necessariamente contemperare una serie di interessi. Lo stesso garante della privacy ha in diverse occasioni richiamato la necessità di un bilanciamento tra valori fondamentali, quali la tutela della personalità dei minori, la libertà di scelta dei metodi educativi e di insegnamento, nonché la tutela della riservatezza dei soggetti ripresi dai sistemi di telecamere.
  Per rispondere al meglio a tali esigenze, il percorso della presente proposta di legge è stato approfondito e articolato, lungo e attento, come hanno giustamente ricordato quelli che sono intervenuti prima di me. Il provvedimento, infatti, è stato esaminato congiuntamente dalle Commissioni affari costituzionali e lavoro, che hanno proceduto ad una serie di audizioni, che hanno interessato tutti i mondi toccati dalla questione: associazione delle famiglie, sindacati dei lavoratori, forze dell'ordine, garante della privacy, garante per l'infanzia e per l'adolescenza. Le stesse Commissioni, anche grazie al grande lavoro bipartisan che è stato fatto da parte dei relatori – mi riferisco ovviamente al collega Boccuzzi e in particolare alla collega Giammanco, alla quale va il mio ringraziamento, relatrice per Forza Italia e prima firmataria della proposta di legge, che reca anche la mia firma, depositata sia nella scorsa legislatura che nell'attuale – hanno tenuto conto dei tanti pareri di merito delle altri Commissioni parimenti interessate al tema. Mi riferisco ovviamente alla Commissione giustizia ma, come ha ricordato bene la collega Malpezzi, in particolare alla Commissione affari sociali e alla Commissione cultura.
  Tengo a sottolineare questo aspetto, il grande lavoro corale svolto, per offrire il polso della complessità di una questione che tocca una molteplicità di interessi e di esigenze, che il legislatore ha il dovere di individuare con attenzione e di contemperare con il giusto equilibrio. L'impiego dei sistemi di videosorveglianza potrebbe, infatti, essere considerato particolarmente intrusivo, se posto a controllo dell'operato dei lavoratori e, quindi, in questo caso, in contrasto con le norme che tutelano la riservatezza e i diritti degli stessi. Soprattutto nel caso delle scuole, tale intrusione appare ancora più delicata e deve essere utilizzata con estrema cautela, dal momento in cui potrebbe essere suscettibile di condizionare la spontaneità del rapporto con gli insegnanti, un rapporto che, nell'ambito del processo educativo, nell'asilo e nelle scuole dell'infanzia, è una delle fasi più importanti, che va a delineare l'intero percorso formativo della persona.
  L'utilizzo dei sistemi di videosorveglianza deve, quindi, risultare effettivamente necessario e proporzionato agli scopi che si intendono perseguire. Ad ogni modo il presupposto da cui è partita la Pag. 45maggior parte delle proposte avanzate e presentate e in ogni caso le proposte presentate dal gruppo di Forza Italia – voglio ricordare per esempio la proposta di legge De Girolamo – è la tutela dell'interesse preminente del soggetto debole, che per sua natura è incline al sopruso – perché è più vulnerabile ovviamente –, senza per questo costituire affatto una minaccia per il lavoratore né tantomeno per la stabilità dell'alleanza educativa e curativa. La tecnologia di oggi consente di installare nelle varie strutture videocamere criptate, a circuito chiuso, le cui registrazioni saranno visibili solo dalle forze dell'ordine e solo dietro denuncia, attraverso l'abbinamento di due codici numerici custoditi presso un ente certificato. Nessun altro avrà la possibilità di visionare le registrazioni video, che per questa ragione non comporteranno in alcun modo problemi di violazione di privacy o dello Statuto dei lavoratori. Se pur perfettibile – e siamo pronti per questo ad un'ampia discussione in Aula – la proposta al nostro esame ha il merito di aver raccolto i diversi rilievi sollevati nel corso dell'esame del provvedimento e di aver fatto un grande sforzo per porsi in maniera equilibrata nell'ambito di tutti gli interessi contemplati.
  La proposta approvata dalle Commissioni non trascura poi il tema della formazione del personale addetto alle strutture, delineando i principi di una delega in grado di assicurare la verifica dei requisiti che integrino l'idoneità professionale, con una valutazione attitudinale, nonché la previsione di incontri periodici con lo scopo di monitorare precocemente le eventuali criticità e le possibili soluzioni, favorendo la condivisione e la crescita professionale del personale. Dunque formazione, prevenzione e monitoraggio, ovvero tutto quanto è necessario per favorire una cultura sana ed efficace di quell'alleanza tra insegnanti e minori e tra operatore sanitario e paziente, che è fondamentale per la vita dei diretti interessati e per la serenità, ovviamente, delle famiglie coinvolte.
  Voglio ricordare e rivendicare lo straordinario lavoro svolto dai ragazzi di Forza Italia Giovani, che dallo scorso 27 gennaio, dopo il caso di maltrattamenti a Pavullo, ha iniziato una raccolta di firme in tutta Italia, regione per regione, intercettando una specifica domanda e un grande e sempre crescente consenso tra i cittadini. Si tratta, infatti, di un provvedimento molto atteso dalle famiglie, a cui il legislatore ha il dovere di offrire delle risposte e degli strumenti, per poter contribuire a migliorare il benessere delle persone destinatarie degli interventi educativi e di cura, oltre che rafforzare ovviamente il coinvolgimento e la fiducia dei familiari nelle relazioni con il personale, a cui quotidianamente affida i propri cari.
  Per questo Forza Italia ha già chiesto e continuerà a chiedere, attraverso la presentazione di specifici emendamenti, di provvedere anche ad uno sforzo economico da parte dello Stato, destinato all'attuazione delle disposizioni della presente proposta e, quindi, all'acquisto e all'installazione di sistemi di videosorveglianza da parte delle strutture che ne facciano richiesta. Abbiamo, infatti, chiesto con forza l'istituzione di un apposito fondo e stiamo cercando di individuare le opportune modalità, nonché le risorse per la costituzione dello stesso. Questo è necessario per offrire ancora di più concretezza alla proposta e alla grande prova di responsabilità a cui siamo chiamati, alla prova di doveri che abbiamo come legislatore nei confronti dei più deboli, perché per noi, nella contemperazione dei diversi interessi e valori coinvolti, la salute e la sicurezza delle persone più deboli è da considerarsi preminente (Applausi).

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Binetti. Ne ha facoltà.

  PAOLA BINETTI. È un testo che giunge alla nostra attenzione con una sorta, per così dire, di immagine pubblica che lo identifica con il tema delle videocamere messe negli asili nido, negli asili, nelle scuole materne oppure lì dove ci sono anziani o persone disabili proprio per Pag. 46tutelarle e proteggerle dei maltrattamenti. Sembra quasi che questo provvedimento sia stato pensato inizialmente come una risposta a un'aggressione che viene rivolta alle fasce più fragili: ai bambini più piccoli, agli anziani che sono meno capaci di difendersi da soli, ai disabili che, in qualche modo, sono in una condizione di dipendenza particolarmente forte rispetto alle persone che si prendono cura di loro.
  Poi, entrando nel vivo del provvedimento, si capisce che si parla anche di videosorveglianza, che questa videosorveglianza è una realtà possibile e non è un fatto necessario e precettivo. È una misura di difesa e di tutela attentamente regolamentata per i genitori oppure per i familiari delle persone che vivono, in questo momento, in strutture che potremmo dire «protette», considerando come una struttura protetta anche quell'asilo nido dove ci sono bambini che vi passano quasi otto ore al giorno, il tempo che corrisponde al tempo del lavoro professionale dei loro genitori. In questo contesto è giusto che ci siano misure che si associno a quella che dovrebbe essere considerata la qualità più alta della formazione professionale e della formazione umana, la delicatezza, l'attitudine alla relazione di aiuto del personale impegnato; e ciò insieme ad alcune misure che sono di sorveglianza, di videosorveglianza, ma non solo di sorveglianza.
  Allora, a questo punto, se si legge con attenzione questo provvedimento, ci rendiamo conto che la parola chiave, che costituisce il supporto di tutti gli articoli, è la formazione. Mi ha un po’ colpito il fatto che, nell'ambito della discussione che si è svolta anche nelle Commissioni, non si sia mai fatto riferimento a una legge che è stata approvata, proprio qui alla Camera, poche settimane fa. Questa legge porta, prima di tutto, come primo nome quello della collega Iori e porta anche il mio nome, tant’è vero che è la legge Iori-Binetti. Tale provvedimento si occupa della formazione dell'educatore professionale. Nel suddetto che, peraltro, fa riferimento esattamente ai contesti che vengono presi in considerazione in questa legge, si dice esplicitamente quali sono gli ambiti di lavoro, quali sono gli ambiti di impegno a cui queste figure professionale devono far fronte e si sottolinea un aspetto di particolare interesse, ossia la necessità che il titolo di studio per l'accesso a questo tipo di professione sia la laurea. In un certo senso, si vuole sottolineare come, per accedere a una professione di cura, occorra un itinerario intellettuale di formazione di particolare esigenza e anche di particolare profondità. Questo tema, che è il tema dell'educazione culturale, è un tema che è chiaramente sullo sfondo di questo provvedimento, anche perché, in quel caso specifico, tra gli ambiti professionali di impegno si diceva che, laddove ci sono sostanzialmente persone disabili, persone anziane eccetera, quel contesto fosse particolarmente riservato a quegli educatori professionali di tipo sociosanitario che basavano la loro formazione in un contesto particolare come quello della facoltà di medicina, mentre quegli educatori che avevano un impegno professionale particolarmente selezionato nell'ambito del contesto educativo e formativo venivano dal percorso di laurea di scienze dell'educazione o di scienze della formazione eccetera. Quindi, la formazione intellettuale e la formazione culturale, l'attenzione ad avere persone che abbiamo messo particolare impegno di tempo e di energie, compresi anche gli anni di studio e di formazione in questo contesto, avevano ottenuto un consenso unanimemente condiviso per l'approvazione generale dell'Aula.
  Il punto vero è che non basta la formazione intellettuale e che non basta la formazione culturale per prendersi cura di persone che si trovano in condizioni di fragilità. La cosa interessante di questo provvedimento, in particolare, è il riferimento che fa alle attitudini e il riferimento che fa a quella maturità umana, che si traduce anche in una particolare sensibilità, volta a prendersi cura di fasce fragili, tenendo conto che la relazione prolungata con queste fasce fragili può, a sua volta, essere condizione di usura. Non a caso la legge di stabilità, recentemente uscita dal Consiglio dei ministri, tra le professioni Pag. 47usuranti considera anche quella dell'insegnante e ovviamente le professioni di cura.
  Quindi, come punto forte di questo disegno di legge noi abbiamo il fatto che esiste, a monte, una formazione intellettuale, che attinge anche a un altro disegno di legge recentemente approvato, e una formazione umana, che attinge alla selezione con cui le persone vengono immesse nella professione. Ma non si nasconde il fatto che, pur immettendo nella professione persone equilibrate, colte, competenti e motivate, la vita, la storia di ognuno di noi può trasformare un background estremamente positivo in un contesto usurato, usurante e, quindi, come tale, in una difficoltà strutturale a mantenere le relazioni con i bambini piccoli, con gli adulti o con gli anziani disabili, cioè in una situazione particolarmente delicata che non consente a queste persone quella pazienza, quel rispetto, quella delicatezza, quella capacità di rinnovare l'intenzione di cura di cui pure ci sarebbe bisogno.
  Quindi, il tema importante di questa legge è che non si ferma, per così dire, alla diagnosi in entrata e che ha totale consapevolezza del fatto che questa formazione si può, comunque, rivelare inadeguata nel tempo e, quindi, pone la misura di aiuto attraverso quel lavoro in équipe, per cui scende addirittura nel dettaglio di immaginare non solo colloqui individuali con queste persone, ma anche incontri mensili, in cui si possano analizzare casi, analizzare problemi, ma, nell'attenzione ai bisogni dell'altro, anche offrire agli operatori stessi quell'appoggio, quella stima, quella comprensione e quella condivisione che dovrebbero perlomeno rallentare il processo di usura, che pure in tanti casi e in tanti momenti troviamo.
  Quindi, si tratta di un itinerario di formazione importante, di un itinerario di formazione continuo, di un itinerario di formazione che prende anche in considerazione l'ipotesi che, a un certo punto, queste persone, proprio a causa dell'usura a cui sono andate incontro, potrebbe essere meglio che cambiassero professione. Quindi, prende anche in considerazione un processo di riconversione di queste persone ad altri lavori, in cui lo stress non si traduce soprattutto nella relazione, ma magari si traduce in una fattualità di cose, anche di carattere più burocratico e istituzionale e meno relazionale.
  Quindi, si tratta di un disegno di legge interessante, di un disegno di legge importante, che pone soltanto qualche dubbio sul fatto di chi diagnosticherà questo stato di tensione. A chi tocca dire che questo insegnante si trova in una fase in cui il livello di usura è tale che conviene, a questo punto, che cambi professione ? A chi toccherà dire che quell'educatore o comunque quella persona che sta lavorando accanto ai disabili, in questo momento, è talmente stanca e talmente stressata che conviene che passi ad altro ? E la persona sarà in grado di accettare questa valutazione e, quindi, di collaborare profondamente a questa riconversione professionale a un altro lavoro ?
  Queste sono cose che sono infinitamente più delicate e più complesse di quanto non sia la semplice messa in opera di una videocamera per diagnosticare quelli che sono gli esempi, le situazioni e i contesti in cui avviene il maltrattamento.
  Noi vorremmo mantenerci ben lontano dalla soglia di maltrattamento. Abbiamo visto che, per mantenersi lontano dalla soglia di maltrattamento, non basta la selezione iniziale, ma bisogna avere questo monitoraggio costante in itinere del livello di stanchezza delle persone per saper intervenire nei modi e nei tempi opportuni. Questo la legge non lo dice. Ovviamente fa una delega al Governo perché possa esso stesso entrare maggiormente nel merito di questi passaggi, anche attraverso la pubblicazione delle famose linee guida. Ma, anche a fronte di linee guida ottimali, fondate sulle migliori pratiche possibili, ciò non toglie che quello che ci preoccupa di più è chi sarà il soggetto valutatore di questo stato, di questa condizione e, quindi, che cosa accadrà nell'alternativa in cui la persona – chiamiamola così – stanca e stressata non voglia allontanarsi dal suo posto di lavoro. Infatti, probabilmente, come succede a molti di noi, quando sei dentro una situazione Pag. 48fino al collo, non ti rendi nemmeno conto di starci fino in fondo e forse hai bisogno che le persone accanto a te ti facciano notare e sottolineino alcune cose. Ma poi hai bisogno anche di tutta la tua buona volontà per farti carico di questa situazione.
  Il bello, però, della legge è che cerca di mantenersi sempre prima della soglia di criticità, cerca il coinvolgimento dei genitori nell'ambito di un contesto relazionale positivo con l'insegnante, cerca il coinvolgimento dei colleghi nell'ambito di una relazione di autoaiuto e di sostegno, cerca la collaborazione con i colleghi nell'ambito dell'assistenza appunto agli anziani e ai disabili, sempre perché dall'aiuto... E ce lo dice anche molto, ci sono dei passaggi, devo dire, che sono anche molto interessanti, perché, mentre c’è la genericità un po’ iniziale di come valutare l'idoneità professionale, la valutazione attitudinale, verificare, nell'ambito della sede di accreditamento, le procedure concorsuali, perché pure questo si dice facile, in modo generico: verifichiamo le procedure concorsuali per sapere se questa persona è idonea, dopodiché uno chiede come si fa a dire che questa persona è idonea ? Cosa fai ? Usi dei test attitudinali ? Ricorri alla valutazione di chi ? Di uno psicologo, di un orientatore ? E siamo sicuri ? Fino a che punto la soggettività del processo farà sì che la persona accetti e non si senta discriminata ? Voglio dire che questi sono temi e problemi che sono già emersi anche in Commissione e di cui pure abbiamo parlato, ma in qualche modo sarebbe bene riuscire ad avere qualche vago sentore di come il Governo potrà poi successivamente, nella propria delega, perlomeno definire queste famose procedure concorsuali, che permettano di stabilire l'idoneità della persona, al di là – insisto – della qualche volta banalità, qualche volta meno banalità di test attitudinali.
  Però la cosa che più è interessante, secondo me, è il passaggio laddove si parla di incontri periodici e regolari di équipe di operatori per verificare precocemente l'insorgenza di eventuali criticità: tutto bene, salvo il fatto che non possiamo escludere che in certi momenti di difficoltà relazionali anche questo possa essere assunto come un elemento di criticità, che si ricolloca nell'ambito di quel complesso emotivo-relazionale che pure molte volte caratterizza i rapporti con i colleghi.
  Certamente i colloqui individuali sono importanti, peccato che nella legge non si dica con chi saranno fatti questi colloqui individuali: con lo psicologo della scuola ? Con lo psicologo della struttura ? Con il dirigente della scuola ? Chi ? Chi sarà la persona investita di questa enorme responsabilità, su cui si gioca poi il futuro professionale di questa persona, ma noi sappiamo che il futuro professionale di questa persona ci sta a cuore, ci sta molto a cuore, ma ci sta ancora più a cuore quello che è il benessere dei bambini, il benessere degli anziani, il benessere delle persone disabili.
  Si dice anche: incontri collettivi tra famiglie e operatori o educatori. Certamente mi vengono in mente quelli che sono gli incontri di classe, quando la maestra incontra i genitori della sua classe e quando l’équipe degli insegnanti incontra l'insieme dei genitori, i famosi incaricati di classe. Mi immagino che questo sicuramente dovrebbe contribuire a mantenere un clima positivo di stima e di supporto reciproco, però recentissimamente abbiamo sentito alcuni dirigenti scolastici lamentarsi enormemente per la diffusione di uno strumento, come sono i famosi gruppi di WhatsApp di una classe, in cui si impallina l'insegnante, prendendo di mira quelli che sono atteggiamenti, posizioni, eccetera.
  Quindi anche quello che dovrebbe diventare uno strumento di supporto potrebbe anche, al limite, diventare uno strumento che mette in difficoltà l'insegnante, che ne implementa il livello di usura, che lo fa sentire non pienamente accettato e che quindi, al dunque, poi lo porti a reagire in modi non sempre più idonei e più funzionali.
  I colleghi hanno parlato molto e credo anche molto intelligentemente della prudenza con cui saranno installate, e usate le videocamere, su chi avrà accesso alle videocamere Pag. 49e io credo che su questo molto si è fatto, molto si è discusso, cercando di tenere insieme il principio della privacy, il principio di sicurezza, il principio di condivisione dei dati e anche di un uso che eventualmente possa essere fatto, nel caso malaugurato in cui si dovesse creare davvero un'ulteriore situazione di tensione e di maltrattamento per i bambini.
  Ma a me quello che preoccupa è questa prima parte della legge, mi preoccupa, mi impegna, mi porta a chiedermi nel dettaglio che cosa si farà, cosa si farà e come si procederà, nelle strutture per anziani, per garantire davvero questa alleanza terapeutica, per garantire davvero che il personale venga riconosciuto nella sua dignità.
  Ci siamo rallegrati tutti, proprio sabato scorso, quando nel Consiglio dei Ministri abbiamo sentito che ben 7.000, tra medici e infermieri, sono stati stabilizzati mi sono rallegrata davvero molto, perché era da tempo che il blocco del turnover esponeva queste persone a una relazione anche di inquietudine emotiva, come sempre succede quando uno vive in una condizione di precarietà.
  Ma chi stabilizzerà il personale educativo di questi luoghi ? Chi garantirà che questo personale, nella sua sicurezza professionale, possa impegnare davvero con serenità le proprie energie, le proprie risposte emotive, il proprio impegno all'aggiornamento nella formazione ?
  Tutto questo non lo diciamo, ma è chiaro, è indubbio che, finché noi non avremo strutture solidamente articolate, nel senso che c’è forte la convinzione che ogni educatore tratterà i suoi ragazzi così come lui stesso si sente trattato dai suoi dirigenti, che siano dirigenti sanitari o dirigenti scolastici, se non si crea una filiera costante di stima, di apprezzamento, di aiuto reciproco, se non si condivide davvero la responsabilità e quindi si condivide la difficoltà, sarà molto difficile che tutto questo si possa realizzare e che non restino soltanto parole in libertà, buone soltanto per installare in qualche aula qualche videocamera. Non dimentichiamolo, quindi.
  Io mi auguro che nel dibatto in Aula, che avrà luogo nei prossimi giorni, forse già da domani, a questa parte della legge si presti la maggiore attenzione, a definire le modalità, quelle famose modalità concorsuali, quelle modalità di valutazione, a definire le modalità supportive e le modalità di integrazione, a capire come sostenere il fatto che un docente stressato o un educatore stressato non è necessariamente una persona da mandare sic et simpliciter, che so io, in un altro luogo, in un'altra situazione, da destinare ad altro uso, da rottamare, ma è piuttosto una persona di cui anche noi prenderci cura.
  Quindi il disegno di legge è interessante, perché mette l'accento su questo punto: i lavori di cura, che siano lavori di cura sul piano educativo o che siano lavori di cura sul piano sanitario, sono lavori usuranti. Tutti i lavori che implicano relazione interpersonale richiedono che l'operatore in questione venga sostenuto in tutti i modi possibili.
  C’è sicuramente la selezione a monte, ma bisognerà dire come si fa questa selezione a monte, ma c’è soprattutto l'insieme delle reazioni personali, collegiali, di gruppo, all'interno del contesto scolastico, professionale, nella relazione con i colleghi, con gli insegnanti, con il corpo dirigente, un clima che sia un clima di sostegno reciproco e che non sia quel clima di valutazione aspra, che serve molto spesso a far sentire le persone inadeguate e, nel momento in cui si sentono inadeguate, innestano quelle reazioni scomposte che è così facile notare in tanti momenti.
  Quindi il disegno di legge merita la massima attenzione, proprio perché l'attenzione la meritano da un lato le persone fragili, i bambini, gli anziani e i disabili, e dall'altro il personale socio-pedagogico e socio-sanitario che di costoro si occupa.
  La formazione non è un fatto che si esaurisce in una sola volta, non si esaurisce nel pezzo di carta, non si esaurisce nel certificato, ha bisogno di essere considerata come una realtà dinamica, una realtà viva, che si ammorbidisce, che si va adattando alle situazioni e alle circostanze Pag. 50e quindi io credo che, mettendo insieme tutti questi pezzi, il disegno di legge possa davvero offrire un aiuto concreto agli operatori e agli utenti di questi servizi, senza colpevolizzare i primi e senza abbandonare i secondi (Applausi).

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Di Vita. Ne ha facoltà.

  GIULIA DI VITA. Grazie, Presidente. Le notizie di cronaca riportano sempre più spesso casi di maltrattamenti perpetrati a danno di minori, anziani, di persone disabili, soggetti che per loro natura necessitano di una tutela maggiore da parte delle istituzioni, proprio perché versano in situazioni di particolare svantaggio, non essendo in grado di provvedere autonomamente alle proprie esigenze e alla propria autodifesa; e la cosa terrificante è che tragedie del genere si consumino e all'interno di quelle strutture pubbliche e private, come asili o strutture socio-assistenziali, che dovrebbero proprio prendersi cura dei loro ospiti.
  Solo per citare alcuni recenti casi di cronaca, si pensi alle dieci persone arrestate a febbraio di quest'anno in provincia di Roma, accusate di maltrattamenti di giovani pazienti affetti da patologie neuropsichiatriche e ospiti di un centro di riabilitazione a Grottaferrata: tre pazienti sono stati segregati e chiusi a chiave nelle loro stanze, un vero e proprio lager con i degenti, sedici ragazzi, di cui cinque minori di 14 anni con gravi disabilità che venivano picchiati, ingozzati di cibo a forza, umiliati e insultati. I principali artefici dell'orrore sono un educatore e un assistente socio-sanitario. O ancora, si pensi al caso dei quattordici operatori impiegati presso l'Aias, in provincia di Cagliari, che sono stati sospesi per sei mesi dal pubblico servizio dopo la registrazione delle telecamere di immagini inequivocabili di violenze perpetrate a danno di alcune persone con disabilità. A marzo un'operazione simile era stata condotta dai carabinieri in provincia di Parma dove sette persone erano state arrestate nella casa di riposo Villa Matilde in cui gli anziani erano costretti perfino a mangiare sul pavimento. Ad aprile scorso le maestre di un asilo nido privato di Grosseto sono finite agli arresti domiciliari dopo circa un anno di indagini per i maltrattamenti perpetrati a danno dei bambini loro affidati: dai filmati delle telecamere nascoste si vedono le maestre forzare con il cibo e strattonare i bambini. Quindi il Parlamento oggi più che mai ha il dovere di promuovere ed elaborare proposte di modifica della normativa esistente, volte a rimuovere ogni situazione di segregazione per le persone indifese per loro natura. La proposta di legge che si discute oggi in quest'Aula accende certamente un faro su una problematica seria e grave come quella descritta finora. Tuttavia introdurre meccanismi di videosorveglianza nelle scuole e nelle strutture sociosanitarie e assistenziali non basta e infatti il testo arrivato oggi in quest'Aula è di gran lunga migliore delle singole proposte di legge presentate dai vari partiti che si limitavano a prevedere l'obbligo di installazione della videosorveglianza: una soluzione che era una non soluzione ma solo un effimero slogan, in alcuni casi addirittura impraticabile e sicuramente non efficace. Il contrasto alla violenza, infatti, si fa a cominciare dalla prevenzione e, solo in seconda battuta, tramite deterrenti e misure repressive comunque doverose. In questi giorni tutti gli iscritti al Rousseau, il portale del MoVimento 5 Stelle per la partecipazione attiva dei cittadini, e in particolare tramite Lex per la discussione delle proposte di legge 5 Stelle, potranno leggere ed eventualmente modificare e arricchire la nostra proposta su questo tema che affronta il problema da tutti i punti di vista del caso. Per restituire piena dignità ai soggetti non autosufficienti, ad esempio, è infatti necessario avviare un concreto percorso di supporto alla domiciliarità in grado di assicurare a queste persone una vita indipendente e la piena inclusione sociale. Non solo, è necessario consentire ispezioni ministeriali presso le strutture socio-educative e sanitarie, riabilitative, residenziali e di ricovero sia pubbliche che private sia a sorpresa che programmate. Pag. 51Ancora, bisogna introdurre procedure analoghe al modello del whistleblowing che consentono, anche in anonimato, da un lato, ai lavoratori delle strutture interessate di denunciare gli episodi di violenza o i maltrattamenti ivi compiuti all'amministrazione comunale e, dall'altro, ai congiunti degli ospiti delle strutture coinvolte di denunciare i medesimi episodi ai dirigenti della struttura interessata dalla segnalazione e al Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Sarebbe di certo utile introdurre l'obbligo per le strutture in oggetto di relazionare periodicamente al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, incentivare inoltre strumenti di verifica dello stato di servizio di operatori ed educatori impiegati presso le strutture, specie per valutare le misure adottate dai datori di lavoro per prevenire, eliminare o ridurre i fattori di rischio dello stress lavoro-correlato il così detto burn-out; predisporre strumenti di misurazione del grado di soddisfazione degli utenti delle strutture e dei loro familiari attraverso tecniche di analisi e verifica dati di customer satisfaction e in particolare nella modalità interview che prevede un colloquio diretto tra intervistato e intervistatore e, quindi, favorisce l'emergere di eventuali criticità o in alternativa in modalità survey ovvero modalità di comunicazione asincrona e somministrabile anche in via informatizzata; rimuovere ancora gli ostacoli anche procedurali e burocratici che compromettono la completa trasparenza, apertura e accessibilità delle strutture e in particolare impediscono spesso ai familiari dell'utente di poter fare liberamente visita al proprio caro anche in orari di visita non prestabiliti. Alcune di queste nostre soluzioni, seppur con un diverso spirito, sono diventate parte integrante del testo all'esame qui alla Camera grazie anche forse soprattutto alle preziose testimonianze degli esperti e diretti interessati al settore. Di questo siamo chiaramente soddisfatti anche se resta l'ingiustificabile assurdità della neutralità finanziaria. Per proposte finalmente in parte condivisibili non si prevede un euro di stanziamento economico.
  Le amministrazioni pubbliche, infatti, dovranno arrangiarsi con le risorse che hanno già e allora che la facciamo a fare questa legge ? Per poi accusare regioni, enti locali e perfino i Ministeri di non ottemperare e sentirci rispondere: ma non ci avete fornito gli strumenti necessari ? Quando la finiremo con questa storia ? Speriamo in questi giorni ma restano i miei dubbi.

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Fabbri. Ne ha facoltà.

  MARILENA FABBRI. Grazie, Presidente. Gentili colleghi, come è stato detto questo è un testo unificato che nasce dalla presentazione di altre tredici proposte di legge di colleghi dei diversi gruppi parlamentari e che prende il via da notizie di cronaca che hanno evidenziato negli ultimi anni all'attenzione dell'opinione pubblica e anche della politica atti di maltrattamenti ed abusi nei confronti di minori e persone, anziani o disabili, che sono in condizioni di vulnerabilità per via della loro età o per condizioni personali. Questo testo, com’è stato evidenziato anche dai colleghi in precedenza, è nato da una serie di audizioni e di condivisioni, di discussioni e di approfondimenti su un tema particolarmente rilevante ed importante come quello della tutela di persone vulnerabili e fragili per la propria condizione anagrafica o di vulnerabilità personale. Il testo ha trovato un grandissimo miglioramento grazie alla collaborazione fra la I Commissione affari costituzionali e la Commissione lavoro nonché dai suggerimenti che sono derivati dai pareri preventivi delle Commissioni cultura, scienza e istruzione, affari sociali e giustizia. Il testo si pone quindi l'obiettivo di prevenire e contrastare condotte di maltrattamento o di abuso, anche di natura psicologica, in danno di minori negli asili nido e nelle scuole per l'infanzia e delle persone ospitate nelle strutture socio-sanitarie e socio-assistenziali per anziani e persone con disabilità nonché pone una delega al Governo in materia di formazione del personale e disciplina la raccolta di dati Pag. 52utilizzabili a fini probatori in sede di accertamento di tali condotte. Il testo si pone l'obiettivo di affrontare il tema della tutela delle persone vulnerabili con diverse azioni, in particolare da tre punti di vista. Il primo, che è diventato il più importante, è investire sulla formazione iniziale e sulla formazione obbligatoria permanente del personale delle strutture educative e di cura oggetto del testo unificato. L'obiettivo è quindi investire su chi interviene con attività educative e di cura nei confronti delle persone vulnerabili, facendo tesoro e restando comunque al centro dell'attenzione il patto educativo e l'alleanza terapeutica che sono alla base delle attività degli asili nido e delle scuole per l'infanzia e delle strutture socio-sanitarie e socio-assistenziali per persone anziane e disabili. Il Governo dovrà quindi emanare un decreto legislativo per la definizione delle modalità della valutazione attitudinale per l'accesso alle professioni educative di cura e delle modalità di formazione obbligatoria iniziale e permanente delle stesse persone con i criteri che sono meglio delineati nel testo unificato. Per la prima volta però si tiene anche conto del tema del logoramento di queste professioni perché, se è vero che, da un lato, siamo di fronte ad un'utenza fragile e vulnerabile proprio per le condizioni legate all'età o alle condizioni personali e che quindi richiede una particolare attenzione e professionalità da parte di chi si occupa del processo educativo e di cura di questi soggetti, dall'altro, sono soggetti che, allo stesso tempo, presentano una complessità e, quindi, anche un particolare investimento da parte del personale, il quale, quindi, è sottoposto anche al rischio di un progressivo logoramento psico-fisico che quindi va supportato e sostenuto nel lavoro quotidiano e ciò, attraverso la previsione di équipe di operatori che vengono previsti nel testo i quali possono valutare quotidianamente e precocemente l'insorgenza di eventuali criticità e individuare già al loro interno possibili soluzioni per affrontare le criticità che si presentano nella quotidianità del lavoro e nello stesso tempo favorendo, attraverso il confronto fra operatori stessi, la condivisione e la crescita professionale del personale. Si sottolinea – anche se questo come è stato detto avviene già con riferimento ad altre leggi, dalla «buona scuola» alla legge che è in discussione in Parlamento dello 0-6 e anche prima veniva ricordato a proposito della legge sugli educatori professionali, che si valorizza comunque anche il ruolo delle famiglie e dei familiari con gli operatori che si prendono appunto cura dei soggetti di cui ci stiamo occupando. Ritengo particolarmente importante in questa legge non solo l'investimento e la sottolineatura dell'importanza della formazione iniziale, della formazione permanente, del supporto per équipe di operatori, ma anche il supporto di équipe psicopedagogiche territoriali nel sostegno al progetto, al patto educativo, ma anche all'alleanza di cura, anche il farsi carico da parte dei datori di lavoro di adeguati percorsi di sostegno e di ricollocamento del personale che dovesse rivelarsi in burn out proprio perché il lavoro è da ritenersi particolarmente gravoso e a rischio di logoramento, al di là di quella che è la propensione, la passione e l'impegno degli operatori stessi. La legge poi, oltre a chiedere una particolare attenzione a questo tema della formazione della professionalità degli operatori, interviene anche su un altro filone che è quello di chiedere al Ministro della salute, in collaborazione con le Conferenze permanenti Stato-regioni e Autonomie di Trento e Bolzano, oltre che le organizzazioni sindacali, di emanare delle linee-guida per ampliare e regolamentare gli orari di accesso nelle strutture, perché è evidente che anche la possibilità di accedere, in particolare nelle strutture socio-assistenziali e socio-sanitarie, al di là degli orari che già sono regolamentati, può costituire un ulteriore strumento di prevenzione e di deterrenza rispetto a situazioni di maltrattamento o di abuso, attraverso il controllo diretto e il controllo sociale che possono esercitare i familiari nell'accesso alle strutture e nella visita ai parenti. La video sorveglianza è il terzo strumento con il quale si intende agire per prevenire i casi di maltrattamento ed abuso e quindi Pag. 53lo si va a regolamentare. Lo si va a regolamentare prevedendo appunto che la telesorveglianza sia una possibilità, uno degli strumenti che può essere attivato come elemento di deterrenza all'abuso e al maltrattamento, le cui poi registrazioni dovranno essere regolamentate da un provvedimento del Garante per la privacy e potranno essere utilizzate secondo le norme del codice di procedura penale solo a seguito di denuncia di reato. Quindi è una possibilità, è uno strumento, ma sicuramente – come è già stato ricordato da altri colleghi – non è il principale strumento di deterrenza e prevenzione di situazioni a rischio. Le modalità con cui è stato regolamentato nell'articolo 4 appunto l'uso delle telecamere tiene conto della contemperazione dei diversi interessi in gioco, quindi principalmente la tutela dei soggetti vulnerabili, che ricordavamo prima, ma che va ricordato vanno tutelati anche nella loro dignità e nella loro privacy, tant’è che si ricorda come, in particolare per quanto attiene ai disabili e alle persone anziane allettate, c’è una convenzione delle Nazioni Unite proprio a tutela della dignità delle persone disabili. Quindi l'articolo 4 prevede appunto questa contemperazione di interessi. Si diceva prima che le telecamere sono uno degli strumenti, una possibilità, non un obbligo, non l'investimento principale sul quale si intende agire per tutelare le persone vulnerabili (le informazioni potranno essere usate solo a seguito di notizie di reato e secondo le norme del codice di procedura penale); potranno essere installate a seguito di accordi sindacali aziendali o territoriali o nazionali e su provvedimento, a seguito della regolamentazione del Garante della privacy. Un ultimo elemento che vorrei sottolineare è il fatto che si coglie l'occasione per esplicitare che le webcam sono vietate all'interno di queste strutture.
  Noi sappiamo invece bene che questa azione è già stata attivata sul nostro territorio e riteniamo invece che vada a ledere il rapporto educativo e anche di fiducia e di responsabilità fra gli operatori, gli insegnanti, gli operatori genitori ma anche gli stessi ragazzi e quindi insomma si coglie l'occasione con questo provvedimento per, da un lato, regolamentare la telesorveglianza e, dall'altro, vietare invece le webcam laddove non sono assolutamente né necessarie né proporzionate agli obiettivi che ci si pone (Applausi).

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Maestri. Ne ha facoltà.

  PATRIZIA MAESTRI. Grazie, Presidente, onorevoli colleghi, dinanzi ai casi noti di violenze e maltrattamenti nei confronti di minori, negli asili nido, scuole dell'infanzia e disabili anziani che siano ricoverati in luoghi di cure e strutture socio-sanitarie non si può e non si deve transigere. Ma nello stesso tempo occorre utilizzare la giusta cautela per evitare di far passare l'idea che tali comportamenti siano generalizzati nel Paese o costituiscano non l'eccezione negativa ma la normalità. E dico questo nella consapevolezza che alcuni di questi casi sono avvenuti nella mia provincia, a Parma, ma anche con la stessa consapevolezza per cui ritengo che questi casi non costituiscano – dicevo prima – se non un'eccezione negativa in una rete di servizi pubblici comunque dignitosi. La necessità quindi di dare tutela a categorie particolarmente vulnerabili, come minori, anziani e disabili, fa emergere anche l'esigenza di un nuovo approccio per affrontare una questione così delicata e così complessa, un approccio che tenga conto soprattutto di tutti i soggetti, a partire quindi dai minori e dagli anziani, ma anche delle lavoratrici e dei lavoratori che hanno a che fare con minori e anziani che si occupano della loro cura e della loro educazione, oltre che delle famiglie e delle stesse strutture. Le azioni necessarie e propedeutiche allo scopo della legge che stiamo discutendo passano attraverso un'adeguata opera di prevenzione che è il principio base di questa legge, di selezione del personale, di una formazione continua, in sostanza di una valorizzazione del personale, che si costituisce in operatori socio-sanitari, docenti e non docenti, oltre alla necessità di Pag. 54una intensificazione dei controlli anche della qualità dei servizi erogati, così come previsto dalle linee-guida di cui al comma 1 dell'articolo 3. Ma, al fine di garantire ulteriormente la finalità di questo provvedimento che stiamo discutendo e quindi per fornire effettivamente protezione ai soggetti individuati dalla legge, si prevede la possibilità di installare negli asili nido, scuole d'infanzia e strutture socio sanitarie dei sistemi di videosorveglianza a circuito chiuso come strumento di deterrenza e di controllo, controllo però regolamentato, sottoposto a vincoli, vincoli che devono ottemperare alla necessità di mantenimento di quello che è il rispetto della privacy, della credibilità stessa delle strutture, della fiducia nei confronti degli operatori, della tutela della personalità dei minori, del consenso degli interessati, della libertà dei docenti alle scelte dei metodi educativi. Inoltre, proprio per favorire la coniugazione di interessi diversi, il corretto equilibrio fra il contrasto di abusi e maltrattamenti a soggetti fragili e la tutela dei diritti dei lavoratori, i sistemi di videosorveglianza possono essere installati previo accordo collettivo con le rappresentanze unitarie o in sostituzione di queste con le rappresentanze aziendali, o in mancanza di queste, con le rappresentanze territoriali. In alternativa, in caso di strutture ubicate in diverse province o regioni, l'accordo potrà essere stipulato dalle organizzazioni sindacali nazionali. Ma non è solamente questo; ci sono ulteriori garanzie per la privacy e allora queste ulteriore garanzie assumono particolare rilevanza soprattutto ai commi 2 e 3 dell'articolo 4, commi nei quali si vieta l'accesso alle registrazioni, se non nel caso di notizie di reato e in questo caso l'accesso è comunque regolamentato da norme specifiche del codice di procedura penale. Un provvedimento, questo che stiamo discutendo, che grazie al lavoro preciso e puntuale dei due relatori, delle loro Commissioni preposte, ma anche al contributo attivo e importante delle Commissioni cultura, giustizia e affari sociali persegue l'obiettivo di tutelare soggetti fragili, ma valorizzando il lavoro importante e gravoso. Lo hanno già detto altri colleghi. Questo è un lavoro gravoso, in cui si rischia davvero di entrare in quel burnout che poi rischia di fare emergere comunque comportamenti sbagliati degli operatori, ma anche coinvolgendo le famiglie e fornendo una risposta complessiva ed equilibrata a un fenomeno odioso che va contrastato in ogni sua forma, ogni giorno e sempre, per raggiungere, appunto, l'obiettivo di questo provvedimento (Applausi).

  PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche – A.C. 261-A ed abbinate)

  PRESIDENTE. Prendo atto che i relatori ed il rappresentante del Governo rinunziano a replicare.
  Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Ordine del giorno della seduta di domani.

  PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

  Martedì 18 ottobre 2016, alle 11,30:

  1. – Svolgimento di una interrogazione.

  (ore 14)

  2. – Seguito della discussione del disegno di legge:
  S. 2217 – Disposizioni in materia di contrasto ai fenomeni del lavoro nero, dello sfruttamento del lavoro in agricoltura e di riallineamento retributivo nel settore agricolo (Approvato dal Senato) (C. 4008).
   e delle abbinate proposte di legge: MONGIELLO e MATTIELLO; MON-Pag. 55GIELLO ed altri; MONGIELLO ed altri; FALCONE ed altri; ZACCAGNINI ed altri; MATARRELLI; CARLONI ed altri; MATARRESE ed altri; SCOTTO ed altri; CHIMIENTI ed altri (C. 429-2134-3298-3367-3379-3405-3580-3817-4046-4069).
  — Relatori: Berretta, per la II Commissione; Miccoli, per l'XI Commissione.

  3. – Seguito della discussione della proposta di legge:
  DECARO ed altri: Disposizioni per lo sviluppo della mobilità in bicicletta e la realizzazione della rete nazionale di percorribilità ciclistica (C. 2305-A).
   e delle abbinate proposte di legge: REALACCI ed altri; BRATTI ed altri; CRISTIAN IANNUZZI ed altri; SCOTTO ed altri; BUSTO ed altri (C. 73-111-2566-2827-3166).
  — Relatore: Gandolfi.

  4. – Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge:
  FUCCI; GIAMMANCO ed altri; DE GIROLAMO ed altri; VEZZALI ed altri; MINARDO; DE GIROLAMO; SBROLLINI ed altri; ROCCELLA; INVERNIZZI ed altri; RAMPELLI ed altri; MARTI ed altri; GIAMMANCO ed altri; CHIMIENTI ed altri: Misure per prevenire e contrastare condotte di maltrattamento o di abuso, anche di natura psicologica, in danno dei minori negli asili nido e nelle scuole dell'infanzia e delle persone ospitate nelle strutture socio-sanitarie e socio-assistenziali per anziani e persone con disabilità e delega al Governo in materia di formazione del personale (C. 261-1037-2647-2705-3597-3629-3738-3818-3829-3872-3912-3933-4048-A).
  — Relatori: Giammanco, per la I Commissione; Boccuzzi, per la XI Commissione.

  (al termine delle votazioni)

  5. – Discussione sulle linee generali del disegno di legge:
  Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di Parigi collegato alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, adottato a Parigi il 12 dicembre 2015 (ove concluso dalla Commissione) (C. 4079).

  La seduta termina alle 18,15.

TESTI DEGLI INTERVENTI DI CUI È STATA AUTORIZZATA LA PUBBLICAZIONE IN CALCE AL RESOCONTO STENOGRAFICO DELLA SEDUTA ODIERNA: GIUSEPPE BERRETTA (A.C. 4008).

  GIUSEPPE BERRETTA (Relazione per la II Commissione – (A.C. 4008).
  Il provvedimento, approvato dal Senato il lo agosto 2016 e non modificato dalle Commissioni in sede referente, mira particolarmente al contrasto del fenomeno del cosiddetto «caporalato» ovvero dell'intermediazione illegale e dello sfruttamento lavorativo in agricoltura, che coinvolge, secondo stime sindacali e delle associazioni di volontariato, circa 400.000 lavoratori in Italia, sia italiani sia stranieri, come riferito nella relazione all'Assemblea in Senato, ed è diffuso in tutte le aree del Paese e in settori dell'agricoltura molto diversi, dal punto di vista della redditività.
  Il testo è volto a garantire una maggior efficacia all'azione di contrasto del caporalato, introducendo significative modifiche al quadro normativo penale e prevedendo specifiche misure di supporto dei lavoratori stagionali in agricoltura.
  Le principali novità dell'intervento normativo riguardano: la riscrittura del reato di caporalato (intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro), che introduce la sanzionabilità anche del datore di lavoro; l'applicazione di un'attenuante in caso di collaborazione con le autorità; l'arresto obbligatorio in flagranza di reato; il rafforzamento dell'istituto della confisca; l'adozione di misure cautelati relative all'azienda agricola in cui è commesso il reato; l'estensione alle persone giuridiche della responsabilità per il reato di caporalato; l'estensione alle vittime del caporalato Pag. 56delle provvidenze del Fondo antitratta; il potenziamento della Rete del lavoro agricolo di qualità, in funzione di strumento di controllo e prevenzione del lavoro nero in agricoltura; il graduale riallineamento delle retribuzioni nel settore agricolo.
  Mi limiterò a illustrare i primi sette articoli che compongono il testo, in quanto si tratta delle disposizioni che attengono principalmente alla competenza della Commissione Giustizia, mentre sulle restanti disposizioni, che rientrano nella competenza della XI Commissione, si soffermerà il relatore per tale Commissione, onorevole Miccoli.
  In particolare mi soffermerò sulle questioni sorte in Commissione in merito alla modifica dell'articolo 603-bis del codice penale, rimandando alla relazione scritta per le altre parti del testo rientranti comunque nella competenza della Commissione giustizia.
  Preliminarmente vorrei sottolineare già in questo momento che le critiche al testo approvato dal Senato sono superabili in via interpretativa anche facendo ricorso alla stessa giurisprudenza della Corte di cassazione in relazione ad elementi della fattispecie, quali lo sfruttamento e lo stato di bisogno.
  L'articolo 1 detta una nuova formulazione dell'articolo 603-bis del codice penale relativo all'intermediazione illecita e allo sfruttamento del lavoro, che attualmente punisce il cosiddetto «caporalato».
  Il nuovo articolo 603-bis prevede, infatti, al primo comma, una prima ipotesi che riscrive la condotta illecita del caporale ovvero di chi recluta manodopera per impiegarla presso terzi in condizioni di sfruttamento, approfittando del loro stato di bisogno. È soppresso il riferimento allo «stato di necessità». Rispetto alla fattispecie vigente, è introdotta una fattispecie-base che prescinde da comportamenti violenti, minacciosi (diventati circostanze aggravanti) o intimidatori: non compare più il richiamo allo svolgimento di un'attività organizzata di intermediazione né il riferimento all'organizzazione dell'attività lavorativa caratterizzata da sfruttamento.
  Inoltre, è sanzionato il datore di lavoro che utilizza, assume o impiega manodopera reclutata anche mediante l'attività di intermediazione, sfruttando i lavoratori ed approfittando del loro stato di bisogno. Tale fattispecie-base del delitto di intermediazione illecita è punita con la reclusione da uno a sei anni e la multa da 500 a 1.000 euro per ogni lavoratore reclutato.
  Il secondo comma del nuovo articolo 603-bis prevede un'aggravante caratterizzata dall'esercizio di violenza o minaccia. Le sanzioni rimangono invariate rispetto a quanto ora previsto dalla fattispecie-base: reclusione da 5 a 8 anni e multa da 1.000 a 2.000 euro per ciascun lavoratore reclutato.
  Il terzo comma del nuovo articolo 603-bis riguarda le condizioni ritenute indice di sfruttamento dei lavoratori.
  Per quanto concerne la fattispecie criminosa di cui all'articolo 603-bis n. 2 del codice penale, va rilevato che esse è stata oggetto di critiche da parte di coloro che ritengono che possa essere applicata, ad esempio, anche a casi di singole e saltuarie violazioni delle norme sulla sicurezza del lavoro o degli orari di lavoro, si è fatto più volte riferimento al mancato utilizzo delle prescritte scarpe da lavoro. Così non è.
  In primo luogo, per quanto attiene alla nuova descrizione degli elementi oggettivi del reato, si fa presente che il provvedimento normativo in esame ha lo scopo di superare i dubbi interpretativi evidenziati in dottrina in ordine alla possibilità di estendere l'incriminazione anche al datore di lavoro per le condotte di sfruttamento dei lavoratori con approfittamento dello stato di bisogno.
  Proprio per eliminare tali criticità interpretative, la formulazione proposta dal disegno di legge distingue la condotta di chi «recluta manodopera allo scopo di destinarla al lavoro presso terzi in condizioni di sfruttamento, approfittando dello stato di bisogno dei lavoratori» (articolo 603-bis, comma 1, n. 1) da quella di chi «utilizza, assume o impiega manodopera, anche mediante l'attività di intermediazione di cui al n. 1), sottoponendo i lavoratori Pag. 57a condizioni di sfruttamento ed approfittando del loro stato di bisogno» (articolo 603-bis, comma 1 n. 2).
  Così espressamente specificando che integra reato sia la condotta di mediazione illecita tra domanda e offerta di lavoro, sia quella di sfruttamento del lavoro stesso.
  L'attribuzione di rilevanza penale allo sfruttamento della manodopera anche in assenza di attività di cosiddetta caporalato colma una lacuna dell'attuale sistema penale, che lascia privi di tutela i lavoratori che non siano immigrati irregolari.
  L'articolo 22 comma 12-bis del Testo unico sull'immigrazione (decreto legislativo n. 286 del 1998) infatti, punisce con sanzioni penali aggravate, il datore di lavoro che occupi alle proprie dipendenze – non importa se avviati al lavoro mediante «caporale» o meno – lavoratori stranieri privi del permesso di soggiorno ovvero con il permesso scaduto, revocato o annullato, quando i lavoratori siano sottoposti alle condizioni di particolare sfruttamento di cui all'attuale terzo comma dell'articolo 603-bis codice penale. E allora, il lavoratore straniero irregolare, che sia sfruttato dal datore di lavoro in modo da essere esposto a situazioni di grave pericolo, è tutelato con una previsione penale che incrimina il datare di lavoro, a prescindere dall'esistenza o meno a monte di un'illecita intermediazione, mentre il lavoratore non straniero irregolare, ma parimenti sfruttato, non trova oggi una adeguata considerazione se non per il caso in cui sia stato avviato al lavoro in forza detta mediazione del cosiddetto caporale. Si comprende bene così come sia importante rimodellare la previsione incriminatrice dell'articolo 603-bis codice penale per rimediare ad una irragionevole limitazione del suo ambito operativo.
  A coloro che criticano la nuova formulazione del reato probabilmente sfugge un dato di fondamentale importanza: gli elementi che caratterizzano la condotta, in entrambi i casi, sono lo sfruttamento del lavoratore e l'approfittamento dello stato di bisogno del medesimo, quale modalità attraverso cui si realizza lo sfruttamento stesso.
  Le nozioni di sfruttamento e di stato di bisogno debbono dunque essere intese in stretta connessione tra loro, costituendo la situazione di vulnerabilità di chi versa in stato di bisogno il presupposto della condotta approfittatrice del soggetto agente, attraverso la quale realizzare lo sfruttamento.
  Il concetto di sfruttamento, pertanto, deve essere ricondotto a quei comportamenti, anche se posto in essere senza violenza o minaccia, idonei ad inibire e limitare la libertà di autodeterminazione della vittima mediante l'approfittamento dello stato di bisogno in cui versa.
  Al riguardo la Corte di cassazione (C.C. Sez 5, sentenza n. 14591 del 4.4.2014) ha avuto modo di chiarire che il delitto di cui all'articolo 603-bis c.p. «è finalizzato a sanzionare quei comportamenti che non si risolvono nella mera violazione delle regole poste dal decreto legislativo n. 276 del 2003, senza peraltro raggiungere le vette dello sfruttamento estremo, di cui alla fattispecie prefigurata dall'articolo 600 c.p., come confermato dalla clausola di sussidiarietà con la quale si apre la previsione».
  Si consideri poi che la nozione di sfruttamento implica concettualmente una compressione, meglio: una violazione, temporalmente apprezzabile dei beni interessi tutelati. Non si sfrutta il lavoratore con un unico singolo atto, ma attraverso condotte che ne conculcano per una durata significativa i diritti fondamentali che vengono in gioco nel momento in cui viene prestata l'attività lavorativa.
  Occorre che la condotta datoriale si sviluppi nel tempo, che integri, appunto, una situazione di fatto duratura. Per questa ragione non v’è necessità di specificare, nella parte dedicata agli indici di sfruttamento, che la reiterata violazione, la reiterata corresponsione di retribuzione sproporzionata non possano consistere nella commissione di quei fatti anche soltanto per due volte. Occorre leggere il «reiterate» unitamente all'elemento oggettivo centrale dello sfruttamento che, per sua struttura di disvalore, non può consumarsi con singoli occasionali atti.Pag. 58
  Specularmente alla nozione di sfruttamento, quella di stato di bisogno non si identifica, secondo l'interpretazione offerta anche dalla giurisprudenza in particolare con riferimento alla circostanza aggravante del delitto di usura, con il bisogno di lavorare per vivere, ma presuppone «uno stato di necessità tendenzialmente irreversibile, che, pur non annientando in modo assoluto qualunque libertà di scelta, comporta un impellente assillo, tale da compromettere fortemente la libertà contrattuale» della persona.
  Un altro punto da chiarire assolutamente in quanto ha suscitato una serie di equivoci, dovuti anche alla mancata conoscenza della legislazione vigente gli indici di sfruttamento, già previsti dal vigente articolo 603-bis.
  Gli indici sono «sintomi», indizi che il giudice dovrà valutare, se corroborati dagli elementi di sfruttamento e approfittamento dello stato di bisogno e non condotte immediatamente delittuose.
  Si tratta della stessa situazione che accade oggi quando la guardia di finanza entra in un'azienda per violazioni tributarie e trova i libri contabili non in ordine: quello è un indizio (indice), che non integra di per sé il reato di frode fiscale. Le condizioni richiamate dall'articolo, in altre parole, costituiscono mero indicatore dell'esistenza dei fatti oggetto di incriminazione, di cui il giudice deve tenere conto nell'accertamento della verità, ma certamente non si identificano con gli elementi costitutivi del reato. Esemplificando, la violazione delle disposizioni in tema di sicurezza e igiene nei luoghi di lavoro non è di per sé capace di integrare la condotta del delitto, occorrendo comunque che il lavoratore risulti sfruttato e che del suo stato di bisogno il datore di lavoro abbia profittato.
  Il legislatore, con l'elencazione degli indici di sfruttamento, semplicemente agevola i compiti ricostruttivi del giudice, orientando l'indagine e l'accertamento in quei settori (retribuzione, condizioni di lavoro, condizioni alloggiative, ecc.) che rappresentano gli ambiti privilegiati di emersione di condotte di sfruttamento e di approfittamento.
  A tal proposito, si è detto molto opportunamente in dottrina che gli indici svolgono una funzione di «orientamento probatorio» per il giudice: ed è per tale ragione che non ha fondamento il rilievo critico circa l'asserito difetto di determinatezza della norma che li descrive o circa la loro presunta incompletezza.
  In particolare, il testo del disegno di legge ha rivisitato la disposizione relativa alla sussistenza di violazioni in materia di sicurezza e igiene nei luoghi di lavoro, espungendo l'inciso finale «tale da esporre il lavoratore a pericolo per la salute, la sicurezza o l'incolumità personale». È bene chiarire subito che l'eliminazione di tale inciso non indebolisce la forza selettiva della norma incriminatrice, ossia la sua capacità di qualificare soltanto le condotte realmente meritevoli di punizione.
  Se, infatti, si tiene presente che le norme sugli indici di sfruttamento non descrivono il fatto tipico e non riguardano dunque le condotte costitutive del delitto, si comprende pienamente che non c’è alcun pericolo che la modifica possa portare ad un eccesso di penalizzazione, colpendo anche comportamenti dei datori di lavoro che non si segnalino per un particolare disvalore.
  In questo senso, anzi, l'eliminazione del riferimento al pericolo per salute, sicurezza ed incolumità personale giova a evitare il rischio di un fraintendimento interpretativo: se si carica la disposizione di orientamento probatorio di un elemento che autonomamente denota un significativo disvalore, si può ingenerare l'equivoco che essa contenga almeno una parte della condotta costitutiva del reato, data dallo sfruttamento della manodopera.
  Si evita, insomma, il rischio che si possa ritenere la sussistenza dello sfruttamento per il solo fatto che sia stata violata una disposizione in materia di sicurezza o igiene sul lavoro, quasi che la contravvenzione ad una delle tante disposizioni volte appunto a prevenire rischi Pag. 59per la sicurezza dei lavoratori, possa integrare la condotta, di ben altro disvalore penale, dello sfruttamento di manodopera.
  Per quanto attiene alle altre disposizioni del testo rientranti nella competenza della Commissione giustizia, rimandando alla relazione scritta che chiedo di depositare, in questa sede mi limito a rilevare che l'attenuante della collaborazione (pena diminuita fino a due terzi) utilizza il modello già sperimentato nella normativa anticorruzione e in quella sugli eco-reati. I reati di caporalato, corruzione e disastro/inquinamento ambientale sono infatti fenomeni accomunati, sotto il profilo delle indagini e del contrasto, da una fitta rete omertosa che ne rende difficile l'emersione e la scoperta. L'attenuante è strumento di rottura dell'omertà diretto a incoraggiare chi aiuta a scoprire certe realtà.
  Quanto al controllo giudiziale, è ripreso ed è in sintonia con quanto previsto in uno dei provvedimenti già approvati, riguardanti l'Anac, e nella riforma del codice antimafia (già approvata dalla Camera e ora al Senato), relativamente alle aziende confiscate alla criminalità organizzata: risponde al principio che l'intervento dello Stato non può e non deve coincidere con la chiusura dell'azienda. Il ripristino della legalità, anzi, deve accompagnarsi al rilancio dell'azienda e al mantenimento dei posti di lavoro.
  L'articolo 2 del disegno di legge aggiunge al codice penale gli articoli 603-bis.1 e 603-bis.2, relativi ad attenuanti del delitto di caporalato e ad ipotesi di confisca obbligatoria. L'articolo 603-bis.1 ridefinisce per il reato di caporalato, rispetto alla disciplina vigente dell'articolo 600-septies.1, relativa a tutti i delitti contro la personalità individuale, l'ipotesi di circostanza attenuante specifica. L'attenuante, nella nuova formulazione, concerne i soggetti che si siano efficacemente adoperati per evitare che l'attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori o per assicurare le prove dei reati o per l'individuazione degli altri responsabili ovvero per il sequestro delle somme o altre utilità trasferite.
  Sostanzialmente, rispetto all'attuale attenuante di cui all'articolo 600-septies.1: si introduce l'ipotesi di elementi utili «per il sequestro delle somme o altre utilità»; si precisa – eliminando il riferimento al «concorrente» – che l'attenuante è riconosciuta nei confronti di chiunque collabori; la più specifica definizione della condotta che dà luogo all'attenuante appare conseguenza della riformulazione del reato e della sua estensione al datore di lavoro (si pensi al caso dell'imprenditore coinvolto in procedimento penale per caporalato che possa riferire notizie utili alle indagini su altri episodi di intermediazione illecita relativi ad altre imprese o fruitori di manodopera); aumenta lo sconto di pena che diventa da un terzo a due terzi (attualmente è da un terzo alla metà).
  L'articolo 603-bis.1 rinvia poi alle norme previste dall'articolo 16-septies del decreto-legge n. 8 del 1991, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 82 del 1991, che prevedono la revisione della sentenza quando le circostanze attenuanti sono state applicate per effetto di dichiarazioni false o reticenti. L'applicazione dell'attenuante specifica di cui all'articolo 603-bis.1 esclude l'applicazione della citata attenuante, meno favorevole, prevista dal citato articolo 600-septies.1 per chi si adoperi per evitare di portare il reato a conseguenze ulteriori o aiuta la magistratura nella cattura dei concorrenti. L'articolo 603-bis.2 inserisce il delitto di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro tra i reati per i quali (in caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti) è obbligatoria – anziché un'ipotesi valutata dal giudice – la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato. La novella fa riferimento anche alla confisca obbligatoria delle cose che siano il prezzo, il prodotto o il profitto del reato – ovvero, in caso di impossibilità, alla confisca obbligatoria di beni di cui il reo abbia la disponibilità, anche indirettamente o per interposta persona, per un valore corrispondente al prodotto, prezzo o profitto (cosiddetta «confisca per equivalente»). Resta ferma, Pag. 60in tutti i casi, l'esclusione della confisca delle cose che appartengano a persona estranea al delitto.
  Nella medesima materia interviene anche la novella di cui all'articolo 5 del disegno di legge. Integrando la formulazione dell'articolo 12-sexies del decreto-legge n. 306 del 1992, convertito con modificazioni, dalla legge n. 356 del 1992, viene aggiunto il delitto di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro tra i reati per i quali (in caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti) è sempre disposta la confisca obbligatoria del denaro, dei beni o delle altre utilità di cui il condannato non possa giustificare la provenienza e di cui, anche per interposta persona fisica o giuridica, risulti essere titolare o avere la disponibilità, a qualsiasi titolo, in valore sproporzionato al proprio reddito (dichiarato ai fini delle imposte sul reddito) o alla propria attività economica.
  L'articolo 3 prevede – come misura cautelare reale – il possibile controllo giudiziario dell'azienda nel corso del procedimento penale per il reato di caporalato. Tale disposizione, conseguenza dell'estensione del reato anche al datore di lavoro, stabilisce – in luogo del sequestro preventivo di cui all'articolo 321 del codice di procedura penale – l'adozione da parte del giudice di tale misura (presso l'azienda ove è commesso il reato di cui all'articolo 603-bis del codice penale) quando l'interruzione dell'attività conseguente al sequestro possa compromettere i livelli occupazionali e diminuirne il valore economico. Con il decreto che dispone la misura, il giudice nomina uno o più amministratori giudiziari esperti in gestione aziendale, scegliendoli tra gli iscritti all'albo degli amministratori giudiziari. L'articolo detta una specifica disciplina degli obblighi degli amministratori, con particolare riferimento ai controlli sulle condizioni di lavoro, alla regolarizzazione dei lavoratori che, all'atto dell'avvio del procedimento penale per caporalato, prestavano la propria opera in nero nonché alle misure di prevenzione della reiterazione delle violazioni. Viene, infine, previsto che, nei casi di sequestro di beni di cui è consentita la confisca ai sensi dell'articolo 321, comma 2, del codice di procedura penale (quindi se la misura ablatoria può essere disposta indipendentemente dalle condizioni di applicazione del sequestro preventivo di cui al comma 1: pericolo che la libera disponibilità della cosa pertinente al reato possa aggravare o protrarre le conseguenze di esso ovvero agevolare la commissione di altri reati) e nei casi di confisca obbligatoria disposta ex articolo 603-bis.2 del codice penale (introdotto dall'articolo 2 del disegno di legge), si applica la disciplina del comma 4-bis dell'articolo 12-sexies del citato decreto-legge n. 306 del 1992. Ne conseguirebbe, pertanto, per tali beni l'applicazione della disciplina del Codice antimafia in materia di amministrazione e destinazione dei beni sequestrati e confiscati secondo cui, nell'amministrazione dei beni, il giudice è coadiuvato dall'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata.
  L'articolo 4 modifica l'articolo 380 del codice di procedura penale aggiungendo il delitto di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro commesso con violenza e minaccia tra quelli per cui è obbligatorio l'arresto in flagranza.
  Con l'articolo 6 viene aggiunto il reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro tra quelli per i quali è prevista la responsabilità amministrativa degli enti, di cui al decreto legislativo n. 231 del 2001. Come noto, la disciplina di cui al citato decreto legislativo n. 231 concerne gli enti, società e associazioni (anche prive di personalità giuridica) privati, nonché gli enti pubblici economici, i quali sono responsabili (sulla base della specifica normativa) sotto il profilo amministrativo, per i reati commessi da determinati soggetti nell'interesse o a vantaggio dell'ente (o società o associazione). La sanzione pecuniaria a carico dell'ente «responsabile» del reato di caporalato è stabilita tra 400 quote e 1.000 Pag. 61quote (articolo 25-quinquies); si ricorda che l'importo di una quota va da un minimo di 258 a un massimo di 1.549 euro.
  L'articolo 7 modifica l'articolo 12 della legge n. 228 del 2003 prevedendo l'assegnazione al Fondo anti-tratta dei proventi delle confische ordinate a seguito di sentenza di condanna o di patteggiamento per il delitto di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro di cui all'articolo 603-bis del codice penale. La novella comporta, ai sensi del comma 2-bis dell'articolo 12, la destinazione delle risorse del Fondo anche all'indennizzo delle vittime del reato di caporalato.