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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 691 di mercoledì 12 ottobre 2016

Pag. 1

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE LAURA BOLDRINI

  La seduta comincia alle 9,05.

  PRESIDENTE. La seduta è aperta.
  Invito il deputato segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

  DAVIDE CAPARINI, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.

  PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.
  (È approvato).

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Michele Bordo, Matteo Bragantini, Bueno, Capelli, Dambruoso, Epifani, Gregorio Fontana, Formisano, Garofani, Giancarlo Giorgetti, Giorgis, Locatelli, Pes, Pisicchio, Portas, Rampelli, Realacci, Rosato, Sanga, Sani, Schullian, Tabacci e Vignali sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
  I deputati in missione sono complessivamente centodiciotto, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri in vista del Consiglio europeo del 20 e 21 ottobre 2016 (ore 9,10).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri in vista del Consiglio europeo del 20 e 21 ottobre 2016.
  Lo schema recante la ripartizione dei tempi riservati alla discussione è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).

(Intervento del Presidente del Consiglio dei ministri)

  PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il Presidente del Consiglio dei ministri, Matteo Renzi. Ne ha facoltà.

  MATTEO RENZI, Presidente del Consiglio dei ministri. Signora Presidente, onorevoli colleghi, il Consiglio europeo della settimana prossima si colloca in una dimensione abbastanza difficile da illustrare dopo ciò che è accaduto con il referendum inglese e alla vigilia di un anno di particolari ed importanti consultazioni elettorali e politiche. Si tratta, dunque, di un momento in cui l'Europa ha subito un duro shock con la decisione dei cittadini inglesi – la prima nella storia dei sessant'anni delle Comunità europee di lasciare la nostra comunità – e, contemporaneamente, senza ancora un quadro politico di certezze sul futuro.
  Non aiuta la nostra discussione, ma, paradossalmente, la rende ancora più importante Pag. 2ed urgente, il quadro politico internazionale. Il Presidente Obama, in un importante articolo che può sintetizzare, almeno per alcuni di noi, una parte della sua legacy culturale, filosofica, politica, pubblicato nei giorni scorsi, ha sottolineato l'apparente contraddizione di un mondo più prospero che mai, ma accompagnato da un'incertezza, un'inquietudine e un malessere crescente.
  Le vicende di politica internazionale non sembrano raggiungere un risultato soddisfacente in larga parte del Pianeta, a cominciare dalla drammatica vicenda siriana che, pur apparendo e scomparendo in modo carsico sui media di tutto il mondo, continua a mietere vittime, in particolar modo, i più piccoli, i bambini e, contemporaneamente, la risposta dell'Unione europea sembra caratterizzata – ha detto Jürgen Habermas con un'espressione molto intrigante ed interessante – da un frenetico immobilismo. Questa è la ragione per la quale, dopo una serie di appuntamenti preparatori – quello di Berlino, quello di Bruxelles e quello di Ventotene –, dove avevamo immaginato di poter arrivare al summit informale di Bratislava di metà settembre con un significativo programma di riforme e con un significativo programma ambizioso per il futuro dell'Europa, abbiamo dovuto registrare come questo frenetico immobilismo portasse poco più che a niente: un documento molto banale, una sorta di somma di tanti riassunti, un elenco di buone promesse assolutamente non all'altezza della grande sfida lanciata dall'uscita del Regno Unito dall'Unione europea.
  Questo è lo scenario nel quale si colloca il summit della settimana prossima e, contemporaneamente, noi abbiamo ben chiaro che il dibattito sull'articolo 50, cioè sulla procedura formale attraverso la quale il Regno Unito lascerà la nostra comunità è, comunque, un dibattito che non può tener ferme le istituzioni per un altro anno dopo che abbiamo passato quello appena trascorso, prima, a trattare una piattaforma che potesse essere sufficiente e soddisfacente per il Governo inglese e, poi, a discutere degli esiti di quel voto.
  Se da qui al prossimo anno il dibattito politico europeo fosse soltanto sulle forme, sulle modalità e sulle procedure dell'articolo 50, ulteriore tempo sarebbe gettato via in un momento storico nel quale tempo da perdere non lo ha nessuno.
  Si tratta, dunque, di provare ad impostare una strategia differente, che è molto difficile, ma che è molto urgente per tutti, in particolar modo per quei cittadini europei più giovani che avvertono l'identità comunitaria come un elemento costitutivo del proprio DNA e che sono stati tra i più impegnati nel votare a sostegno del mantenimento di UK in Unione europea e che, più in generale, mostrano, in tutti i dati, i sondaggi e le indagini, un desiderio profondo di vivere un'ulteriore identità accanto a quella nazionale. Si tratta, dunque, di immaginare un percorso inedito.
  L'unico punto positivo che io vedo di questi mesi è stato aver fissato Roma 2017 come la data ultima di questo percorso. Dunque, il 25 marzo del 2017, sessant'anni dopo la firma dei Trattati istitutivi delle Comunità europee, i ventisette Paesi che fanno parte dell'Unione europea si riuniranno nella città eterna e proveranno ad immaginare il futuro. È un appuntamento di grande rilievo per tutti: per chi crede che l'Unione europea, come noi, debba essere declinata al futuro e per chi anche vuole contestare questa istituzione.
  L'incontro di Roma del marzo 2017 può essere uno spartiacque rilevantissimo, cruciale, decisivo. Perché questo accada occorre prendere atto che da parte di tutti, in particolar modo da parte di noi italiani, il tempo della proposta non può essere sganciato dalla constatazione che quando le cose vanno male bisogna dirlo. Dopo il summit di Bratislava, autorevoli commentatori hanno detto che l'atteggiamento del Governo italiano del dire con forza che il Vertice non aveva prodotto niente di significativo era un atteggiamento sbagliato e fuori luogo.
  Non è passata neanche una settimana e il presidente della Commissione, Jean-Pag. 3Claude Juncker, si è recato in una sede istituzionale ufficiale per utilizzare le stesse parole e per dare lo stesso giudizio che avevamo dato noi. E il fatto che il mancato riferimento all'Africa nel documento su Bratislava sia stato così duramente stigmatizzato da alcuni di noi ha portato, finalmente, a una rinnovata maturità, a una rinnovata attenzione sul tema, che vede oggi alcuni autorevoli leader, finalmente, visitare alcuni tra i principali Paesi africani e, contemporaneamente, vede il tema, finalmente, oggetto della discussione, all'ordine del giorno della discussione, in modo meno superficiale del passato.
  Questo atteggiamento, dunque, italiano di stimolo e anche di determinata presenza – vorrei dire, ingombrante presenza – nelle discussioni, nel momento in cui è giusto far notare quando le cose non vanno e dirlo con grande forza, deve però richiamarci ad una serie di impegni nostri. Non è un caso, io credo, che la settimana scorsa, su proposta del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, il Consiglio dei ministri abbia proposto l'istituzione di due ambasciate, una in Mali e una in Niger. Veniamo da un periodo nel quale si è pensato a lungo di chiudere le nostre ambasciate e le sedi delle ambasciate nel mondo: è stato un principio che comprendo e capisco legato ad esigenze di spending review, ma è anche vero che è difficile immaginare di avere una presenza forte italiana in Africa, senza che alcuni Stati, nemmeno particolarmente lontani da noi, abbiano una presenza così significativa.
  Occorre, dunque, che anche nelle forme di revisione della spesa vi sia un sussulto di attenzione: è come quando si sono chiuse tante piccole stazioni dei carabinieri sparse per l'Italia. Ho detto in occasione pubblica – l'inaugurazione della Scuola marescialli e degli allievi marescialli, a Firenze – che quel tempo è finito ed è chiuso, anzi, la presenza sul territorio è cruciale.
  Vale lo stesso – permettetemi il paragone ardito – con la nostra presenza diplomatica, particolarmente, in Africa. Occorre avere una maggiore presenza italiana, non soltanto con i fondi della cooperazione internazionale – cosa che stiamo finalmente facendo dopo anni di silenzio e di tagli – ma occorre anche avere una maggiore presenza nostra da tutti i punti di vista, da quello di natura politico-diplomatica, a quello culturale, a quello sociale, a quello legato alla formazione delle forze dell'ordine e delle Forze armate dei singoli Paesi. È evidente che questo non basterà nel giro di qualche settimana a cambiare l'approccio dell'Unione europea verso l'Africa, ma il fatto che finalmente il tema sia oggetto di attenzione meno episodica che in passato è un primo segnale di incoraggiamento che deriva dalla dura frizione registrata a Bratislava.
  Vi è un secondo elemento che riguarda ancora, almeno di striscio, la questione dell'immigrazione: l'Unione europea si accinge a discutere del prossimo bilancio; nelle prossime settimane e nei prossimi mesi, non in questo Consiglio europeo, si tornerà finalmente a discutere della divisione del bilancio dell'Unione europea. A mio giudizio, è fondamentale che l'Italia sia promotrice di una posizione durissima nei confronti di quei Paesi che fanno parte dell'Unione europea, che hanno ricevuto molti denari dalla comune appartenenza, che hanno ricevuto molti fondi per rilanciare i propri territori e che, in questa fase, si stanno smarcando dai propri impegni assunti formalmente di ricollocazione degli immigrati (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).
  Lo dico perché su questo punto vorrei che il mandato fosse forte e fosse il più possibile ampio, non soltanto della maggioranza; dire con chiarezza che ai compiti che derivano dalla appartenenza all'Unione europea corrispondono uguali obblighi è un elemento a mio giudizio cruciale in questa fase. Gli aspetti positivi vanno bilanciati anche con gli aspetti negativi o presunti tali e, se qualcuno si impegna a ricollocare fratelli e sorelle migranti che vengono da tutto il resto del mondo, è altrettanto evidente che bisogna dire che il bilancio dell'Unione europea, Pag. 4che partirà dal 2020, dovrà fare chiaramente riferimento a chi dice «sì» e a chi dice «no» rispetto alla ricollocazione.
  Vi è poi un terzo elemento che trovo particolarmente significativo, che non è quello economico, che sarà affrontato nel Consiglio di dicembre. Permettetemi di esprimere la mia valutazione sul fatto che soltanto in Italia le considerazioni che vengono dall'Unione europea, dalla Commissione europea e dalle istituzioni europee occupano pagine intere di giornali, mentre altri Paesi sono molto più abituati a ricevere e accogliere i suggerimenti e poi a fare come meglio credono senza che si crei puntualmente uno psicodramma nazionale.
  Si spiega forse così la discussione sulle virgole, che stiamo facendo anche in queste ore in Italia, a fronte di un elemento oggettivo che è quello che l'Italia è il Paese con la rotta di discesa del deficit più significativa e che, rispetto ad altri Paesi che vengono sempre citati come punti di riferimento della crescita, ha un deficit che è inferiore alla metà, perché capite che una cosa è fare percentuali di crescita significative con il 2,4 di deficit, altra cosa è con il 5,1 di deficit, ogni riferimento alla Spagna è puramente voluto.
  Il punto, però, che sarà affrontato nella discussione invece di giovedì e venerdì della settimana prossima è riferito alla questione di politica internazionale. Discuteremo della Russia, sì certo, e di conseguenza discuteremo della Siria, della situazione drammatica del Medio Oriente e della necessità per i nostri Paesi di svolgere un ruolo finalmente propositivo. Questo appuntamento per l'Italia sarà preceduto da un importante e rilevante meeting internazionale: la visita di Stato che il Presidente degli Stati Uniti ha chiesto al nostro Paese, alla quale ci ha invitato e che ci vedrà a Washington da lunedì a mercoledì. È un fatto particolarmente significativo perché avviene dopo un numero considerevole di anni, ma anche perché testimonia un rapporto molto forte tra gli Stati Uniti e l'Italia che il Presidente Obama ha definito, nel messaggio al Columbus Day degli scorsi giorni – il Columbus Day è oggi, ma il messaggio è degli scorsi giorni – come un rapporto che conosce oggi il livello più alto della sua storia.
  Elemento, dunque, che ci inorgoglisce e che sinceramente corrisponde, dal nostro osservatorio, a verità. Mai come in questa fase l'Italia vede negli Stati Uniti il punto di riferimento della propria amicizia internazionale, ma anche della propria possibilità di crescita dal punto di vista economico. Si parla molto della grande e importante relazione con il Far East: è vero, è straordinaria e cruciale; tutti noi siamo impegnati anche se abbiamo le nostre opinioni sullo status di economia di mercato per la Cina ed anche se abbiamo le nostre opinioni sul fatto che probabilmente l'Unione europea debba scegliere una linea di politica commerciale che non sia tergiversante come quella che abbiamo visto sino ad oggi, dove tra Commissione, Consiglio e Parlamento ciascuno ha una propria opinione che non collima con quella degli altri. Ma il rapporto con gli Stati Uniti d'America è un rapporto che, a nostro giudizio, è cruciale anche sotto i profili economici. Non è un caso che, dall'agroalimentare all'industria della difesa, molte delle occasioni e delle potenzialità che sono oggi sul nostro scacchiere sono potenzialità che hanno negli Stati Uniti il punto di riferimento.
  Tuttavia, prima di ogni valutazione economica, politica o tattica, c’è una convinzione profonda: noi stiamo dalla parte degli Stati Uniti nella visione del mondo perché pensiamo che i valori di libertà e di lotta contro la paura e contro una visione catastrofista del futuro e incapace di dare alle democrazie e alla democrazia un ruolo anche per il domani, questo tipo di sguardo sul mondo sia uno sguardo che noi condividiamo profondamente con l'amministrazione guidata da Barack Obama. Noi pensiamo che stare dalla parte della libertà, dell'innovazione, della curiosità, del coraggio e del futuro significhi, ad esempio, votare a favore dell'Accordo sul clima fatto a Parigi, in particolar modo su impulso americano, e non solo; e mi spiace che non tutte le forze politiche, Pag. 5che fanno riferimento alle varie forze politiche europee, abbiano avuto la forza e il coraggio di votare a favore di un accordo che è cruciale per il futuro dei nostri figli (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico), per lo stesso motivo per il quale oggi noi siamo convinti che l'Unione europea debba recuperare un elemento identitario, e su questo chiudo.
  Discuteremo nel merito delle singole voci e io credo che sarà molto interessante coinvolgere le voci che sono arrivate dal Parlamento europeo. La prima, guidata da un'italiana, Mercedes Bresso, con Brok, un rapporto significativo che viene proprio dal Parlamento europeo in ordine al futuro delle istituzioni europee a trattati invariati. La proposta di Beres, quella di Böge, quella di Verhofstadt. Il Parlamento europeo, cioè, ha messo in piedi gruppi di lavoro di diverso colore politico e lo ha fatto nella convinzione di poter dare un contributo positivo, chiarito il fatto che l'Europa è a un bivio. Stavolta rischia sul serio. L'Europa stavolta rischia sul serio di non apparire più come il luogo della speranza per le nuove generazioni. Il Parlamento europeo, senza guardare la propria casacca, si è messo insieme e si è messo a lavorare. Credo che questo sia il punto chiave e il punto cruciale sul quale noi dobbiamo e possiamo lavorare. E vorrei proporre a questo Parlamento, per suo tramite, signora Presidente, di arrivare all'appuntamento di Roma 2017 con un lavoro per alcuni aspetti analogo, propositivo.
  Roma 2017 rischia di essere uno spartiacque, particolarmente interessante per l'Italia, ma soprattutto decisivo per l'Europa. È lo spartiacque nel quale vedremo se continuare a discutere di piccoli emendamenti burocratici e tecnocratici o provare a tornare a mettere al centro degli ideali.
  Ho trovato allucinante una parte della discussione di queste settimane in Italia. Qualcuno mi ha detto: «Ma come ? Chiedete di scomputare dal Patto le spese per il terremoto» ? E la risposta è minima perché, secondo voi, un Paese come il nostro, che in sette anni ha vissuto tre terremoti, come quello de L'Aquila, dell'Emilia e adesso quello di Amatrice, Accumuli e Arquata, può permettersi di soggiacere a regole burocratiche teoriche e scritte in modo discutibile e comunque interpretabile, ciascuno nel modo che preferisce, per non guardare alle esigenze dei propri concittadini ? È inaccettabile anche soltanto che qualcuno lo pensi; anzi, lasciatemi dire che sono particolarmente fiero dell'atteggiamento che i sindaci e gli amministratori dei territori delle Marche e del Lazio, ma anche dell'Umbria e dell'Abruzzo, stanno avendo in queste ore sentendo il sostegno dell'intera comunità nazionale, indipendentemente dal credo politico e dalla visione filosofica (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Aver visitato ieri quei luoghi mi ha dato la netta impressione e sensazione che l'Italia sia un Paese molto più forte di quello che spesso ci raccontiamo. Naturalmente c’è bisogno di lavorare sulla prevenzione, c’è bisogno di far tesoro delle pagine negative, c’è bisogno di conservare la memoria delle persone che sono cadute. E riabbracciare ieri una signora che avevo visto l'ultima volta ad Ascoli Piceno durante il funerale mi ha fatto pensare a tutto quello che hanno passato loro in questi quaranta giorni, mentre noi in questi quaranta-cinquanta giorni abbiamo fatto tante cose. Io ho guardato la mia agenda proprio mentre tornavano in macchina e pensavo «sei stato qui, sei stato là, hai partecipato alle iniziative» e in quei giorni quelle nostre connazionali e quei nostri connazionali sono stati accompagnati comunque da un'assenza quotidiana, ogni giorno, ogni notte. Credo che sia un dovere che la comunità italiana faccia sentire con forza la propria vicinanza e dica all'Unione europea che non c’è alcuna discussione possibile in ordine agli impegni che noi abbiamo nei confronti di quelle comunità ma più in generale nei confronti di tutti gli italiani che hanno un figlio che va a scuola e che hanno il diritto di vedere investito ciò che serve sull'edilizia scolastica.
  Ma Roma 2017 ha un'ambizione più grande di questa. Roma 2017 è l'ambizione di poter raccontare alle nuove generazioni Pag. 6che cosa può essere l'Europa e allora la mia proposta, signora Presidente, è che i gruppi parlamentari, nelle forme e nelle autonomie che riterranno di voler utilizzare, aiutino, come è accaduto al Parlamento europeo, senza distinzioni, lavorando insieme sulla base di alcune proposte precise, puntuali e concrete ma anche sulla base di un ideale condiviso. Quando il capogruppo del PPE al Parlamento europeo, che come è noto ha avuto con noi qualche discussione accesa sia in occasione del lancio del Semestre italiano che a conclusione del medesimo, lancia il programma per i diciottenni dell'Interrail gratuito, lancia una proposta che può essere condivisa o meno, per quello che vale il gruppo del Partito socialista al quale molti di noi appartengono ha risposto positivamente, ma lancia una proposta che tocca un tasto vero, che l'Italia ha messo in campo da mesi, da anni: c’è bisogno di investire non soltanto in regole ma nella percezione culturale di un'Europa che sia il luogo della speranza per le prossime generazioni (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Scelta Civica per l'Italia); c’è bisogno di una visione per la quale, dice Weber, aiutare i ragazzi a conoscersi gli uni con gli altri significa rafforzare il sentimento di identità e di Unione europea.
  Bene, su questi temi sarebbe bello se anche il Parlamento italiano, nelle forme e nelle modalità che l'autonomia del Parlamento vorrà immaginare, accompagnasse il percorso del 2017 Roma, perché l'appuntamento di giovedì e venerdì prossimo sarà importante per i motivi che vi ho detto, quello di dicembre sarà concentrato significativamente sulle questioni dell'economia, a febbraio un summit informale a La Valletta a Malta, l'apertura ufficiale dell'articolo 50 ai sensi del Trattato della procedura di Brexit, ma se noi non comprendiamo che in questa fase, in questo tornante della storia, come avrebbe detto un grande amministratore locale con il cuore spalancato sul mondo, c’è la necessità di avere uno sguardo che tenga insieme la concretezza con l'orizzonte ideale, bello e nobile della buona politica, se non comprendiamo questo non saremo considerati presenti a uno degli appuntamenti più rilevanti: il rilancio dell'Unione europea, unica istituzione che ha garantito settant'anni di pace a questo continente e oggi profondamente minata da discussioni e divisioni di piccolo cabotaggio. Solo tornando a volare in alto si potrà apprezzare la bellezza dell'Europa (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Scelta Civica per l'Italia, Democrazia Solidale-Centro Democratico, Area Popolare (NCD-UDC) e di deputati del gruppo Misto).

(Discussione)

  PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri.
  È iscritto a parlare il deputato Andrea Romano. Ne ha facoltà.

  ANDREA ROMANO. Signora Presidente, la nostra discussione sull'Europa ancora oggi si svolge sullo sfondo di una profonda crisi del multilateralismo, un fenomeno che sappiamo essere ormai globale, che vede il crollo verticale della fiducia nella possibilità che le istituzioni internazionali possano essere gli strumenti giusti ed efficaci per governare il mondo e le sue crisi. Questo incrinarsi della fiducia nelle istituzioni sovranazionali è mosso da un potente ritorno della sovranità, o meglio, di una forma specifica di sovranità, una forma angusta e limitata, una forma di sovranità che sembra rifiutare la possibile e necessaria integrazione tra i diversi interessi nazionali e l'interesse generale della comunità internazionale. Questa integrazione però, difficile e complicata ma comunque possibile e necessaria, è stata – lo dobbiamo ricordare – la forma specifica attraverso la quale la comunità internazionale si è governata dopo la fine della guerra fredda. L'interesse nazionale italiano è dentro questa rappresentazione multilaterale e noi siamo una nazione consapevole che solo svolgendo fino in fondo il proprio ruolo di Paese forte dentro le istituzioni internazionali di cui Pag. 7siamo parte si possa promuovere appunto quel nostro interesse e quindi il benessere dei nostri cittadini, la speranza di un futuro migliore per le future generazioni che ricordava adesso il Presidente del Consiglio. È un'idea forte e insieme realistica dell'interesse nazionale italiano, un'idea che anima e promuove la nostra azione dentro l'Unione europea, perché finalmente essa comprenda che solo tornando ad occuparsi dei bisogni dei cittadini potrà essere superata la gravissima crisi in cui è precipitata ed è un'idea questa che è legata alla realtà di quello che ci circonda, perché coloro che parlano di uscita dall'Unione europea non dicono tutta la verità agli italiani così come non la dicono ai cittadini di quei Paesi diversi dall'Italia di cui fanno parte, perché se dicessero tutta la verità allora dovrebbero aggiungere che fuori dall'Europa non c’è maggior benessere, non c’è maggiore giustizia, non c’è maggiore futuro, ma tutto il contrario del benessere, della giustizia e appunto del futuro. L'esempio britannico, d'altra parte, che ricordava adesso il Presidente il Consiglio è lì a dimostrarcelo: dopo la decisione di uscire dall'Unione europea per i cittadini di quel Paese, di quel grande Paese, non si è aperta una prospettiva di maggiore crescita e di maggior benessere, ma al contrario una spirale fatta di decrescita e con una previsione fatta dallo stesso Governo May di un meno 7,5 per cento del PIL per i prossimi 15 anni, una spirale di minori investimenti, di rischi crescenti di disoccupazione, di impoverimento del ceto medio, di ulteriore aggravamento delle condizioni dei più deboli e di esplosione di sentimenti di chiusura e di rifiuto del mondo esterno. Quindi di fronte a questo scenario la prima e fondamentale ragione del nostro essere europeisti è ancora oggi la stessa che spinse i nostri padri e i nostri nonni a scegliere la strada dell'Unione europea, ovvero l'interesse nazionale che ricordavo un attimo fa. Come allora fu chiaro ai padri fondatori che l'interesse degli italiani dopo la catastrofica stagione delle guerre fasciste era solo ed esclusivamente dentro il progetto comunitario, oggi è altrettanto chiaro che fuori dall'Unione europea non c’è alcun modo per difendere gli interessi, il benessere e il futuro degli italiani e delle italiane. Il nostro europeismo è autentico e fondato su concrete ragioni di fatto e privo di retorica e proprio questo nostro europeismo così concreto ci spinge a lavorare affinché l'Unione prenda consapevolezza del rischio che stiamo correndo tutti insieme noi Stati membri dell'Unione e insieme realizzi quella svolta necessaria per riacquistare vitalità e insieme per evitare che le spinte di sfiducia e disgregazione che vengono da numerose parti del continente prevalgano sulla condivisione di un destino e di un futuro comune. È una svolta che potrebbe permettere e che dovrebbe permettere all'Unione di uscire da quel frenetico immobilismo ben descritto da Habermas e di potersi finalmente declinare al futuro. La nostra quindi è una visione concreta di quello che conviene alle nostre famiglie, lo sanno bene anche coloro che giocano con le paure degli italiani promettendo muri che avrebbero solo l'effetto di nascondere lo sguardo e di limitare il benessere e la sicurezza dei cittadini, coloro che confondono la sovranità con l'isolazionismo, facendo finta di non ricordare che la traduzione concreta di isolamento non è il controllo del proprio destino ma la promozione di conflitti che sulla vita delle nostre comunità nazionali non possono che avere effetti molto negativi. Per questo siamo e restiamo europeisti, per questo rispondiamo con la forza e con gli argomenti concreti di un europeismo non retorico ma ben piantato nelle ragioni reali del nostro progetto comunitario. Ma c’è una differenza per l'appunto tra l'essere politicanti come coloro che sostengono che il benessere degli italiani sia nell'uscita dall'Unione e interpretare invece una responsabilità politica dinnanzi al nostro Paese. Per questo la nostra risposta è l'impegno con il quale il Governo e il Partito Democratico stanno lavorando per rilanciare il progetto comunitario dinanzi a due grandi rischi che stiamo correndo: il rischio, ormai consolidato, dell'insufficiente capacità di accompagnare la crescita Pag. 8delle nostre economie e di condividere il peso delle emergenze migratorie e il rischio, più recente, della dissoluzione di fronte all'emersione di un potente sentimento di scetticismo popolare. Due rischi sui quali questo Governo e questa maggioranza stanno lavorando dal giorno uno, con una direzione di marcia assolutamente chiara, una direzione sulla quale esiste un ampio consenso nel Paese e intorno alla quale possono certamente ritrovarsi, anche in quest'Aula, maggioranza e opposizione, nel nome di quella responsabilità e di quell'interesse nazionale su cui, io credo, concordiamo molto più di quanto dichiariamo. La direzione di marcia è quella di non demonizzare lo scetticismo, perché qualunque sentimento di sfiducia quando poggia su una base popolare autentica ha una sua base di realtà che non può essere liquidata con la supponenza di un'alzata di spalle, ma di rispondere a quello scetticismo con politiche concrete e, dunque, con quel cambio di marcia che deve permettere all'Unione di essere più efficace su crescita, lavoro e gestione dei flussi migratori. Il che significa, nella sua concretezza, impegnarsi, come si sono impegnati il Partito Democratico e questo Governo, affinché vi sia una svolta radicale e percepibile dell'Unione europea sui temi del lavoro e degli investimenti, senza perdere la serietà di bilancio ma senza impedirsi di guardare al futuro, perché futuro significa investimenti, spazi per la crescita, condivisione degli oneri in tema di migrazione, esattamente i temi sui quali il Governo ha aperto un fronte molto netto nel dialogo con Bruxelles, lavorando con tenacia per convincere i nostri partner europei dell'assoluta necessità di una svolta.
  Oggi è ormai chiaro a tutti – e vado alla conclusione – che all'Unione europea e agli stessi europeisti è richiesta quell'intelligenza del cambiamento che l'Europa comunitaria ha saputo mostrare tante volte nei suoi momenti migliori nel corso della sua storia. Non sempre è accaduto, questo è vero, ma ci sono state occasioni in cui, appunto, l'Europa si è mostrata miope e testarda, proseguendo, solo per inerzia, politiche che avrebbero dovuto essere archiviate una volta esaurito il proprio compito. Questo è il rischio concreto che l'Europa sta correndo proprio in questo periodo. Ma in tante altre occasioni, appunto nelle sue occasioni migliori, l'Europa comunitaria si è rivelata lucida e coraggiosa, capace, per l'appunto, di quell'intelligenza del cambiamento che serve oggi di fronte alla sfida che abbiamo di fronte. Fu l'intelligenza, ad esempio, di quei leader che seppero partire dalla condivisione della produzione del carbone e dell'acciaio nelle regioni del continente dove tante volte gli europei si erano massacrati proprio per contendersi carbone e acciaio; fu l'intelligenza di aprire la stagione della messa in comune di maggiori garanzie sociali o della frontiera del mercato comune; e fu anche l'intelligenza di rispondere al crollo del comunismo, aprendo le porte a popoli europei che erano stati esclusi per decenni dalla civiltà occidentale, proprio quei popoli – lo dico con un po’ di tristezza – che oggi sono rappresentati da leadership politiche che chiudono le frontiere invece di seguire l'esempio che fu dato loro da Paesi che li accolsero poco più di vent'anni fa.
  Oggi all'Unione europea è richiesta la stessa intelligenza del cambiamento che seppe mostrare in quelle fasi tanto positive della nostra storia comune e oggi l'intelligenza del cambiamento si chiama coraggio di una svolta verso investimenti, lavoro, condivisione delle politiche migratorie e, finalmente, apertura verso il futuro. È esattamente la frontiera sulla quale sta lavorando il Partito Democratico e questo Governo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Giuseppe Brescia. Ne ha facoltà.

  GIUSEPPE BRESCIA. Grazie, Presidente. Presidente del Consiglio Renzi, lei siede su quella poltrona ormai da circa tre anni. È dal febbraio del 2014 che va in Europa e prende decisioni sull'importante tema delle politiche migratorie per conto del popolo italiano. Quindi, io penso che Pag. 9tre anni siano abbastanza per fare un bilancio del suo operato. Nell'arco di questo tempo lei ha avuto anche l'onere e l'onore di condurre il semestre europeo, durante il quale ci sono stati pochi risultati per l'Italia, molti pasticci, molti errori e un risultato, che è stato quello di chiudere l'operazione Mare Nostrum per aprire Triton. Questa operazione ha comportato un risparmio di 108 milioni di euro per l'Italia, 9 milioni di euro al mese. Peccato che dopo, subito dopo, per colmare il vuoto lasciato da Mare Nostrum avete dovuto introdurre nuove operazioni, come Eunavfor Med e come Mare Sicuro che, guarda caso, costano molto di più della stessa Mare Nostrum.
  Eunavfor Med costa 70 milioni, Mare Sicuro costa 90 milioni e, quindi, il bilancio è in negativo di 52 milioni.
  È chiaro che io riporto questi dati consapevole del fatto che le vite umane vanno salvate, ma per dire quanto conta il vostro Governo e la sua azione in Europa: conta meno di zero e questo non è l'unico dato che ci dice questo, ma ci sono anche i dati che ci ha portato in Commissione d'inchiesta il vostro Viceministro, il Viceministro Morando, che ci ha portato i dati contenuti nel vostro Documento di economia e finanza. In questo documento c’è scritto che nel 2014 l'Italia ha speso 2,2 miliardi di euro per far fronte al fenomeno migratorio; nel 2015, 2,7 miliardi di euro e nel 2016 circa 4 miliardi di euro. A fronte di queste spese, di 2, 3 e 4 miliardi di euro, sa quanto ha messo l'Unione europea ? Circa 100 milioni all'anno: 100 milioni a fronte di miliardi che l'Italia spende per far fronte, di fatto, all'accoglienza di tutta l'Unione europea. Questo è quanto contate, questo è il peso che lei riesce a portare in Unione europea per conto del Paese Italia (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Ma voi contate meno di zero anche per altri motivi. Uno, per esempio, è la storia dei ricollocamenti e degli hotspot. Alfano annunciava, nel 2015, che il regolamento di Dublino era stato superato di fatto perché, appunto, erano stati raggiunti questi accordi sui ricollocamenti. Ebbene, al 7 ottobre 2016, su un totale di 160 mila ricollocamenti che dovevano avvenire da Italia e Grecia, dall'Italia ne sono avvenuti ben 1.316. Sono 1.316 su 160 mila ! Questo è indice del fatto che noi non contiamo nulla in Europa, per opera sua, e che ci prendono in giro, per colpa sua, in Europa, che ci promettono di fare i ricollocamenti e che, dall'altro lato, non li fanno, mentre nel contratto era previsto che loro avrebbero fatto i ricollocamenti e noi avremmo fatto gli hotspot. Guarda caso, gli hotspot sono presenti sul nostro territorio; quindi, noi abbiamo fatto la nostra parte del contratto e loro, invece, i ricollocamenti non li hanno fatti.
  Se lei volesse far valere la parola dell'Italia, volesse che l'Italia avesse un peso in Europa, dovrebbe chiudere gli hotspot e non accettare che l'Europa ci controlli sulle identificazioni a fronte di un impegno pari a zero da parte dell'Europa. Se lei volesse, se lei avesse la forza e gli attributi per prendere delle decisioni, chiuderebbe domani gli hotspot (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle), mentre ovviamente il fatto che lei non li chiuda e addirittura stia pensando di istituirne dei nuovi sul territorio risponde alla domanda, che noi ci facciamo, se lei è o non è un burattino nelle mani di queste persone.
  Le cose da fare ormai per risolvere il problema dei flussi migratori e per far fronte al fenomeno di questi flussi sono chiare a tutti. Le priorità sarebbero quelle di affrontare le cause profonde della migrazione nel contesto di cooperazione e sviluppo all'assistenza umanitaria, il raggiungimento dell'attuazione, piena e coerente, del sistema europeo comune di asilo, contribuire a salvare vite umane, adottare una nuova politica di migrazione legale, eccetera eccetera. Sono priorità che vi siete dati voi stessi in Europa il 13 maggio 2015, ma che evidentemente non siete in grado di raggiungere, obiettivi che non siete in grado di raggiungere e, quindi, noi vi chiediamo in base alle vostre capacità, che sono evidentemente limitate, di raggiungere almeno un unico obiettivo che, Pag. 10diciamo, darebbe almeno un po’ di respiro al nostro Paese, che è quello di superare il regolamento di Dublino.
  L'abbiamo detto centinaia di volte: riuscite a fare almeno questa unica, semplice cosa ? Se non ci riuscite, dimettetevi ! Dimettetevi, perché dovete ammettere di non essere in grado e dovete togliervi dalle scatole. Dovreste vergognarvi e dimettervi e, invece, state qui e continuate ad occupare quel posto e a prendere decisioni importanti per il nostro Paese, decisioni, come l'accordo con la Turchia, che non è un accordo che è stato preso tra l'Unione europea e la Turchia. No ! È un accordo che è stato preso tra il Consiglio europeo e la Turchia. Questo ci dice che lei è direttamente responsabile di quell'accordo, lei e gli altri Capi di Governo europei. Lei ha messo la sua firma su quell'accordo, che ha come unico risultato quello di aver chiuso la rotta balcanica, che coinvolgeva direttamente la Germania, e aver sovraccaricato ulteriormente la rotta mediterranea, che coinvolge direttamente l'Italia. Quindi, ci spiega per quale motivo lei, di fatto, va contro gli interessi del suo Paese, del nostro Paese ? Glielo dico io perché lei fa questo. Ci sono due motivi.
  Il primo è perché non è un uomo libero evidentemente. È schiavo di quei poteri forti, di Hollande, della Merkel; fa tutto quello che loro dicono, salvo poi recitare la parte di quello che è in disaccordo, come ha fatto proprio nell'ultimo summit, quando non è andato in conferenza stampa, ma in realtà non era stato invitato a quella conferenza stampa (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Ha detto di essere in disaccordo sul documento di quel summit, dopo, però, averlo firmato: un atteggiamento assolutamente ridicolo, che mette in ridicolo il nostro Paese.
  L'altro motivo è chiaro e palese, lo conoscono tutti: sono gli affari. A voi conviene avere la crisi dei migranti in Italia perché sui migranti, sulla pelle dei migranti ci fate i soldi (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Sulla pelle dei migranti ci sono gli accordi di Governo che avete con NCD. Proprio la settimana scorsa abbiamo portato in Aula una mozione per chiudere il centro di Mineo. Ultimamente sto sentendo che volete andare incontro al modello di accoglienza diffusa. Bene, vi abbiamo messo subito alla prova. Abbiamo detto che se volete fare questo, perché non chiudete Mineo, che è il più grande centro d'accoglienza d'Europa ? Avete votato contro e questa è la prova del fatto che siete dei bugiardi (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  In realtà il PD è il partito di «Mafia Capitale» e noi ce lo dobbiamo ricordare sempre. Quindi, è per questo motivo che voi non volete cambiare le vostre politiche di accoglienza (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle – Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico)...

  PRESIDENTE. Colleghi, per favore ! Per favore, deputato Di Battista !

  GIUSEPPE BRESCIA. Purtroppo, però, a tenere bene in mente questa cosa sono proprio le prime vittime, i migranti, che sono vittime sia della loro condizione che della condizione in cui li costringete a vivere voi in quei centri. Eppure si parla di bambini, di donne, di persone deboli, che avrebbero bisogno di aiuto. Ma, davanti agli affari, davanti ai vostri interessi, delle vostre parole non resta che inutile buonismo.
  In conclusione, quello che ci fa andare ancora avanti, che fa andare avanti ancora i cittadini italiani, che non vi sopportano più, non sopportano più la vostra vista, non sopportano più di sentirvi blaterare in televisione...

  PRESIDENTE. Deve concludere.

  GIUSEPPE BRESCIA. ... è il fatto – sto concludendo – che il 4 dicembre è vicino. Il 4 dicembre sarà un giorno importante, ma non, come pensa lei, per dare vita alla «Dittatura 2.0» in base alle sue riforme. Sarà un giorno importante perché finalmente, con un sonoro «no», i cittadini Pag. 11italiani si libereranno di voi (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Maurizio Lupi. Ne ha facoltà.

  MAURIZIO LUPI. Grazie, signora Presidente. Signor Presidente del Consiglio, certo che la tentazione di rispondere al collega dei 5 Stelle sarebbe forte, ma credo che sarebbe inutile, nel senso che è stato talmente evidente come, nel tentativo, per la prima volta, di entrare nel merito nella prima parte del suo discorso, era come quello che imparava a nuotare e annaspava e ogni tanto affondava; quando, invece, ha dovuto farsi ascoltare, o magari farsi fare qualche ripresa, ha dovuto urlare e dire cose che, come al solito, come i colleghi 5 Stelle sanno, quando devi iniziare a governare, a Roma per esempio, non bastano, come i direttori, i minidirettori eccetera, basta semplicemente rimboccarsi le maniche, non si deve urlare e si deve cercare di dare risposte concrete. Quindi, fate bene ad andare avanti così.
  Ma, siccome il tema della giornata di oggi non era questo, io, signora Presidente, signor Presidente del Consiglio, credo che si debba affrontare il cuore della questione che il Presidente del Consiglio ha posto oggi al Parlamento e alle istituzioni. Ha fatto bene il Presidente del Consiglio nella prima parte del suo discorso a dire che c’è bisogno di realismo e chiarezza e che c’è bisogno di proposte. Ha fatto bene il Presidente del Consiglio a dire con chiarezza che, proprio per il realismo, per la chiarezza e per le proposte, non sono accettabili comportamenti diversi in Europa. Noi appoggiamo questa posizione. Nel merito, con la solita autorevolezza, interverrà il presidente Buttiglione sui temi del prossimo Consiglio d'Europa.
  A me interessa che non vada dispersa e passata sotto silenzio la questione di fondo su cui l'Italia, ma credo tutti i Parlamenti nazionali europei dovrebbero porre l'attenzione e il cuore della riflessione.
  Noi pensiamo, signor Presidente, come lei, che l'Unione europea, non formalmente, ma sostanzialmente, sia veramente sull'orlo della sua possibile dissoluzione, ma non a causa dei rinascenti nazionalismi, delle pulsioni populiste, degli egoismi mascherati da politica della grettezza xenofoba, che riaffiora da un passato che credevamo morto e sepolto. Certo, tutte queste cose ci sono e ci saranno sempre come tentazione latente in ogni uomo, a meno che coltiviamo ancora l'utopia, già dimostrata falsa dalla storia del secolo scorso, di costruire sistemi talmente perfetti da rendere inutile all'uomo di essere buono. L'Europa è sull'orlo della dissoluzione non a causa dei suoi nemici interni ed esterni, ma a causa di se stessa, per un problema di identità e quando parliamo di queste cose sembra che parliamo di altro, di tutt'altro e non del cuore del problema.
  L'Europa, come tante volte noi qui in Italia e tante volte negli altri Paesi europei, non sa più chi è né quale sia il suo compito nel mondo; ha interrotto anni fa il grande disegno che pensava un continente capace di respirare con due polmoni, oriente e occidente, dall'Atlantico agli Urali, e che aveva come importante passo quello della Costituzione europea. Ci siamo messi a litigare – la memoria è corta – sul riconoscimento delle nostre radici comuni, per un malinteso concetto di laicità. Ma come si fa a stare insieme se non si sa la ragione per cui si sta insieme ? «Altri, più pratici, sono i problemi» si argomentava; i problemi sono altri e il risultato è che abbiamo rinunciato ad avere una Costituzione europea.
  Per fare un passaggio di attualità, mi sembra un po’ come quando andiamo tutti noi, oggi, ai dibattiti televisivi sulla riforma costituzionale e ci sentiamo ripetere in televisione, ma anche dalla gente: «Voi politici state perdendo tempo sulla Costituzione, mentre sono altri i problemi e le priorità della gente». E partono i servizi sulle pensioni, partono i servizi sui disoccupati, partono i servizi di una realtà che è vera, che è la concretezza dei problemi, ma sembra, come al solito, di dividere la realtà dall'ideale, come se la Carta fondamentale Pag. 12di un Paese non c'entrasse nulla con le leggi che devono affrontare e risolvere proprio questi problemi.
  Ma torniamo all'Europa. Io penso che, in questo momento, siamo di fronte a una scelta di fondo, esattamente come quando l'Europa moderna nacque dalle ceneri della Seconda Guerra Mondiale. La crisi che attraversiamo non ha quella violenza mortale e distruttiva, ma è ormai più lunga di quella guerra, è la scelta di fondo che deve determinare il nostro atteggiamento in Europa, signor Presidente del Consiglio. Lo dico a lei che in Europa – ha fatto bene a ricordarlo, anche recentemente – non rappresenta solo la maggioranza, ma rappresenta tutto il Paese e di questo spesso ci dimentichiamo, usando l'Europa per attaccare il nostro avversario interno, non rendendoci conto che in questo modo contrastiamo quel bene comune che pure diciamo di voler servire.
  Ho sempre trovato meschino e provinciale l'uso della stampa straniera per dileggiare il nostro Governo e mi dispiace – vado verso la conclusione – per coloro che oggi usano, avendo denunciato nel passato i complotti del capitalismo finanziario internazionale, la stessa stampa straniera per dare le proprie ragioni in un dibattito molto concreto. Ecco, la scelta dell'Europa è questa: cosa deve fare l'Europa e cosa deve fare per guardare al futuro e per risolvere quei problemi concreti. Noi dobbiamo riporre al centro questa questione, con quella chiarezza e con quel realismo, con la declinazione delle proposte, ma sapendo ed essendo coscienti che chiarezza, realismo, proposte e concretezza, senza il ritorno ad un ideale comune e ad una ragione per stare insieme, che non è il linguaggio dei burocrati, ma è il linguaggio della politica, cioè della buona politica, quella nobile, l'Europa non ci sarà e purtroppo la crisi non la risolveremo (Applausi dei deputati del gruppo Area Popolare (NCD-UDC)).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Brunetta. Ne ha facoltà.

  RENATO BRUNETTA. Grazie, signora Presidente. Signor Presidente del Consiglio, mi permetta di rivolgermi direttamente... Renata, per favore...

  PRESIDENTE. Per favore... Prego, presidente Brunetta.

  RENATO BRUNETTA. Mi permetta di rivolgermi direttamente a lei, signor Presidente del Consiglio: che le sta succedendo, signor Presidente del Consiglio ? Che le sta succedendo, signor Presidente del Consiglio ? Lei ha parlato questa mattina oltre mezz'ora sul nulla. Si è accorto solo ora, signor Presidente del Consiglio, che questa Europa non ha ambizioni ?
  Lei ha citato il Consiglio informale di Bratislava. Le ricordo, signor Presidente del Consiglio, che il documento finale del vertice del Consiglio informale di Bratislava ha avuto anche la sua approvazione, è approvato all'unanimità. Lei lo ha approvato, salvo poi inscenare quella ridicola piccola farsa sulla conferenza stampa e salvo venirne ridicolizzato subito dopo.
  Il tema, signor Presidente del Consiglio, è la sua credibilità: la credibilità sua e dell'Italia che lei rappresenta. La credibilità sua e del suo Governo in questa delicatissima – su questo ha ragione – fase storica in Europa e nel mondo.
  Ma questa mattina da lei, signor Presidente del Consiglio, ho sentito solo una retorica parolaia. Ma che le sta succedendo, signor Presidente del Consiglio ?
  Nel suo partito di fronte a una spaccatura tremenda di un progetto per lo stesso PD, di fronte al referendum, lei cosa propone ? Una commissione istruttoria per riformare l'Italicum: ridicolo !
  Per l'Europa cosa propone, signor Presidente del Consiglio ? Abbiamo sentito oggi con le nostre orecchie: gruppi di lavoro per Roma 2017. Ma si rende conto di quello che sta dicendo: gruppi di lavoro per l'Europa 2017 ?
  Si metta tranquillo, signor Presidente del Consiglio: lei non ci sarà nel 2017, a meno che qualcuno non stia cercando la colla austriaca, quella colla che chiudeva male le buste – glielo ricordo – e a causa della quale venne rinviato il ballottaggio in Austria. Sta cercando anche lei la colla Pag. 13austriaca, signor Presidente del Consiglio, per rinviare il referendum in Italia ?
  Infine, sempre in termini di credibilità, abbiano la mia solidarietà tutti i telespettatori di Politics di ieri sera dopo l'ignobile pollaio che abbiamo potuto vedere. Gli stessi telespettatori, signor Presidente del Consiglio, che non si erano ancora ripresi dalla domenica bestiale Renzi-Giletti senza calcio fatta in spregio alla par condicio, in spregio a qualsiasi regolazione da parte della Commissione di vigilanza che sarebbe arrivata qualche giorno dopo.
  Ma aveva proprio bisogno di un'invasione ulteriore dei media ? Ma deve essere veramente disperato, signor Presidente del Consiglio, se aveva proprio bisogno di questa invasione dopo tutto quello che ha fatto, dopo aver tutti i giornaloni dalla sua parte, il gruppo Corriere della Sera, il gruppo La Stampa, il gruppo Monti Riffeser, il gruppo Caltagirone, il gruppo Repubblica. Dopo tutti i giornaloni, dopo aver blindato i telegiornali, dopo aver condizionato le televisioni private, aveva proprio bisogno di questo rush finale della domenica bestiale con Giletti e del pollaio di ieri sera ? Le chiedo, signor Presidente del Consiglio, non ne ha guadagnato la sua credibilità ? Vede – ma lei lo sa perché so che legge i sondaggi e le statistiche – la sua fiducia in trenta mesi si è dimezzata, è crollata di oltre 30 punti: da 60 a 30 o da 55 a 26, a seconda dei punti di partenza. Lei non si è mai chiesto perché in trenta mesi di Governo, in trenta mesi in cui lei ha potuto e voluto fare carne di porco della democrazia parlamentare, nonostante tutto questo, la sua fiducia, la fiducia nella sua persona e nel suo Governo è crollata di 30 punti ? È crollata di 30 punti solo per una semplice ragione: la gente l'ha capita, ha capito la malattia politica da cui lei è affetto, l'azzardo morale, vale a dire quello di non mantenere la parola.
  Studi le opere dell'ultimo premio Nobel sulla teoria dei contratti. Nella teoria dei contratti, signor Presidente del Consiglio, l'azzardo morale è la malattia mortale, è quello di non mantenere la parola, in altri termini imbrogliare. Questo l'hanno capito gli italiani, questo l'hanno capito a livello europeo e lo capiranno i cittadini italiani il 4 dicembre quando andranno a votare, colla o non colla austriaca, al referendum. Per questa ragione compatisco i telespettatori di ieri sera, signor Presidente del Consiglio, come compatisco i senatori che dovranno purtroppo ascoltarla sul nulla tra qualche mezz'ora (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Dellai. Ne ha facoltà.

  LORENZO DELLAI. Signora Presidente, signor Presidente del Consiglio, il nostro gruppo Democrazia Solidale-Centro Democratico ha apprezzato la relazione dal Presidente del Consiglio e condivide la risoluzione della maggioranza alla quale naturalmente rinvio per i contenuti specifici.
  Tuttavia, devo dire che è difficile sfuggire alla percezione di una ritualità sia in questo dibattito – abbiamo appena sentito dal collega Brunetta un improbabile e preventivo necrologio politico nei confronti del Presidente del Consiglio – ma ritualità anche degli stessi vertici con un sapore di finzione che svela una crisi di leadership dell'Europa, una crisi di visione, che fa vedere un'Europa divisa, smarrita e, per la centralità perduta, vecchia, stanca e impaurita. Un'Europa politica incapace di reagire anche alle provocazioni becere dei populisti alla Orbán – ha fatto bene prima il Presidente Renzi a richiamarlo – un'Europa convinta sempre di più, ahimè, che nella transizione dei modelli economici e sociali alla sfida globale si possa rispondere con più nazionalismo anziché con più apertura e più integrazione. Il Governo italiano dunque, su consenso del Parlamento, fa bene – noi lo incoraggiamo a proseguire – a seguire la strada della sincerità anche nelle critiche dopo i vertici e fa bene a seguire il doppio binario. Da un lato, un negoziato puntiglioso sulle regole della finanza pubblica che siano più eque e più adatte a gestire una fase di lunga recessione e, dall'altro, però anche il Pag. 14binario del rilancio politico dell'idea di Europa contro ogni pericolosa rassegnazione al ribasso e questo vuol dire parlare di nuova governance, di investimenti garantiti dall'Eurozona per infrastrutture e innovazione, di piani straordinari per i giovani, per la formazione, per la ricerca, di una politica lungimirante e coraggiosa verso l'Africa.
  Questo rilancio politico, però, non può essere di breve momento: deve saper resistere alle pressioni contingenti e alle pulsioni inquiete di crescenti parti dell'opinione pubblica, lasciata, ormai, allo sbando da una politica priva di carisma e di rappresentanza; deve fare i conti anche con una crisi della democrazia rappresentativa, che rischia, appunto, una crisi che è più di senso che di efficienza; deve ricercare, questo rilancio politico, una difficile terza via tra tecnocrazia, da un lato, e populismo, dall'altro, che, in realtà, sono due facce della stessa medaglia: quella della «democratura», come qualcuno dice. Sarà una strada lunga, ma segnerà il futuro e denoterà anche la statura dei leader veri, al di là dei risultati, pur importanti naturalmente, o dei fallimenti di ogni singolo vertice del Consiglio europeo.
  Noi siamo convinti che su questa prospettiva di coraggio, di visione, ci sia il consenso di tante forze, di tante persone preoccupate, certamente, magari smarrite, ma anche non rassegnate. Abbiamo sentito in quest'Aula e fuori, e sentiremo ahimè, i sermoni di chi si nutre delle paure e delle inquietudini della gente. Per quanto roboanti e, magari, efficaci nel teatro mediatico, questi sermoni, però, non lasceranno traccia: la politica lungimirante e responsabile invece sì. È sempre stato così e così ancora sarà. Solo che, però, la politica lungimirante e responsabile ha bisogno, in Europa, come in Italia, di cultura, di nuove infrastrutture, anche politiche, di una narrazione coerente e di una attitudine inclusiva. Io penso che tutti dovremmo lavorare per questo (Applausi dei deputati del gruppo Democrazia Solidale-Centro Democratico).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Scotto. Ne ha facoltà.

  ARTURO SCOTTO. Grazie, signora Presidente. Signor Presidente del Consiglio, le confesso una certa delusione dalla sua relazione per il semplice motivo che i temi trattati nel Consiglio europeo del 20 e del 21 sono maledettamente seri, maledettamente legati allo sviluppo dei prossimi anni dell'Europa, come lei stesso ha detto, e del mondo.
  Eppure, lei è venuto qui ad elencarci una sorta di rassegna stampa ed anche la sua agenda di Governo, la sua agenda personale: cosa interessante, aggiungerei oltre ai vari incontri, le comparsate televisive, le circa duecentoventi iniziative per il referendum.
  La domanda che noi le poniamo preoccupati, signor Presidente del Consiglio, è quando troverà il tempo di governare il Paese di qui al 4 dicembre.
  Ma il tema non è questo. Il tema non è la polemica tra di noi: il tema è cosa lei andrà a dire in Europa e cosa andrà a dire negli appuntamenti che nella prossima settimana già si dispiegheranno. Lei andrà da Barack Obama. Ci ha detto, giustamente, che si rinnova un rapporto di amicizia tra i nostri due Paesi, ma, nell'amicizia, c’è bisogno anche della franchezza, signor Presidente del Consiglio. E l'amicizia passa dicendo delle verità, a partire da quel Trattato – TTIP e CETA – su cui lei non ha speso una parola, eppure, è uno dei temi all'ordine del giorno, del menù della cena con il Presidente Obama e del menù del Consiglio europeo. A che punto sta il negoziato, signor Presidente del Consiglio ? Possiamo sapere se siamo d'accordo con le perplessità e i dubbi espressi dai Governi tedeschi e dalla Francia ? Vede, quando i trattati non sono chiari, quando i percorsi sono opachi, è giusto fermarsi: noi proponiamo che il nostro Paese si fermi nel negoziato sul TTIP e sul CETA.
  E, allo stesso tempo, noi chiediamo un'altra cosa: che lei dica al Presidente Pag. 15Obama e al Consiglio europeo che, probabilmente, occorrerebbe fare un bilancio di alcune guerre.
  Sono passati quindici anni dalla guerra in Afghanistan e i numeri sono chiari: 6 miliardi e 6 di euro spesi dal nostro Paese, cinquantatre morti e seicentocinquanta feriti tra i nostri militari; 2.100 miliardi di dollari spesi nella più lunga guerra della storia del mondo. Signor Presidente, che aspettiamo a dire che si deve chiudere la pagina della guerra in Afghanistan (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà) ? E, contemporaneamente, vogliamo cominciare a dire in maniera forte che si sta riaffacciando nel mondo una lunga stagione di deterrenza ? La Russia che punta i missili nucleari sull'Europa, l'Europa che mette la NATO ai confini con la Russia: occorrerebbe riaprire una riflessione sul disarmo e questa non c’è, neanche nelle sue parole, ma c'era nelle migliaia di persone che sfilavano domenica scorsa alla Perugia-Assisi. Una domanda di senso. Occorrerebbe dire una parola chiara sul grande cancro che attraversa l'Europa: si chiama diseguaglianza.
  Signor Presidente, non basta citare Obama: bisogna andare a dire cosa è successo, chi ci ha guadagnato dalla crisi, chi ci ha guadagnato ad alzare muri e barriere, chi ci ha guadagnato a mettere in campo una stagione di delocalizzazioni. Ricordo Almaviva: 2.500 donne e uomini che rischiano il posto di lavoro. E noi, nell'ambizioso progetto «Industria 4.0» non abbiamo scritto una parola e, quando abbiamo scritto le parole, le abbiamo scritte sbagliate, dicendo: venite ad investire in Italia perché gli ingegneri del nostro Paese costano di meno. Propagandiamo stili di vita occidentali, ma paghiamo i nostri lavoratori con salari cinesi.
  Occorre una svolta, signor Presidente, e nelle sue parole non c’è. Il tema si chiama rottura, frattura sociale, ritorno di condizioni di lavoro servili nella società contemporanea. Ma si parla anche di democrazia, quella parola che sembra cancellata o sembra una parola malata.

  PRESIDENTE. La invito a concludere.

  ARTURO SCOTTO. Vede – e ho concluso –, ieri lei ha definito il bicameralismo, in una trasmissione televisiva, come due assemblee di condominio che litigano. Se la Camera e il Senato sono dei condomini, lei ne è l'amministratore. Conoscendola, credevo che coltivasse ambizioni più grandi.
  Mi verrebbe da citare un vecchio saggio della sinistra, Antonio Gramsci, quando diceva che i leader che coltivano piccole ambizioni rischiano di diventare pericolosi per sé e per gli altri. Vede, questo è il punto della discussione che attraverserà il Paese nei prossimi mesi: le Costituzioni nascono, innanzitutto, su un principio fondamentale: difendere le minoranze dall'arbitrio delle maggioranze, non sono uno strumento nelle mani dei Governi per mettersi sopra tutto e tutti. Questo è il punto. Vedo che il collega Lupi, con rammarico, annuncia che le opposizioni utilizzano i quotidiani esteri – quelli lì che, molto spesso, hanno difeso il suo Governo – per scaraventarli contro di lei. Non lo facciamo: noi utilizziamo Bobbio e vi lasciamo il Financial Times (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Abrignani, che non vedo. Non c’è: va bene, allora, andiamo avanti.
  È iscritto a parlare il deputato Fedriga. Ne ha facoltà.

  MASSIMILIANO FEDRIGA. Grazie, Presidente. Presidente del Consiglio, ormai noi siamo rassegnati. Le dico che siamo rassegnati, perché pensare di entrare nel merito delle discussioni con lei ci sembra, ormai, un affare impossibile. Le comunico che con qualche mimica facciale da sitcom e con qualche promessa che viene rimandata sempre di anno in anno non si risolvono i problemi del Paese e lei non riacquisisce credibilità agli occhi dei cittadini di questo stesso Paese.
  Presidente del Consiglio voi siete riusciti perfino a mentire con un abile gioco Pag. 16– questo sì lo ammetto – sul reale tasso di disoccupazione del Paese. Avendo liberalizzato di fatto i voucher, voi avete fatto scendere – e questi sono i dati forniti dal Ministro del lavoro, Poletti – di più di due punti percentuali il tasso di disoccupazione. Voi considerate occupati chi guadagna ventotto euro netti al mese. In realtà, noi stiamo parlando di una disoccupazione del Paese che supera il 13,5 per cento. E in tutto questo contesto lei non combatte con l'Europa per avere maggiore flessibilità, per dare risposte al dramma della disoccupazione del Paese, ma lei chiede all'Europa flessibilità per accogliere un maggior numero di clandestini. Lei sta indebitando il Paese e i cittadini di questo Paese per accogliere più clandestini. Lei dovrebbe chiedere all'Europa di andare a controllare realmente i confini e a procedere ai respingimenti e ai rimpatri. Evidentemente, il business miliardario, che continua a produrre l'affare dell'immigrazione clandestina nel nostro Paese, le fa continuare a portare avanti una politica che dice «porte aperte, maggiori risorse per Coop e associazioni».
  Presidente del Consiglio, il problema non è investire sulla percezione dell'Europa, ma il problema è che lei ci racconti quali investimenti sono stati fatti da JP Morgan in MPS, qual è il rapporto di Carrai con JP Morgan, che finanziamenti hanno dato JP Morgan e società controllate da JP Morgan alle fondazioni nel nostro Paese. Questo sarebbe interessante scoprire nel Paese. Ci interesserebbe scoprire quali sono i rapporti fra i membri del Governo che lei presiede e Banca Etruria; questo sarebbe interessante sapere. Ci interesserebbe sapere com’è possibile che il Ministro Padoan venga ieri in Commissione bilancio, certificando un buco di 7 miliardi e 250 milioni che non ci sa dire come coprirà. Questo ci interesserebbe sapere, Presidente del Consiglio. Lei, nella nota di variazione al DEF ha fatto un falso in bilancio. Se fosse una normale azienda, qualche tribunale verrebbe ad indagare perché c’è un falso in bilancio, che peserà sul futuro dei nostri figli, sulle future generazioni, quelle di cui lei sempre si riempie la bocca, Presidente del Consiglio.
  Ma dicevo che noi siamo demoralizzati perché per lei è impossibile affrontare il merito di queste questioni. Probabilmente nella replica lei mi incomincerà a rispondere con offese, faccette buffe o quant'altro; non ci interessa, Presidente del Consiglio – e incomincia la prima dimostrazione – ci interessa poco. Le dico però che le varie promesse che lei ha fatto – guardi, ho qui un elenco imbarazzante che mi sembra quasi inutile ripetere perché sarei noioso e racconterei quello che gli italiani già sanno – però le chiedo solo una cosa: perlomeno ci tolga il tormento di continuare a sperare nella promessa che arriverà sempre l'anno successivo. Come quella, per esempio, che i partiti dovevano uscire dalla RAI: su quello però ha rispettato la promessa; peccato che in quell'affermazione si era dimenticato di dire: «i partiti, tranne il partito renziano». Lei è riuscito a fare ciò che nemmeno la prima Repubblica era riuscita a fare: monopolizzare la TV di Stato, pagata con i soldi dei contribuenti e con le tasse dei contribuenti, per farla semplicemente suo megafono e addirittura a quei pochi giornalisti liberi, che ancora hanno il coraggio di dirle di «no», lei fa la fatwa dicendo: «con loro non dovete parlare». Io sono convinto che gli italiani saranno molto più intelligenti di quanto lei creda, credo che il quesito truffa...

  PRESIDENTE. Concluda.

  MASSIMILIANO FEDRIGA. Vado a concludere, Presidente. Credo che il quesito che lei ha proposto sul referendum avrà un esito negativo per lei e sono convinto che quello non solo bloccherà una riforma scritta male e fatta male che danneggia il Paese, ma soprattutto manderà a casa un Governo che sta facendo del male alla nostra gente (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie-Lega dei Popoli-Noi con Salvini).

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Pia Locatelli. Ne ha facoltà.

Pag. 17

  PIA ELDA LOCATELLI. Grazie, signora Presidente. Signor Presidente del Consiglio, dei tanti temi sul tavolo del prossimo Consiglio europeo, mi soffermo ancora una volta su quello che secondo noi socialisti è il più critico e sul quale si gioca il futuro dell'Europa.
  Parlo della gestione dei flussi migratori che vede l'Europa divisa tra chi coltiva odi e paure e coloro che cercano di governare il fenomeno con politiche comuni improntate in primis al rispetto dei diritti umani, dello spirito di solidarietà e accoglienza che da sempre ci caratterizza. L'Italia su questo fronte non ha nulla da rimproverarsi, anzi siamo tra i Paesi europei che hanno risposto con maggiore generosità – forse ci batte la Grecia –, generosità alla richiesta di aiuto di chi fugge da guerre, violenze e persecuzioni. Lo abbiamo fatto in primis con Mare Nostrum, che ha salvato migliaia di vite e che è stata esempio e guida per rafforzare la missione Frontex, e continuiamo a farlo adesso. Ora però, dopo aver dato tanto, chiediamo il rispetto degli impegni assunti dall'Europa sul tema. L'accordo raggiunto dal Consiglio europeo un anno fa, sul ricollocamento dei migranti e richiedenti asilo era un passo avanti fondamentale e dico «era» perché rischia di essere vanificato dalla resistenza dei singoli Paesi e dalla nascita di nuove resistenze e barriere.
  L'accordo del settembre 2015 in tema di migrazioni prevedeva la ricollocazione di 40.000 migranti entro un anno e poi di altri 120.000. Delle prime 40.000 ricollocazioni 24 mila dovevano riguardare il nostro Paese; dopo un anno sono stati ricollocati poco più di ottocento migranti. È chiaro che questa situazione non può andare avanti: c’è un'Europa che continua a chiederci di rispettare impegni di contenimento del deficit, che ci controlla i conti e resiste alle nostre richieste di maggiore flessibilità, del resto previste dal Patto di stabilità e di crescita – ma su questo secondo aspetto sembra non ci sia grande attenzione – e poi c’è la stessa Europa che in materia di immigrazione è quasi totalmente inadempiente. Bene ha fatto, Presidente del Consiglio, a esprimere a Bratislava la sua, la nostra insoddisfazione per le conclusioni su economia e immigrazione e ci auguriamo che le nostre istanze troveranno finalmente risposta al prossimo Consiglio europeo, sennò – come ha detto il Ministro Gentiloni – l'Europa va a sbattere.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Fabio Rampelli. Ne ha facoltà.

  FABIO RAMPELLI. Grazie, Presidente, colleghi, Presidente del Consiglio, ci troviamo ancora una volta, a discutere prima del Consiglio europeo, sulla linea e l'indirizzo che il Parlamento italiano dovrebbe consegnarle, Presidente, e ci è parso dalla sua introduzione e dalla sua prolusione che lei non stia in grande forma – lo hanno detto altri –, il suo intervento sembra tratto, non so se ce l'ha presente, dal romanzo fantastico La storia infinita di Michael Ende, in modo particolare, dallo spettro del cosiddetto nulla che avanza. L'impressione è che il Governo da lei presieduto, Presidente Renzi, navighi a vista.
  Vorrei fosse chiaro – visti anche alcuni interventi del dibattito – che, dal mio punto di vista, dal nostro punto di vista, non ci sono forze politiche che siano pregiudizialmente contro l'Europa. Ascolto invece, per l'ennesima volta, un'adesione dogmatica all'Unione europea e persino ai suoi misfatti da parte del Partito Democratico o da parte di una trancia di esso, un errore strategico, ma anche un errore tattico. Se l'Europa è presidio dei valori della civiltà occidentale noi siamo favorevoli all'Europa. Se l'Europa è promozione e difesa dell'economia reale, con banche e finanza a sostegno della produzione, del lavoro, del benessere dei cittadini, delle famiglie e delle imprese, noi siamo favorevoli all'Europa. Se l'Europa contrasta, dentro e fuori i suoi confini, il dumping sociale e lo sfruttamento dell'uomo, della donna e dei bambini anche fuori dai suoi confini, per intenderci – e ogni riferimento alla Cina e all'India è voluto – noi siamo favorevoli all'Europa. Se l'Europa promuove il made in, i prodotti tipici, la Pag. 18qualità, i talenti, le eccellenze, noi siamo favorevoli all'Europa. Se l'Europa si intesta una missione internazionale, una volta per tutte, per portare ricchezza, sviluppo, futuro, occupazione, infrastrutture in Africa, affrontando il dramma della povertà, perché di questo si tratta, nell'unico modo possibile, noi siamo favorevoli all'Europa, ma la parentesi va aperta obbligatoriamente, la gestione europea e italiana dei flussi migratori eccezionali è fallita. Nessun contrasto ai trafficanti di uomini e ai loro affari multimiliardari in rete con la criminalità organizzata, nessuna azione atta a distruggere i barconi della morte condotti dal braccio armato di questo circuito criminale e cioè dagli scafisti. Gli immigrati, anche quelli economici, vengono indotti a fare richiesta di riconoscimento dello status di profughi da noi, dal circuito italiano dell'accoglienza e del soccorso, dopo un anno nove su dieci ricevono da una nostra Commissione il diniego. A questo punto potrebbero essere rimpatriati ? No, possono fare un ricorso, noi chiediamo che venga abolito, rimanendo altri due anni e mezzo nei vari CARA, senza poter nemmeno lavorare, stipati lì senza dignità in condizioni indecenti, come abbiamo potuto constatare recandoci noi di Fratelli d'Italia in vari centri di accoglienza al sud come al nord del nostro stivale. Anche dopo il secondo definitivo diniego restano qui gli immigrati economici, non i profughi. Domanda: se vengono espulsi solo i terroristi, perché non li facciamo entrare tutti, gli immigrati economici ? Risposta: le cooperative rosse, le cooperative bianche, il caporalato, il grande capitale, il sistema del welfare che, a seconda delle cose che leggiamo, sembra essere al collasso, mentre la risposta per noi – mi avvio a concludere – è legata alla fase dei respingimenti che pure era trascritta nelle convenzioni, nei trattati, nelle decisioni dell'Europa. Da qualche tempo lei, Presidente del Consiglio, sembra aver modificato la sua linea verso l'Europa, forse ha capito che la Merkel e Hollande sono invisi, oltre che ai rispettivi cittadini, anche agli italiani e cerca, facendo i capricci, di spuntare uno sprazzo di verginità e di popolarità. A questo punto ci viene – concludo – il sospetto che valga la massima di Gustave Flaubert: si fa – dice – della critica quando non si può far dell'arte, si diventa spia quando non si può fare i soldati (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Artini. Ne ha facoltà.

  MASSIMO ARTINI. Signora Presidente, colleghi, Presidente del Consiglio, io rilevo una effettiva discussione da parte sua, una trattazione del tema del prossimo Consiglio effettivamente stanca, Presidente del Consiglio. Non c’è un'idea di novità, non c’è una trattazione del tema, io parlo in particolare rispetto al tema dell'immigrazione, non c’è una valutazione di quella è la situazione attuale che di qui a pochi mesi potrebbe essere ancora più grave rispetto alle operazioni che a breve saranno poste in essere nel Kurdistan e in Iraq. Di questo, come di altri temi, nella sua trattazione non si sente parola. Negli ultimi «n» Consigli che lei ha voluto trattare con il Parlamento – che dovrebbe darle un indirizzo – le parole sono rimaste da parte sua le medesime e infatti la situazione per l'Italia e rispetto all'Europa non è cambiata, il blocco che i Paesi di Visegrad ci stanno facendo per quanto piccoli, è massiccio, per cui sinceramente l'unico appunto che mi viene da fare è di segnalarle che la situazione nell'area di Mossul potrebbe creare effettivamente una pressione migratoria ancora più elevata, si parla indicativamente di fino a un milione e mezzo di sfollati da quell'area. Quindi questo è un tema che in questa fase di discussione mi preme di riportarle e che nelle nostre risoluzioni è stato inserito con forza.

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Berlinghieri. Ne ha facoltà.

  MARINA BERLINGHIERI. Signora Presidente, cari colleghi, i temi posti all'ordine del giorno del prossimo Consiglio europeo ci hanno visti impegnati in un Pag. 19grosso lavoro di discussione e proposta nei mesi scorsi, tanto che a volte sembra di ritrovarci qui a cadenze fisse a dire sempre le stesse cose e a constatare che niente succede. Gli interventi che mi hanno preceduta hanno ben messo in luce la situazione che abbiamo di fronte e che appare evidenziare sempre di più le difficoltà dell'Unione europea, non tanto nel trovare le soluzioni ai problemi ma a trovare quella condivisione politica di strategia che porta ad attuare le soluzioni individuate. Lo stato dei processi decisionali all'interno delle istituzioni europee sta mostrando in maniera sempre più evidente i suoi limiti, gli ultimi vertici europei sono stati caratterizzati dal rinvio costante ai successivi summit per le decisioni da assumere, anche quando queste ultime sono rilevanti per la stessa sopravvivenza dell'Unione. L'Europa non sembra all'altezza delle sfide che ha di fronte, anzi, appare in una situazione di difficoltà sempre crescente che si manifesta, nonostante alcuni apporti costruttivi e proposte ambiziose con visione di lungo termine siano stati avanzati. Le spinte nazionalistiche e populistiche, insieme frutto e causa dei problemi dell'Unione, stanno mettendo a dura prova l'Europa e aggravano il quadro, il mutamento di scenario e di equilibri politici a livello globale. Siamo alle prese con uno scontro che vede due visioni contrastanti dell'Europa, tra quella che coltiva odi e paure, rispondendo a problemi globali con anacronistici nazionalismi o continuando a perseguire progetti rovinosi e quella che invece propone di governare le trasformazioni epocali con politiche comuni, improntate a giustizia sociale, libertà, universalismo dei diritti, pena il declino irreversibile del continente. Dunque, che fare di fronte a una situazione come questa ? Io credo che innanzitutto dobbiamo continuare a fare una cosa fondamentale: dobbiamo coltivare la voglia di guardare al futuro dell'Europa, al nostro futuro con fiducia e speranza, con la consapevolezza che non siamo soltanto il vecchio continente ma che abbiamo una storia, dei valori che sono fondamentali perché ogni uomo e ogni cittadino possa realizzare sé stesso e perché l'umanità tutta possa vivere in pace e questa consapevolezza identitaria ci deve guidare, anche se siamo abbastanza sicuri che le difficoltà che ci saranno non saranno granché minori di quelle che abbiamo avuto fino ad ora. Rispetto al progetto europeo non dobbiamo lasciarci vincere dall'atteggiamento di timore e di sfiducia, di interpretazione parziale di ogni cosa che avviene, ma dobbiamo avere lo sguardo lungo della speranza, la pazienza e la tenacia che servono per costruire le cose grandi, anche quando questo sguardo lungo ci chiede di evidenziare con forza le criticità e i problemi. Con questo atteggiamento dobbiamo continuare ad essere presenti sui tavoli delle istituzioni europee, laddove si fa sempre più fatica a gestire i grandi problemi dell'oggi e il nostro Paese e il nostro Governo finora in questo non ha mancato. Con il Migration compact abbiamo infatti presentato un piano di lungo respiro per la gestione dei flussi migratori, consapevoli che la migrazione costituisce una delle maggiori sfide del nostro tempo, che richiede perciò risposte politiche strutturali di lungo periodo, comuni e condivise tra gli Stati membri. Dobbiamo quindi proseguire attivamente nel lavoro di rafforzamento della solidarietà e della coesione all'interno dell'Unione in favore di una politica migratoria comune efficace e di lungo termine. Dobbiamo lavorare per sostenere l'applicazione degli strumenti giuridici già esistenti per il rispetto dei trattati, per sanzionare l'inadempimento dei diritti fondamentali dell'Unione europea e degli obblighi legali, valutando anche l'adeguatezza di ulteriori strumenti sanzionatori. Le politiche commerciali, altro tema fondamentale: l'Unione europea è chiamata a rivedere la propria strategia commerciale in considerazione di un suo tendenziale declino e dell'emergere di nuove potenze commerciali. Attualmente l'Unione europea è il più grande blocco commerciale del mondo e controlla un terzo del commercio mondiale, ma da qui al 2020 – 4 anni – potrebbe scendere fino circa al 26 per cento. Il centro di produzione della ricchezza Pag. 20si sta spostando verso est, verso l'Asia e il Pacifico e in particolare verso la Cina. In questo campo l'Europa, forte della sua storia e dei suoi valori, non può giocare di rimessa e quindi, siccome è difficile, meglio lasciar perdere; fare dei buoni accordi commerciali con regole chiare, che non tendono al ribasso, aiuta tutti, noi per primi, e da questo punto di vista allora bisogna continuare a lavorare sostenendo l'esigenza di una politica commerciale comune più trasparente e democratica, tenendo conto che l'opinione pubblica è sempre più interessata alle dinamiche della globalizzazione. Bisogna attivarsi in favore di un rafforzamento dei Parlamenti nazionali nella fase ascendente del processo negoziale, unitamente a un potenziamento delle competenze del Parlamento europeo in tema di politica commerciale quale luogo di rappresentanza e di ricomposizione delle istanze dei cittadini e dell'opinione pubblica europea, allo scopo di scongiurare il ritorno a veti nazionali che vanificano il percorso di integrazione europea.
  Per chiudere, le sfide che abbiamo di fronte sono grandi, ma per chi vuole misurarsi con la costruzione del bene comune lo sono sempre; non è stato diverso per chi ci ha preceduto e noi oggi siamo attrezzati per affrontarle. Il prossimo marzo ci sarà la celebrazione per l'anniversario dei Trattati di Roma; rendiamoci protagonisti, Parlamento e Governo, affinché sia un'occasione decisiva per scuotere l'Europa e rilanciare su nuove basi il processo di integrazione ispirato al progetto dei padri fondatori (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle comunicazioni del Presidente del Consiglio.

(Annunzio di risoluzioni)

  PRESIDENTE. Avverto che sono state presentate le risoluzioni Rosato, Lupi, Monchiero, Dellai, Pisicchio, Alfreider, Formisano, Locatelli, Bueno, Parisi e Sottanelli n. 6-00264, Fedriga ed altri n. 6-00265, Scotto ed altri n. 6-00266, Battelli ed altri n. 6-00267, Brunetta ed altri n. 6-00268, Artini ed altri n. 6-00269 e Rampelli ed altri n. 6-00270 (Vedi l'allegato A – Risoluzioni). I relativi testi sono in distribuzione.

(Replica e parere del Governo)

  PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il Presidente del Consiglio, Matteo Renzi.

  MATTEO RENZI, Presidente del Consiglio dei Ministri. Signora Presidente, onorevoli deputati, è molto difficile trovare una linea unitaria nella replica partendo dal presupposto, che ha ben spiegato l'onorevole Lorenzo Dellai, dei rischi della liturgia di questi appuntamenti, ma avendo anche un dibattito parlamentare in quest'Aula abbastanza disarticolato non tanto fra maggioranza e opposizione ma tra persone che parlano del Consiglio europeo e persone che, invece, si cimentano su argomenti a piacere, tra persone che affrontano l'oggetto della discussione del Consiglio europeo e persone che, imbracciato un microfono, provano a utilizzarlo nelle modalità che paiono loro più consone per parlare di tutto e, quindi, sostanzialmente non dell'argomento in discussione.
  Nella replica io ho due alternative: la prima è quella di evidenziare i tanti aspetti positivi, i tanti elementi di riflessione che ci hanno posto non soltanto i colleghi della maggioranza, che pure hanno espresso argomenti molto interessanti su questo, dalle considerazioni dell'onorevole Romano alle riflessioni di Lupi, compresa una citazione alla quale sono molto legato, ma anche gli interventi di personalità del mondo non solo della maggioranza ma anche delle opposizioni. Non condivido ciò che ha detto Rampelli, ma devo riconoscergli di aver tentato di esprimere una linea sull'Europa che non è la Pag. 21mia ma che trovo coerente e, comunque, applicata all'argomento di discussione.
  Poi, però, vi è stato un elenco di considerazioni sulle quali non replicare parrebbe segno di viltà, parrebbe segno di non attenzione. E, allora, molto rapidamente sui singoli punti mi limito ad alcune considerazioni di merito, in replica, signora Presidente, a considerazioni che sono state espresse dai colleghi che sono intervenuti e poi chiuderei su un punto legato all'Unione europea e al Consiglio di giovedì e venerdì. L'onorevole Brescia, del MoVimento 5 Stelle, si è a lungo espresso sulla situazione delle politiche migratorie in questo Paese. Egli, come da post del blog, che è una frase ormai tutta attaccata – il «postdelblog» – di qualche giorno fa, ha validato una tesi, suggestiva e intrigante, per la quale l'aumento dell'immigrazione in questi tre anni è dovuto al Governo italiano. E noi che pensavamo, invece, che fosse legato a Daesh che è nata in questi tre anni, alla crisi libica, alla situazione internazionale di tensione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Noi, pensate un po’, che continuiamo a guardare il Mediterraneo e a vederci barconi di migranti anziché le sirene, come pensano autorevoli deputati del MoVimento 5 Stelle, noi pensiamo che ciò che sta accadendo in questa stagione della storia non derivi dal nostro Governo. E guardate che noi abbiamo molta autostima, ne abbiamo molta, e qualcuno dice persino che abbiamo un eccesso di consapevolezza, per non dire di arroganza.
  Ma pensiamo che ciò che sta avvenendo, onorevole Brescia, non dipenda dal Governo italiano, sulle cui risposte si può naturalmente discutere. Quello che la matematica, oltre che la logica, esclude è che vi sia un collegamento rispetto a ciò che Brescia ha detto: «Hanno bloccato la frontiera balcanica e, quindi, sono aumentati gli sbarchi nella frontiera meridionale». Come è noto, sono due diversi punti di partenza e, come è noto, i numeri sono profondamente diversi, se è vero, come è vero, chiamiamo la matematica in nostro supporto, che l'anno scorso in Germania oltre 1 milione e 100 mila persone sono entrate nel Paese guidato da Angela Merkel e i numeri dell'arrivo, dello sbarco, diciamo, dal meridione verso la Sicilia sono sostanzialmente analoghi a quelli dello scorso anno. Vi è un aumento dall'Egitto di circa il 9 per cento, ma i numeri sono più o meno gli stessi. Naturalmente, questo non significa che non abbiamo bisogno di affrontare con grande attenzione il tema della migrazione e su questo abbiamo cercato di dire alcune cose. Noi pensiamo che si debba andare in Africa. Il New York Times ha espresso, a proposito di qualche vostro statista, onorevole Brescia, del MoVimento 5 Stelle, alcune valutazioni circa il vostro grado di conoscenza della situazione africana. Come non ricordare, nelle dieci perle che il New York Times ha individuato come le più clamorose falsità dette da politici di tutto il mondo, che uno di voi sia al secondo posto per il giudizio che egli ha dato sulla Nigeria; ma non è questo il punto di discussione perché non vorrei andare su argomenti troppo complicati.
  Il punto chiave è che, se si va in Africa, si va con una strategia che tenga insieme la cooperazione internazionale, la cooperazione economica e la cooperazione diplomatica e si cerca di risolvere un problema che è molto più grande di come lo avete descritto. Sta anche in 140 caratteri, se si ha la forza e la determinazione di studiare, ma se si deve tornare, invece, sugli argomenti evergreen, che sono sempre i soliti, perché non vale un discorso parlamentare del MoVimento 5 Stelle senza l'espressione «mafia capitale», si sappia che, da questa parte del tavolo, c’è un Governo che ha voglia di lavorare per la città di Roma, per liberarla da tutte le difficoltà, che ha voglia di lavorare perché tutti i fenomeni di illegalità e di illegittimità siano combattuti, ma proprio per questo, prima di esprimere parole come «mafia capitale» e «rifiuti», guardate a chi sono andati i business dei rifiuti negli ultimi dieci anni, guardate a chi sono andate le consulenze del mondo dei rifiuti negli ultimi dieci anni e, prima di parlare del Partito Democratico, abbiate un minimo Pag. 22di rispetto, parola che evidentemente non conoscete (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
  Lo dico, prima di arrivare all'onorevole Brunetta, prendendo spunto da una considerazione che ha fatto l'onorevole Brescia in finale, quando ormai l'argomento a piacere era svolto. Egli ha parlato, a proposito del referendum costituzionale, di dittatura 2.0. È immaginabile che egli abbia in testa che quella di oggi sia una dittatura 1.0 e che questo sia un rilascio della versione precedente, oppure è immaginabile che la dittatura 1.0 rispetto alla 2.0 abbia a che fare con alcuni Paesi sudamericani, a scelta – e scegliete voi – tra Cile, Venezuela od altro (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
  Ma quello che è fondamentale dire qui in questo luogo, a lei onorevole Brescia e all'onorevole Brunetta, che poi ha detto: «si è fatta carne di porco della democrazia parlamentare», è che le parole sono importanti e siccome in quest'Aula qualcuno, ormai ottant'anni fa, anzi novant'anni fa, ebbe l'ardire di pronunciare parole che misero fine all'esperienza della democrazia e per le quali in quest'Aula, da questi banchi, qualcuno per i suoi discorsi ha pagato con la vita, potete avere tutte le opinioni di questo mondo, potete pensarla come vi pare sul referendum, fate ciò che potete fare e fatelo come volete, ma questa è una democrazia e mettere in discussione la democrazia in Italia non significa insultare il Governo: significa insultare l'Italia e questo non ve lo permettiamo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico) !
  Abbiate rispetto delle parole, riconoscete che questo Paese vi consente di essere liberi e poi votate «sì», «no» o «forse», ma rispettate la libertà e la democrazia del Paese che si chiama Italia nonostante voi (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Area Popolare (NCD-UDC), Scelta Civica per l'Italia, Democrazia Solidale-Centro Democratico e Misto-Alleanza Liberalpopolare Autonomie ALA-MAIE-Movimento Associativo Italiani all'Estero).
  L'onorevole Brunetta (Commenti del deputato Brunetta), evidentemente giù di morale per l'ennesima mancata assegnazione del Nobel, che anche quest'anno incomprensibilmente non è andato da quelle parti (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico – Commenti dei deputati del gruppo Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente), ha espresso...

  PRESIDENTE. Colleghi ! Colleghi, per favore !

  MATTEO RENZI, Presidente del Consiglio dei ministri. ... ha iniziato il suo intervento dicendo: «Caro Presidente, lei ha parlato del nulla». No, non stavo parlando di lei, presidente Brunetta; stavo cercando di affrontare...

  RENATO BRUNETTA. Vergogna !

  PRESIDENTE. Colleghi ! Colleghi, per favore !

  MATTEO RENZI, Presidente del Consiglio dei ministri. ... un tema di discussione un pochino più ampio. E qual è questo tema di discussione un po’ più ampio (Commenti del deputato Brunetta) ?

  PRESIDENTE. Allora, è possibile ? Possiamo continuare ?

  MATTEO RENZI, Presidente del Consiglio dei ministri. È quello di affrontare la visione europea in una cornice più ampia rispetto a quella in cui il presidente Brunetta ha avuto modo di esprimere le sue valutazioni (Proteste dei deputati dei gruppi Forza Italia-Il Popolo della libertà-Berlusconi Presidente e Lega Nord e Autonomie-Lega dei Popoli-Noi con Salvini).

  RENATO BRUNETTA. Non hai mai lavorato in vita tua !

  PRESIDENTE. Presidente Brunetta, per favore ! Per favore ! Presidente Fedriga, la prego ! La prego !

Pag. 23

  MATTEO RENZI, Presidente del Consiglio dei ministri. Si è, infatti, egli a lungo soffermato – cito testualmente, trattandosi di replica – sulle colle austriache, sulla democrazia parlamentare e su altri temi che possono essere facilmente giudicati come fuori dal contesto di cui stiamo discutendo.
  Io credo, onorevole Brunetta, che con l'intervento che ha fatto il Governo in quest'Aula, che può piacerle o meno – solitamente non le piace e almeno in questo oggi vi è stato un elemento di coerenza –, abbiamo offerto a tutti i gruppi parlamentari una opportunità di confrontarsi sul merito. Cosa abbiamo detto ? La situazione è complicata, è difficile; Roma 2017 vede il lavoro di gruppi politici di varia espressione culturale, perché il PPE, partito del quale anche l'onorevole Brunetta fa parte, coopera e collabora con il PSE, con i liberaldemocratici e con altre forze politiche per affrontare il tema del rilancio dell'Europa. Io ho detto: «Vediamo se in questo Parlamento esiste la possibilità di arrivare, con gruppi di lavoro – egli ha ironizzato sia sui gruppi che sul lavoro – a un progetto su Roma 2017». A mio giudizio, questo è un tema che avrebbe meritato un accoglimento diverso da parte sua e da parte degli altri.
  Ciò nonostante, fedele ad alcune grandi valutazioni che il suo gruppo ha sempre espresso circa la necessità di andare in Europa e di andarci con una voce unitaria, fedele alla grande intuizione da cui il Partito Popolare Europeo ha preso le mosse – ultimamente molto discusse in Italia, ma molto condivise a livello continentale, perché su questi temi noi siamo pronti a ragionare a tutti i livelli, in tutti i luoghi –, io confermo questa richiesta.
  Confermo, cioè, la disponibilità del Governo italiano, nonostante i toni che sono stati utilizzati e nonostante il fatto che il discorso sia stato tutto sul referendum, sul quale ovviamente io non replicherò trattandosi di intervento sul Consiglio europeo e attenendomi fedelmente alla replica ai vostri interventi e niente di più, e riconfermo la necessità, a mio giudizio sacrosanta anche per voi, di trovare dei luoghi in cui discutere nel merito. Infatti, Roma 2017, che ci sia io o che non ci sia io, onorevole Brunetta, avrà un'Italia che dovrà essere protagonista e se l'Italia, anziché parlare di Europa, si mette a discutere, come lei ha fatto in quest'Aula, della paura di qualcuno o presunta tale, delle colle austriache o delle assegnazioni dei Nobel – argomento che ha introdotto lei –, a mio avviso, lei sta facendo perdere un'occasione, non tanto a noi, perché, che lei ci sia o non ci sia, noi andremo avanti, caro onorevole Brunetta, ma al suo partito, che è uno dei partiti che, a livello europeo – Forza Italia è nel PPE –, avrebbe o dovrebbe avere un ruolo grande, importante, rilevanti e se in questi anni non c’è stata la forza di Forza Italia dentro il Partito Popolare Europeo, non si deve alle persone che la rappresentano a livello europeo, ma a certi atteggiamenti come quelli di oggi, quando, a fronte di un'apertura per discutere del futuro dell'Europa, si risponde con un concentrato di insulti che non coglie la sostanza. Noi vogliamo lavorare insieme. (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Fate quello che pensate.
  Mi rimangono due interventi. Ho detto che Rampelli e Artini hanno svolto interventi interessanti, anche se non condivisibili. Ovviamente, per quello che riguarda la maggioranza, ci sono gli interventi di Locatelli e Berlinghieri e ho già citato l'intervento di Dellai. E mi rimangono i due ultimi interventi. Il primo è quello di Scotto e il secondo è quello di Fedriga.
   Sono culturalmente molto più vicino alle considerazioni che esprime Scotto e vorrei augurargli di vivere l'inquietudine, che appartiene alla nostra generazione, dell'intervento o del non intervento in alcune zone del mondo. Lei è stato molto tranchant quando ha parlato di Afghanistan. È un tema che ci portiamo dietro da anni, noi che siamo cresciuti in un'area culturale simile, non la stessa, ma che abbiamo vissuto, non sulla nostra pelle, sulla pelle dei nostri coetanei, fin dai tempi di Sarajevo. Immagino, onorevole Scotto, che lei fosse tra quelli che non condividevano quell'intervento; io, nel mio Pag. 24piccolo, ero tra quelli che condividevano – credo che eravamo insieme all'università – l'intervento voluto dall'allora Governo per cercare di mettere fine alla mattanza nei Balcani. Sono state discussioni che ci hanno diviso profondamente, che hanno segnato una generazione.
  Invidio chi ha le certezze che lei ha espresso in questo suo intervento. Infatti, in realtà, quando si parla del confine sottile, difficile, tra il rispetto della libertà e il dovere di rispetto della pace, è molto difficile, non calarsi nel contingente e nel puntuale e ragionare soltanto a livelli teorici. Glielo dico perché la vita ci ha portato qua entrambi e io, da Presidente del Consiglio dei ministri, ho due volte chiesto a quest'Aula di allungare la nostra permanenza in Afghanistan. Ne sono convinto e ne sono consapevole e le dico, caro onorevole Scotto, per il tramite della Presidente, che non si fa a cuor leggero quando ti fermi davanti alla base, nel luogo dove c’è il memoriale delle 54 vittime italiane di questa guerra, non si fa a cuor leggero quando ascolti racconti dei familiari dei caduti, quando incontri le persone che sono saltate su una mina e non hanno più un arto. Sono le donne e gli uomini dell'Esercito italiano, cui va la mia profonda riconoscenza e gratitudine e un sentimento di rispetto profondo (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Area Popolare (NCD-UDC), Scelta Civica per l'Italia, Democrazia Solidale-Centro Democratico e Misto-Conservatori e Riformisti e di deputati del gruppo Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente).
  Credo, onorevole Scotto, che quel Paese, l'Afghanistan, abbia ancora bisogno della comunità internazionale. È un Paese nel quale gli errori della comunità internazionale sicuramente risalgono a molto prima che non all'intervento del 2001. Sono errori che fanno di quell'area forse l'area con meno pace al mondo nella storia degli anni recenti, dal 1979, mi piacerebbe dire, ma probabilmente potremmo risalire ancora prima.
  Allora, io rispetto la sua posizione su questo, ma le dico, da Presidente del Consiglio, che essere oggi in Afghanistan significa lottare per la libertà delle bambine e dei bambini dell'Afghanistan (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Scelta Civica per l'Italia e Democrazia Solidale-Centro Democratico); significa difendere la democrazia e gli interessi di persone che possono sembrare lontani da noi, ma che sono profondamente dentro il nostro cuore, perché appartenenti alla grande generazione delle donne e degli uomini del nostro tempo. Lo dico guardando dall'altra parte dello schieramento, sapendo che c’è un di più di professionalità del nostro mondo, che probabilmente, quando io stavo con lei all'università, non avevo imparato a riconoscere. L'Esercito italiano, le Forze armate, le Forze dell'ordine, gli istruttori – penso ai carabinieri in Iraq, ma non soltanto a loro – hanno un tasso di professionalità e di umanità nel mondo che dovrebbe vederci orgogliosi di loro e che dovrebbe fare di loro un punto di riferimento per tutti, non soltanto per qualcuno (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Area Popolare (NCD-UDC)).
  Evito, onorevole Scotto, di dirle che, nella sua foga, il passaggio sul salario cinese le è venuto un po’ lungo, è stato un passaggio un pochino complicato. Il fatto che gli ingegneri in Italia costino meno che altrove è un fattore di competitività del Paese, è un dato di fatto. È come quando uno dice che l'Italia ha degli asset più importanti sulle tasse. Quindi, se in una brochure il Ministero dello sviluppo economico fa notare che si spendono meno (Commenti del deputato Scotto) soldi nel costo del lavoro non perché c’è stato il Jobs Act, ma perché il costo del lavoro è da sempre più basso che in altri Paesi come la Germania o l'Olanda, questo è un fatto di competitività (Commenti dei deputati dei gruppi Lega Nord e Autonomie-Lega dei Popoli-Noi con Salvini e Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà). Trovo sorprendente... Trovo sorprendente...

  PRESIDENTE. Colleghi... No, così non funziona però, colleghi (Commenti del deputato Scotto)... No, sta facendo la replica... Presidente Scotto...

Pag. 25

  MATTEO RENZI, Presidente del Consiglio dei ministri. Trovo sorprendente che in assenza di argomentazioni qualcuno pensi di bloccare il discorso immaginando che faccia paura uno che urla più forte. È molto semplice il dato di fatto: il costo del lavoro in Italia è più basso che in altri Paesi (Commenti dei deputati del gruppo Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà). Il vero dramma italiano... Il vero dramma italiano...

  PRESIDENTE. Per favore, colleghi...

  MATTEO RENZI, Presidente del Consiglio dei ministri. Il vero dramma italiano è che in questi anni il differenziale tra ciò che paga un imprenditore e ciò che mette in tasca un lavoratore è troppo alto e troppo basso ciò che prende in tasca un lavoratore. Allora siccome è così, la differenza tra chi urla e chi fa è che noi abbiamo fatto l'operazione degli 80 euro, la riduzione dell'IRAP sul costo del lavoro e l'abbassamento del cuneo fiscale. Per voi, il cuneo fiscale è una provincia autonoma del Piemonte, non è una delle realtà che valga la pena di essere discussa (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Avete aumentato le tasse in questi anni e venite a parlare a noi.
  Chiudo su Fedriga, anzi no, chiudo sull'Europa perché chiudere su Fedriga diciamo (Commenti dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie-Lega dei Popoli-Noi con Salvini)...

  ROBERTO SIMONETTI. Vieni, vieni ! Vieni a chiudere qua !

  PRESIDENTE. Deputato Simonetti, per favore, per favore...

  MATTEO RENZI, Presidente del Consiglio dei ministri. Trovo che il sano senso della democrazia parlamentare sia quello di un deputato dell'opposizione che dice: «Vieni, vieni a chiudere qua !». Questo è il sano senso di fare, direbbe Brunetta, carne da porco della democrazia parlamentare (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico e commenti del deputato Brunetta).
  Devo dire che è molto bello replicare, perché uno porta delle considerazioni oggetto di discussione, gli altri arrivano con dei testi preparati e quando uno risponde nel merito, iniziano ad urlare dicendo: «Vieni, vieni !»: curiosa storia delle relazioni parlamentari dalla caverna ad oggi.

  RENATO BRUNETTA. Studia !

  BARBARA SALTAMARTINI. Non sei in televisione qua !

  MATTEO RENZI, Presidente del Consiglio dei ministri. Entro nel merito sulle considerazioni di Fedriga. Questi ha posto alcuni temi oggetto del Consiglio europeo di giovedì e venerdì, vale a dire la disoccupazione secondo l'ISTAT, J.P. Morgan, Banca Etruria e il falso in bilancio. Questi quattro temi, che inspiegabilmente ancora Tusk non ci ha comunicato essere all'ordine del giorno dei lavori, sono quattro temi su cui debbo a tutti voi una risposta, salvo poi chiudere sull'Europa e su ciò di cui potremmo parlare nonostante Fedriga.
  Il primo: si parla di falso in bilancio che, dice Fedriga, potrebbe dare adito a un'azione penale da parte dei magistrati: sì, adesso sì, da quando noi abbiamo reintrodotto questo reato (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Il falso in bilancio, che il suo partito aveva tolto dal codice penale, è nuovamente un reato, ma il dato di fatto sul quale stiamo discutendo è che l'onorevole Fedriga chiama falso in bilancio un dato che è il dato di previsioni del Governo italiano sulla crescita nel 2017. È stato oggetto di discussione credo fino a qualche ora fa in Commissione e, se non ho capito male, sarà oggetto di discussione in Aula nelle prossime ore. Dov’è l'elemento di presunto falso in bilancio per l'onorevole Fedriga ? Egli ritiene che le stime di crescita – non il falso in bilancio, che è il consuntivo, ma il preventivo o, meglio, le previsioni per il 2017 – sarebbero, secondo l'onorevole Fedriga, sovrastimate dal nostro Governo. Il Pag. 26Governo italiano stima una crescita dell'1,0 per cento. Io non sono soddisfatto di questa crescita. È molto di più di come eravamo messi nel 2012-2013: ci sono tre punti di differenza, ma è ancora molto poco rispetto alle nostre ambizioni. È chiaro che, non avendo lo spazio di intervento legato all'incidere sul deficit, si fa con quello che si può e di conseguenza il più 1 per cento è una stima davvero prudente, come tutte le stime di Padoan, che è il primo Ministro del tesoro che ha fatto una stima più bassa della realtà, anno domini 2015, perché resti agli atti. Ovviamente io avrei fatto una stima molto più alta, come potete facilmente immaginare: è inutile che faccia lo splendido con le buone azioni di Padoan. Io avrei stimato molto di più, ma la stima di Padoan è stata più bassa della realtà. Il 2017 vede una stima dell'1 per cento: è una stima irrealistica ? Secondo Fedriga, sì: può darsi. Il Fondo monetario internazionale fa una stima dello 0,9 per cento.
  Ora io capisco che vi sia una grande ipersensibilità sul tema, ma stiamo discutendo di una modifica tra le previsioni del Fondo monetario internazionale, solitamente il più duro nelle previsioni, e quelle del Governo italiano, che è pari allo 0,1 per cento. A me pare che questo argomento sia poco credibile nella discussione politica parlamentare ma, avendolo posto, ho il dovere di rispondere, così come pure sui dati della disoccupazione. I dati che lei ha citato, onorevole Fedriga, non vengono dal Ministero del lavoro: sono quelli dell'ISTAT. Il Ministro del lavoro l'ho scelto io, l'ISTAT l'ha votato il Parlamento, come le è noto. E l'ISTAT, soprattutto, ha delle metodologie, che io non contesto, e non le contesto neanche quando l'ISTAT dice che facciamo meno 0,4 nel 2014 e, dopo un anno e mezzo, si scopre che era più 0,1. Quante pagine sono state scritte sulla recessione in Italia che era finita, a nostra insaputa peraltro.
  Ma non è questo il punto: se ci sono dei metodi, si prendono quei metodi e si applicano, fine della discussione.
  Nessuno di noi ha cambiato le leggi, se non il Jobs Act...

  ROBERTO SIMONETTI. Sui voucher l'hai cambiata te !

  MATTEO RENZI, Presidente del Consiglio dei ministri. I punti chiave dei dati dell'ISTAT, che mi premunirò di lasciare alla Presidenza per consentire all'onorevole Fedriga di approfondire in libertà, sono i seguenti. Dal febbraio 2014 ad oggi l'aumento dei posti di lavoro, secondo ISTAT, è pari a 588.000 unità. Dice Fedriga: «No, perché sono i voucher». Dei 588.000 nuovi posti di lavoro che sono stati creati secondo ISTAT, il 74 per cento secondo ISTAT sono lavori a tempo indeterminato, certo con il Jobs Act, certo con gli incentivi, certo, ma sono 588.000 posti di lavoro in più, con il 74 per cento a tempo indeterminato. Questa è la realtà dei numeri, che può piacere o meno. Io le dico perché non mi piace, onorevole Fedriga: perché questi 588.000 posti di lavoro in più sarebbero un risultato stratosferico e strepitoso se non arrivassero dopo un milione – poco meno 927.000 – posti di lavoro in meno persi negli anni della crisi, anni iniziati con il suo partito che era al Governo di questo Paese e il suo partito non è stato nelle condizioni non soltanto di scorgere la crisi che stava arrivando, ma di trovare una sola risposta che le democrazie occidentali, quelle di sinistra e di destra, hanno invece individuato a partire dal mercato del lavoro.
  Allora, prima di parlare di numeri, caro onorevole Fedriga, in primo luogo li studi ma, secondo, si domandi perché, se negli anni dal 2001 al 2013, anzi diciamo dall'2001 al 2011, perché poi voi siete usciti, in dieci anni avete governato otto anni e in questi otto anni la crisi si è fatta sentire senza che voi ve ne accorgeste, perché, mentre la Germania faceva la riforma del mercato del lavoro, voi eravate impegnati con la Bossi-Fini e con l'Accordo di Dublino, che voi avete firmato (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico): fatevi una domanda e datevi una risposta.
   La questione bancaria e infine l'Europa. In quest'Aula per l'ennesima volta risuona la questione delle banche e per Pag. 27l'ennesima volta io torno qui a dirvi, onorevole Fedriga, che gli scandali delle banche in questo Paese sono scandali autenticamente vergognosi. Noi lo abbiamo detto senza guardare in faccia nessuno, neanche la nostra parte politica...

  RENATO BRUNETTA. E la commissione d'inchiesta !

  MATTEO RENZI, Presidente del Consiglio dei ministri. ... neanche la nostra parte politica ...

  RENATO BRUNETTA. E la commissione d'inchiesta !

  PRESIDENTE. Però non si può fare così... No, no, no, lasciamo replicare il Presidente...

  MATTEO RENZI, Presidente del Consiglio dei ministri. ...e noi lo abbiamo detto con chiarezza. Sarebbe stata piacevole la stessa chiarezza da parte sua sugli scandali bancari che hanno riguardato non soltanto la banca della Lega, ma anche le banche del nord-est, dove un intreccio pericoloso e sbagliato tra le presidenze, il management e il territorio politico di quell'area ha permesso di avere in quell'area del nord-est la più grave crisi bancaria che, grazie alla moral suasion di questo Governo, è stata affrontata almeno parzialmente attraverso la creazione del Fondo Atlante.

  RENATO BRUNETTA. Monte dei Paschi di Siena !

  MASSIMILIANO FEDRIGA. Adesso arriviamo a Carrai !

  MATTEO RENZI, Presidente del Consiglio dei Ministri. Il punto relativo a Banca Etruria glielo ripeto per la settima volta: glielo ha già fatto qua il Ministro competente ma ... arrivo anche a Carrai se non ha fretta. Vado prima alla «b» di Boschi, poi alla «c» di Carrai, poi arrivo alla «f» di Fedriga.
   Nel frattempo le segnalo le seguenti considerazioni: le banche popolari sono state cambiate da questo Governo e da questo Parlamento dopo che, per diciassette anni, si era perduta l'occasione. Il provvedimento delle banche popolari, che noi abbiamo portato in quest'Aula e che abbiamo approvato grazie alla maggioranza, è un provvedimento che era stato scritto, in modo sicuramente migliore di noi, nel 1998 dal Ministro del tesoro, che si chiamava Carlo Azeglio Ciampi, e dal direttore generale del Tesoro, che si chiamava Mario Draghi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Capisco che i vostri insulti alla memoria di un galantuomo come Carlo Azeglio Ciampi, gli insulti di Matteo Salvini, ancora vi facciano male (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Democrazia Solidale-Centro Democratico), ma la realtà dei fatti è che quella riforma non passò per il voto negativo in Parlamento.
  Dopo diciassette anni, noi abbiamo portato una norma che ha cambiato il destino delle banche popolari e il destino delle banche popolari è il destino...

  RENATO BRUNETTA. E la commissione d'inchiesta ?

  PRESIDENTE. Deputato Brunetta, per favore.

  MATTEO RENZI, Presidente del Consiglio dei ministri. Per cortesia, non fate carne di porco della democrazia parlamentare.

  RENATO BRUNETTA. Povero Renzi ! Ma smettila (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico) !

  MATTEO RENZI, Presidente del Consiglio dei ministri. Il punto fondamentale è che oggi, grazie a quelle norme, i correntisti sono stati salvati tutti (Commenti dei deputati dei gruppi Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente e Lega Nord e Autonomie-Lega dei Popoli-Noi con Salvini). I correntisti sono stati salvati tutti, nonostante la vostra disinformazione, Pag. 28i correntisti sono stati salvati tutti. Gli amministratori sono stati commissariati, ma gli investitori, cioè non il correntista che mette in banca con lo 0,5 di interesse, ma l'investitore che prendeva il 7, l'8, il 9 per cento di interesse ha visto una divisione, in virtù di regole europee che sono state scritte quando al Governo c'eravate voi, e ratificate nel 2013 (Commenti del deputato Fedriga). Perché Brunetta se lo dimentica, ma era anche lui...

  PRESIDENTE. Onorevole Fedriga, però non è un botta e risposta, abbia pazienza. Per favore.

  MATTEO RENZI, Presidente del Consiglio dei ministri. Il punto fondamentale – e che resti agli atti di questo Parlamento una volta per tutte – è che i correntisti sono stati salvati, che gli amministratori sono stati sanzionati e commissariati tutti (Commenti dei deputati dei gruppi Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente e Lega Nord e Autonomie-Lega dei Popoli-Noi con Salvini) – sanzionati e commissariati – e che gli investitori, vale a dire quelli che, anziché accontentarsi dello 0,5 hanno comprato dei prodotti particolari, sono stati messi di fronte a un'alternativa; se troppo poveri, sono stati, comunque, ristorati.

  MASSIMILIANO FEDRIGA. Ma cosa dici ?

  MATTEO RENZI, Presidente del Consiglio dei ministri. Se truffati, hanno la possibilità di dimostrarlo. Il punto centrale è un altro: è che in questo Paese il sistema delle banche è stato un sistema nel quale la connivenza e la complicità di una parte del sistema politico, anche da parte vostra, ha prodotto dei risultati in cui quando noi abbiamo fatto il decreto sulle banche popolari per superare questo sistema, voi avete votato contro (Commenti dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie-Lega dei Popoli-Noi con Salvini). Questa è la differenza fra noi e voi.

  RENATO BRUNETTA. E la commissione d'inchiesta ?

  MATTEO RENZI, Presidente del Consiglio dei ministri. E vengo, infine, alla questione europea, alla questione di JP Morgan. Mi pare che basta che lei legga i giornali per capire che il Governo e il ruolo di Marco Carrai non hanno niente a che vedere. Può leggere i giornali per rendersene conto o rispondere, se lo riterrà, nei tribunali e nelle aule nelle quali vorrà parlarne. Non è questa l'Aula per discutere. Io so che il nostro obiettivo è che nessun risparmiatore perda i propri denari per il futuro e, da questo punto di vista, spero, penso e credo che Monte dei Paschi di Siena, come pure le banche venete, come pure banca Carige, come pure tutte le altre banche possano avere un futuro.
  Mi spiace non rendersi conto una volta di più che, mentre voi eravate impegnati a fare polemiche al nostro interno, le regole europee hanno permesso ad alcuni Paesi di intervenire e salvare le banche, come hanno fatto i tedeschi, mentre voi quando eravate al Governo, vi siete preoccupati di salvare altre persone, altre cose e non i correntisti italiani (Applausi dei deputati del gruppo Partito DemocraticoCommenti dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie-Lega dei Popoli-Noi con Salvini).

  MATTEO RENZI, Presidente del Consiglio dei ministri. Chiudo sull'Europa (Commenti del deputato Fedriga). Ho finito...

  PRESIDENTE. Onorevole Fedriga...

  MATTEO RENZI, Presidente del Consiglio dei ministri. ...avendo già risposto anche su Carrai, onorevole Fedriga.

  PRESIDENTE. Per favore.

  MATTEO RENZI, Presidente del Consiglio dei ministri. Gli mandiamo una email, così speriamo che, almeno lui, la sappia leggere.

  PRESIDENTE. Prego.

Pag. 29

  MATTEO RENZI, Presidente del Consiglio dei ministri. Vengo alla conclusione finale. Io trovo che l'Europa, in questa fase, abbia una discussione molto difficile e questa discussione molto difficile si giochi, in particolar modo, nel dibattito che si terrà a Roma nel 2017. A mio giudizio, le settimane e i mesi che ci vedono tutti impegnati nella direzione di dare una mano al Paese potranno essere affrontati in due modi. Il primo, cercando di sparare a zero, come è stato fatto, anche stamattina: uno parla di Europa e gli altri rispondono su altri argomenti. È un atteggiamento tipico di una corrente culturale che è molto forte in Europa e nel mondo, che è quella di chi non intende avanzare delle proposte, ma si accontenta di attaccare le proposte degli altri.
  È quella di chi lavora contro e non per; è quella di chi, di fronte ad un problema, non si chiede come fare a risolverlo e si tira su le maniche della camicia, ma cerca di alimentare il tono dello scontro, cerca di alimentare la paura e il complottismo, cerca di far notare che tutto ciò che serve all'Italia è soltanto annegare in un mare di polemiche. E, poi, ci sono gli altri, che sono quelli che, vincendo la naturale resistenza ad affrontare la guerra nel fango, provano ad alzare il tono. Nel discorso più bello della Convention democratica, Michelle Obama – non me ne voglia il di lei coniuge – ha detto una cosa straordinaria. Quella donna ha detto: «Quando loro vanno in basso, quello è il momento in cui noi dobbiamo rialzare il tono e puntare in alto».
  Oggi abbiamo assistito a un dibattito parlamentare in cui, a fronte di una richiesta di discussione sull'Europa, la risposta è stata sui temi più piccoli e banali e totalmente slegati dal Consiglio europeo. Felici noi se, nei mesi che ci separano da qui a Roma 2017, saremo in grado di rimettere, con lo spirito dei padri fondatori e con le ansie e le inquietudini dei figli che attendono risposte da noi, l'Europa al centro del dibattito e non le piccole beghe quotidiane di chi non ha voglia di lavorare per, ma solo contro (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Area Popolare (NCD-UDC), Scelta Civica per l'Italia e Democrazia Solidale-Centro Democratico e di deputati del gruppo Misto).

  MASSIMILIANO FEDRIGA. Chiedo di parlare per un richiamo al Regolamento.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  MASSIMILIANO FEDRIGA. Grazie, Presidente. Faccio un richiamo all'articolo 58 e seguenti. Io le chiedo, Presidente, che questo Parlamento sia tutelato, perché va bene un dibattito anche forte, aspro e duro, però che il Presidente del Consiglio si rivolga ad un presidente di gruppo, dicendo: «Io non parlavo del nulla, perché non parlavo di lei», penso che sia inaccettabile e penso che la Presidenza debba sanzionare la Presidenza del Consiglio (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord e Autonomie-Lega dei Popoli-Noi con Salvini e Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente), perché qui non siamo in un baretto dove Renzi viene a fare il bulletto di quartiere, ma siamo in un'Aula parlamentare.
  Va bene il dibattito duro: io non mi sottraggo a parole forti e toni aspri, ma sentir dire che il presidente Brunetta è il nulla dal Presidente del Consiglio penso sia inaccettabile e penso serva un richiamo da parte della Presidenza (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie-Lega dei Popoli-Noi con Salvini).

  ETTORE ROSATO. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Prego, presidente Rosato. Ne ha facoltà.

  ETTORE ROSATO. Presidente, mi scusi, non sarei intervenuto perché la regolazione dei lavori in quest'Aula spetta a lei, lo ha fatto privilegiando il merito del nostro dibattito, ma, dopo l'intervento del collega Fedriga, sono costretto a farlo. Io penso che in quest'Aula noi abbiamo assistito, all'interno di un dibattito molto importante, qualificato, che è previsto specificatamente prima dei Consigli europei, a un doppio linguaggio: il primo, quello del Pag. 30Presidente del Consiglio, che ha introdotto un tema di interesse generale rivolto a tutti; il secondo, quello di alcuni gruppi – non tutti i gruppi – di opposizione, di alcuni gruppi e di alcuni colleghi, che hanno esasperato i toni e parlato di tutt'altro.
  Io credo che sia stato questo il motivo per cui il dibattito ha preso una piega diversa, che siano stati loro a provocare uno scontro in quest'Aula (Commenti dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie-Lega dei Popoli-Noi con Salvini), provocando su questioni che nulla avevano a che fare – nulla avevano a che fare – con i temi all'ordine del giorno. E penso che, quindi, le provocazioni che sono arrivate – in particolare, e mi dispiace molto, dal collega Brunetta – siano provocazioni che nulla hanno a che fare anche con uno stile parlamentare e con un atteggiamento parlamentare che, invece, dovrebbe contraddistinguere i lavori in quest'Aula (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  RENATO BRUNETTA. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  RENATO BRUNETTA. Presidente, non voglio ricordare al capogruppo Rosato i comportamenti del suo partito nelle passate legislature: evidentemente, il potere di Governo o il potere della maggioranza gli ha portato a cancellare la memoria.
  Nelle Aule parlamentari vige la libertà di dibattito – signora Presidente, se lei mi ascoltasse – vige la libertà di dibattito e, come il Presidente del Consiglio pro tempore è libero di parlare del nulla, così l'opposizione è libera, ancora per poco, non so per quanto, di argomentare come crede in quest'Aula.
  Non credo che noi dobbiamo subire il giudizio del post comunista Rosato in quest'Aula, non credo che dobbiamo subire, ognuno è responsabile nei confronti del popolo italiano, non credo che debba dar conto al post comunista Rosato di quello che dice in quest'Aula; quello che però voglio dire, signora Presidente, è che, quando il Presidente del Consiglio interloquisce con i singoli parlamentari e polemizza con i singoli parlamentari, evidentemente aizza la polemica e merita ovviamente le risposte del caso, per cui se io prima ho detto «azzardo morale» era per dire una cosa nobile, per non dire che è un imbroglione; però azzardo morale è un termine tecnico, che vuol dire però non rispettare i patti e il Presidente del Consiglio è noto e famoso da sempre per non rispettare i patti, per non rispettare la parola data. E, viva Dio, in questa Camera e in questo Parlamento, finché ci sarà libertà di parola, e se Rosato me lo consentirà, io questo al Presidente del Consiglio continuerò a dirgli. E una sola cosa, Presidente: il Presidente del Consiglio si era impegnato a fare una Commissione parlamentare d'inchiesta sulla crisi bancaria; l'avevo proposta io e lui successivamente, poche ore dopo, si era impegnato a istituirla; ecco, Rosato, perché il Governo e la tua maggioranza non avete dato il via alla Commissione parlamentare d'inchiesta sulla crisi bancaria nel nostro Paese ? Questa è la domanda che io rivolgo al Presidente del Consiglio e questa è la cosa più importante che devono capire gli italiani. Evidentemente perché il PC-PDS-DS-PD ha paura di una Commissione parlamentare d'inchiesta sul sistema bancario italiano, ha paura del Monte Paschi di Siena, ha paura di Banca Etruria, ha paura di questo conflitto spaventoso, storico di interessi che ha avviluppato il Partito Comunista nelle sue varie estensioni.
  Io le chiedo, signora Presidente, di chiedere conto al Presidente del Consiglio del suo impegno nel dare il via libera alla Commissione parlamentare d'inchiesta sulla crisi del sistema bancario italiano. L'ha chiesto, l'ha detto, l'ha affermato e lo ha negato, il che dimostra ancora una volta che il nostro Presidente del Consiglio è uno che è affetto da azzardo morale.

  PRESIDENTE. Va bene, è chiaro...

  RENATO BRUNETTA. Tradotto per quelli che non conoscono l'economia, è un Pag. 31imbroglione (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente) !

  PRESIDENTE. Allora, colleghi, io penso che è chiaro. Oggi ci sono stati dei toni molto accesi, sono state usate anche delle espressioni inappropriate per quest'Aula. Io chiedo la collaborazione di tutti, quindi vi prego adesso di consentire un andamento ordinato dei lavori. Dobbiamo passare alle risoluzioni, quindi vorrei...

  ARTURO SCOTTO. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Presidente Scotto, lei voleva la parola sullo stesso tema ? Penso che abbiamo esaurito questa fase.

  ARTURO SCOTTO. Per un richiamo al Regolamento.

  PRESIDENTE. Ho dato la parola, ma era un richiamo al Regolamento su un articolo che non era neanche molto... È un tema che vorrei chiudere. Ho specificato già. Invito tutti alla moderazione; adesso non riapriamo questo tema.

  FRANCESCO D'UVA. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. No, c'era anche il presidente Scotto che voleva parlare su questo tema. Se è su questo tema, non le do la parola (Commenti del deputato Di Battista).

  FRANCESCO D'UVA. Per un richiamo al Regolamento.

  PRESIDENTE. Un richiamo al Regolamento su cosa ?

  FRANCESCO D'UVA. Presidente, se mi accende il microfono, glielo segnalo...

  PRESIDENTE. Il microfono non lo accendo io. Capisce ? Non è una prerogativa della Presidenza.

  FRANCESCO D'UVA. Buongiorno, Presidente. Gli articoli sono l'8 e il 39, l'8 per la sua gestione dell'Aula e il 39 per gli argomenti fuori tema. Gliene cito due: lei mi deve spiegare come è possibile che qui vengano fatti interventi sul Regolamento, uno del collega Brunetta, che non si capisce dove è andato a parare; l'altro l'ha fatto Fedriga e lei non ha risposto, ha risposto invece Rosato. Come funziona ?

  PRESIDENTE. Non ha risposto nessuno.

  FRANCESCO D'UVA. Questa gestione dell'Aula a me non piace, Presidente, glielo devo far presente (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Va bene, va bene.

  FRANCESCO D'UVA. Quindi, se cortesemente possiamo tornare al tema e non perdere tempo nel fare polemiche.

  PRESIDENTE. Giusto. È quello che sto cercando di fare.

  FRANCESCO D'UVA. Ho capito, però glielo devo far presente. Lei non mi voleva nemmeno dare la parola. Per due articoli che ho citato, due, quando qui nessuno ne cita; prendono il Regolamento, parlano e non si sa su che cosa (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Io gliene ho citati due, Presidente, e la prego di rispettarli.

  PRESIDENTE. La ringrazio. Allora, andiamo avanti.
  Avverto che, al secondo capoverso del dispositivo della risoluzione Rampelli ed altri 6-00270, le parole: «protezione internazionale» devono intendersi sostituite dalle seguenti: «protezione umanitaria».
  Adesso io darei la parola alla sottosegretaria alla Presidenza del Consiglio dei ministri, Sesa Amici, per esprimere il parere sulle risoluzioni che sono state presentate.

  SESA AMICI, Sottosegretaria di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Grazie, Presidente. Sulla risoluzione a Pag. 32prima firma Rosato n. 6-00264 parere favorevole, sulla risoluzione n. 6-00265, a prima firma Fedriga, parere contrario, sulla risoluzione n. 6-00266, primo firmatario Scotto, ci sono una serie di riformulazioni; qualora fossero accettate, il parere diventa favorevole, qualora non fossero accettate, parere contrario: espungere il quinto capoverso, il sesto e il settimo della premessa, mentre negli impegni espungere il settimo punto dell'impegno, l'ottavo punto e riformulare la parte relativa alla questione della Federazione russa nel modo seguente. Leggo, perché così non abbiamo problemi: «a sostenere in sede europea ogni azione volta a favorire l'attivazione degli accordi di Minsk, anche al fine di facilitare una normalizzazione dei rapporti economici». Parere favorevole sugli altri impegni. Espungere anche l'undicesimo punto: «a sostenere con forza insieme agli altri Paesi europei con riferimento al TTIP (...)» e quindi c’è un parere favorevole qualora venisse accettata questa riformulazione.
  Sulla risoluzione n. 6-00267 del MoVimento 5 Stelle, a prima firma Battelli, parere contrario. Sulla risoluzione n. 6-00268, a prima firma del presidente Brunetta, ci sono una serie di riformulazioni. Nella premessa, il Governo chiede di espungere il nono, il quindicesimo, il diciassettesimo capoverso, mentre nella parte relativa agli impegni, chiede di riformulare il terzo impegno del dispositivo: «a proseguire nell'ambito dell'Unione europea l'azione dell'Italia (...)», fino al «nostro Paese». All'ottavo punto dell'impegno premettere le parole: «a valutare l'opportunità di promuovere in sede europea»; al nono punto dell'impegno: «ad intervenire nelle opportuni sedi valutando le condizioni necessarie», al decimo punto: «a proseguire l'azione a livello europeo». Con queste riformulazioni, se accettate, il parere potrebbe essere favorevole. Sulla risoluzione Artini ed altri n. 6-00269 c’è solo una riformulazione. Negli impegni, premettere alle lettere e), d) ed f) le parole: «valutare» ed espungere il punto e) del dispositivo. Sulla risoluzione Rampelli ed altri n. 6-00270 parere contrario.

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 11,28).

  PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta avranno luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.

Si riprende la discussione.

(Dichiarazioni di voto)

  PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Pia Locatelli. Ne ha facoltà.

  PIA ELDA LOCATELLI. Grazie, signora Presidente. La componente socialista voterà a favore della risoluzione di maggioranza e sperabilmente di altre che accetteranno le variazioni perché condivide sia le premesse, sia gli impegni sulla politica commerciale UE, i rapporti UE-Federazione russa e i temi delle migrazioni.
  Detto questo, noi non vogliamo perdere l'occasione per segnalare una preoccupazione puntuale in tema di migrazioni, parlo del Migration Compact, il contributo di idee, il progetto che abbiamo messo a disposizione della UE, che propone aiuti allo sviluppo per sradicare le cause all'origine dell'immigrazione coinvolgendo tutta la UE in un'azione comune verso l'Africa soprattutto, un tentativo di gestire i fenomeni migratori anche contenendoli ma rimanendo coerenti con l'Europa delle origini.
  La proposta italiana, però, è uscita notevolmente modificata dal passaggio europeo con il rischio che a imporsi sarà di nuovo quella che da qualcuno è stata definita la logica poliziesca turca. Preme ai Paesi che bloccano i migranti al di là delle ragioni che spingono le persone a migrare, al di là delle ragioni e delle sorti di queste persone che vengono spesso da Paesi dove l'interlocuzione europea è con i dittatori Pag. 33che ben conosciamo. Un allarme lanciato più volte dalle associazioni umanitarie e dalle ONG che non dobbiamo sottovalutare.
  Qual è il rischio che voglio evidenziare ? È quello di sostenere politiche repressive anziché politiche di investimento, mentre dobbiamo sostenere le politiche di investimento dobbiamo fare attenzione al rischio di politiche repressive. Un esempio per tutti: il Sudan, uno dei Paesi al centro della strategia europea di esternalizzazione – ho finito – nel mese di maggio sono stati arrestati, espulsi e deportati, espulsi dal Sudan e deportati in Eritrea, circa 1.300 eritrei. In Eritrea partire illegalmente, che è un modo per sottrarsi alla leva obbligatoria che è indeterminata nella durata, cioè si sa quando inizia ma non si sa quando finisce, anche dieci anni, è considerato un reato e quelle 1.300 persone deportate dal Sudan in Eritrea probabilmente ora si trovano in carcere. Non era questo il nostro obiettivo, non era questo l'obiettivo del Migration Compact, non è questa l'Europa che vogliamo.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Alfreider. Ne ha facoltà.

  DANIEL ALFREIDER. Signora Presidente, consegniamo il testo.

  PRESIDENTE. D'accordo.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Abrignani. Ne ha facoltà.

  IGNAZIO ABRIGNANI. Signora Presidente, onorevoli colleghi, dopo aver ascoltato il Presidente del Consiglio è un dovere, per chi come me crede in un'Europa forte e unita, cogliere le opportunità per ridisegnare alcuni obiettivi per far tornare i cittadini a confidare nel segno di un'Europa al centro del panorama politico mondiale. Lo dobbiamo fare cambiando radicalmente le politiche messe in campo fino a oggi. Servono istituzioni diverse e più forti e più efficienti, serve una burocrazia meno asfissiante, servono posizioni chiare sulle relazioni esterne e sulla crisi dei migranti, servono incentivi alla crescita e allo sviluppo che combattano la piaga della disoccupazione e della povertà.
  Troppi sono i problemi che affliggono la situazione internazionale perché l'Europa si possa permette di farsi da parte. In Medio Oriente è in corso un conflitto le cui conseguenze in termini di vite umane e distruzioni hanno scarsi precedenti con la storia più recente, ma non è solo la guerra a preoccupare. L'economia mondiale è colpita da un male oscuro, la deflazione, rispetto alla quale non esistono ricette. Finora le banche centrali hanno maturato la loro esperienza nella lotta contro l'inflazione, ma contro una stagnazione quale quella che rischia di perdurare si trovano impotenti, nonostante gli sforzi compiuti in questi anni, sforzi che hanno attenuato la possibile stretta ma si sono dimostrati inadeguati per combatterne l'origine.
  La scelta dei cittadini britannici ha lanciato un messaggio chiaro alle istituzioni europee e ai Governi nazionali, l'Europa per salvarsi deve cambiare, serve una risposta rapida, orientata verso quelle politiche di crescita e di sviluppo di cui da troppo tempo si parla senza vedere risultati. Serve una politica estera tesa a rilanciare i rapporti con la Russia e a collaborare per la pacificazione del Medio Oriente. Se i leader europei lavoreranno in questa direzione, siamo certi sarà il popolo britannico a pentirsi della scelta fatta. Se aspettassimo negli anni sarebbe troppo tardi, abbiamo aderito per questa ragione alle risoluzioni di maggioranza perché l'Italia le soluzioni le propone da anni senza avere risposte. L'Europa che vogliono i cittadini non è quella di oggi, l'Europa che vuole l'Italia non è quella di oggi, ma il sogno europeo non deve interrompersi. Fino a oggi ha garantito pace ai nostri popoli, da domani deve tornare a dare possibilità di prosperità e sviluppo economico.
  Il 25 marzo 2017 saranno trascorsi sessant'anni dal Trattato di Roma, deve essere l'occasione per salutare il nuovo Pag. 34patto fondativo dell'Unione, un patto di cui l'Italia deve essere protagonista. Al Presidente del Consiglio, che sappiamo essere convinto europeista, non possiamo che augurare un buon lavoro, servirà all'Italia e servirà all'Europa.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Nastri. Ne ha facoltà.

  GAETANO NASTRI. Signora Presidente, nel corso dell'anno lo scenario geopolitico ed economico europeo e mondiale è ulteriormente mutato in senso negativo, le tensioni geopolitiche non si sono mitigate, al contrario sono state intensificate dal fallito golpe in Turchia, dal risultato shock delle elezioni politiche in un Land tedesco e dai nuovi attentati terroristici. Sullo sfondo proseguono inesorabili le ondate migratorie, con il ripetersi di tragici esiti e gli inediti affollamenti di piazze e parchi cittadini. Dopo la storica e clamorosa Brexit, che rimarrà a lungo una notevole fonte di insicurezza, il fallito tentativo di formare un Governo in Spagna, l'autunno rimane denso di appuntamenti che costituiscono altrettante incognite: la ripetizione delle presidenziali in Austria e l'elezione del futuro inquilino dalla Casa Bianca, la consultazione popolare in Italia sulla nuova Costituzione che auspichiamo possa concludersi con forte e netto voto contrario degli italiani. Nel 2017 inoltre ci saranno i passaggi cruciali delle presidenziali in Francia e delle politiche in Germania e nei Paesi Bassi. In questo quadro l'andamento dell'economia non solo interagisce strettamente e nei due sensi con tale quadro politico incerto, ma di per sé si rivela più fragile dell'atteso. In questo quadro Fratelli d'Italia non può non essere preoccupata per come il Governo italiano sta affrontando in sede europea i tanti gravissimi temi all'ordine del giorno del prossimo Consiglio europeo. L'attenzione dedicata dalla politica europea alla nostra nazione, con specifico riferimento alla questione dei migranti irregolari, si è dimostrata e si dimostra del tutto insufficiente, visto che nulla è stato intrapreso né per contrastare la rotta che porta i clandestini in Italia partendo dalla costa libica né per affrontare il ricollocamento dei migranti economici. Secondo i programmi dell'Unione quest'anno avrebbe dovuto segnare la svolta nelle politiche migratorie europee proprio attraverso il piano di ricollocamento, arrivando finalmente ad alleggerire anche la pressione migratoria che pesa sull'Italia ma che sta miseramente fallendo nel segno di un egoismo delle singole nazioni e che dovrebbe invece rappresentare uno dei capisaldi della politica comunitaria. Se a queste si aggiungono la mancata revisione dei regolamenti Dublino 3 e quindi la permanenza in capo al Paese di primo approdo della responsabilità dei migranti ivi pervenuti e la sospensione dell'accordo di Schengen messi in moto da alcuni Stati membri, appare evidente come l'Italia sia ancora sola rispetto a problematiche derivanti dall'afflusso dei migranti. Aggiungo ancora come in ambito nazionale il sistema dell'accoglienza, trasformato ormai più in un business che in un efficiente meccanismo per selezionare le persone degne di divenire titolari di misure di protezione internazionale, è travolto da scandali, inefficienze, disservizi dei quali il Centro per richiedenti asilo del quale quest'Aula si è recentemente occupata è uno solo degli esempi. In questo scenario, di fronte alle parole di stima e comprensione che giungono da autorevoli rappresentanti internazionali sul fatto che l'Italia è stata lasciata sola a gestire il dramma degli sbarchi degli immigrati, si conferma l'assoluta inadeguatezza e l'autorevolezza del Governo italiano nell'imporre una linea di fermezza in ambito comunitario. Le normative vigenti in materia di concessione di protezione internazionale e le strutture preposte non riescono a garantire un tempestivo esame delle domande presentate, facendo sì che i soggetti richiedenti siano costretti ad aspettare in media un anno per ricevere una risposta, salvo poi presentare ricorso con tutto quello che ne consegue in termini di costi per la collettività, sia monetari che sociali. Occorre evidenziare inoltre come in Italia Pag. 35continua a non funzionare il sistema di identificazione dei migranti irregolari, che sbarcano sulle nostre coste, elemento che continua a rendere l'Italia un Paese privilegiato di approdo per i clandestini e che ci ha esposto già a dure critiche in ambito europeo. Tanto meno funzionano le espulsioni, problema che continua ad acuirsi a causa dell'ormai cronica assenza di risorse sul fondo rimpatri dopo che lo stesso è stato completamente prosciugato nel 2013 per destinare le sue disponibilità proprio all'accoglienza dei migranti e che il Governo si è ben qui guardato dal rifinanziare. Sotto un diverso profilo, alcun risultato altresì si sta registrando nella lotta al traffico degli esseri umani, allo sfruttamento e alle violenze a cui si trovano esposti i migranti nei loro viaggi verso l'Europa e che troppo spesso colpiscono i soggetti più vulnerabili come donne e bambini. Nulla è stato fatto neanche per potenziare i confini esterni dell'Unione e la loro difesa, né rispetto a misure di politica estera e di cooperazione nei confronti degli Stati interessati da uno o più massicce pressioni migratorie verso l'Unione. Per quanto attiene alla politica commerciale, occorre rilevare la necessità di un impegno convinto e concreto dell'Unione nella tutela delle produzioni nazionali e l'attenzione che deve essere riservata al rispetto delle normative comunitarie sia per quanto attiene alla produzione che alla commercializzazione dei beni la difesa dei marchi di qualità e la tutela delle eccellenze dei singoli comparti produttivi nazionali. In questo quadro lo stop imposto ai negoziati con gli Stati Uniti per l'accordo di partenariato economico-finanziario sembra finalmente accogliere le critiche più volte espresse anche in ambito parlamentare rispetto ai suoi contenuti.
  Per quanto attiene alla discussione sulla Russia, essa va contestualizzata nell'ottica dell'imminente decisione in merito all'eventuale proroga delle sanzioni imposte dall'Unione a questo Paese e dei più recenti sviluppi di politica internazionale, che hanno visto un ruolo attivo della Russia in alcuni scenari di conflitto. L'embargo disposto dalla Russia in risposta alle sanzioni su svariate tipologie di prodotti agroalimentari provenienti dall'Unione europea sta danneggiando gravemente il mercato delle esportazioni italiane, il cui volume commerciale con tale Paese è, a dir poco, crollato in seguito all'adozione di queste misure, con una perdita che si attesta annualmente su alcune centinaia di milioni di euro. In merito il mondo produttivo italiano e, in particolar modo, le associazioni dei produttori del comparto agroalimentare hanno lanciato ripetuti appelli, chiedendo la fine delle sanzioni e denunciando anche come l'indebolimento della struttura della rete commerciale e della distribuzione stia causando la chiusura di aziende e la perdita di posti di lavoro.
  Occorrono iniziative volte alla revisione della normativa in materia di concessione di misure di protezione internazionale al fine di assicurare un esame delle domande in tempi brevi e prefissati, prevedendo speciali misure per garantire la protezione dei migranti, donne e bambini, ed operare nel senso di un progressivo smantellamento dei centri per richiedenti asilo in siti sul nostro territorio nazionale. In tale ambito, ad assumere iniziative affinché sia eliminata la possibilità di ricorrere avverso i provvedimenti di diniego della protezione, strumento che si è rivelato inadeguato a garantire una rapida conclusione dei relativi procedimenti, e la previsione della protezione internazionale concessa unicamente dall'Italia e che incoraggi un afflusso massiccio di migranti irregolari nel nostro Paese; ad elaborare in tempi rapidi una lista di Paesi sicuri che permetta di velocizzare la procedura di richiesta di protezione internazionale attraverso una prima selezione da effettuarsi proprio sulla base del Paese di provenienza del richiedente; ad adottare iniziative per migliorare la funzionalità e potenziare il sistema dei rimpatri, rifinanziando il Fondo rimpatri e procedendo alle espulsioni in tutti quei casi in cui le stesse siano previste a livello legislativo e regolamentare; ad apportare le opportune modifiche normative per garantire l'allontanamento Pag. 36dal territorio italiano dei soggetti colti in flagranza di reato e processati per direttissima; a sollecitare la revisione del regolamento di Dublino e a favorire la riforma dei meccanismi di gestione del fenomeno migratorio in ambito europeo; ad assumere iniziative per implementare le procedure volte all'identificazione dei soggetti che giungono sul nostro territorio nazionale attraverso la registrazione e il rilevamento delle impronte digitali in maniera sistematica e completa, adottando misure per poter allontanare dal territorio nazionale quei soggetti che si rifiutano di farsi identificare; a proseguire nell'azione volta a realizzare accordi con le autorità libiche che possono ridurre considerevolmente le partenze dei migranti dalle coste di quel Paese; a sollecitare l'adozione di misure in ambito europeo volte al potenziamento dei controlli alle frontiere esterne dell'Unione, anche attraverso la creazione di un'apposita forza di sicurezza; a farsi promotore di un'iniziativa finalizzata alla revoca immediata delle sanzioni imposte dall'Unione europea alla Russia, operare per il pieno rilancio delle sue relazioni commerciali con l'Italia e sostenere l'attività diplomatica volta ad integrare la Russia nell'azione internazionale dell'Unione europea.
  In questo quadro, pertanto, preannuncio il voto contrario di Fratelli d'Italia sulla risoluzione della maggioranza.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bruno Tabacci. Ne ha facoltà.

  BRUNO TABACCI. Signora Presidente, signora sottosegretario, colleghi, il gruppo Democrazia Solidale-Centro Democratico esprime voto favorevole sulla risoluzione di maggioranza e sulle altre risoluzioni che abbiano il parere favorevole del Governo. Concordiamo sull'idea che il rilancio dell'Europa sia fondamentale per un Paese come il nostro. Più che mai, ci viene da dire, sono valide le ragioni che portarono in Italia, a Roma, i Paesi europei per la firma dei Trattati. Era il 1957, quindi 60 anni fa quasi. Dovremmo chiederci come è cambiato il mondo e come è cambiata l'Europa. Il mondo: eravamo sulla terra meno di 3 miliardi di uomini; oggi siamo più di 7 miliardi. Vale a dire che vi è stato più che un raddoppio della popolazione mondiale in un arco di tempo assai breve.
  Le dinamiche demografiche e le radicali differenze nella qualità dello sviluppo, oltre alle guerre, sono alla base delle migrazioni bibliche del nostro tempo. Tale fenomeno, così impressionante, ci accompagnerà per molti decenni, perché non è una questione che si risolve in un tempo breve. Il continente africano è centrale e fa bene il Governo italiano a portare l'attenzione su questa che è una verità incontrovertibile. Tra l'altro, viviamo un tempo nel quale grazie alle nuove tecnologie ogni abitante del mondo conosce le sue condizioni e le può confrontare con quelle degli altri. Il cittadino dall'Africa subsahariana sa che dovrebbe vivere con due dollari al giorno e vede, magari ad un terminale televisivo, casualmente, che i Paesi europei sono aggrediti da pubblicità continue per i cibi dei cani e dei gatti, cosa del tutto comprensibile per noi, ma che vale molto più di 2 dollari al giorno e che in Europa magari si sovvenziona con la stessa somma ogni capo di bestiame per sostenere l'agricoltura. È come se noi vivessimo in un quadro nel quale al posto dei contenenti abbiamo dei contenitori. Voi conoscete il principio dei vasi comunicanti, vero ? Se i vasi non comunicano tra di loro è possibile che in ogni contenitore, in ogni continente, ci siano condizioni di sviluppo diverse ma che non essendo conosciute dagli altri questo non comporti nessuna conseguenza; ma se le condizioni di sviluppo sono conosciute e la comunicazione tra i contenitori è in essere, il principio di riequilibrio tra gli stessi diventa violento. Ecco dove sta il principio fondamentale del moto dei migranti. È questa la ragione di fondo, non è un'altra.
  E noi pensiamo davvero che si possono alzare muri, che questo basti a bloccare queste spinte che sono incontenibili ? E l'Europa come era 60 anni fa ? Un continente dilaniato dalle due guerre mondiali Pag. 37del Novecento e diviso da un muro che la tagliava in due: di qua i Paesi fondatori e di là quei Paesi, oltre la cortina di ferro, per i quali noi eravamo in ansia (non si possono dimenticare Budapest nel 1956 e Praga nel 1968). E come si fa a non guardare con stupore oggi ai Paesi del gruppo di Visegrád: Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia, e al loro atteggiamento? Hanno usato l'Europa, non intendono farsi carico delle responsabilità condivise e si chiudono dentro nuove cortine di ferro.
  Forse è stato un errore l'allargamento accelerato ? Mi auguro di no, ma senza una piena assunzione di responsabilità l'Europa si dissolve. Il tema dell'immigrazione, il Regolamento di Dublino, gli accordi di cooperazione rafforzata e di partenariato con i Paesi di origine e quelli di transito, il bilancio europeo e gli investimenti in Africa, le rotte delle migrazioni, quella dei Balcani occidentali e quella mediterranea, non possono essere trattati diversamente. Poi, ci sono le quote di collocamento dei migranti. Senza fare chiarezza su questi temi l'Europa esplode. E allora ? Abbiamo dovuto prendere atto, a malincuore, che gli inglesi hanno votato pensando di essere il Commonwealth. Non hanno immaginato quello che in realtà erano: un Paese di poco più di 50 milioni di abitanti, perché bisogna scomputare la Scozia e il Galles che sono notoriamente molto più europeisti. Loro hanno ragionato pensando che erano il Commonwealth, cioè che non c'era solo la Gran Bretagna ma che c'erano, magari, l'Australia, il Canada e anche l'India. Non è così ! Il mondo è profondamente cambiato e gli inglesi questa cosa la dovranno constatare sulla loro pelle. A me dispiace molto, ma la forza dei numeri sarà tale che farà costare agli inglesi molto quella decisione sulla Brexit. Ora, però, bisogna andare avanti, chiarendo le conseguenze per tutti. Forse è giunto il tempo di ripensare profondamente questa Europa e si deve ripartire dai diciannove Paesi che hanno in tasca la stessa moneta. È duro dirlo, ma è esattamente così, è una scelta obbligata: senza una spinta federale, almeno di questi, anche la moneta crolla. Lo stesso discorso vale per l'esercito europeo e il ruolo internazionale dell'Europa. Andare in ordine sparso metterà in angolo i singoli Paesi europei. Tra venti, trent'anni, nell'ipotetico G7, potrebbe non esserci alcun Paese europeo in quell'organismo mondiale, forse neppure la Germania. Proiettate la dinamica dei Paesi, dei PIL rispetto a venti o trent'anni e vedrete quali sono gli effetti. Sono effetti dirompenti; altro che dissoluzione di quello che abbiamo costruito ! Questi argomenti dovrebbero essere sufficienti per tenere lontani muri e chiusure e per rilanciare l'Europa. Se i muri, poi, servono per mobilitare i consensi interni a ciascun Paese, siamo condannati alla dissoluzione. Mi auguro davvero che il Governo italiano sia in grado di essere protagonista dopo sessant'anni, come lo fu De Gasperi, con Adenauer e Schuman, nell'immediato dopoguerra. Quella fu una scelta di speranza che consentì ai giovani del tempo di guardare con fiducia al futuro; quella di oggi rischia di essere una scelta di dissoluzione (Applausi dei deputati del gruppo Democrazia Solidale-Centro Democratico).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Monchiero. Ne ha facoltà.

  GIOVANNI MONCHIERO. Grazie, Presidente. Partirei dai temi che sono all'ordine del giorno del Consiglio europeo, su cui il Presidente del Consiglio ha riferito la posizione del Governo. Sono temi che vengono ovviamente ripresi nella risoluzione di maggioranza, che abbiamo convintamente sottoscritto. Cominciamo dai temi per poi provare a dire qualche cosa di più sugli ideali che li devono ispirare.
  Il grande tema dell'immigrazione – è stato ricordato or ora dal collega Tabacci – è un fenomeno di proporzioni epocali, alimentato da guerre e carestie, le guerre del vicino Oriente e del Nordafrica e le carestie che da tempo attanagliano l'area subsahariana. Di fronte a un problema di dimensioni difficilmente controllabili, il nostro Paese ha acquisito benemerenze Pag. 38significative nell'attività di soccorso dei migranti che scelgono le rotte del Mediterraneo. Queste benemerenze, però, non possono farci dimenticare le difficoltà nella gestione delle richieste di asilo, le difficoltà nella gestione di quanti non avrebbero diritto di asilo e, poi, le politiche dell'integrazione vera, reale, completa. Sia l'una che l'altra, sia la politica nei confronti di chi chiede asilo sia l'integrazione, non possono essere affidate ad un unico Paese. La Comunità europea, su questo tema, deve ritrovare l'unità di intenti, deve ritrovare l'unità di azione. Quindi, noi esprimiamo vivo apprezzamento per la presa di posizione ferma che il Governo ha avuto dopo l'ultimo vertice europeo; ferma rispetto a quello che sta succedendo in Europa, con la creazione di muri, che rappresentano non soltanto una scelta sgradevole sul piano concettuale e ideale, rappresentano anche un concreto elemento di divisione. Ogni muro è sempre un elemento di divisione. Rappresentano fisicamente e visivamente politiche europee che non sono unitarie. È chiaro che su questo tema, nei prossimi mesi, l'Unione europea deve ritrovare la sua unità, deve ritrovarla perché, senza una politica seria sull'immigrazione, noi non potremmo trattare correntemente i temi di politica estera.
  Venendo ai temi di politica estera, non possiamo certamente ignorare i nostri rapporti con la grande potenza che sta ad est, con quella Russia che è tornata ad essere protagonista sullo scacchiere, anche militare, dell'area mediorientale a noi vicina. Senza contare la crisi ucraino-cecena. La Russia ha assunto iniziative che vanno nettamente in contrasto non solo con gli interessi della Comunità europea, ma vanno in contrasto con gli ideali che animano la Comunità europea.
  È una grande nazione della quale noi, potenzialmente, vogliamo e, probabilmente, dovremmo essere amici e con la quale dobbiamo collaborare. Però, oggi si richiede all'Unione europea di assumere delle posizioni ferme, in questo caso, di avere una politica di contenimento dell'espansionismo sovietico, di avere una politica che rappresenti anche la forza dell'Europa.
  Tutte le volte che noi parliamo dell'Unione europea notiamo sempre che c’è una grande potenza economica alla quale non è correlata una altrettanto chiara potenza politica. E più volte abbiamo detto che sarebbe bene cominciare a studiare delle politiche di unità anche nella gestione della difesa. Infatti, la politica estera comporta inevitabilmente anche il ricorso alla forza in certe circostanze. Noi abbiamo sempre appoggiato il Governo in questi ultimi anni sulle politiche di intervento in alcune aree nelle quali il nostro Paese è coinvolto, assieme ai nostri tradizionali alleati, o in funzione di delegato delle Nazioni Unite. Crediamo che questi interventi, pur dolorosi, pur difficili, pur pesanti, sempre in accordo con i nostri naturali alleati, debbano essere mantenuti, perché anche da questo si vede la capacità di esistere di un Paese. Siamo pur sempre la settima potenza industriale del mondo, credo che non possiamo non avere una politica estera.
  C’è, poi, anche il problema dei trattati commerciali internazionali, specie con il Canada e con gli Stati Uniti. Il TTIP vive un momento di rallentamento; il trattato con il Canada appare avviato a conclusione. Anche su questo terreno è bene che la politica europea si manifesti con voce unitaria, ma su questo terreno è anche bene che il nostro Paese, che è portatore di fortissimi interessi nel settore agroalimentare e nel settore del lusso e della qualità, debba difendere anche i nostri interessi, che non sempre sono così chiaramente tutelati da trattative commerciali, a volte un po’ troppo sotterranee.
  Veniamo all'essenza dell'Europa, veniamo alla Brexit. Sulla Brexit, già nel precedente incontro con il Presidente del Consiglio, il nostro gruppo aveva sostenuto una posizione molto ferma. Oggi noi ribadiamo che riteniamo necessaria un'applicazione rigorosa dell'articolo 50. Trattative separate non ci porteranno a nessuna conclusione positiva. La flessibilità è un valore, ma la flessibilità è un valore Pag. 39fino a quando è conciliabile con gli ideali. In questo caso, flessibilità e ideali sono incompatibili. L'idea dell'Unione europea non può passare attraverso un eccesso di flessibilità che faccia figli e figliastri, che risolva i conflitti e le divisioni attraverso trattative separate, spesso sotterranee.
  Gli inglesi hanno scelto democraticamente di uscire. Noi dobbiamo rispettare questa decisione e dobbiamo agevolarla nel tempo più rapido possibile, tutelando gli interessi dell'Europa, tutelando prevalentemente gli interessi di chi ha scelto di rimanere. Soltanto così, poi, avremo credibilità quando chiediamo di volare alto sul piano degli ideali.
  È chiaro che l'appuntamento del 2017, per ricordare e festeggiare i 60 anni del Trattato di Roma, è un appuntamento importantissimo sul piano della riaffermazione degli ideali. Credo che sia bello che noi, già oggi, ne parliamo e che quest'Aula, il nostro Paese si preparino adeguatamente a questo appuntamento significativo. Ma gli ideali vivono anche di comportamenti coerenti e, quindi, noi sollecitiamo il Governo a sostenere in Europa, con forza, la necessità di avere comportamenti coerenti, rapidi e decisi nella gestione della crisi provocata dalla Brexit.
  In questo spirito, con questi intenti, noi ovviamente votiamo la risoluzione di maggioranza, che abbiamo sottoscritto, ma anche tutte quelle sulle quali il Governo ha espresso parere favorevole.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Saltamartini. Ne ha facoltà.

  BARBARA SALTAMARTINI. Grazie, Presidente. Non le nascondo che intervengo provando un forte disagio in questo momento, perché sono convinta che l'Aula in cui siamo meriti il massimo del rispetto.
  Il Parlamento è una delle istituzioni più importanti nella nostra nazione e, invece, mi sono ritrovata così, quasi un po’ per caso, di fronte ad una situazione – quale quella che vedo quotidianamente nei talkshow ai quali il Presidente del Consiglio partecipa – in cui il Presidente del Consiglio, evidentemente nell'ambito di quella decadenza a cui ci sta portando il suo comportamento, pensa di essere in un contesto televisivo e, quindi, di poter fare e giocare il ruolo del simpaticone, come quando andò da Maria De Filippi con il chiodo, e pensa di poter far venir meno il rispetto verso i parlamentari, tutti, perché, quando si offende il presidente di un gruppo parlamentare definendolo il «nulla», si sta offendendo tutto il Parlamento, anche lei, signora Presidente, e mi dispiace che lei non abbia colto l'occasione per riprendere il Presidente del Consiglio in una delle sue peggiori performance, anche televisive.
  Mi trovo a disagio perché, rispetto ad una discussione che doveva essere, sì, importante per i contenuti che saranno esaminati e trattati in sede di Consiglio europeo, il Presidente del Consiglio – e mi dispiace che in questo momento il Governo sia rappresentato dal sottosegretario Sesa Amici, che, certo, è ben differente nei modi, nella prassi e negli atteggiamenti rispetto al Presidente del Consiglio, ma a lei, purtroppo, tocca, sottosegretario, questo compito – ha trasformato questa importantissima discussione nell'ennesima arena politica, nella peggiore arena politica, a cui ormai siamo, purtroppo, abituati, a partire dalla vicenda referendaria, dove il Presidente del Consiglio non ha capito che sulla Costituzione, quindi su un voto fondamentale per il nostro Paese, ha commesso il più grande errore della storia della Repubblica italiana: spaccare il Paese in due, drammaticamente in due.
  E al Presidente del Consiglio, per il suo tramite, Presidente, vorrei far pervenire questo messaggio: quando dice che qualcuno ha parlato, così, a vanvera, uscendo dall'ordine del giorno per cui eravamo stati convocati in questa seduta, vorrei ricordare che, nel momento in cui si parla di riforma costituzionale e di referendum, proprio in questo momento, si vuole far capire al Presidente del Consiglio che lui, oggi, dopo anni in cui ha accettato le pacche sulle spalle dalla Francia e dalla Germania e va a sostenere la tesi per cui vuole andare in Europa a battere i pugni Pag. 40sul tavolo per difendere l'identità dell'Italia, questo Presidente del Consiglio non può andare a difendere l'identità e la sovranità dell'Italia nel momento in cui, con il peggiore dei metodi che abbiamo visto qui espletarsi in seno ai regolamenti parlamentari, ha fatto sì che quella sovranità venisse meno, proprio nel momento in cui sta portando avanti, con il combinato disposto, questa riforma costituzionale e questa legge elettorale, che lui ha voluto che si votasse con la fiducia in quest'Aula, con tutte le opposizioni fuori.
  Ecco, di fronte a questo, che oggi il Presidente del Consiglio vada chiedere rispetto per l'Italia in Europa sinceramente mi fa venire proprio da ridere, perché è la dimostrazione prima che questo Presidente del Consiglio, purtroppo, la dignità e il rispetto per l'Italia non li può andare a chiedere, perché il primo che viene meno al rispetto e alla dignità dell'Italia è proprio il Presidente del Consiglio.
  E al Presidente del Consiglio vorrei dire, sempre per il suo tramite, Presidente, che quando mi viene a fare la lezioncina che c’è chi guarda al futuro e chi gioca nel campo della vecchia guardia, che per difendere il futuro, per programmare un futuro da lasciare ai nostri giovani, ai nostri figli, bisognerebbe avere una visione del mondo e della società che lui non ha, perché, forse, quando ha studiato il Bignami di come si diventava Presidente del Consiglio, non è arrivato al capitolo finale, in cui si spiega che per avere una visione e per proiettarsi verso un futuro bisognerebbe avere, forse, anche una politica economica degna di chiamarsi tale e di questa politica economica, di questa visione di politica economica, nel DEF che oggi pomeriggio andremo a discutere in quest'Aula non ce n’è traccia.
  Quindi, quest'Italia, questo Governo si permette di lasciare andar via più di 140.000 giovani all'estero, che vanno a cercare lavoro all'estero, perché nel frattempo utilizza 4 miliardi di euro per farci invadere da chi non ha diritto di essere ospitato, qui, in Italia. Questo dovrebbe fare il Presidente del Consiglio nel momento in cui va a difendere il nostro popolo.
  Il Presidente del Consiglio nella sua relazione non ha parlato di quelli che sono alcuni importanti trattati che verranno discussi e sui quali noi, nella nostra risoluzione, abbiamo chiesto che l'Italia si ponga con una posizione nettamente contraria; parlo del TTIP, del Market economy status per la Repubblica Popolare Cinese, sono quelle le posizioni di contrarietà che vanno assunte, senza se e senza ma, in Europa, perché è proprio sostenendo quel tipo di impostazioni che si toglie l'identità e non si difende esattamente il nostro Paese, come invece Renzi va a chiacchierare in giro di voler fare.
  Soprattutto, chi vuole difendere l'Italia non permette che l'Italia venga svenduta a poteri terzi, magari provenienti da oltreoceano, ed ecco perché il mio capogruppo, l'onorevole Fedriga, ha fatto bene a chiedere al Presidente del Consiglio Renzi cosa accadrà con JP Morgan, perché nel momento in cui stiamo svendendo a queste persone, a queste realtà, a questi poteri forti, il futuro dell'Italia è giusto e doveroso chiedere conto al Governo del perché stiamo andando in quella direzione.
  Vede, Presidente, il Presidente del Consiglio, ha pensato, come al solito, di essere in un talkshow e di non avere «repliche», perché poi è abituato a non avere il contraddittorio quando va in televisione; qui in Parlamento per fortuna il contraddittorio c’è, ed è bene che ci sia.
  Vorrei dire al Presidente Renzi che, quando si permette di parlare dell'esperienza che ha avuto la Lega con la banca, deve anche ricordare che, innanzitutto, quella banca non ha preso un euro di fondi pubblici e questo forse vale la pena ricordarlo, a differenza di altre banche che ben conosciamo e che il Presidente Renzi ben conosce, ma, soprattutto, che sono stati ripagati tutti i creditori, a differenza di quello che è successo, invece, per Banca Etruria, i cui creditori, invece, stanno pagando; dice che sono stati tutti rimborsati e, invece, questi stanno pagando, come dice spesso il mio collega Pag. 41Guidesi, il Fondo Atlante, ma anche su questo il Presidente del Consiglio tace.
  Allora, nonostante Renzi, malgrado Renzi, questo Parlamento è chiamato a discutere di cose importanti e sulle quali, forse, avremmo preferito poter discutere e dibattere tra i vari gruppi politici in maniera molto più semplice e senza toni aspri, ma, ahimè, il Presidente del Consiglio ci vieta di poterlo fare, visto l'atteggiamento con il quale, spesso e volentieri, viene in Aula, con il solo atteggiamento che conosce, quello dell'arroganza e della presunzione, proprio di chi si sente l'uomo solo al comando.
  Mi auguro veramente che il 4 dicembre questa storia finisca e il popolo italiano consegni a Renzi una grande verità, ossia che noi di un uomo solo al comando come lui non abbiamo sicuramente bisogno, perché l'Italia ha molto bisogno di altro; l'Italia ha bisogno di veder difesi i propri confini, l'Italia ha bisogno di veder aumentare le politiche per l'occupazione, l'Italia ha bisogno di una visione del sistema economico differente che metta al riparo quelle che sono le disuguaglianze sociali che oggi ancor di più questo Governo sta alimentando, l'Italia è un Paese che ha bisogno di contrastare la politica migratoria che questo Governo ha messo in piedi, ma, soprattutto, di contrastare un'Europa del rigore, dell'austerità e dell'imposizione che sta mettendo in ginocchio tutti i Paesi che ne fanno parte.
  E ben vengano quegli Stati, quelle nazioni che stanno cercando, attraverso quelli che sono gli strumenti in loro possesso, quelli referendari – in Italia purtroppo noi non lo possiamo avere perché ci è stato impedito di riformare la Costituzione per dare voce ai cittadini – di mettere in atto sistemi di protezione dei propri territori, dei propri confini, del proprio popolo. Perché quello che dimentica il Presidente del Consiglio, Matteo Renzi, è che è il popolo ad essere sovrano, non è lui il sovrano. E se vuole fare il sovrano vada pure in televisione, non faccia contraddittorio in televisione, venendo meno a qualsiasi regola della par condicio che è stata votata in Commissione vigilanza RAI, ma non lo venga a fare in quest'Aula, perché quest'Aula merita un rispetto molto più alto di quello che lui mostra abitualmente, ma soprattutto quest'Aula merita di poter parlare di quelle che sono le cose che realmente interessano i cittadini e non certo del congresso interno del Partito Democratico. E non merita certo di sentire magari alcuni parlamentari – mi riferisco senza ombra di dubbio al presidente del gruppo del Partito Democratico – che, pensando di ottenere qualche placet maggiore dal suo presidente di partito, perché Renzi è anche presidente di un partito che sta perdendo tempo a fare campagna elettorale invece che a risolvere i problemi dei cittadini, vengono in quest'Aula a giustificare l'indegna frase che il Presidente ha voluto riferire al presidente Brunetta offendendo ancora una volta tutti noi. Mi dispiace, Presidente, che abbia perso questa occasione per difendere la dignità di tutti noi e di quest'Aula (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie-Lega dei Popoli-Noi con Salvini).

  PRESIDENTE. Deputata, io ho detto a quest'Aula che i toni devono essere abbassati da parte di tutti e che la tensione non serve alla qualità del dibattito. Dunque, mi sembra che il significato di queste mie parole sia abbastanza chiaro per tutti.
  La sottosegretaria Sesa Amici aveva chiesto di intervenire per precisare il parere sulle mozioni Scotto ed altri n. 6-00266, Brunetta ed altri n. 6-00268 e Artini ad altri n. 6-00269.

  SESA AMICI, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Mi scusi, Presidente, brevemente, tra l'Aula che usciva, c'erano stati un po’ di problemi. Per essere precisi nella risoluzione Scotto ed altri n. 6-00266 da «premesso che» al quinto capoverso il Governo esprime parere contrario. Il Governo esprime parere contrario sul sesto capoverso che inizia «finora, 13»; e sul settimo capoverso che inizia «con la Turchia», per quanto riguarda le premesse. Mentre sugli impegni – riusciamo ad esprimere un Pag. 42parere un po’ più articolato – il Governo esprime parere contrario sul settimo impegno che inizia «a promuovere una politica che dica...»; parere contrario sull'ottavo che inizia «a proporre la revisione...»; parere contrario sul nono che inizia «a censurare»; sul decimo che inizia «a non dare, in sede di Consiglio europeo...»; parere contrario sull'undicesimo che inizia «a sostenere con forza...». Il Governo invece esprime parere favorevole sul capoverso tredicesimo purché sia riformulato nel modo seguente: «a sostenere anche in sede europea, ogni azione volta a favorire l'attuazione degli Accordi di Minsk anche al fine di facilitare una normalizzazione dei rapporti economici».
  Sulla risoluzione Brunetta ed altri n. 6-00268 nella premessa, al capoverso ottavo che inizia «la responsabilità...» il periodo avrebbe il punto e quindi si completerebbe con «una partnership strategica fra tra NATO e Federazione Russa.» mentre su quanto segue il parere del Governo è contrario. Il Governo esprime parere contrario, nelle premesse, sul dodicesimo capoverso e sul quattordicesimo capoverso. Mentre negli impegni, il Governo esprime parere favorevole sul terzo impegno «a riconsiderare nell'ambito dell'Unione europea» fino a «del nostro Paese»; mentre il Governo esprime un parere contrario dalle parole «nonché ad adoperarsi ». Il Governo esprime parere favorevole sull'ottavo impegno purché sia riformulato premettendo «a valutare l'opportunità»; sul nono purché sia riformulato nel modo seguente «ad intervenire nelle opportune sedi valutando le condizioni necessarie per porre in essere nel più breve tempo possibile» fino «agli esseri umani»; sul decimo impegno purché sia premesso «a proseguire l'azione a livello europeo». Questo per la mozione Brunetta.
  Per la risoluzione Artini ed altri n. 6-00269, le premesse andavano bene, mentre negli impegni il Governo esprime parere contrario sulla lettera e) che inizia «a presentare con forza al Consiglio europeo l'esigenza di vincolare l'attuazione delle disposizioni previste...»; parere favorevole sul punto g) purché sia riformulato premettendo «a valutare la possibilità di». Mi auguro di essere stata più precisa questa volta.

  PRESIDENTE. Sta bene. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Buttiglione. Ne ha facoltà.

  ROCCO BUTTIGLIONE. Signora Presidente, onorevoli colleghi, signora rappresentante del Governo. Centosessantotto anni fa Karl Marx scriverà un libro che si chiamava Manifesto del Partito Comunista. Se ricordo bene la prima frase era «C’è uno spettro che si aggira per l'Europa: è lo spettro del comunismo». Oggi noi dovremmo dire: c’è uno spettro che si aggira per l'Europa, questo spettro è lo spettro del populismo. Non a caso il Presidente del Consiglio ha iniziato la sua argomentazione partendo dal Brexit.
  Vorrei dire una cosa: attenti, attenti non solo al pericolo del populismo, ma anche al pericolo di demonizzare il populismo, perché la prima condizione per combattere efficacemente il populismo è quella di capirlo.
  Quest'estate sono stato all'undicesimo Vanenburg Meeting, ho fatto la relazione fondamentale proprio in Gran Bretagna. Sono gli intellettuali vicini al Partito conservatore. I britannici sanno benissimo – almeno i migliori, come il mio amico Roger Scruton – che la Gran Bretagna è inadeguata a reggere le sfide dell'era della globalizzazione, ma questa Europa viene percepita come lo spazio del vuoto, del freddo, non come una casa e allora meglio tornare alla vecchia casa, che è in frantumi, il tetto è sfondato, i mobili sono marci. Meglio tornare a una casa che dà l'impressione di essere una casa.
  E, allora, combattere il populismo efficacemente significa capire che essi mettono il dito su un problema vero e danno risposte sbagliate a problemi veri. Dobbiamo fare un esame autocritico di cosa abbiamo fatto di questa Europa, soprattutto di cosa i partiti che appartengono alle grandi tradizioni che hanno fatto l'Europa, il Partito socialista e il Partito democratico cristiano, abbiano fatto dell'Europa Pag. 43e dove abbiano sbagliato strada. Infatti abbiamo sbagliato strada: lottare contro la volgarità del populismo è giusto, ma non basta. Bisogna capire cosa spinge i popoli a sentire, a cedere ad argomenti di evidente volgarità e banalità.
  A proposito, signor Presidente, anche io penso che il Presidente Renzi abbia sbagliato ad usare quelle espressioni contro il collega Brunetta. Forse lei avrebbe dovuto censurarlo. Poi mi son detto: ma come fa a censurare il Presidente del Consiglio, se non ha censurato venti e più oratori dell'opposizione che hanno vomitato ogni genere di ingiurie contro il Presidente del Consiglio stesso ? È difficile. E perché non ha censurato i venti prima ? Mi permetto di rispondere a nome suo, signor Presidente: perché, se avesse censurato i venti prima, avrebbe dovuto fermare continuamente i lavori parlamentari e quindi, nell'interesse della prosecuzione dei lavori parlamentari, lei ha fatto finta di non aver sentito un mare di enormità e non poteva, poi, non far finta e invece accorgersi improvvisamente quando era il Presidente del Consiglio a replicare. Bene lei ha fatto a richiamare tutti, ad elevare il tono dei lavori parlamentari: basta con le ingiurie gratuite, basta con le offese immotivate; visto che Montesquieu tanti anni fa ha scritto qualcosa, mi pare, un libro che si chiamava L'esprit de lois parlando della separazione dei poteri, basta parlare in quest'Aula di questioni che sono di competenza dei tribunali, le affrontino i tribunali: quando i tribunali daranno sentenze, in quest'Aula ne trarremo le eventuali conseguenze politiche. Abbiamo altre cose più importanti di cui occuparci in quest'Aula.
  Quindi, tornando ai populismi, cerchiamo di capire le ragioni dei populismi. Andiamo a Varsavia, andiamo a Praga, andiamo a Budapest. Guardate, io sono d'accordo con il Presidente quando dice che abbiamo gli strumenti per costringere in qualche modo i Paesi di Visegrád ad accettare le loro responsabilità, ma evitiamo atteggiamenti ricattatori, cerchiamo di parlare all'anima dei popoli. I popoli si ribellano contro un'Europa che ha perso la sua anima e l'Europa ha perso la sua anima quando ha rinunciato ad avere una base culturale. Abbiamo rifiutato le radici cristiane dell'Europa, ma non è solo quello. Anche a chi non ama le radici cristiane dell'Europa, la menzione delle radici cristiane dell'Europa, vorrei ricordare che in quel momento noi abbiamo rinunciato a dare un fondamento culturale alla nostra unità europea, al nostro progetto di unità europea e per dieci-quindici anni abbiamo costruito un'Europa senza riferimenti culturali.
  A me va benissimo che i riferimenti culturali dell'Europa non siano solo le radici cristiane: che siano anche quelle greco-romane, per amor di dio, ma certo l'illuminismo, certo è parte della nostra storia e anche del nostro destino, ma ripartiamo da un'Europa che ha un'identità ed una cultura. Se parleremo il linguaggio dell'identità e della cultura, ci faremo capire meglio anche dai Paesi di Visegrád e troveremo più facilmente punti di contatto, ci faremo capire anche da quelli che sono tentati dalla secessione dall'Europa. Non è possibile avere un'Europa che è soltanto un aggregato di mercanti, con tutto il rispetto per i mercanti, e che è tenuta assieme soltanto da valori vitalistici, come l'usura, la lussuria ed il potere: per chi non l'avesse capita, è una citazione da T.S. Eliot.
  Questo mi pare il primo grande tema politico che dobbiamo affrontare: o abbiamo troppa Europa e, allora, facciamo bene a tornare agli Stati nazionali, o ne abbiamo troppo poca, perché è un insieme di istituzioni che non hanno una forma, non hanno un'anima, non esprimono una bellezza. Io dico che dobbiamo tornare ad un'Europa che abbia un'anima, che abbia una forma, che esprima una bellezza. Credo che se si avvia un lavoro di questa Camera e del Senato, come ha chiesto il Presidente del Consiglio, questo debba essere un tema prioritario: torniamo a parlare dell'identità dell'Europa.
  Parlare di identità significa anche definire confini: non c’è identità senza confini. E qui noi dobbiamo capire le angosce di chi è preoccupato per l'immigrazione. Pag. 44Dobbiamo ricordare un adagio di Sant'Agostino (veramente è attribuito a Sant'Agostino e non lo ho mai trovato nelle opere di Sant'Agostino, ma lo cito come di Sant'Agostino), per cui «a semet ipso incipit bene ordinata caritas»: la carità bene ordinata comincia da se stessi. Non possiamo farci dire da qualcuno che il povero in Italia è trattato peggio di quello che viene da fuori. Sarebbe grave e sarebbe immorale. Dobbiamo sapere che ci sono quelli che non hanno una casa a cui tornare – quelli dobbiamo integrarli, i rifugiati –, ma quelli che non hanno titolo per stare in Italia devono tornare indietro.
  Dobbiamo chiedere all'Europa di ridistribuire i rifugiati, come abbiamo fatto, ma dobbiamo chiedere alle nostre autorità interne di elaborare procedure efficaci per rimandare indietro quelli che non hanno titolo per stare in Italia. Oggi, su questo siamo in difetto e anche i problemi che incontriamo in Europa sono legati al fatto che non si considera credibile la capacità dell'Italia di rimandare indietro chi non ha titolo per stare in Italia. Questo non è facile, non si fa senza la cooperazione dei Paesi d'origine dei flussi e i Paesi d'origine dei flussi ci danno la loro collaborazione a due condizioni: canali di immigrazione legali, commisurati alla capacità di assorbimento del mercato del lavoro italiano, e sostegno economico per creare in quei Paesi i posti di lavoro nei quali può vivere la gente che, altrimenti, disperata, tenta di fuggire verso l'Europa e verso l'Italia. Questo costa meno che non mantenerli in Italia ed è anche produttivo di più benessere per quel Paese, perché l'emigrazione – non dimentichiamolo – è una perdita per il Paese da cui la gente va via, se appena ci sono le condizioni per valorizzare quel lavoro in quel Paese lì.
  Questa è la linea che sta faticosamente passando in Europa per iniziativa del Governo italiano. Ancora troppo poco, ancora in modo troppo, diciamo così, tentativo, ma è il giusto cammino. Ci mancano politiche di vicinato: abbiamo bisogno di politiche di vicinato.

  PRESIDENTE. Deve concludere.

  ROCCO BUTTIGLIONE. Il mio tempo è già alla fine ? Solo un invito al Governo: è tempo di cambiare pagina adesso. Le politiche che hanno guidato la formulazione del fiscal compact, che non fa parte dei trattati europei, del Six pack, del Two pack sono politiche che hanno risposto all'emergenza di allora, che era l'instabilità finanziaria. Sono tutte politiche che hanno una data di scadenza, al 2017 o al 2018. Dobbiamo chiedere di mettere all'ordine del giorno la nuova discussione, la rinegoziazione di quegli strumenti per mettere al centro quello che è il problema di adesso: il deficit di crescita e di sviluppo.
  È il tempo giusto: se il Presidente Renzi lo farà con decisione, io credo che abbiamo la possibilità di costruire una rete di alleanze in Europa, che serva, prima, a metterlo all'ordine del giorno e, poi, a ricostruire veramente quel patto per la crescita e lo sviluppo di cui l'Italia e l'Europa hanno bisogno.
  Per queste ragioni, noi voteremo le mozioni alle quali il Governo ha dato il proprio consenso (Applausi dei deputati del gruppo Area Popolare (NCD-UDC).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Palazzotto. Ne ha facoltà.

  ERASMO PALAZZOTTO. Grazie, signora Presidente. Non le nascondo un certo imbarazzo nel dover intervenire in questo dibattito, un dibattito che è stato segnato prevalentemente da una mistificazione delle parole e che porta con sé un problema abbastanza grave per chi siede in quest'Aula, ovvero il tema del rispetto per le istituzioni. Il rispetto per le istituzioni attiene ai comportamenti di ognuno di noi, alla capacità di discutere del merito delle questioni e oggi è mancato – sì, è vero, ha ragione, Presidente, in tanti interventi, anche di colleghi, ci sono stati dei riferimenti particolarmente aggressivi –, ma che io ho trovato assolutamente sconveniente nelle parole del Presidente del Consiglio: perché è anche vero che qui dentro ci sono diversi gradi di responsabilità e che il Presidente del Consiglio ha Pag. 45trasformato questo dibattito, soprattutto nelle sue repliche, in un dibattito da bar di periferia. E io credo che questo non debba mai accadere e che, forse, ha evidentemente frainteso le parole della first lady americana Michelle Obama, che diceva, appunto, che quando loro vanno in basso, non bisogna fare come ha fatto il Presidente del Consiglio, ovvero prendere la vanga e cominciare a scavare.
  E nel senso delle parole sta anche la responsabilità della politica. Io credo che noi qui, oggi, abbiamo sentito diverse parole utilizzate come corpi contundenti da una parte e dall'altra: libertà, giustizia, democrazia. Ognuno dentro quelle parole prova a mettere quello che ritiene più utile. La cosa, però, più diffusa è che quelle parole siano usate come vuota retorica per non affrontare il merito delle questioni. E io credo che su questo si rischi, a lungo andare, nel fare soprattutto il battutista, di inciampare, come è accaduto oggi al Presidente del Consiglio, che si è preoccupato di richiamare la svista dell'onorevole Di Maio, che ha confuso il Venezuela con il Cile, e non si è accorto di essersi confuso anche lui tra l'intervento in Kosovo e la guerra in Bosnia, a cui noi non abbiamo mai partecipato (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà).
  Non si è confuso, però, su che cosa significa fare una guerra: infatti, le sue parole sull'Afghanistan, anche lì intrise di vuota retorica – democrazia, libertà, i bambini e le bambine che noi stiamo andando lì a proteggere –, mancavano completamente di un'analisi su che cosa è il risultato della politica estera di questo Paese negli ultimi vent'anni e del fatto che, se oggi c’è bisogno di qualcuno che difenda le bambine afgane, è perché c’è stato qualcuno che in Afghanistan è andato a fare una guerra immotivata, esattamente come ha fatto in Iraq e come ha fatto in Libia. E il bilancio è che oggi la condizione dei diritti umani in Afghanistan, in Iraq, in Libia, in Siria, ovunque noi siamo andati per esportare democrazia e libertà, è peggiorata. La condizione dei diritti umani è peggiore oggi in Libia di quando c'era una delle più feroci dittature che abbiamo conosciuto, che era quella di Gheddafi.
  Questo è il bilancio politico che bisogna fare quando si viene a discutere di politica estera in quest'Aula e non parlare di parole vuote (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà). Libertà e democrazia non sono quello che abbiamo esportato: quello che abbiamo esportato, e che continuiamo ad esportare, si chiama «morte», si chiama «armi».
  Ed è questo il tema vero: la guerra paga e paga anche le aziende di armamenti italiane. Se si vuole discutere di come si porta pace, sicurezza e stabilità nel mondo, di come si contrasta la crescita dei flussi migratori, dobbiamo discutere di un embargo sulle armi in Medio Oriente (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà); dobbiamo discutere delle responsabilità politiche di questo Governo e della Ministra Pinotti, che hanno autorizzato la vendita di bombe all'Arabia Saudita, bombe che cadono sui civili e sulle bambine e i bambini di Sana'a in Yemen (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà). Sono, forse, meno importanti di quelli che il nostro Presidente del Consiglio rivendica nella sua vuota retorica sull'Afghanistan ? Perché non stiamo andando in Yemen a difendere i bambini e le bambine ? Forse perché chi le sta uccidendo sono i nostri saldi alleati, come l'Arabia Saudita e non diciamo una parola ?
  E il tema del costo del lavoro, anche qua si fanno degli scivoloni: in Italia il costo del lavoro è più basso ed è per questo che noi siamo più competitivi. Già tutti i titoli, anche La7 titolava che il Presidente del Consiglio ci ha detto questo. Non è vero: in Italia c’è il costo del lavoro più alto in Europa, si paga una contribuzione più alta, la pagano le imprese e la pagano i lavoratori. Il tema è che in Italia c’è il livello di salari più basso, c’è il livello di sfruttamento del lavoro e di dequalificazione del lavoro più alto: un ingegnere italiano viene pagato di meno in Italia e viene pagato di più in Germania e in Pag. 46Inghilterra ed è per questo che le energie migliori di questo Paese continuano a fuggire. E allora forse bisogna non fare le brochure di propaganda per dire: «Venite, ci sono i saldi sul lavoro in Italia», bisognerebbe dire che oggi aumentiamo il livello dei salari, riduciamo forse anche la contribuzione e la tassazione sul lavoro. Questo bisognerebbe dire e non con qualche mancia elettorale.
  Ma torniamo al tema, il tema del Consiglio europeo di domani. Vede, all'ordine del giorno si parla di migrazioni e anche qua il Presidente del Consiglio, fuori da una vuota retorica, non ci ha detto di cosa andrà a parlare. Nella prima parte del suo intervento, quella diciamo in cui ha fatto meno il bullo, ma ha fatto più propaganda elettorale, ci ha raccontato di quando è tornato in questi giorni ad Amatrice e ad Accumuli, cose importantissime, ma non ci ha detto il motivo vero di questa seduta, di cosa andranno a discutere al Consiglio europeo i 27 Presidenti degli Stati europei.
  Migrazioni e riforma del Trattato di Dublino: noi abbiamo aperto gli hot spot in Italia perché l'Unione europea ci ha imposto che bisognava fare le identificazioni, abbiamo ricevuto anche qualche rimbrotto perché non facevamo le identificazioni forzose; poi abbiamo spiegato al direttore generale di Frontex che lo vieta la nostra Costituzione di esercitare una violenza per prendere le impronte digitali. Ma al netto di questo, il Trattato di Dublino è il motivo per cui non si fanno prendere le impronte digitali i migranti che arrivano qui, perché chi vuole raggiungere la propria famiglia e continuare il proprio progetto di vita in un altro Stato dell'Unione, se viene identificato qui in Italia, deve rimanere qui in Italia. Allora, ci hanno spiegato delle rilocation, ma le rilocation sono ferme al palo, perché in Europa nessuno oggi vuole raccogliere, diciamo, questa sfida. E l'Europa, invece di pensare a come si cancella il Trattato di Dublino e si pongono diritti di cittadinanza in capo a chi arriva, che sono uguali a quelli di tutti gli altri, fa un accordo con la Turchia, a cui appalta la politica migratoria di controllo delle frontiere, laddove i diritti umani non hanno le stesse tutele che hanno invece nei Paesi europei, perché, se arrivano in Grecia o in Italia, noi dobbiamo rispettare i diritti umani e, qualche volta, non lo facciamo neanche noi; ma, se arrivano in Turchia, chi se ne frega di come vengono trattati o respinti i profughi in Turchia. Ecco, la stessa cosa oggi l'Europa spinge perché avvenga con l'Egitto, l'Egitto di Giulio Regeni, quello che ancora non ci dà nessuna risposta sul caso Regeni. Vorremmo sapere cosa pensa il Presidente del Consiglio. Andrà lì a dire che si può esportare il modello Turchia anche all'Egitto o che pure per l'Italia è inaccettabile che si faccia un accordo, come quello sulla Turchia, con l'Egitto (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà) e che forse, visto quello che fa il Governo di Erdogan sulle popolazioni civili nel suo stesso Paese, non è accettabile neanche quello già sottoscritto ?
  Ma noi lo sappiamo che, invece, senza dire niente, il nostro capo della polizia ha firmato col Sudan, un Paese il cui Presidente è l'unico ad avere due condanne della Corte penale internazionale a suo carico nel suo curriculum, un accordo sul rimpatrio di cittadini sudanesi che vengono rimandati in un Paese in cui verranno forse torturati e arrestati.
  Ma il tempo scade e non ho la possibilità di affrontare tutte le altre questioni, i rapporti con la Russia, la sudditanza di questa Europa, che appalta la sua politica estera alla NATO e alle politiche militari, invece di costruire politiche di vicinato virtuose. Ma i temi che domani si affronteranno al Consiglio europeo sono esattamente quelli che mettono in crisi oggi l'Unione europea, sono l'incapacità delle classi dirigenti europee, a partire dal nostro Presidente del Consiglio, di affrontare le grandi sfide che pone il nostro tempo, sono quelle che stanno condannando il sogno europeo alla sua disintegrazione.
  Purtroppo, la responsabilità in questo tempo e dalla storia sarà riconosciuta in Pag. 47queste classi dirigenti deboli e mediocri, che purtroppo anche noi italiani stiamo offrendo alla storia (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Ravetto. Ne ha facoltà.

  LAURA RAVETTO. Grazie, Presidente. Anch'io mi associo all'imbarazzo dei colleghi. Ringrazio i colleghi perché in dichiarazione di voto hanno rialzato i toni, invito il Presidente del Consiglio a preoccuparsi certamente che il dibattito non viri verso il basso e magari a non contribuire a questo, ma anche a preoccuparsi di come sta virando verso il basso il nostro Paese a causa dell'arrendevolezza delle politiche del suo Governo. Ringrazio la sottosegretaria Sesa Amici, che qua in modo irriducibile rappresenta il Governo, e mi rivolgo direttamente, tramite lei, Presidente, al Presidente del Consiglio e ai signori del Governo per far presente loro che tra pochi mesi compiono tre anni e come il Presidente del Consiglio ama ricordare questo è il quarto Governo più longevo della storia repubblicana. Insomma, il tempo a loro non è mancato e oggi gli diciamo quello che già sanno e cioè che il bilancio di questo Governo sul tema dell'immigrazione è un bilancio pressoché fallimentare; è il bilancio di un Governo che ha annunciato tanto, cantato vittoria tante volte, ma ha portato a casa per lo più clandestini. Ha ragione il Presidente del Consiglio: non sono loro la causa della migrazione, ma sono loro la causa dell'invasione, che non sa distinguere tra profughi e migranti economici. Quello di questo Governo è il bilancio di un Governo che spende 12 milioni di euro al giorno per l'accoglienza, per l'esattezza 11 milioni 506 mila euro e che si accontenta di ricevere dall'Europa un aiutino atto a sostenere a malapena dieci giorni di queste spese. E in tal senso vi invitiamo a non sbandierare con eccessiva enfasi quel po’ di flessibilità sulle spese per l'immigrazione che l'Europa vorrà forse concedervi. Davvero siete soddisfatti del fatto che l'Europa ci dia la paghetta per gestire gli immigrati clandestini al posto suo ? Davvero siete contenti che l'Europa, in cambio di qualche assegno, pensi di trasformare l'Italia in un hotspot continentale ? Davvero vi ritenete soddisfatti che il nostro Paese, tra i Paesi fondatori dell'Unione, sia trattato dall'Europa alla stregua della Turchia ? Beh, noi no perché pensiamo che non sia questo quello di cui ha bisogno l'Italia e non sia questo quello di cui avrebbe bisogno l'Europa. Per rispondere all'incessante flusso di migranti che sbarcano sulle nostre coste non abbiamo bisogno di flessibilità, ma di fermezza, fermezza nel rispedire indietro chi non ha diritto a restare, fermezza nell'avere una visione politica e organizzativa più seria. Smettetela di raccontare agli italiani la favoletta dei profughi, quando è noto che da noi arrivano per lo più nigeriani e pachistani, che profughi non sono e le cui condizioni di eventuale stato di persecuzione vanno valutate caso per caso. Siamo d'accordo con quanto ha detto il Presidente del Consiglio che c’è un problema serio in Siria per i bambini siriani, però rammento a tutti che nel 2016 hanno chiesto asilo nel nostro Paese solo 990 siriani (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente).
  E siamo anche d'accordo sulla revisione dei bilanci dei Paesi dell'Unione per il 2020, il Presidente del Consiglio ci ha detto che chi ha ricevuto fondi dell'Unione e rifiuta le ricollocazioni va sanzionato e la cosa va rivista, sì, ma, a fronte dei numeri che vi abbiamo dato, vi chiediamo: è stato intelligente da parte vostra insistere tanto sui ricollocamenti dei soli profughi, che l'Italia non ha, e non insistere piuttosto per una gestione comune dei migranti economici e dei rimpatri europei (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente) ? Vi lamentate tanto che l'Europa brutta e cattiva non effettua i ricollocamenti – ed in parte avete anche ragione – ma avete coscienza del fatto che anche laddove tutti gli Stati europei si facessero carico del 100 Pag. 48per cento dei ricollocamenti, l'Italia avrebbe ben poche persone da ricollocare ? Qui da noi si sta realizzando una vera e propria sostituzione dei popoli, con gli italiani che emigrano e i clandestini che arrivano (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente). Nel solo 2015, a fronte di 150.000 migranti sbarcati sul nostro suolo, 110.000 italiani, per lo più giovani, hanno detto arrivederci o addio all'Italia. Questo è il vero record del suo Governo, signor Presidente del Consiglio. Non è l'Italia a ripartire, sono gli italiani che ripartono purtroppo (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente).
  Quante volte abbiamo sentito in quest'Aula il Presidente del Consiglio e i suoi Ministri in Commissione favoleggiare del superamento delle regole di Dublino ? Anche oggi è stato detto: «L'avete fatto firmare voi del centrodestra». Io rammento che il regolamento di Dublino allo stato attuale è stato sottoscritto successivamente da ben due Governi, di cui uno di sinistra. Ma detto questo, quante volte avete detto che si sarebbe superata la regola dello Stato di primo approdo ? Ve ne cito una per tutte: un anno fa, il 14 ottobre 2015, Renzi disse: «L'Accordo di Dublino è finito. L'Italia aveva ragione». Ebbene, l'hanno detto anche i colleghi del MoVimento 5 Stelle; avete detto al Governo: «Impegnatevi su un punto: superate Dublino». Ma faccio presente anche ai colleghi del MoVimento 5 Stelle che c’è già il nuovo pacchetto della Commissione europea per il superamento di Dublino. C’è già ! Ci sono tre regolamenti. Ci è stato chiesto un parere, in Commissione affari costituzionali, e sapete cosa dicono ? Sono dei testi che di fatto, se possibile, addirittura rafforzano e amplificano il criterio del primo ingresso, e questo a tutto svantaggio dei Paesi di frontiera e dell'Italia (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente).
  Certo, anche noi abbiamo seguito attentamente tutta la diatriba del Presidente del Consiglio con l'Europa, ma se facciamo sempre il tifo perché l'Italia porti a casa qualche risultato abbiamo qualche riserva sul tempismo con cui avete sollevato le vostre critiche perché, diciamocelo francamente, quando si decideva davvero, quando c'era davvero da alzare la voce non lo avete fatto o non lo avete fatto a sufficienza e far credere agli italiani di voler riaprire la partita adesso, che la stagione degli sbarchi per il 2016 va finendo e che i singoli Governi devono fare i conti con le proprie questioni interne, può sembrare un tentativo coraggioso ma, in realtà, è un tentativo vano. Mi ha colpito che Presidente del Consiglio abbia replicato a Brunetta su tutti i punti, ma non quando Brunetta gli dice: «Ma lei l'accordo di Bratislava lo ha approvato» (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente).
  Allora, io dico a questo Governo: non si approvano gli accordi e poi si dice che fanno schifo, a meno che – e speriamo non sia questo il caso – questo duello con l'Europa sia stato messo in atto in maniera un po’ artificiosa, per provocare a fini elettorali delle reazioni «machiste» di qualche cancelleria. E, tuttavia, nell'ottica sempre propositiva del movimento che oggi rappresento – e faccio presente anche qui che noi non ci dimostreremo collaborativi soltanto e nonostante i gruppi di lavoro per Roma 2017 – noi siamo stati sempre disponibili a proporre nonostante voi certe volte siete stati meno disponibili ad ascoltare. Comunque, in questo spirito nella nostra risoluzione abbiamo enunciato alcuni suggerimenti immediatamente applicabili, in attesa che gli accordi di cooperazione, su cui tutti sempre giustamente poniamo enfasi così come le stabilizzazioni dei teatri di guerra e di miseria, vengano portati a termine, perché sono l'unico modo strutturale per combattere il fenomeno della migrazione.
  Primo suggerimento: la lista dei Paesi sicuri deve essere fatta a livello europeo. Se si decide che un Paese è sicuro deve essere sicuro per tutti i Paesi europei. Si deve porre fine al cosiddetto «asylum shopping», lo shopping delle richieste di Pag. 49asilo, ovvero il tentativo dei migranti di scegliere, per la presentazione della domanda di asilo, magari quell'unico Stato europeo che riconosce il loro Paese di provenienza come un Paese insicuro, in modo da poter rimanere sul territorio. Secondo punto: in questo caso, signori e signore del Governo, basterebbe far rispettare le direttive che si approvano, e sto parlando della direttiva rimpatri, la Return European Directive, che è già in funzione ma che non viene applicata. Questa direttiva stabilisce una cosa semplice: che i rimpatri si fanno con degli aerei europei pagati da tutti gli Stati europei. Forse mi spingo troppo avanti visto che di rimpatri di clandestini questo Governo non sembra farne molti, ma visto che c’è una direttiva che sostiene gli Stati che rimpatriano si fa fatica a capire perché non si trova il modo di farla funzionare.
  Poi ci sono gli altri punti che abbiamo messo: gli overstayers, la circular migration, la blue card. Si tratta nient'altro che di alcuni punti proposti e purtroppo mai veramente attuati nel cosiddetto «Piano Frattini», che recentemente lo stesso Juncker ha rilanciato, e questo a riprova, Presidente del Consiglio tramite la Presidente della Camera, che il valore di Forza Italia nel PPE e in Europa ce lo danno gli atti, non ce lo concede lei (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente). Pochi punti, niente di troppo complicato. Magari dando per una volta ascolto a chi il fenomeno dell'immigrazione l'ha sempre saputo fronteggiare, potreste scoprire che fare il bene dell'Italia non è poi così difficile.
  Signore e signori del Governo, l'Europa stavolta rischia sul serio, avete ragione, ma stavolta rischiate anche voi. Sono quasi tre anni che governate questo Paese e sono quasi tre anni che nulla cambia: gli sbarchi procedono a ritmi incessanti, i comuni, gli enti locali e i sindaci si trovano a subire il peso di un sistema di accoglienza e di respingimenti che non funziona e il Presidente del Consiglio, che esattamente un anno fa diceva a quest'Aula che in Europa ci danno ragione, oggi dovrebbe avere il buonsenso di ammettere che la storia purtroppo vi sta dando torto (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Di Battista. Ne ha facoltà.

  ALESSANDRO DI BATTISTA. Presidente, di che si deve parlare in quest'Aula oggi ? Di Unione europea, Presidente ? Si è detto tutto e il contrario di tutto e, tra l'altro, il Presidente del Consiglio ha utilizzato frasi trash che evidentemente qualcuno dei suoi guru della comunicazione, che provengono dagli Stati Uniti d'America, gli hanno consigliato di usare.
  Qual è la differenza tra il dibattito che c’è stato in Aula e alcune parole che ha detto il Presidente del Consiglio, le frasi che dice Trump o che dice la Clinton nel peggiore, tra l'altro, dibattito della storia delle presidenziali degli Stati dell'America ? Per chi l'ha visto, 30 minuti di vuoto assoluto, di insulti stomachevoli e di nessuna idea di progetto per la società nordamericana, per i cittadini nordamericani che soffrono.
  L'Europa lavora o no ? Il Presidente del Consiglio dice: «L'Europa è immobile». Ma l'Europa è immobile ? L'Europa è immobile ? L'Europa non è affatto immobile: va avanti, estremamente rapida, verso gli interessi di qualcuno. Sa perché noi cresciamo, Presidente, nonostante quintali di fango quotidiani che riceviamo e che, tra l'altro, ci rafforzano ? Perché siamo gli unici che parliamo di determinate tematiche e che facciamo alcuni nomi (e che farò tra poco). L'Europa lavora eccome, come lavora questo palazzo, a parte le ultime settimane e gli ultimi mesi, perché si inizia a lavorare e a votare qui il martedì alle 15 e si smette il mercoledì sera, per permettere a tanti deputati, soprattutto a quelli che portano avanti le ragioni del «sì», di andare in televisione e nei territori a dire che in Parlamento non si lavora. Ma si vota qui, anche per responsabilità sua Presidente, dal martedì, Pag. 50alle 15, al mercoledì sera, intorno alle 20 (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Ma allora non è colpa del bicameralismo perfetto se non passano determinate leggi, se non passa il reddito di cittadinanza che spingiamo da mesi, da anni, perché occorre capire che si esce dalla crisi definendo il reddito un diritto umano, perché è il reddito che ti permette di stare dentro ai margini della società. E la stessa cosa fa l'Europa: l'Europa lavora eccome. Lavora per salvaguardare gli interessi di qualcuno, gli stessi, di fatto, che hanno nominato prima Monti; poi Monti avrebbe perso con il MoVimento 5 Stelle e ci hanno messo Letta; poi Letta era in difficoltà, quindi ci hanno messo Renzi; qualora Renzi dovesse perdere il referendum troveranno qualcun altro, magari Draghi, per continuare a salvaguardare gli interessi dei veri padroni delle democrazie occidentali che non sono gli eletti, tant’è vero che non viene più eletto nessuno qui dentro perché questa è diventata la Repubblica fondata sulle nomine e con le riforme costituzionali lo sarà ancora di più e non lo sono neanche in Europa, dove l'unico organo democraticamente eletto è il Parlamento europeo che, caso strano, è l'organo che conta meno di tutti (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Chi comanda in Europa e perché cresce il MoVimento 5 Stelle ? Barroso – lo conosce, Presidente ? –, l'ex Presidente della Commissione europea, è diventato da poco presidente non esecutivo della filiale europea di Goldman Sachs, banca d'affari. Mario Monti, ex membro della Commissione europea, Presidente del Consiglio, international advisor dal 2005 al 2011 dalla Goldman Sachs. Romano Prodi, due volte Presidente del Consiglio e Presidente della Commissione europea, in Goldman Sachs dal 1990 al 1993, presidente del board di UniCredit dal 2014, successore di Amato. Augusto Fantozzi, più volte Ministro, tra cui anche Ministro delle Finanze, dal 2008 al 2013 senior advisor della banca d'affari francese Lazard. Domenico Siniscalco, ve lo ricordate ? Ex Ministro dell'economia del Governo Berlusconi nel 2006 è diventato vicepresidente di Morgan Stanley International. Vittorio Grilli, ex Viceministro e poi Ministro dell'economia nel Governo Monti, è stato capo della divisione banking per Europa, Medioriente e Africa di JP Morgan, la stessa JP Morgan che oggi di fatto controlla il Governo Renzi e in un certo senso politicamente, economicamente e finanziariamente lo ricatta rispetto al salvataggio di Monte dei Paschi di Siena. È questa la verità ! Claudio Costamagna, presidente di Cassa depositi e prestiti, nel 1988 entra in Goldman Sachs, per poi diventare responsabile Italia di Goldman Sachs. Luisa Todini, presidente di Poste Italiane dal 2014, membro del consiglio di sorveglianza di Rothschild. E ancora: Gianni Letta, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, advisor di Goldman Sachs; Mario Draghi, ex direttore generale del Tesoro, governatore della Banca d'Italia, Presidente dalla BCE, forse futuro sostituto di Renzi come Presidente del Consiglio dei ministri, non è stato solo advisor di Goldman Sachs ma anche vicepresidente, dal 2002 al 2005, proprio di questa banca d'affari nell'epoca, Presidente, in cui facevano speculazioni di ogni tipo (e poi la crisi è arrivata in Europa); Giuliano Amato, più volte Ministro, attuale giudice dalla Corte costituzionale, ex Presidente del Consiglio e presidente dell’international advisory board di UniCredit fino al 2014, nonché anche nominato senior advisor di Deutsche Bank. Che significa questo ? È questo il dramma vostro e la motivazione per la quale il MoVimento 5 Stelle cresce nonostante tutto. Significa che non esiste democrazia in Europa, che costoro, coloro che gestiscono le nostre vite, che impongono le riforme delle pensioni in Italia o il prezzo della feta in Grecia, non sono eletti da nessuno ma piazzati lì dai veri padroni d'Europa, che sono le banche d'affari e le multinazionali del capitalismo finanziario (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). È la stessa cosa in questo palazzo. Vedo Bersani perplesso, Brunetta che ci guarda. Noi diciamo queste cose perché nessuno ci ha finanziato le campagne Pag. 51elettorali, come sono state finanziate, invece, da grandi lobby, anche lecitamente, o da grandi banche d'affari. Nessuno ci ha imposto le riforme costituzionali; cosa che è successa a voi tutti dalla JP Morgan, che il 28 maggio 2013 ha pubblicato un documento dove scrive, nero su bianco, che occorre superare le Costituzioni dei Paesi del sud Europa in quanto non rappresentano una corretta integrazione bancaria europea, di fatto bancaria. Ma, allora, chi sono i vostri datori di lavoro ? Non i cittadini, che non vi eleggono più, e, infatti, con l'Italicum il 70 per cento di questa Camera verrà nominata dai partiti politici e, con il Senato di queste «autonomie», il cento per cento dei consiglieri regionali verrà scelto dai partiti. Chi sceglieranno i partiti politici ? I più fedeli alla linea del partito, magari qualcuno che ha anche qualche guaio con la giustizia, perché magicamente, in autogrill, dal consiglio regionale al Parlamento della Repubblica, gli verrà regalata l'immunità parlamentare. È questo ed è per questo che stiamo combattendo per la sovranità popolare, l'unica che potrebbe garantire a questo palazzo di fare il palazzo, a questo palazzo di approvare le leggi che servono al Paese.
  Presidente, di cosa si sta occupando la Camera dei deputati ? Ieri di una misura sul furto del rame; per carità, è importante, ma probabilmente è più importante salvaguardare le imprese italiane, fare serie discussioni sulle sanzioni alla Russia – no, perché anche in questo caso viene colpita l'economia italiana –, ragionare finalmente di reddito. Dovete capire che è il reddito un diritto umano e il reddito di cittadinanza consente non soltanto di salvaguardare un diritto umano, ma di rimettere in moto l'economia perché è una vera e propria manovra economica. E questo anche ci chiede questa Europa di banchieri. Quando si parla, in televisione, dell'Europa delle banche: populista. Oggi la cosa più populista che c’è al mondo è dare del populista a coloro che dicono delle parole diverse da quelle che avete pronunciato voi negli ultimi trent'anni (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Ma non c’è populismo, io ho fatto nomi e cognomi. Ho parlato di banche d'affari, che sono quelle che gestiscono oggi le politiche, anche migratorie, dell'Unione europea, che gestiscono le politiche finanziarie, monetarie, economiche dall'Unione europea. E che cos’è questo Parlamento ? Un passacarte: parlamentari che, di fatto, dipendono non dal popolo, che non li elegge, ma dal partito che li nomina, e rispondono all'interesse di coloro che li nominano. È anche normale, neanche è colpa vostra. Io sono entrato, tre anni fa, molto più arrabbiato di adesso – sembra strano – perché pensavo che vi fosse solo malaffare qui dentro. Non c’è solo malaffare, anche se il malaffare c’è. Prima dell'estate è stato arrestato un senatore in quanto reputato, addirittura, componente della cupola segreta della ’ndrangheta: una cosa straordinaria. E il senatore Verdini, elevato a padre delle riforme costituzionali da Renzi, ha tantissimi processi, è stato condannato in primo grado per corruzione. Tra l'altro, Presidente, non so se lei lo sa, è coinvolto in un processo che riguarda la P3, cioè un'organizzazione segreta eversiva considerata, dai giudici che hanno istruito il processo, volta a condizionare i poteri costituzionali dello Stato. Cioè, uno che è sotto processo per un'associazione segreta volta a condizionare i poteri costituzionali dello Stato è scelto dal Presidente del Consiglio come padre costituente: siamo alla follia. Come è stato folle quel dibattito precedente, in cui il Presidente del Consiglio dava la colpa all'Europa. Ma vi ricordate quando diceva: «È colpa dell'Europa, però oggi, con la Mogherini, sistemiamo tutto». Che fine ha fatto la Mogherini ? Oppure: «È colpa dell'Europa, l'Europa deve cambiare, ma ora guideremo il semestre europeo». Che è successo nel semestre europeo ? Adesso che dice ? Cambierà tutto con Roma 2017, con questi tavoli di lavoro che verranno fatti a Roma sul cambiamento dell'Unione europea. Succederà questo ? Qualcuno ci crede ? Qualcuno raziocinante ci crede in questo palazzo o è costretto soltanto a crederci ? La verità è che non c’è stata una misura imposta dall'Unione europea che Pag. 52non sia stata approvata da questo Parlamento, che, dice Renzi, va cambiato perché non è produttivo. Il Jobs Act è passato o no ? E chi l'ha chiesto il Jobs Act ? Lo hanno chiesto le multinazionali americane, perché gli fa comodo il sistema del voucher. Oggi l'ISTAT certifica come occupato un cittadino italiano che riceve un voucher a settimana, cioè che guadagna 7,5 euro a settimana, quanto gli basterebbe soltanto per un pasto caldo in un fast food. La «Buona scuola» chi l'ha imposta ? L'ha imposta la Comunità europea di fatto. Lo «Sblocca Italia» chi l'ha imposto ? Il salvataggio delle banche chi l'ha imposto ? Il bail-in ? Alle porcate gli cambiate il nome e le chiamate con un nome inglese per non far capire nulla al popolo italiano.

  PRESIDENTE. Concluda.

  ALESSANDRO DI BATTISTA. Presidente, noi dei 5 Stelle combattiamo davvero per la sovranità di questo Parlamento e per la sovranità popolare. Un Presidente del Consiglio va in Europa e combatte per questo, non fa finta di arrabbiarsi e dice soltanto che non vuole partecipare alle conferenze stampa, quando non è stato invitato e quando qualche minuto prima, per l'ennesima volta, si era piegato agli interessi del capitalismo finanziario (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle – Congratulazioni).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Silvia Fregolent. Ne ha facoltà.

  SILVIA FREGOLENT. Grazie, signora Presidente. Onorevoli colleghi, il Consiglio europeo del 20 e 21 ottobre ha, nel suo ordine del giorno, temi importanti: migranti, politiche commerciali, focus sui rapporti UE-Russia. Non si direbbe da quanto abbiamo ascoltato qua oggi. Tutti si sono rammaricati del fatto che si poteva parlare di politica europea, di migrazioni. Ho sentito adesso l'onorevole Di Battista dire che non si è parlato dei rapporti con la Russia. È vero, ma non ne avete parlato voi, non è che non se ne è parlato. In quest'Aula non si è voluto parlare del vero contenuto dell'ordine del giorno di oggi. Si è voluto usare questo come elemento di polemica politica. Era troppo ghiotta la presenza del Presidente Renzi, evidentemente, e troppo vicina forse a date importanti per l'Italia. Infatti, non c'era nessun obbligo di insultare da questi banchi e non parlare dei temi in oggetto. Io cercherò di farlo, ma risponderò ad alcune sollecitazioni brevemente.
  Chi vi ha scelti ? Onorevole Di Battista, ci hanno scelto i cittadini, come hanno scelto voi. Anzi, nel Partito Democratico sono state fatte anche delle parlamentarie vere, non quelle del blog taroccate, come si è visto in questi giorni (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Il nostro popolo ci ha eletto e siamo qua per cambiare il Paese, cercando di farlo con tutta la difficoltà, la pochezza, i nostri limiti, che noi riconosciamo tutti. Mi piacerebbe che la stessa enfasi e lo stesso elenco di nomi che lei ha fatto qui per dire perché l'Europa non è credibile l'utilizzasse per effettuare controlli sulle consulenze che sono state fatte negli ultimi dieci anni all'AMA e che hanno visto, come premio, un assessore essere nominato nella sua giunta a Roma. Forse, se si mettesse tanta foga, come ha messo per dire perché l'Europa non è credibile, per dire perché dovremmo, invece, considerare credibile la giunta romana, le saremmo grati. Riguardo ai nostri lavori, noi siamo disponibili a rimanere in Parlamento dal lunedì al venerdì. Non abbiamo fretta, basta che lo diciate (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Fate parte anche voi della Conferenza dei capigruppo, avete un Vicepresidente che fa parte dell'Ufficio di presidenza, mettetevi d'accordo. Abbiamo sempre lavorato, facendo anche le sedute notturne, per approvare la riforma costituzionale. Il lavoro non ci fa paura.
  Parliamo di quello che andremo a fare il 20 e 21 ottobre. Sono temi molto importanti. Noi vogliamo dall'Europa una risposta sicura, ce l'aspettiamo come Paese fondatore dell'Unione europea, come cittadini Pag. 53d'Europa. L'Italia, in questi tre anni, ha saputo più volte indicare la via da percorrere in Europa. Io credo, onorevole Saltamartini, che il Presidente Renzi abbia l'autorevolezza per andare in Europa. Capisco che alcuni di voi hanno nostalgie di quando in Europa si raccontavano barzellette e si facevano le corna nelle fotografie. Noi invece vogliamo fare altro: cambiare l'Europa. Cerchiamo di farlo. Alcune aperture sono state fatte al nostro Paese dal Piano Juncker, per una visione economica non più basata solo sul rigore, fino al migration compact. Sono tutti successi che possono essere rivendicati dall'Italia.
  Tuttavia la rotta non è completamente invertita. Ancora oggi ci sono importanti Paesi convinti di dover applicare con più rigore regole che, ormai datate, non hanno che danneggiato lo sviluppo del continente europeo. Nemmeno la recente uscita della Gran Bretagna pare aver convinto i burocrati europei ad invertire la rotta. Per questo il Partito Democratico accetta con entusiasmo la richiesta del Presidente del Consiglio di lavorare insieme per Roma 2017 e per portare proposte concrete in un'Europa che, talvolta, appare impegnata in altre faccende, piuttosto che occuparsi delle esigenze vere delle persone comuni.
  Ma veniamo, in breve, ai punti salienti. Innanzitutto vi è la politica commerciale. L'Europa è chiamata a rivedere la propria strategia commerciale. Attualmente la UE controlla un terzo del commercio mondiale, raffigurando il più grande blocco commerciale del mondo, anche se lo sviluppo all'Est di Paesi come la Cina fa prevedere una diminuzione del 26 per cento della sua capacità nel 2020. Il Trattato di Lisbona colloca la politica commerciale comune nell'ambito dell'azione esterna alla UE, togliendo agli Stati membri la competenza sulla protezione degli investimenti esteri e affidando al Parlamento europeo un ruolo da protagonista nella definizione degli obiettivi e della finalità politica e commerciale comune. Pertanto, molto del futuro commerciale dell'Europa, come del nostro Paese, dipenderà dall'esito di accordi con l'Europa e il Nord America, Stati Uniti e Canada, e con Paesi asiatici, come il Giappone. Questi accordi spaventano, vengono visti, più che come opportunità, come l'anticamera dell'invasione di prodotti stranieri, come se non fossimo in grado di essere in un mondo globale iperconnesso. La trattativa è lunga e complicata, ma nonostante sia stato chiarito, nero su bianco, che il mandato negoziale sul TTIP, vincolante per la Commissione e approvato all'unanimità dal Parlamento europeo, non intaccherà il principio di precauzione, ossia la base giuridica in base alla quale rimangono fuori gli OGM, i servizi pubblici, la cultura e i diritti dei lavoratori – non sono nella disponibilità negoziale della UE –, il Trattato rischia di naufragare. Certo che è semplice, ancora una volta, dire «no», come anche da questi banchi è stato fatto, piuttosto che trovare soluzioni; e chi pensa che il fallimento di questi trattati sia un bene per i nostri prodotti non ha ben chiara la realtà dei fatti. Oggi, ad esempio la contraffazione, la falsificazione e l'intimidazione del made in Italy alimentare nel mondo ha superato il fatturato di 60 miliardi di euro, con quasi due prodotti su tre in vendita nel mercato internazionale non provenienti dall'Italia. A taroccare il cibo non sono i Paesi più arretrati, ma quelli più ricchi, come gli Stati Uniti e l'Australia; basta fare un giro da quelle parti per vedere il famoso Parmesan prodotto nel Wisconsin o le conserve di San Marzano prodotte in California. Sarà per questo che nel suo discorso di accettazione della candidatura per le file dei repubblicani Donald Trump ha iniziato proprio dalla cancellazione di ogni forma di accordo con altri Stati, partendo proprio dal TTIP. Quindi, prima di far fallire la trattativa, forse bisognerebbe valutare con razionalità le effettive opportunità. Il secondo punto, i rapporti UE-Russia: la situazione da anni è complicata, è complicato lo scenario internazionale, la guerra in Siria, oggi, e, prima, la guerra con l'Ucraina hanno comportato l'allontanamento della politica internazionale dalla Russia con le sanzioni reciproche tra Russia e UE. Questo è servito a rendere più equilibrata la situazione internazionale ? Pag. 54Non credo, come anche il Presidente Renzi ha ripetuto più volte, non è possibile pensare a riappacificare il Medioriente senza coinvolgere la Russia. Continuare il regime delle sanzioni non serve a risolvere le contraddizioni che pure in quel Paese ci sono e che sicuramente devono essere superate. Da ultimo, l'immigrazione. L'Italia ha chiamato l'Europa a fare il proprio dovere, il migration compact è un primo passo. Come il Presidente Renzi ha sottolineato, tuttavia, non tutti i Paesi stanno facendo il proprio dovere e la delusione per il Consiglio europeo di Bratislava sta non solo nella mancata attenzione al problema dell'Africa, ma anche nel fatto che non sono stati fatti passi avanti sulla questione quote nei Paesi soprattutto dell'Est Europa. In questi giorni e anche da questi banchi fino a pochi minuti fa, autorevoli esponenti dell'opposizione hanno accusato il Governo Renzi di aver fallito con la politica dei migranti, dato il numero degli arrivi di questi anni. Ebbene, se invece di passare il tempo a stare sui blog, si stesse nella vita reale, forse si vedrebbe la realtà: Paesi in guerra, il Daesh, carestie imponenti hanno messo in fuga milioni di persone dalle proprie nazioni. Parliamo di questa ipotetica invasione, signor Presidente; secondo i dati del UNHCR dal 1o gennaio al 30 settembre di quest'anno sono sbarcate in Europa più di 300.000 persone, per la precisione 300.927, di cui 166.746 in Grecia e 131.702 in Italia. La conta prevede, purtroppo, anche 3.498 morti, conta purtroppo temporanea. È molto più semplice gridare all'invasione, piuttosto che cercare una soluzione, salvo poi quando per caso capita di governare, comprendere che i problemi sono molto più complicati che gli slogan di un giorno. Quegli stessi che con felpe di vario tipo dicono di aiutarli a casa loro poi sono gli stessi che in questi anni hanno tagliato i fondi alla cooperazione internazionale, sono gli stessi che quando urlano: «prima i cittadini italiani», ignorano o fanno finta di ignorare, perché alla buona fede non crediamo più, quali siano i veri numeri.
  Vediamoli questi numeri: gli immigrati versano contributi pensionistici pari a 10,9 miliardi e garantiscono 640.000 pensioni agli italiani; le imprese straniere sono 550.000 e producono ogni anno 96 miliardi di valore aggiunto, con 127.000 miliardi di ricchezza prodotta, paragonabile al fatturato della FIAT. Questo dobbiamo ricordare se si vuole pensare prima agli italiani. Se invece vogliamo parlare di Africa, le Nazioni Unite hanno previsto che in quel continente si passi da un miliardo 187 mila persone a 2 miliardi 478 mila persone nel 2050, una crescita del 109 per cento, mentre l'Europa, nonostante l'immigrazione, scenderà di 31 milioni, da 738 a 707 milioni. Ma con questi numeri quale muro potrà fermarli ? E noi che abbiamo il mare e non possiamo costruire i muri cosa dovremmo fare, minare le acque ? Ma è questa la vostra idea di politica ? Penso che sarà cruciale che l'Europa decida da che parte stare, se con quelli che costruiscono i muri o con i Paesi che cercano una soluzione.

  PRESIDENTE. Concluda, onorevole.

  SILVIA FREGOLENT. Concludo, signora Presidente, dicendo che ci riempie di orgoglio come Paese che il Presidente degli Stati Uniti Barack Obama voglia concludere il suo mandato internazionale proprio con l'Italia, quel Presidente premio Nobel per la pace che nel suo ultimo discorso alle Nazioni Unite ha ricordato come la paura del diverso e dello straniero faccia costruire muri. Ha concluso il Presidente: non credo che negli Stati Uniti o in Europa il nostro progresso sia possibile se il desiderio di tutelare le identità darà il via alla disunità e agli istinti di dominare sugli altri gruppi; il mondo è troppo piccolo e noi troppo connessi perché si possa tornare a una mentalità di così vecchio stampo. Ed è per questo motivo che il Partito Democratico voterà a favore della risoluzione di maggioranza (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto.

Pag. 55

(Votazioni)

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Come da prassi le risoluzioni saranno poste in votazione per le parti non assorbite e non precluse dalle votazioni precedenti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione Rosato, Lupi, Monchiero, Dellai, Pisicchio, Alfreider, Formisano, Locatelli, Bueno, Parisi, Sottanelli e Tabacci n. 6-00264, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.
  La Camera approva (Vedi votazione n. 1).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione Fedriga ed altri n. 6-00265 su cui il Governo ha espresso parere contrario.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.
  La Camera respinge (Vedi votazione n. 2).

  Passiamo alla votazione della risoluzione Scotto ed altri n. 6-00266. Avverto che i presentatori non hanno accettato le riformulazioni proposte dal Governo e pertanto il parere deve intendersi contrario alla risoluzione nella sua interezza.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione Scotto ed altri n. 6-00266 con il parere contrario del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.
  La Camera respinge (Vedi votazione n. 3).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione Battelli ed altri n. 6-00267 con il parere contrario del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.
  La Camera respinge (Vedi votazione n. 4).

  Passiamo alla votazione della risoluzione Brunetta ed altri n. 6-00268. Ricordo che i presentatori non hanno accettato le riformulazioni proposte dal Governo e pertanto il parere deve intendersi contrario alla risoluzione.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione Brunetta ed altri n. 6-00268 con il parere contrario del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.
  La Camera respinge (Vedi votazione n. 5).

  Passiamo alla risoluzione Artini ed altri n. 6-00269. I presentatori hanno accettato l'espunzione della lettera e) del primo capoverso del dispositivo e la riformulazione della lettera g) del medesimo capoverso del dispositivo.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione Artini ed altri n. 6-00269, come riformulata su richiesta del Governo, su cui il Governo ha dato parere favorevole.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.
  La Camera approva (Vedi votazione n. 6).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione Rampelli ed altri n. 6-00270 su cui il Governo ha espresso parere contrario.Pag. 56
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.
  La Camera respinge (Vedi votazione n. 7).

  Sono così esaurite le Comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri in vista del Consiglio europeo del 20 e 21 ottobre 2016. Colleghi e colleghe, sospendiamo a questo punto la seduta che riprenderà alle ore 15 con lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata.

  La seduta, sospesa alle 13,15, è ripresa alle 15.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE LUIGI DI MAIO

Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata, alle quali risponderanno il Ministro dei Beni e delle attività culturali e del turismo, la Ministra per le Riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento, il Ministro dell'Economia e delle finanze, il Ministro dello Sviluppo economico, il Ministro dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare e la Ministra della Difesa.

(Elementi ed iniziative in relazione alle risorse da destinare a Matera capitale della cultura 2019 – n. 3-02542)

  PRESIDENTE. Il deputato Latronico ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-02542 (Vedi l'allegato A – Interrogazioni a risposta immediata), per un minuto.

  COSIMO LATRONICO. Grazie, signor Presidente. Signor Ministro, grazie della presenza, naturalmente. La mia interrogazione vuole sollecitare l'attenzione del Governo, perché, ormai, mancano ottocento giorni al 2019, la data in cui Matera dovrà svolgere questo ruolo importante per il Mezzogiorno e per tutta l'Italia, oltre che per l'Europa. Il Presidente del Consiglio dei ministri aveva rassicurato che Matera, dopo l'Expo 2015, sarebbe stata l'occasione su cui concentrare strumenti e risorse per connettere Matera con il resto del mondo, valorizzando le sue risorse culturali che hanno una cifra millenaria.

  PRESIDENTE. Il Ministro dei Beni e delle attività culturali e del turismo, Dario Franceschini, ha facoltà di rispondere.

  DARIO FRANCESCHINI, Ministro dei Beni e delle attività culturali e del turismo. Signor Presidente, l'onorevole Latronico mi chiede quali iniziative, quali risorse e con quali tempi il Governo e, quindi, il mio Ministero, prevede di impiegare per valorizzare Matera. Confermo che l'intenzione, credo, del Governo, ma condivisa dal Parlamento sia davvero far diventare questo fatto di Matera capitale europea la sfida internazionale del Paese dei prossimi anni.
  Nella legge di stabilità del 2015 sono stati previsti – e devo dire, per una volta, con un certo anticipo, perché nel nostro Paese abbiamo l'abitudine che, anche quando ci sono ricorrenze che sappiamo stanno per arrivare, ci si organizza o si trovano le risorse all'ultimo momento –, al comma 345, 28 milioni di euro, divisi dal 2016 al 2019. Sulla scorta di questa disposizione di legge, il 1o maggio ho firmato ed approvato il programma di interventi della città di Matera per 17 milioni per l'attuazione di una serie di opere pubbliche condivise con il comune di Matera e, per il restante importo di 11 milioni euro, per una serie di interventi relativi proprio al dossier, al piano di comunicazione e al piano di assistenza tecnica.
  Sempre nella stessa legge di stabilità, sono stati previsti, al comma 347, altri 20 milioni che sono stati assegnati al comune per legge, ma che il comune ha inteso, Pag. 57comunque, programmare insieme al Ministero. Anche questi sono già stati finalizzati al recupero di alcuni importanti contenitori culturali della città. Sono in corso di sottoscrizione i disciplinari d'obbligo fra il Ministero, il comune e la Fondazione Matera-Basilicata. Le procedure di gara per l'attuazione degli interventi saranno avviate entro il dicembre 2016 e il termine di ultimazione dei lavori è previsto entro il 2019.
  Poi, sono stati previsti in altri fondi, che non sono esclusivi per la città di Matera, nel PON «Cultura e sviluppo 2014-2020», 7.200.000 euro per il restauro e la valorizzazione del Palazzo Lanfranchi, 2.776.000 euro per altre opere e 4 milioni per il «Futuro remoto Basilicata 2019».
  L'interrogante fa riferimento alle opere infrastrutturali: su questo è previsto il potenziamento della linea ferroviaria Altamura-Matera – sono già stati stanziati 44 milioni di euro e 50 milioni per il materiale rotabile; sono previsti interventi per il raddoppio a quattro corsie della strada statale 96 Altamura-Bari, con termine lavori previsto fra marzo 2017 e marzo 2018 e il completamento della strada statale 655 per la fine del 2017.
  Resta un nodo che l'interrogante conosce bene, che è storico: la scelta della città di Matera, che dovrà essere compiuta dalla città insieme allo Stato e insieme alla regione, se privilegiare il collegamento su cui intanto lavoreremo, perché concretamente è possibile realizzarlo entro il 2019 verso l'aeroporto di Bari e verso l'Alta velocità o, comunque, gli Eurostar della linea sull'Adriatico o se, invece, proseguire, con costi molto superiori, il collegamento della Ferrandina verso Salerno e verso Napoli. Questo è un nodo che dovrà essere risolto strategicamente d'intesa tra i diversi livelli istituzionali, anche se è evidente che quell'opera non potrà in ogni caso essere completata per il 2019.

  PRESIDENTE. Il collega Latronico ha facoltà di replicare.

  COSIMO LATRONICO. Grazie, Presidente. Grazie, Ministro, naturalmente lei mi consentirà di dirle che l'attenzione al momento sia del Parlamento sia del Governo non è adeguata alla sfida che abbiamo davanti. Inutile dirle che Marsiglia – la Francia – ha speso 2 miliardi di euro per collegare Parigi, per qualificare il porto; Genova, nel 2004, ha riqualificato il suo centro storico, il progetto di Renzo Piano si è potuto attuare per l'area portuale e potremmo citare tante altre storie.
  Noi come Parlamento – ricordo bene – abbiamo assunto un'iniziativa per raddoppiare i fondi per la cultura, portandoli da 14 a 28 milioni: cosa utile, ma i nodi infrastrutturali sono decisivi, perché se non utilizziamo Matera capitale, come dice il Presidente Renzi ai giovani industriali in Liguria, la nostra capitale non è raggiungibile da milioni di persone che si attendono a Matera, ovviamente, è un deficit che paga il nostro Paese, che accetta le sfide, ma le deve compiere.
  Quindi, io mi permetto di dirle, con spirito assolutamente collaborativo, che ringrazio la sua disponibilità e quella del suo Ministero, però chiedo, utilizzando la sua presenza, di aprire un tavolo con il Governo perché, se i tempi sono questi, ottocento giorni non serviranno a cogliere l'obiettivo di fare di Matera, come l'Expo, una straordinaria occasione per la Basilicata, per il Mezzogiorno e per l'Italia.
  Quindi, chiederei che si possa valutare sia la parte degli strumenti – penso ad un accordo di programma – sia la parte della dotazione infrastrutturale. È possibile che i nodi storici, utilizzando questa circostanza, come il collegamento ferroviario di Matera con il resto delle connessioni di mobilità sia su Bari che su Salerno, possano essere affrontati.

(Intendimenti del Governo in merito al progetto di trasformare la caserma del «Primo Roc» di Abano Terme in un centro di accoglienza e iniziative per superare l'emergenza dovuta al sovraffollamento del centro di Bagnoli (Padova) – n. 3-02544)

  PRESIDENTE. La deputata Milanato ha facoltà di illustrare la sua interrogazione Pag. 58n. 3-02544 (Vedi l'allegato A – Interrogazioni a risposta immediata).

  LORENA MILANATO. Grazie, Presidente. Signora Ministra, noi qui oggi siamo a presentare l'ennesima interrogazione sulla questione dell'emergenza profughi, in particolar modo, nella provincia di Padova e in tutto il Veneto.
  Abbiamo presentato già un'interrogazione, circa un mese fa, al Ministro Alfano in cui chiedevamo chiarimenti all'indomani della notizia della possibilità di alloggiare richiedenti asilo nella caserma «Primo Roc» di Abano Terme. Non abbiamo avuto risposta e, nel frattempo, è arrivata una serie di risposte a mezzo stampa da parte del capo Dipartimento migrazione del Ministero dell'interno, dal prefetto, ma sicuramente questo non ci rassicura.
  È notizia, poi, di questi giorni gli incidenti, le tensioni, la drammaticità della situazione in cui versa il centro raccolta profughi di Bagnoli, dove erano previste centoventi persone e, oggi, accoglie circa mille persone e, a soli sei chilometri di distanza, vi è un altro centro d'accoglienza in sovraffollamento.
  Volevamo sapere, signora Ministro, che cosa il Governo ha da dirci e quali rassicurazioni può dare al popolo della provincia di Padova.

  PRESIDENTE. La Ministra per le Riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento, Maria Elena Boschi, ha facoltà di rispondere.

  MARIA ELENA BOSCHI, Ministra per le Riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento. Grazie. Ovviamente, il quesito è stato posto al Ministero dell'interno e, quindi, rispondo in sostituzione del Ministro Alfano impegnato con incontri istituzionali e sulla base degli elementi forniti dal Ministero dell'interno.
  Fin dal luglio 2014, cioè fin dall'intesa raggiunta con le regioni e gli enti locali in sede di Conferenza unificata, questo Governo persegue una politica di accoglienza diffusa, vale a dire di distribuzione territoriale dei migranti, sulla base di una serie di criteri oggettivi di riparto decisi al tavolo nazionale di coordinamento presso il Viminale e ai vari tavoli di coordinamento presso le prefetture dei capoluoghi di regione, ai quali partecipano attivamente anche le rappresentanze dei vari livelli di governo del territorio.
  In questo modo, siamo riusciti a realizzare, in un contesto di partnership con il mondo delle autonomie locali, l'equa distribuzione dei migranti a livello regionale.
  In tale ambito, la quota di accoglienza raggiunta dal Veneto si attesta sulla percentuale dell'8 per cento dei migranti accolti in Italia, alla stessa stregua di realtà consimili, quali il Lazio, la Campania e il Piemonte e a un livello più basso della Lombardia e della Sicilia, che sconta, tra l'altro, l'impatto negativo degli sbarchi.
  Permangono, tuttavia, all'interno della regione Veneto squilibri redistributivi determinati dalla limitata platea degli amministratori che finora hanno aderito alla rete di accoglienza, nonostante le richieste di collaborazione dei prefetti. In questi casi, in mancanza di ulteriori posti immediatamente disponibili sul territorio, è stato giocoforza per i rappresentanti del Governo provvedere alla sistemazione dei migranti anche in caserme dismesse delle Forze armate che, in coincidenza con gli arrivi consistenti e ravvicinati di migranti, verificatisi durante la stagione estiva, possono aver fatto registrare condizioni di sovraffollamento.
  Ciò è quanto si sta verificando nel caso della caserma di Bagnoli di Sopra, a cui fanno riferimento gli interroganti, nella quale effettivamente è ospitato un numero eccedente di migranti, circa 940 in questo momento, i quali però, pur con le limitazioni dovute al momentaneo contingentamento degli spazi, tuttavia non vivono nelle condizioni di precarietà descritte dagli interroganti. La stessa protesta da loro organizzata il 7 ottobre, rientrata peraltro in breve tempo, non è scaturita da criticità o disagi logistici. La situazione di sovraffollamento è destinata a normalizzarsi Pag. 59con la riduzione dei flussi migratori, che generalmente accompagna l'arrivo della stagione autunnale.
  Comunque, a prescindere da tale evenienza, si rappresenta che il Prefetto di Padova ha avviato un'attività di alleggerimento del numero dei migranti presenti nella caserma, prestando attenzione a che le soluzioni individuate abbiano un limitato impatto sul tessuto socio-economico del territorio. Tale attività continuerà nei prossimi giorni, via via che si renderanno disponibili nuove strutture. Quanto alla caserma del «Primo Roc» di Abano Terme, si informa che l'immobile è stato oggetto solo di un'attività di ricognizione, allo scopo di valutare la possibilità di destinarlo a centro di accoglienza. Tale ipotesi al momento non è perseguita.

  PRESIDENTE. La deputata Milanato ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interrogazione.

  LORENA MILANATO. La ringrazio, Ministro. Mi pare che oggi la vera notizia, se ho capito bene, è che la caserma «Primo Roc» di Abano Terme non sarà destinata all'accoglienza di migranti. Dico che questa è la prima notizia perché in realtà, da quando si parla di questo argomento, abbiamo assistito veramente a delle scene imbarazzanti.
  Il commissario del comune di Abano Terme – perché il comune di Abano Terme è commissariato da giugno e all'indomani delle elezioni, infatti, il sindaco è stato arrestato –, incalzato dagli abitanti di Abano Terme rispondeva: «Io non so cosa farci, sono un dipendente pure io, non dipende da me e forse neanche dal prefetto». Io credo che in un Paese come il nostro, che permette un continuo aumentare di sbarchi che procedono quotidianamente nel nostro Paese, e forse invece il Governo dovrebbe rendersi conto che questa politica di accoglimento non funziona, oggi credo che non sia assolutamente corretto scaricare da parte del Governo la responsabilità di questa situazione sugli amministratori locali.
  Il dottor Morcone, che ho citato anche poco fa nell'illustrazione, sul Corriere del Veneto di qualche giorno fa ha dichiarato testualmente: «I troppi no dei sindaci impediscono una distribuzione omogenea dei migranti». Io credo che questo sia ingeneroso nei confronti degli amministratori locali; credo, invece, che dovrebbe essere il Governo ad accompagnare gli amministratori locali in quella che deve essere sicuramente l'accoglienza, l'accoglienza che noi non rinneghiamo come principio.
  Pertanto, signora Ministra, Presidente, non ci riteniamo assolutamente soddisfatti della risposta che abbiamo ricevuto.

(Intendimenti del Governo in ordine all'ipotesi di ritirare lo spot realizzato dalla Presidenza del Consiglio dei ministri sul referendum costituzionale del 4 dicembre 2016 – n. 3-02543)

  PRESIDENTE. La deputata Meloni ha facoltà di illustrare l'interrogazione Rampelli ed altri n. 3-02543 (Vedi l'allegato A – Interrogazioni a risposta immediata), di cui è cofirmataria.

  GIORGIA MELONI. La ringrazio, Presidente. Dunque, Ministro, noi, come Fratelli d'Italia, riteniamo che il modo con il quale il Governo sta conducendo questa campagna referendaria la dica abbastanza lunga sulla vostra idea di democrazia.   L'ultima trovata in ordine di tempo è quella relativa allo spot che il servizio pubblico, la Rai, quello che tutti i cittadini pagano con apposita tassa, sta mandando in onda in questi giorni per spiegare agli italiani le modalità di voto.
  Il problema è che, complice anche lo scandaloso quesito referendario che avete imposto, lo spot non si limita affatto a spiegare le modalità di voto, ma entra nel merito di quelli che sarebbero i presunti contenuti di questa riforma, con l'evidente scopo di indirizzare il voto dei cittadini verso il «sì». Voi lo sapete talmente bene che avete, a un certo punto, modificato questo spot e, per vergognarvene voi, vuol dire che era proprio parecchio scandaloso.Pag. 60
  Allora, le chiedo, quando intenderete cominciare a rispettare le regole basilari della democrazia, impostare una campagna elettorale che sia basata sulla lealtà e non sull'inganno o sull'abuso di potere, di ritirare, magari cominciando proprio dal ritirare questo spot vergognoso.

  PRESIDENTE. La Ministra per le Riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento, Maria Elena Boschi, ha facoltà di rispondere.

  MARIA ELENA BOSCHI, Ministra per le Riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento. Grazie, Presidente. Lo spot che è in onda dall'8 ottobre sugli spazi gratuiti presenti nelle reti televisive della Rai, è uno degli spot che la Presidenza del Consiglio dei ministri ha predisposto – come solitamente avviene nell'attività di coordinamento della comunicazione – per informare i cittadini. I cittadini di cosa vengono informati ? Penso sia facile da intuire per chiunque abbia visto lo spot: vengono informati sulla data del voto, il 4 dicembre, che è oggettiva, e poi si dà lettura semplicemente del quesito referendario, quindi lo spot si limita a dare lettura del quesito referendario, senza esprimere alcuna valutazione di merito, senza descrivere gli effetti della riforma, ma semplicemente dando lettura del contenuto del quesito referendario, che non è stato imposto dal Governo, ma – come sa bene l'onorevole interrogante – è stato ammesso dalla Corte di Cassazione, quindi da un soggetto terzo, sulla base del titolo della legge che è stata oggetto di dibattito in questo Parlamento e che poteva essere eventualmente modificata se il Parlamento avesse ritenuto di modificare il titolo della legge.
  Lo spot si conclude con l'invito semplicemente a recarsi a votare dei cittadini, quindi non c’è nessuna indicazione di un voto a favore, o contro rispetto al referendum del 4 dicembre, quindi è meramente informativo. Tra l'altro, è stato sottoposto al vaglio preventivo dell'autorità preposta, Garante delle comunicazioni, che ha dato parere favorevole rispetto allo spot preventivamente alla messa in onda, quindi lo spot è pienamente conforme alle leggi vigenti e, quindi, non si ritiene ovviamente che debba essere ritirato perché è semplicemente uno strumento di informazione per i cittadini. Poi, che ci siano valutazioni politiche divergenti da parte di alcuni partiti dell'opposizione rispetto al testo del quesito e alla chiarezza del quesito è legittimo, fa parte del dibattito politico, ma niente ha a che vedere con il rispetto delle regole e con la possibilità di dare semplicemente informazioni ai cittadini di quello che troveranno scritto sulla scheda quando si recheranno a votare.

  PRESIDENTE. La collega Giorgia Meloni ha facoltà di replicare.

  GIORGIA MELONI. Grazie, Presidente. Quindi, in buona sostanza, Ministro, la dobbiamo ringraziare perché nello spot che manda il servizio pubblico non avete dato indicazione di votare «sì», questa è la sintesi dalla sua geniale risposta. Io la ringrazio per questo, però le vorrei dire che mi sembra che siate un po’ disperati per come state conducendo questa campagna referendaria. Abbiamo Renzi a reti unificate dalla mattina alla sera – ci manca che dica l'oroscopo –, marchette promesse agli italiani dalla mattina; ogni giorno ce n’è una, l'ultima è quella sulle famiglie: adesso, signori, si vogliono dare i soldi alle famiglie, quando per anni che siete stati al Governo, le uniche famiglie delle quali vi siete occupati erano le vostre. Abbiamo una sistematica occupazione degli spazi di maggioranza e opposizione e abbiamo questo curioso quesito referendario, perché è vero, Ministro, la vergogna a monte è il quesito referendario. Adesso io le leggo la versione del quesito referendario di una legge normale, cioè dell'ultima volta che si è votato per un referendum confermativo della legge costituzionale. Testo del referendum era: «Approvate il testo della legge costituzionale concernente modifiche alla parte seconda della Costituzione» ? Punto. Non c’è scritto che cosa c'era all'interno, che cosa c’è nelle intenzioni del Governo all'interno Pag. 61della legge, perché vede da quando ci sono questi Governi non eletti, accade semplicemente che voi date dei titoli surreali alle leggi e poi pretendete pure che siano il merito della legge stessa. Le faccio una domanda: se si fosse votato sulla «Buona scuola», il testo del referendum quale sarebbe stato ? Volete una buona scuola, sì o no (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale) ? Perché voi questo fate dalla mattina alla sera ! Allora, cerchiamo di darci delle regole minime. Se volete vincere, il referendum lo dovete vincere sui contenuti perché avete fatto una bella legge, non perché dite agli italiani: se voti «sì», ti mando a casa la batteria di pentole e la bicicletta col cambio shimano, perché la gente alla bicicletta vostra preferisce la libertà. E infatti il 4 dicembre vi mandano a casa (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale).

(Intendimenti del Governo in ordine alle ipotesi di risanamento di Monte dei Paschi di Siena – n. 3-02545)

  PRESIDENTE. Il deputato Guido Guidesi ha facoltà di illustrare l'interrogazione Fedriga e altri n. 3-02545 (Vedi l'allegato A – Interrogazioni a risposta immediata), di cui è cofirmatario.

  GUIDO GUIDESI. Presidente, la ringrazio, ringrazio il Ministro di essere intervenuto, visto che non era previsto al question-time. L'interrogazione credo riguardi un argomento scottante e soprattutto un argomento molto importante, la questione MPS. Da poco c’è stata la sostituzione dell'amministratore delegato all'interno di MPS; è arrivato il dottor Morelli, il quale ha, a quanto pare, qualche requisito di non idoneità rispetto ad un'altra operazione di ricapitalizzazione che riguardava Antonveneta a suo tempo, ma noi quello che vogliamo chiarire oggi è l'attivismo da parte del Ministero per cui l'influenza che ha esercitato, sì o no, da parte del Ministro rispetto ad alcune scelte che riguardano sì l'amministratore delegato ma anche le scelte rispetto alla futura ricapitalizzazione di MPS, scelte che hanno già indicato come, diciamo, revisore JPMorgan, per cui ci attendiamo...

  PRESIDENTE. Dovrebbe concludere.

  GUIDO GUIDESI. ... dal Ministro un chiarimento netto.

  PRESIDENTE. Il Ministro dell'Economia e delle finanze, Pietro Carlo Padoan, ha facoltà di rispondere.

  PIER CARLO PADOAN, Ministro dell'Economia e delle finanze. Grazie, Presidente. L'interrogazione a risposta immediata concerne talune ipotesi di risanamento della Banca Monte dei Paschi di Siena. Ricordo che il piano complessivo della banca, annunciato all'esito dell'ultimo esercizio di stress condotto dall'EBA, l'autorità bancaria europea, contempla il deconsolidamento dal bilancio dell'intero portafoglio dei crediti in sofferenza e un aumento di capitale. In particolare, è prevista un'operazione di cartolarizzazione delle sofferenze per un valore lordo di 27,7 miliardi di euro e un valore netto pari a 10,2 miliardi di euro. L'operazione, coniugata con un aumento degli accantonamenti per svalutazioni su crediti, risulterebbe in un fabbisogno di capitale per circa 5 miliardi di euro rispetto a un livello di CET1 pari all'11,4 per cento. Ogni decisione sulla strategia più idonea al conseguimento di un'adeguata dotazione patrimoniale e tale da migliorare significativamente la redditività futura della banca non può che essere rimessa al management della banca.
  Va ribadito, inoltre, che non si prospettano per il Monte dei Paschi di Siena misure di supporto pubblico o, men che meno, di nazionalizzazione, così come l'apertura di una procedura di risoluzione. Qualsiasi riferimento all'applicazione del bail-in, che è strumento di risoluzione, è quindi frutto solo di infondate speculazioni.

  PRESIDENTE. Il deputato Guidesi ha facoltà di replicare.

Pag. 62

  GUIDO GUIDESI. Ministro, chiarito che non ci sarà, da parte sua e del suo Governo, nessuna iniziativa di nazionalizzazione della banca, stiamo parlando, però, del MEF, che è il secondo azionista della banca, e stiamo parlando, pertanto, di un potere rilevante. Il potere è talmente rilevante che pare che il MEF abbia influito nella scelta del nuovo amministratore delegato, abbia fatto un incontro con JPMorgan sul risanamento e si parla addirittura di una ricapitalizzazione con una speculazione di alcuni fondi sovrani, tra cui il fondo qatariota – e sappiamo in quel caso a chi si può fare riferimento –, ma tutto ciò non è assolutamente stato ancora chiarito. Da quel punto di vista noi vorremmo un chiarimento, cioè vorremmo un chiarimento su come la banca intenda proseguire, su come il secondo azionista della banca, che è il MEF, intenda la ricapitalizzazione e i 5 miliardi di ricapitalizzazione e se tendenzialmente, visto che non ci sarà la nazionalizzazione, si dà la priorità ai risparmiatori, la tutela dei risparmiatori. Inoltre, quali sono e se ci sono principi di non idoneità da parte del nuovo amministratore delegato, viste le sue esperienze passate nella ricapitalizzazione di Antonveneta, ma soprattutto se, esclusa la nazionalizzazione, se è escluso il bail-in, ci sia davvero la possibilità di una speculazione all'interno di MPS da parte di alcuni fondi sovrani.
  Questo è ciò che ci preoccupa, ma quello che ci preoccupa di più, Ministro e insisteremo, è la mancata trasparenza sull'operazione rispetto al ruolo del MEF che c’è stata fin qui. Ci sono state troppe notizie sulla stampa non ancora smentite e ci aspettiamo, da parte sua e del MEF, un chiarimento in funzione della trasparenza sia dei soldi pubblici ma anche degli azionisti e dei risparmiatori dalla banca stessa.

(Iniziative volte a garantire la continuità aziendale degli stabilimenti Almaviva di Roma e Napoli al fine di salvaguardare i livelli occupazionali – n. 3-02549)

  PRESIDENTE. Il deputato Erasmo Palazzotto ha facoltà di illustrare l'interrogazione Scotto ed altri n. 3-02549 (Vedi l'allegato A – Interrogazioni a risposta immediata), di cui è cofirmatario.

  ERASMO PALAZZOTTO. Grazie, signor Presidente. Signor Ministro, la crisi di Almaviva è sintomo della crisi profonda che attraversa il settore dei call center: 2.500 esuberi annunciati tra Roma e Milano e 154 licenziamenti camuffati da trasferimenti nella sede di Palermo sono il frutto di anni di delocalizzazioni non regolate e non controllate da parte del suo Dicastero e di gare al massimo ribasso, spesso indette anche da enti pubblici, che comprimono sempre più i livelli salariali e i diritti dei lavoratori. Mentre noi facciamo questo question time è iniziato l'ennesimo e probabilmente inutile tavolo presso il Ministero dello Sviluppo economico, dove non si affrontano i nodi centrali e reali che affliggono in questo momento il settore.
  Per cui, siamo qui a chiederle se e quando deciderà di intervenire per regolare questo settore e per richiamare sia le aziende alle proprie responsabilità, per non scaricare tutto sui lavoratori, sia le leggi italiane a regolare il settore della delocalizzazione.

  PRESIDENTE. Il Ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda, ha facoltà di rispondere.

  CARLO CALENDA, Ministro dello Sviluppo economico. Grazie. Onorevole Presidente, onorevoli deputati, per quanto riguarda la richiamata situazione della società Almaviva, ci siamo attivati immediatamente. Peraltro, i tavoli non sono tutti inutili, dato che l'ultimo di maggio aveva dato un buon esito con l'obiettivo di evitare i licenziamenti dei lavoratori. Il tavolo è in corso in questo momento ma, come ricorda giustamente, il tema è molto più ampio e riguarda, in particolare, il settore dei lavoratori dei call center.
  In questo quadro si deve ricordare che il Governo sta sviluppando un'azione a sostegno dei lavoratori che si va delineando Pag. 63su più fronti: dalla creazione di un fondo per il sostegno all'innovazione tecnologica nel settore al richiamo dei maggiori clienti a una scelta di responsabilità nel momento in cui lanciano i bandi di gara.
  Si è constatato in diversi casi e vi è stata la tendenza da parte dei committenti a richiedere prezzi sempre più ristretti e talvolta addirittura inferiori ai minimi contrattuali. Su questo il Ministero sta svolgendo un'azione di forte contrasto.
  A tal proposito, ho scritto una lettera diretta ai principali committenti dei call center per sensibilizzarli sul rispetto delle norme, chiedendo l'adozione di iniziative di regolamentazione contrattuale dei servizi affidati a soggetti terzi volte a garantire l'effettivo rispetto degli obblighi di legge.
  In particolare, secondo tali disposizioni, i cittadini che ricevono le chiamate devono essere informati preliminarmente sul Paese estero in cui l'operatore è fisicamente collocato e devono poter scegliere che il servizio sia reso tramite un operatore collocato sul territorio nazionale. Sono in corso i procedimenti sanzionatori verso le imprese già risultate inadempienti.
  Tuttavia, le norme vigenti non sono sufficientemente incisive. Una modifica rilevante per aumentare l'efficacia è contenuta nell'articolo 20 del «DDL concorrenza», che introduce più precisi obblighi a carico dei soggetti attivi fuori dal territorio dell'Unione europea. Saranno, pertanto, rafforzati i poteri di monitoraggio e di sanzione attribuiti ai Ministeri dello Sviluppo economico e del Lavoro.

  PRESIDENTE. Il deputato Erasmo Palazzotto ha facoltà di replicare.

  ERASMO PALAZZOTTO. Siamo felici di sentire che lei si prodigherà in tal senso, ma intanto a una precedente mia interrogazione il suo Ministero ha risposto che, rispetto alle delocalizzazioni, quando esse sono dentro Paesi dell'Unione europea non si considerano tali ai fini dell'applicazione delle sanzioni e questa è un'interpretazione che hanno dato le aziende della legge e che il Ministero ha fatto propria, così come ci è stato testualmente riferito in risposta a quell'interrogazione.
  Ma le vorrei anche ricordare che esistono delle proposte di legge, una depositata proprio dal nostro gruppo, per il contrasto alle delocalizzazioni e per la regolamentazione del settore dei call center che dicono delle cose chiare: che le aziende che delocalizzano, in un mercato che è prevalentemente italiano, qualora appunto violino in questo caso le norme relative alle delocalizzazioni sono costrette a restituire tutti i contributi erogati a titolo di incentivi, di cui lei stesso parlava e che sono previsti in grande quantità da parte dello Stato.
  Abbiamo visto il suo «Piano industria 4.0». Ci sono tante cose interessanti, ma ci pare che manchi esattamente questa parte, cioè a fronte di un investimento nell'innovazione tecnologica e di tanti soldi che si danno alle aziende italiane e non solo per investire nell'innovazione, non c’è neanche un euro e neanche una parola su come invece queste aziende sfruttano i lavoratori e su come si difendono gli interessi dei lavoratori, per esempio limitando il fenomeno delle delocalizzazioni. Questa è una dimenticanza che purtroppo questo Governo ha troppo spesso, salvo poi fare campagne di propaganda, anche queste sempre dal suo Ministero, per dire che gli ingegneri in Italia costano meno. Probabilmente non può dire la stessa cosa dei lavoratori dei call center, perché ancora costano qualcosa in più, ma presto competeremo anche con l'Albania e con altri Paesi dove costano molto meno.

(Iniziative volte a favorire lo sviluppo dei distretti industriali italiani – 3-02550)

  PRESIDENTE. Il deputato Vignali ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-02550 (Vedi l'allegato A – Interrogazioni a risposta immediata).

  RAFFAELLO VIGNALI. Grazie, Presidente. Come il Ministro sa bene, il nostro Paese è caratterizzato da un sistema fatto Pag. 64di micro, piccole e medie imprese, e queste imprese però hanno assunto sempre delle forme particolari, prevalentemente la forma del distretto, una forma che tutto il mondo comunque ha studiato e in molti casi ha anche invidiato e copiato. Tutto ciò nonostante i distretti abbiano subito anche loro i contraccolpi della crisi, e che diversi fattori specializzati della produzione siano scomparsi e in qualche caso nel passato, anche qualche moda (la moda della delocalizzazione, non dell'internazionalizzazione, quindi la chiusura di industrie qua per aprirne all'estero), abbia minato il tessuto dei distretti. Nello stesso tempo noi crediamo che restino un fattore importantissimo per la crescita economica di questo nostro Paese, peraltro i dati lo confermano.
  Quindi, la domanda al Ministro è: se e che intenzioni abbia rispetto a politiche mirate a questa peculiare forma che resta comunque un elemento importantissimo per la crescita.

  PRESIDENTE. Il Ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda, ha facoltà di rispondere.

  CARLO CALENDA, Ministro dello Sviluppo economico. Grazie, onorevole Presidente. Onorevoli deputati, reti e distretti sono diverse modalità collaborative tra imprese che in modo diverso e per ragioni differenti meritano di essere valorizzate. Le due modalità organizzative infatti convivono nel tessuto produttivo italiano. Con le reti in particolare, quelle con soggettività giuridica, si è cercato di rafforzare l'integrazione per filiera e le forme di collaborazione tra realtà distanti; un tema vieppiù importante in un contesto in cui la digitalizzazione ha contribuito a rendere sempre meno geograficamente localizzate le catene del valore.
  I distretti industriali, invece, continuano a rappresentare la forma organizzativa più diffusa tra le piccole imprese localizzate in sistemi territoriali omogenei, in prevalenza adiacenti. I distretti sono, per esempio, una modalità aggregativa tra micro e piccole imprese molto diffusa nelle catene di subfornitura che ha rappresentato, e rappresenta tuttora, come veniva ricordato, una caratteristica peculiare del sistema produttivo italiano.
  Purtroppo, le misure introdotte nel passato non si sono rivelate efficaci, nonostante le diverse proroghe accordate e i bandi per un totale di 100 milioni di euro messi a disposizione dei distretti, da ultimo al 31 dicembre 2015. Infatti, per la realizzazione dei progetti è stato previsto un cofinanziamento del 50 per cento da parte delle regioni, che rimangono l'amministrazione competente a selezionare i progetti distrettuali che devono essere attuati nel proprio territorio. Se, da un lato, abbiamo regioni che si sono mostrate virtuose nella selezione-avvio dei progetti e nell'utilizzo di queste risorse, (l'Emilia-Romagna, la Lombardia, la Toscana, le Marche e la Puglia), dall'altro, ve ne sono alcune come la Campania e la Sicilia che, nonostante le proroghe concesse, non hanno utilizzate le risorse rese disponibili per il sostegno dei distretti presenti nel loro territorio. Proprio in questi mesi gli uffici del Ministero stanno provvedendo a saldare i progetti rendicontati dalle regioni.
  Per valorizzare al meglio i distretti, allora, occorre seguire una strada diversa che punti sulla creazione di condizioni abilitanti lo sviluppo e che introduca strumenti che proprio nei distretti possono trovare un vasto bacino di utilizzo. Infatti, in un contesto globale sempre più complesso, è importante spingere le imprese a rafforzarsi attraverso, tra l'altro, il ricorso ad alternativi canali di finanziamento, l'immissione di equity, la quotazione in borsa. Il pacchetto «industria 4.0» che farà parte della prossima legge di bilancio prevede, tra l'altro, una serie di misure volte a canalizzare parte del risparmio nazionale proprio nelle piccole e medie imprese. È chiaro che in quest'ottica i distretti rappresentano un potenziale fattore di competitività, le imprese e le filiere più dinamiche potranno trovare grandi opportunità di sviluppo, specie sui fronti dell'innovazione, della digitalizzazione e dell'internazionalizzazione.

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  PRESIDENTE. Il collega Vignali ha facoltà di replicare.

  RAFFAELLO VIGNALI. Sono soddisfatto della risposta Ministro. Crediamo che, come ha detto giustamente lei, le reti di impresa non siano alternative, peraltro in molti casi nascono proprio all'interno dei distretti. I distretti possono coinvolgere anche più soggetti, come le amministrazioni locali, gli enti di formazione e di ricerca, per cui hanno delle peculiarità. Da parte nostra assicuriamo tutto il sostegno per quanto riguarda il sostegno ai distretti.
  Crediamo anche con riferimento alla tecnologia, ad esempio, che la creazione di piattaforme tecnologiche comuni, proprio nell'ottica dell'abilitazione delle imprese, e anche un sostegno forte più politico che non richiede risorse, ad esempio per una valorizzazione forte dell'alternanza scuola-lavoro nei distretti dove anche i sistemi scolastici sono spesso legati in modo forte al sistema produttivo, possano essere utili. Quindi, da parte nostra, vi è tutto il nostro sostegno su questo fronte e crediamo che sia la strada giusta.

(Iniziative volte a mitigare il rischio idrogeologico con riguardo alle coste della Puglia – n. 3-02548)

  PRESIDENTE. Il deputato Matarrese ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-02548 (Vedi l'allegato A – Interrogazioni a risposta immediata).

  SALVATORE MATARRESE. Grazie, Presidente. Signor Ministro, nel giugno scorso si è verificato in Puglia un ulteriore fenomeno di dissesto della costa, in questo caso nelle vicinanze di Monopoli, una delle zone più di pregio dal punto di vista turistico per la nostra regione.
  In generale, la Puglia è afflitta da questo fenomeno e questa problematica è stata oggetto di una mia precedente interrogazione, in esito alla quale risultarono stanziati nella legge di stabilità dell'esercizio precedente 55 milioni di euro per interventi di risanamento e di messa in sicurezza delle coste.
  Quindi, le chiedo se la Puglia si è dotata di un piano di monitoraggio accurato di queste problematiche e quali interventi prioritari sono stati posti in essere e, soprattutto, se questa problematica relativa al comune di Monopoli – lo ripeto: una zona di particolare pregio turistico – sia inserita nei piani di intervento previsti dal Governo.

  PRESIDENTE. Il Ministro dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare, Galletti, ha facoltà di rispondere.

  GIAN LUCA GALLETTI, Ministro dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare. Ringrazio l'onorevole interrogante, l'onorevole Matarrese, per una domanda di attualità che riguarda il rischio idrogeologico che – ahimè – non colpisce solo la Puglia, ma tutto il Paese.
  Abbiamo acquisito degli elementi oltre che dal mio Ministero, naturalmente, dagli enti territoriali competenti. Il Ministero dell'ambiente ha voluto affrontare fin dal primo momento, in maniera strutturale, le problematiche relative al rischio idrogeologico in Italia e così abbiamo avviato il Piano nazionale degli interventi di mitigazione 2015-2020, definito attraverso proposte di interventi che sono state presentate dalla regione e inserite dentro il programma informatico Rendis, che oggi è la banca dati del rischio idrogeologico.
  Dalla verifica effettuata nel sistema, che raggruppa regione per regione, comune per comune, le richieste di finanziamento per gli interventi di mitigazione dell'erosione costiera e contro il dissesto idrogeologico, è presente per Monopoli una sola richiesta di finanziamento, per un intervento dal titolo «mitigazioni delle stabilità dell'area costiera del comune di Monopoli», per un importo di 4 milioni di euro, che risulta essere sviluppato a un livello progettuale di fattibilità e pertanto ancora non maturo per un'immediata cantierabilità. Lo stesso comune ha, inoltre, presentato alla regione Puglia tre progetti contro il dissesto idrogeologico, di cui due relativi al recupero del dissesto idrogeologico per Lama San Vincenzo, finanziato Pag. 66dalla regione con deliberazione di giunta del 19 aprile 2016 ed un progetto relativo alla sistemazione idraulica del Canale Recchia e del tratto terminale del Torrente Pagano.
  I progetti, a seguito di apposita istruttoria, sono stati inseriti dalla regione Puglia nel sistema informatico. Il comune di Monopoli ha comunicato, tra l'altro, che è stato effettuato uno studio dell'intera costa rocciosa ed è stato redatto un piano comunale delle coste da cui sono emerse 84 situazioni a rischio, tutte precisamente geolocalizzate ed individuate in termini di rischio di conformazione e misure di interdizione da terra e da mare. L'elenco è in progressivo aggiornamento ed è stato oggetto di apposita ordinanza sindacale di interdizione dei siti.
  L'amministrazione comunale evidenzia che le risorse a sua disposizione consentono di attuare interventi tampone, di protezione e di interdizione delle zone a rischio che occupano uno sviluppo lineare di oltre 12 chilometri.
  Il Governo sta affrontando con determinazione il fenomeno dell'erosione costiera in Puglia, come del resto in tutta Italia, ragionando con una visione di sistema, l'unica possibile per assicurare quella programmazione e quella seria attività di prevenzione del rischio, mancata da troppo tempo. Ricordo, in proposito, che il Ministero dell'ambiente ha sottoscritto con le regioni rivierasche italiane un protocollo d'intesa per la redazione di linee guida nazionali per la difesa della costa dai fenomeni costieri e dagli effetti dei cambiamenti climatici.

  PRESIDENTE. Il deputato Matarrese ha facoltà di replicare.

  SALVATORE MATARRESE. Grazie, signor Ministro, la ringrazio per la risposta. Mi fa piacere constatare che il comune di Monopoli si sia fatto parte attiva per risolvere questo problema. Spiace rilevare che 4 milioni di euro siano ancora in fattibilità, e quindi mi auguro che quanto prima si arrivi a un progetto esecutivo che consenta un intervento risolutivo e anche ben accetto alla cittadinanza.
  Rilevo con interesse questo voler creare una banca dati di interventi; allo stesso tempo, auspico che si arrivi a definire delle linee guida di intervento sul sistema costiero, perché queste problematiche che la Puglia ha gravemente sofferto sono un po’ comuni a tutta l'Italia per la sua conformazione fisica, e quindi credo che un intervento strutturale e delle linee guida possano aiutare ad avere degli interventi sistematici, che non abbiano a incorrere nei problemi della redazione di progetti che, di volta in volta, ritardano i tempi di attuazione degli investimenti.
  Quindi, credo che un'azione preventiva, ricognitiva, e nello stesso tempo delle linee guida di intervento possano agevolare anche le pubbliche amministrazioni locali nell'attingere a questi finanziamenti con maggiore celerità e con maggiore tempestività, perché queste problematiche, poi, inficiano non solo sulla sicurezza dei cittadini, ma anche sull'appetibilità e sulla valenza turistica di queste coste, che sono bellissime e che sono per la Puglia un elemento determinante per lo sviluppo turistico che la nostra regione ha avuto soprattutto negli ultimi anni.
  Quindi, la ringrazio per l'attenzione e sono convinto che su questa linea ci sia ancora molto da fare, ma quello che si è fatto credo che sia un passaggio sicuramente determinante.

(Chiarimenti in merito al presunto utilizzo di bombe con codice del Ministero della difesa nel conflitto attualmente in corso in Yemen – n. 3-02546)

  PRESIDENTE. La deputata Corda ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-02546 (Vedi l'allegato A – Interrogazioni a risposta immediata).

  EMANUELA CORDA. Grazie, Presidente. In una foto pubblicata recentemente da Famiglia Cristiana appariva un ordigno rinvenuto nello Yemen, ordigno presumibilmente sganciato a seguito di un bombardamento saudita. Questo ordigno, tra l'altro, recava il codice del Ministero Pag. 67della difesa, del nostro Ministero della difesa, e della fabbrica produttrice, la Rwm di Domusnovas, sita in Sardegna. Ecco, noi ci domandiamo come mai il Ministro della difesa Pinotti si sia recato recentemente in visita in Arabia Saudita, tra l'altro in compagnia del segretario generale per gli armamenti, e abbia dunque presumibilmente sottoscritto contratti per la vendita di altre armi ad un Paese in guerra, invece che sollecitare la cessazione di questi massacri.
  Ci domandiamo, inoltre, se il Ministro non ritenga tutto ciò in violazione della legge n. 185 del 1990, che, come sappiamo tutti, vieta al nostro Paese di vendere armi a Paesi in guerra, l'Arabia Saudita, appunto.

  PRESIDENTE. La Ministra della Difesa, Roberta Pinotti, ha facoltà di rispondere.

  ROBERTA PINOTTI, Ministra della Difesa. Grazie, Presidente. Le licenze di esportazione di materiale di armamento sono, come è noto, disciplinate dalla legge n. 185 del 1990 e successive modificazioni.
  La legge prevede che il Parlamento sia puntualmente informato con una specifica relazione annuale relativa all'esportazione, importazione e transito del materiale di armamento; ciò al fine di consentire l'attività di verifica e controllo, così come spetta al Parlamento.
  Le richieste delle imprese italiane sono gestite dalla UAMA, unità per le autorizzazioni di materiali di armamento, che agisce, caso per caso, attenendosi alla normativa italiana, europea ed internazionale, acquisito il parere finale del comitato consultivo di cui fanno parte rappresentanti di vari dicasteri.
  Per quanto concerne il merito del quesito posto, secondo quanto riferito dagli uffici tecnici della difesa, rendo noto che il NATO Stock Number identifica a livello NATO il materiale che può essere impiegato e non la proprietà.
  Sul manufatto mostrato nell'articolo citato e oggetto dell'interrogazione viene riportato anche il codice costruttore, che identifica univocamente la ditta produttrice e non può mai essere cambiato. Non vi è, quindi, alcun collegamento con la direzione nazionale armamenti e non si tratta di materiale proveniente dallo stock dell'Aeronautica militare.
  La ditta Rwm ha esportato in Arabia Saudita in forza di una licenza rilasciata in base alla normativa vigente, come ho citato in premessa. Il Governo è più volte intervenuto, in risposta ad atti di sindacato ispettivo, sottolineando come l'Arabia Saudita non sia oggetto di alcuna forma di embargo, sanzione o restrizione internazionale, ONU o di Unione europea, nel settore delle vendite di materiale e di armamento.
  Questo certamente non vuol dire che il Governo non sia preoccupato per quello che sta avvenendo nello Yemen. 
  Infine, in merito a quanto richiamato in premessa dagli onorevoli interroganti, durante gli incontri internazionali il Ministro della difesa si avvale come ritiene del supporto delle proprie strutture anche al più alto livello.
  Per quanto riguarda il segretario generale della difesa o un suo rappresentante, negli ultimi due anni è intervenuto nella mia delegazione in almeno dieci Paesi, avendo tra le sue competenze anche le relazioni internazionali. La visita di Stato che ho fatto in Arabia Saudita è stata, appunto, una visita di Stato: si è discusso della lotta al terrorismo internazionale, perché, come forse voi saprete, l'Arabia Saudita fa parte della coalizione anti ISIS; si è discusso anche dei conflitti in atto ed è stato portato il punto di vista italiano, che certamente ha punti di differenza, e anche su alcune questioni notevoli, con quelli del Governo dell'Arabia Saudita; e si è discusso di sicurezza marittima, su cui l'Italia è leader.
  Non è stata né una visita commerciale né sono stati sottoscritti contratti, dei quali, peraltro, ci sarebbe traccia, e nel caso, anche in questo caso, sarebbero sottoposti alla legge n. 185.

  PRESIDENTE. Il collega Luca Frusone, cofirmatario dell'interrogazione, ha facoltà di replicare.

Pag. 68

  LUCA FRUSONE. Grazie, Presidente. Ringrazio anche la signora Ministro per essere venuta qui a rispondere, ma immaginavamo già come si sarebbe fatta scudo di alcune leggi o di mancati embarghi, fatti, appunto, dall'Unione Europea o dall'ONU, che comunque si sono raccomandati di non dare più armi alle parti in conflitto nello Yemen, cosa che, invece, pare non sia stata recepita dall'Italia.
  Ministro, noi stiamo dando delle bombe all'Arabia Saudita, noi parliamo di lotta al terrorismo con l'Arabia Saudita. L'Arabia Saudita usa quelle bombe per bombardare in Yemen, l'Arabia Saudita è stata definita, insieme ad altri Stati, come l'epicentro del terrorismo islamico, e noi andiamo a parlare con loro di lotta al terrorismo ?
  Ha parlato un pochino, gli ha chiesto l'influenza del wahabismo su tutta la questione dell'ISIS ? Avete parlato di tutto questo ? Queste sono le risposte che vorremmo sentire da un Ministro della difesa della Repubblica italiana; purtroppo, come al solito, ci troviamo di nuovo di fronte a delle risposte di circostanza, che, però, non cambiano i fatti. Noi siamo parte attiva nel conflitto dello Yemen e, addirittura, paradossalmente, nell'ultimo bombardamento, con quelle bombe italiane, è stata bombardata persino una fabbrica italiana in Yemen.
  Stiamo utilizzando bombe italiane per bombardare italiani in Yemen. Siamo arrivati al paradosso, caro Ministro ! L'Italia deve prendersi questa responsabilità: la lotta al terrorismo si fa smettendo di dare armi a chi usa tutto questo proprio per allargare il fuoco del terrorismo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

(Intendimenti del Governo in ordine all'attuazione degli obiettivi di difesa comune europea – n. 3-02547)

  PRESIDENTE. Il deputato Gianluca Fusilli ha facoltà di illustrare l'interrogazione Moscatt ed altri n. 3-02547 (Vedi l'allegato A – Interrogazioni a risposta immediata), di cui è cofirmatario.

  GIANLUCA FUSILLI. Grazie, signor Presidente. Signora Ministro, l'obiettivo di rafforzare la capacità comune dell'Unione di agire in ambito esterno, sviluppando le proprie capacità civili e militari in materia di prevenzione dei conflitti internazionali e di gestione delle crisi, è obiettivo, seppur teoricamente largamente condiviso dalle istituzioni europee, che non ha ancora trovato pratica attuazione. L'evoluzione dei rischi da affrontare in un contesto di insicurezza globale, così come i risultati della Brexit e lo scenario che ne deriva, ha riportato indiscutibilmente il tema della difesa europea comune al centro dell'agenda politica dell'Unione.
  E questo è testimoniato dall'esito dei contenuti dei colloqui del vertice di Ventotene e anche dalle risultanze del Consiglio informale dei ministri della difesa di Bratislava, dove è indiscutibile l'impegno profuso e positivo da parte del Governo italiano, tradotto plasticamente nella presentazione del documento «La visione italiana per una difesa europea più forte».
  Noi le chiediamo di spiegare a questo Parlamento come darà concreta attuazione agli obiettivi di difesa comune così emersi nei consessi europei con rinnovato impulso.

  PRESIDENTE. La Ministra della Difesa, Roberta Pinotti, ha facoltà di rispondere.

  ROBERTA PINOTTI, Ministra della Difesa. Grazie, Presidente. Ringrazio gli onorevoli interroganti per questa domanda, che mi permette di trattare anche qui, in Aula, alla Camera, uno degli argomenti più importanti del cantiere europeo in questo momento, perché effettivamente, finalmente, dopo tanti anni, la difesa europea sta uscendo dall'essere un tema solo di convegni e sta cominciando a mettere i primi... diciamo sta facendo i primi, alcuni passi importanti. Intanto, è al centro di vertici internazionali, sapete che ne ho parlato a Parigi con la Ministra tedesca e il Ministro francese; c’è stata poi una riunione a Bratislava dei Ministri della difesa e, qui, l'Italia ha portato una sua proposta che è una proposta che tiene Pag. 69insieme il Ministero degli esteri e della difesa, perché l'Italia ha sempre un approccio complessivo per quello che riguarda il tema della difesa, un approccio che guarda a come intervenire a tutto tondo.
  Non si tratta di fare un esercito comune europeo né di smantellare quelle che sono le capacità nazionali, ma si tratta di integrare per delle sfide che possono, attraverso questa integrazione, consentire ai cittadini europei di sentirsi più sicuri, in un momento in cui ne hanno particolarmente bisogno. Sapete che a livello politico istituzionale, in particolare dopo la Brexit, si è aperta l'esigenza di discutere per capire se l'Europa riesce a fare dei passi avanti per rinforzarsi; su questo c’è una strategia per la difesa europea e, nel lungo periodo, l'Italia sta lavorando su due livelli: un livello di proposte concrete che possono già attuarsi nell'immediato con quelli che sono gli articoli del Trattato, il 42 e il 46, ma anche un livello di più ampia ambizione che è quello di immaginare un'Europa che si ponga effettivamente degli obiettivi di difesa comune e riesca, pianificando anche insieme, a dare delle risposte che sono delle risposte, come ripeto, per l'Italia, comprensive di un approccio che tiene insieme esteri e difesa.
  Sul piano operativo noi abbiamo proposto di cominciare anche formazione e addestramento militare comune, che ci sembrano importanti, oltre a lavorare insieme sull'industria della difesa. Serve anche una capacità di pianificazione e direzione strategica delle operazioni europee, oggi ce ne sono diverse in Africa, ma non hanno un'unica pianificazione e, quindi, in qualche modo, serve un indirizzo che possa essere sinergico fra le diverse operazioni.
  Pensiamo che non sia più il momento di alibi e noi siamo convinti, pur avendo registrato anche sensibilità diverse, che si possano fare dei passi avanti. Vi comunico che già esiste un documento congiunto Italia, Francia, Germania e Spagna, che abbiamo inviato a tutti gli altri colleghi, perché effettivamente su questo documento, in cui ci sono proposte concrete, si possa trovare la più ampia condivisione possibile.

  PRESIDENTE. Il deputato Antonino Moscatt ha facoltà di replicare.

  ANTONINO MOSCATT. Presidente, signora Ministro, noi la ringraziamo, non solo per la sua risposta, ma anche, mi permetta di dirlo, per l'entusiasmo con il quale lei ci racconta dei fatti importanti.
  Noi abbiamo voluto interrogarla rispetto alla politica di sicurezza europea comune, proprio perché riteniamo che questo, oggi, rappresenti uno degli elementi più importanti rispetto a quella che è la sicurezza dei nostri cittadini e la sicurezza dei popoli che vivono l'Unione europea.
  L'idea e la capacità di mettere insieme sinergie, bisogni e competenze, la capacità di costruire con la capacità di aggregare sono, penso, gli obiettivi che dobbiamo darci e che ci stiamo dando.
  Si parla di difesa comune europea da tanti anni e, come dice lei, si è parlato molto più nei convegni che nelle sedi istituzionali. Grazie al suo lavoro, al lavoro di questo Governo e grazie, anche, a una nuova idea di politica europea che alcuni Stati stanno manifestando, finalmente, questi temi non appartengono più alla dottrina, ma cominciano a diventare elementi concreti per lo sviluppo di sinergie nuove.
  Dice bene lei, non si tratta solamente di mettere insieme degli eserciti; si tratta di condividere anche elementi che sono peculiari degli Stati; si tratta di mettere insieme ricerca, si tratta di mettere insieme formazione, si tratta di mettere insieme – mi permetta di andare leggermente oltre – anche alcuni segreti dei vari Stati che, condivisi, permetterebbero di affrontare in maniera eccellente la lotta al terrorismo, che condivisi permetterebbero di affrontare in maniera eccellente i temi della sicurezza.
  Presidente, signora Ministra, noi siamo soddisfatti – lo ripeto – non solo della risposta, ma del lavoro che si sta facendo, Pag. 70perché questa è la strada giusta e perché, anche nelle politiche della difesa, si misura la capacità di uno Stato di essere leader in Europa e la capacità di uno Stato di essere al servizio dei cittadini (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata.
  Sospendo a questo punto la seduta, che riprenderà alle ore 17 con l'esame della Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2016.

  La seduta, sospesa alle 15,55, è ripresa alle 17,05.

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE LAURA BOLDRINI

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Alfreider, Amici, Artini, Bocci, Michele Bordo, Matteo Bragantini, Bueno, Capelli, Cicchitto, Dambruoso, Dellai, Epifani, Fedriga, Ferranti, Ferrara, Fico, Gregorio Fontana, Formisano, Garofani, Giorgis, Lorenzo Guerini, Lupi, Manciulli, Mazziotti Di Celso, Pisicchio, Ravetto, Rosato, Sanga, Sani, Schullian, Scotto, Speranza, Tabacci, Tofalo, Valeria Valente e Villecco Calipari sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
  I deputati in missione sono complessivamente centodiciannove, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

Esame della Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2016 (Doc. LVII, n. 4-bis).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'esame della Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2016 (Doc. LVII, n. 4-bis).
  Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).
  Avverto, inoltre, che alla Nota di aggiornamento è annessa la Relazione prevista dall'articolo 6, comma 5, della legge n. 243 del 2012, con cui il Governo chiede, tra l'altro, alle Camere l'autorizzazione ad un aggiornamento del piano di rientro verso l'obiettivo di medio periodo stabilito nel Documento di economia e finanza presentato nel mese di aprile.
  A tale proposito, ricordo che ai sensi dell'articolo 81, secondo comma, della Costituzione e del richiamato articolo 6, commi 3 e 5, della legge n. 243 del 2012, la deliberazione delle Camere che autorizza l'aggiornamento del piano di rientro deve essere approvata a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti.
  Pertanto l'esame della Nota di aggiornamento si concluderà con l'approvazione di due distinti atti di indirizzo: il primo relativo alla Relazione di cui all'articolo 6, comma 5, della legge n. 243 del 2012, concernente l'autorizzazione all'aggiornamento del piano di rientro, da votare a maggioranza assoluta; il secondo, invece, relativo alla Nota di aggiornamento del DEF, da votare a maggioranza semplice, sulla base degli esiti della precedente deliberazione.
  Ricordo che per l'esame della nota è previsto, dall'articolo 118-bis, comma 4, del Regolamento, un dibattito limitato che prevede, dopo gli interventi dei relatori e del rappresentante del Governo, l'intervento di un deputato per ciascun gruppo e per ciascuna componente politica del gruppo Misto, nonché dei deputati che intendano esprimere posizioni dissenzienti dai rispettivi gruppi.
  Le risoluzioni riferite alla Relazione e quelle relative alla Nota di aggiornamento dovranno essere presentate nel corso della discussione.
  Interverrà, quindi, in sede di replica, il rappresentante del Governo, che, una volta Pag. 71espresso il parere sulle risoluzioni riferite alla Relazione, dovrà altresì indicare quale risoluzione relativa alla Nota di aggiornamento intenda accettare, atteso che, a norma dell'articolo 118-bis, comma 2, del Regolamento, verrà posta in votazione per prima la risoluzione accettata dal Governo che, in caso di approvazione, precluderà le altre. Si procederà infine ai voti, secondo le modalità precedentemente indicate.

(Discussione – Doc. LVII, n. 4-bis)

  PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione.
  Ha facoltà di intervenire il relatore per la maggioranza, deputato Edoardo Fanucci.

  EDOARDO FANUCCI, Relatore per la maggioranza. Presidente, onorevoli rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi, onorevoli colleghe, questo è un giorno importante dove la speranza lascia il campo alla perseveranza. Le azioni del Governo sono ben rappresentate non solo in questa fotografia che è la nota di aggiornamento del DEF, ma nell'attività che ci ha portato fin qui, con coerenza, determinazione e responsabilità. Ecco io vedo questo e devo ringraziare tutti coloro i quali sono stati auditi nelle Commissioni congiunte, tra Camera e Senato, il Governo, per la disponibilità manifestata, e anche le minoranze, per la positività e il costrutto di quello che siamo riusciti a mettere insieme fino alla giornata odierna.
  In questo senso, sono convinto che la fotografia – lo ripeto – che scatta la Nota di aggiornamento del DEF è una fotografia che ci rende sempre più credibili ed autorevoli agli occhi dei nostri referenti e interlocutori, non solo nazionali ma anche europei. Tutto questo in un contesto oggettivo difficile, un contesto macroeconomico di crisi generalizzata e diffusa del commercio mondiale, che ha portato alla revisione al ribasso della crescita mondiale di sviluppo rispetto a quelle che erano le previsioni non più tardi di sei mesi fa; un contesto purtroppo dove l'Europa non sta meglio rispetto al prospetto mondiale, anzi: subisce problematiche notevoli legate anche all'effetto Brexit, che ad oggi non ha forse dato il risultato diretto rispetto a quello che potrebbe dare nel corso dei prossimi anni. Abbiamo problematiche legate ad una domanda proveniente dai Paesi emergenti inferiore rispetto alle aspettative; una volatilità dei prezzi delle materie prime; un'incertezza generale e diffusa che non aiuta certo un profilo nazionale orientato al sostegno di una crescita che certamente c’è, ma è al di sotto delle aspettative. Per allineare le aspettative ad un piano reale, occorrono misure straordinarie, occorrono misure importanti di sostegno rispetto a questa crescita, affinché non sia svilita l'azione fin qui svolta in questi anni.
  Sembrano lontanissimi gli anni della crisi del 2009-2013: in realtà hanno portato degli effetti importanti, di cui noi oggi portiamo le conseguenze. Se pensiamo agli investimenti prima della crisi, noi oggi abbiamo un terzo di quegli investimenti, sia pubblici che privati, rispetto al contesto dato prima della crisi del 2009-2013. Allora ci dobbiamo attivare affinché un'azione forte non sia soltanto una linea di azione o di programma, ma siano più linee congiunte, così come rappresentate nella Nota di aggiornamento del DEF: una politica monetaria espansiva della Banca centrale europea certo aiuta, ma non basta; una politica di bilancio orientata alla crescita del Governo nazionale certo aiuta, ma non basta. Serve anche qualcosa di più: serve che le riforme strutturali di cui non solo l'Italia, ma anche l'Europa, necessita, abbiano il tempo per poter implementare i propri effetti; e questo tempo dev'essere un tempo fatto non solo di attesa passiva, ma di azioni concrete affinché questi processi possano svilupparsi nel migliore dei modi.
  Di fronte a questo quadro, quindi, a questo scenario, certamente non solo nazionale ma anche internazionale, abbiamo ottenuto una validazione rispetto allo scenario macroeconomico tendenziale. Una validazione, devo dire, non soltanto legata ai dati dell'Ufficio parlamentare di bilancio, Pag. 72che è un organo certamente importante, che ci ha confrontato validando fin da subito il tendenziale: anche altri organi indipendenti, autorevoli ed esterni hanno validato questo dato. Sullo scenario programmatico vi sono state maggiori discussioni; ed è del tutto non soltanto legittimo, ma normale che questo accada, e va a dare un'importanza ed un senso ad un organo che non nasce dall'alto, ma nasce su costituzione del Parlamento stesso, che ha nominato i membri che fanno parte dell'Ufficio parlamentare di bilancio. E con questa responsabilità ci troviamo a doverci confrontare con un parere diverso rispetto a quello del Governo e a quello del Parlamento.
  In quest'ottica noi abbiamo sperato che, nel primo passaggio dove l'Ufficio parlamentare di bilancio non ha concesso la validazione completa rispetto al tendenziale ed al programmatico, potesse esserci un ripensamento, di fronte al dettaglio delle azioni che il Governo ha palesato in occasione della seduta di ieri delle Commissioni bilancio riunite in seduta congiunta tra Camera e Senato, e che mi ha positivamente sorpreso. In quella seduta, nella seduta di ieri, forse per la prima volta noi abbiamo avuto in Commissione, prima della presentazione rispetto anche alla data del 15 ottobre, una presentazione analitica, dettagliata da parte del Governo rispetto a quella che è la manovra di bilancio ed agli impatti che essa potrà determinare sulla crescita.
  Questa descrizione non è soltanto analitica, ma una descrizione di grande responsabilità, dove si va a identificare un moltiplicatore rispetto a ciascuna azione che il Governo intende portare avanti nella legge di bilancio. Lo si fa con una tabella dettagliatissima, riportata anche questa mattina da Il Sole 24 Ore, ma che ieri è stata oggetto di analisi e discussione da parte del Parlamento, la quale ci dà il quadro di quella che sarà la legge di bilancio e le risultanze che ne deriveranno sulla crescita e sugli altri dati di bilancio.
  In questo senso, possiamo scorgere i tre pilastri, quelli più importanti: il disinnescare le clausole di salvaguardia (vale 15,1 miliardi); un pacchetto di sviluppo legato ad investimenti e competitività per 4,2 miliardi; ed un progetto che possiamo definire sul sociale, su misure di contrasto alla povertà, misure volte a sviluppare anche quelle che sono nuove misure del welfare, che si concretizza in un pacchetto da 3,1 miliardi di euro. Tutto questo ha un impatto nell'economia reale: non nelle nostre attese, non nelle nostre scommesse o aspettative, ma nelle nostre ambizioni riteniamo potersi concretizzare attraverso questo progetto serio di riforma della finanza pubblica; perché di questo si tratta ! Non è un caso che abbia parlato di coerenza e di prospettiva, non è un caso che abbia parlato di perseveranza: come avremmo potuto noi allo stesso tempo andare a ridurre la pressione fiscale sulle società di capitali nel 2017, tra l'altro con una manovra già prevista nel 2016, e far scattare le clausole di salvaguardia per un importo di 15,1 miliardi di euro ?
  Il nostro intervento è importante: vuole facilitare i consumi, vuole facilitare la fiducia dei risparmiatori, che oggi purtroppo o per fortuna, per sfiducia rispetto alle proprie prospettive, accumulano e non investono, non traducono il risparmio in investimenti e non fanno muovere l'economia reale. In questo senso, la riduzione della pressione fiscale è un'azione che deve essere portata avanti con serietà e prospettiva: una pressione fiscale che nel 2017, secondo quanto contenuto nella Nota, ammonta al 42,8 per cento del PIL al netto degli 80 euro, e al 42,1 per cento del PIL. Un importo che, considerato rispetto alle percentuali degli anni precedenti, va sicuramente nella direzione giusta, ma certo si può e si deve fare ancora meglio.
  Teniamo conto dei vincoli della finanza pubblica, del macigno del debito pubblico che ci portiamo sulle spalle, eredità delle generazioni politiche precedenti alla nostra, che forse hanno guardato più al presente che al futuro; e teniamo conto del fatto che noi le regole europee le vogliamo rispettare, e a testa alta provare a cambiare nel corso degli anni che verranno. In questo senso, guardando all'Europa, noi Pag. 73non chiediamo flessibilità: le flessibilità le abbiamo già utilizzate e richieste negli anni passati. Noi chiediamo rispetto, in un quadro dove problematiche nazionali emergenziali, come il sisma e come i migranti, chiedono risposte straordinarie altrettanto importanti, di grande impatto e di natura concreta.
  Queste misure oggi non sono contenute nella Nota di aggiornamento del DEF, o almeno vi sono contenute soltanto in misura eventuale: solo qualora il Parlamento decida, com’è chiaramente sua competenza, di andare in questa direzione, di autorizzare il Governo a chiedere in Europa, spingendolo anche ad ottenere queste misure straordinarie necessarie per mettere in sicurezza le nostre case, le nostre scuole, la nostra edilizia pubblica e privata legata al sisma, che è un sisma di portata tragica violenta, che viene dopo purtroppo altri sismi che in Italia ci hanno colpito negli anni recenti; penso a quello che è accaduto a L'Aquila e a quello che è accaduto in Emilia-Romagna.
  In questo contesto noi dobbiamo portare avanti, da un lato, un piano emergenziale per superare i problemi delle vittime che hanno chiaramente avuto problemi legati all'ultimo sisma, ma dobbiamo mettere in sicurezza il Paese, quindi un'azione importantissima che deve essere portata a casa; e dobbiamo esigere rispetto in Europa su questa azione. Al tempo stesso, i migranti, un tema che riguarda l'Europa ma certamente l'Italia con più forza, rispetto ad altri Paesi europei. Noi siamo una frontiera non solo del Mediterraneo ma dell'Europa, in particolare; abbiamo salvato molte vite e molte altre ne dovremo salvare nei prossimi anni, con orgoglio, questo lo rivendichiamo. Certo, da soli non saremo in grado di farlo o non saremo in grado di farlo rispetto a quello che vorremmo fare, allora non chiediamo aiuto ma attenzione rispetto a quello che non è un problema solo dell'Italia ma che riguarda i confini europei, per guardare a un'Europa che non sia solo burocrazia, per guardare a un'Europa che non sia solo regole, per guardare a un'Europa che sia fatta di attenzione rispetto ai problemi, che possa essere un'opportunità per gli Stati membri e soprattutto per le popolazioni, affinché non la guardino più come un dittatore nei confronti delle proprie discipline nazionali ma come un ausilio e un supporto, soprattutto in casi di difficoltà estrema, come quella che stiamo vivendo.
  In conclusione, per guardare ad alcuni numeri che ritengo debbano essere sottolineati, che hanno importanza anche nella nostra prospettiva di azione: noi oggi presentiamo una Nota di aggiornamento del DEF che è credibile, autorevole, e che non si discosta significativamente da altre previsioni. Anzi, rispetto ad altri modelli statistici e previsionali, i contenuti che qui sono previsti sono prudenziali. Rivendichiamo con forza la prudenza che caratterizza questa fotografia di quanto previsto, anche attraverso la manovra, perché questa è una fotografia; con grande serietà, la possiamo definire una fotografia prudente dello scenario che stiamo vivendo e di quello che dovremo vivere nei prossimi tre anni. L'obiettivo di medio termine, anche in prospettiva di una riduzione del debito, non è abbandonato; anzi, l'obiettivo di medio termine per noi rimane una linea da seguire. Certamente, se possibile, da modificare, nel rispetto delle regole europee, ma oggi, a regole date, è per noi una linea di azione che non intendiamo abbandonare, e in questo senso operiamo.
  In conclusione davvero, Presidente (ho finito il tempo): non c’è futuro senza serietà nei conti; non c’è futuro senza credibilità nei conti; non c’è futuro senza concretezza di quello che noi realizziamo in questo Parlamento. Oggi è il tempo della serietà, oggi è il tempo di non pensare soltanto al presente ma anche al futuro dei nostri figli e delle future generazioni (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il relatore di minoranza, deputato Gianni Melilla.

  GIANNI MELILLA, Relatore di minoranza. Signora Presidente, dunque il Governo Pag. 74tira dritto: la crescita programmata per il 2017, secondo il Governo, è dell'1 per cento, nonostante le obiezioni dell'UPB. L'Ufficio parlamentare del bilancio non è un semplice ufficio dalla Camera ma è l'organo indipendente che vaglia i conti del bilancio; un organo, peraltro, voluto dall'Europa. Renzi ha ironizzato nei giorni scorsi, irridendo la mancata validazione da parte dell'Ufficio parlamentare del bilancio: si sta strumentalizzando una questione di pochi decimali di PIL.
  Ma non sono pochi decimali di flessibilità quello che il Governo chiede all'Europa; non sono pochi decimali di flessibilità quelli che il Governo ha chiesto negli anni passati ! Su un punto possiamo essere d'accordo col Presidente Renzi: la battaglia dei decimali non appassiona il popolo italiano; forse appassiona i tecnici, il Governo, ma non quelli che hanno subito il costo sociale della più grave crisi economica internazionale dalla fine della Seconda guerra mondiale. La situazione è surreale: la Nota di aggiornamento del DEF definisce un perimetro entro cui va definita la nuova legge di bilancio per il 2017, che è ancora, però, indefinita, nelle sue scelte di dettaglio, e come è noto, il diavolo si infila nei dettagli. Non sappiamo ancora chi pagherà nello specifico i 2 miliardi 642 milioni di euro derivanti dai tagli della spesa pubblica; non sappiamo chi pagherà, da chi verranno le entrate aggiuntive di 8 miliardi e mezzo e le ulteriori coperture di 7 miliardi 250 milioni di euro.
  La discussione, nei fatti, procede al buio: come saranno ripartiti i 3 miliardi 150 milioni delle nuove politiche per le pensioni e la contrattazione collettiva del pubblico impiego ? Da anni la contrattazione è ferma nel pubblico impiego, e questo blocco ha prodotto il risultato nefasto della perdita di uno stipendio mensile da parte di ogni lavoratore pubblico. Cioè, un impiegato, un insegnante, un poliziotto, un carabiniere, un militare, non prende più tredici mensilità, ma ne prende dodici. Noi abbiamo molte perplessità sui conti che il Governo ha presentato. Condividiamo le valutazioni del presidente dell'UPB, Giuseppe Pisauro, che non ha validato la stima indicata dal Governo con l'aggiornamento del DEF, ma non nascondiamoci dietro un dito: noi pensiamo che l'Italia e l'Europa abbiamo bisogno di ben altro di un surreale braccio di ferro su qualche decimale di punto, per fronteggiare l'emergenza dell'accoglienza dei migranti e delle spese per il post-terremoto. Condividiamo, al proposito, quanto dice il premio Nobel per l'Economia Krugman a proposito delle politiche economiche e monetarie sin qui seguite dall'Unione europea e che vengono riproposte in modo irragionevole anche per il futuro prossimo. Krugman dice: l'austerità di un'economia già depressa produce gravi perdite; quando le politiche monetarie perdono la loro efficacia e i tassi di inflazione si avvicinano allo zero, allora è necessario incrementare, non scoraggiare, le spese e anche il deficit, per assicurare una spinta efficace, potente, alla crescita economica e sociale. Di qui, il nostro progetto alternativo di politica economica e di bilancio che presentiamo in occasione di questa legge di stabilità e anche di questa Nota di aggiornamento del DEF.
  Per sbloccare l'Italia proponiamo una manovra triennale per il lavoro, per uno sviluppo ecosostenibile, il Green New Deal, per una sperimentazione triennale di un reddito minimo per chi vive sotto la soglia di povertà. In modo provocatorio, parliamo di un social compact che sostituisca il fiscal compact, che ha fallito i suoi obiettivi di crescita e di risanamento, con l'aggravante di un esito tragicamente di classe dei suoi effetti per i ceti popolari. Joseph Stiglitz, altro premio Nobel per l'economia, lo ha detto con chiarezza: le disuguaglianze che sono sotto gli occhi di tutti sono paradossalmente frutto di un'economia di mercato le cui regole del gioco sono state prima scelte e poi alterate, minando la fiducia delle popolazioni verso i loro governi e la solidarietà sociale, così ha creato individui che sono diventati essi stessi più egoisti. Negli ultimi quarant'anni solo il reddito dell'1 per cento della popolazione delle società più sviluppate è aumentato in modo consistente, senza che Pag. 75questo abbia portato benefici al resto del Paese. I ricavi della crescita non sono stati affatto condivisi nel mondo nella globalizzazione: i poveri sono aumentati e anche per la classe media il reddito si è ridotto.
  Proponiamo, in sintonia con la più grande confederazione sindacale, la CGIL, un piano triennale per il lavoro di 12 miliardi di euro, di cui il 45 per cento riservati al Mezzogiorno, finalizzati: alla manutenzione e messa in sicurezza del territorio anche in funzione antisismica; al miglioramento delle periferie urbane; alla bonifica delle zone inquinate; ad un programma straordinario di costruzione di asili nido e di messa in sicurezza delle scuole; all'introduzione della banda larga nelle scuole. Proponiamo un programma per la mobilità sostenibile di 2 miliardi di euro, per qualificare il trasporto pubblico locale. Proponiamo la sperimentazione triennale di un reddito minimo per indigenti e disoccupati, portando da 1 a 3 miliardi annui le risorse attualmente destinate al contrasto alla povertà. Sull'istruzione proponiamo un intervento di stabilizzazione del precariato, di incremento delle risorse destinate all'università e alla ricerca pubblica e al diritto allo studio. Sulla sanità proponiamo che la quota del PIL sia portata al 7 per cento e non diminuita, come vuole fare il Governo, andando in linea – noi sosteniamo – con la media europea, per garantire così un effettivo diritto alla salute messo pesantemente in discussione dai troppi tagli operati in questi anni al servizio sanitario pubblico.
  Sulle pensioni proponiamo tre assi di intervento. Primo: ricongiunzione gratuita dei contributi tra le varie casse previdenziali. Secondo: pensione minima di dignità, elevando l'attuale assegno sociale. Terzo: revisione della legge Fornero, in particolare dell'età pensionabile, con l'obiettivo generale di consentire la pensione a 65 anni a chi ha 35 anni di contributi. La differenziazione dell'età pensionabile deve riconoscere i lavori usuranti sulla base di evidenze scientifiche e della medicina del lavoro. Rifiutiamo l'idea balzana del mutuo pensionistico. So già la risposta: ma dove sono le risorse per finanziare una politica di investimenti così sfacciatamente keynesiana ? Come direbbe il grande economista Federico Caffè.
  Non voglio dilungarmi sugli aspetti dell'equità fiscale della lotta all'evasione fiscale o dell'introduzione di leggi sacrosante per assicurare l'equità fiscale, come la web tax, visto che grandi compagnie multinazionali statunitensi, come la Apple, Facebook e Amazon, hanno evaso in Europa decine di miliardi di euro, che potevano essere utilizzati per una politica di sviluppo. Le risorse ci sono ! Innanzitutto sulla revisione della spesa pubblica: per gli armamenti possiamo ridurre le spese per un miliardo e mezzo di euro, a partire dagli F-35. L'oro blu, l'acqua, viene regalata ai privati al prezzo di 0,1 centesimi per litro, come media nazionale, quando l'acqua minerale viene venduta mediamente a venti centesimi al litro. Parliamo dei canoni di concessione per le acque minerali. Le estrazioni di gas e petrolio sono esenti in diversi casi dal pagamento delle royalty, malgrado siano già estremamente basse le tasse rispetto ad altri Paesi europei. In campo energetico vi sono esenzioni alle accise che privilegiano le fonti fossili, pari a circa 5 miliardi di euro annui. I canoni di concessione per le cave di sabbia o di marmo sono molto bassi, in media il 3 per cento del prezzo di vendita, in alcune regioni addirittura a zero; il settore lapideo ha realizzato profitti record, grazie a un surplus commerciale di 2,8 miliardi di euro.
  Potremmo parlare ancora del trasporto merci, dominato dalla gomma, con enormi danni ambientali e sanitari; per l'autotrasporto ci sono esenzioni di 3 miliardi di euro dalle accise e ulteriori sconti per i pedaggi autostradali. Per non parlare dei canoni irrisori delle concessioni balneari, per non parlare dei liberisti a parole e dei monopolisti nei fatti nel campo delle autostrade.

  PRESIDENTE. Concluda, deputato Melilla, per favore.

  GIANNI MELILLA, Relatore di minoranza. Quindi ci sono i soldi per finanziare Pag. 76un programma volto al lavoro, allo sviluppo, alla riconversione ecologica dell'economia e su questo terreno noi, in sede di discussione della legge della stabilità, avanzeremo le nostre proposte dettagliate e precise nell'interesse del popolo italiano (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Colleghi e colleghe, abbiamo nella nostra Aula, in tribuna, una delegazione del Parlamento del Myanmar, che è in visita alla Camera dei deputati. Ecco i colleghi deputati del Myanmar (Applausi). E nell'altra tribuna abbiamo gli alunni e gli insegnanti dell'Istituto statale comprensivo della Tremezzina, in provincia di Como, che anche stanno assistendo ai nostri lavori (Applausi). Benvenuti e benvenute.
  A questo punto do la parola al rappresentante del Governo, al sottosegretario Baretta. Sottosegretario Baretta, intende intervenire ? No, si riserva di intervenire dopo. Va bene allora siamo agli interventi. È iscritto a parlare il deputato Lello Di Gioia.

  LELLO DI GIOIA. Grazie, signora Presidente. Non vi è dubbio che vi è una crescita lenta dell'economia del nostro Paese dovuta a tanti fattori. Ne vorrei semplicemente sottolineare due: la stagnazione del commercio internazionale e i problemi geopolitici che vi sono nel mondo. Pur tuttavia, con questa Nota di aggiornamento, che non si discosta sostanzialmente dalla nota di aprile di questo anno, possiamo rilevare situazioni positive, situazioni che vanno, appunto, nella direzione di un Paese che ha la possibilità di crescere, perché vi è ancora il problema delle attuazioni delle riforme, perché vi è ancora la possibilità, anche in questa nuova legge di bilancio, per quegli interventi che consentiranno, appunto, al Paese di poter crescere.
  Certo, vi è stato un mantenimento dei consumi del nostro Paese con qualche difficoltà, ma un elemento importante è quello dell'esportazione. Abbiamo un rapporto deficit-PIL che è sostanzialmente aumentato di uno 0,1 per cento. Vi è un debito pubblico che è aumentato dello 0,5 per cento, in virtù di dati che sono soprattutto quelli della non crescita del PIL, ma anche e soprattutto di una mancanza della possibilità di avere introitati per quanto riguarda le questioni delle privatizzazioni.
  C’è un ultimo punto e concludo. C’è stato un dibattito estremamente, come dire, forte, per quanto riguarda il rapporto tra l'Ufficio parlamentare di bilancio e quello che ha presentato il Governo. Noi riteniamo che sia giusta quella stima del Governo, perché all'interno di quella stima vi è appunto la sterilizzazione dell'IVA e, come tutti quanti sappiamo, vi è un elemento abbastanza significativo, che è una crescita dello 0,5 per cento. Signora Presidente, con queste considerazioni noi voteremo con molta convinzione la Nota di aggiornamento del DEF (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Movimento PPA-Moderati).

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Locatelli. Ne ha facoltà.

  PIA ELDA LOCATELLI. Signora Presidente, nella Nota, la manovra di bilancio presentata, ci sono molte cose che ci convincono. Ci convince la scelta di cercare la crescita, puntando su maggiori investimenti pubblici, sul sostegno alle fasce più svantaggiate della popolazione con iniziative a sostegno delle famiglie e alla perequazione delle pensioni più basse, sul rinnovo dei contratti pubblici che sono bloccati da sette anni, sul Fondo di garanzia per il credito alle imprese e il pacchetto competitività, sulla conferma del blocco dell'aumento dell'IVA.
  Certo siamo tutti convinti che queste iniziative avrebbero bisogno di maggiori risorse, ma la coperta, come sappiamo bene tutti, è molto corta e già così qualche parte rimane tagliata fuori. Apprezziamo, sotto questo punto di vista, gli sforzi che vengono fatti per reperire risorse da una più efficace lotta all'evasione fiscale, dalla revisione della tassa sulla ricapitalizzazione delle aziende e da una spending Pag. 77review che può ancora fornire ulteriori margini di intervento. Indubbiamente le difficoltà di sostenere lo sviluppo a fronte di un'economia che continua a crescere più lentamente di quella di altri Paesi europei non possono essere superate con un colpo di bacchetta magica e ci auguriamo che la crescita del PIL sia anche maggiore dell'1 per cento atteso, smentendo le perplessità espresse dall'Ufficio parlamentare di bilancio. Le preoccupazioni che continuiamo a nutrire riguardano piuttosto la scelta di far crescere il deficit aumentando il debito pubblico che prima o poi dovrà essere ripagato e che costituisce forse il fardello maggiore che rallenta la crescita. Per questo siamo fiduciosi che il reperimento della manciata di miliardi mancanti per completare la manovra non penalizzi la crescita, ma vada piuttosto a incidere sugli sprechi, eliminandoli, e sulle rendite improduttive. Voteremo a favore della Nota di bilancio.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Alfreider. Ne ha facoltà.

  DANIEL ALFREIDER. Consegno il testo dell'intervento.

  PRESIDENTE. Va bene, deputato. È iscritto a parlare il deputato Mottola. Ne ha facoltà.

  GIOVANNI CARLO FRANCESCO MOTTOLA. Signora Presidente, rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi. Nel quadro macroeconomico europeo, progressivamente mutato in senso peggiorativo e con l'incertezza sulla governance dell'area euro, il nostro Paese, nonostante la battuta d'arresto nel secondo trimestre che ha determinato la stagnazione della domanda interna, è tornato a crescere. Il mercato del lavoro, ad esempio, ha evidenziato segnali nel complesso positivi. Nel 2015, grazie anche alla decontribuzione per le assunzioni a tempo indeterminato e all'introduzione dei contratti a tutele crescenti, l'occupazione è infatti aumentata più rapidamente di quanto non lasciasse prevedere l'andamento del prodotto interno lordo.
  Anche nel corso di quest'anno, l'occupazione ha continuato ad espandersi, sebbene siano emersi segnali di rallentamento, presumibilmente anche in connessione con il ridimensionamento della decontribuzione. In questo quadro, le condizioni monetarie e finanziarie estremamente accomodanti, che indubbiamente continuano a beneficiare l'Italia, grazie anche all'orientamento espansivo della Banca centrale europea che permane, spingono i Paesi dell'area euro e quindi il nostro, ad intensificare ogni sforzo per determinare una crescita stabile e duratura. Al riguardo, il mix d'interventi che il Governo sta predisponendo in queste ore in vista della stesura della manovra di finanza pubblica per il 2017, che si pongono sul sostegno agli investimenti, al piano di politica di bilancio e alle riforme strutturali, trova la piena condivisione del nostro gruppo, Alleanza Liberalpopolare. Siamo infatti consapevoli che, nello scenario complessivo internazionale, ulteriormente peggiorato a causa delle tensioni geopolitiche che non si sono mitigate, per il nostro Paese (più esposto a rischi di turbolenze finanziarie anche a causa dell'elevato debito pubblico), siano necessarie misure espansive, tutte rivolte alla crescita della domanda interna e a favorire nuova occupazione, in particolare nelle aree del Mezzogiorno. Ed è proprio in questa direzione che, in linea con il mutato quadro macroeconomico per il 2017, il Governo è intervenuto aggiornando le stime presentate nella Nota di aggiornamento del DEF, che pongono l'indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche per il 2016 al 2,4 per cento del PIL, sostanzialmente in linea con la previsione del DEF e in riduzione rispetto al 2015, e l'indebitamento netto tendenziale all'1,6 per cento del PIL per il 2017, il cui processo di diminuzione è stato avviato nel 2014.
  E trovo sinceramente surreali le critiche rivolte in particolare al Ministro Padoan, da parte dell'Ufficio parlamentare per il bilancio e di alcuni colleghi, sugli scarti percentuali dello zero virgola, di meri decimali, riferite alle stime di crescita, contenute nella Nota di aggiornamento, Pag. 78che indica la crescita dell'1 per cento per il prossimo anno; cifre peraltro prudenziali.
  Pertanto, il gruppo Alleanza Liberalpopolare voterà a favore della risoluzione della maggioranza, convinti della necessità che le politiche espansive, il sostegno agli investimenti e alla crescita, in coerenza con le regole europee della ridefinizione del piano di rientro e della tenuta dei conti pubblici, siano indispensabili e fondamentali, per far sì che il nostro Paese, eviti di continuare ad avvitarsi su se stesso, su una spirale negativa, di una crescita modesta che rischia di deprimere fortemente la domanda e i consumi interni.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Palese. Ne ha facoltà.

  ROCCO PALESE. Grazie, signora Presidente. Nel 2011, in un momento di grande difficoltà, drammatico per il Paese, per l'avvio della procedura dei deficit eccessivo, c’è stata, concordata con l'Unione europea, la modifica dell'articolo 81 della Costituzione e, insieme a quel pacchetto, fu stabilito all'epoca che la Repubblica doveva dotarsi di una terza struttura che valutasse gli strumenti contabili della Repubblica, dello Stato. Fu allora che fu istituito, a seguito di quella trattativa, l'Ufficio parlamentare di bilancio che è l'interfaccia vera, di controllo, da parte dell'Unione europea. È fin troppo evidente che noi stiamo oggi decidendo di dare vita a una anomalia estrema: il Governo sta procedendo nonostante che l'Ufficio parlamentare di bilancio non abbia dato la validazione, la conformità, rispetto ai saldi proposti e soprattutto agli indici di crescita programmatica proposti dal DEF. È un pessimo precedente perché questo rischia di compromettere completamente la credibilità in Europa, la credibilità dei mercati. Il Governo è stato sordo rispetto anche ai giudizi della Banca d'Italia, della Corte dei conti. Io penso che in un contesto di trattativa ancora in corso con l'Unione europea sia un pessimo biglietto da visita. Ritengo che questo sia un fatto gravissimo.
  Nel frattempo, in tutto questo contesto, il Paese assiste all'aumento del debito pubblico, al carico fiscale completamente inalterato, a risultati pessimi rispetto anche ai risultati dell'evasione. Le entrate sono sovrastimate e da tutti è riconosciuta questa sovrastima. La crescita nel nostro Paese è un problema, perché noi abbiamo avuto negli ultimi anni meno 10 punti di PIL e meno 30 per cento degli investimenti. Il Mezzogiorno è completamente ignorato. Questi due motivi (ce ne sarebbero veramente tanti altri, ma i due minuti non consentono di entrare nel merito) inducono la componente Conservatori e Riformisti a votare contro i due provvedimenti (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Conservatori e Riformisti).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Rizzetto. Ne ha facoltà.

  WALTER RIZZETTO. Grazie Presidente. Il Documento di economia e finanza è un alveo tendenziale, prima della legge di stabilità, che ci dice di fatto quanto ci sarà scritto nella legge di stabilità. Bene fa il Ministro assente Padoan, ma degnamente sostituito, a dire che il Documento di economia e finanza non va in Europa, ma è la stessa legge di stabilità che va in Europa. Presidente, prima abbiamo salutato i rappresentanti del Myanmar, probabilmente se queste persone avessero ascoltato qualche discussione, qualche buon intento, soprattutto da parte della maggioranza e di coloro che appoggiano la maggioranza, e fosse stato loro tradotto, si sarebbero messi a ridere pure loro, innanzi a quanto stiamo drammaticamente vivendo rispetto al mitico, ormai, Documento di economia e finanza.
  Non è vero collega Fanucci che va tutto bene, perché Bankitalia, e vado a citare, parla di obiettivo ambizioso del Documento di economia e finanza. Non è vero quello che avete detto. L'Ufficio parlamentare di bilancio, in modo indipendente, ed è probabilmente questo che vi dà fastidio (che l'Ufficio parlamentare di bilancio sia un organo indipendente e non controllato dalla maggioranza), dice che per l'ennesima Pag. 79volta dal 2014 state sbagliando i conti. Dice che i conti non tornano. Dal 2014 in seno a quest'anno ci sarebbe dovuta essere una crescita quasi esponenziale rispetto alle stime viste e soprattutto riviste in questi mesi; riviste, chiaramente, sempre al ribasso. Quindi, Presidente, prendiamo atto che dal 2014 tutte le stime di coloro che dovrebbero farle, e bene, sulla pelle degli italiani, sono sbagliate; quindi, questa è una dichiarazione di manifesta incapacità rispetto a quanto state facendo, manifesta incapacità. Allora, mi sono letto sia il Documento di economia e finanza sia le Note del Documento di economia e finanza e non vedo un rilancio per quello che, di fatto, sono i punti nodali di questo bellissimo, ma disgraziato Paese entro il quale viviamo.
  Sottosegretario Baretta, vorrei capire dove sono finiti i pagamenti da parte dello Stato alle imprese che avanzano dei crediti dopo aver fatto lavori nella pubblica amministrazione. Non state pagando queste imprese. Addirittura, rischiamo, nei confronti di questa terribile Europa, che i fondi europei vengano, di fatto, chiusi, venga chiuso questo tipo di rubinetto per un difetto burocratico con Bruxelles. I fondi che l'Europa ci dà per lo sviluppo vanno a essere restituiti, senza essere utilizzati, all'Europa. Vedo poco per quanto riguarda le aziende, soprattutto la piccola e media impresa, quella fatta da 7, 8, 10, 15 dipendenti, che chiudono quotidianamente i battenti nel nostro Paese.
  Vedo poco per quanto riguarda un rilancio del lavoro. Presidente, ci stiamo attestando, per l'ennesimo atto, verso un numero strutturale di disoccupazione in Italia che supera il 10 per cento. Non riusciamo, neanche con tutte le manovre che sono state fatte, a diminuire quel dato del 10 per cento. La disoccupazione, probabilmente, non cresce moltissimo, ma non diminuisce; questo è evidentemente un problema. Non vedo un rilancio innovativo, importante, virtuoso, per quanto riguarda lo sviluppo del Mezzogiorno. Ora, Presidente, noi dobbiamo fare una cosa per quanto riguarda il Mezzogiorno, politicamente dobbiamo farla: noi dobbiamo staccare la questione del Mezzogiorno dalla questione del meridionalismo.
  È altrettanto chiaro che siamo una nazione per cui, se il Mezzogiorno d'Italia va bene, funziona bene, anche il Nord dell'Italia, di conseguenza, funzionerà evidentemente meglio. Allora, abbiamo invece bisogno di andare sempre sub iudice, soprattutto nella prossima legge di stabilità, nei confronti dell'Europa, cioè dobbiamo farci dire da parte dell'Europa se la prossima legge di stabilità va bene o non va bene. Non lo diciamo ai cittadini, non lo diciamo a coloro che frequentiamo, non ce lo diciamo tra di noi, opposizione e maggioranze. Prima deve andare in Europa, l'Europa ci dirà se questa è una cosa giusta o è una cosa sbagliata.
  E, allora, la risposta quale potrà essere da parte dell'Europa ? Probabilmente, un'altra lettera Draghi-Trichet, che chiaramente va a ricongiungersi, come in un cerchio, con quello che è rispetto al referendum del 4 dicembre il vero disegno criminale di questo Esecutivo, ovvero quello di donare, di dare una forte importanza al Governo e una poca rappresentanza e una poca importanza al Parlamento. Parlamenti deboli e Governi forti: questo diceva, di fatto, la lettera Draghi-Trichet di qualche anno fa, una lettera che entrava, di fatto, nella sovranità che stiamo perdendo completamente innanzi al nostro Paese.
  E, allora, ci sarà, sottosegretari, un indebitamento sicuro ed una crescita incerta, anzi, una non crescita. Parlate tanto e parliamo spesso di flessibilità; ebbene, questo non è più uno Stato civile, questo non è più uno Stato di diritti, se parliamo di flessibilità; addirittura, il Ministro Padoan, permettetemi, si è permesso di dire che potremo sforare il più o meno 3 per cento del rapporto deficit/PIL, per arrivare a qualche punto in più; lo ha detto il Ministro Padoan, in un virgolettato. Andiamo, per l'ennesima volta, in flessibilità in Europa, quindi a fare debito per quanto riguarda il tema dell'immigrazione. Attenzione, le persone che devono essere aiutate devono essere aiutate, ci mancherebbe Pag. 80altro, ma se i famosi 35 euro al giorno per queste persone sono per loro un diritto attraverso i fondi cofinanziati con l'Europa, ebbene, per me questi devono essere garantiti, i 35 euro, anche alle persone che hanno perso un lavoro, anche ai disoccupati, anche alle persone e agli italiani che dormono sotto un ponte, probabilmente in macchina.
  E, allora, state parlando del nulla, state parlando e state dicendo che non ci saranno nuove tasse. Grazie, non ci saranno nuove tasse, ma le tasse le avete già aumentate, perché, quando, sottosegretario Biondelli, andiamo a toccare la sanità, i ticket, probabilmente non aumentano altre tasse, ma il cittadino andrà a pagare di più di ticket. Probabilmente, quando un cittadino non riuscirà ad avere dei trasporti decenti in questo Paese, pagherà di più per essere trasportato o per andare da un posto all'altro. Probabilmente, quando è stato rivisitato il modello, il protocollo dell'ISEE in seno alla scorsa legge di stabilità, ebbene, il cittadino pagherà di più. Queste sono le nuove tasse che il Governo Renzi ha messo, però, dopo, alla fine, dite sempre che non aumentate le tasse.
  Allora, non vedo nulla in questo Documento di economia e finanza rispetto alla scuola. Attenzione, prima abbiamo parlato di scuola: due giorni fa, a Padova, se un insegnante non era così accorta e non sentiva degli scricchiolii, probabilmente qualche ferito tra gli studenti c'era. È venuto giù un controsoffitto di una scuola ! Questo è quello che volevate fare con la «buona scuola» ? Non sento nulla o sento ben poco: c’è un capitoletto, alla fine, che riguarda le misure in materia previdenziale. Allora, noi dovevamo categorizzare, dovevamo dire «mettiamo a posto i precoci con quota 41, mettiamo a posto opzione donna», che voi, lo sapete, è un sistema volontario per andare in pensione.
  Sottosegretari, non abbiamo i dati del contatore rispetto a «opzione donna» e rispetto alle pensioni di queste persone. Non abbiamo ancora i dati, siete in ritardo. Non sento nulla rispetto alla definitiva – io mi auguro – salvaguardia degli esodati e non sento nulla per le fasce deboli della popolazione. Vedo un documento che, lo rinnovo, deve essere completamente sub iudice rispetto ad un'Europa che in questo modo e così facendo non ci piace. Ad esempio, vorrei capire dai sottosegretari o dal Ministro Padoan, se si degnerà nel suo provvedimento, di fatto, di venire in Aula, se la Tobin Tax, ad esempio, verrà raddoppiata, verrà raddoppiata in termini di pesantezza.
  E, allora, parlate di una manovra al lordo di 24,5 miliardi, di cui il 90 per cento devono essere di crescita. Crescita non ci sarà: avete proposto e state proponendo il blocco delle clausole di salvaguardia, non aumentate l'IVA. Questa è crescita ? Non aumentate l'IVA, punto, e ci mancherebbe altro si aumentasse anche l'IVA in questo disgraziato Paese ! Parlate di misure sociali per le pensioni: l'anticipo pensionistico è una schifezza ! Un pensionato a 63, 64 o 65 anni, Presidente, per andare in pensione, deve fare un mutuo, un finanziamento dei prossimi quindici o vent'anni della sua vita, dopo aver finito di pagare tutto il resto dei finanziamenti. Dite: «andiamo a fare il rinnovo dei contratti stipendiali degli statali». E ci mancherebbe altro, altrimenti andreste incontro ad un'infrazione, probabilmente con delle multe. Quindi, chiudo, Presidente, dicendo che i dati di questo Documento di economia e finanza sono completamente gonfiati. Chiudo dicendo che la disoccupazione è sopra il 10 per cento. Chiudo dicendo che ci saranno delle nuove tasse implicite, non esplicite, nei confronti della cittadinanza.
  Chiudo dicendo che non fate sicuramente una buona figura a sbagliare costantemente i conti: ne fate semplicemente – e chiudo, Presidente, veramente – una questione di prodotto interno lordo, e non pensate, invece, che, oltre al prodotto interno lordo, ci deve essere una cosa che si chiama benessere per i cittadini. E i cittadini non sono in stato di benessere, quando non riescono a prendere l'autobus, Pag. 81quando non riescono a prendere una pensione, quando prendono una pensione da 380 euro al mese.

  PRESIDENTE. Concluda, deputato.

  WALTER RIZZETTO. Chiudo, Presidente. Non pensate mai al benessere dei cittadini. Io penso, Presidente, che questo Documento di economia e finanza sarà ricordato nella storia come uno dei più grandi falsi in bilancio (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Bruno Tabacci. Ne ha facoltà.

  BRUNO TABACCI. Signora Presidente, rappresentanti del Governo, un breve commento. Il relatore Fanucci ha parlato di un nesso tra speranza e perseveranza, una sorta di ottimismo della volontà. Non possiamo che convenire, e lo facciamo con il realismo della ragione. Abbiamo presentato, come gruppi di maggioranza, una risoluzione che impegna il Governo in maniera molto dettagliata a presentare, con il documento programmatico di bilancio, una manovra che utilizzi il massimo di indebitamento netto possibile per mettere in campo strumenti straordinari che siano in grado di dar sicurezza al territorio, e in particolare alle infrastrutture scolastiche, e inoltre affrontare il fenomeno migratorio. L'Europa non può non riconoscere la necessità di questo percorso e porsi il problema di affiancare alla politica monetaria espansiva della Banca centrale europea un coordinamento efficace ed espansivo delle politiche fiscali degli Stati dell'eurozona. Ne abbiamo parlato anche stamane, in preparazione del Consiglio europeo di Bruxelles, e senza uno slancio federale, ribadisco questo concetto, dei Paesi che hanno in tasca la stessa moneta noi corriamo dei grossi rischi. Finora le cose non sono andate come avremmo sperato, la ripresa si rivela molto complessa in Europa e, in particolare, nel nostro Paese, ma confidiamo che il Governo, nei prossimi giorni, con la presentazione del bilancio triennale, sappia dare quella scossa di cui il Paese ha bisogno. Sarà quella l'occasione concreta in cui si potrà recuperare lo strappo istituzionale con l'Ufficio parlamentare di bilancio; in altri termini, ed ho concluso, la fotografia scattata con l'aggiornamento del DEF dovrà essere vista nella implementazione dinamica del progetto di bilancio. Siamo certi che il Governo saprà essere all'altezza di un passaggio così delicato (Applausi dei deputati del gruppo Democrazia Solidale-Centro Democratico).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Gianfranco Librandi. Ne ha facoltà.

  GIANFRANCO LIBRANDI. Signora Presidente, signori del Governo, onorevoli colleghi, la nota di aggiornamento del DEF si inserisce in un quadro macroeconomico internazionale che mostra da qualche mese segni di rallentamento del processo di ripresa e di crescita. Molteplici sono gli indicatori che confermano questo andamento; il Fondo monetario internazionale, per esempio, ha recentemente rivisto al ribasso le previsioni di crescita del PIL mondiale per il 2016 e il 2017, stimate ora nel 3,1 per cento per l'anno in corso e nel 3,4 per cento per il successivo, con una diminuzione per entrambi gli anni dello 0,1 per cento rispetto alle previsioni della scorsa primavera. La stessa indicazione viene fornita dall'OCSE che stima un rallentamento ancora più marcato, prevedendo un più 2,9 per cento per il 2016 e un più 3,2 per cento per il 2017. Le prospettive rispetto ai vari Paesi sono evidentemente diversificate, prevedendosi per esempio una ripresa dei mercati emergenti, soprattutto Russia e Brasile, ma il dato confermato da entrambe le organizzazioni è il rallentamento delle economie avanzate europee che scontano, oltre al resto, anche le incertezze legate all'uscita della Gran Bretagna dall'Unione europea.
  Per quanto riguarda specificatamente lo scenario europeo, l'Eurostat ha registrato Pag. 82una crescita complessiva nel secondo trimestre del 2016 dello 0,3 per cento, rispetto allo 0,5 per cento del primo trimestre. L'eurozona, come indicato con chiarezza nella Nota di aggiornamento, appare esposta al rischio di prolungata bassa crescita più di altre regioni, anche a causa del più avanzato invecchiamento demografico, del ridotto tasso di innovazione e di bassi tassi di inflazione che ostacolano l'auspicata accelerazione della crescita in tempi brevi. Una nota di ottimismo proviene invece dalla Banca centrale europea che, pur rivedendo leggermente al ribasso le stime di crescita per il 2016 e il 2017 dell'area euro, conferma che la ripresa per quanto debole procederà negli anni a venire in modo costante.
  In questo quadro generale certamente problematico, nel nostro Paese, che pure è tornato a crescere già dal 2014, il processo di recupero dei livelli pre-crisi si sta rilevando più graduale di quanto previsto, scontando anche l'insufficiente azione di riforma del sistema economico messa in atto negli anni precedenti alla crisi, azione che se impostata con forza e concretezza avrebbe permesso di rimuovere o almeno attenuare gli effetti di tanti vincoli strutturali che oggi frenano la nostra economia. Considerato il quadro congiunturale dei primi sei mesi dell'anno, caratterizzato anche da nuove tensioni geopolitiche internazionali, la Nota di aggiornamento indica una riduzione delle previsioni di crescita per il 2016 dall'1,2 per cento stimato ad aprile allo 0,8 per cento ed anche il quadro tendenziale per il 2017 viene rimodulato dall'1,3 per cento allo 0,6 per cento.
  Nonostante la politica fortemente espansiva messa in pratica dalla Banca centrale, l'eccesso di risparmio e la scarsa propensione agli investimenti frenano la crescita del nostro Paese. Il panorama che oggi abbiamo dell'Italia è quello di un Paese che sta vivendo un momento di incertezza, soprattutto a causa della crisi che impoverisce milioni di italiani. La quotidianità dei cittadini è dominata dal timore di un futuro carico di dubbi e paure, come ci conferma la recente notizia che vede, a fronte di un aumento del reddito reale dei cittadini, un pari aumento dei risparmi ed una stabilità dei consumi. Sembrano mancare punti di riferimento, ci si chiude in se stessi, scivolando verso un egoismo che non è mai appartenuto al nostro Paese e certamente non fanno il bene degli italiani i populisti e i disfattisti capaci solo di urlare che tutto va male, che il Paese è a pezzi, senza però indicare soluzioni percorribili per cambiare la situazione. Mi appello ai giovani perché si rendano conto che il populismo gli sta rubando il futuro, non diano retta e non subiscano le decisioni di improvvisati e distruttivi pseudo economisti.
  In questo panorama è compito della politica dare delle risposte, adottare provvedimenti che permettano al Paese di crescere, sostenere i più deboli, i disoccupati, gli ammalati, i pensionati al minimo, gli esodati, agire per riportare serenità e fiducia nel futuro. Serve creare lavoro, innanzitutto, e, a mio parere, per farlo dobbiamo fra le altre cose iniziare a sglobalizzare; abbiamo trasferito lavoro per miliardi in Cina ed ora i cinesi comprano le nostre aziende o le squadre di calcio senza trasferire una briciola di ricchezza ai loro cittadini più poveri. Riprendiamoci parte di questo lavoro, riportiamolo in Italia, ricollocandolo nelle periferie degradate delle nostre città e contribuendo, così, alla risoluzione non solo del problema della riqualificazione delle periferie, ma anche della sicurezza.
  Il nostro Governo, sin dal suo insediamento ha lavorato per rilanciare la crescita e l'occupazione, per far sì che l'Italia potesse tornare ad essere un Paese prospero e pieno di opportunità. Lo ha fatto attraverso un programma pluriennale di riforme strutturali, volte a migliorare la competitività del sistema produttivo, il sostegno degli investimenti privati e il rilancio di quelli pubblici, l'aumento del reddito disponibile delle famiglie e, quindi, dei consumi, la riduzione delle tasse per famiglie e imprese, la vicinanza e l'aiuto alle fasce più deboli della popolazione; lo ha fatto in un contesto internazionale Pag. 83economico e geopolitico difficile, dovendo anche scontare il verificarsi di fenomeni tragici, come il recente terremoto, e problematici, come il continuo flusso di migranti, a fronte del quale scarso è stato l'interesse e il sostegno di chi solidalmente avrebbe dovuto condividere con noi la gestione e la soluzione del problema.
  È quasi superfluo ricordare i tanti provvedimenti che sono stati adottati in questi anni, dal reddito di inclusione al taglio del cuneo fiscale, dall'abolizione della TASI sulla prima casa al Jobs Act, dall'istituzione del Fondo nazionale contro la povertà ai super ammortamenti, provvedimenti che hanno dato la possibilità al Paese di tornare a crescere, di ridurre ulteriormente il rapporto deficit-PIL, in costante diminuzione dal 2014, di diminuire la pressione fiscale di quasi due punti dal 2013, di migliorare il saldo primario. Certo, tutto questo non basta, c’è ancora molto da fare e tanto sarà fatto con la legge di bilancio per il 2017, una legge che si muoverà lungo due direttrici principali: la disattivazione delle clausole di salvaguardia che bloccando l'aumento di imposte andrà a favorire i consumi e la domanda e una serie di provvedimenti che sosterranno e favoriranno la crescita e lo sviluppo sociale. Gli incentivi agli investimenti e all'innovazione, il sostegno alle piccole e medie imprese, la crescita degli investimenti pubblici, il supporto alle famiglie ed alle pensioni basse, la riduzione di 3,5 punti dell'IRES a carico delle imprese e la maggiore flessibilità del sistema previdenziale daranno una forte scossa alla nostra economia. L'effetto netto della manovra è, infatti, quantificato in maggiori 7 miliardi di ricchezza prodotta, riflessa nella previsione di una crescita programmatica del nostro PIL dell'1 per cento rispetto ad un tendenziale dello 0,6, dato sicuramente ambizioso, ma che possiamo e dobbiamo raggiungere. La Nota di aggiornamento del DEF prevede un rapporto deficit-PIL per il 2016 pari al 2,4 per cento, in calo rispetto al 2,6 per cento del 2015, arrivando addirittura ad un tendenziale dell'1,6 per cento e ad un programmatico 2 per cento per il 2017. Questi dati fanno dell'Italia uno dei Paesi maggiormente virtuosi dell'intera Europa.
  Per concludere, la Nota di aggiornamento del DEF mostra l'immagine di un Paese che, seppure fra mille difficoltà internazionali, sta combattendo per riprendere slancio e ritornare ai livelli pre-crisi, grazie all'azione di un Governo che sta mettendo in campo tutti gli strumenti e le risorse possibile per spingere ulteriormente la crescita e la ripresa. Il nostro gruppo voterà a favore della Nota di aggiornamento del DEF 2016 (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Guidesi. Ne ha facoltà.

  GUIDO GUIDESI. Presidente, ci sono delle amministrazioni comunali che preparano, in base al programma elettorale con il quale hanno vinto al comune e sono andate ad amministrare, dei piani di investimento strategici – parlo per esempio del piano rispetto alle opere pubbliche, il Piano triennale delle opere pubbliche, o negli altri settori strategici che riguardano tutta la gestione comunale – con una programmazione che viene calendarizzata e controllata tutti gli anni sulla base del bilancio comunale. Questo è il caso opposto, il caso di questo Governo: il caso di una mancata strategia rispetto agli obiettivi, o il caso dei mancati obiettivi.
  Ho sentito far riecheggiare in Aula ancora una volta la parola «populismo»: ma chi è più populista di un Governo che sostanzialmente si basa su dei sondaggi quotidiani, dove un giorno sì scrive che la gente vuol sentirsi dire «bianco», e il Presidente del Consiglio dice «bianco», e il giorno dopo, quando qualcuno vuol sentirsi dire «nero», il Presidente del consiglio dice «nero» ? Non c’è nessuna strategia in questo DEF, e non c’è nessuna strategia di politica economica da parte di questo Governo.
  L'economia globale oggi diventa un limite, mentre fino a ieri era un potenziale valore aggiunto: si era detto che il prezzo Pag. 84del petrolio era ai minimi storici, che i tassi di interesse erano ai minimi storici, che l'immissione di liquidità da parte della BCE avrebbe prodotto nuovi investimenti. Allora la domanda che ci poniamo oggi è: se questa condizione globale è cambiata, per quale motivo quando la condizione dell'economia globale era favorevole alcuni Paesi hanno sfruttato quella situazione, tanto che oggi crescono tre volte tanto rispetto all'Italia ? E questa è una domanda sulla quale dovremmo dibattere, se non fosse che ci troviamo di fronte ad una Nota di aggiornamento e ad un DEF completamente utopici rispetto alle previsioni ed agli obiettivi.
  Siamo al terzo anno consecutivo dove posticipate il pareggio di bilancio, nonostante le continue dichiarazioni del Ministro dell'economia e delle finanze. Il debito pubblico continua ad aumentare in maniera forte e sostanziale, e siamo all'ennesimo anno in cui l'Italia chiede flessibilità; o se non è la parola giusta, chiamiamola in un altro modo. Di sicuro, questa flessibilità, o qualsiasi cosa essa sia, produrrà nuovo debito pubblico, che qualcuno probabilmente dovrà pagare.
  Ma perché l'Italia chiede flessibilità all'Unione europea ? L'Italia la chiede per investimenti strategici, che produrranno obiettivi concretizzati in tabelle o in numeri ? No. L'Italia chiede flessibilità per fare una riforma fiscale, che produrrà semplificazione e nuovi investimenti da parte delle aziende e delle piccole e medie imprese ? No. L'Italia chiede flessibilità su due emergenze, tra cui una ha prodotto un business che si aggira intorno a 127 miliardi di euro: esattamente tanto quanto la FIAT, ha notato qualche quotidiano ultimamente.
  E questa è l'etica di un Governo nel quale un po’ ci si campa, su questa situazione !
  E passiamo allo status dell'economia reale. I vostri conclamati progetti «salva economia» e «nuova occupazione», che risultati hanno prodotto ? Il Jobs Act non ha creato evidentemente nuova occupazione: l'unico risultato che abbiamo oggi è un allarmante dato in aumento degli inattivi. Gli 80 euro hanno aumentato i consumi ? A quanto pare sembra proprio di no, e ce lo dicono i numeri. I voucher hanno creato nuova occupazione ? No, i voucher hanno creato uno sfruttamento dell'occupazione, e anche questo ce l'hanno detto i numeri. E poi arriviamo ad oggi, dove qualcuno ha il coraggio in quest'Aula di dire che la cancellazione delle clausole di salvaguardia, ed il non aumento dell'IVA, provocheranno nuovi consumi: ma se non cambia niente rispetto ad oggi, che tipo di potenzialità mettiamo nelle tasche dei cittadini italiani per creare nuova economia ? Anche su questo ci sarebbe da fare una sana discussione !
  C’è la situazione delle banche; e poi c’è la situazione di previsioni alquanto utopiche, possiamo chiamarle così. Ma c’è un dato incredibile che viene fuori dalla situazione dell'economia reale oggi: il dato della diseguaglianza, una diseguaglianza che continua ad aumentare, e che purtroppo continua a produrre povertà su povertà, tanto che i nostri giovani scappano.
  Passiamo alla credibilità. Qual è la credibilità di un Governo che non riesce nemmeno a farsi certificare dall'Ufficio parlamentare di bilancio gli obiettivi che ha nella Nota di aggiornamento ? Ed una delle domande, forse la principale, che oggi poniamo a questo Governo, è quella di una campagna elettorale, forte e sostanziale, in cui già ci troviamo in questi giorni per il referendum costituzionale, dove qualcuno, qualche membro del Governo, qualche membro importante del Governo, addirittura anche il Presidente del Consiglio, ci dice che l'approvazione delle riforme costituzionali darà una mano all'economia: sarebbe interessantissimo che ci confrontassimo sulle tabelle che avete in mano, per dire le cose che andate a dire in giro per il Paese ! La verità è che questo DEF e questa Nota di aggiornamento, ed il mancato avallo dell'Ufficio, parlamentare di bilancio, provocheranno probabilmente uno scossone sì sui mercati finanziari, ma per la mancata credibilità e la mancata strategia da parte di questo Governo.Pag. 85
  Un ultimo dato è quello del Presidente del Consiglio, che questa mattina ha fatto un po’ del solito cinema; ed è quello sul differenziale tra gli obiettivi e le previsioni del Governo italiano con il Fondo monetario internazionale. È sì vero che si discostano dello 0,1 per cento rispetto alle previsioni del prodotto interno lordo, ma è altresì vero che quelle previsioni sono determinate su un deficit molto, molto maggiore rispetto a quello che andate a chiedere voi. Noi non sappiamo se le vostre previsioni saranno confermate o meno, ma conosciamo perfettamente la situazione reale del Paese: una situazione che ci preoccupa, e ci preoccupa notevolmente; come ci preoccupa la mancata risposta da parte di questo Governo a quella situazione reale del Paese. In un parlamento normale – lo dico al Presidente del Consiglio che non c’è – ci si confronta anche sulle strategie e sugli obiettivi che hanno le diverse forze politiche; e sarebbe utile se noi ci confrontassimo su dei provvedimenti in cui il Governo ci dice, tra una decina d'anni, che Paese vorrebbe vedere (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie-Lega dei Popoli-Noi con Salvini).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Tancredi. Ne ha facoltà.

  PAOLO TANCREDI. Presidente, il confronto che il collega Guidesi chiede sugli obiettivi e le strategie è un confronto – è vero quello che dice – che sarebbe l'oggetto della discussione parlamentare, che dovrebbe essere l'oggetto della discussione parlamentare, su un documento di programmazione che è cornice della politica economica come il DEF o la Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza. Quest'occasione, in questa circostanza, il Parlamento italiano l'ha persa, l'hanno persa la maggioranza, le opposizioni ed il Governo; la penso anch'io come alcuni colleghi che hanno stigmatizzato questa circostanza, nel senso che forse lo spazio della discussione andava più dedicato ai veri temi, agli obiettivi, alle strategie, al confronto sulle diverse scelte di politica economica che ci sono davanti.
  Detto questo, però, un passaggio anche sulla forma e sull'Ufficio parlamentare di bilancio desidero farlo in questa sede formale, perché per me deve darsi il maggior rispetto possibile all'Ufficio parlamentare di bilancio e anche, Presidente, alle regole che ci siamo dati in questi anni; regole molto forti, sulle procedure di bilancio, sempre più affidate al controllo di terzi e di autorità indipendenti, perché poi il confronto che dobbiamo subire è anche con i partner europei. Ebbene, alla luce di questo, voglio dire quella che non è una mia opinione, ma è la realtà dei fatti: secondo me, il Governo e il Ministro Padoan hanno fatto bene come hanno fatto, nel senso che si avevano, secondo la legge, la n. 243 del 2012, appunto, due possibilità: la possibilità di variare il quadro programmatico a seconda delle indicazioni dell'Ufficio parlamentare di bilancio oppure – e questa era una facoltà della legge – tornare in Parlamento, come ha fatto ieri sera, e dare ulteriori elementi di spiegazione sui modelli e sul ragionamento utilizzato per arrivare a quella previsione di Prodotto interno lordo per il 2017, ferma restando la volontà di mantenere nel percorso quei dati sul quadro programmatico. Questo ha fatto il Ministro Padoan e lo ha fatto con molto garbo; lo ha fatto, tra l'altro, premettendo che, nel rispetto comunque dei pronunciamenti dell'Ufficio parlamentare di bilancio, si doveva tener conto pure – come si deve tener conto soprattutto da parte nostra, che facciamo politica e stiamo in Parlamento – dell'entità delle grandezze in gioco. Questo non per sminuire il lavoro di chi ha fatto analisi serie sui dati econometrici, ma perché in uno strumento di programmazione è chiaro che grandezze come lo 0,1 e lo 0,2 sul PIL sono grandezze abbastanza marginali.
  Questo ragionamento è alla base della scelta del Governo di andare avanti, pur sostanziando meglio i calcoli fatti sull'incidenza delle misure che si intendono porre in atto rispetto all'aumento di PIL. Pag. 86Su questo, Presidente, non mi soffermo, perché il Ministro Padoan ci ha fornito documentazione e ha svolto un'audizione molto dettagliata. Voglio solo tenere conto di un punto, che poco fa stigmatizzava il collega Guidesi: la neutralizzazione delle clausole di salvaguardia, che sono invece normativa vigente nel conto di chi stima un prodotto tendenziale allo 0,6-0,7 (abbiamo visto che la stima del Fondo monetario internazionale è allo 0,9), varrà pure qualcosa rispetto alla previsione di PIL che andiamo a fare sul 2017 ? Il Governo lo stima allo 0,3: io credo che sia una stima prudenziale, che ci porti poi vicino a quell'obiettivo di PIL che è indicato sul Documento di economia e finanza.
  Sento colleghi che, da una parte, dicono che questo è un ragionamento truffaldino e, da un'altra parte, invece, demonizzano e si fasciano la testa già per l'aumento delle clausole di salvaguardia del 2018, che sono clausole lievemente superiori a quelle che stiamo neutralizzando nel 2017, ma certo paragonabili. Quindi, se quelle sono una disgrazia che ci aspetta, non possiamo pensare che la neutralizzazione di queste non porti nessun risultato rispetto a un calcolo di un PIL tendenziale che veniva calcolato con quegli aumenti fiscali e con quegli aumenti di IVA.
  Ma il Ministro Padoan ha fatto anche qualcosa di più, credo che bisogni apprezzarlo. Qui non è stato apprezzato da molti, anche se molti poi hanno attinto alle notizie che lui ci ha dato: ci ha dato un quadro molto più dettagliato – naturalmente sempre rimanendo per le linee generali, perché questa è la cifra nell'ambito della discussione di un Documento di economia e finanza – di quella che sarà la manovra. Addirittura, da queste informazioni alcuni dell'opposizione hanno sollevato domande, come che cosa significhi, per esempio, «ulteriori coperture per 7,2 miliardi» oppure che cosa vuol dire «entrate aggiuntive». Ormai siamo alla vigilia – fra quattro giorni – dell'approvazione, da parte del Consiglio dei ministri, del documento di bilancio, che poi è quello vero, che formalmente viene sottoposto al controllo della Commissione e alla validazione dell'Ufficio parlamentare di bilancio, che forse troverà in quei numeri delle novità che consentiranno di dare la validazione, quindi è lì che vedremo come le poste di bilancio verranno dettagliate ed esposte nei capitoli del bilancio 2017.
  Detto questo, Presidente, prendo ancora un po’ di tempo per parlare del merito, e nel merito credo che il Governo, al di là di questa contingenza e di questa circostanza del dibattito con l'Ufficio parlamentare di bilancio, sta facendo l'unica politica possibile che è consentita in una strada stretta, in cui la congiuntura internazionale, purtroppo, a discapito delle previsioni che anche gli organismi più autorevoli facevano fino a un anno e mezzo, due anni fa, vede uno un rallentamento del ritmo di crescita e vede l'Italia subire questo rallentamento con i suoi difetti storici ed atavici, che fanno sì che quando il resto dei Paesi forti dell'Occidente e dell'area euro crescono, l'Italia cresca un po’ di meno, e, quando questi scendono di PIL, l'Italia scenda un po’ di più. Abbiamo dei problemi di rigidità del nostro sistema economico, di pesantezza della nostra macchina pubblica, della pubblica amministrazione. Abbiamo dei problemi atavici per le impresse sull'approvvigionamento dell'energia, sulla rigidità del mercato del lavoro, sulla capacità di avere un mercato aperto, sulla difficoltà sul territorio italiano di fare investimenti.
  Quindi, a me sorprende più di tutti chi critica il Governo in questa linea d'interlocuzione che ha avviato con la Commissione e con l'Unione europea, che deve essere giustamente un'interlocuzione dinamica e dialettica anche forte, alla luce del fatto che, grazie a risultati anche di precedenti Governi, abbiamo abbassato il valore del nostro indebitamento netto (il deficit, per così dire) ben al di sotto del 3 per cento negli anni passati. Lo abbiamo fatto con tagli molto forti, che hanno penalizzato tutti i vari fronti di spesa (forse l'unico che rimane con una Pag. 87dinamica di grande crescita è quello delle pensioni, ma sappiamo perché), e il Governo ha utilizzato questo margine per contrattare una flessibilità. Qualcuno dice: qualche miliardo. Beh, insomma, in questi anni noi abbiamo potuto spendere 20 miliardi in più grazie alla dialettica messa in campo dal Governo con la Commissione e con l'Unione europea. Io non credo che siano briciole o spiccioli.
  Oggi, nostro malgrado, perché non siamo d'accordo, quella flessibilità non può più essere usata. Ma abbiamo dei fattori eccezionali, come l'immigrazione, che è una questione che dovrebbe essere totalmente caricata all'Europa (questo lo dicono anche quelli che sono all'opposizione più forte) e che noi chiediamo venga tolta dal calcolo dei limiti sul deficit. Da questo punto di vista ritengo che questo lavoro del Governo vada rivendicato con forza.
  E va rivendicata con forza – e concludo Presidente – anche l'impostazione che il Governo sta dando alla prossima manovra, che è un'impostazione che va ancora verso la riduzione del carico fiscale sulle imprese e sulle famiglie, che va molto più forte in direzione dell'aumento della produttività e degli investimenti, che sono il vero problema dello sviluppo e della crescita in questo Paese. Crescita, Presidente – e chiudo – che è il fattore fondamentale: a questi livelli di deficit, se avessimo una crescita appena dell'1,8 per cento o del 2 per cento, noi potremmo stare in una dinamica di riduzione del debito virtuosa, pari a quella per cui ci siamo impegnati nei famigerati trattati. Quindi, al di là del dibattito formale con l'ufficio parlamentare di bilancio, in pura teoria, se io mi fossi trovato ad affrontare una situazione del genere, oggi avrei scommesso molto di più sulla crescita che non sul deficit. Infatti è una scommessa molto più produttiva e ottimistica e un Governo deve dare ottimismo ai cittadini e alle imprese. Quindi, da questo punto di vista, il nostro gruppo voterà a favore della risoluzione di maggioranza e anche a sostegno della politica che il Governo con fatica sta portando avanti (Applausi dei deputati del gruppo Area Popolare (NCD-UDC)).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Fassina. Ne ha facoltà.

  STEFANO FASSINA. Grazie, Presidente. Innanzitutto – e lo dico con grande rispetto e stima del sottosegretario Baretta – credo che sarebbe stato un segno di attenzione a quest'Aula la presenza del Ministro Padoan, soprattutto perché, come è stato ricordato, discutiamo la Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza in una situazione politicamente ed istituzionalmente molto delicata, che non andrebbe sottovalutata. Infatti, l'assenza della validazione da parte dell'Ufficio parlamentare di bilancio non è un dato da trascurare, non è per così dire, una fonte anti-renziana, che vuole fare lo sgambetto al Governo, è un'istituzione autorevole che andrebbe presa seriamente in considerazione. Sarebbe stato utile che il Ministro Padoan avesse spiegato a tutta l'Aula, e non solo alla Commissione bilancio ieri sera, le ragioni per cui il Governo non intende conformarsi.
  Sinistra Italiana ha cercato di mettere a fuoco, nella discussione sulla Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza, l'impianto di politica economica del Governo e l'impianto di politica economica dell'eurozona. I decimali non ci appassionano, però non possiamo neanche accettare il tentativo di continuare a dare legittimità teorica e politica a un'impalcatura che è evidente che non funziona. Credo che non possiamo neanche accettare che il Parlamento venga, per così dire, poco considerato, nel momento in cui si propongono dei documenti, che è evidente che sono irrealistici. Sono irrealistici: la Banca d'Italia, nel linguaggio che poteva usare l'ha detto e l'Ufficio di parlamentare di bilancio non ha validato. Non è che il problema deriva dal fatto che ci discostiamo dello 0,2 dalle previsioni di consenso. Il problema deriva dal fatto che le previsioni di consenso nell'ultimo decennio hanno sistematicamente fallito.Pag. 88
  Nella Nota di aggiornamento del 2014 c’è una tabella, fatta dal Ministero dell'economia e delle finanze, dove si indica che l'errore medio dal 2006 ad oggi, nelle previsioni fatte ad aprile dell'anno in corso, è stato di 0,5 per cento, cioè oltre la metà della previsione proposta.
  A ottobre l'errore sistematico, in un decennio, è stato di 0,2 per cento. A ottobre per l'anno in cui si faceva riferimento ! Lasciamo stare le previsioni di ottobre dell'anno T per l'anno T+1. Sono errori clamorosi, stiamo parlando delle previsioni di consenso e il Governo si discosta per ottimismo dalle previsioni di consenso. Allora il punto è che bisogna fare attenzione. Bisogna fare attenzione non soltanto alle previsioni, ma anche ai dati storici. Si continua a raccontare una storia che non sussiste. Quando il Governo, come ha fatto anche stamattina il Presidente del Consiglio, ci ricorda i risultati raggiunti, li dovrebbe parametrare a quello che avviene nell'eurozona. Qualche settimana fa, a proposito di «zero virgola», il Governo, attivando tutte le batterie mediatiche di cui è capace da Palazzo Chigi, ha celebrato lo 0,1 di crescita nel 2014. In quell'anno nell'eurozona la crescita è stata dell'1,1 per cento. L'anno successivo, quando noi abbiamo raggiunto lo 0,7, nell'eurozona hanno raggiunto il 2 per cento in media. Quest'anno, noi raggiungiamo forse 0,8 e nell'eurozona in media raggiungono l'1,5 per cento.
  Allora, signori, continuiamo ad avere performance economiche che con 0,8 stanno un punto al di sotto della media dell'eurozona. Abbiamo ripreso a crescere nel 2014, non perché abbiamo fatto il Jobs Act o perché abbiamo dato gli 80 euro, ma perché c’è stata la svalutazione dell'euro. Grazie al quantitative easing della Banca centrale europea, c’è stata la riduzione dei tassi di interesse, c’è stata la riduzione del prezzo del petrolio, che hanno avuto un effetto diffuso su tutta l'eurozona e noi, come è dagli ultimi vent'anni, abbiamo performance che sono la metà dell'eurozona. Quindi basta con la propaganda !
  Sul mercato del lavoro anche stamattina il Presidente del Consiglio l'ha ricordato: 428 mila occupati in più dal 1o gennaio 2015 al 30 giugno 2015. Bene, ma che c'entra il Jobs Act e la stabilizzazione ? 330 mila di questi 428 mila sono a tempo indeterminato. Ma lo sapete dove si concentra l'aumento dei contratti a tempo indeterminato ? Si concentra nella fascia d'età superiore a cinquant'anni. I contratti a tempo indeterminato sono aumentati di 480 mila unità nella fascia superiore a cinquant'anni e il merito non è del Jobs Act: il «merito» – tra molte virgolette – è della legge Fornero, che ha posticipato il pensionamento. Quindi, tutto l'aumento dell'occupazione a tempo indeterminato è stato nella fascia di età superiore a cinquant'anni. Il Jobs Act, inteso come decontribuzione previdenziale, è il più costoso spot elettorale della storia (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà), con esso abbiamo pagato 200 mila euro ogni posto di lavoro aggiuntivo.
  Ma veniamo alle cose da fare e devo dire che ho trovato la discussione in quest'Aula poco comprensibile, non solo per gli interventi di alcuni colleghi della maggioranza, ma anche dell'opposizione. Si continua a discutere della politica economica, come se fosse nella disponibilità del Governo nazionale. Oggi, se volessimo fare una discussione un minimo seria, dovremmo mettere al centro della nostra riflessione la politica economica dell'eurozona. È su questo che andrebbe fatta un'operazione di realtà. Purtroppo, anche in questo Documento di economia e finanza e in questa Nota di aggiornamento, ritorna la retorica neoliberista degli ultimi venticinque anni. Ancora oggi, dopo i fallimenti clamorosi che abbiamo, non solo in Italia ma in tutta l'eurozona, il Ministro Padoan, nell'introduzione, ripropone le riforme strutturali come via alla crescita; ripropone gli investimenti privati, quando il problema fondamentale – ormai lo riconoscono anche gli economisti mainstream – è quello della domanda pubblica, degli investimenti Pag. 89pubblici. Se non ripartiamo da qua, la ripresa non ci sarà e Draghi potrà continuare a immettere 80 miliardi al mese di euro e farà galleggiare questo continente. Il problema è che su questo bisognerebbe fare un'operazione di verità.
  Questa mattina il Presidente del Consiglio, in un intervento che in media sarebbe stato meglio sul palcoscenico del Bagaglino (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà) piuttosto che sui banchi del Governo, ha fatto un'affermazione assolutamente condivisibile: quando le cose non vanno nell'Unione europea bisogna dirlo e lo dobbiamo dire. L'ordine economico e istituzionale dell'Eurozona è insostenibile; noi questo dovremmo cominciare a dire. Non può essere che un'area come l'Eurozona cresca tutta attraverso le esportazioni imitando il modello tedesco. Se tutti vogliamo conquistare un pezzo di domanda interna di qualcun altro, il risultato è la stagnazione. Ma non è la stagnazione secolare questa categoria che sembra appartenere ai fenomeni naturali imponderabili. No è una stagnazione che deriva dalla scelta di una politica economica sbagliata. Il Governo questo dovrebbe dire in un documento che vuole affrontare i problemi. Poi è difficile fare questo discorso, non facciamo i Pierini che andiamo là e battiamo i pugni, ma facciamo un'operazione di realtà innanzitutto, diciamo al Governo tedesco che quello che deve fare per salvare l'Eurozona dal fallimento, al quale è avviata a velocità crescente, è aumentare il salario dei suoi lavoratori, perché se la Germania, il Paese leader, continua a svalutare il lavoro, tutti avendo la moneta legata, dovranno svalutare il lavoro, come abbiamo fatto noi con il Jobs Act, come fa Hollande in Francia, come lo fa Tsipras. E poi una volta che riusciamo a dire alla Germania di pagare meglio i suoi lavoratori facciamo in modo di dare fiato agli investimenti; e qua viene il social-compact che ha illustrato l'onorevole Melilla. Puntiamo a investimenti in deficit per tre anni per fare cose serie, non le buche sulla sabbia, investimenti in deficit che ci consentono di mettere in sicurezza il nostro territorio, interventi antisismici, mobilità sostenibile e lavoro di qualità. Se noi non facciamo questo, il debito pubblico continuerà ad aumentare, ma non perché facciamo tanta spesa, perché il PIL continua a essere anemico. Sarebbe necessaria una svolta, se ci fosse questa svolta Sinistra Italiana sarebbe a sostegno di un Governo che va a Bruxelles, a Berlino, e fa un'operazione di verità al servizio dell'Unione europea, per salvare l'Unione europea dal naufragio sempre più vicino dell'euro. Per queste ragioni, siccome la svolta non c’è, Sinistra Italiana voterà contro la risoluzione per il Documento di economia e finanza (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare la deputata Prestigiacomo. Ne ha facoltà.

  STEFANIA PRESTIGIACOMO. Grazie Presidente. Già ieri sera, in Commissione bilancio, il gruppo di Forza Italia, attraverso il presidente Brunetta, è intervenuto a margine dell'ulteriore audizione del Ministro Padoan, esprimendo nei confronti della manovra di prossima presentazione forte preoccupazione. Preoccupazione è infatti la parola più corretta perché l'amarezza è davvero tanta nei confronti di un Governo che è sempre più sordo dinanzi al grido di un Paese che è al palo, un Esecutivo che è persino cieco di fronte ai numeri, incurante dei richiami dell'Ufficio parlamentare di bilancio.
  La nota di aggiornamento al DEF quest'anno arriva in ritardo in Aula rispetto al tempo previsto e questo non è un caso, un semplice disguido, ma lo specchio di un Governo pasticciato nei numeri e nelle intenzioni, che è dovuto tornare in Commissione bilancio a seguito appunto dei rilievi dell'Ufficio parlamentare di bilancio. Nel corso dell'audizione di ieri, il Ministro Padoan ha confermato le valutazioni del Governo rispetto all'impatto delle misure sul PIL, non conformandole a quelle dell'Ufficio Pag. 90parlamentare di bilancio. Il presidente Pisauro la scorsa settimana ci aveva, infatti, illustrato le valutazioni sulla nota di aggiornamento e le ragioni che alla luce delle informazioni disponibili condurrebbero a un esito non positivo del processo di validazione del quadro programmatico 2017, ed in particolare delle stime di crescita del PIL per il 2017, sia in termini reali, che in termini nominali.
  Stime che appaiono contrassegnate, come abbiamo sempre denunciato, da un eccessivo ottimismo, in quanto significativamente fuori linea rispetto ai parametri dell'Ufficio parlamentare di bilancio. Le valutazioni effettuate portano a ipotizzare rilevanti scostamenti in eccesso della crescita reale e nominale anche per il 2018. Quindi la nostra preoccupazione è seria, è fondata. Una preoccupazione per una nota di aggiornamento che andrà in Europa senza la necessaria bollinatura dell'Ufficio parlamentare di bilancio. Una preoccupazione per un Governo che continua a impostare la propria politica economica e la manovra di bilancio con una logica di pura propaganda. Quello guidato da Renzi è infatti un Esecutivo in perenne campagna elettorale che cerca di racimolare consenso fuori dal palazzo e voti dentro il Parlamento, senza preoccuparsi minimamente di offrire a questo Paese delle basi solide per avviarsi effettivamente verso la via della crescita. Lo abbiamo scritto anche nella nostra risoluzione depositata a firma di tutto il centrodestra: chiediamo al Governo di dire basta alla distribuzione a pioggia di risorse che non siano contabilmente certificate, basta al continuo rinviare di decisioni che non fanno altro che accrescere l'instabilità del Paese e l'incertezza di cittadini e investitori; mi riferisco in particolare alle clausole di salvaguardia che anche con questa manovra non saranno completamente disinnescate. L'obiettivo prioritario deve essere quello della crescita, pertanto sarebbero necessarie misure per stimolare i consumi, la domanda interna e la produttività, in particolare incentivando gli investimenti privati e l'accesso al credito, a sostegno dello sviluppo dell'economia locale e del rilancio del sistema industriale e turistico. Alla fine del 2015, gli investimenti totali sono crollati del 15,21 per cento rispetto al 2011, un dato allarmante di cui il Governo deve farsi carico e le premesse alla vigilia della presentazione della legge di bilancio sono tutt'altro che confortanti. Sostenere crescita e sviluppo significa anche stimolare gli enti locali e quindi iniziare non solo a rivedere i parametri del Patto di stabilità, ma anche definire – questa è stata una nostra battaglia – la rinegoziazione dei mutui contratti dagli enti locali che hanno come controparte o il Ministero stesso o la Cassa depositi e prestiti, consentendo così di liberare risorse che potrebbero essere destinate agli investimenti e ai servizi essenziali. E soprattutto, sostenere crescita e sviluppo significa ripartire dal Mezzogiorno e porre fine a questo divario nord-sud del Paese che purtroppo continua ad aumentare. Il divario aumenta non solo perché rimane da parte delle regioni una difficoltà, sembra insormontabile, ad utilizzare le risorse strutturali messe in campo dall'Unione europea, ma perché sono le politiche di questo Governo in particolare a non essersi dimostrate per nulla attente, né tanto meno efficaci, nel raggiungere obiettivi positivi per la crescita del Mezzogiorno. Nel corso della discussione della legge di stabilità 2016 avevamo denunciato la presa in giro perpetrata a danno del sud: la decontribuzione sulle nuove assunzioni era stata ridotta e il credito d'imposta per i beni strumentali, finanziato tra l'altro con risorse già assegnate al Mezzogiorno, è stato solo un palliativo inutile, incapace di innescare un processo virtuoso di ripresa, totalmente inadeguato a sostenere, il quanto mai necessario rilancio degli investimenti, e quindi la crescita di reddito capace di generare gettito. Sul Mezzogiorno questo Governo si è solo riempito la bocca di annunci clamorosi, dagli hashtag «zero chiacchiere» alla promessa del ponte sullo Stretto, senza mai pensare in maniera strutturata un vero e proprio piano Pag. 91di rilancio per il Sud, a partire proprio dal tema delle infrastrutture. Ebbene, aspetteremo al varco il disegno di legge di bilancio, con la speranza che il Governo vada oltre quanto dimostrato sino ad ora e guardi finalmente al futuro con meno egoismo e meno incoscienza.
  Di certo non ci tireremo indietro di fronte alla discussione di misure di merito e con altrettanta decisione ci opporremo ad ogni atteggiamento che sarà legato esclusivamente agli interessi connessi alla consultazione referendaria del prossimo 4 dicembre. Ad ogni modo, siamo certi che i cittadini italiani sapranno senz'altro smascherare il vero volto dell'Esecutivo con un «no» sulla scheda elettorale, un «no» forte e chiaro in grado di mandare a casa il Presidente del Consiglio (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Cariello. Ne ha facoltà.

  FRANCESCO CARIELLO. Grazie, Presidente. Oggi il Parlamento è chiamato a valutare l'aggiornamento del quadro programmatico, degli obiettivi programmatici di questo Governo, in merito alla finanza pubblica. Bene, ricordiamo a tutti che c’è stata una mancata validazione, e chiudiamo questo argomento. Il MoVimento 5 Stelle è stato promotore anche della stessa iniziativa che ha portato il Ministro a ritornare in Commissione e a spiegarci meglio quali erano il contenuto e i dettagli di questa Nota di aggiornamento al documento programmatico del Governo. È, quindi, grazie al MoVimento 5 Stelle – possiamo dirlo – che si è raggiunta una maggiore chiarezza, anche se questo procedimento è frutto di una legge di riforma della legge di bilancio dello Stato che il MoVimento 5 Stelle non ha votato, lo diciamo subito. Ma, alla fine, che cosa ha prodotto questo ulteriore approfondimento sui numeri ? Solo una serie di zero virgola, e questo era il Governo che gli zero virgola li combatteva, che non ne voleva sentire parlare. Ma, alla fine, valutandolo nella sostanza, questo ulteriore approfondimento da parte del Ministro è servito a poco, purtroppo. In estrema sintesi, il Governo si è presentato in Aula, dopo una prima discussione in Commissione, tra l'altro molto compressa e molto limitata, e insiste nel sostenere che sarà in grado di generare una ripresa economica con un tasso di crescita pari all'1 per cento; tutto questo facendo solo il 2 per cento di deficit. Tutti i professori della platea dei previsori, e dico tutti, a partire dall'Ufficio parlamentare di bilancio fino ai tecnici di Banca d'Italia, fino anche ai previsori internazionali del panel internazionale di previsori, dicono che queste valutazioni sono estremamente ottimistiche. Noi diciamo al Governo che non è realistico e che, piuttosto che falsare i numeri, sarebbe più opportuno rivederli per la credibilità dell'intero Paese e anche per la fiducia dei cittadini italiani. Noi diciamo anche questo al Governo: oltre al 2 per cento di deficit, incluso nella Nota e per il quale il Governo chiede oggi a noi un'autorizzazione ad andare oltre di uno 0,4 per cento in più, noi diciamo che vi autorizziamo ad utilizzare tutto il 3 per cento previsto dal Trattato sul funzionamento dell'Unione europea. La motivazione l'avete anche espressa voi: la necessità di sostenere interventi straordinari ed eventi eccezionali.
  Quindi, la nostra domanda è: ma gli eventi eccezionali a cui fate riferimento, gli interventi straordinari, sono solo quei due che indicate nella Nota di aggiornamento al DEF, sono solo il sisma di agosto, avvenuto nei territori del Lazio, dell'Umbria e dell'Abruzzo, o solo il fenomeno migratorio a cui fate riferimento, o ci sono anche altri interventi eccezionali, eventi che meritano questa emergenza e meritano la necessità di poter arrivare ad utilizzare tutti gli spazi di manovra pubblica ? E, allora, dovremmo chiederci di quanti eventi eccezionali necessita questo Paese. State costringendo il Paese a fare una classifica tra le tragedie potenziali per elemosinare quelle misure Pag. 92che potrebbero poi evitarle. Ebbene, noi ve ne citiamo tante altre: c’è il dissesto idrogeologico, che ha determinato e determina, continua a determinare delle alluvioni, e si muore in questo Paese per alluvioni. C’è la sicurezza ferroviaria di tutta la rete secondaria, dove si muore se si prende un treno in questo Paese. C’è la sicurezza nelle scuole, incluso le bonifiche per amianto. Se non è quella un'emergenza ! C’è la sanità, ci sono i livelli essenziali di assistenza, che bisogna garantire ai cittadini. C’è il servizio idrico, ci sono i depuratori che non funzionano in questo Paese; ci si ammala andando solo in spiagge in cui riversano depuratori inadeguati. Quindi, questo è il risultato del vostro chiedere al Parlamento: il Parlamento vi deve concedere tutto lo spazio, a nostro avviso, e ve lo abbiamo proposto nella nostra risoluzione. Ma quali sono gli obiettivi programmatici a cui questo Governo ha fatto riferimento ? I famosi zero virgola ! In alcuni casi siamo arrivati allo 0,05. Una su tutte, e su questa avete basato tutta la manovra e tutta la proiezione programmatica di finanza pubblica, che è la cancellazione delle clausole di salvaguardia, cioè l'aumento dell'IVA del 2017. La cancellazione di questo potenziale aumento è praticamente il tutto, genera per voi lo 0,3 per cento di aumento del tasso di crescita. Bene, io vi dico che le aspettative su questa cancellazione sono elevate, ma se solo fosse cancellata totalmente la proiezione anche sul 2018 e sul 2019 di questi aumenti; altrimenti, i consumi e la domanda interna non sono impattati sensibilmente da questa cancellazione, perché il cittadino teme il futuro aumento, teme che non ci sia certezza, ancora, sul potenziale aumento futuro anche dell'IVA, e quindi contrae e mantiene contratti i consumi. Gli investimenti pubblici: avete parlato ancora di bonus ristrutturazioni, bonus acquisto di mobili. Misure positive, ma non strutturali, che anch'esse non generano una fiducia a lungo termine nel potenziale incremento della domanda interna. Avete parlato di investimenti privati e di competitività sui macchinari, sull'acquisto dei macchinari: ma chi investe, se non ha la certezza che sia generata una sana e duratura domanda all'interno del nostro Paese ?
  Chi fa investimenti su macchinari ? Pensiamo, piuttosto, a quelle imprese che ancora vantano dei crediti verso la pubblica amministrazione e ricordiamo che l'Italia è uno di quei Paesi che ha un numero di giorni per il pagamento di una fattura di un'impresa che ha lavorato per la pubblica amministrazione che è quasi il doppio della media europea. È uno stock totale di debiti da parte della pubblica amministrazione verso le imprese di circa 65 miliardi, ancora ad oggi. Si aspetta ancora quel famoso «San Matteo» entro il quale bisognava colmare totalmente il pagamento dei debiti della PA. Poi veniamo alle misure sociali, e qui avete veramente raggiunto il colmo, con misure dello 0,05, 0,0 ancora qualcosa, cioè l'elemosina, quando, invece, si auspicano misure strutturali per affrontare il problema della povertà. Ma, poi, il grande assente ancora dei vostri documenti programmatici sono gli indicatori di benessere, quelli che nella riforma del progetto di bilancio dello Stato abbiamo voluto fortemente inserire, ma che non sono ancora vincolanti per questo Governo, perché, se ci fosse stato un vero impegno programmatico sugli indicatori di benessere, anche su questo indice, che l'ISTAT tiene monitorato e che questo Parlamento ha voluto includere fortemente negli indici programmatici, allora avremmo dovuto veramente misurare quale grado di benessere si riesce a generare nei cittadini da queste misure che il Governo, a stento, è riuscito a sostenere. Ma, purtroppo, il PIL e i moltiplicatori sulle misure sono ancora gli unici esercizi econometrici con cui abbiamo a che fare. Tuttavia, veniamo anche agli obiettivi programmatici su cui avremmo, noi, voluto confrontarci; avremmo voluto trovare nella Nota del Governo traccia di questi indicatori programmatici. Ho già parlato dei debiti verso le imprese, un impegno a pagarli realmente, quello sì che genererebbe un Pag. 93innesco nell'economia di denaro che fa circolare veramente domanda e anche possibilità di futuri investimenti da parte delle imprese; lotta alla corruzione, la grande assente, anche se questo obiettivo era incluso negli obiettivi programmatici delle raccomandazioni dell'Unione europea, noi avremmo voluto vedere l'eliminazione della prescrizione, quello sì che sarebbe stato un elemento fondante per eliminare la corruzione; misure strutturali per far fronte ad un reddito minimo con cui veramente assicurare a molte famiglie di rientrare dalla condizione di assoluta povertà; gli investimenti sulla formazione e una rivisitazione di tutti i centri per l'impiego; misure di intervento strutturale su tutta la rete di trasporto ferroviario, secondario e primario, e sul trasporto pubblico locale che tanto abbiamo tagliato agli enti locali; una risposta chiara a sostegno del Fondo sanitario nazionale, come da intesa conseguita presso la Conferenza Stato-regioni per il raggiungimento finalmente dei livelli essenziali di assistenza; misure concrete che riportino nelle casse degli enti locali tutti i sacrifici a loro chiesti dalle politiche di austerity e da tutte quelle misure che hanno sbilanciato, poi, in effetti, il contributo alla finanza pubblica tutto sui comuni per agevolare, invece, le amministrazioni centrali.

  PRESIDENTE. Concluda, deputato.

  FRANCESCO CARIELLO. Certo, Presidente. In conclusione, Presidente, è bene ricordare a tutti che quanto accaduto sulla mancata validazione della Nota di aggiornamento al DEF è frutto di una procedura che è stata introdotta sempre dal solito fiscal compact e che una nuova riforma della legge di bilancio sarebbe auspicabile per evitare ancora quello stallo che abbiamo generato con questo aspettarsi dal Governo di conformarsi alla Nota dei tecnici, ma in realtà il Governo tira dritto per la sua strada in maniera arrogante. Alla fine, Presidente, è solo servita come vetrina a questo Governo per poi generare solo un consenso elettorale in vista del prossimo referendum. E noi annunciamo il voto contrario alla risoluzione di maggioranza (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Maino Marchi. Ne ha facoltà.

  MAINO MARCHI. Grazie, Presidente. Purtroppo la discussione di questi giorni non è stata incentrata, da parte, in particolare, delle forze di opposizione, sul tema di fondo che ha affrontato il Governo con la Nota di aggiornamento. Il tema è come – in condizioni internazionali peggiorate che hanno determinato un peggioramento della crescita anche in Italia, sia per il 2016 che per il tendenziale 2017 – fare in modo che la crescita possa essere più sostenuta, continuando il percorso di uscita dalla recessione e crescita in aumento progressivo, già verificata dal 2014 ad oggi. Questo era il tema. Il Governo ha dato la sua risposta, il Parlamento è chiamato a discutere soprattutto di questo, la maggioranza lo ha fatto nel dibattito e con le risoluzioni presentate; spiace che le opposizioni abbiano preferito utilizzare questi giorni per sfuggire al tema di fondo e, invece, puntare tutta l'attenzione sulla non validazione da parte dell'Ufficio parlamentare di bilancio delle previsioni di crescita per il 2017 pari all'1 per cento.
  Certo, questo è un fatto importante sul piano istituzionale, non l'abbiamo mai negato, però da una parte dimostra, innanzitutto, l'indipendenza dell'Ufficio parlamentare di bilancio che abbiamo eletto; c’è stato un approfondimento opportuno; dall'altra parte la legge non ha posto – ho sentito parlare di arroganza – questo organo tecnico al di sopra degli organi istituzionali; la legge dice che il Governo può conformarsi al parere o confermare le sue previsioni.

  PRESIDENTE. Colleghi per favore, potete abbassare il tono della voce ? Per favore.

  MAINO MARCHI. E il Governo ha confermato e dato le motivazioni che doveva Pag. 94dare al riguardo. Si è detto che si è ironizzato sui decimali; no, si è drammatizzato sui decimali, da parte dell'opposizione. Mentre non ci sono valutazioni fortemente discordanti, perché il 2016 è stato validato, il tendenziale 2017 anche, sul programmatico 2017, ci si discosta da 0,7 o 0,8 a 1, cioè una dimensione minima, se teniamo conto che, qualche giorno fa, l'ISTAT, due anni dopo la fine del 2014, nella revisione dei dati a consuntivo, ci ha detto che con quattro decimali cambiati il 2014 non è stato l'ultimo anno della recessione, ma il primo della ripresa. Cioè c’è una relatività dei dati, soprattutto delle stime, che va considerata. Tra l'altro, credo anche che si debba rimarcare che veniamo da un 2015 dove tutte le previsioni che aveva fatto il Governo si sono verificate e questo è un dato anomalo, perché in genere non è successo così in passato.
  Tuttavia, detto questo, nella risoluzione di maggioranza teniamo conto di questa questione e invitiamo il Governo a valutare l'opportunità di innalzare, già nel Documento programmatico di bilancio da inviare alle autorità europee, l'obiettivo di indebitamento netto per il 2017 fino a un massimo dello 0,4 per cento del PIL, al fine di approntare strumenti anche eccezionali per mettere in sicurezza il territorio, il patrimonio abitativo, le infrastrutture scolastiche, nonché affrontare il fenomeno migratorio, ferma restando una valutazione prudenziale della crescita del PIL.
  Precisati questi aspetti, credo sia necessario, invece, venire al tema di fondo: che fare di fronte al quadro mutato ? Credo ci siano tre scelte possibili: una è quella di confermare il percorso precedente, sapendo, però, che con una crescita troppo bassa ne va della competitività del Paese e anche dell'Europa, della condizione di vita delle parti più deboli del Paese e anche della tenuta, alla fine, del rendiconto dei conti pubblici. Non ho capito – lo devo dire francamente – se questa è la via proposta dal centrodestra, non l'ho capito perché, al di là delle critiche al Governo, sul piano delle proposte mi pare che nel centrodestra siamo di fronte sostanzialmente alla produzione di nulla a mezzo di fumo. Una seconda via è quella di ritenere che la regola sul debito non vada più tenuta in considerazione e, quindi, si debbano approntare manovre che aumentino il rapporto deficit-PIL rispetto al 2016 fino al 3 per cento, posizione del MoVimento 5 Stelle, o anche oltre, posizione di SEL. Ora, al di là del rapporto con la Commissione europea, c’è un dato oggettivo: un Paese con un debito alto o fa politiche credibili sul percorso di controllo dei conti pubblici o il costo glielo presentano i mercati con effetti sugli interessi, sul debito pubblico; che, invece, noi siamo riusciti a ridurre di diversi miliardi, con l'azione del Governo che ha fatto tesoro, a sua volta, delle politiche della BCE. Senza contare gli effetti sul sistema bancario che scelte di questo genere potrebbero avere nel rapporto con i titoli pubblici.
  Dopodiché, c’è un'altra strada, l'unica percorribile, a nostro avviso, continuare il processo di riduzione del deficit, ma con più gradualità, tenendo conto delle circostanze eccezionali che ho già richiamato: il terremoto, la sicurezza del territorio, i migranti. Sui migranti mi permetto di dire che non è certo la Lega che può darci lezioni etiche. Questa è la linea del Governo, che il Governo ci propone e che condividiamo, perché è l'unica che lascia spazio sia per il sostegno alla crescita sia per le politiche sociali che per continuare a ridurre la disoccupazione, perché questo è un dato che è stato confermato anche dagli ultimi dati dell'ISTAT. Fino a ieri si sentiva dire che la legge Fornero aveva creato problemi all'occupazione, oggi ho sentito dire che invece ha fatto aumentare i posti di lavoro stabili degli over 50; io credo che vi siano degli effetti innegabili prodotti dal Jobs Act, e che però bisogna continuare il lavoro, perché non ci accontentiamo di certo del dato che fin qui abbiamo raggiunto.
  Quindi la politica del Governo e della maggioranza vanno in questa direzione. A partire dalle politiche fiscali: ho sentito Pag. 95dire che il Governo prevede l'aumento della pressione fiscale. Ricordo che un conto è il tendenziale, altro conto è il programmatico: nel tendenziale c’è la legislazione vigente, quindi l'aumento dell'IVA di 15 miliardi, dello 0,9 per cento del PIL. Se, come propone il Governo, non si effettua l'aumento dell'IVA, si conferma la riduzione dell'IRES e si sviluppano politiche fiscali per favorire gli investimenti privati, con il super-ammortamento, in particolare per «industria 4.0», la legge Sabatini, il Fondo centrale di garanzia o per le detrazioni fiscali per il recupero edilizio ed energetico anche nei condomini, o anche la detassazione dei premi di produttività, è evidente che la pressione fiscale si riduce, che le tasse si riducono ! Ovviamente se si sviluppa un'azione di recupero dell'evasione fiscale, questo può produrre un temporaneo aumento della pressione fiscale; ma poi, quando si tratta di un recupero strutturale, apre spazi per un'ulteriore riduzione di imposte e contributi, come quelli su lavoro e impresa che prevediamo nell'orizzonte 2017-2019.
  Non bastano certo le politiche fiscali: occorre puntare sugli investimenti privati e pubblici, già in ripresa dal 2015. In vari campi: l'edilizia scolastica e ospedaliera, la riqualificazione urbana, il contrasto al dissesto idrogeologico, la sicurezza sismica, l'innovazione e la ricerca, in primo luogo nel Mezzogiorno, attraverso gli enti locali; confermando le scelte del 2016 per il Fondo pluriennale vincolato, e avendo superato il patto di stabilità interno, questione che abbiamo avuto sul tavolo per tanti anni, con una programmazione seria degli investimenti pubblici, cosa che si sta facendo. E per la crescita servono anche le politiche sociali: sono politiche che servono per combattere una grande questione morale di questi tempi, che produce anche problemi per l'economia, l'aumento delle disuguaglianze. Mi riferisco alle politiche per l'istruzione: dopo il forte investimento sulla scuola, un'attenzione particolare va posta al diritto allo studio universitario; le politiche per il lavoro e quelle per la parità di genere; le politiche di contrasto alla povertà ed a favore delle famiglie in difficoltà economica, con risorse aggiuntive rispetto a quelle già stanziate. Il finanziamento adeguato del Sistema sanitario nazionale per assicurare l'erogazione dei nuovi LEA, l'accesso alle cure, il finanziamento dei trattamenti innovativi: e non c’è alcuna riduzione di questo Fondo ! E poi la grande questione della previdenza: ci eravamo impegnati ad affrontarla nel 2016, per metterla nella legge di bilancio 2017. Con il confronto con le organizzazioni sindacali si stanno affrontando questioni fondamentali: innalzamento della no tax area per i redditi da pensione, il cumulo gratuito dei periodi contributivi, le forme di sostegno all'uscita flessibile dal mercato del lavoro; nessun mutuo per andare in pensione, il rapporto è sempre solo con l'INPS. L'aumento dei trattamenti pensionistici di importo basso, le misure in favore dei lavoratori precoci ed usuranti, la flessibilità della previdenza complementare.
  Ci vuole molta forza per fare queste cose nel contesto internazionale dato.

  PRESIDENTE. Concluda, deputato.

  MAINO MARCHI. Mi sarei aspettato che si discutesse di questo, e invece non lo si è fatto !
  Un'ultima annotazione, Presidente: il relatore di minoranza Melilla ha citato Stiglitz sulle disuguaglianze. Lo invito a riflettere che le nuove regole dell'economia che Stiglitz propone riguardano aspetti che quando sono riferiti alle politiche nazionali in Italia, le stiamo già in gran parte facendo; quando sono relativi a politiche che riguardano un ambito più ampio, l'Italia è in prima fila. Lo è ad esempio per arrivare in Europa alla tassa sulle transazioni finanziarie, lo è per politiche economiche europee orientate alla crescita e al lavoro. Per questo sosteniamo l'azione del Governo in vista della legge di bilancio, con le due risoluzioni che saranno fra poco al voto dell'Aula e che avranno il nostro voto favorevole (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

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  PRESIDENTE. Si è così conclusa la discussione.

(Annunzio di risoluzioni – Doc. LVII, n. 4-bis)

  PRESIDENTE. Avverto che è stata presentata la risoluzione Marchi, Tancredi, Librandi, Tabacci, Di Gioia e Galati n. 6-00271 riferita alla Relazione di cui all'articolo 6, comma 5, della legge n. 243 del 2012, che è in distribuzione (Vedi l'allegato A – Doc. LVII, n. 4-bis).
  Avverto, altresì, che sono state presentate le seguenti risoluzioni relative alla Nota di aggiornamento del DEF 2016, che sono in distribuzione (Vedi l'allegato A – Doc. LVII, n. 4-bis): Marchi, Tancredi, Librandi, Tabacci, Di Gioia, Galati e Alfreider n. 6-00272; Cariello n. 6-00273; Brunetta, Fedriga e Rampelli n. 6-00274; Marcon ed altri n. 6-00275.

(Replica e parere del Governo – Doc. LVII, n. 4-bis)

  PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo, che invito ad esprimere il parere sulla risoluzione riferita alla Relazione di cui all'articolo 6, comma 5, della legge n. 243 del 2012, nonché a dichiarare quale risoluzione intenda accettare con riferimento alla Nota di aggiornamento del DEF 2016.

  PIER PAOLO BARETTA, Sottosegretario di Stato all'Economia e alle finanze. Presidente, due sole osservazioni sul dibattito che meriterebbero più approfondite riflessioni, che non mancheranno però nei prossimi giorni, quando si aprirà la sessione di bilancio. La prima: l'onorevole Rizzetto ha citato nel suo intervento la famosa lettera Draghi-Trichet del giugno 2011. Bene ha fatto, perché ci ha consentito di ricordare qual era la situazione di allora del nostro Paese, come eravamo a ridosso di un crollo che assomigliava molto alla situazione greca, quando eravamo di fronte ad uno spread a 600 ed in una situazione economica totalmente con segni negativi. Oggi, pur nelle difficoltà attuali, abbiamo un trend di crescita fragile, che noi stessi consideriamo insoddisfacente, ma che comunque è segnato dal segno «più» della ripresa economica; ricordo che allora eravamo commissariati dall'Europa, oggi siamo in una condizione di dialettica con l'Europa, che ci consente di ottenere dei margini che mettiamo a disposizione delle scelte di crescita che compiamo.
  La seconda osservazione è che in questi giorni – ed è stato ricordato da molti colleghi – c’è stato una dialettica tra il Governo e l'Ufficio parlamentare di bilancio. Noi abbiamo valutato con molta attenzione le osservazioni di un organo che è indipendente, che come tale va rispettato e che non va strumentalizzato politicamente: l'abbiamo fatto con molta attenzione lo scorso anno quando le nostre scelte sono state validate, l'abbiamo fatto quest'anno quando ci sono stati chiesti dei chiarimenti. Il Ministro dell'economia e delle finanze è tornato ieri sera in Parlamento per riferire sugli approfondimenti e sulle motivazioni che ci fanno confermare il dato di crescita dell'1 per cento. Voglio dire a molti colleghi che il fatto che il Governo ritorni in Parlamento non è affatto motivo di vergogna o di critica: è un segno di normale e seria dialettica. Noi rispettiamo il Parlamento, consideriamo seriamente le osservazioni che ci vengono fatte; come ha ricordato l'onorevole Marchi adesso non siamo tenuti, ma il fatto che non siamo tenuti a metterci nell'ottica che ci viene proposta, non significa che non ci sia il dovere di una normale dialettica tra le istituzioni parlamentari ed il Governo. Così abbiamo fatto, e così faremo anche nelle prossime occasioni.
  Da questo punto di vista, signor Presidente, esprimo un parere favorevole alla risoluzione Marchi, Tancredi, Librandi, Tabacci, Di Gioia e Galati n. 6-00271; e, per quanto riguarda le risoluzioni sulla Nota di aggiornamento, esprimo un parere favorevole alla Marchi, Tancredi, Librandi, Tabacci, Di Gioia, Galati e Alfreider Pag. 97n. 6-00272, mentre formulo un invito al ritiro sulle altre, Cariello n. 6-00273, Brunetta, Fedriga e Rampelli n. 6-00274 e Marcon ed altri n. 6-00275.

(Votazioni)

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Passiamo alla votazione della risoluzione Marchi, Tancredi, Librandi, Tabacci, Di Gioia e Galati n. 6-00271 riferita alla Relazione presentata ai sensi dell'articolo 6, comma 5, della legge n. 243 del 2012, con il parere favorevole del Governo.
  Ricordo che, a norma dell'articolo 81, secondo comma, della Costituzione e dell'articolo 6, commi 3 e 5, della legge n. 243 del 2012, per l'approvazione di tale risoluzione è necessaria la maggioranza assoluta dei componenti della Camera.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione Marchi, Tancredi, Librandi, Tabacci, Di Gioia e Galati n. 6-00271.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.
  La Camera approva (Vedi votazione n. 8).

  Essendo stata approvata l'autorizzazione all'aggiornamento del piano di rientro verso l'obiettivo di medio periodo, indìco la votazione, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione Marchi, Tancredi, Librandi, Tabacci, Di Gioia, Galati e Alfreider n. 6-00272, riferita alla Nota di aggiornamento del DEF 2016, accettata dal Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.
  La Camera approva (Vedi votazione n. 9).
  Sono così precluse le altre risoluzioni riferite alla Nota di aggiornamento del DEF 2016.

Modifica nella denominazione di un gruppo parlamentare (ore 19,25).

  PRESIDENTE. Comunico che il presidente del gruppo parlamentare «Scelta Civica per l'Italia», con lettera pervenuta in data odierna, ha reso noto che l'assemblea del gruppo ha modificato la denominazione del gruppo stesso in «Civici e Innovatori» (Commenti).

Autorizzazione alla costituzione di un gruppo parlamentare ed invito alla sua costituzione.

  PRESIDENTE. Comunico che l'Ufficio di Presidenza, nella riunione odierna, a norma dell'articolo 14, comma 2, del Regolamento, ha deliberato di autorizzare la costituzione del gruppo parlamentare «Scelta Civica verso cittadini per l'Italia-MAIE».
  Tale gruppo è convocato per domani, 13 ottobre 2016, alle ore 10, per procedere all'elezione del Presidente e degli altri organi direttivi.

Approvazione in Commissione.

  PRESIDENTE. Comunico che, nella seduta di oggi, mercoledì 12 ottobre 2016, la II Commissione (Giustizia) ha approvato in sede legislativa la seguente proposta di legge: Ferranti: «Modifiche all'articolo 609-septies del codice penale, concernenti il regime di procedibilità del delitto di atti sessuali con minorenne» (3862), alla quale sono state abbinate le proposte di legge n. 3873 Bechis e n. 3939 Brignone.

Interventi di fine seduta (ore 19,27).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di intervenire la deputata Donatella Duranti, che non vedo. Andiamo oltre.

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  DAVIDE CRIPPA. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  DAVIDE CRIPPA. Presidente, vediamo che dal sito invest in Italy e nella brochure distribuita agli imprenditori qualche tempo fa dal Governo, in occasione della presentazione del Piano industria 4.0, ma anche durante le audizioni che ci sono state la scorsa settimana con il Ministro Calenda, veniva fatto un vanto della questione che un ingegnere guadagna mediamente 38.500 euro. È una condizione che è già stata segnalata anche da altri colleghi, ma ci tenevo a fare una precisazione, in qualità di giovane ingegnere prima di entrare all'interno di queste Aule parlamentari: volevo far presente che la condizione di 38.500 euro medi annui è una condizione inarrivabile; è una condizione che non esiste, per chi si cimenta con la professione e inizia un'attività professionale. Evidentemente è una media che tiene conto di chi guadagna molto di più, ma non tiene conto del fatto ci siano oggi contratti in essere, in partite IVA farlocche, che prevedono sostanzialmente retribuzioni mensili nell'ordine di 1.000 euro di fattura con partita IVA, che mediamente all'anno non fanno neanche 10-12 mila euro.
  Immaginare di fare un vanto che una professione, una competenza culturale, debba essere svilita solo per cercare di attrarre degli investimenti è una condizione a mio avviso deplorevole. Lo è ancora di più quando, anche all'interno di queste Aule parlamentari, il Presidente del Consiglio, Matteo Renzi, l'ha rievocata questa mattina. A nostro avviso questo comportamento deve cessare...

  PRESIDENTE. Però questa non è una replica...

  DAVIDE CRIPPA. E deve cessare di svilire le professioni (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

Ordine del giorno della prossima seduta.

  PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

  Venerdì 14 ottobre 2016, alle 9,30:

  Svolgimento di interpellanze urgenti.

  La seduta termina alle 19,30.

TESTI DEGLI INTERVENTI DI CUI È STATA AUTORIZZATA LA PUBBLICAZIONE IN CALCE AL RESOCONTO STENOGRAFICO DELLA SEDUTA ODIERNA: DANIEL ALFREIDER (COMUNICAZIONI DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI IN VISTA DEL CONSIGLIO EUROPEO DEL 20 E 21); DANIEL ALFREIDER (DOC. LVII, N. 4-BIS)

  DANIEL ALFREIDER (Dichiarazione di voto finale – Comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri in vista del Consiglio europeo del 20 e 21 ottobre 2016).
  Grazie Presidente, Presidente del Consiglio, Onorevoli Colleghi.
  Il Consiglio europeo del 20 e 21 ottobre discuterà degli ultimi sviluppi in tema di migrazione, di politica commerciale europea e rapporti Ue-Russia.
  Purtroppo lo stato delle istituzioni europee sta mostrando in maniera sempre più evidente i suoi limiti, caratterizzati dal costante rinvio delle decisioni da assumere Sono decisioni rilevanti per la stessa sopravvivenza dell'Unione – come è stato ribadito ultimamente al recente vertice di Bratislava. La Ue non sembra all'altezza di fronte alle sfide che ha di fronte, soprattutto all'indomani della Brexit e delle sfide internazionali.
  L'Unione è in stallo e sta affrontando la crisi più grave dalla seconda guerra mondiale con il rischio di un suo fallimento, alle prese con uno scontro che vede due visioni contrastanti dell'Europa, tra quella che coltiva odi e paure, e quella che invece – come sosteniamo noi – propone di governare Pag. 99le trasformazioni epocali con politiche comuni improntate a giustizia sociale, libertà e diritti, cooperazioni transfrontaliere di qualsiasi tipo proprio per una migliore integrazione europea.
  Vogliamo ribadire e ricordare che proprio questo governo con un'iniziativa del Ministro delle infrastrutture ha portato avanti un'iniziativa comune insieme a Germania e Austria per promuovere politiche comuni di trasporto e spingere l'intera comunità europea per potenziare i collegamenti ferroviari tra i paesi membri, Un esempio positivo di collaborazione tra singoli stati membri per lavorare giorno per giorno su una migliore integrazione dei singoli stati.
  L'altro grande tema è la migrazione.
  Anche qui, l'Europa non è riuscita fino ad oggi a gestire il fenomeno e, come già segnalato per i precedenti Consigli europei, nelle molteplici risoluzioni approvate dal nostro Parlamento (da ultima la risoluzione 6/00248 del 27/6/2016).
  La migrazione costituisce una delle maggiori sfide con carattere non più emergenziale ma permanente, richiedendo per ciò risposte e politiche strutturali, di lungo periodo, comuni e condivise fra gli stati membri, pena il venir meno dei valori fondanti dell'Unione.
  Serve una politica migratoria comune efficace e di lungo termine, seguendo le linee indicate nel «Migration compact» e le proposte formulate dalla Commissione e, per rendere operativi ed efficaci soprattutto gli accordi di cooperazione rafforzata e di partenariato con i paesi terzi con quelli di origine e di maggiore transito di flussi migratori e di rifugiati, assicurandosi che alla rotta centro-mediterranea venga attribuito, anche in termini di risorse finanziarie, un livello di attenzione almeno analogo a quello assicurato nei mesi scorsi alla rotta dei Balcani occidentali. In questo contesto, è importantissimo che vengano agito insieme ai Paesi africani di origine prioritari come per esempio Etiopia, Nigeria, Senegal, Niger e Mali e che sia indicato un obiettivo temporale preciso per la finalizzazione di un ambizioso piano di investimento estero. Solo investendo nei paesi d'origine riusciamo a controllare e gestire i flussi in futuro; Volgiamo ribadire il carattere vincolante degli impegni assunti dagli Stati membri in materia di ricollocazione, in linea con le disposizioni dei Trattati, per l'integrità dell'ordinamento giuridico europeo e per la tutela dei diritti fondamentali e dello Stato di diritto nell'Unione.
  Dall'altro lato invece sosteniamo importante l'impegno dell'Unione a riformare il sistema di Dublino sulla base dei principi di responsabilità condivisa e solidarietà previsti dai Trattati ribadendo altresì la necessità di un'azione europea sui rimpatri.
  Al secondo punto volgiamo ribadire l'importanza della linea comune dell'Unione a proseguire nell'azione di sostegno nei confronti delle istituzioni europee e in tutte le sedi diplomatiche opportune, di qualsiasi iniziativa volta, da un lato, al raggiungimento di una soluzione politica al conflitto siriano con il coinvolgimento della Russia e, dall'altro, a una rapida attuazione degli accordi di Minsk, in modo da rendere sicura la stabilità statuale dell'Ucraina, anche al fine di ripristinare normali relazioni economiche e commerciali fra l'Italia e la Russia.
  Sosteniamo importante il richiamo alla necessità di agire a livello europeo per promuovere la crescita economica investimenti e l'occupazione, come auspicato dallo stesso Presidente Juncker nel suo discorso al Parlamento Europeo sullo stato dell'Unione.
  Nel 2017 si terrà il sessantesimo anniversario della firma dei Trattati di Roma. Un'occasione per promuovere un dibattito più generale sul futuro dell'Europa, speriamo che si riesca a superare l'approccio limitativo emerso dal Vertice informale di Bratislava e che si ponga come obiettivo un rilancio del progetto europeo, un'Europa delle regioni, un'Europa senza confini e un'Europa più vicina ai cittadini.
  Per queste ragioni i deputati della SVP e delle Minoranze Linguistiche voteranno a favore della risoluzione presentata e sottoscritta dai gruppi parlamentari di maggioranza.

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  DANIEL ALFREIDER. (Discussione – Doc. LVII, n. 4-bis).
  Il Governo ha definito i propri obiettivi di bilancio e in primo luogo in ordine al debito pubblico ed a un innalzamento del rapporto tra deficit e Pil sulla base di valutazioni che, a nostro giudizio, hanno integrato e confermato le comunicazioni rese in Commissione Bilancio, sostenute in sede di confronto con la Commissione Europea e che hanno soddisfatto nel merito i rilievi posti dall'Ufficio parlamentare di bilancio.
  Il Ministro Padoan ha giustamente rinviato all'approvazione definitiva da parte del Consiglio dei Ministri per avere un quadro certo in merito alle stime macroeconomiche del governo, agli obiettivi di bilancio ed alla composizione della manovra.
  Tuttavia egli ha svolto riflessioni esaurienti sia in relazione al deficit, che al momento il governo conferma al 2%, che alle coperture finanziarie con in primo piano nuovi obiettivi per la spending review, che alle misure di sviluppo e di impatto sociale quali priorità che saranno confermate e rafforzate con la prossima legge di bilancio.
  Non vi sono, dunque, dati reticenti o contraddittori e, sotto un profilo sostanziale, vi sono indirizzi concordi che, come sostenuto dal Ministro dell'Economia Padoan, non giustificano affatto, anzi al contrario, una dinamica di risalita del debito.
  Ne consegue una riflessione di fondo: i margini di flessibilità cui il Governo potrebbe far ricorso sono entro il quadro di compatibilità europee e fanno riferimento alle risorse straordinarie impiegate per cause eccezionali, come sono immigrazione e decreto legge per le popolazioni e i territori colpiti dal sisma. Flessibilità che, dunque, non prefigura deroghe agli obiettivi di riequilibrio dei conti pubblici.
  Il nostro Paese, hanno sostenuto il Presidente del Consiglio e il Ministro dell'Economia, rispetta le regole. Lo fa, possiamo dire, anche in misura più rigorosa se pensiamo alle norme introdotte per la salvaguardia del risparmio ed i nostri istituti di credito.
  Sarebbe un errore, non soltanto di prospettiva, definire il confronto avviato dal governo con la Commissione europea come una questione relativa ad un marginale dato percentuale in ordine al deficit.
  Ciò che il Governo ha posto, anche in riferimento agli obiettivi del documento di bilancio, è parte delle proposte e delle politiche attive di sostegno dell'economia che richiedono un cambiamento strutturale del quadro complessivo europeo di riferimento, anche per le scelte di bilancio nazionali.
  Sostenere crescita e sviluppo quale unico ambito strutturale e globale che consenta all'Europa ed alle economie nazionali di avere una prospettiva realistica e sostenibile anziché una visione chiusa in se stessa come è stata l'Europa del fiscal compact. Politiche di crescita che possono rendere compatibili e sostenibili gli obiettivi di finanza pubblica.
  In ordine al ruolo delle autonomie speciali giudichiamo del tutto positivo e indispensabile che nella risoluzione di maggioranza da noi sottoscritta vi sia l'esplicito impegno a promuovere l'attuazione coerente dell'intesa raggiunta tra Governo, Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol e Province autonome di Trento e Bolzano in merito al concorso finanziario a carico dell'autonomia speciale e sull'altro punto, altrettanto decisivo, relativo all'iscrizione degli avanzi di amministrazione e del Fondo pluriennale vincolato di entrata e di spesa.
  Per queste ragioni i deputati della SVP e delle Minoranze Linguistiche voteranno a favore della risoluzione di maggioranza che abbiamo sottoscritto. Sviluppo economico sostenuto anche dagli investimenti pubblici, in primo luogo nelle infrastrutture e per l'innovazione tecnologica e digitale. Siamo convinti che l'Europa della mobilità, delle reti digitali e di conoscenza, delle pari opportunità sul piano sociale, della riduzione delle cause di diseguaglianza, sia l'unica prospettiva possibile.

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SEGNALAZIONI RELATIVE ALLE VOTAZIONI EFFETTUATE NEL CORSO DELLA SEDUTA

  Nel corso della seduta sono pervenute le seguenti segnalazioni in ordine a votazioni qualificate effettuate mediante procedimento elettronico (vedi Elenchi seguenti):
   nelle votazioni dalla n. 1 alla n. 7 la deputata Argentin ha segnalato che non è riuscita a votare;
   nelle votazioni nn. 5 e 6 il deputato Gianluca Pini ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole;
   nella votazione n. 6 il deputato Capodicasa ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole;
   nella votazione n. 7 il deputato Capodicasa ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario;
   nella votazione n. 7 la deputata Castiello ha segnalato che ha erroneamente votato contro mentre avrebbe voluto votare a favore;
   nella votazione n. 7 il deputato De Rosa ha segnalato che ha erroneamente votato a favore mentre avrebbe voluto votare contro;
   nella votazione n. 9 la deputata Quartapelle Procopio ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto favorevole.

VOTAZIONI QUALIFICATE EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 1 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 9)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nom. Ris. Rosato e a. 6-264 476 474 2 238 301 173 84 Appr.
2 Nom. Ris. Fedriga e a. 6-265 476 474 2 238 66 408 83 Resp.
3 Nom. Ris. Scotto e a. 6-266 475 399 76 200 33 366 83 Resp.
4 Nom. Ris. Battelli e a. 6-267 471 415 56 208 84 331 84 Resp.
5 Nom. Ris. Brunetta e a. 6-268 471 387 84 194 65 322 85 Resp.
6 Nom. Ris. Artini e a. 6-269 rif. 472 377 95 189 309 68 84 Appr.
7 Nom. Ris. Rampelli e a. 6-270 472 466 6 234 67 399 84 Resp.
8 Nom. Doc. LVII, n. 4-bis - Ris. 6-00271 491 413 78 316 355 58 39 Appr.
9 Nom. Nota di agg. Def - Ris. 6-00272 489 485 4 243 355 130 39 Appr.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M = Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.