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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 675 di lunedì 19 settembre 2016

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE SIMONE BALDELLI

  La seduta comincia alle 12,30.

  PRESIDENTE. La seduta è aperta.
  Invito il deputato segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

  RAFFAELLO VIGNALI, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 16 settembre 2016.

  PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.
  (È approvato).

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Amendola, Amici, Bellanova, Bernardo, Dorina Bianchi, Biondelli, Bobba, Bocci, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Matteo Bragantini, Bratti, Bressa, Brunetta, Bueno, Caparini, Capelli, Casero, Castelli, Castiglione, Antimo Cesaro, Cicchitto, Cimbro, Cirielli, Costa, D'Alia, Dambruoso, De Micheli, Del Basso De Caro, Dellai, Di Gioia, Luigi Di Maio, Fedi, Fedriga, Ferranti, Fico, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Franceschini, Garofani, Gelli, Giachetti, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, Locatelli, Losacco, Lotti, Lupi, Madia, Manciulli, Marazziti, Merlo, Migliore, Orlando, Gianluca Pini, Pisicchio, Rampelli, Ravetto, Realacci, Rigoni, Rosato, Domenico Rossi, Rughetti, Sanga, Sani, Scalfarotto, Scotto, Tabacci, Velo e Zanetti sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
  I deputati in missione sono complessivamente ottantasei, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell’allegato A al resoconto della seduta odierna).

Discussione del testo unificato delle proposte di legge: Sani ed altri; Oliverio ed altri: Disciplina organica della coltivazione della vite e della produzione e del commercio del vino (A.C. 2236-2618-A) (ore 12,33).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del testo unificato delle proposte di legge nn. 2236 e 2618-A: Disciplina organica della coltivazione della vite e della produzione e del commercio del vino.
  Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).

(Discussione sulle linee generali – A.C. 2236-2618-A)

  PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.Pag. 2
  Avverto che i presidenti dei gruppi parlamentari MoVimento 5 Stelle e Partito Democratico ne hanno chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
  Avverto altresì che la Commissione agricoltura si intende autorizzata a riferire oralmente.
  Ha facoltà di intervenire l'onorevole relatore, Massimo Fiorio.

  MASSIMO FIORIO, Relatore. Grazie, Presidente. Oggi ci accingiamo all'esame in Aula del testo unico della vite e del vino. La predisposizione di un testo che accompagni la produzione, la lavorazione e la commercializzazione dei prodotti vitivinicoli è voluta da molto tempo dal comparto vitivinicolo, che ritiene non più procrastinabile un testo armonico sul settore. Il fatto che non sia procrastinabile non significa che sia facile da raggiungere, voglio ricordare che già tentativi in passato sono stati fatti, penso al lavoro condotto nella XIV legislatura.
  La necessità da dove nasce ? Nasce dal susseguirsi di norme a livello comunitario e nazionale, accompagnate da norme accessorie e applicative, che, nel corso degli anni, hanno creato un vero e proprio coacervo legislativo, non sempre di facile interpretazione nel merito e anche rispetto ai soggetti di riferimento.
  Quello che discutiamo oggi è, quindi, un testo che è frutto di un lavoro intenso, non soltanto della Commissione agricoltura, che dal mese di gennaio al mese di aprile, per quattro mesi di lavoro intenso, ha lavorato alla compilazione del testo, ma anche è frutto anche di un confronto con il settore produttivo, con la cosiddetta filiera vitivinicola.
  Il testo nasce da due proposte di legge: la prima a firma del collega Sani e l'altra a firma del collega Oliverio, le quali partivano anche da impostazioni differenti. Il lavoro è stato quello di mettere insieme le due proposte, quello di lavorare per raccogliere in modo armonico il più possibile le norme comunitarie e nazionali, e renderle in un testo unico: si tratta del primo testo di settore. L'intento, però, non è stato soltanto quello compilativo di metterle in ordine, ma di fare un lavoro che, in qualche modo, recepisse le necessità che sono avanzate negli anni da parte della filiera, da parte dell'azienda e da parte dei produttori, che sono quelle di una semplificazione e di un alleggerimento burocratico.
  Naturalmente, quando si parla di semplificazione e di sburocratizzazione, poi c’è chi utilizza anche delle metafore forestali, e parla di un vero disboscamento amministrativo e legislativo, in realtà non si pone la questione che questo è un lavoro difficile e complicato. Lo è per un settore che ha molte norme da seguire, ma lo è soprattutto perché quelle norme consentono una tutela del prodotto e anche una garanzia per i consumatori. Questo Paese ha visto anche vere e proprie tragedie nel settore e la normativa che è maturata a partire da quegli anni ha consentito di consegnare ai consumatori un prodotto che sia il più salubre e il più garantito possibile.
  Ma ci sono anche altri motivi, perché uno dei fattori preponderanti della produzione italiana, che in questi anni è cresciuta moltissimo e sul piano dell’export ci consegna l'Italia come primo Paese esportatore di vino, è che il fattore produttivo importante, il fattore economico, è quello della qualità. E la qualità nasce, naturalmente, da parte dei produttori stessi, delle aziende, che negli anni hanno imparato al meglio a fare il vino. C’è stata una evoluzione importante e determinante – e questo è stato riconosciuto sul piano internazionale e sul piano delle vendite – ma anche perché questa qualità nasce dalla capacità del sistema di controllare, di monitorare, di organizzare le produzioni.
  E quando dico sistema del settore vitivinicolo, non penso soltanto all'ambito istituzionale e legislativo, ma penso anche a quei meccanismi di autogoverno che il sistema stesso si è dato; meccanismi attraverso le denominazioni, attraverso i consorzi e, quindi, un meccanismo di costruzione da parte dei produttori stessi.Pag. 3
  L'Italia è stata uno dei primi Paesi europei a dotarsi di una normativa specifica per quanto concerne i prodotti a denominazione di origine e indicazione geografica. Le regole inerenti all'utilizzo delle DOCG, delle DOC e delle IGT sono state nel corso degli anni arricchite e raffinate, tenendo conto dell'evolversi della realtà produttiva.
  Questo tema, guardate, è un tema che parte moltissimi anni fa, era già stato evocato a livello parlamentare dall'iniziativa del senatore Arturo Marescalchi, fondatore di Assoenologi, che presenta già nel 1921 un primo testo in quella direzione, che tiene conto della tipicità dei vini italiani, trova poi soluzione in un decreto-legge del 1927, ma non applicazione per mancanza dei decreti applicativi; torna negli anni Cinquanta e trova una definizione, poi, nella legge del 1963, a firma Desana, che in qualche modo organizza il sistema vitivinicolo italiano e lo riconosce attraverso le denominazioni, che si avviano a partire dagli anni successivi e che, negli ultimi anni, sono cresciute in modo importante, garantendo produzioni di qualità.
  Ma torniamo al testo. I testi di riferimento principali di questo lavoro sono la legge n. 82 del 2006, il decreto legislativo n. 61 del 2010, il decreto legislativo n. 260 del 2000. Il testo è articolato in 87 articoli, suddivisi in otto sezioni o titoli che riguardano tutto l'iter del vino, dalla vigna, luogo di produzione della materia prima, alla cantina, luogo di lavorazione, e alla commercializzazione. Non a caso il testo è intitolato testo unico della vite e del vino, perché credo che rifletta un po’ anche la filosofia enologica italiana, quella di considerare il vino un prodotto che non è soltanto il frutto della lavorazione in cantina, ma nasce dalla coltivazione nella vigna.
  Questa specificità ha fatto la ricchezza e anche la qualità delle nostre produzioni. Da questo punto di vista, il forte legame tra le produzioni vitivinicole e il territorio è evocato al primo articolo di questo testo, laddove si dice che la Repubblica tutela il patrimonio vitivinicolo di questo Paese, un vero e proprio elemento politico, una scelta del Paese di riconoscere le nostre produzioni, scelta che altri Paesi hanno già condotto, penso alla Spagna e alla Francia negli anni precedenti.
  L'articolo 2 definisce l'ambito di applicazione; l'articolo 3 riguarda le definizioni di settore attualmente codificate in molteplici fonti normative ed in particolare nella legge n. 82 del 2006 e nel decreto legislativo n. 61 del 2010. Con la riforma dell'OCM del 2008 e la sostanziale equiparazione a livello europeo dei sistemi di qualificazione dei vini a denominazione di origine al più generale sistema europeo dei prodotti DOP e IGP è stato necessario adeguare le definizioni e le norme alle regole europee, cercando di stravolgere il meno possibile un sistema ormai consolidato negli anni. Il Titolo II, composto di venti articoli, riguarda le norme di produzione e commercializzazione. Si parte dal potenziale vitivinicolo, ci si riferisce alla gestione del potenziale vitivinicolo e al novero degli adempimenti amministrativi connessi.
  L'articolo 5 si riferisce alle varietà iscritte al registro nazionale e l'articolo 6 riconosce il vitigno autoctono nazionale. Anche questo è un passo avanti importante, era richiesto da anni che fosse inserito in legge il riconoscimento del vitigno autoctono e la maniera per definire i vitigni autoctoni. Voglio ricordare che fa parte della capacità produttività italiana il fatto di avere produzioni importanti di vitigni autoctoni, di essere cresciuti in questo senso rispetto ad altri Paesi che sono maggiormente incentrati su produzioni di vitigni internazionali. L'articolo 7 riguarda lo schedario vitivinicolo, che viene definito come uno strumento nel quale sono presenti tutti i vigneti, perché raccoglie una serie di informazioni secondo esigenze definite dalla normativa in vigore.
  Il Titolo II, dunque, dall'articolo 8 all'articolo 22 si riferisce alle produzioni e alle pratiche enologiche. Da questo punto di vista, si affrontano gli adempimenti e le informazioni da fornire circa le planimetrie delle cantine, e in questo senso vogliamo Pag. 4ricordare che sono state introdotte delle semplificazioni in termini di esenzioni da parte delle informative che le cantine più piccole devono fornire.
  Per quanto riguarda le pratiche enologiche, la filosofia di questo testo è stata quella di allineare le pratiche enologiche italiane a quelle europee consentite dall'OCM, e quindi, in riferimento soprattutto all'articolo 9, laddove viene introdotta la pratica enologica della rifermentazione, che in Italia è soltanto consentita per i vini spumanti, viene allargata questa possibilità ai vini da tavola e ai vini a denominazione. Per quanto riguarda i vini a denominazione ci saranno i propri disciplinari, che consentiranno questa pratica. Per quanto riguarda i vini da tavola è possibile attivare questo tipo di possibilità, sempre nell'ottica di un allineamento alle altre produzioni e agli altri Paesi produttori.
  Gli articoli successivi intervengono sulle lavorazioni, sull'uso dei materiali e delle sostanze consentite al confezionamento. Mi sembra che sia possibile dire che l'analisi condotta in Commissione, con il confronto continuo con la filiera produttiva, ci abbia condotto ad una maggiore chiarezza e a una semplificazione per le aziende. Gli articoli 23 e 24 fanno riferimento alla commercializzazione e dettano norme in merito ai requisiti che devono possedere i mosti e i vini detenuti negli stabilimenti ai fini della loro commercializzazione.
  Il Titolo III si riferisce alla tutela delle denominazioni di origine, delle indicazioni geografiche e delle menzioni tradizionali, unifica tutta la disciplina normativa concernente i vini a denominazione di origine e a indicazione geografica. La sua redazione è stata attuata mediante una riorganizzazione più coerente delle disposizioni introdotte dal decreto legislativo n. 61, rendendole più semplici e di maggiore fruibilità, realizzando delle integrazioni con i decreti applicativi, laddove si è ritenuto necessario. Nel Capo I ci sono alcune novità riguardo agli ambiti territoriali, dove è stato specificato che solo le denominazioni di origine possono prevedere l'indicazione di sottozone, purché designate con specifiche norme geografiche, e sono previste nel disciplinare di produzione, articolo 28, e si riferisce poi alla coesistenza di più DOCG e DOC o IGT nell'ambito del medesimo territorio, e, tra l'altro, al termine «gran selezione», che non può essere attribuito congiuntamente alla menzione «superiore» o «riserva», fatta eccezione per le DOCG, articolo 30.
  Il Capo II affronta la protezione nell'Unione Europea, procedure per il conferimento della protezione delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche. Si affrontano le questioni circa la modalità e i tempi per i riconoscimenti e la decadenza delle denominazioni. Vorrei citare l'articolo 34, dove si richiede nel disciplinare di produzione, accanto alla resa minima di uva a ettaro, anche l'indicazione della relativa resa di trasformazione in vino o la resa massima di vino per ettaro.
  L'articolo 38 affronta la gestione delle produzioni e anche il tema degli esuberi delle produzioni stesse. L'articolo 39 fa riferimento al Comitato dei vini, e questo riguardo anche alle nuove disposizioni dell'OCM.
  Al Capo V l'articolo 40 regola i consorzi di tutela e il Capo VI i concorsi enologici.
  Il Titolo IV, a partire dall'articolo 42, affronta il tema «etichettatura e pubblicità». Si chiarisce, all'articolo 43, il riferimento all'uso dei nomi geografici in assenza di DOP o IGP, chiarendo alcune questioni.
  L'articolo 47, che è un articolo che ha richiesto parecchia discussione, riguarda il contrassegno, cioè l'identificazione che i vini DOC e DOCG hanno, la cosiddetta fascetta. Viene introdotta, accanto a questo meccanismo, a questo strumento, la possibilità di utilizzare anche altre modalità, modalità telematiche, che poi sarà il Ministero ad individuare.
  Si tratta di una liberalizzazione, in questo senso. Altro elemento di novità è quello che le IGT possano dotarsi, qualora lo decidano, di un sistema di contrassegno, che non può essere, evidentemente, quello della fascetta della DOCG.Pag. 5
  Il Titolo V, dall'articolo 48 al 56, disciplina la denominazione, la produzione e la commercializzazione degli aceti. Le principali novità introdotte in Commissione riguardano la previsione di modalità semplificate per l'iscrizione nel registro di carico per gli stabilimenti con produzione inferiore a venti ettolitri. Il Titolo VI, articoli da 57 a 60, si occupa di adempimenti amministrativi e controlli.
  Il Capo I, intitolato «Adempimenti amministrativi», è relativo alle dichiarazioni da fornire nel servizio SIAN. Devo dire che da questo punto di vista è importante, perché dal 1o gennaio è stato introdotto il registro telematico, e quindi – lo dico anche rispetto a questo testo – questo testo marcia in modo parallelo a quello strumento.
  Dall'articolo 61 al 67 viene affrontato il tema dei controlli, un tema fortemente dibattuto. I controlli sulle imprese del settore vitivinicolo confluiscono nel registro unico dei controlli, all'articolo 63, e i controlli sui disciplinari nelle denominazioni di origine e indicazioni geografiche vengono effettuati da autorità pubbliche o da organismi di controllo privati.
  Da questo punto di vista, all'articolo 63 viene introdotto il principio per cui un solo organismo di controllo debba e possa visitare le aziende. È una questione molto dibattuta, perché aziende possono avere e fare riferimento a piani di controllo diversi, e quindi anche a organismi di controllo differenti. Viene sancito, attraverso questo articolo, che soltanto un organismo di controllo può fare questo tipo di lavoro per le aziende. Questo significa un onere inferiore per l'azienda stessa in termini di costi e in termini di tempo.
  Il Titolo VII della legge è dedicato al sistema sanzionatorio. Vorrei citare l'articolo 85, dove viene introdotta la fattispecie del ravvedimento operoso. Viene trasportato nel settore agroalimentare, specificatamente nel settore del vino, uno strumento già in essere nella legislazione fiscale: la possibilità, cioè, per un operatore, per un'azienda, per un produttore che si trovi in una situazione non regolare, di mettersi volontariamente in regola attraverso una riduzione fino a un ottavo della sanzione. È una novità importante, una novità che viene introdotta per la prima volta nel sistema agroalimentare, e, riteniamo, una novità che al settore del vino possa fare bene.
  L'articolo 86-bis, introdotto durante l'esame in Commissione, disciplina la somministrazione di prodotti agroalimentare contestualmente a quella del vino nelle strutture chiamate Strade del Vino. Sono strumenti che in questi anni sono maturati tantissimo, hanno consentito uno sviluppo di quel turismo che è chiamato enoturismo, che sta riscuotendo un successo crescente in questo Paese. È la possibilità di dotare le aziende, di offrire, accanto ai propri prodotti vitivinicoli, anche altri prodotti agroalimentari, e quindi di fornire un'offerta in più ai turisti, sempre più attenti a questo settore.
  Il Titolo VIII riguarda le norme transitorie e quindi l'adeguamento di questo testo nel tempo.
  Chiudo ribadendo ancora il lavoro collegiale che è stato condotto, che è stato condotto con tutte quante le forze politiche, un lavoro attento e approfondito. Un lavoro che ha visto anche il confronto continuo con il Ministero e con la filiera produttiva. Da questo punto di vista, siamo partiti da due testi profondamente diversi, siamo riusciti ad arrivare a una sintesi condivisa dentro i gruppi parlamentari e ad avere una sintesi anche fuori.
  Io credo che questa sia un'occasione importante per il Paese, perché il Governo e il Parlamento potranno dare un segnale concreto ad un settore in crescita. Noi registriamo sempre un aumento della capacità di questo settore, di questo comparto, sulla bilancia commerciale e gli exploit che ottiene questo comparto vengono richiamati continuamente. Il fatto che si parta e si ottenga un testo unico, un testo di settore per il comparto e che questo parta dal vino non è un caso, perché è forse uno dei settori più dinamici con rappresentanze e con una filiera, con un ambito produttivo, che è stato in grado di colloquiare, di arrivare a una sintesi e di lavorare con il Parlamento. Quindi, io Pag. 6vorrei ringraziare per il lavoro condotto il Ministero, i colleghi, le altre forze politiche e naturalmente le rappresentanze.

  PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire successivamente.
  È iscritto a parlare l'onorevole Taricco. Ne ha facoltà.

  MINO TARICCO. Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, il nostro Paese è un grande Paese. Lo è perché la storia che abbiamo alle spalle è lì a testimoniarlo, lo è perché i numeri, nonostante la situazione di difficoltà economica, lo certificano, lo è perché le generazioni che ci hanno preceduti lo hanno reso grande, ma lo è anche perché oggi tanti settori, tanti operatori nel nostro territorio, segnano un'eccellenza importante. Nel comparto vitivinicolo questo aspetto è sicuramente uno di quelli trainanti nella nostra economia. Solo due dati per dire quanto questo sia vero: nel 2015 noi abbiamo avuto una produzione in quantità che ha rasentato i 50 milioni di ettolitri, quest'anno saremo di un qualcosina inferiori; in ambedue gli anni comunque siamo stati i primi produttori da questo punto di vista. Lo è perché nell’export abbiamo ampiamente superato l'anno scorso i 5 miliardi di euro, avvicinandoci quasi ai 5,5; i dati di quest'anno sono assolutamente confortanti. Lo è perché la qualità che questo comparto e questo settore riversano sull'immagine del Paese, qualità che fa da traino ad altri settori, quello turistico e tanti altri comparti, è assolutamente fondamentale. Un successo quello del nostro comparto vitivinicolo, enologico, che è stato costruito negli anni da scelte lungimiranti. L'aver puntato dopo il disastro del 1986, sulla qualità, sulla sicurezza dei nostri prodotti, sulla certificazione di questa qualità, sulla trasparenza assoluta del settore, l'aver puntato con un investimento importante sui vitigni autoctoni e sul legame al territorio, credo siano alcuni degli elementi che hanno reso assolutamente grande questo comparto e con esso l'immagine del nostro Paese.
  Questa straordinarietà di cui stiamo parlando, chiedeva da anni, l'ha già detto bene il relatore nel suo intervento prima, un intervento di manutenzione straordinaria. La risposta a questa domanda è il testo unico di cui stiamo parlando, che è al tempo stesso, la risposta ad un'esigenza che veniva dal settore ed è una straordinaria opportunità per tutto il comparto vitivinicolo, enologico, ma anche per il nostro Paese in generale. Lo ha detto bene prima il relatore: è un percorso che è nato bene, è nato da una collaborazione importante in tutto il settore, pur partendo da punti di vista diversi anche all'interno del settore, è nato con il lavoro portato avanti dal Governo attraverso il Ministero dell'agricoltura e dal grosso lavoro che è stato fatto nella Commissione nei mesi passati.
  È un lavoro che ha tre grandi obiettivi (è già stato accennato prima): un processo di semplificazione che renda maggiormente competitivo questo settore, togliendo tutto ciò che è ridondante e inutile; la importante valorizzazione del prodotto, cogliendo opportunità nuove; l'assoluta garanzia di trasparenza, che viene accresciuta in molte questioni, nei confronti dei consumatori. Tutto ciò rende il testo unico un percorso importante.
  Negli scorsi mesi abbiamo letto di alcune organizzazioni del settore che hanno detto che, se avessimo anche soltanto fatto una ricomposizione di tutta la dispersione normativa che c'era in un unico testo, ne sarebbe comunque valsa la pena. Ecco, io credo che il testo che noi abbiamo tra le mani ha l'ambizione concretamente di fare molto di più, perché, come è stato detto, avvia un percorso importante di semplificazione, di trasparenza, di valorizzazione e stringe un rapporto forte con i consumatori.
  Solo tre o quattro questioni, o forse qualcuna in più, che ritengo fondamentali citare di questo testo. L'ha detto bene prima il relatore: noi andiamo ad affermare all'articolo 1 che questo mondo, questo settore, questo insieme di valori, è un patrimonio del Paese. Credo sia un dato non banale, è un dato di consapevolezza Pag. 7che chiunque vive sui territori tocca quotidianamente con mano e, quindi, era importante che la legge, la norma, lo chiarisse.
  All'articolo 6 vi è il tema dei vitigni autoctoni. Nel momento nel quale, a livello globale, è in atto una straordinaria offensiva per cercare di copiare tutto e il contrario di tutto, cercando di normalizzare tutte le produzioni, noi affermiamo che alcune questioni sono quelle e non altre e andiamo a definire con legge cosa sono vitigni autoctoni e cosa non lo sono. Si è affermato, all'articolo 7, il tema dell'univocità dei dati facendo riferimento alla schedario. Credo si abbia, anche qui, un passaggio che apre a semplificazioni, a chiarimenti futuri straordinari. L'articolo 8, già è stato citato, permeerà tutto il testo: una serie di semplificazioni generali, ma con un'attenzione particolare alle piccole cantine, alle piccole realtà produttive. All'articolo 14 vi sono le agevolazioni previste per quel che riguarda tutta una serie di semplificazioni, ad esempio, in alcuni casi, per gli agriturismi, per alcune funzioni che sono chiamati a svolgere. Nell'articolo 36 viene unificata tutta una serie di dichiarazioni che venivano fatte in tempi e modalità diverse dagli operatori. All'articolo 43 vi è una serie di elementi aggiuntivi di chiarificazione dei contenuti dell'etichetta, dentro questa scommessa di trasparenza nei confronti dei consumatori. Nell'articolo 44 vi è un chiarimento ovvero che solo i vitigni che sono presenti con più del 15 per cento potranno comparire in etichetta. Anche qui può sembrare una cosa banale, ma è un atto di grande correttezza, lealtà e trasparenza nei confronti dei consumatori, come ha detto Massimo Fiorio prima. All'articolo 47 vi è l'apertura di una sperimentazione straordinariamente importante per le DOC e le IGT, per quel che riguarda la possibilità di andare verso codici alfanumerici o altri sistemi che superino comunque la fascetta tradizionale. All'articolo 48 e seguenti vi è il riordino della materia per quel che riguarda l'aceto con due orizzonti molto chiari: la semplificazione per i piccoli, da una parte, e la chiarificazione maggiore dell'origine di prodotto per tutta la produzione. All'articolo 57 e seguenti si prevede che il SIAN venga individuato come luogo di base, di origine, di tutti gli adempimenti; noi crediamo sia un passaggio assolutamente fondamentale. All'articolo 63 e seguenti, il tema dei controlli unificati – come è stato detto – sia per quel che riguarda i soggetti che opereranno questi controlli sia per quel che riguarda le analisi e i controlli stessi.
  Ci sono un sacco di questioni, ne cito solo altre ancora, come il tema delle sanzioni, come è stato detto – credo sia un passaggio epocale –, non tanto e soltanto perché si introduce il ravvedimento a fianco della diffida e al pagamento in soluzione ridotta, ma perché attraverso questo tipo di scelta si cambia l'orizzonte: l'orizzonte non è tanto irrogare la sanzione ma indurre a comportamenti corretti tutti gli operatori e aiutare ad aumentare la quantità e la qualità nel rispetto delle norme. All'articolo 68 il tema delle sanzioni per il mancato impianto entro i tre anni, con l'introduzione di una progressività di sanzione da una parte e la riduzione della sanzione nel caso di piccoli sforamenti, sia in termini percentuali che di superficie; all'antico 86, che è già stato citato, la semplificazione delle strade del vino e poi molti altri adempimenti che adesso, per ragioni di tempo, non vado a citare.
  Credo che ci siano due grosse questioni che attraversano poi tutto il testo, e una l'ho già detta prima: ci sono in moltissimi articoli semplificazioni per tutto il sistema, ma in particolare per i piccoli operatori; l'altra grande questione che attraversa tutto il testo è l'adeguamento, per quel che riguarda le pratiche enologiche, alle normative di diritto comunitario – che normalmente sono meno restrittive delle nostre – lasciando però in capo ai consorzi di tutela per le denominazioni di origine la definizione delle norme che valgono per quella denominazione. Alcune organizzazioni di settore, commentando questo testo nelle settimane scorse, hanno detto che, se approvato con tutti i provvedimenti previsti e connessi, esso comporterà una riduzione Pag. 8del 50 per cento del tempo, dalla vigna al tavolo del consumatore, a carico delle aziende. Io non so se sarà il 50 per cento o altro, sicuramente sono convinto che questo testo darà un grandissimo contributo in termini di semplificazione, in termini di spinta propulsiva a un settore che ha tutte le carte in regola per poter veramente essere un motore di trazione per il Paese.
  Credo che il lavoro che il Parlamento si appresta a fare adesso con il passaggio in Aula sia importante, e lo credo per una serie di motivi, il primo di questi è un dato che ho citato all'inizio: noi siamo i primi produttori in quantità di vino, abbiamo però il valore di una produzione che ha molta strada ancora da fare. Nel 2014, dati e stime che sono state fatte dicono che il valore della produzione vitivinicola nazionale era di poco inferiore ai 12 miliardi di euro, quella francese, però, era intorno ai 24 miliardi di euro; nel 2015 siamo saliti a quasi 13 miliardi e mezzo di euro, ma quella francese è salita oltre i 27 miliardi di euro. Quindi, da questo punto di vista, il dovere che noi sentiamo nel lavoro e che abbiamo portato avanti è quello di dare a questo settore strumenti e potenzialità per poter crescere in questo campo. Crediamo che questo sia un lavoro fondamentale che facciamo, perché parlare di produzione vitivinicola, di comparto enologico, vuol dire parlare sicuramente di vino, vuol dire parlare sicuramente di vigne, ma vuol dire parlare di turismo, vuol dire parlare di territorio, vuol dire parlare di idea di qualità percepita dai cittadini e dalle persone che guardano al nostro Paese.
  Quindi, credo che questo lavoro che abbiamo fatto e che adesso l'Aula ha il compito di migliorare e poi approvare sia fondamentale, proprio come risposta a un'opportunità del Paese, un'opportunità importante.
  Come dicevo prima, in Commissione – e vado a concludere – abbiamo fatto un lavoro importante: tantissimi emendamenti, tante modifiche. È stato un lavoro, dal mio punto di vista, molto bello, perché condiviso nel merito con tutti i gruppi che erano presenti in Commissione.
  Credo che le giornate che abbiamo di fronte siano in qualche misura storiche, non soltanto per questo comparto, che attende da qualche anno o forse da qualche decennio questo tipo di risposta, ma per tutto il Paese, perché potrà cogliere opportunità nuove che sicuramente saranno i temi su cui si giocheranno politiche di sviluppo di tutto il Paese per il futuro (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Paolo Russo. Ne ha facoltà.

  PAOLO RUSSO. Presidente, è una norma importante questa, una norma – ho ascoltato – necessaria ed anche concreta, perché incide significativamente in modo diretto sulle attività delle centinaia di migliaia di imprese agricole del nostro Paese; una norma anche – si è detto – attesa, e attesa da molto tempo, addirittura improcrastinabile; una norma che disegna anche un profilo di armonia nel coacervo di regole, cavilli e codicilli che, viceversa, sono costrette ad affrontare le migliaia di imprese italiane che si affacciano ad un'attività così esaltante e anche così faticosa.
  Ma il primo tema che vorrei porre qui, che pongo proprio in ragione del fatto che è tanto attesa, oserei dire attesa da qualche decennio, una manutenzione straordinaria necessaria, è: le nuove condizioni che potrebbero determinarsi tra qualche anno, l'evoluzione della scienza, la tecnica, l'innovazione e anche le esigenze, perché no, di mercato, come ci porranno di fronte alla norma che andiamo ad approvare in queste ore ? Ci vedranno pronti a ridisegnare una nuova norma o non, piuttosto, sarebbe stato meglio redigere un testo non col centinaio di articoli che leggo, non con le centinaia di pagine di cui è formato, ma magari con una decina di articoli di principi e poi tutte deleghe, attraverso l'azione di decreti legislativi da una parte, attraverso l'azione di regolamenti di attuazione, attraverso insomma l'esercizio con strumenti più celeri e anche più facilmente emendabili ?Pag. 9
  La questione di principio che andiamo ponendo è esattamente questa: vogliamo dare un servizio necessario, utile, indispensabile e improcrastinabile – si è detto in queste ore – alla filiera, e che poi questo servizio sia lì, fermo, statico, adinamico, immodificabile per il prossimo decennio e per i prossimi due decenni o, piuttosto, non volevamo dare le medesime, utili indicazioni tese a semplificare da una parte, sburocratizzare dall'altra, chiarire ancora tutto questo, ma costruito in una logica in divenire, tipica di norme che hanno un alto contenuto, un alto tasso di tecnicismo ?
  Si è detto che la norma deriva anche dalle evoluzioni normative comunitarie, nazionali, dalla necessità anche di armonizzare le norme regionali: che faremo, troveremo la stessa difficoltà che si è incontrata nella XIII legislatura, nella XIV legislatura, e che abbiamo poi trascinato sin qui ? Proveremo a misurare le medesime difficoltà o più opportunamente non avremmo potuto seguire un'altra strada, diversa, semmai delegificare, ridurre il numero delle norme, ed alimentare con deleghe, decreti legislativi dei ministeri e regolamenti ?
  Guardate, non ve lo dice un parlamentare della maggioranza interessato a che il suo Governo possa far di più, ve lo dice un parlamentare delle opposizioni che vuole che ci sia un rapporto dialogico più vivace ma soprattutto più veloce con la filiera vitivinicola.
  Questo è il punto nodale che noi proviamo a porre, senza voler far paragoni con la norma, che pure esiste in Paesi nostri competitor importanti sul piano internazionale, penso alla Francia, alla Spagna, con poche decine di articoli, e il resto tutto devoluto all'azione rapida ministeriale. La domanda che io proverei a formulare è: ma perché in tutti questi anni si è provato e poi non ci si è riusciti ? E per quale ragione dovremmo pensare che, per fortuna, oggi, ci riusciamo e poi domani ancora ci riusciremo a modificare ciò che oggi naturalmente non possiamo prevedere ? Dodicimila parole, perché non seguire l'esempio della Francia o della Spagna su questo fronte ? Sono norme ad alto profilo tecnico quelle che affronteremo in quest'Aula: l'altezza dei tappi, i contenuti chimico fisici, le qualità organolettiche, le definizioni dei recipienti, gli aceti, insomma, profili di così alta tecnicità che, ovviamente, non solo allontanano chi dovrà votare in quest'Aula, sul piano della partecipazione attiva, viceversa, ad un disegno di legge che rappresenta il valore nazionale, il valore del nostro Paese, la voglia del nostro Paese di competere sul piano dei mercati nazionali e internazionali con un prodotto che rappresenta la storia, la vivacità, la capacità di fare intrapresa delle nostre aziende agricole. E poi come faremo con la scienza, domani, domattina, con le novità tecnologiche, con le emergenze di mercato, con le necessità che deriveranno da condizioni particolari, come faremo ? Torneremo in quest'Aula e prima in Commissione con una nuova elaborazione di tutta la filiera, faremo un altro testo; lo dico con franchezza, credo che la strada scelta sia stata una strada sbagliata, nel mentre dico questo, è evidente che sto qui a significare come il testo sia assolutamente indispensabile, si è fatto un passo in avanti straordinario, ciò che è scritto per norma e che andava scritto attraverso regolamenti è assolutamente indispensabile per quella filiera, proprio in un momento in cui il settore vino vive una vicenda particolarmente difficile, complicata; penso alla vicenda dell'OCM, penso ai colpevoli ritardi del Ministero, che devo dire in queste ore mi preoccupano e ci preoccupano più della norma stessa. Non basta, e lo sapete, promuovere su piattaforme internazionali un po’ di vino nazionale per credere che quella sia la sola strada della promozione del made in del nostro vino all'estero; le nostre risorse OCM sono bloccate; non so nemmeno bene se è una vicenda che riguarda pasticci interni, incomprensioni, leggerezze, forzature, i soliti grandi contro i piccoli o, meglio, i furbi e gli informati a danno del made in e della qualità dei territori, il solito studio professionale che vale sempre uno per tutti, è altra storia, Pag. 10questa, ma pensiamo, viceversa, al merito del provvedimento, rispetto al quale passi in avanti importanti sono stati fatti.
  Ovviamente, il nostro è un giudizio, come abbiamo detto, critico nella modalità di approccio, ma favorevole rispetto al merito delle questioni. Ve ne sono ancora di questioni aperte, che noi suggeriremo in chiave di emendamenti ai quali ci aspettiamo una risposta diretta, concreta, efficace; penso alle norme transitorie, penso alla storia annosa dei contrassegni dell'Istituto poligrafico dello Stato, sono tutte questioni che noi poniamo sul piano della libertà di impresa, prima che della libertà di impresa nel settore vitivinicolo. Pensiamo che non serva un nuovo balzello a danno degli imprenditori agricoli, pensiamo che piuttosto serva andare sul mercato e provare a trovare, con quelle specifiche tecniche, il migliore prodotto al prezzo minore, poi, poniamo una questione che riguarda l'accreditamento e l'equiparazione degli organismi pubblici e privati e poi la composizione del Comitato nazionale vini.
  Devo dire che non comprendiamo le ragioni dell'esclusione degli agronomi e dei dottori forestali, sono questioni che noi offriamo alla valutazione del Governo e del relatore, sono certo che sono questioni, ovviamente, tutte di merito, non sono né strumentali, né speciose, ed è evidente che rispetto alla risposta a queste domande noi guarderemo, in queste ore e nelle prossime attività d'Aula, come a un elemento essenziale anche per misurare il comportamento di Forza Italia su un tema che, viceversa, noi vorremmo fosse il tema del Paese: il vino come bandiera nazionale, come elemento di qualità, come elemento che rappresenta la storia, il civismo, il sudore, l'innovazione, la scienza e la voglia delle nostre imprese di competere e di vincere sui mercati internazionali. Per questa ragione esprimiamo un giudizio positivo sul lavoro sin qui svolto, esprimendo accanto a quel giudizio positivo anche le nostre perplessità rispetto ad una norma che ci sembra eccessivamente dotata di articoli e di commi. Avremmo preferito, in questo senso, non solo la semplificazione e la sburocratizzazione per quanto attiene il lavoro delle imprese, ma anche una delegificazione che avrebbe potuto consentire maggiore certezza e maggiore celerità in eventuali ulteriori e successive modifiche (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Zanin. Ne ha facoltà.

  GIORGIO ZANIN. Grazie, Presidente. Quasi in sintonia con quello che è appena stato detto, il mio intervento parte proprio da questa consapevolezza e cioè che il testo tecnico che andiamo a discutere può apparire ai meno esperti un passaggio parlamentare di scarsa rilevanza, ma in realtà non è così. Per provare a rappresentare questo concetto descrivo per sommi capi cosa sta succedendo dalle mie parti. Non so se lei, Presidente, è stato recentemente in Friuli-Venezia Giulia, però il settore vitivinicolo nel nord est sta vivendo una fase di profonda vivacità e trasformazione. Nel giro di pochi mesi sono state progettate ed ufficializzate la nuova DOC «Prosecco», la nuova DOC «Friuli» ed è in procinto di partire la nuova DOC «Pinot grigio delle Venezie». Tre denominazioni che da sole possono potenzialmente rappresentare tra il mezzo miliardo e il miliardo di bottiglie di vino a denominazione di origine controllata. Si tratta di numeri che sono in grado di stimolare economie a tutti i livelli e le varie componenti della filiera ne escono profondamente influenzate e arricchite, ma anche messe alla prova. Il comparto produttivo del territorio deve, infatti, mettere in campo una programmazione manageriale sufficientemente adeguata ad un simile impetuoso sviluppo potenziale. Servono strumenti al passo con i tempi ed uno di questi è chiaramente quello legato agli aspetti legislativi, perciò il testo unico vite e vino rappresenta in questa direzione la principale scommessa. In effetti, si chiedono al provvedimento, come implicitamente evidenziato – come ricordava anche il collega Taricco – dal lungo percorso Pag. 11condiviso in questi anni tra filiera produttiva e legislatori, una serie di misure che rendano la gestione della filiera sempre più semplice e snella, meno burocratica, più moderna ed efficace, in una parola: semplificazioni. Quella della semplificazione è un ritornello del mondo produttivo nazionale, gravato a diversi livelli da norme e regole che incidono in ultima istanza sul costo finale del prodotto e sulla sua qualità. È chiaro a tutti che un imprenditore agricolo impegnato con gli organi burocratici, oltre ad affrontare maggiori spese, ha chiaramente meno tempo da dedicare all'attività produttiva vera e propria; perciò mentre ci accingiamo a trasformare il lungo lavoro legislativo nella nuova piattaforma di lavoro per le migliaia di aziende nazionali impegnate nella produzione vitivinicola, che, tra l'altro, con il suo indotto commerciale coinvolge davvero una quota significativa dell'occupazione nazionale, dobbiamo, dunque, domandarci se il risultato ambizioso di semplificazione sia raggiunto, pur mantenendo l'elevata garanzia di qualità produttiva che fa del vino italiano un'eccellenza internazionale riconosciuta con una bilancia commerciale in attivo. La risposta è: certamente sì; in primis per il valore di semplificazione intrinseca che il testo unico comporta, stabilendo un nuovo sostanziale punto di riferimento in grado di sfoltire in un sol colpo la grande mole di legislazione incrociata che appesantisce la vita di ogni vigneto e cantina, in secondo luogo perché all'interno del provvedimento trovano forza concetti di semplificazione autentica.
  Il punto sui controlli è decisamente un buon esempio, se solo si pensa a quanto incide questo aspetto nella vita delle cantine. I controlli ci devono essere, perché, se ben gestiti, migliorano la qualità dei vini e la reputazione delle denominazioni e delle aziende. Ma non è più accettabile che in azienda vi sia questo continuo via vai di enti diversi che controllano le stesse cose, magari applicando la legge con diverse interpretazioni e procedure. Non è accettabile che si usi ancora la carta e che in taluni casi i tempi di risposta siano ancora così lunghi. Dunque, è rilevante che in questa materia si sia ora legiferato, assumendo il principio del punto di vista del produttore: non meno controlli, ma meno oneri di controllo per chi sta alla base del processo produttivo.
  Un altro aspetto fondamentale è quello riguardante la materia sanzionatoria. Si tratta infatti di un passo in avanti nel costume nazionale. Risulta determinante infatti l'applicazione della diffida, la quale consentirà alle imprese, spesso in buona fede, di adeguarsi alla complessa normativa vigente senza contestazioni amministrative, che possano mettere in difficoltà le aziende. Deve prevalere il concetto che dal buon lavoro secondo legge emerge un prodotto che può dare risultati in termini di ritorno economico. Si tratta, dunque, di una collaborazione attiva fra produzione, controllo e amministrazione, a proseguire il percorso di formazione di un ethos nazionale, dove la furbizia sia messa al bando, non solo perché non è giusta, ma anche perché non conviene. Poi, se ci sono recidive, è sacrosanto che si paghino le sanzioni, ma una diffida, il cartellino giallo, può consentire a tutti un normale adeguamento agli adempimenti di legge.
  L'attuale proposta contiene importanti innovazioni che potrebbero rendere applicabili i benefici di cui si senta effettivamente bisogno. La materia del bio dovrebbe effettivamente essere migliorata, il settore è in forte crescita e la questione controlli risulta una fondamentale garanzia della qualità e genuinità dei prodotti. Tuttavia, anche in questo caso, è sufficiente qualche visita sul campo per domandarsi: forse si chiedono troppe carte per poi avere in effetti pochi riscontri effettivamente probanti della corretta pratica agricola ?
  Insieme alle sottolineature di aspetti positivi è utile aggiungere anche qualche spunto sugli aspetti che il testo non affronta. Qualche collega ne ha fatto cenno. In questo caso scontiamo un dibattito non ancora compiuto su alcuni aspetti dell'innovazione, che potrebbero risultare decisivi per lo sviluppo futuro del comparto.Pag. 12
  Parliamo anzitutto della migliore valorizzazione della ricerca nazionale in materia di vitigni resistenti. Le diciotto nuove varietà di vitigni registrate nel 2013 sono state ottenute – dieci di queste in Italia – attraverso un programma di incroci, che ha utilizzato come parentali di pregio le migliori varietà commerciali e come parentali resistenti selezioni ottenute dopo parecchie generazioni di reincrocio su vitis vinifera di ibridi prodotti all'inizio del secolo scorso. Questa scelta italiana ha permesso di ottenere varietà che non si differenziano dalle varietà di vitis vinifera note, se non per la conservazione, lungo le generazioni di reincrocio, dei geni di resistenza alle malattie, tanto che le stesse si possono considerare a tutti gli affetti varietà di vitis vinifera e non ibridi, avendo oltre il 90 per cento del genoma delle vinifere. Ciò è in funzione del fatto che, allorquando nel processo di ibridazione si superano i tre cicli di incrocio, si ottengono individui che statisticamente presentano più del 90 per cento di genoma della parentale di vitis vinifera. Dal punto di vista ampelografico, agronomico e soprattutto enologico, non esistono elementi concreti per non considerarle a tutti gli effetti come vitis vinifera, in quanto i parametri con cui si individuano nel vino gli ibridi di specie selvatiche (quali alcool metilico, il furaneolo, il metilantranilato) sono assenti o nettamente inferiori ai limiti fissati dalla normativa italiana, che tra l'altro e più restrittiva di quella europea. È un risultato importante che attraverso alcuni anni di lavoro sperimentale sostenuto in primis dall'importante polo dei vivai cooperativi di Rauscedo in provincia di Pordenone, che tuttavia non possiedono ancora i crismi di legge atti alla classificazione DOC, necessaria al pieno sviluppo delle potenzialità di tale percorso, potenzialità davvero importanti. Le nuove varietà resistenti sono, infatti, in grado di eliminare circa l'80 per cento dei trattamenti fitosanitari contro oidio e peronospora. È bene ricordare a questo proposito che il comparto vitivinicolo nell'ambito del settore agricolo assorbe in Europa il 65 per cento di tutti i fungicidi utilizzati per la difesa delle colture agricole, pur interessando una superficie pari solamente al 3,5 per cento. La coltivazione di vitigni resistenti servirà perciò ad assicurare sia la maggior salubrità del prodotto sia la salvaguardia dell'ambiente, oltre la riduzione dei costi di produzione. È una strada che ha bisogno, dunque, di un salto di qualità nel metodo classificatorio, anche per evitare di scontare il danno e la beffa di produzioni europee che, similmente ottenute da procedure di incrocio, avendo ottenuto la classificazione DOC, sopravanzino commercialmente il prodotto nazionale.
  Arrivo alle conclusioni, che evidentemente ci invitano a qualificare questo sforzo legislativo con importanti ricadute positive in un comparto produttivo di eccellenza nazionale, un punto di caduta importante che fa seguito al percorso di ascolto, confronto e studio da parte del legislatore. È un altro segnale del cambiamento di verso che anche in campo agricolo questa legislatura sembra realizzare, un percorso virtuoso che porta con sé l'impegno a proseguire nello sforzo di semplificazione e di innovazione, naturalmente anche al di là del dato tecnico legato alla produzione, un percorso perciò, come testimoniato fra l'altro da alcune proposte di legge già depositate, che deve essere coerentemente proseguito anche nella cura del suo incrocio con i temi del paesaggio, della cura enogastronomica e del turismo, per avvicinarci sempre di più alla realizzazione dello slogan che ci ricorda spesso il presidente della Commissione ambiente Realacci: «L'Italia che fa l'Italia» (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. A questo punto sospendo la discussione sulle linee generali. La seduta riprenderà alle ore 14,30.

  La seduta, sospesa alle 13,30, è ripresa alle 14,30.

Pag. 13

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati La Russa e Portas sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
  I deputati in missione sono complessivamente ottantotto, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

Si riprende la discussione del testo unificato delle proposte di legge nn. 2236 e 2618-A.

(Ripresa discussione sulle linee generali – A.C. 2236-2618-A)

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Benedetti. Ne ha facoltà.

  SILVIA BENEDETTI. Signor Presidente, dopo il lungo lavoro in Commissione agricoltura, finalmente il testo che contiene la disciplina organica della coltivazione della vite e della produzione e del commercio del vino è in dirittura di arrivo. Non serve ricordare qui il lavoro fatto per unificare i diversi progetti di legge di iniziativa parlamentare, che sono stati poi integrati con innumerevoli emendamenti e avendo sempre presenti tra l'altro le sollecitazioni e raccogliendo in modo scrupoloso le osservazioni che abbiamo recepito dalle realtà grandi e piccole del comparto vitivinicolo. Lo sforzo compiuto da parte nostra è stato direttamente proporzionale all'importanza per raggiungere questo traguardo, traguardo ambizioso quanto necessario, vista la rilevanza della materia in discussione, viste le esigenze della filiera, vista l'inadeguatezza incolmabile delle normative caotiche e iperburocratiche esistenti che, anziché facilitare il lavoro degli operatori di settore, lo hanno più spesso intralciato. Quindi in questi anni abbiamo avuto la frammentazione delle tante regole, racchiuse in decreti, leggi e regolamenti europei e che ha reso difficile l'interpretazione e quindi l'applicazione delle stesse a danno degli operatori, che si son visti costretti a fronteggiare procedure burocratiche e infiniti adempimenti, oltre a subire ripetuti controlli e duplicazioni di ogni genere. Quindi mi aggrego ai colleghi che sono già intervenuti in questa importante osservazione ed è per questo che era un obbligo per noi legislatori tutti lavorare per offrire uno strumento chiaro e valido e soddisfare sia i viticoltori e vinicoltori che i consumatori. D'altra parte, se si è riusciti nel compito di produrre un testo che razionalizzasse e semplificasse una materia tanto complessa, se si è riusciti a produrre un testo di maggiore aderenza alla realtà rispetto al passato questo è stato reso possibile soprattutto grazie al contributo costante fornito dalla filiera nel corso dai vari passaggi e nel lavoro che ci ha portato fino a qui, quindi la politica deve essere soprattutto ascolto delle istanze che provengono dai vari settori e questo lavoro ne è la dimostrazione. È doveroso ringraziare perciò i tanti operatori del comparto vitivinicolo per la pazienza, per lo scrupolo e la dedizione impiegati. Più che le proposte concrete, ciò che ritengo abbia rappresentato un apporto insostituibile sono state le loro preoccupazioni, in particolare appunto quella che il nuovo sistema potesse risultare perfino più farraginoso di quello attualmente in vigore, quindi che nello sforzo di semplificare – che è l'obiettivo, per noi del MoVimento 5 Stelle, centrale – si scivolasse nel complicare ulteriormente, così come la preoccupazione che l’input dell'Europa, con la nuova normativa, fosse un impedimento piuttosto che un'opportunità per l'organizzazione di un comparto strategico come quello di cui stiamo parlando, un comparto strategico sia in virtù dell'estensione della superficie vitata nazionale, sia per il potenziale economico che essa è in grado di esprimere. Vorrei ricordare che stiamo parlando di un comparto in crescita, quindi se ci pensiamo bene è una mosca bianca nel panorama di Pag. 14crisi che attraversa l'Italia e di sicuro in ambito agroalimentare uno dei pochi che ha visto una programmazione consapevole da parte del Ministero delle politiche agricole e forestali. Sappiamo anche che quest'anno il vino italiano conferma la propria leadership mondiale per quantità prodotta, quindi circa 48 milioni e mezzo di ettolitri, che vale un 9 per cento in più sulla media degli ultimi cinque anni, basti pensare che in Francia la produzione del 2016 è stata stimata intorno ai 42 milioni di ettolitri, pari a meno 7 per cento sulla media degli ultimi cinque anni, mentre in Spagna si parla di una vendemmia in linea con 43 milioni di ettolitri rispetto alla media degli ultimi cinque anni. Per quanto attiene agli altri principali produttori europei, la Germania ha una produzione stabile sui 9 milioni di ettolitri, mentre in Portogallo si registra un decremento a 5 milioni di ettolitri, pari ad almeno il 20 per cento in meno rispetto agli ultimi cinque anni. Dunque possiamo ben dire che riguardo a questo comparto segniamo un elemento in controtendenza positiva rispetto ad altri Paesi produttori. E che cosa evidenzia il focus a livello nazionale ? Se andiamo ad analizzare il nostro territorio, vedremo una sostanziale disomogeneità di situazioni: tra le prime quattro grandi regioni produttrici infatti solo la Sicilia mostra una lieve flessione, che è anche dovuta purtroppo al lungo periodo di siccità, mentre in crescita si stimano tutte le altre, quindi Veneto, Puglia ed Emilia-Romagna. Un fiore all'occhiello, un settore che ci parla di eccellenza nazionale, lo dicono questi numeri.
  Capite meglio perché questa materia andava maneggiata con estrema cura, come ci siamo sforzati di fare sin dal primo momento, impiegando il massimo senso di responsabilità per collaborare a questo testo di ottantanove articoli che, nonostante le criticità che lo attraversano, consideriamo positivo, sicuramente migliore del testo di partenza, anche grazie al nostro contributo. Credo di poter dire che grazie ai nostri emendamenti la filiera vitivinicola avrà più tutele per la biodiversità e per i piccoli produttori. Tra le migliorie che ci hanno trovato d'accordo o che abbiamo chiesto di inserire, apportate durante l'esame in Commissione, voglio segnalare all'articolo 1, ad esempio, l'aggiunta della parola «ambientale» a connotare il valore di rispetto e salvaguardia dell'ambiente e delle risorse naturali che dovrebbe caratterizzare la viticoltura, quindi è importante che sia una connessione imprescindibile. Poi, grazie al nostro emendamento, all'articolo 5 siamo riusciti a migliorare il testo attraverso la previsione di più tutele per tutti quei vitigni che sono stati impiantati a scopo di ricerca e conservazione del patrimonio genetico autoctono. Per quanto riguarda la planimetria dei locali di cui all'articolo 8, ci ha trovati concordi la modifica volta alla semplificazione delle comunicazioni agli uffici territoriali competenti; esse sono necessarie solo per specificare l'ubicazione dei singoli recipienti di capacità superiore ai mille litri e ciò vale per i titolari di cantina o stabilimenti enologici di capacità complessiva superiore ai 100 ettolitri, esentati dall'obbligo di presentare la planimetria dei locali all'Agenzia delle dogane e dei monopoli. All'articolo 12 abbiamo aggiunto una deroga a quanto previsto per la detenzione delle fecce, è consentita per un periodo più lungo per i produttori di quantitativi inferiori ai mille ettolitri l'anno e deve però chiaramente provvedersi al loro conferimento o smaltimento in modo agronomicamente razionale. L'articolo 39 prevede un Comitato nazionale di vini DOP e IGP, abbiamo chiesto una norma che prevede che l'incarico di membro effettivo del Comitato sia incompatibile con incarichi dirigenziali professionali svolti presso organismi di certificazione o altre organizzazioni aventi analoghe competenze. Purtroppo in questo contesto non è stata accettata la nostra richiesta di non poter riconfermare tali incarichi, anche perché durano già tre anni; per ciascuna DOP o IGP può essere costituito e riconosciuto dal MIPAF un consorzio di tutela allo scopo di offrire assistenza tecnica, proteggere i marchi dagli abusi e valorizzare la produzione e l'informazione ai consumatori. Un altro accenno che volevo Pag. 15fare è all'articolo 40, dove siamo riusciti a garantire una giusta rappresentatività dei protagonisti della filiera e dei soggetti inseriti nel sistema di controllo anche all'interno del Consorzio per la DOP del Marsala. Avremmo voluto garantire anche maggiori tutele e modalità per l'esercizio del diritto di voto nell'Assemblea del Consorzio, da esercitare con voto individuale all'interno di fasce di produzione, quindi in modo da assicurare un'adeguata rappresentatività – questo è un altro nodo importante – per quanto riguarda tutte le categorie di produttori e in modo che i voti di una fascia non siano superiori al 40 per cento di quelli spettanti a tutti i consorziati. Purtroppo l'emendamento proposto da noi in questo senso non è stato accolto ma resta un nodo da snocciolare eventualmente appositamente, con una normativa apposita. Dicevo prima che permangono delle criticità del testo, ci sono anche dei limiti sul piano della sostenibilità ambientale. Chiaramente questo atto normativo non riguarda nello specifico la parte ambientale, tuttavia voglio ricordare che abbiamo già chiesto con altri atti normativi e continueremo a chiedere al Governo che oltre alla tutela del comparto vitivinicolo come settore produttivo, che è importantissima, si provveda a garantire una maggior sostenibilità ambientale per questa coltura, soprattutto in alcune aree – mi viene in mente la zona del Valdobbiadene ad esempio – dove l'uso di pesticidi e fitosanitari appare veramente eccessivo. Quindi dai processi di produzione vanno eliminate in modo definitivo alcune sostanze chimiche e va anche regolamentato meglio il loro uso. Esistono purtroppo territori invasi da pesticidi che ancora vengono irrorati per via aerea, anche se la legge lo vieta, o comunque senza tutela alcuna per chi in quei territori abita. Quindi sostenibilità ambientale significa anche moltiplicare gli investimenti nella ricerca per una viticoltura ecosostenibile. Ecco, su questi aspetti, per noi molto importanti, il Testo unico è ancora carente e, ripeto, ci sono anche altri atti normativi su cui si può lavorare in tal senso. Nonostante le criticità che riscontriamo nella normativa di cui stiamo discutendo, il nostro voto sarà a favore e sarà a favore principalmente per alcuni motivi che ho già citato nel corso del mio intervento: gli obiettivi prioritari che sin dal principio abbiamo condiviso sono l'accorpamento in un Testo unico di tutte quelle norme che riguardano la filiera del vitivinicolo; la razionalizzazione della materia ma anche e soprattutto consentire all'azienda una più facile e chiara applicazione delle norme; un altro obiettivo importante che chiedevamo è una significativa semplificazione degli adempimenti burocratici, con alcune deroghe di immediata applicazione che potessero portare benefici agli operatori del settore. Ebbene, questi erano gli obiettivi di base e sono stati, secondo noi, conseguiti.
  Un'altra considerazione che riteniamo particolarmente positiva, che investe il complicatissimo ambito dei controlli, è l'avere introdotto il cosiddetto ravvedimento operoso, per cui si consente la regolarizzazione volontaria dell'eventuale illecito attraverso il beneficio della riduzione delle sanzioni, sempre che l'illecito, chiaramente, non riguardi infrazioni che impattino negativamente sulla sicurezza alimentare. Altra cosa positiva inserita nell'ambito dei controlli è quella già citata anche dai colleghi precedentemente, ossia l'istituto della diffida.
  Avremmo preferito che il testo venisse approvato direttamente in Commissione per velocizzare l'iter e dare alla filiera una legge attesa da anni in tempi più rapidi possibili. Ciò non è stato possibile e chiaramente non per nostra responsabilità, quindi auspichiamo che al momento, e in Aula poi, ci sia un'esame e un'approvazione di questo testo il più celere possibile, in modo da dare finalmente delle risposte alla filiera, che queste risposte attende da anni.

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Mongiello. Ne ha facoltà.

  COLOMBA MONGIELLO. Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, oggi affrontiamo una discussione importante per Pag. 16questo settore, un settore agroalimentare la cui punta di diamante è il vitivinicolo, indiscutibilmente determinante per la economia e la reputazione nazionale. Il vino esprime – come noi tutti sappiamo – come pochi altri prodotti della terra le caratteristiche uniche del nostro Paese: paesaggio irripetibile dei vigneti italiani, alcuni premiati come bene immateriale dell'UNESCO, la cultura millenaria dei nostri territori e la qualità eccellente delle molteplici trasformazioni. Tutto ciò ha un valore: nel 2015, secondo le elaborazioni ISMEA su dati Istat, l’export italiano ha registrato un incremento del 4 per cento su base annua, con un fatturato di circa 5 miliardi di euro, e per il 2016 si annuncia una vendemmia di ottimo livello, sia sul fronte qualitativo che quantitativo; si stima una produzione di circa 48,5 milioni di ettolitri, con un aumento pari al 9 per cento rispetto alla media degli ultimi cinque anni. E anche nel 2016 ci auguriamo che l'Italia confermerà la simbolica leadership mondiale nella produzione del vino.
  A fronte di tanta ricchezza e bellezza, è nostro compito garantire ai produttori e ai consumatori un ordinamento normativo più moderno, semplificato, per favorire ulteriori margini di crescita e sviluppo, e lo facciamo con uno strumento legislativo voluto da tutte le forze politiche e condiviso con tutta la filiera: una partecipazione dal basso di cui siamo fieri.
  Con tutte queste premesse è stato elaborato il testo unico sul vino: una disciplina organica, che ha l'obiettivo dichiarato di eliminare gli ostacoli determinati dalla iperproduzione legislativa e regolamentare europea e nazionale. Di concerto con le organizzazioni di settore, infatti, abbiamo esaminato l'attuale testo normativo del settore, con il duplice obiettivo, da un lato, di unificare le disposizioni e, soprattutto, semplificare i procedimenti attraverso il coordinamento e l'armonizzazione delle diverse fonti; tante erano le fonti a cui si ispiravano le normative sul vino: quella del 2006, del 2010, quella del 2000.
  Il risultato del lavoro della Commissione agricoltura, e io qui ringrazio il relatore Fiorio, il presidente Sani e il capogruppo Olivero, è una disciplina organica della coltivazione della vite, della produzione e del commercio del vino – mi correggo, Oliverio, e saluto e ringrazio anche il Viceministro Olivero, scusate era un lapsus –, una disciplina che semplifica e innova le regole dell'intero ciclo economico, dalla vigna al consumatore.
  Perché lo definiamo testo unico del vino ? Perché riunisce in un unico testo le numerose disposizioni nazionali riguardanti la produzione e la commercializzazione dei vini, armonizzandole anche con recenti normative europee. Io vorrei richiamare un'attenzione particolare sull'articolo 1, con cui si specifica che la Repubblica salvaguarda il vino e la vite come patrimonio ambientale, – lo voglio dire a chi mi ha preceduto – culturale, gastronomico e paesaggistico dell'Italia. Ciò spiega, ad esempio, l'attenzione offerta ai vitigni autoctoni italiani, cioè a quelli di origine esclusivamente nazionale, la cui presenza è rilevata in aree geografiche delimitate dal territorio nazionale.
  Le parole d'ordine di questo testo: semplificare, sburocratizzare, sono alcuni obiettivi qualificanti del testo unico, perché riteniamo che le imprese debbano investire tempo e risorse nell'attività produttiva e non nella produzione di documenti, alcuni dei quali a volte di dubbia utilità.
  Con l'articolo 8, infatti, abbiamo semplificato anche le comunicazioni da inviare all'Istituto territoriale dell'ICQ in merito alla planimetria dei locali, ma vi sono altre parole a cui siamo legati: commercializzare, internazionalizzare; finalmente abbiamo una normativa organica e coerente per la produzione e commercializzazione dei vini e degli altri derivati della trasformazione dell'uva (succhi, aceti, mosto), a vantaggio tanto delle aziende, che hanno l'opportunità di sviluppare nuovi segmenti produttivi e di mercato, che dei consumatori, ai quali è garantita una più efficiente azione di verifica della salubrità dei prodotti.Pag. 17
  Abbiamo armonizzato meglio e reso più chiara la relazione normativa italiana ed europea in materia di denominazione di origine e di indicazione geografica, ma per incentivare la certificazione e alleviare il peso della burocrazia sui risultati economici abbiamo previsto che si possa etichettare il vino già a partire dalla data di presentazione della domanda di protezione, purché ci sia l'autorizzazione del Ministero d'intesa con le regioni competenti, perché crediamo che investire sulla certificazione sia uno degli elementi qualificanti del nostro settore vitivinicolo. Allo stesso modo, per il riconoscimento è necessario appartenere ad una tipologia di DOC da almeno cinque anni e non più da dieci.
  Sempre allo scopo di rendere più efficaci ed efficienti i controlli nei disciplinari di produzione, deve essere indicata tanto la resa massima di uva ad ettaro, che la resa di trasformazione in vino, o la resa massima di vino per ettaro: questo per evitare fenomeni contraffattivi ancora presenti sul nostro territorio nazionale.
  Siamo intervenuti anche per evitare l'emergere di conflitti di interesse nelle procedure di certificazione, ne abbiamo parlato stamattina; l'articolo 43 del testo unico del vino riscrive per intero l'utilizzo delle denominazioni geografiche, delle menzioni tradizionali, delle altre indicazioni a tutela di chi produce e di chi consuma vino certificato. È previsto, infatti, anche il divieto di riportare il riferimento a zona geografica di qualunque entità per i vini senza DOP e IGP.
  Le bottiglie e le altre confezioni – ci tengo a sottolinearlo – di vino DOCG devono essere sempre vendute solo se munite di speciale contrassegno, stampato dalla Zecca dello Stato e applicato in modo tale da evitarne il riutilizzo: un presidio di qualità, di legalità garantita dallo Stato, che può essere anche utilizzato dai Consorzi di tutela per i vini DOC.
  Trasparenza, tracciabilità, controlli: ecco, assai significativa è l'evoluzione del sistema dei controlli. Gli operatori che inseriscono i dati nel sistema informatico SIAN sono assolti dal rispetto dei termini di registrazione. Per i titolari degli stabilimenti enologici con produzioni annue pari o inferiori a 50 ettolitri, l'obbligo di tenuta dei registri si considera assolto con la presentazione della dichiarazione di produzione e dichiarazione di giacenza.
  I controlli sulle imprese del settore vitivinicolo confluiscono nel registro unico dei controlli ispettivi, con l'obiettivo di evitare che una stessa azienda sia controllata da più organismi. Noi vogliamo semplificare, controllare, ma non abbassare i livelli dei controlli, lo abbiamo sempre detto e definito in tutte le sedi. I controlli sul rispetto dei disciplinari sui vini a denominazione di origine o a indicazione geografica devono essere effettuati da autorità pubbliche o da organismi di controllo privati che svolgono funzioni di organismo di certificazione; tali organismi devono essere inseriti nell'elenco istituito presso il MIPAAF, e qualora l'utilizzatore di una DOP o una IGP sia soggetto a più strutture di controllo è dovere degli organismi interessati individuare la struttura responsabile di tutta l'attività di certificazione e di controllo. Dobbiamo sapere anche certificare tutta la filiera dei controlli.
  A tutela del made in Italy è stata inserita una norma che mi è molto cara, sempre sul tema della contraffazione: che l'Agenzia delle dogane renda disponibili sul proprio sito internet le informazioni relative alle importazioni di prodotti vitivinicoli. Lo abbiamo fatto già nella legge «salva olio», è un tema con riferimento al quale possiamo verificare i flussi di entrata e i flussi di uscita delle merci, proprio perché noi possiamo aprire una sezione del SIAN per assicurare, anche al pubblico, anche ai consumatori, una corretta informazione dei dati.
  Rispetto al tema sanzionatorio, ne ha parlato il relatore Fiorio stamattina, c’è stato il ravvedimento operoso, che abbiamo voluto sperimentare in questo testo, con la riduzione delle sanzioni amministrative per coloro che, ovviamente, accedono a questo ravvedimento per la violazione Pag. 18di comunicazioni formali, ove non sia già iniziato un procedimento da parte dell'organismo di controllo.
  Mi avvio alla conclusione: abbiamo introdotto anche norme importanti per quel che riguarda la somministrazione e vendita di prodotti agroalimentari nelle cantine lungo le Strade del vino, e rivisto norme sull'enoturismo, perché ciò significa non solo prodotto, non solo vendita del prodotto, non solo degustazione del prodotto, ma significa cibo, cultura, territorio, turismo. Questi sono gli elementi che abbiamo voluto inserire in questo testo. Concludo: esprimiamo, ovviamente, l'idea che con tale testo e con tale definizione e ridefinizione del mondo del vino abbiamo considerato questo prodotto il portabandiera del nostro agroalimentare, il nostro made in Italy, capace tanto di attirare attenzione sugli interessi economici e sociali che di promuovere lo sviluppo di altri segmenti della produzione agroalimentare, ma, nel contempo, significa anche turismo, cultura, tutela del territorio e, in poche parole, la bellezza del made in Italy.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Sani. Ne ha facoltà.

  LUCA SANI. Grazie, Presidente. È certo, per le cose che sono state dette negli interventi che mi hanno preceduto, che la vitivinicoltura italiana rappresenta una chiave del successo del nostro made in. L’export è in costante crescita, soprattutto in valore, e questo è bene soprattutto sui vini a denominazione, e avviene in un mercato che è sempre più competitivo, perché ai Paesi che storicamente sono produttori di vino, come la Francia e la Spagna, si aggiungono nuove realtà emergenti, come il Cile, il Sudafrica, l'Australia, la California. Perciò uno degli obiettivi che questo testo unico si dà è quello di dotare il settore, dal ciclo della coltivazione della vite, nella vigna, alla commercializzazione, di un impianto normativo chiaro e innovativo, al fine di rendere più competitivo un settore che sta dando i numeri che prima venivano ricordati.
  I temi toccati sono quelli della semplificazione e del riordino normativo, dell'innovazione tecnologica, della tutela delle eccellenze e della valorizzazione del made in Italy. Casualmente, il testo arriva in Aula in questo 2016, dopo un lungo costruttivo confronto fra i gruppi parlamentari e con la filiera interessata. In questo 2016 ricorrono casualmente molte ricorrenze che riguardano il vino: vi è quella del 1716, l'editto di Cosimo III, Granduca di Toscana, che, con la dichiarazione dei confini del Chianti, Pomino, Carmignano e del Valdarno, traccia storicamente quella che potrebbe essere definita la prima DOC del mondo. Ricorre l'anniversario dei cinquant'anni dal 1966, quando nascevano le prime DOC, e quindi il nostro Paese faceva la scelta dell'identità territoriale, del valore che associa un prodotto al territorio che lo esprime.
  Ma c’è anche il tragico 1986 per il vino italiano, quello dello scandalo del metanolo. È quella vicenda che fa assumere al Paese la consapevolezza nuova rispetto alle produzioni agroalimentari, non solo sul contrasto alle sofisticazioni, ma anche della strada della qualità delle produzioni, talvolta a scapito della quantità. È da lì che parte il Rinascimento del vino italiano, che ci conduce ai livelli quantitativi e qualitativi che oggi conosciamo. Sono anche io per ricordare qualche dato: nel 1986 l'Italia produceva 77 milioni di ettolitri, nel 2015 ne ha prodotti 47, quindi un 40 per cento in meno. Ma, in valore nominale, nel 1986 il vino valeva 4 miliardi, oggi vale circa 10 miliardi, e il 50 per cento è legato alla esportazione. Nell'indice di qualità si è fatto un salto dal 1989 al 2014 di 76 punti in percentuale.
  E questo non vale solo per il vino, che oggi si afferma come leader europeo in termini di denominazioni e di indicazioni geografiche, ma lo si può ritrovare anche per tutto il settore agroalimentare, che, anche qui, con le sue oltre 280 denominazioni – non do il numero preciso, perché di mese in mese le denominazioni di origine o di indicazione geografica aumentano –, fa essere il nostro Paese il primo in Europa, con un valore del nostro export alimentare che ha toccato i 37 miliardi. Quindi, l'obiettivo che si vuole Pag. 19raggiungere con questo testo unico è quello di introdurre una forte semplificazione, ma che, al tempo stesso, tutela quantità, qualità e sicurezza di ciò che produciamo, e da qui la corposità del testo che portiamo in Aula, che trova un giusto equilibrio fra norme che entrano, che potranno entrare in azione, all'indomani della sua approvazione, con altri atti delegati al Governo.
  C’è un'altra parte di questa legge che riguarda il riconoscimento del vino come patrimonio culturale nazionale, perché il vino è appunto questo per il nostro Paese: è centrale per l'economia, ma racconta anche molto della cultura e della storia nazionale. Da tempo ormai il vino non è più esclusivamente un alimento, qualcosa che apporta calorie al fabbisogno dell'uomo per le sue attività e per il proprio sostentamento, ma è un prodotto che accresce il suo valore, se oggi sa raccontare una storia, se rappresenta un pezzo di quella straordinaria biodiversità che caratterizza la nostra penisola e che vede, tra l'altro, tanti nostri paesaggi vitati essere riconosciuti come patrimonio universale dall'UNESCO. Lo è se valorizza un tessuto sociale, una civiltà rurale che caratterizza il Paese. È quello che i francesi chiamano il terroir, cioè che ha un ambiente fisico e biologico in cui avviene una coltivazione.
  C’è anche una forte componente umana a renderla tale. Insomma, noi, con questo testo unico e con le altre norme che abbiamo messo in campo per valorizzare il vino italiano, vogliamo raggiungere quell'obiettivo per cui Hemingway, che era uno che se ne intendeva, ricordava che il vino è uno dei maggiori segni di civiltà del mondo. Bene, penso che l'Italia abbia la storia, abbia la capacità professionale e, oggi, anche un impianto normativo utile a dimostrarlo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche – A.C. 2236-2618-A)

  PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore, che, però, ha un minuto, e quindi farà una replica molto sintetica.

  MASSIMO FIORIO, Relatore. Mi consenta una breve replica, nel minuto di tempo ancora a disposizione, innanzitutto per ringraziare i colleghi che sono intervenuti, riconoscendo il lavoro condotto in Commissione. Tutti quanti hanno ricordato il lavoro e l'approfondimento che c’è stato, e il lavoro che si è condotto dentro e fuori la Commissione. Vorrei altresì rivendicare le dimensioni del testo: non ci siamo sottratti dall'affrontare tantissimi aspetti, dal volerli già riportare in questa fase utilizzando il meno possibile la fase della delega o della decretazione, perché sarebbero tempi che allungano, che sarebbero ancora allungati, e quindi noi vorremmo consegnare al più presto un testo con delle regole certe alle aziende italiane.
  Il meccanismo della delega e della decretazione si è cercato di ridurlo il più possibile, quindi abbiamo dovuto affrontare tecnicamente molti aspetti. Lo dico perché non è soltanto una questione di punto di orgoglio del lavoro condotto, ma di necessità del settore.

  PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo rinuncia alla replica.
  Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione della mozione Scotto ed altri n. 1-01314 concernente iniziative in materia di riforma della legge elettorale (ore 15).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della mozione Scotto ed altri n. 1-01314 concernente iniziative in materia di riforma della legge elettorale (Vedi l'allegato A – Mozione).
  Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi riservati alla discussione è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).

Pag. 20

(Discussione sulle linee generali)

  PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali della mozione.
  È iscritto a parlare l'onorevole Arturo Scotto, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-01314. Ne ha facoltà.

  ARTURO SCOTTO. Grazie, signor Presidente. Onorevoli colleghi di questa mozione si è discusso molto nei mesi e nelle settimane scorse, credo che se ne discuterà anche nei prossimi giorni, mercoledì, quando si voterà in Aula. Alcuni media ci hanno addirittura ricamato sopra sulle più improbabili strategie, in qualche caso vere e proprie sceneggiature, per spiegarne le presunte finalità, le furbizie, le trovate tattiche, i conigli cacciati dal cilindro. Devo confessare che questo agitarsi ha già ottenuto uno scopo: le marce indietro, i disconoscimenti di paternità del povero orfano Italicum, da quel giorno, non si contano più, quasi a farne venire pietà. Povero Italicum lasciato solo dopo tutte le fanfare che ne hanno accolto la nascita; sic transit gloria mundi, caro Italicum, dovevi essere un modello per l'Europa e per il mondo ora non ti copierebbe più neanche la quarta municipalità di Napoli !
  Un secondo scopo questa mozione l'ha ottenuto, quello di far venire fuori nella discussione, finalmente spero oggi, il motivo reale per cui è stata pensata ed è stata scritta. Le ragioni sono molto banali se volete, tanto che a leggerne le reazioni ho immaginato che si parlasse di altro. Risiedono nella constatazione che il Parlamento debba riparare agli errori fatti dal Governo e da una maggioranza piegate ai desideri dell'Esecutivo quando l'Italicum fu scritto e approvato. Errori che saranno, a breve, oggetto di una decisione della Consulta sulla sua legittimità e più in particolare sugli aspetti dell'Italicum che lo rendono del tutto simile al Porcellum, e in qualche caso lo peggiorano. È una novità che riteniamo quella legge lesiva dell'uguaglianza del voto e nella violazione del voto diretto, in contrasto con gli articoli 1, 3, 48 e 67 della Costituzione, dato l'enorme premio di maggioranza assegnato, pure in assenza di una soglia minima di suffragi, alla lista che raggiungesse la maggioranza relativa ? È una novità o una trovata tattica che riteniamo quella legge del tutto insufficiente a garantire meccanismi idonei che consentano ai cittadini di incidere sull'elezione dei rappresentanti ? Non c’è nessuna novità, c’è un problema grande come una casa. Lo ha intuito e lo ha raccontato bene, dal mio punto di vista, il Presidente Giorgio Napolitano quando, in un'intervista su un quotidiano nazionale qualche giorno fa, ha detto «il bipolarismo è finito». Si può dire che il bipolarismo era finito anche tre anni fa con le elezioni politiche, ma il tema non è quando ci si arriva, ma che cosa si fa. Lo dimostrano anche le elezioni in Germania, se vogliamo una conferma anche sul quadro internazionale. Tutte le più recenti prove elettorali descrivono una frantumazione che non è figlia di cattive leggi elettorali, ma di mutamenti profondi del quadro politico e sociale, stanno dentro crisi più generali delle società europee, quelle che Zygmunt Bauman ha chiamato la rivolta delle classi ansiose che vanno a premiare partiti che si definiscono più esplicitamente antiestablishment. Occorre dare una risposta a questo, l'Italicum ne dà una risposta banale, piegando ai desideri di un Premier il responso elettorale, producendo una distorsione ipermaggioritaria che dà diritto di tribuna a opposizioni diverse per cultura, storia, opzioni, tra di loro, e mette nelle mani della minoranza più grande tutto il potere, compreso quello di nomina di circa 100 deputati. Ça va sans dire che, per il resto del Parlamento che non usufruirà del premio di maggioranza, tutti i parlamentari saranno nominati con il blocco dei capilista, lasciando nelle mani ancora una volta di una ristretta oligarchia la facoltà di disegnare la futura Camera dei deputati. Un progetto sbagliato che produrrà disastri sul piano democratico, sul piano della partecipazione, allargando ulteriormente la faglia tra cittadini e istituzioni.Pag. 21
  Dice Renzi: cambiatelo, fate una proposta come opposizione. Questa spetta però, innanzitutto, a chi ha combinato questo pasticcio e che oggi lancia la palla in avanti, perché, signor Presidente, le proposte in campo sono tante. Qualche giorno fa l'onorevole Gianni Cuperlo ha detto parole importanti, molto forti, sulla necessità di un'iniziativa del suo partito per cambiare l'Italicum anche a partire da questo dibattito. I progetti di legge depositati anche dalle opposizioni sono tanti, basterebbe andarsi a leggere gli atti parlamentari e le proposte depositate. In ogni caso, per noi, i punti sono semplici: ripristinare il rapporto tra elettore ed eletto attraverso l'eliminazione delle liste bloccate e riequilibrare il principio di rappresentanza rispetto al dogma esibito della governabilità (nessun regime democratico prevede premi di maggioranza che alterano in maniera eccessiva il responso degli elettori). Terzo, la legge elettorale non può essere un randello usato contro le minoranze, le regole del gioco si scrivono insieme. Quarto, si dice che il combinato disposto tra Italicum e riforma costituzionale non cambia la natura del Governo, dell'Esecutivo. Inviterei a leggere quello che scrive l'avvocato Besostri: il cuore dell'Italicum è il principio che muta la forma di Governo ce lo dice anche la facoltà prevista nell'Italicum di indicare il capo all'atto della presentazione delle liste. A proposito, consiglierei ai colleghi del PD, qualora decidessero di cambiare la legge elettorale, di assumerlo come consulente, perché ha già vinto un ricorso sul Porcellum e potrebbe vincerlo anche sull'Italicum, per evitare di sbagliare di nuovo.
  Insomma, signor Presidente, la nostra posizione è molto chiara e sta scritta anche dentro quello che ha prodotto l'Italicum in quei mesi difficili quando furono sostituiti deputati che erano in dissenso in Commissione affari costituzionali, quando fu posto, caso rarissimo nella storia della Repubblica, il voto di fiducia sulla legge elettorale, quando fu spaccato il Parlamento come una mela tra gufi, rosiconi, e riformatori per poi accorgersi che i riformatori sbagliavano le riforme. E se c’è un punto politico che il Governo e il PD faticano ad affrontare di fronte al Paese con serenità è appunto questo, anche in vista del referendum: questa breve stagione di cosiddette riforme sta già mostrando il fiato corto, cortissimo. Lavoro, scuola, legge elettorale, nessuna delle riforme che dovevano apportare benefici al Paese stanno producendo risultati, hanno solo lacerato e diviso. È ora il turno della riforma delle riforme, signor Presidente, quella costituzionale, e la sentenza questa volta non sarà nelle mani della vostra narrazione, di dati falsi, di slide buone per le conferenze stampa, ma nelle mani degli italiani. A proposito, e lo dico al sottosegretario Sesa Amici che sta qui per il Governo: fateci sapere in fretta quando si vota, perché anche queste meline sulla data sono il segno di una scarsa cultura istituzionale. Insomma, tanto sforzo per nulla. Il Parlamento oggi ha la possibilità di cambiare la legge elettorale, partendo dai rilievi fatti dalla Consulta alla precedente legge, a cui questa nuova non dà risposte sufficienti, prima che la Consulta, nella sua intangibile autonomia, si esprima; sarebbe una bella prova di autonomia, dopo tante prove insufficienti. Se è questa la ragione per cui anche il Parlamento, la maggioranza e le opposizioni, intendono superare l'Italicum, noi ci siamo, siamo pronti e offriamo al Parlamento questo ulteriore prova. Se qualcuno intende cucirsi un nuovo vestito addosso per le mutate condizioni politiche ed elettorali del Paese, non è prova a cui siete in grado di sottoporvi, non ne avete la legittimità e non ne avete l'autorevolezza, perché la nostra mozione è indirizzata innanzitutto a un Parlamento che può riappropriarsi di una funzione propria. Le leggi elettorali sono materia di questa Camera e del Senato, non sono materia proprietaria del Governo.
  Se sprecheremmo quest'occasione bocciando la nostra mozione, sarà sempre più evidente a tutti – se ne fosse necessario – che l'unico strumento per cambiare l'Italicum sarà un “no” secco al referendum Pag. 22dell'autunno prossimo (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Italiana – Sinistra Ecologia Libertà)

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Misuraca. Ne ha facoltà.

  DORE MISURACA. Presidente, in questo dibattito sulla mozione presentata sono necessarie alcune considerazioni preliminari. Innanzitutto occorre precisare che la riforma della Costituzione, approvata dal Parlamento e prossimamente sottoposta a referendum confermativo, non riguarda il sistema elettorale e nulla impone quanto alla scelta, esattamente come la Carta del 1948, in vigenza della quale la legge elettorale è stata infatti cambiata più volte: dal proporzionale a prevalentemente uninominale maggioritario e poi ancora a proporzionale con l'attribuzione di un premio di maggioranza. Anche il nuovo assetto costituzionale è pertanto compatibile con una pluralità di sistemi elettorali, rimettendo al legislatore ordinario ogni decisione sul modello da adottare in concreto. Certamente, la legge elettorale deve essere coerente con il complessivo sistema istituzionale del quale essa è parte fondamentale, deve rispondere in modo equilibrato alle esigenze di rappresentatività, governabilità e stabilità, deve tenere conto dell'evoluzione del sistema politico, sul quale essa stessa può incidere fortemente.
  La riforma costituzionale contiene una sola novità, che però rappresenta un'importante garanzia per quanto riguarda la legge elettorale: la sottoposizione al sindacato preventivo di legittimità costituzionale di ogni legge di modifica del sistema elettorale, sia della Camera che del Senato, al fine di evitare che siano applicate e producano effetti norme elettorali che la Corte costituzionale potrebbe in un secondo momento dichiarare illegittime. Tale garanzia dispiegherà i suoi effetti anche relativamente al cosiddetto Italicum, approvato prima della riforma costituzionale, grazie a un'apposita norma transitoria. Pertanto, l'Italicum potrà essere sottoposto al giudizio della Corte costituzionale sulla base dei ricorsi presentati da minoranze parlamentari entro dieci giorni dall'entrata in vigore la riforma costituzionale, e ancor prima la Corte si potrà pronunciare sui ricorsi presentati in via incidentale da alcuni tribunali. La Corte costituzionale potrà quindi, comunque, correggere eventuali errori o vizi di costituzionalità. Anche per queste ragioni, oltre che per il merito, noi non condividiamo affatto la mozione presentata da SEL.
  Se l'Italicum presenta vizi di costituzionalità, sarà, a nostro avviso, la Corte ad esaminarli e a pronunciarsi al riguardo. Diciamo invece che, a prescindere dalle decisioni della Corte costituzionale, le forze politiche, il Governo e il Parlamento, devono valutare l'opportunità e la necessità di apportare alcune modifiche a questo sistema elettorale, sulla base di alcuni nuovi elementi emersi nel dibattito. Infatti, alla luce del testo definitivo della legge di riforma costituzionale, approvata in un momento successivo rispetto all'Italicum; alla luce dell'evoluzione del sistema politico e dell'emergere, non solo in Italia, di nuove fratture, oltre a quella anti establishment, quella cosiddetta sovranista, potenzialmente capace di determinare una frammentazione anche in più di tre poli; alla luce del dibattito sulla legge elettorale, che nel frattempo si è sviluppato nel Paese, è emersa a nostro avviso l'esigenza di apportare, in particolare, due modifiche. La prima riguarda la possibilità che non solo singole liste, ma anche coalizioni di liste possano concorrere per l'attribuzione del premio di maggioranza. Si tratta di una modifica volta ad assicurare una maggiore rappresentatività del sistema politico, evitando il rischio che culture importanti per la storia del nostro Paese vengano di fatto espulse, nell'assetto che si prefigura, dalla rappresentanza democratica.
  Dall'altro, il premio alla lista spingerebbe a creare liste di coalizione che, mettendo insieme entità diverso in un'unica lista, presenterebbero le stesse problematiche delle coalizioni di liste, come le recenti vicende del PdL e dello stesso PD ampiamente dimostrano. La seconda modifica che noi riteniamo debba apportarsi Pag. 23al testo dell'Italicum tiene conto dell'esigenza di evitare, come ha sottolineato il Presidente Napolitano, che formazioni politiche di troppa ristretta legittimazione nel voto del primo turno, anche con meno di un quarto dei voti validi, possono beneficiare, a seguito del ballottaggio, del 55 per cento dei seggi complessivi e ottenere pertanto la direzione del Paese.
  A maggior ragione, il ballottaggio può costituire occasione non per esprimere un voto positivo di consenso a specifiche proposte delle forze politiche candidate a governare il Paese, ma un mero voto negativo al quale concorrono in termini puramente oppositivi le forze escluse dal ballottaggio. L'Italicum è un sistema decisivo: il majority-assuring assicura in modo perentorio, sempre e comunque, la maggioranza dei seggi al vincitore; un principio che certamente esalta la sovranità popolare. A nostro avviso, ciò che occorre valutare è se questo principio possa non essere mai soggetto a dei limiti o se invece debba fare i conti, come noi riteniamo, con il principio di realtà, nel caso in cui la frammentazione del sistema politico sia tale da restringere eccessivamente la legittimazione conseguita al primo turno dalle formazioni che dovrebbero contendersi la vittoria al ballottaggio. Ma valutare appunto l'abolizione del ballottaggio non implica affatto l'adozione di un sistema che pregiudichi la governabilità o che comporti necessariamente l'imposizione di Governi di larghe intese.
  Infatti, la formazione di una maggioranza di Governo scelta direttamente dagli elettori può essere fortemente favorita dalla previsione di un congruo premio da assegnare comunque alla lista o alla coalizione di liste che ha conseguito il maggior numero di voti validi, pure entro un determinato numero massimo di seggi, ad esempio 90, al fine di evitare un eccesso di disproporzionalità e rispettare conseguentemente la sentenza della Corte costituzionale, la n. 1 del 2014. Inoltre, la possibilità di attribuire tale premio anche a coalizioni di liste può favorire la diretta formazione di maggioranze di Governo. Solo qualora la lista o la coalizione di liste che ha conseguito il maggior numero di voti validi non riesca, grazie a questo premio di 90 seggi, a superare la maggioranza assoluta dei seggi, essa dovrebbe ricercare il sostegno ulteriore di altre forze parlamentari e dar vita a coalizioni più ampie, come del resto avviene nei Parlamenti di altri Paesi, anche se caratterizzati da sistemi politici bipolari o addirittura tendenzialmente bipartitici.
  Per tutte queste ragioni, Area Popolare ritiene che il Governo debba assumere l'iniziativa di avviare subito il confronto tra le forze politico-parlamentari sulle modifiche da apportare al sistema elettorale immediatamente dopo lo svolgimento del referendum confermativo sulla riforma costituzionale, alla luce dei nuovi elementi emersi appunto nel dibattito successivamente all'approvazione definitiva dell'Italicum. A tal fine, Area popolare presenterà un'apposita e specifica mozione.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Cecconi. Ne ha facoltà.

  ANDREA CECCONI. Presidente, devo dire francamente che trovo questo momento un po’ singolare, perché la Camera che impegna se stessa a dover modificare una legge che ha fatto essa stessa mi fa un po’ sorridere. Sarò fatto strano io, però credo che si poteva evitare di arrivare a questo punto, se si facevano le cose per bene quando era il momento giusto. Infatti, a prescindere da quello che farà la Corte costituzionale, che l'Italicum sia una legge elettorale incostituzionale è abbastanza evidente a tutti. Se il Porcellum di Calderoli era una legge incostituzionale, l'Italicum lo è ancora di più, soprattutto perché è proprio il meccanismo del premio di maggioranza che, nelle azioni parlamentari, va ad incrinare completamente quella che è la rappresentatività e il rapporto con gli elettori stessi.
  Che l'Italicum sia stata una legge fatta, cucita e costruita intorno al leader del Partito Democratico, credo che questo l'abbiano capito un po’ tutti e, quando dico: un po’ tutti, credo: un po’ tutti i cittadini, tant’è che si sta correndo ai Pag. 24ripari, anche all'interno del Partito Democratico, per andare a modificare una legge che non gli garantisce più di vincere. Perché in questo Paese, ormai, si fa così, si fanno le leggi elettorali cucite su sé stessi per vincere le elezioni che, a breve, investiranno il Paese, non si fa una legge elettorale buona per il Paese, si fa una legge elettorale per sé; e quando si fanno le leggi elettorali per sé, queste possono essere soltanto incostituzionali e comunque possono soltanto determinare nel Paese delle storture, della rotture che, difficilmente, poi, la politica è in grado di sanare nel principio di rapporto tra partiti, politica e proprio elettorato.
  Ovviamente, depositeremo anche noi una nostra mozione, ma, come è noto, il MoVimento 5 Stelle ha fatto un percorso, ha una legge elettorale propria, in cui si va a declinare un sistema elettorale basato su circoscrizioni medio-piccole con un sistema proporzionale e con una piccola correzione che garantisca un minimo di governabilità: perché a nostro parere il mito dell'uomo solo al comando, del “vinco io e mi dovete lasciare in pace per cinque anni a governare, a prescindere che io prenda il 10 per cento, il 20 per cento o il 30 per cento dei voti”, è un mito che in questo Paese deve cadere, perché non puoi governare un Paese con il 30 per cento del consenso, perché è evidente che hai il 70 per cento dei cittadini che non ti amano, che non ti seguono, che non rispettano le scelte che tu stai facendo, proprio perché stai impedendo in questo modo alle minoranze, o a tutti gli altri che prendono anche l'1 per cento in meno di te, di poter incidere politicamente nella vita democratica, di produrre delle leggi, di produrre un Esecutivo per il proprio Paese. Questa è la stortura che ha investito l'Italia per 20 anni e voi con l'Italicum volete perdurare in questa stortura che non ha portato nulla di buono nel nostro Paese e che, a nostro parere, non porterà nulla di buono neanche con questa legge elettorale, legge elettorale che noi non vogliamo, non abbiamo mai voluto. Checché si dica che il MoVimento 5 Stelle può o è nella facoltà di vincere con questa legge elettorale, noi questa legge elettorale non la vogliamo, perché non vogliamo una legge elettorale per noi: noi vogliamo una legge elettorale che dia modo ai cittadini di essere adeguatamente rappresentati in quest'Aula, alla Camera e al Senato, che a nostro parere rimarrà in piedi perché il referendum costituzionale non passerà e quindi tale legge varrà anche per il Senato.
  Diceva prima il collega Scotto che se la mozione non passa, si augura che non passi il referendum di revisione costituzionale in maniera tale da rendere praticamente inattuabile e inapplicabile l'Italicum; io credo che, a prescindere dal referendum e dalla riforma costituzionale, bisogna rendersi conto che questa è una legge sbagliata, e anche il PD deve rendersi conto che la legge che ha fatto è una legge sbagliata e non per i rapporti di forza che può avere con Area Popolare o le altre opposizioni. Infatti, che le opposizioni in questo Parlamento, perlomeno in questa legislatura, visto che io ho potuto vivere solo questa, non siano minimamente considerate, non abbiano la minima facoltà di poter intervenire nei progetti di legge o nelle riforme che si fanno in questo Paese, credo che sia evidente e sotto gli occhi di tutti, ma questa cosa non può continuare: perché, lo ripeto, riprendo il discorso di prima, un Paese lo si governa se la maggior parte dei cittadini sono dalla tua parte, perché un Governo senza i cittadini dalla propria parte può fare qualsiasi riforma, qualsiasi revisione costituzionale, può modificare qualsiasi legge, che sia la: “buona scuola” o il Jobs Act, ma non verrà mai rispettato e mai accettato dai cittadini che, loro, non si sentono rappresentati.
  Io, in ogni caso, mi auguro che in questo Parlamento si possa riprendere il percorso di discussione sulla legge elettorale, ma non prendendo l'Italicum come base: occorre cancellare l'Italicum e ripartire con una legge elettorale che sia rappresentativa per il popolo italiano; è quello che il MoVimento 5 Stelle ha sempre cercato di fare e si augura possa avvenire anche questa volta. L'Italicum, il sistema maggioritario dell'Italicum non è rappresentativo dei cittadini e il premio di Pag. 25maggioranza crea una stortura con un'elezione diretta del leader e, a cascata, un'elezione del Parlamento che potrà dare, apparentemente, governabilità o stabilità al Governo, ma che, poi, fattivamente, questo non è e questo non produce.
  La stabilità del Governo è fatta, ovviamente, dalle persone che il Parlamento rappresenta e se non ci sono brave persone non ci può essere neanche un Governo stabile e un Governo che possa durare; la stabilità viene data anche dalla rappresentatività, anche i pochi, anche i piccoli o i medi devono avere la possibilità di partecipare; con il premio di maggioranza questo si cancella, con il Democratellum questo, invece, si va a valorizzare, garantendo sempre una governabilità che può essere anche spinta e sostenuta da altri, perché poi che si prenda il premio di maggioranza del 55 per cento non significa che il giorno dopo in Parlamento le persone che sono entrate con quel 55 per cento non facciano nuovi gruppi. Questa è la legislatura folle in cui c’è il numero di voltagabbana più alto nella storia della Repubblica, non è una legge elettorale che ci salva dai voltagabbana, ma è la scelta degli elettori che ci salva dai voltagabbana. L'inserimento delle preferenze e non dei capolista è un altro punto che, a nostro parere, deve essere ritoccato e migliorato. Poi ci può essere la teoria che il sistema delle preferenze nel nostro Paese ha creato tante storture, tante difficoltà e tante corruttele e questo può essere accaduto nel passato, ma questo non significa che il sistema sia da bocciare. È il sistema migliore per permettere ai cittadini di scegliere le persone giuste da mettere in questo Parlamento.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Sanna. Ne ha facoltà.

  FRANCESCO SANNA. Presidente, colleghi e signori in rappresentanza del Governo, voglio premettere che mi sembra metodologicamente utile affermare che con tutte le parole che diciamo in quest'Aula in occasione della discussione della mozione, anche se la mozione ce ne dà l'occasione, non intendiamo fare, con le nostre opinioni, alcuna indebita pressione nei confronti della libertà della Corte costituzionale di decidere circa i profili di legittimità costituzionale che sono stati denunciati da diversi tribunali a carico della legge n. 52/2015, del cosiddetto Italicum, e che sono al vaglio di un'udienza pubblica che si tiene da qui a circa due settimane. Questo lo voglio dire, perché nel ragionamento che voglio sottoporre, innanzitutto, ai presentatori della mozione, ma anche ai gruppi parlamentari che hanno voluto intervenire in questa discussione generale, io ritengo che in un tempo in cui troppo forte grida il pensiero debole, circa la riforma costituzionale, circa la legge elettorale, un minimo indefettibile di serenità nei rapporti istituzionali ci debba portare a rispettare le competenze degli organi di garanzia che nella nostra campagna sulla riforma costituzionale e anche sulla legge elettorale diciamo essere al centro, come obiettivo, di qualsiasi nostra intenzione. È dunque su un crinale di rischio che il Parlamento discute sull'opportunità di prendere un'iniziativa, perché essa dà per scontato che il rilievo di illegittimità costituzionale che affetterebbe la legge elettorale in vigore sia effettivamente rilevato. Voglio dire ai presentatori, all'onorevole Scotto che ha svolto con la consueta sagacia il suo argomento, che mi pare che non siano totalmente, soprattutto nell'intenzione di chi ha votato l'Italicum, lontanamente sovrapponibili le ragioni di illegittimità costituzionale riscontrate nella legge elettorale n. 270/2005, il cosiddetto Porcellum, e il prodotto di una discussione che noi abbiamo fatto, di una discussione che è arrivata ad una conclusione; una conclusione, questa sì, che non poteva mancare dopo la sentenza della Corte costituzionale n. 1 del 2014. Vorrei ricordare il contesto in cui storicamente ha operato il Parlamento. Anche se il tempo non è certamente quello dei decenni, a volte la memoria breve difetta e, quindi, ricordiamo che nella prima metà del gennaio 2014, con quella sentenza abbiamo avuto improvvisamente – e anche direi, nonostante Pag. 26un'iniziativa che il Partito Democratico aveva preso esattamente qualche giorno prima proprio sui temi della legge elettorale – un Parlamento richiesto di un pronunciamento il più veloce e ponderato possibile, rispetto al fatto che la legge elettorale n. 270 del 2005, nei suoi elementi più importanti, non c'era più. C'era un residuato di legge, costruito dai ritagli di legittimità costituzionale che la Corte ha operato, una legge che riportava il Paese – proprio per evitare che, per esempio, fosse amputato il potere di scioglimento della Camera e del Senato da parte del Presidente della Repubblica – ad un sistema elettorale sostanzialmente “proporzionale puro”, come quello che ho sentito evocare nell'intervento del rappresentante del MoVimento 5 Stelle, l'onorevole Cecconi, e che certamente può valere come rete di protezione transitoria per la democrazia parlamentare italiana. Ma non può certamente valere come momento e punto di caduta di una riflessione matura sulla democrazia dell'alternanza, che in questo Paese io credo si sia compiuta più di vent'anni fa. Più di vent'anni fa il popolo ha scelto e il movimento referendario gli ha dato il polmone democratico perché questo si affermasse. Ha scelto di passare da un'idea di democrazia bloccata. Poiché culture politiche diverse, legittime e importanti si confrontano e si confrontavano nel nostro Paese, era impossibile continuare a immaginare che la rappresentanza fotografica di queste forze politiche costringesse a un modello democratico di tipo consociativo, che impedisce un'espressione matura della democrazia.

  GIOVANNI CUPERLO. Si chiama Repubblica parlamentare.

  FRANCESCO SANNA. No, quella è un'altra cosa. Il modello consociativo è un vizio del parlamentarismo forse. Ma potremmo andare anche molto indietro.

  GIOVANNI CUPERLO. Eh, andiamo...

  FRANCESCO SANNA. C’è un deputato che si chiamava Perassi nella Costituente, che ne aveva individuato il rischio, aveva detto che bisognava fare alcune cose per evitare le degenerazioni del parlamentarismo e la Costituente aveva approvato quell'indirizzo nel famoso ordine del giorno che prende il suo nome.
  Ma non è questo il tema. Il tema è che c’è stata una maturazione democratica di questo Paese, che ha visto tutte le forze politiche associate, insieme o in diversi momenti, alla funzione di Governo. Non ci sono più in questo Paese forze politiche escluse dal compito e dalla responsabilità democratica del Governo. C’è una reciproca legittimazione e c'era – e c’è – una reciproca capacità di riconoscere nell'avversario la possibilità che governi, senza scompaginare e senza distruggere il sistema democratico.
  È a partire da questo che abbiamo adottato nel nostro Paese sistemi che hanno introdotto, con il superamento di un proporzionale puro, meccanismi correttivi, che intendono con successo a fasi alterne rappresentare l'intenzione dell'elettore, appunto nella prospettazione democratica della propria visione politica e di programma, ma al tempo stesso anche favorire il formarsi dei Governi. È da qui che siamo partiti nella discussione politica dal gennaio del 2014, che si è poi sviluppata in un'iniziativa politica del Partito Democratico. La voglio ricordare. Erano i primi giorni dell'anno, non conoscevamo ancora la sentenza della Corte costituzionale e il segretario neoeletto del Partito Democratico, non ancora Presidente del Consiglio, fece una proposta a tutte le forze politiche. Questa proposta diceva che bisognava metter mano alla legge elettorale e che tutte le forze politiche, per il Partito Democratico, dovevano essere impegnate nella prospettiva della riforma della legge, con un giudizio di partenza ovviamente negativo sulla legge Calderoli.
  Senza che vi fosse una proposta di partenza di maggioranza e definita, per così dire, da parte del Partito Democratico, l'impostazione alternativa poteva essere un modello di tipo spagnolo, circoscrizioni piccole con liste bloccate, una ripresa della legge Mattarella, con i collegi Pag. 27uninominali, e alcune modifiche di utilizzazione del 25 per cento della cosiddetta quota proporzionale o un doppio turno a liste concorrenti, secondo un modello simile alla legge dei sindaci. Questa fu la proposta. E ci fu chi, a partire da questa proposta, ritenne di dover partecipare a una fase di riforma attraverso i lavori parlamentari e attraverso l'elaborazione di un disegno organico di modifica della legge n. 270 del 2005 e chi, invece, si rifiutò totalmente di farlo oppure non riuscì a portare un'idea di superamento del cosiddetto Porcellum, che in qualche modo arrivasse ad avere una consistenza, per così dire, di consensi interni al Parlamento, tale da arrivare all'obiettivo. Un obiettivo che bisognava assolutamente assicurare al Paese, perché in quel momento c'era una sostituzione totale della legge elettorale derivante dal ritaglio della decisione di legittimità costituzionale della Corte rispetto al dovere e al potere del Parlamento di manifestare una sua volontà.
  Ecco perché io ritengo che sia utile, onorevole Scotto, dire quali sono i modelli alternativi possibili e non tanto trovare gli argomenti per salvare il soldato Italicum, ma per salvare almeno i principi da cui noi dovremmo partire, se domani ci fosse un salto di qualità propositivo e il suo gruppo e anche altri dicessero a chi ha sostenuto l'Italicum, prima o dopo il pronunciamento della Corte costituzionale, a quale modello alternativo possiamo fare riferimento.
  Io leggo nella sentenza che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale della legge Calderoli alcuni punti che sono evocati in maniera un po’ approssimativa, mi consenta, nella mozione. Infatti – dice la Corte – la libertà dell'elettore – che è il primo punto che lei vuole sottolineare e che mancherebbe nell'Italicum – risulterebbe compromessa quando il cittadino fosse chiamato a determinare l'elezione di tutti i deputati e tutti i senatori, votando un elenco spesso assai lungo di candidati, candidati che difficilmente conosce. Quindi, il tema è la conoscenza del candidato, che determina la libertà di espressione del voto del cittadino. Se voto una lista di nomi di un contesto territoriale così ampio da rendere inconoscibile il mio rapporto – non conosco il candidato, è impossibile la relazione con esso, ma voto semplicemente un pacchetto che mi propone il sistema dei partiti che predispongono le liste –, io questa libertà non ce l'ho.
  Ora l'Italicum l'abbiamo votato in tanti e può darsi che ci siano degli elementi di criticità. Nessun sistema elettorale è perfetto e magari, sottolineandone una funzione, ci si dimentica dell'altra o queste funzioni sono sproporzionate e nelle loro presenze e non perfettamente componibili. Però io ricordo che il Porcellum era una legge in cui avevamo delle mega circoscrizioni elettorali, di milioni di abitanti, ed elenchi lunghissimi di candidati. È stato questo sistema che la Corte ha voluto colpire: candidati non conoscibili uguale mancata libertà dell'elettore. Nell'Italicum abbiamo scelto di fare delle circoscrizioni che sono composte dai 450 mila abitanti ai 650-700 mila abitanti. Mi pare che la differenza sia molto significativa.
  Anche il tema della libertà dell'elettore nella designazione di un proprio candidato viene svolto diversamente dalla Corte costituzionale. La Corte non dice: il capolista bloccato o il candidato dell'uninominale è illegittimo. Anche quello dell'uninominale è un candidato bloccato e imposto dalla monocandidatura, per l'appunto, nella constituency elettorale pur più limitata, sarebbe alla fine un nominato; ma la Corte non dice questo.
  E direi che quello che contesta la sentenza della Corte, che qui viene richiamata come riproducibile sul versante dell'Italicum, è piuttosto un'impostazione per la quale non c’è la conoscibilità e c’è una sorta di intrufolarsi di nomi spuri in pacchetti lunghi, in megacircoscrizioni elettorali, territorialmente a volte incomprensibili rispetto alla possibilità dell'elettore di conoscere il proprio rappresentante.
  Diverso è anche l'ultimo argomento che voglio trattare rispetto al tema che la mozione non evoca esplicitamente; direi un tema di contestazione un po’ politologico Pag. 28e un po’ costituzionale, che è anche una proposizione intelligente di testimoni della politica di oggi e di ieri, e cioè il tema se sia adatto il sistema del ballottaggio nel doppio turno di voto, alla conformazione dell'elettorato e della cultura politica italiana di oggi e alla presenza di forze politiche talmente incomponibili, per cui verrebbe meno l'insegnamento di chi ci raccontava, in passato, che in un doppio turno – penso a Duverger – vince la posizione che riesce ad attirare al candidato «mediano» le forze più estreme. Invece noi abbiamo questa rivoluzione, per la quale avremmo una sorta di impazzimento del sistema secondo i critici o, se volete, una piena libertà dell'elettore di esprimersi secondo uno schema che non è più un continuum della destra con la sinistra e quindi dove si posiziona il consenso secondo una identità politica tradizionale, ma mi si colloca dove voglio che reagisca al meglio il mio disprezzo per questo o quel candidato, questa o quella forza che è arrivata al ballottaggio.
  Se è questo l'incriminato, beh, è incriminata anche una storia di elaborazione che ha portato il Partito Democratico e prima il centrosinistra unito a proporre il doppio turno di uninominale, per all'incirca una quindicina d'anni, quale suo modello ideale di sistema elettorale e forse, onorevole Scotto, lei che proviene da una scuola politica e da una storia politica che ha visto insieme e alleato il Partito Democratico e i precedenti partiti da cui noi deriviamo in diverse competizioni elettorali, è un tema ed è un problema che riguarda anche la sua cultura politica istituzionale, perché noi quella prospettiva l'abbiamo sostenuta insieme, l'abbiamo sostenuta e proposta agli elettori come nostra particolare cifra di contenuto dell'ipotesi di riforma elettorale.
  E allora io dico due cose: primo, non stiamo discutendo, parlando dell'Italicum, di un sistema che oggi non trova più nessun difensore; l'Italicum è la legge che il Parlamento si è data, ha dei pregi e ha dei difetti, i difetti sono molto sottolineati dalla attualità politica che ho raccontato negli ultimi secondi del mio intervento, ma i pregi sono anche quelli di aver riconosciuto che indipendentemente dalla possibilità, diciamo d'astuzia, per cui un sistema elettorale deve servire per far vincere chi lo propone e non invece deve servire al Paese, esso deve invece servire alla democrazia (non ci serve un sistema elettorale che si piega, settimana dopo settimana, a un sondaggio o al risultato di un'elezione amministrativa o comunque non possiamo essere noi a sostenere questa tesi). E se però, rispetto alle difficoltà evidenziate, rispetto alla critica, rispetto alla riemersione di una volontà riformatrice di una legge elettorale che non è mai stata applicata e che è ancora sub iudice – ripeto: non sono secondo me trasferibili i profili di legittimità costituzionale del Porcellum sull'Italicum, perché c’è stata attenzione, da parte del Parlamento, nel cercare di evitarli e c’è stata un'attenzione che si è concentrata e cristallizzata nella proposta del secondo turno di ballottaggio, se al primo turno nessuno prende il 40 per cento – se si volesse riaprire una discussione, io credo, onorevole Scotto – mi rivolgo a lei perché la sua prima firma è quella della mozione – che dovremmo uscire dalla genericità, non dalla genericità di un'accusa, ma dalla genericità di una proposta alternativa.
  È capace, questo Parlamento, di produrre un sistema che sia alternativo o correttivo dell'Italicum, ragionevolmente orientata, questa alternativa, a risolverne supposti problemi o a modificare in maniera più soddisfacente dell'Italicum l'intenzione di assicurare, al Paese e al cittadino italiano, un'espansione del suo diritto democratico ? Espansione vuol dire non rinunciare al voto di rappresentanza, ma vuol dire anche non rinunciare al voto di indirizzo sulla funzione di governo. Perché se questa proposta alternativa fosse solo indirizzata in un ambito – per esempio, come ha detto l'onorevole Cecconi: vogliamo un proporzionale puro, la fotografia, poi vediamo qui, un po’ di governabilità la faremo in Aula – io penso che staremmo tornando indietro.
  Non è un modello impensabile, perché è stato sperimentato nel nostro Paese per Pag. 29molto tempo, ma non è il modello adatto alla democrazia italiana di questo tempo, che ha raggiunto un livello di maturità in cui si ha l'alternanza degli schieramenti che programmaticamente si confrontano davanti a un elettore; ed è un elettore arbitro, perché poi è anche questo il tema: il ruolo del cittadino nella determinazione non solo della rappresentanza, ma della funzione del Governo.
  Mi piace usare questa espressione rievocando il titolo di un libro che raccoglie scritti di Roberto Ruffilli: «il cittadino come arbitro»; è anche questo il tema che deve porsi una proposta di alternativa o di modifica dell'Italicum.
  Se questi principi saranno raccolti, se saranno organizzati, se saranno proposti, io penso che da parte del Partito Democratico non ci siano difficoltà a riesaminarli in una discussione che coinvolga tutte le forze politiche di buona volontà in questo Parlamento.

  PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
  Prendo atto che il rappresentante del Governo non intende intervenire.
  Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Ordine del giorno della seduta di domani.

  PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

  Martedì 20 settembre 2016, alle 11:

  1. – Svolgimento di una interpellanza e di interrogazioni.

  (ore 14,30)

  2. – Seguito della discussione della proposta di legge:
   S. 1261 – D'INIZIATIVA DEI SENATORI: ELENA FERRARA ed altri: Disposizioni per la prevenzione e il contrasto dei fenomeni del bullismo e del cyberbullismo (Approvata dal Senato) (C. 3139-A).
   e delle abbinate proposte di legge: CAMPANA ed altri; IORI ed altri; BRAMBILLA; IORI ed altri; MARZANO; SANTERINI ed altri; LOREFICE ed altri (C. 1986-2408-2435-2670-3576-3605-3607).
  — Relatori: Campana (per la II Commissione) e Beni (per la XII Commissione), per la maggioranza; Ferraresi (per la II Commissione) e Baroni (per la XII Commissione), di minoranza.

  3. – Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge:
   SANI ed altri; OLIVERIO ed altri: Disciplina organica della coltivazione della vite e della produzione e del commercio del vino (C. 2236-2618-A).
  — Relatore: Fiorio.

  4. – Discussione delle mozioni Locatelli, Malisani, Nicchi, Buttiglione, Fitzgerald Nissoli, Palese, Matteo Bragantini ed altri n. 1-01291, Rosato ed altri n. 1-01292 e Spadoni ed altri n. 1-01348 concernenti iniziative in relazione al riconoscimento del genocidio del popolo yazida.

  La seduta termina alle 15,50.