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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 614 di mercoledì 27 aprile 2016

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PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE LAURA BOLDRINI

  La seduta comincia alle 10.

  PRESIDENTE. La seduta è aperta.
  Invito la deputata segretaria a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

  CATERINA PES, Segretaria, legge il processo verbale della seduta del 22 aprile 2016.

  PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.
  (È approvato).

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Alfreider, Artini, Baretta, Bindi, Catania, Cicchitto, Faraone, Fraccaro, Gentiloni Silveri, Mazziotti Di Celso, Piccoli Nardelli, Ravetto, Schullian, Valeria Valente e Vignali sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
  I deputati in missione sono complessivamente cento, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell’allegato A al resoconto della seduta odierna).

Discussione del Documento di economia e finanza 2016 (Doc. LVII, n. 4) (ore 10,03).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del Documento di economia e finanza 2016.
  Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al resoconto stenografico della seduta dell'11 aprile 2016.
  Ricordo che il procedimento si svolgerà secondo le modalità previste dall'articolo 118-bis, del Regolamento, in base a quanto stabilito nel parere della Giunta per il Regolamento del 14 luglio 2010.
  Avverto che al Documento di economia e finanza è annessa la relazione prevista dall'articolo 6, comma 5, della legge 24 dicembre 2012, n. 243, con cui il Governo chiede alle Camere l'autorizzazione ad un aggiornamento del piano di rientro verso l'obiettivo di medio periodo, differendo al 2019 il raggiungimento del pareggio di bilancio in termini strutturali.
  Pertanto, l'esame del Documento di economia e finanza si concluderà con l'esame di due distinti atti di indirizzo: il primo, relativo alla Relazione, di cui all'articolo 6, comma 5, della legge n. 243 del 2012, concernente l'autorizzazione all'aggiornamento del piano di rientro, da votare a maggioranza assoluta, a norma dell'articolo 81, secondo comma, della Costituzione e del citato articolo 6, comma 3, della medesima legge n. 243 del 2012; il secondo, relativo al Documento di economia e finanza, da votare a maggioranza semplice, soltanto in caso di approvazione del primo.Pag. 2
  Ricordo, infine, che, ai sensi del comma 2 dell'articolo 118-bis del Regolamento, le risoluzioni riferite al Documento di economia e finanza e alla citata Relazione annessa devono essere presentate nel corso della discussione.

(Discussione – Doc. LVII, n. 4)

  PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione.
  Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo. Sottosegretario Baretta, prego.

  PIER PAOLO BARETTA, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Presidente, mi riservo di intervenire in sede di replica.

  PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il relatore per la maggioranza, deputato Parrini. Prego deputato.

  DARIO PARRINI, Relatore per la maggioranza. Presidente, colleghi, mi accingo ad illustrare le parti principali ed i contenuti più importanti del Documento di economia e finanza presentato dal Governo, Documento che risulta, al solito, articolato in tre sezioni: la prima è il Programma di stabilità, che contiene le informazioni richieste dai regolamenti dell'Unione europea, con specifico riferimento agli obiettivi di politica economica da conseguire per accelerare la riduzione del debito pubblico; la seconda è l'analisi delle tendenze della finanza pubblica, principalmente basata sull'analisi del conto economico delle amministrazioni pubbliche dell'anno precedente; la terza è il Programma nazionale di riforma, che, in coerenza con il Programma di stabilità, contiene gli elementi e le informazioni previsti dai regolamenti dell'Unione europea e dalle specifiche linee guida per il Programma nazionale.
  Il DEF, che è alla nostra attenzione, parte dall'esposizione dei risultati positivi registrati sul piano del quadro macroeconomico dall'economia italiana nel 2015 e traccia le previsioni per l'anno in corso e per il periodo 2017-2019.
  Nella prima sezione relativa al Programma di stabilità, il DEF evidenzia un fatto importante e, cioè, come nel 2015 il ritmo di crescita dell'economia mondiale e del commercio mondiale abbia mostrato un inatteso rallentamento rispetto al 2014, su cui ha pesato in maniera particolare la flessione e, in taluni casi, l'entrata in recessione di importanti economie emergenti, fatto che si è intensificato nella seconda metà dell'anno a seguito del perdurante declino del prezzo del petrolio e dell'inasprimento delle condizioni finanziarie. Negli ultimi mesi del 2015 si è, inoltre, registrata anche una perdita di slancio della crescita delle economie avanzate.
  Come sottolineato anche dai principali organismi previsori internazionali, l'attività economica mondiale dovrebbe, comunque, continuare ad espandersi nel 2016, ma ad un ritmo che resta, tuttavia, moderato. Da un lato, il rischio di deflazione nelle economie avanzate, il protrarsi dei bassi prezzi del petrolio, l'incertezza sull'andamento dell'economia cinese, shock di origine non economica, come i conflitti geopolitici, il terrorismo e i flussi di rifugiati, potrebbero avere ricadute negative sull'attività economica mondiale. Dall'altro lato, tuttavia, proprio le basse quotazioni del greggio potrebbero stimolare la domanda interna dei Paesi importatori di petrolio per un periodo più prolungato e il pieno dispiegarsi di effetti espansivi delle politiche monetarie, al momento al di sotto delle attese, potrebbe avere un ruolo importante sul recupero della domanda mondiale.
  Sulla base di queste considerazioni, il DEF evidenzia il ritorno alla crescita dell'economia italiana nel 2015, registrando un incremento del PIL pari allo 0,8 per cento che giunge dopo tre anni di contrazione del prodotto interno lordo; periodo nel quale è doveroso rammentare che il PIL è diminuito di 2,8 punti percentuali nel 2012, di 1,7 nel 2013 e di 0,3 nel 2014. Si tratta, in riferimento alla crescita registrata Pag. 3nel 2015, di un incremento del prodotto interno lordo sostanzialmente in linea con quanto previsto a settembre scorso nella Nota di aggiornamento al DEF, in cui si era indicato un più 0,9 per cento.
  Il DEF sottolinea, inoltre, come sul risultato positivo del 2015 abbia inciso in maniera rilevante il recupero della domanda interna nelle sue due componenti dei consumi delle famiglie e delle pubbliche amministrazioni e degli investimenti fissi lordi.
  Con riferimento alle esportazioni, seppure esse siano state penalizzate dall'indebolimento del ciclo internazionale, la loro dinamica si è mantenuta, anche nel corso del 2015, positiva e le esportazioni sono risultate supportate dalla competitività derivante dal deprezzamento dell'euro. Nel complesso, nonostante il rallentamento del commercio e della produzione industriale mondiali, il commercio con l'estero ha registrato in Italia, anche nel 2015, dati positivi, registrando un avanzo per il terzo anno consecutivo pari a circa 45,2 miliardi e risultando – dice il DEF – tra i più elevati dell'Unione europea dopo quello della Germania e quello dei Paesi Bassi.
  Per quanto riguarda il 2016, le stime prevedono una crescita dell'1,2 per cento, in ribasso rispetto a quanto previsto nella Nota di aggiornamento di settembre. La stima di minor crescita deriva soprattutto dalle già ricordate sopraggiunte difficoltà del contesto internazionale ed europeo. Per gli anni successivi si prevede una crescita tendenziale – di nuovo stiamo parlando del prodotto interno lordo –, che si mantiene stabile al medesimo livello di quest'anno, vale a dire attorno all'1,2 per cento fino al 2018, per salire, poi, all'1,3 per cento nel 2019, ponendosi per tutto il periodo al di sotto delle previsioni programmatiche elaborate a settembre scorso nella Nota di aggiornamento del precedente Documento di economia e finanza.
  Il clima di incertezza che caratterizza l'economia mondiale dovrebbe riflettersi ancora sull'andamento delle esportazioni, determinandone un rallentamento, con una crescita moderata, 1,6 per cento nell'anno in corso, per ritornare ad una crescita media del 3,6 per cento nel periodo successivo. Nel medio termine, inoltre, il complesso delle misure espansive ulteriormente implementate dalla BCE dovrebbe favorire una ripartenza del credito al settore privato, alimentando la crescita economica e l'espansione dei consumi e degli investimenti, nonché una graduale risalita dell'inflazione verso l'obiettivo di medio termine, anche in considerazione del venir meno della spinta deflattiva fornita dal comportamento del prezzo dei beni energetici.
  Per quel che riguarda il mercato del lavoro, dopo i risultati positivi del 2015, che confermano un'evoluzione favorevole, che già si era manifestata nel corso del 2014, dopo un periodo negativo che datava, invece, dal 2009, le previsioni tendenziali riportate nel DEF mantengono una variazione positiva dell'occupazione per tutto il periodo di previsione, che si estende – lo ricordiamo – fino al 2019. È un andamento positivo che si riflette sugli indicatori occupazionali, con un tasso di disoccupazione che dovrebbe calare fino a 9,9 punti percentuali dagli 11,9 del 2015, ed un tasso di occupazione che dovrebbe anch'esso registrare un andamento positivo, con un incremento di 1,8 punti percentuali, da 56,3 a 58,1 punti percentuali.
  Tali andamenti sono in linea con i dati espressi dai principali previsori internazionali. In particolare il dato sul tasso di disoccupazione 2016, previsto nel DEF all'11,4 per cento, si riscontra anche nelle previsioni della Commissione europea e nelle previsioni di aprile del Fondo monetario internazionale, che conferma la stima del 10,9 per cento prevista dal DEF per il 2017.
  Nello scenario economico programmatico, quello cioè che si determinerebbe a seguito dell'attuazione degli obiettivi programmatici del Governo, la crescita del PIL sopravanzerebbe quella esposta nello scenario tendenziale che si è ora illustrata di circa 0,2 punti percentuali nel 2017, 0,3 nel 2018, 0,1 nel 2019, risultando quindi pari, rispettivamente, all'1,4, 1,5 e 1,4 per Pag. 4cento. Tale risultato assume un profilo temporale lievemente diverso sul piano del PIL nominale, sulla cui evoluzione incide la sterilizzazione delle clausole di salvaguardia, che rappresentano nel 2017 circa 0,9 punti di PIL e la cui disattivazione, impedendo la traslazione dei previsti aumenti di IVA, accise e prezzi, determinerebbe nel quadro programmatico un più basso deflattore dei consumi e del PIL.
  Passando al quadro di finanza pubblica, si deve notare che, analogamente a quanto si è prima illustrato con riguardo al quadro macroeconomico, il 2015 mostra risultati positivi. Il deficit rispetto al PIL è sceso dal 3 per cento del 2014 al 2,6 per cento. In linea con le previsioni, in valori assoluti, si è attestato sotto i 43 miliardi di euro. Da un confronto, che è doveroso fare, tra il 2015 e il 2014 emerge che al miglioramento del saldo hanno principalmente concorso la voce degli interessi passivi, che si sono ridotti, quella delle spese correnti, che hanno avuto una riduzione per 4,6 miliardi, nonché un incremento sul versante delle entrate, sia delle entrate tributarie che dei contributi sociali. Queste variazioni, positive per i saldi di finanza pubblica, sono state compensate solo parzialmente da un incremento delle prestazioni sociali e delle spese in conto capitale.
  L'avanzo primario, che aveva raggiunto l'1,9 per cento del PIL nel 2013 ed è sceso all'1,6 per cento nel 2014, è rimasto costante su questa soglia nel 2015, mentre la spesa per interessi ha continuato ad avere una tendenza alla riduzione, attestandosi al 4,2 per cento del PIL rispetto al 4,6 per cento del 2014 e al 4,8 per cento del 2013. Importante, dato che si parla di saldo della finanza pubblica, è evidenziare la stabilizzazione delle spese finali della pubblica amministrazione e anche una positiva ricomposizione delle sue componenti. Positivi sono gli andamenti della spesa corrente primaria, che si è ridotta in maniera apprezzabile. Si è avuto, invece, dopo molti anni, un ritorno alla crescita, sia come incidenza rispetto al PIL sia in valore assoluto, della spesa di parte capitale.
  La pressione fiscale è risultata in lieve diminuzione, di 0,1 punti percentuali, se non si tiene conto del bonus 80 euro. Vi è una più netta diminuzione, di 0,6 punti percentuali, se, invece, si tiene conto di questo intervento risalente al 2014 e poi stabilizzato con la successiva legge di stabilita.
  Il miglioramento del saldo di indebitamento è previsto proseguire anche nel 2016, con una discesa al 2,3 per cento.
  Rispetto al 2015, nel 2016 si determina, quindi, una riduzione dello 0,3 per cento in termini di PIL, dovuta al miglioramento di entrambe le componenti di questo saldo, cioè sia del saldo primario che della spesa per interessi. Per gli anni successivi si stima una riduzione progressiva dell'indebitamento netto, sia in valore assoluto sia in rapporto al PIL, fino a raggiungere, nell'esercizio 2019, un saldo positivo, accreditamento netto, come di seguito esposto: nel 2017 indebitamento netto all'1,4 per cento del PIL; nel 2018 0,3 per cento del PIL; nel 2019 avanzo di 0,4 per cento rispetto al PIL. In base al DEF, questo percorso di miglioramento di saldo è determinato sia dalla spesa per interessi sia dal saldo primario.
  Analizzando, in particolare, le entrate, per esse il DEF stima, per tutto il periodo di previsione, un andamento crescente, in valore assoluto, delle entrate finali, da 789 miliardi di euro nel 2016 a 856 miliardi di euro nel 2019. È previsto anche un incremento delle entrate tributarie per 2,4 miliardi di euro nel 2016, attribuibile all'effetto del miglioramento delle principali variabili macroeconomiche rispetto a quelle del 2015.
  Va sottolineato come nel DEF si precisi che nell'ambito del gettito tributario si osserva una ricomposizione in favore delle imposte indirette, la cui incidenza sul PIL cresce dal 14,7 per cento nel 2016 al 15,5 per cento nel 2019, mentre la quota delle imposte dirette sul PIL mostra una riduzione dal 14,7 per cento al 14 per cento. Le previsioni concernenti la pressione fiscale evidenziano una riduzione negli anni 2016 e 2017 e un incremento al 42,9 per cento negli anni 2018 e 2019.Pag. 5
  In ordine alle spese, il DEF stima, per il periodo di previsione, un andamento crescente, in valore assoluto, delle spese finali, che passano da 828,7 milioni a 848,9 milioni di euro. In termini di PIL, tuttavia, l'incidenza di queste spese mostra una riduzione importante, di 1,2 punti percentuali, dal 49,6 per cento nel 2016 al 48,4 per cento nel 2017.
  La spesa corrente primaria è caratterizzata da variazioni annue positive. Con riguardo ai diversi aggregati di spesa, per i redditi da lavoro dipendente si prevede una moderata crescita delle retribuzioni per l'anno 2016 e una riduzione delle medesime nel 2017 e nel 2018. Per quanto riguarda i consumi intermedi, si prevede un contenimento nel 2016, seguito da una crescita dell'1 per cento nel 2017 e da una sostanziale stabilità dell'aggregato nel 2018. L'andamento di tale voce si mantiene, comunque, al di sotto della dinamica del PIL nominale, evidenziando conseguentemente un'incidenza sul prodotto che si riduce fino al 7,5 per cento nel 2019. Per quanto riguarda la spesa per prestazioni sociali in denaro, è stimata in aumento per l'intero periodo previsionale. Dopo un incremento del 2,1 per cento del 2016 rispetto al 2015, la dinamica si dimostra più contenuta nel 2017, dando luogo ad una variazione percentuale annua dell'1,6 per cento. Le previsioni tendenziali mostrano, infine, un andamento complessivamente decrescente della spesa in conto capitale, non solo in termini percentuali, ma anche in valore assoluto. A fine periodo l'aggregato si attesta su un valore pari a 59,6 miliardi di euro, inferiore di circa 0,8 miliardi di euro rispetto al valore previsto per il 2016. L'andamento descritto viene confermato dalla dinamica della spesa in termini di PIL, che dal 3,6 per cento del 2016 scende al 3,3 per cento a fine periodo.
  Passando allo scenario programmatico, il Governo replica la strategia già adottata nel 2015 riguardo al percorso di miglioramento sopra illustrato. Il Governo intende destinare parte delle risorse derivanti dai risultati di bilancio, come evidenziate nel quadro tendenziale, al sostegno della crescita. Come precisato espressamente nella premessa al documento, il Governo ritiene inopportuno e controproducente adottare un'intonazione più restrittiva della politica di bilancio, ciò sia per i concreti rischi di deflazione e stagnazione riconducibili al contesto internazionale, sia per gli effetti negativi di manovre eccessivamente restrittive, che possono finire per peggiorare, anziché migliorare, il rapporto tra debito e PIL. Viene, pertanto, mantenuto il percorso di riduzione del deficit di bilancio, ma con un profilo discendente attenuato rispetto a quello tendenziale, rispetto al quale l'indebitamento netto risulta superiore agli 0,4 punti percentuali di PIL nel 2017, di 0,6 punti nel 2018, attestandosi, rispettivamente, a 1,8 e a 0,9 punti percentuali.
  Nel 2019 si mantiene l'obiettivo del passaggio ad un saldo positivo, ma dello 0,1 per cento di PIL, anziché dello 0,4 come previsto nel tendenziale. L'aumento del deficit comporta il prodursi di una intonazione moderatamente espansiva della politica di bilancio allo scopo di sostenere una ripresa che, come abbiamo già ricordato, è meno brillante del previsto. Un elemento centrale del percorso programmatico è costituito dalla disapplicazione delle clausole di salvaguardia, al cui riguardo l'intendimento del Governo è attuare nella prossima legge di stabilità una manovra alternativa alle clausole, la cui parziale compensazione, per il resto operata nell'ambito dei nuovi spazi programmatici di manovra, sarà composta da un insieme articolato di interventi di revisione della spesa pubblica, ivi incluse le spese fiscali, e di strumenti che accrescano la fedeltà fiscale e riducano i margini di evasione e di elusione. L'intonazione meno restrittiva della politica di bilancio esposta nel quadro programmatico comporta la necessità di posporre il conseguimento dell'obiettivo del pareggio di bilancio in termini strutturali – medium term objective – di un anno, dal 2018 al 2019, anno in cui il deficit strutturale si attesta, come detto, allo 0,2 per cento, quindi in sostanziale pareggio. Pertanto, unitamente al Documento di economia e finanza, è stata Pag. 6trasmessa dal Governo alle Camere anche la relazione prescritta dall'articolo 6 della legge di attuazione del pareggio di bilancio n. 243 del 2012.
   Venendo infine al debito, una ulteriore crescita nel 2015 ne ha portato il livello al 132,7 per cento del PIL. Dal 2016 si prevede avviarsi la fase di discesa del rapporto debito pubblico-PIL con una prima riduzione di 0,3 punti percentuali. Tale discesa continua anche nel 2017 e nel 2018 e si prevede che porti il debito pubblico al 123,5 per cento nel 2019.
  Venendo al programma nazionale di riforma, che è il terzo ed ultimo elemento del DEF, nel quadro del programma di stabilità ed in linea con il consolidamento e la sostenibilità delle finanze pubbliche sono tracciati gli interventi da adottare per il raggiungimento degli obiettivi programmatici del Governo in materia di crescita, di sviluppo ed occupazione, anche in coerenza con i target delineati dalla strategia Europa 2020. Il PNR 2016 rivisita gli obiettivi del precedente anno, facendo riferimento anche alle raccomandazioni del luglio 2015 del Consiglio dell'Unione europea e tenendo altresì conto sia dell'analisi annuale della crescita 2016 nonché della relazione per Paese relativa all'Italia 2016, documento di lavoro dei servizi della Commissione nell'ambito delle procedure sugli squilibri macroeconomici. Come precisato espressamente nel PNR, la strategia di riforme strutturali deve essere accompagnata e sostenuta da una politica di responsabilità fiscale che, attraverso la riduzione del carico delle imposte, permetta di sostenere la spesa di imprese e famiglie, rafforzare la crescita in una fase di notevole incertezza economica a livello internazionale e continuare nello sforzo di consolidamento della finanza pubblica e di riduzione del debito. In tale quadro gli ambiti principali riscontrabili nel PNR concernono in particolare la competitività, le riforme istituzionali, la pubblica amministrazione, la giustizia, la finanza per la crescita, la concorrenza, il lavoro, l'istruzione e la ricerca, la riduzione degli squilibri territoriali, la lotta alla povertà, l'imposizione fiscale, le infrastrutture, gli interventi sul piano della finanza pubblica, tra i quali l'ottimizzazione dell'attività di revisione della spesa, la riforma del bilancio dello Stato sulla base della legge n. 243 del 2012 di attuazione del principio costituzionale del pareggio di bilancio e la continuazione del programma di privatizzazione di società partecipate e di dismissione delle proprietà immobiliari.
   Per quanto concerne le principali politiche di interesse della Commissione Bilancio si ritiene di approfondire in particolare la revisione della spesa, le privatizzazioni e le politiche di coesione. Facendo un breve riferimento alla spending review, il Documento prevede risparmi associati a interventi di razionalizzazione della spesa in termini di indebitamento netto che riguardano tutti i livelli di governo e risultano quantificati in 3,6 miliardi di euro nel 2014, 18 miliardi nel 2015, 25 miliardi nel 2016, 27,6 miliardi nel 2017 e 28,7 miliardi nel 2018.
  Risultano essenziali ai fini della riqualificazione della spesa, anche accanto alla riduzione del numero di centri di spesa e all’e-procurement, forme di razionalizzazione della spesa in tecnologia che impatta sui costi di gestione, investimenti per la semplificazione dei processi, innovazione strategica a lungo termine. A tal fine, secondo il DEF, andranno messe in atto ulteriori misure di rafforzamento, oltre a quelle già previste dalla legge di stabilità 2016, e si dovrà dare impulso in particolare all'azione di Consip. Per quanto riguarda gli enti territoriali, i costi e i fabbisogni standard introdotti, come è noto, dal decreto legislativo n. 216 del 2010 nell'ambito dell'attuazione della delega sul federalismo fiscale, di cui alla legge n. 42 del 2009, rimangono il cardine per individuare i parametri a cui ancorare il finanziamento delle spese fondamentali degli enti medesimi al fine di assicurare, anche nella finanza decentrata, un graduale e definitivo superamento del criterio della spesa storica. La disciplina contabile degli enti territoriali delineata dagli articoli 9 e 12 della legge n. 243 del 2012, attuativa del principio del pareggio di bilancio, costituisce inoltre l'oggetto di un Pag. 7recente disegno di legge approvato dal Governo che introduce modifiche alla legge n. 243 medesima al fine di adeguare i vincoli di finanza pubblica di regioni ed enti locali alla riforma di contabilità degli stessi. Venendo poi alla questione delle privatizzazioni, alla quale si fa espresso riferimento anche nella raccomandazione 1 della Commissione, rientra nell'ambito delle misure volte alla sostenibilità delle finanze pubbliche con particolare intervento alle politiche volte alla riduzione del debito. Nel percorso di riduzione del debito esposto nel quadro programmatico del DEF nel quadriennio 2016-2019, questo è previsto decrescere di quasi nove punti, come ricordato dal 132,7 al 123,8 per cento del 2019, con un concorso significativo dei proventi da privatizzazioni pari, coerentemente con quanto previsto nel PNR, allo 0,5 per cento del PIL nel 2016, 2017, 2018 e allo 0,3 per cento nel 2019. I risultati del 2015 in termini di debito hanno beneficiato di proventi da privatizzazioni per circa 6,6 miliardi di euro pari allo 0,4 per cento del PIL. Quanto alle dismissioni immobiliari il DEF ricorda che è in corso un piano di valorizzazione e dismissione del patrimonio pubblico volto anch'esso, unitamente alle privatizzazioni societarie, al reperimento di risorse a riduzione del debito. Tale piano coinvolge diversi attori istituzionali, dall'Agenzia del demanio all'Invimit SGR, dalla Cassa depositi e prestiti agli enti pubblici proprietari degli immobili. Si ricorda, infine, che, nel corso del 2015 è proseguito il processo di trasferimento del patrimonio immobiliare pubblico statale agli enti territoriali previsto dal federalismo demaniale.
  Per quel che concerne le politiche di coesione che sono, come è risaputo, volte al superamento degli squilibri economici e sociali tra le diverse aree del Paese, si segnala espressamente la necessità di assicurare la piena operatività dell'Agenzia per la coesione territoriale ai fini del potenziamento degli sforzi intesi al miglioramento della gestione dei fondi dell'Unione europea. La necessità del rafforzamento della capacità amministrativa nella gestione dei fondi europei ha portato alla definizione di un nuovo quadro di governance istituzionale per le politiche di coesione che ha affidato alla Presidenza del Consiglio dei ministri e alla nuova Agenzia per la coesione territoriale, sottoposta alla vigilanza della Presidenza del Consiglio, l'azione di programmazione, coordinamento, sorveglianza a sostegno della politica di coesione. Tale attività ha trovato riscontro nelle ultime fasi di attuazione dei programmi operativi della programmazione 2007-2013, ormai giunto a conclusione, che ha consentito la pressoché piena utilizzazione delle risorse programmate. L'importante è citare i dati forniti dalla Ragioneria generale dello Stato: al 31 dicembre 2015, infatti, i pagamenti hanno raggiunto 43,4 miliardi complessivi che corrispondono al 93 per cento delle risorse programmate. Nel complesso, per la quasi totalità dei programmi dei fondi strutturali FESR e FSE, è stata superata la quota del 90 per cento. Si ricorda al riguardo che i progetti non conclusi alla data del 31 dicembre 2015 potranno comunque essere completati attraverso l'utilizzo delle risorse di cofinanziamento nazionale destinate all'attuazione dei programmi di azione e coesione complementari alla programmazione 2014-2020.
  Proseguiamo con quanto concerne il Piano di azione e coesione, attuato attraverso la rimodulazione strategica delle risorse e dei programmi operativi 2007-2013 maggiormente in ritardo e attraverso la riduzione della quota di cofinanziamento nazionale, al fine di evitare il disimpegno delle risorse comunitarie inutilizzate.
  Il monitoraggio effettuato dal sistema informatico della Ragioneria generale dello Stato, sulla base delle informazioni periodicamente inviate dalle amministrazioni titolari degli interventi, evidenzia, al 31 ottobre 2015, impegni per circa 6,5 miliardi di euro, pari all'80 per cento delle risorse programmate, e pagamenti per 1,6 miliardi di euro, pari al 19,2 per cento di dette risorse. In relazione alla programmazione 2014-2020 dei fondi strutturali e di investimento europei, nel corso del Pag. 82015, tutti i programmi operativi, sia nazionali, che regionali, sono stati adottati dalla Commissione europea e sono in fase di avvio. Nell'impostazione strategica della politica di coesione 2014-2020 il PNR sottolinea, infine, la rilevanza della strategia nazionale per le aree interne del Paese, definite come quelle aree più lontane dai servizi di base che interessano oltre il 60 per cento del territorio nazionale ed il 7,6 per cento della popolazione italiana.
  La strategia, sostenuta, sia dai fondi europei, sia da risorse nazionali, circa 280 milioni di euro messi a disposizione dalle ultime tre leggi di stabilità, rappresenta un'azione diretta al sostegno della competitività territoriale sostenibile al fine di contrastare nel medio periodo il declino demografico che caratterizza tali aree. Per quanto riguarda, infine, la programmazione delle politiche di coesione attraverso le risorse nazionali, si ricorda che nel Fondo per lo sviluppo e la coesione sono iscritte le risorse finanziarie aggiuntive nazionali destinate a finalità di riequilibrio economico e sociale, nonché incentivi e investimenti pubblici. Le risorse per la programmazione 2014-2020, autorizzate dalla legge di stabilità per il 2014 nell'importo complessivo di 54,8 miliardi di euro, sono destinate a sostenere esclusivamente interventi per lo sviluppo, anche di natura ambientale, secondo la chiave di riparto dell'80 per cento nelle regioni del Mezzogiorno, del 20 per cento nelle aree del centro-nord. La parte delle politiche di coesione finanziata da risorse interamente nazionali, ricorda il DEF, rimane quella forse più rilevante per gli interventi di natura infrastrutturale, soprattutto nel Mezzogiorno. L'impostazione del nuovo quadro di governance istituzionale per le politiche di coesione ha determinato la ridefinizione con la legge di stabilità 2015 delle procedure di programmazione e gestione delle risorse nazionali assegnate al Fondo per lo sviluppo e la coesione per il ciclo 2014-2020, riservando all'autorità politica per la coesione il compito di indicare le linee strategiche per l'impiego del Fondo.
  In tale contesto normativo, secondo quanto illustrato nel DEF, il CIPE ha approvato diverse assegnazioni riconducibili a tale piano-stralcio, quali 65,4 miliardi di euro ad interventi nei SIN di Piombino e Trieste; 450 milioni di euro per la realizzazione di interventi finalizzati a prevenire il rischio idrogeologico in aree metropolitane e urbane con un alto livello di popolazione esposta al rischio; 100 milioni di euro per la progettazione di interventi nello stesso ambito; 250 milioni di euro per i contratti di sviluppo che favoriscono la realizzazione di investimenti di rilevanti dimensioni proposti da imprese italiane ed estere nel settore industriale e turistico e della tutela ambientale; 2,2 miliardi di euro per il Piano sulla banda larga e oltre 1,3 miliardi di euro a titolo di assegnazione programmatica per la medesima finalità; 38,7 milioni di euro per l'area di Taranto.
  Un ruolo importante – e ho concluso – dell'FSC 2014-2020 è previsto per il cosiddetto Masterplan per il Mezzogiorno, iniziativa lanciata dal Governo nell'estate 2015, che prevede la predisposizione di specifici piani strategici e operativi per le otto regioni e le sette città metropolitane del Mezzogiorno. In particolare, dice il DEF, al Masterplan per il Mezzogiorno il Governo intende destinare circa 13,4 miliardi di euro delle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione della programmazione 2014-2020 finalizzate ai patti per il sud. Il Masterplan è il quadro di riferimento entro cui si collocheranno le scelte operative in corso di definizione nel confronto tra Governo, regioni, città metropolitane sui patti per il sud. I patti sono sedici, uno per ognuna delle otto regioni e uno per ognuna delle sette città metropolitane del Mezzogiorno e sono finalizzati a definire per ognuna di essi gli interventi prioritari e trainanti, le azioni da intraprendere per attuarli, gli ostacoli da rimuovere, la tempistica, le reciproche responsabilità.

  PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire la relatrice di minoranza, deputata Laura Castelli. Prego.

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  LAURA CASTELLI, Relatrice di minoranza. Grazie Presidente. Dunque, questo è il terzo Documento di economia e finanza da quando il MoVimento 5 Stelle è entrato in Parlamento e non può fare altro che ancora una volta sottolineare gli stessi aspetti.
  Sì, perché purtroppo questo Governo, nonostante alcuni cambiamenti di presidenza, si ostina a raccontare scenari macroeconomici ottimistici che sono di difficile realizzazione. E, allora, quando succede il primo anno, uno può pensare con il beneficio del dubbio che ci sia stato qualche problemino, ma quando questo continua a succedere un anno dopo l'altro, forse è il caso di farsi alcune domande. Le stesse domande che si fa, peraltro, la Corte dei conti da più anni e che anche nell'ultima audizione ha evidenziato, sottolineando un allargamento dell'area dei rischi che questo DEF comporta. Questo è un Governo che affida la ripresa dell'economia italiana a un ipotetico aumento dei consumi. Io credo che questo Governo si possa definire un Governo di millantatori perché, oltre ad avere una visione ristretta di quella che può essere la ripresa di un Paese, continua a raccontare una situazione rosea quando, in realtà, la situazione drammatica della disoccupazione e l'aumento delle imposte indirette è nota a tutti, soprattutto a tutti gli italiani.
  E poi abbiamo sentito anche le audizioni dell'Ufficio parlamentare di bilancio, le quali, insomma, sono chiaramente un po’ vuote rispetto a quello che noi speravamo fosse il significato di questa audizione. Sì perché l'Ufficio parlamentare di bilancio si spinge a dire qualche cosa, ma non dice tutto. Essenzialmente, non verifica i dati. Allora, questo istituto era stato creato apposta per verificare i numeri che il Governo scrive all'interno dei documenti programmatici. In realtà, non lo fa e si basa sul presupposto che le stime individuate dal MEF siano plausibili senza appunto verificarle. Noi crediamo che ci sia un grande problema rispetto alla visione politica: il Governo fa il DEF, dopodiché si lancia in una manovra correttiva che solitamente presenta alle Camere a settembre, quasi come un'ammissione di colpa. Dopodiché, fa la legge di stabilità. In mezzo a questi mesi, cosa c’è ? C’è un continuo racconto di una situazione irreale e surreale che ormai gli italiani vedono, che noi cittadini italiani, che viviamo davvero questo Paese, possiamo toccare quotidianamente con mano. E, allora, forse l'ammissione di colpa denota un'inadeguatezza di poter governare questo Paese. Oltretutto, questi numeri sono sempre smentiti dai fatti e fa un po’ ridere il poco coraggio che l'Ufficio parlamentare di bilancio ci ha presentato con la sua relazione. Continuate a parlare di crescita del PIL e continuate a credere che la crescita del PIL sia legata ai consumi, solo ai consumi. Il MoVimento 5 Stelle la vede diversamente. Noi sosteniamo che altri dovrebbero essere i parametri da utilizzare per guidare le scelte economiche del nostro Paese, mentre voi vi rifugiate in queste gabbie numeriche che continuate e vi ostinate a pronunciare come PIL, crescita e quant'altro. Secondo noi va fatto con obiettivi macroeconomici e sociali basati su indicatori che tengano conto del benessere sociale dei cittadini e che siano capaci di misurare lo sviluppo economico, integrando nelle analisi stesse dei fattori ambientali e sociali. E guardate che questa Camera ha già approvato una mozione del MoVimento 5 Stelle, a prima firma Busto, che sottolineava l'importanza di inserire questi parametri, come il GPI e il BES, che molti di voi conoscono e che molti di voi hanno cominciato anche a pronunciare in Aule parlamentari. Questa Camera ha già approvato questa mozione. Non si capisce per quale ragione non siete in grado e questo Governo non è in grado di fare un documento programmatico che contenga dentro questi principi. Questi sì che creerebbero davvero PIL come dite voi.
  Poi assistiamo alla volontà di sterilizzare la clausola di salvaguardia nella prossima legge di stabilità. Scommettiamo che saranno ancora una volta i cittadini a pagare un aumento delle tasse e un aumento delle accise ? E poi il Governo è anche in grado di scriverlo in una maniera colorita dicendo «un insieme articolato di Pag. 10interventi di revisione della spesa pubblica, ivi incluse le spese fiscali e gli strumenti che accrescano la fedeltà fiscale e riducano i margini di evasione ed elusione».
  A questa frase non crede più nessuno e io penso che non ci crediate neanche voi, voi che l'avete scritta. È una frase che non sta da nessuna parte, ma che sotto ha un'evidenza che è quella che ormai noi cittadini italiani abbiamo capito che è questa spada di Damocle, che sta sulla testa appunto, che toglie di fatto fiducia a imprese e famiglie, creando l'incertezza. Poi voi siete i primi che vi chiedete come mai le famiglie scappano dall'Italia e come mai le imprese non vengono a investire in questo territorio. Fatevi delle domande e le risposte provate ad ascoltarle da chi veramente comprende e vive sulla propria pelle che cosa sta succedendo.
  La stessa Banca d'Italia – addirittura la Banca Italia – sottolinea come il DEF non definisce in dettaglio i provvedimenti che voi mettete all'interno dello stesso DEF. Quindi è una nube senza punti chiari e questo è ancora più preoccupante. Dopodiché, vorrei ricordare che l'Istat definisce la situazione italiana come una situazione di deflazione. Ora, siccome questi termini dentro hanno la sofferenza delle persone, è bene ricordare che cos’è la deflazione, perché qui fanno tutti gli economisti ma forse non si comprende che dietro queste parole c’è molto di più e c’è soprattutto la stanchezza di chi deve combattere tutti i giorni con la politica che cerca di fregarli. Dunque, succede che il calo dei prezzi dei beni e in generale dei servizi porta una naturale minore liquidità di profitti per le imprese; quindi, le imprese cominciano ad avere forti difficoltà, hanno meno profitti nei loro bilanci e, dunque, devono diminuire la produzione. Perciò, cala l'occupazione e, di conseguenza, aumenta la disoccupazione, che è una situazione che noi conosciamo e che vediamo tutti i giorni. Quindi, che succede ? Che c’è meno spesa di beni e servizi ed è ciò che vediamo, tant’è che questo Governo pensa di mettere mano a questa situazione con un aumento di consumi, con quel dannatissimo bonus degli 80 euro e, quindi, riparte la spirale, con un eccesso di produzione che genera di nuovo un calo dei prezzi.
  Questi sono modelli che si studiano al primo anno delle facoltà di economia e che sono facili da comprendere. Io mi chiedo come sia possibile e il MoVimento 5 Stelle si chiede come sia possibile che un Governo, che dovrebbe essere composto da persone che in qualche modo hanno un livello culturale adeguato, non comprenda o faccia finta di non comprendere che questo sistema non si può scardinare pensando di mettere mano a cose tipo la riforma degli 80 euro e quant'altro. Queste situazioni vanno scardinate da riforme strutturali di altro livello, ma di altro livello. Vanno pensate e il Movimento 5 Stelle prova a spiegarvele e prova a metterle dentro i documenti programmatici e dentro la legge di stabilità, ma tutti gli anni ci bocciate altri metodi, altre linee programmatiche che hanno una sostanza, che hanno un ritorno che non sia un ritorno immediato, che è solo fumo negli occhi, ma che vi sia un ritorno che duri a lungo nel tempo.
  Questo Governo non è in grado di farlo. Le nostre proposte, Presidente, sono quelle che in questi anni addirittura abbiamo fatto approvare da questo Parlamento. Parliamo, per esempio, della delusione di non aver visto nel cronoprogramma del 2016 la class action, che è stata approvata da questa Camera, oppure il whistleblowering, che è stato approvato da questa Camera e che è un modo per combattere la corruzione. Voglio ricordare che ancora una volta questo Governo non pensa a combattere la corruzione definitivamente, ma continua a parlare di voluntary e proposte di questo tipo.
  Concludo dicendo che in questo momento questo Governo è proprio inadeguato e inappropriato a fare il Documento di economia e finanza, in primo luogo per gli scandali a cui stiamo assistendo in questi mesi, a cominciare da Trivellopoli, che voi avete cercato di insabbiare sacrificando le poche teste che potevate sacrificare, mentre continuate a lasciare grandi Pag. 11poteri a quegli uomini che invece questi loschi affari li portano avanti. Oppure come in queste ore con lo scandalo della Campania, dove abbiamo visto quanto la camorra si sia infiltrata nella politica.
  Presidente, lei potrà dirmi che non c'entra niente col Documento di economia e finanza, ma io credo che un Governo che sia implicato in questo modo e continuamente in questi affari non possa assolutamente fare un Documento di economia e finanza. Per questo il MoVimento 5 Stelle vorrebbe almeno che le proprie proposte, che sono fatte con le mani pulite, venissero approvate (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il relatore di minoranza, deputato Gianni Melilla.

  GIANNI MELILLA, Relatore di minoranza. Grazie, signora Presidente. In questa proposta di DEF è semplicemente assente la politica economica nell'accezione che le dava il grande economista Federico Caffè, di esaltazione, cioè, del momento discrezionale e politico rispetto agli automatismi predicati dall'indirizzo monetarista. Di qui, appunto, la lungimirante diffidenza di Federico Caffè, in tempi non sospetti, verso formule semplicistiche che affidavano ad autorità sovranazionali, di estrazione tecnocratica e non democratica, l'esclusiva dei controlli delle politiche economiche dei Governi nazionali.
  Nonostante l'intensa propaganda del Governo, l'Italia non è ripartita e si continua ancora con politiche di consolidamento delle finanze pubbliche a scapito, invece, di una politica espansiva di rilancio degli investimenti e dell'occupazione. Gli esigui risultati ottenuti sono esaltati a dismisura attraverso la grancassa della RAI e dei tanti quotidiani filogovernativi, ma la realtà, come diceva Shakespeare, «non può essere incantata dalle parole». La realtà è un'altra ed è certificata dai conti nazionali dell'Istat: si sono persi, in 8 anni, oltre 1 milione 600 mila posti di lavoro e oltre 3 milioni se calcolassimo il trend potenziale pre-crisi. Le persone in povertà assoluta sono più che raddoppiate. Gli indicatori demografici Istat segnalano che nel 2015, per la prima volta da decenni, l'aumento degli emigrati, circa 100 mila italiani, supera l'aumento degli immigrati (solo 39 mila unità). L'Istat inoltre ci dice che, sempre nel 2015, per la prima volta nella storia d'Italia, diminuisce la speranza di vita alla nascita, risulta il più alto tasso di mortalità e le nascite sono al minimo storico dall'unità d'Italia (da un secolo e mezzo). Per il Mezzogiorno l'uscita dalla crisi sembra ancora più lontana e ha visto l'accresciuto divario con il resto del Paese dal punto di vista demografico, occupazionale, economico e sociale.
  L'Italia, signori del Governo, non è ripartita, eppure nella premessa al DEF il Ministro dell'economia e delle finanze conferma la strategia economica degli ultimi Governi, in continuità con le politiche di austerità che solo a parole il Presidente Renzi dice di voler superare. Le stime di crescita del PIL vengono riviste al ribasso, ma le previsioni appaiono ancora ottimistiche con questa politica economica e, comunque, rimangono al di sotto, molto al di sotto, della necessità che il Paese avrebbe. La crescita può avvenire attraverso la domanda interna, che nel 2015 ha registrato un rimbalzo troppo modesto. I consumi sono stati spinti prevalentemente da quelli privati, mentre la spesa pubblica ha continuato a ridursi. Il Governo evoca per gli investimenti pubblici solo le risorse europee, mentre si appresta, ancora una volta, a ridurre nel bilancio dello Stato la spesa pubblica da qui al 2019: dal 50,5 al 46,7 del PIL. Come dice giustamente la CGIL, con questo obiettivo non si recupererà mai l'occupazione perduta e il tasso di disoccupazione giovanile si manterrà ancora a lungo attorno al 40 per cento – 8 anni fa era al 20 per cento –, visto anche, peraltro, il tasso di sostituzione dettato dalla «legge Fornero» sul sistema previdenziale. Il Governo fa affidamento sulle ingenti risorse messe in campo per incentivare le assunzioni, è in programma una variazione del numero di occupati nel Pag. 122017 di un più 0,8 per cento a fronte di una previsione tendenziale di più 0,7. Le attuali politiche per l'occupazione non sono quindi per noi appropriate e le misure previste producono risultati troppo modesti. Dal quadro macroeconomico programmatico del DEF infine si desume che è programmata una riduzione dei salari reali da qui al 2019, sebbene venga previsto un lieve ma progressivo aumento dell'inflazione e della produttività reale. Ciò che non viene mai previsto nel quadro macroeconomico del DEF di questo Governo è l'aumento della produttività del capitale e di sistema, attraverso nuovi investimenti pubblici per una politica industriale e per una politica di sviluppo del Mezzogiorno, oltre che magari riforme strutturali dal lato della rendita finanziaria, immobiliare, di posizione – cioè quella per mancata concorrenza – da evasione fiscale e da corruzione. La parte previdenziale, sulla quale si sono susseguiti gli annunci, non prevede neanche uno specifico capitolo di analisi, ci si limita ad enunciare una valutazione di interventi volti a favorire una maggiore flessibilità nelle scelte individuali, senza indicare, però, una possibile traiettoria di interventi, in particolare sul tema più urgente che è quello relativo all'età di pensionamento e all'esigenza di restituire al sistema una flessibilità, superando vincoli e rigidità introdotti da diversi interventi che hanno nei fatti cristallizzato la situazione, con il brusco e continuativo innalzamento sia del requisito anagrafico che di quello contributivo. Peraltro nel DEF si fa riferimento esplicito alle riforme che si sono succedute dal 1995 ad oggi per la garanzia della sostenibilità finanziaria e per il corretto rapporto tra generazioni, negando quindi una esigenza di intervento. Noi invece riteniamo, in perfetta sintonia con le organizzazioni sindacali confederali CGIL, CISL e UIL, che si sono mobilitate su questo punto, che vada rivista al più presto la legge Fornero. Le nostre proposte alternative si basano su un rilancio dell'economia, la riduzione delle disuguaglianze, una buona spesa pubblica, che tagli quella sbagliata, cioè quella militare, le grandi opere pubbliche e gli investimenti che distruggono l'ambiente, i sussidi alle grandi imprese, all'istruzione e alla sanità private. Vogliamo una riconversione ecologica del sistema economico e sociale. Ci riconosciamo in tante proposte illustrate nelle audizioni da parte dei sindacati confederali CGIL, CISL e UIL e da Sbilanciamoci !, in particolare condividiamo l'esclusione delle spese sociali dal Patto di stabilità. Per questi motivi il gruppo di Sinistra Italiana – SEL voterà contro questa proposta di Documento di economia e finanza per il 2016.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Dell'Aringa. Ne ha facoltà.

  CARLO DELL'ARINGA. Signora Presidente, un paio di precisazioni prima di leggere alcuni spunti delle mie considerazioni. Il primo riguarda l'aspetto caratteristico del Documento di economia e finanza, che riguarda essenzialmente i saldi macroeconomici di bilancio e non i singoli aspetti strutturali della manovra, la qualità della manovra correttiva.
  Questi certamente saranno decisi in sede di legge di stabilità e certamente è aperto il dibattito e il confronto, anche fra il Governo e il Parlamento, e ad alcune cose si può accennare anche in questa sede, ma questa non è certamente la sede per definire in modo conclusivo i contenuti di una struttura della manovra che ha la sua sede per essere decisa in modo definitivo, che è la legge di stabilità. Questo è un punto molto importante e che risponde a critiche sul DEF che non riguardano la funzione che il DEF deve svolgere. La seconda osservazione riguarda il quadro tendenziale, quindi quello delle previsioni macroeconomiche su cui il DEF si basa, perché ne rappresenta un tentativo di correzione. Bene, sappiamo i fattori internazionali che sono a monte di queste previsioni difficili da prevedere, in continua evoluzione, al punto tale che le previsioni sono state corrette, non solo per il nostro Paese, ma anche per tutti gli altri Paesi e a tutt'oggi non ci sono motivi per rivedere le ultime previsioni, che naturalmente Pag. 13potrebbero trovare ostacoli nell'evoluzione di fattori internazionali che non sono sotto il nostro controllo. Anche nelle audizioni è stato confermato che questa previsione su cui si basa il DEF è una previsione ragionevole, che non si discosta sostanzialmente dalle previsioni degli altri principali istituti di ricerca. Dopodiché, brevi osservazioni sugli aspetti più macroeconomici del DEF. Sono i fatti e la realtà che ci indicano la direzione da prendere, che è quella di una politica economica sì coraggiosa, ma che tiene conto delle circostanze in cui il Paese si trova, così come è stato molto ben descritto nella sua utile introduzione da parte del relatore. Anche le circostanze, peraltro, si prestano ad essere modificate, non sono immodificabili, ed è quello che il Governo tenta di fare con decisione, in particolare cambiare le condizioni della politica economica a livello europeo. Qualche settimana fa il Governo aveva elaborato e reso pubblico un documento molto importante che indicava la strada che occorre imboccare a livello europeo, dove si auspicava il completamento dell'Unione bancaria, l'istituzione di un Ministro delle finanze europeo e si proponeva un sussidio di disoccupazione a livello comunitario, con la richiesta di forme di mutualizzazione almeno parziale di una parte del debito pubblico degli Stati membri, così come è stato fatto recentemente con la proposta del Presidente del Consiglio Renzi di emettere bond a livello europeo per finanziare le spese da sostenere per mitigare le conseguenze dell'immigrazione e soprattutto per contenere le spinte all'emigrazione da parte dei Paesi di origine dei flussi. Non c’è ad oggi nessun Paese dell'Unione che come l'Italia spinga con decisione verso una più completa e incisiva politica fiscale europea, che sia in grado di rilanciare la crescita a livello di intera Unione e di mettere fine ad una crisi che ha indebolito il potenziale produttivo di molti Paesi membri. La stella polare non può essere certo quella di lasciare l'Europa alla deriva e sperare in un suo fallimento, sarebbe per tutti tragico. L'Europa, invece, è il nostro orizzonte e verso questo dobbiamo muoverci. Cambiare le regole fissate a livello europeo per il controllo dei conti pubblici è possibile, se le regole rappresentano un ostacolo a politiche fiscali meno restrittive. Può succedere ad esempio nel calcolo del cosiddetto output gap, cioè delle stime del ciclo economico da cui dipende il valore del saldo di bilancio strutturale. Si tratta di regole che, elaborate a livello tecnico e approvate a livello politico, penalizzano i Paesi come il nostro che hanno fatto passi significativi verso il risanamento dei conti pubblici, passi che non vengono sempre apprezzati a sufficienza a causa di stime del nostro reddito potenziale che hanno ben poco fondamento scientifico. Il nostro Paese si è fatto promotore di una seria revisione di queste regole di calcolo del deficit strutturale e ha raccolto un nutrito numero di Paesi attorno a questa proposta. Come si vede, quando si usa la forza degli argomenti validi, si ottengono risultati importanti.
  Anche alla luce delle possibili revisioni delle regole di calcolo del saldo strutturale di bilancio, la proposta macroeconomica che sta alla base di tutta la costruzione del DEF consiste in un deficit per il 2017 dell'1,8 per cento, che è sempre ampiamente all'interno di quel limite del 3 per cento che molti Paesi hanno già sorpassato. Un deficit dell'1,8 per cento, che è tuttavia superiore al limite massimo che potremmo permetterci se dovessimo ridurre il deficit strutturale di mezzo punto percentuale, come una rigida interpretazione delle regole comunitarie ci imporrebbe. L'eccezionalità della nostra situazione macroeconomica, che sperimenta un inizio promettente di ripresa produttiva, ci consiglia di adottare una politica fiscale meno restrittiva. Lo sforzo di contenimento del deficit all'1,8 per cento è di per sé un obiettivo ambizioso; andare sotto questo livello significherebbe dare un'intonazione decisamente restrittiva alla nostra politica fiscale, il che va assolutamente evitato. Il Paese è impegnato in una serie di riforme che avranno l'effetto di alzare il potenziale economico e dare efficienza a tutto il sistema produttivo. Pag. 14Accompagnare questo sforzo teso al recupero di competitività con politiche fiscali restrittive significherebbe aggravare ulteriormente le tendenze deflazionistiche, che rappresentano ormai uno dei problemi più gravi del nostro, come degli altri Paesi europei.
   Siamo stati accusati anche recentemente dal presidente della Banca centrale tedesca di essere troppo ottimisti sulla stabilità dei nostri conti pubblici. Che dire ? Sono critiche ingiuste, certo poco generose, ma che indicano anche una scarsa fiducia nei partners europei e una scarsa disponibilità a considerare e a rappresentare una visione costruttiva del futuro dell'Europa. A queste critiche una risposta breve: il nostro Paese ha ereditato un elevato debito pubblico, quando il debito pubblico non era un pericolo incombente. Da quando lo è diventato, con la crisi economica, il nostro Paese è stato il più virtuoso di tutti nel fare sacrifici, ma facendo sacrifici abbiamo messo in atto politiche fiscali restrittive che hanno peggiorato il rapporto fra debito e PIL. Ma il problema è del denominatore: è il PIL che è diminuito e che ha fatto aumentare il rapporto. Dal punto di vista dei flussi, il nostro Paese è stato fra i più virtuosi; dal punto di vista dello stock ha sofferto le conseguenze della austerità. L'austerità ha dei limiti enormi e la politica monetaria da sola non basta. Questa è la risposta alle critiche e la terapia è una sola: che i Paesi europei smettano di alimentare tensioni politiche lanciandosi reciprocamente accuse, ma si decidano ad affrontare insieme sfide che non possono più essere rinviate.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Paolo Tancredi. Ne ha facoltà.

  PAOLO TANCREDI. Grazie, signora Presidente, colleghi e rappresentante del Governo. Anch'io devo un attimo replicare a quelle che sono state un po'le accuse e le criticità messe in evidenza dai relatori di minoranza, in particolare dalla relatrice del MoVimento 5 Stelle. Il quadro previsionale, con il DEF, si è affinato sempre di più, arricchendosi anche di strumenti attuativi: noi da qualche anno uniamo al DEF, che è un'analisi del quadro di finanza pubblica e delle grandezze di previsione tendenziali e programmatiche, un'analisi dei conti pubblici in generale, ma anche il Piano nazionale di riforme, che è un difficilissimo sforzo di mettere in relazione le riforme che il Governo ha fatto e sta facendo e portando a termine con l'evoluzione della politica economica e il loro legame con la politica economica e con le risultanze di politica economica.
  È chiaro che fare le previsioni non è scommettere su un risultato per poi vedere alla fine se si vince o si perde, come sembra far credere qualcuno. Fare le previsioni è comunque un esercizio utile per portare avanti un'azione di governo, anche se queste previsioni poi naturalmente si scontrano con una realtà che è molto flessibile, molto difficile da inquadrare, che dipende da tantissimi fattori, e che quindi spesso porta a dover rivedere queste previsioni. L'appuntamento di settembre con la Nota di aggiornamento, che non è una manovra – come sembrava far credere l'intervento della collega Castelli – correttiva, ma l'aggiornamento delle previsioni alla luce del quadro che si è determinato durante l'anno, porta poi alla legge di stabilità.
   Ebbene, insomma, se noi facciamo – ma credo che sia anche un esercizio un po'sterile – un'analisi dell'ultimo decennio, io credo che questo Governo è forse quello che si è più avvicinato a centrare le previsioni sulle macro grandezze economiche rispetto a tutti gli altri Governi precedenti, nonostante un quadro di incertezza sui mercati internazionali e un quadro di incertezza a livello globale molto forte, che naturalmente ha determinato anche errori da parte dei più importanti e riconosciuti istituti di studio della finanza pubblica a livello europeo.
   Voglio semplicemente dire che è chiaro che ci sono state audizioni e interventi dialettici dei principali istituti, come Banca d'Italia, per finire con l'Ufficio parlamentare di bilancio, che hanno messo in evidenza le criticità del nostro quadro previsionale e del nostro quadro Pag. 15tendenziale, ma l'Ufficio parlamentare di bilancio, pur dicendo che il nostro quadro si pone ai limiti della media dei maggiori previsori europei internazionali, ha validato il DEF come documento, e credo che questo sia importante. Dopodiché è compito del Governo, credo, fare quello che sta facendo, cioè portarsi un po'anche ai limiti dei parametri e dei vincoli, soprattutto in un momento di crescita debole e di ristrettezza anche dell'economia e dei conti pubblici. È chiaro che – come abbiamo detto un po'tutti in questi anni – non possiamo pensare soltanto alle politiche di rigore, che pure sono importanti, ma dobbiamo cercare con le politiche pubbliche di incentivare la ripresa, la crescita e il lavoro. Ebbene, affrontiamo questo DEF per il 2016 in un contesto ancora molto incerto, caratterizzato – come il relatore ha ben detto e ben illustrato – da un'Italia che comunque si trova in un punto di svolta, e questo è innegabile e non può essere negato. Noi, dopo anni di segni negativi sul prodotto interno lordo, che comunque continua a essere un parametro importante per la misura dell'economia di un Paese, abbiamo nel 2015 registrato una svolta e un numero positivo del prodotto interno lordo, cosa che è stata indubbiamente una svolta rispetto agli anni precedenti, che forse è stata un po'debole rispetto alle previsioni ottimistiche che si erano accelerate nel corso dell'anno, ma che ha dovuto scontrarsi con il rallentamento delle economie emergenti nella seconda parte del 2015 e con gli attentati terroristici che hanno costituito sicuramente un freno alla crescita italiana, per come la crescita italiana era stata prevista e concepita.
  Il contesto globale è in forte rallentamento, la ripresa è molto lenta e soprattutto si registra, ormai chiara, una frenata dei Paesi emergenti, che erano quelli che facevano, negli ultimi anni, da locomotiva sulle variabili mondiali di crescita del PIL e di commercio mondiale.
  Questo ha senz'altro indirizzato il nostro quadro previsionale su fattori di crescita del prodotto che non devono più tenere molto in conto la questione dell'esportazione, che è stato uno dei punti di forza di questo Paese anche nei periodi di crisi – negli otto anni di crisi –, ma ci devono far concentrare di più, come già era disegnato nel DEF 2015, sulla domanda interna, che deve poggiarsi su due pilastri, come è noto, che sono gli investimenti e i consumi.
  Ebbene, nel 2015, gli investimenti sono cresciuti, anche se in misura insufficiente, ma invertendo una tendenza che ormai durava da un decennio. Sono cresciuti sia gli investimenti fissi lordi privati sia gli investimenti della pubblica amministrazione, ed è un segnale importante.
  Voglio ricordare che il Governo, sulla questione degli investimenti e degli incentivi agli investimenti, ha dedicato una parte importante della legge di stabilità 2016: infatti, incentiva gli investimenti in tutto il Paese con il «superammortamento», che sicuramente è una misura fiscale a favore degli investimenti delle piccole e medie imprese e, poi, per il sud, si prevede la misura del credito di imposta, che speriamo possa essere anche prolungata per i prossimi anni.
  Si è, dunque, cercato di accelerare tutta quella che è la parte di finanziamento alla piccola e media impresa legata agli investimenti. Su questo si è detto molto, sul discorso della canalizzazione ed efficientamento della spesa dei fondi europei sui territori, sul masterplan, che incide sul Fondo di sviluppo e coesione, di cui si sta parlando in questi giorni. Credo che queste saranno variabili e politiche decisive per una ripresa degli investimenti, e, quindi, anche per una dinamica del prodotto che possa essere più positiva.
  Anche sul fronte dei consumi – secondo pilastro della domanda interna –, il 2015 è stato un anno in cui, seppure in maniera piccola, quasi poco percettibile, si è avuta un'inversione di tendenza e si è ritornati ad una dinamica dei consumi maggiormente positiva e ad una fiducia delle famiglie; dinamica che sta proseguendo nei primi mesi del 2016, che ci deve tutti vedere ottimisti.Pag. 16
  Sui consumi dobbiamo registrare, comunque, il successo del provvedimento degli 80 euro, che è tanto criticato, ma che, di fatto, rappresenta una riduzione fiscale nelle tasche di una decina di milioni di soggetti e, quindi, di famiglie che, naturalmente, sono orientate alla spesa, perché hanno una redditività medio-bassa. Con riferimento, poi, all'aumento dei contratti a tempo indeterminato, volevo ricordare al relatore di minoranza Melilla, che è vero che nel periodo della crisi – negli otto anni, nei nove anni – abbiamo perso un milione e 600 mila posti di lavoro, ma è vero anche che, nel 2015, ne abbiamo recuperati qualche centinaio di migliaia: 300 mila, se non vado errato. Quindi, credo che dobbiamo vedere anche i dati nelle tendenze che si registrano nel corso del tempo e negli anni.
  Sulla questione, invece, dei consumi – magari, parlerò di questo più tardi in dichiarazione di voto – abbiamo cercato di inserire, all'interno della risoluzione al DEF, l'elemento famiglia, che secondo noi è un fattore sistemico di politica economica e che, secondo noi, mancava totalmente nel DEF. Perché ? Perché sono mancate, forse, da parte di questo Governo, politiche per la famiglia ? No. Nel senso che noi abbiamo registrato – seppure, secondo noi, insufficienti – molti interventi che vanno a favore delle famiglie, come il bonus bebè e il bonus per le famiglie numerose. Voglio dire che, in un anno tragico per la natalità in Italia come il 2015, il bonus bebè è stato utilizzato da più di 300 mila famiglie: quindi, è un dato positivo.
  Forse, bisognerebbe rivedere i tetti per cercare di avere anche un'animazione maggiore e, forse, su quello va concentrata anche la politica del Governo. Anche la misura degli 80 euro, così come il discorso dell'incentivato ai contratti a tempo indeterminato, secondo noi, sono politiche che vanno a favore del fattore famiglia.
  Crediamo che ci sia molto ancora da fare: introdurre all'interno dell'ISEE, per esempio, il calcolo del fattore familiare, nel calcolo del reddito ISEE, così come aumentare gli sgravi per i familiari a carico nelle famiglie numerose e a reddito più basso, così come prevedere una vera e propria politica della natalità. Qui cito il DEF, ma, con riferimento alle dinamiche dei fattori economici più importanti e alle grandezze economiche più importanti, soprattutto nelle analisi di scenario del DEF, si fa un'approfondita analisi, interessante e non banale, nel senso che, poi, su queste analisi di scenario si regolano anche gli investitori internazionali e i mercati per giudicare la sostenibilità del nostro debito pubblico. Ebbene, in questa analisi si mette in grande risalto il fattore demografico rispetto alle dinamiche del debito pubblico.

  PRESIDENTE. La invito a concludere.

  PAOLO TANCREDI. Si dice chiaramente, per esempio, che, rispetto alla questione dell'immigrazione, se noi continuiamo con questo trend di immigrazione nel medio-lungo periodo per i prossimi anni, fino al 2050, noi avremo un trend della discesa del debito pubblico molto più veloce rispetto, invece, ad un'ipotesi di blocco dell'immigrazione. Io credo che questo sia un fattore molto interessante, che va anche a vantaggio delle politiche che abbiamo fatto, ma pensiamo che si debba anche mettere in relazione alla natalità, perché, secondo noi, è il pilastro più importante della crescita demografica, e sappiamo che il 2015 è stato un anno negativo, forse catastrofico, per la natalità.
  In conclusione – ma, ripeto, poi, in dichiarazione di voto, approfondiremo magari di più queste questioni di carattere più generale –, noi siamo favorevoli all'impostazione del Governo a richiedere una maggiore flessibilità, che si sostanzia nel Programma di stabilità, all'inizio proprio, nella differenza di 0,4 punti di deficit che c’è tra il quadro tendenziale e il quadro programmatico, dove, invece, pensiamo di avere 0,4 punti in più di flessibilità.

  PRESIDENTE. Deve concludere.

  PAOLO TANCREDI. Flessibilità che va investita sulla crescita, sull'economia italiana, Pag. 17per i motivi che non ho qui il tempo di elencare, ma che sono benissimo riportati all'inizio del Programma di stabilità e che comprendono, naturalmente, i rischi di deflazione, di insufficiente coordinamento delle politiche di bilancio, così come tante altre cose, ma anche – non mi dilungo su questo, perché il collega Dell'Aringa ne ha parlato prima di me e il DEF ha una spiegazione molto puntuale su questo – sulle differenze tecniche sul calcolo dell’output gap che penalizzano fortemente l'Italia e fanno sì che il suo saldo strutturale non sia in linea con le previsioni di medio termine...

  PRESIDENTE. Grazie...

  PAOLO TANCREDI. ...ma questo potrebbe essere benissimo con un differente e più equo calcolo dell’output gap.

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Prestigiacomo. Ne ha facoltà.

  STEFANIA PRESTIGIACOMO. Signora Presidente, onorevoli colleghi, non possiamo voltarci dall'altro lato: dobbiamo con fermezza e presa di coraggio ammettere le enormi falle che il DEF 2016, nella sua versione programmatica, presenta ai nostri occhi. Un documento eccessivamente ottimista, tant’è che, secondo le illustri previsioni di organizzazioni come la Banca d'Italia, l'Ufficio parlamentare di bilancio, l'ISTAT, la Corte dei conti, il Fondo Monetario Internazionale e la Commissione europea, nel 2016, la crescita nominale nel nostro Paese si attesta intorno all'1,3 per cento. La crescita nominale, l'unica che realmente conta rispetto ai parametri europei, è molto lontana dalle previsioni contenute nel DEF, in cui il Governo millanta un 2,2 per cento estremamente ambizioso in confronto al reale stato dell'arte. Il Governo Renzi, con questo documento, manifesta, ancora una volta, l'incapacità di poter risolvere i problemi strutturali del nostro Paese, incentivando qualunquismo e approssimazione nel far fronte a questioni gravi, come il debito, oppure al rilancio della nostra economia assetata di investimenti e, quindi, di produttività.
  Sul debito, il Governo ci fa sapere che, secondo alcune previsioni, comincerà a scendere già a partire dal 2016, garantendo lo stesso trend anche per il 2017, il 2018 e il 2019. Sappiamo benissimo che non sarà così e che dietro il solito trucchetto contabile si cela, ancora una volta, il tentativo di nascondere la polvere sotto il tappeto, di far credere agli italiani che va tutto bene. Tutti in quest'Aula dovrebbero sapere che la diminuzione del rapporto tra debito e PIL è dovuta esclusivamente all'aumento del denominatore.
  Il Governo purtroppo prevede una crescita sovrastimata del PIL già a partire da quest'anno, ma, così facendo, mente o, quanto meno, dimostra di essere profondamente impreparato su questioni che sono alla base dell'economia di un Paese. Ebbene, senza spending review, senza un piano di privatizzazioni credibili, senza crescita e con il deficit in aumento è impensabile che si realizzi questa crescita del PIL.
  A proposito di spending review, ancora una volta questa risulta essere un tabù per il Governo. Infatti, nei prossimi quattro anni ci sarà un aumento esponenziale delle uscite dalle casse dello Stato, un incremento complessivo di oltre 22 miliardi di euro, con la spesa pubblica che passerà dagli 826 miliardi di euro del 2015 ai circa 849 miliardi di euro nel 2016. Il Presidente del Consiglio, che troppo spesso ama vantarsi di successi inconsistenti, non ha il coraggio di dirci che, da qui al 2019, anche secondo quanto riportato dal DEF, gli italiani saranno oggetto di una vera e propria stangata fiscale di quasi 72 miliardi di euro, che porterà le tasse ad aumentare nei prossimi quattro anni, fino ad avere un gettito complessivo superiore agli 855 miliardi di euro, dato realmente raccapricciante rispetto ai 784 miliardi del 2015.
  Lo stesso discorso vale per quanto riguarda la produttività, che negli ultimi dieci anni si è sensibilmente ridotta, fino al recente tracollo degli ultimi anni. La Pag. 18questione è che, oltre ad essere diminuita la produttività totale dei fattori, ovvero che il prodotto cresce meno dell'aumento dell'uso dei fattori produttivi stessi, è diminuita anche la produttività del lavoro da cui dipende la sua remunerazione. Non possiamo negare le difficoltà di crescita che incontra la produttività in un periodo di recessione come questo, soprattutto nella sua fase iniziale, in cui la caduta della produzione per assenza di domanda è spesso superiore alla riduzione immediata di occupazione. Ma non si può sorvolare sul fatto che, dopo otto anni di crisi e un massiccio aumento della disoccupazione, la produttività continui a rimanere ferma. Rispetto alla produttività del lavoro, il dato è più che inquietante. In confronto al 2007, il dato strutturale è inferiore di quasi il 2 per cento e il tasso di occupazione è diminuito, sempre rispetto al 2007, di oltre il 5 per cento. Si tratta di un trend più che negativo, che rispecchia essenzialmente la drastica caduta degli investimenti.
  A proposito di investimenti, è doveroso rimarcare, come sottolineato in apertura del mio intervento, che si tratta di uno dei problemi di fondo riguardo il rilancio della nostra economia. Noi siamo il Paese in cui gli investimenti sono diventati negativi anche al netto degli ammortamenti, generando quindi, oltre a una variazione, anche la riduzione dello stock di capitale. Logica conseguenza è la caduta della capacità produttiva italiana. Devono necessariamente ripartire gli investimenti, altrimenti non ci sono possibilità che possano aumentare la domanda interna e soprattutto la produttività.
  Da quando Renzi è diventato Presidente del Consiglio gli investimenti pubblici sono vertiginosamente crollati al loro minimo storico. Sia nel 2014 che nel 2015, si sono stabiliti tra il 2,2 e il 2,3 per cento e, da quanto ci fa sapere la Commissione europea, si manterranno così anche negli anni a venire.
  Bassa produttività e diminuzione degli investimenti sono alla base della debolezza del nostro Paese, soprattutto in ottica europea. Il Governo fatica a capire che la produttività non può crescere per decreto governativo, che l'uso di risorse scarse per finanziare bonus di vario tipo non rappresenta una politica di sostegno all'innovazione tecnologica e alla formazione del capitale umano per fare la rivoluzione necessaria.
  Mentre il Governo si impegna a propagandare le sue false riforme, in Europa si ha contezza del fatto che i conti del nostro Paese non sono in ordine; il che spinge la stessa Unione europea a richiedere all'Italia che vengano portate a termine delle riforme concrete per il rilancio degli investimenti e, quindi, della produttività.
  La triste figura a cui siamo costantemente sottoposti in Europa è causata anche dall'atteggiamento del nostro Governo riguardo al tema della flessibilità. È il terzo anno consecutivo che il Governo Renzi chiede all'Europa di potere avere flessibilità, ma al Presidente del Consiglio evidentemente sfugge che ai Paesi è concesso di fare maggiore deficit solo una volta e soprattutto in ottemperanza di riforme concrete già effettuate, non come nel caso dell'Italia, dove la maggior parte di esse non sono ancora completate. È un abuso, quello di eccessiva flessibilità, che altro non genera che perdita di credibilità nei confronti di Paesi come il nostro.
  Per questo l'Italia ha bisogno di una manovra espansiva, in grado di creare crescita e occupazione, che possa far aumentare la produttività dei fattori e la competitività del Paese, una manovra in grado di ridurre veramente le tasse e che possa imporre definitivamente il blocco dell'aumento di IVA e accise. È un argomento, quest'ultimo, che il Premier Renzi è stato in grado solo di rinviare, non provvedendo al blocco definitivo delle clausole di salvaguardia.
  Per tutte queste ragioni, chiediamo al Governo di interrompere senza indugi questa strategia di politica economica, che sembra solo rinviare le misure necessarie per fare ripartire questo Paese. Chiediamo al Governo di improntare misure di politica economica che possano correggere definitivamente lo stato malandato dei Pag. 19nostri conti pubblici; questo anche per scongiurare la possibile apertura di una procedura di infrazione. L'obiettivo deve essere quello di garantire maggiore sviluppo in ottica internazionale, tenendo bene a mente che l'Italia deve ancora recuperare circa nove punti di PIL per ritornare alla situazione del 2007. Il Governo deve improntare una reale riduzione della pressione fiscale e, per farlo, deve iniziare una serie di tagli a quella spesa pubblica catalogata come inefficiente, anche utilizzando e potenziando il programma di spending review elaborato a fine 2013 e a inizio 2014 dall'allora commissario Cottarelli: un taglio deciso alla cattiva spesa pubblica, per disinnescare quanto prima le clausole di salvaguardia e procedere alla riduzione dell'IRES e alla graduale cancellazione dell'IRAP.
  Bisogna ripartire dalle imprese italiane anche attraverso una serie di agevolazioni fiscali per la loro attività. Servono gli strumenti necessari per stimolare la crescita e per fare riprendere i consumi. Serve incentivare anche gli investimenti privati. La politica economica del Governo deve includere tutto il Paese, senza lasciare nessuno indietro. Per questo serve un grande piano per il Mezzogiorno, purtroppo grande assente in questo DEF, un sistema che possa finalmente mettere in luce l'enorme potenziale che, troppo spesso, rimane inespresso nel sud del nostro Paese. Il Governo deve intervenire cercando di sostenere l'economia meridionale e il capitale sociale di questa realtà, troppo penalizzata nel corso della storia. Servono misure in grado di potenziare i presidi di legalità, colmare il gap infrastrutturale e di servizi, nonché misure specifiche volte a garantire l'accesso al credito, sostenendo altresì politiche di decontribuzione rafforzata per le imprese esistenti che rischiano di chiudere e per le nuove imprese che decidono di investire in quest'area del Paese creando, conseguentemente, sviluppo e posti di lavoro.
  Infine, concedetemi un breve passaggio sul tema delle banche, che abbiamo anche citato nella nostra risoluzione. Il Governo Renzi è sempre più il Governo salva banche e sembra agire senza alcuna responsabilità effettiva nei confronti dei cittadini per una tutela bancaria adeguata. La Costituzione prevede l'obbligo dello Stato di garantire e vigilare sui risparmi italiani.
  Bene, a tal proposito serve una presa di posizione chiara sul discorso relativo al bail-in, uno strumento che deve assolutamente essere modificato alla luce delle distorsioni verificatesi in questa fase di transizione al fine di identificare con precisione le passività bancarie chiamate a sopportare le perdite, escludendo quelle emesse prima dell'entrata in vigore delle nuove norme, per evitare la retroattività di queste ultime e per predisporre strumenti eccezionali di intervento nel caso in cui si ha la percezione che il sacrificio di azionisti e creditori derivante dall'applicazione del bail-in metta a repentaglio la stabilità del nostro sistema.
  In buona sostanza chiediamo al Governo di essere credibile in sede europea e soprattutto davanti ai cittadini italiani senza nascondersi dietro un ottimismo ipocrita sullo stato della nostra economia che assume l'amaro sapore di un clima da campagna elettorale a cui il Presidente purtroppo ormai ci ha abituati (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente).

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Giovanna Martelli. Ne ha facoltà.

  GIOVANNA MARTELLI. Grazie, signora Presidente. Quello che ci viene proposto oggi con il Documento di economia e finanza del 2016 è uno storytelling che non coincide con la dimensione reale dei dati che ci giungono dalle agenzie di statistica e dai recenti rapporti.
  Il DEF 2016 ripropone uno schema di strategia sbagliata nell'affrontare i nodi veri delle difficoltà del Paese. C’è una novità rispetto al passato: gli annunci sulla fine dell'austerità e sulla crescita non riescono più a sortire gli effetti positivi di un tempo. È ormai evidente che i bonus destinati all'aumento dei consumi, in assenza Pag. 20di politiche di investimento destinate a favorire la domanda interna ed un rilancio strutturale dell'occupazione con la ricerca, la formazione e l'orientamento, rilevano la natura del marketing e non dell'efficacia. Eccessivo ottimismo o grave miopia ? Ieri il rapporto «Osservasalute 2015», che analizza le politiche pubbliche nell'ambito della salute, ci consegna un Paese sempre più vecchio dove un italiano su cinque ha più di 65 anni e, per la prima volta, si registra una tendenza in diminuzione dell'aspettativa di vita. Un Paese che vive grandi disuguaglianze, dove le donne e gli uomini di Campania e Sicilia hanno un'aspettativa di vita di quattro anni in meno di Marche e Trentino. Aumenta il consumo di alcol e di antidepressivi e calano gli investimenti pubblici nella prevenzione con percentuali di spesa che ci collocano tra gli ultimi posti in Europa. L'Eurostat in una recente presentazione ci ha definito come il Paese europeo con il numero più elevato di persone che vivono in gravi privazioni materiali. Così mentre in Europa il tasso di povertà è sceso all'8,2 per cento, in Italia è rimasto sostanzialmente invariato attestandosi intorno all'11,5.
  Nel caso della vulnerabilità sociale il DEF si limita a richiamare l'iter avviato nella legge delega, provvedimento che proprio per la natura della delega non indica chiaramente quale misura si intende introdurre come sostegno al reddito a contrasto della povertà. Inoltre con il medesimo provvedimento si affida al Governo la delega per il riordino dell'infrastruttura sociale che, se compiuto nella logica della razionalizzazione, si scaricherà ancora una volta sulle categorie maggiormente vulnerabili e sulle donne.
  Per quanto riguarda il lavoro, l'osservatorio sul precariato dell'INPS contraddice in pieno i dati ottimisti forniti in materia di aumento dell'occupazione, registrando un meno 12 per cento rispetto al febbraio 2015, un calo già rilevato a gennaio e che di fatto sancisce la fine degli effetti derivanti dai bonus contributivi alle imprese che assumono.
  Nella pubblica amministrazione la vera spending review è stata sostenuta dalle lavoratrici e dai lavoratori: non a caso, tra il 2009 e il 2015, la spesa per i redditi dei dipendenti pubblici è diminuita di 10 miliardi di euro e il numero dei dipendenti pubblici è calato di 110.000 unità ed è grave l'assoluta assenza di risorse da destinare al rinnovo del contratto del pubblico impiego, bloccandoli fino al 2019. Il mancato turnover nel pubblico impiego non ha prodotto una razionalizzazione efficace e un miglioramento dei servizi e delle prestazioni, ma è stata semplicemente una delle voci ragionieristiche di spending review i cui effetti si sono rilevati catastrofici per i lavoratori e per i cittadini.
  Le debolezze nell'adottare misure per il contrasto alla disoccupazione giovanile è di fatto confermata dal presidente Boeri che parla di livelli di disoccupazione giovanile intollerabile con il riflesso che se la generazione anni Ottanta dovesse andare in pensione con le regole attuali pienamente confermate nel DEF e quindi a settant'anni, con l'interruzione contributiva scivolerebbe dopo due, tre anni o cinque per assenza dei requisiti minimi. A questo aggiungiamo l'abuso nell'utilizzo dei voucher – più 66 per cento nel 2015 – che di fatto sostanzia la precarietà della situazione economica e occupazionale del Paese. Per quanto attiene alla previdenza restano aperte le questioni relative ad interventi aventi come obiettivo l'età del pensionamento e il tema della flessibilità che ad oggi, per effetto dei vincoli, si è risolto essenzialmente nell'innalzamento dell'età di pensionamento e nell'aumento degli anni di contributi necessari, anche in questo caso con effetti pesanti in relazione all'entrata nel mondo del lavoro da parte dei giovani. Rispetto al calo della natalità registrato da Istat nello scorso febbraio non si leggono nel Documento misure efficaci per l'occupazione femminile così come nessun intervento strutturale per equilibrare in tutto il territorio nazionale l'offerta dei servizi destinati alla prima infanzia. Il prospettato riordino della rete di protezione sociale rischia di far scivolare Pag. 21sulle donne il compito della cura senza tra l'altro prevedere forme di riconoscimento ma non basta. Dal DEF 2016 non si evince alcun intervento strutturale per sostenere la presenza omogenea su tutto il territorio nazionale degli asili nido che rispondano alle esigenze effettive del Paese e il pur positivo richiamo al finanziamento del Fondo per il rilancio del piano di sviluppo dei servizi socio-educativi per la prima infanzia risulta inadeguato e insufficiente. Non dimentichiamo che sulla questione dei servizi educativi all'infanzia si poggia il tema della conciliazione dei tempi tra vita e lavoro e quello del sostegno all'inserimento delle donne nel mondo del lavoro. La sensazione che si avverte esaminando il DEF è quella di vivere in uno stato di sicurezza insicura dove il messaggio ottimista che ci arriva dagli annunci dei media è che tutto è sotto controllo e si viaggia tranquilli. La realtà, invece, è che siamo passeggeri di un aereo dove si scopre che la cabina di pilotaggio è vuota (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Italiana – Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Giulia Grillo. Ne ha facoltà.

  GIULIA GRILLO. Grazie, Presidente. Sottosegretario, ascoltando i colleghi con i vari dati che ci hanno ricordato finora, è sembrato veramente un bollettino di guerra: non so se anche lei ha questa sensazione. Io continuo con il bollettino di guerra perché parlo di sanità, che è il tema di cui mi occupo, e voglio richiamare alcuni dati che credo siano assolutamente indispensabili. Nel 2015 l'11 per cento dei cittadini non ha avuto accesso alle cure. Ieri il report di «Osservatorio Salute» ha dichiarato che si è ridotta in Italia l'aspettativa di vita. Prima sapevamo già che si era ridotta invece la durata, la quantità di anni in buona qualità di vita, in buona salute. Quindi due indicatori che vengono utilizzati oggi per misurare la qualità dei servizi sanitari. Voi stessi nel DEF dite che è aumentato il ticket sui farmaci e si è ridotto il numero delle ricette. Quindi contemporaneamente abbiamo anche una riduzione di prestazioni che voi stessi certificate. Le ricordo, sottosegretario, che l'età media del personale sanitario della sanità italiana è di 51 anni e cresce di un anno ogni due. Questo significa che tra cinque anni l'età media sarà di 58 anni: quindi avremo neurochirurghi, anestesisti, cardiochirurghi, chirurghi vascolari che dovranno operare di notte, magari dopo 24-48 ore di turni, poiché non avete sbloccato il turnover e continuate a non sbloccarlo nonostante che nella legge di stabilità aveste previsto dei concorsi straordinari di cui in questo DEF non c’è neanche l'ombra e nonostante questo Parlamento, ricordo avesse, votato all'unanimità una mia mozione, poi condivisa con il Partito Democratico, che prevedeva proprio lo sblocco del turn over ma proprio non ce la fate. Vi ricordo che la spesa per il personale in sanità in rapporto alla popolazione è diminuita del 4,4 per cento negli ultimi anni e ricordo anche lo sforzo che hanno fatto i servizi sanitari regionali in termini di riduzione di posti letto: adesso abbiamo una media di 3,9 posti letto per mille abitanti per acuti quando la media europea è più di 5 posti letto per abitanti per acuti.
  Abbiamo ridotto, anzi, hanno ridotto la durata della degenza: siamo al limite, anzi inferiore. Quindi, gli sforzi sono stati fatti tutti. I cittadini hanno visto ridursi i servizi, specialmente dell'assistenza ospedaliera, mentre dell'assistenza territoriale non c’è neanche l'ombra perché nessuno ancora ha capito neanche come si fa. Non parliamo della prevenzione perché lì ci possiamo cominciare a mettere a ridere. Vi ricordo anche che sulla farmaceutica ho depositato una mozione che se approvata farebbe risparmiare subito un miliardo e mezzo di euro, ma pare che anche su questo siete sordi. E vi ricordo anche che sul payback della farmaceutica ospedaliera l'Agenzia italiana del farmaco, sulla quale voi vi appiattite in tutte le posizioni, ha perso i ricorsi al TAR, anche lì per un ammontare di «cifrette» di un miliardo e mezzo, 2 miliardi di euro, ma, insomma, bazzecole. E sono bazzecole se Pag. 22le confrontiamo ai tagli che voi avete fatto e confermate in legge di stabilità, tanto nella scorsa legge di stabilità 2014, la legge n. 190 del 2014, tanto nella legge n. 208 del 2015. Allora, nella legge n. 190 del 2014 avevate chiesto alle regioni per tre anni un contributo di 3 miliardi e 452 milioni di euro. Il MoVimento 5 Stelle, gufo, aveva detto subito che sarebbero stati presi dalla sanità. Siamo dei gufi, ma siamo anche evidentemente dei veggenti perché nella successiva intesa del 25 febbraio 2 miliardi e 352 milioni di euro sono stati presi proprio dalla sanità, perfezionata poi nell'intesa del 2 luglio e nel decreto-legge enti locali n.78 del 2015. Anzi, in verità, sottosegretario, la informo che l'intesa era 2 miliardi e 350 milioni di euro; poi di quei 350 milioni di euro non si ha più notizia, né nel decreto-legge n. 78 del 2015, né nella legge di stabilità, né nel DEF, però sono tagliati. A questi tagli ne avete aggiunti altri: il comma 680 della legge di stabilità, infatti, ha previsto che le regioni devono contribuire alla finanza pubblica per 3 miliardi e 980 milioni di euro nel 2017, 5 miliardi e 480 milioni di euro nel 2018 e altrettanto nel 2019. Ma, siccome siete troppo buoni, oltre a questi tagli, ne avete aggiunti altri e, quindi, al comma 681 avete modificato il comma 6 dell'articolo 46 del decreto-legge n. 66 del 2014 prevedendo un contributo di 750 milioni di euro e anche nel 2019.
  Quindi, in sostanza, sottosegretario, voi cosa avete fatto ? Avete detto alle regioni: sì, io vi finanzio la sanità, vincoliamo il Fondo sanitario nazionale a 113, 111 miliardi di euro, ma poi queste cifre sono ballerine e sappiamo solo che 111 miliardi di euro è finora nel 2016. Io, allora, sottosegretario, ho pensato come fare capire un concetto banale. Il concetto è questo, sottosegretario: se io le finanzio la sanità con 111 miliardi di euro che sono questi tre pennarelli e poi vengo da lei e le dico: sì, regione, però tu mi devi contribuire alla finanza pubblica con 5, 6, 7, 8 miliardi di euro, come sono indicati da questi tre pennarelli, allora le regioni uno me lo devono restituire perché i soldi sono quelli. Allora, la sanità non è più questa, ma sono due pennarelli e, quindi, abbiamo ridotto il finanziamento perché il finanziamento del Fondo sanitario regionale, sottosegretario, è quasi tutto, se si guardano i bilanci, sulla sanità. Quindi, è chiaro che quelli che voi chiamate contributi alla finanza pubblica, che sono solamente tagli, non è altro, le regioni li dovranno prendere per forza dai bilanci della sanità regionale. E aggiungo che tutto questo paradosso avviene mentre l'Italia ha versato, nel 2015, 58 miliardi di euro all'Unione europea, di cui 43 attraverso l'EFSF e 14,3 al programma ESM e tutto questo mentre nella relazione annuale – sto finendo, ma è importante – al Parlamento 2015 della Corte dei conti, la Corte dei conti medesima ha sottolineato come l'Italia abbia peggiorato la sua capacità di riprendere i soldi che versa all'Unione europea. Addirittura abbiamo contribuito noi a pagare soldi del Regno Unito per un miliardo e 200 milioni di euro per squilibri di bilancio del Regno Unito stesso. E ha anche detto che noi – leggo testualmente – «nel periodo che va dal 2008 al 2014 abbiamo ricevuto, come Italia, 39 miliardi di euro in meno di quanto versato». Quindi, siamo al paradosso: riempiamo di soldi l'Unione europea, tagliamo alle regioni, tagliamo i servizi, scusate, ma che politica è questa ?

  PRESIDENTE. Concluda, deputata.

  GIULIA GRILLO. Qual è il senso di questa politica io francamente non lo comprendo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Sottosegretario, io su tutti i dati che ho acquisito farò un'interpellanza parlamentare e siccome secondo me...

  PRESIDENTE. No, deve concludere, deputata.

  GIULIA GRILLO. ...c’è qualche piccolo errore, valuteremo anche se trasmettere le nostre note alla Commissione europea (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

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  PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Covello. Ne ha facoltà.

  STEFANIA COVELLO. Grazie, signora Presidente. Signori colleghi, sottosegretari, quando da ragazzi, invece degli attuali smartphone e iPod, per ascoltare musica c'era il famigerato walkman, spesso capitava che la cassetta vedesse il proprio nastro aggrovigliarsi e faticosamente armati di pazienza si cercava di riavvolgere il nastro in maniera tale da poter riascoltare la musica. Leggendo il DEF inviterei tutti a riavvolgere il nastro partendo dall'inizio di questa legislatura e alle difficoltà cui si è trovato di fronte il nostro Paese. Oggi possiamo dire di aver percorso tanta strada e di aver rimesso sui binari il convoglio Italia grazie ai sacrifici degli italiani e alla costanza del Governo Renzi che ha dimostrato, facendo i compiti a casa, che non si cercano alibi, ma il tempo dell'austerità va superato.
  Il mio intervento si soffermerà sul Mezzogiorno e sull'importanza che tale documento riveste per il sud. Parto dall'impiego delle risorse comunitarie. Secondo i dati forniti, per come anche ha detto il relatore per la maggioranza, onorevole Parrini, dalla Ragioneria generale dello Stato, al 31 dicembre 2015 e per la quasi totalità dei programmi dei fondi strutturali, FESR e FSE 2007-2013, è stata superata la quota del 90 per cento in termini di pagamenti sulle risorse assegnate e gli impegni già registrati nel monitoraggio risultano superiori alle risorse assegnate, cosa che dovrebbe consentire il pieno assorbimento delle risorse. Questo significa che non abbiamo perso un euro. Si tratta di un risultato impensabile considerato che all'inizio di questa legislatura l'impiego registrato – e mi piace sottolinearlo – non superava il 15 per cento delle risorse. In relazione alla programmazione 2014-2020 dei fondi strutturali e di investimento europei, nel corso del 2015 tutti i programmi operativi, sia nazionali, che regionali, sono stati adottati dalla Commissione europea e sono in fase di avvio. Le risorse comunitarie assegnate all'Italia a titolo dei due fondi strutturali per la politica di coesione, FSE ed FESR, per il ciclo di programmazione 2014-2020, ammontano a oltre 32 miliardi di euro, cui si aggiungono le risorse destinate all'occupazione giovanile e al Fondo indigenti per circa un miliardo e 200 milioni di euro. A tali risorse comunitarie si affiancano oltre 24 miliardi di euro di cofinanziamento nazionale, cui si aggiungono ulteriori 4 miliardi e 300 milioni di euro di cofinanziamento regionale. Nel complesso si ricorda, considerando anche le risorse FEASR e FEAMP – chiedo scusa, ma le sigle è utile dirle –, che l'accordo di partenariato dispone di circa 73 miliardi di euro, di cui 51 miliardi per programmi operativi propri della coesione. È l'ultima occasione che abbiamo per ammodernare il Paese. Nell'impostazione strategica di coesione 2014-2020 va evidenziata, inoltre, la rilevanza della strategia nazionale per le aree interne del Paese, per come anche ha saputo ricordare in Molise nella sua ultima visita il Presidente Sergio Mattarella. Sappiamo bene che si tratta di aree lontane dai servizi di base e che interessano il 60 per cento del territorio nazionale. La parte delle politiche di coesione, finanziate da risorse interamente nazionali, rimane quella forse più rilevante per gli interventi di natura infrastrutturale, soprattutto nel nostro Mezzogiorno d'Italia. L'impostazione del nuovo quadro di governance istituzionale per le politiche di coesione ha determinato la ridefinizione, con la legge di stabilità 2015, delle procedure di programmazione e gestione delle risorse nazionali assegnate al Fondo per lo sviluppo e la coesione per il ciclo 2014-2020, riservando all'autorità politica per la coesione il compito di indicare le linee strategiche per l'impiego del fondo stesso, da realizzare in forma integrata con le risorse europee per lo sviluppo regionale. Questo per evitare la frammentazione e la coriandolizzazione di interventi che alla fine si sono rilevati nel corso degli anni inutili allo sviluppo dei territori. Il DEF mette nero su bianco che la volontà del Governo è ferma per quanto concerne il Masterplan per il Mezzogiorno, per come ha bene ricordato l'onorevole Parrini, relatore per Pag. 24la maggioranza, dove si intendono destinare circa 13,4 miliardi di euro delle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione della programmazione 2014-2020, finalizzate ai patti per il Sud. Il Masterplan costituisce, lo vogliamo dire a voce alta e sicura, il quadro di riferimento entro cui si collocheranno le scelte operative in corso di definizione nel confronto Governo, regioni e città metropolitane sui patti per il sud. Si tratta di sedici patti, uno per ognuna delle otto regioni (Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Puglia, Calabria, Sicilia e Sardegna) e uno per ognuna delle sette città metropolitane (Napoli, Bari, Reggio Calabria, Palermo, Catania, Cagliari e Messina), finalizzati a definire per ognuna di esse gli interventi prioritari e trainanti, le azioni da intraprendere per attuarli e gli ostacoli da rimuovere, la tempistica, le reciproche responsabilità.
  Domenica è stato firmato dal Presidente del Consiglio, Matteo Renzi, con il presidente della regione De Luca, il primo patto con la Campania ed è un'ulteriore smentita a chi continuamente afferma che il sud è marginalizzato. Luoghi comuni che non aiutano a uscire da una lamentazione che purtroppo molti danni ha fatto nel corso del tempo proprio ai territori del Mezzogiorno. Recuperare i ritardi che si sono accumulati nel tempo non è cosa facile, ma abbiamo invertito la tendenza. Abbiamo restituito dignità alla questione meridionale in termini nuovi, consapevoli che il futuro del Paese passa imprescindibilmente dal riscatto del sud e dalla sua capacità di creare lavoro.
  Criticità permangono, criticità spesso dovute a protagonismi che pongono in secondo piano le priorità delle popolazioni meridionali, a volte spesso anche insite in qualcuno degli uomini dello stesso nostro partito. Ed è per questo che il merito del DEF e il merito del Governo Renzi è quello di certificare un impegno politico e programmatico che lo stesso Governo conferma verso il Mezzogiorno giorno dopo giorno, passo dopo passo, tassello dopo tassello. Ricordo che la legge di stabilità 2016 prevede l'utilizzo di quota parte delle risorse del Piano di azione e di coesione sulla base di una previa ricognizione a copertura degli oneri connessi alle estensioni del beneficio dell'esonero contributivo alle assunzioni a tempo indeterminato dell'anno 2017 per i datori di lavoro privati operanti nelle regioni del Mezzogiorno. E va detto con quale tenacia e caparbietà sono state risolte e affrontate vertenze importanti per salvaguardare il sistema manifatturiero, che si è fortemente ridimensionato negli ultimi vent'anni proprio nel sud. Gli impegni per Pompei, Caserta, Matera e tutto il resto – non lo cito continuamente –, la valorizzazione del patrimonio culturale e il rilancio del turismo sono tutti tasselli di questo impegno per il Mezzogiorno. Punto fondamentale rimangono le infrastrutture e la mobilità, ed è importante sottolineare come la Commissione ambiente, territorio e lavori pubblici, alla quale appartengo, in sede di espressione del parere abbia previsto una specifica condizione per il Governo al fine di incrementare le risorse finanziarie da destinare al potenziamento infrastrutturale.
  Concludo, Presidente, dicendo che è del tutto evidente la carenza di un'adeguata rete infrastrutturale, questione su cui il Governo sta dando il massimo impegno per evitare tutti i gap che ci sono. Quindi, per tutte queste ragioni confermiamo il pieno apprezzamento sul DEF, incoraggiando il Governo a continuare a fare bene così come sta facendo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Fregolent. Ne ha facoltà.

  SILVIA FREGOLENT. Grazie, signora Presidente. L'esame del Documento di economia e finanza, il principale documento di programmazione economica, costituisce una fase dell'anno, in particolare del semestre europeo, assai cruciale. Nel DEF il Governo conferma o rivede gli impegni presi l'anno precedente e definisce obiettivi, priorità e programmi per l'orizzonte successivo, impegni su cui saranno chiamate ad esprimersi le istituzioni europee e Pag. 25che si tradurranno in misure concrete con la legge di stabilità nel prossimo autunno.
  Il primo dato essenziale che se ne ricava è che il Governo ha ribadito, anche quest'anno, la scelta di rallentare il processo di riduzione del disavanzo che aveva riprogrammato lo scorso settembre e aggiornato a dicembre. La ragione principale del rallentamento nel percorso di avvicinamento agli obiettivi di bilancio fissati dall'ordinamento europeo è costituita dalla chiara quanto mai giusta volontà di questo Governo di non contrastare, ma piuttosto sostenere fortemente, la ripresa in atto. Quest'ultima è avviata ma ancora non abbastanza decisa, perché esposta a rischi sistemici che non è semplice contrastare. Infatti, nel 2015, dopo tre anni consecutivi di contrazione, l'economia italiana è tornata finalmente a crescere. Dunque, in un contesto in cui le politiche dell'area euro sono insufficienti nel contrastare la carenza di domanda, la programmazione economica proposta in questo DEF non è solo condivisibile ma è la più desiderabile.
  Si tengono inoltre in considerazione i problemi tecnici per la valutazione delle politiche nazionali di bilancio. Il metodo di sistema del prodotto potenziale e dell’output gap, adottato dalla Commissione europea per calcolare il disavanzo strutturale, è irrealistico e penalizzante per il nostro Paese. Non scendo in complicati tecnicismi, ma anch'essa è, come sappiamo, una questione oggetto di confronto a Bruxelles, in cui l'Italia si pone come capofila. Per questa ragione e per molte altre il rispetto puntuale del vincolo di bilancio sarebbe inopportuno e controproducente, poiché in quest'ultima analisi implicherebbe una restrizione fiscale, con ripercussioni negative sul quadro macroeconomico e sugli stessi saldi. Dal Documento si evince che il Governo metterà in atto nuove azioni di stimolo, tra cui l'aumento progressivo degli investimenti pubblici e l'ulteriore riduzione della pressione fiscale.
  A legislazione vigente la pressione fiscale è prevista in discesa di 0,6 punti percentuali dal 2016 al 2019. Tale diminuzione sarà rafforzata dall'annunciata sterilizzazione delle clausole di salvaguardia, che diventeranno operative nel 2017 e che rappresentano circa lo 0,9 per cento del PIL. Il programma nazionale di riforma, la sezione III del DEF, evidenzia come la strategia di riforme strutturali debba essere accompagnata e sostenuta proprio da una politica di responsabilità fiscale che, attraverso la riduzione del carico delle imposte, permetta di sostenere la spesa di imprese e famiglie, rafforzare la crescita in una fase di notevole incertezza economica e continuare sullo sforzo di consolidamento della finanza pubblica e di riduzione del debito.
  In questi ultimi due anni abbiamo compiuto importanti passi in avanti verso un fisco più semplice, equo e a favore del contribuente. In attuazione della delega fiscale sono stati adottati 11 decreti legislativi, con l'intento di migliorare il quadro delle norme tributarie e il rapporto tra fisco e contribuenti, semplificando l'assolvimento degli obblighi e favorendo l'emersione spontanea delle basi imponibili. In particolare, è stata introdotta la dichiarazione precompilata per i lavoratori dipendenti e per i pensionati (un passo storico per il nostro Paese) ed è stato rafforzato il ruolo del fisco a sostegno delle imprese con attività internazionali, riducendo i vincoli alle operazioni transfrontaliere e migliorando il sistema degli interpelli preventivi.
  Con riferimento alle semplificazioni fiscali, segnalo che da quest'anno la dichiarazione precompilata conterrà una consistente quota di spese sanitarie e un numero maggiore di oneri deducibili e detraibili. Tale evoluzione farà crescere il numero delle dichiarazioni accettate, con effetti positivi sull'attività di controllo dell'Agenzia delle entrate. Ricordo, inoltre, che l'emersione spontanea di base imponibile è favorita dagli interventi in materia di fatturazione elettronica, divenuta obbligatoria per i fornitori delle pubbliche amministrazioni dal 31 marzo 2015. Un contributo rilevante all'emersione di base imponibile sottratta al Fisco è derivato dalla voluntary disclosure; le richieste di adesione sono state 129 mila, per circa 60 Pag. 26miliardi di imponibile emerso e un gettito stimato di circa 3,8 miliardi, al netto degli interessi. Tali istanze, in corso di verifica, porteranno all'emissione di circa 500 mila accertamenti entro la fine del 2016.
  Tornando alla programmazione economica, il DEF reca indicazioni di notevole rilevanza sulla strategia di politica tributaria che il Governo intende perseguire nella seconda parte della legislatura, al fine di proseguire nel miglioramento del quadro delle norme tributarie e che riguardano principalmente i contenuti della delega per la riforma del sistema fiscale non ancora attuate.

PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE MARINA SERENI (ore 12)

  Segue SILVIA FREGOLENT. Il monitoraggio delle spese fiscali, anche per rispondere alla raccomandazione n. 2 formulata dalla Commissione europea, sarà propedeutico ad un loro riordino, volto ad eliminare o a rivedere le spese fiscali non più giustificate sulla base delle mutate esigenze sociali ed economiche o quelle che duplicano programmi di spesa pubblica.
  Per quanto riguarda il sistema bancario, anche in risposta alle sollecitazioni UE, il Governo sta portando avanti un ampio e unitario disegno di ristrutturazione e innovazione, con l'obiettivo di migliorare la qualità dell'attività bancaria e rafforzare il sistema, rendendolo più resistente agli shock e mettere gli istituti nelle condizioni di erogare maggior credito. Sono numerose le misure approvate in questi mesi. Ricordiamo, in sintesi, solo alcune: la trasformazione delle maggiori banche popolari in società per azioni, l'autoriforma delle fondazioni di origine bancaria, la semplificazione delle procedure di recupero crediti e delle procedure di insolvenza, l'importante pacchetto di misure contenute nel decreto-legge n. 18 del 2016 sulla riforma delle BCC e altre disposizioni urgenti per il settore del credito, fra cui le modalità di concessione della garanzia sulla cartolarizzazione dei crediti in sofferenza.
  In conclusione, il ritorno alla crescita e l'incremento dell'occupazione nel 2015 testimoniano l'efficacia dell'ampia azione di interventi del Governo. In questo DEF il Governo si impegna per i prossimi anni a favorire la crescita, proponendo una prospettiva credibile di consolidamento dei conti pubblici. Gli obiettivi programmati saranno conseguiti senza sorprese, non ci saranno manovrine o interventi correttivi in corso d'anno e non aumenterà il prelievo sul lavoro, sulle imprese e sui consumi. Queste sono le certezze necessarie per sostenere il migliorato livello di fiducia di famiglie e imprese, fattore così cruciale per il buon andamento dell'economia reale di un Paese in cui, con impegno, stabilita e concretezza, stiamo ricostruendo il giusto clima economico a sostegno della crescita. Questo DEF è criticato da chi non vuole cambiare il Paese, da chi vuole vedere solo gli elementi negativi del Paese e da chi ha convenienza, per microcalcoli elettorali, di non voler far ripartire il Paese.
  Questo Governo ha dimostrato che le chiacchiere e i piagnistei stanno a zero e che la voglia di fare ci hanno resi protagonisti in Europa. Lo so che dà fastidio, ma l'aereo è saldamente guidato e lo sarà ancora per molto tempo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Tripiedi. Ne ha facoltà.

  DAVIDE TRIPIEDI. Signora Presidente, molti, anche in quest'Aula pensano che la battaglia delle pensioni sia un tema che va a far scontrare generazioni, la vecchia generazione che deve percepire la pensione e la nuova generazione che sicuramente avrà molti problemi ad accedere al sistema pensionistico. Perché dico questo ? Perché la generazione degli anni Ottanta rischia di prendere la pensione a 75 anni, ecco perché bisogna lavorare assieme, nuove e vecchie generazioni, per far sì di lavorare assieme e costruire un modello che vada a tutelare i cittadini italiani, tutti i cittadini italiani. Questo palazzo ha rovinato la vita di molte persone che dovevano Pag. 27accedere al sistema pensionistico, da un giorno all'altro avete deciso che i debiti causati dalla politica li dovessero pagare i pensionati e i futuri lavoratori. Da quando siamo in quest'Aula stiamo cercando di battagliare per abrogare la legge Fornero, stiamo cercando di fare di tutto, abbiamo evidenziato anche che c'erano delle falle nel sistema del prepensionamento dei lavori usuranti. Già tre anni fa ci siamo accorti che c'era questo buco di un 1,4 miliardi di euro, che avrebbe dato la possibilità a molti lavoratori di accedere al sistema pensionistico con un'agevolazione. Il Governo ha preferito fare altro, il Governo ha preferito utilizzare quei soldi per fare le proprie «marchette». Siamo abbastanza soddisfatti perché nel DEF, nel parere di maggioranza, il PD ha voluto accogliere la nostra richiesta di inserire una previsione di cercare di utilizzare quei soldi che non sono stati utilizzati per dare la possibilità a chi svolge un lavoro usurante, di andare in pensione prima. Vedi ad esempio il mondo dei lavoratori edili, che oggi non fanno parte di quella categoria: si sarebbe potuto utilizzare quei soldi per dare a un muratore la possibilità di andare in pensione prima, perché oggi non è possibile immaginare un muratore in pensione a settant'anni, oggi questa è un'indecenza. Tra l'altro nel DEF si fanno delle previsioni che i Governi da decenni continuano a sbagliare. Noi sappiamo che in Commissione c’è una certa sintonia sul tema delle pensioni, ma il Governo si vede che non ha la stessa sensibilità che ha la Commissione lavoro, indipendentemente dai partiti che la compongono, ma tutti in Commissione lavoro abbiamo la sensibilità che il Governo non ha. Quindi, voglio chiudere con un augurio, l'augurio che si possa dire basta a una legge infame come la legge Fornero, la cosiddetta legge Fornero (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Dobbiamo tutti lavorare assieme e voglio anche sollecitare il Governo a non fare le solite promesse per poi tradire la volontà del popolo. Il MoVimento 5 Stelle è pronto ad affrontare quel problema che da anni i cittadini italiani lamentano, che è il problema delle pensioni. Non vogliamo che sia uno scontro tra generazioni, ma vogliamo che si dia una risposta definitiva e chiara alle migliaia e migliaia di lavoratori fregati dalla legge che hanno votato il PD e Forza Italia, quella legge che la Lega contesta, quella legge...

  PRESIDENTE. Dovrebbe concludere.

  DAVIDE TRIPIEDI. ...che hanno votato – mi scusi Presidente, concludo – gli alleati della Lega (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Gnecchi. Ne ha facoltà.

  MARIALUISA GNECCHI. Signor Presidente, proprio perché non vogliamo assolutamente che esista uno scontro generazionale, tra giovani e meno giovani, per quanto riguarda le pensioni, noi riteniamo che sia assolutamente importante individuare misure permanenti di riduzione del cuneo fiscale sul lavoro, promuovendo in particolare l'applicazione in via strutturale delle misure di sgravio contributivo attualmente previste, con riferimento ai nuovi contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato stipulati nel 2016. Questo ovviamente è per garantire la possibilità di creazione di posti di lavoro stabili e di qualità, posti di lavoro stabili e di qualità ovviamente garantiscono anche pensioni adeguate ad una vita dignitosa. Da questo punto di vista ovviamente pensiamo anche ai lavori autonomi, al fatto che si deve assolutamente prestare attenzione al lavoro autonomo perché sempre di più sono i lavori autonomi diversi. Poi abbiamo una particolare attenzione anche per quanto riguarda il pubblico impiego, perché il pubblico impiego gestisce anche i servizi, i servizi alle persone che sono assolutamente indispensabili. Quindi noi, nel quadro delle misure volte a favorire l'incremento del tasso d'occupazione e in particolare il tasso di occupazione giovanile, notiamo l'esigenza di adottare specifiche iniziative volte a rafforzare le misure incentivanti previste a legislazione vigente Pag. 28per promuovere l'occupazione giovanile e femminile. Segnaliamo anche l'esigenza di assicurare un attento monitoraggio degli effetti delle riforme in materia di mercato del lavoro e di ammortizzatori sociali perché siamo assolutamente convinti che vadano aumentati i finanziamenti destinati alle politiche attive del lavoro e ai servizi per l'impiego, servizi che sono indispensabili per favorire l'incontro domanda-offerta e pensiamo che per questo si possano anche utilizzare fondi strutturali europei. Prestiamo anche una particolare attenzione e siamo molto contenti che il Ministro Poletti stia portando avanti un monitoraggio e la possibilità di trasparenza per quanto riguarda i voucher, proprio perché bisogna assolutamente riuscire a garantire un controllo rispetto a questo utilizzo, perché può sicuramente favorire l'emersione del lavoro nero ma non deve essere un alibi per garantire elusione contributiva e maggiore rischio per i giovani in termini di mancanza di contributi. Quindi sicuramente un lavoro sicuro garantisce anche maggiori entrate fiscali e maggiori entrate contributive. In considerazione comunque della sostanziale stabilità del sistema pensionistico e dei rilevanti risparmi conseguiti nell'ultimo decennio sul versante della spesa previdenziale, rappresentiamo l'esigenza di promuovere nel corso del presente anno interventi volti a introdurre, nel rispetto degli obiettivi di finanza pubblica indicati nel documento, elementi di flessibilità della disciplina dell'età di pensionamento, tenendo conto delle scelte dei lavoratori e delle lavoratrici, anche con la previsione di ragionevoli penalizzazioni in caso di accesso anticipato ai trattamenti previdenziali. È necessaria anche una revisione mirata delle disposizioni in materia di accesso anticipato per quanto riguarda le lavorazioni particolarmente faticose e usuranti, come è già stato accennato da un intervento precedente, ma soprattutto sottolineiamo che vogliamo che non si perda neanche 1 euro del fondo già esistente a questo scopo. Vogliamo rafforzare anche le misure previste a legislazione vigente finalizzate a valorizzare ai fini pensionistici i lavori di cura famigliare e quindi prevedere la contribuzione figurativa, in linea con quanto indicato anche nella prima stesura del pilastro dei diritti sociali allegato alla comunicazione della Commissione europea relativa all'avvio di una consultazione su un pilastro europeo dei diritti sociali, che indica il riconoscimento ai fini previdenziali dei periodi dedicati alle attività di assistenza tra le misure da adottare per contrastare il divario di genere nei trattamenti pensionistici, ancora veramente troppo forte. In Commissione lavoro è anche stata svolta un'indagine conoscitiva per quanto riguarda l'impatto di genere delle riforme previdenziali e della manovra Fornero, ovviamente ci auguriamo che i risultati di questa indagine possano diventare una materia per intervenire anche a favore delle donne. Rappresentiamo ovviamente l'opportunità di definire un percorso che porti a un progressivo incremento delle risorse destinate al finanziamento di una misura nazionale contro la povertà.
  Quindi siamo molto contenti che sia arrivato in discussione alla Camera il disegno di legge delega contro la povertà e che la Commissione XII e la Commissione XI stiano affrontando quella delega nel modo migliore possibile, proprio perché la povertà è un'emergenza del Paese. Quindi ovviamente speriamo che questo disegno di legge delega possa garantire la portata universalistica in favore dei soggetti e dei nuclei familiari che versino in condizioni di povertà assoluta, ma registriamo la necessità di un'ampia riflessione rispetto alla distinzione tra la spesa di carattere previdenziale e quella destinata a finalità assistenziali. C’è bisogno di una riforma assistenziale, c’è bisogno dal nostro punto di vista di una riforma previdenziale che vada a chiarire molte delle contraddizioni. Una delle contraddizioni più evidenti, che è stata citata anche da alcuni interventi prima di noi, è quella del comma 7 dell'articolo 24 della manovra Salva Italia, che prevede che, se non si ha almeno una volta e mezzo l'assegno sociale, si vada in pensione non all'età prevista per la pensione di vecchiaia, ma a un'età pari a Pag. 29settant'anni. A questo concetto dell'età pari a 70 anni, dalle proiezioni fatte dall'attuale presidente dell'INPS, presidente pro tempore dell'INPS, venne aggiunta anche l'aspettativa di vita fino ai 70 anni: è ovvio che questo crea maggiore allarmismo soprattutto nei giovani e noi non siamo in un periodo in cui bisogna creare ulteriori allarmismi a quelli che già vengono creati dalla mancanza di lavoro stabile. Quindi, pensiamo e ci auguriamo che anche la discussione del DEF e la risoluzione del DEF, che oggi approveremo, possa servire per dare un po'di tranquillità e di prospettiva positiva ai giovani e ai meno giovani, perché ovviamente abbiamo bisogno di cittadini e cittadine che abbiano fiducia nel futuro.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Pelillo. Ne ha facoltà.

  MICHELE PELILLO. Grazie, signora Presidente, signor sottosegretario e onorevoli colleghi. La discussione del DEF è sempre un momento molto importante nella nostra attività legislativa. Penso che dall'anno scorso lo è ancora di più, perché discutere di un DEF che riesce a prevedere bene e che diventa credibile è chiaro che ci permette anche di esprimerci in modo più puntuale. Ricordo a chi magari si fosse distratto che l'anno scorso, per la prima volta, il DEF ha avuto il pregio di riuscire a prevedere tutti i principali indici economici, che sono stati puntualmente confermati, anzi qualcuno addirittura anticipato per difetto, e la cosa ovviamente, la stessa metodologia è applicata anche a questo DEF, per cui penso che il nostro dibattito sia ancora più rilevante.
   Presidente, mi occuperò nel mio breve intervento del comparto delle entrate di questo importante documento, in modo particolare, una considerazione sulla pressione fiscale: la pressione fiscale si è detto – lo ha detto in modo puntuale il relatore di maggioranza – continua ad avere un trend in diminuzione (quindi 15 su 14), abbiamo una piccola ma significativa diminuzione, che ovviamente comprende anche la riduzione del cuneo fiscale e quindi gli 80 euro e la stessa percentuale di riduzione è prevista anche per l'anno corrente. Sono dati non clamorosi, perché purtroppo parliamo ancora di alcuni decimali, ma sono certamente dati che ci indicano una tendenza che tende a consolidarsi.
   Nella valutazione della diminuzione della pressione fiscale, io consiglierei anche di considerare un altro aspetto molto importante.
  Come sappiamo, questo Governo ha ereditato diverse clausole di salvaguardia e si è impegnato a disattivarle, come ha fatto, e a disattivare anche le clausole per gli anni successivi. Quindi, quando parliamo di pressione fiscale, non dobbiamo limitarci a leggere soltanto i decimali in diminuzione, ma dobbiamo anche considerare che sono state, di pari passo, disattivate anche clausole di salvaguardia di molti miliardi di euro.
  Il progetto politico di questo Governo in materia fiscale è stato dall'inizio molto chiaro e andava proprio incontro, non solo a un riordino di tutto il comparto, ma anche a una diminuzione della pressione fiscale. L'abbiamo registrato nel 2015, con l'intervento sul reddito di lavoro, l'abbiamo visto per il 2016, per quest'anno, con l'abolizione della Tasi sulla prima casa, con l'abolizione dell'IMU in materia agricola e sugli imbullonati, con i superammortamenti, in diverse direzioni. Abbiamo in previsione, per gli altri due anni di fine legislatura due interventi importanti di diminuzione in materia di Ires e in materia di Irpef. Un argomento senz'altro degno di dibattito e soprattutto del dibattito parlamentare è verificare se la riduzione debba preferire inizialmente l'Irpef all'Ires, contrariamente a quanto era stato stabilito.
   Nel DEF ci viene puntualmente ricordato e raccontato quanto sia stata incisiva e importante l'attività legislativa in questi anni, soprattutto negli ultimi due anni in materia fiscale. Ricordiamo la legge di delega fiscale, la prima legge di delega fiscale che è riuscita a produrre decreti delegati degli anni 2000, 11 decreti delegati. Tutti quanti sono stati, come sappiamo, Pag. 30pubblicati, sono in vigore e hanno portato delle grandissime novità nella vita quotidiana nel rapporto tra contribuenti e Stato impositore. La lotta di contrasto all'evasione continua a dare risultati molto importanti: sul fronte repressivo, il recupero è di quasi 15 miliardi, anche qui il trend in aumento viene confermato e quindi si consolida, ma il contrasto all'evasione ovviamente non si deve misurare soltanto dal punto di vista repressivo. Grandi novità ci sono state invece sul fronte della prevenzione, sul fronte del contrasto preventivo; quindi, la fatturazione elettronica nei confronti della pubblica amministrazione, lo split payment, il reverse charge in materia di IVA hanno comportato, come era nelle previsioni, un aumento di introiti sul settore delle imposte indirette, che è riuscito quindi a dare al comparto complessivo un segno più, nonostante la diminuzione della pressione fiscale.
   Un'altra vicenda molto importante, che si sta consumando in questo momento è quella della collaborazione volontaria per il rientro di capitali trasferiti all'estero. Questo è un argomento di grande rilievo, non solo dal punto di vista finanziario, per il quale va sottolineato un aspetto che ogni tanto diciamo viene dimenticato. La collaborazione volontaria non è e non è stata l'ennesimo condono in questa direzione, è stata una cosa completamente diversa, una procedura molto onerosa per i contribuenti e la sua riuscita – e adesso sappiamo che è una riuscita piena, perché sono davvero tantissime le domande di collaborazione volontaria e vanno al di là dei numeri che erano stati preventivati – ha soprattutto una ragione, che è quella dei tanti accordi internazionali che il nostro Paese è riuscito a chiudere negli ultimi anni e soprattutto negli ultimi diciotto, ventiquattro mesi.
   Tra tutti ricordiamo, ovviamente, quello con la Svizzera. Tutti Accordi internazionali, spesso bilaterali, o qualche volta multilaterali, che hanno permesso di azzerare lo schermo del segreto bancario, e permettono alle agenzie fiscali dei diversi Paesi di accedere facilmente a tutte le informazioni.

  PRESIDENTE. La invito a concludere.

  MICHELE PELILLO. Questo è il dato per il quale la collaborazione volontaria ha avuto questo straordinario successo, e questa è la ragione per la quale ci sarà un introito molto importante, che viene man mano rettificato in aumento nei conti dello Stato.
  Presidente, concludo con un solo cenno, sul quale però spero ritorneremo presto. Noi abbiamo uno strumento: tutti i decreti delegati a cui ho fatto riferimento nella legge delega possono essere integrati dal Governo entro i 18 mesi dalla loro pubblicazione. Ci sono le ragioni per poter ampliare l'effetto di quei decreti, renderli ancora più incisivi con degli interventi su decreti specifici, e mi riferisco a quello sulle semplificazioni, e mi riferisco a quello sulla riscossione: argomenti molto importanti che riguardano la vita quotidiana delle persone, e dei quali mi auguro questa Camera presto tornerà ad occuparsi.

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Nesci. Ne ha facoltà.

  DALILA NESCI. Signor Presidente, in questo regime la parola «tagli» non fa più effetto: l'abitudine, l'indifferenza e la rassegnazione sono inoculate giorno per giorno dal mostruoso apparato della menzogna che sostiene il Primo Ministro Matteo Renzi, voluto da un potere finanziario spietato e fuori della legge, del diritto e della giustizia reale. In tale contesto, la distrazione di massa, la propaganda politica e l'avido opportunismo in maggioranza concorrono a distruggere il sistema pubblico a partire dalla sanità.
  C’è un'esultanza isterica della servitù renziana, mentre l'Italia affonda nella dannazione e il deputato Yoram Gutgeld porta avanti il suo programma economico, privo di fondamenti scientifici ma sostenuto da un entusiasmo corale ed ossessivo tipico del metodo Goebbels.Pag. 31
  Il Documento di economia e finanza ci dice che, fra il 2016 e il 2018, ci saranno tagli per oltre 10 miliardi di euro in sanità: il Servizio sanitario nazionale sarà privato di risorse indispensabili per il diritto alla salute, quel diritto previsto dall'articolo 32 della Costituzione che è stato poi in realtà compresso e definitivamente dissolto con gli articoli 81 e 97 sul pareggio di bilancio, che noi sappiamo essere del tutto incostituzionali ma votati dall'intero sistema dei partiti.
  Il Documento di economia e finanza ci dice ancora che permangono le misure sul personale della sanità, cioè il blocco del turnover e la riduzione permanente del salario accessorio. In pratica il Servizio sanitario nazionale finirà in frantumi: ciò grazie alla capacità della maggioranza di Governo di servire ad ogni costo i padroni della moneta ed eseguirne gli ordini con straordinaria puntualità, anche a dispetto della categoria dei contratti sottoscritti bilateralmente.
  In tema di cammino europeo – passatemi l'ambivalenza semantica – avete fumato «spinelli», perché la legge n. 161 del 2014 ha recepito con ritardo italiano – di appena 13 anni ! – la direttiva europea sui turni e i riposi obbligatori: questo significa che le aziende della sanità dovranno assumere almeno 20 mila unità di personale medico e paramedico per rispettare la normativa introdotta dal Parlamento nazionale; e, ciò nonostante, la programmazione economico-finanziaria della maggioranza renziana, o meglio del silente Gutgeld, mantiene il blocco del turnover e la riduzione permanente del salario accessorio, quindi non si procederà alle assunzioni necessarie, indispensabili che sono la madre di tutte le battaglie.
  Questo è un problema enorme, perché la verità che nessuno vuole dire, al netto dei tecnicismi, delle sigle, degli indicatori che ammantano l'intera materia sanitaria, è che da nord a sud tutti gli ospedali hanno gravissime carenze di medici, di infermieri, di OSS (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) !
  E che il Governo finge di non vedere, al punto che la procedura di ricognizione e copertura del personale non sarà mai ultimata.
  Il risultato della programmazione economica e finanziaria prevista da questo Governo sarà uno e soltanto uno: la sanità pubblica andrà in tilt e la sua privatizzazione completa subirà un'accelerazione sorprendente, di modo che lo Stato garante dei diritti e dell'uguaglianza venga sepolto in via definitiva. Anche con il nuovo Senato, se passerà la riforma costituzionale: riforma di baronie regionali e logiche mafiose atte a concretizzare le direttive del potere centrale europeo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Taranto. Ne ha facoltà.

  LUIGI TARANTO. Presidente, signori sottosegretari, colleghe e colleghi, com’è noto il Documento di economia e finanza 2016 delinea un percorso di riduzione dell'indebitamento netto più graduale di quello programmato nella nota di aggiornamento dello scorso mese di settembre e nella legge di stabilità per il 2016, osservando tra l'altro che, benché le regole di rientro verso l'obiettivo di medio termine richiederebbero nel 2017 un miglioramento del saldo strutturale di almeno mezzo punto percentuale di PIL, risulterebbe inopportuna e controproducente – così annota il Programma di stabilità – operare una tale stretta fiscale in ragione di alcuni fattori rilevanti: rischi di deflazione e stagnazione, un insufficiente coordinamento delle politiche di bilancio nell'area dell'euro, effetti indesiderati di eccessive strette fiscali, costi delle riforme strutturali e sottostima dell’output gap. Quanto a quest'ultimo fattore il Governo precisa che si è dell'opinione che la metodologia concordata a livello europeo non sia adeguata a fornire una valutazione imparziale della crescita potenziale, sottolineando in particolare che l'esercizio di stima con modello alternativo del prodotto potenziale condurrebbe, in linea con stime Pag. 32similari effettuate dall'OCSE e dal Fondo monetario internazionale, al riconoscimento del fatto che l'Italia avrebbe sostanzialmente conseguito già il proprio obiettivo di medio termine, pari ad un saldo strutturale in pareggio. Si tratta di una questione aperta ormai da tempo e di assoluto rilievo, poiché, secondo la comunicazione interpretativa della Commissione europea del gennaio 2015 sui margini di flessibilità del Patto di stabilità e crescita, proprio dalla posizione ciclica dell'economia come stimata dall’output gap dipende anche l'ampiezza dell'aggiustamento strutturale di finanza pubblica richiesta agli Stati membri che non abbiano ancora raggiunto l'obiettivo di medio termine. Non a caso, del resto, il punto era già stato evidenziato in una nota del Documento programmatico di bilancio per il 2015 sulla stima della crescita potenziale e le implicazioni per la politica di bilancio, concludendo che «qualora l'impatto della bassa crescita sul potenziale – così il Documento – avesse effettivamente l'intensità implicitamente assunta del modello, sarebbe ancora più urgente evitare politiche macroeconomiche restrittive, così da non danneggiare le prospettive di lungo termine».
  Successivamente il tema è stato ripreso dal Documento di economia e finanza per il 2015, ove si osservava, nel focus sulla revisione delle stime di crescita, che la metodologia della funzione di produzione sviluppata dall’Output gaps working group risulta esposta ad un'eccessiva prociclicità, stimando un tasso di disoccupazione prossimo a quello osservato, ed inoltre si sottolineava che la metodologia non coglie gli effetti delle riforme sul potenziale di crescita. Ai fini della stima dell’output gap rileva infatti il tasso di disoccupazione e di equilibrio calcolato ricorrendo a serie storiche che includono ormai i dati della peggiore crisi dall'Unità d'Italia, sicché le stime, come ha ad esempio osservato il CER, sembrano in effetti inseguire il tasso della disoccupazione osservata anziché isolarne la componente di lungo periodo. Inoltre, poiché il modello si basa sulla media ponderata della crescita degli ultimi vent'anni apprezzando particolarmente i dati più recenti, ne risulta per alcuni Paesi, tra cui l'Italia, l'effetto di sottostima del PIL potenziale, giustamente segnalato dei documenti programmatici del Governo. La conseguenza di un simile impianto metodologico è stata efficacemente sintetizzata in un articolo di Andrea Bonanni in questi termini: più bassa è stata la tua crescita in passato, meno potrai fare politiche favorevoli alla crescita in futuro.
  La sottostima del PIL potenziale determina, infatti, un output gap più basso e, dunque, un più elevato deficit strutturale, che richiede più severi aggiustamenti di bilancio e riduce l'agibilità dei margini di flessibilità previsti nell'ambito del Patto di stabilità e crescita. In questo quadro merita, allora, di essere sottolineata la lettera dello scorso 18 marzo, avente ad oggetto appunto la stima dell’output potenziale, inviata dai Ministri dell'economia di Italia, Spagna, Portogallo, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Slovenia e Slovacchia al vicepresidente della Commissione europea, al Commissario agli affari economici e al Presidente dell'Ecofin. Con la lettera è stata segnalata, in particolare, l'esigenza dell'armonizzazione dell'orizzonte temporale adottato dalla Commissione nelle sue previsioni macroeconomiche e di finanza pubblica con quello dei programmi di stabilità e convergenza degli Stati membri, suggerendo fortemente che la Commissione estenda il proprio orizzonte previsionale da due a quattro anni, in linea con l'orizzonte previsionale degli Stati membri, a vantaggio del superamento di discrepanze valutative e di una gestione sana e sostenibile delle finanze pubbliche.
  Con il DEF 2016, il Governo rafforza, dunque, il suo impegno all'avanzamento del confronto in materia in sede europea e sembrerebbero andare nella giusta direzione le conclusioni dell'Ecofin informale di Amsterdam del 22 del 23 aprile circa la semplificazione del Patto di stabilità e crescita ai fini della sua maggiore efficacia e trasparenza. È necessario accelerare questa semplificazione – vorrei dire: piaccia o non piaccia alla Bundesbank –, poiché essa può certamente concorrere Pag. 33alla definizione di regole e politiche di bilancio utili alla messa in opera di un investment compact europeo, cioè, secondo la definizione recentemente proposta da De Larosiére e da Rainer Masera, di una forma innovativa di politica di offerta per gli investimenti.
  La dinamica degli investimenti costituisce uno snodo cruciale per l'Europa tutta e particolarmente per il nostro Paese. Ne deriva la necessità del più attento monitoraggio sia dei progetti di investimento presentati in sede europea, in riferimento alla richiesta di applicazione della clausola degli investimenti, sia dell'effettivo impatto di un meno stringente approccio alla regola del pareggio di bilancio, volto a consentire ai comuni di sbloccare – lo ricordo – il programma di stabilità, le disponibilità di cassa già disponibili ma non spese, proprio a causa dei vincoli posti dal Patto di stabilità interno. Rilevano parimenti, ai fini del rilancio degli investimenti nel nostro Paese e della concretizzazione delle opportunità del Piano Junker, l'avanzamento del nuovo piano industriale di Cassa depositi e prestiti per il periodo 2016-2020; le sinergie secondo lo schema del recente contratto di controgaranzia tra Fondo centrale di garanzia per le PMI e Fondo europeo per gli investimenti, che si avvale del sostegno del Fondo europeo per gli investimenti strategici; i processi di razionalizzazione e il rafforzamento del sistema bancario, ivi compresa la conferma, a livello europeo, in materia di requisiti di capitale regolamentare per gli enti creditizi, del fattore di supporto alle piccole e medie imprese e la possibilità di incidere nel nostro Paese su circa 88 miliardi di euro di crediti in sofferenza di medie imprese, attraverso processi di turn around e di rilancio industriale. Soprattutto rileva, posto che, come osserva il programma nazionale di riforma, l'economia italiana nel suo insieme ha bisogno che il Mezzogiorno cambi passo e diventi un'area di crescita che interagisca positivamente con l'economia del resto del Paese, l'urgenza dell'implementazione operativa del masterplan per il Mezzogiorno, sul piano della governance e sul piano delle politiche, attraverso la continuità degli sgravi contributivi per i nuovi assunti, il decollo di progetti infrastrutturali decisivi per la connessione del Mezzogiorno...

  PRESIDENTE. Dovrebbe concludere.

  LUIGI TARANTO. ... e l'applicazione della strategia di sviluppo intelligente.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Misiani. Ne ha facoltà.

  ANTONIO MISIANI. Grazie, signora Presidente. Le previsioni economiche del DEF scontano l'incertezza della fase economica mondiale: l'economia cinese rallenta, Brasile e Russia sono in recessione, in Europa continua ad incombere il rischio della deflazione e la BCE sembra aver esaurito le sue munizioni. Sul piano politico – cosa ancor più importante – l'Unione europea non è mai stata così vicino alla disgregazione: dovunque si erigono muri.
  Il 23 giugno il Regno Unito vota sull'uscita dall'Unione europea e i sondaggi sono incerti. In Catalogna è al potere un Governo dichiaratamente indipendentista. In tutta Europa, come dimostrano le ultime presidenziali austriache, avanzano i movimenti populisti e l'estrema destra. Io credo che l'Europa dovrebbe fare un monumento a Mario Draghi, perché, senza la Banca centrale europea, l'euro sarebbe saltato già nel 2012 e l'Unione europea sarebbe rapidamente implosa. Il Ministro Schäuble ha torto: non è la politica accomodante della BCE la radice della crescita di Alternative für Deutschland e dei movimenti populisti, ma semmai l'incapacità dei Governi europei di affrontare a livello comunitario fenomeni globali come la crisi migratoria o il terrorismo islamista.
  Detto questo, dobbiamo, però, chiederci fino a quando potrà reggere una situazione in cui la politica delega ad organismi tecnici o a regole automatiche decisioni che dovrebbero ricadere nella sua sfera di responsabilità. Si tratta di una delega per Pag. 34impotenza, verrebbe da dire, che per alcuni dovrebbe addirittura estendersi alla politica fiscale.
  Per tutti questi motivi è da tempo indispensabile un cambio di rotta della politica di bilancio europea, non per replicare il deficit spending del passato, ma per trovare un equilibrio migliore tra crescita, coesione sociale e stabilità dei conti pubblici. È per questo che fa bene il Governo italiano a chiedere cambiamenti, la revisione della metodologia di calcolo dell’output gap, una diversa politica economica a livello europeo.
  Più in generale, c’è da chiedersi che senso abbia, quattro anni dopo, il dogma del pareggio strutturale di bilancio ad ogni costo. C’è da chiedersi se non valga la pena cambiare queste regole di bilancio, iniziando a distinguere tra spesa corrente e spesa di investimento, tra spese che aiutano la crescita e quelle, invece, realmente inutili e improduttive. In questo contesto, l'Italia sta percorrendo, da un paio di anni, un sentiero stretto, che dovrebbe portarci al pareggio di bilancio strutturale più lentamente, ma avviando, comunque, la riduzione del peso del debito pubblico. È una scelta saggia, condivisibile. È l'unica scelta che può evitare di soffocare la ripresa, che è flebile, senza minare la fiducia internazionale nella tenuta dei nostri conti pubblici. Le incognite non mancano naturalmente, soprattutto dal lato del PIL nominale, del denominatore, dei parametri di finanza pubblica, come hanno giustamente osservato l'Ufficio parlamentare di bilancio, la Banca d'Italia e la Corte dei conti. Ma, guardate, all'orizzonte non c’è un sentiero di politica economica più convincente di quello messo in campo dal Governo con il DEF. Il punto, semmai, è discutere come utilizzare questa flessibilità di bilancio, perché i margini di manovra sono stretti e la scala di priorità va definita con rigore e intelligenza.
  Io mi concentrerò su tre punti, dati i tempi, che io considero particolarmente rilevanti. Il primo: gli investimenti pubblici e privati sono la vera chiave per consolidare una ripresa che finora è insufficiente a riassorbire le perdite della crisi. L'eliminazione del Patto interno di stabilità è stato un passo molto importante, va consolidato riformando la legge n. 243 del 2012. Il super ammortamento e il credito di imposta al sud spingeranno gli investimenti privati. Possiamo fare di più nell'incentivazione fiscale di ricerca e sviluppo. Si può e si deve fare di più per l'edilizia, attraverso un grande piano per la riqualificazione energetica dei 12 milioni di condomini, scuole ed edifici pubblici del nostro Paese. Lì c’è una strada di rilancio del settore che più ha sofferto la crisi nel nostro Paese.
  Dobbiamo, infine, considerare investimenti anche le spese per istruzione e formazione. Per la scuola abbiamo invertito il trend dei tagli, con una grande e ambiziosa riforma. Ora, signora Presidente, bisogna tornare a investire sull'università, che è nettamente sottofinanziata rispetto alla media europea.
  Secondo punto: il lavoro. Il Jobs Act è forse la riforma più importante messa in atto dal Governo, seconda solo a quella costituzionale. I numeri estremamente positivi del 2015 e i segnali di rallentamento dei primi mesi del 2016 ci dicono che il costo del lavoro è una variabile decisiva per le scelte di assunzione dell'impresa. Noi stiamo fuoriuscendo gradualmente dai generosi incentivi decisi con la legge di stabilità del 2015. Dobbiamo, però, trovare la strada – ed è un punto della prossima manovra – per ridurre strutturalmente il cuneo fiscale sul lavoro a tempo indeterminato. Se non facciamo questa operazione, il rischio è che le assunzioni, le centinaia di migliaia di assunzioni del 2015 rimangono un isolato fuoco di paglia. Dobbiamo investire di più e meglio sulle politiche attive del lavoro, perché l'Agenzia nazionali e il rilancio delle politiche attive è l'altra grande scommessa del Jobs Act che dobbiamo vincere.
  Terzo punto: il welfare. La flessibilità dell'età di pensionamento è un obiettivo importante e condivisibile, ma va perseguito, signora Presidente, evitando il più possibile di assorbire ulteriori risorse pubbliche.Pag. 35
  Infatti, siamo un Paese che, per le persone in pensione di anzianità e per i superstiti, spende un terzo in più della media della zona euro: il 16,8 per cento del PIL contro il 12,7 della media europea. Dunque, se parliamo di risorse aggiuntive, le priorità a mio giudizio sono la lotta alla povertà e la sanità. Contro la povertà abbiamo stanziato un miliardo di euro a regime: è un passo in avanti importante ma servono 6 miliardi per dotare l'Italia di un programma contro l'indigenza realmente universalistico. Questo è quanto ci dice l'alleanza contro la povertà. Quanto alla sanità il DEF delinea degli obiettivi di contenimento della spesa ambiziosi. È importante ma bisogna evitare che questi obiettivi di contenimento della spesa producano un indebolimento dei servizi. Non c’è relazione diretta, a differenza di quanto hanno sostenuto altri colleghi, però l'aumento della mortalità e la riduzione della speranza di vita per la prima volta da più di cinquant'anni sono dei campanelli d'allarme di cui non possiamo non tenere conto. Sono riflessioni necessariamente parziali, signor Presidente, credo che le unisca un filo rosso: la preoccupazione della necessità di una nuova assunzione di responsabilità da parte della politica. Il grande progetto europeista rischia di andare in frantumi spezzato dal ritorno dei particolarismi nazionali e dalla debolezza di gran parte delle leadership europee. Noi possiamo scongiurare questo rischio recuperando la visione politica ispirata da lungimiranza e spirito di coesione. L'Italia lo è e lo deve essere sempre di più in prima fila in questa battaglia e la politica economica è il terreno principe su cui si misura la capacità di discontinuità della classe dirigente europea rispetto a scelte che stanno portando il grande progetto di Altiero Spinelli a frantumarsi. Dunque questo Documento di economia e finanza, al di là dei numeri e delle infinite discussioni che possiamo fare sulle previsioni economiche e di bilancio, è un DEF coerente con questa visione e coerente con l'obiettivo di completare il grande progetto riformista promosso da questo Governo e coerente con l'obiettivo di consolidare la ripresa, prima ancora che il percorso di risanamento dei conti pubblici, e coerente con l'obiettivo di riassorbire la disoccupazione e la povertà e coerente con l'idea che, nel nostro Paese, dopo la crisi più lunga dal dopoguerra, abbiamo la responsabilità di aprire una nuova prospettiva di sviluppo finito e sostenibile dal punto di vista ambientale e sociale. È per tutti questi motivi, signora Presidente, che ritengo che questo Documento di economia e finanza meriti il nostro convinto sostegno.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Baroni. Ne ha facoltà.

  MASSIMO ENRICO BARONI. L'Italia è messa male, davvero male. Non lo dico io, ma lo dice il Documento di economia e finanza del Governo e, se lo dice il Governo, vuol dire che le cose stanno ancora peggio. Il DEF 2016 rivela un andamento negativo dell'economia del Paese e la ripresa dello 0,8 per cento, dato alla prima metà del 2015, non ha perso slancio per usare le stesse parole del DEF ma è ferma al palo. Il Governo quindi con la coda tra le gambe ha abbassato le proiezioni di crescita per il triennio 2016-2018 e il PIL scende dall'1,6 all'1,2 per cento. Le rivisitazioni al ribasso annunciate dal Fondo monetario internazionale il 12 aprile scorso nelle sue stime sull'area euro assegnano la maglia nera proprio all'Italia. Il debito pubblico dell'anno 2015 è cresciuto di 34 miliardi attestandosi al record di 132,5 per cento del PIL, a quota 2170 miliardi, e le entrate totali, pur essendo aumentate, non hanno rispecchiato le aspettative. Praticamente si aspettavano maggiori entrate dalle imposte dirette sulla crescita dell'occupazione e maggiori entrate da imposte correlate alla crescita dei consumi. In realtà sia la creazione di nuovi posti di lavoro sia la crescita dei consumi si sono rivelati inferiori alle aspettative, nonostante le slide del «bomba» che ingannano gli italiani e con cui sollecita giornalisti compiacenti. L'elemento più rilevante del DEF è proprio la certificazione del taglio alla sanità, misura Pag. 36corrispondente alle risultanze dell'accordo Stato-regioni dell'11 febbraio scorso, ove si prevede a carico del Sistema sanitario nazionale, un taglio di 1,8 miliardi per il 2016 a cui si aggiungono riduzioni per 4 miliardi per il 2017 e 5 miliardi per il 2018.
  La visione programmatica del Governo è deludente, addirittura infantile, con slanci emozionali ottimistici fondati su riformi passate mai compiute e su riforme promesse il cui impatto economico è tutto da discutere e che non è certamente un impatto nel breve-medio periodo. Rispetto a tali riforme non sono io a nutrire dubbi: la Banca d'Italia, audita sul DEF nel 2016, dice esattamente quello che dico io. Sono proprio queste sbandierate riforme, risibili per l'impatto inesistente che le stesse avranno sulla finanza pubblica e che il Governo inserisce come grandi punti di risparmio, ad essere affermazioni false. Mi riferisco ad esempio alla legge elettorale che, a dire del Governo, determinerà maggiore stabilità. Forse è bene ricordare che «il Bomba» non è mai stato eletto a suffragio universale ma nominato dalla partitocrazia di regime che voleva un vuoto parolaio.
   Sulle riforme costituzionali, anch'esse chiamate a sostegno di iter legislativi più veloci, di un Senato che c’è ma non c’è con tutti i costi connessi, è bene ricordare che alcune leggine «ad castam» come, ad esempio, il rifinanziamento ai partiti che non poteva essere erogato in assenza di bilanci certificati sono state approvate in una sola settimana. Sulla sanità si reiterano progetti annunciati parecchi anni fa che rilevano un estremo ritardo nell'attuazione. Mi riferisco alla centralizzazione degli acquisti e all'adozione del fascicolo sanitario elettronico che aspettiamo dal 2012. Su quest'ultimo il DEF ne spara un'altra: una soluzione intermedia che vede l'implementazione – senta questa, Presidente – del «nodo nazionale di fascicolo». Cosa mai sarà questo nodo nazionale di fascicolo ? Un neologismo atto a nascondere la solita «fuffa», il tutto ancora da realizzare, da analizzare, da discutere, da vedere al netto dei tagli che l'ultima legge di stabilità ha previsto. Ancora, sempre nell'ambito delle riforme, si richiama la proposta di legge concernente la responsabilità sanitaria per abbattere i costi della medicina difensiva. Ebbene nello stesso DEF si fa finta di non sapere che nell'accordo Stato-regioni sono previsti tagli di 100 milioni per la prevenzione e la gestione del rischio sanitario. Dichiarare questa proposta di legge come una riforma che incide sui conti dell'economia del Paese è una balla, dato che fu proprio la Ragioneria dello Stato a non ritenere ammissibile la correlazione tra l'introduzione di norme sul rischio clinico e possibili assunzioni del sistema sanitario nazionale, perché non appare in alcun modo preventivabile quanto effettivamente possano incidere queste disposizioni sulle spese sanitarie. La spesa per acquisti dei beni e servizi è scesa in misura quasi impercettibile dello zero virgola e proprio su tale settore incidere sui numeri e i costi della corruzione che indicano l'Italia tra i Paesi in cui il fenomeno è più grave e che solo riguarda la sanità, è stimato di circa 6 miliardi ed è assolutamente importantissimo. Il Governo, proprio con il decreto attuativo della cosiddetta delega Madia che modifica il decreto n. 33 sulla trasparenza, sta andando nella chiara direzione di compromettere l'istituto della trasparenza quale presidio fondamentale per prevenire tanto la corruzione quanto lo spreco di risorse nell'ambito di acquisizioni di beni e servizi. Sulla prevenzione della corruzione il Governo può ingannare tutti ma non chi siede nelle Commissioni parlamentari ove passano inguardabili e ignobili decreti delegati del Governo che stanno facendo vere e proprie incursioni sulle poche norme decenti di questo Paese, quelle sull'anticorruzione, che per quanto perfettibili sono comunque ad oggi l'unico baluardo della corruzione che, diciamolo, «non tiene più vergogna», per citare Davigo.
  In tema di politiche sociali il Governo sbandiera il disegno di legge sulla lotta alla povertà con cui stanziare 7 miliardi che sono totalmente insufficienti. Per un'efficace lotta alla povertà occorre introdurre Pag. 37il reddito di cittadinanza per il quale occorrono 17 miliardi. In Italia ci sono oltre 4 milioni di persone che vivono in condizioni di povertà assoluta e 9 milioni in condizioni di povertà relativa. Non viene stanziata alcuna risorsa aggiuntiva e non ci si occupa dei servizi di assistenza che dovrebbero essere offerti alle persone non autosufficienti. Inoltre non si forniscono progetti personalizzati di inserimento sociale né strumenti di welfare adeguati a poterli realizzare. A proposito di ISEE il DEF nulla dice sull'impegno che il Governo ha assunto per sanare l'ignobile rapina fatta sui disabili e sugli anziani, nulla dice sulla necessità di intraprendere le opportune improcrastinabili iniziative affinché il calcolo dell'ISEE sia effettuato tutelando i soggetti più deboli della nostra società, conformemente a quanto indicato dalla recente sentenza del Consiglio di Stato.
  E non c’è traccia di calcolo dell'ISEE al fine di pervenire alla totale esclusione delle provvidenze assistenziali di qualsiasi natura. Non c’è traccia nel DEF riguardo alla necessità di procedere ad una quantificazione del valore delle prestazioni non erogate a causa delle disposizioni sul sistema di calcolo ISEE come censurate dal Consiglio di Stato. Il DEF menziona, inoltre, la proposta di legge recante disposizioni in materia di assistenza delle persone con disabilità grave prive di sostegno familiare, la cosiddetta «dopo di noi»; un disegno di legge sul quale il MoVimento 5 Stelle si è dichiarato fortemente contrario in quanto esso cristallizza il fallimento dello Stato sociale che non riesce a stanziare risorse sufficienti per garantire i diritti inalienabili delle persone disabili. Nel DEF è richiamata, infine, anche la cosiddetta riforma del terzo settore che va nella direzione agghiacciante di privatizzare il soddisfacimento dei bisogni essenziali del cittadino. Si introduce l'obbrobrio giuridico della Fondazione Italia Sociale, l'ennesimo...

  PRESIDENTE. Dovrebbe concludere, onorevole.

  MASSIMO ENRICO BARONI...stipendificio di trombati di partito con soldi dello Stato e sul quale viaggeranno i flussi finanziari dei privati nel mondo opaco delle cooperative e delle imprese sociali. La trasparenza per il mondo delle cooperative è totalmente assente (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Carloni. Ne ha facoltà.

  ANNA MARIA CARLONI. Grazie Presidente. L'elaborazione del Documento di economia e finanza è sempre un momento delicato. In esso si delineano, non solo gli andamenti di finanza pubblica, ma soprattutto le prospettive di visione del Paese. Detto in altri termini, dalle pagine del DEF traspare come il Governo immagini l'Italia dei prossimi dodici mesi con una proiezione sui prossimi anni. Da componente della Commissione trasporti ricordo che è il secondo anno che la guida del Ministero è cambiata. Mi si permetta di affermare quanto questo traspaia fin dall'allegato al DEF, non più denominato semplicemente «Allegato infrastrutture», bensì «Strategie per le infrastrutture di trasporto e logistica». Il cambio di denominazione può sembrare un dettaglio di poco conto; è invece iscritta qui la differenza con quanto avvenuto in precedenza. Si è passati dal concepire le infrastrutture come un elenco di opere da allegare ad un testo ad immaginare innanzitutto la strategia di sviluppo del Paese per poi indicare quanto necessario per portare a compimento questo processo. Passo dopo passo, grazie al Ministro Delrio, si sta provando a riprendere le fila di un discorso di sviluppo infrastrutturale in Italia; un discorso che per troppi anni è stato abbandonato a se stesso. In una parola, grazie al cambio di guida al vertice del Ministero, si è introdotto il concetto di programmazione superando la ormai datata legge obiettivo. Nell'esaminare le parti del DEF di competenza della mia Commissione, si ha la netta impressione di una logica unitaria e coerente con quanto da più parti e su più livelli si sta portando avanti, come, ad Pag. 38esempio, la dimensione europea. Durante la riunione interparlamentare delle Commissioni trasporti tenutasi a Bruxelles, al Parlamento europeo, lo scorso ottobre, a cui ho preso parte, è emersa prepotente la necessità di un discorso nazionale che non fosse slegato da quanto previsto dall'elaborazione dei corridoi europei transnazionali di trasporto, i cosiddetti TEN-T. Dopo anni durante i quali l'impressione era di uno scollamento tra programmazione europea e programmazione nazionale, è confortante constatare ora una ritrovata coerenza. Parimenti è di buon auspicio una rinnovata centralità dello Stato nei processi di programmazione, come per il piano degli aeroporti, che mira a mettere ordine in un settore troppo spesso lasciato all'autoregolazione e che ha così disperso fondi ed energie in un'inutile moltiplicazione degli scali quando, invece, il buonsenso, oltre che Bruxelles, avrebbero richiesto una maggiore concentrazione. La stessa centralità programmatoria emerge con il Piano strategico nazionale della portualità e della logistica e la conseguente riforma delle autorità portuali, nell'ambito delle quali vorrei osservare che è davvero importante non abdicare ulteriormente a spinte campanilistiche che rischiano di minare l'impianto stesso di questo processo di valorizzazione dell'economia del mare. Del resto, le scelte strategiche infrastrutturali per il Paese non presentano mai un percorso facile, sia per motivi di duro confronto fra le diverse rappresentanze politiche, sia per motivi di forte scontro a volte con le popolazioni locali. In questo senso, è da segnalare positivamente come nella riforma degli appalti pubblici e delle concessioni si inseriscano elementi di programmazione partecipata e di dibattito pubblico.
  Tuttavia, se il dibattito pubblico fra istituzioni e cittadini è essenziale per evitare episodi di incomprensione e violenze come quelli che da anni tormentano la Val di Susa, è parimenti importante nel dialogo tra diverse istituzioni, a cominciare da Parlamento e Governo. Il cambio di passo ingenerato dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti è necessario che si traduca anche in una maggiore condivisione nella scelta e nelle discussioni delle opere prioritarie da realizzare nel Paese. Condivisioni e discussione che non possono trovare luogo migliore e prioritario che non sia quello delle Aule parlamentari. Pertanto, è mio auspicio che vengano accolti dal Governo i pareri formulati dalla Commissione di cui sono componente, atti solo a migliorare un impianto di legge che già di per sé è importante.
  Per ritornare nello specifico del DEF, da esponente di una stagione politica che ha visto realizzare a Napoli e in Campania in quindici anni di cura del ferro quella che è riconosciuta unanimemente come la metropolitana più bella d'Europa, non posso che esprimere soddisfazione che questi concetti mutuati dall'esperienza della mia realtà siano ormai patrimonio dell'azione programmatoria del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e che quindi nel DEF 2016 ci si prefigga la necessità di cominciare a recuperare l'enorme gap fra città italiane ed europee per quanto concerne il trasporto pubblico locale. Questo tema è fondamentale, innanzitutto per quel che concerne il diritto alla mobilità dei cittadini; diritto alla mobilità che è necessario tutelare, tanto nelle grandi aree urbane, quanto nelle zone più svantaggiate, come le isole o le aree interne, sulla cui importanza si è soffermato il Presidente della Repubblica in occasione delle celebrazioni per il 25 aprile. Dunque, in un'Italia obiettivamente a due, se non a tre velocità, per quanto riguarda i trasporti, pur con la necessaria apertura al mercato, è importante immaginare uno sforzo economico maggiore a supporto della cosiddetta continuità territoriale, che sia ferroviaria o su gomma per le aree interne, oppure aerea o marittima per le isole, in ottemperanza al dettato costituzionale che all'articolo 16 prevede il diritto alla mobilità dei cittadini.
  Si diceva della cura del ferro, centrale nel DEF 2016, non solo per quanto concerne tram e metropolitane nelle aree urbane, ma anche per le ferrovie statali o concesse che presentano un'estensione Pag. 39pari quasi a 20 mila chilometri, a cui vanno sommati i circa 7.500 chilometri di linee abbandonate, spesso ancora armate ed in discreto stato di conservazione. In attesa di un eventuale recupero di almeno parti di queste, mi preme sottolineare come sia attualmente in analisi alla Commissione trasporti un'interessante proposta di legge per l'istituzione di ferrovie turistiche che mira a salvaguardare quello che è a tutti gli effetti un patrimonio storico ed infrastrutturale importante per l'Italia ed in particolare per le aree più svantaggiate, che potrebbero così guadagnare eventuali stimoli provenienti dal cosiddetto turismo ferroviario, che è un settore in rapida crescita.
  Ci auguriamo, dunque, che tale legge venga presto approvata e che anche il tema del turismo, collegato allo sviluppo infrastrutturale, trovi il giusto spazio, magari nel Documento di economia e finanza del 2017, che siamo sicuri continuerà sulla giusta strada di programmazione e visione introdotta a partire dallo scorso anno (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Crippa. Ne ha facoltà.

  DAVIDE CRIPPA. Grazie Presidente. All'interno di questo DEF non abbiamo riscontrato le misure che a nostro avviso appaiono ineludibili e necessarie per un rilancio del settore delle attività produttive correlato principalmente all'aspetto green e all'aspetto della produzione dell'energia da fonti rinnovabili. Sono ormai mesi, in alcuni casi anche anni, che si aspettano dei decreti attuativi che mettano in campo le misure di efficientamento energetico per la pubblica amministrazione. Sono ormai mesi che l'ex Ministro dello sviluppo economico non viene e in questo caso non viene nominato nessuno all'interno di quest'Aula a riferire su quali siano le misure energetiche che il Governo intende portare avanti. Oggi tutto è affidato ad interim a Renzi.
  Credo che questo sia un segnale, ma se l’interim vuole significare la non possibilità per le minoranze di poter interrogare il Ministro su quali siano gli obiettivi del suo dicastero allora qualche cosa gli italiani se la devono chiedere. Infatti, c’è voluta una sentenza anche qui del Consiglio di Stato – della Corte di Cassazione, pardon – riferita all'IMU sulle piattaforme petrolifere. Noi ve l'avevamo chiesto da anni in ogni provvedimento e in ogni provvedimento c'era stato detto, prima dal sottosegretario Morando e poi da Baretta, che di fatto non era possibile andare a tassare quelle piattaforme petrolifere. Oggi è stato sancito, ma il Governo latita e ritarda l'applicazione di quella disposizione, ormai sancita dalla giurisprudenza, in base alla quale i comuni dovrebbero incassare cifre considerevoli derivanti da un gettito IMU ormai risalente a diversi anni fa. Il panettiere deve pagarlo, un concessionario di trivellazioni petrolifere no; questa è la logica e la politica con cui affrontate sempre le tematiche in campo imprenditoriale.
  Parliamo poi anche della propaganda che fate sui decreti relativi all'efficienza energetica, misure che ogni anno fanno fatica a trovare spazio nell'applicazione contabile della legge dello Stato e per la quale ogni anno si tira un sospiro di sollievo. Credo che se 8 o 9 anni fa si fosse pensato di rendere stabili e programmatici questo tipo di interventi saremmo stati nelle condizioni di avviare delle filiere produttive interessanti su questi meccanismi e soprattutto dare stabilità a una possibilità di investimento da parte degli imprenditori. Oggi non possiamo pensare che nel nostro Paese non ci siano realtà imprenditoriali che si occupino di produrre materiali, ad esempio isolanti, per l'efficienza energetica. È tutto di importazione e questo perché l'incapacità governativa, di questo Governo e di quelli precedenti, non ha saputo dare stabilità agli investimenti in questo settore. Rinnovando di anno in anno non si fa altro che importare tecnologia, importare materiali e non creare l'occupazione legata alla produzione di questi beni. Ricordo che per un semplice cappotto isolante su un edificio ormai i sistemi certificati sono tipicamente Pag. 40tedeschi, dal tassello alla vite, dall'isolante alla rete e alla malta. Questo perché non c’è una filiera che è stata in grado di partire soprattutto dai fabbisogni territoriali e avere la prospettiva di poter continuare a produrre materiali isolanti all'interno del nostro Paese, magari perché c'era la prospettiva di realizzare questi investimenti.
  Ma su questo punto voglio fare un'ulteriore riflessione sui dati che l'ENEA ha pubblicato. In riferimento alle detrazioni del 2013, viene messo, nero su bianco, quanto viene detto, sempre e da più parti, dalle varie associazioni che si occupano di rinnovabili, dal MoVimento 5 Stelle e da altri gruppi politici che cercano di sollevare alcune di queste tematiche per le quali veniamo sempre additati come dei sognatori. Ebbene, i dati aggregati per il 2013 riportano che c’è stato un valore complessivo di importi portati in detrazione pari a 2 miliardi di euro. Nell'ambito di queste tipologie di detrazioni vi farei notare, però, che queste sono spostate molto pesantemente sugli infissi e, sempre da un'analisi dell'ENEA, si rileva che gli infissi hanno praticamente una fetta del 68 per cento in termini di importi richiesti anche come contribuzione statale ma portano a un beneficio, da un punto di vista del risparmio energetico, solo del 43 per cento. Per farvi un paragone con un intervento come quello del «cappotto», noi siamo a un'incidenza del 32 per cento ma a un beneficio del 41. Quindi, si tratta di valori di grandezza assolutamente diversa. Sarebbe necessario ragionare su una diversificazione dei sistemi di detrazione per cercare di spostare gli investimenti verso settori che abbiano un'efficacia energetica più elevata.
  Concludo dicendo che in base al numero di posti di lavoro creati sulle filiere dell'efficienza energetica sempre l'ENEA – quindi mediante metodologia del Cresme – di fatto sancisce che sono stati creati, per ogni miliardo d'investimento, dai 15 ai 17 mila posti di lavoro. Questo è messo nero su bianco nell'analisi dei dati forniti dall'ENEA e credo sia importante riflettere su questi dati, perché è importante cercare di portare l'attenzione su quello che può essere un sistema che ci permetta di uscire da una dipendenza totale dai combustibili fossili, per diminuire il nostro fabbisogno energetico e avviare un percorso che crea lavoro e occupazione, così come l'ENEA stessa ci testimonia.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Tino Iannuzzi. Ne ha facoltà.

  TINO IANNUZZI. Grazie, Presidente. Il DEF presentato dal Governo segue, in materia di infrastrutture, un'impostazione fortemente innovativa e positiva. Segna finalmente il superamento della legge obiettivo, come del resto avevano già fissato, con apposite norme, la legge n. 11 del 2016, per la riforma degli appalti, o il nuovo codice degli appalti, di cui al decreto legislativo n. 50 del 2016 (appunto di qualche giorno fa).
  È il superamento che da noi era stato sollecitato e auspicato ed è assolutamente indispensabile perché la legge obiettivo era nata per delineare una griglia ristretta di grandi priorità infrastrutturali verso cui concentrare le risorse disponibili, con tempi di realizzazione certi e veloci. Nei fatti ha generato un elenco sterminato di opere della più svariata tipologia e dimensione, per un importo complessivo di ben 232 miliardi di euro, dei quali a consuntivo appena l'8,4 per cento realizzato e con oltre 485 opere che sono rimaste allo stato di mera progettazione, per un importo di ben 165 miliardi di euro. Sono dati che si commentano da sé e che necessitano una svolta completa.
  Tale svolta interviene con il DEF, innanzitutto con le «Strategie per le infrastrutture di trasporto e logistiche», che delineano le nuove strategie infrastrutturali che il Governo intende seguire e che noi, come efficacemente è stato espresso nel parere dell'VIII Commissione, abbiamo condiviso. Sono i grandi campi d'intervento prioritario nella direzione del potenziamento della mobilità urbana, della riqualificazione delle aree degradate delle nostre città, del rafforzamento del trasporto su merci, del trasporto su ferro, Pag. 41della logistica integrata, della intermodalità, del miglioramento delle infrastrutture di accesso nelle diverse zone ai fini dell'attrazione turistica.
  Naturalmente, questo è il primo passo del percorso disegnato dal DEF che deve sfociare nel Documento pluriennale di pianificazione con un orizzonte temporale triennale nel quale, con una procedura omogenea e valevole per l'intero territorio nazionale, trasparente, alla luce del sole e con il modello del débat public, bisognerà anche identificare le opere pubbliche verso cui concentrare gli interventi e le risorse, le opere pubbliche prioritarie sono quelle che davvero servono al Paese, perché migliorano la mobilità e i collegamenti e creano condizioni di maggiore attrazione degli investimenti e di crescita economica e produttiva di territori vasti.
  Noi abbiamo sottolineato nel parere la necessità di stabilizzare e rafforzare gli incentivi fiscali e gli interventi per il risparmio energetico e per la riqualificazione energetica e abbiamo anche posto una condizione che nel DEF viene già indicata. Infatti, nel DEF si evidenzia come l'attuale deficit infrastrutturale, che è pesante nel Mezzogiorno, ostacola irrimediabilmente lo sviluppo e la crescita dell'intero Paese. Lo sviluppo del Sud è strettamente legato allo sviluppo dell'intera Italia. Da questo punto di vista, è necessario potenziare gli investimenti per le infrastrutture materiali e immateriali e per promuovere un indispensabile riequilibrio socio-economico tra le diverse zone del Paese.
  Naturalmente, di infrastrutture c’è bisogno in tutta Italia: nel nord, nel centro e nel sud. È oggettiva, però, la carenza pesantissima nel Mezzogiorno, in particolare per quello che concerne le reti ferroviarie che vanno assolutamente potenziate nel sud. Su questo punto è necessario incrementare gli investimenti che, con la fotografia attuale del DEF, vedono l'88 per cento di risorse concentrate nel centro-nord e appena il 12 per cento per le ferrovie meridionali. Invece occorre investire: occorre investire per la realizzazione dell'alta capacità Napoli-Bari, ma anche per la modernizzazione e l'introduzione del cosiddetto treno veloce lungo l'asse ferroviario Salerno-Vallo della Lucania-Sapri verso Reggio Calabria e con i collegamenti verso la Puglia, verso la Basilicata e verso la Sicilia.
  Noi siamo convinti di un rilancio a 360 gradi per una rinnovata e moderna ed efficiente politica delle città e delle infrastrutture e siamo certi che il Governo si muoverà in questa direzione. Attendiamo, quindi, da subito decisioni e interventi concreti (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Nicchi. Ne ha facoltà.

  MARISA NICCHI. Signora Presidente, una cosa questo DEF scrive molto chiaramente, che il diritto alla salute nel nostro Paese è messo in discussione. Questo attacco ad un diritto fondamentale avviene attraverso una politica di strangolamento del servizio sanitario pubblico. Questa scelta è scritta molto chiaramente in questo documento che noi oggi stiamo discutendo.
  Ancora, questo documento presenta una linea intorno al paradigma dei tagli rispetto al diritto alla salute e non entra minimamente in quello che sarebbe necessario, cioè politiche di qualità per il diritto alla salute.
  Si persegue una politica pericolosa e non è un caso che oggi sia stato citato più volte il rapporto che ieri è stato pubblicato dall'Osservatorio nazionale sulla salute delle regioni italiane, che ci ricorda che siamo di fronte – non ce lo ricorda, lo documenta – all'arresto del progressivo innalzamento della speranza di vita in generale e quell'aspettativa di buona salute che ha caratterizzato per tanto tempo il nostro sistema sanitario pubblico. Questo non avviene più, è messo in discussione.
  Il sistema sanitario pubblico del nostro Paese sta perdendo i colpi per gli effetti ingiusti ed immorali delle politiche di austerità. In questi ultimi anni il nostro Paese è diventato più diseguale sul piano delle garanzie e delle cure e questo era Pag. 42invece un titolo di civiltà, un'eccellenza del nostro sistema sanitario. Voglio ricordare che oggi all'interno della discussione che si sta svolgendo negli Stati Uniti d'America riguardo alle primarie del Partito Democratico, Sanders sta acquistando un grande consenso intorno alla parola d'ordine «salute per tutti», è la spina sul fianco di Hillary Clinton, a dimostrare che questo obiettivo, l'uguaglianza sul piano delle cure, è oltreoceano una conquista, è stato per anni un titolo di civiltà del nostro Paese e oggi è messo in discussione.
  Siamo di fronte a tagli alle prestazioni sanitarie e sociali, ad un depauperamento del sistema di protezione sociale e in particolare – il rapporto di ieri lo ha evidenziato – siamo di fronte ad un impoverimento inaccettabile del sistema di prevenzione e questo fa sì che chi nel nostro Paese non ha i mezzi, trascura la sua salute e riceve le cure troppo in ritardo. Questa è una situazione che noi non possiamo sottacere, che va affrontata e che invece il documento che noi stiamo discutendo affronta in modo negativo.
  In particolare, questo avviene nel Mezzogiorno e voglio ricordare che di fronte ai dati del Mezzogiorno non c’è la retorica, come veniva ricordato nella discussione, è una dura realtà, come è stata anche denunciata dall'ordine dei medici di Bari e di Napoli, che hanno dimostrato come le aspettative di vita in certe aree del nostro Paese sono terribilmente messe in discussione. Ma dobbiamo dire anche che oggi è l'Italia intera, tutto il nostro Paese, che sta diventando proprio su questi temi il Mezzogiorno d'Europa. Voglio ricordare che la funzione dei LEA, che era tesa a garantire in modo uniforme il diritto alla salute, è nel nostro Paese un puro miraggio, soprattutto in quelle regioni che sono sottoposte a piani di rientro. Il diritto alla salute non è più universalmente riconosciuto ma dipende da dove si nasce, dai soldi che si hanno, dall'istruzione che si ha. Il Governo è sordo a questa realtà, non siamo di fronte nemmeno più alle politiche surrettizie; oggi c’è un attacco esplicito e lo dimostra il fatto che è scritto nelle cifre. Per esempio, nel DEF si promette che nel 2019 ci sarà uno stanziamento di 118 miliardi di euro.
  Ecco bisogna ricordare che i numeri del DEF sono teorici, perché, come ha insegnato l'esperienza in questi anni, la sanità pubblica ha avuto stanziamenti effettivi sempre inferiori a quelli che di volta in volta venivano indicati e promessi nei vari Documenti di economia e finanza, cioè al danno, cioè definanziamento del Sistema sanitario pubblico, si aggiunge anche la beffa, ossia le bugie delle cifre riportate nel DEF. Il caso del 2016 è paradigmatico, è emblematico. Lì si era scritto che c'erano 113,4 miliardi, siamo arrivati a 111 miliardi ed è stato presentato dal Governo, nella propaganda del Governo come un aumento, senza considerare che all'interno di essi ci sono anche gli 800 milioni per il patto della salute. Siamo di fronte ad un attacco al sistema sanitario pubblico e noi non lo possiamo accettare. Nel Documento di economia e finanza non si parla di contratto del pubblico impiego, non si parla del contratto degli operatori sanitari e sottoposti ad uno sfruttamento inaccettabile, che ha delle conseguenze sul piano dei servizi. Noi per questo motivo voteremo contro questo documento, proprio per questa primaria ragione: lì è messo in discussione un diritto e oggi invece servirebbe un sistema che non lasci più solo chi ha meno mezzi, ma naturalmente questa politica è completamente assente da parte di questo Governo (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Italiana – Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Paola Bragantini. Ne ha facoltà.

  PAOLA BRAGANTINI. Signora Presidente, oggi noi affrontiamo una delle tappe del percorso che ci porta alla definizione della prossima legge di stabilità, la cartina tornasole delle politiche messe in campo nei mesi passati e lo sguardo gettato oltre, alle prossime scadenze, per cominciare a definire le misure economiche più urgenti, gli interventi sociali più Pag. 43rispondenti ai bisogni e nel complesso le politiche attraverso le quali intendiamo definire l'identità nostra, come Partito Democratico, e quella del nostro Governo. Il Documento di economia e finanza traccia una linea di confine fra ciò che è stato fatto e ciò che insieme decideremo necessario fare. Qualche numero di questo DEF è incoraggiante, altri un po’ meno e quindi dobbiamo aggiustare un po’ il tiro. L'economia ancora non corre come vorremmo, la crisi ancora non ci ha abbandonati. Le parti previsionali rispetto all'economia ci incoraggiano a proseguire sulla strada delle riforme, ma ci dicono che non abbiamo assolutamente tempo da perdere. Il difficile percorso della spending review avanza, ma anche molti dei provvedimenti di risparmio avviati dal nostro Parlamento giacciono senza avere ancora prodotto effetti, in attesa di circolari ministeriali o decreti attuativi. Il complesso percorso di riforma della macchina amministrativa condotto dal Ministro Madia necessita un'accelerazione, specialmente per quanto concerne i decreti attuativi e tutti quei regolamenti che consentono alle riforme di diventare concrete, applicabili e finalmente efficaci, sia dal punto di vista dell'efficientamento della macchina amministrativa che dal punto di vista del risparmio. Se guardiamo alla sanità, abbiamo stanziato 111 miliardi per la spesa sanitaria e andiamo verso una previsione finale di spesa sanitaria di 113.376 milioni, registrando un aumento dello 0,9 per cento. Dobbiamo completare, appunto con i decreti attuativi, il percorso per avviare il fascicolo elettronico, cosa che produrrà una sanità più vicina al cittadino e una spesa più sotto controllo e coerente ai fabbisogni. Attendiamo anche il provvedimento che dia corpo all'Albo nazionale dei direttori delle ASL, per vincolare le nomine, oggi dettate troppo spesso da criteri politici. Ma la cosa più urgente è senza ombra di dubbio la definizione dei livelli essenziali di assistenza, fissare paletti al di sotto dei quali non si può scendere significa chiedere alle regioni di uniformare il più possibile le risposte alle domande sanitarie dei cittadini, un livellamento che auspichiamo di far salire verso l'alto, non certo verso la decrescita dei servizi, affinché il malato calabrese sia uguale al malato toscano e abbiano gli stessi servizi e le stesse risposte.
  Alle regioni abbiamo chiesto moltissimi sacrifici in questi anni, ma ancora, non sempre, il percorso di affinamento e razionalizzazione della spesa ci pare adeguato alla situazione di emergenza nella quale ci troviamo. Lo scorso 11 febbraio la Conferenza Stato-regioni ha fissato per il 2016 in 1.783 milioni il contributo regionale alla manovra statale, per il 2017 circa 3.500 milioni, che diventeranno quasi 5.000 milioni per il 2018. Ci chiediamo quanto sia sostenibile per il sistema delle regioni e la risposta è che questo lo potrà essere solo se porteremo a compimento in tempi rapidi le riforme necessarie per efficientare un sistema sanitario come il nostro. Potrà essere sostenibile se contribuiremo allo sforzo delle regioni anche rivedendo la legge n. 243 del 2012 e la legge n. 118 del 2011 sulle regole per comporre il bilancio, come le stesse regioni ci chiedono a gran voce. La necessità di provvedere ai costi sanitari da parte delle regioni rende suggeribile contrattare con loro e con l'Unione europea l'utilizzo da parte degli stessi enti regionali di una parte della flessibilità che il Presidente del Consiglio, Renzi, ha ottenuto da parte dell'Europa. Utile poi sarebbe concordare la redistribuzione alle regioni, anziché allo Stato centrale, dei costi sanitari non sostenuti, frutto delle politiche di spending review.
  Dando un'occhiata alle previsioni, si nota che, tra il 2017 e 2019, nel DEF si annuncia una crescita del PIL del 2,8 e della spesa sanitaria dell'1,5. Le previsioni sono tali e quindi il rapporto tra spesa sanitaria e PIL che si prefigurerebbe è solo uno degli scenari possibili, ma il 6,5 sarebbe decisamente un dato negativo, che siamo ancora in tempo di scongiurare con misure che favoriscano l'economia e la razionalizzazione della spesa. Nel DEF troviamo poi alcuni obiettivi da colpire tutti assieme, Governo e Parlamento: l'approvazione della legge del dopo di noi, Pag. 44della legge del terzo settore e della legge sulla responsabilità professionale del personale sanitario. Si tratta di provvedimenti nati in seno al Parlamento e l'obiettivo è di raggiungerli entro la fine dell'anno. Infine, il cosiddetto social act, che prevede l'impegnativo riordino delle prestazioni previdenziali e assistenziali. Nel grande Zibaldone del DEF dobbiamo poi segnalare alcune assenze, sempre in ambito sanitario: non possiamo, ritengo, eludere ulteriormente la necessità di provvedere al rinnovo del contratto nazionale del personale sanitario, prevedendo le risorse necessarie a fornire agibilità professionale al personale grazie al quale la nostra sanità, pur sofferente, rimane un'eccellenza.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE SIMONE BALDELLI (ore 13,25)

  PAOLA BRAGANTINI. Nello stesso tempo va affrontato il superamento del turnover, che sta gradualmente precarizzando i giovani e lasciando avanzare l'età del personale in organico. Fra i provvedimenti che si segnalano come più urgenti aggiungiamo la necessità di provvedere al Piano nazionale amianto, che è interesse naturalmente di tutto il Paese, ma ancor di più del Piemonte, regione da cui provengo, e di avanzare un piano di indennizzi per gli emotrasfusi con adeguate coperture finanziarie. Ciò è necessario nei confronti innanzitutto di coloro che sono coinvolti direttamente, sulla loro pelle, ma in più ci sono numerose sentenze che ci indicano questa strada, sempre più numerose. Il nostro sguardo è rivolto alla prossima legge di stabilità, che definirà le nostre politiche e le nostre priorità. Sarebbe importante che chi ha a cuore la salute della nostra sanità, come tutti noi, prevedesse che lo stanziamento complessivo riguardante la sanità nazionale fosse sottratto alla difficile trattativa Stato-regioni ed esso stesso fosse frutto dell'approvazione in seno alla legge di stabilità. Nella nostra riforma costituzionale andiamo nella direzione di rafforzare il ruolo centrale nella definizione di linee programmatiche sanitarie, i suoi obiettivi e quindi i suoi fabbisogni. Definire il complesso del budget sanitario in sede di legge di stabilità mette una clausola di salvaguardia sulla spesa sanitaria e sottrae dal rischio di trattative fra Stato e regioni che vedono troppi elementi di scontro sul tavolo potenzialmente generando squilibri.
  Ora è il momento di archiviare il DEF e nei prossimi mesi dobbiamo lavorare per preparare il terreno ad una legge di stabilità e noi contiamo che questa legge di stabilità veda l'assistenza e la sanità protagoniste vere nella ricostruzione di un rapporto di fiducia fra lo Stato e il cittadino (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Risoluzioni – Doc. LVII, n. 4)

  PRESIDENTE. Avverto che è stata presentata la risoluzione Marchi, Tancredi, Monchiero, Tabacci e Di Gioia ed altri n. 6-00236, riferita alla relazione di cui all'articolo 6, comma 5, della legge n. 243 del 2012, che è in distribuzione (Vedi l'allegato A – Risoluzioni).
  Avverto, altresì, che sono state presentate le seguenti risoluzioni relative al Documento di economia e finanza, che sono in distribuzione: Pastorino ed altri n. 6-00237, Brunetta ed altri n. 6-00238, Abrignani ed altri n. 6-00239, Fedriga ed altri n. 6-00240, Caso ed altri n. 6-00241, Palese ed altri n. 6-00242, Rampelli ed altri n. 6-00243 e Marchi, Tancredi, Monchiero, Tabacci e Di Gioia ed altri n. 6-00244 (Vedi l'allegato A – Risoluzioni).

(Repliche dei relatori e del Governo – Doc. LVII, n. 4)

  PRESIDENTE. Castelli e Melilla, relatori di minoranza, non essendo presenti in Aula, si intende che abbiano rinunziato alle repliche.Pag. 45
  Ha facoltà di replicare il relatore per la maggioranza, onorevole Dario Parrini, per un minuto.

  DARIO PARRINI, Relatore per la maggioranza Io volevo fare presente, soprattutto alla rappresentante del Governo, in sede di replica, che alla pagina n. 469 del fascicolo del DEF si trova un accenno alla necessità di interventi di razionalizzazione di natura previdenziale nell'ambito delle norme di contrasto alla povertà e sul welfare, che credo, anche sulla base della discussione che si è sviluppata negli ultimi giorni, possa essere considerato come un mero errore materiale, ma su cui ritengo opportuno che venga detta una parola e fatta una considerazione, perché noi lo consideriamo tale.

  PRESIDENTE. Invito adesso il rappresentante del Governo ad esprimere il parere sulla risoluzione riferita alla relazione presentata ai sensi dell'articolo 6, comma 5, della legge n. 243 del 2012, nonché a dichiarare quali risoluzioni intenda accettare con riferimento al Documento di economia e finanza e a rispondere alla questione sottoposta al relatore, oltre che a fare chiaramente la replica.

  PIER PAOLO BARETTA, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Grazie, Presidente. Innanzitutto, alcune brevi considerazioni sul dibattito. Il Documento di economia e finanza affronta con realismo, ma non con remissività, la situazione economica del Paese e sta in equilibrio tra la capacità di guardare alla situazione reale e alle difficoltà che ci sono – che è dimostrata dalla scelta che abbiamo fatto, trasparente, di ridimensionare alcuni dati di previsione, il che mette subito in mora la critica sull'atteggiamento demagogico da parte del Governo (nessun demagogo avrebbe fatto un'operazione di ridimensionamento delle previsioni, lo facciamo per chiarezza impostativa) – ma contemporaneamente questo realismo non ci offusca nella determinazione, la volontà e la necessità di continuare in maniera tenace a un rilancio della situazione economica. Che la situazione sia complicata è bene evidenziato da un contesto di quadro particolare. Noi siamo in una situazione nella quale l'Italia cresce pur in presenza di un contesto internazionale complicato.
  Ora, le ragioni di questa complicazione internazionale sono state ben evidenziate dalla relazione dell'onorevole Parrini e da altri interventi, ma sostanzialmente sono riconducibili all'incertezza del quadro geopolitico. Le ultime vicende terroristiche hanno avuto impatto sulla situazione anche di attesa economica, ma anche le norme positive, le situazioni positive, come il basso prezzo delle materie prime, e gli interventi positivi che sottolineiamo – e bene ha fatto chi lo ha ricordato della BCE – hanno però l'effetto di una stagnazione dell'inflazione. Quindi, il quadro contraddittorio è evidente. In questo quadro, il nostro Paese cresce.
  Ora, va evidenziato che, dopo lunghi anni di recessione, la crescita è un processo, non è un atto singolo, non è un momento magico: è un processo di scelte che noi stiamo facendo, è un processo di riforme che stiamo facendo, ed è questo processo che va misurato. Vanno misurate le tendenze, le verifiche delle tendenze; e i dati da questo punto di vista sono chiari, sono incontrovertibili.
  Innanzitutto il PIL, pur ridimensionato, ha un segno positivo: segno positivo di quest'anno, superiore a quello già positivo dello scorso anno; l'inversione di tendenza, è, da questo punto di vista, assicurata e misurabile. In secondo luogo, abbiamo un riferimento alla pressione fiscale: basti citare, come è stato detto, l'intervento sulla clausole di salvaguardia, di cui alla fin fine si è parlato anche troppo poco, e la riconferma che noi facciamo di sterilizzare anche le prossime, per dimostrare come l'intervento sulla pressione fiscale sia esplicito.
  Ma, ancora, la questione del debito: è sicuramente in atto un processo lento di riduzione del debito, ma che è costante. Anche questo elemento va tenuto presente, compreso quello, assolutamente importante, dell'indebitamento: l'indebitamento Pag. 46si riduce, e siamo ben sotto, largamente sotto, il punto di equilibrio che l'Europa ci chiede, che è quello del 3 per cento.
  Questo contesto ci consente di tenere alta la nostra discussione con l'Europa, ci consente di chiedere la flessibilità di cui abbiamo bisogno e che riteniamo necessaria per gli ulteriori elementi di crescita, perché siamo in regola con il quadro di riferimento generale, abbiamo messo a disposizione un quadro di riforme; e, anzi, siamo noi che consideriamo in maniera critica l'intera politica europea, perché chiediamo che sia più solidale e, per dirla col termine più proprio, addirittura più comunitaria.
  In questo senso devo dire che alcune critiche, come quelle che abbiamo sentito in queste ore da alcuni autorevoli esponenti della finanza europea, in particolare tedesca, appaiono critiche fuori contesto. Ed è singolare che alcune di queste critiche assomiglino molto a quelle che abbiamo sentito questa mattina dalle opposizioni.
  In sostanza, le opposizioni fanno due osservazioni: ci dicono che siamo stati troppo ottimisti e ci dicono che non dovremmo, tutto sommato, ricorrere alle regole europee sulla flessibilità. Francamente è difficile pensare ad una politica espansiva, con un'impostazione di questo tipo ! Invece noi stiamo continuando su una politica di crescita, che è basata su investimenti e consumi: non c’è una scelta tra queste due a favore dell'una o a favore dall'altra; è sbagliato, come è stato fatto oggi, metterle in contrapposizione; noi dobbiamo perseguire entrambi questi punti fermi della politica di espansione.
  Ecco, in sostanza quello che noi dobbiamo fare (per non farla lunga, Presidente, mi sembrava questo il punto su cui insistere nel chiarimento di replica) è continuare con serietà, con determinazione, a misurare il quadro di riferimento, che sta migliorando, e ad insistere ad implementarlo. In quest'ottica credo che noi possiamo allora proseguire con le politiche che stiamo facendo, intensificandole ulteriormente. Gli anni passano, si vede il costante miglioramento e ogni anno è un passo ulteriore verso questa direzione.
  Accolgo le osservazioni che ha fatto il relatore Parrini in quest'ultimo scorcio e devo dire che sono già state fatte precisazioni: le ha fatte il Governo nella sua interezza, le ha fatte il Ministro del lavoro e delle politiche sociali Poletti, e credo che possiamo tranquillamente considerare del tutto precise le osservazioni che lei ha fatto a proposito della pagina 469.
  Presidente, per quanto riguarda le risoluzioni, do parere favorevole sulla risoluzione Marchi, Tancredi, Monchiero, Tabacci e Di Gioia n. 6-00236 e accolgo la risoluzione n. 6-00244 a firma Marchi, Tancredi ed altri.

  PRESIDENTE. A questo punto, prima di sospendere la seduta, salutiamo studenti e insegnanti dell'Istituto tecnico-commerciale Germano Sommeiller di Torino, che assistono ai nostri lavori dalla tribuna (Applausi).
  Sospendo a questo punto la seduta, che riprenderà al termine della riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo convocata per le 14,15, per lo svolgimento delle dichiarazioni di voto e le votazioni sulle risoluzioni presentate, e per l'esame dei successivi argomenti iscritti all'ordine del giorno.
  La seduta è sospesa.

  La seduta, sospesa alle 13,35, è ripresa alle 15,05.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE LUIGI DI MAIO

Si riprende la discussione.

  PRESIDENTE. Ricordo che, prima della sospensione della seduta, il rappresentante del Governo ha espresso il parere sulle risoluzioni presentate.
  Avverto che, per un mero disguido materiale, il gruppo Sinistra Italiana – Pag. 47Sinistra Ecologia Libertà ha presentato la propria risoluzione sul Documento di economia e finanza tardivamente, successivamente all'espressione del parere da parte del Governo.
  Con il consenso unanime dei rappresentanti di tutti i gruppi, la Presidenza, in via del tutto eccezionale, senza che questo costituisca precedente, considera comunque presentata anche la risoluzione Marcon ed altri...
  Devo ora sospendere la seduta per cinque minuti, la seduta riprenderà alle 15,10.

  La seduta, sospesa alle 15,06, è ripresa alle 15,10.

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Boccia, Centemero e Scanu sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
  I deputati in missione sono complessivamente centoquattro, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

Si riprende la discussione.

  PRESIDENTE. Riprendiamo l'esame del Documento di economia e finanza 2016.
  Ricordo che, prima della sospensione della seduta, il rappresentante del Governo ha espresso il parere sulle risoluzioni presentate.
  Avverto che, per un mero disguido materiale, il gruppo Sinistra italiana-Sinistra Ecologia Libertà ha presentato la propria risoluzione sul Documento di economia e finanza tardivamente. Con il consenso unanime dei rappresentanti di tutti i gruppi, la Presidenza, in via del tutto eccezionale e senza che questo costituisca precedente, considera comunque presentata anche la risoluzione Marcon ed altri n. 6-00245 (Vedi l'allegato A – Risoluzioni), che è in distribuzione.

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 15,11).

  PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.

Si riprende la discussione.

  PRESIDENTE. Invito il rappresentante del Governo ad esprimere il parere sulla risoluzione Marcon ed altri n. 6-00245.

  PIER PAOLO BARETTA, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. La mozione Marcon ed altri n. 6-00245 non è accolta.

(Dichiarazioni di voto – Doc. LVII, n. 4)

  PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la collega Pia Elda Locatelli. Ne ha facoltà.

  PIA ELDA LOCATELLI. Grazie, signor Presidente. Il gruppo Socialista voterà a favore della risoluzione presentata dalla maggioranza, che consente lo slittamento di un anno del pareggio di bilancio, misura indispensabile per non scoraggiare la timida crescita prevista e perché allevia in parte le nostre preoccupazioni, in particolare su un paio di fronti, a partire dal fronte delle pensioni. Direi un atto dovuto, dopo l'allarme lanciato dal presidente dell'INPS, Tito Boeri, sul rischio che la generazione dei nati nell'Ottanta debba lavorare fino a 76 anni; un atto dovuto, che invita il Governo a introdurre elementi di Pag. 48flessibilità, anche con ragionevoli penalizzazioni per quanto riguarda i lavori usuranti, per coloro che hanno perso il lavoro e – aggiungo io – per le donne.
   Sappiamo bene che il Governo non considera prioritario un intervento sulle pensioni, ma è impensabile sostenere che alcuni lavori possono essere svolti fino a tarda età. E non mi riferisco solo ai lavori che richiedono un impegno fisico, ma anche a quelli per i quali sono richiesti requisiti incompatibili con l'avanzare dell'età. Un esempio per tutti, che forse sorprende, ma è un esempio concreto: le insegnanti della scuola dell'infanzia.
  Così come non prevedere l'accesso alla pensione a quei lavoratori molto vicini all'età della pensione, che si trovano improvvisamente disoccupati significherebbe condannarli ad una povertà sicura (leggi alcune categorie di esodati).
  Un altro fronte che ci allarma particolarmente è quello che riguarda l'azione di spending review in ambito sanitario. Noi Socialisti siamo sempre stati – e continuiamo ad essere – convinti sostenitori del sistema sanitario pubblico, un sistema che, pur con le sue disfunzioni e i suoi sprechi – non li neghiamo – ha dato a tutti, a prescindere dal reddito, l'accesso alle cure e garantito il diritto alla salute. Un sistema che molti all'estero ci invidiano; infatti, lo slogan del candidato Sanders, impegnato nelle primarie per la Presidenza della maggiore potenza mondiale, è quello che noi abbiamo già: «Sanità universale».
  Ecco, noi temiamo che, in seguito ai tagli previsti, questo potrebbe non essere più possibile e ci auguriamo davvero che, se minore spesa deve esserci – è vero –, questa venga raggiunta attraverso recuperi di efficienza e non attraverso la riduzione dei servizi.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il collega Galati. Ne ha facoltà.

  GIUSEPPE GALATI. Grazie, Presidente. Il documento oggi in esame descrive i tratti principali di un'azione di programmazione economico-finanziaria che il Governo inserisce in un quadro più ampio di riforme organiche delle istituzioni democratiche e dell'architettura costituzionale dello Stato.
  Il nuovo volto delle istituzioni democratiche del nostro Paese – così come concepito dalla nuova riforma costituzionale – rappresenta il perimetro istituzionale all'interno del quale il Governo potrà specificare le proprie azioni e politiche di governance economica in un quadro di nuova e rinnovata efficienza strutturale. Ma la riforma delle istituzioni, seppure essenziale, non basterà da sola a spingere l'Italia verso una ripresa economica decisa, equa e coesa. In tal senso, la strategia economica e di finanza pubblica di medio termine, messa a punto dal Governo, ad oggi evidenzia una capacità della quale si dà atto all'Esecutivo di programmare la politica economica in un contesto di grande complessità e in un quadro organico di governance multilivello, attualmente interrelato e difficile da sintetizzare.
  L'auspicio è che il Governo, nel quadro degli obiettivi qui proposti, riesca comunque a dare un maggiore slancio all'implementazione di alcuni punti del programma che la componente ALA considera strategici e trasversali.
  E desidero ritornare sulla preminenza delle misure economiche necessarie per il rilancio del sud. Il Mezzogiorno è presente nel DEF, ma per lo sviluppo economico del meridione si può e si deve lavorare molto e convintamente, accompagnando gli interventi diretti alla riduzione del carico fiscale sulle imprese e sul lavoro, certamente funzionali allo sviluppo e alla crescita, con una maggiore e più forte presenza sul territorio per l'affermazione del principio di legalità e per la tutela del libero esercizio dell'impresa.
   E ancora: la questione previdenziale. Il Ministro Padoan ha recentemente dichiarato che ci sono i margini per una riforma del sistema previdenziale, che ha raggiunto ormai un livello di complessità talmente alto da suscitare allarme per la tenuta del Pag. 49nostro sistema di welfare, un sistema che si è pesantemente sbilanciato a sfavore delle giovani generazioni.
  Egualmente è doveroso recepire i moniti della magistratura contabile e della Corte dei conti, che ha recentemente invitato ad una rivoluzione dell'intero sistema tributario, anche questo penalizzante per l'economia e per lo sviluppo naturale della cultura imprenditoriale. Sono questi i punti cruciali sui quali è necessario un sistema integrato di interventi mirati all'obiettivo strategico di rinsaldare l'economia e di favorire la crescita, una crescita che l'Italia desidera, persegue e rispetto alla quale il Paese si aspetta delle garanzie e delle tutele per il libero e sereno sviluppo delle attività produttive, puntando all'innovazione.
  Con queste motivazioni e riponendo fiducia che il Governo recepisca queste istanze, però esprimiamo sorpresa per il mancato parere favorevole alla risoluzione della componente ALA, che era orientata ai medesimi obiettivi qui descritti.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il collega Pastorino. Ne ha facoltà.

  LUCA PASTORINO. Grazie, Presidente. Anche il fatto che la nostra risoluzione non sia stata approvata dispiace. Noi abbiamo fatto un esame del documento, abbiamo evidenziato delle criticità, che ci sono e che non abbiamo evidenziato soltanto noi, ma, per esempio, l'ufficio parlamentare per il bilancio e anche la stessa Banca d'Italia. Comunque le nostre conclusioni e le nostre richieste partivano da alcuni presupposti, perché, da uno sguardo di insieme, il documento evidenzia che nel 2015 è vero che l'economia italiana è tornata a crescere dopo tre anni consecutivi, però il recupero appare anormalmente lento, sia se lo si confronta con le precedenti fasi cicliche espansive, sia se si considera la forte caduta da cui l'economia deve riprendersi.
  Queste caratteristiche delineano un ciclo di ripresa anomalo, esposto ai rischi di deterioramento del contesto internazionale, condizionato dalle difficoltà che le politiche di stimolo incontrano, particolarmente nell'area europea. Tuttavia, lo scenario delineato dal DEF è basato sull'ipotesi che permangano condizioni finanziare favorevoli del contesto esterno, sostenute dalla politica monetaria espansiva, e che l'economia mondiale si rafforzi senza significative ripercussioni dei prezzi delle materie prime: scenario non impossibile, ma certamente ottimistico, rispetto al quale sussiste, invece, il rischio di evoluzioni meno favorevoli (c’è qui anche la variabile della fissità del tasso di cambio da considerare).
  Comunque, per il triennio 2017-2019, lo scenario programmato del DEF prefigura una crescita media dell'1,4 per cento annuo, più elevata rispetto alla quota tendenziale, ma ridotta, già ridotta rispetto alle previsioni, crescita imputabile soprattutto ai consumi privati, al traino di qualche settore produttivo. Comunque, sono stime che, alla fine del triennio, sarebbero maggiori di un punto percentuale rispetto al tendenziale, mentre l'inflazione sarebbe più contenuta, fermandosi all'1,3 per cento nel 2007 e all'1,6 per cento nel 2018.
  La differenza tra i due scenari è dovuta essenzialmente alla manovra di bilancio programmata per il prossimo anno, che manifesta la volontà del Governo di non dare seguito agli aumenti delle imposte indirette, previsti dalla legislazione vigente, disattivando però le clausole di salvaguardia su IVA e accise. Tuttavia, le risorse attese in questa materia andrebbero valutate in modo prudenziale, perché possono sempre essere revocate e, dunque, non rappresentano uno strumento efficace per rafforzare la credibilità del risanamento delle finanze pubbliche. Al contrario, se ripetutamente disattese, come di fatto è accaduto, possono accrescere l'incertezza. Quindi, la parità di gettito, in questo caso, ammonterebbe a 15,1 miliardi, nel 2017, e a ulteriori 4,5 dal 2018, con un totale di 19,6 miliardi, che compensano in misura solo parziale tutto quello che avevo detto prima.
  Queste sono osservazioni che non facciamo noi, ma, come dicevamo, sono Pag. 50state anche raccolte dalle numerose audizioni che si sono susseguite nella Commissione bilancio.
  Un cenno anche al mercato del lavoro: il DEF rileva che nel 2015 l'occupazione ha registrato un incremento pari allo 0,9 per cento rispetto all'anno precedente, con una buona performance per il lavoratore di età compresa tra i 50 e i 64 anni, a fronte, tuttavia, di decrementi significativi, impropriamente minimizzati dal Governo all'interno del documento, nella fascia di età dei giovani tra i 15 e 24 anni (meno 0,3 per cento), tra i 25 e i 34 anni (meno 0,6 per cento) e tra 35 e 49 anni (meno 1,1 per cento). Queste elaborazioni, poi, non considerano gli ultimi dati dell'INPS su attivazione e cessazione di contratti di lavoro, dai quali si ricava che, a seguito del taglio e della riduzione della decontribuzione, le assunzioni a tempo indeterminato hanno subito una netta battuta di arresto.
  Poi, parliamo del Mezzogiorno, in cui quasi la metà dei residenti nel sud e nelle isole (45,6 per cento) è a rischio di povertà o di esclusione sociale, contro il 22,1 per cento del centro e il 17,9 per cento di chi vive al nord.
  Quindi, sostanzialmente, dallo scenario programmatico presentato dal DEF, attraverso parole dette in audizione, emerge anche che il rispetto del percorso di avvicinamento verso l'obiettivo di medio termine dipenderebbe dalla clausola di flessibilità e dipenderebbe anche dall'ottenimento delle clausole di flessibilità richieste alla Commissione europea, che peraltro non sono state ancora riconosciute dall'istituzione europea.
  Secondo l'ufficio parlamentare per il bilancio, gli obiettivi di bilancio presentati nel DEF per il 2017 e il 2018 non configurano un percorso di avvicinamento a questo obiettivo di medio termine coerente con lo stato attuale del quadro interpretativo delle regole di bilancio europee, come trasposte nell'ordinamento interno.
  Ho svolto qualche breve considerazione e, poi, volevo fare un minimo sunto di quelle che erano le richieste di impegno che il Governo non ha accolto: prevedere, nell'ambito della tutela previdenziale, l'istituto del patto intergenerazionale contributivo e valutare la possibilità di introdurre misure in materia previdenziale atte a favorire il turnover generazionale; valutare l'opportunità di abbassare le aliquote contributive della gestione separata dell'INPS, ormai non più sostenibili per i professionisti iscritti a tale gestione; valutare l'opportunità di istituire un sistema di tutele maggiori verso i liberi professionisti analogo a quello dei soggetti dipendenti; prevedere azioni meno gravose per il mutuatario italiano, che risulta gravato da oneri fiscali pari a una volta e mezzo rispetto agli omologhi cittadini di Paesi che prevedono prelievi gravanti sulle operazioni di finanziamento (Francia e Spagna); predisporre un adeguamento degli obiettivi di bilancio presentati nel DEF per il 2017 e il 2018 coerentemente con lo stato attuale del quadro interpretativo delle regole di bilancio europee come trasposte nell'ordinamento interno; adottare altre misure strutturali incisive, oltre a quella della disattivazione delle clausole di salvaguardia; fornire poi una stima attendibile e reale della capacità del cosiddetto Jobs Act di creare nuova occupazione, a fronte dei forti esoneri contributivi previsti dalla legge del 2014 e del 2015, che la Ragioneria generale dello Stato ha già quantificato in 19 mila miliardi di euro per il periodo 2015-2019; avviare un'attenta riflessione sul sistema impositivo italiano; in ultimo, intraprendere iniziative, anche in considerazione delle crescenti...

  PRESIDENTE. Dovrebbe concludere.

  LUCA PASTORINO. Ho concluso... minacce terroristiche, volte a rafforzare le infrastrutture materiali e immateriali a disposizione delle Forze armate, specificando e chiarendo le modalità di spesa e i settori prescelti che sono finanziati dal Fondo istituito nello stato di previsione del Ministero della difesa, predisponendo interventi diretti a migliorare l'efficienza dei sistemi di sicurezza aeroportuale. Questi sono alcuni dei quesiti e ribadisco la nostra negatività sul parere del Governo.

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  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il collega Rocco Palese. Ne ha facoltà.

  ROCCO PALESE. Grazie, Presidente. Io penso che tre considerazioni siano quanto meno indispensabili rispetto alla proposta fatta nel DEF da parte del Governo e della maggioranza. La prima: manifestare tutta la nostra preoccupazione come componente Conservatori e Riformisti. Infatti, penso che la preoccupazione principale possa essere sulla tenuta dei conti pubblici per un motivo molto semplice: perché ci sembra troppo ottimistica la previsione fatta dal documento e dal Ministro in audizione rispetto, per esempio, al PIL, seppur rivisto all'1,2 per cento. Non lo diciamo noi: queste preoccupazioni sono manifestate in maniera molto più autorevole dalla Banca d'Italia, dalla Corte dei conti e dall'ufficio parlamentare di bilancio.
  Siamo preoccupati perché si rinvia, ancora una volta, il pareggio di bilancio, aumenta il debito pubblico, aumentano le tasse, soprattutto quelle locali. Nulla si continua a fare sulla spending review, che è completamente inesistente nei fatti.
  Si punta molto sulle riforme. Signor Presidente, lei lo sa benissimo, così come vengono fatte dal Governo e da parte della maggioranza, le riforme non stanno producendo nessun tipo di beneficio, soprattutto dal punto di vista finanziario. Richiamare, per esempio, la riforma delle province è come sparare sulla Croce Rossa per il totale fallimento e per il contestuale aumento della spesa pubblica: dovevamo risparmiare un miliardo di euro, così come concordato con l'Unione europea, per uscire dall'infrazione per debito eccessivo, ma non mi sembra che si viaggi in questa maniera. Né, tanto meno, possiamo immaginare che quel papocchio della riforma del Senato possa veramente contribuire a portare beneficio ai conti pubblici.
  La seconda considerazione è la nostra delusione rispetto a quello che si propone sulla crescita e sull'occupazione. Se si fa riferimento, escludendo il resto, solo al problema dei fondi strutturali – peraltro, in netta diminuzione in riferimento a quella che era stata la previsione precedente del 2013 –, noi riteniamo che non ci sia veramente nulla che stimoli gli investimenti, che stimoli la crescita e che stimoli l'occupazione. Per esempio, non abbiamo traccia rispetto a quella richiesta fatta dall'Unione europea durante il semestre di Presidenza del nostro Paese, cioè la flessibilità e l'esclusione delle spese di investimento dal Patto di stabilità. Non mi sembra che ci siamo da questo punto di vista.
  La disoccupazione aumenta continuamente, in particolare quella giovanile. Né, tanto meno, noi possiamo continuare a prendere in giro i giovani: anche in questo documento non c’è niente. Quando dico «prendere in giro», mi riferisco alle numerose interrogazioni che sono venute da parte di esponenti dell'opposizione, per esempio sul fallimento di «garanzia giovani», che non solo non produce nessun tipo di occupazione, ma, peggio ancora, non riesce neanche a pagare chi ha usufruito di questo sistema.
  La nostra è una grande delusione, perché continua a mancare dall'agenda del Governo il Mezzogiorno. Attenzione: una delle sei raccomandazioni dell'Unione europea e anche della BCE e dell'OCSE che viene reiterata, rispetto al problema dello sviluppo del nostro Paese, è quella di fare attenzione sull'utilizzo dei fondi strutturali e sul Mezzogiorno, in particolare, dove 22 milioni di persone sono in una situazione molto importante di regresso continuo e di deflazione continua. Ma sul Mezzogiorno noi denunciamo, anche in questa sede, che il Governo continua a utilizzare – li ha utilizzati già nel passato e continua a utilizzare – come bancomat i fondi strutturali. Il Mezzogiorno è fuori dall'agenda. Ma il masterplan ? Veramente noi pensiamo che possa essere un piano di sviluppo concreto, di realizzazione, di attuazione e di spesa di qualità e di efficienza della trasparenza assoluta quanto previsto dal programma operativo 2014-2020 ? Dopo ventotto mesi, non c’è nessuna regione che ha impegnato un euro, che abbia speso un euro. Siamo già in netto ritardo Pag. 52e per il piano di sviluppo rurale molte regioni avranno definanziamenti già a partire dal 31 dicembre 2016.
  La terza considerazione, signor Presidente, è che non siamo per niente meravigliati dalla differenza tra quanto sostiene il Governo, anche attraverso questo documento del DEF, ed in particolare il Presidente del Consiglio e la realtà. Si può dire che il Presidente del Consiglio cento ne annuncia, di iniziative, e una ne realizza, spesso pure male.
  Quindi, noi riteniamo di dover avere un atteggiamento critico nei confronti di questo DEF, per l'ennesima volta, per i motivi che ho detto; tanti altri sono stati esposti da organismi molto più autorevoli di me, ma noi riteniamo, invece – lo abbiamo fatto con la nostra risoluzione – che la strada maestra è che occorre al Paese un taglio enorme sulle tasse. Se noi non riduciamo il carico fiscale, noi non cresceremo mai, mai crescerà l'occupazione, mai crescerà il Paese. Lo si può fare tranquillamente: se noi prendiamo il piano Cottarelli e lo approviamo, abbiamo raggiunto una grande diminuzione contestuale delle tasse, del carico fiscale.
  Penso pure all'aspetto generale di mettere al centro delle politiche di sviluppo il Mezzogiorno.
  Non chiediamo per il Mezzogiorno assistenzialismo, non chiediamo interventi straordinari, non chiediamo risorse aggiuntive, chiediamo però che le risorse che l'Europa ci assegna siano spese e impegnate tutte per il Mezzogiorno e chiediamo anche che ci siano interventi sostitutivi e chiediamo che l'Agenzia per la coesione funzioni per bene e non solo come una situazione fantomatica. Inoltre, signor Presidente....

  PRESIDENTE. Deve concludere, collega.

  ROCCO PALESE. Concludo. Inoltre chiediamo un'azione molto più incisiva, reintroducendo il controllo preventivo sugli atti fatto perbene: solo così raggiungiamo la lotta alla corruzione. Cantone va bene perché è un investimento: facciamolo anche a livello regionale, replichiamolo ma soprattutto facciamo una lotta seria contro la corruzione reintroducendo i controlli preventivi perché Cantone non basta. Meno Stato, più libertà, più servizi per i cittadini: questa è la proposta dei Conservatori e Riformisti (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Conservatori e Riformisti).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il collega Achille Totaro. Ne ha facoltà.

  ACHILLE TOTARO. Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, il Documento di economia e finanza costituisce il principale documento di programmazione della politica economica e di bilancio e traccia in una prospettiva di medio e lungo termine gli impegni sul piano del consolidamento delle finanze pubbliche, gli indirizzi sul versante delle diverse politiche pubbliche adottate dall'Italia per il rispetto del Patto di stabilità e crescita europea e il conseguimento degli obiettivi di crescita intelligente, sostenibile e solidale definite nell'ambito dell'Unione europea. In particolare, per misurare la crescita potenziale del Paese, il Governo usa il PIL quale parametro di riferimento ipotizzando una sua crescita futura. Peccato che da sette anni a questa parte le previsioni dei Governi, ivi compreso quello attuale, si siano rivelate in modo spropositato ottimistiche e del tutto false. Gli andamenti del primo trimestre, che dovrebbe portare ad una crescita del PIL dell'1,2 per cento, sono coerenti con questi elementi di preoccupazione. Ne deriva che, per realizzare gli obiettivi indicati dal Governo, l'economia dovrebbe crescere nei prossimi mesi ad una velocità superiore rispetto ai ritmi attuali: prospettiva auspicabile ma questa strategia richiederebbe una politica economica ed una visione che manca nell'ordine del giorno del Governo. La verità è che il tema di come fare sviluppo in una situazione caratterizzata dalla scarsità delle risorse pubbliche a disposizione rimane la grande incognita rispetto alla quale il Governo si trova impotente. Le Pag. 53generiche proposte governative contenute nel DEF rischiano pertanto di creare un buco nell'acqua. Occorrono politiche ambiziose. Secondo i valori indicati la crescita per l'anno in corso dovrebbe essere alimentata in parte dalla domanda interna ed in parte dall'estero. Qualche sintomo di risveglio si intravede o forse è solo un rimbalzo dovuto al raggiungimento del fondo ma finora i consumi delle famiglie in leggera ripresa si sono concentrati solo sui beni durevoli (automobili e via dicendo), fatto fisiologico dopo quattro lunghi anni di contenimento. Ciò che ancora manca è la diffusione del fenomeno ai beni comuni che rappresenta il pavimento indispensabile per una loro ripresa duratura. Se le cose dovessero risultare peggiori di quanto previsto e i margini di incertezza ai quali si è accennato non lasciano dormire sonni tranquilli, l'intervento in termini finanziari dovrebbe essere ancora più massiccio. Infine, nell'ambito del Piano nazionale di riforma, manca una proposta di politica sociale relativa a nuovi interventi che il Governo dovrebbe effettuare per porre in essere una strategia di contrasto alla povertà materiale ed educativa che garantisca effettivamente servizi orientativi al benessere materiale e alla crescita educativa. Il DEF poi non prevede alcuna revisione dei tagli previsti per gli enti locali e territoriali che potrebbero determinare una dichiarazione di default per molti di essi alle prese con la inorganica riforma delle province, il blocco totale degli investimenti per il territorio e l'impossibilità di adempiere servizi pubblici per tutti gli enti. Non si affronta altresì il tema urgente della revisione dei parametri del Patto di stabilità interno che ha bloccato l'attività dei comuni, soprattutto quelli virtuosi, uccidendo di fatto le autonomie locali e scaricando sugli enti locali il ruolo di esattori per lo Stato, di tagliatori di servizi e di punto di sfogo del risentimento popolare, nonostante non siano né coinvolti né responsabili dei tagli imposti dal Governo. Il Governo è stato smentito anche sugli annunci relativi alla diminuzione della pressione fiscale e disattesi nello stesso Documento in cui si legge che la legislazione vigente ovvero la situazione attuale, le entrate tributarie incassate dallo Stato e pagate dai cittadini, sono destinate ad aumentare nel 2016. Lo stesso Istat ha affermato che il peso delle tasse è stato pari nel terzo trimestre 2015 al 41,4 per cento e in aumento dello 0,1 percentuale rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente, precisando che, nella media dei primi trimestri, il peso del fisco rispetto al PIL è stato del 41,2 per cento, stabile rispetto al medesimo periodo del 2014. Il Governo non è stato in grado fino ad ora di dare risposte concrete al tessuto della piccola e media imprenditoria che ancora oggi si rende protagonista della flebile ripresa del Paese, continuando ad investire in Italia e creando occupazione.
   Poco o nulla infatti è stato fatto per garantire loro un più facile accesso al credito e una riduzione dei carichi fiscali, sociali e burocratici. A queste difficoltà si aggiunge lo sproporzionato carico fiscale che grava sulle imprese dovuto ad un sistema tributario vessatorio e vetusto che impone alle imprese una tassazione di gran lunga superiore sia alla media dell'Eurozona sia a quella dell'intera Unione europea. Il nostro Paese si attesta ai primi posti in Europa per incidenza sul reddito imprenditoriale del prelievo fiscale e contributivo. Tale linea di politica economica sostenuta da questo Governo ha prodotto e continua a produrre un impoverimento del tessuto produttivo, oltre che una stagnazione degli investimenti e della domanda interna, compromettendo la competitività dell'impresa. Il Governo rivendica l'aumento delle assunzioni dall'inizio del 2015 senza specificare se sia effettivamente aumentato il numero delle forze lavoro rispetto allo scorso anno ovvero si sia trattato di una trasformazione di contratti a termine in rapporti a tempo indeterminato, stante l'incentivo della decontribuzione previsto a decorrere dal 2015. Al di là dei dati contenuti nel DEF e della loro realisticità e condivisibilità, questi ritmi di crescita appaiono insoddisfacenti per ripristinare i livelli di occupazione e redditi pre-crisi, sanare le ferite del tessuto sociale, compreso l'ampliamento Pag. 54della povertà. Fratelli d'Italia ritiene che sia doveroso puntare su una crescita più elevata e fare ogni sforzo per raggiungerla puntando ad una riduzione del debito chiara, visibile e progressiva, da monitorare attentamente già nel corso di quest'anno per essere certi del raggiungimento dell'obiettivo. Allo stesso tempo bisogna dare sicurezza a famiglie, imprese e mercati, intervenendo in modo strutturale sul cuneo fiscale, puntando su interventi rigorosi ed efficaci, sulle entrate e sulle spese ed abbandonando la logica delle clausole di salvaguardia che finora, nel balletto sistematico di denunciarle per poi disattenderle, hanno creato solo incertezza. Le nostre preoccupazioni non sono facile demagogia ma preoccupazioni reali e auspicabile premessa per ulteriori confronti parlamentari dai quali non intendiamo sottrarci nella consapevolezza dei rischi prospettici che gravano sulla società italiana. Chiediamo che il Governo imposti una strategia di politica economica che non rimandi le necessarie misure da intraprendere ad un tempo indefinito e disallineato rispetto alle dinamiche della congiuntura internazionale. L'obiettivo è uscire dalla genericità delle enunciazioni circa la necessità di un maggiore sviluppo, indispensabile per arrestare i fenomeni di ulteriore arretramento rispetto alla realtà internazionale. Chiediamo inoltre che gli interventi di revisione della spesa vengano definiti sulla base di più precisi indirizzi individuati in sede parlamentare in modo da consentirne una condivisione più ampia ed evitare che i tagli producano effetti recessivi, salvaguardando i settori decisivi per le potenzialità di crescita del Paese. Per queste considerazioni annuncio quindi il voto contrario del gruppo Fratelli d'Italia (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il collega Tabacci. Ne ha facoltà.

  BRUNO TABACCI. Signor Presidente, rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi, questo Documento di economia e finanza 2016 registra il ritorno alla crescita e l'aumento dell'occupazione con dati positivi della produzione industriale nei primi mesi del 2016 e pur tuttavia si cala in un quadro internazionale che denota preoccupanti segnali di peggioramento sia per il progressivo rallentamento delle economie emergenti, unito al perdurare della fase di debolezza dell'Eurozona, sia per la pericolosa volatilità sui mercati internazionali che risentono del perdurare di rischi geopolitici. Ora in questo contesto fare previsioni non è facile e non ci si può meravigliare se con questo Documento non si sciolgono tutti i nodi che sono sul tappeto e le previsioni sono difficili anche per l'Ufficio parlamentare di bilancio e per la Banca d'Italia, che ho sentito qui evocati dalle opposizioni come se fossero il nuovo riferimento. Ho apprezzato la prudenza del relatore, onorevole Parrini. Conviene ricordare che il DEF si occupa dei saldi macroeconomici di bilancio e non certo della complessiva struttura della manovra la cui sede è la legge di stabilità.
  Cerchiamo di valorizzare, dunque, gli elementi positivi e di ribadire la necessità che in Europa si esca da politiche economiche troppo condizionate dall'illusione che bastino severi vincoli di bilancio. L'austerità è un limite grave se applicato in un contesto macroeconomico fragile e in continua evoluzione e diventa un cappio. È giusto e necessario che il nostro Governo si avvalga pienamente – e questo è il tema centrale di questo DEF – dei margini di flessibilità consentiti nell'ambito del Patto di stabilità e crescita per riforme e investimenti. Non c’è alternativa a questa linea. Arrabattarsi in ordine a problematiche che sono del tutto virtuali credo sia un esercizio inutile. Ovviamente, dovremo affrontare nei prossimi mesi crescenti diffidenze nei confronti del ruolo dell'Italia in Europa. Se n’è fatto ieri ruvido portavoce il Presidente della Bundesbank Weidmann. Ma a ben vedere il futuro dell'Europa si gioca sul terreno politico e sul raccordo tra istituzioni e volontà popolare. Per arginare il populismo è necessario Pag. 55mettere l'opinione pubblica dei singoli Paesi europei di fronte agli evidenti limiti delle politiche nazionali, troppo ridotte, troppo anguste, troppo limitate per credere davvero che l'Europa rinasca con i nazionalismi. Si profila la necessità di una scelta tra populismo e federalismo. Sembra qualche cosa di utopico, ma è tremendamente concreto perché il vicolo cieco in cui ci siamo cacciati ci impone o di fare un salto di qualità o di prendere atto che l'Europa è arrivata al capolinea. Pensiamo al dato demografico: questo dato è severo e inclemente. In Europa siamo 500 milioni se consideriamo l'Europa allargata; 500 milioni di europei su 7,2 miliardi di cittadini del mondo sono esattamente il 7 per cento della popolazione mondiale. E anche il tema dei migranti va visto all'interno dei limiti demografici europei. E, forse, non per evocare il Papa, ma dovremmo considerare che anche la politica dei migranti va vista come un'opportunità e non va contrastata con politiche che sono anacronistiche. I muri di cui si parla non ci portano da nessuna parte, evocano solo un passato che noi immaginiamo non debba tornare. Ci vorrà pazienza e anche la predisposizione a capire le ragioni degli altri. Ma dalla crisi l'Europa dovrà uscire con un salto di qualità politico.
  Abbiamo condiviso come gruppo la risoluzione della maggioranza parlamentare, sia nelle sue premesse, che negli impegni affidati al Governo, in particolare sulla stretta relazione che lega nel DEF il conseguimento dei saldi programmatici di finanza pubblica, sia in termini di indebitamento netto rispetto al PIL, sia nel rapporto programmatico debito-PIL, alla piena attuazione dei contenuti del Programma nazionale di riforma per conseguire gli obiettivi di crescita, di produttività e di occupazione. E di questi impegni noi intendiamo richiamare: uno, una rapida e impegnativa implementazione e attuazione del Masterplan. Ho sentito prima le parole del mio collega e amico Palese che metteva un carico polemico molto robusto. Ma questo tema del Masterplan è un tema oggettivamente alla portata di un lavoro comune tra Governo, Parlamento e regioni. Non possiamo pensare che, avendo individuato lo strumento, lo rendiamo del tutto inutile ancora prima che abbia evocato le sue potenzialità, per portare il Mezzogiorno a diventare pienamente partner dell'economia complessiva del Paese; due, il perseguimento per regioni ed enti locali di una reale autonomia e responsabilità finanziaria, la cosiddetta autonomia impositiva, superando definitivamente il sistema di finanza derivata che comprime responsabilità, penalizza gli investimenti e incide negativamente sulla qualità della spesa. E qui non sempre il Governo è andato nella direzione giusta perché quando ha tagliato corto in termini di IMU o di TASI non ha avuto attenzione a quella che può essere l'evoluzione positiva di un'imposizione e di un'autonomia che è fondamentale per individuare il principio di responsabilità.
  Come faremo ad individuare l'amministratore capace da quello che tale non è se non lo mettiamo in condizione di valutare e di disporre di strumenti adeguati per essere poi valutato in quanto tale dai suoi concittadini ? Terzo, promuovere una diffusa contrattazione collettiva aziendale e territoriale coinvolgendo pienamente i lavoratori e le loro rappresentanze. È questo un tema centrale, attorno al quale abbiamo faticato in questi anni, ma che finirà per imporsi. Quarto, sostenere ricerca e innovazione legando università e sistema dell'impresa, per favorire crescita e capacità di competere del sistema Italia. Quinto, prevedere adeguate politiche per la famiglia e per il sostegno della natalità. Sesto, mettere in sicurezza il nostro sistema bancario. E qui guardate, colleghi, l'idea di chi spara oggi sulle banche fa un po’ pena perché li avrei voluti vedere sparare magari dieci anni fa quando i banchieri apparivano nella loro onnipotenza, ma oggi sono alle prese con un periodo molto lungo di crisi economica che ha tramutato e trasfuso le difficoltà in sofferenze. Allora, noi abbiamo bisogno di promuovere interventi in materia di giustizia civile per accelerare le dismissioni dei crediti in sofferenza che incidono sulla Pag. 56capitalizzazione delle nostre banche perché, se quei crediti sofferenti non li trasformiamo all'interno di un mercato che si animi, automaticamente si porrà il problema di fare aumenti di capitale e, quindi, di indebolire ancor di più la potenzialità della presa delle banche. E poiché ho visto che anche in tema previdenziale si fa riferimento al ruolo delle banche, converrà metterle in sicurezza se vogliamo poi affidare compiti che sono chiaramente di natura molto diversa e dai quali non è possibile immaginare di avere degli incrementi di redditività. Settimo, procedere nell'azione di riforma del sistema tributario rafforzando l'attività di contrasto all'evasione e all'elusione fiscale. E non vorrei che il Governo dimenticasse questo tema. Il tema dell'evasione fiscale è un tema che ci accompagna da molti lustri ed è necessario che noi non abbiamo tentennamenti rispetto all'iniziativa complessiva del Governo. Ottavo – ed ho concluso –, insistere con determinazione e senza incertezze sulla profonda revisione della qualità della spesa. In questi ultimi mesi noi abbiamo un po’ ondeggiato tra spending review, inni alla spending review e negazione del suo valore. Credo sia necessario un po’ di recupero della qualità della spesa, che va però manutenuta, perché ci vuole un'attività continua, in quanto non è che essa automaticamente si determina.
  Per tutte queste ragioni, il gruppo parlamentare Democrazia Solidale-Centro Democratico vota la risoluzione della maggioranza parlamentare a cui ha dato un contributo non decisivo, ma nella sua modestia di un certo significato (Applausi dei deputati del gruppo Democrazia Solidale-Centro Democratico).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il collega Guidesi. Ne ha facoltà.

  GUIDO GUIDESI. Grazie Presidente. Al di là delle tensioni o delle liti verbali con la Banca centrale tedesca, la cosa che più è allucinante della presentazione di questo documento economico e finanziario è il fatto che si definisca, da parte del Governo e della maggioranza, questa fase economica come una fase espansiva. Ciò ci dà esattamente l'idea, con questo termine, di quanto è distante questo Governo dalla realtà. E il DEF sostanzialmente ci dà la possibilità di dire, d'altronde come tutti gli anni, che quegli obiettivi possono essere raggiunti per la maggioranza e non saranno raggiunti per quanto riguarda l'opposizione, ma ci dà dei dati che assolutamente possiamo verificare, che sono quelli del 2015, dell'anno scorso. E rispetto ai dati dell'anno scorso noi vediamo che la spesa pubblica ha raggiunto i livelli del 2012. Ciò non solo sta a dimostrare che non è mai stata praticata una vera spending review, ma anche che la legge Fornero non ha aiutato neanche il bilancio dello Stato. Poi ci dice che la pressione fiscale rispetto al 2014 nel 2015 è addirittura aumentata. Lo scrivete voi. Fatelo leggere al Presidente del Consiglio, magari modifica un po’ la sua comunicazione. La disoccupazione nel 2015 ha raggiunto il 12,2 per cento.
  E a questo, all'occupazione, non è di certo servita quella decontribuzione temporanea che voi avete attuato proprio perché temporanea, perché non si può pensare solo ed esclusivamente che abbattendo temporaneamente il cuneo fiscale le aziende inizino ad assumere. Le aziende assumono se hanno lavoro, le aziende assumono se gli si abbassano le tasse sul reddito e se si dà la possibilità a queste aziende di investire in un ciclo economico positivo ma, soprattutto, anche se non sono continuamente limitate e bloccate da una burocrazia che a volte è alquanto sconcertante e che, dal nostro punto di vista, serve solo ed esclusivamente a giustificare qualche carta che passa su una scrivania per giustificare quel posto di lavoro pubblico.
  Quest'anno aumenta la disoccupazione nel primo trimestre e diminuisce l'occupazione, dato molto rilevante e anche molto preoccupante. Nel 2016 la vostra previsione è che la disoccupazione giovanile si attesti intorno al 40,4 per cento. Questo è il dato che forse dovrebbe preoccupare Pag. 57di più rispetto al futuro. Sono pressoché stabili quelle famiglie, da due anni a questa parte, che sono in un completo stato di povertà e davanti a tutte le previsioni fatte nel 2015 e smentite già a settembre – ma smentite ancor di più oggi, nelle conferme che abbiamo avuto – diventa difficile dire a questo Governo e a questa maggioranza che gli obiettivi nel libro dei sogni che avete scritto quest'anno saranno raggiunti.
  Inoltre, è alquanto discutibile come voi, rispetto al ciclo economico che stiamo vivendo, ci avete dipinto la situazione economica globale, rispetto al prezzo del petrolio, allo spread basso, agli interessi e ai tassi bassi eccetera, ossia come un'occasione di ripresa mentre oggi denunciate questa situazione come un limite alla ripresa. Comunque, ciò che non viene detto qui dentro è che gli altri Paesi crescono e crescono molto più velocemente dell'Italia. E allora qual è il nocciolo della questione ? Il nocciolo della questione è probabilmente che, oltre a mancarvi una vera politica economica, perché questo è il dato reale, mancano anche riforme strutturali in materia economica. Della decontribuzione in materia di lavoro temporaneo abbiamo detto (era temporanea e tale è rimasta); e poi quali altre soluzioni e proposte di riforma in materia economica avete fatto ? È stato fatto qualcosa per la piccola e media impresa ? No ! Oggi il dato relativo all'indice demografico della piccola e media impresa – chiamiamolo così semplicisticamente – ci dice che sono morte più aziende rispetto a quelle che sono nate e questo di sicuro non è, agli occhi di tutti, un dato positivo per il lavoro.
  Come avete aiutato la povertà ? Con gli 80 euro ! Gli anziani che vanno nei cassonetti e che hanno la pensione minima come li avete aiutati ? Dove sono quegli interventi che aiutano queste persone veramente in grave difficoltà ? Sono in difficoltà anche perché non possono essere aiutati dai comuni, che hanno subito notevoli tagli e che non riescono più a contribuire e a sostenere i propri cittadini rispetto alla crisi economica.
  Ragioniamo ora sulla revisione dalla legge Fornero. Qual è la posizione del Governo ? È disponibile a farlo o non è disponibile ? È una legge che, oltre a non aver dato positività nel bilancio dello Stato, come abbiamo detto prima, ha creato tanti fantasmi e ha trasformato persone in fantasmi, che per questo Stato e per questo Governo non esistono praticamente più. C’è un'apertura dopo mesi e mesi di critiche da parte del Viceministro Zanetti rispetto alla flat tax. Ragioniamo su questo punto ? Possiamo parlarne ? Noi siamo disponibili a farlo, perché noi pensiamo che il dato più eclatante di oggi è che la pressione fiscale in questo Paese, oltre ad essere devastante, è anche aumentata con le vostre politiche e con le vostre teorie.
  Dove sono i costi standard in materia sanitaria ? Quali sono i provvedimenti per la crescita e per i consumi ? Qual è la vostra difesa per l'intero comparto agroalimentare, che tanto indotto faceva e tanti posti di lavoro aveva creato ? E poi in materia di semplificazione della burocrazia dove sono quei provvedimenti ?
  Voi continuate a tutelare una casta che è quella dei funzionari pubblici, che è quella che scrive le leggi che non capisce nessuno, che scrive le interpretazioni di quelle norme a favore o contro qualcuno e in assenza di quella semplificazione di sicuro non ci saranno aziende che investono e di sicuro non ci sarà un ciclo economico più veloce di quello che è.
  Ma l'errore principale che state commettendo riguarda l'unica riforma strutturale che veramente avete fatto, che è la riforma costituzionale. Voi pensate, dopo aver preso l'esempio, piccolo ma eclatante, della riforma delle province, che spostando i poteri dal territorio allo Stato si possa razionalizzare la spesa. Ve lo ha dimostrato la «legge Delrio» sulle province che non è così; oggi spendiamo molto di più, anche se sui territori certi servizi sono assenti e vengono a mancare. E voi con l'operazione che fate, di riportare le materie di competenza oggi delle regioni in capo allo Stato, portate esattamente il Paese indietro di circa quarant'anni Pag. 58e lo portate molto indietro, cioè ad un sistema strutturale centralistico che è quello di cui oggi stiamo pagando le conseguenze, che è quello che ci fa pesare il debito pubblico, che è quello che ci fa pesare gli sprechi, l'assistenzialismo e il parassitismo. Voi ci portate lì e con quella riforma questo Stato e queste istituzioni spenderanno molto di più.
  Noi la pensiamo esattamente al contrario: noi pensiamo che per avere un Paese snello, per dare impulso alla ripresa, per aiutare le imprese e per aiutare la crescita ci vuole soprattutto meno Stato e meno burocrazia. Voi ci portate indietro di quarant'anni e questo Paese e questi cittadini purtroppo ne subiranno le conseguenze, che saranno molto negative (molto negative !). Ma ciò che manca principalmente – e concludo, Presidente – e che ci fa essere, ovviamente, in totale disaccordo con la risoluzione proposta dalla maggioranza, è il fatto che voi, attraverso una campagna comunicativa elettorale quotidiana del vostro Presidente del Consiglio, continuate a smentire o ad essere smentiti dai dati che oggi ci portate in Aula. Avvisate il Presidente del Consiglio che da un anno a questa parte, nonostante tutto il lavoro che ha fatto comunicativamente, è riuscito ad aumentare la pressione fiscale in questo Paese. Non era facile, visto quanto è alta (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie-Lega dei Popoli-Noi con Salvini).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il collega Monchiero. Ne ha facoltà.

  GIOVANNI MONCHIERO. Grazie, Presidente. Il Documento di economia e finanza per il 2016 delinea un quadro innanzitutto plausibile e credibile, anche se fortemente minacciato dal rischio di una congiuntura sfavorevole che ostacola la ripresa economica. Innanzitutto, rivede i dati di stima di crescita del PIL. È vero che nel 2015 il PIL, dopo anni di diminuzione dolorosissima, ha ripreso a crescere, ma il dato di fine anno è meno ottimista delle speranze iniziali e così oggi siamo a rivedere verso un leggero ribasso le stime datate al 15 settembre. Il PIL nel 2016 crescerà dell'1,2 per cento, come negli anni successivi. Speriamo naturalmente che cresca un po’ di più nel 2019. L'1,2 per cento può essere poco, ma – ripeto – veniamo da anni di decrescita feroce e il dato comunque si inserisce in una cornice economica mondiale in grave rallentamento. Infatti, le grandi economie emergenti si stanno adattando a una nuova norma di crescita e sono caratterizzati da tassi d'espansione più moderati, che stanno incidendo in modo negativo sul volume del commercio estero. Il prezzo del petrolio permane su livelli prossimi ai minimi storici e i bassi tassi d'inflazione, legati alla debolezza della domanda, pur non avendo ancora innescato la temuta spirale deflazionistica, tuttavia limitano molto l'efficacia espansiva delle politiche monetarie.
  Infine, la minaccia terroristica e la crisi umanitaria dei rifugiati di guerra costituiscono ulteriori elementi di stabilità nel panorama geopolitico. Tutto questo si riflette sui dati dalla nostra economia. Per tornare ai dati principali bisognerà ricordare che il rapporto deficit-PIL per il 2016 è previsto al 2,3 per cento, il Documento ha in programma la graduale riduzione fino al conseguimento di un avanzo pari allo 0,1 nel fine periodo e quindi all'anno 2019. L'avanzo primario sul PIL è previsto al più 1,7 per cento e si prevede la sua crescita fino al raggiungimento del 3,6 per cento nel 2019.
  Il trasferimento, comunque, al 2019 dell'obiettivo di pareggio del bilancio fa parte di tutte quelle scelte di politica che, per capirci, definiamo espansionistica. È chiaro che si tratta di una espansione correlata al quadro generale e alle difficoltà generali del sistema, ma è pur vero che questa operazione va nella direzione di maggiore flessibilità che tutti avevamo chiesto, maggioranza e opposizione, e che il Governo è riuscito comunque ad ottenere in un difficile confronto con l'Europa, ancora affezionata ad una politica di contenimento dei volumi monetari immessi Pag. 59sul mercato, che è una delle cause, a mio avviso non la principale, delle attuali difficoltà economiche complessive dell'area europea.
  È chiaro che questo elemento di flessibilità ci consente di ottenere un rilancio dell'economia del Paese, e i dati macroeconomici ci dicono che vi è stato comunque un incremento dell'occupazione, che il PIL è in crescita, e di questi elementi positivi troviamo traccia immediata nel Documento. Negli ultimi anni il Paese era stata caratterizzato da tagli rilevanti sia alla spesa degli enti locali sia agli investimenti nel settore del welfare. Oggi il PIL, finalmente, rimette mano alle risorse da destinare al welfare e, per quanto riguarda la spesa sanitaria, è previsto un incremento dello 0,9 per cento, anche qui un'inversione di tendenza significativa.
  Negli ultimi anni, il settore è stato caratterizzato da tagli, anche dolorosi, su cui si è levata spesso la protesta di una parte l'opinione pubblica e comunque un sentimento di scoramento diffuso in mezzo agli operatori. Il fatto che il Governo, come prima risposta ad un rilancio dell'economia, provveda ad incrementare i fondi destinati alla sanità e agli altri settori del welfare, come fra poco vedremo, a noi pare un elemento assolutamente positivo. In questo quadro, bisogna sempre ricordarlo, il livello di spesa sul PIL per quanto riguarda la sanità è comunque il più basso fra i Paesi europei, storicamente dell'Europa occidentale o del resto del mondo che noi riconosciamo come occidentale in senso economico politico. Il nostro dato rappresenta il 6,5 per cento del PIL, un dato in verità straordinariamente basso per un servizio che, comunque, funziona molto bene e con risultati di salute notevoli. La risoluzione di maggioranza che abbiamo sottoscritto a questo proposito invita il Governo ad adottare misure di spending review che siano sempre più mirate e sempre più tecniche, sempre meno caratterizzate da tagli lineari, che consentano quindi una razionalizzazione della spesa senza una riduzione dei servizi. Su questo tema, già nella legge di stabilità per il 2016 sono stati previsti interventi molto significativi, che voglio qui ricordare, perché rappresentano anche una rivoluzione culturale. Per la prima volta, il meccanismo errato dei tagli lineari è stato sostituito con l'obbligo del piano di rientro per le aziende ospedaliere o ospedaliero-universitarie e gli ex istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, che presentavano un disavanzo superiore ad un certo standard riconosciuto e prestabilito. Qui si tratta veramente di introdurre un meccanismo di differenziazione, che premi le strutture più efficienti e ponga dinnanzi alle loro responsabilità le strutture meno efficienti.
  Questo modello dovrebbe essere esteso a tutta la pubblica amministrazione, perché invocare soltanto la riduzione della spesa pubblica, senza accompagnarla con misure di questo genere, cioè che tecnicamente sappiano distinguere fra spesa produttiva e spesa improduttiva, potrebbe anche avere effetti disastrosi. È assolutamente necessario, ripeto, che i meccanismi di riconoscimento delle responsabilità di riconoscimento del merito e di colpevolizzazione del demerito vengano estesi a tutta la pubblica amministrazione.
  Per quanto riguarda gli altri settori del welfare, il Documento prevede il rifinanziamento di vari interventi che già abbiamo contro la lotta alla povertà, anche con la tendenza, con la revisione attualmente in corso di tutto il settore, ad uniformare e razionalizzare gli interventi, in modo da renderli sempre più efficaci, ma è chiaro che un'iniezione di liquidità su un settore così delicato vada salutata positivamente.
  Io vorrei concludere richiamando innanzitutto i vari impegni previsti nella risoluzione di maggioranza, che abbiamo sottoscritto e che non voglio qui ricordare, ma che mi limiterò a dichiarare di condividere, e soffermarmi un secondo sul problema della politica di riduzione progressiva della pressione fiscale, sia sulle imprese sia sui cittadini. Il collega Guidesi ha avuto la bontà di ricordare gli sforzi che il nostro Segretario Zanetti, viceministro dell'Economia, sta compiendo in questi anni per spostare il dibattito sulla Pag. 60riduzione fiscale, su una misura la Flex Tax per le classi medie, che davvero potrebbe avere un'influenza decisiva sul rilancio della domanda interna al nostro Paese, oltre a costituire una misura di giustizia, che verrebbe a sostenere una classe sociale ingiustamente e reiteratamente penalizzata da dieci anni a questa parte, anche e soprattutto dai governi di centrodestra. Ora, questa misura non è all'ordine del giorno nel 2016, ma il fatto di richiamarla qui in questo momento, ci induce ad avere, come dire, una visione per il prossimo futuro che ci consenta di mantenere sempre fermo l'orizzonte su un principio fondamentale, principio che tutti condividiamo. Il rilancio dell'economia presuppone una riduzione della spesa pubblica improduttiva e un sostegno alla spesa pubblica produttiva, per quanto riguarda il settore macroeconomico e presuppone una riduzione del carico fiscale, sia a carico delle imprese sia a carico dei singoli cittadini.
  Nel 2017 è previsto il taglio dell'IRES, nel 2018 quello dell'IRPEF, io credo che queste misure vadano nella direzione auspicata, ed è per questi motivi e con questi auspici che il gruppo di Scelta Civica, condividendo la strategia di politica economica indicate nel DEF voterà con convinzione alla risoluzione di maggioranza.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Tancredi. Ne ha facoltà.

  PAOLO TANCREDI. Grazie Presidente. Colgo l'occasione per ringraziare il relatore e tutta la Commissione per il lavoro svolto anche su questo Documento di economia e finanza. È evidente dalle relazioni che ci sono state, ma anche dal dibattito che mi ha preceduto, è chiaro che il contesto in cui ci troviamo, che fa da scenario a questa discussione sul Documento di economia e finanza è un contesto difficile e molto contrastato, che risente di fattori internazionali che non possiamo trascurare nel momento in cui ci apprestiamo a fare un quadro di finanza pubblica del Paese e a prevedere le misure da mettere in campo per i prossimi anni insieme al Governo. Uno scenario contrastato perché, come si è detto, l'Italia nel 2015 ha comunque, al di là delle strumentalizzazioni e delle interpretazioni strumentali che si sono sentite, vissuto un momento di svolta dal punto di vista dei conti pubblici e, più in generale, della sua economia. Il PIL ha ricominciato a crescere, certo di poco, certo in maniera leggermente minore di quanto fosse stato previsto a inizio anno, ma comunque ha ricominciato a crescere con un segno positivo che ha sfiorato il punto percentuale di prodotto. L'occupazione ha cominciato a dare i primi segnali positivi anche se in maniera contrastata.
  Vi è stata una ripresa della domanda interna, cioè dei consumi delle famiglie e degli investimenti, una ripresa debole, una ripresa dei consumi su cui si era puntato con il DEF del 2015, che puntualmente è arrivata e che credo dobbiamo salutare in maniera positiva e senz'altro incoraggiare da tutti i punti di vista. Ma, da più parti, si è sottolineato che tale ripresa dei consumi è ancora debole e chiaramente vanno messe altre azioni in campo, fermo restando il fatto che oggi, e nei prossimi anni, sull'aumento dell’export, potremmo contare poco; quello che è stato un elemento di forza della nostra economia negli anni della crisi, oggi è chiaro che ha una battuta d'arresto. Qui veniamo al secondo punto che rende questo contesto contrastato: a fronte – ripeto – di seppur deboli segnali di ripresa e di «segno più» che l'Italia per la prima volta dopo tanti anni di crisi fa registrare, dobbiamo anche registrare, e il DEF lo registra e ne tiene conto, i segnali negativi che vengono dal rallentamento della crescita mondiale a tutti i livelli, dovuto soprattutto dalla frenata brusca dei Paesi emergenti, che sono sui mercati internazionali minori acquirenti di beni, servizi e di energia e, quindi, da questo punto di vista, contribuiscono allo scenario deflattivo generale europeo, ma anche al rallentamento della crescita, come è stimata dai principali osservatori internazionali. A questo punto il DEF si pone in una situazione di questo tipo e si Pag. 61rivedono, come è noto, le stime di crescita che si erano fatte sei mesi fa nella nota di aggiornamento.
  Qualcuno dice che il DEF è eccessivamente ottimista. Credo che dobbiamo rigettare questa impostazione. Il DEF si pone certamente ai limiti dell'intervallo delle grandezze stimate dai maggiori istituti di previsione, sia nazionali, che internazionali. Lo stesso UPB, che viene preso ad esempio delle opposizioni come istituzione che stigmatizza i dati del Governo, valida quei dati, valida il Documento di economia e finanza, anche se giustamente fa rilevare che rispetto alla media degli osservatori e degli istituti di previsione siamo nell'intervallo più alto e io credo che però questa sia una scelta giusta del Governo che scommette su qualche decimale (uno o due poi non parliamo di molto) di crescita in più.
  Quindi, da questo punto di vista, noi condividiamo l'impostazione del Documento di economia e finanza. Ma noi condividiamo e abbiamo partecipato a questa stesura, perché voteremo favorevolmente alla risoluzione di maggioranza, convinti prima di tutto che il punto centrale, come diceva poco fa anche il collega Monchiero, di questa politica illustrata nel DEF sia il continuare con l'utilizzo della flessibilità di cui alla comunicazione dell'Unione europea della Commissione nel 2014. Flessibilità già utilizzata nel 2015 e per il 2016, che noi vogliamo ancora utilizzare per quattro punti decimali nel 2017. Lo facciamo con grande trasparenza: all'inizio del Documento di economia e finanza, nelle previsioni delle grandezze tendenziali e programmatiche, c’è uno scostamento di quattro punti decimali. Quelli sono i quattro punti decimali di flessibilità che ci andremo a prendere per cercare di non penalizzare ancora l'economia italiana e per cercare di dare un po’ di respiro, per rispondere alla prima esigenza che è quella di sterilizzazione delle clausole di salvaguardia su cui mi pare tutti possiamo essere d'accordo, a fronte del fatto che anche molti esponenti dell'opposizione gridano l'allarme delle clausole di salvaguardia da molto tempo.
  Ebbene qualcuno in teoria fa notare che in uno scenari deflattivo di questo tipo la revisione delle aliquote IVA non sarebbe uno scandalo anche con una maggior gettito.
  Però, noi riteniamo che sia molto più importante il segnale che questo DEF, questo programma di politica economica, devono dare e pensiamo che sia opportuno che nel DEF e anche nella risoluzione di maggioranza si parli di sterilizzazione completa delle clausole di salvaguardia, in un momento in cui soprattutto, come abbiamo detto, bisogna dare importanza alla domanda interna e quindi soprattutto ai consumi.
  Naturalmente la debolezza di tutta questa impostazione l'abbiamo nello stock di debito che è uno stock di debito che ci hanno consegnato le passate generazioni, i passati Governi e le passate maggioranze. Voglio ricordare che negli anni della crisi l'aumento del debito pubblico in Italia, che pure c’è stato, ha avuto una dinamica che è stata molto inferiore alla dinamica di crescita di tutti gli altri Paesi dell'area euro, compresa la Germania, che però – ahimè – partivano da posizioni molto molto più virtuose. Mi sorprende davvero che chi per anni ha criticato le politiche di eccessivo rigore dell'Europa, oggi si ritrova quasi a invocare una procedura di infrazione per l'Italia perché non seguirebbe pedissequamente la regola del debito. Credo che questo sia un atteggiamento anti-italiano e schizofrenico anche dal punto di vista della conduzione politica. Penso che noi invece dobbiamo far quadrato intorno a queste cifre, dobbiamo difendere la politica espansiva, seppur leggermente espansiva, che il Governo sta facendo, e comunque il rientro gli obiettivi di medio termine in questo scenario è previsto nel 2019. Non mi dilungo sulla motivazioni importanti che il Governo dà in questo negoziato con l'Europa rispetto all'utilizzo della flessibilità. Voglio dire anche che tra le tante motivazioni alla fine viene elencata anche una motivazione formale che, secondo me, ha una grande legittimità che è quella del calcolo dell’output gap e della sua sottovalutazione nella Pag. 62fattispecie del deficit italiano. Nessuno può negare che l'Italia in questi anni, e questo è dovuto anche ai Governi precedenti, fin dal Governo Berlusconi-Tremonti, abbia lavorato per politiche virtuose riguardo all'indebitamento netto, che oggi al di sotto del 3 per cento, per l'avanzo primario, su cui abbiamo risultati e dinamiche invidiabili nell'area euro. Quindi oggi, grazie a quelle politiche, noi abbiamo tutte le carte in regola per chiedere ancora maggiore flessibilità e credo che questo sia una posizione che dovrebbe essere dell'intero Parlamento.
  Il punto finale, Presidente, che volevo mettere in luce, che ancora di più ci fa votare questa risoluzione, è che noi abbiamo visto in maniera critica e dialettica il fatto che non ci fosse la famiglia nel Piano nazionale di riforme come elemento sistemico di politica economica. Secondo noi, è un errore, secondo noi la famiglia è un fattore importantissimo, perché la famiglia è orientata ai consumi, è orientata al futuro. Poi c’è l'altro problema che è quello demografico, della crescita della natalità che va affidata alla famiglia. Ricordo che il 2015 è stato un anno disastroso in cui abbiamo avuto il minor numero di nascite in questo Paese dall'Unità d'Italia. Io penso, e questo abbiamo inteso inserire nel DEF, ed è anche per questo che lo voteremo convintamente, che bisogna portare avanti politiche fiscali in favore della famiglia, ma soprattutto politiche incentivanti a favore della natività, che è un fattore importantissimo anche per la tenuta dei conti pubblici (Applausi dei deputati del gruppo Area Popolare (NCD-UDC))

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il collega Marcon. Ne ha facoltà.

  GIULIO MARCON. Grazie Presidente. Signori del Governo, colleghe e colleghi, il DEF di quest'anno per il gruppo di Sinistra Italiana è un documento modesto nelle proposte, contraddittorio nelle valutazioni, enfatico nelle promesse e scaramantico nelle previsioni. Un documento multistrato e multiverso che si rivolge a interlocutori diversi, alla Commissione europea, per rassicurarla, all'opinione pubblica, per farsi un po’ di pubblicità ingannevole, e ai mercati, per imbonirli.
  Vorrei fare quattro considerazioni. La prima: è un documento – per parafrasare il titolo di un vecchio libro di un maestro di periferia, Io speriamo che me la cavo – con una spericolata navigazione a vista o una manovra di galleggiamento. Troviamo più o meno le considerazioni degli anni scorsi e di questi ultimi mesi. È un documento senza una vera strategia, che spera per il Governo qualche margine in più, lo stiracchiamento di qualche vincolo europeo, la distribuzione di qualche spot qua e là per il proprio bacino elettorale. È un documento «fritto misto», cucinato da mani diverse, e si vede. Una settimana dopo la presentazione del DEF, il Governo si è accorto che c'erano sessantadue errori e ci ha mandato una errata corrige: quando si dice una politica economica dalle basi solide.
  Seconda considerazione: è un documento troppo ottimistico e dalle previsioni fragili e ingiustificate, e non lo diciamo noi, ce l'hanno detto in audizione la Banca d'Italia, il CNEL, l'Istat e l'Ufficio parlamentare di bilancio. La Banca d'Italia ci ha detto che i conti sono a rischio; il CNEL ci ha ricordato che negli ultimi quattordici anni i Governi hanno sbagliato per undici volte le previsioni, ovviamente in negativo; l'Istat ci ha detto che, stanti così le cose, se non c’è un'accelerazione dell'economia nella seconda parte dell'anno, la crescita dell'1,2 per cento non è realistica, alle condizioni attuali la crescita del PIL sarebbe solo dello 0,9; e l'Ufficio parlamentare di bilancio ci ha detto che tutte le previsioni del Governo sono proprio al limite delle stime accettabili, ci ha ricordato che tutti gli altri istituti indipendenti fanno stime inferiori a quelle del Governo. Infine, vorrei ricordare, le stime del Fondo monetario sono tutte peggiori di quelle del Governo: il Fondo monetario, che in passato ha azzeccato le previsioni più dei Governi nazionali, smentisce anche le affermazioni del Ministro Padoan: non Pag. 63ci sarà alcuna riduzione del debito quest'anno, ma una sua crescita dello 0,7 per cento; e poi, la crescita del PIL, così modesta, prevista per quest'anno, è dovuta ancora in modo preponderante a due fattori esogeni: il calo del prezzo del petrolio e le iniziative della BCE. Inoltre, incombono sulle previsioni del DEF incognite grosse come una casa: i fallimenti della spending review e la gestione assai complicata delle privatizzazioni previste.
  Terza considerazione: questo DEF non va bene perché mancano un sacco di cose: mancano gli investimenti pubblici, senza i quali non c’è ripresa; manca una politica del lavoro stabile e duraturo (l'Istat ci dice che, svanita la droga degli sgravi contributivi, c’è il crollo nei primi mesi del 2016 dei contratti a tempo indeterminato); non c’è una politica di sostegno alla domanda e di sostegno ai redditi, senza la quale non c’è una ripresa dei consumi; e nonostante il titolo roboante, Masterplan per il Mezzogiorno, non ci sono misure significative per il Sud; non c’è il rispetto di gran parte degli obiettivi della strategia Europa 2020; vengono clamorosamente mancati gli obiettivi europei del livello di occupazione, della lotta all'abbandono scolastico, della riduzione della povertà, degli stanziamenti per la ricerca e l'innovazione; diminuiscono le risorse per la sanità, e il DEF ci dice che la percentuale delle spese per l'istruzione sul PIL passano dal 3,7 per cento del 2015 al 3,5 per cento del 2020, e questo è inaccettabile, altro che «buona scuola» ! Come si fa a raggiungere gli obiettivi della strategia Europa 2020, quando si riducono i finanziamenti per l'istruzione ?
  Quarto: in questo DEF ci sono ancora tante cose sbagliate: le privatizzazioni, i cui proventi non vanno agli investimenti, ma alla riduzione del debito; ci sono i tagli alle regioni e alla sanità; c’è l'ottusa rivendicazione di riforme – chiamiamole così – sbagliate, come la precarizzazione del mercato del lavoro e le politiche di restrizione della spesa pubblica. In questo DEF non ci si discosta dalle politiche di austerità e dall'ideologia neoliberista delle politiche europee, si continua a dare sgravi fiscali alle imprese, i quali sicuramente rappresentano per loro una boccata di ossigeno, ma non favoriscono affatto la ripresa degli investimenti privati. Quegli sgravi, le imprese li tesaurizzano e non li mettono nella produzione: lo ha detto persino L'Unità, che, per rispetto di Antonio Gramsci, non leggo più. E per l'ennesima volta viene spostato il pareggio di bilancio: la maggioranza si è opposta ripetutamente alla modifica dell'articolo 81 sul pareggio di bilancio, ma continua ogni anno a chiedere la deroga alla Commissione europea per il raggiungimento dell'obiettivo di medio termine ? Siamo al ridicolo ! E quello che questo DEF non ci dice è che, probabilmente, siamo ad una inversione di tendenza rispetto alla timida crescita degli ultimi mesi, ma in negativo, e a causa del peggioramento delle condizioni esterne e del nullo effetto delle misure interne, la situazione rischia di tornare a peggiorare.
  Noi l'abbiamo detto mille volte, in mille salse, in tutte le salse: servirebbe un cambio di marcia, è quello che abbiamo proposto noi, nella nostra risoluzione. Servirebbe sposare una politica espansiva, di sostegno alla domanda e non una politica restrittiva, che crea deflazione.
  Bisognerebbe promuovere la riconversione ecologica dell'economia e non continuare ad aiutare petrolieri e produzioni del passato. Bisognerebbe puntare sugli investimenti pubblici e non sugli sgravi indiscriminati alle imprese. Bisognerebbe fare un piano del lavoro e non precarizzare i lavoratori. Bisognerebbe promuovere le piccole opere e non le grandi opere. Bisognerebbe salvaguardare i beni pubblici e non svenderli per un piatto di lenticchie. Bisognerebbe tagliare le spese militari e non le risorse per il Servizio sanitario nazionale. Bisognerebbe varare una politica dei redditi redistributiva e non accontentare sempre le rendite e le banche. Bisognerebbe fare una politica fiscale progressiva e non i tagli alla Tremonti.
  Avevate detto: riforma del catasto, e non c’è. Avevate detto: una nuova Tobin tax, e non c’è. Avevate detto: digital tax,Pag. 64l'aveva promesso il Premier Renzi, e non c’è. Avevate detto: meno tasse per i dipendenti, ma i dipendenti di un call center pagano percentualmente più tasse che Carrai sulle sue rendite. Preferite un piccolo taglio populistico delle tasse a tutti, che una sostanziale e giustizia fiscale che aiuti i più bisognosi e continui a far pagare i più ricchi. Avete persino tolto le tasse ai possessori dei megayacht, allora gli operai pagheranno la tassa sulla loro utilitaria, ma i nababbi sui loro fuoribordo non pagheranno nemmeno un euro: e sarebbe questa la giustizia sociale ?
  Ora con il DEF voi vorreste togliere o ridurre – è la cosiddetta revisione della tax expenditures – anche le detrazioni fiscali ai lavoratori per spese come i mutui, le spese sanitarie, le spese di mantenimento per il coniuge, le spese per le attività parascolastiche. E così con una mano date poco e con l'altra togliete molto. Continuate a non dare risposte, nonostante mille promesse, ai lavoratori di Quota 96, ai macchinisti dei treni, ai lavoratori delle imprese di pulizia delle scuole, agli esodati; non rispondete al tema della flessibilità, quella non truffaldina, per i pensionati che vogliono lasciare anticipatamente il lavoro; non vi ponete minimamente il problema della sostenibilità sociale dei milioni di giovani che, tra quarant'anni, non potranno avere nessuna pensione degna di questo nome. Nel DEF fate delle previsioni al 2060 per alcuni dati macroeconomici e per gli effetti di alcune misure fantasiose, ma non fate nessuna previsione di quello che sarà dei giovani tra quarant'anni, quando dovranno andare in pensione, e avete paura anche delle buste arancioni dell'INPS.
  Dovreste, allora, avere il coraggio di ribaltare la legge Fornero, ma quello ce l'avete solo per tagliare la spesa alla sanità e dopo tanti anni di tagli – anche i vostri –, l'aspettativa di vita in Italia è diminuita. Voi non avete riformato il mercato del lavoro, ma avete creato un mercato dei lavoratori ricattati e pronti ad essere sfruttati: come la birra, li volete alla spina, volete lavoratori usa e getta. Voi non avete riformato le istituzioni, ma le state modificando in senso autoritario a vostro uso e consumo e di quelli – e di questo dovreste preoccuparvi – che verranno dopo di voi. Voi non avete riformato la scuola, ma l'avete immiserita nella qualità dell'offerta formativa, nelle risorse, nell'approccio culturale, nella missione educativa. Voi nel DEF volete riformare la contrattazione aziendale, non per dare ai lavoratori più diritti, ma per dividerli e indebolirli. Voi non avete riformato l'economia con lo «Sblocca Italia» e il Codice degli appalti, ma quello che avete sbloccato sono solo gli affari per i petrolieri, per i profittatori delle privatizzazioni, per i manager delle banche, per i professionisti degli appalti, e per loro prevedete le gare al massimo ribasso fino ad un milione di euro: una vera manna per l'opacità e l'intrallazzo degli appalti. Voi così non pensate al futuro di questo Paese, ma pensate solo alle prossime elezioni.
  Questo DEF è la fotocopia sempre più sbiadita di quelli precedenti, non assicura la crescita e il lavoro a questo Paese, non ci fa uscire dalla crisi, non costruisce le basi di un nuovo modello di sviluppo fondato sulla sostenibilità, il lavoro, i diritti, l'istruzione ed il Welfare. Per questo noi non voteremo la risoluzione della maggioranza e del Governo, e invitiamo la Camera a votare la risoluzione di Sinistra Italiana (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Italiana – Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il collega Alberto Giorgetti. Ne ha facoltà.

  ALBERTO GIORGETTI. Signor Presidente, Forza Italia voterà ovviamente contro le risoluzioni presentate dai colleghi della maggioranza a questo Documento di economia e finanza, e ha presentato una propria risoluzione, ritenendo che il Documento presentato dal Governo abbia delle caratteristiche che noi consideriamo assolutamente negative e che sono legate a una formale e sostanziale inadeguatezza, a una debolezza strutturale e di contenuti che noi riteniamo particolarmente grave; e Pag. 65che sia superato politicamente, non solo istituzionalmente, dal dibattito sulle tasche degli italiani, sul futuro delle pensioni, sulle politiche monetarie europee ed altro, e tant'altro potremmo aggiungere, aggiungeremo nelle prossime ore, nei prossimi giorni: al punto di considerare questo DEF un dejà vu, un qualcosa che abbiamo visto passare ma che non incide sugli scenari del nostro Paese.
  E guardate, che sia inadeguato lo dimostra innanzitutto il fatto – perdonatemi – dimensionale: noi siamo passati, Presidente, dal vecchio DPEF, che abbiamo poi riformato con la riforma delle leggi di bilancio, presentando un documento che è molto più pesante dal punto di vista della contenutistica, dal punto di vista della quantità di informazioni, ma è esattamente il contrario di quello che ci eravamo prefissati, che fosse cioè un documento trasparente, un documento che desse le informazioni puntuali per poter capire quali sono le linee di azione del Governo; non semplicemente delle stime buttate lì, un po’ come ci hanno raccontato tutti i colleghi della maggioranza, giustificando l'inaffidabilità dei dati presentati in questo DEF. E quindi un documento che non ha né valore istituzionale né valore di attendibilità per il Paese rispetto agli scenari di politica economica del futuro; ed è evidente che il nostro Governo continua ad andare avanti con iniziative di spot elettorali, ma gli italiani hanno ben capito che il quadro che si presenta loro, si presenterà loro in termini economico-finanziari nei prossimi mesi è un quadro particolarmente difficile.
  Che non ci crediamo noi, è anche normale come opposizione. La controprova è nella risoluzione di maggioranza, dove ci sono ben 24 punti di impegno che vengono chiesti al Governo di modifica a questo Documento di economia e finanza, in cui si va a raccogliere un po’ tutto e il contrario di tutto. Qui si tenta di coniugare politiche che sono chiaramente opposte, e che trovano oggi sono nella sintesi di potere rappresentata da Renzi, dall'azione di Governo un unico comun denominatore: le cose che richiamava il collega Tancredi sul tema delle politiche in materia familiare, piuttosto che invece gli interventi che venivano richiamati da Tabacci in particolar modo sulle politiche del Mezzogiorno, sono due elementi per esempio tra i tanti su cui questo Documento è assolutamente carente e inadeguato. Quanto alla polemica che abbiamo vissuto in queste ultime ore, su cui Forza Italia ha preso posizione in modo determinato e robusto, rispetto alla visita di Weidmann in Italia, noi riteniamo che quell'atteggiamento, che rivela la voglia di dimostrare i risultati che sono stati raggiunti sulla pelle dei Paesi dell'Europa, e anche del nostro, meriti una risposta politica ben diversa da questo Documento di economia e finanza.
  Qualcuno diceva prima: l'opposizione sarà contenta rispetto ad un eventuale intervento da parte dell'Europa per una procedura d'infrazione. No, noi siamo preoccupatissimi rispetto a numeri che non solo non vengono ricondotti ai parametri che ci indica l'Europa, ma non dimostrano soprattutto una prospettiva di tenuta in Italia, e non danno al Paese una prospettiva di crescita degna di questo nome. Questi elementi vengono riportati secondo una costruzione di messaggio da parte del Governo, che dice: noi facciamo delle stime prudenziali; no, voi fate delle stime che sono incerte, sono inadeguate, dimostrano poca chiarezza all'interno della maggioranza rispetto alle priorità che si devono dare, per avere un'efficacia di politica economico-finanziaria che consenta al Paese di riprendere una crescita che è comunque in grave ritardo rispetto a tutta l'area euro, e dimostrano che all'interno della maggioranza oggi ci sono delle gravi contraddizioni. Gravi contraddizioni che noi non vorremmo superare con la polemica sterile, esclusivamente denunciando quelli che sono gli aspetti negativi di un Documento di economia e finanza che – come veniva ricordato da chi mi ha preceduto – è un Documento che viene messo in discussione dai principali osservatori di politica economica, di politica di bilancio: coloro che sono intervenuti Pag. 66in sede di audizioni hanno commentato questo Documento come sostanzialmente poco attendibile.
  Ma dal nostro punto di vista mancano le politiche attive, che non si possono rinviare a un altro documento che voteremo nelle prossime ore in quest'Aula, Presidente, rispetto al Piano nazionale delle riforme del Governo, e rispetto a ciò che si porta in Europa, con atteggiamento che riguarda esclusivamente una posizione che è sostanzialmente redatta su quello che la Presidenza dei Paesi che in questo momento stanno guidando l'Europa durante il semestre ha deciso nei contenuti del programma, nella sede di avvio di questo semestre: l'Italia ha recepito ciò che richiedono gli altri Paesi, senza portare delle politiche attive degne di questo nome. Bene, noi siamo molto preoccupati !
  Siamo molto preoccupati perché non è vero che il debito sta calando: il debito ha una prospettiva di crescita che tornerà ad essere di nuovo pericolosa nei prossimi mesi per quello che riguarda la tenuta delle finanze pubbliche. Non c’è un intervento importante, e Forza Italia l'ha richiamato più volte, non solo in sede di legge di stabilità, ma nei vari interventi di politica economica, richiedendo che si varasse un intervento straordinario di valorizzazione del debito pubblico italiano, di dismissione di quelli che sono i patrimoni fondamentali che ancora oggi inutilizzati e non valorizzati, possono rappresentare un valore importante per consentire di alleggerire in modo significativo il debito. Abbiamo chiesto di varare interventi che vadano nel senso di una fiscalità rivista, corretta, e soprattutto abbassata. Nel Documento di economia e finanza, anche questa volta voi mettete una proiezione di crescita nei prossimi anni che è evidentemente molto elevata e andrà a colpire, ancora una volta, imprese e famiglie in modo significativo, in modo eccessivo, andando a colpire quelli che sono i valori fondamentali di tenuta della nostra società. Non prevedete un piano di riforma fiscale attendibile, in cui si possa organizzare e vedere quale sarà l'azione del Governo e confrontarci veramente nel merito; mentre noi riteniamo che si debba agire con una leva forte, utilizzando anche i temi della flessibilità, che sono stati fino ad oggi utilizzati in modo parziale, più in una logica elettoralistica di operazione one-off, piuttosto che evidentemente con un'azione coordinata e strutturata.
  Dite poco o nulla sull'aspetto della revisione della spesa, altro argomento. Prima altri colleghi hanno richiamato la questione posta alla nostra attenzione e alle istituzioni da parte del lavoro di Cottarelli: Cottarelli è stato un punto di riferimento importante per capire che è possibile qualificare la spesa. Pochi giorni fa il Governo ha varato un decreto legislativo finalizzato a consentire in corso d'anno una revisione della spesa, attraverso la definizione di obiettivi e la riqualificazione della stessa.

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE LAURA BOLDRINI (ore 16,35)

  ALBERTO GIORGETTI. Noi siamo d'accordo, ma non si può evidentemente portare avanti un'azione di questa tipo se non ci sono delle premesse di risparmio significativo e qualificato, che in questo momento non vengono evidentemente tracciate dal Documento di economia e finanza.
  Dicevo, gli italiani avranno una pressione fiscale più alta nei prossimi anni: questo dice il Documento ! Gli italiani avranno un'incertezza più forte, Presidente, in merito alla gestione del debito, ma avranno anche un altro elemento importante: nella riforma degli interventi a tutela della salvaguardia delle banche e del loro assetto, ci si è dimenticati del risparmio e di tutti i correntisti e obbligazionisti che si trovano a dover affrontare una fase critica per le proprie risorse, in una prospettiva evidentemente legata non solo ai risparmi, ma all'investimento, alla spesa, alla vita delle famiglie, e quindi delle imprese. Da questo punto di vista, noi abbiamo proposto una serie di iniziative che vadano a garantire i percorsi di credito nei confronti dell'impresa e delle Pag. 67famiglie, ma che diano un anche una solidità diversa al bail-in, che manifesta una difficoltà evidente rispetto a quello che è il nostro tessuto delle aziende di credito, e rispetto a quelle che sono le prospettive di tenuta del nostro Paese sul versante internazionale.
  Quindi, Presidente, noi – concludendo – per motivi oggettivi, per riflessioni di carattere politico e per proposta, non siamo d'accordo con l'azione del Governo. Proprio per questo chiediamo uno sforzo in più, e siamo disponibili al dialogo nella misura in cui le nostre proposte verranno per davvero discusse e non si prenderanno in giro gli italiani con gli spot che non servono a nulla, e potranno solo penalizzare nel tempo le tasche di tutti i cittadini (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Vincenzo Caso. Ne ha facoltà.

  VINCENZO CASO. Grazie, Presidente. Un politico che delinque crea più danni di un delinquente di strada: questa frase, che ha creato un po’ di scompiglio, per noi del MoVimento 5 Stelle è una frase corretta, ma è anche una frase ovvia, e chi si scandalizza per questa frase o è perché non l'ha capita o è perché ha una coda di paglia lunga chilometri (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). È ovvia, dicevo, perché, quando la politica favorisce questo o quel quartierino, ovviamente, crea dei danni sociali enormi e crea anche dei danni economici, ed è proprio il motivo per cui ho iniziato questa dichiarazione di voto al DEF con questa frase.
  Crea dei danni economici perché, appunto, i fondi vengono dirottati per favorire questo o quell'amico, e poco importa che si tratti di un presidente di un consiglio regionale in odore di camorra o degli amici delle lobby del petrolio. Allora, Presidente, certo non ci possiamo aspettare che un Governo non eletto da nessuno, un Governo al completo servizio delle lobby, un Governo che protegge i ricchi banchieri, un Governo che vede il futuro del Paese nel petrolio, negli inceneritori, nella svendita del patrimonio pubblico e nello smantellamento dello Stato sociale a vantaggio dei profitti privati, un Governo che incita i cittadini a disertare le urne, un Governo che violenta le Costituzioni a colpi di maggioranza, possa scrivere un DEF a favore dei cittadini (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  E non è un caso che vi abbiamo visti in coda alla recente riunione della Trilaterale di Roma, perché quello è il vostro target: abbiamo visto il Ministro Boschi e il Ministro Gentiloni, e il fido consigliere di Renzi, Gutgeld, che ha rassicurato i membri della Trilaterale, raccontando, con tanto di slide, come funziona la spending review del Governo, che massacra la sanità e il welfare senza tagliare sprechi e privilegi (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Posso solo immaginare quanto saranno stati tutti entusiasti a sentir parlare del contributo richiesto alle regioni e alle province autonome per circa 4 miliardi nel 2017 e circa 5 miliardi e mezzo nel 2018, perché avranno pensato, non a torto, che ci sarà più spazio per la sostituzione dei servizi pubblici con quelli privati.
  Certo, invece, i cittadini saranno meno entusiasti di sapere che la tanto sognata spending review implichi una riduzione delle risorse per l'edilizia sanitaria, un rafforzamento del blocco del turnover fino al 2018, una proroga del taglio dell'indicizzazione delle pensioni, senza dimenticare che i tagli alla sanità, fino al 2018, arrivano praticamente a 10 miliardi. Ma vede, Presidente, quando un Governo non ha le mani libere, nascono dei provvedimenti, come il Jobs Act o «la buona scuola», che sembrano proprio dettati da quei gruppi che vogliono lavoratori ubbidienti e succubi, e scuole di serie A e di serie B, per selezionare e formare i propri schiavi moderni (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle), che ci tengono tanto a mercificare il sapere e asservire quella che la Costituzione difende come Pag. 68istituzione fondamentale, la scuola pubblica, a logiche aziendalistiche, di fatto snaturandone il ruolo.
  Ma andiamo a vedere nel concreto cosa tratta il DEF 2016, oltre alla spending review di cui ho accennato. Leggendo le centinaia di pagine dell'importantissimo Documento di programmazione economico-finanziaria, balzano subito agli occhi due elementi: il primo è costituito dal fatto che tutto ruota intorno a pochi parametri numerici e spesso di scarso significato; il secondo è la fumosità degli interventi. È chiaro che non si mettono in dubbio parametri numerici nell'ambito di valutazioni economiche, ci mancherebbe. Dico solo che sembra sia data molta più importanza al dato del PIL, ad esempio, rispetto ai reali interventi che si intende mettere in pratica ed alle ripercussioni che questi avranno sulle famiglie italiane.
  In questo modo, il Documento risulta scollegato dalla realtà, dalla quotidianità di quelli che, in verità, sono i diretti interessati. Inizio a pensare che forse questo effetto è voluto: è più facile far approvare un documento di cui si interessano solo pochi addetti ai lavori e qualche studioso. Ma facciamo qualche esempio.
  Prendiamo le misure in tema di giustizia: da un lato, abbiamo la linea programmatica del Governo, che si esprime attraverso l'enunciazione di condivisibilissimi principi di equità ed efficienza; dall'altra, abbiamo le azioni di Governo, che altro non sono che il mero conseguimento di positivi risultati in termini di bilancio. L'unica preoccupazione è trovare soluzioni per il comparto a costo zero; e così, invece di favorire il rafforzamento dell'organico, oggi del tutto insufficiente, invece di rendere la giustizia meno cara e più garantista per l'utente e, soprattutto, per chi subisce un danno o un reato, si risolve il problema attraverso provvedimenti tesi sostanzialmente ad evitare la celebrazione dei processi.
  Si usano parole affascinanti come «snellimento burocratico», ma l'unica cosa che si riesce a snellire sono i posti di lavoro e le sedi dei tribunali (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Come MoVimento 5 Stelle abbiamo sempre sottolineato con forza l'inutilità di restare ingabbiati all'interno di indicatori che non misurano il reale livello di benessere dei cittadini e che sono divenuti ormai...

  PRESIDENTE. Colleghi, per favore, potete abbassare il tono della voce ? Colleghi, per favore !

  VINCENZO CASO. ...sono divenuti ormai solamente dei feticci che il Governo cerca affannosamente di raggiungere. Altri, secondo noi, dovrebbero essere i parametri da utilizzare per guidare le scelte economiche del nostro Paese, basati non più su inadeguate e antiquate gabbie numeriche, ma con obiettivi macroeconomici e sociali basati su indicatori che tengano conto del benessere sociale dei cittadini e che siano capaci di misurare lo sviluppo economico, integrando nell'analisi fattori ambientali e sociali.
  E non veniteci a dire che riferirsi al PIL è importante per dare chiarezza e certezza al Documento, perché questo Documento tutto è meno che chiaro e certo. Quanto alla certezza, ritengo significativo ricordare che puntualmente, ogni anno, con dati sovrastimati e ottimistici, puntualmente, poi, i pronostici vengono non confermati, e lo stesso è avvenuto quest'anno rispetto alle indicazioni date a settembre. L'ottimismo è stato segnalato anche dalla Corte dei conti, così come anche, addirittura, dall'Ufficio parlamentare di bilancio, anche se poi non ha effettuato delle stime proprie e ci chiediamo a cosa serva, a questo punto, spendere 6 milioni di euro l'anno.
  Parlando, invece, di chiarezza, non solo l'unico obiettivo del DEF sembra quello di raggiungere uno zero virgola in più di PIL o uno zero virgola in meno di deficit, ma quello che più spaventa è che non venga definito bene il come, il che dovrebbe essere, invece, proprio l'essenza del Documento, la programmazione degli interventi da mettere in atto. Invece, leggendo tra le lunghissime pagine, non si ritrova traccia Pag. 69dei dettagli e di come il Governo intenda sterilizzare, ad esempio, le clausole di salvaguardia che impongono un aumento delle imposte dirette di 15 miliardi solo nel 2017. Si parla semplicemente di misure che verranno definite nei prossimi mesi. Altro assurdo gap informativo è quello che riguarda il capitolo delle privatizzazioni: il Documento conferma la prosecuzione del processo avviato da tempo di svendita delle società partecipate, spesso asset strategici, e del nostro patrimonio immobiliare pubblico.
  Quello che è peggio è che la perversa spirale che punta a completare il disavanzo pubblico con la svendita dei beni demaniali e privatizzazioni, determinando un costante e progressivo impoverimento del sistema Paese, non è definita nel dettaglio. Leggiamo, ad esempio, nel PNR che altre operazioni di privatizzazione verranno attuate in corso d'anno in funzione degli obiettivi di gettito. Ancora una volta, ritorna il tema degli obiettivi di bilancio come faro guida delle politiche di Governo. A noi, invece, non interessano le strategie politiche nel senso di guadagnare qualche voto in vista delle elezioni: l'unica strategia che ci sta a cuore è quella per il miglioramento del nostro sistema economico e sociale, in modo tale che si abbiano ricadute positive e significative sul benessere dei cittadini.
  Il nostro orizzonte temporale non è quello del DEF, al 2019, e nemmeno quello del Governo, al 2018 o al 2017, a seconda di quando si ritiene più conveniente andare ad elezioni. Il nostro orizzonte temporale è a cinquant'anni e più (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Questa direi che è una differenza sostanziale, che ci impedisce di votare a favore di questo DEF.
  Noi non frequentiamo massoni o lobbisti per stabilire cosa fare; non abbiamo economisti blasonati da corrompere per far sì che appoggino le nostre tesi. Noi preferiamo chiedere agli insegnanti e agli studenti come vogliono la scuola; noi discutiamo con medici e pazienti su come riformare la sanità e non ci lasciamo influenzare dalle aziende farmaceutiche. Secondo noi spetta ai cittadini scegliere che tipo di sistema di trasporti vogliono e non all'industria dell'auto. I cittadini ci chiedono di proteggerli dalle speculazioni finanziarie delle banche e degli squali del settore, separando banche d'affari e commerciali. Ci chiedono di non ipotecare il futuro del Paese acquistando decine di miliardi dei derivati; ci chiedono di rifiutare la logica per cui le perdite sono sempre pubbliche e i profitti sempre privati.

  PRESIDENTE. Concluda, deputato.

  VINCENZO CASO. I cittadini sono stufi di essere presi in giro con delle mancette da 80 euro, ma esigono un fisco più equo, non gestito dagli aguzzini di Equitalia, che faccia pagare chi inquina e impatta di più sull'ambiente e sostenga chi ne ha bisogno. Sono orgoglioso, pertanto, di far parte di un movimento che ha il coraggio di dire che non esiste ripresa economica senza sostenibilità in favore dell'ambiente e senza redistribuzione in favore delle fasce sociali che più hanno pagato la crisi (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle – Congratulazioni).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Maino Marchi. Ne ha facoltà.

  MAINO MARCHI. Presidente, il Documento di economia e finanza 2016 registra risultati significativi della politica del Governo e individua le azioni per consolidarli e rafforzarli. Sono risultati oggettivi, pure in una condizione europea ed internazionale di forti difficoltà e incertezze, risultati rispetto a una politica economica che pone come obiettivo principale la crescita ed il lavoro, contestualmente ad un percorso di risanamento della finanza pubblica. E proprio per migliorare i risultati su entrambi gli obiettivi, occorre più gradualità nella discesa del rapporto deficit-PIL, che comunque è una discesa (dal 2,3 del 2016 all'1,8 per cento del 2017; e non è finanza allegra) e rafforzare le azioni a sostegno Pag. 70della domanda interna (consumi e investimenti) riducendo ulteriormente le tasse e accelerando le riforme.
  A questo fine l'Italia dà le interpretazioni più avanzate, a mio avviso, delle regole europee e della flessibilità sulle stesse regole. Per questa via, si opera perché l'Europa cambi le politiche economiche orientandole maggiormente alla crescita, oltre a rilanciare il sogno europeo sul piano istituzionale e politico. Noi riteniamo che questa sia una politica da sostenere fortemente, sia rispetto al dibattito, al confronto serrato che è in corso in Europa, sia rispetto al confronto in sede nazionale. Nel dibattito in questa sede mi pare che le opposizioni abbiano cercato di sottrarsi alla vera domanda che la proposta del Governo pone al Parlamento, rifugiandosi, da una parte, in una irrealistica richiesta di cambiare le regole europee, e dall'altra disquisendo sul realismo delle previsioni e interpretazioni dalle regole. Se le previsioni sono giuste, lo si sa solo alla fine; spesso non lo sono state, e in questo i Governi Berlusconi hanno il primato.
  Se guardiamo agli ultimi anni, dal 2009 al 2015, è stato proprio il Governo in carica a centrare maggiormente le previsioni, in particolare nel 2015. Si è detto «fine recessione, inizio ripresa», e così è stato, nonostante la minor crescita a livello mondiale; si è prevista una crescita tra lo 0,7 e lo 0,9 ed è stata dello 0,8 per cento; abbiamo previsto un rapporto deficit-PIL al 2,6 per cento e così è stato; doveva essere l'anno in cui si bloccava la crescita del rapporto debito-PIL e così sostanzialmente è stato, creando le premesse per avviare la discesa del 2016; si è detto «miglioramento dei dati occupazionali» senza miracoli, ma invertendo la tendenza, e anche questo risultato si è ottenuto. Per questo il Governo può rivendicare una sua credibilità nel fare previsioni, pur sapendo che i fattori in gioco sono tanti e complessi. Anche sul recupero di evasione fiscale, non si può certo dire che 15 miliardi di euro in un anno siano cosa di poco conto. Aggiungo che la pressione fiscale non è cresciuta, onorevole Guidesi: è calata dal 43,5 al 42,9 per cento, considerando gli 80 euro.
  È giusto che i vari istituti ed organi auditi in questi giorni abbiamo evidenziato i rischi, ma nessuna previsione, soprattutto nessuna politica che punti a cambiare il Paese, è possibile senza assumersi la responsabilità di alcuni rischi. Governo con le carte in regola, quindi, e così vale anche per l'interpretazione delle regole europee. Il Governo italiano è in prima fila per cambiare le politiche europee, nessuno può negarlo, è oggettivo.
  C’è qualche Governo che più di quello italiano si è battuto per la flessibilità, per gli investimenti, per politiche coordinate sulle migrazioni e per modalità apparentemente tecniche ma con effetti politici enormi che cambino il metodo di calcolo dell’output gap ? E si può negare che, pur con grande fatica e molto gradualmente, l'asse delle politiche europee si è spostato nella direzione da noi indicata, con primi risultati ? C’è forse qualcuno che può pensare che le regole cambino se lo dice un solo Paese senza un cambiamento verso sinistra del quadro politico europeo e senza alleanze tra Paesi, cioè senza cose su cui il PD da una parte e il Governo dall'altra stanno lavorando ma consapevoli che occorre tempo per ottenerlo ?
  Aggiungo che la linea del Governo non è accusabile di essere la linea della finanza allegra: i dati sulla finanza pubblica sono tutti in miglioramento, e sappiamo che se non c’è una politica per la crescita non si possono ottenere risultati nemmeno per la finanza pubblica. Qui vengo alla domanda che il Governo ha posto al Parlamento e a cui sono sfuggite le opposizioni. La domanda è: siamo o no d'accordo su un percorso più graduale verso l'obiettivo di medio termine ? Non si può proporre di rivoltare come un guanto le regole europee e poi votare contro questo passaggio, perché l'alternativa è una manovra più restrittiva. Non si può chiedere di non aumentare l'IVA, ridurre le tasse e aumentare i sostegni agli investimenti pubblici e privati senza provare di evitare un passaggio troppo strong alla riduzione del Pag. 71deficit. Non si può chiedere di ottenere una crescita ancora da consolidare e non tenerci una riserva di risorse per stimolarla, né ci si può nascondere dietro una presunta imprecisione delle scelte che si faranno in legge di stabilità. Si può comprendere una richiesta di maggiore precisione quando si discute la Nota di aggiornamento, a settembre, ma il DEF ha un ruolo diverso, quello di definire il quadro di riferimento – come fa questo DEF – e di fare il punto sulle politiche di riforma, come fa questo DEF.
  Quindi, sul voto sulla relazione per più gradualità nel perseguire l'obiettivo di medio termine, si vedrà chi sceglie politiche per la crescita e chi si limita a porre problemi. Sull'obiettivo di fondo della crescita, alcune ulteriori valutazioni: anche le previsioni più pessimistiche prevedono per l'Italia un livello di crescita nel 2016 più elevato di quello registrato nel 2015. È un dato in controtendenza, con i livelli di crescita rivisti sempre al ribasso su scala mondiale ed europea. Cogliamo i primi frutti delle riforme di questi anni. I nostri obiettivi di crescita sono strettamente connessi ad obiettivi per il lavoro, un lavoro più stabile, dove vi sia più convenienza per le assunzioni a tempo indeterminato e che affronti il tema dei giovani e dell'occupazione femminile. I provvedimenti assunti in questa legislatura e quelli previsti vanno in questa direzione. Per raggiungere questi obiettivi va sottolineata la scelta fatta lo scorso anno: puntare meno sulle esportazioni, viste le incertezze internazionali, di più sulla domanda interna, consumi e investimenti. Tutte le sente fiscali della legge di stabilità sono state coerenti con questa scelta di fondo, oltre a quella di superare il Patto di stabilità interno per favorire gli investimenti locali.
  Si è detto che nel DEF non c’è il Mezzogiorno: non è vero, c’è. C’è con l'utilizzo dei fondi europei, dove i dati smentiscono tutte le accuse di ritardi, c’è con il Masterplan, c’è con il credito di imposta per gli investimenti già in vigore, c’è nella risoluzione di maggioranza, dove ribadiamo la scelta dalla legge di stabilità per il 2017 di sgravi contributivi per le nuove assunzioni nel Mezzogiorno. Concludo sul piano delle riforme. Dal dibattito nel Paese e in questa sede si può desumere che sia a rischio la democrazia e il welfare: non è così ! La riforma costituzionale serve per far funzionare meglio le istituzioni e rafforzare la democrazia. Si discute molto di giustizia in questi giorni: basta guardare quante leggi approvate alla Camera sono in attesa, da mesi, al Senato, per accorgersi di come vada superato il bicameralismo perfetto. Sul welfare, abbiamo dimostrato che revisione della spesa non è tagli al welfare. I fondi statali per le politiche sociali, fatto 100 il 2009, erano arrivati a 13 nel 2012, sono a 104 nel 2016 e andranno a 130 nel 2017, anno in cui saranno a 2,3 miliardi, vicini ai 2,5 del 2008, dell'ultimo Governo Prodi, dopo essere scesi a 229 milioni con Berlusconi. Abbiamo reinvestito su istruzione e cultura: ora ricerca e università saranno al centro dell'attenzione dei prossimi anni. Vasto il programma del DEF ripreso e sottolineato negli obiettivi della risoluzione di maggioranza per gli enti locali, verso regole che diano più autonomia e capacità di investimento e incentivando fusioni e unioni; gli enti locali sono una parte decisiva del welfare.
  Sulle pensioni in questa legislatura abbiamo fatto solo correzioni positive. Ci poniamo ora l'obiettivo della flessibilità in uscita, nella consapevolezza che l'attuale sistema previdenziale è uno dei pilastri della tenuta dei conti pubblici.
  Per quanto riguarda la sanità, i dati sulla spesa sanitaria in questi ultimi anni e quelli contenuti nel DEF sono tutti in aumento. Certo, nel 2017 dovremo porre attenzione a tutti i passaggi, spetta al Parlamento definire il Fondo sanitario nazionale e vogliamo che sia adeguato alle esigenze, combattendo gli sprechi e affermando il principio dell'appropriatezza delle prestazioni.
  Aggiungo che stiamo raggiungendo obiettivi importanti per lo sviluppo sostenibile, a partire da quelli sulle energie alternative, che ci vedono ai primi posti in Europa.Pag. 72
  Concludo. Voglio dire ai colleghi del Movimento 5 Stelle che il PD ha le carte in regola sulla questione morale, non ci siamo mai contrapposti alle indagini della magistratura. I nostri esponenti, quando indagati per fatti gravi, hanno sempre fatto un passo indietro ! Molti, poi, sono stati assolti: non va scordato ! Le leggi approvate in questa legislatura aiutano tutti a far funzionare meglio la giustizia, a combattere meglio la criminalità organizzata e la corruzione. Quindi, rispediamo al mittente, che nei pochi casi in cui ha avuto occasione di governare non ha certo brillato, qualunque accusa su questo piano.
  Per queste ragioni e per altre emerse nel dibattito, il gruppo del Partito Democratico voterà a favore delle due risoluzioni di maggioranza, quella sulla relazione del Governo e l'altra sul Documento di economia e finanza (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. Sono così concluse le dichiarazioni di voto.
  Avverto che la risoluzione Abrignani ed altri, n. 6-00239, riferita al Documento di economia e finanza 2016, è stata ritirata dai presentatori.

(Votazioni – Doc. LVII, n. 4)

  PRESIDENTE. Passiamo alla votazione della risoluzione Marchi, Tancredi, Monchiero, Tabacci e Di Gioia ed altri n. 6-00236, riferita alla relazione, presentata ai sensi dell'articolo 6, comma 5, della legge n. 243 del 2012, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.
  Ricordo che, a norma dell'articolo 81, secondo comma, della Costituzione e dell'articolo 6, commi 3 e 5, della legge n. 243 del 2012, per l'approvazione di tale risoluzione è necessaria la maggioranza assoluta dei componenti della Camera.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione Marchi, Tancredi, Monchiero, Tabacci e Di Gioia ed altri n. 6-00236, accettata dal Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Folino, Verini, Rotta, Catania, Di Lello, Mognato, Artini...

  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

  La Camera approva (Vedi votazioni).

  ELIO VITO. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  ELIO VITO. Non è attinente a questa votazione, ma...

  PRESIDENTE. Allora mi faccia cortesemente completare le votazioni.
  Essendo stata approvata l'autorizzazione all'aggiornamento del Piano di rientro verso l'obiettivo di medio periodo, pongo in votazione la risoluzione Marchi, Tancredi, Monchiero, Tabacci, Di Gioia ed altri numero 6-00244, riferita al Documento di economia e finanza 2016, accettata dal Governo. Ricordo che, in caso di approvazione di tale risoluzione, risulteranno precluse le altre risoluzioni presentate.

  Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione Pag. 73Marchi, Tancredi, Monchiero, Tabacci, Di Gioia ed altri n. 6-00244, accettata dal Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Marotta, Stella Bianchi, Malisani, Cani...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

  La Camera approva (Vedi votazioni).

  (La deputata Bechis ha segnalato che non è riuscita a esprimere voto contrario).

  Sono così precluse tutte le altre risoluzioni.
  Colleghi, prima di passare al prossimo provvedimento, rivolgo un saluto agli studenti della scuola media di Laces, in provincia di Bolzano. Un saluto da parte di tutta l'Assemblea (Applausi).

Sull'ordine dei lavori (ore 17,05).

  PRESIDENTE. Come indicato in precedenza, la parola spetta ora all'onorevole Vito, che vuole intervenire sull'ordine dei lavori.

  ELIO VITO. Pregherei la cortesia, oltre che sua, del Ministro Boschi di ascoltarmi un attimo su una questione, Presidente, che sicuramente interessa lei e i colleghi.
  È dal 1o gennaio 2016 che le migliaia di nostri militari all'estero sono privi di alcuna copertura giuridica, politica ed economica, perché l'ultimo decreto-legge di proroga della nostra partecipazione alle missioni internazionali è scaduto il 31 dicembre scorso.
  È vero che in passato ci sono stati dei ritardi di approvazione dei decreti-legge di proroga, ma mai un ritardo così grave.

  PRESIDENTE. Onorevole Vito, lei sa meglio di me che questo tipo di interventi è da fine seduta; abbia pazienza.

  ELIO VITO. Ad una Conferenza dei presidenti di gruppo il Governo aveva dichiarato che il decreto non veniva rinnovato in attesa della legge quadro, ma la legge quadro sulle missioni internazionali, che era prevista come programma, nel calendario del mese di maggio, dalla Conferenza dei presidenti di gruppo, che si è poc'anzi conclusa, è scomparsa ! Quindi, non faremo una legge quadro sulle missioni e non è all'ordine del giorno del Consiglio dei ministri, sinora reso pubblico, di venerdì, e comunque, dopo quattro mesi di ritardo, un decreto-legge che proroghi la nostra partecipazione.
  Ora, questo non per il nostro Governo, che mi pare agisca in maniera confusa e disordinata su vari temi, ma credo che il Ministro Boschi debba un chiarimento, oltre che al Parlamento, ai nostri militari. Sono quattro mesi che rischiano la vita senza garanzia e tutela (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente) !

  PRESIDENTE. Invito i colleghi alla correttezza. Quando si prende la parola, si sa che questi sono interventi di fine seduta, quindi invito tutti a rispettare le regole.

Trasferimento a Commissione in sede legislativa delle proposte di legge nn. 2497 e 3333 (ore 17,08).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'assegnazione di proposte di legge a Commissione in sede legislativa. Propongo alla Camera l'assegnazione in sede legislativa delle seguenti proposte di legge, delle quali la sottoindicata Commissione ha chiesto il trasferimento in sede legislativa, ai sensi dell'articolo 92, comma 6, del Regolamento.Pag. 74
  Alla Commissione VII (Cultura):
   Russo ed altri: «Modifica alla legge 20 ottobre 2006, n. 77, concernente la tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale immateriale»;
   Mazzoli ed altri: «Modifica alla legge 20 febbraio 2006, n. 77, concernente la tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale immateriale».

  Se non vi sono obiezioni, così rimane stabilito.
  (Così rimane stabilito).

Seguito della discussione del disegno di legge: Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea – Legge di delegazione europea 2015 (A.C. 3540-A) (ore 17,09).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge n. 3540-A: Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea – Legge di delegazione europea 2015.
  Ricordo che nella seduta del 21 aprile si è concluso l'esame degli emendamenti e degli ordini del giorno.

(Dichiarazioni di voto finale – A.C. 3540-A)

  PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.
  Ha facoltà di intervenire per dichiarazione di voto il deputato Oreste Pastorelli.

  ORESTE PASTORELLI. Grazie, Signora Presidente. Signori rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi, annunciando il voto favorevole della componente Socialista voglio sottolineare i passi avanti fatti in tema di direttive europee. Siamo passati da una situazione di 119 infrazioni avviate ad inizio legislatura ad 83. Vi è l'impegno del Parlamento per giungere ad una rapida approvazione delle leggi di delegazione europea e vi è una accelerazione da parte del Governo nell'attuazione delle direttive che abbiamo recepito.
  Abbiamo imboccato un percorso virtuoso che, con l'approvazione del provvedimento in discussione, prosegue nella giusta direzione, anche se le procedure aperte sono ancora molte, soprattutto sul fronte dell'ambiente e dei diritti.
  Certo, è accaduto in passato che alcune direttive recepite non abbiano tutelato adeguatamente i nostri cittadini. Penso, in particolar modo, ai nostri agricoltori, ma altre hanno introdotto innovazioni importanti ed è il caso di questo provvedimento. In particolare, mi riferisco alle norme in materia ambientale, a quelle sulla qualità della benzina e dei combustibili diesel e alla direttiva sulle emissioni in atmosfera di inquinanti originati da impianti di media combustione. Penso poi alle norme a tutela dei consumatori, come l'articolo 4, sulla etichettatura dei prodotti alimentari.
  Concludo, ricordando che, quando si tratta di temi europei, sarebbe bene abbandonare le divisioni per presentarci a Bruxelles, con un'unica voce, per chiedere non meno Europa, ma più Europa. L'Europa che vogliamo da sempre noi Socialisti europei (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) – Liberali per l'Italia (PLI)) !

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mottola. Ne ha facoltà.

  GIOVANNI CARLO FRANCESCO MOTTOLA. Presidente, onorevoli colleghi, siamo giunti alla approvazione finale di un provvedimento estremamente rilevante, le cui disposizioni, di natura eterogenea tra loro, si rendono necessarie per adeguare l'ordinamento giuridico italiano a quello europeo.
  Assumere una posizione critica di opposizione rispetto alla legge di delegazione europea è un'operazione ardua, perché non si riesce a riscontrare un particolare appiglio, o un'opposizione di tipo politico, Pag. 75rispetto a una normativa che deve essere recepita con rispetto all'Europa alla quale partecipiamo e di cui siamo parte.
  Il disegno di legge che oggi ci apprestiamo a votare rappresenta un ulteriore passo in avanti verso il calo costante del numero delle procedure di infrazione a carico dell'Italia, con i conseguenti benefici derivanti da un adeguamento più tempestivo alla normativa europea.
  Venendo ai contenuti del provvedimento, ci preme ricordare come l'Italia durante il semestre di Presidenza del Consiglio dell'Unione europea abbia assunto l'impegno per l'adeguamento dell'ordinamento nazionale al regolamento (UE) n. 2015/760 in materia di fondi di investimento europei a lungo termine. La disposizione di oggi si indirizza verso una strada da noi auspicata, ovvero quella della definizione di uno strumento nuovo normativo che potrà facilitare gli investimenti di lungo periodo e che si auspica potrà dare impulso a una nuova politica di investimenti europea. È fondamentale – e noi di Alleanza Liberalpopolare Autonomie lo abbiamo ricordato più volte in questa assise – che il recepimento dei regolamenti UE vengano visti sotto l'ottica di un'opportunità di sviluppo per il nostro Paese, senza strumentalizzazioni ideologiche o di parte.
  Riteniamo, quindi, necessario il completamento di una riforma organica delle norme che regolano la partecipazione dell'Italia alla formazione e attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione, anche attraverso il conferimento al Governo della delega legislativa per dare attuazione alle direttive, alle decisioni quadro, nonché agli obblighi direttamente riconducibili al recepimento di atti legislativi europei. In questo quadro, l'articolato in oggetto contiene disposizioni, principi e criteri direttivi specifici per l'esercizio della delega riguardanti il recepimento di otto direttive e di una raccomandazione, nonché l'adeguamento alla normativa nazionale a dodici regolamenti comunitari.
  Voteremo tale legge perché essere europei fa parte della nostra politica estera ed interna; essere europei è un fatto sostanziale rispetto al nostro essere italiani. Non possiamo, però, non invitare il Governo, a latere di questo provvedimento, ad un maggiore impegno, affinché, nel concerto tra il sottosegretariato con delega alle politiche europee e il Ministero degli esteri, si facciano valere le esigenze del nostro sistema produttivo. L'aspetto economico deve, però, essere interpretato come la base su cui costruire qualcosa di più profondo. L'armonizzazione delle normative che incidono in settori estremamente rilevanti della vita quotidiana dei cittadini non può, in poche parole, essere fine a se stessa.
  Dovrà, infine, svilupparsi in qualcosa di più profondo dell'Unione economica e monetaria: si dovrà passare gradualmente ad un'Unione di carattere politico, la famosa Unione dei popoli europei che nella visione di Altiero Spinelli avrebbe garantito pace e prosperità, ma soprattutto un ruolo da protagonista dell'Europa o meglio dell'Unione europea nel mondo. Soprattutto in un momento di crisi, come quello attuale, gli Stati Uniti d'Europa rappresentano l'obiettivo a cui tendere, non senza pochi problemi e grandi sforzi di mediazione, per dare ai popoli europei una politica comune, sia nel campo estero, sia della politica della difesa.
  Il raggiungimento di questo obiettivo da perseguire attraverso piccoli step passa di sicuro attraverso l'armonizzazione delle normative che garantiranno, nel lungo periodo, un'interconnessione del tessuto economico e sociale a livello europeo talmente sviluppata da ritenere il passaggio all'Unione politica, un passaggio obbligato. Ed è per questi motivi che annuncio il voto favorevole a nome di Alleanza Liberalpopolare Autonomie.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Palese. Ne ha facoltà.

  ROCCO PALESE. Signora Presidente, annuncio subito il voto di astensione da parte della componente Conservatori e Riformisti sul provvedimento. Un'astensione Pag. 76che ha radici profonde in un contesto in cui, a nostro avviso, non c’è un'incidenza da parte del Governo italiano in Europa tale da cercare di poter modificare alcuni punti essenziali che riguardano la crescita, che riguardano le politiche di austerità. Noi riteniamo che sia indispensabile che l'Europa cambi marcia. Questa è un'Europa che non serve ai cittadini, questa è un'Europa dei burocrati, questa è un'Europa che non è stata disegnata così e fatta sognare agli italiani, agli Stati membri, quando inizialmente si è costituito il grande sogno dell'Europa. Noi riteniamo che derogare al Patto di stabilità e crescita è stata una grave mancanza da parte dell'Europa, nel senso che ad anni di distanza da quando è nata la zona euro, circa quindici anni, purtroppo non abbiamo né la stabilità finanziaria e meno che mai la crescita. Proprio sul problema della crescita c’è una debolezza strutturale da parte del nostro Governo. Rispetto alle risorse che mettiamo in campo, risorse che sono dei cittadini italiani, rispetto alle quote versate dal nostro Stato per partecipare alla costruzione del bilancio dell'Europa, negli ultimi dieci anni, abbiamo ricevuto come ritorno 39 miliardi di euro in meno. Riteniamo che gli aspetti essenziali per poter conquistare la flessibilità in riferimento a quelle che possono essere le azioni per la clausola degli investimenti, delle riforme, dell'immigrazione e sicurezza, siano del tutto insufficienti. È vero che il nostro Paese, a nostro avviso, deve fare un grandissimo sforzo per diminuire la pressione fiscale, come testé abbiamo pure sostenuto in sede di discussione e approvazione del DEF per il 2016, ma questo va realizzato senza dubbio attraverso il taglio della spesa pubblica e attraverso la realizzazione del piano Cottarelli, e non solo del piano Cottarelli, e anche attraverso un'azione profonda che il nostro Governo, gli Stati, debbono fare nei confronti dell'Europa per stimolare la crescita. Noi abbiamo bisogno di investimenti, di crescita, di liberalizzazione, rispetto al problema del Patto di stabilità, almeno per le spese di investimento.
  Noi le manifestiamo una grande preoccupazione, signora Presidente, che è quella sulle procedure di infrazione, circa 200, nei confronti del nostro Paese. Sono una enormità le procedure di infrazione che sono contestate e che noi dovremmo cercare in qualche maniera di rimuovere, perché anche queste sono un'enorme fonte di costi.
  Per questo motivo noi riteniamo di dover esprimere un voto di astensione. Per un motivo molto semplice, perché siamo europeisti convinti, ma di un'Europa dei cittadini, dell'Europa di Kohl, di Delors, dell'Europa che ha visto i grandi protagonisti cercare di instaurare l'Europa dei popoli, non solo quella monetaria. I discorsi fatti ultimamente dalla Bundesbank sono di grande preoccupazione. Noi dobbiamo restituire al mittente tutta questa situazione che impone la Germania. Noi siamo con Draghi, perché il nostro Governatore ha dato grande dignità alla BCE, ed è l'unico che si sta battendo veramente e sta difendendo questo grande sogno della realizzazione dell'Europa.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Sberna. Ne ha facoltà.

  MARIO SBERNA. Grazie, signora Presidente. Onorevoli colleghe e colleghi la legge di delegazione europea, assieme alla legge europea, ha sostituito la vecchia legge comunitaria che in precedenza attuava, o doveva attuare, quanto deciso in sede europea. Si dice «doveva», perché in realtà la comunitaria era divenuta una sorta di legge omnibus dove con la scusa di inserire adempimenti voluti dall'Unione europea si puntava ad inserire di tutto. Resta celebre il ricordo dall'emendamento approvato durante la discussione dalla comunitaria 2011 che, nonostante il parere contrario del Governo e dalla Commissione, introduceva la responsabilità civile dei magistrati.
  Non si discute qui l'opportunità o meno della stessa, ma pare evidente che una decisione tanto importante non potesse essere presa con un emendamento in una Pag. 77legge comunitaria. Questo ha portato di fatto al blocco dalla stessa, con il conseguente non recepimento dalla direttiva dell'Unione europea e con ancor più conseguenti sanzioni che l'Italia fu costretta a pagare per questi non adempimenti. E anche qualora non vi fossero stati «incidenti» parlamentari, la comunitaria aveva un iter lunghissimo, che le norme del 2012 stanno certamente riducendo.
  Non è inutile ricordare che la legge che approviamo oggi è finalizzata esclusivamente a conferire al Governo le deleghe necessarie per il recepimento delle direttive e degli altri atti dell'Unione europea che devono essere inseriti nell'ordinamento italiano. La normativa, dunque, chiarisce nettamente le competenze del Governo e i limiti delle deleghe, evitando quelle deviazioni di cui si è detto e che hanno danneggiato la vecchia comunitaria, sempre in ritardo sui tempi a causa delle tensioni politiche che si scaricavano impropriamente su quella legge. Siamo, quindi, di fronte ad un atto non certo secondario, che meriterebbe, anzi, molta maggiore attenzione rispetto a quella che riceve oggi, dato che con questa legge rendiamo vivo per tutti i cittadini il diritto dell'Unione Europea e, quindi, la stessa Europa, che ci pare tanto lontana, ma nella quale viviamo, lavoriamo, lottiamo, speriamo e sogniamo ogni giorno.
  Dal 2012 sono state approvate tre leggi di delegazione europea: due riferite al 2013 e una al 2014. La legge di delegazione del 2013 ha ormai visto la propria quasi totale attuazione, così come la seconda per lo stesso 2013; a buon punto anche quella relativa al 2014, pure attuata solo parzialmente. Questi dati mostrano l'efficacia del nuovo strumento, che riesce ad attuare in larga parte e in tempi sostanzialmente brevi quanto previsto dalla normativa dell'Unione, di cui, come dicevo, siamo parte integrante e non certo vittime, come vuole certa propaganda politica. Sarebbe però – lo si ribadisce – necessario far comprendere ai cittadini con chiarezza di cosa stiamo parlando e quale sia il valore di queste norme, spesso troppo tecniche e di difficile comprensione.
  In realtà, il tema della difficoltà di comunicazione da parte dell'Unione europea nei confronti dei propri cittadini non riguarda solo questa legge, ma tutto il complesso dall'attività dell'Unione. L'Europa dovrebbe essere in grado di agire meglio e con più chiarezza, comunicando con efficienza quanto fatto e quanto necessario per fare vera integrazione tra i popoli europei. Si tratta, certo, di un tema molto più grande di quello che tratta la legge di delegazione. Ci si limita, dunque, ad un accenno, per non uscire fuori dal tema, ma anche per non limitarsi sempre ad una burocratica citazione di dati di fatto.
  Insomma, auspichiamo che si possa lavorare tutti insieme per crescere, migliorare, integrare, accogliere, per un'Europa davvero di tutti e di ciascuno, ed è per questo che il voto del gruppo Democrazia Solidale-Centro Democratico sarà favorevole (Applausi dei deputati del gruppo Democrazia Solidale-Centro Democratico).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Stefano Borghesi. Ne ha facoltà.

  STEFANO BORGHESI. Grazie, Presidente. Per la quarta volta nella presente legislatura ci accingiamo ad approvare la legge di delegazione europea, che, insieme al disegno di legge europea, rappresenta uno degli strumenti legislativi che assicurano il periodico adeguamento all'ordinamento dell'Unione. Capiamo la fretta e l'urgenza da parte della maggioranza del Governo di approvare questo testo, però la fretta ogni tanto rischia di portarci in errore o di creare norme che non sono chiare. Un esempio è dato dall'articolo 4, in merito all'etichettatura e informazioni sugli alimenti ai consumatori, in tema di rintracciabilità dello stabilimento di origine del prodotto ed in ordine all'apparato sanzionatorio. La norma dispone la previsione obbligatoria della sede dello stabilimento di produzione o di confezionamento, Pag. 78in riferimento alle sole produzioni nazionali di alimenti.
  Con l'entrata in vigore del Regolamento dell'Unione europea n. 1169 del 2011, si è cercato di ottenere un elevato livello di tutela della salute dei consumatori, garantendo loro un'adeguata informazione sugli alimenti che consumano. Leggendo, però, con attenzione gli articoli del Regolamento, avevamo notato che, tra le informazioni obbligatorie importanti, non veniva più menzionata l'indicazione dello stabilimento di produzione e di confezionamento della merce. La non obbligatorietà dell'indicazione dello stabilimento di produzione avrebbe comportato un grave danno al nostro made in Italy, in quanto il rischio era quello di lasciare la libertà di produrre in qualunque sede europea o extraeuropea, danneggiando ulteriormente le migliori produzioni nazionali.
  Siamo lieti di questa disposizione in quanto era oggetto di una nostra proposta di legge, ma con questo articolo potevamo cogliere l'occasione – e il Governo non l'ha colta – di poter mettere definitivamente la parola fine ad un problema che sta mettendo a rischio le nostre produzioni, soprattutto lattiero-casearie, ovvero l'indicazione dell'origine delle materie prime dei prodotti stessi. Infatti, il Regolamento n. 1169 del 2011, all'articolo 39, prevede la possibilità per gli Stati membri di prevedere che, oltre alle indicazioni obbligatorie, si possano adottare, previa notifica della Commissione, nuove normative in materia di informazioni sugli alimenti, precisando i motivi che le giustificano, e la giustificazione ci viene dai risultati della consultazione pubblica, avvenuta dal novembre 2014 a marzo 2015, che ha dato significative indicazioni relativamente all'importanza che i consumatori danno alle indicazioni del luogo di origine e di provenienza dei prodotti alimentari e della materia prima agricola utilizzata nella preparazione o nella produzione degli stessi, e quanto l'omissione delle medesime indicazioni sia ritenuta ingannevole. Infatti, l'89 per cento dei consumatori ritiene che la mancanza di etichettatura di origine per i prodotti lattiero-caseari possa essere ingannevole e, più in generale, oltre il 96 per cento degli italiani sono interessati a conoscere l'origine delle materie prime dei prodotti.
  In un difficile momento di crisi, bisogna portare sul mercato il valore aggiunto della trasparenza e della verità per combattere la concorrenza sleale e rispondere alle reali esigenze dei consumatori e degli operatori del settore. Il prodotto made in Italy, per potersi definire tale, deve essere italiano dal campo allo scaffale, per garantire ai consumatori finali, oltre alla qualità, anche la tracciabilità e la provenienza della materia prima. Ricordo anche all'Assemblea che il settore lattiero-caseario conta circa 34 mila imprese produttrici, la maggioranza delle quale di dimensioni ridotte in termini di produzione e capi di allevamento. Nel solo 2015 sono state più di mille le stalle che hanno chiuso la loro attività, delle quali il 60 per cento in montagna. Gli allevatori hanno necessità di una programmazione e di certezza dal punto di vista industriale e non solo di sussistenza. Oggi abbiamo aziende che, dal punto di vista strutturale, sono in difficoltà e non possono fare investimenti. Le aziende producono ad un costo più alto di quanto vendono e rischiano di chiudere le loro attività a causa della concorrenza dei Paesi esteri, soprattutto dell'Est Europa, che hanno costi inferiori e latte di più scarsa qualità.
  Con alcuni emendamenti avevamo, quindi, ribadito la necessità e l'urgenza dell'indicazione in etichetta dell'origine dell'ingrediente primario dell'alimento utilizzato per le produzioni, in particolare lattiero-casearie, al fine di fermare le importazioni dall'estero, che potrebbero essere poi spacciate come made in Italy, e sostenere i produttori di latte italiani, che lamentano di essere sottopagati dall'industria. Inoltre, l'articolo in questione prevede la revisione della disciplina delle sanzioni, accentrandone la competenza nel dipartimento dell'Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione delle frodi dei prodotti agroalimentari del Ministero delle politiche agricole, alimentari Pag. 79e forestali, che uniformerà a livello statale l'irrogazione delle sanzioni. In questo ambito, avevamo chiesto di poter garantire la terzietà, prevedendo una netta separazione, da un lato, delle funzioni di accertamento e, dall'altro, delle funzioni di erogazione della sanzione amministrativa, attraverso la separazione degli uffici competenti e delle relative responsabilità dirigenziali.
  In merito all'articolo 8, relativamente all'armonizzazione delle norme nazionali al Regolamento europeo in tema di commercializzazione dei prodotti da costruzione, chiedevamo di inserire, tra i criteri e principi direttivi, l'istituzione e gestione di un portale informatico, a cui si accedesse dal sito istituzionale del Ministero dello sviluppo economico per la raccolta e la pubblicazione di tutti i prodotti e i materiali per i quali è obbligatoria l'applicazione della marcatura CE. Proprio nell'ottica di dare la massima correttezza nell'informazione e nella trasparenza per quello che riguarda la regolarità nell'applicazione della certificazione dalla marcatura CE, non si capisce perché, viste anche tutte le risorse che il Ministero dello sviluppo economico ha in termini di capacità informativa, il Governo non abbia accettato la nostra proposta, che era molto semplice e chiara e che non comportava alcun costo aggiuntivo per lo Stato.
  Parliamo ora di banche: nella delega dell'articolo 9, che prevede l'istituzione di un Comitato per le politiche macroprudenziali, con funzione di indirizzo e raccomandazione e con potere di richiesta di informazioni ad enti pubblici e privati, per rafforzare la vigilanza e prevenire possibili crisi finanziarie future, si sarebbe dovuto inserire – come il nostro gruppo ha cercato di fare – anche un principio che prevedesse la vigilanza sulla tutela dei consumatori, attraverso ad esempio la compilazione di elenchi sulla solidità degli istituti bancari a fini informativi della clientela, stilati in maniera comprensibile anche per gli investitori non istituzionali.
  Contro la considerazione che un'informazione di questo tipo possa provocare degli shock finanziari, in quanto potrebbe causare delle fughe di massa di risparmiatori dagli istituti ritenuti non solidi, si deve invece tener presente che i capitali dei risparmiatori investitori non professionisti costituiscono buona parte del patrimonio bancario: motivo per cui la tutela di questi ultimi dovrebbe essere uno degli obiettivi da non dimenticare, al fine di non provocare una crisi di fiducia nei confronti dell'intero sistema, ben più grave perché suscettibile di poter creare crisi di portata ben più ampia.
  Ancora, relativamente all'articolo 10, che prevede un adeguamento del quadro normativo al regolamento sulle commissioni interbancarie e sulle operazioni di pagamento basate su carta, si deve innanzitutto considerare che la legge di stabilità 2016 ha ulteriormente esteso il limite già previsto di 30 euro quale importo minimo oltre il quale si rende obbligatorio per gli esercenti accettare il pagamento elettronico da parte del cliente, a pagamenti elettronici anche di importo inferiore a 5 euro, prevedendo anche delle sanzioni che si sarebbero dovute applicare a partire dall'aprile 2016. Si rende necessaria una revisione della disciplina in merito alle commissioni bancarie e alle spese di liquidazione trimestrale, al fine di imporre al sistema bancario una normativa più equa e garantista nei confronti dei clienti, assicurando l'azzeramento, o almeno la netta riduzione delle commissioni per i pagamenti elettronici, e il relativo costo del dispositivo per commercianti professionisti.
  L'articolo 13, relativo ai conti di pagamento, avrebbe potuto essere una buona occasione per assicurare una maggiore trasparenza di informazione ai risparmiatori: il nostro gruppo, infatti, ha presentato emendamenti per incrementare la comprensibilità sulle offerte e i costi di tutti i prodotti bancari, normalmente non intellegibili se non per gli addetti al settore, soprattutto per i titoli rischiosi che vengono ormai venduti come comuni investimenti a risparmiatori non istituzionali. Chiedevamo inoltre di prevedere l'obbligo di gratuità di questo servizio informativo, e aggiungere l'Autorità garante Pag. 80della concorrenza e del mercato quale autorità di vigilanza sull'attuazione delle disposizioni in materia di conto di pagamento, in quanto gli istituti bancari, nonostante tutte le normative in materia di informazione e tutela dei risparmiatori, si trovano comunque in una posizione contrattuale più forte, e riescono sempre a far ricadere gli oneri sul cliente, anche quando dovrebbero tutelarlo.
  Potrei ancora continuare ad elencare cosa in questa legge di delegazione europea non va e cosa e come andava modificata, senza aver fretta di arrivare all'approvazione di oggi; ma mi limiterò ad esprimere, a nome del gruppo della Lega Nord, un voto di astensione sul provvedimento all'esame, perché comunque apprezziamo il fatto che qualche disposizione, grazie al nostro apporto, è stata migliorata, oppure potrà esserlo.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Matarrese: non mi pare sia in Aula, e allora vado oltre.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto Rocco Buttiglione. Ne ha facoltà.

  ROCCO BUTTIGLIONE. Signora Presidente, onorevoli colleghi, intendo in primo luogo reiterare un giudizio positivo sull'azione del Governo per quello che riguarda l'attuazione della legge n. 234 del 2012, che ormai è un po’ vecchia nel tempo, sono passati già un paio d'anni, e finalmente va a rodaggio e comincia a funzionare. Un segno di questo funzionamento credo sia anche il fatto che ci troviamo a discutere tempestivamente, quasi tempestivamente, il bilancio consuntivo dell'anno 2015 di questo Governo: credo che ne vada dato atto al Governo, credo che ne vada dato atto in modo particolare al sottosegretario Gozi, che oggi rappresenta il Governo in Aula. E questo è un segnale del fatto che il Governo italiano comincia a capire che la politica europea è un elemento importante, fondamentale della politica nazionale: non è qualcosa di secondario, ma di decisivo.
  E credo che occorra dire anche che il Governo – mi illudo anche tenendo conto delle sollecitazioni ricevute da quest'Aula, e anche da me personalmente sia in Commissione che in Aula – comincia ad avere una politica europea che non è né la politica remissiva di chi va a prendere ordini, né la politica di chi pensa di battere i pugni sul tavolo.
  Oddio, c’è stato un momento in cui Renzi ha dato l'impressione di voler battere i pugni sul tavolo e minacciare sfracelli; fortunatamente è rientrato. Perché ? Perché la politica europea consiste nella difesa ostinata, decisa, puntuale del proprio interesse nazionale: nessun problema a difendere il proprio interesse nazionale in Europa; ma l'interesse nazionale non lo difendi affermandolo in modo isolato, lo difendi creando una visione più complessa, più ricca, più articolata del bene comune europeo, dentro il quale anche l'interesse nazionale italiano è meglio rappresentato.
  Devo dire che il Documento presentato dal Governo sulla politica economica europea è stato un passo importante, che ha fatto guadagnare all'Italia credibilità e prestigio in Europa, perché ha formulato una proposta di politica europea. Certo, volete che il Governo italiano faccia una proposta di politica europea in cui l'interesse nazionale italiano è castigato ? No: ha fatto una proposta di politica europea in cui l'interesse nazionale italiano è ben rappresentato; ma ha creato le condizioni perché anche molti altri si possano sentire rappresentati da quella visione dell'interesse europeo, e questo è riuscito a creare un blocco il quale sta cambiando la realtà in Europa.
  Vorrei dire a quelli i quali hanno il culto dei muscoli, del battere i pugni sul tavolo e ce l'hanno con la Germania, che il clima che è cambiato in Europa è un clima all'interno del quale si è creata, anche per merito del Governo italiano – adesso, onorevole Gozi, non si monti troppo la testa: non solo per merito del Governo italiano, ma anche per merito del Governo italiano – una coalizione di forze la quale ha saputo dare l'altolà anche alla Germania, non senza l'apporto di elementi importanti della politica tedesca che si sono riconosciuti in quella visione.Pag. 81
  Questo è il metodo di fare politica europea, non le infinite litanie di attacchi né contro l'Europa, né contro la Germania: è fare proposte alternative, perché la difesa ottusa del proprio interesse isolato non passerà mai, al massimo produrrà qualche mancetta. Se vogliamo, invece, una politica europea in cui l'Italia sia a suo agio, dobbiamo prenderci la responsabilità di costruire questa politica europea: quindi, bene il Documento !

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE LUIGI DI MAIO (ore 17,40)

  ROCCO BUTTIGLIONE. Certo, noto con piacere che il Documento ha accolto una cosa su cui questo Parlamento a lungo è stato esitante: il Ministro delle finanze europeo ! Abbiamo bisogno di un Ministro delle finanze europeo, per realizzare un grande scambio.
  Non ho paura a dirlo: il grande scambio è quello tra politiche forti europee di investimento, anche con la creazione di un debito pubblico europeo, i famosi eurobond, le quali devono essere però bilanciate da una autorità sui bilanci dei singoli Stati, che garantisca che essi non «smarginino» e non vadano oltre che i limiti di quanto è previsto dai Trattati. Questo non è chiarissimo nel nostro Documento, però vedo che si è fatto un passo importante in questa direzione; e questo vuol dire, io credo, molte cose, una delle quali la capacità di procedere con prudenza.
  Non ho, invece, molto apprezzato l'idea contenuta nel documento sulle migrazioni, di mettere lì gli eurobond: è una provocazione inutile, signor sottosegretario. Gli eurobond arriveranno quando avremo risolto quel nodo lì, è inimmaginabile che vengano fatti... In che contesto ? Chi poi provvede al servizio del debito che si crea, e chi provvede a rimborsare il debito che in questo modo si crea ? Non è pensabile. Anche perché le politiche lì contenute si svilupperanno nel tempo: in una prima fase è largamente sufficiente arrivare alla famosa revisione di mezzo termine del bilancio dell'Unione europea.
  Mi ha fatto piacere che questa cosa, che non ha detto il Governo italiano, l'abbia detta invece Schäuble, replicando al Governo italiano e dicendo: il Documento non è male, le cose dette sono le cose giuste, quanto al finanziamento certo bisogna provvedere; no gli eurobond, ma sì la revisione di mezzo termine. E facciamola questa revisione di medio termine ! Quando abbiamo fatto quel bilancio avevamo l'acqua alla gola, eravamo messi malissimo, non avevamo soldi, e il problema dell'immigrazione non c'era ! Oggi c’è il problema dell'immigrazione, e la situazione economica non è così drammatica: siamo in condizione di poter stanziare risorse adeguate per un ambizioso piano sulle migrazioni, un piano che comprenda gli accordi con tutti i Paesi rivieraschi del Mediterraneo.
  Sarebbe bene fare una Conferenza mediterranea – se ne è fatta una a Malta, ma doveva essere l'inizio di un processo che non c’è stato –, gli accordi con i Paesi rivieraschi per il rimpatrio, gli accordi per l'immigrazione legale, gli accordi per lo sviluppo di quest'area, la polizia di frontiera comune o la guardia costiera comune – meglio l'espressione polizia di frontiera comune –, norme comuni sul diritto di asilo. Chi arriva qui deve entrare come asilo in Europa. Non in Italia o in Grecia: in Europa. E, se non ha diritto di stare in Europa, deve tornare indietro. Su questo il tempo stringe. Non demonizziamo troppo facilmente Viktor Orban: ho sentito molti attacchi contro Orban; adesso si scopre che altri politici europei fanno la stessa cosa.
  Ma perché ? Perché, se non difendiamo il confine europeo, è inevitabile che piccoli Stati posti lungo l'itinerario di marcia di enormi masse umane, senza la certezza che questo itinerario vada poi oltre il loro confine e prosegua portandole altrove, si chiudano su se stessi, ed è quello che faranno tutti, se le idee contenute in quel progetto non divengono rapidamente il contenuto di una politica europea, garanzia comune del confine. Il confine aperto non è un'opzione e la gente, in Ungheria come in Italia, in Austria come in Germania, Pag. 82non protesta contro il fatto che ci sia un confine europeo e saltino i confini nazionali; protesta contro l'idea che non ci sia più nessun confine.
  Noi dobbiamo avere le chiavi di casa nostra; poi, dobbiamo anche usarle generosamente, per aprire e permettere a chi nel mondo non ha casa di venire ad abitare presso di noi, ma chi entra dalla finestra non è bene accolto. Lo dice anche il Vangelo: dalla finestra entra il ladro, non entra l'ospite. E l'idea che noi non abbiamo le chiavi di casa nostra, non siamo in grado di chiudere il confine e di vedere chi viene, è un'idea la quale è l'alimento principale di tutti i populismi.
  Certo, un altro lato della questione sono le politiche di sviluppo sull'altro lato del Mediterraneo, ma queste avranno bisogno dei loro tempi, anche perché sono legate alla capacità di risolvere il conflitto libico ed il conflitto siriano.
  Quando faremo le politiche di sviluppo dei Paesi sull'altro lato del Mediterraneo, avremo bisogno degli eurobond, ma allora, sperabilmente, avremo affrontato e risolto l'altra questione.
  Vorrei dire ancora una cosa: attenti a prendersela con Jens Weidmann, perché Weidmann pone un problema vero; offre soluzioni sbagliate, ma pone un problema vero. Oggi noi siamo in grado di approvare questo Documento economico-finanziario perché siamo sotto droga. Vi è una droga potente, che è erogata dalla Banca centrale europea, la quale ci dà la possibilità di avere tassi a zero, praticamente. Vogliamo prepararci al giorno in cui terminerà l'erogazione di questa droga o pensiamo di andare avanti immaginando che questa sia una situazione normale, che si prolungherà per sempre nel tempo ?
  Il mandato di Draghi scade al 2019 e, se noi non diamo segnali di aver riattivato con potenza la crescita prima, è dubbio anche che Draghi sia in grado di continuare questa politica fino al 2019. Da questo punto di vista, avrei gradito nel Documento economico-finanziario più investimenti e, forse, un po’ meno di spesa in conto corrente, di spesa ordinaria.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il collega Kronbichler. Ne ha facoltà.

  FLORIAN KRONBICHLER. Grazie, Presidente. Cari colleghi, non posso, parlando dell'Europa in questo momento, non menzionare e deplorare la mostruosità che quest'oggi l'Austria, un Paese amico, ha messo in atto sul confine del Brennero (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Italiana – Sinistra Ecologia Libertà). Sta compiendo ciò che speravamo fosse solo una minaccia: sta per chiudere il Brennero con un recinto metallico, per intanto, ancora; sta rispondendo ad una crisi reale, sì, ma non esistenziale, nel modo peggiore immaginabile.
  Ringrazio la Presidente Boldrini – peccato, insomma, che non c’è più, niente contro di lei – per le parole che ha speso in proposito. Le leggo: «Non è la strada giusta – scrive – perché divide, e la resa dell'Unione europea vuol dire alzare bandiera bianca.
  Mi auguro che le autorità austriache ci ripensino». Non ho niente da aggiungere a queste parole e ringrazio la nostra Presidente. Cari colleghi, esprimo un voto che riassuma l'orientamento politico su questa legge di delegazione europea 2015, quanto mai contraddittoria. Vi sono articoli che vedono comunque degli avanzamenti nella legislazione italiana. Mi riferisco, precisamente, all'articolo 3, all'articolo 3-bis, all'articolo 4, anche l'articolo 5 ha del positivo, ma subito dopo arriviamo al problema politico maggiormente rilevante, l'articolo 6. Gli emendamenti proposti da SEL-Sinistra Italiana non sono stati accolti. Stante così, l'articolo non può che vederci ancora contrari.
  Il giudizio su questo articolo flette il giudizio sull'intero provvedimento, che non potrà, quindi, essere positivo. Una legge delega offre al Governo e al suo potente apparato legislativo la possibilità di valutare, anche in maniera migliore rispetto al Parlamento, le conseguenze del recepimento nell'ordinamento italiano delle direttive europee, ma sul passaggio del dual use, del doppio uso, contenuto, Pag. 83appunto, nell'articolo 6, questa capacità si offusca. Non sono chiari gli intenti finali perché non sono chiari i rapporti di forza fra produzione e consumo di questi prodotti. L'opacità del dual use rende la diffidenza sulla semplificazione delle procedure di autorizzazione ancora più acuta. Troppe storture abbiamo già visto relative all'eccesso di delega data al Governo o che il Governo si è semplicemente preso dal Parlamento.
  Come in questo caso dove ci si spinge fino a prevedere semplificazioni, cosiddette semplificazioni, razionalizzazioni e riduzioni di oneri a carico delle imprese, quando, invece, la normativa europea non si occupa per niente di tutto questo. Anzi, voglio sottolineare che la relazione illustrativa è conforme al dettato normativo europeo, ma, poi, l'articolato del provvedimento prevede tutt'altro. Per l'industria, per esempio, degli armamenti si parla di vere e proprie riduzioni di oneri a carico delle imprese stesse e non si capisce affatto se questi oneri, poi, finiranno a carico dello Stato e dei cittadini, e quindi se andrà in qualche modo a gravare sulle tasche dei contribuenti il peso delle operazioni e delle esportazioni di armamenti.
  Anche la previsione di strumenti autorizzativi semplificati indebolisce l'efficacia della tracciabilità rispetto a prodotti quali gli armamenti. La tracciabilità, invece, è elemento fondamentale, non solo per individuare dove vanno a finire, ma anche per quanto riguarda il processo autorizzativo. Vorrei ricordare che siamo passati dal 2013 al 2014 ad un incremento del 400 per cento delle esportazioni di armi dai Paesi dell'Unione europea verso il Medio Oriente. Probabilmente, una qualche relazione logica ed economica ci sarà pure rispetto ai conflitti che in quel terreno si giocano e alla nascita di organizzazioni terroristiche così armate; altrimenti, non si riuscirebbe a spiegare come mai questo incremento si sia verificato in questi pochi anni.
  Alcune considerazioni sono, infine, necessarie in merito all'articolo 14-sexies e riguardano la SIAE. Il merito dell'articolo è impietoso verso la nostra SIAE: considerata rispetto ai principi della direttiva europea, è da considerare un feudo medievale. Il diritto di autore, in un'Europa che speriamo rimanga senza frontiere, non è più dato certo; si deve poter circolare e creare liberamente, senza il controllo asfittico delle etichette discografiche a farla da padrone.
  Liberalizzare almeno sotto i cento frequentanti di un locale dal dover pagare quello che altro non è che un balzello è una norma che non ho alcuna esitazione a definire di civiltà. Noi liberiamo in questo modo il diritto anche degli italiani, in particolar modo di quelli giovani, di poter fare imprenditoria, da un certo punto di vista, o anche solo di divertirsi senza dover avere tutte le volte sulle spalle questo peso, non solo economico ma anche organizzativo, burocratico, di cui non si sente assolutamente bisogno. Mi chiedo: possiamo fidarci di questo Governo di come userà questa delega e di come lo farà soprattutto sull'articolo 6 ? Su questo abbiamo dei dubbi. Le direttive dobbiamo recepirle presto ma soprattutto bene, per rendere il nostro ordinamento più omogeneo al suo interno e in rapporto col resto dell'Europa. Su questo, Sinistra Italiana-SEL, in coerenza con quanto detto, si asterrà su questo voto.
  Un cenno ancora alla relazione europea. Poiché noi di SEL non abbiamo presentato una nostra risoluzione, mi prendo la libertà di fare Catone il censore della situazione e mi ripeto: Ceterum censeo TTIP esse delendam. Sì, insisto sull'assoluta insensibilità del Governo riguardo ai rischi di tale cosiddetto accordo transnazionale. Quello che comporta per noi riguarda l'indegno gioco al nascondiglio che lo stesso Governo sta mettendo in scena. In proposito, continua a restare l'unica affermazione scritta, quindi ufficiale, del Primo Ministro Renzi, quella contenuta nella relazione consuntiva, secondo cui – cito testualmente – l'Accordo ha l'appoggio totale e incondizionato del Governo italiano.
  Ho già avuto modo, qui in Aula, di bollare questa affermazione come una resa incondizionata dell'Italia nei confronti Pag. 84delle amministrazioni e delle lobby economiche e finanziarie americane. Nessun Governo dell'Europa democratica – dico nessuno ! – si è fino ad ora spinto in tal modo spudorato a sbattersi non solo delle preoccupazioni della popolazione ma pure dei più autorevoli pareri, e ce ne sono ! Sempre più ci accorgiamo che è vero il contrario e, a differenza del nostro Governo, altri lo ammettono, o sono costretti ad ammetterlo; sono movimenti di base e autorevolissimi pareri a far loro cambiare rotta. L'ultimo fra questi, autorevolissimo, è della London School of Economics. Il parere risale al 2013 e fu dato in carico dallo stesso Governo britannico, l'unico – l'unico ! – parere dato in carico dal Governo. Essa è arrivata ad un giudizio negativo che più negativo non era possibile, e il Governo Cameron, come il nostro schierato a favore del TTIP, l'ottenne segreto nel cassetto, fino a questa settimana. Adesso, sulla pressione dei media più che dell'opposizione, l'ha dovuto tirar fuori, ed è un unico giudizio annientante: tanti rischi e nessun guadagno. E cosa fa il nostro Premier ? Che sia forse la brutta esperienza capitata al collega Cameron o perché impressionato dalla oceanica manifestazione »stop TTIP” del fine settimana ad Hannover, ci sono avvisaglie che, dal mini-vertice con Obama, Merkel, Cameron e Hollande, Renzi sia tornato in Italia quasi come un Saulo convertito in Paolo. Nella sua ultima uscita sul TTIP, apparsa ieri su La Stampa, si legge: siamo favorevoli all'intesa di libero scambio, a patto che vengano rispettate le nostre condizioni. A queste condizioni, signor Viceministro, firmeremmo anche noi, apprezziamo il messaggio; per credergli, però, la condizione è avere trasparenza, e trasparenza continua a non esserci. Caro Viceministro Gozi, fino a quando ci vuole vietare di prendere visione degli atti oggetto del negoziato fra Unione Europea e Stati Uniti ?
  È ormai passato mezz'anno da quando ci è stata promessa l'apertura di questa fantomatica sala lettura, reading room, e non c’è ancora traccia. Lei stesso, mesi fa, qui in Aula, su mia precisa richiesta ce l'ha ripromesso. Ecco, glielo chiedo gentilmente ancora: ci faccia vedere gli atti che firma e ce li faccia vedere possibilmente prima della firma (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Italiana – Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Grazie mille, collega Kronbichler, un minuto e diciotto secondi oltre mi sembra abbastanza.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il collega Palladino, che recupera l'intervento di prima del deputato Matarrese. Ne ha facoltà.

  GIOVANNI PALLADINO. Signor Presidente, rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi, stiamo per votare due testi – il disegno di legge delega per il recepimento delle direttive europee e la relazione consuntiva sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea – di straordinaria importanza a livello internazionale. Si tratta di documenti a testimonianza di un dibattito proficuo e di un continuo confronto, frutto dell'assunzione di responsabilità comuni e di pari diritti e opportunità per tutti i Paesi facenti parte dell'Unione.
  La legge di delegazione europea e la legge europea sono i due strumenti normativi con i quali è stata sostituita la legge comunitaria, garantendo una manutenzione delle norme generali sulla partecipazione dell'Italia alla fase ascendente e, in particolare, alla partecipazione del Parlamento. Sebbene la legge comunitaria sia stata sicuramente un successo, poiché ha rappresentato per gli operatori un punto di riferimento certo e stabile in ordine al reperimento delle forme di attuazione del diritto comunitario e, per tutti i cittadini, un meccanismo capace di garantire un'esauriente e completa informazione sull'attività dell'Unione europea, lo stesso non può dirsi a livello attuativo, dove si sono verificati ritardi ingenti, con tempi e metodi di adozione degli atti governativi estremamente lunghi.
  Con l'approvazione delle due leggi, l'obiettivo del Governo, oltre a recepire una Pag. 85serie di direttive e di altri atti dell'Unione europea, è di chiudere svariate procedure di infrazione che risultano pendenti nei confronti dell'Italia per mancato recepimento o violazione di norme europee. Ogni volta che una procedura di infrazione va avanti e diventa una condanna per l'Italia, dobbiamo pagare salatissime multe, che più vengono rimandate e più diventano pesanti. Parliamo, in caso di condanna, di decine di milioni di euro al giorno, risorse preziose che potrebbero essere impiegate nello sviluppo di quelle politiche che mirano a creare le condizioni per uscire dalla crisi economica.
  La legge di delegazione europea costituisce un provvedimento estremamente rilevante, le cui disposizioni, di natura eterogenea tra loro, si rendono necessarie per adeguare l'ordinamento giuridico italiano a quello europeo. Il risultato cui siamo arrivati è stato il frutto di un'attività parlamentare intensa, che ha portato a migliorare – e c’è voluto del tempo – questi provvedimenti, oltre a condurre l'Italia verso la sempre più forte consapevolezza dell'importanza di ottemperare agli obblighi comunitari.
  Queste premesse di carattere generale sono fondamentali per cogliere appieno la complessità del testo al nostro esame, che reca disposizioni di delega riguardanti il recepimento di tredici direttive europee, di una raccomandazione CESR e di una decisione quadro, nonché l'adeguamento della normativa nazionale a dodici regolamenti europei.
  Nell'ambito dell'esame parlamentare sono state apportate significative integrazioni al contenuto originario del disegno di legge governativo. In particolare, in materia ambientale sono stati fissati principi e criteri specifici di tre direttive: la direttiva relativa alla riduzione dell'utilizzo di borse di plastica in materiale leggero; la direttiva relativa alla qualità della benzina e dei combustibili diesel e la direttiva sulle emissioni in atmosfera da impianti di combustione medi.
  In ambito fiscale e finanziario, oltre alla soppressione dell'articolo 12, relativo alla direttiva 2014/17/UE, sui contratti di credito ai consumatori sui beni immobili residenziali, sono state inserite nell'Allegato B due nuove direttive: la direttiva 2015 relativa allo scambio automatico obbligatorio di informazioni nel settore fiscale e la direttiva riguardante la distribuzione assicurativa.
  In tema di cultura, sono stati fissati principi e criteri specifici di delega con riguardo al recepimento della direttiva 2014 sulla gestione collettiva dei diritti d'autore e dei diritti connessi sulla concessione di licenze multiterritoriali.
  L'esperienza dimostra come i ritardi o le lacune nell'attuazione della normativa europea siano ascrivibili solo in minima parte ad inerzia del legislatore o delle amministrazioni statali e regionali competenti. Nella gran parte dei casi, le difficoltà del recepimento riflettono, in realtà, sia la difficoltà a dare attuazione in tempi relativamente brevi a provvedimenti europei complessi, sia il conflitto tra norme europee, da un lato, e l'ordinamento e gli interessi nazionali, dall'altro.
  Questi fattori di criticità sono rivelatori di quello che costituisce il reale problema strutturale della partecipazione italiana all'Unione europea. Con una rinnovata e rafforzata credibilità possiamo incidere meglio su battaglie importanti di interesse nazionale e sovranazionale, come quelle sulle politiche per la crescita e la coesione sociale. Di fronte alle sfide internazionali sarebbe opportuno abbandonare le divisioni interne e presentarci ai tavoli con un'unica voce per chiedere non meno Europa, ma più Europa.
  La Relazione consuntiva sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea, riferita all'anno 2015, ci consente di verificare l'impegno del Governo a rappresentare, a livello europeo, una posizione coerente con gli indirizzi espressi dalle Camere in merito a specifici progetti o atti. La Relazione consente, inoltre, di operare una valutazione accurata dell'azione condotta nel nostro Paese a livello europeo nel 2015, concernente tutte le politiche dell'Unione.
  Nell'ambito delle politiche economiche è stata sottolineata l'esigenza del rilancio, Pag. 86della crescita e dell'occupazione in Europa, attraverso l'uso di tutti gli strumenti necessari per realizzare gli investimenti strategici, applicando con intelligenza i meccanismi sulla flessibilità di bilancio, nella prospettiva di rafforzare e completare realmente l'Unione economica e monetaria. Si è rilevata la necessità di riavviare uno stabile processo di crescita economica e sociale quale condizione indispensabile per ripristinare un ampio consenso europeo e riavvicinare effettivamente i cittadini alle istituzioni e all'Unione europea.
  In tema di politica di sicurezza e di difesa comune, il documento pone in risalto la complessità del quadro geopolitico internazionale, nonché la necessità di migliorare le capacità di pianificazione e condotta a livello strategico, integrando le componenti civili e militari per la gestione delle crisi, e segnala l'esigenza di un incremento dell'efficacia degli attuali strumenti a disposizione della politica di sicurezza e difesa comune.
  Nella XIV Commissione la collega Capua ha avuto modo di rilevare la necessità, accolta negli impegni al Governo, di destinare risorse adeguate al programma Erasmus, che costituisce uno strumento culturale fondamentale per lo sviluppo dell'identità europea, nel quadro di opportune politiche di sostegno economico alla ricerca sia nelle scienze esatte che nelle materie umanistiche.
  Come ha evidenziato in quest'Aula il sottosegretario Gozi, la relazione ha consentito di dare indicazioni dettagliate sulle risposte fornite dal Governo alle consultazioni pubbliche lanciate dalla Commissione europea e anche l'elenco di tutti gli incontri dei rappresentanti istituzionali del Governo con quelli delle istituzioni europee. Ci auguriamo che vengano tempestivamente presi in considerazione ed attuati gli impegni presi dal Governo, che vanno nella direzione di proseguire con decisione l'azione diplomatica, con particolare riguardo alla dimensione esterna all'Unione europea e alla crisi sistematica di flussi migratori.
  Sopra ogni cosa ci attendiamo da parte del Governo un impegno concreto a farsi promotore, presso le istituzioni europee, di specifiche azioni mirate ad incentivare la formazione della coscienza e della cittadinanza europea.
  Queste le ragioni per le quali il gruppo di Scelta Civica voterà favorevolmente entrambi i documenti, auspicando una tempestiva attuazione degli impegni presi dal Governo, che vanno nella direzione di un consolidamento delle azioni di sviluppo e promozione presso le istituzioni europee, di azioni mirate ad incentivare la formazione della coscienza e della cittadinanza europea.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Elvira Savino. Ne ha facoltà.

  ELVIRA SAVINO. Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, la legge di delegazione europea è costituita, come abbiamo più volte spiegato, da un insieme di deleghe legislative che il Parlamento conferisce al Governo al fine di modificare la legislazione interna in conformità con gli atti europei.
  Pertanto, ribadisco che il provvedimento, che abbiamo affrontato, è di enorme importanza, perché crea le premesse per dare attuazione nel territorio nazionale a numerose disposizioni dell'Unione, che regolano diversi settori dell'economia e della società.
  Da anni si fa riferimento all'attivazione di modalità di semplificazione e razionalizzazione nella formazione delle direttive europee e dei regolamenti, ma soprattutto è evidente la necessità di avere strumenti che anticipino la valutazione dell'impatto che il recepimento di questi atti comporta sulle diverse realtà, che i cittadini e le imprese vivono nella loro quotidianità. Per troppo tempo abbiamo recepito norme dell'Unione europea quasi in maniera automatica, senza valutare in modo coerente e organico l'impatto sulla nostra legislazione e sulla vita reale dei cittadini. La stessa Commissione si è resa conto che la valutazione dell'impatto è il concetto Pag. 87chiave, se non si vuole continuare a emanare regolamenti lontani, astrusi e scollegati dalle reali necessità dei cittadini europei, che sentono, evidentemente, queste istituzioni sempre più lontane e che hanno invece bisogno di vivere e lavorare in un quadro giuridico certo, non penalizzante, né, tanto meno, burocraticamente insostenibile.
  È bene chiarire che nessuno di noi è contrario agli adempimenti degli obblighi che discendono dalla nostra appartenenza all'Unione europea, ma ribadisco che noi di Forza Italia siamo altrettanto convinti che questi obblighi vadano negoziati, anche con le parti sociali e le categorie professionali nella cosiddetta fase ascendente, cioè nella redazione e nella negoziazione delle norme in sede europea, soprattutto quando queste stesse norme incidono sui diritti intangibili e costituzionalmente garantiti, come il diritto, per esempio, al risparmio.
  Quando il Parlamento conferisce una delega al Governo, e questo succede ogni volta che si vota la legge di delegazione europea, cerca di mettere dei paletti, dei criteri, che l'Esecutivo deve seguire nell'attuare la delega, ma, purtroppo, nelle pieghe dell'iter governativo, il più forte, o chi ha i migliori rapporti con il Governo stesso, riesce sempre a piegare qualche norma a proprio favore. È compito di noi parlamentari dell'opposizione vigilare ed è compito nostro assumerci la responsabilità di bloccare tentativi di questo genere, che spesso sono nascosti in tecnicismi difficili da individuare; è stato il caso del decreto legislativo sulla cosiddetta «direttiva mutui», frutto della legge di delegazione europea per il 2014, che siamo riusciti a far correggere in due punti qualificanti.
  Il Governo, infatti, sul «decreto mutui», messo alle strette, per così dire a furor di Parlamento, ha perlomeno previsto che il decreto legislativo di attuazione della direttiva non sia retroattivo, mettendo al sicuro le migliaia di mutui stipulati dai cittadini nel passato, e ha accettato di portare da 7 a 18 le rate mensili non pagate, anche non consecutive purtroppo, sufficienti alla banca per pignorare la casa senza passare dal tribunale. Si tratta di un anno e mezzo di rate non pagate su mutui trentennali, è un'inezia evidentemente ! Una vergogna ! L'ennesimo regalo del Governo Renzi alle banche ! Così lo ha definito il presidente del maggior comitato di difesa dei consumatori. Le banche, dunque, potranno vendere le case dei cittadini senza passare dal tribunale !
  Prima, fino all'adozione di questo decreto legislativo, la normativa tutelava la parte debole, ossia il debitore, prevedendo il ricorso al tribunale in caso di morosità sul mutuo, allo scopo di valutare le situazioni soggettive degli utenti, ma adesso le nuove norme cancellano le tutele previste dal nostro ordinamento, portando enormi distorsioni al mercato, con mutui che saranno concessi solo previa accettazione della clausola sulla vendita diretta dell'immobile, anche se il decreto prevede che tale clausola sia facoltativa, ma, evidentemente, diventerà un obbligo. Il rischio è una vera e propria emergenza abitativa, con migliaia di famiglie che potrebbero rimanere senza casa, in un Paese dove l'abitazione principale di proprietà è il fondamentale asset familiare e sociale.
  Questo si aggiunge alle norme sul bail-in, perché, se è vero che esistono le norme di trasparenza bancaria, il recepimento della direttiva, avvenuto nel corso dell'approvazione della legge di delegazione europea per il 2014 con il nostro voto contrario, ha messo centinaia di risparmiatori sul lastrico.
  Forza Italia ha denunciato con forza gli effetti devastanti che avrebbe avuto il recepimento di una simile direttiva. Gli avvertimenti delle opposizioni sono rimasti, però, inascoltati, e, in una fase immediatamente successiva, a partire dallo scorso autunno, l'impatto si è sentito forte e chiaro, con le conseguenze che abbiamo tutti quanti conosciuto.
  Nell'introdurre i delicati cambiamenti, a livello europeo, sul tema delle crisi bancarie, non si è prestata sufficiente attenzione alla fase di transizione. È evidente, infatti, come in quel caso il nostro Governo, in Europa, avrebbe dovuto sostenere con forza che un'applicazione immediata Pag. 88e, soprattutto, retroattiva dei meccanismi del bail-in avrebbe potuto comportare rischi per la stabilità finanziaria, oltre che un aumento del costo e una rarefazione del credito all'economia.
  Sarebbe stato, quindi, preferibile un passaggio graduale e meno traumatico, tale da permettere ai risparmiatori di acquisire piena consapevolezza del nuovo regime e di orientare le loro scelte di investimento in base a questo mutato scenario.
  Devo dire che non è semplice mantenere un atteggiamento cooperativo con questo Governo nemmeno sulle questioni su cui sarebbe auspicabile una convergenza istituzionale e rapporti univoci con gli altri Paesi. Non è facile, perché spesso questo Governo cambia posizione, dalla sera alla mattina, o perché i suoi componenti si smentiscono a vicenda.
  Nel caso specifico di questa legge di delegazione europea ci siamo trovati con pareri diversi sugli stessi emendamenti a seconda di chi partecipasse al Comitato dei nove. Ci siamo trovati con emendamenti che recepiscono intere direttive presentati da deputati e non dai relatori, in modo che non potessero essere subemendati e sono sparite intere direttive da recepire.
  Ma, al di là dei casi specifici come questo, io vorrei proporre un metodo nuovo, un cambio di passo, un metodo che privilegi la ricerca delle soluzioni più adatte per lo sviluppo e che questa ricerca non sia condizionata continuamente dalla preoccupazione di un'ipotetica apertura di una procedura di infrazione, né dalle necessità del Governo di recepire quello che fa più comodo alla sua parte politica, ma solo dall'esigenza di dare risposte specifiche ed efficaci ai cittadini e alle imprese, ovviamente all'interno di un ragionevole insieme di regole comuni, con interventi mirati sin dalla fase di formazione delle direttive.
  Nel corso del mio intervento in discussione generale, oltre al caso del recepimento della direttiva sul bail-in, su cui gli errori del Governo Renzi, come ricordavo prima, in particolare nella fase discendente di recepimento, sono stati più che evidenti, avevo citato anche il caso del recepimento della direttiva cosiddetta Bolkestein. Il Viceministro Gozi ha prontamente replicato, quel giorno, attribuendo al Governo Berlusconi, che ne ha curato il recepimento, la mancanza di valutazioni in merito all'impatto che avrebbero avuto quelle norme sui nostri imprenditori e sui nostri territori. Ebbene, e mi rivolgo al Viceministro, che tra l'altro era presente nel corso dell'elaborazione di quella normativa come membro del Gabinetto dell'allora Presidente della Commissione europea Romano Prodi, il mio invito non polemico era ed è più generale ad un maggior protagonismo del Governo italiano in Europa. In questa circostanza sono d'accordo con lei, Viceministro: questo tema deve riguardarci tutti, poiché si tratta dell'interesse generale del Paese e la logica della normale contrapposizione nell'ambito della discussione politica tra maggioranza e opposizione deve lasciare spazio ad una più ampia condivisione delle problematiche che riguardano l'Italia, per rendere la negoziazione in Europa, anche in una fase successiva al recepimento delle stesse direttive (proprio come l'esempio, che avevo citato in discussione generale, della Spagna nel caso della riforma della legge costiera del 2012) pienamente legittimata e quindi sicuramente più forte nel far valere le nostre specificità. Se è vero, infatti, che l'orizzonte è necessariamente e inevitabilmente quello europeo, non possiamo trascurare in alcun modo le esigenze concrete dei nostri territori, dei nostri cittadini, delle nostre imprese, sino alla fase di formazione della normativa comunitaria, facendo valere la nostra posizione in tutte le sedi opportune.
  Più in generale, come abbiamo avuto modo di rilevare anche nella risoluzione presentata alla relazione consuntiva sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea, è comunque necessario rafforzare la posizione negoziale dell'Italia anche attraverso iniziative tese ad aggregare gli interessi dell'area euromediterranea dell'Unione ancora soccombenti rispetto alle politiche europee a trazione dei Paesi del Pag. 89nord Europa, influendo concretamente sulle decisioni chiave di governance dell'area dell'Unione. Un'area che purtroppo sembra essere orientata verso un'unione economica, bancaria e di bilancio, senza una progressione parallela dell'unione politica e che pertanto vede crescere la forza di una burocrazia comunitaria sempre più invadente, priva del necessario contro-bilanciamento politico e, quindi, democratico.
  Per tutti questi motivi e con l'auspicio che rivolgo al Viceministro Gozi di una sempre maggiore collaborazione su questi temi, ci asterremo nella votazione di questo provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il collega Battelli. Ne ha facoltà.

  SERGIO BATTELLI. Grazie, Presidente. Come ormai è ben noto, la legge di delegazione europea è uno dei due strumenti di adeguamento all'ordinamento dell'Unione europea introdotti dalla legge n. 234 del 24 dicembre 2012, che ha attuato una riforma organica delle norme che regolano la partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea.
  La legge di delegazione europea contiene le disposizioni di delega necessarie per il recepimento delle direttive e per l'adeguamento della normativa nazionale agli altri atti dell'Unione europea.
  L'articolo 32 della succitata legge stabilisce che, nell'esercizio delle deleghe legislative conferite, il Governo è tenuto al rispetto dei principi e criteri generali di delega, nonché degli specifici principi e criteri direttivi aggiuntivi eventualmente stabiliti della legge di delegazione europea.
  Appare, pertanto, evidente come nella ratio del legislatore, le deleghe in bianco, ovvero senza alcun principio o criterio direttivo specifico, tanto care al Governo, dovrebbero essere residuali e riguardare materie precipue. In linea generale, l'obiettivo dovrebbe essere una sostanziale e incisiva partecipazione del Parlamento al recepimento delle norme dell'UE. Infatti l'Unione utilizza le direttive esattamente per questo scopo: permettere un recepimento adeguato allo Stato membro in cui le norme verranno applicate. Coinvolgere e dialogare con il Parlamento, al fine di prendere decisioni condivise in merito al recepimento di queste direttive, fa parte di quel percorso volto a sanare il deficit democratico dell'Unione europea. Si tratta della partecipazione attiva dei rappresentanti dei cittadini a quella fase discendente che, abbinata ad un'efficiente ed efficace azione sulla fase ascendente, intende e permette il coinvolgimento dei cittadini italiani nella formazione delle norme dell'Unione.
  L'esame in sede referente del disegno di legge presso la XIV Commissione, recante la delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea, legge di delegazione per il 2015, è stato avviato nella seduta dell'11 febbraio 2016 e si è concluso il 12 aprile 2016. Appare necessario sottolineare però che, a fronte di due mesi in cui il provvedimento è stato all'esame della Commissione referente e di quelle di merito, non è conseguito un reale lavoro conoscitivo e di approfondimento delle deleghe contenute nel testo. Alcune audizioni sono state organizzate, ma di corsa e spesso in ritardo; sostanzialmente inutili per una vera istruttoria del provvedimento. Ci duole profondamente dover ribadire, ancora una volta, la poca attenzione e la noncuranza con cui provvedimenti così importanti passano per il Parlamento, con il connivente avallo del Governo ad ignorare questi provvedimenti al fine di ottenere totale carta bianca.
  Infine, sarebbe importante ricordare come in questi testi si fornisca la delega al Governo per interventi di natura sostanziale del nostro ordinamento, che spesso incidono profondamente sulla vita dei cittadini. Ricordiamo in tal senso, a mero titolo di esempio, la direttiva sul bail-in nella delegazione per il 2014 o la direttiva Pag. 902004/17/UE, che contiene la ben nota questione del pignoramento dei beni immobili in caso di mancato pagamento.
  Parimenti una totale chiusura al dialogo è riscontrabile nella valutazione politica che il Governo ha dato degli emendamenti, rifiutando anche le modifiche migliorative che abbiamo proposto, guidato unicamente da ragione politica e non dall'intenzione di migliorare norme da recepire.
  Lamentabile appare anche la modalità con cui sostanziali modifiche sono state apportate molto tardi nell'esame del provvedimento, contribuendo, anche attraverso questa modalità, ad esautorare il ruolo fondamentale che invece il Parlamento dovrebbe avere, contemperando tutte le realtà della società civile e quindi tutti i cittadini.
  Nell'ambito dell'esame parlamentare sono state apportate significative integrazioni al contenuto originario del disegno di legge governativo attraverso l'inserimento di ulteriori direttive per il recepimento nell'ordinamento nazionale e l'introduzione di principi e criteri specifici di delega. A seguito delle modifiche e integrazioni apportate nel corso dell'esame, il testo del disegno di legge sottoposto all'esame dell'Assemblea si compone di diciannove articoli riferiti a specifiche materie e di due allegati contenenti rispettivamente due direttive l'allegato A, e dieci direttive l'allegato B, da recepire con decreto legislativo.
  L'articolato del disegno di legge di delegazione europea 2015 reca disposizioni di delega riguardanti recepimento di tredici direttive europee, di una raccomandazione CERS e di una decisione quadro, nonché l'adeguamento della normativa nazionale a dodici regolamenti europei. Il Governo è stato, inoltre, autorizzato al recepimento di una direttiva in via regolamentare.
  Entrando nel dettaglio del testo, vorrei soffermarmi in particolare su due norme da recepire. L'articolo 4 delega il Governo ad emanare decreti legislativi sull'etichettatura e informazione sugli alimenti ai consumatori in tema di rintracciabilità dello stabilimento di origine del prodotto ed in ordine all'apparato sanzionatorio per l'adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) n. 1169/2011, del 25 ottobre 2011, del Parlamento europeo e del Consiglio, relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori. I principi e i criteri specifici introdotti nel comma 2 consistono nella previsione obbligatoria della sede dello stabilimento di produzione o, se diverso, di confezionamento, in riferimento alle sole produzioni nazionali di alimenti, e la revisione della disciplina delle sanzioni, accentrando nella competenza del Dipartimento dell'ispettorato centrale della tutela della qualità e delle repressione delle frodi nei prodotti agroalimentari del MIPAAF.
  Dulcis in fundo, lasciatemi approfondire gli aspetti legati al recepimento della direttiva 2014/26/UE, sulla gestione collettiva dei diritti di autore e dei diritti connessi e sulla concessione di licenze multiterritoriali per i diritti su opere musicali per l'uso online del mercato interno e sulla connessa questione dei diritti d'autore. Potevamo veramente cambiare le cose con questa legge di delegazione, potevamo utilizzarla per uscire finalmente dal monopolio di cui SIAE gode da 75 anni in questo Paese.
  Ricordiamo sempre che SIAE ha il monopolio in questo Paese, come solo due Paesi in Europa: noi e la Repubblica Ceca, solo due (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle), questo è bene ricordarlo ! Oggi potevamo votare una norma, un emendamento, che finalmente ci liberava dal monopolio della SIAE e non è stato fatto. Sappiamo tutti quanto SIAE sia una struttura obsoleta, piena di ombre, quanti bilanci siano completamente strani, truccati, quanti immobili abbia SIAE – e ha sempre conti in rosso ! –, quanto sia alta la quota di iscrizione a SIAE: 260 euro, una delle più alte d'Europa !
  In questi giorni ci sono state mobilitazioni, che hanno chiesto al Ministro Franceschini di rivedere immediatamente Pag. 91quello che stava facendo il Parlamento. Potevamo davvero uscire dal monopolio, potevamo farlo con un emendamento; un emendamento del MoVimento 5 Stelle permetteva di farlo, ma non è stato fatto, perché la direttiva parlava chiaro: autori ed editori devono poter essere liberi di scegliere la società di intermediazione dalla quale farsi rappresentare (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Ma questo era molto chiaro, si era capito, ma voi non l'avete voluto fare.
  SIAE ha uno statuto folle, che è stato portato avanti in regime di commissariamento durante il Governo Monti. Durante il Governo Monti è stata chiesta alla Commissione cultura un'indagine conoscitiva, che è sparita ! È sparita, è stata affossata, non è più andata avanti ! Quindi, questa è SIAE oggi. A SIAE oggi doveva essere tolto il monopolio e questo non l'avete voluto fare (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle), mentre potevamo farlo e la direttiva europea ci dava la possibilità di farlo. Questo non lo avete voluto fare e noi andremo avanti su questa questione: il monopolio della SIAE va abolito ora e per sempre, questo dovete mettervelo in testa (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Chiudo citando le risoluzioni e dichiaro il nostro voto favorevole sulla risoluzione del MoVimento 5 Stelle, il voto di astensione sulla risoluzione presentata da Ciracì, voteremo contro la risoluzione della maggioranza, Bergonzi, e voteremo anche contro la risoluzione Occhiuto ed altri (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la collega Camani. Ne ha facoltà.

  VANESSA CAMANI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, rappresentanti del Governo, dichiaro fin da subito, a nome del Partito Democratico, il voto favorevole alla legge di delegazione 2015. Voteremo a favore guardando all'interesse nazionale e con la responsabilità piena di una forza politica convintamente europeista. Siamo certamente consapevoli delle fragilità che le istituzioni comunitarie mostrano in questa fase e di come quello che stiamo vivendo rappresenti, probabilmente, uno dei momenti più difficili della storia dell'Unione. La possibilità che la Gran Bretagna decida di abbandonare il sistema continentale, la costruzione di muri fra gli Stati e la persistente minaccia terroristica minano alle fondamenta il processo di integrazione europeo.
  Proprio di fronte a questo quadro internazionale, sentiamo ancora più forte la necessità di ancorare i valori e i principi che stanno alla base dell'ideale europeo a scelte coraggiose che accelerino l'integrazione e rafforzino le tutele dei cittadini europei.
  Questo provvedimento si inserisce pienamente nel percorso convinto e puntuale che Governo e Parlamento stanno praticando per dare piena attuazione alle opportunità connesse all'appartenenza e alla partecipazione dell'Italia all'Unione europea.
  Esprimiamo, dunque, apprezzamento per l'impegno del Governo di investire con costanza energie e risorse nel percorso di avvicinamento della normativa nazionale a quella comunitaria: una scelta che riteniamo strategica e qualificante, rafforzata durante il semestre di Presidenza italiana e ribadita con determinazione e rigore in tutti questi anni.
  Questa scelta fondante del Governo e fortemente sostenuta dal Partito Democratico ci ha consentito, nel corso di questa legislatura, di portare in Aula tre leggi di delegazione e tre leggi europee e di chiudere numerose procedure di infrazione.
  Anche il fatto di aver scelto di utilizzare pienamente le novità introdotte dalla legge n. 234 del 2012 rappresenta una decisione certamente faticosa, ma che giudichiamo profondamente positiva. Predisporre sia la legge europea, sia la legge di delegazione, dividendo così il momento del recepimento delle direttive da quello più stringente relativo al superamento del contenzioso Pag. 92europeo, e il fatto di procedere presentando simultaneamente due provvedimenti alla Camera e al Senato, costituiscono a nostro giudizio scelte intelligenti che consentono di velocizzare il percorso legislativo, evitando passaggi a vuoto e garantendo al contempo l'approfondimento e l'analisi necessari.
  Anche in riferimento alla legge di delegazione 2015 si è generato un confronto proficuo tra l'istituzione parlamentare e l'Esecutivo, che ci consente oggi di sottoporre alla valutazione dell'Aula un testo migliorato rispetto alla proposta iniziale del Governo, ampliato nei contenuti e più efficace nell'azione. L'Italia, sia in riferimento al contenzioso europeo, sia in riferimento alla velocità di recepimento degli atti normativi comunitari, si avvicina finalmente al normale livello fisiologico degli altri grandi Stati europei.

  PRESIDENTE. Colleghi, il tono della voce, per favore. Un po’ di rispetto per la collega che sta parlando.

  VANESSA CAMANI. Grazie, Presidente.
  La direzione, dunque, signor Presidente, a nostro giudizio è quella giusta. Abbiamo finalmente superato la fase che ci ha visti impegnati nel recuperare il ritardo accumulato in passato e ci accingiamo ad entrare nel vivo della partita, cominciando finalmente ad affrontare atti normativi negoziati in sede europea direttamente da questo Governo. Ricordiamo, infatti, come il recepimento delle direttive e l'applicazione dei regolamenti rappresenti solo la fase finale e discendente del processo legislativo comunitario.
  Se dunque è importante adeguare velocemente la normativa nazionale a quella europea, ancor più strategico, dal punto di vista politico, è poter partecipare con autorevolezza e credibilità alla fase negoziale di queste stesse decisioni. Con questo provvedimento, unitamente alla legge europea, dimostriamo all'Europa di essere in grado di mantenere gli impegni e contribuiamo ad accrescere l'importanza del ruolo che l'Italia potrà esercitare nella composizione delle grandi sfide che oggi si pongono al centro dell'agenda politica europea.
  Non semplifichiamo, dunque, la lettura di questo passaggio riducendolo a mero adempimento burocratico a cui ci obbligano le regole della partecipazione all'Unione. Esso costituisce, al contrario, un efficace strumento politico, attraverso cui gli obiettivi, i principi, i valori della Comunità europea si realizzano, uno strumento che traduce in misure concrete la grande opportunità che l'Europa rappresenta per tutti i cittadini.
  Con la legge di delegazione 2015 mettiamo i cittadini e le imprese italiane nella condizione di poter beneficiare, al pari degli altri cittadini europei, dei maggiori diritti e delle migliori garanzie che le normative comunitarie prevedono, in virtù della capacità dell'Europa di poter rispondere meglio dei singoli Stati membri alle aspettative delle persone: in primo luogo, per l'importanza strategica che rivestono le tematiche qui contenute; in materia ambientale, con l'impegno ad adottare misure per una riduzione sostenuta dell'utilizzo delle borse di plastica, con interventi relativi alla qualità di benzina e carburanti diesel e quelli volti alla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili, e con il recepimento della direttiva che limita le emissioni in atmosfera di alcuni inquinanti; ma anche con il recepimento di atti che incidono direttamente sulla qualità della vita di cittadini e sulle opportunità per le nostre imprese. Anche sul versante di interesse delle imprese si introducono principi normativi utili, affinché il nostro sistema produttivo possa sfruttare al meglio le opportunità del mercato unico europeo, investendo così su innovazione e crescita.
  E sono molti altri, signor Presidente, gli ambiti di intervento di questo provvedimento, che delega il Governo su questioni molto rilevanti in materia finanziaria, nel settore della giustizia e nel comparto culturale, come l'intervento sui diritti d'autore Pag. 93e il ruolo di SIAE: un intervento frutto di un percorso di mediazione, che ha aperto una discussione importante e un confronto utile che riteniamo debba proseguire.
  La legge di delegazione, dunque, rappresenta un pezzo importante della strategia italiana per l'Europa, un pezzo di quel pensiero lungo che il nostro Paese ha riportato con determinazione nelle sedi comunitarie, come illustrato con precisione nella Relazione consuntiva sulla partecipazione dell'Italia all'Unione.
  Abbiamo ben chiari gli obiettivi che l'Europa dovrà raggiungere nei prossimi anni: accelerare sugli investimenti strategici, rafforzare l'unione economica e monetaria e completare l'unione finanziaria, sostenere con convinzione la ripresa dell'economia reale e il rilancio dell'occupazione; sarà necessario definire con celerità una politica di sicurezza e difesa comune e promuovere con determinazione un approccio integrato per i fenomeni migratori in atto.
  Ma siamo anche consapevoli, signor Presidente, che il terreno dello scontro non è semplicemente quello relativo ai singoli negoziati: sullo sfondo dei dibattiti contingenti e delle pubbliche opinioni pesa la crisi profonda che l'Unione sta attraversando. Di fronte a squilibri sociali ampi e a difficoltà economiche diffuse, per riavvicinarci all'Europa dobbiamo percorrere una strada nuova, dobbiamo scegliere un approccio nuovo, in grado di rifondare il senso di cittadinanza europea. I Governi nazionali e le forze politiche troppo spesso parlano solo al proprio pubblico, senza pensare ad un futuro in comune: cavalcano il sentimento di insicurezza e sfiducia, senza saper guardare oltre la propria frontiera. Questo approccio probabilmente potrà produrre qualche risultato in termini elettorali, ma rappresenta la fine della politica come strumento per organizzare la società e costruire legami democratici.

  PRESIDENTE. Colleghi, il tono della voce, per favore.

  VANESSA CAMANI. E la politica così diventa clava, e sotto i colpi di questa clava rischia di crollare anche il sogno europeo.
  Le difficoltà delle istituzioni comunitarie nascono e si alimentano, dunque, anche da una crisi di politica e di pensiero, una crisi esplosa proprio dal cuore pulsante dell'Europa, l'economia, e che si è estesa anche in altri terreni: dall'incapacità di dare corpo ad una politica estera europea, all'indisponibilità di molti Paesi a collaborare nell'affrontare l'emergenza profughi; perché è evidente che chi oggi respinge i migranti sta in realtà respingendo l'Europa come luogo in cui trovare soluzioni comuni.
  Votando a favore della legge di delegazione e approvando la risoluzione Bergonzi sulla Relazione consuntiva sulla partecipazione dell'Italia all'Unione, il Partito Democratico rinnova il proprio impegno affinché l'Europa torni ad essere strumento reale di coesione e di pace, in grado di creare una nuova ragione sociale comune.
  Siamo consapevoli che spesso fanno più rumore le divisioni rispetto alle intese raggiunte, ma il Partito Democratico non si è mai sottratto alle sfide ambiziose. Sulla nostra idea di Europa vogliamo fare la nostra scommessa, e sosterremo il governo e l'Italia nella costruzione della nuova Europa quale grande progetto di responsabilità, opportunità e solidarietà (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, la collega Locatelli. Ne ha facoltà.

  PIA ELDA LOCATELLI. Signor Presidente, intervengo per condividere con l'Aula una profonda preoccupazione ed una raccomandazione: mai come oggi la casa europea, nata sugli ideali di democrazia, libertà e anche accoglienza dei padri fondatori, vede tremare le sue fondamenta. La comunità che ha sancito la libertà di circolazione delle merci, ma soprattutto delle persone, oggi si sta chiudendo Pag. 94in se stessa, innalza muri e barriere e, invece di accogliere chi scappa da guerre e dalla violenza, respinge.
  È di ieri l'orribile voto alla Camera dei Comuni del Regno Unito, che ha bocciato il provvedimento per accogliere 3 mila bambini siriani soli o rimasti orfani, condannandoli a restare nel centro di accoglienza di Calais; è di oggi la conferma della decisione unilaterale di chiudere in qualche modo il Brennero.
  Non è questa la nostra Europa, un'Europa dove sono sempre più presenti derive razziste e xenofobe. Noi che crediamo all'Europa e ai suoi valori fondanti, dobbiamo tenere presente, tenere a mente la lezione che ci è venuta domenica dall'Austria: è sbagliato rincorrere i voti facili, che comunque non raccoglieremmo, perché l'originale è sempre migliore della copia. L'Italia è rimasta fedele allo spirito originario e la messa a punto del Migration compact può contribuire a gestire efficacemente i flussi migratori, rimanendo coerenti agli ideali europei. Questa nostra iniziativa è motivo di orgoglio, andiamo avanti su questa strada senza mai deragliare (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) – Liberali per l'Italia (PLI)) !

  PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.

(Coordinamento formale – A.C. 3540-A)

  PRESIDENTE. Se non vi sono obiezioni, la Presidenza si intende autorizzata al coordinamento formale del testo approvato.
  (Così rimane stabilito).

(Votazione finale ed approvazione – A.C. 3540-A)

  PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.
  Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul disegno di legge n. 3540-A, di cui si è testé concluso l'esame.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Cicchitto, Brunetta, Giacomoni, Melilla, D'Incà, Epifani, Busto, De Rosa...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:
  «Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea – Legge di delegazione europea 2015» (3540-A):

   Presenti  493   
   Votanti  394   
   Astenuti   99   
   Maggioranza  198   
    Hanno votato  314    
    Hanno votato no   80.

  La Camera approva (Vedi votazioni).

  (La deputata Elvira Savino ha segnalato che avrebbe voluto astenersi. Il deputato Gutgeld ha segnalato di non essere riuscito ad esprimere voto favorevole).

Seguito della discussione del documento: Relazione consuntiva sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea per l'anno 2015 (Doc. LXXXVII, n. 4) (ore 18,35).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del documento: Relazione consuntiva sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea per l'anno 2015 (Doc. LXXXVII, n. 4).
  Ricordo che sono state presentate le risoluzioni Bergonzi, Buttiglione, Capua, Sberna ed altri n. 6-00232, Occhiuto ed Elvira Savino n. 6-00233, Ciracì ed altri n. 6-00234, Battelli ed altri n. 6-00235 riferite alla Relazione consuntiva sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea per l'anno 2015 (Vedi l'allegato A – Risoluzioni).Pag. 95
  Avverto la risoluzione Bergonzi, Buttiglione, Capua, Sberna ed altri n. 6-00232 è stata sottoscritta anche dalla deputata Pia Elda Locatelli.

(Parere del Governo – Doc. LXXXVII, n. 4)

  PRESIDENTE. Ricordo che ai sensi dell'articolo 126-ter, comma 7, del Regolamento, deve essere votata per prima la risoluzione accettata dal Governo. Chiedo, quindi, al rappresentante del Governo quale risoluzione intenda accettare.

  SANDRO GOZI, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, il Governo accetta la risoluzione Bergonzi, Buttiglione, Capua, Sberna ed altri n. 6-00232, e, se viene riformulata eliminando la terza e la quinta premessa, la risoluzione Ciracì ed altri n. 6-00234; è contrario alle altre risoluzioni.

(Votazioni – Doc. LXXXVII, n. 4)

  PRESIDENTE. Risulta alla Presidenza che tutti i gruppi abbiano rinunciato alle dichiarazioni di voto.
  Ricordo che, come da prassi, le risoluzioni saranno poste in votazione per le parti non assorbite o non precluse dalle votazioni precedenti.
  Avverto che i presentatori accettano la riformulazione proposta dal Governo della risoluzione Ciracì ed altri n. 6-00234.
  Avverto che, essendo state accettate dal Governo sia la risoluzione Bergonzi, Buttiglione, Capua, Sberna ed altri n. 6-00232 sia la risoluzione Ciracì ed altri n. 6-00234 come riformulata, le stesse verranno poste in votazione per esprimere secondo il rispettivo ordine di presentazione.
  Passiamo quindi ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione Bergonzi, Buttiglione, Capua, Sberna, Locatelli ed altri n. 6-00232, accettata dal Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Cicchitto, Brunetta, Ciprini, Capelli, Elvira Savino, Benamati...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  500   
   Votanti  457   
   Astenuti   43   
   Maggioranza  229   
    Hanno votato  321    
    Hanno votato no  136.

  La Camera approva (Vedi votazioni).

  (Il deputato Gutgeld ha segnalato di non essere riuscito ad esprimere voto favorevole).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione Ciracì ed altri n. 6-00234, accetta dal Governo, come riformulata su richiesta del medesimo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  497   
   Votanti  369   
   Astenuti  128   
   Maggioranza  185   
    Hanno votato  369.

  La Camera approva (Vedi votazioni).

  (Il deputato Gutgeld ha segnalato di non essere riuscito ad esprimere voto favorevole).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione Occhiuto e Elvira Savino n. 6-00233, con il parere contrario del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Frusone, Pellegrino...Pag. 96
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  499   
   Votanti  467   
   Astenuti   32   
   Maggioranza  234   
    Hanno votato   73    
    Hanno votato no  394.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  (Il deputato Gutgeld ha segnalato di non essere riuscito a votare. I deputati Mognato e Paris hanno segnalato di non essere riusciti ad esprimere voto contrario).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione Battelli ed altri n. 6-00235, con il parere contrario del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Rotta, Scuvera, Gandolfi...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  498   
   Votanti  438   
   Astenuti   60   
   Maggioranza  220   
    Hanno votato   79    
    Hanno votato no  359.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  (Il deputato Gutgeld ha segnalato di non essere riuscito a votare. Il deputato Paris ha segnalato di non essere riuscito ad esprimere voto contrario).

Discussione della Relazione della Giunta delle elezioni sulla elezione contestata del deputato Giancarlo Galan per la VII Circoscrizione Veneto 1 (Doc. III, n. 1) (ore 18,40).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della relazione della Giunta delle elezioni sulla elezione contestata del deputato Giancarlo Galan per la VII Circoscrizione Veneto 1 (Doc. III, n. 1).
  Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al resoconto stenografico della seduta del 21 aprile 2016.
  La Giunta delle elezioni propone la decadenza dal mandato parlamentare, per motivi di ineleggibilità sopravvenuta, del deputato Giancarlo Galan, e la proclamazione in suo luogo del candidato Dino Secco, per la lista Il Popolo della Libertà nella VII Circoscrizione Veneto 1.

(Discussione – Doc. III, n. 1)

  PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione.
  Ha facoltà di intervenire il relatore per la maggioranza, deputato Alessandro Pagano.

  ALESSANDRO PAGANO, Relatore per la maggioranza. Grazie, Presidente. La Giunta delle elezioni ha deliberato di proporre all'Assemblea la decadenza dal mandato parlamentare dell'onorevole Giancarlo Galan, proclamato nella VII Circoscrizione Veneto 1, e la proclamazione in suo luogo del candidato Dino Secco.
  I fatti e le ragioni che hanno indotto la Giunta, nella seduta pubblica del 7 aprile 2016, a pronunciarsi in tal senso saranno tra poco esposti, però, prima di illustrare la mia relazione, Presidente, desidero fare una breve premessa metodologica, utile alla comprensione di come il lavoro si è sviluppato.
  In considerazione della delicatezza della questione, infatti, trattata e voluta soprattutto perché questa è una novità – si tratta, infatti, del primo caso di applicazione nella Camera deputati dell'istituto della decadenza in applicazione della cosiddetta «legge Severino» –, ho ritenuto di esercitare in modo strettamente istituzionale le mie funzioni di coordinatore del Comitato per i profili attinenti all'ineleggibilità e alla decadenza, e di spogliarmi, quindi, di qualsiasi ruolo politico, seguendo Pag. 97criteri di assoluta imparzialità e astenendomi dall'esprimere, anche attraverso il voto, la mia posizione sul merito della questione.
  Parimenti, nel corso dell'esame della Giunta plenaria, ho dato conto con imparzialità e obiettività di tutti gli orientamenti e le argomentazioni giuridiche prima emerse nell'ambito del comitato e poi confermatesi nella discussione che si è svolta presso la Giunta medesima, attenendomi in modo rigoroso al dettato dell'articolo 13, comma 4, del Regolamento della Giunta, secondo il quale il relatore espone i fatti e le questioni senza esprimere giudizi (così si esprime l'articolo 13). E, in piena coerenza con questa posizione di assoluta terzietà, il voto da me espresso al termine dei lavori della Giunta è stato di astensione.
  È con lo stesso spirito che ho redatto la relazione per l'Assemblea che mi accingo adesso a illustrare, pienamente consapevole del ruolo di nuncius di una deliberazione democraticamente espressa dalla Giunta delle elezioni.
  Ed ecco, quindi, l'iter in quanto tale. Nella prima fase del mio intervento desidero illustrare l'avvio del procedimento parlamentare, al fine di lasciare ampie note ai nostri verbali. Il deputato Giancarlo Galan è stato proclamato il 5 marzo 2013 dal competente ufficio centrale circoscrizionale e la sua elezione è stata convalidata il 1o luglio 2015, con deliberazione di questa Assemblea e su proposta della Giunta delle elezioni.
  Il presente procedimento, volto all'accertamento della sussistenza di una causa di decadenza dal mandato parlamentare, ha preso avvio a seguito del deferimento alla Giunta delle elezioni da parte della Presidente della Camera, con lettera del 19 novembre 2015, di copia della sentenza emessa in data 16 ottobre 2014 dal giudice per l'udienza preliminare presso il tribunale ordinario di Venezia, irrevocabile dal 2 luglio 2015, nei confronti del deputato Giancarlo Galan, e trasmessa alla Camera dei deputati dalla procura della Repubblica presso il tribunale ordinario di Venezia, ai sensi dell'articolo 3 del decreto legislativo 31 dicembre 2012, n. 235, in data 11 novembre 2015 e pervenuta ai nostri uffici il 18 novembre 2015.
  La vicenda processuale, limitatamente ai profili di interesse, può essere sintetizzata così come vado ad esporre. Con sentenza del GUP di Venezia del 16 ottobre 2014, n. 2097, è stata disposta l'applicazione della pena su richiesta delle parti nei confronti del deputato Galan nella misura di 2 anni e 10 mesi di reclusione, con riferimento al delitto di corruzione per atto contrario ai doveri di ufficio, così come l'articolo 319 del codice penale recita e come indicato nei capi di imputazione. L'interessato ha, quindi, presentato ricorso avverso la predetta sentenza e la Corte di cassazione, con ordinanza del 2 luglio 2015, n. 4692, ha dichiarato l'inammissibilità del ricorso, e pertanto il 2 luglio del 2015 la sentenza è diventata irrevocabile.
  Si sono allora determinati i presupposti per una valutazione da parte della Camera di appartenenza ai sensi dell'articolo 66 della Costituzione, ai fini dell'accertamento della sussistenza di una causa di ineleggibilità sopravvenuta, e quindi di decadenza dal mandato parlamentare, così come previsto dagli articoli 1, 3, 15 e 16 del decreto legislativo 31 dicembre 2012, n. 235, quello che, appunto, tutti conoscono come «legge Severino».
  Trattandosi della prima procedura di decadenza attivata presso la Camera dei deputati in applicazione del predetto decreto legislativo, l'ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, della Giunta delle elezioni, ovviamente, nella riunione del 26 novembre 2015 ha ritenuto all'unanimità di conformarsi ai precedenti di contestazione dell'elezione a seguito della comunicazione, da parte dell'autorità giudiziaria, di una condanna alla pena accessoria della interdizione temporanea o perpetua dai pubblici uffici. Ci sono stati dei precedenti: il caso Frigerio nella XIV legislatura; Previti nella XV; il caso Drago nell'ultima legislatura appena trascorsa.
  Nella citata riunione, inoltre, l'esame della posizione del deputato Galan è stato Pag. 98deferito al comitato permanente per le incompatibilità, le ineleggibilità e le decadenze, affinché svolgesse la propria attività istruttoria e presentasse una proposta alla Giunta entro il termine di quattro mesi, così come previsto dall'articolo 16, comma 2, del Regolamento della Giunta.
  Andiamo alla fase dell'istruttoria in quanto tale: il comitato, che ha avviato l'istruttoria il 3 dicembre 2015, si è poi riunito il 17 dicembre 2015, e ulteriormente il 14 e il 21 gennaio, l'11 e il 18 febbraio 2016, per concludere i lavori nella riunione del 23 febbraio 2016, quindi con ampio anticipo rispetto al termine finale dei quattro mesi previsti dal Regolamento, e deliberando a maggioranza di proporre alla Giunta di accertare la sussistenza della causa di ineleggibilità sopravvenuta, e quindi di decadenza dal mandato parlamentare, nei confronti dell'onorevole Giancarlo Galan.
  Si segnala, preliminarmente, come sia emerso un orientamento prevalente, contrario allo svolgimento da parte della Giunta plenaria di audizioni informali di esperti della materia, contestuali e propedeutiche allo svolgimento dei lavori del Comitato. Al fine di compiere un'esaustiva e obiettiva verifica, ai sensi dell'articolo 66 della Costituzione, della sussistenza dei presupposti per l'applicazione di una causa di decadenza, nel comitato si è ritenuto altresì di procedere delineando, in primo luogo, il quadro normativo di riferimento ed enucleando dalla vicenda giudiziaria gli elementi giuridicamente significativi in un siffatto contesto normativo.
  Si è quindi rilevato, in particolare, come i fatti ascritti all'interessato risultino commessi anteriormente alla data in entrata in vigore della «legge Severino», che è avvenuta il 5 gennaio 2013, e come la sentenza che dispone l'applicazione della pena su richiesta delle parti sia stata pronunciata il 16 ottobre 2014 e sia passata in giudicato il 2 luglio 2015, quindi dopo l'entrata in vigore della normativa in questione.
  Il dibattito nel comitato si è allora sviluppato intorno alla tematica centrale dell'irretroattività o della retroattività della disposizione del decreto legislativo in esame, che prevede appunto una causa di ineleggibilità sopravvenuta e, quindi, di decadenza dal mandato parlamentare, questione inevitabilmente connessa alla possibilità o meno di qualificare la decadenza come sanzione penale.
  Nel corso del dibattito si è tenuto conto anche del più recente orientamento della giurisprudenza costituzionale in materia, la cui riferibilità nel caso di specie non è peraltro risultata pacifica. Infatti, nella sentenza n. 236 del 2015 – che pure, come si dirà meglio in seguito, è riferita alle disposizioni della «legge Severino» diverse da quelle che vengono in considerazione con il deputato Galan – sono contenute alcune considerazioni generali sulla natura giuridica dell'istituto della decadenza: la Corte costituzionale segnatamente esclude che le misure dell'incandidabilità e della decadenza abbiano carattere sanzionatorio. Tali misure non costituirebbero sanzioni o effetti penali della condanna ma conseguenze del venir meno di un requisito oggettivo per l'accesso alle cariche considerate e per il loro mantenimento, rientrando pertanto nell'alveo dell'articolo 51, primo comma, della Costituzione, che attribuisce al legislatore il potere di stabilire i requisiti di ineleggibilità, e non già in quello dell'articolo 25, secondo comma, della Costituzione, che invece sancisce il principio della irretroattività della pena penale.
  L'istruttoria in contraddittorio. Nella riunione del 21 dicembre 2016 il comitato ha deliberato a maggioranza l'apertura della fase dell'istruttoria in contraddittorio prevista dall'articolo 16, comma 2, lettera c) del regolamento della Giunta delle elezioni. Il 4 febbraio 2016 sono pervenute le controdeduzioni scritte dell'interessato, il quale ha peraltro rinunciato alla facoltà di essere ascoltato dal comitato.
  Queste, in sintesi, le prospettazioni contenute nella memoria difensiva prodotta dall'onorevole Galan, il cui esame da parte del comitato è iniziato nella riunione dell'11 febbraio 2016.
  Nel caso di ispecie, la nuova causa di decadenza prevista dalla «legge Severino» Pag. 99verrebbe applicata – questa la tesi dell'onorevole Galan – retroattivamente, con riferimento ai fatti connessi, in un momento in cui la norma censurata non era in vigore; si sottolinea come i fatti siano anteriori anche all'entrata in vigore della legge di delega, a tali fatti verrebbe quindi applicato un trattamento sanzionatorio più gravoso rispetto a quello vigente al momento della commissione del reato, ciò in violazione del principio di irretroattività della legge penale oltre che del principio di legalità e di predeterminazione e di proporzionalità delle sanzioni penali.
  L'onorevole Galan dice ancora, in altri due punti – anzi, in altri tre punti –, che con la pronuncia n. 236 del 2015 la Corte costituzionale ha negato carattere retroattivo alle disposizioni introdotte dall'articolo 11 della legge Severino. Tale sentenza, tuttavia, non si è pronunciata sulla legittimità costituzionale e sulla compatibilità dell'intera normativa del principio di retroattività bensì del solo articolo 11, che riguarda la sospensione e decadenza di diritto degli amministratori locali in condizioni di incandidabilità. Ancora, dice l'onorevole Galan: dalla predetta sentenza si evince come il giudice remittente non abbia invocato il contrasto con l'articolo 25, secondo comma, della Costituzione, precludendo così alla Corte di esaminare la questione con riferimento al parametro costituzionale rappresentato dal principio di irretroattività della legge penale. Continua l'onorevole Galan: l'interpretazione secondo la quale le misure dell'incandidabilità e della decadenza non costituirebbero sanzioni o effetti penali della condanna si pone in contrasto con la giurisprudenza dell'articolo 7 dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, così come principio elaborato dalla Corte europea dei diritti dell'uomo, il principio nullum crimen, nulla poena sine praevia lege poenali; l'applicazione degli autonomi criteri utilizzati dalla Corte EDU per qualificare come penale una sanzione, cosiddetti «criteri Engel», induce infatti a riconoscere la natura sanzionatoria penale dell'incandidabilità e della decadenza del mandato parlamentare. Si assume pertanto violato l'articolo 7 CEDU per violazione del divieto di retroattività della sanzione penale, del principio di legalità e sufficiente predeterminazione e proporzionalità delle sanzioni stesse.
  Chiude l'onorevole Galan con un'ultima tesi: si assume altresì violato l'articolo 3 del protocollo n. 1 della CEDU, che sancisce il diritto alla libera elezione; la decadenza lede infatti il diritto del parlamentare a continuare a rivestire la carica legittimamente assunta e la legittima aspettativa del corpo elettorale della permanenza in carica dello stesso per tutta la durata della legislatura. La memoria difensiva contiene anche un articolato petitum rivolto alla Giunta delle elezioni: si chiede in via principale di ritenere non applicabile al caso di specie il decreto legislativo n. 235 del 2012; in via subordinata, si chiede di sollevare la questione di legittimità costituzionale di alcune disposizioni al predetto decreto legislativo e in ulteriore subordine di promuovere il rinvio pregiudiziale alla Corte EDU; in estremo subordine, di sospendere le decisioni della Giunta delle elezioni in attesa delle decisioni di un caso analogo (quello del senatore Berlusconi contro Italia), ritenuto appunto analogo a quello dell'onorevole Galan. Alla memoria difensiva sono stati infine allegati pareri pro veritate di esperti in materia, riferiti peraltro a procedimento parlamentare svoltosi in questa legislatura al Senato che ha condotto alla delibera di decadenza dal mandato parlamentare di Silvio Berlusconi.
  Le controdeduzioni dell'onorevole Galan sono stato oggetto di attento esame da parte del comitato, nell'ambito del quale i gruppi hanno espresso due orientamenti contrapposti. Il primo orientamento, sostanzialmente adesivo alle difese dell'interessato, quindi contrario all'applicazione della causa di decadenza, ha attribuito rilevanza determinante alla circostanza che i reati ascritti all'interessato siano stati commessi anteriormente alla data di entrata in vigore della «legge Severino», all'inapplicabilità in casi di specie della citata giurisprudenza costituzionale che ha Pag. 100negato carattere retroattivo alla «legge Severino», con riferimento esclusivo agli amministratori locali in condizioni di incandidabilità sopravvenuta ma senza entrare nel merito della disciplina in quanto riferita a membri del Parlamento, e alla specificità – questa sembra la tesi di uno dei gruppi parlamentari che ha difeso la posizione dell'onorevole Galan – del diritto di elettorato passivo di cui agli articoli 56 e 58 della Costruzione, che gode di una tutela rafforzata. Alla violazione di tale diritto, attuata tramite l'arbitraria estensione ai parlamentari di causa di incandidabilità già previsti per le elezioni locali e regionali, l'irragionevole...

  PRESIDENTE. Concluda.

  ALESSANDRO PAGANO. Presidente...

  PRESIDENTE. Un minuto.

  ALESSANDRO PAGANO. L'ultimo minuto ? Presidente, mi permetto di dire che l'esame è stato molto più lungo...

  PRESIDENTE. Purtroppo i tempi del relatore nel contingentamento sono questi, perciò glielo segnalavo, perché avevo intuito che la relazione non fosse finita; poi magari la deposita, la l'autorizzo a depositarla.

  ALESSANDRO PAGANO. Grazie, Presidente. Forse avrei fatto meglio a fare la sintesi, allora, se avessi saputo, nel caso specifico. Presidente, giungo alle conclusioni, a questo punto, visto che il tema sostanzialmente ha visto due posizioni contrapposte: la prima, quella della tesi dell'onorevole Galan; l'altra, invece, che ovviamente prevedeva la decadenza, per motivazioni diverse.
  A questo punto vado alle conclusioni, dando appunto per letto tutto il resto, che verrà depositato. La Giunta si è riunita in camera di consiglio, ai sensi all'articolo 13, comma 7, del proprio regolamento, alla presenza dei deputati presenti per tutta la durata della seduta pubblica e ha adottato il seguente dispositivo: la Giunta delle elezioni, in seduta pubblica, udita l'esposizione del relatore e l'intervento del deputato Giancarlo Galan, riunitasi in camera di consiglio, vista la sentenza n. 2097 del 2014 emessa in data 16 ottobre 2014 dal giudice per l'udienza preliminare presso il tribunale ordinario di Venezia, con la quale è stata disposta l'applicazione della pena su richiesta delle parti nei confronti del deputato Giancarlo Galan, prevedendo in particolare l'applicazione della pena della reclusione nella misura di anni due e mesi dieci con riferimento al delitto di cui all'articolo 319 del codice penale, come indicato nel capo d'imputazione, vista l'ordinanza 2 luglio 2015 della Corte di Cassazione, visti gli articoli della Costituzione 56 e 66, accerta che si è in presenza di una causa sopraggiunta di ineleggibilità e, respinto ogni contrario avviso in procedendo e nel merito, delibera di proporre all'Assemblea la decadenza dal mandato parlamentare, per motivi di ineleggibilità sopravvenuta, del deputato Giancarlo Galan e la proclamazione in suo luogo del candidato Dino Secco, per le liste Il Popolo della Libertà, VII circoscrizione, Veneto 1. La Giunta delle elezioni, con la presente relazione, propone quindi l'accoglimento della parte propositiva del dispositivo adottato nella seduta pubblica del 7 aprile 2016, che di fatto viene qui oggi allegato.

  PRESIDENTE. Grazie, collega. Ha facoltà di intervenire il relatore di minoranza, deputato Gregorio Fontana. Prego, ha dieci minuti, glielo segnalo preventivamente.

  GREGORIO FONTANA, Relatore di minoranza. Grazie, Presidente, lo sapevo. Presidente, onorevoli colleghi, d'accordo con gli altri colleghi della Giunta delle elezioni ho deciso di presentare una relazione di minoranza per dire «no» all'applicazione della «legge Severino» al caso Galan.
  Si tratta di una relazione molto articolata, che certamente non è possibile illustrare compiutamente nei pochi minuti disponibili al relatore di minoranza. Tuttavia, Pag. 101cercherò nel rispetto dei tempi assegnati di darne una sintesi per sommi capi. Il nostro «no» è circostanziato ed espresso nella relazione di minoranza. Non è motivato né da solidarietà umana, che peraltro voglio personalmente manifestargli, né da solidarietà politica, né tanto meno da condizioni ipergarantiste.
  Il deputato Galan è stato condannato con sentenza definitiva; la giustizia dunque si è espressa sul punto, non spetta a noi né a questa Camera, in questa sede, dare valutazioni. Noi abbiamo votato «no» in giunta e abbiamo presentato una relazione di minoranza, non per difendere il seggio di un parlamentare, bensì per difendere tre principi che sono alla base del nostro sistema costituzionale: la irretroattività della sanzione penale; il diritto elettorale passivo e l'autonomia del Parlamento. In merito alla irretroattività della sanzione penale è sufficiente la lettura dell'articolo 25 della nostra Costituzione, in base al quale nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso. I fatti, per i quali il deputato Galan è stato condannato, risalgono a un tempo antecedente all'emanazione della legge Severino. Ora, che la perdita del seggio parlamentare si configuri come una sanzione penale a tutti gli effetti è ampiamente sostenuto in dottrina, anche alla luce della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo, perché una sanzione sia considerata penale non è né necessario né sufficiente che sia lo stesso legislatore a qualificarla come tale. Dottrina e giurisprudenza hanno chiarito che una sanzione debba qualificarsi come penale, indipendentemente da come si sia espresso il legislatore, tutte le volte che essa abbia i caratteri oggettivi della sanzione penale, vale a dire, soprattutto, una incisiva afflittività e il richiamo in essa contenuto a norme del codice penale. Alla luce di questo criterio, la sanzione che la legge Severino prevede è decisamente da considerarsi avente carattere penale, quindi, se l'Aula dà corso alla dichiarazione di decadenza, infligge una sanzione penale in violazione del principio di irretroattività.
  Veniamo all'altro principio fondamentale richiamato all'inizio, vale a dire il diritto elettorale passivo di tipo politico-parlamentare. Alcuni colleghi hanno sostenuto che la decadenza dal seggio parlamentare non costituisce una sanzione, ma solo l'effetto di una sopraggiunta condizione di indegnità, che renderebbe il soggetto in questione inidoneo a far parte di una determinata istituzione. Si cita, a tale riguardo, la giurisprudenza costituzionale in materia di decadenza dalle cariche amministrative. Ma è proprio qui, colleghi, l'equivoco che mi permetto di definire gravissimo, ebbene un equivoco assolutamente da chiarire. Dottrina e giurisprudenza hanno ribadito, in più circostanze, che il diritto elettorale passivo di natura politico-parlamentare gode di una specialissima protezione costituzionale, tanto è vero che la stessa Carta ne tratte in maniera specifica e isolata. La ragione di questa specialissima protezione costituzionale è evidente: attraverso l'esercizio dell'elettorato passivo di tipo politico-parlamentare passa la realizzazione del principio della sovranità popolare, che è il cardine del nostro sistema dei pubblici poteri. Ora, non è detto che un diritto non possa essere compresso quando si tratta di salvaguardare un altro bene costituzionale. Lo ha spiegato molte volte la Corte costituzionale. Ma tra quali beni, in questo caso, avverrebbe il bilanciamento, mi chiedo ? Da una parte vi è il diritto elettorale passivo di tipo parlamentare, ovvero lo stesso principio della sovranità popolare, non si sa invece cosa vi sia dall'altra parte. Non può essere, signor Presidente, come qualcuno incautamente afferma, quello del buon andamento della pubblica amministrazione. Questo, parlando con tutto il rispetto possibile, può valere per un sindaco, come ha chiarito bene la Corte costituzionale, ma non vale certo per un parlamentare.
  Il Parlamento non è una pubblica amministrazione e i parlamentari non sono degli amministratori. Qui stiamo parlando di sovranità popolare, ovvero del fondamento stesso del nostro sistema politico. Il problema non è il collega Galan, che è Pag. 102stato condannato e sconterà la sua pena. Il problema è che se passa il principio per cui l'elettorato politico passivo può essere compresso con tanta leggerezza, senza che si sia fatta chiarezza intorno a quale sia il bene che controbilancia questa compressione, si apre un pericolosissimo vulnus nel sistema.
  Infine, l'ultimo punto, quello relativo all'autonomia del Parlamento. Come è noto la tendenza a un certo schiacciamento del Parlamento sul Governo è abbastanza diffuso ormai nelle democrazie parlamentari, ed è oggetto di studi da decenni. Non è un fenomeno solo italiano, se ne cominciò a parlare nel Regno Unito diversi decenni fa, se ne sta parlando in Francia, che pure ha un sistema semipresidenziale e non parlamentare, il tema è dibattuto un po'ovunque. È di tutta evidenza, tuttavia, come nessun rafforzamento del potere esecutivo possa considerarsi legittimo ove esso vada a discapito dell'autonomia del Parlamento, a maggior ragione ove tale autonomia venga in rilievo con riferimento alla composizione stessa delle Camere. Il principio pare fin troppo ovvio per essere ulteriormente illustrato. Ebbene, ove ci si pronunciasse a favore dell'applicazione della legge Severino al caso in discussione, si permetterebbe a un decreto legislativo, vale a dire a un atto del Governo, emanato dal Governo sia pur per delega del Parlamento, ma che reca la firma del Governo, di incidere sulla composizione del Parlamento. Si violerebbe clamorosamente, se non la lettera, certamente lo spirito dell'autonomia del Parlamento, che tante volte abbiamo invocato a tutela non di un privilegio, ma della libertà e dell'autonomia delle Camere e dei parlamentari.
  Penso che non ci sia altro da aggiungere, noi siamo qui a dire «no» alla decisione votata a maggioranza dalla Giunta, non per salvare il seggio di un parlamentare, ma per difendere lo stato di diritto e la libertà del Parlamento. Ci auguriamo che per tutti i deputati la libertà del Parlamento valga più del calcolo politico (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Antonio Marotta. Ne ha facoltà.

  ANTONIO MAROTTA. Grazie, Presidente. Colleghi, siamo chiamati a pronunciarci sull'elezione contestata dell'onorevole Giancarlo Galan, sulla quale la Giunta delle elezioni ha accertato che si è in presenza di una causa di ineleggibilità sopravvenuta, deliberando quindi di proporre a questa Assemblea la decadenza dal mandato parlamentare del deputato Galan. Ritengo utile procedere preliminarmente ad una ricostruzione, seppure breve e sintetica, della vicenda giudiziaria che ha visto protagonista il deputato Galan e che oggi ci impone di esprimerci sulla sua decadenza da parlamentare della Repubblica.
  In seguito alla sentenza del GUP di Venezia, del 16 ottobre 2014, è stata disposta l'applicazione della pena su richiesta delle parti nei confronti dell'onorevole Galan, nella misura di 2 anni e 10 mesi di reclusione. Il riferimento era al delitto di corruzione per atto contrario ai doveri di ufficio, come anche indicato nei capi di imputazione. L'onorevole Galan ha quindi proceduto alla presentazione del ricorso per Cassazione contro la già menzionata sentenza, ricorso, però, che, con ordinanza del 2 luglio del 2015, è stato dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione, rendendo così irrevocabile la sentenza nella stessa data del 2 luglio 2015. A questo punto, inevitabilmente, si sono determinati i presupposti per una valutazione da parte della Camera di appartenenza, ai sensi dell'articolo 66 della Costituzione, ai fini dell'accertamento della sussistenza di una causa di ineleggibilità sopravvenuta e, quindi, di decadenza dal mandato parlamentare, come previsto, come già diceva il relatore, dagli articoli 1, 3, 15 e 16 del decreto legislativo 31 dicembre 2012, meglio noto come legge Severino. Nella riunione del 26 novembre 2015 l'Ufficio di presidenza della Giunta Pag. 103delle lezioni, integrato dai rappresentanti dei gruppi, ha ritenuto all'unanimità di conformarsi ai precedenti di contestazione dell'elezione, a seguito della comunicazione da parte dell'autorità giudiziaria di una condanna alla pena accessoria dell'interdizione temporanea e perpetua dei pubblici, vedi Frigerio, Drago e altri.
  Nel corso della stessa riunione, inoltre, si decise di deferire l'esame della posizione dall'onorevole Galan al Comitato permanente per le incompatibilità le ineleggibilità e la decadenza, in modo da avviare il proprio iter istruttorio e presentare successivamente una proposta alla Giunta delle elezioni entro il termine di quattro mesi, così come previsto dall'articolo 16, del comma 2, della regolamento della Giunta medesima. L'istruttoria del Comitato ha avuto inizio il 6 dicembre 2015, per poi concludersi nella riunione del 23 febbraio 2016, pervenendo alla decisione, presa a maggioranza, di proporre alla Giunta di accettare la situazione della causa di ineleggibilità sopravvenuta e quindi la decadenza del mandato parlamentare nei confronti dell'onorevole Galan. Nel corso dell'istruttoria è emerso chiaramente come i fatti ascritti all'interessato risultano commessi anteriormente alla data di entrata in vigore della legge Severino, avvenuta il 5 gennaio del 2013. Di conseguenza, la sentenza che dispone l'applicazione della pena su richiesta delle parti è stata pronunciata il 16 ottobre 2014, passando in giudicato il 2 luglio 2015, ovvero dopo l'entrata in vigore della normativa in questione.
  Appare quindi evidente come il dibattuto svoltosi nel corso della riunione istruttoria abbia focalizzato la propria attenzione sull'aspetto più controverso del decreto legislativo n. 235 del 2012 ovvero la tematica centrale della irretroattività o retroattività delle disposizioni in esso contenute. Una questione inevitabilmente connessa alla possibilità o meno di qualificare la decadenza come sanzione penale. Ed è appunto con riferimento alla legge Severino, a cui io rinvio, in sede di dichiarazione di voto, alla situazione critica della legge stessa, a differenza di quello che sarà il nostro voto, che sarà favorevole alla decadenza dell'onorevole Galan.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il collega Crippa. Ne ha facoltà, per dieci minuti.

  DAVIDE CRIPPA. Grazie, Presidente. Siamo qui oggi per mettere – speriamo – la parola fine all'infinito castello di attese e di inopportuno garantismo a cui sono state sottoposte prima la Giunta per le elezioni e poi l'Assemblea, sin dall'arresto del signor Giancarlo Galan, ormai quasi 2 anni fa. Quasi due anni fa, infatti, veniva trasmessa alla Camera dei deputati una richiesta di autorizzazione a procedere per l'arresto del signor Galan in relazione all'inchiesta condotta dalla procura di Venezia nell'ambito dell'indagine sugli appalti per il MOSE. Da lì è stato un percorso in perenne salita, un cammino dove ad ogni livello istituzionale abbiamo trovato ostacoli di ogni tipo, anche e soprattutto all'interno di questo palazzo. Basti ricordare come sia stato il MoVimento 5 stelle a richiedere con una lettera indirizzata al Presidente della Camera, Laura Boldrini, la sospensione dell'erogazione di indennità e rimborsi parlamentari nei confronti del signor Giancarlo Galan dal giorno della votazione della relazione del collega Pagano, essendo il passaggio in Aula una mera formalità. Purtroppo, la Presidenza della Camera non ha dato alcun seguito alla nostra richiesta, ritenendo invece opportuno nascondersi dietro le competenze dei questori al presunto diritto costituzionale di Galan ad avere una remunerazione, nonostante la sua posizione di pregiudicato, cosa ormai confermata da sentenza passata in giudicato. Sì colleghi, perché vorremmo ricordalo, il patteggiamento equivale ad ammissione delle proprie colpe. Certo, lo stesso Galan avrebbe potuto trovare il coraggio di rinunciare ai propri benefici e al proprio ruolo di rappresentante dei cittadini, ma il caso in cui un parlamentare che non ha il buonsenso e la decenza, vista la situazione, di fermarsi prima di espletare tutte le Pag. 104formalità parlamentari e di dimettersi da presidente di Commissione e da parlamentare, non può essere derubricato solo come sconveniente. Oltretutto questa vicenda non vede protagonista un deputato alla prima esperienza, magari inesperto, magari voglioso di prolungare quanto più possibile un'esperienza di questo tipo, magari desideroso di strappare un giorno in più in Parlamento. Stiamo parlando di un ex Ministro, di un presidente di Commissione, di un parlamentare di lungo corso, di un uomo avvezzo ai palazzi del potere, certamente esperto anche di quello che riguarda lo svolgimento dei processi parlamentari.
  Quindi, nel mondo incantato raccontato spesso fuori da queste Aule, ci saremmo aspettati dal signor Galan che almeno si dimettesse da presidente di Commissione cultura, ben prima del luglio 2015. Ma come da consuetudine, purtroppo, il signor Galan non ha avuto il minimo rispetto delle istituzioni che certamente non meritavano, e non meritano, questa ennesima volgare aggressione. Io voglio dire una cosa ai colleghi della maggioranza: abbiamo seguito tutto l'iter previsto, non ci sono state vie preferenziali, né comportamenti persecutori nei confronti del signor Galan. Il MoVimento 5 Stelle ha detto in tutti i modi, nei termini e nei metodi previsti dal Regolamento ,che riteneva impossibile la permanenza signor Galan nelle istituzioni. Le motivazioni del Movimento 5 Stelle erano note da tutti, da tempo, anche a chi non è un frequentatore abituale di quest'Aula. Ciò nonostante, noi che siamo minoranza, siamo stati accusati da alcuni colleghi di maggioranza di essere quasi concilianti con la situazione il signor Galan, quasi volessimo concedere più tempo più mensilità a un deputato che è rimasto presidente di Commissione anche durante il periodo della detenzione e dei domiciliari. Cogliamo l'occasione, quindi, per ricordare come abbiamo dovuto chiedere noi la copia della sentenza del signor Galan con timbro della irrevocabilità, e come solo a seguito della nostra istanza il tribunale di Venezia abbia mandato tutta la documentazione necessaria alla Giunta per le elezioni, al fine di riuscire a procedere verso una giusta dichiarazione decadenza. Per fortuna, o per sfortuna, a seconda dei casi, ne abbiamo visto di tutte con i nostri occhi, abbiamo assistito ai rinvii concordati in Conferenza dei capigruppo, al bollettino medico del signor Galan spiattellato in Aula al solo scopo di ritardarne la decadenza. Siamo persino riusciti a sentire con le nostre orecchie tirare di nuovo in ballo la possibile incostituzionalità della legge Severino, come è facilmente riscontrabile dalla relazione introduttiva del collega Pagano prima in Giunta e poi in Aula (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Rinvio dopo rinvio, ogni settimana, un nuovo éscamotage, al fine di dilatare i tempi e pazienza. In tutto questo periodo abbiamo continuato ad avere un presidente di Commissione cultura che è il degno manifesto di quello che serve per far parte di questa istituzione: cultura del rinvio, cultura del menefreghismo, cultura del patteggiamento, cultura dell'irresponsabilità. L'etica è un parolone che qui si compra e si vende a seconda dell'occasione, soprattutto se si continua a percepire stipendio, vitalizio e Tfr a spese dei contribuenti (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Presidente, mi fa specie notare come i deputati Fontana e Pagano, non proprio due deputati alle prime armi, oggi si lamentino dell'esiguità dei tempi assegnati alla discussione della decadenza del deputato Galan. Peccato non averli mai sentiti protestare sui contingentamenti dei provvedimenti allucinanti sulle spalle dei cittadini (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle), come la ghigliottina sul caso IMU-Bankitalia.
  Cari cittadini, è chiaro che ognuno ha le sue priorità, chi quelle dei cittadini, chi quelle degli amici di partito (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione.
  Prendo atto che i relatori Pagano e Gregorio Fontana rinunziano alle repliche.Pag. 105
  Volevo precisare solo al collega Crippa che sono state eseguite tutte le procedure parlamentari e, quindi, anche la Presidente ha rispettato il suo ruolo e le sue prerogative.

(Dichiarazioni di voto – Doc. III, n. 1)

  PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Locatelli. Ne ha facoltà.

  PIA ELDA LOCATELLI. Grazie, signor Presidente. Noi socialisti siamo sempre stati garantisti, fedeli alla nostra tradizione. Abbiamo sempre votato contro l'autorizzazione a procedere nei confronti di colleghi, a prescindere dalla loro colpevolezza o innocenza. Lo abbiamo fatto perché riteniamo che non spetti alla politica il compito di celebrare processi, di condannare o di assolvere. Siamo sempre fermamente convinti che debba esserci una netta divisione di ambiti e soprattutto di potere e invece assistiamo spesso, anche recentemente, ad invasioni di campo da una parte e dall'altra. Il nostro garantismo ci ha portato spesso a prendere posizioni scomode a spenderci in difesa di colleghi indagati che poi sono stati giudicati colpevoli, non per proclamare la loro innocenza, ma per ribadire che il Parlamento non è e non può essere un tribunale.
  Abbiamo votato contro insieme a pochi ed in dissenso con la maggioranza anche sull'autorizzazione a procedere nei confronti dell'onorevole Galan. Qui, però, ci troviamo di fronte ad un caso diverso: c’è una condanna definitiva, derivata da patteggiamento; c’è una legge, la legge Severino – che a noi Socialisti non piace –, la quale stabilisce all'articolo 3 l'incandidabilità sopravvenuta nel corso del mandato elettivo parlamentare, che non lascia dubbi in proposito.
  Si è parlato molto in Giunta del problema della retroattività della legge, dal momento che i reati commessi dall'onorevole Galan sono stati compiuti prima della sua entrata in vigore. Vorrei ricordare, però, che la Corte costituzionale si è già pronunciata nel merito, respingendo il ricorso contro la retroattività della legge Severino presentata dal sindaco di Napoli, Luigi De Magistris: la Corte ha deciso che è legittimo sospendere un amministratore locale dal proprio incarico a causa di una condanna, anche non definitiva, sulla base di una norma approvata dopo la sentenza. In questo caso, poi, la condanna è definitiva. Siamo convinti di non venire meno al nostro garantismo, votando a favore della decadenza del collega Galan.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la collega Adriana Galgano. Ne ha facoltà.

  ADRIANA GALGANO. Grazie, Presidente. Noi di Scelta Civica voteremo a favore della decadenza di Giancarlo Galan, condannato in via definitiva in seguito a patteggiamento per la vicenda del Mose. Ringraziamo il relatore Pagano e la Giunta tutta, per il lungo e approfondito lavoro svolto e diciamo loro che votiamo a favore, convinti e senza dubbi. Consideriamo, però, questo voto una sconfitta per la buona politica, che desideriamo per il nostro Paese. In un Paese dove regni la buona politica, il deputato Galan avrebbe dovuto dimettersi spontaneamente, invece non solo non si è dimesso, ma ha anche mantenuto la carica di presidente di Commissione, quando era impedito ad esercitarne la funzione. È bene dirci che lo ha potuto fare perché il Regolamento della Camera glielo consentiva, dal momento che non prevede la decadenza dal ruolo di presidenti in casi come questi. Questa vicenda, colleghi, rende ancora più evidente la necessità di riformare il nostro Regolamento: dove non arriva l'etica, devono funzionare le regole. Chiediamo nuovamente alla Presidente della Camera di impegnarsi a calendarizzarla al più presto.
  Infine, pochi giorni fa, il Presidente Davigo è venuto a Perugia e ha dichiarato che la legge Severino è stata del tutto inefficace per combattere la corruzione. Consideriamo ingeneroso il suo commento, Pag. 106visto che oggi la Camera voterà, per la prima volta nella storia, la decadenza di un deputato per vicenda di corruzione, e ciò avviene proprio grazie alla legge Severino. C’è ancora molto da fare per battere questa piaga, ma questo Parlamento ha intenzione di farlo e ciò avverrà con tutto l'impegno e tutto l'appoggio di Scelta Civica (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).

  PRESIDENTE. Aveva chiesto di parlare per dichiarazione di voto il collega Chiarelli. Recuperiamo il suo intervento, ci scusiamo, ma avevamo una bozza degli interventi e abbiamo saltato il suo.
  Prego, ne ha facoltà.

  GIANFRANCO GIOVANNI CHIARELLI. Signor Presidente, non siamo certo noi i difensori di Galan, però ogni qual volta – ma io parlo come esperto del settore – una condanna proviene da un 444 del codice di procedura penale, peraltro applicata a chi sta in stato di detenzione, qualche perplessità mi viene, ma non è certamente questa la sede.
  Io ho letto entrambe le relazioni, non mi ha fatto affascinato la relazione di maggioranza, perché io ritengo che vi siano degli spunti interessanti che questo Parlamento, in questa sede, deve fare non sulla colpevolezza o meno dell'onorevole Galan – questo giustamente spetta alla magistratura –, noi qua siamo chiamati a decidere se Galan debba o meno decadere dalla carica di parlamentare. Io ritengo che le contraddizioni di chi mi ha preceduto sono tante, perché ho sentito anche fare riferimento al caso De Magistris, ove si parlava di sospensione, cosa che, come sappiamo bene, non c'entra nulla con la decadenza.
  Io dico solamente che, se quest'Aula è attenta, effettivamente noi abbiamo una possibilità, che è una possibilità di coscienza, poi, alla fine: qua non si tratta di essere a favore o contro qualcuno o qualcosa; noi abbiamo la Corte costituzionale, che, fra qualche mese, precisamente nell'ottobre del 2016, deve discutere in via definitiva quelli che sono i casi analoghi che si attanagliano alla questione Galan. Io ritengo che la Corte abbia evitato fino ad oggi, volutamente, per affrontare in ottobre del 2016 la questione, i due principi che si rifanno a questa situazione: ossia la irretroattività della sanzione penale, di cui all'articolo 25 della Costituzione, e il diritto all'elettorato passivo parlamentare, di cui all'articolo 56.
  Un'ultima considerazione, Presidente, e ho concluso. Qua non si discute della legge Severino, se va applicata o meno, perché questo dovrebbe deciderlo la Corte costituzionale e quindi tutti noi, quantomeno, dovremmo avere il buon senso di astenerci fino a quando la Corte costituzionale non decide. Un ultimo elemento di supporto che vorrei dare ai colleghi: qua si parla di fatti avvenuti in data anteriore all'entrata in vigore della legge Severino, per cui io ritengo che buon senso avrebbe voluto, non questo accanimento fatto in questa maniera, ma avrebbe avuto buon senso attendere quanto meno che la Suprema Corte potesse decidere. Oltretutto, mi sembra e mi suona strano quando sento qualcuno dire che si parla di opportuno garantismo: io penso che il garantismo o c’è sempre, o non c’è mai (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Conservatori e Riformisti).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il collega Marotta. Ne ha facoltà.

  ANTONIO MAROTTA. Grazie, Presidente. Avevo anticipato che nella dichiarazione di voto avrei parlato della legge Severino, che qui ci riguarda, e lo farò telegraficamente. Allora, noi non è che perdiamo il nostro DNA: siamo garantisti e lo saremo sempre. Il problema, per quanto riguarda la legge Severino, è diverso, perché il problema è di rispettare una legge, che questo Parlamento ha varato, o non rispettarla. E allora noi diciamo: fin quando c’è questa legge, la dobbiamo rispettare: non è un problema di essere garantisti o giustizialisti, si tratta di avere il principio di legalità e del rispetto della legge, o meno.Pag. 107
  Però, è chiaro che siamo profondamente critici nei confronti di questa legge, lo abbiamo detto e lo ripetiamo: questa è una legge che è stata varata, come molte altre, sull'onda emotiva del consenso popolare. È stato un Governo tecnico, sostanzialmente, che ha varato questa legge. E questa legge ha dei profondi punti oscuri, che abbiamo già sollevato, che sono stati sollevati anche e che sono stati già oggetto di un intervento della Corte costituzionale, e lo saranno di qui a poco, perché a ottobre questa legge tornerà davanti alla Corte costituzionale per altri aspetti, e valuteremo il risultato. D'altronde, è già sottoposta anche al giudizio pendente dinanzi la Corte europea dei diritti dell'uomo proprio sul principio della irretroattività e che riguarda il Presidente Berlusconi: aspettiamo questo per capire, sostanzialmente, se quello che diciamo va nella direzione giusta.
  Che cosa diciamo ? Diciamo sostanzialmente che, con riferimento a questa legge, c’è bisogno di un intervento da parte del legislatore, perché deve chiarire tre punti sostanziali. Il primo: chiarire le incompatibilità con le cariche politiche, perché si fa confusione. Il secondo: necessità di una adeguata disciplina transitoria, che fino a questo momento non c’è stata. Terzo punto, importante: l'eccesso di delega rispetto al quale, sostanzialmente, il decreto legislativo è andato oltre quello che era l’input che era stato dato dalla legge quadro. E allora, di fronte a queste situazioni, quello che diciamo noi, sostanzialmente è stato condiviso anche dal TAR e dal giudice ordinario, che hanno ritenuto che per certi aspetti questa normativa dovesse essere sottoposta all'attenzione della Corte costituzionale. Noi aspettiamo tranquillamente e serenamente che la Corte si esprima anche con riferimento a quegli altri punti che abbiamo sollevato ad ottobre, ma, al di là di questo, riteniamo che, quali legislatori, dobbiamo intervenire per rimettere in discussione i punti che sono stati sollevati e che, tra l'altro, sono stati ben evidenziati anche nella relazione del collega che ha parlato a favore della non decadenza di Galan.
  Però il problema è un altro: esiste questa legge, e fin quando noi non la cambiamo... E su questo noi siamo pienamente d'accordo: sul cambiarla, sul renderla più attuale rispetto alle situazioni di non sviluppare sempre norme e leggi che vanno nell'indicazione e sull'onda emotiva di quelle che sono le considerazioni di quanto succede nella nostra società, noi siamo pronti a sederci per rivederla; ma fin quando resterà questa normativa, la condividiamo, ci sembra giusta o ingiusta, morale o immorale, la dobbiamo applicare, questo è il problema ! Perché la dobbiamo applicare ? Perché questo è il rispetto della legalità, il principio di tassatività della legge, rispetto al quale noi non possiamo interpretarla, perché non siamo noi quelli che la devono interpretare: noi – e su questo un invito lo rivolgo a tutto il Parlamento – siamo quelli che la possono cambiare, rendere più adattabile a quelle che sono le situazioni del nostro Paese. Perché è chiaro che anche i provvedimenti che riguardano i consiglieri regionali e i parlamentari sono diversi, anche qui c’è una disparità di trattamento; ma in qualsiasi caso dobbiamo anche qui – e concludo – evidenziare un principio di fondo, che è quello che sottende a tutto il nostro sistema giudiziario: si parla di colpevolezza e di condanna solamente in seguito alla sentenza di terzo grado. Qui abbiamo una normativa che ha stabilito che di fronte ad una sentenza di primo grado è possibile che ne derivino delle conseguenze, anche drammatiche, per chi si trova a vivere in quella situazione: è da questo punto di vista che noi sollecitiamo un contributo di tutti, e ci faremo portatori di un'iniziativa legislativa che vada in questa direzione (Applausi dei deputati del gruppo Area Popolare (NCD-UDC)).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il collega Marcon. Ne ha facoltà.

  GIULIO MARCON. Presidente, colleghi e colleghe, Sinistra Italiana voterà a favore della decadenza di Giancarlo Galan dalla Camera dei deputati. Come è stato già Pag. 108ricordato più volte, l'atto di decadenza è dovuto per rispetto di quanto previsto dagli articoli 1, 3, 15 e 16 del decreto legislativo n. 235 del 31 dicembre 2012, la cosiddetta legge Severino. In sostanza la vicenda processuale di Galan, per come si è condotta e come si è conclusa, evidenzia l'insorgenza acclarata di una causa di ineleggibilità sopravvenuta: quindi dal punto di vista formale non c’è dubbio della necessità del pronunciamento parlamentare a favore della decadenza.
  Vi sono poi elementi che hanno a che vedere con le valutazioni politiche ed etiche, insieme a quelle giudiziarie, e che riguardano uno spaventoso sistema di corruzione, di tangenti e di malaffare intorno alla grande opera del Mose. Su Giancarlo Galan sono piovuti capi di imputazione gravissimi, in primis la corruzione in atti e doveri d'ufficio, con la relativa condanna – è stato più volte ricordato – a due anni e dieci mesi.
  Vi sono poi gli elementi di contesto rispetto ai fatti che hanno portato alla condanna di Galan. Io vorrei ricordare che la vicenda del Mose e la scelta del concessionario unico, con il ruolo di Consorzio Venezia Nuova, è stata una scelta disastrosa, un colabrodo della legalità. Vorrei ricordare che Sinistra Ecologia Libertà, Sinistra Italiana ora, ha proposto un progetto di legge per una Commissione d'inchiesta sul Mose, una grande opera che inizialmente, nel 1989, aveva un costo di 1 miliardo previsto e 300 milioni di euro, e si chiuderà con un costo di 6 miliardi di euro, un aumento negli ultimi dieci anni dei costi di circa 1 miliardo e 200 milioni.
  Noi nella nostra proposta per la Commissione d'inchiesta vogliamo capire quali siano i motivi dei ritardi della costruzione di quest'opera, quali siano le valutazioni sulla questione della congruità delle risorse, italiane ed europee, per la realizzazione di un'opera che, come ricordavo prima, ha avuto una lievitazione dei costi così grande.
  Vogliamo capire la correttezza delle procedure di assegnazione dei lavori e il ruolo del Consorzio Venezia Nuova, del concessionario unico. Vogliamo capire, nel corso degli anni, a questo punto dei decenni, l'esistenza di illeciti ed eventuali infiltrazioni delle organizzazioni criminali, perché la vicenda di Galan richiama per l'appunto la costruzione di un sistema, di un vero e proprio sistema del malaffare intorno alla costruzione del Mose; e questa inchiesta giudiziaria, che ha portato alla condanna di Galan, ha evidenziato anche non solo la responsabilità personale sua e di altre persone, imprenditori, politici, funzionari pubblici, in questo sistema del malaffare, ma ha evidenziato anche come il meccanismo della grande opera, il meccanismo del concessionario unico, si espone inevitabilmente a quei meccanismi, a quelle dinamiche del malaffare che hanno portato prima a chiamare a giudizio Giancarlo Galan e poi a dichiararlo colpevole per le tangenti e la corruzione che l'inchiesta ha evidenziato, con molti dettagli e molte descrizioni cogenti.
  E allora noi dobbiamo dire – questo lo voglio ricordare – che il sistema di corruzione che ha visto Galan al centro, e di cui l'autorità giudiziaria ha messo in evidenza anche gli aspetti più specifici e particolari, deve essere un elemento di riflessione intorno all'atto che oggi noi ci accingiamo a compiere e che porta ad un fatto così grave, la decadenza di un parlamentare dalla Camera dei deputati. Ci sono responsabilità penali del singolo, ma c’è anche la responsabilità più generale di un contesto, della realizzazione di una grande opera che ha portato, nel caso di Galan e di altri, alla responsabilità di illeciti così gravi.
  Ecco perché (voglio concludere) noi di Sinistra Italiana vogliamo dire che votando a favore della decadenza di Giancarlo Galan dalla Camera dei deputati sollecitiamo anche nello stesso tempo la Camera dei deputati e il Parlamento ad approfondire, a discutere, a evidenziare tutti quegli elementi, quelle componenti, quelle dinamiche di un'opera come quella del Mose che ha evidenziato questo sistema del malaffare, lo ha creato, lo ha costruito, e ha creato su questa grande opera un crogiuolo, un groviglio di responsabilità di imprenditori, di politici, di responsabili Pag. 109della pubblica amministrazione, di esponenti regionali della regione Veneto. E allora penso che questo sia motivo di riflessione su come vengono condotte e realizzate le grandi opere, su come non debba essere più accettata la decisione di prevedere un concessionario unico, che poi decide, fa e disfa rispetto alla scelta di chi vince gli appalti per la realizzazione delle singole opere, di queste grandi opere che vengono realizzate. Per cui una politica che ha il compito di ripensare radicalmente questo meccanismo; e nel voto favorevole per la decadenza di Giancarlo Galan, noi pensiamo che sia ora anche di mettere in campo da subito, di approvare da subito la richiesta di una Commissione d'inchiesta sul Mose, su come è stato realizzato, per evidenziare tutte le responsabilità personali, politiche e istituzionali di un sistema del malaffare e della corruzione che ha avuto con un peso così grave in una vicenda che ancora oggi lascia degli strascichi così importanti (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Italiana – Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il collega Francesco Paolo Sisto. Ne ha facoltà.

  FRANCESCO PAOLO SISTO. Presidente, Forza Italia certamente non giudica l'esercizio di una facoltà, quale quella di ciascun deputato di dimettersi, di lasciare gli incarichi che appartengono alla sfera di ciascuno, e qualsiasi giudizio fa salva comunque la scelta che ognuno pone in essere al fine del miglior governo di quella che è la propria vita: quindi il tema non è certamente stabilire le responsabilità e stabilire i principi etici che possono guidare ciascuno di noi in scelte che non siano predeterminate dalla legge.
  E più che mai, questo, allorquando, come nel caso del collega Galan, si è trattato di una scelta ai sensi dell'articolo 444, cioè di un patteggiamento, che, secondo la più accreditata dottrina, costituisce causa estintiva del reato, e come tale, quindi, non può certamente, se non da un punto di vista morale – ma qui credo che la dimensione morale non interessi in un voto così delicato –, essere allineato tout-court in una sentenza di condanna nel merito e piena. Il tema, invece, è un altro: è chiederci se questo mostro che oggi ci porta a dover esprimere un voto di questo genere, come quello del decreto legislativo del 2012, la «Severino», sia una legge che può sopravvivere alle necessità di verifica di cui deve essere ovviamente costellata. La «Severino» – istintivamente, forse all'epoca nessuno di noi si rendeva conto perfettamente di quello che potesse essere questa legge, come tutte le leggi di particolare cattiveria – spiega i suoi effetti lentamente nel tempo, come un veleno che si inocula nel sistema e poi, soltanto dopo un po’, riesce a spiegare quelli che sono i suoi effetti. Io ho votato contro, percependo quasi, con una sensibilità giuridica forse un po’ troppo da giungla, che quella non era una norma buona.
  Ci sono profili di incostituzionalità per cui noi voteremo contro la decadenza, ed è un voto, il nostro, di carattere convintamente tecnico e convintamente di protesta rispetto ad un meccanismo bestiale, che, in qualche maniera, travolge i principi. Vedete, noi ci stiamo abituando a travolgere i principi della Costituzione in nome del consenso e in nome della «pancia» della piazza, come se la necessità di procurarsi adepti e fidelizzazioni superi il nostro obbligo di essere fedeli alla Carta costituzionale. I due parametri, quelli della presunzione di non colpevolezza, violata in certi luoghi, e della irretroattività della legge penale sono clamorosamente travolti. C’è un libro interessante, si chiama La manomissione delle parole. Ecco, il diritto, qualche volta, se deve raggiungere un determinato risultato, è capace di manomettere le parole.
  Qualcuno mi deve spiegare, con la pacatezza che c’è nell'ambito della ricerca di un percorso logico, come si faccia a non ritenere che le conseguenze della Severino non abbiano carattere sanzionatorio. Derivano da una sentenza penale, da una responsabilità penale, e, come tutti gli effetti penali della condanna, hanno chiaramente una matrice penalistica. Ci rimane Pag. 110un punto che potrà chiarire questo importantissimo dettaglio, ed è l'Europa, che molto spesso noi invochiamo a monito, ad esempio, a parametro, molte volte a sproposito, a condizioni diverse; partiamo dall'effetto e non andiamo alle cause, ma la Corte di Strasburgo dovrà dirci se, conformemente ad una serie di sue decisioni, la sentenza Fondi su tutte, se conformemente alla sua giurisprudenza abituale, siamo di fronte ad una rara avis, cioè ad un effetto che deriva da una responsabilità penale, che, però, penale non è. Per scelta di chi ? Di un legislatore ansioso di far vedere quanto è bello essere moralisti anche nell'ambito della Costituzione.
  Qui non si tratta di salvare chi è responsabile o meno: si tratta di applicare la legge penale secondo i principi costituzionali, e negare che la legge Severino sia una legge che affonda le sue radici nella responsabilità penale è assurdo. Vedete, c’è stato un intervento del collega Lauricella, nell'ambito dei lavori della Giunta, che ha richiamato opportunamente l'articolo 16 della Severino, allorquando si stabilisce che il patteggiamento, anche successivamente al vigore della stessa legge, è un patteggiamento produttivo dell'effetto di incandidabilità, e comunque di incompatibilità con il ruolo di parlamentare. Bene, se questo è vero, se c’è stato bisogno di dire che la sentenza di patteggiamento dopo il vigore della legge produce quell'effetto, mi spiegate come si fa a negare che la legge Severino abbia una matrice fortemente penalistica ? Non vi sarebbe stata nessuna ragione ! Ecco perché la volontà della legge e la volontà del legislatore, questa volta, non possono che coincidere.
  Quella è una norma, un indice, una spia, una punta di iceberg che vi dà l'idea chiarissima di come la matrice della Severino sia una matrice penalistica e sia inapplicabile ai fatti pregressi. Il tema io credo che non abbia bisogno di ulteriori commenti. Quando si fa la differenza fra la mancanza di un requisito e le conseguenze di una condanna in sede penale, credo che qui veramente si corre il rischio di manomettere le parole e di prendere un versante, quello più conveniente per il risultato, senza un'interpretazione che sia logica, coerente e corretta. Se questo è vero Presidente, la sentenza n. 265 del 2015 va letta nella prospettiva del rispetto dei principi costituzionali: si riferisce ad altra fattispecie, lo sappiamo, e quindi non detta legge in questo caso, ma qui il rischio che noi corriamo, evidente, fortissimo, incalcolabile, è proprio quello di consegnare questo Paese ad una disapplicazione di fatto di principi fondanti.
  In merito a quello che sta accadendo in questi giorni – lo dico perché l'attualizzazione di un voto è assolutamente fondamentale –, non possiamo far finta di votare ora per allora. Votiamo ora per ora. Quello che sta accadendo in questi giorni è una ripresa delle ostilità nell'ambito di un Paese che dovrebbe essere giustizialista per antonomasia, in cui, fatalmente, vi sono dei presunti responsabili, e quindi il Paese deve essere orientato verso una presunzione di responsabilità. L'intervento a piedi uniti del segretario Davigo è stato un intervento che ci ha riportato 20 anni indietro e io non credo che noi siamo nostalgici, da questo punto di vista. Non credo che si possa dire che un PM rigenerato di Mani pulite possa riportare il Paese in quel buio in cui quotidianamente ci si chiedeva chi dovesse essere arrestato, e lo si apprendeva dalle pagine dei giornali.
  È un periodo buio, che noi dobbiamo dimenticare. Noi dobbiamo cercare assolutamente di rispettare quelle che sono le regole della divisione dei poteri, quelli che sono i principi costituzionali, di riportare nell'ambito della giustizia una pace fra politica e giustizia, inevitabile se vogliamo fare in modo che il Parlamento possa funzionare. Penso che la legge Severino, da questo punto di vista, costituisca un ombelico giustizialista, una sorta di luogo di minore resistenza della democrazia, in cui Forza Italia certamente non si ritrova.
  Noi siamo garantisti con tutti; abbiamo dimostrato con chiarezza che, indipendentemente dalle appartenenze, il garantismo è per noi un valore. Qui c’è di più: non c’è Pag. 111soltanto il garantismo. Qui c’è la consapevolezza di una legge che è nata per punire fatti successivi, che è stata modellata – e quello che è accaduto al Presidente Berlusconi ne costituisce testimonianza: un giudizio soltanto politico, neanche giurisdizionale – per punire gli avversari politici. Penso che questo non debba essere, non possa essere, e sono convinto che l'Europa ci consentirà di mettere un punto fermo. Sarebbe stato opportuno attendere quella decisione, attendere quella decisione sarebbe stata la cosa più saggia.
  Il Parlamento ha deciso diversamente: noi stiamo oggi ad esprimere un voto e mi chiedo – ho finito, Presidente – se, per avventura, la Corte di Strasburgo dovesse affermare che la Severino è inapplicabile a fatti pregressi, non ha nessuna matrice retroattiva, che ne sarà di questo voto ? Quale sarà il risultato che ciascuno di noi avrà raggiunto con questo voto ? Ecco perché noi votiamo contro, convintamente contro, nella prospettiva che il rispetto della Costituzione non ha appartenenza, ma ha certamente una cultura, che è quella di Forza Italia (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il collega Marco Brugnerotto. Ne ha facoltà.

  MARCO BRUGNEROTTO. Grazie, Presidente. Questa mia dichiarazione di voto a favore della definitiva decadenza del dottor Giancarlo Galan dalla qualifica di deputato intende prima di tutto interpretare il pensiero unitario dei gruppi del MoVimento 5 Stelle di Camera e il Senato, dei nostri consiglieri regionali in Veneto e di tutti i nostri consiglieri eletti nella mia regione. Voglio dare chiara voce alle aspirazioni di tutte le associazioni ambientaliste, di tutte le famiglie e di tutti i singoli cittadini veneti ed italiani in grado di comprendere e di volere davvero, in modo pacifico, il bene comune, perché siamo ormai certi che nel Paese ci sia una nuova numerosa cittadinanza onesta ed attiva che si è finalmente decisa ad emergere, a cambiare le cose.
  Siamo determinati a creare un radicale rinascimento di questa società, della società italiana attuale e futura, conquistare al più presto una vera liberazione da questa classe politica, liberazione dalle folli, grandi opere degli associati per delinquere di destra e di sinistra (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle), che nell'ultimo ventennio hanno portato ad un passo dalla metastasi terminale le terre, le acque, l'aria, i sistemi vegetali ed animali del Veneto come di tutti gli altri territori nazionali. Riteniamo pertanto doverosa oggi la decadenza di Giancarlo Galan, sedicente pupillo di Marcello Dell'Utri, prima che del consunto Silvio Berlusconi. È il minimo. Esisteva un tempo un confine, in Veneto, fra due province, veniva chiamato «bandiza», da lì il termine bandito; chi l'oltrepassava era appunto definito un bandito. Oggi pare non sia ancora evidente, alla luce di tutto quello che è successo, chi sia il bandito. Vorrei che fosse chiaro a tutti i veneti, a tutti gli italiani, l'eccezionale gravità di ciò che è accaduto: quel che è successo nei circa quindici anni della presidenza Galan a capo della sua giunta è ben più grave del fenomeno chiamato «Mafia capitale»; vorrei si sapesse di ciò che ancora più gravemente sta accadendo dall'aprile 2010, quando Galan fu nominato Ministro delle politiche agrarie e forestali del IV Governo Berlusconi, in sostituzione di Luca Zaia, già suo fedele assessore e vicepresidente e ora governatore.
  In questi giorni ho letto sui quotidiani locali l'elenco di ben 44 personaggi – 44 ! – dichiarati delinquenti o variamente assolti da sentenze definitive, comunque implicati sino ad ora nel «processo Mose»: a distanza di tre anni dalla grande retata del 13 maggio 2013, che portò in carcere i primi galantuomini del Consorzio Venezia Nuova e della regione Veneto, il processo è ripreso, a Venezia, processo a carico di otto dei citati, fra i quali anche Giorgio Orsoni, già sindaco di Venezia, l'ex Ministro Matteoli e l'ex eurodeputata Lia Sartori. Successivamente vengono citati anche Pag. 112i nomi di Piergiorgio Baita, Claudia Minutillo, William Colombelli e altri, che vanno aggiunti ai 44 già iscritti nell'elenco assieme al nome del più importante di tutti, che è quello di Giovanni Mazzacurati, il primo elemosiniere di moltissimi protagonisti dello scandalo Mose; così l'elenco arriva in totale a 49 presenze, presenze o assenze, visto che oggi i suddetti sono ancora tutti fuori dalle patrie galere, più o meno a piede libero. Di fronte a questa oggettiva attualità non posso fare a meno di ripensare alla denuncia presentata dalla giunta di Giancarlo Galan a carico dei cittadini veneziani che nel 2006 occupavano i cantieri appena aperti del Mose e dicevano chiaramente che il Mose era solo uno sporco affare di chi lo voleva realizzare, un costosissimo, delicatissimo ed inaffidabile giocattolo, non certo la sbandierata soluzione efficiente ed eco compatibile che poteva risolvere i problemi di Venezia e della sua laguna. Quella infame denuncia fu giustamente cancellata dalla magistratura che dichiarò tutti i cittadini «No Mose» assolti (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Anche in quel caso – ci viene da chiederci –, chi era il bandito ? Tutti assolti tranne uno, Luca Casarin, perché in un dibattito pubblico aveva avuto l'ardire di rinfacciare senza mezzi termini al doge Galan la sua scelta ottusa e delittuosa. Il tempo ha ampiamente dimostrato che Casarin e tutti gli ambientalisti veneziani avevano ragione da vendere, ma a quel tempo gli errori di progettazione, disastri tecnici ed economici erano appena iniziati, non erano ancora compiuti. Oggi, invece, quegli stessi grossolani errori denunciati all'inizio dei lavori del Mose sono concretamente evidenti a tutti ed esplicitamente ammessi anche dall'attuale presidente dell'autorità portuale Paolo Costa.
  Paolo Costa, che a mio dire ha un coraggio sperticato e che quel progetto ha sostenuto e votato quando fu sindaco di Venezia lui stesso, e mai – mai ! – avrebbe contestato poi negli anni successivi, dice, rispondendo ad alcune interviste, che la conca di navigazione costruita a Malamocco è sbagliata, troppo piccola, non correttamente allineata alla lunata di protezione costruita per proteggere in tanti dalla potenza del mare e a sua volta sbagliata rispetto alle spinte delle principali correnti marine. In altre parole, non è progettata per farci entrare in sicurezza le navi. Le opere non praticabili in sicurezza vanno rifatte, dice Costa, anche se con nuovi, notevoli e non quantificati costi aggiuntivi.
  Nel 2012 gli ambientalisti veneziani definivano follia la decisione di Paolo Costa, del sindaco di allora, Giorgio Orsoni, e di Luigi Brugnaro, oggi Sindaco di Venezia, con il pieno appoggio di tutta la giunta regionale di Zaia, di voler tenere a tutti i costi le grandi navi turistiche dentro la laguna di Venezia. Gli ambientalisti denunciavano la pericolosità dei fumi delle navi ma soprattutto degli sconquassi dovuti agli spostamenti di immensi volumi d'acqua al passaggio delle navi.
  Denunciavano inoltre il progetto dello scavo del Canale Contorta e l'ampliamento del Canale dei Petroli, perché – dicevano – porterà continuamente volumi d'acqua molto più abbondanti e veloci di quelli già oggi eccessivi, danneggiando così il centro storico. La prima udienza del processo a carico degli ambientalisti veneziani si è tenuta lo scorso 15 aprile, ma anche in questo caso «bandiza» è la linea e viene da chiedersi: ma chi è il bandito ? Il MoVimento 5 Stelle ritiene che lo Stato in questo procedimento giudiziario abbia sbagliato l'identificazione dei cittadini da processare: ha chiamato in giudizio come imputati gli ambientalisti invece che le associazioni per delinquere cresciute in laguna e dilagate in tutta la terra ferma (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle)
  Queste associazioni, questa grande associazione, che potrà definire per capacità, passione e dedizione una vera e propria università del crimine, ha continuato e continua a distruggerne e coprire d'asfalto e cemento il Veneto. Per brevità, cito solo i nomi delle più grandi devastanti follie progettate o in corso di approvazione o di realizzazione: il Mose; le mega navi turistiche ancora nel centro storico; il terminalPag. 113containers off-shore a 12 miglia in Adriatico, davanti a Malamocco; la duplicazione delle piste aeroportuali del «Marco Polo»; il passante di Mestre, mai completamente finito e già fallimentare; la superstrada pedemontana Veneta, simbolo, emblema dello sfregio al territorio, che nessuno ha mai chiesto e che letteralmente cementifica 780 ettari di campagne fra le più fertili di tutto il Veneto; la velenosa Valdastico Sud e la sua pazzesca prosecuzione nella Valdastico nord; la nuova Valsugana; le due vie del mare nel Veneto orientale; la Mestre-Orte, chiamata anche «Romea commerciale»; la circonvallazione delle Torricelle in area Verona-Garda; interventi da 2 miliardi e più (2 miliardi 400 milioni) dei bancarottieri vicentini volti a demolire l'attuale stazione ferroviaria e costruirne ex novo altre due, interrando tutti i binari delle zone più ricche di falde acquifere di tutto il Veneto; il nuovo Ospedale dell'Angelo a Mestre e la costruzione di nuovi ospedali come quello di Santorso e del Centro sanitario di Padova, progettati rispettivamente a circa uno e due chilometri in linea d'aria rispetto agli inceneritori locali.
  La lista purtroppo potrebbe continuare, ma tutte queste opere a cosa servono ? Soprattutto, a chi servono ? Servono ai soliti. Grandi opere costruite esclusivamente per fare gli interessi di chi le deve costruire e basta, pagate e ripagate dai cittadini con quel perverso meccanismo dalla finanza di progetto; cittadini che si vedono depredati della loro terra in nome di un progresso che non è progresso, di fronte al dilemma che nelle terre del Nord Est calza a pennello da decenni: è meglio morire di fame o di tumore ? Siete responsabili di tutto questo tutti voi, destra e sinistra, siete complici, non ve ne frega niente del bene comune, questa e solo questa è la verità. Serve un cambio di rotta complessivo, a cominciare dalle regioni dove ci sono quasi più consiglieri indagati che non, e dai comuni, se vogliamo assicurare un futuro al Paese. Quello che vi chiediamo è di prendervi qui in Parlamento le vostre responsabilità, la responsabilità materna e paterna nei confronti di vostri figli, che un giorno chiederanno conto a voi di cosa è stato fatto al Paese, di cosa avete scelto, di dove avete scelto di stare, da quale parte di «bandiza», quel confine che è tanto antico quanto netto.
  Galan è solo l'iniziatore di un sistema diabolico che continua tuttora, oggi, e va fermato. Lui rappresenta la prima caduta di una piazza pulita che va fatta a cominciare da adesso. Sul confine «bandiza» noi ci abbiamo costruito una storia, e su quel confine, che è anche un fiume, ironia della sorte, Galan ci abitava. A pochi metri da quel confine ci siamo trovati un anno fa, noi da una parte e lui nella sua villa ristrutturata con i soldi degli italiani dall'altra. Siamo andati lì per chiedere le sue dimissioni, disattese naturalmente. Noi da una parte e lui dall'altra e in mezzo questo confine, un confine che dettava bene le appartenenze, i limiti. Serve ancora chiedersi chi è il bandito ? Serve ancora chiedersi chi sono i banditi ? Adesso, in questo momento «bandiza» diventa scelta, diventa scegliere, e io veramente invito gli italiani a scegliere una volta per tutte da che parte stare: o noi o loro, o noi o loro (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle – Congratulazioni) !

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il collega Nico Stumpo. Ne ha facoltà.

  NICOLA STUMPO. Presidente, onorevoli colleghi, al di là delle opinioni che ciascuno di noi può avere sul merito della vicenda di cui oggi discutiamo, quando si affrontano questioni così delicate, concernenti comunque la composizione di questa Assemblea, dobbiamo avere la consapevolezza che stiamo per assumere una decisione estremamente rilevante per la vita democratica di questa nostra istituzione.
  Noi, oggi, non dobbiamo discutere affrontare la vicenda riguardante l'onorevole Galan dal punto di vista giudiziario. Questo compito è spettato alla magistratura ed è ormai concluso. Politica e giustizia non devono mai sovrapporre il loro lavoro, Pag. 114mai ! Al Parlamento tocca oggi decidere se una legge, la Severino, è da applicarsi o meno a questo caso. Quindi, decidere la decadenza di un parlamentare e il subentro di uno nuovo. Non sarebbero stati, e non ci sono stati, di aiuto quindi strumentalizzazioni o dichiarazioni inopportune e polemiche, che, oltre tutto, non sarebbero state corrispondenti al clima di serietà, compostezza e correttezza che, invece, hanno caratterizzato i lavori della Giunta delle elezioni.
  La relazione dell'onorevole Pagano, precisa ed esaustiva nel percorso intrapreso dalla Giunta, mi consente di attenermi pienamente al merito e spero, anche nell'interesse di tutti, nel minor tempo possibile. Rispetto al materiale difensivo prodotto dall'onorevole Galan è evidente che la Corte costituzionale, nella sentenza n. 236 nel 2015, non potesse affrontare il tema dell'incandidabilità e della decadenza con specifico riferimento ai parlamentari, poiché la Corte è chiamata a decidere entro il recinto rappresentato da un tema decidendum definito in questa sentenza, e si è pronunciata sull'articolo 11 del decreto legislativo, che riguarda invece la sospensione e la decadenza di diritto degli amministratori locali in condizioni di incandidabilità. Tuttavia, negli obiter dicta della predetta sentenza è chiaro che la Corte ha inteso escludere che l'istituto della decadenza sia da considerare una sanzione penale. Non è quindi corretto, ci sia consentito chiarirlo, sollevare il tema della retroattività o irretroattività della legge con riferimento al tempo in cui è stato commesso il reato, poiché ciò che conta è invece la data di pronuncia della sentenza di patteggiamento in relazione alla data di entrata in vigore della legge Severino. La ratio della legge è chiara: tutelare il soggetto che ha patteggiato prima dell'entrata in vigore della legge, poiché non era in condizione di conoscerne le conseguenze e gli affetti, e non il soggetto che abbia patteggiato in un momento successivo, potendo egli valutare, alla luce della normativa vigente, gli effetti e le conseguenze delle proprie scelte al momento di prestare il proprio consenso. La legge Severino, quindi, a mio avviso non lascia dubbi. Prevede, infatti, che l'incandidabilità operi anche nel caso di patteggiamento della pena, e tale disposizione si applica anche alle sentenze pronunciate successivamente alla data di entrata in vigore del decreto legislativo, ovvero dopo l'entrata in vigore della legge Severino. Lo dico all'onorevole Sisto, noi oggi votiamo sull'applicazione di una legge, non sulla valutazione della legge. Per queste motivazioni riteniamo che la questione sia, sotto il profilo giuridico, chiara ed evidente. Noi oggi siamo chiamati soltanto a verificare l'applicabilità della legge Severino al caso di specie, niente di più, senza entrare nel merito della vicenda giudiziaria, che non competeva alla Giunta e non compete a questa Assemblea.
  Preannuncio pertanto, a nome del gruppo del Partito Democratico, il voto favorevole sulla proposta della Giunta delle elezioni (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Corsaro. Ne ha facoltà.

  MASSIMO ENRICO CORSARO. Grazie, Presidente. Per dire che, in dissenso dal mio gruppo, voterò a favore della decadenza del collega Galan. Io ho sentito molti dotti interventi, più adatti ad un contesto congressuale in materia di diritto che al tema di cui stiamo parlando, che si interrogano sul momento di efficacia e di entrata di applicazione della legge Severino, legge che non ho apprezzato, che non ho votato e che non mi occupo di difendere in questa sede.
  Ma proprio in questa sede, onorevole Presidente, tendo a sottolineare la circostanza che vi sono momenti nell'agire politico in cui la massima istituzione – e la Camera dei deputati è la massima istituzione – ha il sacrosanto dovere di lavorare per ridurre quello iato nei confronti della richiesta di pulizia che viene dal popolo. Non vi è dubbio che la riduzione dello iato passi anche dalla presa d'atto e di responsabilità da parte di Pag. 115questa Camera del fatto che un proprio componente, che, avendo patteggiato, è reo confesso riguardo al compimento di un reato compiuto in ragione di un suo ruolo pubblico, abbia, nel momento stesso in cui stava patteggiando la pena, e quindi ammettendo il compimento del reato, pensato per più di un anno di mantenere addirittura la carica di presidente della Commissione cultura della Camera dei deputati, essendo impossibilitato a partecipare, ed è cessato dalla carica solo perché è sopraggiunto il termine di rinnovo delle cariche delle Commissioni !
  Credo che questo sia il momento, onorevole Presidente, in cui la politica debba dare, con una risposta di sussulto di dignità, ai cittadini la sensazione che non tutto è sporco, che non tutto è perduto, che non tutto è corrotto ! Voterò a favore delle dimissioni dell'onorevole Galan.

(Votazione – Doc. III, n. 1)

  PRESIDENTE. Passiamo al voto.
  Indico la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla proposta della Giunta nel senso della decadenza dal mandato parlamentare, per motivi di ineleggibilità sopravvenuta, del deputato Giancarlo Galan. Ricordo che chi vuole votare per la decadenza dal mandato parlamentare del deputato Galan deve votare «sì», mentre chi vuole votare contro la decadenza deve votare «no».
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Folino, Furnari, Gribaudo, Lodolini..
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  435   
   Votanti  428   
   Astenuti    7   
   Maggioranza  215   
    Hanno votato  388    
    Hanno votato no  40    

  La Camera approva (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle – Vedi votazioni).

  (La deputata Braga ha segnalato di non essere riuscita ad esprimere voto favorevole).

  Dichiaro pertanto decaduto dal mandato parlamentare il deputato Giancarlo Galan e, in conformità a quanto già accertato dalla Giunta delle elezioni, proclamo il candidato Dino Secco deputato per la VII circoscrizione Veneto 1, che nell'ordine progressivo della lista n. 9 – «Il Popolo della Libertà», nella VII circoscrizione Veneto 1, segue immediatamente l'ultimo degli eletti.
  Si intende che da oggi decorre il termine di 20 giorni per la presentazione di eventuali ricorsi.

Rinvio del seguito della discussione delle mozioni Lupi ed altri n. 1-01195, Carfagna ed altri n. 1-01187, Roccella ed altri n. 1-01218, Spadoni ed altri n. 1-01223, Dellai ed altri n. 1-01225, Rondini ed altri n. 1-01226, Vezzali e Monchiero n. 1-01227, Rampelli ed altri n. 1-01228, Nicchi ed altri n. 1-01230 e Palese ed altri n. 1-01233 concernenti iniziative, in ambito nazionale e sovranazionale, per il contrasto di tutte le forme di surrogazione di maternità (ore 20,10).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione delle mozioni Lupi ed altri n. 1-01195, Carfagna ed altri n. 1-01187, Roccella ed altri n. 1-01218, Spadoni ed altri n. 1-01223, Dellai ed altri n. 1-01225, Rondini ed altri n. 1-01226, Vezzali e Monchiero n. 1-01227, Rampelli ed altri n. 1- 01228, Nicchi ed altri n. 1-01230 e Palese ed altri n. 1-01233, concernenti iniziative, in ambito nazionale e sovranazionale, per il contrasto di tutte le forme di surrogazione di maternità (Vedi l'allegato A – Mozioni).
  Avverto che, dopo la conclusione della discussione sulle linee generali, che ha avuto luogo nella seduta di lunedì 18 aprile 2016, sono state presentate le mozioni Rampelli ed altri 1-01228, Nicchi ed Pag. 116altri n.1-01230 e Palese ed altri 1-01233, che sono state già iscritte all'ordine del giorno.

  ROCCO PALESE. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  ROCCO PALESE. Grazie, Signor Presidente. Intervengo per un motivo molto semplice, per proporre il differimento ad altra seduta di questo punto in considerazione dell'importanza dell'argomento.
  Infatti, ci sono ben 10 mozioni già presentate. La richiesta è anche in riferimento all'orario, avendo io fatto presente a qualche presidente di gruppo pure la necessità di interrompere i lavori tra le 19,30 e le 20 per un'esigenza della nostra componente.

  PRESIDENTE. Sulla richiesta di rinviare ad altra seduta il seguito dell'esame delle mozioni darò la parola ai sensi articolo 41, comma 1, del Regolamento, a un deputato contro e uno a favore per non più di cinque minuti.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare contro il collega Occhiuto. Ne ha facoltà.

  ROBERTO OCCHIUTO. Grazie, Presidente. Noi siamo fermamente contrari al rinvio ad altra seduta delle mozioni sulla maternità surrogata. Avremmo accettato un rinvio a data certa, per esempio alla seduta di domani mattina. Se aveste proposto un rinvio di questo genere avremmo votato sicuramente a favore.
  Ci dispiace constatare che il collega Palese, suo malgrado, si fa portavoce di una evidente difficoltà del Partito Democratico. Vorrei ricordarlo alla Presidenza e all'Aula che è l'unico partito che non ha depositato un testo sull'argomento, non ha depositato una mozione nella quale ci si impegni, per esempio, a bandire la maternità surrogata. Evidentemente non riesce o non vuole assumere una posizione sull'argomento. È un peccato, lo dico senza entrare nel merito della discussione che ci sarà su un altro provvedimento, quello delle unioni civili, il 12 maggio, perché invece sarebbe stato urgente approvare e discutere una mozione su questo argomento per bandire il cosiddetto utero in affitto prima della discussione sulla legge sulle unioni civili.
  Vorrei anche ricordare alla Presidenza e all'Aula, ma soprattutto ai colleghi di maggioranza, e in particolare a quelli del PD, che nell'altro ramo del Parlamento, al Senato, proprio alla vigilia dell'approvazione del testo sulle unioni civili, la senatrice Finocchiaro aveva annunciato un'iniziativa del PD per bandire la pratica dell'utero in affitto. Ecco, quello che la maggioranza, il PD, ha dichiarato di voler fare al Senato, non riesce invece a fare alla Camera. Non ci resta che constatare che, ancora una volta, fate tutte le parti in commedia, non riuscite ad assumere alcuna posizione perché le vostre divisioni vi impediscono di farlo (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare a favore la collega Binetti. Ne ha facoltà.

  PAOLA BINETTI. Per motivi analoghi che riguardano l'importanza oggettiva del tema, a cui noi attribuiamo un'importanza che va ben oltre quella che potrebbe essere una semplice mozione, perché ci sembra che sia un argomento che tocca una di quelle riforme che passeranno alla storia di questa legislatura come quelle tra le più importanti e le più significative, noi riteniamo che la discussione sulla mozione sull'utero in affitto possa essere rimandata per poter essere affrontata con maggiore serietà, con maggiore profondità, alla ricerca delle possibili convergenze, tra le diverse mozioni, in modo da rendere più forte l'enfasi sulle cose che si chiederanno al Governo. Certamente, però, la riflessione sulla mozione sull'utero in affitto desideriamo, con fermezza e con forza, che preceda la discussione sulle unioni civili. Tutti sanno come il dibattito sulle unioni civili sia un dibattito complesso, un dibattito difficile, un dibattito in cui non Pag. 117sarà facile trovare quei punti di convergenza che qualcuno potrebbe auspicare. Questo però potrebbe diventare praticamente impossibile, se non ci fosse chiarezza sul fatto che le unioni civili riguardano le relazioni di coppia e non toccano l'asse genitoriale. L'aver stralciato la stepchild adoption con un emendamento del Governo al Senato, ha permesso di ottenere intorno a questo disegno di legge, un maggior numero di consensi. Il rifiutarsi di fare chiarezza sul tema della maternità surrogata può costituire un bias molto importante e molto forte anche in relazione al dibattito e all'approvazione di questa legge.
  Quindi, questa sera noi accettiamo che questa mozione venga spostata alla prossima settimana, ma vogliamo impegnare realmente il Parlamento a che questo spostamento non significhi un differimento sine die, perché attribuiamo un'importanza determinante alla relazione tra la legge sulle unioni civili e la mozione contro l'utero in affitto, contro la maternità surrogata. A noi sembra che la maternità sia una e in quanto tale vada difesa, vada tutelata e vada potenziata; non a caso, nel documento che abbiamo approvato oggi, il Documento di economia e finanza, c’è un riferimento esplicito, per esempio, a quelle che sono le politiche per la natalità. Le politiche per la natalità sono le politiche per la maternità e noi desideriamo che questo abbia spazio, luogo e importanza nell'Aula (Applausi dei deputati del gruppo Area Popolare (NCD-UDC)).

  PRESIDENTE. Ovviamente, l'ordine dei lavori e il calendario di Aula non si possono decidere qui, ma verranno decisi in una Conferenza dei presidenti di gruppo. Quindi, sono considerazioni politiche legittime, ma non possono essere impegni rispetto a questa votazione gli argomenti da porre in calendario in futuro.
  Passiamo ai voti.
  Pongo in votazione, mediante procedimento elettronico senza registrazione di nomi, la proposta di rinviare ad altra seduta il seguito dell'esame delle mozioni concernenti iniziative, in ambito nazionale e sovranazionale, per il contrasto di tutte le forme di surrogazione di maternità.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione)

  Silvia Giordano, D'Incà, Misuraca ...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  La Camera approva per 116 voti di differenza.

  Il seguito dell'esame delle mozioni sarà calendarizzato dalla Conferenza dei presidenti di gruppo.

TESTO AGGIORNATO AL 29 APRILE 2016

Calendario dei lavori dell'Assemblea per il mese di maggio 2016 e conseguente aggiornamento del programma (ore 20,15).

Testo sostituito con l'errata corrige del 29 APRILE 2016   PRESIDENTE. Comunico che, a seguito della riunione odierna della Conferenza dei presidenti di gruppo, è stato predisposto, ai sensi dell'articolo 24, comma 2, del regolamento, il seguente calendario dei lavori per il mese di maggio 2016:
  Lunedì 2 maggio (antimeridiana/pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna)
  PRESIDENTE. Comunico che, a seguito della riunione odierna della Conferenza dei presidenti di gruppo, è stato predisposto, ai sensi dell'articolo 24, comma 2, del regolamento, il seguente calendario dei lavori per il mese di maggio 2016:

  Lunedì 2 maggio (antimeridiana/pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna)

  Discussione sulle linee generali delle mozioni:
   Lorefice ed altri n. 1-00698 e D'Incecco ed altri n. 1-01229 concernenti iniziative finalizzate al riconoscimento dell'endometriosi come malattia invalidante e al potenziamento delle prestazioni sanitarie e delle misure di sostegno economico e sociale per le donne affette da tale patologia;
   Baradello ed altri n. 1-01188 concernente iniziative per valorizzare i cosiddetti lavoratori maturi nel quadro del prolungamento della vita lavorativa.

Pag. 118

  Discussione sulle linee generali dei disegni di legge di ratifica:
   n. 3285 – Accordo di cooperazione tra il Governo della Repubblica italiana e il Regno hascemita di Giordania in materia di lotta alla criminalità, fatto ad Amman il 27 giugno 2011;
   n. 3301 – Accordo quadro di partenariato e cooperazione tra l'Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Mongolia, dall'altra, fatto a Ulan-Bator il 30 aprile 2013 (Approvato dal Senato);
   n. 3511 – Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica di Armenia sulla cooperazione e sulla mutua assistenza in materia doganale, fatto a Yerevan il 6 marzo 2009;
   n. 3530 – Convenzione tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica di Panama per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e per prevenire le evasioni fiscali, con Protocollo aggiuntivo, fatta a Roma e a Città di Panama il 30 dicembre 2010.

  Martedì 3 e mercoledì 4 maggio (antimeridiana e pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna) (con votazioni)

  Seguito dell'esame degli argomenti previsti nella settimana precedente e non conclusi

  Seguito dell'esame delle mozioni:
   Lorefice ed altri n. 1-00698 e D'Incecco ed altri n. 1-01229 concernenti iniziative finalizzate al riconoscimento dell'endometriosi come malattia invalidante e al potenziamento delle prestazioni sanitarie e delle misure di sostegno economico e sociale per le donne affette da tale patologia;
   Baradello ed altri n. 1-01188 concernente iniziative per valorizzare i cosiddetti lavoratori maturi nel quadro del prolungamento della vita lavorativa.

  Seguito dell'esame dei disegni di legge di ratifica:
   n. 3285 – Accordo di cooperazione tra il Governo della Repubblica italiana e il Regno hascemita di Giordania in materia di lotta alla criminalità, fatto ad Amman il 27 giugno 2011;
   n. 3301 – Accordo quadro di partenariato e cooperazione tra l'Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Mongolia, dall'altra, fatto a Ulan-Bator il 30 aprile 2013 (Approvato dal Senato);
   n. 3511 – Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica di Armenia sulla cooperazione e sulla mutua assistenza in materia doganale, fatto a Yerevan il 6 marzo 2009;
   n. 3530 – Convenzione tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica di Panama per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e per prevenire le evasioni fiscali, con Protocollo aggiuntivo, fatta a Roma e a Città di Panama il 30 dicembre 2010.

  Mercoledì 4 maggio, alle ore 18, avrà luogo un'informativa urgente del Governo in merito all'attuazione della normativa in materia di interruzione volontaria di gravidanza, alla luce della recente pronuncia del Comitato europeo dei diritti sociali del Consiglio d'Europa.

  Lunedì 9 maggio (pomeridiana, dalle 15,30, con eventuale prosecuzione notturna)

  Discussione sulle linee generali della proposta di legge n. 3634 – Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze (Approvata dal Senato).

  Discussione sulle linee generali delle mozioni:
   Saltamartini ed altri n. 1-01111 concernente iniziative, anche in ambito internazionale, Pag. 119finalizzate al contrasto dei fenomeni di violenza contro le donne, alla luce delle aggressioni occorse a Colonia e in altre città europee nella notte del 31 dicembre 2015;

  De Girolamo ed altri n.1-01205 concernente iniziative per prevenire e contrastare il fenomeno del bullismo.

  Martedì 10, mercoledì 11 e giovedì 12 maggio (antimeridiana e pomeridiana, con eventuale prosecuzione nella giornata di venerdì 13 maggio) (con votazioni)

  Seguito dell'esame della proposta di legge n. 3634 – Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze (Approvata dal Senato).

  Seguito dell'esame delle mozioni:
   Saltamartini ed altri n. 1-01111 concernente iniziative, anche in ambito internazionale, finalizzate al contrasto dei fenomeni di violenza contro le donne, alla luce delle aggressioni occorse a Colonia e in altre città europee nella notte del 31 dicembre 2015;

  De Girolamo ed altri n.1-01205 concernente iniziative per prevenire e contrastare il fenomeno del bullismo.

  Nel corso della settimana potrà avere luogo il seguito dell'esame di argomenti previsti nella settimana precedente e non conclusi

  Lunedì 16 maggio (antimeridiana/pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna)

  Discussione sulle linee generali del disegno di legge S. 2299 – Conversione in legge del decreto-legge 29 marzo 2016, n. 42, recante disposizioni urgenti in materia di funzionalità del sistema scolastico e della ricerca (ove trasmesso dal Senato – scadenza: 28 maggio 2016).

  Discussione sulle linee generali delle mozioni:
   Pisicchio n. 1-01192 concernente iniziative volte a favorire l'accesso agli studi universitari, con particolare riferimento ad un'equa ripartizione delle risorse sul territorio nazionale;
   Carlo Galli ed altri n. 1-01193 concernente interventi per il rilancio del comparto della ricerca italiana.

  Discussione sulle linee generali della proposta di legge n. 1994 – Disposizioni in materia di criteri di priorità per l'esecuzione di procedure di demolizione di manufatti abusivi (Approvata dal Senato).

  Discussione sulle linee generali della mozione Mazziotti Di Celso e Monchiero n. 1-01234 concernente l'affidamento di servizi nel settore dei beni culturali, con particolare riferimento allo svolgimento di procedure di gara.

  Martedì 17, mercoledì 18 e giovedì 19 maggio (antimeridiana e pomeridiana, con eventuale prosecuzione nella giornata di venerdì 20 maggio) (con votazioni)

  Seguito dell'esame del disegno di legge S. 2299 – Conversione in legge del decreto-legge 29 marzo 2016, n. 42, recante disposizioni urgenti in materia di funzionalità del sistema scolastico e della ricerca (ove trasmesso dal Senato – scadenza: 28 maggio 2016).

  Seguito dell'esame degli argomenti previsti nella settimana precedente e non conclusi.

  Seguito dell'esame delle mozioni:
   Pisicchio n. 1-01192 concernente iniziative volte a favorire l'accesso agli studi universitari, con particolare riferimento ad un'equa ripartizione delle risorse sul territorio nazionale;
   Carlo Galli ed altri n. 1-01193 concernente interventi per il rilancio del comparto della ricerca italiana.

Pag. 120

  Seguito dell'esame della proposta di legge n. 1994 – Disposizioni in materia di criteri di priorità per l'esecuzione di procedure di demolizione di manufatti abusivi (Approvata dal Senato).

  Seguito dell'esame della mozione Mazziotti Di Celso e Monchiero n. 1-01234 concernente l'affidamento di servizi nel settore dei beni culturali, con particolare riferimento allo svolgimento di procedure di gara.

  Lunedì 23 maggio (antimeridiana/pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna)

  Discussione sulle linee generali dei progetti di legge:
   disegno di legge n. 2617-B – Delega al Governo per la riforma del Terzo settore, dell'impresa sociale e per la disciplina del Servizio civile universale (Approvato dalla Camera e modificato dal Senato);
   proposte di legge nn. 3004, 3147 ed abbinate – Disciplina dei partiti politici, in attuazione dell'articolo 49 della Costituzione, e delega al Governo per l'emanazione di un testo unico per il riordino delle disposizioni riguardanti i partiti politici;
   proposta di legge n. 1159 ed abbinata – Modifiche alla disciplina in materia di contributi universitari;
   proposta di legge n. 521 ed abbinate – Interventi per il settore ittico;
   proposta di legge S. 54-B – Modifica all'articolo 3 della legge 13 ottobre 1975, n. 654, in materia di contrasto e repressione dei crimini di genocidio, crimini contro l'umanità e crimini di guerra, come definiti dagli articoli 6, 7 e 8 dello statuto della Corte penale internazionale (Approvata dal Senato, modificata dalla Camera, ove nuovamente modificata dal Senato).

  Discussione sulle linee generali della Relazione della Commissione parlamentare di inchiesta sui fenomeni della contraffazione, della pirateria in campo commerciale e del commercio abusivo sulla contraffazione nel settore della mozzarella di bufala campana (Doc. XXII-bis, n. 5).

  Martedì 24, mercoledì 25 e giovedì 26 maggio (antimeridiana e pomeridiana, con eventuale prosecuzione nella giornata di venerdì 27 maggio) (con votazioni)

  Seguito dell'esame degli argomenti previsti nella settimana precedente e non conclusi.

  Seguito dell'esame dei progetti di legge:
   disegno di legge n. 2617-B – Delega al Governo per la riforma del Terzo settore, dell'impresa sociale e per la disciplina del Servizio civile universale (Approvato dalla Camera e modificato dal Senato);
   proposte di legge nn. 3004, 3147 ed abbinate – Disciplina dei partiti politici, in attuazione dell'articolo 49 della Costituzione, e delega al Governo per l'emanazione di un testo unico per il riordino delle disposizioni riguardanti i partiti politici;
   proposta di legge n. 1159 ed abbinata – Modifiche alla disciplina in materia di contributi universitari;
   proposta di legge n. 521 ed abbinate – Interventi per il settore ittico;
   proposta di legge S. 54-B – Modifica all'articolo 3 della legge 13 ottobre 1975, n. 654, in materia di contrasto e repressione dei crimini di genocidio, crimini contro l'umanità e crimini di guerra, come definiti dagli articoli 6, 7 e 8 dello statuto della Corte penale internazionale (Approvata dal Senato, modificata dalla Camera, ove nuovamente modificata dal Senato).

  Seguito dell'esame della Relazione della Commissione parlamentare di inchiesta sui fenomeni della contraffazione, della pirateria in campo commerciale e del commercio abusivo sulla contraffazione nel settore della mozzarella di bufala campana (Doc. XXII-bis, n. 5).

Pag. 121

  Lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata (question time) avrà luogo il mercoledì (dalle ore 15). Mercoledì 4 maggio interverrà il Presidente del Consiglio dei ministri (Premier question time).

  Lo svolgimento di interpellanze urgenti avrà luogo, di norma, il venerdì (dalle ore 9,30).
  Non avrà luogo venerdì 6 maggio.

  Il martedì, di norma, tra le ore 9 e le ore 11, avrà luogo lo svolgimento di interpellanze e di interrogazioni.

  Il Presidente si riserva di inserire nel calendario l'esame di ulteriori progetti di legge di ratifica licenziati dalle Commissioni e di documenti licenziati dalla Giunta per le autorizzazioni.

  L'organizzazione dei tempi per la discussione degli argomenti iscritti nel calendario sarà pubblicata in calce al resoconto stenografico della seduta odierna.

  Per quanto riguarda la discussione delle proposte di legge nn. 3634, 1994, 2617-B, 3004 ed abbinate, 1159 ed abbinata, 521 ed abbinate e S. 54-B l'eventuale organizzazione dei tempi sarà valutata sulla base del testo che verrà licenziato dalle Commissioni di merito.

  Il programma s'intende conseguentemente aggiornato.

Sull'ordine dei lavori e per la risposta a strumenti del sindacato ispettivo (ore 20,20).

  PINO PISICCHIO. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  PINO PISICCHIO. Onorevole Presidente, è un intervento che è anche una piccola cerimonia degli addii, riferita all'onorevole Enzo De Cosmo, che è deceduto il 25 aprile all'età di 74 anni. L'onorevole De Cosmo è stato per due volte deputato della Repubblica, nella VII e nell'VIII legislatura, ed è stato anche senatore nell'XI legislatura, ricoprendo anche incarichi importanti all'interno del consesso delle due Assemblee parlamentari. È stato anche un valente docente universitario: apparteneva alla grande scuola di statistica dell'Università di Bari ed è stato professore ordinario, titolare della seconda cattedra di statistica economica, presso la facoltà di economia della dell'Ateneo barese. È stato anche sindaco di Molfetta. Si tratta di una personalità di grande prestigio, di grande rilevanza e voglio cogliere questa occasione, Presidente, che lei mi ha consentito, per rivolgere alla sua famiglia le condoglianze e i sentimenti di cordoglio della nostra Assemblea.

  PRESIDENTE. La ringrazio e la Presidenza si associa alle condoglianze.

  ANTONELLA INCERTI. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  ANTONELLA INCERTI. Grazie. Presidente, come altri colleghi che mi hanno preceduto, intervengo per porre all'attenzione di quest'Aula la difficile e pesante situazione che sta attraversando il settore dei call center. Parliamo in definitiva di quasi 8 mila esuberi possibili di lavoratori e lavoratrici di Uptime, Gepin, Almaviva: aziende che hanno già avviato le procedure di licenziamento a Roma, Napoli, Palermo. Voglio ricordare come nota di ulteriore preoccupazione che il 70 per cento di questi lavoratori – con punte che arrivano fino al 90 per cento in Uptime, ad esempio, a Roma – sono donne: donne dalla carriera ultra precaria, passate per le più svariate tipologie di contratti di collaborazione varia e che, tuttavia, hanno resistito in questi anni nell'azienda, acquisendo tra l'altro grande professionalità nonché merito.
  Registriamo come dato positivo di questi ultimi giorni l'esito del tavolo avviato in Pag. 122Almaviva dal Ministero per lo sviluppo economico, che ha portato al ritiro delle procedure – almeno momentaneamente – di licenziamento, insieme a contratti di solidarietà e a nessun trasferimento nel periodo di durata degli ammortizzatori sociali. Ora si tratta di chiudere l'accordo con le parti sociali e chiediamo al Governo di continuare in questo impegno e di fare ulteriori passi, come la piena applicazione della clausola di salvaguardia occupazionale per le aziende che vincono gli appalti ed interventi per evitare il massimo ribasso mascherato, che vuol dire, oltre a peggiori condizioni dei lavoratori, anche abbassamento della qualità dei servizi; mancano gli ammortizzatori sociali, mi riferisco in particolare alla Cassa integrazione straordinaria; più in generale, chiediamo al Governo una strategia complessiva di questo settore, sviluppo, investimenti ed innovazione. Auspichiamo quindi che si trovi in modo rapido una possibile soluzione equa e dignitosa per questi lavoratori e lavoratrici (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  DIEGO ZARDINI. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  DIEGO ZARDINI. Grazie, Presidente. L'intervento è per sollecitare alcune interrogazioni a cui non è stata ancora data risposta: in particolare, la n. 5-01461 del collega Ginato, del 14 novembre 2013; la n. 4-02918, dell'11 dicembre 2013, della collega Narduolo; e un'altra, del sottoscritto, come primo firmatario, del 15 gennaio 2014, la n. 5-01875. Tutte queste interrogazioni riguardano uno dei temi che sta preoccupando maggiormente molti cittadini della regione Veneto e in particolare delle province di Vicenza, di Padova e di Verona, e riguarda sostanze inquinanti che hanno colpito le acque idropotabili, i PFAS. Questo allarme sta allargandosi sempre più: sono ormai 270 mila i cittadini della regione Veneto che hanno avuto contatti con queste sostanze considerate pericolose, presunte cancerogene.
  Il Governo ha uno schema di decreto che dovrebbe definire i nuovi limiti per queste sostanze nelle acque idropotabili e c’è anche una direttiva che dovrebbe essere approvata entro questo luglio. Noi chiediamo, oltre alla risposta, che ci sia un pronto intervento da parte del Governo per risolvere questo problema che sta preoccupando tutti questi cittadini. Tra l'altro, mentre per quanto riguarda gli acquedotti pubblici, gli interventi che sono stati fatti anche dagli enti locali stanno dando delle garanzie di una sicurezza maggiore rispetto al passato, noi abbiamo tutta la querelle dei pozzi privati, in particolare destinati agli usi irrigui, che devono essere sicuramente risolti. Quindi, per questo, noi chiediamo una pronta risposta e soprattutto una risposta ai cittadini veneti.

  MARIA MARZANA. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  MARIA MARZANA. Grazie, Presidente. Nella provincia di Siracusa è allarme sicurezza. Ad essere prese di mira dalla criminalità sono, in particolare, le tabaccherie. Nelle ultime settimane il territorio è stato teatro di rapine in diverse tabaccherie, addirittura tre negli ultimi dieci giorni – Floridia, Pachino, Rosolini –, due nella stessa notte nel mese di febbraio, ad Avola, a Portopalo e Lentini nel mese di marzo. L'ultima in ordine temporale è avvenuta domenica scorsa a Rosolini, dove i rapinatori, per sfondare l'ingresso della tabaccheria, hanno prima usato un'autovettura e dopo una bombola di gas e poi hanno fatto razzia di sigarette, gratta e vinci e denaro. Le forze dell'ordine stanno facendo un grande sforzo per intervenire e assicurare alla giustizia i malviventi. Il personale di sicurezza risulta, però, non sufficiente a garantire un adeguato e costante monitoraggio del territorio, in modo da scoraggiare e soffocare sul nascere le azioni criminali, anche perché, come evidenziato più volte dal prefetto, buona parte di questo personale è utilizzato nei frequenti sbarchi degli immigrati nelle coste siracusane.Pag. 123
  Il Governo ha il compito di garantire la sicurezza dei cittadini e il dovere di difendere gli esercizi commerciali già gravati dal fisco e dai lunghi orari di lavoro, affinché non diventino facile obiettivo della criminalità. Per questo, per suo tramite, Presidente, chiedo al Ministro dell'interno Alfano di assumere urgenti iniziative di contrasto e soprattutto di prevenzione della microcriminalità, rafforzando tempestivamente le dotazioni di mezzi e uomini presso la questura della provincia di Siracusa, al fine di consentire un maggiore e più efficace controllo del territorio e consentire a commercianti e ai cittadini tutti, di tirare finalmente un sospiro di sollievo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  COSIMO LATRONICO. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  COSIMO LATRONICO. Signor Presidente, intervengo, per sollecitare il Governo a venire urgentemente in Aula a riferire sulla delicatissima questione petrolio-ambiente-lavoro, che si è determinata in Basilicata. Dopo la dichiarazione allarmante del procuratore nazionale antimafia, dopo le dichiarazioni altrettanto allarmanti del presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sul ciclo dei rifiuti, il collega Bratti, il procuratore nazionale parla di criminalità ambientale, l'onorevole Bratti stigmatizza l'assenza di un sistema di monitoraggio affidabile in Basilicata.
  Se siamo in presenza di un'emergenza ambientale lo devono sapere non solo i lucani, lo deve sapere l'Italia, perché siamo in presenza di un impianto industriale, quello delle linee dell'ENI in Val d'Agri, che ha un carattere di valore nazionale ed europeo. Cosa intende fare il Governo di fronte ad un'emergenza di questa portata, per difendere l'ambiente, i bacini idrici che alimentano la Puglia, la Basilicata, la Campania, parte dalla Calabria, e, da ultimo, il lavoro di un distretto produttivo dove sono impiegate 3 mila persone che rischiano la disoccupazione ? Dobbiamo sapere se ENI – perché è impegnata ENI – è un grande player internazionale affidabile, e se le attività che ha svolto in questi 20 anni e svolge ancora nel giacimento petrolifero più importante d'Europa sono realizzate in sicurezza. Presidente, ci sono numerosi atti di sindacato ispettivo che chiedono al Governo di intervenire e di farlo rapidamente (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Conservatori e Riformisti).

  ALESSIO MATTIA VILLAROSA. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  ALESSIO MATTIA VILLAROSA. Signor Presidente, la notte tra il 23 e il 24 aprile, ignoti, direi ignobili, hanno dato fuoco al portone di casa di un sindaco di questo Paese, Antonio Bevilacqua, il sindaco di Pietraperzia. Ebbene, questo attentato, caro Presidente, è il secondo nel giro di quattro mesi: quattro mesi fa anche il maresciallo dello stesso paese il maresciallo maggiore Giuseppe Castrovilli, ha subito un attentato, colpi di arma da fuoco sulla sua macchina. Questo intervento serve per chiedere la partecipazione e l'intervento immediato del Ministero dell'interno, che ad oggi non abbiamo ancora ascoltato in merito a questo caso. Ricordiamo che la stazione dei carabinieri di Pietraperzia, un comune di 8 mila abitanti, chiude alle otto di sera, e dalle otto di sera in poi diventa impossibile riuscire a gestire la malvivenza e la criminalità, dei luoghi e dei territori. È stata garantita una protezione fino alle quattro del mattino da parte della caserma di Piazza Armerina, un paese vicino: Presidente, l'attentato è avvenuto alle quattro e mezza ! Qualcuno sapeva che alle quattro finiva la copertura da parte della caserma dei Carabinieri di Piazza Armerina ? Perché il Ministero dell'interno non interviene ? Quindi questo serve solo ed esclusivamente per chiedere un intervento immediato del Ministero dell'interno, perché il nostro sindaco Antonio Bevilacqua, che abbiamo già sentito, Pag. 124non farà un passo indietro e continuerà ad andare avanti, perché la cittadinanza è con lui, ma il Ministero dell'interno non può lasciarlo solo. Presidente, ci aiuti per comunicare queste informazioni direttamente al Ministero dell'interno, e non lasciamolo solo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. La ringrazio, la Presidenza prende atto.

  GIOVANNI MARIO SALVINO BURTONE. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  GIOVANNI MARIO SALVINO BURTONE. Signor Presidente, nei giorni scorsi in provincia di Catania, nel Calatino, in alcuni paesi ci sono stati gravi fatti di criminalità. In particolare a Scordia è stato incendiato un magazzino dove si lavorano gli agrumi, dove lavoravano 20 persone che purtroppo probabilmente perderanno il posto di lavoro; ma ci sono stati anche gravi episodi a Militello, a Ramacca, a Grammichele: scippi, furti nelle case, intimidazioni. La preoccupazione che c’è nella popolazione è che non si tratti soltanto di microcriminalità, ma che si stiano riorganizzando gruppi che stanno tentando un collegamento con l'organizzazione mafiosa catanese e nel siracusano. Le forze dell'ordine stanno facendo un'azione molto importante, sicuramente apprezzabile, però hanno pochi mezzi e pochi uomini: ecco perché con i colleghi abbiamo presentato un'interrogazione parlamentare urgente al Ministro dell'interno, perché chiediamo che si istituisca subito un comitato provinciale per la sicurezza, per analizzare questi fatti così gravi che si sono presentati in un'area così vasta della provincia di Catania; ma chiediamo soprattutto che ci siano interventi precisi per rafforzare un presidio del territorio, più uomini e più mezzi. C’è bisogno di una risposta forte da parte dello Stato ! Ecco perché chiediamo una risposta immediata da parte del Ministro dell'interno, e alla Presidenza una sollecitazione forte perché questa risposta arrivi subito.

  PRESIDENTE. La ringrazio, la Presidenza prende atto.

Ordine del giorno della seduta di domani.

  PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

  Giovedì 28 aprile 2016, alle 9,30:

  (ore 9,30 e ore 16)

  1. – Seguito della discussione del disegno di legge:
   S. 1738 – Delega al Governo per la riforma organica della magistratura onoraria e altre disposizioni sui giudici di pace (Approvato dal Senato) (C. 3672).

   e delle abbinate proposte di legge: GRECO; CARRESCIA ed altri; TARTAGLIONE ed altri (C. 1338-1669-1696).
  — Relatori: Giuseppe Guerini, per la maggioranza; Colletti e Turco, di minoranza.

  2. – Seguito della discussione del disegno di legge (previo esame e votazione della questione pregiudiziale di costituzionalità presentata):
   Contenimento del consumo del suolo e riuso del suolo edificato (C. 2039-A).

   e delle abbinate proposte di legge: FRANCO BORDO e PALAZZOTTO; CATANIA ed altri; FAENZI ed altri; DE ROSA ed altri (C. 902-948-1176-1909).
  — Relatori: Braga, (per l'VIII Commissione) e Fiorio, (per la XIII Commissione), per la maggioranza; De Rosa, Segoni e Zaratti (per l'VIII Commissione), di minoranza.

  3. – Discussione della relazione della Giunta per le autorizzazioni sulla richiesta di deliberazione in materia di insindacabilità, Pag. 125ai sensi dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione, nell'ambito di un procedimento penale nei confronti di Francesco Barbato, deputato all'epoca dei fatti (Doc. IV-ter, n. 16-A).
  — Relatore: Carinelli.

  (ore 15)

  4. – Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

  La seduta termina alle 20,35.

CONSIDERAZIONI INTEGRATIVE DELLA RELAZIONE DEL DEPUTATO ALESSANDRO PAGANO IN SEDE DI DISCUSSIONE (DOC. III, n. 1).

  ALESSANDRO PAGANO, Relatore per la maggioranza. Prima di illustrare la relazione della Giunta ritengo opportuna una breve premessa metodologica.
  In considerazione della delicatezza della questione trattata ed anche della novità della stessa – trattandosi del primo caso di applicazione alla Camera dei deputati dell'istituto della decadenza in applicazione della «legge Severino» –, ho ritenuto di esercitare in modo strettamente istituzionale le mie funzioni di coordinatore del Comitato per i profili attinenti alle ineleggibilità e alle decadenze e di spogliarmi del ruolo politico, seguendo criteri di assoluta imparzialità ed astenendomi dall'esprimere, anche attraverso il voto, la mia posizione sul merito della questione.
  Parimenti, nel corso dell'esame della Giunta plenaria, ho dato conto con imparzialità ed obiettività di tutti gli orientamenti e le argomentazioni giuridiche, prima emersi nell'ambito del Comitato e poi confermati nella discussione che si è svolta presso la Giunta medesima, attenendomi in modo rigoroso al dettato dell'articolo 13, comma 4, del Regolamento della Giunta, secondo il quale il relatore espone i fatti e le questioni, senza esprimere giudizi. In piena coerenza con questa posizione di assoluta terzietà, il voto da me espresso al termine dei lavori della Giunta è stato di astensione.
  È con lo stesso spirito che ho redatto la relazione per l'Assemblea e che mi accingo ora ad illustrarla, pienamente consapevole del ruolo di nuncius di una deliberazione democraticamente espressa dalla Giunta delle elezioni.

Pag. 126

ORGANIZZAZIONE DEI TEMPI DI ESAME DEGLI ARGOMENTI IN CALENDARIO

Mozione n. 1-00698 – Riconoscimento dell'endometriosi come malattia invalidante

Tempo complessivo, comprese le dichiarazioni di voto: 6 ore (*).

Governo 25 minuti
Richiami al Regolamento 10 minuti
Tempi tecnici 5 minuti
Interventi a titolo personale 59 minuti (con il limite massimo di 7 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 4 ore e 21 minuti
 Partito Democratico 1 ora e 17 minuti
 MoVimento 5 Stelle 32 minuti
 Forza Italia – Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente 24 minuti
 Sinistra Italiana – Sinistra Ecologia Libertà 20 minuti
 Area Popolare (NCD - UDC) 20 minuti
 Scelta Civica per l'Italia 17 minuti
 Lega Nord e Autonomie – Lega dei Popoli – Noi con Salvini 17 minuti
 Democrazia Solidale – Centro Demo-
 cratico
16 minuti
 Fratelli d'Italia – Alleanza Nazionale - 15 minuti
 Misto: 23 minuti
  Conservatori e Riformisti 5 minuti
  Alternativa Libera - Possibile 5 minuti
  Alleanza Liberalpopolare Autonomie ALA – MAIE - Movimento Associativo italiani all'estero 4 minuti
  Minoranze Linguistiche 3 minuti
  Partito Socialista Italiano (PSI) – Liberali per l'Italia (PLI) 2 minuti
  Unione Sudamericana Emigrati Italiani 2 minuti
  FARE! – PRI 2 minuti

(*) Al tempo sopra indicato si aggiungono 5 minuti per l'illustrazione della mozione.

Pag. 127

Mozione n. 1-01188 – Iniziative per valorizzare i cosiddetti lavoratori maturi

Tempo complessivo, comprese le dichiarazioni di voto: 6 ore (*).

Governo 25 minuti
Richiami al Regolamento 10 minuti
Tempi tecnici 5 minuti
Interventi a titolo personale 59 minuti (con il limite massimo di 7 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 4 ore e 21 minuti
 Partito Democratico 1 ora e 17 minuti
 MoVimento 5 Stelle 32 minuti
 Forza Italia – Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente 24 minuti
 Sinistra Italiana – Sinistra Ecologia Libertà 20 minuti
 Area Popolare (NCD - UDC) 20 minuti
 Scelta Civica per l'Italia 17 minuti
 Lega Nord e Autonomie – Lega dei Popoli – Noi con Salvini 17 minuti
 Democrazia Solidale – Centro Demo-
 cratico
16 minuti
 Fratelli d'Italia – Alleanza Nazionale - 15 minuti
 Misto: 23 minuti
  Conservatori e Riformisti 5 minuti
  Alternativa Libera - Possibile 5 minuti
  Alleanza Liberalpopolare Autonomie ALA – MAIE - Movimento Associativo italiani all'estero 4 minuti
  Minoranze Linguistiche 3 minuti
  Partito Socialista Italiano (PSI) – Libe-
  rali per l'Italia (PLI)
2 minuti
  Unione Sudamericana Emigrati Italiani 2 minuti
  FARE! – PRI 2 minuti

(*) Al tempo sopra indicato si aggiungono 5 minuti per l'illustrazione della mozione.

Pag. 128

Ddl di ratifica nn. 3285, 3301 e 3511

Tempo complessivo: 2 ore per ciascun disegno di legge di ratifica.

Relatore 5 minuti
Governo 5 minuti
Richiami al Regolamento 5 minuti
Tempi tecnici 5 minuti
Interventi a titolo personale 12 minuti (con il limite massimo di 2 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 1 ora e 28 minuti
 Partito Democratico 17 minuti
 MoVimento 5 Stelle 12 minuti
 Forza Italia – Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente 9 minuti
 Sinistra Italiana – Sinistra Ecologia Libertà 7 minuti
 Area Popolare (NCD - UDC) 6 minuti
 Scelta Civica per l'Italia 6 minuti
 Lega Nord e Autonomie – Lega dei Popoli – Noi con Salvini 6 minuti
 Democrazia Solidale – Centro Demo-
 cratico
6 minuti
 Fratelli d'Italia – Alleanza Nazionale - 5 minuti
 Misto: 14 minuti
  Conservatori e Riformisti 2 minuti
  Alternativa Libera - Possibile 2 minuti
  Alleanza Liberalpopolare Autonomie
  ALA – MAIE - Movimento Associativo
  italiani all'estero
2 minuti
  Minoranze Linguistiche 2 minuti
  Partito Socialista Italiano (PSI) – Li-
  berali per l'Italia (PLI)
2 minuti
  Unione Sudamericana Emigrati Italiani 2 minuti
  FARE! – PRI 2 minuti
Pag. 129

Ddl n. 3530 - ratifica Convenzione Italia-Panama per evitare le doppie imposizioni e prevenire le evasioni fiscali

Tempo complessivo: 4 ore.

Relatore 10 minuti
Governo 5 minuti
Richiami al Regolamento 5 minuti
Tempi tecnici 5 minuti
Interventi a titolo personale 38 minuti (con il limite massimo di 5 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 2 ore e 57 minuti
 Partito Democratico 42 minuti
 MoVimento 5 Stelle 26 minuti
 Forza Italia – Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente 19 minuti
 Sinistra Italiana – Sinistra Ecologia Libertà 14 minuti
 Area Popolare (NCD - UDC) 13 minuti
 Scelta Civica per l'Italia 12 minuti
 Lega Nord e Autonomie – Lega dei Popoli – Noi con Salvini 11 minuti
 Democrazia Solidale – Centro Democra tico 11 minuti
 Fratelli d'Italia – Alleanza Nazionale - 10 minuti
 Misto: 19 minuti
  Conservatori e Riformisti 4 minuti
  Alternativa Libera - Possibile 4 minuti
  Alleanza Liberalpopolare Autonomie ALA – MAIE - Movimento Associativo italiani all'estero 3 minuti
  Minoranze Linguistiche 2 minuti
  Partito Socialista Italiano (PSI) – Liberali per l'Italia (PLI) 2 minuti
  Unione Sudamericana Emigrati Italiani 2 minuti
  FARE! – PRI 2 minuti
Pag. 130

Mozione n. 1-01111 – Contrasto dei fenomeni di violenza contro le donne

Tempo complessivo, comprese le dichiarazioni di voto: 6 ore (*).

Governo 25 minuti
Richiami al Regolamento 10 minuti
Tempi tecnici 5 minuti
Interventi a titolo personale 59 minuti (con il limite massimo di 7 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 4 ore e 21 minuti
 Partito Democratico 1 ora e 17 minuti
 MoVimento 5 Stelle 32 minuti
 Forza Italia – Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente 24 minuti
 Sinistra Italiana – Sinistra Ecologia Libertà 20 minuti
 Area Popolare (NCD - UDC) 20 minuti
 Scelta Civica per l'Italia 17 minuti
 Lega Nord e Autonomie – Lega dei Popoli – Noi con Salvini 17 minuti
 Democrazia Solidale – Centro Democra-
 tico
16 minuti
 Fratelli d'Italia – Alleanza Nazionale - 15 minuti
 Misto: 23 minuti
  Conservatori e Riformisti 5 minuti
  Alternativa Libera - Possibile 5 minuti
  Alleanza Liberalpopolare Autonomie ALA – MAIE - Movimento Associativo italiani all'estero 4 minuti
  Minoranze Linguistiche 3 minuti
  Partito Socialista Italiano (PSI) – Li berali per l'Italia (PLI) 2 minuti
  Unione Sudamericana Emigrati Italiani 2 minuti
  FARE! – PRI 2 minuti

(*) Al tempo sopra indicato si aggiungono 5 minuti per l'illustrazione della mozione.

Pag. 131

Mozione n. 1-01205 – Contrasto del fenomeno del bullismo

Tempo complessivo, comprese le dichiarazioni di voto: 6 ore (*).

Governo 25 minuti
Richiami al Regolamento 10 minuti
Tempi tecnici 5 minuti
Interventi a titolo personale 59 minuti (con il limite massimo di 7 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 4 ore e 21 minuti
 Partito Democratico 1 ora e 17 minuti
 MoVimento 5 Stelle 32 minuti
 Forza Italia – Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente 24 minuti
 Sinistra Italiana – Sinistra Ecologia Libertà 20 minuti
 Area Popolare (NCD - UDC) 20 minuti
 Scelta Civica per l'Italia 17 minuti
 Lega Nord e Autonomie – Lega dei Popoli – Noi con Salvini 17 minuti
 Democrazia Solidale – Centro Democra tico 16 minuti
 Fratelli d'Italia – Alleanza Nazionale - 15 minuti
 Misto: 23 minuti
  Conservatori e Riformisti 5 minuti
  Alternativa Libera - Possibile 5 minuti
  Alleanza Liberalpopolare Autonomie ALA – MAIE - Movimento Associativo italiani all'estero 4 minuti
  Minoranze Linguistiche 3 minuti
  Partito Socialista Italiano (PSI) – Li berali per l'Italia (PLI) 2 minuti
  Unione Sudamericana Emigrati Italiani 2 minuti
  FARE! – PRI 2 minuti

(*) Al tempo sopra indicato si aggiungono 5 minuti per l'illustrazione della mozione.

Pag. 132

Mozione n. 1-01192 – Fondi per il diritto allo studio universitario

Tempo complessivo, comprese le dichiarazioni di voto: 6 ore (*).

Governo 25 minuti
Richiami al Regolamento 10 minuti
Tempi tecnici 5 minuti
Interventi a titolo personale 59 minuti (con il limite massimo di 7 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 4 ore e 21 minuti
 Partito Democratico 1 ora e 17 minuti
 MoVimento 5 Stelle 32 minuti
 Forza Italia – Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente 24 minuti
 Sinistra Italiana – Sinistra Ecologia Libertà 20 minuti
 Area Popolare (NCD - UDC) 20 minuti
 Scelta Civica per l'Italia 17 minuti
 Lega Nord e Autonomie – Lega dei Popoli – Noi con Salvini 17 minuti
 Democrazia Solidale – Centro Democratico 16 minuti
 Fratelli d'Italia – Alleanza Nazionale - 15 minuti
 Misto: 23 minuti
  Conservatori e Riformisti 5 minuti
  Alternativa Libera - Possibile 5 minuti
  Alleanza Liberalpopolare Autonomie ALA – MAIE - Movimento Associativo italiani all'estero 4 minuti
  Minoranze Linguistiche 3 minuti
  Partito Socialista Italiano (PSI) – Li berali per l'Italia (PLI) 2 minuti
  Unione Sudamericana Emigrati Italiani 2 minuti
  FARE! – PRI 2 minuti

(*) Al tempo sopra indicato si aggiungono 5 minuti per l'illustrazione della mozione.

Pag. 133

Mozione n. 1-01193 – Ricerca italiana

Tempo complessivo, comprese le dichiarazioni di voto: 6 ore (*).

Governo 25 minuti
Richiami al Regolamento 10 minuti
Tempi tecnici 5 minuti
Interventi a titolo personale 59 minuti (con il limite massimo di 7 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 4 ore e 21 minuti
 Partito Democratico 1 ora e 17 minuti
 MoVimento 5 Stelle 32 minuti
 Forza Italia – Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente 24 minuti
 Sinistra Italiana – Sinistra Ecologia Libertà 20 minuti
 Area Popolare (NCD - UDC) 20 minuti
 Scelta Civica per l'Italia 17 minuti
 Lega Nord e Autonomie – Lega dei Popoli – Noi con Salvini 17 minuti
 Democrazia Solidale – Centro Democratico 16 minuti
 Fratelli d'Italia – Alleanza Nazionale - 15 minuti
 Misto: 23 minuti
  Conservatori e Riformisti 5 minuti
  Alternativa Libera - Possibile 5 minuti
  Alleanza Liberalpopolare Autonomie ALA – MAIE - Movimento Associativo italiani all'estero 4 minuti
  Minoranze Linguistiche 3 minuti
  Partito Socialista Italiano (PSI) – Li berali per l'Italia (PLI) 2 minuti
  Unione Sudamericana Emigrati Italiani 2 minuti
  FARE! – PRI 2 minuti

(*) Al tempo sopra indicato si aggiungono 5 minuti per l'illustrazione della mozione.

Pag. 134

Mozione n. 1-01234 – Affidamento di servizi nel settore dei beni culturali

Tempo complessivo, comprese le dichiarazioni di voto: 6 ore (*).

Governo 25 minuti
Richiami al regolamento 10 minuti
Tempi tecnici 5 minuti
Interventi a titolo personale 59 minuti (con il limite massimo di 7 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 4 ore e 21 minuti
 Partito Democratico 1 ora e 17 minuti
 MoVimento 5 Stelle 32 minuti
 Forza Italia – Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente 24 minuti
 Sinistra Italiana – Sinistra Ecologia Libertà 20 minuti
 Area Popolare (NCD - UDC) 20 minuti
 Scelta Civica per l'Italia 17 minuti
 Lega Nord e Autonomie – Lega dei Popoli – Noi con Salvini 17 minuti
 Democrazia Solidale – Centro Democratico 16 minuti
 Fratelli d'Italia – Alleanza Nazionale - 15 minuti
 Misto: 23 minuti
  Conservatori e Riformisti 5 minuti
  Alternativa Libera - Possibile 5 minuti
  Alleanza Liberalpopolare Autonomie ALA – MAIE - Movimento Associativo italiani all'estero 4 minuti
  Minoranze Linguistiche 3 minuti
  Partito Socialista Italiano (PSI) – Li berali per l'Italia (PLI) 2 minuti
  Unione Sudamericana Emigrati Italiani 2 minuti
  FARE! – PRI 2 minuti

(*) Al tempo sopra indicato si aggiungono 5 minuti per l'illustrazione della mozione.

Pag. 135

Doc. XXII-bis, n. 5 – Relazione sulla contraffazione nel settore della mozzarella di bufala campana

Tempo complessivo, comprese le dichiarazioni di voto: 3 ore.

Relatore 15 minuti
Governo 15 minuti
Richiami al Regolamento 10 minuti
Tempi tecnici 5 minuti
Interventi a titolo personale 21 minuti (con il limite massimo di 3 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 1 ore e 54 minuti
 Partito Democratico 33 minuti
 MoVimento 5 Stelle 14 minuti
 Forza Italia – Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente 10 minuti
 Sinistra Italiana – Sinistra Ecologia Libertà 8 minuti
 Area Popolare (NCD - UDC) 8 minuti
 Scelta Civica per l'Italia 7 minuti
 Lega Nord e Autonomie – Lega dei Popoli – Noi con Salvini 7 minuti
 Democrazia Solidale – Centro Democratico 7 minuti
 Fratelli d'Italia – Alleanza Nazionale - 6 minuti
 Misto: 14 minuti
  Conservatori e Riformisti 2 minuti
  Alternativa Libera - Possibile 2 minuti
  Alleanza Liberalpopolare Autonomie ALA – MAIE - Movimento Associativo italiani all'estero 2 minuti
  Minoranze Linguistiche 2 minuti
  Partito Socialista Italiano (PSI) – Li berali per l'Italia (PLI) 2 minuti
  Unione Sudamericana Emigrati Italiani 2 minuti
  FARE! – PRI 2 minuti

VOTAZIONI QUALIFICATE EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 1 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 8)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nom. Relaz. L. 243/2012 - Ris. 6-236 529 528 1 316 353 175 37 Appr.
2 Nom. Doc. LVII, n. 4 - Ris. 6-244 536 535 1 268 351 184 35 Appr.
3 Nom. Ddl 3540-A - voto finale 493 394 99 198 314 80 36 Appr.
4 Nom. Doc. LXXXVII, n. 4 - Risol. 6-232 500 457 43 229 321 136 36 Appr.
5 Nom. Risoluzione n. 6-234 rif. 497 369 128 185 369 36 Appr.
6 Nom. Risoluzione n. 6-233 499 467 32 234 73 394 36 Resp.
7 Nom. Risoluzione n. 6-235 498 438 60 220 79 359 36 Resp.
8 Nom. Doc. III, n. 1 435 428 7 215 388 40 36 Appr.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M = Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.