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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 548 di venerdì 15 gennaio 2016

Pag. 1

PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE MARINA SERENI

  La seduta comincia alle 9,30.

  PRESIDENTE. La seduta è aperta.
  Invito il deputato segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

  FERDINANDO ADORNATO, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.

  PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.
  (È approvato).

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che non vi sono ulteriori deputati in missione a decorrere dalla seduta odierna.
  I deputati in missione sono complessivamente ottantasette, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell’allegato A al resoconto della seduta odierna).

Svolgimento di interpellanze urgenti (ore 9,34).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Misure per contrastare l'estremismo islamico e i rischi di una sua capillare diffusione – n. 2-01190)

  PRESIDENTE. Passiamo alla prima interpellanza urgente all'ordine del giorno Galgano e Monchiero n. 2-01190, concernente misure per contrastare l'estremismo islamico e i rischi di una sua capillare diffusione (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo alla deputata Galgano se intenda illustrare la sua interpellanza, ha 15 minuti.

  ADRIANA GALGANO. Grazie, signora Presidente, buongiorno Viceministro Bubbico, la nostra interpellanza riguarda le moschee regolari in Italia. Per la sicurezza del nostro Paese è, infatti, indispensabile contrastare con forza il tentativo di radicalizzare la comunità islamica ad opera di leader sociali e religiosi che predicano odio razziale, intolleranza religiosa e promuovono la Jihad attraverso il reclutamento di martiri, fondi ed armi, spesso in luoghi di culto impropriamente definiti «moschee». Questi luoghi di culto sparsi in tutta Italia sono strutture a cui, spesso, mancano i requisiti minimi essenziali per essere riconoscibili come posti in cui si predica; una galassia che rimane sempre nella penombra e che rende facile tenere predicazioni contrarie ai valori fondanti della nostra Costituzione e alle nostre leggi. Chiediamo, quindi, al Governo se intenda adottare, in tempi rapidissimi, incisive ed efficaci misure per contrastare l'estremismo islamico e la sua infiltrazione Pag. 2nella società e procedere, anche con la collaborazione della comunità islamica, a una mappatura delle moschee, verificando che le loro sedi e le attività che vi si svolgono siano in regola con la normativa vigente e, qualora non lo fossero, assumere per quanto di competenza gli opportuni provvedimenti.

  PRESIDENTE. Il Viceministro dell'interno, Filippo Bubbico, ha facoltà di rispondere.

  FILIPPO BUBBICO, Viceministro dell'interno. Grazie, signora Presidente, con l'interpellanza all'ordine del giorno gli onorevoli Galgano e Monchiero, dopo aver svolto una panoramica per vari aspetti condivisibile dell'Islam in Italia, chiedono l'adozione di tempestive ed efficaci iniziative per contrastare l'estremismo jihadista e la sua infiltrazione nella nostra società. Tra le altre misure, essi indicano la mappatura delle moschee, la verifica della conformità a legge delle relative sedi e delle attività che vi si svolgono, come or ora ben illustrato. È un dato di fatto che negli ultimi anni, sulla spinta di una crescita esponenziale del numero dei fedeli, le comunità di religione musulmana stanziate sul territorio abbiano reperito luoghi da destinare al culto ricorrendo spesso a locali di fortuna quali garage, cantine, capannoni e appartamenti anche in considerazione delle scarse risorse disponibili e delle difficoltà nell'ottenimento delle prescritte autorizzazioni. Ciò ha determinato e continua a determinare una proliferazione incontrollata dei luoghi di preghiera che rende difficoltoso anche il semplice censimento degli stessi. Non di rado i comuni, nella maggioranza al nord, hanno precluso l'utilizzo di tali strutture, in quanto carenti dei requisiti di agibilità e di sicurezza o aventi una diversa destinazione d'uso, inducendo i rappresentanti delle comunità a intraprendere iter legali che hanno dato ragione ora all'una ora all'altra parte. Al riguardo, desidero precisare che la regolarità delle sedi in questione sotto il profilo urbanistico è materia che esula dalle dirette competenze dell'amministrazione dell'interno, ricadendo, invece, nelle specifiche attribuzioni degli enti locali. Purtuttavia, va sottolineato che la tematica interseca quella dell'esercizio in forma associativa del diritto di libertà religiosa, diritto che, come sancito dalla Corte costituzionale con diverse sentenze vertenti sull'edificazione dei luoghi di culto, va garantito in strutture a ciò idonee, anche con riguardo alle confessioni non riconosciute.
  Quanto alla prevenzione e al contrasto dell'estremismo jihadista, informo che i servizi di prevenzione a livello centrale e territoriale svolgono da tempo un intenso e capillare monitoraggio delle associazioni e dei luoghi di culto islamici, in particolare quelli di matrice salafita che, comunque, rappresentano una ristretta minoranza nel panorama nazionale, al fine di individuare le dinamiche interne dei sodalizi e le modalità di finanziamento delle stesse e di cogliere quei fenomeni di radicalizzazione religiosa e di estremismo violento, nonché ogni altro aspetto rilevante per l'ordine e la sicurezza pubblica. Voglio precisare che questa attività non è frutto di alcun pregiudizio ideologico, né intende additare una sorta di pericolosità presunta e aprioristica che prescinda da concreti elementi investigativi. In effetti, quando si è agito contro i predicatori di odio, ossia nei confronti degli imam più oltranzisti è perché erano stati individuati come i principali responsabili di pericolosi processi di radicalizzazione o come agenti infiltrati dello jihadismo. Che non sia il caso di nutrire posizioni preconcette sembra dimostrarlo anche l'atteggiamento collaborativo della grande maggioranza dei responsabili di associazioni e guide religiose, con i quali è stato preso contatto in un'ottica di prevenzione di ogni forma di estremismo e di radicalizzazione. La loro disponibilità e la loro apertura al dialogo rappresentano un dato di estrema importanza che può sostenere, in una chiave di moderazione, il percorso di integrazione delle comunità musulmane e favorirne Pag. 3condizioni migliori di accettazione e di convivenza nell'ambito delle realtà locali di riferimento.
  L'attività dei servizi di prevenzione non si limita al monitoraggio dei centri di preghiera, ma si estende al web, d'intesa con la polizia postale e delle comunicazioni, all'ambiente carcerario, d'intesa con il dipartimento per l'amministrazione penitenziaria, e ai principali luoghi di aggregazione, inclusi i centri di accoglienza. Inoltre, periodicamente, il comitato analisi strategica antiterrorismo predispone mirati controlli di obiettivi di volta in volta individuati, quali, ad esempio, stazioni e porti, al fine di intercettare il transito e l'ingresso di persone pericolose per la sicurezza nazionale. I dati sull'operatività raggiunta nei diversi contesti sono altamente significativi. Nel corso del 2015 sono state controllate circa 83 mila persone e sono state eseguite circa 2 mila perquisizioni su soggetti ritenuti contigui ad ambienti dell'estremismo religioso. Sono stati controllati 192 navi e oltre 15 mila veicoli selezionati attraverso una scrupolosa attività di osservazione. Gli arresti sono stati circa 290, le persone indagate in stato di libertà oltre 500. Qualora siano individuati soggetti ritenuti pericolosi per la sicurezza dello Stato si fa mirato ricorso allo strumento dell'espulsione dal territorio nazionale; sempre nel corso del 2015 sono stati 66 i provvedimenti di espulsione adottati dal Ministero dell'interno per tali motivi e nel corso dei primi giorni del 2016 è stato adottato un provvedimento di espulsione. Diversi di essi hanno raggiunto imam responsabili di iniziative estremistiche e di incitamento alla violenza interreligiosa e interrazziale. Inoltre, grazie alla nuova legge antiterrorismo, sono stati oscurati circa 7 mila contenuti web di propaganda jihadista. Il quadro dei risultati che ho appena delineato testimonia dell'attenzione prestata dagli apparati di sicurezza all'estremismo di matrice jihadista. Posso assicurare che il Ministero dell'interno continuerà a dedicare la massima attenzione alla variegata galassia dell'Islam in Italia, pronto a cogliere ogni segnale premonitore, anche quello apparentemente più tenue, che possa consentire la diagnosi precoce di eventuali minacce terroristiche.
  Segnalo infine che il mese scorso è stato costituito presso l'amministrazione dell'interno il Consiglio per le relazioni con l'Islam italiano, composto da esperti e studiosi di tale cultura. Si tratta di un organismo di analisi delle questioni relative all'integrazione e all'esercizio dei diritti civili di coloro che professano quella religione, in un'ottica di migliore conoscenza dell'Islam presente in Italia: ed è in quel contesto che verranno valutate le iniziative utili a garantire e ad aggiornare un censimento dei luoghi di culto.

  PRESIDENTE. La deputata Galgano ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

  ADRIANA GALGANO. Signor Presidente, signor Viceministro, la ringrazio per la sua risposta, e premetto che la libertà religiosa è un importantissimo valore da difendere e che noi di Scelta civica riteniamo indispensabile. Apprezzo anche tutti i dati che lei ha fornito sulle operazioni che sono state compiute e su quanto state facendo per contrastare l'estremismo islamico e la radicalizzazione della comunità islamica. Penso però che rispetto a quanto noi abbiamo chiesto, di controllare quello che avviene in luoghi di culto non autorizzati, non regolari e che potrebbero essere pericolosi sotto il profilo strutturale da una parte, e che mettono a rischio la libertà religiosa di chi li frequenta... Perché la libertà religiosa implica anche il fatto di essere esposti ad un messaggio realmente religioso, e non ad un messaggio che nasconde in realtà intenti politici: quindi, da questo punto di vista, consideriamo la risposta insufficiente.
  Perché noi vi abbiamo presentato questa interpellanza ? Perché la cosa che abbiamo giudicato impressionante è stato che all'indomani della strage compiuta ai danni di Charlie Hebdo in Francia si era parlato di controllare le moschee regolari e dove avvenisse la predicazione che incitava alla jihad, e dopo un anno non era Pag. 4successo niente; e questo lo si è appreso dopo gli attentati in Francia di novembre, tanto che, di moschee, ne hanno chiuse due adesso. Quello che crediamo sia indispensabile è tenere a mente che il pericolo è adesso, e allora demandare ad uno studio che avverrà nel tempo, non tiene conto a sufficienza della pericolosità del terrorismo che vediamo colpire tutti i giorni. Quindi, da questo punto di vista, noi vi chiediamo di fare di più e di essere più veloci, perché è a rischio la sicurezza di tutti noi.

(Iniziative di competenza per verificare la sussistenza dei presupposti per lo scioglimento del comune di Quarto (Napoli), ai sensi dell'articolo 143 del decreto legislativo n. 267 del 2000 – n. 2-01223)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Russo e Brunetta n. 2-01223, concernente iniziative di competenza per verificare la sussistenza dei presupposti per lo scioglimento del comune di Quarto (Napoli), ai sensi dell'articolo 143 del decreto legislativo n. 267 del 2000 (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo al deputato Russo se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  PAOLO RUSSO. Presidente, parliamo di una vicenda inquietante, una sfilza interminabile di suggestivi accadimenti. Parliamo di Quarto, un comune già sciolto per infiltrazioni mafiose in ragione della capacità di condizionamento del clan Polverino; parliamo di un comune che è stato oggetto di dossier, ma un comune nel quale si celebrano anche abusi edilizi, o presunti tali, a carico di famigli del sindaco.
  E poi vicende che riguardano le spese per tipografia da parte del comune, sempre affidate a famigliari del sindaco; e poi visure aerofotogrammetriche, che testimonierebbero – come risulta largamente dalla stampa nazionale – come talune richieste di condono sono precedenti all'abuso stesso.
  E poi la «storiaccia», questa davvero brutta, del campo sportivo che era il luogo della legalità, il luogo affidato ad una squadra di calcio anticamorra, sottratto a quella compagine sportiva. E poi imbarazzanti telefonate intercettate di soggetti legati alla criminalità, che tra di loro si scambiano suggerimenti, consigli: «Si devono portare anche i vecchi di ottant'anni a votare»; in quella competizione elettorale si votava per il comune di Quarto, ma si votava anche per le regionali. E poi dimissioni giorno dopo giorno di assessori, di consiglieri; oggi ancora un consigliere, ancora un assessore. E poi le telefonate rassicuranti con i vertici del movimento politico 5 Stelle. Insomma, onorevole Ministro, uno scenario inquietante, reso ancor più fosco dall'avviso di garanzia che quest'oggi leggiamo dalle cronache nazionali, al signor Baiano, il marito del sindaco Capuozzo.
  Chiediamo a lei, al Governo, quali sono le misure che si ritiene di dover adottare, di mettere in campo, perché si restituisca dignità a quella terra; e soprattutto si eviti che il tentativo salvifico di utilizzare un manto pietoso, quello delle dimissioni, tenda a coprire una vicenda che, se è così inquietante, se testimonia come vi sia una condizione di infiltrazione criminale, e se questa infiltrazione criminale è capace di condizionare le attività di quella amministrazione e di quel comune, è evidente che bisogna adottare misure straordinarie tese non a salvare una parte politica dal default, ma a salvare quella comunità, dandole una prospettiva di buongoverno e soprattutto di sana amministrazione, impermeabile alle organizzazioni criminali. Per questa ragione ci permettiamo di chiederle se non sussistano sin da subito gli estremi per uno scioglimento, per un nuovo scioglimento, e se non vi siano le condizioni per mandar subito una commissione di indagine e di accesso in quel comune, per verificare atti e fatti che potrebbero produrre un risultato, questo sì salvifico perché garante delle istituzioni, ma soprattutto garante di quella impermeabilità che tutti quanti noi desideriamo nei confronti di quel comune e di tutti i Pag. 5comuni del nostro Mezzogiorno (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente).

  PRESIDENTE. Il Viceministro dell'interno, Filippo Bubbico, ha facoltà di rispondere.

  FILIPPO BUBBICO, Viceministro dell'interno. Signora Presidente, con l'interpellanza all'ordine del giorno gli onorevoli Russo e Brunetta, nel richiamare alcune vicende che denoterebbero anomalie nella gestione del comune di Quarto e una potenziale situazione di condizionamento del sindaco Rosa Capuozzo, chiedono di conoscere quali iniziative il Ministro dell'interno intenda assumere per verificare se sussistano i presupposti per l'istituzione di una commissione di indagine ai sensi dell'articolo 143 del Testo unico degli enti locali. Prima di entrare nel merito dell'atto di sindacato ispettivo, mi soffermo brevemente sulla situazione politico-amministrativa del comune di Quarto. Nel giugno 2015 l'ente locale è uscito da un periodo di commissariamento straordinario a seguito dello scioglimento per infiltrazione mafiosa durato oltre due anni.
  Dopo le consultazioni elettorali, a capo del comune si è insediata il sindaco Rosa Capuozzo, esponente del MoVimento 5 Stelle. Come avviene per tutte le amministrazioni locali che subentrano alla gestione straordinaria per infiltrazioni della criminalità organizzata, la prefettura di Napoli ha immediatamente attivato nei confronti del comune un monitoraggio volto a valutarne l'azione amministrativa con specifico riferimento alla continuità dell'opera di risanamento dell'ente locale, specialmente nei settori di maggiore sensibilità e vulnerabilità oggetto di potenziale interesse dei clan camorristici. In tale contesto sono stati assegnati, a supporto dell'amministrazione comunale, che ne aveva fatto specifica richiesta, tre professionalità in posizione di sovraordinazione, già precedentemente utilizzate dalla Commissione straordinaria, per le esigenze degli uffici preposti all'assetto territoriale e agli affari economico-finanziari ed è in corso l'ulteriore assegnazione di un funzionario sovraordinato a supporto dell'ufficio legale. Negli ultimi mesi all'interno dell'amministrazione comunale si è registrata una forte contrapposizione tra maggioranza ed opposizione nonché all'interno della stessa maggioranza, che ha visto coinvolti il sindaco, membri della giunta e del consiglio. I contrasti sono culminati con le dimissioni rassegnate nello scorso mese di dicembre di due assessori e di due consiglieri di maggioranza, tra i quali il signor Giovanni De Robbio. In questo contesto si inseriscono le vicende richiamate espressamente nell'interpellanza. Quanto al presunto abuso edilizio riguardante l'abitazione del sindaco, informo che, a seguito dell'esposto presentato alla tenenza dei Carabinieri di Quarto, la procura della Repubblica ha avviato un procedimento penale, disponendo gli accertamenti tecnici tuttora in corso, per la verifica di quanto denunciato. In ordine alla posizione del signor De Robbio, comunico che l'ex consigliere comunale è sottoposto ad indagini da parte della Direzione distrettuale antimafia di Napoli per i reati di corruzione elettorale e tentata estorsione, con l'aggravante del metodo mafioso. Sulla vicenda non si dispone di ulteriori notizie poiché le indagini sono in fase di approfondimento e allo stato coperte da segreto istruttorio. Venendo allo specifico quesito posto, informo che la prefettura ha prontamente convocato riunioni tecniche di coordinamento delle Forze di polizia nel corso delle quali è stata esaminata la situazione del comune di Quarto anche alla luce delle vicende citate. In dette riunioni si è convenuto di continuare un costante e attento monitoraggio dell'ente in attesa di conoscere gli ulteriori elementi e sviluppi di natura investigativa. In tale ambito il prefetto ha richiesto al procuratore della Repubblica responsabile della Direzione distrettuale antimafia la trasmissione di copia degli atti, allo stato ostensibili, relativi al procedimento penale intentato nei confronti del signor De Robbio. Al momento le notizie verificate e disponibili non consentono Pag. 6concrete valutazioni sull'azione degli organi elettivi del comune di Quarto che possano condurre alla richiesta di accesso ispettivo finalizzato all'accertamento di eventuali fenomeni di infiltrazione o di condizionamento mafioso. Posso in ogni caso assicurare la massima attenzione da parte delle strutture del Ministero dell'interno.

  PRESIDENTE. Il Deputato Russo ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

  PAOLO RUSSO. Signor Presidente, più che soddisfatto c’è un'altra espressione, che fa rima: stupefatto. Per molto meno altri comuni sono stati spazzati via e credo che il principio di cautela a tutela dei territori e soprattutto a tutela della legalità debba indurre non ad assumere provvedimenti ultimativi ma provvedimenti ispettivi senza dubbio. Quale cautela, quale attenzione ulteriore, cosa si attende di più, cos'altro deve accadere in quel comune per svegliare il Ministero dell'interno ?
  Aspettiamo che la procura faccia la sua parte e guai se non lo facesse e meno male che c’è, ma il tema è esattamente questo: la norma che indica viceversa un percorso è una norma preventiva, è una norma che consentirebbe alla pubblica amministrazione, al Ministero dell'interno, alla massima autorità che deve garantire non la verifica dei reati, altra cosa, questa appartiene alla procura e ai tribunali. Al Ministero tocca, toccherebbe, devo dire, perché capisco che è distratto ma immagino che sarà distratto dalle vicende internazionali sul fronte della sicurezza del nostro Paese, ma è distratto quindi, è molto distratto su questo fronte. Noi non vogliamo lo scioglimento, noi vogliamo che ci sia un'attività ispettiva concreta e reale, non il monitoraggio. Il monitoraggio di cosa ? Stanno facendo i giornali il monitoraggio, i cittadini lo stanno facendo. Noi pretendiamo che viceversa ci sia un'azione ispettiva vera che, come è accaduto in centinaia di comuni, vada una Commissione di accesso, di indagine, ispettiva, che misuri le reali vicende, che verifichi ciò che sta accadendo, che relazioni e alla luce della relazione il Ministro dell'interno, il Ministero dell'interno saprà fare le sue decisioni. Per questa ragione non solo non sono soddisfatto, sono preoccupato e sono preoccupato che questo sia un segnale che non va nella direzione giusta. Se è questo il metodo con il quale si vuole affrontare la permeabilità delle organizzazioni criminali nei comuni del nostro Paese credo sia un metodo sbagliato, un po’ troppo prudente, diciamo così ? Un po’ troppo prudente, un po’ troppo cauto e non vorrei che questa cautela e questa prudenza derivassero da una cautela di natura politica, da preoccupazioni di natura politica. Noi non vogliamo guardare in faccia a nessuno, se c’è da guardare in faccia noi guardiamo in faccia alla legalità come primo valore che vorremmo tutelare e in questo senso non ci sentiamo garantiti dall'azione del Ministro dell'interno (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente – Congratulazioni).

(Iniziative volte a tutelare le vittime di tratta e di sfruttamento anche in considerazione dei recenti flussi migratori – n. 2-01213)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Martelli ed altri n. 2-01213, concernente iniziative volte a tutelare le vittime di tratta e di sfruttamento anche in considerazione dei recenti flussi migratori (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo alla deputata Martelli se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  GIOVANNA MARTELLI. Signora Presidente, questa interpellanza nasce per avere delle risposte rispetto a un'emergenza di carattere nazionale che riguarda in particolare le giovani donne nigeriane sfruttate con l'inserimento coatto nei circuiti di prostituzione che confluiscono sempre più spesso nei rapporti e nei percorsi dei richiedenti asilo, come peraltro ben rappresentate nel recente rapporto Pag. 7sulle vittime di tratta nell'ambito dei flussi migratori dell'OIM, l'Organizzazione internazionale per le migrazioni. Le situazioni di violenza, abuso sessuale e negazione sistematica delle basilari condizioni di dignità umana a cui sono sottoposte le donne nigeriane coinvolte richiedono con urgenza un intervento di prevenzione e contrasto del fenomeno. Dunque risulta fondamentale lavorare sempre più sull'integrazione dei percorsi rivolti alle vittime di tratta, rifugiati e richiedenti asilo, per aumentare la capacità di identificare e di fornire assistenza alle vittime di tratta all'interno del sistema di protezione internazionale. In tal senso chiediamo quali iniziative si intenda porre in essere per contrastare tale fenomeno sia in termini di repressione delle reti criminali che lo pongono in essere, sia soprattutto per tutelare e promuovere i diritti, la dignità e l'incolumità fisica delle donne che ne sono vittime; di migliorare la collaborazione tra i diversi sistemi di intervento che direttamente o indirettamente vengono in conto in contatto con il fenomeno e quali misure di incremento per il budget per consentire il mantenimento e lo sviluppo del sistema di interventi e servizi territoriali che in questi anni ha consentito a circa 35 mila persone di sottrarsi alla tratta e ai trafficanti e in molte occasione di denunciare i loro sfruttatori.

  PRESIDENTE. Il Viceministro dell'interno, Bubbico, ha facoltà di rispondere.

  FILIPPO BUBBICO, Viceministro dell'interno. Signora Presidente, con interpellanza all'ordine del giorno l'onorevole Martelli ed altri deputati, nel porre l'attenzione sulla tratta degli esseri umani connessa all'aumento dei flussi migratori, pongono una serie di quesiti volti a conoscere quali iniziative intenda porre in essere il Ministero dell'interno per contrastare il fenomeno, migliorare la sinergia tra i diversi sistemi di intervento, incrementare le risorse finanziarie a disposizione del settore. Ritengo doveroso premettere che dal 2000 è attivo in Italia il sistema nazionale di assistenza e integrazione sociale per le vittime di tratta, facente capo al Dipartimento per le pari opportunità presso la Presidenza del Consiglio dei ministri. Al Dipartimento competono le attività di indirizzo e coordinamento degli interventi di prevenzione del fenomeno e di assistenza delle relative vittime. In tale ambito esso è anche il punto di contatto nazionale con il Coordinatore antitratta dell'Unione europea ed ha la responsabilità di attuare il programma unico di emersione, assistenza ed integrazione sociale degli stranieri vittime della tratta, gestendone le risorse finanziarie. Tanto premesso, passo a rispondere all'interpellanza relativamente agli aspetti di specifica competenza del Ministero dell'interno, partendo da quelli relativi alla repressione del fenomeno criminale. Recenti indagini delle forze di polizia confermano che i sodalizi criminali nigeriani, strutturati gerarchicamente spesso in sinergia con organizzazioni mafiose italiane, hanno individuato il traffico degli esseri umani, finalizzato anche allo sfruttamento della prostituzione, come uno dei settori di maggiore lucro. Mi riferisco, in particolare, all'operazione condotta nello scorso mese di novembre dalla squadra mobile di Ragusa, coadiuvata dalle squadre mobili di Ferrara, Novara e Potenza e coordinata dal servizio centrale operativo della Polizia di Stato, che ha consentito di individuare un'organizzazione criminale, con base in Nigeria, dedita al favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, alla tratta, allo sfruttamento e induzione alla prostituzione di giovani nigeriane giunte in Italia via mare, con partenza dalla Libia, con la promessa di un lavoro regolare ma poi costrette, con minacce e violenze, ad esercitare il meretricio lungo le strade di diverse province italiane. In tale ambito è stato eseguito un provvedimento giudiziario di fermo nei confronti di quattro cittadini nigeriani. Tale operazione è chiaramente indicativa del modus operandi delle reti criminali attive nel settore della tratta e conferma che la rotta del Mediterraneo centrale è al momento il principale, ma purtroppo non unico, canale di alimentazione del fenomeno. Essa si inserisce Pag. 8nel quadro di una più ampia attività investigativa sulle organizzazioni transnazionali responsabili del traffico di stranieri via mare, portata avanti da appositi pool costituiti da investigatori del Servizio centrale operativo della Polizia di Stato e dalle squadre mobili di Agrigento, Palermo, Catania, Siracusa e Ragusa in costante raccordo con le procure distrettuali di Catania e Palermo. In tale dispositivo investigativo si aggiunge, a Siracusa, il Gruppo interforze per il contrasto dell'immigrazione clandestina, attivo sin dal 2011 presso la locale procura della Repubblica e composto da personale specializzato della Polizia di Stato, dell'Arma dei carabinieri e della Guardia di finanza, con utilizzo anche di unità navali. L'impegno complessivo delle forze di polizia si è concretizzato, nel corso del 2015, nell'arresto di 356 cittadini stranieri nell'ambito di 114 operazioni, alcune delle quali concluse nei confronti di network criminali con propaggini operative non solo in Italia ma anche in Paesi africani ed europei.
  Soggiungo che l'azione di contrasto alle organizzazioni criminali si basa anche su un'intensa attività di intelligence, in collaborazione con le forze di polizia degli Stati membri e dei Paesi terzi, con il coinvolgimento di Europol per la raccolta e lo scambio di tutte le informazioni utili ad intercettare le filiere criminali aventi basi logistiche e referenti nei Paesi di origine dei flussi e nello stesso territorio nazionale. Facciamo grande affidamento sull'efficacia dell'azione investigativa e di polizia giudiziaria, ma siamo consapevoli che lo sradicamento dal Mediterraneo delle piaghe del traffico e della tratta di esseri umani passa innanzitutto attraverso la missione navale europea a guida italiana, che, dallo scorso mese di ottobre, è transitata ad una fase più propriamente operativa, in cui gli assetti navali dell'operazione sono autorizzati alle attività di dirottamento, fermo e sequestro in acque internazionali di imbarcazioni con migranti a bordo; ma passa soprattutto attraverso la stabilizzazione politica della Libia, dalle cui coste partono, come è noto, oltre il 90 per cento dei migranti che sbarcano sulle coste italiane. Vengo ora agli aspetti dell'interpellanza relativi alla tutela dei diritti, all'assistenza e alla inclusione sociale delle vittime di tratta. Le suddette vittime beneficiano di specifici progetti finalizzati all'emersione, all'assistenza e all'integrazione e sono gestiti dal Dipartimento per le pari opportunità. Se richiedenti asilo, esse hanno titolo ad accedere anche al sistema di accoglienza gestito dal Ministero dell'interno, usufruendo di un'assistenza particolare. A quest'ultimo fine, informo che, secondo le procedure operative in atto, sin dal momento della presa in carico dei migranti e del loro ingresso nei centri di accoglienza, viene prestata particolare attenzione all'individuazione delle categorie vulnerabili, tra le quali le vittime della tratta. Come dirò meglio nel prosieguo, in tal senso sono attive già da tempo forme di collaborazione con l'OIM e con altre organizzazioni umanitarie. È previsto poi che le prefetture comunichino la condizione di vulnerabilità alle commissioni territoriali per il riconoscimento della protezione internazionale, ciò che consente alle vittime di tratta di disporre, nel percorso di riconoscimento della protezione internazionale o umanitaria, di garanzie procedurali rafforzate. Sulla stessa linea, nello scorso mese di dicembre la commissione nazionale per il diritto di asilo ha sottoscritto con l'ACNUR un progetto per la redazione di linee-guida che consentano alle commissioni territoriali una corretta e precoce individuazione delle vittime di tratta, per avviarle così verso gli specifici percorsi. Quanto al miglioramento della collaborazione tra i diversi organismi che, a vario titolo, vengono a contatto con il fenomeno della tratta, desidero richiamare un'esperienza di partenariato che, per il suo intrinseco valore aggiunto, ha conferito maggiore spessore e concretezza al rispetto dei diritti fondamentali nella gestione del sistema nazionale di accoglienza dei migranti, compresi quelli appartenenti alle categorie vulnerabili. Mi riferisco al progetto «Praesidium», avviato nel 2006 e conclusosi lo scorso anno, riconosciuto Pag. 9quale migliore pratica a livello europeo e concretizzatosi in una forte cooperazione con le agenzie ACNUR, OIM, Croce Rossa e Save the Children nelle attività di assistenza agli sbarchi e di monitoraggio dei centri di accoglienza. Sebbene tale progetto sia formalmente cessato, le sue linee ispiratrici e di indirizzo non sono state di certo abbandonate. Le relative attività stanno proseguendo in altra forma con la collaborazione dell'ACNUR e dell'OIM sulla base di due distinte convenzioni nell'ambito della programmazione del Fondo asilo, migrazione e integrazione. Il quadro delle iniziative che ho appena esposto testimonia della tradizionale e consolidata proposizione del Ministero dell'interno ad operare in sinergia con tutti quegli organismi che possono garantire forme e livelli sempre più adeguati di prossimità allo straniero, tanto più se appartenente alle categorie vulnerabili.
  Propensione che trae origine dalla convinzione che un più forte coordinamento tra istituzioni pubbliche e private possa essere anche un moltiplicatore di efficienza operativa, oltre che un riduttore di dispersione di risorse, e di incremento della qualità dei servizi offerti. Quindi, la sollecitazione relativa allo sviluppo di più intense forme di collaborazione tra i diversi sistemi di intervento nel settore della tratta trova l'amministrazione dell'interno pienamente convinta, disponibile e attiva.
  Ritengo che il Piano nazionale anti-tratta, e il connesso programma unico di emersione, assistenza ed integrazione sociale degli stranieri vittime della tratta, possano costituire dei validi strumenti per operare una svolta nel senso auspicato dagli onorevoli interpellanti. In proposito informo che il predetto Piano nazionale è in fase di avanzata predisposizione da parte del Dipartimento per le pari opportunità con il contributo anche dell'amministrazione dell'interno. Dopo un'articolata istruttoria, il 10 dicembre scorso, lo schema del piano è stato trasmesso all'ufficio di segreteria della Conferenza Stato-regioni ai fini dell'acquisizione dell'intesa da parte della Conferenza unificata.
  Quanto all'ultimo quesito, riferisco che la recente legge di stabilità ha destinato al bilancio della Presidenza del Consiglio 3 milioni di euro per ciascuno degli anni 2016, 2017 e 2018, per lo svolgimento delle azioni e degli interventi connessi alla realizzazione del programma unico di emersione attuativo del citato Piano nazionale, nonché per la realizzazione delle correlate azioni di supporto e di sistema da parte del Dipartimento per le pari opportunità.
  Per quanto riguarda il Ministero dell'interno, premesso che nel suo bilancio non sono stanziate risorse finanziarie specificamente destinate alle vittime della tratta, posso solo riferire che, per il funzionamento delle strutture governative di accoglienza dei migranti e dello SPRAR, l'amministrazione ha speso complessivamente nel 2015 circa un miliardo e 200 milioni di euro. Inoltre, a partire da quest'anno, il Ministero disporrà, nell'ambito della programmazione pluriennale 2014-2020, di 310 milioni di euro derivanti da risorse europee a carico del Fondo asilo, migrazione e integrazione, stanziamento a cui corrisponderà una quota nazionale di pari importo. Si tratta di fondi aggiuntivi con i quali si potrà dare sostegno a nuovi progetti anche in favore delle categorie vulnerabili, vittime della tratta comprese. L'incremento del budget per il mantenimento e lo sviluppo del sistema anti-tratta, richiesto dagli onorevoli interpellanti, che è certamente auspicabile, abbisogna di un apposito intervento normativo da rimettere all'apprezzamento politico parlamentare, anche in considerazione della necessità di reperire un'idonea copertura finanziaria degli effetti che la misura determinerebbe sui saldi di finanza pubblica.

  PRESIDENTE. La deputata Martelli ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

  GIOVANNA MARTELLI. Ringrazio il Viceministro Bubbico per la precisione e la puntualità nella risposta e anche per l'aver fornito dati importanti e interessanti rispetto a quanto il Ministero dell'interno sta facendo sul tema dello sfruttamento Pag. 10degli esseri umani, in particolare quello sulla prostituzione. Auspico, tuttavia, che l'incremento del finanziamento a destinazione del programma unico di emersione possa trovare una positiva risposta qualora il Parlamento decidesse di procedere nel senso della richiesta di incremento. Credo anche che sia necessario porre in essere azioni per programmare interventi multi-agenzia rispetto a questo fenomeno e trovare un consolidato modo di proseguire il Progetto Praesidium.
  Comunque, mi ritengo soddisfatta della risposta avuta e auspico, appunto, un incremento rispetto alle risorse disponibili che sono assolutamente necessarie per il mantenimento del programma unico.

(Iniziative per l'attuazione della disciplina inerente al ruolo direttivo speciale della Polizia di Stato – n. 2-01219)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Dadone ed altri n. 2-01219, concernente iniziative per l'attuazione della disciplina inerente al ruolo direttivo speciale della Polizia di Stato (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo alla deputata Dieni se intenda illustrare l'interpellanza di cui è cofirmataria.

  FEDERICA DIENI. La materia di cui parliamo in questa interpellanza può sembrare astrusa, complicata. Ebbene se la qualità della legislazione la rende sicuramente di difficile spiegazione, perché estremamente tecnica, vale la pena fare una premessa in modo che sia comprensibile a tutti ciò di cui si sta parlando. Si tratta di non consentire discriminazioni all'interno delle nostre forze dell'ordine, riservando un trattamento di sfavore per la polizia; il punto è tutto qui. C’è una legge che prevede di dare uguale dignità a tutti gli uomini in divisa a cui affidiamo la nostra sicurezza e c’è un Governo, d'altra parte, che decide di non adeguare il trattamento della Polizia di Stato con quello di altre forze di polizia civile e con quello delle forze di polizia inserite nella carriera militare; questo è il punto. Noi crediamo che questo comportamento sia irresponsabile oltre che difficilmente comprensibile. Non soltanto questa scelta crea delle divisioni tra corpi che sono chiamati a dedicarsi giorno e notte a garantire la serenità di cittadini, ma anche, molto banalmente, è una questione di uguaglianza tra persone che sono anch'esse, nonostante l'Esecutivo sembri dimenticarselo, cittadini sotto l'ombrello della Costituzione. Come è noto per le forze di polizia è più difficile far valere le loro rimostranze dal punto di vista sindacale e molte volte, per una questione di responsabilità, assistiamo a gesti di abnegazione che non possono che destare ammirazione. Mi riferisco a quei poliziotti che si dotano, attingendo alle proprie tasche, dell'attrezzatura che lo Stato non fornisce per garantire la propria protezione e quella di tutti noi. Eppure dobbiamo essere consapevoli che esiste un limite ai sacrifici che noi chiediamo loro, così come esiste un limite alla scelta deliberata di calpestare la loro dignità. Tale limite fortunatamente non è legato alla loro fedeltà, ma alla loro capacità di concentrarsi sul lavoro che sono chiamati a svolgere senza legittime recriminazioni. Prima di scendere nei particolari giuridici spieghiamolo a chi ci ascolta con una metafora: vi sentireste tranquilli se il secondo pilota di un aereo avesse lo stesso trattamento di uno steward o che non gli fosse consentito di fare carriera vedendosi scavalcare come pilota anche da chi ha meno ore di volo ? Non credo. Non credo che qualcuno abbia problemi nel riconoscere che la responsabilità di un copilota comporta la necessità di un riconoscimento del suo ruolo che necessariamente la differenza non solo del restante personale di bordo, ma anche dallo stesso terzo pilota. Se così non fosse, vi sarebbe un problema di sicurezza e non è solo una questione di stipendio, di tranquillità, con cui la persona deve svolgere un lavoro dedicato. Si tratta anche di un indispensabile rispetto delle gerarchie, di certezza dei ruoli nella catena di comando e di attribuzione della responsabilità. Se questo vale su un aereo non si può dire, Pag. 11però, che in un ufficio di polizia la situazione sia particolarmente differente. Certo, il pericolo è meno imminente di una cabina aerea in cui compiti e gradi devono essere necessariamente identificabili, ma nella Polizia di Stato, come in ogni altra organizzazione gerarchica, la distinzione e il riconoscimento dei ruoli è fondamentale per assicurare il corretto funzionamento della struttura e l'assolvimento della sua funzione ovvero la protezione dei cittadini dalle minacce cui sono esposti.
  Ebbene, mentre qualcuno si riempie la bocca della parola sicurezza, mentre la preoccupazione per la possibilità di attentati terroristici si fa ogni giorno più reale per la radicalizzazione dei conflitti in Medioriente, mentre si spaventano agli italiani con la prospettiva di un'invasione lasciando loro intendere che a proteggerli c’è solo il permanere del reato di immigrazione clandestina, ci si rifiuta di attuare alcune misure che la Polizia di Stato ci chiede e che certamente contribuirebbero a garantire ai nostri uomini in divisa un po’ più di serenità, un po’ più di operatività da parte degli uffici. Non si tratta di inventarsi chissà che, di convocare il Parlamento, di mobilitare chissà quale consesso, basterebbe semplicemente dare attuazione a leggi che già esistono.
  Ora scendiamo un po'più sul tecnico, in modo da precisare meglio ciò di cui stiamo parlando. Il decreto legislativo del 5 ottobre 2000, n. 334, detta norme per il riordino dei ruoli del personale direttivo e dirigente della Polizia di Stato.
  Più precisamente, l'articolo 14 precisa che, nell'ambito dell'amministrazione della pubblica sicurezza, tra i ruoli del personale della Polizia di Stato che espleta funzioni di polizia doveva venire istituito il ruolo direttivo speciale, che avrebbe ricompreso le seguenti qualifiche: vicecommissario del ruolo direttivo speciale, commissario del ruolo direttivo speciale, commissario capo del ruolo direttivo speciale, vicequestore aggiunto del ruolo direttivo speciale.
  Che specificità aveva il ruolo direttivo speciale ? Lo precisa lo stesso decreto, come in seguito modificato: «Il personale appartenente al ruolo direttivo speciale riveste le qualifiche di ufficiale di pubblica sicurezza e ufficiale di polizia giudiziaria», svolge funzioni direttive con autonoma elevata responsabilità decisionale e corrispondente apporto professionale in relazione ai compiti istituzionali della Polizia di Stato, «con esclusione di quelle che comportano l'esercizio delle attribuzioni di autorità locale di pubblica sicurezza».
  Esso consentiva di definire in modo migliore le gerarchie interne, le responsabilità degli uffici e di consentire l'avanzamento di carriera della Polizia attraverso un procedimento basato sul merito e sulla formazione.
  Il ruolo direttivo speciale avrebbe dovuto cominciare ad essere operativo nel 2001, come prevedeva l'articolo 24, che dettava le modalità per il raggiungimento della dotazione organica prevista di 1.300 unità.
  Le suddette disposizioni di legge sono rimaste inattuate, in quanto, a partire dal 2001, non è stato bandito alcun concorso per la copertura della dotazione organica del ruolo direttivo speciale, che, invece, è stato regolarmente costituito nelle altre Forze di polizia ad ordinamento militare e nella polizia penitenziaria, con grave danno soltanto per il personale della Polizia di Stato.
  Come se non bastasse la situazione di disparità, si è aggiunta, quindi è subentrata, la legge 23 dicembre 2005, n. 266, che, ammazzando ogni speranza per la Polizia di Stato, ha stabilito che, fino a quando non saranno approvate le norme per il riordinamento dei ruoli del personale delle Forze di polizia ad ordinamento civile e degli ufficiali di grado corrispondente alle Forze di polizia ad ordinamento militare e delle Forze armate, è sospesa l'applicazione all'articolo 24 del decreto legislativo 5 ottobre 2000, n. 334, e successive modificazioni. Insomma, aspetta e spera ! Nel frattempo, ecco bloccata sine die la costituzione del loro ruolo direttivo speciale.
  In via transitoria, la stessa legge prevedeva, tuttavia, che alle esigenze di carattere Pag. 12funzionale si dovesse provvedere mediante l'affidamento agli ispettori superiori, sostituti ufficiali di pubblica sicurezza, sostituti commissari, delle funzioni di vicedirigente degli uffici e unità organiche in cui, oltre al funzionario preposto, non vi siano altri funzionari del ruolo dei commissari o del ruolo direttivo speciali. Tali funzioni sarebbero dovute essere individuate col decreto della capo della Polizia. Quindi, tutto questo adesso non è avvenuto.
  Noi poniamo fondamentalmente tre domande. La prima: vogliamo sapere per quale ragione non si è mai applicata la disciplina transitoria prevista nel 2005, che prevedeva che le funzioni di sostituto dovessero essere individuate con decreto del capo della Polizia.
  La seconda: perché ancora, dopo tutto questo tempo e nonostante una pronuncia del Consiglio di Stato, non si provvede a porre fine allo stato di inerzia ?
  Infine, la terza, che è forse la più importante e che speriamo trovi una chiara risposta: è intenzione del Ministro provvedere alla costituzione del ruolo direttivo speciale della Polizia di Stato prima delle imminenti modificazioni degli ordinamenti del personale delle Forze di polizia previste dalla legge delega n. 124 del 2015 – la delega per la riforma della pubblica amministrazione – per riallineare le qualifiche apicali del ruolo degli ispettori alle omologhe qualifiche degli appartenenti alle altre Forze di polizia ?
  Visto che le indiscrezioni dicono che il decreto debba essere approvato a breve, crediamo che sia urgente avere delle risposte precise: ne va della dignità di moltissimi ispettori di Polizia. Davvero non meritano questa presa in giro.

  PRESIDENTE. Il Viceministro dell'interno, Filippo Bubbico, ha facoltà di rispondere. Prego, Viceministro.

  FILIPPO BUBBICO, Viceministro dell'interno. Grazie, signora Presidente. Con l'interpellanza all'ordine del giorno l'onorevole Dadone chiede al Ministero dell'interno di assumere iniziative per provvedere alla costituzione del ruolo direttivo speciale della Polizia di Stato in attuazione di quanto disposto dal decreto legislativo n. 334 del 2000, al fine di riallineare le qualifiche apicali del ruolo degli ispettori alle omologhe qualifiche degli appartenenti ad altre Forze di polizia.
  Effettivamente, la legge finanziaria per l'anno 2006 ha disposto che, fino a quando non saranno approvate le norme per il riordinamento dei ruoli del personale delle Forze di polizia ad ordinamento civile e degli ufficiali di grado corrispondente delle Forze di polizia ad ordinamento militare e delle Forze armate è sospesa sull'applicazione dell'articolo 24 del decreto legislativo n. 334 del 2000, recante disposizioni in materia di prima applicazione del ruolo direttivo speciale della Polizia di Stato.
  La normativa in questione ha altresì previsto, sempre in via transitoria, la possibilità di soddisfare le esigenze di carattere funzionale dell'amministrazione mediante l'affidamento agli ispettori superiori, sostituti ufficiali di pubblica sicurezza, sostituti commissari, delle funzioni di vicedirigente di uffici o unità organiche in cui, oltre al funzionario preposto, non vi siano altri funzionari del ruolo dei commissari o del ruolo direttivo speciale.
  Come evidenziato dagli stessi onorevoli interpellanti, quest'ultima previsione normativa è stata oggetto di un contenzioso giurisdizionale volto a contestare l'inadempimento dell'Amministrazione dell'interno in ordine all'obbligo di adottare un decreto recante l'individuazione degli uffici nell'ambito dei quali le citate funzioni possono essere affidate al personale appartenente al ruolo degli ispettori.
  Il giudice amministrativo ha effettivamente accolto la richiesta di parte dichiarante sussistente l'obbligo per l'amministrazione della pubblica sicurezza di provvedere nel termine di 90 giorni.
  All'esito del gravame, il Consiglio di Stato, con sentenza dello scorso mese di ottobre, ha precisato che la facoltà di attribuzione delle funzioni e, conseguentemente, di emissione del decreto di individuazione delle sedi in cui possano essere affidate le funzioni medesime non è legata Pag. 13al rispetto di specifici termini temporali, attenendo all'ambito dei profili organizzativi e di gestione dell'apparato amministrativo rientranti a pieno titolo nel campo delle scelte discrezionali della pubblica amministrazione.
  Essendo, dunque, la materia riservata al potere discrezionale dell'Amministrazione, non sussiste alcun vincolo ad emettere l'invocato provvedimento almeno per quanto riguarda il profilo del quando, fermo restando che la stessa Amministrazione non può rinviare sine die l'adempimento.
  Nel quadro normativo appena esposto si è inserita la novità rappresentata dalla legge n. 124 del 2015 che, tra le altre deleghe conferite al Governo in tema di pubblico impiego, prevede quella relativa al riordino delle carriere del personale delle Forze di polizia, in aderenza al nuovo assetto funzionale e organizzativo dei rispettivi Corpi.
  È evidente a questo punto che le problematiche di natura ordinamentale e gestionale connesse alla mancata istituzione del ruolo direttivo speciale devono essere coordinate con l'attuazione della predetta delega, a cui stanno già lavorando da tempo appositi tavoli tecnici, anche a composizione interforze.
  Si ricorda, infine, che la procedura di approvazione del decreto legislativo di riordino delle carriere del personale dei Corpi di polizia prevede l'acquisizione del parere delle Commissioni parlamentari competenti in materia, che, ovviamente, potranno in tale sede fornire il loro prezioso contributo di analisi e di proposta.

  PRESIDENTE. La deputata Nesci ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta all'interpellanza Dadone ed altri n. 2-01219, di cui è cofirmataria.

  DALILA NESCI. Grazie, Presidente. Non siamo soddisfatti di questa risposta, perché, signor rappresentante del Governo, questo è un ennesimo rinvio, una risposta non data a queste persone, che aspettavano da tempo una risposta puntuale. Ed è curioso che, ogni volta, il Governo faccia proprio il contrario di quello che suggerirebbe il buonsenso: infatti, c’è una legge e, puntualmente, il Ministro di turno la scavalca, se c’è una sentenza puntualmente la si aggira. Bene, questa è una prassi che, purtroppo, conferma un fatto ormai conclamato a chi vive qui dentro: che si è perduto completamente l'equilibrio fra i poteri dello Stato, perché l'Esecutivo spadroneggia e non riconosce più né il Parlamento né la magistratura.
  In genere, a causa di una cultura dominante che mescola la realtà e la finzione, si tende a minimizzare al riguardo, tra ironia e motti di spirito. In realtà, però, il problema è gravissimo, perché significa che alla Camera e al Senato si perde solo tempo, vuol dire che non servono le proposte di legge, che non servono gli atti di controllo parlamentare, anche quando sono dettagliati, seri, conclusi nel loro iter, perché le risposte non sono sempre all'altezza delle argomentazioni proposte.
  E non servono, ovviamente, perché dall'altra parte c’è anche un Governo che fa come gli pare, al di fuori del perimetro delle regole. Sappiamo che questo è un Governo che è frutto di una maggioranza ricomposta, posticcia; sappiamo e conosciamo bene la genesi, tra l'altro, di questo Governo, che è figlio di un'investitura del nostro Primo Ministro Renzi ottenuta, ovviamente, direttamente dal suo partito, perché egli è anche il segretario del suo partito.
  Il Governo non rispetta un preciso obbligo di legge, che vuole un trattamento uguale per tutte le forze dell'ordine, e vi nascondete, come al solito, dietro alla necessità di razionalizzare le risorse. Tuttavia, però, sappiamo anche bene che il Governo aiuta le banche e, quando serve, trova milioni e miliardi di euro, anche se sa bene che la crisi viene anche e soprattutto dalle banche, che si arricchiscono grazie alla truffa del debito pubblico, imbrogliano sulla gestione dei conti, dei prodotti, dei contratti e dei rapporti.
  Il Governo è allergico alla legge, ma abusa dei decreti-legge, della disponibilità Pag. 14della maggioranza in Parlamento. Così riduce a brandelli la Costituzione, la modifica in rapidità e senza un confronto vero nelle Aule parlamentari e né, tantomeno, un confronto con le minoranze. L'obiettivo, ovviamente, è abbreviare i tempi, perché incombono gli adempimenti che sono imposti dai poteri finanziari, cioè i tagli definitivi dei servizi, dei diritti e, ovviamente, degli ancoraggi allo Stato democratico, che è ormai alla deriva.
  Il Governo riforma l'assetto costituzionale in modo da assicurare la velocità dei tagli, ovvero comprime la possibilità di contenzioso con le regioni e si riprende la legislazione sulla tutela della salute, limitata dai livelli essenziali di assistenza, che sono una scusa formidabile, in realtà, per gestire la sanità come un mattatoio privato. Naturalmente, tutti i problemi del mondo poi sono a Quarto, che, con un po’ di fantasia, potrebbe diventare un'abbreviazione del Quarto Stato; però non intendo il quadro di Pellizza da Volpedo, ma quella mistificazione della vostra maggioranza di Governo per cui il piccolo diventa grande, il grande diventa piccolo, il bello diventa brutto e il brutto diventa bello.
  La verità diventa, per citare Fantozzi, una «boiata pazzesca» e una «boiata pazzesca» diventa la verità. Quindi, anche oggi, avete giocato al personaggio di Collodi, lo sappiamo bene, quando veniamo qui a porvi delle domande e, capita spesso, vi nascondete dietro, evidentemente, a questo delirio di onnipotenza, mortificando, ancora una volta, la polizia. Voi continuate in questo gioco divertito, ma il popolo, ovviamente, è attento, ascolta e comprende.

(Iniziative di competenza volte ad assicurare la trasparenza nell'affidamento e nella gestione del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti nel comune di Afragola, in provincia di Napoli – n. 2-01202)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Castiello e Brunetta n. 2-01202, concernente iniziative di competenza volte ad assicurare la trasparenza nell'affidamento e nella gestione del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti nel comune di Afragola, in provincia di Napoli (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo alla deputata Castiello se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  GIUSEPPINA CASTIELLO. Grazie, Presidente, signor sottosegretario, questa interpellanza, a firma mia e del gruppo di Forza Italia, intende richiamare l'attenzione del Governo e del Ministro competente sull'illegittimità di una serie di provvedimenti e di atti amministrativi posti in essere dall'attuale amministrazione comunale di Afragola, in quanto – l'abbiamo denunciato più volte anche in altre sedi – perdura un quadro di illegalità diffusa in tutti i settori dell'attività amministrativa del comune di Afragola, in particolare, e questo è l'oggetto dell'interpellanza, per quanto concerne il servizio di smaltimento, nonché l'indizione di una procedura di gara della nettezza urbana alquanto anomala.
  Innanzitutto, bisogna mettere in evidenza come negli ultimi mesi vi sia stata una forte contrapposizione tra l'amministrazione comunale e la ditta concessionaria dei servizi ambientali, che ha prodotto la risoluzione del vigente contratto dei servizi ambientali, attraverso una serie di atti, determinando, di fatto, la risoluzione in danno del citato contratto e, non ultimo, la determina famosa del 18 novembre di quest'anno, il 2015, avente ad oggetto il servizio di spazzamento e raccolta dei rifiuti solidi urbani, dove, di fatto, si va ad indire una procedura di gara del tutto anomala, anche in considerazione del fatto – e questo è un fatto gravissimo – che, dal 1o novembre scorso, il comune di Afragola, ma alla pari con tutto il sistema delle autonomie locali, per gli affidamenti e la gestione delle procedure di gara deve avvalersi obbligatoriamente della stazione unica appaltante.
  Tale anomalia è resa ancora più evidente da un allegato, uno schema, che è una lettera d'invito riservata, come si Pag. 15evince dalla lettura della determina, a 17 ditte, che sono comprese in un elenco che – fatto gravissimo – non viene allegato alla determinazione, ma che sarebbe disponibile – si dice – presso gli uffici comunali. Non si riesce a comprendere questa forte anomalia, questa riservatezza, ma, soprattutto, il fatto di voler tenere in ombra le ditte da invitare ad un'anomala procedura di gara.
  Dalla determina emerge tutta una serie di circostanze problematiche. Innanzitutto, in raffronto con gli oneri che in precedenza il comune sosteneva per un appalto che richiedeva una serie di servizi aggiuntivi di notevole entità per la ditta concessionaria, come, ad esempio, l'utilizzo di un'area di proprietà del comune per l'allestimento del cantiere operativo, per la quale era richiesto un canone mensile di circa 10 mila euro, o come la gestione dell'isola ecologica, nonché dei tre centri per la raccolta differenziata, che cosa si scopre ?
  Si scopre che siamo di fronte ad un appalto per 12 mesi che comporterà un aumento di spesa notevole rispetto al canone vigente di oltre il 20 per cento. Inoltre, vi è un calcolo assurdo per determinare la spesa per la fornitura dei mezzi occorrenti per il servizio. Infatti, la cifra che viene indicata per la fornitura dei mezzi è di gran lunga superiore rispetto a quella che era prevista in precedenza e che si basava su un piano di ammortamento di mezzi nuovi e da immatricolare. Stesso ragionamento vale anche per la spesa prevista per la fornitura di attrezzature per le quali si riconosce la totalità del costo dei mezzi forniti, ma non si precisa se, al termine della durata del servizio, questi mezzi, che sono di fatto pagati dal comune, resteranno di proprietà o meno dell'ente.
  Tale richiamata deliberazione non chiarisce le modalità di organizzazione del servizio, omettendo di indicare la sede del cantiere o l'obbligo, com'era previsto anche in passato, per la ditta concessionaria di avere il cantiere operativo sul territorio di Afragola, né conferma l'obbligo, precedentemente previsto, che i mezzi utilizzati possano essere dotati per legge di un sistema di rilevazione satellitare (GPS), in modo da fornire non solo la posizione istantanea, ma anche il resoconto dei percorsi giornalieri, settimanali e mensili. In una regione come la Campania, con la crisi dei rifiuti, noi sappiamo che questo, rispetto anche al traffico illecito dei rifiuti, è un elemento fondamentale ed importante.
  Né si parla della raccolta differenziata. Voglio ricordare che, quando si è insediata questa amministrazione comunale, la percentuale di raccolta differenziata sfiorava il 50 per cento; oggi la percentuale è stabilmente sotto il 40 per cento. Tutta una serie di servizi innovativi, tendenti a migliorare in percentuale la raccolta differenziata, e quindi far rientrare la città di Afragola nel rispetto dei valori fissati per legge (ad oggi, dovrebbe essere il 65 per cento), non sono stati attivati, nonostante il nuovo capitolato li prevedesse tutti.
  Non è stata riattivata l'isola ecologica, né i tre centri di raccolta previsti. Anzi, uno dei primi atti che ha compiuto questa amministrazione comunale è stato quello di non confermare, nel piano triennale delle opere pubbliche, il completamento del sito di stoccaggio e dell'isola ecologica, che in precedenza erano stati realizzati grazie a fondi regionali, quindi stracciando da detto piano sia il completamento della strada di collegamento che della rete fognaria.
  Anzi, sia l'isola ecologica che l'adiacente sito di stoccaggio, che fungevano da cantiere operativo per il concessionario del servizio, sono stati oggetti di verifica da parte dell'ASL competente, che ha interessato la procura della Repubblica del tribunale di Napoli nord, che ha, di fatto, sequestrato l'area, in quanto si trovava in uno stato di abbandono, quindi incustodita da parte del comune, preda di atti vandalici, e comporterà un intervento chiaramente di recupero funzionale, che graverà sulle casse del comune in quanto sarà abbastanza oneroso.
  Quindi ci troviamo di fronte a una procedura di gara anomala, messa in atto con un aumento spropositato dei costi, in Pag. 16presenza, però, di servizi che saranno sicuramente inferiori rispetto al precedente appalto. È una situazione gravissima che come sempre graverà su chi ? Sui cittadini che ne faranno le spese. Infatti, i cittadini di Afragola saranno soggetti a un aumento del tributo di oltre il 30 per cento. E tutto l'oggetto di questa interpellanza è stato anche fonte di discussione attraverso l'azione politica dei consiglieri comunali di opposizione. Noi, con questa interpellanza, intendiamo chiedere a lei viceministro, e al Ministro, quali iniziative il Governo vuole assumere, innanzitutto, anche grazie alle segnalazioni ed alle istanze dei consiglieri comunali di Afragola, con riferimento all'opportunità di promuovere un monitoraggio della situazione nel settore della raccolta e dello smaltimento dei rifiuti in un'area, quella in questione, dove, lo ripeto, le emergenze sono tantissime e, soprattutto, se è il caso, se lei ritiene, di voler investire della questione anche l'ANAC, in modo da richiamare il rispetto delle procedure amministrative che devono essere trasparenti e legittime, trattandosi di un servizio pubblico – perché siamo di fronte ad un servizio pubblico per un valore annuale di quasi 8 milioni di euro – con delle procedure che, però, purtroppo non sono assolutamente pubbliche.

  PRESIDENTE. Il Viceministro dell'interno, Filippo Bubbico, ha facoltà di rispondere.

  FILIPPO BUBBICO, Viceministro dell'interno. Grazie, signora Presidente; con l'interpellanza all'ordine del giorno gli onorevoli Castiello e Brunetta richiamano l'attenzione sulle varie anomalie che caratterizzerebbero la procedura di gara indetta nello scorso mese di novembre dal comune di Afragola per l'affidamento dei servizi di spazzamento, raccolta e trasporto dei rifiuti solidi urbani e di altri servizi di igiene pubblica. Chiedono, quindi, quali iniziative intenda assumere il Governo per verificare la regolarità della gara in questione, eventualmente in collaborazione con l'Autorità nazionale anticorruzione. Più in generale chiedono che venga effettuato il monitoraggio sulla grave situazione dei servizi di trattamento dei rifiuti facenti capo all'ente locale.
  Rilevo, innanzitutto, come il controllo sulla procedura di gara sopra menzionata rientri nelle priorità di attribuzioni dell'Autorità nazionale anticorruzione, preposta, com’è noto, alla vigilanza sull'economicità, sulla trasparenza e sulla correttezza di tutti i contratti pubblici e delle relative gare di appalto, nonché al rilascio del codice identificativo di gara. A tale organismo, quindi, l'amministrazione dell'interno ha richiesto circostanziati elementi informativi e di valutazione ai fini della risposta all'odierna interpellanza. Il presidente dell'Autorità anticorruzione ha reso noto che il proprio ufficio di vigilanza aveva già in corso un'accurata istruttoria sul servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti nel comune di Afragola, essendo pervenute alcune segnalazioni in merito. A seguito della ricezione dell'atto di sindacato ispettivo qui in discussione, il presidente ha ritenuto opportuno disporne la trasmissione allo stesso ufficio di vigilanza quale ulteriore contributo alla conoscenza delle problematiche relative alla questione in esame, chiedendo di proseguire tempestivamente con l'istruttoria. L'ufficio di vigilanza, acquisita una serie di elementi ritenuti meritevoli di attenzione, ha ritenuto sussistenti i presupposti per l'avvio del procedimento di vigilanza e in tal senso l'8 gennaio scorso ha provveduto a inviare al comune di Afragola una richiesta di chiarimenti che riguarda, tra gli altri aspetti, anche quello del codice identificativo di gara richiesto dal comune alla stessa Autorità anticorruzione il 30 ottobre 2015, cioè in data anteriore a quella della determina a contrarre. All'esito dell'istruttoria il consiglio dell'Autorità valuterà se eseguire un'ispezione, eventualmente anche con il coinvolgimento della Ragioneria generale dello Stato. Quanto alla prefettura di Napoli la stessa ha rappresentato di avere assiduamente monitorato i comuni campani, tra i quali quello di Afragola, per verificare il rispetto Pag. 17degli obiettivi minimi di raccolta differenziata fissati dalla normativa di settore.
  Quanto alla prefettura di Napoli la stessa ha rappresentato di avere assiduamente monitorato i comuni campani, tra i quali quello di Afragola, per verificare il rispetto degli obiettivi minimi di raccolta differenziata fissati dalla normativa di settore. All'esito del monitoraggio, nell'ottobre 2012, il comune di Afragola, unitamente ad altri 40 comuni della provincia di Napoli, è stato diffidato dalla prefettura ad adottare entro tre mesi tutte le misure necessarie per conseguire l'obiettivo di raccolta differenziata fissato nella misura del 50 per cento. Alla scadenza del predetto termine il comune di Afragola, pur non avendo raggiunto pienamente la soglia indicata, ha fatto registrare significativi incrementi nei volumi dei rifiuti differenziati, tanto che la prefettura non ha ritenuto di adottare i previsti interventi sostitutivi, ossia la nomina del commissario ad acta, al fine di non rallentare il percorso virtuoso intrapreso. Tuttavia la prefettura ha invitato il comune a produrre un dettagliato cronoprogramma, indicante in maniera precisa e progressiva lo scadenzario dei tempi e delle attività da svolgere per il raggiungimento della predetta percentuale di raccolta differenziata. Dalla certificazione resa dalla regione Campania, relativa alle quote di raccolta differenziata raggiunta dai comuni nel 2013 e nel 2014, è risultato che il comune di Afragola ha raggiunto il livello del 44,88 per cento, per il 2013, e del 49,71 per cento, per il 2014, quasi in linea, pertanto, con l'indice regionale del 50 per cento. Per quanto riguarda i dati del primo periodo del 2015 al momento disponibili, ma non ancora certificati, il livello di raccolta differenziata del comune di Afragola sembrerebbe registrare una leggera flessione rispetto al 2014, attestandosi al 46,90 per cento, sebbene il risultato effettivo dovrà essere parametrato con riferimento all'intero anno 2015. Posso comunque assicurare che la prefettura di Napoli continuerà a monitorare attentamente la gestione del settore da parte del comune di Afragola nell'esercizio delle proprie prerogative e nei limiti delle competenze dettate dalla legge.
  Gli onorevoli interpellanti chiamano in causa anche i servizi ispettivi della Ragioneria generale dello Stato, atteso che la procedura di gara attiene a un servizio per il quale sarebbe prevista una spesa annuale di 8 milioni di euro a carico del bilancio comunale. Al riguardo, il Ministero dell'economia e delle finanze si è soffermato sull'asserita anomalia della scelta del comune in questione di non pubblicare l'elenco delle ditte invitate alla gara, sottolineando che l'articolo 13 del codice dei contratti pubblici impone particolari limiti al diritto di accesso e alla divulgazione dei dati relativi ai pubblici appalti. La ratio sottesa a tali limitazioni va identificata nella necessità di salvaguardare l'effettività della libera concorrenza che potrebbe essere pregiudicata dalla conoscenza, prima della definizione della gara, dei nominativi dei partecipanti alla stessa, circostanza, questa, in grado di favorire accordi tra i candidati diretti ad alterare i risultati della competizione, ovvero di consentire pressioni o minacce tra gli stessi, al fine di limitarne la libertà di determinazione in ordine al contenuto delle offerte.
  Per il resto il predetto dicastero ha inteso evidenziare che ogni determinazione circa le modalità di svolgimento dei servizi che rientrano nei compiti istituzionalmente affidati al comune non può che essere rimessa all'autonomia e alla responsabilità degli organi di governo dell'ente.

  PRESIDENTE. La deputata Castiello ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

  GIUSEPPINA CASTIELLO. Signora Presidente, non mi ritengo soddisfatta, mi ritengo sorpresa dal fatto che l'Autorità anticorruzione invii una nota al comune di Afragola l'8 gennaio, quindi dopo non solo questa nostra interpellanza, ma una serie di atti ispettivi che riguardano le procedure che l'amministrazione comunale di Afragola mette in campo. In modo particolare Pag. 18parliamo di questa gara, dove l'anomalia più grande sta nel fatto che si rescinde un contratto in maniera veloce, dopo 20 giorni si indice una gara; e – ripetendo anche quello che diceva il sottosegretario – sappiamo bene, lo ripeto, che è la stazione unica appaltante che per legge deve attivare questo percorso e questo processo.
  Ci troviamo quindi di fronte ad una situazione che è un rinvio continuo. La prefettura: ricordo in questa sede che ci sono stati continui esposti e atti da parte dei consiglieri comunali di opposizione di Afragola, sia inviati alla procura, inviati al prefetto, ma anche al dottor Cantone, dove si evidenziavano una serie di illegittimità; una tra queste, la gara di nettezza urbana. C’è stato sicuramente un ritardo, perché la prefettura monitora tutti i comuni; però, è evidente che c’è necessità di un'attenzione diversa sul comune di Afragola.
  Quanto ai dati della raccolta differenziata, quelli vecchi erano frutto di un'esperienza amministrativa precedente, per cui chiaramente – lo dicevo nella mia illustrazione – la raccolta differenziata aveva un'alta percentuale. Oggi il servizio non c’è, è inefficiente; aggiungo, la città è sporca. Non voglio soffermarmi su questo, ci saranno altre sedi, ma sul fatto che c’è necessità, si avverte, di un intervento forte del Governo e della prefettura al riguardo. E su questo tema, su questo oggetto non è la prima interpellanza che noi come Forza Italia presentiamo in questa sede. L'abbiamo fatto anche in precedenza, con altri atti ispettivi, presentati dai senatori Fasano e Cardiello al Senato, che hanno alzato il livello di guardia in ordine a possibili condizionamenti posti in essere sull'ente, che riguardano varie attività: da procedure anomale, poco trasparenti per quanto concerne l'attività edilizia; la gestione dei servizi cimiteriali; la gestione dei servizi sociali, dove anche c’è una procedura di gara in corso anomala, e dove c’è stato un consigliere di maggioranza che ha posto il problema all'interno di quella collocazione; la gestione del personale, con delle illegittime promozioni verticali (anche questo sarà oggetto, sempre in quest'Aula, di un'altra mia interpellanza al riguardo).
  Vogliamo parlare della gestione attuale del corpo di polizia municipale, con in precedenza la nomina di un comandante senza i prescritti requisiti ? O vogliamo continuare, rispetto ad un quadro che si presenta inquietante e di grave preoccupazione ? C’è un condizionamento sull'attività dell'ente, e noi invitiamo da questo punto di vista le autorità competenti, e quindi anche la prefettura, a monitorare fortemente quel comune, con un'attività che dev'essere ad ampio raggio. È un'esigenza forte, di attivare tutte le iniziative utili a ripristinare trasparenza, legalità, correttezza amministrativa nella gestione del comune di Afragola, richiamando il prefetto ad esercitare un doveroso ruolo di controllo e di vigilanza, visto che sin dal suo insediamento questa amministrazione comunale si è caratterizzata per un atteggiamento di totale mortificazione delle disposizioni legislative vigenti, connotando molte procedure amministrative di gravi profili di illegittimità, come abbiamo evidenziato nei nostri atti ispettivi. Uno di questi, la gara di nettezza urbana, che è il settore – lo ricordiamo – dove i riflettori in regione Campania devono essere sempre accesi; e qui ci troviamo di fronte ad un elenco di ditte che non viene allegato alla determina, che si trova nei pressi degli uffici comunali: insomma, per chi è stato amministratore, come me, ci vuole poco, signor Ministro, a capire qual è il problema, a capire che c’è un condizionamento. E noi dobbiamo, e chiediamo in questa sede, e vogliamo comprendere questi tipi di condizionamenti, che spingono il sindaco, che spingono l'amministrazione comunale a dare vita a procedure anomale, a procedure non trasparenti, non chiare, da che cosa siano determinati. E lo faremo rispetto anche ad altri settori, ripeto, dove è palese un'azione politica che di etica politica non ha niente.
  Ci sono atti amministrativi che gridano vendetta da un punto di vista delle procedure, della trasparenza, della legalità dell'ente. Per cui noi ci aspettiamo fortemente, Pag. 19e quindi lo richiedo, un intervento forte da parte del Ministro, e soprattutto anche da parte della prefettura locale, in modo che si possano riportare trasparenza, pulizia e soprattutto legittimità negli atti che questa amministrazione comunale in modo vergognoso sta mettendo in campo.

(Iniziative di competenza volte a garantire l'autonomia scolastica in ordine ai programmi relativi all'educazione all'affettività e al contrasto alle discriminazioni – n. 2-01203)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza Scotto ed altri n. 2-01203, concernente iniziative di competenza volte a garantire l'autonomia scolastica in ordine ai programmi relativi all'educazione all'affettività e al contrasto alle discriminazioni (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Il deputato Franco Bordo ha facoltà di illustrare l'interpellanza di cui è cofirmatario.

  FRANCO BORDO. Presidente, signor sottosegretario, in data 1o settembre 2015 il consiglio regionale del Veneto ha approvato con 24 voti favorevoli e 9 contrari la mozione consiliare intitolata: «La scuola non introduca ideologie destabilizzanti e pericolose per lo sviluppo degli studenti quali l'ideologia gender». I presupposti della mozione, che impegna la giunta regionale ad intervenire nelle scuole di ogni ordine e grado della regione Veneto, sono oltremodo discutibili, sia riguardo alla veridicità di quanto scritto, sia per la visione alquanto mistificatoria e retrograda in merito all'educazione all'affettività che da anni ispira i programmi delle scuole della Repubblica.
  Nel testo della mozione si legge testualmente che «in alcuni casi purtroppo l'educazione all'affettività è diventata sinonimo di educazione alla genitalità, priva di riferimenti etici e morali, discriminante per la famiglia fatta da un uomo e da una donna, che induce ad una sessualizzazione precoce dei ragazzi, a dipendenza dalla pornografia, all'attività sessuale prematura con connesso aumento di gravidanze ed aborti già nella prima adolescenza, all'aumento della pedofilia. I risultati delle indagini sociologiche dimostrano come ritardare l'inizio dell'attività sessuale e ridurre il numero di partner aumenti la possibilità di intrattenere relazioni stabili e riduca i problemi psicologici, quali la depressione specialmente nelle ragazze» Cose da Medioevo, signor sottosegretario !
  Per cui, oltre alla contrarietà allo svolgimento nelle scuole pubbliche statali di programmi che educhino all'affettività secondo criteri di parità e di correttezza educativa riconosciuti da tutte le democrazie occidentali, il consiglio regionale veneto dedica un'ampia parte alla fantomatica ideologia gender, invenzione creata dalle componenti religiose più conservatrici e retrograde: una strategia comunicativa di reazione all'autodeterminazione delle donne e recentemente utilizzata come strumento di contrasto all'equiparazione dei diritti e all'accettazione sociale delle persone LGBT, che crea paura e terrore nei genitori, finalizzata a far credere che i programmi educativi che contrastano le discriminazioni e gli stereotipi di genere puntino alla omosessualizzazione dei bambini o all'annullamento delle differenze biologiche tra maschi e femmine.
  L'evidente intento di conservazione dei pregiudizi e delle discriminazioni del deliberato della regione Veneto è reso in modo plastico da questo passaggio, in cui si afferma: «Errate convinzioni vorrebbero equiparare ogni forma di unione e di famiglia, giustificare e normalizzare qualsiasi comportamento sessuale». Da ciò è richiesto che la giunta intervenga in questo modo: che siano predisposti dei progetti educativi sull'affettività e sulla sessualità, rendendo i loro contenuti trasparenti, evitando il contrasto con le convinzioni religiose e filosofiche dei genitori, che si educhi a riconoscere il valore e la bellezza della differenza sessuale e della complementarietà biologica, funzionale, psicologica e sociale che ne consegue.Pag. 20
  La mozione contiene numerosi riferimenti alle prerogative delle famiglie di decidere e sovrintendere all'educazione dei propri figli in ambito scolastico. Il diritto delle famiglie all'educazione dei propri figli e alla trasmissione dei propri valori è certamente un diritto riconosciuto e legittimo, ma non può essere utilizzato, e soprattutto strumentalizzato, per la trasmissione di pregiudizi e di preconcetti.
  Nella formazione della persona umana è infatti riconosciuto e conclamato il ruolo della scuola, quello di dare a tutti i ragazzi gli strumenti per comprendere la società, a relazionarsi con gli altri senza pregiudizi e comportamenti discriminatori. La vicenda in questione appare assai discutibile anche sotto il profilo del rispetto dell'assetto e delle competenze, definito a livello costituzionale relativo ai rapporti Stato-regioni. Inoltre il 6 ottobre 2015 anche il consiglio regionale della Lombardia ha approvato una mozione concernente l'educazione sessuale e il contrasto alla diffusione della teoria gender nelle scuole lombarde che impegna la giunta regionale a intervenire presso il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca e presso l'Ufficio scolastico regionale sulla medesima materia della mozione approvata dal consiglio regionale del Veneto sopra descritta. Con la presente interpellanza, signor sottosegretario, il gruppo Sinistra Italiana chiede di sapere: quali iniziative il Governo intenda adottare per impedire che le regioni esulino dalle proprie attribuzioni con riferimento ai programmi scolastici relativi all'educazione, all'affettività, al contrasto delle discriminazioni; quali iniziative il Ministro intenda adottare per tutelare gli insegnanti, i dirigenti scolastici che non vorranno tener conto di interventi, quali quelli segnalati in premessa, di natura propagandistica e basati su discriminazione, pregiudizio, omofobia.

  PRESIDENTE. Salutiamo gli alunni e le alunne dell'Istituto paritario Sacro Cuore di Roma, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi). Questa è una seduta di interpellanze urgenti, quindi solo i colleghi che hanno da interrogare il Governo sono presenti. In genere l'Aula non è così vuota, ragazzi. Il Viceministro dell'interno, Filippo Bubbico, ha facoltà di rispondere.

  FILIPPO BUBBICO, Viceministro dell'interno. Signora Presidente, rispondo in luogo del Ministero dell'istruzione all'interpellanza urgente degli onorevoli Bordo, Scotto e Marcon. Leggo quindi il testo che mi è stato consegnato. Corre l'obbligo preliminarmente precisare che l'articolo 138 del decreto legislativo n. 112 del 1998 attribuisce alle regioni le funzioni amministrative relative alla programmazione dell'offerta formativa, al dimensionamento della rete scolastica, alla fissazione del calendario scolastico e all'erogazione dei contributi per il sostegno alle scuole non statali. È altresì noto che l'articolo 117 della Costituzione attribuisce alle regioni competenze legislative concorrenti in materia di istruzione fatta salva l'autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione dell'istruzione e formazione professionale che appartiene alla competenza esclusiva delle regioni medesime. Allo Stato compete pertanto l'emanazione delle norme generali sull'istruzione, la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni e dei principi fondamentali. In coerenza con il sovraesposto quadro normativo, gli ordinamenti e i programmi scolastici appartengono all'autonomia delle singole scuole che la esercitano nel rispetto delle indicazioni per il curricolo, gli obiettivi e le finalità previste dall'attuale ordinamento scolastico. L'articolo 21 della legge n. 59 del 1997 e in particolare il decreto del Presidente della Repubblica n. 275 del 1999 all'articolo 1 stabilisce che le istituzioni scolastiche sono espressione di autonomia funzionale e che queste provvedono alla definizione dell'offerta formativa interagendo con gli enti locali per promuovere il raccordo e la sintesi fra le esigenze e le potenzialità individuali e gli obiettivi nazionali del sistema di istruzione. Posto ciò, per quanto riguarda il tema della diffusione della cosiddetta Pag. 21«teoria gender», si precisa che il Ministero è intervenuto ripetutamente circa informazioni non veridiche concernenti il disposto dell'articolo 16 della legge n. 107 del 2015. In data 15 settembre 2015 è stata di fatti emanata una circolare volta a ufficializzare la posizione del MIUR al riguardo.
  Con la circolare, diffusa sia agli uffici scolastici regionali che ai dirigenti scolastici, è stato espressamente scritto che la finalità del citato comma 16 non è quella di promuovere pensieri e azioni ispirati ad ideologie di qualsivoglia natura, bensì quella di trasmettere la conoscenza e la consapevolezza riguardo ai diritti e ai doveri della persona, diritti e doveri costituzionalmente garantiti, anche per raggiungere e maturare le competenze chiave di cittadinanza nazionale europea ed internazionale entro cui rientrano la promozione dell'autodeterminazione consapevole e del rispetto della persona. Né a mente della legge n. 107, né a mente di altri atti di indirizzo del Ministero dell'istruzione, rientrano quindi le ideologie gender né l'insegnamento di pratiche estranee al mondo educativo, ispirandosi invece le azioni del Ministero ad indicazioni di matrice europea oltre che nazionale. Si veda in proposito l'articolo 5 del decreto-legge n. 93 del 2013, in cui non c’è traccia di ideologia di qualsiasi natura, tanto meno della richiamata teoria gender. Con la circolare è stata pertanto chiarita la portata della norma in discorso che si ispira ai principi di pari dignità e non discriminazione di cui agli articoli 3, 4, 29, 37 e 51 della nostra Carta costituzionale, volta a far conseguire agli alunni un maggior rispetto delle diversità e delle pari opportunità. Anche in relazione all'attuazione della suddetta previsione legislativa, il MIUR sta già esercitando, come ha sempre fatto, il proprio ruolo istituzionale di garanzia attraverso azioni mirate, il più possibile condivise con tutti i soggetti interessati – le famiglie, gli studenti, le loro associazioni rappresentative e gli organi collegiali – in raccordo con le realtà del territorio. Proprio al fine di orientare le scuole circa la previsione di cui al comma 16, è stato istituito il 30 ottobre 2015 un tavolo tecnico con il compito di elaborare apposite linee guida. Il tavolo si è insediato il 10 dicembre scorso. Alle famiglie quindi spetterà esercitare il diritto, ma anche il dovere, di conoscere, prima dell'iscrizione dei propri figli a scuola, i contenuti del piano dell'offerta formativa e per la scuola secondaria di sottoscrivere formalmente il patto educativo di corresponsabilità, valutando così il piano di offerta formativa che i docenti affronteranno durante l'anno, che dovrà comunque risultare coerente con le indicazioni per il curricolo, gli obiettivi e le finalità previste dall'attuale ordinamento scolastico e con le linee di indirizzo emanate dal Ministero. Alle scuole il compito, nelle forme e modalità che riterranno più opportune ed efficaci e che individueranno sulla base dell'autonomia didattica e gestionale loro attribuita, di predisporre azioni nel rispetto delle citate linee di indirizzo generale, che saranno appositamente divulgate dal Ministero e saranno utili a monitorare e supportare le scuole nelle azioni previste dal richiamato comma. In conclusione, si ribadisce che il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca è impegnato a promuovere nelle scuole la cultura del rispetto delle differenze, nonché la consapevolezza dei diritti e dei doveri, con l'obiettivo di formare cittadini consapevoli e responsabili. Proprio le autonomie scolastiche rappresentano il riferimento fondamentale per mettere in atto tutte quelle misure necessarie per prevenire e contrastare ogni forma di violenza e di discriminazione. In tal senso l'azione del Ministero si sostanzia nel fornire la cornice pedagogica educativa e culturale nell'ambito della quale le scuole possono promuovere autonome iniziative.

  PRESIDENTE. Grazie, Viceministro. Il deputato Franco Bordo ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

  FRANCO BORDO. Signora Presidente, mi scuso con il Viceministro che chiamavo sottosegretario, mentre invece appunto la Pag. 22sua corretta qualifica è Viceministro dalla Repubblica.
  Grazie per la risposta, Viceministro. Grazie perché, anche se con un po’ di burocratese, come spesso avviene in queste Aule, sottende di fatto a un disconoscere, perlomeno da un punto di vista politico, l'operato del consiglio regionale del Veneto. Questo è un fatto importante. Ovviamente staremo a vedere i passaggi concreti successivi, perché il tavolo si è insediato recentemente. Staremo a vedere le linee guida che ne conseguiranno, se effettivamente avranno questo carattere – così come da lei declinato –, ossia quello di promuove la cultura del rispetto delle differenze. Su questo ci trova perfettamente d'accordo e anche alleati, se troveremo le linee guida confacenti a questo principio. È chiaro che, però, in un quadro di questo tipo – lei ha risposto come portavoce in quest'occasione, però risponde per il Governo e di conseguenza interloquisco con lei –, forse anche un'azione un pochettino più incisiva nei confronti dalla regione Veneto, rispetto a quella delibera, che comunque ha dato un'indicazione anche di azione nei confronti della regione stessa di rispetto di quelli che già sono i principi in essere e gli strumenti di controllo esercitati dal Ministero dall'istruzione, ce la saremmo aspettati nei mesi passati e magari anche in questa stessa occasione. Infatti, signor Viceministro, in termini di diritti, in questo Paese, siamo dentro un quadro piuttosto fosco, torbido, perché siamo nella speranza del riconoscimento delle unioni civili, riconoscimento che, come vediamo dalla cronaca di tutti questi giorni, fatica a procedere e che è ancora sotto attacco. Siamo il fanalino di coda in Europa, sotto questo aspetto. Siamo fanalino di coda insieme a pochi altri Paesi che si sono aggregati all'Unione europea recentemente, quali la Slovacchia, la Polonia e la Romania. Il quadro fosco è anche dato dalle misure di contrasto che lei ha anche richiamato, però la normativa di legge di contrasto all'omofobia è ancora al palo. Un quadro fosco dato dagli attacchi alle associazioni LGBT, con l'utilizzo dalla fantomatica teoria gender, anche se riconosco al Governo che ne disconosce assolutamente la validità; però vediamo come questi attacchi sono all'ordine del giorno. Per cui, si sta creando un clima culturale su cui il Governo forse dovrebbe essere un po’ più attento e anche protagonista nel contrasto di questa cultura che sta prendendo spazio. Cioè, anziché progredire, noi rischiamo di regredire su questo terreno, sul quale, fra l'alto, siamo già molto deboli nel riconoscimento dei diritti individuali e dei diritti civili da parte, in ultimo, di istituzioni pubbliche importanti come le regioni, che hanno, come appunto indicato da lei, uno strumento anche costituzionale per poterne organizzare la formazione, ma che tentano di impedire l'applicazione di programmi e comunque di linee guida statali volte a una corretta e moderna educazione sessuale per i nostri alunni e studenti. Il nostro auspicio è che l'attenzione che lei, Viceministro, e il Governo avete voluto porre nella risposta si traduca in atti concreti anche più forti e più decisi.
  Il Paese ne ha bisogno; non ha bisogno di regredire. Su questo versante abbiamo bisogno, tutti insieme, di fare un passo in avanti, ma di farlo davvero (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà).

(Iniziative di competenza per salvaguardare i livelli occupazionali dei consorzi di imprese che gestiscono i servizi di pulizia delle scuole – n. 2-01218)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Scotto ed altri n. 2-01218, concernente iniziative di competenza per salvaguardare i livelli occupazionali dei consorzi di imprese che gestiscono i servizi di pulizia delle scuole (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo al deputato Bordo se intenda illustrare l'interpellanza di cui è cofirmatario.

  FRANCO BORDO. Grazie, Presidente. Dal 29 dicembre 2015 i consorzi di imprese Pag. 23che gestiscono i servizi di pulizia e di decoro delle scuole, a fronte delle incertezze di quanto interverrà dopo il 31 marzo 2016, hanno attivato le procedure di licenziamento collettivo, ai sensi della legge n. 223 del 1991, per 6.124 lavoratori in tutto il Paese. I consorzi di imprese Manital e Ciclat, che operano nei lotti che interessano il territorio dalla Campania e le province di Napoli, Salerno, Caserta, Avellino e Benevento hanno formalizzato un esubero di 3.180 lavoratori ex LSU ed appalti storici. Il 28 marzo 2014 è stato sottoscritto un accordo, presso il Ministero del lavoro, con cui il Ministero dell'istruzione si impegnava, al fine di garantire la continuità dei servizi di pulizia nelle scuole dei lotti non ancora aggiudicati da Consip nelle regioni Sicilia e Campania, a comunicare alla Presidenza del Consiglio dei ministri uno schema di decreto-legge recante misure urgenti per l'istruzione, che disponesse che le istruzioni scolastiche della regione in questione avrebbero acquisito, a partire dal 1o aprile 2014, i servizi di pulizia rivolgendosi a quegli stessi raggruppamenti di imprese che li avevano assicurati sino al 31 marzo 2014. Nello stesso accordo il Ministero dell'istruzione si impegnava ad utilizzare risorse complessive pari a 450 milioni di euro, a decorrere dal 1o luglio 2014 e sino al 31 marzo 2016, per lo svolgimento, da parte del personale adibito alla pulizia delle scuole, di ulteriori attività consistenti in interventi di ripristino del decoro e della funzionalità degli immobili adibiti ad edifici scolastici. Dopo questo accordo sono subentrate una serie di norme di legge e di delibere CIPE che hanno dato seguito e attuazione, seppur con dei grossi ostacoli in questo percorso, all'accordo stesso. Il 30 luglio 2015 – arrivando a tempi a noi un po’ più vicini – è stato sottoscritto con le segreterie nazionali di CGIL, CISL e UIL e le segreterie di settore, presso la sede dalla Presidenza del Consiglio, unitamente ai Ministeri interessati, un accordo quadro al fine di esaminare le problematiche occupazionali e di reddito concernenti i cosiddetti ex LSU e appalti storici, in vista della data del 31 marzo 2016. Oggi, però, gennaio 2016, siamo in assenza di nuove determinazioni, ed è evidente come, a decorre dal 1o aprile di quest'anno, termineranno gli stanziamenti finanziari e, di conseguenza, i lavori di decoro. Si tratta dell'ennesimo colpo drammatico ai lavoratori, già falcidiati dalla crisi economica, in particolare quelli del Mezzogiorno e della Campania, in cui le percentuali di disoccupazione, specie femminile e giovanile, sono in costante crescita. Per cui, signor Viceministro, come gruppo di Sinistra Italiana siamo a chiedere se il Governo non ritenga di dover assumere iniziative urgenti al fine di salvaguardare il livello occupazionale e di salario dei lavoratori coinvolti nella procedura di licenziamento collettivo, nonché garantire i servizi di pulizia, igiene e decoro alle strutture scolastiche frequentate quotidianamente da una vasta utenza di studenti, personale scolastico e famiglie; se non ritenga di dover aprire, in tempi rapidi e non rinviabili, il tavolo di concertazione, di cui all'accordo quadro, con tutte le parti sociali interessate, al fine di trovare una soluzione alternativa; se non ritenga fondamentale evitare il blocco dei lavori di pulizia e di decoro degli istituti scolastici della Campania, del Mezzogiorno e dell'intero Paese.

  PRESIDENTE. Il Viceministro dell'interno, Bubbico, ha facoltà di rispondere.

  FILIPPO BUBBICO, Viceministro dell'interno. Grazie signora Presidente, l'onorevole interpellante in merito al personale ex lavoratori socialmente utili ed appartenenti ai cosiddetti appalti storici addetti ai servizi di pulizia delle scuole, chiede interventi urgenti per salvaguardare gli attuali livelli occupazionali. Per quanto di competenza del MIUR, corre l'obbligo precisare che per il primo trimestre 2016 il Ministero assegnerà alle istituzioni scolastiche la somma di 60 milioni di euro per interventi di manutenzione e di decoro degli edifici adibiti a sedi di istituzioni scolastiche, lavori e interventi che si svolgeranno entro marzo dello stesso anno. I servizi di pulizia e di igiene presso quelle Pag. 24istituzioni scolastiche che presentano posti accantonati ovvero riduzioni nell'organico dei collaboratori scolastici, ai sensi dell'articolo 8 della legge n.124 del 1999, vengono assicurati ogni anno tramite l'assegnazione di circa 300 milioni di euro alle suddette istituzioni per l'acquisto dei servizi necessari tramite la convenzione Consip, nei territori ove essa è attiva, o tramite i raggruppamenti di aziende che li assicuravano al 31 marzo 2014, nei territori ove tale convinzione non sia attiva. Si tratta di una somma pari a quella che si spenderebbe per svolgere gli stessi servizi mediante personale dipendente, ai sensi dell'articolo 58, comma 5, del decreto-legge n. 69 del 2013, come avviene nella gran parte delle istituzioni scolastiche.
  Per quanto riguarda il problema occupazionale, dall'onorevole interpellante segnalato, si precisa che esso investe la competenza di più Ministeri. Agli atti del Ministero del lavoro e delle politiche sociali risultano ad oggi pervenute comunicazioni di avvio di procedure di licenziamento collettivo da parte di 36 aziende con dichiarazione di un numero di esuberi complessivo di circa 4.500 unità lavorative addette allo svolgimento dei servizi di pulimento presso gli istituti scolastici. La motivazione sottesa all'avvio delle citate procedure di legge si sostanzia, come già sa l'onorevole interpellante, nella prossima scadenza, cioè il 30 marzo 2016, del cosiddetto Programma scuole belle, che riguarda gli interventi di piccola manutenzione, decoro e ripristino funzionale degli edifici scolastici e il cui finanziamento ha reso possibile, sulla base dell'accordo governativo sottoscritto nel marzo 2014, di far fronte alla problematica occupazionale conseguente alle riduzioni degli affidamenti derivanti dalle espletate gare Consip e riguardante le lavoratrici e i lavoratori ex socialmente utili ed appartenenti ai cosiddetti appalti storici addetti allo svolgimento dei servizi di pulizia nelle scuole.
  Si precisa, pertanto, che è attualmente in corso lo svolgimento della consultazione in sede sindacale alla quale seguirà, in caso di mancato accordo, la convocazione in sede ministeriale su istanza delle parti.
  Rimane in ogni caso fermo quanto previsto nel verbale di accordo quadro sottoscritto presso la Presidenza del Consiglio dei ministri in data 30 luglio 2015, in ordine alla convocazione di un tavolo di verifica per l'esame delle problematiche sociali ed occupazionali concernenti la citata platea di lavoratori.
  Infine, si rappresenta che attualmente presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali è in corso l'istruttoria relativa alla concessione dell'ulteriore periodo di cassa integrazione guadagni in deroga dal 1o luglio 2015 al 30 settembre 2015, a seguito di accordo ministeriale del 6 agosto scorso.

  PRESIDENTE. Il deputato Bordo ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta... è soddisfatto e, quindi, non intende prendere la parola.

(Elementi in merito alle anomalie di funzionamento del Centro Olio Val d'Agri dell'ENI e iniziative volte a salvaguardare l'ambiente e la salute della popolazione in relazione all'attività degli impianti petroliferi – n. 2-01216)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Liuzzi ed altri n. 2-01216, concernente elementi in merito alle anomalie di funzionamento del Centro Olio Val d'Agri dell'ENI e iniziative volte a salvaguardare l'ambiente e la salute della popolazione in relazione all'attività degli impianti petroliferi (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo alla deputata Liuzzi se intenda illustrare la sua interpellanza.

  MIRELLA LIUZZI. Grazie, Presidente. Iniziamo subito col dire chiaramente come stanno le cose: il petrolio che si estrae in Basilicata è di pessima qualità essendo pieno di zolfo, tant’è che una delle principali attività del Centro olio di Viggiano non è la produzione di greggio desolforizzato, per produrre poi in raffineria a Taranto benzina o diesel, ma quella di produrre un composto azotato derivante Pag. 25dalla desolforazione del petrolio utilizzato in agricoltura. Infatti, per avere una produzione conveniente di carburanti per le auto, il petrolio che si estrae deve essere equiparabile a quello del Texas, mentre quello della Basilicata notoriamente non è nemmeno lontanamente paragonabile al greggio texano o norvegese, che fanno da riferimento per la quotazione alla Borsa internazionale degli idrocarburi. L'altra raffinazione tipica del petrolio lucano e la produzione di bitume utile per l'asfalto e di carburante poco raffinato, buono per la trazione delle navi petrolifere. Per cui è assolutamente definibile un principio di scarsa convenienza e di bassissima qualità. Alla fine dei conti il petrolio che si estrae in Basilicata, concimandolo con sostanze tossiche e cancerogene, idrocarburi pesanti, diossina, acidanti vari, bario, berillio e anche isotopi radioattivi, come l'americio 249, ha poco senso. Tutto questo senza avere alcun titolo di ritorno di alcuna natura, né per lo Stato in primis, perché con i suoi 104 mila barili al giorno estratti nella concessione Val d'Agri copre appena il 6 per cento del fabbisogno nazionale, pari a circa 16 giorni di importazione rispetto agli idrocarburi che potremmo prendere dall'estero e con circa un milione di metri cubi di gas annualmente copre addirittura l'1,4 per cento del fabbisogno nazionale di gas, più o meno quattro giorni di riscaldamento delle case delle famiglie italiane in pieno inverno. Quindi, questi sono i numeri della nostra estrazione in Basilicata, in Italia. Non vi è alcun ritorno nemmeno per la stessa Basilicata, che resta la regione col più alto tasso di disoccupazione ed emigrazione. Ma allora, se così stanno le cose, chi è che trae i benefici da tutto ciò ? Solamente le multinazionali del petrolio, le quali vanno ad estrarre in Basilicata molto semplicemente perché in assenza di regole e controlli tutto può diventare conveniente, anche il fatto che il petrolio lucano bisogna andarlo a prendere fino a quattro chilometri di profondità, cosa che in genere fa molto riflettere i petrolieri in quanto devono considerare un significativo aumento dei costi di estrazione. La profondità del petrolio lucano è anche motivo dell'inquinamento irreversibile delle falde acquifere e delle sorgenti del bacino idrico del fiume Agri, un insieme di circa 700 sorgenti che si trovano proprio nell'area della concessione della Val d'Agri, la quale concessione ha interrato circa 500 chilometri di oleodotti e possiede circa 30 pozzi attivi più altri 26 in arrivo, compresi quattro pozzi di reiniezione. Due pozzi estrattivi sono stati realizzati dentro il centro abitato di Viggiano, un altro invece, famosissimo, era stato addirittura realizzato a ridosso di un ospedale. Da considerare, inoltre, che tutte queste attività estrattive o di reiniezione o di desolforazione vengono realizzate in prossimità di una diga, lo «sbarramento del Pertusillo», nonostante siano noti rischi sismici delle attività estrattive e di raffinazione dove spesso si registrano morie di pesci proprio dove si rilevano anche alte concentrazioni di idrocarburi, di acidificanti e di inquinanti in generale. In sostanza, ai poveri lucani non fate mancare proprio nulla, ma solo in termini di inquinamento, perché di soldi, di occupazione e lavoro, dopo quindici anni di estrazioni, possiamo tranquillamente affermare e dire che non se ne vedono. Anche le famigerate royalties, che a nostro avviso sono vere e proprie tangenti legalizzate, alla fine hanno prodotto solo ricchezza singola, non collettiva, mai collettiva, perché naturalmente automaticamente rientrano nel collaudato sistema delle spartizioni imprenditoriali e clientelari nel nostro sistema politico nazionale marcio. La questione è talmente grave che ha spinto non voi del Governo a vederci chiaro, ma noi del MoVimento 5 Stelle, per cercare di capire quale inquinamento della catena alimentare state proponendo a milioni di cittadini ignari. Il MoVimento 5 Stelle nel settembre 2013 ha presentato una denuncia presso la Commissione europea per l'ambiente con richiesta di infrazione per violazione della direttiva UE sull'acqua, perché a noi del MoVimento 5 Stelle ci pare evidente ormai cosa combinate da quelle parti: fate inquinare un bene rigenerabile, l'acqua, e fate prelevare Pag. 26dell'inutile scarso e scadente petrolio per produrre scarti della lavorazione degli idrocarburi.
  Fatte queste doverosissime premesse per capire lo scenario oggetto di questa interpellanza, entriamo nel merito del problema. Nel centro di desolforazione del Cova di Viggiano, che è al centro della concessione mineraria della Val d'Agri, si è anche registrata di recente l'ennesima sfiammata, come viene definita in gergo tecnico, che questa volta, nonostante il solito «tuttappostismo» di regime e le rassicurazioni di routine da parte degli enti preposti, appare diversa.
  In primo luogo, per l'entità della sfiammata: la torcia si è alzata di diverse decine di metri, creando allarme nella popolazione, ampiamente superiore alle altre occasioni, la prima volta, grazie ad un video della televisione pubblica, molto esplicito, e capace di sintetizzare qual è il paradosso di questa regione – il paradosso petrolifero lucano – mentre, come al solito, si è ancora e sempre in attesa di conoscere dalla regione Basilicata e dall'Ufficio nazionale minerario per gli idrocarburi e le georisorse quali siano i motivi tecnici di tali fiammate, quali i pozzi che produrrebbero quantitativi di gas in pressione non gestibile dall'impianto e se dell'evento, come lo minimizzano le compagnie petrolifere, sia stata data comunicazione agli enti titolari della sicurezza.
  Attorno a questa attività industriale, che è sconveniente e sconsigliabile, non ci facciamo mancare chiaramente le questioni giudiziarie. L'ultima è di febbraio scorso, con la quale la Direzione distrettuale antimafia di Potenza sta indagando ben 37 persone che, ad inizio dicembre 2015, hanno ricevuto un avviso di garanzia per il traffico illecito di rifiuti e disastro ambientale. Tra gli indagati ci sono nove dipendenti dell'ENI, una decina di imprenditori, quattro dirigenti dell'ARPAB, funzionari regionali e della provincia di Potenza, varie società del settore ambientale e due rappresentanti di Tecnoparco.
  L'azione degli inquirenti, al di là della questione strettamente giudiziaria, ci dice che, oltre ai rischi di inquinamento da attività estrattive e desolforazione, per queste regioni italiane esiste anche un tema sulla corretta qualificazione dei reflui, che sono il prodotto della componente acquosa separata dal greggio destinato alla raffineria, più tutte le sostanze utilizzate per estrarlo e prepararlo all'immissione dell'oleodotto in direzione Taranto. Infatti, dalla sola Val d'Agri si ottengono circa un milione e mezzo di tonnellate di rifiuti petroliferi da smaltire: una cifra enorme.
  Una marea di sostanze tossiche che, insieme all'inquinamento di aria, acqua e suolo, considerando l'inconsistenza del risparmio sul bilancio energetico nazionale e considerando che spesso il petrolio lucano viene venduto per poi essere raffinato e tassato fuori dai confini nazionali, lascia ulteriormente perplessi tutti coloro i quali cercano di capire a chi giovi estrarre petrolio scadente.
  Oltre a quello sulla gestione dei reflui di produzione, i PM avevano aperto anche due filoni di indagine sulle emissioni prodotte dal centro oli e sui loro effettivi effetti sulla salute dei lavoratori di ENI e sull'indotto petrolifero, dato che, più volte, la cronaca aveva registrato ricoveri in ospedale per cui diversi operai avevano accusato malori improvvisi, in concomitanza di un aumento del nauseabondo odore caratteristico dell'acido solforico. In tutto si parla di circa 5 mila nominativi di persone potenzialmente esposte agli inquinanti immessi in atmosfera.
  L'inchiesta tocca tutto il sistema rifiuti della Basilicata: molti funzionari regionali, abbiamo detto, e di ARPAB indagati per questa vicenda sono stati anche rinviati a giudizio – quindi, sono habitué – per disastro ambientale nella vicenda «Fenice», l'inceneritore di San Nicola di Melfi nato vent'anni fa e oltre a servizio della FIAT di Melfi.
  Il funzionario dell'ARPAB Bove, il quale sosteneva pochi mesi fa che i livelli degli inquinanti, soprattutto idrogeno solfato, sono inferiori ai limiti previsti dalla norma, e Roberta Angelini, responsabile sicurezza e ambiente del distretto meridionale ENI, la quale affermava che «abbiamo a cuore i temi dell'ambiente che Pag. 27preserviamo con continui controlli e ammodernamenti», oggi sono entrambi indagati proprio per quei pareri.
  Non a caso, la mattina stessa del blitz al centro oli sono stati effettuati campionamenti da sottoporre ai tecnici della procura. In altre parole, sono stati fatti ora quei controlli che la regione Basilicata e l'ARPAB avrebbero dovuto eseguire già molto tempo fa per tutelare i cittadini.
  Per cui, quello che oggi chiediamo, sottosegretario, è, per l'ennesima volta, se questo Governo vuole continuare in questa direzione, ovvero in uno sviluppo fossile, come così come sancito dal decreto-legge «sblocca Italia», con le nuove perforazioni concesse, proprio in questo momento storico in cui il barile di petrolio è sceso a 30 dollari.
  Dal nostro punto di vista è assolutamente indispensabile avviare, tramite l'Istituto superiore di sanità e l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale un'indagine epidemiologica in relazione agli effetti sulla popolazione dell'attività petrolifera. C’è una regione, la Basilicata, che si sta letteralmente spopolando e che, invece, ci è stata descritta per anni come il Texas italiano. I fatti hanno dimostrato che questa avventura petrolifera ha prodotto danni e malattie: nessuna vita può valere una manciata di soldi, a maggior ragione se questi soldi sono spesi in maniera errata.
  È solo di qualche giorno fa un approfondimento del Corriere della Sera sullo spreco e sullo sperpero delle royalties del petrolio lucano: dal 2001 al 2013 – scrivono i magistrati contabili – la regione e dodici comuni dell'area estrattiva si sono spartiti esattamente un miliardo e 158 milioni, ma l'85 per cento se n’è andato in spesa corrente, anziché in investimenti e anziché per lo sviluppo e per il lavoro, e solo il 7 per cento è andato alla ricerca e all'innovazione.
  Insomma, non possiamo più continuare su questa strada – questo è chiaro – e il segnale, sottosegretario, deve essere politico: una strategia politica lungimirante dovrebbe guardare oltre, non aspettare le indagini della magistratura per agire, poiché ha già tutti gli elementi per fermare questo scempio ambientale che si sta perpetrando da anni sulle spalle dei cittadini.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico, Antonello Giacomelli, ha facoltà di rispondere.

  ANTONELLO GIACOMELLI, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Grazie, Presidente. Il Governo sta operando nel senso di introdurre misure di razionalizzazione normativa in materia mineraria che garantiscano il rispetto dei migliori standard di sicurezza, anche ambientali, degli impianti e delle relative operazioni.
  Con specifico riferimento agli inconvenienti verificatisi al Centro olio di Viggiano, corre, in primo luogo, specificare che i fenomeni delle sfiammate o fiammate sono dovuti, da un punto di vista tecnico, all'attivazione delle procedure di depressurizzazione in sicurezza dell'impianto, ai fini dello smaltimento in torcia del gas presente nello stesso.
  A questo riguardo, per gli episodi verificatisi la società ENI ha puntualmente provveduto ad effettuare tutte le comunicazioni previste dalla normativa vigente agli enti deputati alla sicurezza e, in particolare, all'Ufficio nazionale minerario per gli idrocarburi e le georisorse, quale ufficio tecnico del Ministero competente in materia di sicurezza, che ha provveduto ad impartire alla predetta società le necessarie prescrizioni, al fine di salvaguardare sicurezza e qualità della vita dei lavoratori e dei cittadini e minimizzare l'impatto sull'ambiente.
  In particolare, è stato richiesto alla società di predisporre uno studio sullo problematiche emerse, che esamini gli eventi e indichi gli interventi necessari a minimizzare la probabilità del verificarsi di circostanze similari.
  Con riferimento agli episodi delle sfiammate, non sono comunque emerse problematiche di sicurezza dei lavoratori e non si sono riscontrate criticità nell'applicazione del piano emergenza impianto interno e/o di evacuazione. Sono state Pag. 28attuate le previste procedure di messa in sicurezza dell'impianto e non si sono verificati danneggiamenti dello stesso.
  In merito allo specifico episodio relativo al Cova, per il quale l'onorevole interrogante fa riferimento ad uno video riportato dalla TV pubblica, si precisa che non si è trattato in questo caso di una fiammata, ma di un principio di incendio di minima entità, tempestivamente riportato sotto controllo dall'ENI stessa con l'applicazione dei previsti interventi delle squadre di emergenza, il cui efficace operato non ha reso necessario neppure l'intervento dei vigili del fuoco.
  A seguito di questo episodio, l'Ufficio nazionale minerario ha comunque provveduto a sospendere l'esercizio della linea di produzione denominata «Monte Alpi», cui faceva riferimento l'installazione interessata dal principio di incendio – si è trattato, in sostanza, di una minima fuoriuscita di gas, controllata nel giro di circa dieci minuti –, procedendo, nel contempo, ad effettuare tutti gli accertamenti del caso necessari ad individuare cause e circostanze che hanno indotto tale perdita di gas.
  Sono tuttora in corso gli accertamenti tecnici, al termine dei quali la sezione dell'Ufficio nazionale minerario competente per territorio relazionerà agli uffici del Ministero e alla prefettura, come previsto dalla normativa.
  Riguardo ai livelli di inquinanti imposti dalla legge per le attività petrolifere, risulta comunque che la regione Basilicata abbia adottato, per la zona interessata dalle attività estrattive, una disciplina più restrittiva di quella nazionale per gli inquinanti richiamati. In particolare, per l'anidride solforosa ha adottato un valore sei volte più restrittivo rispetto a quello nazionale, così come per i limiti di emissione di acido solfidrico ha adottato valori ampiamente inferiori a quelli fissati dall'Organizzazione mondiale della sanità.
  Risulta, altresì, che, a tutela della salute dei lavoratori, nell'impianto è anche presente una rete capillare di sensori atti a rilevare anche minime quantità. Su questa questione, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha comunque precisato che, secondo il vigente quadro normativo, i valori limite di emissione in atmosfera degli stabilimenti devono essere determinati dalle autorizzazioni sulla base di un'apposita istruttoria svolta dall'autorità competente (istruttoria prescritta dalla legge, sia per l'autorizzazione integrata ambientale, sia per l'autorizzazione alle emissioni, oggi assorbita nell'autorizzazione unica ambientale).
  Questa istruttoria si deve fondare su una valutazione delle condizioni di qualità dell'aria nella zona interessata dallo stabilimento, su una valutazione delle migliori tecnologie disponibili e, nel caso delle autorizzazioni integrate ambientali, anche sull'esame dei pertinenti «BREF» comunitari. I valori di emissione previsti dalla normativa di settore, contenuti negli allegati I e II alla parte quinta del decreto legislativo n. 152 del 2006, hanno escluso la finalità di rappresentare un livello minimo di tutela. Si prevede, infatti, che le autorizzazioni non possano mai stabilire valori di emissione meno severi di quelli di legge.
  In questo quadro, i valori di emissione di legge non possono essere automaticamente trasposti nelle autorizzazioni, le quali, come detto, devono invece stabilire i valori limite sulla base dell'istruttoria prevista. Secondo lo stesso Ministero, assume pertanto un prioritario rilievo, in questa materia, la corretta e puntuale esecuzione dell'istruttoria autorizzativa da parte dell'autorità competente, attesa la mera finalità di limiti non derogabili in peius dei valori di legge. Resta ferma, in tutti i casi, la possibilità di un aggiornamento di questi valori di legge, che potrà essere effettuato specialmente in caso di tipologie di sostanze o di stabilimenti caratterizzati da particolari complessità.
  Infine, in merito a quanto richiesto circa la sussistenza di presupposti per avviare un'indagine epidemiologica, l'Istituto superiore di sanità, sentito al riguardo, ha comunicato di aver condotto, nel periodo 2013-2015, uno studio finanziato dalla regione Basilicata nell'area dei comuni della Val d'Agri, avente come oggetto Pag. 29«Ambiente e salute: valutazione dell'impatto sull'ambiente delle attività antropiche nell'area della Val d'Agri e degli indicatori di salute della popolazione residente nelle aree di interesse».
  Lo studio ha previsto due filoni di ricerca: uno a carattere epidemiologico, riguardante la descrizione del profilo di salute delle popolazioni della Val d'Agri attraverso lo studio dei dati sanitari correnti; l'altro finalizzato a valutare la qualità dell'aria ambiente nelle aree di Viggiano e Grumento Nova, i due comuni più vicini al Centro COVA.
  Lo studio epidemiologico ha riguardato il profilo di salute delle persone residenti nei comuni che rientrano nella concessione «Val d'Agri». Dalle analisi condotte è emerso che il profilo di mortalità dei residenti nelle aree interessate alla concessione estrattiva non sembra differire da quello dell'intera Basilicata. Per le valutazioni di tipo ambientale, il predetto Istituto ha comunicato che è stato realizzato uno studio che ha previsto il campionamento di materiale nei suddetti centri abitati, per la valutazione di una potenziale esposizione inalatoria, e il campionamento delle deposizioni atmosferiche nelle aree destinate ad attività agricole, per la stima di una potenziale esposizione ingestiva di alimenti prodotti in loco.
  Lo studio è stato condotto dal febbraio 2013 al marzo 2015 e le attività di rilevamento hanno evidenziato che le concentrazioni medie di polveri sottili nelle due aree, che sono state oggetto del monitoraggio, risultano al di sotto dei limiti previsti dal decreto legislativo n. 155 del 2010 per la qualità dell'aria ambiente e, elemento importante, in linea con i valori suggeriti dall'OMS per la protezione della salute delle popolazioni. Lo studio ha evidenziato, tra l'altro, che anche per il contenuto di metalli si sono registrate concentrazioni basse per tutti i contaminanti ricercati e, per quelli definiti nel decreto legislativo a cui facevo riferimento, comunque inferiori ai limiti.
  Inoltre, il confronto con i dati di metalli nelle deposizioni di altri Paesi europei, che hanno già adottato normative di riferimento specifiche in materia, mostra come i ratei deposimetrici misurati siano inferiori ai valori di riferimento di questi Paesi. Per gli inquinanti organici e inorganici nelle deposizioni atmosferiche attualmente non si hanno ancora limiti o linee guida nazionali; pertanto, i confronti sono stati effettuati in riferimento a campagne condotte in diversi contesti territoriali, sia italiani che europei. I risultati delle misure hanno evidenziato ratei mediamente bassi, tipici delle aree rurali.
  In conclusione, l'Istituto superiore di sanità ha rilevato che i risultati di questa prima indagine saranno oggetto di ulteriore approfondimento in relazione ad alcuni aspetti ambientali, al fine di avere un quadro della qualità dell'ambiente nell'area più completo e rappresentativo.

  PRESIDENTE. La deputata Liuzzi ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

  MIRELLA LIUZZI. Grazie, chiaramente non sono soddisfatta della risposta, a maggior ragione perché è sotto l'evidenza che in questo momento la magistratura stia anche facendo delle indagini su quanto sta succedendo e su tematiche anche abbastanza scottanti. Mi viene da pensare sul fatto che il Governo risponda che uno studio deve essere fatto dalla stessa ENI per controllare le cosiddette sfiammate che stanno avvenendo nel Centro Oli di Viggiano. Cioè, questa cosa, dal nostro punto di vista, dal mio punto di vista, è veramente preoccupante, perché il controllore diventa lo stesso controllato.
  Quindi, siamo veramente alla follia. Non siamo nemmeno soddisfatti, fondamentalmente, perché non c’è risposta a una questione che ripetiamo da tempo, ovvero, con un'intensa attività estrattiva, senza regole, con pochi controlli, senza ritorni per il territorio, con un elevato rischio di patologie correlate all'inquinamento industriale, che purtroppo sono finora, dopo circa vent'anni di trivellazioni nell'area della Val d'Agri, l'unico ritorno Pag. 30avuto, insieme all'incremento di disoccupazione e di emigrazione, nell'intera Basilicata, si continua a parlare e a citare alcuni studi che, in realtà, andando a vedere nella letteratura scientifica, dovrebbero invece allarmarci, e li citerò a breve.
  Dai Ministri interpellati ci saremmo aspettati risposte più concrete, più vicine a spiegare cosa stia accadendo intorno alla questione petrolio, che ha miseramente fallito: questo è senza ombra di dubbio la conseguenza e la conclusione di tutto ciò che abbiamo detto fino ad ora. Dai Ministri interpellati ci saremmo aspettati, ad esempio, precisazioni e indicazioni almeno sulla volontà che il Governo prenda in considerazione la possibilità di modificare al ribasso i limiti delle emissioni nell'aria di diversi inquinanti. È risaputo che l'estrazione di petrolio in generale, ma soprattutto quello lucano, per i motivi che abbiamo detto prima, ad alta concentrazione di zolfo, significa l'inevitabile immissione in atmosfera di idrogeno solforato.
  Il processo Claus ne elimina solo il 95-97 per cento e la restante parte viene immessa in aria da un inceneritore a fiammella costante, come quello del Centro oli di Viggiano. Le fiammate, che di certo non sono fiammelle, da settembre 2013 interessano costantemente il centro lucano e spaventano anche la popolazione locale, ma creano anche diffuse patologie allergiche, cardiorespiratorie e irritazioni a mucose nasali e agli occhi. I rumori assordanti delle attività del COVA, le piccole e continue scosse sismiche che lesionano gli edifici, l'arrossamento di cute e mucose, le difficoltà respiratorie sono prassi quotidiane in quell'area.
  Quindi, non sono episodi che avvengono soltanto in un certo momento. La causa è sempre l'idrogeno solforato, che ha visto in Val d'Agri l'abbandono delle terre coltivate e la fine della pastorizia: questo è un altro dato su cui riflettere. In una ricerca curata dall'Università della Basilicata, pubblicata dall’International Journal of Food Science and Technology, risulta che nel miele prodotto nella Val d'Agri si trovano alti tassi di benzene e alcol.
  Nessuno vuole né i prodotti agricoli né le carni né il latte degli allevamenti del posto, che registrano anche sterilità negli allevamenti di ovini. La richiesta di rivedere al ribasso i permessi dei limiti di emissione industriale di acido solforico in Italia non è una nostra richiesta politica, ma è un'esigenza ambientale, oltre che una buona norma chimico-scientifica. Un documento sul tema è stato infatti prodotto dalla professoressa Maria Rita D'Orsogna, docente universitario in California, i cui dati non sono confortanti per gli abitanti della Val d'Agri, che vivono a poche decine di metri in linea d'aria dal Centro oli di Viggiano.
  L'Organizzazione mondiale della sanità, che è stata citata, l'OMS, consiglia di fissare il limite di rilascio di idrogeno solforato a un livello pari a 0,005 parti per milione. Negli Stati Uniti, il Governo federale raccomanda, addirittura, un limite di 0,001 parti per milione.
  In Italia, il limite massimo di rilascio di idrogeno solforato, secondo quanto stabilito dal decreto ministeriale 12 luglio 1990, recante linee guida per il contenimento delle emissioni degli impianti industriali e la fissazione dei valori minimi di emissione, è di cinque parti per milione, per l'industria non petrolifera, e, addirittura, di 30 parti per milione, per quella petrolifera. E tutto questo nonostante sia ormai noto nella letteratura medico-scientifica che quest'ultimo valore non è solo 6 mila volte più alto dei valori raccomandati dall'OMS, ma è anche causa di danni irreversibili per la salute umana. Nel citato studio della professoressa Maria Rita D'Orsogna si segnalano due incidenti rilevanti avvenuti in Basilicata nel 2002 e nel 2005 che hanno riguardato il centro olio di Viggiano, incidenti gravissimi sui quali ancora non sono stati mai forniti dati riguardo all'emissione dell'idrogeno solforato. Ecco, ci saremmo aspettati che i Ministeri interpellati ci avessero risposto che è allo studio l'equiparazione dei limiti di emissione, nella legislazione italiana, a quelli che fornisce l'OMS, così come da impegno preso con l'approvazione di una risoluzione del MoVimento 5 Stelle, votata Pag. 31e approvata in Commissione ambiente anche dalla maggioranza, circa un anno e mezzo fa.
  Oppure, ricordo la questione della diga del Pertusillo, che si trascina da anni. La zona della Val d'Agri, secondo alcuni documenti venuti in possesso della professoressa dell'Università della California, Maria Rita D'Orsogna, negli anni Novanta, è stata una delle tre aree al mondo dove si sono sperimentate per la prima volta tecniche di perforazione simili all'attuale fracking, con acidificazione elevata delle acque del Pertusillo. Cosa che, lo ripetiamo, sta avvenendo sistematicamente nella diga accerchiata dai petrolieri in Basilicata e che le agenzie pubbliche di controllo addebitano o al caldo eccessivo in estate o ad altre folcloristiche motivazioni, pur di scansare il sospetto che magari siano dovute a delle attività estrattive responsabili della presenza di ben ventuno metalli pesanti in quelle acque, dei quali quattro, più il bario, sistematicamente, lo ripeto, sistematicamente, superano i filtri dell'impianto di potabilizzazione di Missanello, in provincia di Potenza, con rilievo fatto non da sprovveduti e comitatini di ambientalisti, ma dall'Acquedotto pugliese, per legge deputato al controllo della qualità di acque che poi vengono fatte bere a qualche milione di pugliesi e a migliaia di capi di bestiame e che irrigano milioni di ettari di buona terra, i cui prodotti vengono commercializzati in tutta Italia. L'invaso, lo ricordiamo, dà da bere a milioni di lucani e pugliesi e registra una continua e costante moria di pesci che non è più spiegabile, appunto, col caldo eccessivo o con la presenza di un'alga tossica. Ma vogliamo anche dire che quest'alga tossica è un prodotto dell'eutrofizzazione del lago e questa eutrofizzazione è possibile che la facciano solo gli scarichi abusivi degli abitanti della zona che, ricordo ai Ministeri, sono, tutti insieme, non più di 20 mila persone ? Questo non è possibile, queste scuse non reggono più, nonostante il servizio pubblico RAI stia tentando da tempo di far passare il messaggio che in Basilicata le trivellazioni e l'ambiente possano pacificamente coesistere.
  Occorrerebbe un'indagine articolata, monitoraggi più frequenti, un controllo su coloro che siedono sulle poltrone degli enti di controllo, fatti presumibilmente da persone dedite al sistema e legate non allo Stato, ma al governatore che le ha assunte, grazie ad una delle leggi più deleterie che riguardano la pubblica amministrazione, la legge n. 127 del 1997, più nota come Bassanini bis, la legge che ha ufficializzato la correità tra ente pubblico e dirigenti a nomina diretta ed esternalizzata. La politica a spot che caratterizza questo Governo autoreferenziale non funziona più. La maschera è caduta già da tempo ed è ora che i cittadini sappiano che il Partito Democratico non ha idea di che futuro immagina per questo Paese, non ha una strategia politica nazionale, non ha una strategia energetica nazionale e questo, secondo me, è gravissimo. Questa è l'ennesima prova bluff che, tutti, ogni giorno, portiamo davanti il Governo fossile a quello dell'energia rinnovabile. E questo Governo fossile – come continueremo a chiamarlo finché non verranno presi dei provvedimenti adeguati che ci facciano pensare il contrario – non fa altro che essere promotore di azioni che provocano danni alla salute, al territorio e all'ambiente. Le compagnie petrolifere ringraziano. Il MoVimento 5 Stelle, a differenza vostra, continuerà a combattere, dentro e fuori le istituzioni, questo modo di agire e continuerà a farlo anche negli enti preposti al controllo con le denunce che stiamo continuando a fare anche in Commissione europea.

(Iniziative volte a garantire l'operatività delle centrali elettriche della Sardegna e a tutela del sistema industriale e produttivo della regione, con particolare riferimento al riavvio dello stabilimento Alcoa di Portovesme – n. 2-01221)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Pili e Pisicchio n. 2-01221, Pag. 32concernente iniziative volte a garantire l'operatività delle centrali elettriche della Sardegna e a tutela del sistema industriale e produttivo della regione, con particolare riferimento al riavvio dello stabilimento Alcoa di Portovesme (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo al deputato Pili se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  MAURO PILI. Grazie, Presidente. Onorevole rappresentante del Governo, questa interpellanza ha un obiettivo sostanziale, quello di tentare di mettere insieme le tante crisi industriali, rispetto a una vertenza più complessiva che riguarda la Sardegna e, cioè, di invertire l'ordine dei fattori. Il Governo riesce, insieme con la complicità della regione, a frammentare tutte le vertenze, per poi, però, perseguire un obiettivo subdolo e sotterraneo, che è quello che cercherò brevemente di illustrare nell'interpellanza odierna. Sino ad oggi, questo Governo ha dilapidato la parola «tavoli». Ogni qual volta si è levato un urlo di crisi dalla Sardegna ha dichiarato, una volta col sottosegretario, una volta col Viceministro, un'altra volta con il Presidente del Consiglio: apriremo un tavolo. È diventato un supermarket di tavoli low cost, un supermarket di Ikea; a ognuno si dà un tavolo per poter perdere tempo e, soprattutto, prendere tempo rispetto all'incapacità del Governo di dare soluzioni e risposte compiute al percorso.
  Ma apro una parentesi; in questa mia interpellanza cercherò di spiegare perché non si tratta solo di incapacità del Governo, ma di un disegno molto più delicato, molto più grave che si sta abbattendo scientificamente sulla Sardegna. È un disegno drammatico, che passa dalla chiusura dell'Alcoa alla chiusura della centrale elettrica di Ottana, e, soprattutto, la chiusura di tutto quello che ne consegue. Questo è quello che sta avvenendo nell'area di Porto Torres, dove un potenziale orizzonte di nuova attività chimica – la cosiddetta «chimica verde», così l'avete pomposamente chiamata – è già al capolinea. In tutto questo vi è un filo conduttore: c’è sostanzialmente un tentativo di impoverire il tessuto economico della Sardegna, di mettere sul lastrico sociale quella terra e quel popolo per poter perseguire, anzi, per tenere in piedi progetti che niente hanno di sviluppo, ma che, anzi, rappresentano la visione coloniale dello Stato verso la Sardegna. Ed è la sintesi ! Non è enfatico dire che state facendo di tutto per chiudere, perché poi avete altri disegni, tra i quali quello di tenere occupata la Sardegna con 36 mila ettari di basi militari, che avete l'obiettivo di scaricare ancora rifiuti in Sardegna, 450 mila ettari di aree inquinate. Non c’è un solo ettaro dove il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare abbia detto: interveniamo per le bonifiche. Anzi, all'ENI, soggetto di diretta emanazione dello Stato, che ne ha la golden share, sostanzialmente, si dice: «prendi tempo e non avviare nessun tipo di bonifica, da Porto Torres passando per Macchiareddu, attraversando il Sulcis e arrivando poi ad Ottana». E su Ottana mi permetterò di fare alcune precisazioni, rispetto al disegno maldestro che si sta perseguendo, che questo Governo, sostanzialmente, sta perseguendo. Partiamo dal Sulcis, per esempio: chiudiamo l'Alcoa, non facciamo niente; e però, d'altra parte, gli amichetti di Renzi – mi richiamo a Mossi Ghisolfi – dicono: impiantiamo 5 mila campi di calcio, 5 mila ettari di canne della devastante specie della Arundo donax che, sostanzialmente, serve per fare un impianto di biofuel. Guarda caso Mossi Ghisolfi è il più importante finanziatore economico della fondazione di Renzi e delle sue campagne elettorali. E dove li scarichiamo 5 mila ettari di canne ? Nel Sulcis, nell'area che avete impoverito e che avete contribuito a rendere più povera, perché anche un'elemosina possa attrarre attenzione e, in qualche modo, speranza. E così, per quanto riguarda le pale eoliche, per risolvere la crisi energetica: le pale eoliche vengono finanziate a forestieri, a mafiosi, a camorristi, a gente che è venuta in Sardegna, ha speculato sugli incentivi che lo Stato dà sulle energie eoliche, e che poi viene arrestata; gli impianti vengono Pag. 33sequestrati e tutto ciò ha avuto soltanto l'obiettivo di ingannare e di utilizzare la Sardegna, appunto, per quel tipo di azione.
  Sino ad arrivare alle scorie nucleari, perché voi tutti sapete – il Governo sa – che c’è un piano strisciante, subdolo, che sta avanzando e non vi è altra spiegazione di tutto quello che sta avvenendo. Aspettate il momento del collasso sociale per dire: abbiamo la soluzione del parco scientifico-tecnologico avanzato ambientale per le scorie nucleari ! E dove le mettiamo ? Voi puntate alla Sardegna ! E sapete benissimo – e poi lo dirò nella replica –, che avete un obiettivo che state in maniera sotterranea perseguendo, ed elementi già ci dicono che lo state perseguendo in maniera molto concreta rispetto a quello che da mesi si denuncia in quest'Aula.
  Per quale motivo sulle scorie nucleari non avete ancora detto qual è l'elenco dei siti ? Per quale motivo, in ritardo ormai di un anno, non date le indicazioni ? Perché c’è un lavoro sotterraneo, che vuole predisporre il tessuto sociale, il tessuto industriale, l'impoverimento e poi l'azione finale: proponiamo 3-4 mila posti di lavoro per fare il deposito unico nazionale delle scorie nucleari. È un disegno che non porterete avanti e che vi sarà bloccato con le buone o con le cattive, perché non c’è possibilità che la logica dell'impoverimento possa essere quella che anima il vostro agire.
  Siete degli incapaci, o perseguite altri obiettivi. Due sole strade, perché se la vertenza Alcoa è aperta da tre anni, se in quella di Ottana è già da due anni che si discute sostanzialmente se sia essenziale o meno quella centrale e tutto quello che ne consegue, per la chimica non ne parliamo: il quadro di sintesi mette in luce un obiettivo che è assolutamente chiaro.
  E lo avete dimostrato con un decreto-legge, uno degli ultimi sui tanti, che sostanzialmente ha detto: cancelliamo tutte le centrali essenziali della Sardegna. Cos’è l'essenzialità ? Secondo il Governo, è un'assistenza economica-sociale ingiustificata. In realtà, le centrali essenziali sono quelle che si utilizzano nelle aree insulari per garantire in occasione di blackout, cioè di insicurezza elettrica, la possibilità di attivare quelle centrali nel momento in cui queste servono. Per tale «accendi spegni» c’è un contributo che in tutto il mondo, e in Europa soprattutto, si dà per le centrali cosiddette essenziali; e si usa questo contributo nelle aree insulari appunto, quindi la Sardegna ! Voi avete stabilito di cancellarlo, perché sostenete che il sistema elettrico della Sardegna sia sicuro. Certo, lo ha detto Terna, in un progetto complessivo; e Terna dice: «noi siamo in grado col cavo Sapei, di connessione Sardegna-penisola italiana, di garantire totalmente la sicurezza della Sardegna. È falso ! È totalmente falso ! Quel sistema di sicurezza elettrica, che voi dite, era garantito dal fatto che la Sardegna potesse prodursi l'80 per cento in più di energia elettrica e potesse esportarla con quel cavo, che era stato concepito nel 2001-2002 per realizzare l'esportazione di energia, per abbattere i costi produttivi in Sardegna e poter esportare altrove l'energia in surplus che sarebbe stata utile e necessaria per il rischio, che hanno le aree insulari, le regioni insulari.
  Ebbene, invertite e dite che non c’è bisogno, perché fate un calcolo elementare: abbiamo chiuso Alcoa, che era l'industria energivora più importante della Sardegna perché un terzo dell'energia elettrica della Sardegna veniva consumata da Alcoa; abbiamo dato soltanto due anni di interrompibilità alla Portovesme Srl, altra energivora. E, quindi, dite: «facciamo un piano di sicurezza elettrica non sul massimo sviluppo, ma sul sottosviluppo della Sardegna». Avete quindi acclarato con quel documento, con quel decreto-legge, che il vostro disegno è quello di tenere la Sardegna sottotraccia, al guinzaglio di quel cavo elettrico, sapendo che non dovete far realizzare nient'altro, perché altrimenti non ci sarebbe l'energia elettrica. Avete utilizzato Terna come elemento fondamentale, e poi siete andati in maniera ridicola in Europa a chiedere l'interrompibilità per le industrie energivore.
  Nel memorandum che avete scritto ormai un anno fa con la Glencore per il Pag. 34salvataggio dell'Alcoa, avete detto: «servono dieci anni di superinterrompibilità e di interrompibilità». L'avete scritto voi, c’è scritto in maniera molto chiara; e dieci anni – è scritto nel documento del Governo – dovrebbero decorrere dal 2016. E avete spuntato due anni ! L'Unione europea vi ha dato due anni di superinterrompibilità o di interrompibilità mediata, perché poi c’è un abbattimento ulteriore del costo rispetto alla volta precedente.
  E quindi sostanzialmente avete messo in piedi le condizioni per tenere chiusa Alcoa e non avere problemi sul piano del budget del bilancio elettrico della Sardegna. E conseguentemente tenere chiusa Ottana, che diventava un disturbo alle logiche e ai progetti che state perseguendo, che poi in replica vedremo.
  Un progetto scellerato, che non tiene conto per esempio di un progetto che io ormai da tre anni avanzo e propongo al Governo, alle forze politiche. In Sardegna le condizioni economiche che sono legate ai fattori della produzione, l'energia innanzitutto e i trasporti, impongono un intervento pubblico del Governo ! Quando due anni e mezzo fa avanzai la proposta di legge per effettuare in Sardegna un intervento nella gestione, nella ripartenza, nel riavvio e nel mantenimento dell’asset produttivo dall'alluminio primario, mi è stato detto: il pubblico non può intervenire. E come, non può intervenire per l'Alcoa nel Sulcis, ma interviene per dieci volte con decreto-legge del Governo, negli ultimi tre anni, per l'Ilva di Taranto ? E poi stranamente avantieri il Governo ha accolto il mio ordine del giorno, in cui si tracciava il percorso di intervento pubblico. Forse arrivato alla canna del gas, oggi il Governo capisce che non vi è altra strada se non quella di dare risposte compiute su quel fronte; ma anche su questo io sono profondamente distaccato e capisco perfettamente che lo scenario è un altro. Il Governo avrà difficoltà a mantenere fede anche all'impegno che il Parlamento gli ha affidato con quell'ordine del giorno. Bisogna quindi vigilare, vigilare pesantemente, perché questo possa essere mantenuto in piedi !
  A questo aggiungo (e concludo): avete riproposto per Alcoa, per esempio, ulteriori nomi. Nell'ultimo tavolo il Ministro della Repubblica italiana Guidi ha detto: abbiamo comunque non soltanto la Glencore, quindi paragonando un colosso ad un supermarket di chiodi d'acciaio che è in Svizzera e si chiama Sider Alloys; una società che, ha detto il Ministro, si candida all'acquisto di Alcoa. È una società che ha sede in Via Cantonale 1 a Lugano, chiunque ci può andare: al piano di sotto ha un centro massaggi, al lato destro una pescheria, al lato sinistro invece un night club. Questa è la dimensione del Governo italiano, che su un tavolo ufficiale propone una società senza storia, senza nessuna fabbrica, senza nessuna attività produttiva per rilevare un progetto economico così importante come quello dell'alluminio primario, che va individuato alla pari dell'acciaio come settore strategico nazionale, proprio perché quel settore ha una visione rispetto al panorama industriale del Paese. È fondamentale l'alluminio, come l'acciaio, per l'industria automobilistica, industria che voi dite essere rilevante per il Paese !
  Dovete quindi mettere in campo risposte certe, dovete scongiurare quel piano del sottosviluppo che state progettando. E dovete scongiurare anche ipotesi che vedremo più tardi, quelle relative al sito di Ottana: perché vi dovete dimenticare di poter rifunzionalizzare qualsiasi sito industriale della Sardegna agli scopi per esempio delle lobby nucleariste, che stanno già lavorando in quella direzione.
  Noi comunque non ve lo consentiremo assolutamente e su questa partita ci sarà una battaglia dura. Io attendo la risposta del Governo per sapere se la linea del sottosviluppo è quella che esso porta avanti, o se ci sarà un'inversione di tendenza.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico, Antonello Giacomelli, ha facoltà di rispondere.

  ANTONELLO GIACOMELLI, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Signora Presidente, rispondo con una consapevolezza, Pag. 35che si evince dalle parole dell'onorevole Pili, ossia che le risposte sono già note, tanto è vero che l'onorevole ha già annunciato anche alcuni temi che svilupperà in replica. Ma tant’è !
  In merito alle questioni poste, si ribadisce, come già riferito in sede di risposta ad altre interrogazioni sul tema, che il Governo è particolarmente impegnato per garantire la tenuta produttiva ed occupazionale della Sardegna, a partire dalla fase di uscita delle centrali sarde dal regime di essenzialità elettrica, vicenda che il Governo segue con attenzione particolare.
  Sul piano tecnico, l'individuazione delle centrali essenziali per la sicurezza è effettuata annualmente da Terna Spa, in base ad una metodologia ben precisa che non può essere per definizione considerata immutabile nel tempo, in quanto risente dell'evoluzione del mercato e della rete.
   Dunque sono proprio i miglioramenti nell'assetto di rete, dovuti in Sardegna al nuovo cavo di interconnessione con il continente e le opere connesse, che fanno venir meno le ragioni per cui in anni precedenti alcune centrali sarde erano state individuate come essenziali e oggi non lo sono più. Più precisamente le analisi tecniche si fondano, oltre che sulle caratteristiche degli elementi di rete del territorio, della domanda e dell'offerta di energia elettrica attuali in ciascuna area, anche su una pluralità di scenari possibili in modo da garantire in ogni caso la sicurezza del sistema elettrico tenendo conto del carattere di insularità della regione. In base a queste analisi oggi l'essenzialità in Sardegna riguarda la centrale di Assemini, indispensabile per la tipologia di servizi che offre alla rete. Questo non significa che le altre centrali sarde non più essenziali dovranno chiudere, ma che non avranno più una remunerazione garantita dalle tariffe e dovranno vendere i propri servizi e prodotti sul mercato. Poiché gli scenari futuri possono tuttavia risentire dell'evoluzione di alcuni fattori, oggi non completamente nota, sono stati avviati dialoghi tecnici essenzialmente tra Terna e i maggiori produttori dell'isola per l'offerta di servizi di disponibilità di potenza a termine che potrebbero trovare una formalizzazione dopo la verifica da parte dell'autorità preposta. Questa ipotesi potrebbe consentire di consolidare ulteriormente scenari di riferimento in modo più stabile. Anche per il sito di Ottana Terna sta valutando, in base alla documentazione fornita dal produttore, se la centrale in un determinato assetto abbia le caratteristiche tecniche necessarie per offrire il servizio di black start, di riaccensione della rete. Grazie al nuovo collegamento di rete, in ogni caso la copertura del fabbisogno nell'isola oggi può utilizzare indifferentemente impianti regionali o impianti sul continente a garanzia della sicurezza delle forniture. Diciamo, in modo leggermente diverso da quanto sostenuto nel testo degli interpellanti. Le attività in corso sono l'esito di un'attenzione costante che il Ministero, oltre a Terna, ha verso i temi della sicurezza e della qualità dei servizi energetici, in particolare per le isole, e della necessità di confrontarsi tuttavia anche con un altro problema che è quello di migliorare l'efficienza e ridurre i costi del sistema in quanto necessario fattore per lo sviluppo produttivo dell'isola. Sempre sul tema della sicurezza, il Governo ha recentemente prorogato con il decreto il servizio di interrompibilità in Sicilia e Sardegna per un periodo di due anni alle condizioni approvate dalla Commissione europea. Anche se gli interpellanti – ma insomma l'intervento dell'onorevole Pili va confermato – non considerano questo un risultato positivo, la valutazione per il sistema elettrico è di segno completamente opposto anche sul tema del possibile rilancio della produzione Alcoa. La proroga del servizio ha un effetto positivo in termini di condizioni e qualità della fornitura elettrica. In relazione alla richiesta di convincere le principali società di produzione elettrica presenti in Sardegna affinché vengano predisposti i contratti bilaterali per la fornitura di energia elettrica, si ritiene che questa possibilità coincida con gli interessi delle stesse imprese elettriche presenti nell'isola a fronte di impegni contrattuali di lungo periodo da parte del cliente industriale ad alto consumo di Pag. 36energia elettrica. In relazione al piano Sulcis, si fa presente infine che è previsto uno stanziamento di 3 milioni di euro l'anno per dieci anni a favore del polo tecnologico del Sulcis nell'ambito della ricerca di sistema elettrico nazionale, già fissato per la prima annualità con l'approvazione del piano operativo annuale a novembre 2014. Il Governo pertanto continuerà ad adoperarsi per porre in essere tutte le misure volte a garantire la tenuta produttiva e occupazionale della Sardegna.

  PRESIDENTE. Grazie, sottosegretario Giacomelli. Il deputato Pili ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

  MAURO PILI. Signora Presidente, come potrei dichiararmi soddisfatto da una risposta che non solo non affronta nessun tema, ma dice delle cose che hanno un rilievo assolutamente grave rispetto alla condotta politico-istituzionale del Governo stesso ? Il sottosegretario dice: il Governo segue con attenzione la questione delle centrali essenziali. Ma come si traduce questa attenzione se poi dite che avete demandato a Terna e adesso avete detto: dobbiamo fare tutte le verifiche del caso ? Cioè prima spegnete, prima mettete in crisi il sistema industriale della Sardegna e poi ci riflettete. Sfuggite dal nodo della questione. Terna ha impostato le sue procedure di chiusura delle centrali sarde utilizzando alcune batterie, chiamiamole così, a Codrongianos che sostengono la tesi di poter riavviare il sistema sardo qualora ci sia un black-out. Ma è il sistema del sottosviluppo che potete riattivare con le batterie, non certo con la chiusura delle centrali. E quando dite che il sistema è soggetto all'andamento del mercato, ma se il mercato fluttua ed è, diciamo così, altalenante, le centrali non è che oggi si possono chiudere e domani bisogna riaprirle. La funzione dell'essenzialità sta proprio in quello, cioè abbiamo bisogno, in una regione insulare che ha i codici di sicurezza della trasmissione elettrica, di avere l'80 per cento in più di ciò che consuma in sede, in loco. Lo dicono tutti i codici di sicurezza elettrica. Voi di questo ve ne state altamente fregando perché quell'80 per cento lo volete conquistare con la chiusura di Alcoa, della Portovesme Srl, con la non riapertura di Ottana. Lo volete fare con la chiusura dei due gruppi, almeno dei due gruppi, di Porto Torres, cioè fate un abbattimento verticale, rigido e drammatico del sistema elettrico della Sardegna. Quindi fate venir meno l'esigenza di energia elettrica e lo avete fatto non con un provvedimento amministrativo, lo avete perseguito con un progetto di legge dal quale non si può tornare indietro se non con altrettanto provvedimento di legge e quindi la vostra attenzione è assolutamente inutile e insignificante. La vostra attenzione ci sarebbe dovuta essere prima, il confronto con la regione. Esiste in Sardegna una regione autonoma Sardegna o è il vostro servo ? Perché se si fa un'azione come questa di togliere essenzialità, si convocherà il presidente della regione, se c’è. Gli si chiede cosa ne pensi. Siccome non state operando in casa vostra, state operando nella regione autonoma della Sardegna, chiedete se questo è nei progetti. Cosa ne sapete di quali sono i progetti industriali di sviluppo della Sardegna ? Prendete con un'azione colonialista, mettete e cancellate l'elemento principe dell'energia, lo fate con un atteggiamento assolutamente grave. Terremo Assemini, una centrale a turbogas sostanzialmente in grado di ripartire subito, dite, ma non tenete conto che l'ENEL la stava dismettendo perché era sul piano tecnologico ormai una centrale da dismettere e quindi fondate l'unica essenzialità su una centrale che peraltro si sta chiudendo. Questo conferma il disegno che avete messo in campo. Dite che avete messo in campo un'azione di valutazione su Ottana, che valutazione ? Potete fare una centrale a vapore subito ? Voi sapete qual è il processo chimico che si trova a Ottana e che si vuole realizzare con il PET e quant'altro ? Serve il vapore e non c’è altra soluzione se non quella del mantenimento del regime di essenzialità della centrale di Ottana. Se chiudete quello, chiudete il polo chimico e quello che Pag. 37ancora resta di quella nefasta scelta di allora, che va mantenuta per costruire nuovi processi di sviluppo, moderni, efficaci e che siano legati al territorio e alla valorizzazione del territorio. È la base di calcolo che voi avete modificato radicalmente, avete cioè sostanzialmente detto che possiamo lasciare la Sardegna senza energia elettrica perché di fatto non ne ha bisogno. Certo, avete chiuso le industrie, avete chiuso le attività produttive e quindi serve soltanto l'energia per scaldare qualche appartamento. Del resto, il progetto dello sviluppo economico non vi serve assolutamente a niente. E poi questo lo fate con un richiamo al piano Sulcis, ma io mi aspettavo un elenco di opere iniziate, di stati d'avanzamento. Niente.
  Nel Piano Sulcis, lanciato nel 2012 dal più nefasto Governo di quest'ultimo periodo, il Governo Monti, che ha totale continuità nel Governo Renzi – basta vedere il salto di categoria che è stato fatto fare a De Vincenti, che era l'artefice del Piano Sulcis, passando dal Ministero dello sviluppo economico alla Presidenza del Consiglio dei ministri –, non c’è un solo euro speso, non c’è una sola opera realizzata, non c’è nessun tipo di progetto ! Si diceva: puntiamo sulla Carbosulcis, sulla centrale integrata del carbone con le industrie, puntiamo a mantenere in piedi la Portovesme Srl, a far ripartire l'Alcoa, l'Eurallumina, ma, in realtà, zero; un Piano Sulcis totalmente fallimentare. Allora, che dire del contratto bilaterale che voi oggi dite che potete perseguire perché è conveniente per le industrie elettriche della Sardegna ? È falso: sapete perfettamente che non l'avete perseguito per proteggere l'ENEL rispetto a un contratto bilaterale di servizio elettrico che, da qualsiasi altra parte del mondo, rispetto agli smelter di questa portata, viene realizzato. Tutto questo ha un disegno, un disegno molto chiaro, che si chiama Sogin. La Sogin è la società che avrebbe dovuto individuare il sito per il deposito delle scorie nucleari. In Sardegna girano società iscritte nella vendor list di Sogin, quelle 10-12 società che hanno avuto e che rientrano nei requisiti della Sogin per realizzare il deposito unico di scorie nucleari. Girano in Sardegna, passeggiano per il sito di Ottana a misurare terreni, a valutare la compatibilità di Ottana rispetto al deposito delle scorie nucleari. Lo sapete perfettamente, c’è un'interrogazione depositata agli atti di oggi che ve lo chiede. Smentitela ! Smentite che ci sono società terze che non hanno avuto nessun mandato ufficiale da Sogin, ma che stanno operando per dimensionare, valutare, la piana di Ottana come deposito delle scorie nucleari. Dovete smentirlo, dovete smentirlo in giornata, perché non è pensabile che ci siano questi soggetti che circolano chiedendo documenti per poter fare analisi sul territorio. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare qualche settimana fa, in occasione di una delle sue inutili e inconsistenti passeggiate in Sardegna, ha detto: per la Sardegna ci stiamo pensando, però c’è il problema dei trasporti. No, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare non devo imbrogliare, perché se si guardano i dati riservati della spesa di Sogin, per esempio, ci sono due polizze assicurative (una di queste di 339 mila euro) stanziate da Sogin e pagate a una società inglese per fare un brokeraggio di polizza assicurativa RC trasporto nucleare, rischio per responsabilità connesse al trasporto marittimo. Come, il Ministro dice che ci sono problemi per il trasporto marittimo e Sogin, non so per quale motivo, forse qualche trasporto internazionale, sta sondando il campo per verificare come si possa fare il trasporto nucleare marittimo ? C’è nel tabulato delle spese sottoposte a controllo dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato, che avete speso 400 mila euro con la Sogin per assicurazioni per il trasporto marittimo di scorie nucleari. Allora, se c’è un combinato disposto dovete eliminarlo. Dovete rimettere mano a un progetto che metta la Sardegna in condizioni di ripartire sul piano industriale, che sia serio sul piano delle bonifiche e gli stanziamenti delle risorse. Dovete togliervelo dalla testa una volta per tutte. Dovete dichiarare in maniera chiara, non subdola, in maniera netta, forte, che in Sardegna le Pag. 38scorie nucleari non arriveranno mai, perché non ve lo consentiremo assolutamente mai.

(Iniziative per garantire la piena compatibilità ambientale dell'elettrodotto «Udine Ovest-Redipuglia» in Friuli Venezia Giulia – n. 2-01222)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Pellegrino e Scotto n. 2-01222, concernente iniziative per garantire la piena compatibilità ambientale dell'elettrodotto «Udine Ovest-Redipuglia» in Friuli Venezia Giulia (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo alla deputata Pellegrino se intenda illustrare la sua interpellanza.

  SERENA PELLEGRINO. Sì, grazie signora Presidente. Onorevole sottosegretario, il progetto di Terna Spa, gestore della rete elettrica di trasmissione nazionale, denominato elettrodotto a 380 kV in doppia terna S.E Udine Ovest-S.E. Redipuglia è costituito da una linea di circa 39 chilometri, con sostegni dell'altezza fino a 61 metri conficcati nell'amena e fertile pianura friulana.
  L'iter autorizzativo è stato avviato nel lontano 2003, a seguito dell'inserimento nel piano di sviluppo della rete di trasmissione nazionale, approvato dal Governo e conclusosi il 12 marzo 2013 con il decreto autorizzativo del Ministero dello sviluppo economico dopo il parere favorevole della commissione VIA nazionale. Ma il progetto, così come presentato, è sempre stato osteggiato dalle autonomie locali, che sostenevano, tra le altre, queste motivazioni: un elettrodotto di questa portata produce gravi impatti negativi sulla salute delle persone, un incalcolabile offesa deturpante al paesaggio e agli habitat naturali che attraversa, criticità ambientali nelle fasce di territorio coinvolte ma anche attigue, problematiche di gestione delle attività agricole, declassamento delle coltivazioni viticole, frutticole e orticole (la ricchezza di questi territori) per la necessità di prevedere periodi di intensità lavorativa ridotti, necessità di riconvertire colture specializzate e di qualità in seminativi a pieno campo, erbai e pascoli, il deprezzamento dei terreni agricoli e lo spreco inusitato di capacità produttive di qualità, compromissione delle attività turistiche e ricreative, perdita di redditi e svalutazione dei patrimoni personali. La soprintendenza aveva a suo tempo richiesto l'interramento di parte dell'elettrodotto, a causa dell'impatto negativo causato anche dall'esbosco di specie arboree significative per l'assetto naturalistico ed ecologico dei mastodontici tralicci e dei cavi sull'ambiente sottoposto a tutela, cioè su corridoi fluviali di elevato valore paesaggistico del torrente Cormor, del fiume Torre, del fiume Isonzo, nonché della roggia di Udine, della roggia Milleacque e sulla matrice agricola del paesaggio. L'alternativa del cavidotto interrato era richiesta a gran voce anche dalle comunità locali, ma, nonostante la pressoché totale opposizione dei cittadini e dei sindaci dei comuni interessati, senza distinzione di colore, il MiBACT rilascia il parere favorevole con questa sconcertante motivazione: vista l'impossibilità di realizzare l'elettrodotto in cavo sotterraneo nelle zone sottoposte a tutela paesaggistica, come chiarito dalla società Terna SpA; motivazione che fortunatamente incorrerà nelle censure del Consiglio di Stato. Nel frattempo, sette comuni del basso e medio Friuli, insieme a privati cittadini e comitati locali, avevano impugnato presso il TAR Lazio la VIA del progetto, chiedendo la sospensione dei lavori e avevano ottenuto, quale alternativa, l'interramento dei cavidotti per eliminare la deformazione del paesaggio e garantire l'equilibrio ambientale. L'impugnazione riguardava la pronuncia di incompatibilità ambientale del decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministero per i beni e le attività culturali, del 21 luglio 2011. Dopo una prima bocciatura dell'impugnazione da parte del TAR, comuni e cittadini si sono rivolti al Consiglio di Stato, che il 23 luglio 2015 ha accolto il ricorso. Secondo il Consiglio di Stato l'intero procedimento Pag. 39che ha portato all'approvazione definitiva del progetto è viziato, perché il Ministero dei beni culturali ha effettuato illegittimamente un bilanciamento di interessi che non gli compete e non ha esercitato la funzione di tutela del paesaggio di cui è per legge titolare e che non può venir meno in un procedimento semplificato seppure attinente un settore di particolare rilevanza come quello dell'energia. Nel frattempo e nonostante l'avvio dei ricorsi contro la VIA di progetto, Terna SpA, a settembre 2014, ha comunque avviato i lavori di costruzione dell'elettrodotto. Nello stesso mese di settembre, sette sindaci del territorio hanno chiesto al Ministero dell'ambiente provvedimenti inibitori all'attività di Terna, sostenendo che la società, come riconosciuto da un provvedimento del direttore generale valutazioni ambientali del Ministero, in data 14 luglio, non ha ottemperato alle prescrizioni contenute nel decreto del 21 luglio 2011, che prevedeva, in accordo con la regione Friuli Venezia Giulia, interventi di demolizione e interramento facenti parte del processo di razionalizzazione della linea. Il Consiglio di Stato ha stabilito che l'intero procedimento che ha portato all'approvazione definitiva del progetto Terna è viziato in radice e certamente non è un sanabile difetto burocratico, come impropriamente alcuni ritengono, poiché in questa importante sentenza vi è scritto: il Ministero ha compiuto illegittimamente una non consentita attività di comparazione e di bilanciamento dell'interesse affidato alle sue cure che non può essere aprioristicamente sacrificato.
  Non ad esso, ma ad altre amministrazioni competeva esprimere, nel confronto dialettico proprio della Conferenza dei servizi, quelle valutazioni, indicandone le rispettive ragioni. La tutela paesaggistica – hanno precisato i giudici del Consiglio di Stato – ha specialissima dignità in quanto prevista dall'articolo 9 della Costituzione e – continuano così – se il giudizio sull'impatto paesaggistico è negativo, il MiBACT, per quella che è la sua parte, non può, compiendo un'inammissibile scelta di merito fondata sull'esigenza di dare priorità ad altri, e non suoi, interessi, esprimere un parere sviato, per quanto condizionato al rispetto di alcune prescrizioni. L'intera sentenza riporta nella purezza della dimensione costituzionale e nel quadro del diritto vigente la visione deviata della semplificazione amministrativa e le tendenze ad eccessiva disinvoltura nel bilanciamento degli interessi pubblici. Riferendosi, ad esempio, ai procedimenti semplificatori per opere di particolare significato in campo energetico, il Consiglio afferma che la concentrazione procedimentale realizzata dalla Conferenza dei servizi è volta a dare speditezza al confronto richiesto dall'approvvigionamento energetico e nello stesso confronto dialettico delle amministrazioni interessate ha il suo valore aggiunto. Ma si tratta di un effetto procedimentale e non di contenuti, perché non inverte il rapporto sostanziale tra interessi e non sottrae effettività a un principio fondamentale dell'ordinamento costituzionale. Teniamolo a mente, sottosegretaria, quando le Commissioni valuteranno i decreti attuativi della legge delega di riforma delle pubbliche amministrazioni.
  La sentenza del luglio scorso del Consiglio di Stato ha un importante precedente. Nel giugno del 2014 i giudici hanno precisato che: la tutela dell'ambiente preordinata alla salvaguardia dell’habitat nel quale l'uomo vive è imposta da precetti costituzionali ed assurge a valore primario e assoluto con la conseguenza che il diritto all'ambiente, quale espressione della personalità individuale e sociale, costituisce un limite ai principi di iniziativa privata previsti dagli articoli 41 e 42 della Costituzione. Ai primi di ottobre 2015, Terna ha presentato al Ministero dello sviluppo economico un'istanza per un nuovo provvedimento in luogo di quello annullato dal Consiglio di Stato. Tale istanza presentata da Terna sembra mirare al rinnovo del solo contributo del Ministero dei beni culturali specificatamente stigmatizzato dal Consiglio di Stato e non dell'intero procedimento VIA, comunque annullato. Dal sito del Ministero dell'ambiente non è possibile ricavare alcuna informazione in merito. Il Piano energetico della regione Pag. 40Friuli Venezia Giulia, approvato lo scorso 22 dicembre 2015, contiene, nelle diverse sezioni, affermazioni incomplete relativamente ai contenuti e agli effetti della sentenza del Consiglio di Stato. Il testo, come formulato, sembra ignorare il vizio di illegittimità dell'autorizzazione e scrive che il progetto dell'elettrodotto ad altissima tensione 380kv di collegamento della stazione elettrica di Redipuglia, Gorizia, con la stazione elettrica di Udine Ovest, autorizzato dal Ministero dello sviluppo economico con decreto n. 239/EL-146/181/2013 del 12 marzo 2013 è cantierizzato. Aggiunge anche che, oltre al progetto già autorizzato dell'elettrodotto ad altissima tensione Redipuglia-Udine Ovest, sono stati autorizzati i seguenti progetti, eccetera, eccetera, come se la sentenza non avesse definito che quel progetto non poteva essere né autorizzato né, tanto meno, cantierizzato. Per contro la regione riconosce che: «è stata dichiarata l'illegittimità del provvedimento di compatibilità ambientale n. 411 del 21 luglio 2011 e di conseguenza anche dell'autorizzazione alla costruzione n. 239/EL-146/181/2013 del 12 marzo 2013, con particolare riferimento al parere rilasciato dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo». Cito ancora: «Tale sentenza ha portato alla sospensione dei lavori di realizzazione dell'elettrodotto a 380 kv in doppia terna S.E. Udine Ovest – S.E. Redipuglia (ultimato al 70 per cento) con anche il conseguente non smantellamento delle linee elettriche obsolete».
  Viene aggiunto poi: «La Regione chiede la rapida ripresa del percorso autorizzatorio al fine di riprendere i lavori rimasti in sospeso per rendere più efficiente il sistema elettrico regionale risolvendo le interruzioni di rete che gravano sul sistema industriale regionale».
  Questa premessa, sottosegretaria, signora Presidente, è resa necessaria per comprendere meglio il quadro entro cui stiamo procedendo. Con questa interpellanza si vuole conoscere quali iniziative intenda adottare il Ministro dell'ambiente per garantire oggi la piena compatibilità ambientale dell'elettrodotto Udine-Redipuglia. Enti e comunità locali che hanno impugnato la VIA hanno il diritto di sapere e di essere rassicurate sulle caratteristiche dell'impianto.
  Chiediamo di conoscere quali iniziative intenda assumere il Ministro dell'ambiente per il rifacimento ex novo della VIA sull'elettrodotto in questione, anche ai sensi dell'articolo 29, comma 5, del decreto legislativo n.152 del 2006, che vagli le alternative realizzate a partire dall'interramento della linea aerea.
  Infine, siamo a chiederle una risposta definitiva se il Ministro dell'ambiente non ritenga, in ogni caso, necessario approfondire la conoscenza della condizione dei territori interessati dall'opera, investendo su veri confronti con le comunità locali, per una valutazione ambientale partecipata, condivisa e pienamente riferita all'attuale realtà dei territori interessati.

  PRESIDENTE. La Sottosegretaria di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare, Silvia Velo, ha facoltà di rispondere.

  SILVIA VELO, Sottosegretaria di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare. Grazie Presidente. Con riferimento a quanto detto nell'interpellanza presentata dagli onorevoli Pellegrino e Scotto, inizio richiamando brevemente l'iter del progetto in questione, il cosiddetto nuovo elettrodotto a 380 kv in doppia terna S.E. Udine Ovest – S.E. Redipuglia, per il quale, appunto, la società Terna ha presentato nel 2009 richiesta di valutazione di impatto ambientale. L'intervento, come è stato illustrato in premessa, prevede la realizzazione di un elettrodotto tra la stazione elettrica di Udine Ovest e quella di Redipuglia della lunghezza di circa 39 chilometri e rappresenta un intervento strategico di razionalizzazione della rete esistente nelle province di Udine e Gorizia. A seguito dell'istruttoria tecnica della Commissione tecnica di verifica dell'impatto ambientale VIA-VAS, e dopo aver acquisito il parere del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, col decreto VIA n. 411 del 21 luglio 2011 è Pag. 41stato emesso giudizio di compatibilità ambientale positivo, subordinatamente al rispetto di una serie di prescrizioni da ottemperarsi nelle varie fasi di esecuzione dell'opera. Il medesimo decreto ha individuato il Ministero dell'ambiente, il Mibact, la regione Friuli, l'ARPA e l'Autorità di bacino, quali enti vigilanti per la verifica delle ottemperanze alle diverse prescrizioni imposte.
  Nel 2013, successivamente all'emissione del decreto VIA, è stata rilasciata dal Ministero dello sviluppo economico l'autorizzazione alla costruzione e all'esercizio. La società, quindi, ha presentato agli enti preposti la documentazione tecnica riguardante le verifiche di ottemperanza alle prescrizioni dettate nel suddetto decreto VIA. Sull'argomento si evidenzia che il Ministero dell'ambiente, anche in conformità con quanto previsto dall'articolo 28 del decreto legislativo n. 152 del 2006 sul monitoraggio degli impatti generati dai progetti, sulla base del decreto di compatibilità ambientale, ha curato l'acquisizione presso gli enti interessati delle verifiche di ottemperanza realizzate, al fine di disporre di un quadro chiaro ed esaustivo dell'intero iter procedurale della verifica delle prescrizioni e fornire così un riscontro alle segnalazioni dei cittadini e dei comitati rappresentanti delle comunità locali interessate dal progetto in questione.
  Il provvedimento di VIA dell'elettrodotto in questione, con separati ricorsi, è stato impugnato da alcune realtà locali nel mese di luglio 2015. Il Consiglio di Stato ha dichiarato l'illegittimità del provvedimento di compatibilità ambientale a partire dalle conclusioni del procedimento svolto dal Ministero dei beni e delle attività culturali per fornire il proprio parere. A fronte della sentenza, con immediatezza e tempestività, il Ministero dell'ambiente ha verificato che i lavori fossero sospesi da Terna coinvolgendo ISPRA e ARPA regionale.
  Dopo aver riattivato presso il Ministero dello sviluppo economico il procedimento per ottenere una nuova autorizzazione e concludere così la realizzazione dell'elettrodotto, alla fine dello scorso mese di novembre Terna ha presentato a questo Ministero una istanza di rideterminazione della valutazione ambientale e il Ministero dell'ambiente, alla luce della sentenza n. 3652 del 2015, ha ritenuto necessario anche il supporto dell'Avvocatura generale dello Stato per fugare con tempestività ogni possibile dubbio interpretativo in merito alla portata degli effetti della predetta sentenza sul precedente iter di procedura di VIA, espressamente dichiarato appunto invalido dal Consiglio di Stato.
  Pertanto, la competente direzione generale, con nota del 17 dicembre scorso, ha trasmesso alla società e a tutte le amministrazioni interessate un'apposita comunicazione in merito alla necessità di rinnovare il procedimento di VIA, nel rispetto di tutte le formalità previste dal titolo II sempre del decreto n. 152 del 2006 e di tutte le relative garanzie di informazione e di partecipazione. Al riguardo ha altresì rappresentato che, al fine di garantire la piena compatibilità ambientale dell'elettrodotto suddetto, è innanzitutto necessario acquisire un congruo e motivato parere da parte del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, basato su un nuovo esame del progetto, alla luce dell'annullamento del Consiglio di Stato, che, come ho detto all'inizio, si fondava proprio sul parere espresso dal Mibac. Inoltre, tenuto in debito conto il significativo lasso di tempo trascorso dal momento della prima valutazione del 2010, 2011, il Ministero ha altresì evidenziato a Terna e a tutti i soggetti interessati la necessità di procedere ad una valutazione attualizzata dell'impatto ambientale, ove si tenga conto delle vicende sopravvenute, sia relativamente alla situazione di fatto, sia eventualmente rispetto a un mutamento dello status giuridico dei luoghi, conseguente all'imposizione di nuovi vincoli o all'inclusione delle aree interessate dall'opera in zone protette di nuova istituzione. Il tutto al fine di effettuare, appunto, una valutazione del progetto riferita a questo punto al contesto attuale, rispetto a quello sulla Pag. 42cui base è stato emesso a suo tempo il precedente giudizio di compatibilità ambientale.
  Il nuovo procedimento non appena attivato da Terna, ferma restando la sussistenza dei presupposti di legge, dovrebbe concludersi con un nuovo provvedimento VIA in luogo del provvedimento annullato.

  PRESIDENTE. La deputata Pellegrino ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

  SERENA PELLEGRINO. Grazie Presidente e grazie sottosegretario. Sono veramente soddisfatta per la risposta del sottosegretario e la risposta del nostro Ministero. È proprio quello che noi ci aspettavamo, fermo restando che non voglio soffermarmi se l'opera sia o meno necessaria per il Friuli Venezia Giulia; ritengo però necessario che, se l'opera deve essere realizzata, non posso esimermi dal sottolineare che la sentenza del Consiglio di Stato nella sua complessiva gravità, incredibilmente ignorata dall'opinione pubblica nazionale, richiede la totale revisione del percorso di Valutazione d'impatto ambientale esattamente come lei ci ha descritto, e di questo noi siamo assolutamente soddisfatti, e, nell'ambito di questa, l'attualizzazione dei dati, esattamente come lei ci ha detto, il confronto con le nuove indicazioni della Commissione europea in materia e la realizzazione di un'analisi delle diverse possibili soluzioni progettuali. Ricordo, per chi se ne fosse dimenticato, che la Valutazione d'impatto ambientale è uno strumento nato non certo per cassare la realizzazione delle opere e, quindi, da evitare come fosse la peste da parte del proponente e, di conseguenza, del Governo che troppe volte ci propina provvedimenti e procedure commissariali che bypassano le VIA, ma per realizzarle secondo le leggi di madre terra, seguendo, tra gli altri, i principi di rispetto paesaggistico e, non ultimo, sociale. Non ci risulta che procedimenti autorizzatori abbiano considerato l'alternativa al progetto proposto da Terna, come ad esempio la possibilità che l'elettrodotto possa correre in cavo interrato tra Redipuglia e Udine Ovest, lungo il corridoio dell'asse autostradale A4 – A23.
  Questa ipotesi vedrebbe l'allungarsi della lunghezza dell'elettrodotto solo di un chilometro rispetto a quella del percorso aereo. Non ci risulta che sia stata esaminata l'ipotesi dell'utilizzo del corridoio dell'elettrodotto aereo in semplice terna a 132 KV Redipuglia FS – Udine FS della lunghezza di 29 chilometri e successivo collegamento tra Udine FS e Udine Ovest e tra Redipuglia FS e Redipuglia con elettrodotto in cavo interrato. Ma accanto al lavoro procedimentale è necessaria una riflessione sulla situazione in cui si trovano le nostre comunità. Grazie a scellerate manovre di scambio tra politica, amministrazione e lobby economiche i sindaci oggi si trovano con le casse comunali vuote e sono ridotti ad accettare risibili compensazioni. È emblematico il caso del comune di Campoformido, che può permettersi di aggiustare il tetto della sua palestra solo grazie all'indennizzo di Terna e deve fare pure le acrobazie finanziarie perché il blocco dei lavori, conseguente alla sentenza del Consiglio di Stato ha congelato il versamento della seconda parte dell'indennizzo concordato, circa 300.000 euro. Per queste somme i sindaci sono costretti a svendere i propri territori, i propri cittadini e la loro salute, e chi decide di opporsi è costretto a sobbarcarsi l'onere di difendere interessi che dovrebbero avere come garante lo Stato. Non dimentichiamo che accanto a loro ci sono i cittadini che, da soli, devono rivendicare le garanzie che dovrebbero essergli assicurate dalla Costituzione semplicemente seguendo i principi fondamentali. Il paradosso sta nel fatto che Terna, uno dei giganti dell'energia elettrica, è una società a capitale pubblico, è sostenuta con i soldi dei cittadini, dovrebbe quanto meno considerarli propri azionisti, visto che fatica a considerarli portatori di interesse, nonostante dichiari nella homepage del proprio sito che il proprio ruolo è quello di creare valore per l'azienda, gli azionisti e il Paese. Invece se li compra, con l'illusione che l'ecomostro di turno garantisca contemporaneamente il funzionamento Pag. 43dell'asciugacapelli e della lavatrice, come recitava lo slogan firmato Terna su megamanifesti che tappezzavano tutta la regione, nonostante il Friuli-Venezia Giulia non abbia problemi di forniture elettriche, neanche durante la scorsa torrida estate. Oppure, peggio, se li compra con il sempre efficace ricatto occupazionale, la perdita di posti di lavoro e la chiusura di aziende.
  Presidente, questo è avvenuto non certo a causa dei rischi blackout, ma per la mancanza di un efficace e coerente progetto di rilancio economico nazionale, senza trucchi e strizzate d'occhio ai colatori di cemento e ai produttori di fumi avvelenati. Quello che purtroppo la maggior parte delle persone non sa, è che si crede che Terna sia una S.p.A. come qualsiasi altra. Invece no, Terna deve rispondere agli interessi dello Stato e dei suoi territori, perché è a capitale pubblico. Questa società continua ad alimentare pesanti contenziosi in tutta Italia, a causa della sua pervicace presentazione di progetti ad alto impatto ambientale, che deturpano il nostro Bel Paese, nonostante esistano alternative di tracciato e si disponga di tecnologie avanzate ormai ampiamente usate in tutto il mondo, come l'interramento delle linee, che hanno bassissime perdite di carico e producono un elettromagnetismo più contenuto e costante. Si dice che costano di più, ma secondo noi la salute delle persone è assolutamente incommensurabile come costo.
  Situazione analoga nel bellunese per l'elettrodotto che riguarda la loro provincia e del quale mi sono occupata, relativamente alla grave ingerenza ambientale paesaggistica ed ecosistemica nelle Dolomiti, chiedendo a questo stesso Ministero che si pretenda che un'azienda a capitale pubblico proponga soluzioni evolute sul piano tecnologico e sia in grado di provvedere efficacemente alla totale mitigazione di tutti gli impatti ambientali. Dobbiamo ammettere che rispetto al caso Udine – Redipuglia, la regione Veneto, governata da un presidente che proviene da una compagine che si distingue solo per il verde del colore, ha invece deliberato giustamente la richiesta di sospensione della procedura di VIA del progetto di Terna denominato «Razionalizzazione e sviluppo della rete di trasmissione nazionale RTN nella media valle del Piave». La richiesta di sospensiva è motivata con la necessità di rivedere il progetto di elettrodotto alla luce delle recenti evoluzioni tecnologiche, dell'effettiva domanda di energia e delle nuove modalità di gestione delle reti.
  Purtroppo le parole «un intervento così delicato per il territorio debba realizzarsi nel massimo rispetto e con la imprescindibile condivisione delle comunità interessate dall'iter progettuale» non sono state trasferite in alcuna iniziativa per la regione Friuli-Venezia Giulia.
  La regione ha redatto un Piano energetico regionale, escludendo dal testo il presupposto dell'interramento quale requisito dell'elettrodotto, come, invece, era giustamente inserito nella prima stesura. Questo per chiarire che non è obbligatorio restare impigliati nelle tessiture delle multinazionali, soprattutto quando appartengono ai cittadini.
  Invece pare che, per quanto riguarda il Friuli-Venezia Giulia, nel corso dei decenni, Terna abbia agito indisturbata, dettando legge su qualsiasi Governo. Ma il rischio di rimanere impigliati evidentemente esiste, e così accade che l'esercizio della discrezionalità della pubblica amministrazione nel ponderare gli interessi contrapposti nei procedimenti autorizzativi di questi impianti trascuri le istanze della popolazione coinvolta, ignori il principio di precauzione e prevenzione quale elemento ineludibile di valutazione, trascuri l'assunzione di responsabilità amministrativa in ordine alla rappresentazione degli interessi diffusi.
  Ma insomma, vogliamo ancora perseguire l'interesse generale e i precetti costituzionali nel progettare lo sviluppo di un territorio ? Teniamolo a mente, quando, a breve, le Commissioni valuteranno i decreti attuativi della legge delega di riforma delle pubbliche amministrazioni. Non dimentichiamo quanto abbiamo Pag. 44lottato perché fosse sancita la rilevanza del ruolo delle pubbliche amministrazioni a tutela del paesaggio, dei beni culturali e dell'ambiente.
  Il Consiglio di Stato ha riportato alla nostra attenzione l'articolo 9 della Costituzione, vituperato per settant'anni. Abbiamo venduto e svenduto tutto il possibile di casa nostra. La sentenza è uno schiaffo che dovrebbe risvegliare l'attenzione e fare arrossire di vergogna. Possiamo definire al limite dell'omertoso il silenzio mediatico nazionale: oggi non c’è in gioco solo la realizzazione di un'opera più o meno credibile; qui c’è in gioco la credibilità del titolare del MIBACT.
  Le parole della sentenza del Consiglio di Stato pesano su di lui come pietre. Presidente, il Ministro Franceschini, che si è distinto, nel corso del suo mandato, per la sua attenzione al grande patrimonio che l'Italia possiede, non può scivolare sul rilascio di un parere favorevole che travalica le sue proprie competenze. Il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo – è quello che lei, sottosegretario, rappresenta – ha il ruolo e il dovere di far rispettare, in ogni ordine e grado istituzionale e non, l'articolo 9 della Costituzione, che dice che la Repubblica tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.

(Elementi ed iniziative di competenza in merito al riordino dei punti nascita della regione Siciliana, con particolare riferimento alla salvaguardia del punto nascita di Petralia Sottana, in provincia di Palermo – n. 2-01220)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Culotta ed altri n. 2-01220, concernente elementi ed iniziative di competenza in merito al riordino dei punti nascita della regione Siciliana, con particolare riferimento alla salvaguardia del punto nascita di Petralia Sottana, in provincia di Palermo (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo alla deputata Culotta se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  MAGDA CULOTTA. Grazie, Presidente, sottosegretario, nel mese di settembre 2015, l'assessore alla salute della regione siciliana, l'onorevole Baldo Gucciardi, ha reiterato al Ministero della salute la proposta di deroga per il mantenimento di alcuni punti nascita per particolari condizioni orografiche ed esattamente: Licata, Mussomeli, Bronte, Nicosia, Santo Stefano di Quisquina e Petralia Sottana, con rassicurazioni circa l'intervento dello stesso assessorato sui direttori generali delle rispettive aziende per la messa in sicurezza dei punti nascita eventualmente in deroga.
  Il 31 dicembre 2015, il Ministero della salute ha decretato, fra gli altri, la chiusura definitiva del punto nascita dell'ospedale di Petralia Sottana, non concedendo la deroga ai parametri nazionali e gettando così nello sconforto e nel panico tutto il territorio madonita. Tale deroga è stata invece concessa ai presidi ospedalieri collocati nei territori di Bronte e di Licata, subordinando la stessa al pedissequo rispetto delle prescrizioni contenute nel parere del comitato percorso nascita nazionale.
  L'ospedale di Petralia Sottana ha da sempre rappresentato un punto strategico per tutte le Madonie; oggi lo diventa maggiormente, date le condizioni di assoluta precarietà di tutto il sistema stradale principale e secondario. Vorrei ricordare, tra l'altro, che quell'ospedale ricade nell'area colpita dal crollo del viadotto Himera nell'aprile 2015. La distanza dagli altri presidi ospedalieri, l'altitudine dei centri che fanno riferimento all'unico ospedale della Sicilia, collocato a mille metri sul livello del mare, con difficoltà nella mobilità e rischio per la vita, in particolare modo nel periodo invernale ed in presenza di neve, rappresentano elementi oggettivi che fanno di Petralia Sottana una zona disagiata.
  Dalle deroghe concesse agli altri nosocomi si evince una disparità delle scelte operate dal Ministero della salute.
  La deroga, infatti, secondo il protocollo metodologico elaborato dal comitato «percorso nascita» nazionale per la valutazione delle richieste di mantenere in attività Pag. 45i punti nascita con volumi inferiori ai 500 parti/annui, può essere concessa ai centri in condizioni orogeografiche difficili, secondo l'articolo 1 del decreto ministeriale 11 novembre 2015.
  La richiesta di mantenimento del punto nascita di Petralia non è assolutamente da intendersi, e non lo è mai stato, come una richiesta di deroga alla sicurezza delle partorienti e dei loro figli; tale struttura, peraltro, risulta già dotata di alcune forme di adeguatezza richieste dalle norme, compresa una sala operatoria dedicata alle emergenze. I dati relativi al 2014 indicano: per Licata, 422 parti e alcuni disallineamenti, fra cui la mancanza di una guardia attiva 24 ore su 24 di ginecologia, anestesia e neonatologia; per Bronte, 267 parti e alcuni disallineamenti, che sono analoghi a quelli di Licata; per Petralia Sottana, 128 parti e alcuni disallineamenti, analoghi a quelli di Licata e Bronte.
  Nel presidio ospedaliero in questione, nell'ultimo quinquennio, le interruzioni volontarie di gravidanza sono state 1.293, con una media annua di 258,6, mentre gli interventi di ginecologia ammontano a 249, una media annua di 49,8. Tale scelta, pertanto, rappresenta un'ulteriore perdita di diritti delle donne, acquisiti nel tempo anche grazie alle tante battaglie femminili. Il territorio madonita è una delle cosiddette aree interne del Paese, selezionata area prototipo per la regione siciliana relativamente alla Strategia nazionale per le aree interne.
  La mancata concessione della deroga al punto nascite in questione è in assoluta contrapposizione con il lavoro svolto dal dipartimento nazionale della coesione territoriale, che ha inserito la salute nei quattro assi fondamentali per il miglioramento della qualità della vita in aree come quella in discussione. Se, da un lato, il Governo lavora perché le aree più depresse del Paese godano di uguali diritti rispetto alle zone più centrali, dall'altro, la chiusura di tale punto nascita rappresenta un ulteriore limite allo sviluppo del territorio, nonché la palese negazione del diritto alla salute dei cittadini.
  Sul territorio è in atto una mobilitazione permanente; alla lettera inoltrata dai sindaci del comprensorio al Ministro interpellato sulla questione, questi ha giustamente e prontamente risposto, ma, rispetto alle diverse valutazioni contenute nella missiva, non può non saltare all'occhio che in alcune delle deroghe accordate le condizioni non siano così diverse e migliori rispetto al punto nascita di Petralia. L'assessore regionale alla salute, proprio negli ultimi giorni, ha ribadito la disponibilità, qualora venga accordata la deroga, a disporre, attraverso il direttore provinciale dell'azienda, quanto necessario per mettere in sicurezza il centro.
  Nella giornata dell'8 gennaio scorso, i sindaci della zona sono stati ricevuti dal neo prefetto di Palermo, Antonella De Miro, la quale ha mostrato ampia disponibilità nel promuovere un tavolo di confronto tra l'assessorato regionale e il Ministro interpellato, tentando così di superare le criticità sollevate dagli amministratori locali. Il comitato pro ospedale, costituito per protesta rispetto alle scelte operate dal Ministero della salute nella giornata del 31 dicembre 2015, ha avviato una petizione che, ad oggi, ha già raccolto circa 3 mila firme e per oggi pomeriggio ha promosso una catena umana, che simbolicamente abbraccerà la struttura, a tutela del diritto della salute contro, appunto, le scelte operate dal Ministero.
  Chiediamo, pertanto, quali siano, nel dettaglio, i parametri tecnico/scientifici attraverso i quali si è deciso di accordare la proroga ai centri siciliani sopra citati e di non concederla invece agli altri, poiché sulla scorta dei numeri gli interpellanti sono portati a pensare che la scelta definitiva sia scaturita da valutazioni di altro genere; se il Ministro intenda rivalutare tali scelte per le caratteristiche di cui al punto nascita di Petralia Sottana come unico centro ospedaliero collocato sopra i mille metri sul livello del mare, con difficoltà nella mobilità, sia per le condizioni della viabilità stradale, sia per il perenne rischio di innevamento durante il periodo invernale, sia per l'inserimento di tale contesto territoriale, come già detto, nella Pag. 46Strategia nazionale per le aree interne, fermo restando l'obbligo per lo stesso di allinearsi ai requisiti lacunosi o mancanti, elaborati anche per gli altri centri dal Comitato «percorso nascita» nazionale, sulla base del protocollo metodologico; se non ritenga di concedere una deroga al punto nascita in questione, legando quanto meno la stessa al periodo di sperimentazione della Strategia nazionale per le aree interne, superando in tal modo una scelta contraddittoria circa gli obiettivi che lo stesso Ministero della salute si pone.
  Chiediamo infine se il Ministro intenda accettare l'invito giunto dai sindaci e, oggi, giunto anche accoratamente dalle donne madonite che chiedono, in caso contrario, un incontro al Ministro e di recarsi sui luoghi oggetto dell'interpellanza per rendersi conto di persona dei disagi che vivono quotidianamente le popolazioni che con grande dignità credono ancora possa essere un'opportunità abitare in alcune aree del nostro Paese.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la salute, Vito De Filippo, ha facoltà di rispondere.

  VITO DE FILIPPO, Sottosegretario di Stato per la salute. Signora Presidente, in merito a quanto indicato nell'interpellanza in esame, con precipuo riferimento al territorio delle Madonie, vorrei assicurare che il Ministero della salute ha effettuato un'attenta analisi tecnica dei dati operativi riguardanti il presidio ospedaliero proprio di Petralia Sottana che l'onorevole Culotta ha ripetutamente citato nella sua interpellanza. Le risultanze del monitoraggio hanno evidenziato un'importante indice di fuga delle partorienti da questo presidio ospedaliero. Analizzando i dati della popolazione afferenti al presidio, in effetti, emerge che nel 2014 sono stati effettuati 129 parti a Petralia Sottana con i seguenti movimenti: partorienti residenti a Petralia Sottana e Soprana: numero 33, di queste numero 21 hanno partorito nel punto nascita di Petralia, mentre numero 7 hanno partorito a Palermo, 4 a Termini Imerese e una a Nicosia. Delle partorienti residenti nel comune di Castellana Sicula per complessivi 3.449 residenti, 19 hanno partorito a Petralia, mentre 2 a Palermo e 1 a Termini Imerese. Nel comune di Blufi, per complessivi 1042 abitanti, ci sono state, in tutto, solo tre partorienti residenti nel comune, di cui due hanno partorito a Petralia e una a Termini Imerese. Allontanandosi sempre di più da Petralia Sottana, secondo gli elementi tecnici elaborati dal Comitato nazionale percorso nascita, i dati mostrano un indice di fuga dal punto nascita di Petralia Sottana ancora maggiore e più evidente, come si evince, ad esempio, dai dati del comune di Castelbuono, dove, a fronte di 65 partorienti, nel 2014, 8 partorienti si sono recate presso il punto nascita di Petralia Sottana, 52 a Cefalù, 8 a Palermo e 3 a Termini Imerese.
  Di fatto, il basso volume di attività del punto nascita di Petralia Sottana, dove risulta un indice di circa un parto ogni tre giorni, appare del tutto inappropriato al fine di mantenere in quell'ospedale le specifiche e delicate competenze degli operatori sanitari, in particolare per quanto riguarda le situazioni di emergenza che possono, come abbiamo notato anche dalla cronaca di questi giorni, presentarsi in tutto il peripartum, cioè nella fase del travaglio, del parto e anche del post parto. Occorre aggiungere che la regione siciliana è anche tenuta, ormai, per obbligo di norma, ad attenersi alle indicazioni cogenti dell'Unione europea sui turni degli orari del personale sanitario. In effetti, come è noto, la direttiva 93/104/CE della Commissione europea impone un orario massimo di lavoro di quarantotto ore a settimana e le successive pause obbligatorie, per cui si dovrebbe adeguare il personale in maniera da garantire i turni di guardia h24 per le figure professionali che per la sicurezza della mamma e del bambino sono state individuate nell'accordo Stato-regioni del 16 dicembre 2010 per un punto nascita con una così bassa operatività affinché si forniscano, quindi, adeguate garanzie di mantenimento delle competenze professionali. Inoltre, l'attento esame dei dati di georeferenzazione sopra riportati non permette di evidenziare margini Pag. 47soddisfacenti anche di reclutamento delle partorienti tali per cui sia possibile incrementare il volume di parti all'anno presso il punto nascita di Petralia Sottana, anche in virtù della forte denatalità che contraddistingue i comuni limitrofi e Petralia Sottana compreso e che costituiscono il potenziale bacino di utenza. Presso il presidio ospedaliero di Petralia Sottana insiste un'ulteriore attività assistenziale: infatti, emerge anche il dato relativo alle interruzioni volontarie di gravidanza che nel 2014 sono state effettuate in quell'ospedale e che sono pari a 342. Tuttavia, al riguardo, gli stessi organismi regionale da noi interpellati hanno spiegato, più volte, che un numero così elevato di interruzione di gravidanza è da ascrivere alla perifericità di tale struttura che garantirebbe alle donne una maggiore privacy.
  Si rammenta, infine, che il comitato percorso nascite nazionale ha espresso un parere contrario a questa deroga alla chiusura del punto nascita di Petralia Sottana, confermando le criticità evidenziate che sono state basate solo sugli elementi tecnici che ho voluto indicare anche sinteticamente in questa risposta. Le difficoltà di implementare le attività di questo presidio sarebbero confermate esattamente da questi dati. È opportuno ricordare, altresì, che il comitato percorso nascita regionale della regione siciliana ha espresso all'unanimità parere contrario a questa deroga. Questo parere ci risulta essere stato illustrato a suo tempo dall'assessore alla salute ed è stato anche condiviso dai componenti della stessa commissione servizi sociali e sanitari dell'assemblea regionale siciliana.
  Riguardo alla possibilità di inserire tale contesto territoriale nella strategia nazionale delle aree interne, si precisa per questo punto quanto segue: la strategia aree interne si propone di contribuire al rilancio economico e sociale di alcune aree individuate nei diversi territori regionali con un percorso attuativo coordinato dal Ministero dello sviluppo economico e dal dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica mirato a favorire l'inversione del trend demografico in alcune aree in via di spopolamento del nostro Paese. Il Ministero della salute partecipa al comitato tecnico aree interne e al gruppo di coordinamento costituito da rappresentanti di diverse amministrazioni centrali – salute, istruzione, politiche agricole e trasporti – insieme all'ANCI e all'UPI e assicura il sostegno di questo coordinamento alle regioni e agli enti locali, proprio nell'attuazione di questa strategia, che è stata citata dall'onorevole Culotta nella sua interpellanza.
  La strategia in questione prevede la programmazione di interventi di sviluppo a beneficio delle aree interne del Paese a valere sui fondi strutturali e di investimento europeo nell'ambito proprio del ciclo di programmazione 2014-2020. La legge 23 dicembre 2014 n. 190, legge di stabilità 2015, prevede, inoltre, il finanziamento di interventi per il riequilibrio dell'offerta dei servizi di base, con riferimento anche ai servizi socio-sanitari. La regione siciliana ha intrapreso il percorso attuativo della strategia, avendo individuato, con la deliberazione della giunta regionale n. 162 del 22 giugno 2015, l'area delle Madonie, con i ventuno comuni, come area prototipo per l'avvio della progettazione integrata di interventi, a partire dai risultati dell'istruttoria condotta proprio dal citato comitato tecnico delle aree interne. Il contributo del Ministero della salute nell'istruttoria tecnica, tenuto conto delle caratteristiche orografiche del territorio di interesse, ha riguardato l'analisi di indicatori idonei a valutare la capacità di risposta dei servizi sanitari territoriali ai bisogni di salute dei residenti, tale da garantire l'equilibrio e l'integrazione delle funzioni assistenziali, ospedaliere territoriali e domiciliari ovvero al fine di individuare eventuali azioni per un'ottimizzazione degli stessi servizi territoriali. I risultati dell'istruttoria, per quanto riguarda la necessità del potenziamento dei servizi sanitari, hanno evidenziato priorità legate soprattutto alla riabilitazione e alla cura di patologie della popolazione anziana, soprattutto in condizioni di cronicità, come sintetizzate nel rapporto che è anche Pag. 48pubblicato sul sito dell'Agenzia per la coesione territoriale ed è quindi facilmente consultabile. In generale, i criteri e gli elementi per le istruttorie tecniche nei territori delle strategie delle aree interne, come per l'individuazione di azione realizzabili in campo sanitario, trovano coerenza con i più recenti documenti programmatici dell'assistenza sanitaria del prossimo triennio. Cito alcuni esempi, come il Patto per la salute e il decreto del Ministro della salute del 2 aprile 2015, n. 70. Infatti, in questi documenti sono stati analizzati, in funzione dei fabbisogni delle aree interne, anche gli scenari di invecchiamento e di cronicità della popolazione, così come in un recente documento elaborato proprio dal Ministero della salute, anche questo accessibile dall'area web dedicata alla strategia, sempre sul sito della stessa Agenzia per la coesione territoriale.
  Da ultimo, pur nella consapevolezza che la tematica del mantenimento del punto nascita di Petralia Sottana esulerebbe dalla strategia delle aree interne, anticipo – proprio questa mattina, solo stamattina, abbiamo ricevuto un sintetico documento dalla regione siciliana – che, ove la regione ritenga di sottoporre nuovamente al Ministero ulteriore documentazione con nuovi argomenti a sostegno della necessità della deroga a favore del punto nascita in argomento, sulla base anche degli elementi e dei costi del personale, dei turni e anche dei parametri tecnici e organizzativi di sicurezza che sono indicati nella più volte citata normativa che ho descritto, sarà cura del sottoscritto e del Ministero trasmettere la medesima documentazione e in qualche modo verificarla con il comitato percorso nascita nazionale.
  Quest'ultimo è stato scelto ormai con decreto del Ministro come luogo tecnico permanente per la verifica anche di queste richieste di deroga, che arrivano da ogni parte nel nostro Paese. In quella circostanza faremo tutte le valutazioni affinché si dissolva anche il dubbio che più volte aleggiava, anche nelle parole dell'onorevole Culotta.

  PRESIDENTE. La deputata Culotta ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

  MAGDA CULOTTA. Presidente, intanto ringrazio il sottosegretario per la risposta, e per l'apertura, che comunque registriamo nella parte finale della risposta, alla nostra interpellanza; però non posso sottrarmi dal fare alcune considerazioni.
  Inizio proprio dalla Strategia nazionale per le aree interne, che è stata promossa dal Governo ed è diventata operativa nel 2014, come lo stesso sottosegretario ricordava, con un intervento economico consistente: perché comunque nelle diverse leggi di stabilità che si sono succedute, appunto dal 2014 a quella attuale, sono stati destinati a tale strategia prima 90, poi 180 e infine 10 milioni di euro, proprio per tutto il lavoro che è stato sviluppato di concerto con i Ministeri che sono seduti al tavolo di tale strategia, che sono appunto i Ministeri delle infrastrutture e dei trasporti, dell'istruzione, dell'università e della ricerca e, non in ultimo, della salute, coordinati dal Dipartimento per la coesione territoriale che fa capo alla Presidenza del Consiglio.
  Questo cosa ci fa pensare ? Che ovviamente il destino delle aree interne del Paese sta a cuore a questo Governo. Sono quelle aree che distano più di 20 minuti dai centri di offerta dei servizi; in generale, le criticità che emergono da tali aree esprimono margini di potenziamento nell'erogazione di servizi afferenti a livello distrettuale, con particolare attenzione all'offerta di servizi rivolti alla popolazione anziana, come appunto ricordava il sottosegretario.
  Peraltro le difficoltà di erogazione dell'assistenza sanitaria in territori con elevata popolazione anziana e natalità bassa si configura spesso come causa dello spopolamento. Perché dico questo ? Perché la Strategia per le aree interne si prefigge appunto di fermare e invertire nel prossimo decennio il loro trend demografico negativo, attraverso una duplice azione: la promozione del mercato e il ripristino dei diritti di cittadinanza. Quindi non mi Pag. 49sembra molto corretto escludere dal percorso della SNAI tutta l'analisi che si compie sui punti nascita !
  Tra l'altro, proprio i focus sanitari sviluppatisi sui territori hanno fatto emergere l'esigenza di una specifica attenzione all'offerta e all'accessibilità dei servizi preposti all'assistenza prenatale: questo non lo dico io, è riportato appunto dai documenti del Ministero della salute che sono pubblicati sui siti ministeriali e sul sito del Dipartimento della coesione territoriale. Questo cosa mi fa pensare ? Che se il Ministero crede nella Strategia nazionale per le aree interne, e crede quindi nell'inversione di tendenza del trend demografico, crederà anche che ci può essere nella zona delle Alte Madonie, nel presidio ospedaliero di Petralia Sottana, un'inversione di tendenza anche nel tasso di natalità e nel numero delle partorienti che si rifanno a quell'ospedale. Questo lo dico perché sono stati riportati gli indici di fuga da quell'ospedale: indici di fuga che sono ovviamente viziati da tanti altri elementi che qui non sono stati considerati, come rapporti di fiducia che possono nascere tra la partoriente ed il proprio ginecologo e il luogo in cui lo stesso opera, ma non mi pare che gli stessi indici di fuga per gli altri presidi ospedalieri a cui è stata concessa la deroga si discostino molto dal territorio delle Alte Madonie. È stata citata la comunità di Castelbuono: quella realtà appartiene ad un altro distretto sanitario e fa capo ad altri presidi ospedalieri, quindi mi corre l'obbligo di contraddirla in questo esempio.
  Voglio anche dire che la regione siciliana negli ultimi vent'anni ha sicuramente fatto dei passi avanti per garantire la sicurezza del sistema socio-sanitario: ha mostrato un consistente incremento dal 2011 al 2014 per quanto riguarda l'erogazione dei LEA, passando rispettivamente dal punteggio di adempimento di 147 a 170, quindi collocandosi in quell'intervallo di piena adempienza rispetto ai numeri richiesti dal Ministero della salute.
  Per quanto riguarda l'assistenza alla salute della donna e del bambino, la regione siciliana, con la rete ospedaliera e territoriale siciliana, adottata con decreto assessoriale n. 46 del gennaio 2015, ha fatto propri gli indirizzi a cui lei accennava, ossia quelli dell'accordo del 16 dicembre 2010, «Linee di indirizzo per la promozione e il miglioramento della qualità, della sicurezza e dell'appropriatezza degli interventi assistenziali nel percorso nascita e per la riduzione del taglio cesareo». Se mettiamo a confronto la percentuale di punti nascita con numero di parti inferiori ai 500 sul totale dei punti nascita per ciascuna regione e provincia autonoma, nonché la distribuzione dei punti nascita con parti inferiori ai 500 parti l'anno, la Sicilia si colloca ben al di sotto della media nazionale e lo stesso avviene anche per l'incidenza dei tagli cesarei.
  Lo spirito, quindi, con cui in queste ultime settimane ha parlato l'assessore regionale alla salute riguardo al punto nascita in questione e agli altri punti nascita a cui la deroga non è stata accordata – ossia se il Ministero intende derogare, lui si farà promotore con le rispettive aziende sanitarie di fare in modo che i punti nascita in questione vengano messi in sicurezza per i parametri che ancora risultano lacunosi (lo ricordiamo, si tratta nel caso di Petralia Sottana soltanto di personale che dovrebbe essere immesso in quella struttura per superare le criticità del momento) –, penso che possa essere da voi preso in considerazione, perché va nella direzione rispetto alla quale fin qui si è lavorato.
  L'articolo 32 della Costituzione italiana sancisce il diritto alla salute di tutti gli individui. Il Ministro, nella scelta che ha operato il 31 dicembre, ha fatto registrare – così come ho detto più volte e ribadito stamattina, ma come hanno detto anche altri livelli istituzionali – una disparità di trattamento, che secondo noi è stata dettata non soltanto da parametri tecnico-scientifici, ma anche da valutazioni di altro tipo, probabilmente di carattere politico.
  Si parlava prima della Commissione sanità: proprio in questi giorni la stessa ha ascoltato i sindaci del comprensorio, l'assessore alla salute, i dirigenti dell'azienda Pag. 50sanitaria; ed anche la stessa Commissione ha espresso delle riserve rispetto al provvedimento portato avanti dal Ministro Lorenzin, poiché in esso intravede connotazioni di incomprensibilità.
  La competenza della deroga dei punti nascita il cui numero dei parti è inferiore a 500 appartiene al Ministero della salute, quindi dev'essere il Ministero a derogare rispetto a tali elementi; poi sarà l'assessore regionale a fare in modo che quel presidio ospedaliero, attraverso l'azienda sanitaria, si adegui. Questo lo ripeto, perché ? Perché rispetto all'apertura che il sottosegretario ha fatto nella sua risposta, si evince ora un nuovo rimpallo di responsabilità al riguardo. La accolgo, però, positivamente, e mi farò ulteriormente promotrice che si possa finalmente concretizzare quel tavolo che abbiamo richiesto presso la prefettura di Palermo: per far sedere i vari livelli istituzionali, fare in modo che riescano a parlarsi chiaramente tra di loro e superare finalmente questo momento di grande criticità e di grande ingiustizia, facendo sì che si possa trovare una soluzione per dare una risposta di cittadinanza ad un territorio, come quello madonita, in cui tanti ancora, come me, pensano che valga la pena di continuare a vivere (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

(Elementi in merito alle operazioni di acquisizione di bond da parte di alcune regioni – n. 2-01201)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Ruocco n. 2-01201, concernente elementi in merito alle operazioni di acquisizione di bond da parte di alcune regioni (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo alla deputata Ruocco se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  CARLA RUOCCO. Signora Presidente, oggi parliamo di derivati delle regioni, quindi di un argomento molto corposo: interessa i cittadini in maniera pesante, perché finanziariamente si parla di decine di miliardi di contratti stipulati in tutte le regioni, e quindi le perdite che vengono maturate, sia a livello regionale che a livello statale, abbiamo poi visto, attraverso nostre interrogazioni ed interpellanze, devono essere spiegate molto bene, perché sono di entità immensa, soprattutto considerando il fatto che per qualunque provvedimento urgente ad appannaggio e vantaggio della collettività i soldi non si trovano mai. Poi andiamo sempre a vedere con questi contratti dove vanno a finire. In questo caso possiamo parlare – lo dico subito – di un vero e proprio regalo di Natale, ma procediamo.
  Alcune regioni italiane, come previsto dall'articolo 45 del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89, in particolare Lazio, Campania, Liguria, Lombardia, Marche e Puglia, hanno proceduto con il riacquisto dei cosiddetti bond regionali, cioè sono titoli fondamentalmente che sono stati emessi dalle regioni e che in qualche modo sono serviti per garantire una certa liquidità e rispetto ai quali le regioni procedono alla vendita.
  Noi chiediamo spiegazioni, perché a noi sembra che l'operazione, messa in campo in questo momento, in particolare, dalle regioni, crei dei danni che sono consistenti e per la cui entità non è stata data smentita ad articoli di giornale che l'analizzavano in maniera assolutamente capillare, né è stata data conferma.
  Per cui noi in questa occasione vogliamo avere delle risposte molto chiare e precise: se queste operazioni hanno comportato una perdita per queste regioni effettivamente, vogliamo che sia confermata l'entità e perché ci si rivolge a determinati uffici, perché si continua a perdere rispetto alle banche, perché puntualmente la collettività debba sopportare il peso di questi fallimentari contratti.
  Ricordiamo che la consulenza che viene fornita alle regioni è dello stesso Ministero del tesoro, il quale, mentre i cittadini italiani dovevano scontare la gravosissima legge Fornero, che lacrime e sangue ha chiesto ai pensionati e ha prodotto il mostruoso fenomeno degli esodati, Pag. 51a quegli stessi cittadini italiani veniva sottoposto un onere di circa 2,5 miliardi di euro per la chiusura di un contratto derivato con la Morgan Stanley, grazie alle cattive operazioni e valutazioni fatte dall'ufficio del Ministero del tesoro, che è sempre lo stesso in sostanza che poi fornisce consulenza e in qualche modo continua a mietere vittime dal punto di vista finanziario per la collettività a tutto vantaggio e appannaggio dello Stato.
  Arriviamo al punto. La Campania, sulla base di questa vendita e quindi diciamo tutta la lista delle regioni, per quello che riguarda la Campania alcuni consulenti finanziari hanno ricalcolato una perdita pari a circa 156 milioni di euro, per quello che riguarda il Lazio circa 40 milioni di euro, per quello che riguarda la Lombardia circa 83 milioni di euro, per quello che riguarda le Marche circa 559 mila euro.
  Noi chiediamo che misure intenda il Governo adottare per evitare la gestione fallimentare di questi contratti, se si voglia affidare ad uffici sicuramente più competenti che possano anche gestire bene le probabilità del rischio cui la collettività va incontro e sulla base di quali criteri sono fatte le valutazioni di compravendita di questi stessi titoli.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la salute, Vito De Filippo, ha facoltà di rispondere.

  VITO DE FILIPPO, Sottosegretario di Stato per la salute. Signor Presidente, dagli elementi di risposta compilati dal Ministero dell'economia deduco la risposta che offrirò all'onorevole Ruocco.
  Con l'interpellanza urgente l'onorevole Ruocco e gli altri firmatari della stessa interpellanza pongono quesiti in ordine all'operazione di riacquisto di alcuni bond regionali conclusasi recentemente.
  Al riguardo, relativamente alle risposte necessarie per finanziare il riacquisto, si fa presente che, come previsto dall'articolo 45 del decreto-legge n. 66 del 2014, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 89 sempre del 2014, le risorse in questione sono state reperite nel corso del 2014 nell'ambito della complessiva attività di finanziamento del debito pubblico, quindi con l'emissione di uno specifico BTP trentennale. Pertanto, nel corso del 2014 non è stata posta in essere alcuna operazione, cito l'interpellanza, «simile senza successo», bensì sono iniziate le attività preparatorie di un'operazione complessa.
  Infatti, alcune regioni hanno richiesto di poter aderire all'operazione di riacquisto ai sensi del citato articolo 45, comma 7, il quale prevedeva che le medesime, qualora interessate, potevano inoltrare una richiesta al Ministero dell'economia e delle finanze entro il 20 giugno 2014.
  Il successivo comma 10 del citato articolo 45 prevedeva che, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze da emanare entro il 18 luglio 2014, si provvede all'individuazione delle posizioni debitorie ammesse alla ristrutturazione. Questo decreto ministeriale, come ogni altro atto relativo all'operazione in oggetto, è stato pubblicato sul sito del Ministero dell'economia e delle finanze, Dipartimento del tesoro, direzione del debito pubblico, fin dalla sua emanazione sulla Gazzetta Ufficiale n. 160 del 12 luglio 2014.
  Il successivo comma 13 obbliga le regioni a chiudere i derivati eventualmente insistenti sulle passività oggetto di riacquisto. Peraltro su due degli otto bond per le sei regioni interessate al riacquisto non insisteva alcun derivato di tasso o ammortamento e lo stesso ammortamento era effettuato dagli enti con accantonamenti nei propri bilanci, così come previsto dall'articolo 41, comma 2, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, e successive modificazioni.
  Non risulta, comunica il Ministero dell'economia e delle finanze, inoltre attendibile quando riportato nell'interpellanza sui bond regionali oggetto di acquisto, ove si asserisce che venivano quotati a 300 pbs sopra il prezzo mid swap, in quanto si tratta di titoli per i quali non sono rilevabili scambi di una qualche rilevanza fin dalla loro emissione e si tratta di titoli Pag. 52altamente illiquidi, detenuti per la quasi totalità da investitori istituzionali in portafogli cosiddetti held to maturity.
  Se, invece, ci si riferisce ai prezzi indicativi riscontrabili su information provider come Reuters e Bloomberg, si tratta di prezzi puramente indicativi, virtuali, a causa della mancanza degli elementi fondamentali per la formazione di un mercato di domanda e di offerta.
  Nell'operazione di riacquisto nessun soggetto coinvolto ha avuto né poteva avere il ruolo di advisor; il prezzo di riacquisto infatti è stato definito con le singole regioni con il coordinamento e l'assistenza del Tesoro, come previsto dalla norma.
  Per le loro caratteristiche di totale illiquidità, i bond delle regioni, così come quelli degli altri enti locali italiani, sono per la maggior parte detenuti, come dicevo prima, in portafogli held to maturity e valorizzati dai detentori al loro costo storico di acquisizione, misurato attraverso il cosiddetto spread at issuance, ossia il prezzo che si ottiene al momento delle emissioni, fissando lo spread al tasso del mid swap interpolato sulla esatta scadenza di ogni singolo titolo. Qualsiasi prezzo inferiore a quello equivalente a tale spread riportato ad oggi comporta per il detentore una perdita. I prezzi offerti per il riacquisto sono tutti inferiori a tali prezzi. Pertanto, la grande maggioranza degli investitori che ha aderito all'offerta ha dovuto sopportare una perdita in bilancio. I prezzi offerti dalla maggior parte degli investitori, pur essendo stati calibrati per interessi al tender offer, hanno fatto sì che alcuni bondholders non abbiano aderito, non volendo sopportare alcuna di queste perdite. La convenienza economica, ex articolo 41 della legge n. 448 del 2001, è stata verificata dalle regioni, che, nell'ambito dell'accordo organizzativo adottato proprio in sede di Conferenza delle regioni, hanno conferito apposito incarico alla regione Lombardia, espletato per il tramite di Finlombarda.
  In proposito, giova precisare che la convenienza economica, ex articolo 41 della legge 448 del 2001, si verifica quando il valore attuale del complesso delle passività post ristrutturazione risulta non superiore al valore attuale del complesso delle passività esistenti prima della stessa ristrutturazione.
  Le risorse per il riacquisto sono state reperite dal MEF nel corso del 2014, ed in tale anno il tasso medio dell'emissione dei titoli di Stato è stato pari all'1,35 per cento. Questo può essere considerato – dice il Ministero della salute – il cost of funding per finanziare l'intera operazione.
  Il Ministero dell'economia e delle finanze, così come previsto all'articolo 45 del decreto-legge n. 66 del 2014, ha finanziato le regioni con un mutuo a 30 anni al tasso annuo pari al 2,26 per cento, corrispondente al rendimento del BTP avente pari durata finanziaria del mutuo; il BTP scadrebbe il 1o agosto 2034.
  Con l'operazione di riacquisto, secondo il Ministero dell'economia, le regioni, coinvolte nel loro insieme, avranno un risparmio medio annuo di circa 110 milioni di euro per i prossimi dieci anni. Questi risparmi, come previsto dal comma 3 del citato articolo 45, sono prioritariamente destinati al pagamento delle rate di ammortamento delle anticipazioni contratte per il pagamento del cosiddetto debito della pubblica amministrazione. L'operazione di riacquisto ha consentito, secondo il Ministero dell'economia, la riduzione del debito della pubblica amministrazione di circa 400 milioni di euro.

  PRESIDENTE. La deputata Ruocco ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

  CARLA RUOCCO. No, Presidente. In sostanza, se il nocciolo fondamentale era che la valutazione fosse sbagliata di 300 basis point per le liquidità, 250 basis point di differenza, questo non può giustificare, perché questa è la perdita che è stata configurata secondo gli articoli che abbiamo citato.
  Comunque, se il Ministero del tesoro ha il supporto della documentazione, sicuramente non mancherà di dimostrare tutto quanto è stato detto durante questa interpellanza. Pag. 53Noi andremo avanti e sicuramente chiederemo ulteriore documentazione a supporto, perché la risposta attuale non la riteniamo sufficiente.

(Orientamenti del Governo in merito all'avvio di una procedura di infrazione in sede europea in materia di etichettatura e informazione sull'origine dei prodotti alimentari – n. 2-01199)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Gallinella ed altri n. 2-01199, concernente orientamenti del Governo in merito all'avvio di una procedura di infrazione in sede europea in materia di etichettatura e informazione sull'origine dei prodotti alimentari (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo al deputato Gallinella se intenda illustrare la sua interpellanza.

  FILIPPO GALLINELLA. Grazie, Presidente. Ringrazio il Viceministro, che è sempre attento e presente ai temi agricoli. Immagino che il Ministro Martina stia già cambiando le etichette del nome al Ministero, quindi ringrazio il Viceministro per la sua presenza.
  Sicuramente il Viceministro sa benissimo che l'etichettatura è una materia che questo Parlamento e la Commissione agricoltura – immagino anche il Viceministro stesso – hanno a cuore, perché il made in Italy è uno dei nomi più conosciuti in Europa e nel mondo.
  Questo Parlamento ha approvato una legge per definire che si può applicare la dicitura made in Italy a quei prodotti coltivati, allevati e trasformati in Italia. Questa legge è stata approvata dal Parlamento nel 2012, però adesso è sottoposta a una procedura di richiamo, di infrazione EU Pilot, da parte della Commissione europea, perché il tema dell'etichettatura è un tema notoriamente di competenza dell'Unione europea, che non è sensibile alla tematica delle materie d'origine. Invece, i consumatori hanno interesse a sapere da dove vengono queste materie prime, non tanto per fare una discriminazione, ma per informazione.
  Quindi, si è attivata questa procedura EU Pilot e chiedo al Governo come intenda risolvere il caso, perché c’è una legge del Parlamento che è andata in contrasto con il diritto comunitario. Sicuramente i tecnici del Ministero si saranno già confrontati con i tecnici della Commissione europea per trovare una soluzione. Oggi chiediamo a che punto siamo e come il Ministero voglia risolvere questa questione.

  PRESIDENTE. Il Viceministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, Olivero, ha facoltà di rispondere.

  ANDREA OLIVERO, Viceministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. Grazie, signora Presidente. Onorevoli deputati, vorrei premettere che il Governo è concretamente impegnato sul tema della tutela e della valorizzazione dell'origine degli alimenti, fattore di distintività dell'agroalimentare made in Italy.
  Voglio anche assicurare l'onorevole Gallinella, che è certamente sempre molto attento a questo tema e che costantemente, giustamente, ci stimola in questa direzione, che anche il Ministro Martina si sta occupando più dell'etichettatura dei prodotti made in Italy che non di quella del nostro Ministero.
  Proprio per questo motivo siamo costantemente impegnati, sia in sede nazionale che europea, per ottenere l'obbligo di indicazione dell'origine dei prodotti agroalimentari in etichetta.
  Per la stessa finalità, il disegno di legge europea 2015, in corso di approvazione da parte del Consiglio dei ministri, prevede, con riguardo al caso EU Pilot 5938/13/SNCO, relativo all'indicazione dell'origine sull'etichettatura degli alimenti, all'articolo 3, una sanzione amministrativa, da 10 mila a 250 mila euro, nel caso di informazioni che potrebbero indurre in errore il consumatore sul Paese di origine o sul luogo di provenienza e sull'ingrediente primario degli alimenti.
  Con tale disposizione sarà, quindi, possibile sanzionare le pratiche commerciali scorrette che inducano i consumatori a Pag. 54pensare un prodotto come fatto in Italia e/o con materia prima italiana, pur senza che tali elementi siano espressamente indicati. Nel caso di indicazione espressa falsa scatterebbe il reato di contraffazione o truffa.
  Con tale previsione normativa, non essendo obbligatoria l'indicazione di origine dell'ingrediente primario, si potrà, quindi, sanzionare chi volontariamente apponga segni, immagini o altro idoneo a indurre il consumatore in errore sull'origine degli alimenti.
  Ricordo, poi, che, proprio a partire dalla legge n. 4 del 2011, sull'obbligatorietà dell'indicazione di origine della materia prima per tutti gli alimenti, abbiamo cercato di disciplinare la materia a livello nazionale mediante i decreti ministeriali previsti dalla citata legge, ritenuta, invero, parzialmente in contrasto con il Trattato e la normativa europea da parte della Commissione europea.
  Come è noto, i servizi della Commissione non hanno condiviso le argomentazioni presentate dalle autorità italiane quanto alla conformità alla normativa europea dell'articolo 4, comma 2, della legge 3 febbraio 2011, n. 4. Pertanto, a riscontro dei rilievi mossi dalla Commissione, lo scorso dicembre abbiamo proposto alcune modifiche alla citata legge n. 4 del 2011 e al momento siamo in attesa di riscontro su tale proposta.
  Confermo, in ogni caso, il costante impegno del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali per garantire maggiore riconoscibilità alle nostre produzioni sia sul mercato internazionale sia su quello internazionale, per favorirne la promozione e la vendita.
  Vale la pena ricordare, anche in questa sede, che, proprio nell'ottica di una legislazione più tutelante in questo senso, lo scorso anno il Ministero delle politiche agricole, per la prima volta, ha indetto una consultazione pubblica on line, chiamando i cittadini a esprimersi sul tema dell'origine delle materie prime. Oltre nove cittadini su dieci, dei 23 mila che hanno risposto alla consultazione, si sono dichiarati a favore di una più chiara indicazione in etichetta della provenienza degli ingredienti degli alimenti. Tale indicazione è stata per noi un indirizzo primario del nostro lavoro in materia.

  PRESIDENTE. Il deputato Gallinella ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

  FILIPPO GALLINELLA. Grazie, Presidente. Grazie, Viceministro. La risposta è come dare un bastone a uno che è un po’ zoppo, invece che curargli la gamba: questa è un po’ la mia interpretazione della risposta.
  Sicuramente è lodevole il fatto di aver inserito nella legge europea la punibilità per chi evoca un prodotto italiano quando non lo è, fermo restando che ha valenza solo per il territorio italiano.
  Credo che anche dentro la legge europea riusciremo a inserire l'indicazione dello stabilimento di produzione. Quindi, anche questa è una cosa buona.
  Nella risposta quello che, a mio avviso, manca è aver sentito la volontà del Governo di chiedere, a livello dell'Unione, un'evoluzione della normativa sull'etichettatura, fermo restando che il regolamento è entrato in vigore qualche mese fa, quello nuovo. Però il Governo deve chiedere di più perché – sì, è vero – è importante conoscere le materie prime e le materie prime può essere che non siano un discriminante, però l'informazione al consumatore è necessaria. E noi chiediamo di più perché, magari per certi prodotti, come quelli dell'allevamento, è interessante sapere anche che tipo di allevamento è stato utilizzato. Infatti, adesso il benessere animale è un tema molto sensibile a molti consumatori e, quindi, è bene per gli animali, come esseri senzienti, anche se fanno la fine che tutti sappiamo per l'allevamento, che questa vita sia quanto più gradevole possibile. E questo ci preoccupa ancor di più quando l'Unione europea vuole andare a firmare un trattato, come quello transatlantico di libero scambio, dove il benessere animale in determinati Paesi non ha tutta questa sensibilità come nel nostro Paese.Pag. 55
  E c’è ancora di più: noi capiamo anche che etichettare con le materie d'origine tutti i prodotti è particolarmente complicato – mi immagino gli insaccati dove tutti i giorni si prendono materie da tutte le parti del mondo e componenti diversi –, però non ho sentito nella risposta la volontà del Governo di impegnarsi nel prossimo Consiglio. Purtroppo Renzi nel suo mandato da Presidente del Consiglio dell'Unione non è riuscito a incidere sul made in. Ci avrà provato ? Non lo sappiamo, ma comunque non c’è riuscito.
  Chiediamo al Governo adesso di potere ritornare a discutere a livello dell'Unione europea di questi temi perché l'etichettatura è fondamentale per il consumatore e il consumatore deve avere tutte le opzioni di lettura a disposizione in etichetta per poter scegliere un prodotto rispetto ad un altro. Per l'Italia è importante sapere da dove vengono le materie prime. È chiaro che l'Italia è una grande trasformatrice e sul caffè italiano in un'etichettatura, applicando la legge del 2011, non ci si poteva scrivere «prodotto italiano» perché ovviamente le piantagioni di caffè non le abbiamo qui. Noi siamo consapevoli di questo, però il consumatore deve sapere da dove vengono le materie prime. Per noi è fondamentale. Non sarà per tutti i prodotti possibile farlo per tanti motivi, però, ecco, chiediamo al Governo di impegnarsi su questo fronte. Ecco, la mia critica alla risposta è che non ho sentito la volontà da parte del Governo di lottare per questo.

(Misure volte ad implementare i controlli e la sorveglianza nei musei ed iniziative per verificare l'effettivo valore delle opere rubate presso il museo di Castelvecchio a Verona – n. 2-01185)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Galgano e Monchiero n. 2-01185, concernente misure volte ad implementare i controlli e la sorveglianza nei musei ed iniziative per verificare l'effettivo valore delle opere rubate presso il museo di Castelvecchio a Verona (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo alla deputata Galgano se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  ADRIANA GALGANO. Sì, grazie signora Presidente. Buongiorno Viceministro Olivero. La nostra interpellanza riguarda la sicurezza nei musei in seguito al furto avvenuto nel museo civico veronese di Castelvecchio di diciassette dei suoi capolavori, tra i quali opere di Tintoretto, Bellini, Rubens, Mantegna e Pisanello. Le tristi premesse alla nostra interpellanza sono che il danno morale e materiale è immenso e la cifra di valutazione comunicata, pari a 15 milioni di euro, è palesemente incongrua con i dati di mercato. Una valutazione comparativa si può trovare, infatti, per esempio, con una piccola tempera su tavola del Mantegna, 34 per 42 centimetri, venduta da Sotheby's, nel gennaio 2003, per ben 28,6 milioni di dollari. La corretta quantificazione del valore delle opere nei termini della denuncia presentata all'autorità giudiziaria è indispensabile nel caso in cui venissero individuati i responsabili e nella malaugurata ipotesi di perdita o danneggiamento dei dipinti. I tre ladri, due dei quali armati, hanno agito poco prima della chiusura, quando al museo era in corso il passaggio di consegne tra il personale che di giorno è di almeno di undici persone, ma che a quell'ora è ridotto inspiegabilmente e sorprendentemente alla sola cassiera e all'agente di vigilanza notturna.
  Nel nostro Paese e all'estero sono stati messi a punto sistemi di sicurezza innovativi, sia per garantire la tutela delle opere d'arte, che delle persone, che si basano sull'utilizzo di nuove tecnologie, quali sensori intelligenti, impianti self-aware e ambienti reattivi che comportano elevate prestazioni a costi ridotti.
  Chiediamo, quindi, se il Governo intenda intervenire, per quanto di competenza, per verificare: l'effettivo valore delle opere rubate; la turnazione degli addetti alla vigilanza nei musei per garantire sicurezza 24 ore su 24; sistemi e modelli Pag. 56organizzativi di controllo e di sorveglianza, ove necessario implementando gli stanziamenti di risorse a ciò necessarie e destinate.

  PRESIDENTE. Il Viceministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, Andrea Olivero, ha facoltà di rispondere.

  ANDREA OLIVERO, Viceministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. Grazie, signora Presidente; onorevoli colleghi, rispondo volentieri, a nome del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, all'interpellanza urgente con la quale l'onorevole Galgano, unitamente all'onorevole Monchiero, chiede di sapere se e come il Governo intenda intervenire in merito al furto dei diciassette dipinti avvenuto nella serata del 19 novembre scorso nel Museo civico di Castelvecchio.
  A tal proposito, riferisco che la sovrintendenza per le belle arti e il paesaggio di Verona si è immediatamente attivata, all'indomani dell'evento, effettuando subito un sopralluogo per verificare la perdita subita dal museo in seguito alla rapina e per valutare i danneggiamenti effettuati dai rapinatori che hanno interessato, in particolare, la tavola di Giulio Licinio rappresentante la conversione di Saulo.
  Considerata la gravità del danno inferto al patrimonio nazionale, la stessa sovraintendenza chiedeva contestualmente al comune di Verona un resoconto in merito ai sistemi di sicurezza attivi presso le strutture museali civiche della città e posti a salvaguardia del patrimonio storico-artistico ivi conservato.
  Il comune, con una nota del 27 novembre, inviava un primo schema sintetico relativo ai sistemi attivi presso le sedi museali civiche, riservandosi di fornire in un secondo momento maggiori dettagli sulle specifiche caratteristiche tecniche dei sistemi in essere e sulle modalità di effettuazione dei servizi di guardiania e di custodia. Dallo schema inviato emerge che il Museo di Castelvecchio è dotato di sorveglianza diurna effettuata da personale di custodia durante gli orari di apertura al pubblico, di un sistema di allarme con controllo, anche da remoto, dalla centrale operativa di Sicuritalia e dalla presenza di guardia armata fissa dalle ore 19 alle ore 9 del mattino seguente. Il museo, inoltre, è controllato da un sistema di videosorveglianza con telecamere a circuito chiuso.
  Il comando dei carabinieri per la tutela del patrimonio culturale, che opera sul territorio nazionale d'intesa con tutte le componenti dell'Arma dei carabinieri, con le altre forze dell'ordine e in sinergia con le soprintendenze e svolge la propria attività in campo internazionale tramite l'Interpol secondo le convenzioni, sta svolgendo le opportune indagini, i cui particolari sono tuttavia ancora coperti da segreto istruttorio.
  La sovrintendenza ha, infine, offerto al direttore del Museo di Castelvecchio la disponibilità a restaurare la tavola di Giulio Licinio rimasta danneggiata nel corso del furto presso il proprio laboratorio di restauro, disponibilità che il museo ha accettato. Questo è un elemento che mi preme sottolineare: l'aspetto collaborativo interistituzionale tra l'amministrazione statale e quella civica nel comune intento della protezione e conservazione del patrimonio culturale nazionale, a prescindere dalla loro titolarità.
  Non si può che concordare con gli onorevoli interpellanti sull'importanza che l'arte riveste nel nostro Paese. E il Governo, nella legge di stabilità 2016, ha infatti operato un'importante inversione di tendenza, aumentando sensibilmente le risorse destinate alla cultura e al turismo.
  In merito all'effettivo valore delle opere rubate, vorrei precisare che quella indicata nell'atto parlamentare è una stima di massima, suscettibile di correzioni sulla base delle comunicazioni che dovranno necessariamente pervenire dall'ente proprietario. Il segretariato regionale del Veneto, acquisite per le vie brevi informazioni dall'ex direttore del museo, riporta, a proposito dell'opera del Mantegna, che il valore fornito al competente ufficio patrimoniale del comune di Verona per attivare l'assicurazione individuale dell'opera era Pag. 57basato anche sul dibattito critico intorno alla certezza sulla paternità dell'opera medesima.

  PRESIDENTE. La deputata Galgano ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

  ADRIANA GALGANO. Sono insoddisfatta della risposta, perché la risposta non ha risposto ai quesiti fondamentali della interpellanza, perché noi chiedevamo se il Governo intendeva intervenire per quanto di competenza sulla turnazione degli addetti alla vigilanza nei musei. Io sapevo già quello che lei mi ha detto relativamente al fatto che dall'orario di chiusura alle 9 di mattina c’è un agente vigilanza, il che contrasta in maniera piuttosto evidente con il fatto che all'interno del museo sia presente un sistema di videosorveglianza, perché noi non possiamo ragionevolmente pensare che un agente di sorveglianza da solo possa tenere sotto controllo un sistema di videosorveglianza.
  La nostra interpellanza prendeva spunto dalle vicende del Museo Civico di Verona, ma in realtà chiedeva al Governo di intervenire sui musei di competenza del Governo, perché noi vogliamo sapere se c’è sorveglianza notturna, perché quello che è accaduto a Verona non si ripeta negli altri musei.
  Siamo lieti di apprendere che il Governo abbia stanziato maggiori risorse nella legge di stabilità, è sicuramente un passo avanti, però ribadiamo il fatto che non abbiamo avuto le risposte che attendevamo e che quindi insisteremo e presenteremo un'altra interpellanza.

(Iniziative di competenza, anche normative, volte a salvaguardare l'indipendenza e la terzietà dei magistrati, in relazione ad una vicenda giudiziaria che vede coinvolto il Presidente della regione Campania – n. 2-01217)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Russo ed altri n. 2-01217, concernente iniziative di competenza, anche normative, volte a salvaguardare l'indipendenza e la terzietà dei magistrati, in relazione ad una vicenda giudiziaria che vede coinvolto il Presidente della regione Campania (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo al deputato Russo se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  PAOLO RUSSO. Grazie, Presidente. È vero che questa vicenda attiene e riguarda il presidente della giunta regionale campana, io però proverei ad astrarla dall'aspetto specifico e dal quadro di responsabilità diretta o dal coinvolgimento diretto e proverei più a ragionare della questione come di una questione che attiene alle garanzie, alla mia posizione garantista inveterata, alla tutela dell'indagato e alle procedure, che devono essere trasparenti e uguali.
  Il presidente del collegio del processo di appello per l'abuso di ufficio nella vicenda specifica del presidente De Luca è il magistrato Michelangelo Russo. Ora, al di là del dato per il quale è indagato il presidente De Luca, una vicenda relativa alla costruzione del termovalorizzatore di Cupa Siglia, l'incarico di project manager, un incarico pare inesistente, affidato, pare, a soggetto privo di questi requisiti, il tema che io pongo, e noi poniamo, è questo: al di là del fatto che la condanna o meno, e l'eventuale condanna in secondo grado comporti o meno l'attivazione delle procedure di cui alla legge Severino, – indipendentemente, io dico, da questo aspetto – c’è una questione molto più rilevante, ossia che il Consiglio superiore della magistratura avvia un procedimento nei riguardi proprio del dottor Michelangelo Russo e anche nei confronti del dottor Santoro, entrambi magistrati presso la Procura della Repubblica di Salerno, per avere nientepopodimeno che tentato di accedere ai computer del tribunale di Salerno al fine di verificare se fossero in corso procedimenti penali a carico proprio Pag. 58dell'attuale presidente della regione Campania e anche nei confronti di altri imputati.
  È evidente che, come dire, in sé questo nulla significa, ma testimonia – come vogliamo dire – un'attenzione straordinaria ? Un'attenzione innaturale ? Un'attenzione illegittima ?
  Se a questo aggiungiamo che il magistrato ricoprì, poi, il ruolo di consulente del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare prima di essere riassegnato alla procura di Salerno come presidente del secondo collegio della corte di appello (fu spedito via dal Consiglio superiore, poi riassegnato successivamente) e se aggiungiamo che il fratello del magistrato, Remo Russo, commercialista, è stato per più di dieci anni presidente del Parco scientifico e tecnologico di Salerno, partecipato dal comune di Salerno, azionista di maggioranza, nomina conferita quando lo stesso De Luca era sindaco di Salerno (e, peraltro, per quanto a noi consta, anche per questa attività è stato ovviamente retribuito), allora ci interroghiamo, prima di interrogare il Governo: è opportuno ? Noi crediamo di no, noi crediamo che sia inopportuno. Per quel principio garantista che noi abbiamo, per quella speranza, per quell'attesa di giustizia e anche, nella fattispecie, per quell'attesa di proscioglimento – perché no ? – per quell'attesa di giustizia, credo non sia opportuno che proprio quel magistrato sia ora incaricato di giudicare lo stesso De Luca.
  Inutile qui rappresentare come è evidente che vi sia un clima di sospetti che potrebbe, in un senso o nell'altro, a prescindere dalla decisione assunta, gettare ombre sull'esito di un processo che rappresenta, come spesso accade, una delle vetrine dell'azione giudiziaria e dell'azione penale. Ed è evidente l'impatto significativo che questa sentenza avrà sulla prospettiva, anche di governo, di quella regione ed è evidente che, proprio per questo, necessita ed è indispensabile che vi sia non soltanto una terzietà del magistrato, non soltanto questa famosa moglie di Cesare illibata, ma che appaia anche tale; che appaia tale e mi pare evidente che, in questo caso, senza fare alcuna valutazione sull'illibatezza – non dubito – è evidente che qualche dubbio, qualche sospetto, qualche elemento pur lo abbiamo fornito.
  Chiediamo di sapere se il Ministro sia a conoscenza di tutto quanto appena rilevato e se non ritenga, ovviamente per quanto di propria competenza, porre in essere iniziative utili a salvaguardare il principio dell'indipendenza e della terzietà dei magistrati, su cui si fonda il nostro ordinamento giuridico, ovviamente adottando corrispondenti iniziative volte a rendere più stringenti i meccanismi di incompatibilità dei magistrati.
  Questa vicenda vale per essa, ma vale anche come modello esemplificativo di tante altre vicende. Vorremmo che da questa vicenda venisse fuori anche una riflessione e attendiamo un'azione del Governo.

  PRESIDENTE. Grazie, onorevole Russo.
  Il Viceministro della giustizia, Costa, ha facoltà di rispondere.

  ENRICO COSTA, Viceministro della giustizia. Grazie, Presidente. Con il presente atto ispettivo gli onorevoli interpellanti sollevano questioni relative alla terzietà del giudice chiamato a pronunciarsi nel procedimento penale attualmente pendente in grado di appello nei confronti del presidente della regione Campania, Vincenzo De Luca, condannato in primo grado per il reato di abuso d'ufficio.
  Il profilo di allarme evidenziato riguarda, in particolare, la presenza nel collegio giudicante della corte d'appello di Salerno del dottor Michelangelo Russo, il quale, ad avviso degli onorevoli interpellanti, verserebbe in una situazione di incompatibilità, in virtù di pregressi rapporti propri e dei familiari con l'imputato, rientranti peraltro nel complesso di incolpazioni mosse nei confronti del magistrato nell'ambito del procedimento disciplinare.
  Sulla scorta delle peculiari circostanze sopra riferite, gli interpellanti concludono chiedendo se il Ministro intenda avviare Pag. 59iniziative utili a salvaguardare il principio di indipendenza e di terzietà dei magistrati su cui si fonda l'ordinamento giuridico, adottando anche corrispondenti iniziative normative volte a rendere più stringenti i meccanismi di incompatibilità dei magistrati.
  Così brevemente riassunte le doglianze degli interroganti, si deve in via preliminare rilevare che il sindacato del Ministero della giustizia sull'esercizio dell'attività giurisdizionale è limitato ai soli casi di violazioni di legge o, comunque, di abnormità, anche in riferimento alle norme processuali, quali quelle destinate a risolvere situazioni di incompatibilità del giudice. L'ordinamento, peraltro, contiene un articolato sistema di strumenti idonei a garantire l'imparzialità e la terzietà del giudice, tra cui gli istituti della ricusazione e dell'astensione, la quale può essere attivata anche per ragioni di opportunità. Soccorrono altresì poteri attribuiti al Consiglio superiore della magistratura in ordine alla valutazione di eventuali profili di incompatibilità ambientale o di rilievo disciplinare.
  Per quanto riguarda la specifica situazione in esame, da accertamenti svolti dalle competenti articolazioni ministeriali è emerso che effettivamente nei confronti del dottor Michelangelo Russo è stata emessa sentenza disciplinare di condanna, con l'irrogazione della sanzione della censura, in relazione ad una serie di comportamenti commessi in servizio. In specie si desume dalla lettura della sentenza della sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura che il dottor Russo, nella sua qualità di procuratore aggiunto, ha violato i doveri di correttezza istituzionale nei confronti di alcuni pubblici ministeri, interferendo nelle indagini assegnate a sostituti procuratori non sottoposti al suo coordinamento. Tale sentenza disciplinare è stata integralmente confermata dalla Cassazione.
  Ciò premesso, va rilevato che gli accertamenti istruttori esperiti non consentono di avere sulla vicenda un quadro completo, sia perché non sono ancora pervenute tutte le informazioni richieste, sia perché la documentazione acquisita sul caso, ivi compresa quella pervenuta alla corte d'appello di Salerno, è allo stato incompleta. Dai documenti trasmessi emerge comunque che non è stato azionato nel caso di specie né lo strumento della ricusazione rispetto alla composizione del collegio della corte d'appello di Salerno, né che il dottor Michelangelo Russo abbia ritenuto di avvalersi dell'astensione.
  Allo stato, nessun sindacato del Ministro della giustizia può essere esercitato. Si assicura tuttavia gli onorevoli interroganti che sarà prestata massima attenzione a quanto segnalato, riservando anche un'ulteriore integrazione dell'istruttoria sino ad oggi ricevuta e rimanendo a disposizione per riferire gli ulteriori eventuali sviluppi della vicenda.
  Quanto alle invocate modifiche normative, si rileva che gli strumenti sopra illustrati appaiono idonei a garantire la terzietà e imparzialità del giudice, nel rispetto del principio costituzionale di cui all'articolo 25 della Costituzione, secondo cui nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge.

  PRESIDENTE. Il deputato Russo ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

  PAOLO RUSSO. Intanto, grazie. Colgo la parte positiva, che afferisce all'attenzione che il suo Ministero ha posto nei confronti di questa vicenda e non dubito e non ho motivo di dubitare che vi sia una ulteriore azione di monitoraggio in attesa di ulteriori informazioni.
  Ovviamente, comprendo invece la parte ci più burocratica della risposta, atteso che si chiedeva che, attraverso questa esperienza, attraverso questa vicenda, si potesse cogliere qualche elemento per migliorare la performance della norma sul fronte della terzietà, della certezza e soprattutto dell'indipendenza del giudice, del magistrato giudicante.
  Colgo, però, l'aspetto positivo, rappresentato non solo dalla considerazione e dalla stima personale nei suoi confronti e nei confronti del Ministro, ma soprattutto Pag. 60dalla certezza che ella e il suo Ministero sapranno porre quella necessaria attenzione non a tutela di una vicenda o di una parte, ma a tutela di quella terzietà e a tutela di quelle garanzie assolutamente indispensabili perché il cittadino possa sentirsi tutelato dall'azione penale. Viceversa saremmo al cospetto di una giustizia di parte nella fattispecie; soprattutto, qualunque fosse il giudicato, saremmo al cospetto di una ridda di vivacità, di polemiche e di evidenti sospetti, che sicuramente non gioverebbero alla giustizia e soprattutto non gioverebbero al sereno e corretto andamento di quell'amministrazione regionale.

  PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.

Ordine del giorno della prossima seduta.

  PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

  Lunedì 18 gennaio 2016, alle 15:

  Discussione sulle linee generali delle mozioni Capua, Lenzi, Nizzi, Calabrò, Locatelli ed altri n. 1-01055 e Rondini ed altri n. 1-01092 concernenti iniziative per il contrasto delle infezioni in ambiente ospedaliero e sanitario.

  La seduta termina alle 14,10.

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ORGANIZZAZIONE DEI TEMPI DI ESAME DELLA PROPOSTA DI LEGGE N. 3169-B

Pdl n. 3169-B – Introduzione del reato di omicidio stradale e del reato di lesioni personali stradali

Discussione generale: 7 ore e 30 minuti.

Relatori per la maggioranza 25 minuti
(complessivamente)
Relatore di minoranza 10 minuti
Governo 20 minuti
Richiami al Regolamento 10 minuti
Interventi a titolo personale 1 ora e 11 minuti (con il limite massimo di 15 minuti per ciascun deputato)
Gruppi 5 ore e 14 minuti
 Partito Democratico 37 minuti
 MoVimento 5 Stelle 32 minuti
 Forza Italia – Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente 31 minuti
 Area Popolare (NCD - UDC) 31 minuti
 Sinistra Italiana – Sinistra Ecologia e Libertà 31 minuti
 Scelta Civica per l'Italia 31 minuti
 Lega Nord e Autonomie – Lega dei Popoli – Noi con Salvini 30 minuti
 Democrazia Solidale – Centro Democratico 30 minuti
 Fratelli d'Italia – Alleanza Nazionale 30 minuti
 Misto: 31 minuti
  Conservatori e Riformisti 8 minuti
  Alternativa Libera 7 minuti
  Alleanza Liberalpopolare Autonomie ALA – MAIE – Movimento Associativo italiani all'estero 6 minuti
  Minoranze Linguistiche 4 minuti
  Partito Socialista Italiano (PSI) – Liberali per l'Italia (PLI) 3 minuti
  Unione Sudamericana Emigrati Italiani 3 minuti