Camera dei deputati

Vai al contenuto

Sezione di navigazione

Menu di ausilio alla navigazione

MENU DI NAVIGAZIONE PRINCIPALE

Vai al contenuto

Resoconto dell'Assemblea

Vai all'elenco delle sedute

XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 544 di lunedì 11 gennaio 2016

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE SIMONE BALDELLI

  La seduta comincia alle 11,05.

  PRESIDENTE. La seduta è aperta.
  Invito la deputata segretaria a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

  ANNA MARGHERITA MIOTTO, Segretaria, legge il processo verbale della seduta del 22 dicembre 2015.

  PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.
  (È approvato).

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Amici, Artini, Baretta, Bellanova, Bernardo, Biondelli, Bobba, Bocci, Boccia, Bonifazi, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Bratti, Bressa, Brunetta, Bueno, Caparini, Casero, Castiglione, Cirielli, Costa, Crippa, D'Alia, Dadone, Dambruoso, Del Basso De Caro, Dellai, Di Gioia, Epifani, Fedriga, Ferranti, Fico, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Franceschini, Gentiloni Silveri, Giachetti, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, La Russa, Locatelli, Lorenzin, Losacco, Lotti, Lupi, Madia, Manciulli, Marazziti, Merlo, Migliore, Orlando, Pes, Piccoli Nardelli, Gianluca Pini, Pisicchio, Portas, Rampelli, Ravetto, Realacci, Rosato, Domenico Rossi, Rughetti, Sanga, Scalfarotto, Schullian, Scotto, Valeria Valente, Velo, Vignali e Zanetti sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
  I deputati in missione sono complessivamente settantotto, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell’allegato A al resoconto della seduta odierna).

Modifica nella denominazione di un gruppo parlamentare.

  PRESIDENTE. Comunico che il presidente del gruppo parlamentare Per l'Italia-Centro Democratico, con lettera pervenuta in data 22 dicembre 2015, ha reso noto che l'assemblea del gruppo, in data 16 dicembre 2015, ha modificato la denominazione del gruppo medesimo in «Democrazia Solidale-Centro Democratico».

Discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 4 dicembre 2015, n. 191, recante disposizioni urgenti per la cessione a terzi dei complessi aziendali del Gruppo ILVA (A.C. 3481-A) (ore 11,10).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge n. 3481-A: Conversione in legge del decreto-legge 4 dicembre 2015, n. 191, recante Pag. 2disposizioni urgenti per la cessione a terzi dei complessi aziendali del Gruppo ILVA.
  Ricordo che nella seduta del 21 dicembre 2015 è stata respinta la questione pregiudiziale Zolezzi ed altri n. 1.

(Discussione sulle linee generali – A.C. 3481-A)

  PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
  Avverto che i presidenti dei gruppi parlamentari MoVimento 5 Stelle, Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà e Partito Democratico ne hanno chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
  Avverto, altresì, che le Commissioni VIII (Ambiente) e X (Attività produttive) si intendono autorizzate a riferire oralmente.
  Ha facoltà di intervenire il relatore per la maggioranza per la X Commissione (Attività produttive), onorevole Basso.

  LORENZO BASSO, Relatore per la maggioranza per la X Commissione. Signor Presidente, rappresentanti del Governo e onorevoli colleghi, il decreto-legge n. 191 del 2015, che ci apprestiamo a discutere, ha per obiettivo quello di accelerare le procedure per la cessione a terzi dei complessi aziendali dell'Ilva, attualmente in amministrazione straordinaria allo scopo di assicurare una prospettiva di stabilità finanziaria, industriale e gestionale del gruppo siderurgico, al fine di garantire i livelli occupazionali e la tutela ambientale.
  Il provvedimento, in particolare, prevede che le procedure di trasferimento a terzi siano completate entro il 30 giugno 2016, che i criteri per l'aggiudicazione siano valutati anche in riferimento ai profili di rilevanza ambientale ed occupazionale, che la valutazione dei beni possa essere effettuata, oltre che da società finanziarie, anche da società di consulenza aziendale, che il trasferimento assicuri la discontinuità anche economica della gestione da parte del soggetto aggiudicatario.
  Per consentire il processo di cessione e garantire nel contempo l'esigenza di tutela dell'ambiente e dell'occupazione, il decreto stanzia 300 milioni di euro a favore dell'amministrazione straordinaria dell'Ilva. Chi rileverà il gruppo, dovrà rimborsare allo Stato un importo, erogato e non ancora restituito, maggiorato degli interessi.
  Altre norme riguardano il pagamento dei debiti prededucibili contratti dall'amministrazione straordinaria, allo scopo di garantire la tutela dell'ambiente, della salute e dell'occupazione. Viene poi fatta chiarezza sui termini succedutisi in varie disposizioni normative, fissando al 30 giugno 2017 il termine unico per le autorizzazioni e per la realizzazione del Piano contenente misure e attività di tutela ambientale e sanitaria. È prevista, infine, una procedura per la revisione del Piano delle misure di attività di tutela ambientale e sanitaria, in relazione al piano industriale che sarà presentato dal soggetto aggiudicatario dei complessi aziendali del gruppo Ilva.
  Il testo è stato integrato e rafforzato nel corso del suo esame in sede referente presso le Commissioni congiunte attività produttive e ambiente della Camera; la mia relazione si concentrerà sulle disposizioni di competenza della X Commissione e cercherò di evidenziare solo gli aspetti principali di questo provvedimento, che si presenta molto tecnico e articolato, chiedendo fin d'ora a lei, signor Presidente, di consentirmi di consegnare agli uffici il testo completo della relazione affinché sia pubblicato in calce al resoconto della seduta odierna.

  PRESIDENTE. La Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.

  LORENZO BASSO, Relatore per la maggioranza per la X Commissione. Desidero iniziare ricordando che, con riferimento all'emergenza nell'area di Taranto e all'attività dello stabilimento Ilva, sono stati già adottati nove decreti-legge, dal n. 129 del 7 agosto 2012 al n. 92 del 4 luglio del 2015.Pag. 3
  Passando ad esaminare i contenuti del provvedimento in esame, mi soffermerò come promesso sui commi da 1 a 6-novies e sul comma 10 dell'articolo 1.
  I commi 1 e 2 dell'articolo 1, che non sono stati modificati dalle Commissioni referenti, prevedono un'accelerazione del procedimento di cessione dei complessi aziendali del gruppo Ilva. Il comma 1 richiama in più punti l'articolo 4, comma 4-quater, del decreto-legge n. 347 del 2003, il quale demanda al commissario straordinario l'individuazione dell'affittuario e dell'acquirente a trattativa privata.
  I richiami sono finalizzati, in primo luogo, a specificare che, tra le garanzie che debbono essere valutate dal commissario ai fini della designazione dell'affittuario e dell'acquirente, la garanzia della rapidità e dell'efficienza dell'intervento debba concernere anche i profili di tutela ambientale, oltre ai già previsti riferimenti alla garanzia di adeguati livelli occupazionali; in secondo luogo, a introdurre la previsione che la perizia sul prezzo di mercato dei beni sia effettuata con funzione di esperto indipendente, oltre che da primaria istituzione finanziaria, in alternativa, da una primaria istituzione di consulenza aziendale sempre designata dal MISE. Tale modifica si rende necessaria al fine di evitare l'eccessiva restrizione dei soggetti legittimati, atteso che le istituzioni finanziarie sono in larga parte da escludere in quanto coinvolte in rapporti e relazioni di natura istituzionale con Ilva. In terzo luogo, a introdurre la previsione che le offerte siano corredate da un piano industriale e finanziario, nel quale devono essere indicati gli investimenti, con le risorse finanziarie necessarie e le relative modalità di copertura che si intendono effettuare per garantire le predette finalità, nonché gli obiettivi strategici della produzione industriale degli stabilimenti del gruppo.
  Il comma 2 dell'articolo 1 fissa al 30 giugno 2016 il termine entro il quale i commissari del gruppo Ilva debbono espletare, nel rispetto dei principi di parità di trattamento, trasparenza e non discriminazione, le procedure per il trasferimento dei complessi aziendali individuati dal programma commissariale. I commissari devono assicurare la discontinuità anche economica della gestione da parte dei soggetti aggiudicatari. La norma si rende necessaria al fine di sancire l'inderogabilità della tempestiva riallocazione sul mercato dei complessi aziendali di Ilva, ai fini della definizione di una sua prospettiva di stabilità industriale, finanziaria e gestionale.
  I commi da 3 a 5 dell'articolo 1, che non sono stati anch'essi modificati dalle Commissioni referenti, prevedono l'erogazione di risorse finanziare in favore dell'amministrazione straordinaria di Ilva. In particolare, il comma 3 dispone l'erogazione della somma di 300 milioni di euro, indispensabile per far fronte alle esigenze finanziarie del gruppo. L'erogazione della somma opera nelle more del completamento delle procedure di trasferimento e al solo scopo di accelerare il processo di trasferimento e conseguire la discontinuità gestionale ed economica di cui al comma 2, garantendo contemporaneamente la prosecuzione dell'attività in modo da contemperare l'esigenza di tutela dell'ambiente, della salute e dell'occupazione.
  Il comma 3 dispone, inoltre, che l'aggiudicatario dei beni aziendali provvederà alla restituzione allo Stato dell'importo erogato, maggiorato degli interessi, entro 60 giorni dal decreto di cessazione dell'esercizio dell'impresa. Il rimborso del capitale e degli interessi di cui al comma in esame sono versati alle entrate del bilancio dello Stato per essere destinati al Fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato.
  Il comma 6 dell'articolo 1, modificato nel corso dell'esame in sede referente in seguito all'approvazione dell'emendamento 1.200 del Governo, reca disposizioni relative al pagamento dei debiti prededucibili contratti nel corso dell'amministrazione straordinaria. Si dispone che l'organo commissariale del gruppo Ilva provveda al pagamento dei debiti prededucibili contratti nel corso dell'amministrazione straordinaria, anche in deroga al disposto all'articolo 111-bis, ultimo comma, della Pag. 4legge fallimentare. Tale previsione si rende indispensabile per realizzare l'obiettivo di cui al comma 3, ovvero accelerare la dismissione dei complessi aziendali di Ilva ed in linea con i principi a presidio dell'amministrazione straordinaria del gruppo stesso.
  I nuovi commi, da 6-bis a 6-undecies, presentano profili di particolare interesse per le ricadute industriali e produttive. Il comma 6-bis autorizza i commissari del gruppo Ilva Spa a contrarre finanziamenti statali fino a 800 milioni di euro (600 milioni nel 2016 e 200 milioni nel 2017), al fine esclusivo dell'attuazione del Piano delle misure dell'attività di tutela ambientale e sanitaria delle imprese in amministrazione straordinaria e nel rispetto della normativa dell'Unione europea in materia.
  Nel corso dell'esame in sede referente è stato, altresì, introdotto il comma 6-novies, che prevede una modifica dei criteri per l'accesso alle risorse del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese creditrici di Ilva. Sulla disciplina relativa alla tutela di queste piccole e medie imprese era già intervenuto l'articolo 1, comma 840, della legge di stabilità per il 2016, che aveva stabilito che, con decreto del Ministero dello sviluppo economico, possono essere definiti, ai fini dell'accesso al Fondo di garanzia, appositi criteri di valutazione economico-finanziaria, che tengano conto delle caratteristiche dei particolari fabbisogni delle predette imprese. La norma in esame conferma i criteri appena descritti, ma aggiunge che gli stessi debbano tenere conto, in particolare, delle esigenze di accesso al credito di imprese che, negli esercizi 2011 e 2012, ossia fino all'avvio del commissariamento di Ilva, avessero un fatturato dipendente in maniera preponderante, almeno al 75 per cento dell'importo in beni e servizi, da Ilva.
  I nuovi commi 6-decies e 6-undecies introducono nuove norme per l'integrazione al reddito dei lavoratori dello stabilimento Ilva di Genova Cornigliano al fine di dare attuazione all'accordo di programma di Genova che impegna il Governo a garantire il mantenimento della continuità occupazionale di tutti i lavoratori interessati.
  Il comma 6-decies interviene sulla normativa (articolo 53 della legge n. 448 del 2001) che regola l'attività della società per azioni a cui sono state conferite le aree sdemanializzate occupate dallo stabilimento Ilva di Genova Cornigliano. In particolare, la disposizione precisa che la continuità occupazionale sopra richiamata possa essere assicurata anche mediante ricorso all'istituto del lavoro socialmente utile, ai sensi dell'articolo 26 del decreto legislativo n. 150 del 2015. Allo scopo sono utilizzate le risorse del Fondo di cui all'articolo 5, comma 14, del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35.
  Il comma 6-undecies prevede, sempre in virtù del sopra menzionato accordo di programma di Genova, che per i lavoratori dello stabilimento Ilva di Genova Cornigliano inseriti in contratti di solidarietà difensivi, prima dell'entrata in vigore del decreto legislativo n. 148 del 2015, il Jobs Act, continui ad applicarsi, fino al 30 settembre 2016, l'incremento del trattamento di integrazione salariale nella misura del 10 per cento della retribuzione persa a seguito della riduzione dell'orario di lavoro previsto dalla normativa vigente fino al 2015. All'onere derivante dalla disposizione, valutato in 1,7 milioni di euro per il 2016, si provvede a valere sul Fondo per gli interventi strutturali di politica economica.
  Infine il comma 10 dell'articolo 1 dispone che le procedure di cui all'articolo debbano svolgersi nel rispetto della normativa europea. Al riguardo ricordo che il piano d'azione della Commissione per una siderurgia europea competitiva e sostenibile stabilisce una serie di azioni intese a promuovere un settore siderurgico forte e competitivo ed una serie di ambiti in cui le imprese del settore siderurgico possono usufruire di aiuti di Stato in conformità delle norme in materia di aiuti di Stato. Ricordo che, sulla comunicazione 407 del 2013 (COM (2013) 407) che ho menzionato prima, la Commissione attività produttive della Camera ha approvato il 21 dicembre Pag. 52013 il documento trasmesso alle istituzioni europee in cui, alla lettera d) delle condizioni, si prevedeva il potenziamento degli strumenti a disposizione, a partire da Horizon 2020, e le risorse stanziate per promuovere l'innovazione e la ricerca nel settore, anche attraverso l'agevolazione, eventualmente anche mediante una revisione della disciplina sugli aiuti di Stato, di progetti di ristrutturazione finalizzati all'adeguamento e non alla chiusura di impianti produttivi con conseguente perdita di posti lavoro, sia per favorire lo sviluppo di nuove tecnologie sostenibili e pulite in termini energetici, sia per tutelare l'elevato livello qualitativo delle produzioni europee, sia per valorizzare, attraverso l'aggiornamento e la formazione dei dipendenti, il patrimonio costituito dall'elevata qualità professionale del personale del settore.
  Mi avvio alla conclusione, signor Presidente. Abbiamo cercato nel lavoro delle Commissioni congiunte, Ambiente e Attività produttive – vorrei dirlo, ringraziando tutti i colleghi – di compiere il compito che ci eravamo preposti e cioè di migliorare un provvedimento che sapevamo essere molto complesso e tecnico, poiché ultimo di una serie di provvedimenti straordinari che intrecciano le normative ambientali, sanitarie, industriali, giuslavoriste con i vincoli previsti dalle normative europee. Voglio ringraziare, oltre ai colleghi delle Commissioni attività produttive e ambiente ed ai loro presidenti che ci hanno costantemente supportato, anche tutti gli uffici che a questo lavoro hanno collaborato, impegnando anche i giorni festivi per rispettare i tempi che ci erano stati assegnati. Infine due ringraziamenti particolari: ai rappresentanti del Governo, alla sottosegretaria Vicari, anche oggi presente in Aula, e ai gruppi di opposizione con cui il confronto è stato molto franco, ma sempre nel merito delle questioni concrete, contenute in questo provvedimento, senza far ricorso a inutili e logoranti tattiche ostruzionistiche.
  Concludo, signor Presidente, dicendo che oggi possiamo offrire al dibattito parlamentare un testo che, da un lato, conferma l'impostazione originaria finalizzata a rafforzare il percorso di rilancio produttivo e, dall'altro, dà immediatamente due risposte concrete: al risanamento ambientale di Taranto, con lo stanziamento di una somma rilevante di 800 milioni per l'attuazione delle misure di bonifica, e al diritto al lavoro, con risorse all'integrazione al reddito dei lavoratori dello stabilimento di Genova Cornigliano, così come previsto dall'accordo di programma di Genova. Nei prossimi mesi saremo ancora chiamati a fare scelte che saranno determinanti per il futuro della siderurgia italiana, ma se l'Aula deciderà di approvare il testo qui sommariamente illustrato faremo un passo avanti all'interno di una congiuntura obiettivamente complessa, per assicurare un futuro ai principali stabilimenti siderurgici italiani, dando una risposta concreta nella direzione della sintesi tra il diritto al lavoro e il diritto alla salute.

  PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il relatore per la maggioranza per l'VIII Commissione, l'onorevole Massa.

  FEDERICO MASSA, Relatore per la maggioranza per l'VIII Commissione. Signor Presidente, onorevoli colleghi, passo a dare conto delle disposizioni del decreto-legge concernenti l'attuazione del Piano delle misure e delle attività di tutela ambientale e sanitaria e delle modifiche intervenute nel corso dell'esame presso le Commissioni riunite VIII e X; modifiche che, da un lato, come ricordava il collega relatore che mi ha preceduto, hanno inciso su profili importanti, inerenti le procedure per la modifica del Piano e il rispetto dei limiti di emissione previsti a livello europeo e, dall'altro, hanno rafforzato il controllo del Parlamento sulle attività di tutela ambientale e sanitaria nell'ambito dello stabilimento Ilva di Taranto.
  In particolare, il comma 7 dell'articolo 1 del decreto-legge fissa al 30 giugno 2017 il termine ultimo per l'attuazione del Piano delle misure e delle attività di tutela ambientale e sanitaria che è stato approvato con il Decreto del Presidente del Pag. 6Consiglio dei ministri del 14 marzo 2014, comprensivo delle prescrizioni di cui al decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare n. 53 del 3 febbraio 2014. Nel corso dell'esame in sede referente il termine ultimo per la compiuta attuazione del Piano è stato prorogato dal 31 dicembre 2016, termine indicato nel testo originario del decreto-legge, al 30 giugno 2017. La disposizione nel suo complesso sostituisce il terzo periodo del comma 5 dell'articolo 2 del decreto-legge n.1 del 2015 che demandava ad un apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri la fissazione del termine ultimo per l'attuazione di tutte le altre prescrizioni, nel rispetto dei termini massimi già previsti dall'articolo 2, comma 3-ter, del decreto-legge n. 61 del 2013, disposizione, quest'ultima, che viene abrogata dalla norma in esame. Si precisa che anche in questo periodo resta fermo l'obbligo del rispetto dei limiti di emissione previsti dalla normativa europea. Il comma 7 proroga, inoltre e conseguentemente, al 30 giugno 2017 il termine – di cui all'articolo 3 comma 3 del decreto-legge n. 207 del 2012 – fino al quale la società Ilva Spa di Taranto è immessa nel possesso dei beni dell'impresa ed è, in ogni caso, autorizzata, nei limiti consentiti dall'autorizzazione integrata ambientale, alla prosecuzione dell'attività produttiva nello stabilimento e alla commercializzazione dei prodotti, ivi compresi quelli realizzati antecedentemente alla data di entrata in vigore del predetto decreto-legge n. 207, ferma restando l'applicazione di tutte le disposizioni di tutela ambientale del decreto medesimo.
  Il comma 8 prevede che – e lo accennava il primo relatore di questo disegno di legge – qualora la realizzazione del Piano industriale e finanziario proposto dall'aggiudicatario, ai sensi dell'articolo 4, comma 4-quater del decreto-legge n. 347 del 2003 renda necessarie la modifica o l'integrazione del Piano delle misure e delle attività di tutela ambientale e sanitaria o di altro titolo autorizzativo necessario per l'esercizio dello stabilimento siderurgico Ilva Spa di Taranto, tali modifiche o integrazioni siano autorizzate su specifica istanza con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del Ministro della salute, previa deliberazione del Consiglio dei ministri che tiene luogo, ove necessario, della valutazione di impatto ambientale. Significativamente, nel corso dell'esame in sede referente, è stato precisato che il Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri deve essere adottato su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentito l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale ISPRA e che tale decreto garantisce l'integrale e costante rispetto dei limiti emissivi stabiliti a livello europeo.
  Ricordo che nella medesima prospettiva il comma 10 del decreto-legge prevede che tutte le procedure di cui all'articolo 1 si svolgano nel rispetto della normativa europea.
  Il comma 8 prevede inoltre che l'istruttoria per l'approvazione delle opere e degli interventi funzionali alla realizzazione del piano come modificato, venga effettuata ai sensi dei commi 5 e 9 dell'articolo 1 del decreto-legge n. 61 del 2013: e cioè, nella sostanza, venga effettuata con procedure del tutto analoghe a quelle già anteriormente previste per le medesime finalità.
  La nuova formulazione del comma 9, in esito alle modifiche approvate dalle Commissioni riunite VIII e X, prevede che le modifiche e le integrazioni del piano delle misure e delle attività di tutela ambientale e sanitaria e degli altri titoli autorizzatori diverse da quelle necessarie per l'attuazione del piano industriale, e autorizzate ai sensi del comma 8, saranno adottate in applicazione delle procedure riguardanti l'autorizzazione integrata ambientale di cui al Titolo III-bis della Parte II del decreto legislativo n. 152 del 2006 (cosiddetto Codice ambientale), nonché delle altre discipline ordinarie di settore.
  La nuova formulazione del comma 9 sostituisce il testo originario del decreto-legge, che sopprimeva invece il riferimento alle procedure di cui agli articoli 29-octiesPag. 7e 29-nonies del citato decreto legislativo, per il rinnovo, il riesame o l'aggiornamento dell'autorizzazione integrata ambientale: articoli richiamati nell'ultimo periodo del comma 7 dell'articolo 1 del decreto-legge n. 61 del 2013 per la modifica dei contenuti del piano delle misure e delle attività di tutela ambientale e sanitaria. In conseguenza della nuova formulazione approvata dalle Commissioni di merito, da un lato resta ferma la disciplina speciale relativamente alle modifiche del piano ambientale o di altri titoli autorizzatori che si configurino come necessarie per l'attuazione del piano industriale definito nell'ambito della procedura per il trasferimento dei complessi aziendali; ma dall'altro, a valle del trasferimento medesimo, si riespande la procedura ordinaria del decreto legislativo n. 152 per ogni ulteriore e/o diversa modificazione.
  Segnalo inoltre che nel corso dell'esame effettuato dalle Commissioni riunite è stato inserito il comma 8-bis, che obbliga l'aggiudicatario ai sensi dell'articolo 4, comma 4-quater, del decreto-legge n. 347 del 2003 a presentare al Parlamento per almeno cinque anni una relazione semestrale relativa allo stato di riconversione industriale e alle attività di tutela ambientale e sanitaria dello stabilimento Ilva Spa di Taranto. È stato altresì inserito il comma 10-bis, che prevede l'invio al Parlamento da parte dei commissari di Ilva, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione, di una relazione delle attività poste in essere con riguardo al materiale presente nello stabilimento dell'Ilva di Taranto che possa contenere amianto o materiale radioattivo: è financo superfluo che io sottolinei come le ultime due disposizioni da me richiamate segnalano l'importanza di un controllo parlamentare rispetto alle attività dello stabilimento Ilva di Taranto e alle attività delle società facenti capo al gruppo Ilva, nella destinazione che ad esse verrà data con il completamento delle procedure di cui al comma 4-quater.
  Ricordo da ultimo, richiamando e facendo miei i ringraziamenti e i riconoscimenti che il relatore che mi ha preceduto ha già fatto e che non ripeto per non tediare chi mi sta ascoltando, che le Commissioni competenti in sede consultiva si sono espresse favorevolmente sul testo originario del provvedimento, e che nessuna Commissione ha subordinato il proprio parere favorevole all'accoglimento di condizioni (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire la relatrice di minoranza, onorevole Ricciatti.

  LARA RICCIATTI, Relatrice di minoranza. Signor Presidente, signori sottosegretari, onorevoli colleghi, il disegno di legge di conversione ora all'esame della Camera è il nono decreto-legge riguardante l'Ilva di Taranto, e la conseguente situazione di estrema criticità ambientale e industriale di quell'area: una perdurante gravissima emergenza industriale, sanitaria e ambientale che continua ad essere affrontata con provvedimenti d'urgenza, che hanno finora dimostrato tutti i loro limiti, tanto che, dal punto di vista ambientale e sanitario, nonché dal punto di vista degli investimenti, la situazione permane pesantissima. In questi anni i risultati ottenuti sono quindi praticamente nulli, e il risanamento e le bonifiche sono ancora molto lontane dall'essere realizzate.
  Vista l'estrema complessità della vicenda Ilva, lo strumento della decretazione d'urgenza non sembra essere proprio quello migliore per intervenire su questa perenne emergenza; e anche quest'ultimo decreto-legge rischia di essere – al pari dei precedenti – non solo inefficace sotto l'aspetto della salvaguardia della salute pubblica e del risanamento ambientale, ma addirittura peggiorativo rispetto alla normativa ambientale attualmente vigente. Un provvedimento nel complesso non solo non in grado di affrontare adeguatamente il futuro destino dell'Ilva, dei lavoratori, dell'indotto e dell'acciaio del nostro Paese, ma che soprattutto rappresenta un passo indietro riguardo la necessità indilazionabile di mettere in campo un vero risanamento Pag. 8ambientale e sanitario, che quell'area, e soprattutto i cittadini, meritano e aspettano da tanto tempo.
  Con questo ennesimo decreto-legge Ilva, il Governo, pur riconoscendo un ulteriore prestito-ponte nei confronti dell'azienda di 300 milioni di euro, continua in un'opera per alcuni aspetti profondamente lesiva della tutela ambientale e dei diritti fondamentali delle lavoratrici e dei lavoratori del siderurgico, dell'indotto e dei cittadini di Taranto. Seguendo di fatto tre strategie fondamentali, che consistono essenzialmente – primo punto – nell'accelerazione della vendita dello stabilimento siderurgico del gruppo Ilva ai privati entro il prossimo 30 giugno 2016: tacendo in maniera anche più o meno volontaria ma grave sulla salvaguardia dei posti di lavoro e su come i lavoratori del gruppo Ilva saranno riassunti dagli eventuali nuovi proprietari dell'azienda, con quali contratti ad esempio, e con quali diritti e tutele acquisiti. Come ha evidenziato non il mio gruppo parlamentare, ma uno dei sindacati più rappresentativi d'Italia, la CGIL, c’è sempre maggiore allarme sulla tenuta occupazionale e sociale dei territori interessati, ed è necessario rendere esplicita per l'insieme dei lavoratori coinvolti dalla vicenda Ilva, diretti e indiretti, interni ed esterni, la continuità dell'intervento degli ammortizzatori sociali alle condizioni in essere.
  La previsione contenuta nel decreto-legge sulla procedura per il trasferimento dei complessi aziendali entro il 30 giugno 2016, e relativa restituzione dei 300 milioni di euro da parte dell'aggiudicatario, in un quadro di sostanziale declino dell'attività produttiva e di mancata attuazione dei provvedimenti strategici che erano alla base del necessario risanamento produttivo e finanziario dell'Ilva, costituisce per noi un allarme sulle condizioni possibili che potranno essere imposte dall'aggiudicatario in tema di futuro assetto produttivo degli stabilimenti, e sui possibili riflessi occupazionali che potranno derivarne. In previsione di un nuovo scenario industriale e occupazionale, non c’è, non lo vediamo nel provvedimento, alcuna risposta volta a preservare un patrimonio industriale inalienabile per l'economia italiana: a meno che non abbiate il coraggio (ma dovete metterlo nero su bianco) di sostenere che a questo Governo del futuro della siderurgia italiana poco importa !
  La seconda strategia che abbiamo letto all'interno di questo decreto-legge è un gravissimo, ulteriore slittamento del termine ultimo per la realizzazione delle prescrizioni AIA, che non sarà più il 4 agosto 2016, come voi stessi avevate scritto, ma il 30 giugno 2017. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare Gian Luca Galletti aveva dichiarato sul punto che «a tutt'oggi l'Ilva rispetta tutte le BAT», che sarebbero le migliori tecniche disponibili; «tutti i limiti di emissione europei oggi a Taranto sono rispettati», sosteneva il Ministro dell'ambiente, e che il piano di ambientalizzazione prevedeva degli step intermedi: uno di questi era la realizzazione dell'80 per cento delle prescrizioni entro il 31 luglio 2015. «Oggi possiamo dire con certezza», continua il Ministro, «perché certificato dall'ISPRA, che il primo step è rispettato».
  Aggiungiamo noi: peccato che le prescrizioni siano espresse in percentuali, il che, come più volte sottolineato e ribadito all'interno di quest'Aula, quando è stata approvata questa procedura, ha fatto sì che tuttora siano assolutamente incompiute le opere di maggiore rilevanza ambientale, come la copertura dei parchi minerari. Inoltre, l'ARPA ha confermato che tutti i limiti di emissione europei non sono stati rispettati nella città di Taranto, e anzi confermano gravi sforamenti degli IPA, che sono gli idrocarburi policiclici aromatici, nel quartiere Tamburi.
  La grave proroga al 30 giugno 2017 per la realizzazione del piano ambientale e le prescrizioni AIA porta con sé un altro pericolosissimo e incostituzionale vulnus, ossia la proroga anche della norma che garantisce uno scudo giudiziario ai commissari e ai loro delegati. Il precedente decreto-legge, il n. 1 del 2015, aveva introdotto una totale irresponsabilità penale e amministrativa del commissario straordinario e dei funzionari da lui delegati, Pag. 9purché le condotte fossero finalizzate a dare attuazione all'AIA e fossero osservate le disposizioni contenute nel piano ambientale e sanitario.
  Una norma gravissima, che ora, con la prevista proroga dei tempi per la realizzazione delle prescrizioni AIA e del piano, si continua a mantenere vigente fino a giugno 2017. Avevamo chiesto, con i nostri emendamenti, la volta scorsa, che quanto meno questo scudo giudiziario fosse tolto: continueremo a chiederlo. E, se quanto appena esposto non fosse sufficiente, il comma 6 dell'articolo 1 del disegno di legge in commento dispone l'estensione dello scudo giudiziario per l'organo commissariale e i suoi delegati, oltre che per la responsabilità penale o amministrativa, anche per la responsabilità civile.
  Vi è, inoltre, l'introduzione di un principio grave e preoccupante – ecco la terza strategia che avete infilato in questo decreto – con il quale consentirete ai nuovi proprietari privati del gruppo la possibilità di modificare il piano ambientale e sanitario per renderlo compatibile con il piano industriale. In pratica, il piano ambientale e sanitario sarà sacrificato sull'altare del piano industriale. È peraltro evidente che una modifica del piano ambientale equivarrebbe, di fatto, a una modifica dell'AIA.
  Inoltre, tutte queste risorse si svincolano dall'attuazione del piano ambientale e sanitario come modificato a norma del comma 8 del provvedimento in esame, e quindi, in base a un nuovo piano industriale, voi avanzerete una proposta all'acquirente medesimo. Le risorse previste dal testo in esame, fino a 800 milioni, vengono quindi spacchettate in due anni, ma, di fatto, vengono previsti solo 400 milioni di euro di più in due anni.
  Sono, quindi, del tutto evidenti le forti criticità di questo ennesimo decreto-legge sull'Ilva, che rappresenta, per diversi aspetti, una vera e propria regressione rispetto alla normativa vigente. Conseguentemente, abbiamo proposto opportune modifiche, in particolare alle norme più gravi e pericolose, soprattutto volte, innanzitutto, a prorogare il termine di cessione degli asset aziendali di un anno. Questa è la proposta che noi vi abbiamo avanzato, ma ce ne sono anche altre come: sopprimere le disposizioni con cui si prevede, da un lato, il posticipo del termine di realizzazione del piano ambientale del 4 agosto 2016 al 31 dicembre 2016 e, dall'altro, la possibilità che l'aggiudicatario possa apportare modifiche al piano ambientale in funzione di quello industriale; ancora, garantire, in ogni caso, che il processo di trasferimento dei complessi aziendali non pregiudichi in alcun modo il mantenimento dei livelli occupazionali, le garanzie contrattuali e la protezione sociale dei lavoratori operanti presso i complessi aziendali del gruppo Ilva precedentemente alla data di entrata in vigore del decreto-legge in esame.
  L'ultima cosa che vi abbiamo chiesto è quella di garantire che le somme necessarie per l'attuazione dell'AIA e per l'adozione delle misure previste nel piano delle misure delle attività di tutela ambientale e sanitaria e l'adozione del piano industriale possano essere richieste dal commissario al Fondo strategico Italiano Spa, istituito presso la Cassa depositi e prestiti, se la cessione a terzi dei complessi aziendali del gruppo Ilva non avviene entro il 30 giugno 2016 e in caso di impossibilità immediata di disporre delle risorse finanziarie della società proprietaria sottoposte a sequestro penale.
  Come corrispettivo di tali somme, saranno conferite al Fondo citato quote azionarie della società proprietaria dello stabilimento. Signori sottosegretari, colleghi e colleghe deputati, noi avremo modo, come Sinistra Italiana, anche all'interno della discussione sulle linee generali e della votazione degli emendamenti, e per finire con la dichiarazione di voto finale, di palesare una cosa.
  Per il nostro gruppo, fino a che avremo i tempi per poterlo dire all'interno di quest'Aula, e poi lo faremo fuori e continueremo a dirlo fuori, noi ci sottrarremo fino alla morte a una contrapposizione fra il diritto alla salute e il diritto di vivere in un ambiente sano e il diritto al lavoro. Per noi questi soldi non bastano, non sono sufficienti: i soldi che il Governo ha stanziato Pag. 10non sono sufficienti né per arrivare a una bonifica ambientale seria e sana, né per tutelare le cittadine e i cittadini di Taranto in merito al non morire e al non segnare i loro destini con una cartella clinica che ti diagnostica il cancro, né per garantire a tutti i livelli occupazionali diritti e, soprattutto, per far sì che a Taranto non si crei un ecomostro, che non produce alcunché e, di fatto, cancella, per quello che riguarda soprattutto Taranto, il diritto delle persone al lavoro; diritto, peraltro, costituzionalmente riconosciuto.
  Per noi il Governo avrebbe dovuto fare una cosa diversa: interrompere immediatamente l'utilizzo della decretazione di urgenza, aprire un confronto serio, fuori da questo Palazzo e poi parlamentare, appellarsi sì alla Cassa depositi e prestiti, ma per avere tanti più soldi, per avviare una seria e vera bonifica ambientale dell'area e garantire il diritto alle cittadine e ai cittadini di Taranto di avere salute e di continuare con il siderurgico rivisto, perché, ovviamente, una delle altre grandi emergenze in questo Paese è che questo Governo non è capace di scrivere una politica industriale all'altezza delle sfide, che si possano coniugare in maniera dolce e non guerrafondaia il diritto alla salute e il diritto a una sostenibilità ambientale vera.
  Quindi, voi avreste potuto stanziare molti più soldi e avreste potuto avviare sì delle prescrizioni dell'AIA vere, una bonifica ambientale vera e garantire un continuo produttivo, provando a riscrivere, magari, e ascoltando tutti e tutte quale idea di siderurgia abbiamo in questo Paese. Lo voglio dire in maniera chiara: noi siamo contrari alla chiusura dell'Ilva di Taranto, purché, però, si possa garantire il diritto alla salute, il diritto a una sostenibilità ambientale e il diritto al lavoro. Questo siamo intimamente e graniticamente convinti che si possa fare; purtroppo, il Governo si assumerà, anche per questa volta, la responsabilità di non aver voluto stanziare fondi sufficienti perché questo avvenisse (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Italiana – Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo rinunzia ad intervenire.
  È iscritto a parlare il presidente Realacci. Ne ha facoltà.

  ERMETE REALACCI. Grazie, Presidente. Siamo al decimo decreto sull'Ilva: il primo è stato nell'agosto del 2012. Alcuni erano centrati soprattutto sull'Ilva, altri erano misure presenti in provvedimenti più generali, ma basta questo dato per capire che la situazione è di grande difficoltà e che il decreto che stiamo esaminando oggi potrebbe configurarsi come l'ultima chiamata per l'Ilva, in particolar modo per lo stabilimento di Taranto.
  Ed è questo che giustifica un fortissimo intervento da parte dello Stato e un grande impegno del Parlamento, non solo in questo decreto, ma anche dopo. Vorrei ricordare alla collega Ricciatti, la cui sensibilità condivido, che 800 milioni stanziati dallo Stato per il risanamento ambientale non li avevamo mai visti su nessun impianto di questo Paese. Quindi, c’è, in questo senso, un cambio di passo e c’è bisogno, soprattutto, che ci siano delle proposte che siano lungimiranti, coerenti e coraggiose, per scongiurare effetti gravissimi sia dal punto di vista sociale sia dal punto di vista della salute e dell'ambiente sia dal punto di vista dell'economia del nostro Paese, perché questo impianto non è estraneo alle filiere produttive italiane.
  L'Italia ha nell’automotive e nella meccanica dei punti di forza, ed è chiaro che è meglio che l'acciaio venga prodotto in Italia e non che venga prodotto in altre zone. Il problema delle acciaierie c’è in tutto il mondo: è un problema legato a una sovrapproduzione ed è un problema legato fortemente ai temi ambientali. L'impatto ambientale degli altiforni e delle cokerie, sia dal punto di vista degli inquinanti locali che dal punto di vista anche delle emissioni di CO2, legate agli Accordi di Parigi, è molto pesante. In questo quadro, l'Ilva rappresenta, però, un caso particolare: l'Ilva è un impianto che ha, se vogliamo, nei suoi cromosomi un periodo industriale, quello della fine degli anni Pag. 11Cinquanta e dell'inizio degli anni Sessanta, in cui questo tipo di produzioni venivano avviate con una grande disattenzione – era la cultura dell'epoca, se vogliamo attenuare il tema – rispetto all'ambiente e alla salute dei cittadini.
  A me, ho avuto già modo di ricordarlo in quest'Aula, colpisce che, in riferimento a un impianto che nasceva assieme all'Ilva, il Polo chimico di Porto Marghera, il Piano regolatore di Venezia, in un allegato tecnico, quindi non le dichiarazioni di un dottor Stranamore, ma un documento pubblico ufficiale, diceva testualmente: nella zona industriale di Porto Marghera troveranno posto prevalentemente quegli impianti che diffondono nell'aria fumo, polvere o esalazioni dannose alla vita umana, che scaricano nell'acqua sostanze velenose; è quello che è accaduto, è quello che è accaduto a Marghera, è quello che è accaduto a Taranto. Cos’è accaduto, dopo, a Taranto, col passaggio dall'Italsider all'Ilva ? Non c’è stata un'evoluzione di questa cultura o c’è stata in misura del tutto insufficiente e questo ha reso doveroso l'intervento della magistratura. Il caso dell'Ilva è il caso del primo commissariamento che c’è stato in Italia, e probabilmente in Europa, per quanto ne sappia, che è stato determinato non da motivi economici, ma da motivi ambientali, perché si era creata una situazione insostenibile. Al di là degli andamenti processuali, è evidente che la responsabilità della famiglia Riva è quella di aver massimizzato il profitto in maniera miope, compromettendo il futuro e l'ambiente, e utilizzato la sua forza per trascurare, aggirare, rimandare, l'applicazione delle leggi e quelle innovazioni tecnologiche che avrebbero potuto fare quello che è l'obiettivo di tutti: tenere assieme l'ambiente, la salute e il futuro produttivo di quel sito. È evidente a tutti che, come dicevano i latini, simul stabunt, simul cadent, nel senso che se non ci sarà un risanamento ambientale e un intervento sulla salute dei cittadini, se quell'impianto chiude, non ci sarà futuro produttivo di quell'impianto.
  Da ultimo, l'ultimo decreto che abbiamo votato qui, quello del 4 luglio 2015, era centrato su un'ipotesi che c'era stata presentata come credibile, l'ipotesi che il miliardo e 200 milioni della famiglia Riva, che erano in Svizzera, potevano essere resi da subito attivi nel processo di risanamento e di innovazione ambientale. Questo non è stato possibile e questo giustifica il forte intervento dello Stato. Io lo ripeto, 800 milioni di euro disponibili da subito non li considero un intervento di poco conto, ma è chiaro che questo comporta oggi, più ancora di prima, un nuovo piano industriale, una nuova idea di collocazione che significa non solo l'individuazione di spazi di mercato. È probabile (ovviamente noi non siamo competenti in materia) che questo significhi in qualche caso anche alzare la gamma dei prodotti offerti dall'Ilva di Taranto, perché vi sono alcuni segmenti necessari per l'acciaio che la nostra industria richiede che non sono attualmente coperti da Taranto, ma sicuramente significa attivare una forte spinta nel senso dell'innovazione ambientale. Qui voglio essere chiaro: noi continueremo (l'abbiamo detto col presidente Epifani, l'abbiamo detto nelle Commissioni) a occuparci pienamente di questo tema anche al di là dell'approvazione di questo provvedimento, convocando, appena saranno arrivate le attestazioni di interesse, il Ministro Guidi a discutere di questa questione con il Parlamento. Voglio essere chiaro: noi abbiamo nel passaggio già ora in Commissione, lo ricordava il collega Massa, lo ricordava il collega Basso, rafforzato queste garanzie (il riferimento è alle migliori tecnologie, alle Bat, agli standard europei, alla richiesta del parere del Consiglio dei ministri, del Ministero dell'ambiente e del Ministero dello sviluppo che preveda un passaggio per l'ISPRA, alle relazioni al Parlamento sull'andamento della situazione con cadenza semestrale). Ma la verità è che noi ci aspettiamo, e non faccio fatica a immaginare che non si possa fare questo, una forte innovazione sul piano della proposta industriale e ambientale.
  In controluce di questo decreto, perché altrimenti non capisco come ce la facciamo, c’è in realtà quella proposta che a Pag. 12suo tempo era stata avanzata anche da Bondi e da Ronchi, quando erano commissari, che prevede, in prospettiva, la creazione della più avanzata acciaieria europea attraverso il ricorso al preridotto e al metano. Questa proposta, che è stata a lungo discussa in questi mesi sui giornali, anche dal collega Mucchetti (io condivido le cose che lui ha detto), configurerebbe il fatto che l'Ilva fa un salto in avanti, abbatte fortemente gli inquinanti, tutti gli inquinanti, abbate fortemente le emissioni CO2. Faccio fatica a immaginare un'Europa che si oppone a una proposta di questo tipo all'indomani di Parigi. Faccio fatica a immaginare un'Europa che si oppone a un'offerta di questo tipo, viste le priorità ambientali che l'Europa ha sempre sottolineato, a meno che non vincano in Europa altre idee.
  È chiaro che così come è legittimo in Italia che ci sia chi ritiene che sia meglio chiudere l'Ilva di Taranto (io non la penso così, io penso che Taranto deve ovviamente diversificare il sistema produttivo e scommettere sulle sue risorse, sulle sue qualità), anche in Europa molti scommettono sulla chiusura dell'Ilva, scommettono cioè che il Piano acciaio europeo sia risolto dal fatto che l'Ilva non sia più un grande impianto che compete con gli altri impianti. Ma non può essere questa la nostra posizione. Lo ripeto, condivido le cose che ha detto il collega Mucchetti, che è il presidente della Commissione attività produttive al Senato, e mi sembra che in questa direzione vadano anche le indicazioni del presidente della regione Puglia Emiliano, quando si parla di abbattimento delle emissioni. Il metano oggi è molto più concreto di quanto non fosse anni fa, visto l'andamento del mercato dei combustibili fossili in generale e del mercato del metano in particolare, parliamo di una cosa che oggi ha assolutamente le caratteristiche della fattibilità. Su questo noi vogliamo mantenere una forte attenzione, perché la scommessa che stiamo per fare non è una scommessa che può essere ritualmente liquidata come solo una scommessa di carattere ambientale, di carattere sociale o di carattere economico, è una scommessa sul futuro produttivo del nostro Paese, sull'idea che abbiamo di industria. Sun Tzu diceva che quando siamo circondati da pericoli non dobbiamo aver paura e quando siamo privi di risorse dobbiamo contare su tutti. La sfida dell'ILVA è in queste condizioni e per questo richiede una grande mobilitazione di intelligenze e di energie della società, dell'economia e del Parlamento. Il Parlamento farà fino in fondo la sua parte e sappiamo che questa sfida non riguarda Taranto o la Puglia, riguarda tutta l'Italia e dobbiamo vincerla (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Zaratti. Ne ha facoltà.

  FILIBERTO ZARATTI. Grazie Presidente. Come è stato detto opportunamente dal presidente Realacci, siamo al decimo decreto che affronta il problema dell'Ilva. Ragionevolezza avrebbe voluto che, da parte degli esponenti del Governo e della maggioranza, si arrivasse in quest'Aula con una piccola autocritica, quella di chi si rende conto che ha fatto nove decreti che effettivamente non hanno risolto il problema e che presentano alcuni errori davvero pacchiani, mi scuseranno i colleghi. Insomma, il fatto che non fosse possibile recuperare in tempi brevi il miliardo e 200 milioni che i Riva tengono custoditi con grande cura nei forzieri della Svizzera era una cosa facilmente intuibile e del resto anche nelle discussioni che abbiamo fatto nelle Commissioni parlamentari competenti, e nella discussione in Aula, questo elemento era stato evidenziato più volte. Quindi, si sono costruiti una serie di decreti spesso partendo da delle ipotesi che si sapeva essere inconsistenti e fragili.
   È vero è stata commissariata una grande azienda per la prima volta per questioni ambientali, ma andrebbe anche riconosciuto che questo commissariamento è stato un fallimento, che questo commissariamento non ha neanche avviato quelle procedure necessarie a risolvere il problema, né dal punto di vista ambientale, né dal punto di vista produttivo. Pag. 13Ci troviamo di fronte, infatti, a una crisi per certi versi ancora più grave di quella che c'era negli anni precedenti. Si è detto, l'ha ripetuto la mia collega Ricciatti, delle enfatiche dichiarazioni del Ministro Galletti, il quale ha avuto modo di dire, con una certa enfasi e con una certa imprudenza, che tutti i limiti di emissione europei oggi a Taranto sono rispettati, che l'80 per cento delle prescrizioni sono state realizzate, che il primo step è stato completamente rispettato. Sappiamo bene che la gran parte delle prescrizioni erano di carattere normativo e che quindi sono state realizzate soltanto quelle di carattere normativo. Per quelle che riguardavano gli investimenti che dovevano risanare l'ambiente e tutelare la salute, a cominciare dalla copertura dei parchi minerari, non si è fatto nulla. Noi ci troviamo in una situazione ancora di grandissima emergenza dal punto di vista ambientale.
  Avrei avuto piacere che questi limiti inseriti nei precedenti decreti fossero evidenziati, perché altrimenti sembra che si parta sempre da zero, che non sia successo mai nulla prima, che gli errori fatti non servono ad aumentare quella conoscenza per affrontare sempre gli stessi problemi.
  Ricordo che l'anno scorso, di questi tempi, una persona molto autorevole, il Presidente del Consiglio diceva: il primo decreto dell'anno riguarda Taranto, questa città bella e disperata è il punto di partenza del nostro anno; il salvataggio di Ilva insieme al salvataggio dei tarantini e dei loro figli. Il problema sembrava risolto e invece oggi ci ritroviamo, un anno dopo, a dire la stessa cosa: il primo decreto riguarda Taranto, questa città bella e disperata è il punto di partenza del nostro anno.
  Vorrei che vi fosse un po’ più di consapevolezza da parte di chi deve governare un grande Paese come l'Italia, che deve governare una crisi importante anche dal punto di vista produttivo. Voglio soltanto ricordare al riguardo che nel 2015 il prezzo internazionale dell'acciaio è calato del 45 per cento. Che la crisi sia strutturale dal punto di vista del mercato della siderurgia è chiaro, e allora cosa fare ? Penso che, di fronte a dati così allarmanti, rilanciare e risanare l'Ilva rappresenti un obiettivo che può essere perseguito soltanto puntando fortemente sull'innovazione, sulla modernità, sulla compatibilità ambientale. Ci vorrebbe, lo dico al presidente Epifani, finalmente una politica industriale in questo Paese, ma come si fa a non parlare di politica industriale in un Paese come il nostro ? Lo dico da ambientalista, può questo Paese vivere soltanto di turismo, può vivere soltanto di bellezze artistiche ? Certo si tratta di un pezzo importante del nostro sviluppo, del nostro futuro, ma può questo Paese vivere senza una politica industriale ? Sarebbe il caso che voi ci metteste le mani, perché fino ad ora non l'avete fatto.
  Non bastano le dichiarazioni enfatiche di chi vuol salvare tutto e risolvere tutto in cinque minuti come fa Renzi, perché intanto gli operai continuano a vivere e a lavorare in quell'ambiente e a non avere più un futuro per il loro posto di lavoro, mentre i bambini di questa città continuano a respirare un'aria inquinata. Una strategia sbagliata di questi anni, una strategia che noi stiamo pagando fortissimamente.
  Guardando anche alle proposte, qualcuno lo vuole dire che avete fatto un bando prima ancora che il Parlamento finisse la discussione ? E non perché vi fosse urgenza, perché l'avete fatto cinque giorni prima che il Parlamento, in modo concordato, avesse la possibilità di esprimere la propria opinione su questa vicenda !
  Insomma, discussioni fuori con le realtà sociali, politiche e sindacali non se ne fanno, è morta la concertazione, caro Epifani, lo dice sempre il suo Presidente del Consiglio, e la discussione in Parlamento non si fa perché è inutile e perché si fa a posteriori ! Davvero qualcuno può pensare di affrontare un problema come quello dell'Ilva senza una grande discussione nel Paese ? Io penso che non sia possibile, ma forse avrò un modo sbagliato di pensare. Quello che serve è un grande risanamento non solo dell'Ilva, ma un Pag. 14risanamento di Taranto. Gli ottocento milioni messi dalla Cassa depositi e prestiti sono importanti, ma io credo che quell'area meriti grandissimi e importanti investimenti per risanare la città, dall'arsenale al petrolchimico, oltre che all'Ilva, perché quella città ha dato tanto al nostro Paese, ha dato tanto in termini di devastazione ambientale, ha dato tanto in termini di salute, ha dato tanto in termini di produzione, naturalmente, e quindi servirebbero significativi investimenti che potessero risanare la città di Taranto.
  Anche rispetto a queste procedure di vendita non sono ancora noti tutti i dettagli, perché noi siamo come quelle famiglie dove le cattive notizie i mariti le sanno sempre per ultimi, e quindi non abbiamo ancora tutti i dettagli di questa vendita. Tuttavia alcune domande in particolare meriterebbero risposta. Quale privato avrà interesse a trasformare l'Ilva da industria decotta a industria virtuosa ? Perché io non ho capito ancora quale possa essere l'interesse di qualche imprenditore serio. Come farà il Governo a vendere un'azienda che non è neanche di sua proprietà ? Come giustificherà il Governo l'aumento che intende apportare alla legge di stabilità, ovvero gli ulteriori 800 milioni di euro dati ai commissari governativi di Ilva per risanare gli impianti, non più sotto forma di prestito ma di finanziamenti ? E che dire sulla salvaguardia dei posti di lavoro ? I lavoratori del gruppo Ilva saranno riassunti dagli eventuali nuovi proprietari dell'azienda ? Con quali contratti e con quali tutele dei diritti acquisiti ?
  Io penso che a queste domande il Governo dovrebbe rispondere qui in Aula e non dovrebbe far finta di nulla ! Non dovrebbe avere il solito atteggiamento, penso sbagliato, di chi non vuole mai ascoltare, di chi pensa sempre di essere al centro di un complotto, di chi pensa di essere sempre assediato da tutto e da tutti, perché, può anche darsi, lo dico al rappresentante del Governo, che nei dibattiti parlamentari ci sia anche la possibilità di ascoltare qualche proposta che magari aiuta a risolvere i problemi del nostro Paese !
  Ho la strana sensazione che questo Governo e questa maggioranza si muovano su questi problemi nel solco della grande tradizione italiana che dice che bisogna socializzare le perdite e privatizzare i profitti ! Avrei sperato che da un Governo, che non è di centrosinistra, ma che vede la presenza di una parte di quel centrosinistra, almeno questo ci fosse evitato. Il fatto, cioè, che si persegua ancora questa politica pessima per cui i debiti sono sempre a carico della collettività, dei cittadini e dei lavoratori e invece i profitti vanno sempre nelle tasche di lor signori ! Almeno questo io speravo che ci fosse risparmiato. Così non è stato e così non è, e allora per queste ragioni noi continuiamo ad esprimere perplessità forti.
  Avremmo anche preferito, presidente Realacci, che almeno quello scudo giudiziario introdotto dal precedente decreto, di cui godono i commissari e i loro delegati, venisse abrogato in questo decreto. Siccome state riconoscendo di fatto che i decreti fatti in precedenza sono stati inutili e anche dannosi, almeno questa norma incostituzionale poteva essere tolta, sarebbe stato utile, intelligente, giusto e anche opportuno, cassarla questa norma, in modo tale che così anche i commissari dell'Ilva rientrino in quel numero un po'più grande di persone normali, che sono i cittadini italiani, i quali dovrebbero essere uguali davanti alla legge, cosa che spesso non capita.
  Queste sono le perplessità che noi abbiamo su questo decreto. Abbiamo la convinzione che sia necessario fare di più per quel territorio, per quell'azienda, per quei cittadini e per quei lavoratori, e ci sembra che ci sia ancora una volta da parte del Governo e della maggioranza una sottovalutazione, una non consapevolezza, che non mette in sicurezza la città di Taranto, non mette in sicurezza la salute dei cittadini di Taranto, non mette in sicurezza il futuro dei lavoratori dell'Ilva di Taranto e non mette in sicurezza il futuro dell'industria Pag. 15italiana (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Italiana – Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Matarrese. Ne ha facoltà.

  SALVATORE MATARRESE. Grazie, signor Presidente. Signor sottosegretario, onorevoli colleghi, siamo arrivati, si diceva prima, al decimo decreto che riguarda l'Ilva e per fortuna arriviamo a parlare di cessione dell'Ilva a soggetti privati che siano in grado di gestire questa strategica attività industriale per questo Paese. Lo abbiamo sempre detto, sin dalle prime battute della discussione sull'Ilva, lo Stato deve tornare a fare il suo ruolo di vigile attento e di osservatore attento delle attività industriali, ma l'attività industriale deve tornare in mano ai privati per tutelare il lavoro, per tutelare l'ambiente e per tutelare gli asset importanti di questo valore per il nostro Paese.
  Non possiamo non considerare che dal 1965, quando è stata inaugurata l'Ilva, fino al 2005 nulla è stato fatto anche nelle gestioni dirette dello Stato – ricordiamo le vicende dell'IRI – e le difficoltà che ha adesso la gestione commissariale sono nei fatti – perché di fatto siamo in amministrazione straordinaria, abbiamo dichiarato il dissesto di quest'azienda – unitamente a un contesto internazionale di mercato estremamente critico, con ribasso di domanda e con la probabilità, anche da considerare, che l'Ilva diventi la soluzione per governare la produttività e il bilancio della produttività dell'acciaio a livello europeo. Quindi questi sono gli scenari difficili nei quali un'azienda si trova gestita da un commissariamento che deve cambiare sicuramente registro e quindi il valore di questo decimo intervento è quello sicuramente della cessione. Interveniamo nella cessione, stabilendo anche dei criteri che sono importanti per tutto l'operato e per tutta l'attività legislativa che abbiamo fatto in quest'Aula e che ha visto come protagonista la tutela della salute dei cittadini, la tutela dell'ambiente abbinata alla produzione di questo importante asset nazionale. Quindi, chiediamo che ci sia una rapidità di intervento che abbia anche molta attenzione sulla tutela ambientale. Credo che questo sia un intervento, nell'ambito delle normative di cessione di azienda, in questa fattispecie, estremamente rilevante, così come interveniamo nel richiedere un piano finanziario, economico ed industriale concreto, con coperture economiche dichiarate degli investimenti che si prevedono, che contempli prioritariamente la tutela ambientale (quindi non si va a modificare il piano previsto ma si va ad integrare con una certa possibilità economica per mantenere in piedi questo stabilimento); si va soprattutto a non dimenticare ciò che è stato fatto per Taranto che non è solo l'Ilva ma è tutto un processo di diversificazione dell'economia di Taranto attraverso i piani di sviluppo, attraverso tutte quelle risorse che questo Governo ha posto nella città di Taranto. È chiaro infatti che bisogna creare un'alternativa concreta che non è solo trasformare la modalità produttiva dell'acciaio, passando alla produzione elettrica o all'alimentazione a gas ma è soprattutto diminuire l'incidenza della produzione di acciaio nella realtà di Taranto e favorire economie alternative di sviluppo reale e concreto di quella bellissima città che è in Puglia e che paradossalmente negli anni si è trovata ad essere il centro europeo di produzione dell'acciaio. Quindi sono azioni sinergiche sulle quali il Governo e lo Stato devono porre attenzione perché non è solo risolvere il problema, affidando a un terzo la problematica dell'Ilva ma è soprattutto la capacità di vigilare in quell'attività che deve essere fatta da questo soggetto affittuario o acquirente di questa realtà industriale estremamente importante. Interveniamo quindi sui criteri perché questi criteri siano importanti nel conservare la tutela dell'occupazione in termini compatibili con l'efficienza economica ed industriale di questa realtà; interveniamo anche con delle risorse che sono importanti affinché, nelle more che si stabilisca entro la data fissata del 30 giugno 2016 la cessione, l'azienda possa continuare nell'attività di commissariamento Pag. 16a far fronte alle esigenze impellenti come quella di pagare le retribuzioni o le attività primarie che il commissario o i commissari devono porre in essere; quindi quei 300 milioni che vengono anticipati, perché saranno restituiti dall'acquirente o dell'affittuario, sono risorse importanti per garantire che le attività in corso che, ripeto, sono finalizzate anche e soprattutto alla tutela dei cittadini in abbinamento alla produzione, siano portate avanti con grande determinazione e grande certezza. Ci sono anche 800 milioni, si diceva prima che sono risorse importanti in un contesto di crisi e di difficoltà economica del nostro Paese, che vengono messi a disposizione dei commissari in maniera diretta; questo è stato anche un po’ l'esito del lavoro fatto in Commissione referente perché si consente ai commissari di attingere direttamente al finanziamento per far fronte a quelle misure importanti che sono quelle di attuazione delle prescrizioni AIA, che sono in corso ma noi tutti sappiamo in Italia come sia difficile realizzare gli investimenti; quindi non ci meravigliamo se ci sono dei ritardi in essere però dobbiamo essere soddisfatti che almeno ci sia l'attenzione ulteriore del Governo a mettere quelle risorse che sono indispensabili per superare anche quelle difficoltà di natura finanziaria che si prospettano in un'azienda che vive uno stato di sofferenza appunto sia economica che finanziaria. Quindi 800 milioni per proseguire nell'attività di tutela della salute dei cittadini tramite l'attuazione delle misure AIA. Introduciamo anche i criteri di valutazione dell'offerta che non siano solo legati a perizie di istituti economico-finanziari che hanno tutti avuto a che fare con un grande soggetto economico come l'Ilva ma anche a società di consulenza di livello internazionale indicate dal Ministero dello sviluppo economico. Questo significa anche dare un'attenzione maggiore all'oggettività della valutazione di quello che sarà il futuro dell'Ilva e quindi riteniamo che sia anche un elemento importante di trasparenza che viene posto nell'esame dell'offerta che verrà presentata dai futuri acquirenti.
  Abbiamo anche sviluppato in sede referente una maggiore tutela per le aziende dell'indotto dell'Ilva che sono state poste in sofferenza per la loro attività di fornitura di materie prime e di servizi sia in questo momento di conservazione dell'attività produttiva e di rispetto delle prescrizioni AIA sia nel periodo 2011-2012, quando è stata attuata la gestione commissariale.
  Abbiamo richiesto e richiederemo negli emendamenti che presenteremo in Aula una maggiore semplicità, una maggiore possibilità di accesso per le piccole-medie aziende del territorio tarantino e della regione Puglia ma direi per tutte le aziende dell'indotto che oggi lamentano difficoltà nella valutazione e gestione di accesso a questo Fondo, che rimane di 35 milioni ma i criteri stabiliti di tipologia dell'azienda, di ubicazione dell'azienda e di tipo di finanziamento attinto sicuramente non consentono quella rapidità di intervento che è necessaria e indispensabile per evitare il default di queste aziende che potrebbero seguire l'Ilva con meno garanzie rispetto al mantenimento dei propri livelli occupazionali e quindi al proprio sostentamento economico.
  Quindi l'obiettivo dei nostri emendamenti in Aula sarà quello di avere criteri molto più semplici per i quali, stabilito l'accesso, si possa procedere al rilascio delle somme fino all'importo pattuito massimo di 2 milioni e mezzo per singola azienda e l'80 per cento della garanzia, quindi criteri che facilitino l'accesso delle aziende e delle piccole e medie imprese, che è il valore aggiunto che dobbiamo tutelare insieme all'Ilva.
  Questo è un provvedimento che continua ad andare nel solco della tutela che il Governo ha messo sull'attività dell'Ilva per rispondere alle problematiche ambientali che vive la città di Taranto e verso il debito che la città di Taranto ha assunto nei confronti del nostro Paese nell'arco di tutta la storia che ha vissuto dal 1965 ad oggi, legata all'Ilva. Non si torna alla Pag. 17responsabilità dello Stato, gli effetti giuridici ci dicono come sia difficile recuperare le somme dal privato perché il privato è dal 1995 in questa vicenda, lo Stato è dal 1965, quindi qui ci sono responsabilità molto diffuse e molto allargate che dovrebbero indurre tutti ad una maggiore riflessione su come lo Stato debba continuare a fare la sua parte e soprattutto debba trovare in interlocutori affidabili e credibili il futuro vero per questa attività, che deve essere conciliato con un futuro diverso che deve essere concesso a Taranto, che non è solo acciaio ma deve essere ben altro, perché il dazio pagato dalla città di Taranto credo che sia estremamente alto e non ci sono risorse economiche che possono andare a garantire il futuro di una città che continua ad essere penalizzata dai dati medici e clinici che noi tutti osserviamo; e con grande rammarico ci rendiamo conto di quanto sia difficile individuare un percorso che contemperi tutti questi equilibri ai quali stiamo cercando con forza di far fronte nell'obiettivo comune di dare a Taranto un futuro diverso.
  Quindi ci auguriamo che nella discussione in Aula si possa davvero dare un contributo ulteriore a questo percorso di impegno e di attenzione che il Governo e quest'Aula hanno posto verso la città di Taranto e verso questa attività produttiva ritenuta strategica per il nostro Paese, verso la quale non possiamo lasciare spazio ai populismi che leggiamo costantemente sui quotidiani finalizzati all'ottenimento del consenso politico ma dobbiamo badare ai fatti, ai dati, alle certezze di capacità di intervento che il Governo, la realtà economica, le realtà produttive e il nostro Paese possono mettere per risolvere o per porre Taranto nelle condizioni di superare lo stato di crisi che le deriva da questa presenza, che è oltremodo spropositata rispetto alla realtà di Taranto (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Petraroli. Ne ha facoltà.

  COSIMO PETRAROLI. Signor Presidente, «Io sono qui, anche oggi, per solennizzare l'entrata in funzione di un grande stabilimento industriale, questa volta rappresentato dal complesso degli impianti del IV centro siderurgico dell'Italsider. E anche in questa occasione voglio recare agli italiani del Mezzogiorno l'assicurazione che lo Stato ha preso effettivamente e seriamente coscienza della realtà meridionale e si adopera per mutarla». Dieci aprile 1965, queste sono le parole di Giuseppe Saragat, Presidente della Repubblica il giorno dell'inaugurazione ufficiale del centro siderurgico Iri «Salvino Sernesi», poi successivamente diventato Ilva. Bene, molti quotidiani dell'epoca titolavano: «lì dove c'era uno sterminato oliveto», santificando un po’ quella che è stata la conversione economica della città, come se aver raso al suolo oltre 7000 alberi secolari fosse stata una conquista sociale.
  Cosa, infatti, volete che sia del miserabile e scadente olio di oliva pugliese in confronto al duro, lucido e rassicurante acciaio ! All'epoca nello stabilimento lavoravano 4500 operai e impiegati, che poi furono assunti da psicologi, specialisti, ingegneri; quasi tutti frequentarono corsi di addestramento, alcuni addirittura mandati in Germania e negli Stati Uniti, insomma «mamma azienda» pensava proprio a tutto. Addirittura 25-30 anni fa, a Natale, l'azienda regalava giocattoli ai figli dei dipendenti, quindi l'Italsider era «cosa buona e giusta» per definizione. Questo, Presidente, è stato il pensiero comune dei tarantini e cittadini ionici per tutti questi anni.
  Duemila miliardi di lire di soldi pubblici non hanno minimamente indotto dirigenti e Governo a investire sulla città, che ovviamente diventava sempre più invivibile: interi quartieri affumicati dai camini, il centro storico totalmente abbandonato, il borgo ottocentesco sopraelevato da quattro a nove, dieci piani, carenza dei servizi primari, alunni costretti a seguire lezioni nelle scuole medie in locali di fortuna, mancanza totale di verde pubblico (40 centimetri per abitante). La Taranto Pag. 18moderna si presentava come la smentita di ogni decenza urbanistica. Dodici anni fa, a ridosso di una città dalle strutture fragilissime, fu gettato un colosso industriale che sta per raggiungere la statura di 2 mila miliardi e 16 mila dipendenti senza la minima preoccupazione di inserire l'operazione in un piano armonico di sviluppo della comunità. Questo è un articolo, sono le dichiarazioni fatte da molti giornalisti quarant'anni fa. Oggi, infatti, stiamo parlando di un mostro che ha causato 370 morti accertati per inquinamento, un mostro che ha provocato malattie respiratorie, malattie cardiovascolari, diossina nel latte materno. Proprio l'anno scorso – voglio ricordarlo per la seconda volta in quest'Aula – è deceduto un bambino di cinque anni, nato con un carcinoma al cervello perché la sua mamma ha avuto l'unica colpa di lavorare per un piccolo periodo della gravidanza nel quartiere Tamburi di Taranto.
  Quindi, quando si parla di Ilva, non si parla di una fabbrica, ma si sta parlando di una città di 200 mila abitanti, si parla di una provincia con ventinove comuni, si parla della vita delle persone, si parla di un mostro che, oltre ad aver provocato decessi per inquinamento, sta causando una media di tre morti l'anno per infortuni sul lavoro, e sicuramente non esisterà nessuna fabbrica, in Italia, in Europa e forse neanche nel mondo, con una media simile. L'ultima vittima – voglio ricordarlo – si chiamava come me, Cosimo, deceduto a novembre schiacciato da un tubo; ma, a nostro avviso, il fondo di questa vicenda è stato raggiunto con la morte di Alessandro Moricella, a giugno sempre di quest'anno: una morte che ha mostrato – scusate se lo dico – l'anima criminale del Partito Democratico, perché questa è una questione umana, perché umanamente non si può imporre per legge la continuità produttiva di un'azienda, di un altoforno, dopo che un ragazzo di 35 anni è morto sciolto nella ghisa ! Non si può imporre la continuità produttiva di uno stabilimento dopo che un magistrato ha certificato la totale mancanza dei più elementari dispositivi di sicurezza e di protezione. Come avrebbe reagito l'opinione pubblica se il Governo Prodi avesse imposto la continuità produttiva della Thyssenkrupp, dove morirono sette operai in circostanze del tutto analoghe ? Come avrebbe reagito l'opinione pubblica ?
  Ma Taranto, Presidente, è una città particolare, perché esiste ancora oggi quel residuo culturale nato cinquant'anni fa, per cui qualsiasi cosa accada, qualsiasi cosa succeda, l'Ilva è comunque «cosa buona e giusta» a prescindere, perché dà il pane ! E i partiti che hanno governato e devastato questi territori per anni ne sono consapevoli, sono consapevoli che Taranto per la sua valenza storica, culturale e turistica, senza questo immenso carcinoma avrebbe sicuramente sviluppato un'economia diversa, un'economia simile a tutte le altre città marinare del mondo, un'economia che avrebbe prodotto probabilmente 50 mila posti di lavoro tra turismo, cultura e gastronomia, 50 mila posti di lavoro a dispetto dei 15 mila attuali, se non ci fosse stata l'Ilva !
  Oggi, invece, ci troviamo alla nona, decima – non lo so – decretazione d'urgenza, dieci decreti in quattro anni, e per ognuno avete sempre detto che sarebbe stato l'ultimo, avete detto che far ripartire l'Ilva significa far ripartire Taranto e l'Italia. Questo avete detto !
  A Taranto oggi c’è il 40 per cento di disoccupazione e quindi l'ILVA, di fatto, non ha fatto partire assolutamente nulla, anzi, durante la gestione della famiglia Riva, dal 1995 in poi, i dipendenti sono calati di circa 10 mila unità tra prepensionamenti e altro. Perché questo non lo dite ? Perché non dite che in Italia gli addetti alla siderurgia sono 40 mila unità ? 40 mila unità rispetto ai 30 milioni e mezzo di occupati, lo 0,13 per cento: un settore che effettivamente è assolutamente marginale, irrilevante. Anche in Europa la siderurgia è in crisi, tanto da rendere necessaria la riunione straordinaria del Consiglio sulla competitività. L'Italia produceva 27 milioni di tonnellate d'acciaio, la Cina 779, il Giappone 150, gli Stati Uniti 100: come mai gli Stati Uniti, che hanno quasi il doppio del PIL cinese, producono Pag. 19sette volte meno il suo acciaio ? Perché l'acciaio serve, evidentemente, per infrastrutture, per nuova urbanistica, ma quando abbiamo costruito già tutto, l'acciaio ovviamente non serve più così tanto come serviva prima. E questi parametri dovrebbero servire, dovrebbero essere considerati da coloro che vogliono fare un minimo di pianificazione industriale nel nostro Paese.
  Per non parlare poi della pianificazione economica: l'ILVA ha oltre 3 milioni di euro di passività, e questi soldi sono debiti con le banche, con i fornitori, quindi che ragione c’è di tenere in vita, con soldi pubblici, un'azienda in queste condizioni ? Semplice: io la tengo in vita, la tengo in stato vegetativo per poter espiantare gli organi, affinché le banche possano riprendere i soldi che ci hanno messo dentro. Quindi voi tenete, di fatto, una città appesa alla corda soltanto per pagare quanto prima le banche. Basta dirlo, cioè basta essere intellettualmente onesti con i pugliesi, vi diranno, evidentemente, che fate schifo, ma almeno che siete coerenti, invece così possono dire soltanto che fate schifo.
  Ed è proprio per questa ragione che l'Unione europea sta avviando una procedura di infrazione. Questa cosa qui non l'ho sentita adesso, non ho sentito da nessuno dei presenti che l'Unione Europea sta avviando una procedura d'infrazione. 300 milioni in questo decreto, 800 milioni nella legge di stabilità, trasformati poi in finanziamento tout-court, altri 400 milioni nella legge del 20 marzo, e quali sono state le dichiarazioni del Ministro Galletti ? Il Governo italiano intende far valere il principio che in materia di risanamento ambientale l'azione pubblica non è preclusa dalle normative europee. Il messaggio che Roma lancia a Bruxelles è che il Governo è intervenuto intensamente per l'ILVA perché c’è una questione ambientale grave e complessa – attenzione alle parole – e senza bonifica l'azienda non potrà mai tornare a produrre a pieno regime, né essere competitiva. Miracolo !
  Miracolo perché, fino a un anno fa, era esattamente il contrario: senza la continuità produttiva non c'erano bonifiche, oggi invece sembra che dalle dichiarazioni del Ministro sia il contrario. Ovviamente sono dichiarazioni che servono a prendere in giro i pugliesi, non certo i commissari che sicuramente hanno capito che aver bonificato quattro o cinque aiuole del quartiere Tamburi di Taranto non giustifica i milioni che lo Stato ci ha messo dentro. Infatti, hanno fatto notare che, se i soldi fossero stati realmente impiegati per le bonifiche, sia dello stabilimento ma anche delle aree esterne, allora non ci sarebbero stati problemi, ma nel momento in cui i soldi che lo Stato sta versando servono semplicemente per forzare la continuità produttiva di un'attività del tutto in perdita, per aggiornare gli impianti a spese dei contribuenti e soprattutto per pagare i creditori e le banche, allora si crea una situazione di concorrenza sleale. Infatti, hanno ribadito, è vero che l'acciaieria va risanata, ma la strada corretta è coinvolgere i privati: questo ha detto la Commissione europea. In pratica, la Commissione certifica di fatto che, dopo nove, dieci, undici decreti, i soldi che lo Stato ha versato e verserà nello stabilimento non saranno mai utilizzati nelle bonifiche. È questo quello che ha detto l'Europa e di cui si sono accorti ! Ed ecco che il Governo, in fretta e furia, scrive l'ennesimo decreto con la speranza di convincere i commissari a non procedere con l'infrazione, tanto, male che vada, se non cambia nulla, cosa pressoché sicura, sarà pronto un decimo decreto per mantenere in vita questo zombie.
  Ebbene, nel provvedimento si demanda al commissario la scelta dell'acquirente, specificando, però, che il passaggio debba avvenire a trattativa privata, come se la questione non riguardasse nessuno, come se si stesse vendendo una panetteria, una gelateria. Noi abbiamo chiesto che all'interno di questa fase ci siano dei processi di selezione e scelta trasparenti e, quindi, pubblici, perché almeno i cittadini devono sapere per quali denari voi state svendendo la loro vita.
  Abbiamo chiesto che siano privilegiati i soggetti in possesso di tecnologie e processi Pag. 20produttivi a basso impatto ambientale; niente da fare, avete detto di no. Così come per la società di consulenza che dovrebbe valutare il prezzo degli impianti abbiamo chiesto che tale società, di nomina ministeriale, non abbia mai avuto rapporti diretti o indiretti con gli azionisti e i dirigenti del gruppo, per evidenti motivi; nulla da fare, bocciato anche questo. Abbiamo chiesto che la procedura di trasferimento sia svolta sotto la supervisione dell'Autorità nazionale anticorruzione; nulla di fatto. Abbiamo chiesto la messa in sicurezza delle falde sottostanti lo stabilimento prima della vendita; voglio ricordare che ad oggi la zona dei parchi minerali provoca due problemi, il primo, quello che tutti conosciamo, con il vento che trasporta i minerali sul quartiere Tamburi, il secondo non si vede, ma è altrettanto grave, perché manca uno strato impermeabilizzante tra i depositi del minerale e il terreno sottostante, quindi, quando piove si crea un effetto caffettiera per cui si trasportano i depositi nel terreno inquinando le falde; abbiamo chiesto la bonifica; niente da fare, bocciato anche questo, evidentemente per i commissari non è un problema. Così come per la destinazione dei 300 milioni; anziché impiegarli per le indilazionabili esigenze finanziarie, magari era possibile usarli per far fronte alle esigenze di tutela della salute pubblica e del risanamento ambientale; al massimo possiamo dire alle banche di aspettare un po’ prima di ricevere i loro soldi, magari salviamo qualche vita in più, non si sa mai; nulla da fare, prima le banche e poi la salute dei cittadini.
  E poi ci sono altre questioni, a nostro avviso molto vergognose per un partito che si definisce di sinistra, come i crediti prededucibili e le responsabilità dei commissari. Infatti, l'organo commissariale potrà saldare i creditori, derogando all'articolo 111-bis della legge fallimentare. Nella relazione del Governo c’è scritto: allo scopo di velocizzare la dismissione dei beni aziendali. In pratica, cosa vuol fare il Partito Democratico ? La legge vigente cosa dice ? Dice che in caso di fallimento di una qualsiasi attività aziendale, se l'attivo è insufficiente prima si procede al pagamento dei soggetti vulnerabili, i più deboli, cioè i lavoratori, i dipendenti, e poi a tutto il resto, il fisco, i fornitori e le banche. Con questo provvedimento, lo sottolineo, il partito di sinistra fa esattamente il contrario: prima si saldano le banche e dopo, se rimane qualcosa, i lavoratori. Questo significa derogare all'articolo 111-bis della legge fallimentare.
  Non solo, sempre al comma 6, per evitare, comprensibilmente, che qualcuno possa rivalersi sui commissari, avete ampliato l'immunità. Non solo potranno godere dell'immunità penale e amministrativa, ma anche di quella civile. Ma, evidentemente, all'Ilva è permesso tutto. Le prescrizioni AIA, senza le quali un impianto non potrebbe neppure iniziare a produrre, per l'Ilva sono state derogate, cioè l'azienda ha potuto produrre e, strada facendo, adempiere alle prescrizioni; poi, visto che non ce la faceva, hanno deciso che l'AIA sarebbe stata completata se fosse stato eseguito l'80 per cento delle prescrizioni; ora, da ultimo, visto che ancora non ce la si fa, il PD si prende altri sei mesi.
  E poi vi è un'ultima questione, secondo noi tra le più gravi: in questo provvedimento si introduce una nuova procedura per la modifica del piano ambientale. Basterà una piccola istanza scritta dal nuovo proprietario per chiedere al Governo la modifica del piano ambientale e, quindi, di conseguenza, l'attuazione delle prescrizioni dell'AIA, e si torna al punto daccapo.
  Presidente, l'altro giorno discutevo con i colleghi su quale potrebbe essere il futuro della città, anzi, non solo della città, ma di tutta la provincia ionica, senza lo stabilimento. Per questo motivo vorrei concludere riprendendo delle parole che ho già detto in un mio precedente intervento l'anno scorso, perché vivere a Taranto è come vivere in una vecchia casa da ristrutturare, di poco valore: ci vivi per tanto tempo, ma solo dopo molti anni ti accorgi che sotto il pavimento si nasconde un mosaico di epoca romana, dietro l'intonaco ci sono affreschi di età greca, nella soffitta sono custodite collane di età ellenistica, Pag. 21scopri che nella tua abitazione hanno vissuto personaggi illustri, personaggi che hanno influenzato la vita e la storia del mondo. Sei proprietario inconsapevole di un patrimonio inestimabile e non sapevi assolutamente nulla. A un certo punto, però, ti rendi conto che altri ne erano a conoscenza; la politica sapeva di quel patrimonio, ma ha dolosamente taciuto, sapeva, ma ha preferito il silenzio, perché quella casa, servita da acquedotti romani, è situata in un territorio strategico per gli interessi industriali di pochi. Questa, di fatto, è Taranto, una delle più belle e ricche città della storia, svenduta alla grande industria, svenduta al volere delle banche.
  Quali potrebbero essere allora i progetti e le idee per riqualificare la città e il territorio ionico ? Me lo sono chiesto, passeggiando sull'isola che racchiude il suo centro storico, quell'isola che separa i due mari, me lo sono chiesto visitando i musei, le strade, i suoi ponti, se lo chiede il turista, percorrendo le meravigliose spiagge della litoranea salentina e, a volte, penso che il territorio tarantino sia così bello che non ci sia bisogno di far nulla, se non chiudere gli occhi e aspettare, aspettare il risveglio da un incubo e la definitiva chiusura del mostro (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Benamati. Ne ha facoltà.

  GIANLUCA BENAMATI. Grazie, Presidente. Oggi siamo alla conversione di questo decreto-legge che costituisce, come è stato detto, l'ultimo anello di una catena. Molto è già stato detto di quali sono i punti che compongono il decreto. Io richiamo due questioni veramente importanti: la fissazione di un tempo certo per la conclusione della procedura di cui al decreto-legge n. 347 del 2003, cioè la disciplina Marzano, per la cessione di questo complesso industriale, cosa che avviene con questo decreto-legge, e la definizione dei tempi, ma a cui si aggiungono anche alcuni profili che gli amministratori debbono utilizzare nella valutazione delle offerte, prima di tutto quelli di tutela ambientale. Lo dico perché ho sentito questioni diverse; noi siamo nella disciplina Marzano, non stiamo innovando nulla, c’è una richiesta di manifestazioni di interesse per avviare la procedura che prevede quella disciplina. Ma a fianco a questo – è già stato detto – lo Stato fa un ennesimo sforzo economico, disponendo due fondi per finanziare realtà all'interno dell'azienda: il Fondo di 300 milioni per le gestioni aziendali per le esigenze improrogabili e il Fondo di 800 milioni che, come ha richiamato bene il presidente Realacci, servirà per dare gambe alle misure previste nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di marzo 2014 che raccoglieva le previsioni dell'autorizzazione integrata ambientale. In entrambi i casi, per entrambi i fondi, il decreto-legge prevede il calcolo, la determinazione degli interessi che fanno capo alla restituzione di queste cifre.
  Dico questo perché è stato fatto un certo dibattito su queste due questioni che ci danno l'indicazione di come l'avvio alla conclusione di questo lungo percorso sia una questione che, ovviamente, parte nel tempo. Infatti, dobbiamo risalire – per l'inizio di questo percorso – al 2013 col decreto-legge n. 61 che stabiliva, per la prima volta, il commissariamento di un'azienda per questioni ambientali – prima volta in Italia e credo, anche, prima in Europa – poi vi è stato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri che ho già citato del 2014 che raccoglieva le previsioni dell'AIA e il passaggio alla disciplina Marzano di recente, per una sopravvenuta questione di instabilità finanziaria dell'azienda. In tutto questo periodo, sino ad oggi, ed oggi nell'ultimo anello di questa catena, noi non possiamo che riconfermare con forza quelli che sono gli obiettivi che hanno indotto il Governo e la maggioranza a intervenire su questa questione: la salvaguardia di un gruppo importante dal punto di vista della manifattura e dell'economia nazionale, la salvaguardia del posto di lavoro di quei lavoratori e di quelle lavoratrici che sono Pag. 22parte di quel gruppo e che costituiscono in molte parti del Paese un numero considerevole, parti del Paese anche disagiate, e la salvaguardia e la tutela dell'ambiente e della salute dei cittadini. Su questo voglio essere chiaro, perché la discussione si sta arrovellando attorno a questo: la produzione e «l'industria» non sono in contrasto con l'ambiente. È una questione di tecnologie; non inquinare è una questione di costi; ci sono delle tecnologie e delle capacità che consentono produzioni ambientalmente sostenibili. La siderurgia, che è una delle più pesanti dal punto di vista ambientale, oggi, in Europa, gode di una disciplina europea specifica per il controllo dell'inquinamento che è stata recepita in Italia col decreto legislativo n. 46 del 2014 che prevede l'utilizzo in questi settori, per i nuovi impianti e per il rinnovamento di quelli esistenti, delle migliori tecnologie disponibili, in un rapporto costi-benefici che tiene conto anche della salute e dell'ambiente.
  Devo dire che l'AIA che abbiamo realizzato per l'Ilva ha anticipato l'applicazione di queste filosofie di controllo dell'inquinamento. Non è esagerato – e lo ribadisco perché l'ho già detto precedentemente – dire che se e quando completeremo... Naturalmente quando sarà il momento del completamento di queste previsioni dell'AIA, lo stabilimento di Taranto sarà uno di quelli più ambientalmente sostenibili d'Europa nel campo della siderurgia !
  Ma non fingiamo qui di non sapere qual è il vero problema, il vero oggetto del contendere che in alcune parti e in alcuni gruppi di quest'Aula muove la discussione: non tanto la natura delle misure, la qualità dei tempi, ma è il fatto che questo stabilimento e la siderurgia debbano o non debbano avere un futuro in Italia. Alcuni interventi in questo senso l'hanno già affermato con chiarezza; il tema è questo sul tavolo, e noi riteniamo che la risposta non possa essere che unica: il settore siderurgico e Taranto sono un patrimonio del Paese, che va preservato. Fingiamo di non sapere che se non ci fosse stato l'intervento di questo Governo e di questa maggioranza, oggi non discuteremmo più dell'Ilva, perché l'Ilva non ci sarebbe più: sarebbe uno stabilimento chiuso !
  Ma cosa vuol dire parlare di siderurgia in Italia ? Perché qui stiamo parlando, e molto spesso lasciamo sullo sfondo le dimensioni reali della questione. Nel 2014, dove i dati che ho sono dati accertati, la siderurgia italiana ha prodotto 23,7 milioni di tonnellate di acciaio: 6,5 da ciclo integrale, con un calo sensibile sugli anni precedenti, il resto da forno elettrico. Siamo dal 2010 importatori netti di acciaio; e non perché costruiamo case, ma perché il nostro sistema industriale utilizza l'acciaio per produrre, e parte della ripresa di cui abbiamo goduto nel 2015 si basa su prodotti che sono costituiti da acciaio. Nonostante le vicissitudini, nonostante la situazione, l'Italia è il secondo produttore europeo di acciaio dopo la Germania, con un 14 per cento di produzione, avanzando la Francia e la Spagna.
  Dicevo che dal 2010 siamo importatori netti, ma è vero che in Europa c’è una sovraccapacità produttiva di circa 50 milioni di tonnellate. I dipendenti della siderurgia italiana – in complessivo, non solo quelli del dell'Ilva – sono 35 mila in maniera diretta e 75 mila in maniera diretta ed indiretta. Il fatturato delle aziende acciaiere italiane nel 2013 è stato di 17 miliardi, più di un punto percentuale del nostro PIL.
  Oggi noi abbiamo la possibilità di salvare questo comparto, sapendo che in Europa c’è la valutazione di una procedura di infrazione per aiuti di Stato. Io non ho problemi a parlarne, come qualcuno ha detto precedendomi. Ne voglio parlare, nel senso che questa valutazione di possibili aiuti di Stato non è un atto di per sé della Commissione europea: interviene su esposti e indicazioni dei principali concorrenti tedeschi dell'acciaio italiano, perché quei 50 milioni di sovraccapacità di produzione che esistono in Europa possono essere risolti se la siderurgia italiana sparisce dal novero dei sistemi produttivi europei. Dobbiamo sapere, quando facciamo questi discorsi, di cosa stiamo parlando: Pag. 23perché possiamo dire molte cose, ma il tema che riguarda l'acciaio in Europa è questo !
  Allora noi siamo convinti che sul tema della produzione siderurgica dell'acciaio occorra perseverare: che occorre risanare l'Ilva, che occorre arrivare all'applicazione delle migliori tecnologie per il contenimento del disinquinamento e per tutelare la salute dei cittadini e dei lavoratori all'interno di quell'azienda. Dobbiamo sapere che questa è la strada per una siderurgia sostenibile, la strada che indica anche l'Europa e che noi per primi in questo caso stiamo percorrendo. Dobbiamo anche sapere – e mi rivolgo in questo caso al Governo – che a questo grande sforzo che noi stiamo portando avanti, dovrà poi corrispondere a livello europeo la capacità di una grande battaglia per sostenere questo settore italiano, nel momento in cui si andranno a determinare le regole e le condizioni per cui quella sovraccapacità dovrà essere eliminata: quindi non solo costi, non solo condizioni sociali, ma anche caratteristiche ambientali degli impianti che andranno preservati e utilizzati.
  In questo (mi avvio a concludere) il tema essenziale per noi oggi è che occorre trovare un acquirente, una compagine proprietaria solida: una compagine proprietaria che sappia operare in questo settore difficile, che sia in grado di avere caratteristiche di solidità finanziaria tali da rispondere alle sfide e alle esigenze che si offrono, una compagine sociale che abbia le caratteristiche di saper bene operare sul mercato. Perché, anche qui: l'Ilva non è un'azienda decotta, non è un'azienda che non ha un futuro, l'Italia non è un mercato per l'acciaio che è trascurabile.
  Allora noi chiediamo al Governo molta attenzione – quando dalla fase delle manifestazioni di interesse passeremo all'analisi e all'avvio della procedura prevista dalla legge cosiddetta Marzano per la cessione – perché si formi una cordata solida economicamente e industrialmente, che dia una risposta non solo momentanea ma di prospettiva all'Ilva e alla siderurgia italiana: perché questa è una sfida che noi dobbiamo vincere non solo per quelle migliaia, decine di migliaia di lavoratori e lavoratrici che si occupano e che sono occupati all'interno di queste aziende, ma anche per tutto il Paese, per l'economia e il futuro produttivo dell'Italia.

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Duranti. Ne ha facoltà.

  DONATELLA DURANTI. Signor Presidente, questo ennesimo decreto-legge, non solo a mio giudizio, non risolverà le problematiche degli stabilimenti del gruppo Ilva, e in particolare quelle dello stabilimento di Taranto, ma rischia di aggravare una situazione che è insostenibile oramai da decenni. Il Governo Renzi, e prima ancora quelli a guida Monti e a guida Letta, hanno messo in campo provvedimenti ed interventi che sono serviti a spostare esclusivamente in avanti i problemi, senza prospettare soluzioni definitive.
  Questo decreto-legge riguarda nello specifico, come è stato già ricordato, la procedura di cessione dei complessi aziendali dell'Ilva Spa in amministrazione straordinaria, fissando al 30 giugno 2016 il termine entro il quale i commissari dovranno espletare le procedure per il trasferimento dei complessi aziendali; dispone quindi l'erogazione di 300 milioni di euro in favore dell'amministrazione straordinaria. L'aggiudicatario dei complessi aziendali dovrà comunque poi restituirli, ma l'erogazione dei 300 milioni di euro è esclusivamente prevista per il trasferimento ad un privato, o – come si dice in questi ultimi giorni – ad una cordata di privati: una vera e propria accelerazione, secondo noi, verso la cessione, in una situazione gravissima in cui si trova a vivere lo stabilimento di Taranto in particolare, ma tutti gli stabilimenti del gruppo del gruppo Ilva Spa. Quindi un'accelerazione improvvisa: è stato necessario per il Governo emanare il nono decreto-legge sull'Ilva per accelerare la svendita dello stabilimento.
  È stato pubblicato poi il bando di invito a manifestare interesse, appunto in riferimento Pag. 24al trasferimento dei complessi aziendali. Lo dico non perché non riconosca le capacità e le competenze della sottosegretaria che oggi è qui ad ascoltarci, ma auspico, auspichiamo che durante la discussione e la votazione degli emendamenti, e poi le dichiarazioni di voto, insomma durante la conversione di questo decreto-legge, ci facciano l'onore, il piacere della loro presenza anche la Ministra Guidi e il Presidente Renzi, che hanno assunto su di loro direttamente la responsabilità del destino degli stabilimenti del gruppo aziendale dell'Ilva, e in particolare di quello di Taranto.
  Il bando la Ministra Guidi lo ha pubblicato appunto (è stato già ricordato) il 5 gennaio scorso, cioè prima che le Commissioni referenti avviassero i lavori di discussione e votazione degli emendamenti, e che i deputati e le deputate potessero in qualche maniera dare indicazioni rispetto alle linee guida del bando stesso: noi crediamo che questo sia un ulteriore attacco alle prerogative del Parlamento. Si va insomma, con questo nono decreto-legge, verso una cessione ai privati, che posto che vada a buon fine (abbiamo forti dubbi anche in questo senso), proprio per le norme contenute in esso, peggiorerà la situazione ambientale e sanitaria del territorio, e quella occupazionale. Su questo tornerò più tardi, sia sulla tenuta dei livelli occupazionali che sulle misure per l'ambiente e di tutela sanitaria. Era necessario altro, secondo noi: si poteva percorrere un'altra strada, per la verità l'abbiamo suggerita anche in occasione della conversione degli altri decreti sull'Ilva. Noi pensiamo che sia indispensabile portare a termine l'operazione Ilva non con una cessione ai privati, ma con l'ingresso della Cassa depositi e prestiti in una nuova società a capitale pubblico, con un intervento diretto dello Stato, per questa via, evidentemente.
  Le aziende oggetto di intervento potrebbero essere capitalizzate dalla Cassa depositi e prestiti sulla base di un business plan che preveda investimenti di innovazione, sia di innovazione di processo che di innovazione di prodotto, e investimenti di carattere ambientale. Voglio ricordare che la Cassa depositi e prestiti ha un assetto delle sue partecipazioni che si configura in questo modo: è diviso in società quotate, società non quotate e fondi equity. Sono, cioè, nove fondi, questi ultimi, di cui tre dedicati alle imprese, il Fondo strategico italiano: 4 miliardi di euro, il Fondo italiano di investimento: 500 milioni e il Fondo di investimento europeo: 50 milioni.
  Noi abbiamo proposto e continuiamo a proporre di istituire un fondo equity oppure di partecipazioni specifiche nel settore dei metalli. Perché non si può fare ? Perché le ingenti risorse che sono state utilizzate finora e che non hanno in alcun modo garantito l'applicazione di misure e di tutele ambientali e sanitarie né il mantenimento dei livelli occupazionali devono essere regalate a cordate di privati ?
  Voglio ricordare che in una di queste cordate si prevede anche l'ingresso di Marcegaglia. Io, che vengo da Taranto, sottolineo sommessamente che Marcegaglia a Taranto ha chiuso uno degli stabilimenti di produzione di energie rinnovabili, lasciando a casa 182 lavoratori: questo, insomma, la dice lunga su quale sia l'idea di sviluppo industriale che un'azienda come Marcegaglia, che dovrebbe entrare in questa cordata di privati, ha.
  Per cui, noi pensiamo che vada, invece, ripreso un intervento pubblico; pensiamo che andassero presi provvedimenti diversi. Ci sono stati i tempi: sono passati quattro anni dal primo decreto del 2012 e ci sarebbero stati i tempi per aprire un confronto vero sul tema, che coinvolgesse gli enti locali, le organizzazioni sindacali, gli istituti e gli enti di tutela ambientale e sanitaria, le associazioni e, lasciatemelo dire, il Parlamento, relegato, invece, fino a oggi, per ben nove decreti, a mero ratificatore delle decisioni del Governo, posto che è stato utilizzato, per l'appunto, sin dall'inizio, lo strumento del decreto-legge.
  Si sarebbero potuti evitare errori grossolani e scelte sbagliate per la salute dei cittadini e dei lavoratori di quello stabilimento; scelte sbagliate che, di volta in Pag. 25volta, hanno contribuito al percorso seguito e all'esito gravissimo attuale. Alcuni esempi: nel tempo e attraverso i vari decreti è stata eliminata la figura del Garante per l'AIA. Oggi ci rendiamo conto tutti di quanto sarebbe stata necessaria, invece, questa figura di garanzia per l'attuazione delle prescrizioni dell'AIA.
  È stata esclusa la valutazione del danno sanitario, come definito dalla legge della regione Puglia; una valutazione di danno sanitario che avrebbe messo, se fosse stata rispettata, al primo posto le ricadute della produzione sulla salute dei cittadini e dei lavoratori. Vi è stata poi la scelta di commissari, in questi anni, che non avevano competenze specifiche nel settore siderurgico, la superficialità – è stato ricordato – con la quale è stata trattata la delicata questione dei fondi sequestrati ai Riva, l'ormai scomparso miliardo e 200 milioni di euro. Voglio ricordare la sentenza del tribunale di Bellinzona, che ha stabilito che quei fondi non sono disponibili fino a sentenza definitiva.
  Eppure, sulla base di quei fondi si è emanato un decreto, quello ricordato del 2015, e sulla base di quei fondi si era predisposto un comma alla legge di stabilità dove erano previsti 800 milioni di euro di investimenti per l'Ilva. Oggi, poiché quei fondi non sono più disponibili, poiché i fondi sequestrati ai Riva non sono più disponibili, quegli 800 milioni, che potevano, se il comma 837 della legge di stabilità non fosse stato soppresso, essere esigibili subito, invece sono stati spacchettati.
  Si parla di 800 milioni complessivi, operando una finzione. Sono 400 milioni a valere sulle risorse destinate nel precedente decreto, quello del marzo 2015, e altri 400 milioni freschi, per così dire, e sono spacchettati, divisi in due anni: 600 milioni complessivi per il 2016 e 200 per il 2017. Quindi, si sposta in avanti l'utilizzo di questi fondi e vengono ridotti rispetto alla previsione iniziale. Ma vi sono ancora altre scelte sbagliate, come lo stravolgimento di norme costituzionalmente fondate, a partire dallo scudo giudiziario per la responsabilità penale, amministrativa e oggi persino civile – anche questo è stato ricordato – dei commissari e dei loro delegati.
  Lo dico al relatore, che prima è intervenuto, dicendo che non ci sono state osservazioni da parte delle Commissioni: ricordo che la I Commissione, invece, ha espresso un parere con osservazioni esattamente su questo punto, dicendo, appunto: attenzione, perché c’è la norma che prevede lo scudo giudiziario che può essere a rischio di costituzionalità. Vi è un'osservazione precisa della I Commissione.
  Con riferimento alla possibilità, ancora, che era stata inserita nel decreto del luglio 2015, di dissequestro degli impianti anche in presenza di infortuni mortali; anche in questo caso un diritto costituzionalmente fondato è stato in qualche maniera superato, bypassato, stravolto da uno dei tanti decreti sull'Ilva. Per quanto riguarda lo spostamento in avanti al giugno 2017, dell'attuazione del piano per la tutela e le misure ambientali, voglio ricordare che in Commissione attività produttive e ambiente tale spostamento in avanti dell'attuazione del piano e quindi delle prescrizioni dell'AIA, era previsto al dicembre 2016.
  Addirittura, in Commissione, avete votato un emendamento che lo sposta ulteriormente di altri sei mesi; quindi, si sposta l'attuazione del piano ambientale al giugno 2017. Vi è poi la possibilità, ancora, che siano i futuri acquirenti o affittuari dei complessi aziendali a modificare il piano ambientale, che, voglio ricordare, a norma di un precedente decreto, vale anche come modifica delle prescrizioni AIA, per adeguarlo al piano industriale.
  Piano industriale che non è stato mai realizzato e che, invece, almeno questo avrebbero potuto – lo dico così – fare i commissari, in questi anni: redigere, presentare, pubblicare un piano industriale e realizzarlo. Invece no, con questo decreto si lascia ai futuri acquirenti o affittuari la possibilità di modificare il piano ambientale per adeguarlo al piano industriale. Voglio ricordare la relazione, nonostante non sia stato possibile effettuare audizioni, Pag. 26così come fatto in altre occasioni, nelle Commissioni ambiente e attività produttive, che ci ha consegnato l'ARPA Puglia proprio in merito alle modifiche del piano ambientale e allo spostamento in avanti dell'attuazione delle prescrizioni AIA. L'ARPA Puglia dice che, grazie alle norme, o meglio, a causa delle norme contenute in questo ennesimo decreto, si vanifica la verifica dell'effettiva realizzazione dell'80 per cento delle prescrizioni; non sarà più necessaria la preliminare attestazione di ISPRA e ARPA, che hanno effettuato attività ispettive negli ultimi giorni del luglio 2015 per verificare l'effettivo stato di avanzamento delle misure del piano ambientale.
  E qui lo dico al collega Benamati, che dice che comunque questo decreto servirà all'ambientalizzazione, sarà rispettata la normativa europea: no, si prevede il rinvio dell'applicazione della decisione 2012/135/UE della Commissione, del 28 febbraio 2012, proprio sulle migliori tecniche disponibili, le cosiddette BAT, per la produzione di ferro e acciaio, prevista entro l'8 marzo del 2016.
  Giova ricordare che la procedura di riesame del «decreto AIA» del 2011 per l'esercizio dell'Ilva viene avviata proprio in rispetto della suddetta decisione. Con questo decreto, invece, quella decisione, e quindi l'adeguamento alle Bat, salta. Tutto ciò (il mancato rispetto del piano ambientale e dell'attuazione delle prescrizioni AIA), è aggravato, come dicevo, dalla mancanza di un piano industriale e di una benché minima idea di politica industriale in riferimento ad un settore anche per noi strategico come quello siderurgico. Anche i miei colleghi lo hanno già ricordato, però sembra che questo Governo non si accorga di quello che succede in Europa. Peraltro, cosa ancora più grave, questo Parlamento non si è potuto confrontare su quello che accade in Europa. Voglio ricordare che in Europa è stato emanato un documento sullo sviluppo di un'industria europea sostenibile dei metalli di base, approvato il 23 ottobre 2015 dalla Commissione per l'industria, la ricerca e l'energia del Parlamento europeo, che stabilisce che sia necessario prevedere sostegni finanziari in riferimento all'industria dei metalli rivolti agli investimenti ambientali e al risparmio energetico.
  Voglio ricordare anche che dovremmo sfatare un altro falso mito, un'altra falsa idea, che è stata ripetuta anche qui dal collega che mi ha preceduto: che i costi di protezione ambientale sono altissimi. Non è così, se discutessimo di questo, scopriremmo, come hanno scoperto gli studiosi della materia, che i costi di protezione ambientale e l'incidenza dei costi di protezione ambientale sono marginali rispetto ai costi delle materie prime e dell'energia. Nel 2012 i costi di regolazione e protezione ambientale erano 12 euro a tonnellata, a fronte di un costo totale di 600 euro. Ma noi non discutiamo. Non abbiamo ben compreso che cosa il Governo Renzi va a raccontare, che cosa va a dire in Europa, quando si parla di politica industriale. Voglio ricordare che questo Governo non ha mantenuto neanche l'impegno previsto, credo, dal decreto del 2013, nel quale si impegnava ad aprire una discussione sulla filiera dell'acciaio; neanche questo.
  La situazione ambientale e sanitaria a Taranto continua ad essere gravissima. Sappiamo che quel territorio è sempre più gravato da situazioni di malattie molto diffuse che colpiscono i lavoratori dello stabilimento e colpiscono anche i cittadini. Eppure si liquida con estrema facilità e con estrema superficialità questo decreto, dicendo che potrà mettere mano all'ambientalizzazione. Non sarà così, non solo perché le risorse non sono sufficienti, ma perché si continua a spostare in avanti il termine dell'applicazione delle prescrizioni AIA.
  Anche sul fronte della tenuta dei livelli occupazionali, lo dico ai relatori, c’è stato un intervento, un'osservazione nel parere della Commissione lavoro, dell'XI Commissione, in cui si diceva: attenzione, valutate attentamente la situazione della tenuta dei livelli occupazionali dei lavoratori delle ditte dell'indotto, e io aggiungo anche la tenuta dei livelli occupazionali dei lavoratori diretti. Per cui anche la Commissione Pag. 27lavoro ha provato, se pur aggiungendo un'osservazione e non una condizione, a dare l'allarme sulla tenuta dei livelli occupazionali; su questo non si dice niente nel decreto. Non è passato alcun emendamento in riferimento alla tenuta dei livelli occupazionali, alla continuità dei livelli occupazionali, alla continuità di reddito dei lavoratori diretti e dell'indotto. Voglio ricordare che, grazie al vostro Jobs Act, dal 2 marzo i lavoratori dei gruppi aziendali dell'Ilva S.p.A. si ritroveranno a non avere più l'integrazione salariale sui contratti di solidarietà e gli ammortizzatori sociali dovranno essere relativi ai massimali della cassa integrazione, cioè ridotti del 10 per cento rispetto agli attuali contratti di solidarietà, senza la tredicesima, senza la quattordicesima, quindi con una riduzione notevole di reddito per dei lavoratori che continuano a pagare sulla loro pelle la mancanza di sicurezza in quello stabilimento e la mancata ambientalizzazione.
  Insomma, concludo, dicendo che non solo questo decreto non è sufficiente, questo decreto è dannoso, servirà soltanto a fare un regalo ai privati di turno che vogliono mettere le mani sulla produzione dell'acciaio, produrrà probabilmente ricadute drammatiche sui livelli occupazionali, sia dell'indotto, che dei diretti, non produrrà, per lo spostamento in avanti di tutte le prescrizioni ambientali, salute e ambientalizzazione per quel territorio.
  Probabilmente il bando andrà deserto, perché davvero io non so se ci prendete in giro oppure se ci credete davvero quando prevedete che, nel giro di un mese, si possa mettere sul mercato l'Ilva e trovare acquirenti disponibili ad aggiudicarsi i complessi aziendali e tutto questo entro il 30 giugno 2016, con un'accelerazione che non era proprio in campo. Tutto ciò, davvero, a noi sembra piuttosto improbabile. Pensiamo che il bando possa andare deserto. Comunque, in ogni caso, noi ci ritroveremo a continuare a gestire una situazione gravissima, insostenibile.
  Chiudo con le parole che sono state dette dal mio collega di gruppo. Penso che avreste dovuto, per lo meno, fare un'autocritica: nove decreti non sono bastati a modificare la situazione dello stabilimento Ilva di Taranto e complessivamente di tutti gli stabilimenti aziendali, non avete posto rimedio alla situazione ambientale e sanitaria, rischiate di lasciare un deserto occupazionale e ambientale e probabilmente ci richiamerete qui a convertire un ennesimo decreto, spostando sempre più in avanti la soluzione a un problema che invece è già scritta. Già scritta negli atti dell'Unione europea, già scritta negli atti degli studiosi e degli esperti della materia, e che potrebbe essere già scritta anche in una discussione, in un approfondimento vero, all'interno del Parlamento, solo se il Governo Renzi, il Presidente Renzi e la Ministra Guidi, decidessero finalmente che dell'Ilva si deve occupare il Parlamento e non può continuare ad occuparsene un Governo che continua ad andare avanti per slogan, per approssimazioni, provocando danni incalcolabili per l'oggi e per il domani (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Pili. Ne ha facoltà.

  MAURO PILI. Grazie Presidente. Onorevoli colleghi, rappresentanti del Governo, se non fossimo in un'Aula parlamentare potremmo definire, senza ironia alcuna, questo decreto come il più alto esercizio di Azzeccagarbugli che Renzi e compagni hanno messo in campo in questi 20 mesi e, vista l'esperienza accumulata, possiamo ben definire questo Governo come il più autorevole esperto di carpenteria metallica. Nessuno come Renzi era mai riuscito a introdurre in un consesso parlamentare, in così poco tempo, tanti decreti sullo stesso argomento. Renzi, da aspirante carpentiere, con la stessa dimestichezza di un elefante nel solcare una cruna di un ago, ci presenta il suo quinto decreto sulla vertenza Ilva, ovvero un decreto reiterato per la quinta volta da questo Governo, senza considerare i dieci che hanno caratterizzato questi ultimi anni, dal 2012 ad oggi. Ha vinto Renzi, ha Pag. 28vinto a mani basse la sfida con Monti e con Letta. Ha vinto anche con la storia, perché mai nessuno aveva brancolato nel buio come ha fatto il suo Governo su questa vicenda. Si può mettere un decreto correttivo, se ne può mettere un secondo, allargando le braccia, anche un terzo, ma arrivare a emanare cinque decreti sullo stesso argomento, senza poter affrontare, senza essere riusciti a mettere a fuoco, una sola soluzione compiuta, significa mortificare la sua maggioranza di Governo, quella maggioranza che gli ha dato la fiducia per governare e non per brancolare nel buio e non per predisporre provvedimenti a tentoni.
  Un Governo che sbanda, che torna indietro, che va avanti, che riflette, che modifica, che corregge, che sistematicamente in questi venti mesi di disastroso governo non è riuscito a dare una risposta. Avete fatto un decreto per l'Ilva ogni quattro mesi; se l'Ilva fosse un'azienda pubblica non ci starebbe comunque, ma siccome l'Ilva è un'azienda privata avete dimostrato di perseguire ancora una volta la logica dell'interesse privato rispetto a quello pubblico dell'ambiente e della salute di quel territorio. Volete governare, questo il Presidente del Consiglio carpentiere lo ribadisce a destra e a manca, e avete l'ambizione di governare il Paese, di disegnare la svolta, ma se questo decreto – il quinto del suo Governo sulla vertenza Ilva – non ha saputo piantare un chiodo d'acciaio, è evidente che questo Governo non è adeguato neanche per gestire una mezza industria disfatta come quella dell'Ilva di Taranto.
  L'Ilva è la sintesi politica, è la rappresentazione nuda e cruda di quello che questo Governo ha rappresentato in questi mesi: annunci su annunci, ma in sostanza non vi è un solo provvedimento che abbia colpito nel segno e che abbia saputo individuare una strada risolutiva. Cinque decreti sullo stesso argomento in 20 mesi non sono pochi sul piano governativo, anche perché si è detto: noi siamo il Governo del fare e del fare in fretta ! In venti mesi cinque decreti non significa che avete adempiuto a degli obblighi e che avete saputo rispondere tempestivamente ! Quei cinque decreti hanno significato che non avete saputo cogliere in alcun modo l'essenza del problema !
  Cosa dice la Commissione europea ? Non voglio esprimere io giudizi, sarebbero inadeguati sul piano tecnico e sostanziale, ma li voglio riprendere da quello che la Commissione europea ha detto in base a ciò che voi avete fatto, rispetto ai cinque decreti che avete proposto. La Commissione europea ha segnalato le inadempienze riscontrate, che sono: la mancata copertura dei siti di stoccaggio di minerali e dei materiali polverulenti, la mancata adozione di provvedimenti volti alla minimizzazione delle emissioni gassose dagli impianti di trattamento del gas, la mancata adozione di misure per il controllo dell'emissione di particolati con il flusso di vapore acqueo in uscita dalle torri di spegnimento, cioè uno dei problemi più elevati di quella zona ! Dice la Commissione europea: la mancata adozione di provvedimenti per la riduzione delle emissioni di polveri delle acciaierie. Cioè, dice la Commissione europea, non avete affrontato il cuore del problema, il dramma della salute e dell'ambiente di quel territorio.
  In secondo luogo, ma non in una misura inferiore, la Commissione europea dice: non sono state adottate misure in grado di garantire che non si verifichino fenomeni di inquinamento significativi.
  Cosa dire ? Cinque decreti e il risultato è questo ! Non c’è un solo elemento che la Commissione europea ritenga affrontato e risolto ! Avete prodotto, la Commissione europea dice, carta straccia ! Non avete saputo perseguire la soluzione ed oggi tentate la strada della cessione, non so quanto legittima, di questa fabbrica a privati, anche con l'affitto ! Credo che si tratti di una delle poche realtà al mondo dove uno Stato prevede l'affitto di una fabbrica non propria a terzi privati, da individuare attraverso i commissari reiteratamente nominati dal Governo.
  Come fare dunque a sostenere che questo decreto è urgente ? L'urgenza di un decreto sta nella contingenza, nell'emergenza, Pag. 29ma come si può fondare, come fa il Capo dello Stato a controfirmare un decreto di urgenza se questo è il quinto ? Vuol dire che non siamo più in emergenza, perché se fosse stata un'emergenza da risolvere lo avrebbe fatto col primo, col secondo o con il terzo, ma non si può arrivare al decimo decreto, dal 2012 ad oggi, che non affronta e non sa affrontare le questioni ! Il 7 agosto del 2012 l'ormai dimenticato in queste Aule, Presidente Monti, ma non certamente nei provvedimenti, scriveva: Disposizioni urgenti per il risanamento ambientale e riqualificazione dei siti della città di Taranto.
  Sempre Monti, il 3 dicembre del 2012, scriveva: Urgenti interventi a tutela della salute e dell'ambiente. Il 3 giugno Letta scriveva: Provvedimenti urgenti per la tutela dell'ambiente e della salute. Il 31 agosto, sempre Letta, scriveva: Obiettivi di perseguimento di razionalizzazione delle Pubbliche Amministrazioni, introducendo un decreto per l'Ilva, e via dicendo.
  Un insieme di provvedimenti, questo è il decimo decreto, non lo dico io, lo rileva il servizio studi della Camera dei deputati, che non affronta e che non riesce a trovare il bandolo della matassa di questa vicenda ! Per quale motivo ? Perché non avete affrontato il tema sostanziale della politica industriale di questo Paese che affronterò più avanti. C’è un tema che vi sfugge. Per quale motivo per tutte le altre realtà produttive, cito la Carbosulcis in Sardegna, dove c’è stato un pronunciamento delle direttive comunitarie che dicevano: bisogna far concludere il ciclo dell'attività estrattive carbonifere entro il 2018. Voi in maniera pedissequa avete detto: chiudiamo tutto, subito ! Ma cosa dice la Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea n. 249, del 31 luglio del 2014 ? Perché voi siete talmente strabici da non guardare ciò che riguarda un provvedimento come questo e anzi ignorate e omettete il controllo di un punto cardine, nevralgico, non discutibile, e mi domando come faccia questo assente, inesistente, Presidente della Repubblica a firmare un decreto con questa violazione rispetto a una disposizione così rilevante ! Al punto 15 della Comunicazione della Commissione sugli orientamenti sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese non finanziarie in difficoltà, scrive la Commissione europea, notoriamente complicata, ma in questo caso in assoluta semplicità di concetto: è opportuno, quindi, escludere il settore siderurgico dal campo di applicazione dei presenti orientamenti. Dice cioè l'Unione Europea: dovete escludere l'intervento finanziario, così come lo state facendo, con capitali pubblici che affidate, sotto forma finanziaria equivoca, da restituire non si sa quando e non si sa come, e non si sa chi dovrà restituire questi fondi, se l'affittuario, se l'acquirente o se lo Stato, come è capitato più di una volta, fa investimenti a perdere, dalla Tirrenia all'Alitalia, passando per altri soggetti simili, vedi il Monte dei Paschi di Siena, per citare un aspetto in voga in queste settimane.
  È opportuno, quindi, escludere il settore siderurgico, dice la Commissione europea, ma come si fa a proporre, dopo questa direttiva del luglio del 2014, un ennesimo provvedimento che stabilisce invece di foraggiare a piene mani uno stabilimento non proprio, di cui non vi è la certezza della disponibilità, neanche gestionale da parte dello Stato, le risorse finanziarie sequestrate in Svizzera tra virgolette alla famiglia Riva, preventivamente e cautelativamente, proprietaria di questa fabbrica ? E se invece dovesse andar male quella partita, e quel miliardo non venisse sequestrato definitivamente ? Per Equitalia, che è stata demandata al prelievo, all'utilizzo e all'anticipo di quelle risorse, cosa succede ? Che abbiamo speso fior di centinaia di milioni di euro senza dare alcun tipo di risposta a quello che invece era necessario.
  Se fosse vero quello che è scritto nel rapporto dell'Istituto superiore di sanità, che non è esattamente un organo di partito, che dice: nel primo anno di vita si registra un eccesso di mortalità generale, chiaramente ascrivibile ad un eccesso del 45 per cento rispetto all'atteso regionale nel numero dei decessi per condizioni morbose di origini perinatali; – e aggiunge Pag. 30– c’è un eccesso di rischio per la fascia 0-14 anni che viene osservato anche per l'incidenza dei tumori nel loro complesso, o si osserva che permangono gli eccessi osservati in età pediatrica per i bambini ricoverati per malattie respiratorie acute, anche per la mortalità generale e l'incidenza per i tumori nel loro complesso.
  Quindi voi stabilite di finanziare, senza affrontare e senza risolvere il problema ambientale e sanitario con la ricaduta dei costi sul risultato e sulle conseguenze dell'ambiente e dell'inquinamento ambientale su quel territorio, di proseguire a tentoni, di non avere chiara l'azione da mettere in campo. Questo è, onorevoli rappresentanti del Governo, l'ennesimo decreto ad personam per Riva, per la sua fabbrica. Lo fate senza tener conto dei cittadini di quella realtà e soprattutto, cosa ben più grave, lo fate senza tener conto che un Governo deve essere al di sopra delle parti e che un Governo ha il dovere di guardare la strategia complessiva industriale del Paese. Non è pensabile che abbiate fatto dieci decreti per l'Ilva di Taranto e non abbiate sentito il dovere e la dignità politica, morale e istituzionale di fare un solo decreto per l'area del Sulcis, dove sono stati licenziati migliaia di lavoratori, dove avete fatto tre anni di prese in giro dalla chiusura dell'Alcoa in poi, avete millantato nomi e cognomi, l'ultimo nome che avete millantato è quello della Sider Alloys, una società Svizzera che ha la sede tra un night club e una pescheria, e avete sostenuto in un tavolo ufficiale del Ministro dello sviluppo economico che quella società può candidarsi a gestire un impianto importante di alluminio primario. Ma in base a che cosa avete scelto che l'acciaio è strategico a livello nazionale ? Qual è la strategia politica e industriale di questo Governo ? Per quale motivo l'acciaio sì e per esempio l'alluminio primario no, che è materia assolutamente rilevante per esempio per l'industria automobilistica ? Cosa vi vietava di mettere in campo un provvedimento che fosse strategico, che non fosse ad hoc per un'industria, per uno stabilimento, per un territorio ma che fosse di caratura nazionale, di interesse per tutte quelle aziende che in Italia hanno difficoltà oggettive per esempio legate non al mancato rispetto ambientale ma per esempio alle condizioni essenziali delle precondizioni dello sviluppo. A un'azienda se manca il credito, se manca l'energia, se manca l'accelerazione delle procedure, se mancano procedure snelle ed efficienti e anche sul piano morale corrette, è assolutamente eticamente sostenibile. Per quale motivo avete scelto l'acciaio e non il piombo e lo zinco, non l'alluminio primario, non altre realtà che hanno sul piano delle precondizioni dello sviluppo limiti rilevanti. Perché non avete fatto una scala gerarchica, per esempio delle aree ad elevato rischio ambientale, se è questo il tema nobile che avete messo alla base dell'Ilva ? Per quale motivo non avete preso le aree industriali dismesse dall'Enichem di Porto Torres passando per Ottana, arrivando a Macchiareddu, sino al Sulcis, dichiarate tutte aree di crisi ambientale e per le quali però non è seguito nessun tipo di provvedimento né sul piano delle bonifiche né sul piano dell'adeguamento degli impianti né tantomeno del mantenimento della ripresa produttiva. Perché avete scelto la strada dell'acciaio e non per esempio quello del titanio, del carbone, di leghe moderne ? Perché avete scelto il vecchio di Riva, della famiglia Riva, dello speculatore che inquina, che ha ammazzato la gente e che non ha saputo creare le condizioni per uno sviluppo moderno di quella fabbrica. E perché non avete scelto la ricerca scientifica e tecnologica applicata ad altre materie ? Perché volete intervenire su questo e non stabilite di intervenire sulla politica industriale di un Paese su altri versanti, su altri settori che possono essere assolutamente rilevanti ? È la visione di questo Governo, emerge che dovunque mettiate mano c’è un interesse privato e so quello che puntualmente dico, perché quando si è portato sul piano Junker una proposta del Governo italiano che proponeva di dare 800 milioni di euro al gruppo Mossi & Ghisolfi – buonanima Ghisolfi – che stabiliva di realizzare in Italia tre impianti di biofuel, avete stabilito che quello era il nome e Pag. 31cognome, ma era il nome e cognome che finanziava le fondazioni di Renzi e amici.
  Era quello che passava i soldi, le centinaia di migliaia di euro, al Governo attraverso Renzi per finanziare la sua campagna elettorale. Ebbene, 800 milioni chiesti sul piano Juncker per quel tipo di intervento industriale. È un Governo a motrice privata, privatistica, assolutamente legata a parenti, amici, a tutti coloro che sostanzialmente possono trovare risposte sul piano finanziario. Trovate immediatamente i soldi per il Monte dei Paschi di Siena, per Banca Etruria, trovate i soldi per tutto, trovate i soldi a pronta cassa, un emendamento di 800 milioni presentato all'ultimo momento in Commissione per il decreto Ilva, stabilite chi li deve anticipare, che li anticipa Tizio, Caio, che le condizioni per la restituzione sono talmente aleatorie che non sono definite e saranno definite dagli stessi commissari, cioè stabilite un principio secondo il quale la norma si attaglia, si adegua alle esigenze dei privati. Come mai le stesse premure non le avete avute per l'Alcoa ? Per quale motivo due anni fa il vice carpentiere, De Vincenti, che non è riuscito a fare mai neanche un ponteggio, figuriamoci un tipo di realizzazione... da tre anni continua a dire – questo signore, nella continuità tra il Governo Monti, Letta e Renzi – che il tema non è quello dell'energia, che il problema cuore dell'Alcoa, dell'alluminio primario, non è quello dell'energia ? Ebbene invece si stabilisce soltanto tre mesi fa che bisogna fare una proposta all'Europa di un contratto, di un regime di interrompibilità per dieci anni. Lo si scrive in un memorandum, si convocano le telecamere, i fotografi, i sorrisi di Stato per dire: abbiamo firmato un memorandum per la salvezza dell'Alcoa, c’è la Glencore che è pronta ad avere e gestire quell'impianto, se avrà dieci anni di energia a regime di interrompibilità. Dieci anni. Ebbene l'autorevolezza di questo Governo va in Europa e torna con due modestissimi anni di interrompibilità, ridotta quasi della metà rispetto alla precedente, e soprattutto non tiene conto che un impianto come quello dell'alluminio primario solo per essere riavviato ha bisogno di molto più di due anni, che ha bisogno di essere messo in marcia con condizioni strategiche di investimenti, di revamping dell'impianto che certamente voi non avete pensato fossero necessarie. Quindi due anni inutili e cioè questa mancanza di visione che vi porta a stabilire che l'Ilva è il cuore dell'Italia industriale, per cui intervenite solo su quella utilizzando le procedure per la vecchia Parmalat, è evidente che avete perso ogni tipo di visione. Quante sono le fabbriche italiane – per non parlare delle sarde, che potrei enunciare una per una – che risiedono in aree ad elevata crisi ambientale ? Sono tantissime, sono decine se non centinaia le fabbriche che hanno problemi di compatibilità ambientale, di recupero e che anzi sono riuscite magari da sole a fare interventi di manutenzione e di revamping ambientale, di gestione ambientale della propria azienda, ma che non hanno avuto l'intervento di bonifica collaterale. Ebbene, voi vi siete di queste dimenticati, non c’è una sola decisione del Ministero dell'ambiente che vada verso quella logica che va a ripristinare il territorio delle risposte compiute, anzi, in questo decreto riproponete il tema che chi inquina paga. Ma qui paga sempre lo Stato, non vi state sostituendo soltanto nominalmente, lo state facendo sostanzialmente sul piano economico con risorse che vengono iscritte nel bilancio del Ministero dello sviluppo economico. E sul credito, quante aziende in Italia, in Sardegna avrebbero bisogno di credito certo e invece vanno dalle banche e vengono strozzinate: le aziende agricole, le piccole e medie imprese, gli artigiani vanno dalle banche che gli fanno ipotecare tutto e di più pur di avere un minimo stanziamento. Ebbene invece a Taranto create una zona franca: vi diamo i soldi, non pagate le tasse, quelli che dovevano pagarle possono non pagarle per altri anni. Quindi sostanzialmente un Governo bieco, un Governo che non è in grado di dare alcuna compiuta risposta alla partita sostanziale dello sviluppo economico e dello sviluppo industriale, avete cioè perso di vista la ragione dell'essere Governo della cosa pubblica.Pag. 32
  Avete posto come linea, come frontiera, come orizzonte, soltanto quella di occuparvi degli interessi privati, degli affari privati. Questo non può essere accettato perché, così come ho detto in questo mio intervento, ci sono altre realtà, come quella per esempio del Sulcis, che richiamo in conclusione, la quale avrebbe meritato non i dieci decreti dell'ILVA, ma uno, per dire: non vi regaliamo soldi, ma vi mettiamo nelle condizioni, rispetto agli altri smelter europei, alle stesse fabbriche europee di alluminio primario, di poter produrre alluminio con le stesse medesime condizioni, non con le discriminazioni e i divari della condizione insulare. Non siete stati in grado di farlo perché non siete un Governo del Paese, siete un Governo di azzeccagarbugli.

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Stella Bianchi. Ne ha facoltà.

  STELLA BIANCHI. Grazie Presidente, siamo oggi all'inizio del percorso di conversione in Aula del decimo decreto che riguarda la questione dell'ILVA e devo dirle, Presidente, che a me sorprende la sorpresa dei colleghi. È chiaro che in una situazione così complessa e di estrema difficoltà – quale quella che riguarda la più grande acciaieria d'Europa – è quasi immaginabile che siano necessari più interventi normativi che si susseguono, interventi che, tra l'altro, non sono stati interamente dedicati all'ILVA in molti dei decreti che abbiamo citato, interventi molto significativi sul piano ambientale.
  Il primo commissariamento a finalità ambientale è stato proprio disposto dal Governo Letta – in quel momento il Ministro dell'Ambiente era Andrea Orlando – per avviare finalmente il risanamento ambientale dell'ILVA e togliere ai Riva la gestione dello stabilimento ILVA. E non sorprende nemmeno che si debba intervenire ora per fissare un termine perentorio di chiusura delle procedure di trasferimento del complesso aziendale, visto il venir meno di quel miliardo e 200 milioni di somme sequestrate ai Riva e che sono ora in Svizzera, sulle quali però c'erano state garanzie di poterle impegnare a finalità esclusive di realizzazione del Piano ambientale.
  Quindi, il decreto che cominciamo a convertire oggi in Aula ha due termini decisivi: uno – questo del 30 giugno 2016 – relativo al completamento delle procedure per il trasferimento dei complessi aziendali e l'altro – al 30 giugno 2017 – per il completamento del Piano ambientale. Confesso, Presidente, che dispiace a tutti noi, naturalmente, veder slittare in avanti i termini del completamento del Piano ambientale, e anche su questo sappiamo quale dev'essere l'attenzione che tutti – Parlamento, Governo, istituzioni locali, competenti autorità di controllo – dobbiamo mettere per verificare che sia realizzato nel migliore dei modi possibili e nei tempi previsti.
  Quello che dobbiamo fare è molto semplice a dirsi ed estremamente complesso da realizzare: tenere insieme il rilancio industriale e il risanamento ambientale di quella che, come dicevo, è la più grande acciaieria d'Europa. Ricordo solo un numero: è pari a 15 milioni di metri quadrati l'area occupata dello stabilimento. Lo stabilimento ILVA occupa un'area che è doppia rispetto a quella dell'intero comune di Taranto e già questo numero ci dovrebbe dire quanto è complesso intervenire in una situazione del genere: 190 chilometri di nastri trasportatori all'interno, 50 chilometri di strade all'interno, 200 chilometri di ferrovia all'interno, e per chiunque di noi ha avuto la fortuna – come ho avuto io e come hanno sicuramente avuto molti colleghi qui – di visitare quello stabilimento, l'impatto visivo che c’è, l'enormità di quello stabilimento, ci dice già da solo quanto sia difficile rimettere in pista, nel rispetto della salute e dell'ambiente, l'attività produttiva di quello stabilimento.
  Fermare la produzione impedirebbe di fatto il risanamento ambientale. I colleghi che invocano la chiusura dello stabilimento per risolvere le questioni ambientali di Taranto stanno drammaticamente sbagliando strada. Il caso di Bagnoli è davanti ai nostri occhi, con una dimensione ed una presenza rispetto alla città di Napoli Pag. 33molto, molto inferiore, e tuttavia ci dimostra che la chiusura di quello stabilimento non ha assolutamente garantito il risanamento ambientale. L'unico modo con il quale possiamo avere risanamento ambientale e continuare a tenere e, anzi, a rilanciare la produzione dello stabilimento, e certo non svelo un segreto, è stato già detto da molti colleghi. Quali altri interessi ci sarebbero sulla chiusura dello stabilimento di Taranto: la sovrapproduzione di acciaio in Europa si attenuerebbe moltissimo se la più grande acciaieria d'Europa, che è appunto a Taranto, smettesse in un colpo di produrre. Quindi, continuare a mantenere la produzione nel rispetto degli obiettivi di risanamento ambientale. D'altro canto, però, continuare la produzione come è stato fatto fin qui, non credo che darebbe un grandissimo slancio al risanamento ambientale.
  Certo vanno fatte le bonifiche, certo vanno trattati i rifiuti correttamente, ma credo – l'hanno detto diversi colleghi, lo ha detto anche il presidente Realacci prima di me nel suo intervento – siano da valutare con grande attenzione le ipotesi di decarbonizzazione degli impianti: ipotesi che sono state rilanciate con grande enfasi anche alla Conferenza di Parigi sul clima dal Presidente Emiliano, ipotesi che erano nel piano dei primi commissari nominati dall'allora Governo Letta – Bondi e Ronchi –, ipotesi che organi di stampa riportano in uno studio della Boston Consulting Group, che era la società di consulenza a cui ha fatto affidamento il commissario attualmente in carica, Piero Gnudi. Gli organi di stampa, il Corriere della Sera in particolare, riporta questo studio della Boston Consulting Group, che parla di una trasformazione dell'altoforno 5 in due forni elettrici e di un accesso al preridotto per il 40 per cento della produzione, quindi utilizzo del gas invece del carbone, con anche l'obiettivo di aumentare i volumi di produzione, però con una enorme e consistente riduzione delle emissioni di CO2 prodotte.
  Su questo noi, come Parlamento e come Governo, dobbiamo essere molto chiari nel diventare davvero campioni nella decarbonizzazione, dobbiamo prendere assolutamente sul serio la sfida del clima e ciò che comporta l'Accordo di Parigi che abbiamo siglato insieme a tutti gli altri Paesi, ai 195 Paesi che l'hanno siglato: le nostre erano parte di quel 94 per cento di emissioni globali, rappresentate nell'impegno a ridurle drasticamente e puntare seriamente alla decarbonizzazione. E quindi ecco che immaginare una riconversione della più grande acciaieria d'Europa, fin qui alimentata a carbone, verso sistemi di alimentazione diversi con un impegno diverso del gas, è un elemento importante da considerare nella valutazione delle proposte che ci saranno per l'acquisizione, l'affitto o, comunque, il trasferimento dell'impianto stesso.
  Sottolineo anche una cosa che leggevo in annunci di stampa: il Ministro Guidi ha annunciato per il 10 febbraio gli stati generali dell'industria, un appuntamento importante. Il Paese ha certamente bisogno di politiche industriali, se ne sente la necessità assoluta per quello che è il secondo Paese manifatturiero d'Europa. Naturalmente sono sicura che il Governo, e il Ministro Guidi per prima, vorrà certamente che queste politiche industriali siano orientate verso il futuro, siano orientate alla decarbonizzazione e facciano dell'Italia un campione della nuova sfida, un traino verso la nuova economia che dobbiamo costruire.
  Segnalo due elementi, Presidente, che sono nel decreto: in primo luogo, il fatto che tra i requisiti che sono richiesti alle compagini che vorranno presentare la propria manifestazione di interesse per il trasferimento dello stabilimento ILVA ci sia la garanzia della rapidità e dell'efficienza dell'intervento che riguardi anche i profili di tutela ambientale, quindi naturalmente deve esserci una forte caratterizzazione della manifestazione di interesse verso la realizzazione del Piano ambientale, ed è importante che questi 800 milioni previsti nell'ultima legge di stabilità siano destinati, appunto, al risanamento e all'attuazione del Piano ambientale: Pag. 34un intervento enorme, come richiede quel tipo di stabilimento e quel tipo di problema che dobbiamo affrontare.
  Questo decreto apre un percorso – come hanno ricordato più volte i presidenti Realacci ed Epifani nel corso dei lavori delle Commissioni ambiente e attività produttive, che hanno avuto il compito di svolgere il lavoro preliminare all'Aula – perché la data significativa è quella del 30 giugno 2016 e ricordo, faccio mio, l'auspicio che i due presidenti hanno più volte espresso e l'impegno che i due presidenti hanno preso per le loro Commissioni e che chiediamo naturalmente al Governo, di un coinvolgimento pieno del Parlamento in questa fase, di avere quanto più possibile la possibilità di verificare il percorso che si sta portando avanti per riuscire a garantire il rilancio industriale, ma anche il risanamento ambientale e probabilmente una ristrutturazione dell'attività produttiva dello stesso stabilimento.
  Per questo è anche importante che nel lavoro delle Commissioni sia stato approvato un emendamento che prevede che siano presentate relazioni semestrali al Parlamento, da qui in avanti, sullo stato di attuazione sia del Piano ambientale sia del rilancio produttivo del complesso ILVA: una questione nazionale sulla quale chiaramente il Parlamento deve continuare ad avere un occhio di grande vigilanza e di grande attenzione e che dev'essere al centro della nostra attività politica.
  Concludo, Presidente, con una sola osservazione, con tutta la complessità e con tutta la drammaticità di questa situazione, che non sfugge a nessuno di noi, perché nessuno di noi legge, apprende e ascolta senza enorme preoccupazione i dati sulla morbilità in quel luogo, il fatto che i bambini non possano giocare nel quartiere Tamburi, il fatto che ci sia un pericolo ancora per la salute pubblica, il fatto che ci siano gravissimi lutti ancora all'interno di quello stabilimento, per lo svolgimento di un'attività produttiva che non dovrebbe mai comportare in nessun caso la perdita della vita.
  Come dicevo, con tutta la complessità e con tutta la drammaticità noi continueremo a lavorare, il Partito Democratico continuerà a lavorare per affermare un semplicissimo principio: il diritto al lavoro, il diritto alla salute e alla tutela dell'ambiente devono andare insieme e lo stabilimento Ilva sarà un esempio straordinario di come la più grande acciaieria d'Europa diventa un campione nel rispetto della salute e dell'ambiente (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Zolezzi. Ne ha facoltà.

  ALBERTO ZOLEZZI. Grazie, Presidente. Ci troviamo, appunto, per la nona volta, ad affrontare l'Ilva di Taranto; adesso, in questo caso, si parla di trasferimento dei complessi aziendali entro sei mesi da questo decreto-legge e ci troviamo, purtroppo, di fronte, nuovamente, a un decreto e a una decretazione d'urgenza, quella che rende impossibile ragionare su dei dati che sono stati giustamente definiti di grande complessità. Coniugare ambiente, occupazione e salute non è semplice, non è stato semplice, perché ricordo che eravamo qui in Aula il 22 dicembre 2015 a discutere il collegato ambientale, a votarlo – è bene che sia stato fatto –, ma la scadenza della presentazione degli emendamenti per questo provvedimento, il decreto-legge Ilva «9» era fissata in quelle ore, quindi, è stato impossibile ragionare con la dovuta attenzione su un tema così complesso. È questa la prima cosa che rilevo. Si poteva ragionare da un punto di vista normativo, si poteva discutere in Commissione delle zone speciali fiscali, si poteva discutere di nazionalizzazione, si poteva discutere dell'idea che si poteva avere di questo stabilimento e non, invece, di una svendita davvero tragica che sembra avvenire. Anche perché si parte, appunto – l'abbiamo detto in occasione della pregiudiziale di costituzionalità – dall'articolo 9, si parla, appunto, del mancato rispetto dell'ambiente: le prescrizioni dell'AIA vengono rimandate nella loro attuazione, mentre, invece, la tintura delle case Pag. 35e dei polmoni degli abitanti del quartiere Tamburi, da parte di polveri e idrocarburi, è persistente.
  Proprio in questi giorni è stato pubblicato un resoconto degli studi più significativi del 2015 sull'inquinamento e uno è proprio quello del New England Journal of Medicine, che testimonia come la riduzione dell'inquinamento migliora lo sviluppo polmonare dei bambini e anche lo sviluppo psicofisico; per cui, adesso, l'articolo 9 di questa Costituzione viene bruciato, ma voi d'altronde la Costituzione la volete bruciare in uno dei nove inceneritori, come nove sono i decreti che Galletti vuole costruire. Un nuovo inceneritore, un nuovo airbus, per il Premier è questa la politica ambientale che volete portare avanti. Auspico che i cittadini capiscano e nell'eventuale referendum rispettino la resistenza che ci ha donato la democrazia e questa splendida Costituzione.
  Si è partiti dal piano Bondi, in passato, che si è basato sulla McKinsey, la stessa che porta avanti il progetto di grande utility italiana per privatizzare acqua e settore dei rifiuti tramite una grande società, grande utility fondata anche dallo stesso Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare Galletti, quindi, capiamo che siamo di fronte a corto circuiti non semplici. Il progetto di Bondi poi fu bloccato, arrivò Gnudi che puntò sull'azionariato, ma anche questo sistema non andò bene; probabilmente alcuni privati forse, davvero, ingigantirono i problemi, creando questa cordata di furbetti dell'acciaio, forse guidata, ai tempi, da ArcelorMittal; poi si è passati, adesso, ad Andrea Guerra, l'ex amministratore di Luxottica e anche consulente di Palazzo Chigi con una modalità abbastanza diffusa da parte del nostro Premier. Poi ci fu l'inchiesta sui fondi dei Riva, sembrava cosa fatta acquisire gli 1,2 miliardi di euro dei Riva e utilizzarli per le bonifiche, per le sempre più necessarie bonifiche dello stabilimento di Taranto, ma invece l'UBS e poi la magistratura svizzera negarono questo passaggio. Adesso, questi 300 milioni di euro messi da questo provvedimento per le esigenze finanziarie urgenti, che si vanno a sommare agli 800 milioni stanziati dalla legge di stabilità, purtroppo non consolidano un piano industriale, non danno sicurezza sulla transizione in questa cessione che, tra l'altro, deve essere anche piuttosto rapida, anche perché si vuole andare sempre con la trattativa privata, con gli amici.
  Questa trattativa privata viene fatta anche per uno stabilimento così grande, che è definito strategico per l'interesse nazionale. Addirittura si vuole ovviare anche alla responsabilità civile, dopo aver esonerato il commissario dalla responsabilità penale. All'articolo 24 della Costituzione si sancisce il diritto di azionare i diritti di ciascuno, mentre, invece, con questo decreto si vuol dare uno «ius primae mortis» al commissario, dopo tanti incidenti, dopo tanti lutti in questo stabilimento. Mentre, invece, l'urgenza di un decreto avrebbe potuto affrontare il rischio di infrazione europea e le prescrizioni dell'AIA; vengono dilazionati ulteriormente, forse sine die, gli adempimenti alle prescrizioni e la gestione dei rifiuti sta continuando a portare un turismo inaccettabile, perché è un affare anche quello, è un affare perché sono appunto 3,6 milioni di tonnellate le scorie di fonderia portate in Italia e in Belgio, anche grazie al primo decreto-legge del 2015 che fu sempre sull'Ilva e che tolse in qualche modo la sicurezza di analisi di queste scorie.
  In Commissione abbiamo presentato un emendamento per riportare la sicurezza in questo settore, ma è stato bocciato, purtroppo. In qualche modo si è capito che questa mancanza di sicurezza per le scorie faceva parte di questo pacchetto per l'eventuale nuovo compratore dell'Ilva. Sappiamo che l'Ilva porta, appunto, questo turismo, porta da Taranto al terminal Italia di Segrate un quantitativo importante di scorie, almeno mezzo milione di tonnellate finiscono nella provincia di Mantova, per esempio, dai piani che ci sono. I vagoni arrivano totalmente incrostati del materiale, perché facendo tante ore di viaggio ci sono reazioni chimiche del cromo esavalente che probabilmente Pag. 36finisce anche in aria, visto che non ci sono neanche più le misure di sicurezza previste prima del decreto legge n. 1 del 2015. Vediamo che ci sono nell'Ilva circa mezzo milione di tonnellate di amianto; è bene che sia passato un mio emendamento sulla necessità di mappatura e di urgente messa in sicurezza di eventuali materiali non in sicurezza. Anche perché ci sono segnalazioni di stampa sulla presenza di materiale radioattivo all'interno dello stabilimento e sappiamo, invece, con certezza che ci sono 18 mila fusti di materiale radioattivo proveniente anche dall'Ilva nel deposito di Statte che è a pochi chilometri. Quindi l'Ilva è anche un po’ un mistero e non vorremmo che, magari, si procedesse rapidamente nelle pulizie di primavera, svuotando di materiali e magari senza una destinazione definitiva sicura.
  Ricordiamo che già nel 2011 la Corte di giustizia dell'Unione europea ha condannato l'Italia per non avere rilasciato le autorizzazioni relative alle emissioni industriali per diversi impianti. Era la causa C-50/10. Il 4 agosto 2011 l'Ilva ricevette l'autorizzazione alle emissioni aggiornata, ma la procedura d'infrazione è proseguita nel settembre 2013, sia per le emissioni che, appunto, per la gestione dei rifiuti.
  La mancanza di un piano industriale e di un piano nazionale dell'acciaio dovrebbe essere la priorità da inserire in un decreto-legge. Sappiamo che i miliardi stimati per l'ambientalizzazione sono davvero tanti, dovrebbero essere 8; noi chiederemo in Aula, con un emendamento, di lasciare le bonifiche allo Stato e che i soldi che eventualmente verranno tratti dalla famiglia Riva, questo miliardo e due, non vadano, invece, nelle tasche di un compratore che fa questa scommessa, magari del «prendi e fuggi», coi soldi che, in realtà, dovrebbero andare alla città di Taranto per la sicurezza e per le bonifiche.
  Il danno sanitario va sempre ricordato. Ricordiamo che l'Ilva emette anche adesso diossine stimate dall'OMS come compatibili con la resistenza di un miliardo di persone, ma queste vanno tutte sui cittadini di Taranto che sono molti meno. Non si valutano le emissioni totali, si valuta solo la concentrazione. Nella memoria che tutti i parlamentari hanno ricevuto dall'associazione internazionale Medici per l'ambiente si quantifica il danno sanitario in 386 milioni di euro in totale, si quantificano già nella perizia prodotta dal giudice Todisco, si quantificano in circa novanta decessi all'anno i morti per le emissioni e per il superamento delle emissioni. C’è un eccesso di mortalità generale e, rispetto all'atteso generale, a Taranto c’è un eccesso di mortalità infantile che è inaccettabile, soprattutto non facendo una normativa adeguata a quelle che dovrebbero essere le nostre funzioni. E dire che il decreto-legge vuole anche adattarsi alle prescrizioni ambientali con una gara a trattativa privata: è uno spot in puro stile «renzioso».
  Quindi la produzione annua massima dev'essere inserita da subito; ma questo doveva farlo il commissario, non lasciarlo stabilire da un compratore fantasmagorico ! La produzione annua massima compatibile con il rispetto delle prescrizioni; e purtroppo vediamo che c’è molta confusione: anche alcune note sindacali parlano di aumentare la produzione rispetto a quella attuale. Purtroppo a quel punto sarebbe impossibile adempiere a qualsiasi prescrizione dell'autorizzazione integrata ambientale, perché c’è un'emissione cumulativa: che non è ben chiara nella normativa italiana, ma è assolutamente logica per chi volesse davvero occuparsi dell'ambiente e della salute dei cittadini di Taranto e dei cittadini italiani !
  Il Piano nazionale dell'acciaio manca, e manca il piano industriale dell'Ilva: rinviato, questo piano industriale, alla sua stesura da parte di un possibile compratore segreto; magari si chiamerà Tiziano, o Pier Luigi, vista la facilità di accesso al credito a babbo morto.
  Chi poteva agire per pianificare la produzione e tutelare i brevetti nazionali ? Penso che avrebbe dovuto essere, per esempio, la Ministra Guidi, che è stata assente alla discussione: forse era impegnata a stappare pozzi di petrolio in giro per l'Italia, in mare e in terra. Un altro Pag. 37personaggio che in qualche modo notiamo avere ancora un ruolo molto importante è Antonio Gozzi, presidente di Federacciai, ma anche amministratore delegato della multinazionale cino-svizzera Duferco, che nel marzo 2015 subì persino un arresto, anche se di breve durata. A me non interessa l'eventuale aspetto giudiziario di Antonio Gozzi; però è interessante capire quello che stava facendo, probabilmente senza alcun illecito. Era in corso una diversificazione della Duferco, della multinazionale, nel settore dei giochi d'azzardo, e c'era contemporaneamente un tentativo di acquisto del sito siderurgico di Maluku in Congo; però in realtà la Duferco non fece mai offerte per il sito siderurgico, bensì fece offerte in Congo per il gioco d'azzardo: per capire che magari quest'uomo è più interessato a quel settore, questo è il mio dubbio !
  Nel 2011 poi questo Kubla, che seguiva gli affari della Duferco, è stato per un breve periodo presidente della società di sfruttamento dei giochi nel Congo e, secondo il giudice Calise, questa società sarebbe stata creata per portare avanti le ambizioni di Duferco nel settore del gioco d'azzardo, quando il Congo ha aperto ai privati la lotteria nazionale. L'azionista maggioritario di questa società era una società belga, Successful Expectations Belgium, filiale della lussemburghese Successful Expectations, di cui Gozzi e Croci, arrestato anche lui in Belgio per pochi giorni, erano azionisti. Per cui penso che il fatto che Gozzi sia azionista di una società che si occupa di gioco d'azzardo sia un dato importante in questo: penso che, visto che Federacciai ha anche un codice etico, che vale per tutti i membri, per gli imprenditori, a maggior ragione dovrebbe valere per il suo presidente !
  Il Piano nazionale dell'acciaio può quindi interessare a Gozzi o no: 23 milioni di tonnellate prodotte nel 2014, in calo; non è facile stimare il fatturato, ma il fatturato diretto è circa 13 miliardi nel settore. Mentre invece il gioco d'azzardo in Italia ha un fatturato di 90 miliardi tracciati, più altri 20 in nero: dieci volte maggiore di quello dell'acciaio ! Per Gozzi, o per chiunque altro, potrebbe essere più redditizio concentrarsi appunto sul gioco d'azzardo, magari mettendoci una corazza d'acciaio giusto per non far vedere quello che succede. Anche in Congo forse era più interessato a società con scambi economici con la Germania e il Belgio; e magari chissà, poteva anche scommettere dal Congo, con i rapporti economici di scambio molto facilitati, su squadre del calcio italiano, su squadre, per esempio, di serie B. Una di queste vede come patron proprio un certo Antonio Gozzi: tra l'altro, è proprio lui ! Ritengo sia inopportuno che questa persona stia alla guida di Federacciai, per questo e anche per come sta gestendo tutta la partita dell'acciaio; anche perché adesso si rischia di assegnare, con questo decreto-legge, 1,2 miliardi di euro alla famiglia Riva, che tra l'altro continua a guadagnare, portando in campo il carbone in Puglia con le loro navi. È una sorta di scommessa, perché per ambientalizzare ce ne voglio 8: con questi 1,2 miliardi magari se chi arriva li gioca alla Lottomatica ne vince 8, non lo so.
  Teniamo conto che 8 miliardi di euro corrispondono nel risparmio energetico (e potrebbe essere applicato anche all'Ilva e alla città di Taranto) a 120 mila posti di lavoro: ben più dei 15 mila, che sono comunque tantissimi, di cui stiamo cercando di parlare adesso !
  Per cui il «Governo d'azzardo» fa così: fa investire nel nostro Stato 110 miliardi di euro all'anno in gioco d'azzardo. Anche i fondi delle quattro banche finora fallite avevano il 2 per cento di possibilità di essere redditizi, ed è una possibilità persino minore di quella del gioco d'azzardo normale, che è stimata nel 5 per cento; che poi sale stranamente per giocate elevate: per le scommesse bancarie, ma anche per le società di Renzi e Boschi senior sembra che i rischi non ci fossero, ma anzi, probabilmente sono stati loro a mettere a rischio le banche stesse non restituendo i crediti.
  Ilva va seguita momento per momento, perché è una situazione davvero importante per la nostra nazione; seguiremo il piano, quello che succederà, anche se Pag. 38chiaramente siamo sconfortati dal non aver avuto la possibilità di mettere bocca su tale piano. Siamo sconfortati, perché finora crediamo che davvero tutti questi decreti-legge siano per cercare di far fare soldi a qualcheduno, per far mantenere poteri e mantenere il consenso. Tutto questo porta alla distruzione dello Stato e di chi chiunque persegua questi metodi: è questo che io definisco «renzoma», è un cancro politico che, come nel caso dell'inquinamento dell'Ilva, può anche diventare fisico. Nel caso dell'Ilva è dimostrato che vengono causati 90 decessi all'anno. Per arrivare ad agire così è come se si fosse drogati, è una droga della casta, è un «castagon»; ma chi si droga fa danni a se stesso e agli altri, e non vede il lungo termine, perde speranza. Credo che una mozione di sfiducia per Renzi potrebbe costare, fra fogli ed energia elettrica, almeno una tonnellata di anidride carbonica: Renzi potrebbe evitarcela, andandosene a casa sua sponte; oppure al cinema, a vedere qualche cinepanettone con i suoi sodali a Courmayeur, gloriandosi del fatto che i registi si sono ispirati a lui. Se lo facesse spontaneamente, sarebbe il suo primo atto in difesa dell'ambiente e dello Stato (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche dei relatori e del Governo – A.C. 3481-A)

  PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore per la maggioranza, onorevole Massa.

  FEDERICO MASSA, Relatore per la maggioranza per l'VIII Commissione. Intervengo telegraficamente, e per chiarezza su alcuni punti che noi riteniamo dirimenti.
  Non è vero, non sta scritto nel testo del decreto-legge, e soprattutto non sta scritto nel testo del decreto-legge dopo gli emendamenti in Aula, che resta in mano all'aggiudicatario la determinazione sulle modifiche al piano ambientale e all'AIA conseguenti al piano industriale. È vero esattamente il contrario: ciò che è previsto nel decreto-legge, e con procedure maggiormente rigorose, ricordava il presidente Realacci, è il coinvolgimento di ISPRA espressamente previsto da un emendamento approvato; è vero che, dovendosi ragionevolmente parametrare al piano industriale che dovrà essere realizzato il grado e la qualità delle tutele ambientali, quell'approvazione del piano industriale e dell'AIA sta in mano alle amministrazioni, sta dentro le procedure di verifica dell'AIA, sta dentro le conferenze di servizi e quant'altro. Quindi non c’è su questo punto un'idea di discussione !
  La distinzione fra i 300 milioni per la gestione aziendale... Che vorrei ricordare, non vanno né alle banche, né agli istituti di credito, né agli istituti finanziari, né alla speculazione: vanno alla gestione ordinaria, quindi vanno per esempio innanzitutto agli stipendi di coloro i quali lavorano in Ilva. Se vogliamo mettere sul mercato quell'azienda, dobbiamo portarla viva al 30 giugno; e per portarla viva al 30 giugno è necessario prevedere le opportune integrazioni finanziarie, per le quali è prevista la restituzione, che non è eventuale, che non è volontaria, che è un obbligo di chi si aggiudica quell'impresa. Inoltre, tali integrazioni non sono a titolo gratuito, ma remunerate secondo i tassi correnti.
  Gli 800 milioni, invece, sono per le bonifiche, sono gli interventi di ambientalizzazione, e quindi non riguardano le eventuali infrazioni comunitarie per gli aiuti di Stato, ma riguardano l'adempimento alle sollecitazioni dell'Europa per il rapido adeguamento delle misure di tutela ambientale. Vorrei ricordare che l'Europa ci ha sollecitato al rispetto del principio «chi inquina paga». In questo decreto-legge si prevede espressamente, dopo l'emendamento del Governo che porta gli 800 milioni nella diretta disponibilità dei commissari per l'effettuazione delle bonifiche e degli interventi ambientali, non la facoltà, ma l'obbligo di ripetizione Pag. 39nei confronti dei responsabili dell'inquinamento, quando questi saranno definitivamente accertati anche nelle sedi giudiziarie.
  Questo per la verità delle cose, per restare legati al testo che dobbiamo discutere e che speriamo di migliorare anche in esito al dibattito parlamentare. Concludo su un altro equivoco: non c’è alcuno scudo giudiziario, né alcuna esimente da responsabilità penali, civili e amministrative, che non sia quella chiarita in maniera, vorrei dire, inequivoca nel decreto e nel testo che ci apprestiamo a discutere. Solo il rispetto e la corretta esecuzione delle misure contenute nel piano ambientale e nell'AIA non comportano l'esposizione del commissario alle azioni civili, amministrative o penali.
  Questo perché si ritiene che in quegli atti, nel piano ambientale e nell'AIA, ci sia il recepimento e la cristallizzazione delle migliori tecniche attualmente disponibili. Questo è quello che impropriamente viene definito scudo giudiziario e vorrei ricordare – concludo con questo, perché spesso, in quest'Aula, e giustamente, si invoca l'autorevolezza della Corte costituzionale – che, con una norma che è rimasta assolutamente ferma dal primo decreto, il n. 207 del 2012, non solo si è previsto come fatto reato la violazione del piano ambientale o dell'AIA, ma in maniera esplicita si è richiamata, in caso di violazione del piano ambientale e dell'AIA, la assoluta riferibilità alle previsioni di natura sanzionatoria, amministrativa e penale contenute nel codice dell'ambiente.
  Quindi, credo che ci siano le condizioni per discutere serenamente, se, ovviamente, discutiamo di quello che nel testo c’è scritto e non di quello che qualcuno forse auspicava ci dovesse essere scritto. Se restiamo legati al testo uscito dalle Commissioni, penso che si possa fare un buon lavoro. Non credo si tratti di dire che finora abbiamo sbagliato, tanto è vero che facciamo il decimo o il nono decreto; penso che sia più corretto dire che abbiamo iniziato un percorso e che con questo decreto e con la legge di conversione pensiamo di concluderlo positivamente.

  PRESIDENTE. L'onorevole Basso, relatore per la maggioranza per la X Commissione, si riserva di intervenire eventualmente in altra sede.
  Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo. Prego, sottosegretaria Vicari.

  SIMONA VICARI, Sottosegretaria di Stato per lo sviluppo economico. Grazie, signor Presidente, colleghi tutti delle Commissioni attività produttive e ambiente, che ringrazio per il lavoro che è stato svolto fino a questo momento, onorevoli colleghi, ho atteso anche tutti gli interventi che sono stati fatti in mattinata per cercare di ribadire, laddove ci fosse la volontà di ascoltare, evidentemente, quali sono state le posizioni del Governo che lo hanno portato a confermare la strada che è stata presentata oggi, qui, in Aula, e a proseguire sul percorso di salvataggio di un'azienda che, voglio ricordare, è talmente complessa da nascere anche da un intreccio, come è stato ricordato, tra profili industriali, sanitari, ambientali e occupazionali.
  Tutto questo intreccio rende il quadro normativo particolarmente complesso e delicato. Nel corso della gestione della vicenda, il Governo ha sempre avuto di mira proprio l'equilibrato contemperamento degli interessi, per garantire, da un lato, la continuità occupazionale, ma anche la salubrità, il recupero ambientale, la tutela della salute dei lavoratori e comunque, di tutta la popolazione. È chiaro che la garanzia del mantenimento dei posti di lavoro era ed è un'esigenza indefettibile, non solo perché essa è uno degli obiettivi politici perseguiti e realizzati dal nostro Governo su tutto il territorio nazionale, ma anche perché, con riferimento proprio alla specifica realtà territoriale, è indispensabile emendare i gravi errori ambientali commessi nel corso della precedente gestione, senza, però, farne pagare le spese alle migliaia di famiglie che in quel Pag. 40territorio sono nate, vivono e lavorano da sempre.
  Questo ragionamento ha costituito il presupposto per l'ingresso nel testo di una norma, su cui il Governo in sede di Commissione ha espresso parere favorevole, finalizzata a dare proprio una risposta alle impresse dell'indotto, che, nella maggior parte dei casi, sono piccole realtà imprenditoriali che svolgono la loro attività in via quasi esclusiva con Ilva e sono rimaste involontariamente coinvolte in una vicenda su cui non potevano avere alcun controllo.
  Accanto alla tutela del lavoro, come ho detto, nel suo operato il Governo ha costantemente tenuto presente l'interesse della tutela dell'ambiente e della salute dei cittadini, così come è stato ricordato anche dai relatori e dal presidente Realacci, tanto che la produzione di Ilva si svolge ormai da tempo nel pieno rispetto della normativa ambientale europea. Come sapete, nel decreto che stiamo discutendo si interviene sulla procedura di amministrazione straordinaria al fine proprio di imprimere un'accelerazione alle procedure di trasferimento dei complessi aziendali.
  Solo la tempestiva ricollocazione dell'azienda sul mercato ci porta ad avere la consapevolezza che tutto ciò potrà garantire una prospettiva di stabilità industriale, finanziaria e gestionale, e quindi consentire il sostegno al settore siderurgico italiano, salvaguardando i livelli occupazionali esistenti, sapendo che il nostro settore siderurgico fuori dall'Italia non è particolarmente guardato con grande propensione ed interesse positivo, soprattutto a mantenerlo in vita.
  Al fine di rendere effettiva e concreta questa accelerazione, la norma contiene due specifiche previsioni: la prima è quella proprio di fissare una data – è stato ricordato – per il trasferimento, che deve essere espletato entro il 30 giugno di quest'anno; la seconda è quella, come ha ribadito nel suo secondo intervento il relatore Massa, di procedere all'erogazione della somma di 300 milioni di euro in favore dell'amministrazione straordinaria, ma questa somma sarà rimborsata dal futuro aggiudicatario, maggiorata anche degli interessi computati ad un tasso di mercato, e questo importo è stato strettamente necessario assicurarlo per la continuità dell'attività produttiva dello stabilimento nella breve fase di trasferimento aziendale; bisogna e bisognava, quando si è adottato il decreto, mantenerlo in vita fino alla data di cessione.
  Venendo a illustrare brevemente anche le modifiche che sono state apportate nel corso dell'iter parlamentare, sono stati approvati degli emendamenti che vanno proprio incontro a delle delicate questioni come il completamento dell'ambientalizzazione dell'area di Taranto, il sostegno all'occupazione nello stabilimento di Cornigliano di Genova e le agevolazioni per l'accesso, come dicevo all'inizio, al Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese dell'indotto. Per quanto riguarda la prima questione che ha costituito l'oggetto dell'emendamento governativo, i commissari del gruppo Ilva sono stati autorizzati a contrarre finanziamenti statali per un ammontare complessivo di 800 milioni di euro. Queste risorse sono indispensabili per completare quel piano di misure e di attività di tutela ambientale e sanitaria dell'impresa adottato dal Governo, ai sensi proprio del decreto-legge n. 61 del 2013. Contestualmente alla proposizione di tale emendamento governativo, è stata disposta l'abrogazione della norma inserita invece nella legge di stabilità che prevedeva a favore della gestione commissariale l'anticipazione di analogo importo di 800 milioni di euro, assistiti dalla garanzia dello Stato, a valere sui fondi raccolti a seguito dell'emissione del prestito obbligazionario. Il mantenimento di tale previsione era ormai superfluo. Come è noto, il tribunale svizzero ha negato al Governo italiano la possibilità di conseguire la disponibilità immediata di un miliardo e 200 milioni di euro sequestrati in danno della famiglia Riva con cui si sarebbe dovuto sottoscrivere il prestito obbligazionario. A seguito di tali avvenimenti era, quindi, necessario assicurare le condizioni per la realizzazione Pag. 41degli interventi di ambientalizzazione nell'interesse dei lavoratori e dei cittadini.
  Con riferimento, invece, alle problematiche dello stabilimento di Cornigliano di Genova si è provveduto a promuovere iniziative per favorire la continuità occupazionale di tutti i lavoratori, anche tramite il ricorso all'istituto del lavoro socialmente utile. Si è inoltre confermata, a favore dei lavoratori inseriti in contratti di solidarietà, la misura volta a incrementare del 10 per cento la retribuzione persa a seguito della riduzione dell'orario di lavoro e la norma risponde, lo voglio ricordare, alle esigenze fortemente segnalate dal territorio e si inserisce nel solco della garanzia della continuità occupazionale, di cui le misure di sostegno al reddito costituiscono una specifica declinazione.
  Da ultimo, si sono introdotti i criteri per favorire l'accesso al Fondo di garanzia a favore delle PMI dell'indotto del gruppo Ilva che versano in condizioni finanziarie critiche.
  In definitiva, voglio rappresentare a nome del Governo che il decreto-legge, nella prospettiva di raggiungere celermente il trasferimento del complesso, e con esso di risolvere la complessa vicenda di Ilva, ha già garantito un'efficace avvio di tutto ciò. Infatti, come è stato ricordato nei precedenti interventi, è stato pubblicato l'invito a manifestare interesse all'acquisizione o all'affitto di Ilva sui maggiori quotidiani nazionali ed internazionali, a cominciare proprio anche dal Financial Times, ed è consultabile sul sito web dell'azienda. Questa circostanza testimonia l'effettiva accelerazione, ma anche la trasparenza della procedura. La pubblicità che è stata predisposta è di tale rilievo da assicurare a tutti i soggetti potenzialmente interessati la possibilità di presentare la propria manifestazione di interesse entro il prossimo 10 febbraio ovvero entro una data che, senza essere dilatoria, risulti compatibile con la necessità di un'adeguata ponderazione rispetto all'importanza dell'operazione commerciale.
  Ci tengo a fornire questo chiarimento per rassicurare quest'Assemblea e per segnalare l'attenzione prestata dall'organo commissariale e dal Ministero dello sviluppo economico vigilante sull'effettivo rispetto del principio di concorrenza, di cui è indefettibile presupposto la trasparenza e la pubblicità delle operazioni di trasferimento, in aggiunta alle norme che sono state presentate ed approvate in Commissione sul coinvolgimento costante, con le relazioni delle Commissioni e del Governo stesso, dell'intero Parlamento.

  PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.
  A questo punto sospendo la seduta che riprenderà alle ore 15 con lo svolgimento delle dichiarazioni di voto finale e il voto finale sul disegno di legge A.C. 2613-B recante disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario.

  La seduta, sospesa alle 14,10, è ripresa alle 15,05.

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE LAURA BOLDRINI

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Capelli, Damiano, Garofani, Sani e Tabacci sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
  I deputati in missione sono complessivamente ottantatré, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

Seguito della discussione del disegno di legge costituzionale: S. 1429-B – Disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del titolo V della parte II Pag. 42della Costituzione (Approvato, in prima deliberazione, dal Senato, modificato, in prima deliberazione, dalla Camera e nuovamente modificato, in prima deliberazione, dal Senato) (A.C. 2613-B).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge costituzionale, già approvato, in prima deliberazione, dal Senato, modificato, in prima deliberazione, dalla Camera, e nuovamente modificato, in prima deliberazione, dal Senato, n. 2613-B: Disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero di parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del titolo V della parte II della Costituzione.
  Ricordo che nella seduta del 3 dicembre 2015 si è concluso l'esame degli emendamenti e degli ordini del giorno.

(Dichiarazioni di voto finale – A.C. 2613-B)

  PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Pisicchio. Ne ha facoltà.

  PINO PISICCHIO. Grazie, onorevole Presidente. Onorevoli colleghi, l'avvento del costituzionalismo moderno costruisce un rapporto tra rappresentanti e rappresentati che si scosta alquanto dall'idea di sovranità accolta nel comune sentire. Secondo l'impianto delle costituzioni democratiche, infatti, il popolo è, sì, la fonte da cui deriva la legittimazione del potere dei rappresentanti, che sono anche i custodi della Costituzione, ma è questa a rimanere l'unico vero sovrano dell'ordinamento. Per questa fondamentale ragione bisognerebbe che ogni modifica della Carta fondamentale fosse maneggiata con grandissima cura da parte dei custodi pro tempore, quali siamo noi, anche oltre la cura speciale imposta dall'articolo 138.
  Questa riforma dunque ha luci ed ombre. Una luce incontestabile è che sia arrivata fino a qui. Siamo di fronte ad una realtà e non ad un'ipotesi di lavoro, che in coerenza e non in antitesi con lo spirito del dibattito costituente supera la dimensione simmetrica del nostro bicameralismo e guarda all'esperienza del Bundesrat tedesco. A pescare nel catalogo delle ombre troveremmo diverse cose da dire. Una fra tutte è la reiterazione, dopo la riforma delle province, di un meccanismo di secondo grado per l'elezione dei rappresentanti, attenuata dalla clausola che devolve alle regioni la scelta del sistema elettorale.
  Compiamo, dunque, un atto di fiducia puntando sulle luci piuttosto che sulle ombre, sapendo però che l'ultima parola non spetta ai custodi pro tempore, bensì al popolo, che si riprende la sua sovranità col voto referendario, e che l'esito del referendum non sia mai segnato dall'ineluttabilità lo ricordano precedenti importanti, come il risultato del plebiscito sull'abolizione del Senato in Irlanda nel 2013. La parola, dunque, tornerà al popolo, da cui discende la legittimazione a legiferare nella nostra Assemblea.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Locatelli. Ne ha facoltà.

  PIA ELDA LOCATELLI. Grazie, signora Presidente. La legge di riforma costituzionale, che ci accingiamo a votare, non è propriamente quella voluta dai socialisti e dalle socialiste. Non lo è nei contenuti che, nonostante i miglioramenti apportati al Senato, in diverse parti sono ambigui, a volte poco chiari, e non lo è per il metodo. Sarebbe stato senza dubbio meglio, come avevamo proposto a inizio legislatura, adottare la strada maestra di un'Assemblea Costituente, che, svincolata dall'esame di altri provvedimenti, avrebbe potuto dedicare più tempo e maggiori approfondimenti e serenità, pur senza escludere il confronto, se necessario anche aspro, ma siamo rimasti gli unici a sostenere la necessità di questo percorso.
  Noi socialisti fummo i primi a partire dal 1979, a lanciare l'idea di una grande riforma, così come fummo gli unici, nel Pag. 431982, nel corso della conferenza di Rimini, rimasta nella memoria comune per il tema dei meriti e dei bisogni, a proporre il superamento di due Camere con uguali poteri, ossia uno dei cardini dell'attuale riforma, suscitando allora un'opposizione virulenta nella Commissione Bicamerale del 1997, formata da 70 parlamentari e tra questi il segretario nazionale del PSI. Fummo ancora noi a parlare di trasformazione del Senato in Camera delle regioni, sul modello del Bundesrat tedesco, composta dei rappresentanti dei governi regionali e con compiti di garanzia e di controllo, attribuendo alle regioni la competenza normativa generale per l'autonomia statutaria, come ci ricorda Carlo Correr, il caporedattore dell'Avanti, nel suo recente libro Una lunga marcia. I Socialisti italiani dopo il 1993.
  Le buone idee evidentemente non muoiono e oggi si pone fine alla lunga esperienza del bicameralismo paritario, ai ripetuti passaggi di provvedimenti tra Camera e Senato, ad un iter legislativo lungo e farraginoso, che spesso ha generato il blocco di leggi importanti, impedendone addirittura l'approvazione nell'arco della legislatura. Basti pensare che nella scorsa legislatura il tempo medio, non il tempo massimo, di approvazione di un provvedimento di iniziativa parlamentare è stato di 442 giorni, ma ci sono stati casi, come nel corso della XIV legislatura dove i giorni sono stati oltre 500. Con questa riforma ciò non accadrà più, ed è soprattutto per questo che il gruppo socialista, che ha affrontato senza pregiudizi il dibattito e il processo di revisione costituzionale, voterà a favore del provvedimento nonostante le perplessità dovute ad una base di partenza imposta dal Governo non sempre coerente con gli obiettivi dichiarati.
  Certo, avremmo preferito che il nuovo Senato ricalcasse maggiormente il modello del Bundesrat tedesco, così come avremmo preferito un maggiore equilibrio numerico tra le due Camere, da raggiungersi attraverso uno snellimento di questa Camera, ma l'Aula ha scelto diversamente. Quindi, non hanno trovato risposta molte delle questioni poste dei socialisti. Come ho già detto, maggiore proporzionalità del peso tra Camera e Senato, superamento del conflitto di interessi tra consiglieri regionali, sindaci e senatori, modifica del sistema di designazione dei componenti del Consiglio superiore della magistratura, anche al fine di garantire il superamento delle correnti, eliminazione dell'autodichia nella gestione del personale, e tanti altri temi.
  Tornando all'oggi dobbiamo riconoscere che il testo è in parte migliorato, sia nelle funzioni assegnate al Senato, ora più autorevole nel rappresentare i territori, sia nel metodo di scelta dei nuovi senatori e senatrici, (che nella prima parte saranno pochi), per il quale si dovrà provvedere con una legge successiva, che mi auguro darà ruolo ad elettori ed elettrici.
  È inoltre positivo che vi sia una relazione fiduciaria esclusivamente tra Governo e Camera, e che la funzione legislativa sia esercitata non più da entrambe le Camere ma dalla sola Camera dei deputati. Positivo anche il tentativo di semplificazione dell'apparato della Repubblica con la soppressione del CNEL e delle province, anche se riguardo a queste ultime la situazione ha bisogno di ulteriori chiarimenti e provvedimenti. È infine positiva l'introduzione di un tema al quale tengo molto, l'introduzione del principio di parità e non discriminazione tra donne e uomini nelle leggi elettorali, avvenuta con la modifica dell'articolo 55 della Costituzione, che prevede, per le leggi che stabiliscono le modalità di elezione delle Camere, la promozione dell'equilibrio tra donne e uomini nella rappresentanza. Anche in questo caso la nostra preferenza sarebbe stata diversa: piuttosto che «promozione» avremmo preferito «garanzia» dell'equilibrio di genere nelle leggi elettorali, insieme alla previsione di norme transitorie per la prima elezione del Senato. Questa era la richiesta dell'Accordo di azione comune sulla democrazia paritaria, che è un coordinamento di oltre 50 associazioni femminili che promuovono insieme la presenza femminile ed il suo peso nella politica. Richiesta che era stata Pag. 44avanzata alla Ministra Boschi, che mi sarebbe piaciuto vedere qui con noi, nell'incontro del luglio scorso, insieme alla previsione dell'impatto di genere e delle pari opportunità nelle diverse nomine in enti ed istituzioni.
  Restiamo dell'avviso che si poteva fare meglio e, soprattutto, che si doveva tentare, più di quanto abbiamo fatto, di ricercare una maggiore condivisione con le opposizioni. Riteniamo che per le riforme vadano fatti tutti gli sforzi possibili per arrivare alla massima condivisione; non ci siamo riusciti, anche se va detto che la responsabilità non è certamente solo della maggioranza. Come abbiamo sottolineato anche in altre occasioni, il meglio è spesso nemico del bene che, in questo caso, consiste nell'avvio di un percorso di riforme al quale noi socialisti e socialiste non ci siamo mai sottratti. Non vogliamo lasciare alibi a nessuno per giustificare le difficoltà del Paese, attribuendole ad una mancata riforma costituzionale e, per questo, annunciamo, con tutte le riserve nel merito e nel metodo, il voto favorevole della componente socialista ed allo stesso tempo chiediamo, ancora una volta, la modifica della legge elettorale, per garantire, insieme alla governabilità, che è fattore importante, la rappresentanza. L'equilibrio tra rappresentanza e governabilità è ancor più fondamentale rispetto ai singoli fattori.
  Vorrei, infine, richiamare l'attenzione dell'Aula e del Governo nel suo insieme, ed in particolare della Ministra per le riforme, su un tema ed un impegno molto cari a noi socialisti: è stato detto che il voto di oggi non è il fischio che mette fine alla partita. Concordiamo con il collega Cuperlo, autore della metafora, perché siamo profondamente convinti che questa riforma non rende inutile il lancio di una nuova fase costituente. So che questa nostra proposta susciterà sorpresa, forse anche qualche battuta ironica, ma noi socialisti siamo convinti che dopo la riforma del Senato che ha aperto il cantiere, come ha detto il direttore della rivista Mondoperaio, Gigi Covatta, ecco, dopo aver aperto il cantiere, resti da ristrutturare l'intero edificio istituzionale, se si vuole garantire la vocazione e l'equilibrio e migliorarne la funzionalità. Lo si è già visto in sede di approvazione di questa riforma al Senato, quando il Governo non ha battuto ciglio sull'ordine del giorno presentato dal senatore Ranucci sull'accorpamento delle regioni.
  Poi, ci sono altre questioni da affrontare e da regolare, come la cessione di sovranità nei confronti delle istituzioni europee, che non può essere definita solo dall'articolo 11 o dall'articolo 81 riformato e la razionalità degli assetti del potere locale. Non mi limito al tema dell'abolizione delle province: pensiamo, ad esempio, alle città metropolitane, all'omogeneità dei sistemi elettorali locali e di quello nazionale, al ruolo dei partiti, a partire dall'attuazione dell'articolo 49 della Costituzione per la piena attuazione della democrazia interna. Soprattutto – e cito ancora una volta il direttore di Mondoperaio – riteniamo sia opportuno confermare i principi della prima parte della Costituzione che non sono affatto scontati in una situazione in cui, oltre alla coesione sociale, sembra a rischio la stessa coesione culturale della nazione.

  PRESIDENTE. Concluda.

  PIA ELDA LOCATELLI. Infine – e chiudo – è una proposta velleitaria questa di una nuova fase costituente ? Non crediamo; piuttosto è espressione di un bisogno di visione per il nostro Paese, in questa fase, perché servono uomini e donne visionari oltre che coraggiosi. Non possiamo rimanere sempre sospesi in una sorta di transizione di cui non si individua con chiarezza, non solo il percorso, ma soprattutto la meta, ossia il disegno istituzionale complessivo. I socialisti voteranno a favore di questo che consideriamo un primo passo, un po’ incerto per la verità, verso una riforma di maggior respiro, più ambiziosa e coerente per ristrutturare l'intero edificio istituzionale, garantirne l'equilibrio e migliorarne la funzionalità (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) – Liberali per l'Italia (PLI)).

Pag. 45

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Albrecht Plangger. Ne ha facoltà.

  ALBRECHT PLANGGER. Signora Presidente, colleghi, le modifiche intervenute al Senato al testo della riforma costituzionale hanno il nostro consenso in via generale.
  Si è giunti a un'approfondita e organica visione del ruolo del nuovo Senato in ordine a funzioni e competenze, fermo restando il principio del superamento del bicameralismo paritario, che è il punto sostanziale e fondamentale del processo di revisione costituzionale. Con questa riforma costituzionale chiaramente è superato il bicameralismo paritario e ridotto il numero complessivo dei parlamentari. Sarebbero state auspicabili scelte ancora più incisive nella direzione, certamente indicata da noi e condivisa, di una trasformazione del Senato in una vera camera di rappresentanza delle autonomie territoriali. In sostanza, sarebbe stato opportuno procedere coerentemente e in modo organico nella prospettiva opposta all'accentramento dei poteri centrali e, dunque, ad un conseguente indebolimento delle regioni.
  È così ancora più essenziale e necessario il processo di rinnovo del nostro statuto di autonomia sulla base degli accordi e dei rapporti internazionali che tutelano la nostra autonomia speciale. Nel contempo occorre affermare come la riforma costituzionale tuteli e rafforzi ruoli e poteri delle autonomie speciali e ciò va al di là degli aspetti critici della riforma giacché a nostro giudizio, come autonomie, vi sono indirizzi di riforma del tutto positivi. Per noi, infatti, è fondamentale la salvaguardia delle competenze e dei poteri delle regioni speciali e delle province autonome di Trento e di Bolzano, tutelati da uno Statuto di autonomia garantito internazionalmente. L'esame e le modifiche intervenute nei diversi passaggi parlamentari hanno avuto un esito che possiamo definire accettabile, perché esclude le regioni speciali dall'applicazione del Titolo V e delega l'adeguamento degli statuti di autonomia ad una futura legge costituzionale, introducendo la clausola pattizia anche in Costituzione. È un esito ottenuto, in primo luogo, grazie a un accordo politico con il Governo Renzi e la buona collaborazione tra il Governo, l'SVP a Roma e i presidenti delle province, con paciere Rossi.
  È altrettanto importante che, con la riformulazione dell'articolo 116, sia stata avviata una procedura non soltanto per le regioni a statuto ordinario virtuose che intendono richiamarsi alla nostra storia federalista e, dunque, conseguire i buoni esempi di autogoverno responsabile, ampiamente dimostrati sul territorio dalla nostra provincia. È significativo e rilevante che, nel testo oggi al voto della Camera, il nuovo articolo 116 valga per le province autonome e per le regioni a statuto speciale. Come provincia autonoma siamo credibili nel voler essere da esempio di governo e nell'avere conseguentemente la responsabilità di avviare per primi tale percorso. Spero che le nostre province possono fungere da apripista per nuove competenze che da Roma tornino alle regioni. Una volta entrata in vigore questa riforma costituzionale spetterà al Governo, al Parlamento e alle autonomie speciali aprire un negoziato per affrontare le delicate questioni sul futuro sviluppo dell'autonomia.
  Per queste ragioni confermiamo il voto favorevole e ribadiamo, come SVP, PATT e Minoranze Linguistiche, la nostra disponibilità ad assumere maggiori responsabilità di governo, in ordine a competenze primarie per i nostri territori, come quelle relative alla tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, in ragione del modello di buon autogoverno dei territori della nostra autonomia già in atto.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Massimo Parisi. Ne ha facoltà.

  MASSIMO PARISI. Grazie, signora Presidente, membri del Governo, onorevoli colleghi; mi permetto di iniziare la mia dichiarazione di voto con le parole che Pag. 46Meuccio Ruini, Presidente della Commissione dei 75, volle pronunciare in quest'Aula il 22 dicembre del 1947, nel giorno in cui consegnava il testo definitivo della Carta al Presidente Terracini. Abbiamo la certezza – disse Ruini, parlando ovviamente della Costituzione – che durerà a lungo e forse non finirà mai, ma si verrà completando ed adattando alle esigenze dell'esperienza storica.
  Pur dando alla nostra Costituzione un carattere rigido, abbiamo consentito un processo di revisione, che richiede meditata riflessione ma che non la cristallizza in una statica immobilità. Vi è modo di modificare e correggere con sufficiente libertà di movimento, e così avverrà ! Noi stessi ed i nostri figli rimedieremo alle lacune ed ai difetti che esistono e sono inevitabili.
  Il nostro compito è certo stato meno gravoso rispetto a quello che i nostri illustri predecessori costituenti dovettero affrontare tra il giugno del 1946 e il dicembre del 1947: all'epoca quegli uomini seppero dare al Paese una Costituzione in cui tutti potessero riconoscersi, una Costituzione che era però il frutto di tempi difficili, dopo una guerra devastante e un lungo periodo di dittatura. Ciò poté accadere per la pervicace volontà di trovare una mediazione alta e nobile fra le varie culture politiche ed ideali, che dopo essere state coprotagoniste della Liberazione, si confrontarono nell'Assemblea.
  A giudizio di molti, e anche di molti costituzionalisti, fu proprio quel carattere compromissorio della Carta ad assicurarne una lunga durata; e, a dispetto di tutta la retorica che spesso si è manifestata a difesa della «più bella di tutte», a dispetto di quel conservatorismo costituzionale che troppe volte ha bloccato ogni prospettiva di riforma, la Costituzione del 1948 non era perfetta neanche per i Padri costituenti. Cito un'altra volta Meuccio Ruini: «La Seconda parte della Costituzione ha presentato gravi difficoltà. Si tenga presente che nell'edificare la nostra Repubblica non abbiamo trovato, come in altri Paesi, continuità di tradizione: avevamo tutto da fare, e confermo che le soluzioni adottate erano dopo tutto le sole possibili, in attesa che l'esperienza indichi ulteriori processi ed adattamenti». Ebbene, questo Parlamento, dopo elezioni che non hanno determinato una maggioranza politica in entrambe le Camere, si è dato il compito di impegnare questi anni per far funzionare meglio lo Stato, giungendo a superare da un lato un'emergenza democratica, quella determinatasi con la sentenza della Consulta di fine 2013 che ha di fatto cancellato la legge elettorale vigente all'epoca; e dall'altro dando corso alla volontà politica di porre la parola «fine» a trent'anni di dibattiti sterili sulla riforma della Carta, procedendo davvero alle necessarie modifiche. E questo impegno è stato suggellato da una parte rilevante di questo Parlamento dopo l’impasse del 2013, con la richiesta a Giorgio Napolitano di accettare un secondo mandato presidenziale, unico caso nella storia repubblicana.
  Con il voto di oggi possiamo segnare una data storica, rinnovando il patto repubblicano e correggendo quelle lacune e quei difetti che secondo gli stessi Costituenti, sono presenti nella nostra Carta fondamentale. Lo faremo dopo un percorso che ancora non è concluso e che non si concluderà con il solo voto del Parlamento: sarà infatti il referendum confermativo a decidere se queste riforme potranno davvero entrare in vigore. Non è una eventualità, ma una certezza, per il frutto di scelte politiche annunciate, che abbiamo condiviso e condividiamo. Fu un referendum anche quello che bocciò nel 2006 il tentativo di riforma costituzionale del centrodestra; sia detto per inciso: allora bastò il 30 per cento, un poco meno di un terzo degli italiani, per stracciare quella riforma, e non mi pare che si siano levate allora autorevoli voci per proporre l'introduzione del quorum nel referendum costituzionale.
  Ebbene, onorevoli colleghi, i dubbi e le difficoltà che nel 1947, quasi settant'anni fa, anche i Costituenti avevano, si sono palesati in tutto il loro clamore. Cito un solo dato: in questo lasso di tempo, in Italia si sono succeduti 63 Governi e 27 Pag. 47diversi Presidenti del Consiglio; un'enormità ! Dopo un dibattito che si trascina da almeno trent'anni, arriveremo finalmente all'ammodernamento del sistema istituzionale. Dal 1982 ad oggi, dall'ottava legislatura fino alla diciassettesima, non c’è stata una legislatura nella storia repubblicana in cui non si sia affrontato il nodo delle riforme: tutti i progetti presentati o abbozzati si sono posti il problema di giungere ad una modifica della Parte seconda della Costituzione, partendo sempre dagli stessi temi.
  Potevamo fare forse di più e meglio, ma anche in questo Parlamento ci siamo misurati con la contingenza dei tempi e con il carattere strumentalmente distruttivo del confronto politico. Potevamo rifare di più e meglio, ma certamente non abbiamo attuato progetti rivoluzionari, nel senso che il quadro di modifica della Carta che ci accingiamo ad approvare si inserisce nel solco di un dibattito politico trentennale, nel solco delle Bicamerali che già prima di noi hanno provato a riscrivere l'ordinamento della Repubblica. Abbiamo fatto del nostro meglio ? Probabilmente no; e questo per ragioni totalmente politiche: da un lato, perché su questa riforma ha pesato e pesa il permanente congresso del partito maggiormente rappresentato in questo Parlamento; dall'altro, perché altri tipi di preoccupazioni hanno animato altre forze politiche. Dovremmo forse dirci con franchezza: abbiamo impiegato la maggior parte del tempo del nostro dibattito per discutere di quanto poco tempo avevamo a disposizione !
  È mancato cioè un vero confronto nel merito del provvedimento; ma di questo non sarebbe intellettualmente onesto accusare la maggioranza: è semmai prevalsa, fra la gran parte delle forze di opposizione, piuttosto che la volontà di confrontarsi, quella di bloccarsi, di bloccare un processo, magari nel timore che una troppo rapida approvazione ci esponesse al rischio, evidentemente considerato gravissimo, di andare incontro a nuove elezioni politiche, quelle elezioni che poi magari si invocano sui giornali. Così abbiamo assistito ad alcuni curiosi paradossi: con un partito politico che era arrivato qui per sovvertire l'ordine costituito, per rivoluzionare tutto, per cancellare la casta, che è salito sui tetti per difendere le due Camere elettive e santificare il Senato della Repubblica; oppure ad un altro partito – e lo dico con particolare dispiacere – che prima ha sostenuto per decenni, non senza qualche ragione, che la Corte costituzionale è organo politicizzato ed in mano ad una parte politica, e poi ha concentrato buona parte dei suoi sforzi emendativi per introdurre in Costituzione il parere preventivo di costituzionalità sulle leggi elettorali proprio della Consulta, giusto per evitare il rischio di doverla mai riapprovare, una propria legge elettorale.
  Quest'Aula oggi pone un tassello importante verso il superamento delle degenerazioni del parlamentarismo: superiamo il bicameralismo paritario, introducendo una netta distinzione dei ruoli tra una Camera titolare di rapporto di fiducia con l'Esecutivo, ed un Senato rappresentativo delle regioni e degli enti locali; diventiamo a livello europeo uno dei Paesi più virtuosi dal punto di vista del numero dei parlamentari: non era questo uno degli obiettivi che l'armata della demagogia dell'antipolitica si poneva ? Oggi scriviamo la parola «fine» su storia delle province e di CNEL, un ente costoso di cui la maggioranza degli italiani ignora perfino l'esistenza. Oggi risolviamo la stortura delle materie concorrenti fra Stato e regioni, che tanto lavoro ha dato alla Corte costituzionale negli ultimi quindici anni, dopo la sciagurata riforma del Titolo V del 2001.
  Mi permetta allora, signora Presidente, un ringraziamento sincero a tutti i parlamentari che hanno deciso, fondando Alleanza Liberalpopolare, di seguire con sofferenza la linea della coerenza, sposando un progetto che anche con il voto di oggi vuole inserirsi nella migliore tradizione del riformismo italiano: che non è la pretesa di far convergere sulle proprie posizioni forze politiche diverse e distanti, ma la continua ricerca delle possibili mediazioni nell'interesse del Paese. Lo abbiamo fatto senza rinnegare la nostra storia, lo abbiamo fatto memori di queste parole: «È Pag. 48poi necessaria una riforma dell'attuale sistema bicamerale, che, anche per l'eccessivo numero dei parlamentari, comporta un inutile spreco di lavoro e lungaggini dei procedimenti decisionali, quali nessuna moderna democrazia potrebbe più permettersi. Tale riforma dovrà essere nel senso della trasformazione della seconda Camera in un organo rappresentativo delle autonomie locali». Sono parole pronunciate dal Presidente Silvio Berlusconi il 2 agosto del 1995 in quest'Aula dei deputati. Noi non abbiamo cambiato idea, e fosse anche per i soli nostri voti (ma sono certo che ne referendum confermativo saranno molti di più) questa riforma costituzionale avrà anche il timbro della nostra storia. E ce l'avrà perché voteremo «sì»: voteremo «sì» oggi a questo disegno di legge di riforma costituzionale, voteremo «sì» domani al referendum confermativo (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alleanza Liberalpopolare Autonomie ALA-MAIE-Movimento Associativo Italiani all'Estero).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Giuseppe Civati. Ne ha facoltà.

  GIUSEPPE CIVATI. Signora Presidente, onorevoli colleghi, voglio partire da una profezia: tra cinque anni, forse meno, ci troveremo a discutere della necessità di abolire un Senato piccolo, equivoco e senza importanza; piccolo, equivoco e senza importanza, ma capace di creare una vera e propria confusione, anche perché potrà intervenire ancora sulla questione più importante della vita parlamentare, e mi riferisco evidentemente alla riforma della Costituzione. Ci troveremo a discutere tra qualche anno di una legge elettorale che avrà definitivamente ucciso la rappresentanza; e ce ne lamenteremo, sì, come abbiamo sempre fatto, e diremo cose terribili tutti quanti, smentendo noi stessi come capita anche in questa occasione.
  Oggi, però, la maggioranza voterà questa revisione della Costituzione. Voglio dirlo come prima cosa, la riforma non è una risposta alla crisi della democrazia e della rappresentanza, al disorientamento dei partiti e della loro funzione storica: è l'inveramento e il trionfo di questa crisi. Avremmo dovuto lavorare sulla diffusione del potere e favorire la partecipazione politica dei cittadini e la centralità del Parlamento, mentre al contrario così la riforma porta la crisi alle estreme conseguenze, dice oggi giustamente Gaetano Azzariti.
  «Calamandrei ma non posso», potremmo dire, perché rispetto a Calamandrei, che invitava il Governo ad un atteggiamento di grande umiltà rispetto alla Costituzione, noi invece osserviamo una riforma fatta dal Governo, del Governo e per il Governo.
  Del resto, è cronaca: sulle trivelle, sulla depenalizzazione della cannabis, sul reato di clandestinità stiamo ammirando, davvero ammirando, come il Governo rispetti il lavoro del Parlamento e le iniziative dei cittadini. E non c’è ancora la riforma: figuriamoci quando ci sarà. D'altra parte, è chiaro che si limita la possibilità di ricorso agli strumenti di partecipazione politica dal basso, in questa proposta. Del resto, in quest'Aula non si può discutere del fine vita né delle altre proposte d'iniziativa popolare su temi centrali per la vita delle persone, che evidentemente interessano poco.
  E poi c’è l'Italicum, un Porcellum con le ali, che completa il quadro, in un sistema che diventa una filiera perfetta tra partiti, Governo e Parlamento. Tutto sotto controllo, una cosa dentro l'altra, in una sorta di matrioska incostituzionale. Meglio sarebbe stato superare il Senato definitivamente, meglio sarebbe stato aprire una riflessione o un dibattito pubblico sulle autonomie locali, dopo anni di ubriachezza verso il tema della federalismo; non accentrare tutto quanto, ancora una volta, nelle mani del Governo, ricoverando in una sorta di ospizio i consiglieri regionali e qualche sindaco pescato a casaccio nelle diverse regioni.
  Non è, quella che discutiamo, né una Camera delle regioni né un organo di garanzia; non è viva né morta, questa Pag. 49Camera. Uno dice: però così si semplifica. E però non è vero nemmeno questo: è un testo, il presente, che ha mostruosi problemi di funzionamento; un testo impresentabile per molti aspetti, pieno di contraddizioni, di difficoltà e di insidie attuative: dall'assurda costruzione di un Senato rappresentativo, ma solo fino ad un certo punto e non si sa bene come, di autonomie territoriali, di cui, nel frattempo, sono contraddittoriamente ridotti i poteri, a un procedimento legislativo che assume una quantità di variabili capaci di buttare la legislazione in un vero caos.
  E, intanto, l'iniziativa legislativa dei cittadini rimane priva della possibilità di imporsi, salvo un generico rinvio ai regolamenti, e quella del Governo, invece, si dota di un voto a data certa. Senza considerare – potrei andare avanti all'infinito – le difficoltà di stabilire quali leggi siano bicamerali, potendo dar vita a conflitti che certamente non è detto che l'accordo tra i Presidenti delle Camere, pure auspicabile, sia in grado di risolvere. E se non ci riescono ? Interviene la Corte.
  C’è poi il pasticcio del controllo preventivo sulla legge elettorale, denunciato pure dal Presidente della Corte, l'indebolimento della stessa Corte costituzionale, per non parlare delle numerose disposizioni vuote, dalla valutazione delle politiche pubbliche, rimessa al Senato insieme ad altre funzioni, che non sono in alcun modo definite e che già si sta discutendo su cosa possano significare – come dire: Senato, trovati un ruolo, se puoi, se ci riesci –, alla finta introduzione di un referendum propositivo, che lascia, poi, alla legge costituzionale, che è quindi come ricominciare daccapo, la sua definizione.
  La riforma non si può considerare separata dall'Italicum: quello del Governo è un piano elaborato insieme, il combinato disposto c’è fin dall'inizio, ed è stato un errore – lo dico senza polemica, ma con grande amarezza, soprattutto per chi dissente all'interno della maggioranza – non avere fermato questo piano e questo disegno, e un rinsavimento, un moto d'orgoglio costituzionale non sembra al momento atteso – lo dico con dispiacere – né per questo voto né in seconda lettura, neppure in quel Senato in cui gli equilibri politici consentirebbero una valutazione più ponderata.
  E non si può volere e pentirsi, diceva il poeta. Come voteranno al referendum costituzionale coloro che definiscono l'Italicum una pessima legge elettorale e la riforma costituzionale largamente pasticciata e in parte irricevibile ? Voteranno sì, come voteranno sì oggi e nel prossimo passaggio parlamentare ? Ecco, lo dico con chiarezza: si sappia che chi vota a favore non ha poi il titolo per lamentarsi dei risultati che il famoso combinato disposto produrrà.
  Chi vota a favore è d'accordo per definizione. Si dice: ma voi siete i conservatori. Ma non è che tutto questo è stato fatto per conservare se stessi, equilibri politici mai votati dai cittadini, un certo trasformismo dei programmi e delle opinioni, le larghe intese prorogate sine die e pronte a riproporsi in un centro politico intorno al quale far gravitare tutto quanto ? E così, dopo sedute a oltranza, fiumi e canguri – e viene in mente il titolo di un libro di Aldo Busi «Votazioni con fiducia» – il complesso delle iniziative del Governo si compie con la lettura plebiscitaria del referendum costituzionale. Il precedente più illustre, quello di De Gaulle, finì male: diciamo che, forse, questa può essere un'altra profezia del mio intervento di oggi.
  Strappo dopo strappo, strappiamo, quindi, tutto quanto. Noi, per tutte queste ragioni, e ce ne sono molte altre, voteremo «no», in ragione di una coerenza di posizioni che ci accompagna fin dall'inizio della legislatura, che doveva essere breve e, nonostante la sentenza n. 1 del 2014 della Corte costituzionale, è diventata infinita anch'essa.
  Riproporremo, però, fin da domattina, le nostre proposte. Lo dico perché la mia non è una critica in assenza di proposte alternative: la proposta atto Camera n. 2227 è stata presentata due settimane prima di quella del Governo e prevedeva una riduzione del numero dei parlamentari Pag. 50in entrambe le Camere, la valorizzazione del ruolo dei cittadini e della loro partecipazione politica, il rafforzamento – potremmo citare Mortati – della democrazia diretta e la trasformazione della volontà dei cittadini in iniziativa legislativa, la semplificazione delle procedure ben più precisa di quella che stiamo discutendo, una garanzia dell'equilibrio tra poteri, che, invece, salta completamente, e anche una garanzia delle autonomie, come dicevo.
  Ecco, penso che noi siamo qui, ma saremo, nelle prossime settimane e nei prossimi mesi, in giro per il Paese per bocciare questa riforma senza appello e proporne un'altra, la prossima. E il senso della parola «prossima» in questo caso è più vicino alle esigenze della nostra democrazia e dei nostri concittadini; una democrazia che non può vivere di uomini soli al comando, e verrebbe da dire «solo al comando», cioè l'importante è rimanerci. Ecco, credo che ci meritiamo di meglio e ci meritiamo di più (Applausi dei deputati del gruppo Misto – Alternativa Libera – Possibile e di deputati del gruppo Sinistra Italiana – Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Massimo Corsaro. Ne ha facoltà.

  MASSIMO ENRICO CORSARO. Grazie, signora Presidente. Conservatori e Riformisti voteranno contro questa finta riforma della Costituzione. Voteremo contro perché ciò cui siamo di fronte è l'ennesimo spot elettorale in cui si spreca un'occasione importante. Onorevole Presidente, chi le parla non è mai stato né mai sarà un commosso sostenitore dell'attuale Carta costituzionale, ma non vi è dubbio che una Costituzione non si cambia, purtroppo o per fortuna, ogni stormir di fronda.
  E noi ci stiamo giocando, in questa legislatura, un'occasione, che non sappiamo quando e se si ripeterà, per così poco, per quasi nulla. Noi voteremo contro perché la riforma della Costituzione è un atto che dovrebbe assolutamente competere al ruolo, alla competenza e alla responsabilità del Parlamento. In questo caso, invece, il Presidente del Consiglio ha deciso di imporla per affermare il suo dominio all'interno di un partito che, pur avendolo eletto alla propria guida, continua a non amarlo, mortificando la dignità stessa del suo gruppo parlamentare. Una riforma purché sia, basta conquistare una fotografia sulla prima pagina di un giornale.
  Voteremo contro perché questa è una riforma di parte. Come già quando avete provveduto a cambiare, con una risicatissima maggioranza, il Titolo V della Costituzione, la sinistra dà prova, quando governa, di intendere la definizione delle regole comuni del gioco come cosa e come affare proprio; e, come già con la riforma del Titolo V, finiremo impantanati in una serie di conflitti di interesse, che derivano dalla lettura di quello che avete scritto in questa riforma.
  Voteremo contro perché avete immaginato, sin dall'inizio, un testo che fosse contemporaneamente in grado di garantirvi sine die il Governo della Repubblica e l'elezione del Presidente della Repubblica. Avete cercato di fare i furbi, perché avete immaginato una riforma della Costituzione pensando di avere definitivamente acquisito una dimensione numerica nel contesto elettorale che già oggi appare vana e lontana dalle vostre reali possibilità. Come avete già capito, molti tra voi che immaginano come e quando mettere mano a una riforma elettorale anch'essa scritta per quei fini, le vostre furbate finiscono per ritorcersi contro voi stessi, perché, se c’è una cosa di buono, è che la specialità della sinistra nostrana, onorevole Presidente, è che, quando sembra non avere avversari, si incarta da sola per seguire le proprie ideologie aberranti, finendo per implodere.
  Lo vedremo di qui alle prossime poche settimane, quando cercherete di intestardirvi sul tema delle adozioni da parte delle coppie omosessuali e quando cercherete di affrontare il tema dell'abolizione del reato di immigrazione clandestina in un'epoca, in una stagione, in cui tutto l'Occidente si Pag. 51sta interrogando, viceversa, sulla necessità di ergere delle barriere all'incontrastato fenomeno dell'immigrazione clandestina.
  Voteremo contro, onorevole Presidente, perché è mancato il coraggio per realizzare il presidenzialismo. Come per la legge elettorale, anche in questo caso, voi dimostrate di temere la scelta e il voto libero degli italiani, preferendogli le scelte che combinate all'interno delle quattro mura della segreteria del vostro partito. Ed è mancato in questo, drammaticamente, l'azione, il pungolo, la coscienza, la presenza, la volontà, la capacità politica nel centrodestra, onorevole Presidente, a partire da Forza Italia, che ha mostrato su questo percorso di riforma, e purtroppo per larga parte dei provvedimenti che hanno contraddistinto questa legislatura, uno strabismo che l'ha portata prima a condividere, poi a rinnegare, infine a convenire sottobanco alla realizzazione di questa riforma, per l'evidente attesa di uno scambio di favori su un piano tutt'affatto che politico. Vicenda questa che avrebbe dovuto, a nostro avviso, vedere sollevare la reazione, l'orgoglio, la volontà di riportare le cose al vero di tanta e tanta parte dei rappresentanti istituzionali del centrodestra, che, invece, silentemente si sono accodati. La notte scorsa, onorevole Presidente, è mancato David Bowie: mi piace dire ad alcuni esponenti di questa metà del campo che per davvero si può essere eroi nella vita, almeno per un giorno.
  Voteremo contro, onorevole Presidente, perché voi appesantite, anziché alleggerire, il numero, il peso, la qualità e la quantità delle competenze dello Stato. Il nostro apparato pubblico vanta il triste record di essere il più inefficiente al mondo. Lo Stato per il cittadino italiano è diventato il nemico. Ciò che servirebbe, quella che è la nostra ricetta, è uno Stato che sapesse fare, e molto bene, cioè in modo assai diverso da quello che sta facendo oggi, poche, pochissime cose: garantire la difesa e la sicurezza dei cittadini, garantire la dignità e la tutela dell'interesse nazionale in ambito di politica estera. Uno Stato che curasse, anche in collaborazione con il privato, il diritto alla salute, all'istruzione, ai trasporti, all'assistenza, ma che per tutto il resto si levasse dai piedi nella quotidianità delle famiglie, delle persone e delle imprese. Non avete accolto la nostra proposta di inserire un tetto al prelievo fiscale. Avete perso un'occasione storica per invertire il rapporto tra i cittadini e l'amministrazione: non più, secondo la nostra richiesta, uno Stato che spende a dismisura, senza controllo, sapendo che continuerà a chiedere sempre più tasse ai cittadini per pagare quella spesa pubblica, ma una politica responsabilizzata, vincolata ad utilizzare solo e soltanto i soldi che si possono acquisire, chiedendo ai cittadini non un centesimo di più di quello che in Costituzione dovrebbe essere inserito possa essere chiesto ai cittadini, per ribadire un concetto che ci è caro, espresso dal Premier inglese Margaret Thatcher, secondo la quale non esiste il denaro pubblico, esiste solo il denaro del contribuente, del cittadino che paga le tasse. Voi, invece, secondo il vostro costume, preferite uno Stato che condizioni, che ricatti, che, con la speranza di un qualche provvedimento assistenziale, riduca i cittadini allo stato di sudditi non delle istituzioni, ma delle segreterie di partito.
  Oggi il Premier già parla del referendum come se fosse una sua magnanima concessione agli italiani. È bene che gli italiani sappiano che il referendum non è un regalo del Presidente del Consiglio, è una procedura richiesta dalla legge nel momento in cui si cambia la Costituzione senza la maggioranza qualificata dei due terzi, cioè non coinvolgendo tutte le forze politiche, ma cercando di fare furbescamente il proprio interesse con una modifica a maggioranza, come già avete fatto con la riforma del Titolo V e come state tornando a fare oggi.
  Lei, Presidente Renzi, non passerà alla storia come l'uomo che ha cambiato l'Italia, sarà solo, purtroppo per tutti noi, l'ennesimo, speriamo ultimo, inquilino di Palazzo Chigi che ha occupato quella poltrona senza essersi mai chiesto, per davvero, che cosa serva all'Italia e agli italiani.Pag. 52
  Quanto infine, onorevole Presidente, al centrodestra, alla parte che ci sta davvero a cuore, ci corre l'obbligo di dire che il percorso delle riforme è stato un passaggio a vuoto che ha drammaticamente ben rappresentato lo stato dell'arte nella nostra metà del campo. Chi tratta di nascosto, fuori e lontano dal Parlamento, chi si abbandona alla demagogia di piazza, chi scimmiotta per qualche simpatia in più gli slogan pauperisti della peggiore sinistra sindacale. Quello che ci serve, quello che ci servirebbe, è di superare l'atavico ricordo di quello che avrebbe potuto essere e che, purtroppo, non è stato. Serve salutare con gratitudine, ma senza rimpianti, chi è stato protagonista di una stagione che, alla prova dei fatti, si è dimostrata meno gloriosa di quanto avrebbe dovuto e potuto essere. Serve anteporre, finalmente, idee, programmi e contenuti, alle vane e vacue dispute su leadership che non si capisce ancora che cosa, chi e quanto dovrebbero rappresentare. Quella che serve, e concludo Presidente, è una comune visione per l'Italia di domani, perché quella di Renzi è già al crepuscolo (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Conservatori e Riformisti).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Rampelli. Ne ha facoltà.

  FABIO RAMPELLI. Grazie, Presidente. Colleghi deputati, rappresentanti del Governo, noto che i banchi del Governo si sono riempiti e questo certamente è un segno positivo. Noi siamo una forza d'opposizione leale. Diversamente da altri, riteniamo di avere dimostrato un importante senso dello Stato e delle istituzioni e per questo, pur anticipando, come è scontato (siamo del resto in seconda lettura qui alla Camera), il nostro voto contrario, vorrei per paradosso fare un ragionamento al contrario, su come avremmo potuto invertire la nostra sensibilità e sostenere il Governo, fermo restando che quando si parla di riforme, automaticamente, a maggior ragione, se si parla di riforma della Costituzione, sarebbe necessario – lo sarebbe stato davvero – cercare di coinvolgere la maggior parte delle forze politiche presenti in un accordo ampio, magari abbastanza ampio da garantire un'approvazione con i due terzi delle forze parlamentari e quindi con l'impossibilità di ricorrere al farraginoso e costoso meccanismo del referendum confermativo. Avremmo come Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale votato a favore innanzitutto se, una volta per tutte, si fosse addivenuti alla possibilità da parte dei cittadini italiani di eleggere direttamente il Capo dello Stato, quello che nel lessico politologico va sotto il titolo di presidenzialismo. Persino Massimo D'Alema, ormai oltre un decennio fa, era riuscito a trovare una formula mostrando, evidentemente, un desiderio di sintonizzarsi sulla lunghezza d'onda non solo e non tanto dell'allora rappresentanza parlamentare e politica, ma anche sulla lunghezza d'onda del popolo italiano, fermo restando che il desiderio di poter eleggere direttamente il Presidente della Repubblica da parte dei cittadini ha nei sondaggi delle percentuali che mettono i brividi, che vanno al di sopra dello stesso 90 per cento; tetto elevatissimo delle indicazioni di cittadini. Avremmo votato a favore se ci fosse stata la capacità di mostrare questa sensibilità. Avremmo senz'altro messo in discussione la nostra vocazione di opposizione al Governo Renzi, se lo stesso Governo Renzi avesse testimoniato il desiderio di sconfiggere l'oppressione fiscale, intervenendo, lo avrebbe potuto fare, ponendo un tetto alle tasse. Noi, nei nostri emendamenti, anche di questo abbiamo parlato, emendamenti come il precedente sul presidenzialismo, bocciati dalla maggioranza di Montecitorio.
  Avevamo immaginato che questo tetto potesse attestarsi intorno al 40 per cento del prodotto interno lordo proprio per garantire una forma di protezione e difesa del cittadino, del contribuente, della famiglia e dell'impresa italiana come dei lavoratori dipendenti, cioè invertendo il meccanismo e immaginando che comunque la capacità dello Stato di entrare a gamba tesa nella vita dei cittadini dovesse individuare Pag. 53un limite, che non potesse accadere mai e mai più che un Governo in televisione dica di voler diminuire la spesa pubblica improduttiva salvo poi, a ogni stagione, a ogni legge di stabilità, vederla aumentata. Avremmo votato a favore se si fosse introdotta una norma capace di garantire l'equità generazionale e quindi di impedire quel che è accaduto – di cui siamo vittime – in questi decenni interminabili di secondo dopoguerra, allorché le presenti generazioni e peggio ancora le future generazioni devono sobbarcarsi l'onere di un debito pubblico pari a 2.200 miliardi di euro senza avere di fronte a sé alcuna garanzia per il proprio futuro, per la propria previdenza, per la propria sicurezza nella terza età. Si sarebbe potuto fare, sono norme in buona parte dettate non dalla furia ideologica ma soltanto dal buonsenso, perfettamente in sintonia con le sensibilità dei cittadini e del popolo italiano, per non parlare di quelle ancora più innocue che avrebbero potuto mettere in gioco anche la prima parte della Costituzione, ma a nostro giudizio di principi, perché quando si parla di Costituzione si parla di principi fondamentali. Noi, per esempio, non abbiamo ancora associato all'adozione della bandiera nazionale l'inno nazionale, né addirittura abbiamo associato alla nostra comunità nazionale la sua lingua di riferimento; da nessuna parte in Costituzione è scritto che la lingua italiana è la lingua del popolo italiano e lo avremmo potuto fare a maggior ragione oggi che si è festeggiato fino al 31 dicembre l'anniversario – un anniversario importante – di Dante Alighieri, padre della lingua italiana e quindi di un pezzo saliente della identità nazionale. Avremmo votato a favore se il Governo avesse messo in moto con coraggio, non soltanto polemizzando a stagioni alterne quando fa comodo con la Cancelliera Merkel, un meccanismo di liberazione dal gioco europeo dell'euroburocrazia, della eurocrazia, garantendo il diritto alla sovranità nazionale e quindi svincolando almeno dal punto di vista della costituzionalizzazione il rapporto tra Italia ed Europa e quindi l'obbligo in automatico di ereditare i peggiori capricci, anche quelli antitetici rispetto alla tutela dell'interesse nazionale, dell'interesse debole e diffuso della nostra comunità. Non lo avete voluto fare anche se gorgheggiate in sede di Unione europea di rapporti, di frizioni, di volontà di far contare di più l'Italia salvo mantenere tutto perfettamente immodificato, compresa la subalternità dell'Italia e dell'Europa meridionale rispetto alle esigenze diverse di moneta forte e di economia dirigista e di rigore dell'Europa settentrionale. Avremmo votato a favore se vi foste decisi a fare le cose sul serio anche sul piano della nuova architettura dello Stato, se aveste accettato la nostra proposta di abolizione delle regioni e di nascita di 36 distretti esattamente come propone non già qualche Azzeccagarbugli ma l'Istituto geografico italiano, che sotto questo aspetto ha fatto profondi studi e ha potuto determinare la migliore possibile organizzazione dello Stato e degli enti locali, del sistema delle autonomie locali, per la nostra nazione.
  Non ci avete pensato proprio perché avete preferito accontentarvi della finta abolizione delle province: le province restano in piedi, è bene che se lo ricordino i cittadini italiani, è stata soltanto abolita la possibilità degli stessi di eleggersi i consiglieri provinciali, di designare gli assessori provinciali, di decidersi i presidenti di provincia, esattamente come sta accadendo con la finta abolizione del Senato, che non viene abolito neppure terminologicamente perché resta perfettamente conservata la titolazione del Senato, però viene abolito allo stesso modo simmetricamente il diritto da parte dei cittadini di designare i senatori, e con improvvida capacità di creare confusione da parte del Presidente Renzi – concludo – si è arrivati alla degenerazione dell'inserimento in Costituzione, una Costituzione che ha resistito a maggior ragione perché volava alto e parlava di principi, di una sorta di legge elettorale nascosta, facendo designare il futuro Senato della Repubblica nelle elezioni regionali dai partiti, anche qui abolendo la democrazia cioè abolendo il diritto dei cittadini di prendersi delle responsabilità. Pag. 54Queste sono le ragioni profonde, incontrovertibili – l'ambiguità, la riforma cervellotica, la scontatezza delle vostre decisioni – per le quali Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale convintamente vota contro questa vostra proposta (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Gigli. Ne ha facoltà.

  GIAN LUIGI GIGLI. Signora Presidente, signora Ministro, onorevoli colleghi, a distanza di dieci mesi quest'Aula torna ad esprimersi per la seconda volta sul testo di riforma costituzionale. Per quanto riguarda le novità introdotte durante il secondo passaggio al Senato, il nostro gruppo considera un passo avanti l'elezione dei senatori da parte dei consigli regionali in conformità alle scelte espresse dagli elettori per i candidati in occasione del rinnovo dei consigli stessi. Da convinti regionalisti valutiamo positivamente anche l'allargamento alle disposizioni generali e comuni per le politiche sociali e al commercio con l'estero delle materie che possono essere attribuite alle regioni nell'ambito del cosiddetto «regionalismo differenziato». Soprattutto, rispetto al nostro emendamento approvato in prima lettura con cui si limitavano i poteri sostitutivi dello Stato previsti dall'articolo 120 della Costituzione, garantendo l'intangibilità delle competenze delle regioni e delle province autonome previste dagli statuti e dalle norme di attuazione fino all'adeguamento degli statuti stessi, noi, da autonomisti convinti e pervicaci, riteniamo un sostanziale passo avanti l'emendamento approvato al Senato con il quale, da un lato, l'espressione «adeguamento degli statuti» è stata sostituita con «revisione» per riferirsi al momento dal quale, il Titolo V riformato risulterà applicabile alle regioni a statuto speciale e alle province autonome; dall'altro, si prevede l'applicabilità alle regioni a statuto speciale e alle province autonome, a decorrere dalla revisione dei predetti statuti, dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione, relativo al regionalismo differenziato, con una disciplina transitoria per il periodo precedente e comunque solo previa intesa. Attribuiamo inoltre importante significato pratico all'introduzione della possibilità di approvare la nuova legge elettorale del Senato anche nella legislatura in corso, accordando i dieci giorni successivi all'entrata in vigore per eventuali ricorsi alla Corte costituzionale così come l'introduzione di un termine di 90 giorni dall'entrata in vigore della nuova legge elettorale del Senato entro il quale le regioni debbano adeguarsi alla stessa. Per il resto non possiamo che confermare i giudizi positivi e le riserve già espresse in quest'Aula il 12 marzo 2015 in occasione della dichiarazione di voto al termine della prima lettura. La riforma determina certamente il superamento del bicameralismo paritario perfetto e rivede in profondità il procedimento legislativo per renderlo più rapido e per garantire una più efficace azione di governo.
  Dopo la mal riuscita revisione del Titolo V nel 2001, essa, prendendo atto che lo Stato e le regioni non sono stati mediamente all'altezza della sfida sulle materie di legislazione concorrente, riordina e semplifica il rapporto tra lo Stato e le regioni, con l'obiettivo di superare i conflitti di competenza e di ridurre i contenziosi davanti alla Corte costituzionale.
  Sul superamento del bicameralismo paritario, tuttavia, pur apprezzando – come ho appena detto – le modifiche apportate al Senato sull'individuazione dei senatori espressi dai consigli regionali, non possiamo non ribadire la nostra preoccupazione che l'azione del nuovo Senato possa rimanere sganciata da quel principio di responsabilità su cui dovrebbe fondarsi ogni Assemblea rappresentativa. Vogliamo ribadirlo per la capacità del nuovo Senato di rappresentare davvero le autonomie territoriali. Il problema non risiede, per noi, nell'elezione di secondo livello, ma nel fatto che la sua composizione sarà frutto di equilibri di partito lontana anni luce dal modello del Bundesrat e priva, altresì, di un vincolo di mandato in grado di garantire Pag. 55che almeno nelle materie regionali i futuri senatori rappresentino davvero le necessità e le vedute dei governi regionali.
  Dobbiamo ripeterlo: senza responsabilità non viene meno la reale rappresentanza e con la composizione prevista e l'assenza di vincolo di mandato i membri del futuro Senato non potranno rappresentare di certo le regioni, con le quali l'interlocuzione del Governo dovrà necessariamente continuare ad esercitarsi nell'ambito della Conferenza Stato-regioni.
  Per quanto riguarda il secondo qualificante aspetto della riforma, cioè il rapporto tra lo Stato e le regioni, sarà il tempo a dirci se il modello rigido scelto nella distinzione delle competenze non riaprirà la stagione dei contenziosi davanti alla Corte costituzionale, anche per il permanere di una zona grigia relativa a quelle materie i cui principi generali sono affidati alla competenza dello Stato, mentre la legislazione specifica rimane in capo alle regioni. Non possiamo, tuttavia, non lamentare il fatto che è stata persa l'occasione per una riflessione serena e alta sul modello delle regioni, tale da permettere di immaginare modelli di autonomia più ampia fondati sui principi di sussidiarietà, di responsabilità e di solidarietà.
  Infine, per quanto riguarda lo snellimento del processo legislativo, mentre siamo favorevoli all'introduzione dell'istituto del voto a data certa per i provvedimenti che caratterizzano il programma dell'Esecutivo e ai quali il Governo attribuisce carattere di urgenza, provvedimento che mira a rafforzare la governabilità riducendo, al contempo, gli abusi nel ricorso al voto di fiducia, manteniamo, tuttavia, alcune perplessità per la complessità del processo legislativo.
  Occorre, inoltre, sottolineare che esso potrebbe essere messo duramente alla prova dall'oggettiva difficoltà di distinguere il ruolo legislativo di Camera e Senato all'interno di uno stesso provvedimento, per la presenza simultanea, nel testo, di materie di esclusiva competenza dello Stato e di materia di competenza regionale. Resta, dunque, il rischio che anche sotto il versante della distribuzione delle iniziative e dei poteri legislativi tra Camera e Senato possano aprirsi nei prossimi anni contenziosi.
  Mentre guardiamo con speranza alla possibilità che la riforma che stiamo per votare possa favorire la governabilità e velocizzare il procedimento legislativo, essa, tuttavia, non dovrebbe comportare, per quanto ci riguarda, una trasformazione silente del sistema parlamentare in un sistema presidenziale de facto. Da questo punto di vista, essendosi dimostrata impraticabile un'ulteriore riflessione sui contrappesi – a parte il positivo accordo trovato in prima lettura sul meccanismo per l'elezione del Presidente della Repubblica – rileviamo che il rafforzamento del valore governabilità richiederebbe un pari rafforzamento del valore rappresentanza e ciò richiede, innanzitutto, una grande riflessione – lo abbiamo definito, signora Ministro, un «grande cantiere» – sui partiti, sulla loro forma, sulla loro apertura alla società, sul loro rapporto innovativo con le culture politiche e con le nuove sensibilità sociali.
  Richiede anche, se necessario, il coraggio di modificare ancora la nuova legge elettorale, in modo tale da esaltare, per l'una o per l'altra via, la rappresentatività della nuova Camera. È da evitare il rischio di concentrazione di potere eccessivo nelle mani di chi, rimanendo pur sempre minoranza, in un sistema che sarà evidentemente almeno tripolare, riuscirà ad avere la maggiore percentuale di consensi elettorali.
  Con queste valutazioni, pur consapevoli di alcune perplessità, il gruppo Democrazia Solidale-Centro Democratico non farà mancare il suo voto a una riforma costituzionale tanto attesa e il cui naufragio equivarrebbe a una dichiarazione di impotenza del Parlamento e di irriformabilità delle istituzioni. Riteniamo, pertanto, nostro dovere non arrestare questo percorso e far prevalere, alle pur legittime riserve, l'esercizio di una grande responsabilità verso il Paese.
  Avremmo voluto qualcosa di diverso e, tuttavia, non possiamo non ritenere a questo punto accettabile l'equilibrio faticosamente Pag. 56raggiunto e votare, con realismo politico, questa riforma, anche se essa, nonostante tutto, non riesce ad entusiasmarci (Applausi dei deputati del gruppo Democrazia Solidale-Centro Democratico).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Cristian Invernizzi. Ne ha facoltà.

  CRISTIAN INVERNIZZI. Grazie, Presidente. Oggi ci troviamo a votare quello che dovrebbe almeno essere, nelle intenzioni del Governo e della maggioranza, il testo definitivo della madre di tutte le riforme, così come è stata recentemente definita dal Presidente Renzi, cioè uno di quei compiti a casa che lo stesso Presidente Renzi afferma di aver fatto e che afferma di poter ostentare con orgoglio in Europa, per dimostrare all'Europa stessa che l'Italia non è più l'Italietta che tutti conoscevano, che l'Italia è cambiata e che, quindi, ormai può sedersi legittimamente nei posti riservati ai bravi e ai belli e poter discutere del futuro dell'Europa stessa.
  Non so se l'Europa sarà contenta; non so se all'Europa interessa veramente quello che noi oggi stiamo facendo, quello di cui stiamo discutendo; non so se anche questo appartiene allo storytelling renziano, cioè appartiene al modo distorto con cui il Presidente del Consiglio Renzi legge la realtà.
  Comunque, qualunque sia la verità, parte ufficialmente il countdown che alla sua scadenza – probabilmente ad ottobre – vedrà i cittadini italiani pronunciarsi circa l'accoglimento o meno di quello che voi avete scritto. Questa probabilmente è l'unica nota positiva di questo percorso, cioè che mancano soltanto dieci mesi al punto, alla parola «fine» di una questione che ci ha tenuti impegnati per due anni e mezzo ormai – cioè praticamente fin quasi dall'inizio della legislatura – e che, in qualche modo, si concluderà con la parola definitiva da parte dagli italiani.
  Noi sappiamo già che il Presidente Renzi, anche se dice che non ha intenzione di trasformare il referendum in un plebiscito su se stesso, invece farà sostanzialmente per dieci mesi una campagna referendaria improntata su un refrain che ormai conosciamo bene. Cioè, andrà in giro a dire a tutti gli italiani che per fortuna è arrivato Renzi, che per fortuna che da un anno e mezzo, quasi due, governa lui, che per fortuna è arrivato lui a fare quello che mai nessuno era riuscito a fare nei 70 anni di storia repubblicana precedente, cosa che ovviamente è assolutamente una falsità. Infatti, vorrei ricordare al Presidente Renzi che mentre lui si occupava in modo probabilmente anche più o meno egregio della provincia di Firenze, vi era un Parlamento che all'epoca si era impegnato a fare delle riforme. La legislatura che va dal 2001 al 2006 aveva portato a casa una riforma costituzionale che, se fosse stata poi accolta dagli italiani, avrebbe consegnato all'Italia, già a partire da oggi, cioè dal 2016, la fine del bicameralismo perfetto. In qualche modo, avremmo già fatto quei compiti a casa con dieci anni di anticipo rispetto a quello che dice il Presidente Renzi.
  Era un Parlamento, quello, che ha avuto anche il coraggio di intervenire su alcuni temi importanti e fondamentali. Mi riferisco alla riforma del lavoro, alla riforma della scuola, alla riforma delle pensioni, che voi fingete di non ricordare, alla «riforma Maroni», cioè a quella riforma che, quando poi vinse di nuovo Prodi, come primo atto del suo Governo e della sua maggioranza abolì. Si tratta cioè dello «scalone» di Maroni, che tra l'altro venne osteggiato da tutta una serie di scioperi generali che poi l'Italia non ha più avuto il piacere di vedere, perché si vede che quando governa il centrodestra allora i sindacati si ricordano di fare il loro mestiere; quando invece governa il centrosinistra i sindacati stanno zitti.
  Comunque, noi le riforme le avevamo fatte; vi era un forte istinto riformatore che aveva guidato quel Governo e ci fu, secondo noi, anche tutta una serie di riforme giuste, tanto è vero che dopo lo scalone di Maroni, che voi avete abolito, avete dovuto ricorrere a quella che invece Pag. 57possiamo definire la «scala santa» della Fornero, «scala santa» perché si deve percorrere in ginocchio, i cui effetti, ancora oggi devastanti, vediamo: mi riferisco alle ultime notizie circa la possibilità di andare in pensione per le donne, che abbiamo visto maggiorata ancora di un anno e mezzo. Noi eravamo allora convinti di aver fatto qualcosa di buono e qualcosa di giusto, ma avevamo fatto qualcosa che voi avete fatto dieci anni dopo. Vedremo a ottobre cosa diranno gli italiani circa la vostra volontà riformatrice. Oggi però il Parlamento, nel quasi silenzio totale di quelli che allora si stracciavano le vesti di fronte alla volontà da parte del centrodestra di riformare la Costituzione più bella del mondo – ci ricordiamo Giustizia e Libertà a Milano, il Popolo Viola, i sindacati, la sinistra stessa, che ad ogni piè sospinto ricordava e diceva come il centrodestra stesse in qualche modo offendendo la memoria dei padri costituenti che erano usciti dalla guerra antifascista – ha approvato una riforma costituzionale che potremmo definire sostanzialmente patetica. Faccio un esempio: la norma con la quale avete scritto in Costituzione il metodo di elezione dei senatori. Concordiamo almeno su un fatto: indipendentemente e al netto di tutte le polemiche che potrebbero nascere dalla considerazione che è una norma che nasce da un accordo interno al partito di maggioranza e quindi è sostanzialmente la continuazione di un congresso di partito, i cui esiti la minoranza del Partito Democratico non vuole accettare e che invece la maggioranza del Partito Democratico considera definiti, la norma è scritta male, è scritta in un italiano sostanzialmente vergognoso; non si capisce bene di preciso cosa indichi, se non che i senatori vanno eletti in conformità al voto espresso dagli elettori. Questo si chiama principio democratico e ci mancherebbe che i senatori dovessero venire nominati non in conformità alla volontà degli elettori.
   In secondo luogo, vi è la clausola di supremazia, una clausola che attiene alla legge nazionale rispetto a quella regionale, è una clausola che stabilisce sostanzialmente la fine, la morte di ogni istinto, di ogni volontà e di ogni possibilità di inserire il federalismo nella nostra Costituzione. Con questa clausola noi diciamo addio al federalismo. Le regioni, a differenza di quanto detto prima da alcuni miei colleghi, non sono valorizzate, ne escono sminuite, ne escono in qualche modo frustrate. La questione degli enti e delle autonomie locali è qualcosa che viene messa sostanzialmente sotto ai piedi, calpestata e violata. Tutto ciò, onorevole Presidente, ci fa capire che la Carta costituzionale che stanno cambiando era, a differenza di questo, invece il frutto di tre grandi culture, che all'epoca informavano di se stesse le forze politiche che costituivano l'Assemblea costituente: vi era la cultura cattolica, quella liberale e quella socialista.
  Io mi chiedo invece oggi questa Costituzione a quale cultura politica appartenga. Non è chiaro e non si capisce bene quali siano i fondamenti politici e giuridici che stanno alla base di un cambiamento simile all'interno della nostra Costituzione.
  In poche parole, potremmo dire che questa è una Costituzione che ha alla base un bieco centralismo, perché – come ho detto prima – le regioni sono poste in un ruolo subalterno rispetto al Governo centrale, che risponde ad un presunto efficientismo, quello che Renzi continua a sbandierare ai tre venti. In una parola, la cultura politica alla quale risponde la riforma costituzionale è il renzismo – e mi avvio alla conclusione –, quella cultura politica che fa dell'efficientismo la base della sua attività, indipendentemente da tutto quello che può invece, secondo noi, contare maggiormente. A cosa mi riferisco ? A titolo esemplificativo, le recenti elezioni in Spagna hanno consegnato un quadro politico sicuramente complicato e Renzi non ha perso occasione per dire: «Vedete, se l’Italicum – perché dobbiamo parlare anche di questo – ci fosse stato in Spagna, non ci troveremmo di fronte a questa condizione». In pratica, Renzi ha detto che l'importante è che esca un Governo, indipendentemente dal voto popolare, ed è questo il principio che anche Pag. 58questa riforma costituzionale sostanzialmente pone a fondamento della propria scrittura, cioè proprio quella che noi osteggiamo.
  Presidente Renzi, noi sappiamo tutti che nel mondo moderno è necessario essere veloci ed è necessario – mi avvio alla conclusione – veramente dare risposte veloci a problemi complessi, ma questo non può essere fatto sulle spalle e indipendentemente dal voto dei cittadini.
  Io non so quello che faranno i cittadini ad ottobre; l'unica cosa che so è che la Lega Nord, coerentemente con il voto contrario espresso anche in questa fase, ad ottobre farà di tutto per far sì che una Costituzione di questo tipo non possa diventare una Costituzione sulla quale basare lo sviluppo della nostra comunità (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie-Lega dei Popoli-Noi con Salvini).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Paola Pinna. Ne ha facoltà.

  PAOLA PINNA. Grazie, signora Presidente. Onorevoli colleghi, il tema delle riforme costituzionali rappresenta un argomento spinoso, è inutile negarlo.
  È dal lontano 1979 che il dibattito politico si è indissolubilmente legato all'esigenza di rinnovare il dettato costituzionale. I tentativi sono stati molteplici, ma, a parte la nota modifica del Titolo V, sono tutti falliti, alcuni sul nascere, altri al termine dell'iter, ma l'esito è sempre stato lo stesso: un nulla di fatto. Mi riferisco alla prima Bicamerale del 1983, presieduta dall'onorevole Bozzi, alla Commissione De Mita-Iotti, al Comitato Speroni del 1994, al lodo Maccanico, alla Commissione D'Alema e alle fallite riforme del 2005 e del 2007.
   Anche nella scorsa legislatura si è provato a cambiare, ma i risultati sono stati i medesimi. Le ragioni di queste sconfitte vanno ricercate per lo più nelle vicende politiche contingenti, negli scontri tra fazioni e nelle inconcludenti lungaggini che hanno caratterizzato il riformismo istituzionale, un riformismo che oscillava tra diversi modelli di riferimento, senza che si consolidasse una scelta condivisa tra i partiti e accettata dai cittadini.
  Dunque, il quadro appare chiaro: l'esigenza di modificare la nostra Costituzione c’è, si è radicata, ma prima di oggi non si è avuta la forza, la lungimiranza e, in alcuni casi, la volontà di realizzarla.
  Noi abbiamo coraggiosamente e responsabilmente scelto di andare fino in fondo, pagando il prezzo di critiche forti, attacchi sterili e strumentalizzazioni. Oggi, ci accingiamo a compiere un passaggio decisivo e di grande rilievo politico e parlamentare nel percorso di riforme di questa legislatura e della storia delle istituzioni del nostro Paese. Stiamo operando finalmente per cambiare in meglio l'Italia. Quella di cui facciamo parte, colleghi, è una legislatura dichiaratamente votata alle riforme in campo sociale, economico e istituzionale. Emergono, fra queste, la legge elettorale, prima, e le modifiche costituzionali, ora: due importanti mete raggiunte, o quasi, e legate a doppio filo l'una all'altra, perché tra i due ambiti vi è una chiara consequenzialità che non può e non deve essere trascurata.
  Non sarebbe onesto affermare che condividiamo ogni singolo punto di questi testi. Sappiamo bene che sono suscettibili di ulteriori miglioramenti. Tutto è perfettibile, ma questo non deve essere un alibi per l'immobilità, né un limite al progresso. La Costituzione italiana, come ogni legge fondamentale, è frutto di scelte dettate da una situazione storico-politica ben definita e indubbiamente differente rispetto all'attuale. Il periodo di riferimento sono gli anni che vanno dal 1946 al 1948. Allora si usciva dalla Seconda guerra mondiale e lo spettro del fascismo incombeva sulla quotidianità. Ma oggi l'Italia ha un altro volto; il mondo non è più diviso in due grandi blocchi ideologizzati; i partiti hanno cambiato forma e sostanza e sono sopraggiunti nuovi soggetti ed è opportuno che questi cambiamenti siano assecondati responsabilmente. Stiamo vivendo in Italia e in Europa una crisi democratica e istituzionale da non trascurare. Dobbiamo, oggi Pag. 59più che mai, impegnarci a proiettare i valori assoluti del testo donatoci dai padri costituenti all'interno di un nuovo e moderno apparato costituzionale.
  Colleghi, la Costituzione rappresenta in sé gli elementi caratterizzanti di un determinato sistema politico, ovvero come questo di fatto è organizzato. Ne rappresenta il DNA. Ma la Costituzione, come la dottrina ci insegna, è anche manifesto politico proiettato verso specifici obiettivi. E, ancora, è testo normativo, fonte del diritto e ha, dunque, più anime che devono convivere armoniosamente. Il lavoro che abbiamo condotto in ogni singolo appuntamento di questa riforma costituzionale è sempre stato caratterizzato dalla volontà di mantenere tale equilibrio, ammodernando, al contempo, le istituzioni. Il bicameralismo paritario figlio del secolo scorso non risponde alle esigenze nuove; è antistorico. Le sue qualità si sono trasformate nel corso dei decenni in evidenti criticità e in ostacoli per lo sviluppo del Paese, immobile da troppo tempo. D'altronde, vorrei ricordare che il bicameralismo paritario rappresenta un'anomalia tutta italiana. Più della metà dei Paesi membri dell'Unione ha sistemi monocamerali e in quasi tutti quelli con sistema bicamerale la seconda Camera è eletta indirettamente, al fine di rappresentare compiutamente le autonomie territoriali. Tutto ciò mentre in Italia siamo ancora in cerca di una piena coesione nazionale e, ahimè, dobbiamo ancora lavorare perché i gravissimi squilibri fra regioni siano superati.
  Ed è proprio qui che si inserisce il risolutivo progetto di una Camera che rappresenta la nazione e di un Senato che rappresenta gli enti territoriali. Il Senato diventerà finalmente l'indispensabile luogo del raccordo tra i livelli di governo e la sede di coordinamento tra il legislatore statale e i legislatori regionali, prevenendo i possibili conflitti nell'esercizio delle rispettive competenze. Svolgerà, dunque, un ruolo omologo a quello a cui sono chiamate le seconde Camere negli ordinamenti regionali o federali in cui il potere è oggetto di una ripartizione verticale sul territorio. Chiaramente, la ridefinizione del ruolo costituzionale delle due Camere produce effetti a cascata sulle funzioni che esse sono chiamate ad esercitare, sull'assetto del procedimento legislativo, sull'elezione del Presidente della Repubblica e dei giudici della Corte costituzionale. Infatti, il superamento dell'attuale sistema bicamerale e l'introduzione di un bicameralismo differenziato in cui Camera dei deputati e Senato della Repubblica hanno composizione diversa e funzioni in gran parte differenti rappresenta solo uno dei punti cardine del testo che ci accingiamo a licenziare.
  La riforma prevede, invero, altri aspetti di rilievo, tra cui ho il piacere di ricordare la revisione del procedimento legislativo, l'introduzione di tempi certi per l'esame delle proposte di legge di iniziativa popolare, la costituzionalizzazione dei limiti sostanziali della decretazione d'urgenza. Con riferimento al primo punto, spero francamente che le modifiche al procedimento legislativo possano aiutarci a superare finalmente quello che ritengo rappresenti uno degli ostacoli più grandi del nostro sistema. E a tal riguardo mi permetto di condividere con voi l'auspicio che la revisione del procedimento legislativo sia accompagnata da una imprescindibile riforma regolamentare. Anche per quanto riguarda le autonomie speciali, l'augurio è che si possano introdurre elementi che dipanino i dubbi interpretativi, vecchi e nuovi. Questo è un primo passo; si possono introdurre migliorie, ma è un primo passo importante che con orgoglio facciamo. Pertanto, ritenendo che questa riforma rappresenti un elemento positivo per il nostro Paese, esprimo il voto favorevole di Scelta Civica (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Lupi. Ne ha facoltà.

  MAURIZIO LUPI. Signora Presidente, onorevoli colleghi, Ministro Boschi, oggi voteremo sì con convinzione a una riforma costituzionale che l'Italia attende da più di Pag. 60trent'anni. I costi che il nostro Paese ha pagato per questo ritardo sono stati altissimi. Costi per il Paese vuol dire costi per i cittadini, per chi cerca un lavoro, per chi vuole creare impresa, per chi mette su famiglia, per chi fa dei figli e li vuole istruire adeguatamente. Il mancato ammodernamento del nostro sistema istituzionale, con la ripetitività e la lentezza, l'incapacità di decidere sino al limite dell'immobilismo del nostro sistema legislativo, hanno avuto queste conseguenze per la vita concreta degli italiani. Gliel'hanno resa più difficile e più povera. Un nuovo fallimento, dopo i tanti insuccessi, a partire dalla Commissione Bozzi del 1983, non ce lo possiamo permettere, pena la sanzione definitiva della nostra inutilità.
  E gli italiani ce l'hanno detto chiaramente nel febbraio del 2013 sancendo la sconfitta di ogni schieramento politico, perché nessuno aveva la maggioranza in entrambe le Camere, e obbligandoci ad assumerci la responsabilità di un Governo di convergenza con due obiettivi: il primo, l'uscita del Paese dalla crisi economica; il secondo, il mandato esplicito delle riforme costituzionali al fine di superare la crisi costituzionale in cui eravamo precipitati proprio a causa del bicameralismo paritario di due Camere elette addirittura da due corpi elettorali diversi.
  Il primo passo della presa di coscienza di quel fallimento e della conseguente assunzione di responsabilità da parte di questa legislatura fu la rielezione del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che in quest'Aula – lo ricordo a chi ha memoria corta –, tra i nostri applausi, o meglio tra le nostre ovazioni, disse: «Imperdonabile resta il nulla di fatto in materia di sia pur limitate e mirate riforme della seconda parte della Costituzione, faticosamente concordate e poi affossate e peraltro mai giunte a infrangere il tabù del bicameralismo paritario. Non si può più in nessun campo sottrarsi al dovere della proposta, alla ricerca della soluzione praticabile, alla decisione netta e tempestiva per le riforme di cui hanno bisogno improrogabile per sopravvivere e progredire la democrazia e la società italiana». A questo dovere noi di Area Popolare non ci siamo sottratti e non ci sottrarremo certo oggi dopo che, per adempiere a questo dovere, siamo addirittura nati.
  Oggi trova compimento il gesto politico in cui nel novembre del 2013 abbiamo permesso la continuità della legislatura e trova compimento anche la coerenza con cui – e lo dico con forza ed orgoglio – abbiamo perseguito, attraverso molte battaglie che hanno contraddistinto il centrodestra sin dal 1994, i contenuti di questa riforma, i contenuti in cui questa riforma si è sostanziata: la fine del nostro assurdo e ingombrante bicameralismo paritario, che tanto ha nuociuto, non solo alla stabilità e all'efficacia dell'azione di Governo, ma anche all'autorevolezza e alla centralità della sovranità popolare; lo snellimento e la semplificazione del procedimento legislativo; tempi certi per l'approvazione delle leggi, con il conseguente rafforzamento dei poteri dell'Esecutivo, ma nell'ambito di un rafforzamento complessivo della forma di Governo parlamentare e del sistema delle garanzie. E, poi, la revisione del Titolo V, che pone rimedio ai gravi limiti della modifica del 2001 e all'imponente contenzioso costituzionale che essa ha causato, con grave danno per la certezza del diritto e per l'economia del Paese.
  E tra i contenuti della riforma non si può sottacere anche la riduzione dei costi della politica derivante dalla riduzione del numero dei parlamentari, dai limiti delle spese dei consigli regionali e dall'abolizione del CNEL.
  La coerenza di un parlamentare è la coerenza di fronte a chi l'ha eletto e la coerenza di fronte a un programma elettorale. Nel programma elettorale del 2013, nel programma elettorale del 2008, nel programma elettorale del 2006, in tutti i programmi elettorali, anche in quello del 2001, il centrodestra si era qualificato per queste riforme, per questi contenuti di riforma. Questa è la sfida che abbiamo davanti.
  Non è superfluo ricordare che l'impianto generale della riforma corrisponde Pag. 61in sostanza alle conclusioni espresse a larga maggioranza dalla commissione di costituzionalisti ed esperti nominata dal Governo Letta.
  Una riforma alla quale hanno contribuito e che ha visto la convergenza anche di molti che oggi osteggiano quella riforma. Per questo le iperboli allarmistiche sull'emergenza democratica, determinata dalla riforma che oggi approviamo, risultano poco credibili e dettate solo da scelte politiche certamente comprensibili, ma assolutamente di corto respiro.
  Noi difendiamo questa riforma non per calcoli di parte, ma nell'interesse degli italiani. Per questo, in tempi non sospetti, quando la maggioranza che la sosteneva era maggiore dei due terzi del Parlamento, per primi, Area popolare, chiedemmo che in ogni caso questa riforma potesse essere sottoposta all'approvazione dei cittadini attraverso referendum. Referendum per il quale tanti parlamentari di partiti diversi hanno aderito al Comitato per il «sì», costituito dall'onorevole Adornato.
  Voglio dirlo schiettamente e chiaramente al Presidente del Consiglio e al Ministro Boschi: è un «sì» alla riforma, ai suoi contenuti, agli effetti benefici che avrà sull'Italia di domani, non un plebiscito su una persona e sulla sua azione politica. Infatti, detto con tutta la considerazione della persona e delle sue capacità, in gioco qui non c’è il futuro di una brillante avventura politica, ma c’è il futuro delle nostre istituzioni e la loro capacità di rispondere alle esigenze del Paese e del corpo elettorale. In gioco – lo ricordo a noi, al Parlamento e anche al Presidente del Consiglio – c’è il futuro della democrazia (Applausi dei deputati del gruppo Area Popolare (NCD-UDC)).
  Non si commetta l'errore della personalizzazione, ma si lavori per un fronte ampio di parlamentari e società civile. Infatti, l'approvazione di questa riforma non è la fine di un percorso, ma è l'inizio indispensabile di un processo riformatore e di una manutenzione costituzionale nella quale dovremo impegnarci con maggiore sollecitudine rispetto a quanto fatto finora. Non abbiamo fatto, per parafrasare Leibniz, la migliore delle riforme possibili. Non esiste la legge perfetta, non in quest'Aula e non in questo mondo, almeno.
  Noi abbiamo fatto una buona riforma, ma resta aperta una serie di questioni. Una per tutte: mancano, ad esempio, quei dispositivi costituzionali idonei a tutelare le esigenze di stabilità dell'azione di Governo, richiesti dall'ormai mitico ordine del giorno Perassi, approvato dall'Assemblea costituente nel 1946, che sono, invece, per esempio, presenti in Gran Bretagna, Germania e Spagna. Non è perché ci abbiamo messo trent'anni che dobbiamo aspettare altrettanti trent'anni per fare riforme mirate, per soluzioni che si rivelino imprecise. Non a caso i costituenti si preoccuparono di non rendere difficilissima una revisione della Carta costituzionale nel futuro, di fronte all'emergere di bisogni sempre nuovi e sempre diversi.
  Il Capo dello Stato Sergio Mattarella, nel suo discorso prima di Natale, si augurava che le riforme giungessero a compimento in questa legislatura, perché il senso di incompiutezza rischierebbe di produrre ulteriori incertezze e conflitti, oltre ad alimentare la sfiducia. È vero, però, che il voto di oggi – vado verso la conclusione – determina un passaggio politico, che si concluderà certamente con l'approvazione del referendum, con il referendum e con la sua approvazione – ce lo auspichiamo –, e si aprirà una nuova fase nell'azione politica della coalizione di Governo.
  Un anno fa il Presidente del Consiglio, in quest'Aula, fece un elenco delle riforme necessarie per cambiare il Paese: la legge elettorale, la riforma costituzionale, la riforma del lavoro, la riforma della pubblica amministrazione – vedo il Ministro Madia –, la riforma del fisco, la riforma della scuola, la riforma della giustizia. Come ognuno può vedere, siamo a metà del lavoro; così come siamo agli inizi di una ripresa economica che finalmente dà l'inversione del segno meno davanti al nostro PIL e di cui si vedono i primi effetti sulla disoccupazione, scesa ai minimi dopo l'inizio della crisi, ma – non nascondiamocelo Pag. 62– ancora troppo alta, e ancora diversificate sono la ripresa economica e l'occupazione nelle diverse aree del nostro Paese.
  La riforma che approviamo oggi è il frutto del lavoro di una maggioranza, di forze politicamente autonome e alternative, ma complementari in questa fase delicata e fondamentale della vita del nostro Paese, le quali hanno – concludo – un unico comune denominatore: la volontà riformatrice.
  Sulla giustizia, sul fisco – quanto ancora c’è da fare per un'effettiva diminuzione della pressione fiscale –, sulla famiglia, sui diritti civili, sulla libertà di impresa come vogliamo procedere ? Con maggioranze variabili a seconda dell'argomento, come affiora da più di una dichiarazione di esponenti del Partito Democratico ? Il Partito Democratico pensa di continuare a cambiare il Paese con chi oggi voterà questa riforma oppure con chi lo accusa di tentazioni egemoniche, con chi parla di emergenza democratica, di legge elettorale liberticida, di Jobs Act come massacro sociale, con chi raccoglie firme per bocciare le riforme sin qui fatte ?
  Noi di Area Popolare oggi, coerentemente con la responsabilità che ci siamo assunti collaborando prima alla nascita del Governo Letta e poi a quella dell'attuale Esecutivo, voteremo «sì», «sì» alla riforma costituzionale. Ci impegneremo profondamente nel referendum che dovrà confermarla. Ma non rinunceremo, signora Presidente, alla nostra identità e a ricordare a tutti che il senso di questa legislatura e di questo Esecutivo è continuare a lavorare...

  PRESIDENTE. Concluda, deputato.

  MAURIZIO LUPI. ... perseguendo lo scopo per cui è nato: una coraggiosa azione di cambiamento (Applausi dei deputati del gruppo Area Popolare (NCD-UDC)Congratulazioni).

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 16,40).

  PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.

Si riprende la discussione.

(Ripresa dichiarazioni di voto – A.C. 2613-B)

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Stefano Quaranta. Ne ha facoltà.

  STEFANO QUARANTA. Grazie, signora Presidente. Sono orgoglioso di intervenire a nome del mio gruppo perché con oggi parte la campagna referendaria. Badate, non è una gentile concessione del nostro caro Premier (e ricorderò che il referendum non sarà sul Premier, sul Governo o sulla fine della legislatura, che temo – ahimè ! – comunque si concluderà con il referendum), ma ci sarà, ex articolo 138 della Costituzione, perché di tutte le opposizioni siete riusciti a convincere della bontà della vostra riforma solo il signor Verdini. Quindi, non si tratta di un regalo, ma si tratta di un diritto che questa Costituzione ancora ci assegna.
  Allora, vediamo qualche passaggio che ci ha condotto a questa riforma della Costituzione. La Corte costituzionale dichiarò la legge elettorale illegittima...

  PRESIDENTE. Colleghi, per favore, si può seguire il dibattito ?

  STEFANO QUARANTA. Grazie, Presidente. Anziché fare poche riforme e condivise, come sarebbe stato utile e necessario, questo Governo, grazie al premio che era stato dichiarato incostituzionale, prima vara una legge elettorale a suo uso e consumo, che, visto che mi piace tanto il brand, dovreste chiamare il Leopoldum, tra l'altro mettendo la fiducia, come era successo solo nel 1923 e con la legge truffa Pag. 63del 1953, e poi pensa bene di riformare, sempre con la stessa maggioranza che è stata dichiarata, nel premio, incostituzionale, un terzo della Carta costituzionale. Tutto questo senza mandato popolare, perché, cara Ministra, se erano settant'anni che aspettavamo questa riforma, almeno due righe nel programma avreste potuto metterle riguardo a questa riforma costituzionale. Quindi questa legislatura costituente nasce addirittura mettendo la riforma della Costituzione nel programma del Governo. Anche in questo caso vorrei ricordarle che i Governi stanno sotto le Costituzioni, non sopra le Costituzioni. Che i Governi riformino le Costituzioni avviene solo in alcuni Paesi, come l'Ungheria nei tempi moderni.
  Bene, questa legislatura costituente, quindi, vede d'emblée esclusi, da una parte, il popolo, rispetto al quale non è mai stata proposta questa riforma, e, dall'altra, il Parlamento, perché sappiamo tutti bene come abbiamo vissuto in un sostanziale voto di fiducia permanente la riforma costituzionale. Non devo essere io a ricordarvi cosa è successo nella Commissione affari costituzionali: i voti notturni senza l'opposizione, le minacce continue del Premier di sciogliere le Camere se non si fosse andati avanti con la riforma.
  Bene, con queste nobili ed edificanti premesse che riforma poteva venire fuori ? Vediamolo insieme. Infatti, vede, anche dalle sue interviste, al di là di qualche slogan, volto a blandire sui costi della politica, su una presunta efficienza e sulla produttività del Parlamento, non è che se ne vedano molti. Ma io sto al suo terreno, parliamo dei costi della politica.
  Intanto non accetto l'idea, almeno come rappresentante del centrosinistra, che la democrazia sia un costo. Avanti di questo passo arriveremo a fare del Parlamento una sorta di condominio dove i capi si dividono i millesimi ed esercitano il voto sulla base delle percentuali che hanno ottenuto alle elezioni. Ma cosa avete fatto realmente per ridurre questi costi della politica ? Avete forse affrontato il tema delle regioni, quelle con maggiori sprechi e maggiori scandali ? Avete ridotto in maniera seria e uniforme il numero dei deputati o dei senatori come noi abbiamo proposto, 400 e 200 ? Avete forse pensato a un monocameralismo che sarebbe stato un taglio dei costi del Senato ? No: molto più modestamente avete mantenuto 630 deputati e 100 dopolavoristi a cui però avete regalato come premio l'immunità parlamentare.
  Parliamo della semplificazione: guardate l'unica semplificazione che avete fatto è togliere il voto dei cittadini per il Senato. Per il resto avremo un Senato con funzioni e composizioni farraginose; avremo dieci procedimenti legislativi diversi con una grossa crisi sul funzionamento se i Presidenti delle due Camere non si metteranno d'accordo; avete creato un possibile nuovo contenzioso tra le regioni e lo Stato con la modifica del Titolo V e persino il linguaggio, Ministro, persino il linguaggio è oscuro, ambiguo, a tratti illeggibile. Onorevole Sannicandro, mi rivolgo a lei, la Costituzione di Concetto Marchesi emerge in tutta la sua bellezza al cospetto di questo obbrobrio e, scusatemi la battuta, l'articolo 10 sul procedimento legislativo sembra il prospetto informativo di una banca tanto è oscuro (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra italiana-Sinistra Ecologia Libertà).
  Tempi certi e produttività: questo è proprio un falso problema. Dovreste saperlo che in Italia si fanno più leggi che in Francia e in Germania. Semmai il problema è opposto: è quello della stratificazione delle norme, che rende incomprensibile la legislazione nel nostro Paese, e allora non confondiamo il funzionamento delle istituzioni con le responsabilità delle classi dirigenti, che sono veloci nell'approvare la legge Fornero ma lente, lentissime, se si parla delle unioni civili.
  Mi pare che resti un po’ poco dei vostri slogan e credo che dovreste attrezzarvi meglio per la campagna referendaria, se questi sono i vostri argomenti. E allora ve ne suggerisco qualcuno velocemente: il bicameralismo paritario e il Senato delle autonomie, fatto senza alcun ragionamento sulle regioni, sul numero, sulle dimensioni, sulle competenze delle regioni. Pag. 64E ancora il rapporto con i cittadini: questa riforma aumenta forse gli spazi di democrazia ? No, togliete il voto sul Senato, rendete più difficili le leggi di iniziativa popolare.
  E allora parliamo di temi seri, del vero tema di cui non parlate, ma di cui vi assicuro parleremo noi durante la campagna referendaria: come mai avete scelto all'inizio come interlocutore – ci avete provato – Berlusconi ? Come mai non avete scelto la prima forza di opposizione, il MoVimento 5 Stelle, o SEL, che era il vostro alleato in campagna elettorale ? Perché il vero tema è il rafforzamento dell'Esecutivo – di questo stiamo parlando – con l'elezione diretta del Premier al secondo turno, ma anche con un presidenzialismo che di fatto diventa senza garanzie, costituito da nominati alla Camera, da un Senato che non dà la fiducia, di un Esecutivo che prevale sul Parlamento persino nel legiferare e sulle regioni con la clausola di supremazia.
  Ultimo tema, per me fondamentale, che voglio porre è il seguente: l'Europa e le conseguenze economiche e sociali di questa riforma. L'idea di rafforzare l'Esecutivo nei confronti del Parlamento appartiene a questa Europa che non ci piace, alla globalizzazione, al predominio della finanza, che ha bisogno di Governi affidabili che eseguono, più che di Parlamenti che discutono e decidono liberamente; e le conseguenze le vediamo, sono sotto gli occhi: privatizzazioni, riforma del mercato del lavoro, tagli al welfare e alle pensioni.
  Quando lei, Ministra Boschi, sostiene che le riforme consentono spazi di flessibilità o l'onorevole Rosato, capogruppo del PD, ci racconta dalle colonne de l'Unità che il Vicecancelliere Gabriel chiede la riforma del Senato per più flessibilità, a me pare che siamo al punto vero della questione: le nostre istituzioni, la nostra Costituzione per uno sforamento dello 0,1-0,2 dei parametri imposti da autorità illegittime. Lo trovo aberrante, signori del Governo: è come se un buon padre di famiglia ipotecasse la casa per comprarsi due etti di prosciutto (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra italiana-Sinistra Ecologia Libertà).
  A Gabriel avrei risposto, caro onorevole Rosato, che le istituzioni italiane sono nate per accompagnare il sogno degli Stati Uniti d'Europa, non per sottostare ai diktat di istituzioni europee senza legittimazione democratica né per soggiacere alle volontà di Berlino e di Bruxelles. E ancora: al Paese serve recuperare un rapporto fecondo tra istituzioni e cittadini e il forte astensionismo ne dimostra purtroppo, invece, l'enorme distanza. La vostra riforma, viceversa, è un arretramento democratico e culturale. Lei ha dichiarato, Ministro, con una certa dose di coraggio e un filino di presunzione, che nella Costituzione vi sarebbero pagine bianche lasciate dai costituenti che tocca a noi scrivere. Lascio giudicare ad ognuno di noi il confronto tra voi e i costituenti. Io penso che si salvi la credibilità della nostra Costituzione di fronte ai cittadini solo e semplicemente applicandola fino in fondo, a partire da quell'articolo 3 che chiede un'azione attiva dello Stato contro le disuguaglianze. La vostra Italia è ancora terribilmente ingiusta e fatta di privilegi e privilegiati. Noi abbiamo, signor Ministro, signori del Governo, un'altra idea di democrazia e per questo con gioia, con fierezza e con forza, affronteremo la campagna referendaria (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra italiana-Sinistra Ecologia Libertà-Congratulazioni).

  PRESIDENTE. Preciso che il preavviso per le votazioni elettroniche che ho dato prima è di cinque e di venti minuti, come sempre.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Gelmini. Ne ha facoltà.

  MARIASTELLA GELMINI. Presidente, colleghi, questa non è una bella giornata nella storia della Repubblica. Stiamo affrontando uno dei passaggi decisivi per cambiare in modo sostanziale le regole della democrazia ma, proprio per l'importanza della questione e per gli effetti destinati a produrre, questa discussione Pag. 65avrebbe meritato ben altra attenzione civile, ben altro metodo...

  PRESIDENTE. Colleghi, per favore, si può abbassare il tono della voce ? Grazie.

  MARIASTELLA GELMINI... una visione di alto profilo e mai un tema così importante poteva o doveva essere piegato a logiche politiche di parte, anzi di partito, come è accaduto. Invece, come dimostrano anche le parole del Presidente del Consiglio in merito alla politicizzazione del referendum – mi verrebbe da dire alla personalizzazione del tema referendario – tutto viene tristemente piegato a interessi di parte, ad interessi di una piccola parte e di un solo partito, il Partito Democratico. La Costituzione, come sappiamo, rappresenta l'identità culturale e politica di un popolo che, guardando ad essa, si riconosce come comunità unita in un solo destino. Nel momento in cui si decide di cambiare la Costituzione bisogna chiedersi se la riforma in atto per contenuti, per metodo, per gli effetti che produrrà contribuirà all'aggregazione, sarà un momento di condivisione o rappresenterà l'ennesima lacerazione, l'ennesima occasione di conflitto. Ebbene, dinanzi a questa domanda, nel caso della riforma in atto, la spaccatura, le divisioni, l'errore nel metodo e, quindi, la delegittimazione della politica sono sotto gli occhi di tutti ed il tutto è ancora più grave, surreale ed ingiusto nei confronti del Paese, perché avviene in un tempo in cui la democrazia è sospesa, con un Governo che non è mai stato legittimato dagli italiani (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente), un Governo che si regge sul premio di maggioranza dichiarato incostituzionale e con il leader di un pezzo dell'opposizione, il leader del centrodestra, espulso dal Parlamento sulla base di una sentenza ingiusta (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente) e, quello che è peggio, violando il principio di irretroattività della legge penale. Ma non voglio eludere il tema del patto del Nazareno e le polemiche che sono seguite per la rottura di quel patto e voglio chiarire che il patto, fortemente sostenuto in una prima fase dal Presidente Berlusconi, non è mai stato un accordo con contenuti prescrittivi. Al contrario, si reggeva sull'affermazione di un metodo secondo il quale dopo il fallimento di molte riforme, anche delle riforme portate avanti dal centrodestra, esse non dovevano essere cucite sulle esigenze di un solo partito ma dovevano reggersi su un'ampia condivisione: fare insieme le riforme, decidere insieme i cambiamenti e le innovazioni, con una grande attenzione quando si vanno a toccare le garanzie costituzionali.
  Questo era il senso del patto del Nazareno e queste sono le ragioni che hanno sempre ispirato l'agire di Silvio Berlusconi e del suo partito (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente): favorire, dopo anni di conflitti, di delegittimazioni reciproche, una nuova stagione di pacificazione, di rispetto reciproco e di convergenza laddove in gioco c’è l'interesse del Paese; ma, come tutti sanno, il senso e la logica del patto del Nazareno sono state ampiamente tradite da continue modifiche. Siamo arrivati a 17 modifiche imposte a colpi di maggioranza fino ad arrivare ad uno schema di legge elettorale bipartitico in un assetto politico che bipartitico non è più, fino all'elezione del Capo dello Stato di un galantuomo, come il Presidente Mattarella, ma è indiscutibile che l'elezione è avvenuta in modo fortemente divisivo, il tutto con il solo obiettivo di rinsaldare le varie anime del Partito Democratico in un'eterna resa dei conti. Ricordo ai colleghi della maggioranza che le primarie non sono le elezioni; vi partecipa una minima parte dell'elettorato ed esse non legittimano il Partito Democratico a cambiare le regole in nome di tutti gli italiani (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente) pur rappresentando una minoranza e soprattutto, mi spiace dirlo, grazie al voto di deputati e senatori eletti altrove e su base programmatica alternativa Pag. 66(Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente).
  Tutto questo risulta, Presidente, inaccettabile. Con questa logica e secondo questo schema, grazie al combinato disposto della riforma costituzionale e della legge elettorale, si prevede che con il voto di un terzo degli elettori – quindi oggi un sesto degli italiani – si governa il Paese. Non solo: chi ha un terzo dei voti elegge gli organismi di garanzia, fino ad arrivare all'elezione del Capo dello Stato. Questa sarebbe la risposta alla disaffezione verso la politica (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente), all'indebolimento della rappresentanza ? Ricordo alla maggioranza che alla mancanza di legittimazione della riforma non potrà sopperire nemmeno il referendum. Lo dico con il massimo rispetto per questo istituto, ma sapendo che quest'ultimo non può essere sostitutivo di una deliberazione viziata nel suo fondamento. Il referendum, ammesso che vada nella direzione auspicata dal Governo – francamente ho seri dubbi – non ha il potere di sanare vizi, ma di aggiungere legittimazione a quella che già ci deve essere in origine. Nel caso in esame il referendum non solo non sana i vizi, ma rischia di consolidarli, soprattutto se la riforma è stata costruita per la sopravvivenza di un Governo e una maggioranza privi di una legittimazione sostanziale.
  Se a questo aggiungiamo tutte le ambiguità nella procedura di designazione del nuovo Senato in cui i protagonisti non sono i cittadini ma i consigli regionali, se a questo aggiungiamo il disordine nell'assegnazione delle funzioni attribuite al nuovo Senato, con il risultato di ottenere il superamento del bicameralismo perfetto lasciando però inalterato il peso della seconda Camera, e se pensiamo poi agli interrogativi più consistenti in materia di riparto di competenze tra lo Stato e le regioni, per tutte queste motivazioni riteniamo che quello che avete scelto appare come il metodo peggiore di riscrivere la Carta costituzionale.
  Signora Presidente e colleghi della maggioranza, voi tra poco in quest'Aula otterrete una vittoria, ma sarà una vittoria numerica. Dimostrerete abilità nei corridoi del Palazzo, ma il vostro sarà un consenso vacuo, un consenso effimero, peraltro con l'apporto di molti parlamentari che hanno disatteso il mandato elettorale. Noi di Forza Italia, che rappresentiamo un'opposizione dura ma responsabile a vocazione maggioritaria, vi diciamo di non illudervi: la vostra non sarà mai una vittoria politica, ma tatticismo portato all'estremo (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente). Oggi, infatti, il destino dell'Italia non riguarda la tecnicalità dell'organizzazione delle sue istituzioni: oggi in gioco c’è la scelta sul volto da dare alla Costituzione.
  Questa riforma non affronta le vere sfide del Paese su cui dimostreremo di essere all'altezza solo se, rivedendo in profondità il metodo e i contenuti della riforma in esame, lavoreremo perché la nazione continui ad essere il punto di riferimento dell'intero popolo, di cui la Costituzione, badate bene, non è solo la veste giuridica ma sintesi di posizioni diverse, in cui ognuno possa riconoscersi dentro un contesto di dialogo e di rispetto, nulla di più lontano dalla vostra proposta.
  Per tutte queste ragioni e soprattutto perché riteniamo che la Carta costituzionale di oggi e di domani debba continuare ad essere un patrimonio comune di tutto il popolo italiano, annuncio il voto contrario di Forza Italia ed un impegno a sostegno dei comitati per il «no» al referendum, per mandare a casa il Governo Renzi e per ritornare alla democrazia (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente – Congratulazioni).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Toninelli. Ne ha facoltà.

  DANILO TONINELLI. Signora Presidente, cittadini italiani, la grave colpa che aleggia in quest'Aula, da parte di chi crede Pag. 67di potere cancellare la democrazia che questo Paese ha conquistato nella storia per darla in pasto ai banchieri e agli speculatori finanziari, dimostra tutta la vostra disonestà, mista ad un'abbondante dose di analfabetismo democratico (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). A dirlo sono i fatti che ci hanno portato fin qui oggi. Tutto ha inizio nel mese di febbraio 2013, nel pomeriggio del 26: le elezioni politiche si sono appena concluse, la forza più votata in Italia risulta essere il MoVimento 5 Stelle, con il 25,56 per cento, davanti al Partito Democratico con il 25,43 per cento. Nonostante ciò, una legge poi dichiarata incostituzionale permette al partito giunto secondo, ma coalizzato con altri partitini, di triplicare i propri seggi, portandoli da cento a trecento, seggi numericamente incostituzionali come ha sancito la storica sentenza della Corte costituzionale che ha dichiarato illegittimo l'abnorme premio di maggioranza incassato dal PD, sentenza che è stata completamente ignorata. Infatti i 148 abusivi, quasi tutti del Partito Democratico, si sono comportati come se nulla fosse accaduto. Lo stesso ha fatto tutto il PD.
  Cos’è accaduto dopo ? Lo abbiamo visto tutti: anziché affrettarsi a scrivere una legge elettorale rispettosa della Costituzione e subito dopo, per coerenza e rispetto, andarsene a casa, il Partito Democratico ha fatto l'opposto. Come un venditore abusivo che occupa il suolo pubblico per vendere borse contraffatte spacciandole per originali, ha abusivamente occupato poltrone che non erano sue per mettere le mani sulle regole sacre della democrazia, quali sono la Costituzione, la legge elettorale e i diritti dei lavoratori (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle), il tutto dicendo al popolo italiano che ciò che stava facendo era buono e giusto. In realtà il PD queste regole sacre della democrazia le stava peggiorando se non addirittura frantumando. Decenni di battaglie per la democrazia costate sudore e sangue per la parte migliore della società di quegli anni, per le famiglie dei nostri nonni, spazzate via dall'ingordigia di potere, dalla scelleratezza costituzionale di un manipolo di analfabeti della democrazia asserviti al dio denaro e al dio potere, noti sotto il nome di Partito Democratico (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Ed eccoci qui oggi per una dichiarazione di voto utile solo a far giungere ai cittadini la voce di chi vuole difendere la Costituzione dalla camicia di forza che gli state mettendo. Eccoci qui oggi a dover replicare ad un certo signor «Matteo Rolex Renzi» che lega il suo Governo, cioè sé stesso, all'incerto esito del referendum popolare, come se la Costituzione fosse il giocattolo del Governo e non appartenesse al Parlamento e al popolo sovrano, un'affermazione che avrebbe dovuto suscitare l'ilarità di una stampa corretta e professionale, che invece di corretto e professionale ha poco e niente, perché o dipende dagli stessi poteri che la tengono in piedi o, più semplicemente, sta fuori Palazzo Chigi col cappello in mano, in attesa che si riempia di finanziamenti pubblici, peraltro prontamente elargiti da «Matteo Rolex Renzi» che, infatti, pochi giorni fa ha di nuovo regalato agli editori 120 milioni di euro.
  Ma rimanendo all'analfabetismo costituzionale piddino, come non ricordare le parole del capogruppo in Senato Zanda che nella sua dichiarazione di voto di poche settimane fa proprio sulle riforme diceva che le riforme ci permetteranno di ottenere flessibilità dall'Europa, (così disse Zanda). Avete capito bene ? Il capogruppo del Pd al Senato ha affermato, in un'Aula parlamentare, che la storia democratica di questo Paese può allegramente essere cancellata per un misero zero virgola per cento di deficit.
  Siete così arroganti da credere di poter passare sopra decenni di lotte di donne e di uomini italiani che hanno combattuto per la democrazia di questo Paese. Tutto ciò per qualche miliardo di euro ed avete anche il coraggio di dichiararlo apertamente.
  Non oso immaginare Renzi cosa abbia pensato del suo geniale collaboratore in Senato, lui che le riforme le sta facendo Pag. 68non solo per quei miseri trenta denari concessi dai burocrati europei ma per creare una democrazia fondata sulle banche e diventarne il regista unico, motivazione che ovviamente Renzi tiene per sé. Lo scandalo di Banca Etruria ne è l'ennesima prova: decine di migliaia di piccoli risparmiatori, che rappresento metaforicamente il popolo italiano, si sono visti azzerare da un decreto del Governo i risparmi di una vita. È lo stesso decreto che contemporaneamente ha salvato i vertici della banca, che avevano consentito questa gigantesca truffa ai danni dei risparmiatori.
  Un quadretto perfetto per descrivere l'Italia di Renzi, un Paese che getta dalla torre migliaia di incolpevoli cittadini che si erano fidati dalle banche e che salva i responsabili dei loro fallimenti, tra cui il povero padre della Ministra Boschi, quel sant'uomo che ogni mattina faceva 5 chilometri a piedi per potere salire sul treno che lo portava al lavoro. Un vero eroe (Applausi ironici dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle), alla faccia di quei milioni di pendolari che ogni giorno, per colpa di un'Italia da terzo mondo che avete creato voi, si svegliano alle 5 del mattino e tornano la sera tardi per lavorare per 1.000 euro al mese e a 100 chilometri da casa. Questi sì che sono eroi, signori miei, non il padre della Ministra Boschi e i suoi compari che hanno rovinato la vita di migliaia di famiglie italiane e che rimarranno impuniti (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Questa è la disastrosa democrazia secondo Renzi e secondo il Partito Democratico, una democrazia dove comandano le banche e il Governo ne rappresenta il comitato esecutivo. È un Governo che con questa revisione della Costituzione disporrà di pieni poteri, perché anche i più disattenti hanno ormai capito che l'unico scopo perseguito da Renzi, con quella che chiama riforma, è accentrare i poteri nelle mani del Capo del Governo, cioè nelle sue mani e nelle mani delle banche, degli speculatori e dei lobbisti. Tutto il resto era ed è materiale con cui tentate di distrarre la massa, ma sbagliate se pensate di avere gli italiani dalla vostra parte.
  Tutto questo schifo piace solo a voi. Non piace neppure ai vostri elettori, che avete circuito con parole fuorvianti veicolate da una stampa tanto di parte da farci posizionare tra gli ultimi Paesi per libertà di informazione. L'Italia è solo in minima parte composta da voi e dai vostri amici, membri di tutte quelle corporazioni e lobby che hanno frenato e frenano lo sviluppo culturale ed economico del Paese. Se l'Italia è ai primi posti per il tasso di corruzione e per la percentuale di tasse da pagare è colpa vostra ! È colpa vostra se le piccole e medie imprese muoiono e se le famiglie fanno fatica ad andare avanti.
  Sapere che siamo ultimi in Europa come percentuale di laureati che trovano lavoro nei primi tre anni dalla laurea significa che avete impostato una società contraria alla cultura e contraria allo spirito imprenditoriale, in un Paese che di cultura e di spirito imprenditoriale potrebbe vivere. Con le vostre riforme state creando un'Italia fatta di lavoratori sottoqualificati, sottopagati e senza diritti. Avete amministrato e governato il Paese senza pensare agli interessi dei cittadini, ma pensando alle vostre poltrone, al vostro potere e agli interessi di chi vi finanzia le campagne elettorali o vi riempie i portafogli.
  I vostri 83, 83, 83 indagati, nel solo ultimo anno, provano che siete un partito malato (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle), uguale, anzi peggiore, di quel partito di Berlusconi che per trent'anni avete fatto finta di contrastare. Siete il ritratto dell'Italia peggiore e la vostra revisione della Costituzione è il prodotto di ciò che siete.
  Ma avete fatto male i calcoli. Vi siete dimenticati che, oltre lo steccato dalla vostra avidità e della vostra disonestà, c’è tutto il resto dell'Italia, quell'Italia che ancora si indigna e che ha voglia di cambiare, l'Italia di chi lavora con onestà rispettando le regole che lo Stato gli chiede. È un'Italia che voi avete umiliato e fatto sentire inutile ed inferiore per Pag. 69decenni, vittima della corruzione, delle tasse e della vostra smania di denaro e di potere.
  È quell'Italia di cui fa parte il Movimento 5 Stelle, che è entrato in Parlamento e che da opposizione vi ha messo i bastoni tra le ruote, non permettendovi di rubare come prima. È quell'Italia che domani governerà e che sostituirà voi e il vostro dio denaro con l'etica e la cultura, che diventeranno i capisaldi dell'essere e del sentirsi italiani. È l'Italia che sta rinascendo e l'esercito degli onesti vi sta facendo indietreggiare.
  Stiamo arrivando, signora Presidente. Stiamo arrivando (il deputato Toninelli sventola una bandiera italiana – I deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle espongono cartelli che riproducono la bandiera italiana). ..

  PRESIDENTE. Colleghi, togliete questi cartelli. Per favore, togliete questi cartelli ! Che intervengano gli assistenti parlamentari, per favore ! Non è ammesso esporre cartelli in quest'Aula. Tolga quella bandiera !

  ALBERTO ZOLEZZI. È la bandiera italiana !

  PRESIDENTE. Tolga quella bandiera, onorevole Toninelli ! La tolga, grazie ! Togliete questi cartelli !
  Concluda il suo intervento, deputato Toninelli. Ha concluso, la ringrazio (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Consegnate per favore questi cartelli.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Matteo Orfini. Ne ha facoltà.

  MATTEO ORFINI. Grazie, Presidente. Credo che forse a parte ...

  PRESIDENTE. Per favore, colleghi ! Prego, deputato Orfini.

  MATTEO ORFINI. Grazie, Presidente. Credo che in quest'Aula, forse a parte chi mi ha preceduto, abbiamo tutti consapevolezza di vivere un momento decisivo per questa legislatura e probabilmente, senza eccedere con la retorica, un momento storico per questo Paese, perché siamo a pochi passi dall'approvazione di una riforma che l'Italia attende da anni, forse da decenni.
  Non tutti avrebbero scommesso su questo risultato, se solo pensiamo al clima con cui è iniziata questa legislatura: un risultato elettorale incerto, un Parlamento largamente rinnovato, giovane, per alcuni versi inesperto. Se noi siamo riusciti ad arrivare fin qui è sicuramente merito di chi, come noi, ci ha creduto fin dal primo momento, ma soprattutto della pazienza, dell'autorevolezza, della serietà, della credibilità e del senso delle istituzioni di chi, come Giorgio Napolitano, ha accompagnato l'inizio di questa legislatura. Io voglio ancora una volta ringraziarlo, a nome del Partito Democratico (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico), perché senza il suo impegno e il suo impulso forse non saremmo riusciti ad arrivare fin qui.
  Una Costituzione non è solo un testo giuridico, un atto normativo: è, prima di tutto, un atto politico, un atto storico. A scrivere la nostra Costituzione non fu un sinedrio di costituzionalisti, magari sempre col ditino perennemente alzato; furono delle forze politiche che avevano sconfitto il fascismo e avevano liberato il nostro Paese. Furono loro i protagonisti della scrittura della nostra Costituzione.
  Si cambia la Costituzione se c’è la necessità storica di farlo e noi credevamo e crediamo che quella necessità ci sia, perché serve chiudere l'eterna transizione istituzionale nel nostro Paese come strumento preliminare per rilanciare l'Italia. Noi abbiamo alle spalle anni difficilissimi di una crisi economica terribile, la più grave dal dopoguerra ad oggi, una crisi che ha impoverito il nostro Paese, che ha creato una frattura sociale ed ha aumentato le diseguaglianze. La politica ha affrontato quella crisi con strumenti deboli, inefficaci e spesso con scelte sbagliate.
  Allora, dobbiamo uscire da una situazione così drammatica, che ha prodotto il Pag. 70rischio di un avvitamento del nostro Paese perché, onorevole Civati, il rischio di crisi della democrazia italiana c'era e c'era perché quella crisi sociale ha prodotto l'esclusione dai processi produttivi di centinaia di migliaia di italiani che, non trovando nelle istituzioni la capacità di reagire e di dare risposte, si sono autoesclusi dai processi di rappresentanza e questo ha finito per inaridire la base di legittimazione delle istituzioni democratiche. Alla politica oggi spetta dare una risposta a questi temi ed è agendo – e non, invece, non agendo – che si trova una soluzione, perché il rischio vero sarebbe non far nulla.
  Noi abbiamo provato a costruire questa risposta sul terreno dell'azione di Governo, delle riforme economiche, delle riforme sociali – la pubblica amministrazione, la giustizia e le tante che abbiamo discusso e votato in quest'Aula –, ma anche attraverso la riforma delle istituzioni, perché c'era bisogno, appunto, di ricostruire la credibilità del nostro sistema istituzionale. Naturalmente per farlo ci siamo ispirati ai principi della Carta costituzionale.
  La presidente Bindi qualche mese fa in quest'Aula ci ha ammonito, ricordandoci che cambiare la Costituzione significa innanzitutto praticarne il metodo e lo spirito.
  Io credo che avesse ragione ed è quello che noi abbiamo provato a fare e poi, se ci saremo riusciti, lo diranno gli italiani. Sul metodo: certo questo è un testo che nasce per iniziativa del Governo, ma che è vissuto di un dibattito vero in Parlamento e che è cambiato molto. È un testo diverso da quello che avevamo iniziato a discutere e di questo io voglio dare atto – ringraziandola ancor più in questi giorni, a nome di tutto il Partito Democratico – al Ministro Boschi per il lavoro paziente che ha svolto e per il rispetto con cui lo ha fatto delle prerogative del Parlamento e della discussione vera che c’è stata in quest'Aula (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Un metodo che ha prodotto una maggioranza più ampia, nell'apprezzamento del merito di questa riforma, di quella che oggi la voterà, perché è noto a tutti, se ci spogliamo delle ipocrisie del posizionamento politico, onorevole Gelmini, che questa riforma è una riforma che voi avete condiviso, che avete contribuito a scrivere. Io ho ascoltato con attenzione e con rispetto il suo intervento, come avevo ascoltato nel precedente passaggio quello del Presidente Brunetta, che addirittura, per giustificare il cambio di posizione, è arrivato a citare – cosa che credo gli sia costata molto – a sostegno della sua tesi, Zagrebelsky e Rodotà, con cui si ritroverà nel comitato per il «no» e sarà un'accoppiata divertente da misurare nei fatti. Ma davvero non ho capito quali sono le ragioni di merito per cui avete cambiato opinione. Non l'ho capito perché non ce ne sono.
  Noi abbiamo costruito una riforma che cambia anche la lettura che in questo ventennio è stata data della crisi istituzionale del Paese. Ci siamo ispirati allo spirito della Carta nella scelta di non cambiare la forma di Governo del nostro Paese. Uso le parole del Presidente Napolitano: «Noi abbiamo voluto riformare, arricchendola, la nostra democrazia parlamentare, consapevoli che anche in un mondo più complicato, più articolato e più frammentato la forma parlamentare è quella che meglio può includere nella partecipazione democratica i vari pezzi di questa società». Lo abbiamo fatto chiudendo il dibattito, che aveva segnato questi vent'anni, sulla scelta del presidenzialismo, che aveva avuto forti sostenitori sia a destra che a sinistra, in modo trasversale. Lo abbiamo fatto rifiutando quella lettura secondo la quale il parlamentarismo è un vincolo e un limite alla capacità e alla possibilità di governare. Abbiamo creduto invece possibile rilanciare la forma di Governo parlamentare attraverso l'introduzione di alcuni elementi di riforma, incidendo sul procedimento legislativo, superando il bicameralismo perfetto, che, sì, aveva senso in un Paese che usciva da un regime e da una guerra di liberazione, ma che aveva segnato ormai nel tempo tutti i suoi limiti. Lo abbiamo fatto correggendo Pag. 71una riforma frettolosa del Titolo V della Costituzione, dando una nuova funzione e un nuovo ruolo al Senato.
   È stato posto ancora oggi in quest'Aula il tema dei contrappesi istituzionali, per il combinato disposto di riforma costituzionale e della legge elettorale. Guardate, io credo che su questo noi siamo intervenuti raggiungendo un grado accettabile, una soluzione accettabile, che garantisce gli equilibri. Però c’è qualcosa che ancora si può fare e che per noi è complementare a questa riforma, perché, se c’è democrazia, come per noi è, democrazia dei corpi intermedi e democrazia dei partiti – Togliatti diceva: «i partiti sono la democrazia che si organizza», con un'espressione felice – allora c’è bisogno che quei partiti siano davvero tali, cioè trasparenti, democratici, contendibili nelle loro leadership. Perciò noi riteniamo che la corretta applicazione, da questo punto di vista, della Costituzione debba portarci ad approvare una legge di applicazione dell'articolo 49 della Costituzione, che garantisca che i partiti siano davvero quello strumento di inclusione nella società e che siano davvero democratici e trasparenti. E su questo sfidiamo tutti, onorevole Toninelli, sfidiamo anche voi, perché ci piacerebbe, per una volta, che anche voi scopriste cos’è la libertà, cos’è la democrazia, cos’è la partecipazione, cosa sono le regole (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Se vi liberate dai ceppi che vi hanno imposto, magari scoprirete che vi piacerà e che vivere da uomini liberi e da parlamentari liberi sarà molto più piacevole e molto più utile al Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Naturalmente, presentiamo oggi e chiediamo di votare un testo di riforma complessivo, compiuto, che chiude la stagione della Seconda Repubblica, che proietta un Paese più forte nel futuro, con i fondamentali economici apposto, con delle istituzioni più forti, con maggior credibilità in Europa e quindi maggior possibilità di pesare e di contare in Europa.
  Lo facciamo, consapevoli che l'ultima parola – come è giusto che sia –, per nostra scelta, l'avranno i cittadini italiani. Vede, Presidente, mi iscrissi tanto tempo fa a uno di quei soggetti politici che ha portato alla fondazione del Partito Democratico, a 15 o 16 anni, come molti in quest'Aula, da giovane studente, e iniziai subito a fare quello che abbiamo fatto tutti: campagna elettorale, a dare i volantini, la militanza, quella vera, quella sincera, quella quotidiana. Già a quell'età militavo in un partito che chiedeva e prometteva nelle piazze e nelle strade delle nostre città il superamento del bicameralismo perfetto e l'introduzione di un Senato delle autonomie; già allora chiedevamo e promettevamo il superamento della crisi e della transizione istituzionale che viveva il nostro Paese. Fra qualche mese, noi tutti torneremo nelle strade e nelle piazze delle nostre città, ma ci sarà una differenza: che, per la prima volta, con l'orgoglio di sapere di aver fatto la cosa giusta per il nostro Paese, noi potremo dire che ci siamo riusciti.
   Per questa ragione e per tutte le altre cose che ho detto, annuncio il voto favorevole del Partito Democratico (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Mauro Pili. Ne ha facoltà.

  MAURO PILI. Onorevole Presidente, onorevoli colleghi, la riforma costituzionale che si vota oggi alla Camera mina le fondamenta e la sovranità popolare e persegue uno Stato che arrogantemente ordina, piuttosto che uno Stato capace di coordinare e condividere. È questa riforma la più grande lesione costituzionale mai messa in campo ai danni delle regioni a statuto speciale, verso la Sardegna e i sardi prima di tutto, che hanno nell'insularità le ragioni della loro specialità regionale. Dite di non volerle toccare e invece avete disseminato questa riforma di subdole trappole e di ripetuti agguati alle specialità autonomistiche. Lo schema di questa riforma costituzionale è chiaro: togliere e negare poteri ai cittadini e ai territori e accentrarli su Roma e su poche Pag. 72élite affaristico-speculative. È una riforma per fare pozzi petroliferi, colleghi, per regalare i soldi alle banche dei parenti e degli amici, per favorire le lobby. È una riforma per fare il deposito unico nucleare senza la volontà popolare. È uno Stato che fa incetta di poteri e competenze e riduce le regioni a meri uffici periferici. Per non aprire direttamente in questa fase il contenzioso con le regioni a Statuto speciale, avete scritto una modesta e insignificante norma di tutela. Non è vero: il cavallo di Troia esiste ed è nascosto all'interno di questa riforma. Secondo quello che avete scritto, le regioni speciali perderanno potere ed è necessario per questo contrastarla. Per questo, annuncio il mio voto contrario a questa riforma che colpisce duramente la sovranità popolare, nega il diritto all'autodeterminazione, non soltanto quella dei popoli, ma anche del popolo sardo. Dunque, spetta ora ai cittadini, a partire da quelli sardi, fermare con coraggio e fermezza questa deriva. (La Presidenza consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti la pubblicazione in calce al resoconto del testo integrale dell'intervento).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto finale, a titolo personale, la deputata Giovanna Martelli. Ne ha facoltà.

  GIOVANNA MARTELLI. Grazie, signora Presidente. I percorsi politici richiedono passaggi articolati, che non sempre si iscrivono nei cammini personali. La dimensione della scelta, quindi, risiede in un contesto isolato, ma si colloca in tempi che mutano e che risentono sempre di quanto accade fuori da noi e dalle nostre convinzioni, anche quelle più profonde.
  Scegliere di cambiare la Costituzione in questo tempo ci chiede lo sforzo e la responsabilità di collocarci fuori da noi e dalle nostre convinzioni, per aprirci ad una riflessione più ampia, vasta e ricca di contraddizioni, per stare nella modernità e affrontare il cambiamento con una visione geopolitica e geoeconomica. In questo tempo, dove il nuovo deve ancora venire e si sta ricostruendo un nuovo ordine mondiale, la riforma dalla Costituzione deve diventare un'opportunità vera per far progredire una visione di Stato, di economia e di società che, tenendo conto della complessità e di questo nostro presente, sia capace di costruire una nuova cultura, non figlia dell'idea del primato, ma di un discorso collettivo dove la parola «noi» significa riconoscimento e pratica di uguaglianza nella differenza.
  La nostra Costituzione nasce dal coraggio e da un'idea di Paese e nei periodi più critici e complessi è stata un approdo sicuro. Ed è proprio di fronte a questi grandi mutamenti del mondo che investono quotidianamente il nostro Paese che la riforma della Costituzione che stiamo per approvare oggi si colloca in un passato già superato e non porta con sé alcuna visione del futuro. È con questo senso che non voterò favorevolmente la riforma della Costituzione (Applausi dei deputati del gruppo Misto e di deputati del gruppo Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Matteo Bragantini. Ne ha facoltà.

  MATTEO BRAGANTINI. Grazie. Onorevole Presidente, onorevoli rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi, noi come movimento voteremo no a questa riforma per un motivo di metodo, in quanto riteniamo che le riforme costituzionali non devono essere inquinate da una tensione governativa ed elettorale. Infatti, in questo modo non si fanno le vere riforme condivise da tutti i cittadini e da tutte le forze politiche, ma chi vuole buttare giù il Governo o vuole essere all'opposizione del Governo a prescindere sarà contrario a tutte le riforme. Dunque, converrebbe, se si dovesse fare – e auspichiamo di sì –, un'ulteriore riforma per migliorare questa, che veramente si faccia una costituente votata con un sistema proporzionale puro da tutti i cittadini, formata da cento persone che in due anni devono solo fare le riforme. In questo modo di sicuro riusciremo Pag. 73a farle in modo più condiviso e più coerente. E, poi, per i contenuti questa è una riforma che ha accentrato ancora di più i poteri nel Governo centrale; non ha avuto il coraggio di rivedere la costituzione delle regioni, magari aggregandole; non è stata fatta chiarezza, come molti chiedevano, come chiedevano tantissime forze politiche, dal PD alla Lega, dai socialisti a SEL e anche al MoVimento 5 Stelle, per dare vita a un Senato veramente delle autonomie stile Bundestag. Invece, è stato fatto un Senato metà politico e metà delle autonomie, facendo a mio avviso un lavoro che di sicuro avrà in futuro i suoi effetti negativi e per questo si dovrà rimettere di nuovo mano alla Costituzione. A nostro avviso, si è persa un'occasione. È vero, è finito per certi versi il bicameralismo ed è una cosa positiva, però si doveva e si poteva fare molto meglio. Per questo, confermiamo il nostro voto contrario.

  PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.

(Votazione finale ed approvazione – A.C. 2613-B)

  PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.
  Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul disegno di legge costituzionale, già approvato, in prima deliberazione, dal Senato, modificato, in prima deliberazione, dalla Camera e nuovamente modificato, in prima deliberazione, dal Senato, n. 2613-B, di cui si è testé concluso l'esame.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Vazio, Rotta, Stella Bianchi, Librandi, Ferranti, Vico. Vazio non riesce a votare. Adesso casomai mandiamo il tecnico. Sta arrivando. Ecco, ha votato. Zardini. Ci siamo ? Elvira Savino. Ha votato. Mi pare che abbiano votato tutti i colleghi. Sì.
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:
  S. 1429-B – «Disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del titolo V della parte II della Costituzione» (Approvato, in prima deliberazione, dal Senato, modificato, in prima deliberazione, dalla Camera e nuovamente modificato, in prima deliberazione, dal Senato) (2613-B):

   Presenti  566   
   Votanti  561   
   Astenuti    5   
   Maggioranza  281   
    Hanno votato  367    
    Hanno votato no  194.

  La Camera approva (Vedi votazioni – Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Area Popolare (NCD-UDC) e Scelta Civica per l'Italia).

  (Il deputato Monchiero ha segnalato che avrebbe voluto astenersi).

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE SIMONE BALDELLI (ore 17,30)

Discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 30 dicembre 2015, n. 210, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative (A.C. 3513) (Per l'esame e la votazione delle questioni pregiudiziali presentate) (ore 17,31).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione delle questioni pregiudiziali Melilla ed altri n. 1, Simonetti ed altri n. 2, Crippa ed altri n. 3 e Centemero e Occhiuto n. 4 (Vedi l'allegato A – A.C. 3513), presentate al disegno di legge n. 3513: Conversione in legge del decreto-legge 30 dicembre 2015, n. 210, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative.Pag. 74
  Avverto che la questione pregiudiziale Crippa ed altri n. 3 è stata sottoscritta anche dal deputato Francesco Cariello.
  Avverto che, a norma del comma 4 dell'articolo 40 del Regolamento, nel concorso di più questioni pregiudiziali ha luogo un'unica discussione. In tale discussione, ai sensi del comma 3 del medesimo articolo 40, potrà intervenire, oltre ad uno solo dei proponenti (purché appartenenti a gruppi diversi), per illustrare ciascuno degli strumenti presentati per non più di dieci minuti, un deputato per ognuno degli altri gruppi, per non più di cinque minuti.
  Al termine della discussione si procederà, ai sensi dell'articolo 96-bis, comma 3, quarto periodo, del Regolamento, ad un'unica votazione sulle questioni pregiudiziali presentate.
  L'onorevole Melilla ha facoltà di illustrare la sua questione pregiudiziale n. 1.
  Colleghi, per favore, ci sono colleghi che devono intervenire. Chiedo scusa, colleghi, per favore, se liberiamo l'emiciclo. Prego, onorevole Melilla.

  GIANNI MELILLA. Grazie, Presidente. Il presente decreto-legge, composto complessivamente da 13 articoli...

  PRESIDENTE. Mi perdoni, onorevole Melilla: colleghi, non ci siamo capiti forse, non mi fate interrompere la seduta. Per favore ! Colleghi, liberiamo l'Emiciclo, per favore ? Grazie. Chiedo anche la collaborazione dei colleghi del Governo. Per favore ! Prego, onorevole Melilla.

  GIANNI MELILLA. Grazie. Il presente decreto-legge, composto complessivamente da 13 articoli, contiene proroghe di termini legislativi che investono numerosi ambiti di competenza e si caratterizza conseguentemente per un contenuto disorganico ed eterogeneo, al quale mancano in numerosi casi i presupposti di necessità e urgenza così come previsti dall'articolo 77 della Costituzione e richiamati dalle sentenze dalla Corte costituzionale al riguardo, come in particolare la sentenza n. 22 del 2012, laddove la Suprema Corte ritiene illegittimo il decreto-legge qualora il suo contenuto non rispetti il vincolo della omogeneità. Tale vincolo, come afferma esplicitamente la Corte stessa, è implicitamente contenuto nell'articolo 77 della Costituzione ed esplicitamente previsto dall'articolo 15 della legge n. 400 del 1988 di diretta attuazione costituzionale del citato articolo 77 della nostra Costituzione.
  In forza di tale disposizione, infatti, i decreti-legge devono contenere misure di immediata applicazione e il loro contenuto deve essere specifico, omogeneo e corrispondente al titolo. Il presente decreto-legge, invece, accomuna in modo oltremodo confusionario una serie di disposizioni destinate a incidere in modo rilevante sui più disparati settori, sia pubblici che privati, recando, peraltro, disposizioni particolarmente critiche sotto il profilo dell'impatto ambientale in questo particolare momento storico, come quella relativa all'ennesima proroga dei termini per l'adeguamento al Sistri, il sistema informatico di controllo della tracciabilità dei rifiuti, fino al 31 dicembre 2016.
  Il decreto-legge prevede, infatti, all'articolo 8, alcuni differimenti di termini per gli adempimenti in materia ambientale. In particolare, accanto alle proroghe del doppio regime del Sistri, spicca la proroga stabilita per i grandi impianti di combustione che soddisfano specifici requisiti stabiliti dal testo unico ambientale, per cui si prevede lo slittamento al 1o gennaio 2017 del termine di adeguamento per i grandi impianti di combustione anteriori al 2006 per i quali siano state regolarmente presentate istanze di deroga.
  Infine, si prevede la proroga al 29 febbraio 2016 dell'entrata in vigore del divieto di conferimento in discarica dei rifiuti speciali e urbani. Si tratta, con tutta evidenza, di un coacervo di norme che dimostrano non solo un uso improprio e arbitrario dello strumento della decretazione d'urgenza, ma anche la prova provata dell'incapacità assoluta da parte dell'attuale Esecutivo di dirigere, in modo efficace ed efficiente, la macchina amministrativa dello Stato, di assicurare il buon andamento della pubblica amministrazione, Pag. 75nel rispetto di quanto previsto dall'articolo 97 della Carta costituzionale.
  Quel che rivela il presente decreto-legge è ben altro e risiede nella incapacità di comprendere come la pubblica amministrazione, a causa dei continui tagli, perpetrati a seguito delle manovre di finanza pubblica, non sia più in grado, in molti casi, di rispondere neanche a se stessa, considerato che, per varare un provvedimento attuativo di leggi, i funzionari abbisognano di svolgere approfondimenti, riscontri e controlli. Con l'ultima legge di stabilità si è arrivati all'assurdo di confezionare un testo di 999 commi, cui corrispondono 155 provvedimenti attuativi e successivi tra decreti ministeriali, interministeriali, DPCM, protocolli di intesa, provvedimenti fiscali, comunicazioni: quasi 40 provvedimenti in più della legge di stabilità 2015, il doppio della legge di stabilità 2014.
  In realtà, lo strumento dalla decretazione d'urgenza dovrebbe essere per sua natura eccezionale, temporaneo e soprattutto tendenzialmente non ripetibile. Ma la circostanza che l'attuale Esecutivo se ne avvalga regolarmente conferma, per l'ennesima volta, una forma di sbilanciamento e di forzatura degli equilibri dei poteri previsti dal dettato costituzionale vigente. È un vulnus all'articolo 70 della Costituzione, che affida la funzione legislativa collettivamente alle due Camere e soprattutto è uno svuotamento e una mortificazione del ruolo del Parlamento.
  Per questo il gruppo di Sinistra Ecologia Libertà – Sinistra Italiana chiede di non procedere all'esame di questo disegno di legge (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Italiana – Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Simonetti. Ne ha facoltà. Colleghi, vi invito a liberare l'emiciclo, se riuscite. Per favore ! Onorevole Simonetti, cominciamo bene l'anno...

  ROBERTO SIMONETTI. Grazie, Presidente. Il provvedimento è, di fatto, un decreto omnibus. Nulla ha a che vedere con il carattere di omogeneità che prescrive la legge n. 400 del 1988, che stabilisce che i decreti-legge debbano contenere misure di immediata applicazione e che il loro contenuto deve essere specifico, omogeneo e corrispondente al titolo.
  Questo decreto-legge comprende tredici articoli, che svariano la loro azione su decine di campi differenti e certamente non omogenei: le assunzioni, l'organizzazione e il funzionamento delle pubbliche amministrazioni, le infrastrutture e i trasporti, i beni culturali, il settore dell'industria, dell'istruzione, dell'edilizia scolastica, la materia sanitaria, la materia ambientale, le politiche agricole, alimentari e forestali. In questo caso, l'unica cosa che il Governo cerca di rendere omogenea è la necessità di assicurare l'efficienza e l'efficacia dell'azione delle diverse amministrazioni interessate. Ma anche questo campo non viene ad essere intrapreso.
  È interessante capire come è manifestamente incostituzionale utilizzare la normativa d'urgenza, ad esempio, per prorogare l'UTA, l'unità tecnico-amministrativa, istituita nel 2011 per il compimento, a seguito della cessazione dello stato di emergenza dei rifiuti della regione Campania, delle attività di definizione delle situazioni debitorie e creditorie della precorsa gestione emergenziale.
  È talmente urgente che vi è già anche un altro provvedimento, in capo a questo Parlamento, che dovrà essere discusso successivamente, che riguarda sempre l'emergenza della raccolta dei rifiuti della Campania, che è un'emergenza oramai atavica, storica e che fa parte del DNA delle amministrazioni di quella regione. Si parla di emergenza, ma di fatto non è un'emergenza, bensì è una quotidianità. Quindi, questo strumento legislativo ha a che vedere con tutto tranne che con la possibilità di essere utilizzato.
  Tra l'altro, è uno strumento legislativo che lede le prerogative dell'articolo 70 della Carta costituzionale, che vede nel Parlamento il luogo costituzionale per la formazione, la redazione e la votazione delle leggi. Di fatto, però, questo Parlamento Pag. 76si vede sempre più costretto a dibattere provvedimenti legislativi che provengono dall'attività di studio e di lavoro del Governo. Pochissime sono le leggi di iniziativa parlamentare che vedono la luce in fondo al tunnel, mentre sono tantissime, se non quasi tutte, quelle che nascono dal Governo e che il Parlamento deve subire, talvolta, anche con il voto di fiducia. Quindi, noi abbiamo dei decreti-legge che vengono addirittura convertiti con la fiducia. Si tratta, quindi, di un sostanziale screditamento delle prerogative costituzionali proprie di questo organo costituzionale, assieme al Senato.
  Tant’è che noi vediamo sempre più questo Governo disinteressarsi delle prerogative del Parlamento. Abbiamo anche una riforma costituzionale che è, anch'essa, di natura governativa e che va a ledere le prerogative del Parlamento per renderle sempre più dipendenti dalla volontà del Governo. Addirittura vuole rendere dipendenti dalla sua volontà anche le leggi regionali. Di fatto, l'abbiamo sentito prima dal collega Invernizzi: con la clausola di supremazia, il Governo vorrà e potrà decidere addirittura sulle leggi regionali, non solo su quelle del Parlamento, ma addirittura su quelle degli altri organi rappresentativi delle istanze locali e territoriali.
  Noi vediamo, però, anche una Presidenza della Camera disinteressarsi totalmente nel difendere le prerogative dell'Aula che lei stessa rappresenta e della quale dovrebbe tutelare i diritti. Abbiamo visto, in maniera vergognosa, come sia stato concesso dal Presidente Boldrini l'utilizzo della sala della Camera dei deputati per la conferenza stampa, spot, campagna elettorale del Presidente del Consiglio di fine anno. È inaudito che il Governo utilizzi le strutture della Camera per fare le proprie propagande elettorali e di Governo. Se il Presidente del Consiglio vuole fare una conferenza stampa, se la fa a cento metri da questo palazzo, a casa sua; lo fa dove è giusto che sia, ossia a Palazzo Chigi, non nelle aule di questo Parlamento, che è rappresentanza non solo della maggioranza e non solo del Governo, ma è rappresentanza anche delle minoranza e di tutti coloro che non si sentono rappresentati da questo Governo (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie-Lega dei Popoli-Noi con Salvini). Quindi, la Presidente della Camera, così come le piace farsi chiamare, piuttosto che guardare gli articoli relativi al suo nome, vada a difendere le prerogative vere di questa Camera e faccia in modo che vengano portati in Aula sempre meno decreti e che le leggi del Parlamento siano quelle che provengono dai deputati e non da questo Governo.
  Quindi, noi riteniamo che non possa proseguire l'iter parlamentare di questo provvedimento, perché lo consideriamo incostituzionale e, tra l'altro, improponibile (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie-Lega dei Popoli-Noi con Salvini).

  PRESIDENTE. L'onorevole Cariello ha facoltà di illustrare la questione pregiudiziale Crippa ed altri n. 3, di cui è cofirmatario.

  FRANCESCO CARIELLO. Grazie, Presidente. Noi, con questa questione pregiudiziale, vorremmo denunciare l'ennesimo utilizzo di uno strumento, quello appunto della proroga dei termini, che per sua natura già dovrebbe avere un carattere di eccezionalità, ma assume ormai nel nostro Paese un carattere sistematico ed un appuntamento fisso, anno dopo anno, come una prassi ormai consolidata.
  Il Governo Renzi, che tanto vuole far credere ai cittadini di avere un carattere riformatore, invece nell'utilizzo dell'ennesimo decreto milleproroghe si dimostra il più conservatore dei Governi di sempre, sotto le vesti di giovani governanti che, invece, nascondono le più vecchie strutture di Stato che, per l'ennesima volta, ricorrono al decreto milleproroghe per poter differire i termini di legge completamente disattesi.
  Quindi questo Governo non cambia verso, a differenza di quanto si vuol far credere, e si pone in piena continuità con tutti i Governi precedenti. Nel giorno in Pag. 77cui, tra l'altro, lo stesso Governo inneggia al cambiamento della Costituzione, noi ci teniamo a denunciare l'uso improprio della stessa Carta costituzionale nello strumento appunto della decretazione d'urgenza. Infatti questo decreto-legge non è in accordo con la Costituzione: lo dobbiamo spiegare agli italiani e lo dobbiamo affermare con questa pregiudiziale. Il carattere eterogeneo dei provvedimenti che hanno il carattere di provvisorietà e di estemporaneità ormai è diventato un appuntamento fisso e l'eterogeneità è tutta riferibile sia alla questione della materia sia alle finalità del provvedimento e proprio tale eterogeneità dei contenuti può certamente ritenersi ontologica. Il Governo in prossimità della fine dell'anno solare interviene sempre su una molteplicità di materie, al solo fine di prorogare e differire esclusivamente i termini di scadenza di norme preesistenti. Il provvedimento di cui si chiede la conservazione reca disposizioni volte alla proroga di termini in materie economiche e finanziarie, di pubbliche amministrazioni, di giustizia amministrativa, di distretti turistici, in materie di competenza dei Ministeri dello sviluppo economico, dell'interno, della difesa, della salute, delle infrastrutture e trasporti, dell'ambiente, delle politiche agricole, nonché la proroga di termini relativi ad interventi emergenziali. Quindi è completamente disatteso l'articolo 77 della Carta costituzionale.
  Dall'esame delle singole disposizioni emergono inequivocabilmente molteplici finalità così come interventi su termini fissati dallo stesso Governo solo pochi mesi prima. Vogliamo denunciare in tutta onestà una serie di questioni che sono elencate nella nostra pregiudiziale ma una su tutte ci teniamo ad evidenziare: come appunto queste disposizioni, dietro il differimento di termini, nascondano scelte politiche niente affatto necessarie ed urgenti per il Paese e certamente non rispondenti alle richiamate esigenze di continuità, efficienza ed efficacia dell'azione amministrativa.
  È il caso, ad esempio, della scelta di differire al 1o gennaio 2017 l'entrata in vigore della disposizione che supera l'obbligo di pubblicazione di bandi e avvisi sui quotidiani. Al pari risulta anche difficile ricondurre alle medesime esigenze l'ennesimo differimento del termine disposto dall'articolo 12 relativo all'obbligatorietà della tracciabilità delle vendite e delle rese dei giornali. In merito deve rilevarsi che si tratta del terzo slittamento inizialmente fissato dal decreto n. 63 del 2012. I primi due interventi erano stati inseriti correttamente con riguardo alla tecnica normativa rispettivamente nelle leggi di stabilità 2014 e 2015. Mentre la disposizione attualmente all'esame ripropone le norme contenute nelle leggi citate, ove contestualmente si differisce il termine per la tracciabilità e si riconosce il credito di imposta per sostenere l'adeguamento tecnologico degli operatori del settore al fine di completare quel processo di modernizzazione del sistema di distribuzione e vendita della stampa quotidiana che nelle iniziali previsioni del legislatore, invece, si sarebbe dovuto concludere nel 2013.
  Quindi proponiamo la questione pregiudiziale per porre veramente fine a questa modalità di decretazione e di proroga dei termini e chiediamo all'intera Aula di votare la nostra pregiudiziale (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. L'onorevole Centemero ha facoltà di illustrare la sua questione pregiudiziale n. 4.

  ELENA CENTEMERO. Grazie, Presidente. Il decreto-legge in esame reca interventi diversi per la proroga dei termini previsti da disposizioni legislative e si ripropone all'attenzione della Camera nella logica di quello che è ormai diventato un triste rito annuale. Abbiamo avuto modo di argomentare nel testo della pregiudiziale come si tratti chiaramente di proroghe di termini relativi ad un ampio e disomogeneo ventaglio di materie negli ambiti più disparati: assunzioni nella pubblica amministrazione, giustizia amministrativa, procedure di competenza del Ministero dell'interno, distretti turistici, prestazioni di assistenza ospedaliera, lavoratori Pag. 78marittimi, infrastrutture e trasporti, edilizia scolastica e così via.
  È un elenco lunghissimo, che cela non solo una serie di inadempimenti e ritardi da parte delle amministrazioni che devono dare seguito a disposizioni di legge, ma che nasconde anche errori compiuti nell'elaborazione di norme sbagliate e inattuabili, che nulla hanno a che vedere con i necessari processi di razionalizzazione dell'azione legislativa ed amministrativa.
  Il provvedimento è quindi viziato dal punto di vista della legittimità costituzionale sia perché presenta un contenuto disomogeneo, che probabilmente comporterà interventi successivi ed integrativi, non soddisfacendo dunque le esigenze di chiarezza e di semplificazione della legislazione, sia perché è privo dei requisiti degli straordinari motivi di necessità e urgenza che un decreto-legge dovrebbe avere.
  In tali termini i contenuti normativi del disegno di legge di conversione del decreto-legge in esame confliggono con le regole giuridiche anche di rango costituzionale che presiedono alla redazione dei provvedimenti d'urgenza. Ne è un esempio lampante la disposizione che differisce al 1o gennaio 2017 l'entrata in vigore delle disposizioni che eliminano l'obbligo di pubblicazione degli avvisi e dei bandi sui quotidiani. Si tratta della proroga di una norma di assoluto buonsenso e finalizzata al risparmio, di cui il Governo decide di rinviare l'entrata in vigore con una motivazione alquanto irrazionale e irragionevole ovvero, come spiegato nella relazione tecnica che accompagna il provvedimento, il fatto che il ricorso alla pubblicità di tipo informativo sia nei siti della pubblicità della pubblica amministrazione potrebbe non garantire il rispetto dei principi di trasparenza, legalità e contrasto della corruzione, escludendo pertanto in maniera implicita i requisiti di necessità ed urgenza richiesti.
  Questa norma oltretutto ha una storia abbastanza lunga, che ci ricorda e ci riporta alla conferenza stampa di presentazione del decreto sul bonus degli 80 euro che avrebbe dovuto prevedere come copertura un risparmio di 120 milioni di euro da realizzarsi proprio sopprimendo l'obbligo di pubblicazione di avvisi e di bandi sui giornali e sostituendolo con la pubblicazione sui siti web delle amministrazioni appaltanti e in Gazzetta Ufficiale.
  Oltretutto il 30 dicembre 2015 arriva il decreto-legge milleproroghe che, tra le varie disposizioni, vede anche la proroga per il passaggio alla pubblicità legale on line. Ci sarà quindi chi per tutto il 2016 continuerà ad incassare a spese dello Stato.
  È chiaro quindi come alcune scelte non abbiano nulla a che fare e nulla a che vedere con esigenze indifferibili ed urgenti, ma piuttosto con altre valutazioni anche di natura politica.
  All'interno del milleproroghe, inoltre, ci troviamo di fronte ad uno dei temi su cui il Governo ha speso tante, tante parole, si è speso davvero molto, ma evidentemente sono rimasti proclami rispetto ai quali vediamo solo delle carte. Stiamo parlando dell'edilizia scolastica. Ben tre proroghe, infatti, riguardano questo tema, segno della scarsa attenzione su una questione cruciale per la vita dei nostri ragazzi. Viene prorogato al 30 aprile 2016, infatti, il termine per l'affidamento dei lavori di messa in sicurezza degli edifici scolastici. Conseguentemente slitta al 31 dicembre 2016 il termine ultimo per spendere i fondi stanziati per le scuole belle e le scuole sicure. Slitta dunque ancora al 31 dicembre 2016 il termine di attuazione delle disposizioni in materia di prevenzione incendi per l'edilizia scolastica.
  Per sottolineare ulteriori argomenti a sostegno dell'illegittimità di questo provvedimento bisogna anche rilevare alcune disposizioni come quella che prevede, in materia di processo telematico, un periodo di sperimentazione presso i tribunali amministrativi regionali e il Consiglio di Stato delle nuove disposizioni del codice del processo amministrativo, introducendo appunto nel testo norme totalmente nuove e ponendosi in conflitto con il contenuto proprio del decreto richiamato nel titolo, ovvero la sola proroga dei termini previsti da disposizioni legislative. Non tutte le Pag. 79norme, quindi, riguardano proroghe dei termini o differimento dei termini, perché invece ci sono anche altre materie che vengono trattate in maniera assolutamente illegittima all'interno del decreto-legge in esame.
  È più che mai evidente l'utilizzo non motivato della decretazione d'urgenza, che, nel caso della proroga termini, arriva praticamente a sanare le inefficienze e le inadempienze amministrative del Governo, a tollerare norme scritte male e a rinviare l'applicazione di norme evidentemente scritte solo in termini di propaganda ma senza volontà politica.
  È quindi quanto mai doverosa una riflessione di sistema relativa alla gestione di questo tipo di provvedimenti da parte del Governo nei confronti del Parlamento. Per tutte queste ragioni dichiaro il voto favorevole del gruppo di Forza Italia alle pregiudiziali di costituzionalità presentate (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Tancredi. Ne ha facoltà.

  PAOLO TANCREDI. Signor Presidente, francamente pensavo che quest'anno ci saremmo risparmiati il rito delle pregiudiziali, quantomeno al decreto milleproroghe. Soprattutto speravo che ci saremmo risparmiati queste pregiudiziali da partiti che hanno governato e che per anni hanno perpetrato, loro al Governo, il rito del milleproroghe, perché effettivamente il milleproroghe è uno strumento utile per chi è al Governo e non credo che sia un buon costume che quando uno sta al Governo utilizza gli strumenti e quando non ci sta invece li contesta addirittura dal punto di vista costituzionale.
  Ma tant’è, Presidente, siamo qui a celebrare questo rito e di questo rito facciamo parte e su questo due cose le dobbiamo dire, perché per quanto riguarda l'omogeneità contestata qui come per ogni decreto io mi faccio aiutare da una definizione che è nella pregiudiziale del MoVimento 5 Stelle, cioè il MoVimento 5 Stelle dice a un certo punto, in un passaggio della pregiudiziale: l'eterogeneità materiale dei contenuti del decreto milleproroghe – cito testualmente – può certamente ritenersi ontologica. Ecco, io credo che questo già spieghi il fatto che il decreto milleproroghe appunto, dal punto di vista della materia, sicuramente è ontologicamente non omogeneo ma è chiaro che c’è un'omogeneità nel costrutto delle norme a cui si dà continuità su scelte politiche del Governo.
  Da questo punto di vista quindi ritengo, oltre a dover citare la prassi decennale ormai consolidata, che su questo posso anche chiudere qua, così come brevissimamente voglio anche intervenire sull'urgenza, perché non mi sembra nemmeno, come dire, ortodosso disquisire su questa o quella proroga, se una è più urgente o meno dell'altra. C’è una volontà del Governo di prorogare, di dare continuità ad una serie di norme – anche non omogenee – ed è chiaro che essendo la scadenza di moltissime norme al 31 dicembre, il decreto alla vigilia appunto della fine dell'anno del Governo di proroga riveste necessariamente carattere di urgenza.
  Io ritengo che il milleproroghe a legislazione vigente e ad assetto istituzionale vigente sia uno strumento utile, anzi, vorrei dire, spesso indispensabile. Il gruppo Area Popolare voterà contro la pregiudiziale al decreto milleproroghe.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Naccarato. Ne ha facoltà. Colleghi, per favore, mancano due interventi e poi si vota ! Intanto almeno abbassate il tono della voce.

  ALESSANDRO NACCARATO. Signor Presidente, la presentazione di questioni pregiudiziali basate sulla presunta incostituzionalità dei decreti-legge di proroga di termini è ormai diventata un elemento costante dell'attività parlamentare di alcuni gruppi di opposizione e tali pregiudiziali vengono presentate e illustrate ogni anno con le stesse motivazioni e gli stessi contenuti, spesso addirittura con le stesse parole degli anni precedenti.Pag. 80
  Lo ha appena ricordato l'onorevole Tancredi: fa un certo effetto sentire i gruppi della Lega e del PDL, in particolare, sostenere l'incostituzionalità del milleproroghe, dopo che per anni lo hanno utilizzato senza nessun tipo di problema.
  Evidentemente tra opposizione e Governo cambiano i criteri con cui si valutano i provvedimenti.
  In realtà la giurisprudenza costituzionale si è pronunciata in più occasioni affermando la coerenza dei decreti di proroga di termini con i requisiti previsti dall'articolo 77 della Costituzione e allora sarebbe utile riflettere – lo dico soprattutto alla Presidenza – in sede di revisione dei Regolamenti della Camera sull'utilizzo delle questioni pregiudiziali, che spesso rischiano di essere indebolite di significato senza un'adeguata revisione.
  Venendo ora alle pregiudiziali – non entro nel merito del decreto-legge n. 210 che verrà discusso nei prossimi giorni – mi limiterò, come prevede l'ordine del giorno, ad esaminare gli aspetti di costituzionalità del provvedimento.
  I presentatori muovono due tipi di contestazioni: il decreto sarebbe in contrasto con l'articolo 77 della Costituzione, perché privo dei requisiti di necessità e urgenza, e il decreto sarebbe in contrasto con l'articolo 15 della legge n. 400 del 1988, legge di attuazione costituzionale, perché recherebbe norme eterogenee.
  Gli argomenti dei presentatori sono infondati e sono smontati e superati da ultimo dalla sentenza n. 22 del 2012 della Corte costituzionale, che fornisce interessanti e utili valutazioni in relazione a un decreto-legge con caratteristiche identiche a quello di cui stiamo discutendo.
  In quella sentenza la Corte stabilì che il riconoscimento dell'esistenza dei presupposti fattuali di cui all'articolo 77, secondo comma, della Costituzione deve essere collegato ad un'intrinseca coerenza delle norme contenute in un decreto-legge, o dal punto di vista oggettivo e materiale o dal punto di vista funzionale e finalistico, e precisò che l'urgente necessità del provvedere può riguardare una pluralità di norme accomunate dalla natura unitaria delle fattispecie disciplinate ovvero anche dall'intento di fronteggiare situazioni straordinarie, complesse e variegate, che richiedono interventi oggettivamente eterogenei afferenti quindi a materie diverse, ma indirizzati all'unico scopo di approntare rimedi urgenti a situazioni straordinarie venutesi a determinare. Inoltre la Corte, accettando la denominazione dei decreti di proroga entrata nel lessico parlamentare comune con l'espressione «decreti milleproroghe», rafforzò ulteriormente il ragionamento e scrisse che i cosiddetti «decreti milleproroghe» che, con cadenza ormai annuale vengono convertiti in legge dalle Camere, sebbene attengano ad ambiti materiali diversi ed eterogenei, devono obbedire alla ratio unitaria di intervenire con urgenza sulla scadenza di termini il cui decorso sarebbe dannoso per interessi ritenuti rilevanti dal Governo e dal Parlamento o di incidere su situazioni esistenti, pure attinenti ad oggetti e materie diversi, che richiedono interventi regolatori di natura temporale.
  In pratica, secondo la sentenza, i presupposti di straordinaria necessità e urgenza e di omogeneità di contenuti vanno collegati all'intrinseca coerenza delle norme presenti nel decreto o dal punto di vista oggettivo o dal punto di vista finalistico e funzionale. Il decreto può introdurre quindi una pluralità di norme unite dalla volontà di affrontare situazioni straordinarie riguardanti diverse materie e quindi richiedenti iniziative eterogenee, se tali iniziative sono indirizzate a trovare soluzioni urgenti a situazioni straordinarie. In pratica un decreto-legge può contenere misure su contenuti diversi con uno scopo unitario ed è proprio il caso del decreto-legge n. 210 che stiamo esaminando.
  Per queste ragioni il gruppo del Partito Democratico valuta il decreto-legge coerente con i presupposti indicati dall'articolo 77 della Costituzione, ritiene infondate le questioni pregiudiziali e voterà per respingerle (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

Pag. 81

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Monchiero. Ne ha facoltà.

  GIOVANNI MONCHIERO. Signor Presidente, il testo all'esame dell'Assemblea reca diversi interventi relativi alla proroga dei termini di tutta una serie di norme legislative a vario titolo approvate in passato e non del tutto attuate, ad esempio l'articolo 1 prevede per l'anno 2016 l'utilizzo di risorse per l'assunzione delle pubbliche amministrazioni riferite ad anni precedenti; l'articolo 2 stabilisce una proroga del termine di decorrenza dell'obbligo delle sottoscrizioni di tutti gli atti e i provvedimenti con firma digitale per far fronte all'esigenza di disporre di tempi tecnici per l'adeguamento delle strutture informatiche.
  L'articolo 7, in considerazione della situazione di particolare restringimento del credito in cui versa l'economia del Paese, proroga il termine che ha previsto l'innalzamento al 20 per cento della percentuale dell'importo contrattuale da anticipare alle imprese al momento dell'installazione del cantiere. Insomma, si tratta del solito «milleproroghe», che ormai da una dozzina di anni è una delle componenti tradizionali di fine anno (un pochettino come il panettone).
  E, naturalmente, come ad ogni «milleproroghe» sono diventate rituali anche le obiezioni in materia di pregiudiziale costituzionale di questo decreto. Ora, poiché la questione è stata ampiamente discussa in quanto ricorrente, possiamo essere molto sintetici nel valutare la fondatezza di questa obiezione relativa alla presunta incostituzionalità di questo termine di decreti di fine anno, anche perché nel merito è intervenuta la Corte costituzionale che, con la sentenza n. 22 del 2012, ha fatto presente come i cosiddetti decreti «milleproroghe» – cito testualmente, poiché ormai il termine «milleproroghe» è entrato addirittura nel lessico della nostra Corte – che con cadenza ormai annuale vengono convertiti in legge dalle Camere, sebbene attengano ad ambiti materiali diversi ed eterogenei, devono ubbidire alla ratio unitaria di intervenire con urgenza sulla scadenza di termini il cui decorso sarebbe dannoso per interessi ritenuti rilevanti dal Governo e dal Parlamento, oppure di incidere su situazioni esistenti, pur attinenti ad oggetti e a materie diverse, che richiedono interventi regolatori di natura straordinaria e immediata.
  Io credo che questa sentenza chiuda ogni discorso tecnicamente sostenibile in materia della legittimità costituzionale di questo decreto, nel senso che è indubitabile che le varie disposizioni che riguardano materie diverse siano fra di loro unificate dall'esigenza di dare una proroga a tutta una serie di norme la cui interruzione costituirebbe un danno evidente al Paese.
  Con questo spirito e nella certezza di interpretare al meglio il dettato costituzionale, adattandolo ovviamente alla situazione che noi oggi abbiamo in esame, Scelta Civica preannunzia il suo voto contrario sulle obiezioni in materia di costituzionalità del decreto (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole D'Alessandro. Ne ha facoltà. È l'ultimo intervento; invito i colleghi a prendere posto. Prego.

  LUCA D'ALESSANDRO. Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, il decreto-legge all'esame dell'Aula reca diversi interventi riguardanti la proroga dei termini previsti da disposizioni legislative.
  Senza entrare nel merito specifico delle disposizioni contenute nel decreto-legge, che sarà compito delle Commissioni di merito e dell'Assemblea affrontare, vogliamo limitarci ad alcune considerazioni sui presupposti di necessità e di urgenza che sono propri di questo provvedimento. Esso contiene sicuramente misure diversificate, ma riconducibili allo scopo esclusivo di prevedere norme che consentono d'intervenire con tempestività al fine di fronteggiare situazioni straordinarie. Ciò determina il pieno riconoscimento dei presupposti di necessità e di urgenza previsti dall'articolo 77 della Costituzione.
  A tal riguardo si è espressa anche la Corte costituzionale, che ha ribadito come Pag. 82l'urgenza e la necessità di provvedere possa riguardare situazioni straordinarie, complesse e variegate, che richiedono interventi oggettivamente eterogenei, nel caso in cui tali interventi debbano essere indirizzati all'unico scopo di approntare rimedi urgenti a situazioni straordinarie venutesi a creare.
  Desideriamo a tal proposito ribadire che la Consulta infatti, pur intervenendo in termini critici rispetto all'eterogeneità delle norme inserite nel decreto-legge, ha ribadito che le misure contenute nei provvedimenti medesimi possono essere diverse, purché accomunate da uno scopo unitario. Quindi, l'illegittimità costituzionale delle norme sussiste esclusivamente quando si tratta di regole del tutto estranee allo scopo e alla finalità del provvedimento necessario ed urgente, ma non è questo il caso.
  È in definitiva il motivo che giustifica lo strumento del provvedimento d'urgenza, il quale ha proprio la finalità di superare le difficoltà proprie delle amministrazioni competenti nelle attuali norme legislative, difficoltà che immancabilmente vanno superate attraverso l'emanazione di norme urgenti.
  Il provvedimento, peraltro, contiene un insieme ponderato di misure urgenti, che rispondono all'esigenza indifferibile di fornire risposte immediate ed efficaci ai cittadini e alle imprese, evitando conseguenze negative nel caso in cui il decreto-legge non fosse convertito nei termini previsti dalla Costituzione.
  Non possiamo, quindi, che ribadire la costituzionalità di questo decreto alla luce di quanto previsto dall'articolo 77 della Costituzione e dichiarare che la componente Alleanza Liberalpopolare Autonomie voterà contro le pregiudiziali di costituzionalità presentate sul decreto-legge cosiddetto mille proroghe.

  PRESIDENTE. Sono così esauriti gli interventi sulle questioni pregiudiziali.
  Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, le questioni pregiudiziali Melilla ed altri n. 1, Simonetti ed altri n. 2, Crippa ed altri n. 3, Centemero ed Occhiuto n. 4.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Folino, Bossa, Greco. Se ci sono altri colleghi dalla parti di Piazza Venezia li aspettiamo. Lainati; forse perché si è astenuto prima. Ci siamo ? Fioroni, D'Agostino. D'Attorre e poi chiudiamo la votazione. L'onorevole Tripiedi non riesce a votare. Nemmeno l'onorevole Baroni ? L'onorevole Baroni è riuscito, perfetto. Sottanelli, Ginoble.
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  502   
   Votanti  500   
   Astenuti    2   
   Maggioranza  251   
    Hanno votato  172    
    Hanno votato no  328.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  (I deputati Molea e Bonifazi hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto contrario).

In morte dell'onorevole Valerio Zanone.

  PRESIDENTE. Comunico che è deceduto il senatore Valerio Zanone, già membro della Camera dei deputati dalla VII all'XI legislatura – colleghi ! – e del Senato della Repubblica nella XV legislatura.
  La Presidenza della Camera ha già fatto pervenire ai familiari le espressioni della più sentita partecipazione al loro dolore, che desidera ora rinnovare anche a nome dell'Assemblea.

In morte dell'onorevole Sandro Ghinami.

  PRESIDENTE. Comunico che è deceduto l'onorevole Sandro Ghinami, già membro della Camera dei deputati dalla IX alla X legislatura.Pag. 83
  La Presidenza della Camera, anche in questo caso, ha già fatto pervenire ai familiari le espressioni della più sentita partecipazione al loro dolore, che desidera ora rinnovare anche a nome dell'Assemblea.

Ordine del giorno della seduta di domani.

  PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

  Martedì 12 gennaio 2016, alle 9,30:

  Seguito della discussione del disegno di legge:
   Conversione in legge del decreto-legge 4 dicembre 2015, n. 191, recante disposizioni urgenti per la cessione a terzi dei complessi aziendali del Gruppo ILVA. (C. 3481-A).
  – Relatori: Massa (per l'VIII Commissione) e Basso (per la X Commissione), per la maggioranza; Ricciatti, di minoranza.

  La seduta termina alle 18,15.

TESTO INTEGRALE DELLA RELAZIONE DEL DEPUTATO LORENZO BASSO IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DEL DISEGNO DI LEGGE N. 3481-A

  LORENZO BASSO. Relatore per la maggioranza per la X Commissione. Il decreto-legge in esame interviene sulla procedura di amministrazione straordinaria del gruppo ILVA allo scopo, da un lato, di garantirne l'esercizio senza soluzione di continuità, diversamente inevitabile con oggettivo e gravissimo pregiudizio per il tessuto socioeconomico del territorio e dei livelli occupazionali, contemperando tali esigenze con quelle della salute e della tutela ambientale e, dall'altro, di semplificare e rendere più trasparente il processo di cessione.
  Le motivazioni della necessità e dell'urgenza del decreto sono riportate nel preambolo e fanno riferimento all'accelerazione delle procedure di cessione del gruppo ILVA in amministrazione straordinaria e all'armonizzazione della tempistica del Piano delle misure e delle attività di tutela ambientale e sanitaria con l'autorizzazione all'esercizio dell'impresa in costanza di sequestro, al fine di rendere effettiva la possibilità di esercizio da parte del cessionario. Tali motivazioni sono, altresì, esplicitate nella relazione illustrativa.
  Con riferimento all'emergenza nell'area di Taranto e all'attività dello stabilimento ILVA, sono stati già adottati i seguenti decreti-legge: 7 agosto 2012, n. 129, recante disposizioni urgenti per il risanamento ambientale e la riqualificazione del territorio della città di Taranto; 3 dicembre 2012, n. 207, recante disposizioni urgenti a tutela della salute, dell'ambiente e dei livelli di occupazione, in caso di crisi di stabilimenti industriali di interesse strategico nazionale; 4 giugno 2013, n. 61, recante nuove disposizioni urgenti a tutela dell'ambiente, della salute e del lavoro nell'esercizio di imprese di interesse strategico nazionale; 31 agosto 2013, n. 101, recante disposizioni urgenti per il perseguimento di obiettivi di razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni (articolo 12); 10 dicembre 2013, n. 136, recante disposizioni urgenti dirette a fronteggiare emergenze ambientali e industriali ed a favorire lo sviluppo delle aree interessate; 24 giugno 2014, n. 91, recante disposizioni urgenti per il settore agricolo, la tutela ambientale e l'efficientamento energetico dell'edilizia scolastica e universitaria, il rilancio e lo sviluppo delle imprese, il contenimento dei costi gravanti sulle tariffe elettriche, nonché per la definizione immediata di adempimenti derivanti dalla normativa europea, nel testo risultante dalla legge di conversione 11 agosto 2014, n. 116 (articolo 22-quater); 16 luglio 2014, n. 100, recante misure urgenti per la realizzazione del piano delle misure e delle attività di tutela ambientale e sanitaria per le imprese sottoposte a commissariamento straordinario (non convertito in legge in Pag. 84quanto confluito nel predetto decreto n. 91); 5 gennaio 2015, n. 1, recante disposizioni urgenti per l'esercizio di imprese di interesse strategico nazionale in crisi e per lo sviluppo della città e dell'area di Taranto; 4 luglio 2015, n. 92, recante, all'articolo 3, misure urgenti per l'esercizio dell'attività di impresa di stabilimenti oggetto di sequestro giudiziario.
  Passando ad esaminare i contenuti del provvedimento in esame, mi soffermerò sui commi da 1 a 6-novies e sul comma 10 dell'articolo 1 di prioritaria competenza della Commissione attività produttive.
  L'articolo 1 interviene sulla procedura di cui al decreto-legge n. 347/2003 di cessione dei beni aziendali delle imprese operanti nel settore dei servizi pubblici essenziali ovvero che gestiscono almeno uno stabilimento industriale di interesse strategico nazionale ai sensi del decreto- legge n. 207/2012 e, in particolare, sulla procedura di cessione dei complessi aziendali di ILVA Spa in amministrazione straordinaria, fissando al 30 giugno 2016 il termine entro il quale i commissari del Gruppo ILVA debbono espletare le procedure per il trasferimento dei complessi aziendali (commi 1-2) e disponendo l'erogazione in favore dell'amministrazione straordinaria del Gruppo ILVA della somma di 300 milioni di euro che l'aggiudicatario dei beni aziendali provvederà a restituire allo Stato (commi 3-5). Un ulteriore disposizione di carattere finanziario riguarda il pagamento dei debiti prededucibili contratti nel corso dell'amministrazione straordinaria (comma 6). Viene, altresì, fissato al 31 dicembre 2016 il termine ultimo per l'attuazione del Piano delle misure e delle attività di tutela ambientale e sanitario (comma 7). Si interviene, inoltre, sulle procedure di modifica del predetto Piano (commi 8-9).
  L'articolo 2 dispone, infine, che il provvedimento in esame entra in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale (G.U. n. 283 del 4 dicembre 2015).
  I commi 1 e 2 dell'articolo 1, che non sono stati modificati dalle Commissioni referenti, prevedono un'accelerazione del procedimento di cessione dei complessi aziendali del Gruppo ILVA. Il comma 1, novella in più punti l'articolo 4, comma 4-quater, del decreto-legge n. 347/2003, il quale demanda al commissario straordinario l'individuazione dell'affittuario o dell'acquirente, a trattativa privata. Le novelle sono finalizzate a specificare che, tra le garanzie che debbono essere valutate dal Commissario ai fini della designazione dell'affittuario o dell'acquirente, la garanzia della rapidità e dell'efficienza dell'intervento debba concernere anche i profili di tutela ambientale (lettera a)); il Commissario deve infatti individuare l'affittuario o l'acquirente tra quelli che garantiscono, a seconda dei casi, la continuità nel medio periodo del relativo servizio pubblico essenziale ovvero la continuità produttiva dello stabilimento industriale di interesse strategico nazionale anche con riferimento alla garanzia di adeguati livelli occupazionali, nonché la rapidità ed efficienza dell'intervento; la novella in esame dispone che la rapidità ed efficienza dell'intervento sia anche con riferimento ai profili di tutela ambientale; introdurre la previsione che la perizia sul prezzo di mercato dei beni sia effettuata, con funzione di esperto indipendente, oltre che da primaria istituzione finanziaria, in alternativa, da una primaria istituzione di consulenza aziendale sempre designata dal MiSE; la relazione illustrativa al provvedimento afferma che tale modifica si rende necessaria al fine di evitare l'eccessiva restrizione dei soggetti legittimati, atteso che le «istituzioni finanziarie» sono in larga parte da escludere in quanto coinvolte in rapporti e relazioni di natura istituzionale con ILVA; il vigente comma 4-quater dispone che il canone di affitto o il prezzo di cessione dei beni non devono essere inferiori a quelli di mercato e come risultanti da perizia disposta da primaria istituzione finanziaria con funzione di esperto indipendente, individuata dal MiSE sulla base delle disposizioni vigenti; introdurre la previsione che le offerte sono corredate da un piano industriale e finanziario nel quale devono essere indicati gli investimenti, con le risorse finanziarie necessarie Pag. 85e le relative modalità di copertura, che si intendono effettuare per garantire le predette finalità nonché gli obiettivi strategici della produzione industriale degli stabilimenti del gruppo; tale modifica viene qualificata dalla relazione illustrativa come un adeguamento sul piano tecnico della disposizione che regola i contenuti inderogabili delle offerte di acquisto; la formulazione vigente del terzo periodo del comma 4-quater invece demanda al commissario straordinario di richiedere al potenziale affittuario o acquirente, contestualmente alla presentazione dell'offerta, la presentazione del predetto piano.
  Il comma 2 dell'articolo 1 fissa al 30 giugno 2016 il termine entro il quale i commissari del Gruppo ILVA in amministrazione straordinaria debbono espletare – nel rispetto dei principi di parità di trattamento, trasparenza e non discriminazione – le procedure per il trasferimento dei complessi aziendali individuati dal programma commissariale. I commissari devono assicurare la discontinuità, anche economica, della gestione da parte del o dei soggetti aggiudicatari. La relazione illustrativa sottolinea che la norma si rende necessaria al fine di sancire l'inderogabilità della tempestiva riallocazione sul mercato dei complessi aziendali di ILVA, ai fini della definizione di una sua prospettiva di stabilità industriale finanziaria e gestionale. Si evidenzia che il disegno di legge di stabilità 2016, già approvato dal Senato e attualmente in corso d'esame presso la Camera, interviene – attraverso l'introduzione di un nuovo comma 2-bis all'articolo 27 del decreto-legislativo n. 270/1999 – sui programmi di amministrazione straordinaria per le imprese operanti nel settore dei servizi pubblici essenziali, ovvero che gestiscono almeno uno stabilimento industriale di interesse strategico nazionale, disponendo, per dette imprese, che il programma di amministrazione straordinaria, sia esso di cessione dei complessi aziendali o di ristrutturazione economica e finanziaria dell'impresa, possa avere una durata fino a 4 anni (in luogo degli attuali ordinari uno o due anni), decisa da un'autorizzazione del Ministro dello sviluppo economico. La norma, nella sostanza, consente un'estensione per tali imprese della durata dei programmi di amministrazione straordinaria.
  I commi da 3 a 5 dell'articolo 1, che non sono stati modificati dalle Commissioni referenti, prevedono l'erogazione di risorse finanziarie in favore dell'amministrazione straordinaria di ILVA.
  Il comma 3 dispone l'erogazione in favore dell'amministrazione straordinaria del Gruppo ILVA della somma di 300 milioni di euro. La somma viene indicata come indispensabile per fare fronte alle indilazionabili esigenze finanziarie del Gruppo ILVA in amministrazione straordinaria. L'erogazione della somma opera nelle more del completamento delle procedure di trasferimento e ha il solo scopo di accelerare il processo di trasferimento e conseguire la discontinuità gestionale ed economica di cui al comma 2, garantendo contemporaneamente la prosecuzione dell'attività, in modo da contemperare le esigenze di tutela dell'ambiente, della salute e dell'occupazione. L'erogazione è disposta con decreto del Ministro dello sviluppo economico, adottato di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze. Lo stanziamento di spesa, pari a 300 milioni di euro, viene iscritto nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico. Il comma 3 dispone inoltre che l'aggiudicatario dei beni aziendali provvederà alla restituzione allo Stato dell'importo erogato, maggiorato degli interessi al tasso percentuale Euribor a 6 mesi pubblicato il giorno lavorativo antecedente la data di erogazione maggiorato di uno spread pari al 3 per cento. La restituzione dovrà avvenire entro 60 giorni dal decreto di cessazione dell'esercizio dell'impresa (si osserva che la cessazione dell'esercizio d'impresa è disciplinata dall'articolo 73 del decreto legislativo n. 270/1999 e non dall'articolo 72 del decreto legislativo n. 270/1999 a cui fa riferimento la norma in esame). L'articolo 73 del decreto legislativo n. 270/1999 disciplina, infatti, la cessazione dell'esercizio dell'impresa disponendo Pag. 86che – nei casi in cui è stato autorizzato un programma di cessione dei complessi aziendali, se nel termine di scadenza del programma, originario o prorogato, è avvenuta la integrale cessione dei complessi stessi, il tribunale, su richiesta del commissario straordinario o d'ufficio, dichiara con decreto la cessazione dell'esercizio dell'impresa. Il decreto è affisso e comunicato al MiSE e all'ufficio del registro delle imprese a cura del cancelliere. Contro di esso chiunque vi abbia interesse può proporre reclamo – che non ha effetto sospensivo – alla Corte di appello entro dieci giorni dall'affissione; la corte di appello provvede in camera di consiglio, sentito il commissario straordinario. Il reclamo non ha effetto sospensivo. A far data dal decreto l'amministrazione straordinaria è considerata, ad ogni effetto, come procedura concorsuale liquidatoria. La liquidazione degli eventuali beni residui acquisiti all'attivo è effettuata secondo le disposizioni previste dal medesimo decreto legislativo n. 270 (articoli 42, 62, 64 e 65). I rimborsi del capitale e degli interessi di cui al comma in esame sono versati all'entrata del bilancio dello Stato, per essere destinati al Fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato.
  Il comma 4 dell'articolo 1 dispone che alla copertura finanziaria dell'onere derivante dal comma 3 – pari come detto a 300 milioni di euro – si provveda mediante versamento all'entrata del bilancio dello Stato, per un importo corrispondente, delle somme giacenti sulla contabilità speciale istituita per le operazioni di ristrutturazione del debito regionale (riacquisto da parte delle regioni dei titoli obbligazionari da esse emessi) dall'articolo 45, comma 2, del decreto-legge n. 66/2014 e non utilizzate per le predette finalità. L'articolo 45 del decreto-legge n. 66/2014, come da ultimo modificato dal decreto-legge n. 78/2015, disciplina la ristrutturazione di parte del debito delle regioni, al fine di una conseguente riduzione dell'onere annuale destinato al pagamento dello stesso. Il comma 2, in particolare, autorizza il Ministero dell'economia e delle finanze ad effettuare emissioni di titoli di Stato ai fini del riacquisto da parte delle regioni dei titoli obbligazionari da esse emessi e aventi le caratteristiche di cui al comma 5, lettera b) del medesimo articolo 45, vale a dire vita residua pari o superiore a 5 anni e valore nominale dei titoli obbligazionari regionali in circolazione pari o superiore a 250 milioni di euro. L'articolo 1, comma 700, della legge di stabilità 2015 (legge n. 190/2014) ha modificato il suddetto comma 2, autorizzando, per le operazioni suddette, l'apertura di una apposita contabilità speciale. Successivamente, il decreto-legge n. 78/2015 (articolo 9, comma 6) ha introdotto nel medesimo comma 2 la previsione, per le operazioni di riacquisto dei titoli obbligazionari regionali, di un contributo da parte del MEF, fino a un importo massimo complessivo di circa 543,17 milioni euro, a valere sulle disponibilità della contabilità speciale medesima. Da informazioni ricevute dalla Ragioneria generale dello Stato, si tratta della contabilità speciale n. 5866/Roma che, alla data del 10 dicembre 2015, presenta un saldo pari ad 8.727,5 milioni di euro. In ordine all'importo dell'onere, atteso che il versamento all'entrata della suddetta somma di 300 milioni non necessita di copertura – risultando tale importo già scontato nei saldi di finanza pubblica per le operazioni di ristrutturazione del debito – lo stesso viene quantificato solo con riferimento agli effetti derivanti dal venir meno del rimborso dei mutui, derivante alla circostanza che le operazioni di ristrutturazione non avranno corso relativamente alle corrispondenti somme giacenti nella suddetta contabilità. Tale importo viene quantificato – in termini di saldo netto da finanziare – in 13,1 milioni di euro a decorrere dall'anno 2017 e – in termini di fabbisogno e indebitamento netto – a 7,05 milioni per l'anno 2017, a 6,88 milioni per l'anno 2018 e 6,71 milioni dall'anno 2019. Secondo quanto desumibile dalla relazione tecnica, il differente importo iscritto nel saldo netto rispetto ai saldi di fabbisogno e di indebitamento va ricondotto al fatto che sul primo saldo l'onere si riferisce all'intera rata del mutuo concesso alle Pag. 87regioni (che sarebbe stato restituito in un arco di tempo trentennale), mentre sugli altri due saldi esso è riferito alla sola quota interessi, e risulta decrescente in quanto parzialmente compensato dall'effetto, in termini di minor interessi sul debito pubblico, derivante dal riversamento della quota rimborsata al Fondo ammortamento titoli di Stato, versamento non previsto per i mutui alle regioni. A tale onere si provvede mediante riduzione, per un importo pari a 13,1 milioni di euro a decorrere dal 2017, dello stanziamento del Fondo speciale di parte corrente iscritto, nel bilancio triennale 2015-2017, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del MEF, utilizzando parzialmente allo scopo l'accantonamento relativo al medesimo Ministero.
  Il comma 5 dell'articolo 1 autorizza il Ministro dell'economia e delle finanze – ai fini dell'immediata attuazione delle disposizioni recate dal decreto-legge in esame ad apportare con propri decreti, da adottare entro il 14 dicembre 2015 (10 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge in esame), le occorrenti variazioni di bilancio. Inoltre, ove necessario, previa richiesta dell'amministrazione competente, il MEF può disporre il ricorso ad anticipazioni di tesoreria, la cui regolarizzazione avviene tempestivamente con l'emissione di ordini di pagamento sul pertinente capitolo di spesa.
  Il comma 6 dell'articolo 1, modificato nel corso dell'esame in sede referente in seguito all'approvazione dell'emendamento 1.200 del Governo, reca disposizioni relative al pagamento dei debiti prededucibili contratti nel corso dell'amministrazione straordinaria. Si dispone che l'organo commissariale del Gruppo ILVA in amministrazione straordinaria provveda al pagamento dei debiti prededucibili contratti nel corso dell'amministrazione straordinaria. Il commissario provvede a ciò anche in deroga al disposto dell'articolo 111-bis, ultimo comma, della legge fallimentare (regio decreto n. 267/1942), ai sensi del quale se l'attivo è insufficiente, la distribuzione deve avvenire secondo i criteri della graduazione e della proporzionalità, conformemente all'ordine assegnato dalla legge. La relazione illustrativa afferma che tale previsione si rende indispensabile per realizzare l'obiettivo di cui al comma 3 (accelerare la dismissione dei complessi aziendali di ILVA) ed è ritenuto in linea con i principi a presidio dell'amministrazione straordinaria del gruppo ILVA. In relazione alle condotte poste in essere dall'organo commissariale del gruppo ILVA e dai soggetti da esso funzionalmente delegati, trova applicazione, anche con riguardo alla responsabilità civile, l'esonero dalla responsabilità penale o amministrativa del commissario straordinario e dei soggetti da questo funzionalmente delegati previsto dall'articolo 2, comma 6, del decreto-legge n. 1/2015 il quale dispone che l'osservanza delle disposizioni contenute nel Piano delle misure e delle attività di tutela ambientale e sanitaria di cui al DPCM 14 marzo 2014 equivale all'adozione ed efficace attuazione dei modelli di organizzazione e gestione secondo la disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche ai fini della valutazione delle condotte strettamente connesse all'attuazione dell'AIA (autorizzazione integrata ambientale) e delle altre norme a tutela dell'ambiente, della salute e dell'incolumità pubblica. Le condotte poste in essere in attuazione del Piano di cui al periodo precedente non possono dare luogo a responsabilità penale o amministrativa del commissario straordinario e dei soggetti da questo funzionalmente delegati, in quanto costituiscono adempimento delle migliori regole preventive in materia ambientale, di tutela della salute e dell'incolumità pubblica e di sicurezza sul lavoro.
  I nuovi commi da 6-bis a 6-undecies presentano profili di particolare interesse della Commissione Attività produttive.
  Il comma 6-bis autorizza i commissari del Gruppo ILVA Spa a contrarre finanziamenti statali fino a 800 milioni di euro (600 milioni nel 2016 e 200 milioni nel 2017), al fine esclusivo dell'attuazione e della realizzazione del piano delle misure Pag. 88e delle attività di tutela ambientale e sanitaria dell'impresa in amministrazione straordinaria e nel rispetto della normativa dell'Unione europea in materia. Sugli importi erogati sono corrisposti interessi pari al tasso Euribor a 6 mesi pubblicato il giorno lavorativo precedente la data di erogazione, maggiorato di uno spread del 3 per cento. I finanziamenti sono erogati con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e del Ministro dell'ambiente. I commissari del Gruppo ILVA dovranno tener conto degli impegni assunti dai soggetti offerenti e dell'incidenza sugli stessi della necessità di ricorrere a predetto finanziamento nell'ambito della procedura di aggiudicazione del trasferimento dei complessi aziendali descritta al comma 2. Si prevede inoltre che i criteri della scelta del contraente utilizzati dai commissari del gruppo ILVA siano contenuti in una relazione, trasmessa alle Camere, entro il 30 luglio 2016. Sugli importi erogati sono corrisposti interessi pari al tasso Euribor a 6 mesi pubblicato il giorno lavorativo precedente la data di erogazione, maggiorato di uno spread del 3 per cento. I finanziamenti sono erogati con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e del Ministro dell'ambiente. I commissari del Gruppo ILVA dovranno tener conto degli impegni assunti dai soggetti offerenti e dell'incidenza sugli stessi della necessità di ricorrere a predetto finanziamento nell'ambito della procedura di aggiudicazione del trasferimento dei complessi aziendali descritta al comma 2. Si prevede inoltre che i criteri della scelta del contraente utilizzati dai commissari del gruppo ILVA siano contenuti in una relazione, trasmessa alle Camere, entro il 30 luglio 2016. I crediti maturati dallo Stato per capitale e interessi sono soddisfatti in prededuzione, ma subordinatamente a quelli prededucibili degli altri creditori della procedura di amministrazione straordinaria e a quelli dei lavoratori dipendenti della società (creditori privilegiati ai sensi dell'articolo 2751-bis, numero 1). L'articolo 111 della legge fallimentare (regio decreto n. 267 del 1942) qualifica come prededucibili i crediti così qualificati da una specifica disposizione di legge, e quelli sorti in occasione o in funzione delle procedure concorsuali. La stessa disposizione stabilisce che anzitutto al pagamento dei crediti prededucibili siano destinate le somme ricavate dalla liquidazione dell'attivo della procedura. È comunque previsto l'obbligo dell'attivazione delle azioni di rivalsa, di responsabilità e di risarcimento nei confronti dei soggetti che hanno cagionato i danni ambientali e sanitari, nonché i danni allo stesso Gruppo. Gli oneri recati dal comma 6-bis consistono in 600 milioni per il 2016 e 200 milioni per il 2017. A ciò si aggiungono gli interessi passivi sul debito pubblico connessi ai 400 milioni di euro versati all'entrata del bilancio dello Stato a copertura di una parte dei finanziamenti del 2016 (comma 6-ter). Tali interessi sono stimati in 4,4 milioni per il 2016; 6,14 milioni per il 2017 e 8,14 milioni a decorrere dal 2018. Per quanto riguarda i 600 milioni di oneri per l'anno 2016, la copertura si rinviene: riducendo le risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione (programmazione 2014-2020) di 100 milioni di euro (comma 6-quinquies); attingendo alle entrate della voluntary disclosure per ulteriori 100 milioni di euro (comma 6-quater); versando all'entrata del bilancio dello Stato le risorse del Fondo istituito nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze a copertura delle garanzie dello Stato concesse ai sensi dell'articolo 3, comma 1-ter, del decreto-legge n. 1/2015, per un importo di 400 milioni di euro (comma 6-ter). Per quanto riguarda i 200 milioni di oneri per l'anno 2017, la copertura viene operata riducendo di 200 milioni il Fondo per lo sviluppo e la coesione (programmazione 2014-2020) (comma 6-quinquies).
  Occorre infine segnalare, sempre con riferimento al medesimo Fondo, che il comma 6-sexies incrementa di 50 milioni per il 2016 le risorse ad esso destinate, utilizzando (come già era stato fatto a copertura dei 150 milioni di euro di dotazione iniziale del fondo per il 2015) le Pag. 89disponibilità in conto residui del Fondo istituito dall'articolo 37, comma 6, del decreto-legge n. 66/2014, presso il Ministero dell'economia, finalizzato ad integrare le risorse del bilancio statale destinate alle garanzie rilasciate dallo Stato.
  Nel corso dell'esame in sede referente è stato altresì introdotto il comma 6-novies che prevede una modifica dei criteri per l'accesso alle risorse del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese, destinate, ai sensi dell'articolo 2-bis del decreto-legge n. 1 del 2005, nella misura di 35 milioni di euro, al sostegno all'accesso al credito per le piccole e medie imprese che risultino fornitrici di beni e servizi connessi all'attività di risanamento ambientali o necessari alla continuazione dell'attività di società che «gestiscono almeno uno stabilimento industriale di interesse strategico nazionale» ai sensi dell'articolo 1 del decreto-legge 3 dicembre 2012, n. 207 e che siano soggette ad amministrazione straordinaria (è il caso di ILVA spa) ovvero creditrici delle medesime. Sulla disciplina relativa alla tutela delle piccole e medie imprese creditrici di ILVA era già intervenuto l'articolo 1, comma 840, della legge di stabilità per il 2016 (legge n. 208 del 2015) che aveva stabilito che – con decreto del Ministro dello sviluppo economico, adottato di concerto con il Ministro dell'economia e finanze – possono essere definiti, ai fini dell'accesso al fondo di garanzia, per le imprese sopra indicate, appositi criteri di valutazione economico-finanziaria, che tengano conto delle caratteristiche e dei particolari fabbisogni delle predette imprese. La disposizione citata prevedeva in particolare che gli specifici criteri di valutazione individuati escludessero il rilascio della garanzia per le imprese che non presentino adeguate capacità di rimborso del finanziamento bancario da garantire nonché per le imprese in difficoltà ai sensi di quanto previsto dalla vigente disciplina dell'UE –, e venissero applicati per un periodo non superiore a dodici mesi dalla data di pubblicazione del citato DM, fermo restando il limite di euro 35 milioni di riserva concessa a valere sul Fondo a favore delle predette imprese. La norma in esame conferma i criteri appena descritti, ma aggiunge che gli stessi debbano tenere conto in particolare delle esigenze di accesso al credito di imprese che negli esercizi 2011 e 2012 (ossia fino all'avvio del commissariamento di ILVA) avessero un fatturato dipendente in maniera preponderante (almeno il 75 per cento dell'importo in beni e servizi) da ILVA.
  I commi 6-decies e 6-undecies dettano norme sui lavoratori dello stabilimento ILVA di Genova Cornigliano.
  Il comma 6-decies interviene sulla normativa (articolo 53 della legge n. 448/2001) che regola l'attività della società per azioni a cui sono state conferite dalla regione Liguria le aree sdemanializzate, appartenenti al demanio portuale, occupate dallo stabilimento ILVA di Genova Cornigliano. In particolare, la disposizione integra la previsione che impegna il Governo a garantire il mantenimento della continuità occupazionale di tutti i lavoratori interessati, precisando che questa possa essere assicurata anche mediante il ricorso all'istituto del lavoro socialmente utile, ai sensi dell'articolo 26 del decreto legislativo n. 150/2015. Allo scopo sono utilizzate le risorse del fondo di cui all'articolo 5, comma 14, del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80.
  Il comma 6-undecies prevede che ai lavoratori dello stabilimento ILVA di Genova Cornigliano, inseriti in contratti di solidarietà difensivi prima all'entrata in vigore del decreto legislativo n. 148/2015 (Jobs act), continui ad applicarsi, fino al 30 settembre 2016, l'incremento del trattamento di integrazione salariale, nella misura del 10 per cento della retribuzione persa a seguito della riduzione dell'orario di lavoro, previsto dalla normativa vigente fino al 2015 (ai sensi dell'articolo 2-bis del decreto-legge n. 192/2014). All'onere derivante dalla disposizione, valutato in 1,7 milioni di euro nel 2016, si provvede a valere sul Fondo per interventi strutturali di politica economica (FISPE).Pag. 90
  Il comma 10 dell'articolo 1 dispone che le procedure di cui all'articolo 1 del decreto-legge debbano svolgersi nel rispetto della normativa europea. Al riguardo, si ricorda che gli Orientamenti sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese non finanziarie in difficoltà (2014/C 249/01), adottati ai sensi dell'articolo 107, paragrafo 3, lettera c), del TFUE, rilevano che gli aiuti per il salvataggio e la ristrutturazione figurano tra i tipi di aiuti di Stato che presentano i maggiori effetti distorsivi, e pertanto le imprese possono essere ammesse a ricevere aiuti ai sensi dei presenti orientamenti solo una volta ogni dieci anni (principio dell'aiuto «una tantum»). L'aiuto che viene concesso sotto forma di sostegno alla liquidità, limitato sia nell'ammontare che nella durata, suscita – secondo gli Orientamenti della Commissione – molte meno preoccupazioni riguardo ai suoi potenziali effetti nocivi e viene quindi approvato a condizioni meno rigide. Per incoraggiare l'uso di forme meno distorsive di aiuto gli orientamenti introducono la nuova nozione di «sostegno temporaneo per la ristrutturazione», il quale, come gli aiuti per il salvataggio, può esso concesso solo sotto forma di sostegno alla liquidità con un importo e una durata limitati. Si deve trattare di un aiuto sotto forma di garanzie su prestiti o di prestiti. Il sostegno temporaneo per la ristrutturazione può essere concesso per un periodo non superiore a 18 mesi, dal quale va detratto qualsiasi periodo immediatamente precedente di aiuti per il salvataggio. Prima della fine di tale periodo lo Stato membro deve approvare un piano di ristrutturazione, o un piano di liquidazione, o i prestiti devono essere rimborsati o le garanzie revocate. La remunerazione per il sostegno temporaneo per la ristrutturazione deve essere fissata a un tasso non inferiore al tasso di riferimento indicato nella Comunicazione della Commissione relativa alla revisione del metodo di fissazione dei tassi di riferimento e di attualizzazione per le imprese deboli che presentano un livello di garanzia normale. Nel valutare gli aiuti di Stato a favore dei fornitori di SIEG (Servizi di Interesse Economico Generale) in difficoltà, la Commissione terrà conto della natura specifica dei SIEG e, in particolare, della necessità di garantire la continuità della fornitura del servizio. Si osserva peraltro che i predetti Orientamenti, relativamente al settore siderurgico, richiamano il piano d'azione della Commissione per una siderurgia europea competitiva e sostenibile (Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni, Piano d'azione per una siderurgia europea competitiva e sostenibile, COM(2013) 407), il quale stabilisce una serie di azioni intese a promuovere un settore siderurgico forte e competitivo ed una serie di ambiti in cui le imprese del settore siderurgico possono usufruire di aiuti di Stato in conformità delle norme in materia di aiuti di Stato. Ricorda che sulla Comunicazione (2013) 407 la Commissione Attività produttive ha approvato il 21 dicembre 2013 il Doc. XVIII, n. 10, trasmesso alle istituzioni europee, in cui alla lettera d) delle condizioni si prevedeva il potenziamento degli «strumenti a disposizione, a partire da Horizon 2020, e le risorse stanziate per promuovere l'innovazione e la ricerca nel settore, anche attraverso l'agevolazione (eventualmente anche mediante una revisione della disciplina sugli aiuti di Stato) a progetti di ristrutturazione finalizzati all'adeguamento e non alla chiusura di impianti produttivi con conseguente perdita di posti di lavoro, sia per favorire lo sviluppo di nuove tecnologie sostenibili e pulite in termini energetici, sia per tutelare l'elevato livello qualitativo delle produzioni europee, sia per valorizzare, attraverso l'aggiornamento e la formazione dei dipendenti, il patrimonio costituito dalla elevata qualità professionale del personale del settore». Tuttavia, gli Orientamenti rilevano che – nella presente situazione di notevole sovra capacità a livello europeo e mondiale – gli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione delle imprese siderurgiche in difficoltà non sono giustificati e dunque escludono il settore siderurgico Pag. 91dal campo di applicazione degli Orientamenti stessi. La Commissione applica dunque gli orientamenti agli aiuti concessi a tutte le imprese in difficoltà, ad eccezione di quelle che operano nel settore del carbone o dell'acciaio, come definito nell'allegato IV della Comunicazione della Commissione, Orientamenti in materia di aiuti di Stato a finalità regionale 2014-2020. Occorre ricordare infine il principio del «normale investitore di mercato» (market economy investor principle), generalmente applicato dalla Commissione, ai fini della valutazione della riconducibilità ad aiuto di Stato di un intervento di finanziamento di un'attività produttiva. In estrema sintesi, si esclude che possa essere considerato un aiuto di Stato soltanto un finanziamento (ma il criterio ha anche portata più generale ed è applicabile anche ad altre forme di aiuto, quali, ad esempio la partecipazione al capitale di rischio) che sarebbe stato reso alle medesime condizioni e con le medesime aspettative di ritorno economico da parte di un operatore privato. Al riguardo, si rappresenta che gli orientamenti della Commissione, nel valutare le singole fattispecie, non sono univoci e, allo stesso modo, l'applicazione in concreto di tale principio ha visto in alcune circostanze orientamenti differenti tra Commissione e organi giurisdizionali europei.

TESTO INTEGRALE DELLA DICHIARAZIONE DI VOTO FINALE DEL DEPUTATO MAURO PILI SUL DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE N. 2613-B.

  MAURO PILI. Onorevole Presidente, Onorevoli colleghi, la riforma costituzionale che si vota oggi alla Camera è il più grave atto mai messo a segno contro la Costituzione, la libertà e la democrazia in questo Paese.
  Si mina alle fondamenta, con il silenzio complice del Capo dello Stato, la sovranità popolare e si persegue uno Stato che arrogantemente ordina piuttosto che uno Stato capace di coordinare e condividere.
  È, questa pseudo riforma, la più grande truffa costituzionale mai messa in campo ai danni delle regioni a statuto speciale, verso la Sardegna e i sardi prima di tutto, che hanno nell'insularità la più evidente e consistente specialità regionale. Dite di non volerle toccare e, invece, sapete perfettamente che avete disseminato questa riforma di subdole trappole e ripetuti agguati alle specialità autonomistiche.
  Cercherò di usare concetti semplici per tradurre il golpe sostanziale che si sta mettendo in essere.
  Lo schema di questa riforma costituzionale è chiaro: togliere e negare poteri ai cittadini e ai territori e accentrarli su Roma e su poche élite affaristico – speculative.
  È una riforma per fare pozzi petroliferi, centrali eoliche, per regalare soldi alle banche dei parenti e degli amici. È una riforma per fare il deposito unico nucleare schiacciando la volontà popolare. È una riforma per sostituire alle istituzioni democratiche l'arroganza del potere.
  In questo disegno si eliminano le materie concorrenti, ovvero quelle dove lo Stato e le regioni dovevano trovare un'intesa e concorrere nella definizione di norme e loro attuazione.
  In questo processo di eliminazione della materia concorrente lo Stato fa incetta di poteri e competenze e riduce le regioni a meri uffici periferici.
  In questa strisciante riforma affaristico-speculativa al servizio di banche e petrolieri, per non aprire direttamente in questa fase il contenzioso con le regioni a Statuto speciale, è stata scritta una modesta e insignificante norma che apparentemente rimanda tutto all'adeguamento «costituzionale» degli Statuti.
  Non è vero. Il cavallo di Troia è nascosto. E in pochi ne fanno menzione: si tratta di una strategia che affida a veri e propri vasi comunicanti fra i vecchi statuti e la nuova Costituzione la cancellazione sostanziale delle regioni speciali.
  Traduco: questa riforma costituzionale introduce «la supremazia nazionale», l'interesse nazionale al di sopra di tutto, e negli statuti si fa riferimento a principi simili, ma in chiave generica e non perentoria.
  Gli statuti attualmente vigenti delle cinque regioni ad autonomia speciale, compreso Pag. 92quello della Sardegna, contengono riferimenti normativi, espressioni giuridiche e concetti che in questa riforma costituzionale sono radicalmente modificati rispetto al passato e assumono significati ordinamentali rilevanti e capaci di schiacciare sino ad annullare i poteri degli statuti speciali.
  Il primo è l'interesse nazionale, che c’è in tutti gli statuti speciali, ma non c'era più in Costituzione dal 2001 al 2015.
  Questo ha impedito che i vasi comunicanti parlassero, cioè che la giurisprudenza costituzionale sul Titolo V per le regioni ordinarie dicesse qualcosa anche sugli istituti e sui termini degli stessi.
  Ora succede che l'interesse nazionale, scomparso nel 2001, ricompare all'articolo 117, comma quarto.
  La giurisprudenza che si andrà a costruire sul nuovo interesse nazionale, la clausola di supremazia avrà effetti diretti e sarà, come un vaso comunicante, trascinata dentro le singole regioni speciali che nei rispettivi statuti fanno riferimento all'interesse nazionale.
  L'articolo 117, al quarto comma è esplicito: «Su proposta del Governo, la legge dello Stato può intervenire in materia non riservata alla legislazione esclusiva, quando lo richiedano la tutela dell'unità giuridica o economica della Repubblica ovvero la tutela dell'interesse nazionale».
  Su questo interesse nazionale ci sarà una nuova giurisprudenza. Questa transiterà, obbligatoriamente, sarà il ponte levatoio, verso la voce «interesse nazionale» presente negli statuti speciali.
  È vero che la riforma in atto fa salva l'applicazione del capo IV e, quindi, sembra dire che, finché non ci sono gli statuti nuovi, rimane tutto come è.
  Ma è anche vero che non è immaginabile che questa condizione sospensiva sia tale da impedire già da subito o anche in tempi medi l'espansione di alcune norme del Titolo V alle regioni a statuto speciale.
  Basti pensare al coordinamento della finanza pubblica che nella riforma costituzionale assume tutte le caratteristiche per avere un grado di supremazia molto forte anche all'interno degli statuti e ordinamenti speciali.
  Basta pensare all'articolo 116 della Costituzione, terzo comma, dove le forme ulteriori di autonomia che possono essere assegnate alle regioni vengono assegnate sotto la condizione dell'equilibrio di bilancio tra entrate e uscite espressamente iscritto in Costituzione.
  Se a questo leghiamo il passaggio del coordinamento della finanza pubblica da materia concorrente a materia esclusiva dello Stato e aggiungiamo gli effetti complessivi della legge costituzionale n. 1 del 2012 sul pareggio di bilancio, capiamo che in realtà tutta la partita finanziaria andrà ritrattata ex novo. E la Sardegna sarà schiacciata.
  Che ne sarà di partite decisive come per esempio del deposito unico nazionale delle scorie nucleari ? Prevarrà la clausola di supremazia nazionale a fronte degli statuti speciali ?
  Secondo la nuova riforma costituzionale deciderà la «supremazia statale» !
  C’è già un precedente: la sentenza sul nucleare, dove ci fu il tema dell'accordo Stato-regioni che, pur non formalmente raggiunto, fu di fatto ritenuto raggiunto dalla Corte costituzionale nella pronuncia.
  Dunque, le regioni a statuto speciale stanno per perdere quel poco di autonomia che c'era rimasta.
  In autunno ci sarà il referendum, per la Sardegna e le altre regioni a statuto speciale sarà questione di vita o di morte. Vivere liberi in casa propria o morire sotto l'infido Stato che continuerà a gestire, per esempio, la Sardegna come una colonia.
  Io, per quel poco o molto che potrò fare, lo farò sino in fondo.
  Non un solo attimo del nostro tempo può essere più ceduto a chi ne ha abusato per un secolo almeno, non un centimetro di terra può essere ulteriormente svenduto a servitù di Stato, non un solo soffio di libertà può essere represso.
  Per questo annuncio il mio voto contrario a questa riforma che colpisce du- ramente la sovranità popolare, nega il Pag. 93diritto all'autodeterminazione dei popoli e del popolo sardo in particolar modo.
  Un voto contro il neocentralismo statale di piduistica memoria, un voto per arginare una deriva che nega la condivisione e impone l'arroganza di Stato contro i cittadini e contro i territori.
  Con questa riforma state imponendo una scelta nefasta nell'assetto dello Stato, state imponendo la prepotenza dello Stato per imporre gli affari di petrolieri, banchieri, mercanti di scorie nucleari e faccendieri vari.
  Ora spetta ai cittadini fermare con coraggio e fermezza questa deriva. Il mio voto contrario vuole essere al contempo esortazione e speranza per una reazione referendaria di dignità e di libertà.

VOTAZIONI QUALIFICATE EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 1 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 2)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nom. Ddl cost. 2613-B - voto finale 566 561 5 281 367 194 13 Appr.
2 Nom. Ddl 3513 - quest. preg. 1, 2, 3, 4 502 500 2 251 172 328 13 Resp.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M = Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.