Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 528 di martedì 24 novembre 2015

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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROBERTO GIACHETTI

  La seduta comincia alle 10.

  PRESIDENTE. La seduta è aperta.
  Invito la deputata segretaria a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

  ANNA MARGHERITA MIOTTO, Segretaria, legge il processo verbale della seduta del 20 novembre 2015.

  PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.
  (È approvato).

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Alfreider, Artini, Baretta, Bindi, Boccia, Centemero, Antimo Cesaro, Cicchitto, D'Incà, Epifani, Faraone, Fedriga, Ferrara, Gentiloni Silveri, Mazziotti Di Celso, Meta, Nicoletti, Piccoli Nardelli, Schullian, Sereni, Speranza, Tofalo e Villecco Calipari sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
  I deputati in missione sono complessivamente centouno, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell’allegato A al resoconto della seduta odierna).

Annunzio della presentazione di un disegno di legge di conversione e sua assegnazione a Commissione in sede referente.

  PRESIDENTE. Il Presidente del Consiglio dei Ministri, con lettera in data 23 novembre 2015, ha presentato alla Presidenza il seguente disegno di legge, che è stato assegnato, ai sensi dell'articolo 96-bis, comma 1, del Regolamento, in sede referente alla VI Commissione (Finanze):

  «Conversione in legge del decreto-legge 22 novembre 2015, n. 183, recante disposizioni urgenti per il settore creditizio» (3446) – Parere delle Commissioni I, II, V e XIV.

  Il suddetto disegno di legge, ai fini dell'espressione del parere previsto al comma 1 del predetto articolo 96-bis, è stato altresì assegnato al Comitato per la legislazione.

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 10,04).

  PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento. Sospendo pertanto la seduta, che riprenderà alle ore 10,25.

  La seduta, sospesa alle 10,05, è ripresa alle 10,20.

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PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE LAURA BOLDRINI

Seguito della discussione del disegno di legge costituzionale: S. 1429-B – Disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del titolo V della parte II della Costituzione (Approvato, in prima deliberazione, dal Senato, modificato, in prima deliberazione, dalla Camera e nuovamente modificato, in prima deliberazione, dal Senato) (A.C. 2613-B).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge costituzionale, già approvato, in prima deliberazione, dal Senato, modificato in prima deliberazione dalla Camera e nuovamente modificato, in prima deliberazione, dal Senato, n. 2613-B: Disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del titolo V della parte II della Costituzione.
  Ricordo che nella seduta del 20 novembre 2015 si è conclusa la discussione sulle linee generali e che il relatore per la maggioranza è intervenuto in sede di replica.

(Esame di questioni pregiudiziali – A.C. 2613-B)

  PRESIDENTE. Passiamo all'esame delle questioni pregiudiziali di costituzionalità Invernizzi ed altri n. 1 e Brunetta e Occhiuto n. 2 e delle questioni pregiudiziali di merito Scotto ed altri n. 1 e Dadone ed altri n. 2 (Vedi l'allegato A – A.C. 2613-B).
  Avverto che la questione pregiudiziale di costituzionalità Brunetta n. 2 è stata sottoscritta anche dal deputato Occhiuto.
  A norma del comma 4 dell'articolo 40 del Regolamento, in caso di più questioni pregiudiziali, ha luogo un'unica discussione. In tale discussione, ai sensi del comma 3 del medesimo articolo 40, può intervenire uno solo dei proponenti di ciascuno degli strumenti per illustrarlo per non più di dieci minuti, nonché un deputato per ognuno degli altri gruppi, per non più di cinque minuti.
  Chiusa la discussione, l'Assemblea decide, ai sensi dell'articolo 40, comma 4, terzo periodo, del Regolamento, con un'unica votazione sulle questioni pregiudiziali di costituzionalità e poi, con altra unica votazione, sulle questioni pregiudiziali di merito.
  Il deputato Rondini ha facoltà di illustrare la questione pregiudiziale di costituzionalità Invernizzi ed altri n. 1.

  MARCO RONDINI. Signora Presidente, l’iter procedurale del testo di riforma costituzionale sul quale abbiamo presentato una pregiudiziale, che è relativo a ben 47 articoli della Carta, ha subito un'accelerazione di carattere politico, voluta da questo Esecutivo. Al Senato è stato approvato in Aula, senza passaggio in Commissione e quindi senza relatore, perché la maggioranza ha preferito evitare un confronto serrato con le opposizioni in un ambito dove i numeri non garantivano di blindare il testo. Lo strappo istituzionale che ha sottratto il testo della riforma alla discussione nella Commissione di merito in violazione degli articoli 34, 102 e 120 del Regolamento presenta evidenti profili di incostituzionalità in relazione al dettato di cui all'articolo 72 della Costituzione, secondo il quale ogni disegno di legge, presentato ad una Camera è, secondo le norme del suo Regolamento, esaminato da una Commissione e poi dalla Camera stessa, che l'approva articolo per articolo e con votazione finale; la procedura normale di esame e di approvazione diretta da parte della Camera è sempre adottata per i disegni di legge in materia costituzionale. L'esame del provvedimento al Senato è stato inoltre viziato da atteggiamenti arbitrari ed eccessivamente discrezionali Pag. 3nell'interpretazione delle consuetudini e del Regolamento da parte della Presidenza. Una condotta che noi riteniamo manifestamente incostituzionale rispetto alle garanzie che la nostra Carta fondamentale attribuisce ai gruppi parlamentari di opposizione. L'elezione di secondo grado del Senato è una violazione dell'articolo 1 della Costituzione in quanto il popolo, titolare della sovranità, viene privato del diritto di esercitarla.
  È un esercizio che, fra l'altro, abbiamo già visto manifestarsi in occasione della riforma delle province, che vengono consegnate, anche quelle, a un'elezione di secondo grado. In più, quella è sicuramente una riforma pasticciata, perché oggi non si capisce più a chi sono delegate le materie che erano delegate alle province, creando dei disagi enormi ai cittadini.
  Ma, tornando al disegno di legge sul quale abbiamo presentato la questione pregiudiziale, noi riteniamo che l'effetto della prospettata riforma del bicameralismo, unito alla modifica della legge elettorale, con una Camera dei deputati a vocazione ipermaggioritaria, e al rafforzamento delle prerogative del Governo in Parlamento è suscettibile di determinare effetti distorsivi dell'equilibrato rapporto fra i poteri dello Stato.
  La lettura, in combinato disposto, delle riforme in esame e dell'approvata legge elettorale permetterà che un partito con solo il 25 per cento possa scegliere il Presidente della Repubblica, i cinque membri della Corte costituzionale ad appannaggio del Parlamento e, attraverso il Presidente della Repubblica, anche gli altri cinque, quindi dieci su quindici; nomina le Authority e i membri del Consiglio superiore della magistratura. Un sistema autoritario, in sostanza, che si contrappone al principio cardine della nostra Carta costituzionale, sancito dall'articolo 1.
  Il disegno di legge costituzionale in esame propone di modificare le disposizioni contenute nei titoli I, II, III, V e VI della parte II della Costituzione e nelle disposizioni finali. Una legge costituzionale dal contenuto disomogeneo che, qualora si pervenisse a un referendum confermativo, si porrebbe in violazione della sovranità popolare e della libertà di voto, poiché obbligherebbe in modo coercitivo gli elettori ad esprimere un solo voto sull'intero testo, nonostante le modifiche della Costituzione siano varie e disparate.
  Dalla lettura del nuovo articolo 117 è riscontrabile una molteplicità e varietà di termini utilizzati per indicare le competenze legislative esclusivamente statali e quelle riferite alla potestà regionale: «principi fondamentali», con riferimento all'articolo 122 della Costituzione; «norme di coordinamento», con riferimento alla finanza pubblica e al sistema tributario; «principi generali», con riferimento al patrimonio dei comuni, delle città metropolitane e delle regioni; «profili ordinamentali generali» relativi agli enti di area vasta definiti con legge dello Stato e richiamati nell'articolo 40 del disegno di legge. Formule confuse che genereranno sicuramente numerosi conflitti di attribuzione dinanzi alla Corte costituzionale. Tutto ciò in manifesta violazione del principio sancito dall'articolo 5 della Costituzione. La presente riforma costituzionale depotenzia, di fatto, le regioni, privandole di qualunque tipo di funzione, sopprimendo la materia concorrente e mettendola sempre in capo allo Stato e introducendo la formula della clausola di supremazia, foriera di un effetto distorsivo rispetto alla potestà legislativa regionale, con una clausola che prevede che la legge dello Stato può intervenire su proposta del Governo in materie non riservate alla legislazione esclusiva dello Stato, quando lo richieda la tutela dell'unità giuridica o economica, ovvero la tutela dell'interesse nazionale e tutto ciò a danno delle regioni.
  Per questi motivi, che sono riportati anche nel testo della nostra questione pregiudiziale, riteniamo che non debba proseguire l'iter di approvazione di questo disegno di legge e chiediamo naturalmente che questo, con un voto favorevole sulla nostra questione pregiudiziale, si possa fermare (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie-Lega dei Popoli-Noi con Salvini).

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  PRESIDENTE. Il deputato Occhiuto ha facoltà di illustrare la questione pregiudiziale di costituzionalità Brunetta e Occhiuto n. 2.

  ROBERTO OCCHIUTO. Grazie, signora Presidente. Il testo di riforma al nostro esame, nel tentare di cambiare l'impianto ordinamentale della Costituzione, incide significativamente anche sulla forma di governo del nostro Paese. Non è un mistero che il dibattito dottrinale che, nel frattempo, si è sviluppato intorno alla riforma e che ha avuto voce anche in Parlamento durante le audizioni, abbia rilevato numerose criticità, le stesse che Forza Italia evidenzia da diverso tempo e che noi abbiamo indicato nella nostra pregiudiziale di costituzionalità.
  Tra le perplessità avanzate dagli esperti, una particolare riflessione merita l'osservazione riportata all'interno della nostra questione pregiudiziale, che è relativa al combinato disposto della legge elettorale approvata lo scorso maggio con la riforma costituzionale attualmente in discussione, che comporterebbe un cambiamento surrettizio della forma di Governo che, con il tempo, porterebbe ad una sorta di premierato assoluto. Con il combinato disposto di questa riforma con la legge elettorale approvata, avremmo cioè un sistema che potrebbe concedere il premio di maggioranza ad una sola lista anche se questa accedesse al ballottaggio soltanto con il 25, il 26 per cento o solo qualcosa di più di tutte le altre. A causa dell'esclusione della possibilità di apparentamento, si darebbe ad una ristrettissima minoranza elettorale il controllo assoluto della Camera e la conseguente possibilità di scegliere quasi tutte le cariche istituzionali e tutti gli organismi di garanzia. Avremmo un sistema insomma privo di ogni bilanciamento, senza quei pesi e quei contrappesi necessari per garantire l'equilibrio tra i poteri dello Stato.
  Si tratta di un elemento particolarmente rilevante che, come Forza Italia, abbiamo denunciato anche nel corso dell'esame della legge elettorale e che ha avuto un peso rilevante anche nell'atteggiamento che il mio gruppo ha tenuto nei confronti delle riforme. Eppure, Forza Italia aveva adottato una linea molto diversa dall'opposizione che fece la sinistra nel corso della XIV legislatura alla riforma costituzionale portata avanti allora dal Governo Berlusconi. Avevamo infatti deciso di sostenere, con pari dignità e responsabilità, le riforme proposte dal Governo Renzi, come una forza matura e consapevole deve essere in grado di fare. Anche nelle ultime settimane, nei mesi passati e negli ultimi giorni abbiamo sentito ripetere lo stucchevole ritornello del cambio di opinione di Forza Italia sulle riforme. Basta con questo ritornello ! È vero, avevamo creduto a Renzi; avevamo creduto a Renzi, come molti italiani avevano creduto a Renzi e ora non ci credono più.
  Avevamo creduto al Presidente del Consiglio, come molti suoi ex alleati avevano fatto e ora non ci credono più. Avevamo creduto insomma che volesse riorganizzare l'assetto costituzionale del Paese attraverso un ordinato e corretto rapporto dialettico fra maggioranza e minoranze, ma i fatti hanno dimostrato che evidentemente così non era.
  Le decisioni assunte in merito alle riforme, tali da determinare un combinato disposto da deriva autoritaria ci hanno portato a prendere le distanze da questo testo.
  Bisogna sottolineare inoltre che il testo approvato in terza lettura dal Senato è assai più pasticciato rispetto a quello originariamente presentato dal Governo. Nel testo originario infatti si potevano rintracciare alcuni aspetti che erano già presenti nella riforma costituzionale del 2005, promossa dal Governo Berlusconi. Mi riferisco in particolare alla fine del bicameralismo perfetto e ad un Senato rappresentativo delle realtà regionali.
  Oggi, invece, discutiamo un testo fortemente peggiorato. Nel passaggio da questo ramo del Parlamento all'altro, gli aspetti più controversi, in verità assai discussi anche nel Partito Democratico, riguardavano le funzioni del Senato e il meccanismo di elezione dei senatori e, Pag. 5anche rispetto a questi due aspetti, le ultime modifiche apportate dal Senato, non solo non hanno risolto le questioni più problematiche che la dottrina aveva evidenziato, ma in fondo hanno introdotto soluzioni che sono addirittura peggiorative e che aumentano i dubbi e le perplessità.
  Che cosa vuol dire nella nuova formulazione dell'articolo 57 che i senatori saranno eletti in conformità alle scelte espresse dagli elettori per i candidati consiglieri ? Bisogna essere un giurista o un costituzionalista per capire che questa è un'espressione troppo vaga e indeterminata ? Bisogna essere un fine giurista per capire che questa espressione, contenuta nell'articolo 57 della nostra Costituzione, rischierà di generare una confusione che non è degna del dettato costituzionale ? Non c’è inoltre un'evidente violazione dell'articolo 1 della Costituzione in merito all'elezione di secondo grado del Senato, in quanto il popolo titolare della sovranità viene privato del diritto di esercitarla ? Secondo noi, c’è questa violazione, lo abbiamo scritto nella nostra questione pregiudiziale.
  Si introduce, poi, un meccanismo di forte disomogeneità nel metodo di elezione di un organo che ha già una composizione fortemente disomogenea, perché è un organo formato da rappresentanti di enti territoriali diversi, come sono le regioni e i comuni. Infatti, se si accetta la premessa per cui al Senato i comuni debbano essere rappresentati, non si comprende la motivazione per la quale i loro rappresentanti, i rappresentanti dei comuni in Senato, non solo non debbano essere scelti dai cittadini, come accade per i consigli regionali, e nemmeno dai comuni stessi bensì dai consiglieri regionali. Che c'entra questo ? Pertanto, nell'ambito dell'indicazione da parte dei cittadini dei futuri senatori vengono esclusi i sindaci che, invece, saranno scelti in piena autonomia da parte degli organi consiliari delle regioni, con una ingiustificata disparità di trattamento rispetto ai senatori di provenienza dal livello regionale.
  E intervengo ancora sulle competenze che saranno attribuite al Senato (anche queste abbiamo segnalato nella nostra pregiudiziale). Su quelle competenze, indicate all'articolo 55, mi chiedo che senso ha avuto, nelle modifiche apportate al testo, conservare il nucleo di funzioni assegnate al Senato aggiungendone diverse altre, quasi a ottenere il superamento del bicameralismo perfetto ma lasciando inalterato il peso istituzionale della seconda Camera, quasi ad ottenere, come è stato detto da qualcuno in audizione, «la botte piena e la moglie ubriaca».
  Come è noto, l'intento primario della riforma dovrebbe essere quello di escludere il Senato dal circuito fiduciario e di ridurne drasticamente il peso nel procedimento legislativo. La trasformazione del ruolo del Senato, quale Assemblea rappresentativa degli enti territoriali, si accompagna a un riassetto fortemente centralistico della forma di Stato e, dunque, ad una sua fisiologica marginalizzazione nel procedimento legislativo.
  Ma sembra che, proprio per sopperire a questo rischio il Governo e soprattutto la maggioranza abbiano sentito il bisogno di compensare in qualche modo il Senato. Ciò è avvenuto incrementando la quantità e la qualità delle leggi bicamerali, che attualmente sono decisamente troppe, visto che la forma di governo rimane parlamentare e che il Senato non partecipa al circuito fiduciario, accumulando, però, tutta una serie di funzioni assai eterogenee in capo all'organo. Con riguardo a tale ultimo profilo, è evidente che la prospettiva risarcitoria nella quale in terza lettura si è operato, rischia di produrre più danni che benefici, rompendo la razionalità dell'originario progetto di riforma rispetto allo scopo perseguito.
  Inoltre, tra le funzioni della seconda Camera è stata aggiunta quella di valutare – e non solo di concorrere a valutare – le politiche pubbliche, l'attività delle pubbliche amministrazioni, l'impatto delle politiche europee. Il problema, però, non si limita alla coerenza: infatti, la valutazione delle politiche pubbliche, dell'attività delle pubbliche amministrazioni e la verifica delle leggi dello Stato e dell'impatto delle politiche dell'Unione europea sui territori Pag. 6sono funzioni assai evanescenti, difficile da perimetrare e ancora più da esercitare. Avremmo voluto più chiarezza anche su questo tema.
  Queste, signora Presidente, e altre sono alcune delle questioni, alcuni dei vizi che abbiamo indicato nella nostra pregiudiziale di costituzionalità. Queste sono alcune delle ragioni della nostra contrarietà alla riforma che proponete. Abbiamo visto che la Ministra Boschi canta già vittoria, dicendo che il referendum sicuramente sarà approvato. Io vorrei ricordare alla Ministra Boschi, al Presidente del Consiglio e al Governo che spesso, quando si pone mano alle riforme costituzionali e alla legge elettorale senza un rigore istituzionale che questa opera vorrebbe, si determina una vera e propria eterogenesi dei fini.
  Quindi, non cantate vittoria e aspettate di giudicare quello che sarà l'esito del giudizio dei cittadini rispetto a questa pasticciata riforma su cui anche noi, in questa lettura alla Camera, ci esprimeremo in maniera contraria, come abbiamo già anticipato attraverso la nostra pregiudiziale.

  PRESIDENTE. La deputata Celeste Costantino ha facoltà di illustrare la questione pregiudiziale di merito Scotto ed altri n. 1, di cui è cofirmataria.

  CELESTE COSTANTINO. Grazie, signora Presidente. Al quarto passaggio di questa riforma è del tutto evidente che presentare una pregiudiziale di costituzionalità ha solo un obiettivo: quello di ribadire, ancora una volta, l'illegittimità con cui si stanno apportando guasti alla Carta costituzionale e, di conseguenza, alla qualità della nostra democrazia.
  Le criticità che già caratterizzavano l'iniziale testo governativo ormai sono consolidate nel testo adesso in esame. Per esempio, l'elezione di secondo grado del Senato viola l'articolo 1 della Costituzione: il popolo, titolare della sovranità, viene privato del diritto di esercitarla. La trasformazione del Senato da elettivo a non elettivo sottrae l'elettore del potere di legittimazione diretta di quell'istituzione.
  L'effetto della prospettata riforma del bicameralismo, unito alla modifica della legge elettorale con Camera dei deputati a vocazione ipermaggioritaria e al rafforzamento delle prerogative del Governo in Parlamento, è suscettibile di determinare non solo effetti distorsivi dell'equilibrato rapporto fra i poteri dello Stato ma anche un intollerabile restringimento della rappresentanza politica attraverso la soglia di sbarramento, una soglia che penalizza eccessivamente i partiti minori determinando una larghissima esclusione sociale e politica.
  In dottrina esiste l'unanimità su un concetto fondamentale, secondo cui il potere deve essere ripartito tra più soggetti ed organi in modo tale che nessuno di essi sia in condizione di sopraffare gli altri. La pluralità degli organi costituzionali comporta che questi siano reciprocamente indipendenti e si trovino in una condizione di equilibrio che sia tale da garantire, in modo effettivo, il ruolo che a ciascuno di essi è attribuito. I costituenti hanno saputo costruire un sistema fondato su pesi e contrappesi, in grado di funzionare perfettamente e capace di resistere alla prova del tempo e a contesti profondamente diversi.
  Il testo al nostro esame, nel combinato disposto con la nuova legge elettorale denominata Italicum, determina, come risultato finale, un monocameralismo dominato da una coalizione di partiti non legittimata dalla maggioranza degli elettori, privo di contropoteri e con un aumento esponenziale di nuovi poteri. Infatti, se la Camera elegge, con i suoi 630 deputati, praticamente da sola, in un Parlamento in seduta comune composto da circa 730 membri – 630 deputati più i 100 senatori –, il Presidente della Repubblica, un terzo dei componenti del CSM e tre dei cinque giudici costituzionali, essendo, inoltre, titolare esclusiva della funzione legislativa e del rapporto di fiducia con il Governo, per contro il Senato partecipa paritariamente all'approvazione delle leggi costituzionali ed elegge due giudici costituzionali, ma le sue attribuzioni, per quanto riguarda la funzione legislativa, Pag. 7sono puramente consultive e facilmente superabili dal voto contrario, ancorché a maggioranza assoluta, della Camera dei deputati.
  Nello stesso tempo, paradossalmente le funzioni che l'articolo 70 della Costituzione, così come modificato nel testo al nostro esame, attribuisce al Senato sono davvero modeste. Il nuovo Senato non ha alcun peso e ciò non tanto per la fonte di legittimazione, quanto per il fatto che il suo apporto alla formazione delle leggi è fortemente condizionato dal volere della Camera dei deputati. Inoltre, si profila un rischio serio proprio per la finanza pubblica, dovuto alle possibili coalizioni tra interessi regionali per intervenire direttamente sulla spesa pubblica.
  La possibilità offerta al nuovo Senato di intervenire sulle leggi di bilancio, con la convergenza di interessi locali tesi ad aumentare la spesa dello Stato a favore delle realtà territoriali, costringerebbe la Camera ad approvare poi la legge di bilancio con una maggioranza rafforzata. Va considerata inoltre – e mi avvio a concludere, signora Presidente – la sgrammaticatura istituzionale del testo presentato dal Governo, che lo ha reso, a nostro avviso, difficilmente emendabile senza una seria e ponderata considerazione degli effetti delle varie modifiche proposte, che oltretutto cambiavano in continuazione durante l'iter procedurale. Sono cambiamenti sostanziali che rappresentano, soprattutto, un segno di debolezza culturale e di grande approssimazione istituzionale, considerato, inoltre, che si assiste ad una regressione culturale profonda, con la cancellazione del Senato, la composizione della Camera con un sistema ipermaggioritario e con la distruzione del sistema di garanzie, con il risultato di un'alterazione in senso autoritario della logica della Repubblica parlamentare, codificato nella nostra Costituzione repubblicana, e che, in definitiva, la riforma in esame avrebbe un impatto devastante sulla sovranità popolare, sulla rappresentanza, sulla partecipazione democratica, sul diritto al voto. Per tutti questi motivi, crediamo che non si debba procedere all'esame di questo provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Italiana – Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. La ringrazio, deputata Costantino. La deputata Dadone ha facoltà di illustrare la sua questione pregiudiziale di merito n. 2.

  FABIANA DADONE. Grazie, Presidente. Ci troviamo oggi nuovamente ad esaminare il disegno di legge Boschi di superamento del bicameralismo perfetto, che, come abbiamo più volte evidenziato, nasconde, sotto il dichiarato intento di snellire quello che è un farraginoso procedimento legislativo, una riforma fortemente sbilanciata in favore del Governo. È una finalità che appare ancora più evidente se si valuta il combinato disposto di queste riforme insieme alla legge elettorale Italicum da voi concepita. Se questa riforma verrà approvata, infatti, la nostra Repubblica parlamentare, che ci è stata lasciata in eredità da ben più saggi di noi padri costituenti, diventerà sostanzialmente una Repubblica presidenziale. Si sposterà, infatti, l'asse istituzionale in favore dell'Esecutivo. Tanto per essere chiari, avremo un Governo che con il suo Presidente del Consiglio gestirà totalmente l'agenda dei lavori parlamentari, ovvero deciderà quali leggi verranno calendarizzate e quali verranno approvate o meno, e una Camera che, a maggioranza, eseguirà. Sarà una mera esecutrice, forte anche di quella maggioranza numerica che gli verrà garantita dal premio di maggioranza, che è inserito all'interno dell'Italicum. È un problema che, per chi non è addetto ai lavori, può non sembrare così nodale, ma in realtà lo è, eccome. Infatti, un tipo di riforma di questo genere non si può fare così come l'avete fatta voi, tant’è che è zeppa di profili di criticità costituzionale.
  Passiamo ad esaminare quelli che sono i profili di criticità costituzionale per i quali abbiamo deciso di presentare la presente questione pregiudiziale. Per fare capire i motivi, non certamente a voi, perché chi siede in quest'Aula voterà questo testo, che è frutto di un compromesso, Pag. 8senza battere ciglio, ma per permettere, invece, di capire meglio il senso di questo testo alle persone che, al di fuori di quest'Aula, seguono i lavori e che si troveranno a votare tramite referendum questa riforma... Presidente, posso chiedere che i banchi del Governo siano liberi ? Ci tengo ad essere ascoltata perché è importante. Grazie.
  Innanzitutto è bene ricordare che il procedimento disciplinato dall'articolo 138 della Carta fondamentale presuppone che l'esercizio di revisione costituzionale spetti ai membri delle due Camere rappresentative del popolo, cui appartiene chiaramente la sovranità, secondo il dettato dell'articolo 1, i quali devono essere eletti con un voto, chiaramente dei cittadini, che è un voto personale, uguale, libero e segreto, a norma dell'articolo 48 della Carta costituzionale. Peccato che questo sia un Parlamento in carica nel quale i deputati siano stati proclamati eletti secondo l'applicazione di meccanismi che sono stati dichiarati costituzionalmente illegittimi dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 1 del 2014, dalla quale discende una palese ed evidente carenza di legittimità di queste due Camere a procedere alla revisione del testo costituzionale e, a maggior ragione, alla modifica dell'intera Seconda Parte dello stesso.
  Immagino che chi siede tra questi scranni sarà pronto a controbattere che, invece, la Corte costituzionale, in quella citata sentenza, ha fatto salvi tutti gli atti compiuti da questo Parlamento in forza del principio di continuità dello Stato. Ecco, peccato che questa sia l'interpretazione che voi politici date di questa sentenza, ma che la comunità scientifica, che ritengo essere un pelino più imparziale, interpreta in maniera decisamente diversa. Lo sanno molto bene i due colleghi di maggioranza che, insieme a me, in Giunta per le elezioni, hanno seguito i lavori di convalida del plenum di questa Assemblea. Perché ? Perché per la prima volta si è proceduto, in quella sede, su nostra istanza, a svolgere delle audizioni informali, proprio per capire gli effetti di quella sentenza sulla convalida di tutti questi deputati del plenum di questa Assemblea, in particolare sulla convalida dei seggi del premio di maggioranza, tra i quali siede – inevitabile ricordarlo – il Ministro per le riforme costituzionali Boschi, il sottosegretario Scalfarotto e anche lei, Presidente Boldrini.
  Dalle audizioni informali sono emersi degli spunti decisamente interessanti. Infatti, in questa audizione pensi che, su sette costituzionalisti comparsi, cinque hanno detto chiaramente che non si poteva procedere con la convalida del premio di maggioranza.
  Si sta parlando di 148 deputati su 630: 148 voti che oggi, in questa sede, peseranno sulla votazione di queste riforme costituzionali. Questi cinque costituzionalisti si sono esposti anche, chiaramente, sul principio di continuità dello Stato, sostenendo che le Camere avrebbero potuto continuare ad operare grazie a questo principio implicito, ma limitato nel tempo, come esemplificato dalla stessa Corte in quella sentenza, con il richiamo alla prorogatio prevista dagli articoli 61 e 77, secondo comma, della Costituzione, che prevede tutt'al più un allungamento di tre mesi, ma non certo di una legislatura intera.
  In quella sede, per esempio, il professor De Fiores disse che dubitava che il Parlamento fosse nella condizione giuridico-costituzionale per esercitare il potere di revisione, per due ragioni: che un Parlamento eletto con una legge elettorale incostituzionale non potesse essere legittimato a riformare la Carta costituzionale, dalle cui superiori disposizioni discende, per contrasto, la sua illegittimità, e che la revisione costituzionale si colloca al di fuori del principio di continuità della funzione degli organi costituzionali. A sostegno di questa tesi vi è anche il professor Sorrentino. Questi non sono gli unici cinque costituzionalisti che si sono espressi in questo senso, tant’è che proprio in quelle audizioni venne citata la pubblicazione di una nota, che era uscita su Confronti costituzionali, del professor Gino Scaccia della LUISS, il quale ha sostenuto che, nel momento in cui la Corte costituzionale ha Pag. 9dichiarato incostituzionale la legge elettorale, al di là delle questioni giuridiche, la legittimità politica del Parlamento viene meno.
  Ovviamente, con l'onestà intellettuale che contraddistingue questa maggioranza, soprattutto il PD, il PD stesso ha fatto orecchie da mercante e ha deciso di andare avanti dritto per la propria strada, convalidando tutto il plenum dell'Assemblea e portando addirittura avanti questo scellerato disegno di legge costituzionale. Ma la domanda che ci poniamo è: siete veramente certi di essere legittimati a stravolgere la Carta costituzionale ? Io, seriamente parlando, al posto vostro, qualche domandina comincerei a farmela. E, scusate se insisto a citare le opinioni di costituzionalisti, ma suppongo che, non essendo loro iscritti al MoVimento 5 Stelle ed essendo decisamente più autorevoli di me in materia, magari potrebbero farvi cambiare idea, chi lo sa ?
  In un'intervista rilasciata questo agosto dal professor Alessandro Pace, che è professore emerito di diritto costituzionale presso la facoltà La Sapienza di Roma, anche il professor Pace si è espresso in merito alla legittimazione di queste Camere con parole che qualche freno dovrebbero mettervelo, dicendo testualmente...

  PRESIDENTE. Colleghi, per favore, si può abbassare il tono della voce, perché si fa fatica a seguire l'intervento ? Vi ringrazio della collaborazione. Prego, deputata.

  FABIANA DADONE. Grazie. L'attuale Parlamento, mentre doveva approvare le leggi elettorali secondo le indicazioni della Consulta (sentenza n. 1 del 2014), non avrebbe dovuto porre mano alla revisione costituzionale. Le Camere elette nel 2013, in forza di una legge elettorale poi dichiarata incostituzionale, non possiedono la legittimazione necessaria per modificare la Costituzione. Inoltre, dalle battute finali della sentenza n. 1 si evince chiaramente che il principio di continuità degli organi costituzionali poteva essere invocato solo per un breve periodo di tempo e non per l'intera legislatura, come da subito preteso da Renzi, con la conseguenza chiaramente di condizionare la volontà dei parlamentari nominati con il costante ricatto del possibile scioglimento delle Camere.
  Ma lasciamo perdere questo argomento. Facciamo finta che questo Parlamento sia legittimato. C’è un'altra questione non da meno, ossia che questo disegno di legge è giunto dal Governo, dall'Esecutivo, cioè è stato il potere esecutivo a proporre una riforma costituzionale: mamma mia, che orrore ! Io ricordo che, nella passata lettura, il presidente del gruppo SEL in un intervento citava Calamandrei, ricordando quanto lui disse in merito alle riforme costituzionali: quando si discutono, i banchi del Governo dovrebbero essere vuoti. Qui sono zeppi addirittura di deputati che sono lì grazie al premio di maggioranza. Votano e si sostengono questa riforma, che hanno, peraltro, proposto loro: un pastrocchio non da poco. È un Parlamento che, a mio parere, senza spina dorsale, per qualche poltrona, per qualche carica, io non so per cosa, ha svenduto la massima competenza che ha al Governo.
  Oltre a questi profili, ci sono degli altri profili critici, perché ovviamente, quando si presentano delle riforme di questo genere lo si fa con questa arroganza e con la poca volontà di discutere ed emergono profili critici notevoli, come, per esempio, quello in merito al disegno del nuovo Senato, che ha competenze scarse di collegamento con le istituzioni territoriali, ma ha competenza costituzionali e non si capisce come dovrebbe essere votato/nominato.
  Si viola, come è stato chiaramente già detto prima, il principio di sovranità popolare di cui all'articolo 1, secondo il quale i cittadini dovrebbero, attraverso il voto, manifestare la sovranità popolare. Un principio che viene violato dall'articolo 57, secondo e quinto comma, con una formulazione che è criptica, perché non si capisce: i sindaci sembra che non debbano essere scelti, mentre invece i senatori consiglieri regionali sì, ma conformemente al risultato delle elezioni. Quindi, sono due le Pag. 10questioni, o ci si attiene a quello che l'elettore dice per il consiglio regionale e verrà ad essere riprodotto nella stessa identica maniera al Senato e, allora, è un duplicato inutile, altrimenti ci si distacca dalla volontà dell'elettore e, allora, si viola quanto sancito dall'articolo 1.

  PRESIDENTE. Concluda.

  FABIANA DADONE. Mi avvio alla conclusione, Presidente. Il professor Gustavo Zagrebelsky, in occasione della conferenza stampa tenutasi a Torino sul deposito del ricorso contro l'Italicum, ha detto qualcosa che mi ha fatto sorridere non poco: bisognerebbe chiedere ai sostenitori di questa riforma – quindi al Ministro Boschi, in particolar modo – di spiegare come si faceva a scuola, con parole semplici, che cosa prevede l'articolo 2. Ecco, mi vien da ridere solo all'idea, perché ho dei dubbi che riuscirebbe a farlo con parole semplici. Altri profili riguardano i quaranta articoli toccati con una revisione; una revisione è una piccola modifica, non è uno stravolgimento di un terzo dell'articolato costituzionale.

  PRESIDENTE. Concluda, deputata...

  FABIANA DADONE. Soltanto due minuti.

  PRESIDENTE. Concluda, non ha due minuti, il suo tempo è già terminato. La prego, concluda.

  FABIANA DADONE. È un argomento importantissimo. Il referendum è un aut aut, quindi, strumento plebiscitario e non più garanzia delle minoranze, e poi vi è la questione della doppia conforme che in realtà avete scelto voi di interpretare così, ma è stata sempre interpretata in altra maniera; otto gruppi parlamentari e quattro questioni pregiudiziali, qualche domanda dovreste porvela per quella che è una riforma che un membro di maggioranza, a microfoni spenti, ha definito costituzionalmente sgrammaticata (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Dorina Bianchi. Ne ha facoltà.

  DORINA BIANCHI. Grazie Presidente; la questione pregiudiziale che tra l'altro riproduce in gran parte gli stessi argomenti già contenuti nella pregiudiziale respinta dalla Camera il 18 dicembre dell'anno scorso è non soltanto priva di fondamento, ma ancora sostiene una visione conservatrice che considera la Carta del 1948 una sorta di «totem» intoccabile e che ignora che la riforma delle nostre istituzioni si rende necessaria, proprio al fine di non vanificare gli importanti risultati raggiunti sui diritti fondamentali, grazie, appunto, a questa Carta.
  Ci si dimentica troppo facilmente della vera e propria crisi costituzionale che è emersa dalle elezioni politiche del febbraio del 2013, quando la legislatura non riusciva neppure ad avviarsi e, quando, proprio a causa del nostro assurdo e ingombrante bicameralismo paritario, non c'era una maggioranza in entrambe le Camere, non si riusciva a formare un Governo né ad eleggere il nuovo Presidente della Repubblica. Uno stallo istituzionale dal quale si è usciti solo grazie alla rielezione del Presidente Napolitano e alla formazione di un Governo di grande coalizione. Ci si dimentica troppo facilmente che allo scoppio della crisi dei debiti sovrani e dell'economia reale l'Italia si è trovata in una condizione di maggiore fragilità rispetto agli altri Paesi a causa dell'accumulo di problemi irrisolti negli anni, tra i quali, in particolare, quello del mancato ammodernamento del nostro sistema istituzionale. Dobbiamo ricordare che noi tentiamo di ammodernare il nostro sistema costituzionale da circa trent'anni.
  Nel nuovo sistema il Senato è la Camera rappresentativa delle istituzioni territoriali, sede di raccordo tra i legislatori regionali e il legislatore statale, con la finalità di responsabilizzare il sistema delle autonomie e riportare il contenzioso Pag. 11costituzionale entro limiti fisiologici. Si tratta di una Camera che svolge anche altre importanti funzioni e che, pertanto, non è per niente dequalificata. Il fatto che, poi, coerentemente con questa impostazione, il Senato sia eletto dai consigli regionali, peraltro, in conformità alle scelte espresse dagli elettori, non rappresenta affatto una violazione dell'articolo 1 della Costituzione né della sovranità popolare, come sostiene erroneamente la pregiudiziale. È priva di fondamento anche la tesi secondo la quale il combinato disposto della riforma del bicameralismo e della nuova legge elettorale porti a un intollerabile restringimento della rappresentanza attraverso la soglia di sbarramento.
  Le esigenze di governabilità e di rappresentatività sono, invece, ben contemperate ove si consideri che il premio di maggioranza assicura uno scarto molto contenuto dei seggi, rispetto alla maggioranza assoluta, i seggi di scarto sono solo venticinque, e che la soglia di sbarramento del 3 per cento assicura un ampio pluralismo politico. Quanto alla cosiddetta corsia preferenziale, ricordo solo che essa corrisponde, addirittura, a una proposta che è stata fatta e contenuta nel decalogo proposto nel 1982 dall'allora Presidente del Consiglio Giovanni Spadolini. Non c’è alcun scardinamento dei principi fondamentali della Costituzione di cui agli articoli 1 e 48, come sostiene la pregiudiziale. Il disegno di legge di riforma costituzionale ha un contenuto pienamente omogeneo, perché la riforma del bicameralismo paritario e la riforma del Titolo V sono due facce della stessa medaglia, rappresentano un disegno unitario di riforma del nostro assetto istituzionale e, pertanto, gli elettori potranno pronunciarsi nel referendum confermativo a favore o contro questa riforma, senza alcuna coercizione della loro volontà.
  Quanto alle garanzie del sistema costituzionale, il testo del disegno di legge, in particolare dopo le modifiche apportate dal Senato e dalla Camera, le ha rafforzate e non indebolite, come dimostrano le modifiche dell'articolo 64 della Costituzione che prescrive che i Regolamenti garantiscono i diritti delle minoranze e lo statuto dell'opposizione, l'articolo 71 sui progetti di iniziativa popolare che non potranno più rimanere nei cassetti delle Camere e, addirittura, con la previsione di referendum propositivi e di indirizzo, l'articolo 75 con l'abbassamento del quorum di validità del referendum abrogativo, l'articolo 77 con le limitazioni della decretazione d'urgenza e l'articolo 83 relativo all'elezione del Presidente della Repubblica, con l'innalzamento del quorum per l'elezione del Presidente della Repubblica, che si eleva ai tre quinti dei componenti e poi dei votanti.
  Per tutte queste ragioni, noi siamo dell'idea che la questione pregiudiziale presentata è priva di ogni fondamento ed è pertanto da respingere (Applausi dei deputati del gruppo Area Popolare (NCD-UDC)).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Gian Luigi Gigli. Ne ha facoltà.

  GIAN LUIGI GIGLI. Grazie Presidente, eccoci per l'ennesima volta a parlare di eccezioni di incostituzionalità, pregiudiziali di incostituzionalità, per quanto riguarda questo provvedimento. Ciò sembrerebbe un po'paradossale, appunto, dopo che sono state già respinte più volte queste pretese di incostituzionalità, ma se andiamo a leggere, poi, nel merito le tre pregiudiziali presentate, scopriamo che, in realtà, al di là del paradosso di carattere ripetitivo, appunto, di cui ho già detto, in realtà, non si tratta tanto di sostenere, in ciascuna di queste tre eccezioni di incostituzionalità, una vera incostituzionalità di questa riforma, se non per specifici punti, su cui tornerò, ma si tratta in gran parte, andandole a leggere, di valutazioni di merito che, per carità, sono rispettabilissime, dignitosissime, interessantissime, ma che non toccano, a mio avviso, la costituzionalità della materia.
  I punti, in realtà, sui quali viene pretesa, appunto, una incostituzionalità del Pag. 12provvedimento sono riconducibili, invece, sostanzialmente a tre: il primo, ed è il più grave, riguarda l'ennesima riproposizione, nella pregiudiziale del MoVimento 5 Stelle, di una pretesa non legittimazione di questo Parlamento a decidere di una riforma costituzionale. Dico che è l'ennesima volta, perché questo tipo di opinione da parte del MoVimento 5 Stelle l'abbiamo sentita ribadire in tutte le occasioni, in tutte le salse e in tutti i dibattiti che si sono svolti in questi anni.
  E però vale la pena, forse, una volta per tutte, chiudere questo argomento, rileggendo – e mi scuserete se lo faccio – quello che la sentenza n. 1 del 2014 della Corte costituzionale, nella quale appunto veniva dichiarato incostituzionale in parte il meccanismo elettorale vigente con il Porcellum, ha con chiarezza stabilito. La Corte dice che la decisione da essa assunta produrrà i suoi effetti esclusivamente in occasione di una nuova consultazione elettorale, consultazione che si dovrà effettuare o secondo le regole contenute nella normativa che resta in vigore a seguito della presente decisione ovvero secondo la nuova normativa elettorale eventualmente adottata dalle Camere. Essa, pertanto – dice la Corte –, non tocca in alcun modo gli atti posti in essere in conseguenza di quanto stabilito durante la vigenza delle norme annullate, compresi gli esiti delle elezioni svoltesi e gli atti adottati dal Parlamento eletto. In particolare, la Corte, con riferimento alla pretesa retroattività della sentenza, afferma che la retroattività vale soltanto per i rapporti tuttora pendenti, con conseguente esclusione di quelli esauriti, i quali rimangono regolati dalla legge dichiarata invalida. Le elezioni che si sono svolte in applicazione anche delle norme elettorali dichiarate costituzionalmente illegittime costituiscono in definitiva e con ogni evidenza un fatto concluso, posto che il processo di composizione delle Camere si compie con la proclamazione degli eletti. Del pari, non sono riguardati gli atti che le Camere adotteranno prima che si svolgano nuove consultazioni elettorali.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROBERTO GIACHETTI (ore 11,15)

  GIAN LUIGI GIGLI. Pertanto, conclude la Corte, nessuna incidenza è in grado di spiegare la presente decisione, neppure con riferimento agli atti che le Camere adotteranno prima di nuove consultazioni elettorali. Le Camere sono organi costituzionalmente necessari ed indefettibili e non possono in alcun momento cessare di esistere o perdere la capacità di deliberare. Basterebbe questo a smentire una volta per tutte – e sarebbe il caso che i colleghi non insistessero ulteriormente – la pretesa non legittimazione di questo Parlamento ad approvare qualunque riforma della Carta costituzionale. Mi fermo qui Presidente.

  PRESIDENTE. La ringrazio. Ha chiesto di parlare l'onorevole Mazziotti Di Celso. Ne ha facoltà.

  ANDREA MAZZIOTTI DI CELSO. Grazie, Presidente. Signori rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi, siamo ancora una volta, come si è detto, a discutere di questioni pregiudiziali di costituzionalità, che in realtà sono quasi tutte di merito, però alcune considerazioni vale la pena farle. Ho sentito dire dai colleghi della Lega che sarebbe stata violata la Costituzione perché non c’è stato un dibattito al Senato in Commissione, e questo avrebbe alterato lo schema democratico: non so se alteri di più questo lo schema democratico o presentare 500 mila emendamenti non scritti, non letti e poi ritirati all'ultimo dopo aver tenuto il Senato bloccato per qualche mese, compresi i poveri dipendenti per tutta l'estate, poi seguiti – mi pare – da 82 milioni di emendamenti in Aula. Ecco, credo che questo di democratico non abbia niente, perché normalmente la democrazia funziona sulla consapevolezza: la Lega ha cercato di bloccare i lavori con emendamenti scritti da un software. Credo che se poi è saltato il lavoro in Commissione non ci si possa lamentare. Poi abbiamo sentito i colleghi Pag. 13di Forza Italia e, con riguardo alla loro contestazione, devo dire che è abbastanza stupefacente leggere ancora una volta, nelle loro questioni pregiudiziali di costituzionalità, che l'elezione indiretta del Senato costituisce una violazione dell'articolo 1 della Costituzione, addirittura. Qui le colpe vanno al Presidente Mattarella, perché magicamente, quello che era un passaggio dal passato al futuro, come fu definita dal capogruppo di Forza Italia al Senato questa riforma, è diventata una violazione dell'articolo 1, e nel mezzo è successa una sola cosa: è stato eletto un Presidente della Repubblica non gradito a Forza Italia. Poi ho sentito i colleghi del MoVimento 5 Stelle, che continuano a dirci che la Corte costituzionale ha dichiarato illegittimi gli eletti con il premio di maggioranza: non è così ! La Corte costituzionale ha detto che il Porcellum era incostituzionale tutto, comprese le liste bloccate.
  Quindi, la distinzione tra chi era eletto con il premio di maggioranza e chi non lo era è una distinzione che va bene per il blog, ma di costituzionale non ha niente. La realtà è che, come ha detto l'onorevole Gigli, nonostante l'incostituzionalità del Porcellum questo Parlamento ha il potere e la capacità di legiferare. Invece, per quel che riguarda le eccezioni pregiudiziali di SEL, esse danno l'occasione di rispondere a un argomento che è presente in tutte le questioni pregiudiziali, ed è quello che dice: con il 25 per cento qualcuno può vincere le elezioni della Camera, eleggere da solo il Presidente della Repubblica e, a quel punto, controllare anche gli altri organi di garanzia. Basta fare di conto per vedere che non è vero, perché chi vince il ballottaggio, al massimo, prende 340 parlamentari; per l'elezione del Presidente della Repubblica servono i tre quinti dei votanti, che, sommando Camera e Senato, fanno 438. Questo vuol dire che, per elegge il Presidente della Repubblica, chi ha preso il 25 per cento e vinto il premio di maggioranza ha bisogno di tutti i senatori meno due: essendo il Senato eletto su base proporzionale, è impossibile che ciò succeda. La realtà è che il meccanismo che esce con questa riforma rafforza i poteri della minoranza sull'elezione del Presidente della Repubblica e quindi impedisce anche quell'effetto secondario, che è di controllare Corte costituzionale e Consiglio superiore della magistratura – come leggiamo spesso sulle riforme –, perché in realtà il Presidente della Repubblica sarà un Presidente di garanzia eletto anche con i voti dell'opposizione. Se mai, la preoccupazione in quel caso, è che con il nuovo sistema l'opposizione potrà bloccare l'elezione del Presidente della Repubblica; io sono molto più preoccupato di questo. La realtà è che quell'affermazione, che è l'unica ripetuta in tutte le questioni di pregiudizialità, è semplicemente sbagliata, basterebbe fare il conto (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Ferrari. Ne ha facoltà.

  ALAN FERRARI. Grazie, Presidente. Vorrei controbattere in questo mio intervento ad alcune delle affermazioni contenute nelle questioni pregiudiziali presentate dai gruppi del MoVimento 5 Stelle, SEL, Lega Nord e Forza Italia. Primo: questo Parlamento è legittimato a riformare la Costituzione ? Sappiamo che la sentenza della Corte costituzionale n. 1 del 2014 ha dichiarato parzialmente illegittima la legge elettorale con la quale questo Parlamento è stato eletto, tuttavia quella sentenza si chiude con il richiamo al principio di continuità dello Stato – già ricordato poco fa –, ai sensi della quale le elezioni che si sono svolte in applicazione anche delle norme elettorali dichiarate costituzionalmente illegittime costituiscono, in via definitiva e con ogni evidenza, un fatto concluso, posto che il processo di composizione delle Camere si compie con la proclamazione degli eletti; le Camere sono organi costituzionalmente necessari ed indefettibili e non possono in alcun momento cessare di esistere o perdere la capacità di deliberare, ergo questo Parlamento è legittimato. Secondo: il Governo è legittimato alla presentazione di disegni di legge costituzionali ? Sì. Ai sensi Pag. 14dell'articolo 71 della Costituzione il Governo gode di iniziativa legislativa, anche costituzionale, come gli altri soggetti individuati dalla Carta stessa. Ciò premesso, resta poi alle Camere il potere di esaminare, emendare o respingere proposte di legge. Questo, peraltro, è ciò che è accaduto nell'ambito di questo provvedimento (procedimento di revisione), visto che il testo presentato dal Governo è stato ampiamente modificato sia dalla Camera sia dal Senato. Vi è poi la terza considerazione sulla procedura di approvazione: diversamente da quanto accaduto in passato – penso al 1993 e al 1997 –, in questa occasione si è scelto di modificare la Carta costituzionale ricorrendo alla procedura prevista dall'articolo 138 della Costituzione, che contempla, come sappiamo, la possibilità di ricorrere a referendum. Criticare l'eterogeneità del quesito referendario implica un'indiretta critica alla procedura di cui all'articolo 138 stesso. L'omogeneità del quesito referendario, peraltro, è un requisito che è stato introdotto dalla Carta in relazione al referendum abrogativo di cui all'articolo 75, e non è così evidente che debba applicarsi anche al referendum di cui all'articolo 138. Quarto: per quanto attiene al contenuto del provvedimento, si lamenta la violazione del principio democratico in relazione all'elezione di secondo grado del Senato. L'elezione indiretta – e lo dico ora vista anche l'apertura del Senato sull'indicazione ai cittadini – da parte degli organi eletti direttamente dal corpo elettorale, in questo caso i consigli regionali, è compatibile con il principio democratico sancito dall'articolo 1 della Costituzione. Si tratta, infatti, di uno dei possibili modi di selezione dei componenti della seconda Camera in un Parlamento bicamerale. Quinto: relativamente alla presunta assenza di contrappesi al Governo e alla sua maggioranza parlamentare, mi permetto di fare un elenco: il Senato, la Corte costituzionale, il Presidente della Repubblica, le regioni, gli enti locali, il referendum abrogativo e la magistratura sono parti di un sistema che è ben ampio di contrappesi.
  Per tutte queste ragioni trovo fuori luogo queste pregiudiziali. Detto questo, Presidente, vorrei concludere con qualche considerazione più politica, perché...

  PRESIDENTE. Attenda, onorevole Ferrari, prima di concludere. Colleghi, per favore, dobbiamo abbassare un po’ la voce, perché è diventato impossibile. Per cortesia ! Prego.

  ALAN FERRARI. Grazie, Presidente. Dicevo che vorrei concludere con qualche considerazione più politica, perché niente ritengo sia più politico della riforma della Costituzione. E lo faccio tenendo a mente ancora una volta il preziosissimo lascito del presidente della Commissione per la Costituzione, onorevole Ruini: che quasi rivolgendosi ai futuri revisori del testo sosteneva la basilarità e la futura longevità della Costituzione, riconoscendo al contempo però la necessità di perfezionarla. Diceva: «Abbiamo la certezza che durerà a lungo e forse non finirà mai, ma si verrà completando e adattando alle esigenze dell'esperienza storica. Noi stessi ed i nostri figli – chiudeva – rimedieremo a lacune e difetti».
  Quando questa Camera esaminava il testo nella scorsa lettura, nel gennaio-febbraio scorso, ebbi modo di dire, insieme a tanti colleghi del Partito Democratico, quanto fosse significativo il legame tra questa riforma e le altre riforme in corso, su quanto fosse significativo il legame tra questa riforma e la stabilità del Paese. Oggi, guardando l'anno che è trascorso, possiamo e dobbiamo constatare che non ci sbagliavamo, che quel richiamo soprattutto a ciò che sarebbe accaduto dopo l'approvazione della riforma, era corretto.

  PRESIDENTE. La invito a concludere.

  ALAN FERRARI. Allora, a chi si oppone ancora oggi, chiedo che ne sarebbe dell'Italia se qui il Parlamento non avesse allora creduto in questa riforma ? Che ne sarebbe della riforma della scuola e le sue 100 mila assunzioni, dei 300 mila posti di Pag. 15lavoro, per venire al lavoro, della fiducia di imprese e consumatori che aumenta, e quant'altro ? Tutto questo per dire che allora come oggi serve responsabilità e lungimiranza.
  Ho concluso, Presidente. Qualcuno in quest'Aula dice che i Padri costituenti si stanno rigirando nella tomba. Può essere; ma se lo stanno facendo lo fanno non per chi sta con coraggio adeguando la Carta ad una società che si muove così velocemente, ma per chi questo coraggio non lo ha. Il PD respinge queste pregiudiziali e guarda avanti (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico) !

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole La Russa. Ne ha facoltà.
  Onorevole La Russa, non vorrei distoglierla da questo dialogo, però deve intervenire.

  IGNAZIO LA RUSSA. Presidente, lei è troppo buono e troppo gentile; e d'altronde il mio intervento è abbastanza breve. È rivolto innanzitutto ai colleghi che hanno presentato le questioni pregiudiziali...

  PRESIDENTE. Scusi, onorevole La Russa. Colleghi, soprattutto dietro l'onorevole La Russa: sta parlando una persona, dovreste abbassare il tono della voce !

  IGNAZIO LA RUSSA. Non mi piace parlare così; comunque decidete, anche se stanno dietro io mi fido, quindi possono rimanere.
  Vorrei soprattutto rivolgermi ai colleghi che hanno presentato le pregiudiziali, per giustificare il fatto che il mio gruppo non ha inteso presentare alcuna pregiudiziale. Riteniamo che, essendo ormai alla terza lettura, sia del tutto evidente la volontà di questa maggioranza di procedere oltre, di superare l'evidente forzatura costituzionale contenuta nel testo; e invece credo che occorrerà lavorare nei confronti dell'opinione pubblica affinché questo testo possa essere compreso nella sua interezza, in vista di quel referendum confermativo che, lì sì, trova motivi di giustificata critica nelle pregiudiziali. Perché se è vero che sulla legittimità di questo Parlamento la Corte costituzionale si è espressa in maniera chiara, non è altrettanto chiaro che la disparità di temi contenuti nella riforma costituzionale possa correttamente essere affrontata dal corpo elettorale con un unico referendum, attesa l'assoluta diversità... Quanto meno vi sono due indirizzi, uno sui poteri attribuiti alle regioni nel rapporto con lo Stato, uno su tutto il resto del contenuto della riforma costituzionale, che mal si adattano ad un unico referendum confermativo.
  Però l'elemento che comprendo avete voluto sottolineare – ripeto, a mio avviso inutilmente, ma voteremo a favore di tutte le pregiudiziali presentate – è quello relativo al modo con cui viene sottratta al corpo elettorale la possibilità di scegliere i senatori. Su questo abbiamo presentato un emendamento.
  So che gli uffici hanno lavorato diverse ore, e li ringrazio; ne parleremo quando poi affronteremo l'emendamento, per decidere se accogliere o meno l'emendamento che ho presentato. Anticipo già adesso che esso propone, sia pur nella strettoia determinata dalla immodificabilità di quanto già deciso nei due passaggi precedenti, che l'elezione dei senatori avvenga nel momento in cui sono eletti i membri della Camera dei deputati. Creando un problema, me ne rendo conto, da risolvere col sesto comma dello stesso articolo; ma un problema è già creato dalla incostituzionalità, quella sì, di questo evento, che consente alle regioni di sottrarre di fatto, nonostante il «conformemente», un potere che invece dovrebbe essere solo ed esclusivamente dei cittadini.
  Mi fermo, Presidente, perché so che i minuti scorrono. C’è bisogno di riflettere: di riflettere sul fatto che questo Governo per la prima volta, perché di solito i Governi si sono sempre astenuti dall'essere protagonisti nelle riforme costituzionali siffatte, si sono sempre astenuti dal sovrapporsi Pag. 16al giudizio dei deputati... Non è incostituzionale, ma è un argomento di opportunità politica, che questo Governo ancora una volta non ha voluto né saputo cogliere, non ha voluto né saputo considerare la sua natura accessoria alla regolarità democratica, atteso che è un Governo presieduto da persona non eletta e votato da un Parlamento in qualche modo delegittimato.

  PRESIDENTE. La invito a concludere.

  IGNAZIO LA RUSSA. Pazienza ! Vedremo di riparare, nei modi che la legge ci consente.

  PRESIDENTE. Sono così esauriti gli interventi sulle questioni pregiudiziali.

Su un lutto della deputata Liliana Ventricelli.

  PRESIDENTE. Comunico che la collega Liliana Ventricelli è stata colpita da un grave lutto: la perdita del padre.
  Alla collega la Presidenza la Camera ha già fatto pervenire le espressioni della più sentita partecipazione al suo dolore, che desidera ora rinnovare anche a nome dell'Assemblea.

Si riprende la discussione.

(Ripresa esame di questioni pregiudiziali – A.C. 2613-B)

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulle questioni pregiudiziali di costituzionalità Invernizzi ed altri n. 1 e Brunetta e Occhiuto n. 2.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Cassano, Casellato, De Lorenzis, Sorial...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  434   
   Votanti  431   
   Astenuti    3   
   Maggioranza  216   
    Hanno votato  143    
    Hanno votato no  288.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  (Il deputato De Lorenzis ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole. I deputati Manfredi, Narduolo, Gutgeld e Zampa hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto contrario).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulle questioni pregiudiziali di merito Scotto ed altri n. 1 e Dadone ed altri n. 2.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Onorevole De Lorenzis, purtroppo c’è in piedi l'onorevole Cominardi e noi non riusciamo a vedere se lei sta votando o meno. Pensavamo che avesse votato. Se vuole, glielo spiego in un altro modo, però è così.
  Patriarca, Tancredi, Di Lello, Basilio, Pagano. Tancredi, chiedo scusa. Epifani. Bene, ci siamo tutti ?
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  439   
   Votanti  435   
   Astenuti    4   
   Maggioranza  218   
    Hanno votato  145    
    Hanno votato no  290.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  (I deputati Manfredi, Zampa e Gutgeld hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto contrario).

Pag. 17

(Esame degli articoli – A.C. 2613-B)

  PRESIDENTE. Essendo state testé respinte le questioni pregiudiziali di costituzionalità e di merito presentate, passiamo al seguito alla discussione del disegno di legge in esame.
  Passiamo, dunque, all'esame degli articoli. Avverto che saranno posti in votazione esclusivamente gli articoli 1, 2, 30, 37, 38 e 39, in quanto modificati dal Senato. Sugli altri articoli è già intervenuta la doppia lettura conforme da parte delle due Camere.
  Avverto, inoltre, che non sono pubblicati nel fascicolo, a norma dell'articolo 70, comma 2, del Regolamento, gli emendamenti non riferiti a parti modificate dal Senato conseguenti a tali modifiche.
  Avverto altresì che, ad eccezione di quelle dei primi firmatari, tutte le altre sottoscrizioni apposte agli emendamenti presentati dai deputati del gruppo Movimento 5 Stelle sono state ritirate prima dell'inizio della seduta.
  Avverto, infine, che l'emendamento D'Attorre 39.100 è stato ritirato dal presentatore.

(Esame dell'articolo 1 – A.C. 2613-B)

  PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 1 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A – A.C. 2613-B).
  Colleghi, ci sono alcuni interventi sul complesso degli emendamenti: pregherei chi rimane in Aula di stare in silenzio e chi non è interessato di uscire, ma di consentire a chi deve intervenire di poterlo fare nel modo migliore.
  Ha chiesto di parlare sul complesso delle proposte emendative il deputato Toninelli. Ne ha facoltà.

  DANILO TONINELLI. La ringrazio, Presidente. Il complesso degli emendamenti riguarda l'articolo 1, che è l'articolo relativo alle funzioni delle Camere, modificato al Senato, in particolare con le nuove funzioni che vengono assegnate al nuovo Senato.
  Questo mi permette di fare un'ampia disamina, Presidente, di tutto quello che è stato il percorso che ha portato le forze di maggioranza, su iniziativa delle forze di Governo, a modificare più di quaranta articoli di questa Costituzione. La premessa che faccio, Presidente, è che il MoVimento 5 Stelle ha depositato circa sessanta emendamenti e ne ha depositati trenta in Commissione, a dimostrazione, da una parte, della serietà del gruppo parlamentare che in questo momento rappresento e del fatto che comunque ci sia una totale contrarietà nei contenuti e nel metodo che la maggioranza ha portato avanti in questo iter di riforma costituzionale.
  Io parto da una disamina di natura generale, che può essere – diciamo – l'embrione, il presupposto da cui è nata questa riforma; e la parola è «storica», che si è abbinata con «natura storica» della revisione costituzionale in atto, a cui il Presidente del Consiglio ha fatto riferimento, virgolettato. Ovviamente, parla il Presidente del Consiglio: «Negli ultimi venti anni di riforme in Italia si è parlato tutti i giorni. Negli ultimi venti mesi noi le abbiamo fatte». È la parte centrale di tutti i suoi discorsi; in ogni suo intervento lui ha affermato: gli altri parlavano di riforme, noi le abbiamo fatte. Ovviamente noi sappiamo che la verità è un'altra, ovvero che negli ultimi vent'anni, a differenza di quanto dice il Presidente del Consiglio, di riforme se ne sono fatte fin troppe – e mi permetto di andare a vederne qualcheduna – evidentemente tante ed evidentemente sbagliate.
  Andiamo in ordine contrario: prima del Jobs Act ci sono state, ad esempio, le leggi Treu del 1997, con il Governo Prodi, e la legge Biagi del 2004, col Governo Berlusconi. Che cosa hanno fatto queste riforme ? Sottolineo e ripeterò sempre più spesso la parola «riforme» perché è la parola che il Presidente del Consiglio ha più utilizzato non per dire che cosa rappresentavano, che cos'erano, ma semplicemente Pag. 18per far passare comunicativamente il messaggio che si trattava di qualcosa di bello, di qualcosa di nuovo, di qualcosa che faceva bene.
  Andiamo a vedere che cosa sono le riforme che si sono fatte negli ultimi vent'anni. Abbiamo detto la legge Treu e la legge Biagi. Che cosa hanno fatto ? Hanno introdotto il precariato, che inizialmente era un'eccezione e che, grazie a queste riforme, è diventata una regola; per arrivare alla riforma Fornero del mercato del lavoro del 2012. Prima ancora abbiamo avuto la cosiddetta legge obiettivo, che ha dato il via ad una di quelle monumentali mangiatoie di denaro pubblico che sono state definite «grandi opere». Ritorniamo alla riforma Fornero delle pensioni del 2011, che ha creato la categoria degli esodati, ha bloccato il mercato del lavoro e ha distrutto il futuro pensionistico delle nuove generazioni. Stiamo parlando di riforme.
  Poi abbiamo le riforme delle grandi privatizzazioni. Se ne sta parlando molto, ad esempio, anche sulle Ferrovie dello Stato. Le grandi privatizzazioni partono dal 1992 in poi: quella della telefonia, con cui capitalisti senza capitali hanno spolpato asset strategici per lo sviluppo del Paese; poi vediamo, ad esempio, la grande riforma costituzionale dell'Unione europea, partita con il Trattato di Roma del 2004, che però è stato bocciato nei referendum francese e olandese. E, siccome i burocrati europei hanno capito che il popolo e i cittadini europei non avevano nessuna voglia di una Costituzione europea, perché un'Unione europea dei popoli non esisteva ancora, che cosa hanno pensato di fare ? Hanno inventato il Trattato di Lisbona, quella grande riforma che è stata ratificata senza referendum e ha creato un'Unione europea senza democrazia, ed è il contesto in cui viviamo oggi e a cui è seguita l'approvazione dei fantastici – ovviamente in senso eufemistico – e catastrofici – in senso realistico – trattati del fiscal compact e del MES, Meccanismo europeo di stabilità. Per arrivare alle magnifiche riforme istituzionali.
  Siamo più vicini ai tempi nostri, la legge elettorale nota come il Porcellum risale al 2005, che è una legge antidemocratica per antonomasia e non siamo noi ad esprimere questo giudizio politico, ma è stata proprio la Corte costituzionale ad affermare che i suoi cardini erano di natura antidemocratica, perché incostituzionali. Non dimentichiamo poi la grande riforma costituzionale del centrosinistra del 2001, che oggi è definita catastrofica persino da chi l'ha realizzata; e la grande riforma costituzionale del centrodestra, la riforma Berlusconi, che, come quella che si discute oggi, voleva cancellare il bicameralismo paritario e rafforzare l'Esecutivo, ma che per fortuna è stata bloccata con un referendum dell'anno successivo il 2006.
  Insomma, signor Presidente, di riforme, di cui si riempie la bocca il segretario del Partito Democratico nonché Presidente del Consiglio, non eletto da nessuno, ce ne sono state a bizzeffe negli ultimi vent'anni: tutte riforme che hanno peggiorato la vita e il benessere dei cittadini italiani (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Questo è un dato di fatto, signor Presidente; questo è un dato di fatto e ovviamente...

  PRESIDENTE. Scusi, onorevole Toninelli. Onorevole Verini, gentilmente... La ringrazio. Prego, onorevole Toninelli.

  DANILO TONINELLI. Grazie, Presidente. ... fino ad arrivare all'attuale riforma costituzionale, che noi ci siamo permessi di chiamare #schiforma o #deforma, come dicono alcuni costituzionalisti, perché serviva trovare un termine unico, che, come la parola «riforme», analizzasse il significato reale di quello che si portava dietro come contenuti.
  Quindi, ci rivolgiamo al Presidente del Consiglio per suo tramite, Presidente, di riforma non c’è nulla e di storico c’è ancora meno.
  Ma andiamo ad analizzare nello specifico quelle che sono state le affermazioni del secondo firmatario di questa proposta di riforma che ha modificato il bicameralismo.Pag. 19
  Mi riferisco al Ministro Boschi, che affermava, il 21 luglio del 2014: «a differenza del passato stiamo facendo un lavoro che non vuole andare avanti a colpi di maggioranza. Se ci sono dei rappresentanti da parte di Lega o MoVimento 5 Stelle noi siamo ben contenti. Stiamo facendo un processo di riforme con un partito che rappresenta milioni di cittadini e che siede in Parlamento». Il Ministro delle riforme Boschi ha poi aggiunto – rispondendo a chi, rivolgendogli una domanda, le diceva che il PD stava facendo le riforme con un pregiudicato, riferendosi ovviamente a Silvio Berlusconi –: «è giusto che ci sia un consenso ampio, perché il PD non vuole andare avanti a colpi di maggioranza né sulla legge elettorale né sulle riforme costituzionali». Le mie parole sono virgolettate quindi risalenti al luglio 2014 e sono del secondo firmatario delle riforme.
  Come sono andati invece i fatti, Signora Presidente ? Il Partito Democratico ha fatto tutto da solo, ha trasferito per l'ennesima volta all'interno di se stesso tutta la sovranità popolare, pensando che la sua maggioranza in Parlamento potesse rappresentare tutti i cittadini italiani, anche quelli che non l'hanno votato e ha mandato avanti queste riforme; ha fatto tutto da solo, nella strada percorsa ha perso Forza Italia, non ha raccolto nessuna richiesta di modifica da parte del MoVimento 5 Stelle, e io vorrei indicarle queste richieste di modifica. Infatti, Signora Presidente, perché se escludiamo quelle che avrebbero intaccato l'ossatura vera e propria della vostra riforma, ce ne sono altre che invece non avrebbero prodotto modifiche radicali.
  Mi ricordo ad esempio la proposta sui vitalizi e le pensioni d'oro. Noi abbiamo fatto di tutto, presentando emendamenti, affinché si potesse finalmente dire ai cittadini italiani che alcuni dei privilegi della classe politica finalmente non esistevano più. Ahinoi non è andata così, ci avete come al solito risposto che non era il momento giusto, non era luogo giusto e che quindi i vitalizi si dovevano toccare da un'altra parte, in un'altra sede, in un altro procedimento legislativo, in un'altra legge, con un altro dibattito, quindi i vitalizi li avete tenuti belli all'interno della Costituzione.
  Vi abbiamo anche chiesto di togliere l'immunità parlamentare ai signori consiglieri regionali, che, salendo sul treno dalla città di provenienza, venivano a Roma e si spogliavano dei vestiti, magari a righe bianche e nere orizzontali, che gli avevano messo magari dei magistrati a seguito di inchieste o di condanne che avevano subito. Questo perché gli avete dato l'immunità parlamentare ! Quindi noi vi abbiamo chiesto: signori miei, se credete che i nuovi senatori consiglieri regionali debbano rappresentare non la Nazione, ma gli enti territoriali, significa che dell'immunità non vi è alcuna necessità. L'avete lasciata, probabilmente perché avete visto che i vostri maggiori esponenti all'interno dei consigli regionali più o meno avevano un'indagine in corso, erano sottoposti come minimo a indagini per le spese pazze. Che fare quindi ? Avete detto: salviamogli il posteriore, diamogli l'immunità in modo tale che possano svolgere l'una e l'altra funzione, quella di consigliere regionale e quella di senatore Avete detto di no anche a questo e ne risponderete ovviamente al vostro elettorato e ai cittadini italiani.
  Vi abbiamo anche chiesto un'altra cosa, che penso più attuale di così non possa essere, riguardante la deliberazione dello stato di guerra. Voi avete modificato quell'articolo, mi sembra l'articolo 78 della Costituzione, affermando, anzi scrivendo, che si tratta di una modifica di una deliberazione fatta solo dalla Camera dei deputati, unica Camera che dà la fiducia al Governo. Che significa questo ? Significa che a maggioranza assoluta – inizialmente a maggioranza semplice, poi avete accettato nel corso delle letture precedenti un emendamento del MoVimento 5 Stelle –, permettevate a questo Parlamento, eletto con una legge elettorale, l'Italicum, che regala il 55 per cento dei seggi, molto di più della maggioranza assoluta, ad un unico partito, che magari ha preso il 20 per cento dei voti del 50 per cento degli Pag. 20aventi diritto al voto, di deliberare lo stato di guerra. Vi abbiamo detto: signori miei, è piuttosto pericoloso, perché se la maggioranza di questo Parlamento, dell'unica Camera politica, è in mano ad un unico capo politico, significa che un'unica persona o un gruppo di persone può decidere sulla deliberazione dello stato di guerra.
  Avete detto di no anche a questa nostra richiesta. Per non parlare, signor Presidente, dell'elezione dei giudici costituzionali, all'interno della quale noi volevamo inserire trasparenza e meritocrazia, un dibattito pubblico che permettesse al Parlamento e all'opinione pubblica di valutare le candidature e di portarle, poi, ad una successiva elezione. Un percorso, questo, che avrebbe certamente portato alla candidatura di nomi migliori e all'elezione di rappresentanti, di difensori, di custodi della Costituzione sicuramente di più alto profilo.
  Ma torniamo un po’ al percorso che ha portato a ciò che la Ministra Boschi ha affermato essere un percorso non «a botte di maggioranza». L'invito ad andare oltre la maggioranza era rivolto, evidentemente, tornando ai virgolettati del Ministro Boschi, solo a Berlusconi e solo per motivi di interessi politici, non certo per motivi atti a trovare le scelte migliori per il bene della collettività, quindi, interessi politici, scambi di favori e di poltrone, affari di potere, insomma, tutto ciò che non aveva al centro e non portava con sé l'interesse collettivo. Ovviamente, siccome il MoVimento 5 Stelle è una forza politica a cui gli scambi di poltrone e i favori reciproci non interessano, ci avete bellamente tenuto fuori. A riprova di quanto dico, nel vostro rapporto con Forza Italia sono i fatti. Vi ricordate le motivazioni per cui Forza Italia ha rotto il cosiddetto patto del Nazareno: non certo perché nel percorso di riforma sia venuta meno qualche parte di merito del contenuto della riforma stessa. No, parole di Berlusconi, il patto del Nazareno è venuto meno perché il Partito Democratico ha scelto, senza interpellarlo, il nome dell'attuale Presidente della Repubblica. Questo fatto, questo passaggio prova che lì dentro non c'era un lavoro, un accordo, un'alleanza di contenuto per il bene del Paese, ma un'alleanza di poltrone. Non ultimo, a ribadire la verità, la realtà di quanto dico, è l'affermazione di questi giorni di Silvio Berlusconi, il quale afferma che nel patto non c'erano solo le riforme ma c'era anche la legge Severino, quindi una possibilità per lo stesso Berlusconi di avere quella agibilità politica che aveva perso. Lo stesso si può dire per la maggioranza di emergenza che avete ottenuto al Senato. Qui arriviamo alla magnificenza della politica portata avanti dalla maggioranza, in particolare dal Partito Democratico. Essendo venuto meno il partito di Berlusconi, perché le poltrone, perché i favori non sono andati a buon fine, siamo arrivati al cuore di questa riforma e, veramente, con sommo rammarico, signor Presidente, rilevo che il cuore di questa riforma, l'unico motivo per cui questa riforma verrà ricordata, sono le volgarità del senatore D'Anna rivolte ad una senatrice del MoVimento 5 Stelle al Senato. L'unico passaggio per cui i cittadini italiani ricorderanno questo percorso di riforma della Costituzione sono le volgarità, ripeto, dei verdiniani, in particolare del senatore D'Anna, rivolte ad una senatrice del MoVimento 5 Stelle. Perché parlo del senatore D'Anna ? Perché, venuto meno l'appoggio del partito di Forza Italia, di Silvio Berlusconi, è arrivato in soccorso, per dare i numeri e per mantenere la maggioranza al Senato, il partito dei verdiniani. Il senatore D'Anna, in particolare, era un esponente di spicco dei verdiniani, senza il quale la riforma non sarebbe mai passata. Ribadisco, costui è tristemente famoso per la volgarità con cui si rivolse, durante le riforme, ad una senatrice del MoVimento 5 Stelle, ma lo stesso senatore D'Anna, poi, nella prima lettura, riteneva – o meglio, affermava – che il Presidente del Consiglio fosse un pessimo riformatore e un ottimo tiranno: questo addirittura pochi mesi prima, scusi se rido, definiva le riforme come una «fetenzìa» (probabilmente non lo pronuncio neanche correttamente). Questo significa, Presidente, che anche il nuovo gruppo dei verdiniani – Pag. 21evidentemente dico un eufemismo ma è necessario dirlo – non è che oggi stia appoggiando le riforme perché le sposa nel contenuto, ma chissà per quali scambi di poltrone, chissà per quali promesse elettorali (diventeranno capilista in qualche collegio, evidentemente). Oggi costoro stanno appoggiando, in sostituzione di Forza Italia, il partito di maggioranza. Questo è lo scenario in cui si sta portando avanti la riforma costituzionale, la Costituzione, il patto sociale per antonomasia che disciplina i rapporti tra tutti i cittadini italiani e tra le istituzioni e gli stessi.
  Poi andiamo ad un altro argomento, anch'esso molto interessante, che riguarda le motivazioni che ci siamo visti, come forza politica, contestare maggiormente, cioè quelle sulla democrazia diretta, l'aver introdotto all'interno di questo provvedimento alcuni passaggi sulla democrazia diretta, perché qua le truffe semantiche urlano vendetta. Allora nella riforma si è detto che ci sarebbero, ci sono, importanti aperture in questo ambito, quindi partecipazione diretta dei cittadini all'attività legislativa. Andiamo ad analizzare tutti questi passaggi. Primo: le leggi di iniziativa popolare dovranno essere obbligatoriamente discusse, ci dicevano; ma noi abbiamo chiesto: ma come può succedere se poi semplicemente le respingete ? Noi dicevamo in realtà che dovevano essere direttamente portate in Aula e che ne fosse obbligatoria, ovviamente, la votazione. Di questo non è stato dato atto. Solo un altro insulto, evidentemente, alla democrazia, che si somma a quelli visti in tutti i vari passaggi. Unico dato effettivo sulle leggi...

  PRESIDENTE. Scusi onorevole Toninelli. Onorevole Farina, il Governo, soprattutto su un provvedimento come questo, sta in Aula per ascoltare chi parla e questo deve fare e noi dobbiamo consentirgli di farlo. Grazie.

  DANILO TONINELLI. Unico dato effettivo, signor Presidente, sulle leggi di iniziativa popolare è che il numero delle firme, in questa riforma del Governo e della maggioranza, è passato da cinquanta a centocinquantamila. Quindi: prima truffa. La seconda truffa: è stato introdotto il quorum per il referendum pari alla maggioranza dei partecipanti alle ultime elezioni, ma si tiene conto del fatto che anche qui è stato aumentato il numero delle firme richieste al referendum da cinquecentomila a ottocentomila firme. In più, c’è una legge costituzionale che va a disciplinare il referendum e in più una legge ordinaria per declinarla all'atto pratico. Immaginate voi quanto ci metteremo, forse nel 2122. Terza truffa: cerchiamo di favorire la partecipazione dei cittadini alla determinazione delle politiche pubbliche. Queste le parole ovviamente di chi diceva: abbiamo inserito strumenti di partecipazione diretta. Quindi sono stati introdotti i referendum consultivi e propositivi. Peccato, ripeto, che anche qui c’è una legge costituzionale e una legge ordinaria, quindi sulla partecipazione diretta non ci sarà domani ma neppure tra vent'anni, se questa riforma costituzionale dovesse passare, non ci sarà proprio niente.
  Ma andiamo a noi, dopo tutti questi ragionamenti, ci siamo posti alcune domande e le risposte quali sono state ? Le risposte sono arrivate, anche dall'esterno della nostra politica nazionale e le riporto leggendo, signor Presidente, alcuni passaggi del report della J.P. Morgan sulle riforme strutturali per l'area euro del 28 maggio 2013. Siamo veramente sul pezzo come tempo ! Le riforme economiche non bastano, bisogna riscrivere le costituzioni antifasciste, questo è il sunto. Di seguito leggo le parole di questo report: quando la crisi è iniziata era diffusa l'idea che questi limiti intrinseci avessero natura prettamente economica, debito pubblico troppo alto, problemi legati ai mutui e alle banche, tassi di cambio reali non convergenti e varie rigidità strutturali. Ma col tempo è divenuto chiaro che esistono anche limiti di natura politica. I sistemi politici dei Paesi del sud – quindi c’è anche l'Italia – e in particolare le loro costituzioni adottate in seguito alla caduta del fascismo, presentano una serie di caratteristiche che appaiono inadatte a favorire la maggiore Pag. 22integrazione dell'area europea. Quando i politici tedeschi parlano di processi di riforma decennale probabilmente hanno in mente sia riforme di tipo economico, sia riforme di tipo politico. I sistemi politici e costituzionali del sud presentano tipicamente le seguenti caratteristiche – questo è il cuore del report dalla J.P. Morgan, ovviamente recepito totalmente dal Governo Renzi – esecutivi deboli nei confronti dei Parlamenti e governi centrali deboli nei confronti delle regioni, tutele costituzionali dei diritti dei lavoratori. Io traduco, ma mi sembra già abbastanza semplice, la J.P. Morgan ci sta dicendo – quella che diceva che il rating della società da cui è partita questa crisi economica colossale andava benissimo – che la Costituzione è troppo democratica e troppa democrazia fa male alla finanza, fa male alla speculazione finanziaria, fa male la tecnica di costruzione del consenso fondato sul clientelismo – e siamo d'accordo, ogni tanto capita – e la licenza di protestare se vengono proposte modifiche sgradite dello status quo.
  Ovviamente l'opinione pubblica non dovrebbe dissentire mai nei confronti dell'opinione dell'unico manovratore. La crisi ha illustrato a quali conseguenze portino queste caratteristiche. I Paesi della periferia hanno ottenuto successi solo parziali nel seguire percorsi di riforme economiche e fiscali e abbiamo visto Esecutivi limitati nella loro azione dalle Costituzioni (parliamo del Portogallo), dalle autorità locali (parliamo dalla Spagna) e dalla crescita di partiti populisti (Italia e Grecia), addirittura sono venuti a dire che il MoVimento 5 Stelle sta bloccando la speculazione finanziaria. Noi diciamo grazie, questo è un ottimo complimento. Da lì parte l'iniziativa politica del Governo Renzi di modificare la Costituzione, laddove c’è democrazia non c’è abbastanza speculazione finanziaria. In un assetto europeo come il nostro è la moneta che decide – e dove c’è l'euro non può esserci democrazia, l'abbiamo visto in Grecia dove inizialmente, opponendosi alla politica dell'austerità, gli hanno chiuso le banche per settimane, e questa è la democrazia dell'euro – quindi il Governo Renzi sta recependo questa politica. Andiamo ad analizzare altre affermazioni molto interessanti sulla riforma e sulla credibilità che, a detta del Presidente del Consiglio, l'Italia dovrebbe acquisire a seguito di questa riforma. Ricorrente tra i promotori della riforma è l'affermazione per la quale questa riforma costituzionale servirebbe ad avere più credibilità in Europa, per cui bisognerebbe ricordare che tutte le riforme fatte con questo scopo hanno in realtà ridotto l'Italia nella situazione drammatica in cui in realtà siamo. Un piccolo dato, che è molto recente: l'ultimo rapporto della Caritas sull'esclusione sociale certifica un aumento della povertà senza precedenti, con addirittura un 14 per cento di persone in Italia che non hanno da mangiare, un aumento del 130 per cento negli ultimi cinque anni. Sono gli anni dei Governi del PD, quelli delle cosiddette riforme per ottenere credibilità in Europa; il PD, che nel 2011 tappezzava le città di manifesti che dicevano: la disoccupazione giovanile è al 29 per cento, Berlusconi dimettiti. Ripeto, 2011, città piene di manifesti con queste scritte: disoccupazione giovanile al 29 per cento: Berlusconi dimettiti. Io me li ricordo perfettamente questi manifesti, oggi la disoccupazione giovanile supera il 40 per cento, non so a questo punto cosa dover consigliare a Renzi. Se a Berlusconi con il 29 per cento dicevate «dimettiti», a Renzi dovremmo dire: venga arrestato. Non so, sinceramente, che cosa poter dire (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). È aumentata del 13 per cento, là dimettiti, qua arrestati, non so, arrestati da solo. Non c’è nessuna correlazione tra la riforma e la garanzia di stabilità dei Governi, perché la riforma non prevede nessun meccanismo per garantirla. Questo è un mito straordinario, io ho avuto la sfortuna di partecipare ai tavoli in diretta streaming con il Presidente del Consiglio e ho respirato la sua ahimè necessità di governismo assoluto. Lui pensa che – non so se si è autoconvinto o cerca di convincere gli altri – la governabilità sia il mantra assoluto, ma io gli dico che mi sembra che faccia piuttosto fatica Pag. 23a governare nonostante gli immani numeri che ha all'interno della sua attuale maggioranza, perché la governabilità del Presidente del Consiglio è la governabilità dei numeri in Parlamento dati da leggi con premi di maggioranza abnormi: pigli il 25 per cento dei voti nelle elezioni politiche, ottieni più del doppio degli eletti in Parlamento, ciò significa che non rappresenti la maggior parte dei cittadini italiani e qualche piccolo problema mi sembra che già c’è all'interno del partito di maggioranza e probabilmente ci sarà, perché la governabilità è qualcosa di diverso, la governabilità ha una valenza di natura sociale, la governabilità non viene imposta con i numeri, oggetto e conseguenza di una legge elettorale dichiarata incostituzionale. Quindi, ripeto, non c’è alcuna relazione tra questa riforma e la governabilità, nessuna previsione – infatti noi avremmo magari accettato di valutare una previsione su un argomento come la sfiducia costruttiva – nessun sistema per disincentivare il trasformismo, le migrazioni, le non so come chiamarle.
  Questa è la legislatura con il maggior numero di parlamentari che se ne sono andati dal partito dal quale sono provenuti per essere eletti o tramite elezioni dei cittadini per mere valutazioni di natura speculativa, gruppi parlamentari che sono nati per pigliarsi soldi pubblici, gruppi parlamentari o componenti di gruppi parlamentari nati per prendere altri soldi o altre poltrone. Non c’è mai stata alcuna ragione di natura democratica o di natura politica o di natura di rappresentanza a giustificare la trasmigrazione dal gruppo parlamentare-partito che li aveva portati in Aula ad un altro e l'esempio del gruppo dei «verdiniani» è sconcertante, mi permetterei di dire quasi vomitevole, signor Presidente. Andiamo avanti, sul tema della Costituzione e della credibilità in Europa c’è stato un vero e proprio mercimonio, si è arrivati persino a sentire il capogruppo alla Camera dei deputati affermare che era stata promessa maggior indulgenza sulle valutazioni dei conti pubblici dell'Italia da parte delle Vicecancelliere tedesco Sigmar Gabriel in cambio della riforma del Senato. Mi permetto di ripeterlo, Presidente, perché io non riesco a vedere alcun tipo di nesso e per me nessun italiano. Oggi il Presidente, quindi il Partito Democratico, ci dice che la riforma del Senato è così necessaria perché dall'altra parte, in Europa, il giudizio sui conti pubblici dall'Italia poteva essere più indulgente. Ma mi spiegate il nesso ? La riforma del Senato e i conti pubblici che nesso hanno ? Evidentemente non ce n’è nessuno. Quindi si è arrivati a cercare di giustificare nelle maniere più becere la necessità di dover portare avanti la riforma del Senato. Andiamo un po’ ad analizzare alcuni grandi costituzionalisti che hanno, a differenza di questo disegno di legge, portato avanti il disegno della Costituzione attualmente vigente, infatti la scrittura dalla Costituzione del 1948 è stata fatta con stile semplice, sobrio, piano, comprensibile e solenne, tutti aggettivi straordinari. Infatti la Costituzione potrebbe tranquillamente essere letta da un bambino delle scuole elementari e i principi che essa porta con sé sono comprensibili. Io mi permetto di ricordare il nuovo articolo 70 della Costituzione che voi avete scritto che da 15 parole è passato a 481 parole e sfido chiunque, anche i più illuminati burocrati di Stato, a vederci chiaro lì dentro. Il caos è totale. Perché dico questo ? Dico questo perché l'iniziativa del Governo e della maggioranza non è un'iniziativa di merito, non ve ne frega nulla del merito della Costituzione. L'obiettivo di questa riforma è uno ed uno solo: è quello del governismo assoluto. Se poi il Senato sia completamente pasticciato, se poi i senatori non siano in grado di fare i senatori perché sono sindaci che fanno un altro mestiere o consiglieri regionali che fanno un altro mestiere, se poi tutto questo non possa produrre alcun beneficio, voi lo sapete benissimo, ma non ve ne frega nulla. A voi interessava una sola cosa, che ci fosse un'unica Camera che desse il voto al Governo, quindi il quadretto che avete disegnato è questo, è quello della modifica non solo della forma di Governo, ma della forma di Stato, in una maniera che è molto ma molto ma Pag. 24molto peggiore del presidenzialismo, perché il presidenzialismo statunitense vede l'elezione del Presidente in un'elezione e un'altra elezione è quella del Congresso, cioè del Parlamento. L'una limita l'altra, quando il Presidente Obama va a bussare alla porta del Congresso, il Congresso potrebbe fargli tranquillamente il gesto dell'ombrello. Perché può permettersi di farlo ? Perché dice: a me il seggio regalato, lo ha donato il voto dei cittadini che mi hanno eletto in quell'elezione; lei, signor Presidente, è stato eletto in un'altra elezione ed ha un altro elettorato. Noi rispondiamo alle istanze dei nostri elettori e non alle sue istanze. Voi che fate ? Voi fate eleggere direttamente il Presidente del Consiglio con l'Italicum, fate nominare la maggior parte dei candidati al Parlamento, all'unica Camera politica rimasta, con le liste bloccate e senza preferenze e fate in modo che questo Parlamento di nominati, o meglio, che questa unica Camera politica di nominati dia poi la fiducia al Governo. Mi dice lei, signor Presidente, come chiamarlo ? Sicuramente di democrazia parlamentare rappresentativa non c’è più l'ombra.
  Non c’è l'ombra del semipresidenzialismo alla francese, non c’è l'ombra del presidenzialismo statunitense. Non c’è nulla. È una forma di Stato e di Governo – signor Presidente, lo dico veramente in maniera triste – che ha un solo esempio simile (un po’ meglio), parlo dell'Ungheria di Orban. L'Ungheria di Orban è l'unico dei ventotto Paesi ad avere il monocameralismo, come voi state creando, e una legge elettorale maggioritaria che mette in mano al partito che ha preso un solo voto in più dell'avversario, più della maggioranza assoluta dei seggi dell'unica Camera rimasta. (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Per concludere, voi avete fatto peggio di quello che oggi state definendo come uno pseudodittatore. Questa è la realtà dei fatti e, piano piano, tutti i cittadini se ne accorgeranno. Non date per scontato che al referendum passi il vostro hashtag: «c’è chi dice sì»; secondo me non sarà così (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Saluto gli studenti e i docenti dell'Istituto comprensivo statale di Arcevia e Montecarotto, in provincia di Ancona, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
  Ha chiesto di parlare l'onorevole Dieni. Ne ha facoltà.

  FEDERICA DIENI. Grazie, Presidente. Sulla riforma costituzionale abbiamo detto parecchio in questi mesi e io peraltro sono intervenuta venerdì in discussione generale, ma possiamo aggiungere qualcos'altro ovviamente.
  Allora, in primo luogo, non si può partire da una riforma costituzionale quando le priorità di questo Paese sono altre: le priorità sarebbero dovute essere le riforme economiche, riforme che avrebbero fatto ripartire le imprese e l'economia italiana, invece quello che ha pensato bene di fare il Presidente del Consiglio, una volta nominato dai suoi dirigenti di partito, è stato di porre in essere un progetto che porta la firma del Ministro Boschi – perché appunto questo disegno di legge è conosciuto con il suo nome – ma, per ammissione della stessa Ministra, si tratta di una riforma che è voluta principalmente dall'ex Presidente della Repubblica, Napolitano, ed è una riforma che, invece di migliorare quelle che sono le norme contenute nella Costituzione, va a stravolgere un terzo dei suoi articoli.
  Possiamo fare tantissimi ragionamenti su quello che sarebbe stato opportuno fare, invece che appunto mettere mano in maniera così pesante a una riforma costituzionale. I dubbi sono stati tantissimi, ma alcuni sono superati.
  Il Presidente del Consiglio vuole convincerci, o convincere i cittadini, che questa sia una riforma necessaria, che con questa appunto l'Italia potrà ripartire. Abbiamo visto che non è così. Questa è una nuova seconda lettura, perché a questa dovranno seguirne altre due, una nuovamente al Senato e una alla Camera, se non Pag. 25ci saranno modifiche che noi invece auspichiamo ci siano.
  È una riforma confusa e pasticciata, confusa e pasticciata perché – come ha detto benissimo il mio collega Toninelli prima di me – si vanno a complicare articoli che, sino ad adesso, sono stati semplicissimi da interpretare, quindi non c’è bisogno di alcun tipo di interpretazione. Invece, ogni volta che si va a modificare la Costituzione – come ad esempio il Titolo V –, vediamo che si vanno a complicare le cose. Si fanno delle riforme in fretta e furia oppure fatte male, tanto per dire ai cittadini che si fa qualcosa.
  Il Titolo V, per esempio, con le competenze ripartite tra regioni e Stato, ha complicato notevolmente la vita alla Corte costituzionale che è dovuta spesso intervenire per chiarire il senso di quelle norme, di quegli articoli. Quindi, già di per sé abbiamo visto come questa riforma, la riforma del Titolo V, ha complicato notevolmente la vita sia alle regioni che allo Stato stesso e, conseguentemente, ai cittadini.
  Questa complicherà ancor di più le cose. Partendo dal presupposto che il Senato è un costo per i cittadini, invece di decidere di abolirlo definitivamente e totalmente, si decide di mantenere in piedi questo carrozzone, dove i costi rimarranno comunque altissimi, perché il Senato comunque continuerà a vivere, continueranno a esserci i funzionari, i dirigenti e tutti coloro i quali gravitano intorno al mondo del Senato.
  Continueranno a esserci i senatori perché ci saranno cento senatori che svolgeranno più di un incarico, faranno contemporaneamente i sindaci e i consiglieri regionali e ci saranno i cosiddetti senatori a vita che avranno molteplici competenze, per esempio potranno partecipare al processo di modifica della Costituzione, potranno partecipare ad altri procedimenti normativi, però non potranno, per esempio, incidere tantissimo su quelle che saranno le funzioni delle regioni che andranno a rappresentare.
  Infatti, si vuole creare una sorta di Senato federale, dove ci sono appunto senatori espressione della regione di appartenenza, che però appieno non rappresenteranno mai la propria regione.
  Tra l'altro, ci sono anche delle differenze talmente grandi per ciò che riguarda anche la rappresentanza delle varie regioni, che magari molti senatori saranno eletti, per esempio, in Lombardia e questo potrà anche incidere sull'elezione e la nomina di due giudici della Corte costituzionale, perché ricordiamo che i senatori avranno la possibilità...

  PRESIDENTE. Scusi, onorevole Dieni. Onorevole Sanga, gentilmente. Prego, onorevole.

  FEDERICA DIENI. ... la possibilità di eleggere, di nominare due giudici della Corte costituzionale. Che senso ha scegliere dei senatori che vanno in Senato a rappresentare le proprie regioni e dare una competenza così importante, come quella della nomina di due giudici della Corte costituzionale ? Come verranno scelti questi giudici ? In base alla vicinanza territoriale ? Per competenza ? Saranno giudici che da molti verranno definiti avvocati delle regioni, però di fatto molto probabilmente potrebbero anche essere grati a coloro che li hanno nominati.
  Abbiamo già visto che quello che è stato fatto da questo Governo in questi due anni è stato fare proclami che poi di fatto non portano alcun beneficio per i cittadini. L'abbiamo visto per esempio con la «riforma Delrio», sull'abolizione delle province. Finora, di fatto, non vi è stata alcuna abolizione delle province. È sotto gli occhi di tutti: le province ancora esistono. Quello che è stato eliminato sino a che la riforma – speriamo di no – verrà confermata dal referendum è l'elezione dei consiglieri provinciali, quindi viene eliminata soltanto la massima espressione della democrazia, la possibilità dei cittadini di scegliersi i propri rappresentanti.
  L'unica cosa forse positiva del Premier sarà quella di cancellare il CNEL – bellissimo risultato – ma non penso che Pag. 26questo comporterà un enorme vantaggio in termini economici per lo Stato. Noi riteniamo che questo sia comunque condivisibile, però non è così risolutivo. In ogni caso, anche in questo sfacelo, il nostro proposito, il proposito di una formazione politica seria, che si candida a governare l'Italia, anche questa volta, è quello di tentare di mettere una pezza appena possibile. Abbiamo infatti formulato varie proposte, le abbiamo condivise con la maggioranza, sia in Commissione, sia nel precedente passaggio della riforma in Aula, per cercare comunque di sistemare norme scritte formalmente male – perché anche la lingua italiana è stata calpestata e maltrattata da questa riforma –, l'abbiamo fatto cercando di presentare non tantissimi emendamenti, ma un numero di emendamenti tale da giustificare un nostro intervento migliorativo. Abbiamo proposto, per esempio, di modificare e quindi di scrivere in maniera più dettagliata le attività da svolgere da parte dei senatori, perché il Senato possa essere una Camera di rappresentanza degli interessi territoriali. Serve, proprio per questa ragione, una strutturazione delle funzioni e delle procedure anche in considerazione dell'enorme mole di lavoro che si dovranno trovare a svolgere i consiglieri regionali e i sindaci, che saranno quindi chiamati alla carica di senatore.
  È fondamentale per questa ragione che i poteri del Senato siano giusti e che siano effettivi. Attualmente appunto il Senato potrebbe dire la propria su un sacco di questioni.
  Di fatto, la nostra impressione è che non metterà voce su nessun tipo di questione, perché probabilmente i senatori, che saranno sia sindaci sia consiglieri regionali, avranno il loro compito da svolgere, sia al comune sia alla regione. Quindi, conseguentemente non avranno neanche il tempo e il modo di leggere gli atti che dovranno votare, non avranno neanche il modo di occuparsi di queste questioni e verranno a Roma soltanto per pigiare il tasto verde per approvare qualsiasi proposta da parte del Governo. Quindi, conseguentemente – ripeto – non si capisce questa volontà di mantenere in vita un Senato che noi, a questo punto, avremmo voluto abolire in toto.
  Vi è, poi, il nuovo nodo dell'articolo 57, quinto comma, secondo il quale i senatori sono eletti in conformità alle scelte espresse dagli elettori per i candidati consiglieri in occasione delle elezioni dei consigli regionali o delle province autonome. Ovviamente, questa precisazione non basta da sola a sanare l'intervento che si è compiuto sul nostro ordinamento, anche in considerazione della legge elettorale, anzi anche questa modifica, che è stata frutto del sofferto e traumatico confronto all'interno del Partito Democratico, rischia di non portare, in realtà, alcun effetto significativo.
  Lasciamo stare il fatto che la disposizione è collocata nel punto sbagliato dell'articolo, in cui si parla della durata dell'incarico. Se dovessimo segnalare tutte le storture formali di questa riforma non finiremmo più. Ciò che ci interessa, piuttosto, è dare maggiore effettività al legame che deve intercorrere tra il momento elettorale e la scelta dei senatori. Intendiamo lasciare, quindi, tutto alla libera interpretazione dei consigli regionali ? Questo vuole fare il Governo ? A me non sembra opportuno; non sembra opportuno che saranno i vari consigli regionali a scegliere al loro interno i senatori e, quindi, quei consiglieri che verranno in Senato a rappresentare il proprio territorio. Chi li sceglie ? In base a quale norma ? Con che modalità verranno scelti ? Magari la Calabria adotterà un sistema che sarà diverso da quello della Lombardia e quindi, conseguentemente, non ci sarà alcun tipo di uniformità della scelta.
  Per di più, i senatori non verranno scelti direttamente dai cittadini. È questo che ci preoccupa tantissimo, perché già con questa legge elettorale è sottratta la possibilità agli elettori di scegliere il capolista perché è bloccato, nonostante, appunto, noi avessimo richiesto di ristabilire le preferenze, così come aveva affermato la Corte costituzionale. Ma al di là di questo, in questo modo nessun senatore potrà essere scelto direttamente dai propri Pag. 27cittadini e sarà rimesso tutto alla decisione del consiglio regionale di appartenenza che potrà, per esempio, scegliere di fare una lista legata per coloro i quali andranno a ricoprire il ruolo di senatori. Però, ancora non è dato saperlo, perché tutto è rimandato alle leggi e quindi, di conseguenza, non si capisce bene come questo avverrà.
  Per di più, una competenza del Senato, che a noi non sembra opportuno far rimanere in capo ai senatori, è quella di eleggere i giudici della Corte costituzionale. In più, l'articolo 39, comma undicesimo, prevede che il termine di ricorso alla Corte costituzionale sulla nuova legge elettorale del Senato, opera promulgata nella legislatura in corso, scade il decimo giorno dall'entrata in vigore della medesima legge elettorale. Ovviamente, la maggioranza – noi non crediamo, appunto, in un errore – ha omesso di considerare che nel caso di modifiche successive all'Italicum in questa legislatura, ove si ponesse, per esempio, questa eventualità, non si possa, appunto, utilizzare questo vaglio preventivo da parte della Corte Costituzionale per la legge elettorale.
  Invece, questa è una cosa importantissima, perché visto come è andata con il «Porcellum», cioè con questa legge elettorale che per sette anni ha continuato a essere utilizzata per eleggere i deputati e i senatori, che, appunto, è stata dichiarata incostituzionale dopo ben sette anni e che, comunque, ha comportato delle legislature composte da componenti illegittimi, quindi con elezioni illegittime, riteniamo che sia opportuno questo vaglio preventivo di legittimità costituzionale, in modo tale che comunque la Corte si potrà esprimere prima che avvenga questo tipo di elezione e, quindi, prima che si facciano dei danni.
  Infatti, sappiamo benissimo che questa legislatura è viziata da un «Porcellum» che ha previsto un premio di maggioranza abnorme, appunto dichiarato tale dalla Corte costituzionale, e quindi vede moltissimi esponenti della maggioranza che non avrebbero dovuto sedere su queste poltrone e che, comunque, contribuiscono in maniera impropria, appunto a colpi di maggioranza, a fare approvare le fiducie e ad approvare qualsiasi testo normativo su cui il Governo abbia posto la fiducia o, comunque, a schiacciare sempre questa luce verde, senza neanche verificare quale sia il provvedimento e l'importanza del provvedimento in questione.
  Quindi, proprio per evitare queste storture, proprio per fare in modo che, per esempio, vi possano essere delle preferenze, come appunto aveva previsto la stessa Corte costituzionale, noi riteniamo che sia indispensabile correggere questa omissione da parte della maggioranza e quindi, conseguentemente, inserire una norma che vada a prevedere espressamente che nel caso di modifica successiva, per esempio dell'Italicum nel corso di questa legislatura, sia comunque possibile, appunto, ricorrere a questo vaglio preventivo di legittimità costituzionale.
  Ho già detto che i senatori verranno a Roma in maniera frazionata. Verranno part-time a Roma e saranno, quindi, sia consiglieri regionali sia sindaci e questo si è giustificato proprio per ridurre i costi per lo Stato. Quindi, questa era la giustificazione. Però, vediamo che i senatori, che verranno a Roma a ricoprire il proprio incarico, avranno dei rimborsi spesa e, quindi, avranno dei rimborsi che andranno a coprire, ovviamente, il costo di alloggio e il costo del vitto; poi, andranno a coprire anche le spese per poter svolgere il proprio mandato in maniera adeguata e, quindi, conseguentemente sulle spese, se questo era il motivo reale per il quale si è dovuti intervenire in questa maniera per il Senato, non ci sembra, appunto, che si sia raggiunto un risultato.
  Quindi, noi che cosa chiediamo ? Chiediamo anche un sistema legislativo più semplice, perché il sistema legislativo che andrà adesso a delinearsi sarà un sistema molto articolato. Servirebbe veramente uno studio per capirlo e non basterebbe neanche una mappa per non perdersi nel labirinto di particolari termini di scadenze e degli iter di competenze. Quindi, conseguentemente noi realmente non riusciamo a capire che cosa si voglia dire ai cittadini, perché i costi del Senato rimarranno; gli Pag. 28elettori, però, non potranno scegliere i senatori, il Senato avrà delle competenze in alcuni settori che non dovrebbe avere e non potrà neanche rappresentare, conseguentemente, in maniera adeguata le proprie regioni.
  Noi abbiamo proposto, quindi, pochi emendamenti. Sono degli emendamenti di buonsenso che auspichiamo possano trovare l'accoglimento da parte della maggioranza, perché riteniamo che soltanto attraverso l'apporto e l'aiuto del MoVimento 5 Stelle, che è la prima forza nazionale a essere entrata in Parlamento, perché siamo stati il primo partito alle scorse elezioni, si possa realmente contribuire a migliorare un testo che a noi non convince per nulla. Lo riteniamo doveroso, perché la Costituzione non si può scrivere a colpi di maggioranza e non può essere un unico partito a scegliersi anche la forza con la quale scrivere la Costituzione. Per esempio...

  PRESIDENTE. Scusi, onorevole Dieni. Onorevole Manfredi, se a lei non dà disturbo, noi stiamo andando avanti con i lavori. Prego, onorevole Dieni.

  FEDERICA DIENI. Grazie, Presidente. Allora, dicevo, il PD, quando ha iniziato a fare questo tipo di riforma, inizialmente ha trovato una controparte in Forza Italia, quindi in Berlusconi. Dunque, tutta questa riforma nasce da questo accordo. Successivamente Berlusconi viene defenestrato, si smarca dalla riforma e, quindi, ora cambia l'opposizione, la finta opposizione che continua a sostenere questa riforma.
  Il MoVimento 5 Stelle, ripeto, che è una forza così importante nel Paese, non ha potuto incidere minimamente, quindi non è stato neanche presa in considerazione per modificare alcuni articoli, che comunque erano di buonsenso, e poteva dire la sua, migliorando un testo che a noi, appunto, non convince. Questo non lo riteniamo opportuno. Non lo riteniamo opportuno perché ricordo che, fino a prova contraria, siamo una Repubblica parlamentare, in cui il Governo non dovrebbe mettere bocca in una riforma così importante, ma in realtà si fa promotore di questa iniziativa, in cui un'opposizione così rilevante non partecipa in maniera fattiva, non per propria volontà, a una modifica di quaranta articoli della Costituzione, quindi stiamo parlando di un terzo degli articoli della Costituzione.
  Il procedimento che è stato utilizzato è un procedimento che noi abbiamo contestato, perché inizialmente, nella prima lettura, quando il testo è arrivato in Commissione, abbiamo lavorato di fretta, abbiamo lavorato di notte, abbiamo lavorato, quindi, senza poter valutare al meglio il testo che veniva proposto. Ci si è impuntati su alcuni articoli proprio perché, come ha detto il mio collega Toninelli prima di me e benissimo, il Presidente del Consiglio non ammette alcun tipo di opposizione, non ammette alcun tipo di parere contrario rispetto al suo e, quindi, vede tutto quello che un'opposizione ha sui suoi progetti come qualcosa da eliminare. Quindi, ha deciso, in questo modo, di passare da una Repubblica parlamentare, con questo bicameralismo perfetto, a una Repubblica dove il potere viene tutto concentrato nelle mani di una persona, il Presidente del Consiglio, è l'unica parte della Costituzione che ne esce rafforzata. Quindi, in questo caso vediamo quali sono le sue manie di grandezza, perché lui ha previsto questa Costituzione per esaltare la figura del Presidente del Consiglio, che deve decidere tutto quello che vuole, senza alcun tipo di opposizione da parte di nessuno, e che, quindi, in maniera indisturbata può decidere quali sono le misure fondamentali per l'Italia e quali no.
  Questo non ci sembra opportuno, perché la dialettica che viene fatta all'interno di questa Aula e all'interno delle Commissioni è fondamentale affinché i provvedimenti che vengono adottati siano condivisi e siano, comunque, anche migliorati. Infatti, dalla dialettica e ovviamente dal confronto può nasce un provvedimento sicuramente migliore, si può prendere quello che di meglio l'altra parte decide di proporre e si può anche rigettare la cosa Pag. 29che non si condivide. Quindi, sicuramente il dialogo, il confronto non devono essere limitati, anzi.
  Colgo anche l'occasione per dire che la riforma contemporanea del Regolamento parlamentare, unita a questa riforma costituzionale e unita anche alla legge elettorale, che ha vocazione totalitaria, stabiliscono proprio che si vuole mettere una fine alla Repubblica parlamentare per come noi l'abbiamo conosciuta e l'abbiamo apprezzata in questi anni. Questo procedimento, che è stato utilizzato e che non dovrebbe essere ammissibile per un provvedimento normale, è stato utilizzato addirittura per una riforma così importante della Costituzione e questo è davvero intollerabile.
  Tutto ciò dovrebbe portarci a riflettere sulla deriva di questa democrazia, che è definita parlamentare soltanto dai libri ormai, ma che nei fatti si basa sulla centralità del Primo Ministro. Non ci sarebbe neanche bisogno di cambiare nulla, avviene già ora prima della riforma.
  Noi avevamo proposto anche altre cose di buonsenso, per esempio il referendum propositivo senza quorum, che è una delle nostre nelle nostre proposte più importanti, perché, appunto, il referendum consente ai cittadini di esprimersi direttamente sulle proposte e togliere il quorum è fondamentale perché si vuole dare a coloro i quali decidono di partecipare a una consultazione, quindi decidono di esprimere il proprio parare, la possibilità anche di decidere, quindi non è un potere a chi decide di non recarsi alle urne. Volevamo anche inserire alcuni correttivi, che ovviamente, per l'epoca in cui era stata prevista la Costituzione non potevamo prevedersi, come per esempio, aggiungere la tutela del wi-fi libero e di Internet come mezzi per poter di diffondere la conoscenza.
  Volevamo, quindi, introdurre alcuni miglioramenti alla Costituzione, che noi non riteniamo immodificabile, ma riteniamo che questi correttivi possano essere fatti non soltanto in maniera condivisa, ma anche in maniera calibrata, quindi introducendoli pian piano, introducendo prima queste modifiche per poi, eventualmente, passare a una modifica più ampia.
  In questi anni abbiamo esaminato tutti i tipi di democrazia, sono stati analizzati tutti i tipi di Governo. Per esempio, inizialmente con Letta era stata istituita questa Commissione di quaranta saggi, che hanno lavorato per circa un anno e poi di questo lavoro non se n’è fatto più nulla. Comunque, il loro compito sostanzialmente era quello di fare un vademecum dei pro e contro dei vari sistemi che andavano a delinearsi. Quindi, i tentativi sono stati svariati.
  Noi abbiamo bloccato, inoltre, il tentativo di modifica dell'articolo 138, che è quello fondamentale per guidare la procedura per modificare la Costituzione. Continueremo a lottare, in quest'Aula e anche fuori di quest'Aula, affinché questa riforma non possa passare, perché noi la riteniamo una riforma che va contro la democrazia, una riforma che non ci soddisfa per nulla, una riforma che fa a meno del Parlamento e fa a meno, quindi, di rappresentare quelli che sono i diritti dei cittadini. Quindi, conseguentemente, ci batteremo, anche al di fuori di quest'Aula, affinché i cittadini italiani – siamo sicuri che molti ci daranno una mano in tutto questo – decidano di non approvare questo tipo di riforma, perché i cittadini vogliono qualcosa di diverso in questo momento: vogliono delle misure a tutela dell'economia, vogliono delle misure economiche che facciano ripartire l'Italia.
  Quindi, concludo dicendo che noi ci impegneremo per la campagna referendaria e che faremo di tutto per non far passare questa riforma (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Melilla. Ne ha facoltà.

  GIANNI MELILLA. Grazie, signor Presidente. Il costituzionalista Alessandro Pace del Comitato per la democrazia costituzionale ha inviato, in questi giorni, a noi deputati una lettera aperta che parte dal peccato originale di questa riforma, cioè il fatto che essa nasca non per iniziativa del Parlamento, ma del Governo.Pag. 30
  La libertà di coscienza dei parlamentari è stata sacrificata alla logica del vincolo di fedeltà al partito di maggioranza. Oggi stiamo discutendo di emendamenti che, per pregiudizio, non potranno essere approvati, neanche uno e questo lo sappiamo tutti. Il mito futurista della velocità del nostro Presidente del Consiglio non dovrebbe, invece, essere consentito per una legge di revisione costituzionale, che, non a caso, ha tempi di riflessione e maturazione diversi dalla legge ordinaria. Così volle il nostro costituente.
  Peraltro, la sentenza n. 1 del 2014 della Corte costituzionale ebbe a precisare che, a seguito della incostituzionalità delle norme elettorali della legge Calderoli, il Parlamento avrebbe potuto continuare ad operare grazie ad un principio, cioè al principio fondamentale della continuità dello Stato, però limitato nel tempo, con richiamo alla prorogatio prevista dagli articoli 61 e 77 della Costituzione, che prevedono tutt'al più una efficacia non superiore ai tre mesi.
  L'articolo 1 di questo disegno di legge riguarda le funzioni delle Camere. Le incongruenze sono varie e determineranno una grave alterazione degli equilibri tra i poteri costituzionali. Il Senato non sarà più eletto direttamente dai cittadini, ma continuerà ad avere un potere legislativo. Nel caso dei senatori sindaci, non verranno eletti neanche indirettamente dai cittadini, come avverrà, invece, per i senatori consiglieri regionali a part time.
  Peraltro, per i senatori consiglieri regionali si stabilisce la loro conformità al risultato delle elezioni regionali, ma, se così è, perché non si evita l'ipocrisia di un inutile duplicato, riconoscendo ai cittadini il potere di eleggere direttamente i senatori ? L'esigenza dell'elettività diretta del Senato non è una bizzarria di qualche gufo costituzionalista, ma consegue dal fatto che questa riforma, comunque, assegna al Senato sia funzioni legislative che di revisione costituzionale. Per questo la sovranità popolare sancita dalla Costituzione impone il voto diretto dei cittadini; il voto diretto dei senatori li sottrarrebbe ai giochi e alle dinamiche politiche delle regioni e dei comuni. La grande differenza tra il numero dei deputati e dei senatori rende quasi ininfluente il ruolo dei senatori nelle delicate riunioni in seduta comune del Parlamento, in occasione dell'elezione dei giudici costituzionali e del Presidente della Repubblica. Ciò aggrava ancora di più il combinato disposto con la legge elettorale Italicum che assegna un abnorme premio di maggioranza a favore di una lista che con la minoranza dei voti si vede assegnati ben 340 deputati. I senatori consiglieri regionali e i senatori sindaci opereranno a tempo parziale e ciò influirà sulla qualità e quantità del loro lavoro; obiettivamente vi chiedo, quale forza potrà esprimere un Senato privo di legittimazione democratica e con 95 senatori a mezzadria ? Il Bundesrat tedesco è ben altra cosa, opera in Germania sin dalla Costituzione imperiale del 1870, tranne durante il periodo nazista, ed è costituito dalle sole rappresentanze dei Länder che, a seconda della loro importanza, come è noto, hanno a disposizione da tre a sei voti per ogni deliberazione.
  Nei fatti, con questo disegno di legge costituzionale, il potere viene spostato sul Governo, che controlla la maggioranza del Parlamento ed è il dominus del nuovo ordinamento, con buona pace dalla sentenza n. 1 del 2014 della Corte costituzionale, secondo cui la rappresentatività non può essere penalizzata dalla governabilità, anzi si riconosce che la rappresentatività è un bene tutelato dalla Costituzione, a differenza della governabilità di cui non esiste nessuna traccia nella Costituzione italiana. Alla faccia del barone Montesquieu, non ci sarà nessun contropotere nel futuro Parlamento italiano che limiti il Governo. Il Senato è ridotto a una larva, i diritti delle minoranze non sono costituzionalizzate, il rimando ai regolamenti, da parte di questo disegno di legge, è patetico, la maggioranza della Camera farà domani quello che fa oggi, ad esempio, con le proposte di legge di iniziativa popolare: ve ne sono ventisette giacenti qui alla Camera, nessuna di esse viene esaminata dalla Camera dei deputati. Su 270 proposte di legge di iniziativa popolare depositate Pag. 31negli ultimi vent'anni, qui, alla Camera, solo tre hanno superato il vaglio dell'esame da parte del Parlamento. La clausola di supremazia stabilita da questo disegno di legge è la cartina di tornasole dell'umiliazione delle autonomie locali e di un autentico federalismo.
  Riteniamo per questo che questo disegno di legge costituzionale dissolva l'identità della Repubblica italiana nata dalla Resistenza; è inaccettabile per il metodo e per i contenuti e lo è, ancora di più, in rapporto alla legge elettorale n. 52 del 2015, cosiddetta Italicum, approvata pochi mesi fa. Per questo contrastiamo questo disegno di legge, qui, oggi, e soprattutto domani, con il referendum in cui i cittadini italiani, non per concessione del Presidente Renzi, ma per volontà della Costituzione italiana dovranno pronunciarsi.
  La vostra è solo una vittoria di Pirro, frutto di una maggioranza assicurata da una legge anticostituzionale. E dispiace, soprattutto per chi siede in questo Parlamento, di aver dato con il nostro 3,2 per cento la possibilità al Partito Democratico di avere più di cento deputati rispetto ai voti che effettivamente aveva preso, frutto di questo premio di maggioranza. Senza il nostro apporto non ci sarebbe stata una maggioranza che, adesso, stravolge la Costituzione. A noi il premio di maggioranza ha significato, su trentasette deputati, solo dieci deputati in più e avremmo rinunciato benissimo a questi dieci deputati in più, pur di salvare la Costituzione italiana. Il 25 e il 26 giugno 2006 si svolse in Italia il secondo referendum costituzionale, il primo vi fu nel 2001, e in quel referendum costituzionale fu respinta la controriforma varata nella XIV legislatura dal centrodestra. Il 61,29 per cento dei cittadini italiani, cioè 15 milioni 783 mila 269 cittadini italiani votarono contro la riforma approvata in Parlamento da Forza Italia, da Alleanza Nazionale e dalla Lega Nord. Non vincemmo noi, vinse la Costituzione italiana, i suoi valori, i suoi equilibri, la sua storia, iniziata nelle carceri fasciste e nelle montagne, durante la Resistenza; Costituzione difesa contro poteri forti e oscuri di ogni tipo, nella storia repubblicana, contro le logge massoniche, contro le varie leggi truffa, contro lo stragismo nero e contro il terrorismo rosso.
  Per questo noi confidiamo nella capacità dei cittadini italiani di discernere e di capire da che parte collocarsi. Arrivederci al referendum (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Cozzolino. Ne ha facoltà.

  EMANUELE COZZOLINO. Grazie Presidente, signor rappresentante del Governo, colleghi, questa riforma costituzionale non ci piace, lo abbiamo detto in ogni occasione, in tutte le salse, nel corso del precedente esame sul testo che è stato poi modificato al Senato e lo ribadiamo, ora, in questo esame in cui gli spazi di manovra sono angusti, per l'avvenuta approvazione in doppia conforme di un gran numero di articoli. Tra gli aspetti più perniciosi e a nostro avviso potenzialmente pericolosi di questa riforma c’è, in particolare, la riforma del Senato della Repubblica e il superamento dell'attuale sistema di bicameralismo paritario. Gli articoli 1 e 2 di questo disegno di legge sono stati oggetto di modifica al Senato, dunque, in questo esame sono nuovamente oggetto di discussione, essendo state, però, le modifiche al Senato estremamente circoscritte e di portata limitata anche su questi articoli di portata così fondamentale, ovviamente, in senso negativo, la possibilità di proporre modifiche consistenti è stata impresa ardua e in alcuni casi impossibile. Ciononostante, per quello che riguarda l'articolo 1 e, come vedremo in seguito, anche l'articolo 2, il gruppo del MoVimento 5 Stelle non ha gettato la spugna, ma abbiamo presentato un certo numero di proposte emendative che, se lette con attenzione, non hanno l'unica finalità dilatoria di rinviare al Senato un testo anche minimamente modificato, soltanto per riazzerare il computo delle letture richieste dall'articolo 138. Nella maggior parte dei casi si tratta di proposte di modifiche di un certo rilievo che nelle Pag. 32condizioni date cercano in parte di limitare il danno prodotto dalla trasformazione del Senato in una sorta di orpello istituzionale, la cui principale funzione sarà, come vedremo nell'esame dell'articolo 2, quella di dare un ricovero di prestigio e sicuro ad alcuni consiglieri regionali, magari inseguiti da qualche pendenza giudiziaria sui propri territori.
  Il Senato della Repubblica viene svuotato di qualsiasi funzione di rilievo nel processo legislativo, e non solo, e questo salasso di funzioni, di potere e di autorevolezza viene operato già dall'articolo 1 di questa riforma che riforma, ma sarebbe più opportuno dire «deforma», l'articolo 55 della Costituzione. Prima di proseguire sul contenuto dell'articolo 1 e sull'illustrazione del complesso degli emendamenti ad esso presentati, mi consenta, Presidente, una breve divagazione che nel dibattito su una riforma costituzionale non è affatto secondaria. La Costituzione del 1948, l'attuale in vigore, al di là del suo contenuto, aveva un merito riconosciuto da tutti, l'estrema chiarezza e l'assoluta semplicità che l'hanno resa un testo fruibile senza difficoltà dalla maggior parte dei cittadini dell'epoca e seguenti, ancora oggi.
  Tale caratteristica non fu un caso ma fu esplicitamente perseguita dai costituenti, che affidarono ad un illustre letterato come Concetto Marchesi il coordinamento linguistico del testo giuridico che doveva essere approvato. Dunque, poche parole, 1.357 singoli lemmi, al 74 per cento presi dal vocabolario di base; articoli concisi e con un numero limitato di commi. L'articolo 55 della Costituzione attualmente si compone di due soli commi: l'articolo 1 lo fa lievitare a sei e introduce termini vaghi – in politichese, dei quali non si capisce bene la portata normativa – proprio al comma che è oggetto del nostro esame. L'articolo 55 in vigore è questo: «Il Parlamento si compone della Camera deputati e del Senato della Repubblica. Il Parlamento si riunisce in seduta comune dei membri delle due Camere solo nei casi stabiliti dalla Costituzione». E questo è quello che avete creato con questo «schiforma»: Il Parlamento si compone della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. Le leggi che stabiliscono le modalità d'elezione delle Camere promuovono l'equilibrio tra donne e uomini nella rappresentanza (come già riportato all'articolo 51 della Costituzione). Ciascun membro della Camera dei deputati rappresenta la nazione. La Camera dei deputati è titolare del rapporto di fiducia con il Governo ed esercita la funzione di indirizzo politico, la funzione legislativa e quella di controllo dell'operato del Governo. Il Senato della Repubblica rappresenta le istituzioni territoriali ed esercita funzioni di raccordo tra lo Stato e gli altri enti costitutivi della Repubblica. Concorre all'esercizio della funzione legislativa nei casi e secondo modalità stabilite dalla Costituzione, nonché all'esercizio delle funzioni di raccordo tra lo Stato, gli altri enti costitutivi della Repubblica e l'Unione europea. Partecipa alle decisioni dirette alla formazione e all'attuazione degli atti normativi e delle politiche dell'Unione europea. Valuta le politiche pubbliche e l'attività delle pubbliche amministrazioni e verifica l'impatto delle politiche dell'Unione europea sui territori. Concorre ad esprimere pareri sulle nomine di competenza del Governo nei casi previsti dalla legge e a verificare l'attuazione delle leggi dello Stato. Il Parlamento si riunisce in seduta comune dei membri delle Camere nei casi stabiliti dalla Costituzione. «Esercita funzioni di raccordo» e «valuta e verifica una politica», che vuol dire in concreto ? Mi auguro che la portata di questa riforma e della dottrina espressa dal cosiddetto «giglio magico», quello che è l’inner circle che ha partorito questo testo, non sia da far pensare al Grande raccordo anulare, magari intasato come sempre, quando qualche persona di Roma proverà a capire quali siano le nuove funzioni di questo Senato. Come riportato nella relazione, che fu trasmessa dal Presidente del Consiglio il 17 dicembre 2013, della famosa commissione per le riforme costituzionali istituita l'11 giugno 2013, si prospetta la possibilità che, nell'ambito dei compiti dei due rami del Parlamento, in particolare del Senato, assuma particolare Pag. 33rilievo la valutazione delle politiche pubbliche che – si evidenzia nella relazione – costituisce una specificazione della funzione di controllo parlamentare. Con questa espressione la commissione rivela che intende riferirsi alla misura dell'efficacia di un'azione attraverso una quantificazione dei suoi effetti mediante indicatori di prestazione e apprezzamento della congruità dei suoi obiettivi. Nel concetto di valutazione entra anche l'accertamento di che cosa non ha funzionato allorché gli obiettivi non sono stati raggiunti, una valutazione comparativa delle situazioni in cui gli obiettivi sono stati raggiunti e di quelli in cui, invece, si è fallito. Si considerano, inoltre, anche la valutazione degli effetti della legge (valutazione dell'impatto regolatorio) e l'accertamento delle ragioni dell'eventuale mancato conseguimento degli obiettivi. Per «politiche pubbliche» – viene evidenziato nella relazione – si intende il complesso delle azioni concrete messe in atto o coordinate dai poteri pubblici in relazione a problemi inerenti l'intera comunità nazionale. Si ricorda, inoltre, che tali funzioni sono inserite per la prima volta nella Costituzione ma sono in parte già presenti nell'ordinamento nazionale e in sede dell'Unione europea, così come in altre esperienze comparate. La verifica e l'attuazione delle leggi statali e la valutazione delle politiche pubbliche e delle attività delle pubbliche amministrazioni dovranno essere peraltro adeguatamente definite in sede applicativa, al fine di evitare che la stessa possa riverberarsi nel controllo sull'operato del Governo, che è funzione attribuita dal medesimo articolo 55 alla sola Camera dei deputati. Quindi, è un testo poco congruente; come già detto precedentemente, risulterà poco chiara, dovrà essere interpretata. La legge fondamentale dovrà essere interpretata e non sarà più chiara. Tornando al contenuto del comma in esame, ho già detto che il Senato è stato ridotto a orpello; mi viene un'immagine di uno dei Fori cadenti del coro dell'Adelchi. Con gli emendamenti presentati dal nostro gruppo a questo articolo, cerchiamo di rendere meno generiche e soprattutto meno interpretabili le funzioni che questa Camera dovrà e potrà svolgere. Vorrei in primo luogo citare quelle proposte emendative che cercano di collegare le funzioni attribuite da questo comma a quelle linee di principio poste dal nuovo articolo 71 come riformato dalla presente legge, in tema di partecipazione dei cittadini alla determinazione delle politiche pubbliche.
  In sostanza, riassumendo il senso e la finalità di questi emendamenti, che successivamente verranno esaminati singolarmente, l'obiettivo è il seguente: se il Senato è regolato da una semplice opera di verifica dell'impatto delle politiche dell'Unione europea sui territori, se deve valutare le politiche pubbliche e l'attività delle pubbliche amministrazioni da un lato, gli si consenta di ascoltare i soggetti sui quali queste politiche ricadono, cioè i cittadini; dall'altro, si consenta di utilizzare il lavoro di valutazione, di attività ispettiva del nuovo Senato come strumento che consenta di declinare e applicare meglio e pienamente quel principio di partecipazione alla determinazione delle politiche pubbliche da parte dei cittadini, principio inserito, come dicevo, nell'articolo 71. Detto senza mezzi termini, quello che vorremmo ottenere, anche se per via inevitabilmente indiretta, è che il principio della partecipazione dei cittadini alla determinazione delle politiche pubbliche sia qualcosa di vicino al débat public dell'ordinamento francese piuttosto che all'indirizzo mail aperto dal Governo in vista della «buona scuola» e della riforma della pubblica amministrazione, delle quali è stato reso noto solo il numero di e-mail ma non i contenuti. Visto il grande successo riscontrato da studenti e professori della riforma della scuola «alla bona» (per i non toscani scuola «alla buona»), forse avevano mandato le proposte per la riforma un po’ diverse da quelle applicate con la riforma.
  Un'altra serie di emendamenti cerca di intervenire su un modo di scrivere le norme tipicamente all'italiana, cioè attribuire una funzione o un potere senza prevedere strumenti per svolgerli davvero, un po’ come se uno scrivesse una legge che Pag. 34vieta a chi ha preparato la pasta di servirla ai commensali. Un gioco delle tre carte, questo, diffusissimo nelle leggi ordinarie, ma che inserito in Costituzione e in questo specifico punto della Costituzione diviene sanguinoso. Come vediamo tutti, il Senato dovrà svolgere una sorta di attività di controllo e valutazione sull'attività di una serie di organi interni come le pubbliche amministrazioni, sui risultati prodotti dalle politiche europee e sull'attuazione delle leggi dello Stato. Bene, il Senato valuterà e controllerà con grande impegno, ma che succede se il controllo e la valutazione daranno esiti negativi ? Assolutamente nulla. Il Senato se la canterà e se la suonerà da solo, come un CNEL qualunque, solo inserito in una sede più elegante, prestigiosa e ricca di storia. Chi ha scritto questo passaggio del comma, più che ad una Carta costituzionale, forse si è ispirato a un ordine del giorno parlamentare di quelli in cui si prevede il classico impegno «a valutare l'opportunità di» eccetera. Il Senato non ha neppure la facoltà di convocare il Governo per lo svolgimento di un semplice dibattito, per chiedere spiegazioni in merito a leggi rimaste sulla carta – il nostro ordinamento è generoso in questo senso –, oppure per chiedere conto di impatti fortemente negativi di una determinata politica pubblica sui territori. Tra i nostri emendamenti abbiamo previsto alcune disposizioni che prevedono questo momento di verifica tra la Camera, a cui è affidato, non da un regolamento o da un decreto ministeriale ma dalla Carta fondamentale, lo svolgimento di tutte le funzioni di controllo, e l'organo costituzionale, il Governo, che è deputato e responsabile dell'attuazione delle leggi e delle politiche pubbliche. Anche perché, colleghi, come dimostra il primo comma dell'articolo 55, alla luce di quest'articolo, il Senato è almeno formalmente parte dei difetti del Parlamento, che si compone appunto della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. In Parlamento, colleghi, una cosa non si può negare, anche nella nuova visione dello Stato della banda dei quattro (Renzi, Boschi, Lotti e Bonifazi), che è quella di parlare e di dibattere. Già questa Costituzione toglie di fatto il potere al Senato e restringe di molto, rispetto al Governo, i poteri della Camera dei deputati, che sarà una mera ratificatrice delle decisioni del Primo Ministro, non eletto. Il meno che si può chiedere, dunque, è quello di prevedere che il Senato possa chiamare il Governo a un confronto pubblico su una serie di rilievi che gli vengono mossi. Se questo non dovesse accadere, beh, allora meglio abrogare dalla Costituzione questo comma e inserirlo nella prima legge che stanzia fondi per i lavori cosiddetti socialmente utili, perché di questo si tratterà: far svolgere un lavoro che in realtà non serve a nulla, se non a giustificare uno stipendio non tanto ai nuovi senatori, a cui verrà garantita anche l'immunità, ma ai funzionari del Senato, chiamati a scavare la classica buca per poi richiuderla. C’è poi un ultimo blocco di emendamenti del MoVimento 5 Stelle che si rifà alla questione della chiarezza del lessico, che ho avuto modo di sollevare all'inizio del mio intervento. Che vuol dire «politica pubblica», «provvedimento normativo due, tre, quattro» ? «Impatto» concretamente che significa ? Risultati prodotti ? E alla luce di quali parametri di partenza ? Significa consenso o dissenso da parte dei cittadini e degli enti locali ? Ed ultimo, «territori» che vuol dire ? Regioni e comuni in senso amministrativo e istituzionale, oppure ci riferiamo al significato geografico ? Ancora, «concorre ad esprimere un parere», che vuol dire in concreto ? Se un parere del Senato su una nomina sarà negativo, che conseguenza produrrà ? Lo vedremo nell'applicazione, come dice la relazione dei saggi. Nessuna conseguenza o, come già successo in questa legislatura, si rifà la votazione con la scusa che i senatori non sapevano che la normativa era cambiata solo da una decina di anni, ritorniamo anche qui alla categoria dei lavori socialmente utili ? Ecco, i nostri emendamenti, proponendo la sostituzione di un termine con un altro, cercano di rendere meno vaga, meno labile, la funzione di valutazione e controllo del Senato.Pag. 35
  Se mi consentite di concludere con una battuta, ispirandomi ad un collega ben più illustre di me, vogliamo evitare di passare da un sistema di bicameralismo paritario ad un sistema in cui di fatto c’è una sola Camera che legifera e vota la fiducia, ed un Senato che asciuga gli scogli. Un'asciugatura pagata a caro prezzo, perché, checché ne dica l'ottimo Presidente del Consiglio e compagnia cantando, il Senato continuerà a produrre sempre gli stessi costi per gli italiani e non migliorerà il sistema legislativo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Nuti. Ne ha facoltà.

  RICCARDO NUTI. Presidente, la riforma della Costituzione di un Paese non può essere proprietà di una sola parte politica, né tantomeno espressione del Governo di turno. E, invece, i principali promotori e sostenitori di questa riforma sono i principali esponenti dell'attuale Esecutivo, cioè del Governo: circostanza già di per sé abbastanza grave, in quanto in una Repubblica parlamentare le modifiche della Costituzione, ed in particolar modo una sua revisione così ampia, dovrebbero essere prerogativa esclusivamente parlamentare. Per questo tale riforma appartiene solo a voi, e non al popolo italiano, e distrugge il nostro patrimonio comune !
  Quello che proponete non apporta alcun miglioramento all'attuale architettura costituzionale, che rispetto alla Carta costituzionale scritta dai nostri Padri costituenti è rimasta sostanzialmente immutata sino ai giorni nostri, salvo alcune modifiche apportate negli anni recenti e rimaste in parte inattuate. In altre parole, avete drasticamente peggiorato le nostre regole costituzionali, stravolto l'architettura istituzionale che si basava su un collaudato sistema di pesi e contrappesi, con risvolti che non osiamo immaginare.
  Al Senato avete votato questa legge tra mercimoni, scambi, ricatti e trasformismi: quello che anche a livello giornalistico è stato definito il cosiddetto «mercato delle vacche». E anche al Senato un ruolo quanto meno particolare ha avuto il senatore Giorgio Napolitano, nonché ex Presidente della Repubblica: lo stesso Presidente della Repubblica che firmò a suo tempo il cosiddetto lodo Alfano, e che oggi ha appoggiato in maniera molto esplicita questa cosiddetta riforma costituzionale. Ricordiamo, per chi probabilmente ha la memoria corta, che il lodo Alfano, che il Presidente della Repubblica Napolitano firmò, venne dichiarato incostituzionale poco dopo tramite una sentenza della Corte costituzionale, la n. 262 del 2009; e già questo dovrebbe far capire, a tutti coloro che citano Napolitano come una persona che ha contribuito in maniera decisiva alla riforma costituzionale, come forse non è il caso di far riferimento al Presidente Napolitano, in quanto un Presidente della Repubblica che firma una legge che poco dopo viene dichiarata incostituzionale, diciamo che è uno smacco non da poco !
  Una delle principali motivazioni che utilizzate per sostenere questo scellerato testo di legge è che il bicameralismo perfetto non funziona; eppure, quando volete e vi fa comodo, riuscite ad approvare leggi in un lampo, per tenervi per esempio i rimborsi elettorali senza controlli sui bilanci dei partiti. L'esempio che stiamo qui citando è quello della legge cosiddetta Boccadutri. Cosa accade ? In questa legislatura, nella quale almeno formalmente c’è ancora il bicameralismo, accade che questa Camera dopo l'estate ha approvato una legge, cosiddetta Boccadutri perché il primo firmatario ha questo cognome, che non introduce altro che una sanatoria per quanto riguarda i rimborsi ai partiti; ovvero, c'era una Commissione che per legge doveva controllare i rendiconti dei partiti, a questa Commissione non è stato dato a quanto pare abbastanza personale, e nel momento in cui non è stato dato abbastanza personale, questa Commissione non ha potuto fare gli adeguati controlli previsti per legge. Ebbene, con una «leggina» inserita appunto nella cosiddetta legge Boccadutri, si è creata la sanatoria e si è permesso ai partiti di Pag. 36ottenere tali rimborsi, nonostante i controlli della Commissione competente previsti per legge non siano stati effettuati.
  A quanto ammontano ? A circa 45,5 milioni di euro. Si dice che il bicameralismo è molto lento, non riesce a produrre le leggi, e che questa riforma nasce quindi con questo obiettivo; però, signori, cosa accade ? E qui lo diciamo anche ai cittadini: che la stessa legge, subito dopo, in tempi veramente rapidi rispetto a tutte le altre, è andata al Senato ed è stata approvata, ed è diventata legge dello Stato. Diciamo, quindi, che non si può parlare di furto nel senso di violazione della legge, ma di una nuova forma di furto legalizzato che permette ai partiti di ottenere questi rimborsi aggirando la legge che loro stessi avevano fatto. Questo è un esempio di come in realtà il bicameralismo funziona quando c’è la volontà; e siccome voi non avete la volontà di approvare delle leggi serie, quelle come per esempio la class action che è stata approvata alla Camera la tenete ancora insabbiata, e al Senato non vede la luce. O, per esempio, una riforma importante come quella della legge sul reddito di cittadinanza al Senato, vi ostinate a non volerla calendarizzare in Aula. Questo a dimostrazione che non è il bicameralismo in sé che non funziona, ma è la volontà che non avete; e che avete solamente nei provvedimenti che fanno comodo a voi, soprattutto quando dovete legalizzare le ruberie a vostro favore. Un altro esempio, come ho detto, è la legge sul lodo Alfano, che praticamente regalava l'immunità alle alte cariche dello Stato; fra le quali, guarda caso, il Presidente del Consiglio, che in quel momento, quando è stato approvato, era Berlusconi.
  Avete spostato il terreno del confronto nell'arena mediatica, spostando i vostri mal riusciti sforzi comunicativi sulla presunta portata storica del risultato che, a vostro dire, si otterrebbe con l'approvazione definitiva di questa riforma costituzionale, soffocando il dibattito pubblico dal merito. Quindi, non è che non se ne sia parlato in termini di ore all'interno delle Commissioni e dell'Aula, anche se quanto è accaduto in Commissione al Senato è abbastanza sconvolgente; ma quando si analizza il merito non ci sono mai delle risposte adeguate, addirittura spesso non ci sono neanche delle risposte. Questo a dimostrazione di come chi propone questa legge non abbia probabilmente neanche l'adeguata conoscenza per supportare tale riforma costituzionale, e comunque non sappia cosa rispondere nel merito.
  E, soprattutto, avete dimenticato che recentemente i risultati analoghi per quanto riguarda questa riforma non sono stati proprio eccezionali. Come, per esempio, la riforma approvata circa dieci anni fa dal Governo Berlusconi, che è stata poi respinta nel successivo referendum costituzionale; o la riforma approvata dal cosiddetto Governo di centrosinistra nel 2001, frutto di dinamiche del tutto simili, che ha prodotto risultati giudicati disastrosi dai suoi stessi autori. Per ultimo ricordiamo la riforma del 2012 che ha introdotto lo scellerato principio del pareggio di bilancio in Costituzione e che, pur costituendo una modifica circoscritta, ha rappresentato una maniera di legiferare opposta allo spirito costituzionale, in quanto provocata da una situazione esclusivamente emergenziale, e costituisce tutt'oggi un rilevante freno alla ripresa economica. Per intenderci, non si possono fare dei veri e propri investimenti, perché questi vanno in contrasto con il pareggio di bilancio; soprattutto i comuni, tramite le normative che sono state introdotte per il pareggio di bilancio interno, si vedono in notevoli difficoltà.
  Andiamo alla parte delle proposte, cioè a quelle che abbiamo fatto noi in questi mesi sia alla Camera che al Senato. Al Senato abbiamo cercato di modificare nel merito alcune criticità di questo disegno di legge, con duecento emendamenti; per chi ci sta seguendo e magari non conosce il termine emendamenti, significa proposte che vanno a modificare la legge. Sono delle proposte chiare e semplici, che volevano riscrivere ed integrare questo disegno di legge pessimo e assurdo; ripeto, testo che viene dal Governo, quindi una riforma costituzionale che viene dal Governo. In quella sede tra le altre proposte Pag. 37abbiamo chiesto, per esempio, di dimezzare il numero dei parlamentari; abbiamo chiesto l'elettività diretta dei cento membri del Senato; l'abolizione dell'immunità parlamentare; abbiamo chiesto maggiori garanzie per l'opposizione; abbiamo chiesto la decadenza dalla carica di parlamentare in caso di reiterata assenza, e la decadenza dei senatori sottoposti a processo penale (pensi un po’ che proposte irricevibili che abbiamo presentato !); l'inserimento dei referendum consultivi.
  Abbiamo proposto anche i referendum propositivi e di indirizzo e la riduzione dello stipendio dei parlamentari insieme alla soppressione dei loro vitalizi. Si tratta di proposte che, forse, qui dentro sono sconvolgenti, ma che sono chieste veramente, queste sì, dai cittadini. Perché ? Perché, quando si parla di riforma costituzionale, io sento blaterare soggetti del Governo e parlamentari della maggioranza che si tratta di riforme che chiedono i cittadini. Ma, in realtà, questo è assolutamente falso: nessun cittadino vi ha mai chiesto di fare finta di abolire il Senato, crearlo di nominati e fare sì che questi senatori potessero avere l'immunità. Le poche cose che hanno chiesto i cittadini in questi anni e che sono degne di essere inserite in una riforma costituzionale – o comunque per motivi legislativi vanno appunto inserite nella riforma costituzionale – sono alcune di queste. E proprio a queste avete detto no, ovvero alle uniche cose che veramente, dal punto di vista del miglioramento della Carta costituzionale, sono state chieste dai cittadini, a queste avete detto no.
  Io mi voglio soffermare in particolare su due di queste proposte, perché secondo me sono degne di nota. Partiamo dall'ultima che ho detto: la riduzione dello stipendio dei parlamentari insieme alla soppressione dei loro vitalizi. Presidente, qui noi abbiamo un Paese che ha circa 10 milioni di poveri e continuamente i politici dicono che bisogna cercare di ridurre le spese e che bisogna fare sì che gli italiani tirino la cinghia. E, però, proprio chi deve dare l'esempio di volere guadagnare di meno per avvicinarsi ai cittadini si dimostra assolutamente falso in questo. Perché ? Perché, quando un parlamentare prende 18 mila euro al mese, di cui le indennità sono 10 mila euro al mese (ovviamente lordi), noi pensiamo che un gesto di riduzione dello stipendio dei parlamentari sia doveroso, soprattutto nel momento in cui abbiamo questa povertà, che cresce e che è arrivata, appunto, a 10 milioni di cittadini. Abbiamo, invece, tante altre persone che vivono la disperazione di una malattia. Per esempio vivono una malattia e, quindi, si ritrovano ad affrontare le difficoltà del sistema sanitario. Abbiamo, per esempio, delle liste di attesa per fare degli esami, per prevenire quelle che sono delle malattie che sono lunghissime o, per esempio, abbiamo un sistema sanitario profondamente corrotto. Ecco, davanti a questo, che poteva essere un segnale di distensione di una politica che si avvicina ai cittadini, nonostante i tanti annunci e nonostante le tante belle parole che sono state da voi proferite in vari dibattiti televisivi – nei quali ovviamente, sì, siete sempre presenti – a questo avete detto no.
  Poi vi è un altro punto che secondo me merita un chiarimento, che è quello dell'assenza dei parlamentari e, quindi, dell'eventuale decadenza dalla carica di parlamentare in caso di reiterata assenza. Infatti io vorrei precisare una cosa. In questo Parlamento il problema non è solamente l'assenza, perché purtroppo tanti colleghi sono presenti. Perché dico che «purtroppo» sono presenti ? Perché se si tratta di essere presenti per approvare delle leggi vergogna, come quelle che sono state approvate negli anni precedenti o in questa legislatura, ebbene forse è meglio essere assenti, piuttosto che votare e fare passare certe vergogne. Infatti non bisogna guardare solamente i numeri delle assenze o meno in Aula o eventualmente in Commissione, dove molti dei parlamentari della maggioranza spesso sono assenti, ma soprattutto alla qualità di quello che si propone e di quello che si vota, cosa che spesso non avviene in Aula. Quindi ci si limita a dire che si è presenti, ma non a dire che, per esempio, si è votato a favore Pag. 38di un decreto, come quello IMU Banca d'Italia, che da un lato, sì, aboliva l'IMU – che poi avete reintrodotto con altro nome –, ma contemporaneamente dava per esempio i 7,5 miliardi alle banche. Non avete detto che cosa conteneva lo «sblocca Italia». Quindi voi eravate presenti e avete votato a favore: è passato il provvedimento sullo «sblocca Italia», però poi quello che accade dal punto di vista per esempio delle trivellazioni, non lo si racconta.
  Queste proposte sono sicuramente state chiare, dettate dal buonsenso, e senza dubbio trovano largo seguito tra i cittadini, come ho detto. Non curanti di ciò avete sempre risposto con un secco «no» a tutti, alla faccia di chi nelle vostre fila diceva che dovevamo scongelarci e che dicevamo sempre «no».
  E invece, mese dopo mese, anno dopo anno, siamo arrivati a due anni e mezzo dall'inizio legislatura e ci si accorge che chi dice «no» siete sempre voi, soprattutto quando stiamo parlando di proposte di buonsenso, che arrivano veramente dalla cittadinanza, che sono state oggetto di dibattito pubblico e che hanno visto varie manifestazioni supportare questo stesso tipo di proposte.
  Ma, nonostante ciò, voi con i vostri giri di parole evitate sempre di proporle o di votarle, quando le proponiamo con emendamenti. Però, mentre dite «no» a queste, dall'altro lato dite «sì» a qualcosa. Per esempio, vi preparate a dare l'impunità alla classe politica più corrotta del Paese, spalancando le porte del Senato a consiglieri regionali o sindaci indagati, rinviati a giudizio e persino condannati. Con il nuovo Senato, ad esempio, il vicepresidente della regione Lombardia, Mario Mantovani, arrestato poche settimane fa per tangenti, potrebbe essere un papabile senatore e godere dell'immunità. Similmente, se un consiglio comunale verrà sciolto per mafia, il sindaco di quel comune, nominato senatore, manterrà la sua poltrona a Palazzo Madama, cioè al Senato. Quindi voi dite «no» alle proposte che ho detto poc'anzi, come per esempio la riduzione del numero dei parlamentari, dello stipendio o dei vitalizi, però dite «sì» all'immunità per questo tipo di soggetti, consiglieri regionali o sindaci, che, come sappiamo, sono la classe politica più corrotta del Paese. E lo dimostrano le varie indagini e sentenze che ci sono state in questi anni.
  Ci sono stati passaggi parlamentari su questa riforma costituzionale dell'ultimo anno e mezzo, nonostante le numerosissime critiche, portate avanti anche da illustri giuristi. E, quindi, non solo il MoVimento 5 Stelle, ma anche vari costituzionalisti hanno dato il loro parere contrario a questo disegno di legge, che voi chiamate riforma costituzionale, ma che invece dovreste chiamare «demolizione della Carta costituzionale». Questi passaggi non sono riusciti a migliorare i gravi problemi che l'impianto di questo disegno di legge presenta, a causa dell'ottusità e dei silenzi del Governo e della maggioranza.
  Ne consegue che ci troviamo oggi, dopo mesi e mesi di lavori, ad evidenziarvi nuovamente le criticità che già allora avevamo sottoposto, mentre la maggioranza dichiarava senza ritegno la propria formale dichiarata apertura al massimo coinvolgimento delle opposizioni nell'esame di questo disegno di legge, secondo quello che dovrebbe essere il principio guida per qualsiasi processo di revisione costituzionale, soprattutto di questa portata, all'interno delle Aule parlamentari. Siete stati protagonisti della completa chiusura rispetto alle istanze provenienti dall'opposizione, secondo gli ordini impartiti da Palazzo Chigi.
  Perché parlo di opposizione, in particolare, Presidente ? Perché quando si dice di voler dare spazio alle opposizioni in realtà, a mio parere, si fa un grande errore. Infatti, considerare Forza Italia o la Lega opposizione di questa maggioranza o di questo Governo è quantomeno comico. Così come quella che prima era Sinistra Ecologia Libertà, detta SEL, e che ora si dice Sinistra Italiana. Perché Presidente ? Perché, da un lato, abbiamo dei partiti come Forza Italia e Lega Nord che hanno sempre voluto fare questo tipo di riforma: ci hanno provato – anzi ora siete Pag. 39riusciti a far addirittura peggio di quella che era la riforma voluta da Berlusconi – e, nonostante questo, loro fanno, per così dire, finta di opporsi a tratti a questo disegno di legge. Ma sappiamo benissimo che, in realtà, sono favorevoli. Infatti fanno il giochino di creare sottogruppi, per esempio al Senato, come quello capeggiato da Verdini, e tramite questo altro gruppetto appoggiano queste riforme. Dall'altra parte abbiamo, per esempio, invece, SEL, Sinistra Ecologia e Libertà. Come è stato detto poc'anzi dal parlamentare di SEL Melilla, prima sì candidano con il PD, poi permettono appunto con questa candidatura di ottenere un premio di maggioranza abnorme e incostituzionale – lo diremo subito dopo – e poi dicono: ah, scusateci, se l'avessimo saputo, non ci saremmo alleati col PD. Però intanto la frittata è fatta e intanto il PD, insieme a Verdini, sta modificando la Carta costituzionale. Complimenti, perché a questo punto mi chiedo che fiducia si può avere in voi, se fate questi grandi errori, come se non aveste mai capito chi fosse il PD. E poi ci venite a dire: «scusate, abbiamo sbagliato ad allearci col PD». Abbastanza ridicoli, permettetemi di dire.
  Questo atteggiamento di far finta di parlare con le opposizioni, quando poi in realtà l'unica opposizione qui dentro è costituita dal MoVimento 5 Stelle e non avete tenuto minimamente in considerazione le nostre proposte, è stato adottato anche per quanto riguarda il Regolamento delle Camere; in pratica uno strumento che dovrebbe essere di garanzia dell'opposizione, invece viene utilizzato a vostro uso e consumo sempre per evitare di avere un dibattito parlamentare serio nel merito. Quelli che dovrebbero essere gli organi super partes all'interno della Camera in realtà si sono invece dimostrati molto di parte e molto schierati, così di garanzie delle opposizioni non ne abbiamo viste.
  Volete che faccia qualche esempio ? Beh, io ricordo a tutti, alla Presidenza, al Governo e a tutti i colleghi che sono presenti, purtroppo pochi, della maggioranza, la cosiddetta ghigliottina. Introdurre la ghigliottina, visto che il Regolamento della Camera non lo prevede da nessuna parte è assolutamente uno scempio, e sicuramente non è una garanzia per le opposizioni. Eppure voi, pur di fare andare avanti il decreto-legge che stava per scadere, il cosiddetto IMU – Banca d'Italia, avete introdotto e ideato quella che è la ghigliottina. Nel momento in cui anche all'interno dalla Camera non c’è l'appoggio per quanto riguarda la tutela delle opposizioni, pensate voi cosa può accadere con questa riforma costituzionale.
  Siete arrivati fino all'indizione, nel corso dell'ultimo passaggio alla Camera, di una seduta fiume, durante la quale è stata approvata questa riforma costituzionale in un'Aula semivuota fino a notte fonda, con una surreale discussione priva di dibattito in cui il Presidente del Consiglio è arrivato giungendo da un vertice europeo; un'immagine avvilente dal punto di vista istituzionale, ma che ben può rappresentare simbolicamente il percorso di questa riforma e anche il suo contenuto. Insomma, ve la cantate e ve la suonate, e non essendoci alcuna opposizione reale, come detto poc'anzi, ve la siete votata da soli.
  Per far capire quanto è stata assoluta la chiusura del Governo nei confronti delle istanze dell'opposizione basti ricordare che sono stati negati anche accoglimenti parziali, anche quando queste proposte non avevano una incidenza diretta sull'impianto complessivo di questo scellerato disegno di legge. Come già ricordato, le modifiche sulle quali siamo chiamati oggi ad esprimerci sono il frutto esclusivo di un dibattito praticamente interno alla maggioranza di Governo, ed in particolare di un solo partito di maggioranza, il PD, un partito che è rappresentato in questa Aula in maniera maggioritaria non in virtù della volontà popolare, perché, ricordiamolo, la prima lista elettorale alla Camera dei deputati è stata il MoVimento 5 Stelle, ma bensì a causa di una legge elettorale dichiarata incostituzionale, che distorce in maniera inaccettabile la volontà popolare come la presenza di molti di voi in questa Aula, eletti grazie al premio di maggioranza che vi abbiamo già ricordato.Pag. 40
  Sottolineo un'altra cosa, visto che è stato detto in precedenza, non è solamente un certo numero di parlamentari ad essere incostituzionale, quelli cioè che sono entrati qui grazie al premio di maggioranza, ma, come abbiamo detto più volte, è tutto il Parlamento ad essere incostituzionale. Voi avete fatto una legge elettorale – voi, perché noi non eravamo in Parlamento – che è stata successivamente dichiarata incostituzionale. Quindi è chiaro che voi non siete in grado di fare leggi che rispettino la Costituzione, e quindi ancor meno potete pensare di modificare la Costituzione. Ora con questo premio di maggioranza ci venite a dire che invece siete legittimati a modificare la Costituzione. Una vera e propria barzelletta. Questo per rispondere alle considerazioni fatte poc'anzi dal presidente Mazziotti Di Celso, dicendo che non sarebbe vero quanto affermato dalla collega Dadone. Non è quindi, lo ripetiamo, solamente un certo numero di parlamentari che è incostituzionale, ma in realtà lo è tutto il Parlamento, che anche per motivi semplicemente di logica e di razionalità non dovrebbe permettersi di effettuare queste modifiche alla Carta Costituzionale.
  Con questo testo di legge la nostra Carta Costituzionale sarà completamente sepolta insieme ai suoi valori fondamentali, l'avete demolita al Senato sulla base di questi indicibili accordi, che ricordavo poc'anzi, grazie a Verdini ! Questo va quanto meno detto, Presidente, perché un pluri indagato per concorso in corruzione e bancarotta fraudolenta lo avete fatto diventare padre costituente. Probabilmente gli garantirete anche un aiuto dal punto di vista dei suoi processi, rimane il fatto però che un personaggio di tale spessore non dovrebbe essere la vostra stampella per fare questa modifica costituzionale, quantomeno per l'onorabilità che dovrebbero avere le istituzioni.
  Questo passaggio nell'Aula della Camera dei deputati potrebbe rappresentare l'ultimo passaggio parlamentare del disegno di legge n. 2613-B, che modifica in numerose parti la nostra Carta costituzionale. È, quindi, l'ultima occasione che abbiamo per poter apportare alcune migliorie, anche se sfortunatamente le possibilità di intervento sono estremamente risicate.
  Entriamo, ancora di più, nel merito del disegno di legge. Per prima cosa, bisogna sottolineare come il ruolo che avete disegnato per il vostro Senato continua ad avere contorni di difficile interpretazione. Oltre a quello che avete dichiarato a livello normativo generale, questo Senato non ha, a differenza di quanto da voi sostenuto, alcuna analogia con le seconde Camere presenti in altri ordinamenti democratici di ispirazione regionalista o federalista, soprattutto perché in questi casi l'esercizio del potere ha una marcata ripartizione di tipo verticale dislocata sul territorio. Infatti, il sistema che avete disegnato per questo Senato non ha suoi simili nel resto del mondo e neppure lontani parenti.
  Insomma, ci avete voluto far credere che stavate modificando il bicameralismo introducendo sistemi funzionanti e collaudati, mentre ci ritroviamo con un sistema che potrebbe produrre effetti incerti e indesiderati.
  I vari passaggi parlamentari non sono stati sufficienti per farvi capire che il Senato che volete creare non è dotato dei necessari strumenti tecnici volti a intervenire efficacemente nel procedimento legislativo, anche nell'ambito che dovrebbe essere l'interesse più territoriale e decentralizzato.
  Al medesimo tempo sono state attribuite funzioni che si configurerebbero come funzioni di controllo generale al Senato, ma che non sono assolutamente collegate alla rappresentanza territoriale o all'esercizio decentralizzato del potere. Tra queste vi sono la valutazione delle politiche pubbliche e dell'attività delle pubbliche amministrazioni, la verifica dell'impatto delle politiche dell'Unione europea sui territori, il concorso alla verifica dell'attuazione delle leggi dello Stato. Si tratta di funzioni che trasformano il Senato da supposto organo di rappresentanza territoriale in organo di controllo su materie per le quali non avrebbe alcuna competenza, secondo lo stesso disegno originario Pag. 41dei suoi ideatori, in quanto, appunto, includerebbe compiti estranei alla rappresentanza territoriale.
  Tutto ciò senza alcun potere reale di intervento. In altre parole, anche nel caso in cui questo Senato riesca a condurre in maniera adeguata ed efficiente la propria funzione di controllo e, a seguito di verifiche, dovesse produrre proposte di interventi per correggere o modificare determinate situazioni, non è prevista possibilità di intervento reale: tanto rumore per niente.
  In sintesi, avete detto che volete abolire il Senato; in realtà, lo state tenendo con costi pressoché simili, quindi neanche a fronte di un risparmio economico rilevante, per poi creare più che altro confusione.
  La vera abolizione del Senato, che è stata proposta dal MoVimento 5 Stelle al Senato, l'avete bocciata: avete votato «no» anche a questa, contraddicendo tutto quello che avevate detto davanti alle TV.
  L'attività di controllo, infatti, costituisce un'attività estremamente rilevante che, se attuata in maniera rigorosa, può apportare molti benefici, in quanto consentirebbe di apportare i necessari correttivi e, quindi, rendere il sistema più efficiente. Invece la maggioranza ha deciso di affidare tale importante strumento di controllo a senatori, la cui attività si svolge principalmente in tutt'altri luoghi, quello della rappresentanza politica regionale da parte dei consigli regionali, e quello dell'amministrazione dei comuni da parte di sindaci. Sarà già complicato per queste persone assicurare la loro partecipazione all'attività paralegislativa del Senato, figuriamoci all'attività di controllo e monitoraggio, che richiede, forse, ancora più tempo e più impegno.
  Tutto ciò senza considerare, come più volte abbiamo sottolineato, quali personaggi rischiano di essere nominati all'interno di questo Senato. Come si può pensare di dare a consiglieri regionali e a sindaci questo ruolo all'interno del Senato ? Persone che già dovrebbero svolgere molto meglio di quanto avviene tutt'oggi il loro ruolo, sia al comune per quanto riguarda i sindaci, sia al consiglio regionale, dovrebbero pure svolgere questa attività al Senato: l'attività di controllo, in realtà, sarà, come sempre e come già è in questo Parlamento, un'attività di passacarte. Sarà, quindi, semplicemente un modo per creare una Camera i cui appartenenti avranno l'immunità.
  Questo è ciò che accade e che va in contraddizione con quanto avete detto fino adesso. Andiamo alla modalità di elezione, che è veramente ridicola. La modalità di elezione è stata infatti il principale oggetto di dibattito di questa riforma all'interno dello stesso partito di maggioranza, e mi viene da dire grazie ad un teatrino, un dibattito che ha provocato, diciamo, delle finte spaccature; secondo quanto previsto dall'articolo 57 infatti, così come l'avete modificato, i senatori verrebbero nominati in base ai risultati elettorali dei vari Consigli regionali, un atto che produrrà una plateale rottura dell'ordine democratico. Innanzitutto il principio – e cito testualmente dall'attuale testo che volete approvare – della conformità alle scelte espresse dagli elettori, in base alla quale si dovrà procedere alla nomina dei senatori, costituisce un principio tanto nebuloso quanto soggetto a vistose differenze interpretative, la cui applicazione comporterà non pochi problemi anche in virtù dei rapporti tra maggioranza e minoranza nei Consigli regionali e delle diverse leggi elettorali vigenti in ogni regione. Diciamo che quella che avete inserito nell'ultimo passaggio al Senato, per quanto riguarda l'elezione del Senato, si può definire una «supercazzola» perché, in pratica, si modifica leggermente la forma, ma successivamente il Senato sarà comunque di nominati; tutto per mettere a tacere un dibattito che era nato più che altro grazie alla TV, ai giornali, i quali, anziché parlare del merito di tutto il resto della riforma, hanno preferito dedicare ore e ore, settimane e settimane dei loro programmi e delle loro pagine per parlare di un finto litigio fra la cosiddetta minoranza del PD e il resto del PD che ne è maggioranza.
  Tutto poi per giustificare la nascita di nuovi partiti e le solite prese in giro per Pag. 42far credere di essere diversi, fra finta sinistra e finta destra. Inoltre nulla si dice nello specifico della nomina dei sindaci, un'altra questione che questa riforma lascia irrisolta senza sapere in quale maniera verrà declinata all'atto pratico; forse il punto più discusso in merito alla nomina dei senatori è l'immunità, in quanto i senatori nominati potranno godere delle stesse immunità attualmente previste per i parlamentari anche se non sono stati eletti per ricoprire tale carica. In altre parole, potranno essere nominati senatori, soggetti ad esempio indagati che, grazie all'immunità, potranno sfuggire alla giustizia. Non osiamo immaginare quali situazioni potrebbero generarsi: consiglieri regionali disposti a vendere i propri voti oppure sindaci pronti a regalare appalti nel proprio Comune pur di venire nominati e sottrarsi alla giustizia. Un modo, peraltro, per incentivare quello che è stato ed è il mercato delle vacche da anni in queste istituzioni, purtroppo.
  La nomina dei senatori non rappresenta ovviamente l'unico punto critico di questa riforma; infatti, con una modifica al terzo comma dell'articolo 116, si prevede l'estensione dell'ambito delle materie in relazione alle quali è prevista la possibilità di attribuire con legge ordinaria ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia alle Regioni anche su richiesta delle stesse. Nel nuovo elenco, di cui all'articolo 116, terzo comma della Costituzione, sono ora ricomprese le disposizioni generali comuni per le politiche sociali, di cui all'articolo 117, secondo comma, lettera m). In base alla nuova formulazione, si fa riferimento non alla specifica materia ma alle disposizioni generali e comuni che diventano oggetto di autonomia, diversamente rispetto a quanto previsto da altra materia soggetta al regionalismo differenziato. Cosa comporterà tutto questo (probabilmente, per chi ci ascolta non è molto chiaro e molto semplice da comprendere) ? Molto probabilmente questo aumenterà e porterà ad un contenzioso di fronte alla Corte costituzionale. L'articolo 116, terzo comma, e l'articolo 117, secondo comma, lettera m), sembrano dunque essere tra loro confliggenti, in particolare una parte di questa lettera m), che costituisce l'architrave in ordine alla garanzia di equità, universalità e uniformità dei diritti sociali, dunque delle politiche che ne conseguono su tutti i cittadini di tutto il territorio nazionale.
  Con questa formulazione inoltre si divide il binomio finora rimasto immutato tra politiche sociali e politiche sanitarie, caposaldo del nostro sistema di welfare.
  Il rischio che ne deriva sarà la disgregazione delle politiche socio-sanitarie, ma non sembra che ve ne importi qualcosa di queste politiche socio-sanitarie per poi scoprire che il nostro sistema da questo punto di vista sta crollando e poi gridare «al lupo al lupo». Un'altra modifica grave riguarda l'elezione dei giudici costituzionali; il Senato ha infatti ripristinato la previsione contenuta nel testo governativo ove si prevedeva che i cinque giudici costituzionali di nomina parlamentare siano scelti nel numero di tre dalla Camera dei deputati e nel numero di due dal Senato, anziché essere scelti dal suo soggetto naturale che dovrebbe essere il Parlamento in seduta comune, quindi Camera e Senato insieme in seduta comune. Si tratta di una modifica sostanziale che incrina pericolosamente il bilanciamento dei rapporti fra istituzioni così come d'altronde l'intera riforma nel suo complesso; infatti i due giudici costituzionalmente verranno scelti in base ad un'elezione di terzo grado da parte di senatori nominati in base ad un'elezione di secondo grado da parte dei consiglieri regionali, una vera e propria follia. Tra le modifiche apportate dal Senato è stato precisato all'articolo 39, comma 11, che il termine per il ricorso alla Corte costituzionale sulla nuova legge elettorale del Senato, ove promulgata nella legislatura in corso, scade il decimo giorno dall'entrata in vigore della medesima legge elettorale. Tale modifica appare porsi in contraddizione con il testo del comma nel suo complesso, laddove lo stesso, nel porre il termine di dieci giorni dall'entrata in vigore della stessa legge di revisione costituzionale per il ricorso alla Corte costituzionale, non stabilisce altresì cosa accadrebbe Pag. 43nel caso in cui una nuova legge elettorale per la Camera dei deputati dovesse essere approvata nella legislatura in corso oltre tale termine. In altre parole, se il ricorso alla Corte costituzionale per la legge elettorale per il Senato decorre dall'entrata in vigore della legge elettorale stessa, nel caso della legge elettorale per la Camera esso decorre dall'entrata in vigore della riforma costituzionale e nulla è stabilito per le leggi elettorali per la Camera approvate dopo il decorre di questo termine. Presidente, questa riforma costituzionale, come ho illustrato in questo mio intervento, non è altro che il frutto della pazzia di alcune persone e mi sorprende una cosa soprattutto, mi sorprende vedere che tanti colleghi parlamentari blaterano parole, ripetono parole vuote per rispondere e spiegare cosa stanno facendo. Parlano di posti di lavoro, parlano di scuola, insomma tutto tranne quello che è il merito della riforma costituzionale. Neanche i soggetti e i personaggi della maggioranza e del Governo hanno saputo spiegare in TV il loro intento, se non dire che il Parlamento non riesce a lavorare, ormai è ingolfato, dobbiamo modificare le regole, ce lo chiedono i cittadini e ce lo chiede il Paese. Tutte balle, perché in realtà siamo davanti a un insieme di persone assolutamente false che, anziché dire che non hanno avuto finora la volontà di approvare leggi in tempi rapidi e di approvare solamente quelle a loro gradite, continuano a raccontarci questa storiella da anni. Il Parlamento ha la possibilità di funzionare ma viene costantemente bloccato dagli interessi personali di ogni parlamentare e di ogni gruppo politico. La voglia di dimostrare all'esterno, tramite i media, la propria capacità di parlare di cambiamento, di prospettare un futuro migliore, si sta scontrando con la realtà. La realtà è che abbiamo un territorio sempre di più devastato, un territorio sempre di più inquinato, crolla giorno dopo giorno soprattutto quando arrivano quattro gocce di pioggia; abbiamo un Paese pieno di politici corrotti, dai consigli comunali e regionali al Parlamento, e quando si dice che noi diciamo «no» mentre invece c’è chi dice «sì», collegandomi all'intervento del mio collega Toninelli, se c’è qualcuno che dice «sì», bisogna chiedere anche a cosa si dice «sì», Presidente, perché si può dire per esempio «sì» alla corruzione, come avete fatto in maniera esplicita e implicita in questi anni, ma c’è anche chi dice purtroppo in questo Paese «sì» alla mafia.
  Ebbene, noi, Presidente, davanti a questo scempio che state facendo e davanti a tutte le leggi che avete approvato che sono una peggio dell'altra e nessuna che aiuta veramente il territorio e i cittadini, siamo felici di dire «no», come siamo felici di dire per esempio «no» alla corruzione e come siamo felici di dire «no» alla mafia. Non basta dire che c’è chi dice «no» e quindi etichettarlo come un gufo, come qualcuno che vuole bloccare, ma bisogna anche dire qual è il contenuto di una riforma, a cosa si dice «sì» e a cosa si dice «no». Noi siamo orgogliosi di dire «no» alla corruzione e siamo orgogliosi di dire «no» alla mafia e siamo orgogliosi di dire «no» ad una riforma che in realtà sta peggiorando la nostra Carta costituzionale (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Sospendiamo a questo punto l'esame del provvedimento, che riprenderà alle ore 15,30.

  La seduta, sospesa alle 13,40, è ripresa alle 15,30.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE LUIGI DI MAIO

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Alfreider, Amici, Bernardo, Bonifazi, Bratti, Bressa, Capelli, Costa, D'Alia, Di Gioia, Di Lello, Epifani, Fedriga, Fico, Garofani, Giancarlo Giorgetti, La Russa, Losacco, Lupi, Manciulli, Antonio Martino, Mazziotti Di Celso, Pes, Pag. 44Piccoli Nardelli, Portas, Rosato, Sanga, Sani, Scalfarotto, Scotto, Sorial, Tabacci e Valeria Valente sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
  I deputati in missione sono complessivamente centouno, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

Si riprende la discussione.

(Ripresa esame dell'articolo 1 – A.C. 2613-B)

  PRESIDENTE. Ricordo che nella parte antimeridiana della seduta hanno avuto inizio gli interventi sul complesso degli emendamenti riferiti all'articolo 1.
  Ha chiesto di parlare la deputata Nesci. Ne ha facoltà.

  DALILA NESCI. Con questo disegno di legge di riforma della Costituzione, cosiddetto «Renzi-Boschi», alle regioni è data la possibilità di autonomia piena sulle politiche sociali. Con riguardo alle norme generali, lo stesso disegno di legge prevede, invece, il ritorno allo Stato della potestà normativa in materia di tutela della salute. Questa asimmetria è molto pericolosa; l'abbiamo detto in maniera molto chiara e continueremo a spiegarlo nel corso di questa seduta. Al di là dei conflitti che possono derivarne tra Stato e regioni, è pacifico che si va a realizzare una disparità, è evidente cioè che si andranno ad aprire degli spazi per una disparità di situazioni in netto contrasto con i principi costituzionali. Paradossalmente, in tema di sostegno sociale, per esempio, a Brescia potrebbe, di fatto, esserci una risposta pubblica molto diversa, invece, rispetto a Vibo Valentia. In realtà, però, questo disegno di legge di riforma della Costituzione ha due obiettivi di fondo: destrutturare la rappresentatività politica a partire dal momento elettorale, accentrare tutti i poteri necessari e realizzare i tagli imposti dal fiscal compact. La suddetta riforma, che si sta facendo largo, ovviamente, nel grande silenzio di opinionisti specialisti, mira ad impedire, una volta per tutte, che il popolo possa recuperare la propria sovranità perduta con l'ingresso dell'Italia nel sistema dell'euro. Questa è la verità che televisioni, giornali, agenzie di informazione e Ministri non hanno il coraggio di ammettere e spiegare. Nella riforma in parola non c’è il minimo intervento giuridico di sistema che rimuova le cause reali della crisi che stiamo attraversando da ormai troppi anni. Al contrario, il testo punta a rafforzare l'argine giuridico già posto a garanzia della speculazione finanziaria. Lo fa, per esempio, con l'articolo 31 del disegno di legge in argomento, che va a riformare l'articolo 117 della Costituzione affidando espressamente allo Stato il potere di legiferare in materia di moneta e di sistema valutario. In questa prospettiva, lo Stato non va a coincidere con il popolo sovrano, ma corrisponde agli apparati del potere e al loro nuovo assetto fissato in Costituzione (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Apparati, ovviamente, voluti e sostenuti dalle alte sfere della finanza che hanno la proprietà della Banca centrale europea e della sua appendice italiana. Con questa riforma costituzionale, poi, si fa passare per necessario ciò che non lo è. Si usa la proiezione dell'inganno, come per esempio l'abolizione del bicameralismo, per indurre, di fatto, i comuni al dissesto finanziario e ad aprire poi le porte a futuri commissariamenti governativi e sottrazione di sovranità. Fine ultimo di questo processo è sostituire, ad ogni livello, la rappresentatività democratica con la tecnocrazia burocratica, che non risponde ovviamente al corpo elettorale, né deve rendere conto alle singole comunità locali.
  Dall'approvazione di questa riforma incostituzionale della Costituzione i comuni, per esempio, dovranno reggersi con le proprie gambe, cioè con la propria raccolta dei tributi, e così si distrugge per sempre ogni parte residuale dello Stato che dagli anni Novanta ha incominciato una rapida scomparsa attraverso la creazione Pag. 45dei parlamenti regionali, la regionalizzazione della sanità, la rinuncia ai controlli centrali e l'aziendalizzazione dei servizi pubblici. Già con l'introduzione del pareggio di bilancio si è realizzato uno dei più grandi attentati allo Stato come contratto sociale e alla Repubblica come garante dei diritti fondamentali ed irrinunciabili. Come ho spiegato e ribadito in numerosi atti di interventi parlamentari, il pareggio di bilancio traduce una volontà di poteri non democratici, né elettivi. Serve, in sostanza, a perpetuare la grande truffa del debito pubblico, per cui ogni euro emesso dalla Banca centrale europea è un euro di debito verso i vivi, le persone e i cittadini tutti. In breve, quindi, il denaro è stampato dalla Banca centrale europea, che è una banca assolutamente privata. Lo stesso denaro è prestato agli Stati dell'Eurozona che in cambio emettono titoli del debito. Da un lato, la moneta viene creata dalla carta straccia e poi prestata, dall'altro essa viene presa per essere ripagata al valore nominale. Da questo scambio perverso nasce il dramma di oggi, ampliato ovviamente dagli strumenti di contenimento, come il meccanismo europeo di stabilizzazione della finanza pubblica, il fiscal compact, dai quali derivano ulteriori svalutazioni della moneta e tagli progressivi alla sanità, alla scuola, alla giustizia e arresto dell'amministrazione pubblica, con un parallelo vertiginoso aumento delle tasse. Insomma, questa maggioranza si sta macchiando di un crimine terribile, questa maggioranza sta cambiando gli equilibri propri della Costituzione repubblicana, questa maggioranza sta cambiando formalmente la forma di Governo, già trasformata da Presidenti della Repubblica di provenienza bancaria, o avvezzi ad una autarchia assoluta, che non riconosce il potere giudiziario. Senza un vero confronto parlamentare, questa maggioranza sta inquinando il terreno della democrazia in modo da affamare le nuove generazioni che già vivono in condizioni di precarietà disumana e pagano la previdenza degli anziani. Questa maggioranza è la stessa di quella di ieri che, con pretesti vari, ha governato all'unisono obbedendo agli ordini di una finta Unione europea proiettata come istituzione soltanto per assoggettare, in realtà, il popolo europeo con lo strumento monetario. Questa maggioranza che ieri ha bruciato e svenduto le ricchezze pubbliche, dall'IRI, all'Enel, dall'ENI a Finmeccanica, da Telecom alla RAI (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle), oggi spaccia questo disegno di legge costituzionale persino come una moderna opportunità ovviamente complice la grande prostituzione intellettuale di un sistema accademico o scolastico, sanitario e mediatico che è nelle mani di dirigenti senza scrupolo e, se serve, anche riempiti di soldi.
  Questa è la riforma di cui abbiamo discusso. Deve essere chiaro a tutti anche una cosa ovvero che questa maggioranza parlamentare e questo Governo non sono legittimati ad attentare alla nostra Costituzione. Per vari motivi non lo sono e voglio spiegarli e renderli noti a tutti. Ribadisco: questa giornata sarà utilizzata proprio per spiegare ai cittadini italiani e a tutti quelli che ci seguono cosa sta accadendo nelle Aule parlamentari da qualche mese a questa parte. Innanzitutto sappiamo che l'articolo 138 della nostra Costituzione prevede una procedura cosiddetta «aggravata» di revisione della Costituzione, proprio in ragione dell'importanza della nostra Carta costituzionale. L'articolo 138 si riferisce, ovviamente, solamente alle due Camere rappresentative del popolo.
  In altre parole, sono solamente le Camere, il Senato e la Camera dei deputati, a poter procedere a rivedere la Carta costituzionale, in ragione di cosa ? In ragione di quello che rappresentano queste Camere; rappresentano, appunto, il popolo. Quindi, fino a prova contraria, se la sovranità appartiene al popolo, è una sovranità che si esercita anche attraverso il lavoro del Parlamento. I membri del Parlamento in carica, quindi tutti quanti, sono stati proclamati eletti con una legge elettorale che poi è stata dichiarata incostituzionale dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 1 del 2014. Perché è importante leggere questa sentenza, soprattutto Pag. 46il significato e le ripercussioni che doveva avere su tutta l'attività del Parlamento ? Innanzitutto, da questa sentenza discende una palese ed evidente carenza di legittimazione di queste due Camere a procedere alla revisione del testo costituzionale e, ovviamente, a maggior ragione, alla modificazione globale dell'intera seconda parte dello stesso. La maggioranza parlamentare che si accinge ad approvare questa proposta di riforma, ma, in realtà, è un vero e proprio stravolgimento della nostra Carta costituzionale, esiste, infatti, solamente in virtù dell'attribuzione di un premio di maggioranza che poi in realtà è stato definito incostituzionale. Questo perché ? Perché una minoranza netta del Paese oggi e sin dall'inizio della legislatura in corso scrive le sorti del Paese e agisce senza un vero controllo parlamentare, se non fosse per l'opposizione continua e il fiato sul collo del MoVimento 5 Stelle che, con i mezzi ovviamente che ha, cerca di rendere note alcune circostanze e alcune attività che avvengono all'interno del Parlamento e che purtroppo i media censurano e che, ovviamente, come ho detto, intellettuali ed opinionisti vari omettono o comunque non vogliono raccontare ai cittadini fuori da questi palazzi.
  Allora, perché è importante la rappresentanza democratica e politica ? Perché l'organo della rappresentanza politica, che è ovviamente il Parlamento, è al centro del sistema di democrazia rappresentativa e della forma di Governo parlamentare. Quindi, nel momento in cui, con questa riforma di legge costituzionale andiamo a modificare anche le due Camere, vuol dire che si sta attentando a tutto il sistema democratico e in particolare alla forma di Stato e alla forma di Governo che vengono sostanzialmente modificate. Tra l'altro, le previsioni della legge elettorale, come sappiamo, hanno in sostanza compresso l'intera rappresentatività dell'Assemblea parlamentare e di questo bisogna tenerne conto. Di fatto, si sono intaccate quelle funzioni fondamentali che erano proprie del Parlamento e, quindi, di tutte le sue declinazioni interne, come la funzione di indirizzo e di controllo dell'attività del Governo, così come anche la funzione di garanzia della nostra Costituzione. Infatti, si va a modificare la Costituzione attentando direttamente all'articolo 138, che è proprio quel grimaldello per aggredire definitivamente la nostra Costituzione. È lo stesso articolo che cercammo di difendere con tutti i mezzi, salendo anche sui tetti di Montecitorio. Abbiamo raccontato al mondo quello che stava accadendo in questo Parlamento con questa azione che fu forte, da molti criticata, ma raggiunse il suo scopo, ossia raccontare davvero al mondo intero cosa stava accadendo in queste Aule parlamentari. Infatti, la nostra è stata più volte definita la Costituzione più bella del mondo, però nel momento in cui la stavano stravolgendo, così come avete fatto nuovamente in questi mesi, nessuno, anzi pochi avevano alzato la testa. La stessa cosa non è accaduta con il Governo Renzi.
  Non è accaduta e ci aspettavamo prese di posizione da intellettuali, da persone a cui il popolo italiano spesso si ispira. Mi riferisco, per esempio, a Benigni, che ha raccontato la bellezza della nostra Costituzione attraverso il servizio pubblico radiotelevisivo. Bene, persone come Benigni oggi tacciono. Questo, ovviamente, è paradossale se pensiamo a quello che lui è riuscito, con la sua bravura, con la sua professionalità, a raccontare a tutti gli italiani. Non è il solo, ma tace tutto il mondo accademico e scolastico; un mondo che forse rimane troppo rinchiuso fra le sue mura e che poi non guarda a quello che in concreto accade all'interno delle istituzioni. Dovrebbe essere dovere di tutti i professori e docenti universitari informarsi su quello che accade in concreto nelle Aule parlamentari perché in momenti storici come questo non si può pensare di tacere e di non esporsi. Infatti, questo è il momento di farlo, non ci saranno altri momenti. Noi potremmo dire: noi non vogliamo rimpiangere nulla della nostra attività qui dentro. Questa attività ci permette ancora oggi di raccontare e di spiegare quello che avviene attraverso il Regolamento che per il momento non è oggetto di modifiche, ma Pag. 47sappiamo che lo sarà di qui a poco. Quindi, ancora una volta ci avvieremo verso quello che molti hanno definito esagerato forse pensare, ossia verso una dittatura, verso una compressione dei principi democratici e costituzionali. Beh, questa cosa sta già avvenendo. Soprattutto i colpi di Stato, come qualcuno li ha definiti, di certo avvengono gradualmente; non verranno a citofonare alle nostre abitazioni per dire che siamo in piena dittatura. Quindi, attenzione a quello che accade ogni giorno nel nostro Paese. Lo diciamo soprattutto agli studenti e ai giovanissimi che devono seguire più che mai l'evolversi delle notizie di queste ore e di questi giorni perché la democrazia è sacra e c’è se effettivamente è rintracciabile poi anche nel lavoro delle istituzioni e nelle leggi che poi vanno a disciplinare e a regolare la vita di tutti noi ogni giorno.
  Perché, ripeto, era importante questa sentenza della Corte costituzionale che definiva, appunto, illegittima ed incostituzionale la legge elettorale del Porcellum ? Perché significava che, all'indomani di quella sentenza, il Parlamento doveva agire per modificare la legge elettorale e, quindi, farla rientrare nei ranghi appunto della Costituzione e dei principi costituzionali. Dopodiché, le Camere dovevano essere sciolte dal Presidente della Repubblica. Invece, si è fatto finta di nulla e, anzi, si è continuato con il cambio di Governo e con queste riforme così irrazionali e continue qui dentro come se le Camere, queste Camere, fossero legittimate a riformare il Paese come spesso in qualche spot in TV alcuni politici vanno raccontando. Noi eravamo convinti e siamo tuttora convinti che all'indomani di quella sentenza bisognava procedere a ristabilire un processo democratico di elezione dei rappresentanti in Parlamento. Questa cosa non è avvenuta, ma noi siamo dentro questo Palazzo ovviamente perché i cittadini ci hanno dato questo ruolo di opposizione in Parlamento, anche se, come sappiamo, quella legge elettorale drogò anche i risultati elettorali perché il MoVimento 5 Stelle nel 2013 appunto era entrato in Parlamento come prima forza politica.
  Ma l'allora Presidente della Repubblica se ne infischiò del risultato elettorale e si procedette così come poi la storia e la cronaca hanno raccontato.
  Ma – ripeto – diciamo che il sistema che si va configurando attraverso questa riforma costituzionale è pericolosissimo, anche se pensiamo al referendum costituzionale previsto dall'articolo 138 che coinvolgerà, di qui a poco, tutti gli italiani. Tuttavia, esso rischia di trasformarsi in un vero e proprio voto plebiscitario a favore o contro la maggioranza parlamentare e questo Governo, perché si tratta di una riforma che ha in sé una serie di elementi disomogenei. Vi sono anche alcune cose condivisibili, ovviamente, come per esempio l'abolizione del CNEL, ma ovviamente chiedere agli italiani di pronunciarsi su questa riforma mastodontica sarà molto complicato. Noi lotteremo il più possibile per fare arrivare informazioni utili agli italiani, in modo che possano, in maniera acritica ed autonoma, scegliere poi in che termini partecipare a questo referendum.
  Fra le cose più subdole di questa riforma costituzionale o «schiforma» costituzionale c’è il cosiddetto «regionalismo differenziato». Come ho detto anche all'inizio del mio discorso, c’è la possibilità di attribuire, con legge dello Stato, ulteriori forme e condizioni, anche particolari, di autonomia alle regioni, anche su richiesta delle stesse regioni, appunto, come per esempio in tema di politiche sociali, come se non fosse già sotto gli occhi di tutti il fallimento di questa specie di federalismo che si è attuato. Ovviamente, faccio l'esempio della sanità, perché è quello più emblematico, che, tra l'altro, tutti i cittadini possono eventualmente verificare e riscontrare anche in prima persona.
  Questo regionalismo differenziato si è in sostanza già creato ed attuato, avendo dato la sanità in mano alle regioni e, ovviamente, senza poi pretendere i controlli dovuti. In primis nell'ambito sanitario, però, si è infiltrata la corruzione e la criminalità organizzata, ed ecco che, anche Pag. 48grazie a questi scandali di corruzione e fenomeni di corruttele e di clientele, le regioni che si sono macchiate di questi reati vi hanno offerto l'alibi per commissariare le regioni magari già sottoposte a piano di rientro. L'abbiamo detto più volte: questo Governo – ma anche il Governo Letta e quello Monti – ha sempre usato la sanità pubblica come un vero e proprio bancomat e, cioè, recuperando risorse dalla periferia per farle arrivare al Governo centrale. Questo è un modo semplice per prelevare le risorse anche in maniera antidemocratica, perché i commissariamenti ovviamente li disponete voi e scegliete voi gli uomini da posizionare nei settori strategici del Paese, così come è avvenuto nella sanità.
  Quindi, quello che state facendo con la riforma costituzionale è un esperimento di cui, in qualche modo, avete già potuto verificare il risultato e le risultanze. L'esempio è proprio quello della regione Calabria, che rappresenta un caso nazionale proprio per il fallimento del commissariamento, un commissariamento che era stato disposto dal Governo centrale perché la sanità calabrese era in disavanzo. C’è stato detto che i politici calabresi e i cittadini tutti non erano in grado di gestire le proprie risorse in ambito sanitario. Benissimo ! Vennero nominati questi commissari. Se ne sono succeduti diversi nel tempo, ma poi che cosa accade a un certo punto ? Che qualche mese fa il piano di rientro della Calabria stava per concludersi perché, per bocca della stessa Ministra Lorenzin, si era arrivati ad un disavanzo di soli 30 milioni di euro.
  Guarda caso quelle affermazioni – forse era un caso, forse no – avvenivano durante la campagna elettorale delle regionali di novembre 2014, ben felici di essere fuori dal piano di rientro, perché il piano di rientro significa tagli lineari, recupero di risorse ad ogni costo, anche a costo, appunto, del diritto alla salute.
  Facemmo anche diverse proposte, come MoVimento 5 Stelle, per poter uscire più celermente da quel commissariamento. Un esempio su tutti era quello del finanziamento in surplus che a tutt'oggi riceve il Policlinico universitario ospedaliero «Mater Domini». È un finanziamento in surplus che riceve dalla regione senza un protocollo d'intesa valido e vigente, perché è un protocollo d'intesa che è scaduto nel 2008. Grazie al recupero di quei soldi in pochi mesi saremmo usciti dal piano di rientro.
  Ovviamente, nessuno, a tutt'oggi, vuole mettere mano ai rapporti tra il rettore dell'università di Catanzaro e la regione tutta e, quindi, non solo non usciamo dal piano di rientro ma è notizia di qualche giorno fa che il disavanzo della Calabria aumenta. Quindi, passiamo da 30 milioni di euro ad oltre 65 milioni di euro.
  Dunque, questa è la riprova del fallimento totale anche delle gestioni commissariali di uomini che il Governo ha scelto per gestire al meglio le risorse. Quindi, ancora una volta, purtroppo, la storia a danno dei cittadini – in questo caso calabresi, ma anche di altre regioni che sono sottoposte a commissariamento – ha raccontato del fallimento di scelte calate dall'alto.
  E qual è la gravità dell'elemento che poi informa tutta la riforma costituzionale ? State definitivamente attentando al sistema democratico perché non sarà più possibile eleggere, per esempio, i rappresentanti all'interno di quella specie di Camera nuova che volete creare, di questo Senato regionale, perché ne faranno parte consiglieri regionali e sindaci, con una formula così vaga che non si comprende nemmeno come verranno scelti.
  Di certo non dai cittadini, perché si parla di un'elezione che dovrà rispettare le scelte espresse dagli elettori al momento dell'elezione dei consiglieri regionali, in questo caso. Quindi, non si comprende come sarà possibile, appunto, scegliere rappresentanti all'interno di questo nuovo Senato, che non verrà abolito ma esisterà comunque. Semplicemente non sarà data la possibilità ai cittadini di esprimere i propri rappresentanti, proprio come già era avvenuto con il «Porcellum» e proprio come era già avvenuto tante altre volte.
  Quindi, è pericolosissimo, tra l'altro, lasciare questo spiraglio ai commissariamenti, Pag. 49che saranno più frequenti proprio in temi così cruciali per il Paese come quello della salute, della sanità e del welfare tutto, perché questo è un attacco, appunto, ai diritti come quello della salute, che già era stato picconato più volte, in questi decenni, prelevando soldi dalla sanità pubblica e di fatto avvantaggiando la sanità privata.
  Su questo punto chiariamoci, perché anche a livello regionale e locale non abbiamo mai demonizzato a prescindere gli interventi privati all'interno della sanità, perché di certo il privato può integrare il servizio sanitario nazionale e regionale, ma di certo non può accadere, come invece è accaduto in questi anni, che i Governi decidano di togliere risorse alla sanità pubblica e, quindi, in concreto non è possibile che di questa decadenza delle strutture pubbliche e di questo smantellamento, pezzo a pezzo, dei reparti degli ospedali pubblici se ne avvantaggi la sanità privata.
  Tant’è vero che – sempre per parlare del caso della Calabria – invece spese ingenti, come quelle farmaceutiche, non sono mai state toccate nell'ambito del commissariamento. Quindi, il commissariamento non serve a fare scelte magari impopolari ma più lungimiranti; in realtà non è servito a nulla.
  Infatti, i debiti sono aumentati, i pagamenti di alcune ASP non sono stati definiti, come quegli oltre 300 milioni di euro che ballano all'ASP di Reggio Calabria, un'ASP, tra l'altro, che è stata interessata dai provvedimenti dell'Autorità anticorruzione nazionale, ovviamente su segnalazione del MoVimento 5 Stelle, che aveva per tempo avvertito il governatore regionale, in questo caso della Calabria, di non esporsi a sanzioni di questo tipo che era ovvio sarebbero arrivate, perché basta leggere le leggi e volerle far rispettare ed era ovvio che si sarebbe arrivati a quel punto.
  Come al solito la politica e i partiti sono troppo impegnati in giochi di potere e di poltrone e, insomma, in subordine poi arriva il diritto alla salute, il diritto dei cittadini. Ripeto, noi, nello specifico, avverseremo la parte della riforma costituzionale in cui si legittimano, di fatto, i commissariamenti su temi cruciali, come quello della sanità, se non altro in ragione del fallimento di questi anni.
  Soprattutto la possibilità di eleggere i propri rappresentanti viene definitivamente eliminata con questa riforma costituzionale. Abbiamo tentato di farvi desistere da questo vostro impegno quotidiano nella demolizione della democrazia anche al Senato, facendo proposte nel merito ed emendamenti assolutamente calzanti con il testo della riforma. Adesso ci apprestiamo, invece, a discutere questa riforma costituzionale – ripeto – nel silenzio di televisioni e di giornali, che non mi spiegheranno cosa sta accadendo in concreto in queste Aule. Lo stiamo facendo anche in concomitanza con un'altra legge cruciale per il Paese, che è la legge di stabilità. Si vocifera già di contingentamenti, di selezione, fino al limite del surreale, di emendamenti e di proposte.
  Insomma, adesso state definitivamente togliendo la possibilità anche ai parlamentari che oggi siedono in queste Aule di fare il proprio dovere e di esercitare il proprio mandato, ma, d'altronde, questo avveniva già avendo voi, di fatto, picconato la possibilità dell'opposizione di vigilare e controllare l'attività del Governo, decidendo di non rispondere, se non a rilento, agli atti di sindacato ispettivo, ovvero alle interrogazioni parlamentari, ossia la possibilità di informare direttamente il Governo di questioni che non sempre sono all'oggetto dell'attività parlamentare. C’è la possibilità anche dello stesso Governo di riscattarsi rispetto ad alcune accuse di dimenticanza di territori, di regioni, ma soprattutto di settori cruciali del Paese. Decidete anche di non rispondere agli atti di sindacato ispettivo, quindi capirete come non c’è più la possibilità di fare un lavoro buono per il Paese.
  Abbiamo denunciato più volte che i partiti si sono trasformati in veri e propri comitati d'affari, che, a questo punto, sono in grado solamente di rispondere alla richiesta di lobbisti e multinazionali. Infatti, queste sono direttive e soprattutto Pag. 50azioni facilmente intellegibili attraverso le leggi che voi stessi scrivete. Anche quando abbiamo fatto proposte che avevano a che fare con il meccanismo democratico e con la capacità di lavorare meglio all'interno di queste Aule parlamentari, avete sempre rimandato il nostro campo d'azione a successivi decreti, a successivi disegni di legge.
  Così come finalmente speravamo, che discutendo di Costituzione e di riforma costituzionale, si potesse fare un ragionamento di ampio respiro anche sulla modernizzazione del nostro Paese. È una cosa che ci avete impedito, per esempio, anche con la riforma della RAI. Aspettavamo da tempo di poter legiferare su questo asset così strategico per il nostro Paese, che è, in questo caso, il servizio pubblico radiotelevisivo, visto che gli italiani in questi anni hanno partecipato e compartecipato all'esistenza della RAI e dell'intero sistema pubblico radiotelevisivo.
  E, anche in quel caso, tempi ristretti e incapacità di dialogare con onestà intellettuale su alcuni temi. Addirittura, quando vi apprestavate a scrivere questa riforma costituzionale, più volte avete citato l'Europa, o meglio l'Unione europea e i suoi dettami per rispondere meglio alle esigenze dei cittadini, alle nuove sfide che il mondo innovativo e tecnologico ci porgeva. Bene, nel caso, invece, della riforma della RAI, quando si è trattato di legiferare sugli appalti, l'avete fatto anche in deroga alle direttive comunitarie.
  Quindi, questo è sempre per sottolineare l'ipocrisia di questo modo d'agire, ossia l'agire, per dirla alla Fusaro, con cretinismo economico, che, insomma, si riferisce solamente ad una parte della nostra Costituzione e non al resto. Infatti, fare riferimento sempre e solo alla disponibilità in concreto di risorse – mi riferisco all'articolo 81 della Costituzione –, quindi richiamare continuamente il principio del pareggio di bilancio, ovviamente è un principio che non può superare i diritti fondamentali che proprio la nostra Costituzione garantisce. Ricordo anche che l'inserimento di questo articolo in Costituzione è stata un'anomalia nell'intero panorama europeo. Siamo gli unici che celermente si sono affrettati per inserire questo cappio al collo degli italiani, perché di questo si tratta.
  Dall'altro lato, quindi, non c'era nemmeno una politica o, comunque, una voglia di agire per il bene del Paese, ma c'era, ancora una volta, la voglia di assecondare lobby finanziarie e bancarie. Lo vedrete, italiani fuori da questi palazzi, se ve lo faranno capire e conoscere, anche con il prossimo decreto salva banche: ovviamente salviamo alcune banche, salviamo le banche degli amici degli amici. Quando serve, il Parlamento, in questo senso, diventa un vero e proprio zerbino per gli amici e le lobby finanziarie, così come avevate già fatto con il decreto IMU Bankitalia. C'erano molti di voi, colleghi, che quasi quasi sminuivano la portata di quel decreto, addirittura cantando: «O banca ciao», «O bella ciao», scusate, in Aula (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Fummo derisi per le nostre azioni parlamentari, che ovviamente tendevano, anche in quel caso, ad opporsi ad un decreto che regalava 7,5 miliardi di euro alle banche private, salvo poi – sempre da parte di queste forze politiche – successivamente piangere lacrime di coccodrillo in televisione. Infatti, non si è potuto fare altro che rimestare in questi gruppi parlamentari, che cambiano nome, cambiano etichetta, cambiano i gruppi parlamentari.
  Il Gruppo Misto alla Camera diventa il terzo gruppo parlamentare più folto. Insomma, significa che c’è un vero e proprio problema all'interno della nostra democrazia. Ma, d'altronde, con questa riforma costituzionale non fate altro che chiudere il cerchio. Abbiamo più volte spiegato, anche fuori da queste Aule, come il nostro sistema democratico fosse già stato attentato dalla mancanza di una vera e propria libertà di informazione. Infatti, quando i giornalisti e le televisioni, ovviamente quelli che hanno intenzione di farlo, non possono raccontare quello che davvero accade nel Paese, ma addirittura diventano lecchini del potere e servi del sistema, Pag. 51allora, in quel caso, capite che è impossibile anche pensare di avere una reazione da parte dei cittadini. Ma noi ovviamente non demordiamo, anzi sappiamo bene che noi esistiamo all'interno di queste Aule parlamentari proprio per questo motivo.
  Infatti, non giungendo le giuste informazioni ai cittadini, fuori, appunto, dal sistema di potere politico, sono anche impossibilitati a reagire. Questo, ovviamente, non è un alibi, perché ci sono molti gruppi di cittadini che, in autonomia o liberamente associati, riescono a sostenere quella parte sana della politica che in questo caso stiamo rappresentando al meglio. Noi riusciamo a fare anche battaglie impensabili fino a poco tempo fa; infatti, la verità è che noi e la nostra forza politica, che è il MoVimento 5 Stelle, abbiamo già sconvolto e cambiato in meglio il Paese e abbiamo abbattuto dei paradigmi mentali, delle logiche che prima sembravano insuperabili.
  Giusto a titolo di esempio, perché, appunto, è una proposta che non avete voluto inserire all'interno della riforma costituzionale, ricordo che noi l'abbiamo già in concreto adottata: ci siamo tagliati gli stipendi, continuiamo a tagliarceli ogni mese e la metà dei nostri stipendi va in un Fondo per le piccole e medie imprese gestito dal Ministero dello sviluppo economico, che va, finalmente, ad aiutare imprese in sofferenza o, semplicemente, imprese nuove che vogliano proiettarsi sul mercato. Inoltre, ricordo anche la rinuncia ai 42 milioni di euro dei rimborsi elettorali: nessun partito o forza politica nella storia della Repubblica lo aveva mai fatto. Questo per dire che all'interno delle riforme costituzionali vi erano accorgimenti e proposte che potevano essere inserite.

  PRESIDENTE. Concluda, collega.

  DALILA NESCI. Sì, Presidente, concludo. È la dimostrazione che anche solamente l'esempio può essere rivoluzionario; noi abbiamo adottato queste misure in concreto, continueremo a batterci non solo a difesa della Costituzione in maniera formale, ma affinché la nostra Costituzione sia effettivamente e in concreto perseguita nei suoi principi originari (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Saluto gli studenti e i docenti dell'Istituto di istruzione superiore «Giuseppe De Gruttola» di Ariano Irpino, in provincia di Avellino, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
  Ha chiesto di parlare il collega Cecconi. Ne ha facoltà.

  ANDREA CECCONI. Grazie, Presidente. Il disegno di legge di cui all'Atto Camera 2613 contiene un intervento di vastissima portata sulla Carta costituzionale, che rappresenta il documento fondativo della nostra Repubblica, e va ad incidere radicalmente su quasi 40 dei 139 articoli che la compongono complessivamente. La rubrica con la quale questo disegno di legge è stato intitolato è già indicativa del suo contenuto: Disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del Titolo V della parte II della Costituzione. È, quindi, un contenuto disomogeneo, irrazionale e confusionario, che mira a nascondere il reale intento di questa riforma, cioè quello di stravolgere la forma di Governo parlamentare che abbiamo oggi in questo Paese, trasferendo all'Esecutivo, e, quindi, al Governo, un ruolo di dominio incontrastabile nel complesso assetto delle istituzioni. Una simile deriva, in effetti, non rappresenta una novità nella storia delle democrazie europee, dal momento che vi si è già assistito nel passato, in analoghe situazioni di crisi economica globale, non dovute alle scelte dei cittadini, ma da questi subite a causa della miopia e dell'incapacità dei Governi che li hanno governati. Nei momenti di grave crisi il superamento del principio dei pesi e dei contrappesi che informa il costituzionalismo moderno è la strada più semplice, in apparenza, per chi, per inadeguatezza o Pag. 52convenienza, non riesce a comprendere che il prodotto di decisioni politiche fallimentari non può che essere un'idea di politica alternativa e non l'indicare le possibili alternative come ostacoli per eliminare la possibilità stessa della scelta. La riforma della Costituzione in discussione andrebbe totalmente rigettata per ragioni di forma, come ho già detto, ma, soprattutto, per ragioni di sostanza. La nostra Costituzione, infatti, ha una forma originaria che è un monumento in termini di sobrietà, di essenzialità, di economia e anche di eleganza del linguaggio.
  È un bellissimo modello di lingua piana, sobria, semplice e comprensibile, ma allo stesso tempo stilisticamente alta. Rispetto a quel modello che abbiamo avuto per sessant'anni in questo Paese, basta la semplice lettura del nuovo testo per rilevarne l'oscurità, la complessità, la farraginosità che, a dispetto dell'intento dichiarato di semplificazione, finirà per rendere ancora più complesso il funzionamento delle istituzioni, senza contare che molti articoli sono passati da venti a quattrocento parole, rendendone effettivamente molto complessa la comprensione per i normali cittadini, e la bellezza dalla nostra Costituzione, come di tutte le Costituzioni, è quella di essere semplice, lineare e comprensibile a tutti. Poi, ovviamente, viene declinata con legge ordinaria, che non dovrebbe rappresentare un elemento stesso della Costituzione, invece, ci troviamo di fronte ad articoli che sono stati trasformati in un'evidente composizione di forma e di sostanza come se fosse una normale legge ordinaria di questo Paese. E questo è stato un grave errore che non ci possiamo permettere.
  Nel merito politico, la riforma deve essere rigettata, in quanto mira a un sostanziale mutamento della forma di governo parlamentare, senza che tale mutamento si manifesti attraverso i meccanismi correttivi diffusi nelle altre democrazie compatibili e comparabili con la Repubblica italiana. In termini specifici e anche semplici mancano tutti quei pesi e contrappesi che si sarebbero dovuti inserire nel momento in cui si andava a modificare il sistema bicamerale della nostra democrazia. Se la ratio reale della riforma è quella di superare il parlamentarismo e non semplicemente il bicameralismo paritario, come viene fatto intendere, occorrerebbe impostare l'impianto complessivo in una prospettiva presidenzialista, in modo da far corrispondere allo strapotere dell'Esecutivo un corrispondente mandato democratico diretto. La riforma, invece, importa alcuni elementi tipici di sistemi nei quali la preponderanza dell'Esecutivo è giustificata dalla sua elezione diretta, senza, tuttavia, portare a compimento il disegno relativo che sembra essere, invece, affidato alla fotografia della situazione politica attuale, sulla quale l'organizzazione dei poteri viene scolpita nel disegno di legge costituzionale che, non a caso, è di origine governativa, un'altra nota di demerito di questa riforma. Si tratta di un disegno di legge di proposta del Governo, quando un percorso costituzionale o costituente, se così vogliamo chiamarlo, nel nostro Paese, dovrebbe sempre e comunque aver origine dal Parlamento, poiché i parlamentari sono gli unici eletti dal popolo italiano.
  La riforma appare essere, quindi, uno strumento politico del Governo, volto, non al miglioramento del funzionamento delle istituzioni, seppur in un modo che appare contrario all'impianto parlamentare e alla forma di governo designata dal costituente, ma volto principalmente alla propaganda elettorale. Solo in questo modo è possibile spiegare l'incoerenza di fondo del disegno e il modo con il quale, nel corso del dibattito finora svoltosi, sono stati sciolti i nodi relativi alle sue più evidenti contraddizioni. A titolo di esempio, basti pensare all'evoluzione della composizione del Senato che è stato pensato originariamente dal Governo quale organo di rappresentanza delle istituzioni territoriali, ma, al tempo stesso, in una maniera totalmente illogica, di garanzia, e che in quanto tale andava composto, secondo sempre la relazione iniziale della prima stesura, da un numero non meramente simbolico di componenti del Senato nominati dal Presidente della Repubblica e che inizialmente Pag. 53erano ben 21; accanto ai 21 senatori con funzione di garanzia, vi erano in misura paritaria consiglieri regionali e sindaci nonché i presidenti delle giunte regionali e i sindaci dei comuni capoluogo. Nel successivo passaggio, invece, la composizione del Senato è stata completamente stravolta, fino ad essere presentata alla Camera nella forma più attuale, arrivando a prevedere 100 componenti di cui 95 senatori eletti in secondo grado dai consigli regionali tra i propri membri, ovviamente, e nella misura di uno per ciascuno tra i sindaci dei comuni dei rispettivi territori, e solo cinque senatori che possono essere nominati dal Presidente della Repubblica per sette anni.
  A questo stravolgimento della composizione del Senato non è corrisposta coerentemente alcuna differenziazione significativa delle funzioni del Senato, che, se da un lato è stato privato dei soggetti che avrebbero dovuto svolgere la funzione di garanzia propria delle seconde Camere non territoriali, dall'altro è stato privato dei soggetti che avrebbero dovuto svolgere il ruolo di mediazione tra Governo centrale e governi periferici, proprio delle seconde Camere territoriali. È infatti evidente che, in assenza di titolari dell'indirizzo politico a livello regionale, ovvero i presidenti delle giunte regionali, niente potrà ragionevolmente evitare il conflitto tra livelli di governo circa la delimitazione delle rispettive competenze, dal momento che semplici consiglieri regionali senza vincolo di mandato risponderanno ovviamente e maggiormente a logiche partitiche piuttosto che territoriali, quindi non al voto dei propri elettori ma ai diktat del proprio partito. La scelta di introdurre i sindaci nel Senato delle autonomie era già eccentrica ed è veramente incomprensibile, perché se si voleva fare un Senato territoriale, un Senato delle regioni, o emulare o scimmiottare sistemi come quello tedesco, inserirci all'interno anche dei sindaci – tra l'altro dieci, quindi anche numericamente pochi rispetto agli ottomila che abbiamo nel territorio italiano – è veramente una scelta incomprensibile, in quanto essi sono organi amministrativi e non politici, che non esercitano la funzione legislativa di rango primario e neanche a livello territoriale, come può essere, per esempio, il consiglio regionale. Poteva avere una sua logica politica laddove, accanto a tutti i sindaci di comuni capoluogo, vi fossero stati altri due sindaci per regione, mentre nel testo che oggi la Camera è chiamata ad esaminare la scelta di disegnare quale rappresentante un solo sindaco per ciascuna regione – individuati, tra l'altro, casualmente, senza alcun criterio, perché non c’è alcun criterio all'interno di questa riforma – appare priva di qualsiasi razionalità. L'assenza di correlazione tra composizione del Senato e attribuzione delle relative funzioni è dimostrata dalla drastica modifica avutasi nell'una senza corrispondenza nell'altra, con sostanziale svuotamento di senso del bicameralismo, che viene ridotto a un monocameralismo nell'ambito di un disegno volto a blindare la Camera superstite nelle mani di una maggioranza parlamentare non rappresentativa – questo bisogna sottolinearlo – perché eletta per mezzo di gravi distorsioni predisposte nell'ambito ovviamente dell'altra riforma, quella dell'Italicum, il cui impianto è ipermaggioritario. Soluzioni importate ora dall'uno o dall'altro ordinamento straniero e innestate in un contesto ordinamentale differente per storia, tradizione, evoluzione politica e società convivono all'interno dello stesso disegno di legge in modo totalmente casuale. Non dovrebbe essere necessario in questa sede ricordare che la caratteristica fondamentale della Costituzione è invece quella di superare l'orizzonte ristretto della situazione politica contingente, per fornire alle istituzioni democratiche gli strumenti che assicurino la separazione dei poteri di governo e la garanzia dei diritti dei cittadini, a prescindere dalla contingenza politica che è necessariamente mutevole ? Non è possibile voler cambiare la Costituzione, la Carta più importante del nostro Paese, del nostro ordinamento, soltanto perché, per questioni di opportunità politica o anche solo per opportunità di un singolo uomo al potere, si ritiene necessario cambiarla in Pag. 54una direzione, insieme alla legge elettorale, per trarne un vantaggio personale o politico per una sola fetta politica di questo Paese o per un solo partito. L'ultima volta che si è avuta una riforma di grande portata come questa, comunque decisamente più organica rispetto a quella che ci troviamo davanti, è stata quella del Titolo V nel 2001. Tale riforma è stata definita dai suoi stessi autori, cioè quelli che l'avevano fatta a loro tempo, disastrosa; che fosse disastrosa, tra l'altro, è tuttora evidente, ed effettivamente ha dimostrato di essere un disastro per il nostro Paese.
  Il che significa che, se questo disegno di riforma disomogenea, poco funzionale – un'accozzaglia di riforma all'interno di un disegno che va a modificare appunto 40 articoli su 139 –, dovesse malauguratamente arrivare a compimento, con l'assetto dei poteri da essa derivante tra le forze politiche, i cittadini si troverebbero davanti e per moltissimo tempo a una riforma costituzionale molto più che disastrosa, rispetto a quella fatta nel 2001. Infatti, lo spirito che anima i sedicenti riformatori non appare affatto essere costituente ma, al contrario, sembra volto all'approvazione della riforma purché sia, come se le storture da essa derivanti potranno essere corrette con facilità (cosa che non sarà), come se fossero oggetto di legislazione ordinaria e non costituzionale. Una volta che cambiamo questa Costituzione, sarà praticamente difficilissimo, se non impossibile, andarla a cambiare in seguito perché la nuova riforma del Senato, la nuova costituzione del Senato non ci pone davanti due Camere che hanno una maggioranza politica e un consenso politico generalizzato nel Paese, ma potremmo avere una Camera con una maggioranza politica e un Senato formato da consiglieri regionali e sindaci di tutt'altro colore politico, che risponderanno non alle esigenze del proprio Paese ma alle esigenze del proprio partito, che renderebbero di fatto vana qualsiasi riforma costituzionale, anche sugli altri temi di concorrenza tra Camera e Senato che si dovessero andare ad affrontare. Questo è quanto emerge dal metodo adottato per la riforma, volto alla compressione ovviamente dei tempi di discussione parlamentare, che si è avuta in questa Camera e soprattutto al Senato, anche in violazione evidente della ratio del procedimento che si dovrebbe sposare quando si fanno riforme costituzionali e del procedimento previsto appunto per le stesse. Quindi, non dovrebbero verificarsi delle «ghigliottine» o dei «canguri» o modi che vanno contro il Regolamento della Camera o contro il Regolamento del Senato per portare a compimento a tutti i costi una riforma costituzionale che evidentemente non è stata condivisa con l'intero Parlamento ma che viene soltanto da una parte dello stesso. Quanto fin qui esposto costituisce la premessa fondamentale per la successiva discussione nel merito tecnico del disegno di legge costituzionale. A nostro avviso, infatti, il fatto che la riforma sia complessivamente viziata da incoerenza e irrazionalità, prima che da un disegno politico volto ad un pericoloso superamento del bicameralismo e del parlamentarismo come lo conosciamo oggi, la rende inaccettabile nel suo impianto complessivo. Tuttavia, la consapevolezza degli effetti che la riforma produrrà, qualora dovesse essere approvata ed entrare in vigore, obbliga quantomeno a un tentativo, seppur minimo, in questa lettura, di correzione, che più che in un'ottica di miglioramento deve essere inteso come un contenimento degli effetti più deleteri che la riforma stessa sta portando al nostro Paese. In particolare, su una serie di punti è necessario richiamare l'attenzione di tutti. I punti principali sui quali la riforma interviene riguardano essenzialmente la composizione del Senato e le sue funzioni, il procedimento legislativo e il ruolo del Governo nello stesso procedimento legislativo e la riforma del Titolo V, attinente all'autonomia regionale. Sull'incoerenza del criterio di composizione del nuovo Senato si è già detto, anche molto, oggi in quest'Aula. I procedimenti legislativi, anziché essere semplificati, diventano, a nostro parere, più complessi e farraginosi. Il procedimento attuale, infatti, nel disegno della riforma, dovrebbe essere superato, in Pag. 55quanto il doppio passaggio dello stesso progetto di legge in due diverse Camere dotate degli stessi poteri renderebbe inefficiente, secondo chi ha proposto la riforma, l'attività legislativa del Parlamento. A questo proposito, è da evidenziare che attualmente i progetti di legge possono essere presentati indistintamente in entrambe le Camere, per cui, mentre una delle due è impegnata su un progetto, l'altra ne valuta ovviamente altri. E dal momento che esse lavorano contemporaneamente, il doppio passaggio non importa effettivi rallentamenti, salvo che nell'ipotesi di modifica di un testo legislativo durante il secondo passaggio, caso in cui si attiva la cosiddetta navetta. La sua incidenza è tuttavia statisticamente molto contenuta e riguarda i disegni di legge maggiormente controversi, sui quali la ponderazione, la valutazione e la correzione nel secondo passaggio spesso si sono rivelati, nella storia della nostra Repubblica, indispensabili. Ciò ha dimostrato l'efficacia della garanzia propria della seconda Camera.
  Oltre a questo si dovrebbe ricordare che, quando la maggioranza e le Camere sono unanimi – o anche quando non sono unanimi –, ci sono progetti di legge che nel giro di neanche una settimana passano dalla Camera al Senato e diventano legge dello Stato in un batter d'occhio. Quindi non si capisce quale sia la motivazione che stia sotto la farraginosità attuale delle nostre due Camere. La verità è che, se c’è la volontà politica e se c’è la capacità del Governo e dei parlamentari, le due Camere, così come le abbiamo oggi, funzionano benissimo. Ma, purtroppo, hanno funzionato benissimo nella storia della nostra Repubblica per le peggio nefandezze, l'ultima, la più recente, è la proposta di legge Boccadutri sul finanziamento pubblico ai partiti, ma basta ricordare la precedente legislatura con tutti i decreti ad personam per Berlusconi, che lo hanno sempre salvato nei suoi processi giudiziari, a scapito ovviamente di un Paese e di un sistema parlamentare completamente denigrato e svuotato delle sue funzioni.
  Nel disegno di legge costituzionale – proprio per parlare delle due Camere – salvo alcune materie di ambito bicamerale, il procedimento ordinario si svolge nella sola Camera dei deputati e il Senato può intervenire con proposte di modifica superabili dalla Camera con un voto a maggioranza, che diventa a maggioranza qualificata in determinati ambiti, stante il loro rilievo per il livello di governo territoriale. Tuttavia non è prevista alcuna forma di risoluzione conciliativa tra i livelli di governo, oltre a quello che da parte del Senato si riduce ad essere un parere non vincolante. E, dato che il Senato non rappresenta i legislatori regionali, ma solo alcuni membri dei consigli regionali, è da escludere che il passaggio derivante dal suo parere possa effettivamente fungere da forma di coordinamento tra diversi livelli di governo. Cioè, non è assolutamente detto che il Senato parli proprio per il livello territoriale di governo, ma è molto probabile che il Senato parlerà per opportunità politica o semplicemente per l'opportunità dei semplici componenti dell'Assemblea del Senato stessa. È invece poi ipotizzabile – ed è stato evidenziato anche dal Comitato tecnico per la legislazione – l'insorgere di dubbi interpretativi nel corso del procedimento legislativo sui casi nei quali il procedimento da seguire sia quello in cui l'intervento del Senato abbia incidenza minore o maggiore o, ancora, nei casi in cui il progetto di legge sia misto, ovvero attenga a materie proprie di entrambi gli ambiti di incidenza del Senato.
  In assenza di previsioni circa le modalità di risoluzione delle questioni che potrebbero insorgere tra la Camera dei deputati e il Senato della Repubblica riguardo a quale sia il procedimento legislativo da seguire previsto in altre Costituzioni caratterizzate da bicameralismo differenziato, è evidente che il procedimento legislativo, anziché semplificarsi, tenderà a complicarsi.
  Circa la riduzione della sola Camera politica elettiva, la Camera dei deputati, peraltro è necessario evidenziare la pericolosità insita nella scelta di abbinare allo svuotamento delle funzioni effettive del Pag. 56Senato l'approvazione di una legge elettorale, l'Italicum, di ispirazione ipermaggioritaria, in base alla quale l'esigenza di governabilità è perseguita in modo del tutto sconosciuto alle altre democrazie occidentali con la previsione di un meccanismo distorsivo, che può in astratto portare una forza politica, anche estremamente minoritaria nel Paese, ad ottenere da sola una maggioranza assoluta dell'unica Camera titolare della funzione legislativa e della funzione di indirizzo politico. Conseguente a questa osservazione è l'introduzione nel procedimento legislativo del cosiddetto voto a data certa, mediante il quale viene istituita una corsia preferenziale per i disegni di legge del Governo, per cui esso può chiedere alla sola Camera superstite di deliberare che un disegno di legge, indicato come essenziale per l'attuazione del suo programma, sia sottoposto alla votazione finale entro sessanta giorni dalla richiesta e, decorso il termine, esso possa essere posto in votazione senza modifiche. L'impatto che questa modifica può avere sull'assetto del nostro sistema costituzionale, combinato con la sostanziale eliminazione della seconda Camera e con la natura ipermaggioritaria della legge elettorale in discussione, può provocare una distorsione evidente della forma di Governo, in cui, rispetto al potere dell'Esecutivo, non vi è traccia di effettivi contrappesi che possano operare in funzione di bilanciamento.
  Infatti è facile ipotizzare che alla Camera superstite non rimarrà che l'analisi dei disegni di legge indicati come essenziali per l'attuazione del programma, i quali, in quanto tali, saranno anche quelli sui quali è più probabile che il Governo ponga la questione di fiducia, strumento al cui abuso non è stato posto rimedio. Per questa via la Camera dei deputati verrebbe posta in un ruolo di subalternità rispetto al Governo, il che non è ragionevolmente compatibile con la natura di un unico organo direttamente elettivo nel sistema risultante dalla riforma.
  Irrazionale appare, altresì, rispetto al disegno complessivo, la riforma del Titolo V della Costituzione, con la quale si sopprime la competenza legislativa concorrente e si riporta una serie di materie alla competenza esclusiva dello Stato. Uno dei motivi della mancata attuazione del Titolo V viene indicato nella mancanza di previsione di una Camera delle autonomie, che fungesse da istituzione di raccordo tra Stato e regioni, che infatti, nella panoramica comparatistica, ossia con gli altri Stati, è presente essenzialmente nei sistemi caratterizzati da una forma di Stato federale.
  Con la riforma, da un lato, si intende istituire una Camera rappresentativa delle istituzioni territoriali; dall'altro, si intende invertire la spinta regionalistica perseguita con la precedente riforma del Titolo V, con una nuova centralizzazione delle funzioni. Quale che sia la scelta del legislatore costituzionale, se cioè sia nel senso di una maggiore devoluzione delle competenze a rafforzamento delle autonomie territoriali di stampo federale, oppure se sia nel senso di un ripristino di modello di Stato fortemente accentrato, la scelta di istituire detta Camera, ossia il Senato, appare manifestamente contraddittoria rispetto a quella con la quale si ripristinano nel Titolo V le competenze statali.
  Peraltro, è da evidenziare come, da un lato, venga soppressa la competenza concorrente, che attualmente ha ad oggetto materie su cui si è formato un indirizzo univoco nel primo quindicennio di vigenza del nuovo Titolo V, mentre, dall'altro, vengono introdotte nell'ambito della legislazione esclusiva statale una serie di materie, rispetto alle quali allo Stato spetta unicamente la legislazione nell'ambito delle disposizioni generali e comuni, che in qualche modo fanno orientare il criterio della legislazione concorrente, ma in modo confusionario, soprattutto in una forma che, essendo innovativa e necessitante di essere interpretata, provocherà verosimilmente una nuova ondata di contenzioso costituzionale e finirà per paralizzare l'attività legislativa, che invece si vorrebbe semplificare.
  Si arriva infine, nell'ambito del Titolo V, alla previsione di una clausola di supremazia statale, i presupposti per la cui Pag. 57applicazione sono estremamente vaghi e molto difficilmente delimitabili, la cui applicazione viene peraltro attribuita ad una scelta del Governo, spostando ancora una volta sull'Esecutivo il baricentro dell'effettiva attività legislativa.
  Durante il dibattito che si è avuto sia in Aula, alla Camera e al Senato precedentemente, ma anche all'interno delle Commissioni, sono emerse rispetto a questo obiezioni riguardanti l'ambito di sconfinamento del Governo nel campo proprio del Parlamento, attraverso il ricorso alla corsia preferenziale per i suoi disegni di legge o, nel campo proprio delle regioni, attraverso il ricorso alla clausola di supremazia. Sembra non tenersi in alcun conto l'esperienza storica anche recente, nonostante si sia detto più volte e nonostante ovviamente l'esperienza degli ultimi quindici anni ci abbia fatto capire che forse andava trovata una maniera differente di gestire la legislazione concorrente.
  Non vi è alcuna base per ipotizzare le azioni del Governo, che ha sistematicamente violato le condizioni per il ricorso alle decretazione d'urgenza per scavalcare il Parlamento negli ultimi venti, trent'anni, abusando ovviamente di fiducie. È molto plausibile che abuserà anche dei nuovi strumenti che si sta, il Governo stesso, mettendo a disposizione. La riforma intende porre limite a queste evidenti storture, che vulnerano ovviamente il principio della separazione dei poteri, sostituendo all'alluvione attuale dei decreti-legge, sulla cui conversione si pone la fiducia, un'alluvione futura dei progetti di legge, indicati come essenziali per l'attuazione del programma di Governo o come necessari per la tutela dell'unità giuridica ed economica della Repubblica, sui quali, coerentemente con la loro essenzialità per l'attuazione del programma, sarà posta la questione di fiducia, anche questa volta riducendo il Parlamento a mero ratificatore.
  È infine necessario evidenziare che in una riforma della Costituzione fatta sul presupposto di un aggiornamento della stessa ed imposta dalle istanze più pressanti provenienti dai cittadini, proprio quelle più essenziali proposte dai cittadini vengono ignorate, con particolare riferimento alla riforma degli istituti di iniziativa legislativa popolare, come il referendum abrogativo, con significativa riduzione della possibilità da parte dei cittadini dei mezzi di partecipazione e relegato a semplici previsioni che rinviano a ulteriori leggi costituzionali o a leggi di attuazione, rendendo concretamente vacui gli interventi stessi.
  In riferimento al rapporto dello Stato con l'Unione europea, a fronte della comparsa della stessa all'interno di una serie di articoli, tale rapporto tra Stato e Unione europea rimane indefinito: mentre negli altri Stati europei sono state disciplinate le modalità della loro appartenenza all'Unione e i limiti e le garanzie della stessa, nulla di tutto ciò è avvenuto in Italia e questa riforma rappresenta l'ennesima occasione sprecata nonostante sia evidente che tale rapporto è il vero fulcro di tutte le questioni politiche proprie di questa fase storica, caratterizzata da una crisi economica e sociale che è degenerata in una crisi democratica a livello sopranazionale.
  Collegata ai punti precedenti è la questione relativa all'uso delle risorse pubbliche e alla capacità di reazione dello Stato rispetto alla crisi economica. Il riferimento è all'introduzione nella Costituzione del principio di pareggio di bilancio, che oltre ad essere rimasto sostanzialmente inapplicato per impossibilità tecnica, ma anche economica, ha mostrato tutti i suoi limiti, portato un aggravamento della recessione e non ha prodotto alcun concreto passo in avanti nei processi di condivisione di diritti e doveri nel progresso per la solidarietà tra Stati a livello europeo. Anche in questo ambito in cui una riflessione è d'obbligo, l'occasione offerta dalla riforma costituzionale non è stata accolta.
  È bene anche ricordare che nei precedenti passaggi parlamentari come questo di revisione costituzionale di questa portata, la forma è francamente sostanza. Dietro alla formale dichiarata apertura al massimo coinvolgimento delle opposizioni secondo il presunto spirito costituente Pag. 58della legislatura in corso, in tali passaggi, quelli passati e anche quello attuale, siamo stati infatti testimoni della totale chiusura da parte della maggioranza e del Governo rispetto alle istanze provenienti proprio dalle opposizioni. Questa chiusura si è manifestata anche a livello procedimentale con l'evocazione da parte della maggioranza delle più disparate tecniche volte alla compressione del dibattito parlamentare, fino all'indizione nel precedente passaggio alla Camera di una seduta fiume, nel corso della quale la riforma è stata approvata in una Aula semivuota fino a notte fonda, con una surreale discussione priva di dibattito, in cui il Presidente del Consiglio dei Ministri è apparso giungendo direttamente da un vertice europeo, un'immagine avvilente dal punto di vista istituzionale, ma che ben può rappresentare simbolicamente il percorso di questa riforma e anche il suo contenuto.
  Rispetto alla principale istanza delle opposizioni la chiusura è stata totale, la maggioranza non l'ha voluta accogliere neanche in parte, neanche quando essa non aveva un'incidenza diretta sul disegno complessivo dalla riforma. Coerentemente con quanto sin qui brevemente ricordato, le modifiche sulle quali siamo chiamati oggi ad esprimerci sono il frutto esclusivo di un dibattito del tutto interno alla maggioranza di Governo, e in particolare al solo partito della maggioranza, lo stesso partito che attualmente è il principale rappresentante dell'attuale maggioranza non già in virtù della volontà popolare, ovvero del risultato elettorale, bensì a causa della mostruosa distorsione di quel risultato ad opera di una legge elettorale giudicata costituzionalmente illegittima perché antidemocratica.
  Per tornare un attimo al Titolo V, un argomento che mi sta particolarmente a cuore, il Senato ha approvato una modifica del terzo comma dell'articolo 116 della Costituzione, estendendo l'ambito delle materie in relazione alle quali è prevista la possibilità di attribuire con legge dello Stato ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia delle regioni, anche su richiesta delle stesse. È il famoso regionalismo differenziato. Nel nuovo elenco di cui all'articolo 116, terzo comma, della Costituzione sono ora ricomprese le disposizioni generali e comuni per le politiche sociali, che erano già state modificate all'articolo 117, seconda comma, lettera m).
  Si badi bene, sulla base della nuova formulazione, diversamente da quanto avviene rispetto ad altre fattispecie analogamente assoggettate al cosiddetto regionalismo differenziato, quali ad esempio istruzione e formazione professionale e governo del territorio, di cui all'articolo 117, secondo comma lettere o) ed u), per quanto riguarda le politiche sociali si fa riferimento non alla specifica materia, ma alle disposizioni generali e comuni che diventano oggetto di autonomia delle regioni stesse e la questione rende molto probabile il contenzioso di fronte alla Corte costituzionale.
  Il nuovo articolo 116 appare apertamente confliggere infatti con il 117, lettera m), e non è chiaro come potranno convivere e come saranno declinate, nelle loro applicazioni, le disposizioni di cui all'articolo 117 e dell'articolo 116, che è da considerarsi l'architrave in ordine di garanzia di equità, universalità ed uniformità dei diritti sociali, dunque delle politiche che ne conseguono su tutti i cittadini di tutto il territorio nazionale. La suddetta modifica è grave, voi lo sapete che è un grosso errore, per il risultato a cui conduce: cause istituzionali, conflitti di competenza, a tutto discapito dei cittadini.
  Risulta altresì scisso il binomio con le politiche sanitarie, binomio da considerarsi caposaldo del sistema di welfare. È fortissimo il rischio di parcellizzazione e disgregazione delle politiche socio-sanitarie. C’è stata una discussione molto attenta e alta rispetto all'eventualità di dover cambiare il Titolo V, lettera m), proprio perché ci trovavamo di fronte a un Paese con ventidue sistemi sanitari differenti. Questa cosa è stata modificata, trovando un accentramento, perlomeno nelle linee generali, del sistema sanitario e anche sociale, ed è stata completamente disattesa al Senato, concedendo ad alcune regioni Pag. 59che ne fanno richiesta di potersi appropriare di una parte importante del welfare, che è quella delle politiche sociali, mettendoci di fronte a un fatto compiuto, che porterà a una cosa che già conosciamo, perché l'abbiamo conosciuta esattamente con la sanità. Avremo ventidue sistemi della politica sociale differenti nel nostro Stato e, per quanto ne voglia dire il Governo che ci saranno accordi Stato-regione, che è soltanto un'opportunità per alcune regioni, è chiaro che questa deriva che si sta prendendo – che è anche contestata da buona parte della maggioranza parlamentare che sostiene il Governo – ci porterà sicuramente a un disastro nei termini delle politiche sociali, soprattutto in quelle regioni che già oggi stanno faticando ad erogare servizi. Mentre avremo, come al solito, le regioni del nord che potranno dare, forse anche dare di più, avremo regioni del sud completamente spogliate.
  Il Senato ha modificato anche la modalità di elezione dei giudici della Corte costituzionale da parte delle Camere, prevedendo, con una novella all'articolo 135 della Costituzione, che l'elezione dei cinque giudici spetti distintamente ai due rami del Parlamento, nel numero di tre alla Camera e due al Senato, anziché al Parlamento in seduta comune.
  È stata così ripristinata la previsione contenuta nel disegno di legge originario del Governo e, anche in questo caso, anziché cogliere alcune istanze formulate dalle opposizioni, che senza incidere nel progetto complessivo della riforma, miravano a introdurre una forma di designazione più trasparente, più democratica di elezione dei giudici della Corte costituzionale, si è scelto ovviamente di procedere in senso opposto.
  La Corte è un fondamentale organo di garanzia a chiusura del sistema repubblicano e funzionalmente essenziale alla stessa superiorità normativa della Costituzione sugli altri atti normativi. È infatti composta per sua larga maggioranza di due terzi da membri designati da poteri di garanzia, quale il Capo dello Stato e la magistratura, mentre il restante terzo di designazione da parte dell'organo parlamentare ha il fine di mantenere un rapporto tra sovranità popolare e limiti costituzionali. La modifica in questione indebolisce questo rapporto, così come la riforma nel suo complesso. Dei cinque giudici di designazione parlamentare due saranno eletti dal Senato, il quale è eletto a sua volta da consiglieri regionali pur con l'ambigua formula del nuovo articolo 57 di cui si è detto.
  Pertanto tali giudici saranno soggetti di un'inedita forma di elezione non più semplicemente indiretta di secondo livello, ma addirittura di terzo livello, eletti da senatori che saranno eletti a loro volta da consiglieri regionali (e qui i cittadini non c'entrano mai).
  Tra le modifiche apportate al Senato è stato precisato, all'articolo 39, comma 11, che il termine per il ricorso alla Corte costituzionale della nuova legge elettorale del Senato, ove promulgata nella legislatura in corso, scade il decimo giorno dall'entrata in vigore della medesima legge elettorale. Tale modifica però appare forse in contraddizione con il testo del comma in questione nel suo complesso, laddove lo stesso, nel porre il termine di dieci giorni dall'entrata in vigore della stessa legge di revisione costituzionale per ricorso alla Corte, non stabilisce altresì cosa accadrebbe nel caso in cui una nuova legge elettorale per la Camera dei deputati dovesse essere approvata nella legislatura in corso oltre il termine di dieci giorni di approvazione della riforma.
  Se il dies a quo per il ricorso alla Corte costituzionale per la legge elettorale per il Senato decorre dall'entrata in vigore della legge elettorale stessa, nel caso della legge elettorale per la Camera esso decorre dall'entrata in vigore della riforma costituzionale e nulla è stabilito per le leggi elettorali per la Camera approvate dopo il decorso di questo termine. Tale ipotesi, quella cioè che il Governo e la maggioranza parlamentare che rappresenta siano tentate di modificare l'attuale Italicum a breve distanza temporale dalle elezioni politiche, appare tutt'altro che improbabile, mentre certe e devastanti per la Pag. 60democrazia sono le conseguenze derivanti dallo svolgimento delle elezioni politiche sotto la vigenza di leggi elettorali costituzionalmente illegittime, cosa di cui, come si è detto, lo stesso processo di riforma in discussione rappresenta evidente testimonianza.
  Sul MoVimento 5 Stelle grava in questa fase la responsabilità di avvertire il legislatore del rischio che implica il medesimo disegno di riforma con tutte le criticità che nel corso del procedimento parlamentare sono state evidenziate. Purtroppo, questa lettura non ci permette di emendare in forma compiuta tutte le cose che ho appena detto all'Assemblea, fatto sta che rimane che questa è una riforma costituzionale che noi ci auguriamo non veda mai la luce e che eventualmente, con il referendum confermativo che si svolgerà, possano i cittadini fermare e bloccare (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole D'Ambrosio. Ne ha facoltà.

  GIUSEPPE D'AMBROSIO. Grazie, Presidente. Signor Presidente, sicuramente nei numerosi passaggi e nelle numerose letture alle quali finora abbiamo assistito su questa che il Governo definisce riforma della Costituzione non ci sono stati elementi essenziali e sostanziali su cui finora non abbiamo lanciato allarmi, su cui finora non abbiamo comunque mancato di dare la nostra versione o comunque una controproposta, la controproposta del MoVimento 5 Stelle. E alla fine un nostro giudizio di merito in verità non è mai mancato e purtroppo è stato spesso negativo. Perché è stato negativo ? Perché, Presidente, chiariamo una posizione: il MoVimento 5 Stelle non si è mai opposto ad una riforma costituzionale, semplicemente non ci sembrava questo il momento politico e di opportunità per farlo, visto quello che è accaduto con la sentenza che ha di fatto distrutto finalmente la legge elettorale definita Porcellum dal realizzatore stesso che ha di fatto delegittimato politicamente questo Parlamento. Quando parliamo di un Parlamento illegittimo chiaramente parliamo di un Parlamento che è illegittimo da un punto di vista politico, quindi nel momento in cui lo è da un punto di vista politico, immaginiamo quale senso e quale ragione vi sia o vi possa essere dietro ad uno stravolgimento del genere della nostra Carta costituzionale.
  Noi, Presidente, quindi, non condividiamo questa riforma costituzionale e mi sembra abbastanza chiaro anche il motivo, sia nel merito, che nel metodo, come finora hanno esplicitato i miei colleghi. Non la condividiamo nei modi con cui viene posta all'attenzione delle due Aule e non la condividiamo nel merito.
  C’è poi anche una questione emergenziale, Presidente, in questo momento, che deve farci e farvi mettere in un secondo piano questa riforma, proprio anche in questo preciso momento storico. In questo passaggio che ci apprestiamo ad affrontare stiamo comprimendo questa lettura con l'arrivo alla Camera della legge di stabilità e sappiamo quale importanza abbia la legge di stabilità per tutto il nostro Paese, per il futuro, per i prossimi mesi difficili, che il nostro Paese dovrà affrontare. Anche questo della legge di stabilità è sicuramente un appuntamento fisso e non prorogabile, previsto e atteso in questo periodo dell'anno. Ma vi è anche, Presidente, un'emergenza sicurezza. Un'emergenza sicurezza sicuramente – quella sì – imprevista e tragica in questo momento. A tal proposito, Presidente, mi consenta, parlando dell'emergenza sicurezza, di sottolineare soprattutto quello che noi abbiamo cercato di evidenziare, cioè il problema della sicurezza interna relativamente al nostro Paese. Nel momento in cui i media e determinati leader di alcuni partiti cercano di spostare l'attenzione su quella che può essere la sicurezza esterna al nostro Paese, noi invece abbiamo un problema enorme di sicurezza interna. Volevo ricordare a quest'Aula che, mentre noi qui parliamo di legge di stabilità, mentre qui noi parliamo di quella che è una riforma costituzionale che soltanto voi volete in questo modo, in zone spesso Pag. 61dimenticate della nostra nazione, come ad esempio la provincia di Foggia, il proprio capoluogo, San Severo, Cerignola, in queste città, nell'ultimo periodo oramai si susseguono giornalmente episodi di persone che come minimo vengono gambizzate, se non addirittura ci lasciano la pelle per strada. Si tratta di episodi, Presidente, di delinquenza organizzata, di spari tra la gente. Quello che tanto ci ha indignato a Parigi accade purtroppo giornalmente in queste città, solo che è la nostra delinquenza organizzata, solo che sono i nostri cittadini italiani che sparano a altri cittadini che possono essere anche delinquenti, ma comunque sempre di episodi di violenza si tratta e in alcuni casi possono colpire anche innocenti. Allora, Presidente, io mi chiedo: quale importanza riveste questa riforma rispetto a quelli che sono questi episodi, a quello che rappresentano questi episodi che vanno a colpire la vita dei cittadini rendendola di giorno in giorno insicura ? Io davvero vorrei chiedere a questi cittadini quanto loro importi questa riforma costituzionale rispetto all'impossibilità da parte degli stessi di poter uscire dalla propria casa tranquillamente, di poter aprire il proprio esercizio commerciale tranquillamente, di poter mandare i propri figli al parco tranquillamente ? Quindi capite quanto per noi siano più importanti determinate priorità che riguardano magari i cittadini rispetto alla riforma costituzionale stessa. Allora, Presidente, io vorrei che a questo invece noi dedicassimo più attenzione, a questi episodi, a questi avvenimenti, che davvero risultano essere estremamente importanti e molte volte dequalificanti nei confronti della qualità della vita dei cittadini rispetto invece alla riforma costituzionale alla quale tanto, invece, il vostro Governo, il vostro Presidente del Consiglio, Renzi, si è vincolato e ha vincolato questa legislatura.
  Dicevo Presidente che non condividiamo questa riforma, ma comunque, visto che la maggioranza ha deciso oramai da tempo di affrontare il tema, anche questa volta proponiamo degli argomenti e degli emendamenti che ci sembrano essere di buonsenso. Intervengo proprio nell'ambito del complesso degli emendamenti con queste riflessioni perché voglio motivare il nostro pensiero quando ci opponiamo con i nostri emendamenti a questo modo invece di intendere proprio la riforma costituzionale. Credo, infatti, che se noi spingiamo tutto oltre il limite della riflessione e del dialogo spesso non si ottengono risultati.
  Allora, sia chiaro, io non nego che nelle interviste, nelle dichiarazioni a mezzo stampa del Ministro delle riforme, Boschi, vi siano stati numerosi riferimenti al dialogo, al confronto, all'apertura nei confronti delle opposizioni, e quindi anche del MoVimento 5 Stelle, ma se contiamo però il numero di volte che queste parole sono state pronunciate otterremo, Presidente, un numero sicuramente superiore alla cifra che quest'anno il Governo taglia alle forze dell'ordine, ancora una volta; una cifra rilevante, come ben sapete. Mi chiedo come questo confronto si misura nel semplice conteggio delle ore passate in Commissione affari costituzionali, cioè è più importante il numero delle ore rispetto alla qualità delle ore stesse ? In più, questo dialogo si pesa valutando soltanto il numero di volte in cui siamo stati messi di fronte alle cose fatte ? I cittadini dovrebbero sapere che tante volte, tantissime volte, ci siamo trovati di fronte ad un Governo verso il quale il MoVimento 5 Stelle ha tentato più volte di porre fatti, atti, dati, domande, basati su quelle che erano la concretezza delle esperienze anche costituzionali non solo italiane. Invece, dall'altra parte, abbiamo ricevuto semplicemente il silenzio. Non abbiamo mai ricevuto risposte da questo punto di vista. Allora quando il Ministro Boschi parla di dialogo, di confronto, io davvero non capisco a chi si riferisca, forse a quelle che realmente non sono opposizioni. Il MoVimento 5 Stelle da questo punto di vista non ha mai ottenuto risposte concrete. Io capisco che è il Presidente del Consiglio effettivamente trovi molto più facile andare in Arabia Saudita in questo momento, scelta tragicomica davvero la definirei, o addirittura andare a Torino e Pag. 62chiedere di taggare i sospetti, si lascia commentare da sola questa definizione, rispetto ad un passaggio, Presidente, alla Camera o al Senato per vedere davvero di che cosa si stia discutendo relativamente a quella riforma costituzionale sulla quale tanto si è investito a titolo personale; soprattutto perché spesso i social network raccontano una verità sulla politica che noi facciamo qui, nelle Camere, che non sempre, ad onore di narrazione, può essere riportata e quindi offerta, raccontata ai cittadini, in modo tale che magari il cittadino possa comprendere realmente quello che il Governo vuole fare. Magari sarebbe più opportuno da parte del Governo (più che lanciare degli hashtag o dei tweet o scrivere magari delle «supercazzole» tranquillamente su Facebook) venire qui a riferire nell'Aula nella quale i cittadini si aspettano che il Governo riferisca e dia concreti riferimenti, relativamente proprio all'importanza e al perché, nonostante tutte queste priorità che prima ho elencato, si continua ad insistere e ad occupare il tempo della Camera facendo questa riforma che per noi risulta essere una riforma sciagurata. Ma non lo risulta essere soltanto per noi. Voglio ricordare, Presidente, che nei precedenti passaggi, lo avevamo sottolineato e ancora una volta lo voglio sottolineare, il Presidente del Consiglio Renzi aveva sposato questa riforma, raccontandola, perché è come se si raccontassero le favole ai cittadini, come quella di un risparmio economico nei confronti dei cittadini; i cittadini avrebbero risparmiato da questa riforma del Senato. Invece, la Corte dei conti ci ha detto benissimo che (basta andare a leggere i bilanci dal Senato) il Senato non costa quel benedetto miliardo di euro che Renzi raccontava, ma costa 500 milioni di euro, per noi tantissimi. Addirittura la Corte ci dice che questa riforma che voi volete fare ci farà risparmiare l'enorme cifra di 42 milioni di euro all'anno, quando noi vi avevamo proposto di ritoccare la riforma costituzionale, quindi anche il Senato, facendo una semplice cosa, dimezzando il numero dei senatori, dimezzando il numero dei parlamentari e dimezzando gli stipendi di senatori e dei Parlamentari. Questo avrebbe portato ad oltre 400 milioni di euro all'anno di risparmi per i cittadini (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Logicamente questo, Presidente, non è stato accolto e si è persa l'occasione di risparmiare. Allora ci si è spostati su altro, sulla possibilità che questa riforma costituzionale dava all'iter legislativo di svolgersi velocemente e non di essere rimpallato continuamente tra la Camera e il Senato.
  E, allora, io voglio fare un esempio molto pratico. Non lo voglio fare a quest'Aula perché voi questi dati li conoscete benissimo e fate finta di non conoscerli, perché è più importante per voi tenervi la poltrona rispetto al ricatto fatto da Renzi che ha vincolato la legislatura a questa riforma. Mi riferisco, invece, alla velocità degli atti. E, allora, Presidente, voglio ricordare, così velocemente, che la legge anticorruzione ha impiegato, tra Camera e Senato, nei vari passaggi, prima della definitiva approvazione, oltre 1.300 giorni. Si tratta, poi, di una legge anticorruzione molto blanda, dobbiamo anche dirlo. Voglio ricordarlo ai cittadini: 1.300 giorni. Invece per quanto riguarda la proposta di legge Boccadutri, con la quale i partiti velocemente facevano razzia di quello che ancora resta dei rimborsi elettorali, perché, altrimenti, non avevano i soldi manco per pagare le banche che avevano anticipato già quei soldi, Presidente, bisogna dirlo, hanno impiegato la bellezza di una decina di giorni tra Camera e Senato per approvarla velocemente, così come avete fatto anche nel caso del lodo Alfano. E, allora, Presidente, lo dobbiamo dire ai cittadini: anche la scusa di Renzi dell'iter legislativo più veloce tra Camera e Senato non sussiste perché, quando si vogliono fare le cose tra Camera e Senato, sono velocissimi. Il problema non è capire quando si vogliono fare, ma è capire cosa si vuole fare e noi vediamo che spesso quello che si vuole fare non è assolutamente di interesse dei cittadini, ma è di interesse soltanto dei partiti. E lì il percorso stranamente diventa velocissimo.Pag. 63
  E, allora, Presidente, io mi chiedo davvero il Governo, cambiando questa Costituzione, in che modo tenti di cambiare quello che è il tetto perché stiamo cambiando il tetto della casa dei cittadini, la protezione dei cittadini, la nostra Carta costituzionale che dovrebbe essere il tetto a protezione di qualsiasi periodo, diciamo così, non dei migliori dei cittadini, addirittura andando a sfaldare, Presidente, le fondamenta della nostra Costituzione. Questo sta facendo questo Governo. E, allora, io mi chiedo perché non avete accolto le nostre istanze ad esempio nella riforma costituzionale riguardo la partecipazione attiva dei cittadini, la partecipazione alla vita pubblica da parte dei cittadini. Infatti, al centro dei nostri emendamenti, in tutti i passaggi all'interno di questa riforma costituzionale, abbiamo messo proprio la partecipazione attiva dei cittadini. Abbiamo messo proprio questo e voi, come al solito, lasciate andare questa opportunità, lasciate passare questa occasione, senza introdurre nella Costituzione alcuno strumento reale di partecipazione attiva dei cittadini. Questo Governo, Presidente, e questa maggioranza hanno già un deficit di credibilità e coerenza da pagare e questo pesa, a dir la verità, molto di più di ogni debito pubblico. Questo Governo e questa maggioranza scontano e, soprattutto, lo dico col sorriso, sconteranno, lo vedrete, sconterete, lo pagherete...

  PRESIDENTE. Si rivolga alla Presidenza.

  GIUSEPPE D'AMBROSIO. Sì. Grazie Presidente, ma logicamente mi rivolgevo, tramite lei, chiaramente. Non mi permetterei mai. Sconterete tutto questo che state facendo alle prossime elezioni; lo vedrete benissimo, perché i cittadini stanno cominciando a comprendere quanto sia realmente differente, tramite lei, Presidente, chiaramente, la scala di priorità di questa classe politica rispetto a quella che è la priorità del singolo cittadino. Io mi chiedo davvero perché non impiegare tutto questo tempo ad esempio su una cosa che i cittadini chiedono e su una cosa che l'Europa ci chiede da decenni, ossia sul reddito di cittadinanza. Ma perché non impieghiamo questo tempo e queste risorse sul reddito di cittadinanza (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ? E, invece, dobbiamo assistere al vostro vergognoso balletto ogni volta che si può fare, non si può fare, vediamo il reddito di dignità. Io vengo da una regione, la Puglia, dove dobbiamo assistere allo squallido balletto di Emiliano che cerca di sorpassare a destra il vostro Renzi parlando di reddito di dignità per assistere qualche centinaio di famiglie quando, invece, il vostro presidente e segretario regionale, nonché presidente di una regione, dovrebbe parlare al suo Presidente del Consiglio e dire di portare il reddito di cittadinanza a livello nazionale per aiutare nove milioni di cittadini e non qualche migliaio di cittadini. Questo è lo squallido balletto al quale assistiamo giornalmente (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  E io, Presidente, mi vergogno, quando vado in piazza da rappresentante delle istituzioni, a dover rappresentare anche chi, invece, facendosi barba dei cittadini comunque che soffrono davvero, parla di questi strumenti e li utilizza soltanto come marchette elettorali. Presidente, i cittadini devono veramente subire oramai ogni nefandezza; veramente ogni giorno ne ascoltano una nuova. Quindi, in loro rappresentanza, io vi dico che quello che si percepisce all'interno di quest'Aula viene poi trasferito con enorme fastidio all'esterno. I cittadini sono come minimo infastiditi e voglio utilizzare un termine gentile. E, logicamente, quella che si pone come la nostra opposizione che, seppur dura, è dialogante, alla fine cerca davvero di portare quelle che sono le perplessità dei cittadini, le perplessità anche della parte dei cittadini che è competente, la parte dei cittadini che adesso vi si sta opponendo troncando l'Italicum. Noi stiamo già presentando in diversi tribunali ricorso contro l'Italicum e non lo stiamo facendo noi come MoVimento 5 Stelle, ma lo stanno facendo avvocati che già vi Pag. 64hanno bocciato come classe politica il Porcellum e che adesso, ancora con gli stessi rilievi di incostituzionalità, si stanno opponendo all'Italicum. E voi, ancora una volta, sordi nei confronti degli stessi cittadini, andate avanti. Andate avanti, perché ? Perché per voi sono più importanti le vostre istanze, quelle interne ai partiti; per voi oramai il mondo inizia e finisce qui dentro, non c’è un esterno, ma c’è soltanto la segreteria di partito all'esterno, nella quale oramai vi rifugiate perennemente a parlare. Ma con i cittadini oramai non c’è bisogno più di dialogare perché, altrimenti, se uno ascolta i cittadini, diventa un demagogo, diventa un populista, deve ascoltare il cittadino che si lamenta. Ma mai che ci si chiede perché quel cittadino è arrivato a quel punto; mai che ci si chiede perché quel cittadino ci sta chiedendo una cosa che potrebbe anche essere irrealizzabile. Ma perché è arrivato a chiederci quella cosa lì ?
  E, allora, Presidente, nei nostri emendamenti abbiamo chiesto proprio di essere più precisi e più attenti sulla previsione in base alla quale i componenti del nuovo Senato saranno eletti anche dai consigli regionali. Altro problema enorme: i consigli regionali. Proprio da lì dovevate andarli a prendere questi nominati, dai consiglieri regionali ? Non c’è giorno che un consiglio regionale non venga colpito da uno scandalo giudiziario e voi, logicamente, la garanzia, da dove la andate a prendere ? Dai peggiori delinquenti, dai consiglieri regionali, logicamente nominandoli addirittura voi, perché anche un listino, Presidente, ha, diciamo così, un'elezione controllata all'interno delle regionali. Ma chi volete prendere in giro ? Ma anche quando oramai votate con le preferenze all'interno dei listini, sono tutte preferenze pilotate, perché arriva l'ordine di partito che muove le truppe cammellate con le quali andate a votare tutti quanti certe persone. Persone, magari, che libere non prenderebbero manco la preferenza della propria moglie o del proprio marito e che, invece, prendono decine di migliaia di preferenze e, poi, logicamente, sapete benissimo i personaggi ad esempio che ci troviamo nel nostro Parlamento europeo. Qualcuno li ricorderà benissimo. Io ricordo benissimo ad esempio. Io credo, Presidente, che tutti i cittadini si ricordino i meriti con i quali Iva Zanicchi sia andata nel Parlamento europeo e le tracce che ha lasciato per decenni la sua presenza nel Parlamento europeo. E questo logicamente grazie a tutti voi e i cittadini ve ne sono grati e ve ne saranno grati per decenni. Ma anche delle attuali presenze nel Parlamento europeo. Ricordiamo la vostra parlamentare europea, se la ricordano tutti i cittadini e ce la ricordano ancora in piazza, ossia quella che con 80 euro faceva la spesa per un anno e mezzo. Se la ricordano tutti benissimo. Guarda caso, adesso quegli 80 euro sono scomparsi dall'agenda politica del nostro Governo perché, probabilmente, l'inflazione non permette più di fare la spesa per un anno e mezzo, ma ci fermiamo a un anno e, quindi, è diventato un problema gestire il resto dal tempo. Di questo probabilmente dovreste rendere conto ai cittadini e non della riforma costituzionale che va a prendere rottami che porterete in Senato part-time dal consiglio regionale. E, allora, Presidente, quando parlavo di garanzie, parlavo appunto del fatto che, in conformità a quelle che sono le scelte poi espresse all'interno dei consigli regionali, noi anche lì avremo l'ennesima occasione di rinnovare questi organi regionali.
  E anche in quel caso la valutazione del Governo e della maggioranza qual è stata ? Su questo è stata vaga, molto vaga, soprattutto perché siamo in un periodo storico in cui i consiglieri regionali sono spesso indagati, rinviati a giudizio, decaduti, riammessi, licenziati, riconfermati e sinceramente non riusciamo neanche noi a capire più lo status che hanno e che avranno, Presidente, di fronte a quella che potrebbe essere una carica che li porterà, addirittura, ad essere parcheggiati all'interno del Senato dove – e voglio ricordarlo ancora, parlando di soldi che tanto interessano ai cittadini – è vero che non saranno stipendiati, ma hanno i rimborsi spese, ai quali finora, Presidente, nessuno ci ha assicurato esserci nemmeno un tetto. Pag. 65Questo ci mette un po'di diffidenza, diciamo così, nei confronti di questi consiglieri regionali, che tante volte vediamo che con i rimborsi si divertono a fare le cose più divertenti: dall'acquisto dei vibratori sino, addirittura, alla raccolta indiscriminata di scontrini per terra in ogni consiglio regionale; ciò addirittura fa pensare alla possibile capacità di essere presenti, nello stesso secondo, in più luoghi della regione Basilicata da parte di alcuni consiglieri regionali della Basilicata, che, tra parentesi, il PD ha ricandidato e i cittadini hanno rivotato e rieletto.
  Quindi, ancora una volta i cittadini hanno le loro colpe, ma voi, come classe politica, dimostrate di essere sempre pessimi, perché non date la possibilità ai cittadini di poter votare...

  PRESIDENTE. Collega, si deve rivolgere alla Presidenza.

  GIUSEPPE D'AMBROSIO. Chiedo scusa, Presidente.

  PRESIDENTE. Quindi, o mi dà del lei e, quindi, quelle accuse le sta rivolgendo a me con un plurale maiestatis, oppure non ci capiamo. Quindi, si rivolga alla Presidenza, per favore.

  GIUSEPPE D'AMBROSIO. La ringrazio, Presidente. Alcune volte mi lascio prendere da quelle che sono le vicende locali, che, alcune volte, superano la realtà e, quindi, mi rivolgo ad un ipotetico lei.

  PRESIDENTE. Vada avanti !

  GIUSEPPE D'AMBROSIO. Noi, Presidente, abbiamo chiesto di vincolare i futuri consiglieri regionali al rispetto della volontà dei cittadini su quelli che sono i possibili futuri senatori. Questa ci è sembrata, Presidente, una cosa di buonsenso nell'ambito di una riforma che, come dicevo, ci preoccupa molto, moltissimo, perché i consiglieri regionali dovrebbero fare i consiglieri regionali a tempo pieno e non fare poi, a part-time in vacanza, i senatori a Roma. I consiglieri regionali dovrebbero fare quello che i cittadini hanno definito tramite il loro voto e, cioè, impegnarsi all'interno delle proprie realtà regionali per migliorare le stesse.
  In alternativa, Presidente, abbiamo chiesto che ci si riferisse ad un dato certo e, cioè, a quello delle preferenze. Mettiamoci ancora una volta a rischio con le preferenze, perché almeno si lasci quella responsabilità – perché è una responsabilità – ai cittadini di scegliersi il candidato più opportuno e chiaramente, nel momento in cui i cittadini scelgono un candidato indagato, condannato o perlomeno una persona che non è opportuno che abbia una certa carica, se ne assumono la responsabilità i cittadini, perché questa andrebbe anche data ai cittadini come responsabilità e non, magari, la scusa di un listino chiuso, nel quale il cittadino si nasconde pur di non dire di avere votato il partito nel quale sapeva benissimo esserci un condannato che, poi, viene nelle nostre aule istituzionali.
  Io, Presidente, non mi fido più delle segreterie; non mi fido più delle segreterie dei partiti e non mi fido più nemmeno dei partiti, che dovrebbero essere quegli istituti, previsti dalla nostra Carta costituzionale, proprio a metà strada tra i cittadini e le istituzioni stesse. Invece, oramai i partiti sono diventati istituzione; si sono chiusi all'interno dell'istituzione e non guardano più i cittadini. I partiti non devono dare questa scusa ai cittadini; non dobbiamo più portare i cittadini a deresponsabilizzarsi. La scusa che tutti utilizzano ogni volta alle elezioni dell'astensionismo dal voto è una scusa che è una sconfitta per i partiti e questo non dovrebbe accadere. Logicamente, nel momento in cui si va a mettere mano alla Carta costituzionale questo non si può accettare.
  Abbiamo chiesto nei nostri emendamenti, Presidente, una maggiore attenzione anche nei confronti dei territori e dei consessi istituzionali locali e nazionali circa, ad esempio, le politiche comunitarie. Può ben immaginare perché, da pugliese, io debba specificarlo con il mio gruppo politico in forma di un emendamento.Pag. 66
  Presidente, proprio in questo momento stiamo vivendo un corto circuito che potrebbe anche verificarsi in futuro su questo e lo stiamo vivendo con la Xylella. Sulla Xylella, Presidente, senza voler scendere nel dettaglio dei problemi tecnici, che in questa sede non competono, gran parte del problema è politico, in quel caso, ed è dovuto ad un'errata valutazione geografica, agricola e soprattutto politica da parte anche dell'Unione europea.
  Io mi aspetto che un politico, Presidente, intervenga anche su questo e anche in una riforma come questa per chiarire, una volta in più, il rapporto che ci dovrebbe essere, ad esempio, tra l'Unione europea e quelle che sono le regioni italiane (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) perché, ad esempio, nessuno chiarisce quello che è il rapporto che ci può essere tra la regione Puglia, in questo caso sulla Xylella, l'ente istituzionale romano e l'ente istituzionale europeo.
  Quindi, nel momento in cui noi andiamo a creare una struttura come quella del Senato, che dovrebbe essere legata ai territori regionali ma ha così vaghi spazi di posizionamento e di azione rispetto a quelle che sono poi le problematiche legate proprio ai territori, mi chiedo: quale strumento stiamo creando ? Cosa stiamo creando ? Un carrozzone che non servirà a nulla ? Un doppione completamente inutile, perché un problema come quello della Xylella, Presidente, non avrà alcun riferimento istituzionale ?
  È una definizione, Presidente, quella del chiarire in qualche modo la dignità di quello che è il futuro Senato, dove non è possibile, alla fine, identificare un possibile peso specifico politico. Noi questo lo chiediamo proprio tramite i nostri emendamenti in maniera proprio esplicita, oltre a quelle che sono le definizioni del nostro Presidente Renzi – anzi, direi del vostro Presidente Renzi –, definizioni spesso romantiche, geografiche o politico-elettorali, se legate ad un periodo nel quale vi sono possibili elezioni. Per noi questo diventa, invece, un problema essenziale, un problema legato alla Carta costituzionale, un problema legato alla politica estera, un problema legato a tutta quella che è la vita dei cittadini.
  Vorrei dirvi che il tema delle politiche regionali, che sono tanto pesantemente toccate all'interno di questa riforma, e dell'Unione europea è un settore delle attività produttive estremamente importante ed è non solo il futuro della nostra Italia ma è il presente. Esso rappresenta il presente delle nostre politiche economiche. Qui si tratta specificatamente del destino di regioni, di città e di investimenti strategici che dobbiamo cominciare a fare per intercettare determinati finanziamenti e per intercettare una certa tipologia di politica, di sviluppo e di investimento che non possiamo, invece, non legare a quelle che sono queste politiche di riforma che voi state facendo.
  E allora, Presidente, io mi chiedo: deleghiamo tutto questo al Governo in questa riforma così tanto vaga ? Deleghiamo quella che sarà la futura composizione del Senato in base a chi frequenterà questo Senato ? Facciamo magari, ancora una volta, una delega in bianco anche sulla riforma costituzionale al Governo, così come abbiamo fatto per la «riforma Madia», altra riforma estremamente importante sulla quale voi state dando una delega in bianco completa al Governo ?
  Questo è quello che il MoVimento 5 Stelle si chiede e logicamente, non fidandosi per niente di questo Governo, è terrorizzato dall'idea di una delega in bianco data dalla Camera ad un Governo quando, invece, dovrebbe accadere esattamente il contrario: le riforme dovrebbero partire da qui ! Questa è la rappresentazione normale direi, non viziata, diciamo, dal «Porcellum», della volontà dei cittadini ed è da qui che dovrebbe partire ogni possibile riforma.
  E allora, Presidente, deleghe a parte, la parte sulla verifica dell'impatto delle politiche dell'Unione europea è centrale in questa lettura della riforma costituzionale che stiamo affrontando anche alla Camera. Se dobbiamo valutare una nuova disciplina o una nuova dinamica di quella che è la politica attuale, per così dire, fra Pag. 67gli enti comunitari e quelli locali, allora dobbiamo essere precisi, perché proprio ancora il caso Xylella ha dimostrato tutte le lacune che ci sono all'interno di questo dialogo istituzionale. E proprio in quel caso il problema politico diventa economico e diventa anche sociale – vedrete che diventerà anche sociale –, perché nelle intenzioni doveva essere contenuto anche con metodi che noi non abbiamo mai condiviso – e sottolineo: mai ! – ma, in realtà, poi potrebbe allargarsi o si era già allargato anche oltre il previsto.
  Allora adesso che faremo ? Come affronteremo questo problema ? Come affronteremo il rapporto, che non c’è più, tra i vari livelli istituzionali ? Ci riduciamo, magari, a buttar giù una nuova disciplina, magari larga, ancora una volta vaga, sulla quale andremo ad occupare uno spazio politico istituzionale ai vari livelli, dove ognuno, ogni ente si muoverà in base alla propria opportunità politica, senza, ancora una volta, andare a cogliere quello che è l'interesse dei cittadini ?
  Io non so, Presidente, che idea abbia il Partito Democratico (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle)... Questo è un applauso probabilmente più alla stima, Presidente...

  PRESIDENTE. Vada avanti, per favore. Collega Bonafede !

  GIUSEPPE D'AMBROSIO. Sta applaudendo perché, dopo di me, toccherà a lui, Presidente.

  PRESIDENTE. Andiamo avanti, per favore.

  GIUSEPPE D'AMBROSIO. Non so che idea abbia il Partito Democratico, o comunque gli altri partiti presenti all'interno di quest'Aula, però, Presidente, ho anche paura, sinceramente, ad ascoltarla questa idea, visti gli atti che arrivano in Parlamento. Quindi, sinceramente, io penso che il peso che questi atti possono avere, poi, sulle regioni e sui comuni nello scacchiere politico determinerà la responsabilità che loro si andranno a prendere. Il rapporto – bisogna riconoscerlo, è evidente – tra questa Camera e i vari livelli istituzionali, anche le vostre regioni, anche le regioni governate dal PD stesso, si è oramai rotto. I vostri stessi presidenti di partito...

  PRESIDENTE. Collega !

  GIUSEPPE D'AMBROSIO. Chiedo scusa, Presidente... vengono contro, tramite lei, Presidente, quelle che sono le volontà del partito che governa. Allora, io mi chiedo: se nemmeno i cittadini sono più al centro – non lo sono più di fatto – dell'agenda politica, in un caso come questo della riforma costituzionale, perché non porre al centro nemmeno gli enti locali, sui quali noi potremmo, una volta per tutte, andare a risolvere determinate problematiche, che ci hanno portato a questa situazione. Come diceva, ad esempio, la collega Nesci, da quando voi avete, di fatto, demandato la sanità, in maniera incontrollata, alle regioni, i vostri consigli regionali hanno, di fatto, distrutto la sanità delle nostre regioni. Voi dovreste assumervi la responsabilità di queste scelte sciagurate. Ancora una volta, voi nella legge di stabilità andrete a tagliare 4 miliardi di euro alla sanità – 4 miliardi di euro – e per fare cosa ? Per farvi la marchetta sulla tassa della prima casa.
  Allora io riporto qui la targhetta, Presidente, che i cittadini di Tamburi hanno dedicato a tutta la politica sul problema Ilva. I cittadini di Tamburi maledicono i politici per aver avuto la possibilità di risolvere il problema Ilva e non averlo risolto. Io penso a ogni cittadino malato, che si troverà di fronte a prestazioni sanitarie che non potrà più utilizzare, perché dovrà pagarle, perché voi state tagliando ogni servizio. Allora io, Presidente, porto la maledizione di quel cittadino in queste Aule, perché non è possibile, non è accettabile porre priorità su queste cose, rispetto a queste altre cose che stanno accadendo nel nostro Paese e che i cittadini pagheranno concretamente sulla loro pelle.
  Allora, nonostante il nostro giudizio negativo, Presidente, noi comunque continuiamo, Pag. 68perché magari qualcuno ci dice che noi siamo quelli del «no». Presidente, loro giocheranno, la maggioranza giocherà la propria campagna referendaria sullo slogan «C’è chi dice sì». Loro dicono «sì» ai tagli sulla sanità; loro dicono «sì» a portare indagati e condannati all'interno dei consigli regionali; loro dicono «sì» a fare le peggiori nefandezze nei confronti dei cittadini. Noi, invece, vorremmo dire «sì» al reddito di cittadinanza; noi vorremmo dire «sì» al taglio dello stipendio dei deputati e dei senatori; noi vogliamo dire «sì» al dimezzamento del numero dei deputati e dei senatori; noi vogliamo dire «sì» al taglio dei privilegi della politica; noi vorremmo dire «sì» al taglio definitivo del vitalizio, ad esempio, al quale noi già rinunciamo; noi vorremmo dire «sì», Presidente, a tante altre cose e non alle scemenze pronunciate da chi, magari, in campagna elettorale perenne, va postando tweet continui, va postando cose che sono veramente al limite dell'assurdità. Presidente, concludo dicendo che comunque continueremo ad essere propositivi.
  Abbiamo presentato 60 emendamenti in questa riforma, per cercare di migliorare, per quanto possibile, una cosa che definiamo, comunque, nefasta per i cittadini. Però, noi ci poniamo, comunque, come coloro che, alla fine, vogliono essere propositivi. Allora, ancora una volta, faccio un invito, che è stato fatto a noi, che il collega ricordava, e che, una volta tanto, invece, continuiamo a ribadire a voi su questi emendamenti: scongelatevi, scongelatevi, scongelatevi non nei confronti del MoVimento 5 Stelle, scongelatevi nei confronti dei cittadini.

  PRESIDENTE. Collega !

  GIUSEPPE D'AMBROSIO. Era un invito rivolto a tutti, Presidente, non solo alla maggioranza presente in quest'Aula. È un invito rivolto a coloro che, secondo me, adesso, per giustificare questa riforma, dovrebbero andare in una piazza, Presidente – e qui viene il mio invito finale – a giustificare questa riforma (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Io mi auguro che ogni deputato e senatore che approverà questa riforma, da noi simpaticamente definita «schiforma», vada nella sua piazza, nella propria città, liberamente nei confronti dei cittadini, a spiegare il perché era di estrema importanza fare questa riforma e ad accogliere con piacere e a rispondere alle domande dei cittadini. Infatti, io sarò il primo cittadino che si rivolgerà al primo parlamentare che va per strada e fa questa piazzata e gli farà, Presidente, questa domanda: perché non volete approvare il reddito di cittadinanza (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ?

  PRESIDENTE. Colgo l'occasione per salutare studenti e docenti dell'Istituto di istruzione superiore Einaudi di Porto Sant'Elpidio, Fermo, che seguono i nostri lavori (Applausi).
  Ha chiesto di parlare la collega Dadone. Ne ha facoltà.

  FABIANA DADONE. Grazie, Presidente. Rileggere gli atti dell'Assemblea costituente, in occasione di una discussione di un disegno di legge come quello attuale, può portare a compiere una serie di riflessioni che, in realtà, sono di una straordinaria attualità e che smentiscono quelli che sono i luoghi comuni in merito all'insufficienza o alla contraddittorietà dei motivi che avevano spinto i padri costituenti a scegliere quello che è un sistema parlamentare su modello bicamerale addirittura perfetto, che in questa sede è stato condannato in ogni maniera. La discussione, che ha avuto inizio dal 23 settembre del 1947, ha portato i partiti a maturare una serie di riflessioni su una forma di Governo parlamentare e inizialmente a non armonizzare quelli che erano i propri intenti, dati chiaramente da obiettivi diversi di partito, ma che hanno portato, invece, poi, nel periodo che era intercorso tra la chiusura della discussione delle tre sottocommissioni all'apertura del dibattito in Assemblea, ad un avvicinamento su quelli che erano i temi più rilevanti, ovvero sia sull'opportunità di adottare un sistema bicamerale fino alla Pag. 69necessità, per esempio, della differenziazione delle elezioni tra Camera e Senato, in base a leggi che erano ispirate a differenti principi, cosa che purtroppo, in occasione, invece, di questa sottospecie di fase costituente non è capitato.
  Andiamo – chiaramente nel poco tempo che ho – a ripercorrere quelle che sono le tappe dei lavori che sono stati svolti per quel che riguarda la Camera e il Senato. Per quel che riguarda la Camera, si è iniziata subito dopo la discussione dell'articolo 52 del progetto che conteneva, nel primo comma, la sintesi della scelta bicamerale. Il dibattito aveva affrontato il tema della rappresentanza politica in relazione a quella che era la dizione dell'articolo 5 del progetto, che prevedeva che la Camera fosse eletta a suffragio universale diretto. Come sapranno sicuramente tutti, all'epoca l'onorevole Giolitti del PCI propose un emendamento per aggiungere alla previsione del suffragio universale diretto la seguente frase: «e segreto secondo un sistema proporzionale». Giolitti stesso acconsentì, poi, a ritirare questo emendamento, dopo che venne gli ricordato dai suoi colleghi, in particolar modo da Ruini, che la seconda sottocommissione aveva già sottoposto all'Assemblea un emendamento che era volto nella stessa direzione del proprio, con la raccomandazione, però, di non inserire, per ragioni tecniche, una norma che privilegiasse un determinato sistema elettorale rispetto ad altri. La ragione tecnica qual era ? Era lo scontro che c'era tra i partiti delle grandi masse, a favore, chiaramente, di un sistema proporzionale di lista, e i partiti minori, che erano favorevoli all'uninominale maggioritario.
  Nonostante questo dibattito, si è poi arrivati a trovare quella che era una soluzione di mediazione: sarebbe stato tra gli elementi determinanti e fondamentali non solo il peso della Camera, ma anche il peso di quello che era il carattere politico del bicameralismo italiano. La legge elettorale che poi è stata approvata per la Camera dalla stessa Costituente avrebbe cercato, poi, di risolvere quello che è un problema di compromesso, non un compromesso al ribasso come siamo soliti dire qui, ma quello che era un compromesso frutto di una discussione avvenuta seriamente e non con i tempi contingentati, che avrebbe unito gli scrutini di lista nazionale al sistema delle preferenze, cosicché l'eletto avrebbe potuto, come rappresentante del partito, interpretare le istanze politiche generali del corpo elettorale e interpretare, come designato attraverso il sistema delle preferenze, le esigenze di quella parte dell'elettorato che egli doveva conoscere e con la quale egli doveva avere rapporti personali e diretti. Quindi, un affondo sulla linea di quella che è la rappresentanza; attraverso tale affondo sembra di rivedere, sostanzialmente, di rileggere quelle che sono le motivazioni in base alle quali la Consulta ha dichiarato, all'inizio dello scorso anno, con la sentenza n. 1 del 2014, l'illegittimità costituzionale della legge approvata da questa Camera, il cosiddetto Porcellum, per i motivi che abbiamo già ricordato più e più volte, ovverosia un premio di maggioranza distorsivo e liste bloccate che non permettono all'elettore di esprimere preferenze e, quindi, di avere una vera e propria rappresentatività.
  Per quel che, invece, concerne il Senato si era partiti dal testo dell'articolo 55 del progetto della Costituzione che prevedeva che la Camera dei senatori fosse eletta su base regionale e che a ciascuna regione, salvo che alla Valle d'Aosta, fossero attribuiti almeno cinque senatori, più un senatore ogni 200 mila abitanti, e che il sistema elettorale funzionasse così: un terzo dei membri doveva essere nominato dal consiglio regionale e due terzi a suffragio universale diretto da elettori che avessero compiuto il venticinquesimo anno di età. Il testo che aveva presentato la sottocommissione all'Assemblea rappresentava un tentativo di compromesso che era teso proprio a risolvere i contrasti e le diverse posizioni che i partiti avevano presentato all'interno della sottocommissione. È noto, infatti, che alla base delle profonde divisioni che si erano manifestate nella Commissione dei settantacinque a proposito del Senato stava una concezione Pag. 70profondamente diversa della stessa idea della rappresentanza che si sarebbe dovuta esprimere in questa seconda Camera. Camera che avrebbe dovuto esprimere una pluralità di interessi, da quelli delle diverse categorie professionali a quelli più specificamente territoriali, fino a quelli, anche, che richiedevano, per esempio, il concorso di specifiche competenze per l'attività legislativa. Questa concezione di Camera, questa visione di seconda Camera era particolarmente importante per la DC, che la presentò tramite un ordine del giorno a firma dei deputati Piccioni e Moro che sottolineava proprio l'esigenza di procedere nella discussione riguardante il Senato solo dopo aver accettato il principio che la seconda Camera avrebbe risposto alla necessità di integrare la rappresentanza politica in modo che essa rispecchiasse la realtà sociale nelle sue varie articolazioni e in tutti gli interessi politicamente rilevanti, chiamando a partecipare alla seconda Camera i gruppi nei quali spontaneamente si ordinano le realtà sociali, secondo un criterio di ripartizione a base territoriale regionale, mediante un'elezione a doppio grado, criterio proporzionale con entità numerica delle varie categorie. Questo ordine del giorno sostanzialmente proponeva quella che era una visione radicalmente alternativa al progetto dell'articolo 55, proposto dalla sottocommissione direttamente all'Assemblea. Infatti, fu sottolineato, per esempio dagli onorevoli del PCI, che con l'approvazione di questo ordine del giorno si sarebbe andati in direzione completamente diversa da quella che era già la parte di Costituzione che avevano approvato e delineato nei capi precedenti. Fu, nonostante tutto, non ritirato, sottoposto al vaglio e alla votazione dell'Assemblea e fu respinto. Spettò poi, a questo punto, all'onorevole Nitti, che è uno dei più grandi illustri della tradizione liberale, aprire la discussione sul futuro del Senato, attraverso, anche lì, la presentazione di un emendamento che prevedeva l'elezione del Senato, prevedeva che il Senato dovesse essere eletto sulla base di un senatore ogni 200 mila abitanti.
  Fu il gruppo comunista a raccogliere e a rilanciare, al centro di quello che era il dibattito, l'emendamento presentato dall'onorevole Nitti e, in particolare, presentò un emendamento all'articolo 55, prevedendo che le Camere fossero elette a suffragio universale e diretto. Ma non è tanto quello che era previsto nell'emendamento ad essere importante, quanto, invece, furono importanti le motivazioni a sostegno della votazione di questo emendamento, perché le motivazioni fecero intuire quello che era un radicale cambiamento di opinione sul ruolo del Senato che si era verificato all'interno di quello che era il gruppo comunista. Il gruppo comunista si era convinto dell'utilità dell'istituzione del Senato per rispondenza alle esigenze che la legge trovasse, attraverso il vaglio della seconda Camera, una maggiore elaborazione e un maggior perfezionamento. Quindi, avevano capito quella che sarebbe dovuta essere la funzione più adeguata di questa seconda Camera, all'interno di quello che era tutto l'impianto che avevano disegnato e approvato.
  Il Partito Comunista riteneva, inoltre, che anche questa Camera dovesse, come la prima, rappresentare la nazione in modo unitario, in considerazione del fatto che la sovranità appartiene al popolo tutto, nella forma più indiscriminata e questo principio era stato stabilito, era già stato votato, in quello che è l'articolo 1 della Carta costituzionale. Fu sulla base, quindi, di questa argomentazione che il gruppo comunista dichiarò di aderire al contenuto dell'emendamento di Nitti che riguardava l'elezione dei senatori e, quindi, con la sconfitta dell'ordine del giorno a firma Piccioni e Moro e la scelta del gruppo comunista di respingere quello che era un sistema di elezione misto dei senatori che era contenuto nel progetto che era giunto dalla sottocommissione dei 75 – che, quindi, già aveva avuto un dibattito ampio e serio, non come quello affrontato da noi in Commissione, mentre si fischietta e si guarda l'orologio – si è spostata la discussione del Senato su un'ottica completamente diversa da quella che era l'ottica Pag. 71originaria e, quindi, il collegamento tra il Senato e le regioni ha assunto un significato differente da quello che avevano inteso portare gli stessi padri costituenti in Aula. Furono presentati altri emendamenti per giungere all'elezione sulla base del suffragio universale; in particolare, giova ricordare l'ordine del giorno di Perassi che fu respinto. Perché, che cosa proponeva questo ordine del giorno ? Semplicemente di riportare la formulazione a quella che era la proposta di articolo 55 avanzata dalla sottocommissione dei 75. Tale proposta fu, pensi Presidente, respinta in Aula e questo fu il simbolo di quanto, in effetti, il dibattito avesse funzionato, perché il testo così raggiunto si è modificato e, nonostante ci si ostinasse a riproporre quella che era stata la valutazione precedente, i partiti che prima avevano votato questa valutazione, si erano così convinti dell'esigenza di ridisegnare il Senato in quest'altra maniera che respinsero quello che era il disegno originario, arrivando a definire quello che è il Senato come fino ad oggi, quanto meno, l'abbiamo conosciuto.
  Altri problemi ovviamente ci furono per quello che riguardava la presentazione di emendamenti che andavano in contrasto e che furono risolti tranquillamente entro il 7 ottobre, ma il punto era che l'approvazione da parte dell'Assemblea costituente portò ad affermare che il Senato sarebbe stato eletto a suffragio universale diretto con collegio uninominale. Una votazione che è memorabile, perché dimostra come il fulcro di quello che è stato un appassionato dibattito all'interno dell'Assemblea costituente, fu tale e tanto, al punto da mettere in discussione quello che era il patto costituente stesso, quindi, quello che era il testo che era stato fornito sul problema dell'elezione del Senato che è quello che oggi viene rimesso in discussione dal Governo Renzi. La consapevolezza però dell'importanza di quella discussione emerge anche dalla piena coscienza dei costituenti che avevano optato per l'elezione diretta e a suffragio universale dei senatori, con un testo che, lo ricordiamo, era differente rispetto a quello che è arrivato, cosa che, in effetti, anzi, che, invece – altro che in effetti – oggi non è capitato assolutamente. Anzi, che tipo di parallelismo si può dedurre tra i lavori dell'Assemblea costituente e quelli che sono stati messi in atto, oggi ? Che l'elettività del Senato e la sua costituzionale presenza come organo di garanzia contro le prevaricazioni della maggioranza e dei possibili attentati di questa ai diritti politici e alle libertà garantiti dalla Costituzione sembrano essere delle caratteristiche essenziali per quella seconda Camera.
  Principi che, però, non possono essere modificati attraverso un procedimento di revisione costituzionale, che è esattamente quello che si sta tentando di fare oggi. Anziché aprire una fase costituente, che sarebbe la sede più opportuna per discutere una riforma di tale portata, si è invece deciso di utilizzare il procedimento dell'articolo 138, quindi quello che riguarda delle leggere revisioni, per stravolgere tutta la seconda parte e ridisegnare un Senato che era stato costruito – l'abbiamo ricordato bene prima – sulla base di un dibattito serio, approfondito e non scaglionato da contingentamento dei tempi, emendamenti limitati e sedute fiume. Niente di questo genere. L'impossibilità di abolire il Senato, d'altronde, e di cancellare quelle che sono le funzioni di garanzia che gli sono state attribuite dai costituenti risulta anche dal fatto che la Costituzione ha voluto attribuire al Senato una piena e paritaria partecipazione alla nomina degli organi costituzionali (Presidente della Repubblica, giudici della Corte costituzionale, membri del CSM) che appartengono al sistema di garanzie costituzionali e che assicurano l'equilibrio tra il principio di maggioranza e quello di rigidità e di prevalenza effettiva della Costituzione. Scelta radicalmente diversa, invece, da quella contenuta nel disegno di legge presentato da questo Governo, che inizialmente ha sottratto al corpo elettorale la possibilità di scegliere i senatori sostenendo che sarebbero dovuti essere nominati dai consigli regionali; poi ha cambiato formulazione con quella specie di accordo al ribasso, ma con la designazione Pag. 72secondo l'attuale formulazione dell'articolo 2 sostanzialmente non è cambiato nulla, anche perché sfido qualcuno, leggendo questo articolo, a comprendere di che cosa si parli. Si parla della scelta degli eletti in conformità alle scelte espresse dagli elettori per i candidati consiglieri regionali in occasione del rinnovo degli organi medesimi. «In conformità» che vuol dire ? Che è un doppione ? Lo dicevo stamattina durante l'illustrazione della questione pregiudiziale: in che senso la si intende ? «In conformità» nel senso che l'elettore si esprimerà nella stessa maniera per il consiglio regionale ? Allora, a questo punto, sarà un doppione; oppure significa che, se ci si discosterà, si violerà quello che è il principio di sovranità popolare e allora sarà stato anche inutile andare a chiedere loro che cosa ne pensano, se questo consigliere dovrebbe diventare senatore o meno ? Per non parlare poi dei sindaci, che invece proprio non vengono nominati.
  C’è poi la durata del mandato, perché in questo disegno di legge si prevede che i senatori consiglieri regionali durino per la durata del proprio mandato nei propri consigli regionali e poi ci sono i cinque nominati dal Presidente della Repubblica, che invece hanno un mandato che dura esattamente quanto quello della Presidenza della Repubblica, quindi è una specie di mini partito del Presidente della Repubblica.
  Non occorre ripetere – l'abbiamo già detto – che i dibattiti e i voti dell'Assemblea costituente hanno sollevato un livello di discussione che è completamente diverso rispetto a quello che c’è stato durante le proposte avanzate dal Presidente del Consiglio Renzi e dal Ministro Boschi, che vanno in tutt'altra direzione rispetto a quella che era una riforma che invece era stata molto ben ponderata e molto ben discussa; anche perché si arrivava da un periodo che era completamente differente da quello attuale e sicuramente i padri costituenti dell'epoca avevano una legittimazione che queste Camere se la sognano anche di notte.
  Che dire, Presidente, in merito ancora al sistema di elezione ? I criteri sono irrazionali e sostanzialmente incomprensibili; la modifica non ha apportato alcun tipo di miglioria, a nostro parere, e per quello che riguarda un'altra parte importante a sostegno di questa riforma, la governabilità, non si può dire che sottraendo il rapporto fiduciario che intercorre tra Governo e Senato si possa stabilire una sorta di governabilità chiaramente appoggiata sulla legge elettorale nuova, anche perché il bicameralismo, così come previsto, dubito che abbia di per sé aggravato quella che è la stabilità dei Governi e che abbia leso l'esperienza della Prima o anche della Seconda Repubblica, perché la formazione delle maggioranze non corrispondenti alla volontà dell'elettorato hanno riguardato in pari misura sia la Camera che il Senato; quindi pare anche difficilmente sostenibile che il rendiconto politico costituzionale del Senato sia inferiore rispetto a quello della Camera.
  Quindi, questa sembra semplicemente una motivazione addotta per giustificare quella che è una riforma che non ha senso. Possiamo dircelo tranquillamente: non ha senso alcuno (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Perché ho voluto ripercorrere e tediare così tanto tutta quest'Aula su quelli che erano i passi che hanno portato l'Assemblea costituente ad approvare il Senato e la Camera così come li conosciamo oggi ? Per sottolineare la differenza – non tanto per voi, perché, ovviamente, dubito che ve ne freghi qualcosa, ma, magari, per chi segue da fuori e che ha veramente interesse a capire che cosa dovrebbe poi votare, quando ci sarà il tanto proclamato e sbandierato referendum – e per far capire che il metodo era completamente differente; è per quello che siamo così tanto inalberati su questa riforma.
  È un disegno di legge che arriva dal Governo, quando i banchi del Governo non dovrebbero vedere presente nemmeno una persona. A parte che non la vedono comunque più di una persona, neanche durante la discussione di questa riforma, Pag. 73ma i banchi dovrebbero essere proprio vuoti, nel senso che sono le Camere che dovrebbero avanzare delle proposte di modifica della Carta costituzionale e votarla con quello che è il procedimento di modifica previsto dall'articolo 138, quindi aggravato con la doppia lettura e con tre mesi di distanza tra una lettura rispetto ai passaggi nelle due Camere. Non dovrebbe essere il Governo a proporla.
  Tra l'altro, questo è un Parlamento che manca della legittimazione politica, giuridica, chiamatela come volete; manca l'opportunità. Vedete voi come giustificarla rispetto alle vostre coscienze, sicuramente un Parlamento che è stato eletto con una legge elettorale incostituzionale manco dovrebbe sognarselo di toccare questa Carta. Invece se l’è sognato e come: ha fatto partire la proposta di modifica dal Governo ed è lo stesso Governo che ha proposto anche la legge elettorale. Queste due riforme così importanti meriterebbero un periodo di riflessione veramente importante, invece che cosa si è fatto ? Si è fatto partire da una Camera l'esame della legge elettorale e, in contemporanea, dall'altra, la riforma costituzionale, poi le si è intrecciate e si è andati a discutere su quelle che potevano essere le migliorie, non tanto di quella che è una riforma che, si sa, non aspira ad essere la migliore riforma di tutti i secoli ma semplicemente quella che accontenta di più la maggioranza del partito con magari anche gli ex alleati della coalizione di maggioranza e, perché no, anche una stampella finta opposizione. Il metodo è totalmente sballato: ci sono stati dei tempi contingentati. Ma voi ve li immaginate in Assemblea costituente i tempi contingentati ? Avete 60 minuti per discutere 4 mila emendamenti: Presidente, le pare un metodo sensato di andare a riformare quella che è la Carta più importante dello Stato italiano ? Io la trovo follia allo stato puro, come la proposta del Partito Democratico, nella precedente lettura, di proporre la seduta fiume per portare a conclusione l'esame degli emendamenti.
  La seduta fiume è una seduta – lo spiego sempre a chi ci segue, perché ovviamente voi lo sapete – alla quale si ricorre nel momento in cui ci sono dei decreti che vanno in scadenza e quindi bisogna approvare tutti gli emendamenti per lottare contro il brutto e cattivo ostruzionismo delle opposizioni. Si dice che si va avanti notte e giorno, all'infinito, finché non si finisce l'esame di tutti gli emendamenti e si vota immediatamente la conclusione del provvedimento, perché altrimenti andrebbe in scadenza. Peccato che qui è stata richiesta per delle riforme costituzionali; abbiamo votato per una settimana, notte e giorno, gli emendamenti – tra l'altro con delle sospensioni che non ci dovrebbero essere in una seduta fiume – e si è poi arrivati al voto finale un mese e mezzo dopo.
  Allora, il senso della seduta fiume, a livello proprio di logica parlamentare, di Regolamento parlamentare, proprio non avrebbe dovuto neanche essere concesso, ma la Presidenza di questa Camera, anziché assumersi la responsabilità di dire che non era possibile, ha messo in votazione il provvedimento, ed essendo questo – lo sanno anche i sassi, ormai – un Parlamento con un premio di maggioranza abnorme, si è potuto autoapprovare la proposta avanzata da se stesso di deliberare la seduta fiume e ha potuto chiudere l'esame di tutti gli emendamenti. Arrivati al Senato si è posta la «ghigliottina» sugli emendamenti: non ne potete presentare troppi perché altrimenti si intasa la discussione. Peccato che, se una discussione vera ci fosse stata, con ogni probabilità tutti avrebbero collaborato seriamente a fare una discussione che fosse anche costruttiva, probabilmente magari non depositando neanche 80 milioni di emendamenti, come qualcuno ha fatto. Ma la discussione viene già posta con un contingentamento dei tempi e con un contingentamento degli emendamenti, e si è deciso di saltare il passaggio in Commissione. Come si fa a saltare il passaggio in Commissione ? Le Commissioni affari costituzionali di Camera e Senato sono le sedi naturali in cui non solo si dovrebbe fare la discussione, ma dovrebbe proprio Pag. 74partire da lì sicuramente, e non dal Governo, che in questo momento giustamente sbaglia.
  Vi è poi l'interpretazione della doppia conforme: non si può procedere con l'emendabilità di quelli che sono articoli già approvati sia dalla Camera che dal Senato. Se questa interpretazione è sicuramente valida per quello che riguarda le leggi ordinarie, come si fa, però, a dire che sia valida per le riforme costituzionali ? Ma, allora, che diamine di senso avrebbe il procedimento aggravato ex articolo 138 ? Se tanto vale questo bel precedente, tutto quello che è un procedimento aggravato non è assolutamente aggravato, perché si supera con la prassi.
  Peraltro, l'applicazione di quest'interpretazione va completamente contro quello che è il precedente della Giunta per il Regolamento della Camera del 5 maggio 1993, nel quale si sosteneva proprio che, nel procedimento di revisione costituzionale, possono essere introdotti emendamenti anche soppressivi, pur quando sul testo sia stata formulata la doppia conforme. Sussiste poi l'argomento, che è decisamente insuperabile e assorbente, secondo il quale, fino a quando non sia stata definitivamente approvata o promulgata, una modifica non può prevalere sulla Costituzione vigente e sostituirsi alla stessa. Quindi significa che il procedimento ex articolo 138 rimane lì dov’è: non è che si può aggirare dicendo che c’è la doppia conforme oppure si possono solo modificare quei due articoli che sono stati toccati dalla Camera precedente. Infatti, altrimenti, non avrebbe avuto senso che i Padri costituenti prevedessero una procedura di questo genere.
  Abbiamo parlato prima di revisione. Revisione significa piccola modifica. Qua si toccano quaranta articoli: bisognava bloccare i lavori parlamentari. Se questo fosse stato un Parlamento eletto con una legge elettorale degna di questo nome, si sarebbero dovuti bloccare i lavori e aprire una fase costituente. Occorreva sederci tutti a un tavolo e nelle Commissioni affari costituzionali e dire: bisogna discutere e fare delle sottocommissioni, come fu fatto all'epoca. Si doveva discutere di quelle che erano le esigenze di modifica. Si poteva fare ? Assolutamente sì. Ma perché utilizzare un procedimento di revisione con questi éscamotage della doppia conforme, per arrivare poi a correre, fare alleanze che poi si sono scisse – lo hanno ricordato benissimo i miei colleghi in precedenza – e che si sono sciolte nel frattempo ? Infatti prima Forza Italia era concorde con questa riforma, poi si è staccata ed è diventata opposizione, a questo punto è venuta meno la maggioranza che occorre dei due terzi e, allora, si è lanciata l'ideona: «chiederemo un referendum». Grazie, lo chiederete sicuramente perché è previsto dalla Carta costituzionale. Referendum che, però, sempre per previsione dei padri costituenti, che erano molto, molto più saggi e molto più lungimiranti di ognuno di noi, si prevedeva come uno strumento a tutela delle opposizioni. Quindi, nel momento in cui non si fosse riusciti a raggiungere quella maggioranza così ampia, si sarebbe potuto chiedere ai cittadini: ma, a voi, questo tipo di revisione, questo tipo di piccola modifica, va bene o meno ? Siete concordi o meno ?
  Quello che invece si intende fare quest'oggi, o meglio quello che si farà e che voi intendete fare, è mettere i cittadini nella condizione di decidere con un aut aut: o ti prendi il pacchetto completo delle riforme o non ti prendi assolutamente nulla. Quindi, o tutti «sì» o tutti «no». Così si trasforma quello che è uno strumento di garanzia delle opposizioni in uno strumento puramente plebiscitario, ovvero si chiede: ti piace tutto questo plico di riforme ? Guarda se hai tempo di leggertelo, sennò te lo spiego in quattro minuti: si dimezzano i senatori, non li si paga più e il procedimento legislativo sarà più snello. Sì o no ? Ma questo non è un vero modo per affrontare una riforma costituzionale.
  Peraltro, di fronte a una serie di emendamenti proposti da noi, è stato detto dal Governo e dalla maggioranza che la previsione era troppo dettagliata e troppo farraginosa per essere inserita all'interno della Carta costituzionale, che per sua Pag. 75natura detta dei principi e, quindi, deve essere semplice, chiara, immediata e deve fare capire in maniera semplice i principi generali e poi tutto il resto si svilupperà con leggi successive. Questo è all'articolo 72. Più che una norma di principio, quello che prevede il percorso di formazione di una legge, sembra un trattato, perché è lungo all'incirca tre spanne. Se questo è un articolo semplice, comprensibile e immediato, allora, o voi siete tutti brillantissimi oppure nessuno ha idea di come si scrivano le Costituzioni e sicuramente non ne avevano idea alcuna i padri costituenti.
  Tralascio tutta la discussione in merito all'inutilità totale del Senato, così come è previsto, soprattutto alla luce delle modifiche fatte al Senato, che hanno semplicemente introdotto dei «valuta» o «concorre a valutare», «valuta» o «esercita in raccordo con», che sono modifiche che sono semplicemente servite a far decadere tutti quelli che erano gli emendamenti presentati e non sono certo modifiche sostanziali.
  Per quel che riguarda poi il fatto della scelta in conformità alle scelte espresse dagli elettori, non si è capito e dubito che riusciremo a capirlo. Infatti bisognerebbe entrare nella testa di quello che è il «brillantone» che ha proposto questa formulazione, per capire anche quale sarà la legge elettorale che si intenderà attuare in merito. Come si intenderà farlo ? Cosa succederà se i consigli regionali si distaccheranno dalla scelta espressa dagli elettori ? Boh, non lo sapremo.
  Sull'elezione dei giudici e su tutto quello che sono le altre norme, si sono ampiamente espressi i miei colleghi negli interventi precedenti. Io voglio soltanto concludere, portando a riflettere tutta l'Aula – che so essere molto stanca a fronte di questi lunghissimi interventi sul complesso degli emendamenti – che il motivo per cui anche oggi abbiamo fatto questa serie di interventi molto lunghi e molto tediosi – alcuni molto tecnici, altri decisamente meno – è perché ci ritroviamo di fronte al fatto di aver fatto in Commissione un lavoro che si è concluso con una manciata di emendamenti trattati in un'ora all'incirca, ci si è ritrovati ad arrivare in Aula con una calendarizzazione fatta per poi permettere la prossima settimana di affrontare con tempi contingentati – quindi con tempi ridotti – gli emendamenti e a non avere un dibattito vero nemmeno qui. Ma, allora, noi che cosa ci stiamo a fare ? Che cosa ci sta a fare il Parlamento ? Io mi chiedo perché queste Camere abbiano ceduto quello che è il loro potere massimo, oltre alla legislazione ordinaria, che è già completamente data nelle mani del Governo, che di fatto decreta anche senza che ci siano i presupposti previsti dalla Carta costituzionale, quindi necessità e urgenza. Gli si è messa in mano addirittura la facoltà di modificare completamente la seconda parte della Carta costituzionale, senza nemmeno un dibattito. Ma io dubito che tutti, qui dentro, abbiano contezza di che cosa prevedano tutti questi quaranta articoli e di quanto si cambi veramente l'impianto di quello che è il nostro Stato e di quello che diventerà con l'approvazione di questa riforma.
  Spero, non so, che avere fatto un raffronto con quello che era un dibattito avvenuto seriamente possa portare i deputati che siedono all'interno di questa sala a capire quanto invece sia stato vuoto, inutile, svilito e insensato il, chiamiamolo dibattito, ma dibattito non è, piuttosto il monologo, che abbiamo fatto su questa riforma (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il collega Bonafede. Ne ha facoltà.

  ALFONSO BONAFEDE. Grazie Presidente. Non so, Presidente, se mi basterà il tempo – sebbene sia tanto – che mi viene concesso per quest'intervento. Ho sempre pensato che ci vorrebbero ore, forse giorni e forse mesi, per raccontare la bellezza della nostra Costituzione, il suo significato, la sua storia. Mi basta leggere tre articoli della Costituzione per dare soltanto un esempio.
  Anticipo fin d'ora che ritengo che questa riforma costituzionale, questa pseudo-Pag. 76riforma costituzionale, stravolgendo la seconda parte della Costituzione, stravolge ogni articolo della Costituzione, anche quelli della prima parte.
  Il primo. «L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione». Chi può davvero, tra i presenti, dire che questa riforma lascia integro l'articolo 1 della Costituzione ? La sovranità, dopo questa riforma, apparterrà ancora al popolo italiano o apparterrà ad un solo uomo che avrà manipolato la Costituzione e tutte le norme della Costituzione, soltanto per poter arrivare al potere e tenere tra le sue mani quel potere alla faccia del popolo italiano ? Altro che esercizio della sovranità !
  «La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale».
  L'articolo 3: «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali». Il secondo comma specifica: «è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica economica e sociale del Paese».
  Sentite come le norme erano differenti, avevano un significato differente, avevano una portata giuridica e sociale differente nel riconoscere che tutti i cittadini devono essere considerati uguali, ma laddove tale uguaglianza non esiste nei fatti la Repubblica interviene per garantire che quella uguaglianza non sia soltanto un principio sancito dalla Carta Costituzionale, ma per far sì che la Costituzione viva nei rapporti umani, che la Costituzione garantisca che tutti i cittadini siano realmente uguali davanti alla legge, cosa che non accade con una riforma costituzionale che ha permesso ad una minoranza del Paese di andare al potere all'interno di questo Parlamento e di approfittare di quel potere per stravolgere la Costituzione, violando i diritti alla democrazia e tutti i diritti di ciascun cittadino che discendono da una democrazia che dovrebbe esistere veramente.
  Presidente, ci vorrebbero giorni, forse mesi, per raccontare la bellezza della nostra Costituzione, ebbene forse ce ne vorrebbero ancora di più di giorni o di mesi per raccontare l'orrore giuridico di questa riforma costituzionale, un orrore che vive attraverso dinamiche inimmaginabili al di fuori di questo Parlamento, perché se noi andiamo a spiegare ad un cittadino cosa sta succedendo, se noi lo distogliamo per un attimo dalle incredibili problematiche e dagli incredibili drammi economici in cui i partiti, nel corso di questi anni, hanno fatto scivolare la condizione dei nostri cittadini, di tutti noi cittadini, se noi riusciamo a distoglierlo per un attimo dalla sua difficile situazione economica e gli spieghiamo cosa sta facendo la maggioranza in questo momento – una parte tra l'altro della maggioranza – un cittadino non lo comprenderebbe. Ebbene, la forza del diritto sta nella sua capacità di essere percepito dai cittadini come giustizia, e questa riforma è ingiusta proprio nella misura in cui un cittadino normale e di buonsenso non potrebbe in alcun modo comprenderne né la portata né le motivazioni che hanno portato i partiti ad individuare una serie di norme assurde ed allucinanti al solo fine di ritagliarsi una fetta di potere che già avevano conquistato con la forza, ma che adesso cercano di conquistare con la violenza – perché guardate che la forza o la violenza non si esplicano e non si articolano soltanto attraverso la fisicità –, è violento quello che il Partito Democratico e questo Governo stanno facendo in questo Parlamento, è certamente violento !
  Presidente, mi sono interrogato sul perché la nostra Costituzione sia così bella. Perché i nostri Padri della Costituzione sono riusciti in un'impresa in cui questa Pag. 77maggioranza non riuscirebbe neanche se campasse all'interno di questo Parlamento per 300 anni (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ?
  Perché loro ci sono riusciti ? Per un semplice fatto, che erano passati attraverso la guerra, che avevano vissuto sulla loro pelle gli orrori della guerra e prima ancora gli orrori della dittatura.
  Loro avevano capito, avevano visto, cosa può accadere nel momento in cui un uomo si mette in testa di essere migliore degli altri, nel momento in cui un uomo circondato da burattini decide di imporre quel teatrino a tutto il Paese, al solo fine di ritagliarsi la propria fetta di potere.
  Infatti la nostra Costituzione vive proprio di quei pesi e contrappesi che possono blindarla. Ecco, quello che hanno fatto i Padri della nostra Costituzione non è stato mettersi intorno a un tavolo e dire:«Vediamo che norme possiamo delineare per l'assetto democratico dell'Italia». Si sono seduti attorno ad un tavolo per mettere nero su bianco un progetto che doveva rimanere blindato di fronte a qualsiasi attacco alla democrazia, un progetto che doveva resistere di fronte a qualsiasi nuova dittatura. E guardate che, per vedere una dittatura, per fare rivivere una dittatura, non è necessario vedere qualcuno che marcia su Roma, non è necessario vedere un intervento militare a tutti i costi. Una dittatura vive di soprusi che sono innanzitutto nelle norme, che passano attraverso innanzitutto lo stravolgimento di ogni garanzia a favore delle opposizioni (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle), che passano innanzitutto attraverso una serie di parlamentari che non devono dire grazie a nessun cittadino, perché non sono stati eletti da quei cittadini, ma a un solo capo e che sono disposti a vendere l'anima al diavolo per mantenere quel posto. Perché qui dentro ce lo dobbiamo ricordare tutti che la maggior parte dei parlamentari del PD è di nomina bersaniana e che questo rende ancora più debole il PD di fronte all'avvento del Presidente del Consiglio Renzi; perché tutti coloro che sono entrati qui dentro, dovendo dire grazie a Pier Luigi Bersani, ora temono di contraddire il capo, perché sanno che una volta usciti non rientrerebbero mai più qui dentro con il nuovo capo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Questo è ciò che accade, un teatrino, una farsa che riduce il Parlamento italiano allo zerbino di un uomo che si è ritrovato improvvisamente, grazie alla benedizione dell'allora Presidente della Repubblica, all'interno di un Governo e addirittura a presiedere un Governo.
  Raccontiamola la storia che ci porta a queste riforme, perché, vedete, l'articolo 138 non era stato scritto perché a un certo punto i Padri della Costituzione hanno pensato: «Facciamo perdere un po'di tempo alle Camere, facciamoli votare quattro volte, insomma perché soltanto due volte, è la Costituzione». No, perché avevano capito l'importanza di individuare un procedimento ed una maggioranza che dovevano resistere al dibattito parlamentare, nel senso che quel dibattito parlamentare doveva servire per perfezionare l'esito finale. Invece così non è stato, perché la verità è che i Padri della Costituzione non avrebbero mai immaginato quello che è accaduto in Italia negli ultimi tre anni. Avevano pensato a un ritorno del fascismo, al ritorno della dittatura, ma mai avrebbero immaginato quello che è accaduto realmente. Io, Presidente, mi ricordo, mi sono ricordato, sono andato a cercare una citazione di Calamandrei.
  Calamandrei diceva: se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati; dovunque è morto un italiano, per riscattare la libertà e la dignità, andate lì, o giovani, col pensiero, perché lì è nata la nostra Costituzione (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Ed è proprio quello che sto cercando di spiegare, cioè che la Costituzione non è stata scritta dall'inchiostro di una penna, ma dal sangue di tanti cittadini che sono morti per la libertà e per la democrazia.Pag. 78
  E allora quello che era accaduto non doveva più accadere, ma non soltanto il fascismo come situazione politica e storica di quel momento. Non doveva più avvenire nessun sopruso della democrazia.
  E allora che cosa è successo invece in questi tre anni ? Noi abbiamo avuto delle elezioni che sono state totalmente cestinate da chi governa ! Il voto di ogni cittadino italiano, anche quello a favore del Partito Democratico, ogni voto è stato cestinato, perché nessuno degli elettori avrebbe mai immaginato gli sviluppi, nessuno degli elettori avrebbe mai votato, ha mai votato Matteo Renzi ! A nessuno degli elettori è stato spiegato che il Partito Democratico avrebbe stravolto la Costituzione italiana insieme a Denis Verdini (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) !
  Dopo quelle elezioni, a un certo punto, qualcuno ha deciso di convincere tutti che la soluzione migliore era garantire un Governo a tutti i costi al Paese e in particolare che Partito Democratico, Scelta Civica, Forza Italia, questo grande calderone di gente eletta per motivi totalmente differenti da quello che poi sono venuti a fare qui, all'interno del Parlamento (tra virgolette eletta, perché nessun cittadino ha potuto votare un parlamentare grazie al Porcellum)... cosa è successo ? Si è creato un Governo, un Governo trasversale, un Governo che era il Governo di Letta. Poi dopo un anno improvvisamente senza che nessuno si alzasse dal Parlamento per dire che mancava la fiducia al Governo Letta, improvvisamente, in una cena, l'allora Presidente della Repubblica e il Presidente del Consiglio attuale decidono che andava cambiato il Governo.
  E così abbiamo, dall'oggi al domani, un Presidente del Consiglio nuovo con un Governo nominato dallo stesso Presidente del Consiglio; incredibile ! Ma nel frattempo, quello che accade è che la Corte Costituzionale interviene, perché tutti i partiti erano lì concentrati nello spiegare ai cittadini che il Porcellum era proprio una porcata, andava cambiata, ma nessuno lo cambiava mai. È stato necessario l'intervento della Corte costituzionale che ha stabilito che il Porcellum era incostituzionale. Ovviamente la Corte costituzionale dice: questo Parlamento continuerà ad operare. Ma era evidentemente un regime di prorogatio. Nessuno doveva nemmeno immaginare di poter cambiare la Costituzione con una maggioranza risicata che praticamente non c'era più e che aveva bisogno dei voti di Denis Verdini.
  Su questo voglio dire una cosa che è importante perché c’è l'equivoco, che state facendo strisciare tra i cittadini, per cui la Costituzione si cambia con tutti. L'equivoco non è questo, il dialogo con le altre forze politiche va cercato. Però, con questo presupposto, in astratto giusto, il Partito Democratico, fa in modo di giustificare che la Costituzione la sta cambiando con Denis Verdini. Ma non è non è possibile fare un ragionamento del genere, questo non è un sillogismo, perché io il dibattito politico lo devo cercare con tutte le altre forze politiche, ma non necessariamente con tutti. Devo cercare di creare un filtro, se ci sono uno, due, e più rinvii a giudizio di una persona, un attimino mi chiedo se è il caso di cambiare la Costituzione italiana insieme a quella persona. Tra l'altro, i Ministri del Governo continuano a dire che Forza Italia è stata contraddittoria. Io mi chiedo: sicuramente c’è stato il patto del Nazareno e sicuramente c’è stato a tavolino un accordo che non possiamo dire da chi è stato tradito, perché in una partita a poker tra due bari è difficile capire chi vince e chi perde, si può semmai cercare di capire chi ha barato di più. Ebbene da quel tavolo, da quel patto del Nazareno, nasce quello di cui andiamo a discutere oggi. Tuttavia, a un certo punto, viene a mancare un partito e ne rimane qualcuno che si distacca appunto nella componente Denis Verdini. Ora io voglio chiedere, siccome assisteremo al solito gioco del silenzio del Partito Democratico e del Governo che stanno lì (io ribadisco: ogni tanto mandate le gigantografie che tanto non se ne accorge nessuno), ma secondo voi, che percentuale di cittadini italiani rappresenta Pag. 79oggi Denis Verdini e che percentuale rappresenta il Ministro Alfano ? C’è un po'da farsi questa domanda se davvero state cambiando la Costituzione in quattro gatti o se invece state cercando di tirare nel carro, nel calderone dei burattini, persone che non rappresentano più nessuno, perché è evidente a tutti che non rappresentano più nessuno. Era questa la rottamazione ? Presidente, sento parlare (anch'io oggi ne ho parlato per far capire di cosa stiamo discutendo) di riforma. Allora uno si chiede: ma siamo sicuri che stiamo parlando di una riforma ? Dal sito della Treccani emerge che la riforma è una modifica sostanziale, ma attuata con metodo non violento. Quindi, già non ci rientra più questa riforma, perché ribadisco che qui è stata fatta una violenza istituzionale. Voglio ricordare che nella precedente lettura siamo stati costretti a discutere della modifica della Costituzione di notte come i ladri, perché ladri di democrazia siete.

  PRESIDENTE. Si rivolga alla Presidenza, per favore !

  ALFONSO BONAFEDE. Sì, Presidente, perché ladri di democrazia sono tutti coloro che stanno votando favorevolmente questa pseudo riforma. Presidente, in occasione della precedente lettura, io sono stato buttato fuori da quest'Aula perché ripetevo ad alta voce la parola «onestà»(Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) per difendere la Costituzione, perché c’è disonestà in chi sta cercando di massacrarla e rivendico il mio diritto di dirlo e di ripetere più volte la parola «onestà» !
  Dicevo: una modificazione sostanziale, ma attuata in metodo non violento di uno stato di cose, di un'istituzione, di un ordinamento, e così via, rispondente a varie necessità, ma soprattutto a esigenze di rinnovamento e di adeguamento ai tempi.
  Questa è la barzelletta che raccontate: «ne avevamo tutti bisogno della modifica della Costituzione».

PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE MARINA SERENI (ore 18,25)

  ALFONSO BONAFEDE. Ora, ho sentito molto spesso obiettare, di fronte alle obiezioni che vengono fatte a questa pseudo riforma, «se ne è parlato per tanti anni, noi siamo riusciti a fare quello che non era riuscito a fare nessuno». Sicuramente quello che non era riuscito a fare Berlusconi, il Partito Democratico ci sta riuscendo. Addirittura, ogni tanto, secondo me, Berlusconi si stupisce perché nemmeno lui era arrivato a immaginare tanta audacia e temerarietà (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Ma dicevo che qualcuno continua ad affermare l'importanza di aver fatto qualcosa che altri non avevano fatto. Infatti, è semplice da individuare il bluff, perché non arriva mai una risposta nel merito. Se uno dice ma questa riforma del Senato non ha senso, la risposta è: «però e ci hanno provato per tanti anni ora ci stiamo riuscendo noi». Se uno spiega che stiamo mandando la peggiore classe politica di questo Paese, quella che grazie a voi, grazie ai partiti, siede all'interno dei consigli regionali, a fare i senatori, la gente ovviamente non lo può capire. D'altronde, di fronte all'obiezione di merito dall'altra parte si dice: «però noi abbiamo fatto qualcosa che gli altri dovevano fare; noi ci siamo riusciti». Se uno spiega e obietta, come hanno fatto i più illustri costituzionalisti, non il MoVimento 5 Stelle, che non è il caso di creare una macchina infernale che permetterà di soggiogare la Corte costituzionale e il Presidente della Repubblica al ruolo di emanazione di un Presidente del Consiglio, di un Premier, dall'altra parte la risposta ancora è: «qualcosa andava fatto e noi lo abbiamo fatto; noi abbiamo cambiato la Costituzione ne parlavano in tanti». È vero, ne parlava anche Matteo Renzi, soltanto che se uno va a prendere i suoi discorsi, i suoi proclami, i suoi spot, i suoi tweet, prima dell'elezione, non ci trova niente di quello che poi è accaduto. Ma dico io almeno una delle tante cose che aveva detto dovrebbe trovare, Pag. 80giusta o sbagliata, corrispondenza ? Io avevo sentito parlare sempre di un Senato che andava abolito, poi uno chiede: «ma scusi aveva detto che il Senato andava abolito invece non è stato abolito» e la risposta è: «sì però siamo di meno». Queste sono risposte che hanno il solo effetto di prendere in giro i cittadini attraverso una macchina dell'informazione che continua ad assecondarlo. Non si può assecondare delle informazioni false sulla Costituzione, perché la Costituzione, nella sua laicità, è sacra. Non si possono dire delle falsità e in maniera totalmente disinvolta: «sì, ma ho cambiato idea».

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE LUIGI DI MAIO (ore 18,30)

  ALFONSO BONAFEDE. Quando immagino quello che hanno fatto questo Governo e questa maggioranza; quando sento parlare del fare, del fare a tutti i costi, non importa cosa fai, l'importante è che la fai; quando penso al Jobs Act; quando penso alla riforma della Costituzione; quando penso all'Italicum, mi viene in mente una stanza ammobiliata in maniera antica, diciamo così la classica stanza dei nonni che non viene toccata per tanto tempo e, poi, però, qualcuno dice: ma, insomma, cambiamo questi mobili, qualcosa un attimino va fatta. La stanza è funzionante, in astratto funziona tutto, le luci, ma diciamo che è un po’ antica. Ecco, così forse è la macchina istituzionale e costituzionale. Come abbiamo detto anche noi, andava dimezzato il numero dei parlamentari e andavano dimezzati, peraltro, gli stipendi dei parlamentari; andava portata la legalità all'interno del Parlamento attraverso incompatibilità che dicessero chiaro, in maniera inequivocabile, nella Costituzione che un condannato in via definitiva non può sedere all'interno del Parlamento. E, allora, in quella stanza a un certo punto arriva uno, un ragazzotto, uno cresciuto senza lavorare. Se state immaginando tutti la stessa persona, io non ho pronunciato il nome. E questa persona dice ai familiari: va bene, non vi preoccupate, ci penso io, faccio qualcosa che voi non siete riusciti a fare perché questa camera, questa stanza, questi mobili vanno rinnovati. È troppo vecchio e troppo antico. Si fidano per un attimo, lo fanno entrare e lui prende una spranga e distrugge tutta la stanza. La distrugge completamente e, poi, comincia a fare murales sulle pareti e poi esce e dice: vedete, sono riuscito a cambiare qualcosa che voi non cambiavate da anni e da decenni. Quello che il Partito Democratico di Matteo Renzi ha fatto rispetto alla Costituzione e alla nostra democrazia non è cambiamento, non si chiama riforma, ma si chiama vandalismo istituzionale. Ha solo questo nome perché decidere di massacrare la Costituzione, di stravolgerla nei suoi assenti fondamentali, senza cercare nessun tipo di condivisione con le forze di opposizione, significa vandalismo istituzionale. Si toglie ogni forma di sicurezza rispetto all'avvento di un dittatore nel futuro, ammesso che la dittatura non ci sia già adesso. Ammesso e non concesso che voi riteniate in buona fede, cosa a cui non credo, che la nostra democrazia per ora è ben consolidata; ammesso e non concesso questo, dovete ammettere una volta per tutte che questa nuova Costituzione che state delineando, oltre a essere un obbrobrio sotto tutti i punti di vista, è molto fragile rispetto ad un eventuale futuro dittatore che, vincendo una sola elezione, anzi non vincendo, in quanto grazie all'Italicum gli basta prendere una percentuale minima, prende il Governo del Paese asservendo tutti gli organi che sono posti a difesa della Costituzione, dalla Corte costituzionale al Presidente della Repubblica, trasformandoli in una propria emanazione, blindando a quel punto il proprio potere.
  Non potete non farvi domande di questo tipo. Eppure, il Presidente del Consiglio e il Ministro Boschi hanno frequentato la mia stessa facoltà, che è la facoltà di giurisprudenza di Firenze; una facoltà che è nota a livello nazionale, ma anche internazionale, per l'importanza dei pubblicisti e dei costituzionalisti che ha espresso.Pag. 81
  E quando eravamo lì a imparare il diritto ci insegnavano che la Costituzione è grande ed è importante nella misura in cui ha delineato meccanismi, non solo di nuova democrazia, ma anche di difesa di quella democrazia, di difesa a tutti i costi contro qualsiasi soggetto che in un momento di crisi sociale, economico, può avere la possibilità e il potere di andare al Governo e a quel punto asservire il Paese ai propri bisogni e alle proprie esigenze. Questa è una domanda che si devono porre tutti perché, vedete, ci sono degli emendamenti che purtroppo non cambiano niente. Purtroppo, c’è una pseudo-minoranza all'interno del Partito Democratico che in qualche modo ha finto di volersi imporre per poi, invece, proseguire in quel tracciato di mediocrità che caratterizza questa legislatura, grazie alla mediocrità che caratterizza le leggi che vengono approvate da questo Parlamento; leggi spesso fatte male come questa; leggi che potrebbero essere fatte meglio; leggi che, a volte, essendo prive di colore politico, potrebbero anche essere approvate in virtù di un dibattito e di un dialogo con le forze dell'opposizione, con il MoVimento 5 Stelle. Cito, per esempio, la legge sulla continuità affettiva. Tutta una serie di norme che, davvero, se avessero a cuore gli interessi dei cittadini, potrebbero riuscire ad essere un momento di incontro con le forze di opposizione. Ma non è mai così perché le leggi che vengono approvate da questo Parlamento, dall'articolo 416-ter all'Italicum, dal falso in bilancio alla riforma costituzionale, dalle leggi sull'evasione fiscale al Jobs Act, sono tutte leggi che sono fatte a tavolino, tra poche persone, con pochi poteri forti che pensano di poter calpestare i diritti dei cittadini. E in nome di quella pretesa ci sono pochi soggetti che si riuniscono, che decidono di fare un Governo e che decidono che quel Governo deve andare avanti a tutti i costi, senza mai chiedersi: ma è giusto quello che stiamo facendo ?
  Mi torna in mente quello che ci insegnavano all'università, per l'appunto la stessa facoltà, ribadisco, che hanno frequentato, sia il Presidente del Consiglio Renzi, sia il Ministro Boschi. Ci dicevano che un giurista è un osservatore privilegiato perché lui vede la realtà come dovrebbe essere, guarda attraverso le lenti del diritto e guarda tutto ciò in una prospettiva di giustizia. Ebbene, io mi chiedo: frequentando le stesse lezioni universitarie, com’è possibile che il Presidente del Consiglio Renzi e il Ministro Boschi non si siano accorti che quelle lenti qui dentro sono andate in frantumi ? Sono andate in frantumi in nome di una pretesa, che è quella del «facciamo qualcosa a tutti i costi», per convincere gli elettori che non importa la qualità della giustizia, ma importa la quantità delle norme e non importa se quelle norme sono totalmente irragionevoli. Qui noi stiamo parlando della riforma della Costituzione, degli emendamenti sulla riforma della Costituzione, ma non possiamo limitare il dibattito parlamentare a questo perché, quando parliamo della fonte primaria della nostra democrazia e quando parliamo della fonte primaria che è gerarchicamente sovraordinata a tutte le leggi, allora ci dobbiamo fermare un attimo e riflettere.
  Dobbiamo riflettere su quello che sta accadendo, sulla qualità della Costituzione e, quindi, sulla qualità delle leggi, perché i cittadini, noi cittadini, non comprendiamo più il significato di una legge.
  Mi viene in mente la frase pronunciata di fronte alla Corte di Cassazione dal procuratore generale in occasione del «processo Eternit», perché parliamo di questo: parliamo di diritti costituzionalmente garantiti nell'articolo 32 della Costituzione, quello secondo cui il diritto alla salute è inviolabile. Ebbene, a un certo punto il procuratore generale ha detto che si doveva arrivare all'assoluzione; lui specificava che era consapevole della colpevolezza ma c'era la prescrizione, c'era la tagliola della prescrizione a tutti i costi. E inoltre disse: «Tra diritto e giustizia (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) siamo costretti a scegliere il diritto». È incredibile ! E, quindi, anche se in quel caso avevamo una colpevolezza, il diritto non corrispondeva alla giustizia ma andava applicato il diritto.Pag. 82
  E, allora, io vi chiedo: ma è possibile continuare a fare leggi che non corrispondono al criterio e al valore della giustizia ? È possibile, in qualche modo, concepire un diritto che non sia sovrapponibile al concetto di giustizia perfettamente compatibile ? Io immagino che possano esserci a volte dei margini in cui il tecnicismo giuridico va oltre quello che dovrebbe essere il concetto di giustizia. Ma qui stiamo andando oltre: qui stiamo andando oltre ogni volta che stravolgiamo il concetto di diritto e permettiamo che all'interno di un'aula di tribunale, in cui è affissa la scritta «la giustizia è uguale per tutti», si possa rispondere: è vero la giustizia è uguale per tutti, ma noi qui parliamo di diritto mica di giustizia.
  Noi abbiamo il dovere di trasmettere a tutti i cittadini che il Parlamento italiano si batte ogni giorno e lavora ogni giorno per garantire norme giuste. Fate il tentativo di parlare con un cittadino...

  PRESIDENTE. Collega, concluda.

  ALFONSO BONAFEDE... e spiegargli – sì, grazie Presidente – la pseudoriforma della Costituzione. Vedrete che alla fine anche lui penserà a un atto di vandalismo istituzionale (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la collega Sarti. Ne ha facoltà.

  GIULIA SARTI. Grazie, Presidente. Questa riforma rappresenta in pieno il regime mascherato da democrazia oramai in vigore con un colpo di mano dietro l'altro nel nostro Paese. Questa riforma è solo uno dei tanti capitoli, ma uno degli ultimi episodi lo abbiamo visto venerdì scorso. Erano circa le 17 quando a Caltanissetta, nel processo «Borsellino quater», si è deciso di non ascoltare più in udienza come teste l'ex Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, per il semplice fatto che aveva inviato una letterina in cui scriveva che non aveva nulla da dire. Con questa lettera si è derogato a tutto il codice di procedura penale e all'articolo 3 della Costituzione in un colpo solo, annullando un'udienza che era già fissata per il 14 dicembre. Nel nostro Paese bisogna ancora imparare a dare attuazione alla Costituzione vigente e, invece, noi oggi dobbiamo stare qui a votarne il suo stravolgimento.
  Prima ancora di parlare del contenuto assurdo di questa che voi chiamate riforma costituzionale e che sarebbe più corretto definire come «obbrobrio giuridico costituzionale», bisogna soffermarsi sul soggetto promotore, soggetto che non è e non era legittimato a scriverla. L'attuale Governo, che ha scritto, appunto, questa specie di riforma che ci apprestiamo a votare, è tenuto in piedi da una maggioranza che i cittadini italiani non hanno scelto. Il Partito Democratico, nella campagna elettorale del 2013, non ha mica detto ai cittadini italiani: «Se ci votate il nostro Ministro dell'Interno sarà Angelino Alfano o il nostro Ministro della Salute sarà Beatrice Lorenzin». Non ha mica detto loro: «Se ci votate riscriveremo la Costituzione italiana prima insieme a Forza Italia» – partito che (fa sempre bene ricordarlo) è stato fondato da tre condannati, di cui uno per mafia, cioè Dell'Utri, Previti e Berlusconi – «e poi per tenerla in piedi ci continueremo ad avvalere del contributo di Denis Verdini e dei suoi seguaci». Non lo ha detto ai cittadini italiani in quella campagna elettorale del 2013 !
  Per questo si può tranquillamente affermare che il PD ha completamente tradito il mandato che gli avevano conferito i suoi elettori, elettori che sono stati presi per i fondelli, per essere gentili. Soprattutto, il Partito Democratico ha tradito il Parlamento italiano, perché una riforma costituzionale per essere tale dovrebbe essere condivisa, mentre qui di condiviso c’è solo il diktat di Renzi imposto a tutti i deputati della maggioranza.
  A noi oggi non resta che poter presentare pochi emendamenti, che verranno puntualmente bocciati. A me ciò che fa più indignare è che gli insegnamenti dei padri costituenti siano completamente caduti nel vuoto. Quello che mi fa indignare è che Pag. 83votare questa riforma significa fregarsene della storia della nostra Repubblica, ignorare i valori dell'equilibrio, della competenza, della levatura morale ed etica che ha contraddistinto la scrittura di ogni singolo articolo della nostra attuale Costituzione. Per cambiarla il percorso, prima ancora che il contenuto, doveva essere completamente diverso.
  Venendo al merito, le poche ridicole ed ultime modifiche votate in Senato attengono, ad esempio, all'articolo 1, quinto comma, dell'articolo 55 della Costituzione, in tema di funzioni che dovrà avere questo nuovo Senato. Si tratta di un emendamento che è stato approvato al fine di fare decadere tutti gli altri milioni di emendamenti presentati all'articolo 1. Si è infatti scelto di sostituire interamente e non di apportare delle singole e puntuali modifiche al quinto comma dell'articolo 55 della Costituzione, che era l'unico che era stato modificato nel passaggio alla Camera, proprio per fare decadere così tutti gli altri emendamenti a questo articolo 1 del testo di riforma.
  Con questo nuovo emendamento sono state riproposte le modifiche che voleva portare il primo dei tre «emendamenti Finocchiaro». L'emendamento concerne un ampliamento, se così vogliamo chiamarlo, delle funzioni del Senato, ma sono utilizzate espressioni vaghe e che avranno ben poco riscontro effettivo. Quello che cambia è che non si dice più che il Senato concorre all'esercizio delle funzioni di raccordo tra lo Stato e gli enti territoriali, ma che il Senato esercita direttamente questa funzione di raccordo. Similmente, non si prevede più che il Senato concorre alla valutazione delle politiche pubbliche e dell'attività delle pubbliche amministrazioni, ma che il Senato valuta direttamente le politiche pubbliche e l'attività delle pubbliche amministrazioni, a cui si aggiunge la competenza a verificare l'impatto delle politiche dell'Unione europea sui territori. Come dicevamo, in sostanza non cambia molto. Si può dire che sulla carta si rafforzano leggermente le funzioni del Senato, ma è una modifica più che altro di facciata, una modifica «farlocca».
  Poi, si è andato a modificare l'articolo 2 e, in particolare, il quinto comma dell'articolo 57 della Costituzione, in tema di composizione ed elezione del Senato. Anche in questo caso la modifica presentata non è altro che aria fritta. Con l'emendamento, infatti, si aggiunge un ultimo periodo a questo comma, in base al quale i senatori sono eletti dai consigli regionali in conformità alle scelte espresse dagli elettori per i candidati consiglieri in occasione del rinnovo dei medesimi organi, secondo le modalità stabilite dalla legge di cui al sesto comma.
  La legge di cui al sesto comma è la legge approvata da Camera e Senato, che, dunque, resta bicamerale, che dovrà disciplinare le modalità di elezione dei membri del Senato da parte dei consigli regionali. Non si fa riferimento alla designazione dei sindaci da eleggere come membri del Senato, che, infatti, sarebbe problematico legare al momento delle elezioni regionali. Quello che è certo è che quella del Senato resta un'elezione indiretta. Insomma, i futuri senatori rimangono dei non eletti dal popolo o, giuridicamente parlando, degli eletti indirettamente dal popolo. Come in concreto opererà questa designazione non è ancora stato stabilito e sarà disciplinato nella legge che regolerà l'elezione, da parte dei consigli regionali, dei senatori. Non essendoci ancora questa legge a cui si fa riferimento, non si sa di cosa stiamo parlando. Il Senato diventerà un dopolavoro per condannati e indagati per spese pazze dei consigli regionali e, ipoteticamente, potremmo trovarci in Senato un Trota o una Minetti, viste le alte modalità di selezione della classe dirigente che avvengono con le elezioni regionali.
  Un'altra modifica che è stata apportata è quella all'articolo 30, che va a modificare l'articolo 116 della Costituzione e che introduce quel «politiche sociali», che andrà, così, a confliggere con l'articolo 117 della Costituzione. Con riguardo al cosiddetto «regionalismo differenziato», nel testo giunto dal Senato, infatti, risulta una modifica al terzo comma di questo articolo 116 della Costituzione, con cui si Pag. 84estende l'ambito delle materie in relazione alle quali è prevista la possibilità di attribuire, con legge dello Stato, ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia alle regioni, anche su richiesta delle stesse. Nel nuovo elenco di quell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione sono ora ricomprese le disposizioni generali e comuni per le politiche sociali, di cui all'articolo 117, secondo comma, lettera m). Sulla base della nuova formulazione, diversamente da quanto avviene rispetto ad altre fattispecie analogamente assoggettate al cosiddetto «regionalismo differenziato», quali, ad esempio, istruzione e formazione professionale, governo del territorio, di cui all'articolo 117, secondo comma, lettere o) e u), per quanto riguarda le politiche sociali, si fa, invece, riferimento non alla specifica materia, ma alle disposizioni generali e comuni, che diventano oggetto di autonomia.
  Il nuovo articolo 117, terzo comma, affida alle regioni la potestà legislativa esclusiva in materia di programmazione ed organizzazione dei servizi sanitari e sociali, ma, mentre per quanto riguarda la salute le disposizioni generali e comuni rimangono nella potestà legislativa esclusiva statale, ciò non vale per quanto riguarda le disposizioni generali comuni delle politiche sociali, che potranno essere – queste sì – trasferite tout court all'autonomia delle regioni. Morale della favola: il nuovo articolo 116 è in pieno conflitto con quanto disposto dall'articolo 117, secondo comma, lettera m).
  Anche in questo caso, dunque, il Governo ha creato una confusione tale per cui non è chiaro nulla, a partire da come le due norme potranno convivere e come saranno declinate, nella loro applicazione, le disposizioni di cui all'articolo 117, secondo comma, lettera m), e l'articolo 116, terzo comma, con riguardo ad un pezzo della medesima lettera m), che è da considerarsi l'architrave in ordine alla garanzia di equità, universalità ed uniformità dei diritti sociali, dunque delle politiche che ne conseguono su tutti i cittadini di tutto il territorio nazionale.
  Inoltre, questa modifica è in contrasto con l'obiettivo dichiarato dal Governo in ordine al nuovo Titolo V, ossia quello di voler dirimere l'intervento dello Stato e quello delle regioni anche per ridurre il contenzioso, scindendolo in due ambiti distinti. Diversamente, ciò che risulta pericolosamente a rischio di scissione è il binomio del sistema socio-sanitario del nostro welfare in vista del preoccupante rischio di parcellizzazione e disgregazione delle politiche socio-sanitarie. Infatti, anche in questo caso, vi è totale mancanza di chiarezza su come le suddette norme potranno convivere, su come saranno declinate e su quali ricadute avranno sui cittadini. Infine, nel nuovo testo dell'articolo 116 della Costituzione, così come modificato, la procedura per il riconoscimento di autonomia nelle nuove materie non necessita più della richiesta da parte delle regioni.
  Il che vuol dire che lo Stato, il Governo, di sua iniziativa, può benissimo decidere di sgravarsi di quelle materie ed affidarle, in ulteriori e particolari forme di autonomia, alle politiche regionali, regione per regione, ad una sì, ad un'altra magari no, a piacere o, peggio, in premio o magari per punizione. Non è più neanche prevista la maggioranza assoluta, come vige ora, per l'approvazione della legge che concede l'autonomia. Il rischio di creare categorie di cittadini e di territori di serie «A» e di serie «B» è molto alto e stiamo parlando di politiche sociali, non di programmi scolastici, materia che dovrebbe essere affrontata con un certo rigore, e che, invece, viene relegata ad ulteriori conflitti, così come vi abbiamo spiegato in tantissime occasioni nelle discussioni che stiamo facendo oggi e che sono state fatte in Commissione Affari costituzionali.
  Un'ultima, anzi non un'ultima, ma un'ulteriore modifica che è stata fatta è quella l'articolo 37, che incide sull'articolo 135 della Costituzione. Si era introdotta, così, una previsione che era già stata approvata, in prima lettura, dal Senato e che era stata poi modificata nel corso dell'esame qui alla Camera, ossia la previsione in base alla quale, dei cinque Pag. 85giudici costituzionali di nomina parlamentare, tre sono eletti dalla Camera e due dal Senato. Si elimina, quindi, la previsione in base alla quale i giudici venivano eletti dal Parlamento in seduta comune. In questo modo si vuole porre rimedio al problema sollevato in merito al leggerissimo peso che il Senato, ridotto sensibilmente nel numero dei suoi componenti, avrebbe giocato nella selezione dei giudici costituzionali, qualora si fosse lasciata la previsione dell'elezione con il Parlamento in seduta comune. In questo modo si dà ad un Senato del tutto atipico il rilevantissimo compito di eleggere due giudici costituzionali. Quindi, per fare l'esempio di cui parlavo prima, un «Trota» o una Minetti potrebbero addirittura eleggere dei membri all'interno della nostra Corte costituzionale: una vera e propria assurdità. Ho citato questi due solo perché sono due esempi eclatanti delle modalità con cui venivano e sono selezionati i candidati alle elezioni regionali nel nostro Paese. Di esempi se ne potrebbero fare moltissimi, di condannati e di indagati per gravi reati, soprattutto reati e delitti contro la pubblica amministrazione.
  Poi all'articolo 38 viene inserito un nuovo comma e si va a modificare la legge costituzionale n. 2 del 1967, che racchiude altre disposizioni sulla Corte costituzionale. Con l'approvazione dell'emendamento precedente, era stato previsto che, di questi cinque giudici costituzionali di provenienza parlamentare, tre sono eletti dalla Camera e due dal Senato. Dunque, con questo nuovo emendamento, si fa un raccordo e si modifica l'articolo 3 di questa legge costituzionale del 1967 per coordinarlo con tale previsione, dal momento che esso era stato scritto sulla base dell'elezione dei giudici parlamentari dal Parlamento in seduta comune. Non vengono modificate le maggioranze già previste, richieste per la loro elezione, anche se, ovviamente, la loro portata cambia in relazione al fatto che non si riferiscono più al Parlamento in seduta comune, bensì a ciascuna singola Camera: due terzi dei componenti per i primi tre scrutini e tre quinti dei componenti per gli scrutini successivi.
  All'articolo 39 si sono modificate le disposizioni transitorie. La prima modifica attiene al comma 12 di quest'articolo 39 e questo comma 12 riguarda l'adeguamento degli statuti delle regioni speciali e delle province autonome al testo di riforma costituzionale. Viene mantenuto che le disposizioni di cui al Capo IV del testo di riforma non si applicano alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano fino alla revisione – prima si parlava di adeguamento, ora di revisione – dei rispettivi statuti, sulla base di intese con le medesime regioni e province autonome, e che, fino a tale momento, resta ferma la disciplina vigente prevista dai medesimi statuti e dalle relative norme di attuazione, ai fini di quanto previsto dall'articolo 120 della Costituzione, ovvero in tema di potere sostitutivo dello Stato.
  Tuttavia si aggiunge la previsione in base alla quale, fino a tale momento, le regioni speciali e le province autonome potranno concordare con lo Stato ulteriori forme di autonomia, ad eccezione di quelle che si riferiscono alle materie di cui all'articolo 117, terzo comma, della Costituzione, secondo il disposto del terzo comma dell'articolo 116, di cui abbiamo già parlato e che riguarda le ulteriori forme di autonomia che possono essere concordate fra lo Stato e le Regioni in determinati ambiti, nel testo attualmente vigente, mentre poi potranno farlo sulla base del terzo comma dell'articolo 116 così come è stato riformato. Quindi, in sostanza, quella che si introduce è la possibilità esplicita, anche per le regioni e le province speciali, e non solo per quelle ordinarie, di concordare con lo Stato ulteriori forme di autonomia, rispetto a quelle già previste sulla base del terzo comma di questo articolo 116 della Costituzione. Bisogna tenere presente che, lungamente, dopo il 2001, quando cioè è stata introdotta la previsione che permette alle regioni ordinarie di concordare con lo Stato ulteriori forme di autonomia, ci si è Pag. 86interrogati sul fatto se di tale previsione potessero godere anche le regioni e province speciali che, ovviamente, hanno già altre particolari forme di autonomia; ci si poneva questo quesito sulla base della circostanza che, paradossalmente, sarebbe potuto accadere che una regione ordinaria che avesse utilizzato a fondo questa possibilità sarebbe potuta diventare più speciale di una regione o provincia speciale, qualora si fosse ritenuto che il comma 3 dell'articolo 116 non fosse applicabile in riferimento a queste ultime.
  Con la seconda modifica, invece, a questo articolo 39, si è resa poi certa la possibilità di approvare la legge elettorale del nuovo Senato anche nel corso di questa legislatura. Il testo precedente non lo prevedeva esplicitamente, ma già si poteva interpretare. A queste pochissime modifiche apportate dal Senato noi ovviamente abbiamo proposto emendamenti che, come si diceva, verranno puntualmente bocciati, così come già è avvenuto in Commissione. Stiamo proponendo cose di buon senso e andrò a citare alcuni esempi; il problema è sempre lo stesso, che nonostante, qui, la possibilità di fare emendamenti sia veramente risicata e ridicola – perché siamo ormai ad un passaggio quasi definitivo e, quindi, non si può più andare ad incidere sulla struttura vera e propria di questa «schiforma» costituzionale, ma possiamo, appunto, soltanto andare ad incidere su alcuni aspetti – ecco che neanche su questi pochissimi aspetti di discussione su cui l'Aula, ovviamente, è molto attenta in questi giorni, noi possiamo aspettarci delle approvazioni.
  Possiamo solo aspettarci, come al solito, il voto negativo da parte di tutta la maggioranza che esegue i diktat del capetto Renzi e non possiamo nemmeno aspettarci una vera e propria discussione sugli emendamenti, perché, come già sta avvenendo oggi e come probabilmente avverrà anche nei prossimi giorni, le uniche persone, gli unici deputati che stanno esercitando la loro facoltà di opporsi a questo assurdo disegno di legge di riforma costituzionale siamo noi, sono i deputati del MoVimento 5 Stelle. Un intervento da parte di un deputato di SEL c’è stato in questa discussione sul complesso degli emendamenti, ma dalla maggioranza e dalle altre opposizioni proprio il nulla più assoluto. In discussione generale, certo, qualcosa è stato detto, ma il punto è che vedremo cosa accadrà sui singoli emendamenti; ormai non si esercita nemmeno più la possibilità che ci è data di parlare e di spiegare gli emendamenti a questo testo, perché i giochi ormai sono già belli che finiti e, quindi, tutto il dibattito si svolge all'esterno, con la consapevolezza che i cittadini italiani ancora non sanno niente, e sottolineo niente, di questa riforma costituzionale. Sarà ovviamente nostro compito e sarà un piacere esercitare questo compito, il fatto di spiegare la verità, cioè non il disegno di legge che verrà propugnato dai media, che ovviamente non faranno altro che spiegare quello che diranno il Presidente del Consiglio e i suoi fedelissimi, ma noi vogliamo continuare a spiegare questa assurda riforma fuori da quest'Aula, per raccontare il vero senso di quello che si sta facendo qui.
  E cioè, come dicevo, attuare sempre più un regime mascherato da democrazia.
  Le pochissime modifiche che stiamo proponendo sono, appunto, cose di buon senso. I nostri primi emendamenti prevedono, ad esempio, all'articolo 55 della Costituzione, di specificare meglio che cosa voglia dire la valutazione delle politiche pubbliche inserite, appunto, in questo articolo 1 che modifica l'articolo 55 della Costituzione. Infatti, questa valutazione delle politiche pubbliche così genericamente assegnata al Senato crea due criticità di segno opposto; secondo noi, questa valutazione è talmente ampia e priva di ricadute da risultare vuota, ma al contempo troppo piena, in quanto rischia di andare a sbattere contro una delle competenze assegnate alla nuova Camera e cioè il controllo sull'operato del Governo.
  Altri emendamenti sempre sull'articolo 55 della Costituzione volgono a far sì che il nuovo Senato sia un organo consultivo per i cittadini che vogliano utilizzare questo nuovo canale. I cittadini che vorranno Pag. 87proporre referendum popolari propositivi per determinare le politiche pubbliche potranno, secondo noi, secondo queste nostre proposte, chiedere al Senato la valutazione delle stesse, per capire dove e come intervenire e se è realmente utile farlo. In questo modo si dà un senso alla valutazione di queste politiche pubbliche, perché, altrimenti, il nuovo Senato farà solo finta di servire a qualcosa, ammettendo che le faccia veramente queste valutazioni, e si valorizza quel minimo di democrazia diretta che è stato introdotto dalla riforma. Il PD, infatti, è stato capace pure di rifiutare gli unici interventi di modifica chiesti dal MoVimento 5 Stelle e cioè quelli relativi ai referendum propositivi e all'eliminazione del quorum per il referendum, sebbene queste modifiche non incidano direttamente sui principi della riforma – cioè quegli assurdi principi che sono il superamento del bicameralismo paritario, il potenziamento del potere legislativo del Governo e la ricentralizzazione delle competenze territoriali – e nonostante fossero già state introdotte, seppure, appunto, fintamente, attraverso la riduzione del quorum in presenza di ottocentomila firme e l'introduzione del referendum propositivo, ma con legge costituzionale futura, nel precedente passaggio che c'era stato, appunto, qui alla Camera.
  In ogni caso, sempre per dare un senso alle competenze del Senato, abbiamo chiesto di introdurre una sanzione nel caso in cui la valutazione di queste materie attribuite al nuovo Senato fosse una valutazione negativa. Attualmente, infatti, non è prevista alcuna sanzione, il che rende la norma di difficile applicazione, data la composizione del Senato e l'ampiezza delle materie su cui deve valutare. Chiediamo, dunque, di dare un senso a questo potere di controllo che si vuole attribuire al Senato, attraverso una sanzione lieve, reputazionale che consiste nell'obbligo, in capo al Governo, di riferire pubblicamente al Senato in caso di valutazione negativa nelle materie che gli sono attribuite. Nel campo della verifica da parte del Senato delle politiche europee, poi, abbiamo chiesto che il Senato, dato che ha il compito generico, anche qui, di verificare l'impatto di queste politiche dell'Unione europea sui territori, lo faccia conoscendo cosa ne pensano i cittadini. Sempre, poi, con riferimento ai territori, nella scheda con gli elementi sulla qualità del testo, è scritto che il riferimento a questi territori del penultimo periodo del quinto comma dell'articolo 55, nella formulazione della riforma, è generico e, soprattutto, atecnico. In effetti, che il Senato valuta l'impatto delle politiche dell'Unione europea sui territori non vuol dire assolutamente nulla; a quali territori si riferisce la norma ? Considerata la ratio nel suo complesso, la norma dovrebbe riferirsi, ovviamente, ai territori che ricadono sotto la competenza del nuovo Senato e cioè le regioni, i comuni, in generale gli enti locali. Quindi, nell'emendamento che vogliamo proporre si sostituiscono ai territori le istituzioni territoriali che il Senato rappresenta, solo per dare un senso ad una disposizione che non ne ha alcuno, così come è attualmente formulata e, quindi, di nuovo sottolineiamo il fatto che, purtroppo, quando si approvano degli emendamenti non ci si preoccupa nemmeno di dare chiarezza nella formulazione del contenuto di questi emendamenti e di dare, oltre che chiarezza, uniformità di interpretazione.
  Infatti, la maggior parte delle volte ci viene detto che molte segnalazioni sono sottintese. Qui, però, stiamo parlando di riforme costituzionali e non di una leggina che deve appunto andare a modificare una materia superficiale del nostro ordinamento, e nulla deve e può essere sottinteso. Se possiamo dare maggiore senso a queste norme, che noi ovviamente vorremmo evitare perfino di votare da quanto non le condividiamo, però ci dobbiamo apprestare a votarle, almeno diamo un senso alle parole che avete scritto. Quindi, perché avere un riferimento così vago alla valutazione delle politiche pubbliche, all'articolo 55, dei territori o delle politiche dell'Unione europea su cui il Senato dovrà valutare ? Specifichiamo quali sono questi territori, niente di più ovvio, secondo noi, e invece Pag. 88di ovvio non c’è, come al solito, proprio nulla. Un'altra modifica che è stata introdotta, come dicevo, è quella all'articolo 57, in base alla quale i componenti del nuovo Senato saranno eletti dai consigli regionali in conformità – guardate qui che popò di miglioramenti che state facendo – alle scelte espresse dagli elettori per i candidati consiglieri in occasione del rinnovo dei medesimi organi. Il punto, come abbiamo detto, è che non si capisce assolutamente come questo possa avvenire, sia perché lo stabilirà la legge futura del Senato sia perché la disposizione introdotta al riguardo dal Senato è come al solito vaga. Per questo abbiamo voluto scrivere alcuni emendamenti per sottrarre alla maggioranza la decisione e vincolare maggiormente i consiglieri regionali al rispetto delle indicazioni date dai cittadini sui futuri senatori al momento delle elezioni regionali. Abbiamo inoltre sottolineato che al momento delle elezioni regionali l'indicazione dei futuri senatori sarà espressa dai cittadini con delle specifiche distinte scelte, sganciate da quelle espresse per l'elezione dei consiglieri regionali, quindi abbiamo introdotto la previsione in base alla quale le modalità di indicazione dei futuri senatori da parte dei cittadini al momento delle elezioni regionali sarà demandata ad una legge bicamerale approvata a maggioranza assoluta da parte di entrambe le Camere. Siamo intervenuti anche sulla previsione secondo la quale i consiglieri regionali devono eleggere i senatori in conformità alle scelte espresse dai cittadini al momento delle elezioni regionali, sostituendo questa espressione, come al solito troppo vaga, con «al voto espresso». In questo modo abbiamo voluto sottintendere, da un lato, che i cittadini devono poter votare specificatamente anche per indicare i propri candidati senatori preferiti e, dall'altro, ancorare l'elezione dei senatori al rispetto proporzionale dei voti espressi al riguardo dai cittadini. Attraverso un altro emendamento abbiamo voluto estendere anche ai candidati a sindaco le scelte degli elettori da considerare per la nomina dei senatori da parte di ciascuna regione, dato che nel sistema di elezione dei futuri senatori da parte dei consigli e sulla base delle indicazioni date dai cittadini al momento delle elezioni regionali non si capisce affatto come in concreto avverrà la distribuzione dei seggi tra le varie forze politiche, poiché, infatti, il comma 7 dell'articolo 57 dice in modo contraddittorio e per certi versi assurdo che i seggi sono attribuiti in ragione dei voti espressi e della composizione di ciascun consiglio. Noi abbiamo presentato un emendamento che introduce la previsione in base alla quale alle minoranze deve essere assegnato un numero di senatori proporzionale ai voti da queste ottenuti alle elezioni regionali, dunque di più di quanto non sarebbe se si tenesse conto solo della composizione dei consigli, in ragione della perenne attribuzione dei premi di maggioranza. Un'altra modifica che stiamo chiedendo e che ho spiegato prima è quella di cancellare la modifica introdotta all'articolo 30, che va appunto a modificare l'articolo 116 della Costituzione, cioè quella inerente alle politiche sociali.
  Proponiamo quindi di sopprimere questa lettera m), perché, come abbiamo detto, creerebbe un vero e proprio conflitto con l'articolo 117 della Costituzione e non si capirebbe più nulla rispetto appunto la previsione riguardante una materia importante come le politiche sociali. Poi, con un'altra serie di emendamenti abbiamo previsto il ripristino del meccanismo di elezione dei giudici costituzionali, imponendo che l'elezione sia preceduta da una discussione pubblica sulle candidature, in modo da evitare che i parlamentari siano informati del candidato da votare il giorno stesso o comunque senza avere il tempo di conoscerlo e soprattutto di farlo conoscere all'opinione pubblica. A questa modifica del metodo si aggiunge una modifica degli elettori: nella versione attuale della riforma tre giudici sono eletti dalla Camera e due dal nuovo Senato delle autonomie, con gli emendamenti presentati l'elezione avverrebbe con l'integrazione dei membri delle due Camere Pag. 89con comuni cittadini estratti a caso che dovrebbero rappresentare una forma di voto popolare diretto. Questa integrazione altererebbe le maggioranze alla Camera ma soprattutto ribalterebbe completamente la platea di elettori del Senato, dato che nel nuovo Senato ci sono 100 senatori che sarebbero solo la metà degli elettori. Gli emendamenti che abbiamo proposto rendono necessaria l'integrazione di cento comuni cittadini. Questo riporterebbe un minimo di democrazia nell'elezione dei giudici della Corte costituzionale, che così sarebbero eletti dal Senato e dai cittadini. Nella versione attuale del testo del «disegno di legge Boschi» i due giudici costituzionali eletti dal Senato rappresenterebbero un singolare caso di elezione politica di terzo livello: giudici eletti da senatori che sono eletti da consiglieri regionali, che sono eletti a loro volta dai cittadini: un obbrobrio giuridico oltre che un obbrobrio democratico. Altre modifiche attengono all'articolo 38, cioè alle disposizioni consequenziali e di coordinamento. Una delle nostre proposte è quella di sostituire il comma sedici di questo articolo 38, che a sua volta modifica la legge costituzionale n. 2 del 1967 e le sue successive modificazioni. In particolare, noi vorremo alzare il numero di votazioni oltre le quali è sufficiente la maggioranza dei tre quinti e non dei due terzi per l'elezione dei giudici costituzionali scelti dalle Camere, oppure, in alternativa, con un altro emendamento vorremmo alzare di fatto la maggioranza richiesta per l'elezione dei giudici costituzionali scelti dalle Camere, nel senso che intendiamo proprio eliminare la previsione in base alla quale a partire dalla quarta votazione è sufficiente la maggioranza dei tre quinti. Perché sono così importanti queste votazioni e soprattutto le modalità di selezione dei giudici della Corte costituzionale eletti dal Parlamento ? Domani, guarda caso, ci ritroveremo – non ricordo neanche più se alla ventottesima o alla ventinovesima votazione – per eleggere tre giudici della Corte costituzionale: questo spettacolo di una miriade di votazioni, che si susseguono ormai da un anno e tre mesi, è uno spettacolo decisamente triste. Triste perché noi vorremmo – lo abbiamo detto più volte – rispettare, almeno finché rimane in vigore, il dettato costituzionale vigente ed attuale e portare quindi, dentro ad un organo fondamentale come la Corte costituzionale, delle persone di specchiata moralità e professionalità, dei profili tecnici che siano sganciati dai partiti politici. Invece, siamo costretti ad assistere addirittura a proposte che vedono come candidati dei deputati o degli ex senatori. Questo era già successo con l'elezione dei membri del Consiglio superiore della magistratura: politici eletti negli organi che dovrebbero garantire l'indipendenza della magistratura e la giusta interpretazione delle norme costituzionali e quindi delle leggi scritte in attuazione della delle norme costituzionali. Ci chiediamo cosa deve succedere – cosa deve succedere ? – per far capire a questo Parlamento e al Governo soprattutto che questi organi così fondamentali per il nostro Paese non devono essere militarizzati con adepti dei partiti, ma, piuttosto, la scelta di quei membri che ne fanno parte deve essere il più possibile condivisa fra tutte le forze politiche.
  Questa scelta non deve dare luogo ad una sorta di mercato delle vacche o di quote, secondo cui il Partito Democratico si elegge il suo membro, Forza Italia si elegge un altro suo membro, il MoVimento 5 Stelle il suo e via dicendo. Non sappiamo cosa dovrà succedere. Ormai anche noi abbiamo praticamente perso tutte le speranze. Stiamo cercando in tutti i modi di imporre a voi e di fare capire l'importanza del metodo condiviso per l'elezione dei membri all'interno di questi organi. Speriamo che queste, per così dire, nostre impostazioni, questo nostro volere rispettare il dettato costituzionale, non sia un metodo che cada nel vuoto e che, magari, da domani, si possa veramente porre fine a queste innumerevoli votazioni senza dei candidati seriamente idonei a ricoprire quel ruolo. Speriamo anche che la scelta di quei membri che verranno votati sia davvero una scelta condivisa e non una scelta fatta semplicemente per quote.Pag. 90
  Detto questo, passo infine ad una nostra sacrosanta proposta, sempre sull'articolo 39, che disciplina le norme attuative transitorie di quest'allucinante disegno di legge governativo. Nell'attuale versione, una volta che questa riforma – «schiforma» o quel che è – sarà entrata in vigore, si potrà chiedere alla Corte costituzionale il controllo della legge elettorale vigente in quel momento, presumibilmente quindi l'attuale Italicum o, comunque, qualsiasi sarà, la legge elettorale vigente in quel momento. Ciò potrà essere fatto entro dieci giorni dalla data di entrata in vigore della riforma. Tuttavia, se decorsi questi dieci giorni, si approvasse una nuova legge elettorale per la Camera o anche una semplice modifica della legge elettorale che sarà vigente in quel momento, secondo il testo attuale, al controllo preventivo della Corte costituzionale si potrebbe opporre che, essendo decorsi dieci giorni dall'entrata in vigore della riforma costituzionale, non sarà più possibile chiedere il controllo della Corte per la nuova legge elettorale votata.
  Alcune, dunque, delle nostre modifiche, ovvero delle nostre proposte emendative, mirano a fare sì che sia possibile richiedere il controllo preventivo di costituzionalità di qualsiasi legge elettorale sarà approvata nel corso della legislatura, non solo di quella vigente nei dieci giorni successivi all'approvazione della riforma. Allora, dato che qui di volontà di modificare l'Italicum ce n’è in abbondanza da parte della maggioranza – basti citare la proposta Lauricella con scritto a chiare lettere nella relazione introduttiva che quella proposta è stata fatta per evitare l'effetto Parma, quindi per evitare che la forza politica avversa, cioè noi del MoVimento 5 Stelle, vinciamo le elezioni in caso di ballottaggio –, visto che questa volontà di cambiare l'Italicum è così elevata, almeno facciamo in modo che la Corte Costituzionale possa sicuramente valutare la legittimità costituzionale della nuova ed eventuale legge elettorale, che, come al solito, vi voterete da soli.
  Dico un'ultima cosa, Presidente, e mi appresto a concludere.

  PRESIDENTE. Ha venti secondi.

  GIULIA SARTI. C’è una cosa che non avete cancellato e che per fortuna non potrete cancellare dall'impianto costituzionale oggi vigente ed è il referendum costituzionale, referendum costituzionale che non potete cancellare e che dovrà quindi essere l'ultimo passo. È un passo che spetterà ai cittadini per cancellare l'obbrobrio che stiamo per votare. L'ultima parola spetta a loro e possiamo solo sperare in un risultato simile a quello del giugno del 2006. Noi da oggi in poi continueremo a lavorare per spiegare fuori da quest'Aula cosa sta succedendo qui e cosa state combinando, in spregio a tutte le regole vigenti in questo Paese. Cercheremo in ogni modo di arrivare ad un risultato fuori da quest'Aula, che possa cancellare completamente quello che state facendo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il Presidente Baldelli. Ne ha facoltà.

Testo sostituito con errata corrige volante   SIMONE BALDELLI. La ringrazio, Presidente Di Maio. Servono molto meno di quaranta minuti per dire quello che penso personalmente di questa riforma. Anzitutto alcune premesse.
  La prima premessa è che, più leggo le proposte di riforma che vengono presentate e più ascolto molti colleghi parlare di riforme e difendere queste riforme, e più, Presidente, resto convinto che la nostra Costituzione, così com’è, sia la nostra Costituzione perfetta, certo, con dei miglioramenti, con degli aggiornamenti, che poi in corso d'opera la stessa Costituzione e lo stesso sistema parlamentare hanno messo in campo. Ma, più sento parlare di riforme e più leggo queste riforme, e più mi piace la Costituzione così com’è.
  La seconda premessa, Presidente, è relativa all'atteggiamento che il mio partito ha avuto nell'arco di questo percorso di riforma. Il mio partito, all'inizio di questa stagione di riforme, ha creduto veramente che questa potesse essere una legislatura costituente, anche se io credo che la priorità Pag. 91di questa legislatura sia quella di tirare fuori il Paese dalla crisi economica nella quale si è trovato e non certo quella di riscrivere la Costituzione. Ma il mio partito ci ha creduto, credendo che si potesse avviare una fase di collaborazione e che questo percorso di riforme potesse costituire, in effetti, Presidente, un ponte tra maggioranza e opposizione, che potesse costituire il superamento di quella che per vent'anni – al di là di chi la racconta come una filastrocca e una scampagnata – è stata una guerra civile sotterranea tra centrodestra e centrosinistra. Ecco, in realtà, più che un ponte tra maggioranza e opposizione, tra centrodestra e centrosinistra, è stato sì un ponte, ma un ponte tra maggioranza e opposizione interna al PD.
  Così come tra maggioranza e opposizione interna al PD è stata la legge elettorale, che ci siamo fatti prima scrivere dalla Consulta, che ha ritirato fuori addirittura il proporzionale con le preferenze, che – lo ricordo ai fan delle preferenze – è stato cacciato via a furor di popolo nel 1993 da un referendum molto chiaro. E tra l'altro alla Camera non c’è stato mai, al Senato non c’è stato mai il proporzionale con le preferenze. Quindi, per così dire, con un'invenzione introduttiva, ci siamo fatti scrivere la legge elettorale dalla Consulta e poi, non contenti, ce la siamo fatta scrivere per la Camera dal Senato. Quindi si pensava dovesse esserci un ponte tra maggioranza e opposizione in questo Parlamento. C’è stato sì un ponte tra maggioranza e opposizione, ma all'interno di questo partito sovra-rappresentato, che in questo momento è il PD. Dico «sovra-rappresentato» perché, nei vari punti che la Corte costituzionale ha evidenziato, è di tutta evidenza quello del premio di maggioranza. Io non sono – l'ho già detto – tra coloro che credono che i deputati eletti con il premio di maggioranza debbano dimettersi da quest'Assemblea, ma sono semplicemente consapevole del fatto che quel premio è stato dichiarato incostituzionale. E, siccome in quest'Assemblea questa legge costituzionale è stata votata in assenza dei colleghi dell'opposizione, con i banchi vuoti dei colleghi dell'opposizione, e al Senato è stata votata contro le opposizioni – e ho motivo di ritenere che anche questa lettura sarà una lettura che non vedrà il consenso delle opposizioni – io credo che la maggioranza dovrebbe fare una riflessione seria e profonda sugli equilibri di questo Parlamento. Infatti, le regole si scrivono insieme. È vero che il mio partito ci ha creduto. Ci ha creduto così tanto che ci sono stati colleghi del mio partito che, quando si è trattato di scegliere tra queste riforme e il partito, hanno scelto le riforme ! Pensiamo quanto ci abbiamo creduto ! Però, è anche vero, che ci sono colleghi stessi che oggi rivendicano migliorie a questo testo. Per fortuna che ci sono state le migliorie ! Pensa che cosa sarebbe uscito fuori, se non ci fosse stato quel processo iniziale di un testo che, in questo momento, io considero ancora non condivisibile, un testo improprio, un testo che crea un grande pasticcio istituzionale !
  Ancora, Presidente, un'altra premessa, il fatto che ci si trovi di fronte ad una forzatura unilaterale, come dicevo prima, in cui la maggioranza decide di approvare una riforma costituzionale con i banchi vuoti dell'opposizione in questo ramo del Parlamento, approvando gli emendamenti nottetempo, senza che i colleghi dell'opposizione possano essere in Aula e senza che li votino, per una scelta precisa, di fronte alla quale la maggioranza non ha deciso di fermarsi a riflettere, ha deciso di andare avanti a spron battuto. Per un testo che è stato immaginato, pensato, per assecondare un'ondata demagogica, antiparlamentarista, perché se leggiamo il titolo di questo testo è tutto chiaro, è un testo fatto per un referendum, perché dice: disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento dell'istituzione, la soppressione del CNEL – che credo la stragrande maggioranza dei nostri elettori non sappiano neanche dove sta di casa e cosa faccia – e la revisione del Titolo V della parte seconda della Costituzione, cioè Pag. 92il richiamo ad un precedente pasticcio fatto dalla sinistra anche qui a colpi di maggioranza.
  Ecco, a fronte di questa forzatura unilaterale che c’è stata, di questa volontà della maggioranza di andare avanti, di assecondare in qualche modo l'antiparlamentarismo dilagante credo, Presidente, che una riflessione in questo Parlamento si debba fare. Questo è un Parlamento che rischia una delegittimazione importante, non perché non sia eletto con le preferenze, questa è un'altra sciocchezza colossale che si aggiunge alla serie di stupidaggini che sono state fatte, tra cui quella di inserire le preferenze nella legge elettorale, e verremo anche a questo, ma noi abbiamo un Parlamento in cui i primi cinque leader dei partiti di questo Parlamento, di questo Paese non sono rappresentati. Non è in Parlamento, anche se ci viene come Presidente del Consiglio, ma non è componente di questo Parlamento, Matteo Renzi; non è in Parlamento Beppe Grillo; non è in Parlamento, perché avete pensato di far retroagire una legge, Berlusconi; non è in Parlamento Salvini; non è in Parlamento Vendola. I primi cinque partiti di questo Paese non hanno i leader in Parlamento.
  L'ho già detto in discussione generale, qualche tempo fa a Madrid ho avuto l'occasione di guardare un dibattito in cui in Parlamento il Primo Ministro si confronta con il leader dell'opposizione. Quello è un Parlamento sovrano ! Non quello in cui i leader sono fuori e scaricano sul Parlamento le colpe del sistema che non funziona ! Tutti noi da questo modo di fare, da questa propensione all'antiparlamentarismo siamo e saremo sempre più delegittimati. Poi ci aggiungiamo anche del nostro, quello per cui andiamo in giro a dire che siamo nominati, quello per cui siamo stati capaci di ritirare fuori, sempre grazie al ponte che collega la maggioranza e l'opposizione, ma all'interno del PD, le preferenze nella legge elettorale. Senza ricordarci che cosa sono state le preferenze in questo Paese. Senza ricordarci quale deriva di illegalità sistematica hanno comportato. Senza ricordarci quello che ci hanno raccontato al Senato durante la presentazione dell'Enciclopedia delle mafie tutti coloro che a quella enciclopedia hanno lavorato e che hanno fatto vedere dei grafici con la piantina dell'Italia, dove non ci sono zone bianche, specie in certe regioni del sud, rispetto all'infiltrazione e al controllo sistematico del territorio da parte della criminalità organizzata. E noi ci inventiamo la legge elettorale con le preferenze, dove avremo duecentoquaranta deputati di maggioranza che in maniera sistematica potranno ricattare il Governo per chiedere soldi e protezione politica per il territorio ! Altro, Presidente, che spending review, altro che moralizzazione della politica, altro che libertà di scelta ! C’è un'intera rassegna stampa di fatti di corruzione, di infiltrazione della criminalità organizzata nel mondo delle preferenze, a partire dai consigli regionali, e noi abbiamo pensato di fare assurgere a Camera Costituzionale il Senato della Repubblica composto dai consiglieri regionali ! Abbiamo fatto questo colpo di genio, sono state abolite le province e sono state proclamate Camera Alta le regioni, la Camera delle regioni, i consiglieri regionali ! Io non so cosa stia alla base del ragionamento di chi pensa che con le preferenze nella prossima legislatura noi avremo parlamentari che staranno qui dal lunedì al venerdì a votare le mozioni che mettiamo in calendario. La verità è che i parlamentari eletti con le preferenze faranno la stessa cosa che fanno i consiglieri regionali: l'ambulatorio !
  Ascolteranno i clientes, saranno costretti a seguire il territorio, che nella maggior parte dei casi significa, nel migliore dei casi, raccomandazioni. Questo è quello che succederà, non altro.
  Il superamento del bicameralismo paritario, demagogia per demagogia. Facciamo finta che le riforme si possano fare un tanto al chilo, allora sopprimete il Senato. È quello dove Renzi non ha la maggioranza, non gli garba, sopprimiamo il Senato. Invece no, si lascia il Senato, diventa la Camera delle regioni, non si capisce come viene eletta, perché anche lì Pag. 93il ponte di collegamento di dialogo tra maggioranza e opposizione nel PD ha prodotto l'ennesimo pastrocchio, per cui rispettando le indicazioni degli elettori, che non si capisce cosa voglia dire, abbiamo fatto l'ennesimo pasticcio. Ma non si è abolito il Senato, lo si è lasciato, ma così un tanto al chilo, cercando di metterci dentro i consiglieri regionali ed è stato peggio del pasticcio delle province. Non si sono abolite le province, ne è rimasto il potere, ne è rimasta la convenienza politica, non ci sono i soldi, cioè ci sono problemi per il personale, ma rimane la sacca di potere. Guarda che pasticcio. Però quante Presidenze di province ci si è accaparrati con questa operazione.
  Si potevano abolire le regioni, forse questa poteva essere una strada, abolire, accorpare, ma non con il metodo «stai sereno», con un percorso chiaro, lineare, che nell'arco di dieci, quindici anni portasse al superamento delle regioni così come le conosciamo, di quei luoghi cioè dove la commistione tra potere, denaro e preferenze ha dato il peggio di sé negli ultimi vent'anni di politica in questo Paese.
  Superiamo queste regioni. Io lo dico onestamente, io sono convinto che poteri come quelli della sanità vadano ricondotti a una logica centrale di Stato, responsabile, ragionevole e controllore di come i soldi vengono spesi, i soldi dei cittadini.
  E anche lì la differenziazione delle funzioni. Il nostro ordinamento è un ordinamento che ha un bicameralismo perfetto, anche se la composizione delle due Camere è differente.
  Chi siede in questo Parlamento da più di qualche giorno sa quante stupidaggini sono state cancellate, quanti errori o quante porcherie, che sono state introdotte in alcuni provvedimenti, sono state cancellate grazie al bicameralismo paritario.
  Il concorso, la necessità che per produrre legislazione si debba trovare un compromesso e un accordo tra le due Camere ce lo insegna Manzella, è nel meccanismo dei contrappesi che i Costituenti hanno voluto dare al legislatore.
  Così come un altro elemento pietoso è il dibattito sulla riduzione del numero dei parlamentari purchessia, perché si tratta il Parlamento come un costo, si trattano i parlamentari come fossero un costo. A parte che, se erano un costo, si potevano chiudere i consigli regionali, ma anche al di là di questo c’è stato un dibattito nell'Assemblea Costituente serio, alto, nobile su questo. Piaccia o no si è arrivati a un punto di caduta, dalla Costituente esce una carta che non sancisce neanche il numero dei deputati e dei senatori, non c'era. Perché era prevalso il principio della rappresentanza, un tot, un deputato ogni novanta mila abitanti, un senatore ogni duecento mila abitanti, questo è stato il criterio che i nostri Padri costituenti hanno voluto dare e solo decenni dopo si mette un tetto, perché il progressivo espandersi della popolazione avrebbe moltiplicato di gran lunga il numero dei parlamentari. Per questo è stato messo un numero. E noi trattiamo la questione della rappresentatività come se fosse una questione di costi ? E allora mettiamoci un signore con i baffi, e ne abbiamo uno che paghiamo, e abbiamo risolto il problema della spesa per gli eletti, per i parlamentari. Sono sciocchezze, sono sciocchezze come quello del limite del doppio mandato.
  Sono sciocchezze che non sfuggono a qualunque intelligenza semplice, specie da parte di gruppi che, in questa legislatura, hanno avuto l'occasione di scoprire quanto la vita parlamentare si evidenzi anche di insidie e che hanno perduto decine di parlamentari. E voi credete che coloro che sono stati eletti in un gruppo che abbia il limite del secondo mandato, una volta riconfermati, cosa facciano dal giorno dopo, se non andarsi a cercare qualcuno che li ricandidi per la legislatura successiva ? Ma voglio dire, ci arriva anche un bambino di sei anni ! Eppure, siamo costretti a dibattere anche di questo.
  Però io credo che, in fondo, su questa riforma, che dovrebbe far registrare, Presidente, in quest'Aula, un clima costituente (e questo è il clima che registriamo, per non parlare del clima che c'era nel corso Pag. 94della discussione generale, in cui forse non raggiungevamo il numero di dieci – è vero che non c'erano votazioni, ma insomma è sempre un passaggio di una riforma costituzionale, Presidente), io credo che il clima costituente, onestamente, non si respiri. Il clima costituente, quando la maggioranza vota emendamenti a spron battuto, alle quattro di notte, con l'aula vuota, non c’è, non c’è, non è quello il clima costituente.
  Ecco, le riforme o vanno normalmente nel verso di una maggiore rappresentatività, con il rischio di compromettere, in qualche modo, l'efficienza, oppure vanno nella direzione di rafforzare l'efficienza con la conseguenza di dover magari compromettere la rappresentatività.
  Io credo che in questa riforma sia stato compiuto il capolavoro di ridurre, mortificare la rappresentatività e, sostanzialmente, azzerare l'efficienza.
  Io credo che questo, Presidente, sia un pasticcio dal quale difficilmente riusciamo ad uscire, perché la maggioranza si è innamorata delle proprie tesi: Renzi è già pronto a fare il referendum contro tutti i vili, i nemici del popolo, i gufi e quant'altro, di centrodestra, dei 5 Stelle e di tutti gli altri che non amano questa grande riforma che finalmente si è fatta, perché si è fatta dopo tanti anni ! Ebbene, si è fatta «purché sia», meglio una riforma «purché sia» che una «non riforma». Io credo: meglio nessuna riforma che un pasticcio, Presidente ! Ci si è già innamorati della fase successiva, già si parla del referendum, quando questo ramo del Parlamento non l'ha ancora approvata.
  Ecco io credo Presidente che il buonsenso imporrebbe una riflessione seria, profonda, non sul significato del referendum, non sul chi lo vincerà, ma sulla funzionalità di questa nuova carta, di questa nuova seconda parte dell'ordinamento che esce da questa carta.
  Perché, Presidente, io credo che con l'approvazione di questa riforma, specie in questa fase, nella fase di crisi istituzionale, in cui i partiti brancolano nel buio (la rappresentanza politica è in grande difficoltà; i partiti hanno anche fatto questo gesto, suicida, di togliersi il finanziamento pubblico a fronte di partiti che invece hanno addirittura degli elementi di guadagno esterni, cioè ci sono partiti quasi a scopo di lucro, altri partiti che sono in debito, in perdita; il finanziamento pubblico ai partiti non c’è più, difficoltà da parte delle persone di poter finanziare l'attività politica, grande diffidenza e malcontento nei confronti della politica, grande antiparlamentarismo, l'antiparlamentarismo che diventa addirittura un must dell'informazione), noi ci permettiamo di gettare il Paese nella confusione istituzionale, della sperimentazione di un nuovo modello costituente, che non è frutto di un clima costituente, ma è frutto della scelta unilaterale di una parte contro l'altra, di approvare una riforma «purché sia» per far vedere che la si è fatta.
  Allora io credo, Presidente, che in tutto questo, il buonsenso sia stato preso e sotterrato sotto i piedi. Credo anche, Presidente, che noi non stiamo rendendo un bel servizio né a noi stessi, né ai padri costituenti, né alle generazioni che verranno (Applausi di deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente).
  SIMONE BALDELLI. La ringrazio, Presidente Di Maio. Servono molto meno di quaranta minuti per dire quello che penso personalmente di questa riforma. Anzitutto alcune premesse.
  La prima premessa è che, più leggo le proposte di riforma che vengono presentate e più ascolto molti colleghi parlare di riforme e difendere queste riforme, e più, Presidente, resto convinto che la nostra Costituzione, così com’è, sia la nostra Costituzione perfetta, certo, con dei miglioramenti, con degli aggiornamenti, che poi in corso d'opera la stessa Costituzione e lo stesso sistema parlamentare hanno messo in campo. Ma, più sento parlare di riforme e più leggo queste riforme, e più mi piace la Costituzione così com’è.
  La seconda premessa, Presidente, è relativa all'atteggiamento che il mio partito ha avuto nell'arco di questo percorso di riforma. Il mio partito, all'inizio di questa stagione di riforme, ha creduto veramente che questa potesse essere una legislatura costituente, anche se io credo che la priorità Pag. 91di questa legislatura sia quella di tirare fuori il Paese dalla crisi economica nella quale si è trovato e non certo quella di riscrivere la Costituzione. Ma il mio partito ci ha creduto, credendo che si potesse avviare una fase di collaborazione e che questo percorso di riforme potesse costituire, in effetti, Presidente, un ponte tra maggioranza e opposizione, che potesse costituire il superamento di quella che per vent'anni – al di là di chi la racconta come una filastrocca e una scampagnata – è stata una guerra civile sotterranea tra centrodestra e centrosinistra. Ecco, in realtà, più che un ponte tra maggioranza e opposizione, tra centrodestra e centrosinistra, è stato sì un ponte, ma un ponte tra maggioranza e opposizione interna al PD.
  Così come tra maggioranza e opposizione interna al PD è stata la legge elettorale, che ci siamo fatti prima scrivere dalla Consulta, che ha ritirato fuori addirittura il proporzionale con le preferenze, che – lo ricordo ai fan delle preferenze – è stato cacciato via a furor di popolo nel 1993 da un referendum molto chiaro. E tra l'altro, al Senato non c’è stato mai il proporzionale con le preferenze. Quindi, per così dire, con un'invenzione introduttiva, ci siamo fatti scrivere la legge elettorale dalla Consulta e poi, non contenti, ce la siamo fatta scrivere per la Camera dal Senato. Quindi si pensava dovesse esserci un ponte tra maggioranza e opposizione in questo Parlamento. C’è stato sì un ponte tra maggioranza e opposizione, ma all'interno di questo partito sovra-rappresentato, che in questo momento è il PD. Dico «sovra-rappresentato» perché, nei vari punti che la Corte costituzionale ha evidenziato, quello del premio di maggioranza. Io non sono – l'ho già detto – tra coloro che credono che i deputati eletti con il premio di maggioranza debbano dimettersi da quest'Assemblea, ma sono semplicemente consapevole del fatto che quel premio è stato dichiarato incostituzionale. E, siccome in quest'Assemblea questa legge costituzionale è stata votata in assenza dei colleghi dell'opposizione, con i banchi vuoti dei colleghi dell'opposizione, e al Senato è stata votata contro le opposizioni – e ho motivo di ritenere che anche questa lettura sarà una lettura che non vedrà il consenso delle opposizioni – io credo che la maggioranza dovrebbe fare una riflessione seria e profonda sugli equilibri di questo Parlamento. Infatti, le regole si scrivono insieme. È vero che il mio partito ci ha creduto. Ci ha creduto così tanto che ci sono stati colleghi del mio partito che, quando si è trattato di scegliere tra queste riforme e il partito, hanno scelto le riforme ! Pensiamo quanto ci abbiamo creduto ! Però, è anche vero, che ci sono colleghi stessi che oggi rivendicano migliorie a questo testo. Per fortuna che ci sono state le migliorie ! Pensa che cosa sarebbe uscito fuori, se non ci fosse stato quel processo iniziale di un testo che, in questo momento, io considero ancora non condivisibile, un testo improprio, un testo che crea un grande pasticcio istituzionale !
  Ancora, Presidente, un'altra premessa, il fatto che ci si trovi di fronte ad una forzatura unilaterale, come dicevo prima, in cui la maggioranza decide di approvare una riforma costituzionale con i banchi vuoti dell'opposizione in questo ramo del Parlamento, approvando gli emendamenti nottetempo, senza che i colleghi dell'opposizione possano essere in Aula e senza che li votino, per una scelta precisa, di fronte alla quale la maggioranza non ha deciso di fermarsi a riflettere, ha deciso di andare avanti a spron battuto. Per un testo che è stato immaginato, pensato, per assecondare un'ondata demagogica, antiparlamentarista, perché se leggiamo il titolo di questo testo è tutto chiaro, è un testo fatto per un referendum, perché dice: disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento dell'istituzione, la soppressione del CNEL – che credo la stragrande maggioranza dei nostri elettori non sappiano neanche dove sta di casa e cosa faccia – e la revisione del Titolo V della parte seconda della Costituzione, cioè Pag. 92il richiamo ad un precedente pasticcio fatto dalla sinistra anche qui a colpi di maggioranza.
  Ecco, a fronte di questa forzatura unilaterale che c’è stata, di questa volontà della maggioranza di andare avanti, di assecondare in qualche modo l'antiparlamentarismo dilagante credo, Presidente, che una riflessione in questo Parlamento si debba fare. Questo è un Parlamento che rischia una delegittimazione importante, non perché non sia eletto con le preferenze, questa è un'altra sciocchezza colossale che si aggiunge alla serie di stupidaggini che sono state fatte, tra cui quella di inserire le preferenze nella legge elettorale, e verremo anche a questo, ma noi abbiamo un Parlamento in cui i primi cinque leader dei partiti di questo Paese non sono presenti. Non è in Parlamento, anche se ci viene come Presidente del Consiglio, ma non è componente di questo Parlamento, Matteo Renzi; non è in Parlamento Beppe Grillo; non è in Parlamento, perché avete pensato di far retroagire una legge, Berlusconi; non è in Parlamento Salvini; non è in Parlamento Vendola. I primi cinque partiti di questo Paese non hanno i leader in Parlamento.
  L'ho già detto in discussione generale, qualche tempo fa a Madrid ho avuto l'occasione di guardare un dibattito in cui in Parlamento il Primo Ministro si confrontava con il leader dell'opposizione. Quello è un Parlamento sovrano ! Non quello in cui i leader sono fuori e scaricano sul Parlamento le colpe del sistema che non funziona ! Tutti noi da questo modo di fare, da questa propensione all'antiparlamentarismo siamo e saremo sempre più delegittimati. Poi ci aggiungiamo anche del nostro, quello per cui andiamo in giro a dire che siamo nominati, quello per cui siamo stati capaci di ritirare fuori, sempre grazie al ponte che collega la maggioranza e l'opposizione, ma all'interno del PD, le preferenze nella legge elettorale. Senza ricordarci che cosa sono state le preferenze in questo Paese. Senza ricordarci quale deriva di illegalità sistematica hanno comportato. Senza ricordarci quello che ci hanno raccontato al Senato durante la presentazione dell'Enciclopedia delle mafie tutti coloro che a quella enciclopedia hanno lavorato e che hanno fatto vedere dei grafici con la piantina dell'Italia, dove non ci sono zone bianche, specie in certe regioni del sud, rispetto all'infiltrazione e al controllo sistematico del territorio da parte della criminalità organizzata. E noi ci inventiamo la legge elettorale con le preferenze, dove avremo duecentoquaranta deputati di maggioranza che in maniera sistematica potranno ricattare il Governo per chiedere soldi e protezione politica per il territorio ! Altro, Presidente, che spending review, altro che moralizzazione della politica, altro che libertà di scelta ! C’è un'intera rassegna stampa di fatti di corruzione, di infiltrazione della criminalità organizzata nel mondo delle preferenze, a partire dai consigli regionali, e noi abbiamo pensato di fare assurgere a Camera Costituzionale il Senato della Repubblica composto dai consiglieri regionali ! Abbiamo fatto questo colpo di genio, sono state abolite le province e sono state proclamate Camera Alta le regioni, la Camera delle regioni, i consiglieri regionali ! Io non so cosa stia alla base del ragionamento di chi pensa che con le preferenze nella prossima legislatura noi avremo parlamentari che staranno qui dal lunedì al venerdì a votare le mozioni che mettiamo in calendario. La verità è che i parlamentari eletti con le preferenze faranno la stessa cosa che fanno i consiglieri regionali: l'ambulatorio !
  Ascolteranno i clientes, saranno costretti a seguire il territorio, che nella maggior parte dei casi significa, nel migliore dei casi, raccomandazioni. Questo è quello che succederà, non altro.
  Il superamento del bicameralismo paritario. Demagogia per demagogia: Facciamo finta che le riforme si possano fare un tanto al chilo, allora sopprimete il Senato. È quello dove Renzi non ha la maggioranza, non gli garba, sopprimiamo il Senato. Invece no, si lascia il Senato, diventa la Camera delle regioni, non si capisce come viene eletta, perché anche lì Pag. 93il ponte di collegamento di dialogo tra maggioranza e opposizione nel PD ha prodotto l'ennesimo pastrocchio, per cui rispettando le indicazioni degli elettori, che non si capisce cosa voglia dire, abbiamo fatto l'ennesimo pasticcio. Ma non si è abolito il Senato, lo si è lasciato, ma così un tanto al chilo, cercando di metterci dentro i consiglieri regionali ed è stato peggio del pasticcio delle province. Non si sono abolite le province, ne è rimasto il potere, ne è rimasta la convenienza politica, non ci sono i soldi, cioè ci sono problemi per il personale, ma rimane la sacca di potere. Guarda che pasticcio. Però quante Presidenze di province ci si è accaparrati con questa operazione ?
  Si potevano abolire le regioni, forse questa poteva essere una strada, abolire, accorpare, non con il metodo «stai sereno», ma con un percorso chiaro, lineare, che nell'arco di dieci, quindici anni portasse al superamento delle regioni così come le conosciamo, di quei luoghi cioè dove la commistione tra potere, denaro e preferenze ha dato il peggio di sé negli ultimi vent'anni di politica in questo Paese.
  Superiamo queste regioni. Io lo dico onestamente, io sono convinto che poteri come quelli della sanità vadano ricondotti a una logica centrale di Stato, responsabile, ragionevole e di controllo di come i soldi vengono spesi, i soldi dei cittadini.
  E anche lì la differenziazione delle funzioni. Il nostro ordinamento è un ordinamento che ha un bicameralismo perfetto, anche se la composizione delle due Camere è differente.
  Chi siede in questo Parlamento da più di qualche giorno sa quante stupidaggini sono state cancellate, quanti errori o quante porcherie, che sono state introdotte in alcuni provvedimenti, sono state cancellate grazie al bicameralismo paritario.
  Il concorso, la necessità che per produrre legislazione si debba trovare un compromesso e un accordo tra le due Camere ce lo insegna Manzella, è nel meccanismo dei contrappesi che i Costituenti hanno voluto dare al legislatore.
  Così come un altro elemento pietoso è il dibattito sulla riduzione del numero dei parlamentari purchessia, perché si tratta il Parlamento come un costo, si trattano i parlamentari come fossero un costo. A parte che, se era un problema di costo, si potevano chiudere i consigli regionali, ma anche al di là di questo c’è stato un dibattito nell'Assemblea Costituente serio, alto, nobile su questo. Piaccia o no si è arrivati a un punto di caduta, dalla Costituente esce una carta che non sancisce neanche il numero dei deputati e dei senatori, non c'era. Perché era prevalso il principio della rappresentanza: un deputato ogni novanta mila abitanti, un senatore ogni duecento mila abitanti, questo è stato il criterio che i nostri Padri costituenti hanno voluto dare e solo decenni dopo si mette un tetto, perché il progressivo espandersi della popolazione avrebbe moltiplicato di gran lunga il numero dei parlamentari. Per questo è stato messo un numero. E noi trattiamo la questione della rappresentatività come se fosse una questione di costi ? E allora mettiamoci un signore con i baffi, e ne abbiamo uno solo che paghiamo, e abbiamo risolto il problema della spesa per gli eletti, per i parlamentari. Sono sciocchezze, sono sciocchezze come quello del limite del doppio mandato.
  Sono sciocchezze che non sfuggono a qualunque intelligenza semplice, specie da parte di gruppi che, in questa legislatura, hanno avuto l'occasione di scoprire quanto la vita parlamentare si sostanzi anche di insidie e che hanno perduto decine di parlamentari. E voi cosa credete che coloro che sono stati eletti in un gruppo che abbia il limite del secondo mandato, una volta riconfermati, facciano dal giorno dopo, se non andarsi a cercare qualcuno che li ricandidi per la legislatura successiva ? Ma voglio dire, ci arriva anche un bambino di sei anni ! Eppure, siamo costretti a dibattere anche di questo.
  Però io credo che, in fondo, su questa riforma, che dovrebbe far registrare, Presidente, in quest'Aula, un clima costituente (e questo è il clima che registriamo, per non parlare del clima che c'era nel corso Pag. 94della discussione generale, in cui forse non raggiungevamo il numero di dieci – è vero che non c'erano votazioni, ma insomma è sempre un passaggio di una riforma costituzionale, Presidente), io credo che il clima costituente, onestamente, non si respiri. Il clima costituente, quando la maggioranza vota emendamenti a spron battuto, alle quattro di notte, con l'aula vuota, non c’è, non c’è, non è quello il clima costituente.
  Ecco, le riforme o vanno normalmente nel verso di una maggiore rappresentatività, con il rischio di compromettere, in qualche modo, l'efficienza, oppure vanno nella direzione di rafforzare l'efficienza con la conseguenza di dover magari compromettere la rappresentatività.
  Io credo che in questa riforma sia stato compiuto il capolavoro di ridurre, mortificare la rappresentatività e, sostanzialmente, azzerare l'efficienza.
  Io credo che questo, Presidente, sia un pasticcio dal quale difficilmente riusciamo ad uscire, perché la maggioranza si è innamorata delle proprie tesi: Renzi è già pronto a fare il referendum contro tutti i vili, i nemici del popolo, i gufi e quant'altri, di centrodestra, dei 5 Stelle e di tutti gli altri che non amano questa grande riforma che finalmente si è fatta, perché si è fatta dopo tanti anni ! Ebbene, si è fatta «purché sia», meglio una riforma «purché sia» che una «non riforma». Io credo: meglio nessuna riforma che un pasticcio, Presidente ! Ci si è già innamorati della fase successiva, già si parla del referendum, quando questo ramo del Parlamento non l'ha ancora approvata.
  Ecco io credo Presidente che il buonsenso imporrebbe una riflessione seria, profonda, non sul significato del referendum, non sul chi lo vincerà, ma sulla funzionalità di questa nuova carta, di questa nuova seconda parte dell'ordinamento che esce da questa carta.
  Perché, Presidente, io credo che con l'approvazione di questa riforma, specie in questa fase, nella fase di crisi istituzionale, in cui i partiti brancolano nel buio (la rappresentanza politica è in grande difficoltà; i partiti hanno anche fatto questo gesto, suicida, di togliersi il finanziamento pubblico a fronte di partiti che invece hanno addirittura degli elementi di guadagno esterni, cioè ci sono partiti quasi a scopo di lucro, altri partiti che sono in debito, in perdita; il finanziamento pubblico ai partiti non c’è più, c’è difficoltà da parte delle persone di poter finanziare l'attività politica, grande diffidenza e malcontento nei confronti della politica, grande antiparlamentarismo, l'antiparlamentarismo che diventa addirittura un must dell'informazione), noi ci permettiamo di gettare il Paese nella confusione istituzionale, della sperimentazione di un nuovo modello costituente, che non è frutto di un clima costituente, ma è frutto della scelta unilaterale di una parte contro l'altra, di approvare una riforma «purché sia» per far vedere che la si è fatta.
  Allora io credo, Presidente, che in tutto questo, il buonsenso sia stato preso e sotterrato sotto i piedi. Credo anche, Presidente, che noi non stiamo rendendo un bel servizio né a noi stessi, né alla memoria dei ai padri costituenti, né alle generazioni che verranno (Applausi di deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente).

  PRESIDENTE. Grazie, Presidente Baldelli.
  Ha chiesto di parlare la collega Mucci. Ne ha facoltà.

  MARA MUCCI. Grazie Presidente. Io non ho bisogno di sentire all'esterno il clima costituente, perché me lo sento un po'dentro, se mi permette. Nel mio piccolo, in queste settimane, al di là delle audizioni formali che abbiamo fatto in Commissioni e anche delle audizioni informali che ho fatto con altri illustri costituzionalisti, ho cercato di farmi una mia idea frutto delle settimane che ho passato a leggere libri anche per farmi una cultura su quello che è stato il processo che ha portato alla nostra Carta costituzionale e di come vorrei che questa fosse modificata. Sono partita da un punto di vista, se mi permette Presidente, abbastanza privilegiato, perché non legato a Pag. 95nessun vincolo di partito, di strategia di partito, di strategia elettorale, ma che deriva da un'idea che io mi sono fatta di queste riforme, di come io le avrei disegnate se fossi stata al Governo. È importante partire da un punto di vista che vede questa riforma inserirsi nell'alveo di riforme ben più ampie che contano all'interno la legge elettorale, ma anche riforme istituzionali, che sembrano minori, che hanno però un grande impatto sul nostro Paese. Penso, ad esempio, all'unione di comuni, alle città metropolitane, a tutto quel percorso che è in essere in questi momenti, ma che ancora non è pienamente definito, arrivando fino all'attuazione vera dell'articolo 49 della Costituzione che vorrebbe vedere la democrazia all'interno dei partiti e che è la base di partenza per avere una seria rappresentanza e per avere dei risultati in termini anche qualitativi delle norme che approva questo Parlamento. La premessa è quindi che questo testo ha certamente perfettibile, ma il bicameralismo paritario, nel corso del tempo, ha contribuito a generare incertezza nei procedimenti legislativi, nonché a destabilizzare Governi fragili che nei due rami del Parlamento avevano maggioranze diverse. Questo penso che negarlo sia abbastanza ipocrita. L'andirivieni che noi viviamo in queste Aule in prima persona è abbastanza anacronistico, per come lo vedo io, e lo dimostra il fatto che la sistematica staffetta fra le Camere spesso si inceppa e che nell'altro lato del Parlamento viene posta la questione di fiducia, oppure maxiemendamenti, tempi limitati, anche per la discussione dei provvedimenti. Questo è un altro modo per incidere sul procedimento legislativo: dare pochi giorni per emendare i provvedimenti e quindi non consentire quel lavoro accurato, invece, che ciascun parlamentare dovrebbe fare. Per questo, a mio avviso, se concentriamo il lavoro, come si sta facendo con questo provvedimento, su una Camera singola, mantenendo gli stessi tempi, un ordine nelle cose che permetta a tutti di poter lavorare con cura, i risultati potrebbero migliorare. Questo però non è mai garanzia di una perfetta legiferazione, perché intanto questa dipende anche dal nostro modo di vedere le cose. Per come posso vedere io la norma, è giusta, per un mio collega potrebbe essere completamente sbagliata. Questo dipende anche dalla nostra storia politica e dal nostro modo di vedere le norme. Però un percorso che venga fatto anche in seno al proprio partito, e che veda gli elettori, quindi gli attivisti, parte integrante del procedimento legislativo, che possano contribuire anche essi al miglioramento dei testi, può aiutare ad evitare degli errori. Proprio i meccanismi di democrazia interna, Presidente, il legame col territorio, l’accountability dal punto di vista dell'elettore, contribuiscono a creare un'atmosfera e dare più ossigeno a queste Aule. Dovrebbe essere anche questo uno degli obiettivi che dovrebbero avere queste riforme in particolare.
  Non ultimo vi è la riforma dei Regolamenti. Regolamenti che hanno bisogno, a mio avviso, di un tagliando cospicuo e che completano un percorso ulteriore che io chiamo di riforme del Paese.
  Raggiungendo però il punto in esame, per quanto riguarda il nuovo Senato, questo diventa organo di rappresentanza delle istituzioni territoriali. Il riparto delle competenze legislative Stato-regioni è disegnato in un'ottica di un'ulteriore valorizzazione degli enti territoriali del nostro ordinamento, ma anche di una riduzione dei momenti di contrasto tra la sede centrale e quelle decentrate. Non nascondo che su questo punto vedo dei profili di criticità in seno a questo disegno di legge. Il rapporto di fiducia con il Governo, con questa riforma, viene meno. L'articolo 55, comma 4, dalla Costituzione lo riserva alla Camera e il Senato compartecipa alla funzione legislativa nei limiti tracciati dagli articoli 70 e seguenti. In particolare, l'articolo 55, comma 5, della Costituzione recita che il Senato concorre all'esercizio delle funzioni di raccordo tra Stato ed enti costitutivi della Repubblica e dell'Unione europea, ma quello che più mi preme osservare è che valuta finalmente le politiche pubbliche, l'attività delle pubbliche ammirazione e Pag. 96l'impatto delle politiche dell'Unione europea sui nostri territori. Spero che questa sia veramente l'occasione con la quale i territori finalmente riusciranno a trovare un canale anche di peso per fare emergere le proprie istanze. Luogo di confronto che sicuramente è diverso dalla Conferenza Stato-regioni che esiste oggi e che può essere confrontata, ma che ha limiti veramente risibili e che qualcuno aveva suggerito di rafforzare come ulteriore suggerimento. Come però concretamente funzionerà questo nuovo Senato, e se si riscontreranno gli annosi problemi di contenzioso davanti alla Corte costituzionale, che però proprio la natura di questo nuovo assetto voleva risolvere, lo giudicheremo vivendo il Senato. Io non mi sento di avere tutte le certezze che invece altri colleghi hanno posto qui in queste ore, perché non ho la sfera di cristallo per capire se effettivamente questo nuovo assetto andrà a migliorare, o a peggiorare, le condizioni di criticità e di contenzioso che stressano sicuramente le istituzioni.
  La durata del mandato dei senatori coincide con quella degli organi delle istituzioni territoriali dai quali sono stati eletti, in conformità alle scelte espresse dagli elettori per i candidati consiglieri in occasione del rinnovo dei medesimi organi e secondo le modalità stabilite della legge. Questo è uno dei temi che ha suscitato maggior dibattito su queste riforme. Premettendo che il nuovo Senato è stato pensato come rappresentante delle istituzioni territoriali e non solo delle comunità regionali, che infatti trovano la propria rappresentanza nei consigli regionali, personalmente però avrei preferito si potesse costruire una rappresentanza che assicurasse il rispetto del volere del territorio di provenienza, ad esempio come avviene per il Bundesrat tedesco, quindi con un vincolo di mandato. Mentre ai sensi dell'articolo 67 dalla Costituzione che rimane invariato, i senatori italiani eserciteranno la loro funzione senza vincolo di mandato. Stride quindi, in questo contesto, la coesistenza della forma di rappresentanza delle istituzioni territoriali e la conservazione del principio di divieto di mandato imperativo sul modello di rappresentanza. In sintesi, il Senato sarà interprete delle istanze delle comunità territoriali, però secondo la propria visione politica. Dall'altra parte, credo sia fortemente necessario predisporre un Regolamento sufficientemente intelligente che consenta ai senatori di svolgere adeguatamente il proprio compito perché – ricordiamolo – i senatori, ma anche i sindaci che verranno selezionati per far parte del Senato, avranno un altro compito. Quindi, questa funzione di raccordo con gli enti territoriali dovrà essere garantita da un Regolamento che dovrà essere disegnato per consentire loro di poter lavorare adeguatamente, un numero di Commissioni non troppo elevato e tempi che consentano anche a loro di poter svolge quell'attività di consultazione per i quali si faranno mandatari e di cui porteranno le istanze poi in Parlamento. Altrimenti avremo fallito come riforma costituzionale, come disegno che vogliamo portare avanti.
  Per quanto attiene all'elezione dei senatori: nell'ultima lettura del Senato si è trovata una mediazione con chi voleva i senatori eletti direttamente, partendo dal triste presupposto, però, che gli enti territoriali sono pieni di indagati e di condannati. Dal punto di vista dello Stato di diritto, anzi dello Stato di non diritto, assimilare l'indagato ad un condannato non dà lustro alla nostra società, a mio avviso, perché si è colpevoli quando si è dichiarata la colpevolezza. Questo è l'assunto di partenza per chi vuole comunque che anche il Senato siano un Senato elettivo e chi, invece, dall'altra parte riteneva opportuna l'elezione indiretta. Io ricordo che l'elezione di secondo grado dei senatori comunque non sarebbe un meccanismo privo di legittimazione democratica, in quanto eletti in primo luogo nei consigli regionali da parte degli elettori anche attraverso il voto di preferenza.
  E, quindi, in un secondo luogo, saranno scelti per far parte del consiglio regionale. Ma, a monte di qualsiasi ragionamento, dobbiamo comprendere l'ambito nel quale ci muoviamo. La riforma, infatti, assegna all'una e all'altra Camera competenze assai Pag. 97diverse e soprattutto circoscrive il rapporto fiduciario, come è stato detto, a Camera dei deputati e Governo. È del tutto logico, quindi, che solo quest'ultima si veda investita di una legittimazione popolare diretta perché, anche ammissibilmente ragionando al contrario, non comprenderei come ai senatori eletti direttamente dai cittadini possa essere sottratto il potere di attribuire la fiducia ad un Governo. Ora, secondo il punto di mediazione che è stato trovato, l'elezione dovrà avvenire in conformità alle scelte espresse dagli elettori per i candidati consiglieri, secondo modalità che verranno stabilite da legge bicamerale richiamata dal comma 6 dell'articolo 57 della Costituzione. Al momento, quindi, dei rinnovi dei consigli regionali verrà espresso un voto che, però, dipenderà anche da come si svolgeranno queste elezioni regionali. Quindi, vedremo se sarà previsto un listino separato che quindi contenga i nomi dei candidati senatori o un sistema che rimetta ai cittadini l'indicazione di una rosa di nomi nell'ambito del quale il consiglio dovrà scegliere; o, ancora, se si stabilirà che chi ha ottenuto il maggior numero di preferenze avrà accesso alla carica di senatore. L'effetto, però, politico, in ogni caso che dobbiamo ottenere – e lo farà questo Parlamento, con entrambe le Camere – dovrà essere quello per il quale i senatori risponderanno alle istituzioni locali. Se noi manchiamo questo obiettivo, anche tutto il castello che ci stiamo costruendo non funziona e cade.
  Circa il regionalismo differenziato, nuovo articolo 116, comma terzo, della Costituzione: ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia concernenti materie di cui all'articolo 117 (organizzazione della giustizia di pace, limitatamente a disposizioni generali e comuni per le politiche sociali; politiche attive del lavoro; istruzione e formazione professionale; commercio con l'estero; governo del territorio) possono essere attribuite ad altre regioni con legge dello Stato, anche su richiesta delle stesse, sentiti gli enti locali, nel rispetto dei principi dell'articolo 119, purché la regione sia in condizioni di equilibrio di bilancio. In merito al riparto di queste competenze, quindi, la riforma va nel senso dell'accentramento; elimina dall'elenco di competenze quelle concorrenti e attrae alla sede centrale alcune materie prima previste come concorrenti o alcune di quelle riconosciute in via residuale alle regioni. Il nuovo impianto costituzionale potrebbe sviluppare l'interesse quindi delle regioni – e questo è lodevole – ad attivarsi per far valere le possibilità riconosciute dall'articolo 116 della Costituzione, tenendo, quindi, a condizioni di equilibrio di bilancio le regioni stesse. Si è, infatti, aggiunto al novero delle materie potenzialmente oggetto di appropriazione regionale il commercio con l'estero e le disposizioni generali per le politiche sociali. Un'attenta analisi va fatta quando si parla di garanzia della cittadinanza sociale e dei diritti della cittadinanza sociale dei soggetti più deboli. Se da una parte è auspicabile che la garanzia dei livelli essenziali delle prestazioni relative all'assistenza sociale ritorni in capo allo Stato, io mi preoccupo di far notare che acquisire questa materia all'interno del nuovo regionalismo differenziato, così come ridisegnato, comporta il serio rischio di avere nuovamente tanti statuti di cittadinanza sociale regionale quante saranno le garanzie che ogni singola regione potrà sostenere economicamente. Il rischio è, quindi, che le regioni più ricche daranno più diritti e le regioni più povere, quelle col maggior numero di soggetti deboli, ne daranno meno. Ciò vale anche per quanto riguarda il commercio con l'estero. E io credo – ne abbiamo parlato e discusso molto anche in queste Aule – che sarebbe opportuno che si smettesse con la rappresentanza delle regioni all'estero, con tutte le sedi che prendono costi ingenti per rappresentare il proprio brand all'estero, ma che, invece, dovrebbero rappresentare in primis il brand Italia. In questa maniera noi, invece, facciamo rientrare il commercio con l'estero nella speciale autonomia. Saranno contente le regioni, ma probabilmente non centreremo l'obiettivo di consentire di avere una visione unitaria della nostra offerta turistica all'estero.Pag. 98
  Un inciso sulle regioni a Statuto speciale: non condivido e mi lascia perplessa l'idea di non applicare il nuovo Titolo V alle regioni a Statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano. Scelta che comporta, per esempio, che si applichi anche a queste regioni la clausola di maggior favore. Di conseguenza, quello che aveva consolidato negli ultimi anni la Corte costituzionale, ossia una migliore differenziazione fra le regioni, verrà ovviamente meno. Anzi, la differenziazione aumenterà ulteriormente.
  Ad oggi le regioni a Statuto speciale godono, non solo della clausola di maggior favore, ma anche di statuti sicuramente più forti rispetto alla disciplina delle regioni a Statuto ordinario che scaturirà dalla riforma e che le indebolirà particolarmente. Difficile, quindi, pensare ad una situazione potenziale in cui ci saranno delle intese da parte delle regioni a Statuto speciale per uniformarsi e, quindi, per applicare il nuovo Titolo V. E io credo che sia anche questo un fattore anacronistico su cui si dovrebbe riflettere se parliamo di riforme costituzionali perché tutte le regioni sono e dovrebbero essere speciali e non soltanto talune che lo sono anche per motivi storici che probabilmente non reggono più.
  Altro punto importante: applicando alle regioni a statuto speciale il vecchio articolo 116, comma 3, anche il vincolo di bilancio che consente una differenziazione non si applicherà alle regioni a statuto speciale medesime. Quindi, sarà un incentivo in meno.
  Combinato disposto con l'Italicum: anche questa è una nota dolente per molti. L'Italicum ha un sistema proporzionale di base, ma con correttivi sicuramente distorsivi e su questo siamo tutti d'accordo. Quanto saranno distorsivi questi effetti dipenderà dal risultato delle elezioni. Se vogliamo, però, contemperare le esigenze di governabilità del sistema, che, tra l'altro, anche la Corte costituzionale ha apprezzato e che sono riconducibili all'articolo 1 della Costituzione, e se vogliamo scaricare queste esigenze sul sistema politico-partitico, allora il sistema parlamentare dovrà necessariamente basarsi su legge proporzionale. Questo significa, però, che i partiti dovranno mettersi d'accordo e coalizzarsi molto probabilmente per governare, stante la situazione odierna. E io non comprendo perché proprio coloro che oggi denunciano come l'Italicum sia l'ennesima norma iper-maggioritaria – e io su questo punto non sono d'accordo in quanto basta pensare a leggi maggioritarie in collegi uninominali per comprendere come esse possano produrre potenzialmente risultati molto superiori al 55 per cento dei seggi attribuiti a chi vince –, sbagliata e con un premio di maggioranza che non è conteggiato sulla reale rappresentanza, siano quelli che non fanno in realtà alleanze nemmeno sui programmi. E mi chiedo come si possa costruire un Governo quando in questa maniera ci si sottrae appunto alle responsabilità di Governo.
  Giudici della Corte costituzionale: la Corte costituzionale è composta da quindici giudici, dei quali un terzo nominati dal Presidente della Repubblica, un terzo dalla suprema magistratura ordinaria, tre dalla Camera dei deputati e due dal Senato della Repubblica. Personalmente, su questo punto io non riesco a non essere d'accordo. Nella versione approvata al Senato in seconda lettura si attribuiva alla Camera l'elezione dei cinque giudici...

  PRESIDENTE. I banchi del Governo, per favore.

  MARA MUCCI. ... costituzionali in seduta comune assieme al Senato, con l'effetto, ovviamente, di ombra sulla volontà individuale dei senatori. Inoltre, non comprendo, vista la scelta che è stata fatta appunto per dare peso anche al Senato, come non si colga il fatto che in questa maniera si dà meno peso alla Camera dove ci sarà una maggioranza netta perché non eleggerà i cinque giudici completamente e interamente la Camera dei deputati, ma due quindi saranno attribuiti al Senato. Non dico che questo possa essere un contrappeso, però comunque andrà a mitigare quella che sarà l'impronta della Pag. 99maggioranza sulle cariche importanti che costituiscono le istituzioni del nostro Paese.
  Procedimento legislativo «motorizzato» (articolo 72, comma settimo, della Costituzione): esclusi i casi di cui all'articolo 70, primo comma, e in ogni caso le leggi di materia elettorale, le leggi di autorizzazione alla ratifica dei trattati internazionali e le leggi di cui agli articoli 79 e 81, il Governo può chiedere alla Camera dei deputati di deliberare, entro cinque giorni dalla richiesta, che un disegno di legge indicato come essenziale per l'attuazione di un programma di Governo sia iscritto con priorità all'ordine del giorno e sottoposto a pronuncia in via definitiva dalla Camera dei deputati entro il termine di settanta giorni dalla delibera. Questo termine prima era sessanta giorni e nell'ultima lettura è stato aumentato a settanta giorni. Ma da diversi anni, al netto di questo dettaglio, una parte sempre più consistente di studiosi, ma anche gli stessi parlamentari, denunciano l'effetto ingente e il fenomeno preoccupante dell'abuso della decretazione d'urgenza, sovente anche combinato con altri istituti come maxiemendamenti e questione di fiducia.
  Si è quindi constatato, in sunto, per la difficoltà di potere fare affidamento sull'approvazione da parte del Parlamento in tempi congrui, ma soprattutto prevedibili, dei disegni di legge che fanno da perno per l'indirizzo politico, che il Governo ha finito per scaricare questa esigenza proprio sull'articolo 77 della Costituzione, approvando, quindi, atti con decretazione d'urgenza anche qualora non ci fossero i presupposti.
  Questa è una prassi sicuramente deprecabile, sicuramente da contestare e non giustificabile, ma al contempo è corretto che questo ci faccia ragionare, appunto, sulla portata di questa situazione, arrivando alla conclusione che l'uso abnorme del decreto-legge, invece di dare ed essere necessariamente visto come manifestazione di forza del Governo, in realtà ne decreti la grande debolezza.
  Brevemente intervengo sull'elezione del Presidente della Repubblica. Il Capo dello Stato continua a essere eletto dal Parlamento in seduta comune, poiché il Senato rappresenta le istituzioni territoriali ed è composto dai consiglieri regionali. Però, si è ritenuto di abrogare la norma che inseriva nel collegio anche i delegati regionali e il quorum. I voti per l'elezione del Capo dello Stato sono stati modificati e abbassati dai due terzi ai tre quinti dell'Assemblea dal quarto scrutinio.
  Su questo punto ho un suggerimento per togliere l'elezione del Presidente della Repubblica dalle mani sempre della maggioranza, ovvero quello che, a partire dal quarto scrutinio, sia lasciata al popolo la decisione sulla Presidenza della Repubblica e, quindi, di lasciare ai cittadini, nell'alveo della selezione che è stata fatta fino al terzo scrutinio dai partiti politici, il potere di potere scegliere proprio il Presidente della Repubblica e, quindi, di potere scegliere anche tra candidati di altre forze politiche.
  Concludo, Presidente, dicendo che avrei preferito che lo stato di guerra lo dichiarassero entrambe le Camere, sicuramente, e avrei preferito che si agisse già oggi sui vitalizi degli ex parlamentari. Non è vero che siamo tutti contrari all'abolizione dei vitalizi. Apprezzo l'introduzione dello statuto delle opposizioni, per garantire i diritti alle minoranze che, però, dovrà essere attuato, ma vorrei anche un meccanismo a difesa delle prerogative parlamentari che concedesse spazio al Parlamento di legiferare e non soltanto, giustamente, anche al Governo di attuare i propri indirizzi.
  Ritengo, Presidente, che si sia fatto troppo in fretta a smantellare una struttura istituzionale sulla base di alcuni principi che sono sicuramente condivisibili, ma che ci lascia in eredità un disegno incompleto. Manca una seria analisi sulla struttura delle regioni a partire dal loro numero, ad esempio. Pensiamo, inoltre, all'accorpamento delle regioni e a come si stanno costruendo le unioni di comuni e le città metropolitane.
  Concludo, quindi, con alcune perplessità che mi restano, soprattutto in relazione a un assetto, nella sua interezza, che si impegna poco nel completare il disegno Pag. 100soprattutto dal punto di vista delle istituzioni che sono e restano cuore della rappresentanza democratica.

  PRESIDENTE. Grazie, collega Mucci.
  Adesso, se nessun altro chiede di intervenire, invito i relatori e il rappresentante del Governo ad esprimere il parere sugli emendamenti riferiti all'articolo 1. Quindi, chiedo al relatore Fiano di esprimere i pareri relativi agli emendamenti all'articolo 1.

  EMANUELE FIANO, Relatore per la maggioranza. La ringrazio, Presidente. La Commissione invita i presentatori al ritiro dell'emendamento Gelmini 1.53, altrimenti il parere è contrario.
  La Commissione invita i presentatori al ritiro degli identici emendamenti Gelmini 1.1 e Bianconi 1.100, altrimenti il parere è contrario.
  La Commissione invita i presentatori al ritiro dell'emendamento Centemero 1.2, altrimenti il parere è contrario.
  La Commissione invita i presentatori al ritiro dell'emendamento Quaranta 1.11, altrimenti il parere è contrario.

  PRESIDENTE. Scusi, collega Fiano. Solo se vuole: su qualche proposta emendativa c’è il parere favorevole ?

  EMANUELE FIANO, Relatore per la maggioranza. No, signor Presidente.

  PRESIDENTE. Quindi, su tutti gli emendamenti c’è l'invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario.

  EMANUELE FIANO, Relatore per la maggioranza. Presidente, lo facevo per rispetto ai proponenti.

  PRESIDENTE. Infatti, solo se vuole e se per lei va bene io prendo atto del...

  EMANUELE FIANO, Relatore per la maggioranza. Sull'articolo 1 (Commenti del deputato Palese)...

  PRESIDENTE. Collega Palese, per favore.

  EMANUELE FIANO, Relatore per la maggioranza. Lo esplicito, Presidente. Sugli emendamenti relativi all'articolo 1 – quindi, per questi emendamenti – il parere della Commissione è per tutti invito al ritiro o parere contrario.

  PRESIDENTE. Il Governo ?

  IVAN SCALFAROTTO, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Presidente, il parere è conforme a quello del relatore.

  PRESIDENTE. A quello espresso dal relatore di maggioranza, ovviamente.

  IVAN SCALFAROTTO, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. È l'unico che si è espresso finora.

  PRESIDENTE. Quindi, adesso siamo all'emendamento Gelmini 1.53. Se per voi va bene, chiamerò uno alla volta i relatori di minoranza per ogni emendamento e poi passiamo al successivo emendamento. Quindi, emendamento Gelmini 1.53.

  DANILO TONINELLI, Relatore di minoranza. Mi rimetto all'Aula.

  STEFANO QUARANTA, Relatore di minoranza. Esprimo parere favorevole.

  CRISTIAN INVERNIZZI, Relatore di minoranza. Favorevole.

  IGNAZIO LA RUSSA, Relatore di minoranza. Favorevole.

  PRESIDENTE. Ne prendiamo atto. Identici emendamenti Gelmini 1.1 e Bianconi 1.100.

  DANILO TONINELLI, Relatore di minoranza. Mi rimetto all'Aula.

  STEFANO QUARANTA, Relatore di minoranza. Mi rimetto all'Aula.

Pag. 101

  CRISTIAN INVERNIZZI, Relatore di minoranza. Favorevole.

  IGNAZIO LA RUSSA, Relatore di minoranza. Favorevole.

  PRESIDENTE. Emendamento Centemero 1.2.

  DANILO TONINELLI, Relatore di minoranza. Mi rimetto all'Aula.

  STEFANO QUARANTA, Relatore di minoranza. Mi rimetto all'Aula.

  CRISTIAN INVERNIZZI, Relatore di minoranza. Mi rimetto all'Aula.

  IGNAZIO LA RUSSA, Relatore di minoranza. Favorevole.

  PRESIDENTE. Emendamento Quaranta 1.11.

  DANILO TONINELLI, Relatore di minoranza. Favorevole.

  STEFANO QUARANTA, Relatore di minoranza. Favorevole.

  CRISTIAN INVERNIZZI, Relatore di minoranza. Favorevole.

  IGNAZIO LA RUSSA, Relatore di minoranza. Favorevole.

  PRESIDENTE. Emendamento Centemero 1.3.

  DANILO TONINELLI, Relatore di minoranza. Mi rimetto all'Aula.

  STEFANO QUARANTA, Relatore di minoranza. Favorevole.

  CRISTIAN INVERNIZZI, Relatore di minoranza. Favorevole.

  IGNAZIO LA RUSSA, Relatore di minoranza. Favorevole.

  PRESIDENTE. Emendamento Gelmini 1.6.

  DANILO TONINELLI, Relatore di minoranza. Mi rimetto all'Aula.

  STEFANO QUARANTA, Relatore di minoranza. Favorevole.

  CRISTIAN INVERNIZZI, Relatore di minoranza. Favorevole.

  IGNAZIO LA RUSSA, Relatore di minoranza. Favorevole.

  PRESIDENTE. Identici emendamenti Centemero 1.4 e Fassina 1.12.

  DANILO TONINELLI, Relatore di minoranza. Mi rimetto all'Aula.

  STEFANO QUARANTA, Relatore di minoranza. Favorevole.

  CRISTIAN INVERNIZZI, Relatore di minoranza. Favorevole.

  IGNAZIO LA RUSSA, Relatore di minoranza. Favorevole.

  PRESIDENTE. Emendamento Dadone 1.54.

  DANILO TONINELLI, Relatore di minoranza. Favorevole.

  STEFANO QUARANTA, Relatore di minoranza. Favorevole.

  CRISTIAN INVERNIZZI, Relatore di minoranza. Mi rimetto all'Aula.

  IGNAZIO LA RUSSA, Relatore di minoranza. Mi rimetto all'Aula.

  PRESIDENTE. Emendamento Cecconi 1.104.

  DANILO TONINELLI, Relatore di minoranza. Favorevole.

Pag. 102

  STEFANO QUARANTA, Relatore di minoranza. Favorevole.

  CRISTIAN INVERNIZZI, Relatore di minoranza. Favorevole.

  IGNAZIO LA RUSSA, Relatore di minoranza. Mi rimetto all'Aula.

  PRESIDENTE. Emendamento Cozzolino 1.55.

  DANILO TONINELLI, Relatore di minoranza. Favorevole.

  STEFANO QUARANTA, Relatore di minoranza. Favorevole.

  CRISTIAN INVERNIZZI, Relatore di minoranza. Favorevole.

  IGNAZIO LA RUSSA, Relatore di minoranza. Mi rimetto all'Aula.

  PRESIDENTE. Emendamento Bianconi 1.101.

  DANILO TONINELLI, Relatore di minoranza. Mi rimetto all'Aula.

  STEFANO QUARANTA, Relatore di minoranza. Mi rimetto all'Aula.

  CRISTIAN INVERNIZZI, Relatore di minoranza. Mi rimetto all'Aula.

  IGNAZIO LA RUSSA, Relatore di minoranza. Favorevole.

  PRESIDENTE. Emendamento Cecconi 1.105.

  DANILO TONINELLI, Relatore di minoranza. Favorevole.

  STEFANO QUARANTA, Relatore di minoranza. Favorevole.

  CRISTIAN INVERNIZZI, Relatore di minoranza. Favorevole.

  IGNAZIO LA RUSSA, Relatore di minoranza. Mi rimetto all'Aula.

  PRESIDENTE. Emendamento Toninelli 1.107.

  DANILO TONINELLI, Relatore di minoranza. Favorevole.

  STEFANO QUARANTA, Relatore di minoranza. Favorevole.

  CRISTIAN INVERNIZZI, Relatore di minoranza. Mi rimetto all'Aula.

  IGNAZIO LA RUSSA, Relatore di minoranza. Anche io mi rimetto all'Aula.

  PRESIDENTE. Emendamento Nuti 1.106.

  DANILO TONINELLI, Relatore di minoranza. Favorevole.

  STEFANO QUARANTA, Relatore di minoranza. Mi rimetto all'Aula.

  CRISTIAN INVERNIZZI, Relatore di minoranza. Mi rimetto all'Aula.

  IGNAZIO LA RUSSA, Relatore di minoranza. Mi rimetto all'Aula.

  PRESIDENTE. Emendamento Cecconi 1.108.

  DANILO TONINELLI, Relatore di minoranza. Favorevole.

  STEFANO QUARANTA, Relatore di minoranza. Favorevole.

  CRISTIAN INVERNIZZI, Relatore di minoranza. Favorevole.

  IGNAZIO LA RUSSA, Relatore di minoranza. Mi rimetto all'Aula.

  PRESIDENTE. Emendamento Toninelli 1.109.

Pag. 103

  DANILO TONINELLI, Relatore di minoranza. Favorevole.

  STEFANO QUARANTA, Relatore di minoranza. Favorevole.

  CRISTIAN INVERNIZZI, Relatore di minoranza. Favorevole.

  IGNAZIO LA RUSSA, Relatore di minoranza. Mi rimetto all'Aula.

  PRESIDENTE. Identici emendamenti Gelmini 1.5 e Bianconi 1.102.

  DANILO TONINELLI, Relatore di minoranza. Mi rimetto all'Aula.

  STEFANO QUARANTA, Relatore di minoranza. Contrario.

  CRISTIAN INVERNIZZI, Relatore di minoranza. Favorevole.

  IGNAZIO LA RUSSA, Relatore di minoranza. Favorevole.

  PRESIDENTE. Emendamento Nuti 1.110.

  DANILO TONINELLI, Relatore di minoranza. Favorevole.

  STEFANO QUARANTA, Relatore di minoranza. Mi rimetto all'Aula.

  CRISTIAN INVERNIZZI, Relatore di minoranza. Mi rimetto all'Aula.

  IGNAZIO LA RUSSA, Relatore di minoranza. Mi rimetto all'Aula.

  PRESIDENTE. Emendamento D'Ambrosio 1.111.

  DANILO TONINELLI, Relatore di minoranza. Favorevole.

  STEFANO QUARANTA, Relatore di minoranza. Contrario.

  CRISTIAN INVERNIZZI, Relatore di minoranza. Mi rimetto all'Aula.

  IGNAZIO LA RUSSA, Relatore di minoranza. Mi rimetto all'Aula.

  PRESIDENTE. Emendamento Capezzone 1.114.

  DANILO TONINELLI, Relatore di minoranza. Mi rimetto all'Aula.

  STEFANO QUARANTA, Relatore di minoranza. Favorevole.

  CRISTIAN INVERNIZZI, Relatore di minoranza. Favorevole.

  IGNAZIO LA RUSSA, Relatore di minoranza. Contrario.

  PRESIDENTE. Emendamento Toninelli 1.115.

  DANILO TONINELLI, Relatore di minoranza. Favorevole.

  STEFANO QUARANTA, Relatore di minoranza. Mi rimetto all'Aula.

  CRISTIAN INVERNIZZI, Relatore di minoranza. Mi rimetto all'Aula.

  IGNAZIO LA RUSSA, Relatore di minoranza. Mi rimetto all'Aula.

  PRESIDENTE. Emendamento Dieni 1.116.

  DANILO TONINELLI, Relatore di minoranza. Favorevole.

  STEFANO QUARANTA, Relatore di minoranza. Favorevole.

  CRISTIAN INVERNIZZI, Relatore di minoranza. Mi rimetto all'Aula.

  IGNAZIO LA RUSSA, Relatore di minoranza. Mi rimetto all'Aula.

Pag. 104

  PRESIDENTE. Emendamento Nuti 1.112.

  DANILO TONINELLI, Relatore di minoranza. Favorevole.

  STEFANO QUARANTA, Relatore di minoranza. Contrario.

  CRISTIAN INVERNIZZI, Relatore di minoranza. Mi rimetto all'Aula.

  IGNAZIO LA RUSSA, Relatore di minoranza. Favorevole.

  PRESIDENTE. Emendamento Dadone 1.117.

  DANILO TONINELLI, Relatore di minoranza. Favorevole.

  STEFANO QUARANTA, Relatore di minoranza. Favorevole.

  CRISTIAN INVERNIZZI, Relatore di minoranza. Mi rimetto all'Aula.

  IGNAZIO LA RUSSA, Relatore di minoranza. Favorevole.

  PRESIDENTE. Emendamento Dieni 1.10.

  DANILO TONINELLI, Relatore di minoranza. Favorevole.

  STEFANO QUARANTA, Relatore di minoranza. Favorevole.

  CRISTIAN INVERNIZZI, Relatore di minoranza. Favorevole.

  IGNAZIO LA RUSSA, Relatore di minoranza. Mi rimetto all'Aula.

  PRESIDENTE. Emendamento Cozzolino 1.9.

  DANILO TONINELLI, Relatore di minoranza. Favorevole.

  STEFANO QUARANTA, Relatore di minoranza. Favorevole.

  CRISTIAN INVERNIZZI, Relatore di minoranza. Favorevole.

  IGNAZIO LA RUSSA, Relatore di minoranza. Mi rimetto all'Aula.

  PRESIDENTE. Emendamento Dieni 1.8.

  DANILO TONINELLI, Relatore di minoranza. Favorevole.

  STEFANO QUARANTA, Relatore di minoranza. Favorevole.

  CRISTIAN INVERNIZZI, Relatore di minoranza. Favorevole.

  IGNAZIO LA RUSSA, Relatore di minoranza. Mi rimetto all'Aula.

  PRESIDENTE. Emendamento Capezzone 1.19 ?

  DANILO TONINELLI, Relatore di minoranza. Favorevole.

  STEFANO QUARANTA, Relatore di minoranza. Favorevole.

  CRISTIAN INVERNIZZI, Relatore di minoranza. Favorevole.

  IGNAZIO LA RUSSA, Relatore di minoranza. Favorevole.

  PRESIDENTE. Emendamento D'Ambrosio 1.132 ?

  DANILO TONINELLI, Relatore di minoranza. Favorevole.

  STEFANO QUARANTA, Relatore di minoranza. Favorevole.

  CRISTIAN INVERNIZZI, Relatore di minoranza. Favorevole.

  IGNAZIO LA RUSSA, Relatore di minoranza. Mi rimetto all'Aula.

Pag. 105

  PRESIDENTE. Emendamento Cecconi 1.118 ?

  DANILO TONINELLI, Relatore di minoranza. Favorevole.

  STEFANO QUARANTA, Relatore di minoranza. Favorevole.

  CRISTIAN INVERNIZZI, Relatore di minoranza. Favorevole.

  IGNAZIO LA RUSSA, Relatore di minoranza. Mi rimetto all'Aula.

  PRESIDENTE. Emendamento Nuti 1.121 ?

  DANILO TONINELLI, Relatore di minoranza. Favorevole.

  STEFANO QUARANTA, Relatore di minoranza. Favorevole.

  CRISTIAN INVERNIZZI, Relatore di minoranza. Favorevole.

  IGNAZIO LA RUSSA, Relatore di minoranza. Mi rimetto all'Aula.

  PRESIDENTE. Emendamento Dadone 1.123 ?

  DANILO TONINELLI, Relatore di minoranza. Favorevole.

  STEFANO QUARANTA, Relatore di minoranza. Favorevole.

  CRISTIAN INVERNIZZI, Relatore di minoranza. Favorevole.

  IGNAZIO LA RUSSA, Relatore di minoranza. Mi rimetto all'Aula.

  PRESIDENTE. Emendamento Dadone 1.122 ?

  DANILO TONINELLI, Relatore di minoranza. Favorevole.

  STEFANO QUARANTA, Relatore di minoranza. Favorevole.

  CRISTIAN INVERNIZZI, Relatore di minoranza. Favorevole.

  IGNAZIO LA RUSSA, Relatore di minoranza. Favorevole.

  PRESIDENTE. Emendamento Nuti 1.120 ?

  DANILO TONINELLI, Relatore di minoranza. Favorevole.

  STEFANO QUARANTA, Relatore di minoranza. Favorevole.

  CRISTIAN INVERNIZZI, Relatore di minoranza. Mi rimetto all'Aula.

  IGNAZIO LA RUSSA, Relatore di minoranza. Mi rimetto all'Aula.

  PRESIDENTE. Emendamento Toninelli 1.125 ?

  DANILO TONINELLI, Relatore di minoranza. Favorevole.

  STEFANO QUARANTA, Relatore di minoranza. Favorevole.

  CRISTIAN INVERNIZZI, Relatore di minoranza. Favorevole.

  IGNAZIO LA RUSSA, Relatore di minoranza. Mi rimetto all'Aula.

  PRESIDENTE. Emendamento Dadone 1.124 ?

  DANILO TONINELLI, Relatore di minoranza. Favorevole.

  STEFANO QUARANTA, Relatore di minoranza. Favorevole.

  CRISTIAN INVERNIZZI, Relatore di minoranza. Favorevole.

Pag. 106

  IGNAZIO LA RUSSA, Relatore di minoranza. Favorevole.

  PRESIDENTE. Emendamento Cecconi 1.126 ?

  DANILO TONINELLI, Relatore di minoranza. Favorevole.

  STEFANO QUARANTA, Relatore di minoranza. Favorevole.

  CRISTIAN INVERNIZZI, Relatore di minoranza. Favorevole.

  IGNAZIO LA RUSSA, Relatore di minoranza. Favorevole.

  PRESIDENTE. Emendamento Nuti 1.127 ?

  DANILO TONINELLI, Relatore di minoranza. Favorevole.

  STEFANO QUARANTA, Relatore di minoranza. Favorevole.

  CRISTIAN INVERNIZZI, Relatore di minoranza. Favorevole.

  IGNAZIO LA RUSSA, Relatore di minoranza. Favorevole.

  PRESIDENTE. Emendamento Nuti 1.128 ?

  DANILO TONINELLI, Relatore di minoranza. Favorevole.

  STEFANO QUARANTA, Relatore di minoranza. Favorevole.

  CRISTIAN INVERNIZZI, Relatore di minoranza. Mi rimetto all'Aula.

  IGNAZIO LA RUSSA, Relatore di minoranza. Mi rimetto all'Aula.

  PRESIDENTE. Emendamento Nuti 1.129 ?

  DANILO TONINELLI, Relatore di minoranza. Favorevole.

  STEFANO QUARANTA, Relatore di minoranza. Favorevole.

  CRISTIAN INVERNIZZI, Relatore di minoranza. Favorevole.

  IGNAZIO LA RUSSA, Relatore di minoranza. Favorevole.

  PRESIDENTE. Emendamento Dadone 1.130 ?

  DANILO TONINELLI, Relatore di minoranza. Favorevole.

  STEFANO QUARANTA, Relatore di minoranza. Favorevole.

  CRISTIAN INVERNIZZI, Relatore di minoranza. Mi rimetto all'Aula.

  IGNAZIO LA RUSSA, Relatore di minoranza. Mi rimetto all'Aula.

  PRESIDENTE. Emendamento Invernizzi 1.34 ?

  DANILO TONINELLI, Relatore di minoranza. Mi rimetto all'Aula.

  STEFANO QUARANTA, Relatore di minoranza. Mi rimetto all'Aula.

  CRISTIAN INVERNIZZI, Relatore di minoranza. Favorevole.

  IGNAZIO LA RUSSA, Relatore di minoranza. Favorevole.

  PRESIDENTE. Emendamento Invernizzi 1.37 ?

  DANILO TONINELLI, Relatore di minoranza. Mi rimetto all'Aula.

  STEFANO QUARANTA, Relatore di minoranza. Mi rimetto all'Aula.

Pag. 107

  CRISTIAN INVERNIZZI, Relatore di minoranza. Favorevole.

  IGNAZIO LA RUSSA, Relatore di minoranza. Favorevole.

  PRESIDENTE. Emendamento Invernizzi 1.52 ?

  DANILO TONINELLI, Relatore di minoranza. Mi rimetto all'Aula.

  STEFANO QUARANTA, Relatore di minoranza. Mi rimetto all'Aula.

  CRISTIAN INVERNIZZI, Relatore di minoranza. Favorevole.

  IGNAZIO LA RUSSA, Relatore di minoranza. Favorevole.

  PRESIDENTE. Emendamento Invernizzi 1.31 ?

  DANILO TONINELLI, Relatore di minoranza. Mi rimetto all'Aula.

  STEFANO QUARANTA, Relatore di minoranza. Mi rimetto all'Aula.

  CRISTIAN INVERNIZZI, Relatore di minoranza. Favorevole.

  IGNAZIO LA RUSSA, Relatore di minoranza. Favorevole.

  PRESIDENTE. Emendamento Invernizzi 1.50 ?

  DANILO TONINELLI, Relatore di minoranza. Mi rimetto all'Aula.

  STEFANO QUARANTA, Relatore di minoranza. Mi rimetto all'Aula.

  CRISTIAN INVERNIZZI, Relatore di minoranza. Favorevole.

  IGNAZIO LA RUSSA, Relatore di minoranza. Favorevole.

  PRESIDENTE. Emendamento Invernizzi 1.35 ?

  DANILO TONINELLI, Relatore di minoranza. Mi rimetto all'Aula.

  STEFANO QUARANTA, Relatore di minoranza. Mi rimetto all'Aula.

  CRISTIAN INVERNIZZI, Relatore di minoranza. Scusi, Presidente, per l'economia dei lavori, posso annunciare il parere favorevole su tutti gli emendamenti a mia prima firma, fino all'emendamento 1.28 ?

  PRESIDENTE. Va bene. Onorevole La Russa ?

  IGNAZIO LA RUSSA, Relatore di minoranza. Vale anche per me.

  PRESIDENTE. Per gli emendamenti a prima firma Invernizzi, vale anche per lei ?

  IGNAZIO LA RUSSA, Relatore di minoranza. Invernizzi ha piena fiducia. Quindi, il parere è favorevole.

  PRESIDENTE. Quindi, il parere sugli emendamenti a prima firma Invernizzi è favorevole sia per il relatore Invernizzi che per il relatore La Russa. Bene, emendamento Invernizzi 1.35, Toninelli ?

  DANILO TONINELLI, Relatore di minoranza. Annuncio che mi rimetto all'Aula su tutti gli emendamenti a prima firma Invernizzi, compreso questo, fino all'ultimo, che è l'emendamento 1.28.

  PRESIDENTE. Mi pare che anche il collega Quaranta si rimetta all'Aula per tutti gli emendamenti a prima firma Invernizzi, fino a pagina 29 del fascicolo.

  STEFANO QUARANTA, Relatore di minoranza. Esatto.

  PRESIDENTE. Quindi, andiamo a pagina 30 del fascicolo. Emendamento Toninelli 1.131 ?

Pag. 108

  DANILO TONINELLI, Relatore di minoranza. Favorevole.

  STEFANO QUARANTA, Relatore di minoranza. Favorevole.

  CRISTIAN INVERNIZZI, Relatore di minoranza. Favorevole.

  IGNAZIO LA RUSSA, Relatore di minoranza. Mi rimetto all'Aula.

  PRESIDENTE. Emendamento Bianconi 1.103 ?

  DANILO TONINELLI, Relatore di minoranza. Mi rimetto all'Aula.

  STEFANO QUARANTA, Relatore di minoranza. Mi rimetto all'Aula.

  CRISTIAN INVERNIZZI, Relatore di minoranza. Mi rimetto all'Aula.

  IGNAZIO LA RUSSA, Relatore di minoranza. Favorevole.

  PRESIDENTE. Interrompiamo, a questo punto, l'esame del provvedimento, che riprenderà nella seduta di domani a partire dalle ore 10.

Modifica nella composizione dell'ufficio di presidenza di un gruppo parlamentare.

  PRESIDENTE. Comunico che il presidente del gruppo parlamentare Misto, con lettera pervenuta in data odierna, ha reso noto che il deputato Rocco Palese è stato nominato vicepresidente del gruppo in rappresentanza della componente politica «Conservatori e Riformisti».

Ordine del giorno della seduta di domani.

  PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani, ricordando che domani, mercoledì 25 novembre, è convocata, alle ore 13, la riunione del Parlamento in seduta comune per l'elezione di tre giudici della Corte costituzionale. La chiama avrà inizio dei senatori.

  Mercoledì 25 novembre 2015, alle 10:

  (ore 10 e al termine della riunione del Parlamento in seduta comune)

  1. – Seguito della discussione del disegno di legge costituzionale:
   S. 1429-B – Disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del titolo V della parte II della Costituzione (Approvato, in prima deliberazione, dal Senato, modificato, in prima deliberazione, dalla Camera e nuovamente modificato, in prima deliberazione, dal Senato) (C. 2613-B).
  — Relatori: Fiano, per la maggioranza; Toninelli, Quaranta, Invernizzi e La Russa, di minoranza.

  2. – Seguito della discussione della proposta di legge:
   BUSINAROLO ed altri: Disposizioni per la tutela degli autori di segnalazioni di reati o irregolarità di cui siano venuti a conoscenza nell'ambito di un rapporto di lavoro pubblico o privato (C. 3365-A).

   e delle abbinate proposte di legge: BUSINAROLO ed altri; FERRANTI ed altri (C. 1751-3433).
  — Relatrici: Businarolo, per la II Commissione; Casellato, per l'XI Commissione.

  La seduta termina alle 20,20.

VOTAZIONI QUALIFICATE EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 1 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 2)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nom. Ddl cost. 2613-B - q.p. cost.1 e 2 434 431 3 216 143 288 67 Resp.
2 Nom. Ddl cost. 2613-B - q.p. mer.1 e 2 439 435 4 218 145 290 67 Resp.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M = Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.