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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 510 di lunedì 26 ottobre 2015

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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROBERTO GIACHETTI

  La seduta comincia alle 15.

  PRESIDENTE. La seduta è aperta.
  Invito la deputata segretaria a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

  ANNA MARGHERITA MIOTTO, Segretaria, legge il processo verbale della seduta del 19 ottobre 2015.

  PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.
  (È approvato).

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Amici, Baldelli, Bellanova, Beni, Bernardo, Dorina Bianchi, Bindi, Binetti, Biondelli, Bobba, Bocci, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Brambilla, Bratti, Brescia, Bressa, Brunetta, Bruno Bossio, Caparini, Capelli, Carbone, Casero, Castiglione, Chaouki, Cirielli, Costa, Costantino, D'Alia, D'Uva, Dambruoso, De Micheli, Del Basso De Caro, Dellai, Di Gioia, Di Lello, Fava, Ferranti, Fico, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Franceschini, Garofani, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, Giuseppe Guerini, La Russa, Lorenzin, Losacco, Lotti, Lupi, Madia, Manciulli, Manfredi, Marazziti, Merlo, Migliore, Oliverio, Orlando, Pisicchio, Portas, Prestigiacomo, Ravetto, Realacci, Rosato, Domenico Rossi, Rughetti, Sani, Scalfarotto, Scotto, Sorial, Tabacci, Valeria Valente, Vecchio, Velo, Venittelli, Vignali, Zaccagnini e Zanetti sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
  I deputati in missione sono complessivamente ottantanove, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell’allegato A al resoconto della seduta odierna).

Discussione delle mozioni Businarolo ed altri n. 1-00783 e Scotto ed altri n. 1-00912 concernenti iniziative per assicurare maggiore trasparenza e partecipazione nelle procedure di nomina dei membri dei consigli di amministrazione delle società partecipate dallo Stato e da altri soggetti pubblici (ore 15,05).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione delle mozioni Businarolo ed altri n. 1-00783 e Scotto ed altri n. 1-00912 concernenti iniziative per assicurare maggiore trasparenza e partecipazione nelle procedure di nomina dei membri dei consigli di amministrazione delle società partecipate dallo Stato e da altri soggetti pubblici (Vedi l'allegato A – Mozioni).
  Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi riservati alla discussione è pubblicato in calce al resoconto stenografico della seduta del 16 ottobre 2015.Pag. 2
  Avverto che sono state altresì presentate le mozioni Misiani ed altri n. 1-01032, Guidesi ed altri n. 1-01034, Tancredi ed altri n. 1-01036 e Palese n. 1-01037 che, vertendo su materia analoga a quella trattata dalle mozioni all'ordine del giorno, verranno svolte congiuntamente. I relativi testi sono in distribuzione (Vedi l'allegato A – Mozioni).

(Discussione sulle linee generali)

  PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali delle mozioni.
  È iscritta a parlare l'onorevole Businarolo, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00783.
  Ne ha facoltà.

  FRANCESCA BUSINAROLO. Signor Presidente, la mozione che vado ad illustrare riguarda una questione di estrema importanza e di grande attualità, quella delle nomine dei consigli di amministrazione delle società partecipate e della totale mancanza di trasparenza nelle stesse.
  Le società partecipate nel nostro Paese sono una miriade, e non se ne conosce il numero esatto. Secondo il Rapporto sulle partecipazioni detenute dalle amministrazioni pubbliche elaborato dal Ministero dell'economia e delle finanze, diffuso nel 2014 ma relativo all'anno 2012, il numero di queste società ammontava a 8.146, di cui 33 partecipate dallo Stato, circa 7.700 dagli enti territoriali; 420 erano le società in cui partecipavano le amministrazioni centrali, mentre le restanti unità si riferivano agli enti di previdenza e ad altre tipologie di amministrazione. Giusto per fare un paragone, in Francia se ne contano solo mille, un migliaio, mentre noi ne abbiamo più di ottomila.
  In questo mare magnum conta sì il loro numero effettivo, ma anche la loro utilità. Bisogna quindi fare un distinguo: ci sono aziende che effettivamente forniscono un servizio pubblico, erogano l'acqua, il gas, l'elettricità e si occupano della raccolta dei rifiuti; aziende che, se gestite bene, funzionano bene e sono utili. Poi però ci sono svariate agenzie, finanziarie, holding e le cosiddette agenzie per lo sviluppo, di partecipazione comunale, provinciale, regionale, di cui non si capisce la reale funzione, né si capisce come vengano gestiti i soldi. Si arriva infine al paradosso di società partecipate in cui il numero dei membri del consiglio di amministrazione supera quello dei dipendenti, e quelle che sono addirittura senza dipendenti: uno scandalo per il nostro Paese !
  Ho letto diverse definizioni a proposito di questa situazione tutta italiana. C’è stato chi ha parlato di una repubblica delle partecipate; e chi, come l'ex commissario straordinario alla spending review, Carlo Cottarelli (perché adesso è cambiato), che nel 2013 ha inventato l'accezione «giungla delle partecipate». Un universo confuso, che è costato alle casse del nostro Paese secondo la magistratura contabile 30 miliardi e 55 milioni di euro nel 2011, 26 miliardi e 11 milioni di euro nel 2012 e 25 miliardi e 93 milioni di euro nel 2013. Ricordo che un terzo delle società partecipate dagli enti locali è in perdita: per fare un esempio, nel 2012 le partecipate hanno bruciato 1 miliardo 200 milioni di euro, che corrisponde al totale delle perdite accumulate soprattutto dalle società di trasporto pubblico, con in cima quella del comune di Roma, l'ATAC, con 219 milioni di buco nel 2013.
  Le conseguenze di queste situazioni hanno degli strascichi economicamente gravi: il dissesto delle partecipate travolge gli enti locali partecipanti, con un grave rischio per i conti pubblici e l'indebitamento statale.
  Spesso i limiti imposti dal Patto di stabilità inducono gli enti locali a tagliare i servizi pubblici per far quadrare i propri bilanci, e questo a danno dei cittadini. Nel corso degli ultimi anni vi sono stati diversi interventi legislativi diretti al contenimento delle spese legate alle società partecipate, ma c’è ancora molto da fare.
  Questa mozione nasce dall'esigenza di adottare una disciplina organica che preveda una forma finalmente trasparente, Pag. 3oltre che il coinvolgimento diretto dei cittadini nella nomina dei consigli di amministrazione delle partecipate. Gli obiettivi sono quelli di rendere le scelte più democratiche, di garantire la trasparenza e la chiarezza nella scelta dei candidati. Soprattutto si vuole impedire che i consigli di amministrazione delle partecipate rimangano dei poltronifici, perché, parliamoci chiaro, sinora, quando si parlava di società partecipate, di questo si trattava. Una società partecipata può diventare una scorciatoia, un modo semplice per conferire incarichi a soggetti che devono essere «piazzati» da qualche parte. Le motivazioni di questa cattiva usanza sono diverse. Si parte dalla classica necessità di trovare una poltrona per il politico trombato, si passa poi dal bisogno di regalare favori o di «piazzare» l'amico di un qualche politico.
  Il Movimento 5 Stelle è contrario a questo andazzo, è contrario agli sprechi di denaro pubblico, è contrario a questo sistema che lede il diritto dei cittadini di avere dei manager delle partecipate nominati in maniera poco trasparente, ma soprattutto che non abbiano titoli e requisiti per gestire al meglio gli enti pubblici e i servizi che questi devono garantire. Vogliamo che sia garantito il diritto ad avere aziende partecipate che funzionino e che non siano né sanguisughe degli enti locali ma neanche il loro bancomat. Per ottenere ciò si deve ridurre drasticamente il numero delle partecipate, occorre poi intervenire pensando anche ai lavoratori, ai dipendenti, prevedendo ad esempio piani di prepensionamento o accorpamenti delle diverse realtà. Bisogna impedire gli sprechi che provocano una gestione scellerata dei soldi pubblici e per fare tutto ciò serve puntare alla trasparenza delle procedure e dei criteri di nomina dei vertici delle società a partecipazione pubblica, introducendo un meccanismo di audizioni pubbliche per tutti i candidati. L'obiettivo è quello di aumentare la trasparenza nelle nomine pubbliche, favorendo lo svolgimento delle selezioni basate sul merito e sulla competenza, puntando alla diffusione di una cultura della partecipazione dei cittadini ai processi decisionali delle pubbliche amministrazioni.
  Con questa mozione chiediamo l'impegno del Governo ad adoperarsi con interventi normativi per rendere più partecipative e democratiche le nomine dei consigli di amministrazione delle società partecipate dallo Stato e da altri soggetti pubblici attraverso metodi chiari e trasparenti. Chiediamo che sia obbligatori pubblicare i curricula e i certificati penali dei singoli candidati sul sito Internet della società partecipata, così da consentire a tutti i soggetti interessati, cittadini, dipendenti, clienti e fornitori delle stesse società partecipate, di essere a conoscenza in maniera trasparenza dei requisiti e dei livelli di competenza posseduti dai singoli candidati. I cittadini devono poi poter intervenire direttamente, rivolgendo domande sui curricula dei candidati, sulle loro attitudini e competenze.
  Si chiede allora di prevedere che, prima di tutto, ai cittadini sia data la possibilità, in un arco temporale di almeno dieci giorni prima dell'audizione dei candidati, di inviare osservazioni e domande via web. In secondo luogo, cosa più importante, si chiede di introdurre il meccanismo di audizioni pubbliche nella scelta dei candidati ai vertici delle società partecipate. Parlo proprio di colloqui aperti alla partecipazione dei cittadini per premiare merito e competenza per la nomina dei manager da designare nei consigli di amministrazione delle società partecipate, tale da assicurare la massima trasparenza e partecipazione dei cittadini durante lo svolgimento della selezione, dando loro la possibilità di rivolgere domande direttamente ai candidati. Delle domande e delle risposte gli enti dovranno ovviamente tenere conto nel corso della discussione e della decisione sulle nomine. Trasparenza e onestà, dentro e fuori dal Parlamento, è questo quello che chiede il Movimento 5 Stelle, lo chiederà sempre, in tutte le istituzioni e a tutti livelli.

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  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Palese, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-01037. Ne ha facoltà.

  ROCCO PALESE. Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, il problema delle partecipate da qualche anno è diventato un problema serio per il Paese e per i cittadini. L'idea con cui furono istituite e gli obiettivi da raggiungere erano anche abbastanza pertinenti, solo che nel frattempo vi è stata una degenerazione senza precedenti, sia come numero, sia come qualità, sia rispetto anche alla funzione.
  Pochissime ad oggi utili e che funzionano, moltissime che dissestano i bilanci dei comuni, con perdite stratosferiche, alcune addirittura assurde, solo con consigli di amministrazione che servono per dare indennità senza alcun controllo e senza svolgere alcun tipo di attività.
  Sono diventate un cancro del Paese. Quindi, per questo motivo, il commissario per la revisione della spesa pubblica, Cottarelli, fu costretto a mettere nero su bianco nel suo rapporto la giungla e, secondo me, i numeri che aveva Cottarelli erano in difetto; parliamo di circa 9 mila società partecipate che sono delle vere e proprie zone franche, le quali, per anni, sono state zone franche, senza alcun tipo di controllo, con una gestione del tutto clientelare. Queste sono state veramente uno dei punti cardine del cosiddetto decentramento e del cosiddetto federalismo perché, alla fine, uno dei punti cardine dell'attuazione del federalismo della corruzione – perché l'unico federalismo che è andato in vigore nel nostro Paese è solo quello – è rappresentato proprio dalle partecipate. Consulenze a non finire.
  Sul problema del personale poi mi soffermo un attimo di più, perché, da un lato, c'era l'Europa, le leggi finanziarie e poi successivamente le leggi di stabilità e tantissimi decreti di razionalizzazione della spesa pubblica nel nostro Paese che venivano fatti nel corso dell'anno, con cui si prevedeva e si intimava a tutti gli enti di diritto pubblico e a tutte le pubbliche amministrazioni, dallo Stato alle province, alle regioni, annessi e connessi e a tutti gli enti di diritto pubblico il divieto di assunzione. Però, questo divieto di assunzione non è stato mai osservato nel nostro Paese, perché tutti i comuni, le regioni con le partecipate assumevano personale a tutta birra, con un doppio danno, senza meritocrazia, tutte assunzioni quasi clientelari, quasi nessuna utile, tutte costose e in più con un problema molto serio, ossia che tutto questo personale veniva assunto senza alcun tipo di selezione, quindi un danno economico, funzionale e soprattutto si trattava di personale non utilizzabile per quasi tutto, cioè per nulla.
  Si è parlato, si è fatto cenno a Roma: Roma viene riportata diciamo come l’iceberg, ma è dappertutto così, sarebbe ingeneroso anche questo rispetto a Roma capitale perché dappertutto è così. Sarebbe una sottovalutazione del problema citare o limitare la situazione a Roma. Le partecipate sono veramente un cancro serio che si è innestato all'interno della pubblica amministrazione.
  C’è la stabilità – e mi avvio subito alla conclusione – e questa interviene, non poteva fare altrimenti, soprattutto sul problema del tetto degli stipendi e poi interviene rispetto anche alla possibile riduzione.
  Signor Presidente, queste mozioni – ho visto anche quelle dei colleghi – mirano a far prendere impegni seri al Governo perché il problema vero e reale delle partecipate è che la legge di stabilità, la legge dello Stato stabilisce alcune regole e alcune situazioni e poi non controlla nessuno e non viene applicato niente. Le sanzioni sulle partecipate: è giunto il momento pure di dire che, se la legge dello Stato impone a, b e c, chi non lo fa va in galera subito. Non c’è alternativa, perché tentativi ne sono stati fatti tanti di razionalizzazione, di riduzione con i provvedimenti di Monti di maquillage e di cambio sociale e quant'altro. Queste sono un cancro che va assolutamente risolto: sono a spese dei cittadini e basta.
  Quindi, noi impegniamo il Governo a prevedere meccanismi nella determinazione dei rappresentanti dei consigli di amministrazione delle società partecipate Pag. 5dalla pubblica amministrazione, volti ad evitare conflitti e incompatibilità tra di essi, anche questo è un problema, nonché ad introdurre maggiore trasparenza nei criteri di nomina dei candidati all'interno dei consigli di amministrazione delle società partecipate dalle amministrazioni pubbliche, anche attraverso un sistema di audizioni pubbliche in grado di consentire una migliore conoscenza dei medesimi nonché la pubblicazione dei curricula vitae e del certificato del casellario giudiziale.
  I condannati via subito ! Via subito, al primo grado e non al terzo grado ! Via subito, chi sta all'interno della pubblica amministrazione perché non è che noi possiamo applicare la «legge Severino» a chi è impegnato direttamente in politica, cioè i parlamentari, i membri degli enti locali e quant'altro e poi per quanto riguarda le partecipate, invece, non si fa assolutamente nulla.
  Si impegna il Governo a pubblicare nel sito Internet dell'ente pubblico di riferimento un documento di sintesi, in grado di illustrare i criteri di nomina determinati e riferiti alla tipologia dei servizi resi dalla società e ad adottare iniziative volte ad una revisione della determinazione delle retribuzioni dei dirigenti delle società partecipate e dei membri dei consigli di amministrazione, attraverso un contenimento dei compensi, nel solco delle linee di indirizzo contenute all'interno del documento predisposto dall'ex commissario alla cosiddetta «spending review» Carlo Cottarelli, che peraltro prevedeva anche che qualsiasi cosa, qualsiasi attività, qualsiasi spesa, qualsiasi decisione delle partecipate andasse, in virtù della regola della trasparenza, pubblicata su Internet, pubblicata dappertutto, in maniera tale che i cittadini avessero contezza di quella che è l'attività delle società partecipate.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Boccadutri, che illustrerà anche la mozione Misiani ed altri n. 1-01032, di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.

  SERGIO BOCCADUTRI. Grazie, Presidente. Molte cose sono state già dette dai colleghi che mi hanno preceduto, cioè che il 95 per cento delle società partecipate sono società partecipate sostanzialmente a livello comunale e che operano nel settore terziario. Della situazione di questa società ha parlato anche l'onorevole Palese, cioè che sostanzialmente non reggono, appunto, neanche la prova dei bilanci e che c’è stata una norma della legge di stabilità che ne ha stabilito una razionalizzazione, sulla base di alcuni criteri che sono stati anche qui ricordati. Questo è un lavoro che è proseguito anche con la riforma della pubblica amministrazione, che sta proseguendo e che ovviamente bisogna portare a termine – sono d'accordo –, perché è importante rispetto agli impegni presi.
  Ma qui stiamo parlando anche di un altro problema, cioè di come vengono individuati gli amministratori di queste società. E, allora, da questo punto di vista, non dobbiamo sempre partire da zero. Ci sono stati degli interventi, in questi anni, che riguardano proprio i requisiti per fare parte dei consigli di amministrazione delle società, che sono requisiti di ineleggibilità contenuti in una direttiva del Ministro dell'economia e delle finanze, che devono essere estesi anche a tutte le società partecipate, qualunque sia il soggetto che le partecipa o le controlla. Ci sono, poi, anche cause di ineleggibilità legate, quindi, a requisiti soggettivi e a requisiti oggettivi, come, appunto, la professionalità, l'esperienza e l'assenza di conflitti di interesse.
  Ma qui è stata ricordata anche la necessità che nelle società partecipate non vadano persone che hanno subito una sentenza di condanna anche non definitiva. Ciò è scritto esattamente nell'allegato della direttiva del Ministro dell'economia e delle finanze, esplicitamente per alcuni tipi di reato. È evidente che ciò si stabilisce non soltanto quando vi è una sentenza di condanna non definitiva ma, forse anche in via proprio precauzionale, il Ministero ha inteso addirittura stabilirlo quando vi è il decreto che dispone il giudizio o, addirittura, che dispone il giudizio immediato. Quindi, Pag. 6siamo in una fase che va anche al di là del fatto che ci sia stata una sentenza, sebbene di primo grado.
  Quindi, del lavoro è stato fatto ed è stato fatto anche in modo forte, perché, appunto, stiamo parlando di persone che probabilmente potrebbero anche uscire poi indenni dal giudizio. Dunque, da questo punto di vista io credo che noi dobbiamo lavorare affinché si estendano queste direttive a tutte le società partecipate.
  C’è, poi, una cosa che non condividiamo. Non condividiamo questa idea per cui vi è un'assenza totale di discrezionalità di chi controlla e di chi partecipa, che si traduce in un'assenza totale di responsabilità, perché, alla fine, caro Presidente, se decidono tutti non paga mai nessuno. Se decidono tutti, da un punto di vista anche della responsabilità politica, di chi ha deciso e ha compiuto una scelta, a fronte di requisiti oggettivi e soggettivi, di un soggetto piuttosto che di un altro, come, ovviamente, il non essere preparati – e non ripeto qui i criteri della direttiva –, e poi ha scelto quel determinato soggetto, chi agisce si assume anche le responsabilità di quello che ha scelto. Tanto è vero, se lo assume, che ciò è già previsto all'interno della ratio della direttiva, che dice che, se ci dovesse essere la riconferma, si deve guardare anche al risultato ottenuto, al risultato della gestione.
  Se ci deve essere una riconferma dei membri di un CdA di una partecipata o di una controllata, l'ente che ha il potere di indicarla deve guardare questo, e quindi si assume doppiamente la responsabilità di avere verificato che vi sia stata una buona gestione da parte di quel soggetto. Quindi, ripeto, è troppo facile estenderla e dire che decidono i cittadini, perché, anche qui, dobbiamo chiarirci: siamo ancora una democrazia rappresentativa, in cui si eleggono gli organismi, vi sono delle responsabilità ed è giusto che chi ha una responsabilità e ha un mandato li eserciti, anche nella discrezionalità, e ne risponda, ovviamente, qualora abbia sbagliato, anche di fronte al proprio elettorato.
  Pensare di risolvere il problema in quell'altro modo significa che, alla fine, quando, poi, sorge il problema o quando le cose vanno male, la responsabilità non sarà stata di nessuno, perché sarà stata di tutti (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Tancredi, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-01036. Ne ha facoltà.

  PAOLO TANCREDI. Grazie, Presidente. Come è stato detto da chi mi ha preceduto, l'argomento è stato più volte trattato e io ripeterò anche alcuni impegni che il Governo si è preso e ha messo nella legge di stabilità del 2015, come illustrato in maniera dettagliata dalla nostra mozione, dalla mozione di Area Popolare.
  Così come la nostra mozione rifà un po’ il quadro dei numeri, che sono noti, però è bene ricordarli: vi sono 7.684 organismi pubblici partecipati dagli enti locali in Italia. Questo ce lo dice la Corte dei conti, anche se poi è ripreso pure dal rapporto che l'ex commissario per la spending review, Cottarelli, aveva fatto, con un focus molto dettagliato sul problema delle partecipate e sulla possibilità di aggredirle con risparmi di spesa, cosa che non è facile, al di là degli annunci che si fanno, spesso sbrigativi, che spesso portano a pensare che con un intervento normativo si possa intervenire sui costi e sulle inefficienze di tante partecipate italiane; gli insuccessi avuti in questi anni sono a testimoniarlo.
  Starei attento anche a fare facili proclami, quando diciamo che gli inquisiti e i condannati devono andare tutti fuori. Insomma, vi sono diritti soggettivi in un Paese che è fondato sullo Stato di diritto e, quando noi facciamo leggi che vanno a calpestare questi diritti soggettivi, abbiamo l'infelice sorpresa che abbiamo fatto la legge, ci siamo applauditi, molto spesso, qui dentro, però, poi, lì fuori questa legge non ha alcun effetto o, peggio ancora, ha degli effetti terribili, perché provoca effetti che poi, in sede giurisdizionale o costituzionale, vengono assolutamente contraddetti.
  Comunque, continuando in questa elencazione di numeri, voglio dire che un Pag. 7dato importante è che solo il 35 per cento del totale sono società che operano nel settore dei servizi pubblici locali. Quindi, solo il 35 per cento di queste quasi 8 mila società opera nei servizi pubblici locali, che, intuitivamente, dovrebbe essere l'ambito in cui esse applicano la loro azione, visto che spesso dovrebbero essere create per risolvere problemi legati ai servizi pubblici.
  Questo 35 per cento, poi, si scontra con il fatto che il valore della sua produzione è il 71 per cento del totale della produzione delle società. Comunque, la restante percentuale, il 64 per cento di queste quasi 8 mila società, opera nelle attività definite «strumentali», che possono andare dalla consulenza all'assistenza, ma non in servizi al cittadino, servizi pubblici locali, quelli attribuiti agli enti locali.
  Gli organismi a totale partecipazione pubblica, e quindi totalmente pubblici, sono quasi 2 mila di questi 8 mila, con uno o più enti partecipanti, che salgono al 70 per cento del totale se si aggiungono anche quelli con una prevalenza dei soggetti pubblici, cioè dove il pubblico ha più del 51 per cento (in tutto 5.422). Gli oneri complessivi delle società partecipate a carico della pubblica amministrazione assommano a circa 24 miliardi di euro annui: anche questo si è detto più volte.
  Ma ci sono, tra questi 24 miliardi di euro, circa 1,2 miliardi che non sono di attività ordinaria, ma sono destinati al solo ripianamento delle perdite. Io mi permetto di dire, avendo letto anche la relazione del commissario Cottarelli, che questi 1,2 miliardi sono sottostimati, perché spesso non si riesce ad avere una mappatura vera tra società regionali, società partecipate. Infatti, ci arrivo tra un po’, voglio poi fare un piccolo focus sulla questione trasporti.
  Nel corso dell'ultimo anno, come ho detto, il Governo in carica si è mosso in maniera abbastanza decisa e con la legge di stabilità per il 2015 è stata stabilita la soppressione delle società che risultino composte da soli amministratori o da un numero di amministratori superiore a quello dei dipendenti. Bisognerebbe, intanto, fare un monitoraggio e andare a vedere quale è stato il risultato di questa previsione normativa. È stata prevista la realizzazione da parte di regioni, enti locali, camere di commercio, università e autorità portuali, di un piano di razionalizzazione delle società e delle partecipazioni societarie. È stata modificata la disciplina sull'affidamento diretto secondo criteri maggiormente aderenti alle disposizioni comunitarie. Questo è un punto molto importante su cui l'Italia si è mossa spesso in maniera frammentata e contraddittoria.
  Con l'articolo 18, invece, della legge delega per la riforma della pubblica amministrazione, si sono ridefinite le regole per la costituzione di società o per l'assunzione e il mantenimento di partecipazioni societarie, prevedendo che le partecipazioni debbano mantenersi entro il perimetro dei compiti istituzionali delle amministrazioni interessate e solo per ambiti strategici o per la tutela di interessi pubblici rilevanti. Si sono razionalizzate le regole per la scelta degli amministratori e l'assunzione dei dipendenti; regolati flussi finanziari tra ente partecipante e società partecipata; stabilite le regole per le responsabilità degli amministratori; fissate le regole per i commissariamenti e la chiusura delle società in perdita; fissati i criteri per il consolidamento delle partecipazioni nei bilanci degli enti proprietari e la trasparenza dei bilanci delle partecipate; definite le modalità per l'introduzione di un sistema sanzionatorio mediante riduzione dei trasferimenti statali nei confronti degli enti che non siano adempienti a queste regole; rafforzate le misure di incentivazione dei processi di aggregazione. Tutto questo lo abbiamo fatto con un'attività legislativa che in questo anno ci ha visti impegnati qui alla Camera dei deputati. È vero, da questo punto di vista, bisogna sicuramente monitorare, ed è quello che noi chiediamo al Governo, anche l'azione di queste norme che abbiamo messo in campo. Lo ricorderete tutti, l'obiettivo (che è stato ripetuto dal Presidente del Consiglio) nell'analisi molto Pag. 8dettagliata e importante fatta da Cottarelli era quello di ridurre le società da 8 mila a mille. Ma questo sarà fatto – lo ripeto – con un'azione amministrativa forte, non possiamo pensare illuministicamente di farlo solo scrivendo delle norme via via più dettagliate e ambiziose, senza preoccuparci poi di come vengono applicate e di come intervengono su un complesso di società molto variegato, che ha sviluppato e creato diritti soggettivi, contratti e impegni. Da questo punto di vista, poi, chi si trova ad applicare queste norme nelle varie realtà locali si trova a districare dei nodi difficilissimi, che spesso poi portano al mantenimento dello stato in cui si trovano ed è quello che è successo fino adesso. Questo è quanto avvenuto dal punto di vista dell'azione amministrativa del Parlamento.
  Concludo, Presidente. Gli ultimi due minuti li voglio dedicare invece al fatto che, secondo me, noi dovremmo approcciare un altro percorso, che è un percorso di approccio liberale al problema dei servizi pubblici locali. Faccio l'esempio del trasporto pubblico locale (perché mi viene più facile, perché lo conosco meglio, ma anche perché probabilmente non è preso dalla morsa anche ideologica dei servizi essenziali, come l'acqua, che hanno visto grosse battaglie anche di carattere ideologico, senza schierarmi in questo momento da una parte e dall'altra), che oggi vede impegnate in Italia centinaia di società che svolgono questo servizio spesso in maniera inefficiente. Non devo citare statistiche per dire che il nostro sistema di trasporto pubblico è uno dei più inefficienti dei Paesi a noi paragonabili in Europa. Il trasporto pubblico locale costa all'erario 8 miliardi di euro l'anno. Qualcuno mi dirà «sì, va bene, ma se non spendi i soldi, il trasporto pubblico poi non è competitivo». Ma io non sto dicendo questo.
  Io sto dicendo soltanto, semplicemente, che, laddove non si è fatto – e purtroppo si tratta del 90 per cento dei casi –, dovremmo andare a gare pubbliche, cosa che ci impone l'Europa. E dovremmo liberalizzare il mercato, liberando così anche energie private che ci potrebbero dare efficienza, bontà e maggiore qualità del servizio.
  C’è stata un'inchiesta dell’Espresso di qualche settimana fa, dove si faceva un'analisi del mondo del trasporto pubblico locale. Certo, insomma, qui a Roma abbiamo un esempio classico di questo sperpero, che è la società di trasporto pubblico locale romana, che, oltre ad assorbire centinaia di milioni per il funzionamento ordinario ogni anno, ha anche un buco di un miliardo e 300 milioni, che non rientrano – attenzione – in quei 7 miliardi citati all'inizio. Allora, noi dobbiamo puntare a gestioni efficienti, gestioni che diano servizio di qualità e che siano anche caratterizzate da una governance che sia efficiente e moderna e che punti quantomeno ai pareggi di bilancio e agli utili.
  Da questo punto di vista le gare sul trasporto pubblico locale in questo Paese sono in ritardo nettissimo. Secondo me, sarebbero un'apertura importante al mercato e alla concorrenza, un'apertura a un buon servizio e anche un risparmio per la pubblica amministrazione notevole, sia per quanto riguarda gli 8 miliardi circa del fondo ordinario sia per i non quantificati e inquantificabili miliardi che le varie amministrazioni e lo Stato centrale vanno a spendere di volta in volta per risanare gestioni decotte, che hanno grossi deficit e che non si trovano nelle condizioni di potere andare avanti e per le quali, quindi, a quel punto, lo Stato deve impegnarsi. Perciò io sono per l'apertura alla concorrenza, anche europea, e sono per fare gare europee. Noi non dobbiamo avere paura di questo, lo dobbiamo considerare non come un grande rischio, ma come una grande risorsa. Non credo che ci sia qualcuno che possa ragionevolmente, conti alla mano, difendere gestioni disastrate, in perdita, che hanno consentito soltanto benefici a chi le amministra e a qualche amico. Da questo punto di vista ritengo che sia un metodo molto più efficace, anche se indiretto, per affrontare il problema dei costi delle tante e inutili società partecipate in Italia.

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  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Ferrara, che illustrerà la mozione Scotto ed altri n. 1-00912, di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.

  FRANCESCO detto CICCIO FERRARA. Grazie Presidente. Come qui è stato già detto, le società partecipate da capitale pubblico registrano una significativa presenza nel nostro Paese e rappresentano un mondo tanto articolato quanto non sempre molto trasparente e per questa via c’è bisogno di approfondire in un disegno di legge, per così dire, di ristrutturazione questo comparto.
  Nel Rendiconto generale dello Stato per il 2014, le società partecipate risultano essere in tutto circa 7.500 e, in particolare, 50 dallo Stato e 5.258 dagli enti locali, cui si sommano altri 2.214 organismi di varia natura (consorzi, fondazioni e altri). Il numero complessivo è, però, sempre variabile, in quanto le società sono soggette a frequenti modifiche dell'assetto societario e in ogni caso provocano un forte impatto sui conti pubblici.
  In questi ultimi anni, il ruolo e le funzioni delle società partecipate dalle amministrazioni pubbliche, particolarmente diffuse nel comparto delle amministrazioni locali, sono stati oggetto di recenti iniziative finalizzate alla razionalizzazione del settore, sia per ridurne il numero, anche allo scopo di un contenimento della relativa spesa, sia per aumentarne la trasparenza.
  L'esigenza di un intervento volto a ridisegnare l'universo delle partecipate locali aveva trovato espressione quando si è conferito al commissario la predisposizione della programmazione di razionalizzazione, anche ai fini di una loro valorizzazione industriale, delle aziende speciali, delle istituzioni e delle società direttamente o indirettamente controllate dalle amministrazioni locali.
  La strategia proposta da tale programma è incentrata su quattro cardini, quali limitare il perimetro delle partecipate entro i compiti istituzionali dell'ente partecipante; introdurre vincoli diretti per limitare o vietare alcuni tipi di partecipazioni; promuovere l'efficienza delle partecipate che rimarranno operative, attraverso l'uso dei costi standard e l'aggregazione tra società che offrono servizi simili, per sfruttare al meglio le economie di scala e, infine, fare ampio ricorso alla trasparenza ed alla pressione dell'opinione pubblica come strumento di controllo.
  Per quanto riguarda la trasparenza delle procedure e dei criteri con i quali sono nominati i vertici delle società a partecipazione pubblica, numerose associazioni e movimenti, come l'Associazione pubblici cittadini, il Movimento consumatori, Officine democratiche e altri, hanno proposto l'introduzione di un meccanismo di audizioni pubbliche per tutti i candidati, con l'obiettivo di aumentare la trasparenza nella prassi delle nomine pubbliche, favorendo così lo svolgimento di selezioni basate effettivamente sul merito e sulla competenza e la diffusione di una cultura della partecipazione e della progettualità politica imperniata su proposte riformatrici di lungo termine, elaborate anche alla luce della migliore prassi internazionale.
  Proprio sul fronte della trasparenza nella nomina dei vertici delle società a partecipazione pubblica, con la nostra mozione intendiamo impegnare il Governo affinché faccia in modo che vengano pubblicati i curricula dei singoli candidati anche sul sito Internet delle società partecipate coinvolte dalle procedure di nomina, così da consentire a tutti i soggetti interessati, quali dipendenti, clienti e fornitori delle stesse società, di essere a conoscenza dei requisiti posseduti dai candidati. Vogliamo, inoltre, impegnare il Governo ad introdurre un meccanismo di audizioni pubbliche per la nomina dei candidati dei consigli di amministrazione delle società partecipate dallo Stato e da altri soggetti pubblici tale da assicurare la massima trasparenza e partecipazione da parte dei cittadini durante lo svolgimento dell'iter di selezione. Tutto ciò al fine di migliorare, grazie alla trasparenza nella scelta dei vertici, la qualità delle stesse partecipate e, ovviamente, al fine di garantire anche il rapporto con le lavoratrici Pag. 10e i lavoratori di esse, grazie anche a una selezione che punti sempre più a valorizzare la capacità di chi si candida a guidarle.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Monchiero. Ne ha facoltà.

  GIOVANNI MONCHIERO. Grazie, Presidente. Io prendo spunto dalla relazione dei colleghi che hanno illustrato le loro mozioni per dire che naturalmente anche Scelta Civica presenterà una sua mozione e per sottolineare alcune cose che – credo – valga la pena di dire.
  Innanzitutto, il mondo delle partecipate, come ricordava or ora anche il collega Ferrara, è un mondo estremamente variegato. Dentro c’è di tutto: ci sono aziende enormi e ci sono aziende troppo piccole per essere vere; ci sono aziende efficienti – a quanto pare, non numerosissime – e ci sono aziende tragicamente inefficienti, che accumulano disavanzi enormi, in un contesto di servizi resi all'utenza non sempre encomiabile.
  In questo contesto tutte le tematiche connesse alla trasparenza sono certamente utili a migliorare la qualità del sistema, ma non sono sufficienti. Noi crediamo e, di conseguenza, chiediamo al Governo, intanto, di dare contenuti puntuali alla legge sulla riforma della pubblica amministrazione, che in più punti fa riferimento alla situazione di queste strutture, ma soprattutto di mettere in atto dei meccanismi di verifica dell'attività delle partecipate. Infatti, qualsiasi sia la cura che si voglia dare a quella che appare, di primo acchito, un'evidente patologia, assolutamente è indispensabile acquisire le nostre capacità di diagnosi per cercare di distinguere caso per caso. In un mondo – ripeto – estremamente complesso, noi dobbiamo avere dei metri di giustizio, l'opinione pubblica deve avere dei metri di giudizio che consentano di essere correttamente informati per poter distinguere chi funziona e chi non funziona, per poter capire i settori in cui è indispensabile avere un controllo pubblico di regolazione del mercato e i settori nei quali, invece, non è così indispensabile che il regolatore entri anche nell'attività come produttore, diretto o indiretto, dei medesimi servizi che intende regolare.
  Quindi, in questo contesto è davvero una necessità primaria per il sistema essere portato chiaramente a conoscenza dell'andamento delle singole strutture. Prima veniva fatto il caso delle società di trasporti. Il mondo del trasporto pubblico è evidentemente un settore economico che deve essere sostenuto dall'intervento comunitario, nel senso della nostra comunità locale. Non è pensabile gestire servizi di trasporto pubblico a costi economicamente compatibili. Il cosiddetto prezzo politico del servizio è una tradizione che ha un fondamento nei dati di realtà. Questa situazione, però, deve essere uno stimolo a migliorare l'efficienza, non ad abbandonare il concetto stesso di efficienza. Nel momento in cui noi riconosciamo che il servizio pubblico, come pubblico deve essere accuratamente controllato, nel momento in cui noi riconosciamo questa necessità, non è che questo giustifichi poi tutte le diseconomie, le gestioni assolutamente passive, i disastri, anche qualitativi, dei servizi che sono sotto gli occhi di tutti e particolarmente di chi vive in questa città, ma credo che anche le altre metropoli non si distanzino moltissimo.
  In un contesto come questo, ripeto, è indispensabile capire, per poter discernere meglio, per poter adottare specifici provvedimenti settore per settore; specifici provvedimenti che riportino questo mondo, non solo nell'alveo della legalità, ma anche in quello di una gestione economicamente sostenibile, nell'interesse di tutti i cittadini.

  PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali delle mozioni.
  Prendo atto che il Governo si riserva di intervenire nel prosieguo del dibattito.
  Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Pag. 11

Discussione della proposta di legge: S. 859-1357-1378-1484-1553 – D'iniziativa dei senatori: Scilipoti Isgrò; Falanga; Moscardelli ed altri; Stucchi; Ginetti: Introduzione del reato di omicidio stradale e del reato di lesioni personali stradali, nonché disposizioni di coordinamento al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e al decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274 (Approvata, in un testo unificato, dal Senato) (3169-A); e delle abbinate proposte di legge: La Russa e Cirielli; Bianconi e Laffranco; Vezzali ed altri; Giancarlo Giorgetti ed altri; Carrescia ed altri; Nastri; Cristian Iannuzzi e Catalano; Catanoso Genoese e Francesco Saverio Romano; Palmizio; Crivellari; Greco; Ferraresi ed altri (A.C. 361-562-959-1430-1475-1643-1646-1677-2068-2192-2263-3366) (ore 15,45).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della proposta di legge, già approvata, in un testo unificato, dal Senato, n. 3169-A: Introduzione del reato di omicidio stradale e del reato di lesioni personali stradali, nonché disposizioni di coordinamento al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e al decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274; e delle abbinate proposte di legge: La Russa e Cirielli; Bianconi e Laffranco; Vezzali ed altri; Giancarlo Giorgetti ed altri; Carrescia ed altri; Nastri; Cristian Iannuzzi e Catalano; Catanoso Genoese e Francesco Saverio Romano; Palmizio; Crivellari; Greco; Ferraresi ed altri.
  Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al resoconto stenografico della seduta del 22 ottobre 2015.

(Discussione sulle linee generali – A.C. 3169-A)

  PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
  Avverto che il presidente del gruppo parlamentare del MoVimento 5 Stelle ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento. Avverto, altresì, che la II Commissione (Giustizia) e la IX Commissione (Trasporti) si intendono autorizzate a riferire oralmente.
  Ha facoltà di intervenire il relatore per la maggioranza per la IX Commissione, l'onorevole Gandolfi.

  PAOLO GANDOLFI, Relatore per la maggioranza per la IX Commissione. Grazie Presidente, nel nostro Paese abbiamo ogni giorno dieci morti sulle nostre strade. Gli incidenti stradali sono la principale causa di morte accidentale e violenta in cui possa incorrere un cittadino italiano. Affrontare questo tema significa affrontarlo da tutti i punti di vista e, sicuramente, prima di arrivare al punto in cui arriviamo oggi, cioè quello delle pene previste per chi, a fronte di determinate condotte, possa causare la morte di terzi sulle nostre strade, ovviamente si tratta di arrivarci con altre attività, altri provvedimenti, anche semplicemente di natura amministrativa, che possano dare al nostro Paese una condizione di sicurezza sulle nostre strade e una condizione di sicurezza per i nostri cittadini, sia dal punto di vista del rischio di morte, che da quello di lesioni gravi, che sia quantomeno simile alla media di quella che troviamo nei Paesi della Comunità europea e in particolare dei grandi Paesi che, per altre caratteristiche socio-economiche, sono più simili a noi. Purtroppo su questo no.
  Come dicevo, Presidente, la possibilità di ridurre il numero dei morti e il numero dei feriti sulle strade attiene sicuramente ad aspetti culturali, attiene sicuramente ad una maggiore capacità di controllo sulle nostre strade che si trovano in una situazione che noi neanche lontanamente riusciamo ad avvicinare ai livelli medi di altri Paesi dove appunto è più bassa l'incidentalità stradale e soprattutto la dannosità dell'incidentalità stradale, che oggi è l'oggetto principale della nostra preoccupazione. Dicevo che la possibilità di riduzione attiene al sistema di controlli e ad Pag. 12una qualità dei controlli decisamente più ampia, più robusta, più efficace. A fronte di questo esistono poi altre azioni di natura educativa, formativa e, perché no, anche regole di comportamento sulla strada e caratteristiche delle nostre strade migliori: regole più intelligenti e, al tempo stesso, strade anch'esse più intelligenti cioè più capaci di trasmettere ai vari utenti della strada – siano essi quelli più vulnerabili come i pedoni, i ciclisti, i bambini e gli anziani, che sono anche le principali vittime degli incidenti stradali, ma anche agli automobilisti – la strada stessa sia in grado di trasmettere ad essi le condizioni e l'esigenza di sicurezza che dobbiamo perseguire. Esiste poi un dubbio in una persona, come il sottoscritto, che è lontanissima dall'idea che la durezza della pena sia uno strumento per disincentivarne l'occorrenza: il dubbio che pene dure, pene severe possano non servire ad evitare fatti gravi di questa natura, io personalmente ce l'ho sempre avuto. Considero la necessità di istituire il reato di omicidio stradale, per il quale iniziamo la discussione oggi e che sarà frutto del dibattito nei prossimi giorni, prevalentemente una necessità di giustizia che sentiamo nei confronti di chi in una qualche misura è stato vittima di queste tipologie di reato. Il problema però, Presidente, è un altro: il problema è l'attuale livello sostanziale, figlio anche di differenti aspetti, comunque il livello attuale di impunità in cui si incorre nel caso in cui si provochi un omicidio stradale, in cui si provochi un morto in strada. Credo che in alcuni casi sia anche giusto che ci siano forme di impunità perché in alcuni casi le morti in strada sono effettivamente figlie di fattori che non dipendono necessariamente dalla responsabilità di uno dei soggetti coinvolti. Ci sono però dei casi in cui questa responsabilità è certa. Ci sono casi che sono statisticamente, almeno per chi si occupa di infortunistica stradale, determinati dal fatto che alcuni comportamenti, alcune condizioni di guida per loro natura sono la disposizione naturale affinché l'incidente abbia delle conseguenze gravi anche mortali. C’è una relazione diretta tra la scelta dell'utente della strada, soprattutto colui che sta utilizzando in quel momento il mezzo potenzialmente più pericoloso, e il fatto che un incidente provocato possa produrre morti o lesioni gravi, questa relazione esiste e produce una condizione specifica che l'ordinamento giuridico italiano ha ritenuto di voler classificare sostanzialmente come una aggravante della condizione del reato colposo, come una condizione di colpa grave, di colpa cosciente ma esiste una relazione molto forte che in altri ordinamenti induce a trattare questo tema già nel novero del dolo, della volontà.
  Noi giustamente stiamo al nostro di ordinamento e quindi continuiamo a lavorare all'interno della fattispecie dell'omicidio colposo, però riteniamo, con questo disegno di legge, di voler introdurre una condizione particolare, che è in relazione alle condotte gravi o alle condizioni con cui ci si è messi alla guida e che quindi possono produrre quelle condotte gravi, che possa determinare questa condizione particolarmente cosciente di colpa, che vogliamo appunto punire con reati di natura penale e di natura amministrativa più gravi di quelli previsti oggi dall'ordinamento, sia dal codice penale che dal codice della strada, che li regolano rispettivamente. La chiave, quindi, è quella di riuscire a costruire una condizione tale per cui l'attuale stato di sostanziale impunità per questo tipo di reati non possa essere – e questo credo che sarebbe molto molto grave – esso stesso la causa degli incidenti, non tanto in quanto si determina una volontà specifica in relazione al fatto che si pensa di non poter incorrere in nessun tipo di pena, ma in quanto credo che complessivamente induca molti cittadini – non necessariamente le persone che noi riteniamo essere, anche a seguito degli allarmi giornalistici, principalmente responsabili, cioè persone che sono magari sotto l'effetto dell'uso dell'alcol o della droga – ad avere comportamenti che rischiano di essere considerati ordinari, normali, ammissibili, sulle nostre strade e che, invece, sono essi stessi causa di morte per soggetti terzi.Pag. 13
  Presidente, di questa tipologia di comportamenti ce ne sono tanti. Potevamo seguire due strade e la prima era di lasciare al giudizio la possibilità di discernere su quale comportamento effettivamente aveva provocato la morte. Le cito un caso che noi, per esempio, non prevediamo: il non assoggettare i figli alla cintura di sicurezza o all'assicurazione passeggino. Noi non li abbiamo giustamente previsti perché diventava un argomento ulteriore, ma si tenga in considerazione che, siccome è abbastanza probabile che in determinate condizioni un impatto possa produrre la morte dei figli, questo, per esempio, è un caso in cui la condotta poteva essere ritenuta grave. La strada poteva essere quella di lasciare al giudice questa possibilità, di valutare di caso in caso – come avviene in molte giurisdizioni – l'opportunità di applicare le pene più severe che noi siamo prevedendo. Abbiamo ritenuto, invece, di seguirne una diversa, cioè quella di determinare sostanzialmente noi, dentro la legge, le fattispecie in cui si incorre nel caso di omicidio stradale, graduandole su due livelli diversi. Il primo prevede una condizione di forte gravità, a cui abbiamo assegnato lo stato di ebbrezza – almeno quello ritenuto più grave, cioè superiore a 1,5 grammi – e lo stato di alterazione psicofisica dovuto all'uso di sostanze stupefacenti. Poi, abbiamo costruito una seconda fascia di gravità intermedia, che riguarda le fasce intermedie di questo tipo di stato di alterazione da alcol e da droga, più altre fattispecie, in cui è evidente che vi è una scelta specifica da parte del conduttore del veicolo nell'infrangere il codice della strada e di farlo in una condizione tale per cui statisticamente si è dimostrato che ricorrono i morti sulle strade. Le ho fatto prima un esempio di quello che non abbiamo previsto e che può essere ritenuto grave altrove, ma che noi, per la nostra cultura generale, abbiamo ritenuto non fosse il caso di normare, le faccio a questo punto un esempio di quelli che abbiamo ritenuto di normare. Lo dico perché, in realtà, nel dibattito c’è stata la possibilità, al Senato e qui, e immagino che ci sarà ancora, di modificare queste fattispecie. Gliene cito una: il sorpasso di un'auto, di un veicolo fermo o che sta rallentando in corrispondenza delle strisce pedonali nel momento in cui un pedone sta attraversando è statisticamente una delle principali cause di morte del pedone.
  I pedoni nel nostro Paese muoiono molto di più sulle strisce pedonali che altrove, a dimostrazione che se muoiono è perché ci sono dei comportamenti lesivi. Siccome anche in questo caso, pur di fronte sempre e comunque ad un'infrazione del codice della strada – perché l'automobilista se investe un pedone sulle strisce comunque sta violando il codice della strada –, ci sono delle condotte più gravi e delle condotte meno gravi... Quella che noi riteniamo grave, quindi punibile con quella fattispecie intermedia che il provvedimento in oggetto introduce, è il sorpasso, cioè si compie non solo un'infrazione che può anche essere figlia di una disattenzione, ma si compie un atto volontario nel contesto in cui la morte di un soggetto terzo è più probabile, se non certa nel caso in cui si trovi in quel punto; ciò, anche perché il sorpasso per sua natura impone un aumento della velocità del veicolo e probabilmente anche il superamento dei limiti stessi. Ci sono poi una serie di fattispecie aggravanti che incorrono nel momento in cui ci sia la sommatoria di alcuni di questi fattori: l'assenza della patente, piuttosto che una tipologia di patente che permetta l'uso di veicoli per il trasporto delle persone e così via. Insomma, un quadro che riteniamo nel suo complesso essere in grado di recuperare quel deficit di giustizia che a mio giudizio dovrebbe muoverci tutti verso una maggiore attenzione per questo tipo di reati, ma anche e soprattutto un deficit di attenzione nei confronti di quella che è la principale causa di morte nel nostro Paese, a cui le risposte – evidentemente non è un mio giudizio in questo caso, ma un giudizio oggettivo – che siamo stati in grado di dare finora, in tutti i settori che ho citato all'inizio della mia relazione, sono oggettivamente insufficienti. Il fatto che l'impunità possa essere uno dei fattori Pag. 14non tanto incentivanti perché io non ho mai usato questo termine, ma che costituiscono quella condizione complessiva di leggerezza nel considerare alcune infrazioni stradali che invece riteniamo gravi e che vogliamo per questa ragione introdurre specificamente nel provvedimento in maniera tale che, come dire, il primo approccio verso questo argomento avvenga anche individuando e indicando quelle che sono le fattispecie gravi; il fatto che l'impunità rispetto a questo comportamento possa indurre ognuno di noi, quindi non necessariamente i principali soggetti, che per la loro condotta possono essere considerati i destinatari di questa norma, tendenzialmente tendiamo a concentrare l'attenzione sui fatti più gravi, sulle condizioni, sulle alterazioni più gravi – lo ribadisco –, invece bisogna trovare una chiave che alzi il livello complessivo di consapevolezza di tutti gli automobilisti italiani e di tutti gli utenti della strada perché naturalmente la norma si rivolge a tutti loro.

  PRESIDENTE. Concluda.

  PAOLO GANDOLFI, Relatore per la maggioranza per la IX Commissione. Questo ad una sola finalità che è quella di ridurre anche con questo strumento sulle strade del nostro Paese il numero di morti e riportarli ad un obbiettivo ragionevole che possa effettivamente essere ricondotto solo ed esclusivamente ai casi di fatalità che questo provvedimento non tratta e su cui noi non abbiamo intenzione di intervenire perché non sono effettivamente frutto di volontà e di comportamenti specifici di singoli soggetti.

  PRESIDENTE. La prego, concluda.

  PAOLO GANDOLFI, Relatore per la maggioranza per la IX Commissione. Per questa ragione, signor Presidente, auguro a quest'Aula una buona discussione, una discussione serena, ma soprattutto auguro di poter arrivare rapidamente all'approvazione di questo atto che molti cittadini attendono.

  PRESIDENTE. La ringrazio. Ha facoltà ora di intervenire il relatore di minoranza, onorevole Ferraresi.

  VITTORIO FERRARESI, Relatore di minoranza. Grazie Presidente. La posizione del MoVimento 5 Stelle che ha portato poi a fare anche questa relazione è una posizione che accoglie l'iniziativa politica come favorevole. Ciò, perché l'esigenza è quella di cercare di dare giustizia alle vittime della strada, dei pirati della strada o di chi commette infrazioni andando poi a togliere la vita o a cagionare gravi lesioni ai cittadini. Quindi, senz'altro lo spirito è buono, sono state già ricordate le 4 mila vittime sulla strada, ed è uno spirito che va a cercare di colmare una lacuna, ovvero quella di aumentare i minimi delle pene per quanto riguarda i reati commessi sulla strada, in particolare dell'omicidio colposo con aggravante stradale.
  Detto questo, si tratta di un problema che affligge anche tanti altri reati, nel momento stesso in cui il giudice non valuta attentamente la pericolosità e la gravità di un reato applicando il minimo; poi magari questi soggetti non si fanno neanche un giorno di carcere, e quindi le vittime e i loro familiari in questo senso prendono come una forte ingiustizia questa soluzione, e chiedono giustamente un aumento dei limiti edittali, in particolare dei minimi.
  È per questo che, come ho già detto, prendiamo con favore questa iniziativa; se non fosse che però noi non andiamo a votare un tweet, un titolo di giornale o un qualsiasi titolo «omicidio stradale»: noi come parlamentari andiamo a votare un testo di legge, un testo normativo. Dobbiamo quindi fare il massimo possibile per raggiungere un testo che non solo politicamente ci piace, ma ci piace anche dal punto di vista tecnico-giuridico. È per questo che il MoVimento 5 Stelle ha analizzato questo testo, e l'ha ritenuto assolutamente insufficiente, nonché aberrante dal punto di vista giuridico. E mi accingo ad esporre alcune problematiche di questo testo.Pag. 15
  La questione principale è quella di introdurre un nuovo reato nel nostro codice, un reato che preveda una condotta di omicidio con la previsione del dolo eventuale. Una condotta che non viene prevista in nessun altro esempio del codice, visto che gli omicidi previsti dal codice sono tre: sono quello di natura dolosa, l'omicidio volontario, l'omicidio colposo, quello di natura colposa, e l'omicidio preterintenzionale; quindi andare a creare una deroga nel nostro codice ci lascia alquanto perplessi.
  Ma l'altra motivazione è senz'altro quella che si potrebbe andare a incidere sulle norme già esistenti, ovvero l'omicidio colposo in questo senso; e quindi andare ad alzare il massimo ed il minimo delle pene. Perché non è stato fatto ? Era una scelta più concreta, una scelta più omogenea; una scelta che era in linea anche con quanto espresso dalla giurisprudenza e dalla prevalente dottrina, che ci dice che questo tipo di reato è un reato colposo, un reato che ha sicuramente all'interno una fattispecie derivante da colpa cosciente, e che – siamo assolutamente d'accordo – va rafforzato con un innalzamento delle pene. A questo mira il MoVimento 5 Stelle: noi chiediamo un innalzamento delle pene soprattutto nei minimi, superiore a quello della proposta Scilipoti e a quello della maggioranza; quindi una stretta sulle sanzioni, ma anche un ragionamento che ci porti ad approvare una norma omogenea.
  Ecco perché il nostro testo prevede anche che le discriminazioni riportate dal testo in questione siano superate. Perché parlo di discriminazioni, Presidente ? Perché non è possibile che ci sia un innalzamento di alcune fattispecie (per quanto riguarda l'omicidio stradale, quello di guida sotto l'effetto di sostanze stupefacenti e guida in stato di ebbrezza alcolica superiore a 1,5 grammi per litro) e dall'altra parte non si vadano ad uniformare le condotte per la violazione del codice della strada semplici. Perché ? Perché questo testo prevede che ci sia una sanzione per quanto riguarda alcune condotte del codice della strada, un'altra sanzione per quanto riguarda altre condotte del codice della strada, e un'altra sanzione ancora per quanto riguarda altre condotte in violazione del codice della strada !
  Allora noi ci chiediamo: ma perché devono essere discriminate le vittime, in base al tipo di violazione che c’è stata ? Allora va bene il doppio binario per quanto riguarda gli episodi gravi di guida sotto l'effetto di sostanze stupefacenti o in stato di ebbrezza alcolica superiore a 1,5 grammi per litro; però noi dobbiamo pensare, Presidente, che ogni violazione del codice della strada non può essere riportata nel codice penale ! Va fatta una norma omogenea – e noi la chiediamo con un emendamento – che preveda la stessa sanzione, aumentata rispetto a quella della maggioranza nel minimo, da cinque a dieci anni, per qualunque violazione del codice della strada ! Non è che una violazione del codice della strada causi omicidio con una pena e un'altra violazione del codice della strada causi omicidio con un'altra pena: perché se no si crea una ingiustificata discriminazione di giustizia tra le vittime del reato, primo; seconda discriminazione, tra le vittime di omicidio stradale e le vittime di omicidio colposo con violazione delle norme sulla sicurezza sul lavoro.
  Perché non va dimenticato che in questo Paese sono anche migliaia le vittime che muoiono nei cantieri a causa di una omessa azione o previsione che impedisca la morte sul luogo di lavoro, magari proprio perché non viene fatta rispettare la disciplina della sicurezza sul lavoro. Quindi, doppia discriminazione: una rispetto alle violazione delle norme sulla sicurezza sul lavoro e l'altra tra l'omicidio stradale per certe violazioni del codice della strada – con una pena minore, con minimo di due anni – e altre violazioni inserite nel codice della strada con un minimo di quattro anni.
  Noi diciamo allora: tutte le violazioni del codice della strada e tutte le violazioni delle norme di prevenzione di infortuni sul lavoro devono essere parificate con un minimo di pena di cinque anni e un massimo di pena di dieci anni, altrimenti si creano discriminazioni ingiustificate, e poi un doppio binario con un aumento per Pag. 16quanto riguarda i casi più gravi di violazione di norme del codice della strada sotto l'effetto di sostanze stupefacenti o sotto l'ebbrezza alcolica superiore a 1,5 grammi per litro.
  Questa proposta del Movimento 5 Stelle è una proposta omogenea, che tiene conto dei documenti presentati dagli auditi: professori universitari di diritto, scienziati, tossicologi, persone che si sono sempre occupate della materia, giudici. Ecco perché il Movimento è contrario anche ad alcuni inserimenti di fattispecie, che dovrebbero restare nel codice della strada, all'interno del codice penale. Noi volevamo una norma omogenea per tutte le violazioni, non solo per un fatto di discriminazione, ma anche per cercare di evitare che nel codice penale vengano inseriti dei termini che non ci dovrebbero essere: norme sulla velocità, inversione a U, superamento del semaforo con il rosso. Tutte queste cose preferivamo tenerle in una unica norma omogenea che si riferisse a qualunque violazione del codice.
  Detto ciò, un altro problema giuridico che abbiamo sollevato e che va sempre verso un inasprimento delle sanzioni è quello relativo al nesso di causalità. È ovvio che quando si dice che se la persona che ha causato il fatto non voleva causarlo o comunque rispetto alla sua azione il fatto si sarebbe verificato lo stesso e la pena è diminuita, noi andiamo non solo contro un principio inserito nel codice penale da anni e anni che è sempre stato applicato nella stessa maniera, ma andiamo anche a fare un torto alle vittime di questo reato. Al riguardo le faccio un esempio che ho già fatto in Commissione, Presidente: chiunque spara ad un uomo e questo uomo poi muore, risponde di omicidio volontario. Se io sparo alla pancia o sparo alla testa di un uomo, porto avanti due condotte che rispondono entrambe di omicidio volontario, non è che viene diminuita la pena a quello che ha sparato in pancia. Ebbene, in questa norma accade proprio questo: in barba al nesso di causalità da sempre applicato e previsto dal codice penale, si dice praticamente che chi agisce, ma la sua azione non è sufficiente a causare la morte, risponde ma con la pena diminuita della metà. Si tratta di una cosa che a nostra avviso non dovrebbe essere assolutamente inserita in questa norma.
  Noi operiamo anche un intervento proporzionale sulle norme riguardanti la revoca della patente con impossibilità di conseguirla nuovamente, che rivedono appunto quelle previste dalla maggioranza in modo proporzionato e più incisivo, nonché, signor Presidente, nel nostro testo alternativo inseriamo una fattispecie che riporta l'accertamento di alterazione psico-fisica dovuta all'assunzione di sostanze stupefacenti, nonché dell'alterazione dovuta all'ebbrezza alcolica, ad una normativa che potrebbe andare in modo omogeneo e generale su tutto il territorio nazionale a disciplinare le metodologie di accertamento. Cosa succede ? Succede che ogni anno vengono ritirate migliaia di patenti quando questi accertamenti non sono fatti con i criteri idonei. Noi inseriamo una fattispecie, che spero venga approvata, per garantire un accertamento reale dello stato di alterazione psico-fisica.
  Detto questo, il Movimento 5 Stelle si porrà in modo costruttivo, ripeto: riteniamo la norma una norma che ha alle spalle una buona iniziativa politica, ma il testo in questo momento dal punto di vista tecnico-giuridico è inaccettabile.

  PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire la relatrice per la maggioranza per la Commissione Giustizia, onorevole Morani.

  ALESSIA MORANI, Relatrice per la maggioranza per la II Commissione. Grazie Presidente. L'Assemblea è oggi chiamata ad affrontare un tema estremamente importante: l'omicidio stradale. In particolare, la proposta di legge che stiamo discutendo è volta ad introdurre nell'ordinamento gli specifici reati di omicidio stradale (al nuovo articolo 589-bis del codice penale) e lesioni stradali (il nuovo articolo 590-bis del codice penale), modificando la disciplina della sanzione amministrativa, della sospensione e della revoca della patente.Pag. 17
  L'esigenza di intervenire su questa materia, andando a modificare le disposizioni sanzionatorie già vigenti, nasce dalla constatazione di quanto avviene quotidianamente sulle nostre strade. Il numero dei morti e dei feriti a causa degli incidenti stradali è così alto da indurre una considerazione e cioè che le automobili uccidono e feriscono più persone delle armi da fuoco. Un terzo delle vittime sono uccise o ferite gravemente da persone che si mettono alla guida in uno stato di grave alterazione psico-fisica a causa di droghe o dell'alcool.
  Vi è da parte di tutti la consapevolezza che gran parte dell'opera deve essere fatta sul piano della prevenzione e che, sulla base dei dati Istat di quest'anno, si sta già procedendo in tal senso, grazie anche ad un intenso e non sempre riconosciuto lavoro degli appartenenti alle forze dell'ordine che prestano il loro servizio sulle strade. Ma questo ancora non è sufficiente.
  Secondo una stima preliminare fatta dall'Istat nel mese di giugno, nel 2014 si sono verificati in Italia 174.400 incidenti stradali con lesioni a persone. Il numero dei morti, entro il trentesimo giorno, è pari a 3.330, mentre i feriti ammontano a 248.200.
  Rispetto al 2013, si riscontra una diminuzione del numero degli incidenti con lesioni a persone (meno 3,7 per cento) e del numero dei morti (meno 1,6); in calo anche i feriti (meno 3,5).
   Mentre l'indice di mortalità, calcolato come rapporto tra il numero dei morti e il numero degli incidenti con lesioni moltiplicato 100, è pari a 1,91. Tale valore è in lieve aumento rispetto a quello registrato nel 2013. In sostanza, gli incidenti sono più gravi.
  Il maggior contributo alla diminuzione delle vittime è dato dalla flessione del numero dei morti sulle strade (meno 11,5 per cento). Più modesto invece è il calo sulle strade urbane (meno 1 per cento) e su quelle extraurbane (meno 0,3). Anche questo è un dato importante che dimostra come l'emergenza sia ben alta, proprio sulle strade che ciascuno di noi utilizza ogni giorno con maggior frequenza.
  Rispetto al 2001, il numero di morti è diminuito nel 2014 del 53 per cento. Tra il 2013 e il 2014 il calo è contenuto (meno 1,6 per cento) ma in linea con l'andamento medio europeo, mentre tra il 2010 e il 2014 è pari a quasi il meno 20 per cento.
  Tuttavia, nonostante questi dati, che dimostrano un trend positivo, pur sempre nella drammaticità del fenomeno, rispetto al passato, l'Italia in Europa si trova ancora sopra la media. Sempre secondo i dati Istat di quest'anno, tra i Paesi dell'Europa, le stime preliminari dei tassi di mortalità riferite al 2014, variano tra 26 morti per milione di abitanti di Malta e 28 della Svezia e 106 e 91, rispettivamente di Lettonia e Romania. Il valore dell'Italia è pari a 55, a fronte di una media europea di 51 morti per milione di abitanti.
  Il Parlamento perciò ha il dovere di fare tutto ciò che è nelle proprie possibilità per ridurre questi dati. Le Associazioni che operano nel settore e, in particolare, quelle dei familiari delle vittime degli omicidi stradali, ma anche i cittadini in generale chiedono di introdurre il reato di omicidio stradale, che peraltro è già previsto in altri Paesi, come in Inghilterra per casi di incidenti dovuti a guida pericolosa o sotto l'effetto di stupefacenti o alcol. Da quando la legge è entrata in vigore gli inglesi hanno visto diminuire il numero delle vittime, fino a dimezzarsi rispetto al nostro.
  L'esigenza di prevedere un nuovo reato nasce dalla peculiarità della condotta di colui che commette il reato. La peculiarità è data dall'estrema pericolosità del mezzo utilizzato e dalla contestuale ordinarietà nell'utilizzazione dello stesso. Si è detto che i veicoli a motore uccidono e feriscono più persone delle armi da fuoco, ma i veicoli a motore non sono soggetti alle restrizioni che sono previste invece per le armi.
  Le pene dei nuovi reati che si intendono introdurre cercano di dare una risposta a questo gravissimo fenomeno, in cui intervengono sia sotto il profilo della Pag. 18remunerazione, che sotto quello della prevenzione, in quanto occorre superare quella sensazione di impunità – come ha ricordato il mio collega Gandolfi – che oggi ci pervade quando vi sono notizie di incidenti stradali compiuti con gravi violazioni delle norme comportamentali ed in particolare di quelle che vietano di mettersi al volante in uno stato di grave alterazione psico-fisica dovuta all'alcol o alla droga.
  Questa percezione di impunità nasce proprio dalla constatazione che, da un lato, ci troviamo innanzi a reati colposi che si trovano al limite del dolo se non addirittura che oltrepassano questo limite.
  Nell'ambito del diritto penale si tratta del limite tra colpa cosciente e dolo eventuale. In effetti, chi guida in grave stato di alterazione psicofisica si mette nelle condizioni di effettuare un grave incidente e anzi, nonostante che sia altamente probabile che lo determini, il soggetto conduce ugualmente un veicolo a motore. Si potrebbe dire che accetta il rischio dell'incidente ed è questo il motivo per cui si prevedono, nel testo in esame, pene così gravi rispetto ad altre ipotesi di reati colposi.
  Passo, ora, ad esaminare, per completezza, il provvedimento approvato dalla Commissione. L'articolo 1, come ho detto, inserisce nel codice penale il delitto di omicidio stradale, attraverso il quale è punito, a titolo di colpa, con la reclusione di diversa entità in ragione del grado della colpa stessa, il conducente di veicoli a motore la cui condotta imprudente costituisce causa dell'evento morte.
  Anzitutto per ragioni sistematiche, viene spostata nel nuovo articolo 589-bis del codice penale la fattispecie di omicidio colposo commessa con violazione delle norme sulla circolazione stradale, già prevista all'articolo 589, secondo comma, del codice penale. In particolare, l'articolo 589-bis punisce, con la reclusione da otto a dieci anni, l'omicidio stradale colposo commesso da conducenti un veicolo a motore in stato di grave ebbrezza alcolica superiore a 1,5 grammi per litro o di alterazione psicofisica dovuta all'assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope, in stato di ebbrezza alcolica con tassi alcolemici superiori a 0,8 grammi per litro e di alterazione psicofisica conseguente all'assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope laddove si tratti di specifiche categorie di conducenti (autotrasportatori o persone inferiori ai 21 anni).
  È punito, invece, con la reclusione da quattro a dieci anni l'omicidio stradale colposo commesso da conducenti di un veicolo in stato di ebbrezza alcolica, compreso tra 0,8 e 1,5 grammi per litro, che abbiano superato specifici limiti di velocità, che abbiano attraversato intersezioni con il semaforo rosso, abbiano circolato contromano, che abbiano effettuato manovre di inversione del senso di marcia in prossimità o in corrispondenza di intersezioni, curve o dossi, o che abbiano effettuato sorpassi azzardati. In tali casi la pena è diminuita fino alla metà quando l'omicidio stradale, pur cagionato da queste condotte imprudenti, sia conseguenza anche di una condotta colposa della vittima. La pena, invece, è aumentata se l'autore del reato non ha conseguito la patente o non ha assicurato il proprio veicolo a motore.
  L'ultimo comma del nuovo articolo 589-bis prevede, invece, un aumento della pena nel caso in cui il conducente provochi la morte di più persone, ovvero la morte di una o più persone e le lesioni di una o più persone. Anche qui si applica la pena che dovrebbe infliggersi per la più grave delle violazioni commesse, aumentata fino al triplo. Il limite massimo viene però stabilito in 18 anni.
  L'articolo 1 della proposta di legge che stiamo introducendo prevede il nuovo articolo 589-ter del codice penale, il quale reca una specifica circostanza aggravante nel caso in cui il conducente, responsabile di omicidio stradale colposo, si sia dato alla fuga. Questa aggravante prevede un aumento della pena da un terzo a due terzi e non può essere, comunque, inferiore a cinque anni.
  Si ricorda che il reato consistente nella fuga del conducente, dopo un incidente Pag. 19con danno alle persone, è previsto attualmente dall'articolo 189 del codice della strada, che prevede una reclusione da sei mesi a tre anni, con la sospensione della patente di guida da uno a tre anni. Rispetto a questa fattispecie, quindi, nell'articolo in esame risulta esservi un'ipotesi speciale.
  L'articolo 2 della proposta di legge riformula l'articolo 590-bis del codice penale in tema di lesioni personali stradali e introduce, nel codice penale, tre ulteriori articoli. Le diverse fattispecie del reato, di cui all'articolo 590-bis, appaiono quasi del tutto speculari a quelle dell'articolo 589-bis, che introduce l'omicidio stradale. Infatti, le fattispecie che vengono previste in questo nuovo articolo 590-bis sostanzialmente ripetono quelle che sono previste nell'omicidio stradale. In particolare, mi riferisco a tutte quelle condotte che violano il codice della strada che ho elencato. Anche in questo caso le pene per lesioni gravi e gravissime sono state graduate, appunto, sulla base della gravità delle lesioni e, soprattutto, delle condotte.
  Anche in questo caso, l'ultimo comma del nuovo articolo 590-bis prevede un aumento della pena nel caso in cui il conducente abbia cagionato lesioni a più persone. In questo caso, si applica la pena che dovrebbe infliggersi per la più grave delle violazioni commesse, aumentata fino al triplo e, comunque, con un limite di sette anni.
  Come per l'omicidio stradale, l'articolo 590-ter introduce un'ulteriore circostanza aggravante: in caso di fuga del conducente la pena è aumentata da un terzo a due terzi, con un minimo di pena di tre anni di reclusione nell'ipotesi di lesioni personali stradali.
  Il nuovo articolo 590-quater riproduce, sostanzialmente, il vigente articolo 590-bis e reca una disciplina derogatoria rispetto all'articolo 69 del codice penale in materia di computo delle circostanze. Infatti, la disposizione stabilisce il divieto di equivalenza o prevalenza delle concorrenti circostanze attenuanti rispetto alle circostanze aggravanti di cui agli articoli 589, secondo comma, 589-ter, 590, terzo comma, e 590-ter. L'articolo 3 contiene modifiche di coordinamento del codice penale che sono conseguenti all'introduzione dei nuovi reati di cui agli articoli 589-bis e 590-bis, con riguardo ai reati di omicidio colposo e lesioni personali colpose.
  In particolare, viene modificato l'articolo 157 del codice penale, prevedendosi anche per il nuovo reato di omicidio stradale il raddoppio dei termini della prescrizione. Viene modificato anche l'articolo 582 del codice penale, aumentando la pena edittale minima per il reato di lesioni personali, che viene portata da tre mesi di reclusione a sei mesi, e vengono soppressi i riferimenti alle fattispecie stradali dell'omicidio colposo e delle lesioni personali colpose. Inoltre, come ho detto nell'introduzione alla relazione, abbiamo una modifica sostanziale anche del codice della strada, che si trova nelle disposizioni contenute agli articoli 6 e 7, che riguardano la disciplina della revoca della patente.
  In particolare, abbiamo previsto una normativa che riguarda la revoca della patente che, in combinato disposto con le nuove sanzioni penali, crediamo possa avere degli effetti veri di deterrenza, ma anche di prevenzione. Abbiamo previsto per l'omicidio stradale una revoca di 15 anni della patente, che può essere aumentata fino a 20 o fino a 30 anni; 30 anni nel caso in cui l'omicida si sia dato alla fuga, proprio per segnare la gravità del comportamento della fuga, che abbiamo sanzionato gravemente non solo da un punto di vista penale, ma anche da un punto di vista amministrativo.
  Credo, e concludo, Presidente, che questo sia un provvedimento particolarmente importante e significativo, poiché, come detto, finalmente rende giustizia a tutte quelle persone che hanno perso la vita sulla strada in questi anni e che hanno, sostanzialmente, visto l'impunità di coloro che hanno commesso questi reati. A noi non interessa tanto e solo la punizione e la cosiddetta sanzione penale; ci interessa, soprattutto, che queste persone, soprattutto quando si macchiano di questi reati Pag. 20in stato di alterazione psicofisica dovuto all'assunzione di droga e di alcol, non possano più guidare. Questo è anche l'obiettivo che si era posto lo stesso Presidente Renzi ormai da tempo.
  Con i miglioramenti che abbiamo apportato in Commissione al già buon testo uscito dal Senato e, naturalmente, anche con l'apertura rispetto a modifiche che l'Assemblea vorrà introdurre durante la discussione in Aula, credo che, insieme, anche per l'atteggiamento che gli altri gruppi parlamentari hanno avuto durante la discussione in Commissione, si possa finalmente dare al Paese una legge che introduca una disciplina efficace ed incisiva per gli omicidi e le lesioni stradali e che possa vedere la più ampia condivisione anche in questa Camera.
  Chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia relazione (La Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti).

  PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire nel prosieguo della discussione.
  È iscritto a parlare l'onorevole Minnucci. Ne ha facoltà.

  EMILIANO MINNUCCI. Presidente, onorevoli colleghi, onorevoli colleghe, ci troviamo oggi a discutere sull'introduzione di due nuove fattispecie di reato: quella di omicidio stradale e quella di lesioni personali stradali. Arriviamo in Aula dopo che la norma è stata già discussa e votata in Senato e che è stata attentamente studiata, vagliata e approfondita, in modo congiunto, per oltre due settimane, dalle Commissioni giustizia e trasporti.
  Non mi dilungherò troppo nello spiegare e ripetere nel dettaglio le novità introdotte dalla legge, perché già i colleghi relatori lo hanno fatto in modo assolutamente esaustivo ed esauriente, vorrei, però, per comodità di ragionamento, richiamare con estrema sintesi le norme più importanti. Secondo la legge in discussione per chi uccide al volante in stato di ebbrezza alcolica o sotto effetto di stupefacenti è prevista una pena fino a 12 anni di reclusione, che aumenta se si tratta di un «pirata della strada» con il ritiro della patente fino 30 anni, come spiegava la collega Morani, l'arresto in flagranza, il raddoppio dei termini di prescrizione. In particolare, l'omicidio stradale prevede tre gradi, tre livelli: da 2 a 7 anni se la morte è stata provocata violando in «modo semplice» – oserei dire – il codice della strada; da 8 a 12 anni se si guida sotto effetto di stupefacenti o ubriachi, con un tasso alcolemico superiore ad 1,5 grammi per litro; da 4 a 10 anni per chi ha causato l'incidente con condotte di gravità particolare: la velocità, il circolare contromano, un'inversione a «u», il passare con il rosso oppure il sorpasso – lo diceva il collega Gandolfi nella sua relazione in cui ha fatto un quadro più complessivo della vicenda – in presenza di strisce padronali o comunque un sorpasso compiuto scientemente in modo assolutamente azzardato e pericoloso.
  Ora, al di là di questa sintesi, ovviamente la collega Morani ha fatto un quadro molto più esaustivo, mi preme sottolineare e ricordare in questa sede le ragioni che ci hanno portato a discutere dell'introduzione dell'omicidio stradale nel nostro ordinamento giuridico. Nell'intenso lavoro che abbiamo condotto nelle ultime settimane in Commissione abbiamo ascoltato e letto i pareri e le considerazioni di tanti soggetti, magistrati, avvocati, forze dell'ordine, associazioni di familiari delle vittime ed esperti a vario titolo. Si è trattato di un confronto e di un lavoro che ho ritenuto molto utile per approfondire tutti gli aspetti della nuova normativa e capirne la forza e gli eventuali limiti.
  Sapevo benissimo, signor Presidente, anche prima che il dibattito si sviluppasse in seno alle Commissioni, che i punti di vista sulla necessità o meno di prevedere il reato specifico di omicidio stradale nel nostro ordinamento erano tutt'altro che unanimi. Ancora oggi resto convinto che sarà pressoché impossibile, almeno nel breve periodo, arrivare ad una sintesi completamente condivisa da tutti gli attori in campo. Lo scambio di idee è stato, è, e Pag. 21sarà, acceso. Ciò nonostante, credo fermamente che la norma in discussione oggi rappresenti una buona legge, oltre a rappresentare una buona mediazione tra le varie posizioni sul tappeto. È una mediazione alta, non demagogica, né pilatesca, ma in grado di rispondere con serietà ed equilibrio ad una tematica molto sentita dai nostri connazionali, da tutti i nostri connazionali senza distinzione.
  Qualcuno ha parlato, impropriamente a mio avviso, di cedimento alla emotività dell'opinione pubblica. A chi si è espresso in questi termini vorrei sommessamente replicare con una domanda: siamo proprio certi che il Parlamento non debba occuparsi nella propria attività legislativa delle grandi angosce collettive o dei fenomeni che, in forma diretta o indiretta, sconvolgono la vita non solo di singole persone, ma anche di tantissime famiglie e addirittura – spesso questo accade – di intere comunità ? A mio avviso la risposta a questi interrogativi non può che essere chiara e netta: il Parlamento, così come il Governo, non solo possono, ma addirittura debbono necessariamente occuparsi e preoccuparsi di tutto ciò.
  Con questa modifica al codice penale e con gli adeguamenti al codice di procedura penale e al codice della strada, noi rispondiamo, non ad un'ossessione astratta di una porzione dell'opinione pubblica, ma ad un compito precipuo della nostra funzione di legislatori, ovvero, nello specifico rafforzare, la tutela di alcuni diritti inalienabili di ciascun individuo, in primis il diritto alla vita ed il diritto alla salute.
  L'Italia ovviamente non è l'unico Paese che sta affrontando o ha affrontato questo tema. Nel Regno Unito, negli Stati Uniti e nei Paesi Bassi l'omicidio commesso alla guida di un veicolo costituisce una tipologia di reato distinta e disciplinata, che si configura quando un conducente guidi in maniera pericolosa. E in quei Paesi definiscono l'aggettivo «pericolosa» in modo assolutamente preciso, per esempio quando la velocità è eccessivamente alta, distinguendo circostanze di luogo e di tempo, condizioni psicofisiche del conducente o stato d'uso del veicolo.
  Da quando ho assunto l'incarico di deputato e membro della Commissione trasporti, uno dei temi che ho deciso di approfondire e di affrontare è stato quello della sicurezza stradale, una decisione che mi ha portato ad incontrare moltissime associazioni di vittime della strada e a capire meglio la complessità del tema. Ho toccato con mano, ahimè, non solo lo strazio di chi è stato leso nel fisico in forma diretta dai danni spesso permanenti di un incidente stradale di cui è stato vittima, ma soprattutto quello, spesso ancora più doloroso, di chi ha perso un figlio o un genitore o un altro congiunto, per colpa di qualcuno che ha tenuto un comportamento omicida alla guida di un veicolo a motore. Si è trattato di un insegnamento di vita, prima che di un contributo di merito nel dover affrontare questa tematica.
  La collega Morani ha richiamato alcuni dati. Vorrei veramente brevemente riportarli. L'ultimo rapporto ACI-Istat (novembre 2014) sugli incidenti stradali nel nostro Paese, anche se rivelava allora un trend di incidenti in calo, con una diminuzione conseguente dei morti e dei feriti – quest'anno le notizie sono meno buone da quello che mi risulta –, conferma dei numeri che restano impressionanti: una strage, una vera e propria strage con enormi costi umani e sociali. Basti pensare che solo nel 2013 in Italia hanno perso la vita 3.385 persone e oltre 100 mila sono rimaste invalide, una media giornaliera, signor Presidente, di 9 morti e 705 feriti, dati che confermano la loro gravità se confrontati con quelli degli altri Paesi europei.
  La media dell'Unione europea, infatti, è di 51,4 persone decedute a causa di incidenti stradali ogni milione di abitanti. L'Italia è sopra la media: si colloca con 56,2 persone decedute ogni milione di abitanti al quattordicesimo posto, dietro agli altri quattro grandi Paesi dell'Unione (Regno Unito, Spagna, Germania e Francia), che riescono quindi ad essere, per così dire, più virtuosi di noi. Se prendiamo poi in considerazione i valori assoluti, il nostro Paese ha un triste primato. Come Pag. 22dicevo, si tratta di 3.385 deceduti, prima della Polonia (3.357), della Germania (3.354) e della Francia (3.250).
  Le statistiche a livello europeo rilevano inoltre che i giovani – questa è la nota più dolente – di età compresa tra i 18 e i 24 anni sono quelli per i quali è più elevato il rischio di provocare o subire un incidente e le stime più recenti riportano che il 25 per cento degli incidenti per i giovani compresi tra i 18 e i 24 anni sono attribuibili all'alcol, all'abuso di alcol. L'Istituto superiore di sanità stima che gli incidenti stradali correlati, appunto, all'abuso di alcol in Italia siano pari al 30-35 per cento degli incidenti mortali. Dunque, nel nostro Paese, il numero di vittime al volante a causa dell'abuso di alcol si attesterebbe a circa 1.100-1.300 l'anno. Sono dati che ci fanno bene comprendere la gravità della situazione nazionale e il contesto nel quale noi che abbiamo la responsabilità legislativa ci siamo trovati a dover prendere delle decisioni.
  La nuova normativa non va a stravolgere il codice penale né il codice della strada, ma si limita ad individuare pene più certe e severe per coloro che provocheranno incidenti mortali a causa di condotte gravi, partendo dal presupposto – come dicevano giustamente i colleghi – che chi si mette alla guida in stato di ebbrezza o sotto l'effetto di stupefacenti o si rende responsabile di azioni imprudenti o sconsiderate, ha una colpa aggravata dalla propria irresponsabilità.
  Ovviamente, nessuno di noi si illude che con la semplice introduzione dell'omicidio stradale si risolveranno tutti i problemi relativi alla sicurezza delle nostre strade. Misure di repressione adeguate sono indispensabili per il contrasto alla pirateria stradale e ai comportamenti criminali ed irresponsabili di alcuni automobilisti, ma, per loro stessa definizione, non si occupano della prevenzione, se non come forma di deterrenza per una piccola percentuale di cittadini maggiormente informati sui rischi che corrono.
  Per questo motivo, sono convinto che parallelamente – questo è proprio il lavoro che stiamo facendo, anche come Commissioni – lo Stato dovrà continuare a portare avanti azioni di formazione e di informazione sulla sicurezza stradale, oltre che investire risorse adeguate su maggiori controlli – tema fondamentale e centrale – e sulla manutenzione ordinaria e straordinaria delle nostre strade. Si tratta di settori in cui questo Governo, grazie anche all'azione puntuale del Ministro Delrio, sta già riportando importanti risultati.
  Attraverso questa norma, diventeranno, però, sempre meno probabili episodi come quello avvenuto il 24 marzo 2010, quando la Cassazione confermò la riduzione di pena da dieci a cinque anni di reclusione per un giovane che, alla guida di un'auto, a Roma, nonostante la patente sospesa, uccise – lo ricorderete – due turiste irlandesi ad un semaforo rosso, scappando subito dopo. È una situazione che vorrei dire paradigmatica di quello che noi oggi cerchiamo di contrastare, signor Presidente. Infatti, ci fu un'assoluta anomalia: un omicidio commesso da una persona che, al volante, guidava nonostante gli fosse stata ritirata la patente, che aveva bevuto alcolici e assunto droghe prima di mettersi al volante, che in quella condotta aveva ripetutamente violato il codice della strada, che era passata con il rosso e che, dulcis in fundo, aveva omesso di soccorrere le vittime. È una situazione comparabile a tanti altri episodi quotidiani di cronaca, che si sono succeduti negli ultimi anni e che sono difficili da comprendere per ciascun cittadino, figuriamoci per i parenti o per i genitori o per i congiunti di una vittima.
  Non voglio, inoltre, peccare di presunzione e condivido l'opinione di chi dice che questa, come tutte le norme, è assolutamente migliorabile. Sono, però, persuaso dal fatto che il legislatore, ovvero questo Parlamento, abbia il compito di fare chiarezza anche dal punto di vista dell'interpretazione, non solo perché esplicitamente richiesto dalla società civile e dalle tantissime associazioni che operano nell'ambito della sicurezza stradale, ma anche per il valore simbolico – vorrei dire pedagogico – che avrebbe l'introduzione della Pag. 23fattispecie dell'omicidio stradale. È una necessità che questa norma soddisfa e che i dati allarmanti che ho esplicitato in precedenza evidentemente richiedono.
  Non si tratta di un accanimento o di esagerazione della pena, ma di un passo importante verso una società più civile e consapevole dei rischi e delle responsabilità che si hanno alla guida di mezzi di trasporto, che possono trasformarsi facilmente in un'arma mortale per se stessi e per gli altri, se non utilizzati con attenzione e con estrema coscienza.
  Dobbiamo tornare a mettere la tematica della sicurezza stradale, signor Presidente, al centro del dibattito pubblico e dell'agenda politica del nostro Paese. Di questo ne sono assolutamente convinto. Non possiamo rassegnarci alla gravità dei dati e considerarli una tragedia inevitabile. Questa norma ci aiuta a fare un passo in avanti verso la direzione giusta per le ragioni che ho appena cercato di spiegare. Per questo motivo spero che raggiunga il consenso più ampio, più largo in quest'Aula nei prossimi giorni (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Rondini. Ne ha facoltà.

  MARCO RONDINI. Grazie, Presidente. Il provvedimento del quale iniziamo oggi l'esame con la discussione sulle linee generali, che reca l'introduzione del reato di omicidio stradale, è una buona iniziativa politica.
  Una buona iniziativa politica che restituisce, secondo noi, giustizia e dignità alle troppe vittime di un reato odioso. È una risposta doverosa alle associazioni dei familiari delle vittime che per troppo tempo hanno dovuto tollerare l'indifferenza delle istituzioni, dominate spesso dagli scrupoli che l'inasprimento delle pene per i pirati della strada, per chi uccide guidando in stato di alterazione da alcool o droga o per chi investe e scappa, fossero provvedimenti draconiani, che non contemplavano il recupero del criminale. Oggi restituiamo dignità a chi, giustamente, nei propri appelli alle istituzioni ci diceva, come Marina Fontana: «L'Italia è uno Stato che lascia in libertà e impunito chi si macchia di omicidio stradale e condanna all'ergastolo del dolore chi ha perso i propri cari, accusandoli di essere troppo emotivamente coinvolti». Una donna, Marina Fontana, minuta, ma coraggiosa, moglie di Roberto Cona, morto nella notte tra il 26 e 27 luglio 2013 sull'Autostrada del Sole, a seguito di un incidente provocato da un autotrasportatore turco che ha travolto l'auto, ferma in coda, sulla quale viaggiavano marito e moglie.
  Certo, il provvedimento in esame non piacerà a chi lo ha bollato come un pessimo esempio di populismo penale, come ha fatto il senatore Luigi Manconi, o chi sostiene che sul piano della legittimità costituzionale è poco difendibile il meccanismo sanzionatorio della sospensione della patente sino a trent'anni, come previsto dal provvedimento di cui oggi in Aula cominciamo a discutere. Poco male, noi, invece, ci domandiamo secondo quali raffinati principi possa tornare indisturbato a guidare, come nulla fosse, chi ubriaco fradicio o drogato falcia un bambino sulle strisce pedonali. Uno di loro, il più piccolo, si chiamava Gionatan La Sorsa, non aveva ancora tre anni ed è stato falciato una domenica di giugno, sotto gli occhi dei genitori e del fratellino, a Ponte Nuovo di Ravenna e trascinato per ottanta metri. L'uomo che ha fatto questo e poi è scappato si chiama Dimitrov e ha 38 anni. «Dopo aver passato il pomeriggio al bar, Dimitrov – come ci racconta Il Corriere di Romagna – venne accompagnato a casa dagli amici. Non si reggeva in piedi dopo aver bevuto almeno dieci birre e alcuni gin-fizz, ma prese le chiavi della sua auto, una Mercedes CLK, intestata alla madre, ma di fatto nella sua disponibilità. In quelle condizioni si mise alla guida, falciando il piccolo Gionatan davanti agli occhi dei genitori e del fratello. Dimitrov venne rintracciato trenta ore più tardi dagli agenti della squadra della polizia stradale. L'auto, che nel frattempo era stata accuratamente lavata, corrispondeva a quella descritta dai testimoni e ripresa dalle telecamere. Quando le forze dell'ordine Pag. 24bussarono alla sua porta, Dimitrov era nuovamente ubriaco. In agosto, due mesi dopo il fatto, Dimitrov era già ai domiciliari. In dicembre, ha patteggiato una pena di 2 anni, 9 mesi e 10 giorni. Il tribunale di Ravenna, nella sentenza, ha parlato di condotte dal carattere odioso in un contesto caratterizzato dal più totale disprezzo per la vittima. Oggi l'omicida è libero, ha come unico obbligo la firma in caserma. Risarcimenti ? Niente da fare. L'investitore era assicurato con una compagnia bulgara, che apparentemente non ha soldi».
  Deve tornare a guidare, il signor Dimitrov ? Per alcuni parlamentari italiani, sì stando alle dotte esternazioni che abbiamo ascoltato nelle Commissioni o di cui magari abbiamo letto sui giornali. Vedete, ricordare alcuni episodi gravi che impongono l'attenzione del legislatore non è, come crede qualcuno, cedere all'emotività, ma serve per ridestare la giusta attenzione di chi, amministrando la comunità nazionale, deve tutelarla e non perseverare nell'indifferenza o peggio assecondare quel politicamente corretto che si muove sempre a tutela del criminale, cercando di comprenderne le motivazioni, alla ricerca di attenuanti per la condotta, che deve essere punita, ma in maniera lieve, perché se qualcuno delinque la colpa è della società.
  Ebbene questi episodi che ho citato servono anche per restituire un volto a degli anonimi dati statistici che comunque ci dicono che la situazione è ancora grave. Al netto di queste considerazioni, riteniamo che il grave allarme sociale che desta presso l'opinione pubblica il reato di chi uccide guidando in stato di alterazione o scappa lasciando le vittime sull'asfalto, allarme sociale aggravato magari dall'impunità che di fatto è garantita a legislazione vigente ai pirati della strada, imponga al legislatore di intervenire in maniera determinata. E ce lo ricordano, come dicevo, i dati perché se nel 2014 gli atti di pirateria stradale ci hanno consegnato una sorta di bollettino di guerra con 119 morti e 1.224 feriti, nel 2015 i primi dati ci dicono che il criminale fenomeno della pirateria stradale è in aumento. Nei primi nove mesi dell'anno i casi di pirateria grave sono circa 800 e hanno causato già la morte di 107 persone e 916 feriti. Riteniamo che questa comunque sia una buona iniziativa politica per dare risposte certe ai familiari delle vittime, come dicevo, e alle comunità che sono rimaste gravemente sconvolte da atti sconsiderati portati a termine da chi ritiene normale porsi alla guida di un autoveicolo sotto effetto di alcool o droga e, se uccide o ferisce qualcuno, ritiene altrettanto normale, perché è coperto da una sorta di impunità, scappare e lasciare le vittime innocenti sulla strada. Riteniamo però che un provvedimento come questo debba essere anche accompagnato da altri interventi perché riteniamo che sia difficile non convenire per logica, anche alla luce di questi dati, con Daniele Tissone che è segretario del SILP della CGIL che, commentando proprio questi dati relativi ai fatti di pirateria stradale dal 2015, diceva: «l'incremento degli incidenti mortali sulle strade italiane deve far ritornare il Ministro Alfano sui propri passi, annullando il progetto di razionalizzazione dei presidi di polizia di Stato su tutto il territorio nazionale perché i dati ci devono far riflettere rispetto alla prevista soppressione di ben ventinove uffici della specialità da sempre deputata al controllo di strade e circolazione veicolare». Noi riteniamo che una buona iniziativa come questa debba essere accompagnata assolutamente da interventi volti alla prevenzione del reato e alla certezza che le pene previste da questo provvedimento siano poi scontate, altrimenti la mancanza di certezza della pena nell'applicazione di questa proposta di legge magari da parte di qualche magistrato che troverà ancora la possibilità di interpretare liberamente ciò che il legislatore ha messo nero su bianco scrivendo una nuova legge, suoneranno come un ennesimo tradimento nei confronti dei parenti delle vittime. Quindi è un provvedimento che, ribadisco, è una buona iniziativa politica ma deve essere accompagnato anche dalla volontà di far rispettare ciò che in questa proposta di legge è Pag. 25contenuto, non lasciando spazio al magistrato di fare in modo che chi si macchia di un crimine che desta così grave allarme sociale possa farla franca.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Piso che non è presente in Aula.
  È iscritta a parlare l'onorevole Vezzali. Ne ha facoltà.

  MARIA VALENTINA VEZZALI. Presidente, Governo, colleghi, il provvedimento in discussione rappresenta la risposta non più rinviabile che il legislatore è chiamato a dare di fronte alla generale richiesta di giustizia da parte di quei cittadini e dei loro familiari rimasti offesi od uccisi su una strada a causa di una condotta irresponsabile e vigliacca di chi si è messo consapevolmente alla guida in stato di ebbrezza o sotto l'effetto di sostanze stupefacenti. Nel mondo ogni anno sulla strada muoiono un milione e 250 mila persone tra automobilisti, motociclisti, ciclisti e pedoni. È la situazione fotografata dal Global status report on road safety 2015, lo studio alla terza edizione dell'Organizzazione mondiale della sanità che analizza il fenomeno della mortalità sulle strade.
  In Italia, le cifre fornite dall'ISTAT ci disegnano un quadro drammatico: nell'arco di quattro anni, tra il 2008 e il 2012, sono stati registrati 1.000 morti e 35 mila feriti in conseguenza di incidenti stradali, talvolta imputabili a comportamenti dolosi e spesso gravemente colposi dei conducenti. L'omicidio stradale è la prima causa di decessi in Italia tra i giovani di età compresa tra i venti e i trentacinque anni. Nel 2013 le vittime della strada sono arrivate a 3.650: un primato europeo sul quale il Parlamento deve intervenire con coraggio. Da un'indagine dell'Istituto per gli studi sulla pubblica opinione promossa dalla Fondazione per la sicurezza stradale ANIA, è emerso che oltre il 70 per cento degli automobilisti dichiara di infrangere le regole pur essendo consapevole dei rischi e dette conseguenze sociali ed economiche degli scontri stradali. Secondo le statistiche aggiornate del Centro nazionale di controllo sulla sicurezza stradale, il 40 per cento degli incidenti stradali gravi e mortali è causato dalla guida sotto l'effetto di alcol ovvero di sostanze stupefacenti o psicotrope. È altresì in tendenziale aumento il fenomeno degli incidenti stradali con fuga ed omissione di soccorso; non diminuiscono neanche i reati connessi con la falsificazione dei contrassegni assicurativi, sebbene dal 18 ottobre non vi sia più l'obbligo di esporre il contrassegno sul parabrezza. Taluni osservatori, in relazione al testo oggi in esame, hanno parlato di una legge assunta sull'onda di una spinta mediatica, ma basta concentrarci sui dati ufficiali poc'anzi citati per comprendere che il problema esiste, esiste da anni e che riveste oggettivamente il carattere di un grave allarme sociale, anche in ragione della componente psicologica che la percezione del fenomeno riveste per i cittadini.
  Infatti, al di là della necessità di introdurre nuove norme ad hoc e di scriverle in modo chiaro, onde evitare l'eventualità di una interpretazione eccessivamente discrezionale da parte del giudice, credo vi sia anche il bisogno di mettere in condizione i cittadini – principali destinatari di quelle stesse norme – di orientare il loro agire nella scelta di comportamenti leciti, così rendendo efficace la funzione preventiva del diritto penale. Io stessa, all'inizio dell'attuale legislatura, sono stata personalmente investita di questa problematica e dell'urgenza di studiare una configurazione normativa più severa, su istanza di numerose associazioni di vittime e parenti di vittime della strada e di operatori della sicurezza. La proposta di legge n. 959, a mia firma, presentata il 15 maggio 2013, si inserisce in questo contesto, e non è casuale che sia stata una delle prime iniziative legislative da me assunte in Parlamento. Anche per questa ragione, l'approvazione del disegno di legge in esame costituisce indubbiamente un segnale politico molto preciso e fa allineare il nostro Paese agli ordinamenti vigenti nella maggior parte delle nazioni europee. Sebbene la legge 29 luglio 2010, n. 120, recante Pag. 26«Disposizioni in materia di sicurezza stradale» abbia introdotto importanti e apprezzabili modifiche al codice detta strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, tuttavia, a nostro avviso, è stata lasciata irrisolta una diffusa percezione del problema avvertito da cittadini, comitati e associazioni, come ricordavo poc'anzi.
  Per l'omicidio riconducibile all'infortunistica stradale, che produce, in termini di costi sociali, somme stimate al 2,6 per cento del prodotto interno lordo, non è stata trovata una configurazione giuridica diversa da quella del semplice reato colposo, trascurando quindi il diverso e più grave atteggiamento psicologico dell'autore, il quale, in presenza di particolari presupposti oggettivi (stato di ebbrezza o alterazione da sostanze stupefacenti o psicotrope), si sia comunque e consapevolmente posto alla guida di un veicolo accettando il rischio di provocare potenzialmente la morte di altri, in evidente disprezzo del bene giuridico della vita umana e dell'integrità fisica. Non è quindi una circostanza casuale che, sulla materia, negli ultimi anni, siano state presentate non solo proposte di legge in Parlamento ma anche molti progetti di legge d'iniziativa popolare ai sensi dell'articolo 71, secondo comma, della Costituzione, come ad esempio il progetto di legge nato da un lavoro comune ad opera dell'associazione «Lorenzo Guarnieri», dell'associazione «Gabriele Borgogni», dell'associazione «Amici e sostenitori della polizia stradale», del comune di Firenze e della polizia municipale di Firenze, che hanno raccolto oltre 70 mila firme.
  L'introduzione di autonome figure delittuose va perciò a colmare quel vuoto normativo al quale ha cercato meritoriamente di sopperire in questi anni la giurisprudenza, individuando in determinate condotte un diverso e più grave atteggiamento psicologico dell'autore che, in presenza di specifici presupposti oggettivi come lo stato di ebbrezza o l'alterazione psicofisica per uso di sostanze stupefacenti o psicotrope, si pone comunque alla guida di un veicolo, accettando sia il rischio di essere un pericolo potenziale per la sicurezza della circolazione sia di provocare la morte di altri.
  Pur lontani da qualsiasi forma di giustizialismo, riteniamo comunque opportuno accogliere le motivazioni della sentenza della Suprema Corte di Cassazione n. 10411 del 2011, introducendo nella normativa vigente, una distinzione più severa tra «dolo eventuale» e «colpa cosciente», contribuendo a creare una fattispecie autonoma sotto il profilo della psicologia criminale del reo.
  Abbracciando la tesi dolosa, la Cassazione confermò la sentenza della Corte d'appello che aveva ritenuto colpevole di omicidio volontario e lesioni volontarie l'imputato che, alla guida di un furgone rubato, per sottrarsi al controllo da parte della polizia che lo inseguiva, si era dato alla fuga in pieno centro urbano ad una velocità pari a 100-110 chilometri all'ora, oltrepassando, senza decelerare, una serie di semafori che segnavano luce rossa nella sua direzione di marcia per poi urtare violentemente contro un'altra auto che, in quel momento, impegnava lo stesso incrocio, cagionando gli eventi lesivi indicati.
  Nel caso citato, la Suprema Corte ha evidenziato come la sottile linea di confine tra il dolo eventuale e la colpa cosciente e l'esigenza di non svuotare di significato la dimensione psicologica dell'imputazione soggettiva, connessa alla specificità del caso concreto, impongano al giudice di attribuire rilievo centrale al momento dell'accertamento e di effettuare una penetrante indagine in ordine al fatto unitariamente inteso, alle sue probabilità di verificarsi, alla percezione soggettiva della probabilità, ai segni della percezione del rischio, ai dati obiettivi capaci di fornire una dimensione riconoscibile dei reali processi interiori e della loro proiezione finalistica. L'impostazione dolosa fu poi confermata, successivamente al giudizio di rinvio, dalla stessa Corte di cassazione (Sezione V, sentenza 27 settembre 2012, n. 42973).
  Il provvedimento in esame nasce dal testo unificato di undici proposte di legge che, sia pur nella loro specificità, mirano Pag. 27tutte ad introdurre nel codice penale i reati di omicidio stradale e di lesioni personali stradali, apportando le necessarie modifiche di coordinamento con la normativa vigente (Codice penale e Codice della strada).
  Mi soffermo ora brevemente a evidenziare quelle parti dell'articolato, come modificato dagli emendamenti approvati nell'istruttoria svolta in Commissioni riunite II e IX.
  L'articolo 1 introduce l'articolo 589-bis del codice penale, ovvero il «delitto di omicidio stradale», per il quale è stata prevista la reclusione da 2 a 7 anni per chiunque cagioni per colpa la morte di una persona con violazione del codice stradale. La stessa pena è stata estesa anche al conducente di un autoveicolo che, attraversando un'intersezione con il semaforo disposto al rosso ovvero circolando contromano, cagioni per colpa la morte di una persona, nonché al conducente di un autoveicolo che, a seguito di manovra di inversione in prossimità di intersezioni, curve o di un attraverso pedonale, cagioni per colpa la morte di una persona.
  Sempre l'articolo 1 introduce l'articolo 589-ter e prevede la circostanza aggravante in caso di fuga del conducente, con pena aumentata da un terzo a due terzi.
  L'articolo 2 modifica l'articolo 590-bis del codice penale e prevede il delitto di lesioni personali stradali, per il quale delitto è prevista la reclusione da 3 mesi a 1 anno per lesioni gravi e da 1 a 3 anni per lesioni gravissime.
  L'articolo 6 contiene le norme di coordinamento al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 in materia di revoca della patente e di inibizione alla guida sul territorio nazionale.
  Una particolare considerazione merita, a mio avviso, l'aspetto psicologico della dissuasione al quale avevo accennato all'inizio del mio intervento. I cittadini percepiscono, non sempre a ragione, un senso di impunità che, attraverso i mass media ed i vari social, viene sicuramente amplificato. Questo ha iniziato a diffondere l'errata convinzione del «tanto non mi fanno nulla»: cosicché la funzione di prevenzione generale delle norme penali risulta del tutto, o quasi del tutto disattesa. L'inasprimento delle sanzioni penali risponde dunque non solo ad un preciso criterio di giustizia sociale, ma anche ad una esigenza di deterrenza, alla quale dovranno concorrere anche una maggiore e capillare azione di controllo su strada da parte delle forze dell'ordine ed una profonda e continua azione culturale preventiva.
  Durante l’iter dibattimentale in Commissione, le proposte emendative a mia firma sono andate proprio in questa direzione, ovvero verso uno spiccato inasprimento delle sanzioni penali e amministrative.
  All'articolo 1 del provvedimento in discussione, ad esempio, avevo proposto da 8 a 18 anni (invece che 12) di reclusione per chiunque, ponendosi alla guida di un veicolo a motore in stato di ebbrezza alcolica o di alterazione psicofisica conseguente all'assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope, cagionasse per colpa la morte di una persona (articolo 186, comma 2, lettera c) e articolo 187 del decreto legislativo n. 285 del 1992).
  Ancora: sempre all'articolo 1, avevo proposto pene da 7 a 14 anni (invece che da 4 a 10) per chiunque, ponendosi alla guida di un veicolo a motore in stato di ebbrezza alcolica, cagionasse per colpa la morte di una persona (articolo 186, comma 2, lettera b) del decreto legislativo n. 285 del 1992). Sempre all'articolo 1, una pena di 21 anni (invece che 18) per il conducente che provocasse la morte di più persone, ovvero la morte di una o più persone e le lesioni di una o più persone.
  Un'altra modifica che ritenevo assai opportuna afferiva all'articolo 6 del provvedimento in oggetto, ovvero alla disciplina del codice della strada di cui al decreto legislativo n. 285 del 1992. In un emendamento a mia firma prevedevo di estendere le sanzioni amministrative non solo relativamente alla revoca e alla sospensione della patente di guida di autoveicoli, ma anche al nuovo certificato di idoneità alla guida di ciclomotori, qualora ci si trovasse in presenza di una sentenza di Pag. 28condanna per il delitto di omicidio commesso per guida in stato di ebbrezza alcolica, di alterazione psicofisica o a seguito di omissione di soccorso.
  Tale pena era ulteriormente aggravata nel caso in cui il delitto fosse commesso da un conducente di età inferiore a 18 anni, ovvero che al momento della commissione del fatto non fosse titolare di patente di guida o di certificato di idoneità alla guida di ciclomotori. L'esigenza di trovare in Commissione una sintesi condivisa non ha purtroppo consentito l'inserimento nel testo base di questi emendamenti a mia firma.
  Nell'avviarmi a concludere, desidero sottolineare ancora una volta che l'incidentalità stradale rappresenta un problema rilevante e come tale va affrontato, introducendo strumenti dissuasivi per chi ritiene di potersi mettere alla guida sulle strade urbane ed extraurbane pur non essendo completamente padrone di se stesso, in disprezzo della vita altrui: chi consapevolmente, con la sua condotta irresponsabile, provoca il decesso di persone innocenti o lesioni invalidanti deve subire una sanzione severa. Alla luce di queste riflessioni, speriamo che il testo unico in discussione – frutto di un articolato e approfondito dibattito parlamentare ed oggetto di ponderazione, di confronto e di audizioni – sia rapidamente approvato proprio in ragione del citato impressionante numero di morti e di feriti nel nostro Paese e delle sollecitazioni della Commissione europea e dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite, che ha proclamato un nuovo decennio di iniziative per la sicurezza stradale (2011-2020), con lo scopo di ridurre ulteriormente il numero di decessi da incidenti stradali nel mondo.
  Certo, lo sappiamo bene: non sarà questo provvedimento da solo a risolvere il dramma delle vittime della strada, per il quale sarebbe opportuna una continua campagna nazionale per la sicurezza stradale e la dissuasione dalla guida in stato di ebbrezza o sotto l'effetto di sostanze stupefacenti. Tuttavia, noi crediamo che questo provvedimento possa rappresentare comunque un elemento di forte deterrenza dal compiere atti scellerati.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Palese. Ne ha facoltà.

  ROCCO PALESE. Grazie, Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.

  PRESIDENTE. Ovviamente è autorizzato (secondo i criteri costantemente seguiti).
  Salutiamo intanto il viceministro Costa che viene sostituito dal sottosegretario Ferri, giunto ora.
  È iscritto a parlare l'onorevole Daniele Farina Ne ha facoltà.

  DANIELE FARINA. Grazie, Presidente. Noi di Sinistra Ecologia e Libertà invece, a differenza dell'opinione espressa da altri colleghi, temiamo che questo provvedimento non avrà purtroppo alcun effetto, o meglio certamente non l'effetto che si vorrebbe: ridurre l'incidentalità e la mortalità sulle nostre strade. Incidentalità e mortalità che, per fortuna, sono in costante decremento, e speriamo che anche questo anno si confermi la tendenza, grazie ai controlli con nuove diverse metodologie, alle campagne di informazione e prevenzione e anche agli interventi materiali sulla rete stradale volti a maggiore sicurezza, nell'assunto che proprio lo stato delle nostre strade è una delle cause più frequenti di incidentalità.
  È questa mi sembra una grida manzoniana, che purtroppo a quegli scopi non servirà, anzi, ci viene autorevolmente detto che potrebbe sortire effetti contrari a quelli cui siamo stati sollecitati dai molti, singoli e associazioni, che si battono meritoriamente per la sicurezza stradale e in favore delle vittime della strada. L'avvocatura in particolare, che ricordo tutela sia le vittime che i responsabili di incidenti stradali, infatti ci ammonisce: fuga del Pag. 29conducente e pirateria sono termini destinati ad aumentare e non a ridursi con l'approvazione di questo testo.
  Nonostante navighi da molti anni nelle aule parlamentari, quello giunto alla nostra attenzione dal Senato è un pessimo provvedimento, poco approfondito, di scarsa qualità scientifica e che riproduce integralmente gli incredibili difetti già oggi presenti del codice della strada. È principalmente rivolto a chi procura la morte o lesioni gravi e gravissime ponendosi alla guida in stato di ebbrezza alcolica o di alterazione psico-fisica conseguente all'assunzione di sostanze stupefacenti. Sono stati poi previsti anche altri comportamenti, manovre di guida di particolare pericolosità, cui si applicano gli stessi dettami, ma il fine prevalente di applicazione è quello che richiamavo prima. Prima, il codice della strada parlava di ebbrezza e di effetto di sostanze stupefacenti, il secondo, l'effetto, lo abbiamo modificato perché poco significava e perfino la Cassazione ce lo ha più volte ricordato, ovvero non è sufficiente per integrare il reato l'aver assunto, figuriamoci il semplice detenere, sostanze stupefacenti. È necessario che esse abbiano provocato una alterazione psico-fisica, la cui esistenza va provata in concreto. Ed ecco che qui casca l'asino, ovvero si palesa il vulnus, che alligna nell'articolo 187 del codice della strada. Vulnus per il quale oggi, a legislazione vigente, sospendiamo ogni anno patenti a migliaia di cittadini che in realtà sono perfettamente in grado di guidare. Infatti, mentre il legislatore ha stabilito soglie precise di intossicazione da alcol, i famosi 0,5-0,8 e 1,5 grammi per litro di sangue, cui si associano diversi progressivi stati di inabilitazione del rapporto uomo-macchina, per tutte le altre sostanze classificate come stupefacenti di fatto non è così. Vige in quel caso una sconcertante situazione di confusione per la quale noi chiederemo di inserire nel testo il rinvio a procedure tecniche di dettaglio da emanarsi prima dell'entrata in vigore del presente testo di legge.
  In assenza di questo, che, particolare non indifferente, il lavoro delle Commissioni referenti alla Camera dei deputati non ha chiarito e tanto meno ha chiarito il lavoro del Senato, che ha brillato per superficialità, dagli atti che ci sono pervenuti, posso già dirvi che non potremo votare a favore di questo provvedimento. Togliere la patente a cittadini abili in realtà alla guida è un fatto abbastanza grave, ma condannare a pene altissime per omicidio stradale cittadini responsabili in realtà di omicidio colposo mi sembra un fatto poco digeribile, anzi inaccettabile, perché noi introduciamo una nuova fattispecie autonoma di reato, accanto all'omicidio colposo, a quello preterintenzionale e a quello volontario, fatto che già rappresenta una discutibilissima scelta di sistema, scelta su cui abbiamo registrato molte perplessità.
   Nel 2013, le statistiche hanno registrato 181 mila incidenti stradali con oltre 3.300 morti. Nel 2008, erano assai di più: 218 mila gli incidenti con oltre 4.700 morti, numeri fortunatamente in costante decremento, che speriamo di poter continuare a vedere decrescere a fronte di nuovi sistemi di controllo, di progresso tecnologico e campagne informative e preventive, come ho già citato.
  Di quei 181 mila incidenti del 2008, il 2,12 per cento aveva una causa accertata: lo stato di anormale ebbrezza alcolica, e lo 0,34 per cento lo stato di alterazione psicofisica per ingestione di sostanze stupefacenti. Numeri contenuti, ma che avrebbero avuto bisogno di molta attenzione, che invece il legislatore non ha avuto neanche questa volta, vittima di quella tragedia scientifica e culturale per cui tutte le droghe sono uguali.
  E l'errore finale, forse quello più grave e forse inescusabile, si compie all'articolo 4 del presente testo di legge: «Modifiche al codice di procedura penale in materia di operazioni peritali e di prelievo coattivo di campioni biologici». Noi agganciamo tutta questa baracca all'articolo 224-bis del codice di procedura, quello che, per intenderci, norma i prelievi di campioni biologici volti all'identificazione del DNA, in cui si dispone l'esecuzione coattiva di prelievi sui peli, la mucosa del cavo orale e l'urina.Pag. 30
  Peccato che manchi esplicitamente menzionato in quell'articolo il sangue, la cui analisi è l'unica misura che, unitamente all'esame clinico, può darci una qualche informazione certa riguardo all'effettiva alterazione da sostanze stupefacenti.
  Quindi, per concludere, Presidente, superficialità è l'unica parola adatta a inquadrare il lavoro del Parlamento circa una norma genericamente volta a placare l'opinione pubblica, le associazioni, i parenti delle vittime, ma di nessuna efficacia nella prevenzione e nella riduzione di quei tragici fatti che la cronaca purtroppo quotidianamente ci consegna.

  PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche dei relatori e del Governo – A.C. 3169-A)

  PRESIDENTE. Prendo atto che i relatori Morani e Gandolfi non sono in Aula, quindi si intende che abbiano rinunciato alla replica.
  Non essendovi nemmeno il relatore di minoranza, ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.

  COSIMO MARIA FERRI, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Grazie, Presidente, volevo intervenire invece per segnalare l'importanza di questo provvedimento e devo dire che le Commissioni giustizia e trasporti della Camera in tempi rapidi hanno varato il testo che oggi è in discussione. Esso è stato per alcuni aspetti e punti migliorato, soprattutto dal punto di vista giuridico, in quanto è stato posto un inquadramento sistematico di tutte le ipotesi di omicidio e lesioni stradali e, non solo quelle di stato di ubriachezza e di alterazione, ma anche quelle già previste dal codice penale relative a delle condotte che, secondo il testo licenziato e anche secondo il Governo, non sono certamente condotte residuali, quindi devono essere tipizzate. Si è voluto tipizzare tutti i casi di colpa specifica e, utilizzando la formazione di tre fasce, si è voluto comunque punire nella fascia intermedia condotte anche diverse da quelle dello stato di ubriachezza e di alterazione, come emerso già negli interventi dei relatori. Quindi vengono puniti anche il passaggio con il rosso, la circolazione contro mano, le manovre pericolose, il sorpasso pericoloso e l'inversione a «u».
  Quindi, si deve pensare alla sanzione penale, che comunque deve avere un effetto deterrente, perché anche nel dibattito è emersa l'importanza della sanzione penale che, chiaramente, può portare a una riflessione, perché c’è chi può sostenere un innalzamento di pene, c’è chi, invece, ritiene equo questo testo e chi, come l'onorevole Daniele Farina – mi pare – nell'ultimo intervento, chiede, invece, una diminuzione. Su questo il Governo ritiene che debba esserci una sanzione efficace. È aperto al confronto, ma deve esserci un serio effetto deterrente, perché anche la sanzione penale ha un ruolo – e lo dice la nostra Costituzione – nel porre all'attenzione di chi si metta alla guida la pericolosità di un comportamento e l'effetto che ne può derivare.
  Il messaggio del Governo è chiaro. Come ha detto più volte il Presidente del Consiglio – e lo voglio ripetere in questa sede –, occorre una risposta seria ed efficace. Guardando alle tante vittime, alle migliaia di vittime della strada e ai numerosi feriti che ogni giorno ci sono, purtroppo a causa di guide pericolose, di persone che non sono attente alla guida e che utilizzano l'autovettura come un'arma, di fronte a tante vittime della strada, dicevo, e di fronte a tanti familiari che si chiedono ancora il perché un proprio caro oggi non ci sia più, a causa di un comportamento di un'altra persona, così come ha detto il Presidente del Consiglio, questo scempio deve finire.
  Quindi, l'unico modo è considerare questo reato un reato autonomo e, quindi, non un reato che, in qualche modo, subiva l'effetto del gioco delle attenuanti generiche, che molte volte il giudice era portato a dare, ma che oggi questo bilanciamento Pag. 31non può più fare (e questo è un altro punto saliente di questo provvedimento). Dunque, anche in questo caso la risposta sarà seria ed efficace e verranno uniformate le condotte e le pene; ci sarà il raddoppio dei termini prescrizionali e, quindi, anche in questo tipo di reato lo Stato non rinuncia a una risposta che deve essere efficace Dunque, il raddoppio dei termini prescrizionali ha un senso.
  Poi, viene punito chi fugge e inasprita la sanzione penale, appunto, per chi fugge, che, purtroppo, è un altro dei casi che spesso avviene. Non solo si investono le persone, ma molti fuggono dopo aver commesso tali episodi. Tuttavia, anche la fuga viene punita come circostanza aggravante; viene innalzata la pena e, quindi, viene anche indicato un limite edittale sotto il quale il giudice non può andare.
  Quindi, in alcuni punti viene ridotta la discrezionalità del giudice. Il tipizzare l'omicidio colposo stradale ha un significato preciso, così come alzare le pene, perché si vuole dire al giudice che per questi tipi di reato non può tornare all'omicidio colposo, quello di cui all'articolo 589, prima comma, del codice penale, ma sono una fattispecie autonoma, tale è la gravità. Per anni la giurisprudenza ha oscillato nel contestare e nel ritenere configurabile o il dolo eventuale o la colpa cosciente. In Commissione – e anche il Governo è d'accordo – si è scelta la strada della colpa, ma una colpa specifica che è una colpa grave e che va, quindi, punita severamente.
  Nel corso del dibattito il Governo certamente non sarà chiuso a migliorare, se del caso, ulteriormente il testo, ma ritiene che già questo testo sia importante, proprio per i punti che sono stati indicati e che sono emersi anche oggi, nella discussione sulle linee generali, e che, quindi, volevo riprendere.
  Altro tema è la sanzione della revoca della patente. Di fatto, è stato introdotto già dal Senato – e rimane anche nel testo licenziato dalle Commissioni – un ergastolo della patente, perché gli anni che passeranno per riprendere la patente sono un periodo di tempo considerevole, che va da 15 a 30 anni. Quindi, di fatto è stato introdotto l'ergastolo della patente, che è un altro punto saliente che veniva richiesto, proprio perché vogliamo accompagnare la fase della repressione alla fase, appunto, deterrente e anche preventiva e, comunque, non consentire più, come talvolta avviene oggi, che chi commette questi tipi di reato possa tranquillamente rimettersi alla guida e, magari, porli nuovamente in essere.
  Ora spetta a noi, una volta introdotto l'omicidio stradale, lavorare sul piano culturale, sul piano della prevenzione, sull'educazione stradale, sulla formazione, sugli investimenti in strade sicure, sul coinvolgere tutti gli operatori e tutte le istituzioni locali anche nel puntare su un piano del traffico, su un piano della sicurezza stradale che sia incisivo e che consenta anche di guardare a un'educazione stradale non solo dei nostri ragazzi nelle scuole, ma anche di tutti coloro che circolano nelle strade, che siano urbane, che siano extraurbane, che siano autostrade, proprio per sensibilizzarli a un'attenzione.
  Il legislatore doveva fare, però, la propria parte, con un messaggio forte. Questa è la strada: noi auspichiamo che presto diventi legge, proprio per lanciare questo segnale che l'omicidio stradale è un reato grave, e che, quindi, deve richiamare molta più attenzione. Questa è la migliore risposta che noi possiamo dare a tanti familiari delle vittime della strada che oggi guardano con perplessità, con dolore e con rabbia a una risposta dell'azione penale a volte poco efficace.
  Così non sarà più, con questo testo e, di fronte anche alle statistiche alle quali, purtroppo, guardiamo e ai numeri ai quali, purtroppo, guardiamo – ma dietro un numero, anche fosse uno, vi è una storia, una vita, una famiglia, dei valori e degli effetti –, penso che questa sia la migliore risposta per guardare avanti con fiducia, garantendo la certezza della pena e anche una seria rieducazione.

  PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

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Discussione della mozione Ravetto ed altri n. 1-00989 concernente iniziative volte all'istituzione presso i tribunali ordinari di sezioni specializzate per i procedimenti giurisdizionali in materia di immigrazione (ore 17,25).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della mozione Ravetto ed altri n. 1-00989, concernente iniziative volte all'istituzione presso i tribunali ordinari di sezioni specializzate per i procedimenti giurisdizionali in materia di immigrazione (Vedi l'allegato A – Mozioni).
  Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi riservati alla discussione è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).
  Avverto che sono state altresì presentate le mozioni Brescia ed altri n. 1-01033 e Fiano ed altri n. 1-01035, che, vertendo su materia analoga a quella trattata dalla mozione all'ordine del giorno, verranno svolte congiuntamente. I relativi testi sono in distribuzione (Vedi l'allegato A – Mozioni).

(Discussione sulle linee generali)

  PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali delle mozioni.
  È iscritto a parlare l'onorevole Palese, che illustrerà anche la mozione Ravetto n. 1-00989, di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.

  ROCCO PALESE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, rappresentante del Governo, la rotta del Mediterraneo ha assunto un ruolo centrale per i flussi migratori verso i Paesi del continente europeo e l'Italia è divenuta una delle porte di accesso più utilizzate verso l'Unione europea dai Paesi africani e mediorientali. La situazione sulle coste italiane è iniziata ad aggravarsi già nel 2014, quando, secondo l'Alto commissariato ONU per i rifugiati, il numero degli arrivi dei migranti e dei richiedenti asilo aveva raggiunto circa le 100 mila persone: oltre il doppio del numero totale rispetto al 2013, l'anno precedente.
  La situazione sta ulteriormente peggiorando nel 2015 e il numero di arrivi via mare è destinato a crescere, dal momento che già nei primi sette mesi del 2015 il dato è superiore a quota 90 mila. La situazione si è ulteriormente complicata per effetto del regolamento di Dublino, che, sebbene alla sua terza riformulazione, privilegia ancora il Paese di primo approdo del richiedente asilo quale Paese responsabile della disamina della domanda di protezione internazionale.
  È del tutto evidente che l'ondata migratoria che sta caratterizzando il continente europeo mostra una portata completamente nuova e dimensioni eccezionali, ed è destinata a protrarsi per almeno i prossimi venti anni. I dati rilasciati dalla commissione nazionale per il diritto d'asilo mostrano che nel 2014 il numero delle domande d'asilo provenienti dai migranti sono aumentate vertiginosamente.
  Se nel 2013 le richieste presentate erano 26.620, nel 2014 sono più che raddoppiate, raggiungendo quota 64.886. Di queste domande, le commissioni territoriali, competenti a decidere in ordine al riconoscimento dello status di rifugiato, nell'intero anno 2014 sono riuscite ad esaminarne solamente 36.330. Come mostrato da un'inchiesta de Il Sole 24 Ore, l'infrastruttura pubblica dello Stato competente per le domande di asilo presentate dai migranti è decisamente meno efficiente di quella di altri Paesi europei.
  Basti pensare che la Germania, nell'ultimo anno e mezzo, ha fatto fronte ad un numero di migranti tre volte superiore rispetto all'Italia e che nel 2014 gli uffici competenti hanno smaltito ben 128.911 richieste su 173.072 che ne sono state presentate. Presso l'ufficio francese della protezione dei rifugiati e apolidi, nel 2014, sono state presentate 64.811 domande di asilo ed i suoi funzionari ne hanno smaltite 45.454. In Italia, la capacità di smaltimento delle domande di asilo resta, quindi, di quattro volte inferiore a quella Pag. 33della Germania, considerato che nei primi cinque mesi del 2015 le commissioni territoriali sono riuscite ad esaminare appena 20.142 pratiche.
  Ad aggravare la situazione vi è, altresì, la modalità con cui vengono compilate le domande di richiesta d'asilo. Mentre in Francia devono essere ben motivate, con la compilazione di moduli di circa venti pagine, in Italia la procedura è molto più «leggera», considerato che basta riempire solo quattro pagine del modulo di richiesta d'asilo con la possibilità, quasi mai esercitata, di allegare documentazione ulteriore.
  L'imponente fenomeno migratorio sta riversando tutti i suoi effetti anche sull'ordinamento giurisdizionale italiano, in quanto, ai sensi dell'articolo 35 del decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25, e dell'articolo 19 del decreto legislativo n. 150 del 2011, qualora le commissioni territoriali rigettino una domanda di riconoscimento dello status di rifugiato, è ammesso ricorso, entro trenta giorni successivi alla comunicazione del provvedimento, dinanzi al tribunale che ha sede nel capoluogo di distretto di corte d'appello in cui ha sede la commissione territoriale che ha pronunciato il provvedimento.
  I tribunali ordinari, già oberati di lavoro, si trovano a dover gestire migliaia di ricorsi e, in carenza di strutture e di personale, i ricorsi avanzati dai migranti, le cui spese sono direttamente a carico dello Stato, durano in media dai due ai quattro anni, allungando in questo modo i tempi di permanenza degli immigrati irregolari sul territorio italiano. Il sistema giurisdizionale così strutturato riversa, a parere dei firmatari del presente atto di indirizzo, la sua totale inefficienza, anche sui diritti degli stessi migranti.
  Per questi motivi, si chiede un impegno da parte del Governo ad assumere le iniziative di competenza per individuare presso i tribunali ordinari delle sezioni specializzate che si dedichino in maniera esclusiva alle materie relative ai fenomeni migratori e, in particolare, ai ricorsi dei migranti avverso i provvedimenti di diniego sullo status di rifugiato, e/o di espulsione, al fine di ridurre drasticamente i tempi di permanenza sul territorio italiano dei migranti stessi, atteso, così com’è stato dimostrato, che rispetto agli altri Stati membri dell'Unione europea, abbiamo una tempistica e una inefficienza veramente scandalose e, comunque, non conformi, non in linea, con quello che è, invece, un problema molto serio e gravissimo. Si tratta di un fenomeno, purtroppo, sempre in crescita, con il silenzio dell'Europa, ma anche con l'inadeguatezza delle nostre strutture. Ecco perché si chiede, signor Presidente, signor rappresentante del Governo, un impegno serio da parte del Governo in riferimento a tutto ciò.
  Si potrebbe cogliere anche l'occasione, attesa l'obbligatorietà per legge della collocazione a totale carico dello Stato, di utilizzare prioritariamente oltre ventimila dipendenti delle soppresse province per rafforzare queste strutture, per risolvere un problema di iter procedimentale, che deve essere svolto nei giusti tempi, contestualmente risparmiando anche risorse pubbliche. Mantenere gli immigrati per quattro anni, invece che per quattro o cinque mesi, allo Stato italiano, alle tasche degli italiani, costa moltissimo. Tutto ciò nulla ha a che vedere con gli accordi internazionali, nulla ha a che vedere con gli interventi che riguardano il salvataggio, qui si tratta veramente di buonsenso. La pubblica amministrazione è nelle condizioni di farlo. Siccome c’è la legge di stabilità in atto, siccome finalmente questo testo è stato reso noto e siccome c’è anche l'obbligatorietà del trasferimento di questi ventimila dipendenti, finalmente dopo tanto tempo, è giusto pure che vengano impiegati presso le corti di appello che sono in tutta Italia. Sarebbe una grande agevolazione. Dato che nessuna corte di appello dista delle singole province più di 50 chilometri e che fino a 50 chilometri questo personale può essere trasferito, si prenda prioritariamente questo personale, lo si trasferisca, e sia collocato a svolgere questo tipo di funzione di supporto, di segreteria, di protocollazione, nei ruoli amministrativi, in maniera tale che si risolvono due problemi.Pag. 34
  Uno è quello di rendere efficienti ed efficaci i tempi, ottenendo le stesse tempistiche degli altri Stati membri dell'Unione europea in riferimento alla stessa modalità e problematica, e l'altro, soprattutto, di assicurare un grande risparmio di risorse pubbliche.
  Non fare questo significa che c’è una speculazione – a tutti nota dalle vicende giudiziarie in atto che ci sono un po’ in tutta Italia – rispetto alla permanenza inopportuna e alla tempistica di tanti immigrati all'interno del nostro Paese, che sono in attesa di una risposta. Infatti è un loro diritto chiedere l'asilo, è un loro diritto fare il ricorso ed è un loro diritto anche avere la risposta in tempi brevi. Ma è altrettanto diritto delle tasche dei cittadini italiani che non siano ulteriormente aggravate con tasse, perché il prelievo è dalla fiscalità generale e quant'altro viste le ristrettezze economiche in essere per tanti settori per quel che riguarda la spesa pubblica di questa situazione. Noi abbiamo tirato fuori negli impegni anche una possibile soluzione per il Governo e un assist. La speranza è che lo utilizzi.

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Campana, che illustrerà la mozione Fiano n. 1-01035, di cui è cofirmataria. Ne ha facoltà.

  MICAELA CAMPANA. Grazie Presidente. Colleghi, le mozioni che ci troviamo oggi a discutere sono parte integrante delle analisi sull'attuale fenomeno migratorio, che più volte ci siamo trovati ad affrontare nel corso degli ultimi mesi, dentro e fuori, queste Aule.
  Molte volte le nostre discussioni si sono fermate solo sui numeri degli arrivi, come se quello fosse l'inizio esclusivo dei nostri problemi. È vero, si tratta di numeri impressionanti, soprattutto con l'ascesa dei gruppi terroristici che stanno mettendo a ferro e fuoco il continente africano. ISIS, Boko Haram e al-Shabaab mietono ogni giorno migliaia di vittime. Sono rei di violenze inimmaginabili, torture e violenze sessuali su donne e bambine. Spesso ci si limita ad osservare la Libia, perché da lì partono i gommoni degli scafisti, ma chi parte dalla Libia spesso ha già alle spalle mesi di migrazione forzata, è già passato nelle mani di altri trafficanti, subendo violenze e privazioni atroci. Le donne che arrivano e che vediamo arrivare, la prima cosa che chiedono è il test di gravidanza per le violenze subite.
  Secondo i dati Frontex tra gennaio e luglio 2015 sono arrivati in Europa 340 mila migranti, una cifra record rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso, quando ci si attestava a 123 mila. Di fronte a numeri di tale portata è chiaro a tutti da diversi mesi che sulla questione immigrazione l'Europa si sta giocando non solo il suo futuro politico, ma anche la faccia di fronte ai consessi internazionali. Negli ultimi mesi abbiamo assistito alle resistenze dei singoli Stati membri, che spesso per proteggere il proprio consenso nazionale hanno rischiato di far fallire lunghi negoziati volti alla soluzione europea. L'immigrazione è stato il primo problema sul quale ci si è scontrati a livello politico nei tavoli dell'Unione europea, abbandonando il ruolo e le logiche meramente economiche e finanziarie sulle quali solitamente si impegna l'euroburocrazia belga.
  Grazie all'azione costante del Governo Renzi fin dal suo insediamento, del commissario Mogherini, si è fatto sì che le istanze dei Paesi della sponda mediterranea fossero maggiormente rappresentate sui tavoli europei, invertendo la visione del problema migratorio, non più percepito come qualcosa di lontano, ma attuale e contingente. Circostanza che è stata agevolata da un improvviso cambio delle rotte dell'immigrazione, che allo stato attuale interessano maggiormente i Balcani e i Paesi del centro Europa.
  Tuttavia, come Partito Democratico, non possiamo che registrare i passi avanti fatti da quell'ottobre del 2013, quando a largo di Lampedusa un naufragio portò alla morte di più di trecento persone. Uno shock per l'Italia che forse per la prima volta ha sentito sulla propria pelle la responsabilità di migliaia di vite, che ogni anno perdono la vita in quella terra di Pag. 35mezzo che è chiamata Mar Mediterraneo. Un evento, quello del 3 ottobre, che vide l'Italia da sola affrontare il problema del recupero dei morti e poi, poche settimane dopo, mettere in mare la più grande operazione navale e umanitaria, denominata Mare Nostrum. Fu una pagina che rimarrà ben scritta nella storia di questo Paese e nella memoria della Unione europea, che solo un anno dopo decise di continuare quell'esperienza con il coinvolgimento di Frontex.
  Come abbiamo detto molte volte, Triton è stata un'operazione importante ma non sufficiente, ma probabilmente è stata il porto di partenza verso l'agenda europea dell'immigrazione, misure di breve e lungo periodo per portare gli Stati europei ad un'omogeneità di politiche in tema di accoglienza, che non si limiti solo alla primissima accoglienza.
  Il prossimo appuntamento del 12 novembre a La Valletta sarà un momento importante per mettere a punto le strategie comuni in un luogo simbolo per i migranti. Un'isola che, come Lampedusa, si è spesso trovata con scarsità di uomini e mezzi a far fronte a migliaia di arrivi in totale solitudine, a causa delle logiche perverse del Regolamento di Dublino, che ha condannato per anni solo alcuni Stati a farsi carico del peso totale dell'accoglienza.
  Gli sbarchi di migranti sulle coste italiane nel 2015 sono in calo del 7,4 per cento rispetto al 2014. Tra il 1o gennaio e il 10 ottobre di quest'anno sono state 136 mila le persone sbarcate in Italia contro le 147 mila registrate nello stesso periodo dello scorso anno. Secondo i dati illustrati pochi giorni fa al Viminale dal sottosegretario Domenico Manzione e dal prefetto Mario Morcone, il 2014 è stato l'anno record degli sbarchi, registrando oltre 170 mila arrivi: più della somma dei tre anni precedenti e quasi il triplo del 2011, anno dell'emergenza del nord Africa, seguita alle primavere arabe. I numeri mostrano come non ci siano ulteriori forti aumenti, pur rimanendo molto elevata l'intensità del fenomeno che ha interessato pressoché esclusivamente i porti delle regioni meridionali. La Sicilia è in testa, con 34 mila sbarchi al 1o giugno 2015, seguita dalla Calabria e dalla Puglia.
  Dal Rapporto sull'accoglienza di migranti e rifugiati in Italia è evidenziato in maniera netta il cambio di rotta dei migranti che arrivano nel nostro Paese. Se nel 2014 il Paese di provenienza più rappresentato era la Siria, seguita dall'Eritrea e dal Mali, nel 2015 i dati evidenziano al primo posto l'Eritrea, seguita dalla Nigeria e dalla Somalia, luoghi dove è forte la presenza dei gruppi terroristici richiamati in premessa all'intervento. Per quanto riguarda l'Italia, si nota l'accentuazione dei Paesi della prima fascia dell'Africa subsahariana tra le nazionalità che utilizzano la rotta del Mediterraneo centrale, e quindi con una maggiore complessità dei problemi legati alla valutazione delle domande di protezione internazionale, all'accoglienza e all'integrazione.
  La normativa nazionale sulle procedure da seguire rispetto al riconoscimento della protezione internazionale ha seguito le regole europee. Lo straordinario incremento degli arrivi negli ultimi anni ha creato problemi gestionali, anche legati alla molteplicità delle lingue di origine e alla scarsità di traduttori disponibili per le procedure di presentazione delle domande. A fronte del numero crescente dei richiedenti asilo questo Governo, attraverso il DL «stadi» ha previsto un aumento consistente delle commissioni territoriali, che sono l'organo deputato all'esame delle domande, con una forte accelerazione delle procedure legate all'istruttoria e alle decisioni. Dall'inizio dell'anno sono state esaminate 46.500 domande, evidenziando un sensibile aumento delle domande evase rispetto all'anno precedente, quando il dato si ferma a 36 mila.
  Nel 2015 il numero delle domande presentate è aumentato del 30 per cento, con un incremento del 70 per cento delle decisioni adottate. Il dato mostra, inoltre, come siano aumentati anche i rigetti. Un maggiore numero dei dinieghi genera un conseguenziale aumento dei ricorsi, traducendo il tutto in un aggravio degli uffici giudiziari e dei costi relativi al sistema Pag. 36accoglienza che continua ad ospitare i ricorrenti fino alla decisione sul ricorso. Per fronteggiare l'incremento del numero di procedimenti giudiziari connessi con le richieste di accesso al regime di protezione internazionale e umanitaria da parte dei migranti presenti sul territorio nazionale e di altri procedimenti giudiziari connessi ai fenomeni dell'immigrazione è stato predisposto un piano straordinario per rafforzare gli uffici giudiziari presso i quali si è verificato il maggiore incremento dei suddetti procedimenti di ricorso contro i dinieghi di status.
  L'aumento delle commissioni ha fatto registrare una accelerazione nell'esame delle domande, ma tuttavia le associazioni ci fanno notare che dall'ingresso nel sistema di accoglienza al momento del pronunciamento delle commissioni possono passare molti mesi, che vanno ben oltre quelli previsti dalla legge come «ottimali» e con pareri difformi tra una commissione e l'altra: una situazione che non fa che alimentare il ricorso al tribunale ordinario.
  L'UNHCR da tempo ha suggerito una riforma delle commissioni, garantendo la professionalizzazione dell'organismo deputato a valutare le domande d'asilo attraverso l'istituzione di un organismo ad hoc. Una proposta che è stata già accolta dal Governo in un ordine del giorno votato al Senato nell'ottobre 2014. Le direttive UE sono volte a rafforzare le garanzie minime per i richiedenti protezione, facilitando le modalità di accesso alla procedura e la possibilità di presentare ricorso in seconda istanza.
  Di fronte ad un quadro del genere, le modifiche apportate alla procedura di prima istanza, volta anche ad introdurre norme sull'efficienza e adeguatezza delle decisioni, potrebbero ridurre il numero dei ricorsi, con un impatto positivo sul sistema giudiziario. Un principio che è chiaramente affermato nella direttiva n. 32/2013 che recita: « È altresì nell'interesse, sia degli Stati membri, sia dei richiedenti asilo, garantire un corretto riconoscimento delle esigenze di protezione internazionale già in primo grado». Fino ad oggi ad ingolfare il lavoro delle commissioni non è stato solo l'elevato numero delle domande, ma anche che i commissari non fossero impegnati a tempo pieno in quell'attività, perché titolari di altri uffici. Una situazione che spesso, a causa dei concomitanti impegni dei commissari, ha comportato ritardi e rinvii nell'esame della domanda. Ad oggi, le ONG impegnate nell'assistenza legale dei migranti ci dicono che i tempi di convocazione si attestano sui dodici mesi. Un tempo infinito in cui i migranti rimangono ospiti del sistema di accoglienza e vi permangono anche nel caso di diniego, in attesa del pronunciamento del giudice ordinario nel caso di ricorso.
  Per questo, come PD, crediamo che non si possa affrontare il tema dei ricorsi senza lanciare almeno una riflessione sull'intera procedura di richiesta di protezione internazionale. La previsione di una sezione specializzata all'interno dei tribunali avrebbe, inoltre, l'effetto di favorire una maggiore convergenza delle pronunce giurisprudenziali relative alla protezione internazionale. Si tratta di una proposta già presente nei piani del Governo, quella di inserire, nell'ambito della riforma del sistema giudiziario, una sezione con competenze specifiche. Tuttavia, credo, come responsabile immigrazione del mio partito e come parlamentare, che quello migratorio sia un fenomeno epocale che ha bisogno di strumenti eccezionali per essere affrontato. I numeri hanno imposto, a tutti i livelli di governo, un impegno straordinario, che, come ricordiamo, durante il Governo Renzi è sempre stato gestito con gli strumenti dell'ordinaria amministrazione in maniera egregia, seppure con mille difficoltà.
  In questo contesto, non possiamo neppure dimenticare l'opera straordinaria dei nostri sindaci che sono stati i veri protagonisti dell'accoglienza in Italia, assicurando e mettendo a disposizione le proprie strutture. In questo quadro, crediamo che il Governo centrale abbia la responsabilità di impegnarsi per aiutare i migranti a vedere concluso velocemente l'iter delle proprie domande, alleggerendo così anche Pag. 37il costo dell'accoglienza nelle strutture ricettive. Per questo, crediamo che la creazione di una sezione specializzata interna ai tribunali con una riforma delle commissioni territoriali, sempre più professionalizzate e impegnate nell'esame delle domande, comporterebbe, oltre che un'uniformità di pareri, anche uno snellimento in termini temporali e di ricorsi. La professionalità delle commissioni, associata alle regole europee che disciplinano l'attività degli organi accertanti e le garanzie specifiche dei richiedenti asilo, ridurranno drasticamente i dinieghi appellabili.
  Il Partito Democratico crede che chi arriva nel nostro Paese fuggendo da guerre e persecuzioni abbia il diritto di vedersi riconosciuta la protezione internazionale in tempi ragionevoli. Gli stessi tempi ragionevoli che sono spesso richiamati nei testi legislativi che regolano processi e procedimenti amministrativi. Crediamo che il grado di civiltà di un Paese si misuri anche nella velocità con cui esso riesce a dare risposte a domande concrete di aiuto ed assistenza. L'Italia ha già insegnato molto all'Europa per quanto riguarda la gestione dei fenomeni migratori e ancora può fare per garantire procedure più snelle a chi arriva nel nostro continente in cerca di una vita migliore rispetto a quella avuta finora. Gli impegni del Governo e l'azione del Partito Democratico saranno sempre rivolti alla tutela di chi arriva in cerca di aiuto. Se continueremo a cercare la soluzione del fenomeno migratorio nel giardino di casa nostra, dentro i confini nazionali, saremo sconfitti dalla storia. Invece, abbiamo il diritto e il dovere di immaginare cosa sarà il nostro Stato sociale, il nostro stato sanitario, il nostro sistema culturale nei prossimi trenta, quaranta, cinquant'anni e immaginare ed attuare soluzioni di breve e medio periodo sul territorio nazionale, europeo e sugli scenari internazionali.

  PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali delle mozioni. Prendo atto che il Governo si riserva di intervenire successivamente. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Ordine del giorno della seduta di domani.

  PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

  Martedì 27 ottobre 2015, alle 10:

  1. – Svolgimento di interrogazioni.
  (ore 14)

  2. – Seguito della discussione delle mozioni Benedetti ed altri n. 1-00720, Zaccagnini ed altri n. 1-01019, Dorina Bianchi e Bosco n. 1-01022, Oliverio, Monchiero, Pastorelli ed altri n. 1-01023, Palese ed altri n. 1-01024 e Faenzi ed altri n. 1-01026 in materia di autorizzazione alla commercializzazione e all'utilizzo dei prodotti fitosanitari.

  3. – Seguito della discussione del disegno di legge:
   S. 1678 – Deleghe al Governo per l'attuazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sull'aggiudicazione dei contratti di concessione, sugli appalti pubblici e sulle procedure d'appalto degli enti erogatori nei settori dell'acqua, dell'energia, dei trasporti e dei servizi postali, nonché per il riordino della disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture (Approvato dal Senato) (C. 3194-A).
  – Relatori: Mariani e Cera.

  4. – Seguito della discussione delle mozioni Alli, Quartapelle Procopio, Locatelli ed altri n. 1-00956, Spadoni ed altri n. 1-01018, Vargiu ed altri n. 1-01027, Guidesi ed altri n. 1-01028, Palazzotto ed altri n. 1-01030 e Sberna ed altri n. 1-01038 concernenti iniziative per rafforzare Pag. 38la cooperazione allo sviluppo a favore dei Paesi africani, anche nella prospettiva della riduzione dei flussi migratori.

  5. – Seguito della discussione delle mozioni Businarolo ed altri n. 1-00783, Scotto ed altri n. 1-00912, Misiani ed altri n. 1-01032, Guidesi ed altri n. 1-01034, Tancredi ed altri n. 1-01036 e Palese n. 1-01037 concernenti iniziative per assicurare maggiore trasparenza e partecipazione nelle procedure di nomina dei membri dei consigli di amministrazione delle società partecipate dallo Stato e da altri soggetti pubblici.

  6. – Seguito della discussione della proposta di legge:
   S. 859-1357-1378-1484-1553 – D'INIZIATIVA DEI SENATORI: SCILIPOTI ISGRÒ; FALANGA; MOSCARDELLI ed altri; STUCCHI; GINETTI: Introduzione del reato di omicidio stradale e del reato di lesioni personali stradali, nonché disposizioni di coordinamento al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e al decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274 (Approvata, in un testo unificato, dal Senato) (C. 3169-A).
  e delle abbinate proposte di legge: LA RUSSA e CIRIELLI; BIANCONI e LAFFRANCO; VEZZALI ed altri; GIANCARLO GIORGETTI ed altri; CARRESCIA ed altri; NASTRI; CRISTIAN IANNUZZI e CATALANO; CATANOSO GENOESE e FRANCESCO SAVERIO ROMANO; PALMIZIO; CRIVELLARI; GRECO; FERRARESI ed altri (C. 361-562-959-14301475-1643-1646-1677-2068-2192-2263-3366).
  – Relatori: Morani (per la II Commissione) e Gandolfi (per la IX Commissione), per la maggioranza; Ferraresi, di minoranza.

  7. – Seguito della discussione delle mozioni Ravetto ed altri n. 1-00989, Brescia ed altri n. 1-01033 e Fiano ed altri n. 1-01035 concernenti iniziative volte all'istituzione presso i tribunali ordinari di sezioni specializzate per i procedimenti giurisdizionali in materia di immigrazione.

  8. – Discussione della Relazione della Giunta per le autorizzazioni sulla domanda di autorizzazione all'utilizzo di intercettazioni di conversazioni nei confronti di Nicola Cosentino (deputato all'epoca dei fatti) (Doc. IV, n. 10-A).
  – Relatore: Matteo Bragantini.

  La seduta termina alle 17,50.

TESTO INTEGRALE DELLA RELAZIONE DELLA DEPUTATA ALESSIA MORANI IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DELLA PROPOSTA DI LEGGE N. 3169-A ED ABB.

  ALESSIA MORANI, Relatrice per la maggioranza per la II Commissione. L'Assemblea è oggi chiamata ad affrontare un tema estremamente drammatico: l'omicidio stradale.
  In particolare, la proposta di legge che ci apprestiamo a discutere è volta ad introdurre nell'ordinamento gli specifici reati di omicidio stradale (articolo 589-bis c.p.) e lesioni stradali (articolo 590-bis c.p.), modificando la disciplina della sanzione amministrativa della sospensione e della revoca della patente.
  L'esigenza di intervenire sulla materia degli incidenti stradali andando a modificare le disposizioni sanzionatorie già vigenti nasce dalla constatazione di quanto avviene quotidianamente sulle nostre strade. Il numero dei morti e dei feriti a causa degli incidenti stradali è così alto da indurre la seguente considerazione: le automobili uccidono e feriscono più persone delle armi da fuoco. Un terzo delle vittime sono uccise o ferite gravemente da persone che si mettono alla guida in uno stato di grave alterazione psico-fisica a causa di droghe o dell'alcool.
  Vi è da parte di tutti la consapevolezza che gran parte dell'opera deve essere fatta sul piano della prevenzione e che, sulla base dei dati Istat di questo anno, si sta già Pag. 39procedendo in tal senso, grazie anche ad un intenso e non sempre riconosciuto lavoro degli appartenenti alle forze dell'ordine che prestano il loro servizio sulle strade. Ma ciò non è sufficiente.
  Secondo una stima preliminare fatta dall'Istat nel mese di giugno, nel 2014 si sono verificati in Italia 174.400 incidenti stradali con lesioni a persone. Il numero dei morti, entro il trentesimo giorno, è pari a 3.330, mentre i feriti ammontano a 248.200.
  Rispetto al 2013, si riscontra una diminuzione del numero degli incidenti con lesioni a persone (-3.77 per cento) e del numero dei morti (-1,62 per cento); in calo anche i feriti (-3,58 per cento) Mentre l'indice di mortalità, calcolato come rapporto tra il numero dei morti e il numero degli incidenti con lesioni moltiplicato 100, è pari a 1,91. Tale valore è in lieve aumento rispetto a quello registrato nel 2013 (1,87). In sostanza gli incidenti sono più gravi.  
  Il maggior contributo alla diminuzione delle vittime è dato dalla flessione del numero dei morti sulle autostrade (-11,5 per cento).
  Più modesto il calo sulle strade urbane (-1,0 per cento) e sulle strade extraurbane (-0,3 per cento). Anche questo è un dato importante che dimostra come l'emergenza sia ben alta proprio sulle strade che ciascuno di noi utilizza ogni giorno con maggior frequenza.
  Rispetto al 2001, il numero di morti è diminuito nel 2014 del 53,1 per cento (Figura I). Tra il 2013 e il 2014 il calo è contenuto (-1,6 per cento) ma in linea con l'andamento medio europeo, mentre tra il 2010 e il 2014 è pari a -19,1 per cento.
  Tuttavia, nonostante questi dati che dimostrano un trend positivo, pur sempre nella drammaticità del fenomeno, rispetto al passato l'Italia in Europa si trova ancora sopra la media. Sempre secondo i dati Istat di questo anno, tra i Paesi dell'Europa, le stime preliminari dei tassi di mortalità (per milione di abitanti, calcolati come rapporto tra il numero dei morti in incidente stradale e la popolazione residente), riferite al 2014, variano tra 26 morti per milione di abitanti di Malta e 28 della Svezia e 106 e 91, rispettivamente di Lettonia e Romania. Il valore dell'Italia è pari a 55, a fronte di una media europea di 51 morti per milione di abitanti. Vorrei far presente che Svezia e Regno Unito hanno un valore inferiore a 30 e che Danimarca, Olanda, Spagna, Finlandia e Germania hanno valore sotto ai 40, mentre la Francia si trova vicino a 50.
  Il Parlamento ha il dovere di fare tutto ciò che è nelle proprie possibilità per ridurre questi dati.
  Le Associazioni che operano nel settore e, in particolare, quelle dei familiari delle vittime degli omicidi stradali, ma anche i cittadini in generale chiedono di introdurre il reato di omicidio stradale, che peraltro è già previsto in altri Paesi, come in Inghilterra per casi di incidenti dovuti a guida pericolosa o sotto effetto di stupefacenti o alcol. Da quando la legge è entrata in vigore gli inglesi hanno visto diminuire il numero delle vittime, fino a dimezzarsi rispetto al nostro.    
  L'esigenza di prevedere un nuovo reato nasce dalla peculiarità della condotta di colui che commette il reato. La peculiarità è data dalla estrema pericolosità del mezzo utilizzato e dalla contestuale ordinarietà nell'utilizzazione dello stesso. Si è detto che i veicoli a motore uccidono e feriscono più persone delle armi da fuoco, ma i veicoli a motori non sono soggetti alle restrizioni che sono previste per le armi da fuoco. Le pene dei nuovi reati che si intendono introdurre cercano di dare una risposta al gravissimo fenomeno in cui intervengono sia sotto il profilo della remunerazione (intesa come meritevolezza di una sanzione grave a fronte di un fatto grave compiuto) che sotto quello della prevenzione, in quanto occorre superare quella sensazione di impunità che oggi ci pervade quando vi sono notizie di incidenti stradali compiuti con gravi violazioni delle norme comportamentali ed in particolare di quelle che vietano di mettersi al volante in uno stato di grave alterazione psico-fisica dovuta all'alcol o alla droga.Pag. 40
  Questa percezione di impunità nasce proprio dalla constatazione che, da un lato, ci troviamo innanzi a reati colposi che si trovano al limite del dolo se non addirittura che oltrepassano questo limite. Nell'ambito del diritto penale si tratta del limite tra colpa cosciente (previsione della possibilità del verificarsi dell'evento, ma convinzione e sicurezza che nel concreto non si verifichi) e dolo eventuale (previsione della possibilità del verificarsi dell'evento, senza la convinzione e sicurezza che nel concreto non si verifichi, accettandone quindi il rischio). In effetti, chi guida in grave stato di alterazione psico-fisica si mette nelle condizioni di effettuare un grave incidente. Anzi, nonostante che sia altamente probabile che lo determini, il soggetto conduce un veicolo a motore. Si potrebbe dire che accetta il rischio dell'incidente.
  Questo è il motivo per cui si prevedono nel testo in esame pene così gravi rispetto ad altre ipotesi di reati colposi.
  Passo ora ad esaminare per le parti di competenza della Commissione Giustizia, il provvedimento in esame. Si tratta, in particolare, delle disposizioni penali sostanziali e procedurali.
  L'articolo 1, comma 1, inserisce nel codice penale il delitto di omicidio stradale (articolo 589-bis) attraverso il quale è punito, a titolo di colpa, con la reclusione (di diversa entità in ragione del grado della colpa stessa) il conducente di veicoli a motore la cui condotta imprudente costituisca causa dell'evento mortale. Anzitutto, per ragioni sistematiche, viene «spostata» nel nuovo articolo 589-bis la fattispecie di omicidio colposo commesso con violazione delle norme sulla circolazione stradale (la pena rimane la reclusione da 2 a 7 anni), già prevista dall'articolo 589, secondo comma, c.p.; per coordinamento, all'articolo 3, tale fattispecie viene espunta dall'articolo 589 che pertanto, nella parte residua, riguarderebbe ora il solo omicidio colposo commesso con violazione delle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro.    
  In particolare, l'articolo 589-bis punisce con la reclusione da 8 a 12 anni l'omicidio stradale colposo commesso da conducenti un veicolo a motore: in stato di ebbrezza alcolica grave (con un tasso alcolemico superiore a 1,5 grammi per litro) o di alterazione psico-fisica conseguente all'assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope; in stato di ebbrezza alcolica con tassi alcolemici superiori a 0,8 grammi per litro o di alterazione psico-fisica conseguente all'assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope, laddove si tratti di specifiche categorie di conducenti (coloro che esercitano professionalmente l'attività di trasporto di persone e di cose; conducenti di autoveicoli, anche con rimorchio, di massa complessiva a pieno carico superiore a 3,5 t.; conducenti di autobus e di altri autoveicoli destinati al trasporto di persone, il cui numero di posti a sedere, escluso quello del conducente, è superiore a otto; conducenti di autoarticolati e di autosnodati).
  È, invece, punito con la pena della reclusione da 4 a 10 anni l'omicidio stradale colposo commesso da conducenti di un veicolo a motore: in stato di ebbrezza alcolica con tasso alcolemico superiore a 0,8 ma non superiore a 1,5 grammi per litro (g/1); che abbiano superato specifici limiti di velocità (velocità pari o superiore al doppio della velocità consentita e comunque di almeno 70 km/h in un centro urbano ovvero superiore di almeno 50 km/h rispetto alla velocità massima consentita, su strade extraurbane); che abbiano attraversato le intersezioni semaforiche disposte al rosso o abbiano circolato contromano; che abbiano effettuato manovre di inversione del senso di marcia in prossimità o in corrispondenza di intersezioni, curve o dossi; che abbiano effettuato sorpassi azzardati (sorpasso di un altro mezzo in corrispondenza di un attraversamento pedonale o di linea continua). In tali casi la pena è, tuttavia, diminuita fino alla metà quando l'omicidio stradale, pur cagionato dalle suddette condotte imprudenti, sia conseguenza anche di una condotta colposa della vittima.  
  La pena è invece aumentata se l'autore del reato non ha conseguito la patente (o ha la patente sospesa o revocata) o non ha Pag. 41assicurato il proprio veicolo a motore (sul presupposto, dunque, che il reato sia commesso alla guida di un veicolo di proprietà).
  L'ultimo comma del nuovo articolo 589-bis prevede, invece, un aumento della pena nel caso in cui il conducente provochi la morte di più persone ovvero la morte di una o più persone e le lesioni di una o più persone. Anche qui, si applica la pena che dovrebbe infliggersi per la più grave delle violazioni commesse aumentata fino al triplo; il limite massimo viene però stabilito in 18 anni. Quest'ultimo comma riproduce quanto previsto dal quarto comma dell'articolo 589 c.p. vigente (con la differenza che il limite massimo di pena attuale è di 15 anni).
  L'articolo 1 della proposta di legge introduce, infine, nel codice penale l'articolo 589-ter, il quale reca una specifica circostanza aggravante nel caso in cui il conducente, responsabile di un omicidio stradale colposo, si sia dato alla fuga. In tale ipotesi, la pena è aumentata da 1/3 a 2/3 e non può, comunque, essere inferiore a 5 anni. Si ricorda che il reato consistente nella tuga del conducente dopo un incidente con danno alle persone è previsto attualmente dall'articolo 189 del Codice della strada (reclusione da 6 mesi a 3 anni e sospensione della patente di guida da uno a 3 anni). Rispetto a questa fattispecie, quindi, quella di cui all'articolo 589-ter risulta essere un'ipotesi speciale.
  L'articolo 2 della proposta di legge disciplina, con il riformulato articolo 590-bis c.p. (attualmente relativo alla comparazione delle circostanze), il reato di lesioni personali stradali e introduce di seguito nel codice penale tre ulteriori articoli. Le diverse fattispecie del reato di cui all'articolo 590-bis, appaiono quasi del tutto speculari a quelle dell'articolo 589-bis, che introduce l'omicidio stradale.  
  Anche qui, come per l'omicidio stradale in relazione all'articolo 589-bis, viene spostata per motivi sistematici nel nuovo articolo 590-bis la fattispecie di lesione personale con violazione delle norme sulla circolazione stradale (nell'articolo 590, terzo comma, c.p., residua dunque la sola fattispecie di lesioni gravi o gravissime commesse con violazione della disciplina sugli infortuni sul lavoro). L'entità delle pene detentive per le lesioni personali stradali rimane invariata rispetto all'attuale (da 3 mesi a un anno per le lesioni gravi; da uno a 3 anni per quelle gravissime); è, tuttavia, eliminata la possibile pena alternativa della multa da 500 a 2.000 euro in caso di lesioni stradali gravi (è obbligatoria dunque in tali casi la pena detentiva da 3 mesi a un anno).
  L'articolo 590-bis sanziona in misura maggiore le lesioni personali stradali (le gravi con la pena della reclusione da 3 a 5 anni; le gravissime con la reclusione da 4 a 7 anni) provocate per colpa da: un qualunque conducente di un veicolo a motore in stato di ebbrezza alcolica, con un tasso alcolemico superiore a 1,5 grammi per litro, o di alterazione psico-fisica conseguente all'assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope; coloro che esercitano professionalmente l'attività di trasporto di persone e di cose, i conducenti di autoveicoli, anche con rimorchio, di massa complessiva a pieno carico superiore a 3,5 t., di autobus e di altri autoveicoli destinati al trasporto di persone (il cui numero di posti a sedere, escluso quello del conducente, è superiore a otto), nonché di autoarticolati e di autosnodati, che guidino in stato di ebbrezza alcolica con tasso alcolemico superiore a 0,8 grammi per litro o di alterazione psico-fisica conseguente all'assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope.
  La pena è la reclusione da un anno e 6 mesi a 3 anni (lesioni gravi) e da 2 a 4 anni (lesioni gravissime), quando le lesioni derivano dalle stesse violazioni del Codice della strada individuate dall'articolo 589-bis per l'omicidio stradale. Si tratta delle lesioni provocate: dai conducenti di veicoli a motore in stato di ebbrezza alcolica con tasso alcolemico superiore a (1.8 ma non superiore a 1,5 grammi per litro (g/1); dai conducenti che procedano a velocità pari o superiore al doppio di quella consentita e comunque di almeno 70 km/h in un centro urbano ovvero superiore di almeno Pag. 4250 km/h rispetto alla velocità massima consentita, su strade extraurbane; dai conducenti di veicoli a motore che non abbiano rispettato le intersezioni semaforiche o abbiano circolato contromano; dai conducenti di veicoli a motore che abbiano effettuato manovre di inversione del senso di marcia in prossimità o in corrispondenza di intersezioni, curve o dossi, il sorpasso di un altro mezzo in corrispondenza di un attraversamento pedonale o di linea continua; Con riguardo alle ipotesi contemplate è prevista, come per l'omicidio stradale, una diminuzione di pena fino alla metà nel caso all'evento lesivo concorra la condotta colposa della vittima. In ordine al regime di procedibilità, il delitto in questione è punibile a querela della persona offesa, se la malattia ha una durata non superiore a 20 giorni e non concorre alcuna delle circostanze aggravanti indicate nell'articolo 583 c.p. In tali casi le pene sono diminuite della metà.  
  L'ultimo comma del nuovo articolo 590-bis prevede un ulteriore aumento della pena nel caso in cui il conducente cagioni lesioni a più persone. In tali casi si applica la pena che dovrebbe infliggersi per la più grave delle violazioni commesse, aumentata fino al triplo, con il limite massimo dei 7 anni (l'attuale limite, ex articolo 590 c.p., quarto comma, è di 5 anni).
  Come nell'omicidio stradale, l'articolo 590-ter introduce un'ulteriore circostanza aggravante in caso di fuga del conducente (la pena è aumentata da 1/3 a 2/3 con un minimo di pena di 3 anni di reclusione) nell'ipotesi di lesioni personali stradali.   Il nuovo articolo 590-quater, riproducendo sostanzialmente il vigente articolo 590-bis c.p., reca una disciplina derogatoria rispetto all'articolo 69 c.p. in materia di computo delle circostanze. La disposizione stabilisce il divieto di equivalenza o prevalenza delle concorrenti circostanze attenuanti – diverse da quelle previste dagli articoli 98 (fatto commesso dal minore imputabile) e 114 c.p. (contributo di minima importanza nel reato; minorazione psichica, persona determinata da altri a commettere il reato) – rispetto alle circostanze aggravanti di cui agli articoli 589, secondo comma, (omicidio colposo con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale) 589-ter (omicidio colposo con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale di cui all'articolo 589, secondo comma, e omicidio stradale di cui all'articolo 589-bis c.p., aggravati dalla fuga del conducente), 590, terzo comma (lesioni personali gravi e gravissime commesse con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale), 590-bis (lesioni personali stradali gravi e gravissime) e 590-ter ( lesioni personali gravi e gravissime commesse con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale di cui agli articoli 590, terzo comma, e lesioni personali stradali di cui all'articolo 590-bis c.p., aggravate dalla fuga del conducente). Per espressa previsione normativa, le diminuzioni di pena per effetto di circostanze attenuanti (non ritenute minusvalenti) vanno operate sul quantum di pena determinato ai sensi delle aggravanti medesime. Le Commissioni di merito hanno soppresso il nuovo articolo del codice penale, introdotto dal Senato, concernente la revoca della patente. Analoga disciplina è stata collocata all'interno del codice della strada. Il nuovo articolo 590-quinquies c.p. riguarda la definizione di strade urbane e extraurbane.  
  L'articolo 3 reca modifiche di coordinamento del codice penale – conseguenti alla introduzione dei nuovi reati di cui agli articoli 589-bis e 590-bis – con riguardo ai reati di omicidio colposo (articolo 589 c.p.) e lesioni personali colpose (articolo 590 c.p.). In particolare: viene modificato l'articolo 157 c.p., prevedendosi anche per il nuovo reato di omicidio stradale il raddoppio dei termini di prescrizione; viene modificato l'articolo 582 c.p., aumentando la pena edittale minima per il reato di lesioni personali, che viene portata da 3 mesi di reclusione a 6 mesi (il massimo è confermato in 3 anni di reclusione); vengono soppressi i riferimenti alle fattispecie «stradali» dell'omicidio colposo (di cui all'articolo 589, secondo comma, c.p.) e delle lesioni personali colpose (di cui all'articolo Pag. 43590, terzo comma c.p.); sono abrogate le aggravanti ad effetto speciale previste dall'articolo 589 c.p. e dall'articolo 590 (cioè la guida in stato di ebbrezza alcolica grave e sotto l'effetto di droghe; si tratta infatti di ipotesi ora assorbite dai nuovi artt. 589-bis e 590-bis). L'articolo 4 della proposta di legge reca modifiche al codice di procedura penale, in materia di operazioni peritali e di prelievo coattivo di campioni biologici. In particolare, la disposizione inserisce fra i reati per i quali il giudice, anche d'ufficio, può disporre con ordinanza motivata l'esecuzione coattiva del prelevamento di campioni biologici (prelievo di capelli, di peli o di mucosa del cavo orale ai fini della determinazione del profilo del DNA) l'omicidio colposo conseguente alla violazione delle norme sulla circolazione stradale o sulla sicurezza sul lavoro (articolo 589, secondo comma c.p.), l'omicidio stradale (articolo 589-bis), le lesioni stradali (articolo 590-bis c.p.) e lesioni personali gravi e gravissime commesse con violazione delle norme sulla circolazione stradale (articolo 590, terzo comma). Con una modifica dell'articolo 359 c.p.p. è inoltre previsto che il PM, quando procede ad accertamenti, rilievi descrittivi o ogni altra operazione tecnica in relazione ai delitti di omicidio e lesioni stradali debba avvalersi di esperti nella ricostruzione di incidenti stradali, iscritti all'albo degli ingegneri o dei periti industriali.  
  L'intervento sull'articolo 359-bis c.p.p. (consulenti tecnici del PM), con l'inserimento del nuovo comma 3-bis, consente che nei casi appena citati di cui agli articoli 589, secondo comma, 589-bis, 590, terzo comma, e 590-bisdel codice penale, il prelievo coattivo possa essere disposto dal PM; quando, infatti, il conducente rifiuti di sottoporsi agli accertamenti dello stato di ebbrezza alcolica ovvero di alterazione correlata all'uso di sostanze stupefacenti o psicotrope – nei casi urgenti e in cui sussista il pericolo che dal ritardo possa derivare grave o irreparabile pregiudizio alle indagini – il PM può disporre il prelievo coattivo di campioni biologici con decreto motivato, dandone tempestiva notizia al difensore dell'interessato. Della misura, che può essere adottata anche oralmente e successivamente confermata per iscritto, il PM deve comunque chiedere la convalida al GIP entro 48 ore; quest'ultimo provvede nelle successive 48 ore.
  L'articolo 5 della proposta di legge reca modifiche di coordinamento del codice di procedura penale, volte a: prevedere l'arresto obbligatorio in flagranza per il delitto di «omicidio colposo stradale» di cui all'articolo 589-bis del codice penale; prevedere l'arresto facoltativo in flagranza per il delitto di lesioni colpose stradali gravi o gravissime di cui all'articolo 590-bis del codice penale; aggiungere i nuovi reati di omicidio stradale e lesioni stradali tra quelli per i quali è possibile per il PM chiedere, per una sola volta, la proroga del termine di durata delle indagini preliminari; consentire, anche per l'omicidio stradale, che la richiesta di rinvio a giudizio venga depositata entro 30 gg. dalla data di chiusura delle indagini e che tra la data che in sede di udienza preliminare dispone il giudizio e quella fissata per il giudizio stesso non debba intercorrere un termine superiore a 60 giorni; disciplinare la citazione diretta a giudizio davanti al tribunale in composizione monocratica; inserire le lesioni personali stradali tra i reati per cui il PM esercita l'azione penale con la citazione diretta a giudizio, disponendo che il decreto di citazione a giudizio debba essere emesso entro 30 giorni dalla chiusura delle indagini preliminari e che la data di comparizione contenuta nel decreto di citazione a giudizio debba essere fissata non oltre 90 giorni dalla emissione del decreto stesso.  
  Altre disposizioni di coordinamento (articoli 6 e 7) interessano la disciplina del Codice della strada e quella inerente alla competenza penale del giudice di pace.
  Per quanto attiene all'articolo 6 sarà il collega della IX Commissione ad occuparsene, mentre per l'articolo 7 faccio presente che si tratta della soppressione di parte dell'articolo 4, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 274 del 2000 (Competenza penale del giudice di pace), disposizione che attribuisce attualmente a Pag. 44tale giudice onorario la competenza in ordine ai procedimenti per lesioni personali colpose (articolo 590 c.p.) limitatamente alle fattispecie perseguibili a querela di parte (con specifiche eccezioni riferite agli infortuni sul lavoro). La parte soppressa esclude l'attribuzione al giudice di pace dei procedimenti per lesioni personali gravi e gravissime derivanti da violazione delle norme sulla disciplina stradale quando l'autore del reato sia soggetto in stato di ebbrezza alcolica grave (tasso alcolemico superiore a I.5 g/l) ovvero sotto l'effetto di sostanze stupefacenti o psicotrope. Tale previsione, stante l'introduzione del reato di lesioni personali stradali di cui all'articolo 590-bis ha perso. Infatti, attualità (la competenza sui procedimenti per tale reato rimane al tribunale monocratico).
  L'articolo 8 infine dispone l'entrata in vigore della legge il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

TESTO INTEGRALE DELL'INTERVENTO DEL DEPUTATO ROCCO PALESE IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DELLA PROPOSTA DI LEGGE N. 3169-A ED ABB.

  ROCCO PALESE. Presidente, onorevoli colleghi, il provvedimento che ci accingiamo ad esaminare tocca ognuno di noi, ogni nostra famiglia. Finora abbiamo pensato che i reati fossero sempre indice di comportamenti antisociali, che riguardassero «qualcun altro».
  Questo provvedimento è qui a sottolineare come ognuno di noi possa trasformarsi in un «criminale», semplicemente guidando un veicolo.  
  Il reato che si vuole introdurre è quello di omicidio stradale.   Il primo articolo di questa proposta di legge recita: «Chiunque cagioni per colpa la morte di una persona con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale è punito con la reclusione da due a sette anni».
  Attualmente, l'omicidio stradale rientra tra le ipotesi di omicidio colposo di cui al secondo comma dell'articolo 589 del codice penale: prevede esattamente la stessa pena e si applicano le aggravanti (dai 3 ai 10 anni), in caso di omicidio colposo commesso da chi cagioni per colpa la morte di una persona mettendosi alla guida in stato d'ebbrezza o dopo aver assunto sostanze stupefacenti o psicotrope, pena che viene aumentata fino al triplo se ci sono più vittime, fino ad un massimo di 15 anni di reclusione.  
  Ma allora perché introdurre nel codice penale una fattispecie di reato apposita ?
  Poiché una parte della magistratura tende ad inquadrare l'omicidio colposo, causato da incidente stradale, nel «dolo eventuale», piuttosto che nello schema generale della colpa, le pene inflitte tendono ad essere cautamente minime. Il «dolo eventuale» presuppone che la persona non voglia cagionare l'evento, né sia sicuro di cagionarlo, ma si rappresenti questa possibilità come eventuale conseguenza della sua condotta e, nonostante tale rappresentazione, la ponga ugualmente in essere e questo vale anche per chi guidi sotto effetto di sostanze psicotrope o in stato di ebbrezza.
  Considerate le difficoltà tecniche che il corpo della magistratura giudicante deve affrontare già ora per giungere ad infliggere la pena, si resta quantomeno perplessi davanti alle disposizioni del provvedimento al nostro esame, in cui si fa riferimento allo stato di ebbrezza alcolica e a quello di alterazione psicofisica conseguente all'assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope, per l'accertamento dei quali appare necessario inserire un rinvio a procedure tecniche di dettaglio, in assenza delle quali le disposizioni di nuova introduzione non potrebbero essere applicate.  
  È indubbio tuttavia che infliggere pene di entità considerata lieve dall'opinione pubblica, soprattutto a fronte del forte impatto sociale e mediatico che queste morti provocano, causa nell'opinione pubblica stessa una forte ondata emotiva,Pag. 45anche perché chiunque di noi tende immediatamente ad identificarsi nella vittima o in un congiunto.
  Più difficile è identificarsi nell'omicida: eppure è purtroppo sin troppo facile investire qualcuno che ci spunta all'improvviso davanti al veicolo, uscendo tra due macchine in sosta. E se anche si fosse nel pieno delle proprie facoltà mentali, sarebbe difficile e controverso dimostrare quanto un incidente del genere sia dovuto alla disattenzione del pedone e quanto sia causa del bicchiere di vino di troppo che il conducente abbia bevuto un'ora prima. in ogni caso si sarebbe incorsi nel reato di omicidio stradale con aggravanti: da quattro a dieci anni di carcere.
  Sono questi casi limite che devono far riflettere.
  Noi riteniamo che rendere sicure le strade su cui guidiamo, rendere visibili le intersezioni e la cartellonistica stradale potando alberi e sanzionando in anticipo i comportamenti scorretti alla guida sia più utile che minacciare le pene più severe.
  Noi riteniamo che sia preferibile agire rafforzando prevenzione e controlli piuttosto che aumentando le pene, essendo assai limitata la portata deterrente delle pene in assenza di controlli. E, d'altra parte, i controlli costano: straordinari da pagare, uomini e mezzi da mantenere, carburante da acquistare. Sappiamo come questo Governo tratti le finanze pubbliche. Ma siamo sicuri che celebrare un processo costi meno, economicamente e socialmente ?
  Riteniamo che i limiti di velocità debbano essere congrui ai tratti urbani o extraurbani cui sono riferiti. A questo proposito, persino l'Associazione Nazionale Magistrati ha sottolineato come per l'eccesso di velocità le pur giuste limitazioni poste nel comma 4 dell'articolo 589-bis del codice penale non sembrino sufficienti a garantire che si sia in presenza di violazioni davvero gravi dei limiti di velocità, tali da meritare un innalzamento della pena minima, in quanto la gravità in concreto dell'eccesso di velocità non può essere disgiunta dalle specifiche condizioni dei luoghi nel momento del fatto, ma soprattutto perché la gestione dei limiti di velocità sulle strade urbane ed extraurbane non è sempre effettuata con riferimento alle concrete condizioni dei luoghi.  
  «Ne deriva che una condotta rientrante nel disposto dell'articolo 589-bis, comma 4, del codice penale ben potrebbe essere assai meno grave, proprio con riferimento al profilo colposo della condotta, a parità di effetto provocato, rispetto ad un'altra violazione del codice della strada, come, ad esempio, attraversare un'intersezione con il semaforo rosso.»
  Va inoltre segnalato, in termini di possibile debolezza della scelta legislativa compiuta, il maggior aggravio di pena previsto per i conducenti che esercitano l'attività di trasporto di persone o di cose o di autoveicoli di massa superiore a 3,5 tonnellate, di autoveicoli trainanti un rimorchio, di autobus, autoarticolati o autosnodati. Ora, a prescindere dalla possibilità di formulare diversamente la norma per indicare che per tali conducenti si applica la pena prevista dal primo comma dell'articolo 589-bis del codice penale e non quella minore prevista dal terzo comma della stessa norma per i conducenti di altri veicoli, anche nel caso in cui si trovino in stato di ebbrezza alcolica derivante dalla violazione del solo articolo 186, comma 2 lettera b) del codice della strada e cagionino per colpa la morte di una persona, appare discutibile prevedere una sanzione maggiore, a parità di condotta colposa e di evento cagionato, soltanto in ragione della tipologia soggettiva dell'autore del reato.
  Suscita inoltre forti perplessità la scelta di prevedere, modificando gli articoli 380 e 381 del codice di procedura penale, l'arresto obbligatorio in flagranza per il reato di omicidio colposo stradale e l'arresto facoltativo per il reato di lesioni colpose stradali gravi o gravissime. Tali previsioni stridono infatti col disposto degli articoli succitati, che escludono l'arresto per i delitti colposi.   Pag. 46
  Inoltre, l'articolo 13 della Costituzione prevede che la limitazione della libertà personale ad opera dell'autorità di pubblica sicurezza debba avvenire «in casi eccezionali», per cui interventi di ampliamento dei casi di arresto dovrebbero essere compiuti con estrema accortezza, e comunque esclusi in presenza di delitti colposi.
  Occorre altresì considerare che l'arresto facoltativo è già previsto dall'articolo 189, comma 6 del codice della strada per l'ipotesi di inottemperanza all'obbligo di fermarsi in caso di incidente stradale e quindi di fuga, per cui una estensione dello stesso anche alle altre ipotesi indicate appare eccessiva.
  Sulla stessa linea insiste l'Unione delle Camere Penali, che paventa i seguenti rischi:
    «a) visto il carico sanzionatorio “complessivo” cui andrebbe incontro, nessuno in caso di dubbio sulle proprie condizioni psico-fisiche (per aver magari bevuto un mezzo bicchiere di vino più del solito) si fermerà in caso di incidente, con conseguenze facilmente immaginabili. Il deterrente dell'aumento di pena è pacificamente destinato a non fungere in casi del genere da deterrente, tanto più di fronte alla certezza dell'arresto (il che fa sorgere gravissime perplessità sull'aggravante della fuga, dovendo il soggetto scegliere il male minore tra rischiare l'aggravante o l'arresto). Meglio sarebbe stato prevedere una esenzione dall'arresto e una attenuante ad effetto speciale per chi si ferma e presta soccorso;
    b) la procedibilità d'ufficio di certe lesioni ostacolerà/ritarderà inevitabilmente il risarcimento del danno alle vittime da parte delle assicurazioni che, senza la pressione dell'assicurato, non si precipiteranno certo a pagare;
    c) la mancata previsione di modalità alternative di esecuzione della pena (o di almeno parte di essa) in funzione riabilitante (gravissima lacuna) non consentirà una adeguata opera di prevenzione speciale sull'autore.

  Per concludere, il provvedimento nel suo complesso ricalca lo schema del processo volto non ad accertare responsabilità, ma a contrastare fenomeni ricorrendo anche a provvedimenti anticipatori del giudizio finale. Schema processuale del tutto inaccettabile.».
  In Commissione Trasporti abbiamo fatto un lavoro lungo e minuzioso per rinnovare il codice della strada, abbiamo licenziato una legge delega che al Senato è stata svuotata, abbiamo portato in Aula alla Camera un testo che modificava alcuni aspetti del codice stradale in modo puntuale e che è stato all'ultimo momento rinviato in Commissione: il Governo lo ha saccheggiato inserendone solo alcune parti in una serie di provvedimenti di propria iniziativa, privando ancora una volta il Parlamento della possibilità di legiferare, prerogativa che, vogliamo ricordare, sarebbe, peraltro, del Parlamento stesso.
  Il provvedimento al nostro esame sembra equiparare l'uso di un veicolo all'uso di un'arma: forse allora è il caso che vengano introdotte disposizioni volte a prevedere specifici ed approfonditi accertamenti sanitari, prima del rilascio della patente e nei successivi rinnovi, come ad esempio quelli effettuati sul capello, che permettano di verificare l'effettivo stato di salute del conducente.
  Nelle Commissioni riunite abbiamo tutti evidenziato l'importanza dei controlli, maggioranza e opposizione, al fine di raggiungere l'obiettivo di ridurre l'incidentalità stradale e di diminuire drasticamente i morti sulle strade. Ma, tristemente, non vi è stato alcuno spirito collaborativo da parte dei relatori e del rappresentante del Governo, nell'apportare modifiche migliorative ad una proposta di legge, i cui contenuti avrebbero meritato un congruo approfondimento.  
  Questo provvedimento non avrebbe dovuto essere posto all'ordine del giorno Pag. 47dell'Assemblea a scadenza così ravvicinata, ponendo, di fatto, le Commissioni nelle condizioni di non poter adeguatamente rimediare agli errori posti in essere dal l'altro ramo del Parlamento. Nei fatti sono stati ripristinati interi passaggi soppressi dalla votazione di alcuni emendamenti nell'Aula del Senato !
  Ci riserviamo pertanto di definire una posizione compiuta del nostro Gruppo sul provvedimento, pur esprimendo inizialmente su di esso una motivata contrarietà.