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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 474 di lunedì 3 agosto 2015

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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROBERTO GIACHETTI

  La seduta comincia alle 9,30.

  PRESIDENTE. La seduta è aperta.
  Invito la deputata segretaria a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

  ANNA MARGHERITA MIOTTO, Segretaria, legge il processo verbale della seduta del 31 luglio 2015.

  PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.
  (È approvato).

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Amici, Baldelli, Baretta, Bellanova, Beni, Bernardo, Bindi, Bobba, Bocci, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Bratti, Bressa, Brunetta, Businarolo, Caparini, Carnevali, Casero, Castiglione, Chaouki, Cirielli, Colonnese, Costa, D'Alia, Dambruoso, De Micheli, Del Basso De Caro, Dellai, Di Gioia, Di Lello, Epifani, Faraone, Fedriga, Ferranti, Fico, Gregorio Fontana, Formisano, Garofani, Gentiloni Silveri, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, La Russa, Lorefice, Lorenzin, Lotti, Lupi, Madia, Manciulli, Merlo, Meta, Migliore, Orlando, Pisicchio, Portas, Rampelli, Ravetto, Realacci, Rosato, Domenico Rossi, Rughetti, Sani, Scalfarotto, Schullian, Scotto, Sereni, Valeria Valente, Velo, Vignali e Zanetti sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
  I deputati in missione sono complessivamente settantasette, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell’allegato A al resoconto della seduta odierna).

Discussione del disegno di legge: S. 1977 – Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78, recante disposizioni urgenti in materia di enti territoriali (Approvato dal Senato) (A.C. 3262) (ore 9,33).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno n. 3262, già approvato dal Senato: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78, recante disposizioni urgenti in materia di enti territoriali.

(Discussione sulle linee generali – A.C. 3262)

  PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
  Avverto che i presidenti dei gruppi parlamentari MoVimento 5 Stelle e Partito Democratico ne hanno chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
  Avverto, altresì, che la V Commissione (Bilancio) si intende autorizzata a riferire oralmente.Pag. 2
  Ha facoltà di intervenire il relatore, onorevole Misiani.

  ANTONIO MISIANI, Relatore. Grazie, signor Presidente. Il decreto-legge in oggetto è stato emanato per affrontare una serie di questioni attinenti la finanza degli enti territoriali, che erano rimaste aperte dopo l'approvazione della legge di stabilità 2015. Nel corso della discussione al Senato, il testo iniziale del Governo è stato molto ampliato, con l'aggiunta di norme riferite a temi diversi dalla finanza territoriale. Nel complesso, io ritengo che siano particolarmente significative le misure, molte delle quali sono state introdotte in Senato, che affrontano le problematiche relative all'attuazione della legge n. 56 del 2014, superando la gran parte degli ostacoli che mettevano a rischio l'approvazione dei bilanci di previsione 2015 delle province e delle città metropolitane e rimettendo in moto il processo di attuazione della «riforma Delrio».
  Sono rilevanti anche alcune norme riguardanti i comuni, tra cui l'ulteriore allentamento del Patto di stabilità per 100 milioni di euro e, soprattutto, i 530 milioni che vanno a compensare il minore gettito derivante, da una parte, dalla sostituzione dell'IMU con la Tasi e, dall'altra, dalla vicenda dell'IMU sui terreni agricoli. Altri 30 milioni andranno ai comuni fino a 60 mila abitanti che hanno subito riduzioni del Fondo di solidarietà comunale particolarmente rilevanti. Rimangono naturalmente aperte, per quanto riguarda la finanza degli enti locali, una serie di questioni che ricadono sugli anni 2016 e successivi e sono tutte questioni che dovranno essere affrontate dalla prossima legge di stabilità.
  Il decreto affronta anche una serie di interventi relativi al Sistema sanitario nazionale su cui credo che vadano rimarcati tre elementi: il primo è che le norme contenute nel decreto recepiscono le intese intercorse tra lo Stato e le regioni il 26 febbraio e il 2 luglio 2015, cioè sono misure che recepiscono un'intesa, un accordo, tra lo Stato e le regioni; il secondo elemento è che il risparmio, che è quantificato in 2 miliardi 352 milioni di euro, a decorrere dal 2015, è in realtà, per la quasi totalità, un mancato aumento di risorse, un mancato aumento del finanziamento del Sistema sanitario nazionale, poiché il patto per la salute 2014-2016, che era stato sancito dall'intesa del 10 luglio 2014 e recepito dalla legge di stabilità 2015, aveva aumentato il finanziamento, per il 2015 del Servizio sanitario nazionale, di 2 miliardi 134 milioni rispetto all'anno precedente. Tenendo conto di questo aumento, la riduzione effettiva di risorse nel 2015, rispetto all'anno precedente, è di 218 milioni di euro, cioè lo 0,2 per cento del totale: a questo ammonta il taglio reale delle risorse del Servizio sanitario nazionale rispetto all'anno passato; il terzo elemento è che i risparmi previsti, che come abbiamo detto sono nella stragrande maggioranza dei mancati aumenti, in gran parte sono razionalizzazione degli acquisti di beni, servizi, dispositivi medici e farmaci.
  Un miliardo 338 milioni derivano dalla rinegoziazione dei contratti di acquisto di beni e servizi e dispositivi medici, 308 milioni dalla farmaceutica, 195 milioni da prestazioni inappropriate, 300 milioni da minori contributi per investimenti, 210 milioni da altre voci. Quindi, nella gran parte, questo risparmio deriva da misure di efficientamento della spesa sanitaria e non certo dalla riduzione dei servizi sanitari, che è stata paventata dalle polemiche che si sono accese in questi giorni sui media. Io rimando al testo scritto dei documenti degli uffici e al testo esteso della mia relazione per un esame analitico e mi soffermo sugli elementi fondamentali del decreto. Come ricordavo, una serie di norme riguardano specificamente la finanza degli enti territoriali. L'articolo 1 allenta il Patto di stabilità interno degli enti locali. Abbiamo fatto un importante intervento di allentamento e di alleggerimento del Patto interno di stabilità nella legge di stabilità. Qui si concede un ulteriore spazio per 100 milioni e si Pag. 3recepisce l'intesa con i comuni per il calcolo degli obiettivi del patto 2015, comune per comune.
  C’è un ulteriore intervento, che è la riduzione molto marcata delle sanzioni per chi non ha rispettato il Patto di stabilità del 2014, la riduzione dell'80 per cento con un tetto massimo che, nel corso della discussione al Senato, è stato portato al 2 per cento delle entrate correnti dell'ultimo rendiconto disponibile. È una misura che vale oltre 300 milioni di euro di sanzioni in meno, in particolare per le province, che è il comparto in cui massicciamente è stato violato il Patto di stabilità nel 2014. Vi è anche un allentamento del Patto di stabilità per le regioni, che nel 2014 hanno registrato soddisfacenti indicatori di tempestività dei pagamenti.
  È significativo l'intervento dell'articolo 1-ter: province e città metropolitane, in via eccezionale, nel 2015 potranno predisporre il bilancio per la sola annualità 2015 e non il triennale; è la presa d'atto della condizione di transizione, in una fase molto delicata e difficile di attuazione della legge n. 56 del 2014. L'articolo 2 contiene norme per rendere più sostenibile l'avvio a regime dell'armonizzazione contabile. L'articolo 3 introduce dal 2016 un meccanismo di anticipazione per il Fondo di solidarietà comunale e la destinazione dei 30 milioni residui ad alleviare il taglio del patto per i comuni fino a sessantamila abitanti, che hanno subito riduzioni particolarmente significative.
  Gli articoli 4 e 5 rivedono il divieto per regioni ed enti locali di procedere ad assunzioni di personale per i servizi scolastici ed educativi e regolano la ricollocazione del personale di Polizia provinciale. Quest'ultima norma è stata rivista in senso più flessibile nel corso della discussione al Senato. L'articolo 6 contiene una serie di misure in favore di determinati territori, dall'anticipazione di liquidità per gli enti commissariati per infiltrazioni mafiose agli interventi per il comune di Milano in relazione ad Expo, alle misure per i territori abruzzesi colpiti dal terremoto del 2009, al programma di bonifica ambientale del comprensorio Bagnoli-Coroglio, all'istituzione di zone franche nei territori emiliani colpiti dal terremoto del 2012 e dall'alluvione del 2014 e nei comuni sardi colpiti dall'alluvione del 2013, fino alle misure per Venezia e per il sito archeologico di Pompei.
  L'articolo 7 è un'ulteriore misura di alleggerimento per i bilanci 2015 delle province e delle città metropolitane, prevedendo la possibilità di rinegoziare i mutui con la Cassa depositi e prestiti anche nel corso dell'esercizio provvisorio, eliminando, anche aver le province e le città metropolitane, come era già stato fatto per i comuni, l'obbligo di destinare il 10 per cento delle alienazioni all'ammortamento del debito pubblico. Sempre l'articolo 7 proroga a fine 2015 l'attività di Equitalia nella gestione delle entrate locali. L'articolo 7, comma 9-quinquies, è una norma importante per l'attuazione della riforma Delrio. Oggi solo sette regioni hanno approvato la legge di riordino e di ridislocazione delle funzioni non fondamentali delle province e delle città metropolitane.
  Questa norma stabilisce che le rimanenti regioni che non attuino entro fine ottobre l'accordo Stato-regioni sulle funzioni non fondamentali debbano versare, entro il 30 novembre per il 2015 ed entro il 30 aprile negli anni successivi, a ciascuna provincia e città metropolitana le spese sostenute dalle stesse per l'esercizio di funzione non fondamentali e quindi non attribuite dalla riforma Delrio alle province e alle città metropolitane.
  L'articolo 8 prevede importanti stanziamenti per il pagamento dei debiti pregressi: sono due miliardi per i debiti non sanitari di regioni e province autonome e 850 milioni per i debiti degli enti locali. Nel corso del dibattito al Senato si sono aggiunti contributi di 50 milioni per la città metropolitana di Milano e 30 milioni per le province a rischio dissesto, più ulteriori 30 milioni per le province e le città metropolitane per il sostegno degli alunni con handicap.
  All'articolo 8, i commi da 13-octies fino a 13-duodecies hanno attribuito 200 milioni Pag. 4alla Sicilia in relazione alle modifiche della disciplina per la riscossione Irpef. L'articolo 8-bis ha attribuito 60 milioni alla Valle d'Aosta come riduzione del Patto e 120 milioni per il subentro nei rapporti contrattuali per il sistema ferroviario. L'articolo 8, dai commi 10 a 13, affronta il tema di 1.800 comuni che dall'introduzione della Tasi hanno avuto minori entrate, pur avendo le aliquote al massimo nell'anno precedente.
  L'anno scorso erano stati stanziati 625 milioni, quest'anno gli stanziamenti sono 472,5 milioni per le minori entrate IMU-Tasi più 57,5 milioni per le minori entrate dei comuni dall'IMU sui terreni agricoli. L'articolo 9, dai commi 1 a 9, contiene una serie di disposizioni riguardanti la finanza delle regioni, compreso un intervento di ristrutturazione del debito regionale e il rinvio di alcune disposizioni del decreto legislativo n. 68 del 2011 in materia di autonomia di entrate delle regioni a statuto ordinario e delle province autonome.
  Gli articoli da 9-bis a 9-octies, introdotti dal Senato, disciplinano, come ricordavo, i risparmi in campo sanitario in attuazione delle intese Stato-regioni intercorse nel 2015. Sono già entrato nella ripartizione e nel dettaglio di queste misure e non ci ritorno, se non per ricordare e sottolineare, ancora una volta, come per il 90 per cento si tratti di un mancato aumento del finanziamento del Sistema sanitario nazionale e i tagli reali ammontino a 192 milioni di euro, come ricordavo in precedenza.
  Il decreto affronta, infine, ulteriori questioni diverse dai temi della finanza territoriale, che rappresentano l'oggetto fondamentale del provvedimento, dall'anagrafe nazionale della popolazione residente alle concessioni demaniali marittime, al tema delle agenzie fiscali, molto rilevante, aperto da una sentenza della Corte costituzionale, alla questione del personale militare per compiti di vigilanza, all'assunzione straordinaria di personale di Polizia, Carabinieri e Guardia di finanza per il Giubileo.
  Vi è all'articolo 15 un ulteriore intervento per le province e le città metropolitane, uno stanziamento di 90 milioni di euro per il rafforzamento dei servizi per l'impiego. Vi sono, infine, alcune misure in materia ambientale e disposizioni sulle università non statali che gestiscono policlinici universitari e sul consorzio interuniversitario Cineca.
  Ho concluso, signor Presidente. La finanza degli enti territoriali ha subito, dal 2008 in avanti, manovre finanziarie di grande portata. La Corte dei conti, in una relazione resa nota pochi giorni fa, ha quantificato in 40,2 miliardi di euro cumulati al 2015 l'ammontare complessivo tra tagli dei trasferimenti erariali ed inasprimenti del Patto di stabilità.
  A questa cifra vanno aggiunti 17,5 miliardi di risparmi a carico del Sistema sanitario nazionale intervenuti dal 2008 in avanti. E, come evidenzia sempre la Corte dei conti, il complesso di questi interventi ha reso difficile le condizioni di sostenibilità finanziaria del sistema delle autonomie, accrescendo le differenziazioni territoriali ed erodendo gli strumenti essenziali a garantire nel tempo i servizi pubblici fondamentali.
  È questo il punto di fondo che dobbiamo affrontare con questo decreto e, soprattutto, con la legge di stabilità 2016, perché la legge di stabilità 2015 ha rappresentato una prima parziale inversione di tendenza, soprattutto in termini di allentamento del Patto di stabilità interno, però una serie di nodi sono rimasti aperti e questa condizione la dobbiamo affrontare, perché gli enti territoriali gestiscono fondamentali servizi rivolti ai cittadini e alle imprese.
  Questo decreto-legge, il decreto-legge n. 78, ha avuto una genesi molto lunga, di parecchi mesi, ma ha il merito, in primo luogo, di rimettere nei binari giusti una delle più importanti riforme di questo Governo, la legge n. 56 del 2014, la riforma Delrio sulle province e gli enti di area vasta. È una riforma che stava deragliando sulla spinta dei tagli della legge di stabilità 2015: questo decreto rimette in carreggiata l'attuazione della riforma per il 2015, anche se molto, signor Presidente, rimane da fare.Pag. 5
  Ma i temi strutturali di medio periodo – va detto – esulano dagli obiettivi del presente decreto. È la prossima legge di stabilità il luogo, lo spazio normativo, in cui andrà ridisegnata la finanza degli enti locali, garantendo loro autonomia di entrata e di spesa come scrive l'articolo 119 della Costituzione, partendo da alcuni nodi di fondo: l'introduzione della local tax per i comuni; la coerenza delle entrate degli enti di area vasta e delle città metropolitane con i costi legati alle funzioni loro assegnate; il superamento del Patto di stabilità interno in favore dell'equilibrio di bilancio, che sta scritto nella legge n. 243 del 2012, ma che va rivisto se vogliamo dare agli enti locali regole certe, ma semplici; un sistema di perequazione che tenga pienamente conto delle capacità fiscali e dei fabbisogni standard; e infine, ma non certo l'ultimo punto in ordine di importanza, un finanziamento del Sistema sanitario nazionale sufficiente per garantire i livelli essenziali di assistenza a costi standard sulla frontiera dell'efficienza.
  Sono queste le sfide che abbiamo di fronte, sono queste le sfide che dobbiamo vincere per restituire al sistema degli enti locali stabilità, entrate certe, autonomia di spesa, nel quadro di una comune responsabilità, che non deve mai venire meno, nei confronti degli equilibri complessivi della finanza pubblica (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Come preannunziato, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento (La Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti).

  PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire in sede di replica. È iscritta a parlare l'onorevole Paola Bragantini. Ne ha facoltà.

  PAOLA BRAGANTINI. Grazie, Presidente. Il testo del provvedimento che ci apprestiamo ad affrontare in Aula concerne la vita di tutti gli enti locali, come bene ha spiegato il collega Misiani prima. I comuni, che sono il primo soggetto attraverso cui il cittadino forma la propria idea di ente pubblico e di Stato, le province e le nuove città metropolitane, che affrontano una complessa transizione che ancora dovremo seguire e monitorare affinché costituiscano davvero un'opportunità per i territori e un momento di protagonismo vero per le classi dirigenti locali e, infine, le regioni che entrano nella vita dei cittadini soprattutto nei periodi di loro maggiore fragilità. Il momento in cui ci si accosta alla propria regione è, soprattutto, quello nel quale si sperimenta l'accesso al Sistema sanitario. È proprio da questo aspetto che voglio partire, cioè dalla necessità di costruire un Sistema sanitario sempre più efficace ed efficiente nel quale i cittadini trovino risposte alle proprie domande di salute e accompagnamento alle proprie storie sanitarie. Un sistema sanitario nel quale anche le competenze vengono valorizzate e le professionalità coinvolte nell'impresa di costruire una sanità che oltre a mantenere e a far crescere i propri standard qualitativi, lo faccia anche con occhi rivolti alla necessità di far quadrare i conti. Si dice che la matematica non sia un'opinione, anche se questo spesso non sembra, e la differenza tra tagli ed obiettivi di risparmio dovrebbe essere sostanziale, ma anche su questo punto spesso si fa confusione. Qui non si tolgono risorse, ma si indicano strade per spendere queste risorse nel modo migliore. Strade già indicate anche nella proposta di legge di stabilità, nel patto per la salute, e nelle intese della Conferenza Stato-regioni. Il nostro sistema sanitario non può più subire tagli lineari, l'ha ribadito il Ministro Lorenzin, pochi giorni fa, qui in Aula, e non li subirà. Secondo quanto previsto nelle intese della Conferenza Stato-regioni del 26 febbraio 2015 e del 2 luglio 2015, le regioni hanno già avviato le procedure per le proprie spending review, attraverso misure di razionalizzazione e di efficientamento della spesa del Servizio sanitario, che vengono, quindi, ribadite e declinate negli articoli dal 9-ter al 9-octies.Pag. 6
  Già nella l'ultima legge di stabilità era previsto, insieme a risorse aggiuntive, un percorso di coinvolgimento delle regioni nella spending review nella logica dell'efficientamento della spesa sanitaria che doveva trovare punti fermi negli accordi da raggiungersi nelle Conferenze Stato-regioni. La spending review non può e non deve toccare i livelli essenziali di assistenza, così come era determinato nella legge di stabilità 2015. Le misure previste nell'articolo 9 rafforzano il percorso di efficientamento previsto, e che è già in atto, con un grande sforzo ed impegno da parte di tutte le regioni.
  Parliamo, innanzitutto, di rinegoziazione per l'acquisto di beni e servizi e per i dispositivi medici. Gli obiettivi di risparmio per l'acquisto di beni e servizi sono previsti al 5 per cento. Per i dispositivi medici la quantificazione sarà argomento di nuova intesa in sede di Conferenza Stato regioni. Questo con l'occhio rivolto alla determinazione di costi standard che orientino l'azione degli uffici acquisti, fissati in collaborazione con l'Autorità nazionale anticorruzione. È prevista la rinegoziazione anche per gli acquisti dei farmaci, con l'obiettivo di raggiungere accordi tra le aziende farmaceutiche e l'AIFA.
  Più complesso è il lavoro che dovrà svolgere il Ministro per determinare il decreto con cui individuare i criteri che costituiranno l'indirizzo per l'azione dei medici prescrittori in futuro. Stretta tra pazienti esigenti e timori di dover rispondere penalmente del proprio lavoro, la cosiddetta medicina difensiva costituisce per lo Stato italiano un costo puro: ricoveri inappropriati, esami ridondanti, visite specialistiche non sempre necessarie, in un vortice di medicalizzazione anche culturale che, alla fine, produce ansia e non salute.
  Il decreto, che andrà a specificare questi criteri, dovrà essere semplice e chiaro. Nostro dovere, invece, qui in Parlamento, è approvare quanto prima una legge che sostenga il personale impegnato nella sanità nel suo lavoro, definendo le responsabilità professionali e gli ambiti dove può essere chiamato a rispondere e quelli dove non deve essere chiamato a rispondere anche in tribunale. Già nella passata legislatura ci si è provato senza successo. Se noi chiediamo ai medici una mano per raggiungere gli obiettivi di risparmio, noi dobbiamo loro strumenti per svolgere serenamente il proprio lavoro.
  Il sistema sanitario in Italia ha problemi da risolvere, uno su tutti è la grande differenza di efficienza nei diversi territori, ma ha grandi punti di forza. Ed è solo scommettendo sui punti di forza che possiamo superare le difficoltà che ancora oggi dobbiamo registrare: la professionalità e l'autorevolezza di AIFA per rapportarsi con le aziende farmaceutiche, la determinazione dell'Autorità anticorruzione per sostenere un processo complesso, che andrà a toccare migliaia di portatori di interessi, non tutti certo da tutelare, e la professionalità dei medici. Qui, in particolare, penso ai medici di famiglia, i primi che possono educare i cittadini ad un rapporto più sano con la sanità. Ed è pensando a loro che invito il Ministro Lorenzin a scrivere con attenzione e sensibilità il decreto attuativo sulle loro competenze: poche cose, chiare, comprensibili.
  Immaginiamo di coinvolgere in questo sforzo anche gli stessi pazienti, i cittadini. Usiamo tutti gli strumenti che abbiamo per educarli non solo alla salute, ma al corretto uso di ospedali, di presidi sanitari, di medici specialisti e non. Una sanità efficiente serve ai pazienti, serve ai lavoratori, serve alle aziende che lavorano in ambito sanitario.
  Il prossimo obiettivo è la legge di stabilità 2016. Confermiamo fin d'ora che non ci saranno tagli lineari e che non ci sono neanche ora. Ribadiamo che il diritto alle cure è essenziale per noi, per la nostra idea di comunità. La sanità, pubblica ed efficiente, dovrà essere protagonista della ripresa del nostro Paese e del recupero di quella fiducia piena che il cittadino...

  PRESIDENTE. Scusi, onorevole Bragantini. Purtroppo siamo pochi e si sentono le voci.

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  PAOLA BRAGANTINI. Ma Rocco Palese ormai siamo abituati a sentirlo noi della Commissione bilancio. La sanità, pubblica ed efficiente, dicevo, dovrà essere protagonista della ripresa del nostro Paese e del recupero di quella fiducia piena che il cittadino deve poter nutrire verso il proprio Stato sociale.
  È bene avere ribadito in questo decreto-legge quanto importante sia una sanità pubblica efficiente. Con la prossima legge di stabilità starà a noi dare nuovo slancio e linfa per raggiungere questi obiettivi. È un impegno che chiediamo al Governo, al Ministro Lorenzin e a noi stessi quando, alla ripresa, prenderemo in mano la nuova legge di stabilità, con un occhio particolare alla sanità, come strumento non solo di cura, ma anche di crescita per il nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare – per l'appunto – l'onorevole Palese. Ne ha facoltà.

  ROCCO PALESE. Grazie. Presidente, onorevoli colleghi, noi siamo alla conversione del decreto-legge n. 78 del 2015. Si tratta di un decreto-legge che il Governo ha emanato etichettandolo come decreto-legge sugli enti locali.
  Ed è un decreto-legge che ha avuto una gestazione complessa perché è stato annunciato più volte, rimandato più volte e forse per oltre due mesi iscritto all'ordine del giorno anche del Consiglio dei ministri per poi essere finalmente varato. E c’è un difetto di fondo rispetto alla tempistica perché un decreto legge per gli enti locali così complesso avrebbe senso se, così come nel passato, tale decreto e tali disposizioni fossero stati emanati all'inizio dell'anno dell'esercizio finanziario. Infatti, all'inizio esercizio finanziario si danno le direttive e, per la parte esclusivamente contabile, le regole e gli indirizzi da parte del Governo perché poi in questo contesto gli enti locali a loro volta devono fare i cosiddetti bilanci di previsione. Dico i cosiddetti bilanci di previsione perché ormai, a livello di enti locali, parlare di bilanci di previsione è pressoché impossibile. Abbiamo raggiunto dei record come qualche anno fa. Addirittura, la scadenza per poter predisporre i bilanci di previsione è andata a finire a ottobre, novembre. Adesso siamo, rispetto a questa scadenza, al 30 luglio 2015 per i comuni. Inoltre, abbiamo raggiunto un'altra vergogna e un'altra situazione molto complessa da parte del Governo con un'ulteriore differenziazione e sperequazione in riferimento alle date per gli enti locali. Infatti, siccome non si è contenti, attraverso queste modifiche di decentramento e di federalismo all'italiana, che tutto è tranne trasformazione in Stato federale, non si riesce a capire più in che grado la filiera istituzionale del Paese è andata a finire, ma sicuramente è in un grande caos e in una grande confusione, dove aumentano le differenze. Soprattutto, si è rotta l'unità legislativa del Paese e si è rotta l'unità amministrativa. Adesso anche quel poco di coordinamento che c'era, in riferimento alle scadenze dei bilanci di previsione, è stato vanificato perché noi abbiamo una data di scadenza a fine settembre per le aree metropolitane e per le ex aree vaste e, poi, abbiamo una data di scadenza per tutti gli altri comuni d'Italia e, come ennesima chicca ed ennesima vergogna di questa disposizione che il Governo ha emanato di recente, tutti i comuni della regione Sicilia sono stati prorogati, come bilancio di previsione, anche quelli al 30 settembre, cosa mai accaduta nel nostro Paese.
  In riferimento alla situazione delle regole del Patto di stabilità, tralascio la circostanza che nel nostro Paese, al di là degli schieramenti politici e dei Governi che si sono succeduti, abbiamo collezionato un altro tipo di anomalia (chiamiamola così per non insistere sulle scorrettezze nei confronti dei cittadini italiani che sono state effettuate). Infatti, il Patto di stabilità è entrato in vigore nel nostro Paese con l'articolo 28 della legge n. 448 del 1998. Quindi, a partire dal 1o gennaio 1999. Che cosa è successo ? Che quasi nessuno l'ha rispettato perché non c'erano sanzioni, non c'erano regole, non c'erano controlli e ognuno ha fatto quello che ha Pag. 8voluto. Poi, finalmente, nel 2008, dopo anni, quando il Governo dell'epoca mise giustamente le sanzioni, tutti poi hanno scoperto il Patto di stabilità, che cosa è, che cosa non è, con le varie critiche e le varie criticità che ci sono state.
  Detto questo, anche in tal senso creiamo anomalie a non finire perché i dati e gli indicatori per il rispetto del Patto di stabilità e, peggio ancora, le sanzioni cambiano continuamente in una situazione contrattuale quasi di mercificazione e commercio tra gli enti locali e il Governo, con l'unica vittima che sono cittadini e il caos amministrativo. Infatti, si cambiano continuamente le regole, non c’è più nessun tipo di certezza contabile e di certezza di coordinamento amministrativo all'interno degli enti locali e del Paese. Questo decreto-legge per gli enti locali, quindi, dissesta ulteriormente, non solo dal punto di vista contabile e finanziario – e diremo anche perché –, ma anche dal punto di vista organizzativo-funzionale per l'ennesima volta il sistema istituzionale del nostro Paese. Peraltro, è diventato anche questo un decreto-legge omnibus.
  Perché riteniamo che questo decreto-legge porti risultati negativi dal punto di vista anche finanziario in riferimento ai vincoli di finanza pubblica del 3 per cento e quant'altro che noi dobbiamo rispettare ? Perché viene anche venduto, spacciato da parte del Governo come propedeutico per il disegno di legge di stabilità. Andiamo a vedere se è così e vediamo, ad esempio, che cosa accade per le ex province. Riguardo a queste abbiamo un problema che abbiamo denunciato più volte: la riforma fatta, cosiddetta Delrio, che non è per niente una riforma perché è stato preso in giro il popolo italiano al quale si è detto che le province sarebbero state abrogate, invece non c’è alcun tipo di abrogazione perché sono vive e vegete, in stato confusionale, abbandonate a se stesse e con la creazione di altri centri di potere e di spesa che sono le aree metropolitane, oltre poi alle cosiddette province trasformate adesso in aree vaste. Abbiamo preso in giro non solo gli italiani ma anche l'Europa. Abbiamo preso in giro l'Unione europea con cui cosa avevamo concordato come Stato membro per poter uscire dalla procedura di deficit eccessivo ? Che l'abolizione delle province – provvedimento per niente avvenuto perché sono belle vive e vegete lì in Costituzione più il caos che ha ingenerato la riforma Delrio che è sotto gli occhi di tutti – dovevano produrre un risparmio di un miliardo di euro: non è così, purtroppo non è così. Non solo non c’è il risparmio di un miliardo di euro e sono lì le aree vaste e sono lì le città metropolitane ma addirittura c’è un danno finanziario, nonostante le sollecitazioni che qualcuno, signor Presidente, ha illustrato cercando di dare un contributo almeno per evitare ulteriori danni finanziari, non solo per il mancato risparmio ma per evitare gli ulteriori danni che sta provocando questa riforma sbagliata che è stata fatta sulle province, cercando di mettere un limite ai danni finanziari. In che termini si poneva questo contributo ? Le cosiddette ex province devono andare in gestione liquidatoria ed è necessario dividere le due gestioni cioè le aree vaste e le aree metropolitane devono aprire una pagina nuova dal punto di vista contabile perché, a costo zero, se non si nominano commissari liquidatori gli attuali presidenti di provincia, il danno aumenta. Bisogna che si fermino gli interessi, le rivalutazioni monetarie, i contenziosi che continuamente ci sono adesso all'interno delle province per non parlare poi del personale. Che fine faranno i 20 mila dipendenti ? Non si riesce ad avere un minimo di coordinamento: di tanto in tanto si sente che duemila forse dovrebbero andare al Ministero della giustizia, mille dovrebbero andare lì: intanto è tutto fermo. Anche in questo senso, proprio nel decreto-legge degli enti locali, ma perché mai non è stato preso in considerazione di cercare di avere un coordinamento come punto di riferimento da parte del Governo per l'attuazione di questa riforma ? Una riforma sbagliata che però ormai è legge dello Stato e va attuata. Qui il problema vero è che questa attuazione latita completamente per responsabilità esclusive in parte delle regioni e dei comuni ma soprattutto Pag. 9da parte del Governo che davanti a tutta la latitanza nell'attuazione di queste regole e di questa riforma, non prende alcun tipo di iniziativa e alcun tipo di accorgimento. Solo tre regioni in maniera parziale hanno cercato di emanare leggi di recepimento della legge Delrio per poter sviluppare al loro interno la nuova impostazione e la nuova assegnazione e destinare le funzioni e la titolarità delle competenze ai comuni, alle aree vaste e alle regioni stesse. Tutto il sistema delle regioni non ha fatto niente e il Governo sta fermo, immobile. Peraltro da nove mesi non c’è neanche il Ministro delle regioni: infatti per motivi legati alla maggioranza non si riesce a capire perché non venga nominato un Ministro, un responsabile rispetto a queste situazione abbastanza delicata e compromettente. Davanti a questo tipo di situazione le responsabilità del Governo mi sembrano fin troppo evidenti. Anche in questo caso si crea un'altra sperequazione perché, ad esempio, ci sono alcune regole totalmente diverse da tutto il resto dei comuni e dal sistema delle autonomie in riferimento al Patto di stabilità che privilegia le città metropolitane e anche rispetto all'assegnazione di risorse.
  Poi entriamo nel contesto di questo decreto-legge che non ci vede per niente d'accordo, per il metodo e soprattutto per i contenuti, in riferimento a due aspetti: uno riguarda la sanità e l'altro il grosso problema che viene eluso continuamente, nonostante ci siano state diverse mozioni approvate all'unanimità da questo Parlamento con cui si impegnava e si «stimolava» il Governo ad avere più attenzione, in riferimento ai problemi di sottosviluppo del Mezzogiorno, 22 milioni di persone che in pratica vivono in una certa situazione. Ed è veramente disdicevole che il Presidente del Consiglio, non a seguito di una discussione ampia che è avvenuta già per tre volte con l'approvazione di tre mozioni in questo Parlamento ma solo perché ci sono dei dati Svimez – come se non bastassero quelli dell'ISTAT, come se non bastassero quelli dell'OCSE, come se non bastassero quelli del Fondo Monetario Internazionale, come se non bastassero tutti i dati che pure lo stesso DEF contiene – e solo perché Saviano scrive una lettera su un organo di carta stampa, si sveglia e dice che bisogna affrontare il problema del sud. È incredibile ! È incredibile ! Comunque, meglio tardi che mai; è sperabile che Saviano continui a tartassare ogni giorno perché probabilmente in questa maniera sia il Presidente del Consiglio che il Governo si renderanno conto di questa situazione drammatica. Sanità: non c’è dubbio che sulla situazione della spesa sanitaria nel nostro Paese c’è molto da fare; c’è molto da fare per quello che riguarda l'organizzazione, i modelli, ma anche per quello che riguarda gli sprechi e la corruzione. Il sistema in cui vi è il maggior numero di casi di corruzione ed è maggiormente vulnerabile come spesa pubblica, non c’è dubbio che sia rappresentato dalla spesa sanitaria, dalla sanità. Allora, in questo senso, c'era la decisione da assumere sui risparmi decisi dalla legge di stabilità di quest'anno, la n. 190 del 2014: 2.400 milioni di euro circa (2,4 miliardi circa) da risparmiare. L'intesa con le regioni è che questo programma doveva essere fatto d'intesa con le regioni. Vi è stata poi la rivolta da parte del sistema delle regioni, in particolare dell'assessore che coordina gli assessorati regionali alla sanità e anche da parte della Conferenza in genere, che non contestano i saldi che erano stati concordati con il patto della salute, ma contestano sia il modo, cioè che di punta in bianco il Governo l'ha fatto e nella maniera che adesso diremo, sia il merito, per un motivo molto semplice, cioè perché – noi riteniamo che sia sbagliato il metodo e che non saranno raggiunti i risultati – il Governo, invece di imporre questi tagli in merito all'acquisizione di beni e servizi durevoli e di consumo, medicali e non, all'interno delle ASL, interviene sulle prestazioni, mettendo in seria discussione un principio inconfutabile, una scelta politica e sociale che è stata fatta nel nostro Paese con la legge n. 833 del 1978, cioè dell'accesso universalistico alle prestazioni sanitarie con l'istituzione del Servizio sanitario nazionale, che ha avuto una parziale modifica, per il fabbisogno, Pag. 10il sostegno di risorse che ha il sistema stesso, con il decreto legislativo n. 229 del 1999 (il famoso «decreto Bindi», di innovazione del decreto n. 502 del 1992), con cui si stabilisce che il sistema del Servizio sanitario nazionale continua ad avere accesso universalistico ma viene alimentato per la stragrande maggioranza da risorse pubbliche ma anche da compartecipazione dei cittadini, i cosiddetti ticket. Davanti a una situazione del genere, l'acquisizione di beni e servizi aveva due direttive, la prima della quale era imporre l'obbligatorietà delle convenzioni Consip. Consip è venuta a dirci qui in Parlamento, in merito al monitoraggio della spesa sanitaria e nell'indagine conoscitiva sulla spesa sanitaria, che per ogni 10 miliardi di euro di gare che vengono effettuate su acquisizione di beni e servizi dalla pubblica amministrazione, a maggiore ragione all'interno del Servizio sanitario nazionale, se ne risparmiano quattro.
  Ora si può capire perché mai il Governo ed il Parlamento non debbano disporre che, in via obbligatoria, per tutta la pubblica amministrazione e, in particolare, per la sanità non vi sia una riduzione dei costi attraverso l'obbligatorietà delle convenzioni Consip, considerando che per giunta si potrebbero spuntare prezzi ancora migliori rispetto ad esse ?
  Perché mai non si è introdotta questa modifica ? Se ne è inserita, invece, un'altra pericolosissima sull'acquisizione di beni e servizi. La Guardia di finanza, la Corte dei conti e Cantone rilevano che una delle grosse anomalie all'interno dell'acquisizione di beni e servizi nel campo della sanità, soprattutto nelle regioni del sud, è il sistema delle proroghe. Vi sono protesi, dispositivi medicali e tanti altri materiali di consumo che sono prorogati da dieci anni. Gare fatte dieci o anche quindici anni fa che vengono prorogate. Che cosa dice questo decreto ? Invece di andare a stimolare Consip o le centrali uniche di acquisto e fare nuove gare, stabilisce che le ASL possano proporre a chi attualmente fornisce beni e servizi, indipendentemente se in proroga o meno, o dal fatto se si tratti di una gara vecchia o nuova, una continuazione del rapporto, senza specificare per quanti anni, in cambio di uno sconto ulteriore del 5 per cento. Vedete che si tratta dell'esatto contrario di quello che serve in riferimento a tutto questo. Non si fa nulla da questo punto di vista e vediamo cosa di sbagliato si fa.
  Uno dei problemi che io ritengo occorra sicuramente affrontare all'interno delle prestazioni del sistema sanitario nazionale sia l'appropriatezza. Su questo non vi è dubbio. È chiaro che noi dobbiamo avere un sistema che eroga prestazioni appropriate e non prestazioni che non sono rese in maniera appropriata. Ma, per poter far questo, bisogna aumentare i controlli, che non possono essere determinati da personale amministrativo che non ne ha le competenze. È fin troppo evidente che dai controlli a campione previsti adesso e che quasi mai vengono effettuati bisogna passare a controlli standard sull'appropriatezza, ma non è minimamente pensabile che si possa entrare nel merito di una decisione del medico che, secondo scienza e coscienza, prescriva una prestazione diagnostica, sia di laboratorio che radiologica, ad un determinato paziente. Attenzione ! Perché, sia dal punto di vista della salute sia dal punto di vista economico-finanziario, noi potremmo avere danni seri. Se, come risulta da indiscrezioni, questo famigerato decreto sull'appropriatezza, che dovrebbe essere posto in essere, prevedrà che un paziente, che compie uno screening con risultati nella norma, non possa rifarlo, in assenza di elementi nuovi dal punto di vista clinico e patologico, se non trascorrono cinque anni, quindi se desidera ricontrollarsi e rifare screening lo potrà fare solo pagando di tasca propria, allora in questo modo si annulla la prevenzione ! Facciamo un esempio classico, Signor Presidente, in modo da far comprendere all'Aula di cosa stiamo parlando. Io faccio uno screening da cui risulto avere il colesterolo nella norma; in questo caso, se voglio fare un nuovo controllo, entro i cinque anni, lo debba fare a pagamento. E se nel frattempo, per cause patologiche, il Pag. 11colesterolo aumenta e poi arriva l'infarto che facciamo ? Siamo in presenza di questo tipo di impostazioni !
  Ritengo quindi non solo che il metodo sia sbagliato, ma che avremo un doppio danno. Innanzitutto, un caos dal punto di vista della prevenzione, in termini diagnostici e preventivi, che verrà sicuramente meno. Poi vi sarà un'altra anomalia molto grossa.
  A livello mondiale, l'Organizzazione mondiale della sanità organizza, dal punto di vista preventivo, e indirizza, perché la scienza e la tecnologia vanno avanti, cercando di dare e offrire prestazioni alle persone attinenti anche alla genetica molecolare e, quindi, si passa alla cosiddetta medicina, non più della cura, della diagnosi e quant'altro, la cultura della salute, ma alla medicina predittiva. In questo senso, le persone hanno necessità di andare presso il Servizio sanitario nazionale, di ottenere un'indagine sul DNA perché vogliono sapere, in base al DNA e in base alla genetica molecolare, quale rischio, rispetto a tante malattie, hanno di ammalarsi. In particolare, sono queste prestazioni che sono in spaventoso aumento e quindi dobbiamo tentare in tutti i modi e in tutte le maniere di contenerle, come se il problema della salute fosse un problema di razionalizzazione di consumi, di altro genere e quant'altro. Detto questo, sono convinto che, oltre a questo danno e questo caos, dal punto di vista della prevenzione, che ci sarà, fallirà, perché non ci sarà nessun medico che si assumerà la responsabilità di attuare e di osservare queste situazioni completamente assurde, perché la salute di una persona è certamente superiore a tutto e la professione di medico non è una professione come tante altre; c’è un problema anche di coscienza oltre che problemi che afferiscono a situazioni in chiave preventiva, anche con riferimento alle situazioni giudiziarie e tutte quelle che noi conosciamo molto bene in questo senso, ma addirittura ci sarà anche un fallimento rispetto all'assurda pretesa, attraverso la riduzione delle prestazioni, di poter raggiungere quegli obiettivi finanziari. Non saranno neanche raggiunti gli obiettivi finanziari da questo punto di vista, quindi una totale bocciatura in riferimento a quello che riguarda una scelta sbagliata nei confronti della spesa sanitaria.
  Chi vi parla, signor Presidente, è arciconvinto che i soldi nella sanità sono troppi, che bisogna ridurre la spesa sanitaria ma certamente non si può fare in questo modo sbagliato; la strada è quella di incidere sull'organizzazione e sui modelli ma soprattutto sull'acquisizione di beni e servizi, dove tranquillamente si possono risparmiare tra i 10 e i 15 miliardi di euro all'anno rispetto ai 110 senza che venga intaccata minimamente la situazione delle prestazioni sanitarie. Detto ciò, mi avvio alla conclusione, rammentando anche le situazioni in riferimento al problema dei problemi: aumentano le differenze, giorno per giorno, aumenta la povertà, aumenta la disoccupazione, aumenta tutto, tutto in peggio, all'interno del Mezzogiorno, con l'assenza totale del Governo. Il Governo disconosce la situazione, la drammatica realtà di oltre metà del Paese di 22 milioni di persone e di cittadini, la disconosce completamente e diciamo anche perché; perché non solo c’è stato lo stimolo da parte del Parlamento attraverso la presentazione di mozioni e quant'altro che richiamavano l'attenzione del Governo rispetto al problema del Mezzogiorno; non solo non c’è stato nulla di tutto quello che era stato preventivato e dato come indirizzo nelle stesse mozioni dal Parlamento al Governo, ma noi siamo in un contesto in cui il Governo utilizza spesso e volentieri come Bancomat le risorse destinate al Sud. Attenzione, noi abbiamo un problema di crescita nel nostro Paese, la crescita si deve fare con tante cose ma soprattutto con la spesa per investimenti. Noi non abbiamo risorse nel bilancio dello Stato perché le risorse uniche che sono disponibili come competenza e cassa sono quelle dei fondi strutturali, soldi degli italiani che vanno nel bilancio dell'Europa dove noi versiamo 16 miliardi di euro circa all'anno, ne riceviamo 12 e per giunta non li spendiamo neanche e se li spendiamo, li spendiamo pure male. Pag. 12Davanti ad una situazione del genere, è fin troppo evidente che occorre una politica diversa da parte del Governo in riferimento al Mezzogiorno; questo è un problema da cui non si può prescindere perché, se c’è da fare spesa per investimenti, ci sono solo i fondi strutturali, perché, con riferimento ad un altro tipo di spesa, o dovete operare dei tagli per ricavarvi risorse finanziarie o dovete aumentare le tasse, o centrali o locali; e più di quello che sono aumentate è pressoché impossibile perché il livello di tassazione è enorme.
  Ecco, perché io ritengo una grave responsabilità da parte del Governo non avere un luogo. Io non mi affeziono ad un Ministero o ad un Ministro che deve essere fatto per il Mezzogiorno, neanche per idea. Ma è necessario che vi sia un luogo in cui vi sia la possibilità di un monitoraggio e di un coordinamento, in riferimento soprattutto alla situazione dei fondi strutturali, che sono circa 12 miliardi di euro per il programma 2014-2020 e anche per i piani di sviluppo rurale e per i piani della pesca.
  Davanti ad una situazione del genere, il Governo aveva molto puntato sulla costituzione di un'agenzia, l'Agenzia per la coesione. Non ne abbiamo notizia: dell'Agenzia della coesione è stato nominato il direttore, costa circa 5 milioni di euro l'anno, dopodiché non abbiamo notizia del suo ruolo, non abbiamo notizia della sua azione, non abbiamo notizia della sua efficienza, non abbiamo notizia della sua efficacia, non abbiamo notizia di niente. Qui occorre per forza che vi sia un coordinamento sulla situazione dei fondi strutturali.
  Noi, sul 2007-2013, rischiamo di perdere circa 5 miliardi di euro. È il caso che il Governo inizi a farsi carico di chiedere una proroga all'Unione europea, visto che l'Unione europea non è esente da responsabilità in riferimento alla tempistica e alle procedure farraginose di programmazione, di programmi, di approvazione e quant'altro, rispetto ai programmi europei delle regioni da parte dello Stato e nel contesto del quadro comunitario di sostegno ? È fuori luogo tirare fuori una trattativa che dia la possibilità, almeno, di sei mesi di proroga, per recuperare quanto più possibile queste risorse e, invece della scadenza al 31 dicembre 2015, prevedere la scadenza al 30 giugno 2016, in maniera tale che si possa recuperare la spesa rispetto a questo tipo di situazione, visto che la comunità europea, per anni, ha imposto un serio vincolo allo Stato nostro e alle regioni con il Patto di stabilità ? Infatti, di giorno, ci diceva che bisognava rispettare i vincoli del Patto di stabilità e, di notte, ci diceva che bisognava spendere i fondi comunitari, senza avere la possibilità di farlo.
  Questi sono problemi che noi vorremmo discutere, signor Presidente dell'Aula, con il Presidente del Consiglio. Infatti, davanti ad una situazione del genere, che è drammatica, non abbiamo solo il problema del 2007-2013, abbiamo anche il 2014-2020. Dopo venti mesi su questi fondi strutturali, non c’è nessuna regione dell'obiettivo 1 che ha un euro impegnato, perché i programmi non sono ancora approvati. Infatti, quando il Governo ha tirato fuori il programma di sintesi proposto e concordato con le ragioni e lo ha proposto all'Unione europea, ha avuto più di 400 censure e non sappiamo ancora se queste censure sono state superate. Così come il problema del piano di sviluppo rurale: solamente tre regioni lo hanno avuto approvato. E anche qui il Governo è assente in un contesto di coordinamento, per non parlare poi dei programmi sulla pesca.
  Ora qui ci sono i soldi, ma manca una politica che indirizzi e indirizzi per bene. È fin troppo evidente che, anche in questo contesto, c’è da affrontare il problema del sistema autorizzativo, in riferimento a tutto quello che riguarda uno snellimento necessario nell'attuazione delle procedure di realizzazione di questi programmi del Mezzogiorno e soprattutto anche in riferimento al sistema autorizzativo e ai vincoli che vi sono dal punto di vista urbanistico per le opere pubbliche realizzate con fondi strutturali.
  C’è poi un problema di progettazione. Nelle regioni del sud il parco progetti che Pag. 13era presente in pratica è completamente esaurito. È chiaro e fin troppo evidente che occorre una qualità della spesa. In questo senso, sarebbe necessaria una dotazione finanziaria coordinata tra le regioni, l'Agenzia e il Governo nazionale e anche con la supervisione dell'Europa, ovvero vi fosse dal punto di vista strategico una dotazione finanziaria per produrre progetti di qualità e realizzare opere di qualità.
  Tutto questo noi, non solo non lo vediamo in questo decreto, non solo non lo vediamo in prospettiva di una legge di stabilità, che dovrebbe poi rappresentare un punto di svolta in riferimento a tutti questi problemi, ma addirittura vediamo anche un'assenza totale da parte del Governo, con cui si discute di cose che nulla vi hanno a che vedere. È stucchevole che, nel mentre il Mezzogiorno muore, si continui a discutere della RAI e dei posti della RAI. Questa è una vergogna di tutta la politica italiana, veramente, non solo del Governo.

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Binetti. Ne ha facoltà.

  PAOLA BINETTI. Grazie, Presidente. Per quanto attiene la sanità, i media hanno letto questo decreto solo denunciando tagli pesanti che potrebbero compromettere un equilibrio ancora molto fragile tra qualità dell'assistenza erogata e risorse disponibili, secondo una equazione che recita: minori risorse, quindi minore qualità in sanità.
  Enorme è stato l'allarme sociale che si è creato: anziani, disabili, malati in cura con farmaci costosi e difficili da reperire hanno percepito tutto ciò come un rischio aggiuntivo per la loro salute già compromessa. Ma la percezione di rischio si è immediatamente estesa al personale, in particolare al personale medico-infermieristico, che in molti casi è sottoposto a turni molto pesanti e che deve spremere il proprio tempo per fare fronte alla molteplicità delle incombenze, finendo col ritagliare e lasciar fuori la parte migliore del proprio tempo, quella destinata al rapporto con il malato.
  Su questo punto vorrei soffermarmi, sia pure brevemente: il tempo dedicato al malato in un rapporto interpersonale significativo è il migliore investimento in sanità, non solo sotto il profilo umano, ma anche sotto il profilo della qualità assistenziale ed è cosa da non sottovalutare sotto un profilo economico-finanziario. Il paziente più caro è il paziente insoddisfatto, sia perché va migrando da un medico all'altro, da una struttura all'altra, chiedendo analisi ed approfondimenti sempre più complessi, sia perché è il vero protagonista della medicina difensiva: è lui che chiede di essere risarcito per danni reali o presunti che la mala sanità gli ha procurato.
  Il bell'investimento in sanità, in un'ottica realmente innovativa, dovrebbe essere la formazione del personale, come è naturale, ma occorre mettere sullo stesso piano anche l'educazione dei pazienti: il loro coinvolgimento in un rapporto di compliance che consente di contenere nelle giusta misura gli accertamenti da fare e che permette anche di concentrare la terapia sui farmaci strettamente necessari, evitando abusi costosi non solo sul piano economico, ma anche sul piano del salute, come avviene, ad esempio, con gli antibiotici, che, se usati impropriamente, creano resistenza e non permettono più un adeguato controllo delle infezioni.
  In altre parole, la variabile «tempo» non è un fattore irrilevante, che si possa comprimere fino a farlo scomparire dalla relazione medico-paziente per creare una catena di montaggio solo apparentemente più produttiva, mentre, in realtà, genera nuovi costi, nuove difficoltà e, soprattutto, mobilita una insoddisfazione pericolosissima ai fini del contenzioso medico-legale.
  Nel decreto-legge oggi in discussione è stato soprattutto l'articolo 9 ad occupare l'interesse della XII Commissione: un articolo corposo con ben 12 commi su cui il Senato è ampiamente intervenuto e su cui anche a noi sarebbe piaciuto intervenire per alcune precisazioni, anche per migliorarne alcuni passaggi con opportuni aggiustamenti, ma ancora una volta dovremo limitarci a presentare ordini del giorno.Pag. 14
  I 12 commi in questione toccano, comunque, punti essenziali del famoso Piano della salute, a cui frequentemente il decreto si riferisce, e vanno: dalla definizione dei rapporti tra i policlinici universitari e il Sistema sanitario nazionale, alla garanzia che i LEA non saranno toccati, nonostante i risparmi previsti, dal tema della rinegoziazione del costo dei farmaci e dei presidi medici, al grosso problema dell'appropriazione e del potenziamento delle misure di prevenzione e di profilassi anche in vista del prossimo Giubileo, per arrivare poi alla riforma dell'Aifa.
  Prima di tutto – e forse rappresenta l'urgenza primaria – occorre definire come affrontare il recepimento delle misure per fare fronte ai 2,3 miliardi di euro di tagli: dalla rinegoziazione dei contratti per dispositivi medici, beni e servizi, fino all'atteso decreto sull'inappropriatezza prescrittiva di visite, analisi ed esami, che non sembra avere accolto il favore dei medici; senza dimenticare le misure di risparmio di 500 milioni sulla farmaceutica, previste entro il 30 settembre, che già stanno creando polemiche.
  Ma non ci sono solo i tagli e le misure previste dalla «manovra sanità»: regioni e Governo dovranno riprendere le fila del Patto per la salute, che, di fatto, da un lato, per le intense trattative sull'intesa che ha portato ai tagli e, dall'altro, a causa dei cambiamenti che ci sono stati in sette regioni, è ormai fermo dall'inizio dell'anno, con una media di realizzazione dei provvedimenti molto bassa, tra cui di rilevante spicca soltanto la pubblicazione del nuovo Regolamento sugli standard ospedalieri.
  E dire che le novità in ballo sul patto sono parecchie: in primis, i nuovi LEA, che dovevano essere sottoscritti entro il 2014 e che, in realtà, sembra che siano fermi in Conferenza Stato-regioni. Sono punti in cui il tema della riduzione della spesa viene sempre messo a fuoco secondo tre direttive: la prima è la responsabilità di chi gestisce quel processo, che si concentra sui risultati, mentre lascia ampia flessibilità e creatività sulle procedure; la seconda è la scelta della formazione del personale come via maestra per un deciso miglioramento dei modelli organizzativi ed assistenziali, propedeutici ad una lotta concreta ai costi inappropriati, limitando, ma in ogni caso dettagliando puntualmente, le possibili sanzioni; infine l'innovazione, l'innovazione sul piano farmacologico soprattutto in vista dei nuovi farmaci emergenti, per i quali la straordinaria e documentata efficacia è proporzionale agli enormi costi che comportano, obiettivo che richiede l'aumento del personale all'Aifa anche per la rinegoziazione dei costi farmaceutici e per il loro controllo.
  Concretamente, nel primo comma si estende la disciplina che regola i rapporti tra Sistema sanitario nazionale e le università non statali che gestiscono direttamente i policlinici universitari, anche nel caso in cui queste strutture modifichino la propria forma giuridica nei termini previsti. È il caso di quelle università non statali che gestiscono policlinici universitari attraverso enti dotati di propria personalità giuridica, una personalità giuridica di diritto privato senza scopo di lucro. È l'annoso problema, anche in questo caso, che si pone tra l'università e l'azienda ospedaliera, un problema che riguarda tutte le università e che riguarda tutte le aziende ospedaliere che, in qualche modo, interagiscono direttamente con le università. È un problema importante, perché è un problema che deve salvaguardare, nella vita e nell'organizzazione del lavoro professionale dei professori universitari, l'attività di formazione e l'attività di ricerca accanto a quella assistenziale e che pone, quindi, strutturalmente una differenza rispetto al personale strettamente ospedaliero che in qualche modo si fa garante, in primo piano e spesso in esclusivo piano, soltanto dell'assistenza.
  Risparmiare in ambito sanitario ma salvaguardare i livelli essenziali di assistenza è il centro dell'articolo 9-bis, che riguarda le misure di razionalizzazione della spesa del Servizio sanitario nazionale, finalizzate ad ottenere consistenti risparmi in ambito sanitario e che sono state già oggetto di intesa in Conferenza Stato-regioni. Si tratta della riduzione del Pag. 15contributo aggiuntivo che le regioni devono assicurare alla finanza pubblica per ciascuno degli anni dal 2015 al 2018. Per salvaguardare i livelli essenziali di assistenza le regioni possono conseguire le economie necessarie anche adottando misure alternative a quelle disposte dagli articoli dal 9-bis al 9-sexies, purché assicurino l'equilibrio del bilancio sanitario con il livello di finanziamento ordinario. In questo caso il legislatore compie un atto di fiducia molto concreto nei confronti dell'organizzazione sanitaria, perché chiede un risparmio senza necessariamente obbligare a procedure di un certo tipo. A ogni struttura, anche rispetto ai problemi del proprio territorio, anche rispetto alle risorse, che non sono soltanto le risorse economiche ma sono le risorse strutturali, sono le risorse che riguardano anche le competenze specifiche del personale, lascia dire: «Scegli pure tu: scegli su cosa investire, in qualche modo scegli dove tagliare, assicurami il risultato». È una scelta che potrebbe essere virtuosa, se è una scelta condivisa negli obiettivi, nella responsabilità e nella competenza; potrebbe essere una scelta rischiosa se, invece, si mette al primo piano esclusivamente una logica di bilancio e non contestualmente la logica della qualità e dell'assistenza.
  C’è, poi, il riferimento alla farmaceutica. Le misure proposte dagli articoli dal 9-bis al 9-octies rafforzano quelle precedentemente introdotte dal cosiddetto «decreto Balduzzi». Il loro scopo è quello di conseguire risparmi ulteriori, non sostitutivi. L'articolo 9-ter reca misure finalizzate a razionalizzare l'acquisto di beni e servizi in ambito sanitario, di dispositivi medici e di farmaci. Non c’è dubbio che questo è uno dei campi in cui maggiormente si può concentrare lo spreco. Non c’è dubbio che l'uso, come poi vedremo nel comma che specificamente si occupa di appropriatezza, si possono concentrare scelte che, da un lato, tolgono al paziente quel tipo di risorse di cui ha strettamente bisogno; ma, dall'altro, possono anche concentrarsi quell'altro tipo di sprechi che, in qualche modo, mette in conto al Sistema sanitario cose di cui il paziente non ha veramente bisogno. Prima il collega Palese faceva riferimento a una TAC che – è norma di principio – prima di un tot tempo non può essere ripetuta.
  È evidente che questo – potremmo dire – teoricamente è un esempio di scuola, perché il paziente potrà fare tutte le TAC di cui ha bisogno, basterà che il medico nella prescrizione precisi la ragione concreta per cui debba fare quella TAC, perché – diciamo – la sanzione scatta nel momento in cui la TAC richiesta non è adeguatamente documentata nella ragione che la prescrive o la ragione con cui viene prescritta è una ragione futile e non è una ragione attinente alla patologia. Cito il caso sempre che il collega faceva, quello di un paziente, se non ricordo male, che aveva un colesterolo molto alto, che a un certo punto poteva ammalarsi di tumore; è evidente che nel momento in cui il medico scrive che c’è un sospetto di tumore quella TAC potrà essere rifatta e ripetuta. Quindi, bisogna stare anche attenti qui, da un lato, ad evitare l'allarmismo che già impegna molti anziani, molti pazienti fragili, molti pazienti cronici, che sono già preoccupati da questa operazione di tagli, nello stesso tempo, bisogna ricondurre i medici ad un ripensamento, ad una rielaborazione, per evitare quelle che, a conti fatti, sono considerate analisi inutili.
  Ma c’è un altro aspetto che potrebbe essere segnalato, che tocca alcune regioni piuttosto che altre: quando, per esempio, quella che è una semplice visita ambulatoriale, in cui il medico visita il malato e in quel momento prescrive un approfondimento diagnostico, il convertire questo micro pacchetto di prestazioni, per esempio, in quello che, a norma di DRG, diventa un day hospital significa far lievitare i costi in un modo veramente impressionante.
  Ben lo sanno questo coloro che dirigono le strutture, lo sanno molto bene gli amministrativi, lo sanno molto meglio gli amministrativi di quanto non lo sappiano gli stessi medici. È evidente che questo è un modo improprio di far lievitare i costi, Pag. 16ma l'inappropriatezza non sta nell'indagine richiesta, l'inappropriatezza sta nel capitolo in cui viene segnato questo pacchetto di prestazioni.
  Nella lettera a) si impone agli enti del Sistema sanitario nazionale per l'acquisto di beni e di servizi di proporre ai fornitori una rinegoziazione dei contratti che abbia l'effetto di ridurre i prezzi unitari di fornitura e i volumi di acquisto rispetto a quelli contenuti nei contratti, senza peraltro modificare la durata del contratto; la riduzione è fissata su una base annua del 5 per cento del valore complessivo; con il comma 2 si estende il risparmio fissato a tutti i tipi di contratto di beni e servizi, compresa la concessione di lavori pubblici, la finanza di progetto, la locazione finanziaria di opere pubbliche, i contratti di disponibilità, e così via. Quello che è interessante è che, se si riesce ad ottenere l'accordo, le cose si possono attestare su questo risparmio per le strutture che si aggira intorno al 5 per cento. L'ipotesi più interessante è quando l'accordo non fosse sottoscritto dalle parti in questione. Nell'ipotesi di un eventuale mancato accordo tra gli enti del Sistema sanitario nazionale e i fornitori, sia i fornitori sia soprattutto gli stessi enti del Sistema sanitario nazionale possono recedere da questo contratto senza dover pagare nessun tipo di penalità. Questo è interessante perché ripropone una riflessione su ciò che è il cambio della situazione, il cambio del contesto in cui ci si muove in una fase in cui le risorse disponibili si riducono e si cerca un accordo con il fornitore sulla base del mutato contesto sociale ed economico in cui ci siamo trovati.
  Quanto sopra – va detto – si applica anche a quello che riguarda i contratti aventi per oggetto i dispositivi medici. Su quello che riguarda i dispositivi medici è molto interessante tenere presente che noi abbiamo un formulario che è fermo al 1999. Non c’è dubbio che chiunque si occupi di questo tema conosca quale sia stata l'evoluzione tecnologica. Penso soltanto, per citare una cosa, all'evoluzione delle carrozzine che si usano e a tutti gli apparecchi che si usano per le protesi. Allora cosa dice l'articolo di questa legge ? Dice che in mancanza di un accordo fa fede quella che è una sorta di check-list disponibile presso il Ministero della salute, ma non rimanda immediatamente all'urgenza di rivedere questo prontuario, che rappresenta una delle istanze su cui più frequentemente anche nella XII Commissione siamo intervenuti, anche con interrogazioni ripetute, anche con question time. È necessario che la revisione del prontuario venga fatta non solo per motivi di economia, ma proprio per motivi di razionalità, perché vi sono comprese cose che non si usano più, non vi sono comprese cose che si usano e non si tiene conto del valore aggiunto che le nuove tecnologie possono portare.
  Altro punto interessante, ovviamente, riguarda, nei rapporti con l'Aifa, la necessità e la possibilità che ha l'Aifa stessa di rinegoziare al ribasso con le aziende farmaceutiche il prezzo di rimborso dei medicinali a carico del Servizio sanitario nazionale; pochi giorni fa vi è stato un incontro proprio all'Aifa. Evidentemente, vi è una grossa distinzione, che bisogna fare, tra quei farmaci i cui brevetti sono scaduti e quei farmaci in cui, invece, il brevetto è ancora in atto.
  Ma, soprattutto, bisogna porsi davanti a una domanda nuova, che è la vera domanda, anche di etica in sanità, che ci dovremmo porre tutti in un prossimo futuro: cosa facciamo davanti a farmaci di sicura efficacia, capaci di sradicare una volta per tutte una patologia – basta pensare a quello che è successo questo inverno con i farmaci dell'epatite C –, quando la disponibilità economica che abbiamo permette di riservare questo trattamento solo a una platea molto limitata di pazienti ? Come sceglieremo il paziente a cui i farmaci potranno essere somministrati, farmaci che diventano, a questo punto, veri e propri farmaci salvavita, rispetto a farmaci che, probabilmente, hanno un effetto non voglio dire di tipo palliativo, ma sicuramente meno determinante ? Come sceglieremo i farmaci da Pag. 17mettere a rimborso ? Come sceglieremo i pazienti che possono accedere a quei farmaci ?
  Sapete tutti quanti, perché lo sappiamo, perché è noto, che si sta stabilendo una sorta di «turismo farmacologico». È il turismo per cui i pazienti vanno a rifornirsi di farmaci, per esempio, in India: i farmaci per l'epatite C che si possono acquistare in India hanno un costo di gran lunga minore rispetto a quello che è il costo che un paziente dovrebbe assumere in chiave personale, se il Sistema sanitario non glielo rimborsasse. Un trattamento per l'epatite C, chiamiamolo così, in questo momento, costa al paziente non meno di 60 mila euro: possono essere accessibili per qualcuno, ma possono veramente rappresentare un orizzonte assolutamente inaccessibile per la maggioranza di questi pazienti.
  Avere chiaro questo termine, sapere che, per esempio, i nuovi farmaci oncologici cambiano profondamente la storia naturale della patologia, ma hanno costi altissimi, è il vero problema di etica sanitaria, di etica farmaceutica, è il vero problema in cui si traduce quello che è una sorta di slogan a cui tutti noi siamo affezionati: mettere il paziente al centro dell'attenzione.
  Mettere il paziente al centro dell'attenzione significa chiedersi qual è il profilo di spesa che sono disposto ad assumere per questo paziente. Quindi, questo tema, che riguarda non solo l'Aifa, ma la rinegoziazione dei costi di altri farmaci, e quindi anche poterli ottenere al più basso prezzo possibile, rinegoziare i farmaci di alto profilo, i nuovi farmaci veramente innovativi di alto profilo sotto l'aspetto dell'efficacia, è la sfida importantissima che tutti noi dobbiamo porci.
  Detto questo – poi, se posso, torno su questo punto – vorrei fermarmi un attimo sul tema dell'appropriatezza, che è un'altra delle parole chiave di questo decreto-legge per quanto attiene alla sanità. «Appropriatezza» è parola che rimanda immediatamente a «competenza». Allora, noi, oggi, abbiamo bisogno di ripensare, in questa chiave, moltissimo a quella che è la formazione: una formazione che comincia con gli anni di formazione di base dei medici, ma che, soprattutto, diventa importante e applicativa negli anni delle scuole di specializzazione. È lì che noi dobbiamo essere certi che i medici abbiano una consapevolezza più chiara, più precisa, più evidente, anche di quella che è la rilevanza economica delle decisioni che prendono.
  Ora, basta prendere i piani di studio, basta vedere quanti sono i crediti che, durante il periodo della formazione, vengono assegnati ai corsi di economia sanitaria sia durante la formazione di base che durante la scuola di specializzazione, per rendersi conto che sono obiettivi che non possono costituire per i futuri medici, per i medici in formazione, quella forma mentis di cui noi oggi abbiamo bisogno proprio per mantenere un Servizio sanitario nazionale garantista su tutta la linea e universale per tutti i pazienti.
  L'appropriatezza è qualcosa che non può che rimandare a quella famosa affermazione che è alla base dell'attività professionale del medico, che deriva, per tutti quelli di noi di una certa generazione, dal famoso giuramento ippocratico, per cui il medico deve agire in scienza e coscienza. Ma la scienza del medico, oggi, è una scienza non solo clinica, non solo sociale, perché anche questo diventa fondamentale: è anche una scienza economica.
  Ma questa scienza deve appartenere alla coscienza del medico, non può essergli imposta dall'esterno, nessuno potrà dire a un medico se considera davvero quell'indagine futile o se veramente quell'indagine è efficace. Noi abbiamo bisogno di ricostruire profili di formazione e abbiamo bisogno di costruirli creando una vera e propria mentalità. Peraltro, risulta interessante, e per quelli che, come me, hanno fatto il medico per tanti anni, risulta persino divertente, che se il medico non definisce esattamente le categorie dell'appropriatezza per la quale fa una determinata prescrizione, il Sistema sanitario nazionale si rivarrà direttamente sul direttore generale; non male. Non male che il direttore generale, in qualche modo, venga Pag. 18chiamato in causa anche sulle sue responsabilità su questo profilo. Ma è certo che nell'equilibrio tra la competenza, nell'equilibrio con la relazione medico-paziente, si stabilisce quella profonda economia di costo che noi dobbiamo fare e che riguarda la medicina difensiva: uno dei costi più pesanti che devono affrontare le ASL e gli ospedali per i quali è molto difficile oggi venirne a capo.
  Tutto questo non vorrei che si traducesse, poi, in una riduzione delle risorse disponibili per quella che è la prevenzione. La prevenzione è un altro dei grandi capitoli attraverso i quali si realizza il vero fattore di risparmio. Pensiamo, per esempio, a tutte le patologie del cardiovascolare. Pensiamo, per esempio, a tutte queste patologie correlate al sovrappeso, all'obesità, oppure al fumo o alla mancanza di movimento: sono i quattro determinanti della salute. Se noi non facciamo una educazione agli stili di vita senza moralismi di alcun tipo, ma anche con la responsabilità economica che comportano le trascuratezze su questo piano, sarà molto difficile poter fare delle economie di spesa, su base nazionale, significative e corpose. Quindi, investire sugli stili di vita, investire sulla comprensione e, quindi, poi mettere a disposizione delle persone modalità concrete per avere stili di vita che gli permettano di mantenere più a lungo possibile la loro salute, diventa un obiettivo straordinario.
  Rimangono due punti soltanto prima di concludere. Un punto interessante, ma francamente, dal mio punto di vista, è risultato un po’ ambiguo. Si tratta di quello del giubileo. Per il giubileo si dicono delle cose abbastanza divertenti, nel senso che si chiede un contributo volontario, di 50 euro, per poter avere diritto ad una sorta di assicurazione nel caso in cui durante il giubileo ci si ammala. Faccio presente che l'ospedale per antonomasia più vicino a San Pietro, il Santo Spirito in Sassia, è stato costruito dai sassoni (per questo Santo Spirito in Sassia), proprio in occasione del giubileo, per i loro pellegrini che si ammalavano. Qualche centinaio di anni fa, si affrontava il tema della salute e del giubileo in modo tale che ognuno si costruiva praticamente una sorta di ospedale dove poter accogliere i pazienti del proprio Paese che si fossero ammalati.
  Ma il tema qui è: questi 50 euro a chi saranno pagati, tenendo conto poi che tutti i cittadini europei, comunque, in virtù della medicina transfrontaliera, verranno con le loro assicurazioni del Sistema sanitario nazionale con noi abbiamo fatto convenzione ? Se da un lato, uno potrebbe dire che questa è una lodevole capacità di prendersi cura di tutti i pazienti che durante il giubileo si ammaleranno (comunque lo abbiamo sempre fatto e continueremo a farlo perché questa è la nostra cultura e la nostra tradizione, la cultura e la tradizione dei nostri ospedali); dall'altro, è veramente divertente chiedere il contributo volontario di 50 euro con quel sapore ricattatorio che contiene per cui se non me lo paghi poi non ti do nulla e se invece me lo paghi forse ti do qualcosa lo stesso. È veramente molto poco chiaro questo passaggio e direi anche sostanzialmente molto poco giubilare, molto poco legato al giubileo della misericordia, molto più legato ad una contrattualistica stretta. Penso che il Governo dovrà fare qualcosa per essere più preciso, anche semplicemente per rendere applicabile questa norma.
  L'ultima cosa ha suscitato qualche perplessità è l'aumento del personale previsto per l'Aifa. È evidente che investendo l'Aifa di un maggiore numero di funzioni e aumentando il livello di aspettative per la qualità del lavoro che dovrà fare, anche in termini di questa ampia, profonda e vasta rinegoziazione dei costi dei farmaci, nonché questo supporto importante a tutti i farmaci innovativi, l'Aifa avrà bisogno di personale. Su questo penso che non avremo problemi, perlomeno non ne abbiamo sicuramente noi.
  Il problema è: perché l'Aifa sì, per esempio, e l'Istituto superiore di sanità no, laddove anche sull'Istituto superiore di sanità gravitano problemi, obiettivi, necessità di un salto di qualità ? Pochi giorni fa abbiamo incontrato il futuro presidente dell'Istituto superiore di sanità e, anche se Pag. 19lui ha in qualche modo insistito maggiormente sul profilo di competenze che ha – perché quello era anche l'oggetto dell'intervento –, è evidente che dallo stesso profilo di competenze si poteva cogliere e intuire la complessità degli obiettivi dell'Istituto superiore di sanità.
  Ne cito soltanto due perché sono stati direttamente oggetto del nostro lavoro in questi ultimi mesi. Penso alla legge sull'autismo. Uno dei cardini della legge sull'autismo è la pubblicazione delle nuove linee guida, linee guida che vadano dall'infanzia fino all'autistico adulto. Questo rappresenta un obiettivo. Tutte le linee guida per le patologie diventeranno un obiettivo se vorremmo garantire l'appropriatezza di cui si parlava. Ciò sarà a carico dell'Istituto superiore di sanità.
  Ma penso anche a tutto il lavoro che stiamo facendo sulle malattie rare, alla necessità di fissare quelli che saranno i centri di eccellenza per le malattie rare. L'Italia ha una sua eccellenza in Europa anche su questo tema, che pure è di competenza dell'Istituto superiore di sanità.
  Quindi, ci si chiede perché nei confronti dell'Aifa ci sia stata questa apertura, che – insisto – ben venga se porterà poi, attraverso la rinegoziazione, ad effettive economie di scala. Ma perché poi altre realtà dovrebbero essere trattate con disparità di trattamento ?
  Io concludo, Presidente, e mi auguro soltanto che questa maggior attenzione alla responsabilità nella gestione dei costi della sanità in nessun caso, in nessun momento si traduca in quello che è il timore che attraversa tutti i cittadini, ossia la riduzione della qualità.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Baroni. Ne ha facoltà.

  MASSIMO ENRICO BARONI. Grazie, Presidente. Siamo in un momento molto difficile per il Paese, per le istituzioni italiane, soprattutto per i cittadini italiani. Infatti, i cittadini italiani in questo momento, ancora una volta, stanno per essere traditi, stanno per essere ingannati da un ennesimo decreto-legge, attraverso la voce dei loro rappresentanti al Governo e in Parlamento, attraverso provvedimenti veloci, nascosti da polvere e da carte, che praticamente devono andare a giustificare fondamentalmente un grande piano finanziario.
  Questo grande piano finanziario in Italia è soprattutto la privatizzazione della sanità, Presidente. Questa privatizzazione sta avvenendo in maniera spregiudicata. Prima è avvenuta in maniera logaritmica e la curva si sta alzando, sta diventando iperbolica. Attraverso lobbisti, che sono riusciti ad accreditarsi in Europa, che ha un sistema sanitario fortemente incentrato sul privato, c’è stato fondamentalmente un accordo. Tutti i Paesi del sud d'Europa, che avevano un sistema sanitario nazionale ad accesso universalistico, dovevano adattarsi ai più forti. I più forti sono le multinazionali, le multinazionali del farmaco, le multinazionali e le grandi associazioni ospedaliere private, il project financing e soprattutto le grandi associazioni di monitoraggio di come riuscire a fare il massimo profitto ingannando comunicativamente coloro che hanno diritti e accesso a questi servizi, servizi che in Italia sono ancora servizi essenziali.
  E allora abbiamo enti regolatori nel gioco d'azzardo come in sanità, che di fatto o ingrassano attraverso l'ingrassamento dei privati, perché la legge prevede questo. Quindi, i politici italiani del Governo e del PD prevedono che gli enti regolatori possano continuamente ingrassare a fronte dell'ingrassamento del privato, che ovviamente è in concorrenza unica con il pubblico.
  E soprattutto abbiamo da sempre una filiera di mancati controlli perché dentro una politica del malaffare, di un brodo di coltura dei conflitti di interessi, i politici sguazzano. Per esempio, in Calabria abbiamo il 20 per cento di consiglieri regionali medici in una delle peggiori sanità regionali italiane. Il conflitto di interessi non c’è perché non c’è conflitto, ma c’è concordanza tra chi decide e chi è riuscito a convincere i cittadini attraverso promesse con dei grandi discorsi circolari che Pag. 20non portano a niente. Il vero piano, il vero obiettivo a livello europeo e internazionale è la privatizzazione della sanità.
  Presidente, leggo la frase più importante di questo provvedimento. Non so lei, ma io mi sento profondamente a disagio nel sapere che, adesso, tra poche ore, verrà messa la fiducia a questo DL enti locali e non ci sarà la possibilità, da parte della Camera più numerosa, di poter svolgere una discussione importante, franca, per informarsi a vicenda, per riuscire a informare i cittadini, per riuscire a coinvolgerli. Infatti, sono stati prima bloccati, con il blocco del turnover, che dura da molti anni. Il pensionamento, quindi, non prevede un ricambio. Il sistema sanitario nazionale è fatto soprattutto da know-how umano, da capitale umano che non viene sostituito nel momento in cui viene bloccato e non vengono fatte nuove assunzioni. La frase più importante del DL enti locali è: «Il livello del finanziamento del sistema sanitario nazionale è ridotto dell'importo di 2,35 miliardi di euro ovvero del 2 per cento». Quindi, questo è un Governo di tagli; è un Governo di tagli commissionati dall'Unione europea, dai grandi policy-maker dell'Unione europea. La Grecia è stata totalmente ricattata e viene continuamente ricattata. Io ritengo che i nostri politici, il nostro Governo e questo Parlamento sono sotto ricatto; devono stare buoni, c’è il ricatto dello spread, altrimenti sono in grado di far saltare a schiocco di dita questo Governo. Pertanto, voi non siete in grado di fare una politica che abbia una visione, una politica che possa cambiare la riallocazione delle risorse pubbliche come un investimento, in cui magari prevediamo di raggiungere ciò che è già previsto per legge in prevenzione primaria, ovvero evitare che le persone si ammalino. E, invece, no, tutto quello che noi spendiamo in prevenzione primaria sono farmaci, praticamente sono i vaccini. Non vengono fatti nessun tipo di formazione o riallocazione di prevenzione e assistenza primaria. Il territorio viene completamente lasciato allo sbando. E vediamo che da una parte vi è la centralizzazione del potere attraverso una neo-ospedalizzazione e in tanti casi anche una neo-ospedalizzazione manicomiale per quanto riguarda tutte le cronicità di persone che devono rimanere assistite per lungo tempo e per una serie di ragioni che riguardano anche la povertà e che riguardano il fatto che una persona è profondamente malata e profondamente povera. Non avremo più strutture con meno di quaranta posti letto. Quindi, tutti i grandi portatori di interesse sono fondamentalmente felici perché, se tagliate da una parte, fondamentalmente voi andate a tagliare il piccolo imprenditore che magari cercava di portare una novità nella presa in carico di un paziente malato, cercava di introdurre una novità culturale, di coinvolgimento comunitario. No, tutto deve essere anestetizzato, tutto deve essere igienizzato e, infatti, di questa igienizzazione adesso noi ci ricordiamo bene. I cittadini italiani forse sempre più sanno che vengono respinti dalle istituzioni, dal sistema sanitario nazionale. Questo respingimento è un'operazione culturale, un'operazione finemente culturale e significa fondamentalmente che il terzo settore viene potenziato, un terzo settore che, quindi, voterà il politico di turno, voterà il portatore di interesse, voterà qualsiasi persona che avrà la possibilità di dargli una copertura politica e prenderà il posto dello Stato.
  Questo Terzo settore è sotto ricatto perché in questo momento l'economia è ferma, non ci sono investimenti e l'unico pagatore in questo momento è lo Stato, lo Stato-settore pubblico. Dunque che cosa pensiamo ? Pensiamo bene di sostituire anche nei grandi ospedali. Pensiamo al Policlinico Umberto I, uno dei più grandi ospedali d'Italia, il più grande ospedale di Roma: 600 infermieri tramite cooperativa. Ripeto: 600 infermieri. Poi ditemi voi come pensate di organizzare la governance di un dipartimento, di un reparto nel momento in cui non c’è nemmeno la possibilità di capire bene a chi si deve fare una lettera di richiamo: alla cooperativa, al direttore della cooperativa affinché la faccia all'infermiere oppure la diamo all'infermiere perché magari la dia al proprio direttore ? In questa grande confusione, Pag. 21in questa mancanza, incapacità di governare attraverso anche sistemi di sanzioni e di controllo, è tutto legato al fatto che i grandi accordi si fanno nelle stanze chiuse come sta avvenendo con il TTIP, Presidente. Il TTIP è un grande accordo internazionale, di grandi lobbisti multinazionali che fondamentalmente non deve riguardare la cittadinanza ma deve riguardare pochi politici europei. State svendendo in questo momento il Sistema sanitario nazionale e l'importante è continuare a non farlo funzionare affinché abbiate l'alibi, affinché abbiate la scusa per vendere tutto, per continuare a vendere tutto a causa della vostra precedente incapacità. Per cui, grazie alla vostra incapacità, adesso siete riusciti a trasformare questa situazione, questo danno che avete fatto ai cittadini italiani in un'opportunità: svendervi anche i pantaloni e andare in giro nudi dicendo di aver trovato una soluzione.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Monchiero. Ne ha facoltà.

  GIOVANNI MONCHIERO. Signor Presidente, questo decreto-legge contiene misure urgenti e probabilmente anche necessarie però la tecnica legislativa è, come talvolta accade discutibile. L'inserimento in sede di esame del disegno di legge di conversione al Senato di un intero corpo articolato di norme in materia di sanità, con contestuale posizione della fiducia, ha precluso ogni possibilità di discussione in una materia molto delicata che sarebbe necessario, prima o poi, approfondire per giungere ad una rivisitazione sistematica.
  Il contesto complessivo comunque è certamente caratterizzato da difficoltà antiche e da nuove allarme come quello che proprio in questi giorni la Corte dei conti ha lanciato sull'ammontare e sulla crescita delle tasse e delle imposte comunali. Queste misure sono frutto di una certa confusione istituzionale. Dai numerosi interventi in materia di autonomie, sino alla riforma della Carta costituzionale, il cui iter è in stato di avanzata attuazione, emerge una architettura delle istituzioni dello Stato e delle sue articolazioni territoriali non sempre coerente.
  La confusione fra province quasi abolite ed aree metropolitane mal costruite, l'attacco reiterato all'esistenza stessa dei piccoli comuni, dipinti come inutile fonte di sprechi, l'allargarsi del divario tra il livello di autonomia delle regioni a statuto speciale e quelle a statuto ordinario che la richiamata riforma della Costituzione aggrava ulteriormente, costituiscono alcuni esempi della incapacità del legislatore, cioè di noi che siamo qui, di dare vita ad uno Stato moderno ed efficiente.
  Ora è chiaro che non si può certo chiedere ad un decreto-legge – strumento per sua natura destinato ad affrontare interventi urgenti – di dare vita ad una grande riforma di cui il nostro Stato avrebbe bisogno, nondimeno credo sia opportuno approfittare di questi pochi minuti per richiamare l'attenzione di quest'Aula sulla necessità di uscire dall'ottica dell'emergenza e di ripensare i cardini dei rapporti fra istituzioni pubbliche e fra queste e i cittadini.
  Per venire alla sanità che l'argomento che più mi sta cuore, da molte componenti del mondo della sanità italiana si sono levate proteste per l'ennesimo intervento sulle risorse destinate al Servizio sanitario nazionale e si sono espresse forti preoccupazioni sulla sua sostenibilità.
  Sull'entità del taglio, tuttavia – anche se poi, in senso stretto, non si può neppure parlare di taglio ma se mai di rinunzia ad un incremento di risorse precedentemente programmato –, probabilmente non è il caso che questo Parlamento sia più regionalista dei presidenti delle regioni stesse. Occorre infatti ricordare che le norme introdotte dal maxiemendamento del Governo sono la fedele trasposizione del recentissimo accordo Stato-Regioni che ha portato alla revisione del Patto per la salute. Quindi su questo tema non vi è nulla da eccepire, ma sono le modalità tecniche prescelte che destano serie perplessità. Credo che il tema della qualità tecnica della nostra normazione sia un problema serio che bisognerà pur porsi, se si vogliono ottenere i risultati dichiarati. Pag. 22Alcune delle misure adottate, come il mantenimento del pay back sui farmaci – strumento giuridicamente iniquo ma che all'atto pratico si è dimostrato, da parte delle multinazionali del farmaco, economicamente sostenibile – possono essere considerate alla stregua di un male necessario. Però, questi strumenti, che – ripeto – sono strumenti imperfetti e discutibilissimi, non possono diventare la regola nei rapporti fra la pubblica amministrazione e i suoi fornitori. L'applicazione del medesimo meccanismo anche al mercato dei dispositivi medici, nel quale opera un gran numero di imprese, spesso di modeste dimensioni, appare mossa azzardata e foriera di conseguenze negative su quantità e qualità delle prestazioni rese agli utenti. Qui la questione è veramente ineludibile. Se poniamo un tetto all'acquisto di protesi, ad esempio, è del tutto impossibile che il numero degli interventi, pur necessari, possa crescere secondo il fabbisogno della popolazione. Quindi, stabilire su questo tema degli acquisti di dispositivi sanitari un budget in percentuale sulla spesa sanitaria delle regioni e di ogni singola ASL o ASO è una forma di programmazione talmente primitiva da non poter essere sostenibile e da non reggere sul piano concettuale, perché su questa programmazione si basa l'applicazione stessa del pay back. Però, queste sono le norme che riusciamo a produrre. Sono personalmente stupefatto del reiterato obbligo di revisione dei contratti in essere con l'obiettivo di diminuirne l'onere del 5 per cento annuo (partendo dal mese di agosto, naturalmente), attraverso la riduzione vuoi dei prezzi unitari vuoi delle quantità di beni o prestazioni acquistati. Questa norma, ripeto, è già stata adottata in altre circostanze, per la prima volta in un contesto di gestioni non ovunque efficientissime, quando venne accolta dalle aziende sanitarie come uno strumento utile a produrre risparmi e subita dai fornitori con rassegnata disponibilità, ma riproporla di anno in anno, in relazione a contratti magari già stipulati con prezzi e clausole Consip, appare assurda coercizione, spiegabile solo con il radicato convincimento – purtroppo radicato anche nell'opinione pubblica – che i contratti stipulati dalla pubblica amministrazione siano tendenzialmente truffaldini e che rimangano, di taglio in taglio, perennemente vantaggiosi per il fornitore. E poi – qui davvero tocchiamo un tasto veramente doloroso – si tratta di tagli lineari: il 5 per cento vale per tutti, giusti ed ingiusti, amministratori oculati e spendaccioni cronici. Ce lo diciamo da anni che i tagli lineari sono eticamente inaccettabili e gestionalmente controproducenti, ma non sappiamo fare di meglio.
  Stamattina su il Corriere della Sera, Giuseppe Remuzzi si dice favorevole ai tagli e sostiene questa sua tesi – peraltro in gran parte condivisibile – ponendo il tema del risparmio finalizzato alla sostenibilità: non si può dare tutto a tutti bisogna, quindi effettuare un sano utilizzo delle risorse che consenta di mantenere il principio basilare del servizio nazionale sanitario, vale a dire la sua universalità, soprattutto. Questo è un argomento antico, sinceramente ne parlavamo alcuni lustri fa. Il fatto che oggi il problema rimanga irrisolto e che non abbiamo saputo costruire dei meccanismi che favoriscano questa gestione virtuosa ma continuiamo sempre ad affermare la necessità della gestione virtuosa, la dice lunga sulla nostra capacità di intervento. Anche il discorso dei piccoli e grandi ospedali fatto così è chiaramente condivisibile: è ovvio che gli ospedali troppo piccoli comportano spesso scarsità di qualità e quindi anche rischi per i pazienti utilizzatori, tuttavia, mentre ci poniamo questo problema, non possiamo ignorare le gravi diseconomie gestionali che caratterizzano tutti i grandi ospedali.
  In qualunque regione voi andiate a fare una piccola indagine, troverete sempre che l'azienda più inefficiente è la più grande. Ebbene, nonostante questa evidenza tecnico-scientifica, continuiamo a produrre norme che favoriscono l'accorpamento delle aziende nella speranza di ottenere chissà quali economie di scala. Ora, non vi è economia di scala che possa reggere al confronto con la inabilità nella gestione e Pag. 23strutture troppo grandi, come ospedali con 10, 15 o 20 mila dipendenti, tutti professionisti, in stragrande maggioranza laureati, non sono tecnicamente gestibili. Quindi, quei benefici che noi possiamo ottenere dalle economie di scala li andiamo a perdere sulle capacità e sulla logica della gestione. A proposito di logica della gestione, vorrei ricordare a questa Aula che da anni misure di contenimento della spesa sanitaria si sono fondate sul blocco delle assunzioni e, quel che è peggio, sul blocco delle carriere. Personale che non ha alcuna prospettiva di carriera, funzioni di governo affidate a dipendenti che non avrebbero neanche il titolo per esercitarle e in ogni caso non ne hanno il riconoscimento e la retribuzione. Situazioni come queste non portano ad un miglioramento del sistema. Il sistema è sull'orlo del collasso e ce lo dicono alcuni grandi numeri. La Sanità italiana spende molto meno come spesa pro capite rispetto a qualsiasi altro Paese dell'occidente e, fra i Paesi dell'OCSE, negli ultimi venti anni, è quella che è cresciuta di meno. Questo fatto dovrebbe essere sempre ben presente agli occhi del legislatore. Noi non abbiamo tutto questo grasso che cola nella sanità. La qualità, in molte regioni, è già totalmente inaccettabile, in altre lo è ancora a stento. Ulteriori tagli lineari porteranno al fallimento del sistema, e allora l'unica soluzione credo sia ripensare l'organizzazione di tutti gli enti pubblici, ma, in particolare di quelli sanitari, puntando nuovamente, come si era tentato di fare una ventina di anni fa, su due parole chiave: autonomia e responsabilità.
  I tagli lineari umiliano l'autonomia e offendono la responsabilità, perché sono più costosi per coloro che sono stati prima più responsabili. Non sarà un decreto-legge come questo, che, tutto sommato, fissa delle norme reiterate, ripetitive e certamente migliorabili, a rovinare la sanità, ma può essere questa l'occasione per fare qualche pensiero affinché il prossimo sistema normativo non avvenga per decreto-legge ed abbracci più compiutamente e sistematicamente il problema.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Marcon. Ne ha facoltà.

  GIULIO MARCON. Grazie, Presidente. Signori del Governo, colleghi e colleghe, siamo ancora una volta di fronte ad un decreto-legge, ad una iniziativa governativa che si aggiunge alle molte altre che abbiamo esaminato nei mesi scorsi. Il Presidente Mattarella, nel discorso di insediamento, aveva invitato il Governo a limitare il ricorso alla decretazione di urgenza; ci sembra invece che, ancora una volta, si proceda su una strada che è, in qualche modo, una umiliazione del lavoro parlamentare rispetto alle sue prerogative. Quello alla decretazione di urgenza, dovrebbe essere di carattere eccezionale, straordinario; purtroppo, è la norma e ciò è la conferma di un atteggiamento, di un modo di intendere i rapporti tra Governo e Parlamento che noi critichiamo fortemente.
  Ancora una volta, voteremo la fiducia al Governo su questo provvedimento. Stiamo veleggiando ormai verso il traguardo di quota 50. Devo dire che questo è anche il simbolo di un limite molto profondo del rapporto tra Governo e Parlamento di intendere le relazioni, i rapporti corretti tra l'Esecutivo ed il Parlamento, in questo caso la Camera dei deputati.
  Terzo elemento negativo è che siamo di fronte, ancora una volta, ad un provvedimento di carattere omnibus, un provvedimento che contiene molte norme, eterogenee, uno zibaldone, un contenitore di varie misure. C’è un po’ di tutto e di più, dalle questioni che sono predominanti relative alla finanza locale, ma poi si parla di sanità, di corpi di polizia, di università, di Fincantieri, di rifiuti, di Giubileo, insomma, e tante altre cose; anche questo è il simbolo di un modo di procedere che noi critichiamo profondamente, che critichiamo perché riteniamo che bisogna mettere nelle condizioni i parlamentari e i deputati di intervenire ed esprimere anche un giudizio complessivo su provvedimenti che abbiano una caratteristica di omogeneità e devo dire che ciò, a maggior Pag. 24ragione, dovrebbe valere per i decreti-legge, come ben sappiamo. Purtroppo, non è così e, purtroppo, ci troviamo spesso a dover valutare, a dare un giudizio su provvedimenti, in questo caso su un decreto-legge che contiene tante misure eterogenee, diverse tra di loro, sulle quale bisognerebbe dare un giudizio diversificato e poi, quando si tratta di dare un giudizio finale su quel provvedimento, si è costretti con una forzatura a fare una sintesi, a dare un giudizio che non è adeguato rispetto alla complessità e a quello che poi il provvedimento contiene. Ci sono delle risposte in questo provvedimento, in questo decreto-legge, alcune delle richieste che provenivano dal sistema delle autonomie locali, in particolare dai comuni, però vi sono anche molti aspetti negativi, che noi vogliamo sottolineare. Non c’è un superamento del Patto di stabilità interno, soprattutto relativamente a quei margini, a quelle possibilità di intervento da parte dei comuni e degli enti locali in generale rispetto agli investimenti, rispetto a quegli interventi necessari per ridare anche fiato alla prospettiva di uno sviluppo locale fondato appunto su una capacità di spesa pubblica e di investimenti che potrebbero in qualche modo far ripartire, anche a livello locale, l'economia, dare fiato alle imprese, creare nuovi posti di lavoro; pensiamo a tutto quel versante di iniziative e di attività che hanno a che vedere con le piccole opere, con gli interventi di manutenzione, di riqualificazione soprattutto delle periferie e delle aree degradate delle città. Non si dà e si rinvia la risposta al tema degli effetti e delle conseguenze da gestire soprattutto relativamente al personale di quella riforma delle province che ancora getta un'ombra molto pesante sul futuro della riorganizzazione delle funzioni e dell'utilizzo del personale; su questo, diciamo c’è ben poco, c’è qualcosa sui servizi per l'impiego ma non c’è un adeguamento rispetto alle necessità che i problemi che sono emersi con l'applicazione di questa riforma hanno fatto emergere. Ci sono poi i 2 miliardi e 300 milioni di tagli alla sanità, che io chiamo così perché ridurre gli aumenti previsti, che sono necessari a far fronte ad esigenze crescenti, individuate appunto dalle regioni rispetto al Servizio sanitario nazionale, non sono altro che tagli perché, di fronte a quelle esigenze crescenti, invece di farvi fronte con le risorse previste, le regioni dovranno farvi fronte con 2 miliardi 300 milioni in meno; quindi, si tratta di tagli, anche perché, per altri comparti, quando ci sono dei tagli previsti relativamente a degli aumenti, quindi dei tagli che si riferiscono ad aumenti previsti per gli anni successivi, si parli di tagli. Vorrei ricordare che, quando per la difesa, appunto ci sono state delle riduzioni rispetto ad aumenti previsti, la Ministra della difesa Pinotti ha parlato di tagli inaccettabili per la difesa; allora, non si capisce perché, per la difesa, quando ci sono delle riduzione rispetto agli aumenti previsti, si parla di tagli e, quando si parla invece di sanità, si fa riferimento semplicemente ad una mancata erogazione di aumenti che erano stati concordati preventivamente. Tra l'altro, mentre noi stiamo approvando questo decreto-legge, che prevede appunto 2 miliardi 300 milioni di tagli al Servizio sanitario nazionale, con un tempismo in po’ discutibile, il Commissario per la revisione della spesa pubblica interviene, pronosticando, prevedendo 10 miliardi di tagli al Sistema sanitario nazionale.
  Forse poteva aspettare qualche giorno e in qualche modo concederci il tempo di fare una riflessione un po’ più serena su questi ulteriori 10 miliardi di tagli che il Governo ci propone di fare. Tra l'altro, vorrei ricordare che il Servizio sanitario nazionale, come anche ricordava l'onorevole Misiani, ha avuto in questi anni molti tagli. Lui parlava di 17 miliardi di tagli, in realtà sono molti di più. Sono 31 miliardi negli ultimi anni e questo dovrebbe indurci ad una preoccupazione molto seria rispetto alla sostenibilità, appunto, di un sistema che ha bisogno di risorse crescenti per fare fronte a esigenze crescenti, che l'invecchiamento della società e anche la diversificazione dei bisogni in campo sanitario portano.
  In filigrana c’è, per così dire, in tutto questo decreto, il tema della finanza locale, Pag. 25tema della finanza locale che ci è stato riproposto con grande forza anche in questi giorni, ad esempio dalla relazione della Corte dei conti. In questi ultimi tre anni, la Corte dei conti ci dice che c’è stato un aumento del 22 per cento delle tasse a livello locale. La Corte dei conti ci dice, ad esempio, che c’è stato, in un anno, per un cittadino un aumento di 881 euro di tasse locali, che più o meno corrispondono alla somma dei famosi 80 euro per 12 mesi. Quindi, è stata, per così dire, un'operazione quasi a somma zero, tenendo conto che somma zero non è, perché gli 80 euro si riferiscono solamente ad una parte minoritaria dei contribuenti e dei cittadini italiani, coloro che hanno una busta paga che rientra nell'intervallo previsto per coloro che possono godere, appunto, di questi 80 euro.
  E si pone un problema. Mi stupisce che l'onorevole Misiani non l'abbia posto, quando nella sua parte finale, ha detto che dovremmo affrontare una serie di temi. Ha citato tra i vari temi la local tax ...

  PRESIDENTE. Deve avviarsi a concludere, onorevole Marcon.

  GIULIO MARCON. Dieci minuti ? Non ne avevo trenta ? No, va bene.
  Ha citato la local tax, ha citato il rapporto con il Patto di stabilità, però stranamente non ha citato, tra i problemi che dovremmo affrontare, la cancellazione delle tasse sulla prima casa, che è stata annunciata dal Presidente del Consiglio e che qualche effetto sulla finanza locale ce l'avrà. Parliamo di quasi 4 miliardi di euro. Mi stupisce. Non so se sia una rimozione o se invece sia voluta questa mancata citazione della proposta che il Primo Ministro ha fatto. Quindi, mi piacerebbe che, nelle prossime occasioni, in cui avremo modo di discutere i temi della finanza locale, la questione venisse affrontata a partire dalla dichiarazione di fiducia che avremo domani su questo provvedimento e dalle dichiarazioni di voto.
  Noi rimaniamo contrari a questo provvedimento. Pensiamo che sia appunto – e concludo sul serio – un provvedimento abborracciato, molto eterogeneo, fatto di tanti elementi anche negativi, come i tagli alla sanità. È un pannicello per la finanza locale, ma non si affrontano i temi di fondo che riguardano la sostenibilità e la prospettiva di una finanza locale, che possa procedere su basi sicure e su basi certe. È per questo che preannuncio fin da adesso il nostro voto contrario. Interverremo, se non sarà posta la fiducia, con gli emendamenti, ma sappiamo che così non sarà e, quindi, rimandiamo alla legge di stabilità le altre proposte che formuleremo rispetto ai temi sollevati da questo provvedimento.

  PRESIDENTE. Grazie a lei, onorevole Marcon, anche per la disponibilità ad aiutarci nella gestione del tempo che abbiamo davanti a noi.
  È iscritta a parlare l'onorevole Benedetti. Ne ha facoltà.

  SILVIA BENEDETTI. Grazie Presidente. Oggi giunge qui in Aula il disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 78 del 2015 sugli enti locali. Ricordo che il testo è stato approvato la scorsa settimana al Senato, tra l'altro, tra non poche polemiche per la presenza di un taglio da 2,3 miliardi alla sanità per il 2015 previsto dal piano di spending review per il comparto sanitario. Ma non è solo la sanità a subire le conseguenze di questo decreto.
  A tal proposito, per iniziare, vorrei leggere questo comunicato stampa: «attivarsi presso Governo e Parlamento affinché, già in sede di conversione, si possa procedere ad una modifica sostanziale del decreto-legge n. 78 del 2015, disposizioni urgenti in materia di enti territoriali». Questo è il dispositivo contenuto nella mozione votata a maggioranza dal consiglio regionale della Toscana.
  Il testo, nel rilevare le «criticità in tema di polizia provinciale e centri per l'impiego», tiene anche conto delle «istanze espresse dalle organizzazioni sindacali e dei lavoratori e lavoratrici delle province toscane». In sede di illustrazione, è stato infatti evidenziato come il «complessivo Pag. 26progetto di riordino delle province originariamente contenuto nella legge Delrio abbia subito modifiche sostanziali che rischiano di compromettere il già difficile iter di attuazione».
  Questa mozione, quindi, fa appunto notare le perplessità sul decreto-legge n. 78 del 2015 in materia di riorganizzazione della polizia provinciale, però è una mozione che è stata presentata dai consiglieri del PD, primo firmatario il capogruppo Leonardo Marras. Quindi non è un atto del MoVimento 5 Stelle (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Queste continue riforme del Governo Renzi – laddove la parola «riforme» non ha in maniera scontata una accezione positiva, ma possono essere riforme fatte male o riforme negative – destano perplessità non solo nel MoVimento 5 Stelle, perché basta guardare al merito dei provvedimenti e se ne rendono conto gli stessi consiglieri regionali del PD.
  Sono provvedimenti alla rinfusa e senza una pianificazione né una coordinazione con quanto previsto in altre leggi. Ad esempio, vorrei sottolineare, all'articolo 5 di questo decreto, laddove si prevede la soppressione della polizia provinciale, scatta la domanda, logica, successiva: come si potrà osservare l'articolo 19 della legge n. 157 del 1992, cioè la legge che è relativa alle norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio ? Come si potrà osservare questo articolo ? Perché questo articolo, al comma 2, dice: «tali piani devono essere attuati dalle guardie venatorie dipendenti dalle amministrazioni provinciali». Quindi, qualcuno del Governo ci spiega, per cortesia, nel merito, come si può sanare questo controsenso ?
  E poi, ancora: la nuova formulazione dell'articolo 5 non scongiura la frammentazione dei corpi e dei servizi di polizia provinciale, destinandone il personale ai «vigili urbani», attraverso ambigue e caotiche procedure di mobilità a seconda delle carenze di organico nelle polizie municipali. Vero è che le province e le città metropolitane individueranno il proprio personale di polizia locale necessario alle funzioni fondamentali di tutela dell'ambiente e di controllo della circolazione stradale, oltre al ricollocamento nelle strutture afferenti alle regioni, ma allo stato attuale il Parlamento ignora quali siano i criteri di assegnazione, se non un generico rimando a leggi regionali da emanare entro il 31 ottobre. Quindi, quello che temiamo è che l'unico criterio che verrà adottato sarà quello economico della provincia di appartenenza, e che, quindi, potrà generare soluzioni disomogenee sul territorio nazionale (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  E ancora, un'altra perplessità: resta la grave illogicità di destinare il personale delle polizie provinciali alle polizie municipali, per un altro motivo. Infatti, gli agenti di polizia provinciale sono competenti soprattutto in materia di controllo ambientale, come la vigilanza sulle attività di caccia, di pesca, e il forte rischio è che queste professionalità vengano disperse, nel venire appunto accorpate alle polizie municipali: quindi, donne e uomini della polizia provinciale, che hanno professionalità acquisite nel corso di decenni di attività sul territorio, non si sa poi come verranno sfruttati per le loro competenze.
  Con riferimento a questo, vorrei fare un esempio pratico: gli illeciti ambientali non seguono i confini dei territori comunali, ma si consumano spesso e volentieri a livello sovracomunale. Basti pensare all'eventuale sversamento di sostanze tossiche in un fiume, con conseguente moria di pesci: quindi, per fare le dovute verifiche, bisogna risalire il corso d'acqua finché non si trova la fonte dell'inquinamento. Altro esempio: chi smaltisce illecitamente i rifiuti, non lo fa in loco, chiaramente, ma lo fa spostandoli dal luogo in cui sono stati prodotti verso altre aree che spesso si trovano in altri comuni. Quindi, una volta passati nelle polizie municipali, i poliziotti provinciali avranno vincoli territoriali di appartenenza che non permetteranno di portare avanti queste e altre tipologie di attività investigative (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Per questo, durante tutto l'iter di questo decreto sino ad oggi, dal Senato e Pag. 27anche qui alla Camera, non abbiamo mai smesso di chiedere con forza al Governo Renzi il destino di tali funzioni e in che modo si eviterà di disperdere questo prezioso patrimonio professionale, che l'Italia, vista la recrudescenza dei reati ambientali ed agroalimentari, non può permettersi: non se lo può permettere !
  Un iter simile lo abbiamo già visto con lo smantellamento del Corpo forestale dello Stato. Il MoVimento 5 Stelle non smetterà mai di ricordare che, nonostante la nostra forte opposizione, il Governo e la maggioranza del Partito Democratico hanno «tirato dritto», hanno letteralmente «tirato dritto» sullo scioglimento del Corpo forestale dello Stato. Tra l'altro, inviterei la maggioranza che ha voluto lo smembramento del Corpo forestale dello Stato e la militarizzazione del personale, ad andare a presentarsi domani alla manifestazione indetta contro questa assurdità, ad andare a spiegare perché hanno voluto proseguire in questo provvedimento senza senso (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Il Governo ha smantellato il Corpo forestale, dicevo, e ad oggi non c’è nessuna garanzia riguardo al mantenimento degli attuali livelli di tutela ambientale, di presidio del territorio e di contrasto alle agromafie che il Corpo ha assicurato per decenni. Perciò, questa incertezza, anche sul futuro delle Polizie provinciali, si aggiunge ed è un'ulteriore preoccupazione per noi, ma anche per i cittadini, per le associazioni ambientaliste, perché hanno il timore di vedersi private di queste importanti funzioni di salvaguardia e controllo dei territori e dell'ambiente. Pochi mesi fa, tra l'altro, è stata approvata anche la legge n. 68 del 2015 sui reati ambientali. E, quindi, se vengono soppressi gli organi specializzati a vigilare sull'ambiente, quello che ci domandiamo è: ma questa legge sui reati ambientali resterà lettera morta ? È quello che temiamo.
  Un'altra perla di questo decreto-legge riguarda il CRA, il Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria, nato e presentato, tra l'altro, nel contesto di Expo. Questo ente – lo ricordo – è stato creato dall'accorpamento dell'INEA, l'Istituto nazionale di economia agraria, con il CRA, il Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura. In particolare, in questo decreto si prevede la concessione di un'anticipazione di liquidità all'ente nel limite di 20 milioni di euro, previa presentazione di un piano di pagamento dei debiti certi, liquidi ed esigibili esistenti entro la fine dell'anno scorso e – attenzione ! – derivanti dall'incorporazione dell'INEA. Perché ? Perché l'INEA, infatti, quando è stato accorpato con il CRA, aveva un buco di 50 milioni di euro. Invece che cercare le responsabilità di questa malagestione, il Governo è andato ad intaccare il CRA, il Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura, mettendo a rischio anche comparti di ricerca importanti – già la ricerca viene poco utilizzate mentre è necessaria più che mai adesso, per garantire le attività produttive come l'agricoltura e la pesca – come quello sulla bachicoltura e la produzione di seta a Padova, ad esempio, oppure quello sulla coltivazione della canapa per fini di ricerca e per la cannabis ad uso terapeutico, che ha sede a Rovigo.
  Quindi, abbiamo tutta una serie di perplessità riguardo a questo provvedimento. Però, poco importa avere dei dubbi su come vengono fatte queste riforme, che inficiano la ricerca, l'agricoltura, l'ambiente. Tanto, laddove non si riesca in alcun modo a confrontarsi nel merito, a confutare nel merito, sull'utilità e la logica di questo provvedimento, il Governo Renzi pone la fiducia. Ebbene, a far passare con la fiducia riforme così poco condivise e così confuse davvero saremmo capaci tutti (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Grillo. Ne ha facoltà.

  GIULIA GRILLO. Grazie, Presidente. Una rana cade in una pentola d'acqua bollente e subito schizza via; un'altra entra in una pentola di acqua fredda. Qualcuno accende un piccolo fuoco sotto la pentola, la rana non si accorge che l'acqua, via via Pag. 28e gradualmente, si scalda sempre più, finché muore bollita. La riforma della scuola è paragonabile alla pentola d'acqua bollente: la sua natura bruciante è stata immediatamente avvertita e ha suscitato vivaci ed estese reazioni. Ciò che succede nella sanità rispecchia, invece, la situazione della rana bollita: non è stato presentato un provvedimento per cambiare verso, ma così, piano piano, state bollendo l'acqua per uccidere la «rana sanità pubblica». Ed infatti, dalla relazione della finanza territoriale della Corte dei conti è stato calcolato che per il Patto di stabilità dal 2008 al 2014 la nostra sanità ha subito tagli per 17,5 miliardi di euro: 2,5 miliardi all'anno.
  Ora, a questi bisogna aggiungere l'ultima sforbiciata, quella per cui oggi stiamo parlando di 2,352 miliardi. Ma non è finita perché, in base all'intesa del 2 luglio tra Stato e regioni, il taglio sarà di 2 miliardi 301 milioni nel 2016 e di 2 miliardi 431 milioni nel 2017. Ultima tegola, poi, la recente intervista del commissario alla spending review – ancora un altro – Yoram Gutgeld, che forse ne taglierà, così, senza sapere né leggere né scrivere, altri 10 miliardi.
  Allora, io vorrei ricordare che oggi più di 11 italiani su 100, quindi quasi 6 milioni di persone, hanno dichiarato di avere rinunciato alle cure (questi sono dati del rapporto Istat 2014 rispetto al 2012). Ma la ricetta, come dice Noam Chomsky, è semplice: la tecnica è tagliare fondi, assicurarsi che le cose non funzionino, fare arrabbiare la gente e, quindi, consegnare il bene al capitale privato (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Sul taglio dei fondi abbiamo già parlato: assicurarsi che le cose non funzionino, per esempio, liste d'attesa infinite, su cui nessun Governo e nessuna regione riesce a fare nulla; il sistema del blocco del turnover che vi siete inventati e su cui abbiamo anche presentato una mozione votata da tutta la maggioranza per sbloccare il turnover che significa ovviamente minore quantità di personale sanitario, ma anche minore qualità di personale sanitario; il taglio dei posti letto, anche quella idea geniale dell'ex Ministro della salute, Balduzzi, che ha deciso di risparmiare tagliando posti letto senza avere mai quantificato questo risparmio. Tutto questo fa arrabbiare la gente; gli aggiungiamo l'aumento del ticket che ormai è diventato una vera e propria tassa sulla malattia e facciamo entrare piano piano strisciante il capitale privato, come è successo per esempio con le altre idee geniali di costruire ospedali in project financing, dove non si è capito chi risparmia, invece si è capito chiaramente chi guadagna. Da una analisi fatta sui 101 ospedali costruiti in Gran Bretagna con il project financing si è visto che costano troppo e non funzionano, quindi la ricetta ovviamente voi la state attuando tutta. Ma veniamo ad altre proposte che si potevano fare per risparmiare come dicono i tecnici...

  PRESIDENTE. Scusi onorevole Grillo. Onorevole Martella ! Onorevole Martella ! Grazie.

  GIULIA GRILLO. ... per risparmiare, anche se, Presidente, mi faccia dire una cosa: i risparmi si fanno a consuntivo, se li fai prima si chiamano tagli, non si chiamano risparmi. Allora: riduzione del parco delle oltre 50 mila auto blu e grigie, 200 milioni di euro; contrasto alla corruzione in sanità, stimato da fonti Agenas pari a 6 miliardi di euro, di cui 1,6 già conteggiati dalla Guardia di finanza per danno erariale. Su questo il MoVimento 5 Stelle ha presentato anche una proposta di Commissione d'inchiesta che è stata fortemente osteggiata dal PD, che è contrario alle Commissione di inchiesta però ne ha aperte cinquecento; la cinquecentunesima siccome era sulla corruzione in sanità non è stata invece avviata; applicazione del patto della sanità digitale, altri 7 miliardi; sulle gare d'appalto abbiamo già detto: la centralizzazione presso le gare Consip su cui ancora transitano poco più di 4 miliardi effettivi; introduzione del principio costo-efficacia, per esempio, per il rimborso dei prezzi dei farmaci innovativi. Un caso per tutti quello del Sovaldi della Gilead che, nel 10 per cento dei casi, non Pag. 29guarisce dall'epatite C. Benissimo, quel 10 per cento di costi ce lo riprendiamo e lì abbiamo 100 milioni di euro. E ancora Presidente, per quanto riguarda il differimento della ricontrattazione dei prezzi e quindi della revisione del prontuario farmaceutico nazionale che il presidente dell'Aifa ha quantificato in 500 milioni, noi chiediamo: ma se veramente vi era questo risparmio, perché il presidente dell'Aifa ancora non ha fatto questa revisione del prontuario farmaceutico nazionale che quindi ci avrebbe portato ad un risparmio di un miliardo di euro l'anno perlomeno dal 2012 ?
  E poi un altro aspetto è la famosa simmetria informativa che esiste in sanità: noi sappiamo che i cittadini oggi spendono di spesa propria 1,5 miliardi di euro, esclusi i 546 milioni di ticket, quindi quasi un miliardo in farmaci. Questo perché i cittadini ancora non sono stati adeguatamente informati sulla differenza che c’è tra i farmaci coperti da brevetto, i famosi farmaci branded dai farmaci equivalenti che sono farmaci nella maggioranza dei casi con gli stessi effetti terapeutici ma che ci farebbero risparmiare, se utilizzati, quasi un miliardo di euro l'anno.
  E vi ho trovato così almeno 3-4 miliardi che potreste trovare subito senza tagliare la sanità pubblica per privatizzarla. Invece no, poiché il vostro obiettivo è privatizzare la sanità. Tra l'altro, dico che non è un caso che Confindustria tre giorni fa abbia fatto un bel paper sulla sanità integrativa dove dice quanto è bello e quanto è importante andarsi a pagare l'assicurazione per poter accedere alle prestazioni sanitarie. Fate questo decreto che è stato stroncato completamente dall'ufficio bilancio del Senato, che, sui tre aspetti fondamentali che sono l'appropriatezza, quindi il costo che farete pagare ai cittadini o ai medici sanzionandoli, sull'abbattimento invece del costo per i dispositivi medici e la rinegoziazione dei prezzi, questo dice testualmente: al riguardo, pur convenendo, con la correttezza formale della quantificazione, si rappresenta la difficoltà di conseguire un risparmio pieno nell'anno in corso e non è un caso che voi avete fatto il 3 agosto questo decreto, perché in realtà l'intesa era del 26 febbraio, però bisogna farlo quando la gente va al mare e non si rende conto che gli stanno levando il terreno sotto i piedi. Sul punto, prosegue, occorre segnalare che la stessa Ragioneria dello Stato ha evidenziato che gli effetti stimati per il 2015 potrebbero essere condizionati dai tempi di entrata in vigore delle disposizioni.
  Inoltre, andrebbe valutata la possibilità dell'insorgere di contenziosi in materia e l'adozione di comportamenti da parte degli operatori privati volti a ridimensionare l'impatto della norma, fornendo prodotti di minore qualità. E questo, mi faccia dire, già alcune aziende lo stanno prevedendo: ci è stato detto che ci daranno dispositivi medici che danno al terzo mondo, visto che non ci possiamo permettere quelli più costosi.
  Si rappresenta, quindi, che l'ammontare dell'aggregato oggetto del taglio – così viene definito dall'ufficio bilancio del Senato – ammonta al medesimo valore che avevate indicato, invece, nella relazione tecnica del decreto-legge n. 95 del 2012. Considerato che tale decreto-legge e la legge di stabilità per il 2013 operarono interventi analoghi a quello in esame, si ritiene di dedurre logicamente una sovrastima dell'ammontare di spesa.
  Quindi, voi sovrastimate, non ce la farete a fare i tagli nei termini in cui li avete descritti, saranno tagli lineari e, per giunta, poi, avremo la «sorpresina» di Gutgeld, più gli altri tagli del 2016 e del 2017. Tutto questo quando potevate efficientare la spesa sanitaria nei termini che vi ho descritto prima, tutto questo quando sulla prevenzione primaria ancora il Ministro Lorenzin continua a non dire niente di fronte a 33 mila morti l'anno per inquinamento dal rapporto dell'Organizzazione mondiale della sanità, che ci costano solamente 94 miliardi di dollari.
  Ma, del resto, da un Presidente del Consiglio che dice che le nanoparticelle non provocano il cancro e che gli inceneritori non producono le nanoparticelle, che cosa ci potevamo aspettare ? Non è che ci potevamo aspettare molto di più ! Pag. 30Magari, secondo il Presidente del Consiglio, i tumori vengono perché una stella divina te li manda, non perché ci sono i fattori di inquinamento che influiscono sull'espressione genica dei geni che poi determinano i tumori. Adesso lo sanno pure i muri, solo questo Governo non lo sa ! Ma, del resto, da un Governo che è peggio di una cloaca, non saprei che cosa aspettarmi.

  PRESIDENTE. Onorevole Grillo, gentilmente, se possiamo usare un linguaggio più consono a quest'Aula.

  GIULIA GRILLO. Sì, Presidente, ma lo sa che cos’è la cloaca ? Se vuole, glielo leggo.

  PRESIDENTE. Io lo so perfettamente e lo sa anche lei ! La pregherei di non fare polemica. Le è rimasto un minuto.

  GIULIA GRILLO. È un concetto di anatomia !

  PRESIDENTE. Le è rimasto un minuto, lo impieghi in modo...

  GIULIA GRILLO. È un concetto di anatomia, ma la scienza, purtroppo, porta la logica, e quindi è un grande problema, per voi, ammettere che esista qualcosa che sia logico, me ne rendo perfettamente conto (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). In tutto questo, sottolineo che al Senato, mentre voi tagliate ai cittadini, avete fatto anche un piccolo favore alle case farmaceutiche, perché avete approvato due emendamenti, tra l'altro dei vostri amici di Forza Italia e del Nuovo Centrodestra, che hanno, da una parte, separato la ricontrattazione dei prezzi tra farmaci a brevetto scaduto e farmaci ...

  PRESIDENTE. Concluda.

  GIULIA GRILLO. ...con brevetto ancora da scadere – concludo, Presidente –, e quindi avete levato l'unico mezzo che aveva l'Aifa per ricontrattare i prezzi, e quindi regalino alle case farmaceutiche. Avete anche levato l'abbattimento del 20 per cento sul costo dei farmaci innovativi. Quindi, due favori alle case farmaceutiche, mentre i cittadini, cornuti e mazziati, devono continuare a pagare i tagli del vostro Renzi «tagliatutto» (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Tripiedi. Ne ha facoltà.

  DAVIDE TRIPIEDI. Grazie, Presidente. Voglio sottolineare la porcheria che c’è nell'articolo 1-quinquies: praticamente, il Governo Renzi sta regalando venti milioni di euro a una società privata chiamata SIAS; venti milioni di euro che non andranno, logicamente, al parco, ma andranno a finanziare l'autodromo di Monza. Noi non siamo, a prescindere, contro il finanziamento dell'autodromo, però vogliamo capire anche dove vanno a finire questi soldi. Abbiamo chiesto i bilanci alla SIAS e la SIAS non tira fuori i bilanci.
  Non si sa se, obiettivamente, vi è un guadagno nella gestione dell'autodromo nel parco di Monza, perché SIAS, lo ripeto, non dà i bilanci, e il Governo cosa fa ? Al posto di pagare i dipendenti pubblici, perché abbiamo la provincia di Monza e Brianza in dissesto finanziario, aiutare il trasporto locale, cercare, quanto meno, di fare manutenzione nelle scuole, perché noi abbiamo nel parco di Monza – ve lo spiego, perché tanto non lo sapete – una scuola agraria che sta cadendo a pezzi, voi che cosa fate ?
  Voi preferite dare venti milioni di euro alla SIAS, lo ripeto, piuttosto che dare i soldi per la manutenzione della scuola o per il servizio pubblico locale o per la manutenzione delle strade. Ecco cosa dichiara il vicepresidente della provincia di Monza e Brianza ! Poi, voglio ricordare a tutti che in quest'Aula si era elogiato il grande lavoro di Delrio sull'abolizione delle province.
  Eccoci qua, ci ritroviamo in quest'Aula a ricordare che le province sono in dissesto finanziario per colpa vostra. Pag. 31Guardate che cosa dichiara il nuovo vicepresidente della provincia di Monza e Brianza, Roberto Invernizzi: «le misure contenute nel decreto non hanno effetto alcuno, anzi accentuano le iniquità dei tagli rispetto ad altre zone del Paese. A Roma hanno tolto le sanzioni per chi non ha rispettato il Patto di stabilità nel 2014, hanno previsto risorse per i centri per l'impiego che da noi sono già da tempo in carico all'Agenzia di formazione e lavoro, hanno introdotto misure ad hoc per le città metropolitane. Per noi, invece, che siamo un ente nato nel 2009, che ha già compiuto enormi sforzi per adeguarsi alle previsioni della legge Delrio, non è arrivato nulla». A questo punto lo sfogo nei confronti di un Governo amico, nel senso che ha la medesima colorazione politica dell'amministrazione; questo è ! Vi criticano anche i vicepresidenti e i presidenti delle città metropolitane e delle province. Quindi, siete proprio incompetenti, non c’è niente da fare ! Il fuoco amico. È questo che mi fa arrabbiare ancora di più nei territori, perché abbiamo i sindaci che la vedono in un modo, poi abbiamo, invece, il Governo romano che agisce in tutt'altro modo. Quindi, siete bipolari, perché siete abituati a non ascoltare i sindaci sul territorio che sono veramente in sofferenza grazie alla vostre manovre. Vi ricordate il taglio di 8 miliardi di euro agli enti locali o no ? Siete stati voi maggioranza, Partito Democratico a togliere risorse fondamentali per i comuni e adesso i comuni si ritrovano in mezzo alla strada, quindi togliendo servizi ai cittadini.
  Bisogna capire, certe volte, che se un Governo non è adatto a fare certi lavori dovrebbe andarsene a casa. Se non sono capace di lavorare, il mio datore di lavoro mi licenzia. Voi dovreste essere licenziati dai cittadini, cittadini martoriati dalla vostra politica con tagli alla sanità, agli enti locali. Si continua a tagliare alle spalle della povera gente. Noi abbiamo 10 milioni di poveri in Italia e voi cosa state facendo ? Tagliate. Tagliate per far cosa ? Per fare ingrassare le vostre aziende amiche oppure per fare ingrassare società private che non tirano fuori neanche i bilanci. Allora, rendetevi conto dove stiamo arrivando. Ci troviamo in una situazione imbarazzante dove si continua a tagliare, tagliare e tagliare. A voi dei corrotti non ve ne frega niente, voi continuate a colpire la povera gente. Voi la dovete finire di fare politiche che non vanno verso il bisogno dei cittadini, ma vanno verso il bisogno delle grandi lobby. La mia collega Giulia Grillo lo ha detto bello chiaro: state aiutando le vostre aziende. Non c’è niente da fare, la dovete finire. I soldi dei cittadini li dovete usare bene: è questo il punto. Non si possono regalare 20 milioni, a chi ? Senza sapere bilanci, ma è da pazzi questa roba qua ! Io voglio solo farvi capire che mentre nei territori i vostri sindaci si lamentano di voi, delle vostre politiche inadeguate, voi siete ancora qua a insistere, a tenere la linea della austerità, la linea di far pagare i cittadini lombardi e brianzoli per i vostri «vizietti». Voi la dovete finire ! Si sta parlando della Brianza, della Brianza produttiva, la Brianza delle piccole imprese che sono stufe di pagare tasse per mantenere un sistema politico che non gli dà i risultati. Voi continuate, continuate ancora, ma tanto tutti i nodi arrivano al pettine, non c’è niente da fare, i cittadini si renderanno conto che questo Governo è peggio dei Governi di centrodestra che siamo stati abituati ad avere negli ultimi 20 anni. Voi siete peggio di Silvio ! Voi siete proprio peggio, siete arrivati veramente a un punto di non ritorno. Ma io sono convinto che i cittadini della Brianza e i cittadini di tutta l'Italia, veramente, ve le faranno pagare tutte.
  Infatti, voi siete abituati ad essere mantenuti, voi nella vita non avete mai fatto sforzi per andare avanti e per conquistarvi qualcosa, voi vivete in un mondo di privilegi, in un mondo dove tutto è concesso, in un mondo dove la fila non si deve fare, in un mondo dove si va a lavoro e abbiamo la banca, la posta. Noi viviamo in un mondo tutto strano: il mondo del Pag. 32palazzo. Ecco perché voi non capite quali sono i bisogni reali delle persone e quali sono veramente le esigenze.
  Continuate così, io vi prego, continuate così, a lavorare in questo modo, perché farete un grosso piacere a una forza politica nuova, una forza politica che si riduce lo stipendio, una forza politica che restituisce i rimborsi elettorali, una forza politica venuta qua per cambiare questo Paese, non, come voi, illudendo le persone. Il MoVimento 5 Stelle è pronto per governare. Siamo pronti per aiutare i sindaci, per aiutare quelle persone che sono in prima linea a cercare di aiutare quei cittadini che non ce la fanno più grazie alle vostre politiche.
  Questa è la mia preghiera per voi: continuate così. Continuate così, almeno i cittadini si renderanno conto che l'unica vera speranza in questo Paese si chiama MoVimento 5 Stelle (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche del relatore e del Governo – A.C. 3262)

  PRESIDENTE. Il relatore Misiani ha fatto sapere, per le vie brevi, che rinuncia alla replica. Il sottosegretario Baretta ha annunciato che sarebbe intervenuto in sede di replica e questo è il momento. Prego, sottosegretario Baretta.

  PIER PAOLO BARETTA, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Grazie, Presidente. Ovviamente non riprendo tutte le parti di polemica politica che sono state fatte in questa discussione. Mi limito semplicemente a ricordare che questo decreto-legge ha lunga elaborazione, senza dubbio è il risultato di incontri approfonditi con tutte le rappresentanze degli enti locali, con l'ANCI, con l'UPI e con le regioni. Anche con la normale dialettica che in questi casi si pone, l'esito è stato un'intesa generale, che la stragrande maggioranza delle province, dei comuni e delle regioni e formalmente le loro associazioni hanno approvato. Come è stato fatto anche l'altro giorno nella stessa Conferenza unificata e nella Conferenza Stato città e nella Conferenza Stato regioni.
  Questo lo voglio sottolineare perché è evidente che la presenza di un'intesa consente di dare il quadro di una novità che è rappresentata da un'inversione di tendenza. Sicuramente abbiamo dovuto affrontare dei problemi di finanza pubblica, ma la gestione di essi è stata fatta riducendo al massimo le difficoltà.
  A questo punto, do solo brevissime risposte tecniche sulle questioni che sono state sollevate. La prima riguarda la sanità, perché la stragrande maggioranza degli interventi dell'opposizione è intervenuta sulla sanità. Il relatore Misiani ha detto con molta chiarezza, nella sua relazione, che non si tratta di tagli, si tratta di non erogazione di cifre previste, questo sì. Noi abbiamo fatto fronte a una situazione difficile utilizzando quello che doveva essere dato alle regioni e, in accordo con le regioni, tenendolo nel quadro della finanza pubblica. Quindi, non vi sono erogazioni aggiuntive. Sicuramente non c’è una lira in più rispetto all'anno scorso, ma non ci sono soldi in meno. Questo va sottolineato per chiarezza nei confronti dei cittadini che utilizzano il sistema sanitario.
  In secondo luogo, è stato ricordato il tema della polizia provinciale. Guardate, il testo che esce dal decreto-legge è molto chiaro: l'esito finale sarà ai comuni, ma solo dopo aver svolto un iter. Il primo dei quali è che le province riservano per sé la quota di polizia provinciale destinata alla gestione ambientale, che è una competenza importante che va tenuta in un quadro sovracomunale. In secondo luogo, c’è la competenza per le regioni e in terzo luogo la pubblica amministrazione.
  Quindi, c’è una risposta anche in questo senso. Queste mi parevano le due questioni più importanti sulle quali era opportuno dare una risposta.

Pag. 33

(Esame dell'articolo unico – A.C. 3262)

  PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo unico del disegno di legge di conversione (Vedi l'allegato A – A.C. 3262), nel testo recante le modificazioni apportate dal Senato (Vedi l'allegato A – A.C. 3262). Avverto che le proposte emendative presentate si intendono riferite agli articoli del decreto-legge, nel testo recante le modificazioni apportate dal Senato (Vedi l'allegato A – A.C. 3262).

(Posizione della questione di fiducia – articolo unico – A.C. 3262)

  PRESIDENTE. Ha chiesto di intervenire la Ministra per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento, Maria Elena Boschi. Ne ha facoltà.

  MARIA ELENA BOSCHI, Ministra per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento. Grazie Presidente, onorevoli colleghi, a nome del Governo, autorizzata dal Consiglio dei ministri, pongo la questione di fiducia sull'approvazione, senza emendamenti né articoli aggiuntivi, dell'articolo unico del disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 78 del 2015, nel testo della Commissione, identico a quello già approvato dal Senato.

  PRESIDENTE. A seguito della posizione della questione di fiducia, avverto che, come già convenuto nella riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo del 30 luglio 2015, la votazione avrà luogo alle ore 12 di domani, martedì 4 agosto 2015. Le dichiarazioni di voto dei rappresentanti dei gruppi si svolgeranno a partire dalle ore 10,15. Dopo la votazione della questione di fiducia, si procederà, nella stessa giornata di domani, all'esame degli ordini del giorno ed alla votazione finale. Il termine per la presentazione degli ordini del giorno è fissato alle ore 17 di oggi, lunedì 3 agosto. Il seguito dell'esame del provvedimento è rinviato alla seduta di domani. Colleghi, adesso facciamo una pausa tecnica e la seduta riprenderà alle ore 12,15.

  La seduta, sospesa alle 12, è ripresa alle 12,15.

Proposta di trasferimento a Commissione in sede legislativa di una proposta di legge.

  PRESIDENTE. Comunico che sarà iscritta all'ordine del giorno della seduta di domani l'assegnazione, in sede legislativa, della seguente proposta di legge, della quale la XIII Commissione (Agricoltura), cui era stata assegnata in sede referente, ha chiesto, con le prescritte condizioni, il trasferimento alla sede legislativa, che proporrò alla Camera a norma del comma 6 dell'articolo 92 del Regolamento:
   S. 1568 – Fiorio ed altri; Russo e Faenzi; Franco Bordo e Palazzotto; Zaccagnini ed altri, Schullian ed altri: «Disposizioni in materia di agricoltura sociale» (approvata, in un testo unificato, dalla Camera e modificata dal Senato) (A.C. 303-760-903-1019-1020-B).

Ordine del giorno della seduta di domani.

  PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

  Martedì 4 agosto 2015, alle 10,15:

  1. – Seguito della discussione del disegno di legge:
   S. 1977 – Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78, recante disposizioni urgenti in materia di enti territoriali (Approvato dal Senato) (C. 3262).
   — Relatore: Misiani.

  2. – Assegnazione a Commissione in sede legislativa della proposta di legge n. 303-760-903-1019-1020-B.

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PROPOSTA DI LEGGE DI CUI SI PROPONE L'ASSEGNAZIONE A COMMISSIONE IN SEDE LEGISLATIVA

  alla XIII Commissione (Agricoltura):
   S. 1568. – FIORIO ed altri; RUSSO e FAENZI; FRANCO BORDO e PALAZZOTTO; ZACCAGNINI ed altri; SCHULLIAN ed altri: «Disposizioni in materia di agricoltura sociale» (approvata, in un testo unificato, dalla Camera e modificata dal Senato) (303-760-903-1019-1020-B).

  La seduta termina alle 12,16.

TESTO INTEGRALE DELLA RELAZIONE DEL DEPUTATO ANTONIO MISIANI IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DEL DISEGNO DI LEGGE DI CONVERSIONE N. 3262

  ANTONIO MISIANI, Relatore. Il decreto legge 78/2015 è stato emanato per affrontare una serie di questioni riguardanti la finanza degli enti territoriali rimaste aperte dopo l'approvazione della legge di stabilità 2015.
  Nel corso della discussione al Senato il testo iniziale è stato molto ampliato, aggiungendo norme riferite a temi diversi dalla finanza territoriale.
  Nel complesso, sono particolarmente significative le misure – molte delle quali introdotte in Senato – che affrontano le problematiche legate all'attuazione della legge 56/2014, superando gran parte degli ostacoli che mettevano a rischio l'approvazione dei bilanci di previsione 2015 delle province e delle città metropolitane, e rimettendo in moto il processo di attuazione della riforma Delrio. Tra queste: il bilancio solo annuale nel 2015, l'utilizzo a preventivo dell'avanzo di amministrazione destinato, la possibilità di rinegoziare i mutui in esercizio provvisorio, la riduzione delle sanzioni per chi ha sforato il patto di stabilità nel 2014, gli stanziamenti per la città metropolitana di Milano (60 milioni), le province (30 milioni), l'assistenza agli alunni disabili sensoriali (30 milioni), i servizi per l'impiego (90 milioni), nonché le norme per la polizia provinciale e le regioni inadempienti rispetto all'attuazione della legge 56/2014. Sono rilevanti anche alcune norme riguardanti i comuni, tra cui l'ulteriore allentamento del patto di stabilità di 100 milioni, che si aggiungono ai 686 milioni della legge di stabilità 2015 (al lordo del fondo crediti di dubbia esigibilità) e, soprattutto, i 530 milioni per compensare il minor gettito derivante dalla sostituzione dell'IMU con la TASI e dall'IMU sui terreni agricoli. Altri 30 milioni vanno ai comuni fino a 60 mila abitanti che hanno subito riduzioni del Fondo di solidarietà comunale particolarmente rilevanti.
  Rimangono aperte una serie di questioni che ricadono sugli anni 2016 e seguenti, questioni che dovranno essere affrontate dalla prossima legge di stabilità.
  Per quanto riguarda, infine, la sanità, vanno sottolineati tre punti-chiave:
   1) le norme attuano le intese Stato-regioni del 26 febbraio e del 2 luglio 2015;
   2) il risparmio (2 miliardi e 352 milioni a decorrere dal 2015) è in realtà quasi interamente un mancato aumento, poiché il patto per la salute 2014-2016 sancito dall'intesa del 10 luglio 2014 e recepito dal comma 556 della legge di stabilità 2015 aveva aumentato il finanziamento 2015 del servizio sanitario nazionale di 2 miliardi e 134 milioni rispetto all'anno precedente. Tenendo conto di questi elementi, nel 2015 la riduzione effettiva rispetto al 2014 del finanziamento è di 218 milioni (0,2 per cento del totale);
   3) i risparmi previsti in gran parte sono razionalizzazioni degli acquisti di beni, servizi, dispositivi medici e farmaci: nel 2015 1 miliardo e 338 milioni derivano dalla rinegoziazione dei contratti di acquisto di beni, servizi e dispositivi medici; 308 milioni dalla farmaceutica; 195 milioni da prestazioni inappropriate; 300 milioni da minori contributi per investimenti; 210 milioni da riorganizzazione della rete assistenziale di offerta pubblica e privata, riduzione della spesa di personale Pag. 35e dei ricoveri delle strutture con meno di 40 posti letto.

  Le principali norme relative alla finanza degli enti territoriali, sono le seguenti:
   1) (articolo 1) l'allentamento del patto di stabilità interno degli enti locali, con la concessione di ulteriori spazi finanziari per 100 milioni, la riduzione delle sanzioni per il mancato rispetto del patto nel 2014 (eliminate per gli enti in dissesto); vi è un allentamento anche del patto di stabilità delle regioni (articolo 1-bis) che nel 2014 hanno registrato soddisfacenti indicatori annuali di tempestività dei pagamenti;
   2) (articolo 1-ter) la previsione per le province e Città Metropolitane della predisposizione in via eccezionale del bilancio per la sola annualità 2015 e l'utilizzo a preventivo dell'avanzo di amministrazione destinato;
   3) (articolo 2) alcune norme per rendere più sostenibile l'avvio a regime dell'armonizzazione contabile, con particolare riferimento al riaccertamento straordinario dei residui per gli enti sperimentatori;
   4) (articolo 3) si introduce dal 2016 un meccanismo di anticipazioni per il fondo di solidarietà comunale e si attuano le nuove modalità di ripartizione del FSC (20 per cento secondo capacità fiscali e fabbisogni standard), destinando 30 milioni all'attenuazione dei tagli per i comuni fino a 60 mila abitanti con capacità fiscale superiore ai fabbisogni standard;
   5) (articolo 4-5) si rivede il divieto per regioni ed enti locali di procedere ad assunzioni di personale per i servizi scolastici ed educativi per ricollocare il personale delle province. Si regola la redistribuzione del personale di polizia provinciale, con un meccanismo reso più flessibile nel corso del dibattito al Senato. Province e Città Metropolitane che non hanno rispettato il patto nel 2014 possono stipulare contratti a tempo determinato;
   6) una serie di misure in favore di determinati territori:
    a. (articolo 6) l'anticipazione di liquidità di 40 milioni per gli enti commissariati per infiltrazioni mafiose;
    b. (articolo 7, comma 9-quater) il comune di Milano può utilizzare l'importo complessivo dei contributi assegnati, comprese le economie di gara, per far fronte ad esigenze impreviste per Expo 2015;
    c. (articolo 11) una serie di misure per quanto riguarda i territori abruzzesi colpiti dal terremoto del 2009;
    d. (articolo 11, comma 13) interventi sul programma di bonifica ambientale del comprensorio Bagnoli-Coroglio;
    e. l'istituzione di zone franche nei territori emiliani colpiti dal terremoto del 2012 e dall'alluvione del 2014 (articolo 12) e nei comuni sardi colpiti dall'alluvione del 2013 (articolo 13-bis);
    f. (articolo 13-ter) misure per Venezia;
    g. (articolo 16, comma 1-bis) misure per il sito archeologico di Pompei;
   7) (articolo 7) la possibilità per le province e le Città Metropolitane di rinegoziazione dei mutui anche nel corso dell'esercizio provvisorio, con utilizzo dei risparmi senza vincoli di destinazione; si estende anche a province e Città Metropolitane la destinazione del 10 per cento delle alienazioni all'estinzione anticipata dei mutui e alla copertura di spese di investimento;
   8) (articolo 7) proroga a fine 2015 dell'attività di Equitalia nella gestione delle entrate locali;
   9) (articolo 7, comma 9-quinquies) le regioni che non attuano entro il 31-10-2015 l'accordo Stato-regioni sulle province e Città Metropolitane, devono versare entro i 30-11 per il 2015 ed entro il 30-4 per gli anni successivi a ciascuna provincia e Città Metropolitana le spese sostenute dalle medesime per l'esercizio delle funzioni non fondamentali;Pag. 36
   10) (articolo 8, commi 1-9) nuove risorse per il pagamento dei debiti pregressi non sanitari di regioni e province autonome (2 miliardi per il 2015) ed enti locali (850 milioni). In Senato si sono aggiunti contributi di 50 milioni per la Città Metropolitana di Milano e 30 milioni per le province; 30 milioni a province e Città Metropolitane per il sostegno degli alunni con handicap (articolo 8, commi 13-ter e 13-quinquies). Sono attribuiti 200 milioni per la Sicilia in relazione alle modifiche della disciplina della riscossione dell'IRPEF (articolo 8, commi 13-octies e 13-novies); 60 milioni alla Val d'Aosta come riduzione del patto di stabilità e 120 milioni nel 2015 per il subentro nei rapporti con Trenitalia (articolo 8-bis);
   11) (articolo 8, commi 10-13) 530 milioni ai comuni per compensare le minori entrate IMU-TASI (472,5 milioni) e IMU terreni agricoli (57,5 milioni);
   12) (articolo 9, commi 1-9) una serie di disposizioni riguardanti la finanza delle regioni: riduzione da 2.005 a 1.720 milioni nel 2015 il concorso di determinate voci alla determinazione degli equilibri ai fini del patto; le risorse attribuite per il patto verticale incentivato (802 milioni nel 2015) sono utilizzate in riduzione del contributo chiesto alle regioni con la legge di stabilità 2015; il disavanzo 2014 delle regioni può essere ripianato nei 7 esercizi successivi; si modificano le disposizioni del dlgs 68/2011 in materia di autonomia di entrata delle RSO e delle province rinviando dal 2013 al 2017 l'operatività di alcuni meccanismi di finanziamento;

  Gli articoli da 9-bis a 9-octies, introdotti dal Senato, disciplinano i risparmi in campo sanitario in attuazione delle intese Stato-regioni;
   13) le misure hanno l'obiettivo di conseguire risparmi pari a 2,352 miliardi dal 2015 in ambito sanitario, con una corrispondente riduzione del finanziamento del SSN a cui concorre lo Stato. Nota bene: sono misure concordate in sede di conferenza Stato-regioni e sono quasi interamente un mancato aumento, poiché il finanziamento 2015 del SSN era stato aumentato di 2,134 miliardi dal patto per la salute 2014-2016. Nello specifico, si rafforzano le misure introdotte dal DL 95/2012 e da DL 158/2012, prevedendo la razionalizzazione dei processi di acquisto di beni e servizi (riduzione del 5 per cento su base annua dei prezzi unitari di fornitura e/o volumi di acquisto), di disposizioni medici e di farmaci, nonché di riduzione delle prestazioni inappropriate e la rideterminazione dei fondi per la contrattazione integrativa del personale dipendente.

  Il decreto affronta, infine, ulteriori questioni, quali:
   14) (articolo 7, commi 9-bis e 9-ter) la modifica della disciplina delle concessioni demaniali marittime;
   15) (articolo 10) la modifica della disciplina dell'anagrafe nazionale della popolazione residente;
   16) alcune misure in materia di personale pubblico: agenzie fiscali (articolo 4-bis); personale militare per compiti di vigilanza (articolo 5-bis); soppressione del fondo Gas (articolo 7, commi da 9-septies a 9-quinquiesdecies); assunzione straordinaria di personale nella polizia, carabinieri e guardia di finanza negli anni 2015-2016 per il Giubileo (articolo 16-ter); stabilizzazione di lavoratori socialmente utili nei comuni calabresi a carico del bilancio della regione Calabria (articolo 16-quater);
   17) (articolo 15) stanziamento di 90 milioni per finanziare l'accordo Governo-regioni per il rafforzamento dei servizi per l'impiego, con la possibilità per province e CITTÀ METROPOLITANE di stipulare contratti a tempo determinato anche se non hanno rispettato il patto di stabilità nel 2014
   18) alcune norme in materia ambientale: una (articolo 11, comma 16-bis) che modifica la disciplina in materia di gestione dei rifiuti in seguito ad una recente interpretazione della Corte di cassazione; l'altra (articolo 11, comma 16-ter) che Pag. 37modifica la disciplina transitoria riguardante i procedimenti per il rilascio o l'adeguamento dell'AIA. L'articolo 14 pospone dal 30-6-2015 al 30-9-2015 il termine per l'eventuale aumento dell'aliquota dell'accisa sui carburanti previsto dal comma 632 della legge di stabilità 2015
   19) alcune disposizioni minori, tra cui quelle sulle università non statali che gestiscono policlinici universitari (articolo 9, commi 10-11) e sul consorzio interuniversitario CINECA (articolo 9, commi da 11-bis a 11-quater).

  La finanza degli enti territoriali ha subito dal 2008 in avanti un insieme di manovre finanziarie di enorme portata: secondo la Corte dei conti, ammontano a 40,2 miliardi cumulati al 2015 (pari al 2,4 per cento del pil) tra tagli dei trasferimenti erariali ed inasprimenti del patto di stabilità, a cui vanno aggiunti 17,5 miliardi di risparmi a carico del sistema sanitario nazionale.
  Come evidenzia la Corte dei conti nella sua recentissima Relazione sugli andamenti della finanza territoriale, il complesso di questi interventi ha reso difficili le condizioni di sostenibilità finanziaria del sistema delle autonomie, accrescendo le differenziazioni territoriali ed erodendo gli strumenti essenziali a garantire, nel tempo, i servizi pubblici fondamentali.
  La legge di stabilità 2015 ha rappresentato una prima, parziale inversione di tendenza, soprattutto in termini di allentamento del patto di stabilità interno.
  Una serie di nodi sono però rimasti aperti, a partire dalla manovra oggettivamente insostenibile prevista a carico delle province e delle città metropolitane.
  Il decreto-legge 78 del 2015 ha avuto una genesi molto lunga, ma ha il merito di rimettere nei binari giusti una importante riforma – la legge 56 del 2014 – che stava deragliando sulla spinta dei tagli della legge di stabilità 2015.
  Molto rimane da fare. Ma i temi strutturali e di medio periodo esulavano dagli obiettivi del presente decreto.
  Spetterà alla prossima legge di stabilità ridisegnare la finanza degli enti locali, garantendo loro autonomia di entrata e di spesa – come prevede l'articolo 119 della costituzione – attraverso:
   l'introduzione della local tax per i comuni, semplificando e rendendo più equo e leggero il prelievo sugli immobili;
   la coerenza delle entrate degli enti di area vasta e delle città metropolitane con i costi legati alle funzioni loro assegnate;
   il superamento del patto di stabilità interno in favore dell'equilibrio di bilancio;
   un sistema di perequazione che tenga pienamente conto delle capacità fiscali e dei fabbisogni standard;
   un finanziamento del sistema sanitario nazionale sufficiente per garantire i livelli essenziali di assistenza a costi standard.

  Sono questi gli interventi necessari per restituire al sistema degli enti territoriali stabilità, entrate certe, autonomia di spesa nel quadro di una comune responsabilità nei confronti degli equilibri complessivi della finanza pubblica.

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