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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 399 di mercoledì 25 marzo 2015

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE SIMONE BALDELLI

  La seduta comincia alle 9,35.

  GIANNI MELILLA, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
  (È approvato).

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Alfreider, Amici, Bindi, Bonafede, Michele Bordo, Catania, Cirielli, Dambruoso, Damiano, De Girolamo, Fedriga, Ferranti, Ferrara, Fontanelli, Galati, Giancarlo Giorgetti, Gitti, Guerra, Lauricella, Mannino, Orlando, Pes, Ravetto, Sanga, Sani, Speranza, Tabacci, Tofalo, Valeria Valente, Villecco Calipari e Vitelli sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
  I deputati in missione sono complessivamente centodue, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

  Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

Discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 18 febbraio 2015, n. 7, recante misure urgenti per il contrasto del terrorismo, anche di matrice internazionale, nonché proroga delle missioni internazionali delle Forze armate e di polizia, iniziative di cooperazione allo sviluppo e sostegno ai processi di ricostruzione e partecipazione alle iniziative delle Organizzazioni internazionali per il consolidamento dei processi di pace e di stabilizzazione (A.C. 2893-A) (ore 9,40).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge n. 2893-A: Conversione in legge del decreto-legge 18 febbraio 2015, n. 7, recante misure urgenti per il contrasto del terrorismo, anche di matrice internazionale, nonché proroga delle missioni internazionali delle Forze armate e di polizia, iniziative di cooperazione allo sviluppo e sostegno ai processi di ricostruzione e partecipazione alle iniziative delle Organizzazioni internazionali per il consolidamento dei processi di pace e di stabilizzazione.
  Ricordo che nella seduta del 26 febbraio 2015 sono state respinte le questioni pregiudiziali Gianluca Pini ed altri n. 1, Del Grosso ed altri n. 2 e Scotto ed altri n. 3.

(Discussione sulle linee generali – A.C. 2893-A)

  PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
  Avverto che i presidenti dei gruppi parlamentari MoVimento 5 Stelle, Sinistra Ecologia Libertà e Partito Democratico ne hanno chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.Pag. 2
  Avverto, altresì, che la II Commissione (Giustizia) e la IV Commissione (Difesa) si intendono autorizzate a riferire oralmente.
  Ha facoltà di intervenire il relatore per la maggioranza per la II Commissione (Giustizia), onorevole Stefano Dambruoso.

  STEFANO DAMBRUOSO, Relatore per la maggioranza per la II Commissione. Grazie, Presidente. Condividerò la relazione con il collega Manciulli, che si occuperà prevalentemente della parte relativa alle missioni all'estero.
  Presidente, non posso non dire – per quanto possa essere di minore interesse per l'assenza anche dei colleghi che, giustamente, oggi, forse, hanno altri impegni politici – che proprio questa mattina c’è una coincidenza per cui, dopo i fatti di Tunisi – che ci hanno così direttamente interessato, perché per la prima volta, in un contesto caratterizzato dal cosiddetto terrorismo ISIS, ci sono stati dei morti italiani e quindi a casa nostra, perché la Tunisia è davvero casa nostra, è a un'ora di volo da Milano, non da Roma, da Roma ci si arriva ancora in meno tempo –, oggi, invece, abbiamo una notizia che è di ulteriore conferma dell'esattezza del lavoro che stiamo proponendo qui stamattina in Aula e che ci accingiamo a rappresentare con una relazione, la più sintetica possibile. Sulla base di norme introdotte anche da questo decreto-legge che cerchiamo di convertire, ma che sono espressione di una cultura e di un approccio finalmente diversi nel contrastare il terrorismo caratterizzato da queste nuove peculiarità che l'ISIS ci ha fatto conoscere, è stata sgominata una cellula che è attiva fra il Piemonte, la Lombardia, le Marche e l'Albania. Tutto questo è avvenuto grazie a uno stimolo forte, anche di tipo legislativo o di tipo, appunto, promozionale per la diversità del modo di fare le indagini, che queste norme, che oggi speriamo di portare a conclusione e che già il Governo ha introdotto con il decreto-legge, hanno consentito.
  Andiamo, quindi, alla relazione. I recenti episodi verificatisi, sia in Europa, sia in Paesi dello scacchiere mediorientale, hanno evidenziato l'innalzamento della minaccia terroristica di matrice jihadista e il decreto-legge in esame si ispira al principio secondo cui la lotta al terrorismo internazionale va realizzata in maniera unitaria, senza fare distinzioni tra sicurezza interna ed esterna, come d'altronde è dimostrato dal fenomeno dei cosiddetti foreign fighters. Ma, proprio mentre le Commissioni si trovavano riunite per esaminare il decreto-legge, è arrivata, appunto, la notizia dei fatti di Tunisi.
  A questo proposito, vorrei ribadire che per i familiari delle vittime c’è un cordoglio convinto, che c’è stato non appena è arrivata la notizia, da parte di tutti i membri delle Commissioni, che si trovavano così direttamente interessati a sviluppare strumenti per evitare tutto quello che è successo. E, come ha dichiarato il Presidente della Repubblica, non abbiamo molto tempo per contrastare la minaccia terroristica. Questo decreto-legge costituisce sicuramente un importante tassello della lotta che deve essere fatta per porre un argine a questo attacco, iniziato, purtroppo, più di dieci anni fa, quasi quindici, l'11 settembre 2001.
  A questo proposito, voglio davvero segnalare che il clima di costruttiva collaborazione, che ha caratterizzato i lavori delle Commissioni giustizia e difesa, ha consentito di andare avanti in un modo che io ritengo, con quel po’ di esperienza che ho maturato in questo settore, davvero funzionale ed efficace. Tutti i gruppi, anche quelli di opposizione, che su alcuni punti hanno manifestato forti contrarietà, hanno avuto un atteggiamento propositivo. Rimangono alcune divergenze, come dimostra la presenza di relatori di minoranza, ma su un dato vi è piena condivisione: occorre avere a disposizione tutti gli strumenti necessari per contrastare il terrorismo e, anche e soprattutto, prevenire qualunque forma di atto terroristico.
  Il decreto-legge, che, a seguito dell'esame nelle Commissioni, si compone non più di 21 ma di 26 articoli, suddivisi in cinque capi, non è diretto unicamente a rafforzare la normativa penale, sostanziale e processuale in materia di terrorismo Pag. 3internazionale, ma è volto anche a consentire la partecipazione a missioni internazionali delle Forze armate e di polizia finalizzate alla cooperazione, allo sviluppo e al sostegno ai processi di ricostruzione e di pace.
  Per quanto attiene al contrasto al terrorismo sul versante interno, nella relazione al disegno di legge si sottolinea che la straordinaria necessità ed urgenza di intervenire sulla materia deriva dall'evoluzione che questa forma di minaccia ha conosciuto negli ultimi mesi, che va sotto il nome prevalentemente di «terrorismo dell'ISIS».
  Tali sodalizi hanno palesato sia una capacità di attrazione di reclutamento di soggetti cosiddetti foreign fighters al di fuori dei contesti di origine, sia un'inusitata ferocia nel condurre attacchi ad obiettivi dei Paesi stranieri che si oppongono ai loro disegni e alla loro visione radicale. In questo contesto, diventa indifferibile completare il quadro normativo vigente, introducendo misure mirate e selettive capaci di prevenire il rafforzamento di tali organizzazioni ed attuare più stringenti controlli sui mezzi e sui materiali che potrebbero essere impiegati per il compimento di attentati nel territorio nazionale.
  Le disposizioni contenute nel decreto-legge di contrasto, appunto, al terrorismo sono volte a dare completa attuazione nell'ordinamento interno, peraltro, alla risoluzione n. 2178 del 2014, adottata dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, ai sensi del capo VII della Carta delle Nazioni Unite, che quindi è vincolante. È una delle rare disposizioni che sono vincolanti per i Paesi che fanno parte del mondo UN, del mondo delle Nazioni Unite. Tale atto dell'ONU obbliga a reprimere una serie di condotte volte ad agevolare, attraverso un coinvolgimento diretto, il compimento di atti terroristici anche in territorio estero, consistenti talvolta nell'attività che i foreign fighters pongono in essere per affiancare conflitti armati con gruppi e organizzazioni di matrice terroristica.
  In particolare, l'articolo 6 prevede che gli Stati, quindi anche l'Italia, perseguano il trasferimento verso un Paese diverso da quello di residenza, al fine di partecipare o commettere atti terroristici. Il finanziamento di tali trasferimenti deve essere anch'esso perseguito. Il reclutamento di soggetti destinati a trasferirsi in altri Paesi deve essere criminalizzato. Quindi, finanziamento, trasferimento di soggetti, arruolamento e autoaddestramento: tutto questo è quello che abbiamo cercato di fare sia in sede di decreto-legge, sia in sede di lavori delle Commissioni.
  Sul piano squisitamente penale si prevede l'introduzione di una nuova figura di reato, destinata a punire chi organizza, finanzia e propaganda viaggi per commettere condotte terroristiche, con una reclusione da tre a sei anni. La punibilità del soggetto reclutato, inoltre, deve essere perseguita penalmente, quindi anche chi è reclutato con finalità di terrorismo anche fuori dai casi di partecipazione ad associazioni criminali operanti con le medesime finalità. Attualmente, infatti, l'articolo 270-quater sanziona solo il reclutatore. È infatti accaduto che fino ad oggi abbiamo punito soltanto chi è già parte di una organizzazione o comunque di una struttura che aveva le caratteristiche che il nostro codice richiede perché venga contestato il reato di associazione di tipo terroristico; invece, i fatti nuovi, i cosiddetti foreign fighters sono soggetti singoli che molte volte da casa loro, davanti al web, decidono di autoarruolarsi e quindi non di entrare in una organizzazione; decidono di partire, senza aver espresso la convinzione, quindi quella manifestazione psicologica necessaria per poter contestare il reato di associazione. Quindi, è stata introdotta questa nuova figura che mancava, su sollecitazione, ripeto, delle Nazioni Unite.
  Si prevede poi la punibilità, sul modello francese, di colui che si autoaddestra alle tecniche terroristiche. Oggi, infatti, è punito solo chi viene addestrato da un terzo.
  Anche qui, i fatti recenti ci hanno dato la dimostrazione dell'esistenza di soggetti che, davanti al web, a casa propria, imparano Pag. 4a mettersi le bombe addosso, imparando pure a farle prima di mettersele addosso; escono di casa e, in piena città, come è accaduto a Milano nell'ottobre del 2009, vanno in una caserma di bersaglieri e provano a farsi saltare in aria. Tutto questo fino ad oggi non era criminalizzato, mentre oggi cerchiamo di introdurre definitivamente, dopo che lo ha già fatto il Governo, una norma che punisca anche questo tipo di condotta.
  Vi è stata l'introduzione, inoltre, di specifiche sanzioni di ordine penale e amministrativo, destinate a punire le violazioni degli obblighi in materia di controllo della circolazione delle sostanze, i cosiddetti «precursori di esplosivi», che possono essere impiegati per costruire ordigni in materiali di uso comune.
  Inoltre, sono stati aggiornati gli strumenti di contrasto all'utilizzazione della rete Internet per fini di proselitismo e agevolazione dei gruppi terroristici. In particolare, vengono previsti: inasprimento delle pene stabilite per i delitti di apologia e istigazione al terrorismo commessi attraverso gli strumenti telematici (ricordo che gli arresti di oggi sono stati fatti proprio in forza di norme che contengono, appunto, apologia attraverso web dei reati di terrorismo); la possibilità per l'autorità giudiziaria di ordinare all'Internet provider di interdire l'accesso ai siti utilizzati per commettere reati con finalità del terrorismo, compresi nell'elenco costantemente aggiornato da servizi di polizia postale e delle telecomunicazioni di Stato. Nel caso di inosservanza, è la stessa autorità giudiziaria a disporre l'interdizione dell'accesso ai relativi domini Internet.
  Sul piano degli strumenti di prevenzione, le misure contemplate dal decreto-legge prevedono la possibilità di applicare la misura di sorveglianza speciale di pubblica sicurezza ai potenziali foreign fighters. Questo cosa consentirà ? Quella misura che, in una maniera un po’ più diffusa, è stata conosciuta come il ritiro del passaporto. In realtà, si obbliga ad avere una determinata condotta, a mantenere un determinato domicilio nel luogo dove, normalmente, si ha appunto il domicilio, per evitare che si possa partire, aprendo chiaramente una problematica di monitoraggio di queste stesse persone, perché, purtroppo, la casistica recentissima di fatti che riguardano i cosiddetti foreign fighters ha visto come protagonisti anche soggetti inibiti a partire, come è accaduto in Canada meno di un anno fa – quindi, ieri, non cinquant'anni fa: ieri ! – dove un canadese, che voleva partire per andare a fare una guerra da foreign fighters e a cui hanno tolto il passaporto, è dovuto rimanere in Canada e che cosa ha fatto ? È andato alla Camera dei deputati canadese a fare guerra, portare morte e compiere la sua azione terroristica. Quindi, questo apre una tematica di ulteriore monitoraggio, che spetta alle forze dell'ordine, sui soggetti che vengono, appunto, inibiti nella loro partenza una volta che vengono individuati nel loro progetto di raggiungere i territori di guerra. La facoltà, quindi, del questore di ritirare il passaporto a questi soggetti diventa uno strumento fondamentale, ma che apre nuove problematiche di monitoraggio.
  Sul piano delle indagini in senso lato, si prevede la semplificazione, nel rispetto del codice della privacy, delle modalità con le quali le forze di polizia effettuano trattamenti di dati personali previsti da norme di regolamento, oltre a quelli contemplati nelle disposizioni di rango primario.
  Vi è stato l'ampliamento, poi, delle garanzie funzionali riconosciute agli appartenenti ai servizi di informazione, escludendo la punibilità di una serie di condotte in materia di terrorismo. Noi tutti nelle Commissioni ci siamo davvero convinti, senza alcun tipo di infondato pregiudizio nei confronti degli apparati di sicurezza di questo Paese, quelli che normalmente vengono chiamati «servizi segreti» – lo dico qui per la prima volta in una maniera pubblica e ho la volontà di poterlo dire in modo che venga registrato – che c’è un pregiudizio infondato e che la serietà di un Paese, tra i vari parametri, si misura anche dalla serietà della capacità che ha di garantire sicurezza per quel Paese. Quindi, gli apparati di sicurezza, i servizi segreti, che sono stati toccati da Pag. 5vicende che fanno ricollegare la loro attività sempre ad attività «deviata», è una visione del tutto infondata e piena di pregiudizi. Per combattere questa forma di terrorismo dobbiamo credere, in maniera convinta, che l'attività dei servizi segreti è importantissima e deve essere canalizzata verso quella forma di risposta democratica che il Paese ha sempre dato nella risposta al terrorismo, sin dagli anni di piombo, che è la risposta giudiziaria.
  Quindi, l'inizio dell'attività di prevenzione passa necessariamente attraverso l'opera fondamentale dei servizi segreti, che, canalizzata dalla polizia giudiziaria, arriverà al processo, dove chiunque, anche il più terrorista dei terroristi, avrà la possibilità di avere un giudice di fronte al quale dire «state sbagliando, mi voglio difendere», quello che purtroppo non è accaduto negli ultimi vent'anni con i fatti di Guantanamo, per cui il fatto più grave attribuito all'assenza di democrazia in quel Paese è non che siano stati detenuti in condizioni non corrispondenti a standard democratici, ma che per vent'anni non gli hanno ancora garantito un processo, non hanno avuto la possibilità di andare davanti a un giudice. Per cui nella patria del diritto, nella patria che ci ha abituato a vedere in tutte le fiction i grandi processi con grandi avvocati e grandi giudici, ebbene lì, proprio a quei terroristi, a quei presunti terroristi, non è stato garantito il diritto di difesa. Ecco, noi tutto questo lo abbiamo previsto, analizzato, sviscerato e garantito, garantendo però anche una funzionalità adeguata per l'attività dei servizi segreti.
  A proposito di nuove attribuzioni, abbiamo previsto finalmente quello che oggi sarebbe accaduto. L'operazione di oggi – purtroppo l'attualità supera sempre le necessità ordinamentali, come quella che oggi stiamo vivendo qui – ha previsto, partendo da un giudice di Brescia, che ha fatto scattare gli arresti, il coinvolgimento di quattro sedi giudiziarie. Ci sono stati quattro sostituti procuratori che si sono dovuti telefonare, che non necessariamente si conoscevano, non necessariamente dovevano andare d'accordo e non necessariamente devono avere sinergia.
  Quindi, abbiamo avuto ancora oggi la dimostrazione che con la creazione di una procura nazionale antiterrorismo, ossia con l'estensione della capacità di coordinamento all'attuale unico ufficio di coordinamento che abbiamo in Italia, che è appunto la Procura nazionale antimafia, potendo far fare a questa procura anche l'attività di coordinamento sul terrorismo, raggiungeremmo risultati di maggiore efficienza, che ancora oggi i fatti appunto di questi ultimi minuti e queste ultime ore stanno dimostrando come essere cogenti e fondamentali, ed è quello che abbiamo fatto.
  Abbiamo, dopo un dibattito che è partito addirittura dai tempi di Falcone, da più di vent'anni, finalmente anche per il terrorismo un ufficio di coordinamento e non soltanto per l'Antimafia. L'Antimafia potrà avere, con una sua sezione specializzata, la possibilità e la capacità di coordinare tutti gli uffici giudiziari che si occupano attivamente di questo fenomeno.
  Abbiamo tutta una serie di commi dell'articolo 270, che saranno disponibili alla lettura nella relazione che depositerò, evidentemente. Però voglio dire che l'articolo 2 affronta il fenomeno dei foreign fighters con specifico riferimento anche all'attività di proselitismo posta in essere dagli stessi combattenti e dalle organizzazioni che compiono condotte con finalità appunto terroristiche di cui all'articolo 270-sexies.
  Io credo davvero che la formazione di specifiche black list e tutte le technicality che abbiamo sviluppato grazie ad audizioni di persone che lavorano quotidianamente nel contrasto al terrorismo e che garantiscono la sicurezza nel nostro Paese, ci hanno consentito davvero di portare a termine un lavoro che io reputo assolutamente innovativo e apprezzabile e che da anni l'Italia non aveva la possibilità di vedere realizzato.
  Quindi, davvero, per quanto riguarda la parte squisitamente giurisdizionale, mi rimetto a quanto poi potrà essere letto nella relazione che vado a depositare e passo Pag. 6volentieri – avendo già tediato chi mi ascolta per più dei dieci minuti nei quali avevo previsto di poter sintetizzare la mia relazione – la parola al collega Manciulli per la parte fondamentale che invece guarda le missioni all'estero e il lavoro appunto dell'antiterrorismo svolto nel segmento delle missioni all'estero (Applausi dei deputati dei gruppi Scelta Civica per l'Italia e Partito Democratico).
  Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento (La Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti).

  PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il relatore per la maggioranza per la IV Commissione (Difesa), onorevole Manciulli.

  ANDREA MANCIULLI, Relatore per la maggioranza per la IV Commissione. Signor Presidente, illustri rappresentanti del Governo, colleghi, innanzitutto vorrei ringraziare il relatore Dambruoso per il lavoro che abbiamo fatto davvero di concerto. Non ci siamo limitati ognuno a svolgere il proprio compito nella sua materia, ma, essendo entrambi animati da passione per la lotta al terrorismo, ci siamo occupati entrambi di tutto.
  Il contesto straordinario in cui si colloca oggi il nostro compito di legislatori è scolpito nel preambolo del decreto-legge contenente un richiamo inedito al diritto internazionale. Il preambolo, infatti, in coerenza con l'articolo 11 della Costituzione, indica quale fondamento normativo dell'intero provvedimento la risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite n. 2178, adottata il 24 settembre 2014, ai sensi del Capo VII della Carta delle Nazioni Unite, e che tratta delle «minacce alla pace e sicurezza internazionali causate da atti di terrorismo».
  Questo richiamo contestualizza il dibattito odierno e l'esame delle singole disposizioni, di cui si compone il decreto-legge, nella prospettiva del carattere globale della lotta contro il terrorismo. Per comprendere la misura del fenomeno che abbiamo innanzi a noi basta, infatti, ripercorrere le tappe salienti della vicenda terroristica a partire dai documenti e dagli atti riconducibili a Bin Laden del 1998 e poi del documento del 2004, per cogliere che ad una minaccia di tipo globale non può che corrispondere una strategia di contrasto ad aspirazione globale.
  Il nostro operato si proietta, quindi, ben oltre le dimensioni dei confini nazionali e gli strumenti normativi che ogni Paese membro dell'ONU si appresta ad istituire, in attuazione della strategia di cui è parte la risoluzione n. 2178, rappresentano gli snodi di un reticolato che sarà tanto più efficace quanto più angusti diventeranno i margini di azione per i terroristi.
  Il provvedimento attiene, dunque, alla dimensione della partecipazione dell'Italia all'impegno della comunità internazionale contro la grave minaccia terroristica, rappresentata innanzitutto da Daesh ma non solo, con il suo portato di destabilizzazione del quadro mediorientale ma anche nordafricano, e soprattutto libico, per quanto concerne gli interessi strategici più attinenti all'Italia.
  A tale proposito mi preme evidenziare, sin da subito, l'esigenza di non trascurare la minaccia «tradizionale» rappresentata da Al Qaeda, che in questi anni, dopo la morte di Bin Laden, ha esteso il proprio ambito geografico e resta comunque attiva sul territorio europeo. Questi due soggetti interagiscono e collaborano in chiave di competizione anche mediatica e ciò costituisce un motivo di ulteriore grave pericolo per l'Occidente.
  Le diverse parti in cui si articola il provvedimento rientrano in una filosofia, anche giuridica oltre che politica, unitaria, in quanto attuative della sopra citata risoluzione e in quanto assi portanti di una strategia di contrasto elaborata a livello delle Nazioni Unite e ribadita, nei medesimi termini, dall'Unione europea, che di recente ha adottato una strategia regionale sulla Siria, sull'Iraq e sulla minaccia terroristica costituita da Daesh.Pag. 7
  Tale strategia si compone di strumenti preventivi per il contrasto al fenomeno dei foreign fighter e dei cosiddetti «lupi solitari» con misure, ad esempio, nell'ambito del trasporto aereo e dello scambio di informazioni operative. Si compone anche di misure di rafforzamento degli ordinamenti nazionali sul piano del diritto penale, così come bene illustrato.
  La natura asimmetrica delle minacce impone il ricorso a questi strumenti, insieme agli strumenti classici della partecipazione militare e civile alle missioni internazionali. In tal senso oggi lo sforzo dei connazionali che, in divisa e non in divisa, operano ai riconosciuti livelli di eccellenza professionale contribuisce, ancor più che in passato, a rafforzare la stabilità del nostro quadro regionale e ad arginare ogni possibile deterioramento di quello internazionale.
  Acquisito, pertanto, il superamento della tradizionale distinzione tra sicurezza interna e quella esterna, il provvedimento costituisce il presupposto per il conseguimento della tanto auspicata e anche dovuta maggiore centralità dell'Italia nelle relazioni internazionali, in considerazione della nostra proiezione di Paese cerniera tra Europa, Mediterraneo e Medio Oriente e per il prestigio guadagnato dall'Italia in tanti teatri di crisi – penso soprattutto al Libano – e anche sul piano umanitario, in aiuto alle masse di profughi e di vittime della tratta di esseri umani che affrontano il pericolo dell'attraversamento del mare Mediterraneo.
  Colgo, a questo punto, l'occasione per esprimere, a nome mio personale e anche di tutti i colleghi di tutte le forze politiche, che in questi giorni hanno collaborato proficuamente e con un lavoro intenso all'esame del provvedimento nelle Commissioni giustizia e difesa, per ribadire il profondo cordoglio e lo smarrimento che abbiamo provato davanti ai fatti di Tunisi dello scorso 18 gennaio.
  Ci hanno commosso le lacrime dell'ambasciatore tunisino in Italia, Sua Eccellenza Naceur Mestiri, in occasione dei funerali delle vittime italiane, celebrati a Torino, a conferma del fatto che politica e diplomazia non sono dimensioni aliene dalle vicende e dalle emozioni umane, anzi ne sono parte essenziale. Ma non ne devono essere vittima. Non dobbiamo cadere nell'errore di cedere alle reazioni scomposte, al populismo che produce odio e intolleranza, al terrore.
  Ritengo che la visita di ieri del Ministro Gentiloni a Tunisi, cui seguirà quella della Commissione esteri in occasione della marcia indetta dal Presidente Essebsi, con la cancellazione di 25 milioni del debito tunisino, rappresenti un gesto significativo a tal proposito. L'Italia ha provveduto subito ad avviare più intensi rapporti di collaborazione tra forze di sicurezza e servizi di intelligence italo-tunisini, ponendo così le basi di quello che dovrà essere in futuro il nuovo rapporto tra l'Europa e i Paesi che si collocano lungo i suoi confini meridionali. Si invoca, infatti, da più parti il lancio di un «Piano Marshall» europeo a favore dei Paesi della fascia mediterranea e nordafricana, che nell'opinione prevalente avrebbe dovuto essere inaugurato all'indomani dell'implosione delle cosiddette «primavere arabe» e che, oltre alla essenziale e centrale questione economica, deve includere la cura dei profili di sicurezza collettiva.
  Dobbiamo invece stringere un'alleanza forte tra politica e società, avvalendoci di tutti gli strumenti di cui il nostro Stato di diritto dispone a difesa del patrimonio di diritti e libertà di cui ciascuno di noi è titolare, primo tra tutti il diritto alla sicurezza.
  Non è possibile, a questo punto, eludere il tema rappresentato dalla Libia. Il nostro Paese contribuisce ai negoziati internazionali finalizzati alla formazione di un Governo di unità nazionale. In Libia occorre fare presto non solo in vista della ripresa di flussi migratori nel Mediterraneo con l'arrivo della bella stagione, ma per evitare il compattarsi delle diverse anime jihadiste oggi ancora divise e per impedire il radicarsi di Daesh in Libia.
  Un versante di lavoro politico-diplomatico deve riguardare i Paesi da cui provengono i migranti e i profughi al fine di prevenire i traffici illegali di esseri umani Pag. 8svolgendo in loco le necessarie attività di controllo e tutela preventiva. Questo impegno è essenziale per collaborare allo sforzo che si sta mettendo in atto sul piano militare con la nuova missione «Mare Sicuro», su cui ha riferito il Ministro della difesa, Roberta Pinotti, in occasione delle comunicazioni del Governo sulle missioni internazionali, svolte lo scorso 19 marzo.
  Alla luce delle evoluzioni registrate sul piano politico ma soprattutto economico e sociale nei Paesi della sponda sud interessati dalle primavere arabe, come Egitto o Tunisia, l'Italia deve in generale perseguire una vasta azione politica, volta ad un rafforzamento del dialogo e della cooperazione con tali Paesi e ciò in parallelo a questo percorso di modifiche legislative, al corroboramento del nostro modello nazionale di cooperazione allo sviluppo e ad un approntamento dello strumento militare conforme ai rischi di escalation.
  Tutti questi elementi conferiscono sostanza e fondamento alla candidatura dell'Italia ad un seggio non permanente presso il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite per il biennio 2017 e 2018, cui il provvedimento contribuisce istituendo nello stato di previsione del MAECI un fondo per la campagna di promozione. Rilevo, poi, che questa candidatura, essenziale per il rafforzamento del nostro ruolo nei maggiori scenari regionali ed internazionali, costituisce un'opportunità per l'intero «sistema Italia» e ad essa devono pertanto contribuire tutti gli attori nazionali, inclusa la diplomazia parlamentare da cui può derivare una forte spinta in chiave di attrazione e di valorizzazione del nostro Paese.
  Passando alla disamina più puntuale del provvedimento, rinvio alla relazione illustrativa su molti temi svolta ad avvio dell'esame in sede referente. In questa sede mi soffermerò sulle sole disposizioni del decreto-legge modificate dalle Commissioni giustizia e difesa, a partire dall'articolo 5, relativo all'impiego del personale delle Forze armate in attività di controllo del territorio, di vigilanza di siti e obiettivi sensibili e di prevenzione dei fenomeni di criminalità organizzata e ambientale nella regione Campania e anche in relazione alle straordinarie esigenze di sicurezza connesse alla realizzazione dell'Expo 2015.
  Nel dettaglio, l'articolo 5, come risultante dagli emendamenti approvati dalle Commissioni giustizia e difesa, proroga fino al 29 giugno 2015 l'operatività del piano di impiego per l'utilizzo di un contingente massimo di 3.000 unità di personale militare per il controllo del territorio nazionale in concorso e congiuntamente con le forze di polizia. Inoltre, incrementa di 1.800 unità il contingente massimo sopra citato, in considerazione delle straordinarie esigenze di prevenzione e contrasto del terrorismo.
  Infine, consente di prorogare ulteriormente, fino al 31 dicembre 2015, l'utilizzo, nelle province della Campania interessate da criminalità ambientale, di un contingente non inferiore a 200 unità di personale militare, da impiegare nelle operazioni di sicurezza e di controllo afferenti alla cosiddetta operazione «Terra dei fuochi».
  A decorrere dal 30 giugno 2015 – questa è la novità – il predetto contingente potrà essere incrementato fino a 300 unità, compatibilmente con le complesse esigenze nazionali di ordine e sicurezza pubblica e nell'ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente.
  Sempre con riferimento all'articolo 5, segnalo, in fine, che le Commissioni giustizia e difesa hanno approvato alcuni emendamenti che ritengo opportuno illustrare dettagliatamente in questa sede. In primo luogo, l'attuale comma 3-bis dell'articolo 5 autorizza l'Arma dei carabinieri ad anticipare al 15 aprile 2015 l'assunzione di 150 allievi carabinieri, da trarre dai vincitori del concorso bandito nell'anno 2010 per il reclutamento di allievi carabinieri effettivi in ferma quadriennale, che abbiano concluso la ferma di quattro anni quale volontario nelle Forze armate.
  Tale modifica è finalizzata a garantire maggiore disponibilità di personale per le esigenze connesse con il controllo del Pag. 9territorio e il contrasto del terrorismo, anche di matrice internazionale. A sua volta, il comma 3-quinquies autorizza, fino al 30 settembre 2015, la spesa di euro 40.453.334 per il potenziamento del dispositivo aeronavale di sorveglianza e sicurezza nel Mediterraneo centrale. In relazione a tale disposizione, è stato, altresì, previsto che il Governo riferisca entro il 15 giugno 2015 alle competenti Commissioni parlamentari sugli sviluppi della situazione e delle misure adottate.
  Passando alle disposizioni del decreto-legge relative alle missioni internazionali delle Forze armate e di polizia, osservo preliminarmente che, nel corso degli anni, la partecipazione delle Forze armate italiane alle missioni all'estero ha assunto una considerevole importanza, sia in relazione al notevole incremento delle operazioni, che hanno visto impegnati contingenti militari italiani, sia sotto il profilo del maggior impiego di uomini e di mezzi, connesso alla più complessa articolazione degli interventi ai quali l'Italia ha partecipato.
  Ai tradizionali impegni di natura prettamente militare, in sinergia con gli interventi di natura civile, le Forze armate e di sicurezza si sono fatte carico di una serie di iniziative finalizzate alla ricostruzione del tessuto politico, sociale e locale. Nei mandati delle missioni ONU è sempre più frequente trovare compiti che includono la protezione dei civili, l'assistenza nelle operazioni di disarmo, il supporto alla realizzazione di un processo democratico.
  Si è passati, quindi, da semplici operazioni di ingerenza umanitaria, attraverso l'invio di osservatori internazionali, a missioni di mantenimento della pace, di formazione della pace e prevenzione dei conflitti, di costruzione della pace, fino ad arrivare a missioni di imposizione della pace.
  Venendo al contenuto specifico del decreto-legge, il capo III reca le autorizzazioni di spesa necessarie alla proroga del termine per la partecipazione italiana a diverse missioni internazionali, raggruppate nell'articolato sulla base di criteri geografici: Europa (Georgia, Balcani, Bosnia-Erzegovina, Albania, Kosovo, Cipro e le zone del Mediterraneo); Asia (Afghanistan, Qatar, Emirati Arabi Uniti, Bahrain, Libano e anche una proroga dell'impiego di personale militare in attività di addestramento delle forze di sicurezza palestinesi); Africa (Libia, Mali, Corno d'Africa e Repubblica Centrafricana).
  Per quanto concerne le principali novità introdotte dal decreto-legge in esame, richiamo, in primo luogo, tra le missioni in Asia, l'autorizzazione di spesa per la partecipazione di personale militare alla nuova missione NATO in Afghanistan denominata Resolute Support Mission della NATO, di cui alla risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite n. 2189/2014, e per la proroga della partecipazione alla missione Eupol Afghanistan.
  Al riguardo, ricordo che la Resolute Support Mission subentra alla missione ISAF, chiusa lo scorso 31 dicembre 2014, prevista per lo svolgimento di attività di formazione, consulenza e assistenza a favore delle forze di difesa e sicurezza afgane e delle istituzioni governative. A sostegno della missione saranno schierate circa 12 mila unità provenienti da Paesi NATO e da ventuno Paesi partner.
  La missione è progettata per operare con una sede centrale a Kabul e quattro sedi territoriali a Mazar-i Sharif, Herat, Kandahar e Jalalabad. I militari italiani opereranno per larga parte dell'anno 2015 a Herat, nella regione ovest, e avranno il compito di continuare ad addestrare le Forze armate afgane, senza alcuna partecipazione a operazioni di combattimento. A decorrere dal secondo semestre 2015, come previsto dalla pianificazione NATO, si procederà ad una riconfigurazione delle forze presenti nella zona, ai fini del progressivo concentramento nell'area di Kabul.
  Sempre con riferimento ai profili più innovativi del decreto-legge, è da segnalare l'autorizzazione per la partecipazione di personale militare alle attività della coalizione internazionale di contrasto alla minaccia terroristica del Daesh.
  Osservo, invece, che per quanto concerne le missioni nel continente africano, Pag. 10nel corso dell'esame in sede referente si è ritenuto opportuno sopprimere l'autorizzazione di spesa per la proroga della partecipazione di personale del Corpo della guardia di finanza alla missione in Libia, e ciò in considerazione della particolare situazione che riguarda il Paese.
  Quanto alle missioni antipirateria, il comma 3 dell'articolo 13 autorizza, per il periodo compreso tra il 1o gennaio 2015 e il 30 settembre 2015, la spesa di 29.474.175 euro per la proroga della partecipazione di personale militare all'operazione militare Atalanta dell'Unione europea al largo delle coste della Somalia. Rispetto al precedente decreto-legge di proroga delle missioni non risulta, quindi, più autorizzata la partecipazione di personale militare all'operazione della NATO denominata Ocean Shield per il contrasto della pirateria. A questo proposito segnalo che, analogamente a quanto avvenuto in occasione dell'esame del precedente decreto-legge di proroga delle missioni, anche in questa occasione è stato approvato uno specifico emendamento in base al quale, conclusa la missione Atalanta in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto, e comunque non oltre la data del 30 settembre 2015, la partecipazione dell'Italia alla predetta operazione dovrà essere valutata, sentite le competenti Commissioni parlamentari, in relazione agli sviluppi della vicenda dei due fucilieri della Marina militare attualmente trattenuti in India.
  È stata, inoltre soppressa, la possibilità per il Ministero della difesa, sempre nell'ambito delle attività internazionali di contrasto alla pirateria, di stipulare con l'armatoria privata italiana e con altri soggetti dotati di specifico potere di rappresentanza della citata categoria convenzioni per la protezione delle navi battenti bandiera italiana in transito negli spazi marittimi internazionali a rischio di pirateria. Come chiarito dalla Ministra Pinotti tale soppressione è da collegarsi al ridotto numero di attacchi di pirateria.
  È stato, infine, stabilito il principio generale in base al quale, ogniqualvolta che si impiegano nel contesto internazionale forze di polizia a ordinamento militare, il Governo è tenuto a specificare nella relazione quadrimestrale, e comunque al momento dell'autorizzazione o della proroga della missione stessa, se i militari in oggetto rientrino sotto il comando della Gendarmeria europea (Eurogenfor).
  Segnalo, inoltre, che nel corso dell'esame in sede referente è stato approvato un emendamento che autorizza, per l'anno 2015, l'ulteriore spesa di 2.000.000 di euro per l'ammissione di personale militare straniero alla frequenza di corsi presso istituti, scuole e altri enti militari nel nostro Paese.
  Quanto al capo IV del decreto-legge, che prevede disposizioni in materia di iniziative di cooperazione allo sviluppo e sostegno ai processi di ricostruzione e partecipazione alle iniziative delle organizzazioni internazionali per il consolidamento dei processi di pace e di stabilizzazione, rilevo che si tratta della parte che più connota la cifra dell'impegno italiano nelle missioni internazionali, secondo un modello di cooperazione ormai universalmente riconosciuto dalla comunità internazionale degli Stati e noto come «modello Italia».

  PRESIDENTE. La invito a concludere.

  ANDREA MANCIULLI, Relatore per la maggioranza per la IV Commissione. Oggi l'intervento di natura civile, finalizzato a portare sollievo, maggiore benessere, prospettive e rispetto dello Stato di diritto alle popolazioni locali, collabora alla lotta contro il terrorismo nella misura in cui riesce ad erodere alla base il consenso di fenomeni come il Daesh che sono sul territorio.
  È dunque essenziale, più che in passato, costruire un rapporto di fiducia e di collaborazione con le popolazioni e operare positivamente soprattutto per la ricostruzione di un tessuto economico ed istituzionale sano.
  Concludo questo mio intervento auspicando, da subito, un'ampia condivisione su questo provvedimento con cui l'Italia intende Pag. 11collaborare con gli altri Paesi occidentali alla costruzione di un efficace apparato normativo contro il terrorismo. Ribadisco che si tratta di un momento in cui occorre unità politica e unità della politica per vincere e in fretta la sfida rappresentata dal terrorismo globale (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire la relatrice di minoranza per la II Commissione (Giustizia), onorevole Sarti.

  GIULIA SARTI, Relatrice di minoranza per la II Commissione. Grazie Presidente, secondo quanto ci è stato detto all'arrivo di questo decreto-legge da parte del Governo, si dovrebbe trattare di un insieme di norme rivolte a far fronte, in seguito a quanto accaduto recentemente, all'emergenza terrorismo ed anche all'attuazione della risoluzione 2178 del 2014, adottata dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.
  Purtroppo il decreto, dopo l'esame in Commissioni riunite giustizia e difesa, sembra non essere, ahimè, nient'altro che l'ennesimo passo avanti in un percorso di politica internazionale fallimentare, proprio come tutti i decreti che sono stati emanati in merito negli ultimi vent'anni. Di soluzioni concrete e valide, che rispondano al problema della minaccia del terrorismo, c’è davvero ben poco secondo noi.
  Durante l'esame in Commissione, sono state svolte diverse audizioni di soggetti esperti di terrorismo, tecnici che lavorano quotidianamente per la lotta al terrorismo internazionale. Sono stati loro ad evidenziare l'insufficienza delle norme contenute nel decreto per la vaghezza delle formule utilizzate. Il rilievo fatto dagli auditi non si riferisce solo all'insufficienza del dettato normativo, ma soprattutto al livello di approssimazione delle norme in esso contenute, talmente elevato da renderle più facilmente applicabili a casi concreti che, casualmente, ne restino coinvolti, malgrado non abbiano assolutamente nulla a che vedere con la lotta al terrorismo internazionale.
  Mi riferisco ad esempio alle norme relative alla configurazione di nuove ipotesi di reato in circostanze aggravanti.
  All'articolo 1 si fa riferimento alla figura criminosa di persona arruolata e alla condotta di organizzazione di trasferimenti per finalità di terrorismo, prevista dall'introduzione dell'articolo 270-quater.1 nel codice penale, nonché all'aggravante per reati di istigazione, ove commessi attraverso strumenti informatici o telematici, di cui all'articolo 2 del presente decreto.
  Gli esperti, tra cui illustri professori di diritto penale internazionale, hanno sottolineato come non si capisca affatto cosa si intenda per persona «arruolata» e come la genericità del termine porti a conseguenze gravissime in termini di assunzione di iniziative inquirenti nei confronti di una massa tanto eterogenea quanto numerosa di condotte. Il compito di definire cosa debba intendersi per «arruolato» è del legislatore e non del giudice, che si troverà a doverlo interpretare da sé.
  Lo stesso vale per il nuovo reato di viaggi finalizzati al compimento delle condotte con finalità di terrorismo, che viene legato al dettato dell'articolo 270-sexies del codice penale. L'articolo 270-sexies, però, non indica e nemmeno offre indicazioni circa i comportamenti che configurano i reati di terrorismo, limitandosi a parlare di condotte che, per loro natura o contesto, possono arrecare grave danno ad un Paese. Quindi, è chiaro che il margine di discrezionalità dell'interprete è massima e, cosa ancor più grave, l'ambito di applicazione è tale da ricomprendervi ogni tipo di condotta al di fuori del terrorismo internazionale.
  Il Governo ha fatto un atto di imperio, ancora una volta, utilizzando la decretazione d'urgenza, il tutto grazie al riferimento ovviamente all'emergenza del terrorismo internazionale. Ma quello che qui si fa realmente è incidere su condotte che nulla hanno a che fare con le finalità di terrorismo, ma che probabilmente costituiscono un fastidioso ostacolo alla realizzazione di attività permeate da elevate Pag. 12opportunità per interessi particolari. L'organizzazione di un viaggio, per esempio, da Tivoli alla Val di Susa, magari collegato al No Tav, potrebbe facilmente rientrare in questa fattispecie. Faccio presente che in Commissione avevamo presentato degli emendamenti e in particolare uno, volto ad aggiungere per chiarezza proprio due paroline molto semplici, limitando questi viaggi «all'estero», in modo tale che tutte le eventuali fattispecie riconducibili a viaggi all'interno del territorio nazionale venissero escluse.
  Bene, questo emendamento era stato accantonato la settimana scorsa. Per un mero equivoco con i membri del Governo si è votato questo emendamento questo lunedì, senza riuscire a votarlo la settimana scorsa, quando si stava esaminando la parte relativa alle norme che erano collegate alla Commissione giustizia. Votandolo questo lunedì – come dicevo fondamentalmente per un mero equivoco perché non ci si è parlati tra membri del Governo – è successo che il parere è rimasto contrario e non si è avuta nemmeno la possibilità di spiegare adeguatamente le preoccupazioni che si avevano con riguardo alla possibile introduzione di questa norma, senza poterla appunto modificare e renderla legata, come dicevo, ai soli viaggi all'estero.
  Speriamo che ovviamente questa possibilità venga data in fase emendativa qui in Aula. Quindi, confidiamo che ci possa essere ancora un'ultima riflessione su questo punto, che consideriamo importante.
  Passiamo all'articolo 2, che parla di inibizione all'accesso di siti che verranno inseriti in una black list o in più black list. Il decreto-legge in esame impone al pubblico ministero, qualunque pubblico ministero, di interdire l'accesso ai domini Internet di provider che non adempiano, entro 48 ore, all'ordine di rimozione di contenuti originariamente di ogni genere, con l'unica condizione che si proceda per delitti commessi con finalità di terrorismo di cui all'articolo 270-sexies.
  Su quanto previsto dall'articolo 2, ci sarebbe veramente da parlare per giorni. Questo articolo, a nostro parere, rappresenta un vero e proprio attacco alla libertà di espressione, quando, invece, la sua possibilità di incisione sul terrorismo è bassissima, dato che nella stragrande maggioranza dei casi, come non hanno mancato di sottolineare gli auditi, è molto più utile mantenere attivo un sito di matrice terrorista per poterlo monitorare ed acquisire informazioni precise al riguardo.
  Infatti, con questa norma, verranno bloccati i siti legali, mentre quelli illegali o verranno immediatamente riaperti sotto differenti sembianze o semplicemente continueranno ad esistere attraverso sistemi, come la rete Tor, che permettono il traffico anonimo in uscita e la realizzazione di servizi anonimi nascosti. Lo scopo di Tor è proprio quello di rendere difficile l'analisi del traffico e proteggere così la riservatezza delle comunicazioni e l'accessibilità dei servizi.
  Quello che tengo a sottolineare fondamentalmente è che il vero problema del terrorismo in rete non è l'Internet che tutti conosciamo, ma piuttosto la cosiddetta darknet. Si tratta di un mondo sommerso e non tracciato dove avvengono reclutamenti, scambi di informazioni, diffusione di video, dove vengono scambiati accordi magari per il traffico di armi o di droga. L'Internet che noi conosciamo contiene circa il 20 per cento delle informazioni di pubblico dominio.
  È ingenuo, o meglio ipocrita, dichiarare di voler combattere il terrorismo se si pretende di farlo facendo il pugno di ferro contro i siti Internet, magari i blog e i social, quando in realtà le vere attività terroristiche si svolgono tranquillamente altrove, appunto, ad esempio, nella darknet. Pensate davvero che un cyber criminale possa aprire un sito con contenuti illeciti in Italia o in Europa ? Lo aprirà in uno di quei Paesi dove l'Italia è conosciuta al massimo per pizza, mandolino, mafia, insomma, in uno di quei Paesi con cui l'Italia non ha rapporti, non ha alcun tipo di rapporto.
  Faccio proprio un esempio per far capire ciò a cui vado ad alludere. Se ben ricordate, all'inizio di questa legislatura, sono state violate da sedicenti, anzi finti, Pag. 13hacker del PD le caselle di posta elettronica personale di una trentina di parlamentari del MoVimento 5 Stelle, me compresa. Dopo due anni, noi stiamo ancora aspettando una risposta alle rogatorie internazionali per bloccare l'accesso ad alcuni siti e sapete di quale Paese ? Non di un Paese sconosciuto con cui l'Italia non ha alcun tipo di rapporto: mi riferisco agli Stati Uniti d'America. Dopo due anni, non arriva una risposta ad una rogatoria internazionale dagli Stati Uniti d'America per bloccare l'accesso ad alcuni siti Internet.
  Quello che ci sembra assurdo è che, con questo decreto-legge, in particolare con le prime due norme che ho descritto, si riesce molto spesso ad essere bulli con i più deboli, ma poi, quando ci si trova davanti in questo caso appunto agli americani di turno – anche se si trattava di fatti diversi, non legati in alcun modo al terrorismo internazionale –, bisogna piegarsi e non arrivano le risposte che dovrebbero esserci, fondamentalmente perché tutto ciò accade a causa della nostra irreperibile credibilità politica.
  Tornando al merito, dicevo che, attraverso l'approvazione in Commissione di alcuni emendamenti, di cui due del MoVimento 5 Stelle, il danno di questo articolo 2 è stato limitato, poiché abbiamo introdotto la previsione che possa essere disposta la rimozione solo di specifici contenuti illeciti e che sia garantita, ove possibile, la fruizione dei contenuti estranei alle condotte illecite.
  Ce ne sarebbero tantissime altre, di cose da dire, in particolare con riferimento agli articoli 6 e 8 del decreto-legge, che addirittura danno la possibilità di effettuare colloqui in carcere con qualsiasi tipo di detenuto al fine di acquisire informazioni legate al terrorismo da parte dei servizi di informazione per la sicurezza della Repubblica italiana. Mi limito, però, qui a dire, dato che ci sarà, come speriamo, ancora spazio e che non verrà posta la fiducia su questo decreto-legge, che appunto noi ci riteniamo insoddisfatti e che speriamo che, dall'esame in Aula, si possa davvero arrivare ad un miglioramento. Noi ci speriamo...

  PRESIDENTE. La ringrazio.

  GIULIA SARTI, Relatrice di minoranza per la II Commissione. ... perché, ovviamente, questo dovrebbe essere lo spirito collaborativo che porta alla conversione di un decreto-legge riguardo ad una materia così importante come il terrorismo.

  PRESIDENTE. Saluto gli studenti e gli insegnanti dell'Istituto di istruzione superiore «Vittorio Bachelet» di Oggiono (Lecco), che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
  Ha facoltà di intervenire il relatore di minoranza per la IV Commissione (Difesa), onorevole Tofalo.

  ANGELO TOFALO, Relatore di minoranza per la IV Commissione. Grazie Presidente, questo decreto-legge rischia di rappresentare, più che una soluzione al problema della minaccia del terrorismo alla pace e alla convivenza tra i popoli, il proseguimento di una politica internazionale totalmente fallimentare che ha reso il nostro pianeta più insicuro. Quindi, prima di procedere all'esame del decreto-legge, è bene capire di cosa stiamo parlando. Secondo l'annuale ricerca pubblicata dall’Institute for Economics and Peace sul terrorismo globale, «Global Terrorism Index», le vittime del terrorismo sono quintuplicate dagli attacchi dell'11 settembre 2001 ad oggi, nonostante la guerra al terrore lanciata dagli USA e i 4.400 miliardi di dollari spesi nelle guerre in Iraq, Afghanistan e nelle operazioni antiterrorismo in giro per il mondo.
  Il terrorismo è diventato un fenomeno globale con un aumento nel 2013 del 61 per cento di morti in attacchi terroristici nel corso dell'ultimo anno. Nel dettaglio, se nel 2000 le vittime sono state 3.361, nel 2013 l'attività terroristica è aumentata notevolmente ed il numero di morti è salito da 11.133 nel 2012 a 17.958 nel 2013. Oltre l'80 per cento dei morti per Pag. 14attività terroristiche nel 2013 si è verificato in soli cinque Paesi: Iraq, Afghanistan, Pakistan, Nigeria e Siria. Tuttavia, altri cinquantacinque Paesi hanno registrato vittime causate da attività terroristiche. Nello stesso periodo, il numero di Paesi che hanno subito più di cinquanta morti per attacchi terroristici è salito da quindici a ventiquattro. Sempre nel 2013, solo in settantacinque Paesi del mondo non c’è stato un attacco terroristico. Ciò evidenzia che non è solo l'intensità del terrorismo a crescere, ma anche la sua estensione. Negli ultimi quarantacinque anni, l'80 per cento delle organizzazioni terroristiche è stato neutralizzato grazie al miglioramento della sicurezza e alla creazione di un processo politico finalizzato all'inclusione e alla risoluzione dei problemi che erano alla base del sostegno ai gruppi terroristici. Appena il 7 per cento è stato eliminato dall'uso diretto della forza militare. Più del 90 per cento di tutti gli attacchi si verifica in Paesi che hanno gravi violazioni dei diritti umani. Anche se il terrorismo è in aumento, il suo impatto nel mondo è relativamente più contenuto rispetto a quello degli omicidi. Basta pensare che 437 mila persone sono state uccise per omicidio nel 2013 e che, negli Stati Uniti d'America, un individuo è sessantaquattro volte più a rischio di essere vittima di un omicidio che di un attacco terroristico. Il decreto-legge in esame promette norme per un'efficace lotta al terrorismo internazionale. Tuttavia, sia la modalità di trattazione della materia, che l'impianto normativo, non appaiono adeguati a costituire la risposta efficace che i cittadini si aspettano e hanno diritto di pretendere dallo Stato.
  Entrando nel merito del decreto-legge, in particolare all'articolo 2, sul quale mi soffermerò poco perché la collega Sarti ha già fatto bene il punto della situazione, credo che nel complesso un'azione così forte e drastica nei confronti di Internet e della rete potrà portare, in un futuro non molto lontano, ad una reazione altrettanto forte con principi di cyberwar. La black list dei siti, scopiazzata dal modello francese, dato che non abbiamo nemmeno tanta fantasia qui in Italia purtroppo, ha lacune immense e, inoltre, è davvero poco chiara. Occorre considerare, poi, che tecnicamente non sempre si potranno eliminare direttamente i contenuti specifici. Noi, nelle Commissioni, abbiamo fatto passare un po’ tutti gli emendamenti per migliorare il linguaggio, ma in realtà sappiamo poi a livello tecnico come funziona e, quindi, è difficile che tecnicamente questo sarà possibile. Ebbene, non potendo sempre eliminare direttamente i contenuti specifici sulle varie piattaforme, si sarà costretti, appunto, ad oscurare intere piattaforme, come grandi forum, grandi blog, grandi social network, Facebook, Twitter, Youtube, Google, eccetera, eccetera.
  Altro che lotta al terrorismo, questo decreto-legge sembra riuscire ad ottenere quello in cui ogni decreto-legge ha fallito, ovvero il miglior bavaglio della rete mai realizzato nella storia della politica italiana.
  Relativamente all'articolo 5, riguardante il potenziamento del personale militare appartenente alle forze dell'ordine, non siamo riusciti in alcun modo a far recepire le nostre richieste. Non sono stati approvati in Commissione emendamenti riguardanti lo scorrimento di alcune graduatorie nell'assunzione di personale idoneo. È opinione di tutti, non esclusivamente del MoVimento 5 Stelle, che la minaccia principale alla quale è sottoposto il nostro Paese è la minaccia interna, quindi è prioritaria la necessità che il Governo investa in sicurezza interna, che non si proclama con spot televisivi o titoloni da prima pagina, ma investendo fondi – quindi soldi – in risorse umane addestrate che operino professionalmente sul territorio. Sarebbe bastato ridurre anche di poco una sola voce di una qualunque missione internazionale per avere i fondi necessari a investire nella sicurezza interna.
  Relativamente agli articoli 6 e 8, ai quale accennava anche la collega Sarti, qui c’è stata un'offesa all'intero Parlamento, c’è stata un'azione di forza, un abuso di potere da parte del Governo che è andato Pag. 15ad operare in una legge, la n. 124 del 3 agosto 2007, cosa sicuramente sbagliata. Siamo dovuti correre ai ripari in maniera goffa con l'accordo trasversale partito direttamente dal Copasir per limitare, almeno in fase temporanea, le attività dei servizi all'interno dei carceri, quelle che saranno, che sono (ormai è legge) le garanzie funzionali agli uomini di servizio. È materia molto ampia, bisognava discuterne in questa sede, non buttare queste cose dall'alto. Evidenzio, Presidente, che proprio questa mancanza di visione politica e strategica nella lotta contro il terrorismo è testimoniata dal fatto che noi eravamo in Commissione e ogni giorno, nei primi tre giorni, arrivavano ancora emendamenti e subemendamenti del Governo stesso ai propri articoli e ai propri emendamenti: questa è la prova inconfutabile del non sapere che pesci prendere e di non avere una chiara strategia nella lotta al terrorismo. Lo so, è difficile, ma almeno cerchiamo di trovarla, perché sono decenni che facciamo solo casini.
  Questo decreto-legge è il risultato del modo con cui la legittima paura dei cittadini di fronte al gravissimo pericolo del terrorismo internazionale viene strumentalizzata per una propaganda mediatica populista che ha l'unico scopo di far accettare l'ennesimo decreto-legge sulle missioni italiane all'estero e il perseguimento di finalità celate che mirano alla repressione di condotte che nulla hanno a che fare con il terrorismo.
  Come detto in apertura, le vittime del terrorismo sono quintuplicate dagli attacchi dell'11 settembre 2001 ad oggi. Lo stesso presidente Obama ha recentemente dichiarato come l'ISIS è il diretto risultato di Al Qaeda in Iraq, che è cresciuta con l'invasione USA, esempio di una conseguenza inattesa. Per questo, ha ammonito il Presidente, dovremmo prendere la mira prima di sparare. Un giudizio molto chiaro sugli errori – e scusate, visto il risultato, anche sugli orrori – prodotti dallo scriteriato interventismo militare che ha trascinato anche il nostro Paese in avventure di cui oggi ravvisiamo drammaticamente tutte le conseguenze.
  Nel decennio 2004-2014 il costo complessivo per l'Italia delle missioni internazionali è stato di 12 miliardi 731 milioni. Hanno portato la pace ? Siamo più sicuri oggi ? C’è da andare orgogliosi di quello che abbiamo fatto in Iraq, in Afghanistan o in Libia ? Assolutamente no. Se non partiamo da questa seria e radicale autocritica, se non cambiamo alla radice la nostra politica estera e di sicurezza continueremo a perseverare nell'errore e nell'orrore. È necessario quindi un cambio di rotta della nostra politica, ma in questo decreto-legge non se ne vede traccia.
  Infine, Presidente, il decreto-legge stanzia un fiume di denaro per rifinanziare alcune missioni militari all'estero senza un minimo di riflessione sui risultati di esse e sullo stato di forte dispersione delle forze. Dal punto di vista del contrasto al terrorismo, quello che colpisce più di tutto è la debolezza complessiva del provvedimento, la pochezza di idee (scopiazzate, lo ripeto, da altri Stati) e la prevedibile inefficienza delle misure adottate. Si ha la sensazione che la cultura politica retrostante sia in ritardo di almeno quindici anni sulla realtà. In particolare, fa rabbrividire – come detto – l'azione inerente al web, che andava fatta, in maniera diversa, almeno dieci anni fa, non ora che il fenomeno è ormai fortemente radicalizzato anche nel mondo web. In particolare, manca una riflessione adeguata sull'esperienza maturata in questi quattordici anni e sui risultati tutt'altro che soddisfacenti raggiunti nella campagna antiterrorismo. Se dopo tre lustri di guerre, di impegno antiterroristico di tutte le intelligence occidentali, con fiumi di soldi spesi, ci troviamo di fronte a fenomeni come l'ISIS, Boko Haram, la strage parigina e tunisina, vuol dire che qualcosa non ha funzionato, ammettiamolo, abbiamo almeno l'umiltà di ammetterlo. Sorge il dubbio che, prima di ogni altra cosa, il fenomeno dello jihadismo non sia stato adeguatamente compreso e di conseguenza sia mancato il necessario contrasto politico e psicologico.
  Come detto, una parte significativa del testo è dedicata alla repressione dell'attività di propaganda e organizzazione via Pag. 16web. Le misure tendono essenzialmente a identificare e chiudere i siti jihadisti, ma chiuderli è, prima di tutto, inutile, è un'inutile fatica perché dopo aver impegnato uomini e risorse per identificare un sito del genere e averlo chiuso, i jihadisti si sposteranno su un'altro sito ed occorrerebbe ricominciare daccapo, spendendo altre risorse. In secondo luogo, è controproducente, perché elimina preziose fonti di informazione, questi siti vanno lasciati aperti, come le moschee, e costantemente monitorati per capire chi si collega, quali discorsi si fanno, come si sviluppa il dibattito politico fra i diversi gruppi, che linguaggio si usa e come si modifica nel tempo, se c’è una fase di attivazione dell'area o, al contrario, una fase stagnante, quali sono i termini ricorrenti, quali le zone geografiche investite con maggiore o minore intensità e così via. Un accorto monitoraggio, trattando queste informazioni, magari attraverso modelli di simulazione, potrebbe segnalare interessanti anticipazioni su attentati, crisi interne ed evoluzioni del gruppo dirigente dell'organizzazione.

  PRESIDENTE. Deve concludere.

  ANGELO TOFALO, Relatore di minoranza per la IV Commissione. Infine, è assolutamente negativo, perché, in questo modo, ci si preclude ogni possibile contrasto psicologico via web; per influenzare l'area, infatti, occorre intervenire dove possibile nei suoi blog, creando falsi siti jihadisti concorrenti per creare spaccature, vedere chi si collega e attaccare i siti esistenti come falsi e così via.
  Il decreto-legge, come abbiamo detto, stanzia moltissimo denaro per rifinanziare le missioni militari all'estero, ma non vi si trova traccia di risorse destinate all'analisi. È carente in Italia ed è carente in tutta l'Europa; proprio la cattiva riuscita dell'impegno antiterroristico di questi anni dovrebbe suggerire una maggiore attenzione all'analisi e non sarebbe affatto di troppo la costituzione presso la Presidenza del Consiglio di un centro di analisi sul terrorismo islamico, magari in raccordo con istituzioni universitarie e centri specialistici.
  Mi avvio a concludere, Presidente. A voler essere moderati si deve concludere che il nostro giudizio definitivo non può che essere profondamente critico nei confronti di questo decreto-legge e non si può non sottolineare come, appunto, lo ripeto, essere moderati in uno scenario come quello innanzi delineato è davvero difficile. Siamo purtroppo consapevoli, infatti, che ogni sforzo per mettere al primo posto il bene del Paese risulta, evidentemente, troppo oneroso, anche quando è letteralmente in gioco la vita dei cittadini italiani.

  PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire la relatrice di minoranza per la IV Commissione (Difesa), onorevole Donatella Duranti.

  DONATELLA DURANTI, Relatrice di minoranza per la IV Commissione. Grazie Presidente, signori del Governo, onorevoli colleghi e colleghe, il provvedimento in esame presenta gravi criticità, a nostro giudizio, sia in riferimento al metodo con cui il Governo è intervenuto sulle delicatissime misure in materia di contrasto al terrorismo, nonché di proroga di missioni internazionali e di iniziative di cooperazione allo sviluppo, sia in riferimento al merito delle misure stesse. Voglio subito precisare che, nelle Commissioni competenti, il gruppo di SEL ha compiuto un lavoro puntuale sul testo approvato dal Governo, al fine di apportare modifiche migliorative, ma nessuna di essa è stata presa in considerazione.
  Come già accaduto in occasione degli altri decreti-legge di proroga delle missioni, il Governo e la maggioranza hanno deciso di procedere in gran fretta verso la sua conversione, ritenendo di fatto inutile il confronto con le altre forze politiche. Il Parlamento è stato chiamato ad esprimersi su un provvedimento così delicato in tempi ristretti, quelli dettati dai 60 giorni previsti per la conversione in legge, già entrato in vigore all'atto di presentazione alle Commissioni, mentre, a nostro giudizio, sarebbe stata necessaria un'analisi attenta Pag. 17prima che le norme iniziassero ad avere la loro efficacia.
  Ancora una volta il Governo ha ridotto le prerogative del Parlamento, utilizzando lo strumento del decreto-legge ed ha inserito in un unico decreto materie non omogenee tra di loro. Inoltre, cosa grave per noi, il decreto-legge è stato assegnato alle sole Commissioni riunite giustizia e difesa, escludendo la Commissione affari costituzionali che, per competenza diretta, avrebbe potuto contribuire all'esame delle norme contenute nel capo I, per contemperare la sicurezza di tutti e la lotta sacrosanta al terrorismo con il rispetto dei diritti e delle garanzie costituzionali, e la Commissione affari esteri, per la parte sulle missioni internazionali e le iniziative di cooperazione, di fatto confinando gli interventi su un profilo di esclusiva strategia militare, sganciati da una visione complessiva e strategica di politica estera. Infine, non si giustifica il richiamo all'urgenza e alla necessità, poiché la proroga delle missioni ha natura periodica, come sappiamo; peraltro, la proroga precedente è scaduta il 31 dicembre scorso e il decreto-legge porta la data del 18 febbraio.
  Altrettanto ingiustificabile e grave è, a mio giudizio, che il Governo abbia introdotto nuove norme, in particolare al Capo I, nel corso dell'esame del testo da parte delle Commissioni competenti, riducendo così ulteriormente i tempi di valutazione e aumentando la difficoltà di analisi per la mancanza di correlate schede di lettura. Insomma, un pasticcio legislativo di cui non si sentiva il bisogno su temi così importanti e in un momento storico caratterizzato da situazioni di crisi rilevanti. Si è di fronte a un terrorismo sempre più indiscriminato e crudele, che va combattuto e sconfitto, ma con l'uso di norme che non devono essere sganciate dai diritti e dalle garanzie di libertà, che sono alla base dello Stato di diritto. Condividiamo la necessità di assumere iniziative che vadano nel senso di garantire maggiore sicurezza interna, ma non si può accettare un testo, quale quello in esame, che provoca un danno sicuro e attuale alle libertà fondamentali delle persone. In questo senso, giova ricordare che la giurisprudenza costituzionale, unitamente alla Corte di giustizia europea, ha delimitato la discrezionalità politica del legislatore con i criteri di precauzionalità e proporzionalità, ai quali attenersi nell'individuazione della misura di contemperamento tra opposti valori, quali sono appunto la sicurezza e le libertà fondamentali. Al contrario, come riportato nella nostra relazione – la relazione che abbiamo depositato – e come avremo modo di esplicitare durante la discussione degli emendamenti, il testo in esame non tiene conto di tali principi e introduce norme pericolose e persino controproducenti rispetto all'obiettivo che si propone.
  In questa fase del dibattito mi limito a sottolineare un punto che è emerso durante le audizioni: la deroga alla legalità, se necessaria, deve essere contenuta entro una parentesi temporale definita, altrimenti non si tratterebbe più di una deroga ma di sostituzione di una nuova legalità speciale e leggera in riferimento alle garanzie e ai diritti in luogo di quella generale e garantista, limite temporale assente nelle nuove norme inserite nel decreto-legge.
  Né è presente alcuna misura di prevenzione attiva che presupporrebbe l'utilizzo di strumenti di tipo culturale basati sulla conoscenza reciproca, sull'integrazione, sull'accoglienza. Al contrario, vengono implementati interventi di tipo securitario e di militarizzazione dei territori.
  Per quanto riguarda il Capo III, sulla proroga delle missioni internazionali e la cooperazione internazionale, ritengo renda evidente come la politica estera del nostro Paese sia improntata quasi esclusivamente alla lotta al terrorismo e sia sempre più, anzi in modo prevalente, questione che riguarda i militari e non già, come dovrebbe essere, la diplomazia e la cooperazione. D'altronde, l'esclusione della Commissione affari esteri dall'esame del decreto-legge – di cui ho già detto – è la conferma definitiva di una tendenza decennale che ha ampliato fuori misura le competenze della difesa, rendendola nei fatti l'unico strumento di politica estera Pag. 18esattamente attraverso le missioni militari. Anche nella relazione che accompagna questo decreto-legge e in misura maggiore rispetto ai precedenti, sono assenti le premesse, cioè l'analisi e le cause della situazione di frantumazione del Medio Oriente e dei Paesi che si affacciano sul Mediterraneo. Sono rimosse le responsabilità dei Paesi occidentali, a cominciare dal nostro, e degli organismi internazionali, primo fra tutti la NATO, rispetto alle modalità con le quali di volta in volta si sono affrontate le varie crisi e alle conseguenze che gli interventi militari in quelle aree hanno prodotto. Siamo sempre all'oggi, senza tener conto di quello che si è prodotto nel tempo e senza mai fare un bilancio delle azioni messe in campo. A mio giudizio, l'azione dell'Italia è stata improntata ad una sorta di avventurismo geopolitico che ha prodotto danni e crisi enormi. Non ci si interroga mai sui risultati delle nostre missioni in termini di ripristino delle condizioni di pace, di miglioramento delle condizioni economiche e sociali e degli standard democratici nei Paesi oggetto degli interventi militari. Qual è la situazione, da questo punto di vista, di Paesi come l'Iraq, l'Afghanistan, la Libia ? E potremmo citarne ancora decine. Non sono sufficienti le comunicazioni che rendono periodicamente i Ministri della difesa e degli affari esteri, che si limitano a fornire informazioni senza riferire sull'esito delle missioni in riferimento alla loro natura e ai loro scopi.
  Con riferimento alla missione di contrasto alla minaccia terroristica dell'Isis, oltre a riscontrare una grave mancanza di base giuridica in quanto tutto viene ricondotto allo scarno e vago impegno richiamato dalla risoluzione del 26 agosto 2014, vorremmo sapere esattamente quale sia la sua natura e quali obiettivi si ponga, soprattutto dopo i fatti tragici di Tunisi e dopo le vicende della città martire di Kobane. Così avviene, con le scarse informazioni che abbiamo a disposizione, che con questo decreto-legge si sopprimano le due missioni in Libia attraverso un emendamento del Governo, senza che si forniscano i dettagli su ciò che si è verificato.
  Insistiamo: quando cominceremo ad interrogarci sulla percezione che i popoli hanno della nostra politica estera e su come le tante guerre infinite, le guerre preventive, hanno favorito l'espandersi di un terrorismo brutale e crudele, che fa scempio di vite umane e di storia dell'umanità, in una spirale di guerra e terrorismo insopportabile e crudele ? È necessario cambiare direzione, mettere al centro dell'iniziativa italiana le vittime del terrorismo e le lotte vere che si sono sviluppate contro il terrorismo. La risposta non può essere ancora e sempre di tipo militare, a cominciare dal ruolo e dalla strategia che l'Italia deve assumere in Libia, un Paese rispetto al quale abbiamo grandi responsabilità, verso il quale siamo stati indifferenti e inattivi, dopo aver partecipato allo scellerato conflitto del 2011. Dobbiamo impegnarci affinché si arrivi al più presto ad una conferenza che metta insieme tutti gli attori locali per verificare i possibili processi di pace. Dobbiamo richiamare una volta per tutte alle loro responsabilità i Paesi che in quell'area del mondo giocano un ruolo e che, sulla base di interessi egemonici, hanno contribuito alla frantumazione e alla dissoluzione di intere regioni.
  Che dire poi della responsabilità italiana nella vendita e nell'esportazione di armamenti in quei teatri di guerra ? Insomma, dovremmo ripartire su basi completamente diverse, produrre una politica estera e di relazioni internazionali diversa, se vogliamo contribuire a dare una possibilità al Medio Oriente e al Mediterraneo.
  Non va in tal senso l'operazione autorizzata da questo decreto-legge, la cosiddetta «Mare Sicuro»: un'operazione di militarizzazione del Mediterraneo, con l'uso previsto di ulteriori unità navali rispetto alla passata operazione «Mare Aperto 2015», ancora mille uomini, tra i quali i fucilieri della nave San Marco, di aerei dell'aeronautica militare e di Predator. Abbiamo proposto con nostri emendamenti che le risorse vengano spostate su operazioni di interventi di soccorso e di Pag. 19salvataggio in mare, ma anche su questo non abbiamo avuto una risposta positiva.
  Per queste ragioni, e per altre ancora che evidenzieremo nel dibattito che si svilupperà nelle prossime ore, il gruppo di SEL non può non invitare il Parlamento tutto alla piena consapevolezza di quanto il legislatore si accinge ad avallare in termini di riduzione di diritti di libertà e di garanzie costituzionali da un lato e di errati e dannosi interventi militari, che si ripetono da decenni senza essere in grado di spegnere i focolai di guerra e risolvere conflitti e controversie, ne di sconfiggere il terrorismo, in una visione geostrategica miope e sbagliata.

  PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il relatore di minoranza per la IV Commissione (Difesa), onorevole Gianluca Pini.

  GIANLUCA PINI, relatore di minoranza per la IV Commissione. Colleghi, rappresentanti del Governo, il provvedimento oggi al nostro esame ha avuto una lunga, complessa ed infelice gestazione, alla quale hanno contribuito molti fattori. La pausa determinata dalla necessità di dare un successore al dimissionario Presidente della Repubblica è stata uno dei fattori, unita all'ingorgo verificatosi nelle nostre Aule parlamentari ormai sommerse da decreti-legge che si fatica a smaltire. Probabilmente, proprio a causa di sovraffollamento, il Governo ha optato per la fusione in un unico testo di due decreti-legge che avrebbero dovuto essere originariamente separati: quello contenente la proroga delle missioni militari internazionali e quello recante le nuove norme adottate in risposta all'aggravarsi della minaccia terroristica, in seguito anche agli attentati jiahdisti compiuti in Francia tra il 7 ed il 9 gennaio scorso. La scelta di accorpare due provvedimenti che andavano tenuti assolutamente separati, in uno ha avuto importanti e negative ripercussioni in quanto, come è noto, la Camera dei deputati non ha potuto coinvolgere nell'esame del provvedimento in sede referente tutte le Commissioni di merito obiettivamente toccate dal nuovo intervento normativo.
  Il provvedimento infatti è stato rimesso in sede referente alle sole Commissioni giustizia e difesa, mentre sono state costrette alla sede consultiva tanto la Commissione affari esteri, tagliata conseguentemente fuori dall'esame di uno degli atti legislativi più importanti dell'anno, quanto la I Commissione, comunque competente a trattare gli aspetti ordinamentali della sfida posta all'Italia dal terrorismo jihadista di al-Qaeda e dell'Isis.
  Come già sottolineato da altri, l'atto Camera consta di cinque Capi e ventuno articoli. Le parti di cui ci occuperemo sono tuttavia quelle di più specifico interesse ai fini della politica estera e di difesa del nostro Paese: i Capi III e IV, che comprendono appunto gli articoli dall'11 al 19, oltre agli aspetti di competenza inseriti nell'ultimo Capo, il Capo V, contenente le disposizioni transitorie e finali, incluse le norme sugli oneri da sostenere e le relative coperture. Alle missioni militari sono destinate pressoché interamente le risorse stanziate per il 2015 dalla vigente legge di stabilità: soldati ed interventi della cooperazione assorbiranno infatti ben 871 milioni, cosa che ha imposto già ora di attingere anche a qualche altra risorsa posta oltre il consueto Fondo per gli interventi militari all'estero, al quale sono stati lasciati in effetti soltanto 10 milioni scarsi di euro. Ancora una volta, quindi, all'inizio del prossimo autunno, il 1o ottobre, si riproporrà certamente il problema del reperimento di fondi con cui arrivare fino alla fine dell'anno. La decretazione d'urgenza, in questo modo, perpetua sé stessa, generando già adesso una futura situazione di crisi, quando sarebbe opportuno pensare fin d'ora a quali altri cespiti attingere.
  Gli interventi militari di cui si autorizza la prosecuzione sino al prossimo 30 settembre nel III Capo del decreto-legge sono raggruppati per macro-aree continentali: Europa, Asia ed Africa. Fortunatamente, ci siamo risparmiati Americhe ed Oceania, almeno questa volta. Le missioni europee, di cui all'articolo 11, sono quelle in atto in Kosovo, che assorbiranno 59 milioni di euro più un milione ulteriore Pag. 20per le componenti della polizia di Stato e della Guardia di finanza; la piccola EUFOR Althea in atto in Bosnia-Erzegovina, di cui è componente l'IPU, al costo di poco più di 200 mila euro; gli interventi di cooperazione con le forze di polizia in Albania e nei Paesi confinanti, cui andranno 4,3 milioni di euro; la missione simbolica che presidia il confine tra le due Repubbliche di Cipro, riceverà 65 mila euro; la più consistente operazione navale, Active Endeavour, riceverà ancora più di 19 milioni di euro. Si segnala inoltre l'aggiunta dell'intervento impostoci dalla NATO in funzione di rassicurazione antirussa di alcuni alleati: il concorso alla difesa aerea delle Repubbliche Baltiche, la Baltic Air Policing, che durerà sino al 31 agosto prossimo e ci pare poco compatibile con il dichiarato intento del Governo di pervenire alla rimozione delle sanzioni che stritolano il commercio tra il nostro Paese e la Federazione Russa.
  Vi sono poi le varie missioni asiatiche, in cui spicca naturalmente la Resolute Support che sostituisce di fatto l'ISAF in Afghanistan, cui partecipiamo con un tetto massimo di 750 uomini al costo di 126 milioni di euro. Il complesso degli interventi è imponente e comprende: il mantenimento delle cellule nazionali di collegamento negli Emirati Arabi Uniti, in Bahrein, in Qatar e a Tampa, per un costo di 14,3 milioni di euro; il mantenimento di un presidio dei volontari e delle infermiere della Croce Rossa Italiana a 519 mila euro; la prosecuzione della partecipazione all'UNIFIL II in atto in Libano, che costerà poco meno di 120 milioni di euro, missione che noi continuiamo a dire assolutamente da chiudere, anche in virtù degli scenari che si stanno prospettando proprio nel confine fra il Libano, il sedicente e sempre più esteso Califfato, che potrebbero portare a scontri fra le milizie dello Stato islamico e gli Hezbollah.
  Poi ci sono le piccole missioni palestinesi, il presidio in Georgia prorogato solo fino al 31 marzo, per 92 mila euro, vi è invece un nuovo stanziamento per l'intervento in Iraq contro lo Stato islamico, questo è quello più pesante: quasi 133 milioni di euro, più 2,2 milioni riconosciuti al personale giù impiegato nei mesi di novembre e dicembre 2014.
  Tra le missioni africane di cui all'articolo 13, infine, si annoverano la missione antipirateria denominata ATALANTA, in cui continueremo ad operare ad un costo di circa 30 milioni di euro, malgrado la mancata valutazione politica sull'evoluzione della vicenda dei Marò. L'emendamento proposto dal sottoscritto nello scorso decreto, che puntualmente il Governo ha disatteso, salvo poi sentire negli ultimi giorni il Ministro Pinotti annunciare un ritiro da quel tipo di missioni ma di fatto poi, al di là degli annunci, nella pratica non si è assolutamente potuto apprezzare altro.
  Ci sono poi gli interventi nel Corno d'Africa, ci sono quelli per la gestione della base italiana a Gibuti e l'addestramento delle forze di polizia somale, cui andranno ben 21 milioni di euro.
  È stata, invece, opportunamente anticipata, proprio durante la fase d'iter svoltasi nelle Commissioni giustizia e difesa, la conclusione della nostra partecipazione alla EUBAM Libya, quella della missione nazionale sulle coste libiche della Guardia di finanza per l'assistenza al controllo dei flussi migratori, evidentemente fallimentare, quella alla EUFOR RCA in atto nella Repubblica Centrafricana ed infine quella della presenza italiana nel gruppo di osservatori militari internazionali in Mozambico.
  Di queste novità, onestamente, ci rallegriamo, anche perché riteniamo di averle anticipate con le nostre proposte emendative già dallo scorso decreto. Malgrado queste opportune riduzioni, tuttavia, la mole di impegni delineata anche dal decreto-legge in via di conversione rimane ancora molto dispersiva, sostanzialmente incompatibile con la statura di media potenza del nostro Paese.
  Sulla strada della semplificazione e razionalizzazione degli interventi, pertanto, si poteva e si doveva fare molto di più, specialmente nel momento in cui il Governo chiede ed ottiene l'avallo delle Commissioni all'inserimento nel provvedimento Pag. 21di norme che autorizzano lo svolgimento nel Canale di Sicilia di una nuova missione aeronavale di autotutela degli interessi nazionali del nostro Paese, la «Mare sicuro», che costerà oltre 40 milioni di euro da qui fino alla fine di settembre.
  Di questo nuovo intervento ci sarebbe piaciuto sapere di più e, in particolare, se il nuovo dispositivo messo in campo servirà, anche qui, a raccogliere nuovi clandestini o a proteggere i gasdotti, che alimentano la nostra economia, o invece identifichi il nucleo delle capacità che il nostro Paese ha messo sul piatto in vista delle future operazioni militari in Libia, da condurre non si sa bene ancora con chi, contro chi e per cosa, anche se un vago sentore sta gradualmente emergendo, specie dopo i colloqui italo-algerini – cui ha recentemente preso parte il qui presente Viceministro Pistelli – che lasciano immaginare un'operazione condotta contro Tripoli ed in favore delle autorità di Tobruk insieme ai francesi, veri responsabili della deposizione di Gheddafi e del caos che ne è conseguito, e agli egiziani: nostri rivali nell'accesso e nel controllo delle risorse energetiche libiche, questo è bene ricordarlo. Quindi, anche qui, molta confusione sotto il cielo.
  Noi pensiamo, comunque, che «Mare sicuro» possa anche costituire l'embrione della forza che potrebbe sottoporre a blocco navale la Libia: proposta avanzata dalla Lega, in quest'Aula, in tempi non sospetti e ripresa anche dal dottor Leon delle Nazioni Unite, ma ancora lettera morta da parte del Governo italiano. Se questa si confermasse l'unica strada percorribile per prevenire l'afflusso di terroristi sulle nostre coste, noi saremmo ben lieti di sostenerla.
  Tra le altre misure del provvedimento, si rilevano quelle relative allo stanziamento in favore dell'AISE, pari ad 8,6 milioni di euro, per la protezione info-operativa dei nostri contingenti all'estero.
  Da segnalare, altresì, la circostanza che il provvedimento disponga anche nuove cessioni di materiale militare a titolo gratuito in favore di Gibuti, Iraq e Somalia. È in questo contesto che sta ricevendo da noi 70 visori notturni anche la Tunisia appena colpita, appunto, dagli attentati jihadisti nella scorsa settimana.

  PRESIDENTE. La invito a concludere.

  GIANLUCA PINI, Relatore di minoranza per la IV Commissione. A queste disposizioni ne seguono altre in materia di personale e contabile, sulle quali non ci si soffermerà, salvo che per sottolineare la speranza che questi aspetti vengano regolati una volta per tutte dalla legge quadro, che finalmente è in discussione.
  Nel IV Capo del provvedimento si rinviene, invece, il consueto stanziamento di risorse a pioggia in favore di Paesi preda di gravi crisi politiche ed umanitarie. L'articolo 17, infatti, mette a disposizione ben 68 milioni di euro.
  Si rileva, però, la presenza di qualche importante elemento di novità: ad esempio, i 120 milioni di euro in favore delle forze di sicurezza afgane, di cui all'articolo 18.

  PRESIDENTE. Deve concludere.

  GIANLUCA PINI, Relatore di minoranza per la IV Commissione. Ho finito. Troviamo, infine, interessante ed emblematico che, mentre si respinge sistematicamente ogni tentativo di escludere formalmente, con apposita integrazione normativa, che possano essere pagati riscatti per liberare i cittadini italiani vittime di sequestri a scopo politico o di eversione, rigettando ogni ipotesi di emendamento in tal senso, durante il dibattito in sede di Commissioni sia stata comunque approvata una modifica che impone al Ministero degli affari esteri di aggiornare, con la collaborazione dell’intelligence, la valutazione del rischio cui si espongono i nostri concittadini.
  In conclusione – tralasciando l'ultima parte del mio intervento, del quale chiedo alla Presidenza che venga autorizzata la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna (La Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti) –, così com’è adesso, il provvedimento non Pag. 22ci soddisfa. Ci auguriamo, però, che l'esame in Assemblea ne permetta un sensibile miglioramento. Noi abbiamo presentato pochissimi e qualificati emendamenti, ci auguriamo che non venga posta la fiducia e che, lungo le linee da noi auspicate, questo provvedimento possa essere migliorato e noi intendiamo portare il nostro fattivo contributo.

  PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il relatore di minoranza, deputato Massimo Artini.

  MASSIMO ARTINI, Relatore di minoranza. Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, mi preme portare alla vostra attenzione alcuni punti, che relazionerò, sul provvedimento che stiamo andando ad analizzare, ovvero il decreto-legge n. 7 del 2015. In particolare, vorrei analizzare come si è svolta la trattazione del decreto-legge, traendo spunto dalle buone pratiche, e focalizzarmi sui problemi, sia procedurali sia di merito, che questo decreto-legge ha evidenziato.
  Anzitutto, lasciatemi esprimere rammarico nel vedere accorpate le materie delle norme antiterrorismo con quelle delle missioni internazionali e della cooperazione. È stata nostra richiesta, prima della pubblicazione del decreto-legge, anche in via informale, e successivamente in varie audizioni, formalmente, di dividere le materie. Ciò ha portato, purtroppo, all'esclusione della III Commissione (Affari esteri). Questo genere di attenzione, da parte del Governo e anche della Presidenza della Camera, era necessario, in un momento in cui si è parlato non solo di finanziamento di missioni, ma, come poi vedremo – e, per la prima volta, con un minimo di dovizia di particolari –, si è trattato anche di un aspetto politico e di obiettivi del Paese. Purtroppo, questo «spacchettamento» non è stato fatto.
  Va notato, inoltre, che anche in questo caso lo strumento del decreto-legge pecca per non avere dato la possibilità, a tutti i gruppi parlamentari, di una modalità che consentisse l'autorizzazione di spesa per singola missione e non nella sua interezza. Questi fattori, oltre alla mancanza di omogeneità, rappresentano una grave criticità.
  Va detto, però, che il lavoro svolto è andato verso quella modalità informativa auspicata dalla, seppure fortemente migliorabile, versione attuale della legge-quadro sulle missioni internazionali – il testo che i relatori hanno pubblicato –, dove si prevede espressamente una discussione delle singole missioni durante la fase preventiva all'autorizzazione.
  Dovendo, infatti, trattare una materia come le norme antiterrorismo, di cui più avanti approfondirò il merito, e dovendo svolgere alcune valutazioni sulle missioni internazionali, anche derivanti dal precedente «decreto missioni» approvato, e circa la questione dei fucilieri di Marina trattenuti in India, è stata avviata un'indagine che ha portato alla luce una serie di aspetti tecnici e giuridici che mai erano stati trattati con questa dovizia di particolari dalle Commissioni. Questa buona pratica dovrebbe essere applicata ad ogni singolo provvedimento di autorizzazione di queste missioni internazionali.
  Andando nel merito del provvedimento, voglio affrontare la parte che riguarda l'antiterrorismo, della quale effettivamente era urgente una definizione, ma che, a nostro modo di vedere, era stata affrontata guardando il problema dal punto di vista errato. Anzitutto, diamo un quadro del problema che voleva essere affrontato, ovvero il problema dei foreign fighters e anche il problema dei «lupi solitari».
  Sul primo punto gli studi vanno avanti da almeno vent'anni, con una valutazione circa l'incremento nei Paesi europei, negli ultimi 3-4 anni, anche grazie alla capacità di Daesh di reclutare fattivamente un numero molto elevato di combattenti (si parla di circa 3 mila combattenti stranieri in Europa, con picchi di 1.500 per la Francia e di 65 per il nostro Paese). Sul secondo punto, ovvero sul punto relativo ai «lupi solitari», invece le valutazioni non sono ancora complete e i due temi sono stati affrontati, a nostro modo di vedere, indicando provvedimenti legislativi di scarsa applicabilità. È stato, infatti, applicato, Pag. 23come ambito, l'articolo 270-sexies del codice penale, che definisce la condotta con finalità di terrorismo.
  Da molte parti, durante l'indagine conoscitiva e non solo (anche in sessioni diverse), si è rilevato come la fattispecie di reato fosse troppo generica. In questo ambito può rientrare di tutto — effettivamente per quella che è la definizione, ampia e non chiara, dell'articolo 270-sexies del codice penale – e non solamente gli argomenti che il Governo ha voluto trattare, ovvero il fenomeno dei foreign fighters e dei «lupi solitari» di stampo jihadista. Si è volutamente evitato di trattare non il combattente di ritorno e chi si addestra per combattere in conflitti in territorio estero, definendo quel tipo di ambito di applicazione e dando così una certezza in merito alla pena e al reato, ma più in generale e in maniera indefinita, verso la fattispecie novellata dall'articolo 270-sexies del codice penale. Queste parole non sono state solamente usate da me, ma anche da altri gruppi politici, dagli auditi procuratori generali e, in altre sessioni, dai rappresentanti del Comitato analisi strategiche antiterrorismo, nonché generalmente rilevato anche dagli altri professori.
  Il testo che riguarda questo argomento è perciò, purtroppo, a rischio di inapplicabilità, così come segnalato anche durante la fase di indagine. Nei Paesi dove questo reato è stato già definito con le stesse modalità legislative, come ad esempio l'Olanda, dove si sono adottate molto rapidamente queste leggi, nella realtà si sono poi sfruttate leggi già precedentemente esistenti per condannare la condotta di tali cittadini, ignorando, per la vaghezza delle norme sugli anti-combattenti di ritorno, le nuove norme introdotte.
  Sicuramente, sarebbe stato più opportuno, sia come deterrente sia come applicabilità, definire una nuova fattispecie di reato che riguardava tutti i combattenti (e coloro che addestrano, reclutano o finanziano), che combattono in territorio estero dove ci sono conflitti o crisi. Questo argomento, da noi sostenuto con forza, non ha trovato riscontro, sebbene valutato positivamente anche in audizione da parte di esperti in materia, come un qualcosa che desse la possibilità effettiva di poter affrontare il tema dei combattenti di ritorno.
  Molto rischiosa anche la recrudescenza inserita circa l'utilizzo in autonomia degli strumenti informatici, tesi ad un autoaddestramento finalizzato ai reati indicati dall'articolo 270-sexies del codice penale. Anche in questo caso, la genericità delle tesi indicate nella fattispecie di reato e l'indeterminatezza dell'utilizzo dei sistemi informatici in maniera autonoma porta una nuova aggravante, che rischia di essere veramente pericolosa per le libertà personali dei singoli cittadini.
  La creazione, inoltre, di un elenco di siti bloccati, senza possibilità di verifica dell'elenco (è stata nostra richiesta e la ripresenteremo anche in Aula), se, in un primo momento, ci vedeva indubbiamente contrari, perché ritenuta dannosa dagli studiosi della materia, è da vedere sotto un occhio diverso (e di questo ringrazio ancora la modalità di studio del decreto fatto con l'indagine conoscitiva), se rilevate le parole dei rappresentanti della Polizia postale, che hanno indicato come la popolazione di quell'elenco avvenga solamente dopo che tutte le necessità di indagine siano state espletate.
  Un rilievo che mi preme fare è quello relativo all'articolo 5 di questo decreto, che amplia o rende più strutturato per quest'anno l'impiego nel territorio italiano delle Forze armate. L'operazione «Strade Sicure», alla quale si è affiancata in corso d'opera l'operazione «Mare Sicuro», è da valutare come un tampone alla situazione di crisi che soffrono le forze di polizia e di sicurezza, sia sotto l'aspetto dell'organico che dei mezzi, ma che non può che destare una volontà precisa da parte del Parlamento di modificare questa modalità di azione.
  Le Forze armate non sono uno strumento che può, per sua natura, presidiare il territorio e svolgere azioni di polizia giudiziaria. I 76 milioni di euro canalizzati in questa operazione di controllo del territorio e del mare dovrebbero essere rivalutati nell'ottica di ottimizzare quelle Pag. 24forze di polizia che già dovevano presidiare il territorio, con tutte le tutele giuridiche e legali che la legge gli fornisce.
  Circa la nascente operazione «Mare Sicuro», di cui la Ministra della difesa Pinotti ci ha dato comunicazione durante l'audizione in Commissioni bicamerali congiunte, è da rilevare con favore il lavoro fatto dalla Commissione, che ha fatto sì che di questa missione venga data celere informazione alle stesse Commissioni parlamentari competenti. I dubbi sull'effettivo impiego a difesa di postazioni strategiche per l'approvvigionamento energetico proveniente dalla Libia, anche a fronte della forte instabilità dell'area e anche a fronte dell'impiego a cui potrebbero sentirsi chiamati in causa, nel rispetto della Convenzione di Amburgo sul soccorso in mare, sono stati rilevati e attendiamo di avere informazioni precise in merito.
  Non entro nel merito della discussione circa l'assegnazione delle funzioni di antiterrorismo al procuratore antimafia. Mi preme solamente rilevare che, da parte nostra, l'attenzione sul funzionamento di questo nuovo assetto, che dovrà sopperire ad entrambi i temi, sarà massima, al fine di assicurarci che vengano assegnate le giuste risorse da parte del Governo per trattare con forza entrambi gli argomenti.
  Passiamo ora alla parte di rinnovo delle missioni internazionali. Il decreto, nato con un ritardo di due mesi quasi dopo la scadenza dell'autorizzazione alle missioni, è comunque nato vecchio, data la presenza di numerosissime missioni di dubbia funzione (in particolare, mi riferisco al caso libico). Va dato atto al Governo di avere ascoltato le forze di opposizione del Parlamento, riformulando, durante la fase di discussione, le parti più critiche e ottimizzando tutta una serie di missioni, anche minori, delle quali – finalmente, diciamo noi – si è sentita l'esigenza di fare a meno.
  La situazione delle missioni EUBAM Libya e di supporto della Guardia di finanza alle forze libiche era, alla luce dei fatti, imbarazzante come presenza nel decreto. Averle soppresse, insieme a missioni come UNFICYP, e avere dato anche seguito anche alle risoluzioni votate in merito a EUROFOR RCA ed altro è sicuramente un bene, perché i fondi ad esse destinati potranno essere canalizzati in altre azioni, dove i nostri interessi – come Paese, intendo – da tutelare sono maggiori.

  PRESIDENTE. Concluda.

  MASSIMO ARTINI, Relatore di minoranza. Mi avvio a concludere. Vorrei fare una breve valutazione, Presidente, sull'operazione Active Endeavour, perché mi preme. Infatti, gli stenografici degli anni passati danno conto rispetto a quella che è la nostra visione su questa missione. Attualmente – è una domanda che ho già fatto precedentemente – sembra che la missione ci costi praticamente il doppio rispetto agli anni passati; quindi, su questo, chiederei nuovamente al Governo di avere informazioni durante la fase dell'esame in Aula.
  In più, uno spunto sull'Afghanistan: a nostro modo di vedere sono state ascoltate, compatibilmente con dei tempi congrui di rientro, le nostre indicazioni specificate negli ultimi «decreti missioni». Infatti, la missione si concluderà – penso – intorno a giugno e si trasferirà a Kabul solo per una fase di comando. Tale scelta ci è sembrata indubbiamente rispondere alle esigenze di concentrare le nostre forze nel Mediterraneo, dove i nostri interessi nazionali sono maggiori.
  Mi avvio veramente a concludere, volendo fare un plauso di nuovo alla missione UNIFIL e chiedendo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia relazione.

  PRESIDENTE. La Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.

  MASSIMO ARTINI, Relatore di minoranza. Infine, auspico che anche nella legge quadro si possano valutare alcuni spunti nuovi che vengano anche dall'esperienza di quest'ultimo decreto missioni, Pag. 25ovvero un'ampia discussione su quella che è la parte più di politica estera di questi decreti e anche una maggiore capacità di controllo da parte del Parlamento.

  PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il rappresentante del Governo, se lo ritiene.

  DOMENICO ROSSI, Sottosegretario di Stato per la difesa. Signor Presidente, in merito a quanto rappresentato in questa fase, vorrei svolgere solo alcune puntualizzazioni che possono poi servire nella prosecuzione della discussione.
  Per quanto riguarda l'operazione «Mare Sicuro», questa è nata al seguito dell'aggravarsi della minaccia terroristica, come trasformazione di una misura addestrativa già in atto. Le Forze armate stanno operando con un'intensità maggiormente elevata, con un ulteriori unità navali, team di protezione marittima, aereomobili ad ala fissa rotante, velivoli a pilotaggio remoto da ricognizione elettronica, tanto per la protezione delle linee di comunicazione dei natanti commerciali, delle piattaforme off-shore, quanto per la sorveglianza di eventuali formazioni jihadiste.
  Nella realtà il termine di «Mare Sicuro» è stato dato per analogia semantica con quanto già avviene sul territorio nazionale in termini di «Strade Sicure» e, quindi, per ricondurre ad un concetto di sicurezza interna.
  Per quanto riguarda il ritiro temporaneo della missione in Libia, questo è dovuto all'aggravarsi della situazione. Infatti, in fase di discussione in Commissione, il Governo ha ritenuto di presentare un emendamento, prima della presentazione del decreto-legge. Devo far notare che il decreto-legge è stato approvato dal Consiglio dei ministri il 10 febbraio e si è arrivati alla determinazione di chiudere la nostra missione in Libia unicamente pochi giorni dopo; pertanto l'emendamento, evidentemente, è stato ritenuto necessario proprio per questo momento.
  Analogamente alla sospensione della missione in Libia è stata anche sospesa l'attività della Guardia di finanza che era correlata per garantire l'adeguamento delle unità navali cedute dal Governo italiano a quello libico e alla Guardia costiera.
  Per quanto riguarda l'impegno nella coalizione anti ISIS, ribadisco che, dopo le forniture di aiuti umanitari e di alcune partite di armamenti leggeri, è stato schierato in teatro una componente aerea e poi, solamente in seguito, ancora in itinere, è stato portato anche del personale, sia come addestratori, che come consiglieri.
  Per quanto riguarda la missione «Atlanta», abbiamo ritenuto giusto procedere nella nostra partecipazione, tenuto conto della risoluzione approvata dal Parlamento europeo in data 15 gennaio, con la quale si chiedeva di rimpatriare i due militari italiani, cioè proprio per l'attenzione dimostrata dall'Unione europea al riguardo.
  Prendo atto anche di quanto detto dall'ultimo relatore, che ha messo bene in evidenza come il Governo abbia compiuto un'opera di selezione tra le missioni in atto, cercando di andare a verificare l'opportunità di una riduzione del termine della nostra presenza, tenuto conto di un'evidente esigenza di concentrare gli sforzi del nostro impegno nelle aree che più sono di interesse, quindi più vicine al nostro Paese.
  Per quanto riguarda l'impiego dei militari, non si può parlare, come qualcuno ha fatto, di militarizzazione del territorio, ma si deve invece parlare evidentemente di sfruttamento delle potenzialità di assetti che lo Stato ha a disposizione, come l'esercito, e che hanno dimostrato il loro rendimento positivo ormai da anni, tenuto conto che, specie nel controllo dei punti sensibili, hanno liberato personale delle forze di polizia, dell'ordinamento civile e militare per l'impiego più proprio degli agenti e degli ufficiali di polizia.
  Infine, con un ultimo accenno, confermo la volontà precipua del Governo di facilitare tutte le attività in corso per pervenire ad un'approvazione della legge quadro, verso la quale abbiamo dimostrato non solo la nostra disponibilità, ma Pag. 26anche la nostra presenza, in ogni momento in cui si è andato a esaminare il quadro legislativo di riferimento.
  Ribadisco che la legge quadro è evidentemente uno degli strumenti di maggiore rilevanza in prospettiva, proprio per fare in modo che vi sia una netta divisione tra quella che è la parte politica e di esame delle situazioni geo-strategiche e quella che, invece, è la parte dei provvedimenti di carattere finanziario, che evidentemente non possono altro che concretizzare scelte politiche che sono del Parlamento.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Pagano. Ne ha facoltà.

  ALESSANDRO PAGANO. Grazie Presidente, l'intervento di oggi relativo al decreto-legge su terrorismo e proroga delle missioni internazionali risulta quanto mai opportuno e puntuale da parte del Governo.
  I recenti attentati terroristici, con l’escalation che c’è stata e la drammatica e pervasiva minaccia jihadista, di fatto rappresentano ormai un'emergenza per tutta l'Europa e, ovviamente, soprattutto per l'Italia. Le misure di cui oggi discutiamo costituiscono una parte significativa di un più generale impegno, finalizzato a difendere il Paese proprio da quest'attività terroristica.
  Dobbiamo infatti chiamarlo «terrorismo». Questa, secondo il mio modesto parere, è già una variabile che va evidenziata. Troppe volte, – mi rivolgo al Viceministro degli affari esteri – leggiamo «ISIS». Invece, dobbiamo cambiare linguaggio e dobbiamo arrivare ad una nuova comunicazione. Infatti non si tratta di uno Stato, ma di una modalità terroristica, forse nuova nella comunicazione e nuova nel modo di agire e di fare, ma che nulla ha a che vedere né con uno Stato né con una religione, nello specifico l'Islam.
  Penso che questi siano aspetti preliminari importanti. Così come mi sorprende che il Ministero degli affari esteri – ma lo dico senza polemiche, per carità – non sia stato coinvolto in questo decreto-legge. La cosa francamente ci ha un po’ sorpresi. Riteniamo infatti che la visione complessiva, che sarebbe stata data in una circostanza di questo genere anche dall'impostazione culturale e strategica e politica del Ministero degli affari esteri, sarebbe stata in questo decreto-legge preziosa, specie nel dibattito e specie nella capacità di sapere varare un provvedimento adeguato.
  È un provvedimento che comunque, in generale, è adeguato e che parte soprattutto da alcuni presupposti, che sono stati realizzati in queste ultime settimane. È un segno evidente che tutto il Governo, tutto il Parlamento, tutta la nazione sono coesi nello sforzo, per evitare che i fatti di Parigi o di Tunisi abbiano a ripetersi anche in Italia, perché per il nostro sistema sociale ciò sarebbe drammatico. In generale lo è per tutti, ma lo sarebbe ancora di più in un contesto fragile socialmente, come è il nostro in questo momento.
  Pertanto le iniziative che sono state prese e che – ripeto – sono presupposto per il decreto-legge che oggi stiamo trattando vanno salutate in maniera assolutamente positiva. Intanto cominciamo a dire che è positivo il fatto che il Governo e il Premier in testa si siano mossi a livello internazionale per la Libia, che è il nostro problema più vicino, ma che noi sappiamo bene essere anche la via di accesso per un certo tipo di terrorismo qui in Italia e, quindi, in Occidente. Il fatto, come dicevo, di avere messo in evidenza nell'agenda internazionale la vicenda libica penso sia qualcosa che debba essere visto positivamente e rimarcato in ogni sede e, quindi, ovviamente anche in questa.
  Non era un fatto assolutamente scontato perché prima l'attenzione era rivolta all'est Europa, ai fatti dell'Ucraina, a dimostrazione di una geopolitica che si muove su basi completamente diverse e spesso non riesce a individuare non dico il vero problema o il vero pericolo, perché forse sarebbe presuntuoso, ma certamente pericoli di altrettanta rilevanza e di altrettanta pericolosità come quello dell'Ucraina. E la Libia, fino a un paio di Pag. 27mesi fa, era di fatto un problema marginale rispetto allo scacchiere internazionale.
  Penso che oggi l'agenda di politica estera internazionale si sia modificata e questo è il frutto di un dibattito acceso che si è realizzato nel nostro Paese e che ci ha visto tutti protagonisti – lo dico con un certo orgoglio – anche e soprattutto il nostro partito NCD-AP, che dall'esterno ha cercato di dare un contributo concreto al dibattito e alle idee. Ma devo dare atto che il Governo si è mosso consequenzialmente e, devo dire, bene.
  Così come, per esempio, è un dato consolidato che non si possono immaginare iniziative di politica estera, di qualunque genere e specie, dal peacekeeping ad altro, se non accompagnate dagli stessi Stati arabi moderati e dai Paesi africani, che sono, a loro volta, coinvolti da un terrorismo tanto becero quanto crudele e criminale. Sottolineo il riferimento all'Africa, perché è evidente che ci sono Paesi nella fascia mediana dell'Africa che ogni giorno, costantemente sono sotto minaccia e che, quindi, devono essere assolutamente coinvolti in questa comune azione politica.
  Sul fronte interno, noi siamo stati altrettanto consequenziali. Penso che l'Italia – onore al merito al Ministro dell'interno – abbia assolutamente centrato una serie di obiettivi preliminari in questa fase, giacché, come dimostrano i decreti firmati nelle ultime ore, che hanno portato all'espulsione di ventiquattro esponenti islamici di spicco, è evidente che le azioni repressive avevano un senso. Non è che stiamo parlando di due passanti che vengono individuati per caso; no, ventiquattro espulsi nelle ultime ore vuol dire che c'era un movimento niente male – lo dico ovviamente con ironia – che si stava sviluppando in Italia. Chissà quante altre cellule dormienti ci sono, chissà quanti altri aizzatori, quanti altri propagandisti di odio ci sono in questo momento in Italia. Penso che operazioni di questo genere siano state propedeutiche a quello che è il decreto-legge che oggi stiamo trattando.
  Aggiungo che il fatto stesso che oggi ci sia una convergenza politica conta. Erano anni, infatti, in cui spiccava un pregiudizio culturale e, invece, devo dire che in queste settimane si è trovata una maggiore uniformità di intenti. Poi ovviamente ognuno declina in maniera diversa questi intenti. Però è positivo il fatto che nel nostro Paese, su questo argomento, avendo una minaccia che è quella che conosciamo, essa non venga trattata in maniera ideologica o aprioristica, come tante volte è accaduto. È un buon segno. Non ci dobbiamo fermare.
  Sul piano dell'informazione, dopo quello repressivo a cui ho accennato poc'anzi, dobbiamo migliorare molto. Il fatto stesso che, per esempio, continuiamo a chiamare, come dicevo poc'anzi, ISIS quello che invece non è Stato la dice lunga. Noi abbiamo l'esigenza di coniare, di individuare termini adeguati e di individuare il nemico – perché di nemico si tratta – della pace, del progresso, della prosperità. Questi signori vanno identificati con il nome che ovviamente essi meritano, cioè terroristi.
  Dopo questa prolusione, entriamo nel vivo di questo decreto-legge, che ha sostanzialmente due pilastri fondamentali: la repressione, diretta a aumentare le pene per i reati con finalità di terrorismo e la prevenzione degli eventuali reati che possono essere commessi, e poi il rinnovo delle missioni internazionali. Quest'ultimo elemento fondamentale strettamente collegato al contrasto del terrorismo internazionale, proprio perché necessario alla stabilizzazione delle aree di crisi. Su questo argomento, penso che NCD-AP possa dare un contributo ulteriore al dibattito.
  Una certa parte del Paese orientata politicamente da certi gruppi politici ha sempre detto che le missioni internazionali fossero qualcosa di negativo rispetto agli interessi del nostro Paese.
  I fatti hanno dimostrato che andare a fare una missione di pace in Afghanistan ha avuto il merito di spostare il confine del terrorismo a quelle latitudini. I fatti hanno dimostrato che, quando, pian piano, c’è stato lo smantellamento delle Pag. 28forze militari. In questo caso, in Afghanistan, il terrorismo internazionale è dilagato altrove.
  Lo stesso principio vale per l'area del Medio Oriente; stesso discorso non deve accadere in Libia. È evidente che la frontiera ultima per noi italiani è la Libia. Pertanto, le missioni internazionali vanno riconfermate là dove sono necessarie e mi pare di poter dire che sono tutte necessarie.
  A parte questi aspetti qui, l'Italia deve operare, in termini concreti ed incisivi sul piano internazionale e sul piano interno. Siamo chiamati, a discutere oggi sul piano interno e mi riferisco a questo provvedimento che, certamente, merita attenzione e deve essere ben comunicato anche all'esterno. Il terrorismo internazionale va contrastato attraverso una rinnovata e più incisiva azione preventiva, l'inasprimento delle norme penali già esistenti e la previsione di nuove tipologie di reato. Ovviamente, il riferimento ai foreign fighters è abbastanza chiaro.
  Andiamo in ordine. L'articolo 2 introduce il contrasto ai foreign fighters, coloro che si arruolano per il compimento di atti di violenza e a finalità di terrorismo. Da questo punto di vista, è interessante il lavoro fatto a corredo e, cioè, il lavoro immaginato a favore della Polizia postale con l'individuazione di una black list di siti Internet. Anche le indagini di polizia giudiziaria verranno effettuate sotto copertura. Non è banale sottolineare questo aspetto perché molti sostengono che le cose devono essere fatte in assenza di copertura, il che sarebbe, ovviamente, un flop annunciato. Penso che questa norma abbia centrato bene il contesto.
  Accanto alle misure repressive citate, il decreto-legge al nostro esame prevede disposizioni anche di modifica della disciplina del codice antimafia. Abbiamo un'esperienza pluriennale, consolidata, riconosciuta a livello internazionale, dove siamo stati oggettivamente riconosciuti come bravi per le misure di contrasto che abbiamo saputo esercitare in questo ultimo decennio e anche più. E, allora, è chiaro che doveva essere integrato il catalogo dei destinatari delle misure di prevenzione personali applicate dalle autorità giudiziarie, inserendo anche coloro che compiono atti preparatori alla partecipazione di un conflitto all'estero a sostegno di organizzazioni terroristiche. Penso che sia stata un'esperienza vincente che giustamente andava replicata.
  Mi avvio alla conclusione, con gli ultimi due minuti. Viene introdotto un provvedimento a favore delle decisioni di urgenza del questore. Questo è un aspetto sostenuto a livello politico e anche a livello di dibattiti in ogni sede. Le misure preventive personali potranno disporre il ritiro temporaneo del passaporto e la sospensione della validità ai fini dell'espatrio. La misura concerne anche altri documenti di identità. Così come vi è anche il nuovo delitto nei confronti di chi viola le misure imposte dal questore. In relazione a questo punto, è prevista, anche l'ipotesi facoltativa dell'arresto in flagranza. Gli articoli 9 e 10, infine, attribuiscono al procuratore nazionale antimafia le stesse funzioni in materia antiterroristica. Anche qui una visione lungimirante.
  Chiudo con i servizi segreti che, mai come in questi momenti, devono operare. A tal proposito, va sottolineata l'importanza della norma con la quale fino al 31 dicembre 2016 i funzionari dei servizi possono effettuare colloqui personali con i soggetti detenuti o internati.

  PRESIDENTE. Per favore...

  ALESSANDRO PAGANO. È chiaro che abbiamo l'esigenza di una riflessione ulteriore sui «servizi», perché tante cose in questi ultimi anni non sono andate nel verso giusto. Nell'agenda politica del Governo bisognerà mettere in evidenza questo.

  PRESIDENTE. Grazie, onorevole Pagano, lo scampanellio non era per lei, era per liberare i banchi del Governo, ad onor del vero. Lei ha concluso nella pienezza e nella consapevolezza dei suoi tempi.
  Saluto gli studenti dell'Istituto superiore Einaudi Scarpa di Montebelluna, in Pag. 29provincia di Treviso, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
  Tra gli iscritti a parlare ho l'onorevole Marcolin, che però non vedo in Aula: quindi, si intende che abbia rinunciato ad intervenire.
  È iscritta a parlare l'onorevole Giuditta Pini. Ne ha facoltà.

  GIUDITTA PINI. Grazie Presidente, innanzitutto vorrei ringraziare il Governo e i relatori per l'enorme lavoro fatto da quando a febbraio le Commissioni giustizia e difesa hanno avuto il decreto-legge che concerne le misure antiterrorismo e le misure sulle missioni internazionali e che ci ha visto lavorare per molte settimane.
  Quello che spesso è emerso nel dibattito anche in Commissione è una forma di sottovalutazione o addirittura di ignoranza del fenomeno del terrorismo internazionale così come lo stiamo affrontando in questi mesi. Alcuni emendamenti erano puramente di tipo propagandistico e altri, invece, erano forse ingenui nella loro gravità. Anche l'operazione che c’è stata questa mattina che ha portato all'arresto di persone, di una cellula del cosiddetto Stato islamico tra Torino e l'Albania ci conferma che, invece, il problema è reale ed esiste.
  Detto questo, però, spesso e volentieri, sia sui giornali, sia in televisione, sia purtroppo nel nostro dibattito si nota una carenza di conoscenze base dell'argomento. Visto che abbiamo l'onere e l'onore di rappresentare il popolo italiano e di essere membri della Camera dei deputati, credo che sia necessario un piccolo focus su quello che vogliamo dire quando utilizziamo alcuni tipi di affermazioni, come quando parliamo di terrorismo islamico oppure quando facciamo ragionamenti in cui paragoniamo tutti i fedeli dell'Islam ai terroristi o, ancora, quando presentiamo degli emendamenti in cui chiediamo che vengano monitorati ancora di più e diminuite ancora di più le possibilità di aprire centri culturali e moschee; credo che la serietà che ci impone il nostro ruolo dovrebbe essere un pochino maggiore. Quando, infatti, parliamo di islamici in modo così generico dobbiamo sapere che parliamo di oltre un miliardo di persone che vivono in ogni Stato del pianeta e che non sono qualificabili con l'ISIS o con il Daesh.
  Quello che sta succedendo in questi mesi, quello di cui noi abbiamo avuto percezione soprattutto a partire dalla scorsa estate, è che un gruppo terroristico che si è sviluppato all'interno della guerra civile irachena e poi in quella siriana ha deciso di scavallare i confini nazionali e internazionali e di creare una propria ramificazione statuale. Questo è nato ed è dovuto anche all'intervento che nel 2003 è stato fatto in Iraq senza una strategia di lungo periodo politica e culturale all'interno di quei Paesi. Non sono parole mie, ma sono del Presidente degli Stati Uniti Barack Obama e, quindi, credo che non possa essere tacciato di sedizione. Quello che dice è che l'ISIS è un'emanazione diretta di Al Qaeda in Iraq che è stata generata dalla nostra invasione. È un esempio di conseguenza indesiderata, ed è per questo che dobbiamo in genere prendere bene la mira prima di sparare.
  Le principali vittime di questo cosiddetto Stato Islamico sono gli stessi musulmani e questo in palese violazione del Corano, il libro sacro dell'Islam, che ovviamente proibisce l'omicidio e tanto più condanna l'omicidio di fedeli musulmani. Quindi, trattare con leggerezza questi temi rischia di fare più danno che altro, perché nel frattempo oltre tremila cittadini europei sono partiti, stanno combattendo o hanno combattuto all'interno del raggio di azione del Daesh che si trova tra Siria e Iraq. Questi tremila ragazzi, che di solito hanno la mia età o, addirittura, sono più giovani di me, vengano attratti da un'ideologia e da un modo di vedere la vita e anche la morte.
  Ciò che ci dobbiamo chiedere è come possiamo combattere un fenomeno di questo tipo. Non si combatte sicuramente solo con le leggi, ma si combatte, soprattutto, credo, con l'integrazione; tuttavia, sicuramente, anche le leggi si devono, ovviamente, fare carico della nuova situazione che si viene a trovare. In altre parole, Pag. 30quando la propaganda sui siti Internet, sui social network viene fatta anche in maniera, forse, a volte leggera, diciamo così, come viene fatta da tutti noi tutte le volte che condividiamo video o fotografie, dobbiamo essere in grado di dare all'autorità competente e a chi vigila, quindi ai magistrati e alla polizia postale, gli strumenti per poter intervenire su questi siti e su chi fa propaganda, anche tramite web. Quando noi abbiamo migliaia di giovani che decidono di arruolarsi e di addestrarsi in basi che sono al di fuori del territorio europeo e italiano, dobbiamo avere la capacità, come Unione europea, di poter reagire e anche di avere mezzi comuni per contrastare sia questi fenomeni sia il rientro di queste persone.
  La differenza che c’è tra Al Qaeda e ISIS è anche questa: l'ISIS si comporta come una specie di franchising, vende il proprio simbolo e chiunque, potenzialmente, può commettere attentati o omicidi in qualunque parte del mondo e poi rivendicare, attraverso il simbolo dell'ISIS, che è la famosa bandiera nera con la scritta in cufico, che l'attentato è stato fatto da parte dell'ISIS, mentre Al Qaeda ha una struttura più tradizionalmente terroristica, quindi, con cellule chiuse e di solito cieche tra di loro.
  La domanda che noi ci poniamo e ci siamo posti è come i tradizionali metodi di indagine e di contrasto al terrorismo possano combattere e contrastare questo tipo nuovo di terrorismo. I due fratelli Kouachi, che tra il 7 e il 9 gennaio hanno fatto la strage a Parigi, non erano membri dell'ISIS, erano membri di Al Qaeda e si erano addestrati nello Yemen, mentre, per esempio, l'attentato di Copenaghen o l'attentato a Sydney sono stati fatti da persone che si sono autoproclamate martiri e si sono intestate esse stesse il simbolo dell'ISIS. Sono quindi due modi differenti di attuare però la stessa strategia che è quella di creare panico e vittime negli Stati di tutto il mondo.
  Ebbene, quando noi abbiamo procure che tra di loro a volte non parlano e quando non riusciamo ad avere neanche le stesse tipologie di trattamento per gli stessi reati, vediamo che, allora, la creazione di un coordinamento di indagine, che è quello dell'antiterrorismo che si unisce a quello dell'antimafia, può essere veramente per noi molto importante.
  Quando noi abbiamo una serratissima giurisdizione sulle intercettazioni telefoniche e addirittura sul telefax, ma non abbiamo i mezzi per permettere alla polizia postale di muoversi via Internet, allora vediamo che le norme che regolamentano queste cose non saranno risolutive, ma sicuramente possono dare una mano alle indagini.
  Quando noi però sentiamo, anche da esponenti che rappresentano la nostra nazione a Bruxelles, teorie del tipo che questi terroristi vengono mandati qui e si identificano i terroristi islamici con l'immigrazione clandestina, allora stiamo facendo un enorme regalo agli strateghi del terrorismo jihadista. Perché ? Perché il miglior regalo che possiamo fare a chi vuole arruolare persone disperate è quello di renderle ancora più disperate; il miglior regalo che possiamo fare è rimandare indietro le persone, che attraversano a piedi il deserto e poi prendono un barcone, e non farle entrare. È ovvio che bisogna aumentare le misure di sicurezza e i luoghi di accoglienza, ma è altrettanto vero che dobbiamo iniziare a pensare non come uno Stato chiuso ma come una comunità di Stati, una comunità di persone che ha interessi comuni, come una comunità europea. I servizi di intelligence, le nostre polizie, ma gli stessi Stati devono iniziare a comunicare più strettamente tra di loro e in modo più fluido. I fratelli kouachi erano di cittadinanza francese; i cittadini che sono stati arrestati oggi a Torino sono italiani, non si possono espellere, però dobbiamo capire per quale motivo hanno deciso di dare e donare tempo e anche la loro vita a una causa come questa. Come possiamo combattere queste forme ? Il legislatore giustamente deve dare più mezzi alle procure, a chi indaga, alla polizia, per potere agire, ma dovremmo anche iniziare – e spero che questo dibattito ma anche quello che seguirà in Aula e soprattutto quello che Pag. 31dovrebbe seguire poi, dalla riforma della scuola alle altre riforme – a fare una seria politica di integrazione tra i Paesi europei e all'interno del nostro Paese. Solo così potremo veramente combattere il fondamentalismo e queste forme di jihadismo, in un contesto che si muove a livello globale, da Boko Haram ai gruppi terroristici in Somalia, dalla Libia alla Tunisia, dalla Francia a Copenaghen, da Sydney fino alla Siria. Noi dobbiamo dare e permettere a chi opera per la sicurezza dei nostri Paesi di avere gli stessi mezzi, cioè avere dei mezzi che superino le frontiere e che aiutino a combattere questi fenomeni. Quindi, credo che il decreto-legge, con le modifiche che sono state apportate in Commissione, aiuti, o quanto meno inizi a dare degli strumenti in più a chi indaga e a chi agisce per la sicurezza del nostro Paese. Credo sia importante anche, ovviamente, la parte in cui si rifinanziano le missioni internazionali. Spero che l'affrontare queste tematiche dia a tutti noi la capacità di leggere con occhiali migliori ciò che accade attorno a noi; spero che il contrasto all'integralismo, il contrasto al jihadismo, il contrasto al terrorismo non rimanga solo tema della Commissione difesa o tema dell'antiterrorismo, ma diventi una priorità che deve riguardare ogni singolo tema, appunto dalla scuola alla sicurezza (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. Saluto studenti e insegnanti del Liceo «Fabio Besta» di Milano, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
  È iscritto a parlare l'onorevole Michele Piras. Ne ha facoltà.

  MICHELE PIRAS. Onorevole Presidente, colleghi, onorevole sottosegretario Rossi, credo si possa ammettere a noi stessi e all'opinione pubblica che il decreto-legge che oggi inizia il suo iter in Aula è l'ennesima forzatura che viene prodotta sul dibattito parlamentare. Lo voglio dire senza eccessi polemici, ma davvero a me pare che questa volta si sia esagerato, pensando di mettere insieme due provvedimenti pesantissimi, che implicano un approfondimento serio su temi tanto gravi e delicati che producono effetti importanti sull'ordinamento giuridico quanto sul piano dei rapporti internazionali.
  Da sempre, da quando sediamo su questi banchi, dall'inizio della legislatura, abbiamo chiesto che il decreto-legge sulle missioni internazionali venisse spacchettato, in maniera tale che ognuno potesse esprimere una valutazione differenziata, compiuta e circostanziata sulle singole missioni ed operazioni internazionali nelle quali il paese è coinvolto. Missioni così diverse tra loro, mi si consenta di dire, per il contesto nel quale si svolgono, per gli obiettivi, la natura e i risultati conseguiti. In qualche modo ci stavamo abituando al muro di gomma che su questo terreno ci hanno sempre opposto il Governo e la maggioranza; tuttavia, di certo, nessuno di noi si attendeva una sorta di «super impacchettamento», nessuno di noi si aspettava che al calderone, che mette insieme Libia, Afghanistan, Libano, Somalia, Gibuti, Palestina, Kossovo e quant'altro, si aggiungesse anche il decreto che contiene le nuove misure di contrasto al terrorismo internazionale, costringendo perciò questa discussione nello spazio angusto dei tempi tecnici, schiacciato tra una pausa e l'altra dei lavori dell'Assemblea, senza la possibilità reale di un confronto compiuto ed approfondito. Ed è grave, secondo noi, che un ragionamento, che avrebbe dovuto e potuto coinvolgere almeno quattro Commissioni, si sia limitato alle Commissioni giustizia e difesa, quasi che le missioni non fossero questioni di pertinenza anche della Commissione esteri, come lo sono sempre state, che la politica internazionale potesse essere relegata alla competenza della difesa o non della Commissione esteri, o che le nuove norme sul terrorismo non contenessero implicazioni di rango costituzionale e quindi non meritassero un parere su questo terreno della Commissione pertinente.
  Davvero questa volta ci siamo superati, producendo un atto parlamentare che, per la sua complessità e le sue molteplici implicazioni, si colloca nella classifica generale Pag. 32secondo soltanto all'ecomostro del cosiddetto «Milleproroghe». Eppure, alcune grandi divergenze di opinione, alcuni macrotemi che demarcano la differenza tra culture politiche e visioni del mondo e della società sono emersi anche nel confronto in Commissione. Innanzitutto, tra coloro che, in nome della lotta al radicalismo ed al fanatismo, ritengono si possa agire una torsione sulle nostre libertà e chi invece (lo hanno detto chiaramente in Commissione alcune parti politiche), come noi, pensa che questa sia una strada sbagliata che, già in altre stagioni, ha mostrato esiti nefasti, e il nostro paese dovrebbe saperne qualcosa; in secondo luogo, fra chi privilegia lo strumento militare, quale elemento di contrasto del terrorismo, e quanti invece pensano che questo tipo di guerra e questo tipo di terrorismo vadano aggrediti, contrastati e sconfitti attraverso il potenziamento di una serie più articolata di azioni diplomatiche, di cooperazione allo sviluppo, di sostegno alla società civile e, solo da ultimo, considerare opportunità, costi ed effetti collaterali, molteplici, che si producono in una situazione complessa, innanzitutto i costi sociali di un'azione militare.
  Il tema non è quello – e a noi fa piacere che ci venga riconosciuto anche in questa aula perché solitamente si utilizzano una retorica e una propaganda assolutamente diversa – di una maggiore o minore determinazione nella lotta al terrorismo: no, non è questo ! E noi, uomini e donne della sinistra, saremo fermi nel respingere qualsiasi accusa su questo terreno. Noi davvero non pensiamo che questo genere di terrorismo sia contrastabile attraverso il diritto penale e l'inasprimento delle pene; questo terrorismo si contrasta e si sconfigge, agendo sulle radici dell'odio, che innanzitutto sono economiche, sociali e poi culturali e psicologiche ed affondano su un terreno che noi occidentali, con la nostra arroganza e la prepotente anteposizione di nostri interessi ai diritti degli uomini, delle donne, dei popoli e delle comunità abbiamo generato. Servirebbe dunque un radicale cambio di strategia nella nostra politica estera ed in quella europea, che ancora fatica, per usare un eufemismo, a manifestarsi. Del resto, mentre finanziamo una nuova missione in Afghanistan, dovremmo almeno confessare che i precedenti quattordici anni di missioni internazionali non hanno prodotto alcuna pacificazione sul terreno, non la sconfitta dei talebani, non la crescita di un'economia di pace, tantomeno una libertà duratura, Enduring freedom si chiamava quella missione, evocativa e propagandistica denominazione del nostro primo intervento in quell'area.
  Non è pacificato l'Afghanistan e non è pacificato il mondo, la strage di Charlie Hebdo, i lutti della Danimarca e da ultimo la tragedia di Tunisi raccontano un mondo tutt'altro che pacificato e l'orrore dello Stato islamico insedia, costruisce e consolida un vero e proprio Stato moderno. Non è solo il franchising, è anche il franchising. La verità è che lo Stato islamico si insedia, si consolida, si costruisce in un'area ben determinata del pianeta, in un'area nella quale nacque, prolificò e poi crollò, perché venne sconfitto, il primo Califfato, quello del profeta Muhammad, quindi un'area anche fortemente evocativa sul piano simbolico di un'identità che è stata devastata e schiacciata dai processi successivi e anche dal ruolo che abbiamo avuto noi in quei processi. Quindi si consolida e si costruisce proprio laddove un tempo esisteva l'Iraq, prima del nostro attacco in Iraq, dove esisteva un'entità statuale, esisteva una violenta dittatura che noi abbiamo appoggiato, sostenuto e alimentato nel corso degli anni per poi contrastare e sconfiggere fino alla dissoluzione di quello Stato. Nasce, prolifera e si consolida – sempre l'ISIS – laddove prima della nostra guerra per procura, delle nostre guerre per procura e della follia della modalità attraverso la quale abbiamo condotto l'illusione del contrasto al regime di Bashar al-Assad, esisteva la Siria. La versione in franchising dell'ISIS non a caso colpisce in Libia, laddove esisteva una statualità prima che decidessimo di decretarne la destabilizzazione prima e il fallimento poi, tant’è che noi oggi – questa è amara ironia forse, mi perdonerete l'ironia Pag. 33un po’ dark – però continuiamo a finanziare delle missioni in Libia che addestrano forze di polizia e di pubblica sicurezza laddove uno Stato non esiste più, cioè ne finanziamo una parte nel frattempo che, almeno a parole, noi sosteniamo l'attività dell'inviato dell'ONU Bernardino Leon per la pacificazione fra le due principali parti in contesa sul terreno per arrivare a ricostruire almeno un'ombra, un simulacro di statualità unitaria che possa meglio servire al contrasto dell'ISIS in versione franchising o in versione statuale. Allora, bisogna volgersi al passato, anche a quello recente, per comprendere la natura del terreno in cui le radici del terrore cercano e trovano l'acqua che le nutra e le fa crescere, per prosciugarla quest'acqua finalmente. Questa radice non è l'Islam, io voglio dire con forza che trovo rivoltante chi specula e lo sciacallaggio su questo terreno, alimentando fobie e razzismi, odio e sentimenti di vendetta, scontri di civiltà. L'Islam è un messaggio di pace e fratellanza, vorrei dirlo con le stesse parole che è stato capace di utilizzare Papa Francesco, che ascoltiamo probabilmente e in maniera ipocrita – come si usa su un sacco di cose in questo Paese – solamente quando ci fa comodo. E se qualcosa c'entra la religione, nella sua forma degenerata, fanatica e pervertita, essa si colloca, in rapporto all'orrore ed alla guerra, nella medesima posizione che lega, legava e legò la Chiesa cattolica romana nel passato all'Inquisizione e alla caccia alle streghe o la Chiesa riformata luterana al massacro dei contadini di Frankenhausen, per dirne un altro di evento storico, con la medesima relazione, con la medesima perversione e degenerazione della religione che si fa controllo temporale e strumento dell'esercizio dell'oppressione dei popoli e dei loro diritti. Insomma puntare il dito contro i migranti arabi e musulmani in quanto tali equivarrebbe alla condanna di tutti i cattolici europei per i progrom contro i marranos e i conversos o per l'Olocausto degli ebrei, perché io vorrei ricordarlo in quest'Aula quel «Gott mit uns» che segnava le cinture dei gerarchi nazisti e delle SS che compivano nell'Europa civile, democratica, tollerante e dei valori cattolici, quegli orrori che abbiamo conosciuto solamente poco tempo fa.
  La storia insegna, non bisogna mai dimenticarla, neanche quando quell'orrore si rivolge contro di noi, come sta succedendo anche in questi giorni e in questa fase. Non l'Islam, quindi, ma il potente strumento ideologico, la potente legittimazione morale che la sua degenerazione fanatica offre a persone e popoli schiacciati da secoli di oppressione, sfruttamento ed ingiustizia.
  Da qui bisognerebbe ripartire: da una grande operazione umanitaria internazionale che mettesse in campo un grande sforzo di cooperazione allo sviluppo, di scambio pacifico, di crescita culturale. E tutto ciò che avviene accade sul bagnasciuga del nostro mare Mediterraneo, senza che l'Europa mostri alcuna capacità autonoma ed unitaria, quando proprio nel Mediterraneo si dovrebbe giocare una delle partite fondamentali per la pace mondiale e per un nuovo modello di sviluppo.
  Ma, anche qui, un altro nodo critico del decreto-legge che stiamo discutendo: mentre si prevedono nuovi 130 milioni di euro per le operazioni di supporto aereo contro l'IS, sul fronte della cooperazione tutto il resto è immutato, stranamente o forse coerentemente con la filosofia del decreto-legge: si prevedono briciole per quella che, invece, sarebbe l'unica attività strutturale praticabile e duratura.
  Insomma, io non sono un esperto di diritto penale, per restare sull'altra parte del decreto-legge che stiamo votando, a differenza di tanti colleghi più autorevoli di me, e non pretendo neanche di esserlo, ma mi pare che di fronte allo scenario che ci troviamo a fronteggiare, l'aumento delle pene per i foreign fighters rischi di non produrre alcun effetto concreto, né di deterrenza sul piano interno, né di disincentivo all'arruolamento nelle file dell'IS. E sarebbe pure contraddittorio pensarlo, dato che, da una parte, noi teorizziamo l'esistenza di un fanatismo violento, che non sente ragioni, che pensa al martirio e Pag. 34alla distruzione della propria persona per condurre una guerra; se pensiamo che questo sia il fatto, diciamo che non sarà certo prevedere tre, sei, dieci o venti anni di carcere, oppure l'ergastolo, a servire da disincentivo a una motivazione – perdonatemi se lo dico in questa maniera così asciutta e laica, non vorrei che sembrasse un ammiccamento – così forte e così importante.
  Sarebbe valsa decisamente di più una maggiore determinazione verso il riconoscimento dello Stato palestinese e la predisposizione di una missione di interposizione sotto l'egida dell'ONU, che desse il tempo – in quell'area così cruciale per il Medio Oriente e per i fenomeni che là si sviluppano e continuano ad alimentarsi – ai fattori di pace e della società civile di svilupparsi, di sottrarsi alla pressione concentrica dei coloni ultraortodossi, da una parte, e del radicalismo islamico, dall'altra. Invece nulla ancora si muove su questo terreno e quando anche la Palestina dovesse essere – e io mi auguro mai – infiltrata dallo Stato islamico, allora forse ci pentiremo di non aver chiamato Hamas a sedersi al tavolo della pace.
  Così come qualche mese fa abbiamo scoperto che quei curdi, che censivamo nella black list delle organizzazioni terroristiche internazionali, oggi sono gli eroi di Kobane, che stupiscono i nostri sensibili animi democratici perché hanno una concezione del ruolo della donna persino più avanzata dei nostri alleati turchi, che, oggi, insomma, scopriamo essere diversi da come li avevamo descritti. Lo abbiamo fatto con i curdi, forse dovremmo cominciare a ragionare con un atteggiamento di questo tipo anche in altri contesti assolutamente importanti.
  Infine, un tema: se le radici del terrorismo, se il suo motore è quello che ci siamo detti, io penso che, su questo, un minimo di unità trasversale in quest'Aula ci possa essere sul ragionamento, quanto meno. La sua benzina e la sua espansione è la grande disponibilità dei sistemi d'arma, favorito da un traffico d'armi sul quale, in alcuna maniera, nemmeno in questo decreto-legge mostriamo volontà di intervenire. Ancora una volta gli interessi economici prevalgono sulle ragioni della pace e sui diritti dei popoli.
  Forse siamo come mosche bianche, oppure ci direte che siamo degli utopisti e ancora ci ripeterete la storia che noi ben conosciamo, cioè che, del resto, il mondo non è quello che vorremmo – altrimenti non staremmo a sinistra, cercheremmo di conservarlo così com’è, se fosse come lo vorremmo – ma a noi non pare per nulla che la vostra presunta realpolitik abbia prodotto risultati positivi e maggiore sicurezza internazionale negli ultimi venti, venticinque anni.
  Ci pare, anzi, che il mondo oggi sia ancora più terribile e più complesso rispetto a trent'anni fa. Ci pare che troppi errori, sempre commessi con la sicumera di chi ha sempre ragione, abbiano condotto il pianeta verso «una vera e propria terza guerra mondiale» – anche queste sono parole di Papa Francesco – una guerra irregolare, subdola, diffusa ed insidiosa, una vera Caporetto della politica internazionale, con tanti Cadorna che ancora incitano all'offensiva, nonostante ogni elemento di valutazione del contesto suggerisca un cambio radicale di strategia.
  Questo decreto-legge, onorevoli colleghi, rappresentanti del Governo, signor Presidente, ricalca le medesime visioni, le stesse orme e le stesse strategie. Per questo, perché vogliamo essere realisti e concreti, non ci sentiamo nella condizione di fornire alcun sostegno a ciò che si sta facendo. La storia, quella lontana come quella recente, dovrebbe insegnarci come affrontare il futuro. La storia, lontana e recente, è costellata di gravi errori e di gravi omissioni. Quella storia e quegli errori ci chiedono una svolta netta, una svolta profonda. Se in futuro sarete in grado di produrla ci troverete pronti a collaborare, ma oggi queste condizioni non ci sono. Perciò, staremo ancora da questa parte della strada, a denunciare che il vestito dell'imperatore in realtà è un imbroglio e che serve un abito nuovo se si vuole restituire ai popoli la pace e all'Occidente Pag. 35del mondo la dignità perduta (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Mauro Pili. Ne ha facoltà.

  MAURO PILI. Grazie, Presidente. Non affronterò tutti i temi che questo decreto-legge propone all'attenzione di quest'Aula, ma mi soffermerò su alcune questioni rilevanti, che reputo assolutamente importanti.
  Il primo punto è il tema della sicurezza interna del nostro Paese, la sicurezza dentro i supermarket, dentro i cinema. I supermarket e i cinema, ma potrei citare le strade di Roma così come quelle dei piccoli paesi della Sardegna. Mi richiamo a quello che è accaduto e sta accadendo nel mondo, nella nuova strategia terroristica islamica che ha radicalmente cambiato l'atteggiamento verso l'Occidente e che, quindi, comporta che bisogna riformulare, rifunzionalizzare anche le forze in campo rispetto a questo tipo di cambiamento sostanziale della strategia terroristica in Occidente.
  E c’è il secondo tema che voglio affrontare, che è quello della gestione dell'immigrazione, di quello che lo stesso Ministro degli affari esteri ha più volte richiamato e, cioè, del potenziale di infiltrazioni che si possono manifestare attraverso quel flusso, incontrollato e incontrollabile, che arriva, appunto, sulle coste del Mediterraneo e che invade, di fatto, non soltanto l'Italia.
  C’è un terzo tema che voglio affrontare, cioè la gestione dei terroristi. In Italia abbiamo dimostrato di avere un intelligence davvero all'altezza della situazione, capace di individuare le cellule più remote e più nascoste. Ma nel contempo siamo riusciti, con leggi deboli e con strutture carcerarie davvero da terzo mondo, a farli scappare, a non poterli agguantare e oggi rileggiamo quegli stessi nomi, nel cuore delle liste che gli Stati Uniti hanno emanato già a gennaio di quest'anno, tra i più pericolosi terroristi islamici ricercati in questo momento.
  Quindi, ci sono queste tre questioni che sono concatenate, che sono e che dimostrano come questo decreto sia totalmente inadeguato, nella strategia, nelle azioni che vengono messe in campo e nella filosofia d'azione rispetto al nuovo versante terroristico che sta avanzando nel nostro Paese.
  Non farò e sfuggirò a tutte le valutazioni ideologiche e religiose che si sono fatte, tutte congetture, di ogni parte, che vanno ad appesantire il ragionamento che, invece, deve essere molto più limpido e molto più chiaro.
  Noi abbiamo un decreto-legge contraddittorio, totalmente contraddittorio per almeno tre questioni. La prima è che stanzia denari ulteriori, milioni di euro, per ergere nel Mediterraneo un muro fatto di navi e di aerei, di armi e di missili, quando nello stesso contempo avviamo procedure per realizzare, in maniera ancora più compiuta, un corridoio che consente di fare entrare i terroristi in casa attraverso quel flusso di immigrazione e, quindi, un passaggio totalmente contradditorio. Da una parte ergiamo i missili, i carri armati, le navi e gli aerei e dall'altra, invece, stendiamo il tappeto rosso perché questi milioni di islamici arrivino in Italia, senza alcun tipo di controllo.
  Infatti, quello che sta emergendo, e lo documenterò con elementi e fatti puntuali, è che non vi è alcun tipo di controllo nel flusso migratorio sul piano sanitario, ma non esiste e non è assolutamente compiuto su quello terroristico. Non vi è alcun controllo ! Entrano in Italia, non vi è alcun controllo e poi, dopo ventiquattro ore, come dirò nel dettaglio di alcuni fatti e di alcuni episodi che richiamerò, si allontanano senza che nessuno ne sappia niente.
  È evidente che, se noi agiamo su questo duplice binario, continuiamo a foraggiare le industrie belliche, che, da questa azione, da questo decreto, così come da altri, continuano a guadagnare milioni, miliardi di euro, impunemente, senza alcun tipo di controllo della spesa militare, che sfugge ai controlli di tutti, di questo Parlamento innanzitutto.
  Sollecito la Presidenza a sollecitare il Governo alla risposta alla mia interrogazione Pag. 36in cui individuo 14 generali, Capi di stato maggiore della difesa, dell'Aeronautica, della Marina e dell'Esercito, che sono passati dalla guida di queste strutture alla guida di industrie belliche, e lo hanno fatto dopo tre mesi che si sono licenziati o che si sono dimessi dalla struttura militare. Sono andati a guidare industrie belliche, con affari di miliardi per quanto riguarda la fornitura di armi. Vi è una legge che lo vieta; eppure, nessun Governo e nessun organo giudicante si è occupato del fatto che vi è questo trasversalismo tra la struttura militare e il passaggio all'industria bellica. E noi andiamo a finanziarlo ulteriormente, così come finanziamo l'arrivo, attraverso questo flusso migratorio, che vogliamo punire. Ma non bisogna punirlo quando è arrivato in Italia: bisogna arginarlo sul fronte del Mediterraneo, sull'altra sponda del Mediterraneo, metterci nelle condizioni di creare progetti di dialogo che possono bloccare quel flusso, che, altrimenti, non potrà essere bloccato né da aerei né da navi, e sarà un'invasione incontrollata, che raggiungerà i nostri paesi e le nostre città impunemente.
  E poi, il muro di intelligence: noi abbiamo in Italia, ed è dimostrato nello scenario internazionale, un vero e proprio muro di intelligence, di personale altamente qualificato, che riesce ad entrare nei gangli delle moschee, che riesce ad entrare nei gangli della vita islamica di questo nostro Paese; una struttura straordinaria, costruita in decenni di lavoro e di relazioni internazionali.
  E, poi, li scoviamo, scoviamo le primule fondamentali e fondamentaliste del sistema, le mettiamo anche in carcere, con leggi deboli, che non consentono di analizzare puntualmente qual è lo scenario, anche internazionale, di questi personaggi, e poi li schiaffiamo in carceri di cartapesta, consapevoli di schiaffarli in carceri bucate, dove il dialogo tra i terroristi è consuetudine quotidiana, di giorno e di notte, senza alcun timore, senza alcuna preclusione, il che significa, sostanzialmente, far trasformare quelle carceri in vere e proprie cellule di terrorismo islamico, così come è capitato in Sardegna. Lo dico a ragion veduta, perché, tre anni fa, al Ministro della giustizia Paola Severino feci una denuncia, che è agli atti di questa Camera, con un atto di sindacato ispettivo, in cui denunciavo che nel carcere di Macomer non vi erano le condizioni per detenere i più grandi e più rilevanti terroristi islamici in Italia. Feci quella affermazione sapendo che quella struttura penitenziaria era nata per i tossicodipendenti. Figuriamoci: da una parte, facciamo il muro dell’intelligence, recuperiamo questi terroristi di primo piano, e poi li mettiamo in un carcere che è nato, ed è morto in questi ultimi giorni, come carcere per tossicodipendenti.
  In realtà, ci troviamo di fronte a personaggi di primissimo piano internazionale. Due di questi sono finiti, per assurdo, in questi ultimi giorni, nella black list degli Stati Uniti d'America, ed erano nel carcere di Macomer. E li ho visti io, personalmente, dialogare l'uno con l'altro, da una porta all'altra, da una finestra all'altra, senza alcun tipo di attenzione, con un carcere totalmente inadeguato. Uno di questi signori, in quella occasione, mi consegnò questo documento di quattro pagine, in cui diceva di essere perseguitato dall’intelligence nazionale e internazionale.
  Qui dice: «dal 2000 sono attenzionato dall'antiterrorismo mondiale». Ebbene questo signore ha fatto delle valutazioni nelle intercettazioni, ne citerò soltanto una, dialogando con il suo capo, Abu Omar, nel 2002, in una moschea, questo signore, Bouyahia dice: «ti do una bella notizia, stamattina in Tunisia hanno fatto un attentato e sono morte diverse persone»; la bella notizia ! E Abu Omar dice: «gli autori dell'attentato sono amati da Dio» e lo ringrazia. Questo signore è detenuto nel carcere di Macomer ed oggi è nella black list del Ministero dell'interno degli Stati Uniti. Per quale motivo in Italia, tutto il lavoro fatto a monte dall’intelligence, è poi franato, invece, in un carcere inadeguato ? Perché c’è uno Stato incapace, superficiale, negligente, che pensa che la Sardegna sia la discarica per mandarci una volta i mafiosi e i camorristi, una volta i terroristi internazionali, mettendo Pag. 37a rischio non soltanto la sicurezza della Sardegna, ma anche il concetto nazionale di sicurezza. Questo documento mi è stato consegnato attraverso interposta persona, il tunisino che mi voleva consegnare questo documento mi ha detto: «te lo faccio dare quattro celle più avanti». Ma come poteva dialogare quattro celle più avanti con un altro signore, Gendron, un francese convertito all'Islam ucciso qualche mese in un conflitto a Damasco ? Era nel carcere di Macomer anche lui. Come è possibile che uno dal carcere di Macomer, dove sconta reati perseguiti in questa terra, poi finisca, dopo qualche mese, a combattere a Damasco ? Vuol dire che noi facciamo un grande lavoro di intelligence, li mettiamo nelle carceri, poi non li controlliamo, non li mettiamo sotto quel controllo assiduo e necessario e poi escono e diventano due di quei sessanta della black list degli Stati Uniti.
  Allora come è possibile che oggi ci si chiede un nuovo decreto emergenziale ? Un nuovo decreto che sostanzialmente deve essere posto urgentemente all'attenzione, ma quale urgenza ? Siamo in totale emergenza e questo tipo di azioni, di provvedimenti, sono nella continuità politica di questo Governo, perché non voglio dimenticare che questo Governo ha tre anni e mezzo di vita, perché di fatto tre anni e mezzo di vita significa che si parte dal Governo Monti, si arriva al Governo Letta e al Governo Renzi. È una continuità politica che ha stravolto quell'impostazione che era stata messa in campo dall'allora Ministro Pisanu, non lo cito soltanto perché conterraneo: da una parte, guanto di velluto che potesse consentire all'Islam moderato di dialogare con l'Occidente, di costruire tessuti di integrazione corretti, dall'altra, pugno duro verso quei versanti terroristici e assolutamente fondamentalisti che hanno messo a soqquadro già allora, in quella prima ondata, il nostro Paese. Tutto questo è stato davvero messo in disparte e oggi ci si presenta un decreto contraddittorio nella sostanza: facciamo il muro di navi e di aerei e apriamo il tappeto rosso perché possano arrivare, attraverso l'immigrazione, terroristi di ogni genere nel nostro Paese e utilizziamo marginalmente i militari per fare le «strade sicure». Io l'ho detto già in occasione del precedente decreto «milleproroghe», l'ho detto anche in altra occasione in questa Aula: dobbiamo rifunzionalizzare l'esercito, dobbiamo avere la capacità di non avere compartimenti stagni per cui i generali impediscono di utilizzare gli uomini che non sono solo dediti alle azioni militari, ma che devono essere funzionali, come è avvenuto in alcune positivi esperimenti – «Strade sicure» è uno di quelli – utilizzando e rifunzionalizzando anche i corpi dello Stato in funzione della nuova filosofia d'azione del terrorismo internazionale, cioè dentro casa. Significa presenza del cittadino e presenza del militare, significa dare certezza e avvertire una percezione sincera della sicurezza nel nostro Paese.
  Invece, il contagocce: diamo cento uomini, duecento uomini dell'esercito, non di più.
  La realtà è che si vuole continuare a sorreggere e fomentare quel ragionamento, per cui i corpi dello Stato sono divisi e non possono essere uniti in una lotta come questa. Ci sono le primogeniture, ci sono i ruoli di comando e non c’è la volontà, invece, di mettere tutti in un progetto serio di condivisione della sicurezza nazionale, innanzitutto dentro il nostro Paese. Infatti, l'attacco non sta arrivando con missili verso il nostro Paese: sta arrivando dentro, si sta infiltrando e sta crescendo quell'infiltrazione, anche grazie a quello che è avvenuto in questo nostro Paese.
  Perché dico questo ? Perché la gestione della partita relativa all'immigrazione è scandalosa, non solo sul piano dei finanziamenti, di quanto sta costando e di quella vergognosa ricerca di strutture alberghiere per collocare questo tipo di immigrati, ma per quello che è avvenuto in Sardegna, per esempio. Cito gli ultimi dodici libici, di nemmeno venti giorni fa, caricati nell'aeroporto di Palermo e portati nell'aeroporto di Elmas a Cagliari durante la notte. Ma perché si portano con un aereo, con un volo charter, dodici libici dal continente, o meglio dalla Sicilia, in Sardegna ? Pag. 38Qual è la filosofia ? Senza alcun tipo di controllo sanitario e soprattutto portati in un piccolo paese di pochissime anime, a Sadali, facendogli percorrere 300 chilometri in pullman. E poi l'indomani mattina, di quei dodici non ce n’è nemmeno uno ! Tutti scomparsi, tutti si sono dileguati, senza alcun tipo di controllo, anzi pare che alcuni non abbiano nemmeno fornito approssimative generalità anagrafiche ! E dove sono finiti ? Chi ci dice che, dentro quel nucleo, rispetto a quei 100, 200, 300 che sono già arrivati in quel comune di Sadali e che non sono rimasti in quelle strutture nemmeno ventiquattr'ore, non c’è stato all'interno di quel mandato, di quel gruppo, anche un'infiltrazione terroristica ? Non lo possiamo dire, ma non lo possiamo nemmeno smentire, perché non c’è stato nessun controllo e le forze dell'ordine sono state costrette il giorno dopo a perlustrare con elicotteri e con mezzi tutto il territorio. Questo dimostra il dilettantismo: da una parte, la struttura d’intelligence, che fa un lavoro meritorio, e, dall'altra, apriamo varchi che non ci consentono di dare nessun tipo di garanzia alla sicurezza nel nostro Paese.
  Penso che con questo decreto-legge dobbiamo rispolverare quella visione di un Paese che sa guardare e sa anche dare all'Europa un segno evidente di tentativo – che può essere perseguito – di arginare a monte, cioè sull'altra sponda del Maghreb, la condizione essenziale affinché non vi sia questo tipo di invasione e di immigrazione, che è assolutamente un pericolo incontrollabile ! Infatti più saranno e più sarà incontrollabile quel flusso all'interno di quel numero, ormai immane, di immigrati e di terroristi che potranno essere insediati. Infatti, hanno capito che bisogna aggirare il muro di armi, di aerei e di navi che fanno piacere alle industrie belliche e che bisogna bypassarle con il tappeto rosso ed entrare nel nostro Paese. Qui, in questo nostro decreto-legge, non c’è una svolta puntuale, che era assolutamente auspicabile, ovvero quella di impegnare tutte le strutture e tutte le forze dell'ordine e dell'Esercito a controllare, a presidiare, a stare vicino ai cittadini, a prendere per mano i cittadini, a garantire la sicurezza e la percezione della sicurezza, che invece, purtroppo, sta venendo meno.
  Ebbene, la vicenda di Sadali e la vicenda del carcere di Macomer sono eloquenti. Qualcuno deve risponderne. Al Ministero dell'interno qualcuno deve dire perché sono state utilizzate decine di voli charter per portare in Sardegna centinaia di immigrati, senza alcun tipo di controllo sanitario e terroristico, senza alcun tipo di verifica e, poi, il giorno dopo, nemmeno ventiquattr'ore, queste centinaia di immigrati sono sparite, liquefatte, senza alcun tipo di verifica e di controllo. Così come qualcuno deve rispondere al Ministero della giustizia dell'utilizzo di un carcere per tossicodipendenti, utilizzato per i peggiori e più efferati terroristi al mondo, che la lista americana oggi individua come tra quelli più ricercati, che erano in carcere, che sono andati fuori e che non siamo riusciti a bloccare ed evitare che, come dice qualcuno, potessero pianificare altre stragi.
  Non è un caso che in queste ore, in questi giorni si dica che proprio nel carcere di Macomer sia stata pianificata la strage di Tunisi. Forse quelle mura di cartapesta hanno un responsabile nella gestione di quella struttura penitenziaria, quella gestione penitenziaria di questo fenomeno terroristico, che non ha saputo trovare uno Stato coerente, uno Stato determinato, che combatte alla radice questo fenomeno, che mina davvero la sicurezza del nostro Paese e delle nostre regioni.

  PRESIDENTE. Saluto gli studenti e gli insegnanti dell'Istituto comprensivo statale «Autonomia 168» di Torre Orsaia, in provincia di Salerno, che assistono ai nostri lavori dalla tribuna (Applausi).
  È iscritto a parlare l'onorevole Vittorio Ferraresi. Ne ha facoltà.

  VITTORIO FERRARESI. Signor Presidente, ci troviamo di fronte all'ennesimo decreto-legge sulle missioni internazionali, ma ci troviamo di fronte anche a un Pag. 39decreto-legge cosiddetto antiterrorismo. Quando in questo Paese non va qualcosa – e questo succede molto spesso –, viene instaurata la cosiddetta emergenza. Quindi, di solito le emergenze superano le normalità. Quindi, viviamo in un mondo, in un Paese di emergenze, che questo Stato, questo Governo e i Governi passati non sono mai riusciti a risolvere.
  Ora sugli organi di stampa, sulle TV, sui giornali, anche a livello internazionale, è sicuramente messo in primo piano il discorso antiterrorismo, il discorso ISIS. Purtroppo, però, per contrastare questo fenomeno, che ha comunque risvolti e conseguenze sul mondo occidentale, ma che sono stati creati anche dal mondo occidentale, si vuole, come al solito, fare leggi per risolvere il problema. È una priorità, è una prerogativa del Governo Renzi. Renzi non va a incidere sulle leggi, sugli atti del Governo, quando effettivamente e strutturalmente il Paese ne ha bisogno, ma semplicemente quando sulla stampa si riporta il problema.
  C’è il problema della corruzione ? Il Governo esce subito dicendo: priorità del Governo sarà una norma anticorruzione. C’è il problema delle carceri ? Subito: risolveremo il problema delle carceri. C’è il problema del terrorismo ? Subito il decreto-legge antiterrorismo. Questo è il modo di agire del Governo Renzi.
  Qualcuno dice che, visto che sono problemi che stanno a cuore e parlano alla pancia dei cittadini italiani, risolviamoli. Purtroppo, però, non è così. Infatti, abbiamo visto che, dopo tutte le bolle mediatiche create e gli spot elettorali che questo Governo sta portando avanti, le soluzioni ai problemi non ci sono. Viviamo veramente in un Governo, in uno Stato di ipocrisia, dove ogni giorno esce qualcosa sul giornale e ogni giorno il Presidente del Consiglio risponde, quasi dovesse fare le leggi più per i giornali che per lo Stato italiano e il Paese in cui viviamo. Infatti, per esempio, di pensioni e di cittadini che non arrivano alla fine del mese nel frattempo, però, non si è mai parlato (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Forse perché non sono emergenza per la stampa e sono diventati normalità ?
  Allora, io credo che questo Governo, con meno leggi, fatte meglio – perché questo è il grosso problema –, si dovrebbe occupare più della normalità, dei problemi quotidiani dei cittadini italiani e meno delle continue emergenze. Infatti, occupandosi della normalità con interventi strutturali, nel lungo periodo, si riescono a risolvere anche le emergenze. Quindi, noi potremmo non avere più emergenze andando ad agire sulla legislazione ordinaria, tramite il Parlamento, e risolvendo i problemi dei cittadini.
  Questo è il quadro. Ma che altra occasione ghiotta poteva avere questo Governo, democristiano da destra a sinistra, se non l'emergenza terrorismo per fare un decreto-legge ad hoc, infilandoci dentro, come successe con la «legge Fini-Giovanardi» del Governo di centrodestra per le Olimpiadi invernali di Torino, norme che con il terrorismo non c'entrano nulla, ma semmai c'entrano con il togliere ai cittadini libertà fondamentali e privacy ?
  Questa è l'occasione ideale: un decreto-legge spot, che non serve a nulla per contrastare il terrorismo, ma, dall'altra parte, dà adito e apre le porte del Ministero dell'interno per controllare i cittadini, per fare in modo che alcuni tipi di comportamenti siano repressi e non possano essere portati avanti sulla rete, anche se magari reati non sono.
  Allora, andiamo ad analizzare questa urgenza antiterrorismo, perché c’è chi crede effettivamente che con la parte sull'antiterrorismo noi, con il codice penale in mano, andandolo a modificare, quando in questi due anni di legislatura è stato toccato solo per concedere depenalizzazioni e favori appunto ai criminali, possiamo sconfiggere il terrorismo. Perché, in effetti, chi si fa saltare in aria ha paura del nostro codice penale ! È questa la soluzione che si vuole adottare. In altre parole, il problema non è prevenire il terrorismo con risorse e strumenti alle forze dell'ordine, magari anche assunzioni, visto che ci sono migliaia di idonei che stanno aspettando Pag. 40ancora giustizia da questo Ministro dell'interno e non vengono considerati (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Non è questa la priorità del Paese, non è la prevenzione, non è l'organizzazione, non è lo sviluppo tecnologico, non sono risorse, personale e strumenti, ma è il codice penale. Noi veramente pensiamo che con questi strumenti farlocchi noi andiamo a contrastare chi si vuole far saltare in aria ?
  E, nello stesso momento, sa, Presidente, cosa si fa ? Si crede veramente che questa normativa possa essere utile per un centinaio di casi ? Duecento ? Trecento ? Sto parlando del vero terrorismo, non di quello che vuole essere ricondotto da questo Governo anche ad attività di protesta sul territorio di cittadini a cui verrà sventrato e stuprato il territorio. No, questo non è terrorismo ovviamente. Il terrorismo, quello vero, quello di matrice internazionale, assolutamente è un terrorismo che, forse, arriverà – e sono positivo – a tre, quattro o cinque processi. Noi presto istituiremo una direzione nazionale antiterrorismo e andiamo a fare un decreto-legge ad hoc, facendo una grande operazione di deterrenza sul codice penale, per quanti processi ? Non lo so, lo chiedo anche al relatore Dambruoso: quanti processi faremo per questi cosiddetti terroristi ?

  ROCCO PALESE. Nessuno !

  VITTORIO FERRARESI. Nessuno. Ma, nello stesso tempo, si va a incidere sulle libertà fondamentali dei cittadini e forse – e questa è la nostra paura, ma una paura che secondo noi è assolutamente fondata – si va a incidere su ciò che terrorismo non è, ovvero le condotte di chi protesta giustamente per difendere il suo territorio vogliono essere ricondotte a fattispecie di terrorismo, ma non lo sono. Questo è veramente un modo di agire sbagliato, veramente un modo di agire criminale, Presidente.
  E, allora, partiamo dall'articolo 1. Chi si arruola: da cinque a otto anni. Pena altissima.

  EDMONDO CIRIELLI. Gli diamo un premio ?

  VITTORIO FERRARESI. No, no gli diamo un premio, ma sicuramente, quando si va a toccare il codice penale, collega, bisogna mantenere una certa linearità di chi con il codice penale e con il codice di procedura penale ci lavora tutti i giorni in Commissione giustizia (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). E visto che non la vedo, posso desumere che magari queste cose (Commenti del deputato Cirielli)...

  PRESIDENTE. Chiedo scusa. Onorevole Cirielli, poi lei interverrà e dirà quello che crede. Lasci intervenire il collega Ferraresi (Commenti del deputato Cirielli). Onorevole Cirielli, la prego...

  VITTORIO FERRARESI. Io credo che queste condotte ovviamente non siano da esaltare, ma c’è sempre una congruità con cui si agisce nel codice penale e c’è sempre anche una determinatezza delle fattispecie. Infatti, io posso anche pensare di aggiungere pene più alte per determinati tipi di reati e con questo sono d'accordo. Certo, non gli va dato un premio. Certo, vanno puniti. Ma a una fattispecie con pene alte deve corrispondere una determinatezza e una specificità ancora più stringenti. Proprio perché la pena è alta, le norme devono essere chiare, devono essere interpretabili dai cittadini e dai magistrati. Infatti, è inutile fare una norma con pene alte se non è determinata, se non è chiara. È ancora più pericolosa. È ancora più pericolosa !
  Quindi che si vada a mettere mano al codice penale sono d'accordo, ma in modo assolutamente congruo e chiaro. «Chiunque organizza, finanzia o propaganda viaggi finalizzati al compimento delle condotte con finalità di terrorismo di cui l'articolo 270-sexies è punito con la pena da cinque a otto anni». Bene, qui la nostra richiesta è di mettere «con viaggi in territorio estero», a meno che noi non pensiamo che, in questo momento, si possa organizzare o finalizzare viaggi in Italia Pag. 41che siano di terrorismo, credo che questa specificazione vada fatta, perché è evidente che quello che con questo strumento del decreto-legge antiterrorismo stiamo cercando di evitare e di colpire è la problematica di questi giorni del terrorismo di matrice islamica. Allora, che senso ha fare questa norma senza questa specificazione ? Ha solo il senso – e questa è la nostra grande paura – di ricomprendere condotte che con il terrorismo non hanno nulla a che fare, ma magari sono punite essendo previste come altri reati, di persone che in Italia non sono terroristi; magari compiono dei reati, ma non devono essere ricondotte sotto questa fattispecie.
  È stata avanzata l'ipotesi di applicare questo articolo sul terrorismo ad alcune condotte nel nostro territorio. Per fortuna, la giurisprudenza ha smentito categoricamente, ma la paura c’è, il vulnus c’è ed è per questo che noi dobbiamo evitare con tutti noi stessi, con l'intervento del Parlamento, questo indirizzo normativo, ossia che si vada a colpire come terrorismo fatti che con il terrorismo non c'entrano nulla. Anche perché, Presidente, il terrorismo, quello generale, ha creato una spesa globale di 4.400 miliardi di dollari, per vederci cosa ? Un aumento esponenziale delle sigle terroristiche, dei gruppi terroristici, quindi in questo senso noi abbiamo fallito e dovremo rivedere veramente tutta la normativa e tutte le nostre azioni per il terrorismo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Invece, cosa facciamo ? Facciamo norme indeterminate, norme che sono state criticate dagli auditi: ricordo la professoressa Giovanna De Minico, ordinario di diritto costituzionale, il professor Antonio Cavaliere, professore di diritto penale, e anche il procuratore di Roma, Pignatone, che ha criticato aspramente le norme per indeterminatezza e poca chiarezza, sia per i cittadini, sia per gli stessi magistrati che le andranno ad applicare, e questo non è accettabile da parte di un legislatore.
  Sono stati recepiti alcune emendamenti, ad esempio quello a mia prima firma, ovvero un aumento delle pene per chi addestra o istruisce soggetti per via telematica o informatica, e chiaramente di questo siamo contenti. Ma sono state inserite nell'articolo 2 anche due norme che con il terrorismo non hanno nulla a che fare, ovvero un aumento di pena per l'istigazione a delinquere di chi commette il fatto tramite strumenti informatici e telematici. Ora, a noi può anche andare bene, all'articolo 2, comma 1, lettera b), il punto 2, cioè che la pena sia aumentata fino a due terzi se il fatto è commesso attraverso strumenti informatici o telematici, ma per condotte e reati riguardanti il terrorismo, sennò non si tratta più di un decreto contro il terrorismo.
  Se parliamo di terrorismo, parliamo di norme sul terrorismo; se, invece, vogliamo fare un decreto-legge che vada ad inasprire le pene per l'utilizzo, per reati fatti tramite strumenti informatici o telematici – ma per tutti i reati –, come si vuol fare nelle lettere a) e b), punto 1), a noi questo non sembra congruo, ma ci sembra che il Governo utilizzi, con la scusa dell'antiterrorismo, uno strumento come quello del decreto-legge per fare cose che con il terrorismo non c'entrano nulla e che hanno solo lo scopo di alzare una deterrenza, che in questo caso secondo noi è inesistente, per un reato di pericolo, appunto sull'istigazione.
  Andando avanti, poi, non posso non citare il blitz terribile, terribile, che è stato sventato grazie al Movimento 5 Stelle.
  Presidente, questo Governo, mentre si parlava della Tunisia e mentre si parlava dello scandalo Lupi, ha avuto la bella idea – e di questo non ha parlato praticamente nessuno se non con un comunicato il MoVimento 5 Stelle – di prevedere le intercettazioni preventive, ovvero quando non vi sia notizia di reato, che sono cosa differente dalle altre intercettazioni a fine investigativo quando c’è la notizia del reato, per tutti i reati commessi tramite strumenti informatici e telematici. Praticamente un controllo generale su tutti noi, fatto senza notizia di reato, per tutti i reati.
  Le intercettazioni preventive, lo spiego, sono disposte per reati gravi e per reati di Pag. 42mafia e terrorismo. Ecco, il Governo con un blitz, con un emendamento, voleva ampliare le intercettazioni preventive, fatte senza alcuna notizia di reato, a tutti i reati commessi tramite strumenti informatici o telematici; a parte il pascolo abusivo, forse, praticamente tutti, un controllo generalizzato che neanche nel romanzo «1984» di Orwell si sarebbero sognati di pensare. È una vergogna, vi dovete vergognare per questo provvedimento.
  Per fortuna, sì, per fortuna – noi volevamo la soppressione – è intervenuto un subemendamento a un emendamento del Governo del relatore che ha modificato la previsione. Ma questo non toglie il fatto, se si è riparato, che non sia grave un intervento del Governo, perché, magari, se non se ne accorgeva il parlamentare 5 Stelle di questo intervento, questo provvedimento andava avanti così (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) con una pericolosità, per tutti i cittadini italiani, di essere spiati ingiustamente, visto che molte parti di questo Parlamento, molte forze politiche di questo Parlamento parlano sempre di ingerenza nella privacy. Se non se ne accorgeva nessuno, come ci ritrovavamo, con questa norma qui ? Per fortuna tale possibilità è stata sventata.
  Altra norma indefinita e assolutamente irragionevole che ha creato imbarazzo, sia da parte degli auditi, sia da parte dei commissari, è sicuramente l'articolo 75-bis, al comma 1, che punisce penalmente il contravventore al divieto di espatrio. Anche qui Pignatone dice che non si capisce il precetto vietato; noi stiamo punendo con una soglia alta, da uno a cinque anni, chi viola il divieto di espatrio e a cui è stato ritirato il passaporto. Questo ovviamente è imbarazzante perché punire la violazione di una sanzione amministrativa mi sembra alquanto stupefacente; noi abbiamo fatto un emendamento soppressivo, ma anche un emendamento che specifica meglio, appunto, il comportamento di chi rientra, magari, addestrato – e allora lì, sì, è pericoloso – e va punito in questo senso.
  Altri attacchi alla privacy ovviamente sono contenuti dall'articolo 7 che ha una portata che limita il diritto alla privacy in maniera del tutto esagerata; dispone che una serie di norme sulla privacy – le notifiche, il consenso informato, come esercitare i diritti, come correggere il trattamento dei dati, se e come ricorrere al Garante per farli correggere – non troveranno applicazione quando siano le forze di polizia a raccogliere i dati ed in questo caso le norme sulla privacy, dunque, salteranno attraverso una disciplina che verrà disposta, dice il comma 3 dell'articolo 7, con decreto del Ministro dell'interno.
  In questo senso, il significato giuridico è che la norma primaria sulla privacy salterà in tutti i suoi punti più rilevanti per un provvedimento che nella gerarchia costituzionale è una fonte di terzo grado. Il significato politico è che il Governo con un semplice decreto ministeriale prevarica una fonte primaria, esautorando, ancora una volta, il potere legislativo di questo Parlamento. Fatto del tutto incostituzionale, secondo Giovanna De Minico, ordinario di diritto costituzionale, che ha dichiarato: non si è mai visto che una fonte di terzo grado determini il superamento della fonte di primo grado, anche se usiamo la figura della delegificazione, che peraltro qui è male usata, perché la delegificazione consente che una materia si dequoti e dal primo grado passi in giù, ma passi al secondo, non passi al terzo.
  Le doglianze della professoressa sono state ampiamente condivise anche dal professore di diritto penale Antonio Cavaliere che ha detto appunto: non si è mai visto; come dicono tanti accademici e anche il professore. La risposta della Commissione giustizia è stata altamente istituzionale e, appunto, di merito: lo vedrai, gli hanno risposto.
  Ne vedremo, quindi, delle belle. Il MoVimento aveva presentato un emendamento secondo cui, appunto, il decreto dovesse essere un decreto allargato da parte del Presidente della Repubblica; la risposta che ci è stata data è che il decreto del Ministero dell'interno è uno strumento più pratico e veloce.Pag. 43
  Certo, quando c’è da limitare le garanzie sulla privacy e i diritti fondamentali, è sempre meglio essere veloci e pratici, da parte del Ministro dell'interno, con un Esecutivo che è appunto assolutamente veloce e agisce in maniera assolutamente incostituzionale.
  Quindi, praticamente, ciò significa come, in nome di una pretesa e non meglio identificata praticità, si possa calpestare e derogare a uno dei principi cardine della nostra Costituzione; questo è il messaggio che è stato dato rispondendo ai nostri auditi, cioè gli auditi chiamati nelle Commissioni giustizia e difesa a riferire sul provvedimento.
  Inoltre, il diritto alla privacy viene considerato un diritto fondamentale della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (articolo 8), quindi il Governo sta incidendo su un diritto fondamentale, e lo sta facendo con inaccettabile leggerezza, avallando un passaggio di poteri in materia di raccolta di dati, cosa che è ancora più inquietante.
  Ma come abbiamo visto prima, la privacy si prende in considerazione – visto che arriverà presto il provvedimento del Governo atto Camera 2798 sulla riforma del processo penale – solo quando c’è da parlare di intercettazioni investigative, per limitarle ovviamente, o per limitarne la pubblicazione o l'utilizzo dei tabulati telefonici, ma non si prende mai in considerazione, invece, quando ci sono le attività del Ministero dell'interno e dell'Esecutivo, appunto, in questo senso.
  Quindi, abbiamo visto il decreto del Ministero dell'interno pratico, efficace e veloce, ma incostituzionale, e abbiamo visto l'intervento che voleva fare il Governo sulle intercettazioni preventive. Diciamo, quindi, che questo decreto-legge antiterrorismo più che essere un decreto antiterrorismo è un decreto antiprivacy, è un decreto antitecnologie, antifonti tecnologiche e telematiche; è un decreto assolutamente contro i cittadini italiani più che contro i terroristi (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Cirielli. Ne ha facoltà.

  EDMONDO CIRIELLI. Presidente, innanzitutto colgo l'occasione per chiedere scusa al collega, se ho commentato un suo ragionamento; mi è nato in maniera spontanea ma non avrei dovuto. Sta di fatto che, giusto per chiarezza, sono componente della Commissione affari esteri e cerco di seguire anche altre Commissioni, perché il nostro gruppo ha meno parlamentari del numero delle Commissioni istituzionali. Ma cerchiamo di seguire tutti gli argomenti, come è giusto che sia, compresi quelli così importanti come l'intervento in materia penale e giuridicamente rilevante da parte del Governo.
  Voglio anche aggiungere che sicuramente l'intervento sul codice penale, in materia di misure urgenti per il contrasto al terrorismo internazionale, ha profili borderline sulla nostra Costituzione, ma credo che già da tempo, per contrastare anche fenomeni interni come la mafia e come da ultimo la corruzione, il Parlamento abbia approvato, forse anche in maniera frettolosa, provvedimenti poco determinati.
  Sta di fatto che, se vale la pena contrastare fenomeni gravi di delinquenza interna come la mafia e la corruzione, in maniera forte e determinata, a maggior ragione, bisogna farlo con il terrorismo internazionale, che miete tante vittime un po’ in tutto il mondo e sempre con il rischio che questo possa accadere in Italia.
  Quindi, da questo punto di vista, il Governo ha fatto bene. Era doveroso un intervento forte e chiaro in materia penale, in maniera preventiva, per garantire la sicurezza dei cittadini.
  È evidente che ci appelliamo al senso democratico delle forze dell'ordine, innanzitutto dei servizi segreti e anche di una buona parte della magistratura, che sicuramente perseguono fini istituzionali. Il tempo chiaramente fornirà poi correttivi adeguati per garantire al meglio la legalità e la democrazia e la costituzionalità dei provvedimenti.Pag. 44
  Peraltro, abbiamo la Corte costituzionale, che è un organo che fa bene il suo dovere. Ma certamente l'emergenza straordinaria, sotto gli occhi di tutti, del terrorismo internazionale porta tutti i Governi del mondo occidentale a intervenire in maniera chiara e forte per ridurre i rischi della sicurezza dei cittadini. Questo purtroppo significa sicuramente compromettere complessivamente anche la libertà dei cittadini onesti, ma credo che sia un rischio che in questo momento deve essere corso.
  È chiaro che noi non condividiamo assolutamente l'abbinamento che è stato fatto tra misure urgenti per contrastare il terrorismo internazionale, con interventi sul nostro codice penale, e un «decreto missioni».
  Aggiungo che in passato noi abbiamo difeso con forza – così come lo stesso Governo e, soprattutto, il Partito Democratico di Renzi quando era all'opposizione – l'idea che vi fosse un decreto-legge per ogni singola missione, che vi fosse una strategia complessiva sulle missioni internazionali e che si consentisse alle singole forze politiche di esprimere una valutazione sulle varie misure previste.
  È chiaro che non si possono mettere insieme missioni che riguardano il Libano piuttosto che i Balcani. In questa sede, tuttavia, si fa anche di peggio: si mettono insieme le missioni internazionali di stabilizzazione della pace e di lotta al terrorismo internazionale, le misure giuridico-penali per contrastare sul piano interno il terrorismo, le misure di coordinamento delle procure, l'ampliamento degli organici delle forze dell'ordine, le misure volte a migliorare, diciamo noi in maniera sospetta, interventi sulla cooperazione nelle missioni di pace. Insomma, un grande potpourri che non va a beneficio della chiarezza né della trasparenza legislativa che tante volte il Partito Democratico aveva invocato quando era all'opposizione. Ma è evidente che probabilmente, in questa era Renzi, il PD sta mutando pelle e tutti i valori su cui per tanti anni si era battuto oggi passano in secondo piano.
  È chiaro che, come abbiamo già detto, nel complesso riteniamo che le misure urgenti per contrastare il terrorismo internazionale e gli interventi giuridici, l'introduzione di nuovi reati, con la previsione di una serie di ulteriori strumenti per contrastare il fenomeno a disposizione della magistratura e delle forze dell'ordine, ci trovano d'accordo. Tuttavia, siamo messi in grave imbarazzo dalla commistione delle norme che vengono poi messe in atto.
  A ben guardare, vi è anche una serie di errori di fondo. Vi sono insufficienti misure preventive per garantire la sicurezza nazionale dall'infiltrazione dei terroristi. Non voglio sostenere che i terroristi arrivino tramite barconi, ma è evidente che un'immigrazione clandestina, proprio in quanto clandestina, è incontrollata. Non vogliamo demagogicamente mescolare i due problemi, ma è chiaro dalle cose che abbiamo ascoltato o che leggiamo sui giornali che essi sono collegati. Cito, al riguardo, la vicenda vergognosa di Terni, dove un immigrato clandestino, già espulso per aver commesso reati gravissimi, è potuto rientrare in Italia, chiedere l'asilo politico, poi respinto, fare ricorso e rimanere libero e indisturbato al punto da poter uccidere per futili motivi una persona sul territorio nazionale.
  Il punto di fondo è che manca una idea guida di come si possano controllare le frontiere e di come si possa garantire la sicurezza nazionale. Vi sono una serie di interventi spot, si inseriscono nuovi reati, si concede la possibilità alla magistratura e alle forze dell'ordine di perseguire in maniera più severa alcune ipotesi di condotta magari non penalmente rilevanti, ma poi il nostro sistema carcerario fa ridere, il nostro sistema di esecuzione penale fa acqua da tutte le parti, il nostro sistema di controllo sociale per prevenire la delinquenza e la criminalità è assolutamente inadeguato. Mi verrebbe voglia di dire che noi siamo allo sbando, ma purtroppo il problema è assai più grave.
  Vi è un insufficiente potenziamento degli organici delle forze dell'ordine, ormai mancano complessivamente, tra le forze di Pag. 45polizia, oltre 15 mila uomini. È stato già ricordato e lo voglio ribadire: vi sono migliaia di idonei nei concorsi concernenti le forze di polizia, peraltro già precari delle Forze armate, quindi persone che hanno svolto il servizio per un anno minimo, ma spesso per tre, quattro, cinque anni, che hanno partecipato alle missioni contro il terrorismo internazionale in Afghanistan, in Iraq, piuttosto che nella campagna «Strade sicure», come uomini delle Forze armate e che oggi sono a spasso e potrebbero essere prontamente impiegati per aumentare gli organici e i controlli.
  Lo dico con chiarezza, le nostre stazioni ferroviarie sono insicure, a nulla serve quel minimo di controllo in più che c’è oggi per l'accesso ai treni ad alta velocità. In molti Paesi del mondo i treni ad alta velocità sono trattati, dal punto di vista dei controlli per l'accesso, come gli aerei, perché dovete immaginare cosa possa accadere se un terrorista mette una bomba su un treno ad alta velocità lanciato a 300 chilometri orari.
  Servono controlli, servono uomini e mancano risorse per le forze di polizia. Mentre si fa questo decreto per contrastare il terrorismo internazionale, ci sono centinaia di milioni di euro in meno nei bilanci per le forze di polizia, le macchine sono usurate e sono ferme, non c’è la benzina, vengono chiusi i commissariati, si riducono gli organici, mancano i fondi per gli straordinari, manca una visione complessiva di aggiornamento e formazione per il personale proprio per la lotta al terrorismo internazionale. Il Ministero dell'interno ha sostanzialmente ignorato il problema, ha messo un piccolo pannicello caldo, ma sono le stesse forze di polizia che si lamentano gravemente. Oggi uno dei sindacati, il SAP, è in piazza qui a Montecitorio per protestare proprio perché il Governo Renzi insieme al Ministro dell'interno non fanno nulla per garantire la professionalità e la formazione specifica antiterrorismo delle forze di polizia.
  Noi abbiamo presentato una serie di emendamenti sul tema e non si capisce perché in Commissione sono stati dichiarati inammissibili, quando invece all'interno di questo decreto c’è tutto e il contrario di tutto, comprese norme che riguardano il personale e l'organizzazione delle forze di polizia.
  Quindi, anche per gli emendamenti del gruppo Fratelli d'Italia che riguardano le forze di polizia, lo scorrimento delle graduatorie degli idonei – visto che si parla, per fortuna, di 150 carabinieri in più assunti, questo è lo sforzo del Governo per contrastare il terrorismo internazionale – si potrebbe fare uno sforzo complessivo.
  Quando si fanno le riforme, quando si fanno provvedimenti per rispondere ad una emergenza reale – e, purtroppo, invece ha ragione qualche collega quando dice che Renzi si preoccupa solo di rispondere mediaticamente alle emergenze – per rispondere concretamente bisogna metterci i soldi. Certo è che, se noi sprechiamo i soldi per esserci sostituiti ai barconi e agli scafisti della morte con la Marina militare, se facciamo usurare le nostre navi per fare i taxi degli immigrati clandestini, poi non abbiamo i soldi per far formare i nostri poliziotti, non abbiamo i soldi per assumere i poliziotti che hanno superato i concorsi e sono in grado di dare una mano complessiva alla nostra sicurezza.
  Peraltro, noi guardiamo con una certa preoccupazione – anche quando si fanno le cose in maniera raffazzonata – anche alla creazione di questa superprocura. Da questo punto di vista, chi prima di me ha lamentato un'eccessiva ingerenza dello Stato, norme indeterminate dal punto di vista del principio di stretta tassatività, poi non ha messo in evidenza che probabilmente l'unificazione in una sola persona dei poteri della procura antimafia con la procura dell'antiterrorismo, con i poteri straordinari e di emergenza che sono dati per questa specifica vicenda terroristica, probabilmente è un errore; e, aggiungo, anche sul lato dell'efficienza.
  Quindi, noi auspichiamo che il Governo riveda questa posizione e si creino due coordinamenti per l'antimafia e l'antiterrorismo. Sono cose diverse e sono cose che mettono in gioco anche valori diversi e Pag. 46non penso che vi possa essere la misera scusa del risparmio di poche decine di milioni di euro rispetto a un problema che mette a rischio la vita dei nostri cittadini.
  Il plauso – e mi fa piacere – al PD che, dopo aver criticato aspramente le decisioni del centrodestra di utilizzare i militari delle Forze armate nelle operazioni «Strade sicure», oggi invece implementa ulteriormente l'impiego delle Forze armate.
  Avevamo ragione noi, le Forze armate oggi, proprio per il loro lavoro nei Balcani, in Afghanistan, in Iraq, nella lotta al terrorismo internazionale, per la stabilizzazione delle situazioni locali, la capacità di mescolare la possibilità di essere impiegate sia come Forze armate e come truppe combattenti sia come forze di polizia, sono dotate di grandissima preparazione e capaci di essere assolutamente impiegate per funzioni di ordine e sicurezza pubblica e anche di polizia giudiziaria sul territorio nazionale.
  Sulla parte del decreto che riguarda le missioni internazionali, oltre ovviamente a ribadire che avremmo gradito uno spacchettamento delle missioni e avremmo voluto che si potesse discutere delle singole missioni e dare un parere sulle singole missioni, vogliamo dire che manca una strategia complessiva sulla sicurezza dell'Italia e sulle priorità strategiche per la politica estera italiana.
  Manca perché, in questo dibattito e nello stanco riproporsi delle missioni, sembra più che prendiamo ordini da fuori il territorio nazionale e la nostra partecipazione alle missioni sia soltanto una manovalanza. Invece, noi pensiamo che l'Italia sia un grande Paese e che comunque abbia degli interessi strategici nei Balcani e nel Mediterraneo; sicuramente ha anche interessi globali per la lotta contro il terrorismo, ma crediamo che il tutto vada rivisto con una visione coerente, atteso che queste missioni costano molto.
  Chiaramente, rimane sul tappeto la vicenda gravissima dei marò. Mandiamo migliaia di uomini in giro a rischiare la vita, ma a rischiare anche la libertà e questo è inammissibile. Nessun Paese al mondo è esposto come l'Italia rispetto a quello che è capitato ai nostri marò: persone, in missione internazionale, con l'avallo dell'ONU, per combattere la pirateria internazionale, soprattutto nell'Oceano indiano, innanzitutto a tutela dell'India, sono state private della libertà illegalmente da una nazione che fa parte, come noi, dell'ONU e con la quale l'Italia e altre tante nazioni europee continuano a fare affari; una nazione, quella dell'India, che ha dimenticato i principi giuridici che gli ha trasmesso l'Inghilterra, che prevede che nessuno possa per tre anni essere limitato nella libertà senza un capo di imputazione. Ebbene, capita anche questo: i nostri marò si sono trovati in un incidente (non si sa ancora se sono loro i responsabili perché non c’è stato un processo) in acque internazionali, su una nave italiana, e l'India, solo in virtù del fatto che questa presunta nave coinvolta nell'incidente è indiana, si è arrogata il diritto di sequestrare per tre anni sostanzialmente i nostri uomini, a prescindere dal fatto che oggi una persona, solo per motivi umanitari, si trova in Italia.
  Ebbene, noi continuiamo, nonostante gli annunci del Ministro Pinotti, a mantenere le nostre missioni nell'Oceano Indiano – perché l'annuncio sul ritiro eventuale alla fine dell'anno dalla missione Atalanta non ci soddisfa – e vogliamo sapere perché continuiamo a difendere gli interessi degli indiani con i nostri uomini, con i nostri mezzi e a spese nostre con questa missione. Probabilmente, ci sono interessi inconfessabili e inconfessati delle lobby e dei poteri finanziari che esercitano certamente un'influenza forte su questo Governo.
  Certo, un piccolo «pannicello caldo», ma benvenuta la fine delle missioni e dell'impiego dei nostri marò sulle navi degli armatori, ma solo perché oggi sarebbero pronti con i contractor privati a esercitare questa funzione, tranne che poi probabilmente – come è capitato – se questi cittadini italiani saranno rapiti o arrestati in vari Paesi esteri, non si pagherà Pag. 47sottobanco un riscatto, come si è fatto per le varie cooperanti solo perché erano di sinistra.
  Sulla vicenda libica, credo che il Governo commetta una grave omissione: stiamo ignorando che, alle porte di casa nostra, sta nascendo un nucleo territoriale dello Stato islamico, del Daesh o dell'ISIS, che dir si voglia, a pochi chilometri dalle nostre coste, sicuramente da quelle siciliane e da quelle di Pantelleria, in un Paese tradizionalmente amico nel quale l'Italia ha anche grandi interessi strategici.
  L'Italia, nonostante la favolosa presidenza semestrale dell'Unione europea del nostro Presidente del Consiglio, Renzi, non è riuscita mai a far portare all'ordine del giorno, non diciamo dell'ONU, ma neanche dell'Unione europea – con tutto l'Alto rappresentante della politica estera italiana, una persona di qualità, l'onorevole Mogherini, ma che purtroppo oggi si prende solo lo stipendio in Europa – la vicenda libica.
  L'Egitto, in pochi giorni, ha effettuato un bombardamento contro lo Stato islamico ed è riuscito a portare in Consiglio di sicurezza la vicenda libica.
  Oggi noi ignoriamo sostanzialmente il problema con un intervento risibile nella legge di rifinanziamento delle missioni di pace, di stabilizzazione e di cooperazione, come se la vicenda libica, che è la più grave in questo momento per l'Italia, non ci interessasse per niente. È questo uno dei problemi più gravi, che dimostra che il nostro Paese è allo sbando. Altro che norme liberticide ! Il problema è molto più profondo.
  Così come voglio sollecitare un'altra questione. Andiamo verso la liquidazione del nostro impegno in Afghanistan. Per carità, si dice: «missione compiuta». Lo vedremo. Però – e c’è anche il sottosegretario, che ha un'esperienza come la mia – noi abbiamo avuto 54 caduti in Afghanistan, 54 soldati, oltre alle centinaia di feriti, che sono stati mandati con la certezza che lo Stato li avrebbe difesi, non li avrebbe dimenticati. Sono stati mandati per contrastare il terrorismo internazionale, per impedire che sul nostro territorio nazionale avvenissero episodi terroristici, così come è capitato per gli Stati Uniti, perché, non lo dimentichiamo, dall'Afghanistan è partito l'attacco alle Torri gemelle.
  Ebbene, è solo di ieri una notizia di un convegno importante dei familiari dei caduti in Afghanistan dove non era presente sostanzialmente alcuna istituzione, soprattutto le più rilevanti cariche dello Stato. Io credo che, da questo punto di vista, noi dovremmo imparare dagli Stati Uniti d'America. Gli Stati Uniti d'America, che sono impegnati tutti i giorni in tutto il mondo per difendere la pace e la sicurezza nel mondo, hanno un alto senso di riconoscenza per questi caduti e per questi feriti.
  Allora, io mi appello al Governo: oltre a istituire i fondi per avere un seggio permanente alle Nazioni Unite, magari per accontentare qualche altro amico di partito del Presidente del Consiglio Renzi, stanziamo dei fondi in modo che si costruisca non soltanto un'assistenza sociale, economica, psicologica a queste famiglie, ma che si dia anche a tutte le altre Forze armate la certezza che lo Stato non li dimentica, che non li usa e non li sacrifica, altrimenti avremo ben altre cadute di tensione morale nel nostro Stato. Dobbiamo prendere l'esempio positivo degli Stati che vogliono avere l'ambizione di difendere la pace e la sicurezza nel mondo, così come fanno soprattutto gli Stati Uniti d'America.
  Da ultimo, per dire che, ovviamente, in questo decreto si infila tutto e il contrario di tutto; sottolineo la vicenda della cooperazione internazionale. Noi siamo ancora allibiti e scioccati per la riforma che ha voluto il PD, che sostanzialmente privatizza la struttura del Ministero degli affari esteri che si occupa della cooperazione. Nel momento in cui lottiamo contro la corruzione, in cui infiliamo una serie di norme per verificare la procedura degli appalti, in cui siamo lì a strapparci le vesti quando scopriamo gli imbrogli del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, il PD, guarda caso, finito il finanziamento pubblico, si «privatizza» tutta la cooperazione Pag. 48internazionale, con una legge che, solo pochi mesi fa, ha voluto fortemente il Viceministro Pistelli.
  Allora, io credo che su questo dobbiamo riflettere. Magari, vediamo cosa ne pensa il presidente Cantone sulle norme relative all'impiego del denaro pubblico nella cooperazione internazionale, qual è la trasparenza che c’è dietro questi interventi, quanto costano gli interventi in cooperazione civile e quanto viene speso per lo stesso tipo di intervento dai militari sul campo nei loro interventi di cooperazione in Afghanistan piuttosto che in Iraq. Scopriremo delle cose molto strane, che ci porterebbero molto lontano.
  Ma al di là di questa critica di carattere generale, mi chiedo come pensate di privatizzare lo Stato, proprio voi che, per tanti anni, avete parlato di tutele e di interesse pubblico, ma poi abbiamo visto quello che avete fatto con l'IRI, con la Telecom, e potrei parlare per ore su tutto quello che avete combinato in questi venti anni. Penso che, in un decreto che parla di interventi importanti, dal punto di vista giuridico, sul codice penale, in un decreto che parla di missioni internazionali, non si possano fare piccoli «interventucoli» di politica di cooperazione, così come è stato fatto.
  Allora, noi crediamo che bisogna avere il coraggio e la trasparenza di affrontare le cose nelle sedi opportune, senza mettere tutto e il contrario di tutto all'interno dei provvedimenti.
  Voglio anche dire che, proprio per questo, noi siamo in grande difficoltà, perché per noi il voto sarebbe logicamente favorevole, nonostante qualche contrarietà che posso avere espresso, rispetto alle misure urgenti per il contrasto del terrorismo internazionale. Ovviamente, siamo contrari, perché nulla è stato fatto per riportarli a casa.
  Renzi aveva detto: «Farò semplicemente di tutto». Non ha fatto proprio nulla, in un anno, per riportare a casa i marò e continuiamo a servire l'India con le missioni internazionali. Infatti, voglio ricordare che, guarda caso, l'India è uno dei maggiori finanziatori della missione in Afghanistan, così come lo è stato per l'ISAF in Afghanistan, perché, chiaramente, la stabilizzazione dell'Afghanistan è un problema di interesse prioritario anche per l'India, oltre che per tutto il mondo.
  Sulla cooperazione, ovviamente, non ci capiamo un granché rispetto a questi movimenti sottobanco che il Governo fa. Allora, noi, ovviamente, vediamo anche come vanno i nostri emendamenti, vediamo la discussione, vediamo il testo che esce alla fine dall'Aula, però vogliamo esprimere la nostra protesta più viva per questo modo di fare del Governo.
  E, rispetto ai decreti-legge, ci farebbe piacere che chi, per Costituzione, deve controllare anche l'ammissibilità dei decreti-legge sia, magari, attento, dal punto di vista legislativo, ad impedire che vi sia una commistione di materie che non consente al Parlamento di esprimersi in piena trasparenza, consapevolezza e legalità.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Palese. Ne ha facoltà.

  ROCCO PALESE. Presidente, rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, questo disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 7 del 2015 reca, oltre alle consuete misure di proroga, in questo caso fino al 30 settembre, delle missioni internazionali delle nostre Forze armate e di polizia, anche misure di contrasto del terrorismo, anche di matrice internazionale.
  Le misure di contrasto del terrorismo rappresentano l'attuazione nell'ordinamento interno della risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite n. 2178 del 2014, che obbliga gli Stati a reprimere con forza tutta una serie di condotte dirette ad agevolare atti terroristici anche in Stati esteri. Questo configura anche le attività dei cosiddetti foreign fighters, che affiancano in conflitti armati organizzazioni terroristiche. Secondo la predetta risoluzione del Consiglio di sicurezza, devono essere perseguiti i trasferimenti verso Paesi diversi da quello di residenza, nonché il finanziamento di tali Pag. 49trasferimenti ed il reclutamento di terroristi destinati a trasferirsi in altri Paesi per compiere le loro azioni o partecipare a combattimenti.
  Come si vede, siamo di fronte ad una sorta di atto dovuto, in quanto è evidente non solo l'opportunità, ma la necessità di rafforzare le norme del codice penale dirette a contrastare il terrorismo internazionale, che ormai ci minaccia da vicino, come dimostrato dal feroce attentato di Tunisi, in cui ci sono stati i primi cittadini italiani assassinati o feriti da aderenti all'ISIS.
  Va, comunque, sottolineato che il codice penale già conteneva norme significative per contrastare il terrorismo; comunque, nella difficile e confusa situazione attuale, un rafforzamento in linea con quanto ci richiede il Consiglio di sicurezza dell'ONU non guasta. Occorrerà verificare, poi, in sede di applicazione, se queste nuove misure sono appropriate ed efficaci.
  Per quanto riguarda le specifiche innovazioni normative, c’è da osservare che si estendono le sanzioni penali non solo a chi arruola terroristi nel nostro territorio, ma anche a chi si arruola. Vengono puniti, con il nuovo articolo 270-quater, coloro che organizzano e finanziano viaggi finalizzati al compimento di atti terroristici e sono comunque inasprite le pene già previste dal codice penale in materia di terrorismo.
  Particolare attenzione viene posta dal provvedimento al nostro esame contro l'uso di strumenti informatici e telematici per propagandare l'attività delle organizzazioni terroristiche e, soprattutto, per fare del proselitismo, utilizzando la rete. Viene pesantemente sanzionata la fabbricazione e l'utilizzazione di documenti falsi per fini di terrorismo e viene stretta notevolmente la disciplina della produzione e del commercio non solo delle armi e degli esplosivi, ma anche delle sostanze che costituiscono precursori degli esplosivi; questo per contrastare la fabbricazione di bombe artigianali da parte di individui isolati o costituenti piccoli gruppi, che, per imitazione o per rispondere agli appelli delle organizzazioni terroristiche, potrebbero essere indotti a tentare azioni terroristiche nel nostro Paese.
  Da segnalare la norma introdotta nel codice di procedura penale che prevede l'arresto obbligatorio in flagranza per i delitti di organizzazione dell'ingresso illegale di stranieri nel territorio dello Stato; questo, evidentemente, per potenziare il contrasto dell'immigrazione clandestina, in cui si potrebbero inserire terroristi, specie islamici. Di grande rilievo è l'estensione dei poteri e delle funzioni della procura nazionale antimafia ai procedimenti contro il terrorismo, anche internazionale. Importante è poi la costituzione presso la Corte di cassazione della Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo.
  Come si vede, si è abbandonata la prima ipotesi di costituire una procura nazionale che si occupasse solo di terrorismo specie internazionale e si è optato, invece, per l'attribuzione di nuove competenze in materia di antiterrorismo alle strutture giudiziarie che hanno compiti di contrasto specifico delle organizzazioni mafiose. Ci sembra una scelta economica e razionale, in quanto evita duplicazioni di organi giudiziari e soprattutto eccessivi oneri aggiuntivi, che date le precarie condizioni della nostra finanza pubblica, sono, per quanto possibile, da evitare.
  Nel corso dell'esame nelle Commissioni di merito, il Capo I del provvedimento che riguarda il contrasto al terrorismo, anche di matrice internazionale è stato implementato con l'inserimento di commi ed articoli aggiuntivi che rafforzano tale tipo di contrasto. Sono inasprite le pene previste nel testo iniziale e sono rafforzate notevolmente le misure dirette a contrastare l'uso degli strumenti informatici e telematici per propagandare le idee dei terroristi specie islamisti e per fare proseliti. Questo è opportuno in quanto i terroristi islamici sono particolarmente inclini e, purtroppo, abili nell'usare la rete per i loro fini perversi. È importante che i rafforzati poteri di controllo del traffico telefonico e informatico per lottare contro il terrorismo specie internazionale, non siano mai utilizzati per violare la privacyPag. 50di cittadini che niente hanno a che fare con il terrorismo specie di matrice internazionale. Come già osservato, occorrerà verificare sul campo se queste norme saranno adeguate per rafforzare la difesa del nostro Paese e dei nostri cittadini, ovunque si trovino, dalle gravi minacce del terrorismo islamico, minacce così esplicite e così chiaramente dirette contro di noi da non poter essere più ignorate o peggio sottovalutate.
  Vorrei, a questo punto, soffermarmi brevemente su due importanti risultati raggiunti nelle Commissioni riunite tramite l'approvazione di alcuni nostri emendamenti. Mi riferisco all'operazione «Strade sicure» ed in particolare al contingente militare dell'Esercito che opera nel perimetro della cosiddetta «Terra dei fuochi» per un'organica azione di controllo contro il fenomeno della combustione illecita di rifiuti tra Napoli e Caserta. L'emendamento approvato prevede che il contingente non sia inferiore alle 200 unità e che, a decorrere dal 30 giugno 2015, il predetto contingente possa essere incrementato fino a 300 unità, compatibilmente con le complessive esigenze nazionali di ordine e sicurezza pubblica e nell'ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente. Abbiamo appreso dalla stampa che, su questa modifica, vi è la contrarietà della Ragioneria generale dello Stato, nonostante la norma preveda esplicitamente che la spesa sia compatibile con le risorse disponibili a legislazione vigente. Questa riserva della Ragioneria sarà sicuramente oggetto di esame approfondito della Commissione bilancio. La decisione, peraltro trasversale, da parte del Parlamento di aumentare il numero di soldati per presidiare il territorio e vigilare sulla «Terra dei fuochi» è una questione prettamente politica e come tale deve essere trattata.
  Infine, una questione che a Forza Italia sta molto a cuore: la liberazione dei nostri fucilieri di Marina, detenuti ingiustamente in India da più di tre anni. Già nel decreto-legge di proroga delle missioni internazionali delle Forze armate e di polizia dello scorso anno, avevamo proposto, ed ottenuto, che la proroga della partecipazione di personale militare all'operazione militare dell'Unione europea denominata Atalanta e all'operazione della NATO, denominata Ocean Shield, per il contrasto della pirateria, fosse valutata, concluse le missioni in corso e comunque non oltre il 31 dicembre 2014, in relazione agli sviluppi della vicenda dei due fucilieri di marina del Battaglione San Marco attualmente trattenuti in India. Il Governo, presentando il provvedimento oggi al nostro esame, ne ha tenuto conto e ha valutato di terminare la nostra partecipazione all'operazione della NATO denominata Ocean Shield. Ha ritenuto tuttavia che la partecipazione alla missione Atalanta fosse coerente ad una risoluzione approvata dal Parlamento europeo. Ma, reputando che il Parlamento debba comunque esprimersi su tale importante questione, le Commissioni riunite Giustizia e Difesa hanno ritenuto, tramite l'approvazione di un nostro emendamento, che al momento opportuno i parlamentari debbano essere posti nelle condizioni di esprimere le loro valutazioni. Pertanto, conclusa la missione in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto e comunque non oltre la data del 30 settembre 2015, la partecipazione dell'Italia all'operazione Atalanta sarà valutata, sentite le competenti Commissioni parlamentari, in relazione agli sviluppi della vicenda dei due fucilieri della Marina militare attualmente trattenuti in India. In conclusione, la partecipazione italiana alle missioni antipirateria è, a questo punto, indissolubilmente legata alla soluzione positiva della vicenda dei nostri marò e al loro ritorno in Patria.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole D'Arienzo. Ne ha facoltà.

  VINCENZO D'ARIENZO. Grazie Presidente, Governo, cari colleghi, oggi siamo qui in Aula a riflettere di un provvedimento quale quello, per quanto mi riguarda, per la parte di competenza della Commissione difesa, che proroga il ruolo, l'assunzione di responsabilità, che il Paese Pag. 51si è assunto nel tempo, non da oggi, nel quadro internazionale.
  E pur tuttavia, anche se ogni semestre affrontiamo questo argomento, non si tratta di un argomento normale, di una mera ritualità, di un provvedimento rituale e formale. Ogni volta abbiamo la possibilità di discutere sul contenuto delle missioni, sulla coerenza delle missioni e sul ruolo della cooperazione, che si è sempre mantenuta insieme. Abbiamo la possibilità non solo di approfondire, ma anche di modificare eventuali errori commessi.
  L'importante, però, è che il principio sia mantenuto. Nell'ambito delle missioni internazionali e della cooperazione internazionale si esprime con forza il ruolo e la funzione del nostro Paese, soprattutto nell'area del Mediterraneo – qualche collega vi faceva riferimento – che è l'area a noi più prossima, l'area che ci interessa di più e, per come si stanno svolgendo i fatti in campo internazionale, l'area più tumultuosa che può preoccuparci. Quindi, con la proroga di oggi, non autorizziamo solo l'uso della forza militare nelle aree di crisi per ristabilire la pace e la democrazia, ma confermiamo nell'ambito di questo quadro la collaborazione internazionale, nella quale l'Italia, come è noto, svolge un ruolo primario, addirittura per alcuni anni prioritario in alcuni ambiti.
  Capisco le perplessità – sono state espresse in ogni momento – ma vi sono modi diversi e migliori per espandere e rafforzare i principi della democrazia ? Siamo sicuri che senza le missioni internazionali si sarebbero raggiunti gli stessi obiettivi ? Ci sono altre modalità ? Coloro che hanno espresso dei dubbi hanno altre modalità per raggiungere gli stessi obiettivi ? Io penso di no. Possono essere anche stati commessi degli errori, chi non ne commette in situazioni così delicate, ma sicuramente non vi sono opzioni diverse rispetto a questa. Non solo, ma confermando ormai da anni l'azione congiunta militare e di cooperazione noi consolidiamo uno spirito, consolidiamo una volontà di risolvere nella maniera più veloce possibile in quegli scenari così tormentati le situazioni che ci troviamo ad affrontare. Le affrontiamo con uomini e donne che, sebbene agiscano in contesti difficili e tormentati, come ho detto prima, non si tirano indietro.
  Qui un pensiero, come hanno fatto anche altri colleghi, va ai due fucilieri di marina, che soffrono di un'ingiusta e assurda detenzione, in relazione alla quale come è noto, contrariamente a quanto è stato detto in quest'Aula, il Governo sta offrendo ogni sforzo per risolvere la situazione. Più volte in Commissione difesa, su richiesta anche del Partito Democratico, ci sono stati approfondimenti su questa questione, fino ad arrivare martedì prossimo alla visita a casa di uno di loro, a Taranto. Sono loro, anche i due fucilieri, sono loro il volto dell'Italia ! È grazie a loro che, negli scenari nei quali l'Italia opera, siamo apprezzati e benvoluti.
  Sono emerse anche delle perplessità sull'unire, in un unico decreto, le missioni, la cooperazione e le norme antiterrorismo. Da questo punto di vista, onestamente, rispetto alle perplessità che sono state espresse, non c’è nessun azzardo. Com’è noto, le due cose da qualche anno si tengono insieme. In alcune aree di crisi del mondo dove il terrorismo sta avanzando, sono presenti delle forze multinazionali che, attraverso l'imposizione della democrazia e dei principi cardine della democrazia, riescono a sradicare le culture del terrorismo che si stanno impossessando di quelle comunità tormentate. È in ogni caso indubitabile che la partecipazione a missioni militari all'estero è sempre stata, anche da questo punto di vista, una componente importante della politica estera dell'Italia repubblicana, sia per stabilizzare quelle aree sia per contrastare il terrorismo che avanza in molti di questi scenari. E per fortuna ! E un riconoscimento va alle Forze armate che da questo punto di vista hanno offerto il loro contributo.
  Ma quando dobbiamo valutare, così mi avvio anche alla fine, visti i tempi a disposizione...

Pag. 52

  PRESIDENTE. Mi perdoni un secondo, onorevole. Colleghi ? Grazie.

  VINCENZO D'ARIENZO. Grazie Presidente. Nel caso specifico delle proroghe, per evitare che sia un mero fatto finanziario, perché spesso viene affrontato in questo modo, dobbiamo valutare la coerenza di queste missioni con gli obiettivi che si pone l'Italia, con gli obiettivi che si pongono nella comunità internazionale.
  Poteva bastare poco per approvare il decreto-legge, in particolare quello relativo alla proroga delle missioni internazionali. Sarebbe stato sufficiente far riferimento alla necessità del Paese di partecipare alla coalizione anti Stato islamico dell'Iraq e del Levante, oppure alla novità della partecipazione di personale militare alla nuova missione della NATO in Afghanistan, la Resolute Support Mission. Basterebbe nominare solo questi casi per favorire il voto. Invece, come Partito Democratico, abbiamo voluto approfondire il ruolo primario dell'Italia all'interno di queste missioni, il ruolo nella partecipazione alla comunità internazionale; quindi la credibilità, la preparazione, la capacità dell'Italia, ma anche la coerenza delle missioni con le priorità della politica estera italiana, con le priorità della comunità internazionale, con la necessità di non buttare via denaro, perché quello che noi buttiamo da una parte non possiamo utilizzarlo positivamente in un'altra direzione.
  Onestamente devo dire che rispetto a ogni decisione al riguardo, a ogni decisione che va nella direzione di prorogare le missioni, la valutazione delle risorse già impegnate, la valutazione dei risultati sulla stabilità e sulla cooperazione, insomma i cardini delle missioni internazionali, questa coerenza, questa valutazione non possono che essere positive, seppure con qualche ombra. Ma dove non ce ne sono in situazioni così difficili ? Ma complessivamente, anche in ragione del fatto che non ci sono situazioni o opzioni diverse che consentono gli stessi risultati, certamente il risultato che abbiamo ottenuto con le tante missioni va nella direzione che ci siamo detti. Ed è proprio in ragione di questi elementi fattuali che il Partito Democratico chiede un voto favorevole per la proroga, per continuare a far sì che l'Italia possa proseguire su questi scenari ad offrire il proprio contributo alla democrazia e alla pace.
  Non abbiamo trascurato – e così concludo – neanche la sicurezza interna di fronte agli scenari che stiamo affrontando. L'aver potenziato l'operazione «Strade sicure», passando da 4.250 e 5.600 militari, una parte rilevante per l'Expo, è per noi un punto di forza e soprattutto lo è il fatto di averli tolti dal giro inutile lungo le strade e averli posizionati presso i presidi fissi, i posti sensibili, i posti fissi e gli obiettivi sensibili, in modo da liberare risorse per le polizie tradizionali. Come pure abbiamo confermato la volontà del Paese di risolvere quel nodo assurdo della cosiddetta Terra dei fuochi, facendo in modo che dal 1o luglio si possa incrementarne anche la forza.
  Colleghi, con queste brevi, veloci riflessioni, ho voluto favorire una riflessione più ampia per evitare – ripeto – che quando si parla di proroghe di missioni internazionali – visto che il provvedimento arriva qui ogni sei mesi – si faccia una valutazione rituale o solo dal punto di vista economico. E a questo proposito, quindi, non posso che auspicare, per evitare che questo possa essere e sia, una legge quadro sulle missioni internazionali, che definisca il confine ed i criteri di partecipazione alle missioni e che lasci magari alla legge di stabilità la fissazione dei conti, e ovviamente il controllo del Parlamento attraverso le Commissioni parlamentari competenti.
  Ma, alla luce di tutte le cose che ho detto, convinto che oggi abbiamo evitato questa cosa, sono ulteriormente e altresì convinto che, con la proroga delle missioni internazionali attraverso questo decreto-legge, l'Italia continuerà a fare la propria parte (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. Grazie onorevole D'Arienzo, anche per la sistesi. È iscritto a Pag. 53parlare l'onorevole Invernizzi. Ne ha facoltà.

  CRISTIAN INVERNIZZI. Signor Presidente, una discussione sulle linee generali su provvedimenti di questo tipo capita anche con un singolare tempismo.

  PRESIDENTE. Chiedo scusa, onorevole Invernizzi. Chiedo ai colleghi se possono abbassare il tono della voce. Approfitto anche per salutare gli insegnanti e i bambini dell'Istituto comprensivo statale Luigi Pirandello di Pesaro che assistono ai nostri lavori dalla tribuna (Applausi). Prego, onorevole Invernizzi. Mi perdoni l'interruzione.

  CRISTIAN INVERNIZZI. Di niente, ci mancherebbe. Dicevo che una discussione sulle linee generali su un provvedimento di questo tipo capita con un singolare tempismo proprio nella mattina in cui l'Italia si sveglia con una notizia che sicuramente ci fa piacere – e quindi il plauso va anche agli investigatori e alle nostre forze di sicurezza. Proprio questa mattina si è concretizzata un'indagine lunga tre anni che ha portato all'individuazione di una cellula (o di più cellule, vedremo, siamo alle prime notizie) di terroristi islamici stanziati nel nostro paese. Questo significa che la jihad islamica, l'ISIS, Al Quaeda (non sappiamo a quali sigle queste persone fermate e individuate facciano riferimento) sono in Italia, abbiamo in Italia terroristi islamici. Quello che la Lega Nord dice ormai da mesi, affermazioni che vengono contrastate dicendo che facciamo pura propaganda, che vogliamo semplicemente parlare alla pancia dei cittadini, che cerchiamo di strumentalizzare questioni complicate e difficili come quella del terrorismo internazionale, invece erano parole profetiche: l'Italia è in prima linea, è vista dai jihadisti islamici come un nemico, per cui, piaccia o non piaccia, credo che sia il caso di capire che ci troviamo in una situazione di guerra, che ci troviamo di fronte a persone che, come è risaputo, se ne fregano di vivere un paio di ore in più, che non hanno assolutamente alcun rispetto per la vita umana e che anzi vedono proprio nell'occidentale in quanto tale (quindi non nel capitalista, non in colui che viene accusato di aver depredato le ricchezze del loro paese e di averli sfruttati, ma occidentale in quanto tale) come un nemico da abbattere.
  Siamo contenti che oggi il Parlamento, la Camera, possa concentrarsi sui temi secondo me così importanti. Spiace – e lo dico al Governo – che il campanello di allarme a seguito del quale è stata presa l'iniziativa di fare qualcosa di pratico, di vero e di chiaro contro il terrorismo islamico, sia sostanzialmente suonato solo dopo che a qualche centinaio di chilometri dai nostri confini, a Parigi, due persone riferentisi al terrorismo islamico, hanno compiuto ad inizio gennaio quello che tutti noi conosciamo, l'attentato, la strage presso la sede parigina di Charlie Hebdo. È stato soltanto allora che il Governo italiano ha capito che probabilmente sì, sono importanti le slide, viva i tweet, viva le pseudo riforme, tipo la mancata eliminazione delle province, che magari non erano così fondamentali, ma che era il caso di concentrarsi su una questione di fronte alla quale non possiamo assolutamente abbassare le armi.
  Spiace anche – e lo dico da cittadino – che quello che è avvenuto pochi giorni non sul nostro territorio, ma a pochi chilometri, in Tunisia, che ha visto comunque la morte di cittadini italiani che sono stati uccisi proprio perché occidentali, quindi portatori di quella civiltà che evidentemente a queste persone non piace, non abbia avuto quella eco che probabilmente merita. Risuonano ancora nelle orecchie, con una certa rabbia e fastidio, alcune affermazioni da parte di esponenti anche del Partito democratico che si sono affrettati, in seguito alla diffusione della notizia della morte dei nostri concittadini, a dire «ma, vedete, i terroristi islamici non ce l'hanno tanto con l'Occidente, anzi, hanno attaccato un paese in cui l'islam non è radicale, un paese in cui si cerca una transizione dalla dittatura (fino a pochi anni fa) alla democrazia, un paese che tenta faticosamente di laicizzare la propria Pag. 54comunità. Non si riesce a capire perché ogni volta che si parla di terrorismo islamico, ogni volta che ammazzano cittadini occidentali, o in questo caso italiani, c’è la voglia di dire «Salvini non ha ragione, la Lega non ha ragione, abbiamo ragione noi, guardate che l'Islam c'entra fino a un certo punto, si tratta di dinamiche interne che non hanno nulla a che fare con la vostra bieca, schifosa propaganda, voi che cercate di lucrare schifosamente sulle morti, eccetera eccetera.»
  Però, queste notizie unite, secondo me, dovrebbero farci capire, invece, una cosa, e cioè che siamo nel mirino degli estremisti islamici; lo siamo non perché leghisti, non perché apparteniamo a questa o a quell'altra ideologia politica, ma lo siamo in quanto occidentali.
  Questa mattina ho sentito dire anche da esponenti di Sinistra Ecologia Libertà o da esponenti del Partito Democratico che forse non possiamo lamentarci più di tanto, perché, in fin dei conti, nel nostro passato, vi è l'Inquisizione, nel nostro passato vi sono gli attacchi nei confronti dei Moriscos. Insomma, siccome parecchie centinaia di anni fa e, quindi, in un'epoca completamente diversa, in un'epoca che non c'entra nulla con la nostra, la Chiesa cattolica si sarebbe macchiata di chissà quali delitti, noi oggi non possiamo prendercela con l'Islam. Io, invece, dico semplicemente che prima prendiamo atto proprio del fatto che siamo in guerra e prima, forse, riusciremo anche a fornire quelle risposte che sono necessarie.
  Secondo me, spira in questi giorni, anche sull'Europa, una pericolosa aria, che è l'aria – diciamo così – della Conferenza di Monaco del 1938. L'ho sentito anche prima, quando si è detto che no, la battaglia contro l'Islam radicale non va fatta con le armi, ma va fatta con iniziative diplomatiche, addirittura culturali, insomma, che bisogna parlare, dialogare; esattamente come nel 1938 le maggiori potenze di allora pensarono che con il nazismo di Hitler bisognasse mettersi al tavolo, dialogare, parlare, far agire la diplomazia e tutto si sarebbe risolto. A distanza di pochissimo tempo, abbiamo visto, invece, quello che è successo.
  Io, onorevole Presidente, membro del Governo e membri della Camera, ritengo che questo sia un primo passo, semplice, magari non completo – anzi, sicuramente non completo –, verso quello che noi dobbiamo fare, cioè non aver paura di affrontare le questioni. Ho sentito anche prima dire che sarebbe assurdo, rivoltante collegare il terrorismo islamico all'Islam, quindi, con questa sorta di tautologia che loro stessi tra l'altro fanno; quando ammazzano urlano: Allah akbar, Allah è grande, loro si proclamano islamici e noi siamo sempre pronti a dire: no, va bene, con l'Islam non c'entrate niente. Magari abbiamo ragione noi, lo speriamo, ma così, invece, non mi pare.
  Ho sentito dire che sarebbe anche stupido collegare i pericoli del terrorismo islamico alla diffusione delle moschee, che faremmo un regalo, anzi, ai radicali islamici se noi ci ponessimo in questa visione. Io vi cito, onorevoli colleghi, semplicemente uno studio, pubblicato pochi giorni fa proprio dal Ministero della difesa, o meglio, dal Centro militare di studi strategici del Ministero della difesa, a inizio marzo; si tratta di un dossier sulla comunità islamica italiana indice di radicalizzazione. Andate sul sito della Difesa e lo trovate.
  Bene, in questo studio, e mi avvio alla conclusione, Presidente, si dice testualmente che, secondo un dossier del 2009 dei servizi di intelligence antiterrorismo, le moschee radicali, ovvero quelle in cui odio e violenza sono predicati durante i sermoni, ammontano a 108. Centootto moschee in Italia, all'interno delle loro funzioni, vedono personaggi che predicano sermoni in cui si parla di violenza e di odio. Le moschee più radicali si trovano nelle regioni settentrionali, come Lombardia, Veneto, Piemonte, Emilia Romagna e Toscana, casualmente proprio quei posti in cui le indagini di oggi ci hanno dimostrato che effettivamente qualcosa si sta muovendo dal punto di vista del radicalismo islamico.Pag. 55
  Il numero di tali moschee è pari, rispettivamente a 12 in Lombardia, 11 in Veneto, 10 in Piemonte e in Emilia Romagna e 6 in Toscana. In Campania, Lazio, Umbria e Marche, i luoghi di culto ritenuti radicali, ammontano rispettivamente a 8, 13, 3 e 12. Nel meridione, Puglia, Sicilia e Calabria contano rispettivamente 8, 14 e 11 centri radicali.
  Quindi, di fronte a numeri, che parlano di 108 moschee in Italia in cui si predica violenza e odio verso l'Occidente, io oggi ho sentito dire: mi raccomando, l'importante è che la Lega non strumentalizzi.
  Bene, Governo, noi ci impegniamo a non strumentalizzare; voi, magari, però, impegnatevi veramente a prendere atto della realtà che voi stessi dite – perché non lo dice la Lega, lo dice il Ministero della difesa – per fare qualcosa di serio per proteggere i nostri cittadini (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Francesco Ferrara. Ne ha facoltà.

  FRANCESCO detto CICCIO FERRARA. Grazie, Presidente. Il provvedimento che ci troviamo a discutere oggi tratta materie eterogenee, alcune particolarmente delicate, come quella della lotta al terrorismo, anche internazionale, sulle quali il Governo ha deciso di intervenire con lo strumento del decreto-legge, che dunque esplica i suoi effetti, seppur provvisori, sin da subito e indipendentemente da qualsiasi intervento del Parlamento.
  L'atto Camera, che reca la conversione in legge di questo decreto, è stato assegnato alle sole Commissioni giustizia e difesa. A nostro avviso, sarebbe stato più opportuno interessare anche la Commissione affari costituzionali, per evitare la discrezionalità nonché l'arbitrarietà nel relativo uso e applicazione delle misure contenute nel presente decreto, dal trattamento dei dati personali alle forze di polizia, nonché di ulteriori casi, inseriti a regime nel testo unico sull'immigrazione, di espulsioni amministrative nei confronti di immigrati. Così come andava consentito alla Commissione affari esteri di lavorare sulle questioni di sua competenza previste nel decreto, a partire dalle missioni internazionali, che così sono rimaste slegate da una visione complessiva e strategica di politica estera, confinando tale intervento soltanto ad un profilo di esclusiva strategia militare.
  L'obiettivo del decreto-legge dovrebbe essere quello di coniugare la lotta al terrorismo internazionale e la sicurezza di tutte e tutti i cittadini con il rispetto dei diritti, delle garanzie e delle libertà individuali e collettive costituzionalmente garantite. Se è vero che, da un lato, ci troviamo di fronte ad una minaccia terroristica sempre più indiscriminata e crudele, dall'altro non possiamo evocare un astratto quanto illusorio concetto di sicurezza come unico e privilegiato punto di riferimento per affrontare situazioni di crisi come quelle che stiamo vivendo, subordinando il tema dei diritti e delle garanzie di libertà, che sono alla base di uno Stato di diritto, alla pur legittima esigenza di sicurezza.
  L’escalation di violenze e attentati dei seguaci dell'ISIS sta terrorizzando il mondo e l'Europa; gli attentati di Parigi e quello a Tunisi dimostrano tutta la vulnerabilità dei sistemi di sicurezza, l'imprevedibilità di queste azioni terroristiche e l'esigenza della comunità internazionale di fare fronte e di prevenire il proliferare dei foreing fighter e delle cellule dormienti, pronte ad attaccare l'Occidente e quei Paesi limitrofi al Califfato islamico, che si estende tra la Siria e l'Iraq e che ha lanciato una guerra santa globale volta alla creazione di uno Stato islamico su scala mondiale.
  Di fronte a tale minaccia, la risposta non può essere unicamente quella militare e della repressione di tutte le forme di dissenso, senza distinzioni tra terrorismo e libertà di espressione. L'effetto distorto di norme controproducenti, come è già successo anche a livello internazionale da misure dello stesso tipo adottate dagli Stati a seguito dell'11 settembre 2001, rischia, in larga parte, di colpire e reprimere indistintamente Pag. 56qualsiasi tipo di opposizione sociale, trasformando di fatto qualsiasi movimento di protesta in sospetti e, dunque, in presunti colpevoli.
  L'Italia, rispetto a quanto sta succedendo in Libia, ha delle responsabilità che partono dal 2011 e dall'errata partecipazione del nostro Paese a quel conflitto, salvo poi restare indifferenti negli anni successivi. L'Italia oggi dovrebbe cambiare atteggiamento in Europa e nella comunità internazionale, offrendosi di ospitare una conferenza delle istituzioni locali, delle tribù libiche, per verificare i processi di pace, giocando un ruolo neutrale, senza farci trascinare né dai Paesi europei, né tanto meno dall'Egitto, nella difesa di interessi che non ci appartengono.
  Il testo in discussione oggi contiene misure apprezzabili nella misura in cui tende ad un maggiore coordinamento delle indagini nei procedimenti per i delitti di terrorismo, nonché alla creazione di una direzione nazionale antimafia che ricomprenda anche l'antiterrorismo. Invece, risultano pericolose e controproducenti quelle norme che allargano il filone delle fattispecie di reati di associazione con finalità di terrorismo, con confini poco precisi e troppo elastici, che rischiano di attribuire la finalità di terrorismo in modo discrezionale, con conseguenti potenziali abusi e rischi per la determinatezza delle fattispecie.
  Oppure, quelle che prevedono l'ampliamento dei casi per cui è prevista l'immediata espulsione, da parte del prefetto, di immigrati, anche regolari, sospettati del reato di associazione con finalità terroristiche. Si tratta di una norma illegittima e criminogena, la cui applicazione rischia di lasciare in libertà soggetti che, invece, potrebbe essere opportuno controllare e, in presenza di indizi di colpevolezza, anche arrestare; e, nello stesso tempo, porterà all'espulsione di molti che nulla hanno a che vedere con ambienti pericolosi, creando discriminazioni non degne di un Paese democratico, con violazione di molteplici articoli della Costituzione.
  Pericoloso e controproducente appare anche il tema del trattamento dei dati personali da parte di forze di polizia. La norma infatti introduce una deroga, a regime, e non a tempo, e direttamente nel codice della privacy del 2003 per l'esercizio di compiti di polizia per «prevenzione dei reati, tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica, nonché di polizia giudiziaria svolti per la prevenzione e repressione dei reati». Il trattamento sarà individuato tramite decreto del Ministro dell'interno. Anche in questo caso non nascondiamo la nostra preoccupazione per l'uso che se ne farà, anche in relazione a quanto già espresso circa la criminalizzazione del mero dissenso.
  È bene ricordare che, trattandosi di un decreto legge, tali norme sono in vigore dal 20 febbraio scorso, a prescindere da un esame attento da parte del Parlamento. Vista la delicatezza e la rilevanza dei temi trattati in questo decreto, il gruppo SEL ha provato in Commissione ad avanzare proposte migliorative, che però tutte quante non sono state prese in considerazione.
  Per questo, invitiamo tutto il Parlamento a prendere piena consapevolezza di quanto andremo a discutere e a votare nelle prossime ore, tenendo sempre a mente che ci sono dei principi di base di uno Stato di diritto che non possono essere messi in discussione né calpestati.

  PRESIDENTE. Poiché è stato concordato di sospendere la seduta alle ore 14, chiedo all'onorevole Basilio se intenda intervenire ora o alla ripresa della seduta.

  TATIANA BASILIO. Presidente, poiché il mio intervento è più lungo di un quarto d'ora, preferirei intervenire alla ripresa dei lavori.

  PRESIDENTE. Bene, a questo punto sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 15 con il question time e, successivamente, Pag. 57alle ore 16, con il seguito della discussione sulle linee generali del disegno di legge n. 2893-A in esame.

  La seduta, sospesa alle 13,45, è ripresa alle 15.

PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE MARINA SERENI

Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata, alle quali risponderanno il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro della giustizia e il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca.

(Iniziative alla luce della recente sentenza della Corte costituzionale che ha dichiarato l'illegittimità delle disposizioni che hanno consentito all'Agenzie delle entrate, delle dogane e del territorio di coprire, in attesa dei concorsi, le posizioni dirigenziali con il ricorso a contratti individuali di lavoro a termine stipulati con funzionari interni – n. 3-01383)

  PRESIDENTE. La deputata Corda ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-01383, concernente iniziative alla luce della recente sentenza della Corte costituzionale che ha dichiarato l'illegittimità delle disposizioni che hanno consentito all'Agenzie delle entrate, delle dogane e del territorio di coprire, in attesa dei concorsi, le posizioni dirigenziali con il ricorso a contratti individuali di lavoro a termine stipulati con funzionari interni (Vedi l'allegato A – Interrogazioni a risposta immediata), per un minuto.

  EMANUELA CORDA. Signor Presidente, la recente sentenza della Corte costituzionale, la n. 37 del 2015, ha messo la parola «fine» ad una prassi scandalosa che permetteva alle Agenzie delle entrate e delle dogane di nominare dirigenti dei semplici funzionari, non vincitori di concorso tra l'altro. Quindi questa sentenza ha dichiarato anche l'incostituzionalità del decreto-legge del Governo Monti del 2012 e quindi ha anche messo fine appunto ad una prassi scandalosa, ad un regolamento che era stato firmato anche dallo stesso Befera. Quindi, posto che i dirigenti sono falsi, allora anche gli atti da essi sottoscritti dovrebbero essere falsi anch'essi, quindi così anche le relative cartelle di Equitalia. Con ciò vado a concludere e chiedo come mai per esempio anche il Governo Renzi abbia prorogato questa legge vergognosa, che è stata inserita nel «milleproroghe», e chiediamo se voglia continuare a perpetrare un comportamento anticostituzionale (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Il Ministro dell'economia e delle finanze, Pier Carlo Padoan, ha facoltà di rispondere, per tre minuti.

  PIER CARLO PADOAN, Ministro dell'economia e delle finanze. Signor Presidente, mi permetta l'onorevole di ripetere il punto, tutto su cui c’è questa richiesta. Con la sentenza n. 37 del 2015, la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale della norma, di cui all'articolo 8, comma 24, del decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16, e disposizioni successive che ne hanno prorogato l'efficacia in base alle quali l'Agenzia delle entrate, l'Agenzia delle dogane e dei monopoli hanno attribuito incarichi dirigenziali a tempo determinato a propri funzionari, all'esito di procedure di interpello e nelle more dell'espletamento delle procedure concorsuali allo scopo di assicurare la migliore funzionalità operativa delle proprie strutture volta a garantire un'efficace attribuzione delle misure di contrasto all'evasione. L'affidamento di incarichi dirigenziali a funzionari, coerentemente con la legislazione all'epoca vigente, si è rivelato, secondo quanto sostenuto dalle agenzie Pag. 58fiscali, uno strumento necessario per far fronte alle carenze di organico dirigenziale delle Agenzie in considerazione della loro peculiarità e della loro attività spiccatamente operativa. Si pensi, nel caso dell'Agenzia delle dogane, al presidio dei maggiori aeroporti e porti nazionali, dei residui valichi di confine, dei principali snodi del sistema logistico nazionale e l'effettuazione di controlli a tutela del made in Italy, del patrimonio artistico, della salute e, nel caso dell'Agenzia delle entrate, all'attività di controllo e verifica nella lotta all'evasione fiscale e alla gestione del contenzioso tributario. L'intervento della Corte costituzionale non pregiudica, contrariamente a quanto paventato dagli onorevoli interroganti, la funzionalità dell'Agenzia che, come affermato dalla stessa Corte, non è condizionata dalla validità degli incarichi dirigenziali previsti dalla disposizione censurata e che è assicurata, quanto alla validità degli atti, da regole organizzative interne che prevedono la possibilità di ricorrere all'istituto della delega anche a funzionari per l'adozione di atti a competenza dirigenziale. A conforto la stessa Corte costituzionale richiama la consolidata giurisprudenza della Corte suprema di Cassazione, che giudica sufficiente, ai fini del riconoscimento della validità dell'atto tributario, la provenienza dell'atto dall'ufficio in quanto idoneo ad esprimere all'esterno la volontà.
  Ciò risponde peraltro ai principi di buon andamento, di cui all'articolo 97 della Costituzione, di conservazione degli atti amministrativi e di continuità dell'azione amministrativa.
  Non si intravedono pertanto rischi di invalidità degli avvisi di accertamento e delle cartelle esattoriali emesse, tanto meno possono ipotizzarsi vuoti di potere per il principio più volte affermato per cui occorre individuare in ogni momento un'autorità con la funzione di decidere e di provvedere. Quanto a future iniziative, ferma la necessità di tener conto dell'indicazione emersa dalla sentenza della Corte costituzionale, si stanno valutando soluzioni possibili per assicurare piena funzionalità all'operato delle Agenzie.

  PRESIDENTE. L'onorevole Pesco ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta all'interrogazione Corda ed altri n. 3-01383, di cui è cofirmatario.

  DANIELE PESCO. Signora Presidente, siamo molto insoddisfatti per la risposta, ma soprattutto molto indignati perché i dirigenti non erano illegittimi solo dopo la sentenza, ma lo erano anche prima perché la legge prevedeva che i concorsi dovessero essere fatti entro certi termini e questi concorsi non sono stati fatti. In più, siamo molto indignati, come i cittadini che ricevono accertamenti fiscali o cartelle di Equitalia, ma non siamo solo insoddisfatti e indignati per questo, ma lo siamo per tutto il sistema che sta dietro. Il sistema che sta dietro questo sistema di nomine è quello dei partiti, i partiti che stanno all'apice della piramide: i partiti nominano il direttore dell'Agenzia delle entrate, il quale nomina i direttori centrali, i quali hanno sempre nominato i dirigenti e questo è uno scandalo perché i dirigenti possono tranquillamente indirizzare l'accertamento fiscale, il lavoro più nobile dell'Agenzia delle entrate.
  Quindi, noi siamo indignati non tanto perché i partiti politici hanno indirizzato in un certo modo gli accertamenti fiscali, ma soprattutto perché non li hanno indirizzati verso alcuni soggetti e questa è una vergogna: ad esempio MPS, MOSE, l'ex Parmalat, Metropolitane milanesi. Dov'era l'Agenzia delle entrate ? È sempre arrivata dopo la magistratura, quando l'Agenzia delle entrate dovrebbe arrivare prima, fare gli accertamenti, vedere cosa c’è di strano e informare la magistratura, non il contrario. Siamo veramente indignati, Presidente, perché queste nomine veramente sono uno schiaffo verso tutta l'onestà dei cittadini, onestà rappresentata dai cittadini che vivono nel nostro Paese e che vogliono vivere in modo onesto. Purtroppo, però, al Governo ci sono sempre state persone disoneste che dalle nomine ne hanno tratto veramente un vantaggio politico assolutamente sconvolgente. Presidente, siamo molto, molto, molto indignati e non aggiungo altro.

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(Elementi ed iniziative in merito alla partecipazione dell'Italia a Expo 2017 in Kazakistan – n. 3-01384)

  PRESIDENTE. Il deputato Ottobre ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-01384, concernente elementi ed iniziative in merito alla partecipazione dell'Italia a Expo 2017 in Kazakistan (Vedi l'allegato A – Interrogazioni a risposta immediata), per un minuto.

  MAURO OTTOBRE. Grazie Presidente, onorevoli colleghi, signor Ministro, sarò molto breve. Nel 2017, in Kazakistan, ci sarà un'importante Expo che tratta di energia del futuro. È un tema molto importante anche per il nostro Paese. Sappiamo che Paesi come la Germania hanno aderito a questa iniziativa e ancora oggi il nostro Paese non ha aderito ed è evidente che chi tardi arriva male alloggia in queste occasioni, per avere anche gli stand e i padiglioni migliori. Quindi, volevo chiederle sostanzialmente se l'Italia ha confermato o no la sua partecipazione all'Expo in Kazakistan.

  PRESIDENTE. Il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, Paolo Gentiloni Silveri, ha facoltà di rispondere per tre minuti.

  PAOLO GENTILONI SILVERI, Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. Signor Presidente, ringrazio l'onorevole Ottobre. Naturalmente, dobbiamo chiarire innanzitutto il meccanismo di queste esposizioni che l'onorevole conosce perfettamente: noi abbiamo un sistema per il quale, ogni cinque anni, si tengono le esposizioni universali, la prossima sarà a Dubai e quella successiva sarà a Parigi nel 2025 e poi, tutti gli anni, ci sono delle esposizioni internazionali di settore, quella del 2016 sarà in Turchia, dedicata al settore ortofrutticolo, e quella del 2017, che è quella oggetto dell'interrogazione, sarà in Kazakistan, dedicata alle energie e alle energie rinnovabili in particolare.
  Come si regola il Governo naturalmente per l'expo di Milano, che è un'esposizione universale, di quelle che si fanno una volta ogni cinque anni ? Sarà uno degli eventi più importanti a livello planetario in questi anni, abbiamo fatto uno sforzo enorme, siamo riusciti a raggiungere e a superare l'obiettivo dei 130 Paesi presenti che era stato indicato dall'ufficio delle esposizioni internazionali.
  Per le esposizioni di settore, quello che stiamo facendo per la Turchia, l'anno prossimo, e per il Kazakistan, nel 2017, è di avere un orientamento favorevole a partecipare, cercando, però, di coinvolgere forze economiche, imprese, sia pubbliche sia private, vagliandone l'interesse a partecipare a questa operazione, in parte, naturalmente, per alleviare il peso di queste operazioni sulla finanza pubblica e, in parte, anche per testare quanto sia strategica la partecipazione.
  Visto il Paese, il Kazakistan, con cui abbiamo relazioni molto importanti, e vista la rilevanza del tema, energia, energie rinnovabili, e anche la continuità del tema con quello dell'Expo universale di Milano, io penso che – e questo mi dicono anche gli uffici dei diversi Ministeri che ci stanno lavorando – troveremo una massa critica sufficiente per partecipare.
  La decisione non è ancora stata presa. Non è stata presa, del resto, neanche per l'esposizione del 2016, ma vorrei che chi ci ascolta avesse ben chiaro che stiamo parlando di esposizioni internazionali molto rilevanti, settoriali, che però, ovviamente, hanno un peso e una partecipazione diversa rispetto a quelle delle grandi Expo universali, che sono delle manifestazioni alle quali un grande Paese comunque non può sottrarsi.
  In questo caso si sceglie di volta in volta. Io penso che sul Kazakistan, per il tema e per il Paese in cui si svolge l'esposizione di Astana, valga la pena di fare ogni sforzo per coinvolgere il settore delle imprese e partecipare.

  PRESIDENTE. Il deputato Ottobre ha facoltà di replicare.

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  MAURO OTTOBRE. Presidente, io ringrazio l'onorevole Ministro per il suo intervento. Sono soddisfatto. Voglio anche segnalarle che la nostra regione, da dove io provengo, il Trentino Alto-Adige/Südtirol, è leader mondiale delle costruzioni, per esempio, di CasaClima (ma anche per le case passive). In questo momento è in corso il primo cantiere in Italia di un condominio totalmente passivo, a emissioni zero. Quindi, sarebbe importante esportare, visto che il Paese si riprenderà anche con le esportazioni, questa tecnologia made in Italy che funziona.
  Quindi, evidentemente le sue parole, Ministro, mi rassicurano perché, come sa, anche il lavoro bisogna cercarlo all'estero e, quindi, le nostre intelligenze, il nostro know-how sono ben visti in tutto il mondo.

(Chiarimenti ed iniziative di competenza con riguardo ai recenti persistenti disservizi relativi alle reti di trasmissione e distribuzione dell'energia elettrica, verificatisi in Abruzzo a seguito di episodi di maltempo – n. 3-01385)

  PRESIDENTE. Il deputato Sottanelli ha facoltà di illustrare, per un minuto, la sua interrogazione n. 3-01385, concernente chiarimenti ed iniziative di competenza con riguardo ai recenti, persistenti disservizi relativi alle reti di trasmissione e distribuzione dell'energia elettrica, verificatisi in Abruzzo a seguito di episodi di maltempo (Vedi l'allegato A – Interrogazioni a risposta immediata).

  GIULIO CESARE SOTTANELLI. Grazie, Presidente. Signor Ministro, nei giorni 4, 5 e 6 marzo la nostra regione, la regione Abruzzo, è stata interessata da raffiche di vento, da temporali, da nevicate, che hanno prodotto un black-out importante, che ha coinvolto oltre cento comuni, che ha coinvolto le quattro province e, soprattutto, oltre 146 mila utenti nella giornata del 5, così come è stato certificato da un comunicato dell'Enel.
  Ovviamente, è un evento che ha dato tanti problemi, tanti problemi alle famiglie, tanti problemi alle imprese e, soprattutto, anche agli operatori e agli enti pubblici che stavano, in quel momento, cercando di far fronte alle emergenze.
  Quindi, chiediamo quali provvedimenti si intendono prendere e se, innanzitutto, l'Enel ha garantito il contratto di servizio verso i cittadini.

  PRESIDENTE. La Ministra dello sviluppo economico, Federica Guidi, ha facoltà di rispondere per tre minuti.

  FEDERICA GUIDI, Ministra dello sviluppo economico. Grazie, Presidente. Io rispondo all'onorevole Sottanelli perché, come lui ha detto, in effetti la regione Abruzzo il 5 marzo è stata interessata da un'intensa perturbazione meteorologica e questa perturbazione nevosa, anche con le intense raffiche di vento, come lei ricordava, ha portato alla formazione di manicotti di ghiaccio sui conduttori e alla caduta di alberi fuori dalle fasce di rispetto, provocando ingenti danni alla rete elettrica, incluse anche le linee di media e di alta tensione.
  Dalla ricostruzione che abbiamo effettuato, entrambe le società, sia Enel sia Terna, hanno attivato, non appena si è manifestata l'emergenza, le procedure previste dai piani per il ripristino del servizio interrotto, mettendo in campo le risorse interne ed esterne disponibili. In particolare, risulta che Enel è intervenuta con una squadra di 800 unità, 300 mezzi operativi, gestendo in sicurezza 1.330 cantieri e attivando 190 gruppi elettrogeni e la stessa società Terna, coordinandosi con la Protezione civile, i vigili del fuoco, il Corpo forestale e gli enti locali, ha messo in campo tutte le risorse disponibili, rialimentando l'alta tensione già a partire dal 6 marzo, per le province di Teramo e Pescara, e completando il ripristino, tra il 7 e l'8 marzo, per alcuni comuni delle province di Chieti e L'Aquila.
  Il picco delle utenze distaccate si è avuto nella notte del 5 marzo – sono state 147 mila – e il ripristino del servizio è Pag. 61avvenuto gradualmente e si è completato il 9 marzo. Sicuramente l'efficacia della risposta è stata ridotta anche dal procrastinarsi delle avverse condizioni meteorologiche e per la chiusura al traffico di autostrade e strade provinciali, che hanno anche ostacolato le operazioni di individuazione e riparazione dei guasti e l'ispezione degli elettrodotti. A ciò si è aggiunta anche la scarsa visibilità, che non ha reso possibile intervenire con altri mezzi, quali ad esempio gli elicotteri.
  Ciò premesso, comunque è innegabile che occorre agire per rafforzare la capacità di risposta in simili situazioni, ma soprattutto per evitare che tali situazioni, che negli ultimi due anni hanno interessato non solo l'Abruzzo ma anche altre aree del Paese, possano ripetersi. Ciò significa analizzare criticamente l'assetto del sistema di servizio, con particolare riferimento alle zone interne o più a rischio dal punto di vista meteo, e migliorare la funzione di prevenzione delle criticità e di gestione delle emergenze, con uno sforzo coordinato sia delle società che gestiscono il servizio di trasmissione e distribuzione sia anche del territorio.
  I competenti uffici del Ministero hanno, quindi, già avviato una ricognizione in tal senso con le società concessionarie del servizio e si intende convocare a breve un incontro con tutte le istituzioni dei territori interessati con l'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico per un confronto sulle azioni più efficaci da mettere in atto.
  La società ENEL si è dichiarata disponibile a un confronto tecnico con la regione Abruzzo per migliorare l'attività di coordinamento e di comunicazione in caso di eventi critici. Quanto agli investimenti ad oggi già previsti, risulta che Terna abbia inserito nel piano di sviluppo della rete di trasmissione nazionale un piano di investimenti nella regione Abruzzo per circa un miliardo per le nuove reti di trasmissione dell'energia e un piano di manutenzione di quelle esistenti per circa 10 milioni, da realizzarsi nei prossimi cinque anni. Una verifica in tal senso è stata anche richiesta ad ENEL, allo scopo di rendere la rete di distribuzione meno esposta ai rischi di danneggiamento a causa di fenomeni meteorologici avversi.

  PRESIDENTE. Il deputato Sottanelli ha facoltà di replicare.

  GIULIO CESARE SOTTANELLI. Presidente, Ministro, apprezzo la sua risposta e soprattutto l'annuncio che lei ha anticipato circa gli investimenti di un miliardo di euro nella nostra regione e di 10 milioni. È ovvio che, se è accaduto quello che è accaduto, certamente una carenza di manutenzione e di investimenti nel passato nella nostra regione c’è stata ed è stata resa evidente appunto da questa brutta circostanza. Ovviamente, i danni i cittadini li hanno subiti, quindi io mi auguro che l'ENEL, in particolar modo verso le imprese, coloro che producono, faccia anche un mea culpa. Infatti, se da un lato è vero che le condizioni climatiche sono state terribili, tant’è che la regione Abruzzo penso che abbia chiesto lo stato di calamità naturale, per altro verso, è inconcepibile che quasi in un'intera regione l'intero sistema di Terna e della distribuzione e della diffusione dell'energia elettrica possa crollare così come è crollato, come un colabrodo. Evidentemente, in passato c’è stata poca attenzione verso la nostra regione da parte di Terna e di ENEL. Quindi, sono soddisfatto nella prospettiva futura, mentre, per quanto riguarda il passato, ritengo che l'ENEL debba fare mea culpa.

(Interventi strutturali per il rilancio industriale e il mantenimento dei livelli occupazionali in Campania, con particolare riferimento ai siti Finmeccanica – n. 3-01386)

  PRESIDENTE. Il deputato Ferrara ha facoltà di illustrare l'interrogazione Scotto ed altri n. 3-01386, concernente interventi strutturali per il rilancio industriale e il mantenimento dei livelli occupazionali in Campania, con particolare riferimento ai Pag. 62siti Finmeccanica (Vedi l'allegato A – Interrogazioni a risposta immediata), di cui è cofirmatario, per un minuto.

  FRANCESCO detto CICCIO FERRARA. Grazie Presidente, signora Ministro, Finmeccanica è presente nell'area campana con undici siti industriali e conta circa 6.500 dipendenti. A questi si aggiungono circa 20 mila addetti dell'indotto. A questi numeri non sembra corrispondere un adeguato piano di investimenti da parte del Governo e di Finmeccanica a sostegno appunto di queste realtà presenti. Il processo di vendita in corso di Ansaldo Breda, di STS e di Alenia Aermacchi di Capodichino, insieme alla ristrutturazione dei siti Selex di Giugliano, ha di fatto comportato sia un ridimensionamento secco dei livelli occupazionali sia anche la svalorizzazione del polo industriale presente a Napoli e in Campania. Le chiedo, quindi, se non ritiene opportuno e urgente intervenire per garantire non solo i livelli occupazionali, ma affinché in Campania rimanga strategica la presenza di Finmeccanica.

  PRESIDENTE. La Ministra dello sviluppo economico, Federica Guidi, ha facoltà di rispondere, per tre minuti.

  FEDERICA GUIDI, Ministra dello sviluppo economico. Grazie, Presidente. Certamente, con riferimento al quesito posto dagli onorevoli interroganti, il Governo, prima di tutto, conferma, naturalmente, il proprio impegno di orientamento e di monitoraggio anche delle attività in capo a Finmeccanica. Proprio in questo quadro va collocato il piano industriale 2015-2019, che è stato recentemente presentato, finalizzato nel suo complesso al rafforzamento delle attività di core business, che saranno aerospazio, difesa e sicurezza, in modo da ottenere significativi miglioramenti delle performance economiche sullo scenario globale di riferimento.
  Con lo specifico riferimento, che l'onorevole faceva, alla Campania, alla presenza di Finmeccanica in Campania, il gruppo è infatti presente con unità appartenenti ad Alenia Aermacchi, Selex, AugustaWestland, Telespazio, alle quali si devono naturalmente aggiungere le unità appartenenti alla joint venture con Mbda, nonché i siti di Ansaldo Breda e Ansaldo Sts, per i quali, come ricordava l'onorevole interrogante, è già stato definito un accordo per la loro cessione e il loro totale deconsolidamento.
  Nell'ambito, comunque, del nuovo piano Finmeccanica, ci sono alcune valutazioni ancora in corso da parte del gruppo anche su ulteriori opportunità di consolidamento e di ottimizzazione di alcuni siti. Nello specifico, nell'area campana, Selex ha due siti, quelli di Giugliano e Fusaro, ognuno dei quali impiega circa 350 persone, e la distanza fra i due siti è di circa 23 chilometri. Nel sito di Fusaro è basata anche la joint venture Mbda, che impiega circa 400 persone.
  Quindi, come dicevo, sono in corso, in effetti, analisi approfondite per capire se il consolidamento – ma parliamo di consolidamento, non di altro – in un unico sito possa rafforzare la missione industriale, costituendo, a questo punto, un unico polo con oltre mille persone e sviluppando anche investimenti mirati alla crescita delle attività attuali, che potrebbero essere così meglio focalizzate e anche rese più efficaci.
  Per quanto riguarda, invece, l'ex consorzio Sesm, con effetto dal 1o gennaio 2015, lo stesso è stato fuso per incorporazione in Selex Es, nell'ambito di un più ampio processo di semplificazione societaria, che ha interessato anche altre società, consolidando, anche in questo caso, i lavoratori nell'organico di Selex Es e garantendo, quindi, la totale continuità delle attività già svolte nel consorzio.
  In Campania, dunque, Finmeccanica è certamente una delle presenze oggi più significative, anche per l'elevato livello di competenze impegnate, e manterrà un elevato livello di presenza, anche perché tutte le attività che vengono svolte in Campania sono certamente riconducibili a quella parte core a cui facevo riferimento nell'enunciazione delle linee del piano industriale.Pag. 63
  Come auspicato, comunque, dagli interroganti, il Governo, naturalmente, è impegnato inoltre a sostenere, con apposite dotazioni finanziarie, i progetti derivanti da accordi internazionali sia militari che civili, che determinano anche ricadute importanti su Finmeccanica e su altri gruppi privati a partecipazione pubblica la cui attività è legata a questi progetti, garantendo, comunque, naturalmente, l'economicità di ciascuna impresa e prestando attenzione, naturalmente, alle ricadute sui territori e ai relativi aspetti economici, sociali ed occupazionali.

  PRESIDENTE. Il deputato Ferrara, ha facoltà di replicare.

  FRANCESCO detto CICCIO FERRARA. Grazie. Ovviamente, prendo per buone tutte le assicurazioni che lei qui ci ha manifestato. Tuttavia, vorrei segnalare due questioni: la prima è che noi, in ogni caso, in Campania, perdiamo – parlo come Finmeccanica, e quindi come Stato – un'azienda straordinaria come Ansaldo Breda e Sts.
  Quindi, questo già di per sé comporta, in ogni caso, un affidamento in mano ai giapponesi del futuro produttivo e industriale di quella terra. Insieme, stiamo vendendo il sito di Capodichino di Alenia Aermacchi e, in più, è ventilata questa possibilità di mettere insieme Fusaro e Giugliano in un unico sito. Vorrei solo dirlo senza ombra di polemica: tutte le volte che si fanno queste operazioni, esse si concludono sempre con meno occupazione e, ahimè, anche con perdite, come si è visto precedentemente per quanto riguarda la direzione di Alenia, che da Napoli è andata verso il nord; è sparito anche il centro di ricerca Sesm, che pure era presente a Giugliano.
  Quindi, pur prendendo per buone le cose che lei qui ci diceva, credo che bisognerebbe avere una maggiore attenzione, perché, in una terra come quella della Campania, e in ogni caso nel quadro di un Mezzogiorno dove tutti i dati ci dicono che siamo di fronte a una drammatica desertificazione, non solo industriale, ma anche «umana», ci vorrebbe una maggiore attenzione in termini di politica economica e sociale.

(Elementi in merito a recenti sviluppi relativi all'omicidio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin – n. 3-01387)

  PRESIDENTE. La deputata Marzano ha facoltà di illustrare l'interrogazione Verini ed altri n. 3-01387, concernente elementi in merito a recenti sviluppi relativi all'omicidio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin (Vedi l'allegato A – Interrogazioni a risposta immediata), di cui è cofirmataria, per un minuto.

  MICHELA MARZANO. Grazie Presidente. Signor Ministro, mi rivolgo a lei per sapere che cosa intenda fare il Governo rispetto al caso dell'omicidio della giornalista Ilaria Alpi e dell'operatore Miran Hrovatin, visti soprattutto i nuovi elementi che sono emersi dopo lo scoop realizzato dalla trasmissione televisiva Chi l'ha visto. Ricordiamo i fatti: per il duplice assassinio è stato riconosciuto come unico colpevole, e condannato quindi in via definitiva a 26 anni, Omar Hassan e questo grazie soprattutto alle dichiarazioni di un super testimone. Ora questo stesso testimone lo scorso 18 febbraio, nel corso di Chi l'ha visto dichiara testualmente: «io non ho visto chi ha sparato. Non ero là. Mi hanno chiesto di indicare un uomo. Gli italiani avevano fretta di chiudere il caso e mi avevano promesso denaro in cambio della mia testimonianza». Allora le chiedo, signor Ministro, cosa intende fare il Governo ? Esistono iniziative avviate dall'autorità giudiziaria ? Nel carcere non potrebbe esserci anche un innocente ? Come reagire di fronte a tutti gli interrogativi che restano, compresi i tentativi di depistaggio per inquinare l'inchiesta ?

  PRESIDENTE. Il Ministro della giustizia, Andrea Orlando, ha facoltà di rispondere, per tre minuti.

  ANDREA ORLANDO, Ministro della giustizia. Signor Presidente, in risposta agli Pag. 64onorevoli interroganti, ricordo che Omar Hassan è stato condannato, come si diceva, con sentenza irrevocabile per l'omicidio di Ilaria Alpi e di Miran Hrovatin alla pena di 26 anni di reclusione, che sta scontando presso la casa di reclusione di Padova. La procura della Repubblica presso il tribunale di Roma ha contemporaneamente, altresì, comunicato di avere tuttora in corso indagini in ordine al medesimo fatto ed ha precisato di avere richiesto alla polizia giudiziaria, sin dal 2014, di individuare Ahmed Ali Rage, detto Jelle, per sentirlo in qualità di persona informata sui fatti. Allo stato, la polizia giudiziaria non è stata in grado di fornire gli elementi necessari per la localizzazione del Rage, precludendo agli inquirenti ulteriori accertamenti, nonché di formulare la rogatoria per procedere all'esame dello stesso. Nel rilevare che la vicenda risulta oggetto di indagini cominciate dalle competenti autorità giudiziarie ben prima dell'attenzione mediatica ingenerata dalla trasmissione menzionata in interrogazione, che pure ha meritoriamente richiamato l'attenzione dell'opinione pubblica su questa triste e drammatica vicenda, assicuro la massima attenzione e la più attiva collaborazione da parte dei miei uffici sugli eventuali sviluppi della vicenda, attesa la delicatezza e la rilevanza della questione trattata. In particolare, non appena l'autorità giudiziaria richiederà la collaborazione delle autorità di altri Stati, il Ministero della giustizia assicurerà ogni attività di supporto attraverso gli uffici della direzione generale della giustizia penale.
  Noi abbiamo una strada che è l'unica strada offerta dal nostro ordinamento che consegna all'autorità giudiziaria l'accertamento del quadro complessivo in cui si è svolta questa vicenda. Abbiamo la strada del sostegno al lavoro dell'autorità giudiziaria. La verità giudiziaria, quale che sia e comunque emerga, anche in contraddizione con quella fino a qui accertata, sarà lo scopo della nostra attività e del nostro sostegno, naturalmente nell'ambito delle prerogative che sono riconosciute dalla Costituzione all'Esecutivo e al Ministero della giustizia. Qui posso soltanto assicurare il mio impegno personale, e quello di tutto il Ministero, affinché in questo campo, ben delineato e tracciato, si possa dare il più forte e convinto sostegno a questo ulteriore percorso di ricerca della verità, nell'interesse della verità stessa, ma credo anche, e soprattutto, nell'interesse del Paese che ha diritto di sapere come è stata scritta una delle pagine più drammatiche della sua storia.

  PRESIDENTE. Il deputato Verini ha facoltà di replicare.

  WALTER VERINI. Grazie Presidente. Ministro noi prendiamo atto positivamente delle sue parole e dell'impegno che ha ribadito, anche personale.
  Per parte nostra, nel rispetto rigoroso dell'autonomia della magistratura e in particolare della procura di Roma, auspichiamo però davvero un nuovo e serio impulso alle indagini. I fatti nuovi, richiamati, ancora una volta da giornalisti, nella trasmissione Chi l'ha visto, come ricordava la collega Michela Marzano, confermano che ventun'anni fa, quando Ilaria Alpi e Miran Hrovatin vennero uccisi, quest'esecuzione fu seguita da depistaggi e occultamenti da parte di apparati dello Stato e da parte di criminali e trafficanti internazionali, per impedire di svelare quanto Ilaria Alpi aveva scoperto e cioè, probabilmente, la verità su traffici di armi e rifiuti tossici sotto l'ombrellone della cooperazione internazionale.
  È chiaro a tutti, allora, come vi sia stata allora la volontà di chiudere la bocca a giornalisti coraggiosi per nascondere la verità e impedire la giustizia. Verità e giustizia che il Paese deve innanzitutto a Ilaria e Miran e che deve anche a Luciana e Giorgio Alpi – che ora non c’è più – e a coloro che insieme ai genitori non si sono stancati di continuare a battersi per questo. Ma il Paese lo deve anche a sé stesso per superare davvero pagine buie della sua storia recente.
  Per questo, Ministro, noi saremo con lei per tutte le iniziative che nell'ambito delle prerogative e dell'autonomia della magistratura vorrà e saprà intraprendere per Pag. 65chiudere davvero questa brutta pagina e dare verità e giustizia alla memoria di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin.

(Iniziative in ordine alle modifiche da apportare all'attuale sistema di accesso alle facoltà di medicina – n. 3-01388)

  PRESIDENTE. Il deputato Calabrò ha facoltà di illustrare, per un minuto, la sua interrogazione n. 3-01388, concernente iniziative in ordine alle modifiche da apportare all'attuale sistema di accesso alle facoltà di medicina (Vedi l'allegato A – Interrogazioni a risposta immediata).

  RAFFAELE CALABRÒ. Grazie Presidente. Signor Ministro, tempo addietro lei sottolineava, parlando dell'accesso alla facoltà di medicina, l'intento di adottare il modello francese, modello che sappiamo permettere l'ammissione generalizzata al primo anno, con uno sbarramento al secondo.
  Noi temiamo che questo determinerebbe un caos anche peggiore rispetto a quanto è successo lo scorso anno, quando 5 mila studenti sono entrati in più, grazie ai tribunali amministrativi regionali, con grandi difficoltà di spazio, aule e rapporto docenti-studenti, quindi con crisi anche, per così dire, qualitative del sistema di insegnamento.
  D'altro canto lei sa bene come il modello francese stia mostrando tutte le sue criticità. Lo stanno rivedendo anche un po’ in Francia. Quello che succede è che 55 mila studenti in media si iscrivono al primo anno e il 20 per cento solamente di questi iscritti arriva al secondo della facoltà di medicina. Noi siamo convinti che l'attuale sistema vada modificato, come penso ne sia convinta anche lei, mantenendo il numero programmato e garantendo, però, un miglioramento della qualità dell'assistenza stessa.
  La nostra richiesta è di capire quali modifiche si intendano apportare per evitare ulteriori disagi.

  PRESIDENTE. La Ministra dell'istruzione, dell'università e della ricerca, Stefania Giannini, ha facoltà di rispondere.

  STEFANIA GIANNINI, Ministra dell'istruzione, dell'università e della ricerca. Grazie Presidente. Onorevole Calabrò, abbiamo già avuto occasione, anche recentemente nel corso dell'audizione congiunta delle Commissioni cultura e affari sociali della Camera, in questa stessa sede il 13 gennaio dell'anno corrente, di discutere e valutare le varie posizioni che lei ha riassunto.
  Non sto a tornare su posizioni di carattere generale, che ho espresso in quella circostanza. Condivido quanto lei afferma circa l'esistenza, per così dire, di un gap che comunque esiste anche nel nostro sistema tra i numeri d'ingresso e i numeri d'uscita dal percorso formativo in medicina, sia per quanto riguarda gli accessi, il numero dei laureati e gli aspiranti sia per quanto riguarda il numero degli specializzandi possibili.
  Proprio per ovviare a quest'anomalia del sistema, non avendo mai messo in nessun dubbio la necessità di un accesso programmato – che ribadisco in questa sede come ho ribadito in tutte le altre sedi in cui mi sono pronunciata sul tema – ho ritenuto e riteniamo all'interno del Governo che già da quest'anno si debba potere provvedere a migliorare i due step, quello dell'accesso alla facoltà e quello delle scuole di specializzazione.
  Quindi sintetizzo le misure che stiamo adottando. Si è ritenuto opportuno destinare e indicare le prove selettive, incluse quelle in lingua straniera, entro la prima metà, anzi entro la prima decade, dal 1o di settembre. Questo per ovviare al problema della sovrapposizione della preparazione per l'accesso a medicina e della preparazione dell'esame di maturità.
  Questa è la prima cosa che è stata già formalizzata.
  In materia di orientamento, si valorizzerà immediatamente, nell'ultimo biennio della scuola secondaria, l'attività di autovalutazione degli studenti, che possa così consentire agli studenti stessi di misurarsi, Pag. 66in vista del percorso universitario, con scelte motivate e consapevoli e, quindi, diminuire il fenomeno di una massa critica di aspiranti medici, che è anch'essa numero anomalo nella comparazione internazionale.
  Si interverrà anche sui contenuti dei test, come già annunciato nella sede che citavo prima, privilegiando gli aspetti che devono indirizzare il candidato al curriculum medico e diminuendo sensibilmente la quota di domande destinate alle cosiddette prove di carattere generale.
  Per quanto attiene alle scuole di specializzazione, ricordo che per quest'anno è stata introdotta una novità molto importante, cioè, con decreto interministeriale in data 4 febbraio 2015, è stato approvato il riordino delle scuole di specializzazione di area sanitaria, che consentirà ai nostri giovani medici di specializzarsi con un percorso più breve, quindi comparabile agli standard internazionali. Stiamo lavorando alla stesura del secondo bando, che sarà emanato entro il 30 aprile, con prove che saranno realizzate entro il 31 luglio.
  Rimane aperta, onorevole Calabrò, come lei ben sa, la questione molto delicata, forse la madre di tutti i problemi di medicina, cioè la discrepanza quantitativa tra il numero delle borse di specializzazione e il numero dei laureati in medicina. Quello che posso dire è che il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha potuto, grazie ai risparmi effettuati sul bilancio 2014, mettere sul piatto 700 nuove borse sul plafond del prossimo anno. Mi auguro che gli altri attori che contribuiscono a questa...

  PRESIDENTE. Dovrebbe concludere.

  STEFANIA GIANNINI, Ministra dell'istruzione, dell'università e della ricerca. Sto concludendo... possano fare altrettanto, in modo che si possa superare la soglia dei 5.500 che abbiamo ottenuto con grandi sforzi lo scorso anno.

  PRESIDENTE. Il deputato Calabrò ha facoltà di replicare per due minuti.

  RAFFAELE CALABRÒ. Grazie, signor Ministro. Credo che per certi versi è molto tranquillizzante quanto ci dice quest'oggi. Se mi permette, aggiungo qualche nota che sottoporrei alla sua attenzione e all'attenzione del Ministero per vedere se si può inserire nello schema generale.
  Sono d'accordissimo sull'orientamento che va fatto in epoca prescolastica: scuola e università sono una continuità. Mi domando se, accanto a questo, non ci voglia anche qualcosa sui colloqui di tipo attitudinale, assolutamente non vincolanti, ma che abbiano un loro valore.
  Sono d'accordissimo sui test di matrice biologica e non di ordine culturale generale. Mi domando che senso ha, allora, lasciare qualche domanda di questo genere. Io le toglierei del tutto perché non ne vedo la necessità.
  Un ultimo aspetto: la trasparenza dei quiz. Io credo che potrebbe essere opportuno che il Ministero si faccia carico di produrre dei testi da cui vengono tratti i quiz, che sono i testi che gli studenti studiano. Oggi studiano libri di quiz: è una maniera mnemonica di arrivare all'esame che non ha nessun senso e nessuna capacità di conoscere veramente la cultura, la conoscenza, la capacità di studio di quello studente. Io credo che produrre dei testi da cui vengono sicuramente presi i quiz che usciranno al momento dell'esame potrebbe essere molto più utile.
  Sono molto soddisfatto dell'idea che si possa arrivare a un numero maggiore di borse di studio per quanto riguarda la specializzazione. Quello che mi preoccupa molto è che si possa continuare un percorso, adombrato in qualche momento, di un doppio canale di formazione post laurea: da una parte, le scuole di specializzazione con la rete tra ospedali e università e, dall'altra, qualche cosa che non si capisce bene che va direttamente negli ospedali per formare dei neo laureati senza fare un percorso così come deve essere fatto per chi si deve specializzare.

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(Iniziative di competenza in relazione al progetto, denominato «Gioco del rispetto – Pari e dispari», proposto ai bambini in alcune scuole dell'infanzia di Trieste – n. 3-01389)

  PRESIDENTE. Il deputato Fedriga ha facoltà di illustrare per un minuto la sua interrogazione n. 3-01389, concernente iniziative di competenza in relazione al progetto, denominato «Gioco del rispetto – Pari e dispari», proposto ai bambini in alcune scuole dell'infanzia di Trieste (Vedi l'allegato A – Interrogazioni a risposta immediata).

  MASSIMILIANO FEDRIGA. Grazie Presidente. Ministro, come sarà venuta a conoscenza leggendo l'interrogazione, il comune di Trieste ha aderito ad un progetto già antecedentemente sperimentato con i fondi della regione Friuli Venezia Giulia, con il patrocinio della presidente Serracchiani, ossia un gioco cosiddetto del rispetto, che nelle parole mirerebbe a contrastare la violenza sulle donne.
  Peccato che questo gioco, in realtà, leggendo l'opuscolo informativo e il kit che vengono distribuiti nelle scuole materne, ovvero rivolti a bambini dai tre ai sei anni d'età, è palese che voglia andare a discutere, trattare e modificare il normale percorso di crescita della sessualità per i bambini. Le dico questo perché lo stesso opuscolo informativo di questo gioco del rispetto mira ad attuare un primo intervento che permetta loro di esplicitare e riorganizzare i loro pensieri offrendo ai bambini un punto di vista alternativo a quello tradizionale. Le chiedo, quindi, Ministro, visto che si tratta chiaramente di cercare di instillare l'ideologia gender fin dalla più tenera età, che posizione vuole assumere il suo Ministero per scoraggiare il proseguimento di iniziative di questo tipo, rivolte soprattutto a soggetti così indifesi dal punto di vista psicologico.

  PRESIDENTE. La Ministra dell'istruzione, dell'università e della ricerca, Stefania Giannini, ha facoltà di rispondere.

  STEFANIA GIANNINI, Ministra dell'istruzione, dell'università e della ricerca. Grazie Presidente, onorevole Fedriga, l'iniziativa di cui lei fa menzione riguarda appunto un progetto del comune di Trieste, sulla base, però, di un'iniziativa regionale che è precedente anche nel tempo e che è stata proposta a diciotto scuole paritarie comunali dell'infanzia, sentite le famiglie e i rispettivi consigli scolastici e chiesta l'eventuale adesione. Io, ovviamente, ho doverosamente raccolto tutte le informazioni, sia dall'ufficio scolastico regionale, sia dai soggetti interessati. Sono in grado, quindi, di fornire alcune precisazioni di replica alla sua interrogazione. Il progetto, come lei ha detto, più specificamente si propone di fornire agli insegnanti della scuola dell'infanzia elementi teorici e strumenti pratici per operare con i bambini sui temi della parità e del contrasto alle discriminazioni e alla violenza contro le donne.
  È un progetto che prevede formazione degli insegnanti, d'iniziativa presentata dagli stessi docenti ai rispettivi collegi, cui è poi demandata la decisione di proseguire nel percorso educativo. Quindi, una prima fase di formazione e una seconda fase di presentazione al contesto scolastico. Laddove e solo se si dovesse decidere di dare esecuzione a questo progetto, è prevista la convocazione di una riunione di tutti i genitori che potranno scegliere se aderire o meno. Ai bambini che non aderiranno al progetto, la scuola offrirà un'alternativa. Naturalmente, come sempre, questo progetto, come tutti gli altri che rientrano anche nell'autonomia educativa delle scuole sui vari temi – questo della discriminazione e della violenza contro le donne è uno dei temi su cui la scuola lavora da molto tempo –, verrà sottoposto al consiglio della scuola. Pertanto, le preoccupazioni manifestate, quali il mancato coinvolgimento dei genitori e le non sufficienti garanzie offerte da chi è promotore di questo progetto, non riguardano, dai dati che sono a mia disposizione, la sfera di competenza, sia per la procedura, che per il merito, che, invece, testimonia un coinvolgimento pieno delle istituzioni e una Pag. 68piena facoltà, sia delle singole scuole, sia dei singoli insegnanti, sia, per ultimo, ma non da ultimo, delle singole famiglie di aderire a questo tipo di approfondimento.

  PRESIDENTE. Il deputato Fedriga ha facoltà di replicare.

  MASSIMILIANO FEDRIGA. Grazie Presidente, Ministro, devo dirle che le hanno mentito e da questo punto di vista c’è una responsabilità politica che le chiedo di verificare e prendere i dovuti provvedimenti. Le hanno mentito perché sono stati gli stessi genitori a dire che non sono stati informati. Il progetto, infatti, è presentato in modo generico, non andando a specificare di cosa si tratta realmente, semplicemente dicendo che è una sensibilizzazione contro la violenza sulle donne. Io le chiedo: è una sensibilizzazione contro la violenza sulle donne dire – e cito esplicitamente il progetto – che «i bambini possono esplorare i corpi dei loro compagni ascoltando il battito del cuore» e che «ovviamente i bambini possono riconoscere che ci sono delle differenze fisiche che li caratterizzano, in particolare nell'area genitale» ? È un contrasto alla violenza sulle donne presentare delle schede in questo progetto che fanno indossare e scambiarsi vestiti tra maschietti e femminucce nelle scuole materne ? È un progetto contro la violenza sulle donne quando ai bambini si chiede di invertire i giochi e, quindi, la macchinina bisogna darla alla bambina e la bambola bisogna darla al bambino ? È un progetto contro la violenza sulle donne quando nelle stesse schede si dice esplicitamente che è molto importante che l'insegnante si ponga quale figura che permetta loro di mettere da parte le cosiddette differenze di genere per una nuova visione del maschile e del femminile ?
  È una lotta contro la violenza sulle donne quando si presentano delle figure dove il papà e la mamma sono raffigurati in modo identico fisicamente e, per come sono vestiti, si differenziano solo dalla lunghezza dei capelli per dire che sono la stessa cosa ?

  PRESIDENTE. La invito a concludere.

  MASSIMILIANO FEDRIGA. Il rispetto tra i sessi si ha nel rispetto della differenza e non sì può instillare in un bambino così piccolo, con questa violenza psicologica, un'ideologia (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord e Autonomie, Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente e Per l'Italia - Centro Democratico), che è costata 11 mila euro al comune di Trieste, ma costerà ben di più, dal punto di vista sociale e psicologico, a soggetti così piccoli e indifesi.

  PRESIDENTE. Grazie, onorevole Fedriga, deve concludere.

  MASSIMILIANO FEDRIGA. Le chiediamo di agire immediatamente, perché questa non è una battaglia politica: è una battaglia per i nostri figli e il futuro delle nostre comunità e società (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord e Autonomie e Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente).

(Chiarimenti in merito alle risorse finanziarie trasferite alle regioni per il sostegno alle scuole paritarie – n. 3-01390)

  PRESIDENTE. Il deputato Gigli ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-01390, concernente chiarimenti in merito alle risorse finanziarie trasferite alle regioni per il sostegno alle scuole paritarie (Vedi l'allegato A – Interrogazioni a risposta immediata), per un minuto.

  GIAN LUIGI GIGLI. Grazie, Presidente, signor Ministro, il 27 dicembre 2013, il Ministero dell'economia e delle finanze ripartiva in capitoli il bilancio di previsione dello Stato 2014, stanziando 220 milioni per le scuole paritarie al capitolo 1299. Il 25 novembre del 2014, con decreto a sua stessa firma, si è provveduto al riparto e al trasferimento delle risorse dello stesso capitolo 1299 alle regioni per il sostegno alle scuole paritarie, sulla base Pag. 69del numero delle scuole paritarie, delle classi e degli alunni che le frequentano.
  A parte i 24 milioni accantonati – e non si sa dove siano finiti – che riguardano la regione Lazio, pervengono a noi numerose segnalazioni e lamentele di regioni che non hanno ancora adempiuto al loro dovere e le scuole paritarie, nel frattempo, stanno morendo di asfissia.
  Le chiedo i dati riguardanti questa materia, per sapere quante e quali siano le regioni che, ad oggi, non hanno ancora adempiuto al trasferimento delle risorse.

  PRESIDENTE. La Ministra dell'istruzione, dell'università e della ricerca, Stefania Giannini, ha facoltà di rispondere.

  STEFANIA GIANNINI, Ministra dell'istruzione, dell'università e della ricerca. Grazie, Presidente, onorevole Gigli, io le do tutti i dati che sono di mia pertinenza e di mia competenza, ben sapendo, come lei ha sottolineato, che alcune responsabilità, anche amministrative e gestionali di quest'anno – per il prossimo, le dirò che si cambia in una direzione che va verso l'impossibilità di arrivare a questi ritardi –, finora, sono a carico delle regioni.
  L'ha detto lei: il trasferimento da parte del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca è avvenuto per le scuole paritarie puntualmente, per la somma di sua competenza, nel corso del 2014, a giugno, se non sono ricordo male, per una quota di 273 milioni, e spiccioli, a valere sul capitolo specifico, che è il 1477. La somma ulteriore, dedicata, invece, alle scuole paritarie e assegnata alle regioni con vincolo di destinazione sulle scuole paritarie stesse, ha subito un ritardo di assegnazione, in quanto il perfezionamento del decreto è avvenuto in data 23 dicembre, poiché vincolato alla comunicazione formale da parte delle regioni dei tagli che esse avrebbero dovuto operare nei propri bilanci, ai sensi della legge di stabilità come concorso al processo di spending review, come abbiamo fatto tutti, enti locali e Ministeri. Quello della regione Lazio è un caso specifico, che lei conosce, che io conosco e che non sono in grado io, ovviamente, di analizzare.
  Che cosa è successo ? È successo che, proprio sulla base di questa incresciosa circostanza, cioè una parte di risorse del MIUR sono arrivate puntualmente e una parte di risorse regionali differentemente distribuite alle scuole paritarie, abbiamo ottenuto che, a decorrere dal 2015, a partire dalla legge di stabilità, si preveda che tutte le risorse destinate al sostegno delle scuole paritarie, per una somma complessiva di 471,9 milioni, siano trasferite direttamente alle scuole stesse, senza transitare, quindi, dal Ministero alle regioni, come è avvenuto per la prima quota che ho citato, durante il 2014, per le regioni. Quindi, non si potrà ripetere un ritardo come quello registrato per i finanziamenti relativi al 2014. Per ciò che compete il bilancio regionale, chiedo scusa, ma non è mia possibilità di dare una risposta, ovviamente.

  PRESIDENTE. Il deputato Gigli ha facoltà di replicare.

  GIAN LUIGI GIGLI. Signor Ministro, io sapevo benissimo che per l'anno prossimo non sarà possibile che si verifichi quello che è accaduto, perché l'emendamento alla legge di stabilità, che ha disposto che i fondi vengano erogati per il prossimo anno solo dal Ministero, porta il mio nome. Quindi, ne sono perfettamente a conoscenza.
  Io però le stavo chiedendo, perché fosse chiaro e palese in termini di analisi, che cosa è accaduto di quei fondi, cioè quali e quante regioni hanno provveduto ai loro compiti. So che non è compito del suo Ministero, ma esiste anche un compito di vigilanza da parte del Ministero. So benissimo che c'era il problema del rispetto del Patto di stabilità, ma siccome non tutte le regioni hanno sforato il Patto di stabilità, vorrei sapere a che cosa erano dovuti i ritardi che si sono prodotti. Oggi, tutto questo non lo sappiamo. Il problema è che nel frattempo, come le dicevo, le scuole stanno morendo e, soprattutto, le scuole dell'infanzia, che hanno a che fare con le fasce spesso più povere delle famiglie, si trovano in enormi difficoltà, costrette a chiudere o a licenziare.Pag. 70
  Allora, ben venga quello che stiamo facendo di nuovo, io conosco benissimo tutta la sua buona volontà, anche con il piano della «Buona scuola», anche se, diciamocela tutta, al di là delle sue buone intenzioni, quello che è previsto in termini di detrazioni fiscali si tradurrà in 80 euro circa a famiglia, alla fine, rispetto ai 400 di detrazione, appunto, e credo che, se le cose rimangono così, lo ripeto, al di là del tabù, che pure cade, e al di là del fatto che quest'anno assegneremo tutto attraverso il Ministero, di fatto, stiamo arrivando alla solita conclusione per cui l'esercizio della libertà educativa, in questo Paese, è un esercizio che è consentito in maniera classista, soltanto a chi ha i soldi. Ora, questo è esattamente quello che non dovrebbe avvenire in un sistema paritario integrato dell'educazione ed è quello che avrei voluto sapere quest'oggi e, purtroppo, le debbo dire che dalla sua informazione non ho potuto ricavare elementi utili a capire quello che sta accadendo su tutto il territorio nazionale.

(Tempi e modalità di adozione del decreto ministeriale in materia di composizione delle commissioni d'esame delle scuole secondarie di secondo grado – n. 3-01391)

  PRESIDENTE. La deputata Centemero ha facoltà di illustrare l'interrogazione Centemero e Palese n. 3-01391, concernente tempi e modalità di adozione del decreto ministeriale in materia di composizione delle commissioni d'esame delle scuole secondarie di secondo grado (Vedi l'allegato A – Interrogazioni a risposta immediata).

  ELENA CENTEMERO. Signora Presidente, signora Ministra, nella legge di stabilità per il 2015 è stato approvato un provvedimento in base al quale, entro due mesi, appunto, dalla legge di stabilità, il suo Ministero, il MIUR, avrebbe dovuto emanare un decreto ministeriale, all'interno del quale venivano indicati i criteri per la nuova definizione delle commissioni di esami di Stato conclusivi del secondo ciclo. Siamo alla fine del mese di marzo, gli esami di Stato del 2015 si stanno avvicinando, sono passati due mesi e il suo Ministero non ha ancora emanato il decreto ministeriale che prevedeva proprio la definizione delle nuove commissioni, entro 60 giorni. Questo è stato ribadito, anche, all'interno di un ordine del giorno che è stato approvato dal Governo e che prevedeva, appunto, che ci fosse un presidente esterno e commissari interni.

  PRESIDENTE. La Ministra dell'istruzione, dell'università e della ricerca, Stefania Giannini, ha facoltà di rispondere.

  STEFANIA GIANNINI, Ministra dell'istruzione, dell'università e della ricerca. Grazie Presidente, onorevole Centemero, conosco molto bene il comma 350 dell'articolo 1 della legge di stabilità che ha previsto quello che lei ha indicato e che non sto a ripetere. Al riguardo, però, devo specificare che questa disposizione, essendo intervenuta ad anno scolastico avviato, non può che trovare piena applicazione a partire dall'anno scolastico 2015-2016, mediante l'adozione del prescritto decreto, ma anche prevedendo una modifica dei criteri di composizione delle commissioni di esame e delle regole di svolgimento delle prove stesse, non essendo prospettabile a candidati che sono, appunto, lo ha ricordato lei, in corso di preparazione, ormai agli sgoccioli, del prossimo esame di maturità.
  Segnalo, pertanto, che si è deciso di avviare un significativo e organico intervento della disciplina degli esami di Stato nell'ambito del più ampio processo di riforma della scuola che, attraverso il disegno di legge recante riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione, e delega per il riordino delle disposizioni normative vigenti, sarà proprio in questi giorni in inizio di percorso normativo alla Camera dei deputati.
  In tale provvedimento è previsto, tra le altre cose, uno specifico criterio di delega per la revisione delle modalità di svolgimento degli esami di Stato. Quindi, si è Pag. 71scelto questo strumento sia per coinvolgere il Parlamento in sede di approvazione del disegno di legge nella sua complessità e anche sul pronunciamento su questo punto, sia, vista la delicatezza e l'importanza di questa tematica, per non dare agli studenti e alla classe insegnante una disposizione che piovesse dall'alto negli ultimi mesi dell'anno scolastico in corso.

  PRESIDENTE. La deputata Centemero ha facoltà di replicare.

  ELENA CENTEMERO. Grazie, signora Presidente. Signora Ministra, anche qui probabilmente il suo Ministero l'ha male informata, perché la norma che è in oggetto, appunto, il comma 350, dell'articolo 1 della legge di stabilità, prevede appunto che questi criteri per la nuova composizione delle commissioni d'esame siano da applicare per gli esami di Stato che si svolgeranno nel 2015, quindi per questo anno scolastico sostanzialmente, non per l'anno scolastico successivo. Questo potrà, purtroppo, ahimè, come succede in Italia, come è successo per tutto il precariato, come succederà per il piano di assunzioni che ci stiamo preparando a varare, dar vita alla possibilità che, visto che le commissioni che si costituiranno possono essere tacciate di illegittimità, vi siano dei ricorsi circa gli esiti e la valutazione degli esami di Stato. Io credo che sia opportuno, invece, che il Ministero intervenga in tempi rapidi per dare attuazione alla legge di stabilità entro gli esami di Stato del 2015. La presenza di commissari interni è una misura di grande importanza, perché garantisce la serietà, garantisce il rispetto del percorso formativo dei nostri studenti, riuscendo a valorizzare i miglioramenti che gli studenti hanno fatto, l'impegno che gli studenti hanno avuto nel corso del triennio, del quinquennio, quindi credo che sia una modalità che debba essere adottata nel più breve tempo possibile (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente).

(Iniziative per risolvere la questione del precariato nel settore scolastico, anche alla luce della recente sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea – n. 3-01392)

  PRESIDENTE. Il deputato Taglialatela ha facoltà di illustrare l'interrogazione Rampelli ed altri n. 3-01392, concernente iniziative per risolvere la questione del precariato nel settore scolastico, anche alla luce della recente sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea (Vedi l'allegato A – Interrogazioni a risposta immediata), di cui è cofirmatario, per un minuto.

  MARCELLO TAGLIALATELA. Signora Ministro, come appunto veniva già richiamato, la Corte di giustizia europea ha sancito l'illegittimità delle norme in tema di precariato per quello che lo Stato italiano ha prodotto in questi anni. So bene che il Consiglio dei ministri ha adottato un decreto nella settimana scorsa, quello cosiddetto sulla «buona scuola», che dovrebbe tentare di affrontare il problema, peccato che dalle indiscrezioni che sono comparse sembra che i docenti precari di seconda e terza fascia verranno sostanzialmente esclusi dalla possibilità di poter accedere a una possibilità di impiego per effetto della cancellazione delle graduatorie. Proprio la considerazione del fatto che questo decreto sulla «buona scuola», nonostante siano trascorse due settimane, non sia stato ancora pubblicato, lascia dubbi anche sulla legittimità delle norme che sono state adottate. Quindi, l'interrogazione è legata alla volontà di conoscere quali sono gli strumenti che il Governo vuole porre in essere per evitare che si creino ulteriori differenze tra i precari della scuola.

  PRESIDENTE. La Ministra dell'istruzione, dell'università e della ricerca, Stefania Giannini, ha facoltà di rispondere.

Pag. 72

  STEFANIA GIANNINI, Ministra dell'istruzione, dell'università e della ricerca. Grazie, Presidente, onorevole Taglialatela, riassumo molto brevemente il percorso sia del disegno di legge – non del decreto – che entrerà nel percorso parlamentare nei prossimi giorni sia il rapporto – questo lei chiede nell'interrogazione parlamentare – con la sentenza della Corte di giustizia. La Corte di giustizia, per sgombrare il campo da finte o comunque superficiali letture, nella pronunzia pregiudiziale evidenzia tre cose fondamentali: primo, il divieto di rinnovo dei contratti di lavoro del personale docente ed ausiliario a tempo determinato per la copertura di posti vacanti e disponibili, cioè posti privi di titolari ma inseriti, come si diceva un tempo, a cattedra nell'organico; secondo, durata massima dei contratti a termine non superiore ai 36 mesi, anche non continuativi, e quindi diritto per i docenti e per il personale suddetto di ottenere un risarcimento del danno eventualmente subito a causa di un siffatto rinnovo; terzo, indicazione di tempi certi per l'avviamento e l'espletamento di procedure concorsuali che riavviino, con rispetto della Costituzione italiana, il flusso di assunzioni attraverso concorso. La sentenza, quindi, l'ho già detto in altre sedi e lo ribadisco qui, non obbliga lo Stato – tanto meno il giudice che tratta le relative controversie – all'assunzione del personale cui sia stato rinnovato il contratto del lavoro, ma pone il divieto di rinnovo a termine e l'obbligo del risarcimento, nonché l'attivazione delle procedure concorsuali.
  Attualmente i posti che rispondono a questa tipologia, in relazione a docenti e personale tecnico-amministrativo, sono di circa 4.500 per questi ultimi e di circa 1.800 per il personale docente.
  Cosa fa il Governo italiano e che cosa ha fatto nella presentazione del disegno di legge citato ? Sul divieto dei contratti a termini nel disegno di legge «La buona scuola» si prevede un'apposita norma, articolo 12, che dispone il limite temporale dei 36 mesi quale massima durata per contratti di lavoro successivi al tempo determinato. Sempre nel medesimo disegno di legge «La buona scuola» si prevede apposita norma per la costituzione di un fondo per i pagamenti in esecuzione di provvedimenti giurisdizionali che abbiano ad oggetto il contenuto della sentenza al punto 2 da me citato. Tale norma riguarda sia il personale docente sia il personale tecnico-amministrativo ausiliario. Sulle procedure concorsuali sempre lo stesso disegno di legge prevede un'apposita norma, articolo 8, comma 12, per l'avvio delle procedure concorsuali nel rispetto del principio dell'accesso pubblico, articolo 97 della Costituzione italiana, per l'assunzione a tempo indeterminato del personale docente.
  Il piano assunzionale che riguarda l'assunzione del personale inserito nelle graduatorie ad esaurimento, con tutti i numeri e i dati che ho già espressamente fornito in occasione dell'audizione di ieri alla VII Commissione del Senato, e i vincitori del concorso del 2012 è una misura che ovviamente va assolutamente incontro alla conseguenza dei contenuti della sentenza, ma non è l'esercizio dell'attuazione di una sentenza che non obbligava all'assunzione.

  PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il deputato Taglialatela.

  MARCELLO TAGLIALATELA. Ministro, francamente non so se il Governo avrebbe provveduto ad emanare il disegno di legge del quale parliamo se non vi fosse stata la pronuncia della Corte europea. In ogni caso, a prescindere dai miei dubbi, rimane un dato: nel disegno di legge si prevede che vengano cancellate le graduatorie dei precari di seconda e di terza fascia. Parliamo di centomila persone. Queste persone per rientrare in quella categoria hanno dovuto compiere un percorso formativo costato loro del denaro. Con i contenuti del disegno di legge, dei quali l'Assemblea non ha ancora una conoscenza specifica in quanto non è ancora giunto ufficialmente, verrebbero di fatto cancellate di qui a due anni. È evidente che si verrebbe a creare una situazione particolarmente dolorosa per coloro i Pag. 73quali hanno investito anche delle risorse economiche oltre che professionali per provare a determinare una collocazione all'interno della scuola. A questo aggiungiamo anche la possibilità che il vostro disegno di legge fornisce ai direttori scolastici di poter scegliere il personale di cui avvalersi nel momento in cui si verifichino delle assenze, indipendentemente dalle graduatorie.
  È evidente che si sta determinando la morte civile per decine di migliaia di insegnanti che, ripeto, hanno partecipato regolarmente a corsi di formazione per ottenere un'opportunità che il disegno di legge del suo Governo invece cancella in questo momento. Mi pare si tratti di una cosa molto grave e non mi pare che si tratti di un disegno di legge per «La buona scuola», o meglio lo è solamente per alcuni, ma non per la stragrande maggioranza delle persone.

  PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata.
  Sospendo la seduta.

  La seduta, sospesa alle 16,05, è ripresa alle 16,15.

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Adornato, Boccia, Carbone, Meta e Nicoletti sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
  I deputati in missione sono complessivamente centosette, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

Modifica nella composizione dell'ufficio di presidenza di un gruppo parlamentare.

  PRESIDENTE. Comunico che, con lettera pervenuta in data odierna, il deputato Alessio Mattia Villarosa ha comunicato le sue dimissioni da presidente del gruppo parlamentare MoVimento 5 Stelle, precisando che, nelle more dell'elezione del nuovo presidente, le relative funzioni saranno svolte dalla deputata Fabiana Dadone, vicepresidente vicaria. Comunico altresì che con lettera in pari data la vicepresidente vicaria del gruppo parlamentare MoVimento 5 Stelle Fabiana Dadone ha reso noto che il deputato Marco Brugnerotto è stato nominato segretario in sostituzione della deputata Silvia Giordano.

Si riprende la discussione del disegno di legge di conversione n. 2893-A.

(Ripresa discussione sulle linee generali – A.C. 2893-A)

  PRESIDENTE. Riprendiamo la discussione sulle linee generali del disegno di legge di conversione n. 2893-A. Ricordo che nella parte antimeridiana della seduta è iniziata la discussione sulle linee generali. È iscritta a parlare la deputata Basilio. Ne ha facoltà. Prego i colleghi di fare silenzio.

  TATIANA BASILIO. Grazie, Presidente, il provvedimento in esame contiene una serie di misure varate dal Governo sulle quali esprimiamo, ancora una volta, il nostro profondo disaccordo, una valutazione politica sul metodo e sul merito delle attività governative.
  Gradirei chiedere alla signora Ministro Maria Elena Boschi, dato che la scorsa settimana si è recata in audizione in I Commissione affari costituzionali in merito a «La decretazione d'urgenza», di venire a illuminare noi deputati e cittadini italiani su come possa giustificare la decretazione d'urgenza in un disegno di legge di proroga missioni internazionali che di urgenza non ha proprio nulla, dato che si tratta semplicemente di rifinanziamenti di missioni già esistenti da anni e anni. Ci troviamo di fronte all'ennesimo provvedimento Pag. 74omnibus, Presidente, che potremmo definire bicefalo, se non addirittura tricefalo: come si può pensare, infatti, di inserire all'interno dello stesso testo una serie di disposizioni di contrasto al terrorismo e contemporaneamente disposizioni di rifinanziamento di missioni internazionali, fino ad arrivare alle misure di cooperazione allo sviluppo ed al consolidamento dei processi di pace ?
  La mia è una semplice domanda in quanto non riesco a comprendere come sia stato così facile per il Ministro dell'interno Angelino Alfano e la signora Ministro della difesa Roberta Pinotti assemblare un tale decreto così mostruoso, tanto da arrivare ad estromettere una Commissione che è sempre stata referente, la III Commissione affari esteri. Non so Presidente, probabilmente la cooperazione i due Ministri sopracitati pensano di attribuirla alle forze di polizia oppure alle Forze Armate, ma in fondo dati gli spiccioli che il Governo stanzia per la cooperazione internazionale ed invece i milioni di euro che fuoriescono alla leggera dalle nostre tasche come un'emorragia destinati alle missioni internazionali, deduco che i signori che ci governano siano un po’ confusi in merito a chi debba cooperare all'estero. Allora, chiariamo subito le idee e magari la prossima volta che il signore della decretazione d'urgenza deciderà di partorire una stupidaggine a un simil-decreto, magari potrebbe chiamarci e gli spiegheremo che la cooperazione dovrebbe essere attribuita agli affari esteri, sempre che sia a conoscenza, Presidente, che esiste una Commissione affari esteri, che è la III della Camera. È bene chiarire che la lotta al terrorismo è certamente collegata alle missioni internazionali, ma, se si cambiano, come si cambiano in questo decreto, norme sul codice penale interno, bene avrebbe fatto il Governo a separare i due piani con i due provvedimenti distinti. Troppo spesso le missioni internazionali e, con esse, l'intervento armato, si sono tramutate in vere e proprie operazioni belliche, i cui risultati sono talvolta peggiori rispetto al male che si dice di voler curare. Guerre e terrorismo rappresentano una spirale che si alimenta l'un l'altra. Forse sarebbe opportuno discutere di come rompere questa spirale perversa, invece di proseguire in missioni che hanno aumentato i pozzi di odio e reso più insicuro il nostro pianeta. Ci siamo sentiti dire che le missioni internazionali sono finalizzate a scongiurare che i così detti terroristi giungano fino in Italia per poi attentare alla vita dei nostri concittadini e creare morti e scompiglio. Si sono giustificate così le missioni in Afghanistan e la missione in Iraq, ma era con tutta evidenza un pretesto per nascondere altri scopi meno nobili, come il controllo delle fonti energetiche e delle sue infrastrutture, e la vendita di armamenti.
  La guerra e le armi continuano a essere un ottimo business, purtroppo. Ce lo dice drammaticamente anche il nuovo rapporto del SIPRI (Istituto internazionale di ricerche sulla pace di Stoccolma) sulle esportazioni mondiali dei maggiori sistemi d'arma, che evidenzia come, nel periodo 2010-2014, esse siano cresciute del 16 per cento rispetto al 2005-2009. Più armi significano purtroppo sicuramente più introiti per qualcuno – e l'Italia è all'ottavo posto in questa non certo edificante classifica – ma significano anche più miseria, più instabilità e appunto molto più terrorismo. Questo nodo cruciale non sembra rientrare nell'agenda politica del Governo italiano, tanto meno in questo decreto, nel quale invece, si prevede di rifornire di ulteriori armamenti diversi Paesi, tra i quali l'Afghanistan e l'Iraq. Il terrorismo lo si combatte alla radice, individuandone le cause: la Tunisia, per esempio, prima di armi e militari, avrebbe bisogno di sottrarre dalla disoccupazione i suoi giovani, che proprio per la disperazione sociale in cui versano sono facilmente reclutabili dai signori della guerra. Non a caso si calcola che proprio da questo Paese siano partiti alla volta della Siria e della Libia circa 3 mila foreign fighters. Ma non mi risulta che si sia mai discusso in quest'Aula di come evitare che questo avvenga. D'altronde, la paura del terrorismo è anch'essa una manna dal cielo per chi ci governa, perché dispone i popoli, anche il Pag. 75nostro purtroppo, a rinunciare ad una parte dei propri diritti ed alla libertà. Noi pensiamo che dobbiamo combattere la paura, certo dando sicurezze ai nostri cittadini, ma anche e soprattutto difendendo le nostre libertà democratiche e la convivenza tra culture.
  I nostri concittadini, su questi fronti, chiedono risposte concrete e non iniziative promozionali, finalizzate più ad accontentare i mass media ed a rassicurare l'opinione pubblica che non a proporre soluzioni concrete e reali.
  Peraltro, il continuo ricorso alla decretazione d'urgenza – prassi ormai di moda per il Governo Letta ed ereditata e scimmiottata dal grande allievo ora al Governo dello «stai sereno» Renzi – oltre a subordinare il ruolo del Parlamento ai diktat dell'Esecutivo, dovrebbe essere utilizzato solo in presenza di una specifica urgenza, nel caso delle missioni militari del tutto assente, trattandosi di una mera reiterazione di finanziamenti di missioni già in essere, alcune di queste anche da decenni.
  Inoltre, non comprendiamo la profondità della parola «urgenza» applicata a questo decreto, in quanto lo scorso decreto è scaduto ormai da due mesi e due mesi sono un tempo sufficientemente lungo per pensare che non ci sia la decretazione d'urgenza.
  Abbiamo riposto le speranze in un rapporto diverso tra il Governo e il Parlamento chiedendo una legge quadro sulle missioni internazionali, che risolvesse questioni di esercizio della sovranità popolare, di trasparenza delle missioni stesse, oltre alla possibilità per le Camere di votare missione per missione, evitando, come avviene oggi, di obbligare i parlamentari ad un inaccettabile prendere tutto il pacchetto missioni o lasciarlo tutto. È impensabile un simile obbligo. Missioni come quelle in Libano devono essere votate separatamente da missioni belliche come lo è stata ISAF in Afghanistan o quella in Libia. Vogliamo dire con chiarezza che il testo di legge quadro licenziato dal comitato ristretto delle Commissioni congiunte esteri e difesa, non solo non soddisfa questa nostra richiesta, ma, per certi versi, è peggiorativa della situazione attuale, depotenziando ulteriormente il ruolo di controllo e di indirizzo del Parlamento.
  Entriamo ora nel merito del provvedimento, del «decreto-missioni».
  Abbiamo cercato di migliorare attraverso alcune proposte emendative le attività di contrasto del terrorismo, con la previsione di una apposita direzione distrettuale antiterrorismo, complementare alla direzione distrettuale antimafia, con funzioni specifiche e competenze qualificate nel settore.
  L'impiego delle Forze armate nei luoghi sensibili del Paese: riteniamo, ad esempio, che sia opportuno salvaguardare il pattugliamento nel contrasto alla criminalità organizzata nella terra dei fuochi e, per tale ragione, abbiamo proposto un emendamento che prevede la possibilità di utilizzare un contingente militare fino a 850 unità – e non fino a un massimo di 300, come nella riformulazione del Governo – oltre all'utilizzo parallelo di strumenti tecnologici come i droni a pilotaggio remoto, richiesta che tra l'altro è semplicemente l'applicazione di una risoluzione votata all’ unanimità in IV Commissione, difesa, a dicembre 2014. Quindi, non vogliamo pensare che alla signora Ministro non interessi nulla dei lavori di commissione, dato che in più di un'occasione sono stati scippati i fondi che erano stati stanziati per questa missione nazionale comprensiva dell'utilizzo dei droni in fase sperimentale.
  Presidente, voglio che sia chiara l'importanza dell'impiego dei droni nelle due province di Napoli e Caserta, in quanto servirebbe anche a salvaguardare la salute dei militari delle Forze armate, impegnati durante il pattugliamento. Respirare le diossine e i gas tossici, che producono i roghi, fa tanto male alle popolazioni locali quanto ai militari dell'esercito impiegati in quelle due province.
  È altrettanto evidente, però, che la militarizzazione dei territori non può rappresentare la soluzione di tutti i problemi nella nostra società, ragion per cui noi del MoVimento 5 Stelle riteniamo che anche il problema rifiuti in Campania debba essere Pag. 76affrontato in modo più ampio, coinvolgendo, cioè, anche le istituzioni scolastiche, per un percorso educativo di tipo diverso, che attribuisca priorità e rispetto all'ambiente ed alla salute umana. Ci vuole un'educazione di tipo civico ed il nostro Paese, purtroppo, negli anni l'ha persa. Il rifiuto deve essere visto come una risorsa e non come un rifiuto.
  Un'ulteriore proposta di notevole interesse, nel quadro della lotta al crescente fenomeno dei foreign fighters, è la tracciabilità del personale straniero sottoposto ad un addestramento militare attraverso il prelievo dei dati biometrici, proprio al fine di evitare che i cittadini stranieri, già addestrati da militari italiani, possano divenire oggetto di reclutamento ad opera di qualsiasi ipotetica milizia terroristica straniera. Un triste esempio, purtroppo, dobbiamo darlo: durante la discussione del disegno di legge sulla proroga delle missioni internazionali furono stanziati dei fondi per addestrare le milizie libiche in Italia, a Cassino e a Persano. All'epoca ci sembrò anche una cosa buona e giusta questa proposta, e l'accettammo anche. Ma con il senno di poi domandiamo al sottosegretario, qui presente in Aula: quegli uomini che fine hanno fatto, ora che in Libia regna il caos più totale ed è stato scoperchiato il vaso di Pandora, purtroppo ? Ed, inoltre, i fondi che avevamo investito in questa operazione che, a detta del Governo libico, lo stesso ci avrebbe restituiti a fine operazione, adesso che ci sono due Governi in Libia chi ce li renderà ? A che santo dobbiamo votarci per avere indietro i fondi investiti in chissà quali persone, che non si sa bene che cosa stiano facendo e dove siano impegnate ora in Libia ? Qualcuno, spero, ce lo vorrà spiegare, portando magari anche la verità, perché penso che sia importante recuperare anche questi soldi.
  Invece, sul versante delle missioni internazionali riteniamo di dover sopprimere la proroga della missione EULEX Kosovo, posto che si tratta di un Paese ormai riconosciuto tale da 23 dei 28 Paesi dell'Unione europea e dove una tendenziale, acquisita stabilità politica rende del tutto superfluo un ulteriore intervento, economicamente apprezzabile in ben 59 milioni di euro in totale.
  Parliamo della missione a Cipro, della quale chiediamo la soppressione ormai da due anni e finalmente vediamo il suo termine, che sarà entro il 31 marzo 2015. A questo punto, la domanda ci sorge spontanea: quando tutti millantavano l'utilità e l'impossibilità di fare a meno di questi quattro uomini – solo quattro – nell'isola di Cipro, perché ora diventa improvvisamente inutile ? Quando lo dicevamo noi, no ? Addirittura pensavate che i nostri fossero interventi ostruzionistici.
  In più, abbiamo la reiterazione delle varie missioni in Libia, che è stata cancellata dal decreto-legge in esame. Il Governo, con un emendamento presentato venerdì, ci ha informati che avrebbe cancellato queste missioni – le due missioni EUBAM Libia – le quali impegnavano circa sei milioni di euro. Non abbiamo nulla di cui lamentarci in tal senso, anzi questa missione non si deve fare, quantomeno così come era stata concepita all'epoca. Peccato che la signora Ministra Pinotti poteva semplicemente dare l'ordine di fare votare alla maggioranza un nostro emendamento, a mia prima firma, che è soppressivo dell'articolo 13, commi 1 e 2. Invece, ha preferito prendersi questa maternità, facendo un semplice «copia e incolla» e dicendo: la missione in Libia scompare. Peccato che anche questo emendamento soppressivo in più di un decreto era stato percepito come un nostro emendamento ostruzionistico e invece pare, con il senno di poi, che fosse un emendamento di buon senso, a meno che non sia il Governo a fare ostruzionismo.
  È palese che questa missione che non ha fermato l'immigrazione e, ahimè, nemmeno è servita a pacificare due Governi e un buon numero di tribù, che si sono trovate a briglia sciolta dopo che la Francia e gli Stati facenti parte della NATO, con un'operazione militare, hanno deciso di rovesciare quella parvenza di stabilità che aveva una nazione, purtroppo governata – è vero – all'epoca da un dittatore. Ma come si sa, la democrazia non la si Pag. 77può inventare in una notte o in un'operazione militare, per fare pulizia di ciò che a noi europei e statunitensi sembra sbagliato e che decidiamo, in un momento, non piacerci più.
  La guerra di Libia appare oggi completamente fallimentare e dannosa, sia per l'Italia sia per la Libia stessa, Paese in preda al caos post-dittatoriale e del tutto priva di un Governo democraticamente eletto e, quindi, di un solo interlocutore sulla scena internazionale, ma ostaggio di fazioni armate, più o meno organizzate, che si contendono il controllo del territorio.
  Il Governo ci spieghi in che modo intende partecipare alla ricostruzione della Libia, senza una mirata attività diplomatica che, a seguito della caduta del regime di Gheddafi, si proponga di aprire una nuova fase politica e democratica nello stesso Paese. Ora sappiamo che, per fortuna, c’è Bernardino León che sta portando avanti questa fase di interlocuzione a livello europeo, con la nostra speranza che si possa veramente raggiungere la formazione di un unico Governo in Libia. Aiutare il popolo libico, infatti, significa anche garantire allo stesso quel fondamentale principio di autodeterminazione che osteggia ogni minaccia, interna ed esterna, alla coesione sociale ed ogni aggressione dei propri confini nazionali. Voglio sottolineare in questa sede che il popolo libico è la vittima di questi attacchi militari da parte europea e statunitense, e noi ne siamo due volte responsabili, in quanto già oppressori e colonizzatori durante la seconda guerra mondiale, ma probabilmente la storia non ci ha insegnato nulla, oppure, con molta facilità, in nome dell'appartenenza alla NATO o in nome degli interessi, il Governo e l'allora Presidente della Repubblica – io sottolineerei: per fortuna ex – sono diventati smemorati. Tali riflessioni sono le stesse motivazioni che hanno indotto il Governo a ritirare dalla Libia, poche settimane fa, sia il corpo diplomatico italiano che i militari del Tuscania. Auspichiamo che, attivati i canali della diplomazia, quindi, si possa raggiungere un compromesso di pace e di crescita, che sia favorevole a tutti, sia alle persone che vivono in Libia sia alle persone che devono accogliere gli immigrati libici.
  Analoghe considerazioni possono valere per il rifinanziamento della missione RSM Resolute Support Afghanistan, accorpata ad una missione come Eupol, la cui finalità dovrebbe essere quella di agevolare le autorità afgane a costituire un servizio di polizia moderno ed efficiente. L'impegno dell'Italia in Afghanistan dura da ormai oltre un decennio, ma non si è ancora compreso quale sarà il destino e soprattutto l'impiego delle Forze armate afgane addestrate da quelle italiane. Un ulteriore spreco di ingenti risorse, senza una concreta e lungimirante programmazione politica, che non tiene conto della reale condizione dell'Afghanistan e che, peraltro, non interpella in alcun modo il Parlamento e le sue Commissioni sull'opportunità di determinate decisioni politiche. Qui, mi dispiace, ma devo chiamare in causa di nuovo il Governo, in quanto, durante la discussione dell'ultimo decreto missioni, licenziato a settembre 2014, fu accolto un emendamento da parte del relatore che verteva proprio in tal senso. Ma, come tutti sappiamo, la Resolute Support non è stata sottoposta al vaglio del Parlamento, ma a giochi già fatti e a bocce ferme siamo venuti a conoscenza di questa nuova missione, a detta vostra non-combat, ed è così perché comunque l'abbiamo visionata quando siamo stati in missione in Afghanistan a visitare il nostro contingente. Il problema non è se sia combat o non-combat, il problema è che, comunque sia, non viene mai condivisa con l'Assemblea parlamentare una decisione che le viene sempre portata ormai a bocce ferme. La missione in Afghanistan è una missione palesemente comunque fallimentare, senza togliere ovviamente il riconoscimento alle Forze Armate che sono state inviate in teatri di guerra a migliaia di chilometri dall'Italia, teatri che servono solo a chi deve purtroppo proteggere i propri interessi oscuri e nascosti per lo più alla nostra comprensione di semplici cittadini.
  Nonostante la ferma contrarietà al rifinanziamento della missione in Afghanistan, Pag. 78cerchiamo di condizionare l'utilizzo dei 120 milioni di euro, sotto la voce che io identificherei quasi come: regalo, destinato dal comma 1 dell'articolo 18 alle forze di sicurezza afgane, allo sminamento – magari spostarle allo sminamento – alla bonifica di bombe e missili inesplosi e all'addestramento e istruzione di nuovi sminatori. L'Afghanistan è, infatti, uno dei Paesi al mondo dove esiste il più alto concentramento di mine antiuomo sparpagliate sul territorio, tanto che la percentuale dei morti e dei mutilati per le mine è una delle più gravi catastrofi che colpisce il Paese. A questa emergenza e all'addestramento di nuovi sminatori vogliamo dedicare risorse adeguate. Ma torniamo al – come lo abbiamo definito – regalo: care colleghe e cari colleghi, impieghiamo già 126 milioni di euro circa per tenere viva «un'operazione di attività di formazione, consulenza e assistenza a favore delle forze di sicurezza afgane e delle istituzioni governative», cito il testo della scheda di lettura del nostro Servizio studi, per trovare impiegati altri 120 milioni di euro per lo stesso identico motivo, solo in due articolati differenti. Perché mai ? Forse perché prima di andarcene, se mai ce ne andremo, ci sentiamo un pochino in colpa e, dopo aver fatto gli invasori, perché è di invasori che si tratta, per tredici anni, dobbiamo dare una sorta di buona uscita al neo Governo eletto a maggio del 2014 ? È in questo modo che l'Italia pensa di pulirsi la coscienza, regalando 120 milioni di euro in questo modo ?
  Per non parlare delle missioni antipirateria e antiterrorismo, Active Endeavour della NATO nel Mar Mediterraneo e Atalanta dell'Unione Europea al largo delle coste della Somalia.
  A seguito dell'approvazione di un emendamento presentato all'ultimo «decreto missioni», la partecipazione antipirateria veniva subordinata alla preventiva soluzione della questione dei due fucilieri di Marina, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone. Durante la discussione in Commissione, è stato approvato un emendamento all'unanimità, con il quale si richiede che, conclusa la missione Atalanta, il 30 settembre 2015, questa sarà subordinata, di nuovo, per la seconda volta, e per un altro decreto, alle sorti dei due fucilieri di Marina, e il Governo dovrà riferire alle due Camere prima di decidere se rifinanziare o meno la missione antipirateria Atalanta. I due fucilieri di Marina, come ben sappiamo, purtroppo, sono da tre anni in India e sono ancora in attesa di giudizio, e la situazione sembra tutt'altro che risolta, anzi: è lì latente e l'acqua, ormai, è quasi come quella di uno stagno, morta. Ma, intanto, apprendiamo che una nuova nave, della classe «San Giorgio», nelle scorse settimane, è salpata alla volta del Mediterraneo...

  PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Basilio. Colleghi, scusate ! Onorevole Manciulli, si può parlare in Aula, però, magari, un pochino più piano, perché vi è una collega che sta facendo il suo intervento. Prego, onorevole.

  TATIANA BASILIO. Grazie, Presidente. Stavo appunto dicendo che, nonostante la situazione dei fucilieri di Marina non sia risolta, abbiamo appreso, pochissime settimane fa, che una nave della classe «San Giorgio» è salpata alla volta del Mediterraneo, ma, a detta della nostra signora Ministro Pinotti, solo per una semplice esercitazione.
  Tanto è vero che, però, durante la discussione in corso presso le Commissioni congiunte giustizia e difesa, apprendiamo che vi è una nuova operazione, che si chiama «Mare Sicuro», del costo di oltre 40 milioni di euro. Ora, ammesso e non concesso che siamo in accordo con il sorvegliare e tenere la sicurezza dei confini nazionali nell'area del Mediterraneo centrale, chiediamo alla signora Ministro – in questo caso, ovviamente, al portavoce del Governo, che è il sottosegretario Rossi – per quale assurdo motivo l'Europa e la NATO debbano pensare che la sicurezza del Mar Mediterraneo ricada quasi esclusivamente sotto la nostra responsabilità, anche economica, e per quali motivi l'Italia, quindi, debba finanziare altre due missioni, una NATO e una UE, che, in Pag. 79totale, ci costano quasi 50 milioni di euro, senza pensare che il terrorismo non è solo un nostro problema nel Mediterraneo, perché si riflette in prima persona su di noi, perché siamo in mezzo, ma il terrorismo è un problema che poi si ripercuoterà, e anche l'immigrazione, su tutte le altre le nazioni. E Frontex, in questo caso, non basta, e Triton nemmeno, e Mare Nostrum non è bastato. Quindi, in questo caso, investiamo 50 milioni di euro in due operazioni e 40 milioni di euro in un'operazione che ci accolliamo solo ed esclusivamente noi. Se la Difesa, in questo caso, si è sentita in dovere di finanziare il duplicato – perché a noi pare un duplicato – di Mare Nostrum, significa che le altre due missioni sono totalmente insufficienti ! Oppure, spiegateci il perché di tutte queste missioni !
  Se fosse il duplicato di Mare Nostrum, perché non dirlo chiaramente e senza remore ? Noi non siamo contrari a missioni che salvano povere vite umane, vite di persone che sono costrette spesso a scappare da persecuzioni politiche e religiose, da guerre e dalla fame, ma, se così fosse, la maggioranza dovrebbe esplicitarlo, senza magari temere il giudizio di quella parte politica che della lotta all'immigrazione ne fa un caposaldo e un punto di forza per tenersi una fetta di elettorato. Purtroppo, nonostante le ripetute sollecitazioni in Commissioni al Governo, non si è ben compresa la ratio di questa nuova missione, soprattutto da ciò che si evince leggendo la motivazione in allegato all'emendamento. Sembra che dobbiamo «adottare misure per assicurare la tutela degli interessi nazionali». Di quali interessi nazionali stiamo parlando ? Forse dei giacimenti di ENI ? Se così fosse, va bene, difendiamo gli interessi di De Benedetti, ma chiediamo che sia scontata la bolletta della fornitura energetica agli italiani in base ai fondi che investiamo in questa nuova missione che si chiama «Mare sicuro». Inoltre, i fondi per «Mare Sicuro» da dove vengono attinti ? Dalla seconda tranche degli 850 milioni di euro stanziati nella legge di stabilità a dicembre per il Fondo proroga missioni internazionali, poiché la prima tranche sarà sufficiente ad arrivare solo fino a settembre, rimanendo scoperti addirittura gli ultimi tre mesi del corrente anno ?
  Durante la discussione in Commissione di questo decreto abbiamo chiesto maggiore trasparenza e qualche risposta in più, ma non perché vogliamo dire sempre «no»; semplicemente, per il motivo che avremmo bisogno di maggiori informazioni per dire, magari, anche «sì» o, magari, dire anche «ci asteniamo». Ma non ci sono arrivate queste maggiori informazioni. Oppure, come disse anche l'ex Capo di stato maggiore delle Forze armate, Binelli Mantelli, per il programma navale: «Non vi è dato sapere». Probabilmente, andiamo avanti a «non vi è dato sapere».
  Sul versante iracheno, il MoVimento 5 Stelle, pur essendo contrario a riempire quella zona del Medio Oriente di ulteriori armi, vista la volontà del Governo di armare comunque i curdi iracheni, chiede che almeno queste armi arrivino effettivamente ai curdi e non restino, come è quasi certo, nella sola disponibilità del Governo della Repubblica dell'Iraq.
  Per ovviare a questa seria possibilità si chiede di specificare che le armi saranno destinate al Governo della regione autonoma del Kurdistan iracheno, sia pur tramite quello della Repubblica dell'Iraq, va benissimo, e il Governo italiano è tenuto a relazionare in dettaglio al Parlamento che queste armi siano arrivate effettivamente ai destinatari dichiarati. La spinosa questione dell'Iraq per noi è sempre molto sentita, in quanto, voglio rammentare, che anni fa gli Stati Uniti furono i fautori e i principali sponsor di una sanguinosa ed inutile guerra, pur di mettere le mani su quella nazione ed indirizzare il potere a loro piacimento. Oggi, purtroppo, assistiamo ad un crescente eruttare di un vulcano di caos e di disordine, per il quale tutti noi dobbiamo sentirci realmente responsabili. Stiamo impiegando di nuovo uomini, forze aeree e 135 milioni di euro in una missione che non ha molto senso logico, se non quello di mettere pezze su strappi che sono stati creati, da noi compresi, anni, anni, or Pag. 80sono. Rammento i crudeli bombardamenti durante la guerra nel Golfo, rammento le fandonie delle «bombe chirurgiche», rammento i bagliori dei bombardamenti visti a qualsiasi ora del giorno, ed ancor peggio della notte, il tutto per scongiurare il fantasma che gli stessi Stati Uniti avevano creato pur di riuscire a spodestare un dittatore, all'epoca Saddam, dal trono, per ritrovarci adesso a gestire, o a non gestire, non si è ancora ben capito, il caos più totale. Siamo stanchi di dover ratificare decisioni assunte fuori dal Parlamento, senza trasparenza, senza la previsione di oneri, senza alcuna concertazione tra le forze politiche, insomma, senza il ben che minimo modello democratico.
  Riteniamo, inoltre, che gli interventi di cooperazione allo sviluppo a cui l'Italia sarà chiamata non possano prescindere da un impegno sul piano sanitario, in particolare per il contrasto delle nuove epidemie del virus ebola nei Paesi colpiti, attraverso la produzione di farmaci antiemorragici ed in questo si potrebbe già coinvolgere l'Istituto chimico farmaceutico militare di Firenze, che già partecipa ad un altro progetto, molto importante, sulla produzione della cannabis per farmaci, per rifornire le farmacie italiane di rimedi per altri tipi di gravi malattie italiane.
  Con le predette proposte emendative, Presidente, Ministri, sottosegretari, il MoVimento 5 Stelle ha cercato di contribuire a migliorare un provvedimento completamente disomogeneo, privo dei requisiti di necessità ed urgenza tipici di un decreto-legge, che affronta in maniera grossolana questioni di ampia portata come la lotta al terrorismo, la partecipazione alle missioni internazionali, il controllo del web, la cooperazione allo sviluppo ed il consolidamento dei processi di pace.

  PRESIDENTE. La invito a concludere.

  TATIANA BASILIO. Sono in via di conclusione. Non vorrei più sentire chiamare queste ormai note missioni internazionali come missioni internazionali di pace, poiché la pace si porta nel mondo con altre intenzioni, iniziando soprattutto a non compromettere sottili equilibri come quelli che abbiamo turbato in Iraq e successivamente in Libia. Ci arroghiamo il diritto di credere che sia sufficiente portare la democrazia attraverso la morte dei dittatori che sono al potere in determinate nazioni, per poi ritrovarci consci di aver fatto grossi errori di valutazione e che stavano meglio quando, secondo noi, forse stavano peggio. Chi siamo noi per decidere cosa sia il meglio ed il peggio per le nazioni che sono culturalmente, diametralmente, opposte da noi ? E dopo cosa accade ? Il nulla, il nulla più totale. Pensiamo di porre una pezza inviando le Forze armate e di fare politica estera attraverso di loro, ma non è così che funziona. Quando inizieremo, anche noi, ad imparare dagli errori commessi ? Solo attraverso la memoria storica non si commettono più gli stessi errori, errare è umano, ma perseverare è diabolico. Il Governo in questi casi dovrebbe imparare a passare attraverso la buona pratica di discutere prima con il Parlamento delle missioni internazionali alle quali intende far partecipare il nostro Paese, non dopo che ha già deciso, poiché solo attraverso il confronto si può crescere e solo attraverso diversi punti di vista si riesce a trovare il giusto equilibrio e la soluzione migliore. Questa è la democrazia, solo attraverso la condivisione. Concludo dicendo che: il mondo rinuncerà alla guerra solo quando l'amore e la tolleranza rientreranno di nuovo a far parte del mondo a far parte anche di questo Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Poiché le restanti richieste di iscrizioni a parlare sono state ritirate, dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche dei relatori e del Governo – A.C. 2893-A)

  PRESIDENTE. Avrebbe facoltà di replicare la relatrice di minoranza per la II Commissione, onorevole Sarti, che tuttavia ha esaurito il suo tempo e inoltre non è presente.Pag. 81
  Hanno facoltà di replicare i relatori di minoranza per la II Commissione, Daniele Farina e Molteni, di cui constato l'assenza: s'intende che vi abbiano rinunziato.
  Avrebbero facoltà di replicare il relatore di minoranza per la II Commissione, onorevole Tofalo, ma ha esaurito il suo tempo. Lo stesso vale per la relatrice di minoranza per la II Commissione, onorevole Duranti, che ha esaurito il suo tempo.
  Avrebbe tempo di replicare invece il relatore di minoranza per la IV Commissione Gianluca Pini, ma ne constato l'assenza.
  Avrebbe facoltà di replicare il relatore di minoranza, Artini, ma ha esaurito il suo tempo.
  Ha facoltà di replicare il relatore per la maggioranza per la II Commissione Dambruoso. Ha due minuti, onorevole Dambruoso, vuole replicare ?

  STEFANO DAMBRUOSO, Relatore per la maggioranza per la II Commissione. Va bene così, Presidente, possiamo procedere, grazie.

  PRESIDENTE. Avrebbe facoltà di replicare il relatore per la maggioranza per la IV Commissione Manciulli, ma ha esaurito il suo tempo.
  Prendo, inoltre, atto che il rappresentante del Governo non intende replicare.
  Colleghi, la Presidente sta per giungere. Dovremmo iniziare l'esame dell'articolato e c’è una richiesta di intervento da parte del presidente della V Commissione. Però la Presidente della Camera intendeva fare una commemorazione, quindi io sospenderei la seduta per qualche minuto prima di dare la parola al presidente della Commissione bilancio. La Presidente, tuttavia deve ancora scendere, quindi intanto do la parola al presidente della Commissione bilancio, onorevole Francesco Boccia.

  FRANCESCO BOCCIA, Presidente della V Commissione. Grazie Presidente, intervengo solo per riferire alla Presidenza che la Commissione bilancio non è nella condizione di esprimere i pareri, perché siamo in attesa di alcune relazioni tecniche da parte del Governo. Ci è stato assicurato che saranno trasmesse alle 17,30. Noi avremmo bisogno poi di una mezz'oretta per esprimere il parere definitivo.

  PRESIDENTE. Quindi lei sta dicendo che potremmo riprendere l'esame del provvedimento intorno alle 18-18,15; anzi alle 18,30.

  ROCCO PALESE. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  ROCCO PALESE. Grazie Presidente, in riferimento anche all'andamento dei lavori – ma non solo ad onor del vero di questo provvedimento e indipendentemente dal giudizio sulle pubblicazioni di intercettazioni o meno di indagini che riguardano emendamenti che vengono qui presentati, richiesti, sollecitati e quant'altro da parlamentari – noi riteniamo che ogni Commissione rispetto a tali emendamenti e rispetto a queste richieste debba avere il tempo necessario per riflettere. Infatti così non penso che i parlamentari siano più nelle condizioni di farlo. Mi riferisco adesso alla Commissione bilancio, che ad horas, al minuto, dopo che arrivano le relazioni, si vuole che già esprima il parere e quant'altro, quando nessuno è in grado di analizzare tutti questi provvedimenti e tutto quello che riguarda il problema degli emendamenti in genere. Poi occorre pure che ci sia un funzionamento e una tempistica che assicurino coscienza, esame, analisi, trasparenza e legalità a questa Camera, perché da qui parte il marcio.

  PRESIDENTE. Onorevole Palese, credo che il presidente Boccia abbia chiaramente espresso la volontà di esaminare con serietà gli emendamenti con le relazioni tecniche. Quindi, non possiamo che proseguire secondo la richiesta del presidente Boccia.

  DAVIDE CRIPPA. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

Pag. 82

  DAVIDE CRIPPA. Grazie Presidente, tengo a sottolineare il fatto che su questi provvedimenti vi siano sempre delle necessità, per quanto attiene ai decreti, di fornire le informazioni corrette alle Commissioni competenti per potere approdare in Aula. È stato scelto di calendarizzare il provvedimento e il MoVimento 5 Stelle aveva chiesto di farlo slittare di qualche giorno o almeno di un giorno. Oggi apprendiamo che il Governo non è pronto per la questione inerente le coperture e che la Commissione bilancio è nell'impossibilità di potere esprimere il parere prescritto per l'ingresso in Aula del provvedimento in tempi opportuni.
  Io le chiedo, Presidente, di segnalare alla Presidente Boldrini questi comportamenti per i quali nel momento in cui certe questioni vengono poste, spesso anche dalla minoranza, alla fine purtroppo viene sempre detto: avevate ragione. Pertanto, la ringrazio (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE LAURA BOLDRINI (ore 16,50)

  PRESIDENTE. Deputato Crippa, prendo atto della sua richiesta.

Sul recente attentato terroristico verificatosi a Tunisi.

  PRESIDENTE. (Si leva in piedi e con lei l'intera Assemblea e i membri del Governo) Colleghi, io vorrei ricordare insieme a voi le vittime di un attacco terroristico, quindi vi pregherei di fare attenzione. Care colleghe e cari colleghi, un momento di attenzione, perché, come sapete, mercoledì scorso 18 marzo a Tunisi, a seguito di un brutale attentato terroristico, sono rimaste uccise molte persone, quattro di esse sono nostri concittadini, Francesco Caldara, Orazio Conte, Giuseppina Biella e Antonella Sesino, altre sono rimaste ferite.
  La Tunisia sta realizzando un processo di piena democratizzazione, che rappresenta un punto di riferimento per l'intero mondo arabo e proprio per questo costituisce un obiettivo per il terrorismo jihadista, che ha voluto colpire un luogo simbolico per la cultura e per la democrazia, quale è appunto il Museo del Bardo, posto, peraltro, nelle immediate vicinanze del Parlamento. Nessuna ideologia, nessun credo religioso può giustificare questi barbari attentati, che colpiscono prima di tutto persone inermi, persone indifese e che, in questo specifico caso, hanno anche l'evidente scopo di tentare di compromettere lo sviluppo del processo democratico in atto.
  Ora più che mai occorre che la comunità internazionale sia al fianco dei Governi impegnati in questo cammino e moltiplichi gli sforzi per combattere il terrorismo e assicurare la stabilità della regione mediterranea, la nostra regione. Ho già fatto pervenire il cordoglio al Presidente dell'Assemblea dei rappresentanti del popolo tunisino, tutto il nostro cordoglio. Proprio domenica prossima, su suo invito, parteciperò a Tunisi alla marcia contro il terrorismo.
  Oggi qui ribadiamo alle famiglie dei nostri concittadini rimasti colpiti e a tutto il popolo tunisino la vicinanza mia personale e dell'intera Camera dei deputati. Invito, quindi, l'Assemblea ad osservare un minuto di silenzio (L'Assemblea osserva un minuto di silenzio – Generali applausi cui si associano i membri del Governo).
  Colleghi, a questo punto, sospendo la seduta che riprenderà alle ore 18,30.

  La seduta, sospesa alle 16,55, è ripresa alle 18,35.

PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE MARINA SERENI

Si riprende la discussione.

  PRESIDENTE. Riprendiamo la discussione del disegno di legge di conversione del decreto-legge recante misure urgenti per il contrasto del terrorismo e proroga delle missioni internazionali.

Pag. 83

  FRANCESCO BOCCIA, Presidente della V Commissione. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  FRANCESCO BOCCIA, Presidente della V Commissione. Grazie Presidente, solo per informare la Presidenza e l'Aula che siamo in attesa di un ultimo parere da parte del Governo e senza quel parere non siamo in grado di esprimere il parere finale della Commissione, che sarebbe pronto, ma non può essere sottoposto al voto se non c’è appunto il parere finale del Governo.

  PRESIDENTE. Qual è la proposta, quindi ?

  FRANCESCO BOCCIA, Presidente della V Commissione. Dalle informazioni che abbiamo dal Governo, io ho convocato la Commissione bilancio alle ore 19. Se il parere alle ore 19 dovesse essere in Commissione, noi nel giro di dieci minuti siamo in grado di dare il parere. Io, però, non sono in grado di dirle...

  PRESIDENTE. C’è una concatenazione di eventi che deve accadere.

  FRANCESCO BOCCIA, Presidente della V Commissione. Guardi, stiamo parlando di una copertura abbastanza irrisoria di 4 milioni di euro. Voglio dirlo all'Aula, non stiamo parlando di una cosa complessa, ma di una cosa abbastanza semplice, modica e connessa a meccanismi di valutazione che sono già stati fatti. Io penso, quindi, che davvero alle ore 19,15, massimo 19,30, si possa tornare in Aula.

  GIRGIS GIORGIO SORIAL. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  GIRGIS GIORGIO SORIAL. Grazie Presidente, per ricordarle, ma sono sicuro che lei già se lo ricorda, che lei dovrebbe garantire il buon funzionamento di questa Camera che si ritrova ormai da ore su questo provvedimento – senza ricordare tutto quello che è successo negli ultimi due anni – a lavorare in questo modo. Le Commissioni, soprattutto la Commissione bilancio che dà un parere che serve poi al buon andamento delle votazioni in Aula, si ritrovano costantemente vittime di un non fare, di un non saper fare dei Ministeri che su decreti che loro stessi predispongono, non sanno poi dare i pareri. Stiamo parlando del Ministero dell'interno e del Ministero dell'economia e delle finanze che su un decreto-legge, non su un'azione legislativa di iniziativa parlamentare, ma su qualcosa che ha fatto il Governo stesso, non sanno dare indicazioni, loro che sono il Governo. Se è possibile lavorare così nel Parlamento italiano, allora chiudiamo baracca e burattini e facciamo venire qua Renzi, Alfano (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) e i loro scagnozzi a lavorare e noi ce ne torniamo veramente a casa, ma tutti, tutti, perché non si può lavorare così, Presidente. Noi eravamo stati convocati oggi alle ore 14,15. Dalle ore 14,15 siamo stati riconvocati alle ore 17 e verremo riconvocati alle ore 19 perché Alfano e chi dovrebbe fare il lavoro per Alfano non sanno darci il parere sul decreto-legge del Governo. È vergognoso (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) !

  ROCCO PALESE. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  ROCCO PALESE. Grazie Presidente, per avermi concesso la parola sull'ordine dei lavori. Io, già nella sospensione precedente, avevo detto che la frammentarietà, il pressappochismo e anche la fretta con cui si è costretti a lavorare nelle Commissioni non mette più il Parlamento e i parlamentari nelle condizioni di analizzare per bene e in maniera dovuta gli emendamenti e gli articolati che vengono proposti dal Governo. Nella fattispecie, si tratta di un decreto-legge importante e sottolineo l'importanza di questo decreto-legge. Trovare tutti i Ministeri così impreparati Pag. 84su tutto, quando si sa perfettamente che è in calendario, che c’è necessità di discuterlo, che bisogna dare i pareri, che bisogna essere pronti, che bisogna avere attenzione su un provvedimento così delicato, significa che noi siamo in balia delle onde.
  Quindi, signora Presidente, formalmente, non avendo la certezza del mantenimento degli impegni e degli orari – perché è un auspicio, è una previsione che alle 19,30 possano ricominciare qui i lavori – per rispetto ai tanti colleghi che sono qui, in Aula, le chiedo di stabilire sin da ora che i lavori possano anche continuare, dopo il parere espresso dalla Commissione bilancio e dopo che le Commissioni di merito o il Comitato dei diciotto si saranno riuniti per gli altri ulteriori adempimenti, ma che per la giornata di oggi non si procederà a votazioni. Poi, ogni gruppo si attrezzerà per far rimanere in Aula chi deve rimanere, ma, almeno, liberiamo i colleghi, perché le votazioni avranno inizio nel corso della riunione della seduta di domani. Almeno questo, Presidente, glielo chiedo formalmente.

  MAURIZIO BIANCONI. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Onorevole Bianconi, sull'ordine dei lavori può parlare un deputato per gruppo. Per il suo gruppo ha già parlato l'onorevole Palese.

  MAURIZIO BIANCONI. Parlerò per conto mio.

  PRESIDENTE. No, lei non ha la parola. Sull'ordine dei lavori ha già parlato il gruppo di Forza Italia. L'onorevole Palese ha già parlato per Forza Italia. Allora colleghi, capisco assolutamente...

  ALESSANDRO DI BATTISTA. Lo faccia parlare !

  MAURIZIO BIANCONI. Voglio parlare per un richiamo sul Regolamento.

  PRESIDENTE. Lei vuole fare un richiamo al Regolamento su cosa, onorevole Bianconi ?

  MAURIZIO BIANCONI. Sull'articolo 8, sul buon andamento dei lavori.

  PRESIDENTE. Prego. Ne ha facoltà.

  MAURIZIO BIANCONI. Non è sistema, Presidente, anche di togliere la parola su questa cosa.

  PRESIDENTE. Non avevo scelta.

  MAURIZIO BIANCONI. La regola gliela dico, ma se mi toglie la parola, vedrà che la regola non gliela posso dire, fa tutto da sé. Già fate tutto da voi, quindi anche questo non è una novità. Guardi che qui siamo di fronte a un problema che ha due corni: o voi dell'Ufficio di Presidenza e la presidenza dei gruppi non siete capaci di niente e bisogna che vi dimettiate tutti, o il Governo sta utilizzando una tecnica raffinata per fare del Parlamento un bivacco di disgraziati. Perché ci può essere anche l'idea che mi sto facendo che sia Renzi che rende il Parlamento inutile con questo modo scombiccherato di mandare avanti le cose, mandandoci da un giorno all'altro, facendoci bivaccare come disgraziati in quest'Aula, facendoci sentire inutili e che veramente non contiamo niente. Questo è un problema vero e reale ed è un problema istituzionale.
  Allora, il Governo ci deve dire che intenzioni ha nei rapporti con il Parlamento oltre alla bella faccia del Ministro Boschi che è molto bellina, molto carina, ma deve smettere di prendere in giro il Parlamento.

  PRESIDENTE. Onorevole Bianconi...

  MAURIZIO BIANCONI. E voi dell'Ufficio di Presidenza delle due l'una: o protestate e fate valere il Parlamento e la sua dignità o vi dovete dimettere tutti !

  PRESIDENTE. Bene, ci penseremo.

Pag. 85

  DONATELLA DURANTI. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  DONATELLA DURANTI. Signora Presidente, intervengo per sostenere la proposta dell'onorevole Palese e, quindi, per chiederle, signora Presidente, di accogliere la proposta dell'onorevole Palese e per sottolineare che è davvero sconcertante quello che sta accadendo. Io sono all'interno della Commissione difesa, noi abbiamo lavorato la settimana scorsa con tempi ristrettissimi, perché l'idea era, nonostante avessimo chiesto lo slittamento del provvedimento in Aula, di far arrivare a tutti i costi il provvedimento in Aula questa mattina. Ci hanno ridotto persino i tempi di intervento nella Commissione, le votazioni sono state a ripetizione e non riuscivamo neanche a intervenire sugli emendamenti, perché i tempi sono stati acceleratissimi.
  Allora, oggi, siamo in questa condizione, quest'Aula non può lavorare, perché ancora non c’è contezza rispetto alla copertura; il presidente Boccia dice che si tratta solo di 4 milioni di euro, io penso che sia un'aggravante, questa. In ogni caso credo che, a questo punto, il Comitato dei diciotto sia già stato convocato per le 19,15, io penso che si possa accogliere la proposta dell'onorevole Palese: dopo la Commissione bilancio, il Comitato dei diciotto è già convocato, mentre l'Aula si può riconvocare domani mattina.

  CINZIA MARIA FONTANA. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  CINZIA MARIA FONTANA. Grazie Presidente, noi riteniamo ragionevole la proposta del collega Palese.
  Se non ci sono obiezioni da parte dei gruppi, questo potrebbe permettere alla Commissione bilancio di portare a termine i propri lavori. Quindi, la proposta di non prevedere ulteriori votazioni questa sera permetterebbe di svolgere al meglio i nostri lavori e riconvocarci poi domani mattina per le votazioni.

  GUIDO GUIDESI. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  GUIDO GUIDESI. Presidente, noi siamo d'accordo sulla proposta avanzata dall'onorevole Palese, posto che credo che la Presidenza della Camera debba fare una riflessione specifica, perché questa non è la prima giornata che perdiamo in Aula. Non so quante giornate abbiamo perso per responsabilità del Governo, ma soprattutto rispetto al coordinamento dei lavori. Sarebbe ora che la Presidente la Camera, invece di spedire lettere inutili, pensasse a coordinare meglio i lavori dell'Aula.

  DAVIDE CRIPPA. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  DAVIDE CRIPPA. Presidente, volevo esprimermi sulla proposta del collega Palese aprendo però una riflessione, perché avendo preso parte alla Capigruppo la settimana scorsa, sarei quanto meno ipocrita a non tenere in considerazione che molti gruppi parlamentari di opposizione avevano segnalato la necessità, al fine di andare incontro a quanto detto dalla collega Duranti, cioè di un impegno dei lavori incompatibile con una discussione chiara e leale dei contenuti degli emendamenti, di posticipare di qualche giorno l'avvio in Aula di questo provvedimento. Oggi ci troviamo, nonostante il collega Rosato si sia in quella sede speso in senso contrario a quella proposta, che il Governo e quindi il PD di fatto oggi chieda di spostare la discussione degli emendamenti a domani perché, ahimè, «ballano» alcune coperture. Allora, se vogliamo essere seri noi chiediamo alla Presidente Boldrini di tenere in considerazione quanto le minoranze ogni tanto sollevano in Conferenza dei presidenti di gruppo non come dei capricci di una minoranza che vuole far perdere una mezza giornata o una giornata, Pag. 86ma come delle opportunità per non fare figure oscene davanti a una Repubblica, dove di fatto stiamo fermi per un'intera giornata senza produrre alcunché, perché, a mio avviso, quello che stiamo facendo oggi è una perdita di tempo continua per la quale i cittadini ci pagano. Credo che non sia una bella risposta quella che stiamo dando. Pertanto, la prego di segnalarlo alla Presidente Boldrini e accogliamo la proposta del collega Palese.

  PRESIDENTE. È chiaro che la Presidenza non ha alcuna obiezione, visto che mi sembra ci sia un accordo della maggioranza dei gruppi a sospendere i lavori dell'Aula e a riconvocarci per domani mattina. Come ha giustamente detto il collega Crippa, il calendario è stato il frutto di una discussione e di una decisione assunta in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo; credo che la Presidente Boldrini saprà trarre le sue considerazioni e le sue riflessioni alla luce dell'andamento dei lavori. In ogni caso, non avremmo potuto che registrare la richiesta della presidenza della Commissione bilancio di un'ulteriore sospensione nel caso non si fosse addivenuti ad una intesa tra i gruppi. Però, registro che c’è l'intesa e quindi sospendiamo a questo punto l'esame del provvedimento, che riprenderà domani mattina alle ore 9.

Modifica nella composizione di gruppi parlamentari.

  PRESIDENTE. Comunico che, con lettera pervenuta in data odierna, il deputato Luca Pastorino, già iscritto al gruppo parlamentare Partito Democratico, ha dichiarato di aderire al gruppo parlamentare Misto, cui risulta pertanto iscritto.

Sull'ordine dei lavori e per la risposta ad uno strumento del sindacato ispettivo (ore 18,50).

  IVAN DELLA VALLE. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  IVAN DELLA VALLE. Grazie Presidente. Intervengo per sottolineare il disagio dei cittadini: ogni giorno – come minimo – un indagato. Tra politici, burocrati, imprenditori e politici comandati da burocrati che fanno favori ad imprenditori, non se ne può più ! Ricordiamo il recente caso del Ministro Lupi, le cui dimissioni sono arrivate nel totale silenzio dei suoi ex colleghi, suoi ex-colleghi come il Ministro Poletti, rimasto saldo sulla poltrona nonostante avesse affrontato un caso, sotto certi aspetti analogo, quello di «Mafia capitale».
  Sulla lista di ex colleghi poco raccomandabili potrei poi andare a spulciare tra i diversi sottosegretari: tutti rimasti attaccati alla poltrona. Continuiamo, però, questa serie lungo un'altra via e parliamo della collega Bragantini del Partito Democratico, lei che da segretaria provinciale del PD dispose l'espulsione di esponenti valsusini del PD contrari al TAV. Lei, perché alcune persone non erano d'accordo su quella che era la linea del partito, li buttava fuori. La Bragantini, oltre che segretaria provinciale del PD, è stata anche presidente di circoscrizione del comune di Torino.
  E quali grandi risultati ha ottenuto per i suoi cittadini ? Al momento l'onorevole collega è indagata per avere gonfiato i gettoni di presenza per le riunioni di giunta: una volta eliminato il soggetto verbalizzante esterno, si è accollata la responsabilità di segnare presenze e assenze. Questo emerge dall'indagine: magicamente persone in vacanza potevano comparire nel verbale, ed ecco il gettone di presenza ! Tutto questo nel silenzio di tutte le forze politiche, tranne una: il Movimento 5 Stelle ! Ma la cosa più ridicola che la collega sostenga è di non essere coinvolta, tutta colpa di un burocrate che – penso io – si sarebbe estromesso da solo dalle riunioni, contro il volere pressante di una Bragantini impegnata nel rispetto dei soldi dei cittadini.
  Mi ricorda qualcuno, un piccolo ducetto che tratta il Parlamento come se Pag. 87fosse un pubblico di cabaret e che, da quanto vedo, si sta circondando di tanti simili. La collega Bragantini farebbe bene a dimettersi, invece che espellere persone che non la pensano come lei (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) !

  ALESSANDRO DI BATTISTA. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  ALESSANDRO DI BATTISTA. A tutti coloro che pensano che la proposta del reddito di cittadinanza del Movimento 5 Stelle non abbia la copertura, rispondiamo: basta che i partiti non si rubino i nostri soldi e ci sono coperture per dare il reddito di cittadinanza a tutti coloro che sono in difficoltà.
  È notizia di oggi – ma il Movimento 5 Stelle, i consiglieri di Roma, Frongia, Stefàno, Virginia Raggi e Marcello De Vito, hanno fatto mesi fa esposti – che l'assessore di Marino, Improta, è indagato per la Metro C. I costi della Metro C di Roma sono lievitati, Presidente, di un miliardo di euro. Com’è che per rubare i soldi ci stanno sempre, mentre per dare un reddito ai cittadini in difficoltà i soldi non ci stanno, secondo voi (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ? Per quanto riguarda lo scandalo sui costi Metro C di Roma – è anche indagato Incalza, arrestato, difeso dall'ex Ministro Lupi, – è molto importante che i cittadini capiscano che qua non si tratta più di destra, sinistra, Forza Italia, PD, Lega e SEL, ma di legalità contro illegalità istituzionalizzata (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) !

  DAVIDE CRIPPA. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  DAVIDE CRIPPA. Presidente, volevo fare un richiamo all'interrogazione n. 5-04874 affinché, al di là delle promesse del Ministro Guidi, magari riusciamo con delle tempistiche opportune a dare una risposta a degli atti di sindacato ispettivo riferiti a una crisi oggi in atto che riguarda tutta Italia, quella della situazione della Mercatone Uno. Sono operai e dipendenti che stanno rischiando il posto in uno sciacallaggio terribile dove di fatto vengono messi in saldo con volantini con su scritto «occasione unica, ribasso del 70 per cento» dove non si capisce se l'occasione unica sia quella dei lavoratori di perdere il posto oppure quella di chi vuole cercare di portare a casa ancora qualcosa prima delle dichiarazioni di fallimento. Io credo che sia necessario un intervento del Ministro Guidi in tempi rapidi e che a questa interrogazione, sollevata anche da altri colleghi, venga in qualche modo e al più presto data una risposta opportuna e per la quale noi speriamo di non dover venire sotto il Ministero dello sviluppo economico, insieme ai lavoratori, visto che ci vietate di venire ai tavoli di crisi del Ministero (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

Ordine del giorno della seduta di domani.

  PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

  Giovedì 26 marzo 2015, alle 9:

  1. – Seguito della discussione del disegno di legge:
   Conversione in legge del decreto-legge 18 febbraio 2015, n. 7, recante misure urgenti per il contrasto del terrorismo, anche di matrice internazionale, nonché proroga delle missioni internazionali delle Forze armate e di polizia, iniziative di cooperazione allo sviluppo e sostegno ai processi di ricostruzione e partecipazione alle iniziative delle Organizzazioni internazionali per il consolidamento dei processi di pace e di stabilizzazione (C. 2893-A).
  — Relatori: Dambruoso (per la II Commissione) e Manciulli (per la IV Commissione), per la maggioranza; Sarti, Daniele Pag. 88Farina e Molteni (per la II Commissione), Tofalo, Duranti e Gianluca Pini (per la IV Commissione) e Artini, di minoranza.

  2. – Seguito della discussione della proposta di legge:
   S. 10-362-388-395-849-874 – D'INIZIATIVA DEI SENATORI: MANCONI ed altri; CASSON ed altri; BARANI; DE PETRIS e DE CRISTOFARO; BUCCARELLA ed altri; TORRISI: Introduzione del delitto di tortura nell'ordinamento italiano (Approvata, in un testo unificato, dal Senato) (C. 2168-A);
   e delle abbinate proposte di legge: PISICCHIO; BRESSA ed altri; MIGLIORE ed altri; GOZI ed altri; MARAZZITI ed altri; DANIELE FARINA ed altri (C. 189-276-588-979-1499-2769).
  — Relatori: Vazio, per la maggioranza; Ferraresi, di minoranza.

  3. – Seguito della discussione delle mozioni De Girolamo ed altri n. 1-00653, Scotto ed altri n. 1-00680, Famiglietti ed altri n. 1-00685, Cariello ed altri n. 1-00688, Palese ed altri n. 1-00689, Di Lello ed altri n. 1-00764, Matarrese ed altri n. 1-00765 e Labriola ed altri n. 1-00766 concernenti interventi a favore del Mezzogiorno.

  4. – Seguito della discussione della proposta di legge:
   MOLEA ed altri: Disposizioni per favorire l'integrazione sociale dei minori stranieri residenti in Italia mediante l'ammissione nelle società sportive appartenenti alle federazioni nazionali, alle discipline associate o agli enti di promozione sportiva (C. 1949-A).
  — Relatrice: Blazina.

  La seduta termina alle 19.

TESTO INTEGRALE DELLE RELAZIONI DEI DEPUTATI STEFANO DAMBRUOSO, GIANLUCA PINI E MASSIMO ARTINI IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DEL DISEGNO DI LEGGE DI CONVERSIONE N. 2893-A.

  STEFANO DAMBRUOSO, Relatore per la maggioranza per la II Commissione. Onorevole, Presidente, onorevoli Colleghi, la relazione si concentrerà sulle disposizioni di più stretta competenza della Commissione Giustizia, quali gli articoli da 1 a 4 e da 6 a 10, mentre i restanti articoli 5 e da 11 a 21 saranno illustrati dal relatore per la IV Commissione, onorevole Manciulli.
  I recenti episodi verificatisi sia in Europa sia in Paesi dello scacchiere mediorientale hanno evidenziato l'innalzamento della minaccia terroristica di matrice jihadista e il decreto-legge in esame si ispira al principio secondo cui la lotta al terrorismo internazionale va realizzata in maniera unitaria senza far distinzione tra sicurezza interna ed esterna, come d'altronde dimostrato dal fenomeno dei cosiddetti foreign fighters.
  Proprio mentre la Commissioni si trovavano riunite per esaminare il decreto-legge è arrivata la tragica notizia del massacro di cittadini italiani al museo nazionale del Bardo di Tunisi. A questo proposito vorrei ribadire ai familiari delle vittime oltre che il mio cordoglio personale il cordoglio di tutta questa Assemblea per questo gesto disumano che ha sconvolto la loro esistenza e che rappresenta un vero e proprio attacco alla democrazia. Come ha dichiarato il Presidente della Repubblica, non abbiamo molto tempo per contrastare la minaccia del terrorismo. Questo decreto-legge costituisce sicuramente un importante tassello della lotta che deve essere fatta per porre un argine a questo attacco iniziato l'11 settembre 2001. A questo proposito, vorrei segnalare il clima di costruttiva collaborazione che ha caratterizzato i lavori delle Commissioni Giustizia e Difesa. Tutti i gruppi, anche quelli di Pag. 89opposizione che su alcuni punti hanno manifestato forti contrarietà, hanno avuto un atteggiamento propositivo. Rimangono naturalmente delle divergenze, come dimostra la presenza di relatori di minoranza, ma su un dato vi è piena condivisione: occorre avere a disposizione tutti gli strumenti necessari per contrastare il terrorismo anche – anzi, specialmente – in fase preventiva.
  Come si legge nella relazione di accompagnamento al disegno di legge, «una concreta e corretta politica di prevenzione e di tutela contro tali minacce comporta necessariamente una visione del fenomeno non limitata all'ambito del territorio del nostro Paese, ma mirata anche al rafforzamento delle presenze di forze armate in particolare nei territori di maggiore criticità. Il consolidamento, dunque, dei processi di pace e di stabilizzazione in aree di crisi acquisisce sempre più anche tale funzione preventiva quale elemento essenziale di politica estera, con sicuri riflessi sulla sicurezza dei cittadini».
  Il decreto-legge, che a seguito dell'esame delle Commissioni si compone non più di 21 ma di 26 articoli suddivisi in cinque capi, non è diretto unicamente a rafforzare la normativa penale (sostanziale e processuale) in materia di terrorismo internazionale, ma è volto anche a consentire la partecipazione a missioni internazionali delle Forze armate e di polizia finalizzate alla cooperazione allo sviluppo e al sostegno ai processi di ricostruzione e di pace.
  Per quanto attiene al contrasto al terrorismo sul versante interno, nella relazione al disegno di legge si sottolinea che «la straordinaria necessità ed urgenza di intervenire sulla materia deriva dall'evoluzione che questa forma di minaccia ha conosciuto negli ultimi mesi, in cui sono diventate più frequenti le efferate azioni di organizzazioni, quali l'Islamic State (IS). Tali sodalizi hanno palesato sia una capacità di attrazione e di reclutamento di soggetti, i foreign fighters, al di fuori dei contesti di origine, sia un'inusitata ferocia nel condurre attacchi a obiettivi dei Paesi stranieri che si oppongono ai loro disegni e alla loro visione radicale. In questo contesto diventa indifferibile completare il quadro normativo vigente, introducendo misure mirate e selettive capaci di prevenire il rafforzamento di tali organizzazioni e di attuare più stringenti controlli sui mezzi e sui materiali che potrebbero essere impiegati per il compimento di attentati nel territorio nazionale.».
  Le disposizioni contenute nel decreto-legge di diretto contrasto al terrorismo, inoltre, sono volte a dare completa attuazione nell'ordinamento interno alla risoluzione n. 2178 del 2014, adottata dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ai sensi del capo VII della Carta delle Nazioni Unite e quindi vincolante per gli Stati. Tale atto dell'ONU obbliga a reprimere una serie di condotte volte ad agevolare, attraverso un coinvolgimento diretto, il compimento di atti terroristici, anche in territorio estero, consistenti talvolta nelle attività che i foreign fighters pongono in essere per affiancare in conflitti armati gruppi od organizzazioni di matrice terroristica. In particolare, l'articolo 6 prevede che gli Stati perseguano il trasferimento verso un Paese diverso da quello di residenza al fine di partecipare o commettere atti terroristici; il finanziamento di tali trasferimenti; il reclutamento di soggetti destinati a trasferirsi in altri Paesi per commettere atti di terrorismo.
  Passando al contenuto delle disposizioni del decreto-legge che attengono più da vicino alla competenza della Commissione Giustizia, il provvedimento prevede una serie di interventi su diversi piani.
  Sul piano penale si prevede: l'introduzione di una nuova figura di reato destinata a punire chi organizza, finanzia e propaganda viaggi per commettere condotte terroristiche (reclusione da tre a sei anni); la punibilità del soggetto reclutato con finalità di terrorismo anche fuori dai casi di partecipazione ad associazioni criminali operanti con le medesime finalità (attualmente, l'articolo 270-quater c.p. sanziona solo il reclutatore); la punibilità, sul modello francese, di colui che si «auto-addestra» alle tecniche terroristiche (oggi è punito solo colui che viene addestrato da Pag. 90un terzo – articolo 270-quinquies c.p.); l'introduzione di specifiche sanzioni, di ordine penale ed amministrativo, destinate a punire le violazioni degli obblighi in materia di controllo della circolazione delle sostanze (i cd. «precursori di esplosivi») che possono essere impiegate per costruire ordigni con materiali di uso comune. Inoltre, sono aggiornati gli strumenti di contrasto all'utilizzazione della rete internet per fini di proselitismo e agevolazione di gruppi terroristici. In particolare, vengono previsti: inasprimenti delle pene stabilite per i delitti di apologia e di istigazione al terrorismo commessi attraverso strumenti telematici; la possibilità per l'Autorità Giudiziaria di ordinare agli internet provider di inibire l'accesso ai siti utilizzati per commettere reati con finalità di terrorismo, compresi nell'elenco costantemente aggiornato dal Servizio di Polizia Postale e delle Telecomunicazioni della Polizia di Stato. Nel caso di inosservanza è la stessa Autorità Giudiziaria a disporre l'interdizione dell'accesso ai relativi domini internet.
  Sul piano degli strumenti di prevenzione, le misure contemplate comprendono: la possibilità di applicare la misura della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza ai potenziali «foreign fighters»; la facoltà del Questore di ritirare il passaporto ai soggetti indiziati di terrorismo, all'atto della proposta di applicazione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza con obbligo di soggiorno. Il provvedimento è sottoposto a convalida dell'Autorità Giudiziaria; l'introduzione di una figura di reato destinata a punire i contravventori agli obblighi conseguenti al ritiro del passaporto e alle altre misure cautelari disposti durante il procedimento di prevenzione.
  Sul piano delle indagini in senso lato si prevede: la semplificazione, nel rispetto del Codice della privacy, delle modalità con le quali le Forze di polizia effettuano trattamenti di dati personali previsti da norme di regolamento, oltre a quelli contemplati da disposizioni di rango primario; l'ampliamento delle «garanzie funzionali» riconosciute agli appartenenti ai Servizi di informazione, escludendo la punibilità di una serie di condotte in materia di terrorismo (diverse dai reati di attentato o di sequestro di persona), commesse dal personale delle Agenzie di intelligence per finalità istituzionali e previa autorizzazione del Presidente del Consiglio dei Ministri; la possibilità che il personale dei Servizi possa deporre nei procedimenti giudiziari, mantenendo segreta la reale identità; la possibilità per le Agenzie di intelligence, previa autorizzazione dell'Autorità Giudiziaria, di effettuare, fino al 31 gennaio 2016, colloqui con soggetti detenuti o internati, al fine di acquisire informazioni per la prevenzione di delitti con finalità terroristica di matrice internazionale; l'attribuzione al Procuratore Nazionale Antimafia di funzioni di coordinamento, su scala nazionale, delle indagini relative a procedimenti penali e procedimenti di prevenzione in materia di terrorismo.
  A proposito delle nuove attribuzioni al Procuratore Nazionale Antimafia, si ricorda che presso la Commissione Giustizia è stato avviato il 28 novembre 2013 l'esame della mia proposta di legge C. 1609, recante l'istituzione della Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo e delle direzioni distrettuali antiterrorismo. L’iter, in stato avanzato (erano stati già presentati gli emendamenti), ha subito una sospensione il 15 gennaio scorso su richiesta del Governo in attesa della emanazione del decreto-legge in esame.
  Passando da questo quadro sintetico delle disposizioni del decreto-legge attinenti alle competenze della Commissione Giustizia ad una analisi maggiormente dettagliata delle stesse, si segnala che il capo I (articoli da 1 a 8) reca misure volte ad attualizzare la vigente disciplina degli strumenti normativi in materia di prevenzione e repressione dei fenomeni terroristici, in particolare quelli di matrice internazionale. Il provvedimento mira ad intervenire selettivamente per rendere punibili quelle specifiche condotte, contemplate dalla ricordata risoluzione dell'ONU, che non trovano ancora una completa considerazione nella vigente legislazione Pag. 91penale. In questo senso, vengono attualizzate le fattispecie incriminatrici di cui agli articoli 270-quater e 270-quinquies del codice penale che puniscono, rispettivamente, l'arruolamento e l'addestramento per finalità di terrorismo, nei termini che verranno specificati nell'illustrazione dell'articolo 1. Inoltre, sempre con l'articolo 1, viene introdotto nel codice penale il nuovo articolo 270-quater.1, destinato a colpire quanti organizzano o altrimenti sostengono i trasferimenti all'estero di soggetti preordinati al compimento di atti con finalità di terrorismo, fattispecie quest'ultima di cui la risoluzione raccomanda l'incriminazione. A questi interventi si affiancano quelli che mirano a estendere la possibilità di applicare le misure di prevenzione personali nei confronti dei potenziali foreign fighters, di cui si prevede l'inclusione in una nuova categoria di soggetti pericolosi per la quale troverà applicazione il divieto di espatrio, già oggi stabilito per tutti i soggetti sottoposti a misura di prevenzione.
  All'articolo 1, il comma 1 integra l'articolo 270-quater del codice penale, concernente il reato di arruolamento con finalità di terrorismo anche internazionale, superando l'attuale normativa secondo cui la rilevanza penale è soltanto del profilo attivo del reclutatore, mentre resta privo di risposta sanzionatoria il profilo per così dire passivo del reclutato. La modifica introdotta dal comma 1 supera questa impostazione rendendo punibile anche il soggetto arruolato. Si vuole punire la condotta di colui che si mette concretamente a disposizione come milite, e quindi soggiacendo a vincoli di obbedienza gerarchica, per il compimento di atti di terrorismo, pur al di fuori e a prescindere dalla messa a disposizione con assunzione di un ruolo funzionale all'interno di una compagine associativa tradizionalmente intesa. In questo senso, il mettersi in viaggio, o l'apprestarsi a un viaggio, per raggiungere i luoghi ove si consumano azioni terroristiche – condotte di cui, come detto, la risoluzione dell'ONU richiede la repressione – altro non sono che l'esplicazione di un precedente reclutamento, ossia di immissione volontaria e consapevole in una milizia, votata al compimento di azioni terroristiche.
  Il comma 2 introduce nel codice penale l'articolo 270-quater.1, diretto a punire, al di fuori dei casi di cui agli articoli 270-bis e 270-quater, l'organizzazione, il finanziamento e la propaganda di viaggi finalizzati al compimento di condotte con finalità di terrorismo. Non si è ritenuto, come invece chiesto dai gruppi MoVimento 5 Stelle e SEL, di limitare questa disposizioni ai soli viaggi commessi all'estero, in quanto il disvalore della condotta non è dato tanto dalla destinazione del viaggio quanto piuttosto dallo scopo consistente nel compimento di condotte con finalità di terrorismo, le quali trovano una loro definizione nel codice penale. Tanto per essere chiari, non vi è il rischio di applicare questo reato a chi organizza viaggi in Italia diretti a fare delle manifestazioni di protesta, in quanto in questo Paese nessuno considererebbe una manifestazione politica come una condotta con finalità di terrorismo.
  Il comma 3 interviene sull'articolo 270-quinquies del codice penale, che punisce l'addestramento ad attività con finalità di terrorismo anche internazionale, al fine di rendere punibile non solo il rapporto duale tra addestratore e addestrato, ma anche l'auto-addestramento, cioè la condotta di chi si prepara al compimento di atti di terrorismo, attraverso una ricerca e un apprendimento individuali e autonomi delle «tecniche» necessarie a perpetrare simili atti. Attraverso la connotazione della condotta attraverso il dolo specifico viene punita la condotta della persona che avendo acquisito, anche autonomamente, le istruzioni per il compimento di atti di violenza ovvero di sabotaggio di servizi pubblici essenziali con finalità di terrorismo pone in essere condotte con le medesime finalità. In tal modo viene estesa l'area della punibilità anche ai terroristi che operano sganciati da sodalizi e da organizzazioni (cosiddetto lupo solitario). Si è precisato in Commissione che l'aggravante consistente nell'addestramento con strumenti telematici o informatici si applica al solo addestratore. Inoltre si è Pag. 92previsto che la condanna per i delitti di cui agli articoli 270-bis, 270-ter, 270-quater, 270-quater.1 e 270-quinquies comporta la pena accessoria della perdita della potestà genitoriale quando è coinvolto un minore. Sempre in Commissione si sono rimodulate le pene previste dai reati oggetto dell'articolo 1, adeguandole alla effettiva gravità delle condotte.
  L'articolo 2 affronta il nuovo fenomeno dei foreign fighters con specifico riferimento all'attività di proselitismo posta in essere dagli stessi combattenti e dalle organizzazioni che compiono condotte con finalità di terrorismo, di cui all'articolo 270-sexies del codice penale. A tal fine, vengono introdotte quelle misure che sono state prima richiamate e che consentono di contenere e reprimere le crescenti azioni poste in essere attraverso lo strumento telematico, idoneo a raggiungere un numero sempre maggiore di potenziali combattenti, come emerso anche dalla recente attività investigativa sul fenomeno dei cosiddetti lupi solitari. In Commissione si è previsto che in materia di intercettazioni si possono utilizzare programmi informatici per acquisire «da remoto» le comunicazioni e i dati presenti in un sistema informatico. È stata prevista la possibilità di effettuare intercettazione preventive relative ai reati di terrorismo quando siano commessi con tecnologie informatiche o telematiche. Di particolare rilevanza sono le disposizioni che prevedono l'aggiornamento di black list dei siti internet utilizzati per la commissione di atti di terrorismo. Su queste black list il Ministro dell'Interno deve riferire periodicamente al Parlamento. Le Commissioni hanno apportato delle opportune modifiche di natura tecnica alle disposizioni che prevedono l'oscuramento di siti internet per consentire che tali interventi siano mirati ad impedire l'accesso ai soli contenuti illeciti e non blocchino intere piattaforme telematiche o network.
  L'articolo 3 è diretto a realizzare un completo adeguamento dell'ordinamento alle previsioni introdotte dal regolamento (UE) n. 98/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 gennaio 2013, relativo all'immissione sul mercato e all'uso di precursori di esplosivi. A tal fine sono introdotti nel codice penale due nuovi reati contravvenzionali. In particolare, con il nuovo articolo 678-bis viene punita la messa a disposizione di privati delle sostanze che contengono da sole o in miscele i precursori in concentrazioni superiori ai valori limite indicati nell'allegato I al predetto regolamento (UE). Il nuovo articolo 679-bis, in analogia con quanto previsto in tema di omessa denuncia di materie esplodenti, sanziona, con l'arresto fino a dodici mesi ovvero con l'ammenda fino a 371 euro, l'omessa denuncia dei furti o delle sparizioni delle sostanze in argomento. In Commissione si sono inoltre previste disposizioni sulla tracciabilità di armi, munizioni ed esplosivi a carico di imprese che fabbricano e vendono armi ed esplosivi.
  L'articolo 3-bis, introdotto in Commissione, si è previsto che non possono godere dei benefici penitenziari coloro che promuovono, organizzano e finanziano il trasporto clandestino di stranieri in Italia, salvo che non collaborino con la giustizia. Si è inoltre previsto l'arresto obbligatorio in flagranza per costoro.
  L'articolo 4 interviene in materia di misure di prevenzione personali contenute nel codice antimafia, nonché in materia di espulsione dello straniero per motivi di prevenzione del terrorismo, di cui all'articolo 13 del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286.
  Il comma 1, lettera a), innanzitutto, integra il catalogo delle categorie di persone cui possono essere applicate le citate misure di prevenzione, tra le quali sono già oggi compresi gli indiziati di attività preparatorie di reati con finalità eversive e terroristiche, anche internazionali (articolo 4 del codice antimafia). In particolare, vengono inserite nella categoria di persone indiziate di terrorismo (articolo 4, comma 1, lettera d)) i soggetti che pongono in essere atti preparatori diretti a prendere parte a un conflitto in territorio estero a sostegno di un'organizzazione che persegue le finalità terroristiche di cui all'articolo 270-sexies del codice penale.Pag. 93
  Il comma 1, lettera b), modifica l'articolo 9 del codice antimafia, concernente la disciplina dei provvedimenti d'urgenza che possono essere adottati nei confronti dei soggetti proposti per l'applicazione della misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza e dell'obbligo di soggiorno, in attesa dello svolgimento dell'udienza di discussione della medesima proposta. La norma è diretta ad evitare che il periodo di tempo necessario all'adozione dei provvedimenti di urgenza da parte del presidente del tribunale possa essere sfruttato dal soggetto interessato per allontanarsi dal territorio dello Stato (rischio evidentemente più alto per gli indiziati per fatti di terrorismo o di criminalità organizzata). A tal fine viene previsto che, nei casi di necessità ed urgenza, il questore, all'atto della presentazione della proposta, possa ritirare il passaporto ovvero sospendere la validità ai fini dell'espatrio dei documenti equipollenti, allorquando la proposta riguardi un soggetto compreso nelle categorie di persone rientranti nella categoria di soggetti enucleata dal citato articolo 4, comma 1, lettera d), come risultante dall'integrazione prevista.
  Si è introdotta una lettera b-bis) che estende al Procuratore Nazionale Antimafia ed Antiterrosrismo la titolarità della proposta di applicazione delle misure di prevenzione patrimoniale.
  Il comma 1, lettera c), estende la circostanza aggravante, prevista dall'articolo 71 del codice antimafia, ai soggetti, sottoposti a misura di prevenzione personale, che commettano i reati di cui agli articoli 270-bis, 270-ter, 270-quater, 270-quater.1 e 270-quinquies del codice penale ovvero delitti commessi con la finalità di terrorismo di cui all'articolo 270-sexies dello stesso codice.
  Il comma 1, lettera d), è diretto a sanzionare penalmente la violazione dei provvedimenti di urgenza che possono essere disposti, ai sensi dell'articolo 9 del codice antimafia, nei confronti del soggetto proposto per l'applicazione di una misura di prevenzione personale. Inoltre, viene prevista la possibilità di procedere all'arresto in flagranza nei casi in cui il soggetto proposto abbia contravvenuto agli obblighi conseguenti al ritiro del passaporto o alla sospensione dei documenti validi per l'espatrio.
  Il comma 2 interviene sull'articolo 13 del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, consentendo l'applicazione dell'espulsione per motivi di prevenzione del terrorismo anche agli stranieri che pongono in essere atti preparatori diretti a prendere parte a un conflitto in territorio estero a sostegno di un'organizzazione che persegue le finalità terroristiche di cui all'articolo 270-sexies del codice penale.
  Il comma 3 interviene sulla disciplina delle intercettazioni preventive stabilendo che il termine del deposito presso l'autorità giudiziaria dei verbali delle operazioni effettuate è di dieci giorni (in luogo di quello ordinario di cinque giorni) nel caso in cui sussistono esigenze di traduzione delle comunicazioni o conversazioni.
  L'articolo 4-bis, introdotto dalle Commissioni, ha per oggetto la conservazione dei dati di traffico telematico, la cui durata è equiparata a quella del traffico telefonico (24 mesi). Analogamente è previsto per i dati delle chiamate senza risposta.
  L'articolo 6 reca alcune modificazioni al citato decreto-legge n. 144 del 2005, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 155 del 2005, che contiene una serie di disposizioni riguardanti il contrasto del terrorismo, anche internazionale, nonché all'ordinamento penitenziario. Il comma 1, lettera a), modifica l'articolo 2, comma 1, che già oggi consente al questore di rilasciare permessi di soggiorno a fini informativi, anche su richiesta dei direttori dei servizi di informazione. In particolare, viene previsto che, nel contesto della prevenzione e contrasto del terrorismo, il questore possa procedere al rilascio dei permessi di soggiorno a fini informativi anche a favore dello straniero la cui collaborazione informativa sia necessaria riguardo alle attività illecite riconducibili alla criminalità transnazionale (quale ad esempio l'immigrazione clandestina).Pag. 94
  Il comma 1, lettera b), introduce nell'articolo 4 una norma temporanea volta a consentire, fino al 31 gennaio 2016, ai servizi di informazione di effettuare colloqui personali con i soggetti detenuti o internati, al fine di acquisire informazioni per la prevenzione dei delitti con finalità terroristica di matrice internazionale.
  In base ai nuovi commi 2-bis, 2-ter e 2-quater del decreto-legge 144, fino al 31 gennaio 2016 il Presidente del Consiglio, anche a mezzo del Direttore generale del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza (ovverosia l'organo di cui si avvale il Presidente del Consiglio dei ministri per assicurare unitarietà nella programmazione della ricerca informativa, nell'analisi e nelle attività operative dei due servizi: l'Agenzia di informazioni e sicurezza esterna – AISE e l'Agenzia di informazioni e sicurezza interna – AISI), può richiedere che i direttori dei Servizi di informazione per la sicurezza ovvero personale dipendente delegato effettuino colloqui personali con detenuti o internati. L'unica finalità della richiesta deve essere l'acquisizione di informazioni per la prevenzione dei delitti con finalità terroristica di matrice internazionale. L'autorizzazione è rilasciata dal Procuratore generale presso la Corte d'appello di Roma, in presenza di specifici e concreti elementi informativi che rendano assolutamente indispensabile l'attività di prevenzione. Dello svolgimento del colloquio è data comunicazione scritta entro cinque giorni al Procuratore generale presso la Corte d'appello di Roma e, come previsto dalle Commissioni, al procuratore nazionale antimafia ed antiterrorismo. Inoltre le autorizzazioni al colloquio e le successive comunicazioni sono annotate in un registro riservato presso l'ufficio del procuratore generale. Dello svolgimento del colloquio deve essere data informazione, a conclusione delle operazioni, al Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, secondo i termini (trenta giorni dalla conclusione delle operazioni) e le modalità di cui al comma 4 dell'articolo 33 della legge 124/2007.
  Le Commissioni hanno previsto la possibilità per il procuratore nazionale antimafia ed antiterrorismo di svolgere senza autorizzazione colloqui investigativi con i detenuti anche in relazione ai reati di terrorismo oltre che di mafia.
  L'articolo 6-bis delle Commissione interviene sulla materia dei collaboratori di giustizia al fine di coordinarne il contenuto con il ruolo del procuratore nazionale antimafia ed antiterrorismo.
  Medesima finalità ha l'articolo 6-ter con riferimento alla segnalazione di operazione sospette dell'Unità di informazione finanziaria della Banca d'Italia.
  L'articolo 7 è diretto ad agevolare l'azione delle Forze di polizia nella raccolta dei dati e nell'analisi delle informazioni acquisite, trattandosi di presupposto imprescindibile per un'efficace azione di contrasto di fenomeni come il terrorismo e, più in generale, di quelli capaci di mettere a repentaglio la sicurezza pubblica nel Paese. Viene, quindi, eliminata la rigidità della previsione di cui all'articolo 53, comma 1, del codice in materia di protezione dei dati personali, secondo cui le Forze di polizia e gli altri organi di pubblica sicurezza sono esentati dall'osservanza di alcune disposizioni del codice nell'effettuazione, per finalità di polizia, di trattamenti di dati personali individuati unicamente da norme di legge. Si tratterebbe, secondo il Governo, «di una previsione eccessivamente restrittiva che impedisce alle Forze di polizia di acquisire dati e informazioni personali, qualora ciò non sia espressamente previsto da norme di rango primario, con conseguenze pregiudizievoli sull'attività di prevenzione e di repressione dei reati, nonché di tutela della sicurezza pubblica. Peraltro, un simile grado di rigidità non è presente nell'articolo 47 del codice che disciplina i trattamenti di dati personali per ragioni di giustizia.» Tale disposizione infatti non richiede che i predetti trattamenti siano previsti da specifiche disposizioni di legge. L'articolo 7 riscrive integralmente l'articolo 53 del codice, sul modello di quanto stabilito dai precedenti articoli 46 e 47 per i trattamenti di dati personali in ambito Pag. 95giudiziario. La nuova versione del citato articolo 53 definisce, al comma 1, la nozione di finalità di polizia in rapporto ai trattamenti di dati personali. La norma specifica che si intendono effettuati per finalità di polizia i trattamenti di dati personali direttamente correlati all'esercizio di compiti di prevenzione e di tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica, nonché ai compiti di polizia giudiziaria svolti, ai sensi del codice di procedura penale, per la prevenzione e la repressione dei reati. Il comma 2 stabilisce che le Forze di polizia e gli altri organi di pubblica sicurezza sono esentati dall'osservare le citate disposizioni del codice quando i trattamenti di dati personali sono effettuati: dal Centro elaborazione dati (CED) di cui all'articolo 8 della legge 1o aprile 1981, n. 121, ovvero dalle Forze di polizia sui dati destinati a confluire nel medesimo CED; da organi di pubblica sicurezza o da altri soggetti pubblici nell'esercizio delle attribuzioni conferite da disposizioni di legge o di regolamento.
  L'articolo 8 reca norme in materia di garanzie funzionati e di tutela, anche processuale, del personale e delle strutture degli organismi di informazione e sicurezza. In primo luogo, si estende anche al personale dei servizi di informazione che ha agito sotto copertura la possibilità, già prevista per la polizia giudiziaria, di deporre in sede testimoniale mantenendo le generalità di copertura.
  Seguendo una indicazione del Copasir, si è modificato il decreto-legge sul punto evitando di modificare la legge n. 124 del 2007. Mantenendo il contenuto delle norme del decreto si è previsto che queste abbiano una scadenza individuata nel 31 gennaio 2018. Si introduce quindi la possibilità di autorizzare il personale dei servizi di informazione per la sicurezza della Repubblica a ulteriori condotte previste dalla legge come reato al fine dello svolgimento delle attività informative a fronte di minacce di natura terroristica. L'attuale sistema esclude che possano essere autorizzate le condotte per le quali non è possibile opporre il segreto di Stato ai sensi dell'articolo 39, comma 11, della legge n. 124 del 2007, e quindi, tra queste, quelle relative a fatti di terrorismo, con la sola eccezione della condotta di partecipazione ad «associazione con finalità di terrorismo anche internazionale o di eversione dell'ordine democratico» (articolo 270-bis, secondo comma, del codice penale). Nella relazione si legge che «nella configurazione delle operazioni di intelligence finalizzate all'acquisizione di notizie e di informazioni in relazione alla minaccia terroristica è emerso come il reale svolgimento delle operazioni possa portare il personale dei servizi di informazione a commettere anche condotte contigue a quella, che è stata autorizzata, della partecipazione all'associazione di cui all'articolo 270-bis del codice penale. È questo il caso in cui l'associazione oggetto di interesse informativo assume la configurazione di banda armata, realizzando la fattispecie delittuosa di cui all'articolo 306 ovvero della fattispecie, meno grave, dell'associazione sovversiva di cui all'articolo 270 del codice penale.».
  Per una serie di condotte, già previste come reato, o di nuova introduzione con il presente provvedimento, che spesso fanno riferimento ad attività commesse con l'uso di mezzi informatici e telematici (previsto perciò come fattore causativo di aumento della pena), si prevede la causa di giustificazione di cui all'articolo 17 della legge n. 124 del 2007, affinché possa essere svolta un'azione informativa il più possibile aderente alle nuove modalità con cui nasce e si sviluppa la minaccia terroristica, in particolare quella di natura jihadista.
  Viene assicurata una sostanziale omogeneità giuridico-operativa, rispetto agli appartenenti ai servizi di informazione, al personale delle Forze armate che, ai sensi dell'articolo 12 della legge n. 124 del 2007, è impiegato, in un numero circoscritto di unità, nelle attività di concorso con il personale del contingente speciale per la tutela della sicurezza delle sedi e del personale del DIS e delle Agenzie. Con tale misura potrà essere consentito un più efficace utilizzo del personale delle Forze armate nei predetti compiti di tutela, consentendo Pag. 96di destinare il personale degli organismi allo svolgimento delle attività informative d'istituto.
  Si prevede la possibilità per gli appartenenti ai servizi di utilizzare l'identità di copertura negli atti dei procedimenti penali aventi ad oggetto le condotte scriminate per la previsione delle garanzie funzionali, con l'immediata comunicazione alla magistratura procedente.
  Si completa il sistema di tutela in ambito giudiziario, previsto dall'articolo 27 della legge n. 124 del 2007, dei dipendenti degli organismi informativi, la cui identità è connotata in via generale da segretezza, consentendo di deporre con generalità di copertura quando il disvelamento dell'identità può comportare un pregiudizio all'interesse della sicurezza della Repubblica, ovvero quando sia necessario tutelarne l'incolumità.
  Il comma 2-bis, introdotto dalle Commissioni, affida all'AISE il compito di svolgere attività di informazione anche mediante assetti di ricerca elettronica verso l'estero, a protezione degli interessi politici, militari economici, scientifici e industriali della Repubblica Italiana. Il Presidente del Consiglio dei ministri informa il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica (Copasir) con cadenza mensile circa le attività di ricerca elettronica.
  Il capo II (articoli 9 e 10) reca disposizioni in materia di coordinamento nazionale delle indagini nei procedimenti per i delitti di terrorismo, anche internazionale.
  La necessità e l'urgenza di provvedere a un rafforzamento degli strumenti penali atti a fronteggiare la criminalità terroristica attengono anche al settore delle indagini. Si prevede l'estensione al settore dei procedimenti per i delitti di terrorismo anche internazionale dei compiti e delle funzioni di coordinamento che il Procuratore nazionale antimafia oggi svolge in materia di contrasto della criminalità mafiosa. Le Commissioni hanno approvato una serie di emendamenti volti a dare gli strumenti necessari per poter svolgere il nuovo ruolo del Procuratore nazionale antimafia.
  Ad esempio, si è previsto che il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, nell'ambito delle funzioni previste dall'articolo 371-bis, accede al registro delle notizie di reato, a tutti gli altri registri relativi al procedimento penale e al procedimento per l'applicazione delle misure di prevenzione, nonché alle banche dati logiche, dedicate alle procure distrettuali e realizzate nell'ambito della banca dati condivisa della Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo. Significativa è la previsione che per finalità di antiterrorismo possa avvalersi anche dei servizi centrali e interprovinciali delle forze di polizia e impartisce direttive intese a regolarne l'impiego a fini investigativi, dei quali peraltro dispone in relazione all'attività di contrasto alla mafia. L'esperienza dirà se sia opportuno che anche per il contrasto del terrorismo si preveda che di tali uffici il procuratore debba disporre.
  Si interviene quindi sul codice di procedura penale in materia di coordinamento delle indagini, di risoluzioni dei contrasti tra uffici del pubblico ministero, di accesso del Procuratore nazionale antimafia e, ora, anche antiterrorismo, al registro delle notizie di reato, per la parte in cui ciò rilevi nell'esercizio dei poteri di coordinamento delle indagini in materia di terrorismo, anche internazionale, presso le varie procure della Repubblica e alle banche dati che, nella stessa materia, siano istituite a livello distrettuale.
  È modificato il codice antimafia relativamente alle disposizioni ordinamentali che attengono alla Direzione nazionale antimafia. Le modifiche più significative attengono alle modalità di selezione e di nomina dei procuratori aggiunti presso la Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo. Si stabilisce che essi siano nominati dal Consiglio superiore della magistratura, e non più dal Procuratore nazionale, e che l'incarico sia soggetto a un termine temporale, pari a un quadriennio, con possibilità di rinnovo per una sola volta, in Pag. 97conformità a quanto in generale è previsto per gli incarichi semidirettivi conferiti a magistrati di altri uffici giudiziari.
  Sempre in relazione alla Procura nazionale antimafia ed antiterrorismo si prevede al comma 5-bis dell'articolo 20 che con decreto del Ministro della giustizia, previo parere del Consiglio superiore della Magistratura, sia determinata, nell'ambito della dotazione complessiva del personale di magistratura, la pianta organica della Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo, tenuto conto dell'istituzione di due posti di procuratore aggiunto. Si tratta di una disposizione meramente organizzatoria, che riguarda l'ordinamento giudiziario.

  GIANLUCA PINI, Relatore di minoranza per la IV Commissione. Onorevoli colleghi, Signor Presidente, Signori Rappresentanti del Governo !
  Il provvedimento oggi al nostro esame ha avuto una lunga, complessa ed infelice gestazione, alla quale hanno contribuito molti fattori. La pausa determinata dalla necessità di dare un successore al Presidente della Repubblica dimissionario, in primo luogo. Ma anche l'ingorgo che si è verificato nelle nostre Aule, ormai sommerse di decreti che si fatica a smaltire.
  È a causa di questo affollamento che probabilmente il Governo ha optato per la fusione in un unico testo di due decreti-legge che avrebbero dovuto essere originariamente separati: quello contenente la proroga delle missioni militari internazionali delle nostre Forze Armate e degli interventi della cooperazione allo sviluppo sui teatri di crisi, da un lato, e, dall'altro, quello recante le nuove norme adottate in risposta all'aggravarsi della minaccia terroristica dopo gli attentati jihadisti compiuti in Francia tra il 7 ed il 9 gennaio scorsi.
  Questa scelta ha avuto importanti ripercussioni negative, perché com’è noto la Camera non ha potuto coinvolgere nell'esame del provvedimento in sede referente tutte le Commissioni di merito obiettivamente toccate dal nuovo intervento normativo. Il provvedimento è stato rimesso in effetti in sede referente alle sole Commissioni Giustizia e Difesa. Mentre sono state costrette alla sede consultiva tanto la Commissione Esteri, tagliata conseguentemente fuori dall'esame di uno degli atti legislativi più importanti dell'anno, quanto la Prima Commissione, comunque competente a trattare gli aspetti ordinamentali della sfida posta all'Italia dal terrorismo jihadista di al-Qaeda e dell'Isis.
  Come già sottolineato da altri, l'Atto Camera 2893 consta di cinque capi e ventuno articoli. Le parti di cui ci occuperemo sono tuttavia quelle di più specifico interesse ai fini della politica estera e di difesa del nostro Paese: i Capi III e IV, che comprendono gli articoli 11-19, oltre agli aspetti di competenza inseriti nel Capo V contenente le disposizioni transitorie e finali, incluse le norme sugli oneri da sostenere e le relative coperture.
  Alle missioni militari sono destinate pressoché interamente le risorse stanziate per il 2015 dalla vigente legge di stabilità: soldati ed interventi della cooperazione assorbiranno infatti ben 871 milioni, cosa che ha imposto già ora di attingere anche a qualche altra posta oltre il consueto fondo per gli interventi militari all'estero, al quale sono stati lasciati in effetti soltanto 10 milioni scarsi di euro.
  Ancora una volta, quindi, al principio del prossimo autunno, il 1o ottobre, si riproporrà certamente il problema del reperimento dei soldi con cui arrivare fino alla fine dell'anno. La decretazione d'urgenza, in questo modo, perpetua se stessa, generando già adesso una futura situazione di crisi, quando sarebbe opportuno pensare fin d'ora a quali altri cespiti attingere.
  Gli interventi militari di cui si autorizza la prosecuzione sino al prossimo 30 settembre nel III Capo del decreto legge sono raggruppati per macro-aree continentali: Europa, Asia ed Africa. Fortunatamente, ci siamo risparmiati Americhe ed Oceania, almeno questa volta.
  Le missioni europee, di cui all'articolo 11, sono quelle in atto in Kosovo, che assorbiranno 59,1 milioni di euro più un Pag. 98milione ulteriore per le componenti della Polizia di Stato e della Guardia di Finanza; la piccola EUFOR Althea in atto in Bosnia-Erzegovina, di cui è componente l'IPU, al costo di poco più di 200mila euro; gli interventi di cooperazione con le forze di polizia in Albania e nei Paesi confinanti, cui andranno 4,3 milioni di euro; la simbolica UNFICYP che presidia il confine tra le due Repubbliche di Cipro, che riceverà 65mila euro; la più consistente operazione navale ACTIVE ENDEAVOUR, che riceverà ancora più di 19 milioni di euro. Si segnala inoltre l'aggiunta dell'intervento impostoci dalla NATO in funzione di rassicurazione antirussa di alcuni alleati: il concorso alla difesa aerea delle Repubbliche Baltiche, la Baltic Air Policing, che durerà sino al 31 agosto prossimo e ci pare poco compatibile con il dichiarato intento del Governo di pervenire alla rimozione delle sanzioni che stritolano il commercio tra il nostro Paese e la Federazione Russa.
  Tra le missioni asiatiche di cui all'articolo 12, spicca naturalmente la RESOLUTE SUPPORT che sostituisce l'ISAF in Afghanistan, cui partecipiamo con un tetto massimo di 750 uomini al costo di 126 milioni di euro. Il complesso degli interventi è imponente e comprende: il mantenimento delle cellule nazionali di collegamento negli Emirati Arabi Uniti, in Bahrein, in Qatar e a Tampa, per un costo di 14,3 milioni di euro; il mantenimento di un presidio dei volontari e delle infermiere della Croce Rossa Italiana a 519 mila euro; la prosecuzione della partecipazione all'UNIFIL II in atto in Libano, che costerà poco meno di 120 milioni di euro; quindi le piccole missioni palestinesi (TIPH 2, poco meno di 2 milioni di euro; EUBAM Rafah, per circa 90 mila euro; EUPOL COPPS, da 142 mila euro; e quella addestrativa, a nostro avviso assai discutibile, a favore delle forze di sicurezza di Ramallah); il presidio EUMM in Georgia, prorogato solo fino al 31 marzo, per 92 mila euro; è invece nuovo lo stanziamento per l'intervento in Iraq contro lo Stato Islamico: 132,7 milioni di euro, più i 2,2 riconosciuti al personale giù impiegato nei mesi di novembre e dicembre 2014. Quest'ultimo, è ormai l'operazione più costosa in corso.
  Tra le missioni africane di cui all'articolo 13, infine, si annoverano la missione antipirateria Ue denominata ATALANTA, in cui continueremo ad operare ad un costo di circa 30 milioni di euro, malgrado la mancata valutazione politica sull'evoluzione della vicenda Marò. Non è vero quindi che il nostro intervento navale nelle zone infestate dai pirati sia cessato. Abbiamo ammainato le insegne della NATO, in effetti, ma andiamo avanti con quelle dell'Ue.
  Ci sono poi gli interventi nel Corno d'Africa noti come EUTM Somalia, EUCAP Nestor, per la gestione della base italiana a Gibuti e l'addestramento delle forze di polizia somale e gibutine, cui andranno altri 21 milioni di euro; la presenza nella MINUSMA e nella EUTM Mali operative in Mali, nella EUCAP Sahel Niger ed EUCAP Sahel Mali, al costo di poco più di due milioni di euro.
  È stata invece opportunamente anticipata, proprio durante la fase d'iter svoltasi nelle Commissioni Giustizia e Difesa, la conclusione della nostra partecipazione alla EUBAM Libya, quella della missione nazionale sulle coste libiche della Guardia di Finanza per l'assistenza al controllo dei flussi migratori, quella alla EUFOR RCA in atto in Repubblica Centrafricana ed infine quella della presenza italiana nel Gruppo di osservatori militari internazionali in Mozambico denominato EMOCHM.
  Di queste novità, ci rallegriamo, anche perché riteniamo di averle anticipate con le nostre proposte emendative. Malgrado queste opportune riduzioni, tuttavia, la mole di impegni delineata anche dal decreto legge in via di conversione rimane ancora molto dispersiva, sostanzialmente incompatibile con la statura di media potenza del nostro Paese.
  Sulla strada della semplificazione e razionalizzazione degli interventi, pertanto, si poteva e si doveva fare molto di più, specialmente nel momento in cui il Governo chiede ed ottiene l'avallo delle Commissioni all'inserimento nel provvedimento Pag. 99di norme che autorizzano lo svolgimento nel Canale di Sicilia di una nuova missione aeronavale di autotutela degli interessi nazionali del nostro Paese, la MARE SICURO, che costerà 40,4 milioni di euro di qui fino alla fine di settembre.
  Di questo nuovo intervento, ci sarebbe piaciuto sapere di più ed in particolare se il nuovo dispositivo messo in campo servirà a raccogliere nuovi clandestini, a proteggere i gasdotti che alimentano la nostra economia o invece identifichi il nucleo delle capacità che il nostro Paese ha messo sul piatto in vista di future operazioni militari in Libia, da condurre non si sa bene ancora con chi, contro chi e per cosa, anche se un vago sentore sta gradualmente emergendo, specie dopo i colloqui italo-algerini cui ha recentemente preso parte il Viceministro Pistelli, che lasciano immaginare un'operazione condotta contro Tripoli ed in favore delle autorità di Tobruk insieme ai francesi, veri responsabili della deposizione di Gheddafi e del caos che ne è seguito, ed agli egiziani: nostri rivali nell'accesso e nel controllo delle risorse energetiche libiche.
  Noi pensiamo comunque che MARE SICURO possa anche costituire l'embrione della forza che potrebbe sottoporre a blocco navale la Libia, se questa si confermasse l'unica strada percorribile per prevenire l'afflusso di terroristi dalle sue coste alle nostre.
  Tra le altre misure del provvedimento, si rilevano quelle relative allo stanziamento in favore dell'AISE, pari ad 8,6 milioni di euro, per la protezione info-operativa dei nostri contingenti all'estero, di cui all'articolo 14, che stanzia anche 73,4 milioni alle operazioni di rimpatrio del contingente in Afghanistan, che dovrebbero quasi del tutto perfezionarsi entro la fine di settembre. Speriamo in effetti che non ci siano ripensamenti paragonabili a quelli che stanno già affiorando nell'Amministrazione Obama.
  Da segnalare altresì la circostanza che il provvedimento disponga anche nuove cessioni di materiale militare a titolo gratuito in favore di Gibuti, Iraq e Somalia. È in questo contesto che sta ricevendo da noi 70 visori notturni anche la Tunisia appena colpita dagli attentati jihadisti della scorsa settimana.
  A queste disposizioni ne seguono altre in materia di personale e contabile, sulle quali non ci si soffermerà, salvo che per sottolineare la speranza che questi aspetti vengano regolati una volta per tutte dalla legge quadro sulle Missioni Militari Internazionali delle nostre Forze Armate, in discussione nelle Commissioni Esteri e Difesa di questo ramo del Parlamento.
  Nel IV Capo del provvedimento si rinviene invece il consueto stanziamento di risorse a pioggia in favore dei Paesi preda di gravi crisi politiche ed umanitarie. L'articolo 17 mette a disposizione ben 68 milioni di euro.
  Si rileva però la presenza di qualche importante elemento di novità: ad esempio, i 120 milioni di euro in favore delle Forze di Sicurezza Afghane, di cui all'articolo 18, che porta inoltre a 9,1 milioni di euro le risorse stanziate «per interventi operativi di emergenza e di sicurezza destinati alla tutela dei cittadini e degli interessi italiani all'estero».
  Troviamo interessante ed emblematico che mentre si respinge sistematicamente ogni tentativo di escludere formalmente, con apposita integrazione normativa, che possano essere pagati riscatti per liberare i cittadini italiani vittime di sequestri a scopo politico o di eversione, rigettando ogni ipotesi di emendamento in tal senso, durante il dibattito in sede di Commissioni sia stata comunque approvata una modifica che impone al Ministero degli Affari Esteri di aggiornare con la collaborazione dell'intelligence – e di pubblicare sul sito internet della Farnesina – la valutazione del rischio cui si espongono i nostri concittadini quando viaggiano in alcuni Stati esteri, introducendo il fondamentale principio secondo il quale chi va in Paesi giudicati ufficialmente pericolosi dal Governo, lo fa a proprio rischio e pericolo. Non possiamo infatti più permetterci di sperperare capitale politico e risorse economiche per rimediare alla sventatezza di pochi singoli.Pag. 100
  Non vogliamo soffermarci sulle singole autorizzazioni di spesa. Anche se ve ne sono alcune che ci paiono particolarmente inappropriate, come quella che metterebbe a disposizione della Farnesina mezzo milione di euro per acquisire i voti che servono all'Italia per accedere al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Forse in certi casi occorrerebbe un maggiore pudore.
  Vengono infine assegnati 700mila euro ai lavori per la ricostruzione dell'Ambasciata d'Italia a Mogadiscio: cifra che pare davvero elevata per la realtà locale.
  In conclusione, Onorevoli Colleghi, Signor Presidente e Signori Rappresentanti del Governo, così com’è adesso, il provvedimento non ci soddisfa. Ci auguriamo però che l'esame in Assemblea ne permetta il sensibile miglioramento, lungo le linee da noi auspicate, al quale intendiamo fornire il nostro attivo contributo.

  MASSIMO ARTINI, Relatore di minoranza. Onorevoli Colleghi, mi preme portare alla vostra attenzione alcuni punti che relazionerò sul provvedimento che stiamo andando ad analizzare, ovvero il decreto legge n. 7/2015 che prevede «misure urgenti per il contrasto del terrorismo, anche di matrice internazionale, nonché proroga delle missioni internazionali delle Forze armate e di polizia, iniziative di cooperazione allo sviluppo e sostegno ai processi di ricostruzione e partecipazione alle iniziative delle Organizzazioni internazionali per il consolidamento dei processi di pace e di stabilizzazione».
  In particolare vorrei analizzare come si è svolta la trattazione del decreto, traendo spunto dalle buone pratiche e focalizzarmi sui problemi, sia procedurali che di merito che questo decreto ha evidenziato.
  Anzitutto lasciatemi esprimere rammarico nel veder accorpate le materie delle norme antiterrorismo a quelle delle missioni internazionali ed della cooperazione. È stata nostra richiesta prima della pubblicazione del decreto, anche in via informale, e successivamente in varie audizioni formalmente, di dividere le materie. Ciò ha portato, con rammarico, l'esclusione della III Commissione affari esteri. Questo genere di attenzione da parte del governo e della presidenza della Camera era necessario, in un momento in cui, non solo di finanziamento di missioni si è parlato, ma come vedremo poi, e per la prima volta con dovizia di particolari, si è trattato più un aspetto politico e di obbiettivi verso gli interessi del Paese.
  Purtroppo questo non è stato fatto. Va notato inoltre che anche in questo caso lo strumento del decreto pecca nel non aver dato la possibilità a tutti i gruppi parlamentari una modalità che consentisse l'autorizzazione di spesa per singola missione e non nella sua interezza. Questi fattori, oltre alla mancanza di omogeneità, rappresentano una grave criticità.
  Va detto però che il lavoro svolto è andato verso quella modalità informativa auspicata dalla seppur fortemente migliorabile versione della legge quadro sulle Missioni Internazionali, dove si prevede espressamente una discussione più ampia prima della trattazione delle autorizzazione al proseguimento delle singole missioni.
  Avendo infatti da trattare una materia come le norme antiterrorismo, su cui più avanti approfondirò nel merito, ed alcune valutazioni sulle missioni internazionali, anche derivanti dal precedente decreto missioni approvato, circa la questione dei fucilieri di Marina trattenuti in India, è stata avviata una indagine che ha portato alla luce una serie di aspetti tecnici e giuridici che mai erano stati trattati con dovizia dalle Commissioni.
  Questa buona pratica dovrebbe essere applicata ad ogni singolo provvedimento di autorizzazione delle missioni internazionali.
  Entrando nel merito del provvedimento andiamo ad affrontare la parte che riguarda l'antiterrorismo della quale effettivamente era urgente una definizione, ma che a nostro modo di vedere, è stata affrontata guardando il problema dal punto di vista errato.Pag. 101
  Anzitutto diamo un quadro del problema che voleva essere affrontato:
   - Il problema dei foreign fighters
   - Il problema dei lupi solitari

  Mentre sul primo punto gli studi vanno avanti da almeno 20 anni, con una valutazione circa l'incremento nei paesi europei negli ultimi 3/4 anni, anche grazie alla capacità di Daesh di reclutare fattivamente un numero molto elevato di combattenti (in Europa siamo sui 3.000 combattenti censiti dai vari governi, con picchi di 1.500 per la sola Francia, e di soli 65 per il nostro paese), sul secondo le valutazioni non sono ancora complete e i due temi sono, a nostro modo di vedere, stati affrontati indicando provvedimenti legislativi di scarsa applicabilità. È stato, infatti, applicato come ambito di applicazione l'articolo 270-sexies, che definisce la «Condotta con finalità di terrorismo». Da molte parti, durante l'indagine conoscitiva e non solo, anche in sessioni diverse, si è rilevato come la fattispecie di reato fosse troppo generica. Leggo per maggiore chiarezza cosa prevede l'articolo 270-sexies: «Sono considerate con finalità di terrorismo le condotte che, per la loro natura o contesto, possono arrecare grave danno ad un Paese o ad un'organizzazione internazionale e sono compiute allo scopo di intimidire la popolazione o costringere i poteri pubblici o un'organizzazione internazionale a compiere o astenersi dal compiere un qualsiasi atto o destabilizzare o distruggere le strutture politiche fondamentali, costituzionali, economiche e sociali di un Paese o di un'organizzazione internazionale, nonché le altre condotte definite terroristiche o commesse con finalità di terrorismo da convenzioni o altre norme di diritto internazionale vincolanti per l'Italia». In questo ambito può rientrare di tutto, non solamente gli argomenti che il Governo ha voluto trattare ovvero il fenomeno dei Foreign Fighters e dei Lupi Solitari, di stampo jihadista. Si è volutamente evitato di trattare non il «combattente di ritorno» e chi si addestra per combattere in conflitti in territorio estero (dando così una certezza in merito all'ambito di applicazione) ma più in generale ed in maniera indefinita verso la fattispecie di reato novellata dal 270-sexies. Queste parole sono state usate non solo da molti gruppi politici, ma anche dagli auditi Procuratori Generali e anche in altre sessioni da rappresentanti del Comitato Analisi Strategiche Antiterrorismo, nonché generalmente rilevato dai professori auditi sulla materia.
  Il testo che riguarda questo argomento è perciò, purtroppo, a rischio di inapplicabilità, così come segnalato anche durante la fase di indagine: nei paesi dove questo reato è già stato definito (con le stesse modalità legislative), come ad esempio l'Olanda, dove pur avendo adottato molto rapidamente queste leggi (la presenza di foreign fighters in Olanda è di circa 500 unità), si sono nella realtà poi sfruttate leggi già precedentemente esistenti per condannare la condotta di tali cittadini, ignorando per la vaghezza delle norme anti-combattenti di ritorno, le nuove introdotte.
  Sicuramente sarebbe stato più opportuno, sia come deterrente sia come applicabilità, definire una nuova fattispecie di reato che riguardava tutti i combattenti (e coloro che addestrano o reclutano o finanziano) che combattono in territorio estero dove ci sono conflitti o crisi. Questo argomento, da noi sostenuto con forza, non ha trovato riscontro, sebbene valutato positivamente anche in audizione da parte di esperti in materia, come un qualcosa che desse la possibilità effettiva di poter affrontare il tema dei combattenti di ritorno.
  Molto rischiosa anche la recrudescenza inserita circa l'utilizzo in autonomia degli strumenti informatici, tesi ad un auto-addestramento finalizzato ai reati indicati dal 270-sexies. Anche in questo caso la genericità delle tesi indicate nella fattispecie di reato e l'indeterminatezza dell'utilizzo dei sistemi informatici in maniera autonoma, porta questa nuova aggravante ad essere rischiosa per le libertà personali dei singoli cittadini.Pag. 102
  La creazione inoltre di un elenco di siti bloccati, senza possibilità di verifica dell'elenco (è stata nostra richiesta e la ripresenteremo in aula), se in un primo momento ci vedeva indubbiamente contrari, perché ritenuto dannoso dagli studiosi della materia, è da vedere sotto un occhio diverso (e di questo ringrazio ancora per la modalità di studio del decreto data dall'indagine svolta), se rilevate le parole dei rappresentanti della Polizia Postale che hanno indicato come la popolazione di quell'elenco avvenga solo dopo che tutte le necessità di indagine siano state espletate.
  Un rilievo che mi preme di fare è quello relativo all'articolo 5 di questo decreto che amplia o rende più strutturato per quest'anno l'impiego nel territorio italiano delle forze armate. L'operazione «Strade Sicure» alla quale si è affiancato in corso d'opera l'operazione «Mare Sicuro» è da valutare un tampone alla situazione di crisi che soffrono le forze di polizia (sia sotto l'aspetto dell'organico che dei mezzi), ma che non può che destare una volontà precisa da parte del Parlamento di modificare questa modalità di azione. Le forze armate non sono uno strumento che può presiedere il territorio e svolgere azioni di polizia giudiziaria. I 76 milioni di euro canalizzati in questa operazione di controllo del territorio e del mare dovrebbero essere rivalutati nell'ottica di ottimizzare quelle forze di polizia e di sicurezza che già dovrebbero presidiare il territorio, con tutte le tutele giuridiche e legali che la legge gli fornisce.
  Circa la nascente operazione «Mare Sicuro», di cui la Ministra della difesa Pinotti ci ha dato comunicazione durante l'audizione in commissioni congiunte e bicamerali, è da rilevare con favore il lavoro della commissione che ha fatto sì che di questa missione venga data celere informazione alle commissioni parlamentari competenti. I dubbi sull'effettivo impiego (a difesa di postazioni strategiche per l'approvvigionamento energetico proveniente dalla Libia) anche a fronte della forte instabilità dell'area e anche a fronte dell'impiego a cui potrebbero sentirsi chiamato in causa il naviglio presente, nel rispetto della convenzione di Amburgo sul soccorso in mare, sono stati rilevati ed attendiamo di avere informazioni precise nel merito.
  Non entro nel merito della discussione circa l'assegnazione delle funzioni di anti terrorismo al procuratore nazionale antimafia. Mi preme solamente di rilevare che da parte nostra l'attenzione sul funzionamento della procura, che dovrà sopperire ad entrambi i temi, sarà massimo, al fine di assicurarci che vengano assegnate le giuste risorse da parte del Governo per trattare con forza entrambi.
  Passiamo ora alla parte di rinnovo delle missioni internazionali. Il decreto, nato con un ritardo di due mesi quasi dopo la scadenza dell'autorizzazione alle missioni, è comunque nato vecchio, data la presenza di numerose missioni di dubbia funzione (in particolare mi riferisco al caso Libico). Va dato atto al Governo di aver ascoltato le forze di opposizione del parlamento, riformulando durante la fase di discussione le parti più critiche, e ottimizzando tutta una serie di missioni (anche minori) delle quali, finalmente diciamo noi, si è sentito l'esigenza di farne a meno.
  La situazione delle missioni EUBAM Libya e di supporto della Guardia di Finanza alle forze libiche erano, alla luce dei fatti, imbarazzanti come presenza nel decreto. L'averle soppresse insieme ad altre missioni (come l'eclatante UNFICYP) e aver dato seguito anche alle risoluzioni votate circa la EUROFOR RCA (anch'essa conclusa) è sicuramente un bene, perché i fondi ad esse destinati potranno essere canalizzati in altre azioni, dove i nostri interessi, come paese intendo, da tutelare sono maggiori.
  Come note dolenti vorrei segnalare ancora la presenza nei Balcani, non per la missione in sé, ritenuta da più parti come necessaria, data l'attuale instabilità della zona, ma proprio perché al di là della missione, non ci sembrano esserci (né da parte della UE, né da parte di altri organismi internazionali) percorsi che portino ad un compimento di questa missione, costosa e ormai presente da quasi 15 anni. Pag. 103Il tutto senza una reale informativa al parlamento. Chiediamo perciò che sia il Governo, magari richiamato dal Parlamento tramite atti di indirizzo propri, a riferire nel dettaglio circa lo stato delle missioni nell'area Balcanica.
  Altra valutazione va fatta circa la missione NATO Active Endeavour. I rilievi fatti su questa missione da parte mia sono negli stenografici dei decreti missioni precedenti e li ritengo tuttora attuali. Quest'anno abbiamo da rilevare una cosa in più: Active Endeavour è attualmente coperta dallo Standing NATO Maritime Group 2 (SNMG-2) a cui partecipa la fregata Aliseo, salpata il 2 febbraio da Taranto.
  In tutto sono 7 navi fornite da USA (incrociatore Vicksburg, nel ruolo di ammiraglia dello SNMG-2), Italia (fregata Aliseo), Canada (fregata Fredericton), Turchia (fregata Turgutreis), Francia (nave supporto Marne), Germania (nave supporto Spessart) e Spagna (nave supporto Patino e fregata Canarias).
  Nei precedenti due decreti si coprivano 6 mesi e assegnavate all'A.E. 8,7 milioni (gennaio-giugno) e 7,7 milioni (luglio-dicembre), mentre questo decreto copre 9 mesi (gennaio-settembre) ma si allocano 19 milioni. In media l'anno scorso sono stati spesi 1,36 milioni al mese per Active Endeavour (16,4 mln: 12 mesi) mentre adesso si passerebbe a 2,1 (19 mln: 6 mesi), quasi raddoppiando il costo della missione. Di questo non abbiamo avuto contezza durante la fase di analisi in commissione e lo rileviamo con forte rammarico.
  Passando a zone del mondo molto più distanti da noi, dopo la sforbiciata avvenuta in fase di discussione in commissione, ci preme effettuare un monitoraggio attento a quanto sta succedendo in Afghanistan e come il governo si sia mosso.
  A nostro modo di vedere sono state ascoltate, compatibilmente con dei tempi di rientro congrui, le nostre indicazioni specificate negli ultimi 3 decreti missioni. Infatti, si è compreso come la nostra missione in Afghanistan ad Herat, sia in fase di chiusura completa, riducendo drasticamente gli organici (previsti nell'ordine degli 800 ad ottobre 2013) fino a rimanere in soli 70 presso le basi di comando a Kabul. Tale scelta ci è sembrata indubbiamente rispondere alle esigenze di concentrare le nostre forze in zone (es. il Mediterraneo) dove i nostri interessi nazionali sono maggiori.
  Imbarazzante da segnalare come per compensare questa nostra uscita anticipata si riconosca alle forze armate e di polizia Afghane un bonus di 120.000.000 di euro, facendole passare come «Sostegno ai processi di ricostruzione e partecipazione alle iniziative delle organizzazioni internazionali per il consolidamento dei processi di pace e di stabilizzazione», mentre per tutta la parte di cooperazione sono presenti solo 68 milioni.
  Va però fatta una valutazione politica di questi 14 anni di presenza in Afghanistan: a cosa sono serviti 53 morti se lasciamo un paese in totale rovina, dove non si sono concluse le attività per ripristinare una forma di stato che abbia veramente il controllo del territorio ? Le notizie che da oltreoceano ci giungono sono preoccupanti, e ci dovremmo domandare cosa ha provocato questa politica dell'attacco preventivo e se ha favorito e non debellato la formazione di gruppo ancora più radicali e ancora più forti (come il Daesh).
  Su questo tema dovremo chiederemo conto a chi, tuttora presente in quest'aula, nei Governi che si sono succeduti, ci ha dato a bere la favola della ricostruzione buona dell'Afghanistan e che siano chiamati a rispondere politicamente delle loro scelte.
  Una valutazione va fatta sulla questione antipirateria e sullo stato delle cose circa la risoluzione del caso dei due fucilieri di marina Latorre e Girone. In particolare il Governo ha ritenuto, a nostro modo di vedere correttamente, di non prevedere più la presenza di soldati italiani sui mercantili battenti bandiera italiana; scellerata fu la scelta fatta a suo tempo e porne rimedio è senz'altro corretto.
  Meno corretta è stata la forma di informazione del Governo al Parlamento Pag. 104circa lo stato delle cose che riguardano la questione politico/giudiziaria in ballo con l'India circa i due fucilieri. Ad oggi l'unico modo che abbiamo avuto per avere informazioni, oltre che dalle rappresentanze militari, è stato per il tramite dell'indagine conoscitiva, che ci ha dato un chiaro quadro delle regolamentazioni internazionali e delle convenzioni ed i trattati che le regole, dandoci anche tempi certi di soluzione. Si auspica che, come promesso dal Ministro Gentiloni, sia resa chiara e rapida informazione alle Commissioni competenti.
  Rimane in ultimo, prima di alcune considerazioni finali, da portare un plauso al lavoro svolto da UNIFIL, sia dalle nostre forze armate presenti nel settore Ovest, sia per il lavoro di comando del Generale Portolano. L'esempio di stabilizzazione che questa missione dà al mondo, anche a fronte di una presenza di Daesh molto aumentata e di un rischio di conflitto imminente, è importante e da valorizzare in sede internazionale.
  Come considerazioni finali, voglio rilevare e sperare che dati i nove mesi che ci dovrebbero separare dal prossimo decreto sulle missioni internazionali, la Camera ed il Senato possano approvare una buona legge quadro: intendo cioè dire che è opportuno che l'attuale testo uscito dalle commissioni sia ottimizzato. L'esperienza di questi anni e di questo ultimo decreto in particolare ci danno lo spunto per poter migliorare il testo e le procedure che potremo introdurre: l'indagine conoscitiva svolta su questo decreto è stata un buon esempio di informazione che il parlamento ha fornito prima della trattazione del decreto, dando a tutti noi gli spunti per una corretta valutazione della legge (pur rimanendo le lacune che ho segnalato nella mia relazione). Avere, come prevede il testo della legge quadro questa informativa non solo politica ma anche di merito, sarebbe auspicabile.
  Così come sarebbe auspicabile non rendere generico il termine di missione. Fare questo dà modo a storture che poi si estendono per anni, come la situazione afghana: ci fosse stata una legge sulle missioni che non prevedesse quell'ambito di azione, forse ci troveremmo in un altro mondo, ed avremo dovuto trovare strumenti diversi, magari politici e non miliari, per risolvere i conflitti di quell'area del mondo.
  Concludo aprendo un altro fronte, già presentato durante la fase emendativa in commissione, che riguarda il supporto in mare dei migranti. La nostra volontà e quella di prevenire quello che i numeri ci dicono avverrà con certezza, ovvero un incremento del numero dei migranti rispetto all'anno passato che già toccò cifre da esodo biblico: 171.000 persone. A fronte di questa imminente emergenza è opportuno che si dotino le forze che, per legge, sono indicati per l'azione di soccorso e ricerca in mare, di ulteriori mezzi, anche civili, che facilitino le operazioni logistiche di trasbordo e di gestione anche sanitaria.
  Sarebbe una delle poche volte che questo paese agisce non in emergenza, ma preventivando e anticipando gli eventi, magari con costi più contenuti e risultati più efficaci.
  Auspico che la fase emendativa in aula possa trovare un riscontro anche per questo tipo di tema.