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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 384 di martedì 3 marzo 2015

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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE LUIGI DI MAIO

  La seduta comincia alle 9,30.

  DAVIDE CAPARINI, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 27 febbraio 2015.
  (È approvato).

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Angelino Alfano, Alfreider, Amici, Artini, Baldelli, Baretta, Bellanova, Bindi, Biondelli, Bobba, Bocci, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Bratti, Bressa, Brunetta, Capezzone, Casero, Castiglione, Censore, Cicchitto, Cirielli, Costa, D'Alia, D'Ambrosio, Dadone, Dambruoso, Damiano, De Girolamo, De Menech, De Micheli, Del Basso De Caro, Dellai, Di Gioia, Di Lello, Epifani, Faraone, Fedriga, Ferranti, Fico, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Franceschini, Garavini, Gentiloni Silveri, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, La Russa, Lorenzin, Lotti, Lupi, Madia, Manciulli, Mannino, Mazziotti Di Celso, Merlo, Meta, Orlando, Pes, Pisicchio, Pistelli, Portas, Rampelli, Ravetto, Realacci, Domenico Rossi, Rughetti, Sani, Santerini, Scalfarotto, Scotto, Sereni, Sisto, Speranza, Tabacci, Valeria Valente, Velo, Vignali, Vito e Zanetti sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
  I deputati in missione sono complessivamente novanta, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

  Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

Annunzio di petizioni.

  PRESIDENTE. Invito il deputato segretario a dare lettura delle petizioni pervenute alla Presidenza, che saranno trasmesse alle sottoindicate Commissioni.

  DAVIDE CAPARINI, Segretario, legge:
   SALVATORE ACANFORA, da Roma, chiede:
    provvedimenti per contrastare la violenza negli stadi, i reati contro l'ordine pubblico e i danneggiamenti (842)alla II Commissione (Giustizia);
    iniziative per una riduzione dei compensi destinati agli sportivi e ai personaggi dello spettacolo (843)alla VII Commissione (Cultura);
    l'introduzione del risarcimento diretto da parte dei magistrati in caso di errore giudiziario (844)alla II Commissione (Giustizia);
    l'abolizione delle intercettazioni telefoniche e ambientali (845)alla II Commissione (Giustizia);
   PANTALEO CHEZZI, da Specchia (Lecce), chiede l'abolizione dell'istituto giuridico dell'usucapione (846)alla II Commissione (Giustizia);Pag. 2
   MATTEO LA CARA, da Vercelli, chiede:
    l'istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulle operazioni di cartolarizzazione di immobili pubblici (847)alla VI Commissione (Finanze);
    misure contro l'occupazione abusiva di immobili (848)alla VIII Commissione (Ambiente);
   GIUSEPPE MANGIONE, da Vibo Valentia, chiede iniziative per garantire il riconoscimento del servizio militare di leva ai fini delle graduatorie del personale docente (849)alla XI Commissione (Lavoro);
   ANTONIO MINARDI, da Piane Crati (Cosenza), chiede interventi per l'introduzione della firma digitale ai fini della stipula di contratti con la società Poste italiane Spa (850)alla IX Commissione (Trasporti);
   FRANCESCO DI PASQUALE, da Cancello e Arnone (Caserta), chiede:
    iniziative per incentivare il ricorso all'autotutela nei rapporti tra pubbliche amministrazioni e cittadini (851)alla I Commissione (Affari costituzionali);
    l'introduzione del voto elettronico per le consultazioni elettorali (852)alla I Commissione (Affari costituzionali);
    agevolazioni tariffarie, tributarie e per l'acquisto dei farmaci in favore dei soggetti a basso reddito (853)alla XII Commissione (Affari sociali);
    iniziative in materia di regolamentazione internazionale dello sfruttamento delle risorse petrolifere (854) – alla III Commissione (Affari esteri);
    l'adozione di un provvedimento di condono fiscale (855)alla VI Commissione (Finanze);
   GABRIELLA CUCCHIARA, da Roma, chiede la possibilità per i cittadini di difendersi in tutti i gradi di giudizio senza l'ausilio di un avvocato (856)alla II Commissione (Giustizia);
   SALVATORE MARIELLA, da San Vito dei Normanni (Brindisi), chiede l'estensione degli indennizzi per i soggetti danneggiati da vaccino e per i loro aventi causa ai soggetti deceduti prima dell'entrata in vigore della legge n. 229 del 2005 (857)alla XII Commissione (Affari sociali);
   MICHELE VECCHIONE, da Alatri (Frosinone), chiede nuove norme in materia di pensioni di guerra, con particolare riferimento alle procedure di accertamento delle invalidità e ai trattamenti di reversibilità (858)alla XI Commissione (Lavoro);
   ALBERTO SIEGA, da Resia (Udine), chiede norme per il riconoscimento e la tutela della minoranza linguistica resiana (859)alla I Commissione (Affari costituzionali);
   PASQUALE DE MAIO, da Genova, chiede interventi diversi in favore degli invalidi (860)alla XII Commissione (Affari sociali);
   RENATO LELLI, da San Pietro in Cariano (Verona), chiede:
    la creazione di una task force europea per il contrasto dell'immigrazione clandestina e la prevenzione di attentati terroristici (861) – alla I Commissione (Affari costituzionali);
    la soppressione del divieto di referendum abrogativi per le leggi tributarie e di bilancio e di autorizzazione alla ratifica di trattati internazionali, nonché l'introduzione dell'istituto del referendum propositivo (862) – alla I Commissione (Affari costituzionali);
    l'introduzione della cosiddetta «flat tax» (863) – alla VI Commissione (Finanze); l'istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sugli strumenti finanziari derivati sottoscritti dalle pubbliche amministrazioni (864) – alla VI Commissione (Finanze);
   VINCENZO RUGGIERI, da Torino, chiede nuove norme in materia di perequazione Pag. 3dell'assegno dovuto al coniuge in caso di divorzio (865) – alla XI Commissione (Lavoro);
   AMEDEO LISCIO, da Roma, chiede:
    la soppressione delle indennità parlamentari (866) – alla I Commissione (Affari costituzionali);
    modifiche alla Costituzione in materia di responsabilità dei magistrati per gli errori giudiziari (867) – alla I Commissione (Affari costituzionali);
   LUCIANO GRECO, da Fuscaldo (Cosenza), chiede un provvedimento di amnistia e di indulto e altri interventi per la riforma del sistema giudiziario (868) – alla II Commissione (Giustizia);
   ROBERTO BENNATI, da Roma, e numerosi altri cittadini chiedono il divieto di utilizzazione dei cetacei a fini di esposizione o intrattenimento e la chiusura dei delfinari esistenti (869) – alla XIII Commissione (Agricoltura);
   RODOLFO ROMANO, da Napoli, chiede la concessione di un assegno vitalizio agli ufficiali e sottufficiali di complemento che hanno partecipato alla guerra di liberazione (870) – alla IV Commissione (Difesa).

Svolgimento di una interpellanza e di interrogazioni (ore 9,40).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di una interpellanza e di interrogazioni.

(Iniziative volte a una revisione della disciplina relativa all'accatastamento e alla determinazione della rendita catastale di un impianto fotovoltaico, al fine di promuovere lo sviluppo di impianti di energia da fonti rinnovabili – n. 2-00551)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza all'ordine del giorno Rizzetto n. 2-00551, concernente iniziative volte a una revisione della disciplina relativa all'accatastamento e alla determinazione della rendita catastale di un impianto fotovoltaico, al fine di promuovere lo sviluppo di impianti di energia da fonti rinnovabili (Vedi l'allegato A – Interpellanza e interrogazioni).
  Chiedo al deputato Rizzetto se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  WALTER RIZZETTO. Signor Presidente, intendo intervenire in sede di replica, dopo la risposta del Viceministro.

  PRESIDENTE. Il Viceministro dello sviluppo economico, Claudio De Vincenti, ha facoltà di rispondere.

  CLAUDIO DE VINCENTI, Viceministro dello sviluppo economico. Signor Presidente, sul primo punto posto dall'onorevole Rizzetto, relativo agli orientamenti generali e alle intenzioni del Governo sullo sviluppo «concreto» delle fonti rinnovabili, ricordo l'avvenuto raggiungimento da parte dell'Italia dell'obiettivo di penetrazione delle rinnovabili nel settore elettrico, con largo anticipo rispetto alla data prevista dallo scenario europeo, grazie proprio al forte sviluppo degli impianti fotovoltaici.
  Anche dopo l'esaurimento della stagione degli incentivi del conto energia, il settore continua a svilupparsi grazie al forte calo del costo dei moduli, da un lato, e al mantenimento di altri incentivi pubblici, dall'altro, come la detrazione fiscale e il meccanismo dello «scambio sul posto», proprio recentemente esteso dal Parlamento e dal Governo da una potenza di 200 kilowatt a quella di 500 kilowatt.
  Evidenzio che lo scambio sul posto è una particolare modalità di valorizzazione dell'energia elettrica che consente a famiglie ed imprese di realizzare una specifica forma di autoconsumo, immettendo in rete l'energia elettrica prodotta, per prelevarla quando serve e ottenendo una compensazione tra il valore dell'energia elettrica immessa in rete e il valore dell'energia elettrica prelevata e consumata.Pag. 4
  Aggiungo che si sta lavorando con la società Terna per gli investimenti sulle cosiddette reti intelligenti, che consentano di gestire al meglio la non programmabilità del fotovoltaico e di altre fonti rinnovabili, in modo da poterle integrare pienamente all'interno del sistema elettrico e del mercato elettrico e che, inoltre, si sta lavorando con l'Autorità per l'energia a definire indirizzi di regolazione che sostengano lo sviluppo delle rinnovabili e del fotovoltaico, anche in questa fase in cui, per il fotovoltaico, gli incentivi si sono esauriti.
  Per le altre fonti rinnovabili, come è noto, invece, ci sono ancora incentivi e stiamo per varare il decreto ministeriale per il biennio 2015-2016.
  Con un ulteriore quesito, l'onorevole Rizzetto chiede al Governo l'esenzione dalla rivalutazione della rendita catastale per i piccoli impianti con potenza inferiore ai 20 kilowatt picco e non solo per quelli fino a 3 kilowatt picco.
  Al riguardo si evidenzia che il requisito della potenza a 3 kilowatt picco non determina automaticamente l'obbligo di aggiornamento catastale. Cioè, se un impianto è sopra i 3 kilowatt picco, questo non determina automaticamente l'obbligo di aggiornamento catastale, dal momento che la disciplina fiscale lo impone solo se il valore dell'impianto supera il 15 per cento del valore capitale, o la relativa redditività ordinaria dell'edificio, a cui accede. Questo limite consente di salvaguardare gli interventi più mirati all'autoconsumo – questo limite del 15 per cento – e quindi più virtuosi, escludendoli dall'obbligo di aggiornamento catastale, che viceversa opera soltanto con riferimento a quelle installazioni realizzate a fini più direttamente commerciali e che quindi superano il 15 per cento del valore capitale. Il meccanismo sopra delineato può perciò comportare, anche a normativa vigente, l'esclusione dall'aggiornamento catastale degli impianti fino a 20 kilowatt come auspicato dagli interpellanti.
  Non si ritiene, quindi, di poter condividere la tesi espressa nell'interpellanza, sull'opportunità di escludere tout court dall'aggiornamento catastale tutti gli impianti di potenza inferiore a 20 kilowatt, a prescindere dal valore catastale dell'immobile sui quali sono installati, dal momento che ciò finirebbe per accordare il medesimo trattamento di favore anche ad interventi la cui realizzazione risponde a finalità più chiaramente commerciali.
  In ogni caso, se si andasse su questa strada, bisognerebbe escludere da questa esenzione gli impianti che già beneficiano delle tariffe incentivanti del conto energia.
  Si può condividere, viceversa, l'esigenza posta nell'interpellanza, che l'amministrazione fiscale fornisca dei chiarimenti maggiori sui criteri da utilizzare per verificare il superamento o meno del predetto limite del 15 per cento, rendendo quindi semplice il calcolo per chi voglia installare impianti di potenza maggiore della fascia esentata.
  Nel merito, il Ministero dell'economia e delle finanze rappresenta che nella circolare n. 96 del 19 dicembre 2013, l'Agenzia delle entrate ha fornito direttive mirate sia a definire il corretto trattamento tributario dei relativi investimenti sia a chiarire – parlo degli impianti fotovoltaici – gli eventuali obblighi a carico dei soggetti possessori, per le corrette modalità di dichiarazione in catasto.
  Con riferimento a queste ultime, sono state fornite indicazioni relative alla rappresentazione grafica dei manufatti costituenti le unità immobiliari interessate, compresi gli impianti, nonché elementi di carattere quantitativo, al fine di distinguere le installazioni per le quali sussiste l'obbligo di dichiarazione in catasto da quelle per le quali tale obbligo non sussiste.
  In proposito, la citata circolare dell'Agenzia delle entrate, chiarisce che per le installazioni fotovoltaiche poste su edifici o realizzate su aree di pertinenza, comuni o esclusive, di fabbricati o unità immobiliari censite al catasto edilizio urbano, non sussiste l'obbligo di accatastamento come unità immobiliari autonome, in quanto possono assimilarsi agli impianti di pertinenza degli immobili.Pag. 5
  In ogni caso, non sussiste alcun obbligo di dichiarazione in catasto, né come unità immobiliare autonoma, né come variazione dell'unità immobiliare cui l'impianto fotovoltaico è architettonicamente o parzialmente integrato, qualora sia soddisfatto almeno uno dei seguenti requisiti. Primo requisito: la potenza nominale dell'impianto fotovoltaico non sia superiore a 3 kilowatt per ogni unità immobiliare servita dall'impianto stesso.
  Il secondo requisito – non devono essere soddisfatti tutti quanti, ma almeno uno dei tre – è che la potenza nominale complessiva, espressa in kilowatt, non sia superiore a tre volte il numero delle unità immobiliari le cui parti comuni siano servite dall'impianto, indipendentemente dalla circostanza che sia installato al suolo, oppure sia architettonicamente o parzialmente integrato ad immobili già censiti al catasto edilizio urbano. Terzo requisito: per le installazioni ubicate al suolo, il volume individuato dall'intera area destinata all'intervento (comprensiva, quindi, degli spazi liberi che dividono i pannelli) e dall'altezza relativa all'asse orizzontale mediano dei pannelli stessi, sia inferiore a 150 metri cubi, in coerenza con il limite volumetrico stabilito dall'articolo 3, comma 3, lettera e), del decreto ministeriale del 2 gennaio 1998, n. 28.
  Riferisce ancora il MEF che il valore di 3 kilowatt, riportato nella richiamata circolare, è stato indicato in coerenza con il principio di ordinarietà posto a base dell'estimo catastale, se si considera che il fabbisogno energetico usualmente richiesto per le unità abitative maggiormente diffuse sul territorio nazionale non supera il suddetto limite.
  Inoltre – questo è molto importante – si evidenzia che tale valore è riferito a ciascuna unità immobiliare servita dall'impianto stesso; in caso, quindi, di pertinenze autonomamente censite in catasto, detto limite sarà notevolmente aumentato. Ad esempio, nel caso di abitazione con box e cantina autonomamente censiti, anch'essi serviti dall'impianto, il limite sotto al quale non sussiste l'obbligo di accatastamento è aumentato a 9 kilowatt, cioè 3 unità e 3 kilowatt ciascuna.
  Riguardo agli impianti fotovoltaici posti su edifici (cioè architettonicamente o parzialmente integrati), qualora l'impianto stesso non rientri in alcuna delle tre ipotesi sopra indicate, la circolare chiarisce anche che non è necessario procedere alla presentazione della dichiarazione di variazione catastale con rideterminazione della rendita dell'unità immobiliare cui l'impianto fotovoltaico risulta integrato, quando l'impianto stesso ne incrementa il valore capitale, come abbiamo detto, di una percentuale inferiore al 15 per cento.
  Nel merito, sempre il Ministero dell'economia e delle finanze osserva che tale limite non è stato introdotto per i soli impianti fotovoltaici, ma deriva dall'applicazione della comune prassi catastale in relazione a qualunque intervento interessante gli impianti o comunque influente sulla qualità dell'oggetto edilizio, come già chiarito peraltro con la circolare n. 1/T del 3 gennaio 2006.

  PRESIDENTE. Il deputato Rizzetto ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza. Poiché non è intervenuto prima, ha venticinque minuti.

  WALTER RIZZETTO. Signor Presidente, spero di non prenderli tutti evidentemente. Grazie, Viceministro, per la cortesia e per la risposta che non mi soddisfa evidentemente, nel senso che, come lei ricorderà, di questo tema ne abbiamo già parlato in Commissione. Ora leggerò approfonditamente la sua risposta ed eventualmente ripresenteremo qualche atto in Commissione.
  Volevo soltanto ricordarle, Viceministro, che la normativa comunitaria e nazionale promuove lo sviluppo dell'energia da fonti rinnovabili, non soltanto la normativa nazionale ma, come prima detto, anche la normativa comunitaria. Ci sono gli obiettivi, lei ricorderà che un tempo ci fu il cosiddetto Protocollo di Kyoto, poi sostituito dal Protocollo di Bali, eccetera, Pag. 6ovvero tutta l'Europa sta andando in questo senso, verso questa strada.
  L'Italia, altresì, sta tornando indietro, perché dopo i fasti vissuti – più o meno buoni – dal mercato nei confronti degli impianti solari fotovoltaici, non soltanto per quanto riguarda le installazioni di civili abitazioni ma, come prima da lei ricordato, anche su campi fotovoltaici e su grandi installazioni, diciamo che gli Esecutivi che si sono susseguiti in questi anni hanno sempre cercato di ritornare indietro su questo settore. E ricordo che uno studio del 2004-2005 – adesso non ricordo bene l'anno – indicava come possibili all'interno di questo mercato circa centomila nuovi lavoratori all'anno. Se considera che l'Esecutivo e il Primo Ministro Matteo Renzi sono contenti perché sono state fatte, nel mese di gennaio, circa 130 mila nuove assunzioni, bene, ciò le dà fondamentalmente un paragone rispetto a questo tipo di mercato.
  Vengono quindi adottati di frequente dei provvedimenti che, invece di incentivare questo tipo di investimenti, li scoraggiano o addirittura ne determinano un danno. Ne ricordo soltanto alcuni. Non era chiaramente un Ministro dell'attuale Esecutivo, ma il primo che iniziò a scardinare il sistema delle energie rinnovabili fino ad oggi in Italia fu l'ex Ministro dello sviluppo economico, Romani, per poi passare rispetto al primo, al secondo, al terzo, al quarto, al quinto conto energia con un progressivo cambio di tariffe in corsa, per poi passare, attraverso specifiche piuttosto tecniche, rispetto, ad esempio, all'applicazione di marche da bollo ENEL sulle pratiche, per quanto riguarda l'installazione di impianti fotovoltaici. È la stessa ENEL tra l'altro che attualmente va nelle case degli italiani con la sua rete commerciale, Viceministro – e abbiamo mandato un esposto all'autorità che ha ricusato ovviamente questo esposto – ENEL, partecipata fino a qualche giorno fa, al 32 per cento dal MEF, dal Ministero dell'economia e delle finanze, attualmente partecipata, se non ho letto male, attorno al 25 per cento dal Ministero dell'economia e delle finanze, la stessa ENEL che, tra l'altro, va a vendere attraverso la sua rete commerciale; quindi lo Stato va, di fatto, nelle case dei privati attraverso la sua propria rete commerciale, casa per casa, a vendere caldaie, impianti fotovoltaici e ad energie rinnovabili, creando un danno immenso a coloro che sono fornitori, a coloro che sono grossisti, a coloro che sono idraulici e a coloro che sono professionisti di questo settore. Per poi passare attraverso lo «spalma incentivi» e per poi passare attraverso il fatto che ENEL sta andando – e fino a questo momento non ho ricevuto una controrisposta in questo senso – ad installare dei contatori rispetto all'autoconsumo a casa di coloro che hanno installato un impianto solare fotovoltaico. Ora, mi spieghi cosa significa andare ad installare un ulteriore contatore dell'autoconsumo a casa delle persone ! Probabilmente, riuscirete a tassare anche lo stesso autoconsumo, per non parlare – ripeto – dell'ultimo decreto-legge che va in questo senso – non nello specifico sicuramente – con il quale si sarebbe potuto fare meglio, che è lo «Sblocca Italia». Io l'ho ascoltata volentieri nelle sue dichiarazioni, domenica sera, alla trasmissione televisiva di Rai 3.
  Dunque, abbiamo detto che l'Agenzia delle entrate, con questa circolare, la n. 36/E, del 19 dicembre 2013, sottopone all'obbligo di accatastamento degli impianti se abbiano una potenza superiore ai 3 chilowatt. Ha proceduto l'Agenzia quindi a definire l'irrilevanza – e questa è una cosa scritta – catastale delle installazioni fotovoltaiche, qualora la potenza nominale dell'impianto non sia superiore, come prima detto, ai 3 chilowatt. Di contro, ha qualificato gli impianti fotovoltaici come beni immobili – anche a tal proposito, potremmo aprire un piccolo dibattito rispetto all'immobilità di questi impianti – e, di conseguenza, da dichiarare al catasto.
  Abbiamo detto che il Governo più volte si è dichiarato a favore della green economy. State facendo, anche attraverso questi passaggi, poco e male rispetto a questo mercato, tant’è vero che è un mercato in crisi, tant’è vero che è un mercato che ha registrato fallimenti delle Pag. 7più grandi aziende di produttori di moduli fotovoltaici ad oggi in Italia e tant’è vero che è un mercato che non riesce ad acquisire personale e non riesce a mantenere posti di lavoro. Molto spesso, ci sono delle crisi che portano decine e decine di lavoratori, prima in cassa integrazione, e poi al licenziamento dalla stessa azienda.
  Ora, quando lei giustamente mi ricorda della distinzione tra impianti da 3 chilowatt da 6 chilowatt o perlomeno sino a 20 chilowatt, io vorrei ricordarle, Viceministro, che chi installò un impianto sopra i 3 chilowatt a casa sua non lo fece per speculare, ma lo fece semplicemente perché in quel momento c'era un'opportunità di poter anche, sì, guadagnare qualche euro in più con il sole, ma quella era una legge che il cittadino ha rispettato. È stato un contratto formalizzato con il GSE e con coloro che hanno installato questo tipo di impianto. Dopodiché, vorrei vedere la media rispetto al fatto che la maggior parte degli impianti solari fotovoltaici ad oggi in Italia sono più o meno sopra o sotto i 3 chilowatt picco.
  Semplicemente bisognerebbe andare a controllare una bolletta di un privato cittadino, di una casa, di una civile abitazione, per potere capire quanto sia il consumo in un anno in termini di chilowattora. È così che si fa il conto per installare un impianto solare fotovoltaico. Mi spiego: se una famiglia ha 5 mila chilowattora di consumo annuo, è chiaro che non potrà installare un impianto da 3 chilowatt e viceversa.
  Quindi, Viceministro, ci sono persone che hanno installato legalmente, legalmente perché qui adesso sembra che chi ha installato un impianto da più di 3 chilowatt sia uno speculatore o sia colui che non segue le regole. Ma le regole non le state rispettando voi cambiando una regola in corsa, perché cinque anni fa chi aveva installato un impianto da 5 chilowatt picco non sapeva di questo accatastamento a cui sarebbe dovuto andare incontro. Molti, le ripeto, hanno scelto chilowatt picco in più perché semplicemente conveniva, o alla loro bolletta o perché c'era qualche quid in più che entrava in modo virtuoso nelle loro tasche !
  Poi arriviamo alla cosiddetta «rendita catastale», che deve essere, quindi, come da lei detto, valutata rispetto al fatto che si determina un aumento del valore e un aumento, quindi, di tutte le imposte che hanno come base il valore catastale e per chi procede, come dicevamo prima, al predetto virtuoso investimento c’è sempre il discorso del valore dell'impianto, che è pari o superiore al 15 per cento della rendita catastale. Ora, Viceministro, lei mi spieghi come un privato cittadino riesce da solo a valutare se questo valore sia più o meno il 15 per cento della sua rendita catastale. Quindi, in questo momento il cittadino deve rivolgersi ad un professionista, pagandolo, per cercare di capire se sia o più o meno rientrante nel 15 per cento.
  Le vado a leggere, Viceministro, un qualcosa che non dico io e che per non sbagliare vado a citare, recitare, a leggere, come prima detto. È un articolo del Sole 24 Ore, quindi sicuramente non una testata faziosa in questo senso. Il Sole 24 Ore, in un articolo rispetto a questo problema, recita: «Piccolo problema. Per il proprietario è impossibile valutare da solo se il rapporto viene superato o no, anche perché il risultato finale dipende dalla rendita di partenza, che può essere molto diversa a seconda della categoria catastale. Molte villette, ad esempio, non sono iscritte in catasto come A7, i villini, ma come A2, ovvero le abitazioni civili, e proprio per questo valgono meno agli occhi del fisco. In questi casi arrivare all'obbligo di aggiornamento catastale potrebbe essere molto più difficile. Al contrario, sulle abitazioni di recente costruzione sarà più difficile che il valore dell'impianto fotovoltaico sul tetto incida per oltre il 15 per cento. La conclusione è una sola: per fare una valutazione, come prima detto, bisogna coinvolgere un professionista» eccetera, eccetera, eccetera. Quindi, altri costi rispetto ad un investimento che è già stato, per così dire, massacrato nel corso degli anni.Pag. 8
  Innanzitutto però – e anzi quasi per concludere – non abbiamo considerato due variabili, due variabili rilevanti che sono piuttosto importanti nella genesi di questo percorso, nell'economia di quella che è l'installazione di un impianto solare fotovoltaico rispetto ad una privata abitazione, ad una civile abitazione. La vita media di un impianto, Viceministro, come lei sa, è convenzionalmente di circa 20, 25 anni. Quindi, l'immobilità di cui sopra probabilmente, dopo 20, 25 anni, non esiste più. In secondo luogo, al termine della vita convenzionale dell'impianto, quando lo stesso non produrrà più un alto beneficio per l'utente, quest'ultimo dovrà altresì sostenere i costi dello smaltimento. Ora, so perfettamente che da un certo anno in poi le aziende di produttori hanno dovuto associarsi ad un consorzio europeo per lo smaltimento degli impianti solari fotovoltaici a termine vita. Ma prima non succedeva questo, e si sono venduti migliaia di impianti prima dell'obbligatorietà della firma di questo documento, appunto, obbligatorio con i consorzi di bonifica.
  Quindi, Viceministro, a me restano fondati dubbi sulla legittimità di questa circolare. Continueremo sicuramente, a questo punto anche in Commissione, a produrre degli atti affinché ci venga data una risposta che ci soddisfi in maniera piena, che non soddisfi fondamentalmente me ma che soddisfi, quanto meno, gli operatori e, quanto meno, i fruitori di questo tipo di impianti.
  Anche perché ricordo bene che il partito di maggioranza all'epoca – e qui non voglio usare una sterile polemica, ma voglio semplicemente sottolineare quanto detto e quanto scritto rispetto ad un programma elettorale del Partito Democratico, che attualmente è il partito di maggioranza – avrebbe indubbiamente favorito lo sviluppo delle energie alternative, e così non state di fatto facendo.
  Mi aveva già risposto, Viceministro, all'interrogazione che le sto rivolgendo stamattina e mi aveva dato risposta con un atto pubblico in data 22 aprile 2014 in seno alla X Commissione attività produttive. All'epoca, lei scrisse, per sostenere tra l'altro la tesi assurda dell'Agenzia delle entrate, che ci si richiama ad una normativa addirittura che va a fare riferimento ad un regio decreto del 1939, che, nel determinare gli elementi che concorrono alla determinazione della rendita catastale, di certo non avrebbe potuto tenere conto delle specificità riconosciute dall'attuale normativa di impianti alimentati da fonti rinnovabili. Quindi, Viceministro, lei all'epoca mi rispose citando un esempio di un regio decreto del 1939, ma probabilmente nel 1939 non sapevano neanche cosa fossero, a parte qualche visionario, gli impianti solari fotovoltaici o le energie alternative in genere.
  Per concludere, Viceministro, lei sa che – e lo rinnovo – il mercato delle energie rinnovabili avrebbe potuto portare in Italia – e lo rinnovo ancora – circa 100 mila nuovi posti di lavoro all'anno.
  Non state proseguendo in questo senso, non state facendo nulla in questo senso. Ora, io immagino che produttori, cittadini, fruitori di questo tipo di energie non le chiedano, Viceministro, un sesto conto energia. Le chiedono semplicemente di rispettare le regole, le regole che di fatto erano state firmate attraverso un accordo tra il privato e coloro che installavano impianti, tra il privato e GSE, tra il privato e l'Agenzia delle entrate.
  Qui, Viceministro, si parla semplicemente di rispetto delle regole. Noi continueremo – lo ripeto – su questo fronte, non ci accontentiamo della risposta, seppure intravedo una minima apertura rispetto a quanto detto. Non mi ritengo soddisfatto della risposta. La ringrazio per la sua presenza in Aula. A questo punto, continueremo, sia in Commissione sia in altre sedi, questo tipo di trattativa, per così dire.

(Elementi circa la presenza in concentrazioni significative di cromo esavalente nell'acqua potabile, con particolare riferimento ai bacini idrici della provincia di Brescia – nn. 3-00598 e 3-01321)

  PRESIDENTE. Passiamo alle interrogazioni Bazoli n. 3-00598 e Sorial n. 3-Pag. 901321, concernenti elementi circa la presenza in concentrazioni significative di cromo esavalente nell'acqua potabile, con particolare riferimento ai bacini idrici della provincia di Brescia, che, vertendo sullo stesso argomento, saranno svolte congiuntamente (Vedi l'allegato A – Interpellanza e interrogazioni).
  Il sottosegretario di Stato per la salute, Vito De Filippo, ha facoltà di rispondere.

  VITO DE FILIPPO, Sottosegretario di Stato per la salute. Signor Presidente, onorevoli, inizio comunicando che la questione sollevata dalle interrogazioni in esame, attesa la significativa rilevanza cui sottendono, è da tempo all'esame del Ministero della salute e dello stesso Istituto superiore di sanità.
  Prima di entrare nella specifica questione attinente alla presenza di cromo esavalente nelle acque del territorio di Brescia, ricordo che, solo per il cromo esavalente, gli studi di tossicità disponibili nella letteratura scientifica hanno dato evidenza di effetti cancerogeni per via inalatoria, mentre per tutte le altre forme non ci sono evidenze di carcinogenicità o di attività mutagena. Infatti, l'Agenzia governativa ambientale degli Stati Uniti classifica il cromo esavalente ingerito nella classe D, cioè non cancerogeno. Questi dati, risultanti dalla letteratura internazionale, e comunque sempre sotto la stretta sorveglianza da parte delle autorità sanitarie, sono alla base della decisione dell'Organizzazione mondiale della sanità di mantenere per l'acqua potabile un valore di cromo totale pari a 0,050 milligrammi/litro. Nell'acqua il cromo è presente quasi esclusivamente nella forma trivalente che, essendo la più stabile, rappresenta la quota anche più significativa. Va anche sottolineato che il cromo trivalente è un oligonutriente essenziale, necessario per il corretto metabolismo degli zuccheri nel corpo umano e una carenza dello stesso cromo influenza la capacità dell'insulina di regolare il livello di glucosio nel sangue.
  Diversa, invece, è la valutazione di qualità ambientale, che, se determina una prevalenza di cromo esavalente, riflette la presenza di altri inquinanti con capacità ossidante, innestando in questo modo, di conseguenza, la necessità di approfondimenti analitici e tecnici sulla tipologia di inquinamento e sul rischio sanitario per differenti utilizzazioni della stessa risorsa idrica.
  Pertanto, ribadisco, non sussistono, allo stato, secondo anche l'approfondimento dell'Istituto superiore di sanità, adeguate evidenze che indichino l'attuale valore di parametro di 0,050 mg/litro di cromo totale nelle acque destinate al consumo umano, recepito sia nell'ordinamento europeo sia in quello nazionale con il decreto legislativo n. 31 del 2001, citato anche nell'interrogazione, non adeguatamente protettivo per la stessa salute umana.
  Nel nostro Paese, i requisiti di idoneità di un'acqua per il consumo umano, incluso l'utilizzo potabile ed altri impieghi domestici, sono stabiliti, come noto, dal citato decreto legislativo n. 31 del 2001, sulla base della conformità ai valori parametrici della direttiva comunitaria 98/83/CE, che è stata basata sulle conoscenze scientifiche disponibili, al fine di garantire che le acque possano essere utilizzate e consumate in condizioni di sicurezza all'interno dell'arco della vita.
  Dal punto di vista generale, com’è noto, il cromo è un elemento di transizione non presente in natura allo stato puro, ma in composti, in cui è presente in differenti specie chimiche stabili. La forma trivalente è considerata un nutriente essenziale per l'uomo e, come la forma bivalente, è associata ad una tossicità relativamente ridotta.
  In base alle attuali conoscenze scientifiche, la presenza di livelli apprezzabili di cromo esavalente nella acque potabili distribuite può essere riconducibile ad una o più cause, di norma individuabili tra quelle che di seguito vorrei elencare: prima, la contaminazione naturale o inquinamento antropogenico della risorsa idrica e concomitante inadeguatezza di un sistema di trattamento della stessa acqua captata; la seconda, contaminazione dei reagenti impiegati nel trattamento di potabilizzazione Pag. 10dell'acqua captata (in particolare calce e allume); terza, il rilascio da materiali e reagenti impiegati negli impianti di potabilizzazione e concomitante azione ossidante da parte di ozono durante il trattamento di pre-disinfezione di acque superficiali; quarta, la migrazione da materiali metallici (in particolare ghisa, acciai inox e connettori cromati) e cementizi impiegati nelle reti di distribuzione e successiva ossidazione da parte di alcuni biocidi impiegati in post-disinfezione. Questi sono un po’ gli elementi e le cause alla base della presenza di questo elemento nell'acqua.
  Mentre l'impatto delle fonti di contaminazione a monte della filiera idropotabile può essere limitato dall'adozione di un'adeguata strategia di rimozione, da implementare prima dell'immissione dell'acqua nel sistema di distribuzione, la parziale conversione ad opera del disinfettante residuo potenzialmente rinvenibile nelle reti acquedottistiche non è, allo stato attuale, totalmente controllabile.
  La quantità di cromo esavalente prodotto durante la distribuzione dell'acqua alle singole utenze è comunque influenzata da una serie di altri fattori (composizione chimica e chimico-fisica dell'acqua, composizione superficiale, vetustà e grado di corrosione delle stesse tubazioni, tempo di stagnazione dell'acqua nelle stesse reti) e può essere contrastata soltanto dall'azione riducente dello ione ferroso rilasciato dai materiali a contatto con l'acqua veicolata.
  Soprattutto rispetto a questo ultimo aspetto, il Ministero ritiene utile che, anche a supporto dell'analisi dei dati scientifici promossa nell'ambito della valutazione del rischio europeo, particolarmente nelle circostanze territoriali dove i dati di monitoraggio pregresso abbiano rilevato elevati livelli di cromo totale, possano essere acquisite informazioni relative alle concentrazioni delle specie di cromo presenti nelle risorse idriche captate e su quelle in distribuzione.
  Su questo punto, è in corso una valutazione, da parte del Consiglio superiore di sanità, circa una raccomandazione per un'attività di monitoraggio specifico delle diverse specie presenti nelle risorse idriche captate e su quelle in distribuzione, al fine di considerare l'opportunità di specifiche misure gestionali in particolari circostanze territoriali.
  Da ultimo, per quanto attiene all'iniziativa in corso, anche da valutare come prospettiva futura, si osserva quanto segue. L'Istituto superiore di sanità, che da tempo monitora la questione in esame, ha comunicato che i propri rappresentanti sono intervenuti al convegno organizzato dalla regione Lombardia-ASL Brescia e dall'Istituto superiore di sanità, in data 20 ottobre 2014, dal tema: «Laboratorio Brescia, il cromo VI nelle acque potabili: aspetti di sanità pubblica», nel corso del quale si è preso atto di un programma di interventi impiantistici di rimozione del Cromo VI nella filiera idropotabile in corso ad opera del gestore idropotabile. In particolare, i dati presentati, riferivano: il completamento di una sperimentazione su un impianto pilota, un processo di filtrazione con esito positivo, controlli effettuati dal laboratorio di sanità pubblica della ASL sui campioni prelevati a valle dell'impianto, dai quali si evinceva come il trattamento consentiva l'abbattimento efficace del cromo totale ed esavalente così come del solfato ferroso, e il parere favorevole all'applicazione del processo da parte della stessa ASL; inoltre, la pianificazione di interventi sugli impianti esistenti nel sistema idropotabile dell'area di Brescia servita dal gestore che, con un progressivo upgrade, avrebbe consentito, entro il dicembre 2015, di mantenere la concentrazione di cromo VI a livelli inferiori a 2 grammi per litro in tutte le acque distribuite.
  Inoltre, nel corso dell'incontro in sede comunitaria del gruppo di esperti in materia di acqua potabile (direttiva n. 98/83/CE che ho citato) che si è svolto a Bruxelles in data 18 dicembre 2014, proprio su proposta dell'autorità sanitaria centrale italiana, che valuta la rilevanza della questione in esame, è stata posta all'ordine del giorno la necessità e l'urgenza di aggiornare i parametri di controllo Pag. 11previsti in direttiva di sostanze chimiche di interesse comune per gli Stati membri, tra le quali anche il cromo VI. A tale riguardo, è stata comunicata dalla Commissione europea la pianificazione di un accordo di cooperazione tra la Commissione europea e l'Organizzazione mondiale della sanità per la revisione tecnico-scientifica dei criteri che presiedono ai parametri e ai valori di parametro attualmente indicati nella direttiva n. 98/83/CE.
  Da ultimo, rassicuro gli onorevoli interroganti che stiamo provvedendo, secondo anche la loro richiesta, ad investire, per gli aspetti di competenza, il comando generale dei NAS.

  PRESIDENTE. Il deputato Bazoli ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interrogazione. Le ricordo che ha cinque minuti. Prego.

  ALFREDO BAZOLI. Grazie Presidente, io ringrazio il sottosegretario per la risposta, che mi vede solo parzialmente soddisfatto, perché è vero quanto ha riportato il sottosegretario e, cioè, che i limiti che sono oggi posti dagli organismi internazionali sulla presenza di cromo esavalente nelle acque potabili sono limiti che in qualche modo dovrebbero individuare e garantire i consumatori rispetto alla tutela della salute, però nella risposta del sottosegretario non ho trovato evidenza di un dibattito scientifico che mi pare sia in aperta evoluzione e che dà conto di evidenze o elementi che suggeriscono probabilmente l'adozione di un principio di cautela e di precauzione un pochino più elevato quando si tratta di sostanze come il cromo esavalente che, come ricordava correttamente il sottosegretario, è una sostanza notoriamente cancerogena, che si sa che è cancerogena per inalazione, ma che si ha il sospetto che sia cancerogena anche quando viene ingerita all'interno appunto dell'acqua potabile.
  E lo dico facendo riferimento in particolare a una circostanza che io trovo significativa, e cioè che l'anno scorso l'Agenzia europea per la sicurezza alimentare ha dato evidenza di uno studio scientifico in base al quale concentrazioni di cromo esavalente nelle acque potabili di 10 volte inferiori rispetto al limite considerato oggi sufficiente a tutelare la salute umana, possono essere a rischio per la salute dei soggetti considerati più deboli e che hanno difese immunitarie più deboli e, in particolare, dei bambini.
  Credo, quindi, che questo debba indurre anche l'Istituto superiore della sanità a un monitoraggio costante delle evoluzioni del quadro scientifico, perché credo che sia opportuno che questi limiti, che oggi sono posti e che risalgono agli anni Cinquanta, debbano trovare una specificazione un pochino più articolata per quanto riguarda, in particolare, il cromo esavalente.
  Do conto, poi, volentieri del fatto che il territorio bresciano – che è quello che a noi interessa e che negli ultimi anni è stato interessato da una presenza di cromo esavalente nell'acqua potabile che ha creato allarme all'interno della popolazione – oggi sta sperimentando un sistema di abbattimento della presenza di questa sostanza che oggi ci può consentire di dire che stiamo superando la fase critica; anche gli ultimi dati che ci vengono forniti dal gestore dell'acqua, del ciclo idrico, e dall'amministratore comunale di Brescia ci dicono che questo sistema ha consentito di abbattere a livelli rassicuranti la presenza di questo inquinante.
  Ciò non toglie, ripeto, che, a mio modo di vedere, sulla base della letteratura scientifica e del dibattito in corso a livello internazionale, il limite di 50 microgrammi per litro, che è stato posto dall'Organizzazione mondiale della sanità negli anni Cinquanta, sul cromo esavalente è un limite che oggi, secondo un principio di precauzione, non ci consente di garantire e rassicurare adeguatamente circa gli effetti non nocivi, appunto, di questa presenza per cui credo che su tale questione anche il Ministero attraverso i suoi organi debba, come dire, adottare un principio di precauzione che obblighi, comunque, ad una verifica puntuale dell'evoluzione del quadro del dibattito scientifico.

Pag. 12

  PRESIDENTE. Il deputato Giorgio Sorial ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interrogazione. Ha sempre 5 minuti.

  GIRGIS GIORGIO SORIAL. Grazie Presidente, quando si parla di un elemento possibilmente e probabilmente cancerogeno, come il cromo esavalente, anche per ingerimento, è logico che non si può essere soddisfatti nel momento in cui sembra che ci sia una difesa d'ufficio da parte del Ministero della salute e da parte del sottosegretario per la salute, qua presente con noi, Vito de Filippo.
  Notizia di ieri: proprio ad Ospitaletto, provincia di Brescia, le falde acquifere sono inquinate da cromo esavalente per un valore di ben 70 volte oltre il limite di legge, ossia fino a 364 microgrammi per litro: si è scoperto sotto il tracciato del TAV, di quello che è in costruzione oggi; nel dicembre del 2014 venne riscontrata la presenza di cromo esavalente oltre i limiti sotto la terza corsia dell'autostrada A4, mentre si stava creando un sottopasso per la Brebemi: il valore era di 1.400 volte oltre il limite. È chiaro, quindi, che siamo in emergenza sanitaria, siamo in emergenza oncologica e i dati che ha presente anche il Ministero della salute sono molto chiari in merito. Nel comune di Brescia e nella provincia, le morti per tumore al fegato, casi di cancro al pancreas, cancro alla laringe, incidenza per malattie pneumologiche e altre malattie legate all'aria e all'alimentazione e a quello che viene ingerito sono elevatissime e sono oltre l'incidenza che abbiamo sulla media nazionale.
  Ne parlo con cognizione di causa: chi abita a Brescia e chi abita a una distanza ravvicinata anche da alcuni impianti presenti a Brescia, come l'inceneritore, che quindi inquina l'aria, come alcuni impianti che inquinano direttamente, poi, le falde acquifere, che sono le industrie della galvanica, sa di cosa parla perché nella propria famiglia ha vissuto e vive il dramma dei tumori dovuti alla incuria del nostro territorio e del nostro ambiente.
  Lo Stato italiano parla di limite di 5 microgrammi per litro nella falda e di limite massimo di 50 microgrammi per l'acqua del rubinetto, limite che era stato stabilito con il decreto legislativo n. 31 del 2001, ma rappresenta un dato, è un'incidenza della concentrazione del cromo esavalente che si rivale su studi degli anni Cinquanta e Sessanta.
  Nel 2011, però, l'Organizzazione mondiale della sanità riconosce la pericolosità dei livelli di cromo esavalente per l'organismo umano e già da anni le Agenzie per la protezione ambientale di vari Stati esteri, tra cui anche la California, danno indicazioni di valori limite di 0,02 microgrammi per litro, ossia 500 volte inferiore a quello che è oggi il valore massimo che abbiamo nella falda acquifera di Brescia. Qua si parla oggi di reati ambientali dovuti allo sversamento negli anni di reflui industriali in un territorio già martoriato per altri motivi: nell'aria per colpa dell'inceneritore, come detto, ma anche nel sottosuolo per colpa della Caffaro e dei PCB, per colpa, quindi, anche di amministrazioni che sono state complici negli anni di questi danni.
  L'Agenzia per la protezione ambientale della California nel 1999 aveva deciso di introdurre un criterio di 0,2 microgrammi per litro; nell'agosto del 2009, sei anni fa, la Environmental Protection Agency della California ha proposto un obiettivo di sanità pubblica di 0,6 microgrammi per litro; ancora una volta, lo ripeto, 500 volte inferiore al livello che abbiamo oggi a Brescia. In questo momento c’è una discussione in ordine al cromo esavalente, però sappiamo benissimo che anche l'amianto, in un certo periodo della nostra vita, legislativamente non era considerato pericoloso, poi si scoprì che era fatale, che è fatale, ma ormai era troppo tardi; fu così anche per i PCB che non erano considerati pericolosi e poi si scoprì che, in realtà, sono fatali.
  Allora, io ho qua semplicemente 30 cc di acqua trasparente, inodore, incolore; sono 30 cc dell'acqua che è avvelenata da cromo esavalente.

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  PRESIDENTE. Concluda.

  GIRGIS GIORGIO SORIAL. Se abbiamo una concentrazione di 10 microgrammi per litro di acqua di cromo esavalente, qua ci saranno probabilmente pochi microgrammi. Se non è pericolosa, sottosegretario...

  PRESIDENTE. Abbassi quel bicchiere !

  GIRGIS GIORGIO SORIAL. ...io gliela porto, e le chiedo gentilmente di berla e far veder a tutti i cittadini bresciani che non è pericolosa, e deve dimostrarlo !

  PRESIDENTE. Collega, la richiamo all'ordine !

  GIRGIS GIORGIO SORIAL. Qua ci sono persone che parlano di tumori (Si avvicina ai banchi del Governo) !

  PRESIDENTE. Collega per favore non si avvicini ai banchi del Governo ! Poi il sottosegretario... Collega Sorial la richiamo all'ordine ! Deve liberare i banchi del Governo, altrimenti non possiamo andare avanti ! Perfetto, va bene, andiamo avanti.

(Iniziative a tutela della salute in relazione al rischio di infezioni causate dal batterio escherichia coli presente in alcuni pomodorini di varietà ciliegino provenienti dal Marocco – n. 3-01320)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interrogazione L'Abbate n. 3-01320, concernente iniziative a tutela della salute in relazione al rischio di infezioni causate dal batterio escherichia coli presente in alcuni pomodorini di varietà ciliegino provenienti dal Marocco (Vedi l'allegato A – Interpellanza e interrogazioni).
  Il sottosegretario di Stato per la salute, Vito De Filippo, ha facoltà di rispondere.

  VITO DE FILIPPO, Sottosegretario di Stato per la salute. Signor Presidente, come ricordato nell'interrogazione parlamentare in esame, a seguito delle informazioni relative alla presenza del batterio di escherichia coli in pomodorini ciliegino provenienti dal Marocco, apparse su alcune agenzie di stampa, in data 16 maggio 2014 la Francia, tramite il sistema di allerta rapido europeo per gli alimenti e i mangimi (RASFF), ha comunicato con la notifica di allerta 2014.681, un focolaio tossinfettivo verificatosi nel mese di aprile, presumibilmente collegato al consumo di pomodorini ciliegino importati dal Marocco.
  Le persone coinvolte sono risultate 16, tutte hanno presentato una sintomatologia gastroenterica e alcune di queste anche eruzioni cutanee. Per tale motivo, le autorità francesi hanno indagato per accertare le possibili cause, ed effettuato analisi per ricercare sia i potenziali agenti microbiologici patogeni sia eventuali sostanze chimiche.
  La Francia a scopo precauzionale, considerati i tempi di conservazione del prodotto (due settimane), ha attivato il ritiro dei lotti immessi sul mercato dal 20 aprile al 2 maggio 2014.
  Nonostante la notifica di allarme della Francia sia pervenuta oltre il periodo di conservabilità del prodotto, il Ministero della salute simultaneamente ha interessato tutti gli assessorati regionali alla salute per gli accertamenti del caso, come previsto dal sistema di allerta nazionale.
  In data 20 maggio 2014, la Repubblica Ceca ha comunicato poi, tramite il RASFF, una notifica per sola informazione, in considerazione che non erano stati interessati altri Paesi.
  Detta notifica, relativa sempre a pomodorini provenienti dal Marocco, è stata trasmessa per sospetta presenza di escherichia coli.
  Le successive analisi di laboratorio non hanno confermato la patogenicità del ceppo isolato e il prodotto oggetto della comunicazione non risulta commercializzato al di fuori del territorio della Repubblica Ceca.
  Il Ministero della salute, grazie al sistema RASFF, ha monitorato attentamente Pag. 14gli sviluppi della problematica, in contatto costante con la Commissione europea e le stesse autorità francesi.
  Le due allerte riguardanti i pomodorini ciliegino provenienti dal Marocco si sono esaurite a seguito delle attività di ritiro e richiamo dei lotti considerati sospetti.
  Il Ministero della salute precisa che, in ogni caso, sui prodotti alimentari importati vengono sempre effettuati controlli sanitari, come per l'allerta della Repubblica Ceca, che mettono in evidenza le eventuali non conformità: inoltre, l'Italia effettua i controlli nei punti di entrata attraverso gli uffici di sanità marittima, aerea e di frontiera del Ministero, respingendo quelle partite, che vengono considerate da questi uffici non conformi, di alimenti di origine vegetale provenienti soprattutto da Paesi terzi.
  In relazione alla richiesta degli onorevoli interroganti, se il Governo non intenda promuovere presso la Commissione dell'Unione europea una revisione dell'accordo di libero scambio tra Unione europea e Regno del Marocco, al fine di garantire una effettiva reciprocità per i requisiti commerciali e di sicurezza, si ricorda che l'Unione Europea stipula accordi con i Paesi terzi sulla base del principio dell'equivalenza delle garanzie commerciali e sanitarie.
  Più in particolare, il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, da noi consultato, ha inteso segnalare quanto segue.
  L'Accordo U.E. – Marocco – cito la comunicazione del Ministero degli affari esteri – in materia di «liberalizzazione reciproca dei prodotti agricoli, dei prodotti agricoli trasformati, del pescato e dei prodotti della pesca», è stato firmato il 13 dicembre 2010 e approvato dal Parlamento europeo il 16 febbraio 2012. Per l'entrata in vigore, non è stata necessaria la ratifica degli Stati membri, in quanto l'Accordo disciplina una materia di competenza esclusiva dell'Unione europea.
  Esso rientra nell'ambito della strategia perseguita dall'Unione europea, e sostenuta dall'Italia, di promuovere lo sviluppo dei Paesi della «sponda sud» del Mediterraneo, anche attraverso il rafforzamento degli scambi commerciali, come uno dei presupposti affinché la loro transizione democratica possa procedere positivamente. Ha, quindi, una valenza politica particolare, non solo nei rapporti con Rabat, ma con l'intero «Vicinato meridionale», e costituisce un esempio positivo dell'impegno dell'Unione europea in una regione strategica, in particolare modo per il nostro Paese.
  Ciò è tanto più valido oggi, se si considera lo scenario attuale della regione interessata, le cui perduranti criticità non consentono all'Unione europea di allentare le iniziative di sostegno, ma anzi inducono ad incentivare le attività tese a favorire anche lo sviluppo socio-economico dei vari Paesi dell'area.
  Durante la fase negoziale, in concertazione con le competenti istituzioni e gli enti del nostro settore agroalimentare, il nostro Governo è intervenuto ripetutamente sulla Commissione europea, onde migliorare il testo dell'intesa, con l'obiettivo di tutelare i nostri interessi agricoli ed in generale le produzioni nazionali.
  Sulla possibilità di una revisione dell'Accordo in esame, in relazione agli standard qualitativi dei prodotti agroalimentari, giova precisare che norme specifiche di tutela sono già previste nello stesso Accordo. Per esempio, l'articolo 8, «misure sanitarie e fitosanitarie, gli standard tecnici e regolamentari», vincola le parti all'osservanza delle norme formulate in materia dall'Organizzazione mondiale della sanità e dall'Organizzazione mondiale del Commercio (WTO), nonché a seguire gli standard, le procedure e le raccomandazioni delle numerose organizzazioni internazionali che presiedono ai vari aspetti della stessa materia.
  Quanto alle eventuali migliorie nelle attività di controllo e/o di contromisure nei confronti della parte inadempiente, uno strumento in tal senso lo fornisce proprio il paragrafo 4 del citato articolo 8, il quale invita le parti ad individuare i sospetti punti di contatto deputati a facilitare la soluzione di eventuali problemi collegati ai contenuti dello stesso articolo.

Pag. 15

  PRESIDENTE. Il deputato L'Abbate ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interrogazione, augurandomi che non voglia portare i pomodorini al sottosegretario. Prego.

  GIUSEPPE L'ABBATE. Grazie, Presidente, quanti minuti ho a disposizione ?

  PRESIDENTE. Lei, in questo momento, ha cinque minuti.

  GIUSEPPE L'ABBATE. Grazie. Non posso ritenermi soddisfatto della risposta, intanto, perché arriva a distanza di quasi un anno dalla presentazione dell'interrogazione e perché gli italiani, come sempre, non sapevano assolutamente nulla di questa problematica, come è avvenuto per i problemi legati all'epatite A presente nei frutti di bosco, che ha visto 1.800 persone in Italia colpite. Quindi, è l'ennesima dimostrazione che questo federalismo sanitario, in realtà, non funziona e mette in serio pericolo la salute dei nostri cittadini.
  Ma il problema, qui, più importante è quello riguardante l'accordo UE-Marocco, firmato dall'Unione europea e votato da tutti i partiti presenti in quest'Aula – credo solo la Lega abbia votato contro all'epoca –, che ha svenduto le nostre imprese agricole, ha svenduto la nostra agricoltura. A chi ? Forse, ad una politica di vicinato che risulta, ancora una volta, un fallimento da parte dell'Unione europea. Lo abbiamo visto con l'Ucraina, lo vedremo con la Moldavia, con la Transnistria, lo vediamo con tutti i Paesi del Nord Africa: una politica europea, una politica estera da parte dell'Unione europea che, in realtà, non esiste, non funziona. È una politica estera tutta concentrata solo per alcuni interessi economici. Interessi economici di chi ? Per chi abbiamo svenduto i nostri agricoltori ? Per gli interessi di Finmeccanica, di ENI ? Per gli interessi di chi, di quali lobby, di quali capitalisti europei abbiamo svenduto i nostri agricoltori, che, adesso, si ritrovano in forte difficoltà con una concorrenza sleale da parte di questi Paesi ? Lo vediamo con tutti i prodotti: lo vediamo con i pomodorini, lo vediamo con le arance, lo vediamo con tutti quei prodotti che provengono da quei territori.
  Allora, il punto è questo: il punto è che l'Italia, che doveva cambiare verso all'Europa, in realtà, si è messa contro, continua a stare contro gli interessi degli italiani e a favore degli interessi di alcuni poteri più forti, alcuni grandi gruppi industriali, e, spesso, anche stranieri, che mettono a repentaglio tutta la nostra intera economia. È proprio quella fascia di imprenditori, gli imprenditori agricoli, che però fanno quei prodotti di cui tanto si vantano il nostro Primo Ministro e il Ministro dell'agricoltura in tutto il mondo, vantandosi di quel made in Italy, che tanto dà lustro al nostro Paese.
  Quindi, ripeto, non mi ritengo soddisfatto della risposta. All'epoca, si poteva votare contro questo scellerato accordo UE-Marocco, ma i partiti, forse, avevano – a partire dalla maggioranza del PD – altri interessi. Adesso, dalla risposta che mi dà il sottosegretario, si è cercato di apportare qualche modifica: quindi, si preferisce cercare di apportare qualche vaga modifica, sapendo benissimo di non poterla apportare, quando, invece, si poteva fare un lavoro più concreto e più produttivo per il nostro Paese proprio nel momento in cui si stava siglando l'accordo.
  Questa è la politica estera che ha l'Unione europea, un'Unione europea che così non serve assolutamente a nulla, che non va verso l'unificazione e l'integrazione dei popoli ma soltanto verso l'interesse di pochi gruppi industriali e di pochi grandi capitalisti.

(Iniziative di competenza in relazione al beneficio della liberazione condizionale a favore di Valerio Fioravanti e Francesca Mambro – n. 3-00268)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interrogazione Bolognesi n. 3-00268, concernente iniziative di competenza in relazione al beneficio della liberazione condizionale a favore di Valerio Fioravanti e Francesca Mambro (Vedi l'allegato A – Interpellanza e interrogazioni).Pag. 16
  Il sottosegretario di Stato per la giustizia, Cosimo Maria Ferri, ha facoltà di rispondere.

  COSIMO MARIA FERRI, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Presidente, con l'interrogazione in esame, l'onorevole Bolognesi esprime dubbi sulla procedura di concessione a Francesca Mambro e Valerio Fioravanti del beneficio della liberazione condizionale e, in particolare, sull'effettiva sussistenza dei presupposti richiesti dalle norme vigenti per l'applicazione dell'istituto.
  Deve preliminarmente osservarsi come i requisiti anzidetti attengano sia alla sfera oggettiva della condanna che alla sfera soggettiva del condannato. In ordine al primo profilo, qualora sia intervenuta, come nel caso di specie, una condanna all'ergastolo, è necessario che il condannato abbia scontato almeno 26 anni della pena inflitta. Al novero delle circostanze soggettive attiene invece il requisito secondo cui il condannato deve avere tenuto un comportamento tale da far ritenere sicuro il suo ravvedimento, che costituisce una vera condicio sine qua non per la concessione del beneficio.
  Al riguardo, la Corte costituzionale, con la sentenza n. 282 del 1989, ha espressamente affermato che l'ammissione al predetto beneficio costituisce, per il condannato che si trovi nella situazione prevista dal citato articolo 176, un vero e proprio diritto e non una graziosa concessione né una non giustificabile rinuncia dello Stato all'ulteriore esecuzione della pena detentiva inflitta con la sentenza di condanna. Anche l'indagine svolta dall'autorità giudiziaria, relativa al riconoscimento del requisito del sicuro ravvedimento, coinvolge sia un piano oggettivo che un piano soggettivo. Da un canto, infatti, il ravvedimento si fonda sulla circostanza desunta dai rapporti dell'autorità penitenziaria che il condannato, nel corso dell'espiazione della pena, abbia tenuto una condotta assolutamente incensurabile; dall'altro, acquista rilievo l'indagine che il giudice deve compiere in ordine all'evoluzione psicologica e culturale del condannato rispetto al crimine commesso, tenendo conto dell'eventuale distacco del condannato dai suoi trascorsi criminali, dell'acquisizione – durante la detenzione – di una consapevolezza della gravità del danno procurato alle vittime e del giudizio prognostico di esclusione di future condotte recidivanti.
  La Corte costituzionale, con la sentenza n. 161 del 1997, ha enunciato il principio secondo cui la liberazione condizionale è l'unico istituto che rende la pena dell'ergastolo non contrastante con il principio della rieducazione del condannato, e dunque con la Costituzione.
  Va poi ricordato che il vigente ordinamento non richiede che il ravvedimento, pur certo, debba essere anche perenne e assoluto, tanto da costituire una vera e propria garanzia del reinserimento sociale del beneficiario. Infatti, l'articolo 177 del codice penale espressamente prevede la possibilità di revoca del beneficio già concesso «se la persona liberata commette un delitto o una contravvenzione della stessa indole, ovvero trasgredisce agli obblighi inerenti alla libertà vigilata».
  Il presidente del tribunale di sorveglianza di Roma ha trasmesso un'ampia relazione in merito alle vicende che portarono alla concessione dei benefici a favore della Mambro e di Fioravanti, unitamente a copia degli atti più significativi del procedimento.
  Dall'esame del materiale pervenuto, emerge innanzitutto che la Digos di Roma aveva riferito che, dalle informazioni di polizia acquisite sul conto sia del Fioravanti che della Mambro, non constavano collegamenti attuali con la criminalità organizzata od eversiva; inoltre, non risultavano da altre fonti persistenti contatti dei due condannati con ambienti criminali o comunque con personaggi sospetti. Dalla relazione si evince, altresì, che il tribunale di sorveglianza di Roma, in data 31 marzo 2004, concesse la liberazione condizionale a Valerio Fioravanti, allora detenuto da 26 anni, e il 16 settembre 2008 la concesse anche a Francesca Mambro, dopo un pari periodo di esecuzione di pena. Per entrambi i condannati, la concessione della liberazione condizionale rappresentò la Pag. 17fine di un lungo percorso trattamentale connotato da esiti positivi, che aveva già condotto alla concessione di benefici sempre crescenti.
  In particolare, il Fioravanti era stato dapprima ammesso a fruire di permessi premio nel lontano 1998, ottenendo, quindi, nel 1999 l'ammissione al lavoro all'esterno per svolgere attività presso l'associazione «Nessuno tocchi Caino», poi proseguita in regime di semilibertà disposto nel 2001.
  Analoga progressione trattamentale si era registrata per la Mambro, ammessa ai permessi premio nel 1997, al lavoro all'esterno presso l'indicata associazione nel 1998 e, infine, dopo un periodo di sospensione dell'esecuzione della pena per ragioni di maternità, alla detenzione domiciliare speciale.
  Secondo quanto riferito dal presidente del tribunale di sorveglianza di Roma, per entrambi i condannati l'esistenza di un sicuro ravvedimento venne dedotta «sulla base degli esiti della lunga osservazione della rispettiva personalità, attestati nelle relazioni degli operatori, in cui si evidenziavano l'avvenuta maturazione di un genuino processo di rielaborazione critica delle scelte criminali del passato e il definitivo ripudio dei disvalori ad esse sottese, accompagnato da angoscioso senso di colpa per le vittime».
  Le ordinanze di concessione dei benefici diedero altresì atto delle numerose attestazioni a favore dei due condannati, prodotte dalla difesa e provenienti da personaggi del mondo della politica, della cultura, del giornalismo e da soggetti impegnati nel sociale e non trascurarono il profilo riparatorio, essendosi rilevato che il Fioravanti aveva instaurato rapporti personali ed epistolari con i familiari di alcune delle vittime (in qualche caso sfociati in una riconciliazione) e aveva vanamente tentato di prendere contatti con i congiunti delle persone uccise nella strage di Bologna, di cui peraltro i due condannati si sono sempre dichiarati innocenti, mentre la Mambro si era proficuamente dedicata ad attività di volontariato, ritenuta indice di sicura volontà di ristoro simbolico, essendosi occupata di minori abbandonati o ristretti a Casal di Marmo.
  Non venne invece attribuita alcuna valenza negativa al mancato adempimento delle obbligazioni risarcitorie nascenti dai delitti loro attribuiti, in quanto direttamente derivante dalla sostanziale incapacità economica dei due condannati.
  Successivamente alla concessione del beneficio, il Fioravanti non ha potuto allontanarsi dalla città, ha dovuto sottostare ad altri obblighi di sicurezza e di giorno ha lavorato per l'associazione «Nessuno Tocchi Caino», senza però tornare in cella di notte.
  Alla scadenza dei cinque anni, in linea con le previsioni dell'articolo 177 del codice penale, il Fioravanti è stato rimesso in libertà.
  Tanto premesso in via generale, va rilevato che le decisioni in ordine al ravvedimento dei condannati attengono al merito dei procedimenti di concessione della liberazione condizionale e sono, come tali, rimessi all'autonoma valutazione del giudice.
  Sulla base di quanto sin qui argomentato, il Dipartimento dell'organizzazione giudiziaria e l'ispettorato generale di questo Ministero hanno evidenziato la mancanza di elementi dai quali desumere che i provvedimenti assunti dal tribunale di sorveglianza di Roma siano stati adottati in violazione di norme procedimentali o sostanziali o per altre ragioni rilevanti in sede disciplinare; non si ritiene pertanto necessario avviare ulteriori attività ispettive al riguardo.
  Quanto, infine, alla dedotta esistenza di rapporti di non chiara natura fra Fioravanti e la Mambro, da un lato, ed altri soggetti coinvolti nel recente passato in procedimenti penali di rilevante eco mediatica, dall'altro, il procuratore della Repubblica presso il tribunale di Roma ha comunicato che, nell'ambito delle intercettazioni telefoniche ed ambientali eseguite nel corso del procedimento penale n. 6429 del 2006 – citato dagli onorevoli interroganti e definito con sentenza di condanna di primo grado alla pena di anni 15 di reclusione nei confronti, tra gli altri, di Pag. 18Gennaro Mokbel – sono effettivamente emersi contatti diretti del Mokbel e di sua moglie con la Mambro e il Fioravanti.
  Il contenuto di tali conversazioni è stato ritenuto, anche dal GIP, in sede di ordinanza cautelare, non penalmente rilevante; vi erano poi, in altre conversazioni sganciate dal contesto relativo ai reati per i quali si procedeva, alcuni riferimenti generici da parte dello stesso Mokbel al rapporto di vicinanza con la Mambro e il Fioravanti e al sostegno economico garantito nei confronti di entrambi. La genericità dei riferimenti non ha tuttavia consentito, secondo il procuratore della Repubblica di Roma, alcun ulteriore approfondimento di indagine da parte degli inquirenti.
  Inoltre, con riferimento al dedotto finanziamento da parte del Mokbel della latitanza in Africa di Antonio D'Inzillo (insieme al quale il primo era stato tratto in arresto nel 1994), tale circostanza è emersa in maniera assolutamente vaga e generica da un messaggio inviato in via anonima sul telefono cellulare della moglie di Mokbel e non è stato possibile acquisire riscontri concreti, nonostante la specifica attività di indagine svolta dalla polizia giudiziaria.
  Secondo quanto comunicato dal procuratore della Repubblica di Roma, l'esistenza di rapporti fra il Mokbel e alcune persone contigue all'associazione di stampo mafioso denominata `ndrangheta ha trovato conferma nelle sentenze di condanna intervenute nei confronti dello stesso Mokbel e di altri soggetti, in relazione ai reati loro contestati, aggravati ai sensi dell'articolo 7 del decreto-legge n. 152 del 1991.
  Osservo, infine – e concludo, ringraziando per la cortese attenzione – che i dati fattuali e giuridici risultanti all'esito delle indagini svolte dalla procura di Roma ben potranno essere valutati dalla magistratura di sorveglianza ai fini dell'eventuale adozione dei provvedimenti di competenza per quel principio che giustamente riconosce in questi casi piena autonomia di valutazione alla magistratura.

  PRESIDENTE. Il deputato Bolognesi ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interrogazione, per cinque minuti.

  PAOLO BOLOGNESI. Signor Presidente, non sono assolutamente soddisfatto per tutta una serie di situazioni. Con questa interrogazione, che è stata peraltro presentata il 6 agosto del 2013, perciò 17 mesi fa, ho anticipato gli esiti della successiva operazione «mondo di mezzo», che ha scoperchiato l’holding criminale romana capeggiata dall'ex NAR, Massimo Carminati.
  Denunciavo infatti come, nonostante i gravi procedimenti penali, gli ex appartenenti al gruppo terrorista neofascista dei NAR potessero ottenere incarichi o avere rapporti economici stabili direttamente o tramite società controllate dall'ex amministrazione comunale di Roma, citando gli ex NAR, Gennaro Mokbel, Marco Iannilli, Massimo Carminati, poi arrestati nell'operazione condotta dai ROS, complici, insieme a Valerio Fioravanti, di numerosi delitti e Riccardo Mancini, anche lui arrestato, già incriminato nel processo al gruppo terrorista neofascista Avanguardia Nazionale.
  Chiedevo anche di verificare la correttezza della procedura che ha regalato il beneficio della liberazione condizionale ai due terroristi neofascisti, sempre ex NAR, Valerio Fioravanti e Francesca Mambro, condannati a ben sette ergastoli, uno dei quali come esecutori della strage di Bologna del 2 agosto 1980, che causò 85 morti e 200 feriti. Un beneficio che suscita molte perplessità anche alla luce degli elementi emersi nel corso del processo a carico di Mokbel, che è stato citato nella risposta, dove, a seguito di intercettazioni telefoniche, si apprende che lo stesso indagato ha affermato di aver speso un milione e 200 mila euro per la liberazione di Mambro e Fioravanti, facendo carico della relativa spesa la cassa comune dell'associazione criminale formata dai proventi delle attività illecite per le quali era stata avviata l'indagine nei suoi confronti.Pag. 19
  L'entità dell'importo dichiarato dal Mokbel non può corrispondere al solo costo delle spese legali. È oggettivamente ipotizzabile che quella erogazione potesse essere rivolta anche a compensare il silenzio, sempre mantenuto da Fioravanti e Mambro, in ordine ai mandanti della strage di Bologna.
  I fatti giudiziari, quindi, ci confermano il sussistere di inquietanti coperture e benefici agli ex terroristi neofascisti, attribuendo loro incarichi che richiedevano ben altri requisiti morali e di affidabilità, permettendo loro di dettare e inquinare le regole degli appalti delle amministrazioni pubbliche o scarcerandoli, come nel caso di Mambro e Fioravanti nonostante ben sette ergastoli.
  Vogliamo sapere perché e vogliamo capire, dato che la risposta non l'ha data, chi continua a pagare il prezzo del loro silenzio e il loro sostegno. Auspicavo che dopo 17 mesi da questa interrogazione ci fosse una risposta più competente, ma ciò non è avvenuto.
  Un altro aspetto, che chiaramente non faceva parte della interrogazione ma fa parte comunque di questo mondo piuttosto nebuloso, è, diciamo così, il rispetto della direttiva della Presidenza del Consiglio per quello che riguarda il deposito dei documenti presso l'archivio centrale. Questa è una direttiva emanata nell'aprile dello scorso anno, ed è completamente disattesa dai vari organismi che producono i documenti e dovrebbero versarli. Allora, anche sui documenti i familiari delle vittime vedono la volontà di coprire le responsabilità dei vari apparati, per non arrivare a smascherare e punire i mandanti delle stragi e dei fatti di terrorismo che hanno insanguinato il nostro Paese, sconvolgendone la vita politica. Questa è una risposta che tra l'altro viene, diciamo così, supportata dalla Digos e da altri.
  Tuttavia, non capisco – e tra l'altro ci sono intercettazioni telefoniche che vedono il connubio tra Fioravanti e altri personaggi della banda della Magliana – come ancora oggi non si intervenga per approfondire quella concessione della liberazione condizionale, che non doveva essere assolutamente compresa. Quando si parla della completa, diciamo così, comprensione dei danni compiuti dai criminali, credo che sia importante tenere conto che queste persone si ritengono innocenti della strage di Bologna, dopo tutte le sentenze che ci sono state, e anche questo doveva essere uno dei punti che dovevano impedire di fare arrivare a questa concessione.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LAURA BOLDRINI (ore 10,58)

(Iniziative per la riorganizzazione del carcere di Sulmona e con riguardo al relativo fabbisogno di personale, anche al fine di superare l'emergenza dovuta al sovraffollamento – nn. 3-00648 e 3-00591)

  PRESIDENTE. Passiamo alle interrogazioni Melilla n. 3-00648 e n. 3-00591, concernenti iniziative per la riorganizzazione del carcere di Sulmona e con riguardo al relativo fabbisogno di personale, anche al fine di superare l'emergenza dovuta al sovraffollamento, che, vertendo sullo stesso argomento, saranno svolte congiuntamente (Vedi l'allegato A – Interpellanza e interrogazioni).
  Il sottosegretario di Stato per la giustizia, Cosimo Maria Ferri, ha facoltà di rispondere.

  COSIMO MARIA FERRI, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Presidente, nel rispondere alle interrogazioni in oggetto va preliminarmente rilevato che, secondo le informazioni fornite dal Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, presso la casa di reclusione di Sulmona risultavano presenti al 2 marzo 2015, alla luce dei provvedimenti di distacco in entrata e in uscita, 256 unità di personale.
  A tale riguardo, su proposta del provveditore regionale per l'Abruzzo, il capo del Dipartimento, con provvedimento del 27 giugno 2014, ha indicato per l'istituto di Sulmona una dotazione complessiva di 262 unità, a cui corrisponde, dunque, un deficit di sole 6 unità nei vari ruoli.Pag. 20
  Il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, consapevole di tale situazione e di alcuni cambiamenti del carcere che hanno comportato l'aumento del carico di lavoro, sta adottando politiche dirette a contenere il più possibile il numero dei detenuti presenti.
  Quanto alla doglianza relativa al mancato regolare pagamento delle ore di lavoro straordinario, il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ha comunicato che il provveditorato regionale ha provveduto ad incrementare il monte ore di lavoro straordinario precedentemente attribuito alla direzione dell'istituto. Va altresì evidenziato che, nel corso del corrente anno, nei limiti della capienza delle risorse finanziarie stanziate nell'apposito capitolo di bilancio, si procederà alla realizzazione di interventi per l'automatizzazione dei cancelli e per l'implementazione della videosorveglianza e della sala regia. Il provveditorato regionale, inoltre, ha invitato la direzione della casa di reclusione di Sulmona a predisporre un piano per lo smaltimento del congedo ordinario arretrato, in modo da consentire al personale il recupero di condizioni psicofisiche ideali, tenuto conto delle condizioni particolarmente usuranti del lavoro.
  A tale riguardo, il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, con la circolare del 15 aprile 2014, ha evidenziato la necessità di prestare la massima attenzione alla tutela dei diritti e del benessere del personale, sul presupposto che la tenuta del sistema penitenziario ha come fulcro il rispetto dei diritti e l'attenzione alla persona umana. Alla data del 2 marzo 2015, presso la casa di reclusione di Sulmona, risultavano presenti 478 detenuti, a fronte di una capienza regolamentare di 304 posti detentivi. Lo stato di sovraffollamento dell'istituto abruzzese è ben noto al DAP e alla direzione generale dei detenuti che, di concerto con il locale provveditorato regionale, adotta gli opportuni provvedimenti di trasferimento delle persone ivi ristrette. Va notato che il numero di detenuti presenti a Sulmona è rimasto sostanzialmente invariato rispetto agli anni passati, nonostante i recenti interventi legislativi volti alla deflazione del sovraffollamento carcerario. Ciò deve addebitarsi al fatto che l'istituto, avendo mutato la propria destinazione da casa di reclusione, con annessa casa di lavoro, a sola casa di reclusione di alta sicurezza, ospita attualmente una tipologia di detenuti che rimangono esclusi, in ragione della loro peculiare pericolosità sociale, dalle nuove disposizioni normative che in molte altre realtà hanno già determinato un simile calo delle presenze.
  Con riferimento ai lavori di realizzazione del nuovo padiglione, si osserva che, durante lo scavo per le fondamenta, sono state rinvenute presunte preesistenze archeologiche, per le quali la soprintendenza per i beni archeologici per l'Abruzzo ha disposto indagini specialistiche. I lavori, immediatamente sospesi, sono ripresi a seguito del perfezionamento del contratto di affidamento dell'incarico di consulenza archeologica. Al riguardo, si rende noto che, a seguito della soppressione dell'ufficio del commissario straordinario, le competenze relative alla realizzazione del nuovo padiglione sono state attribuite al Ministero delle infrastrutture, che ha già nominato il nuovo direttore dei lavori e il nuovo responsabile del procedimento. Il passaggio delle consegne è avvenuto a metà dello scorso mese di febbraio. Quanto agli eventi critici, i dati riportati dall'interrogante per l'anno 2013, pur esatti sotto il profilo numerico, non evidenziano che i predetti atti di autolesionismo siano stati tutti classificati a bassa priorità, tanto che il più grave ha comportato per la vittima l'applicazione di tre punti di sutura.
  È significativo osservare che gli interventi attuati sin dal 2010, ai fini del rafforzamento dell'assistenza sanitaria e psicologica a favore dei detenuti, nonché l'intensificazione delle attività trattamentali, ed in particolare delle attività lavorative, hanno prodotto una sostanziale riduzione sia dei tentativi di suicidio, diminuiti da venti nel 2009 a quattro nel 2013, e nel corso del 2014 se ne sono registrati due, che degli eventi autolesionistici, Pag. 21passati da ottantasei nel 2009 a dodici nel 2013, ulteriormente ridotti a sei nel 2014 e a due nel corrente anno.
  Sul punto desidero specificare che, pur essendo stati ridotti i numeri, è chiaro che di fronte a qualsiasi tipo, anche isolato, anche unico, di tentativo di suicidio o di evento autolesionistico, l'attenzione dell'amministrazione è massima nel garantire sempre la tutela della persona umana e nell'evitare che tali fatti si verifichino e possano in qualche modo avvenire.
  Quindi, su questi temi vi è grande attenzione, grande sensibilità, non solo politica, ma anche dal punto di vista dell'organizzazione e di controllo da parte della polizia penitenziaria e di tutti gli operatori, a cui, chiaramente, va sempre il nostro ringraziamento per la sicurezza che garantiscono, anche nel rispetto della salute della persona umana.
  Nel 2014 si è registrato nell'istituto il decesso di un detenuto, riconducibile a cause naturali, secondo quanto riferito. Sarà comunque cura di questo Ministero continuare costantemente a monitorare e vigilare la situazione di tutti gli istituti penitenziari, ivi compresa la casa di reclusione di Sulmona. Si ringrazia per l'attenzione.

  PRESIDENTE. Il deputato Gianni Melilla ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alle sue interrogazioni.

  GIANNI MELILLA. Signora Presidente, quando presentai queste due interrogazioni, cioè circa un anno fa, nel carcere di alta sicurezza di Sulmona vi erano 473 detenuti su una capienza massima di quell'istituto di 306 detenuti. Oggi la situazione è peggiorata: siamo a 478 detenuti, sempre su 306 detenuti di capienza massima di questo istituto, nonostante, nel frattempo, siano stati assunti provvedimenti che in quasi tutte le carceri italiane hanno prodotto una diminuzione del sovraffollamento.
  Qui siamo in presenza di un sovraffollamento di oltre il 50 per cento. E in questo carcere non vi sono persone in attesa di giudizio o condannate per reati non gravi: qui quasi tutti sono ergastolani, in alcuni casi sono pluriergastolani, con problemi di sicurezza estremi, e quindi con un logoramento fisico e psichico del personale di polizia penitenziaria che non può assolutamente essere sottovalutato.
  L'anno scorso avevamo 240 unità, quest'anno ne abbiamo qualcuna in più, 256, rispetto ad una dotazione organica che, secondo le rimodulazioni, è di 262 persone; certo, secondo il decreto ministeriale del 2001, sarebbe invece di 328 persone. Sta di fatto che il personale fa turni massacranti, che al personale non viene corrisposto neanche con regolarità lo straordinario e che vi è una situazione, denunciata dai sindacati, ma credo anche dal direttore di questo carcere di alta sicurezza, veramente preoccupante. Vorrei ricordare, caro sottosegretario, che in questo carcere, negli ultimi dieci anni, ci sono stati tredici suicidi; addirittura, si è suicidata anche la direttrice del carcere di Sulmona.
  I detenuti che si suicidano sono una macchia per l'istituto penitenziario del nostro Paese, ma avere tredici suicidi in dieci anni e centinaia di casi di autolesionismo grave, secondo me deve fare accendere i riflettori nazionali su questo carcere la cui popolazione, come ripeto, è composta da affiliati, che si sono macchiati di reati gravissimi, della Sacra corona unita, della mafia, della camorra e della ’ndrangheta. È necessario, quindi, secondo me, che ci sia un intervento forte e rapido in questa direzione. Se per il personale c’è stato qualche aumento, come ripeto, delle unità impiegate, per il sovraffollamento siamo in presenza, invece, di un peggioramento. Quindi, io mi auguro che il sottosegretario prenda atto di questa situazione intollerabile, che, tra l'altro, viola le normative europee e nazionali, e ponga in essere un intervento immediato nell'ambito dei compiti affidati alla direzione nazionale che si occupa del nostro sistema penitenziario.

  PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento dell'interpellanza e delle interrogazioni Pag. 22all'ordine del giorno. Sospendiamo a questo punto la seduta, che riprenderà alle ore 11,30 con il seguito della discussione del decreto-legge recante disposizioni urgenti per l'esercizio di imprese di interesse strategico nazionale in crisi e per lo sviluppo della città e dell'area di Taranto. La seduta è sospesa.

  La seduta, sospesa alle 11,10, è ripresa alle 11,35.

Seguito della discussione del disegno di legge: S. 1733 – Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 5 gennaio 2015, n. 1, recante disposizioni urgenti per l'esercizio di imprese di interesse strategico nazionale in crisi e per lo sviluppo della città e dell'area di Taranto (Approvato dal Senato) (A.C. 2894).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato, n. 2894: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 5 gennaio 2015, n. 1, recante disposizioni urgenti per l'esercizio di imprese di interesse strategico nazionale in crisi e per lo sviluppo della città e dell'area di Taranto.
  Ricordo che nella seduta di giovedì 26 febbraio 2015 si è concluso l'esame degli emendamenti e degli ordini del giorno.

(Dichiarazioni di voto finale – A.C. 2894)

  PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.
  Avverto che è stata disposta la ripresa televisiva diretta delle dichiarazioni di voto dei rappresentanti dei gruppi e delle componenti politiche del gruppo Misto.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Oreste Pastorelli. Ne ha facoltà.

  ORESTE PASTORELLI. Grazie signora Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, mi pare opportuno premettere che il decreto-legge n. 1 del 2015, per la delicatezza delle questioni processuali e sostanziali in esso trattate, e per l'urgenza con la quale queste dovevano essere affrontate, rispetta in pieno le condizioni di cui all'articolo 77 della Costituzione e merita, dunque, di essere convertito.
  La prosecuzione delle attività industriali negli stabilimenti Ilva, nel rispetto di determinati standard di compatibilità ambientale e di salubrità, come ho già avuto modo di esporre durante la discussione sulle linee generali sul presente disegno di legge, è un elemento essenziale per un Paese che vuole essere non solo competitivo, ma credibile in Europa. In questo senso, le misure a favore di determinati creditori dell'Ilva, così come quelle a sostegno della ricerca oncologica, costituiscono il migliore esempio di quanto si va dicendo, nonché la cifra riassuntiva di un provvedimento complesso e articolato con il quale il Governo ha saputo bilanciare e coniugare lavoro e salute.
  Le misure del decreto-legge n. 1 del 2015 sono, poi, tanto più essenziali e importanti se si considera che con questo atto si è cercato di adeguare alcune procedure giurisdizionali e amministrative alle esigenze di un tessuto economico e sociale in forte crisi. E la ragione di una simile scelta è semplice: quello siderurgico è un settore fortemente strategico per un Paese come il nostro, un settore nel quale non possiamo permetterci di sbagliare o, peggio, di perdere tempo.

  PRESIDENTE. La invito a concludere.

  ORESTE PASTORELLI. È in questo contesto, allora, che va collocato il decreto-legge che ci accingiamo a convertire: un voto ad esso contrario non solo rappresenterebbe un voto contro il Governo, ma un voto contro il Paese, contro le sue esigenze, contro il suo futuro.
  Il presente disegno di legge di conversione, rispetto al quale a nome della componente Socialista esprimo un voto favorevole, rappresenta, quindi, una tappa fondamentale nel percorso che conduce Pag. 23non solo alla ripresa della provincia di Taranto, ma anche ad un cambio di prospettiva nel settore siderurgico, con il quale emergono maggiormente le esigenze di tutela dell'ambiente e della salute dei cittadini (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) – Liberali per l'Italia (PLI)).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Samuele Segoni. Ne ha facoltà.

  SAMUELE SEGONI. Grazie Presidente. Sette, signor Presidente, come i vizi capitali: sono sette anche i decreti «salva Ilva» emanati dai Governi succedutisi negli ultimi anni. Decreti che mettono le «pezze» a quanto lasciato irrisolto dal decreto precedente, che modificava a sua volta il decreto ancora precedente, su un aspetto già modificato dal decreto ancora precedente, e via e via a ritroso, fino a risalire al peccato originale: le disperate condizioni sanitarie, ambientali e lavorative di una terra violentata e depredata come quella di Taranto.
  Come gli altri sei decreti, neanche il settimo riesce a sanare questo peccato originale. Anzi, continua e consolida il processo per cui, decreto dopo decreto, Taranto e i tarantini si vedono progressivamente spogliati di tutele e garanzie in pieno spregio alla Costituzione italiana che garantisce sia il diritto al lavoro che quello alla salute e sancisce che la giustizia è amministrata in nome del popolo.
  A Taranto, prima si è costretta la popolazione a barattare la salute per il lavoro; adesso non si tutela neanche più il lavoro, mentre la giustizia ha abdicato ormai da tempo. Ma al peggio non c’è mai fine. Con questo decreto-legge si aggirano le prescrizioni del piano AIA: basterà rispettarne l'80 per cento, un criterio prettamente numerico indipendente dal fatto se le prescrizioni siano rilevanti e meno. Ci immaginiamo già cosa succederà.
  Il commissario potrà scegliere di rispettare quelle più banali e meno costose, lasciando fuori le prescrizioni più onerose anche se fondamentali per la tutela della salute, come ad esempio la copertura dei parchi minerari, con conseguenze potenzialmente negative per la salute pubblica. E, a proposito di salute, il tanto sbandierato polo oncologico-pediatrico rimane fermo al palo visto che vengono stanziati soltanto pochi soldi e per il lavoro manca un piano industriale e non c’è l'impulso ad una ricollocazione significativa nei cosiddetti green jobs. E la giustizia ? A Taranto getta definitivamente la spugna: il decreto-legge concede al commissario una scandalosa immunità penale ed amministrativa per azioni commesse per colpa e per dolo. Chi inquina paga ? Anche no. Responsabilità verso i lavoratori ed i cittadini ? Nessuna. L'autorità dell'amministrazione comunale ? Ci passiamo sopra. Come se non bastasse il commissario ha ampio mandato di ricorrere a trattative private, quindi l'Ilva con questo decreto è diventato anche un buon affare ma non certo per i tarantini. Concludendo per Taranto e per i tarantini, per la difesa dei principi costituzionali come il lavoro, la salute, il territorio, la giustizia, per tutti questi motivi Alternativa Libera voterà contro l'approvazione di questo decreto-legge.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Rampelli. Ne ha facoltà.

  FABIO RAMPELLI. Grazie Presidente, colleghi deputati, Ministro, ci sono una serie di ragioni che ci indurrebbero non solo a votare contro questo provvedimento ma a farlo con grandissima forza gridando la nostra indignazione per l'incapacità con la quale il Governo attuale e i Governi precedenti hanno affrontato un'emergenza che è un'emergenza sanitaria, che è un'emergenza ambientale, che è un'emergenza economica.
  Ci sono voluti sette decreti direttamente o indirettamente dedicati all'Ilva di Taranto – parliamo di quella che fu la gloriosa Italsider – un impianto a cui si lega la produzione di acciaio dell'Italia che è stato storicamente uno dei maggiori produttori ed esportatori di acciaio nel mondo. Sette decreti, zero risultati !Pag. 24
  Il decreto del 2013 in particolare era talmente urgente ma talmente urgente, visto che interveniva su fatti che avevano riguardato la magistratura stessa con il sequestro degli impianti e ad oggi non è stato realizzato un solo intervento di bonifica nello stabilimento Ilva di Taranto. Ancora Renzi in una conferenza stampa pubblica si impegnò a stanziare 30 milioni di euro per la realizzazione del polo onco-ematologico pediatrico a Taranto e in Puglia. Mentre con questo decreto-legge che il Governo candidamente ci presenta all'attenzione del Parlamento, dopo mesi e mesi di inedia, ci racconta che per il 2015 sono disponibili soltanto 500 mila euro che, nei tre anni, diventeranno non più di 5 milioni di euro: ne mancano 25 all'appello tant’è che il polo onco-ematologico pediatrico non si potrà realizzare. Si parla, infatti, genericamente di attività di prevenzione e cura per i malati oncologici. Ancora, 250 milioni di euro sono l'ammontare dei crediti vantati dalle aziende fornitrici di Ilva.
  Parliamo di economia reale, di quella pletora di piccole realtà produttive a cui è legato il destino di una provincia intera, della provincia di Taranto e di una buona parte anche delle realtà dell'artigianato della regione Puglia. Su questi 250 milioni di euro di crediti vantati, in questo decreto-legge, sono presenti 35 milioni soltanto, poco più del 10 per cento.
  Ci risulta che l'aver commissariato l'Ilva da parte dello Stato preveda, in buona sostanza, una cessione da parte dello Stato stesso dell'Ilva e, a maggior ragione, attraverso la successiva fase dell'amministrazione straordinaria. Se lo Stato gestisce l'Ilva, lo Stato deve pagare i fornitori di Ilva: non deve fare quel che è contenuto vergognosamente in questo provvedimento, cioè una sorta di tentativo di favorire l'accesso al credito agli istituti bancari, in buona sostanza, da parte di queste aziende, che, invece, non hanno certo bisogno di indebitarsi di nuovo, ma hanno bisogno di liquidità, perché hanno lavorato per l'Ilva di Taranto e, quindi, hanno lavorato oggi per lo Stato italiano e devono essere pagate per questo.
  Ancora. Vorrei ricordare agli osservatori più distratti, a quelli che ci fanno sempre le lezioni, e sono lì a declamare la propria morale, che l'Europa è intervenuta con procedura di infrazione, l'ennesima procedura di infrazione, che non pende su provvedimenti pregressi, ma che giudica negativamente, cioè come insufficiente, l'attuale piano ambientale che è stato presentato per risanare e bonificare l'Ilva. Dunque, significa che lo stesso piano, le stesse previsioni di intervento per la bonifica, per la messa in sicurezza, per il risarcimento del territorio sono giudicate negativamente dall'Europa. Nessuno ne fa menzione.
  Si prevede, ancora, in questo decreto-legge l'istituzione di una newco per la cessione di un ramo d'azienda o il suo affitto, ma guarda un po’ il caso, sempre con la scusa dell'urgenza, della necessità di semplificazione burocratica e amministrativa, si andrà a cedere, a vendere o ad affittare l'Ilva di Taranto a trattativa privata, in barba ad ogni procedura di evidenza pubblica e in barba ad ogni criterio di tanto declamata, anche da questo Governo di sinistra, trasparenza. Nessuna trasparenza, neanche quando si parla di occupazione, perché, nelle norme che prevedono la realizzazione della newco e, quindi, la cessione del ramo d'azienda, si dice che l'acquirente o affittuario del ramo d'azienda deve garantire – aperte virgolette – «adeguati livelli occupazionali».
  E che cosa significa adeguati livelli occupazionali ? Adeguati rispetto a cosa ? Cioè, non si scende in campo per garantire gli attuali livelli occupazionali, che ammontano a diverse decine di migliaia di lavoratori tra quelli direttamente utilizzati all'interno dello stabilimento e l'indotto, ma si lascia nel porto delle nebbie la definizione, affinché questa definizione possa successivamente diventare un altro braccio di ferro che, inevitabilmente, mobiliterà i sindacati, metterà in crisi il territorio, la provincia di Taranto e Taranto città.
  Ancora. Tra le cose che non funzionano e di cui intendiamo rimproverarvi con tutta l'energia di cui disponiamo, vi è la Pag. 25vergognosa assenza della regione Puglia. Anche qui vorrei ricordare che questa regione da dieci anni è governata dalla sinistra e che il suo presidente Nichi Vendola, finalmente a scadenza, è stato accusato di concussione aggravata per la questione legata all'Ilva di Taranto: un'accusa molto importante e mai sufficientemente posta in evidenza dal circuito mediatico. L'ARPA, Agenzia regionale di protezione ambientale, è, come dice la definizione stessa, il titolo, di competenza regionale, esiste dal 1999. L'Ilva, ex Italsider, esisteva già da quarant'anni prima.
  L'ARPA, l'agenzia regionale di protezione ambientale, cui sono legate le competenze di monitoraggio rispetto all'inquinamento ambientale, dà il suo primo segnale di vita nel 2010, con una lettera al Ministro dell'ambiente, in cui, in buona sostanza, segnala quello che avrebbe potuto segnalare qualunque cittadino, non solo della città di Taranto o della regione Puglia ma qualunque cittadino italiano, cioè che l'Ilva inquinava. Incredibile ma vero !
  C’è un'omissione di intervento, a nostro giudizio, che prefigura una precisa responsabilità politica della sinistra. E aver deciso anche la diretta televisiva, forse per fare un po’ di propaganda elettorale alla sinistra stessa alla vigilia delle elezioni regionali, non sana questo peccato. Ancora, manca clamorosamente un piano industriale strategico; non si capisce che cosa ci sia prima e dopo l'intervento emergenziale.
  Questo Governo Renzi, fatto di slide e di paillette, resta ancora un Governo che non ha un disegno strategico sul destino dell'Italia, e non ce l'ha ovviamente neanche per quel che riguarda questa materia, cioè i progetti industriali dell'Italia. Ci sono – ed è l'ultimo elemento che voglio citare – le inquietanti deroghe per il trattamento dei rifiuti speciali rispetto alle normative nazionali. Ma l'Ilva di Taranto è anche 16.200 dipendenti, è anche 10 mila dipendenti dell'indotto e della manutenzione. Nel 2011, l'Italia è stato l'undicesimo Paese produttore di acciaio, con 28 milioni di tonnellate: 17 dal gruppo Riva, 9 dall'Ilva di Taranto. L'Italia esporta ma importa anche. Se l'Ilva chiudesse, dovremmo comunque approvvigionarci magari comprando dalla Germania. L'Ilva rappresenta da sola lo 0,4 per cento del PIL complessivo italiano; il suo fallimento significherebbe nessuna bonifica, nessun risarcimento dei danni per le piccole e medie imprese: 4 mila imprese, 2,5 miliardi di euro, 1,5 soltanto per le piccole imprese. Questo, per dire, caro Presidente, caro Ministro, cari colleghi, che Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale sarebbe portata a bocciare questo provvedimento senza possibilità alternative, ma per la salvaguardia degli interessi della città di Taranto e dei lavoratori dell'Ilva ci asterremo, perché un voto contrario, una bocciatura, punirebbe soltanto il territorio e aggiungerebbe al danno la beffa.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Gaetano Piepoli. Ne ha facoltà.

  GAETANO PIEPOLI. Presidente, Il gruppo Democrazia Solidale-Centro Democratico annuncia il voto favorevole al decreto Ilva. Lo facciamo nella consapevolezza che con questo decreto il Governo mette gli strumenti necessari per garantire la continuità produttiva, per dare sostanza alle garanzie dei lavoratori e dei fornitori, per dare nuove speranze al risanamento degli impianti.
  Ma questo non basta, perché è evidente che, al di là del dibattito parlamentare, delle diverse motivazioni e quindi delle diverse posizioni, oggi credo ci sia un compito comune per tutte le esperienze politiche e per tutti i gruppi politici, ovverosia applicarci seriamente all'unico progetto che vale la pena perseguire: la salvezza di Taranto e del suo territorio; e questo al di là degli interessi politici, al di là degli interessi particolari. Questo significa creare un clima necessario per cui tutte queste misure possano essere credute, organizzate, accettate e messe in pratica. Il Governo s’è misurato con l'emergenza, per questo questa molteplicità di decreti; perché l'emergenza significa Pag. 26esattamente questo: riconoscere che ci muoviamo con le difficoltà e i rischi legati alla provvisorietà delle scelte e delle misure messe in atto; perché nell'emergenza e fare i conti con l'emergenza vuol dire ricordare quello che diceva Keynes, che sui tempi lunghi saremo tutti morti. Ma questo non significa che non abbiamo speranze davanti a noi; non significa che non c’è speranza per questo territorio. Ma questo vuol dire anche accettare di pagare i relativi prezzi perché questa speranza sia operosa.
  Innanzitutto per i primi protagonisti, che sono gli abitanti di Taranto e del suo territorio, che devono guardare dritto negli occhi la difficoltà del presente, ma avere fiducia in se stessi e non perdere la speranza per il proprio futuro. Secondo, per la politica. La politica deve, dunque, riconoscere la complessità della crisi di cui parliamo che ha diversi aspetti. Quello certamente finale è la crisi economica, produttiva, che mette in discussione gli impianti, che addirittura punta a svuotare o a mettere fortemente in erosione i diritti sociali, il diritto al lavoro e i diritti delle persone, cioè il diritto alla salute. Ma poi c’è un secondo aspetto della crisi che è quello più profondo e che chiama sicuramente a nuova consapevolezza i soggetti politici, perché questa crisi che nel suo risultato economico è innanzitutto una crisi politica, perché è una crisi delle regole legali e delle regole morali, è una crisi della nostra capacità di gestire le contraddizioni che lo sviluppo, la ricchezza, l'avidità hanno prodotto, con la devastazione che poi alla fine ne è risultata.
  In quest'Aula tantissimi anni fa Moro disse: della crescita e nella crescita si può morire. Ma noi vogliamo vivere. Ecco perché questi strumenti nella loro precarietà e nella loro fragilità attendono poi che le parti politiche ne assumano esattamente tutti i prezzi, così come tutti i protagonisti di questa vicenda. Parlo, in particolare, della necessità di un'autolimitazione, di una freddezza nei propri comportamenti che rilanci l'interesse generale dal quale può nascere solo la salvezza di Taranto e del suo territorio.
  Noi, da questo punto di vista, siamo esattamente fiduciosi. Sappiamo – l'ho già detto in un'altra occasione – che nell'emergenza siamo tutti un po’ come dei funamboli, che sanno di non poter tornare indietro e che, nello stesso tempo, sanno che in ogni momento possono mettere il piede in fallo, ma non abbiamo altra scelta, perché questa vicenda finalmente sia una lezione per un Paese che vuole superare la sua crisi complessiva, ma che vuole dare nuova speranza soprattutto al Mezzogiorno (Applausi dei deputati del gruppo Per l'Italia - Centro Democratico).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Caparini. Ne ha facoltà.

  DAVIDE CAPARINI. Signor Presidente, da azienda leader della siderurgia europea Ilva è di fatto diventata un'azienda statale o parastatale, siamo passati quindi da una leadership indiscussa a livello mondiale a una gestione prima con l'intervento della magistratura, poi con l'azzeramento dei vertici societari, poi con il commissariamento, poi con la dichiarazione di insolvenza; quella dichiarazione che, proprio a gennaio di quest'anno, vi ha costretti all'ennesimo decreto-legge, vi ha costretti a prendere atto del vostro fallimento, del fallimento di una politica industriale che oggi evidentemente latita, e vi ha costretti al commissariamento speciale del commissario speciale per creare una società speciale per la gestione di una società strategica, a vostro dire.
  Purtroppo, Ministro, Governo, qui abbiamo sentito tante parole, tante rassicurazioni, ma non abbiamo assistito ad altro che a una riedizione di ciò che è avvenuto qualche mese fa, qualche anno fa. E in tutti questi casi noi abbiamo più volte sottolineato fino alla nausea – e non ci stancheremo mai di farlo – che la politica non fa impresa (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie), la politica deve dettare le regole, la politica deve Pag. 27vigilare, la politica sì, si deve occupare del rispetto ambientale, della salute dei cittadini ma non può e non deve mettere le mani nella gestione delle aziende (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie) perché la gestione della politica, la vostra gestione ha portato a una situazione per cui in due anni e mezzo ci sono 3 miliardi di insolvenza, 3 miliardi di insolvenza nei confronti di oltre 4 mila imprese che si sono impegnate, hanno lavorato.
  Si sono impegnati con i propri lavoratori e le proprie lavoratrici, hanno contratto debiti con le banche, hanno prodotto beni e servizi perché l'Ilva di Taranto e le sue controllate potessero tornare a lavorare a pieno regime, ad essere quello che erano abituate ad essere, ovvero leader mondiali. Vi ricordo che, se di settore strategico si tratta, è perché noi siamo secondi in Europa e su alcuni prodotti non abbiamo problemi a competere con la Germania; anzi su tanti, i prodotti devono imparare loro da noi come si fa. Purtroppo, qui la politica latita e ha latitato, ha latitato a livello locale, quando si è trattato di far rispettare degli impegni che poi sono stati completamente abbandonati e non considerati, ma ha latitato anche nel momento in cui avrebbe dovuto fare quello che voi dite ancora oggi che avete intenzione di fare, ovvero di definire un piano industriale.
  Ma chi sono quelli che scriveranno il piano industriale ? Gli stessi che hanno portato al fallimento di oggi ? Sono quelli che, ancora oggi, vengono bacchettati dall'Europa perché non hanno fatto alcuna bonifica ambientale ? Quelli che non hanno ancora rispettato i canoni di sicurezza ? Se sono gli stessi, è logico, evidente e scontato prevedere che, tra un altro anno, saremo ancora qui a parlare dell'Ilva di Taranto, degli ennesimi fallimenti di un Governo incapace. Voi, evidentemente, non avete una politica industriale; non venite qui a raccontarci che avete una politica industriale. La vostra unica intenzione – e questo lo abbiamo visto e ormai basta sfogliare un qualsiasi quotidiano del settore – è quella di svendere il patrimonio industriale italiano (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie). Quello sì che siete capaci di farlo; voi siete dei maestri perché, di fronte alle difficoltà, l'unica risposta che avete è quella di regalare – perché di questo si tratta – pezzi fondamentali della nostra industria e, con essi, lavoro, sviluppo, posti di lavoro. Voi che tanto avete parlato – il Primo Ministro Renzi è ormai da un anno che siede in quel posto – ditemi dove sono finite le start up, dove sono finiti i nuovi posti di lavoro, l'impiego per i giovani e tutte le promesse che si sono evidentemente infrante di fronte alla realtà, che è la vostra incapacità, la vostra manifesta incapacità di condurre un qualsiasi tipo di politica industriale.
  Allora, voi venite qui e ci dite: siamo a favore dei crediti alle tante imprese, per cui noi ci siamo battuti; con i colleghi Allasia, Grimoldi e altri in Commissione abbiamo lottato affinché venissero pagate, affinché venisse corrisposto loro il lavoro e i servizi forniti. Voi ci avete detto: sì, li tuteleremo, daremo loro la possibilità, all'interno del fallimento, di essere pagati per primi. Sì, ma con quali soldi, con quali risorse ? Non ci è ancora stato detto con quali risorse. Al di là delle promesse del Viceministro, che assolutamente abbiamo visto sul pezzo, che si è impegnato, come tanti prima di lui, il problema vero è che qui non ci sono le risorse e non conosciamo ancora i tempi, per cui, queste imprese, che sono con l'acqua alla gola, che sono indebitate nei confronti dei fornitori e delle banche, che devono pagare il salario ai propri dipendenti, oggi non sanno ancora quando saranno pagate per il lavoro fatto. Questo è il punto. E queste stesse imprese hanno pagato le tasse a uno Stato ladro, perché è uno Stato ladro quello che si impegna a pagare e poi non paga; è uno Stato ladro quello che pretende nel momento in cui invece deve dare, è uno Stato ladro quello che è incapace di fare una qualsiasi politica industriale, che da quei banchi viene a raccontare a tutto il Paese che ci sarà sviluppo, che ci saranno posti di lavoro, che le tasse diminuiranno, che sarà più facile assumere. Poi, la realtà è completamente Pag. 28diversa. Questo non è il salotto di Porta a Porta o di qualsiasi altro talk show televisivo; questo è il Parlamento e voi qui dovreste rispettare i cittadini, con i quali intendete dialogare e per i quali dovreste fare ciò che purtroppo non siete assolutamente in grado di fare, ovvero attuare una reale politica industriale.
  Quello che noi vi chiediamo è di lasciare le nostre aziende libere di poter lavorare, non libere di poter andare in Svizzera per scappare da uno Stato che continua a vessarle (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie), da una burocrazia insensata che non consente di fare alcunché, che non ci dà la possibilità di sviluppare nulla, che fa scappare i nostri giovani laureati, che fa andare a studiare altrove chi, invece, qui potrebbe dare un contributo e un valore aggiunto, che non fa assumere persone capaci, con idee, capaci di fare la differenza, piuttosto che farle assumere altrove. Ormai non c’è più nessuno, nessuno, disposto a scommettere sul Paese che voi ci avete consegnato. Nessuno è disposto a scommettere un solo centesimo sul vostro tanto sbandierato sviluppo del Paese.
  E, allora, il punto fondamentale è questo. Noi cosa possiamo dire alle tantissime lavoratrici, ai tantissimi lavoratori di Ilva e alle centinaia di migliaia di lavoratori ? Lo sapete quanti sono ? Sono oltre 20 mila quelli che lavorano per Ilva, o dentro o fuori. Cosa possiamo dire loro ? Quale prospettiva possiamo dare a loro per il futuro ? Quale certezza avranno nel momento in cui sanno di avere a che fare con chi oggi dice una cosa, sbandiera un provvedimento che dovrebbe risolvere tutto e poi, il giorno dopo, manda una lettera di insolvenza e chiede di lavorare gratis ?
  Questo è quello che voi siete stati in grado di fare fino ad ora: nulla, nulla, nulla ! Voi siete il nulla sotto vuoto. Purtroppo, questo è quello con cui noi dobbiamo fare i conti e se volete veramente fare qualcosa per lo sviluppo del Paese fate l'unica cosa possibile: andatevene a casa (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie – Congratulazioni) !

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 12,05).

  PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.

Si riprende la discussione.

(Ripresa dichiarazioni di voto finale – A.C. 2894).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Salvatore Matarrese. Ne ha facoltà.

  SALVATORE MATARRESE. Grazie, Presidente. Signor Viceministro, onorevoli colleghi, Scelta Civica per l'Italia preannunzia il voto favorevole su questo provvedimento di legge, in quanto è ancora oggi convinta che la strada di ricercare nell'attività produttiva il rispetto ambientale e la tutela della salute dei cittadini sia l'unico percorso possibile per consentire alla realtà Ilva di Taranto di avere un futuro accettabile.
  Questo decreto è anche una condizione sine qua non, allo stato, per consentire all'azienda di avere un immediato futuro e possibilità di rilancio perché, come sappiamo, l'azienda è stata dichiarata in difficoltà finanziaria dal tribunale di Milano e, quindi, questo provvedimento, nel momento in cui recepisce l'estensione dell'amministrazione straordinaria anche ad aziende che non sono di pubblici servizi ma che sono strategiche, dal punto di vista industriale, per questo Paese, consente a questa azienda di avere la possibilità di continuare nell'attività produttiva, di continuare nel disegno che noi tutti ci siamo proposti, che è quello di produrre reddito per alimentare le bonifiche ambientali e il rispetto dell'ambiente ma anche la tutela dei cittadini.Pag. 29
  La valenza di questo decreto è che si allarga il tiro non solo all'azienda ma anche al contesto che è intorno all'azienda e a tutte quelle risorse produttive che hanno collaborato a mantenere in vita tanto le attività dell'azienda quanto le attività in essere dal punto di vista ambientale. Quindi, accogliamo con particolare favore il Fondo di garanzia per i fornitori anche se, dobbiamo essere sinceri, le risorse sono limitate, perché 35 milioni, di fronte a 3 miliardi di insolvenza verso le imprese, sono un segnale. Ma è importante che queste aziende abbiano una prospettiva di potere vedere l'azienda che continua a produrre e a creare reddito, perché solo con la ripresa del ciclo produttivo l'azienda può assolvere ai propri impegni economici e può dare un futuro anche a quelle aziende che sono coinvolte in questo momento di crisi dell'Ilva e dell'indotto di Taranto. Quindi, le risorse sono proprio lì, nella capacità che noi avremo di fare ripartire questo stabilimento.
  E dobbiamo anche essere critici nei confronti del percorso, su come si è sviluppato dal punto di vista operativo, perché è indubbio che l'azienda ha ridotto di un terzo la propria produzione. Dal 3 marzo ha 4 mila dipendenti con contratto di solidarietà.
  È un'azienda che probabilmente, anche a seguito dell'intervento delle gestioni commissariali, non ha avuto una prospettiva di sviluppo come si auspicava. Ma questo non significa abbandonare l'Ilva a se stessa, non significa abbandonare Taranto a se stessa, perché questo decreto, come dicevo prima, tutela le aziende anche con altre forme dal punto di vista economico che vengono incontro alle necessità che l'Ilva ha indotto sui propri fornitori. Mi riferisco, in particolare, alla possibilità di ritardare il pagamento delle cartelle erariali e anche di andare in prededucibilità, proprio perché garantiscono la continuità aziendale e il rispetto delle misure ambientali. Ma la valenza ulteriore di questo decreto è che si entra, anche se con pochissime risorse, anche nel merito della salute, perché 500 mila euro per questo esercizio e 4,5 milioni per l'esercizio successivo, per attivare il centro oncoematologico pediatrico, sicuramente sono risorse irrisorie. Probabilmente, era meglio dare un'unica somma più cospicua che fosse effettivamente più finalizzata a realizzare davvero questo centro, che è un segnale di attenzione verso una città che, da questo punto di vista, ha molto patito anche delle gravi sofferenze. Ma è anche importante ricordare che Taranto aspetta le risorse per lo screening sanitario. Erano stati promessi 2,5 milioni nel 2014 e 2,5 milioni sono previsti nel 2015, e ancora oggi Taranto non ha visto una risorsa su questo. Credo che sia importante dare anche assicurazioni a Taranto per queste risorse, perché la prevenzione è un fattore fondamentale e l'analisi è altrettanto fondamentale per individuare gli indirizzi più importanti e principali per venire incontro alla tutela dei cittadini. Noi, come Scelta Civica, abbiamo sempre sostenuto, sin dal primo dibattito in Aula, che Taranto non è solo l'Ilva, ma che Taranto deve superare l'Ilva. Per questo accogliamo con grande favore tutte quelle iniziative che vedono la città di Taranto come focus fondamentale per la riqualificazione urbana, per la rigenerazione e l'inserimento nel piano strategico nazionale della città di Taranto. Significa credere che Taranto può avere un futuro diverso, che non è solo un'attività industriale così massiva e così importante, anche se strategica per questo Paese, ma è un'attività che può nascere proprio dal cuore di Taranto. Quindi, per quanto riguarda gli interventi sul centro storico, si parla di edifici pubblici, ma Taranto ha una particolarità: ha molti edifici pubblici nel centro storico di proprietà e, quindi, con le risorse che vengono messe a disposizione, con i percorsi che vengono avviati, può essere riqualificato e diventare, quindi, un centro di attrazione per questa città. Torniamo a dire e lo abbiamo sempre chiesto: Taranto non è solo l'Ilva, Taranto deve essere qualcosa oltre l'Ilva, perché ha potenzialità turistiche, ha potenzialità ambientali, che non sono solo quelle legate ad attività industriali. Può dare molto sul turismo e può Pag. 30dare molto sulla portualità, quindi è anche importante l'intervento di commissariamento del porto di Taranto con norme più restrittive sui procedimenti autorizzativi, perché è davvero singolare che Taranto, che è un porto di altissima competitività per il luogo fisico e geografico in cui si trova con riferimento ai mercati orientali, ancora oggi non è un porto che è partito in termini di competitività. Ci sono opere che devono essere realizzate: dalla piazza logistica all'approfondimento dei fondali, opere che sono in gravissimo ritardo con risorse disponibili. Quindi, i poteri dati al commissario per finalizzare questi interventi sono fondamentali, perché questo Paese soffre anche dal punto di vista della logistica, perché i nostri ritardi hanno agevolato Siviglia, hanno agevolato Valencia, hanno agevolato portualità più inficiate dal punto di vista della posizione, ma sicuramente più efficienti in termini industriali e di servizi che vengono resi ai cittadini. Quindi, tutti questi interventi vedono l'Ilva, da una parte, affinché si trovi una soluzione, non ultima quella di intervenire anche nelle modalità contrattuali del contratto d'azienda per facilitare il passaggio di mano di questa azienda, perché l'esperienza ci dimostra che non è per decreto che si sana un'azienda, l'azienda ha un equilibrio molto debole e, come tutte le aziende, deve essere ben gestita, deve avere piani industriali efficaci e competenze distribuite. Quindi, questo stato di fatto deve portare l'Ilva a ritornare sui criteri di una gestione privata, di una gestione efficace ed efficiente, quindi queste aperture a cercare l'affitto di ramo d'azienda e a cercare possibili acquirenti credo che siano la strada che noi dobbiamo percorrere e sulla quale noi dobbiamo puntare, perché è vero che dobbiamo risolvere il problema ambientale, ma è anche vero che dobbiamo tenere sotto controllo e con grande attenzione il problema della produzione e dell'occupazione dell'Ilva, per tutto quello che l'Ilva rappresenta anche per tutto il sistema industriale italiano per le produzioni che fa e soprattutto anche per il valore sul mercato che questa azienda ha. Quindi, noi cogliamo in questo decreto, da una parte, l'unica possibilità per dare un futuro produttivo e di ripresa della società, dall'altra, accogliamo le aperture, che sono davvero importanti, perché si può creare a Taranto un percorso diverso e in questo credo che risieda la maggiore valenza di questo decreto. C’è una carenza di risorse, lo evidenziamo, lo hanno evidenziato altri, e c’è anche una particolarità: che queste risorse sono il famoso miliardo e 200 milioni che viene messo a disposizione per prestiti obbligazionari per il rilancio produttivo dell'azienda.
  Ma sappiamo che su queste risorse pende anche un giudizio presso la Corte europea, e quindi queste sono risorse che hanno un segno di pericolosità dal punto di vista di un immediato utilizzo. Così come apprezziamo anche il Fondo di garanzia dello Stato per favorire l'ammodernamento delle linee produttive e la ripresa dell'attività industriale. Vi è una carenza di risorse, da un lato, ma è anche vero che questo Paese non ha tante risorse da mettere a disposizione in senso indifferenziato sulle attività industriali.
  Però è importante il segnale: dobbiamo credere che l'Ilva possa avere un futuro, dobbiamo credere che Taranto possa avere un futuro diverso dall'Ilva. E su questi due binari noi, effettivamente, possiamo dare a Taranto una risposta consona ai sacrifici che i cittadini fino ad oggi hanno sostenuto e al debito che la cittadinanza italiana ha nei confronti di Taranto.
  Taranto può e deve essere diversa. Credo che in questo decreto, che nasce con criteri di urgenza, vi possano essere dei segnali e degli indicatori importanti anche per i cittadini pugliesi e per i tarantini. Le risorse ci sono: dobbiamo essere capaci di prenderle e gestirle al meglio, e di superare tutta quella burocrazia inutile che blocca l'attività delle imprese, che le porta in difficoltà, perché, con un grande paradosso, soprattutto in Puglia, vi sono le risorse, ma non riusciamo a creare né lavoro né opportunità di impresa.
  Quindi, ribadiamo, voto favorevole a questo nuovo approccio nella risoluzione del caso Ilva e speriamo che sia l'ultimo Pag. 31decreto che ci chiama ad intervenire per trovare soluzione ad un problema che non è solo di Taranto, ma è di questo Parlamento e, soprattutto, della nazione italiana (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Donatella Duranti. Ne ha facoltà.

  DONATELLA DURANTI. Grazie, signora Presidente. Oggi siamo chiamati a convertire il settimo decreto sull'Ilva di Taranto, che contiene, per la prima volta, anche disposizioni per lo sviluppo della città vecchia, dell'arsenale della Marina militare e del porto. Il gruppo di Sinistra Ecologia Libertà voterà contro questo decreto, voterà contro per ragioni di metodo e di merito. Infatti, ancora una volta, il Parlamento si è trovato ad affrontare un tema di grande rilevanza in gran fretta, con il Governo che ha posto la fiducia al Senato e ha costretto la Camera ad una corsa senza risultati, determinando l'impossibilità di modificare anche una sola virgola rispetto al testo approvato nell'altro ramo del Parlamento.
  SEL – e come SEL tutte le opposizioni – ha proposto emendamenti di merito: li avete tutti regolarmente bocciati ! È una vergogna, è la solita vergogna ! Il Governo continua ad abusare della decretazione d'urgenza e della questione di fiducia, mortificando il ruolo del Parlamento, impedendone l'assunzione vera di responsabilità, e, cosa gravissima, con questo decreto, il Governo lede alcuni principi costituzionali per noi fondamentali.
  La prevista esclusione della responsabilità penale e amministrativa del commissario, e persino dei suoi delegati, in riferimento alle condotte connesse all'attuazione dell'AIA, viola il principio di uguaglianza davanti alla legge e il principio di responsabilità dei funzionari e dei dipendenti dello Stato. Sapete cosa state facendo ? State impedendo alla magistratura, nel futuro, di avere il potere di perseguire chi commetterà eventualmente irregolarità o anche reati gravi, reati contro l'ambiente e contro la salute. Non ci saranno più colpevoli !
  La previsione dell'attuazione dell'80 per cento delle prescrizioni AIA, poi, esclusivamente in merito al loro numero e non alla loro qualità – vi siete dimenticati della copertura dei parchi minerari: anche questo è un delitto che state compiendo con questo decreto – viola l'obbligo di tutela del paesaggio e della salute e l'obbligo di impedire che l'iniziativa economica arrechi danno alla dignità e alla sicurezza dei cittadini.
  L'indebolimento, poi, della valenza della legge regionale sulla valutazione del danno sanitario viola il principio secondo il quale la tutela della salute rientra nella legislazione concorrente, e, come se non bastasse, con questo decreto producete un corto circuito con le normative europee che si basano sui principi di precauzione, correzione, prevenzione e sul principio di «chi inquina paga». Complimenti, signori del Governo e della maggioranza: in un solo colpo avete reso carta straccia la prima parte della Costituzione italiana e il diritto comunitario in tema ambientale e sanitario (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).
  Ho sentito affermare in quest'Aula che il provvedimento risarcirà la città di Taranto e sarà capace di coniugare risanamento ambientale e rilancio produttivo. Lo sapete, non è così ! Per vostra stessa ammissione, questo non sarà l'ultimo decreto sull'Ilva di Taranto, perché, secondo noi, non sarà in grado di risolvere la situazione, ma, anzi – e questo è il mio giudizio –, la peggiorerà.
  State creando, cioè, l'ennesima vana aspettativa di restituire salute a quel territorio. Riconosco, per la verità, ad alcuni esponenti della maggioranza e del Governo di non avere enfatizzato oltre il necessario le aspettative. Osservo, invece, che la sua esaltazione è venuta dai rappresentanti di quel territorio e mi riferisco, in particolare, al collega Pelillo, non me ne voglia, che ha espresso grande soddisfazione, affermando che questo decreto rappresenta una vera svolta, che siamo alla fase decisiva, salvo però dover ammettere che Pag. 32forse, virgolettato perché è il suo intervento, «anche questo provvedimento non basterà».
  La situazione resta grave, resta molto grave; dopo sette decreti di urgenza siamo di fronte ad un provvedimento che servirà esclusivamente ad uno scopo: a differire in avanti nel tempo l'applicazione delle prescrizioni dell'AIA e, quindi, la realizzazione degli interventi di ambientalizzazione dello stabilimento e, per questa via, la possibilità di garantire il mantenimento dei livelli occupazionali dei lavoratori diretti e dell'indotto e di produrre risposte alla richiesta di salute dei cittadini e dei lavoratori.
  Siamo al fallimento della modalità con cui avete affrontato la questione dell'Ilva e state utilizzando questo provvedimento per fare di Taranto, ancora una volta dopo decenni, il laboratorio della deregolamentazione, il luogo nel quale si possono derogare le normative nazionali ed europee.
  Con i tanti decreti d'urgenza, non solo non si sono realizzati bonifiche e risanamento, non solo in quella città ci si continua ad ammalare e a morire, ma l'Italia si è guadagnata l'apertura della procedura di infrazione dell'Unione europea.
  La città di Taranto attende da decenni interventi che finalmente le curino le ferite che le sono state inferte e che riconoscano la sua centralità. Ve lo dico, signore e signori del Governo e della maggioranza: Taranto non è Puglia, Taranto è Italia ! È sede del più grande stabilimento siderurgico, della più grande stazione navale della Marina militare e di un'importante raffineria di petrolio del Paese, è il centro della Magna Grecia, la sua città vecchia ha 2700 anni, ha il terzo porto mercantile italiano per importanza. Taranto, invece, rappresenta esattamente il paradigma delle politiche ambientali, industriali ed energetiche assenti o profondamente sbagliate e impattanti sulla salute. Taranto è un sito di interesse nazionale, tra le aree più pericolose che necessitano di interventi di bonifica del suolo, del sottosuolo, delle acque superficiali e sotterranee per evitare danni ambientali e sanitari. Invece, lo Stato, in questi anni, e il capitalismo italiano cialtrone hanno svelato lì, in quella città così drammaticamente colpita, il loro volto da predoni. Nonostante tutto, però, nonostante quello che questa città è stata costretta a subire, negli ultimi anni, le forze migliori della città, a partire dai giovani, hanno provato a mettere in campo attività di rilancio culturale. Si è risvegliata e consolidata un'importante coscienza ambientalista, si è sviluppata una forte assunzione di responsabilità e di capacità di proposta da parte delle organizzazioni sindacali.
  Quello che vi chiediamo è che Taranto diventi l'occasione per sperimentare un cambiamento vero, un concreto e massiccio intervento pubblico per la riconversione ecologica dell'economia; lo sappiamo che, da questo punto di vista, non ascoltate e, forse, neanche capite. Servono investimenti per il risanamento ambientale, per l'innovazione e la diversificazione produttiva, per la valorizzazione culturale e turistica, ed, invece, registriamo continue chiusure di aziende e fallimenti di timidi tentativi di investimenti in produzioni energetiche alternative.
  Serve, secondo noi, che lo Stato restituisca strumenti di partecipazione e di decisione alla città e ai sui cittadini. Invece, al contrario, che fate ? Espropriate le procedure ordinarie in materia urbanistica e paesaggistica con la riduzione dei tempi per il silenzio assenso, in riferimento alle opere utili al rilancio del porto, alla riqualificazione e al recupero della città vecchia, alla valorizzazione a fini culturali dell'Arsenale.
  Fatemi dire una cosa, a questo proposito: non indicate i tempi per l'emanazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di approvazione del progetto di valorizzazione. Allora, io non penso che si tratti di una dimenticanza, è una previsione: i progetti di valorizzazione e di riqualificazione non si realizzeranno, ancora una volta.
  Continuate nell'opera di stratificazione legislativa, modificando normative vigenti nazionali, regionali ed europee, in nome Pag. 33dell'emergenza, emergenza con la quale avete affrontato sempre il tema dell'Ilva, anziché operare per la costruzione di un impianto normativo coerente e adottabile immediatamente. Anche per questo vi avevamo chiesto di non utilizzare l'ennesimo decreto-legge di urgenza. Operate un grande imbroglio, ve lo dico con grande sincerità e serenità. Passate al regime di amministrazione straordinaria che in tanti vi abbiamo chiesto da tempo. Vi abbiamo chiesto da tempo di dividere il destino dell'Ilva dalla sua proprietà. Scommettete sulla nascita della new company che allude alla nuova Ilva, ma di cui al momento non vi è certezza nei tempi di costituzione e sugli assetti societari, nonché sulla sua dotazione finanziaria, sia in riferimento alle somme sequestrate a Riva, sia in riferimento alle somme pubbliche stanziate. Continuate con i balletti delle cifre. Siamo passati dai 3 miliardi di euro, ai 4 miliardi di euro, a poche centinaia di milioni di euro. Siamo davanti a un fallimento. Non sono partite le bonifiche, non è partito il risanamento, i livelli occupazionali sono a rischio e i rischi per la salute restano tutti.
  Voglio chiudere, signora Presidente, riferendomi al Presidente Renzi che ha dichiarato, poco prima di Natale dello scorso anno, di voler difendere ad ogni costo la salute dei bambini di Taranto. Ha promesso risorse per la cura dei tumori infantili. Il risultato, invece, è che le risorse previste bastano solo per l'acquisto di qualche macchinario. Non prevedete il potenziamento dell'ARPA. Non basta un'annacquatissimo ordine del giorno. E così indebolirete gli organi preposti al controllo e alla prevenzione. Non finanziate il centro di salute e ambiente che serve allo screening sanitario della popolazione. Dite che sono state introdotte misure migliorative al Senato. E, allora, perché preannunciate un nuovo decreto ? Noi pensiamo che il motivo sia uno: avete ancora e come sempre bisogno di guadagnare tempo perché non siete in grado di affrontare la questione e di mettere in campo soluzioni praticabili. Rispetto delle normative, monitoraggio in corso d'opera delle ricadute sulla salute dei cittadini, applicazione immediata dell'AIA.
  Ve lo ribadisco: noi voteremo contro per le ragioni che ho provato a spiegare in questi pochi minuti. E vi lascio con un appello: se Taranto non si salva e non cambia, non si salverà e non cambierà l'Italia e il nostro Paese non uscirà da una modernità che ha continuato a calpestare dignità e diritti (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Cera. Ne ha facoltà.

  ANGELO CERA. Grazie Presidente, signor rappresentante del Governo, il gruppo parlamentare di Area Popolare voterà a favore del disegno di legge di conversione del decreto-legge relativo all'esercizio di imprese di interesse strategico nazionale in crisi e per lo sviluppo della città e dell'area di Taranto.
  In effetti, non è la prima volta che Governo e Parlamento si occupano della questione dell'Ilva. Anche per questo motivo, auspichiamo che con la rapida approvazione di questo provvedimento si riesca a preservare in termini definitivi l'attività produttiva del più grande polo siderurgico europeo. Un sito industriale, come è bene ricordare, che si distingue per la sua capacità produttiva: ben 8 milioni di tonnellate annue di acciaio, un terzo, cioè, del fabbisogno nazionale, del quale occorre tutelare la continuità occupazionale che al momento dà lavoro a quasi ventimila addetti.
  Il provvedimento al nostro esame, inoltre, contempla misure idonee ad affrontare e risolvere la questione del risanamento ambientale, sia dello stesso stabilimento Ilva, che della città di Taranto che lo ospita. Occorre precisare, infatti, che era necessario mettere in campo provvedimenti di rilevante portata per offrire adeguate risposte capaci di tutelare i diritti dei lavoratori, di fornire garanzie al diritto all'impresa, di preservare il diritto alla salute dei cittadini della città di Taranto e di proteggere l'ambiente.Pag. 34
  A tutte queste problematiche Governo e Parlamento dovevano offrire risposte adeguate in tempi rapidi e nel quadro della compatibilità economica attuale. Noi crediamo che il provvedimento che ci accingiamo a votare risponda a tali esigenze.
  Ricordo che i provvedimenti precedentemente adottati erano stati pensati per trovare una soluzione definitiva ai problemi legati al polo siderurgico dell'Ilva di Taranto ma, forse per l'assenza di un'adeguata e responsabile strategia, una realtà imprenditoriale già fortemente compromessa si è ritrovata in ginocchio, con le evidenti conseguenze negative per tutto il tessuto sociale ed economico, locale e nazionale, che ne potevano scaturire.
  Anche sul fronte ambientale e sanitario abbiamo dovuto registrare il fallimento di quanto previsto dai provvedimenti precedentemente adottati: una situazione che ci ha fatto incorrere persino in una procedura di infrazione europea.
  Il provvedimento che stiamo per votare ha l'obiettivo di invertire la rotta fin qui seguita: emerge chiaramente che dobbiamo procedere nella direzione del salvataggio dell'Ilva se vogliamo altresì arrivare ad un risanamento ambientale del territorio circostante.
  E lo sblocco dei 156 milioni di euro dei fondi Fintecna, insieme alla concessione di linee di credito ordinarie per ulteriori 260 milioni, consentirà il riavvio del processo indispensabile per il salvataggio del sito industriale.
  È stato più volte, e giustamente, ricordato che uno degli elementi innovativi del presente provvedimento è sicuramente costituito dall'attenzione che presta alla delicata questione della tutela ambientale. Ne costituisce un esempio il fatto che si sia voluta favorire l'operazione di recupero dei residui e delle scorie della produzione dell'impianto dell'Ilva contribuendo ad avviare finalmente una nuova politica ambientale, un nuovo approccio ai temi della tutela del territorio, nonché della salute dei cittadini, senza però trascurare il dovere di salvaguardare i diritti dei lavoratori costituzionalmente garantiti.
  Un ammodernamento tecnologico integrale del sito industriale, così come previsto dal provvedimento al nostro esame, non solo permette all'Ilva di rendersi competitiva sul fronte dei mercati nazionale ed estero, ma le consente simultaneamente di allinearsi alle più recenti misure in tema di protezione dell'ambiente e della salute dei cittadini: due fattori da considerarsi ormai inscindibili e fondamentali in ogni politica e strategia industriale.
  Un comparto della provincia ionica che sicuramente beneficerebbe di un'oculata tutela dell'ambiente è l'agricoltura, ovvero un'industria che, con oltre 11.400 imprese attive (il 24 per cento circa delle iscrizioni al registro delle imprese), provvede a creare lavoro per circa 30.000 addetti (il 15 per cento degli occupati della provincia).
  Il valore delle produzioni agricole ammonta a 700 milioni di euro, con una bilancia commerciale in attivo con 60 milioni di euro di produzioni destinate alle esportazioni.
  Fino ad oggi, però, l'inquinamento ambientale causato dall'attività dell'Ilva ha prodotto danni alle maggiori organizzazioni agricole per decine di milioni di euro, cui vanno sicuramente aggiunti i danni riportati dalle associazioni agricole minori.
  I prodotti agricoli ed agroalimentari anche di quella parte della provincia esente da contaminazioni nocive, pur rispettando i parametri di salubrità e sicurezza alimentare, incontrano ormai una grande difficoltà di collocazione sui mercati.
  Inoltre, le aziende agricole incluse nell'area ad alto rischio ambientale, nel raggio di 20 km dall'area industriale, sono gravemente limitate nella loro attività di coltura e di allevamento, in quanto la maggior parte dei terreni risulterebbe inquinata da sostanze nocive.
  Indubbiamente occorre che il Governo – e questo è un appello al Governo nazionale – in futuro si adoperi affinché l'intero comparto dell'industria agricola della zona ionica non solo sia messo in condizione di svolgere la propria attività di Pag. 35produzione e di commercio dei prodotti tipici del territorio, ma che possa ritrovarsi in un contesto tutelato sul piano dell'inquinamento ambientale e che si veda risarcito dei danni subiti in passato.
  L'ammodernamento tecnologico di cui il decreto-legge fa menzione, e che rende questo provvedimento innovativo e al passo con i tempi, dovrà riguardare inevitabilmente anche il processo produttivo agricolo di un territorio che, per troppo tempo, ha scontato l'assenza di una politica ambientale oculata e, in questo senso, deve favorire in termini concreti l'occupazione sostenendo in particolar modo chi vuole «fare impresa».
  Signori del Governo, onorevoli colleghi, confidiamo che questo ultimo provvedimento sappia porre al centro della sua attenzione un territorio martoriato da anni di incuria, di negligenza, di irresponsabili scelte della proprietà che hanno posto davanti alle loro decisioni solo il tornaconto personale, lasciando a Taranto – non solo al capoluogo, quindi, ma anche a tutto il territorio e ai suoi cittadini – le scorie, un territorio devastato, un'economia soprattutto agricola in ginocchio ed una scia di tragedie personali...

  PRESIDENTE. Deve concludere.

  ANGELO CERA. ... rispetto alle quali ancora non sappiamo mettere la parola fine.
  Voteremo a favore ma saremo vigili nel monitorare il seguito di questa annosa storia di ordinaria follia (Applausi dei deputati del gruppo Area Popolare (NCD-UDC)).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Luca Squeri. Ne ha facoltà.

  LUCA SQUERI. Onorevole Presidente, onorevoli colleghi, comincio col rimarcare che ancora una volta siamo chiamati in quest'Aula ad approvare la conversione di un decreto-legge nel giro di pochi giorni e senza la possibilità di modificarlo. Questo decreto-legge sarebbe dovuto servire a salvare la città di Taranto, il futuro delle famiglie, delle sue imprese, dei suoi bambini e dei suoi lavoratori, e invece rischia di trasformarsi in una nuova occasione perduta. Le tristi e drammatiche vicende del caso Ilva impongono soluzioni serie, credibili, concrete e durature, ma negoziati e accordi non sono stati all'altezza della situazione.
  Abbiamo chiesto sia alla Camera, tramite una interrogazione a risposta immediata, che al Senato, durante l'esame del provvedimento stesso, che il Governo affrontasse le criticità dell'indotto dell'Ilva, dovute ai mancati pagamenti da parte della medesima azienda, con particolare riferimento alle imprese di autotrasporto che avevano eseguito servizi per l'impresa. Grazie anche al nostro impegno è stata affrontata la questione del pagamento dei debiti pregressi delle imprese, dell'indotto e degli autotrasportatori, che oggi ammontano ad oltre 250 milioni di euro.
  Le risorse stanziate dal Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese sono state, purtroppo, molto inferiori alle aspettative e l'importo di 35 milioni di euro servirà solo in minima parte a salvare le 250 imprese che rischiano di fallire, senza la possibilità di rialzarsi, semplicemente perché si sono fidate dello Stato durante la gestione commissariale. Le realtà economiche dell'indotto, che danno lavoro a circa 3500 dipendenti, meritano una risposta concreta attraverso strumenti normativi credibili, in cui anche lo Stato riacquisti capacità di interlocutore credibile da parte del cittadino.
  Le norme introdotte al Senato prevedono la sospensione dei pagamenti fiscali e una moratoria sui prestiti di queste imprese, ma questa misura non è assolutamente sufficiente per essere considerata accettabile da parte delle aziende. Forse sarebbe ora di cominciare a collegare l'assolvimento dei doveri (il pagamento delle tasse) al riconoscimento dei diritti (il pagamento dei debiti che lo Stato ha nei riguardi dei lavoratori e delle aziende).
  I dipendenti di queste aziende finiscono in cassa integrazione e vengono licenziati, si trasformano in ulteriori oneri che il Pag. 36contribuente deve pagare e purtroppo non sono oneri produttivi, sono oneri che servono per mantenere in vita persone che lavorano in aziende sane, che sarebbero tuttora sane se lo Stato pagasse i suoi debiti. Abbiamo chiesto al Governo e alla maggioranza, con esito negativo, tramite la presentazione e la votazione di un ordine del giorno, di valutare almeno l'opportunità di prevedere l'intervento della Cassa depositi e prestiti attraverso l'acquisizione della titolarità dei crediti e l'erogazione alle imprese dell'indotto interessato dell'intero importo dovuto loro dall'Ilva comprensivo degli interessi moratori maturati, nell'eventualità in cui le risorse previste dal provvedimento in esame risultassero insufficienti per il sostegno all'accesso al credito alle imprese che risultino fornitrici di beni e servizi ovvero creditrici connesse al risanamento ambientale o funzionali alla continuazione dell'attività industriale. Le aziende degli autotrasportatori hanno però dovuto accontentarsi dell'intesa non negoziabile raggiunta a Roma il 26 febbraio scorso, impegnandosi a riprendere con regolarità le spedizioni dei prodotti siderurgici bloccate da oltre un mese. L'Ilva si è impegnata in cambio a versare in anticipo l'80 per cento delle fatture e il restante 20 per cento a saldo. Questo meccanismo varrà sino a fine agosto e i criteri saranno ancora definiti ancorandoli al fatturato delle imprese oltre che ai piani di consegna dei prodotti da parte dell'Ilva. Per quanto riguarda il futuro i commissari straordinari si sono impegnati a tener presente la continuità operativa del trasporto anche in relazione alla Newco che tra alcuni mesi prenderà in carico gli impianti e il personale dell'azienda. Ma per i crediti pregressi, quelli maturati prima che l'Ilva venisse posta in amministrazione straordinaria il 21 gennaio scorso, i commissari hanno semplicemente proposto al giudice delegato del tribunale di Milano la possibilità di pagare a rate tutte le imprese. Il decreto-legge sull'Ilva prevede la prededucibilità per tutte le piccole e medie imprese, compresi il comparto dell'autotrasporto e della logistica impegnati nei lavori con l'Ilva, siano essi di carattere ambientale o funzionali alla continuità produttiva.
  Rispetto a Novi Ligure, Genova, Marghera e altri siti dove è presente l'Ilva, Taranto, che rappresenta uno dei più grandi stabilimenti del gruppo, ha una presenza più numerosa di operatori del trasporto. Dallo stabilimento di Taranto inoltre partono i prodotti finiti che alimentano sia la filiera dell'acciaio in Italia sia altri impianti dell'Ilva. Le attività di Genova e Novi Ligure sono alimentate da Taranto e a Taranto sono stoccate 200 mila delle 500 mila tonnellate di prodotti finiti, merci il cui valore ammonta a 250 milioni di euro.
  Vale la pena poi soffermarsi anche su una tra le norme più incredibili di questo provvedimento: la norma secondo la quale le condotte poste in essere in attuazione del piano non possono dare luogo a responsabilità penali o amministrative del commissario straordinario e dei soggetti da questo funzionalmente delegati. La Commissione affari costituzionali della Camera ha sollevato seri dubbi di costituzionalità sull'esenzione da responsabilità penale e amministrativa del commissario Ilva e dei suoi delegati. In particolare il decreto-legge consente allo stesso commissario ed ai suoi collaboratori piena libertà di azione al riparo da ogni sanzione ma, in questo modo, viene da porsi la domanda se non si violi il principio di uguaglianza tra tutti i cittadini, il diritto di difesa, il principio di personalità della responsabilità penale stessa. Il provvedimento esclude la responsabilità penale e amministrativa in capo al commissario straordinario anche in tema di incidenti professionali. In pratica si sostiene che per fare la migliore politica di tutela dell'ambiente e di tutela della salute e quant'altro, può essere necessario violare la legge. Il legislatore si sostituisce non solo al giudice attribuendogli l'immunità e impedendogli di intervenire, ma dà anche un giudizio di merito sul comportamento. Non è che c’è un estremo esonero di responsabilità: c’è una immunità rispetto alla responsabilità.Pag. 37
  Lavoro e salute sono facce della stessa medaglia. È stata assolutamente marginale l'attenzione dedicata dal Governo all'aspetto della salute pubblica rispetto alla necessità di estendere ad un più ampio ambito territoriale la possibilità di usufruire dell'offerta di esami per la prevenzione.
  È scomparsa anche la realizzazione del polo di oncoematologia pediatrica che il Presidente del Consiglio Renzi aveva promesso nella conferenza stampa di presentazione del decreto-legge e che noi abbiamo tentato di recuperare attraverso un emendamento, puntualmente respinto. Al suo posto, solo uno stanziamento per potenziare la prevenzione e la cura, che non basta; persino sul trasporto dei malati oncologici non abbiamo avuto alcuna risposta concreta.
  Finanziamenti insufficienti riguardano anche l'ARPA Puglia, alla quale sono state date maggiori competenze e maggiori oneri organizzativi, gestionali e funzioni senza provvedere alla loro copertura. Dobbiamo accontentarci dell'impegno che il Governo ha preso di trovare, nel prossimo provvedimento utile, le coperture per il provvedimento che sarà approvato oggi.
  Mi vorrei soffermare, inoltre, sulla necessità che il Governo si faccia carico di vigilare sull'effettiva disponibilità dei fondi per la bonifica. Nel decreto-legge è previsto anche l'utilizzo di parte delle risorse della famiglia Riva, oggi poste sotto sequestro, attraverso l'accensione di un prestito obbligazionario, rimandando nei fatti la copertura a dinamiche extraparlamentari, rinviando la definizione del quantum e, soprattutto, dei tempi di attuazione ad una delibera del CIPE e lasciando tutto alla discrezionalità della burocrazia. Quello della certezza delle risorse è un aspetto fondamentale per non trasformare il provvedimento in una beffa per le famiglie e per i lavoratori, già stremati da un'attesa che non può più conoscere deroghe.
  Taranto ha pagato un prezzo altissimo: non si tratta di un tema di carattere meramente territoriale però, è un problema che riguarda l'intero Paese, anzi, per i profili di natura economica e considerando l'attività del sito siderurgico di Taranto, acquista anche una dimensione sopranazionale.
  L'Ilva è sottoposta alla gestione statale dal 2013, prima attraverso il commissariamento per ragioni ambientali, adesso attraverso l'amministrazione straordinaria, con la nomina di ben tre commissari straordinari, senza fare alcun riferimento al lungo periodo, senza che si intraveda un orizzonte temporale che vada al di là di qualche mese e che, con poche risorse disponibili, non si riesca a predisporre un piano concreto di strategia industriale e un serio progetto di risanamento ambientale.

  PRESIDENTE. La invito a concludere.

  LUCA SQUERI. Forza Italia, durante l'iter di esame parlamentare del provvedimento, ha cercato di apportare modifiche sostanziali al decreto-legge, modifiche che soddisfacessero le esigenze primarie dei cittadini e che permettessero un'azione strategica ed incisiva per uno dei poli più importanti d'Europa. Ancora una volta, il Governo ha preferito la via della chiusura del dialogo e di scelte che guardano, da una parte, all'immediata convenienza elettorale e, dall'altra, si preoccupano solo di indicare soluzioni provvisorie di breve periodo.

  PRESIDENTE. Deve concludere.

  LUCA SQUERI. Vado a concludere, onorevole Presidente, consegnando il discorso per le pagine che mancano alla conclusione del mio intervento. Ritenendo che questo decreto costituisca un ulteriore tassello, seppur modesto, verso la soluzione di quella che resta una crisi da risolvere e che sia possibile superare le criticità che abbiamo evidenziato attraverso strumenti, anche normativi, di cui ci faremo promotori al fine di arrivare alla conclusione positiva di una vicenda che si rivela ogni giorno in tutta la sua drammatica realtà, dichiaro che su questo provvedimento il gruppo parlamentare di Pag. 38Forza Italia si asterrà (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Crippa. Ne ha facoltà.

  DAVIDE CRIPPA. Grazie, Presidente, colleghi, siamo ancora qui a parlare di Ilva e lo stiamo facendo ancora una volta tramite un decreto-legge, soltanto il settimo per la precisione. Comincio con il ricordare a tutti, anche ai colleghi più smemorati, che in più occasioni il Governo ha dichiarato che, al fine di effettuare le bonifiche a Taranto, era necessario garantire la prosecuzione dell'attività industriale e, pertanto, il piano ambientale sarebbe andato di pari passo col piano industriale. Peccato che, ad oggi, del piano industriale non vi sia alcuna traccia, come pubblicamente dichiarato dallo stesso Gnudi in Commissione. Insomma, l'ennesimo fallimento annunciato targato PD.
  Ma entriamo nel merito, colleghi. Il commissario straordinario potrà cedere l'azienda tramite trattativa privata a soggetti che garantiscano, nel medio periodo, la continuità produttiva e con garanzia del mantenimento di adeguati livelli occupazionali. Adeguati per chi ? Per i lavoratori o per l'acquirente ?
  Passando alle tematiche ambientali, come non citare il fatto che, d'ora in poi, la valutazione del danno sanitario della regione Puglia dovrà conformarsi ai criteri metodologici della normativa nazionale ? In pratica, cari tarantini, il Governo mette nero su bianco il fatto che le regioni non possano più applicare principi precauzionali o di tutela della salute più restrittivi rispetto alla normativa nazionale. Può forse una regione essere cieca di fronte ad un incremento delle incidenze tumorali nella sua popolazione perché il Governo centrale gli dice di conformarsi ad una normativa più blanda e permissiva ? Vorremmo far notare che su altri temi, ad esempio quello energetico, vale l'esatto contrario di quanto stabilito all'interno di questo decreto.
  Per il Governo, il commissario straordinario ha l'obbligo di rispettare l'80 per cento delle prescrizioni ambientali, così come già scritto nei precedenti decreti. Per semplificare, secondo voi, il commissario straordinario, tra spendere milioni di euro per la copertura dei parchi minerari e l'installazione di una centralina di rilevamento fumi da 2-3 mila euro, cosa sceglierà ? Ovvio, quella più economica. Peccato che non sempre la scelta più conveniente dal punto di vista economico non sia quella più conveniente dal punto di vista sanitario.
  Arriviamo poi alla follia. Di fatto, dopo Renzi e Berlusconi siamo di fronte per decreto ad un altro «unto del signore», il commissario straordinario. A lui tutto è concesso, tanto che viene scritto nero su bianco che non è responsabile penalmente per le operazioni di finanziamento, bancarotta semplice e bancarotta fraudolenta. Ma non è finita qui. Nel decreto è specificato che «le condotte poste in essere dal commissario o da persone da lui delegate non possono dar luogo a responsabilità penale o amministrativa». Ricordiamo a tutti che il commissario si sostituisce al datore di lavoro e di conseguenza gli adempimenti previsti dalla legge n. 81 del 2008 in materia di sicurezza sul lavoro sono a lui demandati. Quindi, un infortunio sul lavoro all'interno dello stabilimento Ilva potrà di fatto non comportare più alcuna responsabilità penale del datore di lavoro ? L'interrogativo rimane aperto e non vorremmo attendere la magistratura per appurare che quanto noi sospettiamo corrisponda al vero. I lavoratori dell'Ilva di Taranto e di tutte le società fornitrici non sono lavoratori di serie B; hanno gli stessi diritti e lo Stato non può esonerarsi dai suoi doveri (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ! Vede, Presidente, rimango di stucco quando all'interno di quest'Aula ci troviamo di fronte a struggenti e sicuramente sentite commemorazioni per le più svariate tragedie sul lavoro e poi, alla prima occasione, come i peggiori dottor Jekyll e Mr. Hyde, la stessa Aula di fatto esonera dai propri doveri e dalle proprie responsabilità Pag. 39colui che sarebbe il responsabile della sicurezza aziendale dell'Ilva che, come si può leggere da cronache recenti, non è per nulla esente da rischi di incidenti. Questa a casa mia si chiama ipocrisia, Presidente; e nel caso ci fosse qualcuno interessato ad acquistarne un po’, con tutta quella che aleggia in quest'Aula avremmo presto risolto la crisi economica e ambientale di Taranto e non solo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Presidente, parliamo ora di scorie di fonderia. Il 21 novembre, durante le audizioni della Commissione ecomafie del NOE dei carabinieri di Venezia, è emerso come l'utilizzo nei sottofondi stradali di scorie di fonderia non trattate può provocare seri danni all'ambiente e al manufatto stesso. Per semplificare, questo utilizzo potrebbe portare a numerosi incidenti in tutta Italia dovuti alla rottura improvvisa dei diversi tratti del manto stradale, oltre che a problemi sanitari e ambientali causati dall'inquinamento delle falde. Come se non bastasse, chi veramente guadagna, e anche parecchio, da questo business sono, guarda caso, le ecomafie. Tutte le inchieste nate su questo filone, però troverebbero un brusco stop se questo testo, che non ho paura, Presidente, di definire criminale, dovesse passare. All'articolo 4, comma 2-ter, si stabilisce che le scorie di fonderia possono essere destinate alla realizzazione di sottofondi stradali o rilevati ferroviari in tutta Italia mediante test di cessione oppure tramite analisi sul materiale, demandando all'ISPRA la valutazione dei possibili rischi per la falda e per la salute entro 12 mesi dal recupero, come da regolamento europeo. Cosa vuoi dire ? Che il test di cessione, l'unica prova certificata di sicurezza, se più favorevole verrebbe bypassata da un regolamento europeo che non riguarda i rifiuti. Sì, avete capito bene: fate il rilevato stradale con le scorie e poi, dopo 11 mesi, può arrivare l'ISPRA che può denunciare il rischio di inquinamento della falda.
  Questa è la vostra logica razionale, fate costruire un rilevato stradale con delle scorie di fonderia, dopo che è realizzato qualcuno può andare a dire: scusate, probabilmente c’è un inquinamento della falda. Adesso chi lo rimuove ? La risposta è: non lo sappiamo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Ricordatevi, però, che in tutto questo il commissario non è penalmente responsabile, quindi lui se ne laverà le mani, da quel punto di vista non avrà nessuna responsabilità anche per quel materiale messo in tutta Italia. Attenzione che nel testo è riportato «più favorevole». Sì, ma più favorevole per chi ? Per i cittadini, visto che il Parlamento dovrebbe legiferare per tutelare i loro interessi, o per chi si deve sbarazzare di quel materiale ? Noi siamo convinti della seconda. Non vi nascondo che ho trovato surreale leggere sui giornali come il deputato Bratti si sia indignato per quanto contenuto nel decreto, inserito al Senato dallo stesso PD, per le scorie di fonderia. Peccato che per farlo presente al PD in Commissione e in Aula il MoVimento 5 Stelle ci ha provato in tutti i modi ma, come al solito, ci avete dati degli allarmisti. Forse, avevamo mica ragione ? Il MoVimento 5 Stelle considera gli strumenti messi in atto in questo decreto focalizzati sul rilancio culturale e storico-turistico della città di Taranto come utili solo se si mettesse fine a questa drammatica situazione di inquinamento ambientale (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Una situazione che, di fatto, ha portato un impoverimento culturale oltre che una svalutazione turistica causata dalla devastazione di una mala gestione politica e industriale degli ultimi cinquant'anni. Dobbiamo ripartire dalle bonifiche, non c’è altro da fare. Non potete fingere di rendere sostenibile la produzione aziendale con la tutela sanitaria, smettetela di prendere in giro gli italiani. Ormai siamo ad un punto di non ritorno, serve prendere il toro per le corna e il sospetto ormai è che questa proroga a vita dell'Ilva sia in realtà un modo per far rientrare le banche dalle loro esposizioni e dai loro crediti per poi lasciare tutti i debiti e i Pag. 40danni a carico dello Stato. Noi non ci stiamo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) !
  Volete smentirci ? È facilissimo: votate contro il settimo decreto Ilva ! Arriviamo poi alla fine, ad uno dei passaggi per me più dolorosi di questo decreto. Dopo non aver ascoltato i pediatri di Taranto, il Presidente del Consiglio ha dichiarato: «se l'Europa vuole impedire di salvare i bambini di Taranto ha perso la strada per tornare a casa. E comunque io sono fedele ai bambini di Taranto molto più di quanto non lo siano quei cavilli astrusi dell'Europa». Parole di Renzi.
  Ma come vorrebbe salvare i bambini di Taranto ? Innanzitutto è palese come il Governo ritenga troppo restrittive le norme dell'autorizzazione AIA per l'Ilva, considerando che si sta facendo di tutto per ampliarne le maglie giustificando di fatto la procedura di infrazione europea ricevuta, visto che Ilva non le ha applicate.
  Renzi vorrebbe un'autorizzazione meno vincolante (ricordiamo lo sconto del 20 per cento sulle prescrizioni) visto che qualcuno gli ha suggerito che gli obblighi previsti dall'AIA per l'Ilva non esistono per gli altri poli siderurgici europei. Questo è falso. Dal marzo del 2012 sono entrate in vigore norme più restrittive per l'AIA attraverso l'inclusione di migliori tecnologie.
  Fateci capire: da una parte il nuovo unto dal Signore Matteo Renzi promette 30 milioni di euro destinati alla riqualificazione dell'ospedale di Taranto per la creazione di un centro ad hoc per la ricerca sui tumori, in particolare dei bambini, e poi finisce che per il 2015 si prevedono solo 500 mila euro (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ? Ma dov’è la vergogna ? Per concludere, Presidente, da padre ho una certa difficoltà a non emozionarmi davanti a questo disegno. È stato disegnato da un bambino del quartiere Tamburi. Il messaggio è chiaro: «Papà uccidi il mostro». Le ciminiere dell'Ilva come un mostro nero che sputa fuoco e fumo. La risposta che voi state dando a questo bambino è quella che il mostro continuerà a vivere e uccidere impunito. Tutti i bambini hanno un mostro immaginario nell'armadio. A Taranto il mostro vero è fuori dalla finestra (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle – Deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle espongono cartelli che riproducono un disegno recante la scritta: «Papà uccidi il mostro»).

  PRESIDENTE. Togliete per favore i cartelli, colleghi ! Per favore ! Gli assistenti parlamentari vadano a togliere quei cartelli (Gli assistenti parlamentari ottemperano all'invito del Presidente). Per favore, deputato Crippa, la prego. Sa bene che non si possono esporre cartelli. Togliete i cartelli, grazie. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Bratti. Ne ha facoltà.

  ALESSANDRO BRATTI. Signora Presidente, onorevoli colleghi, siamo al settimo decreto-legge che riguarda l'Ilva di Taranto. Ritengo questa serie di provvedimenti sia stata inevitabile. Inevitabile per garantire il prosieguo dell'attività dell'impresa e nel contempo provvedere ad un risanamento ambientale serio e realisticamente possibile; le procedure esistenti non avrebbero consentito tale percorso. Da questa considerazione, si sviluppano le numerose deroghe alle norme ordinarie in campo ambientale e giuridico che troviamo in questo decreto-legge.
  È di fatto un lavoro che avanza per passi successivi. Oggi siamo ad un punto decisivo che riguarda la possibilità di avere a disposizione quasi 2 miliardi di euro per consentire di attuare tutte le indicazioni contenute nel Piano ambientale. Stiamo parlando dell'acciaieria più grande d'Europa, di 15.500 dipendenti diretti e un indotto che dà lavoro a circa altre 10.000 persone. La chiusura dell'Ilva significherebbe la perdita di un pezzo dell'industria italiana legata alla meccanica.
  Non intervenire oggi vorrebbe dire consegnare alle generazioni future un cimitero industriale di proporzioni gigantesche con tutti i problemi ambientali, sociali e sanitari relativi. Ricordo sempre a coloro che pensano di essere i custodi dell'ambientalismo in quest'Aula che il più grande Pag. 41disastro ambientale della storia mondiale si è verificato a Bhopal in India e quell'impianto era in fase di chiusura. Questo innanzitutto dobbiamo evitare ! Si è arrivati a questo percorso coraggioso da parte del Governo a causa di una gestione sconsiderata, per non dire criminogena, che ha provocato un impatto ambientale eccezionale e conseguenti problemi sanitari di una gravità estrema. Pensare, quindi, di affrontare il risanamento di quell'area e conseguentemente il suo rilancio produttivo con strumenti ordinari è, lo ripeto, assolutamente impossibile. Si poteva scegliere o di fare morire questa grande industria, lasciando centinaia di ettari contaminati per decenni in attesa di risolvere i contenziosi giuridici, oppure tentare la via più complicata, ma la più sfidante e innovativa: quella del risanamento del sito, rilanciando un'attività produttiva che – come è scritto nella nuova autorizzazione ambientale – deve applicare le migliore tecnologie possibili così come previsto dall'Europa. Un percorso nuovo, complesso ma che per la prima volta – unico caso in Europa – si è tradotto in un commissariamento pubblico di una grande azienda privata per motivi ambientali.
  Sarebbe interessante ricostruire la storia degli ultimi anni anche per comprendere chi chiedeva davvero l'applicazione della normativa ambientale, quindi dell'AIA, e chi invece tergiversava magari cercando la compiacenza dei vertici dell'azienda.
  Nel 2010, il Partito Democratico, unica forza politica, propose, attraverso più risoluzioni in questo Parlamento, un'applicazione più rigorosa della normativa ambientale, ma Lega e PdL, che allora – lo ricordo – governavano insieme, respinsero nettamente questa proposta.
  Quindi lo dico tramite lei, signora Presidente, ad alcuni colleghi del MoVimento 5 Stelle e anche di SEL: si leggano gli atti parlamentari o magari digitino su Google il termine «benzopirene», per rendersi conto di chi, in tempi non sospetti, ha sollevato in quest'Aula il grave pericolo ambientale e di salute pubblica che si stava determinando in quell'area.
  Siamo stati noi del Partito Democratico. E noi del Partito Democratico siamo grati alla magistratura per il grande lavoro svolto che si è tradotto in iniziative importanti verso i responsabili dei numerosi illeciti compiuti sia di natura ambientale che amministrativa.
  Nella discussione al Senato sono state apportate modifiche importanti. Penso ai tempi massimi di attuazione degli interventi previsti dall'AIA, che rimangono fissati all'agosto 2016 con un piano ambientale che andrà attuato integralmente e alle risorse messe a disposizione per assicurare adeguati livelli di tutela della salute pubblica attraverso la realizzazione di una più efficace lotta ai tumori.
  Occorre accelerare sulle bonifiche. Le risorse, quasi 200 milioni di euro, in parte sono già disponibili. Con la costituzione di un unico tavolo di coordinamento si semplificheranno e velocizzeranno le procedure.
  Proprio la scorsa settimana è stato annunciato dalla ditta che ha vinto l'appalto, che in 150 giorni, si provvederà, grazie agli 8 milioni messi a disposizione dal Governo, alla messa in sicurezza e alla bonifica del quartiere Tamburi.
  Si realizza con questo decreto-legge una consistente iniezione di risorse finanziarie all'azienda, garantita dallo sblocco dei fondi Fintecna e una disponibilità di linee di credito ordinarie per circa 260 milioni di euro.
  Ciò consentirà di riavviare il rapporto sia produttivo sia finanziario, ora fortemente indebolito, tra l'Ilva e l'indotto. Ma il cuore del provvedimento riguarda l'acquisizione delle risorse per attuare il piano ambientale. Obiettivo che oggi viene garantito, con maggiori certezze, dalla norma inserita nel decreto-legge, con cui si esplicita, in modo più stringente, il procedimento per rendere disponibili in capo all'amministrazione straordinaria le risorse già sequestrate ai fratelli Riva da parte della procura di Milano, pari a 1 Pag. 42miliardo 200 milioni di euro, a cui potrebbero aggiungersi altri 700 milioni di euro.
  Ricordo – e questa è una novità determinante – che con l'entrata in vigore, dal 2 gennaio di quest'anno, della norma sull'autoriciclaggio, questi soldi, oggi depositati in Svizzera, sono sostanzialmente bloccati e, così come ha riportato il procuratore Greco, nelle diverse audizioni parlamentari, nessuno può utilizzarli per altri scopi, pena la commissione di un reato.
  Fino a 400 milioni di euro, assistiti dalla garanzia dello Stato, serviranno per avviare gli investimenti impiantistici e di ammodernamento tecnologico degli altiforni. Tutte queste complesse serie di operazioni porteranno alla futura cessione o all'affitto dell'Ilva ad una newco. Quindi, non una statalizzazione, come qualcuno ha voluto sostenere, ma si metterà sul mercato un'azienda viva e risanata ambientalmente.
  Importanti sono gli interventi per la tutela delle imprese dell'indotto, sia di natura finanziaria sia fiscale e sarà nostro compito – non si preoccupi la Lega Nord – di vigilare perché tutte le aziende dell'indotto siano tutelate.
  Infine, voglio ricordare i 10 milioni messi a disposizione per la messa in sicurezza e il trasferimento dei 17 mila fusti di materiale radioattivo e di scorie chimiche del fatiscente deposito di Statte. Una situazione di grave pericolo ambientale, che da 25 anni permane su quel territorio, che oggi vede la possibilità concreta di essere risolta. Su questo occorre un impegno chiaro del Governo, perché quel materiale deve essere portato via senza aspettare il 2025, anno di realizzazione del deposito di superficie, ma al più presto, perché ciò è tecnicamente possibile.
  Vi sono, poi, altre due questioni fondamentali su cui chiediamo, come Partito Democratico, che il Governo si attivi immediatamente: una riguarda il tema dell'uso degli scarti di acciaieria e del loro utilizzo per i rilevati ferroviari e i sottofondi stradali. Come abbiamo detto nel corso della discussione in Aula e fatto presente con diversi ordini del giorno, non si può risolvere un problema creandone degli altri. Quella norma va cambiata in un prossimo provvedimento: non possono esserci ambiguità nelle interpretazioni dei parametri inquinanti. Così come è necessario il potenziamento del personale della struttura dei controlli di Arpa Puglia, con particolare attenzione a quello operante a Taranto. E ricordo a SEL che la regione Puglia poteva intervenire da un pezzo sul potenziamento di questa agenzia che, ricordo, è un'agenzia regionale e non statale.
  In conclusione, signor Presidente, il Partito Democratico voterà favorevolmente su questo provvedimento. La storia della città di Taranto è legata a quella di una grande città di guerrieri, la città di Sparta dell'antica Grecia. Una popolazione, quella tarantina, che ha di fronte una grande battaglia, che da troppi anni è costretta a combattere da sola e che noi, Governo e Parlamento, dobbiamo contribuire a vincere, cioè la sfida che vede la tutela dell'ambiente e della salute coesistere con l'occupazione. Noi del Partito Democratico siamo convinti che questa battaglia i tarantini, per tutti gli italiani, la vinceranno (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico – Congratulazioni).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, la deputata Vincenza Labriola. Ne ha facoltà.

  VINCENZA LABRIOLA. Signora Presidente, onorevoli colleghi, come afferma Einstein «non possiamo pretendere che le cose cambino se continuiamo a fare sempre le stesse cose». Tutti siamo consapevoli che l'Ilva e Taranto sono due facce della stessa medaglia. La città per certi versi ancora sopravvive dall'Ilva, la stessa Ilva che uccide. In appena due anni e mezzo ben tre diversi Governi si sono succeduti e hanno sottoposto all'approvazione di questo Parlamento provvedimenti urgenti in materia di sanità, ambiente e lavoro per l'area di Taranto, con risultati decisamente discutibili.Pag. 43
  Il decreto in conversione non dà risposte soddisfacenti. Solo pochi esempi: nella realizzazione dell'area nessuna priorità è data agli interventi che hanno più impatto sulla salute e sull'ambiente, non sono previsti tempi certi per le bonifiche, non è previsto un ammodernamento delle tecnologie e dei reparti ospedalieri. Inoltre, il decreto è una contraddizione in termini: si vuole risanare l'ambiente senza eliminare la fonte inquinante. Altresì, come afferma Burke: quanto più grande è il potere, tanto più grande è l'abuso. Per questo si prevede una sorta di immunità al commissario e ai suoi delegati, andando anche oltre l'articolo 3 della Costituzione.
  Alla città di Taranto e alla sua economia serve un nuovo modo di pensare per superare i problemi creati dai vecchi modi di pensare. Per questo, avevo presentato un emendamento, trasfuso successivamente in ordine del giorno, che prevedeva negli interventi futuri la possibilità di una conversione degli impianti, consentendo la chiusura dell'area a caldo, ma il Governo non ha mostrato abbastanza coraggio per accogliere l'unica possibile soluzione di rinascita. Con questo decreto, si è delineata, quale reale obiettivo del Governo, una seconda svendita dell'impianto al migliore offerente, o peggio a chi si farà carico a spese dei lavoratori e dei cittadini di Taranto della salute e dell'ambiente dell'area interessata dal problema. Da donna, mamma, cittadina e parlamentare della Repubblica non mi accontento delle soluzioni messe in campo dal Governo. Per questo, continuerò a profondere tutte le mie energie affinché il futuro di Taranto diventi cultura, turismo, università, tutela della produzione agricola e agroalimentare. Per questi motivi, in coscienza e convintamente, voterò contro questo decreto.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Di Gioia. Ne ha facoltà.

  LELLO DI GIOIA. Signora Presidente, pur condividendo gli sforzi che il Governo fa per quanto riguarda le riforme strutturali, io credo che ci siano momenti in cui bisogna dar semplicemente risposte alla propria coscienza, ai problemi che poi intervengono sul territorio e su un territorio particolare. Abbiamo già ascoltato da colleghi e da colleghe le brutture di questo decreto, decreto che non risolve i problemi di un'area fortemente in tensione, tensione negli anni passati e tensione in questo particolare momento. Io credo che ci sia bisogno di ben altro per Taranto; c’è bisogno di ben altro per dare risposte ad una realtà che è stata sicuramente, in un primo momento, attraversata da difficoltà, in virtù di uno Stato che non si è interessato dei problemi di quell'area e dei cittadini di quel paese. Ecco perché ritengo in tutta coscienza, in dissenso dal gruppo, di votare contro questo decreto.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Manlio Di Stefano. Ne ha facoltà.

  MANLIO DI STEFANO. Grazie Presidente, ci tenevo a prendere la parola prima che votiate questo decreto criminale per togliere soltanto dieci secondi a questa Assemblea. Vorrei ringraziare i cittadini di Taranto che ci hanno raggiunto oggi qui e sono in tribuna, e sono venuti qui per guardarvi negli occhi mentre, dal caldo delle vostre poltrone, rubate il futuro ai loro figli. Sono qui per questo e li ringrazio (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Furnari. Ne ha facoltà.

  ALESSANDRO FURNARI. Grazie Presidente, questo è un decreto senza dignità. Questo decreto toglie alla città di Taranto la salute e i soldi, toglie i soldi necessari per effettuare l'ambientalizzazione della struttura dell'Ilva, toglie i soldi necessari per effettuare quel minimo di ambientalizzazione che già non sarebbe necessaria ad assicurare la salute per i cittadini di Taranto. Impedisce chiaramente persino Pag. 44quella riduzione di ciò che è sufficiente per l'autorizzazione integrata ambientale, passandola dal 100 per cento all'80 per cento, e, quindi, di effettuare la necessaria copertura dei parchi minerari.

  PRESIDENTE. Deputato, forse le è più semplice tirare su il microfono.

  ALESSANDRO FURNARI. Effettivamente sì. Dicevo: impedisce di effettuare la copertura dei parchi minerari, perché praticamente toglie quasi tutti i soldi che sarebbero necessari alla città di Taranto.
  Allora mi chiedo se questo Governo ne sia consapevole e scientemente stia evitando di investire dei soldi, che avrebbe, per la città di Taranto e per la salute dei cittadini di Taranto, perché, magari, sa che l'Ilva di Taranto è destinata a morire. Allora, se questo Governo sta prendendo in giro tutto la città di Taranto, questo Governo deve sapere, come hanno fatto fino ad oggi tutti i partiti politici, che si prenderà questa responsabilità e i cittadini di Taranto, questo comportamento, non lo dimenticheranno mai.

  ETTORE GUGLIELMO EPIFANI, Presidente della X Commissione. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà, presidente Epifani.

  ETTORE GUGLIELMO EPIFANI, Presidente della X Commissione. Presidente, prima del voto finale volevo solo esprimere l'apprezzamento mio e del presidente Realacci per come sono stati condotti i lavori, prima nelle due Commissioni riunite e poi nell'Aula. In modo particolare, voglio ringraziare i relatori per la maggioranza e i relatori di minoranza, tutti i membri delle due Commissioni, e credo che siamo di fronte a un'approvazione importante per l'industria del Paese e per la città di Taranto (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. Colleghi, indico la votazione...

  GIANFRANCO GIOVANNI CHIARELLI. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Deputato Chiarelli, a che titolo ? Non ho iscritto il suo nome.

  GIANFRANCO GIOVANNI CHIARELLI. Presidente, chiedo di intervenire per dichiarazione di voto a titolo personale.

  PRESIDENTE. Magari, se lo avesse segnalato un po’ prima, era meglio. Prego, ne ha facoltà.

  GIANFRANCO GIOVANNI CHIARELLI. Presidente, solo per ribadire quanto ho già detto in sede di discussione, e cioè che non condivido assolutamente nulla di questo decreto, nonostante i proclami fatti dal Governo. Però, per una questione di responsabilità, essendo di Taranto, cittadino di Taranto e per l'intera provincia, voterò, in dissenso dal mio gruppo, favorevolmente su questo decreto, pur avendo fatto emergere tutte le criticità che questo ennesimo provvedimento rappresenta.

(Votazione finale ed approvazione – A.C. 2894)

  PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.
  Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul disegno di legge n. 2894, di cui si è testé concluso l'esame.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Spadoni, Catania, Rabino, Centemero, Ciracì, Romele, Dadone, Alli...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:
   S. 1733 – «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 5 gennaio 2015, n. 1, recante disposizioni urgenti per l'esercizio di imprese di interesse strategico Pag. 45nazionale in crisi e per lo sviluppo della città e dell'area di Taranto» (Approvato dal Senato) (2894):

   Presenti  460   
   Votanti  410   
   Astenuti   50   
   Maggioranza  206   
    Hanno votato  284    
    Hanno votato no  126.

  La Camera approva (Vedi votazioni).

  (I deputati Gianluca Pini e Pellegrino hanno segnalato che non sono riusciti a esprimere voto contrario).

  Sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 14,30 per l'esame del disegno di legge di ratifica ed esecuzione degli Emendamenti alla Convenzione sulla protezione fisica dei materiali nucleari e degli ulteriori argomenti iscritti all'ordine del giorno.

  La seduta, sospesa alle 13,15, è ripresa alle 14,30.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROBERTO GIACHETTI

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Gioacchino Alfano, Bocci, Boccia, Bratti, Dadone, Damiano, De Girolamo, Di Gioia, Epifani, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Giancarlo Giorgetti, Manciulli, Mannino, Merlo, Pes, Rampelli, Ravetto, Realacci, Sanga, Sani, Speranza e Valeria Valente sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
  I deputati in missione sono complessivamente novantatré, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

Discussione del disegno di legge: Ratifica ed esecuzione degli Emendamenti alla Convenzione sulla protezione fisica dei materiali nucleari del 3 marzo 1980, adottati a Vienna l'8 luglio 2005, e norme di adeguamento dell'ordinamento interno. (A.C. 2124-A) (ore 14,32).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge di Ratifica ed esecuzione degli Emendamenti alla Convenzione sulla protezione fisica dei materiali nucleari del 3 marzo 1980, adottati a Vienna l'8 luglio 2005, e norme di adeguamento dell'ordinamento interno. (A.C. 2124-A)
  Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).

(Discussione sulle linee generali – A.C. 2124-A)

  PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
  Informo che il presidente del gruppo parlamentare MoVimento 5 Stelle ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
  Avverto, altresì, che la II e la III Commissione (Giustizia e Affari esteri) si intendono autorizzate a riferire oralmente.
  Ha facoltà di intervenire il relatore per la Commissione Giustizia, onorevole Giuseppe Guerini.
  Onorevole Giuseppe Guerini ?

  GIUSEPPE GUERINI, Relatore per la II Commissione. Sì, grazie Presidente, in effetti sono proprio io l'onorevole Guerini, ma...

  PRESIDENTE. Qualche certezza ci rimane.

  GIUSEPPE GUERINI, Relatore per la II Commissione. Esatto, qualche certezza, poche, ma ci restano. Chiederei la possibilità Pag. 46che la relazione introduttiva venga svolta dal relatore della III Commissione affari esteri, l'onorevole Carrozza.

  PRESIDENTE. Va benissimo. Onorevole, Giuseppe Guerini, si intende, quindi, che lei rinunzia a svolgere la relazione.
  Prego, onorevole Carrozza.

  MARIA CHIARA CARROZZA. Relatore per la III Commissione. Grazie Presidente, onorevoli colleghi, il provvedimento che ci accingiamo ad esaminare rappresenta una priorità nel quadro del rafforzamento del regime globale della sicurezza nucleare in funzione del contrasto al terrorismo. Esso è, pertanto, innanzitutto da considerare nella stessa ottica emergenziale che caratterizza le norme del decreto-legge, tuttora all'esame presso questo ramo del Parlamento, in tema di lotta al terrorismo internazionale, proroga delle missioni internazionali e dispiego delle iniziative di cooperazione allo sviluppo nelle aree di crisi.
  Anche in vista dell'imminente Conferenza di riesame del Trattato di non proliferazione nucleare, in programma a New York nel prossimo mese di aprile, si tenga d'altra parte conto del fatto che il nostro Paese è l'ultimo Stato dell'Unione europea a non aver ancora ratificato l'emendamento del 2005, circostanza che impedisce il deposito congiunto degli strumenti di ratifica da parte dei Paesi membri dell'EURATOM. La ratifica da parte italiana di questo disegno di legge rientra, inoltre, in un impegno assunto al più alto livello politico in occasione dei vertici dei Capi di Stato e di Governo sulla sicurezza nucleare, svolti a Washington nel 2010, a Seul nel 2012 e all'Aja nel 2014.
  Tenuto conto del contesto internazionale, e senza entrare nel merito specifico delle singole disposizioni, su cui le Commissioni giustizia e affari esteri si sono soffermate in sede referente, mi limito a ricordare che la Convenzione del 1980, siglata a Vienna, capitale in cui ha sede l'Agenzia internazionale per l'energia atomica, ha rappresentato il primo strumento normativo predisposto in sede internazionale per l'adozione di adeguate misure di protezione per la materia nucleare dal rischio di prelievo non autorizzato. La Convenzione si limitava alla disciplina di obblighi per gli Stati contraenti in merito a profili riguardanti l'uso, il deposito e il trasporto di materiale nucleare nazionale.
  All'indomani degli attentati terroristici dell'11 settembre 2001, è emersa a livello internazionale la consapevolezza di rafforzare il regime internazionale della protezione fisica, attraverso la definizione di importanti emendamenti alla Convenzione stessa, prevedendo, altresì, fattispecie criminose riferite alla rimozione non autorizzata e al sabotaggio delle installazioni del materiale nucleare. Gli emendamenti alla Convenzione sottoscritti dal nostro Paese l'8 luglio 2005 vanno, dunque, in questa direzione, ampliando l'ambito applicativo della Convenzione dal trasporto di materie nucleari, all'impiego generale delle stesse materie ed alle installazioni, ponendo particolare attenzione al concetto di sabotaggio, sia in fase di trasporto delle materie, sia riguardo alle installazioni.
  Ulteriori aspetti innovativi, rispetto al testo della Convenzione, sono rappresentati da principi fortemente sostenuti dall'Italia, dal danno ambientale, alla sicurezza delle informazioni classificate.
  Sono altresì fissati princìpi e obblighi generali di predisporre un adeguato regime di protezione fisica, da applicare alle installazioni ed alle materie nucleari impiegate o trasportate, allo scopo di prevenire e contrastare atti illeciti, recuperare eventuale materiale trafugato, nella prospettiva di mitigare o minimizzare le conseguenze di un atto di sabotaggio.
  Per quanto riguarda le amministrazioni competenti per l'applicazione della Convenzione, di cui all'articolo 4, preme ricordare il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale per adempimenti internazionali in capo agli Stati parte della Convenzione, il Ministero dell'interno per la protezione fisica attiva delle installazioni nucleari e delle materie nucleari anche in corso di trasporto, il Ministero dello sviluppo economico, per la protezione fisica passiva delle materie e Pag. 47delle installazioni nucleari, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, quale autorità competente per l'esercizio delle funzioni e dei compiti spettanti allo Stato in materia ambientale.
  Quanto alla competenza per la formulazione dei pareri tecnici, per l'accertamento delle violazioni e per l'esercizio dei controlli sulla protezione fisica passiva per mezzo degli ispettori, si tratta di una competenza finora assolta dall'ISPRA. Tuttavia il decreto legislativo 4 marzo 2014, n. 45, di attuazione della direttiva 2011/70/Euratom che istituisce un quadro comunitario per la gestione responsabile e sicura del combustibile nucleare esaurito e dei rifiuti radioattivi, ha affidato il ruolo di autorità di regolamentazione competente in materia di sicurezza nucleare e di radioprotezione all'istituendo Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione (Isin). L'Isin dovrà, pertanto, subentrare all'ISPRA nell'esercizio delle competenze rilevanti ai fini dell'attuazione della Convenzione e degli emendamenti del 2005.
  Per lo svolgimento dei propri compiti l'Isin potrà comunque avvalersi, previa la stipula di apposite convenzioni, anche dell'ISPRA e delle agenzie provinciali e regionali per la protezione dell'ambiente a fini di supporto tecnico o scientifico, secondo quanto prevede lo stesso decreto legislativo richiamato.
  Alla luce di quanto esposto raccomando, pertanto, una celere approvazione del disegno di legge di ratifica.

  PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il rappresentante del Governo.

  MARIO GIRO, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale. Signor Presidente, la Convenzione sulla protezione fisica dei materiali nucleari, adottata nel 1980 sotto gli auspici della IEA, è uno strumento fondamentale ai fini della protezione fisica dei materiali utilizzati a scopo civile. Essa prevede norme relative alla prevenzione, all'individuazione e alla sanzione dei reati connessi al nucleare civile e riguarda essenzialmente la protezione fisica del materiale nucleare nella fase di trasporto.
  L'Italia è rimasta l'unico Stato dell'Unione europea a non avere ancora ratificato gli emendamenti del 2005. Essendo ormai prossimo il traguardo dell'entrata in vigore, la questione della mancata ratifica italiana è oggetto di crescente attenzione, soprattutto nell'ambito dell'Unione europea, ma non soltanto, dove si dovrà procedere al deposito congiunto della ratifica da parte della Commissione e di tutti gli Stati membri dell'Eurotom.
  È inoltre importante completare l'iter di ratifica prima della conferenza di riesame del trattato di non proliferazione nucleare a New York il 27 aprile – e fino al 22 maggio – di quest'anno per consentire l'adozione di una decisione del Consiglio dell'Unione europea che, in vista della conferenza, possa fare stato della ratifica da parte di tutti gli Stati membri dell'Unione europea. La questione della mancata ratifica italiana è stata da ultimo evocata nel colloquio tra il Ministro degli affari esteri Gentiloni Silveri ed il direttore generale dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica Amano, svoltosi a margine della Conferenza sulla sicurezza di Monaco. Il Ministro si è detto cosciente del ritardo nella ratifica, ribadendo l'impegno dell'Italia a ratificare gli emendamenti in tempi brevi, possibilmente entro il mese di marzo. Gli emendamenti apposti alla Convenzione, adottati per consenso nel 2005 entreranno in vigore non appena i due terzi degli Stati aderenti alla Convenzione avranno depositato il proprio strumento di ratifica presso la IEA. L'entrata in vigore degli emendamenti è uno degli obiettivi principali per il rafforzamento del regime globale della sicurezza...

  PRESIDENTE. Scusi sottosegretario, scusi un attimo. Colleghi, possiamo abbassare un pochino il tono della voce ? Prego, sottosegretario Giro.

  MARIO GIRO, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale. L'entrata in vigore degli emendamenti è uno degli obiettivi principali Pag. 48per il rafforzamento del regime globale della sicurezza nucleare in funzione antiterrorismo e consente il rafforzamento del regime internazionale della protezione fisica dei materiali nucleari, estendendo il raggio di azione della Convenzione dal trasporto di materiali nucleari al loro impiego generale e alle installazioni, con particolare attenzione al concetto di sabotaggio, come ha detto la relatrice.
  Nella passata legislatura il processo di ratifica degli emendamenti era ormai in fase avanzata presso la Camera dei deputati, a seguito dell'approvazione dei relativi disegni di legge in Senato. Vorrei, inoltre, ricordare che la ratifica degli emendamenti risulta tra gli impegni assunti pubblicamente dall'Italia al più alto livello politico, in occasione dei vertici sulla sicurezza nucleare di Washington nel 2010, di Seul nel 2012 e de L'Aja nel 2014.
  L'importanza della ratifica e dell'entrata in vigore degli emendamenti è stata, inoltre, richiamata dalla risoluzione dell'Unione interparlamentare del 20 marzo 2014, che esorta i Parlamenti a lavorare per rafforzare le misure di sicurezza relative ai materiali nucleari. Il Governo, quindi, auspica una rapida approvazione del provvedimento in oggetto.

  PRESIDENTE. Non vi sono iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali. Avverto che non si darà pertanto luogo alle repliche.

(Esame degli articoli – A.C. 2124-A)

  PRESIDENTE. Passiamo, dunque, all'esame degli articoli e del disegno di legge di ratifica, nel testo delle Commissioni.
  Le Commissioni Affari costituzionali e Bilancio hanno espresso i prescritti pareri, che sono distribuiti in fotocopia (Vedi l'allegato A – A.C. 2124-A).
  Avverto che le Commissioni hanno presentato gli emendamenti 4.100, 10.100, 10.101, 10.102 e 10.103, che sono in distribuzione e in relazione ai quali risulta alla Presidenza che i gruppi abbiano rinunciato alla fissazione del termine per la presentazione di subemendamenti.

(Esame dell'articolo 1 – A.C. 2124-A)

  PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 1 (Vedi l'allegato A – A.C. 2124-A), al quale non sono state presentate proposte emendative.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazioni di voto l'onorevole Giuseppe Guerini. Ne ha facoltà.

  GIUSEPPE GUERINI. Signor Presidente, ci troviamo oggi alla ratifica di questi emendamenti a questa Convenzione, che, peraltro, è stata stipulata, per ironia, esattamente il 3 marzo 1980, quindi compie 35 anni. Ritengo che possa essere un ottimo regalo di compleanno per questa Convenzione da parte di questa Camera la ratifica degli emendamenti, almeno in questo ramo del Parlamento.
  Come già ricordato negli interventi che mi hanno preceduto, sia da parte della collega relatrice per la III Commissione, onorevole Carrozza, sia da parte del Governo, è una ratifica che ci viene richiesta in maniera pressante dagli altri Stati che hanno ratificato questa Convenzione, soprattutto anche nelle sedi competenti dell'Unione europea. Effettivamente, già nella scorsa legislatura si era addivenuti a una sorta di ratifica dimezzata da parte di un ramo del Parlamento.
  Ritengo, quindi, estremamente importante, a titolo di introduzione generale a questo provvedimento, che questa Camera si esprima nei tempi più rapidi rispetto all'adozione di questo provvedimento, proprio perché esso entrerà in vigore a brevissimo.
  Il momento è davvero rilevante e credo che non ci sia bisogno di specificarne i motivi, anche alla luce delle recenti vicende internazionali legate a traffici di materiali di questo tipo. Non mi soffermerò, perché è davvero pleonastico sottolineare quanto sia necessario e quanto sia ormai indilazionabile l'esigenza di regolamentare e di normare una materia tanto delicata, anche per quanto riguarda l'utilizzo improprio di arsenali che sono anche a pochi chilometri dal nostro Paese. Pag. 49È addirittura ovvio e banale sottolineare l'importanza di una ratifica di questo tipo.
  Per questo motivo, quindi, accolgo con favore l'occasione e anche la concordia che è stata dimostrata all'interno della Commissione giustizia, che ha visto lavorare insieme i gruppi sia di maggioranza che di opposizione per il miglioramento effettivo dello strumento di ratifica, per un coordinamento con i lavori che in questo momento stanno avvenendo al Senato sul collegato ambientale e anche per un migliore coordinamento delle norme penalistiche che andiamo ad introdurre, con la disciplina attuale del codice penale.
  È stato, quindi, un lavoro assolutamente condiviso e approfitto anche per ringraziare, sia naturalmente i gruppi di maggioranza, ma soprattutto quelli delle minoranze che non hanno fatto mancare un contributo fattivo e operativo, soprattutto, come ripeto, per quanto riguarda una sorta di doppio coordinamento della normativa che andiamo ad introdurre, sia in riferimento alle norme del codice penale, sia in riferimento a quanto sta approvando l'altro ramo del Parlamento. È stato un lavoro complicato dalla sovrapposizione, anche temporale, di questi due provvedimenti che sono all'esame, sia della Camera, che del Senato, per quanto riguarda il collegato ambientale. Ci auguriamo, quindi, di aver fatto un lavoro che consenta una riorganizzazione sistematica delle nuove norme penalistiche che andiamo ad introdurre. Lo stesso dicasi per quanto avvenuto nella Commissione affari esteri. A questo punto, quindi, non resta che approvare questo strumento di ratifica, anche alla luce degli ulteriori emendamenti che sono emersi in seno a entrambe le Commissioni.
  Anche qui, molto brevemente, io mi vorrei soffermare sugli ulteriori emendamenti proposti dalle Commissioni. Sono stati sostanzialmente frutto di una più puntuale verifica di quello che era il coordinamento fra le normative esistenti e il provvedimento per così come era all'esame del Senato. Abbiamo specificato di nuovo, quindi, nella maggior parte degli emendamenti, le rubriche e le formulazioni del codice penale rispetto ai reati che andiamo ad introdurre e in un caso, invece, abbiamo specificato che, nelle more dell'introduzione dell'Istituto per la protezione nucleare, sia comunque l'ISPRA a mantenere la proprietà e la competenza previa analisi di casi di traffico di scorie nucleari. Alla luce di tutto questo intervento, credo che consegniamo all'attenzione dell'Aula un provvedimento che è pienamente coerente e sistematizzato rispetto anche agli intendimenti del Senato, soprattutto all'attuale formulazione del codice penale (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti. Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 1.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Blazina, Folino, Zardini, Latronico, Ciracì, Vargiu, Narduolo, Nuti, Di Lello...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti e votanti 374   
   Maggioranza  188   
    Hanno votato  373    
    Hanno votato no   1.

  La Camera approva (Vedi votazioni).

  (I deputati Covello, Ermini, Argentin e Marazziti hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole).

(Esame dell'articolo 2 – A.C. 2124-A)

  PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 2 (Vedi l'allegato A – A.C. 2124-A), al quale non sono state presentate proposte emendative.
  Passiamo dunque ai voti. Pag. 50
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 2.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Bossa... Folino... Colonnese... Manzi... Piccoli Nardelli... Sanga... Di Salvo... Mantero... Fusilli... Capelli... Fraccaro... De Lorenzis...Valiante....
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti e votanti  380   
   Maggioranza  191   
    Hanno votato  379    
    Hanno votato no  1.

  La Camera approva (Vedi votazioni).

  (I deputati Cassano, Argentin e Marazziti hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole).

(Esame dell'articolo 3 – A.C. 2124-A)

  PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 3 (Vedi l'allegato A – A.C. 2124-A), al quale non sono state presentate proposte emendative.
  Passiamo dunque ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 3.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Ruocco...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  384   
   Votanti  383   
   Astenuti    1   
   Maggioranza  192   
    Hanno votato  381    
    Hanno votato no  2.    
  La Camera approva (Vedi votazioni).

  (I deputati Marazziti, Tartaglione e Argentin hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole).

(Esame dell'articolo 4 – A.C. 2124-A)

  PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 4 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A – A.C. 2124-A).
  Se nessuno chiede di intervenire, invito il relatore ad esprimere il parere.

  GIUSEPPE GUERINI, Relatore per la II Commissione. Signor Presidente, il parere è favorevole sull'emendamento 4.100 delle Commissioni; si formula, invece, un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, sull'emendamento Palazzotto 4.50.

  PRESIDENTE. Il Governo ?

  MARIO GIRO, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore.

  PRESIDENTE. Passiamo all'emendamento Palazzotto 4.50.
  Ha chiesto di parlare l'onorevole Palazzotto. Ne ha facoltà.

  ERASMO PALAZZOTTO. Signor Presidente, intervengo per annunciare che ritireremo l'emendamento 4.50 a mia prima firma perché l'emendamento delle Commissioni affronta questa svista – io credo – che era contenuta nel testo...

  PRESIDENTE. Scusi, onorevole Palazzotto. Onorevole Bianconi, noi stavamo cercando di ascoltare l'onorevole Palazzotto, se possibile. La ringrazio, onorevole Bianconi, per la sua consueta collaborazione con la Presidenza. Prego, onorevole Palazzotto.

  ERASMO PALAZZOTTO. E colgo l'occasione per segnalare che noi andiamo a ratificare gli emendamenti a questa Convenzione Pag. 51dopo ben dieci anni da quando sono stati approvati a Vienna, confermando l'idea che il nostro è probabilmente uno dei Parlamenti più lenti d'Europa visto che anche questa volta siamo l'ultimo Paese dell'Unione europea a ratificare un trattato internazionale che coinvolge l'Unione europea in quanto tale e che questi dieci anni di ritardo dell'Europa su questo tema sono responsabilità dell'Italia. Vorrei sottolineare che è il caso che anche noi ci assumiamo la responsabilità politica per evitare che in futuro si ripetano casi come questo.

  PRESIDENTE. Pertanto, l'emendamento Palazzotto 4.50 è ritirato. Passiamo alla votazione dell'emendamento 4.100 delle Commissioni.
  Passiamo, dunque, ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 4.100 delle Commissioni, con il parere favorevole del relatore e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Spadoni... Monchiero... Pisano... Bolognesi... Colonnese... Caso... Binetti... De Maria...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  391   
   Votanti  379   
   Astenuti   12   
   Maggioranza  190   
    Hanno votato  378    
    Hanno votato no  1.

  La Camera approva (Vedi votazioni).

  (Il deputato Marazziti ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 4, nel testo emendato.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Colonnese, Carloni, D'Arienzo, Colletti, Petraroli.
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  392   
   Votanti  391   
   Astenuti    1   
   Maggioranza  196   
    Hanno votato sì  390    
    Hanno votato no  1.

  La Camera approva (Vedi votazioni).

  (Il deputato Marazziti ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole).

(Esame dell'articolo 5 – A.C. 2124-A)

  PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 5 (Vedi l'allegato A – A.C. 2124-A), al quale non sono state presentate proposte emendative.
  Passiamo dunque ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 5.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Colonnese, Anzaldi, Gandolfi, Famiglietti, Giuliani, Capozzolo, Altieri, Marzana.
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti e votanti  407   
   Maggioranza  204   
    Hanno votato  406    
    Hanno votato no  1.

  La Camera approva (Vedi votazioni).

  (Il deputato Marazziti ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole).

Pag. 52

(Esame dell'articolo 6 – A.C. 2124-A)

  PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 6 (Vedi l'allegato A – A.C. 2124-A), al quale non sono state presentate proposte emendative.
  Passiamo dunque ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 6.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Bossa, Murer, Amendola, Colonnese, Capelli, Manfredi, Costantino, Locatelli.
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti e votanti  406   
   Maggioranza  204   
    Hanno votato  405    
    Hanno votato no  1.

  La Camera approva (Vedi votazioni).

  (Il deputato Marazziti ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole).

(Esame dell'articolo 7 – A.C. 2124-A)

  PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 7 (Vedi l'allegato A – A.C. 2124-A), al quale non sono state presentate proposte emendative.
  Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 7.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Palese, Colonnese...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti e votanti  407   
   Maggioranza  204   
    Hanno votato  406    
    Hanno votato no  1.    
  La Camera approva (Vedi votazioni).

(Esame dell'articolo 8 – A.C. 2124-A)

  PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 8 (Vedi l'allegato A – A.C. 2124-A), al quale non sono state presentate proposte emendative.
  Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 8.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Locatelli, Gregori, Crippa, Prataviera, Fantinati, Binetti, Misiani, Elvira Savino, Grillo, Gelmini...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti e votanti  415   
   Maggioranza  208   
    Hanno votato  414    
    Hanno votato no  1.

  La Camera approva (Vedi votazioni).

(Esame dell'articolo 9 – A.C. 2124-A)

  PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 9 (Vedi l'allegato A – A.C. 2124-A), al quale non sono state presentate proposte emendative.
  Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 9.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Bossa, Bruno Bossio, Coppola, Romele...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti e votanti  408   
   Maggioranza  205   
    Hanno votato  407    
    Hanno votato no  1.

  La Camera approva (Vedi votazioni).

Pag. 53

(Esame dell'articolo 10 – A.C. 2124-A)

  PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 10 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A – A.C. 2124-A).
  Se nessuno chiede di intervenire, invito il relatore ad esprimere il parere.

  GIUSEPPE GUERINI, Relatore per la II Commissione. Signor Presidente, emendamento 10.100 delle Commissioni, parere favorevole. Emendamento 10.101 delle Commissioni, parere favorevole. Emendamento 10.102 delle Commissioni, parere favorevole, da intendersi però: Al comma 1, capoverso «Art. 437-bis», terzo comma, dopo le parole: «dal fatto» inserire le seguenti: «di cui al primo e al secondo comma». Per errore materiale, è stato omesso il riferimento...

  PRESIDENTE. Quindi, una riformulazione ?

  GIUSEPPE GUERINI, Relatore per la II Commissione. Sì, una correzione di un lapsus calami, è stato un errore materiale. Poi, emendamento 10.103 delle Commissioni, parere favorevole.

  PRESIDENTE. Il Governo ?

  MARIO GIRO, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore.

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 10.103 delle Commissioni, con il parere favorevole del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Moscatt, Lavagno. Carloni ha votato... onorevole Marazziti, qual è il problema ? Un attimo solo, colleghi. Onorevole Pili, le chiedo scusa: è suo quel voto che risulta rosso ? Bene. Appena avrà votato l'onorevole Gigli la votazione sarà chiusa.
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti e votanti  417   
   Maggioranza  209   
    Hanno votato  416    
    Hanno votato no  1.

  La Camera approva (Vedi votazioni).

  (I deputati Matarrelli e Covello hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 10.100 delle Commissioni, con il parere favorevole del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Colletti, Malpezzi. Colleghi, vi pregherei di affrettarvi. Onorevole Caon, noi siamo qui; non si preoccupi, non ci spostiamo da qui (Commenti dei deputati dei gruppo Lega Nord e Autonomie). Onorevole Allasia...la richiamo all'ordine. Onorevole Giorgetti, per favore...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti e votanti  423   
   Maggioranza  212   
    Hanno votato  422    
    Hanno votato no  1.

  La Camera approva (Vedi votazioni).

  (I deputati Matarrelli e Covello hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 10.102 delle Commissioni, nel testo corretto, con il parere favorevole del Governo.Pag. 54
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Gigli, Boccia, Moscatt, Tartaglione. Ancora Moscatt...bene. Altri ?
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti e votanti  420   
   Maggioranza  211   
    Hanno votato  419    
    Hanno votato no  1.

  La Camera approva (Vedi votazioni).

  (I deputati Matarrelli e Covello hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 10.101 delle Commissioni, con il parere favorevole del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Marantelli, Spadoni, Lavagno, Tidei, Tartaglione. Spadoni e Matarrelli non riescono a votare. Matarrelli ha votato. Hanno votato tutti ?
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti e votanti  420   
   Maggioranza  211   
    Hanno votato  419    
    Hanno votato no  1.

  La Camera approva (Vedi votazioni).

  (I deputati Senaldi e Covello hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 10, nel testo emendato.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Lo Monte...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti e votanti  426   
   Maggioranza  214   
    Hanno votato  425    
    Hanno votato no  1.

  La Camera approva (Vedi votazioni).

  (La deputata Covello ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto favorevole).

(Esame dell'articolo 11 – A.C. 2124-A)

  PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 11 (Vedi l'allegato A – A.C. 2124-A), al quale non sono state presentate proposte emendative.
  Passiamo dunque ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 11.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Gallinella, Fanucci, Piccione, Vargiu, Marzana, D'Attorre, Pilozzi, Santanchè...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti e votanti  427   
   Maggioranza  214   
    Hanno votato  426    
    Hanno votato no   1    

  La Camera approva (Vedi votazioni).

  (I deputati Guidesi e Covello hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole).

(Esame dell'articolo 12 – A.C. 2124-A)

  PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 12 (Vedi l'allegato A – A.C. 2124-A), al quale non sono state presentate proposte emendative.Pag. 55
  Passiamo dunque ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 12.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Taricco, Ciracì...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti e votanti  430   
   Maggioranza  216   
    Hanno votato  429    
    Hanno votato no  1.

  La Camera approva (Vedi votazioni).

(Dichiarazioni di voto finale – A.C. 2124-A)

  PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marazziti. Ne ha facoltà.

  MARIO MARAZZITI. Presidente, oggi andiamo a votare un provvedimento che, come è stato detto giustamente dal mio collega Guerini, attendeva venticinque anni. In realtà noi ratifichiamo gli emendamenti adottati l'8 luglio del 2005 alla Convenzione sulla protezione fisica dei materiali nucleari del 1980, ratificata con la legge n. 704 del 1982. La necessità e opportunità è emersa proprio a seguito anche degli attentati terroristici dell'11 settembre del 2001, che convinsero gli aderenti alle convenzioni a rafforzare il regime internazionale della protezione fisica, prevedendo altresì fattispecie criminose riferite alla rimozione non autorizzata e al sabotaggio delle installazioni e del materiale nucleare. La Convenzione del 1980 ha rappresentato il primo strumento normativo predisposto in sede internazionale per definire e attuare adeguate misure di protezione per le materie nucleari dal rischio di prelievo non autorizzato e, particolarmente, obblighi per gli Stati contraenti in tema di protezione fisica delle materie nucleari in fase di trasporto internazionale. Abbiamo visto come sia materia sensibile nel caso anche di un pericolo analogo, come quello del trasporto delle armi chimiche dal territorio siriano in zone più sicure. Con questi emendamenti si amplia l'ambito applicativo dell'accordo, ponendo particolare attenzione al concetto di sabotaggio sia in fase di trasporto delle materie sia riguardo alle installazioni. Oltre a questi aspetti, vanno sottolineati anche quelli fortemente voluti dal nostro Paese, riguardanti il danno ambientale e la sicurezza delle informazioni classificate. Va segnalato che analogo provvedimento di ratifica era stato discusso ed approvato al Senato nel corso della passata legislatura, ma senza che si potesse concludere l'iter qui alla Camera, come al solito, per motivi di tempo.
  Allora, oltre ai nuovi principi ed obblighi generali previsti dai 14 emendamenti aventi per scopo di estendere l'ambito della Convenzione, prevedendo la protezione fisica del materiale nucleare usato per scopi specifici durante l'utilizzo, l'immagazzinamento e il trasporto, sono inserite anche nuove norme concernenti la prevenzione e la punizione dei reati riguardanti questo materiale, nonché le installazioni nucleari, ed è stata introdotta la definizione di sabotaggio.
  In particolare, e mi avvio a concludere, cito l'inserimento nel nostro codice penale di una nuova fattispecie: il delitto di attentato alla sicurezza delle installazioni nucleari, punito con la reclusione da due a sei anni, aumentata da quattro a dodici anni se da quella condotta di pericolo derivi un disastro.
  Oltre a questa nuova fattispecie di reato, vi sono norme volte a sanzionare, sia con previsione di illecito penale che amministrativo, l'uso non autorizzato di materiale nucleare, aggravando le norme dettate dalla legge n. 704 del 1982, che riguarda chiunque adotti una condotta volta all'acquisto, alla ricezione, alla detenzione, alla cessione a terzi, all'utilizzazione, al trasporto, all'importazione e all'esportazione, alla trasformazione, all'alienazione Pag. 56e alla dispersione nell'ambiente di materia nucleare di qualsiasi tipo senza autorizzazione dell'autorità competente.
  Per questo, onorevoli colleghi, il rilievo di questa ratifica è abbastanza evidente; per questo, abbiamo votato praticamente all'unanimità, con un'unica eccezione, tutti gli emendamenti; per questo, confidando in un rapido esame anche da parte dell'altro ramo del Parlamento, preannunzio, come Democrazia Solidale, il voto favorevole del gruppo Per l'Italia-Centro Democratico.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gianluca Pini. Ne ha facoltà.

  GIANLUCA PINI. Signor Presidente, il provvedimento che è oggi all'esame dell'Assemblea riveste, chiaramente, un'enorme importanza, soprattutto in tempi di minaccia terroristica come quelli che stiamo vivendo. Chiaramente, come è stato detto più volte sia dal relatore sia dal collega Marazziti, l'obiettivo di questo disegno di legge è quello di rafforzare le misure di prevenzione e contrasto al contrabbando nucleare e degli attentati agli impianti nucleari e siti di stoccaggio.
  Pochi probabilmente sanno, infatti, che possono essere realizzate armi, anche ad elevata letalità, anche utilizzando pochi rifiuti ospedalieri comuni, come possono essere, ad esempio, i residui delle lastre. Non è un caso che, dopo gli attentati del 2001, venne utilizzato parecchio personale della pubblica sicurezza per sorvegliare i punti di raccolta di quei residui nei vari ospedali del nostro Paese. Valutata, comunque, la grande rilevanza degli emendamenti apportati nel 2005 a questa Convenzione sulla protezione fisica dei materiali nucleari, stupisce, casomai, come si sia atteso fino alla fine del 2014, anzi, inizio 2015, per vedere l'atto depositato in Parlamento e poi, di fatto, la sua ratifica.
  Nel merito delle finalità, la Lega ha ben poco da aggiungere. La nostra condivisione è totale, data anche la grande apprensione che suscita in noi, e non solo in noi, la prospettiva di eventuali furti di materiale radioattivo da parte di persone disponibili a farne delle armi, delle bombe sporche, da impiegare contro di noi, nelle nostre città. Ci lascia scettici, forse, dell'altro: la grande fiducia che viene riposta sistematicamente nella legge penale, che introduce principi e stabilisce cosa debba essere punito e cosa no.
  Non ci opponiamo certamente alla penalizzazione dell'abbandono o del furto o del contrabbando di materiale nucleare, né alla configurazione come reato degli attentati alla sicurezza delle installazioni nucleari, anche se abbiamo l'impressione che le sanzioni previste siano davvero troppo leggere in rapporto alla letalità potenziale del crimine e agli interessi effettivamente in gioco. Pensiamo, però, che molto debba essere fatto sul piano della prevenzione, responsabilità di cui il provvedimento investe principalmente il Ministero dell'interno.
  Occorrono, infatti, in questo come in altri delicati settori, risorse addizionali; e dove le si possa trovare non è dato saperlo perché all'interno di questo provvedimento non vi è traccia. Oltretutto, voglio dire che la strada imboccata sistematicamente dal Governo è quella dei tagli e non quella dell'aggiunta di risorse sul piano della sicurezza. Bene, quindi, che si facciano dei piani, ma meglio ancora sarebbe individuare il capitale umano necessario alla loro realizzazione.
  Di qui la posizione che osserveremo, come gruppo della Lega: sì alla ratifica, perché comunque ci impegna a migliorare le cose, ma contestualmente un invito al Governo a ripensare il peso dell'apparato sanzionatorio e la politica fatta finora nel mettere a disposizione delle forze dell'ordine le risorse umane e i materiali di cui necessitano per proteggerci anche in questo delicato settore...

  PRESIDENTE. Scusi, onorevole Pini...

  GIANLUCA PINI. Ho finito, Presidente, grazie.

  PRESIDENTE. Grazie a lei.Pag. 57
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Matarrese. Ne ha facoltà.

  SALVATORE MATARRESE. Grazie. Signor Presidente, signor sottosegretario, onorevoli colleghi, Scelta Civica preannuncia un voto favorevole alla ratifica degli Emendamenti alla Convenzione sulla protezione fisica dei materiali nucleari del 3 marzo 1980, adottati a Vienna l'8 luglio 2005, e lo fa nel perfetto convincimento di doversi adeguare a una prescrizione e a un impegno che il Governo italiano ha preso ai più alti livelli, come diceva prima il sottosegretario, perché il trattamento dei materiali nucleari ha una sua rilevanza anche in termini di utilizzo pacifico.
  Quindi, è bene che questo provvedimento, così come viene fatto, ponga dei riferimenti puntuali nelle competenze dei ministeri, attribuendo al Ministero dell'interno una parte predominante nella redazione dei piani di utilizzo di questi materiali, ma anche nelle norme di protezione fisica di questi materiali, dove sono presenti. Sono, quindi, tutte azioni preventive per garantire la sicurezza e la tutela dei cittadini.
  Il provvedimento fissa anche gli interventi da parte degli altri ministeri competenti, compreso il Ministero dell'ambiente, e fa una puntualizzazione di quelli che sono gli interventi proprio per tutelare questa criticità che è rappresentata dai materiali radioattivi.
  Importante è anche l'intervento del codice penale, laddove in termini di sicurezza, a seguito degli attentati che abbiamo vissuto amaramente, a partire da quello dell'11 settembre 2001, questi materiali necessitano anche di codificare dei reati che sono di protezione dei cittadini; e, quindi, tutti gli inserimenti nel codice penale con riferimento al trattamento di questi materiali, agli attentati e ai sabotaggi vengono puntualmente regolarizzati e vengono anche fissate delle pene puntuali e anche gravi su questi temi che sono delicati ai fini della sicurezza nazionale.
  Quindi, ribadiamo la condivisione di questo provvedimento, una condivisione che consente al Governo di adempiere agli impegni presi.
  Arriviamo per ultimi, però l'importante è arrivarci con il pieno convincimento che stiamo facendo una cosa utile ai cittadini, alla tutela dei cittadini e all'utilizzo di questi materiali che anche in campo sanitario hanno una loro importanza e rilevanza. Quindi, tuteliamo quella che è un'opportunità, ma anche una fonte di pericolo per i cittadini e per il nostro Paese.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Alli. Ne ha facoltà.

  PAOLO ALLI. Grazie Presidente. Della delicatezza del tema di cui stiamo trattando ha parlato molto bene, nella sua ottima introduzione, la relatrice Carrozza e anche il collega Guerini che, oltre ad aver dimostrato di possedere molto bene la materia, ha dimostrato di avere imparato bene la lezione anche da maestri insuperati, quali lei stesso, Presidente, o l'onorevole Baldelli; quindi, gli facciamo le congratulazioni anche per il significato del suo intervento.
  Certamente, come qualche collega ha già detto, il particolare momento internazionale e anche i rischi legati all'espandersi del terrorismo jihadista rendono particolarmente importante prendersi carico di questo tema.
  Se è vero che l'Italia non è un Paese interessato da un gran numero di centrali nucleari, però è vero che comunque esistono ancora delle attività di decommissioning e, comunque, esistono anche attività che utilizzano i materiali nucleari per altri usi.
  E certamente stride, in questo senso, che l'Italia, com’è stato detto, non abbia ancora ratificato un provvedimento del 2005. Qui noi abbiamo la responsabilità di non dare mai la sensazione di essere inerti su temi di questa delicatezza.
  Quindi, bene che si sia arrivati finalmente a un provvedimento equilibrato che definisce in modo chiaro i ruoli e le responsabilità tra Ministero dell'interno, Pag. 58degli esteri, dell'ambiente e dello sviluppo economico. Bene che venga affidato un ruolo a ISPRA, che ricordo già da molti anni, anche quando era ARPAT, svolgeva importanti attività nel settore del monitoraggio delle attività collegate ai materiali nucleari.
  Quindi, molto bene tutto questo, bene anche che si siano introdotte delle nuove fattispecie penali: l'attentato alla sicurezza delle installazioni nucleari o il traffico o abbandono di materiali nucleari. Ecco, quindi il provvedimento buono, che noi voteremo in modo convinto. L'ultima riflessione è: per fare un buon provvedimento potrebbero anche, magari, servire meno di dieci anni, perché...

  PRESIDENTE. Scusi, onorevole Alli... prego, prego. C’è il Sottosegretario Giro.

  PAOLO ALLI...questo pone il tema generale dei ritardi nelle ratifiche, che sono purtroppo molto spesso inammissibili e su cui sarebbe bene che il Governo e il Parlamento tenessero un occhio di riguardo molto più attento.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Biancofiore, ne ha facoltà.

  MICHAELA BIANCOFIORE. Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, il primo strumento predisposto per definire e attuare adeguate misure di protezione per le materie nucleari dal rischio di prelievo non autorizzato fu la Convenzione sulla protezione fisica delle materie nucleari. Essa stabiliva, in particolare, obblighi per gli Stati contraenti in tema di protezione fisica delle materie nucleari in fase di trasporti internazionali. La Convenzione, facendo riferimento ai principi contenuti nel Trattato di non proliferazione delle armi nucleari, nelle Intese di Londra e nelle linee guida dell'AIEA, Agenzia internazionale per l'energia atomica, fu aperta alla firma a Vienna e a New York il 3 marzo 1980 e prevedeva, tra l'altro, lo sviluppo per gli Stati membri di un proprio sistema nazionale di protezione fisica per il quale le linee guida dell'AIEA, contenute in una comunicazione ricevuta dall'Agenzia da parte di alcuni Stati membri relativa a linee guida per l'esportazione di tecnologie, attrezzature e materiali nucleari NNWS – Non nuclear weapon states – costituiscono il riferimento tecnico. Considerando che la responsabilità per la protezione fisica passiva delle materie nucleari in ogni singolo Stato è affidata allo Stato stesso, l'Italia si dotò di un proprio sistema per soddisfare gli obblighi assunti con la firma e la ratifica della Convenzione sulla protezione fisica delle materie nucleari giuridicamente basata sulla legge 7 agosto 1982, n. 704. Tale legge non contiene, tuttavia, elementi cogenti per quanto riguarda la predisposizione di sistemi di protezione fisica da applicare alle materie nucleari impiegate o trasportate dagli operatori nazionali del settore, ma si è limitata a ratificare la Convenzione e recepirne i principi generali di sanzionabilità penale in relazione al danno provocato dalla rimozione non autorizzata di materie nucleari.
  Per dare attuazione a quanto previsto dalla legge e per assicurare un'adeguata protezione fisica delle materie nucleari durante il loro impiego, il Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato, attualmente Ministero dello sviluppo economico, prese l'iniziativa di istituire, con apposito decreto ministeriale del 1979, un comitato interministeriale per la protezione fisica composto da rappresentanti delle amministrazioni dello Stato competenti che aveva compiti di guida, di istruttoria e di verifica dei piani di protezione fisica passiva (PFP) predisposti dagli operatori. Per i piani di protezione fisica passiva elaborati dagli operatori, a conclusione dell'istruttoria tecnica di verifica da parte del comitato, il Ministero emanava il decreto che approvava il piano PFP predisposto dall'esercente il quale poteva così porre in essere sistemi di protezione fisica passiva in esso previsti. Le azioni di vigilanza sulla protezione fisica passiva sono state negli anni svolte dall'autorità di sicurezza nucleare, attuale ISPRA-Dipartimento nucleare sulla base delle leggi Pag. 59istitutive. I livelli di protezione fisica attiva sono sempre stati garantiti dalle azioni del Ministero dell'interno.
  Negli anni successivi alla firma della Convenzione la rivalutazione del rischio, associato anche agli eventi dell'11 settembre 2001, ha portato ad un rafforzamento del regime internazionale della protezione fisica attraverso la definizione di importanti emendamenti alla Convenzione stessa, prevedendo altresì fattispecie criminose derivanti dalla rimozione non autorizzata e dal sabotaggio delle installazioni e del materiale nucleare.
  Quindi, la Convenzione emendata, firmata dall'Italia l'8 luglio 2005, estende il proprio raggio di azione dal trasporto delle materie nucleari, all'impiego generale delle materie, alle installazioni, ponendo particolare attenzione al concetto di sabotaggio, sia in fase di trasporto delle materie sia riguardo alle installazioni. Ulteriori aspetti innovativi della Convenzione sono i principi, fortemente sostenuti dall'Italia, del danno ambientale e della sicurezza delle informazioni classificate. Altri obblighi e principi generali previsti dagli emendamenti, anche con riferimento al modo più funzionale darvi attuazione interna, sono quelli di predisporre un adeguato regime di protezione fisica da applicare alle installazioni e alle materie nucleari impiegate o trasportate, allo scopo di prevenire o contrastare atti illeciti, recuperare eventuali materie trafugate, mitigare o minimizzare le conseguenze di un sabotaggio.
  Per tradurre a livello interno tale norma internazionale bisogna aggiornare il quadro normativo riflettendo in esso le prassi consolidate negli anni che de facto risultano conformi ai principi e ai requisiti della Convenzione stessa. Presupposto per poter definire un adeguato sistema di protezione è la valutazione della minaccia, da intendersi come processo dinamico provvisto di meccanismi di periodico aggiornamento. Sulla base di tale valutazione è possibile stabilire i requisiti di protezione fisica che dovranno essere soddisfatti dagli operatori del settore nella predisposizione dei piani di protezione fisica. I controlli e la vigilanza garantiscono il corretto adempimento di quanto previsto. Nel disegno di legge all'esame di quest'Aula si cerca di dare attuazione a quanto sopra richiamato e in particolare si è definita la ripartizione delle competenze fra le varie amministrazioni coinvolte nell'attuazione della convenzione emendata. Il provvedimento ha il merito di esplicitare le varie definizione e i concetti di protezione fisica in tutte le accezioni e definisce le modalità di indicazione dei punti di contatto per la tipizzazione della Convenzione. A seguito della recente ratifica da parte irlandese, l'Italia è rimasta l'unico Paese dell'Unione europea a non aver ancora ratificato l'emendamento dal 2005. Vi è una crescente preoccupazione per il ritardo dell'Italia in quanto si può procedere al deposito congiunto della ratifica soltanto nel caso in cui vi sia l'unanimità delle ratifiche da parte di tutti gli Stati membri dell'Unione. Soprattutto in vista della conferenza di riesame del trattato di non proliferazione nucleare che si svolgerà a New York nell'aprile 2015, dunque, sarebbe auspicabile la ratifica della Convenzione da parte del nostro Paese. In occasione della Conferenza internazionale sulla sicurezza di Monaco, tale approvazione è stata sollecitata al Ministero degli esteri anche dal direttore dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica. Gli emendamenti alla Convenzione sottoscritti dal nostro Paese l'8 luglio 2005 ampliano l'ambito applicativo dell'accordo dal trasporto delle materie nucleari all'impiego generale delle stesse materie e alle installazioni, ponendo particolare attenzione al concetto di sabotaggio sia in fase di trasporto delle materie si riguarda le installazioni. Bisogna tener presente che la Convenzione firmata a Vienna e New York il 3 marzo 1980 è l'unico strumento internazionale vincolante sulla protezione fisica dal materiale nucleare e fissa misure relative alla prevenzione, alla detenzione e alla sanzione delle violazioni in tale campo. Gli emendamenti entreranno in vigore per ciascuno Stato contraente che deposita il proprio strumento di ratifica, accettazione o approvazione il trentesimo Pag. 60giorno successivo alla data nella quale i due terzi degli Stati contraenti avranno depositato i rispettivi strumenti di ratifica, accettazione o approvazione presso il depositario, il direttore generale della IEA. Gli emendamenti hanno lo scopo di estendere l'ambito della Convenzione prevedendo la protezione fisica del materiale nucleare usato per scopi pacifici durante l'utilizzo, immagazzinamento e trasporto nonché la prevenzione e la punizione dei reati riguardanti detto materiale e relativi impianti. Concludo. Gli Stati contraenti hanno l'obbligo di elaborare e attuare misure volte a garantire in modo efficace l'attuazione della Convenzione per prevenire in particolare il furto o la sparizione di materie nucleari di cui sono responsabili così come il sabotaggio degli impianti nucleari che si trovano sul loro territorio. Gli Stati parte sono interamente responsabili...

  PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole.

  MICHAELA BIANCOFIORE....dell'elaborazione, dell'applicazione e della manutenzione di un sistema di protezione fisica sul proprio territorio. È dunque necessario, onorevoli colleghi, procedere quanto prima alla ratifica della Convenzione all'esame di quest'Aula oggi.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Del Grosso. Ne ha facoltà.

  DANIELE DEL GROSSO. Signor Presidente, occuperò soltanto qualche minuto del tempo a mia disposizione perché preannuncio già il nostro voto favorevole e questa è la dimostrazione che il MoVimento 5 Stelle sui buoni progetti collabora sempre, non è vero che vi diciamo sempre di no, pertanto vi preghiamo di ascoltarci anche in altre occasioni, su provvedimenti più importanti. Avete visto che siamo stati noi molto spesso a chiedere l'approvazione di queste ratifiche, a velocizzarle perché alcune ratifiche addirittura hanno la mia età. Pertanto chiediamo di velocizzare i lavori da questo punto di vista in Aula e di ascoltarci quando è necessario, dopodiché siamo riusciti a collaborare su questa ratifica, abbiamo chiesto in Commissione giustizia di inasprire le pene sui reati che riguardano i materiali nucleari e ci siamo riusciti. Non ci siamo riusciti così come avremmo voluto ma comunque abbiamo inasprito le pene. Certo, magari la Boldrini con noi riesce a fare di più quando contestiamo qualcosa in Aula, però siamo riusciti a fare qualcosa su questa ratifica. Pertanto preannuncio il nostro voto favorevole e vi prego di prestare soltanto un minuto per una questione. Per quanto riguarda i materiali nucleari purtroppo nel corso di alcuni decenni non sappiamo con precisione quanti ne siano stati sepolti lungo i fiumi e capita nella mia zona, sul mio territorio per esempio, dove lungo il fiume Pescara molto probabilmente qualche decennio fa del materiale nucleare è stato nascosto lungo il fiume.
  Certo è che, poi, nel corso degli anni, qualche leucemia viene fuori, guarda caso, e non è che succeda casualmente; succede perché qualcuno va a mettere qualche materiale nucleare o tossico sotto i terreni. Questa ratifica non risolve il problema, ma è uno spunto, in realtà, e serviva all'Italia per allinearsi a quella che è l'Europa oggi da questo punto di vista, tanto che siamo stati gli ultimi a ratificare questo progetto. Oggi, siamo qui a chiedervi anche attenzione a tutti quei siti che sono inquinati, contaminati da materiale nucleare, e di fare qualcosa per bonificarli, perché questo crea morte.
  Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo della mia dichiarazione di voto (La Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rostan. Ne ha facoltà.

  MICHELA ROSTAN. Grazie, Presidente. Votiamo oggi il provvedimento attraverso Pag. 61il quale quest'Aula, nell'ambito delle sue prerogative in materia di politica estera e di diritto internazionale, provvederà ad autorizzare la ratifica degli emendamenti alla Convenzione sulla protezione fisica dei materiali nucleari. Una Convenzione, quella di Vienna, che proprio oggi compie trentacinque anni dalla data di approvazione, avvenuta nel lontano 1980. Oltre a questa importante ratifica sarà dato un decisivo imprimatur ad altre norme, che consentiranno l'adeguamento del nostro ordinamento nazionale al contenuto degli emendamenti. La Convenzione, firmata a Vienna e a New York, è l'unico strumento internazionale vincolante sulla protezione fisica del materiale nucleare e fissa misure relative alla prevenzione, alla detenzione e alla sanzione delle violazioni in tale campo. Gli emendamenti furono approvati da una Conferenza diplomatica, convocata nel luglio 2005, allo scopo di modificare la Convenzione e rafforzarne le disposizioni. Una necessità via, via, più sentita, dopo gli avvenimenti dell'11 settembre 2001, ed, in generale, allorquando, da quella data, l'intero pianeta si è risvegliato bruscamente nella paura collettiva generata dai fondamentalismi e dagli estremismi di varia natura, oltre che dal timore costante di possibili conseguenze disastrose e di catastrofi nucleari. Gli emendamenti hanno lo scopo di estendere l'ambito della Convenzione, prevedendo la protezione fisica del materiale nucleare usato per scopi pacifici, durante l'utilizzo, l'immagazzinamento e il trasporto, nonché la prevenzione e la punizione dei reati riguardanti detto materiale ed i relativi impianti.
  Per includere nella protezione, oltre alle materie, anche le installazioni nucleari, è stato, innanzitutto, modificato il titolo della Convenzione ed è stato aggiunto all'articolo 1, che contiene le definizioni, anche quella di installazione nucleare. È stata poi introdotta la definizione di sabotaggio. Gli Stati contraenti hanno l'obbligo di elaborare ed attuare misure volte a garantire, in modo efficace, l'attuazione della Convenzione per prevenire, in particolare, il furto o la sparizione delle materie nucleari, di cui sono responsabili, così come il sabotaggio degli impianti nucleari che si trovano sul loro territorio. Viene naturalmente prevista la cooperazione tra gli Stati in caso di furto o sabotaggio, di rischio di gestione illecita di materiale, da manifestarsi sotto forma di scambio di informazioni, con la garanzia della riservatezza delle stesse in rapporto a terzi.
  Tra i contenuti principali degli emendamenti, ricordiamo l'individuazione delle autorità competenti in materia, ovvero i Ministeri degli esteri, dell'interno, dello sviluppo economico e dell'ambiente, i compiti dell'ISPRA, in merito all'attuazione dei controlli da effettuare, e ancora, l'assegnazione al Ministero dell'interno del compito di definire gli scenari di riferimento della minaccia alle materie e alle installazioni nucleari, al fine di predisporre i piani di protezione fisica, la necessità per l'esercente di installazioni nucleari di ottenere un'autorizzazione nulla osta per la protezione fisica passiva delle materie delle installazioni nucleari. Ricordiamo, inoltre, l'articolo 8 del disegno di legge che introduce una nuova fattispecie penale e attribuisce la relativa competenza al tribunale in composizione collegiale. Si tratta del nuovo delitto di attentato alla sicurezza delle installazioni nucleari e lo punisce con la reclusione da due a sei anni. La nuova fattispecie è inserita all'articolo 433-bis, ovvero subito dopo l'articolo 433 del codice penale che, tra i delitti di comune pericolo mediante violenza, punisce con la reclusione da uno a cinque anni gli attentati alla sicurezza degli impianti di energia elettrica e del gas ovvero delle pubbliche comunicazioni. L'articolo 9 riguarda l'inosservanza del contenuto delle autorizzazioni. Il comma 1 prevede che l'ISPRA, in caso di inosservanza delle disposizioni contenute nelle autorizzazioni, formuli specifiche prescrizioni per il ripristino delle condizioni previste nelle autorizzazioni medesime e comunichi con tempestività al Ministero dello sviluppo economico, al Ministero Pag. 62dell'interno e al Ministero dell'ambiente, le infrazioni riscontrate e le prescrizioni impartite.
  Gli articoli 10 e 11 del disegno di legge sanzionano, tanto con previsione di illeciti penali quanto di illeciti amministrativi, l'uso non autorizzato di materiale nucleare con le conseguenze che ciò può provocare nell'uomo e nell'ambiente.
  Questo in estrema sintesi il provvedimento che oggi l'Aula è impegnata ad esaminare e, come auspico, a votare con ampio consenso. Siamo di fronte ad un pacchetto normativo il cui scopo è quello di adeguare il nostro ordinamento a quanto in materia previsto dal diritto internazionale e dalla Convenzione sulla protezione fisica dei materiali nucleari del 3 marzo 1980. Siamo innanzi ad un provvedimento che costituisce, a mio avviso, quasi un atto dovuto da questo Parlamento ai nostri concittadini ed alla comunità internazionale; un provvedimento la cui importanza strategica emerge con tutta evidenza anche in virtù della complessità dell'attuale momento storico che sta attraversando l'Europa, delle criticità e della profonda instabilità in cui versano molti Paesi che affacciano sul Mediterraneo orientale e meridionale e della conseguente necessità di elevare il livello generale di attenzione da parte della comunità internazionale alle problematiche connesse direttamente o indirettamente alla gestione di materiale nucleare.
  Per queste ragioni, preannunzio il voto favorevole del Partito Democratico ai fini dell'approvazione del testo di legge n. 2124, così come licenziato dalle Commissioni competenti.

  PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.

(Coordinamento formale – A.C. 2124-A)

  PRESIDENTE. Se non vi sono obiezioni, la Presidenza si intende autorizzata al coordinamento formale del testo approvato.
  (Così rimane stabilito).

(Votazione finale ed approvazione – A.C. 2124-A)

  PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.
  Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul disegno di legge di ratifica n. 2124-A, di cui si è testé concluso l'esame.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Tidei... Abbiamo votato tutti ?
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

  «Ratifica ed esecuzione degli Emendamenti alla Convenzione sulla protezione fisica dei materiali nucleari del 3 marzo 1980, adottati a Vienna l'8 luglio 2005, e norme di adeguamento dell'ordinamento interno» (2124-A):

   Presenti e votanti  413   
   Maggioranza  207   
    Hanno votato  413).    
  (La Camera approva – Vedi votazioni).

  (I deputati Marcon e Covello hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole).

Seguito della discussione delle mozioni Grande ed altri n. 1-00383, Zaratti ed altri n. 1-00708, Tidei ed altri n. 1-00712 e Piso ed altri n. 1-00750 concernenti iniziative relative all'impatto ambientale della centrale termoelettrica a carbone di Civitavecchia (ore 15,47).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione delle mozioni Grande ed altri n. 1-00383 (Nuova formulazione), Zaratti ed altri n. 1-00708, Tidei ed altri n. 1-00712 e Piso ed altri n. 1-00750, concernenti iniziative relative Pag. 63all'impatto ambientale della centrale termoelettrica a carbone di Civitavecchia (Vedi l'allegato A – Mozioni).
  Avverto che, dopo la conclusione della discussione sulle linee generali, che ha avuto luogo nella seduta di venerdì 16 gennaio 2015, è stata presentata la mozione Piso ed altri n. 1-00750, che è già stata iscritta all'ordine del giorno (Vedi l'allegato A – Mozioni).
  Avverto, altresì, che, in data odierna, sono state presentate le mozioni Rampelli ed altri n. 1-00753 e Matarrese ed altri n. 1-00754. I relativi testi sono in distribuzione (Vedi l'allegato A – Mozioni).
  Avverto infine che, in data odierna, la mozione Tidei ed altri n. 1-00712 è stata sottoscritta anche dai deputati Gigli e Fauttilli che, con il consenso degli altri sottoscrittori, ne diventano rispettivamente il secondo e il tredicesimo firmatario.

(Parere del Governo)

  PRESIDENTE. Invito il rappresentante del Governo ad intervenire, esprimendo il parere sulle mozioni presentate.

  SILVIA VELO, Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare. Signor Presidente, il Governo esprime parere contrario sulla mozione Grande ed altri n. 1-00383 (Nuova formulazione).
  Per quanto riguarda la mozione Zaratti ed altri n. 1-00708, vado per ordine rispetto agli impegni: sul primo capoverso del dispositivo il parere non è contrario; sul secondo capoverso il parere è contrario; sul terzo capoverso il parere è favorevole; sul quarto capoverso il parere è contrario; sul quinto capoverso il parere è favorevole, se riformulato come segue: «a mettere in atto tutte le iniziative di competenza, al fine di garantire la tutela della sicurezza dei lavoratori delle centrali»; sul sesto capoverso il parere è contrario.
  Il Governo esprime parere favorevole sulla mozioni Tidei ed altri n. 1-00712 nonché sul primo e secondo capoverso del dispositivo della mozione Piso ed altri n. 1-00750. Per quanto riguarda la mozione Rampelli ed altri n. 1-00753, il Governo esprime parere favorevole sul primo e sul secondo capoverso del dispositivo mentre esprime parere contrario sul terzo capoverso. Il Governo esprime parere favorevole sulla mozione Matarrese ed altri n. 1-00754.

(Dichiarazioni di voto)

  PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rampelli. Ne ha facoltà.

  FABIO RAMPELLI. Signor Presidente, colleghi deputati, rappresentanti del Governo, anche se non credo che sia il luogo più idoneo e il contesto migliore per approfondire una materia che ha una ricaduta territoriale importante e anche delle tecnicalità altrettanto importanti e particolari, ritengo comunque sia importante tentare di dare un indirizzo al Governo nel suo rapporto con l'ENEL per quel che attiene alla gestione della centrale elettrica che prima era, qualche anno fa, ad olio combustibile e poi è stata trasformata a carbone. Si dice «carbone pulito», ammesso e non concesso – cosa su cui nutriamo più di qualche dubbio – che quello che viene trasformato possa essere cancellato, distrutto. Se c’è un processo di combustione, per quanto un materiale possa essere definito pulito, questo processo trasforma una materia e nella fattispecie la trasformazione prevede l'emissione di nanoparticelle, che magari saranno meno nocive rispetto a quelle che fuoriuscivano a Civitavecchia dalla vecchia centrale a olio combustibile, ma comunque certo non possono dirsi sconfitti l'inquinamento atmosferico, lo smog e i conseguenti danni alla salute dei cittadini che respirano i gas residui fuoriusciti dalla produzione di energia elettrica.
  Va detto che tutti i monitoraggi di cui disponiamo fin qui hanno dimostrato e dimostrano che non ci sono enormi differenze Pag. 64tra i dati relativi alla media della popolazione nazionale e i dati che riguardano la popolazione di Civitavecchia e soprattutto quella del territorio intorno a Civitavecchia. Mi riferisco ovviamente alle malattie respiratorie e alle malattie cardiovascolari. Quindi, da un punto di vista scientifico, non ci sarebbero evidenze tali da dimostrare effettivamente, all'atto della trasformazione di questa centrale, un danno per la salute dei cittadini.
  Io penso – abbiamo tentato di farlo scrivendo una mozione come Fratelli d'Italia – Alleanza Nazionale – che sarebbe stato utile approfondire un tema, oltre a quello del diritto alla salute e quindi alla tutela del diritto alla salute dei cittadini di quella zona. Oltre alla tutela della capacità economica ed occupazionale, sarebbe stato utile cercare di capire come un territorio possa diversificare la propria offerta economica. Abbiamo ragionato con gli uffici. Infatti, una parte della mozione che noi avevamo elaborato prevedeva un tentativo di diversificazione degli investimenti e delle caratteristiche fondamentali di quel comparto territoriale.
  In modo particolare, c’è una questione in sospeso che riguarda il Governo, magari non i Ministri presenti oggi qui, ma comunque è una questione centrale e, cioè, quella della realizzazione della piattaforma logistica che potenzia fortemente l'autorità portuale di Civitavecchia e consente di far diventare questa zona una zona strategica per quello che attiene alla possibilità di declassificare le merci provenienti dall'Asia per poi essere trasportate, attraverso, appunto, questo hub, verso l'Italia del nord, l'Europa centrale e l'Europa settentrionale. Ci dicono, però, che questa materia, per ragioni misteriose, ovvero per ragioni comprensibili, ma altrettanto misteriose, non possa essere trattata in questa mozione perché il titolo della stessa riguarda solo e soltanto le questioni di carattere ambientale e sanitario e, quindi, non possiamo far votare, ma comunque possiamo esprimerci al riguardo, un elemento che sarebbe estremamente qualificante perché consentirebbe alla popolazione di quel territorio di sviluppare altre filiere economiche e, quindi, di non dipendere esclusivamente o quasi esclusivamente dalla capacità occupazionale offerta dalla centrale dell'ENEL. Questo elemento è un elemento che è nel dibattito; noi l'abbiamo comunque introdotto e mantenuto nelle premesse della nostra mozione come Fratelli d'Italia, ma non l'abbiamo potuto confermare all'interno degli impegni. Ma penso che questa debba essere la cornice perché, quando si fa una discussione, ancorché quella discussione possa apparire puntuale, addirittura puntiforme, cioè limitata a un territorio molto circoscritto, bisogna comunque avere una strategia. L'individuazione dell'obiettivo strategico è quella possibilità, quell'elemento che comunque nobilita una discussione e offre una prospettiva, dà un orizzonte a un territorio. Questo orizzonte oggi non c’è. Oggi siamo chiamati ad esprimerci soltanto sulle questioni di natura ambientale e sanitaria e io, da questo punto di vista, concludendo, vorrei dire che il lavoro che dobbiamo garantire come pubblica amministrazione – lo deve fare lo Stato, soprattutto nei confronti dell'ENEL – è quello della pubblicità nel monitoraggio dei dati sulla qualità dell'aria a Civitavecchia e nei comuni contermini; una pubblicità assoluta che comunque è necessaria anche relativamente ai dati sanitari, quindi con riferimento all'incidenza di malattie respiratorie o addirittura circa la degenerazione in patologie oncologiche, sia per l'apparato respiratorio, sia per la tiroide, come abbiamo potuto constatare anche dalla mobilitazione dei cittadini, dalla presenza fattiva di tanti comitati che, ovviamente, non hanno la stessa capacità di accedere a risorse e a dati in maniera puntuale come magari può fare l'Osservatorio che è stato costituito anni fa, anche su iniziativa dell'ENEL. L'ENEL stessa ha la possibilità di accedere a dati che i cittadini fanno fatica a reperire. Quindi, come in tutte le democrazie più evolute, la questione fondamentale di fronte alla quale vanno messi i cittadini, giustamente preoccupati quando un complesso industriale viene collocato o viene trasformato nella propria Pag. 65zona, è quella appunto dell'informazione. Ci deve essere una circolazione virtuosa di informazioni; ci deve essere un'evidenza pubblica; ci deve essere il confronto costante, nella fattispecie tra l'ENEL, l'amministrazione pubblica e i comitati dei cittadini. L'ENEL produce energia e ci deve dire, per filo e per segno, quello che fa e a quali costi, da un punto di vista ambientale e sanitario, queste operazioni vengono fatte. L'amministrazione pubblica si deve far carico dei dati di ENEL e li deve interfacciare, garantendo la sua funzione di sintesi, tra chi ha degli interessi e matura dei profitti e i cittadini utenti. E, poi, il terzo soggetto appunto sono i cittadini, sia nel caso in cui, come nella città di Civitavecchia, siano organizzati in comitati (ricordo che Civitavecchia ha celebrato qualche anno fa un referendum proprio sulla trasformazione della centrale di Torrevaldaliga Nord), sia nel caso, invece, si tratti...

  PRESIDENTE. Scusi, onorevole Rampelli. Gentilmente bisogna che il Governo sia in condizione di ascoltare l'onorevole Rampelli, grazie. Prego, onorevole Rampelli.

  FABIO RAMPELLI. ...semplicemente di cittadini senza che ci sia il bisogno di mobilitarsi per vedere rispettati dei propri diritti, tra cui i diritti inalienabili come il diritto alla salute e alla tutela dell'ambiente.
  Noi nella nostra mozione, quindi, cerchiamo di mettere insieme queste esigenze: da un lato, il diritto all'occupazione che è un diritto importante soprattutto per la fase di crisi e, dall'altro, il diritto alla salute e il diritto alla tutela ambientale. Abbiamo lasciato invece – concludo davvero – nella parte delle premesse – ma non senza rinunciare a stimolare il Governo da questo punto di vista ad essere deciso nell'intraprendere una qualunque direzione – il riferimento alla piattaforma logistica che deve essere realizzata in qualunque porto d'Italia e che noi riteniamo possa ben collimarsi con le esigenze del porto di Civitavecchia: è ferma, misteriosamente ferma, non viene assegnata a nessuno e questo rappresenta un danno economico incalcolabile per l'Italia e rappresenta anche un danno importante per quello che pare essere l’hub più coerente con le caratteristiche che sono state fin qui descritte. Questa è la ragione per la quale ovviamente noi voteremo contro alcune mozioni – adesso non sto qui a fare tutto l'elenco – e invitiamo a votare a favore della nostra mozione perché il terzo impegno che noi abbiamo introdotto...

  PRESIDENTE. Concluda.

  FABIO RAMPELLI. ... e che il Governo ci chiede di accantonare, mentre per noi è fondamentale. Quindi noi ci aspettiamo che il Governo lo accolga anche perché non è perentorio, non è prescrittivo, è un invito a prendere eventualmente in considerazione l'ipotesi del risarcimento verso il territorio.

  PRESIDENTE. Grazie. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gigli. Ne ha facoltà.

  GIAN LUIGI GIGLI. Signor Presidente, credo che il tema dell'inquinamento sia uno di quei temi per i quali certamente la nostra sensibilità viene sollecitata e non solo perché esso tocca il dato fondamentale in cui tutti noi siamo immersi cioè l'ambiente in cui viviamo, ma anche perché esso ha a che fare certamente con il rispetto della nostra salute e, quindi, chiama in causa la nostra sensibilità, la nostra attenzione in modo del tutto particolare. Ora è indubbio che tutta una serie di sostanze inquinanti comprese molte di quelle emesse dalle centrali termoelettriche a carbone come quella di Civitavecchia impattano negativamente sia con la nostra salute sia con l'ambiente. Mi riferisco certamente ad alcune sostanze su cui l'attenzione grava da tempo come il biossido di zolfo, come il monossido di carbonio, come la diossina ma anche a sostanze verso le quali l'attenzione si è sviluppata più recentemente come le microparticelle: tutte sostanze che comunque Pag. 66possono certamente avere a che fare sia con lo sviluppo di neoplasie sia con patologie respiratorie croniche. E, ciò detto, tuttavia va anche detto che non bisogna fare allarmismi gratuiti. Non bisogna fare allarmismi gratuiti sia perché alcune di queste sostanze sono classificate comunque nell'ambito dei potenziali cancerogeni ma, al pari di cose di cui ognuno di noi si serve ogni giorno come, ad esempio, la caffeina che beviamo qui accanto al bar e soprattutto perché, prima di gettare l'allarme appunto, bisogna essere certi non solo del dato epidemiologico cioè di una prevalenza di malattie in un determinato territorio e inconfutabilmente superiori alla norma ma bisogna anche essere certi del rapporto tra causa ed effetto. Ora, da questo punto di vista purtroppo, come accennava qualcuno precedentemente, i comitati cittadini che pure costituiscono un elemento importante di sensibilità della popolazione e che hanno a che fare comunque con la vita democratica, certamente possono sì stimolare l'attenzione per determinati temi ma non possono altrettanto indiscutibilmente pretendere di avere una parola definitiva al di là di quelli che sono i dati poi di realtà. Ricordo alcuni anni addietro tutta la polemica sull'inquinamento da onde elettromagnetiche della quale ebbi peraltro ad occuparmi direttamente. Ero allora in Consiglio superiore di sanità e fu proprio il Consiglio superiore di sanità che dovette autorevolmente smentire quello che era dato come un assioma da molti comitati locali.
  Allora, per quanto riguarda il problema di Civitavecchia, ancora una volta ci troviamo a mettere insieme esigenze che debbono riuscire di integrarsi, come quelle della salute, quelle dell'ambiente e come sono anche quelle, però, della produzione e del lavoro. Nel caso specifico, poi, ci troviamo anche ad impattare con un problema, che è quello dell'approvvigionamento energetico verso il quale il nostro Paese troppe volte ha assunto un atteggiamento di negazione a trecentosessanta gradi che finisce per essere assolutamente contraddittorio. Credo che, se abbiamo presente tutto questo, dobbiamo dire con chiarezza che l'autorizzazione integrata ambientale del 2013 certamente costituisce già un enorme passo avanti, un enorme miglioramento, perché, voglio ricordarlo, vincola la centrale di Civitavecchia a ridurre sensibilmente, tra il 30 ed il 50 per cento, i limiti orari degli ossidi di azoto e del biossido di zolfo, interviene sui limiti che hanno a che fare con le emissioni massime, riducendo quelle delle polveri e del biossido di zolfo, e introduce un limite massimo, per quanto non soddisfacente, alla stessa emissione di monossido di carbonio. Dicevo «per quanto non soddisfacente», perché certamente esso, rispetto al decreto di autorizzazione, è certamente superiore, come limite, in questo caso, a quelle che sono le best available techniques, che hanno a che fare appunto con questa materia. Eppure, nonostante questo limite, essa costituisce un oggettivo miglioramento rispetto a una situazione preesistente, rispetto alla quale certamente dobbiamo avere attenzione per possibili ulteriori miglioramenti; ma assolutamente, tenendo presente soprattutto i dati di oggi, con riferimento, per esempio, al decreto legislativo n. 155 del 2010 – i dati di Civitavecchia non sono peraltro sconfinanti granché da quello che questo decreto prevede, forse lo sono solo per l'ozono –, dobbiamo riuscire a orientare certamente il sistema verso un miglioramento, ma farlo senza demagogia e soprattutto senza mettere in condizione il sistema di dover arrivare a chiudere. Io credo che la mozione presentata dall'onorevole Tidei, che abbiamo volentieri sottoscritto e nella quale viene previsto comunque il rispetto dei valori attualmente indicati e viene data anche l'indicazione al Governo affinché si assuma l'impegno di riesaminare l'autorizzazione integrata ambientale alla luce delle migliori tecniche disponibili e alla luce del documento di riferimento europeo che verrà prodotto entro quest'anno, possa costituire la base per un segnale di attenzione alla salute dei cittadini, di rispetto dell'ambiente e di rispetto, al tempo stesso, delle esigenze della produzione, del lavoro e dell'approvvigionamento Pag. 67energetico, in modo tale che la politica possa trovare per tutte queste esigenze una modalità di contemperazione. Mi permetto di aggiungere solo un invito, un invito che penso comunque sia già sotto l'attenzione delle autorità sanitarie ma che il Governo potrebbe in qualche modo anche rinforzare, cioè l'invito a che il registro delle neoplasie in particolare e, più in generale, delle malattie anche respiratorie, che la regione ha previsto per il territorio di Civitavecchia e dei comuni limitrofi possa continuare ad essere aggiornato con estrema precisione, affinché gli eventuali elementi di sospetto, che per ora non sono più che tali, possano eventualmente trovare conferma, a tutela della salute dei lavoratori e della popolazione e a tutela anche, più in generale, dell'ambiente.
  Io credo che solo sulla base di questi dati, che mi auguro le autorità sanitarie vorranno non solo monitorare, ma vorranno soprattutto produrre con tempestività e trasparenza all'attenzione di tutta la popolazione, i politici da un lato e gli stake holder, cioè le forze che a livello cittadino organizzatesi in comitati e in associazioni tengono giustamente sott'occhio il problema, potranno arrivare...

  PRESIDENTE. Scusi, onorevole Gigli. Onorevole Bianchi ? Onorevole Bianchi ! Grazie. Molto gentile, grazie.

  GIAN LUIGI GIGLI. ... ad una più precisa decisione in materia, oltre quella che, ripeto, auspichiamo di un adeguamento dell'autorizzazione integrata ambientale. Per questo noi voteremo convintamente la mozione Tidei, e per questo voteremo anche a favore delle altre mozioni nelle parti in cui il Governo ha dato la sua approvazione.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Allasia, se l'onorevole Prataviera consente. Ne ha facoltà.

  STEFANO ALLASIA. Signor Presidente, il G7 del maggio 2014 ha concluso i lavori con un documento sulla necessità di aumentare la sicurezza degli approvvigionamenti energetici, in un'ottica di sviluppo e modernizzazione delle reti infrastrutturali, e sul bisogno immediato di mettere a punto strategie per una maggior diversificazione ed un uso efficiente delle risorse energetiche. Tale documento da una parte sostiene l'impegno di tecnologia a bassa emissione di anidride carbonica (energie rinnovabili, nucleari nei Paesi che scelgono di utilizzarlo, non come l'Italia) e metodi di cattura e sequestro dell'anidride carbonica; e dall'altro riconosce comunque che i combustibili fossili rimangono ancora un elemento importante per il mix energetico europeo. In ogni caso il documento ritiene vitale per l'Europa e per ciascun Paese assicurare la diversificazione della mix energetico per non dover dipendere da ricatti dei singoli Paesi esportatori di risorse convenzionali e favorire la sicurezza dell'approvvigionamento.
  La diversificazione delle fonti energetiche è una delle questioni fondamentali collegate alla sicurezza energetica: gli impianti a carbone, grazie a bassi costi di produzione, riescono ad inserire nel mercato molto meglio degli impianti a gas. Nei primi mesi del 2013 in Germania la produzione di energia elettrica a carbone e lignite è aumentata di 8,7 terawatt/ora rispetto al 2012; i bassi prezzi di mercato dell'energie elettrica, che oscillano ormai intorno ai 40 euro a megawatt/ora stanno sostanzialmente mandando fuori mercato gli impianti a gas naturale. Possono quindi trovar spazio quegli impianti a carbone di nuova generazione, dotati di una certa flessibilità ed in grado di fornire quei servizi diretti indispensabili ad integrare la produzione rinnovabile dei 35,6 gigawatt fotovoltaici e 32,5 eolici attualmente installati in Germania.
  In Italia le centrali a carbone sono 13: per alcuni – associazioni ambientalistiche, più che altro – sono un ritorno al passato inutile e pericoloso; per altri – industriali ed associazioni delle imprese del settore – le 13 centrale a carbone italiane sono ancora poche, visto che la loro quota pesa solo per 12 per cento del mix energetico Pag. 68nazionale, contro una media mondiale del 40 e una europea intorno al 33. Il resto è costituito da un 60 per cento di produzione di energia da gas naturale, 8 da olio combustibile e 20 da fonti rinnovabili.
  La centrale di Civitavecchia è uno dei più moderni impianti dell'Europa e del mondo; tuttavia, la riconversione a carbone della centrale di Torrevaldaliga Nord (prima era ad olio combustibile) era stata realizzata per il forte dissenso della popolazione della città di Civitavecchia, del comprensorio e di molte associazioni ambientaliste, che hanno organizzato manifestazioni, presentando esposti e denunce: fino a tentare la strada, negata, del referendum, fino a giungere ad uno sciopero della fame collettivo durato per oltre 30 giorni. Tutto ciò ha causato una profonda lacerazione del tessuto sociale locale, contrapponendo lavoratori e cittadini, gli uni preoccupati per il posto di lavoro, gli altri per gli effetti della centrale sulla salute, già messa a dura prova dalla quinquennale presenza sul territorio di uno dei poli energetici più grandi d'Europa, che in pratica ha prodotto i dati epidemiologici citati nelle mozioni: perché chiaramente tali dati epidemiologici non sono causati dalla centrale a carbone che è in funzione con tre sezioni solo dal 2010, rispetto alle quattro esistenti.
  Si ripete, per l'ennesima volta, il dilemma tra tutela dell'ambiente e necessità energetica. È lampante la necessità di trovare un equilibrio per uno sviluppo sostenibile ambientalmente, che possa permettere al nostro Paese di esistere e di essere competitivo. È ovvio che non si possono chiudere tutti gli impianti, sospendere le trivellazioni e andare in retrocessione. È chiaro che dobbiamo puntare alla promozione delle energie rinnovabili. Ma nell'immediato occorre affrontare la realtà e garantire l'approvvigionamento energetico necessario per lo sviluppo economico del Paese.
  Dall'altra parte, l'AIA è uno strumento di controllo ambientale sul funzionamento degli impianti introdotto dalle direttive comunitarie che il nostro Paese ha recepito nel proprio ordinamento e sulla cui validità occorre credere. Altrimenti, cambiamo le norme e utilizziamo gli opportuni strumenti legislativi per farlo. Non si può ogni volta mettere in discussione la validità dell'AIA, a piacimento soprattutto, per ciascun impianto e chiederne la revisione (vedi, ad esempio, l'Ilva di Taranto).
  Per i motivi sopra esposti il gruppo della Lega Nord e Autonomie esprimerà voto di astensione su tutte le mozioni presentate (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Matarrese. Ne ha facoltà.

  SALVATORE MATARRESE. Signor Presidente, signor sottosegretario, onorevoli colleghi, ancora una volta siamo chiamati, con queste mozioni, a trovare un giusto equilibrio tra tutela della salute dei cittadini e produzione industriale e produzione di energia, in un contesto ancora più grave se si considerano le carenze che il sistema Italia ha dal punto di vista energetico, con il costo dell'energia che inficia notevolmente la competitività delle nostre imprese. Quindi, ancora oggi la scelta che siamo chiamati a fare è ancora più problematica e difficile, perché i dati del centro epidemiologico della regione Lazio evidenziano che negli ultimi dieci anni c’è sicuramente un incremento di malattie tumorali e di malattie che riguardano la pleura e i polmoni.
  Quindi, evidentemente nel contesto di Civitavecchia c’è una situazione di inquinamento, c’è una situazione pericolosa per la tutela della salute dei cittadini e credo che ciò sia importante e costituisca un po’ l'oggetto di tutte le mozioni individuare una giusta connessione tra la causa e l'effetto, perché sappiamo anche che Civitavecchia non è un centro marginale dal punto di vista industriale. Ha, sì, due centrali termoelettriche, ma anche una cospicua attività, e molto importante, della portualità, dove vengono trasferite e trasportate sostanze chimiche importanti ma anche prodotti petroliferi. Quindi, va valutato l'intero contesto di inquinamento Pag. 69della città di Civitavecchia e sicuramente va posta l'attenzione anche sulla centrale termoelettrica della centrale a carbone della quale ci stiamo occupando, considerando che il carbone rimane ancora oggi per il nostro Paese una risorsa a basso costo per produrre energia.
  In questo equilibrio che noi dobbiamo cercare va verificare tutta la scheda dei dati che riportano situazioni di pericolo. Vanno contestualizzate alle produzioni industriali, alle cause e agli effetti importanti e va considerato quanto incida effettivamente la centrale, con la sua attività, sul fattore comune di inquinamento del complesso di Civitavecchia. Questo è importante perché non possiamo assolutamente prendere decisioni e determinazioni a cuor leggero, inficiando ulteriormente il costo dell'energia. Dall'altra parte, però, non possiamo non tenere conto della primaria importanza di tutelare i cittadini e la salute delle popolazioni.
  Quindi, Scelta Civica per l'Italia preannunzia il voto favorevole su tutte le mozioni che sono state presentate e che hanno questo obiettivo, cioè di rivisitare l'AIA che è stata rilasciata recentemente, nell'ottica di valutare, con oggettività e con attenzione, i dati sull'inquinamento correlandoli ad un perfetto riferimento della causa e dell'effetto e di chi produce questo inquinamento, nei termini dannosi per la salute dell'uomo. Ma chiediamo anche che questo venga fatto per riportare la centrale nei migliori parametri di livello europeo, sia di normativa in essere sia di normativa che prossimamente la Comunità europea emanerà, affinché si possa essere certi che la produzione di energia avvenga nell'interesse del Paese ma anche nell'interesse e nella tutela dei cittadini e che la centrale di Civitavecchia possa essere, come tutte le altre centrali d'Italia, una garanzia per i cittadini per l'importanza che ha dal punto di vista industriale.
  Ma qui una meditazione, anche di più ampio respiro, va fatta sul piano industriale che questo Paese deve avere ai fini della produzione energetica, perché è evidente che ci sono dei siti più penalizzati. Civitavecchia ha due centrali, ma nella mia terra, la Puglia, Brindisi ne ha addirittura tre. Quindi, noi dobbiamo capire come si è arrivati a insediare e a concentrare tante centrali importanti per questo Paese, perché deve produrre energia, e, quindi, se non sia anche il caso di allargare l'orizzonte e dalle mozioni passare a provvedimenti più strutturali, perché la produzione industriale possa essere oggetto davvero di una programmazione in questo Paese, onde scongiurare situazioni gravi come quelle che abbiamo valutato stamattina con l'Ilva e che potrebbero nascere anche da questo tipo di centrali.
  Il pericolo è che tutte le centrali diventino oggetto di un'attenzione molto elevata e che possa poi andare a penalizzare non solo l'economia di questo Paese, ma anche la tutela dei cittadini. Quindi, le mozioni sono importanti nel concetto e nell'oggetto, ma la riflessione che, a nostro parere, deve essere fatta deve essere ben più larga, perché situazioni come quelle di Civitavecchia sono sparse sul nostro Paese, purtroppo in condizione anche di minore monitoraggio. Quindi, Scelta Civica conferma il voto favorevole su tutte le mozioni della maggioranza di Governo, in particolare su quelle a prima firma Tidei e Piso (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pellegrino. Ne ha facoltà.

  SERENA PELLEGRINO. Signor Presidente, sentendo gli interventi dei colleghi che mi hanno preceduto possiamo dire senza nessun dubbio, perché siamo tutti concordi, che l'uso del carbone è una delle maggiori fonti di inquinamento a livello globale, con gravi impatti sulla salute di persone, organismi viventi ed ecosistemi. Dai processi di combustione del carbone si liberano numerose sostanze tossiche, alcune bioaccumulabili, altre cancerogene. Tra tutti i combustibili fossili sicuramente il carbone è quello che, bruciando, rilascia le maggiori quantità d'inquinanti. Un'ampia letteratura scientifica dimostra come dalla combustione del carbone si liberino Pag. 70sostanze che impattano in modo pesante sulla salute delle persone provocando, al contempo, pesanti danni economici e sanitari che, se correttamente internalizzati nei costi energetici, metterebbero fuori mercato questo combustibile.
  Attualmente in Italia sono in funzione tredici centrali a carbone, di diversa potenza installata e differente tecnologia impiegata: tre in Liguria, una in Lombardia, due in Veneto, una in Friuli Venezia Giulia, due in Sardegna, una nel Lazio, una in Umbria, due in Puglia. La città di Civitavecchia, fin dai primi anni Sessanta, è stata un polo che ha visto la realizzazione di tre diverse centrali termoelettriche, una con una concentrazione di emissioni che ha portato ad un pesantissimo impatto sulla salute dei cittadini di quella città e di tutta l'area del nord del Lazio e anche oltre.
  Già nei primi anni del 2000 l'ENEL presentò per Civitavecchia un progetto di riconversione della centrali da olio combustibile a carbone e, nel dicembre del 2003, il cosiddetto decreto VIA autorizzò l'ENEL a questa riconversione. Invece di puntare a uno sviluppo ecosostenibile, volto a una decisa strategia industriale, che portasse all'uscita dal carbone per la produzione di energia, si decise la riconversione a carbone dell'impianto di Civitavecchia. Un devastante passo indietro sia dal punto di vista delle tecnologie sostenibili sia dal punto di vista ambientale e della salute dei cittadini. Altissime sono le esternalità negative, ossia gli extracosti sanitari ed ambientali prodotti dalla centrale di Civitavecchia. Ma forse per qualcuno questi non sono costi. Infatti, tutti i dati relativi alla salute pubblica nel comprensorio di Civitavecchia sono semplicemente spaventosi. Tutti gli studi epidemiologici dai primi anni Novanta ad oggi dimostrano la gravità della situazione. Ne cito solo uno: quello condotto dal Dipartimento di epidemiologia della regione Lazio, relativo al periodo 2006-2010, che fa emergere dei dati allarmanti: «A Civitavecchia il tasso di mortalità causato da tumori al polmone e alla pleura è il 30 per cento più alto rispetto al resto della regione Lazio». Proprio per la grave situazione di allarme per la salute pubblica l'azienda sanitaria locale, nel mese di maggio 2013, ha deliberato l'istituzione del registro dei tumori. Purtroppo, però, nel marzo 2013, il Ministero dell'ambiente ha rinnovato l'AIA dell'impianto di Torrevaldaliga nord, consentendo di aumentare le ore di funzionamento e le quantità di emissioni rispetto alle autorizzazioni risalenti al 2003, e aggravando ulteriormente la già precaria situazione ambientale e sanitaria. Inoltre, nonostante sia stato registrato un complessivo peggioramento delle condizioni di esercizio della centrale, l'AIA del 2013 autorizza l'utilizzo di carbone con un tenore di zolfo inferiore all'1 per cento anziché allo 0,3. Il consumo di carbone è passato da 3 milioni 600 mila a 4 milioni 500 mila tonnellate l'anno e le ore di funzionamento sono passate da 6 mila a 7 mila 500 l'anno.
  Peraltro, con l'aumento delle ore di funzionamento degli impianti si mette ulteriormente a rischio la sicurezza stessa degli impianti, e quindi dei lavoratori, Presidente, perché, diminuendo le ore di fermo impianti, vengono inevitabilmente ridotti i tempi destinati alla manutenzione e alla qualità. La sicurezza dei lavoratori e quella ambientale, Presidente, è un valore imprescindibile !
  Anche sul piano occupazionale persistono molte criticità: dal 20 marzo Enel ha ridimensionato tutte le lavorazioni non indispensabili per il normale esercizio dell'impianto, ma di vitale importanza per l'imprenditoria locale. Con la nostra mozione, chiediamo prioritariamente che venga riaperta la conferenza dei servizi sull'AIA della centrale di Torrevaldaliga nord, per giungere a un ridimensionamento delle condizioni di esercizio e a una diminuzione delle ore di lavorazione dell'impianto, e, soprattutto, delle quantità annue di carbone da bruciare e della qualità del carbone stesso in relazione al tenore di zolfo.
  Soprattutto, chiediamo che si metta in campo, finalmente, un «percorso di uscita», che porti nel 2020 alla chiusura del medesimo impianto. È necessario, inoltre, Pag. 71un impegno affinché nel territorio di Civitavecchia venga scartata ogni ipotesi di nuova realizzazione e/o utilizzo degli esistenti impianti per la produzione di energia elettrica di termovalorizzazione e ossidazione termica di qualsiasi sostanza, compresi il combustibile da rifiuti e il combustibile solido secondario.
  I cittadini di Civitavecchia, come dei comuni limitrofi, fin da quando Enel cominciò a proporre l'idea della riconversione a carbone, si sono organizzati in molteplici comitati e associazioni volti ad impedire detta riconversione. Ed è per questo che chiediamo anche che venga garantita la piena partecipazione delle associazioni e delle comunità locali alle scelte decisionali inerenti l'attività degli impianti di Civitavecchia, in nome di quella partecipazione di cui tutti quanti si riempiono la bocca, per quanto riguarda le ricadute ambientali e sanitarie conseguenti alle medesime scelte.
  Il modello energetico fondato su grandi centrali e lo sfruttamento dei combustibili fossili, negli ultimi anni, è sostanzialmente entrato in crisi. Il tentativo di perpetrarlo attraverso impianti che usano il carbone, un combustibile vecchio, antistorico, legato alla rivoluzione industriale di due secoli fa, causa enormi problemi ambientali e sottopone la collettività a rischi e costi inammissibili e duraturi.
  È determinante che l'Italia sappia prendere la strada giusta, iniziando ad abbandonare tutti i progetti di nuovi impianti a carbone, pianificando la chiusura delle dannose centrali in esercizio e riconvertendo quegli impianti in centrali di produzione di energia da gas o, meglio, direttamente da fonti rinnovabili, come nel caso del solare termodinamico. La prospettiva di una decarbonizzazione della produzione di energia è tecnicamente fattibile, ambientalmente desiderabile, socialmente utile ed economicamente convincente.
  Il Governo attui l'obiettivo europeo «Carbonio Zero» attraverso una nuova Strategia Energetica Nazionale, in grado di perseguire gli obiettivi del protocollo di Kyoto e volta a favorire un sistema energetico fondato sul risparmio, sull'efficienza e sulle fonti rinnovabili, che si ponga l'obiettivo del 100 per cento di energia prodotta da fonti rinnovabili nel 2050.
  Presidente, che non siano soltanto slogan, questi ! Si avvii subito una politica industriale ed energetica per la riduzione progressiva dell'uso del carbone per la produzione di energia elettrica fino al suo completo abbandono. Si renda permanente un'indagine epidemiologica nazionale delle aree esposte a rischio d'inquinamento in cui sono insediate tutte le centrali a carbone, al fine di verificare l'effettiva incidenza dell'inquinamento prodotto da dette centrali sia all'ambiente che alla salute pubblica.
  Si vari un sistema di controlli rigoroso sull'inquinamento ambientale dei territori che subiscono le emissioni delle centrali a carbone. Non possiamo avere cittadini di serie A e cittadini di serie B ! Il nostro Paese deve finalmente definire una road map di decarbonizzazione che riguardi tutti i settori, dall'elettrico ai trasporti, dall'industria ai servizi, per perseguire convintamente, entro il 2050, l'obiettivo del «Carbonio Zero» (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Saluto gli alunni e i docenti della Scuola secondaria di primo grado «Alighieri-Tanzi» di Mola di Bari, in provincia di Bari, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Piso. Ne ha facoltà.

  VINCENZO PISO. Grazie, Presidente. Sottosegretario, onorevoli colleghi, il settore energetico costituisce un ambito fondamentale nella vita economica del Paese. Questo tema coinvolge diversi fattori: i costi (in Italia l'energia si paga al 20-30 per cento in più degli altri Paesi), la qualità del servizio alle persone e alle imprese, le influenze sul clima e sull'ambiente, nonché sulla salute e sulle vite delle persone. E, ultimo, ma non ultimo, un tema politico che da noi, in Italia, viene avvertito come particolarmente ostico, che è quello relativo all'indipendenza nazionale, perché una nazione che non ha la Pag. 72capacità di tendere quanto meno all'indipendenza energetica è una nazione, come dimostrano anche recenti avvenimenti che stiamo vivendo a livello internazionale, costantemente sotto ricatto.
  È necessario, per il nostro Paese, in relazione ai dati poc'anzi citati, l'adozione di una politica nazionale diretta a garantire prezzi accessibili per l'energia e sicurezza nell'approvvigionamento, ma, contestualmente, bisogna attivare tutti i possibili controlli a livello nazionale per comprendere il reale impatto delle centrali a carbone sulla salute dei cittadini, al fine di dare risposte certe agli stessi, senza creare allarme ed emergenza sociale. Peraltro, i dati che noi abbiamo rispetto a quest'area sono dati sicuramente, come dire, non in linea con i dati nazionali – mi riferisco alle patologie che, spesso e volentieri, vengono accostate a questo tipo di impianti – ma sicuramente non eccezionalmente alti.
  Questo non vuol dire abbassare la guardia rispetto ad una situazione che va seguita con particolare attenzione, e da questo anche le mozioni che un po’ tutti i Gruppi hanno presentato, ma avere anche la capacità di non affrontare questi problemi estremamente delicati con allarmismo, provocando allarmismo sociale. Infatti, il futuro energetico del Paese e i rischi connessi alle pratiche energetiche devono essere rimodulati secondo principi di sostenibilità e di tutela ambientale, nonché di salvaguardia della salute dei cittadini.
  Prima di affrontare il tema oggetto della mozione, occorre fare una considerazione di ordine generale: è meglio la strategia energetica nazionale, con l'obiettivo di una graduale diminuzione dell'utilizzo dei combustibili fossili, in funzione di una valorizzazione di un sistema energetico distributivo fondato sul risparmio energetico, tema, peraltro, sul quale in Italia una volta tanto non siamo messi malissimo. Devo dire che rispetto a questa pratica l'Italia ha fatto negli ultimi anni passi in avanti veramente molto, molto consistenti. È da ricordare che, il 22 gennaio 2014, la Commissione europea ha presentato il quadro per le politiche dell'energia e del clima per il periodo che va dal 2010 al 2030, contenente un pacchetto di proposte in materia di politica energetica e ambientale.
  In particolare, con la mozione che abbiamo presentato auspichiamo che il Governo intervenga attraverso un'azione volta ad intensificare il monitoraggio epidemiologico sulle possibili conseguenze delle emissioni della centrale a carbone di Civitavecchia. Ci si riferisce, infatti, all'impianto di Torrevaldaliga Nord che presenta dei punti meritevoli di approfondimento soprattutto per quanto riguarda la portata del suo impatto sulla popolazione e sul territorio e anche in considerazione del fatto che oggettivamente in quell'area noi abbiamo l'insistere di tutta una serie di attività che comunque stressano fortemente quel territorio da un punto di vista ambientale. Ritengo, pertanto, giusto e fondamentale che su questi impianti vengano fatti tutti i controlli sulle emissioni, oltre che un attento studio epidemiologico, sulla popolazione interessata. L'area di Civitavecchia, in particolare, è interessata da una complessa realtà industriale, che ha comportato un aggravio della situazione sanitaria locale coinvolgendo con particolare riferimento i lavoratori dell'area portuale, degli impianti delle centrali e dell'ex cementificio Italcementi.
  A proposito, il collegio peritale del tribunale di Civitavecchia che ha preso in esame le indagini tecniche sull'impianto di Torrevaldaliga Nord ha accertato come la situazione sanitaria a Civitavecchia appaia compromessa e come gli elementi disponibili per la valutazione dell'impatto del progetto sulla qualità dell'aria e della salute della popolazione non sono sufficienti per un giudizio di non nocività, date le carenze riscontrate nella procedura di impatto ambientale. È da ricordare inoltre che studi clinico-statistici condotti da équipe private nei primi anni del 2000, quali la Conti Curzia di Civitavecchia e gli studi epidemiologici del policlinico Gemelli di Roma nonché strutture pubbliche come l'Osservatorio epidemiologico della regione Lazio hanno evidenziato una nocività specifica Pag. 73respiratoria tumorale degenerativa in aumento nell’hinterland della zona di Civitavecchia, per cui sicuramente una situazione da non sottovalutare e da monitorare con attenzione. È quindi fondamentale procedere nella direzione di una ricerca epidemiologica sulle possibili conseguenze delle emissioni della centrale a carbone di Torrevaldaliga Nord per capire l'esatta portata dell'impatto che questa può avere sul territorio, a tutela della salute dei cittadini di quella zona ed è per questo che il gruppo di Area Popolare voterà a favore di tutte quelle mozioni – e parti di mozioni – che vanno in questa direzione e che sono state approvate dal Governo nazionale.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Palese. Ne ha facoltà.

  ROCCO PALESE. Signor Presidente, come al solito anche questo dibattito su questo mozioni sembra abbastanza suggestivo, noi abbiamo necessità per mantenere il Paese in vita di fornirci di energia e non abbiamo però fonti energetiche, non abbiamo petrolio, non abbiamo carbone, non abbiamo gas o perlomeno non ne abbiamo a sufficienza per il fabbisogno, sia domestico e sia industriale. Non solo, ci sarebbe pure la fonte delle energie alternative ma, ammesso e non concesso che fossero utilizzate al meglio, cosa che non accade nel Paese, saremmo nelle condizioni di utilizzarle sì e no per un terzo del fabbisogno necessario. Ciononostante diciamo no a tutto, diciamo no al nucleare, diciamo no al carbone, diciamo no ai rigassificatori, diciamo no addirittura alla situazione della TAP in Puglia, cioè per l'approdo del gasdotto, diciamo no a qualsiasi cosa e mi sembrano dei luoghi comuni. È fin troppo evidente che se io qui dicessi: «chi è contro la salvaguardia dell'ambiente alzi la mano», non la alzerebbe nessuno. «Chi è contro la salvaguardia del bene della salute alzi la mano», non la alzerebbe nessuno. Sta di fatto che bisogna cercare di trovare il giusto equilibrio nel contesto degli accorgimenti tecnologici ma anche della prevenzione. Per questo motivo tutto questo dibattito a me sembra estremamente velleitario, perché si fa ogni due mesi grosso modo, e noi ci asteniamo per questo motivo su tutte le mozioni presentate.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Grande. Ne ha facoltà.

  MARTA GRANDE. Signor Presidente, prima ancora di iniziare il mio intervento voglio premettere che non ho alcuna intenzione di entrare nel merito delle polemiche che hanno accompagnato l'iter della mozione che oggi siamo chiamati a votare, né mi interessa scendere su un terreno di scontro diverso da quello della politica, differentemente da altri che hanno preferito avvalersi di toni e contenuti totalmente estranei al tema in questione, cioè alla riapertura dell'AIA, oltre che alla forma che si conviene alla dialettica parlamentare. L'unico interesse mio e dei cittadini che mi onoro di rappresentare – tra l'altro alcuni oggi sono qui in Aula, sono venuti ad ascoltarci – è la tutela del territorio in cui viviamo e di conseguenza la nostra salute. Un territorio, Presidente, che per anni è stato devastato da scelte politiche scellerate e oggi si trova a far fronte a problemi la cui unica soluzione passa al momento per le decisioni di quest'Aula, per cui non è davvero mia volontà cogliere l'opportunità di sottolineare quanto paradossale sia il fatto che l'amministrazione che ha siglato quell'autorizzazione scellerata che oggi si chiede di ridiscutere fosse guidata allora dall'onorevole Pietro Tidei, già sindaco di Civitavecchia e padre della deputata firmataria di questa stessa mozione.
  Per nulla al mondo ci lasceremo trascinare su un terreno di scontro diverso da quello della politica, né concederemo ad alcuno la possibilità di insinuare che, per assenza di contenuti, vogliamo ridurre il dibattito ad un confronto individuale tra singoli rappresentanti del territorio, cosa che, anche volendo, non potrebbe accadere, almeno se si vuole partire dall'assunto Pag. 74che, nella città di Civitavecchia, gli elettori per primi, hanno punito conflitti di interesse e scelte autoreferenziali con una severissima bocciatura, tanto alle elezioni politiche quanto a quelle comunali (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  In questa sede, dicevo, l'unico nostro interesse riguarda la riapertura immediata della autorizzazione integrata ambientale e per primi noi, Presidente, con forza e realmente, ci siamo battuti per l'opportunità di promuovere un'azione vera ed incisiva sul tema della salute dei cittadini. Noi abbiamo portato in Aula questa mozione ed abbiamo contribuito a creare un dibattito reale convinti, come siamo, che il tema in questione può e deve varcare i confini territoriali e coinvolgere il Paese a tutti i livelli. Noi, per primi, abbiamo fatto tutto questo, altri dopo, e certamente non a caso, hanno seguito (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Abbiamo, come nostra consuetudine, condiviso il più possibile la mozione, nel chiaro intento di migliorarla, cercando di coinvolgere e di includere tanto i comitati, quanto i singoli individui, che, da anni, combattono coraggiosamente, contro l'arroganza dei potere forti, una lotta tutt'altro che alla pari. In tutto ciò, liberi da ogni intento demagogico, e senza alcuna malizia strategica, abbiamo teso la mano al PD affinché ne presentasse addirittura una propria, essendo sinceramente disposti a ritirare la nostra e a sottoscrivere la loro, qualora fosse andata nella direzione necessaria. Ma il PD non ha avuto, e di questo dobbiamo rammaricarci, il coraggio di scoperchiare, come si suol dire, il vaso di Pandora, pur conscio della grave situazione politica che nel feudo civitavecchiese, perché di feudo si tratta e realmente le dinamiche che interessano il territorio vanno sempre più assumendo i connotati degni del medioevo più oscuro, si registra da decenni ed in cui nessuno è interessato a sporcarsi le mani. Eppure, la politica continua a muoversi sul campo minato del disprezzo dei cittadini, senza minimamente preoccuparsi delle esigenze e delle opinioni della comunità che si rappresenta e ci si domanda, in aggiunta, perché un partito che, a livello locale, ignora sistematicamente la volontà e le esigenze di chi rappresenta, risulti non più credibile al punto di venire annientato da una forza politica come la nostra, per definizione antipolitica, sia pure nella accezione massimamente nobile che il termine è capace di assumere. Si lascia il campo alla solita strategia degna della peggiore prima Repubblica, abbassando il dibattito politico a livelli francamente sconcertanti; si usano i soliti artifizi retorici, si assiste alla messa in onda dello stesso identico film. Ci si impegna, per esempio, a continuare a sostenere, in ogni sede, l'obiettivo della costituzione di uno Stato palestinese, invece di limitarsi a riconoscerlo come tale, oppure si tenta di riesaminare il programma per vedere se si può dimezzare il budget degli F35, invece di dimezzarlo realmente (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Il più esplicito attacco, se così si può chiamare, rivolto alla nostra mozione riguardava l'invito a recarci in procura, se davvero le nostre accuse avessero avuto reale fondamento, quando, per primo, il legislatore dovrebbe sapere, e più che probabilmente sa, che, in base alle misure introdotte dal decreto legislativo n. 46 del 4 marzo 2014, si dispone la depenalizzazione anche per alcune violazioni delle prescrizioni dell'autorizzazione integrata ambientale. L'altra accusa degna di nota riguarda le oramai celebri 900 mila tonnellate di carbone bruciate ogni anno in più rispetto a quelle previste in precedenza, grazie all'AIA del 2013, contestate con veemenza, eppure reali, almeno se si vogliono considerare i 4,8 milioni di tonnellate di carbone già negate perché eccessive nel documento del 2003, mentre, con l'AIA nel 2013, si è passati comunque a 4,5. Anche questo supponiamo che il legislatore dovrebbe saperlo, e con ogni probabilità sa, così come tutto il territorio è tremendamente cosciente del fatto che a Civitavecchia si muore di cancro assai più che in altre parti d'Italia e che molte giovani vite sono state falciate e che nessuno di noi, per nessuna ragione al Pag. 75mondo, può più assumersi la responsabilità di girare la testa dall'altra parte, fingendo che le cose stiano diversamente. Giocare con la vita delle persone, insultare l'intelligenza e la dignità di coloro – e sono tanti, troppi ! – che sono stati colpiti direttamente o indirettamente dalla tragedia del cancro, che oggi ci ascoltano e che sperano si ridiscuta realmente quella convinzione scellerata senza demandarla al giorno del mai, nell'attesa di un documento europea che potrebbe – e sottolineo potrebbe – essere discusso tra quattro anni, è un'indecenza che nessun rappresentante del territorio dovrà mai più azzardarsi a commettere (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Per questi motivi, Presidente, voteremo a favore della mozione presentata da Sinistra Ecologia Libertà e contro quella del Partito Democratico, che non solamente a nostro avviso rappresenta un'autentica presa in giro. Il massimo che potevamo fare, noi, lo abbiamo fatto: l'abbiamo portata qui, come promesso, questa mozione. Solamente il voto che esprimerà il resto dei colleghi potrà fare il resto. Ad ognuno le proprie responsabilità (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) !

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Tidei. Ne ha facoltà.

  MARIETTA TIDEI. Grazie Presidente, io credo che sia molto positivo che si torni oggi a parlare in quest'Aula della drammatica situazione ambientale del territorio di Civitavecchia e dei comuni limitrofi.
  Il territorio di Civitavecchia, come è già stato detto precedentemente, ha pagato un tributo altissimo alla sicurezza del sistema elettrico nazionale in termini di vite umane. Abbiamo avuto per anni la presenza di tre centrali, di un centro chimico che ancora costituisce gas nervini, di un cementificio e di un grande porto, che ospita giornalmente navi da crociera, che sono delle vere e proprie città galleggianti e che emettono fumi senza nessun reale sistema di abbattimento delle emissioni.
  È proprio per la presenza di tutti questi fattori di pressione ambientale che il Governo deve guardare a quel territorio con maggiore attenzione. Infatti, la situazione legata alla pressione ambientale è sicuramente drammatica, come attestano diversi studi già citati in quest'Aula e soprattutto uno studio epidemiologico del servizio sanitario della regione Lazio, già citato, appunto, in quest'Aula.
  Con la nostra mozione il Partito Democratico chiede al Governo il riesame dell'autorizzazione integrata ambientale rilasciata nel 2013 per la centrale Enel di Torrevaldaliga nord alla luce del nuovo documento sulle best available technology, che dovrebbero uscire proprio quest'anno invece. Io non so se l'onorevole Grande abbia, per così dire, la palla di vetro per sapere che usciranno fra quattro anni. A me questo non risulta. Però, visto che quelli del MoVimento 5 Stelle sanno sempre tutto, gli concediamo il beneficio del dubbio.
  Ricordo, però, che l'AIA, come sicuramente il legislatore dovrebbe sapere, non si riapre perché lo chiede una mozione parlamentare, ma perché ricorrono alcuni requisiti di legge. L'unico requisito di legge che ricorre in questo momento è proprio l'aggiornamento delle BAT, tuttora in corso. Però io credo che su questi temi – che chiaramente riguardano il territorio di Civitavecchia, ma che, ahimè, riguardano anche altri territori che hanno visto per anni la presenza di fortissimi fattori di inquinamento ambientale – un impegno forte lo dovrebbero assumere tutti: lo deve assumere il Governo, lo deve assumere il Parlamento, ma lo deve assumere anche l'amministrazione locale. Quindi, dispiace polemizzare, ma ho trovato l'intervento dell'onorevole Grande carico di livore...

  PRESIDENTE. Si rivolga alla Presidenza, onorevole Tidei, grazie.

  MARIETTA TIDEI. Mi sia consentito, Presidente, comunque di dare almeno alcune risposte alle tante imprecisioni che ho sentito in quell'intervento. L'amministrazione locale dovrebbe altresì accollarsi la responsabilità su questi temi, perché dal momento del suo insediamento ad oggi Pag. 76quella che doveva essere l'amministrazione più ambientalista della storia ha prodotto circa sei delibere sui temi ambientali, nessuna delle quali riguarda quest'argomento e nessuna delle quali riguarda i rapporti con l'Enel.
  Noi viviamo, purtroppo, oggi in una situazione che è una situazione drammatica dal punto di vista ambientale, ma dove l'amministrazione locale, a guida MoVimento 5 Stelle, preferisce fare come lo struzzo e mettere la testa sotto la sabbia, perché, siccome l'Enel inquina – ed è vero che inquina e lo diciamo tutti da tanti anni e non è vero che non lo si dice che l'Enel inquina – con l'Enel non ci si parla ! Quindi, se prima almeno esistevano delle convenzioni tra le amministrazioni locali e l'Enel, oggi non esistono più neanche quelle, perché si ha paura che, attraverso la sottoscrizione di convenzioni e quindi anche attraverso l'individuazione di misure di compensazione ambientali, e non solo, per il territorio, qualcuno possa perdere quell'alone di santità, a cui onestamente credo che dopo nove mesi di nulla cosmico nessuno crede più (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
  Credo che, nonostante, per così dire, la scarsa azione di quest'amministrazione sui temi ambientali, fortunatamente invece qualcosa in passato è stato fatto. Io qui ho sentito parlare molto spesso – e sono grata anche ai colleghi che li hanno citati – di studi epidemiologici ed oggi fortunatamente c’è un registro dei tumori istituito nel 2013, proprio da quella amministrazione che citava l'onorevole Grande, che nel giro di qualche anno potrà forse fornire dati certi rispetto alla reale incidenza che i vari fattori di pressione ambientale hanno sui decessi.
  Infatti, se c’è qualcosa su cui l'Enel non fa proprio nulla è che ci viene sempre detto che non è mai provato questo nesso di casualità tra l'inquinamento delle centrali e i decessi. Allora, oggi io credo che con quel registro dei tumori, che comunque abbiamo istituito, forse potrà essere più evidente tra qualche anno questo nesso di causalità.
  Oggi esiste un consorzio per la gestione dell'osservatorio ambientale, che un anno e mezzo fa si è riorganizzato, vede la partecipazione di tutti i comuni del comprensorio ed apre un'attività di monitoraggio ambientale attraverso l'analisi dei dati rilevati dalle centraline dislocate sul territorio, adottando come parametri di valutazione non solo i limiti imposti dalla normativa ambientale – mi riferisco al decreto legislativo n. 155 del 2010 –, ma anche i parametri dell'Organizzazione mondiale della sanità, che per alcuni inquinanti sono molto più stringenti. Non è un caso, quindi, che esso denunci criticità per l'inquinamento dell'aria non rilevate dagli organi istituzionali di controllo; mi riferisco all'ARPA. Oltre a ciò, chiaramente il consorzio pubblica sul proprio sito i dati non solo giornalieri, ma anche storici di tutte le stazioni di monitoraggio, inclusi gli sforamenti dei limiti, che purtroppo ci sono.
  Incomprensibilmente, però, proprio negli ultimi giorni, abbiamo avuto la notizia che l'amministrazione comunale di Civitavecchia intende uscire dal consorzio per la gestione dell'osservatorio ambientale, perché chiaramente, siccome il consorzio è anche finanziato dall'Enel, non ci si può sporcare le mani e tutto quello che si dice è sempre negativo.
  Io, però, vorrei ricordare proprio in questa sede che l'Enel è obbligata per legge, proprio secondo quelle prescrizioni VIA del 2003 a cui faceva riferimento l'onorevole Grande, a finanziare il monitoraggio della qualità dell'aria. In Europa fortunatamente vige la regola del «chi inquina paga»: almeno i costi vengano ascritti all'Enel. Infatti, se all'Enel non si chiede null'altro, almeno gli si chieda di pagare i costi per i controlli ambientali.
  Secondo il consorzio per la gestione dell'osservatorio ambientale, la qualità dell'aria rispetta sostanzialmente i criteri di protezione della salute. Ci sono, però, diversi dati che ci preoccupano e ci preoccupano molto. L'ozono, ad esempio, fa registrare concentrazioni che superano i limiti o sono ad essi molto vicini. Questo approccio suggerisce anche di prestare Pag. 77attenzione al materiale particellare (PM10 e PM2,5), le cui concentrazioni in tutti i siti di rilevamento oscillano intorno ai valori di riferimento dell'Organizzazione mondiale della sanità.
  Noi chiediamo il riesame dell'AIA non partendo dalle premesse da cui parte la mozione dell'onorevole Grande, seppure siamo tutti convinti della gravità della situazione ambientale del nostro territorio. Infatti, pensiamo che si debba progredire, che si debba andare avanti e che ci siano ampi margini di miglioramento, seppure l'AIA sia stata sottoscritta solo nel 2013.
  Per esempio, sappiamo che l'AIA del 2013 prescrive alla centrale Torrevaldaliga nord un limite all'emissione di monossido di carbonio (130 milligrammi per metro cubo) significativamente maggiore delle concentrazioni indicate nel documento di riferimento europeo BREF sulle migliori tecnologie disponibili nell'intervento di 30, 50 milligrammi al metro cubo. Non sono, inoltre, noti gli esiti dei due studi di fattibilità prescritti all'Enel dall'AIA 2013 relativamente alla trasformazione della centrale Torrevaldaliga nord dalla sola produzione di energia elettrica ad impianto di cogenerazione o trigenerazione, cioè di produzione di calore o raffreddamento per uso civile e relativamente all'installazione e all'implementazione di un sistema di abbattimento del monossido di carbonio ai camini della centrale.
  Tutti questi aspetti, così come molti altri – qui lo voglio ricordare, attraverso di lei, Presidente, all'onorevole Grande – su tutti i verbali delle conferenze di servizi il comune di Civitavecchia allora sollevò in sede appunto di conferenza di servizi. Infatti, il comune di Civitavecchia fece moltissime osservazioni, di concerto con le associazioni ambientaliste, ma alcune di queste non sono state recepite, a differenza di altre che, invece, sono state recepite. Mi sembra che in quest'Aula si stia dando un po’ troppa responsabilità e forse si eccede nella valutazione delle responsabilità che può avere un comune. Io ricordo ai colleghi del MoVimento 5 Stelle che l'AIA la rilascia il Ministero, non il comune.
  Io credo che noi dobbiamo andare avanti. Bisogna progredire, perché la tecnologia va avanti e, laddove la normativa ci offre comunque uno spunto per migliorare la situazione ambientale, per migliorare le performance ambientali degli impianti, noi dobbiamo coglierle. Credo, però, che tornare alle prescrizioni del 2003 sia assurdo, sia suicida. Infatti, le prescrizioni del 2003 erano peggiori di quelle del 2001.
  Nello specifico, l'AIA del 2013, rispetto alla VIA del 2003, ha introdotto alcuni elementi di miglioramento.
  Per esempio, introduce la concentrazione giornaliera in chiave più restrittiva per tutti i microinquinanti, ad eccezione del monossido di carbonio che resta inalterato; lascia inalterati i limiti orari degli ossidi di azoto e del biossido di zolfo, ma impone a quello delle polveri una riduzione quantificabile tra il 30 e il 50 per cento circa; interviene sui limiti inerenti le emissioni massiche, riducendo quelli delle polveri e del biossido di zolfo del 60 per cento e del 50 cento rispettivamente; introduce un limite massimo all'emissione del monossido di carbonio – e mi avvio a conclusione sul serio, Presidente – che non consentirebbe alla centrale di operare al massimo livello delle emissioni di questo inquinante per più di dieci mesi all'anno.
  Allora, io credo, Presidente, che la buona politica, a cominciare da chi siede in quest'Aula, abbia il dovere morale, proprio su questi temi, non sempre di agitare i fantasmi del passato, ma di provare a costruire delle soluzioni per il futuro. Non siamo qui...

  PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole Tidei.

  MARIETTA TIDEI. ...per fare strumentalizzazioni sul piano localistico, per cercare qualche consenso sul dolore delle persone. Infatti, io voglio ricordare, attraverso di lei, Presidente, che i morti e i malati di tumore in quel territorio li abbiamo avuti in tutte le famiglie. I tumori non guardano in faccia...

Pag. 78

  PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole Tidei.

  MARIETTA TIDEI. ... né alla destra, né alla sinistra.

  PRESIDENTE. No, deve proprio concludere, onorevole Tidei.

  MARIETTA TIDEI. Sulle tonnellate di carbone non entro perché l'ho già spiegato l'altra volta...

  PRESIDENTE. No, onorevole Tidei, non entra perché deve concludere.

  MARIETTA TIDEI. Ho capito, concludo, Presidente. Allora, oggi abbiamo questa opportunità di riesaminare l'AIA alla luce delle nuove BAT e ringrazio il Governo perché comunque, accogliendo questa mozione...

  PRESIDENTE. Grazie anche a lei, onorevole Tidei.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Di Battista. Ne ha facoltà.

  ALESSANDRO DI BATTISTA. Presidente, con il suo tramite volevo soltanto ricordare all'Aula e anche alla tribuna che il fervore con il quale l'onorevole Tidei difende le passate amministrazioni di Civitavecchia forse nasconde qualcosa. Bene, che l'Aula sappia che il papà dell'onorevole Tidei è stato cinque volte sindaco nei comuni limitrofi a Civitavecchia (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle – Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico), di cui tre volte a Civitavecchia, due volte deputato e avvocato dirigente della stessa Enel che Tidei figlia sostiene inquinare (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). È evidente che difendete città (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle – Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico)...

  PRESIDENTE. Colleghi, per favore.

  ALESSANDRO DI BATTISTA. ...male amministrate e non è un caso che il sindaco Cozzolino, che è presente in tribuna, abbia vinto, con lo stesso Tidei padre, le ultime elezioni e si sia trovato un territorio massacrato da Tidei padre. Segna e porta a casa (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) !

  PRESIDENTE. Colleghi, ha chiesto di intervenire il sottosegretario Velo, credo per fare una precisazione in merito alla mozione dell'onorevole Rampelli, se non ho capito male. Prego, onorevole Velo.

  SILVIA VELO, Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare. Signor Presidente, sì, rapidissima. La richiesta dell'onorevole Rampelli di valutare le corresponsioni di un indennizzo economico per il territorio di Civitavecchia non è stata accettata perché nella procedura...

  PRESIDENTE. Colleghi, per favore.

  SILVIA VELO, Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare. ... di valutazione di impatto ambientale (VIA) sono già contenute le compensazioni relative ai territori in cui ha sede la centrale.

  PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto.

(Votazioni)

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Come da prassi, le mozioni saranno poste in votazione per le parti non assorbite e non precluse dalle votazioni precedenti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Grande ed altri n. 1-00383 (Nuova formulazione), con il parere contrario del Governo.Pag. 79
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Dell'Aringa, Malisani, Tidei, Ciprini, Fossati...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  445   
   Votanti  379   
   Astenuti   66   
   Maggioranza  190   
    Hanno votato  103    
    Hanno votato no   276.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  Passiamo alla votazione della mozione Zaratti ed altri 1-00708.
  Avverto che ne è stata chiesta la votazione per parti separate nel senso di votare le parti su cui il Governo ha espresso parere favorevole distintamente da quelle su cui il Governo ha espresso parere contrario.
  Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Zaratti ed altri n. 1-00708 ad eccezione del primo, secondo, quarto e sesto capoverso del dispositivo, sulla quale il Governo ha espresso parere favorevole.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  D'Agostino...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  446   
   Votanti  384   
   Astenuti   62   
   Maggioranza  193   
    Hanno votato  379    
    Hanno votato no  5.

  La Camera approva (Vedi votazioni).

  (Il deputato Marco Meloni ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole).

  SERENA PELLEGRINO. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  SERENA PELLEGRINO. Signor Presidente, una precisazione: dove c’è la riformulazione, noi accettiamo la riformulazione. Degli altri capoversi chiediamo la votazione.

  PRESIDENTE. Guardi che abbiamo già votato le parti riformulate. Scusate, colleghi, ma dobbiamo fare una verifica. Le riformulazioni che erano state proposte dal Governo sono state approvate in quanto abbiamo appena votato le parti riformulate.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Zaratti ed altri n. 1-00708 limitatamente al primo, secondo, quarto e sesto capoverso del dispositivo su cui Governo ha espresso parere contrario.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Nizzi... Giorgis...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  447   
   Votanti  381   
   Astenuti   66   
   Maggioranza  191   
    Hanno votato  108    
    Hanno votato no  273.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  (Il deputato Giorgis ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario).

  Passiamo alla votazione della mozione Tidei ed altri n. 1-00712. Avverto che, ove venisse approvata tale mozione, il primo capoverso del dispositivo assorbirebbe Pag. 80l'identico secondo capoverso del dispositivo della mozione Piso ed altri n. 1-00750.
  Passiamo ai voti. Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Tidei ed altri n. 1-00712 su cui il Governo ha espresso parere favorevole.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Moscatt... Piccoli Nardelli... Carbone... Tancredi...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  450   
   Votanti  364   
   Astenuti   86   
   Maggioranza  183   
    Hanno votato  283    
    Hanno votato no  81.

  La Camera approva (Vedi votazioni).

  Passiamo alla votazione della mozione Piso ed altri n. 1-00750. Avverto che ne è stata chiesta la votazione per parti separate nel senso di votare la premessa distintamente dal primo capoverso del dispositivo. Ricordo che, a seguito dell'approvazione della mozione Tidei ed altri n. 1-00712, il secondo capoverso del dispositivo risulta assorbito.
  Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Piso ed altri n. 1-00750, limitatamente alla premessa, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Morani, Lo Monte, Marco Di Maio.
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  452   
   Votanti  283   
   Astenuti  169   
   Maggioranza  142   
    Hanno votato  283.

  La Camera approva (Vedi votazioni).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Piso ed altri n. 1-00750, limitatamente al primo capoverso del dispositivo, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Dell'Aringa, Morani, Albanella, Coppola, Nuti, Fraccaro.
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:
   Presenti  456   
   Votanti  386   
   Astenuti   70   
   Maggioranza  194   
    Hanno votato  385    
    Hanno votato no  1.

  La Camera approva (Vedi votazioni).

  Passiamo alla votazione della mozione Rampelli ed altri n. 1-00753. Avverto che ne è stata chiesta la votazione per parti separate, nel senso di votare le parti su cui il Governo ha espresso parere favorevole distintamente da quelle su cui il Governo ha espresso parere contrario.

  FABIO RAMPELLI. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  FABIO RAMPELLI. Presidente, intervengo perché magari ci risparmiamo una votazione. Ho ascoltato le motivazioni che sono state addotte per chiederci comunque di rinunciare al terzo impegno, ma in realtà, se già è prevista questa sorta di sottolineatura...

  PRESIDENTE. Onorevole Rampelli, lei capisce che le dichiarazioni di voto le abbiamo già fatte. C’è una proposta del Governo e adesso siamo in fase di votazione: lei mi può solo dire semplicemente Pag. 81se, sulla base delle considerazioni fatte dalla sottosegretaria Velo, ritira questo capoverso su cui ci sarebbe il parere contrario oppure no.

  FABIO RAMPELLI. Chiedo al sottosegretario di accettare il terzo capoverso.

  PRESIDENTE. Bene, il sottosegretario ha già risposto. La ringrazio.
  Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Rampelli ed altri n. 1-00753, ad eccezione del terzo capoverso del dispositivo, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Saluto gli alunni dell'Istituto comprensivo statale di Valdobbiadene (Commenti dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie), Valdobbiadene, chiedo scusa, in provincia di Treviso, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).

  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:
   Presenti  454   
   Votanti  309   
   Astenuti  145   
   Maggioranza  155   
    Hanno votato  308    
    Hanno votato no  1.

  La Camera approva (Vedi votazioni).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Rampelli ed altri n. 1-00753, limitatamente al terzo capoverso del dispositivo, su cui il Governo ha espresso parere contrario.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Piccoli Nardelli, Massa, Boccuzzi, Marcon.
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:
   Presenti  453   
   Votanti  310   
   Astenuti  143   
   Maggioranza  156   
    Hanno votato   14    
    Hanno votato no  296.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Matarrese ed altri n. 1-00754, in quanto non assorbita dalle precedenti votazioni, e su cui il Governo ha espresso parere favorevole.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Monaco, Simone Valente, Liuzzi...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  453   
   Votanti  282   
   Astenuti  171   
   Maggioranza  142   
    Hanno votato  278    
    Hanno votato no  4.

  La Camera approva (Vedi votazioni).

Sull'ordine dei lavori (ore 17,08).

  PRESIDENTE. Colleghi, dovremmo ora passare al punto numero 5 dell'ordine del giorno, che reca il seguito della discussione delle mozioni concernenti iniziative per l'istituzione di zone franche urbane in Friuli Venezia Giulia. Tuttavia, mi sembra che si sia raggiunta un'intesa tra i rappresentanti di tutti i gruppi, nel senso di rinviare tale argomento ad altra seduta. Se non vi sono obiezioni, e non mi pare di vedere obiezioni, rimane così stabilito.
  (Così rimane stabilito).

Pag. 82

Seguito della discussione delle mozioni Fedriga ed altri n. 1-00607, Pesco ed altri n. 1-00709, Paglia ed altri n. 1-00714, Rizzetto ed altri n. 1-00726, Rampelli ed altri n. 1-00737 e Scuvera ed altri n. 1-00751 concernenti iniziative per la sospensione dell'applicazione degli studi di settore (ore 17,10).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione delle mozioni Fedriga ed altri n. 1-00607 (Nuova formulazione), Pesco ed altri n. 1-00709, Paglia ed altri n. 1-00714, Rizzetto ed altri n. 1-00726, Rampelli ed altri n. 1-00737 e Scuvera ed altri n. 100751, concernenti iniziative per la sospensione dell'applicazione degli studi di settore.
  Avverto che dopo la conclusione della discussione sulle linee generali, che ha avuto luogo nella seduta di venerdì 16 gennaio 2015, sono state presentate le mozioni Rizzetto ed altri n. 1-00726, Rampelli ed altri n. 1-00737 e Scuvera ed altri n. 1-00751, che sono già state iscritte all'ordine del giorno.

(Parere del Governo)

  PRESIDENTE. Invito il rappresentante del Governo ad esprimere il parere sulle mozioni all'ordine del giorno.

  LUIGI CASERO, Viceministro dell'economia e delle finanze. Signor Presidente, gli studi di settore sono stati elaborati tenendo conto della tempistica prevista all'articolo 10-bis della legge del 1998: di regola vengono elaborati ogni tre anni, seguendo metodologie statistiche ed economiche consolidate, esplicitate nelle note tecniche e metodologiche che vengono approvate con decreto ministeriale. Con modifica normativa del 2008, si è prevista la possibilità di effettuare una revisione congiunturale degli studi di settore al fine di tener conto degli effetti della crisi sulle diverse attività degli stessi interessati. A tale proposito, l'Agenzia delle entrate, con supporto della Sose, analogamente a quanto operato già per gli anni 2008 e 2013...

  PRESIDENTE. Scusi, Viceministro Casero. Colleghi, capisco tutto, però sta anche esprimendo il parere, oltre che replicare, quindi probabilmente se ascoltiamo è più facile dopo, oltre che per rispetto nei confronti del Viceministro. Grazie.

  LUIGI CASERO, Viceministro dell'economia e delle finanze. Sta provvedendo ad effettuare anche per il periodo di imposta 2014 le analisi necessarie all'eventuale elaborazione dei correttivi tesi ad adeguare gli studi di settore alla particolare congiuntura economica: pertanto il Governo è impegnato ad adeguare gli studi di settore di quest'anno alla situazione economica prevista nel 2014.
  Inoltre, se per gli anni 2006, 2007, 2008 e 2009 le percentuali di soggetti congrui naturali erano pari rispettivamente al 56, 57, 59 e 68 per cento della popolazione dei contribuenti che aveva applicato gli studi di settore, nel 2012 la numerosità di tali soggetti è salita al 73 per cento, e si è assestata su livelli molto alti. Questo dato dimostra che l'operazione di compliance che nasce con l'utilizzo degli studi di settore, quindi di adeguamento volontario dei contribuenti ad un certo livello di reddito, è un'operazione che sta funzionando, e pertanto il Governo ritiene che gli studi di settore siano da un lato uno strumento di spinta alla compliance in fase dichiarativa, e dall'altro un supporto all'attività di selezione e controllo da parte dell'amministrazione finanziaria.
  Il Governo, però, nell'ambito dell'applicazione della delega fiscale, che come sapete si basa su quattro pilastri, che sono la semplificazione, la certezza, la riduzione della pressione fiscale e l'introduzione di strutture tecnologiche per favorire il rapporto fra contribuenti e fisco, dispone – e cercherà di farlo nell'attuazione della delega – l'introduzione di nuove e più avanzate forme di comunicazione tra Pag. 83il contribuente e l'amministrazione fiscale, anche in termini preventivi rispetto alle scadenze fiscali, che sono finalizzate, come dicevo, a semplificare gli adempimenti, a stimolare l'assolvimento degli obblighi tributari e a favorire l'emersione spontanea delle basi imponibili.
  Pertanto, il Governo è intenzionato a continuare nel percorso di rafforzamento della collaborazione tra fisco e contribuente attraverso un sistema più semplice, un sistema più certo e un sistema che fondamentalmente porti alla riduzione dell'elevatissima evasione fiscale che è ancora presente in questo Paese.
  Detto questo, il parere del Governo è contrario sulla mozione Fedriga ed altri n. 1-00607.
  Il parere è favorevole sulla mozione Pesco ed altri n. 1-00709, purché il secondo capoverso dell'impegno, dove si scrive: «a prevedere con decorrenza dal periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2015» sia modificato con le seguenti parole: «a prevedere con decorrenza dal prossimo periodo d'imposta», per poi proseguire con «la riforma (...)». Quindi, il parere è favorevole a condizione che sia accettata questa riformulazione.
  Il parere del Governo è altresì favorevole sulla mozione Paglia ed altri n. 1-00714.
  Il parere è favorevole sulla mozione Rizzetto ed altri n. 1-00726, a condizione che l'impegno sia modificato nei seguenti termini: «ad assumere iniziative volte a regolamentare gli studi di settore affinché ne venga previsto un utilizzo come strumento di analisi per selezionare i contribuenti» e poi l'impegno prosegue.
  Il parere del Governo, infine, è contrario sulla mozione Rampelli ed altri n. 1-00737 ed è favorevole sulla mozione Scuvera ed altri n. 1-00751.

(Dichiarazioni di voto)

  PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rizzetto. Ne ha facoltà.

  WALTER RIZZETTO. Grazie, Presidente. Ringrazio il Governo ed accettiamo la riformulazione poiché di fatto, per quanto ci riguarda, l'impegno più interessante ed importante era nell'ultimo periodo del dispositivo stesso.
  Ricordiamo, Presidente, perché forse non tutti ne sono a conoscenza, quando gli studi di settore vennero istituiti. Vennero istituiti con il decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331. Però, di anno in anno gli studi di settore, ovvero il decreto-legge stesso, sono stati arricchiti di nuove tabelle relative, nella grande maggioranza, ai settori di attività che mano a mano andavano ad essere inclusi. Ricordiamo che attualmente gli studi di settore si applicano su quattro macroaree: la macroarea dei servizi, del commercio, delle manifatture e dei professionisti.
  Ora, la discussione verteva semplicemente su di un fatto, ovvero dopo gli studi di settore, dopo l'applicazione degli studi di settore la domanda è se questi danno luogo ad un accertamento induttivo e, quindi, essendo un accertamento induttivo di fatto è anche extracontabile. Ora è già fondamentale – e ringraziamo – che si riesca ad andare ad incidere rispetto a questo strumento, che più che altro non è stato utilizzato, come diceva la nostra mozione, come «un mero parametro statistico», ma è stato utilizzato soprattutto come uno strumento a nostro parere vessatorio nei confronti delle categorie che abbiamo appena citato.
  C'era evidentemente la paura anche ad andare a formulare uno studio di settore, per la paura stessa, da parte degli artigiani, da parte dei professionisti, da parte delle persone che operano nel settore del commercio, di avere, di lì a qualche giorno o a qualche settimana, l'Agenzia delle entrate che non li considerava congrui e che dopo li avrebbe evidentemente multati rispetto a quanto era il loro lavoro.
  Gli studi di settore sono lo strumento con cui il fisco italiano, mediante analisi economiche, mediante analisi tecniche, statistico-matematiche per così dire, andava a fare emergere, nelle more, la cosiddetta evasione fiscale. La cronaca, però, Pag. 84è piena di avvocati, professionisti, piccoli imprenditori, che versavano e versano ancora all'erario cifre che sono incongrue con quanto è stato il loro fatturato o il loro operato nell'anno solare precedente. A differenza del redditometro, tra l'altro, che incrocia le spese con i contributi, cosa tra l'altro sensata, gli studi di settore raccolgono sistematicamente i dati che caratterizzano l'attività e il contesto economico in cui opera la stessa impresa, solo allo scopo di valutare la sua reale capacità di produrre reddito. Sono impiegati per l'accertamento induttivo, come prima abbiamo riferito, di esercenti di arti, di professioni e di imprese. Questo percorso è stato addirittura informatizzato attraverso l'ausilio del software Gerico, che artigiani e professionisti, purtroppo, devo dire, conoscono bene. Secondo noi, è attualmente uno strumento inadeguato a causa di un fattore, a causa dei tempi di crisi entro i quali versiamo. La crisi ha reso imprevedibili i mercati e ha di fatto rimescolato le carte, specialmente nelle libere professioni. La vera casta che vogliamo andare a colpire non sono, signori, i professionisti, gli artigiani, le partite IVA. La casta è un'altra, non sono più questi, qualora lo fossero mai stati. Gli studi di settore – e mi riferisco nello specifico a quanto vissuto negli ultimi anni con delle storie piuttosto tristi anche rispetto alle categorie che abbiamo citato, che sono venute comunque a chiederci aiuto rispetto agli studi stessi – sono una vera e propria ghigliottina, cui si deve evidentemente soggiacere sotto ricatto dell'Agenzia delle entrate che, sotto forma di congruità, vanno a sottolineare quando un soggetto è più o meno congruo o più o meno incongruo. Ma come possono essere congrui gli importi di un'azienda, magari un'azienda familiare, come ce ne sono molte in Italia, i cui ricavi sono stimati a livello pre-crisi e gli studi erano stati inseriti a livello pre-crisi ? Per noi gli studi di settore devono essere aboliti o in questo senso adeguati, perché sono uno strumento di tassazione ai limiti dello strozzinaggio autorizzato. In ogni caso, tutti possono avere la propria idea rispetto a questo tipo di strumenti, ma ricordiamo che l'Italia non è la Francia, l'Italia non è la Germania, l'Italia non è la Spagna né tanto meno il Regno Unito. Questo tipo di strumento perpetrato in questo tipo di modus operandi potrebbe essere efficace in Paesi ad alta competitività, quali quelli che abbiamo appena citato, ma pretendere di introdurre in Italia e di continuare a portare avanti in Italia questo tipo di strumenti senza adeguarli alla peculiarità dell'economia del Paese equivale ad un ennesimo colpo inferto al nostro sistema produttivo. Quindi, Alternativa Libera – e concludo Presidente – chiede l'abolizione o quanto meno la rivisitazione immediata degli studi di settore e l'adozione di altre forme di accertamento che meglio si modellino alla nostra realtà produttiva (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alternativa Libera).

  PRESIDENTE. Saluto gli studenti e i docenti del Liceo scientifico statale Filippo Masci, di Chieti, che peraltro hanno anche partecipato alla giornata di formazione organizzata dalla Camera dei deputati, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Corsaro. Ne ha facoltà.

  MASSIMO ENRICO CORSARO. Signor Presidente, dispiace il parere contrario che ha espresso il Governo sulla mozione a prima firma Rampelli, non solo per una valutazione che riteniamo assolutamente non congrua con le circostanze con cui si devono confrontare centinaia di migliaia di imprese, di piccole aziende e di liberi professionisti, ma anche perché – lo dico segnatamente – l'espressione è riportata dal Viceministro Casero, di cui è viceversa assolutamente nota la conoscenza dei problemi del mondo produttivo ed imprenditoriale.
  Infatti, ciò di cui si tratta, e cioè la necessità di fare un'importante revisione dell'applicazione del metodo degli studi di settore, è un tema annoso, che carica sulle spalle della piccola impresa, del lavoratore autonomo e del professionista un fardello Pag. 85già insopportabile dal momento in cui questo sistema è stato ideato, ma che diventa assolutamente controproducente, anche per la presunta necessità dello Stato di alimentare le proprie casse, in una stagione congiunturale – verrebbe quasi da dire, ormai, strutturale – di crisi economica in cui la nostra economia sta versando, nonostante le troppo decantate e anticipate voci di festeggiamento sugli «zero virgola in più» che ieri qualche dato, più o meno contestato e più meno credibile, ci ha consegnato.
  Infatti, il sistema degli studi di settore è un sistema già culturalmente inaccettabile in partenza, atteso che determina in capo all'amministrazione finanziaria, sulla base di parametri statistici e di algoritmi, la determinazione preventiva e induttiva della capacità reddituale della singola attività economica, indipendentemente, quindi, dalle migliaia di circostanze soggettive e circoscritte a quell'ambito, a quel territorio, a quel settore merceologico, a quel tipo di attività che viene indagata, e, elemento aberrante, condiziona la determinazione del reddito induttivamente presunto dallo Stato ad un onere della prova che viene – caso unico nella legislazione – caricato sulle spalle dell'imputato, perché di questo si tratta.
  Sulle spalle, cioè, del lavoratore, del produttore di reddito, del contribuente, che si trova nell'intollerabile condizione, dopo avere tenuto la contabilità, dopo avere seguito le norme amministrative, dopo avere presentato le dichiarazioni fiscali, dopo avere adempiuto ad una serie di obblighi che comportano costo e denaro in termini non comparabili al costo e al denaro che le altre aziende non italiane, competitrici della nostra economia, devono sopportare per fare gli analoghi adempimenti, di dover dire allo Stato: «Ho fatto tutto quello che tu mi avevi chiesto di fare, alla fine ho prodotto questo risultato e, siccome tu, Stato, induttivamente mi determini un reddito diverso, certamente maggiore di quello che ho applicato e ho determinato, applicando le tue leggi, ho ancora l'onere di doverti dimostrare il perché e il per come ho prodotto un reddito inferiore».
  Questa è, evidentemente, una circostanza ricattatoria e vessatoria, che produce, sostanzialmente, per migliaia e migliaia di imprese in Italia, una sorta di adeguamento obbligato ad una forma di condono fiscale, perché è inutile dire che in Italia i condoni fiscali non esistono.
  Quando vige un sistema per cui l'amministrazione finanziaria, induttivamente e presuntivamente, stabilisce quello che è il tuo reddito e scarica su di te l'onere postumo della prova di avere prodotto un reddito inferiore a quello che, non si sa come, lo Stato ti ha determinato, e, in mancanza della tua indimostrabile dimostrazione, ti applica delle sanzioni, è di tutta evidenza che vuole dire obbligare le imprese ad andare a pagare delle tasse su redditi che non sono stati prodotti, almeno nella speranza di non sentirsi suonare alla porta dai solerti accertatori dell'amministrazione finanziaria e della Guardia di finanza. Il tutto con degli aspetti distorsivi non solo sulla credibilità dei rapporti tra l'amministrazione finanziaria e i produttori di economia, ma anche e soprattutto con effetti diretti sul mercato del lavoro.
  Essendo uno degli elementi determinanti per la costruzione induttiva della capacità reddituale da parte dell'amministrazione finanziaria proprio la forza lavoro, direttamente o indirettamente impiegata nell'esecuzione del proprio ciclo produttivo o della resa dei servizi, allora è un fatto che troppo spesso le nostre aziende si trovano nella condizione o di rinunciare ad assumere nuova forza lavoro o a licenziare parte della forza lavoro di cui dispongono. Ciò proprio perché se presentassero all'amministrazione finanziaria un numero di dipendenti o di collaboratori come quello cui magari il proprio ciclo produttivo potrebbe consentirgli di giovarsi, l'amministrazione finanziaria per ognuno di quei lavoratori in più determinerebbe induttivamente e presuntivamente un maggiore reddito troppe volte Pag. 86superiore a quello che poi nella realtà, all'interno della singola azienda, è il valore aggiunto del singolo addetto.
  Un capolavoro di stupidità, di illegittimità e di anti-economicità. Il tutto, già insopportabile in condizioni ordinarie, diventa un'operazione ciecamente stupida nel momento in cui le nostre imprese si trovano nelle condizioni di difficoltà strutturali e congiunturali che conosciamo e per le quali lo stesso Governo si ingegna un giorno sì e l'altro pure a cercare di produrre degli improduttivi decreti-legge per intervenire un po’ a tampone ora qui ora là per dare un poco di ossigeno al nostro sistema economico.
  In tutta questa circostanza, in tutta questa fotografia, che penalizza le aziende che producono, che penalizza le aziende che danno forza lavoro, che penalizza le aziende che investono, un altro degli elementi, vessato dalla determinazione induttiva della produzione di reddito, è la qualità, la quantità dei cespiti, cioè delle immobilizzazioni, cioè degli investimenti che le nostre aziende dispongono per migliorare la propria produttività, per aumentare la propria capacità competitiva, interna ed internazionale.
  Tutto questo avviene in una fase, in una stagione in cui non c’è respiro per le nostre imprese. Allora, questa nostra mozione chiedeva al Governo di attivare un proficuo e positivo confronto con le analisi che ci vengono portate dalle associazioni dei professionisti, dagli ordini professionali, dalle associazioni di imprese, e prevedere, nella specificità e straordinarietà di una fase congiunturale insopportabile per la nostra economia e per le nostre imprese, la disposizione di una sorta di moratoria sull'applicazione degli studi di settore per l'anno 2015.
  Il secco e incondizionato «no» del Governo ci fa pensare che per davvero si siano convinti che la crisi non esiste o che è qualcosa di cui continuano pervicacemente a voler discutere i fieri oppositori di questo Governo del nulla, che infatti nulla ha prodotto, anzi, che il contrario ha prodotto rispetto alla diminuzione della tassazione, che nulla ha prodotto contro la continua crescita della disoccupazione, che nulla sta facendo per rendere sotto il profilo dell'alleggerimento del peso amministrativo e burocratico maggiormente competitive le nostre imprese in Italia e nel mondo.

  PRESIDENTE. Approfitto per salutare gli alunni e i docenti del liceo classico «Enrico Medi» di San Marco dei Cavoti, provincia di Benevento (Applausi). Grazie di seguire i nostri lavori. Non è che c’è per caso un torroncino per il Presidente... ? No ? Fa niente.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Sberna. Ne ha facoltà.

  MARIO SBERNA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la ratio che indusse oltre venti anni fa ad introdurre gli studi di settore era finalizzata a realizzare una collaborazione del rapporto fisco-contribuente superando anche alcune contraddizioni dell'allora vigente sistema fiscale che, paradossalmente, andava a premiare il contribuente evasore ma attento alle scritture contabili rispetto al contribuente che veniva fatto oggetto di accertamento pur avendo pagato regolarmente in funzione, ad esempio, dell'inosservanza di alcune regole formali come poteva essere la vidimazione di un libro contabile. Attraverso l'applicazione di un metodo informatizzato su base statistica, il famoso Gerico, il calcolo dei ricavi o dei compensi presunti dell'attività di ogni singola impresa o professionista veniva effettuato con rapidità e semplicità favorendo sia l'attività di accertamento dell'agenzia delle entrate, sia consentendo contestualmente di fornire informazioni ai pubblici decisori sullo stato di salute dei distinti settori produttivi cui esso era rivolto. Proprio perché realizzato anche in collaborazione con le organizzazioni di categoria, il nuovo strumento aderiva completamente alla realtà dell'azienda e dei professionisti, ed è per questo che fu subito accettato dalle parti in causa che ne riconobbero l'utilità.
  Tuttavia, con il passare degli anni, la loro efficacia e adeguatezza sembrò essere messa in discussione dalla stessa amministrazione Pag. 87finanziaria, che prese atto del fatto che, comunque, i risultati degli studi di settore costituivano pur sempre una presunzione semplice, insufficiente quindi a giustificare da sola un accertamento tributario. Questa considerazione portò ad una progressiva diminuzione dei controlli brevi, cui seguì contemporaneamente una disaffezione dei contribuenti verso lo strumento. Il calo della domanda e, conseguentemente, il calo dei fatturati dovuti alla perdurante crisi economica ha intaccato ulteriormente la capacità degli studi di settore di rappresentare correttamente lo stato delle imprese e delle attività professionali, imponendo continui interventi correttivi degli strumenti (accertamento fiscale in primis), una revisione dei parametri di Gerico, con l'intento di mantenere nel medio periodo la capacità degli studi di rappresentare la realtà economica cui si riferiscono. La stessa Corte di cassazione ha, in più di un'occasione, affermato che – cito testualmente – i dati comparativi forniti dagli studi altro non sono che parametri astratti e meramente statistici, ovverosia il risultato di un'estrapolazione statistica di una pluralità di dati disomogenei e, semmai, il loro impiego può ritornare utile se accompagnato da un reale contraddittorio con il contribuente. Tutto questo, però, non deve farci dimenticare che in Italia l'evasione fiscale oscilla tra i 130 e gli oltre 200 miliardi di euro, a seconda delle stime. Per ogni 100 euro fatturati o comunque dichiarati circolano tra il 2010 ed il 2013 tra i 34 e i 38 euro di pagamenti nascosti al fisco. Nell'insieme degli Stati dell'Unione europea vale attorno ai mille miliardi di euro l'anno (la fonte è proprio l'Unione europea), di cui circa un quinto, purtroppo, del totale è proprio di matrice italiana, con un rapporto tra il nero e il PIL pari a circa il 27 per cento nel nostro Paese, il più altro tra i Paesi occidentali dell'Unione. La relazione sugli effetti prodotti dall'azione di controllo fiscale della Corte dei conti ha delineato uno scenario davvero desolante nel quale la correttezza fiscale sembra affidata più alla lealtà del singolo contribuente che ad un organico sistema di regole, alla violazione delle quali si riconnettono adeguate e certe conseguenze sfavorevoli. La Corte sottolinea come l'affievolimento del sistema sanzionatorio e il mancato potenziamento operativo dell'apparato di controllo hanno vanificato la razionalità teorica di un sistema fiscale basato sull'adempimento spontaneo. Occorre allora una diversa strategia di contrasto all'evasione, basato sull'impiego della tecnologia e un diverso ruolo dell'amministrazione fiscale, non più solo orientato ad una azione repressiva e reattiva, ma anche fortemente impegnato ad indurre comportamenti coerenti nella fase dell'adempimento. Il Governo ha avviato da tempo un'attenta opera di potenziamento degli strumenti volti a favorire la collaborazione tra amministrazione e contribuenti e ha introdotto misure conseguenti. Più che chiedere, dunque, la sospensione o l'abrogazione degli studi di settore dobbiamo preoccuparci di come renderli attuali, più aderenti al nuovo contesto, senza tuttavia privare l'amministrazione finanziaria di uno strumento, che, come detto all'inizio, nasce come strumento per agevolare i contribuenti e rendere più efficace la lotta all'evasione fiscale. Insomma, come mezzo di ausilio e non di punizione. Questo, d'altronde, è quello che di fatto chiedeva la Corte di cassazione sopracitata: rendere lo strumento idoneo ad agevolare i rapporti di collaborazione e non più semplice accertamento tout court. Potenziamolo, semplifichiamolo e adattiamolo alle modalità di calcolo e di rilevazione della realtà, ma certo non eliminiamolo, perché la ripresa del Paese non dipende dall'esistenza o meno degli studi di settore, bensì dalla riforma complessiva del fisco e della giustizia tributaria cui il Governo sta mettendo mano, con regole chiare e semplice, come quella approvata dalla legge di stabilità e corretta in seguito con il milleproroghe, in materia di regimi forfetari, di determinazione del reddito degli esercenti attività e imprese, arti e professioni, forme individuali e di minori dimensioni. Eliminare o sospendere oggi gli studi di settore sarebbe anche un brutto segnale nella Pag. 88lotta all'evasione, una sorta di ammissione di impotenza, che non possiamo permetterci e che indebolirebbe quell'opera di tax compliance avviato dal Governo per diffondere il massimo adempimento spontaneo. Per questi motivi, voteremo contro le mozioni sulle quali il Governo ha espresso parere contrario (Applausi dei deputati dei gruppi Per l'Italia – Centro Democratico).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Busin. Ne ha facoltà.

  FILIPPO BUSIN. Signor Presidente, gli studi di settore sono degli strumenti statistici e matematici applicati all'economia che servono a determinare i ricavi delle imprese distinti per settore di appartenenza e questo è corretto perché ogni settore ha una sua struttura, un particolare tipo di integrazione verticale, particolari economie di scala a livello di investimenti fissi e quindi hanno delle logiche e delle redditività totalmente diverse che variano da settore a settore. Quello di cui non tengono conto questi studi di settore sono le condizioni straordinarie in cui le imprese si sono trovate ad operare dal 2008 in poi e cioè quella crisi che è stata straordinaria per tutto il mondo e in particolare per l'Italia, perché voglio ricordare che l'Italia, unica fra i Paesi dal G7, ha visto un calo del proprio PIL anche nel 2014 dello 0,4 per cento, quindi quasi un punto al di sopra di quanto era previsto dal Governo e unica soprattutto fra i Paesi del G7 a non aver recuperato il PIL pre-crisi del 2008, siamo ancora sotto di quasi un 8 per cento. È chiaro che quindi con la crisi questo strumento che doveva diventare uno strumento di semplificazione anche di rapporti fra contribuente e Agenzia delle entrate e doveva quindi andare nella direzione della tax compliance così auspicata anche con la delega fiscale di recente approvazione è diventato semmai uno strumento di complicazione, un aggravio che non ha fatto che peggiorare le condizioni in cui si trovano ad operare le imprese nel nostro Paese e il fatto che questo sia ormai uno strumento inadeguato, un'arma spuntata per quanto riguarda l'aderenza fiscale delle aziende che operano nella nostra economia, nel nostro Paese, viene confermata dai numeri, che come al solito non mentono mai, e se nel periodo pre-crisi almeno seicentomila aziende si sono adeguate, perché incongrue, ai ricavi determinati con gli studi di settore, il numero delle aziende che si è adeguato nel 2008 è sceso a 520 mila per poi scendere a 420 mila e 320 mila nel 2012, cioè praticamente la metà di quelle pre-crisi. E questi numeri non tengono conto di tutte le imprese che hanno chiuso a causa degli studi di settore perché per troppo tempo incongrue o la distanza da colmare era talmente ampia che diventava troppo oneroso adeguarsi a questa determinazione. È chiaro anche che questo strumento ha dimostrato in altri momenti la sua inadeguatezza, come quando la Corte dei conti nel 2013 ha dichiarato che gli studi di settore hanno perso ormai gran parte della loro efficacia. Quindi noi chiediamo che, visto il perdurare della crisi e visto il perdurare di questa situazione che è diventata purtroppo per il nostro Paese, unico fra i Paesi del G7 e abbastanza isolato anche nel contesto europeo, in una condizione appunto stabile e di crisi cronica, chiediamo che questo strumento venga immediatamente sospeso per essere ristudiato radicalmente e ridisegnato nella sua interezza.

  PRESIDENTE. Saluto gli studenti e i docenti dell'istituto comprensivo statale di Lucca, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi). Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Paglia. Ne ha facoltà.

  GIOVANNI PAGLIA. Signor Presidente, io proporrei a quest'Aula di svolgere questo dibattito tenendo sempre un elemento sullo sfondo. Negli ultimi anni infatti, quelli più difficili per le casse dello Stato, quelli in cui ai lavoratori italiani è stato chiesto uno sforzo fiscale persino improprio, grandi gruppi come Fiat Chrysler Gtech Lottomatica, oggi persino Ferrari, Pag. 89hanno potuto trasferire all'estero la propria residenza fiscale senza pagare alcun dazio in questo caso. Non sono ovviamente le sole ma si inseriscono in un trend globale che vede le grandi corporation impegnate nella ricerca di migliori condizioni fiscali e risorse ingenti, ben ripagate peraltro dalla possibilità di ridurre poi al minimo il loro contributo alla spesa pubblica. Mi ha molto colpito di recente leggere che Ikea, la multinazionale che ha cambiato il mercato dell'arredamento con contraccolpi non piccoli anche nel nostro Paese, sarebbe in ultima istanza un onlus di diritto olandese.
  In poche parole, quando comprate una libreria, state facendo beneficenza, ammesso che facciate finta di crederci.
  Ho fatto questa premessa perché non credo si possa più parlare di fisco seriamente, se non si ha presente il fatto che le società in cui si accumula di più l'estrazione di valore, a discapito di una catena di produzione dei beni sempre più strozzata, non contribuiscono nella proporzione dovuta sul piano del carico fiscale. Questo è uno dei massimi problemi che un Paese come l'Italia e un'area con l'Unione europea dovrebbero porsi, se volessero restituire valore alla parola equità e rendere finalmente sostenibili e compatibili con lo Stato sociale i loro bilanci pubblici. Ma non lo fanno e l'Italia, in particolare, continua a privilegiare la tassazione dei soliti noti, chiamati a pagare con l'IRPEF, a ripagare con l'IVA e a chiudere il conto con la TASI e dintorni, con il risultato che i consumi crollano, senza che bastino 80 euro a risollevarli, come si è visto, né tanto meno la restituzione a condizioni fiscali sfavorevoli del TFR. Persino la Costituzione è presa a schiaffi, come d'abitudine, se pensiamo che l'articolo 53 recita: «Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva: il sistema tributario è informato a criteri di progressività». Noi oggi siamo qui a parlare di studi di settore, ovvero di un sistema per cui le tasse si pagano, non sulla base di quanto effettivamente guadagnato, ma di quanto le tue condizioni oggettive lasciano presupporre che tu dovresti aver guadagnato. La cosa, in realtà, è molto meno assurda di quanto potrebbe sembrare, se si pensa che stiamo parlando di un sistema simile a quello che molti altri Paesi europei, come Francia, Spagna e Germania, hanno adottato per poter stimare la congruenza tra quanto incassato e quanto potenzialmente incassabile da una attività di impresa di non grandi dimensioni. Ricordiamo, infatti, che se correttamente utilizzati e, come più volte ribadito dalla giurisprudenza, anche in Italia gli studi di settore dovrebbero essere parametri di ausilio all'amministrazione nell'attività di accertamento e non vincoli assoluti al cui interno rimanere. Purtroppo, invece, come capita spesso in questo Paese, il loro utilizzo pratico si distanzia dalla norma, e qui nascono i problemi, perché un'indicazione si trasforma in una gabbia. Tutti noi abbiamo conosciuto almeno due casi opposti e figli della stessa logica distorta. Il primo è quello dell'artigiano o del commerciante che, soprattutto nel mezzo della crisi, è disposto a ridurre il suo reddito anche al di sotto del limite di sussistenza, ma non a chiudere l'attività. Può accadere per ragioni affettive, per testarda convinzione nelle proprie capacità di ripresa, per disperazione o per l'assenza totale di qualsiasi possibilità di alternativa. Può essere che sia un'idea stupida mantenere in essere un'impresa assolutamente non redditizia, però accade, come sa chiunque abbia un minimo di esperienza del mondo reale. Il secondo caso, opposto, è quello di chi nel primo semestre ha già sistematicamente ottemperato a tutte le aspettative dei suoi studi di settore e, quindi, con attenzione, un buon commercialista, con la consapevolezza del fatto che le attenzioni dello Stato saranno tutte per i suoi colleghi sottosoglia, può serenamente godersi sei mesi esentasse, senza che questo turbi nemmeno la morale, dato che, non lui, ma lo Stato ha messo un'asticella ai suoi doveri fiscali. Anche di questi soggetti è piena l'Italia e sono certo che questo non sfugga al Parlamento. Ecco, quindi, che gli studi di settore, se guardati dai due poli del mondo reale, rappresentano una doppia Pag. 90profonda ingiustizia, perché tassano la miseria di alcuni oltre le loro possibilità, e legalizzano l'evasione fiscale di altri, rendendoli ricchi e impuniti. Non possiamo, tuttavia, dimenticare, ed è per questo che non ci convince l'ipotesi della loro abolizione tout curt, che in mezzo agli estremi c’è la media ed è ovvio che sia per questa che è stato studiato uno strumento statistico induttivo e che la media è, per definizione, la larga maggioranza. Se non avessimo gli studi di settore, certamente, non commetteremmo quella grande ingiustizia di cui parlavo, ma molto probabilmente spingeremmo molti nella tentazione dell'evasione fiscale, come accadeva prima della loro introduzione, se restiamo ai dati storici, con ciò alimentando la più grande delle ingiustizie, quella per cui in questo Paese c’è chi paga alla fonte, indipendentemente dalla quantità del suo reddito, e persino dalla garanzia costituzionale che questo sia sufficiente al suo sostentamento proprio e della propria famiglia, e chi paga poi sulla base della propria dichiarazione, però godendo entrambi, l'uno e l'altro, del medesimo stato sociale. Quindi, gli studi di settore non possono essere aboliti fino a quando qualcuno non produrrà una soluzione migliore sul piano della compliance generale, che noi valuteremo senza dubbio con grande attenzione, ma che non leggo, però, nelle mozioni di oggi. Devono, tuttavia, essere profondamente innovati sia nella redazione, che nell'utilizzo da parte dell'amministrazione, per ovviare ai due problemi di cui parlavo. Non possiamo, infatti, dimenticare quanto la crisi abbia trasformato questo Paese, sconvolgendone le abitudini, le relazioni, atteggiamenti consolidati. Se, infatti, in passato, era possibile dare quasi per scontato che, al di là di casi isolati, nessuno avrebbe accettato per un tempo prolungato di svolgere una attività autonoma per ricavarne un reddito inferiore a quello disponibile per un lavoratore dipendente, oggi non è più così.
  Perché dovrei aprire – si diceva una volta – un negozio, passarci l'intera giornata, sobbarcarmi anche il lavoro amministrativo, dedicarci pensieri ed attenzione la notte e nei giorni festivi (anzi oggi nei giorni festivi si tratta di lavorarci sempre più spesso) per mettermi in tasca alla fine del mese 500 euro ? «Per nessuna ragione», avremmo detto a cavallo del millennio. «Perché manca invece qualsiasi altra alternativa» diremmo oggi. Infatti in un Paese in cui è disoccupata la metà dei giovani, buttati fuori dal mercato del lavoro senza prospettive i cinquantenni, discriminate da sempre ed ancora di più le donne, il lavoro autonomo diventa spesso l'ultima illusione, l'unica possibilità, e qualsiasi sia il reddito che entra a fine mese è pur sempre meglio di nulla. L'Italia è cambiata e il punto è esattamente contrario a quello che spesso ci ricorda il Ministro Poletti, per il quale l'emergenza è dare qualcosa da fare a chiunque, anche gratis, come se fossimo un ricco Paese di rentier annoiati in stile Ballard.
  No ! Il problema, invece, è dare a tutti un reddito dignitoso, che permetta di pensare il proprio futuro, che è anche il nostro futuro collettivo, senza l'angoscia continua di un presente che chi ti divora. Quando io penso a come riformare gli studi di settore, penso a questo, esattamente come penso all'introduzione di un reddito minimo garantito. Penso alle vittime della crisi e alla necessità di dare loro la condizione di diventare i protagonisti della rinascita dell'Italia, con accanto uno Stato che assiste i loro bisogni e le loro competenze con la stessa energia con cui combatte l'evasione fiscale, le rendite vere e i veri privilegi.
  Si aumenti quindi la possibilità per le nuove imprese di avere una fase di avvio libera dai vincoli dei controlli tributari, come avviene per il regime dei minimi, a patto che non siano roba vecchia con il vestito nuovo. Si utilizzino gli studi di settore per selezionare le imprese su cui indirizzare gli accertamenti, ma si dica addio per sempre a quella prassi intollerabile, per cui tutti possono chiudere immediatamente a patto che ci si accordi su una cifra forfettaria, che gli evasori pagheranno, soddisfatti di metterci una pietra sopra e che gli altri pagheranno perché non possono permettersi il peso di un contenzioso.Pag. 91
  È così che si trasmette l'idea di un fisco simile a un gabelliere medievale, impegnato non a verificare la correttezza della posizione di ciascuno, ma a fare cassa per le vie più brevi, che sono quelle più odiose. Si sia di converso intransigenti con chi evade, senza ipotizzare scorciatoie come è stato fatto di recente e senza scambiare la deflazione del contenzioso con il trattamento di comodo per chi non si è comportato correttamente verso la collettività.
  La crisi ci ha consegnato una società sempre più polarizzata tra chi ha e chi nemmeno può, e pensare di uscirne senza mettere in discussione analisi e strumenti precedenti sarebbe una follia. Vale per gli studi di settore e vale per tutto il resto. Poi anche qui, però, conta la parte da cui si decide di stare. La cosa peggiore è utilizzare i più deboli contro i più deboli, come molti fanno anche in questo Parlamento, non noi che infatti non accetteremo mai di demolire lo Stato sociale per il tramite della demagogia fiscale. Nemmeno tuttavia – e lo vogliamo dire con chiarezza – accettiamo di santificare il fisco per nutrire l’austerity. Questi sono entrambi giochi che lasciamo volentieri ad altri (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bernardo. Ne ha facoltà.
  Onorevole Bernardo ? Vuole intervenire ?

  MAURIZIO BERNARDO. Grazie Presidente, mi attardavo perché, come avrete notato, non abbiamo presentato una mozione, pur condividendo quanto il Viceministro Casero ci ha detto quest'oggi e facendo nostro quanto è accaduto anche nel corso del tempo passato, nelle legislature scorse, anche perché il tema degli studi di settore è un argomento estremamente delicato, che tocca i nervi scoperti del mondo delle piccole e medie imprese e del sistema produttivo.
  Sappiamo bene quale fosse all'epoca la bontà dell'iniziativa che riguardava gli studi di settore e quella lotta all'evasione tanto contrastata, dal momento in cui in più occasioni siamo stati anche al Governo del Paese, come lo siamo oggi, soprattutto rivolgendoci a coloro che le tasse le hanno sempre pagate. Quindi l'idea di condividere alcune mozioni, che corrispondono anche a quanto ha dichiarato il Viceministro, e di condividerne alcune nei temi e nei presupposti, ci porta a dire che l'impegno che deve mostrare il Governo oggi – e in occasione della delega fiscale e rispetto alla legge di stabilità 2015 – è che ci sia un adeguamento...

  PRESIDENTE. Onorevole Corsaro, gentilmente, in modo che il Viceministro possa ascoltare anche l'onorevole Bernardo, che peraltro condivide molte delle parole del Viceministro. Prego, onorevole Bernardo.

  MAURIZIO BERNARDO. Casualmente tutti lombardi... Il fatto che ci sia un adeguamento anche al momento congiunturale che noi stiamo vivendo ormai da diversi anni e alle preoccupazioni che il mondo produttivo ha segnalato, anche al legislatore, al mondo della politica, rispetto al fatto di intervenire perché vi siano giusti parametri e adeguamenti necessari per quel rilancio di cui abbiamo bisogno, va nella direzione delle mozioni che noi andremo a condividere i cui contenuti sarebbero stati anche in una mozione nostra come gruppo parlamentare (Applausi dei deputati del gruppo Area Popolare CND-UDC).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Palese. Ne ha facoltà.

  ROCCO PALESE. Signor Presidente, così come anche altri colleghi hanno evidenziato nel contesto di queste mozioni e nel dibattito, è fin troppo evidente che gli studi di settore, così come sono stati congegnati e già applicati, sono uno strumento vessatorio, ingiusto, inefficace. In pratica, sono contro i contribuenti e non provocano quegli effetti che avrebbero dovuto verificarsi dal punto di vista del Pag. 92gettito. Si tratta di una stortura enorme. Riteniamo che il contesto della delega fiscale debba essere un'occasione per il Parlamento di indirizzo in riferimento alla riforma, perché ci siano una corposa riforma e soprattutto una più equa distinzione tra i contribuenti.
  Per questo motivo noi, come Forza Italia, nell'ambito delle mozioni che sono state presentate, voteremo a favore di quelle che determinano di fatto un'azione radicale di cancellazione di questa vergogna che c’è all'interno del sistema fiscale e di queste vessazioni e ci asterremo sulle mozioni che in maniera abbastanza soft ne prevedono sostanzialmente solo una ristrutturazione.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pesco. Ne ha facoltà. Onorevole Pesco, è stata proposta anche una riformulazione della sua mozione; in sede di dichiarazione di voto ci dirà anche se l'accoglie.

  DANIELE PESCO. Signor Presidente, accolgo la riformulazione. Introduco la nostra mozione. Gli studi di settore sono stati previsti nel 1993 e rappresentano uno strumento per l'amministrazione finanziaria fiscale per poter giudicare se una persona è o meno in linea con il pagamento delle tasse. È essenzialmente uno strumento riferito alle aziende commerciali, ma, secondo noi, ha dei profondi bachi. Ha veramente delle caratteristiche che non permettono un utilizzo corretto di questo strumento.
  Andiamo a vedere perché. Innanzitutto, il fatto che un'azienda possa essere valutata in base ad alcuni parametri, dai quali si desume il suo possibile gettito fiscale, secondo noi, è uno strumento abbastanza povero. Attualmente, lo studio di settore fissa una linea per ognuna delle aziende del nostro Paese, quelle piccole logicamente, perché quelle grandi hanno altri sistemi e forse dovremmo andare anche ad esaminare questi altri sistemi per i grandi contribuenti. Quindi, per ogni piccola impresa è fissata una linea. Il fatto è che una ditta, un'azienda può stare sotto quella linea o può stare sopra. In entrambi i casi ciò rappresenta un fallimento di questa struttura fiscale dello Stato.
  Perché rappresenta un fallimento ? Il fallimento più grosso è sicuramente per chi sta sotto. Infatti, chi sta sotto quella linea è costretto a dichiarare di guadagnare di più, anche se in realtà non guadagna. Perché ? Perché è spinto dalla paura di essere assoggettato ad un controllo, quando, invece, le ragioni per le quali è al di sotto di quella linea sono logicamente riferibili al momento, alla crisi, al fatto che magari quell'azienda non ce la fa. E invece no, l'Agenzia delle entrate va a controllare e spesso sanziona. Non si preoccupa di occuparsi dei veri motivi per i quali quell'azienda va male.
  Ma il fallimento più grosso di questo strumento è quando un'azienda sta sopra. Infatti, se l'azienda sta sopra la linea delineata dallo studio di settore, sicuramente non potrà far altro – e molti sicuramente faranno così – che cercare di allinearsi, di appiattirsi, di andare a rincorrere quella linea al di sotto delle proprie possibilità. Se poi sommiamo questo al nostro background culturale di italiani, ci rendiamo conto che è uno strumento diabolico, che non permette allo Stato di poter ottenere il pagamento delle tasse giuste. Non si chiede nient'altro, purtroppo.
  Questo strumento non funziona. Quindi, Presidente, quello che noi chiediamo nella nostra mozione è uno strumento più evoluto.
  Uno strumento che dia la possibilità al contribuente di monitorare quotidianamente o regolarmente il fatto di essere quantomeno vicino a dei parametri; parametri che possono essere calcolati, sì in modo statistico, ma dei parametri calcolati in modo preciso, in modo che tengano conto di qualsiasi tipo di caratteristica dell'azienda, ma anche di qualsiasi caratteristica ambientale, per non dire anche meteorologica, perché tante attività sono molto influenzate anche dalla meteorologia e questo spesso lo si dimentica.
  Ebbene, Presidente, noi vogliamo uno strumento evoluto, uno strumento informatico, Pag. 93uno strumento gratuito, che permetta a tutti di capire se effettivamente le tasse che si andranno a pagare sono delle tasse giuste. Vogliamo uno strumento che non utilizzi il ricatto. Vogliamo uno strumento basato sulla compliance, sulla piena collaborazione, sul fatto che Agenzia e contribuente si parlino, sul fatto che il contribuente non debba aver paura dell'Agenzia delle entrate. Uno strumento semplice, uno strumento immediato, che dia risultati certi. Uno strumento più giusto, più corretto. Purtroppo, gli studi di settore, come sono utilizzati ora, non lo sono. Per fortuna, quantomeno vi è una sentenza della Corte di cassazione a sezioni unite del 2009. Ebbene, questa sentenza dice che lo studio di settore può essere un elemento, un solo elemento che, unito ad altri elementi, dà la possibilità all'Agenzia delle entrate di effettuare accertamenti. Purtroppo, in passato, invece, non veniva utilizzato così, come dicevo prima, ma lo studio di settore veniva utilizzato in modo automatico. Se non si rispetta lo studio di settore, c’è l'accertamento. Non deve essere così, perché lo dice la Corte di cassazione a sezioni unite. Lo studio di settore va analizzato insieme ad altri elementi, ad altre componenti; va analizzato il comportamento aziendale. Vanno esaminate le vere caratteristiche dell'azienda per capire se è necessario fare un accertamento o no (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Presidente, noi chiediamo – e sembra paradossale – che vi sia veramente un forte controllo, non tanto su chi non si allinea, che sono le ditte che fanno più fatica, sono quelle che vanno veramente aiutate; noi vorremmo che i controlli venissero fatti effettivamente su chi si allinea, ma non con cattiveria. Noi vogliamo che lo strumento permetta di farlo, in modo onesto e corretto, pulito e trasparente. Nient'altro. E, poi, Presidente, noi chiediamo veramente che vi sia un forte investimento per quanto riguarda le risorse dell'Agenzia delle entrate e della Guardia di finanza. Noi vogliamo che veramente siano messe nella possibilità di lavorare in modo corretto, in modo onesto, anche per gli obiettivi fissati dall'Agenzia delle entrate con la convenzione tra Governo e Agenzia delle entrate medesima. Vogliamo che queste convenzioni siano delle convenzioni un po’ più articolate. Gli obiettivi devono essere più precisi. Attualmente, sia l'Agenzia delle entrate, che la Guardia di finanza, sono costrette a fare innumerevoli controlli e questo va a discapito della qualità dei controlli. In realtà, i controlli possono essere magari anche meno, ma fatti meglio e devono essere orientati là dove c’è veramente evasione fiscale, non a tappeto. Ci vuole veramente coerenza e un po’ di delicatezza, ma soprattutto correttezza. Presidente, purtroppo attualmente non sta succedendo questo. Abbiamo un'agenzia fiscale che non è amica dei contribuenti. Bisogna veramente cercare di andare oltre, cercare di avere, come dicevo prima, più lealtà e più correttezza.
  Presidente, attualmente le persone che non ce la fanno, le persone che gestiscono delle aziende che in questi giorni stanno chiudendo, sono veramente tante e probabilmente è un po’ colpa anche del fisco e della pressione fiscale. La pressione fiscale in questi anni è veramente troppo, troppo alta. So che il Governo sta perseguendo l'obiettivo di abbassare la pressione fiscale, ma probabilmente non è sufficiente. Bisogna veramente intervenire subito, in modo immediato. Bisogna dare una risposta concreta a chi non ce la fa. Purtroppo, però, lo strumento degli studi di settore attualmente non è uno strumento trasparente. E va a finire che molte persone, magari spinte anche da comportamenti poco onesti, vadano appunto ad utilizzarli per dichiarare meno e questo non va assolutamente bene. Bisogna vincere nel nostro Paese tutto ciò che è riferibile a corruzione e semplificazione esagerata. Infatti, purtroppo, anche lo studio di settore ultimamente viene veramente utilizzato come semplificazione. Si fanno innumerevoli controlli, si va dalle aziende e le si obbliga a pagare, soprattutto le aziende che ultimamente hanno difficoltà ad accedere alla giustizia fiscale. Infatti, non è giusto obbligare un'azienda Pag. 94a ricorrere fino alla Cassazione per avere onestà, per avere certezza delle imposte da pagare.
  Spesso succede questo e spesso si cede al ricatto per non andare in Cassazione, per non subire delle spese legali altissime, per non dover rischiare di perdere, magari ingiustamente, contro l'Agenzia fiscale o l'Agenzia delle entrate. Ebbene, una persona, un'azienda soccombe e decide di pagare allineandosi, come dicevo prima, verso l'alto, verso quella linea disegnata dagli studi di settore. Presidente, dobbiamo veramente andare oltre, ci serve uno strumento nuovo e nella mozione l'abbiamo disegnato (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Scuvera. Ne ha facoltà.

  CHIARA SCUVERA. Signor Presidente, colleghe e colleghi, Viceministro Casero, come ha ricordato anche l'onorevole Sberna...

  PRESIDENTE. Onorevole Scuvera, scusi, siccome sentiamo male, può provare a spostarsi magari al microfono dell'onorevole Sanga, se gentilmente la fa passare... non funziona il microfono, se qualcuno dei colleghi vicino gentilmente...

  CHIARA SCUVERA. Grazie, Presidente. Come ricordava anche l'onorevole Sberna, perché nel 1993 nascono gli studi di settore ? Per fornire al fisco uno strumento di contrasto all'evasione fiscale, e al contribuente uno strumento di autodotazione e di ausilio in fase dichiarativa. Il punto è che negli ultimi anni, rispetto al contribuente, tale funzione originaria non è assolta pienamente anche perché c’è stata una distorsione generata dall'imperversare della crisi economica rispetto a cui l'attuale configurazione dello strumento si è mostrata inadeguata soprattutto dal punto di vista della attendibilità tant’è che il Governo, come ci ha raccontato il Viceministro Casero, sta mettendo in campo e il MEF ha già messo in campo tutta una serie di correttivi proprio per recuperare tale funzione. Bisogna anche dire che nel tempo gli studi si sono anche troppo burocratizzati proprio per l'eccessivo numero di indicatori e il rigido automatismo costi e ricavi. E anche questo ne ha irrigidito e ne ha indebolito notevolmente l'attendibilità, mettendo a rischio la fondamentale funzione di compliance e un rapporto davvero friendly tra imprese e fisco e tra professionisti e fisco. Uno strumento può funzionare e può consolidarsi se, per i destinatari, ne è chiara l'utilità. Se lo strumento è di ausilio non solo in teoria ma anche in pratica e se non si traduce, come purtroppo è avvenuto, in un mezzo per accertamento diretto e in minimum tax. È un po’ quella differenza tra la teoria e la pratica rispetto a questo istituto di cui parlava l'onorevole Paglia. Quindi, uno strumento che sicuramente in teoria è nato come strumento di semplificazione (ed è tale funzione di semplificazione che bisogna recuperare) ma che, nella pratica, si è dimostrato piuttosto un meccanismo punitivo nei confronti delle imprese. Non a caso – infatti la Cassazione parla di presunzione semplice – l'Agenzia delle entrate con gli indirizzi operativi del 2014 ha valorizzato la funzione di selezione rispetto all'ulteriore attività di controllo. In generale poi, per affrontare la compliance, la legge di stabilità 2015 ha introdotto norme che rafforzano i flussi informativi tra i contribuenti e l'Agenzia delle entrate e la modifica delle modalità dei termini e delle agevolazioni connesse all'istituto del ravvedimento operoso. Quando diciamo che per i professionisti e per le imprese deve essere di immediata comprensibilità e conoscenza la funzione degli studi ci riferiamo....

  PRESIDENTE. Scusi, onorevole Scuvera, potrei pregare tutti soprattutto coloro....

  CHIARA SCUVERA. Perché ? Perché la parte statistico-economica può essere utile come base di conoscenza per elaborare Pag. 95delle strategie e delle politiche per il sistema delle imprese e di questo collegamento e di questa funzione le imprese devono avere una immediata percezione e percettibilità. Un sistema delle imprese che è cambiato – siamo nell'economia della conoscenza – ed è destinato a cambiare ancora e questo è assolutamente essenziale per costruire un rapporto di collaborazione e di fiducia tra Stato e mondo produttivo, non soltanto sul fisco, ma anche in generale sulle politiche economiche per innescare una nuova programmazione partecipata. Ricordiamo che, prima dell'entrata in vigore, gli studi sono verificati da una commissione di esperti formata da rappresentanti dell'Agenzia delle entrate e del Ministero dell'economia e delle finanze, della Guardia di finanza, dell'ANCI e delle organizzazioni di categoria che quindi sono coinvolti in questa elaborazione.
  Abbiamo detto – e non lo ripetiamo ancora – qual è loro definizione di strumento di compliance, quindi secondo noi l'aggiornamento e la semplificazione notevole, quindi la riduzione del numero di voci, deve servire anche a rendere più flessibile e adeguare proprio alle caratteristiche dell'impresa – davvero alle caratteristiche dell'impresa e uscire proprio da questa standardizzazione, che porta a un automatismo tra costi e ricavi – consentendo al professionista e all'impresa di raccontarsi davvero. E come Partito Democratico chiaramente ci stanno particolarmente a cuore le fragilità che si manifestano nel mondo dei giovani professionisti, delle micro e piccole imprese. Il nuovo regime dei minimi, disegnato dalla legge di stabilità, è un regime che, abbiamo detto più volte, va corretto. Abbiamo cominciato a farlo con il «decreto milleproroghe», ma pensiamo che vada valutata con attenzione anche l'istanza che ci viene dai giovani professionisti – sabato c’è stato il forum di Alta partecipazione –, quindi di stabilire uno start up anche di ingresso nel nuovo regime dei minimi e naturalmente anche di elevare quella soglia dei 20 mila euro (30 mila per quanto riguarda le professioni intellettuali). Quindi, è sicuramente un regime che richiederà degli aggiustamenti ma che, essendo regime naturale, ha consentito l'esenzione dagli studi ad una platea molto più vasta rispetto a quanto avveniva con il vecchio regime dei minimi. Bisognerà poi lavorare – e per questo è anche importante tornare su quel regime forfettario – affinché le piccolissime partite IVA, come quelle di 12 mila euro – sempre secondo quanto stimato dai giovani professionisti –, abbiano convenienza ad aderire a questo regime forfettario, soprattutto anche quando aderiscono all'analitico e siano esenti dagli studi, perché se no il paradosso è che giovanissimi e piccolissime partite IVA sono assoggettate agli studi nonostante appunto minori dimensioni rispetto ad altri soggetti. Quindi, secondo noi c’è da procedere ad una reale revisione, proprio per rafforzare la logica collaborativa tra Stato e contribuente. Più che puntare sulla sospensione o sulla demagogia fiscale – ricordava qualcuno il sistema delle quote latte –, che danneggiano la finanza pubblica e danneggiano di conseguenza anche il sistema delle imprese, bisogna lavorare per lo Stato innovatore. E lavorare per lo Stato innovatore ed innovare significa partire dalle piccole cose, rendere più semplice la vita delle imprese e sostenere la loro competitività.

  PRESIDENTE. Scusi, onorevole Scuvera. Potrei suggerire ai colleghi del Partito Democratico, dato che sta parlando una loro rappresentante, di consentirle di parlare abbassando un pochino via voce ?

  CHIARA SCUVERA. Grazie, Presidente. Tutto ciò senza privarle di strumenti, che, come ricordava anche l'onorevole Paglia, possono essere utili e fare equità. Quindi, pensiamo che fare innovazione significhi promuovere un nuovo patto fiscale, che è quello che abbiamo fatto con la delega fiscale, significhi agevolare gli investimenti, come si sta facendo con l’investment compact, e soprattutto finanziare anche la ricerca, per entrare davvero in una nuova economia della conoscenza. Quindi, gli studi debbono essere anche adeguati rispetto Pag. 96a quella che è una nuova economia (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto.

(Votazioni)

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Come da prassi, le mozioni saranno poste in votazione per le parti non assorbite e non precluse dalle votazioni precedenti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Fedriga ed altri n. 1-00607 (Nuova formulazione), su cui il Governo ha espresso parere contrario.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Carinelli, Grillo, De Lorenzis...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  421   
   Votanti  402   
   Astenuti   19   
   Maggioranza  202   
    Hanno votato  135    
    Hanno votato no  267.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Pesco ed altri n. 1-00709, come riformulata su richiesta del Governo, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Malisani, Mantero, Segoni, Capelli, Binetti...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  418   
   Votanti  403   
   Astenuti   15   
   Maggioranza  202   
    Hanno votato  402    
    Hanno votato no    1.

  La Camera approva (Vedi votazioni).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Paglia ed altri n. 1-00714, in quanto non assorbita dalle precedenti votazioni, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Palmieri...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  423   
   Votanti  407   
   Astenuti   16   
   Maggioranza  204   
    Hanno votato  407.

  La Camera approva (Vedi votazioni).

  (Il deputato Senaldi ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Rizzetto ed altri ed altri n. 1-00726, come riformulata su richiesta del Governo e in quanto non assorbita dalle precedenti votazioni, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Grillo, Alli...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  424   
   Votanti  408   
   Astenuti   16   
   Maggioranza  205   
    Hanno votato  337    
    Hanno votato no   71.

  La Camera approva (Vedi votazioni).

Pag. 97

  (La deputata Nicchi ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto favorevole).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Rampelli ed altri n. 1-00737, su cui il Governo ha espresso parere contrario.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  423   
   Votanti  404   
   Astenuti   19   
   Maggioranza  203   
    Hanno votato  141    
    Hanno votato no  263.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  (Il deputato Fossati ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario. I deputati Nicchi e Gianni Farina hanno segnalato che non sono riusciti a votare).

  Passiamo alla votazione della mozione Scuvera ed altri n. 1-00751.
  Avverto che ne è stata chiesta la votazione per parti separate, nel senso di votare distintamente dapprima la premessa, congiuntamente al primo capoverso del dispositivo, ed a seguire il secondo capoverso del dispositivo.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Scuvera ed altri n. 1-00751, limitatamente alla premessa e al primo capoverso del dispositivo, ed in quanto non assorbita dalle precedenti votazioni, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Arlotti, Boccuzzi, Massa, Migliore...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  428   
   Votanti  405   
   Astenuti   23   
   Maggioranza  203   
    Hanno votato  384    
    Hanno votato no  21.

  La Camera approva (Vedi votazioni).

  (La deputata Covello ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto favorevole).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Scuvera ed altri n. 1-00751, limitatamente al secondo capoverso del dispositivo in quanto non assorbita dalla precedenti votazioni, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Marchi. Ci siamo ? Onorevole Gelmini. Ciracì. Mi pare che a questo punto abbiano votato tutti...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  427   
   Votanti  385   
   Astenuti   42   
   Maggioranza  193   
    Hanno votato  295    
    Hanno votato no  90.

  La Camera approva (Vedi votazioni).

Sull'ordine dei lavori.

  PRESIDENTE. Dovremmo ora passare al punto n. 7 all'ordine del giorno, che reca il seguito della discussione delle mozioni concernenti iniziative per il contrasto del gioco d'azzardo.
  Tuttavia, risulta alla Presidenza che si sia raggiunta un'intesa tra i rappresentanti di tutti i gruppi nel senso di rinviare tale discussione alla seduta di domani e di passare ora al punto n. 8 dell'ordine del giorno, che reca il seguito della discussione delle mozioni concernenti iniziative in Pag. 98sede europea volte a richiedere le dimissioni del Presidente della Commissione europea, Juncker.
  Sempre secondo le intese tra i gruppi si passerà successivamente alla discussione sulle linee generali dei disegni di legge di ratifica di cui al punto n. 9 dell'ordine del giorno, senza procedere a ulteriori votazioni.
  Se non vi sono obiezioni, la proposta si intende accolta.
  (Così rimane stabilito).

Seguito della discussione delle mozioni delle mozioni Rampelli ed altri n. 1-00666, Kronbichler ed altri n. 1-00700, Borghesi ed altri n. 1-00701 e Gallinella ed altri n. 1-00711 concernenti iniziative in sede europea volte a richiedere le dimissioni del Presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker (ore 18,20).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione delle mozioni Rampelli ed altri n. 1-00666, Kronbichler ed altri n. 1-00700, Borghesi ed altri n. 1-00701 e Gallinella ed altri n. 1-00711 concernenti iniziative in sede europea volte a richiedere le dimissioni del Presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker (Vedi l'allegato A – Mozioni).
  Ricordo che nella seduta di venerdì 16 gennaio 2015 si è conclusa la discussione sulle linee generali.

(Parere del Governo)

  PRESIDENTE. Invito il rappresentante del Governo ad esprimere il parere sulle mozioni all'ordine del giorno.

  MARIO GIRO, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale. Signor Presidente, esprimo parere contrario sulle mozioni Rampelli ed altri n. 1-00666, Kronbichler ed altri n. 1-00700, Borghesi ed altri n. 1-00701 e Gallinella ed altri n. 1-00711.

(Dichiarazioni di voto)

  PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marazziti. Ne ha facoltà. Onorevole Marazziti, dovrebbe intervenire sulle mozioni che riguardano le dimissioni del Presidente Juncker. Prego.

  MARIO MARAZZITI. Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo della mia dichiarazione di voto (La Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti).
  Mi scuso con l'Assemblea perché pensavo che fossimo passati al punto successivo dell'ordine del giorno, relativo al disegno di legge sulla ratifica ed esecuzione dell'Accordo con la Turchia.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Borghesi. Ne ha facoltà.

  STEFANO BORGHESI. Signor Presidente, anche io chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo della mia dichiarazione di voto (La Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Galgano. Ne ha facoltà.

  ADRIANA GALGANO. Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, siamo qui a perdere ancora tempo grazie a operazioni inutili dell'opposizione.
  Chiedere le dimissioni di Juncker non è nel potere del Governo italiano, come voi dovreste ben sapere, né del Parlamento italiano. L'Italia ha firmato, come tutti gli altri Paesi europei, due Trattati. Vi leggo Pag. 99cosa recita il comma 8 dell'articolo 17-ter del Trattato dell'Unione europea: «La Commissione è responsabile collettivamente dinanzi al Parlamento europeo. Il Parlamento europeo può votare una mozione di censura della Commissione, secondo le modalità di cui all'articolo 234 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea. Se tale mozione è adottata, i membri della Commissione si dimettono collettivamente dalle loro funzioni e l'Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza si dimette dalle funzioni che esercita in seno alla Commissione». Allora, forse non sapete che questa mozione di sfiducia è già stata presentata ed è stata respinta dal Parlamento europeo. Quindi, quello che stiamo facendo qui è assolutamente inutile. Il Parlamento europeo, in particolare, visto che i Trattati europei assegnano a istituzioni europee il controllo e la verifica dei requisiti per coprire le cariche, ha istituito una commissione speciale sul tax ruling che sta avviando i suoi lavori con un ciclo di audizioni, per verificare cosa c’è di vero o di non vero rispetto a quanto si dice e si afferma su Juncker. Allora, io credo che in un momento come questo, in cui abbiamo tanta disoccupazione, aziende che soffrono, cittadini che soffrono, impegnare il Parlamento in azioni inutili sia una vergogna. Penso che ci siano tante cose più importanti che dovremmo fare se vogliamo incalzare il Governo, perché l'Europa ottenga risultati utili per la collettività, come per esempio incalzare sul piano per gli investimenti, sul fatto di prendere una posizione europea sulle crisi libica e ucraina, sull'utilizzo dei fondi europei, che non sono utilizzati bene non solo da noi, ma da tutta l'Europa. Quindi, abbiamo tante cose da fare piuttosto che perdere tempo. Quello che state facendo mi ricorda un po’ il fatto di aizzare un drappo rosso di fronte al toro, mentre tutto brucia, giusto per suscitare i peggiori istinti del nostro Paese, di cui veramente non abbiamo bisogno. E a questo proposito voglio citare che ieri sera l'onorevole Buonanno, nella trasmissione Piazza pulita, ha detto che i rom sono la feccia della società ed è stato applaudito da un grande numero di spettatori. Ebbene, io penso che questo rappresenti uno dei punti più bassi ai quali possiamo arrivare, e di questo voi siete responsabili (Applausi dei deputati dei gruppi Scelta Civica per l'Italia e Partito Democratico).

  PRESIDENTE. Si rivolga alla Presidenza, gentilmente.

  ADRIANA GALGANO. Dichiaro il nostro voto contrario e anche la nostra insofferenza di cittadini che lavorano di fronte al tempo che ci fate perdere (Commenti dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).

  PAOLO GRIMOLDI. È ubriaca !

  PRESIDENTE. Onorevole Giancarlo Giorgetti e colleghi, io presiedo da qualche tempo e posso assicurare che ho sentito tante altre considerazioni politiche che hanno la stessa dignità di quelle che in questo momento sono state fatte dall'onorevole Galgano. L'unica cosa che vorrei dire all'onorevole Galgano è che ovviamente le valutazioni politiche sono fuori discussione, come è fuori discussione che, se stiamo discutendo delle mozioni, è perché esse sono assolutamente ammissibili.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Kronbichler. Ne ha facoltà.

  FLORIAN KRONBICHLER. Signor Presidente, rappresentante del Governo...

  PRESIDENTE. Onorevole Ottobre, gentilmente. Onorevole Ottobre.

  FLORIAN KRONBICHLER....cari colleghi, vorrei solo rispondere alla collega Galgano: è vero che ci sono delle cose più importanti, ma ci sono sempre delle cose più importanti ed è anche vero – lo sappiamo anche noi – che non abbiamo competenza diretta. Diciamo così, che non Pag. 100abbiamo competenza diretta. Scusi Presidente, non ho suscitato la sua gelosia, insomma.

  PRESIDENTE. Però è bene che lei si rivolga alla Presidenza.

  FLORIAN KRONBICHLER. Però, quello che diciamo qui, noi, se approviamo questa mozione, ha un peso. Già al momento della discussione sulle linee generali, ormai un mese e mezzo fa, avevo paura di arrivare tardi. Già allora sembrava un po’ fuori tempo questa mozione che chiede le dimissioni del Presidente della Commissione europea Juncker. La polemica sul conflitto di interessi sembrava essersi allora un po’ attenuata. Invece, proprio quel giorno, il 16 gennaio, è rimbalzata sulla grande stampa europea la notizia che la Commissione dell'Unione europea indagava sulla circostanza che il Lussemburgo avesse concesso condizioni fiscali a favore del colosso commerciale Internet Amazon.
  Il modello attuato da quella multinazionale sembra essere illegale: così la vede la Commissione europea. Il rapporto dell'Unione europea, pubblicato il 16 gennaio, dimostra nei dettagli come e fino a che punto il Lussemburgo sia venuto incontro ad Amazon, che avrebbe pagato meno tasse in quantità considerevole. I profitti di Amazon vanno a finire in Lussemburgo in misura molto più alta di quanto si pensasse finora. Se tali notizie dovessero rivelarsi fondate, ciò avrebbe ripercussioni pesanti in primo luogo su Amazon, molto sicuramente sul Lussemburgo e di sicuro anche su Jean-Claude Juncker.
  È stato lui, all'epoca, a far prendere sede ad Amazon nel suo Lussemburgo, era lui il Primo Ministro; fu lui, allora, a vantarsi presso i dirigenti Amazon della – testuale – politica fiscale conveniente. Jean-Claude Juncker, ovviamente, smentì qualsiasi coinvolgimento nell’affaire, eppure promise di astenersi, da Presidente della Commissione, da qualsiasi intromissione nelle indagini in corso. Ci mancherebbe !
  Dicevo dell'attualità del caso Juncker: allora, l'ha attualizzato la notizia sui favori del Lussemburgo di Juncker concessi al colosso Amazon; questa volta ci aiuta il nostro Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che, proprio in queste ore, sta incontrandosi con il Presidente della Commissione europea a Bruxelles. Suppongo che il nostro mite Capo di Stato non abbia riferito al suo ospitante del dispiacere che potrebbe recargli il Parlamento italiano approvando le mozioni di SEL e di altri gruppi. In ogni caso, considero una felice coincidenza quella che lega la nostra iniziativa parlamentare con i fatti di cronaca.
  Ricordo, ancora, che il Consorzio internazionale per il giornalismo investigativo – questo già prima – ha condotto un'inchiesta il cui risultato dimostra che 340 aziende hanno spostato, negli ultimi anni, le loro sedi legali in Lussemburgo, e tutti sappiamo la ragione.
  Da questa inchiesta si evincono documenti ufficiali che dimostrano come il neo Presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, nella sua passata vita politica, cioè quando ricopriva l'incarico di Primo Ministro del suo Paese, è stato responsabile, se non l'artefice, di accordi segreti con grandi multinazionali, che, grazie a queste intese, sono riuscite a sottrarre molti miliardi di tasse ai Paesi dell'Unione europea in cui avrebbero dovuto pagarle.
  Il nostro l'Espresso, in contemporanea con altre grandi testate dell'Unione europea, come BBC, The Guardian, le Monde, Süddeutsche Zeitung, ha pubblicato i documenti riservati che dimostrano come il Lussemburgo di Juncker sia stato un invidiabile paradiso fiscale per tante imprese internazionali, comprese alcune italiane finora emerse.
  Vantaggi formalmente legittimi, in quanto la legislazione europea consente la concorrenza fiscale tra un Paese e l'altro, mentre vieta gli aiuti agli Stati. Tale passato comportamento di Jean-Claude Juncker ci sembra del tutto incompatibile con il ruolo assunto di Presidente della Commissione europea, che necessita di una personalità autorevole e meritevole di fiducia da parte di tutti i cittadini dell'Unione europea, danneggiati dalle politiche Pag. 101condotte durante il suo quasi ventennale incarico di Primo ministro del Lussemburgo. La permanenza nell'incarico di Presidente dell'Unione europea di Juncker non aiuta la causa europea, in quanto la sua posizione come capo dell'istituzione che sta indagando sulle pratiche fiscali da lui supervisionate quando era Primo ministro del Lussemburgo è in evidente conflitto di interesse e, pertanto, la credibilità delle istituzioni, se lasciasse l'incarico, ne trarrebbe solo vantaggio. Mi preme ancora rispondere alla collega Francesca Bonomo del PD che in discussione generale mi ha rimandato al capogruppo dei Verdi al Parlamento europeo, a Philippe Blambert, che nell'occasione della costituzione di una Commissione di inchiesta sul caso Look Lease (che, nolente o volente, è il caso Juncker), avrebbe detto: l'iniziativa non è intesa per tagliare la testa a Juncker, ma per mettere la parola fine alla guerra fiscale che esiste tra Paesi membri. Ecco, stia serena la collega Bonomo, neanche noi chiediamo la testa di Juncker. Che viva felice e in pace. Noi chiediamo che il personaggio venga rimosso dalla sua carica. E anche su questo la collega Bonomo ci impartisce la sua lezione, ci critica perché non saremmo – testuale – in grado di tirar fuori un nome alternativo per la Commissione europea, saremmo solo in grado di demonizzare. Quindi, lei chiama la nostra azione estemporanea e populista, che non avrebbe a cuore un'altra Europa possibile, ma solo la fine dell'Europa, rimandandoci al buon esempio tedesco della sfiducia costruttiva. Ma collega – chiedo a lei ed al suo partito, il PD –, da quando hanno preso loro ad esempio il sistema parlamentare tedesco. Quando mai si sono loro attenuti al principio della sfiducia costruttiva. Mai tanto si è sentito strapazzare l'esempio tedesco, quanto nel recente dibattito sulla riforma costituzionale. Quanto fu invocato il sistema del Bundesrat come esempio per il nostro futuro Senato. Noi tutti saremmo stati d'accordo. Ma chi l'ha sbandierato per poi non farlo ? Non faccio nomi. Il Gruppo Sinistra Ecologia Libertà vuole impegnare adesso il Governo a promuovere – e di questo ha la competenza, collega Galgano – a promuovere l'attivazione delle procedure volte alla cessazione della carica di Presidente della Commissione europea di Jean-Claude Juncker per le ragioni che ho espresso.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, l'onorevole Buttiglione. Ne ha facoltà.

  ROCCO BUTTIGLIONE. Grazie, signor Presidente. Signor Presidente, onorevoli colleghi, devo dire che ho una curiosità. Vorrei sapere: quali sono queste procedure volte a far cessare l'incarico a Juncker che il Governo italiano potrebbe attivare ? Perché, la Commissione, una volta nominata, è rigorosamente indipendente dai Governi. Può ricevere un voto di sfiducia del Parlamento europeo. È successo una volta nella storia e, in questo caso, la Commissione si è dimessa, anche se non è del tutto sicuro che fosse legalmente obbligata a dimettersi.
  Mi sembra che questo dibattito sia un po’ fuori dalla realtà, il Parlamento italiano non ha titolo per ergersi a giudice di Jean-Claude Juncker, non ha nessun titolo per farlo. Per di più è anche politicamente fuori tempo, l'avessimo fatto prima che il Parlamento europeo – che invece qualche titolo a ergersi a giudice ce l'ha – desse il suo giudizio, la cosa era un po’ irrituale ma aveva un qualche senso. Potevamo sperare di influenzare il giudizio di chi aveva titolo per giudicare, ma lo facciamo dopo e mi pare che sia una vicenda totalmente pretestuosa.
  Collega Kronbichler, io ho per lei grandissima stima e grande ammirazione, però uno che sta nei Verdi europei non dovrebbe fare prediche di moralità su nulla dopo che uno scandalo non tanto lontano ci ha mostrato molti esponenti dei verdi europei, come qualcuno pedofilo e qualcuno che ha certamente favorito la pedofilia, lo dico senza paura di essere citato in giudizio perché risulta da atti incontestabili. Allora, un po’ meno di aria di superiorità morale. Veniamo al tema: cosa ha fatto questo «cattivone» di Jean-Pag. 102Claude Juncker ? Premettiamo che ahimè, purtroppo l'ordinamento europeo non ha previsto nessuno strumento di armonizzazione fiscale e che la materia fiscale è rimasta interamente nella disponibilità degli Stati membri. Solo adesso cominciamo a capire che questo è sbagliato e a porci il problema e alcune misure arriveranno, anzi alcune sono in realtà già arrivate. Premesso che non esisteva un'armonizzazione fiscale europea, premesso che quindi la materia fiscale era totalmente nella disponibilità dei singoli Paesi, Jean-Claude Juncker ha usato al meglio la legislazione esistente a favore del suo Paese, peccato che in Italia non abbiamo saputo farlo, perché se l'avessimo saputo fare in Italia, magari avendo anche delle tasse un po’ meno alte, avremmo attirato in Italia tanti capitali che avrebbero creato tanti posti di lavoro. Questa è la colpa di Jean-Claude Juncker, aver governato bene il suo Paese utilizzando al meglio tutti gli spazi che la legislazione gli dava. Era sbagliato che la legislazione europea lasciasse aperti quegli spazi ? Era sbagliato e Jean-Claude Juncker è stato il primo in sede europea a iniziare un'azione per limitare questi spazi, perché vedete, il problema c’è ed è gravissimo ed è venuto crescendo, perché oggi noi abbiamo numerose aziende che vanno a farsi tassare dove vogliono, cioè dove le tassano di meno. Ma è ancora poco, noi abbiamo – questo è un problema degli ultimissimi anni – enormi quantità di ricchezza che non sono prodotte in un luogo che si possa chiaramente determinare. Quando si conclude un contratto sul web, quando voi affittate una Camera d'albergo tramite www.booking.com, la transazione, la produzione di ricchezza dove ha luogo ? Chi ha titolo per tassare ? È molto facile orientare i flussi di denaro lì dove si è tassati di meno e qualche volta anche riuscire a non essere tassati affatto.
  Quindi, il problema c’è, ma la colpa non è di Juncker e io sono confidente nel fatto che Juncker sarà quello che più di altri sarà capace di affrontarlo e risolverlo. Qualcosa sta succedendo, vedete, la politica oggi è debole e l'economia è forte. Perché l'economia è forte e la politica è debole ? Perché le politiche – lo dico agli amici del MoVimento 5 Stelle e agli amici della sinistra – le politiche che voi vorreste sono politiche che richiedono uno Stato che è veramente sovrano, ma lo Stato non è veramente sovrano perché in un mercato aperto il capitale è diventato mobile, se ne va, e non siamo in grado di tassarlo e di imporgli obblighi di solidarietà che pure io personalmente ritengo giusti. Quando noi per effetto delle nuove politiche dell'Unione europea e anche dell'impegno della Commissione Juncker facciamo un accordo con la Svizzera che dice che noi siamo in grado di tassare il capitale esportato in Svizzera, lo Stato italiano riguadagna sovranità. Premesso che oggi le tasse andrebbero abbassate, ma in generale si acquisisce nuova sovranità e quindi la possibilità anche nel tempo di finanziare politiche sociali più ambiziose. Questo è il tema e quelli con cui fare i conti sono non Jean-Claude Juncker, che è dalla nostra parte, ma le grandi multinazionali del web, Yahoo !, Google, Microsoft, ognuno con differenti capacità e differenti problemi.
  Jean-Claude Juncker è un grande uomo di Stato europeo, ha fatto il bene del suo Paese usando le regole che c'erano e sta facendo il bene dell'Europa. Se noi oggi abbiamo un inizio di ripresa è per una battaglia politica in cui Jean-Claude Juncker è stato uno dei protagonisti, perché pensate che arrivi dal cielo il fatto che lo Stato italiano, oggi, potrà presentare la legge di stabilità che presenterà, che ci dà i primi spiragli di possibilità di spesa, dopo tanti anni da parte dello Stato ? No, è perché, per la prima volta, la regola è stata interpretata non in maniera semplicemente matematica; si è valutata la qualità del bilancio, e valutando la qualità del bilancio, si è valutata la qualità delle riforme che venivano proposte e l'effetto che avrebbero avuto, magari non proprio nel corso dell'anno fiscale, magari un po’ più oltre, ma valutando questo effetto, si sono rese possibili cose che altrimenti erano impossibili. Chi ha preso l'iniziativa di questo che è un passo importante per Pag. 103la crescita in Europa ed un passo direttamente a favore dell'Italia ? È stato Jean-Claude Juncker, non un altro. Chi per primo in Europa ha cominciato a parlare concretamente, perché astrattamente lo facevamo noi da un po’ di tempo, ma non avevamo sfiorato nulla, di investimenti di una politica europea degli investimenti e di un piano di investimenti per rendere l'Europa capace di reggere il confronto dell'economia della conoscenza ? È stato Jean-Claude Juncker. Io sono molto critico rispetto a questo piano, che è bellissimo, ma che però somiglia un poco a Nino Benvenuti. Vi ricordate Nino Benvenuti ? Era un grande pugile italiano che aveva uno stile magnifico, ma aveva un solo difetto: non aveva forza nelle braccia. Il piano Juncker è bellissimo, però i soldi sono pochi e per quanto uno sia bravo a moltiplicarli, è difficile moltiplicarli così tanto che, partendo da 21 miliardi (che poi sono anche meno di 21 miliardi, in realtà), si arriva a 315. Staremo a vedere, però, perlomeno, è iniziato un movimento e questo è il risultato di una lotta politica che ha condotto Jean-Claude Juncker insieme con l'Italia, insieme con Renzi, insieme con altri Paesi, insieme anche con tanti tedeschi, perché non ce l'avremmo fatta se nella Germania non avessimo avuto una parte minoritaria, ma importante, dell'opinione pubblica tedesca, che ha appoggiato questa politica. Per questo vi dico che è un uomo di Stato europeo ed un amico dell'Italia e che questa iniziativa, che arriva in ritardo, che comunque è fuori della legalità europea, è un'iniziativa che ci danneggia, perché va contro qualcuno che ha manifestato amicizia nei nostri confronto. È politicamente sbagliata. Questa è la ragione per cui noi voteremo convintamente contro queste mozioni che vogliono isolarci in Europa, che, se approvate, ci isolerebbero in Europa, che bloccherebbero una politica che è una politica giusta per l'Europa e che danneggerebbero un amico dell'Italia.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Palese. Ne ha facoltà.

  ROCCO PALESE. Grazie Presidente, intervengo per chiedere che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo della mia dichiarazione di voto (La Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gallinella. Ne ha facoltà.

  FILIPPO GALLINELLA. Presidente, la ringrazio due volte, una per avermi dato, giustamente, la parola e l'altra per avere ricordato alla collega Galgano qual è il Regolamento, perché se è accettata dal Governo credo che si possa discutere. Oltretutto, invito i colleghi di Scelta Civica, se ritengono che questo momento sia una perdita di tempo, a valutare che le porte sono aperte, possono comunque liberare l'Aula (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Detto ciò – poi mi permetterò di rispondere, tramite lei, anche al collega Buttiglione – mi preme leggere, tradotto in italiano, quello che quasi tutte le testate europee hanno detto sullo scandalo che ha riguardato Juncker, il famoso Luxleaks: accordi segreti tra le autorità del Lussemburgo e 300 aziende, di cui 31 italiane, per spostare flussi finanziari enormi, pagando tasse minime. Questo, in sintesi, è lo scandalo che ha travolto l'attuale Presidente della Commissione. Ora la questione è semplice, queste mozioni, che tutti i partiti hanno presentato, vanno nella direzione di evidenziare che sembra poco opportuno che un Presidente, con questo passato, sia a capo della Commissione europea. Nessuno di noi dice che lui abbia sbagliato da Ministro delle finanze o da Primo Ministro del Lussemburgo nell'operato, questo per quanto riguarda il collega Buttiglione.
  Io non ce l'ho con Jean-Claude Juncker, io ce l'ho, anzi noi ce l'abbiamo con la scelta che è stata fatta a suo tempo; forse, non si sapeva che si era comportato così, però, dopo lo scandalo, è venuto alla luce il comportamento di una persona che adesso dirige la Commissione e ci sembra Pag. 104quanto mai inopportuno che un Governo, che parla di lotta all'evasione, alla corruzione e di fare pagare insomma le tasse, giustamente, secondo l'articolo della Costituzione, possa poi appoggiare un presidente di Commissione, che ha fatto appunto il Ministro dell'economia e il primo ministro del Lussemburgo e che ha fatto dell'elusione fiscale, purché legale, tutta la ricchezza di un Paese come il Lussemburgo.
  Questa è una questione politica, non è una questione tecnica o di finezza e via dicendo. Noi chiediamo al Governo italiano di prendere una posizione. Ha risposto a tutte le mozioni ? No, ne prendiamo atto con molto dispiacere, ma credo che sia quanto mai inopportuno che un presidente che si è comportato così possa quantomeno garantire la correttezza delle future operazioni per quanto riguarda questo controllo.
  Ciò non toglie – e anzi lo voglio ricordare –, in ultimo, lo scandalo della lista Falciani o Falcianì – ora non so come si pronunci –, che riguarda sempre la stessa materia: ingenti somme di denaro, miliardi di euro, che vengono, per motivi politici o accordi con le multinazionali, deviate. Non è questa la questione. Oltretutto aggiungo, visto che ho sentito parlare del piano Juncker, che se si va a vederlo è per noi uno spot elettorale: 315 miliardi. Dove ? Non c’è. Forse cominceremo con i 5 miliardi della BEI, ma «forse», e allora avremo motivo di discuterne in maniera approfondita. Quindi è un altro motivo per cui, insomma, la credibilità di questo individuo lascia il tempo che trova.
  In ultimo sarebbe una rivincita per il Governo italiano potere dire qualcosa sul presidente Juncker. Perché ? Perché noi, voi anzi, non noi, voi avete puntato tantissimo su lady PESC che è stata da lui stesso commissariata. Sarebbe un motivo di rivalsa e un peso da mettere sul piatto per dire: attenzione, presidente, a noi non ci piaci per niente, per questo e per questo motivo: ritrattiamo un po’ le cose.
  Per questo, Presidente – mi accingo alla conclusione – il MoVimento 5 Stelle voterà favorevolmente su tutte le mozioni. Purtroppo il Governo ha mostrato e «si è pronato» ovviamente a decisioni di qualcun altro. Ha accettato il fatto che è possibile avere un presidente che ha fatto la sua carriera tramite l'elusione fiscale. E continuiamo ad appoggiarlo come presidente di Commissione ! Io ritengo che questo sia uno scandalo, noi lo ripeteremo sempre, non crediamo – mi rivolgo ancora una volta ai colleghi di Scelta Civica – che questa sia una perdita di tempo; prendiamo atto che loro vanno d'accordo con chi fa dell'elusione fiscale la propria carriera e andiamo avanti (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Camanì. Ne ha facoltà. Chiedo scusa, onorevole Camani. Oggi il Presidente ha problemi con gli accenti.

  VANESSA CAMANI. Signor Presidente, colleghe e colleghi, è indubbio che i dossier pubblicati svelano i contorni di una vera e propria guerra fiscale condotta da alcuni Stati membri, una guerra combattuta gli uni contro gli altri, in cui gli unici vincitori sono pochi privilegiati, mentre a perderci è la stragrande maggioranza dei cittadini europei.
  La posta in gioco, dunque, è alta, ne siamo consapevoli, e rischia di minare alle fondamenta l'integrazione europea ed il lungo e faticoso percorso di costruzione della comunità dell'Unione. Per questa ragione la richiesta di dimissioni di Jean-Claude Juncker, non solo è scorretta nel metodo, come hanno specificato i colleghi nei precedenti interventi, ma rischia di focalizzarsi solo su una parte del meccanismo, distogliendo l'attenzione dalla necessità italiana ed europea di affrontare il problema per intero e cioè il tema dell'evasione e dell'elusione fiscale in tutta Europa e delle politiche, quelle già in campo e quelle da attivare, per contrastare questi fenomeni.
  L'Italia sta facendo la sua parte. Lo ha fatto durante il semestre di Presidenza, ponendo questo tema come altri al centro del dibattito delle istituzioni europee e sta Pag. 105continuando lungo questo percorso anche nell'azione del Governo, sottoscrivendo in questi mesi importanti accordi sullo scambio di informazioni in materia fiscale con la Svizzera, il Liechtenstein e il principato di Monaco, per citare gli ultimi in ordine di tempo. Ma è evidente come la questione investa pienamente le istituzioni europee e rischi di intaccare la credibilità dell'Unione.
  Oggi l'Europa è chiamata ad una svolta importante e lo stesso Presidente ha dichiarato di volersi impegnare per imprimere un'azione forte in questa direzione, per un'azione incisiva che modifichi profondamente il paradigma della politica fiscale nell'Unione europea.
  Sono diverse le direzioni su cui agire. In primo luogo, si dovrà estendere a tutti gli Stati membri interessati da un comportamento fiscale sospetto l'indagine già avviata su Irlanda, Lussemburgo, Paesi Bassi e Gibilterra, per individuare responsabilità e per recuperare le risorse mancanti. E sarebbe, secondo noi, un segnale positivo e politicamente rilevante scegliere di devolvere parte dei ricavi all'incremento dei fondi disponibili per il piano straordinario di investimenti previsto dallo stesso Juncker e fortemente voluto dalla Presidenza italiana al semestre europeo.
  L'altro fronte aperto riguarda il miglioramento della trasparenza in materia fiscale, necessario per inaugurare una nuova stagione di apertura tra le amministrazioni e per garantire il massimo livello di trasparenza fiscale in Europa.
  Infine, vi è il grande tema dell'armonizzazione fiscale in Europa e della tassazione sulle imprese, con la previsione di un'aliquota minima, da un lato, e di un accordo per evitare la doppia imposizione fiscale, dall'altro.
  Appare, dunque, signor Presidente, evidente, anche dalla semplice indicazione dell'orizzonte degli interventi, come il problema sia molto più complesso e articolato di come presentato dalle mozioni. Infatti, è evidente come l'evasione fiscale, fenomeno che affonda le proprie radici in tanti, troppi Stati membri, si traduca in un effetto distorsivo della funzione anche sociale che le istituzioni europee devono interpretare.
  La disuguaglianza e l'ingiustizia che stanno nel cuore di questa concorrenza fiscalmente sleale allontanano i cittadini europei dalle istituzioni comunitarie, allontanano l'Europa dal cuore e dalla testa delle nostre comunità. E dentro queste nuove disuguaglianze e ingiustizie, aggravate e appesantite dalla crisi, anche i tradizionali spartiacque ideologici non sono più sufficienti a spiegare e a definire le dinamiche politiche in Europa e negli Stati, come dimostra anche il fatto che queste mozioni, simili per contenuti e conclusione, rappresentano trasversalmente quest'Aula, dal MoVimento 5 Stelle a SEL, a Fratelli d'Italia e alla Lega. Un nuovo spartiacque si sta definendo: quello tra europeisti e euroscettici, tra i portatori esclusivi di interessi nazionali e chi, al contrario, si definisce in una grande fiducia circa il processo di integrazione europea. Il Partito Democratico si ascrive a pieno titolo tra questi ultimi.
  Crediamo fortemente nel ruolo delle istituzioni europee e nella capacità che avranno di corrispondere a questa grande domanda di riequilibrio delle disuguaglianze, a maggior ragione oggi con l'elezione della Commissione europea e del suo Presidente Juncker da parte del Parlamento europeo, avvenuta per la prima volta nella storia delle istituzioni comunitarie, in un percorso di avvicinamento tra le aspettative legittime dei cittadini europei e l'impegno decisivo di Commissione e Parlamento. L'elezione di Juncker rispetta un equilibrio politico definito in sede europea, che noi osserviamo e rispettiamo e che è, di per sé, elemento imprescindibile di democraticità.
  Abbiamo fiducia in questa Europa, signor Presidente. Crediamo che le istituzioni democraticamente elette sapranno cogliere le sfide che abbiamo di fronte. E crediamo anche che a questa Europa si debbano offrire gambe e fiato. Lo abbiamo fatto durante il semestre di Presidenza e continuiamo a farlo in una relazione stabile e trasparente con le istituzioni europee. Pag. 106Non intendiamo prestarci a piccole strumentalizzazioni che hanno l'unica finalità di tirare il freno a mano al processo di integrazione europea. Riteniamo, al contrario, necessario ed opportuno accelerare su questo punto.
  Per tutte queste ragioni, esprimo il voto contrario del Partito Democratico a tutte le mozioni presentate (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Marcon. Ne ha facoltà.

  GIULIO MARCON. Signor Presidente, annunciando il voto favorevole sulla mozione di SEL, io vorrei stigmatizzare le parole pronunciate prima dall'onorevole Buttiglione, che ha inibito il nostro collega, il mio collega Florian Kronbichler, dicendogli sostanzialmente: «Come fai a parlare te, che sei esponente di un partito, che fai riferimento a quel movimento di verdi europei tra cui ci sono esponenti accusati di pedofilia ?».
  Non ha citato il nome, ma si riferiva, ovviamente, a Daniel Cohn-Bendit, che è stato accusato di questo. Io non voglio entrare nel merito di questa accusa e non voglio dare giudizi su questo. Vorrei, però, ricordare all'onorevole Buttiglione che, purtroppo, anche nella Chiesa cattolica ci sono alcuni sacerdoti che in questi anni si sono macchiati, ahimè, di reati di pedofilia (Applausi di deputati dei gruppi Sinistra Ecologia Libertà e MoVimento 5 Stelle), ma questo non impedisce agli alti rappresentanti della Chiesa di intervenire sui temi della sessualità e noi difendiamo il diritto di tutti i sacerdoti, di tutti i rappresentanti della Chiesa di intervenire su questi temi. Vorrei, inoltre, ricordare all'onorevole Buttiglione la sua vicenda, visto che parliamo di Europa. Nel 2004 il Parlamento europeo respinse la nomina dell'onorevole Buttiglione a commissario europeo per le sue dichiarazioni sull'omosessualità e sulle donne. Dichiarò l'omosessualità come disordine morale. Vorrei, quindi, concludere, dicendo all'onorevole Buttiglione che, purtroppo, il fariseismo è un vizio molto antico, però vorremmo cercare tutti di mantenerlo fuori da quest'Aula (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto.

(Votazioni)

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti. Come da prassi, le mozioni saranno poste in votazione per le parti non assorbite e non precluse dalle votazioni precedenti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Rampelli ed altri n. 1-00666, con il parere contrario del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Carra, Nizzi, Matarrelli, Tidei...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  409   
   Votanti  377   
   Astenuti   32   
   Maggioranza  189   
    Hanno votato  112    
    Hanno votato no  265.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Kronbichler ed altri n. 1-00700, con il parere contrario del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Nardi, Coppola...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  407   
   Votanti  376   
   Astenuti   31   
   Maggioranza  189   
    Hanno votato  112    
    Hanno votato no  264.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

Pag. 107

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Borghesi ed altri n. 1-00701, con il parere contrario del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Colletti, Fico, Coppola, Ciracì...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  408   
   Votanti  379   
   Astenuti   29   
   Maggioranza  190   
    Hanno votato  112    
    Hanno votato no  267.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Gallinella ed altri n. 1-00711, su cui il Governo ha espresso parere contrario.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Monchiero... Montroni...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  410   
   Votanti  382   
   Astenuti   28   
   Maggioranza  192   
    Hanno votato  112    
    Hanno votato no  270.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

Organizzazione dei tempi di discussione dei disegni di legge di ratifica (ore 19,05).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione dei disegni di legge di ratifica nn. 2090, 2270, 2425-A, 2625-A, 2515-A, 2574-A, 2575-A.
  Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi riservati all'esame dei disegni di legge di ratifica all'ordine del giorno è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).

Discussione del disegno di legge: Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra la Repubblica italiana e le Isole Cayman sullo scambio di informazioni in materia fiscale, fatto a Londra il 3 dicembre 2012 (A.C. 2090).

  PRESIDENTE. Passiamo dunque alla discussione del disegno di legge di ratifica n. 2090: Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra la Repubblica italiana e le Isole Cayman sullo scambio di informazioni in materia fiscale, fatto a Londra il 3 dicembre 2012.

(Discussione sulle linee generali – A.C. 2090)

  PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
  Avverto che il presidente del gruppo parlamentare MoVimento 5 Stelle ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
  Avverto, altresì, che la III Commissione (Esteri) si intende autorizzata a riferire oralmente.
  Ha facoltà di intervenire il relatore, deputato Franco Cassano.

  FRANCO CASSANO, Relatore. Signor Presidente, colleghi deputati, l'accordo con il Governo dell'isole Cayman dipendenza diretta dalla Corona britannica è stato predisposto...

  PRESIDENTE. Onorevole Cassano, aspetti un attimo. Capisco perfettamente che è finita la parte delle votazioni. Allora lo comunichiamo ufficialmente all'Aula: la parte delle votazione è finita in modo che l'onorevole Cassano possa parlare con quelli che sono interessati a restare e che Pag. 108magari, restando, sono un po’ più silenti. Prego, onorevole Cassano, scusi se l'ho interrotta.

  FRANCO CASSANO. Relatore. È stato predisposto al pari di altri accordi già stipulati con altre entità come l'Isola di Man, o Gibilterra sulla base del modello dell'accordo sugli scambi di informazioni fiscale redatto dall'OCSE nell'aprile 2002, in linea con gli orientamenti condivisi dall'Italia nei diversi forum internazionali in tema di rafforzamento degli strumenti di contrasto all'evasione ed all'elusione fiscale, soprattutto nel contesto della crisi finanziaria internazionale.
  Anche in questo caso, il testo appare pienamente coerente con l'evoluzione normativa del nostro Paese che, a partire dall'entrata in vigore della legge finanziaria per il 2008, ha portato ad una radicale riforma della legislazione antielusiva nazionale, incentrata sull'elencazione degli Stati con normativa fiscale conforme agli standard di legalità e trasparenza adottati dall'Unione europea (la cosiddetta white list).
  L'Accordo si compone di tredici articoli: tra questi, mi limito a richiamare i più rilevanti, come l'articolo 3 che delinea l'ambito oggettivo di applicazione dell'intesa: per l'Italia si tratta dell'imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF), l'imposta sul reddito delle società (IRES), l'imposta regionale sulle attività produttive (IRAP), l'imposta sul valore aggiunto (IVA), l'imposta sulle successioni, l'imposta sulle donazioni e le imposte sostitutive.
  Di seguito, nell'articolo 4 vengono fornite le definizioni, a fini interpretativi, di alcuni termini utilizzati nell'accordo.
  L'articolo 5 disciplina le modalità con cui dette informazioni sono richieste da una delle due parti e fornite dall'altra. Il paragrafo 4 dell'articolo 5 prevede, tra l'altro, il superamento del segreto bancario, conformemente all'obiettivo prioritario della lotta all'evasione, nonché agli standard dell'OCSE in materia.
  Con l'articolo 6, viene invece regolamentata la possibilità di una parte contraente di consentire che rappresentanti dell'autorità competente dell'altra parte contraente possano effettuare attività di verifica fiscale, ovvero presenziarvi, nel suo territorio. Le disposizioni dell'articolo 7 indicano i casi in cui è consentito il rifiuto di una richiesta di informazioni, ad esempio quelli in cui la divulgazione delle informazioni richieste è contraria all'ordine pubblico o potrebbe rivelare segreti commerciali, industriali o professionali; mentre le garanzie di riservatezza, nell'ambito dello scambio di informazioni della specie, sono previste in particolare dalle disposizioni dell'articolo 8. Con l'articolo 10, inoltre, le parti si impegnano ad adottare la legislazione necessaria per ottemperare e dare applicazione ai termini dell'Accordo. Concludo raccomandando una celere approvazione del disegno di legge da parte dell'Aula – sul quale si sono espresse favorevolmente le Commissioni affari costituzionali, giustizia, bilancio e finanze –, che potrà portare all'emersione di una maggiore base imponibile ed appare pertanto pienamente in linea con la preannunciata e condivisibile accelerazione, da parte del Governo, del percorso di ratifica di accordi bilaterali aventi per obiettivo lo scambio di informazioni con altri Paesi ai fini della perequazione fiscale e per il contrasto alle frodi fiscali internazionali, testimoniata dalla recente sottoscrizione degli accordi in materia fiscale con la Confederazione elvetica ed il Principato del Liechtenstein.

  PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo rinunzia ad intervenire in sede di discussione sulle linee generali.
  Constato l'assenza dell'onorevole Picchi, iscritto a parlare: s'intende che vi abbia rinunziato.
  Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
  Non essendovi stati interventi, non vi sono le repliche del relatore e del rappresentante del Governo.
  Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Pag. 109

Discussione del disegno di legge di ratifica: S. 1078 – Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra la Repubblica italiana e la Repubblica di Turchia sulla previdenza sociale, fatto a Roma l'8 maggio 2012 (Approvato dal Senato) (A.C. 2270) (ore 19,10).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge di ratifica, già approvato dal Senato, n. 2270: Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra la Repubblica italiana e la Repubblica di Turchia sulla previdenza sociale, fatto a Roma l'8 maggio 2012.

(Discussione sulle linee generali – A.C. 2270)

  PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
  Avverto che il presidente del gruppo parlamentare MoVimento 5 Stelle ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
  Avverto, altresì, che la III Commissione (Affari esteri) si intende autorizzata a riferire oralmente.
  Ha facoltà di intervenire il relatore, onorevole Marazziti.

  MARIO MARAZZITI, Relatore. Illustre Presidente, onorevoli deputati, rappresentante del Governo, questo Accordo mira ad introdurre un'effettiva parità di trattamento in materia previdenziale tra lavoratori italiani e lavoratori turchi, al di là delle rispettive nazionalità, attraverso l'adozione di una normativa uniforme e la tutela dei diritti acquisiti, semplificando le procedure per l'esonero contributivo dei lavoratori a seguito delle imprese. L'intesa, quindi, semplifica le procedure amministrative per le imprese, favorendo il trasferimento dei lavoratori italiani in Turchia, mercato particolarmente significativo per l'Italia: attualmente sono circa un migliaio le imprese italiane operanti in Turchia. L'accordo, che è modellato sulla Convenzione europea di sicurezza sociale ed è fondato sul principio della lex loci laboris, regolamenta gli istituti in materia di invalidità, di vecchiaia, le prestazioni ai superstiti, l'infortunio sul lavoro, la malattia professionale, l'indennità di malattia, l'assicurazione contro la disoccupazione e, per la Turchia, l'indennità di decesso, mentre restano al di fuori dell'ambito applicativo dell'intesa, come richiesto dalla controparte turca, le prestazioni non contributive e tutte quelle prestazioni supplementari a garanzia del reddito. Particolare rilievo assumono le previsioni di cui alla Parte III, che riguardano l'introduzione di una serie di fondamentali istituti del diritto della previdenza sociale, dall'indennità di malattia, di disoccupazione fino alle prestazioni sanitarie e pensionistiche, disponendo l'esenzione da qualsiasi onere amministrativo abolendo autentiche e legalizzazioni per le domande di prestazione presentate nei due Paesi. Concludo con l'auspicio per una rapida conclusione dell'esame del provvedimento, che è stato già approvato dal Senato il 2 aprile dello scorso anno e già ratificato dalla Turchia.

  PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo rinunzia ad intervenire.
  È iscritto a parlare l'onorevole Picchi, che però non vedo in Aula: si intende che vi abbia rinunziato.
  Atteso che non vi è stato dibattito, non si darà luogo alle repliche del relatore e del Governo.
  Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Ratifica ed esecuzione dell'Accordo commerciale tra l'Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Colombia e la Repubblica di Perù, dall'altra, fatto a Bruxelles il 26 giugno 2012 (A.C. 2425-A).

  PRESIDENTE. Passiamo alla discussione del disegno di legge di ratifica n. 2425-A: Ratifica ed esecuzione dell'Accordo commerciale tra l'Unione europea e Pag. 110i suoi Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Colombia e la Repubblica di Perù, dall'altra, fatto a Bruxelles il 26 giugno 2012.

(Discussione sulle linee generali – A.C. 2425-A)

  PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
  Il Presidente del gruppo parlamentare MoVimento 5 Stelle ne ha chiesto l'ampliamento.
  Avverto che la Commissione Affari esteri si intende autorizzata a riferire oralmente.
  Avverto inoltre che, con lettera pervenuta in data odierna, il presidente della Commissione affari esteri ha comunicato che il relatore Fabio Porta ha rinunciato al suo mandato e che le funzioni di relatore saranno svolte dal deputato Franco Cassano.
  Ha facoltà di intervenire il relatore, onorevole Cassano.

  FRANCO CASSANO, Relatore. Signor Presidente, colleghi deputati, l'accordo al nostro esame trae origine dal vertice di Guadalajara del maggio 2004, nel quale l'Unione europea e la comunità andina hanno deciso di avviare i negoziati per la conclusione di un accordo commerciale tra le due regioni. A causa di divergenze tra i due blocchi regionali – oltre a quelle interne alla stessa comunità andina – il negoziato è stato avviato però soltanto nel 2007, per poi arenarsi nuovamente nel 2008 per l'incapacità dei Paesi andini di definire posizioni unitarie in materia commerciale, che ha portato al ritiro dell'Ecuador dal tavolo negoziale.
  L'accordo riveste una duplice importanza, perché rappresenta il primo concluso dall'Unione europea dopo l'entrata in vigore del Trattato di Lisbona, e delinea parimenti una solida cornice giuridica per settori importanti come quelli degli appalti pubblici, dei servizi e degli investimenti, facilita la riduzione delle barriere tecniche e stabilisce una disciplina comune in materia di diritti di proprietà intellettuale, trasparenza e concorrenza.
  Il Trattato mira quindi ad abbattere le barriere doganali, ad eliminare una serie di ostacoli di natura tecnica al commercio, liberalizza il mercato dei servizi ed apre i mercati delle licitazioni pubbliche. Secondo alcune stime elaborate da Bruxelles, dovrebbe far decollare l'interscambio tra l'Unione e i due Paesi andini, attualmente attestato a circa 16 miliardi di dollari.
  Tale accordo entrerà in vigore definitivamente solo dopo l'approvazione del Parlamento europeo, intervenuta l'11 dicembre 2012, dei due Parlamenti nazionali (che hanno già concluso le procedure interne di ratifica), e la ratifica di quelli dei 28 Paesi membri. Il formato dell'accordo lascia aperte le porte agli altri paesi andini della Comunità andina, Ecuador e Bolivia, che potranno integrarsi, in futuro, in questo schema di associazione.
  La Colombia e il Perù conoscono negli ultimi anni una marcata crescita economica, con tassi di crescita tra il 4 ed il 6 per cento annui: l'Unione europea rappresenta complessivamente il secondo partner commerciale dei due Paesi andini. Le stime dell'Unione europea indicano che i settori colombiani e peruviani che maggiormente beneficeranno dell'accordo saranno quelli dell'agroalimentare, mentre per l'Unione europea i maggiori profitti sono attesi per le esportazioni di macchinari, autoveicoli e prodotti chimici. Secondo le stesse stime, l'accordo dovrebbe garantire, a regime, un risparmio di circa 250 milioni di euro in dazi all’import per le imprese europee.
  I punti politicamente rilevanti dell'accordo si possono così schematizzare: abolizione delle tariffe doganali; eliminazione di altri ostacoli al commercio di beni; accesso al mercato degli appalti pubblici e dei servizi; protezione della proprietà intellettuale; competitività e trasparenza sulle sovvenzioni; composizione delle controversie; nuove opportunità per lo sviluppo; promozione dello sviluppo sostenibile.Pag. 111
  L'accordo costituisce sicuramente uno dei principali strumenti di politica estera dell'UE nella regione latino-americana.
  Al di là della doverosità di una sua pronta ratifica, dobbiamo essere altrettanto avvertiti dell'esigenza che la nuova Commissione europea ed il suo Alto rappresentante per la politica estera dovranno svolgere un grande lavoro per rilanciare politicamente le relazioni interregionali tra Unione europea ed America meridionale. Senza la volontà politica di instaurare con il subcontinente latino-americano una relazione strategica, l'UE non riuscirà, infatti, a competere con colossi ben più determinati a cogliere le occasioni e le potenzialità di sviluppo di questa regione, nella quale, come sembra insegnare l'esperienza brasiliana, i processi di globalizzazione stanno assumendo profili e tensioni del tutto diversi da quelli che li caratterizzano in altre aree del pianeta (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il rappresentante del Governo, che però vi rinunzia.
  È iscritto a parlare l'onorevole Picchi che, però, si è cancellato dalla lista degli iscritti a parlare.
  Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
  Prendo atto che, non essendoci stato dibattito, non si darà luogo alle repliche del relatore e del rappresentante del Governo.
  Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione del disegno di legge: Ratifica ed esecuzione del Trattato sul trasferimento delle persone condannate tra la Repubblica italiana e la Repubblica del Kazakhstan, fatto ad Astana l'8 novembre 2013 (2625-A).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge n. 2625-A: Ratifica ed esecuzione del Trattato sul trasferimento delle persone condannate tra la Repubblica italiana e la Repubblica del Kazakhstan, fatto ad Astana l'8 novembre 2013.

(Discussione sulle linee generali – A.C. 2625-A)

  PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
  Avverto che il presidente del gruppo parlamentare del MoVimento 5 Stelle ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
  Avverto, altresì, che la III Commissione (Affari esteri) si intende autorizzata a riferire oralmente.
  Ha facoltà di intervenire il relatore, onorevole Cassano.

  FRANCO CASSANO, Relatore. Signor Presidente, colleghi, il Trattato che siamo chiamati ad esaminare segue il modello indicato dalla Convenzione di Strasburgo del 21 marzo 1983 sul trasferimento delle persone condannate ed è coerente, pertanto, con i modelli di accordo bilaterale in materia seguiti dagli altri Stati membri dell'Unione europea.
  L'intesa, conclusa ad Astana nel novembre scorso, consta di 23 articoli ed è finalizzata a consentire che i cittadini di ciascuno dei due Paesi contraenti, condannati e detenuti nell'altro Stato, siano trasferiti nel Paese di origine per scontarvi la pena residua. Ricordo, a tale proposito, che il Kazakhistan non ha aderito alla Convenzione del 1983 prima richiamata.
  Particolare rilievo assume l'articolo 2, che illustra i principi generali del Trattato che impegna le parti alla cooperazione reciproca in materia di trasferimento di persone condannate, affinché una persona condannata possa essere trasferita presso la parte di esecuzione per l'esecuzione della condanna stessa.
  Con l'articolo 3 vengono individuate le autorità centrali competenti ad inoltrare le richieste di trasferimento: per il Governo della Repubblica italiana il Ministero della Pag. 112giustizia; l'autorità centrale per la Repubblica del Kazakhstan è l'ufficio del procuratore generale.
  L'articolo 4, che enuncia le condizioni per il trasferimento, prevede che il condannato sia cittadino della parte di esecuzione, che lo stesso debba ancora scontare almeno un anno di pena, che gli atti o omissioni per i quali è stata inflitta la condanna costituiscano reato anche per la legge della parte di esecuzione, che la sentenza sia definitiva, che il trasferimento sia consenziente e, infine, che via sia accordo tra le due parti per il trasferimento.
  Secondo l'articolo 5 il trasferimento può essere rifiutato qualora una delle parti ritenga che esso comporti pericolo per la sua sovranità e sicurezza o qualora siano in corso procedimenti penali a carico del condannato. Viene altresì riconosciuta la possibilità di deroga alle condizioni medesime.
  L'articolo 8 detta le modalità di effettuazione della richiesta di trasferimento, che deve essere redatta per iscritto, o dalla parte di condanna o dalla parte di esecuzione o dal condannato e indirizzata alle autorità centrali, di cui all'articolo 3.
  Ai sensi dell'articolo 11, il consenso al trasferimento, da parte della persona interessata, dovrà essere volontario ed informato, e lo Stato di esecuzione sarà posto in condizione di verificare adeguatamente la correttezza della relativa procedura.
  L'articolo 13 definisce i caratteri della pena da scontare nello Stato di esecuzione, la quale corrisponde alla parte di pena che rimane da scontare nello Stato di condanna, e non può in nessun caso superare il massimo previsto dalla legge dello Stato di esecuzione per lo stesso tipo di reato.
  L'articolo 15 attiene alle ipotesi di grazia, amnistia e altri provvedimenti di riduzione della pena, cui viene dato seguito dalla parte di esecuzione appena ricevuta comunicazione.
  Con l'articolo 16 si stabilisce la cessazione dell'esecuzione della pena da parte della parte di esecuzione non appena informato dalla parte di condanna di qualsiasi decisione o misura in forza della quale la pena cessa totalmente o parzialmente di essere eseguibile.
  Il disegno di legge in esame quantifica gli oneri derivanti dall'applicazione del Trattato in 32.824 euro, oltre a rimanenti spese pari a 4.500 euro, tutti a decorrere da quest'anno. Lo slittamento al 2015 è finalizzato a recepire una condizione posta nel parere della Commissione bilancio, volta a garantire il rispetto dell'articolo 81 della Costituzione.
  Sollecito una rapida conclusione dell'iter di approvazione del provvedimento, sul quale hanno espresso parere favorevole, oltre alla richiamata V Commissione, le Commissioni affari costituzionali e giustizia.

  PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire nel prosieguo del dibattito. A questo punto, non essendoci stato dibattito, non ci sono nemmeno le repliche.
  Il seguito della discussione è rinviato ad altra seduta.

Discussione del disegno di legge di ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Regione amministrativa speciale di Hong Kong della Repubblica popolare cinese per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e per prevenire le evasioni fiscali, con Protocollo, fatto a Hong Kong il 14 gennaio 2013. (A.C. 2515-A) (ore 19,25).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge di legge di ratifica n. 2515-A: Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Regione amministrativa speciale di Hong Kong della Repubblica popolare cinese per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e per prevenire le evasioni fiscali, con Protocollo, fatto a Hong Kong il 14 gennaio 2013.

Pag. 113

(Discussione sulle linee generali – A.C. 2515-A)

  PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
  Avverto che il presidente del gruppo parlamentare MoVimento 5 Stelle ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
  Avverto, altresì, che la III Commissione (Affari esteri) si intende autorizzata a riferire oralmente.
  Ha facoltà di intervenire il relatore, onorevole Mariano Rabino.

  MARIANO RABINO, Relatore. Signor Presidente, rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, l'accordo è volto alla creazione di un quadro giuridico-economico di riferimento, che consenta alle imprese italiane di operare nella regione amministrativa speciale di Hong Kong in condizioni pienamente concorrenziali rispetto agli operatori economici di altri Paesi ad economia avanzata. Per avere un'idea delle dimensioni dell'interscambio bilaterale, ricordo che il nostro Paese si posiziona al sedicesimo posto in assoluto tra i fornitori di Hong Kong e al terzo posto tra i Paesi europei, dopo Regno Unito e Germania, e superando la Francia, con un valore di beni esportati pari a 7,04 miliardi di dollari. L'interscambio commerciale tra Italia e Hong Kong nel 2013 ha raggiunto i 10,8 miliardi di dollari e il saldo attivo del nostro Paese ammonta a 4,6 miliardi di dollari, con un incremento del 18 per cento rispetto all'anno precedente. Il numero di aziende italiane stabilmente presenti a Hong Kong è di circa 400, attive principalmente nei settori della finanza, nella logistica e nella moda.
  Passando ad una sintetica illustrazione dei contenuti dell'accordo, segnalo che nel suo impianto generale l'accordo ricalca il più recente modello di convenzione fiscale dell'Organizzazione per la cooperazione allo sviluppo economico, l'OCSE, e trova applicazione nei riguardi delle persone fisiche e giuridiche residenti di uno di entrambi gli Stati contraenti. L'ambito oggettivo è invece rappresentato per il nostro Paese dall'imposta sul reddito delle persone fisiche, l'IRPEF, dall'imposta sul reddito delle società, l'IRES, e dall'imposta regionale sulle attività produttive, l'IRAP. La tassazione dei redditi mobiliari, secondo il modello dell'OCSE, è prevista a favore dei Paesi in cui sono situati gli immobili, mentre, per quanto concerne il trattamento degli utili di impresa, è accolto il principio generale secondo il quale gli stessi sono imponibili esclusivamente nella parte contraente di residenza dell'impresa, ad eccezione dei redditi prodotti per il tramite di una stabile organizzazione. In quest'ultima ipotesi, la parte contraente in cui è localizzata la stabile organizzazione ha la potestà di tassare gli utili realizzati nel solo territorio, mediante tale stabile organizzazione. Rinvio alla trattazione già svolta in sede referente ai fini della disciplina dei dividendi, degli interessi e delle disposizioni antielusione, nonché sulla tassazione degli utili di capitale. Quanto al rispetto degli standard OCSE sulla tassazione internazionale, ricordo che Hong Kong risulta ancora iscritta nella black list e che la ratifica dell'accordo va senz'altro nella direzione di avvicinare Hong Kong all'iscrizione nella speculare white list di cui all'articolo 168-bis del testo unico delle imposte sui redditi, relativa ai Paesi e ai territori che consentono un adeguato scambio di informazioni.
  Nel far presente che il provvedimento si inserisce in una tendenza normativa volta ad accrescere la trasparenza della fiscalità internazionale, ne raccomando una rapida approvazione. Grazie Presidente, grazie onorevoli colleghi (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo rinunzia a intervenire. Pag. 114
  Non vi sono iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
  Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione del disegno di legge: Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di sicurezza sociale tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo del Canada, fatto a Roma il 22 maggio 1995, con Protocollo aggiuntivo, fatto a Roma il 22 maggio 2003 (A.C. 2574-A).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge n. 2574-A: Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di sicurezza sociale tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo del Canada, fatto a Roma il 22 maggio 1995, con Protocollo aggiuntivo, fatto a Roma il 22 maggio 2003.

(Discussione sulle linee generali – A.C. 2574-A)

  PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
  Avverto che il gruppo parlamentare del MoVimento 5 Stelle ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
  Avverto, altresì, che la III Commissione (Affari esteri) si intende autorizzata a riferire oralmente.
  Ha facoltà di intervenire la relatrice, onorevole Zampa.

  SANDRA ZAMPA, Relatore. Signor Presidente, questo Accordo italo-canadese riguarda la sicurezza sociale ed è un atto ormai datato, essendo stato firmato a Roma il 22 maggio 1995, tanto che nel 2003 è stato firmato dalle due Parti anche un Protocollo all'Accordo, ed è anche questo atto ora all'esame della Commissione. Lo scopo dell'Accordo, analogamente a quello di numerosi altri della stessa specie, è quello di regolare alcuni aspetti previdenziali.
  Per quanto concerne il suo contenuto, si compone di 33 articoli. In questa sede, mi soffermerò, però, brevemente solo su quelli più salienti L'articolo 2 elenca le gestioni assicurative italiane e canadesi cui si applicherà l'Accordo, prevedendo, altresì, l'estensione a eventuali successive modifiche legislative in Italia o in Canada. In base all'articolo 3, l'applicazione dell'Accordo riguarderà persone che siano, o siano state, soggette alla legislazione di uno degli Stati contraenti, nonché ai loro familiari o superstiti.
  L'articolo 4 stabilisce la parità di trattamento tra le persone di cui al precedente articolo 3 che risiedano sul territorio di uno Stato contraente e i cittadini di quello Stato contraente, per ciò che concerne l'applicazione della pertinente legislazione. L'articolo 5 prevede essenzialmente la trasferibilità territoriale delle prestazioni di cui una persona sia titolare, anche qualora risieda in uno Stato terzo rispetto all'Italia o al Canada.
  L'articolo 6 prevede che una persona che svolga attività lavorativa subordinata nel territorio di uno dei due Stati contraenti sia soggetta esclusivamente alla legislazione di quel medesimo Stato; qualora, invece, si tratti di lavoratore autonomo che opera in entrambi i Paesi, questi sarà soggetto alla sola legislazione del Paese di residenza: ciò ove non sia diversamente previsto in altre sezioni dell'Accordo in esame.
  L'articolo 7 prevede che il lavoratore dipendente inviato nel territorio dell'altro Stato contraente rimanga soggetto alla legislazione dello Stato di origine, purché il periodo del distacco non superi i 24 mesi. Qualora il periodo di distacco, invece, si prolunghi oltre i termini indicati, le autorità o le istituzioni competenti possono convenire che la persona rimanga ugualmente assoggettata solo alla legislazione dello Stato di origine.
  L'articolo 8 dispone in termini analoghi al precedente articolo, ma con specifico riferimento alle persone impiegate su installazioni Pag. 115marine per la ricerca di idrocarburi e minerali situate nell'area corrispondente alla piattaforma continentale di una delle due Parti dell'Accordo. L'articolo 9 prevede per i lavoratori impiegati su navi o aeromobili il mantenimento del regime di sicurezza sociale del Paese di bandiera della nave o in cui la compagnia aerea ha la sua sede legale.
  L'articolo 13 prevede la possibilità della totalizzazione dei periodi contributivi accreditati nei due Paesi, in modo tale da consentire il raggiungimento più agevole dei minimi contributivi e un più elevato livello delle prestazioni. Con l'articolo 14 la totalizzazione viene estesa, in caso di carenza contributiva del soggetto interessato dopo la totalizzazione tra Italia e Canada, anche ai periodi contributivi accreditati nei sistemi previdenziali di Paesi terzi, a condizione che tanto l'Italia quanto il Canada abbiano in vigore con detti Stati separati accordi in materia previdenziale che includano la clausola di totalizzazione dei periodi contributivi.
  L'applicazione concreta delle previsioni sulla totalizzazione per il calcolo delle prestazioni è disposta dagli articoli 17 e 18 per la legislazione del Canada e dall'articolo 19 per quella legislazione italiana.
  Quanto al Protocollo aggiuntivo del 2003, la cui entrata in vigore coinciderà con quella dell'Accordo, rileva che esso consta di 8 articoli, che non recano alcuna novità sostanziale rispetto all'Accordo, bensì una serie di precisazioni e di rilievi interpretativi.
  Venendo al disegno di legge di autorizzazione alla ratifica, preciso che si compone di quattro articoli, i primi due dei quali contengono rispettivamente l'autorizzazione alla ratifica dell'Accordo stesso e l'ordine di esecuzione ad esso relativo.
  L'articolo 3 – emendato nel corso dell'esame per ottemperare ad una condizione posta dalla Commissione Bilancio volta garantire il rispetto dell'articolo 81 della Costituzione – quantifica gli oneri derivanti dall'applicazione dell'Accordo ...

  PRESIDENTE. Deve concludere, signora Relatrice.

  SANDRA ZAMPA, Relatore ...che sono valutati in euro 521.600 per l'anno 2015 e in euro 2.555.500 a decorrere dall'anno 2016: alla loro copertura, e con questo concludo, si provvede mediante corrispondente riduzione delle proiezioni per i medesimi anni dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente, iscritto nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire».

  PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo rinuncia ad intervenire.
  Non essendovi iscritti a parlare dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali. Non vi è dunque replica.
  Il seguito del dibattito è rinviato pertanto ad altra seduta.

Discussione del disegno di legge: Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra la Repubblica italiana e lo Stato di Israele sulla previdenza sociale, fatto a Gerusalemme il 2 febbraio 2010 (A.C. 2575-A).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge di ratifica n. 2575-A: Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra la Repubblica italiana e lo Stato di Israele sulla previdenza sociale, fatto a Gerusalemme il 2 febbraio 2010.

(Discussione sulle linee generali – A.C. 2575-A)

  PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
  Avverto che il presidente del gruppo parlamentare del MoVimento 5 Stelle ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
  Avverto, altresì, che la III Commissione (Affari esteri) si intende autorizzata a riferire oralmente. Pag. 116
  Ha facoltà di intervenire il relatore, onorevole Rabino, prego.

  MARIANO RABINO, Relatore. Illustre Presidente, rappresentante del Governo, sottosegretario Mario Giro, onorevoli colleghi. L'Accordo italo-israeliano sulla previdenza sociale firmato a Gerusalemme il 2 febbraio 2010 ha lo scopo, analogamente a numerosi altri accordi della stessa fattispecie di regolare alcuni aspetti previdenziali. In particolare, garantire ai cittadini italiani che hanno lavorato in Italia prima di trasferirsi in Israele di percepire un trattamento pensionistico in linea con i contributi che hanno versato in Italia.
  Diverso è il caso di un lavoratore subordinato impiegato in entrambi gli Stati o di un lavoratore autonomo, i quali saranno invece soggetti alla legislazione previdenziale dello Stato di residenza. Il comma 5 dell'articolo 6 salvaguarda le disposizioni in materia previdenziale contenute nella Convenzione di Vienna sulle relazioni diplomatiche del 1961 e nella Convenzione di Vienna sulle relazioni consolari del 1963, nonché risultanti dal diritto internazionale generale. Ugualmente, saranno soggetti solo alla legislazione dello Stato contraente di origine gli impiegati pubblici o le persone ad essi assimilate, inviati a lavorare nel territorio dell'altro Stato contraente. In base all'articolo 7, il comma 1 prevede che il lavoratore dipendente inviato da un'impresa nel territorio dell'altro Stato contraente rimanga soggetto alla legislazione dello Stato di origine, a meno che il periodo del distacco non superi i due anni. Qualora il distacco si prolunghi oltre i due anni, comunque, le autorità o istituzioni competenti possono convenire che la persona rimanga per ulteriori due anni ugualmente assoggettata solo alla legislazione dello Stato di origine. Si prevede inoltre sostanzialmente per i lavoratori impiegati su navi il mantenimento del regime di sicurezza sociale del Paese di appartenenza della nave, così come per i lavoratori impegnati nell'autotrasporto o nei voli internazionali, cui si applicherà il regime previdenziale della Parte contraente in cui ha sede la compagnia dai cui dipendono. L'articolo 12 riguarda la possibilità di totalizzazione dei periodi assicurativi inferiori a dodici mesi, pertanto non suscettibili di dare diritto ad una prestazione previdenziale, che possono essere ricollegati dall'istituzione competente dell'altra Parte contraente ai versamenti effettuati nell'ambito della propria giurisdizione, ai fini della determinazione delle prestazioni previdenziali. Gli articoli 13 e 14 riguardano specificamente la legislazione israeliana, rispettivamente in materia di pensione di vecchiaia o ai superstiti e di pensioni di invalidità, e in relazione a tali normative prevedono i criteri per la totalizzazione delle contribuzioni. Vi sono poi gli articoli 15, 17 e 18...

  PRESIDENTE. Però ha finito il tempo.

  MARIANO RABINO, Relatore. Vado alla conclusione, è importante Presidente, la ringrazio se mi regala ancora qualche secondo. Prima di concludere, ritengo opportuno ribadire un chiarimento che si è reso più volte necessario nel corso dell'iter presso la Commissione affari esteri in risposta a sollecitazioni pervenute da parte del MoVimento 5 Stelle. Con riferimento al contratto di Colonia, citato all'interno dell'Accordo, sottolineo che esso non concerne in alcun modo la questione del riconoscimento dei territori occupati o ogni altra questione riguardante il ruolo dei cosiddetti coloni israeliani. Alla luce di queste considerazioni, auspico una rapida conclusione dell'iter di approvazione del disegno di legge al nostro esame. Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia relazione (La Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti).

  PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo rinunzia a intervenire. Non vi sono iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Pag. 117

Convocazione della Delegazione italiana presso l'Assemblea parlamentare dell'Iniziativa Centro Europea (InCE).

  PRESIDENTE. Comunico che, d'intesa con il Presidente del Senato della Repubblica, la Delegazione italiana presso l'Assemblea parlamentare InCE è convocata nella giornata di giovedì 5 marzo 2015 alle ore 8, presso il Senato della Repubblica, Aula VIII Commissione (Lavori Pubblici, Comunicazioni), per procedere al secondo scrutinio per l'elezione del presidente.

Sui lavori dell'Assemblea.

  PRESIDENTE. Avverto che all'ordine del giorno della seduta di domani, mercoledì 4 marzo, sarà iscritto, dopo il seguito della discussione degli altri disegni di legge di ratifica, l'esame del disegno di legge di ratifica dell'Accordo tra la Repubblica italiana e il Giappone sulla sicurezza sociale. La relativa ripartizione dei tempi sarà pubblicata in calce al resoconto stenografico della seduta odierna. Il termine per la presentazione degli emendamenti è fissato a domani alle ore 9,30. Avverte inoltre che sono state presentate le questioni pregiudiziali Cancelleri ed altri n. 1, Caon ed altri n. 2, Palese ed altri n. 3 riferite al disegno di legge n. 2915, di conversione in legge del decreto-legge 24 gennaio 2015, n. 4, recante misure urgenti in materia di esenzione IMU, che saranno iscritte all'ordine del giorno della seduta di domani dopo l'esame del disegno di legge di ratifica n. 2576-A. Risulta infine alla Presidenza che si sarebbe raggiunta un'intesa tra i gruppi nel senso di non procedere, nel corso della seduta di domani, al seguito della discussione delle mozioni concernenti iniziative per il contrasto del gioco d'azzardo. Tuttavia, poiché è stato già comunicato che nella seduta odierna non si procederà più a votazioni e non essendo comunque possibile allo stato per la Presidenza verificare la sussistenza di tale intesa, ogni decisione al riguardo sarà formalmente assunta nella seduta di domani.
  Quindi, domani, molto realisticamente, cominceremo con i disegni di legge di ratifica, ma solo dopo che avremo avuto la conferma dell'intesa che, al momento, è stata comunicata alla Presidenza per le vie brevi.

Sull'ordine dei lavori e per la risposta a strumenti del sindacato ispettivo (ore 19,45).

  STEFANIA COVELLO. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  STEFANIA COVELLO. Grazie Presidente. Nella giornata di ieri, intorno alle ore 17, presso un cantiere della Salerno-Reggio Calabria, nel tratto compreso tra Laino Borgo e Mormanno si è verificata l'ennesima tragedia, ovvero un crollo sulla quinta campata del Viadotto Italia dove si stavano eseguendo dei lavori di predisposizione per la demolizione. Purtroppo, il crollo ha provocato la morte di un operaio di nazionalità rumena, Adrian Miholca, di 25 anni, dipendente dall'impresa Nitrex. È stata aperta un'indagine da parte dall'autorità giudiziaria, e anche l'ANAS e il contraente generale hanno avviato anch'essi accertamenti e approfondimenti sul crollo.
  Chiedo, a nome del Partito Democratico, che il Governo possa venire a riferire in Aula, o presso la competente Commissione parlamentare della Camera, per informare il Parlamento di questa tragica circostanza e per comprendere le cause che hanno determinato il crollo e la morte dell'operaio, alla cui famiglia vanno le nostre più sentite condoglianze. Il tratto in questione dell'A3, vorrei sottolineare, è uno dei più complessi in prossimità del comprensorio del Pollino ed è anche uno degli ultimi tratti per il completamento definitivo della fondamentale arteria che collega il Sud, la Calabria, al Paese.Pag. 118
  Riteniamo indispensabile, pertanto, che il Governo si adoperi, anch'esso, per le sue competenze, per fare luce sull'accaduto e per verificare lo stato della sicurezza dei lavoratori e dei cantieri. Mi auguro che la Presidenza si adoperi per accogliere questa nostra richiesta.

  MATTIA FANTINATI. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  MATTIA FANTINATI. Grazie Presidente, soltanto un breve intervento per dire che abbiamo visto anche oggi in Aula che la legge è uguale per tutti, ma per qualcuno è un po’ più uguale degli altri, l'abbiamo visto con il decreto Ilva, con la figura del sovrintendente. Succede questo anche in provincia ed era successo anche nel comune di Verona qualche tempo fa, esattamente un anno da oggi, che, durante le indagini sul sindaco Tosi, dopo l'arresto del suo vicesindaco, si siano incontrati, in via sembra informale, il procuratore, che stava indagando su Tosi, e Tosi, per sapere se effettivamente c'era un'indagine aperta nei suoi confronti e se lui era stato accusato di qualcosa. Questo, secondo noi, non è un comportamento che un primo cittadino deve avere, tant’è vero che, se qualsiasi cittadino normale provasse a fare la stessa cosa, il procuratore sicuramente non potrebbe dare nessuna risposta, ma a qualcuno l'ha data. Allora, per questo abbiamo depositato una interrogazione, la n. 4-04513, a mia prima firma, che parla di questo. Effettivamente è vero che le interrogazioni non hanno carattere urgentissimo, però è passato un anno e il Ministero della giustizia non ha ancora fornito nessuna risposta. La sollecitiamo prima che diventi quantomeno anacronistica, anche se, come vediamo, come stanno andando le cose, sicuramente non lo sarà.

  RICCARDO FRACCARO. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  RICCARDO FRACCARO. Grazie Presidente, sollecito una risposta all'interrogazione n. 5-02250, presentata nella seduta n. 182 del 4 marzo 2014 – 4 marzo 2014  !-, per chiedere se il Ministero intenda adottare formalmente le Linee guida per i sistemi «tram treno» che sono frutto di un lavoro condiviso e concluso nel luglio 2012 del gruppo di lavoro composto dall'Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie, ASSTRA, Confindustria, RFI e UNIFER, nonché dai rappresentanti del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.
  Promuovere oggi il tram significherebbe non ripetere l'errore che è stato commesso negli anni Sessanta, quando il tram fu ingiustamente ritenuto un trasporto obsoleto e ormai sorpassato e venne rimosso in ben 22 città italiane. A trent'anni di distanza, il tram è considerato senza alcun dubbio una delle soluzioni più efficaci per il trasporto che attanaglia i centri storici di queste città e per le polveri di scarico prodotte anche da quelle stesse vetture, gli autobus, a motore diesel, che allora apparivano come la soluzione più intelligente al trasporto pubblico. Il tram è ritenuto ecologico, potente, economico, longevo, testato, performante ed è anche per tale ragione che l'Unione europea ne finanzia la reintroduzione, come peraltro è avvenuto nella città di Sassari, dove sono stati impiegati ben 23,4 milioni di euro di fondi comunitari.
  Ora, una risposta del Governo dimostrerebbe che non vi è solo l'interesse a non sprecare risorse pubbliche per centinaia di chilometri di inutili e dispendiosi cunicoli per l'alta velocità, ma anche l'interesse a dare risposte alle improrogabili esigenze di milioni di cittadini, che quotidianamente fanno affidamento sul trasporto pubblico locale.

  DONATELLA AGOSTINELLI. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  DONATELLA AGOSTINELLI. Signor Presidente, mi rivolgo a lei, affinché si faccia portavoce di questo appello nei Pag. 119confronti del Governo. Venerdì scorso ho presentato un'interpellanza urgente sulle responsabilità politiche relative alla scellerata questione della gestione ANAS e sugli emolumenti percepiti dal dottor Ciucci, presidente, amministratore ed ora anche pensionato quale direttore generale con lauta buonuscita di 1 milione 800 mila euro e sulla fantomatica ulteriore liquidazione di 700 e rotti mila euro.
  Ora il Governo, nelle vesti di un mero referente della versione ANAS – il che la dice lunga su chi controlla chi –, dopo avere confermato i fatti puntualmente denunciati dalla mia interpellanza, mentendo al Paese, dichiarava che, oltre a 1 milione 800 mila euro, non vi era stata corresponsione di alcun ulteriore importo, tanto meno a titolo di indennità di mancato preavviso. Prima menzogna.
  Seconda menzogna. Nella nota poi diffusa successivamente alla mia interpellanza si dice: «ANAS ha precisato che». E ancora una volta non si fa riferimento all'ulteriore somma per mancato preavviso. Invece, da un recente articolo de il Fatto Quotidiano emerge tutt'altra verità – e qui tralascio la tragica immagine di Ciucci presidente che licenza Ciucci direttore – ed emerge che non solo ci sarebbe stata l'indennità di mancato preavviso, ma anche l'indennità spettante per il caso di risoluzione consensuale del rapporto di lavoro, come se le due circostanze non facessero a pugni l'una con l'altra.
  Allora, io ritengo necessaria una smentita ufficiale ed un accertamento della verità da parte del Governo, con un'assunzione di responsabilità davanti al Paese, perché il Governo è venuto a mentire prendendo in giro chi campa con 500 euro al mese.

  PRESIDENTE. Concluda, onorevole Agostinelli.

  DONATELLA AGOSTINELLI. Oppure dobbiamo pensare che il Governo venga a coprire i soliti noti del cerchio magico ?

  FILIPPO GALLINELLA. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  FILIPPO GALLINELLA. Signor Presidente, anche se sono fuori tempo, perché forse il mio intervento avrebbe dovuto essere svolto giovedì, come prevede il Regolamento, faccio appello a lei per trasmettere questo messaggio alla Presidente Boldrini, perché noi del MoVimento 5 Stelle, per quanto riguarda il decreto IMU, chiediamo formalmente se fosse possibile avere la discussione in sede referente anche in Commissione agricoltura – in cui il decreto è in consultiva – assieme alla Commissione finanze.

  PRESIDENTE. Grazie, onorevole Gallinella, come lei ha ricordato, a termini di Regolamento non è possibile, però è del tutto evidente che io trasferirò al Presidente la sua richiesta per vedere se sia possibile trovare una soluzione che le venga incontro, però sarà il Presidente poi formalmente ad informarla.

Ordine del giorno della seduta di domani.

  PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

  Mercoledì 4 marzo 2015, alle 9,30:

  (ore 9,30 e ore 16)

  1. – Seguito della discussione delle mozioni Mantero ed altri n. 1-00594, Binetti ed altri n. 1-00702, Rondini ed altri n. 1-00703, Nicchi ed altri n. 1-00706, Palese n. 1-00707, Garavini ed altri n. 1-00710, Vargiu ed altri n. 1-00715 e Rampelli ed altri n. 1-00736 concernenti iniziative per il contrasto del gioco d'azzardo.

  2. – Seguito della discussione dei disegni di legge:
   Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra la Repubblica italiana e le Isole Cayman Pag. 120sullo scambio di informazioni in materia fiscale, fatto a Londra il 3 dicembre 2012 (C. 2090).
  — Relatore: Cassano.
   S. 1078 – Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra la Repubblica italiana e la Repubblica di Turchia sulla previdenza sociale, fatto a Roma l'8 maggio 2012 (Approvato dal Senato) (C. 2270).
  — Relatore: Marazziti.
   Ratifica ed esecuzione dell'Accordo commerciale tra l'Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Colombia e la Repubblica di Perù, dall'altra, fatto a Bruxelles il 26 giugno 2012 (C. 2425-A).
  — Relatore: Cassano.
   Ratifica ed esecuzione del Trattato sul trasferimento delle persone condannate tra la Repubblica italiana e la Repubblica del Kazakhstan, fatto ad Astana l'8 novembre 2013 (C. 2625-A).
  — Relatore: Cassano.
   Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Regione amministrativa speciale di Hong Kong della Repubblica popolare cinese per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e per prevenire le evasioni fiscali, con Protocollo, fatto a Hong Kong il 14 gennaio 2013 (C. 2515-A).
  — Relatore: Rabino.
   Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di sicurezza sociale tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo del Canada, fatto a Roma il 22 maggio 1995, con Protocollo aggiuntivo, fatto a Roma il 22 maggio 2003 (C. 2574-A).
  — Relatore: Zampa.
   Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra la Repubblica italiana e lo Stato di Israele sulla previdenza sociale, fatto a Gerusalemme il 2 febbraio 2010 (C. 2575-A).
  — Relatore: Rabino.

  3. – Discussione del disegno di legge:
   Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra la Repubblica italiana e il Giappone sulla sicurezza sociale, fatto a Roma il 6 febbraio 2009 (C. 2576-A).
  — Relatore: Fedi.

  4. – Esame e votazione delle questioni pregiudiziali riferite al disegno di legge:
   S. 1749 – Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 24 gennaio 2015, n. 4, recante misure urgenti in materia di esenzione IMU. Proroga di termini concernenti l'esercizio della delega in materia di revisione del sistema fiscale (Approvato dal Senato) (C. 2915).

  (ore 15)

  5. – Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

  La seduta termina alle 19,55.

TESTO INTEGRALE DELLA DICHIARAZIONE DI VOTO FINALE DEL DEPUTATO DANIELE DEL GROSSO SUL DISEGNO DI LEGGE DI RATIFICA N. 2124-A

  DANIELE DEL GROSSO. Le Commissioni riunite della Camera, Giustizia ed Esteri, hanno esaminato il disegno di legge governativo di ratifica degli Emendamenti adottati l'8 luglio 2005, apportati alla Convenzione sulla protezione fisica dei materiali nucleari del 1980.
  Il disegno di legge detta, altresì, rilevanti norme di adeguamento dell'ordinamento nazionale necessarie per dare attuazione nel nostro Paese al contenuto degli emendamenti medesimi. Premesso che il M5S ritiene vi siano sicuramente alternative all'utilizzo del nucleare più sostenibili e meno impattanti, siamo ora ad esaminare una convenzione che ha, almeno negli intenti, l'obiettivo di assicurare Pag. 121una efficace protezione fisica durante l'utilizzo, lo stoccaggio, il trasporto di materie nucleari utilizzate a fini pacifici, oltre che di prevenire e contrastare i crimini relativi a dette materie e agli impianti. Ha, inoltre, l'obiettivo di garantire la sanzione adeguata delle infrazioni in questo ambito e la cooperazione degli Stati parti della convenzione.
  I rischi connessi al nucleare non sono, però, scongiurati dal semplice fatto di non avere centrali attive sul nostro territorio. L'incolumità pubblica va salvaguardata anche a fronte degli altri rischi connessi all'illecito utilizzo di materiali radioattivi.
  Ecco, allora, che la ratifica in oggetto finisce per essere argomento particolarmente delicato.
  La Convenzione è in vigore per l'Italia, che ne ha autorizzato la ratifica con la legge 704 del 1982, dal 6 ottobre 1991.
  Ora, soprattutto a seguito degli eventi dell'11 settembre del 2001, negli anni successivi è cresciuta tra gli Stati la necessità di rafforzare il regime internazionale della protezione fisica attraverso la definizione di emendamenti che sono oggi oggetto di ratifica prevedendo, altresì, fattispecie criminose con riferimento alla rimozione non autorizzata e al sabotaggio delle installazioni e del materiale nucleare. Occorre considerare che la citata Convenzione e i relativi Emendamenti sono l'unico strumento internazionale che vincola i Paesi aderenti alla protezione fisica del materiale nucleare, e che, ad oggi, l'Italia è l'unico stato dell'Unione europea a non aver ancora ratificato gli emendamenti ed ancora che alla Camera, secondo il Ministro degli affari esteri e della cooperazione sarebbe opportuno concludere l’iter legislativo prima del trattato di non proliferazione nucleare in programma a New York per l'aprile del 2015.
  In merito al contenuto, dunque, si possono segnalare, in particolare, all'articolo 3, la definizione di protezione fisica attiva e passiva dei materiali nucleari: la prima spetta alle forze dell'ordine per evitare sottrazioni o sabotaggi, la seconda implica procedure e sistemi di sorveglianza; all'articolo 4 l'individuazione delle autorità competenti per l'attuazione della Convenzione come emendata e all'articolo 5 la definizione dei piani di protezione fisica. L'articolo 6 concerne la protezione fisica delle materie e delle installazioni nucleari da parte degli esercenti e dei vettori nel caso di trasporto, mentre l'articolo 7 riguarda il recupero e la messa in sicurezza delle materie nucleari; l'articolo 8 modifica il codice penale in relazione agli attentati alla sicurezza anche delle installazioni nucleari e, infine, l'articolo 10 concerne il regime sanzionatorio di condotte concernenti materiale nucleare da cui possano derivare effetti pregiudizievoli per le persone o per le cose o per l'ambiente.
  In particolare l'articolo 8 del disegno di legge introduce una nuova fattispecie penale e attribuisce la relativa competenza al tribunale in composizione collegiale.
  Il comma 1 inserisce infatti nel codice penale il nuovo delitto di «attentato alla sicurezza delle installazioni nucleari» che si configura anche allorché si attenti alla sicurezza degli impianti, dei luoghi o dei mezzi adibiti alla produzione, alla conservazione o al trasporto di materie nucleari.
  La sanzione comminata in caso di pericolo – come modificata dalla Commissione in sede referente – è la reclusione da 4 a 8 anni. Se dalla condotta derivi, poi, un disastro, la pena è, chiaramente, più severa e si prevede la reclusione da 5 a 20 anni. Anche quest'ultima sanzione è stata innalzata durante l'iter in sede referente in Commissione.
  È sembrato opportuno al M5S intervenire proprio su queste parti dell'articolato, di competenza della Commissione giustizia per far sì che le sanzioni previste dal testo originario fossero rese più severe. Ciò per cercare di ottenere un effetto deterrente maggiore rispetto a fattispecie criminose particolarmente gravi e pericolose per le persone e per l'ambiente.
  Pur rilevando che le proposte emendative del MoVimento 5 Stelle sono state accolte, non si possono, tuttavia, sottacere alcune criticità emerse durante i lavori delle Commissioni in sede consultiva, in particolare alla VIII e alla X.Pag. 122
  La Commissione ambiente rileva che l'articolo 10 – come modificato nel corso dell'esame in sede referente e per effetto di un emendamento del relatore – introduce nel codice penale l'articolo 437-bis recante il nuovo reato di «traffico ed abbandono di materie nucleari o di materiale ad alta radioattività» e che nel disegno di legge recante disposizioni in materia di delitti contro l'ambiente, attualmente all'esame del Senato (atto Senato n. 1345), è introdotto nel codice penale l'articolo 452-quinquies che, con la medesima rubrica del sopra citato articolo 437-bis, punisce con la stessa sanzione, una fattispecie sostanzialmente identica, prevedendo anche lo stesso aumento di pena in presenza delle medesime circostanze. Inoltre, l'articolo 11, nel modificare l'articolo 25-undecies, comma 1, del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231 (Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica), prevede per il delitto di traffico e abbandono di materie nucleari o di materiale ad alta radioattività di cui al richiamato articolo 437-bis del codice penale, la sanzione pecuniaria da duecentocinquanta a seicento quote.
  Nel citato disegno di legge atto Senato n. 1345 è altresì introdotta la medesima novella all'articolo 25-undecies, comma 1, del decreto legislativo n. 231 del 2001.
  Si rileva, inoltre che, dopo una ulteriore riflessione, maggiore attenzione sarebbe da rivolgere alla attuale formulazione dell'articolo 10 nella parte in cui introduce una clausola di sussidiarietà prevedendo l'applicazione della norma incriminatrice de quo «salvo che il fatto costituisca più grave reato». Tale formulazione potrebbe indurre l'interprete ad escludere il concorso di reati con altre fattispecie quali l'omicidio, concorso fino a questo momento pacificamente riconosciuto in giurisprudenza rispetto alla fattispecie generale del disastro (di cui all'articolo 434 c.p.).
  Vi è dunque la necessità di un coordinamento più puntuale per evitare ipotesi di duplicazione e sovrapposizione dei testi normativi. Tale perplessità è stata espressa anche in sede referente dalla Commissione Giustizia.
  In secondo luogo, la Commissione ha chiesto, come condizione, la verifica della rispondenza degli specifici elementi oggettivi della fattispecie di cui all'articolo 437-bis alla Convenzione sulla protezione fisica dei materiali nucleari, firmata a Vienna e a New York il 3 marzo 1980, ratificata ai sensi della legge n. 708 del 1982, in particolare, con riferimento alla nozione di «materiale ad alta radioattività» che andrebbe anche meglio definito come «materiale radioattivo ad alta attività».
  Si rileva, infine, quale osservazione, sia dalla VIII che dalla X Commissione, l'opportunità di rivedere le competenze attribuite dall'articolo 4 all'ISPRA, considerato che le attribuzioni del predetto Istituto in materia di sicurezza nucleare e di radioprotezione, sono state trasferite, a norma dell'articolo 6 del decreto legislativo 4 marzo 2014, n. 45, all'Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione (ISIN), alla cui struttura deve essere garantita piena e rapida operatività.
  Fermo restando la necessità di un coordinamento del ddl in esame con la normativa generale sulla sicurezza nucleare e radioprotezione, alla luce dell'emendamento sistematico apportato all'articolo 4, si preannuncia il parere favorevole del M5S.

TESTO INTEGRALE DELLE DICHIARAZIONI DI VOTO DEI DEPUTATI MARIO MARAZZITI, STEFANO BORGHESI E ROCCO PALESE SULLE MOZIONI CONCERNENTI INIZIATIVE IN SEDE EUROPEA VOLTE A CHIEDERE LE DIMISSIONI DEL PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE EUROPEA.

  MARIO MARAZZITI. Intervengo brevemente annunciando da subito il voto contrario del Gruppo Per l'Italia – Centro Democratico alle mozioni presentate dai gruppi di opposizione.
  Si tratta in verità di un déja vu, di un replay di quanto già accaduto alla fine del Pag. 123novembre scorso, quando il Parlamento europeo ha respinto una analoga mozione presentata contro Juncker dai gruppi euroscettici o eurofobici come preferite, respinta peraltro con più voti di quanti raccolti al momento della investitura a Presidente della Commissione.
  In quel contesto la maggioranza confermò la piena fiducia nei confronti di Jean-Claude Juncker basandosi sulla semplice considerazione che il suo operato verrà giudicato proprio sulla base dei provvedimenti che saprà adottare per arginare il fenomeno delle multinazionali che fanno profitti e non pagano le tasse, e che fanno accordi privati con alcuni paesi, e se saprà avviare una vera armonizzazione fiscale dei paesi membri.
  Voteremo contro ma questo voto non deve essere considerato una sottovalutazione tout court del problema, anzi ci attendiamo con fiducia che Juncker ci comunichi i risultati delle indagini annunciate dallo stesso Presidente della Commissione nell'aula del Parlamento europeo, così come continueremo a sollecitare il superamento di quelle situazioni di dumping fiscale che alterano la concorrenza nel mercato europeo minando la credibilità della UE e la competitività delle nostre imprese.
  Resuscitare vecchi dossier nel momento in cui la nuova Commissione sta procedendo con ambiziosi provvedimenti di rilancio dell'Europa è solo il tentativo di marcare un punto politico per i rispettivi elettorati.
  Onorevoli colleghi, oggi le priorità sono altre: c’è l'emergenza lavoro, bisogna rivitalizzare un potere di acquisto sempre più depresso, occorre ridare fiducia ai cittadini e alle imprese e realizzare politiche di rilancio per l'Europa e i suoi paesi membri, non certo quello di tentare pretestuosamente di tirare in ballo il Presidente Juncker omettendo di dire che lo stesso Juncker è stato il promotore nel passato di iniziative in favore dell'armonizzazione della fiscalità e del suo inquadramento in ambito europeo che mal si conciliano con quella veste che qui gli si vuole dare.
  Grazie.

  STEFANO BORGHESI. Dal novembre 2014 il neo Presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker è al centro di uno scandalo definito LuxLeaks emerso a seguito di una inchiesta giornalistica internazionale condotta da un network americano, The International Consortium of Investigative Journalism (ICIJ), e pubblicata in esclusiva per l'Italia dal settimanale l'Espresso, dove emerge che il Granducato di Lussemburgo abbia stretto accordi fiscali, circa 550, a favore di oltre 340 società negli anni dal 2002 al 2010, garantendo aliquote fiscali più basse rispetto all'ordinario.
  Nel periodo in cui questi accordi sono stati approvati dall'autorità fiscale del Lussemburgo il Presidente Juncker ricopriva la carica di primo ministro. Nonostante l'attuale legislazione europea consenta la concorrenza fiscale tra i Paesi membri è del tutto evidente che un simile sistema di difformità di regimi fiscali, che utilizzano tra l'altro la stessa moneta, sia una delle contraddizioni evidenti di questo tipo di Europa. Un'Europa dove i cittadini italiani che sono costretti a subire aumenti di tasse, riduzione del potere di acquisto dei salari ed una disoccupazione in costante ed inesorabile crescita, vedono le grandi multinazionali avere benefici fiscali smisurati a fronte di guadagni miliardari.
  Il paradosso del caso LuxLeaks è che il Presidente Juncker si trova ora nella situazione di un «conflitto di interessi» ricoprendo l'incarico di Presidente della Commissione europea e, quindi, come tale dover vigilare sul rispetto delle regole europee, e al tempo stesso essere stato l'artefice di un sistema fiscale, in qualità di Primo ministro del Lussemburgo e quindi direttamente responsabile delle politiche fiscali del suo Paese, che ha permesso a ben 343 aziende di togliere miliardi di euro di risorse economiche ai paesi di origine.
  Il Presidente della Commissione europea Juncker ha rilasciato dichiarazioni nelle quali ha promesso di impegnarsi per l'armonizzazione dei regimi fiscali europei e continuare nella lotta all'evasione ed elusione fiscale nell'Unione europea. Dichiarazioni Pag. 124che ora sembrano alquanto stridenti con i fatti accaduti, ovvero di aver causato gravi squilibri e danni al mercato interno europeo.
  A fine novembre 2014 il Parlamento europeo, riunito in sessione plenaria a Strasburgo, ha respinto una mozione di censura al Presidente Juncker a seguito dello scandalo LuxLeaks, sostenuta anche dalla Lega Nord. Con questo atto di indirizzo si vuole dare una seconda opportunità al Governo italiano di ritornare sui propri passi e attivarsi in sede europea affinché si arrivi alle dimissioni del Presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker, che appare responsabile di politiche di elusione fiscale aggressiva, rimediando in questo modo a quello che i firmatari del presente atto di indirizzo ritengono un clamoroso errore di valutazione, fatto in occasione della designazione del Presidente della Commissione europea, al fine di salvaguardare milioni di cittadini ed imprese europee che sono giornalmente danneggiati da questa Europa che risponde solo agli interessi delle banche e della finanza e non tiene in debita considerazione le loro istanze, permettendo così l'elezione di un nuovo Presidente garante e difensore dei diritti dei cittadini europei.

  ROCCO PALESE. Il Gruppo di Forza Italia si asterrà su tutte le mozioni.

TESTO INTEGRALE DELLA RELAZIONE DEL DEPUTATO MARIANO RABINO SUL DISEGNO DI LEGGE DI RATIFICA N. 2575-A.

  MARIANO RABINO, Relatore. Illustre Presidente, onorevoli colleghi, l'Accordo italo-israeliano sulla previdenza sociale, firmato a Gerusalemme il 2 febbraio 2010, ha lo scopo, analogamente a numerosi altri accordi della stessa specie, di regolare alcuni aspetti previdenziali: in particolare, garantire ai cittadini italiani che hanno lavorato in Italia prima di trasferirsi in Israele la possibilità di percepire un trattamento pensionistico in linea con i contributi versati in Italia, grazie anche alla trasferibilità delle prestazioni previdenziali, con il presupposto di poter accedere alla totalizzazione dei contributi versati solamente nei due diversi regimi previdenziali.
  Per quanto concerne il contenuto dell'Accordo italo-israeliano, esso si compone di 28 articoli, di cui mi limito a richiamare i più salienti: tra questi l'articolo 1, comma 1 contiene definizioni dei termini utilizzati nel prosieguo del regolamento normativo. Rileva in particolare la definizione di autorità competente (il Ministero degli affari e servizi sociali israeliano, e il Ministero italiano del lavoro e delle politiche sociali), come anche quella di istituzione competente, ovvero l'ente previdenziale incaricato dell'applicazione dell'Accordo. Significativa anche la specificazione del termine prestazione, che si riferisce alle pensioni o a qualsiasi altra prestazione in denaro o beneficio ai sensi della legge di ciascuno Stato contraente.
  L'articolo 2 elenca le gestioni assicurative italiane e israeliane cui si applicherà l'Accordo in esame, indicando altresì le eccezioni dal campo di applicazione dell'Accordo.
  In base all'articolo 3, l'applicazione dell'Accordo riguarderà persone che siano o siano state soggette alla legislazione previdenziale di uno degli Stati contraenti, nonché altre persone titolari di diritti derivati (essenzialmente i familiari).
  L'articolo 4 stabilisce, per le persone di cui al precedente articolo 3 e per ulteriori categorie specificate che risiedano sul territorio dell'altro Stato contraente, parità di trattamento nei confronti dei cittadini di quello Stato contraente, per ciò che concerne l'applicazione della pertinente legislazione.
  L'articolo 5 prevede essenzialmente la trasferibilità territoriale delle prestazioni di cui una persona sia titolare, anche qualora risieda nell'altro Stato contraente rispetto alla propria nazionalità. Si prevede quindi (articolo 6) che una persona che svolge attività lavorativa subordinata nel territorio di uno dei due Stati contraenti sarà soggetta esclusivamente alla legislazione di quel medesimo Stato.Pag. 125
  Diverso è il caso di un lavoratore subordinato impiegato in entrambi gli Stati o di un lavoratore autonomo, i quali saranno invece soggetti alla legislazione previdenziale dello Stato di residenza. Il comma 5 dell'articolo 6 salvaguarda le disposizioni in materia previdenziale contenute nella Convenzione di Vienna sulle relazioni diplomatiche del 1961 e nella Convenzione di Vienna sulle relazioni consolari del 1963, nonché risultanti dal diritto internazionale generale. Ugualmente, saranno soggetti solo alla legislazione dello Stato contraente di origine gli impiegati pubblici o le persone ad essi assimilate, inviati a lavorare nel territorio dell'altro Stato contraente (comma 6 dell'articolo 6).
  In base all'articolo 7, il comma 1 prevede che il lavoratore dipendente inviato da un'impresa nel territorio dell'altro Stato contraente rimanga soggetto alla legislazione dello Stato di origine, a meno che il periodo del distacco non superi i due anni. Qualora il distacco si prolunghi oltre i due anni, comunque, le autorità o istituzioni competenti possono convenire che la persona rimanga per ulteriori due anni ugualmente assoggettata solo alla legislazione dello Stato di origine (comma 2).
  Si prevede inoltre sostanzialmente per i lavoratori impiegati su navi il mantenimento del regime di sicurezza sociale del paese di appartenenza della nave, così come per i lavoratori impegnati nell'autotrasporto o nei voli internazionali, cui si applicherà il regime previdenziale della Parte contraente in cui ha sede la compagnia dai cui dipendono (commi 3 e 4).
  L'articolo 12 riguarda la possibilità di totalizzazione dei periodi assicurativi inferiori a 12 mesi – pertanto non suscettibili di dare diritto a una prestazione previdenziale –, che possono essere ricollegati dall'Istituzione competente dell'altra Parte contraente ai versamenti effettuati nell'ambito della propria giurisdizione, ai fini della determinazione delle prestazioni previdenziali. Gli articoli 13 e 14 riguardano specificamente la legislazione israeliana, rispettivamente in materia di pensione di vecchiaia o ai superstiti e di pensioni di invalidità, e in relazione a tali normative prevedono i criteri per la totalizzazione delle contribuzioni.
  L'articolo 15 riguarda invece l'applicazione della legislazione italiana per la totalizzazione contributiva ad entrambi i casi previsti per Israele dai precedenti due articoli, dunque sia alle pensioni di invalidità, quanto a quelle per vecchiaia e a favore dei superstiti. Il successivo articolo 16 tratta della metodologia di calcolo, da parte delle competenti autorità italiane, delle pensioni di invalidità, di vecchiaia e per i superstiti, tenendo conto dei criteri per la totalizzazione contenuti nell'Accordo in esame.
  Gli articoli 17 e 18 individuano le modalità della collaborazione amministrativa tra le autorità e le istituzioni competenti delle Parti per l'applicazione dell'Accordo, per la quale è prevista tra di esse la stipula di un apposito accordo amministrativo.
  Per quanto attiene al disegno di legge di autorizzazione alla ratifica, anche alla luce degli emendamenti presentati in Commissione nonché delle condizioni apposte ai pareri favorevoli espressi dalle Commissioni Affari sociali e Lavoro, segnalo che la norma di copertura prevede la possibilità di attingere a Fondi per le politiche sociali e al Fondo sociale per occupazione e formazione nell'ambito della clausola di salvaguardia, operante soltanto in caso di eventuali scostamenti rispetto alle previsioni di spesa. D'altra parte, sempre entro tali limiti, la scelta dei Fondi a cui attingere appare coerente con la materia oggetto dell'Accordo in esame.
  Ritengo significativo citare che la relazione tecnica che correda il disegno di legge di ratifica, molto analitica, contiene precise ipotesi sul numero dei beneficiari delle norme dell'Accordo in esame – risultano 7.664 cittadini italiani residenti in Israele –, in relazione alle previsioni di una totalizzazione delle sole contribuzioni versate in Italia o in Israele, con esclusione di quelle relativa a paesi terzi, e di una quota del 20% circa di coloro che si avvarranno dei benefici dell'Accordo in Pag. 126esame rispetto al totale dei lavoratori o pensionati italiani residenti in Israele.
  È inoltre previsto che l'approvazione dell'Accordo italo-israeliano determinerà anche minori oneri previdenziali per l'INPS collegati alla legge 189 del 2002.
  Prima di concludere, ritengo opportuno ribadire un chiarimento che si è reso più volte necessario nel corso dell'iter presso la Commissione Esteri, in risposta a sollecitazioni pervenute da parte del MoVimento 5 Stelle. Con riferimento al contratto di colonia, citato all'interno dell'Accordo, sottolineo che esso non concerne in alcun modo la questione del riconoscimento dei territori occupati o ogni altra questione riguardante il ruolo dei cosiddetti coloni israeliani.
  Alla luce di queste considerazioni auspico una rapida conclusione dell'iter di approvazione del disegno di legge al nostro esame.

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ORGANIZZAZIONE DEI TEMPI DI ESAME DEL DISEGNO DI LEGGE DI RATIFICA N. 2576.

Ddl di ratifica n. 2576 – Accordo Italia-Giappone sulla sicurezza sociale

Tempo complessivo: 2 ore.

Relatore 5 minuti
Governo 5 minuti
Richiami al Regolamento 5 minuti
Tempi tecnici 5 minuti
Interventi a titolo personale 17 minuti (con il limite massimo di 2 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 1 ora e 23 minuti
Partito Democratico 18 minuti
MoVimento 5 Stelle 12 minuti
Forza Italia – Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente 10 minuti
Area Popolare (NCD - UDC) 6 minuti
Sinistra Ecologia Libertà 6 minuti
Scelta civica per l'Italia 6 minuti
Lega Nord e Autonomie 6 minuti
Per l'Italia – Centro Democratico 6 minuti
Fratelli d'Italia – Alleanza Nazionale 5 minuti
Misto: 8 minuti
Alternativa Libera 2 minuti
Partito Socialista Italiano (PSI) – Liberali per l'Italia (PLI) 2 minuti
Minoranze Linguistiche 2 minuti
MAIE – Movimento Associativo italiani all'estero – Alleanza per l'Italia (API) 2 minuti

VOTAZIONI QUALIFICATE EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 3 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 13)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nom. Ddl 2894 – voto finale 460 410 50 206 284 126 66 Appr.
2 Nom. Ddl 2124-A – articolo 1 374 374 188 373 1 85 Appr.
3 Nom. articolo 2 380 380 191 379 1 83 Appr.
4 Nom. articolo 3 384 383 1 192 381 2 83 Appr.
5 Nom. em. 4.100 391 379 12 190 378 1 83 Appr.
6 Nom. articolo 4 392 391 1 196 390 1 83 Appr.
7 Nom. articolo 5 407 407 204 406 1 83 Appr.
8 Nom. articolo 6 406 406 204 405 1 83 Appr.
9 Nom. articolo 7 407 407 204 406 1 83 Appr.
10 Nom. articolo 8 415 415 208 414 1 83 Appr.
11 Nom. articolo 9 408 408 205 407 1 82 Appr.
12 Nom. em. 10.103 417 417 209 416 1 82 Appr.
13 Nom. em. 10.100 423 423 212 422 1 82 Appr.

F = Voto favorevole (in votazione palese). – C = Voto contrario (in votazione palese). – V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). – A = Astensione. – M = Deputato in missione. – T = Presidente di turno. – P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. – X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.

INDICE ELENCO N. 2 DI 3 (VOTAZIONI DAL N. 14 AL N. 26)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
14 Nom. em. 10.102 420 420 211 419 1 81 Appr.
15 Nom. em. 10.101 420 420 211 419 1 81 Appr.
16 Nom. articolo 10 426 426 214 425 1 80 Appr.
17 Nom. articolo 11 427 427 214 426 1 78 Appr.
18 Nom. articolo 12 430 430 216 429 1 78 Appr.
19 Nom. Ddl 2124-A – voto finale 413 413 207 413 77 Appr.
20 Nom. Moz. Grande e a. 1-383 n.f. 445 379 66 190 103 276 73 Resp.
21 Nom. Moz. Zaratti e a. n. 1-708 p.I 446 384 62 193 379 5 73 Appr.
22 Nom. Moz. Zaratti e a. n. 1-708 p.II 447 381 66 191 108 273 73 Resp.
23 Nom. Moz. Tidei e a. n. 1-712 450 364 86 183 283 81 73 Appr.
24 Nom. Moz. Piso e a. n. 1-750 p.I 452 283 169 142 283 73 Appr.
25 Nom. Moz. Piso e a. n. 1-750 p.II 456 386 70 194 385 1 73 Appr.
26 Nom. Moz. Rampelli e a. n. 1-753 p.I 454 309 145 155 308 1 73 Appr.


INDICE ELENCO N. 3 DI 3 (VOTAZIONI DAL N. 27 AL N. 39)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
27 Nom. Moz. Rampelli e a. n. 1-753 p.II 453 310 143 156 14 296 73 Resp.
28 Nom. Moz. Matarrese e a. n. 1-754 453 282 171 142 278 4 73 Appr.
29 Nom. Moz. Fedriga e a. n. 1-607 n.f. 421 402 19 202 135 267 71 Resp.
30 Nom. Moz. Pesco e a. n. 1-709 418 403 15 202 402 1 71 Appr.
31 Nom. Moz. Paglia e a. n. 1-714 423 407 16 204 407 71 Appr.
32 Nom. Moz. Rizzetto e a. n. 1-726 424 408 16 205 337 71 71 Appr.
33 Nom. Moz. Rampelli e a. n. 1-737 423 404 19 203 141 263 71 Resp.
34 Nom. Moz. Scuvera e a. n. 1-751 p.I 428 405 23 203 384 21 71 Appr.
35 Nom. Moz. Scuvera e a. n. 1-751 p.II 427 385 42 193 295 90 71 Appr.
36 Nom. Moz. Rampelli e a. n. 1-666 409 377 32 189 112 265 69 Resp.
37 Nom. Moz. Kronbichler e a. n. 1-700 407 376 31 189 112 264 69 Resp.
38 Nom. Moz. Borghesi e a. n. 1-701 408 379 29 190 112 267 69 Resp.
39 Nom. Moz. Gallinella e a. n. 1-711 410 382 28 192 112 270 69 Resp.