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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 381 di mercoledì 25 febbraio 2015

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MARINA SERENI

  La seduta comincia alle 14.

  CATERINA PES, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.

Sul processo verbale (ore 14,05).

  DAVIDE CRIPPA. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  DAVIDE CRIPPA. Grazie Presidente, volevo far riferimento a pagina 40 del resoconto stenografico, dove viene di fatto riportata una segnalazione del Presidente di turno Baldelli rivolta al sottoscritto.

  PRESIDENTE. Senta, mi scusi, però lei ha chiesto di intervenire ai sensi dell'articolo 32 del Regolamento sul processo verbale cioè su quello che ha appena letto la deputata segretaria, non sul resoconto stenografico.

  DAVIDE CRIPPA. Infatti, se mi fa parlare, volevo intervenire sul fatto che nel resoconto stenografico non venga riportato un comportamento a mio avviso non corretto del Presidente Baldelli. In esso, a pagina 40, vengono sanciti i suoi richiami ai gruppi che stavano chiarendosi a causa di un mancato accordo all'interno dell'aula parlamentare dove ieri sera, infatti, si era concordato di terminare e rimandare ad oggi la votazione finale del provvedimento. Di fatto il Presidente Baldelli ha ritenuto opportuno menzionare anche episodi precedenti e leggo testualmente: «...se mi liberate l'emiciclo...»

  PRESIDENTE. Onorevole Crippa, mi scusi, sono costretta ad interromperla, perché lei mi ha chiesto la parola ai sensi dell'articolo 32 del Regolamento, giusto ? In questo momento lei ha chiesto la parola sul processo verbale ?

  DAVIDE CRIPPA. Sì.

  PRESIDENTE. L'articolo 32, comma 3, recita esattamente – così lei mi spiega su quale delle fattispecie sta prendendo la parola...

  DAVIDE CRIPPA. Per fatto personale, glielo dico già, l'ultimo paragrafo.

  PRESIDENTE. Quindi sta prendendo la parola per fatto personale. Infatti, non essendo intervenuto ieri, non poteva precisare il suo pensiero e per questo l'ho interrotta.

  DAVIDE CRIPPA. Per fatto personale perché, come stavo dicendo, sono stato richiamato dal Presidente Baldelli quando veniva rivolto a me e al collega Bonafede l'invito a liberare l'emiciclo. Peccato che il Presidente Baldelli poi abbia continuato – ieri era particolarmente in forma su questo tema – ribadendo che non ci si può lamentare se il Governo non ascolta e poi si sta qui davanti tutto il tempo. Noi non eravamo a fare una seduta ostruzionistica, ma stavamo cercando di capire come mai, a fronte di un accordo preso per la Pag. 2conclusione e il rinvio del voto finale del provvedimento alla seduta di questa mattina, di fatto non è stato possibile raggiungere quel tipo di accordo e soprattutto perché nessuno abbia segnalato al MoVimento 5 Stelle che di quell'accordo non si sarebbe tenuto conto. Volevo anche precisare che quando viene scritto «Onorevole Crippa...si accomodi fuori» almeno non fosse un invito ad uscire dall'aula per ragioni procedurali ma solamente a sgombrare l'emiciclo. Volevo anche precisare che gradirei che di questo venga fatta rettifica perché, a mio avviso, questo punto è abbastanza importante.
  Un altro punto che vorrei precisare è riferito alla parte terminale dove, sempre il Presidente Baldelli ha segnalato, in questo caso alla collega Giordano, la possibilità di ricorrere ad un atto di sindacato ispettivo. Volevo ricordare, affinché rimanga agli atti, che gli atti di sindacato ispettivo vengono sempre giustamente analizzati molto, molto precisamente e con dovizia di particolari da parte degli uffici e, pertanto, quando vengono riportate delle parole enunciate all'interno di una trasmissione televisiva, credo che queste possano non avere una fondatezza tale da consentire la stesura e la presentazione di un atto di sindacato ispettivo. Pertanto, essendo il richiamo fatto dalla collega Silvia Giordano tempestivo rispetto a quello che era accaduto pochi giorni prima, di fatto quello poteva essere un classico intervento di fine seduta per il quale un atto di sindacato ispettivo potrebbe sembrare un po’ troppo poco fondato a livello di premesse o di impegni o di richieste al Ministro. La ringrazio per questa precisazione e, come già dicevo prima, gradirei una rettifica riferita all'appunto fatto a mio nome.

  PRESIDENTE. Onorevole Crippa, per la prima parte, ovviamente non possiamo che registrare la sua precisazione; per la seconda, non l'ho interrotta, perché l'avevo già fatto, ma, per la verità, quella relativa alla collega Silvia Giordano, non era più per fatto personale. Ormai lei aveva la parola e solo per economia dei nostri lavori non l'ho interrotta.

  CARLO SIBILIA. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Sempre sul processo verbale ?

  CARLO SIBILIA. Sì, sempre sul processo verbale.

  PRESIDENTE. Prego, ne ha facoltà. Lei ha un minuto ora.

  CARLO SIBILIA. Presidente, in realtà aggiungerei alle osservazioni fatte dal mio collega, quindi sempre per una rettifica, ai sensi dell'articolo 32, comma 3, del Regolamento, come richiesto per l'intervento dell'onorevole Giordano, anche quello dell'onorevole Spadoni. E dal momento che abbiamo queste osservazioni, il gruppo del MoVimento 5 Stelle non intende procedere all'approvazione del verbale. Pertanto, chiediamo una votazione, ai sensi dell'articolo 32, comma 2, per l'approvazione del processo verbale.

  PRESIDENTE. Bene. C’è una richiesta di voto formale, quindi dobbiamo dare il preavviso.

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 14,13).

  PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico senza registrazione dei nomi, decorre da questo momento il termine di preavviso di cinque minuti previsto dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.
  Per consentire il decorso del termine regolamentare di preavviso, sospendo la seduta, che riprenderà alle 14,20.

  La seduta, sospesa alle 14,15, è ripresa alle 14,25.

Pag. 3

  PRESIDENTE. La seduta è ripresa.
  Con riferimento alla richiesta di votazione del processo verbale, non posso non richiamare l'attenzione, così come rilevato dalla Presidenza nella seduta del 21 ottobre 1988, sul fatto che l'affidamento dell'approvazione del processo verbale ad una votazione comporterebbe la conseguenza di rimettere alla maggioranza una delicata decisione quale quella sulla veridicità dell'atto.
  Pongo comunque in votazione, mediante procedimento elettronico senza registrazione di nomi, il processo verbale della seduta di ieri.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera approva per 168 voti di differenza.

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Alfreider, Boccia, Michele Bordo, Brunetta, Catania, Costa, Dambruoso, De Girolamo, Di Lello, Epifani, Fava, Fedriga, Ferranti, Fico, Fontanelli, Losacco, Manciulli, Antonio Martino, Molea, Orlando, Picchi, Pisicchio, Ravetto, Realacci, Sanga, Sani, Speranza, Tidei, Valeria Valente e Velo sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
  I deputati in missione sono complessivamente centoquattro, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

  Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

Discussione del disegno di legge S. 1733 – Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 5 gennaio 2015, n. 1, recante disposizioni urgenti per l'esercizio di imprese di interesse strategico nazionale in crisi e per lo sviluppo della città e dell'area di Taranto (Approvato dal Senato) (A.C. 2894).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato, n. 2894: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 5 gennaio 2015, n. 1, recante disposizioni urgenti per l'esercizio di imprese di interesse strategico nazionale in crisi e per lo sviluppo della città e dell'area di Taranto.
  Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali...

  DAVIDE CRIPPA. Chiedo di parlare per richiamo al Regolamento.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  DAVIDE CRIPPA. Signor Presidente, volevo trasmettere all'Aula quanto è stato già segnalato in mattinata dal nostro gruppo parlamentare, ovvero un richiamo ai sensi dell'articolo 86, comma 4.
  Noi, verso mezzogiorno abbiamo chiesto formalmente la trasmissione del fascicolo degli emendamenti per poter avere la facoltà, ai sensi dell'articolo 86, comma 4, di presentare i subemendamenti fino ad un'ora prima della seduta nella quale saranno discussi gli articoli a cui si riferiscono. Ricordo a tutti i deputati che essendo di fatto un decreto-legge, si pone poi in votazione l'articolo unico, pertanto il termine per la presentazione dei subemendamenti di un'ora prima deve essere compatibile con la disponibilità del fascicolo degli emendamenti, altrimenti toglieremmo la facoltà ai sensi dell'articolo 86, comma 4, che parla esplicitamente della possibilità di subemendare emendamenti depositati. Pag. 4
  Pertanto, noi adesso siamo a chiedere formalmente che venga data all'Aula un'informativa a tutti i gruppi parlamentari di quale sia stata la decisione della Presidenza nel merito sul fatto che sia a nostro avviso indispensabile dare un termine di presentazione dei subemendamenti e degli emendamenti proposti dagli altri gruppi parlamentari che sia in deroga rispetto a quel richiamo di un'ora prima sancito dall'articolo 86, comma 4, perché se io non ho formalmente il fascicolo degli emendamenti mi viene difficile comprendere come possa applicare la facoltà prevista dall'articolo 86, comma 4, di subemendare qualcosa che non posso vedere.
  Quindi, le chiedo quale sia la decisione della Presidenza in tal merito e comprendere anche quale sia, a questo punto, la scadenza del termine per la presentazione dei subemendamenti ai sensi dell'articolo 86, comma 4 (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Onorevole Crippa la questione è già stata posta con lettera dalla presidente Dadone. In tale lettera, a fronte della materiale impossibilità, essendo stato fissato il termine per la presentazione degli emendamenti alle ore 10, di predisporre il fascicolo degli emendamenti in tempi tali da garantire la possibilità di presentare subemendamenti entro un'ora dall'inizio della seduta, la presidente Dadone, come lei ha richiamato, ha chiesto la posticipazione del termine di scadenza di presentazione dei subemendamenti. A tale riguardo la Presidenza ritiene di precisare quanto segue: la possibilità di modificare i termini per la presentazione e la distribuzione di emendamenti in Assemblea in relazione ai tempi di lavoro delle Commissioni è espressamente prevista dall'articolo 86, comma 10, del Regolamento e di tale facoltà la Presidenza si è avvalsa ogni volta – i casi sono innumerevoli – che l'esame di un provvedimento, per la discussione generale e il seguito dell'esame, sia stato fissato in Assemblea il giorno successivo o addirittura il giorno stesso della conclusione dell'esame in Commissione. Del resto, in questi casi si è sempre ritenuto pacificamente che il fascicolo degli emendamenti dovesse essere disponibile al momento in cui si fosse passati al seguito dell'esame.
  Allora, la richiesta avanzata dai deputati del MoVimento 5 Stelle è volta, come è chiaro, a salvaguardare una facoltà anch'essa stabilita dal Regolamento e, come tale, meritevole di considerazione.
  Io vorrei prendere qualche minuto per capire dagli uffici quando sarà disponibile il fascicolo degli emendamenti perché la decisione della Presidenza vorrei che fosse correlata. Intanto iniziamo con le relazioni, poi appena mi rendo conto di quale sia la situazione vi posso dare una risposta.

  VITTORIO FERRARESI. Chiedo di parlare per richiamo al Regolamento.

  PRESIDENTE. Su quale articolo ?

  VITTORIO FERRARESI. Grazie Presidente, sull'articolo 8.
  Ieri, a fine seduta, le mie colleghe sono intervenute...

  PRESIDENTE. Mi scusi onorevole Ferraresi, i richiami sulle procedure in corso possono essere ammessi ora, ma se in questo momento lei vuole parlare di qualcosa che è accaduto ieri e che non ha a che fare con il momento che stiamo svolgendo in Aula, magari lo fa a fine seduta, ora non posso darle la parola.

  VITTORIO FERRARESI. A fine seduta per il Regolamento ?

  PRESIDENTE. Lei può fare un richiamo al Regolamento per una cosa che si sta svolgendo ora, cioè su quello che stiamo facendo ora, mi sembra invece che intendesse parlare di un episodio che è accaduto ieri.
  Quindi, io andrei avanti.

Pag. 5

(Discussione sulle linee generali – A.C. 2894)

  PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
  Avverto che i presidenti dei gruppi parlamentari MoVimento 5 Stelle, Sinistra Ecologia Libertà e Partito Democratico ne hanno chiesto l'ampliamento, senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
  Le Commissioni VIII (Ambiente) e X (Attività produttive) si intendono autorizzate a riferire oralmente.
  Ha facoltà di intervenire il relatore per la maggioranza per l'VIII Commissione (Ambiente), onorevole Borghi.

  ENRICO BORGHI, Relatore per la maggioranza per l'VIII Commissione. Signor Presidente, le comunico che a nome dei relatori interverrà l'onorevole Ginefra.

  PRESIDENTE. Ha facoltà dunque di intervenire il relatore per la maggioranza per la X Commissione, onorevole Ginefra.

  DARIO GINEFRA, Relatore per la maggioranza per la X Commissione. Signor Presidente, Viceministro De Vincenti, sottosegretaria Velo, colleghe e colleghi deputati, per chi parla il compito di relatore del provvedimento sull'ILVA comporta un fardello emotivo non lieve; da parlamentare pugliese, infatti, sono fin troppo consapevole che i temi trattati non sono materia astratta, conosco bene la ferita che ancora oggi brucia nelle carni delle donne e degli uomini di cui ho incontrato gli sguardi e le cui storie personali si sono incrociate con la mia; una ferita che ha inciso il tessuto vivo della città di Taranto, solcando quelle storie e sprofondandole in un falso bivio che, alla fine, si è rivelato un grottesco e drammatico vicolo cieco dove, da una parte, veniva proposto il lavoro e, dall'altra, la salute. In mezzo, una collettività che si vedeva sempre più negata il futuro. A questi interrogativi il decreto-legge all'esame della Camera ha provato a rispondere non rabberciando un compromesso fra le istanze finora assurdamente contrapposte di sviluppo economico e sviluppo ambientale. Piuttosto il provvedimento intende essere l'intelaiatura dentro la quale sarà possibile tenere insieme l'esigenza di continuità produttiva e occupazionale e la tutela della salute del più grande polo siderurgico europeo, ed è questa la consapevolezza che ci ha spinti a sviluppare un lavoro che ha arricchito, soprattutto nel dibattito che si è celebrato al Senato, nella discussione sul decreto ILVA al Senato, che ha individuato poi cinque grandi obiettivi che ora finalmente possono essere realisticamente centrati. Il primo di questi, la continuità produttiva ed occupazionale dell'intero gruppo ILVA a cominciare dallo stabilimento di Taranto e poi degli stabilimenti diffusi in tutto il Paese. Oggi questo obiettivo, reso debole dalla crisi – che è una crisi di liquidità ed è il calo produttivo degli ultimi due anni – torna ad essere possibile grazie ad una consistente iniezione di risorse finanziarie all'azienda garantita dallo sblocco dei fondi Fintecna, 156 milioni di euro, reso più rapido dalle modifiche che abbiamo visto apportate dal Senato al decreto-legge e dalla disponibilità di linee di credito ordinarie per circa 260 milioni di euro concessi dalle banche grazie all'iniziativa dei nuovi commissari straordinari e alle sollecitazioni del Governo. Questo consentirà di riavviare il processo industriale e lo stesso rapporto sia produttivo che finanziario, finora fortemente indebolito, quello tra ILVA e indotto.
  Il secondo punto, il risanamento ambientale dello stabilimento di Taranto, è un obiettivo che oggi viene garantito con maggiori certezze dalla norma inserita nel decreto con cui si esplicita in modo più stringente il procedimento per rendere disponibili in capo all'amministrazione straordinaria le risorse sequestrate ai Riva da parte dalla procura di Milano; si parla di 1 miliardo e 200 milioni di euro a cui potrebbero aggiungersi altri 700 milioni di euro al momento anch'essi bloccati dalla stessa procura. Il decreto viene specificato così da rendere tale percorso più lineare e Pag. 6rapido, superando anche obiezioni di natura giudiziaria che pure si sono manifestate su questo punto mediante l'emissione di obbligazioni a garanzia dell'utilizzo di tali importi e tali risorse. Voglio ricordare che queste sono espressamente vincolate per legge alla piena attuazione delle prescrizioni del piano ambientale e, ove vi fossero risorse residue, queste saranno destinate agli interventi in materia di tutela della salute e della sicurezza e di attività di bonifica. Il decreto altresì conferma la data dell'agosto 2016 quale termine ultimo per l'attuazione dell'AIA. Il terzo punto, gli investimenti per l'ammodernamento e l'innovazione: a questo scopo viene introdotta nel decreto un'ulteriore misura con la quale l'amministrazione straordinaria è autorizzata a stipulare finanziamenti per un ammontare complessivo fino a 400 milioni di euro assistiti dalla garanzia dello Stato pari a 150 milioni.
  Con tali risorse si potranno finalmente avviare i non più rinviabili investimenti impiantistici e di ammodernamento tecnologico, a cominciare dal rifacimento degli altiforni. Questo è essenziale per una solida e duratura ripresa produttiva e per migliorare in modo decisivo l'efficienza delle linee produttive.
  Questi primi tre obiettivi, oltre ad essere fortemente interconnessi tra loro, sono del tutto funzionali alla stessa prospettiva futura di cessione e di fitto dell'ILVA ad una newco, che potrà vedere la luce, a valle dell'iniziativa promossa dal Governo già nel cosiddetto «sblocca Italia», così come rafforzata nel decreto «investment compact», con cui prende vita la società per azioni per la patrimonializzazione e la ristrutturazione delle imprese italiane che, proprio per l'ILVA, troverà con tutta probabilità la sua prima applicazione.
  In tale prospettiva, si prevede nel decreto-legge una norma con cui il commissario straordinario richiederà al potenziale affittuario o acquirente, contestualmente alla presentazione dell'offerta, la presentazione di un piano industriale e finanziario nel quale indicare investimenti, risorse finanziarie e obiettivi strategici.
  Il quarto punto è quello della tutela dell'indotto, un tema assai delicato dal punto di vista sociale: lo sappiamo, anche per le recenti manifestazioni che si sono avute nel tarantino, che hanno in qualche modo incrociato la capitale. Dicevo che si tratta del tema più delicato dal punto di vista sociale e il testo, che già prevedeva una deroga alla disciplina dell'azione revocatoria per gli impegni assunti sotto il regime di commissariamento dell'azienda, con le modifiche che sono state apportate durante la discussione al Senato e con le integrazioni, ha evidentemente arricchito la formulazione di partenza, ovvero innanzitutto la norma che definisce prededucibili i crediti delle piccole e medie imprese che hanno svolto, sotto il regime del commissario straordinario, attività per la prestazione di beni e servizi nell'ambito del risanamento ambientale, della sicurezza e della continuità degli impianti produttivi essenziali, nonché per l'attuazione degli interventi in materia di tutela dell'ambiente e della salute previsti dal piano ambientale. In secondo luogo, abbiamo visto l'inserimento di una norma con cui si rendono disponibili 35 milioni di euro del Fondo centrale di garanzia per la liquidità delle piccole e medie imprese, con cui si potrà attivare una consistente massa di credito, circa 400 milioni di euro, per i fornitori dell'ILVA, garantita all'80 per cento dal Fondo.
  Un ulteriore intervento prevede a favore delle piccole e medie imprese e delle imprese dell'autotrasporto la sospensione dei termini per i versamenti dei tributi erariali fino al 15 settembre 2015, nonché la sospensione delle procedure esecutive e cautelari relative a tali tributi.
  Infine, vi è un'ulteriore previsione con la quale alle piccole e medie imprese fornitrici ILVA si estende la moratoria in materia di mutui e finanziamenti fino al 2017.
  Il quinto e ultimo punto attiene alla città di Taranto, alla parte del decreto-legge, il cui testo iniziale è un risultato già efficace e sul quale si è intervenuti, ancora Pag. 7una volta, durante l'esame in Senato, condividendo pienamente le risorse e la strumentazione individuate per accelerare gli interventi di risanamento ambientale e di riqualificazione urbana della città. L'attivazione del tavolo istituzionale, con la presenza del Governo nazionale e delle istituzioni locali, che presiederà all'attuazione del contratto istituzionale e di sviluppo, credo rappresenti oggi un oggettivo salto di qualità nella progettazione, programmazione e gestione delle importanti risorse già stanziate per la città di Taranto, nonché il potenziamento e la valorizzazione delle infrastrutture, come il porto e l'arsenale militare. Vorrei infine ricordare la clausola di salvaguardia, volta a prevenire e a ridurre gli eventuali effetti occupazionali negativi connessi con il processo di riorganizzazione dei siti produttivi della città di Taranto, mediante la possibilità per il commissario straordinario di definire procedure volte a favorire l'impiego di lavoratori provenienti dai bacini di crisi di quelle aziende dei complessi industriali di Taranto.
  Insomma, con l'approvazione di questo provvedimento, diventa più prossimo l'obiettivo di saldare due questioni di fondo, una che riguarda il passato e l'altra il futuro. C’è da accelerare e portare a compimento infatti, con risorse e tempi definiti, un'ampia attività di bonifica, dopo decenni di inquinamento, che riguarda sia lo stabilimento ILVA, che una parte grande del porto e un pezzo intero di città.
  E su tale attività, come abbiamo ricordato, vi è oggi certezza di risorse e dell'impegno diretto dello Stato, che sosterrà con forza tale azione. Si tratta di un intervento pubblico risarcitorio, dovuto nei confronti della città non solo per il passato di industria pubblica ma, soprattutto, per il gravissimo impatto sociale che la diffusa attività di inquinamento ha prodotto.
  D'altra parte, ci sono da realizzare le condizioni tecnologiche ed impiantistiche perché l'azienda possa continuare a produrre in sicurezza, abbattendo inquinanti e garantendo quella tutela della salute e dell'ambiente che, anche grazie all'iniziativa della magistratura, è risultata ripetutamente violata e che reclama non più rinviabili investimenti tecnologici ed impiantistici, che l'azienda ora potrà finalmente realizzare per potere continuare a produrre in sicurezza.
  Ricordo, a tal proposito, che lo stabilimento di Taranto è a ciclo integrale. Vi avvengono, cioè, tutti i passaggi che dal minerale di ferro portano all'acciaio. La parte centrale sono i cinque altiforni, alti più di 40 metri. Un altoforno ha una vita attiva di 15 anni, funziona continuamente e il suo spegnimento può causare guasti potenzialmente irreparabili in caso di riattivazione, la quale, comunque, richiede dagli 8 ai 15 mesi. Ammodernare tali impianti è assolutamente prioritario e decisivo.
  Sono consapevole che il decreto non spazzerà via d'incanto i drammi finora vissuti da una comunità. Sono pure consapevole che il testo, ad esaminarlo con la lente della critica – e questo, diciamo, ha attraversato l'intera discussione che si è sviluppata nelle Commissioni impegnate nell'esame del provvedimento, l'VIII e la X – possa presentare dei limiti che sono, in fondo, i limiti connaturali dell'attività umana, in generale, e di quella politica, in particolare. E, però, sono fortemente convinto della filosofia che sorregge questo provvedimento e che ne descrive l'intento ultimo e di fondo: recuperare dignità a quelle tante storie individuali che si sono rincorse all'ombra dell'Ilva e ridare loro una dimensione collettiva (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. Prima di dare la parola al relatore di minoranza Allasia, devo una risposta all'onorevole Crippa.
  La Presidenza ha verificato che il file degli emendamenti presentati è stato ora, da pochi minuti, consegnato al Comitato dei diciotto, sia nella versione informatica che nella versione cartacea, ancorché non di tipografia. Per cui, per raccogliere la questione posta dal MoVimento 5 Stelle, la Presidenza fissa ad un'ora, da questo momento, il termine per la presentazione di subemendamenti.Pag. 8
  Ha facoltà di intervenire il relatore di minoranza, deputato Allasia.

  STEFANO ALLASIA, Relatore di minoranza. Grazie, Presidente. Ho l'onore di essere relatore di minoranza da parte del gruppo della Lega Nord e Autonomie per le mie origini, piemontesi e torinesi; la grande popolazione tarantina, che si è insediata nei decenni passati a Torino, riconosce l'alto valore industriale e sociale dell'azienda dell'Ilva. Ma lo scopo del decreto-legge è quello di estendere alle imprese che gestiscono almeno uno stabilimento industriale e che sono sottoposte al commissariamento la disciplina dell'amministrazione straordinaria delle imprese operanti nel settore dei servizi essenziali. In questo modo vi rientra l'Ilva, già dichiarata di interesse strategico e sottoposta a commissariamento, un commissariamento di Stato. In particolare, il decreto fissa le linee guida per il futuro commissariamento dell'Ilva e per la costituzione della newco a partecipazione pubblica, che si occuperà del risanamento ambientale, del piano industriale, del suo futuro collocamento sul mercato. Chiaramente, l'intervento del Governo non finisce qui. L'azione successiva sarà quella di dare attuazione ai contenuti del decreto-legge per procedere alla cessione o all'affitto degli asset del gruppo.
  Ci troviamo, quindi, di fronte a un ennesimo decreto che, di fatto, non risulta risolutivo della vicenda dell'Ilva. Ricordiamo che dal 2012 ad oggi sull'emergenza dell'area di Taranto e la crisi dell'Ilva sono già intervenuti ben sette decreti. Anche se l'obiettivo del Governo sembra quello di un futuro rilancio del ciclo siderurgico, di fatto dietro quest'azione c’è un ennesimo intervento dello Stato in favore dell'Ilva, che fa cessare il commissariamento straordinario dell'impresa, creato nel 2013 dal Governo, e crea la nuova figura del commissario straordinario della procedura di amministrazione straordinaria.
  I commissari straordinari, il dottor Gnudi, l'avvocato Carrubba e il professor Laghi, sono stati incaricati nel gennaio 2015 di guidare la newco pubblica, con lo scopo di rilanciare industrialmente e risanare ambientalmente entro un tempo che, a detta del Premier Renzi, dovrebbe durare dai diciotto ai trentasei mesi. Peraltro, il decreto delle nomine non contempla anche il compenso ai commissari, contrariamente a quanto stabilito dall'articolo 2 della legge Marzano. A fronte della particolare situazione dell'Ilva e della crisi economica che attraversa il Paese, riteniamo che ciò sia un atto di poca trasparenza e irrispettoso nei confronti dei cittadini e del loro diritto di essere informati sul modo di operare della pubblica amministrazione. Come abbiamo sottolineato anche nella pregiudiziale, che si discuterà nelle prossime ore, presentata dal nostro gruppo e non solo, riteniamo l'intervento del Governo contrario a quanto disposto dall'articolo 41 della Costituzione, che sancisce la libertà di iniziativa economica e privata. Il decreto-legge prevede l'obbligo per il commissario straordinario di richiedere al potenziale affittuario o acquirente, contestualmente alla presentazione dell'offerta, la presentazione di un piano industriale e finanziario, nel quale devono essere indicati gli investimenti con le risorse finanziarie necessarie e le relative modalità di copertura, nonché gli obiettivi strategici della produzione industriale degli stabilimenti del gruppo. Secondo noi, dovevano essere specificati meglio nel testo i tempi di intervento per l'attuazione del piano, i livelli occupazionali, che dovrebbero essere garantiti per tutti gli stabilimenti del gruppo e non solo quello di Taranto, nonché gli obiettivi strategici della produzione industriale e degli stabilimenti dell'Ilva sul territorio nazionale. E tutto questo a garanzia della continuità produttiva dell'industria siderurgica.
  Nel corso degli ultimi decenni si è registrata una profonda modifica strutturale nel settore siderurgico, legata soprattutto alla globalizzazione della produzione, che ha generato una crisi che ha colpito soprattutto le grandi imprese.
  Non a caso il Parlamento è stato impegnato ultimamente nella risoluzione di problemi critici connessi alle più grandi imprese del settore Ilva, in primis la Pag. 9Lucchini, con gli impianti di Piombino e Trieste, e l'AST di Terni. Tutte imprese strategiche per l'economia del Paese, la cui crisi sta creando gravi ripercussioni occupazionali.
  Si tratta di realtà che si assomigliano sotto diversi aspetti e che hanno una matrice comune, quella della crisi economica e finanziaria, che comunque sono riconducibili ad una carenza di politica industriale nel Paese, oltre che ad una mancanza di visione dell'insieme nel settore siderurgico nazionale.
  L'industria siderurgica italiana non ha storicamente fruito, al pari di altre realtà internazionali, di una volontà politica indirizzata a difendere e tutelare l'eccellenza, e cioè a favorire la penetrazione nel settore dei colossi internazionali, la cui missione sta nella tutela dell'eccellenza siderurgica e nell'interesse al mantenimento della produzione italiana.
  Nell'ultimo decennio la produzione di acciaio in Europa ha registrato un fortissimo calo, a fronte della crescita della qualità di acciaio prodotto in altri Paesi, come la Cina, generando preoccupazione per il futuro della siderurgia europea ed italiana, quest'ultima da tempo minacciata da fenomeni di deindustrializzazione. L'anno 2013 si è chiuso con una caduta della produzione italiana di acciaio a meno 11,7 per cento rispetto all'anno precedente, attestandosi a 24,2 milioni di tonnellate annue che, nonostante sia inferiore al 27 per cento rispetto alle 33 milioni di tonnellate raggiunte nel 2007, conferma l'industria dell'acciaio italiana al secondo posto per volume in Europa dopo la Germania.
  Il calo della produzione dipende senz'altro dalla riduzione della domanda interna del settore manifatturiero e delle costruzioni causate dalla crisi economica, ma dipende soprattutto dalle difficoltà operanti nell'Ilva a seguito del blocco degli impianti, in particolare dei forni a caldo, unici della società nello stabilimento di Taranto.
  Tale situazione sta mettendo a dura prova tutte le imprese dell'indotto che rischiano il fallimento per mancanza di ordine di liquidità. Al Senato è stata inserita la possibilità di accesso al credito, con garanzia dello Stato, per le piccole e medie imprese fornitrici di aziende con stabilimenti dichiarati strategici o creditrici di tale società.
  Ma la questione è anche diversa. Il problema delle imprese fornitrici dell'Ilva non è quello di rendere agevolato un ulteriore indebitamento con le banche, ma, invece, quello di poter recuperare i crediti vantati nei confronti della società ad amministrazione straordinaria, precedentemente alla costituzione di una newco. Il comma 1 dell'articolo 3, come modificato nel corso dell'esame al Senato, consente all'amministrazione straordinaria di Ilva Spa di utilizzare le somme sequestrate per emettere obbligazioni. Le obbligazioni saranno intestate al Fondo unico giustizia e gestite da Equitalia, secondo le indicazioni dell'autorità giudiziaria. Inoltre, le somme recuperate dall'Ilva attraverso l'emissione delle obbligazioni dovranno costituire un patrimonio separato dalla società, da utilizzare esclusivamente per interventi di risanamento ambientale. A quanto pare, le risorse non saranno immediatamente disponibili e non saranno, soprattutto, idonee. Allora, ci si pone un quesito: è più importante adempiere alle prescrizioni per il risanamento ambientale dell'Ilva oppure portare avanti interventi che servono a permettere la continuità dell'attività di impresa e il saldo dei crediti a fornitori e trasportatori ? Si tratta di un equilibrio delicato: prima di tutto, occorre salvaguardare la salute dei cittadini, ma, dall'altra parte, occorre garantire l'attività di impresa e la sopravvivenza dell'indotto. Infatti, il nostro gruppo si è battuto, prima al Senato e poi in Commissione alla Camera, per la tutela delle imprese e il riconoscimento dei crediti da queste maturate per servizi e forniture resi all'Ilva.
  Le modifiche apportate al Senato, con l'accordo del Governo, peccano, in realtà, di mancanza di chiarezza e di fondi. Non si comprende se nella definizione delle prestazioni necessarie per la continuità dell'attività degli impianti produttivi essenziali si debbano intendere compresi anche Pag. 10i servizi e le forniture di tutto l'indotto e se tra questi risultino compresi i crediti delle imprese di trasporto su gomma. Ci rammarichiamo che non siano stati tenuti in debito conto i nostri emendamenti, che risolvevano tutti gli aspetti connessi ai crediti del settore delle forniture e dei trasporti. Aggiungo ulteriormente che il decreto è stato assolutamente blindato, con la bocciatura sistematica di tutti gli emendamenti della minoranza.

  PRESIDENTE. Concluda.

  STEFANO ALLASIA, Relatore di minoranza. Intorno alla realtà industriale dell'Ilva gravitano circa 4 mila imprese, di cui circa 2 mila sono concentrate nelle sole Lombardia e Piemonte. Ai fornitori dell'Ilva va ricondotto oggi un volume di affari di oltre 2,5 miliardi di euro, di cui 1,5 miliardi di euro vedono coinvolte le piccole e medie imprese. Tra gli effetti più importanti, circa 350 milioni riguardano gli appalti, altri 200 milioni sono riferiti alle materie prime, 400 milioni sono connessi alla gestione della filiera dell'energia, un centinaio di milioni se ne va in cambistica. I servizi valgono circa 30 milioni, così come gli stabilimenti.
  La distribuzione geografica dei fornitori dell'Ilva vede una netta predominanza delle imprese del nord d'Italia. Qui è attivo il 75 per cento della filiera, concentrato soprattutto in Lombardia, dove sono attivi più di 1.500 fornitori dell'Ilva, in Piemonte, Veneto e Liguria. Siamo coscienti che un'eventuale chiusura dello stabilimento di Taranto, dove lavorano i forni a caldo, porterebbe alla chiusura di tutti gli altri stabilimenti dell'Ilva sul territorio nazionale, con gravi ripercussioni...

  PRESIDENTE. Onorevole Allasia, dovrebbe concludere. Ha esaurito il suo tempo.

  STEFANO ALLASIA, Relatore di minoranza. Di già ? Allora, finisco solo questo passo e poi lascio il resto della relazione per la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna.

  PRESIDENTE. Certo, può lasciare il resto della relazione scritta. La Presidenza lo consente sulla base dei criteri costantemente seguiti

  STEFANO ALLASIA, Relatore di minoranza. ...con gravi ripercussioni per le nostre industrie, per l'indotto e l'occupazione. Si tratta di una situazione che creerebbe un'emergenza sociale che aggraverebbe a dismisura la crisi economica che sta attraversando il Paese.
  Aspettando l'ottavo decreto per la salvaguardia dell'Ilva di Taranto (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).

  PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il relatore di minoranza, onorevole Crippa. Non si vuole sedere al banco del Comitato dei nove, onorevole ? Va bene. Prego, a lei la parola.

  DAVIDE CRIPPA, Relatore di minoranza. Grazie, Presidente. Siamo arrivati al settimo decreto-legge sull'Ilva. Noi siamo da due anni all'interno di queste istituzioni e ne abbiamo già visti anche troppi decreti legati all'Ilva. Tutti decreti che dovevano essere risolutivi, dovevano risolvere la problematica: basta che andiate a vedere le dichiarazioni, anche in questo caso, del relatore Borghi in dichiarazione di voto sui precedenti decreti. Ahimè, un minimo di autocritica oggi porterebbe quelle persone a dover dire: «forse ci siamo sbagliati». Peccato che, invece, si vada avanti sempre negli errori e si aumentino gli errori potenziali che si possono fare, tant’è che oggi l'Ilva viene considerata un servizio pubblico essenziale.
  In realtà, i servizi pubblici essenziali dovrebbero essere gli aspetti di tutela e di salvaguardia sanitaria. Dunque, per noi quello che la procura ha messo nero su bianco come fonte di fenomeni di malattia e di morte, in realtà, diventa un servizio pubblico essenziale.
  Viene esteso il commissariamento a tutte le imprese del gruppo. E qua, lungi da noi di difendere Riva, ma va fatto un Pag. 11appunto sul richiamo alle imprese del gruppo: quale gruppo innanzitutto ? Si tratta di Riva group, oppure Riva forni elettrici o Riva acciai ? Qual è il gruppo ? Non si sa e nel decreto questo ovviamente non è specificato. Questo porterà sicuramente ad un contenzioso che la famiglia Riva non mancherà di mettere in atto nei riguardi dello Stato italiano e per il quale non vorremmo mai di dover dare anche dei soldi ai Riva come rimborso.
  L'articolo 1 sancisce l'affitto o l'acquisto mediante trattativa privata del ramo produttivo. Sì avete sentito bene, affittiamo a trattativa privata, cioè il comune, secondo le regole degli appalti, per importi superiori magari ai 20, ai 40 mila euro, deve fare un bando ad evidenza pubblica, l'Ilva commissariata dallo Stato si può permettere di non portare ad evidenza pubblica la cessione di tutta l'azienda e non stiamo parlando ovviamente di 20, 30, 40 mila euro, ma direi di almeno da 500 milioni di euro in su, come affitto annuale del ramo d'azienda. Ovviamente il Governo sostanzialmente si dà la deroga per non rispettare la norma sugli appalti. All'articolo 1, però, viene scritto, nero su bianco, che l'acquirente o colui che affitterà il ramo d'azienda dovrà garantire adeguati livelli occupazionali. Peccato che gli «adeguati» sono adeguati per salvaguardare i posti di lavoro attualmente impiegati all'Ilva o adeguati per il soggetto che di per sé dovrà prendere in gestione il ramo produttivo e, quindi, potrà dire: sono adeguati al mio standard di produzione la metà dei dipendenti dell'Ilva ? Ovviamente questo non è dato sapere anzi, forse, si fa finta di non comprendere che «adeguati» di per sé voglia dire adeguati a chi verrà a gestire l'azienda e non ai lavoratori adesso impiegati.
  All'articolo 2 viene detta una cosa gravissima, un'ingerenza dello Stato verso le regioni: la valutazione del danno sanitario della regione Puglia si deve uniformare ai meccanismi di valutazione dello Stato italiano e dell'amministrazione centrale. Peccato che per tutte le altre norme, cito ad esempio quelle in ambito energetico, sostanzialmente si fa una norma nazionale e poi si vanno a fare delle norme regionali che sono più prescrittive rispetto alla norma nazionale. Cito tra tutti i casi del Trentino Alto Adige, Lombardia, Piemonte, dove da anni, da anni si applica una normativa energetica più restrittiva rispetto a quella dei requisiti nazionali. In questo caso, nell'ambito sanitario, non vale questo concetto, non vale secondo il Governo, per il quale un meccanismo di valutazione del danno sanitario sancito dalla regione Puglia debba essere uniformato al ribasso a dei criteri nazionali, questo perché ovviamente è oggetto di indagine dalla procura, questo oggi è uno dei capi di imputazione.
  All'articolo 2 viene anche detto che l'80 per cento del numero delle prescrizioni devono essere adottate. Quindi già facciamo uno sconto, dal 100 passiamo all'80 per cento, ma questo era già contenuto nei precedenti decreti e specifichiamo che, in realtà, è uno sconto sul numero delle prescrizioni e non sugli importi delle prescrizioni, non sull'impatto sanitario che queste prescrizioni hanno, prescrizioni di carattere ambientale e sanitario. Vi cito, a titolo di esempio, la copertura dei parchi minerari, milioni di metri quadri da coprire all'interno dello stabilimento dell'Ilva, che è sostanzialmente paragonata a una centralina di rilevamento delle sostanze inquinanti su uno dei 150 camini all'interno dell'Ilva, cioè un importo di pochi milioni di euro, paragonato con miliardi di euro di investimenti. Questo è quello che il Governo sta mettendo in atto come tutela dell'aspetto sanitario dei cittadini di Taranto. Andiamo oltre però, perché ricordiamo che l'80 per cento parte già dal presupposto che il 75 per cento, come detto dal commissario Gnudi, è di fatto già realizzato, quindi vi state impegnando per realizzare al massimo un 5 per cento ulteriore, una vergogna di fatto !
  Andiamo oltre, al comma 7 dove viene esclusa la responsabilità penale per operazioni finanziarie, bancarotta semplice, bancarotta fraudolenta, del commissario. Ma soffermiamoci, invece, sull'esclusione Pag. 12della responsabilità penale o amministrativa del commissario straordinario e dei soggetti da lui delegati.
  E già, cari colleghi, perché potrebbe accadere che, in attuazione del piano ambientale, di fatto si verificasse un incidente sul lavoro. Al personale dipendente dell'Ilva ci auguriamo che questo non accada, o a una serie di appaltatori. Ricordo a tutti che pochi mesi fa crollò una gru all'interno del sito produttivo dell'Ilva direttamente in mare, quindi non è una visione talmente irrealizzabile quella che stiamo mettendo oggi sul piatto. Viene tolta la responsabilità penale e amministrativa al commissario che, di fatto, si sostituisce al datore di lavoro. Il datore di lavoro è il responsabile della sicurezza dei propri lavoratori penalmente e noi stiamo dicendo che il commissario quella responsabilità non ce l'avrà mai. Di conseguenza i lavoratori dell'Ilva non avranno un responsabile della sicurezza che sarà penalmente responsabile dei loro diritti, quindi, di fatto, ovviamente, i lavoratori dell'Ilva sono trattati come lavoratori di serie B. Ma questo riguarderà anche le imprese che vi lavoreranno, non soltanto direttamente i lavoratori dell'Ilva, ma anche le imprese subappaltatrici: non ci sarà la responsabilità penale per quanto attiene l'ambito lavorativo aziendale. Questo per una mancanza di chiarezza all'interno del decreto stesso.
  Andiamo all'articolo 4: deregulation della gestione ambientale. Sostanzialmente viene detto che all'interno dell'Ilva le discariche possono seguire strade alternative e possono seguire un processo di ambientalizzazione differente rispetto a quanto previsto dalle normative nazionali. Ma quello che fa ancora più pena è quanto avete aggiunto al Senato, nel comma 2-ter dell'articolo 4, dove viene detto che le scorie di fonderia possono essere utilizzate per massicciate ferroviarie o rilievi stradali o riempimenti mediante un preventivo test di cessione del materiale. Fin qui, in qualche modo, stiamo rispettando la normativa nazionale. Peccato che poi si vada oltre: se fosse, però, più favorevole la normativa europea, l'ISPRA dovrà garantire il non inquinamento delle falde dodici mesi dopo (dodici mesi dopo !) l'avvenuto deposito del materiale, ovvero la messa al recupero. Quindi vi sto segnalando che, di fatto, state dicendo che il materiale, gli scarti di fonderia dell'Ilva potranno andare a costituire rilevati stradali in tutta Italia (in tutta Italia !), facendo sì che l'ISPRA possa pronunciarsi sulla compatibilità di depositare quel materiale per non inquinare la falda, dopo che è già sia stato fatto il rilevato o la strada. Quindi chi bonificherà ? Non si sa ovviamente. Questo è un problema che abbiamo segnalato in Commissione, dove il collega Borghi ha auspicato uno stesso clima di dibattito interno alla Commissione e in Aula. Peccato, però, che quel clima di dibattito sia stato limitato in Commissione e non abbia portato a nulla, perché non avete assolutamente preso in considerazione una virgola di quello che abbiamo segnalato.
  Andiamo avanti. La sospensione della quota interessi per mutui delle imprese creditrici oppure la sospensione dei tributi fino a settembre, di fatto, rappresenta un palliativo necessario per quelle imprese. Ma come è necessario per quelle dell'indotto dell'Ilva, è necessario per tutte le imprese che sono creditrici verso le imprese italiane, verso imprese strategiche e di interesse nazionale in tutta Italia, non soltanto per l'Ilva. Noi abbiamo cercato di ampliare questo concetto e ovviamente avete risposto «no». Ma la cosa più grave è che date tempo fino a settembre. Casualmente a settembre ? Sì, perché sappiamo che quest'anno ci sono le elezioni regionali in Puglia e non vorremmo mica creare uno scandalo prima che vi siano le elezioni regionali, così non potete vincere le elezioni regionali in Puglia o peggio ancora a Taranto, dove andate anche a far finta di bonificare quello che è un sito di interesse nazionale, dove per anni e anni non avete mai bonificato una virgola per mancanza di decisione politica. Di fatto andate a bonificare le aiuole interdette all'utilizzo dei bambini, perché anche lì noi crediamo sia un mero spot di propaganda politica. Infatti io posso andare a Pag. 13bonificare, immaginando che però poi la ragione che ha inquinato quell'aiuola venga meno. Allora metto nero su bianco il fatto che chi ha inquinato non debba più inquinare.
  Presidente – mi avvio alla conclusione – questo non viene fatto. Io credo che tutti gli interventi siano meramente dei palliativi. Se qua bisogna rivoluzionare la città di Taranto, bisogna rivoluzionare l'assetto produttivo dell'Ilva, mettendone ampiamente in discussione la continuità produttiva (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il rappresentante del Governo.

  SILVIA VELO, Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare. Presidente, mi riservo di intervenire alla fine del dibattito.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Caparini. Ne ha facoltà. Onorevole Caparini, magari si dia un'aggiustatina alla giacca. No, no, no, chiuda la giacca. Lei sa che qui non potete esporre cartelli né altro simbolo di tipo politico. Basta che lei tiene la giacca...

  DAVIDE CAPARINI. La giacca è assolutamente come la uso di solito, non ci sono simboli politici. Quindi, mi scusi ma il suo intervento è per lo meno inopportuno.

  PRESIDENTE. Sarà...

  DAVIDE CAPARINI. Però, restiamo in un rapporto civile e non mi faccia perdere la pazienza subito. Grazie.

  PRESIDENTE. Andiamo bene. Prego, onorevole Caparini.

  DAVIDE CAPARINI. Presidente, lei faccia la Presidente, non si faccia i c... miei. Mi scusi, glielo dico proprio papale papale (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. Onorevole Caparini, visto che lei la mette su questo piano, anch'io la metto su questo piano. Il mio era un richiamo assolutamente doveroso, che lei sa essere doveroso. La sua risposta è stata una risposta scherzosa e io, in quanto tale, ho preso la sua risposta. Se lei la mette su questo piano, la richiamo ad usare un linguaggio consono. La richiamo per la prima volta. Adesso, prego, lei ha la parola per il suo intervento.

  DAVIDE CAPARINI. Mi fa molto piacere che lei mi richiami, dato che tra i Presidenti lei è quella che obiettivamente ha una gestione per lo meno discutibile.
  Da azienda leader della siderurgia europea l'Ilva è diventata un gruppo statale o parastatale – perché ormai purtroppo in effetti di questo si tratta – insolvente, che è passato, attraverso l'intervento della magistratura, l'azzeramento dei vertici societari, fino al commissariamento dell'attività. Siamo al settimo decreto-legge, che purtroppo, come gli altri, sta inanellando una serie di risultati assolutamente inefficaci e a ogni atto di Governo la situazione purtroppo è peggiore della precedente. Ora siamo al commissariamento straordinario dei commissari straordinari per la procedura di amministrazione straordinaria, ovvero alla costruzione di una newco a partecipazione pubblica che si occuperà del risanamento ambientale, del piano industriale e del suo futuro collocamento sul mercato. Il tutto, a detta di Renzi, dovrebbe durare dai diciotto ai trentasei mesi. Per l'ennesima volta abbiamo delle previsioni che poi nei fatti vengono o verranno smentite. Siamo di fronte, quindi, a una sorta di statalizzazione della società, che vede lo Stato ancora una volta invadere la sfera del privato.
  La procedura di amministrazione straordinaria delle imprese in stato di insolvenza nasce dalla necessità di ristrutturare o di vendere le imprese a partecipazioni pubblica o operanti nei settori di servizi pubblici essenziali ed è una procedura che si sta rivelando purtroppo – ahimè, ahinoi ! – inefficace per quanto Pag. 14riguarda le imprese di interesse strategico nazionale. È proprio una sorta di esproprio nella gestione, che dovrebbe essere privata, con l'intervento dello Stato in un settore privato, che dovrebbe, quindi, sottendere a regole di mercato e non ovviamente a quelle dei settori tipicamente pubblici, ai quali la normativa si rivolge.
  Tra Taranto e gli altri siti produttivi dislocati in tutta Italia, stiamo parlando di oltre 16.200 dipendenti e di oltre 10 mila per quanto riguarda la manutenzione degli impianti, la logistica, i servizi di supporto alla produzione. Le aziende sono sparse in tutto il Paese. Quindi, stiamo parlando – questo è stato detto più volte in Aula – di un comparto strategico e non stiamo solo parlando di quella che è la vera e propria produzione dell'Ilva, ma stiamo parlando di un indotto che ha una mole e anche un impatto occupazionale importantissimo per quanto riguarda l'intero Paese.
  La dichiarazione dello stato di insolvenza per 3 miliardi di euro, che è stata emessa il mese scorso dal tribunale di Milano, ovviamente ha fatto tremare le vene ai polsi di tutti coloro che per Ilva hanno lavorato in questi due anni e mezzo.
  A queste imprese, che hanno lavorato, è stato detto, prima di tutto: continuate a lavorare e concludete le vostre forniture. Per ciò che avete dato, per i servizi che avete reso, per i prodotti che avete fornito, non c’è certezza di alcun tipo di pagamento. Il tutto detto a imprese che hanno già pagato le tasse su quello che hanno prodotto. Siamo veramente, quindi, a una situazione paradossale per cui a un'azienda che ha fornito un'impresa parastatale le viene detto che non sarà pagata, quando, inoltre, quest'azienda si è già anche impegnata dal punto di vista dell'imposizione fiscale. Evidentemente, quando la gestione era privata era tutta un'altra cosa – su questo non c’è ombra di dubbio – perché chi ha fornito in passato, chi ha lavorato per Riva, aveva a che fare con un'impresa che pagava regolarmente e che, nel momento in cui c’è stato il coinvolgimento nei fatti giudiziali, aveva comunque un avanzo di quasi circa un miliardo di euro. Ora, con due anni e mezzo di gestione parastatale, siamo a un rosso di quasi 3 miliardi di euro. Evidentemente, la gestione dell'emergenza ambientale, come sempre accade in questo Paese, avendolo verificato purtroppo in molti altri comparti, è occasione per creare nuovi costi, nuove diseconomie ed emergenze sulle emergenze.
  Dulcis in fundo, con una lettera del 23 gennaio, dopo l'ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria, i commissari Ilva hanno intimato a tutti i fornitori, che in questi due anni e mezzo hanno lavorato per garantire la continuità produttiva, di dare esecuzione ai contratti pendenti, segnalando anche l'eventuale interruzione o ritardata esecuzione che avrebbe costituito un grave inadempimento. Tradotto, a queste migliaia di imprese, che già sono evidentemente in difficoltà perché esposte con le banche, perché non si vedono da tempo riconosciuti i loro crediti, l'amministrazione straordinaria dice: guardate, voi dovete continuare a fornire, benché noi non vi paghiamo, e non vi diamo neanche una prospettiva futura di pagamento. Voi lavorate praticamente gratis e dovete farlo perché state lavorando per l'Ilva. La risposta a tutto ciò, da parte dello Stato, è evidentemente evanescente perché in questo decreto-legge non sono chiari i tempi di intervento per l'attuazione del piano; non è chiaro quello che ne sarà dei livelli occupazionali, che dovrebbero essere garantiti per tutti gli stabilimenti del gruppo; non sono chiari gli obiettivi strategici della produzione industriale degli stabilimenti Ilva. E tutto questo a garanzia della continuità produttiva dell'industria siderurgica, perché noi è di questo che stiamo parlando qui. Stiamo parlando di un quadro congiunturale che evidentemente ha subito delle modifiche strutturali epocali. Infatti, con la globalizzazione della produzione evidentemente la crisi del comparto è stata acuita; crisi che già era evidente sin dagli inizi di questo millennio, ma che non ha visto da parte dello Stato – perché questo lo Stato dovrebbe fare, questo il Governo dovrebbe fare – mettere in atto un quadro regolatore Pag. 15e un sistema di supporto strategico tali da poter consentire la competitività delle nostre aziende leader. Il Parlamento, purtroppo, si è limitato, come abbiamo visto e come abbiamo già detto, ad esaminare sette decreti per quanto riguarda Ilva, da una parte, ma anche, come vi ricordo, per gli interventi sugli impianti Lucchini di Piombino, di Trieste e l'AST di Terni. Interventi su imprese strategiche che qui tutti noi ogni volta ci ricordiamo che tali sono, ma che poi alla fine non vedono nella concretezza quelle misure che servirebbero, sì a loro per essere competitivi, ma evidentemente anche a tutti noi per essere competitivi sui mercati internazionali.
  Si tratta di realtà che si assomigliano sotto diversi aspetti e che hanno una matrice comune, quindi l'assenza della politica industriale di questo Paese e la mancanza di una visione di insieme per il settore siderurgico nazionale. La politica e la magistratura non possono evidentemente fare impresa, non ne sono capaci: in questi due anni e mezzo ne abbiamo avuto la prova per coloro che avessero avuto un qualche dubbio in proposito perché quello non è il loro ruolo. Alla politica spetta il ruolo di definire una strategia industriale del Paese, mettendo gli imprenditori nelle condizioni competitive migliori. Il 2013 purtroppo si è chiuso con una caduta della produzione italiana dell'11,7 per cento però, ciò nonostante, ricordo che siamo comunque secondo produttore in Europa per volumi e ci contendiamo il primato per quanto riguarda la qualità di ciò che noi produciamo insieme alla Germania. Quindi il calo di produzione sicuramente dipende dalle condizioni congiunturali, sicuramente dipende dalla crisi, dalla caduta della domanda interna. Il settore manifatturiero e quello delle costruzioni, che tradizionalmente sono stati i primi settori utilizzatori, ovviamente hanno segnato il passo ma, ciò nonostante, il siderurgico italiano ha ancora delle possibilità di crescita, ha ancora capacità di competere sui mercati internazionali e le difficoltà che abbiamo riscontrato in questi anni purtroppo sono proprio dovute agli strumenti che la politica ha ritenuto di dover mettere a disposizione di Ilva ovvero tutto l'impianto commissariato che si è rivelato completamente inefficiente e che ha portato ad una situazione di rottura, quella di gennaio, che ha certificato di fatto il fallimento perché di amministrazione controllata si tratta e perché di fallimento si tratta. È evidente che, con l'inizio di questo anno, abbiamo tutti preso atto, primo tra tutti il tribunale di Milano, che la gestione era una gestione fallimentare. Quindi, come abbiamo detto, tale situazione sta mettendo a dura prova tutte le imprese dell'indotto che rischiano a loro volta il fallimento per mancanza di ordini e di liquidità. Al Senato noi abbiamo tentato di inserire la possibilità dell'accesso al credito con garanzia dello Stato per le piccole e medie imprese fornitrici di aziende con stabilimenti dichiarati strategici o creditrici di tali società ma la questione è secondo noi diversa. Il problema delle imprese fornitrici di Ilva non è quello di rendere agevolato un ulteriore indebitamento con le banche ma, invece, è quello di recuperare i crediti vantati nei confronti della società e dell'amministrazione straordinaria precedentemente alla costituzione della newco. Questo è il problema fondamentale a cui ancora oggi voi non avete dato risposta. Qui ci sono aziende che hanno lavorato, hanno fornito, ci sono lavoratrici e lavoratori che hanno lavorato per Ilva, per una gestione straordinaria che oggi certifica di non poterli più pagare. Le risorse non sono tutte immediatamente disponibili da quello che si evince dal decreto-legge e soprattutto non sono sufficienti. Si pongono, quindi, delle scelte e ancora una volta siamo di fronte, fatto con la scarsezza di risorse, se garantire la continuità aziendale e quindi la produzione oppure fare gli interventi di risanamento ambientale. È evidentemente un equilibrio delicato ed è evidentemente sbagliato l'approccio perché in questi due anni e mezzo abbiamo segnato il passo sia da una parte sia dall'altra. Infatti siamo d'accordo che prima di tutto occorre garantire e salvaguardare la salute dei cittadini Pag. 16ma, d'altra parte, occorre garantire la continuità aziendale, d'impresa e la sopravvivenza dell'indotto perché sicuramente c’è un dato di fatto: se chiudono gli impianti, non avremo più problemi ambientali.
  Ci siamo battuti, prima al Senato e anche qui, in Commissione attività produttive, per tutelare le imprese e per arrivare al riconoscimento dei loro crediti maturati come fruitori di beni o servizi all'Ilva. Sono crediti sui quali queste imprese – lo ribadisco – hanno già pagato le tasse. Quindi, oltre al danno anche la beffa di uno Stato che non riconosce i suoi debiti e, inoltre, fa pagare le tasse in un momento così critico dal punto di vista economico. Le modifiche che abbiamo introdotto al Senato, però, evidentemente peccano anche di chiarezza. Non sono chiare le definizioni delle prestazioni necessarie per la continuità dell'attività degli impianti produttivi essenziali, per esempio. Non capiamo se in esse devono o possono essere compresi i servizi e le forniture dell'indotto, cosa che, come avete capito, a noi sta particolarmente a cuore. Come, del resto, non è chiaro se possono essere compresi anche i crediti delle imprese del trasporto su gomma. Purtroppo – non è una novità – non sono stati tenuti in debito conto i nostri emendamenti – questa è ormai una costante di questa legislatura –, che erano tutti tesi ad affrontare e risolvere i problemi connessi tra creditori del settore delle forniture e dei trasporti e la gestione straordinaria; ed erano anche, nella stragrande maggioranza dei casi, emendamenti sollecitati dalle associazioni di categoria, quindi da chi sul campo è e sul campo lavora e che quotidianamente è costretto a confrontarsi con la dura realtà. Stiamo parlando di quattromila imprese che sono concentrate tra Lombardia, Veneto, Piemonte e Liguria; sono oltre 2,5 miliardi di euro del volume d'affari di Ilva e più del 50 per cento riguarda appunto le piccole e medie imprese che possono essere raggruppate nell'indotto. Fra le fette più importanti, sono circa 350 milioni di euro quelli degli appalti; 200 milioni riferiti alle materie prime; 400 per la gestione della filiera delle energie; un centinaio di milioni di euro per la ricambistica; i servizi valgono 30 milioni, così come gli smaltimenti. Teniamo presente che senza tutto questo Ilva non può lavorare. Non è che, se noi decidiamo da domani di non corrispondere il dovuto ai fornitori, Ilva comunque può continuare a produrre. Anzi, teniamo presente che tantissimi di loro, se il Governo e l'amministrazione non faranno quello che dovranno fare, ovvero pagare il lavoro e le forniture che sono già state fatte, evidentemente chiuderanno, o comunque interromperanno, come già successo per alcuni di loro, i rapporti, perché non possono ulteriormente indebitarsi. Questo è nella logica delle cose e solo chi ha un approccio statale o statalista non riesce a capire, perché molte di loro sono in realtà sull'orlo del baratro. Molti di loro hanno dei gravissimi problemi e sono costretti o saranno, da qui a poco, costretti a chiudere. Senza queste imprese, quindi, Taranto non potrà continuare a lavorare. Siamo evidentemente coscienti che un'eventuale chiusura dello stabilimento di Taranto, dove lavorano i forni a caldo, porterebbe a cascata alla chiusura di tutti gli altri stabilimenti di Ilva sul territorio nazionale: questo è uno scenario che non vorremmo assolutamente affrontare e di fronte a questa idea non vorremmo mai trovarci. Proprio per questo, riteniamo che sì, c’è urgenza di intervenire, ma non in questo modo.
  Infatti nelle nostre pregiudiziali di costituzionalità, che poi il collega Grimoldi esporrà, poniamo proprio l'accento sulla inadeguatezza dell'intervento previsto. Al solito qui c’è un minestrone che evidentemente oltre a essere immangiabile sarà anche indigeribile per il Paese perché non capiamo cosa c'entri la soluzione della crisi industriale dell'Ilva con il risanamento ambientale dell'area e già qui c’è sempre stata una confusione di fondo per cui invece avremmo dovuto affrontare già anni fa il problema con due approcci completamente diversi. Ma poi che c'entra il rilancio del settore siderurgico con la riqualificazione della città vecchia di Taranto ? Pag. 17O con la valorizzazione culturale e turistica dell'arsenale vecchio ? Tutte risorse che vengono sottratte, per esempio, al Fondo di sviluppo e coesione, tutte risorse che invece avrebbero dovuto essere, in un momento evidentemente di scarsezza, focalizzate, concentrate sul piano ambientale, da una parte, e su quello del rilancio di Ilva, ma di quello che è strettamente inerente alla produzione, dall'altro.
  Nessuno può negare che nella situazione di crisi dell'Ilva, precipitata soprattutto per la grave carenza ambientale che ha accumulato la fabbrica, pesa anche l'irresponsabilità di una classe politica locale, questo è stato detto ma non solo, possiamo anche leggere ed è abbondantemente documentato dagli atti della magistratura. C’è chi ha chiuso gli occhi di fronte al problema sanitario e ambientale. Per anni i controlli sono stati inesistenti ed ora si cerca di salvare il salvabile con ricadute dirette sulla salute dei cittadini locali e con ripercussioni economiche, sociali per tutto il resto del Paese.
  Quindi, in conclusione, la nostra preoccupazione evidente è certamente per il settore strategico a livello nazionale ovvero quello siderurgico, certamente lo è in funzione di tutto ciò che ne consente la produzione e la qualità e quindi non solo Ilva e i suoi stabilimenti ma tutti coloro, le centinaia di migliaia di lavoratrici e lavoratori, liberi professionisti, imprenditori che costituiscono quello che è il comparto Ilva nel suo complesso e che non possono essere abbandonati a se stessi come purtroppo oggi lo Stato ha fatto e lo ha fatto di suo pugno, certificando il fallimento della gestione degli ultimi due anni e mezzo.
  È evidente che questo strumento, così come lo state utilizzando, inanellerà l'ennesimo fallimento e ci troveremo da qui a pochi anni, purtroppo io temo, a dover affrontare una crisi ulteriormente aggravata. Di sicuro, qui c’è una assoluta mancanza di coscienza per quanto riguarda le necessità del comparto siderurgico e soprattutto dell'indotto Ilva che ad oggi in questo decreto-legge non trova alcuna risposta alle sue necessità.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Luigi Dallai. Ne ha facoltà.

  LUIGI DALLAI. Signora Presidente, onorevoli colleghi, rappresentanti del Governo, è già stata rimarcata negli interventi dei relatori sia di maggioranza, Ginefra, che di minoranza, Allasia e Crippa, la complessità della situazione dell'Ilva e della città di Taranto. Una situazione che incrocia questioni ambientali, legali, industriali, sanitarie e ha risvolti drammatici sul tessuto sociale della città e delle aree limitrofe.
  In questa legislatura, è già stato richiamato, abbiamo già avuto modo di esaminare aspetti connessi a questo argomento e di inserirli in decreti-legge diversi, in particolare nel decreto-legge n. 61 del 2013. Abbiamo, cioè, affrontato problematiche specifiche per un'impresa di interesse strategico nazionale, che trovano origine dalle procedure di contenzioso per inadempienza all'AIA del 2012, e che devono ancora raggiungere soluzione. Oggi facciamo un passo nuovo ed importante e lo facciamo perché abbiamo deciso, ancora una volta, di farci carico nei fatti, di un problema notevolissimo.
  L'Ilva ha necessità di procedure di carattere eccezionale: tra tutte si possono ricordare la copertura dei parchi minerari, quella dei nastri, lo stoccaggio dei rifiuti tossici della ex Cemerad nel limitrofo comune di Statte. Siamo consapevoli che il tipo di autorizzazione per impatto ambientale rilasciata è unica per impegno e standard ambientali a livello europeo e avanzata nel quadro della siderurgia mondiale, ma un'autorizzazione così impegnativa corrisponde al sito siderurgico più grande in Europa e al più inquinato.
  Per questo, anche sulla base delle best available practices, siamo più restrittivi delle prescrizioni europee. Nel dicembre scorso il commissario Gnudi, in audizione parlamentare, ha sostenuto che circa il 75 per cento delle prescrizioni era stato assolto. Pag. 18Dobbiamo proseguire in questa direzione e, dunque, la tempistica delle prescrizioni nel decreto che oggi è in discussione, peraltro già contenuta nel decreto-legge n. 61, assume il conseguimento dell'AIA se almeno l'80 per cento del numero delle prescrizioni stesse sia stato raggiunto entro il mese di luglio del 2015.
  La deadline del 100 per cento è definita per l'agosto 2016. Essa individua un tempo congruo per fare tutte le cose e per cercare di farle bene. Farle bene, a maggior ragione nell'amministrazione straordinaria di un'impresa di interesse strategico nazionale come l'Ilva di Taranto, significa in primo luogo utilizzare le migliori regole preventive in materia ambientale, di tutela della salute e dell'incolumità pubblica e di sicurezza sul lavoro. Significa soprattutto vincolare alla sola puntuale e rigorosa attuazione del piano di risanamento, l'esclusione dalla responsabilità penale o amministrativa del commissario straordinario e dei soggetti da questo funzionalmente delegati.
  Nel lavoro in Commissione, pur nella differenza delle posizioni, abbiamo avuto modo di confrontarci nel merito delle questioni perché la questione Ilva è troppo delicata per essere argomento di polemica strumentale. Infatti, c’è un punto che abbiamo imparato a spese di interi quartieri, intesi sia come porzioni di territorio che come aggregazioni sociali: la storia dei siti inquinati, ed in particolare quella dei siti siderurgici, ha reso evidente che la chiusura degli impianti è una soluzione non utile a risolvere le emergenze ambientali. Si deve procedere invece all'adozione di prescrizioni molto rigide da attuare in un arco di tempo limitato ma sostenibile. È bene ribadirlo: prescrizioni rigide, monitoraggio attento, tempistica adeguata e tutela degli operatori.
  Adesso è necessario garantire un'efficace ripresa dell'attività produttiva. L'ammissione della società Ilva alla procedura di amministrazione straordinaria è intesa per convogliare le risorse finanziarie necessarie a garantire il risanamento ambientale, opera di cui lo Stato diventa anche garante attraverso la disposizione relativa al prestito ponte di 400 milioni di euro e serve per individuare le soluzioni e rispondere in tempi rapidi alle legittime aspettative dei lavoratori del sistema dell'indotto, degli appalti e delle forniture Ilva.
  In questa fase la produzione giornaliera sarà di poco inferiore alle 12 mila tonnellate al giorno di acciaio rispetto alle 30 mila tonnellate al giorno in pieno assetto produttivo. Il confronto tra azienda e sindacati metalmeccanici ha definito in più di 4 mila i lavoratori in esubero che, a partire dal 2 marzo prossimo, usufruiranno dei contratti di solidarietà, contratti che saranno prorogati di dodici mesi. La necessità vera è quella di tenere insieme ambiente, lavoro e salute e la prospettiva di tutela sanitaria, per la quale c’è un finanziamento aggiuntivo di 5 milioni di euro in due anni.
  Per quanto riguarda gli aspetti di carattere medico, nell'area di Taranto-Statte il quadro di inquinamento ambientale derivante principalmente dalle attività dello stabilimento Ilva presenta concentrazioni significative di inquinanti di interesse sanitario. Dunque, questo piano è per il Governo e per la maggioranza che lo sostiene una sfida per governare un modello di sviluppo e di economia, perché l'Ilva di Taranto rappresenta una crisi che è insieme ambientale ed economica.
  In conclusione, signor Presidente, andiamo oggi ad approvare un nuovo provvedimento ma sappiamo che torneremo comunque ad affrontare le problematiche legate all'Ilva di Taranto. Lo faremo per tenere aggiornata la legislazione rispetto ad un quadro che vogliamo porti ad una soluzione e questa non può che essere il ripristino di condizioni di sicurezza e sostenibilità sia per chi lavora nell'azienda che per chi abita nell'area di Taranto (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Pellegrino. Ne ha facoltà.

  SERENA PELLEGRINO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, membri del Governo, Pag. 19approda in Aula l'ennesimo decreto-legge d'urgenza del Governo, le ennesime, nuove, urgenti disposizioni sull'emergenza ambientale ed occupazionale dello stabilimento Ilva di Taranto che la Camera dei deputati è chiamata ad approvare senza alcuna possibilità di modifiche o miglioramenti, anzi, quasi sicuramente con l'ennesima richiesta di fiducia da parte del Governo.
  Infatti, l'atto su cui l'Aula sta provando ad iniziare la discussione, prima della tagliola della fiducia posta dal Governo, interviene di nuovo sull'Ilva di Taranto.
  Come scrive, con raffinatezza, il servizio studi della Camera, si legifera nuovamente su un ambito che «ha formato oggetto, in tempi recenti, di una significativa stratificazione normativa», avendo annoverato, a partire dall'agosto 2012, la generazione di ben sette – ripeto: sette – decreti-legge.
  Con questo Governo, a che servono ormai i richiami ai principi costituzionali contro l'abuso dei decreti-legge e della questione di fiducia ?
  Ma perché, nelle tante riforme costituzionali che state facendo a colpi di maggioranza, non ne fate una che avochi al Governo il potere legislativo d'urgenza senza l'ipocrisia della ratifica parlamentare, prendendovi tutte le responsabilità delle vostre scellerate scelte ? Almeno così il Parlamento potrà occuparsi finalmente delle preziose leggi ordinarie che riempiono da due anni gli scaffali delle Camere. Infatti, Presidente, siamo pure al paradosso che l'Esecutivo utilizza la decretazione d'urgenza per emanare una legge e poi, durante l'esame in sede referente, come è successo questa volta al Senato, la riscrive quasi completamente.
  Decretazione d'urgenza e torsioni del procedimento di conversione, che sviliscono il ruolo del Parlamento e che sono anche la dimostrazione di una legiferazione governativa approssimativa e accidentale, sicuramente, come in questo caso, più attenta alle pressioni delle lobby che non alla costruzione di un impianto normativo coerente e, soprattutto, immediatamente adottabile.
  Viene legittimamente da chiedersi: a che punto è il risanamento ambientale di Taranto e dell'Ilva, in particolare, con sette decreti-legge che si sono succeduti in due anni ? Cosa hanno prodotto decretazione d'urgenza, normative speciali e straordinarie, continui rinvii e prescrizioni dell'AIA, espropriazione delle competenze proprie della regione Puglia, nomina di due commissari straordinari, di due subcommissari addetti al piano ambientale, di tre esperti e di tre supercommissari straordinari ?
  Non è un segreto. A tutt'oggi non c’è un ettaro, né di mare, né di terra, bonificato o su cui è stata avviata la bonifica ambientale.
  Non solo: se oggi possiamo parlare di un miglioramento dal punto di vista dei dati è perché si è chiuso un forno e a breve se ne chiuderà un altro, cioè è stata ridotta la produzione.
  E questo settimo decreto-legge non individua gli strumenti giusti per invertire la rotta dei disastri ambientali e dei crimini sanitari dell'area, né incide sul futuro destino industriale dell'Ilva. Insomma, se fino ad ora le politiche industriali, volte sempre al profitto – non dimentichiamolo – avevano comunque un occhio di riguardo nei confronti dell'occupazione a scapito dell'ambiente, oggi possiamo dire, senza paura, che stiamo perdendo tutto.
  Purtroppo, nessun passo avanti è stato fatto sul fronte ambientale e sanitario in due anni di decretazione d'urgenza, semmai la pervicacia nel rinvio e nelle procedure speciali ha procurato al nostro Paese l'ennesima procedura di infrazione europea.
  In relazione allo stabilimento Ilva di Taranto, la Commissione europea ci ha contestato la violazione della cosiddetta direttiva IPPC sulla prevenzione e la riduzione integrate dell'inquinamento, e della direttiva 2010/75/UE, relativa alle emissioni industriali.
  Infatti, la Commissione ritiene il gestore dello stabilimento Ilva di Taranto inadempiente in relazione a numerose prescrizioni previste dall'AIA dell'ottobre 2012. Le inadempienze riguardano – e ve Pag. 20lo ricordo – la mancata copertura dei siti di stoccaggio dei minerali e dei materiali polverulenti, la mancata adozione di provvedimenti volti alla minimizzazione delle emissioni gassose dagli impianti di trattamento dei gas, la mancata adozione di misure per il controllo dell'emissione di particolato con il flusso di vapore acqueo in uscita dalle torri di spegnimento e la mancata adozione di provvedimenti per la riduzione delle emissioni di polveri dalle acciaierie.
  La Commissione rileva anche che il rinvio dei termini di adempimento delle prescrizione di un'AIA è contrario alla logica della direttiva sulle emissioni industriali, che dispone che gli Stati membri adottino tutte le misure necessarie affinché le condizioni di autorizzazione siano rispettate e che non risulta l'adozione del piano industriale, propedeutico, a norma del decreto-legge n. 61 del 2013, all'attuazione del piano ambientale.
  Un secondo ambito di violazioni contestate dalla Commissione europea riguarda le disposizioni delle direttive IPPC e sulle emissioni industriali, anche con riferimento alla mancata adozione di misure che garantiscano che le installazioni industriali siano gestite in modo che non si verifichino fenomeni di inquinamento significativi.
  Il terzo ambito di contestazioni mosse dalla Commissione si riferisce al mancato aggiornamento dell'AIA nel 2013, alla mancanza di disposizioni per la protezione del suolo e delle acque sotterranee, per la verifica periodica del loro stato e per la prevenzione delle emissioni nel sottosuolo e nelle acque sotterranee, alla mancanza di misure relative all'arresto definitivo dell'impianto.
  Ad avviso della Commissione, l'AIA dello stabilimento Ilva di Taranto continua ad essere inadeguata, non contenendo tutte le misure prescritte dalle direttive europee. Non c’è che dire ! Un significativo risultato per due anni di significativa stratificazione normativa, realizzata con sette decreti che avrebbero dovuto intervenire sull'urgenza.
  Ma il decreto-legge che esaminiamo oggi va anche oltre l'immaginabile. Prendiamo il comma 6 dell'articolo 2, che esclude espressamente che le condotte poste in essere dal commissario straordinario e dai soggetti da lui delegati diano luogo a responsabilità penale e amministrativa, in riferimento alle condotte connesse all'attuazione dell'AIA e alle misure previste nel piano ambientale relativo allo stabilimento Ilva. Siamo alla violazione sia del principio fondamentale di uguaglianza – la legge non è più uguale per tutti –, di cui all'articolo 3 della Costituzione, sia del principio in materia di responsabilità penale, civile e amministrativa dei funzionari e dei dipendenti dello Stato per gli atti compiuti in violazione dei diritti, sancito dall'articolo 28 della Costituzione.
  Il Governo ha introdotto una clausola d'impunibilità assoluta nei confronti del commissario straordinario e di un numero di soggetti da lui delegati nel caso in cui dall'attuazione delle prescrizioni AIA derivi il compimento di qualsiasi fattispecie di reato, colposo o doloso che sia. Viene fatta carta straccia del diritto civile e penale. Viene legittimata la configurazione di un vero e proprio «diritto di disastro» in capo ad alcuni soggetti. A chi governa e gestisce questioni di tale natura e delicatezza, in nome e per conto dello Stato, verrà garantita la non punibilità preventiva per tutte le responsabilità amministrative e penali. Presidente, con questa norma si concede un salvacondotto al commissario straordinario e a tutti i suoi delegati, sub e sotto sub, ovvero una licenza a delinquere la cui incostituzionalità è più che palese e non trova alcun precedente né alcuna possibile e ragionevole sponda dove argomentare la sua motivazione.
  Ma quello che più fa accapponare la pelle è che ora al Senato finalmente si comincia a vedere la fine dell'iter della legge sui reati ambientali, quella del «chi inquina paga» che attendiamo da 20 anni, e nel frattempo si mettono in sicurezza coloro che dovrebbero rispondere in prima persona sui reati ambientali !Pag. 21
  Presidente, ma che Governo è questo ? È un Governo che boccia i nostri emendamenti per potenziare l'ARPA Puglia. Si nega la possibilità di una deroga ai divieti di nuove assunzioni, un'integrazione degli organici necessaria per far fronte a quella che è la funzione fondamentale per un'agenzia regionale per l'ambiente, cioè la funzione dei controlli ambientali, che riguarda anche l'efficacia degli investimenti fatti e l'attuazione delle prescrizioni dell'AIA. Insomma, si tolgono le risorse ai controllori; complimenti !
  Che dire, poi, dell'irrisoria dotazione accordata per l'ampliamento dell'offerta di prevenzione oncologica pediatrica a Taranto ? Cinquecentomila euro per quest'anno, che non basteranno nemmeno all'acquisto di un solo macchinario per prevenire o diagnosticare queste drammatiche patologie. Il nostro emendamento, per portare a cinque milioni di euro le risorse assegnate per il 2015 a favore del polo oncologico pediatrico di Taranto, è stato bocciato in Commissione e non sarà discusso in Aula, perché il Governo non concede modifiche durante questa lettura. Siamo di fatto al monocameralismo, Presidente. La riforma costituzionale è ormai già attuata nei fatti !
  Al comma 2 dell'articolo 2 del decreto vengono disciplinati i rapporti intercorrenti tra la valutazione del danno sanitario e le prescrizioni contenute nell'AIA, escludendo non solo che la valutazione del danno sanitario possa modificare unilateralmente le prescrizioni dell'AIA, ma consentendo al Governo di negare il riesame eventualmente richiesto dalla regione competente, ai sensi del codice dell'ambiente.
  In tal modo, l'organo che emette l'atto potrebbe negarne la revisione anche in presenza di una valutazione del danno sanitario tale da renderla necessaria. Si considera, dunque, come aspetto secondario l'impatto sugli aspetti ambientali e sanitari, che doveva essere invece l'emergenza iniziale vera, continua e costante, su cui concentrare tutti gli interventi e gli investimenti. Viene tolto valore alla valutazione del danno sanitario presentata dalla regione Puglia, prescrivendo che i rapporti di valutazione del danno sanitario debbano essere conformi ai criteri metodologici stabiliti dal decreto interministeriale, già previsto dalla legge «salva-Ilva» n. 231 del 2012. Ed è il caso di ricordare che tali criteri utilizzano una metodologia meno protettiva per la salute dei cittadini.
  Ricordo che, con la legge regionale n. 21 del 2012, la regione Puglia aveva disposto la redazione della valutazione del danno sanitario che valeva per determinate aziende particolarmente inquinanti. Tuttavia, a detta valutazione del danno sanitario regionale si è sovrapposta quella di carattere nazionale, disciplinata dall'articolo 1-bis del decreto-legge n. 207 del 2012 e dal successivo decreto del Ministero della salute 24 aprile 2013, con il quale il Ministero ha stabilito criteri metodologici utili per la redazione della valutazione del danno sanitario nazionale, che di fatto può essere redatta successivamente alla conclusione dei lavori di ambientalizzazione prescritti dalle vigenti autorizzazioni integrate ambientali, rendendo inapplicabile quella redatta sulla base della normativa regionale.
  Con un nostro emendamento, Presidente, avevamo chiesto che la valutazione del danno sanitario andasse fatta in corso d'opera, ossia durante tutti i lavori di ambientalizzazione prescritti dalle vigenti AIA, e non alla fine, e che, a seguito del rapporto di valutazione del danno sanitario, l'AIA fosse poi soggetta a riesame secondo le procedure previste dal codice ambientale. Anche questo emendamento verrà «spazzato» via dalla richiesta di fiducia.
  Sempre l'articolo 2, inoltre, prevede, che il Piano ambientale si intende attuato se, entro il 31 luglio 2015, saranno realizzate, almeno nella misura dell'80 per cento, le prescrizioni che siano in scadenza entro quella data, precisando altresì che tale soglia deve essere valutata con riferimento al numero delle prescrizioni. Tale disposizione, non ponendo alcun onere e alcuna priorità all'azienda circa le scelte delle prescrizioni da ottemperare, porterà al differimento proprio delle prescrizioni Pag. 22più importanti per la tutela dell'ambiente e della salute del territorio di Taranto.
  Il numero delle prescrizioni, come prevede questa norma, non dà ragione del volume economico degli interventi, che è invece il parametro più importante da prendere in considerazione, perché le prescrizioni più onerose sono anche quelle più importanti per il risanamento ambientale dell'Ilva. Infatti, le prescrizioni più onerose per l'azienda, come la copertura del parco minerali, gli interventi su agglomerato, cokerie e altiforni, sono anche quelle più determinanti dal punto di vista ambientale. Solo queste prescrizioni, come investimenti economici, valgono quasi un miliardo di euro. Per questo, noi avevamo chiesto che il Piano ambientale si intendesse attuato se, entro il 31 luglio 2015, il volume complessivo, in termini di impegno economico necessario, delle prescrizioni in scadenza, fosse realizzato almeno nella misura dell'80 per cento. Una inaccettabile e ulteriore violazione degli articoli 114 e 117 della Costituzione in materia di competenze dei vari livelli di governo, che estromette, di fatto, la regione Puglia in tale ambito, è l'eccessiva semplificazione delle procedure prevista dall'articolo 4 in tema di approvazione dei piani di gestione dei rifiuti e delle discariche per rifiuti pericolosi e non pericolosi attuata mediante l'approvazione ex lege dei piani proposti esclusivamente dall'organo governativo commissariale.
  Il rischio di tale procedura di snellimento è che il piano per la gestione e lo stoccaggio di rifiuti pericolosi possa concedere, a causa dell'estromissione delle istituzioni locali deputate al controllo e alla tutela dell'ambiente e della salute – l'ARPA, l'ASL e gli enti locali – pericolose deroghe alle misure di tutela ambientale e sanitaria richieste per la realizzazione di tali insediamenti, anche in considerazione della collocazione delle discariche in un'area urbana definita ad alto rischio ambientale e gravata da altri insediamenti simili mai bonificati.
  Ammettiamo che, durante la discussione al Senato, siano approvate alcune modifiche su cui diamo un giudizio positivo. Il boccone buono lo dobbiamo all'audizione del procuratore aggiunto di Milano, Greco. Il decreto-legge, Presidente, per come era uscito dal Governo, avrebbe potuto impedire il rientro dalla Svizzera di 1,2 miliardi di capitali confiscati all'Ilva.
  Il piccolo boccone buono è che è stata approvata la sospensione per le imprese di autotrasporto e per le piccole imprese del versamento dei tributi erariali, sospendendone le procedure esecutive. Certo, queste modifiche apportate al Senato sono state migliorative del testo, ma, nel complesso, il decreto-legge è giunto qui alla Camera ricco di scelte incostituzionali e non risolutive dell'emergenza, che scardinano il diritto civile e penale del nostro Paese, che non garantiscono alcuna concreta possibilità di risanamento ambientale, che posticipano ulteriormente il diritto alla salute dei cittadini di Taranto.
  E noi, oggi, ci troviamo a discutere di un provvedimento già fatto e finito, dove la nostra discussione, qui in Aula e prima in Commissione, diventa mero esercizio intellettuale, perché la fiducia, Presidente, è alle porte. E a quando, a questo punto noi ci chiediamo, l'ottavo decreto-legge sull'emergenza Ilva (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà) ?

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Pastorelli. Ne ha facoltà.

  ORESTE PASTORELLI. Signora Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, il decreto-legge n. 1 del 2015 affronta molti dei nodi problematici legati alla grave situazione sociale ed ambientale che si è venuta a verificare presso gli stabilimenti dell'Ilva. I tragici eventi che lì si sono consumati e continuano a consumarsi sono noti a tutti voi, e non serve, dunque, che ve li illustri.
  Vicende che hanno richiesto, nell'anno appena trascorso e all'inizio di questo, interventi normativi ed amministrativi di straordinaria necessità ed urgenza da parte del Governo, rispetto ai quali noi oggi siamo chiamati a dare il necessario supporto parlamentare.Pag. 23
  Il Governo, con questo decreto-legge, da un lato, ha messo in campo una serie di strumenti giuridici per il riavvio e la prosecuzione, in condizioni di maggiore sicurezza e salubrità rispetto al passato, delle attività industriali dell'Ilva, mentre, dall'altro, ha individuato, con riferimento al territorio interessato dalla presenza di questo stabilimento, le risorse e gli obiettivi da perseguire nel campo della ricerca scientifica oncoematologica.
  Il pacchetto di misure contenute nel decreto-legge n. 1 del 2015, così come integrato dagli emendamenti approvati in Senato, rappresenta non solo uno strumento necessario per consentire la prosecuzione delle attività industriali dell'Ilva in un contesto di legalità e di rispetto delle minime norme di sicurezza, ma il mezzo per far risollevare un intero territorio il cui tessuto economico e sociale è fortemente sofferente.
  La direzione intrapresa con questo decreto-legge è quella giusta: solo attraverso politiche tempestive e fra loro coordinate è possibile coniugare efficacemente ambiente, lavoro e salute, e dunque restare competitivi in Europa e nel resto del mondo. In questo senso, la disciplina sull'ammissione dell'amministrazione straordinaria di impianti industriali di interesse strategico-nazionale, la tutela dell'indotto e dei crediti delle piccole e medie imprese relativi a prestazioni necessarie al risanamento ambientale, alla sicurezza ed alla continuità dell'attività, la possibilità, a determinate condizioni, di poter affittare stabilimenti di questo tipo e la loro ammissibilità alle procedure di riconversione.
  Poi, le altre disposizioni in tema di ricerca sanitaria nella provincia di Taranto o in tema di agevolazioni di natura fiscale e finanziaria nei confronti di alcune imprese che vantano crediti nei confronti dell'Ilva o di imprese di interesse strategico-nazionale. Tutte queste misure sono indispensabili in un Paese che desidera voltare pagina, in un Paese che deve trovare il giusto equilibrio tra politiche ambientali e politiche industriali. Al di là della responsabilità a livello nazionale e locale circa i fatti dell'Ilva, quello che più deve interessarci è il recupero ambientale, sociale ed economico di un territorio e di un pezzo del nostro Paese. Segnalo, peraltro, all'attenzione degli onorevoli colleghi il fatto che, alla luce anche dei ristretti tempi per la conversione dei decreti-legge e della severa disciplina sull'ammissibilità degli emendamenti alla legge di conversione, nel disegno di legge in esame non hanno trovato spazio molti emendamenti che sicuramente avrebbero meritato di essere discussi. In particolare, segnalo la necessità di misure ancora più stringenti sotto il profilo della compatibilità ambientale e della possibile riconversione dello stabilimento Ilva. Ad ogni modo, il comune denominatore che lega tutte le norme contenute nel decreto-legge n. 1 è l'ammirevole sforzo di trovare un nobile compromesso tra tutte le istanze e le necessità connesse alla vicenda dell'Ilva e di mantenere attiva, attraverso tale equilibrio, la produzione dello stabilimento. D'altronde, la formazione del nostro Paese, nel contesto europeo o globale, dipende anche dalla nostra capacità di elaborare tempestivamente risposte adeguate a problematiche industriali complesse come quella prodotta dagli stabilimenti dell'Ilva. In conclusione, invito dunque gli onorevoli colleghi, ad adottare questa prospettiva nell'esame di un provvedimento del Governo, il quale costituisce una risposta ben articolata al problema Ilva, alla quale dovranno seguire necessariamente ulteriori interventi (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) – Liberali per l'Italia (PLI) e Partito Democratico).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Mottola. Ne ha facoltà.

  GIOVANNI CARLO FRANCESCO MOTTOLA. Presidente, onorevoli colleghi, sottosegretario, ancora una volta siamo chiamati in questa Aula ad approvare la conversione di un decreto-legge nel giro di pochi giorni e senza la possibilità di modificarlo. Questo decreto-legge dovrebbe salvare la città di Taranto, il futuro delle sue famiglie, delle sue imprese, dei suoi Pag. 24bambini e dei suoi lavoratori e invece rischia di trasformarsi in una nuova occasione perduta. Le tristi e drammatiche vicende del caso Ilva impongono soluzioni serie, credibili, concrete e durature, ma negoziati e accordi non sono, ancora una volta, all'altezza della situazione.
  Abbiamo chiesto, sia alla Camera, tramite un'interrogazione a risposta immediata, che al Senato, durante l'esame del provvedimento stesso, che il Governo affrontasse le criticità dell'indotto dell'Ilva, dovute ai mancati pagamenti da parte della medesima azienda, con particolare riferimento alle imprese di autotrasporto che avevano eseguito servizi per le imprese. Grazie anche al nostro impegno è stata affrontata la questione del pagamento dei debiti pregressi delle imprese, dell'indotto e degli autotrasportatori, che ad oggi ammontano ad oltre 250 milioni di euro. Le risorse stanziate dal Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese sono state purtroppo molto inferiori alle aspettative e l'importo di 35 milioni di euro servirà solo in minima parte a salvare le 250 imprese che rischiano di fallire, senza la possibilità di rialzarsi, semplicemente perché si sono fidate dello Stato durante la gestione commissariale. D'altra parte, fidarsi dello Stato voleva dire tenere presente che l'Ilva, fino a due anni fa, era una realtà industriale imponente nello scenario economico europeo, con 6 miliardi di fatturato. Nel 2013, in pochi anni, c’è stato lo scivolamento verso il basso. Il commissario straordinario Bondi prevedeva ricavi quasi dimezzati e adesso il commissario Gnudi presenta al tribunale di Milano l'istanza per l'ammissione immediata alla procedura di amministrazione straordinaria.
  Stiamo parlando di realtà economiche, quelle dell'indotto, che danno lavoro a circa 3.500 dipendenti, che meritano una risposta concreta attraverso strumenti normativi credibili, in cui anche lo Stato riacquisti dignità di interlocutore credibile da parte del cittadino. Le norme introdotte al Senato prevedono la sospensione dei pagamenti fiscali e una moratoria sui prestiti di queste imprese, ma questa misura non è assolutamente sufficiente per essere considerata accettabile da parte delle aziende. Forse sarebbe ora di cominciare a collegare l'assolvimento dei doveri, ovvero il pagamento delle tasse, al riconoscimento dei diritti, ovvero il pagamento dei debiti che lo Stato ha nei riguardi dei lavoratori e delle aziende. I dipendenti di queste aziende finiscono in cassa integrazione o vengono licenziati. Si tratta, dunque, di ulteriori oneri che il contribuente deve pagare e, purtroppo, non sono degli oneri produttivi. Sono oneri che servono per mantenere in vita persone che lavoravano in aziende sane, che sarebbero tuttora sane, se lo Stato pagasse i suoi debiti.
  Vale la pena soffermarsi anche su una tra le norme più incredibili di questo provvedimento. Il secondo periodo del comma 6 dell'articolo 2 del decreto-legge al nostro esame recita: «Le condotte poste in essere in attuazione del Piano di cui al periodo precedente non possono dare luogo a responsabilità penale o amministrativa del commissario straordinario e dei soggetti da questo funzionalmente delegati». Il Senato ha approvato il testo nonostante questa gravissima norma.
  La I Commissione Affari costituzionali della Camera, ancora ieri, nell'esprimere il parere, ha sollevato seri dubbi di costituzionalità sull'esenzione da responsabilità penale ed amministrativa del commissario Ilva e dei suoi delegati. In particolare chiede se, consentendo allo stesso commissario e ai suoi collaboratori piena libertà di azione al riparo da ogni sanzione, non si stia violando il principio di uguaglianza fra tutti i cittadini, il diritto di difesa, il principio di legalità in materia penale, la personalità della responsabilità penale stessa.
  In questo passaggio si prevede che i commissari Ilva abbiano l'impunibilità e addirittura la possano delegare a chi pare loro, in quanto funzionalmente delegati. In pratica si sostiene che per fare la migliore politica di tutela dell'ambiente, di tutela della salute e quant'altro può essere necessario violare la legge.Pag. 25
  Mi vorrei soffermare, inoltre, sulla necessità che il Governo si faccia carico di vigilare sull'effettiva disponibilità dei fondi per la bonifica. Nel decreto-legge è previsto anche l'utilizzo di parte delle risorse della famiglia Riva, oggi poste sotto sequestro, attraverso l'accensione di un prestito obbligazionario, rimandando, nei fatti, la copertura a dinamiche extra parlamentari, rinviando la definizione del quantum e soprattutto dei tempi di attuazione ad una delibera del CIPE e lasciando tutto alla discrezionalità della burocrazia.
  Quello della certezza delle risorse è un aspetto fondamentale per non trasformare il provvedimento in una beffa per le famiglie e per i lavoratori, già stremati da un'attesa che non può più conoscere deroghe. Taranto ha pagato un prezzo altissimo. Non si tratta di un tema di carattere meramente territoriale: è un problema che riguarda l'intero Paese, anzi, per i profili di natura economica e considerando l'attività del sito siderurgico di Taranto, acquista anche una dimensione sovranazionale.
  Lavoro e salute sono facce della stessa medaglia. È stata assolutamente marginale l'attenzione dedicata dal Governo all'aspetto della salute pubblica rispetto alla necessità di estendere ad un più ampio ambito territoriale la possibilità di usufruire dell'offerta di esami per la prevenzione.
  L'altro aspetto riguarda l'ARPA, a cui sono stati dati maggiori competenze e maggiori oneri organizzativi, gestionali e funzioni senza prevedere uno sblocco o una deroga, almeno del 60 per cento, all'organico dell'azienda stessa. Dobbiamo accontentarci dell'impegno, che il Governo ha preso in Commissione qui alla Camera, di trovare nel prossimo provvedimento utile – che potrebbe essere il collegato ambiente in discussione al Senato – la copertura per il potenziamento dell'organico ARPA della Puglia.
  Infine, l'Ilva è sottoposta alla gestione statale dal 2013, prima attraverso il commissariamento per ragioni ambientali e adesso attraverso l'amministrazione straordinaria con la nomina di ben tre commissari straordinari. In questo decreto-legge non c’è alcun riferimento al lungo periodo, non si intravede un orizzonte temporale che vada al di là di qualche mese e vi sono poche risorse disponibili per predisporre un piano concreto di strategia industriale e un serio progetto di risanamento ambientale.
  Forza Italia, durante l'iter di esame parlamentare del provvedimento, ha cercato di apportare modifiche sostanziali al decreto-legge, che lo avrebbero reso sicuramente migliore e più attento alle esigenze primarie dei cittadini e che avrebbero permesso un'azione strategica ed incisiva per uno dei poli più importanti d'Europa. Ancora una volta il Governo ha preferito la via della chiusura del dialogo e di scelte schizofreniche, che guardano, da una parte, all'immediata convenienza elettorale e, dall'altra, si preoccupano solo di indicare soluzioni provvisorie di breve periodo.
  Questo decreto-legge non è che l'ultima misura estemporanea e ci sarà certamente bisogno di adottare ulteriori decreti-legge per gestire la situazione dell'Ilva. Proprio in considerazione della newco, non possiamo che rilevare che è mancato il coraggio di renderla una vera società di mercato, non avendo previsto sin da ora l'intervento dei privati. Si è scelta, al contrario, una sorta di ristatalizzazione dell'azienda dell'acciaio, decidendo di non prevedere neanche il passaggio successivo, che non può essere altro che una reale apertura al libero mercato.
  Il passaggio all'amministrazione straordinaria deve essere, quindi, di estrema garanzia per tutti coloro che hanno un interesse nella gestione precedente dell'azienda. Va tenuto conto del grande problema ambientale che va sottratto alla gestione della magistratura e riportato in una gestione aziendale che punti al risanamento duraturo delle aree inquinate.
  È il caso di tenere bene a mente cosa sia l'Ilva di Taranto: non una semplice impresa, ma l'impresa siderurgica che gestisce il più importante polo produttivo d'Europa, rappresentando una componente fondamentale di tutta la siderurgia Pag. 26del nostro Paese. Se si ferma l'Ilva di Taranto, dicono gli operatori del settore, le ripercussioni risulteranno drammatiche, a partire dagli stabilimenti collegati di Genova e Novi Ligure, destinati anch'essi al blocco delle attività. Il polo di Taranto ha una capacità produttiva di circa 10 milioni di tonnellate annue, pari a oltre il 40 per cento della produzione nazionale di acciaio. I costi di sostituzione sulla bilancia commerciale e gli extra costi di approvvigionamento sono stimabili tra i 4,5 e i 7 miliardi di euro per anno (circa mezzo punto di PIL). I costi per la collettività (cassa integrazione, imposte e oneri sociali) saranno pari a quasi un miliardo di euro l'anno.
  Ad oggi l'Ilva occupa circa 16 mila persone direttamente, più altre migliaia di dipendenti se si tiene conto dell'indotto locale e nazionale. Il Governo vive in un mondo virtuale, ma noi gli ricordiamo, attraverso i numeri, attraverso questi numeri, la drammatica realtà.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Piso. Ne ha facoltà.

  VINCENZO PISO. Grazie Presidente. Colleghi, ci troviamo di fronte al settimo decreto-legge emanato da quando gli impianti dell'Ilva di Taranto sono stati sequestrati dalla magistratura nell'agosto 2012. Una vicenda che ha visto contrapporsi in maniera drammatica i temi del lavoro, dell'ambiente, della salute. E questo è un provvedimento importante, perché con l'amministrazione straordinaria dell'impianto, con le importanti risorse economiche che vengono liberate, con la creazione di un tavolo interistituzionale presieduto dal Presidente del Consiglio, destinato al coordinamento complessivo degli interventi ambientali, con le numerose previsioni in materia di bonifica dei siti e di riqualificazione della città di Taranto si avvia finalmente un percorso di rilancio produttivo, occupazionale e di riqualificazione ambientale.
  Tuttavia, nonostante quanto detto in premessa, non possiamo considerare questo decreto-legge definitivo, essenzialmente per due ordini di motivi. Il primo consiste nel fatto che l'Ilva, che inizialmente doveva essere ceduta prima a gruppi siderurgici italiani poi a gruppi stranieri in cambio della garanzia del rilancio produttivo, viene oggi sostenuta con un massiccio intervento dello Stato. Il secondo, di fondamentale importanza per i cittadini di Taranto, è la limitatezza di risorse per gli interventi di screening sanitario e di cura, necessari dopo anni di inquinamento incontrollato.
  Giova ricordare che l'impatto sulla salute dei cittadini nell'area di Taranto e il rischio sanitario crescente sono stati determinanti nei sequestri ordinati dalla magistratura. Va detto chiaro che Area Popolare intende lavorare per incrementare quegli stanziamenti, ma va ricordato che essi si aggiungono a quelli già previsti nei precedenti decreti. Ulteriori risorse si trovano sotto forma di interventi di diretta competenza nel bilancio del Ministero della salute. Occorrerà, quindi, coordinare e ottimizzarne l'uso.
  Tornando all'aspetto più rilevante dal punto di vista economico e occupazionale, occorrerà respingere l'accusa, da più parti sollevata, che l'intervento dello Stato sia dettato da un ritorno a un intervento dello stesso nell'economia, alle illusioni centralistiche e statalistiche del passato. Si tratta, invece, della necessità concreta di rispondere alla domanda su che cosa si può fare oggi di reale, di realizzabile per tenere in vita l'Ilva. L'alternativa, infatti, in assenza in questo momento di un'offerta privata di acquisto, sarebbe stata quella di chiudere l'Ilva e avviare la bonifica del sito industriale di Taranto a spese dei contribuenti, invece di finanziare anche il risanamento ambientale con i soldi che un impianto ammodernato e progressivamente a ridotto impatto ambientale andrà a generare. Insomma, la strategia del possibile rispetto alle chiacchiere fritte.
  L'Ilva è il più grande polo siderurgico, non solo italiano, ma anche europeo, con una capacità produttiva di 8 milioni di tonnellate annue di acciaio. Ma i dati del fatturato dimostrano il collasso subito dall'azienda negli ultimi tre anni. C’è in gioco Pag. 27il posto di lavoro di circa 15 mila dipendenti e il ruolo di fornitori al settore dell'indotto che ruota intorno all'azienda e che conta almeno altri 8 mila addetti. Intorno alla realtà dell'industria dell'Ilva gravitano circa 4 mila imprese, di cui circa 2 mila sono concentrate nelle sole Lombardia e Piemonte. Numerose altre sono in Veneto e anche in Liguria. Ai fornitori di Ilva va ricondotto oggi un volume d'affari di oltre 2,5 miliardi di euro, di cui 1,5 miliardi di euro riguardano le piccole e medie imprese, che sono da sempre quelle meno tutelate e che questo decreto-legge invece tutela con norme espresse.
  Al Senato Area Popolare si è posta l'esigenza di ampliare l'ambito di operatività del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese previsto dal decreto-legge per allargare la platea delle piccole e medie imprese creditrici che potevano beneficiare dei ristori previsti, suggerendo di intervenire anche sui requisiti di accesso al fondo e sulle percentuali di copertura. In questo senso, è stato significativo l'accordo siglato pochi giorni fa dal Ministro Lupi con gli autotrasportatori dell'indotto. Prevedere la chiusura dell'Ilva di Taranto avrebbe, quindi, un effetto catastrofico. A Taranto lavorano i forni a caldo; fermarli porterebbe a cascata alla chiusura di tutti gli altri stabilimenti dell'Ilva sul territorio nazionale, con gravi ripercussioni per la nostra industria, per l'indotto e per l'occupazione in generale. Si tratta di una situazione che creerebbe un'emergenza sociale e che aggraverebbe a dismisura la crisi economica che sta attraversando il Paese.
  L'intervento dello Stato si è reso quindi necessario per la mancanza di un valido acquirente privato, come poc'anzi detto. Il gruppo che aveva mostrato il suo interesse nel 2014 non ha presentato alcuna offerta. E parliamo di un gruppo che veniva definito come il più forte e che negli ultimi tre anni, 2014 compreso, ha perso 7 miliardi di dollari. Questo per capire cosa accade nella siderurgia a livello mondiale. Viceversa, si sta avviando un intervento forte dello Stato che indichi una nuova direzione. Ed è con questa consapevolezza che si è creata una cabina di regia a Palazzo Chigi, che coordini tutti gli interventi e gli attori istituzionali coinvolti, per far sì che questo decreto-legge sia organico e soprattutto efficace.
  Con l'amministrazione straordinaria parte una nuova stagione. Più esattamente, la previsione di entrare in amministrazione straordinaria e le disposizioni di questo decreto-legge hanno creato le condizioni per fare affluire all'Ilva circa 2 miliardi di euro di liquidità. Si rendono fruibili le risorse sequestrate ai Riva dalla procura di Milano che ammontano a circa 1,2 miliardi euro. Il nostro auspicio è chiaramente che la magistratura possa recuperare anche gli altri 700 milioni di euro sotto sequestro, ma attualmente contesi. Si tratta di risorse fondamentali per garantire l'indispensabile opera di risanamento ambientale. Su queste somme, già sequestrate dall'autorità giudiziaria, il commissario straordinario potrà emettere obbligazioni. Le obbligazioni saranno intestate al Fondo unico giustizia e gestite da Equitalia Giustizia Spa. Il riavvio del processo industriale è reso possibile anche grazie allo sblocco dei 156 milioni di euro dei fondi di Fintecna, al comma 3 dell'articolo 5, e dalla concessione di linee di credito ordinarie per circa 260 milioni di euro, che le banche hanno reso disponibili anche e soprattutto grazie all'intervento decisivo del Governo. Il comma 1-ter dell'articolo 5 autorizza il commissario Ilva a contrarre finanziamenti per 400 milioni di euro, assistiti dalla garanzia dello Stato, destinati a risanamento ambientale, ricerca, occupazione. Con queste risorse si mette l'Ilva nelle condizioni di ripartire e con il tempo, non necessariamente lungo, i debiti potranno essere anche convertiti in azioni da mettere sul mercato.
  Alcune ultime considerazioni. Il decreto-legge costituisce una significativa, anche se non definitiva, risposta al parere negativo emesso dalla Commissione dell'Unione europea lo scorso 16 ottobre 2014 nei confronti dell'Italia, nell'ambito della procedura di infrazione n. 2177/2013, avviata il 26 settembre 2013. Pur riconoscendo i progressi ottenuti, la Commissione ha contestato Pag. 28allo stabilimento Ilva di Taranto la violazione della direttiva n. 2008/1/CE (cosiddetta direttiva IPPC) sulla prevenzione e la riduzione integrate dell'inquinamento e la violazione della direttiva n. 2010/75/UE, relativa alle emissioni industriali.
  Mancano misure che garantiscano in maniera definitiva che le installazioni industriali siano gestite in modo che non si verifichino fenomeni di inquinamento significativi e che assicurino la protezione del suolo e delle acque sotterranee. In risposta a queste problematiche il decreto-legge all'articolo 4-bis autorizza l'uso del Fondo di rotazione per l'attuazione delle politiche comunitarie per anticipare gli oneri derivanti dalle sentenze di condanna a sanzioni pecuniarie inflitte dalla Corte di giustizia europea, con successiva rivalsa sulle amministrazioni responsabili delle violazioni, anche tramite compensazione con i finanziamenti loro assegnati per interventi comunitari; con gli articoli da 5 a 8, oltre a istituire il tavolo istituzionale permanente per l'area di Taranto, si introducono interventi organici di bonifica e riqualificazione dell'area tarantina e si avvia il piano nazionale per la riqualificazione urbana della città.
  Area Popolare avrà modo di evidenziare nei prossimi interventi la qualità, la vastità e la quantità degli interventi ambientali e di recupero della qualità della vita a Taranto che il decreto-legge contiene.
  Concludendo, esprimiamo il giudizio favorevole nostro e del partito che rappresento, Area Popolare, sul decreto-legge in esame, in particolar modo anche in considerazione del punto da dove si era partiti rispetto ad una vicenda che riguarda una delle nostre aziende di interesse strategico, sia con riferimento agli interventi di natura industriale, sia per quelli relativi alle bonifiche ambientali dell'area dell'Ilva e della qualità della vita dei cittadini di Taranto, che speriamo possa quanto prima migliorare.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Petraroli. Ne ha facoltà.

  COSIMO PETRAROLI. Grazie Presidente. Come hanno già anticipato altri colleghi, ancora una volta ci ritroviamo a discutere della questione Ilva di Taranto. Una vicenda che ha causato oltre 350 morti accertati, una vicenda che ha devastato un intero territorio. Questa vicenda oggi la stiamo discutendo attraverso la trentacinquesima fiducia. Questo cosa significa ? Significa di fatto non dare la possibilità a dei parlamentari della Repubblica di entrare nel merito del provvedimento e magari di migliorarlo. Dopo sette decreti-legge, praticamente nulla è stato fatto, ripeto, nulla è stato fatto riguardo alle bonifiche e riguardo alla sicurezza e non lo dico io: lo dicono gli stessi operai che ci lavorano, che lavorano anche all'interno dell'indotto.
  Sono stato eletto in Lombardia ma di fatto sono originario della provincia di Taranto e tutti gli abitanti dell'arco jonico hanno come minimo un parente o un amico che lavora all'interno di quello stabilimento. Questo significa che gli operai ci raccontano cosa realmente accade e devo dire che sinora, dopo sette decreti, oltre all'obbligo di indossare una semplice mascherina antipolvere oppure oltre a qualche cartello qua e là, nulla di concreto è stato fisicamente fatto sia per la sicurezza degli stessi operai ma anche e soprattutto per l'ambiente circostante e quindi stiamo nuovamente assistendo ad un enorme inganno e ad una presa in giro, alla settima presa in giro, perché l'Ilva di Taranto non sta morendo, come alcuni miei colleghi hanno più volte ribadito; l'Ilva di Taranto è già morta ormai da dieci anni. Come si fa a tenere in piedi un'azienda i cui proprietari e dirigenti, insieme ai vertici degli enti territoriali, sono tutti sotto processo per associazione a delinquere e disastro ambientale (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ? Un'azienda che, oltre a provocare il cancro, perde 30 milioni di euro al mese, produce un acciaio pressoché scadente, ha 3 miliardi di debiti e occorrono altri 3 miliardi per renderla «ambientalmente» compatibile. Che futuro può avere una società di questo tipo ? Riprendo le Pag. 29parole di una mia collega dette al Senato, perché qui è come se si stesse dicendo ad uno stupratore: guarda, mantieni pure la tua vittima ferma e continua a fare quello che vuoi, continua a violentare, tanto nessuno potrà far nulla fino a sentenza definitiva o magari fino al quindicesimo decreto.
  Questo è quello che voi state facendo alla città di Taranto.
  In questo decreto si parla di bonifiche, ma di bonifiche, di fatto, si era già parlato anche tre anni fa, per le quali, mi sembra, furono stanziati 110 milioni di euro. Cosa è successo ? Giovedì 12 febbraio di quest'anno, il sindaco di Taranto, imputato anche lui nel processo «Ambiente svenduto» insieme ai Riva e ai loro presunti complici, ha offerto alla città una grandissima dimostrazione di inerzia, una qualità che farebbe invidia anche al più bravo dei top manager, perché con il commissario per le bonifiche, Vera Corbelli, ha firmato un protocollo d'intesa che darà il via finalmente alle bonifiche. Peccato che di quei 110 milioni di euro previsti ne useranno soltanto due; due su 110 per rifare le aiuole del quartiere Tamburi di Taranto. Cioè, solo il fatto che un sindaco abbia bisogno di soldi stanziati in un precedente decreto per rifare le aiuole della sua città la dice lunga proprio sulle capacità amministrative di un sindaco, oltre al fatto che quelle aiuole rappresentano lo 0,1 per cento di tutto il territorio che dovrebbe essere bonificato intorno allo stabilimento. Sono ormai anni che Taranto continua ad avere questo tipo di interventi mediatici a spot: una continua, perenne e costante presa per il culo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) !

  PRESIDENTE. Onorevole Petraroli, la richiamo ad un linguaggio consono ed è il primo richiamo all'ordine.

  COSIMO PETRAROLI. Bene. Così come i cinque milioni stanziati per il polo oncologico. Cosa significa ? Prima ti ammazzo, prima ti faccio ammalare e poi, se rimane qualcosa, ti do una mancia per farti curare; il tutto condito dalle ovvie e becere dichiarazioni politichesi, parole per cui il lavoro deve essere conciliato alla salute e l'ambiente deve essere conciliato alla produttività. Bene, in un Paese normale non ci sarebbe bisogno di confermare continuamente queste tesi, perché in un Paese normale i cittadini di Taranto sanno che i fumi che escono dai camini non sono vapore, come qualcuno ha sostenuto in passato (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Ma purtroppo in Italia ci sono gli italiani ed è risaputo che circa il 35 per cento prova un certo piacere quasi perverso a farsi prendere per i fondelli. Così in Italia abbiamo impianti che aspettano da anni interventi di riconversione e bonifica; impianti che hanno danneggiato non solo la salute dei cittadini ma anche l'economia di interi territori, come tutta la provincia dell'arco jonico. Oggi siamo più che mai convinti che quel mucchio di ferraglia arrugginita non avrà più motivo di esistere se non fosse solo per gli immensi risparmi di cui una singola famiglia ha beneficiato grazie al mancato rispetto delle più banali norme di sicurezza e norme ambientali. Tuttavia, questa situazione non poteva non ripetersi, considerando che i primi insediamenti dello stabilimento ex Italsider furono costruiti proprio accanto a dei quartieri già esistenti della città – ripeto: già esistenti della città ! – e non viceversa, come qualcuno vuol far credere. Gli effetti di quelle scelte scellerate li ritroviamo oggi attraverso le indagini epidemiologiche, che hanno certificato a Taranto l'incidenza di malattie gravi, malattie mortali, al di sopra della media nazionale. Malattie respiratorie, malattie cardiovascolari e carcinomi, come quello che ha colpito Lorenzo Zaratta, un bambino nato cinque anni fa con un tumore al cervello e scomparso a luglio dello scorso anno. Questo perché la sua mamma ha avuto l'unica colpa di portarlo in grembo con sé mentre andava a lavorare nel quartiere Tamburi di Taranto (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Lorenzo ha lo stesso nome di un altro bambino che vive a Taranto, Pag. 30però questa volta molto più fortunato, perché, grazie a Dio, sta bene. Quello è mio figlio. Mi dia un consiglio, Viceministro De Vincenti: cosa devo fare ? Lo devo portare via da Taranto ? A chi devo fare questa domanda ? Mi può rispondere, adesso o nei prossimi anni (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ? Questa è la situazione a Taranto.
  Come se non bastasse, abbiamo recentemente appreso che alcuni soggetti industriali, insieme a rappresentanti politici locali, hanno esercitato pressioni affinché si contrastasse una pianificazione urbanistica in grado di creare alternative turistiche.
  Alternative turistiche come i moli del porto mercantile, quattro moli che sono stati di fatto regalati in concessione solo a quattro soggetti industriali, per non parlare della fascia di terreno all'interno del parco minerali, un terreno che dovrebbe essere interdetto per un vincolo dell'AIE e invece continua ad essere utilizzato ed è l'unico a permettere il collegamento ferroviario diretto fra i moli del porto e l'aeroporto più vicino, quello di Grottaglie. Bene, come si può notare attraverso alcuni banali esempi, a causa della grande industria la mia città, e voglio ricordare, una delle più belle e ricche di storia di tutta la Penisola, non può disporre di un fronte mare verde vivibile come tutte le altre città marinare del mondo. Decenni di annunci, di promesse di riqualificazioni urbane, collegamenti portuali, aeroportuali, ferroviari, autostradali mai realizzati. Voi siete capaci di costruire tunnel per centinaia e centinaia di chilometri e poi non siete capaci di far passare un Intercity notte per una città di 250 mila abitanti (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  D'altronde è una cosa del tutto normale, dato che qualche vostro dirigente del PD si è fatto finanziare la propria campagna elettorale da Riva con 98 mila euro e tutto questo accade nel cuore dell'Europa, di quella grande Europa civile che il Partito Democratico dice di voler costruire ma in realtà si tratta della solita Europa, della solita finanza ed è semplicemente e schifosamente questo quello che voi state facendo con questo decreto: salvaguardare i crediti delle banche, 3 miliardi di euro di cui 900 milioni fanno capo a Intesa San Paolo. Questo è l'unico motivo che tiene su quel mucchio di ferraglia. Lo si capiva anche nel passato decreto con l'istituto della prededuzione: cioè in caso di fallimento i primi ad essere risarciti saranno gli istituti di credito non i cittadini, non i malati di tumori, non gli allevatori, no, gli istituti di credito, quello è ciò che avete detto (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Capiamo bene che una volta pagati i creditori, l'Ilva e la città di Taranto saranno lasciate morire perché questo è il vostro obiettivo, questo è il vostro unico obiettivo: senza lavoro e senza le bonifiche. Ma la cosa preoccupante è che nessuno, nessuno di voi e delle forze politiche che potrebbero fare la differenza, si preoccupa del dopo, del post Ilva, quando lo stabilimento, tra pochi anni, sarà definitivamente chiuso, quando diventerà la nuova Bagnoli. Che fine faranno le oltre quindicimila famiglie tra dipendenti e indotto ? Sarete in grado di pianificare un'alternativa per il territorio ? Cioè, a prescindere dalla grande industria, una alternativa turistica, culturale per la città, la vera città, e non si tratta sicuramente dei quattro spiccioli che avete stanziato in questo decreto.
  Vede, Presidente, vivere a Taranto è per noi un po’ come vivere in una vecchia casa da ristrutturare, una casa scomoda di poco valore in cui per molto tempo vivi con la famiglia, ci vivi male ma solo dopo molti anni, magari per caso, ti accorgi che sotto il pavimento si nasconde un mosaico di epoca romana, dietro l'intonaco scopri degli affreschi di età greca, nella soffitta sono custodite delle collane in oro di età ellenistica. Scopri che nella tua abitazione hanno vissuto dei personaggi importanti, personaggi che hanno influenzato la storia del mondo. Di fatto sei proprietario inconsapevole di un patrimonio inestimabile, per tanti anni hai vissuto in quella casa affacciata sul mare e non sapevi assolutamente nulla. Ad un certo punto però ti rendi conto che altri ne erano a conoscenza, Pag. 31gli amministratori locali sapevano di quel patrimonio ma hanno dolosamente taciuto. Sapevano ma hanno preferito il silenzio, il silenzio perché quella casa servita da acquedotti romani è situata in un territorio strategico per gli interessi industriali di pochi. Bene, questa è Taranto, una delle più belle e ricche città della storia venduta alla grande industria (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle), svenduta al volere delle banche.
  Questo però è un periodo storico in cui i veri proprietari di quella vecchia cascina, di quella vecchia casa, i cittadini ionici, si stanno accorgendo di ciò che gli avete tolto e di come avete svenduto il loro territorio. Per questo noi rivendichiamo la vocazione turistica della città, fra le poche in Italia ad avere un centro storico interamente su un'isola. Rivendichiamo la vocazione turistica di tutto il territorio jonico.
  Rivendichiamo la sua vocazione commerciale che l'ha contraddistinta durante la sua gloriosa storia, rivendichiamo i quattro moli fronte mare regalati alle grandi industrie anziché ad uso turistico, rivendichiamo il nostro aeroporto brutalmente chiuso al traffico passeggeri per contrastare il turismo, rivendichiamo le nostre origini, rivendichiamo la nostra storia. Rivendichiamo di fatto quel territorio scelto 2.700 anni fa da coloni spartani per creare la capitale della Magna Grecia. Voglio per questo, Presidente, concludere con un paragone storico: Taranto, come dicevo, è stata fondata da coloni spartani, gli stessi spartani che 2.500 anni fa grazie al sacrificio di 300 uomini nella battaglia delle Termopili rallentarono l'avanzata dell'esercito persiano, permettendo di fatto alle città-stato della Grecia di organizzare la difesa e poi di vincere la guerra. Per questo oggi, grazie a quell'evento eroico, in tutto il mondo, dico in tutto il mondo, il concetto di spartanità è sinonimo di forza individuale, di determinazione, di coraggio ma allo stesso tempo di solidarietà e di altruismo ed è in fondo la stessa caratteristica che contraddistingue i cittadini che vivono in quelle zone e che conservano il sangue e il carattere di quella eredità storica. Signori, voi state giocando con il fuoco perché tra pochi anni 15 mila tarantini rischiano di trovarsi senza lavoro e senza alternative. Non so cosa potrebbe accadere a Taranto ma in tutta Italia in una situazione simile perché non è mai accaduto che 15 mila persone contemporaneamente si ritrovassero senza nessuna alternativa. Allora mi viene da pensare, un po’ tra mito e realtà, se 2.500 anni fa 300 soldati spartani sono riusciti a rallentare l'esercito persiano, state pur certi che se in Italia un giorno ci sarà una rivoluzione che vi spazzerà via definitivamente, violenta o non violenta che sia, bene, con 15 mila cittadini tarantini eredi spartani quella rivoluzione partirà da Taranto (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Labriola. Ne ha facoltà.

  VINCENZA LABRIOLA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, siamo qui oggi a discutere il settimo decreto riguardante l'emergenza ambientale, sanitaria, occupazionale e il rilancio della città di Taranto. I punti fondamentali del decreto sono sette: applicazione della procedura dell'amministrazione straordinaria alle imprese di interesse strategico nazionale, disciplina applicabile alla società Ilva Spa, la tutela dell'indotto, disposizioni finanziarie...

  PRESIDENTE. Colleghi, scusate.

  VINCENZA LABRIOLA. ...norme in materia di discariche e gestione dei rifiuti riguardanti l'Ilva Spa, programma per la bonifica, l'ambientalizzazione e la riqualificazione dell'area di Taranto, interventi per la città e l'area di Taranto. Bene Presidente, credo che il Governo avesse davanti a sé due strade da poter intraprendere, entrambe coraggiose: una è quella della quale stiamo discutendo e che a mio parere non risolve le questioni espresse in premessa e l'altra più confacente alla stessa emergenza e forse più risolutiva sotto il profilo ambientale che Pag. 32per mancanza di tempo – ricordiamo che il decreto deve essere convertito entro il prossimo 6 marzo – non si è avuto modo di discutere. La soluzione messa in campo dal Governo è stata definita in discussione generale nelle Commissioni competenti come la più grande sfida europea che vede coinvolto la più grande acciaieria europea, con un finanziamento complessivo per un ammontare fino a 400 milioni di euro. E l'altra, da me proposta con un emendamento, tra l'altro unico in tal senso, prevede un intervento dello Stato per riconvertire gli impianti e consentire la chiusura dell'area a caldo. Perché questo emendamento è fondamentale per la città di Taranto ? Perché è l'unico che garantirebbe e assicurerebbe una reale protezione dell'ambiente e della salute e, allo stesso tempo, consentirebbe alla città stessa di voltare pagina, iniziare a pensare seriamente e concretamente al recupero di quelle economie che hanno subito danni gravissimi e in qualche misura irreversibili, anche a causa del mancato o parziale intervento da parte degli organi competenti. Penso alla mitilicoltura, all'allevamento, alla pesca, all'agricoltura, per non parlare della concreta possibilità di sviluppare il turismo, di cui molto si è parlato e si parla da anni, senza tuttavia che alle parole abbiano fatto seguito iniziative tese a promuovere e a valorizzare in modo serio il notevole patrimonio storico, artistico e culturale di Taranto.
  Un decreto-legge questo, che non dà garanzie sull'aspetto sanitario e ambientale, sia perché non garantisce una priorità primaria di interventi AIA, che hanno più impatto sull'ambiente e sulla salute – penso alla copertura dei parchi primari – sia perché non sono fissati, ancora una volta, tempi certi per le attività di bonifica, di risanamento e di ambientalizzazione dell'area interessata. Inoltre, il decreto-legge è una contraddizione in termini: si vuole risanare l'ambiente senza eliminare la fonte inquinante, autorizzando, altresì, nelle due discariche interne allo stabilimento, lo smaltimento di materiale pericoloso e non.
  Da rilevare, altresì, quanto affermato dalla dottoressa Serra dell'Isde, in occasione dell'audizione presso le Commissioni riunite X e XIII del Senato, la quale, ha evidenziato che, se anche l'AIA venisse applicata in toto, poco o nulla cambierebbe sotto il profilo di inquinamento, anzi alcuni inquinanti aumenterebbero.
  A tal proposito, la dottoressa Serra ha portato all'attenzione dei commissari i seguenti dati: la produzione di metalli pesanti quali il cadmio e il piombo, che ricordiamo essere neurotossici e cancerogeni, si ridurrà del 6 per cento; la produzione di cromo esavalente e benzene aumenterà del 15 per cento e i policromi bifenili, che ricordiamo essere...

  PRESIDENTE. Onorevole Borghi, abbassi un po’ il tono della voce.

  VINCENZA LABRIOLA. ...una miscela di 209 elementi cancerogeni, non biodegradabili e che si accumulano nella catena alimentare, aumenteranno nel suolo e nel sottosuolo. Allora di quale ambientalizzazione dell'area parliamo ? Tutti qui – lo auspico – siamo consapevoli che la città di Taranto, avendo nel suo territorio lo stabilimento siderurgico più grande di Europa, a ridosso della città, con queste premesse, non garantirebbe la sicurezza della salute e dell'ambiente che alla città spetta per diritto, ma forse qualche cittadino o collega un po’ distratto si chiede quale sia la reale intenzione del Governo, se non è quella di risanare.
  Ebbene, in occasione delle audizioni svoltesi al Senato, presso le Commissioni competenti riunite, ho ascoltato l'audizione del vicepresidente dei Progetti strategici e del direttore dell'area fusioni e acquisizioni del gruppo industriale Arcelor-Mittal.
  Ma chi è Arcelor-Mittal ? Arcelor-Mittal è il numero uno al mondo nel settore dell'acciaio – attualmente producono il 50 per cento dei loro prodotti in Europa – ebbene, questi signori vorrebbero produrre acciaio in Italia, spostando il 22 per cento della loro produzione, ma il loro progetto è così ambizioso che vogliono Pag. 33comprare tutte le sedi dell'Ilva, quindi Taranto, Novi Ligure e Piombino. Loro, inoltre affermano che sono presenti in Italia dal 1998, lavorano l'acciaio, ma non lo producono, ma loro vogliono produrre acciaio in Italia. Acrcelor-Mittal vorrebbe produrre nove tonnellate di acciaio e ciò consentirebbe di mantenere lo stesso livello occupazionale.
  Ma cosa significa questo ? Significa l'ennesimo ricatto occupazionale e non rispettare la sicurezza della città perché, per produrre quella quantità, hanno bisogno di far funzionare otto batterie su dieci, mentre per la tutela e la salvaguardia della salute e dell'ambiente i dati ci dicono che si può consentire il funzionamento di sei batterie su dieci.
  La mia tesi è avallata tra l'altro dalla mancanza del piano industriale che ricordiamo essere d'obbligo per legge per il commissario. Questo non è stato mai redatto in forma ufficiale. E siamo al secondo commissario. Ma perché ? Perché, lo stesso commissario Gnudi in queste Aule afferma che nessuno comprerebbe mai un'azienda che ha gli impianti per metà sotto sequestro e un suo piano industriale, quindi ci affrettiamo a convertire il settimo decreto-legge in modo tale da rassicurare la magistratura sul fatto che si sta seriamente intervenendo sul risanamento ambientale al fine di ottenere da essa il dissequestro degli impianti, prevedendo, infine, nel decreto-legge che l'affittuario possa redigere il piano industriale, così, la vendita dell'impianto, senza preoccuparsi di altro, è assicurata. A me sembra proprio di assistere alla copia della stessa svendita che lo Stato ha già compiuto una volta, cedendola ai Riva; mi sembra che siamo di fronte allo stesso scempio perpetrato ai danni della città di Taranto, ancora una volta. Lo Stato ha svenduto quell'impianto così importante per il PIL e per l'Italia, unica industria a ciclo integrato, senza porre dei vincoli ambientali, delle responsabilità sull'impatto sulla salute, senza dare certezza ai lavoratori e all'indotto.
  Altro aspetto mostruoso e incostituzionale è garantire questa sorta di esenzione di responsabilità dell'amministratore e dei suoi delegati. Anche su questo aspetto, il Governo in Commissione si è dichiarato pienamente convinto di portare avanti questa anomalia.
  Concludo, Presidente, dicendo che noi cittadini di Taranto non accettiamo che nella relazione del relatore per l'XI Commissione, l'onorevole Cesaro, si parli di interventi anche – e sottolineo «anche» – volti a valorizzare cultura e turismo, perché questa dovrebbe essere la priorità di questo Governo, perché i cittadini di Taranto hanno già dato tanto in termini di vite umane, e di non consentire lo sviluppo della vera e unica vocazione della città, ovvero il turismo e la cultura.
  Concludo, rispondendo al commissario Gnudi, dicendo che i cittadini di Taranto non vogliono solo serenità; vogliono prendere in mano il loro futuro e voltare pagina. Auguro, comunque, buon lavoro.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Segoni. Ne ha facoltà.

  SAMUELE SEGONI. Grazie, Presidente. Sette, sette decreti «salva Ilva», sette come i sette re di Roma, i sette nani o, più propriamente, i sette vizi capitali. Sono sette anche i decreti «salva Ilva» adottati dai Governi succedutesi negli ultimi anni. Quello in discussione adesso alla Camera è solo l'ultimo in ordine temporale.
  Questo settimo decreto mette le pezze a quanto lasciato irrisolto dal decreto precedente che modificava, a sua volta, il decreto precedente ancora, su un aspetto già modificato dal precedente decreto, e via e via fino a risalire a ritroso questa catena, decreto dopo decreto, vizio dopo vizio, fino al peccato originale: le disperate condizioni sanitarie, ambientali e lavorative di una terra violentata e depredata come quella di Taranto. Come gli altri decreti, anche questo non riesce a sanare questo peccato originale.
  Ricordiamo che la Costituzione italiana, all'articolo 32, comma 1, sancisce che «La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse Pag. 34della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti» e all'articolo 41 dispone che «L'iniziativa economica privata (...) non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l'attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali».
  Pertanto, il Governo ha l'obbligo di programmare norme chiare, che in prima istanza devono garantire un'efficace bonifica ambientale, in particolar modo delle falde acquifere e delle terre sottostanti e limitrofe allo stabilimento, invece di introdurre, come si fa in questo decreto, vergognose scappatoie, come quella apportata dal comma 5 dell'articolo 2, che aggira le prescrizioni più stringenti e urgenti dell'autorizzazione integrata ambientale. Secondo il testo, infatti, il piano si intende attuato se entro il 31 luglio 2015 sia stato realizzato, almeno nella misura dell'80 per cento, il numero di prescrizioni in scadenza a quella data. Il comma 5, cioè, introduce un criterio quantitativo e non qualitativo dell'attività da attuare.
  Pertanto, nessuno garantirà che nell'80 per cento delle misure attuate vi saranno quelle che maggiormente incidono sull'abbattimento delle cause della malattie e delle morti a Taranto. Ad esempio, ci sarà la copertura dei parchi minerari ? Non è dato di saperlo ! Verranno effettuate solo le meno onerose, probabilmente, o le più significative ? Probabilmente la prima ipotesi, visto come viene gestita «l'emergenza Taranto» dai Governi che si sono succeduti ultimamente.
  Ribadiamo che nel precedente decreto non ci sono risposte concrete per l'emergenza ambientale e sanitaria, sebbene tre anni fa furono stanziati 110 milioni per le bonifiche fuori dal perimetro aziendale. Ma alla luce dei fatti poco o nulla è stato fatto e, anche se lo scorso dicembre il Presidente Renzi aveva promesso 30 milioni per la creazione di un polo oncologico pediatrico, concretamente i soldi in campo sono stati soltanto 5 milioni.
  Inoltre, non ci sono indicazioni in merito alla newco pubblica che dovrebbe prendere in affitto gli impianti e riportarli a redditività entro dieci anni. Ricordiamo che ad oggi l'azienda perde 30 milioni al mese ed ha 3 miliardi di debiti.
  Infine, appare incomprensibile la necessità di introdurre per i commissari straordinari anche una straordinaria immunità penale ed amministrativa per azioni commessa con colpa o con dolo durante l'esercizio del mandato. Una misura scandalosa !
  Vi ricordo che in merito alla drammatica questione dell'Ilva di Taranto giace una risoluzione in Commissione ambiente a mia prima firma, firmata anche dai colleghi del MoVimento 5 Stelle e di Alternativa Libera.
  Approfitto di questa discussione per chiedere al Governo e a tutti i miei colleghi parlamentari di operare affinché si riesca ad avere una visione programmatica che possa garantire il ripristino della sicurezza sanitaria ed ambientale nell'area di Taranto e, a tal fine, che tutte le risorse dissequestrate vengano messe a disposizione per stanziare: le opere di messa in sicurezza dell'emergenza, per salvaguardare le falde acquifere sottostanti lo stabilimento Ilva; la caratterizzazione, messa in sicurezza e bonifica ambientale dei terreni, dei sedimenti e delle falde contaminate nei comuni di Taranto e di Statte, valutando con accurati studi, resi pubblici, anche le opzioni zero, ovvero metodi anche alternativi al dragaggio dei sedimenti per il mar Piccolo; la creazione di un fondo presso il Ministero della salute che la regione Puglia possa utilizzare per l'esenzione dal ticket sanitario per i cittadini di Taranto e Statte per almeno cinque anni; la formazione e riqualificazione professionale dei dipendenti Ilva, al fine di una ricollocazione in attività alternative, ambientalmente sostenibili e socialmente responsabili, i cosiddetti green jobs; misure di sostegno al reddito che tutelino i lavoratori che non dovessero rientrare tra gli occupati nelle opere di dismissione, di riconversione e di bonifica dello stabilimento Ilva, in quelle di bonifica dei territori Pag. 35circostanti o per i dipendenti che non dovessero trovare impiego nei green jobs.
  Bene, concludendo, in apertura ho paragonato i sette decreti Ilva ai sette vizi capitali. Secondo Alternativa Libera, queste sono le ricette necessarie a sanare il peccato originale che sta a monte ed evitare ulteriori vizi, pardon, decreti.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Grimoldi. Ne ha facoltà.

  PAOLO GRIMOLDI. Grazie Presidente, io faccio mio, per non essere ripetitivo, l'intervento dell'onorevole Caparini, che è intervenuto prima di me, e come tutti gli altri sottolineo che siamo al settimo decreto, quindi evidentemente i decreti precedenti a questo hanno avuto delle lacune e, quindi, il Governo deve assumersi anche la responsabilità che, quando si arriva al settimo decreto, evidentemente quelli precedenti non sono stati fatti nel modo corretto per risolvere in modo, quanto meno, definitivo il problema. Vede, si può sbagliare una volta, si può sbagliare due volte, si può sbagliare tre volte, ma se si arriva alla settima volta evidentemente qualcuno un certo mea culpa dovrebbe pur farlo.
  Comunque, venendo al merito del provvedimento, noi vogliamo sottolineare che, nel corso degli ultimi decenni, si è registrata una profonda modifica strutturale nel settore siderurgico, legata soprattutto alla globalizzazione della produzione, che ha generato una crisi che ha colpito soprattutto le grandi imprese. Non a caso, il Parlamento è stato impegnato ultimamente nella risoluzione di problemi critici connessi alle nostre più grandi imprese del settore, cioè, oltre all'Ilva, anche la Lucchini, con gli impianti di Piombino e Trieste, e l'AST di Terni, tutte imprese strategiche per l'economia del Paese, la cui crisi sta creando gravi ripercussioni occupazionali. Si tratta di realtà che si assomigliano sotto diversi aspetti e che hanno una matrice comune, quella della crisi economica e finanziaria, che comunque sono riconducibili ad una carenza di politica industriale nel Paese, oltre che ad una mancanza di visione di insieme del settore siderurgico nazionale.
  L'industria siderurgica italiana non ha storicamente fruito, al pari di altre realtà internazionali, di una volontà politica indirizzata a difenderne e tutelarne l'eccellenza, e ciò ha favorito la penetrazione nel settore di colossi internazionali, la cui missione sta nella tutela dell'eccellenza siderurgica e nell'interesse al mantenimento della produzione italiana.
  Su questo punto io inviterei anche a riflettere su quello che ha fatto la Gran Bretagna, Paese membro dell'Unione europea che ha avuto dei problemi analoghi ai nostri. Mi riferisco al caso dell'Alcoa e, quindi, alla produzione dell'alluminio. La Gran Bretagna evidentemente se ne è un po’ fregata delle regolette europee ed è intervenuta per garantirsi la produzione dell'alluminio e, quindi, inevitabilmente la tutela dei propri posti di lavoro. Noi questo non lo facciamo, noi questo non l'abbiamo fatto. A volte basterebbe copiare dagli altri Paesi europei che, ogni tanto, come dire, strappano un po’ rispetto alle regole e alle direttive dell'Unione europea, strappano anteponendo alle regolette europee l'interesse nazionale, la tutela dei posti di lavoro e la tutela della propria produzione.
  Non è che si può accusare la Gran Bretagna di essere un Paese estraneo all'Unione europea; semplicemente, hanno più forza politica o più coraggio politico o più determinazione per mettere prima i loro interessi di quelli che qualche scribacchino o qualche tecnocrate pensa a Bruxelles e poi pretende di imporre.
  Essi si fanno rispettare, tutelando la propria economia; noi non lo facciamo. Su queste tematiche invito a riflettere, perché, quando la Lega pone il problema dell'Unione europea, dell'euro, si riferisce anche a queste questioni quotidiane di carattere occupazionale e di produzione nazionale, dove, ogni tanto, battere un colpo in più a livello europeo potrebbe servire, soprattutto quando poi siamo Pag. 36messi davanti ai drammi che la mancanza di occupazione sta generando nel nostro Paese.
  Nell'ultimo decennio – tornando alla questione Ilva – la produzione di acciaio in Europa ha registrato un fortissimo calo, a fronte della crescita della quantità di acciaio prodotto in altri Paesi, come, in primis, la Cina, generando preoccupazione sul futuro della siderurgia europea ed italiana, quest'ultima da tempo minacciata da fenomeni di deindustrializzazione.
  Nel 2013 il calo è stato di meno 11,7 per cento rispetto all'anno precedente, con un dato inferiore del 27 per cento rispetto alle 33 milioni di tonnellate raggiunte nel 2007. Il calo della produzione, tra l'altro, dipende senz'altro dalla riduzione della domanda interna, in particolare dei settori manifatturiero e delle costruzioni.
  Sul secondo punto, quello delle costruzioni, anche qui, il fatto che abbiamo tassato, avete tassato, in modo esagerato le case, dovrebbe far riflettere il Governo, perché il fatto che sia i capannoni che le case siano tassati ha portato a un crollo della situazione del mercato immobiliare, e quindi, inevitabilmente, con ripercussioni anche sul settore di cui stiamo parlando, cioè quello dell'acciaio.
  Tale situazione sta mettendo a dura prova tutte le imprese dell'indotto, che rischiano il fallimento per la mancanza di ordini e, soprattutto, di liquidità. Al Senato è stata inserita la possibilità dell'accesso al credito con garanzia dello Stato per le piccole e medie imprese fornitrici di aziende con stabilimenti dichiarati strategici o crediti di tali società.
  Ma la questione è anche diversa. Il problema delle imprese fornitrici dell'Ilva non è quello di rendere agevolato un ulteriore indebitamento con le banche, ma, invece, quello di poter recuperare i crediti vantati nei confronti della società ad amministrazione straordinaria, l'amministrazione precedente alla costituzione della newco. A quanto pare, le risorse non sono tutte immediatamente disponibili e, soprattutto, idonee.
  Allora, ci si pone un quesito: è più importante adempiere alle prescrizioni per il risanamento ambientale dell'Ilva oppure portare avanti interventi che servono a permettere la continuazione delle attività di impresa e il saldo dei crediti dei fornitori, dei trasportatori ? Si tratta di un equilibrio delicato: prima di tutto, occorre salvaguardare la salute dei cittadini, ma, dall'altra parte, occorre anche garantire l'attività di impresa e la sopravvivenza dell'indotto.
  Voi, cioè, non potete, con questo decreto, mettere in concorrenza, o meglio in contrapposizione, da un lato, la salute dei cittadini, dall'altro, il problema di tantissime piccole imprese che sono creditrici nei confronti dell'Ilva e che oggi non vengono pagate, quindi creando un problema, a sua volta, di indotto sull'occupazione.
  In una situazione già drammatica di crisi economica, vi sono tante aziende fornitrici che hanno dei problemi di liquidità, e, con questo decreto, voi non chiarite questa situazione, ma, anzi, create una contrapposizione assolutamente antipatica tra l'evadere i crediti delle piccole e medie imprese, dei trasportatori, creditori nei confronti dell'Ilva, e l'intervenire per sistemare la questione ambientale, e quindi il problema della salute dei cittadini.
  Infatti, il nostro gruppo si è battuto, sia al Senato che in Commissione, per la tutela delle imprese e il riconoscimento dei crediti da queste maturati per servizi e forniture resi all'Ilva. Le modifiche apportate al Senato peccano, in realtà, di mancanza di chiarezza. Non si comprende se nella definizione delle prestazioni necessarie per la continuità dell'attività degli impianti produttivi essenziali si debbano intendere compresi anche i servizi e le forniture di tutto l'indotto o se tra questi risultino compresi i crediti delle imprese di trasporto su gomma.
  Ci rammarichiamo che non sono stati tenuti in debito conto i nostri emendamenti che risolvevano tutti gli aspetti connessi ai creditori nel settore delle forniture e, sottolineo, dei trasporti.
  Intorno alla realtà industriale dell'Ilva gravitano, infatti, circa 4 mila imprese, di cui circa 2 mila sono concentrate nella Pag. 37sola Lombardia e nel Piemonte. Ai fornitori di Ilva va ricondotto oggi un volume d'affari di oltre 2,5 miliardi di euro, di cui 1,5 miliardi di euro vede coinvolte le piccole e medie imprese, che sono poi l'ossatura economica del nostro Paese, quelle che veramente generano occupazione e che, quindi, in un decreto come questo, sarebbero dovute essere la priorità, visto che – non lo diciamo noi, lo dicono i dati dell'ISTAT – siamo al record storico di disoccupazione.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE SIMONE BALDELLI (ore 17)

  PAOLO GRIMOLDI. Quindi, chi ha sempre assorbito occupati, le piccole e medie imprese, in un decreto come questo, dal nostro punto di vista, doveva essere tenuto in considerazione prioritaria.
  Tra le fette più importanti, circa 350 milioni di euro riguardano gli appalti, altri 200 milioni sono riferiti alle materie prime, 400 milioni sono connessi alla gestione della filiera dell'energia, un centinaio di milioni per la ricambistica; i servizi valgono 30 milioni, così come gli smaltimenti.
  La distribuzione geografica dei fornitori dell'Ilva vede una netta predominanza delle piccole e medie imprese del nord. Qui è attivo il 75 per cento della filiera, concentrato soprattutto in Lombardia, dove sono attivi più di millecinquecento fornitori, poi Piemonte, Veneto e Liguria. A maggior ragione, quindi, per noi, è prioritario evadere e chiarire il problema di queste aziende, piccole aziende, creditrici nei confronti dell'Ilva, che devono recuperare i loro soldi.
  Non siamo sicuri che il Governo si renda veramente conto della situazione e dell'emergenza per la mancanza di liquidità di queste aziende, perché stiamo approvando l'ennesimo decreto «salva Ilva» e la situazione si sta sempre più aggravando: non è questo il modo di intervenire.
  Se vogliamo salvaguardare il patrimonio industriale del Paese, dobbiamo cambiare logica, abbandonare la strada degli interventi assistenzialistici e puntare ad una seria politica industriale, magari anche, come dicevo prima, avendo più coraggio in Europa, come per esempio ce l'ha la Gran Bretagna, ma non solo. Non è chiaro, infatti, cosa c'entrano con la risoluzione della crisi industriale dell'Ilva e il risanamento ambientale dell'area materie come la riqualificazione della città vecchia di Taranto e la valorizzazione culturale e turistica dell'Arsenale militare della città. Noi non diciamo che questi aspetti del provvedimento siano sbagliati, ma che, quantomeno, non siano prioritari come il chiarire l'evadere dei crediti dovuti alle piccole e medie imprese fornitrici dell'Ilva che creano occupazione. Prima si chiarisca la questione dei creditori dell'Ilva che danno occupazione e poi si può intervenire su altre cose di contorno, come la riqualificazione della città vecchia. Infatti, tali provvedimenti, così come l'avete messi voi, sanno molto di interventi a pioggia di carattere assistenziale, perché si interviene in via generalizzata su Taranto, senza focalizzare il vero problema dell'Ilva, che è, da un lato, l'aspetto ambientale collegato all'Ilva e quindi della salute dei cittadini, e, dall'altro, il garantire e il mantenere l'occupazione non soltanto degli stabilimenti Ilva, ma di tutto l'indotto, di tutta la filiera, di tutte le piccole e medie imprese fornitrici.
  Questo non lo fate, ma anzi preferite mettere dentro delle marchette di carattere assistenziale, piuttosto che evadere con chiarezza il problema dei creditori delle aziende e anche dei trasportatori, come sottolineato.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MARINA SERENI (ore 17,05)

  PAOLO GRIMOLDI. Certamente non possono essere giudicate disposizioni urgenti quelle che abbreviano l'iter di approvazione di tutti i progetti per la realizzazione degli interventi infrastrutturali necessari all'ampliamento o all'adeguamento del porto di Taranto – questo di Pag. 38urgente da mettere nel decreto non si capisce veramente cosa abbia – e le altre disposizioni per il recupero, la riqualificazione e la valorizzazione della città vecchia.
  Per quest'ultima finalità si osserva che vengono utilizzate le risorse del Fondo di sviluppo e coesione nel limite di quelle attualmente disponibili, sottraendo così risorse importanti per il rilancio industriale e le infrastrutture del Paese. Tradotto: qualche altra realtà del sud, che avrebbe accesso in modo proprietario a questi fondi, potrebbe anche arrabbiarsi, visto che voi li vincolate a questi interventi assolutamente non prioritari, collegati a Taranto, e che comunque non hanno una correlazione diretta con il problema dell'Ilva.
  Abbiamo l'impressione che per il Governo e la maggioranza questo decreto-legge rappresenti più che altro l'occasione ghiotta per sistemare questioni territoriali, nate da croniche carenze amministrative del passato. Infatti, se ci sono dei problemi sulla città vecchia o sul porto, le colpe evidentemente vanno ricondotte alla mala amministrazione e ad esponenti politici locali che a tutto hanno pensato, tranne che ad affrontare le priorità e le necessità del proprio territorio. Ora non si è mai visto, in altri territori virtuosi con amministratori competenti, che debba intervenire lo Stato per riqualificare la città vecchia. Dovrebbe essere l'onere di ogni buon amministratore locale fare interventi di questo tipo. Non si sono fatti e, invece che punire gli amministratori locali inadempienti, come da anni noi diciamo, si interviene con un decreto Ilva, ma con finanziamenti a pioggia su questioni che non hanno nulla di prioritario e che, anzi, sanno di Prima Repubblica.
  Nessuno, poi, può negare che nella situazione di crisi dell'Ilva, precipitata soprattutto per le gravi carenze ambientali che ha accumulato la fabbrica, pesa anche la responsabilità della classe amministrativa locale, che fino ad oggi ha chiuso gli occhi nei confronti del problema sanitario e ambientale. Chi doveva fare i controlli ? Chi sono gli amministratori locali e i politici locali che avrebbero dovuto intervenire o fare intervenire qualcuno ? Si è tardato e siamo arrivati in queste condizioni, con Governi che hanno portato a provvedimenti ripetuti e mai risolutivi della questione. Per anni i controlli sono stati inesistenti ed ora si cerca di salvare il salvabile con ricadute dirette sulla salute dei cittadini locali e con ripercussioni economiche e sociali su tutto il Paese, visto che, come dicevamo prima, i fornitori dell'Ilva sono concentrati un po’ dappertutto, ma in modo specifico nelle regioni del nord.
  Il nostro gruppo parlamentare è contrario a questo decreto-legge in esame per diversi motivi, che in parte abbiamo sottolineato, ma non perché noi non abbiamo a cuore la risoluzione della situazione drammatica degli impianti dell'Ilva. Anzi, noi la vogliamo risolvere per supportare tutto il territorio nazionale e, quindi, soprattutto, le piccole e medie imprese e i trasportatori che sono creditori dell'Ilva. Noi ci preoccupiamo soprattutto della sopravvivenza, appunto, delle imprese dell'indotto, però non condividiamo le scelte del Governo. Siamo sicuri che questo decreto-legge si aggiungerà agli altri precedentemente varati, che lo hanno preceduto, creando solo tanto volume, sotto il cui peso rischia di rimanere schiacciata l'industria siderurgica del nostro Paese.
  In conclusione facciamo un invito. Avreste dovuto fare un provvedimento mirato e definitivo per risolvere i problemi dell'Ilva e, invece, ancora una volta, è un decreto-legge parziale, che non risolve il problema in via definitiva, che non risolve in via definitiva il problema delle aziende, delle piccole e medie aziende creditrici e, quindi, il problema della liquidità di queste piccole aziende e il problema dell'occupazione, drammatico nel nostro Paese, in cui mettete dentro delle «marchette» di carattere assistenziale, che non ci piacciono assolutamente, in cui mettete in contrasto la priorità della salute dei cittadini con l'evadere i crediti delle piccole imprese e in cui, comunque, ancora una volta, dimostrate di non avere un ottavo di testicolo – se si può dire – e un minimo Pag. 39di testosterone per andare in Europa a dire una volta tanto: prima gli interessi del nostro Paese, prima la nostra economia, prima i nostri lavoratori, prima le nostre aziende !
  Invece, ancora una volta, si abbassa il testone e si dice «va bene» e si prendono gli ordini da Bruxelles. Io non vi dico di fare come fanno gli Stati Uniti o la Cina – lì ci sarebbe veramente troppo coraggio – ma fate come ha fatto la Gran Bretagna sull'acciaio !
  Copiate i provvedimenti della Gran Bretagna sull'acciaio, che ha mandato a quel paese l'Unione europea e ha detto: «Prima la nostra gente, prima la nostra economia, prima la nostra produzione». Qua, invece, si chiacchiera tanto in televisione, come solo Renzi sa fare: tante bugie e tanti spot, ma poi un provvedimento dietro l'altro – il settimo – in cui, ancora una volta, ci si mette proni a Bruxelles e si dice: «Chi se ne frega dei nostri lavoratori, delle nostre aziende e della nostra economia». Così non va (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).

  PRESIDENTE. Saluto i docenti e gli alunni della scuola media statale Giovanni XXIII di Sant'Antimo in provincia di Napoli, che assistono ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
  È iscritto a parlare il deputato Lacquaniti. Ne ha facoltà.

  LUIGI LACQUANITI. Grazie, signora Presidente. Signor Viceministro, onorevoli colleghe e colleghi, esiste una ragionevolezza, un'accortezza del buon Governo che può prescindere per una volta dalle divisioni ideologiche. Io credo che esista e, se esiste, l'Ilva di Taranto e la sua situazione critica sono un caso lampante, forse il maggiore con cui questa Camera, in questa legislatura, ha dovuto confrontarsi.
  Torna l'Ilva in Parlamento e sta a testimonianza della complessità immane del problema che il legislatore si trova a dover risolvere e degli effetti gravissimi sul territorio, sulla salute delle persone che la vivono, sul loro lavoro: effetti che una gestione aziendale decennale dissennata ha prodotto.
  Fin da quando quest'Aula, in questa legislatura, ha cominciato ad affrontare il problema Ilva due anni fa, chi parla ha sostenuto la necessità di un contemperamento del diritto alla salute e del mantenimento dei posti di lavoro. L'ultimo errore in cui potremmo incorrere qui, oggi, tutti quanti, tutte le forze politiche è una contrapposizione fra il diritto alla salute e il diritto al lavoro, come già si verificò due anni fa da parte dei colleghi del MoVimento 5 Stelle, come ci hanno ripetuto quest'oggi.
  Taranto è la tragedia di un'intera nazione, dicevo in quest'Aula due anni fa: i parametri di salute dei cittadini compromessi, un comprensorio vastissimo avvelenato al punto da dover ricorrere all'abbattimento dei capi di bestiame, alla chiusura di allevamenti e di aziende agricole, all'interdizione delle coltivazioni.
  E dopo la nomina di Bondi a commissario straordinario, davanti all'aggravarsi della crisi finanziaria del gruppo, con posti di lavoro e indotto sempre più a rischio, più volte avevo avuto modo di richiamare il Governo anche alla necessità di un intervento finanziario da parte dello Stato, senza il quale gli 11 mila posti di lavoro dell'azienda e dell'indotto non sarebbero stati salvati e la stessa bonifica ambientale non sarebbe stata avviata.
  Ma se tutto questo è vero, allora non solo questo provvedimento, che oggi siamo chiamati a convertire in legge, ci deve apparire opportuno nella sua urgenza, direi provvidenziale, ma non si comprende nemmeno la posizione di quanti lo contestano, ancora una volta, mi pare, ciechi e sordi davanti a problemi immani. Urgente era il caso Ilva due anni fa, con il decreto-legge n. 61 del 2013, ancora più urgente è oggi; 300 milioni di euro è il buco finanziario nella gestione dell'Ilva, che alcuni hanno calcolato solo pochi mesi fa, e 11 mila i posti a rischio, ricomprendendo anche l'indotto.
  Da tempo avremmo dovuto ammettere lo stabilimento alla procedura dell'amministrazione straordinaria e questo provvedimento Pag. 40lo fa. Da tempo avremmo dovuto permettere all'Ilva di utilizzare le somme sequestrate ai Riva e questo provvedimento lo fa. Da tempo avremmo dovuto lanciare un piano di sostegno all'indotto corposo dell'Ilva, indotto vitale per i tarantini almeno quanto l'Ilva. Questo provvedimento in effetti vara tutta una serie di benefit fiscali e vantaggi finanziari per aiutare l'indotto e le imprese creditrici. E non sono marchette, signora Presidente, come abbiamo appena ascoltato qui da parte del rappresentante della Lega.
  Si tratta di provvedimenti che devono aiutare l'indotto, di provvedimenti che devono salvare dei posti di lavoro. Altro che marchette ! Mi riferisco alla sospensione dei termini per i versamenti dei tributi erariali, alla sospensione del pagamento dei mutui, allo stanziamento di 35 milioni di euro per il fondo di garanzia a valere sulla liquidità di piccole e medie imprese; 10 milioni di euro, poi, saranno impiegati per mettere in sicurezza i rifiuti radioattivi del deposito di Statte. E il commissario straordinario dovrà predisporre un grande programma di bonifiche per assicurare la salute dei cittadini del comprensorio e il pieno recupero ambientale. Per questo, lo Stato garantirà in prima persona per l'ottenimento di prestiti ponte fino a un massimale di 400 milioni di euro. Eccezionale, dunque, è il programma di risanamento che abbiamo davanti ed eccezionale deve essere la responsabilità cui sono chiamate tutte le forze politiche, di maggioranza e di opposizione.
  Avrebbe potuto essere migliorato questo provvedimento ? Certamente sì, non esistono provvedimenti perfetti e anche questo provvedimento presenta, a mio avviso, delle lacune, ma il termine di scadenza ormai impellente del decreto-legge, cui il Governo è stato costretto dall'urgenza e dalla straordinarietà del caso Ilva – urgenza e straordinarietà che giustificano, dunque, l'emanazione del decreto-legge –, non ha permesso a questa Camera di apportare ulteriori significative integrazioni rispetto a un testo che è stato discusso e licenziato al Senato.
  Il Governo, per bocca del Viceministro qui presente, si è detto disponibile ad accogliere ordini del giorno fattivi, di indirizzo e non meramente programmatici, e ad avviare un tavolo istituzionale che efficacemente sostituirà i tanti tavoli oggi esistenti e monitorerà costantemente la realizzazione degli impegni che il Governo oggi assume. Nessuna lacuna, invece, quanto al pieno rilancio del comprensorio che questo provvedimento ha a cuore. Il commissario straordinario dovrà presiedere alla riqualificazione di Taranto, della sua città vecchia, del complesso del vecchio arsenale, alle nuove infrastrutture del porto di Taranto, all'edificazione di centri culturali e ambulatori specialistici. Infatti, l'urgenza a cui siamo chiamati non è data solo dalla soluzione dei problemi immani che abbiamo innanzi e che la cattiva gestione dell'Ilva ha prodotto nel tempo, ma anche dalla creazione delle condizioni che permetteranno il rilancio economico di Taranto, il suo rilancio turistico, il benessere e la salute dei suoi cittadini, la creazione di nuovi posti di lavoro. È un aspetto che non è stato a mio avviso abbastanza approfondito. C’è il bene primario della salute dei cittadini, c’è la bonifica del territorio, ma, poi, ci deve essere pure il comprensorio economico, turistico e produttivo; c’è il lavoro che a singoli e famiglie dobbiamo garantire. In tal senso, ricordo poi anche l'accordo firmato ieri per il rinnovo dei contratti di solidarietà conclusi nel 2013 e nel 2014.
  Signora Presidente, il buon governo si realizza sempre nella gestione dell'oggi e nella costruzione del domani. Ma gestire l'oggi e le sue urgenze impone anche una severa analisi dei problemi senza confondere fra risposta immediata alle emergenze e costruzione programmatica delle condizioni per l'avvenire. Come dicevo all'inizio, c’è una ragionevolezza che è condizione del buongoverno. Alle condizioni date, questo provvedimento è quanto di meglio si può fare oggi per Taranto e i tarantini (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

Pag. 41

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Ricciatti. Ne ha facoltà.

  LARA RICCIATTI. Signora Presidente, inizia oggi una discussione non di certo nuova e che di certo non ci colpisce positivamente. Passa il tempo, ma non cambiano né i metodi né i contenuti. Questo è un approccio che noi non condividiamo, né nel merito, né nel metodo. Stiamo, anzi state nuovamente utilizzando lo strumento della decretazione d'urgenza, appellandovi a normative straordinarie e speciali. Sono sette volte che approcciate la questione Ilva e ancora non avete capito che non è questo lo strumento più idoneo. E non lo è perché strozzate i dibattiti, mortificate il ruolo dei parlamentari, prima nelle Commissioni e poi in Aula. Mi permetto di ricordare che, fino a prova contraria, la vostra riforma costituzionale non è ancora stata definitivamente approvata; pertanto, non siamo ancora in uno stato di monocameralismo.
  Sarebbe quindi opportuno che la smetteste di imbavagliare questa o l'altra Aula. Abbiamo assistito ad uno scenario al quale siamo tristemente abituati, a dire il vero, dove ci siamo ritrovati di fronte ad un muro di gomma. In Commissione abbiamo provato ad impiantare una discussione di merito sugli emendamenti, che di certo non sono stati ostruzionistici, e ci siamo sentiti rispondere, in maniera candida, come solo un bambino sa fare, che nel merito i nostri ragionamenti sarebbero anche condivisibili, ma che la Camera non può assolutamente apportare alcuna modifica al decreto-legge, perché pende sulla nostra testa, come una spada di Damocle, la data di scadenza, il 6 marzo. Ci sarebbero stati i tempi, eccome se ci sarebbero stati, bastava semplicemente volerlo, ma non lo avete voluto fare perché non avete voluto concedere cittadinanza politica in questo decreto-legge alle opposizioni: è questa la verità.
  Questo walzer si sta ripetendo, come una danza lenta da ben due anni, in cui per sette volte avete paventato la soluzione più efficace per tutti i problemi che l'Ilva presenta. Possiamo dire con serenità che siete ancora molto lontani dalle soluzioni, e questo non lo sostiene Sinistra Ecologia Libertà ma l'Unione Europea, che punta il dito contro questo Governo e ci bacchetta a suon di aperture di procedure di infrazione. Eccolo, l'unico risultato prodotto dalle vostre politiche, care colleghe e cari colleghi della maggioranza: fallimentare su tutta la linea, perché – venendo al merito della questione – nonostante la nomina di due commissari straordinari, di due subcommissari addetti al piano ambientale, di tre esperti e di tre supercommissari straordinari, tra continui rinvii e prescrizioni dell'AIA, alla fine non abbiamo avuto un ettaro né di mare né di terra bonificato. Questo è quanto.
  Lo abbiamo ribadito in tutte le sedi, dentro e fuori quest'aula: per noi vigono tre diritti imprescindibili, nessuno dei quali può essere subordinato all'altro: il diritto alla salute, il diritto al lavoro ed il diritto ad un'ecologia sostenibile. Non potete pensare di approcciare i problemi da una delle tre angolazioni: saremo in grado di dipanare la matassa e di costruire una soluzione condivisa solo fondendo questi tre diritti, facendo sì che entrambi godano di una piena attuazione e di un pieno riconoscimento. Solo così potremo dimostrare alla città di Taranto innanzitutto di aver compreso chiaramente quale è il focus del problema. E solo così potremo dimostrare che si può ancora avere fiducia nelle istituzioni. Mi permetto di ricordare che la famosa lotta all'astensionismo elettorale si combatte anche attraverso concrete azioni che dimostrano la vicinanza fra governanti e governati.
  Come spiegherete, riferendovi all'ambiente e alla salute, che date una interpretazione solo meramente numerica alle prescrizione dell'AIA ? Come direte che ci siamo impegnati a rispettare 1'80 per cento delle prescrizioni senza approcciare da un punto di vista qualitativo le prescrizioni ? Ma lo direte che il dato peraltro è assolutamente negativo proprio dal punto di vista di risultati in termini di bonifica ambientale, che non basta insomma ? Non si sa bene di cosa, ma rispetteremo 1'80 per cento delle prescrizioni. Pag. 42È almeno positivo il fatto che si sia data una deadline, un termine ultimo per l'attuazione, il 4 agosto 2016, che non appartiene ad un futuro prossimo ma molto imminente.
  Non siamo d'accordo, questo impianto è totalmente sbagliato: in questo decreto-legge si manifesta chiaramente che la valutazione di impatto sanitario è un aspetto secondario. Qui sta tutta la nostra disapprovazione e tutto il nostro stupore. Come fate a non capire che l'emergenza vera è che a Taranto la gente muore e che è in corso una emergenza oncologica ? Avete stanziato 5.000 euro per quest'anno per il reparto oncologico pediatrico di Taranto: è un passo avanti, ma non basta. Ne avete stanziati 5 milioni ma, per amore di verità, bisogna ricordare che quando siete andati a fare la promessa elettorale a Taranto Renzi promise 30 milioni. Non possiamo risparmiare sulla salute delle persone. Abbiate il coraggio di andare ad indicare di chi sono le responsabilità, e noi di SEL saremo al vostro fianco in questa battaglia. Ma ci vuole coraggio. Quel coraggio che non avete avuto nell'indicare nomi e cognomi dei responsabili ma che avete nel confermare dentro quest'aula che la legge non è uguale per tutti. State smantellando uno dei principi cardini della nostra giurisprudenza. Avete infilato nelle righe di questo decreto-legge un salvacondotto al commissario straordinario ed a tutti i suoi delegati, sub e sotto sub: garantite cioè la non punibilità preventiva per tutte le responsabilità penali ed amministrative.
  Riflettete, colleghe e colleghi, Taranto chiede giustizia e non dei salvacondotti che feriscono e lacerano profondamente i principi costituzionali di questa Repubblica.
  Alle colleghe e ai colleghi del PD vorrei chiedere di riflettere sulle affermazioni del Premier Renzi, che dice: se le opposizioni in tutti i passaggi della vita parlamentare scelgono l'ostruzionismo è un loro diritto, ma lo strumento naturale secondo Costituzione diventa fatalmente il decreto. Poi magari ci dice anche in quale Costituzione lo ha letto, perché la nostra dice che il decreto è adottato dal Governo in casi straordinari di necessità e urgenza. Spiegate al Premier che, per risolvere questo problema, deve, una volta per tutte, costruire una politica industriale per questo Paese, ma che, per farlo, non può e non deve ascoltare solamente Confindustria. Manca un'idea, manca una prospettiva, manca il futuro. Abbandoni il Premier la propaganda e la retorica, perché le conseguenze non saranno solo normative, ma anche economiche e sociali per una regione intera. I nostri territori avanzeranno la richiesta di vedersi riconosciuto il diritto ad una attività industriale che in molti casi è anche strategica e voi dovrete rispondergli che state svendendo tutta la nostra capacità produttiva; vi assumerete questa responsabilità. Non abbiamo questa consapevolezza e non abbiamo neppure la consapevolezza della tragedia che è stata arrecata al nostro Paese per l'assenza di una politica industriale vera, che riguardi anche aspetti di natura ambientale e quelli legati alla salute. Non si fa produzione industriale se non si tiene conto, oltre che dei riflessi direttamente connessi all'attività produttiva, anche di quelli economici, ambientali e sanitari.
  Su questi temi ci sarebbe piaciuto tanto confrontarci e riflettere insieme, non solo perché avremmo dato un senso alla nostra presenza e al nostro lavoro in quest'Aula e nelle Commissioni ma perché avremmo potuto provare a dare delle risposte ad un Paese. Per noi, care colleghe e cari colleghi, il senso della politica è proprio questo: portare le istanze delle persone nelle istituzioni, legiferare per migliorare la vita delle persone, intervenire, anche radicalmente, se necessario, nelle questioni, per debellare i cancri di questo Paese, non ce n’è solamente uno. Non ce lo avete permesso. Non avete voluto ascoltare e non avete voluto un confronto. Correte, affannandovi, inseguendo le date di scadenza dei decreti-legge, mostrandovi sordi e muti verso chi sta qui fuori. State perdendo grandi occasioni, colleghe e colleghi di questa maggioranza, che non recupererete Pag. 43nemmeno con un milione di tweet (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Pili. Ne ha facoltà.

  MAURO PILI. Presidente, mi perdoneranno i colleghi se non mi concentrerò sui dettagli di questo decreto, perché, essendo anche il settimo che affrontiamo, è evidente e fin troppo chiaro che sarebbe pleonastico ed inutile soffermarsi sui dettagli che si sono rivelati in questi due anni assolutamente fallimentari. Mi permetterò, invece, di entrare nel merito della strategia di questo Governo e di questa maggioranza, perché sarebbe un errore concentrarsi soltanto sul Governo Renzi e perché questi numerosi decreti (il settimo) sono figli di una strategia fallimentare messa in campo in questi anni da questa maggioranza. Non solo perché non ha saputo affrontare concretamente la vicenda dell'Ilva ma perché non è riuscita a dare uno sbocco reale allo sviluppo industriale del nostro Paese. Anzi, si è riusciti, in qualche caso in modo evidente, ad aggravare ulteriormente la situazione industriale del nostro Paese. E ci si potrebbe impegnare ad argomentare la positività. Ho sentito alcune argomentazioni di alcuni colleghi e ho sentito il Governo dire che sostanzialmente questo decreto risolverà quello che non è riuscito a fare il Governo precedente con l'ulteriore decreto. Ebbene, questo è il settimo decreto e non si è ancora focalizzato l'obiettivo. Si passa da un commissario all'altro come se si dovesse cambiare soltanto l'uomo al comando e non invece la strategia sul tema fondamentale. Un fallimento dietro l'altro caratterizzato dal metodo. Il metodo che avete anche questa volta seguito è quello dell'urgenza. E quando un Governo non è in grado di tracciare strategie compiute, quando un Governo come questo si affida ad un uomo come De Vincenti, che ha fallito tutte le vertenze possibili e immaginabili – lo dico perché entrerò nel merito di alcuni particolari –, è evidente che questo atteggiamento non ha capacità di valutare l'efficacia della norma.
  Ed è un fatto assolutamente rilevante che non si facciano valutazioni ex ante di ciò che si va a normare e che si preveda di passare da un commissario all'altro, dal decreto Marzano, dalla norma Marzano sull'amministrazione straordinaria a quello che è seguito con il Governo Monti, con il Governo Letta e oggi con il Governo Renzi, senza capire quale è la soluzione che deve essere perseguita. Operate, invocando, come è successo anche con questo, l'urgenza. In realtà, con l'invocazione dell'urgenza, voi dimostrate, ancora una volta, di essere più lenti che mai, quasi come se l'urgenza fosse una declinazione della lentezza del Governo. Il Presidente del Consiglio, in uno dei suoi innumerevoli sproloqui che ha annunciato in questa sua esperienza di Governo, ha detto: «metteremo una marcia in più all'industrie italiana». Effettivamente Renzi ha detto l'unica cosa seria: ha messo una marcia in più, ha messo la retromarcia perché è evidente che di fatto tutto quello che sta accadendo nelle industrie italiane è soltanto finalizzato a coprire nefaste scelte che sono state messe in campo in questi pochi mesi di suo Governo che hanno portato all'incremento marginalissimo della produzione soltanto funzionale ad aspetti esterni al nostro Paese.
  Allora, è evidente che bisogna fare una valutazione compiuta sul tipo di normativa che viene proposta. Ancora una volta, non c’è una qualità normativa e io vorrei citare, per esempio, le direttive comunitarie sul legiferare meglio. Ma per quale motivo oggi si ripropone un decreto-legge che interviene sulla materia delle industrie strategiche nazionali e non lo si fa inquadrando tutte le industrie del Paese ? Creando condizioni non soltanto per gli affari degli acciaieri che magari sono vicini a questo Governo ma creando le condizioni perché ci siano valutazioni a monte sul primo tema del decreto, cioè le industrie strategiche nazionali che noi dobbiamo sostanzialmente mettere sotto osservazione, cioè far ripartire, con strumenti straordinari, sapendo che occorre scegliere una linea economica interventista; di fronte all'assenza di una ripresa Pag. 44economica, occorre che lo Stato si faccia interventista sul piano economico, sulle principali industrie del nostro Paese.
  Allora, per quale motivo si sceglie e ci si focalizza soltanto sull'acciaio ? Per quale motivo ? Perché ci sono interessi diversi, perché ci sono troppi ammiccamenti di questo Governo con i potentati, con alcuni poteri forti e soprattutto non si tiene conto di realtà produttive che hanno esigenza di materie prime che sono fondamentali quanto l'acciaio e forse lo sono anche di più. Mi riferisco, per esempio, all'alluminio primario. La produzione nazionale di alluminio primario è pari a circa 190 mila tonnellate annue e copre solo il 12 per cento del fabbisogno interno e cioè l'industria automobilistica; quindi una catena, un parallelo tra l'acciaio e l'alluminio che andava obbligatoriamente fatto ma, forse, per l'alluminio primario, per i poveri lavoratori del Sulcis non ci sono le stesse condizioni: il supporto delle lobby e l'interesse ad aiutare le lobby forti che sono a Taranto e che sono dietro l'acciaio. Perché, anche in questo caso, la mission del Governo non è quella di tutelare la salute o magari i lavoratori, ma quella di favorire ulteriori accordi sottobanco tra l'industria dell'acciaieria del nostro Paese e il Governo e le parti politiche, non risolvendo alla radice i temi che devono essere messi alla base del ragionamento.
  Ebbene, se c’è questo dato dell'alluminio primario, che è fondamentale per l'industria, per esempio quella automobilistica, ma non voglio citare tutte le altre, dalla aeronautica e via dicendo, se c’è questa emergenza, per quale motivo si è fatto il decreto soltanto per l'Ilva di Taranto e non, per esempio, per l'alluminio primario di Fusina e di Portovesme ? Come si è detto e come l'ha scritto De Vincenti con il suo Ministro e lo stesso Renzi, è stato scritto un memorandum che è rimasto segreto – poi lo citerò nei dettagli perché è talmente segreto che ce l'hanno tutti – dove si afferma che bisogna intervenire su quella partita in termini strategici. Ma se lo scrivete in un memorandum che resta segreto che valore ha ? Perché non l'avete utilizzato, questo decreto, per fare invece una operazione più intelligente, più lungimirante, affiancando all'acciaio anche l'alluminio primario, che avesse la capacità di dare l'autonomia produttiva al nostro Paese su una materia prima fondamentale, per esempio, per l'impatto energetico ambientale sull'utilizzo di questo materiale ?
  Ebbene, non l'avete fatto e non l'avete voluto mettere in campo, avete scelto una strada che sul piano normativo è assolutamente errata ma è errata nella sua collocazione nel provvedimento d'urgenza che avete seguito, perché se fosse stato urgente è chiaro che l'avreste già risolto con i precedenti sei decreti. La realtà è che sei decreti sono stati fallimentari perché sono stati intrisi di un'urgenza funzionale soltanto ad un azzeccagarbugli come quello che qui oggi sta governando il Ministero dello sviluppo economico e più in generale il sistema economico del Paese. Azzeccagarbugli, perché non si può definire diversamente chi mette in campo sette decreti per affrontare e risolvere un problema. Chi è che può pensare in Europa che ci possa essere talmente tanta superficialità, talmente tanta incapacità, talmente tanta proliferazione normativa per risolvere un problema ? E si è detto nelle Commissioni, l'ha detto lo stesso rappresentante del Governo, non è escluso che si debba reintervenire: ma questo è un Governo autorevole ? Questo è uno Stato che si candida a intervenire nell'economia come sarebbe giusto in questo momento ? Con sette-otto provvedimenti per una fabbrica, per un settore, senza affrontare in termini strategici invece quello che era necessario, così come è indispensabile una riflessione compiuta su un altro tema che è all'attenzione di questo provvedimento, la crisi ambientale di Taranto.
  Ma quali sono i gradienti che disciplinano in Italia il sistema delle aree industriali compromesse sul piano ambientale ? Ci sono i siti di interesse nazionale che sono decretati dal Presidente del Consiglio dei ministri; quanti ce ne sono ? C’è quello di Taranto, ma c’è per esempio, sempre decretato dal Presidente del Consiglio dei ministri, quello del Sulcis; e per quale Pag. 45motivo si sceglie di favorirne uno a scapito di tutti gli altri venticinque siti nazionali di rilevante decretazione ministeriale ? Se il rappresentante del Governo, anziché stare al telefono, stesse attento a quello che si dice in Aula, sarebbe meno maleducato e più attento a quello che si deve fare.

  PRESIDENTE. Onorevole Pili, penso che il rappresentante del Governo...

  MAURO PILI. Sì perché è evidente che il rappresentante del Governo è da mezz'ora al telefono...

  PRESIDENTE. ...non stia al telefono per conversazioni private. Comunque, Viceministro...

  MAURO PILI. ...parlando con nessuno e penso che lei lo debba richiamare all'ordine, perché è da maleducati comportarsi così in quest'Aula.
  Detto questo, penso che sia assolutamente importante avere una visione strategica di un tema che non può essere in alcun modo sottaciuto, quello ambientale. Se vi è una regola per cui bisogna compenetrare la ripresa produttiva e la salvaguardia produttiva del nostro Paese con quella della tutela ambientale è evidente che ciò non può essere messo in alcun modo in discussione sul livello di equilibrio che deve guardare tutte le aree del Paese, non è accettabile che ci sia un occhio strabico che guarda e rivolge lo sguardo soltanto con risorse finanziarie imponenti a Taranto e non lo fa con le altre realtà che hanno sul piano dei tumori, sul piano delle malattie conseguenti alla crisi industriale e soprattutto alla crisi ambientale delle industrie un elemento fondante in tantissime altre aree del Paese. Bisogna scrivere le leggi uguali per tutti, non c’è una zona di serie A e una zona di serie Z, non si può pensare che questo Governo metta la retromarcia a tutte le altre e tenti di mettere soltanto la prima in qualche realtà.
  È evidente che tutto questo poi sconfina nella parte finanziaria. Da dove si prendono questi fondi ? Io vorrei che tutti noi riflettessimo, lo dico ai colleghi che sono nella parte d'Italia sotto Roma, perché l'80 per cento delle risorse del CIPE, dei fondi di coesione e di sviluppo, da cui si prendono le risorse, appartengono a quell'area che era definita delle aree sottoutilizzate. Si era cambiato il termine da sottosviluppate a sottoutilizzate perché bisognava rendere merito a quelle aree per renderle produttive e tutto questo invece lo si consuma attingendo risorse direttamente da quel capitolo, da quel «Bancomat», soltanto per tutelare coloro che i soldi – la famiglia Riva – ce li aveva in banca e cioè la colpa di questo Governo così come degli altri è stata quella di non far cacciare ai privati i soldi che si sono messi in banca, mentre invece oggi è costretto lo Stato a concorrere soltanto per Taranto.
  Per Taranto, in tre anni, sette decreti-legge; per il Sulcis – duemila lavoratori per strada –, un territorio, il più povero d'Italia, nemmeno mezzo decreto-legge. Ma c’è un memorandum, un memorandum di cui nessuno conosce la reale consistenza. C’è però un elemento, che è scritto in quel memorandum: c’è scritto che il Governo, per affrontare la questione energetica, si poneva l'obiettivo di prorogare la norma sulla superinterrompibilità, cioè un elemento che avrebbe consentito di abbattere il costo dell'energia non per perseguire tariffe agevolate, ma tariffe di riequilibrio che consentissero alle regioni insulari di essere messe sul piano del costo energetico alla pari delle altre regioni italiane ed europee.
  Ma per quale motivo in questo decreto-legge non si è fatta una norma generale che riguardasse tutte le industrie del Paese in determinate condizione in termini astratti, senza fare nomi e cognomi, che consentisse di fare quella proroga ? C’è scritto in quel memorandum, per imbrogliare i lavoratori, che bisognava fare la proroga per dieci anni, addirittura per dieci anni. Ebbene, per quale motivo non c’è stato nessun provvedimento proposto da questo Governo ? Un Governo così lungimirante, che ancora, in due anni e mezzo, non è riuscito a risolvere e anzi è Pag. 46riuscito a far licenziare tutti i lavoratori dell'Alcoa e delle imprese dell'appalto, facendo un piano di sviluppo del Sulcis che è destituito di qualsiasi fondamento finanziario: ogni sei mesi fanno una conferenza stampa, chi a Cagliari, chi a Portovesme, chi a Roma, per annunciare che ci sono 127 milioni, e non è ovviamente vero. La dimostrazione è che, per mettere i soldi, fanno un decreto-legge, per Taranto si fa un decreto-legge, cosa che non si è fatta per il Sulcis, cosa che non si è fatta per tantissime altre aree del Paese perché ci sono interessi, ci sono lobby, ci sono poteri forti che stanno condizionando questo Governo in lungo e in largo. Perché lo fanno per Taranto e non lo fanno per il Sulcis ? Per una semplice ragione: perché vogliono portare quel territorio alla fame per costringere quel territorio a ricevere i signori Mossi e Ghisolfi, i finanziatori delle campagne elettorali del Presidente del Consiglio – centinaia di migliaia di euro in ogni occasione dati e versati alla sua fondazione – per realizzare nel Sulcis cinquemila ettari di canne, di campi di calcio che vengono trasformati in canne. Come è possibile che, anziché lasciare l'agricoltura produttiva di qualità e le filiere di qualità produttiva, si pensi di portare nel Sulcis cinquemila ettari di canne per infestare con una specie infestante tutta l'area produttiva ? Per un semplice motivo: perché si porterà alla fame quel territorio, si licenzieranno – come si sono licenziati – i lavoratori e saranno costretti ad accettare, magari per duecento o trecento posti di lavoro, un'occasione che devasterà il territorio. È tutto scientifico per portare nelle aree più povere gli speculatori ambientali, quelli che si ammantano di chimica verde, una volta, o di energia verde un'altra, per fare speculazioni a basso costo ed a basso cabotaggio. Questo è quello che vuole fare questo Governo con questo decreto-legge che ha messo in campo oggi, un decreto-legge che è la rappresentazione fallimentare del Governo, di un Governo che è costretto a reiterare per la settima volta un decreto-legge e che non riesce ad inquadrare le logiche di questo decreto-legge in una logica di strategia nazionale ed è costretto a fare l'amministratore di un condominio, di una città, seppure importante, seppure gravata da problemi ambientali rilevanti, ed è un Governo che si occupa di una parte del Paese, di una minima parte del Paese e ignora tutte quelle emergenze ambientali che esistono nel nostro Paese e dimentica la strategia perché, se fosse stato un Governo serio, lungimirante e attento a quei dati, certamente non gli sarebbe sfuggito che l'Italia produce soltanto il 12 per cento dell'alluminio primario, cioè di una materia prima sul piano ingegneristico, sul piano della creazione di un indotto per l'abbattimento del costo energetico, da una parte, e del risparmio ambientale, dall'altra. Ebbene, noi deleghiamo, chiudiamo e facciamo tutto perché a Fusina, nel Veneto e, per quanto riguarda l'Alcoa nel Sulcis si chiuda tutto.
  Ebbene, questo è un decreto-legge che non potrà mai avere il mio voto favorevole, piccolo, modesto e umile voto, ma che è quello che viene dal profondo del cuore di un territorio come quello del Sulcis che si sente depredato per l'ennesima volta da un Governo e da un rappresentante del Governo che è dovuto scappare con un elicottero dal Sulcis perché i lavoratori non hanno creduto a quelle balle di due anni fa e bene hanno fatto a non crederci.
  Ebbene, oggi siamo di fronte a questo decreto, che è parziale, che è per pochi amici, che è per pochi eletti, che utilizza l'obiettivo sanitario-ambientale soltanto per fare altre regalie ai poteri forti. Questo, per quanto mi riguarda, non smetterò mai di denunciarlo, perché credo che se l'approvvigionamento dei soldi, che vengono dal Fondo di coesione e di sviluppo nazionale, ancora una volta riguardano quella porzione di Taranto e non riguardano un riparto proporzionale teso a riequilibrare, a misurare i divari e conseguentemente compensarli, ebbene allora questo è un Governo strabico, un Governo incapace di sovrintendere a quelle esigenze fondamentali di un Paese che avrebbe l'ambizione di avere un Governo autorevole, che non si occupa degli affari degli Pag. 47amici, ma che guarda davvero ai problemi seri del Paese, ai problemi seri che, per esempio, nel territorio del Sulcis sono gravi anche perché questo Governo non è stato in grado, in due anni, di adottare un solo provvedimento che li potesse risolvere.

  PRESIDENTE. Prima di passare al prossimo intervento, saluto insegnanti, studentesse e studenti del liceo classico «Quinto Orazio Flacco» di Potenza, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
  È iscritto a parlare il deputato Zaratti. Ne ha facoltà.

  FILIBERTO ZARATTI. Signora Presidente, signori rappresentanti del Governo, ci troviamo qui per la settima volta a discutere un decreto che riguarda l'area dell'Ilva, una delle aree di più drammatica crisi ambientale, di grande crisi sanitaria, un'area di grande crisi industriale, tant’è che finalmente è stata dichiarata l'amministrazione straordinaria. Ora, il fatto che noi ci troviamo per la settima volta a discutere di questo argomento il buon senso vorrebbe che qualcuno facesse un po’ di autocritica rispetto ai sei precedenti decreti che, evidentemente, non sono stati in grado di affrontare problemi così importanti come quelli dell'Ilva e di Taranto. Invece, abbiamo ascoltato in questi giorni dalle labbra degli esponenti del Governo e della maggioranza una serie di dichiarazioni enfatiche, che tendevano a dire che, appunto, a fronte della più grande crisi ambientale ci si trova di fronte a un grandissimo piano di risanamento, a un grande piano industriale, a una grande avventura che poneva il nostro Paese all'avanguardia su questo tipo di interventi.
  Le parole sono spesso belle ma nel nostro caso, ahimè, sono come le bugie, che hanno le gambe corte, perché se è vero che il piano è ambizioso e se è vero che la crisi è straordinaria, noi dobbiamo constatare con amarezza che fino ad oggi in due anni questa maggioranza e questo Governo non sono stati in grado di affrontare nessuno dei problemi che sono emersi, in modo così evidente e così gravoso, in relazione all'Ilva e a Taranto.
  I miei colleghi che sono intervenuti precedentemente hanno ricordato come neanche un metro di terreno sia stato bonificato, grazie a ciò che era previsto nei precedenti sei decreti, anch'essi portati con urgenza nell'Aula di questo Parlamento, non uno spicchio di mare è stato bonificato, non un intervento a tutela della salute è stato messo in atto. Questa è la realtà alla quale ci troviamo di fronte e anche alcune iniziative positive che pure il Parlamento ha messo in campo sono rimaste lettera morta. Mi riferisco, per esempio, ai 25 milioni di euro stanziati in relazione alla screening sanitario che era necessario fare a Taranto. Questi 25 milioni di euro sono rimasti lettera morta perché sono 25 milioni di euro stanziati, ma sono 25 milioni di euro non erogati alla regione Puglia per poter fare lo screening sanitario e, quindi, anche quell'iniziativa positiva presa dal Parlamento rimane lettera morta.
  La verità è che ci troviamo di fronte ad un fallimento significativo della vostra maggioranza e del Governo nell'affrontare una delle crisi più drammatiche a cui il nostro Paese si è trovato di fronte, appunto quella crisi ambientale di una struttura industriale che – lo voglio ricordare – occupa una superficie superiore a quella dell'intera città di Taranto, una struttura industriale che ha causato danni sanitari ormai accertati, anche grazie all'operato della regione Puglia, che ha messo in condizioni gli operatori di avere quei dati fondamentali per poter monitorare davvero il danno sanitario. Ecco, un danno sanitario enorme, rispetto al quale si è aggiunta una crisi industriale significativa, perché la novità che noi abbiamo di fronte è che non solo quella è una struttura ambientalmente non compatibile con quel territorio, non solo quella è un'industria che causa danni enormi alla salute, ma è anche una struttura in crisi che produce perdite. E questo è dato non soltanto dall'andamento del mercato, non soltanto dall'intervento positivo della magistratura, ma è dato anche dal fatto che i commissari Pag. 48che si sono succeduti hanno speso vanamente i soldi che erano a disposizione, perché le scelte sbagliate che sono state fatte in precedenza hanno comportato una perdita secca di denaro, che non è stato utilizzato per il risanamento ambientale, che non è stato utilizzato per il rilancio industriale di quella attività. Io penso che un Governo serio dovrebbe venire davanti al Parlamento e fare, come si diceva una volta, autocritica rispetto alle scelte sbagliate che sono state portate avanti fino ad oggi.
  Ancora una volta voi portate avanti delle iniziative e dei provvedimenti dentro il decreto che sono sbagliati. Mi riferisco per esempio all'80 per cento delle prescrizioni, cioè al fatto che l'AIA si intende assolta se almeno l'80 per cento delle prescrizioni in termini numerici, così com’è stato specificato evidentemente da un opportuno emendamento del Partito Democratico in Senato, sono state assolte in data 31 luglio 2015. Ebbene, io voglio ricordare che, quando si parla di prescrizioni dal punto di vista numerico, gran parte delle prescrizioni sono di ordine normativo e non si può mettere sullo stesso piano una norma che riguarda l'andamento dell'attività in quell'azienda con una prescrizione che copre i parchi minerari, perché è del tutto evidente che la prima si cambia semplicemente cambiando un regolamento, mentre per mettere in campo la seconda ci vogliono centinaia di milioni di euro. La conclusione di questo ragionamento, che voi introducete in questo decreto, è che si salverà la coscienza di chi deve mettere in campo quelle prescrizioni, ma ancora una volta non si metterà in campo un euro, per risanare dal punto di vista ambientale una situazione disastrosa, perché il 20 per cento delle prescrizioni che rimarranno fuori sono proprio quelle degli investimenti economici che servono a tutelare la salute e l'ambiente a Taranto. D'altro canto, è evidente che è così, perché nel decreto voi mettete anche al sicuro coloro che dovrebbero applicare le prescrizioni e, per la prima volta nel nostro ordinamento, voi introducete il principio dell'impunibilità, cioè il fatto che un cittadino non è uguale davanti alla legge come tutti gli altri; non è mai accaduto nella storia del nostro Paese, non della Repubblica, ma nella storia giuridica del nostro Paese, che si introducesse in un decreto-legge, in una legge, un principio che riconosceva a qualcuno l'impunibilità penale per il proprio operato. Il titolo di un vecchio film era 007 Licenza di uccidere, in cui a quel personaggio veniva concessa la possibilità di uccidere nell'esercizio delle sue funzioni di agente segreto, voi al commissario straordinario dell'Ilva, e addirittura anche ai suoi non meglio identificati delegati, lasciate la totale impunibilità rispetto a quello che faranno nell'esercizio delle loro funzioni. Ma io vi prego davvero di riflettere sull'assurdità e sulla gravità di questa norma.
  Se questa norma viene introdotta nel nostro ordinamento giuridico, che cosa ci può garantire che questa stessa norma non sia inserita in una seguente legge che riguarda i diritti delle persone o qualunque altro argomento ? Voi state stravolgendo la civiltà giuridica del nostro Paese, state distruggendo la certezza della legge nel nostro Paese, minando una delle questioni fondamentali, che riguarda non soltanto le norme della Costituzione, ma anche lo Statuto Albertino: il fatto, cioè, che tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge.
  Penso che questa sia la cosa più grave che il vostro Governo – che ha già causato, ahimè, significativi guasti al nostro Paese – e voi abbiate introdotto in uno dei decreti che così numerosi continuate a portare nelle nostre Aule. Che vi sia, diciamo così, una certa malafede – mi scuserete – nel vostro ragionamento è dato dal fatto che voi non avete neanche voluto finanziare la possibilità di ampliare gli organici dell'ARPA Puglia. L'ARPA, in questo caso, è esattamente l'ente che deve servire a verificare se le prescrizioni, se la bonifica sta andando avanti o meno.
  Allora, voi, non finanziando questa attività, non dando la possibilità di ampliare gli organici dell'ARPA, di fatto state sancendo un principio per cui non vi sarà mai Pag. 49nessuno che possa controllare, e, comunque, coloro che faranno degli errori e saranno punibili per colpa grave non avranno la possibilità di essere perseguiti, perché, appunto, voi, con questa legge, gli date l'impunità.
  Penso che questo sia davvero un elemento di gravità inaudita; lo dico sinceramente, anche con la stima che mi lega ai colleghi della Commissione ambiente, al Viceministro De Vincenti. Insomma, abbiamo lavorato su molti decreti e spessissimo non ci siamo trovati d'accordo, ma in questo caso la differenza è di fondo: voi vi state assumendo una responsabilità che io credo non sia nella vostra disponibilità. Voi state utilizzando e usurpando, diciamo così, un potere che non è nelle vostre mani, ed è per questo che vi prego di ripensare a questo decreto, di modificarlo e renderlo più adeguato ad affrontare i problemi che abbiamo di fronte.
  Signor Presidente, signor Viceministro, voglio aggiungere che voi vi dovreste occupare un po’ di più, forse, di politica industriale nel nostro Paese. Ancora oggi non abbiamo capito che volete fare: se volete sostenere la nostra industria, se volete puntare sulla siderurgia o meno, se volete puntare sul manifatturiero italiano. Su questo non parlate; parlate soltanto di mille altre cose, che, francamente, non servono al Paese.
  Noi abbiamo la sensazione, signor Presidente, signor rappresentante del Governo, che voi davvero stiate facendo la politica de Il Gattopardo, e, come disse Tancredi Falconeri, nipote del principe Fabrizio, appunto ne Il Gattopardo, se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi. Voi continuate a cambiare i decreti, ma la situazione dell'Ilva rimane sempre uguale (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Zolezzi. Ne ha facoltà.

  ALBERTO ZOLEZZI. Grazie, Presidente. Parlerò un pochino di questo decreto-legge n. 1 del 2015: è un numero che già da solo sta a significare l'intendimento del Governo su questo tema, sta a significare che c'era un piano preordinato di non consentire alcun tipo di attività parlamentare su questo tema, perché il Governo non può predire certo il futuro, ma può avere in tasca un'agenda molto più precisa rispetto alla nostra su quella che è l'attività. Quindi, era previsto che vi fosse poi una discussione di riforme incostituzionali, di una legge elettorale più incostituzionale della precedente.
  Quindi, era chiaro che questo decreto non avrebbe avuto nessun tempo e nessuna possibilità d'interazione con il Parlamento. Questo dà l'idea della superbia del Governo, che crede di poter intervenire su temi così importanti come quelli di uno stabilimento di interesse nazionale, della salute della popolazione di una città e di una regione intera, e di un settore strategico a livello nazionale, come è quello della produzione dell'acciaio. Per cui proverò a descrivere qualcosina senza neanche un discorso scritto, perché come dicevano i latini «rem tene, verba sequentur». Se ho capito qualcosa da questi sette decreti, forse qualcosina su questo decreto potrò provare a dire. Noi possiamo parlare sulla base di quello che ci viene dato sapere, siamo nell'epoca della rete, ma purtroppo molti dati vengono tenuti assolutamente occulti, assolutamente nascosti nella realtà industriale, nella realtà politica italiana. Noi siamo un gruppo di opposizione per cui siamo curiosi e cerchiamo di capire, di approfondire, tutti gli aspetti, tutti gli emendamenti proposti dagli altri gruppi, cerchiamo di proporre miglioramenti, ma ci rendiamo conto che su molti temi ci sono dati assolutamente nascosti, assolutamente resi non fruibili a noi e, quindi, a tutti gli altri cittadini italiani. Poi ci rendiamo conto che probabilmente le idee, anche di chi sta nascondendo molte verità, sono assolutamente confuse. Io credo che bisogna partire proprio dalla base, dal nome Ilva. Ilva, in realtà, è un nome latino, Ilva deriva dal nome latino dell'isola d'Elba dove veniva prodotto il ferro, dove Portoferraio testimonia questa tradizione metallurgica dell'isola. Quando nel 1905 fu fondata appunto Pag. 50la società Ilva, fu l'unione di una serie di attività produttive già fiorenti che legavano un po’ tutte le attività produttive del settore a livello nazionale, quelle dell'Umbria, di Terni, quella dell'Isola d'Elba, quella di Piombino e quelle presenti a Genova, la società, appunto, ebbe la sede iniziale nel capoluogo ligure. Ma già allora ci furono una serie di problemi, questa azienda quando si costituì su un livello di produzione nazionale, iniziò a destare preoccupazione da parte di altre nazioni europee. Si inizio già nei primi del Novecento con un vero è proprio dumping industriale, la produzione nazionale italiana che si organizzava, si strutturava, causò un attacco vero e proprio, da un punto di vista economico, da parte di nazioni che sono quelle che ancora oggi stanno nella maniera più assoluta cercando di stroncare non solo il settore dell'acciaio, ma tutto il settore della produzione industriale italiana. Quindi, questa ripetizione storica dovrebbe avere insegnato, a mio parere, molto di più al nostro Governo se davvero intende esercitare un'azione di miglioramento dell'attività produttiva dello stabilimento Ilva di Taranto. Abbiamo visto solo in questa legislatura questi sette decreti che hanno tentato, in qualche modo, di inserirsi su una gestione societaria assolutamente deficitaria su tutti i versanti. Ricordiamoci, anche se sono cose che un pochino abbiamo sentito molte volte, che questa famiglia Riva, addirittura fino al 1999, aveva le emissioni dalle ciminiere prive di qualsiasi filtro, contrariamente a quelle che erano le norme di legge. Per cui i cittadini di Taranto, e della regione Puglia, hanno subito emissioni importantissime. Quando poi furono acquistati i filtri per le ciminiere, si capì che la spesa, l'esborso per questi filtri, non fu neanche così importante.
  Come dire: sì, forse volevamo proprio odiare questi cittadini di Taranto, volevamo farli soffrire, poi alla fine non era neanche un discorso economico che ci impediva di ambientalizzare un minimo sulle emissioni dello stabilimento. Adesso, andando avanti con la tecnologia e anche un pochino con le normative, ci si rende conto che probabilmente non è l'aspetto economico a impedire il recepimento del 100 per cento delle prescrizioni AIA. Probabilmente c’è un atteggiamento davvero di sfruttamento del prossimo, sfruttamento dei cittadini tutti e dei lavoratori della città di Taranto.
  Questo secondo me è in parallelo con il fatto che non si diano tutte le informazioni a livello pubblico. L'Unione europea ci chiede delle cose molto semplici. Ci chiede un piano industriale relativo a uno stabilimento di interesse nazionale, in merito anche ai finanziamenti e ai prestiti, che possono essere in qualche modo auspicabili per tenere in vita un settore e renderlo sostenibile. Ma il piano industriale non c’è. Ormai in queste audizioni – che si tengono con i vari commissari, subcommissari e queste santissime trinità di persone che devono reggere lo stabilimento dell'Ilva – non ci raccontano mai la verità e non rendono pubblico quello che sicuramente hanno chiaro loro e, spero, alcuni membri del Governo. Infatti, se non ci fosse neanche chiarezza da parte del Governo, risulterebbe chiaro che forse manca totalmente la governance, che lo stabilimento non è di interesse nazionale e che non si sa neanche bene di chi sia l'interesse.
  Pertanto, mancando un piano industriale, non capiamo se ci sarà un futuro per questo tipo di attività, nello specifico lo stabilimento di Taranto. Quindi non si riesce neanche a capire quanto abbia senso spingere su tutte le misure di ambientalizzazione. Non si capisce se questa produzione, che adesso è decisamente ridotta rispetto al passato, sia qualcosa che serve solamente a tentare di tappare dei buchi di bilancio o se, invece, sia un diversivo per non fare capire qual è la vera situazione dello stabilimento Ilva di Taranto. Per cui tutte queste pratiche per cercare di tamponare – anche ovviamente in maniera formalmente corretta – sui debiti e sulla situazione creditizia verso le piccole e medie imprese dell'indotto bisogna capire che tipo di futuro avranno.Pag. 51
  È notizia di poche ore fa, appunto, che i lavoratori che in qualche modo vengono considerati esuberi sono circa 4 mila. Sembrava che fossero 3.500, ma 500 li abbiamo aggiunti proprio in queste ore in cui si discute questo decreto-legge. Così, visto che il Governo riesce a imporre la blindatura di un testo, impone anche altri 500 esuberi. Quindi non c’è neanche più il ricatto occupazionale, è proprio il contrario: impongo che il Parlamento non si esprima su un testo e, oltretutto, regalo altri 500 esuberi, con ammortizzatori sociali che non si sa assolutamente per quanto potranno andare avanti. È una situazione davvero incresciosa. Al settimo decreto-legge è chiaro che lo scandalo deve rimanere comunque uguale, perché si rischia davvero di assuefarsi a questo tipo di politiche. Va ricordato ai cittadini italiani che, dal 5 gennaio, quando il decreto-legge è stato pubblicato – quindi è un decreto-legge che scade il 6 marzo –, solo due settimane fa, fra voti sulla riforma costituzionale e voti sulla legge elettorale, c’è stata l'approvazione poi al Senato di questo testo.
  Però non è stato approvato il testo base del decreto-legge del 5 gennaio. È stato approvato un altro testo con un maxiemendamento. Questo cosa vuol dire ? Vuol dire che in pratica non c’è mai stata la possibilità di interagire neppure sul testo iniziale, in nessuna delle Camere. Stiamo di fronte ad un «acameralismo», nel senso che non c’è più nessuna Camera che sta cercando di legiferare in Italia, senza neppure che sia passato un testo di riforma, più o meno costituzionale, all'interno di queste Camere.
  In questa mancanza di Camere ci troviamo con un testo che davvero non parte dalla base. È un testo che non affronta la realtà dello stabilimento e, tanto meno, la realtà dell'area del comune di Taranto e di Statte, purtroppo, inquinata in maniera davvero importante, tanto che tra i SIN (siti di interesse nazionale per le bonifiche) probabilmente è quella più compromessa.
  Ci sono tanti aspetti che non vengono considerati in questo testo che noi avremmo cercato e cercheremo, con gli emendamenti presentati, di affrontare. Devo dire che questo è avvenuto anche grazie alla costituzione della Commissione bicamerale di inchiesta sugli illeciti nel ciclo dei rifiuti.
  La formazione e l'attuazione di questa Commissione è stata ritardata. Le attività sono iniziate nell'ottobre del 2014 e tra le attività c’è stata anche l'ispezione a Taranto e a Statte. L'ispezione a Statte ha riguardato, in particolare, il deposito delle scorie tossiche e in parte nucleari nel magazzino della ex Cemerad. È vero che questo decreto-legge in parte finanzia il tentativo di messa in sicurezza di questo magazzino. Il magazzino della ex Cemerad è come se fosse un magazzino di campagna dove si possono accumulare balle di fieno. Ma in realtà in questo magazzino di campagna, privo di parafulmine e privo di qualsivoglia sorveglianza e di recinzioni, sono contenuti 16 mila fusti, di cui 13 mila sono rifiuti pericolosi generici e altri 3 mila sono rifiuti radioattivi.
  Credo che l'impegno del presidente della Commissione di inchiesta sia stato importante. È chiaro che quella situazione era la classica goccia che fa traboccare qualsiasi vaso. Penso che le foto relative a questo scandalo pazzesco che sono girate in quel periodo siano state utili. È un po’ il ruolo della rete: quando passano le informazioni, pian piano si ottiene di capire spesso e di migliorare le situazioni più vergognose che si verificano in alcune realtà.
  Ed è successo così. Aver visto questi bidoni accumulati, questo quantitativo enorme di fusti accumulati provenienti dalla zona di Taranto in qualche modo ha mosso l'opinione pubblica. Si è potuta portare la questione all'attenzione del Presidente del Consiglio e in qualche modo arrivano questi 10 milioni di euro. Ma a mio parere questo non è sufficiente, perché c'era un'urgenza molto maggiore. Quindi, quella situazione avrebbe dovuto essere già risolta, perché è una situazione di urgenza tale che anche il sindaco di Statte il giorno dopo doveva essere messo Pag. 52in condizione di mettere in sicurezza quella situazione. Siamo comunque in ritardo.
  Ma soprattutto non si capisce la tracciabilità dei rifiuti presenti in quel magazzino. Infatti, non si capisce davvero cosa sia l'Ilva, questa Isola d'Elba che si è spostata fino a Taranto. Non si capisce perché una parte di questi rifiuti radioattivi provengano direttamente dallo stabilimento Ilva di Taranto e non si capisce perché lo stabilimento Ilva di Taranto produce rifiuti radioattivi. Ma non si vuole neanche capire. Noi nelle proposte emendative lo abbiamo scritto: vogliamo monitorare, mappare l'eventuale ulteriore presenza di altri rifiuti radioattivi dentro al perimetro dello stabilimento. Vogliamo monitorare come si formano questi rifiuti, perché non è secretato.
  Quindi, va portato all'attenzione dell'Aula come rispose il funzionario durante le audizioni in prefettura a Taranto quando gli chiesi perché l'Ilva aveva prodotto rifiuti radioattivi e di farci qualche esempio. Lui disse che i filtri delle ciminiere, per esempio, sono radioattivi perché funzionarono durante il disastro di Chernobyl. Insomma, avere una radioattività elevata come fosse quella di un precursore di un'arma nucleare semplicemente perché un filtro era stato esposto nel periodo di Chernobyl credo che, da un punto di vista tecnico, sia una spiegazione che non sta in piedi.
  Quindi, non ci sono mappature di quello che arriva come matrice per la produzione dell'acciaio all'Ilva di Taranto. Si risparmia, si prendono le matrici meno costose di tutto il mondo.
  Era un po’ per quello che in qualche modo si sosteneva in maniera patologica il mercato. Quindi, adesso, con questo decreto-legge non si parte con una vera volontà di ambientalizzare e di risolvere una situazione che ormai è chiaramente insostenibile ed irreversibile sul versante della produzione industriale. Ma non si vuole neppure davvero cercare di porre rimedio a quello che è evidente. Tutti quanti siamo d'accordo sulla bonifica delle scorie nucleari e, quindi, i soldi adesso ce li mettiamo, ma bisogna andare semplicemente un po’ oltre, essere un pochino certi che non ci siano altre scorie nucleari dentro lo stabilimento, che non ci sia una produzione persistente di questo tipo di rifiuti perché magari li si utilizza nelle matrici per produrre l'acciaio.
  Lo stesso vale per l'amianto: da dati molto imprecisi, di difficile incrocio, si potrebbe stimare – ma questo è un dato assolutamente impreciso – la presenza di mezzo milione di tonnellate di materiale contenente amianto dentro il perimetro dello stabilimento Ilva di Taranto. Tutti quanti siamo d'accordo che l'amianto sia cancerogeno e che possa causare danni, però in questo decreto-legge non è prevista la mappatura, non è prevista la messa in sicurezza adeguata del materiale contenente amianto che, come sappiamo bene, fino al 1992 era parte integrante delle attività produttive. Poi, da notizie di stampa, risulta che addirittura l'Italia avrebbe continuato ad importarlo, spero non per quanto riguarda l'Ilva di Taranto.
  Questo, però, va fatto perché se c’è mezzo milione di tonnellate di amianto, deve essere messo in sicurezza per evitare che questo possa causare altri decessi. Anche gli ultimi studi epidemiologici, infatti, hanno consentito di stabilire che, nonostante l'attività sia a regime ridotto, ci siano ancora più di trenta decessi all'anno legati alle emissioni dirette dello stabilimento. Neanche a tutte le emissioni, ma alle emissioni del particolato, delle polveri sottili. È difficile elaborare un modello matematico che ascriva eventi di mortalità o di malattia collegabili, per esempio, alle diossine.
  Il tema diossine in questo decreto-legge viene assolutamente e volutamente non affrontato. L'Ilva si basa sull'assioma che, essendoci una legge regionale molto restrittiva, allora le diossine non sono un problema. È vero, la legge regionale pugliese, bisogna dirlo, con gli 0,4 nanogrammi per metro cubo lineare emessi, è una legge di avanguardia a livello nazionale. C’è da dire, però, che questo è un dato di concentrazione. Andando a valutare, poi, il valore assoluto di emissione, Pag. 53cioè i metri cubi lineari o normali metri cubi che dir si voglia, emessi da tutto lo stabilimento, da tutte le emissioni, si trova che dai nanogrammi si passa a decine di grammi di diossine emesse da questo stabilimento. Qualcuno potrebbe dire: beh, ma sono decine di grammi, insomma, cosa vuoi che siano ? Decine di grammi vuol dire, secondo l'Organizzazione mondiale della sanità, che quelle diossine emesse sarebbero accettabili per una popolazione di un miliardo di persone e non di 100 mila come quelle che in qualche modo sono impattate dallo stabilimento. Quindi, è chiaro che ci sono centinaia di volte di più di emissioni di interferenti endocrini sull'area di Taranto e continuano ad esserci nonostante la legge regionale e nonostante ci sia stato, come va ammesso, un adeguamento a tecnologie migliorative.
  Tuttavia, è così, insomma, si tratta di un decreto-legge che, nonostante sia il settimo, non affronta la realtà industriale di Taranto, non tende ad ambientalizzarla e con i metodi scelti è un decreto-legge che assolutamente il Parlamento non può modificare, nel bene o nel male. Infatti, non è che il Parlamento faccia bene o faccia male, questo dipenderà da come votano i cittadini. Ma se i cittadini hanno votato delle persone per essere qui a scrivere delle leggi, il fatto di non avere alcuna possibilità di intervenire, se non con questi ordini del giorno vincolanti, sinceramente è davvero limitativo e, purtroppo, le armi in questo momento sono comunque spuntate, non solo perché siamo in opposizione, ma perché, purtroppo, non è consentito riuscire con temi che, appunto, io credo sarebbero anche condivisi. Quindi, io tendo sempre meno a capire qual è l'intento di questo Governo e mi chiedo davvero se sappiano qualcosa loro.
  Questa ispezione che abbiamo fatto a Taranto è stata caratterizzata per davvero dalla segretezza: abbiamo potuto visitare solo una minima parte dello stabilimento e non credo per motivi di sicurezza perché ci siamo recati anche recentemente in altri stabilimenti e ci siamo bardati con tute dalla testa ai piedi.
  C’è, dunque, la possibilità di visitare anche perché, se davvero non fosse sicuro, probabilmente neppure i lavoratori potrebbero entrare per capire se ci sono sversamenti, se ci sono situazioni particolari. Pertanto, non si vuol far capire che cos’è questa Ilva di Taranto, questa isola che dovrebbe essere felice e si spera prima o poi lo ritorni.
  Ripeto che non si capisce qual è la matrice con cui si fa l'acciaio, se arrivino ad esempio rifiuti tossici trasformati e fusi nella fonderia, non si ha l'idea di quello che viene fuso per creare acciaio. Non si ha tracciatura, non si hanno documenti. A domanda i commissari hanno risposto che, sì, in passato sono stati utilizzati, sono entrati rifiuti dentro lo stabilimento, che in questo momento non lo si fa per vari motivi, però in realtà ci sarà la richiesta in futuro, se la situazione industriale migliorerà, di continuare ad utilizzare rifiuti per produrre acciaio.
  Quindi, forse l'Ilva – chi lo sa, visto che non abbiamo notizie ? – posso anche pensare che sia una grossa discarica di rifiuti tossici pericolosi, radioattivi, amianto e che sia necessaria e strategica per questo e non tanto per produrre acciaio che ormai purtroppo è fuori mercato, perché non si è riusciti a fare quello che nel 1905 eravamo stati più bravi a fare, cioè ad avere una produzione nazionale, ad avere un'industria nazionale.
  Ormai questo Governo è succube del dumping industriale che ormai è un dumping politico. Si vede quando i nostri politici di Governo vanno a Bruxelles, quando incontrano questi personaggi che a loro volta non sono eletti, che costituiscono un consiglio d'Europa che è assolutamente lontanissimo dalla realtà, dalla popolazione, dalle persone, da questa rete. Hanno una paura folle della rete, delle notizie e quindi si tiene tutto nascosto.
  Anche noi, ripeto, come Commissione di inchiesta abbiamo visitato un centesimo dello stabilimento e va detto. Ma, nonostante questo, tante cose si capiscono e basta avere gli occhi aperti e si riescono a percepire tanti aspetti. Si vede, ad esempio, che la discarica Mater Gratiae non è Pag. 54una normale discarica: è come sporgersi su un precipizio e guardare verso l'infinito perché sono chilometri e chilometri con diversi tipi di discariche dove in futuro si cercherà di portare altri rifiuti tossici e pericolosi. Infatti, se verrà concessa questa deroga contenuta nel decreto-legge, deroga a qualsiasi normativa, a quel punto i rifiuti potranno arrivare da altre regioni, potranno arrivare anche dall'estero. Forse è per questo che si vuol tenere in piedi in qualche modo una produzione fittizia di acciaio, peraltro in passivo (oltre 30 milioni di euro al mese di passivo), per produrre questo acciaio perché forse il guadagno, che non è certo dello Stato, è il conferimento di rifiuti. Forse, io dico «forse» perché non avendo nessuna notizia precisa, non avendo neppure potuto ispezionare tutto lo stabilimento, non so bene quello che avvenga anche perché è chiaro che il ricatto occupazionale è grande e non tutte le persone che lavorano lì sono disposte a fornire informazioni anche ad una Commissione di inchiesta.
  Segnalo anche (almeno noi quello che sappiamo diciamo) che in prefettura a Taranto nessuna delle associazioni, nessuno dei cittadini e dei comitati è stato ammesso in audizione non perché non ci siano i comitati o non ci siano «i cittadini liberi e pensanti», che è proprio il nome di una delle associazioni che rappresenta il tentativo di andare oltre questa logica di sfruttamento, ma perché appunto forse dà fastidio; forse questi gestori dell'Ilva che in qualche modo partecipano e adesso ci mettono la faccia, questi commissari, fanno parte di un sistema di allevamento intensivo di esseri umani, Presidente. Vale a dire che bisogna subire l'inquinamento, bisogna subire un processo economico pagato dai cittadini italiani perché adesso – vorrei che si capisse – si passa dal commissariamento all'amministrazione straordinaria. Quindi, fare questo passaggio vuol dire semplicemente che saranno i cittadini italiani a pagare quello che è l'Ilva, quello che nessuno sa bene cosa sia ma, qualunque cosa sia, lo pagheremo noi di tasca nostra.
  Quindi, c’è tutta questa faccenda molto fumosa, fumosa come il fumo dello slopping dell'acciaieria, perché, a parte quel giorno in cui siamo andati noi, quando chiaramente l'attività era stata ridotta, pare da almeno un paio di settimane, poi purtroppo lo slopping dallo stabilimento è ripreso, dall'altoforno 5, che adesso, tra l'altro, smetterà di funzionare e che, solo per ripristinarlo, costerà circa quasi 300 milioni di euro. Uno stabilimento che perde già 30 milioni al mese, dove troverà i soldi per ripristinarlo ? E se non si dovesse ricostruire, i soldi sarebbero ancora maggiori.
  Ci sono tanti aspetti assolutamente indefiniti, se non quello che a pagare saranno i cittadini, i cittadini di Taranto in primis, con la loro salute, con la salute dei loro bambini, con le case del quartiere Tamburi che continuano ancora oggi a riempirsi delle emissioni dello stabilimento e si colorano di nero ogni settimana. Vengono pulite con gli idranti ancora oggi, nonostante si adottino misure un pochino più restrittive nelle emissioni.
  E poi c’è questo tentativo, che definisce probabilmente il passaggio di livello di questo Governo, che crea una figura di commissari, di gestori, impuniti. Spesso ci si offende se si dice che c’è l'infiltrazione della mafia nello Stato, ma il fatto di dire che un commissario possa essere impunito potrebbe significare che magari ci sia davvero questa infiltrazione e che addirittura si voglia sancire che chi agisce in maniera criminale possa non essere punito.
  Ed è interessante leggere il parere della Commissione giustizia su questo decreto: parere davvero legale, non tanto legale in un contesto parlamentare ma parere legale in un contesto di tribunale, in un contesto appunto di causa civile, in cui si dice che, sì, il commissario in effetti non sarà sanzionabile e non avrà nessun profilo civile e penale salvo che in qualche modo non compia illeciti civili o penali. Quindi, il parere è assolutamente insussistente. È un parere oracolare. Ritornando al latino: ibis redibis non morieris in bello. Non si capisce se davvero il commissario sarà punibile Pag. 55o non sarà punibile se farà degli atti contrari al codice, se ne conseguiranno degli atti o dei fatti gravi, come è successo con i lavoratori, che ancora continuano a morire, non solo di malattie professionali ma di incidenti per la mancata sicurezza delle gru. E addirittura tutti questi fatti vengono inseriti nello stesso processo, questo «ambiente svenduto», per il quale adesso non si capisce neanche se per fatti gravissimi come gli infortuni professionali poi si possa avere davvero un riconoscimento, perlomeno del danno che lo stabilimento ha fatto non mettendo neppure in sicurezza le gru.
  Quindi, davvero questo decreto è lontanissimo dalla politica e, a mio parere, più vicino ai criminali, perché si definisce che possa essere criminale il commissario cercando di dargli questa impunità.
  Comunque, chiudendo di nuovo con il latino, ho detto all'inizio rem tene, verba sequentur: se si hanno chiari i concetti, si dovrebbe riuscire a scrivere degli atti adeguati. Quindi, questo è molto grave, perché spero che il Governo abbia le idee molto più chiare rispetto a quella che è la situazione dell'Ilva, alla situazione ambientale, alla situazione produttiva, alla situazione dell'inquinamento di quell'area, e il fatto che sicuramente abbia chiara la situazione e poi scriva queste sconcerie normative, a mio parere, è molto grave (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Bonafede. Ne ha facoltà.

  ALFONSO BONAFEDE. Presidente, ci troviamo a parlare oggi dell'annosa e drammatica questione Ilva. È il settimo provvedimento d'urgenza che riguarda questa questione e direi che drammatica sostanzialmente è l'esplicita ammissione della maggioranza di non saper risolvere questo problema.
  Quindi, sono tutti decreti che dovrebbero risolvere una questione che invece non viene risolta.
  Allora, ovviamente il dramma per quello che è successo nella dimensione della questione Ilva è enorme, è impossibile anche da raccontare. Ciò che però stiamo riuscendo a fare è peggiorare quel dramma nella misura in cui le false soluzioni del Governo si trasformano in una beffa. Una serie indiscriminata di mostri giuridici che vengono prodotti con provvedimenti d'urgenza e che quando arrivano al Parlamento vengono recepiti con il solito purtroppo ripetuto atteggiamento servile della maggioranza.
  Questo discorso vale in generale, vale soprattutto per quello che concerne il profilo della giustizia perché ieri il decreto Ilva è arrivato alla Commissione giustizia dalla Camera, e qui è necessario fare una specificazione e una premessa. Infatti, nell'immaginario dei cittadini quando arriva un provvedimento in Commissione i componenti della Commissione analizzano quel provvedimento, lo valutano nel merito e poi arrivano anche a conclusioni differenti e si confrontano su quelle conclusioni. Questo è quello che dovrebbe accadere in una democrazia: analisi di un testo, confronto su quel testo e, a quel punto, soluzione finale che può essere più o meno condivisa. Ciò non accade più in questo Parlamento che ha sempre più pochi elementi in comune con una democrazia parlamentare perché invece quello che accade è questo: il provvedimento arriva in Commissione, viene analizzato e lì si ferma ogni tipo di collegamento con la democrazia. Perché ? Perché i componenti della maggioranza, a quel punto, non valutano se la norma è buona o meno, se è valida o meno, se quella norma avrà un effetto positivo nei confronti dei cittadini o meno, no. Valutano che quella norma va difesa e va difesa a tutti i costi, anche a costo di sembrare quasi di avere annullato ogni capacità di pensiero del parlamentare.
  Questo è accaduto ieri in Commissione giustizia. Ovviamente, quindi, una volta che viene a mancare il presupposto del confronto, poi figuriamoci se c’è un confronto; poi succede che il MoVimento 5 Stelle fa valere le proprie ragioni e chiede anche alla maggioranza un confronto e questo confronto non arriva perché il Pag. 56punto importante è questo: se sei onesto intellettualmente puoi confrontarti con qualcuno che è altrettanto onesto intellettualmente (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle), e poi anche arrivare ad avere delle conclusioni differenti; ma se sei onesto intellettualmente e libero nel pensiero non puoi mai confrontarti con qualcuno che è servo mentalmente parlando, perché quella persona non è libera nel pensiero, quella persona sta viaggiando su un altro piano di opinione che è quello di difendere a tutti i costi l'opinione di chi ha piazzato quella persona in quella poltrona. Questo è quello che è accaduto con il decreto Ilva e vado al punto. Arriva il decreto Ilva e, ovviamente, quindi l'opposizione cosa fa, ogni volta che arriva un provvedimento ? Non lo analizza semplicemente per valutare se nel merito è più o meno valido, no, va a guardare dove è la fregatura.
  Cioè il punto è questo, si va a cercare – perché ovviamente sappiamo con chi abbiamo a che fare – e andiamo a individuare la fregatura e sotto il profilo della giustizia la fregatura si trova subito. Quella più importante si trova nel comma 6 dell'articolo 2, lo leggo: «l'osservanza delle disposizioni contenute nel Piano di cui al DPCM 14 marzo 2014, nei termini previsti dai commi 4 e 5 del presente articolo» parliamo del Piano Ilva «equivale all'adozione ed efficace attuazione dei modelli di organizzazione e gestione, previsti dall'articolo 6 del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, ai fini della valutazione delle condotte strettamente connesse all'attuazione dell'AIA e delle altre norme a tutela dell'ambiente, della salute e dell'incolumità pubblica». Ora, questo solo per inciso, se uno studente universitario della facoltà di giurisprudenza scrive una cosa del genere viene sbattuto quasi a calci fuori dall'Aula universitaria, qui invece si fanno le leggi con questi stessi termini.
  Però, passiamo al secondo comma perché il secondo comma è drammaticamente comprensibile, perché quando c’è da scrivere una cosa che è allucinante lì vi riesce particolarmente bene, ve ne diamo atto, perché siete particolarmente in sintonia con le norme di leggi allucinanti. Vado a leggere: «Le condotte poste in essere in attuazione del Piano di cui al periodo precedente» il Piano Ilva «non possono dare luogo» cioè le condotte in generale, cioè qualunque cosa faccia il Commissario straordinario «a responsabilità penale o amministrativa del commissario straordinario» ma attenzione, siccome c'era il timore che l'ambito fosse troppo ristretto, cioè: perché solo lui deve essere esente da qualsiasi responsabilità penale e amministrativa, perché l'intoccabile ? Facciamo anche una citazione cinematografica e creiamo il gruppo degli «Intoccabili» (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Ovviamente a me piacerebbe poter inventare queste cose, invece no, le avete scritte veramente e sono norme di legge, è un decreto-legge questo «non possono dare luogo a responsabilità penale o amministrativa del commissario straordinario e dei soggetti da questo funzionalmente delegati» incredibile «in quanto costituiscono adempimento delle migliori regole preventive in materia ambientale» cioè le condotte che adesso noi non conosciamo, quelle che il commissario straordinario e la sua banda attueranno, anche se noi non sappiamo quali sono, costituiscono già per legge «le migliori regole preventive in materia ambientale, di tutela della salute e dell'incolumità pubblica e di sicurezza sul lavoro», sempre condotte che ancora non conosciamo. È chiaro che, con tutto il rispetto per il commissario Gnudi, ma una fiducia del genere saremmo disposti ad accordarla a Papa Francesco, forse (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) cioè, nel senso, che non si può pensare di dire che un soggetto in Italia, qualsiasi sia la sua condotta in attuazione di un piano, non possa delinquere, perché si tratta di questo. Qualcuno in Commissione giustizia, qualche difensore dell'indifendibile, è arrivato anche a dire che in realtà qui si parla dell'attuazione del provvedimento, quindi se il commissario agirà in attuazione del provvedimento non potrà essere punito, ma questo non c'era bisogno di specificarlo, questo è già così per norma di Pag. 57legge, nessuno che agisca in adempimento della legge può essere considerato penalmente perseguibile.
  Mi sa molto di excusatio non petita preventiva, cioè di qualcuno che ha già la coda di paglia per quello che andrà a fare e dice: guardate che lo sto facendo per legge, qui il diritto penale non può arrivare; il che è chiaramente incostituzionale. Non è pensabile che ci sia un cittadino che possa compiere qualsiasi tipo di condotta delinquenziale in attuazione di un piano e non essere perseguibile penalmente. Io non lo so, ma immagino questo commissario straordinario che arriva, lui e una decina di persone; non so – non mi sono informato – quanti sono gli abitanti dell'isola felice dell'impunità: dieci, venti, trenta ? Stanno facendo già un comune a parte dove il giudice non arriva, dove al pubblico ministero è inibito l'ingresso ? Si perché, se per caso arrivassimo ad una popolazione nutrita anche di una cinquantina o di un centinaio di abitanti, sappiamo che, da queste parti, c’è qualcuno, che adesso è fuori dal Parlamento, che potrebbe essere interessato ad entrare e ad avere cittadinanza nell'isola felice dell'impunità (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Non si sa mai; magari facciamo Berlusconi cittadino onorario dell'isola del commissario straordinario e seguaci. Ovviamente di queste cose noi qui ne possiamo parlare solo in questi termini perché di ciò che è drammaticamente ridicolo se ne deve parlare in questi termini. Cosa volete, che qui arriviamo e facciamo una dissertazione giuridica su una porcata del genere (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ? Cosa vi aspettate, un parere giuridico sull'irretroattività o sulla retroattività, sulle esimenti rispetto alla responsabilità penale ? È chiaro che questa è una cosa che in uno Stato di diritto non può esistere. Io immagino questo commissario straordinario che arriva con questa colonna sonora degli Intoccabili, tra l'altro colonna sonora meravigliosa di Ennio Morricone, che arriva e che fa quello che vuole, che dà appalti a destra e a sinistra perché tanto è in attuazione del piano. Chi può dirgli un giorno che invece sarà soggetto a responsabilità penale ? Tra l'altro, aggiungo che, per tagliare la testa al toro, come se già questo non valesse ad escludere qualsiasi responsabilità penale, c’è il comma 7 che prevede, se qualcuno avesse proprio un dubbio, che assolutamente non si può parlare di bancarotta semplice e di bancarotta fraudolenta, come a dire che tutta la responsabilità penale non vale, ma se a qualcuno venisse una perplessità sul fatto che c’è un reato di bancarotta fraudolenta, il decreto-legge dice di «no»: il commissario straordinario non può essere perseguibile per quel reato.
  E allora, noi adesso di che cosa dobbiamo parlare, di giustificare una norma del genere ? Quello che è incredibile è che quando questa norma è arrivata in Commissione giustizia, ci sembrava normale, e dico veramente normale, – non di una classe politica illuminata e lungimirante, di una Commissione che ha tra i suoi componenti persone competenti che hanno studiato tutti i meandri del diritto – guardare questa norma di legge come farebbe chiunque, come farebbe l'uomo della strada – perché non è necessario avere competenze giuridiche per dire che questa cosa è allucinante – e ci saremmo aspettati che venisse dato un parere contrario e invece abbiamo colto subito delle facce un po’ stupite perché noi ci aspettavamo questo. E ovviamente, cosa abbiamo fatto ? Abbiamo chiesto motivazioni al riguardo, motivazioni che non sono arrivate. Allora, a quel punto, abbiamo ribadito la nostra richiesta di motivazioni e ci è stato detto che dovevamo fare presto perché questo provvedimento è un provvedimento d'urgenza e bisognava fare presto.
  E quando noi abbiamo spiegato che l'urgenza non poteva essere il pretesto per calpestare i diritti dei cittadini e per cancellare qualcosa che è scritto, non a caso, in tutte le aule di tribunale, e cioè che la legge è uguale per tutti, quando abbiamo detto questo cosa ha fatto il Governo ? Ha fatto intervenire subito il sottosegretario Cosimo Maria Ferri, perché quando c’è qualcosa di insostenibile il Pag. 58Governo fa intervenire immediatamente il sottosegretario Ferri, il quale ovviamente è arrivato, ma questa norma è così indifendibile che anche il sottosegretario Ferri si è trovato in difficoltà. Dinanzi alla mia domanda insistente: «sottosegretario, prima di rispondere mi conferma almeno che se il commissario straordinario agirà in adempimento della legge non sarà perseguibile per reato e, quindi, quella norma è almeno inutile ? Perché se mi conferma questo poi dobbiamo arrivare alla diretta conseguenza che non si capisce perché è stata scritta», il sottosegretario Ferri a quel punto dice: «Preferisco rispondere dopo le audizioni», che iniziavamo su un altro provvedimento e a quel punto abbiamo pensato che forse si stesse aprendo uno spazio di riflessione. Dopo mezz'ora, anzi dopo un'ora, si riprende l'esame sul provvedimento sotto il profilo della giustizia e il sottosegretario Ferri ci dice che in realtà quella norma è una specificazione, che in fondo è chiaro che si parla della stretta attuazione del piano e che se anche era innegabile che questa situazione è già nel diritto, cioè che se uno agisce in adempimento della legge non commette reato, però in questo caso era meglio specificarla, vista la delicatezza della questione. E io dico: Ma forse, vista la delicatezza della questione, visto che stiamo parlando di tumori, visto che stiamo parlando di tanti cittadini che sono stati costretti a subire il ricatto tra il lavoro e la vita, vista la delicatezza della questione, non sarebbe stato di buon senso non inserire una norma del genere e aumentare la soglia di attenzione al posto di creare una zona franca per il commissario straordinario (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ? Cosa stiamo facendo ? Cioè, ci stiamo abituando all'ipotesi dell'illegalità ? Ovviamente, in tutto questo non c’è una sola accusa che va concretamente rivolta, in questo momento, alla condotta dell'attuale commissario straordinario, ci mancherebbe, perché non è questo il punto.
  Il punto è che noi fino a qualche anno fa se ascoltavamo le intercettazioni delle telefonate in cui si sentivano le risate il giorno dopo al terremoto a L'Aquila, pensavamo, almeno pensavamo perché poi non è così, di dovere alzare la soglia di attenzione. Ma ora ormai il legislatore si sta abituando, piano piano, ad una situazione in cui, preso atto che è impossibile portare avanti un progetto in Italia in piena legalità, preso atto di questo, quasi quasi è meglio già all'inizio giustificare le possibili ipotesi di illegalità. Io mi chiedo come sia possibile che un legislatore arrivi a tanto. Come è possibile ? Qui abbiamo applaudito il Presidente della Repubblica Mattarella. E il Presidente della Repubblica giustamente ieri ha sottolineato l'importanza di dare un messaggio di legalità, e noi il giorno dopo di che cosa discutiamo ? Di una norma che, invece, concede l'illegalità per legge ? È possibile fare questo ? È possibile dare un messaggio sociale di questo tipo ?
  Perché guardate che noi non possiamo più permetterci una società in cui tutti i cittadini, e soprattutto le nuove generazioni, possano pensare che dobbiamo rassegnarci all'illegalità. E questa norma è una norma pericolosa da questo punto di vista, perché dà la possibilità a tutti di pensare che ci siano situazioni in cui ci possa essere una delicatezza tale da permettere che si crei una zona franca. Noi ieri lo abbiamo ribadito questo concetto, lo abbiamo affermato e abbiamo chiesto una condivisione da parte di tutti gli altri commissari. Questa condivisione chiaramente non è avvenuta, e ci è stato detto però (e di questo do atto al relatore del parere di essere subito intervenuto): recepiamo in qualche modo le segnalazioni dell'opposizione. Come sono state recepite ? Dando parere contrario ? Dicendo che il parere favorevole poteva essere condizionato ad alcune osservazioni ? No, è stato affermato che bastava inserire nelle premesse del parere della Commissione giustizia, in sede consultiva e non vincolante, che la norma andava interpretata in senso restrittivo. Ve lo immaginate voi un giudice che per interpretare la norma, piuttosto che applicare i canoni interpretativi esegetici che sono quelli dati dalla legge, va a guardare i lavori preparatori ? Pag. 59Esiste anche la cosiddetta interpretazione storica, per cui una legge va interpretata alla luce anche di quelli che sono stati i lavori preparatori, ma si guarda ai lavori preparatori principali e soprattutto alle conclusioni a cui si è arrivati. E lì invece, nel parere, che è favorevole rispetto a questa norma – non so come chiamarla – rispetto a questa cosa allucinante, dice che è un parere favorevole, però nelle premesse dice che va data un'interpretazione restrittiva. Ora, a questo punto, noi dobbiamo riflettere, perché in Commissione giustizia eravamo tutti d'accordo, era evidente che eravamo tutti d'accordo sul fatto che questa specificazione, nel caso in cui la interpretiamo in buona fede, è una specificazione inutile, se poi andiamo ad interpretarla in malafede, è una specificazione pericolosa. E allora, volendola considerare almeno inutile, io mi chiedo e vi chiedo: ma se una Commissione giustizia non esprime un parere contrario in questo caso, quando lo esprime ? Mi direte, come spesso mi viene detto quando abbiamo ragione, e cioè sempre, che la politica è un'altra cosa. Questa è la risposta tipica del PD. Quando uno replica nell'argomento, nel merito, dall'altra parte si dice che la politica è un'altra cosa. E io posso anche non condividere, ma posso anche capire la logica della politica che è un'altra cosa se la Commissione sta esprimendo un parere vincolante e di fatto mette i bastoni fra le ruote al Governo, che in questo caso possiamo anche sostituire con la parola: padrone. E allora, in quel caso, posso anche – ripeto – non condividere e nemmeno capire, posso prendere atto del fatto che qualcuno, che è subordinato al padrone, decida di non mettere il bastone tra le ruote, ma non in sede consultiva con un parere che non è nemmeno vincolante.
  Infatti, noi dobbiamo chiarire ai cittadini se qui dentro vi sono ancora parlamentari con una dignità oppure se l'elettroencefalogramma dei parlamentari della maggioranza deve risultare completamente piatto ogni volta che arriva un provvedimento di legge (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Non capisco i gesti che vengono fatti dall'altra parte, forse per segnalare che, invece, qualcuno ancora pensa dall'altra parte, però sarebbe il caso di dimostrarlo, quando si analizzano le leggi (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle), in quel caso dicendo che non si può esprimere parere favorevole rispetto ad una cosa, perché, se noi definiamo questa una legge, da domani in poi tutto può essere definito legge: questo microfono, questo scranno, qualsiasi cosa.
  Questo non è un decreto-legge, questo non è un comma. Un comma non può essere qualcosa che viola in maniera così indiscriminata praticamente tutti gli articoli della Costituzione, perché, alla base della Costituzione, vi sono i principi fondamentali, e, quando viene violato un principio così importante quale quello per cui la legge è uguale per tutti, in quel momento si violano tutti gli articoli della Costituzione: il diritto alla salute, il diritto al lavoro, il diritto all'istruzione.
  Qualsiasi conquista abbia fatto lo Stato di diritto, se noi violiamo il principio per cui la legge è uguale per tutti, con una sola violazione noi cancelliamo ogni conquista del nostro Stato e cancelliamo tutta la Costituzione. Questo non è possibile, questo non è tollerabile, questo noi non lo accettiamo, ed è per questo che siamo qui a batterci.
  Infatti, il nostro dovere è far sì che dall'altra parte vi sia una riflessione. Devo dire la verità, ormai è una speranza sempre più flebile, però noi ci proviamo e stiamo qui a denunciare, perché i cittadini sappiano di cosa è capace un Governo che dice che fa, fa, fa, e l'unica cosa che fa sono cose allucinanti, che non tutelano i cittadini, che ai cittadini non interessano, che danneggiano i cittadini (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  E tutte le cose che non fa, sono le cose che, invece, interesserebbero, come un intervento serio sulla corruzione, come un intervento serio contro la criminalità organizzata, come un intervento serio in tutti i problemi veri dell'Italia. Il problema, però, è che nei problemi veri dell'Italia, in tutti i problemi veri, vi è un protagonista, che è la classe politica che Pag. 60ha fatto parte in questi anni del Parlamento prima che arrivasse il MoVimento 5 Stelle e che adesso sta governando. Ed è normale, quindi, che il Governo tenti di affrontare tutte le problematiche possibili, tranne quelle che riguardano veramente i cittadini.
  Ieri è stata scritta una pagina terribile, nel momento in cui, in quella sede soltanto consultiva, la Commissione giustizia ha espresso parere favorevole rispetto a qualcosa che verrà certamente dichiarato come incostituzionale, ma noi siamo qui perché quelle pagine vengano piano piano cancellate, perché siano un lontano ricordo di quando in Italia governava qualcuno che pensava a fare spot stile vendita di pentole e non pensava ai cittadini italiani.
  Ecco, quelle pagine, piano piano, verranno archiviate come una storia molto triste e drammatica, come una pagina molto triste e drammatica della nostra Repubblica, una pagina che verrà superata e coperta da altre pagine ben più importanti, e noi quelle pagine siamo pronti a scriverle (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Vallascas. Ne ha facoltà.

  ANDREA VALLASCAS. Presidente, colleghi, colleghe, prendo la parola dopo gli interventi dei colleghi e dopo un'attenta lettura del provvedimento all'esame. Soprattutto, prendo la parola dopo avere seguito le diverse fasi di questa storia infinita, gestita in modo pasticciato da Esecutivi pasticcioni, con la complicità di maggioranze silenti e incompetenti. Dopo questo ascoltare e studiare, dopo avere analizzato i dati sulle affezioni tumorali, sui decessi e sui ridicoli vantaggi economici dell'impianto, mi viene in mente una sola parola: vergogna.
  La vergogna che dovreste provare per avere proposto l'ennesimo provvedimento tampone che mantiene in vita un impianto che ha devastato e che sta devastando una città, il suo territorio, il suo ambiente, i suoi abitanti. Un provvedimento che non dice nulla sul futuro del territorio, su una nuova pianificazione economica, sulla bonifica e il recupero dei siti e sulla salute dei cittadini. Questo provvedimento è animato dallo stesso spirito con cui si muove il Governo, l'incapacità di decidere, l'incapacità di individuare una strada che sia conciliabile con lo sviluppo industriale e soprattutto con la tutela della salute dei cittadini e dell'ambiente. Comprendo che sia difficile decidere, ma su una questione grave come l'Ilva, l'assenza di una visione di insieme, l'assenza di chiarezza, su cosa vogliamo fare di questo grande complesso industriale, significa essere tutti complici di un danno ambientale senza precedenti. È del tutto assente anche solo un'intenzione di una pianificazione industriale che, in qualche modo, sorregga alcune scelte. Perché teniamo aperta l'Ilva ? Qual è la sua utilità e qual è il suo ruolo strategico nel tessuto produttivo del Paese ? Tutte domande lecite che noi cittadini vogliamo sapere, in considerazione dell'alto grado di rischio che l'impianto comporta. Questa incertezza, questa vigliaccheria, è evidente dai continui decreti che diversi Governi hanno emanato. Dal 2012, tutti gli Esecutivi che si sono succeduti, sino all'attuale, non ha fatto altro che rinviare le scelte importanti al futuro, in altre parole significa assumere un comportamento pilatesco, della serie «facciamo qualcosa altro, ma non troppo, in attesa che la questione passi ad altri», quindi in attesa che la questione venga scaricata sulle spalle del prossimo Governo, in attesa che la città di Taranto si ammali sempre più, in attesa che ogni ipotesi futura di quel territorio sia compromessa. L'Ilva è un testimone scomodo di cui tutti si liberano, questo provvedimento non dà risposte a nessuna delle questioni che in questi anni sono emerse con grande drammaticità. Si rafforza, soprattutto, l'idea che la soluzione sia sempre quella di demandare ad altri, a qualcosa di estraneo alla politica, il carico della scelta. Il provvedimento ribadisce la missione dell'impianto alla procedura di amministrazione straordinaria che, nel garantire il patrimonio dall'azione di rivalsa Pag. 61dei creditori, dovrebbe aprire la strada a un'ipotesi di risanamento. In realtà, restano fumosi i contorni e le modalità dell'intervento pubblico, la costituzione di quella newco che dovrebbe prendere in gestione gli impianti e riportarli a nuova vita. Non poteva mancare il toccasana del momento, la soluzione ideale per una classe politica che rifiuta la responsabilità: vengono confermati i poteri straordinari ai commissari per attuare l'AIA, l'autorizzazione integrata ambientale, il tutto condito da una sorta di salvacondotto che desta inquietudine, l'immunità penale e amministrativa per le condotte poste in essere in attuazione del piano Ilva. Che cosa significa questo ? E perché nel caso Ilva, come in altri casi di disastro ambientale, nessuno in Italia è mai responsabile ? Continuo a ripetere: ma a chi giova la sopravvivenza dell'impianto ? Non certo agli 11.434 lavoratori interni, e ai circa 2 mila e cinquecento dell'indotto, un numero esiguo a fronte degli investimenti per mantenere in vita l'impianto e risanarlo. Un numero esiguo soprattutto a fronte dei danni che la sopravvivenza della siderurgia provoca alla salute e all'ambiente. Forse, ancora una volta, siamo di fronte ad un favore fatto alle banche ? Forse l'impianto viene mantenuto in vita per consentire agli istituti di credito di recuperare i crediti maturati ? La siderurgia non è neanche un settore strategico per l'Italia, per l'Europa e, in generale, per i Paesi avanzati. Per capirci, la siderurgia non è manifattura, ma è alla base della realizzazione delle infrastrutture di un Paese e per questa ragione che si tratta di un settore che ha un'alta incidenza nei Paesi in via di sviluppo mentre è in forte decontrazione in Europa e negli Stati Uniti. Infatti, oggi l'Ilva è l'unico grande impianto siderurgico europeo, dopo che le grandi aziende hanno chiuso i battenti, ridimensionate dai nuovi scenari internazionali. Il provvedimento è insufficiente sul fronte degli interventi a salvaguardia della salute dei cittadini.
  Ridicoli sono i tanto annunciati interventi per l'apertura di un polo oncologico a Taranto, per la lotta ai tumori infantili e per le misure di prevenzione e cura contro i tumori. Si parlava di 30 milioni di euro che si sono ridotti a 5 milioni. Si tratta di un'ulteriore vergogna imposta da questo Governo, a cui si aggiunge anche il sistema di misurazione degli interventi previsti dal piano.
  Il piano Ilva si considera attuato se entro il 31 luglio di quest'anno sarà realizzato almeno l'80 per cento degli interventi previsti, questo però indipendentemente dall'importanza e dalla valenza degli interventi. Altrettanto incerte sono le risorse previste per il risanamento degli impianti e del sito.
  La questione Ilva – ripeto – è un pasticcio, di fronte al quale la politica ha gravissime responsabilità, responsabilità gravi derivanti dal mancato controllo sulla sicurezza degli impianti e sull'incidenza sull'ambiente esterno. È una classe politica che si è fatta complice di una bomba ecologica che continua ad uccidere. Questa classe politica continua ad essere complice di disastro, rinunciando a decidere di dire ai cittadini con coraggio che cosa fare di questo impianto. Il Governo ci deve dire quali siano gli obiettivi e le aspettative della siderurgia a Taranto e quale ruolo strategico può giocare in un Paese che punta alla manifattura. Continuando a rinviare qualsiasi decisione importante, il Governo ora non fa altro che ingigantire le dimensioni dei problemi che ormai stanno diventando insormontabili. È un fatto grave non avere una guida nelle scelte strategiche per il Paese e l'Ilva è una scelta strategica, perché è destinata ad assorbire ingenti risorse finanziarie.
  Il provvedimento del Governo vorrebbe individuare un punto mediano tra l'esigenza di garantire la continuità delle produzioni e la necessità di tutelare la salute dei cittadini. Da una lettura del provvedimento emerge sempre più forte la contrapposizione di queste esigenze. La decretazione d'urgenza è inconciliabile con la politica industriale, tant’è vero che di decreti Ilva ne sono stati approvati diversi in pochi anni ed è certo che a questo ne seguiranno altri, che si caratterizzeranno come i precedenti.Pag. 62
  È un Governo che ha una visione del futuro del Paese e che vuole incidere sugli scenari futuri propone delle prospettive attraverso piani di sviluppo a lungo termine. In conclusione, un Governo miope, privo di coraggio, complice la maggioranza, si affida a provvedimenti tampone e alla decretazione d'urgenza (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Constato l'assenza delle deputate Mannino e Castelli, iscritte a parlare: s'intende che vi abbiano rinunziato.
  È iscritto a parlare il deputato Cozzolino. Ne ha facoltà.

  EMANUELE COZZOLINO. Grazie Presidente, il decreto-legge che stiamo discutendo del 5 gennaio 2015 è il settimo provvedimento di urgenza adottato per fronteggiare la situazione ambientale dell'Ilva di Taranto, che è strettamente collegata alle vicende dello stabilimento Ilva, ovvero, per così dire, sette decreti per la sorella Ilva.
  Si rileva ormai ripetutamente un abnorme ed inappropriato uso della decretazione d'urgenza da parte del Governo, attraverso il quale in via di prassi si assiste al radicale e inaccettabile spostamento della produzione legislativa dal Parlamento al Governo stesso, cosa che sarà ancora più accentuata dalle riforme che volete approvare. Il susseguirsi continuo di decreti-legge, con norme derogatorie, generiche oppure oscuramente formulate, appare sempre lo strumento meno idoneo a garantire soluzioni efficaci, equilibrate e soprattutto durevoli per la grave situazione di Taranto e non solo.
  Infatti il secondo periodo del comma 6 dell'articolo 2 di questo decreto-legge, con riferimento alla valutazione delle condotte connesse all'attuazione dell'AIA (autorizzazione integrata ambientale) e delle altre norme a tutela dell'ambiente, della salute e dell'incolumità pubblica, esclude la responsabilità penale o amministrativa del commissario straordinario e dei soggetti da questo funzionalmente delegati. Verrebbe da dire..., non saprei, non ho parole.
  Il primo periodo del suddetto comma 6, mutuando analoga disposizione di un precedente decreto-legge, il decreto n. 61 del 2013, ma variandone il tenore letterale, prevede che l'osservanza delle disposizioni contenute nel piano, di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 14 marzo 2014 – quindi risanamento Ilva –, equivale all'adozione ed efficace attuazione dei modelli di organizzazione e gestione, previsti dalla legge ai fini della valutazione delle condotte connesse all'attuazione della stessa AIA e delle altre norme a tutela della salute e dell'incolumità pubblica. Si tenga conto, altresì, del fatto che, in base al comma 5 del medesimo articolo 2, il piano delle misure e delle attività di tutela ambientale e sanitaria, relativo al summenzionato stabilimento dell'Ilva, si intende attuato nel caso in cui, entro il 31 luglio 2015, siano realizzate almeno l'80 per cento delle prescrizioni – senza specificare assolutamente niente, quindi potrebbe trattarsi anche di recintare un'aiuola – che siano in scadenza entro quella data.
  Anche in tal caso è stata mutuata una disposizione già utilizzata nel decreto-legge n. 61 del 2013 (articolo 2, comma 3-ter, per chi non si ricorda), ma in modo parziale ed alterandone il tenore letterale.
  In linea generale occorre osservare come la giurisprudenza costituzionale abbia chiarito come dal combinato disposto degli articoli 3 e 28 della Costituzione discenda la necessità di assicurare pari trattamento dei funzionari e dipendenti pubblici, quanto alla responsabilità penale per gli atti da essi compiuti. La Corte costituzionale ha chiarito che il legislatore ordinario, modificando le leggi penali vigenti in materia, può dettare regole particolari che, in deroga alle regole comuni, determinino il contenuto ed i limiti di detta responsabilità, a condizione che norme siffatte trovino puntuale fondamento nella Costituzione o in altre leggi costituzionali e che sia comunque assicurato il ragionevole bilanciamento dei valori costituzionali in gioco.
  Il decreto-legge in esame, lungi dal modificare le leggi penali in materia e dal Pag. 63limitare la responsabilità predetta, giunge ad introdurre una specifica clausola di non punibilità, travalicando l'imprescindibile limite dell'equo contemperamento degli interessi per indicare soggetti legibus soluti in ambiti non chiaramente tipizzati. La disposizione in esame, anzitutto, si pone in contrasto con il principio della riserva di giurisdizione, in quanto sembra vincolare il giudice ad effettuare una valutazione conforme nei confronti delle disposizioni del piano di risanamento del marzo 2014, con esclusione della responsabilità penale o amministrativa del commissario straordinario. Quindi, a un anno di distanza ci troviamo ancora a intervenire sul risanamento dell'Ilva. Dopo i sette decreti-legge penso che non si tratti più di un'urgenza, ma di un'emergenza.
  Del tutto irragionevolmente, nessuna responsabilità pare esplicitata per le condotte omissive o dolose, né, tantomeno, per l'elusione fraudolenta dei modelli organizzativi di cui all'articolo 6 del decreto legislativo n. 231 del 2001. Ne deriva una disparità di trattamento, sul piano penale, che non trova fondamento logico. Ciò anche in considerazione del fatto che l'esclusione della responsabilità penale e amministrativa in capo al commissario straordinario e ai non meglio precisati soggetti da questo funzionalmente delegati non sembra applicarsi ad altri ulteriori soggetti, eventualmente coinvolti nell'attuazione del piano ambientale, con la conseguenza di rendere doppiamente incerto l'ambito applicativo della clausola in oggetto.
  Viceversa, ove fosse da intendersi in senso estensivo rispetto alla struttura commissariale, si avrebbe l'esito di rimettere alla discrezionale scelta del commissario dell'amministrazione straordinaria i soggetti che possono intendersi preventivamente liberati da responsabilità penale e amministrativa nei limiti sopra richiamati. Pare rimessa al solo commissario anche l'individuazione del nesso funzionale della delega al cui verificarsi scatta la clausola di esclusione della responsabilità.
  Peraltro, la stessa qualificazione della condotta, con riferimento agli atti di gestione dell'impresa, si basa su una apodittica ed autoreferenziale definizione delle regole del piano medesimo quali migliori regole preventive in materia ambientale, di tutela della salute e dell'incolumità pubblica e di sicurezza sul lavoro. Abbiamo fatto, o meglio avete fatto un testo unico sulla sicurezza sul lavoro e non credo che questo decreto-legge rispetti quelle norme. Quindi, andiamo ancora in deroga. La certezza del diritto in Italia è un optional. La valutazione non può non essere rimessa, nel concreto, al giudice, diversamente da quanto fa il decreto in esame. Lo stesso riferimento alle condotte connesse all'attuazione dell'AIA potrebbe lasciar intendere che l'ambito della non punibilità vada oltre le condotte strettamente richieste dall'attuazione dell'AIA prescindendo, comunque, dall'effettiva finale attuazione della medesima, specialmente alla luce del riferimento – contenuto nel richiamato comma 5 – al conseguimento di una astratta percentuale delle prescrizioni del piano di risanamento, e quindi non già della sua integrale attuazione. Quindi, facciamo le cose a metà, risolviamo il problema.
  A tal riguardo, occorre notare come il decreto-legge in esame si innesti su una nutrita serie di leggi, quasi tutte nell'ambito della decretazione d'urgenza, che incidono, con riferimento a situazioni di crisi di impresa, sulla responsabilità degli amministratori. Va anzitutto rammentato il primo cosiddetto decreto Alitalia del 2008, in cui una clausola di esclusione della responsabilità operava per il pregresso e non si poneva quale salvacondotto futuro per azioni ancora da intraprendere. In quel provvedimento veniva, peraltro, tenuta ferma la responsabilità penale e quella amministrativo-contabile, venendo trasferita alla persona giuridica la responsabilità civilistica.
  Nel caso di specie, tuttavia, l'esimente non viene limitata a quella prevista dagli articoli 2392 e seguenti del codice civile ed è anzi espressamente estesa al campo penale. Manca del tutto, ancora una volta in modo manifestamente irragionevole, l'esclusione di ogni scriminante per condotte Pag. 64che provochino eventi contro l'incolumità pubblica o l'integrità fisica delle persone, fatto assai grave se concerne, ad esempio, la sicurezza sul lavoro (un emendamento in tal senso risulta respinto dalle Commissioni referenti e, quindi, in Commissione non si parla del merito, ma si va avanti come treni) e gravissimo ove si consideri la peculiare storia e la drammatica situazione ambientale e sanitaria dell'area di Taranto, come ha illustrato il mio collega Petraroli.
  In tale contesto, stride fortemente con la tutela costituzionale di cui agli articoli 9 e 32 della Costituzione, la previsione di cui all'articolo 2 del decreto-legge in oggetto, in cui si esclude che il rapporto di valutazione del danno sanitario possa unilateralmente modificare le prescrizioni dell'AIA in corso di validità. Quindi, ho un'autorizzazione, però vado in deroga.
  La stessa Commissione giustizia del Senato, nell'esprimere il parere sul decreto-legge in esame, aveva auspicato, in sede di osservazioni, che, ai fini dell'esclusione della responsabilità dell'ente, rimanesse ferma la necessità dell'accertamento in concreto dei requisiti di cui alle successive lettere b), c) e d) dell'articolo 6 del decreto legislativo n. 231 del 2001 e che, conseguentemente, con riferimento al secondo periodo del comma 6 dell'articolo 2, si valutasse l'opportunità, ai fini di un più prudente bilanciamento degli interessi costituzionalmente rilevanti da considerare, di escludere dall'ambito di applicazione della disposizione richiamata le condotte dolose.
  Tali indicazioni, essenziali ai fini della tenuta sostanziale della legge, non sono state tenute in alcun conto ed anzi, come si vedrà, sono state introdotte disposizioni che, intervenendo su alcuni punti poco chiari, hanno sciolto i dubbi in senso diametralmente opposto a quanto auspicato.
  Peraltro, costituendo il decreto legislativo n. 231 del 2001 la trasposizione interna della normativa comunitaria in materia di responsabilità amministrativa delle persone giuridiche e delle società, il modello delineato dall'articolo 2, comma 6, non appare in linea con l'ordinamento comunitario e, quindi, per la parte di interesse, con gli articoli 10, 24 e 25 della Costituzione.
  In ordine all'espressa osservazione della Commissione giustizia, volta a non includere nell'esonero di responsabilità dell'organo commissariale le circostanze indicate, appunto, come dicevo, nelle lettere b), c) e d) dell'articolo 6 del decreto legislativo n. 231 del 2001, non è stata accolta dal Governo respingendo un emendamento in tal senso anche al Senato.
  Con riferimento al citato limite dell'80 per cento del rispetto delle prescrizioni, va detto che esso dispiega i suoi effetti anche in ordine alla valutazione di responsabilità per fatto illecito di cui all'articolo 6 del decreto legislativo n. 231 del 2001, come previsto dall'articolo 1, comma 9, del decreto-legge n. 61 del 2013. Tale decreto, all'articolo 2, comma 3-ter, prevedeva che, trattandosi di un numero elevato di prescrizioni con interconnessioni critiche, entro il 31 luglio 2015 dovesse essere attuato almeno l'80 per cento delle prescrizioni in scadenza a quella data e che, entro il 31 dicembre 2015, il commissario straordinario dovesse presentare al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e all'ISPRA una relazione sull'osservanza delle prescrizioni del piano ambientale, fermo restando il termine ultimo già previsto del 4 agosto 2016 per l'attuazione di tutte le altre prescrizioni.
  Il decreto-legge in esame interviene a pochissimo tempo dallo scadere del termine del 31 luglio 2015 – una sorta di milleproroghe solo per Ilva – e, senza richiamare, né modificare tale previsione, si limita a riprodurla con la sola, significativa, omissione dell'obbligo di rispetto del termine ultimo dell'agosto 2016. Quindi, non sarà mai risolto il problema Ilva. In luogo di questo, è stata, invece, prevista la possibilità, con apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di stabilire un diverso termine ultimo per l'attuazione di tutte le prescrizioni (articolo 2, comma 5). Ciò equivarrebbe alla possibilità, con atto meramente Pag. 65amministrativo, di vanificare temporalmente il rispetto delle prescrizioni ambientali.
  L'esame in sede referente ha portato al reinserimento di un richiamo al termine ultimo del 2016 previsto dal decreto-legge n. 61 del 2013, ma senza sopprimere, come pure sarebbe stato consequenziale, la facoltà di ricorrere ad un futuro DPCM incidente sui termini temporali di attuazione del rimanente 20 per cento delle prescrizioni.
  Cosa ancora più grave, poiché diametralmente opposta a quanto richiesto in audizione dall'autorità giudiziaria competente, è stata apportata una modifica al Senato che specifica come l'80 per cento in questione debba essere inteso in senso puramente numerico. Per effetto della modifica, si verifica che la pericolosa genericità del riferimento all'80 per cento si traduca, per l'anno in corso, in un'attività di adempimento delle sole prescrizioni puramente formali, a scapito di quelle sostanziali e decisive. Ciò costituisce un grave vizio di ragionevolezza, censurabile ai sensi dell'articolo 3 della Costituzione.
  E ciò tanto più alla luce del fatto che resta vigente la disposizione di cui all'articolo 2, comma 3-ter, del decreto-legge n. 61 del 2013, che non riconnette affatto all'80 per cento ivi citato una valenza puramente numerica. Ne potrebbe risultare – essendo l'entrata in vigore della modifica legata alla legge di conversione e non al decreto-legge originario – un doppio binario di valutazione per l'adempimento del limite in questione.
  A tale proposito, oltre a non esser chiari né i criteri di valutazione di simile percentuale, né gli strumenti per contestarli o verificarli, né l'effetto del mancato conseguimento dell'80 per cento, si deve comunque rilevare come in capo all'azienda non sia posto alcun onere di motivazione circa la scelta delle prescrizioni da computare e di quelle da escludere, vale a dire la discrezionalità dell'ordine di priorità da seguire nell'adempimento delle prescrizioni ambientali, che potrebbe portare ad un illogico ed inaccettabile differimento di quelle più importanti e magari più costose.
  Basti, a ribadire la gravità della modifica apportata, rilevare che nel computo numerico nessuna rilevanza viene data alle aree maggiormente esposte a rischio salute e a rischio ambientale, il che costituisce ulteriore fattore di contraddittorietà coi fini asseritamente perseguiti dal piano ambientale e, in ogni caso, di contrasto con i valori di cui agli articoli 9 e 32 della Costituzione. In tale ambito va rilevato come il necessario contemperamento degli interessi in gioco non sia stato raggiunto ed anzi neppure perseguito.
  La riduzione dell'ambito di responsabilità sopra richiamata si inserisce in un contesto in cui l'ammissione dell'azienda all'amministrazione straordinaria – in virtù della normativa speciale e dello stato di insolvenza – sta già producendo effetti negativi sulle pretese risarcitorie delle parti civili che si ritengono lese. L'esclusione della vecchia società Ilva dalla responsabilità civile e la sua sostanziale sostituzione con un soggetto giuridico diverso in amministrazione straordinaria che risponderà, in dibattimento, solo nei limiti delle sue effettive disponibilità determina l'effetto che le parti offese dovranno procedere nei confronti dei singoli....

  PRESIDENTE. Onorevole Burtone, lasci libero il Governo: c’è solo la sottosegretaria Amici.

  EMANUELE COZZOLINO. ...oppure fare istanza davanti al tribunale fallimentare di Milano che sovrintende alla procedure dell'amministrazione straordinaria, dove i crediti già certificati processualmente, finiranno nella massa del passivo. Gli stessi lavoratori dovranno insinuarsi nel fallimento per i crediti contabilizzati, con pregiudizio, in termini di aggravio procedurale per ogni credito ancora da riconoscere.
  La progressiva limitazione degli spazi di tutela delle parti offese e dei creditori, la progressiva riduzione degli ambiti di Pag. 66responsabilità degli amministratori, pur in presenza di procedimenti penali, l'analisi dei precedenti decreti che si sono succeduti per il caso Ilva di Taranto, e il quadro normativo sopra descritto, imporrebbero una netta ed urgente inversione di tendenza – un cambio di verso, verrebbe da dire – anzitutto con l'abbandono dei modelli di esenzione da responsabilità per comportamenti futuri che si configura come licenza di impunità, come ha illustrato il mio collega Bonafede.
  Ulteriori criticità del decreto-legge sono ravvisabili nel modello legislativo che viene perseguito per quanto concerne l'impresa strategica in oggetto, la cui disciplina è ormai rinvenibile quasi esclusivamente nella decretazione d'urgenza, quasi che il modello emergenziale sia pacificamente divenuto quello ordinario e non già uno strumento solo eccezionalmente consentito dalla Costituzione.
  Nel decreto-legge in esame, infatti, si rinvengono altre deroghe alle procedure ordinarie, le quali divengono particolarmente rilevanti sotto il profilo della compressione temporale dei procedimenti e, conseguentemente, della ragionevolezza o meno dei termini previsti in ordine all'acquisizione delle autorizzazioni, intese, concerti, pareri, nulla osta e assensi comunque denominati degli enti locali, regionali, dei Ministeri e di tutti gli altri enti competenti. Essi, ove non rilasciati entro trenta giorni, si intendono resi in senso favorevole (silenzio-assenso).
  Tale previsione – analogamente ad altre di analoga ispirazione – deve essere valutata con riferimento al diverso trattamento normativo di situazioni uguali. A tale proposito, si segnala che l'articolo 3 del decreto-legge sostituisce, a neppure un anno di distanza dalla sua approvazione, la disciplina generale dell'utilizzabilità delle somme sottoposte a sequestro penale dell'impresa di interesse strategico nazionale soggetta a commissariamento. Con un emendamento del Governo stesso, da un lato, si provvede a far rivivere tale procedura (articolo 11-quinquies del decreto-legge n. 61 del 2013, come modificato dal decreto-legge n. 91 del 2014), dall'altro, si delinea uno specifico trattamento per l'Ilva, rispetto ad altri stabilimenti di interesse strategico nazionale che potrebbero in futuro essere ammessi alla procedura di amministrazione straordinaria di cui al decreto-legge n. 347 del 2003, consentendo solo in tale caso l'impiego delle somme sequestrate, in luogo dell'aumento di capitale, per la sottoscrizione di obbligazioni emesse dalla società in amministrazione straordinaria e la costituzione di un patrimonio separato ai sensi del codice civile.
  A prescindere da ogni valutazione sulla compatibilità comunitaria del meccanismo, la scelta in questione – come nel caso degli effetti derivanti dall'ammissione all'amministrazione straordinaria – comporta ricadute diversificate in ordine alla soddisfazione dei crediti, taluni dei quali vengono, ope legis, dichiarati prededucibili.
  Si rileva, altresì, una preoccupante confusione tra le fonti normative, segnatamente tra atto amministrativo e legge. L'articolo 4 del decreto-legge sancisce, infatti, l'approvazione delle modalità di costruzione e di gestione delle discariche, localizzate nel perimetro dell'impianto produttivo dell'Ilva di Taranto, per rifiuti speciali, pericolosi e non pericolosi, presentate in data 19 dicembre 2014 dal subcommissario e delle modalità di gestione e smaltimento dei rifiuti del ciclo produttivo del suddetto stabilimento, presentate in data 11 dicembre 2014 sempre dal subcommissario.
  È evidente che, con riferimento alla procedura per l'approvazione dei piani di gestione dei rifiuti e delle discariche per rifiuti pericolosi e non pericolosi dell'Ilva Spa, per le modalità di costruzione e gestione delle discariche medesime nel perimetro dell'impianto, l'approvazione con atto amministrativo o con legge dei relativi piani ha effetti molto diversi su quanti potrebbero impugnare i provvedimenti in questione.
  Non solo si approvano con legge atti amministrativi, che, oltre a non essere pubblicati con le modalità previste per gli atti normativi, appaiono, comunque, di difficile reperibilità, con possibili riflessi Pag. 67sull'efficacia obbligatoria propria degli atti normativi, ai sensi dell'articolo 10 delle preleggi, e, quindi, su quanti sono tenuti ad osservarli, ma si introduce nel decreto-legge la tipologia tipica delle leggi provvedimento, atti formalmente legislativi che, tuttavia, tengono luogo di provvedimenti amministrativi, in quanto provvedono concretamente su casi e rapporti specifici, anche quando si tratta, come per le disposizioni in esame, di approvare un atto amministrativo già posto in essere.
  Lo stesso accade per quanto concerne l'individuazione della condotta non punibile ai sensi dell'articolo 2, comma 6, poiché riguarderebbe l'attuazione di un piano ambientale mediante atti di gestione dell'impresa che, se conformi al piano stesso, escluderebbero la responsabilità penale e amministrativa in forza della mera definizione, fatta con legge, delle disposizioni del piano ambientale quali migliori regole preventive in materia ambientale, di tutela della salute e dell'incolumità pubblica e di sicurezza sul lavoro.
  Insomma, il decreto che è stato proposto per l'Ilva è praticamente incostituzionale. Non sfugge il parere dato dalla I Commissione, in cui si chiede di verificare la compatibilità costituzionale alle Commissioni referenti. Quindi, possiamo chiudere la I Commissione, affari costituzionali, e lasciare lavorare le altre Commissioni (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Giuseppe Brescia. Ne ha facoltà.

  GIUSEPPE BRESCIA. Grazie, Presidente. Decreto «salva Ilva»: questo decreto ha nel nome la beffa, la beffa per la città di Taranto e per i tarantini. Siamo sicuri che di questa ennesima schifezza si vergognino gli stessi deputati del Partito Democratico e tutti coloro che appartengono a questo Governo e che voteranno questo provvedimento. E vediamo perché dovrebbero vergognarsene.
  Tanto per cominciare, il decreto in oggetto stanzia pochi spiccioli per il polo oncologico di Taranto; questo nonostante gli annunci fatti con le lacrime agli occhi dallo stesso Presidente del Consiglio Renzi la vigilia di Natale.
  A Taranto, se non lo sapete, si muore per inquinamento. I bambini muoiono di cancro per inquinamento, e questa – e solo questa – dovrebbe essere la priorità di un Governo sano di mente.
  Invece, una marea di assurdità. L'assurdità di questa situazione è assoluta. L'Ilva è una fabbrica di morte, che costringe i suoi lavoratori a scegliere tra la propria salute, quella dei propri familiari e dei propri figli e il proprio lavoro. Una logica cinica e spietata quella cui Taranto si deve piegare da cinquant'anni a questa parte, quella del ricatto occupazionale. Una presa in giro colossale, se si tengono presenti tutti i posti di lavoro che hanno perso gli allevatori, i mitilicoltori e tutti i soggetti che avrebbero potuto trovare impiego in settori come la cultura e il turismo, vere vocazioni della città, se Ilva non fosse mai arrivata a Taranto.
  Lavoro: si parla di rischio per i lavoratori dell'indotto, vediamo allora quanti sono questi lavoratori che rischierebbero il posto, quanta gente lavora all'Ilva.
  Nel decreto c’è scritto 11.434 lavoratori, ma c’è chi parla di 12 mila, chi di 15 mila: si gonfiano i numeri per spaventare il più possibile e giustificare ogni nefandezza.
  La realtà è che se i partiti, indistintamente di destra e di sinistra, sono costretti ad emanare questi decreti – siamo al settimo decreto «salva Ilva», il settimo – è perché come è noto l'Ilva ha pagato lautamente campagne elettorali indistintamente di destra e di sinistra. Bersani nel 2006 ha preso 98 mila euro, Forza Italia un po’ di più, è arrivata a 535 mila euro. Come dice qualcuno segui i soldi e capirai tante cose, e infatti noi abbiamo capito. Perché solo così si spiega come gente che si dice o si crede ambientalista possa firmare certe porcate. Il motivo è sempre e solo uno: i soldi.
  C’è anche qualche folle che sostiene che salvare l'Ilva sia di vitale importanza per far ripartire Taranto e l'Italia addirittura. Ebbene, a questi individui io voglio dire, perché forse non lo sanno, che a Taranto, Pag. 68proprio a causa della presenza dell'Ilva – e non solo dell'Ilva – c’è il 40 per cento di disoccupazione; quindi, l'Ilva non ha fatto ripartire proprio niente, l'Ilva ha ammazzato Taranto e sta ammazzando i tarantini.
  Ripeto qualche dato che è stato già citato dal mio collega Martelli al Senato: l'Italia occupa 40 mila persone nella siderurgia su 30,5 milioni di occupati, lo 0,13 per cento, è un settore assolutamente marginale, non conta niente; non conta niente a livello di PIL, perché il PIL della Puglia è positivo, quello dei tarantini è negativo, per cui non fa ripartire assolutamente nulla, anzi è una zavorra.
  Inoltre, investire in acciaio oggi è una scelta cieca, stupida, un inutile spreco in un momento in cui non possiamo più permetterci errori. Allo stato odierno la produzione di acciaio in Europa è marginale e lo sarà sempre di più. Questo aspetto dovrebbe essere preso in seria considerazione da chiunque volesse fare un minimo di pianificazione industriale. Non è il vostro caso evidentemente, voi non ne avete mai fatta una, salvo prometterne una ad ogni campagna elettorale, ma questo è un altro dato di fatto ben noto: voi non fate mai quello che dite in campagna elettorale.
  L'Ilva ha 2 miliardi e 900 milioni di passività, e questi 2,9 miliardi sono debiti finanziari con le banche, l'INPS e per 600 milioni con i fornitori. Che ragione c’è a tenere in piedi un'azienda destinata al fallimento come Ilva ? Semplice: la tenete in stato di coma affinché le banche possano riprendere i soldi che ci hanno messo. Tenete in pratica una città in ostaggio solo per salvare le vostre amate banche. Per le banche fareste di tutto e fate di tutto, per i cittadini non fate mai niente, questa è la verità.
  Altro scandalo assoluto è che tutti questi soldi che avete intenzione di stanziare andranno a finanziare investimenti sugli impianti obsoleti dell'Ilva, non andranno alle bonifiche, tanto chi se ne frega dell'inquinamento, chi se ne frega dei morti, ciò che importa è la salute delle banche, solo questa importa. Chi se ne frega di chi non può nemmeno seppellire i morti perché il terreno non può essere movimentato perché inquinato. Chi se ne frega se Taranto è un'altra cosa, qualcosa di bellissimo che voi avete storpiato nel tempo senza pietà.
  Guardate, molte volte le parole non possono, non sanno rendere l'idea, i numeri in questo sono molto più convincenti. E, allora, guardiamo i numeri, ma non quelli dei guadagni, non quelli delle perdite, non quelli dei debiti e dei crediti, guardiamo i numeri dell'inquinamento.
  Nella prima perizia sulle emissioni del 2010 si legge che in quell'anno Ilva ha emesso in aria le seguenti sostanze convogliate (questi sono dati che trovate tranquillamente su wikipedia): 4.159.300 chilogrammi di polveri, 11.056.900 chilogrammi di diossido di azoto, 11.343.200 chilogrammi di anidride solforosa, 7.000 chilogrammi di acido cloridrico, 1.300 chilogrammi di benzene, 338,5 chilogrammi di idrocarburi policiclici aromatici, 52,5 grammi di benzo(a)pirene, 14,9 grammi di diossine, 280 chilogrammi di cromo III. A detta della stessa Ilva, 172.123.800 chilogrammi di monossido di carbonio, 8.606.106.000 chilogrammi di biossido di carbonio, 718.600 chilogrammi di composti organici volatili non metanici, 8.190.000 chilogrammi di ossido di azoto, 7.645.000 chilogrammi di ossidi di zolfo, 157,1 chilogrammi di arsenico, 137,6 chilogrammi di cadmio, 564,1 chilogrammi di cromo, 1.758,2 chilogrammi di rame, 20,9 chilogrammi di mercurio, 424,8 chilogrammi di nichel, 9.023,3 chilogrammi di piombo, 23.736,4 chilogrammi di zinco, 15,6 grammi di diossine, 337,7 chilogrammi di idrocarburi policiclici aromatici, 1.254,3 chilogrammi di benzene, 356.600 chilogrammi di cloro, 20.063,2 chilogrammi di fluoro e 1.361.000 chilogrammi di polveri. A tali emissioni convogliate vanno aggiunte tutte quelle non convogliate, cioè disperse in modo incontrollato. Questi numeri spaventosi equivalgono a centinaia e centinaia di morti, a migliaia di malati, equivalgono ad una mattanza silenziosa che si consuma con il vostro benestare.Pag. 69
  E allora ve lo diciamo noi ciò che si dovrebbe fare, con tutto il coraggio di cui siamo capaci: l'unica strada da intraprendere, e il più presto possibile, è quella della dismissione e bonifica della fabbrica. I grandi impianti siderurgici appartengono al passato, quando c'era molto da costruire. Se vogliamo fare qualcosa di sensato, dobbiamo passare alle bonifiche, dobbiamo investire in quello. Il futuro è lì, con molto più impiego e molta più salute. Voi invece buttate via risorse preziose per un impianto destinato comunque alla morte, siete inguaribili incompetenti, noi invece siamo inguaribile sognatori e vogliamo il meglio per Taranto. Noi sogniamo per la città che fu capitale della Magna Grecia una vera e propria rinascita. Esempi nel mondo ce ne sono, città come Bilbao, che grazie ad una rivoluzione simile a quella che auspichiamo per Taranto è divenuta la terza meta turistica della Spagna. Vi rendete conto o no ? Capite la bellezza di questa visione ? Io mi commuovo al solo pensiero, abbattiamo il mostro, impieghiamo i lavoratori per le bonifiche e pianifichiamo una rivoluzione culturale a Taranto. Questo è il nostro sogno, vedere rifiorire una città che ha tutte le carte in regola per essere un polo sì, ma non industriale, bensì culturale. Al posto delle ciminiere puzzolenti, musei e biblioteche. Al posto dei forni inquinanti prati verdi, spazi dove giocare all'aperto. Anche questo, giocare all'aperto, è vietato in alcune zone di Taranto. Insomma, lo sapete anche voi che la strada è questa, ma avete la mani legate, legate dai soldi. Noi no invece, noi siamo liberi (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Chiarelli. Ne ha facoltà.

  GIANFRANCO GIOVANNI CHIARELLI. Presidente, colleghi e colleghe, premessa subito la circostanza di essere un parlamentare della provincia di Taranto, quindi fortemente coinvolto dalle vicende che riguardano l'Ilva, e soprattutto consapevole di quanto le sorti del colosso siderurgico riverberino conseguenze, anche gravi, sull'intero tessuto socioeconomico del territorio, la mia posizione rispetto al provvedimento in discussione ha una genesi indipendente, probabilmente anche in dissenso da quella del mio gruppo di appartenenza. Dirò subito che, obtorto collo, voterò a favore della conversione: dico «obtorto collo» perché ritengo questo ennesimo provvedimento, il settimo decreto sull'Ilva, assolutamente inadeguato, difficilmente attuabile, senza una reale prospettiva. Mi rendo conto, però, che allo stato in cui è stata portata l'azienda, e non certo solo dai Riva, ma con il forte contributo di una gestione commissariale fallimentare, senza questo provvedimento il rischio sarebbe il default totale, e questo Taranto e la sua provincia non possono permetterselo.
  Io condivido in parte anche quanto l'onorevole Brescia dice; solo però vorrei spiegare che probabilmente non tutto ciò che vogliamo si può concretizzare; parliamo di certezze, parliamo di attualità perché è illusorio ciò che tutti fanno ovvero proiettarsi nel futuro senza avere certezze nel presente. Ritengo non sia giusto, non sia corretto e soprattutto non sia onesto nei confronti dei cittadini di Taranto e di chi in quella zona come me ci vive.
  Se il Presidente Renzi avesse mantenuto uno dei tanti impegni annunciati e puntualmente disattesi, ovvero essere a Taranto entro il Natale scorso, probabilmente avrebbe avuto modo di comprendere meglio la realtà drammatica in cui il territorio ionico si trova. Vorrei ricordare che gli annunci ai quali ci ha abituato il Presidente Renzi ormai sono sotto gli occhi di tutti: a Taranto è venuto in cinque minuti garantendo e promettendo finanziamenti per oltre 30 milioni di euro per lo screening per le malattie infantili: nulla di tutto questo, non vi è un solo centesimo che possa riguardare questo dramma che Taranto vive così come i colleghi che mi hanno preceduto hanno messo in risalto.
  È di ieri, proprio in riferimento all'Ilva, l'accordo sulla solidarietà che comporterà per un anno la drastica riduzione di Pag. 70reddito per oltre 4 mila addetti, con ripercussioni ovviamente anche sull'intero indotto; indotto che, come è noto, vive momenti di grande difficoltà, a cominciare dagli autotrasportatori che con grande dignità e senso di responsabilità continuano la loro protesta vicini ormai al fallimento a causa di crediti non onorati ancora una volta non da un imprenditore privato, bensì dalla gestione commissariale. E io vorrei anche sottoporre all'attenzione dell'Aula un altro aspetto: come è possibile pensare di inserire nella bad company tutti coloro che hanno lavorato su indicazioni dello Stato ? Perché, sostanzialmente, le forniture sono state fatte, i trasporti sono stati fatti, solo ed esclusivamente su indicazione del commissario che doveva rappresentare la garanzia degli emolumenti a favore di chi ha lavorato !
  Io ho letto il testo, ho visto che è stato inserito anche il comma 1-ter cioè la prededuzione su quelle forniture fatte in precedenza rispetto alla data dell'ammissione al concordato; però vorrei che rimanesse agli atti così com’è rimasto agli atti...

  PRESIDENTE. Concluda.

  GIANFRANCO GIOVANNI CHIARELLI. ... e purtroppo ho avuto ragione quando dicevo che le risorse sono insufficienti e quando dicevo nei discorsi sui precedenti decreti che quelle somme non potevano essere utilizzate perché provenivano da altri tipi di processi e da altri tipi di reati.
  Oggi dico: avete inserito questa norma, bene ! Potrebbe dare una speranza. Ma l'importo complessivo della debitoria del passivo che ne deriva qual è ? Perché solo se si parte dalla conoscenza della debitoria complessiva si può fare capire o si può capire se i fornitori, se gli autotrasportatori prenderanno mai qualcosa.
  Il settimo decreto-legge, quindi, regalatoci da Renzi, ha subito tanti e tali cambiamenti prima di giungere in quest'Aula da essere oggi un altro provvedimento rispetto a quello che ci era stato proposto e, quindi, dimostra ancora di più che il Governo rispetto a Taranto ha ancora le idee molto confuse e del resto ci sono voluti sette provvedimenti, come ha affermato ultimamente un pubblico ministero nell'ultima udienza del processo «ambiente svenduto», ma nulla appare migliorato in termini di impatto ambientale e di efficienza dell'azienda. Evidentemente, non si è ancora riusciti a individuare gli strumenti utili a rendere compatibili ambiente e sviluppo. Uno sviluppo che non solo tarda a venire, ma che segna preoccupanti avvisaglie di ulteriore regressione. Molti sono i dubbi sulla capacità dell'Ilva di restare sul mercato e fonti ufficiose parlano di assenza di commesse per il 2016.
  Questo provvedimento presenta tante lacune ma, soprattutto, ritengo che l'elemento più critico riguardi, ancora una volta, le certezze delle risorse, risorse di per sé sicuramente non sufficienti ma, ancora di più, tutte da reperire in termini concreti. È evidente che anche le giustificate preoccupazioni per una crisi che rischia di abbattersi in modo irreversibile sull'azienda, e quindi il rischio concreto di perdere ulteriore occupazione, abbiano anche condizionato le azioni dirette alle attività di bonifica e di adeguamento impiantistico, a cominciare dalla sempre annunciata copertura dei parchi minerali.
  Se Taranto è davvero considerata una questione nazionale è bene che si cambi decisamente rotta. Renzi venga a Taranto non a fare passerella ma per incontrare la città, le istituzioni, tutte le forze sociali. Si renda conto della realtà e comprenda che è ora di porre fine ai provvedimenti tampone e ai traccheggiatori.

  PRESIDENTE. Avrebbe esaurito il suo tempo, onorevole Chiarelli. Concluda.

  GIANFRANCO GIOVANNI CHIARELLI. La ringrazio e concluderò. Da un anno a questa parte, visto che in questi giorni si festeggia il primo compleanno del Governo Renzi, l'Ilva, e con essa Taranto, ha visto drammaticamente peggiorare tutti i parametri relativi all'occupazione, al reddito e alla qualità della vita. Questo lo dicono i numeri.Pag. 71
  Purtroppo – e ho concluso, Presidente – come ho detto in premessa, mi rendo conto che la sua approvazione ha il senso di un cuore artificiale applicato a un malato in attesa di trapianto. Come parlamentare del territorio non posso esimermi dal votare perché questo cuore artificiale sia applicato, ma sia chiaro che se non si accelerano i tempi a breve potremmo ritrovarci a celebrare un funerale (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente).

  PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche dei relatori e del Governo – A.C. 2894)

  PRESIDENTE. Prendo atto che il relatore per la maggioranza per la VIII Commissione, onorevole Borghi, e il relatore per la maggioranza per la X Commissione, onorevole Ginefra, rinunziano alla replica. Prendo atto che i relatori di minoranza, onorevoli Allasia e Crippa, rinunziano alla replica.
  Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.

  CLAUDIO DE VINCENTI, Viceministro dello sviluppo economico. Grazie, Presidente. Io credo che il primo punto che vada rilevato, come hanno già fatto i relatori e come è stato segnalato nel dibattito nelle Commissione riunite, è il significato complessivo di questo decreto-legge, cioè un passaggio ulteriore per mettere in sicurezza attività produttiva e occupazione negli stabilimenti Ilva e per convogliare risorse, consistenti risorse, sul risanamento ambientale. Non solo, ma come mostra la seconda parte del decreto, una forte attenzione sul territorio di Taranto, sul porto, sulla città, per coniugare insieme risanamento ambientale e rilancio produttivo.
  Il decreto-legge ha avuto degli sviluppi al Senato che hanno rafforzato quest'impianto originario. Ricordo le modifiche principali apportate dal Senato: una messa a punto della norma sull'utilizzo delle somme sequestrate a fini ambientali, molto importante, che convoglia oltre un miliardo, un miliardo e 200 milioni sul risanamento ambientale del siderurgico, l'introduzione di una garanzia per l'attivazione di un prestito ponte di 400 milioni, sempre finalizzato alle operazioni di risanamento ambientale, ulteriori messe a punto in Senato riguardanti le risorse finanziarie, che hanno consentito, in parallelo con il dibattito in sede parlamentare, di ottenere l'attivazione di nuove linee di credito, importanti per garantire la continuità produttiva e l'attuazione della strategia industriale e del piano ambientale. Si è prestata anche particolare attenzione alle problematiche dell'indotto con il Fondo centrale di garanzia, dove si è riservata una quota per l'accesso al credito delle piccole e medie imprese fornitrici di Ilva, la prededucibilità dei crediti per le imprese che abbiano svolto attività finalizzate al risanamento ambientale e alla continuità produttiva degli impianti essenziali, la sospensione dei versamenti dei tributi erariali fino al 15 settembre per le imprese dell'indotto.
  Il decreto-legge così completato ha un forte significato dal punto di vista delle prospettive di ripresa produttiva, di sviluppo e di risanamento ambientale dell'Ilva. È stato detto che è l'ennesimo decreto-legge in questa materia, ma mi sia consentito di dire che è l'ennesimo decreto-legge, forse, l'ennesimo, ma che questo risponde al fatto che siamo di fronte ad una sfida inedita, inedita per il nostro Paese, inedita in Europa e, dato che l'Europa e il nostro Paese sono i più avanzati in materia di industria ambientalmente compatibile, è la sfida più avanzata nel mondo.
  Abbiamo a che fare con il più grande siderurgico in Europa, per il quale abbiamo adottato il piano ambientale più impegnativo. Teniamo conto che abbiamo dato prescrizioni ambientali che non solo sono oggi le più avanzate in Europa, ma lo saranno anche quando entreranno in vigore Pag. 72le nuove BAT, le nuove migliori tecniche disponibili, varate dalla Commissione europea, e che entreranno in vigore a partire dal 2016. Bene, noi abbiamo anticipato quelle BAT, non solo, ma siamo andati oltre quelle BAT. Siamo di fronte al piano di investimenti più impegnativo, che deve innovare tecnologicamente il siderurgico e, contemporaneamente, operare il risanamento ambientale. È una sfida inedita e, d'altra parte, siamo anche di fronte al fatto che non dobbiamo avere paura di continuare a lavorare su un problema quando quel problema richiede ulteriori azioni.
  È buona norma di responsabilità di governo rimboccarsi le maniche e non mollare finché un problema non è risolto.
  Questo è il motivo per cui il Governo ha presentato questo decreto-legge, che è un ulteriore passaggio – ho usato questa espressione non a caso – necessario a consentire al siderurgico di Taranto e agli altri siti produttivi dell'Ilva di riprendere la strada dello sviluppo, nel rispetto dell'ambiente e della salute dei cittadini.
  Voglio ringraziare le Commissioni parlamentari, sia nei loro presidenti sia nei relatori sia in tutti i componenti, di maggioranza e di opposizione, perché hanno consentito un percorso lineare e, contemporaneamente, un dibattito molto serio su questo decreto-legge.
  E, come ho già avuto modo di dire in sede di Commissioni, il Governo è pronto a recepire ordini del giorno che lo impegnino sul modo migliore, sull'azione amministrativa esecutiva migliore per tradurre queste norme in azione metodica, giorno per giorno, per il risanamento e il rilancio dell'Ilva (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

(Esame di questioni pregiudiziali – A.C. 2894)

  PRESIDENTE. Passiamo alla discussione delle questioni pregiudiziali Sannicandro ed altri n. 1, Da Villa ed altri n. 2 e Grimoldi ed altri n. 3 (Vedi l'allegato A – A.C. 2894), presentate al disegno di legge n. 2894: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 5 gennaio 2015, n. 1, recante disposizioni urgenti per l'esercizio di imprese di interesse strategico nazionale in crisi e per lo sviluppo della città e dell'area di Taranto.
  Avverto che, a norma del comma 4 dell'articolo 40 del Regolamento, nel concorso di più questioni pregiudiziali ha luogo un'unica discussione. In tale discussione, ai sensi del comma 3 del medesimo articolo 40, potrà intervenire, oltre ad uno dei proponenti (purché appartenenti a gruppi diversi), per illustrare ciascuno degli strumenti presentati per non più di dieci minuti, un deputato per ognuno degli altri gruppi, per non più di cinque minuti.
  Al termine della discussione si procederà, ai sensi dell'articolo 96-bis, comma 3, quarto periodo, del Regolamento, ad un'unica votazione sulle questioni pregiudiziali presentate.

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 19,55).

  PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno avere luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorre da questo momento il termine di preavviso di venti minuti previsto dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.

Si riprende la discussione.

(Ripresa dell'esame di questioni pregiudiziali – A.C. 2894)

  PRESIDENTE. Il deputato Sannicandro ha facoltà di illustrare la sua questione pregiudiziale n. 1.

  ARCANGELO SANNICANDRO. Egregia Presidente ed egregi colleghi, secondo una recente dichiarazione del Presidente Renzi, il ricorso costante alla decretazione d'urgenza fuori dai limiti posti dalla Costituzione sarebbe giustificato dall'atteggiamento delle opposizioni, che ricorrerebbero Pag. 73sempre alla pratica dell'ostruzionismo, pur da lui dichiarata legittima. In altre parole, l'abuso della decretazione d'urgenza sarebbe una risposta ad un comportamento legittimo delle opposizioni.
  È un ragionamento bislacco, mi consentirete: si giustifica la violazione della legge delle leggi per rintuzzare un comportamento legittimo. Ma non è affatto vero quello che egli sostiene: come noi ben sappiamo, che l'ostruzionismo sia una pratica quotidiana non è affatto vero.
  È vero, invece, che è stata sempre una reazione ad atteggiamenti prevaricatori del Governo oppure adottata per difendere i diritti fondamentali, che si ritengono conculcati dalla maggioranza e dal suo Governo. Tale confessione pubblica ci esime dal richiamare...

  PRESIDENTE. Colleghi, scusate, un po’ di silenzio; almeno abbassate il tono della voce. Prego.

  ARCANGELO SANNICANDRO. Tale confessione pubblica ci esime dal richiamare, in questa ennesima occasione, ancora i moniti della Presidenza della Repubblica. In quest'Aula, il giorno del giuramento, anche il neo Presidente della Repubblica, e cioè Sergio Mattarella, ha ritenuto di prendere la parola su questo grave problema. Egli ha detto: vi è anche la necessità di superare la logica della deroga costante alle forme ordinarie del processo legislativo, bilanciando le esigenze del Governo con il rispetto delle garanzie procedurali di una corretta dialettica parlamentare.
  Secondo una nota del servizio studi della Camera, che è stata diffusa in questi giorni, dall'inizio di questa legislatura, sono stati emanati ben 55 decreti-legge, di questi, 27 dal Governo Renzi. Aggiungo, sempre secondo la nota dell'ufficio studi della Camera dei deputati, che i commi dei decreti-legge coordinati ammontano a 4.047, pari al 58,6 per cento della grandezza complessiva delle leggi approvate nella presente legislatura. Questo ci dà anche il senso della cattiva qualità poi della nostra legislazione, perché – ripeto – su 27 decreti-legge avere 4.047 commi significa già un'enciclopedia e sfido chiunque di noi a dire che conosce ciascuno di quei commi che ha pur deliberato. Ora, in conclusione, la confessione pubblica del Presidente Renzi, pone fine ad ogni ipocrita dibattito sulla sussistenza delle ragioni giustificative dell'emanazione dei decreti-legge. Siamo fuori, insomma, dalla Costituzione, perché lo dichiara il protagonista principe dell'illegalità costituzionale. Ne prendano atto i disciplinati colleghi della maggioranza e, soprattutto, coloro i quali ogni volta si immolano sull'altare di spericolate argomentazioni in difesa delle ragioni del Governo. A loro, e a tutti coloro che ancora oggi, certamente, si dovessero cimentare nell'ardua impresa, va tutta la mia umana solidarietà. Ma se da ora in poi non avrete più un'alibi, perché Renzi ve lo ha tolto, ha detto «basta con le ciance, questo è un rapporto di forza tra noi e il Parlamento», se da ora in poi ogni argomento difensivo apparirà fragile o poco credibile, il Parlamento ed in particolare voi colleghi della maggioranza, non potrete continuare ad obbedir tacendo, pena una generale perdita di autonomia e lo scivolamento in una umiliante condizione di asservimento al potere esecutivo. È ora di dire basta a questo andazzo, non tanto per riscattare l'onore di ognuno di noi, ma per partecipare utilmente al processo legislativo. In quest'Aula vi è il fior fiore di competenze, vi è un grande entusiasmo, vi sono esperienze mature, vi sono sindaci, amministratori di enti locali, che hanno accumulato grande esperienza. Bisogna dare la possibilità a tutte queste esperienze, a questi talenti, a questo entusiasmo, di potersi esprimere. Qui non è soltanto il presidente Renzi che può incarnare il verbo, qui c’è gente che gli può dare lezione, soltanto che bisogna togliere da questo...

  PRESIDENTE. Colleghi, parlate con un tono..., onorevole Gnecchi, credo che il suo tono dia un po’ fastidio all'oratore Sannicandro.

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  ARCANGELO SANNICANDRO. Insomma, per dirlo con le parole ascoltate questo pomeriggio, diciamo la verità, se noi togliessimo a questo Parlamento il guinzaglio e la museruola, ne gioverebbe la legislazione e gli interessi degli italiani. Questa è la verità ! Questo Parlamento è ingessato in una cappa di piombo che è stata addossata dall'Esecutivo. Ora, a questo punto, è evidente che sembrerei patetico se volessi indugiare nel descrivere il perché non sussistono le ragioni di urgenza e di straordinarietà e così via: si tratta del settimo decreto, è stato ricordato ampiamente, è stato già discusso anche sotto questo profilo, questo decreto-legge. Si tratta del settimo decreto-legge, quindi quale migliore prova che non sussistono le condizioni per l'emanazione di un ulteriore decreto-legge, ma se mi consentite, anche quale migliore prova del pressappochismo del Governo su questa materia.
  Si va a zig zag. Ho ascoltato dei colleghi, che hanno una visione diretta della materia, ma in questa sede non è stato bonificato in quel di Taranto un ettaro, né di terra e né di mare. Quindi vi farò grazia di argomentazioni sotto questo profilo, perché – ripeto – meglio di me lo ha già detto Renzi: non è questione di stare nei limiti della Costituzione, perché non è questo che gli interessa; gli interessa procedere senza l'impaccio del Parlamento e senza l'impaccio delle opposizioni. In verità non è che sia un ragionamento originale perché sono anni che lo sentivamo dire da ben altro personaggio. Da questo punto di vista non c’è nessuna novità sotto il cielo.
  Tuttavia, dal momento che tutto è stato detto, mi si consentirà di richiamare la vostra attenzione su un paio di punti particolarmente sensibili sotto il profilo della legittimità costituzionale e, in particolare, sull'articolo 4, il quale ai commi 1 e 2 dispone l'approvazione ope legis di tre proposte di piano richiamate, badate, ma non allegate al decreto stesso. Cioè noi oggi andiamo ad approvare qualcosa, ma non sappiamo che cosa. Dove dobbiamo trovare questi piani che andiamo ad approvare addirittura per legge ? E su questo tornerò poc'anzi.
  Come è stato già detto – non lo ripeto – si tratta del piano che prevede le modalità di costruzione e di gestione delle discariche per i rifiuti speciali, pericolosi e non, localizzati nell'area dello stabilimento dell'Ilva, si tratta del piano presentato sempre dal subcommissario ambientale, relativo alla definizione delle misure di compensazione ambientale e del piano per le modalità di gestione di smaltimento dei rifiuti del ciclo produttivo dello stabilimento Ilva.
  Non è un'innovazione di poco conto, badate, perché così facendo noi abbiamo eluso ! Sarebbe stato possibile lasciarli all'amministrazione quindi al compimento di atti amministrativi. Noi abbiamo eluso l'istituto della partecipazione, dell'informazione del pubblico, della ponderazione degli interessi, dell'acquisizione di pareri ed atti propedeutici, della motivazione e della responsabilità anche amministrativa per cui sapremmo con chi prendercela.
  Poi vale anche sotto il profilo della tutela giurisdizionale, perché se qualcuno non è d'accordo su quello che stiamo facendo, al limite potrà andare alla Corte costituzionale, ma non potrà andare dal giudice amministrativo. Poi c’è un altro profilo veramente, per così dire, pericoloso, quello dell'incidenza su eventuali procedimenti sub iudice. La Corte costituzionale ha già detto con una serie di sentenze (da ultimo la sentenza n. 186 del 2013 e la sentenza n. 191 del 2014) che non è consentito intervenire in corso di causa per eventuali procedimenti con uno ius singolare, perché si tratterebbe di mettersi a favore di una parte contro l'altra e, quindi, in contrasto con l'articolo 111 della Costituzione.

  PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole Sannicandro.

  ARCANGELO SANNICANDRO. Per quanto riguarda l'articolo 2 e l'impunibilità che è stata garantita sotto il piano penale ed amministrativo, mi rimetto alla Pag. 75generosità dei colleghi che sono stati, per così dire, molto esaustivi su questo punto (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Il deputato Zolezzi ha facoltà di illustrare la questione pregiudiziale Da Villa ed altri n. 2, di cui è cofirmatario.

  ALBERTO ZOLEZZI. Grazie Presidente. Naturam furca expelles, tamen usque recurret (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Se anche si vuole mandare via la natura con il forcone, essa, però, potrà ritornare sempre in qualche modo.
  Questa frase di Orazio potrebbe essere adattata a quello che si è cercato di fare con l'Ilva, con lo stabilimento di Taranto, con questo monstrum industriale che in qualche modo ha cercato di sostituire davvero l'aspetto naturale così pregevole della città di Taranto. Quindi, visto che va tutelato il paesaggio, il primo aspetto incostituzionale di questo decreto-legge è proprio questo, ossia che non riesce a tutelare il paesaggio e la natura di quell'area, continuando in questo sfregio, in questa attività, che, oltretutto, non è neanche collegata a un futuro industriale certo.
  La decretazione d'urgenza è stata già citata come quadro metodologico, assolutamente scorretto, di azione di questo Governo, che chiaramente non potrà – e lo dice nel merito il testo – riuscire a garantire soluzioni efficaci, durevoli e di equilibrio per la grave situazione di Taranto. Questo passaggio all'amministrazione straordinaria è l'opposto di una buona politica, nel senso che si passa al pagamento da parte dei cittadini italiani dei costi dell'ambientalizzazione e delle spese per l'amministrazione dello stabilimento, ma non si passa alla condivisione con i cittadini italiani di un progetto, di una visione di futuro per la città di Taranto.
  Quindi, è un bene che ci sia il coinvolgimento dei cittadini, ma dovrebbe essere un coinvolgimento paritario, condiviso e partecipativo. Abbiamo visto che si va sempre nell'ambito dell'oscurantismo e delle segrete stanze. Questo oscurantismo, questa mancanza di parità si vede in ambiti più strettamente costituzionali e nell'ambito della responsabilità penale e amministrativa del commissario straordinario, che viene esclusa, addirittura poi anche per i soggetti da questi funzionalmente delegati nell'ambito dell'attuazione dell'AIA e forse in tutto quello che il commissario ritiene rientri nell'attuazione dell'AIA. Questo è davvero un qualcosa che crea un danno alla nostra Costituzione.
  All'articolo 3 e all'articolo 28 si parla del pari trattamento dei funzionari e dei dipendenti pubblici per quanto attiene alla responsabilità penale per gli atti da essi compiuti. Pertanto, il giudice sembra vincolato ad effettuare una valutazione conforme nei confronti delle disposizioni del piano di cui al DPCM del 14 marzo 2014, con esclusione della responsabilità penale o amministrativa del commissario straordinario e dei soggetti delegati. Ricordiamoci a cosa ha portato e a cosa porterebbe questo. Ricordiamoci che l'Ilva è ancora in attività, ci sono ancora troppi infortuni, ci sono ancora i decessi dei lavoratori per infortuni sul lavoro. In pratica, si escluderebbe qualsiasi responsabilità e addirittura anche i risarcimenti per questi stessi fatti, perché questa attuazione dell'AIA, in realtà l'attuazione della parte meno onerosa dell'AIA, quella che oltretutto non garantisce la salute dei cittadini, diventerebbe prioritaria rispetto a tutto il resto. Pertanto, le condotte connesse all'attuazione dell'AIA potrebbero oltretutto andare oltre l'ambito della connessione all'attuazione dell'AIA.
  In questo decreto-legge davvero si sono uniti tutta una serie di aspetti, sicuramente da prendere in considerazione, ma sono stati affrontati in maniera assolutamente inadeguata. Si sono affrontati, oltretutto, come è stato già detto, senza alcuna possibilità da parte del Parlamento di modificare il testo. Infatti, al Senato il testo è stato modificato, ma è stato modificato Pag. 76prioritariamente da un maxi emendamento arrivato al termine della possibilità di modifica.
  Il testo del parere della Commissione giustizia della Camera è un testo, a mio parere, chiaro nell'indicare che non c’è alcuna chiarezza nella normativa, che potrà portare davvero – auspichiamo – in questo momento, qui, in Parlamento, a votare per questa questione pregiudiziale perché questo testo non possa procedere e non possa creare davvero una normativa – va bene che è il periodo giusto – davvero carnevalesca. Sarebbe un'ulteriore offesa al nostro Paese, che ha la necessità di avere una ripresa della nostra attività industriale e della nostra sovranità, che questo decreto-legge purtroppo contribuisce ad allontanare.
  Ricordiamo i tentativi fatti in passato per quanto riguarda il decreto-legge Alitalia del 2008 (decreto-legge n. 134 del 28 agosto 2008).
  La clausola di esclusione della responsabilità operava per il pregresso e non si poneva quale salvacondotto futuro per azioni ancora da intraprendere. Quindi, la responsabilità penale e quella amministrativo-contabile venivano tenute ferme, venendo trasferita alla persona giuridica la responsabilità civilistica. Pertanto, anche se qualcuno volesse trovare un precedente in quel decreto, la tempistica applicativa era decisamente diversa, per cui la drammatica situazione ambientale e sanitaria dell'area di Taranto in questo caso verrebbe assolutamente ferita dal testo di questo decreto-legge. Verrebbe davvero sbugiardata l'azione di tanti. Cittadini, operatori sanitari e comitati stanno cercando di portare un minimo di buon senso perché non è vero che non c’è futuro per Taranto.

  PRESIDENTE. Scusi, onorevole Becattini, per favore, lasciamo liberi i banchi del Governo. Magari parlate in un altro momento.

  ALBERTO ZOLEZZI. Per quanto riguarda, poi, l'adempimento all'80 per cento...

  PRESIDENTE. Onorevole Becattini, mi scusi ! Prego.

  ALBERTO ZOLEZZI. ... dell'AIA, per l'anno in corso si potrà tradurre in adempimento a prescrizioni meramente formali, a scapito di quelle sostanziali. Questo è un grave vizio di ragionevolezza, censurabile ai sensi dell'articolo 3 della nostra Costituzione.
  Ciò tanto più alla luce del fatto che resta vigente la disposizione di cui all'articolo 2, comma 3-ter, del decreto-legge n. 61 del 2013, che non riconnette affatto all'80 per cento ivi citato una valenza puramente numerica. Potrebbe risultare, quindi, un doppio binario di valutazione per l'adempimento del limite in questione.
  A tale proposito, oltre a non esser chiari, né i criteri di valutazione di simile percentuale, né gli strumenti per contestarli, né l'effetto del mancato conseguimento, si deve rilevare come in capo all'azienda non sia posto alcun onere di motivazione circa la scelta delle prescrizioni da computare e di quelle da escludere, vale a dire la discrezionalità dell'ordine di priorità da seguire nell'adempimento delle prescrizioni.
  Ulteriori criticità del decreto-legge sono ravvisabili nel modello legislativo perseguito per quanto concerne l'impresa strategica, la cui disciplina è rinvenibile nella decretazione d'urgenza, quasi che il modello emergenziale sia divenuto quello ordinario e non già uno strumento solo eccezionalmente consentito dalla Costituzione. Ci sono numerose deroghe nel decreto-legge alle procedure ordinarie che divengono rilevanti sotto il profilo della compressione temporale dei procedimenti e, conseguentemente, della ragionevolezza o meno dei termini previsti in ordine all'acquisizione delle autorizzazioni, intese, pareri, nulla osta e assensi determinati dagli enti locali, regionali, dai Ministeri e da tutti gli altri enti competenti. Tale previsione, analogamente ad altre, deve essere valutata con riferimento al diverso trattamento normativo di situazioni uguali.Pag. 77
  L'articolo 3 del decreto-legge sostituisce, a neppure un anno di distanza dalla sua approvazione, la disciplina generale dell'utilizzabilità delle somme sottoposte a sequestro penale nell'impresa di interesse strategico nazionale soggetta a commissariamento. Con emendamento del Governo stesso, da un lato si provvede a far rivivere tale procedura, dall'altro, si delinea uno specifico trattamento per l'Ilva.
  Si rileva confusione tra le fonti normative, tra l'atto amministrativo e la legge. L'articolo 4 del decreto-legge sancisce l'approvazione ope legis delle modalità di costruzione e di gestione delle discariche localizzate nel perimetro dell'impianto produttivo e delle modalità di gestione e smaltimento dei rifiuti del ciclo produttivo del suddetto stabilimento.
  Si potrebbe andare avanti, Presidente, credo almeno per un'oretta ad elencare questioni davvero importanti dal punto di vista normativo. Ritorno, però, all'inizio: naturam expelles furca, tamen usque recurret, che, in realtà, vuol dire una cosa diversa da quello che ho detto all'inizio secondo Orazio. Infatti, Presidente, membra sumus corporis magni, ossia siamo tutti parte di uno stesso grande corpo. Dal punto vista personale questo vale sicuramente anche per il nostro Governo. Purtroppo, però, questo vale dal punto di vista personale, ma non politico.

  PRESIDENTE. Onorevole Zolezzi, dovrebbe concludere.

  ALBERTO ZOLEZZI. Naturam expelles furca, tamen usque recurret vuol dire che non cambia la natura, intesa nel senso dell'essenza, in questo caso politica, delle persone. Quindi, visto che questa natura politica non cambia da parte del Governo, è bene che ve ne andiate presto tutti a casa (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Il deputato Simonetti ha facoltà di illustrare la questione pregiudiziale Grimoldi ed altri n. 3, di cui è cofirmatario.

  ROBERTO SIMONETTI. Questo provvedimento presenta profili di incompatibilità con diverse norme costituzionali e con la giurisprudenza...

  PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Simonetti, capisco la stanchezza, però bisogna che abbassiate un po’ il tono di voce. Prego, onorevole Simonetti.

  ROBERTO SIMONETTI. Grazie. Dicevo che il decreto-legge presenta diverse profili di incompatibilità con la giurisprudenza costituzionale che è intervenuta ripetutamente in merito alle circostanze che rendono ammissibile o meno l'utilizzo dello strumento del decreto-legge.
  Il decreto-legge presenta contenuti non omogenei, in quanto accosta la materia della procedura di amministrazione straordinaria delle imprese in crisi a quelle della valorizzazione urbanistica della città vecchia di Taranto e del completamento delle infrastrutture e delle opere marittime del porto di Taranto.
  Di più, il Senato ha aggiunto al testo del decreto-legge il comma 5-bis dell'articolo 3, che destina fino a 10 milioni di euro ai fini della messa in sicurezza e gestione dei rifiuti radioattivi in deposito nell'area ex Cemerad, ricadente addirittura in un altro comune, il comune di Statte. Questa è una questione che non si ricollega in nulla con le imprese in amministrazione straordinaria né con lo sviluppo della città di Taranto. Oltretutto la disposizione indirizza risorse statali alla bonifica di un sito che non è stato dichiarato neanche di interesse nazionale e quindi rientrerebbe nella sfera delle competenze regionali.
  Il decreto-legge tra l'altro – questa è la parte più di sinistra della legislatura di questo Governo – praticamente statalizza questa società perché prevede un'invasione totale dello Stato nella sfera privata di un'azienda, andando a ledere quanto si prevede nell'articolo 41 della Costituzione che sancisce la libertà di iniziativa dell'economia privata. Quindi, sono state inserite una serie di norme che nulla hanno a che fare con l'urgenza. L'unica urgenza Pag. 78vera che aveva il Paese in riferimento alla vicenda dell'Ilva era quella di risolvere il problema delle 4 mila imprese creditrici della struttura Ilva, quasi tutte completamente del nord, che vantano dei crediti fino quasi a 3 miliardi; mentre, invece, questo Stato, questo Governo se ne è fregato totalmente di risolvere questo problema (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie). Se ne è fregato a tal punto che dal 23 gennaio, quando è stata dichiarata l'amministrazione straordinaria, è stata creata questa new company, che è prevista dal decreto-legge, che nulla avrà di garanzia nei confronti di queste 4 mila imprese che vedranno persi tutti i crediti che hanno nei confronti appunto del gruppo. Questa è la vera urgenza che voi vergognosamente avete evitato.
  In merito ai profili non solo politici ma anche costituzionali, ricordo che, riguardo alla eterogeneità del contenuto, devo ricordare la lettera del Presidente della Repubblica, del 15 luglio 2009, secondo cui «provvedimenti eterogenei nei contenuti (...) sfuggono alla comprensione della opinione pubblica e rendono sempre più difficile il rapporto tra il cittadino e la legge. (...) è indispensabile porre termine a simili “prassi” [...]»;
  La Corte costituzionale, con la sentenza n. 22 del 2012, ritiene essenziale che il decreto-legge debba essere inteso «nella sua interezza, come insieme di disposizioni omogenee per la materia o per lo scopo». Quindi, per la giurisprudenza costituzionale occorre che il corpo di un decreto-legge sia «oggettivamente o teleologicamente unitario» cioè un «insieme di disposizioni omogenee per la materia o per lo scopo». Basta scorrere le rubriche degli articoli del decreto in esame per capire che non vi è nulla di omogeneo.
  Devo anche dire che la struttura dell'urgenza viene a cadere nel momento in cui ci sono ben sette provvedimenti legislativi che trattano questa materia negli anni. Abbiamo due provvedimenti nel 2012, tre provvedimenti nel 2013, due provvedimenti nel 2014 e questo decreto-legge. Tutto parla di una natura ormai congiunturale e non certo emergenziale.
  Ricordo, tra l'altro, che l'utilizzo della decretazione d'urgenza – che ormai è una prassi (peraltro, su questo decreto-legge, se verrà posta la fiducia, sarà la trentaquattresima fiducia del Governo Renzi neanche in un anno) e che è stata censurata dalle numerose sentenze della Corte costituzionale che hanno sollecitato il ripristino di un corretto percorso costituzionale – produce uno svuotamento, che quindi è necessario evitare, e una mortificazione del ruolo del Parlamento in contrasto con i dettami dell'articolo 70 della Costituzione.
  Le minoranze sono salite al Quirinale a rimarcare questa posizione ferma: il ricorso estremo alla decretazione d'urgenza e alla fiducia non può far altro che mortificare il Parlamento e portare a quell'Aventino che noi abbiamo voluto evidenziare in sede di riforma costituzionale, perché un'Aula sorda e grigia l'abbiamo vista purtroppo nel ventennio e non vogliamo più tornarci, anche se questa che sta seguendo il Governo Renzi è una via parzialmente democratica, di «figura democratica» ma di fatto autoritaria e dittatoriale.
  Peraltro, anche le parole del nuovo Capo dello Stato nel suo discorso di insediamento hanno ribadito che vi è la necessità di superare la logica della deroga costante alle forme ordinarie del processo legislativo, bilanciando l'esigenza di Governo con il rispetto delle garanzie procedurali di una corretta dialettica parlamentare.
  Per tutte queste evenienze, sia di natura legislativa, di natura costituzionale che di natura politica, la Lega chiede al Parlamento di non procedere con l'esame di questo provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Piepoli. Ne ha facoltà.

  GAETANO PIEPOLI. Presidente, a nome del nostro gruppo Democrazia solidale e Centro Democratico respingiamo le Pag. 79pregiudiziali di costituzionalità, perché solo l'accettazione di una demagogia imperante o la rassegnazione alla ripetizione di prassi parlamentari di ostruzionismo oppure di pregiudiziale opposizione possono legittimare l'utilizzazione di uno strumento delicato come la pregiudiziale di incostituzionalità su una materia come questa, che vede urgenza e necessità sotto gli occhi di tutti, perché di questo si tratta.
  Noi ci troviamo di fronte a un dramma che può essere gestito come viene gestito, dove il progressivo profilarsi di decreti testimonia l'incertezza della materia ma anche, ahimè, la necessità di procedere come dei funamboli, che sanno di non poter tornare indietro, che devono misurarsi con gli strumenti dell'emergenza e che sanno che ogni passo può essere precario ma che è necessario per andare avanti.
  Per tutto questo, per il dramma di Taranto, per la lealtà che le istituzioni e il Parlamento devono portare a quel territorio e ai bisogni della popolazione, sappiamo di dover fare queste scelte e di farle secondo quello che il Governo ci ha indicato, soprattutto sapendo che in questa lunga deriva non c’è pretesa all'innocenza per nessuno, anche per coloro che non sono stati protagonisti fisici di questo dramma. Ecco perché respingiamo la dichiarazione di incostituzionalità (Applausi dei deputati del gruppo Per l'Italia – Centro Democratico).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Pelillo. Ne ha facoltà.

  MICHELE PELILLO. Signora Presidente, signor Viceministro, illustri colleghi, il Partito Democratico voterà contro le tre questioni pregiudiziali presentate ed appena illustrate.
  Sinceramente un po’ stupisce che la rituale e stanca prassi delle questioni pregiudiziali di incostituzionalità sia stata adottata anche nella conversione in legge di un decreto come questo, carico di merito, denso di risposte vere, quanto attese, ad una serie di problematiche urgenti – come è noto – di diversa natura: ambientale, industriale, economica, sociale, sanitaria e quant'altro.
  Non stupisca, invece, la circostanza che l'Ilva e Taranto approdino in meno di tre anni per la settima volta nelle Aule del Parlamento. La complessità della vicenda e la sua dimensione giustificano ampiamente la difficoltà del percorso legislativo, che probabilmente neanche oggi si può ritenere sicuramente concluso, anche se, da chi segue con attenzione l'evolversi della vicenda, questo passaggio è accreditato come il passaggio decisivo per orientare la medesima vicenda nella direzione più giusta.
  L'Ilva e Taranto, dopo cinquant'anni di disattenzioni e colpevoli omissioni, sono da tre anni stabilmente nell'agenda del Governo nazionale, ma il decreto che ci accingiamo a convertire in legge segna un cambio di passo. Il Presidente Renzi ed il suo Governo accettano fino in fondo la sfida – ci mettono la faccia, come si usa dire – per vincere una scommessa che fa tremare le vene ai polsi ma che, se vinta, può diventare una conquista emblematica: porre finalmente in equilibrio il diritto al lavoro con il diritto alla salute, non in un luogo qualunque, ma nella fabbrica più grande d'Italia, che è anche il centro siderurgico più grande d'Europa, e nel contempo riconciliare la produzione con l'ambiente e i lavoratori con i cittadini.
  Le argomentazioni adottate nelle tre questioni appaiono sinceramente tutte molto fragili, alcune addirittura errate, altre evidentemente forzate.
  È fragile, ad esempio, l'eccezione di carenza dei presupposti dell'urgenza del decreto-legge. Ricordo che l'azienda alla vigilia di Natale era a un passo dal collasso finanziario e dallo spegnimento degli impianti.
  Errata, invece, l'asserzione in merito alla presunta eterogeneità dei contenuti per ovvie ragioni.
  È forzata, infine, l'affermazione di impunità dei commissari. Su quest'ultima eccezione che, devo convenire, mediaticamente è accattivante, mi soffermo un po’ di più. Ai commissari e ad alcuni loro delegati non è riservato un trattamento Pag. 80legibus soluti. È stato necessario, invece, delimitare la sfera delle loro responsabilità penali in materia ambientale. È come avere delimitato il campo di gioco per assicurare a tutti, anche ai magistrati, di essere sicuri che la partita sia giocata dentro il campo e non oltre, e questo per una semplice ragione: l'Ilva inquina, dev'essere ambientalizzata, ma non è una fabbrica che si può chiudere e riaprire, non è possibile interromperne l'attività produttiva. Quindi, bisogna operare gradualmente per la sua messa in sicurezza, ma nel frattempo è necessario delimitare l'ambito delle responsabilità penali da parte di chi è stato chiamato dallo Stato a risolvere il problema, evitando che a costoro possano essere imputate azioni od omissioni indipendenti dalla loro volontà.
  Per fare questo è stato scelto un parametro che come tutti i parametri può essere legittimamente messo in discussione per difetto o per eccesso, ma che è indispensabile per regolare la fase del durante fino alla completa attuazione delle prescrizioni previste dall'AIA.
  Concludo, Presidente, ribadendo il nostro voto fermamente contrario (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Dorina Bianchi. Ne ha facoltà.

  DORINA BIANCHI. Grazie Presidente, questo non c’è dubbio è un provvedimento molto difficile e anche complesso perché l'argomento Ilva rappresenta una realtà importante e anche unica direi.
  L'Ilva è il più grande polo siderurgico non soltanto italiano ma il più grande polo siderurgico europeo con una capacità produttiva di circa otto milioni di tonnellate annue di acciaio.
  Di fatto questo decreto deve rispondere ad una serie di esigenze che sono le esigenze della tutela del diritto dei lavoratori, l'esigenza di tutelare i diritti dell'impresa, l'esigenza di tutelare il diritto della salute dei cittadini e anche ovviamente dei lavoratori e il diritto della tutela dell'ambiente. Si tratta di tutti diritti costituzionalmente garantiti e l'Ilva rappresenta l'emblema di un fallimento della politica industriale nel nostro Paese.
  È necessario che noi superiamo definitivamente questo modello economico-sociale e noi stiamo tentando di farlo attraverso il forte aiuto dello Stato che indichi e rappresenti una nuova direzione.
  Questa volontà di invertire la rotta caratterizza il provvedimento e lo differenzia dai precedenti interventi insieme alla consapevolezza – e su questo sono d'accordo con il collega tarantino Chiarelli – che questa è realmente l'ultima chance che ci giochiamo. L'Ilva rappresenta una realtà importante per il territorio: o si salva oggi o non si salverà più.
  Non avremo più il tempo di farlo e sapendo che questo coinvolge anche il risanamento ambientale che non si realizza affossando definitivamente la società, ma facendola ripartire, trovando quelle risorse economiche importanti che possono garantire la continuità produttiva e occupazionale, ma al contempo il risanamento ambientale del territorio. Sappiamo anche che il risanamento dell'Ilva non è importante solo per l'Ilva ma è importante per le decine di migliaia di posti di lavoro che questa realtà rappresenta nella regione Puglia. Sappiamo anche che noi dobbiamo adottare quelle misure sul versante della prevenzione contemplando anche la doverosa tutela, come dicevo prima, sia dell'ambiente sia della salute dei cittadini.
  L'ultima cosa di cui volevo parlare è una questione che interessa i commissari che sono interessati alla gestione dell'Ilva. Non c’è dubbio che questi avranno nella gestione di questa realtà delle serie difficoltà e dovranno assumere anche delle decisioni importanti nel ruolo di comando della cabina di regia e che la questione non può essere affrontata in maniera ordinaria. È di tutta evidenza che vanno assicurate alcune garanzie e questo è il senso di quanto è contenuto in questo provvedimento. Evidentemente tutto questo non può e non deve diventare o essere garantito per sempre, verrà il momento in Pag. 81cui questa fase straordinaria rientrerà nell'ordinarietà della gestione e allora quella sarà un'altra partita.
  Questi sono i motivi per cui Area Popolare (NCD-UDC) voterà convintamente contro le pregiudiziali presentate.

  PRESIDENTE. Sono così esauriti gli interventi sulle questioni pregiudiziali.
  Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.
  Passiamo al voto. Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulle questioni pregiudiziali Sannicandro ed altri n. 1, Da Villa ed altri n. 2 e Grimoldi ed altri n. 3.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Di Salvo, Folino, Carfagna, Benedetti, Caparini, Zardini, Patriarca, Nicchi, Buttiglione, Sorial...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti e votanti  450   
   Maggioranza  226   
    Hanno votato  157    
    Hanno votato no  293.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  L'onorevole Nizzi non ha potuto votare perché non ha funzionato la postazione, quindi prego che sia riportato nel resoconto stenografico (Il deputato Nizzi ha segnalato che avrebbe voluto esprimere voto favorevole).

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE SIMONE BALDELLI (ore 20,40)

(Esame dell'articolo unico – A.C. 2894)

  PRESIDENTE. Essendo state respinte le questioni pregiudiziali, passiamo all'esame dell'articolo unico del disegno di legge di conversione (Vedi l'allegato A – A.C. 2894) nel testo recante le modificazioni apportate dal Senato (Vedi l'allegato A – A.C. 2894) e degli emendamenti riferiti agli articoli del decreto-legge nel testo approvato dal Senato (Vedi l'allegato A – A.C. 2894).
  Le Commissioni Affari costituzionali e Bilancio hanno espresso i prescritti pareri, che sono distribuiti in fotocopia (Vedi l'allegato A – A.C. 2894).
  Avverto che la Presidenza non ritiene ammissibili, ai sensi dell'articolo 96-bis, comma 7, del Regolamento, gli emendamenti Caparini 3.16 e 3.17, già dichiarati inammissibili nelle Commissioni, in quanto volti ad ampliare ad altri stabilimenti industriali le disposizioni recate dal provvedimento per lo sviluppo della città e dell'area di Taranto.
  Avverto, inoltre, che la Presidenza non ritiene ammissibile, ai sensi degli articoli 86, comma 1, e 96-bis, comma 7, del Regolamento, l'emendamento Nesci 2.202, non previamente presentato in sede referente, che, nel prevedere l'istituzione di un registro complessivo dei tumori in tutte le province italiane, reca un contenuto estraneo rispetto alle materie del provvedimento in esame.
  Avverto altresì che sono stati presentati da deputati del gruppo Movimento 5 Stelle subemendamenti, riferiti ad emendamenti presenti nel fascicolo, che sono in distribuzione.
  Avverto che l'emendamento Caso 2.200 è stato ritirato dal presentatore.
  Ha chiesto di intervenire sul complesso degli emendamenti l'onorevole Paola Binetti. Ne ha facoltà

  PAOLA BINETTI. Come prassi abituale, gli emendamenti servono a migliorare un disegno di legge, un decreto-legge, in qualche modo a restituire al Parlamento...

  PRESIDENTE. Mi perdoni onorevole Binetti, colleghi, per favore, tanto per dare ordine ai nostri lavori, da intese intercorse la Presidenza ha preso atto che non dovrebbero avere più luogo votazioni nel corso dei lavori di questa serata, quindi, prego i colleghi, se riescono, di rimanere Pag. 82in silenzio e chi deve uscire, di uscire, ma di permettere all'onorevole Binetti di svolgere il suo intervento, grazie. Prego onorevole Binetti, mi scusi ancora. Per favore, colleghi ! Allora ! Prego.

  PAOLA BINETTI. È prassi che gli emendamenti servano di fatto a migliorare un disegno di legge, un decreto-legge, a mettere a fuoco quegli aspetti che nell'ambito del dibattito che si è svolto nelle Commissioni, possono essere rimasti in qualche modo nell'ombra. A me sembra che in questo disegno di legge di conversione, che è stato ampiamente discusso nella giornata di oggi e che ha visto soprattutto interventi fortemente critici da parte delle opposizioni e li ha in qualche modo calati, questi interventi critici, in quello che risulta essere uno degli obiettivi cardine di questo decreto-legge, che è la tutela della salute, ma che pur tuttavia resta abbastanza sullo sfondo rispetto a quella che invece è la tematica più facilmente assimilabile allo sviluppo industriale della città di Taranto e allo viluppo industriale di quella che è la produzione dell'acciaio, bene preciso di tutto il paese, a me sembra quindi che negli emendamenti valga la pena tornare a puntualizzare questa cosa tornando, io direi, anche a mettere in evidenza alcuni aspetti che preferisco pensare che siano un po’ di tipo strutturale.
  Mi ha sorpreso molto infatti che tra i relatori di questo disegno di legge ci fossero dei colleghi dell'VIII e della X Commissione, ma non ci fosse tra i relatori nessun collega della XII Commissione, come se il tema salute, in un decreto-legge che abbiamo detto molte volte oggi pomeriggio, segue altri sette decreti-legge che l'hanno preceduto, pur tuttavia rappresenta un po’ uno dei punti nodali del dibattito che riguarda la città di Taranto. Ci sono dei numeri che in questo succedersi di decreti sono andati di volta in volta acquistando maggiore concretezza, maggiore precisione. Sono gli indici drammatici che riguardano concretamente lo stato della salute, affermazioni di questo tipo: a Taranto c’è un malato di cancro ogni 18 residenti, uno ogni 26 se ci si allontana dal centro. Sono numeri che è facile ricavare se si clicca sul numero degli utenti identificati dal codice considerato maledetto in campo sanitario, lo 048 che è quello che identifica le persone che hanno diritto all'esenzione del ticket per patologie tumorali.
  Ebbene, non solo in tutti gli interventi del pomeriggio, ma per chi ha avuto forse la fortuna o, comunque, chi ha avuto la condizione di poter seguire il succedersi dei decreti in questi mesi, si dimostra come questi numeri, che si sono fatti di volta in volta più precisi e quantitativamente definiscono sempre meglio le situazioni, in nessun caso si sono tradotti in un miglioramento oggettivo delle condizioni di salute, sia a livello personale, perché il massimo dello sforzo viene fatto per giungere ad una diagnosi precoce, ma certamente non per prevenire la patologia, sia dal punto di vista poi dell'intervento terapeutico che viene offerto e che coinvolge ogni volta di più anche soggetti più giovani, bambini che risultano affetti da patologie di tipo oncoematologico.
  In altri termini, ancora una volta il tema della salute risulta marginale rispetto al tema dello sviluppo economico, rispetto al tema della ripresa industriale, e io credo che molti degli emendamenti che hanno come oggetto in questo disegno di legge, per esempio, interventi sulle discariche, per esempio interventi sulle bonifiche, per esempio interventi per rendere più precoci gli screening, cioè per rendere più efficaci gli screening neonatali, per rendere più tempestive le diagnosi a cui sono sottoposti i cittadini, per potere veramente arrivare a comprendere il disagio nella fase più precoce possibile, ebbene io temo, ed è questa forse la paura maggiore che vorrei esprimere in questo mio intervento, che di tutto questo non si farà nulla, perché una volta svolti gli interventi sul complesso degli emendamenti si corre il rischio che venga posta, per l'ennesima volta, la questione di fiducia e che, quindi, in qualche modo tutto questo lavoro di approfondimento, tutto questo lavoro di puntualizzazione, si vada perdendo.Pag. 83
  Io credo che questo sia un obiettivo che noi, invece, vogliamo salvaguardare. Per questo insistiamo affinché nel dibattito sugli emendamenti chiunque abbia presentato un emendamento, che sia un emendamento della maggioranza, che sia un emendamento dell'opposizione, che sia un emendamento dell'opposizione e della maggioranza, che sia un emendamento di quella parte dell'opposizione che invece, in realtà, è più vicina a questo provvedimento, chiunque lo abbia proposto lo legga in modo che possa essere inquadrato alla luce di questo bene di rango costituzionale che è la tutela della salute.
  Non si tratta di contrapporre, come è stato detto più volte nel pomeriggio, il tema del lavoro al tema della salute. Non è una contrapposizione ! È piuttosto un'impresa molto difficile e molto più ardua, che è quella di rendere compatibili entrambi i beni. Si tratta di superare questo scollamento drammatico, che ci fa muovere secondo una disgiuntiva: se mi muovo a favore della ripresa industriale, se mi muovo a favore, come dire, della ripresa dei processi che possono creare i posti di lavoro di cui pure la regione, il salentino, ha tanto bisogno, allora in automatico debbo accettare. Debbo accettare che cosa ? Debbo accettare le persone che sono vittime dirette dell'esposizione a tutti questi inquinanti di tipo chimico e di tipo fisico; debbo accettare che questa tragedia si perpetui anche nell'ambito della vita di famiglia, perché si riportano in casa queste stesse cose, e debbo accettare che i bambini ne siano vittime.
  Ma non è possibile continuare a pensare che lavoro vuol dire in questi campi necessariamente pregiudizio per la salute. Ecco dove ci si deve sforzare, proprio perché in fondo anche nella Commissione XII noi abbiamo avuto la possibilità di studiare il decreto devo dire in uno spazio brevissimo, in una manciata di ore, al punto tale che non c’è stato nemmeno il tempo per svolgere un dibattito tanto approfondito da metterci in condizione di presentare quella tipologia di emendamenti che caratterizzano una cultura, una mentalità, un modo di pensare. L'abbiamo fatto molto in fretta e, pur tuttavia, abbiamo avuto questa speranza, la speranza che ciò che noi non eravamo riusciti a fare in Commissione di fatto si potesse fare in Aula. Temere, in qualche modo, che questo possa non accadere, perché le logiche della velocità di un dibattito parlamentare, che brucia un po’ gli interventi, vanno a toccare nel profondo la possibilità di migliorare il decreto-legge, ci dispiace molto.
  Quindi, il mio intervento vuole semplicemente essere una sollecitazione, una sollecitazione posta al Governo, una sollecitazione posta nella misura in cui serva ai colleghi della maggioranza, perché si abbia il coraggio di approfondire uno per uno questi punti.
  Si abbia il coraggio di immaginare che dietro un emendamento ci sono persone, che dietro dei numeri ci sono condizioni reali di salute, che dietro circostanze che appaiono meramente burocratiche ci sono realtà, problemi e panorami che toccano davvero questo crescere esponenziale delle patologie cardiovascolari, delle patologie polmonari e delle patologie tumorali. Sappiamo anche che molta della sofferenza che si crea in questa zona è anche legata all'inquinamento da amianto. Abbiamo vissuto malissimo noi in questi giorni la sentenza sull'amianto, che in qualche modo ha sollevato da responsabilità coloro che avremmo voluto davvero vedere tra i colpevoli, perché consapevoli che l'amianto avrebbe provocato gravi condizioni di sofferenza. Ecco, noi non vorremmo che, come dire, tacitare il complesso degli emendamenti significasse ignorare questo bene. È vero che nel passaggio al Senato i colleghi senatori hanno migliorato perlomeno due punti concreti che hanno come obiettivo la tutela della salute, ma pur tuttavia – nonostante questo miglioramento che ci viene dai colleghi – non è sufficiente ancora per fare di questo decreto uno strumento efficace di tutela della salute. Ci sono dei tentativi timidi, sono stati fatti, come dire, dei piccoli miglioramenti, ma non si è fatto quello che noi avremmo voluto davvero, e ben lo sanno i colleghi che sono qui da più legislature e concretamente dalla legislatura Pag. 84passata. Più volte noi, attraverso mozioni, attraverso disegni di legge, attraverso decreti, siamo intervenuti su questo rapporto tra salute e ambiente, tra contesto industriale e salute. Siamo intervenuti sempre con questo obiettivo. Io direi che, se si riprendesse il dibattito di quelle sedute, se si andasse a rileggere i contributi dei colleghi, ci suonerebbe come un mantra che continuamente e ripetutamente sollecita il Governo, sollecita il mondo industriale, sollecita il mondo del lavoro a tenere presente che non è tollerabile che una persona muoia di lavoro. Noi abbiamo fatto una campagna a tappeto – lo ricordo – contro le morti bianche, contro quelle morti su un posto di lavoro, che in qualche modo nascevano da un mancato rispetto delle norme sulla sicurezza, del decreto legislativo n. 626 del 1994, e quello che sia. Ma quello che sta avvenendo in questi contesti e in queste situazioni è di gran lunga peggiore, perché se non sono migliorate le misure di sicurezza, viceversa sono migliorati moltissimo gli studi scientifici, sono molto più documentati, sono documentati i numeri, sono documentati gli indici epidemiologici, sono documentati gli indici di mortalità, è documentato il nesso causale che si crea tra questi eventi e gli altri. Sappiamo molto di più: quella che era una semplice intuizione adesso è una consapevolezza, quello che sembrava un sospetto adesso è una certezza. Tutto questo lo sappiamo, ma questo sapere è un sapere che non riusciamo a tradurre in decisioni forti, coraggiose e concrete. Vorrei concludere questo mio intervento semplicemente rilanciando questa cosa: la prossima volta che ci sono dei relatori per provvedimenti di questo tipo non basta che ci siano semplicemente le attività industriali, non basta che ci sia semplicemente lo sviluppo economico, occorre che allo stesso tavolo, con lo stesso rango di responsabilità, con la stessa dignità, ci siano i relatori della XII Commissione, cioè coloro che per passione, convinzione e attività politica hanno fatto della tutela della salute il brand più significativo della loro presenza in Parlamento.

  PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Mariastella Bianchi, che aveva chiesto di parlare: s'intende che vi abbia rinunziato.
  A questo punto, dichiaro conclusa la fase degli interventi sul complesso degli emendamenti riferiti all'articolo unico del disegno di legge di conversione del decreto-legge in esame.
  Secondo le intese intercorse, il provvedimento si intende rinviato alla giornata di domani.

Sostituzione di un senatore componente della Delegazione italiana presso l'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa.

  PRESIDENTE. Comunico che il Presidente del Senato ha chiamato a far parte della Delegazione italiana presso l'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa, quale membro effettivo, il senatore Sergio Divina, in sostituzione del senatore Jonny Crosio, dimissionario.

Sull'ordine dei lavori (ore 20,55).

  VITTORIO FERRARESI. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  VITTORIO FERRARESI. Grazie, Presidente. Mi rendo conto del paradosso, ma mi rivolgo a lei, come Vicepresidente: siamo qui a stigmatizzare il suo comportamento, del Vicepresidente Baldelli. Nell'occasione di ieri, a fine seduta, entrando in un dibattito con le mie colleghe, che sono intervenute riguardo a temi sanitari molto importanti e molto delicati, lei ha chiuso, a fine seduta, rivolgendosi ai funzionari, tra cui ricordo benissimo la presenza di Santoro, e, alla presenza dei miei colleghi, parlando a voce molto alta, in modo che si sentisse anche in tutta l'Aula, ha detto per l'appunto queste parole: «Non è che per Pag. 85ogni cazzata si può intervenire. Che si facciano gli interventi a casa loro !».
  Ritengo che questo intervento, sebbene fatto a seduta chiusa, in ogni caso, nella sua figura, fatto in modo così plateale, che si sentisse in tutta l'Aula, sia quanto meno da stigmatizzare e sia quanto meno assolutamente irrispettoso dei miei colleghi e irrispettoso anche degli argomenti che stavano trattando, visto che la generalizzazione non fa distinzione sugli argomenti.
  Quindi, le chiedo, visto che è stato chiarito anche questa mattina che i nostri interventi sono assolutamente legittimi, in questo caso, come Vicepresidente, di inoltrare alla Boldrini il suo comportamento, perché risulta assolutamente inaccettabile. Che sia preso in considerazione !

  PRESIDENTE. La ringrazio. Non mi risulta, dal resoconto stenografico, questa cosa che lei dice. Ad ogni buon conto, nella giornata di ieri, onorevole Ferraresi, ho fatto presente, dopo alcuni interventi, che possono essere presentati atti di sindacato ispettivo, anche perché nel fine seduta, che non è un obbligo, ma è una prassi curiosa, che si è iniziata in questa legislatura, quando i colleghi prendono la parola, non si rivolgono al Governo, che, come lei forse sa, non ha l'obbligo di essere presente, ma si rivolgono alla Presidenza, parlando di argomenti a vario titolo.
  Ora, la Presidenza non è che ha facoltà di dare seguito a queste questioni, perché, per esempio, se lei critica il Governo o richiede l'intervento del Governo su questa o su quell'altra questione, non è che la Presidenza si possa fare tramite di questa richiesta.
  La Presidenza può, se lei annuncia un atto di sindacato ispettivo o sollecita un atto di sindacato ispettivo che ella ha presentato, sollecitare al Governo una risposta. Per questo la Presidenza, al termine degli interventi, fa presente che vi è la possibilità di presentare atti di sindacato ispettivo.

  VITTORIO FERRARESI. Non c'entra niente con quello che ho detto !

  PRESIDENTE. Questa è cosa molto diversa, ad esempio, dalle commemorazioni o da altri interventi di fine seduta, che, ricordo, formalmente sarebbero sull'ordine dei lavori, ma non sono, di fatto, quasi mai sull'ordine dei lavori, perché sono su argomenti che non riguardano l'ordine dei lavori, ma, pur tuttavia, con una certa tolleranza, la Presidenza li permette e li fa svolgere a fine seduta.

  VITTORIO FERRARESI. Non c'entra niente con quello che ho detto !

  MARIA EDERA SPADONI. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  MARIA EDERA SPADONI. Signor Presidente, visto che vi si è riferito, e quindi credo di poter parlare di questo, l'intervento che ho fatto ieri non era rivolto al Governo: era semplicemente un intervento su un pilota che è morto a causa di gas tossici e semplicemente chiedevo che cosa si stesse facendo a livello nazionale. Quindi, il mio intervento non riguardava delle richieste precise...

  PRESIDENTE. Onorevole Spadoni...

  MARIA EDERA SPADONI. No, mi faccia finire ! Presidente, mi faccia finire, per favore ! Quindi, non era rivolto al Governo. Semplicemente, dico che noi deputati sappiamo perfettamente gli atti che possiamo o non possiamo fare. Magari, su certi temi, la prossima volta potrebbe anche evitare di intervenire.

  PRESIDENTE. La Presidenza, se intende intervenire, interviene; non è certo lei che autorizza o meno la Presidenza ad intervenire. In secondo luogo, le ho detto che lei ha facoltà di depositare atti di sindacato ispettivo, perché lei si sta rivolgendo alla Presidenza.

  MARIA EDERA SPADONI. Lo so quello che posso o non posso fare qui dentro !

Pag. 86

  PRESIDENTE. A nessun altro, in questa Assemblea, lei può rivolgersi, se non alla Presidenza. Siccome non c’è il Governo che la ascolta, io le ho detto che può, al pari di altri interventi, presentare atti di sindacato ispettivo; dopodiché la chiudiamo qui.

Ordine del giorno della seduta di domani.

  PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

  Giovedì 26 febbraio 2015, alle 9,30:

  1. – Seguito della discussione del disegno di legge:
   S. 1733 – Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 5 gennaio 2015, n. 1, recante disposizioni urgenti per l'esercizio di imprese di interesse strategico nazionale in crisi e per lo sviluppo della città e dell'area di Taranto (Approvato dal Senato) (C. 2894).
  — Relatori: Borghi (per la VIII Commissione) e Ginefra (per la X Commissione), per la maggioranza; Allasia e Crippa, di minoranza.

  2. – Esame e votazione delle questioni pregiudiziali riferite al disegno di legge:
   Conversione in legge del decreto-legge 18 febbraio 2015, n. 7, recante misure urgenti per il contrasto del terrorismo, anche di matrice internazionale, nonché proroga delle missioni internazionali delle Forze armate e di polizia, iniziative di cooperazione allo sviluppo e sostegno ai processi di ricostruzione e partecipazione alle iniziative delle Organizzazioni internazionali per il consolidamento dei processi di pace e di stabilizzazione (C. 2893).

  La seduta termina alle 21.

TESTO INTEGRALE DELLA RELAZIONE DEL DEPUTATO STEFANO ALLASIA IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DEL DISEGNO DI LEGGE N. 2894.

  STEFANO ALLASIA, Relatore di minoranza. Lo scopo del decreto-legge è quello di estendere alle imprese che gestiscono almeno uno stabilimento industriale e sono sottoposte a commissariamento la disciplina dell'amministrazione straordinaria delle imprese operanti nel settore dei servizi essenziali (ex legge Marzano). In questo modo ci rientra l'ILVA, già dichiarata di interesse strategico e già sottoposta a commissariamento.
  In particolare il decreto fissa le linee guida per il futuro commissariamento dell'ILVA e della costituzione della newco a partecipazione pubblica che si occuperà del risanamento ambientale, del piano industriale e del suo futuro collocamento sul mercato.
  Chiaramente, l'intervento del Governo non finisce qui; l'azione successiva sarà quella di dare attuazione ai contenuti del decreto-legge per procedere alla cessione o affitto degli asset del gruppo. Ci troviamo quindi di fronte ad un ennesimo decreto che di fatto non risulta risolutivo della vicenda dell'ILVA. Ricordiamo che dal 2012 ad oggi, sull'emergenza dell'area di Taranto e la crisi dell'ILVA sono già intervenuti ben 7 decreti-legge.
  Anche se l'obiettivo del Governo sembra essere quello di un futuro rilancio del ciclo siderurgico, di fatto dietro questa azione c’è un ennesimo intervento dello Stato in favore dell'ILVA che fa cessare il commissariamento straordinario dell'impresa, creato nel 2013, ma crea la nuova figura del commissario straordinario della procedura di amministrazione straordinaria.
  I Commissari straordinari, dott. Gnudi, avv. Carrubba e prof. Laghi, sono stati incaricati, con il DM del 21 gennaio 2015, di guidare la newco pubblica con lo scopo di rilanciarla industrialmente e risanarla Pag. 87ambientalmente entro un tempo che, a detta del Premier Renzi, dovrebbe durare 18-36 mesi.
  Peraltro, il decreto delle nomine non contempla anche il compenso dei Commissari, contrariamente a quanto stabilito dall'articolo 2 del decreto-legge Marzano (347/2003). A fronte della particolare situazione dell'ILVA e della crisi economica che attraversa il Paese, riteniamo che ciò sia un atto di poca trasparenza e irrispettoso nei confronti dei cittadini e del loro diritto di essere informati sul modo di operare della pubblica amministrazione.
  Come abbiamo sottolineato anche nella pregiudiziale presentata dal nostro gruppo, riteniamo l'intervento del Governo contrario a quanto disposto dall'articolo 41 della Costituzione che sancisce la libertà dell'iniziativa economica privata. La procedura stabilita dal decreto-legge profila una sorta di statalizzazione della società che vede lo Stato invadere la sfera del privato; infatti, la procedura di amministrazione straordinaria delle imprese in stato di insolvenza nasce per la ristrutturazione e/o vendita delle imprese a partecipazione pubblica o operanti nei settori dei servizi pubblici essenziali e ora viene estesa anche alle imprese di interesse strategico nazionale, creando un precedente di esproprio nella gestione della proprietà attraverso l'intervento generale dello Stato nel settore privato.
  Il decreto-legge prevede l'obbligo per il commissario straordinario di richiedere al potenziale affittuario o acquirente, contestualmente alla presentazione dell'offerta, la presentazione di un piano industriale e finanziario nel quale devono essere indicati gli investimenti, con le risorse finanziarie necessarie e le relative modalità di copertura, nonché gli obiettivi strategici della produzione industriale degli stabilimenti del gruppo. Secondo noi dovevano essere specificati meglio nel testo i tempi di intervento per l'attuazione del Piano, i livelli occupazionali che dovrebbero essere garantiti per tutti gli stabilimenti del gruppo, nonché gli obiettivi strategici della produzione industriale degli stabilimenti dell'ILVA sul territorio nazionale. E tutto questo a garanzia della continuità produttiva dell'industria siderurgica.
  Nel corso degli ultimi decenni si è registrata una profonda modifica strutturale del settore siderurgico, legata soprattutto alla globalizzazione della produzione che ha generato una crisi che ha colpito soprattutto le grandi imprese.
  Non a caso il Parlamento è stato impegnato ultimamente nella risoluzione di problemi critici connessi alle nostre più grandi imprese del settore, l'ILVA in primis ma anche la Lucchini con gli impianti di Piombino e di Trieste e l'AST di Terni; tutte imprese strategiche per l'economia del Paese la cui crisi sta creando gravi ripercussioni occupazionali.
  Si tratta di realtà che si assomigliano sotto diversi aspetti e che hanno una matrice comune, quella della crisi economico-finanziaria e che comunque sono riconducibili ad una carenza di politica industriale nel paese oltre che ad una mancanza di visione d'insieme del settore siderurgico nazionale.
  L'industria siderurgica italiana non ha storicamente fruito, al pari di altre realtà internazionali, di una volontà politica indirizzata a difenderne e tutelarne l'eccellenza e ciò ha favorito la penetrazione nel settore di colossi internazionali la cui missione è estranea alla tutela dell'eccellenza siderurgica e all'interesse del mantenimento della produzione italiana.
  Nell'ultimo decennio la produzione dell'acciaio in Europa ha registrato un fortissimo calo a fronte della crescita della quantità di acciaio prodotta in altri Paesi come la Cina, generando preoccupazione sul futuro della siderurgia europea ed italiana, quest'ultima da tempo minacciata da fenomeni di deindustrializzazione.
  L'anno 2013 si è chiuso con una caduta della produzione italiana dell'acciaio a -11,7% rispetto all'anno precedente, attestandosi a 24,2 milioni di tonnellate annue che, nonostante sia inferiore del 27% rispetto alle 33 milioni di tonnellate raggiunte nel 2007, conferma l'industria dell'acciaio italiana al secondo posto per volumi in Europa, dopo la Germania.Pag. 88
  Il calo della produzione dipende senz'altro dalla riduzione della domanda interna dei settori manifatturiero e delle costruzioni, causate della crisi economica, ma dipende soprattutto dalle difficoltà operative dell'ILVA a seguito del blocco degli impianti ed in particolare dei forni a caldo, unici della società nello stabilimento di Taranto.
  Tale situazione sta mettendo a dura prova tutte le imprese dell'indotto che rischiano il fallimento per mancanza di ordini e di liquidità. Al Senato è stata inserita la possibilità dell'accesso al credito con garanzia dello Stato per le piccole e medie imprese fornitrici di aziende con stabilimenti dichiarati strategici o creditrici di tali società. Ma la questione è anche diversa; il problema delle imprese fornitrici dell'ILVA non è quello di rendere agevolato un ulteriore indebitamento con le banche ma, invece, quello di poter recuperare i crediti vantati nei confronti della società e dell'amministrazione straordinaria, precedentemente alla costituzione della newco.
  Il comma 1 dell'articolo 3, come modificato nel corso dell'esame al Senato, consente all'amministrazione straordinaria di ILVA S.p.A. di utilizzare le somme sequestrate per emettere obbligazioni. Le obbligazioni saranno intestate al Fondo unico giustizia e gestite da Equitalia Giustizia s.p.a., secondo le indicazioni dell'autorità giudiziaria. Inoltre, le somme recuperate dall'ILVA attraverso l'emissione delle obbligazioni dovranno costituire un patrimonio separato della società, da utilizzare esclusivamente per gli interventi di risanamento ambientale.
  A quanto pare le risorse non sono tutte immediatamente disponibili e soprattutto idonee e allora ci si pone un quesito: è più importante adempiere alle prescrizioni per il risanamento ambientale dell'ILVA oppure portare avanti interventi che servono per permettere la continuazione delle attività d'impresa e il saldo dei crediti dei fornitori e trasportatori ? Si tratta di un equilibrio delicato. Prima di tutto occorre salvaguardare la salute dei cittadini; ma dall'altra parte occorre garantire l'attività d'impresa e la sopravvivenza dell'indotto.
  Infatti, il nostro gruppo si è battuto prima al Senato e poi in Commissione per la tutela delle imprese e il riconoscimento dei crediti da queste maturati per i servizi e forniture resi all'ILVA. Le modifiche apportate dal Senato, con l'accordo del Governo, peccano in realtà di mancanza di chiarezza. Non si comprende se nella definizione delle prestazioni necessarie per la continuità dell'attività degli impianti produttivi «essenziali» si debbano intendere compresi anche i servizi e le forniture di tutto l'indotto e se tra questi risultano compresi i crediti delle imprese di trasporto su gomma.
  Ci rammarichiamo che non sono stati tenuti in debito conto i nostri emendamenti che risolvevano tutti gli aspetti connessi ai creditori nel settore delle forniture e dei trasporti.
  Intorno alla realtà industriale dell'ILVA gravitano circa 4 mila imprese, di cui circa 2 mila sono concentrate nelle sole Lombardia e Piemonte. Ai fornitori di ILVA va ricondotto oggi un volume d'affari di oltre 2,5 miliardi di euro di cui 1,5 miliardi di euro vedono coinvolte le piccole e medie imprese.
  Tra le «fette» più importanti, circa 350 milioni riguardano gli appalti, altri 200 milioni sono riferiti alle materie prime, 400 milioni sono connessi alla gestione della filiera dell'energia, un centinaio di milioni se ne va in ricambistica. I servizi valgono circa 30 milioni, così come gli smaltimenti. La distribuzione geografica dei fornitori dell'ILVA vede una netta predominanza delle imprese del nord Italia: qui è attivo il 75% della filiera, concentrato soprattutto in Lombardia (dove sono attivi più di 1.500 fornitori dell'ILVA), Piemonte, Veneto e Liguria.
  Siamo coscienti che un'eventuale chiusura dello stabilimento di Taranto, dove lavorano i forni a caldo, porterebbe a cascata la chiusura di tutti gli altri stabilimenti dell'ILVA sul territorio nazionale con gravi ripercussioni per la nostra industria, per l'indotto e per l'occupazione. Si tratta di una situazione che creerebbe Pag. 89un'emergenza sociale che aggraverebbe a dismisura la crisi economica che sta attraversando il Paese.
  Non siamo sicuri che il Governo si renda veramente conto della situazione. Stiamo approvando l'ennesimo decreto salva ILVA e la situazione si sta sempre più aggravando. Non è questo il modo di intervenire. Se vogliamo salvaguardare il patrimonio industriale del Paese dobbiamo cambiare logica: abbandonare la strada degli interventi assistenzialistici e puntare ad una seria politica industriale.
  Non è chiaro, infatti, cosa c'entrano con la risoluzione della crisi industriale dell'ILVA e il risanamento ambientale dell'area, materie come la riqualificazione della città vecchia di Taranto, la valorizzazione culturale e turistica dell'Arsenale militare.
  Certamente non possono essere giudicate disposizioni urgenti quelle che abbreviano l'iter di approvazione di tutti i progetti per la realizzazione degli interventi infrastrutturali necessari all'ampliamento e adeguamento del porto di Taranto e le altre disposizioni per il recupero, la riqualificazione e la valorizzazione della città vecchia. Per quest'ultima finalità si osserva che vengono utilizzate le risorse del Fondo di sviluppo e coesione nel limite di quelle attualmente disponibili, sottraendo così risorse importanti per il rilancio industriale e le infrastrutture del Paese.
  Abbiamo l'impressione che per il Governo e la maggioranza questo decreto rappresenti più che altro l'occasione ghiotta per sistemare questioni territoriali nate da croniche carenze amministrative del passato.
  Nessuno può negare che nella situazione di crisi dell'ILVA, precipitata soprattutto per le gravi carenze ambientali che ha accumulato la fabbrica, pesa anche l'irresponsabilità della classe amministrativa locale che fino ad oggi ha chiuso gli occhi rispetto al problema sanitario e ambientale. Per anni i controlli sono stati inesistenti ed ora si cerca di salvare il salvabile con ricadute dirette sulla salute dei cittadini locali e con ripercussioni economiche e sociali sull'intero Paese.
  Il nostro gruppo è contrario al decreto-legge in esame, non perché noi non abbiamo a cuore la risoluzione della situazione drammatica degli impianti dell'ILVA su tutto il territorio nazionale o non ci preoccupiamo per la sopravvivenza delle imprese dell'indotto. Noi non condividiamo le scelte del Governo, siamo sicuri che questo decreto si aggiungerà a tutti gli altri che lo hanno preceduto, creando solo tanto volume, sotto il cui peso rischia di rimanere schiacciata l'industria siderurgica del nostro Paese.

VOTAZIONI QUALIFICATE EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 1 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 1)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nom. Ddl 2894 – quest. preg. 1, 2 e 3 450 450 226 157 293 81 Resp.

F = Voto favorevole (in votazione palese). – C = Voto contrario (in votazione palese). – V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). – A = Astensione. – M = Deputato in missione. – T = Presidente di turno. – P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. – X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.