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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 328 di lunedì 10 novembre 2014

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE
LUIGI DI MAIO

  La seduta comincia alle 15.

  RAFFAELLO VIGNALI, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 4 novembre 2014.
  (È approvato).

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Amici, Baldelli, Bellanova, Bobba, Bocci, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Brambilla, Bratti, Bressa, Brunetta, Caparini, Capelli, Casero, Castiglione, Cecconi, Cicchitto, Cirielli, Costa, Dambruoso, De Girolamo, Del Basso De Caro, Dellai, Di Gioia, Di Lello, Di Salvo, Fedriga, Ferranti, Fico, Gregorio Fontana, Fontanelli, Franceschini, Gentiloni Silveri, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, La Russa, Lorenzin, Lotti, Lupi, Madia, Mannino, Merlo, Orlando, Pisicchio, Pistelli, Portas, Rampelli, Ravetto, Realacci, Domenico Rossi, Rughetti, Sani, Scalfarotto, Scotto, Sisto, Tabacci, Velo, Vito e Zanetti sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
  I deputati in missione sono complessivamente sessantacinque, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

  Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

Discussione del disegno di legge: Disposizioni in materia ambientale per promuovere misure di green economy e per il contenimento dell'uso eccessivo di risorse naturali (A.C. 2093-A) (ore 15,05).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge n. 2093-A: Disposizioni in materia ambientale per promuovere misure di green economy e per il contenimento dell'uso eccessivo di risorse naturali.
  Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).

(Discussione sulle linee generali – A.C. 2093-A)

  PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
  Avverto che i presidenti dei gruppi parlamentari MoVimento 5 Stelle e Partito Democratico ne hanno chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
  Avverto, altresì, che l'VIII Commissione (Ambiente) si intende autorizzata a riferire oralmente.Pag. 2
  Ha facoltà di intervenire il relatore per la maggioranza, deputato Alessandro Bratti.

  ALESSANDRO BRATTI, Relatore per la maggioranza. Signor Presidente, onorevoli colleghi, oggi l'Assemblea è chiamata ad avviare l'esame del disegno di legge recante disposizioni in materia ambientale per promuovere misure di green economy e per il contenimento dell'uso eccessivo di risorse naturali. Il provvedimento all'esame rappresenta un fondamentale passo avanti nella definizione delle politiche ambientali nazionali in una logica di sviluppo sostenibile. Per la prima volta, in una legge dello Stato il titolo riporta le due parole «green economy», un'economia che fa dell'ambiente il perno dello sviluppo futuro per il nostro Paese, che solo puntando su innovazione e qualità può sperare di giocare un ruolo da protagonista all'interno di un sistema sempre più globalizzato.
  Questo provvedimento, insieme alla riforma delle agenzie ambientali e all'introduzione dei reati ambientali nel codice penale, rappresenta un pacchetto di riforme necessarie e indispensabili per costruire la strada del nostro futuro. Se, infatti, da un lato è necessario procedere, come ci chiede il Governo, a semplificare i percorsi amministrativi per il sistema imprenditoriale, dall'altro è fondamentale, attraverso questi tre atti legislativi che ricordavo, costruire il quadro all'interno del quale possano svilupparsi e proliferare le imprese di qualità, che fanno del rispetto dell'ambiente e dell'innovazione i loro punti di forza. Attraverso una legislazione efficace è necessario mettere definitivamente al margine quell'imprenditoria malsana, che è una dei protagonisti principali dei fenomeni corruttivi denunciati anche recentemente in un'audizione presso la Bicamerale d'inchiesta sui reati ambientali dal capo della procura Direzione nazionale antimafia, Franco Roberti, una corruzione che, secondo il Presidente della Banca d'Italia, Visco, dal 2006 al 2012, ha causato una perdita di oltre 16 miliardi di euro di investimenti nel nostro Paese. Oggi, quindi, presentiamo una prima proposta organica e concreta, che in tempi rapidi – speriamo – diventi operativa, che va in una nuova direzione e coglie molti indirizzi politici contenuti nelle recenti comunicazioni al Parlamento europeo da parte della Commissione, quali, per citare le più significative, «Un'Europa efficiente nell'impiego delle risorse» e «Verso un'economia circolare: programma per un'Europa a zero rifiuti».
  Prima di passare ad esaminare il contenuto del provvedimento, vorrei sottolineare come la Commissione ambiente abbia svolto un'ampia e articolata istruttoria, anche attraverso numerose audizioni, all'esito della quale il provvedimento è stato profondamente modificato, peraltro in uno spirito di condivisione fra le diverse forze politiche sia di maggioranza che di opposizione e con un'interlocuzione positiva con il Governo. In primo luogo, segnalo che sono state soppresse diverse disposizioni, alcune delle quali di contenuto identico o analogo ad altre disposizioni presenti in diversi provvedimenti. Ne cito gli articoli: 1, 3, 5, 6, 8, 12, 15, 19, 20, 29. Su questi articoli non mi soffermerò nell'illustrazione successiva.
  Significativo è, poi, stato anche l'apporto dei pareri delle Commissioni competenti in sede consultiva, le cui condizioni sono state in buona parte recepite nel testo.
  Venendo all'esame più in dettaglio si può dividere il provvedimento in quattro grandi capitoli: il primo, politiche di prevenzione ambientali a supporto della green economy, quali quelle sugli «appalti verdi», all'introduzione negli appalti pubblici di criteri che privilegiano le certificazioni ambientali di stampo europeo, come l'EMAS e l'Ecolabel e di mobilità sostenibile; il secondo, di valorizzazione delle risorse naturali e recupero della materia quali gli accordi per l'utilizzo di materiale post consumo e incentivi per incrementare la raccolta differenziata, oltre ad un inizio di riordino delle competenze dei consorzi obbligatori per la raccolta degli imballaggi; il terzo, un riordino dei sistemi di governance dei distretti idrografici, Pag. 3recependo la direttiva 2000/60/CE e l'introduzione fra gli strumenti di pianificazione dei cosiddetti contratti di fiume; il quarto gruppo, sono varie disposizioni in materia di capitale naturale e contabilità ambientale, che introducono un principio fondamentale che riguarda un sistema di remunerazione dei servizi cosiddetti ecosistemici ambientali, la possibilità, poi, d'istituire delle aree territoriali cosiddette oil free zone, oltre che definire una strategia nazionale delle green community.
  Rimandando alla puntuale discussione e confronto che si è svolto in Commissione, oltre che alle numerose schede realizzate dagli uffici competenti, mi preme citare quelli che consideriamo gli articoli più significativi.
  L'articolo 2-bis prevede 35 milioni di euro, per la realizzazione di un programma sperimentale nazionale di mobilità sostenibile casa-scuola e casa-lavoro.
  Per quanto riguarda le procedure di valutazione di impatto ambientale, è stato introdotto un articolo, che prevede la predisposizione della valutazione di impatto sanitario, in conformità alle linee guida predisposte dall'Istituto superiore di sanità, per i progetti riguardanti le raffinerie di petrolio greggio, gli impianti di gassificazione e liquefazione, i terminali di rigassificazione di gas naturale liquefatto, nonché le centrali termiche e gli altri impianti di combustione con potenza termica superiore a 300 megawatt.
  Vi sono, poi, diverse disposizioni relative al cosiddetto green public procurement, i cosiddetti acquisti verdi. In particolare, l'articolo 9 interviene sulla disciplina delle garanzie a corredo dell'offerta nei contratti pubblici, al fine di prevedere la riduzione del 30 per cento dell'importo della garanzia, e del suo eventuale rinnovo, per gli operatori economici in possesso di registrazione al sistema di ecogestione e audit EMAS o una riduzione del 20 per cento, per quelli con certificazione ambientale ai sensi della normativa UNI EN ISO 14001, nonché per quegli operatori in possesso del marchio di qualità ecologica dell'Unione europea Ecolabel, in relazione ai beni o servizi che costituiscano almeno il 50 per cento del valore dei beni e servizi oggetto del contratto stesso. Il medesimo articolo, inoltre, inserisce tra i criteri di valutazione dell'offerta economicamente più vantaggiosa: il possesso di un marchio Ecolabel in relazione ai beni o servizi oggetto del contratto, in misura pari o superiore al 30 per cento del valore delle forniture o delle prestazioni oggetto del contratto stesso; la considerazione dell'intero ciclo di vita dell'opera, del bene o del servizio nel costo di utilizzazione e manutenzione; la compensazione delle emissioni di gas serra associate alle attività dell'azienda.
  L'articolo 10, attraverso l'introduzione dell'articolo 68-bis nel codice dei contratti, disciplina l'applicazione dei criteri ambientali minimi negli appalti pubblici di forniture e negli affidamenti di servizi nell'ambito delle categorie previste dal Piano d'azione per la sostenibilità ambientale dei consumi nel settore della pubblica amministrazione. In particolare, la norma prevede l'obbligo per le pubbliche amministrazioni, incluse le centrali di committenza, di contribuire al conseguimento degli obiettivi ambientali, attraverso l'inserimento, nei documenti di gara relativi, almeno delle specifiche tecniche e delle clausole contrattuali contenute nei decreti ministeriali adottati in attuazione del predetto Piano d'azione nazionale e relativi all'acquisto di lampade e di servizi d'illuminazione, di servizi energetici per gli edifici e alle attrezzature elettriche ed elettroniche per l'ufficio. Tale obbligo si applica, per almeno il 50 per cento del valore degli appalti, anche alle categorie di forniture e di affidamenti e per carta per copia e carta grafica, ristorazione collettiva e derrate alimentari, affidamento del servizio di pulizia e per la fornitura di prodotti per l'igiene, prodotti tessili, arredi per gli uffici.
  Rispetto poi al testo originario sono state aggiunte ulteriori categorie di servizi per i quali nel frattempo sono stati pubblicati altri decreti recanti i criteri ambientali minimi, quali, per citarne alcuni, l'affidamento del servizio di gestione dei Pag. 4rifiuti urbani e del servizio di gestione del verde pubblico; le forniture di cartucce per stampanti e l'affidamento dei servizi integrati di ritiro e forniture.
  L'articolo 10-bis reca ulteriori disposizioni volte all'applicazione dei CAM nei contratti pubblici. L'articolo 10-ter disciplina la procedura per l'adozione di un Piano per la qualificazione ambientale dei prodotti dei sistemi produttivi locali, dei distretti industriali e delle filiere che caratterizzano il sistema produttivo nazionale.
  Vi sono poi numerosi articoli che riguardano i prodotti derivati da materiali cosiddetti post consumo. In particolare, vi è una serie di disposizioni volte a incentivare l'acquisto di prodotti derivanti da materiali post consumo, introdotte attraverso l'inserimento nel codice ambientale di ben quattro nuovi articoli. In primo luogo, viene consentita la stipula di accordi e contratti di programma tra soggetti pubblici e privati, comprendendo anche le associazioni di volontariato, le associazioni di categoria e di aziende che si occupano di riciclo e di riuso, nonché le imprese che producono questi beni, con priorità per i beni provenienti dalla raccolta differenziata dei rifiuti. Gli accordi e i contratti di programma hanno ad oggetto l'erogazione di incentivi alle attività imprenditoriali di produzione di beni derivanti da materiali post consumo riciclati e alle attività imprenditoriali di preparazione dei materiali post consumo per il loro riutilizzo. Gli incentivi sono, altresì, diretti ai soggetti economici e ai soggetti pubblici che acquistano prodotti derivanti dai predetti materiali.
  Si rimanda poi, successivamente, a un decreto interministeriale la definizione del livello degli incentivi, anche di natura fiscale, e le percentuali minime di questo materiale derivante dalla raccolta differenziata, che deve essere presente nei manufatti per i quali possono essere erogate queste incentivazioni.
  Per quanto riguarda le risorse finanziarie di cui ai predetti articoli, in sede di prima applicazione, le regioni utilizzano le risorse concernenti l'addizionale al tributo speciale per il conferimento in discarica (la cosiddetta ecotassa), dovuto dai comuni che non conseguono gli obiettivi minimi di raccolta differenziata.
  L'articolo 13 trasferisce poi le funzioni che erano dell'Osservatorio rifiuti direttamente al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che si avvale dell'ISPRA. Si modifica, inoltre, la disciplina sulla pubblicazione dei piani di gestione dei rifiuti, prevedendo che siano pubblicate annualmente sui siti web delle regioni tutte le informazioni utili a definire lo stato di attuazione dei piani regionali e dei programmi di prevenzione dei rifiuti.
  L'articolo 14 – sicuramente uno dei più importanti – interviene sul codice ambientale, che disciplina il raggiungimento degli obiettivi di raccolta differenziata dei rifiuti urbani in ogni ambito territoriale ottimale. Rispetto al testo originario del disegno di legge è stato soppresso il differimento di otto anni delle scadenze previste per il raggiungimento degli obiettivi di raccolta differenziata. In particolare, le modifiche previste dall'articolo sono finalizzate a premiare i comuni virtuosi che raggiungono e superano i livelli di raccolta differenziata previsti per legge.
  Vi è poi una serie di articoli – dalla sperimentazione per il vuoto a rendere al compostaggio di prossimità – che mirano ad incrementare ulteriormente il recupero di materia.
  L'articolo 14-septies reca disposizioni in materia di prodotti da fumo e gomme da masticare, prevedendo, tra l'altro, l'installazione da parte dei comuni, nei luoghi di alta aggregazione sociale, di appositi raccoglitori, l'attuazione di campagne di informazione da parte dei produttori, il divieto, dal 1o luglio 2015, di abbandono, specificamente sanzionato sul piano amministrativo, di mozziconi di prodotti da fumo e di gomme da masticare.
  L'articolo 14-novies differisce al 1o gennaio 2015 (ulteriori sei mesi rispetto a quanto indicato precedentemente) l'emanazione di un decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dell'economia Pag. 5e delle finanze, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, al fine di permettere ai comuni di attuare un effettivo modello di tariffa rifiuti, commisurata al servizio reso a copertura integrale dei costi relativi al servizio di gestione dei rifiuti urbani e dei rifiuti assimilati, la cosiddetta tariffa puntuale.
  Quanto tempo ho ?

  PRESIDENTE. Ha esaurito il tempo, ha pochi secondi ancora. Non trattandosi di decreto-legge, i tempi sono contingentati anche per i relatori.

  ALESSANDRO BRATTI, Relatore per la maggioranza. Passo, quindi, all'articolo 22 che detta un'articolata disciplina prevalentemente volta alla riorganizzazione distrettuale della governance in materia di difesa del suolo che riforma completamente il governo delle autorità di bacino trasformandole in autorità di distretto.
  Concludo rapidamente: vi è tutta una parte, gli ultimi articoli, che riguarda la costituzione di un Fondo di garanzia per gli interventi finalizzati al potenziamento delle infrastrutture idriche nazionali, comprese le reti di fognatura e depurazione. Poi l'articolo 29-bis consente ai comuni e ai loro enti strumentali, per finalità di riutilizzo di prodotti e di preparazione per il riutilizzo dei rifiuti, di individuare appositi spazi, presso i centri di raccolta, per l'esposizione temporanea finalizzata allo scambio tra privati cittadini di beni usati e funzionanti direttamente idonei al riutilizzo. Vi sono, poi, gli ultimi articoli che riguardano l'introduzione della contabilità ambientale e la contabilità relativa al patrimonio naturale del nostro Paese.
  In conclusione, signor Presidente, mi preme sottolineare come il provvedimento in discussione in quest'Aula sia stato profondamente modificato rispetto al testo originario del Governo: direi ogni articolo è stato revisionato e altri ne sono stati aggiunti. Questo enorme lavoro, durato diversi mesi, è stato possibile grazie al contributo di tutte le forze politiche, che ringrazio nuovamente, anche a nome del collega Borghi, le quali sono state decisive per la buona riuscita di questo testo. Penso che l'iter di questa legge sia una dimostrazione che, quando si lavora con l'obiettivo comune di migliorare il nostro Paese, si possano fare buone leggi in tempi non troppo lunghi. Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna di considerazioni integrative del testo del mio intervento (La Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti).

  PRESIDENTE. Prendo atto che il relatore per la maggioranza, Borghi, e il relatore di minoranza, Caon, non sono in aula. Ha facoltà di intervenire il relatore di minoranza, deputata Mannino.

  CLAUDIA MANNINO, Relatore di minoranza. Signor Presidente, il 12 febbraio 2014 il Consiglio dei ministri dell'allora Governo Letta approvò il disegno di legge collegato alla legge di stabilità 2014 recante...

  PRESIDENTE. Deputata Mannino, scusi se la interrompo. Siccome non sono presenti i due relatori, lei adesso ha diritto ad un po’ di tempo in più: da 5 passiamo a 10 minuti. L'importante è che parli meno del relatore precedente. Ha 10 minuti, prego.

  CLAUDIA MANNINO, Relatore di minoranza. Grazie, ci provo. Dicevo che il 12 febbraio 2014 il Consiglio dei ministri dell'allora Governo Letta approvò il disegno di legge collegato alla legge di stabilità 2014 recante disposizioni in materia ambientale per promuovere misure di green economy e per il contenimento dell'uso eccessivo di risorse naturali. Sono trascorsi nove mesi da quando il cosiddetto collegato ambientale è stato presentato e annunziato alla Camera dei deputati. Un iter lunghissimo che, soprattutto nei mesi successivi alla sua pubblicazione, ha impegnato molto il calendario della nostra Commissione. Successivamente, però, è misteriosamente scomparso e per l'ennesima volta questo Parlamento, giorno dopo Pag. 6giorno, è stato usurpato di quella funzione legislativa riconosciuta dalla Carta costituzionale. Il Governo, infatti, attraverso una serie di decretazioni d'urgenza e di conseguenti voti di fiducia, non ha fatto altro che rallentare e non esaminare provvedimenti che hanno una procedura tanto diversa quanto più consona alle democrazie parlamentari e, più nello specifico, il Governo, a nostro avviso, ha di fatto bloccato e impedito l'attività parlamentare.
  Ma v’è di più: infatti, questo Esecutivo ha pensato bene di inserire alcune norme importanti, che inizialmente facevano parte di questo collegato ambientale, nei decreti-legge nn. 91 e 133, i cosiddetti «competitività» e «sblocca-Italia». Facciamo riferimento in particolare agli articoli riguardanti: il funzionamento della commissione scientifica CITES, i casi di esclusione dalla valutazione ambientale strategica per i piani di gestione del rischio, gli impianti termici civili, le procedure semplificate di recupero, le disposizioni per l'individuazione della rete nazionale integrata e adeguata di impianti di incenerimento dei rifiuti, le disposizioni in materia di contributo per la gestione dei pneumatici fuori uso e la combustione controllata di materiale vegetale. Ed è così che, per esempio, attraverso un decreto-legge, si è giunti a limitare il dibattito su una questione tanto importante quanto controversa come quella degli inceneritori.
  Inizialmente, all'interno del collegato ambientale era presente l'articolo 19 che prevedeva esclusivamente l'individuazione degli impianti di combustione esistenti sul territorio nazionale al fine di determinarne la portata massima. Poi, consapevoli delle opposizioni che venivano dalla stessa maggioranza di Governo e al grido di «emergenza», avete pensato bene di inserire questo tema all'interno del decreto-legge «sblocca-Italia» all'articolo 35 che, non solo mostra profili di palese incostituzionalità, ma incoraggia, sia i viaggi della «monnezza», che la costruzione di nuovi inceneritori.
  Appare pur tuttavia evidente come questa norma, voluta fortemente dal Governo Renzi, vada in direzione opposta sia a quanto stabilito da alcune risoluzioni approvate dal Parlamento europeo che alle nuove direttive in materia di rifiuti. Tali atti ufficiali che chiedono all'Italia, quale Paese membro dell'Unione europea, di puntare con sempre maggior forza alla riduzione, al riciclo dei rifiuti ed al recupero delle materie, soprattutto al fine di minimizzare l'uso e l'abuso di tecnologie obsolete quali la combustione e lo smaltimento in discarica.
  Invece, come al solito, il Governo continua a trascinare l'Italia in una direzione del tutto opposta, trascina l'Italia in probabili ulteriori procedure di infrazione, ma tanto cosa importa, per adesso ci si limita ad accontentare le pressioni e le richieste di pochi, dei soliti lobbisti, tanto poi a pagare tanto ci pensano sempre i cittadini.
  Il Ministro Galletti infatti – qualche settimana fa, innanzi alla Commissione bicamerale sul ciclo dei rifiuti – ha chiaramente detto che: «Il nostro Paese gode di brutta fama a Bruxelles, viene classificato al ventesimo posto su 27 Stati membri per quanto riguarda la gestione dei rifiuti».
  Nonostante questo collegato ambientale abbia avuto un iter a dir poco travagliato, poiché il testo è stato più volte accantonato, modificato ed emendato dagli stessi partiti di Governo, come MoVimento 5 Stelle abbiamo da subito cercato di migliorarlo, tanto è vero che grazie all'approvazione di nostri emendamenti diverse sono state le modifiche apportate al testo iniziale. Facciamo riferimento, tra le altre cose, all'articolo 5-bis, che prevede per i progetti riguardanti le centrali termiche ed altri impianti di combustione con potenza termica superiore a 300 megawatt la predisposizione di una valutazione di impatto sanitario (VIS), una novella introdotta dal MoVimento 5 Stelle, che deve essere redatta da parte dell'Istituto superiore di sanità, ovvero da parte degli organismi ed enti competenti.
  Facciamo riferimento all'articolo 13, comma 4, laddove è previsto che le regioni e le province autonome assicurino, attraverso Pag. 7propria deliberazione, la pubblicazione annuale sul proprio sito web di tutte le informazioni utili a definire lo stato di attuazione dei piani regionali e dei programmi di cui al presente articolo.
  Facciamo riferimento all'articolo 14-bis che al fine di prevenire la produzione di rifiuti di imballaggio e allo scopo di favorire il riutilizzo degli imballaggi usati, in via sperimentale, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, dispone che si applica il sistema del vuoto a rendere su cauzione per gli imballaggi in vetro di birra e acqua minerale servite negli enti pubblici e nei locali di ristorazione pubblica.
  All'articolo 23 abbiamo inserito una norma – successivamente confluita all'interno del decreto sblocca Italia, sempre su iniziativa del MoVimento 5 Stelle – con la quale vengono inasprite le sanzioni nei confronti dell'abusivismo edilizio, prevedendo che in caso di inottemperanza all'ingiunzione di demolizione vengano comminate sanzioni pecuniarie aspre, in particolar modo nei confronti dei responsabili di abusi in aree a rischio e punendo la mancata o tardiva adozione dei provvedimenti sanzionatori, da parte dei dirigenti comunali.
  Inoltre, all'interno dello stesso articolo 23, abbiamo provveduto a porre rimedio ad una modifica al testo unico sull'edilizia fatta all'interno del decreto-legge n. 47 del 2014, grazie alla quale si è riusciti a reinserire l'obbligo di richiedere il permesso di costruire per l'installazione di manufatti temporanei all'interno delle strutture ricettive all'aperto. Questa modifica ha impedito di chiudere gli occhi nei confronti di una parte del territorio italiano tanto prezioso quanto continuamente manomesso e compromesso dalle attività edificatorie, che noi MoVimento 5 Stelle dimostriamo, con i fatti, di voler difendere.
  Facciamo infine riferimento all'articolo 26-bis nel quale, tenendo anche conto del principio di precauzione per quanto attiene il rischio sismico e la prevenzione di incidenti rilevanti nelle attività di ricerca o coltivazione di idrocarburi rilasciate dallo Stato, sono vietate le tecniche di stimolazione idraulica del giacimento mediante iniezione in pressione nel sottosuolo di fluidi liquidi o gassosi, compresi eventuali additivi, finalizzata a produrre o favorire la fratturazione delle formazioni rocciose in cui essi sono intrappolati.
  Gli altri colleghi del MoVimento 5 Stelle che interverranno durante questo dibattito entreranno puntualmente nel merito di alcune questioni introdotte nel collegato ambientale. A me preme, però, soffermarmi sull'articolo 14 di questo provvedimento che riguarda le misure per incrementare la raccolta differenziata e il riciclaggio. Questa norma inizialmente, per come era stata inserita nel testo, mirava a posticipare i tempi utili al raggiungimento delle soglie minime previste dall'articolo 205 del testo unico ambientale. Tale slittamento era stato richiesto a gran voce dai sindaci, visto che la sentenza pilota della Corte dei conti, sezione giurisdizionale della Liguria, n. 83 del 27 maggio 2013, relativa al comune di Recco – dovuta al mancato raggiungimento delle percentuali di raccolta differenziata – ha portato alla condanna per danno erariale dei sindaci pro tempore, degli assessori pro tempore all'ambiente, e del responsabile del servizio ambiente del comune.
  Ebbene, nel timore che questa sentenza potesse produrre un effetto domino su altre amministrazioni, il Governo Letta aveva deciso di intervenire posticipando gli obiettivi di riciclo. Noi del MoVimento 5 Stelle ci siamo opposti duramente a questa formulazione dell'articolo 14, che non era altro che una sanatoria a favore di tutti quei comuni che, negli anni, non hanno rispettato la legge, se non anche per non sminuire il lavoro della magistratura che, come per i precedenti Governi berlusconiani, ha evidentemente trovato una continuità in questa maggioranza.
  La maggioranza, in Commissione, ha cambiato il testo, eliminando la parte riguardante il posticipo degli obiettivi di raccolta differenziata, ma non ha altresì eliminato il comma 1-bis dell'articolo 205 del TUA, che concede, comunque, la possibilità da parte di un comune di richiedere Pag. 8al Ministro dell'ambiente una deroga al rispetto degli obblighi, di cui al medesimo comma 1.
  Inoltre, per quanto attiene al danno erariale dovuto alla maggiore quantità di rifiuti smaltiti in discarica, segnaliamo come il comma 3-bis dell'articolo 14 del collegato ambientale, così come riformulato, parla espressamente di responsabilità contabile da attribuire alle amministrazioni inadempienti, e non agli amministratori pro tempore inadempienti. Una differenza non da poco se si vuole tenere buoni i propri amministratori e, quindi, il proprio elettorato.
  Allo scopo di favorire e, quindi, rendere la raccolta differenziata economicamente più vantaggiosa, abbiamo presentato alcuni emendamenti, purtroppo respinti. Si tenga conto che studi condotti dalla Commissione europea provano che una tassazione sullo smaltimento in discarica è in grado di muovere il mercato verso le attività di riciclo o recupero solo se la famosa «ecotassa» supera il valore di 40 euro a tonnellata. In questo modo, le attività di riciclo diverrebbero maggiormente competitive. Inoltre, consentirebbe di ottenere un'entrata certa, che potrebbe essere finalizzata a sostenere l'attività di riciclaggio. L'articolo 14 del collegato ambientale, infatti, è di per sé strettamente collegato alla questione discariche, tanto è vero che più si differenzia e meno si ha bisogno degli invasi.
  C’è però una questione che vorrei sottoporre all'attenzione del Governo che, a mio avviso, è scientificamente ignorata. Faccio riferimento al trattamento dei rifiuti da collocare in discarica.

  PRESIDENTE. La invito a concludere.

  CLAUDIA MANNINO, Relatore di minoranza. Il 15 ottobre la Corte di giustizia europea ha condannato l'Italia per la violazione della direttiva 1999/31/CE, contestando al nostro Paese il metodo di smaltimento dei rifiuti nelle discariche della provincia di Roma e di Latina. La Corte ha ribadito che i trattamenti necessari per il conferimento dei rifiuti in discarica non comprendono la cosiddetta tritovagliatura. Salto i dati riportati da alcuni studi dell'ISPRA, che, appunto, dicono che la maggior parte del Paese – oltre il 50 per cento – ha una pessima gestione delle discariche. Quindi, al fine di evitare questo ennesimo contenzioso con Bruxelles, come MoVimento 5 Stelle avevamo presentato un emendamento al collegato ambientale, che mirava a definire con maggior rigore la questione relativa al trattamento dei rifiuti solidi urbani indifferenziati. Ma anche su questo si è preferito non approvare gli emendamenti.
  Infine, non ci resta che aggiungere che questo collegato ambientale – insieme al decreto-legge n. 91 e, soprattutto, allo «sblocca Italia» – rappresenta la vostra idea o, meglio, l'idea di questo Governo, sul tema dell'ambiente, che è diametralmente opposta a quella del MoVimento 5 Stelle. Il Governo Renzi, in perfetta continuità con quelli precedenti, vuole più cemento, più trivellazioni e più inceneritori. Una linea politica in perfetta continuità con il passato, che continua a causare disastri all'ambiente in cui viviamo e produce continue violazioni finanche del diritto europeo, tanto è vero che l'Italia detiene il tristissimo record di infrazioni in materia ambientale: sono diciannove.

  PRESIDENTE. Deve concludere.

  CLAUDIA MANNINO, Relatore di minoranza. Alcune di queste – è bene ricordarlo soprattutto in questa sede – sono già arrivate per la seconda volta dinnanzi alla Corte di giustizia europea. Faccio riferimento al contenzioso sulla gestione dei rifiuti in Campania e a quello relativo alle discariche abusive.

  PRESIDENTE. Dovrebbe concludere, deputata Mannino.

  CLAUDIA MANNINO, Relatore di minoranza. Ho concluso. Parliamo di circa 350 milioni di euro che, per ora, quantificano il comportamento scellerato di chi ha governato il nostro Paese. Ma altre Pag. 9sanzioni arriveranno, tanto più se si continuerà con questa modalità di gestire i rifiuti nel nostro Paese.
  Ci auguriamo, ovviamente, di essere smentiti con i fatti e ci auguriamo che quanto detto dal Ministro dell'ambiente in Commissione diventi realtà, ovvero che la mission del suo Ministero non prevede azioni eclatanti...ho concluso, anche se lo «sblocca Italia» ha superato, e di molto, le nostre aspettative, ma la semplice riduzione delle tante procedure di infrazione. Siamo certi di poter dire che, fino ad oggi, siamo andati nella direzione diametralmente opposta.

  PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il rappresentante del Governo.

  SILVIA VELO, Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare. Signor Presidente, mi riservo di intervenire al termine del dibattito.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Realacci. Ne ha facoltà. Prego, presidente.

  ERMETE REALACCI. Signor Presidente, come ricordava il collega Bratti, questo provvedimento ha avuto una profonda riscrittura nel lavoro di Commissione. Ricordo alla collega Mannino che, ovviamente, tutto ciò che è uscito dalla Commissione è stato condiviso, perché altrimenti non sarebbe arrivato in Aula; è stato un lavoro comune molto approfondito. Questo provvedimento arriva in Aula in ritardo perché, come sappiamo, c’è stato un cambio di Governo e da questo punto di vista chiedo al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di garantire due cose: innanzitutto una attenzione e una pressione maggiore quando il provvedimento arriverà in Senato, perché non vorremmo che accadesse quello che sta accadendo su altri provvedimenti che sono stati approvati alla Camera in materia ambientale. Seconda cosa, poiché questo provvedimento è molto esteso e molto complesso – il collega Bratti ha provato a descriverlo per somme linee – e ha una grande quantità di decreti attuativi che riguardano il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che riguardano altri Ministeri, è chiaro che lì ci sarà bisogno di un'attenzione molto particolare per non vanificare il lavoro fatto.
  È chiaro che non è un disegno di legge che cambia le politiche ambientali e economiche di un Paese, per quanto questo disegno di legge possa affrontare molti temi, e sappiamo che c’è un insieme di provvedimenti che vanno messi in campo, alcuni dei quali sono stati anche messi in campo da questo Parlamento. Noi abbiamo approvato, per esempio, una norma sulle agenzie ambientali, a larga maggioranza, abbiamo approvato, sempre a larga maggioranza, una norma sui reati penali in campo ambientale, entrambe giacciono ora al Senato e dobbiamo accelerare per quanto riguarda il disegno di legge sul consumo del suolo. Così come, ovviamente, le misure di politica economica si incrociano con le misure che il Parlamento di volta in volta viene ad approvare, penso, ad esempio, alla partita del «conto termico» che ci auguriamo possa essere rapidamente sbloccato o alla partita dell’ecobonus che attualmente è stato confermato nella legge di stabilità, ma non prevede la parte di consolidamento antisismico e la Commissione ambiente all'unanimità ha chiesto che venga reintrodotta la parte di incentivo per il consolidamento antisismico e ampliata la portata di questa misura, che ha un effetto importante dal punto di vista economico.
  Questo provvedimento ha molti aspetti, alcuni sono aspetti di sistema, molte misure – penso alla strategia nazionale di sviluppo sostenibile, alla realizzazione del catalogo degli incentivi positivi e negativi, alla definizione del comitato per il capitale naturale – tendono a dare sistematicità alle politiche di promozione ambientale. In altri casi si tratta di misure che rafforzano, di misure di tutela; per esempio è positiva, sicuramente, l'innovazione, in questo caso proposta dai colleghi del MoVimento 5 Stelle, della valutazione ambientale estesa anche agli aspetti sanitari, Pag. 10come pure – per la verità erano in questo caso già previste nel provvedimento originario – delle misure di contrasto all'abusivismo edilizio, in particolare per quanto riguarda le aree più delicate dal punto di vista dell'equilibrio idrogeologico. C’è un ampliamento della tutela nei confronti dei disastri ambientali in mare; finora la norma prevedeva che questi disastri fossero commisurati al valore del carico, per quanto riguarda la responsabilità da parte dei privati, noi introduciamo il principio che siano commisurati al valore del danno prodotto e non al valore del carico trasportato. È evidente a tutti che la differenza è enorme, pensate solo a un disastro petrolifero e agli effetti che può avere per quanto riguarda l'inquinamento del mare.
  E poi, vi sono una serie di misure che tendono a favorire, per esempio, le pratiche virtuose in campo energetico, sia per quanto riguarda la piccola utenza, sia per quanto riguarda i sistemi di efficienza energetica, pratiche che vanno nella direzione di favorire il risparmio energetico e le fonti rinnovabili. Vi segnalo, ma non c’è il tempo qui per affrontarlo, che in questo campo le politiche cambiano con una velocità molto superiore alla percezione anche del legislatore, del Parlamento e del Governo. Per esempio, vorrei sottolineare che ancora un anno e mezzo fa si discuteva della realizzazione di una grande centrale a carbone a Porto Tolle, anche da parte del Governo, adesso l'ENEL ha annunciato non solo che non farà la centrale a carbone di Porto Tolle, ma che chiuderà 22 impianti tradizionali e la stessa fine faranno molti dei progetti in campo, penso ad esempio alla centrale a carbone – anche questa di grande taglia – prevista a Saline Joniche, che chiaramente è priva di senso non solo dal punto di vista ambientale, ma anche dal punto di vista economico. Quindi, la direzione in cui andare in realtà è veramente indicata anche a volte dai fatti prima ancora che dalle politiche.
  Allora quale è, oltre a queste misure, e alle tante misure previste nel provvedimento il senso più profondo di questo provvedimento ? È quello, per l'appunto, lo ricordava di nuovo il collega Bratti, che per la prima volta il termine green economy compare in un disegno di legge. Non è un fatto solo retorico. Il Parlamento, in questo caso la Commissione ambiente e territorio e la Commissione attività produttive hanno svolto un lavoro molto intenso, con un'indagine conoscitiva che è stata poi approvata all'unanimità su questo terreno, ma i dati continuano a confermare una direzione della nostra economia di uscita dalla crisi che è presente nel Paese reale, nel cambiamento da parte dei cittadini, anche stili di vita e comportamenti, e nella innovazione che tanti pezzi del nostro sistema produttivo portano avanti in misura che spesso la politica non recepisce. Perché spesso la politica e le scelte del mondo economico «ufficiale» si attardano su idee diciamo del passato invece, da ultimo, l'indagine presentata qualche giorno fa dalla fondazione simbolo Unioncamere conferma che una parte importante della nostra economia, circa un quinto delle imprese, un terzo delle imprese manifatturiere, ha fatto investimenti in campo ambientale dall'inizio della crisi e questa parte dell'economia è quella che compete di più, esporta di più, innova di più, produce più posti di lavoro.
  L'anno scorso il 60 per cento dei nuovi posti di lavoro prodotti derivavano da imprese che hanno fatto investimenti in campo ambientale. Il cuore della green economy che in particolar modo è trattata in questo provvedimento riguarda la partita dei materiali, dei rifiuti. Ci sono tante misure, a me piace sottolineare che questo provvedimento, al di là delle misure che sicuramente colpiranno di più l'immaginario dell'informazione – penso sicuramente alla partita delle cicche e delle gomme, dei mozziconi di sigarette e delle gomme che sicuramente farà discutere di più – prevede molte misure che tendono a consolidare un protagonismo dei cittadini, un'alleanza con i cittadini nel cambiamento. Penso, ad esempio, allo sforzo continuo di dare massima pubblicità ai dati ambientali, penso alla sperimentazione sulla mobilità sostenibile, penso alla introduzione dei contratti di fiume che Pag. 11prevede una forma di partecipazione anche della società. Penso ad esempio all'introduzione di una misura apparentemente piccola e marginale, ma simbolicamente molto importante e cioè quella di prevedere lo scambio di prodotti usati, ma funzionanti fuori dal circuito dei rifiuti. Si prevede che i comuni possano permettere ai cittadini di scambiare oggetti funzionanti, un pezzo della sharing economy, come si definisce, che attraversa trasversalmente una profonda modifica dei comportamenti. Però il cuore è poi il favorire non solo il penalizzare chi non raggiunge gli obiettivi di raccolta differenziata destinando le penali al favorire la raccolta differenziata, ma l'insieme delle misure che tendono a favorire, dai contratti agli appalti pubblici, fino alla gestione diciamo appunto delle procedure pubbliche a tutti livelli, le imprese che da un lato si dotano di certificazioni ambientali, EMAS e ISO 14001, dall'altro riutilizzano prodotti che derivano da raccolte differenziate.
  Noi siamo arrivati in molti campi a dei terreni dedicati, per cui abbiamo finito per incentivare per esempio la termovalorizzazione a scapito del riuso; faccio l'esempio concreto: nel settore del legno che è un settore in cui l'Italia ha molto ancora da recuperare perché una buona parte delle biomasse finiscono a discarica, ma anche una forte filiera del mobile qualificata, importante per il nostro Paese, noi finiamo per incentivare materiali che possono esser anche recuperati oppure, per quanto riguarda le plastiche eterogenee, l'assenza di uno sbocco che è assolutamente maturo dal punto di vista tecnologico per l'uso delle plastiche eterogenee finisce per rendere più difficile la filiera della raccolta differenziata ancorché vada agito, come in parte si comincia a fare, penso alla sperimentazione anche nel campo della riduzione dei rifiuti prodotti, per esempio nel campo del vuoto a rendere. Ma questo insieme di azioni di recupero delle materie prime non sono un atto da boy scout, per capirci, sono un pezzo di una filiera molto competitiva in cui l'Italia ha molti numeri da giocare. Innanzitutto perché noi anche per tradizioni antiche, mentre abbiamo un'arretratezza forte nella gestione del ciclo dei rifiuti – soprattutto in alcune aree del Paese – siamo sempre stati un Paese molto forte nel recupero delle materie prime.
  Noi in Europa siamo quelli che recuperano più materie prime, più dei tedeschi. Anche se i tedeschi hanno un'economia che è più forte della nostra, noi se non sbaglio recuperiamo 24 milioni di tonnellate di materie prime all'anno e i tedeschi 22 milioni di tonnellate, intendo dire complessivamente, dai metalli alla carta, dal vetro alle materie plastiche, siamo avanti in questo, ma è anche un settore in cui l'innovazione a tutti i livelli e l'aumento della capacità competitiva delle nostre imprese gioca un ruolo chiave. Questo accade in settori di punta, pensate ad esempio all'elettronica, pensate a quanto è importante per un Paese povero di materie prime come l'Italia utilizzare al meglio materiali molto rari, penso ad esempio alle terre rare, che sono oggetto anche di competizione a livello internazionale, il cui utilizzo ottimale e il cui recupero è un pezzo importante della filiera dell'elettronica, a volte anche delle fonti rinnovabili, per rimanere in campo, ma penso anche a una innovazione latente che spesso non viene letta, che va nella direzione dell'energia circolare che citava prima il collega Bratti, che è un settore in cui l'Europa ci invita a lavorare e in cui noi apparentemente siamo indietro, siamo sicuramente indietro come istituzione, come politiche, come capacità di leggere la realtà, ma in realtà abbiamo punti di forza notevolissimi, perché se uno va a vedere l'innovazione che noi produciamo, dalle ceramiche alle macchine agricole, è spesso un'innovazione che è legata alla riduzione del consumo di acqua, alla riduzione del consumo di materiali, al recupero dell'energia e a una riduzione dei consumi energetici, e abbiamo anche tante storie che sono effettivamente delle storia bellissime. Ne cito solo una e su questo chiudo, perché noi dovremmo guardare anche con più simpatia al Paese per rafforzare quelli che ci provano. Voi sapete Pag. 12che c’è un problema molto serio – credo che i colleghi lo sappiano – per quanto riguarda la filiera tessile, per quanto riguarda i jeans sbiancati, detti anche delavé, che sono di moda ma sono un grande problema dal punto di vista dei consumi di acqua – peraltro nel provvedimento, questo lo voglio dire, introduciamo anche il fatto che sia garantito un minimo in Italia a tutti di 50 litri, avevamo provato a introdurre in altre norme, non c'eravamo mai riusciti – questi jeans delavé hanno un problema enorme perché consumano tanta acqua e fanno venire la silicosi ai lavoratori che lavorano in quelle aziende, perché il processo produttivo è molto nocivo, per esempio in Turchia hanno fatto delle indagini in questo senso. Bene, in Italia c’è un'azienda in un piccolo comune abruzzese che ha creato un processo per cui ottengono lo stesso risultato senza acqua e senza usare silicio. Lo fanno con degli scarti alimentari, questa azienda è un'azienda che sta scalando il mercato di qualità di quel settore dei jeans ed è un esempio di quanto l'Italia può fare quando sceglie il terreno giusto, sceglie il terreno delle sfide. La green economy da questo punto di vista non è un obbligo che ci viene soltanto dal rischio dei mutamenti climatici o dai regolamenti internazionali, è una grande occasione per affrontare la crisi cambiando, per costruire un'economia a misura d'uomo che è anche più competitiva. Non ce la regala nessuno, ci vuole fatica, ci vuole attenzione, ci vogliono istituzioni trasparenti, che funzionino e che stiano «sul pezzo», se mi è consentito dirlo, ma è questa la strada anche per affrontare i temi dell'occupazione. Forse dalla green economy può venire il vero jobs act per l'Italia, è uno sforzo che noi abbiamo cercato di fare in questo provvedimento e in tante altre occasioni, non è una partita semplice perché gli interessi da contrastare sono interessi potenti e le mentalità da superare sono mentalità radicate, però, diceva Gandhi che la vita non è aspettare che passi la tempesta, ma imparare a danzare sotto la pioggia. È questo lo sforzo che l'Italia deve fare, questo provvedimento prova a farlo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Palese. Ne ha facoltà.

  ROCCO PALESE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, rappresentante del Governo, sulla green economy da tempo si pubblicano libri ponderosi di economisti e saggi, documenti di studiosi, ne parlano politici, oratori, seminari, riunioni, congressi, accordi internazionali. Una volta la green economy si faceva e basta, e nessuno la chiamava così.
  La carta, fino a cent'anni fa, era prodotta riciclando stracci; il ferro si riutilizza fin dalla comparsa dell'età del ferro; i vestiti vecchi, dopo essere stati rammendati, rattoppati, rigirati e rifoderati più volte, finivano a Prato per diventare lana da materassi e imbottiture. Era la green economy della fame e della povertà. Oggi sappiamo che di sicuro l'economia verde, con radici così profonde, è quella del futuro prossimo. Dall'economista Alessandro Marangoni apprendiamo che il riciclo dei rifiuti sviluppato dal sistema Conai ci fa risparmiare 3,24 miliardi all'anno che altrimenti l'Italia spenderebbe per lo smaltimento dei rifiuti di imballaggio. Ed ecco infatti l'entusiasmo espresso dal Ministro dell'Ambiente, Gian Luca Galletti, nel presentare gli Stati generali della green economy che si è svolta alla fiera di Rimini durante Ecomondo: gli Stati generali «sono il motore della conversione culturale, e quindi politica ed economica, che sta ponendo l'economia sostenibile al centro del progetto-Paese. I dati parlano chiaro: in anni di crisi gravissima, cresce, e vigorosamente, nel nostro Paese un solo comparto, quello della green economy. È cresciuto il volume d'affari ed è cresciuta soprattutto l'occupazione. Il Governo sostiene questa «rivoluzione ambientale».
  Eppure, a differenza degli auspici del Ministro, le politiche attuate da anni sono ondivaghe e incostanti. C’è ancora spazio in Italia per l'economia verde. Non solamente perché è ormai consolidato il fatto Pag. 13che la cosiddetta green economy è lo strumento più efficace per accelerare l'uscita da circa sei anni di crisi (è un classico esempio di «win-win», in cui il benessere economico si affianca al miglioramento della qualità della vita e alla difesa dell'ambiente): lo spazio per la crescita della sostenibilità della produzione e nei consumi deriva anche dal fatto che le imprese italiane sono, sebbene fra le più avanzate al mondo, ancora più indietro dei concorrenti stranieri.
  Secondo l'Eurobarometro, l'istituto statistico europeo, il 25 per cento delle aziende italiane fino a 250 dipendenti offre prodotti e servizi eco e un altro 7 per cento intende offrirli nei prossimi tre anni, ma queste imprese sostenibili sono già il 33 per cento in Germania, il 31 per cento nel Regno Unito, il 30 per cento in Francia e il 34 per cento negli Usa. Secondo i dati presentati alla Fiera di Rimini di Ecomondo, l'industria verde, nonostante la crisi mondiale, negli anni ha continuato a crescere: il giro d'affari globale nel 2005, secondo l'Unido, era di 990 miliardi di euro in sei settori green (efficienza energetica, gestione sostenibile delle risorse idriche, mobilità sostenibile, energia, uso efficiente dei materiali, gestione dei rifiuti e riciclo), nel 2020 è stato stimato che sarà più che raddoppiato arrivando a circa 2.200 miliardi di euro.
  Uno studio della Fondazione Enel e del Politecnico di Milano ha stimato che in Italia, con interventi di efficienza energetica, si potrebbero risparmiare 25 milioni di tonnellate di petrolio al 2020, con un giro d'affari di 64 miliardi di euro e 460 mila posti di lavoro.
  Nel segmento dei rifiuti, dal 2008 al 2012, le imprese sono cresciute del 12 per cento e gli addetti del 19 per cento. Se si arrivasse al 70 per cento di riciclo e con l'abbattimento del 5 per cento dei rifiuti urbani gettati in discarica, si creerebbero in Italia altri 30 mila posti di lavoro, si risparmierebbero 4 miliardi nei costi di gestione e si avrebbero benefici ambientali valutabili in 3 miliardi. Questi sul riciclo sono obiettivi già raggiunti in alcune città dell'alta Italia ma sono risultati ormai consolidati anche in diverse zone del Mezzogiorno, là dove è stato possibile dare ai cittadini un servizio efficiente di raccolta differenziata.
  Non a caso è dovuto intervenire perfino il Conai per riuscire ad avviare d'intesa con il comune la raccolta differenziata a Casal di Principe, nel casertano, la terra difficile del clan dei Casalesi, dove invece si continua a non attivare nessun tipo di iniziativa concreta che possa risolvere il problema in via definitiva.
  Gli imprenditori vorrebbero che i politici assecondassero la crescita, invece di frenarla nel nome di malintesi concetti desueti. L'economia verde in Italia ha caratteristiche, consistenza e potenziali di sviluppo che possono accelerare l'abbandono veloce della «brown economy», contenere i costi e ridurre i rischi delle crisi ambientali, a partire da quella climatica, per assicurare possibilità di sviluppo anche in futuro e per migliorare, rendere più esteso e inclusivo, il benessere.
  Ma veniamo al disegno di legge all'esame oggi di quest'Assemblea. Tale provvedimento – collegato alla legge di stabilità per il 2014 – è stato sostanzialmente modificato nel corso dell'esame presso la Commissione di merito in conseguenza dell'aggiunta di nuovi articoli, della riscrittura di articoli esistenti, nonché della soppressione di alcune disposizioni, alcune delle quali di contenuto identico o analogo a norme del decreto legge n. 91 del 2014.
  Entrando nel merito del contenuto, il disegno di legge, per quanto condivisibile, se riferito ad una nuova visione del sistema economico fondata sulla maggiore partecipazione, che passa necessariamente attraverso la sostenibilità dello sviluppo, nuove tecnologie e il rinnovamento dei modelli produttivi, contiene nel complesso misure insufficienti e generiche, che destano perplessità se valutate nel loro insieme. In particolare, per quanto concerne ad esempio le misure riguardanti l'agricoltura, vengono attribuite risorse finanziarie decisamente esigue o addirittura inesistenti.Pag. 14
  Più specificatamente, l'istituzione presso la Cassa conguaglio per il settore elettrico del previsto Fondo di garanzia per gli interventi finalizzati al potenziamento delle infrastrutture idriche in tutto il territorio nazionale, la cui rete di distribuzione, specie nel Mezzogiorno, risulta da decenni notoriamente carente ed estremamente frammentata, avrebbe meritato delle risorse certe e di immediata disponibilità. Viceversa, la decisione di alimentare tale Fondo attraverso una specifica componente della tariffa del servizio idrico integrato, determinata dall'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico, risulta non condivisibile e con ogni probabilità comporterà che l'onere del finanziamento sarà, come di consueto, scaricato sulla bolletta degli utenti. Inoltre, alcune disposizioni, come l'istituzione delle «oil free zone», le cui modalità di organizzazione sono rimesse alla legislazione regionale, con le lungaggini e le complessità delle procedure legislative note, avrebbero meritato maggiore attenzione, ad esempio risolvendo il problema di accesso al credito, perché non è possibile fare green economy, ovvero un cambiamento tecnologico e di modernità, senza eliminare i continui ostacoli nella gestione della concessione di liquidità finanziaria alle imprese agricole. Si tenga presente, inoltre, che il riciclo degli scarti e la produzione del biogas rappresenta una priorità energetica del settore agricolo, a differenza del fotovoltaico a terra, che sottrae terreni.
  Vi sono, poi, alcune disposizioni riguardanti il settore dell'energia che destano alcune perplessità circa il riparto di competenze legislative derivante dal Titolo V della Costituzione: la materia produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia è rimessa alla competenza concorrente tra Stato e Regioni.
  Vi sono poi alcune disposizioni da evidenziare, quali: la norma che riguarda la definizione della strategia nazionale delle green communities da parte della Presidenza del Consiglio dei ministri, con il coinvolgimento di altri Ministeri e della Conferenza unificata, destinata a prevedere un piano di sviluppo sostenibile, volto alla valorizzazione delle risorse dei territori rurali e montani in diversi ambiti, dall'energia al turismo, dalle risorse idriche al patrimonio agroforestale, in rapporto con le aree urbane; la norma che autorizza il Ministero dell'economia e delle finanze, per il tramite della Cassa depositi e prestiti, a costituire un fondo italiano di investimenti, riservato ad investitori qualificati, per investimenti nel campo della green economy, con particolare riferimento a quelli interessanti i territori montani e rurali italiani e con peculiare riguardo per il sostegno agli investimenti nel campo dell'innovazione, della ricerca e dello sviluppo nei territori a cosiddetto «fallimento di mercato», al fine di ammortizzare e annullare i deficit strutturali permanenti di tali territori.
  Per quanto attiene, quindi, alle disposizioni inerenti al settore gestione dei rifiuti, vi è una serie di disposizioni volte a incentivare l'acquisto di prodotti derivanti da materiali post-consumo, che sono inserite attraverso gli articoli 206-ter, 206-quater, 206-quinquies e 206-sexies del decreto legislativo n. 152 del 2006. In primo luogo, il nuovo articolo 206-ter del decreto legislativo n. 152 del 2006 consente la stipula di accordi e contratti di programma tra soggetti pubblici e privati. La platea dei soggetti è stata modificata, nel corso dell'esame in Commissione, al fine di ricomprendere anche le associazioni di volontariato, le associazioni di categoria e di aziende che si occupano di riciclo e riuso, nonché le imprese che producono beni derivanti da materiali post consumo, riciclati con priorità per i beni provenienti dalla raccolta differenziata dei rifiuti.
  Per quanto attiene, poi, alle disposizioni inerenti al settore difesa del suolo, l'articolo 22 detta un'articolata disciplina, prevalentemente volta alla riorganizzazione distrettuale della governance. Inoltre, onorevoli colleghi, ci sono una serie enorme di disposizioni che riguardano interventi che cercano di stimolare, per quanto più è possibile, l'integrazione, all'interno Pag. 15pure delle pubbliche amministrazioni e della società. Sono interventi stimolanti la green economy.
  Pertanto, onorevoli colleghi, sono tuttavia dell'opinione che nel complesso il provvedimento è privo di una forte governance, che indirizzi e incoraggi gli imprenditori agricoli ad investire nel quadro della green economy che, tuttavia, può rappresentare un'importante occasione per contrastare la crisi e dare rilancio all'economia. Un'ulteriore critica, che può essere inoltre sollevata, riguarda la confusione procedurale con cui è stato portato avanti l'esame del provvedimento, con la decisione di sopprimere una serie di norme, per le quali era già stato avviato l'esame. Si tratta di un metodo, di mancanza di coordinamento delle norme, diventato oramai consuetudine del Governo e della maggioranza nel portare avanti i lavori parlamentari in questa legislatura, che occorre stigmatizzare anche in questa sede.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Vignaroli. Ne ha facoltà.

  STEFANO VIGNAROLI. Presidente, colleghi, voglio soffermarmi su due articoli del collegato, che contengono due proposte di legge avanzate dal MoVimento 5 Stelle, delle quali sono primo firmatario. Il primo è sul conferimento in discarica in base al potere calorifico dei rifiuti (articolo 21), recepito integralmente dal testo del collegato; il secondo è recepito, grazie ai relatori per la maggioranza, purtroppo, però, solo parzialmente, ovvero la sperimentazione del vuoto a rendere (articolo 14-ter).
  Dovrei essere entusiasta per entrambe le vittorie e gridarlo come un successo personale, ma, soprattutto, del MoVimento, ma devo fare delle considerazioni, in particolare sul metodo di restituzione degli imballaggi. La nostra proposta era ispirata dalle gerarchie europee: la priorità di gestione dei rifiuti non è il riciclo, ma la prevenzione e il riuso. Infatti, la nostra proposta legava la cauzione sugli imballaggi dei liquidi ad una filiera del riutilizzo che si occupasse della preparazione degli stessi al riuso (lavaggio, sterilizzazione, controllo e quant'altro).
  In tale direzione, avevamo proposto che il contenitore stesso fosse, in un futuro prossimo, necessariamente progettato per essere riutilizzato il maggior numero di volte possibile. Per esser più concreti e realisti, avevamo previsto che i produttori sperimentassero e dedicassero alla filiera del riutilizzo – magari dando lavoro a piccole e medie imprese, che sono il cuore dell'economia del Paese – solo una piccola percentuale dei loro imballaggi; quota, tuttavia, destinata ad essere, magari, aumentata nel tempo.
  Sempre per essere più concreti e realisti, siamo disposti ad accantonare momentaneamente la rivoluzionaria, quanto antica, pratica del riutilizzo, come invece recita da sei anni la direttiva europea, evidentemente eccessivamente rivoluzionaria per questo Governo. Siamo disposti anche a limitarci a sperimentare la sola cauzione sugli imballaggi, da avviarsi semplicemente alla filiera del riciclo e non a quella del riuso. Purtroppo, va detto che allo stato attuale il mercato del riciclo non dà alcuna garanzia che il rifiuto differenziato sia trasformato veramente in materia prima.
  Ad una cosa non siamo disposti, però, a rinunciare, cioè limitarci alla sperimentazione solo sugli imballaggi in vetro, come è stato proposto dai relatori. La norma porterebbe, come sottolinea anche CoReVe, ad una sensibile diminuzione degli acquisti di acqua e birra in vetro da parte degli esercenti, spinti ad acquistare bevande imballate in plastica per evitare la gestione del vuoto a rendere del vetro all'interno dei locali.
  Sperimentiamo, sì, ma sperimentiamo con coraggio, e facciamolo senza distorsioni tra un materiale e l'altro. Perché questa paura di toccare la plastica ? Vi è forse dietro una lobby potente ? In fondo il riciclo del vetro è più che dignitoso, 73 per cento, e tale materia non alimenta nemmeno gli inceneritori. È la plastica che invade le discariche, i campi, i mari, ma, soprattutto, alimenta gli inceneritori e le lobby correlate. Siamo sommersi di plastica Pag. 16usa e getta prodotta dai petrolchimici; gli stessi petrolchimici che hanno il controllo del Conai e che hanno tutto l'interesse, anzi, il conflitto di interesse, a non riutilizzare, ma nemmeno a riciclare più di tanto.
  Sarà forse per questo che il Conai stesso si vanta di incenerire circa il 50 cento della plastica che raccoglie, invece di massimizzare il recupero di materia ? Sarà forse per questo che il Conai ha il monopolio – e l'articolo 13-bis è purtroppo solo un timido e vago tentativo di sottolinearlo – e ha anche consiglieri in maggioranza produttori petrolchimici e delle acque minerali, gli stessi nomi presenti da anni e spesso in conflitto di interesse, come il MoVimento 5 Stelle ha più volte contestato ?
  Se un produttore petrolchimico ha maggior profitto a vendere, e quindi a immettere nel mercato plastica vergine, quali masochisti interessi avrebbe nel massimizzare le virtuose pratiche del riuso e del riutilizzo ? Va detto questo ai cittadini, per far capire i conflitti di interessi sui quali si regge il nostro Paese. La recente proposta di modifica della direttiva dei rifiuti da parte della Commissione Europea, ovvero la Comunicazione 397/2014, sancisce la priorità del recupero di materia rispetto al trattamento energetico.
  Non conteranno più solamente i meri obiettivi quantitativi di raccolta differenziata, ma la qualità e la percentuale di recupero materia misurata a valle del processo di riciclo. Gli obiettivi saranno a breve del 45 per cento di trasformazione in materia prima della plastica raccolta e del 60 per cento entro il 2025. Allo stato attuale, se questi parametri fossero confermati, noi staremmo circa al 15, massimo 20 per cento. Questo significa che, a breve, dovremmo triplicare la materia prima seconda, che si ricava dal totale della raccolta differenziata della plastica.
  Serve, quindi, un cambio di passo strutturale. Come ? Limitando, innanzitutto e veramente, il monopolio del Conai e dei produttori degli imballaggi stessi, in evidente conflitto di interessi, dando più spazio ai riciclatori indipendenti e introducendo la cauzione, estesa anche alla plastica, che darà un impulso notevole per il cambio di passo che serve in qualità.
  Non perdiamo un'occasione per muoverci – come facciamo spesso – e facciamolo in tempo.
  L'altra proposta a mia prima firma, sul potere calorifico, è stata recepita dal Governo. È una norma di buon senso, che ci è stata suggerita dai comuni virtuosi. Loro, separando in primis la frazione umida, si trovavano con una percentuale di scarto indifferenziato molto secca e quindi mediamente con alto potere calorifico. Aver vietato di mettere tale scarto in discarica, oltre che ad un'interpretazione errata della direttiva europea, giustificava, secondo la logica dei piromani, la necessità di un inceneritore per smaltirla, inceneritore che nessun comune virtuoso vorrebbe.
  Le recenti tecniche, inoltre, permettono di recuperare sempre più materia, e anche dagli scarti indifferenziati secchi. Quindi, il rifiuto di scarto può esser ridotto e stabilizzato per il conferimento in piccole discariche di servizio. Noi questa norma la intendiamo così, in un contesto di recupero di materia. Poi, una cosa di principio: a differenza del governo fossile e delle lobby del rifiuto, che vedono l'incenerimento indifferenziato come la via principale (vedete l'articolo 5 dello «sblocca Italia»), noi non amiamo classificare ed indirizzare il rifiuto in base al potere calorifico, ma amiamo classificarlo in base al suo potere di tornare nuova materia. Sarebbe un po’ come se esistesse un dio che decidesse il destino di un'anima, non in base al virtuosismo, il riciclo, ma in base al reddito, cioè più brucio e più prendo incentivi.
  Noi siamo disponibili a dare il nostro contributo, come abbiamo fatto anche su questo provvedimento collegato, e vi faremo costantemente fiato sul collo, affinché le cose si facciano con più coraggio e lungimiranza, in modo organico, e non con decreti frammentati e contraddittori tra loro per accontentare magari qualche lobby (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

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  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Pastorelli. Ne ha facoltà.

  ORESTE PASTORELLI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor rappresentante del Governo, il disegno di legge del quale oggi si discute rappresenta una tappa fondamentale del percorso verso l'uscita dell'Italia dalla crisi economica e parallelamente verso la sua modernizzazione. L'idea di collegare alla decisione di bilancio una serie di misure legislative in materia di green economy e di lotta agli sprechi ambientali è rivelatore dell'indirizzo politico positivo perseguito da questo Governo. Nel merito, il presente disegno di legge presenta molti elementi di novità, specie con riferimento al Codice dell'ambiente. Voglio però richiamare l'attenzione degli onorevoli colleghi su quelle misure che apparentemente sono di più lieve entità, ma sono proprio queste piccole misure che riescono ad incidere in modo positivo sulla vita concreta delle persone e delle imprese, restituendoci l'immagine di un Paese che finalmente cambia.
  E così può dirsi dell'articolo che consente al Ministro dell'ambiente di individuare i porti marittimi dotati di siti idonei in cui avviare operazioni di raggruppamento e gestione dei rifiuti raccolti durante l'attività di pesca.
  Nello stesso senso è da intendere l'articolo che prevede l'assimilazione delle acque reflue domestiche ai fini dello scarico in pubblica fognatura delle acque di vegetazione dei frantoi oleari. Ovviamente, lo scarico in pubblica fognatura sarà ammissibile a condizione che i sindaci non ravvisino criticità nel sistema di depurazione e per i soli frantoi che trattano olive provenienti esclusivamente dal territorio regionale.
  Passando ad un altro tipo di misure, segnalo l'introduzione di una disciplina sui rifiuti da prodotti da fumo e gomme da masticare. Sebbene possa sembrare poca cosa, l'introduzione del divieto di abbandono di mozziconi da prodotti da fumo e di gomme da masticare sul suolo e nelle acque contribuirà a trasformarci in un Paese civile. Le ricadute in termini sociali, se non propriamente educativi, di una simile disposizione sono epocali, specie con riferimento a quelle generazioni che cresceranno sotto la vigenza di questa significativa disposizione.
  Infine, con riguardo al tema della difesa del suolo e della prevenzione dei danni derivanti dal dissesto idrogeologico, si introduce un meccanismo per agevolare, mettendo a disposizione dieci milioni di euro per l'anno 2014, la rimozione, la demolizione, da parte dei comuni di opere, di immobili realizzati nelle aree del Paese classificate a rischio idrogeologico elevato, o molto elevato, in assenza, o in totale difformità, del permesso di costruire. È chiaro che questo disegno di legge è un primo importante passo in tema di green economy, e molto dovrà essere fatto nei prossimi mesi, ed anni, ma ciò di cui tutti dobbiamo prendere atto è che questo è il percorso che l'Italia deve intraprendere senza scorciatoie o ripensamenti.
  Vi è poi il problema dell'amianto, la parziale inoperatività del Piano nazionale amianto, così come il mancato utilizzo di parte del Fondo per le vittime dell'amianto, sono la conferma del fatto che molto deve essere ancora fatto dallo Stato italiano per quei cittadini colpiti dalle conseguenze nefaste di questo materiale, nonché per i siti contaminati da quest'ultimo e forse il presente disegno di legge poteva costituire una buona occasione per mettere mano a tali situazioni. Concludo, dunque, segnalando agli onorevoli colleghi come il presente disegno di legge costituisca un primo, valido, complesso di misure per trasformare, finalmente, l'Italia in un Paese avanzato sul fronte della green economy e della tutela dell'ambiente. Un passo in avanti del quale, negli ultimi 20 anni, si è sentito il forte bisogno (Applausi).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Zaratti. Ne ha facoltà.

  FILIBERTO ZARATTI. Signor Presidente, signora rappresentante del Governo, io avrei avuto piacere di sentire, da parte degli esponenti della maggioranza, qualche Pag. 18considerazione rispetto al fatto che ci troviamo a discutere le norme contenute nel collegato ambientale a distanza di pochi giorni dalla discussione che abbiamo fatto del decreto «sblocca Italia», perché credo che sia palese a tutti il fatto che le norme qui contenute, il tentativo che si è cercato di mettere in campo attraverso un lavoro proficuo che davvero è stato fatto in Commissione sul collegato ambientale, sono, di fatto, in palese contraddizione con le norme contenute nello «sblocca Italia». Infatti, va ricordato che la filosofia che informa il collegato ambientale, il tentativo che si è fatto di affrontare una serie di questioni che sono state bene esposte dal relatore, è sostanzialmente condivisibile, va incontro a quelle che sono le esigenze di modernizzazione del nostro Paese, va incontro a quella che è la necessità di applicare le direttive di natura europea in campo ambientale.
  Invece, il decreto «sblocca Italia» era di tutt'altro pasta, era l'esatto contrario. Era il decreto che conteneva tutte quelle norme vecchie, antiche, sbagliate, che sottintendeva un modello di sviluppo sbagliato che, sicuramente, rimetteva al centro una serie di provvedimenti che sono stati, oggettivamente, bocciati dalla storia. Quindi, avrei avuto piacere di sentire, da parte di esponenti della maggioranza, una giustificazione, capire perché da una settimana all'altra, la mano sinistra del Governo non sa cosa fa la mano destra, come sia possibile che vengano approvati, a distanza di pochi giorni, due provvedimenti così contraddittori.
  Del resto, che così sia stato, è del tutto evidente dal fatto che sono stati depennati dalla discussione del collegato ambientale una serie di articoli molto importanti, gli articoli: 1, 3, 5, 6, 8, 12, 15, 19, 20, 26 e 29.
  Questi articoli, che erano contenuti nel collegato ambientale, sono stati depennati. Per quale ragione sono stati depennati ? Intanto, va detto che è abbastanza bizzarro il fatto di discutere il collegato ambientale, che è appunto collegato con la vecchia legge di stabilità, quando già in questa Camera si sta discutendo la nuova legge di stabilità. È vero, c’è stato un cambio di Governo, ma questo non giustifica il fatto che il collegato ambientale possa essere discusso con dodici mesi di ritardo rispetto a quanto era sostanzialmente previsto.
  Cosa è accaduto in questi dodici mesi ? Il Governo, con la voglia e con la frenesia di applicare la decretazione d'urgenza, è intervenuto pesantemente su tutti quegli argomenti che erano inseriti nel collegato ambientale. Ed è per questo che tutta quella serie di articoli è stata depennata, proprio perché quegli articoli erano stati oggetto di decreti-legge emanati dal Governo. Ora questo, ancora una volta, ci fa riflettere sul fatto che il Governo, in modo particolare il Governo Renzi, non si rende conto, non si vuole rendere conto che gli strumenti per intervenire dal punto di vista legislativo sono molteplici. Non esistono soltanto i decreti d'urgenza, c’è la possibilità appunto di approvare i collegati, c’è la possibilità di approvare i disegni di legge, c’è la possibilità, quindi, di permettere al Parlamento di intervenire in modo sostanziale nella produzione degli atti legislativi e di portare dei contenuti che siano il frutto di un confronto serio, fatto in Commissione, che poi si ripercuote dentro l'Aula. Il Governo Renzi non accetta questo tipo di discussione, non vuole in nessun modo intervenire con gli strumenti ordinari di legislazione, continua a intervenire pesantemente con la decretazione d'urgenza. Questi sono i risultati, ossia il fatto che ci siano provvedimenti contraddittori, provvedimenti che vengono cambiati di momento in momento nel corso dei mesi.
  L'altro elemento che mi dà perplessità su questo provvedimento, che il Parlamento andrà ad approvare, è il fatto che non vorrei che il collegato ambientale fosse l'ennesimo «specchietto per le allodole», non vorrei che fosse un libro dei sogni. Dico questo perché, insomma, per approvare e per fare in modo che tante delle norme che sono state reinserite – molti emendamenti anche del mio gruppo, di Sinistra Ecologia Libertà sono stati accolti, alcune questioni le dirò – diventino Pag. 19davvero efficaci sarà necessario emanare tutta una serie di decreti attuativi, moltissimi decreti attuativi. Se io penso che, rispetto a tutta una serie di provvedimenti legislativi approvati dal Parlamento, ci sono ancora 242 regolamenti attuativi che devono essere emanati dal Governo, francamente sono abbastanza preoccupato del fatto che i decreti che sono previsti in questo collegato ambientale possano essere emanati in un tempo ragionevole, non dico brevissimo.
  L'altro elemento che mi fa pensare che il collegato ambientale possa essere l'ennesimo libro dei sogni è la scarsa copertura finanziaria sui provvedimenti che sono in campo. Se noi pensiamo che, per esempio, sulla mobilità sostenibile ci sono 35 milioni di euro, io credo che non sarebbero sufficienti neanche ad affrontare non il problema della mobilità sostenibile del comune di Roma, nel quale ci troviamo, ma neanche – scusatemi l'esempio – quello del comune di Frascati quasi. Non sono sufficienti neanche ad affrontare il problema in un piccolo o medio comune. Per quanto riguarda, per esempio, la norma importante – secondo me – che riguarda la rimozione o demolizione di immobili abusivi realizzati in aree a rischio idrogeologico elevato, sono stati stanziati 10 milioni di euro. Ma di che cosa parliamo ?
  È evidente che le risorse che sono messe in campo con questo provvedimento sono delle risorse assolutamente insignificanti. Quindi, la doppia vicenda dei decreti attuativi, che sono un elemento fondamentale e determinante per permettere al collegato ambientale di avere appunto un'efficacia nella vita del nostro Paese, e la scarsa copertura finanziaria ci fanno pensare seriamente che il collegato ambientale sia un libro dei sogni. È così. Mentre, invece, lo «sblocca Italia» avrà un'efficacia reale, deleteria nell'economia del nostro Paese, nella vita quotidiana del nostro Paese, il collegato ambientale, che pure aveva degli spunti interessanti, rimarrà appunto lettera morta. Così come spesso capita in questioni di materia ambientale dove, appunto, nei convegni tutti quanti sono ambientalisti, tutti quanti sono d'accordo sulle vicende della green economy, tutti quanti sono d'accordo sulle grandi questioni di tutela dell'ambiente, tutti quanti pensano e dicono che effettivamente la modernità si realizza attraverso un rapporto diverso con l'ambiente, ma, poi, quando ci si trova nelle aule del Consiglio dei ministri o ci si trova nelle Aule parlamentari, bisogna essere più realisti del re ed approvare provvedimenti che, invece, danno via libera alle trivelle, danno via libera agli inceneritori, danno via libera a tutta quella serie di provvedimenti nefandi che sono contenuti all'interno dello «sblocca Italia».
  Dicevo che il collegato ambientale ha effettivamente una serie di provvedimenti interessanti e ne condividevo la filosofia. Voglio citare alcune cose che secondo me andavano realizzate forse con una maggiore copertura finanziaria e magari in modo un po’ più vincolante. Sono idee che andrebbero certamente messe in campo e realizzate: dalle aree oil free zone, per esempio, alla strategia nazionale green communities che riguarda la valorizzazione delle risorse dei territori rurali e montani, in modo particolare puntando sullo sviluppo autocentrato e sulle risorse di quei territori che riguardano l'acqua, i boschi, il paesaggio; le misure per incrementare la raccolta differenziata; sulla rimozione e demolizione di immobili abusivi ho già detto; sulla mobilità sostenibile, in modo da sperimentare nuove forme di trasporto sostenibile casa-scuola e casa-lavoro; il divieto, finalmente, all'interno di un provvedimento di legge, che riguarda appunto l'utilizzo della tecnica del fracking per la coltivazione e il prelievo di idrocarburi e di gas dal nostro territorio. Voglio ricordare che su questo punto era stata approvata una risoluzione già in Commissione che vietava l'utilizzo della tecnica del fracking nel nostro Paese. Una risoluzione che era stata presentata da Sinistra Ecologia Libertà e che mi vedeva come primo firmatario.
  L'altro elemento molto importante riguarda appunto la valutazione di impatto sanitario per le centrali termiche ed altri Pag. 20impianti di combustione sopra i 300 MW o gli appalti verdi. Insomma, vedete come nel provvedimento ci siano tante questioni e tante cose molto importanti. Ecco, la perplessità che rimane è quella appunto che sia un libro dei sogni, che rimanga lettera morta insomma, che ci dia la possibilità a noi della Commissione ambiente e ai deputati più sensibili sulle questione ambientali di «esercitarsi» in questa qualità di proporre idee e di cercare di codificarle in un provvedimento, provvedimento che, appunto, per la vicenda dei regolamenti attuativi e per quanto riguarda le coperture finanziarie rimarrà lettera morta.
  Concludo, Presidente, dicendo una cosa: la citazione del presidente Realacci è una citazione molto bella, quella del Mahatma Gandhi, quando diceva che «la vita non è aspettare che passi la tempesta, ma imparare a danzare sotto la pioggia». Ma io non vorrei che il Governo di questo Paese stesse danzando sul Titanic mentre il Paese sprofonda. Questa è la nostra grande preoccupazione ed è per questo che penso e spero che ci possa essere nei prossimi giorni e nei prossimi mesi, soprattutto in campo ambientale, un'inversione di rotta da parte del Governo e della maggioranza.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Carrescia. Ne ha facoltà.

  PIERGIORGIO CARRESCIA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, l'Assemblea avvia oggi l'esame del collegato ambientale al disegno di legge di stabilità per il 2014, un provvedimento complesso che tocca molte materie e che è stato deferito all'Aula dopo un approfondito passaggio nella competente Commissione parlamentare. Il collegato rappresenta un fondamentale passo avanti nella definizione delle politiche ambientali nazionali in una logica che, per la prima volta, le connette ad innovative scelte di politiche economiche industriali indirizzate verso una crescita e uno sviluppo sostenibile.
  Il disegno di legge definisce obiettivi che rientrano pienamente nella strategia di rilancio della competitività del Paese, di sostegno ad una crescita quanto mai necessaria nel momento di crisi che l'Italia sta attraversando e per la quale occorrono interventi di stimolo all'economia accompagnati da riforme strutturali anche nel campo ambientale. Questo disegno di legge può essere definito senza retorica come una vera e propria agenda verde per dare una serie di risposte a quella che oggi deve essere considerata come una sfida decisiva per il nostro futuro: la scommessa sull'ambiente, il suo rispetto e la sua tutela ma anche la sua straordinaria potenzialità per lo sviluppo economico. Un pacchetto di norme capace di attivare politiche ambientali virtuose, semplificando il quadro normativo, rendendolo più moderno ed efficace e creando, al tempo stesso, le condizioni per investimenti e crescita economica nel campo della green economy. Il tutto, con una ferrea attenzione alla riduzione dei costi, alla semplificazione e alla trasparenza amministrativa. Il collegato è tutto questo. Contiene, infatti, una serie di misure rilevanti in materia di ambiente, in particolare di mobilità sostenibile, valutazione di impatto ambientale, emissioni gas effetto serra, raccolta, di reati ambientali, appalti verdi, EMAS, qualificazione ambientale dei prodotti e dei sistemi produttivi locali, dei distretti, di vigilanza sulla gestione dei rifiuti e degli imballaggi, incremento della raccolta differenziata e riciclaggio, contabilità ambientale e avvia un'efficace strategia nazionale della green community. Il provvedimento è corposo e articolato ed è stato migliorato nel corso dell'esame in Commissione, come è già stato detto dal presidente Realacci, abbinando politiche ambientali ed industriali in un continuo confronto con il Ministero dell'ambiente in una logica di collaborazione istituzionale finalizzata al raggiungimento di un comune obiettivo di sviluppo sostenibile e di progresso civico.
  La VIII Commissione ha ascoltato decine e decine di soggetti istituzionali, ambientali, sociali ed economici ed ha apportato modifiche anche significative al provvedimento stesso che consentono di consegnare all'esame dell'aula un testo Pag. 21innovativo che allinea l'Italia tra i Paesi più attenti allo sviluppo sostenibile. Il collegato ambientale contiene misure significative talora del tutto inedite; penso al divieto del fracking che diventa legge per la prima volta o la delega al Governo per il pagamento dei sistemi ecosistemici ambientali. Penso alle logiche incentivanti per la premialità della raccolta differenziata che sostengono i comuni e che consentono di diminuire il tributo per lo smaltimento alle comunità più virtuose. E ancora, l'avvio di iniziative sperimentali, come il vuoto a perdere negli esercizi pubblici, per diminuire l'uso della plastica, quelle per le aree oil free zone nelle quali incentivare l'autosufficienza energetica senza uso di fonti fossili, gli incentivi per gli appalti verdi e per l'utilizzo di materiali derivanti dal riciclo e il riuso nelle pubbliche amministrazioni.
  Per troppi anni, lo sviluppo economico ha seguito una strada diversa e non coerente con quella della sostenibilità, con il solo scopo di aumentare la quantità di beni disponibili e favorire l'accesso ai mercati delle popolazioni. Il conseguente aumento della pressione antropica crescente ha prodotto una serie di effetti critici sull'ecosistema che oggi si appalesano con evidenza.
  Vi sono Paesi che si trovano nella fase di transizione verso un'economia caratterizzata dalla produzione di massa con evidenti effetti negativi in termini di inquinamento ed altri, come l'Italia, che devono, invece, passare da una competizione sulla quantità ad una sulla qualità e quindi convertire un modello di sviluppo industriale inquinante in uno più sostenibile. È in questo contesto che la green economy acquisisce valore, assume un nuovo significato per divenire non un vincolo antitetico all'efficienza di costo ma un'opportunità di mercato e di profitto e il collegato ambientale si inquadra e si qualifica proprio in quest'ottica. Questo è un Paese che ha bisogno di misure e di chiari strumenti di governance dello sviluppo delle tecnologie e delle produzioni verdi, di dare certezze e norme più semplici concretamente applicabili in settori come quello dell'ecoinnovazione, dell'industria del riciclo, del risparmio e dell'efficienza energetica, dall'edilizia ai trasporti, dall'illuminazione ai processi produttivi, delle fonti energetiche rinnovabili, delle filiere agricole ad alta valenza qualitativa e ambientale.
  Ecco allora che, in tale contesto, vi sono norme del collegato che vanno enfatizzate non solo per il contenuto ma anche per il significato di politica ambientale che contengono. Penso ad esempio – l'ha già citato il relatore Bratti – all'articolo 2 che garantisce l'aggiornamento con cadenza almeno triennale della strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile approvata dal CIPE nell'agosto del 2002.
  Penso all'articolo 2-bis, che ha inserito, nel corso dell'esame in Commissione, 35 milioni per il 2015 per la realizzazione di un programma sperimentale nazionale di mobilità sostenibile casa-scuola e casa-lavoro e per il finanziamento di progetti di uno o più enti locali per iniziative quali, ad esempio, quelle del car-pooling.
  È innovativa ed apprezzabile anche la scelta voluta dalla Commissione di autorizzare il Ministero dell'economia e delle finanze a costituire un Fondo italiano di investimenti green community, riservato ad investitori qualificati per l'investimento nel campo della green economy, con particolare riferimento a quegli interessanti territori montani e rurali italiani e con peculiare riguardo per il sostegno agli investimenti nel campo dell'innovazione, della ricerca e dello sviluppo nei territori a cosiddetto fallimento di mercato, al fine di ammortizzare e annullare i deficit strutturali permanenti di tali aree.
  E al male endemico del nostro Paese, che c’è anche nel campo ambientale, quale è la complessità dei procedimenti amministrativi, il collegato dà risposte adeguate senza ridurre le tutele. Contiene interessanti livelli di semplificazione e razionalizzazione, come, ad esempio, le disposizioni che intervengono sulle procedure delle autorizzazioni ambientali riguardanti lo scarico in mare di acque derivanti da attività di prospezione e ricerca, l'immersione in mare di materiali di escavo dei Pag. 22fondali marini, nonché la movimentazione dei fondali derivanti dalle attività di posa in mare di cavi e condotte. Sono tutti procedimenti per i quali la competenza inclusa viene ricondotta ad un solo soggetto per l'istruttoria e l'atto finale.
  Tutela dell'ambiente connessa con quella della salute, come si è detto: ebbene, anche su questo binomio il collegato dà risposte positive. Durante l'esame in Commissione, è stato introdotto un nuovo articolo che consente la predisposizione della valutazione di impatto sanitario per progetti riguardanti, in sintesi, le raffinerie di petrolio greggio, gli impianti di gassificazione e liquefazione, i terminali di rigassificazione di gas naturale, nonché le centrali termiche e gli altri impianti di combustione con potenza superiore a 300 megawatt.
  Un'attenzione forte è dedicata dal collegato agli «acquisti verdi»: si interviene sulla disciplina delle garanzie a corredo dell'offerta nei contratti pubblici, riducendola per gli operatori economici in possesso di registrazione al sistema di ecogestione e audit EMAS e con certificazione ambientale, ai sensi della norma tecnica UNI 14000. Insomma, la certificazione di qualità viene premiata.
  Ed è la premialità più che la repressione che caratterizza la svolta di questo provvedimento, e lo si coglie pienamente in materia di rifiuti, nella quale la norma più significativa è l'articolo 14 nella nuova versione approvata dalla Commissione. L'articolo disciplina il raggiungimento degli obiettivi di raccolta differenziata dei rifiuti urbani in ogni ambito territoriale ottimale.
  Rispetto al testo originario del disegno di legge, è stato soppresso il differimento di otto anni delle scadenze previste per il raggiungimento degli obiettivi di raccolta differenziata ed è stato introdotto – e questa è la novità – un sistema, una buona pratica, già positivamente sperimentata e praticata nella regione Marche, anche grazie alla felice intuizione e professionalità del suo Servizio ambiente e gestione rifiuti, che valorizza il ruolo delle comunità locali e introduce un sistema premiale per quelle che raggiungono l'obiettivo di legge di raccolta differenziata ormai definito al 65 per cento. E non solo.
  Nell'intento di valorizzare i comuni che si sono indirizzati nella prevenzione della produzione di rifiuti – la nuova frontiera, la nuova sfida in questo campo, perché prioritaria nella gerarchia gestionale dei rifiuti dell'Unione europea –, si riconosce l'esclusione dell'addizionale dell'ecotassa per quei comuni che conseguono una produzione pro capite media inferiore di almeno il 30 per cento rispetto a quella dell'ATO di appartenenza.
  Il collegato ha anche il pregio di prestare attenzione a nuovi fenomeni, che la maggiore sensibilità ambientale ha sviluppato in questi anni, come il compostaggio aerobico domestico, per il quale viene finalmente previsto che alle utenze domestiche che utilizzano tale sistema si applichi una riduzione sulla tariffa dovuta per la gestione dei rifiuti urbani.
  Durante l'esame in Commissione è stata, poi, introdotta la facoltà per i produttori e gli utilizzatori, che sono imprenditori agricoli, di partecipare al CONAI tramite le proprie confederazioni agricole e le associazioni di categoria. È una semplificazione interessante e significativa, che andrebbe estesa a tutte le imprese artigiane e alle piccole e medie imprese: mi auguro che l'Aula colga, nel corso del dibattito, questa possibilità.
  E nell'ottica della semplificazione normativa, va pure segnalata l'abrogazione del divieto di smaltimento in discarica dei rifiuti con Potere calorifico inferiore (PCI) superiore a 13 mila kilojoule, ponendo fine ad un'innaturale serie di proroghe provocate da una disposizione che andava ben oltre a quello che ci chiedeva l'Europa e che ha finito per creare continue e ricorrenti criticità agli operatori in prossimità della scadenza del termine per adempiere.
  È una norma che mi sta particolarmente a cuore, perché già contenuta nella proposta di legge n. 677 dell'8 aprile 2013, a mia prima firma, ben precedente a quella di colleghi di altri gruppi che sono intervenuti, che risale, soltanto, al settembre del 2013. Una legge, quella di stabilità, Pag. 23che, in coerenza con l'obiettivo di semplificazione, consente il trasporto in conto proprio di particolari tipologie di rifiuti per barbieri, parrucchieri, istituti di bellezza, attività di tatuaggio o piercing, evitando, senza ridurre le tutele ambientali, i costosi oneri di smaltimento. In tema di difesa del suolo, va segnalata la modifica della disciplina delle autorità di bacino distrettuali prevista dall'articolo 63 del testo unico dell'ambiente.
  La green economy, nel collegato ambientale, assume anche un altro connotato significativo, quello di saper coniugare lo sviluppo, non solo con l'ambiente, ma anche con una forte attenzione verso il sociale. La qualità della vita passa attraverso quella dell'ambiente, ma solo se nessuno resta indietro e se nessuno è escluso. Vi sono beni la cui fruizione è un diritto di tutti e, fra essi, quello delle risorse idriche. È perciò positiva la disposizione dell'articolo 25 che assicura agli utenti domestici del servizio idrico integrato in condizioni economico-sociali disagiate l'accesso, a condizioni agevolate, alla fornitura della quantità di acqua necessaria per il soddisfacimento dei bisogni fondamentali. Insomma, tanti elementi e tante disposizioni che parlano di futuro, che declinano un'agenda verde che guarda al domani in un'ottica diversa, più attenta al rapporto con l'ecosistema di quanto sia avvenuto sinora. A chi spesso taccia questo Parlamento di insipienza, di incapacità di incidere, di essere supinamente accondiscendente verso le proposte del Governo, l'esperienza del collegato è la prova provata che non è così. In un rapporto costruttivo di rispetto dei ruoli, ma pure di grande attenzione ed empatia, si è giunti, anche grazie all'impegno encomiabile dei relatori, dei colleghi, gli onorevoli Bratti e Borghi, ad un testo che non ha stravolto, ma sicuramente ha migliorato la proposta iniziale del Governo e il contributo dei colleghi del Partito Democratico è stato quanto mai significativo ed incisivo.
  Signor Presidente, onorevoli colleghi, guardiamo a questo disegno di legge, frutto di un faticoso ma positivo lavoro, spesso condiviso anche dalle forze di opposizione, come ad un provvedimento storico, non solo perché per la prima volta un disegno di legge ambientale assurge ad essere un collegato alla legge di stabilità, ma anche perché si pone come un testo complessivo che ha una sua coerenza in tutti i settori di intervento e, come è già stato detto, per la prima volta introduce in un testo normativo il termine della green economy. È un disegno di legge che dà speranza, che responsabilizza i vari livelli di governance e che ripropone un obiettivo e un'idea ambiziosa per il futuro del nostro Paese: l'ambizione di avere la capacità di saper coniugare i nuovi driver dello sviluppo con l'ambiente, l'ambizione di sapere di poter essere al passo con l'Europa, l'ambizione di saper indirizzare l'innovazione, la qualità e la conoscenza verso una declinazione di green economy fortemente nazionale, ma immersa nel mercato globale. Un modello originale – e qui riprendo un passaggio significativo del documento conclusivo dell'indagine conoscitiva sulla green economy approvato nei mesi scorsi dalla VIII Commissione, relatore il collega Mazzoli – che dice che questo modello punta dritto al cuore della nostra identità e della nostra storia perché sa combinare la crescita economica con la tutela delle migliori risorse del Paese, dalle competenze alla qualità della vita, dalle bellezze naturali e culturali alle relazioni sociali. Un modello in grado di valorizzare la biodiversità, la specificità dei saperi e dei territori, le cui basi poggiano su quel patrimonio di imprenditorialità diffusa che dalle imprese familiari al no profit ha le sue radici nel territorio ma sa guardare al mondo.
  Ecco, il collegato ambientale ci aiuta a porre basi solide a questo scenario di speranza, a dare maggiori certezze ai cittadini, perché dà organicità alle politiche per l'ambiente e dà risposte che hanno un respiro ampio e che possono porre fine a quella legislazione che ha rincorso le emergenze ambientali e che, perciò, nel tempo, ha mostrato i suoi limiti.
  Concludo, Presidente con un aforisma di Kofi Annan, premio Nobel per la pace nel 2001, che ben si addice al collegato Pag. 24ambientale. Dice Annan: «La nostra sfida più grande in questo nuovo secolo è di adottare un'idea che sembra astratta: sviluppo sostenibile». È un'affermazione quanto mai pertinente al disegno di legge che oggi iniziamo a discutere qui in Parlamento, perché finalmente stiamo rendendo concreta quell'idea astratta; stiamo avvicinando anche il nostro Paese a quel grande orizzonte che è lo sviluppo sostenibile, uno sviluppo che consapevolmente possiamo rendere possibile per noi e per le generazioni che verranno. Vogliamo farlo, possiamo farlo e lo faremo: è un impegno che il Governo del Presidente Renzi e il Partito Democratico hanno assunto e che sapremo mantenere (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare la collega Terzoni. Ne ha facoltà.

  PATRIZIA TERZONI. Grazie Presidente, iniziando il mio intervento in relazione al collegato ambientale non posso non accennare al fatto che tra pochi giorni potremo festeggiare il primo anno di età di questo testo.
  Infatti la prima bozza risale al 15 novembre dello scorso anno. Prima della sua presentazione sono trascorsi 3 mesi durante i quali tutti parlavano del collegato ambientale senza che nessuno conoscesse esattamente i suoi contenuti. Abbiamo ascoltato deputati commentarne gli articoli in incontri pubblici senza che fosse stato diffuso uno straccio di documento ufficiale. Nel frattempo si rincorrevano testi con contenuti diversi.
  In quel periodo abbiamo più volte cercato di fare chiarezza interpellando direttamente gli uffici del Ministero ma nemmeno in quelle sedi riuscivamo a ottenere informazioni certe. È stato un anno in cui abbiamo assistito a continue accelerazioni e stop improvvisi. La discussione in Commissione appariva per una settimana per poi scomparire e riapparire settimane dopo. Man mano che i mesi passavano alcuni contenuti del collegato ambientale perdevano attualità e significato. Diversi articoli, infatti, trattavano materie che nel frattempo erano state inserite ed erano state affrontate, discusse e approvate a colpi di fiducia all'interno di altri decreti-legge o di altre leggi.
  Potranno sembrare cose di poca importanza, invece l'effetto di questa sorta di schizofrenia è abbastanza devastante soprattutto per chi all'esterno di questi palazzi è in attesa di sapere come verranno modificate alcune norme che vanno a incidere sull'organizzazione di determinate attività produttive. Questo tira e molla durato un anno non ha di certo aiutato la loro programmazione e poi ci chiediamo per quale motivo facciamo così fatica ad attirare investimenti produttivi dall'estero.
  Entrando nel merito vorrei soffermarmi in modo particolare su due aspetti trattati negli articoli 26- ter e 30. Nell'articolo 26- ter viene vietata la tecnica del fracking per l'estrazione dello shale gas per quell'attività di ricerca o di coltivazione degli idrocarburi autorizzate dallo Stato. Un articolo inserito ex novo e che abbiamo fortemente voluto e sostenuto.
  Con questo articolo vediamo finalmente applicato in maniera concreta il principio di precauzione, che vorremmo diventasse la regola in ogni ambito. Siamo consci che gli attacchi a questa novità normativa e a molte altre normative per la tutela ambientale potranno venire nell'ambito della discussione dei contenuti del TTIP. Infatti il TTIP tra le altre cose potrebbe aprire le porte all'esportazioni in massa del gas di scisto americano verso l'Europa. Ciò porterebbe a un aumento delle estrazioni per fratturazione idraulica negli USA consentendo alle compagnie statunitensi di sfidare i divieti di fracking in Europa e spingendo per la realizzazione di sistemi di stoccaggio del GAS come quello sotterraneo. Forse non a caso con lo «Sblocca Italia» sono stati dichiarati di interesse nazionale proprio i siti di stoccaggio del gas.
  A nostro avviso questa è una condizione inaccettabile soprattutto visto che alcuni di questi siti di stoccaggio, come quello per esempio di Sant'Elpidio a Mare Pag. 25nelle Marche, si trovano praticamente sotto i centri abitati. Cosa avete intenzione di fare ? Militarizzare intere città ? Per questo abbiamo presentato un emendamento che mira a mettere un minimo di regole per quanto riguarda il posizionamento di questi siti prevedendo limitazioni di tale tipo di attività nelle aree abitate, turistiche e di particolare pregio naturalistico e paesaggistico. Nell'articolo citato si parla di tutela delle acque sotterranee dall'inquinamento, del principio di precauzione collegato al rischio sismico e degli incidenti rilevanti. Sono tutti principi che sono perfettamente replicabili e applicabili allo stoccaggio di gas in siti sotterranei che comportano gli stessi rischi della pratica del fracking.
  Con l'articolo 30 si istituisce il Comitato per il capitale naturale al quale viene affidato il compito di stilare, con cadenza annuale, un rapporto sullo stato del capitale naturale del Paese, corredato di informazioni e dati ambientali espressi in unità fisiche e monetarie. In questo articolo intravediamo degli effetti in chiaro scuro. Infatti, se da una parte appare positivo il tentativo di avere un bilancio ambientale aggiornato, finalizzato a monitorare e valutare l'efficacia delle politiche ambientali, dall'altra temiamo che questo possa essere l'ennesimo passo verso la direzione della svendita dei beni comuni. L'assegnare un valore ai beni ambientali espresso in unità monetaria potrebbe consentire la piena attuazione di quel piano di dismissione e vendita del patrimonio dello Stato, inteso come collettività, iniziato nel 2001 con il decreto n. 351 con il quale si è dato il via alla svendita del patrimonio immobiliare pubblico e proseguito negli anni fino a coinvolgere, nel 2010 con il decreto legislativo n. 85, il patrimonio pubblico rappresentato dal demanio idrico, marittimo e minerario. D'altronde questo Governo, che si spaccia ancora per un Governo di sinistra, sta portando a termine molte delle riforme neoliberiste tanto care alla destra. Salvatore Settis osserva che: «il dominio dei mercati sulla società e sulla politica ha innescato l'ossessiva rincorsa a prezzare ogni cosa, quello che Keynes chiamava l'incubo del contabile. Non ci basta ammirare le Dolomiti o l'Etna, vogliamo sapere quanto valgono in moneta e quanto producono».
  Se queste sono le vostre reali intenzioni sappiate che il MoVimento 5 Stelle sarà qui a vigilare in nome di tutti i cittadini e farà di tutto, di tutto, per non consentire la mercificazione del patrimonio ambientale collettivo.

  PRESIDENTE. Constato l'assenza del deputato Segoni, iscritto a parlare: s'intende che vi abbia rinunziato. È iscritto a parlare il deputato Zolezzi. Ne ha facoltà.

  ALBERTO ZOLEZZI. Signor Presidente, oggi inizia la discussione, appunto dopo un anno, del collegato ambientale alla legge di stabilità del 2013. Io parto dall'articolo 5-bis, mentre l'articolo 5, che voleva annullare il valore di valutazione ambientale strategica e la valutazione di impatto ambientale, è stato al momento eliminato, l'articolo 5-bis introduce finalmente nella nostra normativa la valutazione di impatto sanitario, anche se per ora per progetti limitati, quindi quelli delle raffinerie di petrolio, nuove raffinerie, nuove centrali termiche ed elettriche ed altri impianti di combustione con potenza termica superiore ai 300 megawatt. È un inizio di una politica di rete, di fare rete fra i dati semplicemente, visto che si parla sempre di copertura finanziaria bisogna tener conto che le coperture finanziarie per le esternalità sanitarie sono decisamente importanti. Tramite l'Istituto superiore di sanità si potrà appunto eseguire questa valutazione di impatto sanitario, tenendo conto che l'ECBA Project – Environmental cost-benefit analysis project ha stimato in 50 miliardi all'anno le esternalità sanitarie legate appunto ai costi esterni ambientali nel 2012. Si è visto per esempio che questi equivalgono appunto al 3,1 per cento del PIL, che per quanto riguarda l'industria le esternalità sono 12,9 miliardi di euro, 10,9 miliardi di euro quelle legate all'agricoltura e 9,4 quelle legate ai servizi. I trasporti delle famiglie Pag. 26sono 8 miliardi di euro. In particolare, è stato segnalato che il particolato fine, il PM2,5, è il maggiore responsabile di esternalità, con oltre 17 miliardi di euro di costi esterni, il 35 per cento del totale, quindi mi viene da pensare al turbogas, che era stato propagandato come una cosa che puliva l'aria, ai nuovi impianti a biogas da mais, da rifiuti e quant'altro, che invece producono tantissimo particolato fine dagli ossidi di azoto, che appunto producono poi il particolato secondario. Gli effetti del PM2,5 sono appunto malattie respiratorie e mortalità a lungo termine e sono chiaramente collegati ai cambiamenti climatici e all'instabilità meteorologica che causa gravi danni di dissesto, ma anche gli stessi ossidi di azoto sono stimati avere 8,3 miliardi di euro di esternalità sanitarie e causare una grave riduzione della biodiversità. Quando si parla di impianti a biogas bisogna pensare a queste cose, penso per esempio all'assessore provinciale all'ambiente della mia provincia, Grandi, il quale ha autorizzato ben 48 impianti a biogas in questa provincia; recentemente uno dei tanti ha avuto un incidente con lo sversamento del digestato nel corso d'acqua limitrofo, con morte per ipossia di tutta la fauna ittica fino al fiume Mincio e solo ora ha detto che con l'ambiente non si scherza. Forse non doveva scherzare neppure quando ha autorizzato questi 48 impianti, e spero che questa persona non sia intenzionata a riciclarsi nel comune di Mantova, visto che va ad elezioni, visto che la provincia sparirà, e visto che poi è forse l'unica forma di riciclo che conoscono queste persone.
  All'articolo 28 abbiamo cercato di ottimizzare la normativa per i reflui oleari, dove appunto sei comprensori non hanno criticità nel sistema di depurazione per i frantoi dove le olive provengono dal territorio regionale per difendere appunto le produzioni autoctone; ove le aree siano scoscese e non si possa praticare agevolmente la fertirrigazione abbiamo stabilito che si possa, previo idoneo trattamento, gestire tramite la normale depurazione questi reflui che comunque venivano gestiti in questa maniera, in maniera spesso per così dire illecita, nel senso che non c'era altro modo di smaltire tutti questi reflui nelle zone impervie.
  Commento questo collegato pensando che i cittadini sono molto più avanti degli amministratori. Si passa, per la raccolta differenziata, dal 30 all'80 per cento in pochi mesi.
  L'autocompostaggio – chiaramente si parla di compostaggio aerobico – sarebbe praticato se ci fossero stimoli in questo senso. Roma è una delle città sempre in crisi per la gestione dei rifiuti. L'azienda municipalizzata dei trasporti ha deciso di andare al contrario della gestione dei rifiuti, producendo enormi quantità di plastica, Presidente, passando appunto da un abbonamento cartaceo a uno plastificato. Trentamila tessere di plastica sono state stampate proprio negli ultimi giorni e questo dimostra che assolutamente non c’è nessuna volontà qui a Roma di saper gestire i rifiuti anche perché questo è l'esempio. Basta poco, basta una tessera magnetica a persona, tanto siamo sempre noi con il nostro codice fiscale, per ridurre questa plastica. Queste tessere di plastica sono smaltibili in oltre mezzo millennio; ci vogliono oltre 500 anni per smaltire una tessera magnetica. Questo dà l'idea che in Italia si vorrà andare a rifiuti zero forse solo tra qualche secolo.
  Sarebbe bello poi – come dice il presidente Realacci – ballare sotto la pioggia, ma attenzione perché ci dicono che piove e, in tempo di «sblocca Italia», forse stanno continuando a urinarci in testa (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare, anche perché non vedo in Aula il deputato Piso, che aveva chiesto di parlare, quindi si intende che vi abbia rinunciato, pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche dei relatori e del Governo – A.C. 2093-A)

  PRESIDENTE. Hanno facoltà di replicare i relatori di minoranza, deputati Caon Pag. 27e Mannino, ma non sono in Aula, quindi si intende che vi abbiano rinunciato.
  Ha facoltà di replicare il relatore per la maggioranza, deputato Bratti, per un minuto, perché ha esaurito il tempo per il relatore.

  ALESSANDRO BRATTI, Relatore per la maggioranza. Anche se in realtà potevo parlare un po’ di più, visto che sono l'unico relatore e i relatori sono due, però non voglio fare polemiche.

  PRESIDENTE. Il problema è che dopo di lei, gli altri relatori sono risultati assenti e quindi l'ultimo dei relatori aveva la facoltà di parlare un po’ di più. Lei era fra i primi quindi non è stato possibile assegnarle un tempo maggiore.

  ALESSANDRO BRATTI, Relatore per la maggioranza. Sì, io ero il primo. Va bene. Molto velocemente, vorrei ringraziare per il contributo della discussione. Io mi appello purtroppo alle poche forze politiche presenti perché credo che il lavoro che abbiamo fatto possa essere forse addebitato a un ritardo procedurale, ma credo che sia anche dovuto al fatto che – come ho cercato di ricordare all'inizio – questo provvedimento, in un confronto continuo, è stato fortemente cambiato rispetto alla proposta iniziale, ed è stato cambiato recependo proprio alcune indicazioni dalle diverse forze politiche, sia di maggioranza, che di minoranza. Quindi, l'appello che faccio è che ci sia da parte di tutte le forze politiche una selezione accurata degli emendamenti che possano migliorare successivamente il testo della discussione in Aula, ma credo che tutti quanti dobbiamo avere l'obiettivo di procedere in maniera celere e di passare al Senato questo disegno di legge, che ricordo, insieme agli altri due che purtroppo oggi sono fermi al Senato possono davvero costituire un pezzo importante, non dico delle politiche del Governo, ma della stragrande maggioranza delle forze politiche che sono all'interno di questi consessi.

  PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore per la maggioranza, Borghi, ma non è in Aula, quindi si intende che vi abbia rinunciato.
  Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire nel prosieguo del dibattito.
  Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione della mozione Paolo Nicolò Romano ed altri n. 1-00515 concernente iniziative volte alla separazione societaria della infrastruttura della rete di telecomunicazione e alla definizione del relativo modello di governance (ore 16,50).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della mozione Paolo Nicolò Romano ed altri n. 1-00515 concernente iniziative volte alla separazione societaria della infrastruttura della rete di telecomunicazione e alla definizione del relativo modello di governance (Vedi l'allegato A – Mozioni).
  Avverto che lo schema riguardante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).
  Avverto che sono state altresì presentate le mozioni Dorina Bianchi ed altri n. 1-00657 e Caparini ed altri n. 1-00658 che, vertendo su materia analoga a quella trattata dalla mozione all'ordine del giorno, verranno svolte congiuntamente. I relativi testi sono in distribuzione (Vedi l'allegato A – Mozioni).

(Discussione sulle linee generali)

  PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali delle mozioni.
  È iscritto a parlare il deputato Paolo Nicolò Romano, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00515. Ne ha facoltà.

  PAOLO NICOLÒ ROMANO. Signor Presidente, deputati colleghi ed esponenti del Governo, nell'ultimo decennio l'uso di Internet ha raggiunto dimensioni tali che la disponibilità di connessioni veloci o Pag. 28super veloci per un Paese è ormai una precondizione essenziale per la sua crescita economica e sociale.
  Numerosi sono gli studi di autorevoli istituzioni internazionali, quali OCSE, Banca Mondiale e UNESCO, che evidenziano come gli investimenti in banda larga abbiano effetti diretti e indiretti sulla crescita complessiva dei sistemi economici e sociali. La Banca mondiale quantifica che una variazione di 10 punti percentuali della penetrazione della banda larga possa generare una crescita del PIL dell'1,2 per cento nei Paesi sviluppati. In virtù di queste considerazioni, la Commissione europea, nell'ambito dell'Agenda digitale, ha fissato una serie di target per stimolare i Paesi membri alla realizzazione di nuove infrastrutture di telecomunicazione, ponendo l'obiettivo di conseguire, entro il 2020, una copertura totale della connessione a 30 megabit al secondo e, per almeno il 50 per cento della popolazione, di 100 megabit al secondo.
  Anche in Italia numerosi sono gli studi volti a misurare l'impatto economico degli investimenti nella banda larga e ultra-larga. Una ricerca dell'Agcom, l’Authority preposta ad assicurare la corretta competizione degli operatori nel mercato delle telecomunicazioni, evidenzia chiaramente che, se la banda larga arrivasse al 60 per cento delle famiglie e al 90 per cento delle imprese, il potenziale per l'economia italiana sarebbe di un aumento del PIL, nella peggiore delle ipotesi, dell'1,2 per cento e, nella migliore delle ipotesi, addirittura del 12,2 per cento. Secondo questi importanti dati è possibile constatare che la realizzazione di reti di accesso a Internet ad alta velocità risulta, allo stato attuale, insoddisfacente. Tale infrastruttura avrebbe potuto migliorare di molto le capacità di risposta del nostro Paese alla pesante crisi economica. Come dimostrano gli indicatori sui progressi dell'Agenda digitale, siamo agli ultimi posti nella classifica europea per penetrazione di banda.
  L'accesso di nuove generazioni in grado di fornire almeno 30 megabit al secondo è disponibile per il 21 per cento della popolazione, mentre la media europea si attesta al 62 per cento, mentre a sorprendere è la quota effettiva di connessioni ad alta velocità, pari almeno a 30 megabit al secondo: siamo all'1 per cento, contro il 21 per cento dei Paesi dell'Unione. Inoltre, a fine 2013 Bruxelles non ha rilevato alcuna connessione ultraveloce, ovvero con velocità di almeno 100 megabit al secondo. Questi sono i dati dell'ultimo rapporto europeo 2014, redatto dall'Unione europea, sulla qualità della banda larga in Europa. In pratica, siamo dietro a Paesi come Romania, Bulgaria o Cipro, ed il gap digitale fra Italia ed i principali Paesi dell'Unione europea continua ogni anno ad allargarsi.
  Oltre al digital divide con l'Europa e con il resto del mondo, persiste un ritardo digitale anche all'interno dei nostri confini, dove persistono intere aree ancora senza nessuna copertura. Il dato più emblematico è rappresentato da quel 45 per cento di popolazione che ancora non usa Internet, anche perché milioni di unità abitative e produttive sono senza infrastrutture di rete. La situazione, inoltre, si presenta critica anche laddove le unità abitative e produttive sono raggiunte dalla connessione, in quanto la sua qualità è la peggiore in Europa. Secondo il rapporto Akamai, sullo stato di Internet del secondo trimestre 2014, l'Italia compare al quarantottesimo posto al mondo per velocità della connessione, ultimi nella graduatoria europea, poiché anche Romania, Cipro e Grecia ci superano.
  Il Governo è pienamente consapevole di questa arretratezza, poiché la copertura nazionale delle nostra rete infrastrutturale di telecomunicazioni è stata fotografata nel «rapporto Caio», il team di esperti istituito dal precedente Governo Letta per fare luce sullo stato degli investimenti nella nostra rete. Dal rapporto «Raggiungere gli obiettivi europei 2020 della banda larga in Italia: prospettive e sfide», presentato il 30 gennaio 2014, si sostiene esplicitamente che l'obiettivo della totale copertura della rete, con velocità a 30 megabit al secondo entro il 2020, è di impossibile realizzazione per una parte rilevante del Paese e, pertanto, si auspica, Pag. 29nelle conclusioni, un ruolo attivo, vigile e continuo del Governo e, quindi, dello Stato, al fine di conseguire gli obiettivi europei che altrimenti, date le condizioni, rimarrebbero a rischio.
  Tale posizione è rafforzata dalla recente indagine conoscitiva sulla concorrenza statica e dinamica nel mercato dei servizi di accesso e sulle prospettive di investimento nelle reti di telecomunicazioni a banda larga e ultra-larga, realizzata congiuntamente da Antitrust e Agcom e resa pubblica due giorni fa, dove si arriva alla conclusione che per potenziare in Italia lo sviluppo delle reti fisse di nuova generazione è necessario un intervento pubblico, visto che non è possibile contare su investimenti privati, a causa degli alti costi, irrecuperabili, e della concorrenza che riduce ricavi e margini. Non solo, le due Authority arrivano a sostenere che la realizzazione di un assetto di mercato caratterizzato dall'esistenza di un operatore di rete puro, non verticalmente integrato nella fornitura di servizi agli utenti finali, costituisce evidentemente lo scenario ideale sotto il profilo concorrenziale e più lineare dal punto di vista della regolamentazione.
  È di unanime condivisione che l'inadeguatezza della nostra infrastruttura di rete rappresenta la causa principale della difficoltà del nostro Paese ad uscire da questa perdurante crisi economica, e questo è paradossale, considerando che l'Italia è stata per anni all'avanguardia nel mondo delle telecomunicazioni. Infatti, Telecom Italia, prima della privatizzazione, era la più importante società di telecomunicazioni del mondo. Con 120 mila dipendenti solo in Italia, contava 30 partecipate estere, disponeva di un ingente ed innovativo patrimonio tecnologico e di conoscenze tali da essere stata la prima a portare sul mercato le carte prepagate. Se non fosse stata privatizzata, sarebbe anche stata la prima in Europa a portare la fibra ottica in 20 milioni di abitazioni, con il progetto «Socrate». Il suo debito pubblico, pari al 20 per cento del fatturato, era assolutamente trascurabile.
  Con la privatizzazione avviata nel 1997 dal primo Governo Prodi ad oggi, Telecom Italia è stata progressivamente depauperata delle proprie risorse umane, finanziarie e strumentali, per ripianare i cospicui debiti serviti per le sue scalate. Secondo le stime di Asati, l'associazione dei piccoli azionisti di Telecom Italia, la privatizzazione è costata direttamente alla compagnia di bandiera 26 miliardi di euro, 70 mila posti di lavoro e la svendita del suo immenso patrimonio tecnologico ed immobiliare, e, indirettamente, all'intero sistema Paese, costi economici e sociali inquantificabili per l'inadeguatezza della sua infrastruttura.
  Se oggi il nostro Paese ha un'enorme difficoltà ad uscire dalla crisi economica, questo è dovuto alle scelte scellerate di chi ha voluto privatizzare un asset fondamentale per la nostra sicurezza e per il nostro sviluppo economico. Quanto successo a Telecom Italia grida vendetta. Come MoVimento 5 Stelle, infatti, abbiamo presentato una proposta di legge per istituire una Commissione parlamentare di inchiesta sulla privatizzazione di Telecom Italia, perché vogliamo fare luce sulla responsabilità politica ed imprenditoriale di uno degli scandali più vergognosi della nostra storia repubblicana.
  Vogliamo fare luce su quanti si sono arricchiti nel corso degli anni con la sua privatizzazione a debito, drenando miliardi di euro di risorse, svendendo il suo notevole patrimonio tecnologico ed immobiliare, indebitando enormemente l'azienda e causandone il suo depauperamento, privandola, così, delle risorse economiche indispensabili per gli investimenti e per mantenere i necessari livelli occupazionali, ridotti ad appena 50 mila dipendenti, a fronte di società omologhe europee che ne hanno almeno il doppio.
  Noi vogliamo che i responsabili politici ed imprenditoriali paghino per queste scelte dissennate. Per questo, a nome di tutto il gruppo parlamentare del MoVimento 5 Stelle, esprimo pubblicamente la piena solidarietà a Maurizio Matteo Decina, il giovane dirigente di Telecom Italia che ha avuto il coraggio di denunciare Pag. 30questa scandalosa truffa ai danni del Paese, scrivendo un libro dal significativo titolo Goodbye Telecom, che si è visto costretto, però, a ritirare, per non incorrere in un lungo contenzioso legale contro Marco Tronchetti Provera, che ha chiesto un risarcimento danni monstre, di dieci milioni di euro. Questa è una vergogna: pensavamo di essere in un Paese libero, e invece siamo tornati alla censura. Vi sono alcuni temi tabù nel nostro Paese. Guai a scrivere sulla privatizzazione di Telecom Italia: scattano denunce milionarie. Noi del MoVimento 5 Stelle non ci facciamo intimidire, vogliamo vederci chiaro su chi ha causato lo scempio di Telecom Italia a danno dell'intero Paese.
  Vogliamo sapere perché attualmente Telecom Italia è ancora gravata da un indebitamento netto pari a 28 miliardi di euro; perché gli investimenti finora assicurati da Telecom Italia si sono dimostrati insufficienti per garantire il raggiungimento degli obiettivi previsti dall'Agenda digitale europea; perché è stata consentita la presenza nel suo azionariato di gruppi stranieri concorrenti, come Telefonica, la compagnia telefonica iberica diretta concorrente sui mercati internazionali della stessa Telecom Italia.
  Si sapeva da anni che le strategie commerciali di Telefonica erano antitetiche a quelle di Telecom Italia, eppure le è stato concesso di prendere il controllo di fatto di una società strategica come Telecom Italia, a danno di asset remunerativi come Tim Brazil e Telecom Argentina, in merito alla quale gli spagnoli hanno fatto di tutto per liberarsene. Ci chiediamo cosa sarebbe successo se in una compagnia spagnola o francese, come nel caso della subentrante Vivendi, ci fossero state delle scalate nel capitale di gruppi finanziari arabi o cinesi.
  Non sono indiscrezioni di stampa quelle che circolano in merito ad un interessamento di fondi arabi sulla nostra rete di telecomunicazioni, e il fatto stesso che circolino queste voci è la dimostrazione lampante dell'incapacità dell'attuale assetto societario di garantire non solo politiche industriali efficaci, ma anche la stessa sicurezza della rete e delle informazioni che vi transitano.
  Internet è uno strumento indispensabile per la libertà di un popolo perché consente l'espressione dei cittadini, l'accesso alle informazioni, all'istruzione, alla formazione, alla cultura, e non solo: speriamo presto anche l'accesso ai servizi sanitari, fiscali, amministrativi e giudiziari. Internet è un fattore decisivo ai fini dello sviluppo e della crescita economica del Paese poiché la quasi totalità della nostra economia si fonda sull'utilizzo della rete. Per queste ragioni economiche e di sicurezza nazionale occorre agire immediatamente per un ritorno della nostra infrastruttura di telecomunicazioni in mano pubblica attraverso lo scorporo ovvero la societarizzazione della rete, in modo da garantire sia gli investimenti necessari a raggiungere gli obiettivi dell'Agenda digitale sia l’equivalence of input, la parità di trattamento di tutti gli operatori del mercato, attualmente di difficile realizzazione, come ha attestato la recente sentenza del TAR del Lazio dell'8 maggio 2014, che ha confermato la condanna di Telecom Italia per abuso di posizione dominante. Lo scorporo, ovvero la separazione societaria della rete, non contrasta con la Costituzione e la normativa nazionale ed europea. Non contrasta in primis con l'articolo 41 della Costituzione che pur stabilendo che «l'iniziativa economica privata è libera» precisa che questa non «può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana». Principio di utilità sociale rafforzato dall'articolo 43 della Costituzione che stabilisce che: «ai fini di utilità generale la legge può riservare originariamente o trasferire, mediante espropriazione e salvo indennizzo, allo Stato, ad enti pubblici o a comunità di lavoratori o di utenti determinate imprese o categorie di imprese, che si riferiscano a servizi pubblici essenziali o a fonti di energia o a situazioni di monopolio ed abbiano carattere di preminente interesse generale».Pag. 31
  La nostra rete di telecomunicazioni nazionale, che possiede caratteristiche di monopolio naturale, è una risorsa strategica per il nostro Paese, poiché garantisce quei servizi pubblici essenziali e di enorme interesse generale, quali la libertà di comunicazione, l'accesso alla conoscenza, la competitività e la crescita economica delle imprese, che sono costituzionalmente sanciti.
  Anche in ambito comunitario non si evincono preclusioni alla separazione e ripubblicizzazione ex lege dell'infrastruttura di rete, in quanto l'articolo 36 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea sancisce la tutela e il rispetto dell'accesso ai servizi di interesse economico generale, la cui individuazione rinvia alle legislazioni e prassi nazionali. Inoltre, nell'ambito dei servizi di interesse economico generale, l'articolo 14 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (ex articolo 16 del Trattato che istituisce la Comunità europea) limita la regola della concorrenza preservando aree di intervento in via esclusiva dei poteri pubblici attraverso strumenti normativi anche necessari ed urgenti come i decreti-legge. L'articolo 106 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (ex articolo 86, paragrafo 2, del Trattato che istituisce la Comunità europea) invece sancisce che i servizi d'interesse generale sono sottoposti «alle norme di concorrenza, nei limiti in cui l'applicazione di tali norme non osti all'adempimento, in linea di diritto e di fatto, della specifica missione loro affidata» mentre la neutralità rispetto al regime di proprietà, pubblica o privata, delle imprese è sancito dall'articolo 345 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (ex articolo 295 del Trattato CE).
  Per quanto riguarda la normativa nazionale, lo Stato dispone di poteri speciali esercitabili dal Governo (cosiddetti golden power) stabiliti con decreto-legge n. 21 del 2012, recante «norme in materia di poteri speciali sugli assetti societari nei settori della difesa e della sicurezza nazionale, nonché per le attività di rilevanza strategica nei settori dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni». Questi poteri speciali esercitabili, definiti recentemente dal Governo con i decreti attuativi pubblicati nella Gazzetta Ufficiale del 6 giugno 2014, consistono nella possibilità di far valere il veto dell'Esecutivo alle delibere, agli atti e alle operazioni concernenti asset strategici, qualora essi diano luogo a minaccia di grave pregiudizio per gli interessi pubblici relativi alla sicurezza e al funzionamento delle reti e degli impianti e alla continuità degli approvvigionamenti, ivi compresi le reti e gli impianti necessari ad assicurare l'approvvigionamento minimo e l'operatività dei servizi pubblici essenziali.
  Inoltre, esiste anche la possibilità per l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni di procedere ai sensi dell'articolo 50-bis del Codice delle comunicazioni elettroniche alla separazione funzionale involontaria, imponendo alle imprese verticalmente integrate, nel caso specifico Telecom Italia, la collocazione delle attività relative alla fornitura all'ingrosso di prodotti di accesso in un'entità commerciale operante in modo indipendente, questo se è dimostrata l'incapacità della stessa di garantire un'efficace concorrenza oppure una fornitura all'ingrosso di detti prodotti di accesso. Ho già citato la recente sentenza del TAR del Lazio dell'8 maggio 2014 che condanna appunto Telecom Italia per abuso di posizione dominante.
  La separazione societaria della rete di accesso, oltre che rafforzare l'assetto concorrenziale del mercato a vantaggio dei cittadini, appare una precondizione per consentire l'ingresso di nuovi capitali nella costituenda società in grado di sostenere gli investimenti necessari per l'ammodernamento della rete ed il passaggio alla fibra ottica in linea con gli obiettivi fissati nell'Agenda digitale europea.
  Per tale ragione, con la presente mozione, chiediamo al Governo: di provvedere, ricorrendo ad iniziative normative d'urgenza, al necessario e urgente scorporo, ovvero alla separazione societaria dell'infrastruttura della rete di telecomunicazioni, mediante la costituzione di una società della rete a maggioranza pubblica e consentire, nella nuova società, l'ingresso Pag. 32anche dei privati, in primis gli altri operatori di telecomunicazione, gli other licensed operator (OLO), favorendo la costituzione di una rete unica, pubblica o privata, in modo da centralizzare la governance con una regia unica, che utilizzi gli investimenti, evitando così sovrapposizioni e aree scoperte, in quanto non remunerative, e che garantisca tempi certi di realizzazione. Chiediamo un modello di governance della nuova società della rete del tipo public company, in cui, oltre a riservare la maggioranza del capitale allo Stato, sia garantita un'adeguata rappresentanza nel consiglio di amministrazione di dipendenti azionisti di minoranza, così da attuare, concretamente, quanto sancito dagli articoli 46 e 47 della nostra Carta costituzionale sulla partecipazione dei lavoratori nella gestione dell'impresa e sull'azionariato diffuso, che erano, tra l'altro, anche nelle intenzioni originarie del legislatore nell'iniziale privatizzazione di Telecom Italia; sappiamo, però, come è andata a finire.
  Con la nostra mozione chiediamo, inoltre, al Governo di assicurare la presentazione di un piano industriale indirizzato ad un più rapido sviluppo delle reti in fibra di nuova generazione, coerentemente con gli obiettivi posti dall'Agenzia digitale europea, attraverso l'integrazione degli asset in fibra ottica e rame già di proprietà degli enti locali governativi e delle partecipate. Infine, aspetto che riteniamo centrale, chiediamo un impegno del Governo alla piena tutela e valorizzazione dell'occupazione e del patrimonio di conoscenze e competenze di Telecom Italia. Su questo punto vorrei soffermarmi maggiormente: nemmeno un posto di lavoro si dovrà perdere dallo scorporo della rete di Telecom, la componente lavoro ha già pagato un prezzo altissimo della sua scellerata privatizzazione. Ripubblicizzando un asset fondamentale per il nostro Paese, l'occupazione di Telecom Italia non solo non diminuirà, ma aumenterà, portandola ai livelli degli altri partner europei, perché sarà eliminata alla radice la logica speculativa sottesa ai licenziamenti di massa di questi ultimi anni, e saranno avviati, finalmente, quei massicci investimenti pubblici necessari al raggiungimento dei traguardi europei. Ci sono studi che dimostrano, in maniera inoppugnabile, che lo scorporo della rete Telecom farebbe bene, innanzitutto, ai lavoratori della stessa Telecom Italia. Ipotizzando lo scenario dell'investimento minimo di 3 miliardi di euro, questa somma sarebbe sufficiente a finanziare un numero di unità in banda larga pari a circa 7 milioni di linee, circa un terzo delle abitazioni italiane. Si stima che questo genererebbe un fabbisogno occupazionale pari a 41.000 unità di lavoro, in un orizzonte temporale di dieci anni. Si tratta di nuovi posti di lavoro per la realizzazione e la gestione della rete, compresa la componentistica elettronica. Questa è l'occupazione generata direttamente dal progetto, poiché riferibile agli investimenti e alla gestione della rete. A questo tipo di occupazione, però, bisogna aggiungere quella derivante dall'incremento del PIL per effetto della nuova rete. Come ho detto in apertura del mio intervento, secondo le maggiori istituzioni internazionali, tra cui la Banca mondiale, un 10 per cento di penetrazione della banda larga, ha un impatto sul PIL pari all'1,2 per cento. Sommando i due impatti occupazionali, quello diretto del progetto, e quello dovuto all'incremento del PIL, si avrebbe una media di 250 mila unità di lavoro per dieci anni...

  PRESIDENTE. La invito a concludere.

  PAOLO NICOLÒ ROMANO. È più che presumibile che una parte di questo fabbisogno vada a compensare possibili esuberi causati dallo scorporo, e che una buona parte si possa considerare come nuova occupazione. Quindi, i lavoratori di Telecom Italia non devono avere nulla da temere dallo scorporo della rete, perché questo farebbe fare quel salto di qualità ad un'azienda ormai decotta, con la realizzazione di nuovi investimenti e la promozione di nuovi servizi, oltre all'implementazione e la gestione della rete. I livelli occupazionali di Telecom Italia sarebbero mantenuti con piani di finanziamento, Pag. 33controllo e realizzazione di nuovi servizi innovativi, in mercati emergenti come la telemedicina, la teleassistenza, la domotica, e in altri campi, che avrebbero anche delle enormi ricadute economiche e sociali.
  Concludo, nel dire che è arrivato da parte del Governo il momento di rompere gli indugi. Da quello che si apprende dalla stampa, esiste un dossier sullo scorporo della rete Telecom, mostrateci le carte. Dimostrateci che la rete Telecom non sia parte degli accordi segreti tra Renzi e Berlusconi, come alcuni commentatori sostengono, essendo note le ambizioni di Mediaset su Telecom Italia. Il Paese non può attendere iniziative di forte rilancio e sviluppo della nostra economia. Per questo chiedo al Governo, e a questa Aula, il pieno appoggio alla nostra mozione, per la separazione societaria delle infrastruttura della rete di telecomunicazione.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Vincenzo Garofalo, che illustrerà la mozione Dorina Bianchi n. 1-00657, di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.

Testo sostituito con errata corrige volante   VINCENZO GAROFALO. Signor Presidente, parliamo oggi della banda larga, parliamo dello scorporo della rete, parliamo di una nuova infrastruttura, credo la più moderna, ma non solo la più moderna, quella che ha generato in questi anni un avanzamento economico in una parte enorme del pianeta e quella che ha consentito in questi anni un grande sviluppo anche di settori nuovi, di una nuova economia. Si tratta di un settore che, attraverso l'economia di Internet, ha generato posti di lavoro, ha generato un ammodernamento dei servizi e una semplificazione anche della vita dei cittadini, creando, come dicevo prima, posti di lavoro, sviluppo e anche mettendo in campo nuove energie.
  Noi oggi ci troviamo impegnati qui in Aula a dibattere di queste mozioni che prendono in esame un ragionamento nuovo, cioè quello della separazione dell'infrastruttura della rete di telecomunicazione da coloro i quali, invece, sviluppano le comunicazioni. Se facciamo questo è perché in effetti il nostro Paese in questi anni, nonostante questo enorme sviluppo tecnologico e anche di consumi generati da questa grande novità, ha – sì – portato avanti un ammodernamento nei vari campi, ma di fatto non è arrivato a rendere un servizio omogeneo in tutto il territorio e forse neanche alle condizioni migliori, neanche nella parte più piccola del territorio o quella già servita.
  Questo sviluppo, lo sviluppo appunto delle telecomunicazioni, quindi, è un tema di grande attualità, costituisce un settore strategico per lo sviluppo del nostro Paese e può provvedere a dare un contributo, sia diretto che indiretto, anche ai temi dell'occupazione. Ne ha parlato già il collega che mi ha preceduto, che ha anche citato una serie di dati molto importanti e significativi, rispetto ai quali credo poca differenza ci possa essere tra una mozione e l'altra.
  Il settore delle telecomunicazioni rappresenta, quindi, per il nostro Paese un punto importante e lo è stato: se noi ricordiamo anche la storia della telecomunicazione in Italia, probabilmente l'Italia è stata all'avanguardia quando ancora altrove si guardava a quei servizi forse con meno attenzione, con una tecnologia inferiore. La diffusione delle nuove reti di telecomunicazioni ha generato in tutto il mondo sviluppo e servizi nuovi. Nel nostro Paese si è andati avanti sicuramente con grandi innovazioni, però adesso probabilmente si segna il passo e vedremo anche perché.
  Tra l'altro, ormai anche i Paesi più piccoli e che erano indietro rispetto ai Paesi più in alto nel sistema economico mondiale hanno puntato su questa tecnologia per superare dei gap più elevati e hanno anche raggiunto risultati super soddisfacenti, al punto tale da essere elementi di attrazione per imprese nuove, per start up, per aziende che anche da altri Paesi si vanno a collocare in questi territori proprio per la facilità con la quale tutti i servizi vengono resi in una maniera moderna, efficace, sicura e direi anche trasparente.Pag. 34
  Quindi, disporre di infrastrutture per le comunicazioni moderne, di nuova generazione, a banda ultralarga, mobili e fisse, non può che essere un obiettivo essenziale per il nostro Paese e non può che essere al centro della politica industriale del Governo Renzi. Gli investimenti, infatti, che ci sono stati in questi ultimi anni hanno anche determinato addirittura una crescita del prodotto interno lordo fino allo 0,6 per cento nei Paesi più avanzati.
  Questo mercato è stato caratterizzato dalla progressiva apertura alla concorrenza rispetto al quadro normativo di riferimento, che è quello di derivazione comunitaria, che discende anche, per quanto riguarda le nostre autorità nazionali, dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e dall'Antitrust, che insieme hanno anche sviluppato in questi periodi grandi esami e che sono state chiamate in causa per prendere in considerazione le presunte violazioni rispetto a una posizione dominante, che è quella del gestore Telecom Italia.
  Tra l'altro, l'operatore storico, appunto in posizione di monopolio, è stato affiancato in questi anni anche da una pluralità di attori che operano soprattutto, però, nell'ambito della telefonia mobile. È vero, si è assistito a nuovi servizi a banda larga per la rete fissa e per le reti mobili di nuova generazione, senza che, però, ciò intaccasse la posizione dominante dell'operatore appunto ex monopolista nel comparto delle comunicazioni fisse. Va detto che, probabilmente, nel nostro Paese la presenza di questi operatori nella telefonia mobile e, quindi, gli sviluppi che hanno potuto generare attraverso gli investimenti, hanno però determinato una parziale disattenzione nei confronti della rete fissa perché in realtà il digital divide è stato in parte colmato tramite questi anche importanti investimenti degli operatori cosiddetti alternativi. Di conseguenza, quindi, tutto questo ambito, cioè quello che riguarda la telefonia fissa, è rimasto indietro ed è stato un po’ meno considerato. E, difatti, ormai in quasi tutti i distretti industriali e nelle principali città, l'infrastruttura di nuova generazione in fibra è innanzitutto necessaria e rappresenta la sfida più complessa perché la rete di accesso è oggi un monopolio naturale, ancora di più dove manca anche la competizione dell'infrastruttura via cavo televisivo, cioè qui da noi. All'operatore privato proprietario dell'attuale rete di accesso, che è ancora in rame, come ricordo, cioè quella di Telecom Italia, manca dunque ancora uno stimolo competitivo e anche un interesse economico per poter realizzare investimenti di modernizzazione della fibra nei tempi e nelle modalità che invece oggi sono assolutamente necessari e che servirebbero al Paese per lo sviluppo economico.
  È evidente che questo forte squilibrio concorrenziale nel mercato della rete fissa, che è certificato anche da una recente sanzione che è stata comminata dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato all'operatore Telecom Italia per oltre 103 milioni di euro per comportamenti appunto anticoncorrenziali, genera ancora una situazione anomala e certifica assolutamente un monopolio infrastrutturale dove manca una rete alternativa che ha anche limitato fortemente lo sviluppo della stessa rete fissa in Italia. Come dicevamo prima, non essendoci stati gli stimoli necessari, l'investimento non ha generato un'attenzione verso la rete fissa, anche perché gli altri operatori hanno investito sulla rete mobile che ha colmato questo gap e ha offerto un'alternativa. Ma questo non è sufficiente, come dicevamo prima, per un Paese che ha bisogno invece di una rete fissa di nuova generazione, di velocità sulla rete molto più elevata e che soltanto in questo modo può creare quell'infrastruttura virtuale che è quella più preziosa e che oggi serve al tessuto economico del Paese.
  Consideriamo che il 99 per cento delle linee di accesso alla rete è tuttora appunto in Italia controllata dalla Telecom, mentre, invece, nel resto dei Paesi d'Europa la media è il 77 per cento. Poi, ovviamente, come dicevamo prima, è un monopolista perché, per quanto riguarda la cassa, è pari al 100 per cento. Quindi, questa è la situazione attuale. Alcuni organi di informazione Pag. 35hanno anche riportato recentemente una notizia, sebbene sia stata poi smentita dalla società Telecom Italia, secondo la quale si potrebbe verificare un'eventuale acquisizione della società Metroweb Spa da parte proprio di Telecom Italia. Questa ipotesi sarebbe un ulteriore aggravamento della situazione perché rappresenterebbe una limitazione della concorrenza e un potenziale ostacolo allo sviluppo delle reti di nuova generazione proprio perché si verrebbe a creare un nuovo monopolio anche sulla fibra e la possibile preclusione all'accesso verso questa rete di nuova generazione per gli operatori alternativi con forti impatti ovviamente anche sulle dinamiche competitive. Vorrei anche ricordare che questi operatori alternativi sono pure degli investitori nel nostro Paese e dei generatori di occupazione e, quindi, non devono essere guardati come degli invasori del territorio italiano. Alcuni operatori privati di telecomunicazioni fisse stanno appunto accelerando gli investimenti necessari per realizzare una moderna rete in fibra.
  Ma, così come è stato divulgato dall'ex commissario per l'agenda digitale, questi investimenti non potranno essere sufficienti per poter raggiungere gli obiettivi che si è dati l'agenda digitale nel 2020 ed il Paese si troverebbe presto in una situazione ancora di profondo divario tra uno scarso 50 per cento della popolazione servito con performance in rete sicuramente in linea con gli obiettivi e la rimanente popolazione invece ancora indietro. E quindi di conseguenza non solo non recupereremmo le distanze da altri Paesi ma accentueremmo la differenza e resteremmo indietro ancora rispetto a Paesi che, invece, hanno puntato su questo sviluppo. Quindi la realizzazione di una nuova infrastruttura di rete che ha accesso in fibra ottica non può che costituire, come oramai è un fatto acclarato da qualunque studio, un volano di sviluppo nel settore non solo delle telecomunicazioni ma anche delle costruzioni, perché ovviamente la realizzazione di una nuova rete in fibra non può che comportare lavori, investimenti e attività che non solo coinvolgono importanti e grandi aziende ma anche tutte quelle aziende piccole e locali che si occupano di realizzazione di scavi, di infrastrutture civili con benefici economici e occupazionali di immediata ricaduta.
  Del resto, l'ammodernamento del Paese non può che passare attraverso questo tipo di investimenti che comunque coinvolgono più settori dell'economia e generano immediatamente un risultato assolutamente positivo. Lo sviluppo, quindi, di un progetto di questa portata può avvenire soltanto mettendo in campo una cooperazione e un coinvestimento che è finalizzato alla realizzazione di questa importantissima nuova infrastruttura che è la rete in fibra, che poi, secondo le considerazioni più evolute ma anche più oggettive, verrebbe messa a disposizione e in affitto in maniera neutrale a tutti gli operatori che realizzano servizi per famiglie, per imprese come adesso può avvenire nella rete mobile: ogni azienda in concorrenza una con l'altra. In questa società, quindi, che è necessario che venga al più presto stimolata e realizzata, possono essere coinvolti investitori finanziari specializzati. Noi nella nostra mozione citiamo, perché è un ragionamento già sviluppato, la Cassa depositi e prestiti ed è già stata anche audita in Commissione trasporti e telecomunicazioni ovviamente con ritorno economico di mercato come avviene per le grandi infrastrutture stradali. Questo approccio rappresenta, a nostro giudizio, il bilanciamento migliore per promuovere nel contempo sia gli investimenti in infrastrutture e sviluppo e anche lo sviluppo della concorrenza a beneficio del Paese. Questa iniziativa si potrebbe realizzare sì partendo dalla società operazioni Metroweb, che ha già un potenziale per diventare una piattaforma dalla quale sviluppare un'infrastruttura in fibra necessaria allo sviluppo del Paese e, quindi, moderna e aperta alla concorrenza, neutrale rispetto agli operatori di telecomunicazioni, che assicuri quello che oggi è richiesto da tutti gli utenti e quindi un'adeguata concorrenza e che consenta rapidamente servizi moderni ed efficienti con una partecipazione Pag. 36alla pari di tutti gli operatori. Quindi la Metroweb o una società diversa che può aggregare una domanda di banda ultralarga, garantendo un investimento della rete di nuova generazione assolutamente sostenibile. Quindi è una società della rete. Noi pensiamo al controllo pubblico con una governance indipendente che potrebbe costituire la soluzione più efficiente ed efficace dal punto di vista del sistema per lo sviluppo della nuova rete a banda ultralarga, anche alla luce ovviamente degli obiettivi che l'agenda digitale ha sottoposto alla nostra attenzione, al traguardo che dobbiamo raggiungere entro il 2020.
  Per tale ragione, con la presente mozione, noi del Nuovo Centrodestra chiediamo al Governo di sostenere un progetto di costruzione di una nuova infrastruttura in fibra attraverso una società in cui potranno essere coinvolti investitori finanziari specializzati a partire, ad esempio, dalla Cassa depositi e prestiti.
  VINCENZO GAROFALO. Signor Presidente, parliamo oggi della banda larga, parliamo dello scorporo della rete, parliamo di una nuova infrastruttura, credo la più moderna, ma non solo la più moderna, quella che ha generato in questi anni un avanzamento economico in una parte enorme del pianeta e quella che ha consentito in questi anni un grande sviluppo anche di settori nuovi, di una nuova economia. Si tratta di un settore che, attraverso l'economia di Internet, ha generato posti di lavoro, ha generato un ammodernamento dei servizi e una semplificazione anche della vita dei cittadini, creando, come dicevo prima, posti di lavoro, sviluppo e anche mettendo in campo nuove energie.
  Noi oggi ci troviamo impegnati qui in Aula a dibattere di queste mozioni che prendono in esame un ragionamento nuovo, cioè quello della separazione dell'infrastruttura della rete di telecomunicazione da coloro i quali, invece, sviluppano le comunicazioni. Se facciamo questo è perché in effetti il nostro Paese in questi anni, nonostante questo enorme sviluppo tecnologico e anche di consumi generati da questa grande novità, ha – sì – portato avanti un ammodernamento nei vari campi, ma di fatto non è arrivato a rendere un servizio omogeneo in tutto il territorio e forse neanche alle condizioni migliori, neanche nella parte più piccola del territorio o quella già servita.
  Questo sviluppo, lo sviluppo appunto delle telecomunicazioni, quindi, è un tema di grande attualità, costituisce un settore strategico per lo sviluppo del nostro Paese e può provvedere a dare un contributo, sia diretto che indiretto, anche ai temi dell'occupazione. Ne ha parlato già il collega che mi ha preceduto, che ha anche citato una serie di dati molto importanti e significativi, rispetto ai quali credo poca differenza ci possa essere tra una mozione e l'altra.
  Il settore delle telecomunicazioni rappresenta, quindi, per il nostro Paese un punto importante e lo è stato: se noi ricordiamo anche la storia della telecomunicazione in Italia, probabilmente l'Italia è stata all'avanguardia quando ancora altrove si guardava a quei servizi forse con meno attenzione, con una tecnologia inferiore. La diffusione delle nuove reti di telecomunicazioni ha generato in tutto il mondo sviluppo e servizi nuovi. Nel nostro Paese si è andati avanti sicuramente con grandi innovazioni, però adesso probabilmente si segna il passo e vedremo anche perché.
  Tra l'altro, ormai anche i Paesi più piccoli e che erano indietro rispetto ai Paesi più in alto nel sistema economico mondiale hanno puntato su questa tecnologia per superare dei gap più elevati e hanno anche raggiunto risultati super soddisfacenti, al punto tale da essere elementi di attrazione per imprese nuove, per start up, per aziende che anche da altri Paesi si vanno a collocare in questi territori proprio per la facilità con la quale tutti i servizi vengono resi in una maniera moderna, efficace, sicura e direi anche trasparente.Pag. 34
  Quindi, disporre di infrastrutture per le comunicazioni moderne, di nuova generazione, a banda ultralarga, mobili e fisse, non può che essere un obiettivo essenziale per il nostro Paese e non può che essere al centro della politica industriale del Governo Renzi. Gli investimenti, infatti, che ci sono stati in questi ultimi anni hanno anche determinato addirittura una crescita del prodotto interno lordo fino allo 0,6 per cento nei Paesi più avanzati.
  Questo mercato è stato caratterizzato dalla progressiva apertura alla concorrenza rispetto al quadro normativo di riferimento, che è quello di derivazione comunitaria, che discende anche, per quanto riguarda le nostre autorità nazionali, dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e dall'Antitrust, che insieme hanno anche sviluppato in questi periodi grandi esami e che sono state chiamate in causa per prendere in considerazione le presunte violazioni rispetto a una posizione dominante, che è quella del gestore Telecom Italia.
  Tra l'altro, l'operatore storico, appunto in posizione di monopolio, è stato affiancato in questi anni anche da una pluralità di attori che operano soprattutto, però, nell'ambito della telefonia mobile. È vero, si è assistito a nuovi servizi a banda larga per la rete fissa e per le reti mobili di nuova generazione, senza che, però, ciò intaccasse la posizione dominante dell'operatore appunto ex monopolista nel comparto delle comunicazioni fisse. Va detto che, probabilmente, nel nostro Paese la presenza di questi operatori nella telefonia mobile e, quindi, gli sviluppi che hanno potuto generare attraverso gli investimenti, hanno però determinato una parziale disattenzione nei confronti della rete fissa perché in realtà il digital divide è stato in parte colmato tramite questi anche importanti investimenti degli operatori cosiddetti alternativi. Di conseguenza, quindi, tutto questo ambito, cioè quello che riguarda la telefonia fissa, è rimasto indietro ed è stato un po’ meno considerato. E, difatti, ormai in quasi tutti i distretti industriali e nelle principali città, l'infrastruttura di nuova generazione in fibra è innanzitutto necessaria e rappresenta la sfida più complessa perché la rete di accesso è oggi un monopolio naturale, ancora di più dove manca anche la competizione dell'infrastruttura via cavo televisivo, cioè qui da noi. All'operatore privato proprietario dell'attuale rete di accesso, che è ancora in rame, come ricordo, cioè quella di Telecom Italia, manca dunque ancora uno stimolo competitivo e anche un interesse economico per poter realizzare investimenti di modernizzazione della fibra nei tempi e nelle modalità che invece oggi sono assolutamente necessari e che servirebbero al Paese per lo sviluppo economico.
  È evidente che questo forte squilibrio concorrenziale nel mercato della rete fissa, che è certificato anche da una recente sanzione che è stata comminata dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato all'operatore Telecom Italia per oltre 103 milioni di euro per comportamenti appunto anticoncorrenziali, genera ancora una situazione anomala e certifica assolutamente un monopolio infrastrutturale dove manca una rete alternativa che ha anche limitato fortemente lo sviluppo della stessa rete fissa in Italia. Come dicevamo prima, non essendoci stati gli stimoli necessari, l'investimento non ha generato un'attenzione verso la rete fissa, anche perché gli altri operatori hanno investito sulla rete mobile che ha colmato questo gap e ha offerto un'alternativa. Ma questo non è sufficiente, come dicevamo prima, per un Paese che ha bisogno invece di una rete fissa di nuova generazione, di velocità sulla rete molto più elevata e che soltanto in questo modo può creare quell'infrastruttura virtuale che è quella più preziosa e che oggi serve al tessuto economico del Paese.
  Consideriamo che il 99 per cento delle linee di accesso alla rete è tuttora appunto in Italia controllata dalla Telecom, mentre, invece, nel resto dei Paesi d'Europa la media è il 77 per cento. Poi, ovviamente, come dicevamo prima, è un monopolista perché, per quanto riguarda la cassa, è pari al 100 per cento. Quindi, questa è la situazione attuale. Alcuni organi di informazione Pag. 35hanno anche riportato recentemente una notizia, sebbene sia stata poi smentita dalla società Telecom Italia, secondo la quale si potrebbe verificare un'eventuale acquisizione della società Metroweb Spa da parte proprio di Telecom Italia. Questa ipotesi sarebbe un ulteriore aggravamento della situazione perché rappresenterebbe una limitazione della concorrenza e un potenziale ostacolo allo sviluppo delle reti di nuova generazione proprio perché si verrebbe a creare un nuovo monopolio anche sulla fibra e la possibile preclusione all'accesso verso questa rete di nuova generazione per gli operatori alternativi con forti impatti ovviamente anche sulle dinamiche competitive. Vorrei anche ricordare che questi operatori alternativi sono pure degli investitori nel nostro Paese e dei generatori di occupazione e, quindi, non devono essere guardati come degli invasori del territorio italiano. Alcuni operatori privati di telecomunicazioni fisse stanno appunto accelerando gli investimenti necessari per realizzare una moderna rete in fibra.
  Ma, così come è stato divulgato dall'ex commissario per l'agenda digitale, questi investimenti non potranno essere sufficienti per poter raggiungere gli obiettivi che si è dati l'agenda digitale nel 2020 ed il Paese si troverebbe presto in una situazione ancora di profondo divario tra uno scarso 50 per cento della popolazione servito con performance in rete sicuramente in linea con gli obiettivi e la rimanente popolazione invece ancora indietro. E quindi di conseguenza non solo non recupereremmo le distanze da altri Paesi ma accentueremmo la differenza e resteremmo indietro ancora rispetto a Paesi che, invece, hanno puntato su questo sviluppo. Quindi la realizzazione di una nuova infrastruttura di rete che ha accesso in fibra ottica non può che costituire, come oramai è un fatto acclarato da qualunque studio, un volano di sviluppo nel settore non solo delle telecomunicazioni ma anche delle costruzioni, perché ovviamente la realizzazione di una nuova rete in fibra non può che comportare lavori, investimenti e attività che non solo coinvolgono importanti e grandi aziende ma anche tutte quelle aziende piccole e locali che si occupano di realizzazione di scavi, di infrastrutture civili con benefici economici e occupazionali di immediata ricaduta.
  Del resto, l'ammodernamento del Paese non può che passare attraverso questo tipo di investimenti che comunque coinvolgono più settori dell'economia e generano immediatamente un risultato assolutamente positivo. Lo sviluppo, quindi, di un progetto di questa portata può avvenire soltanto mettendo in campo una cooperazione e un coinvestimento che è finalizzato alla realizzazione di questa importantissima nuova infrastruttura che è la rete in fibra, che poi, secondo le considerazioni più evolute ma anche più oggettive, verrebbe messa a disposizione e in affitto in maniera neutrale a tutti gli operatori che realizzano servizi per famiglie, per imprese come adesso può avvenire nella rete mobile: ogni azienda in concorrenza una con l'altra. In questa società, quindi, che è necessario che venga al più presto stimolata e realizzata, possono essere coinvolti investitori finanziari specializzati. Noi nella nostra mozione citiamo, perché è un ragionamento già sviluppato, la Cassa depositi e prestiti ed è già stata anche audita in Commissione trasporti e telecomunicazioni ovviamente con ritorno economico di mercato come avviene per le grandi infrastrutture stradali. Questo approccio rappresenta, a nostro giudizio, il bilanciamento migliore per promuovere nel contempo sia gli investimenti in infrastrutture e sviluppo e anche lo sviluppo della concorrenza a beneficio del Paese. Questa iniziativa si potrebbe realizzare sì partendo dalla società per azioni Metroweb, che ha già un potenziale per diventare una piattaforma dalla quale sviluppare un'infrastruttura in fibra necessaria allo sviluppo del Paese e, quindi, moderna e aperta alla concorrenza, neutrale rispetto agli operatori di telecomunicazioni, che assicuri quello che oggi è richiesto da tutti gli utenti e quindi un'adeguata concorrenza e che consenta rapidamente servizi moderni ed efficienti con una partecipazione Pag. 36alla pari di tutti gli operatori. Quindi la Metroweb o una società diversa che può aggregare una domanda di banda ultralarga, garantendo un investimento della rete di nuova generazione assolutamente sostenibile. Quindi è una società della rete. Noi pensiamo al controllo pubblico con una governance indipendente che potrebbe costituire la soluzione più efficiente ed efficace dal punto di vista del sistema per lo sviluppo della nuova rete a banda ultralarga, anche alla luce ovviamente degli obiettivi che l'agenda digitale ha sottoposto alla nostra attenzione, al traguardo che dobbiamo raggiungere entro il 2020.
  Per tale ragione, con la presente mozione, noi del Nuovo Centrodestra chiediamo al Governo di sostenere un progetto di costruzione di una nuova infrastruttura in fibra attraverso una società in cui potranno essere coinvolti investitori finanziari specializzati a partire, ad esempio, dalla Cassa depositi e prestiti.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Boccadutri. Ne ha facoltà.

  SERGIO BOCCADUTRI. Signor Presidente, gentile sottosegretario, colleghi, sì, è vero, l'Italia è in ritardo sulle reti di telecomunicazione a banda larga e questo ha un riflesso evidentemente anche sulle competenze digitali della popolazione e a sua volta c’è un altro riflesso sul ritardo dello sviluppo di un'economia digitale o più ancora di una dinamica competitiva in tutti i settori economici per via appunto di una mancata diffusione delle competenze digitali nel nostro Paese.
  È vero anche che lo sviluppo tecnologico impone, quindi, un disegno ambizioso di nuove infrastrutture e non solo di rinnovare quelle già esistenti. Si tratta di un disegno ambizioso per la dimensione del progetto, per la sua visione strategica, ma, soprattutto, anche per l'impegno finanziario. Queste sono tutte questioni che attengono alla politica industriale dell'Italia, anche per l'effetto traino che potrebbe avere questo intervento per investimenti stranieri: pensiamo semplicemente anche allo stabilimento di produzioni in questo Paese, se ci fossero, appunto, infrastrutture di banda larga superiori.
  Ma la questione non è soltanto attinente alla politica industriale: si pone, infatti, anche l'esigenza della definizione di un quadro coerente di regolazione e concorrenza. Da questo punto di vista, è stata già citata la lettura della recentissima indagine conoscitiva dell'Antitrust, insieme all'Agcom esattamente sulle reti di comunicazione a banda larga e ultra larga, che suggerisco di leggere tutta. Dalle indagini, infatti, emergono dati interessanti. Il primo è: alti costi per investimenti da parte degli operatori, ovviamente, per le infrastrutture, e, però, ricavi incrementali incerti per una domanda ancora poco sviluppata. Quindi, prima di tutto, c’è un problema proprio di domanda, più che di offerta, che bisogna stimolare.
  Quali sono le cause principali di questa domanda ? Ce ne sono tante, io ne individuo soltanto alcune: un basso livello di alfabetizzazione informatica (questo è un dato da cui deriva anche uno scarso utilizzo e penetrazione di Internet nelle famiglie); quindi, un livello di digitalizzazione economica ancora basso e, soprattutto, servizi digitali erogati da pubbliche amministrazioni ancora a bassi livelli. Quindi, nella prospettiva di una politica pubblica, lo scorporo: lo scorporo, tra l'altro, sarebbe anche a carico di risorse pubbliche, così come si propone anche nella mozione.
  Lo stimolo, secondo noi, secondo me, va concentrato, prima di tutto, sul lato della domanda. Questo è stato anche, negli ultimi periodi, quello che è stato dichiarato da più parti, attraverso la digitalizzazione della pubblica amministrazione – che, ovviamente, non si fa a costo zero, ma ha dei costi – o altri interventi, come la diffusione di reti wi-fi, che stimolano esattamente la domanda di infrastrutture a banda larga, perché, appunto, la connettività wi-fi è quella che replica un'infrastruttura, invece, scavata, cioè di rete fisica.
  Per questo, in questo caso, escludere un intervento pubblico sarebbe preferibile, piuttosto che su un intervento, su un Pag. 37eventuale scorporo, indirizzarlo verso investimenti per nuove infrastrutture NGA (come si indicano con questo acronimo le Next generation access), cioè non per l'acquisizione di rete in rame, che è prevalentemente quella di cui si tratta: l'infrastruttura oggettivamente esistente è prevalentemente quella in rame, proprio perché se diciamo che, da una parte, c’è una scarsa infrastruttura, è vero che ce n’è un'altra che è quella antica. Semmai, il tema dello scorporo, ovvero di una società delle reti, va posto come un'evoluzione possibile del mercato, e non come un'imposizione normativa.
  Lo ripeto: il rame, tra l'altro, andrebbe disattivato da qui a dieci anni e, quindi, il rischio sarebbe anche quello di scorporare una cosa che, poi, da qui a dieci anni, andremmo a poco a poco a disattivare. Quindi, noi dovremmo vedere la convenienza economica di questo scorporo anche in quest'ottica, cioè in una visione di riduzione e switch off, con il passaggio, appunto, dal rame alla fibra.
  Tanto è vero che, anche pensando ad una nuova rete di Next generation access tipo FTTC – stiamo parlando di Fiber to the cabinet, cioè quello che stanno facendo oggi tutti i principali investitori di telecomunicazioni –, soltanto il 36 per cento delle infrastrutture civili in rame sarebbe utilizzabile. Sostanzialmente, delle infrastrutture in rame oggi attualmente esistenti, di cui si dovrebbe, appunto, poi, fare questa operazione di scorporo con risorse pubbliche, il 64 per cento non sarebbe poi riutilizzabile.
  E si consideri che le tecnologie di tipo FTTC sono quelle che maggiormente usano il rame ed è possibile utilizzarlo fino a quando, naturalmente, l'abitazione dell'utente finale è a 500 metri; poi, la performance cade e non è più utilizzabile, e non è neanche più conveniente.
  Ma noi dovremmo, appunto, lanciare lo sguardo verso altri tipi di reti come FTTB, fiber to the building, sostanzialmente portandole in ogni palazzo, come hanno fatto e come stanno facendo in alcune realtà, in alcune città, alcune società e addirittura il rame si annulla nelle reti FTTH, sostanzialmente quelle fiber to the home, fino all'utente finale.
  Ciò per dire che questo è un argomento molto complesso che non credo possa essere risolto semplicemente con una mozione; probabilmente, in questo caso, la lettura e l'approfondimento di questa indagine conoscitiva aiuteranno nella riflessione il Governo e il Parlamento a valutare le opportune possibilità, perché credo che andare, invece, con un refrain, sullo scorporo di una rete che è prevalentemente una rete antica, sebbene possa essere pensata come una cosa ambiziosa, una cosa che rimette quasi in mano al ruolo pubblico la gestione della cosa, potrebbe semplicemente fare incamerare, appunto, a una società a maggioranza pubblica infrastrutture che, poi, da qui a dieci anni, dovremo dismettere e modificare ulteriormente, con un ulteriore costo per lo Stato.
  Quindi, da questo punto di vista io credo che la discussione vada ulteriormente approfondita grazie anche all'ultima indagine e al contributo che sicuramente questa indagine nelle prossime settimane farà scaturire (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Palese. Ne ha facoltà.

  ROCCO PALESE. Signor Presidente, rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, premesso che il settore delle telecomunicazioni in Italia è stato pienamente liberalizzato sin dal 1998 e risulta oggi caratterizzato da un elevato livello di concorrenzialità ed è regolamentato sia a livello europeo sia a livello nazionale, le società proprietarie di reti, a vario titolo, si stanno fortemente impegnando nello sviluppo delle infrastrutture di rete, come confermato dall'importante piano di investimenti in cui nel triennio 2014-2016 Telecom Italia ha investito e che ammontano complessivamente a 9 miliardi di euro, di cui 3,4 miliardi dedicati allo sviluppo di reti e servizi innovativi, sia per quanto riguarda la fibra che il 4G. Per realizzare l’equivalence of input, ovvero Pag. 38garantire la parità di accesso assoluta agli altri operatori sulla rete fissa di Telecom Italia, ci vorranno almeno tre anni, secondo il commissario dell'AGCOM, Antonio Preto, che ha sottolineato anche il fatto che alcuni modelli, come quello inglese Open Reach, hanno dato risultati non soddisfacenti in termini di qualità, per cui dopo sette anni il consumatore britannico si è dichiarato non soddisfatto dell’equivalence of input.
  Dal 1999 Fastweb Spa è una società a socio unico soggetta all'attività di direzione e coordinamento di Swisscom AG, esercitata attraverso la controllata Swisscom Italia; ha sviluppato una rete nazionale in fibra ottica che si estende per 35 mila chilometri e raggiunge circa il 50 per cento della popolazione italiana, di cui il 10 per cento direttamente in tecnologia fiber to the home, il collegamento in fibra ottica fino a casa del cliente, offrendo servizi a banda ultralarga fino a 100 megabit al secondo. Nel settembre 2012 Fastweb ha annunciato l'espansione della propria rete NGAN (Next Generation Access Network) fino a raggiungere con la propria banda ultralarga il 20 per cento delle famiglie e imprese italiane per la fine 2014. Entro tale data, circa 5,5 milioni di famiglie e imprese saranno collegate alla banda ultralarga di Fastweb: una combinazione dell'attuale rete FTTH e di tecnologie FTTS, fiber to the street, che permette già oggi di raggiungere velocità di connessione fino a 100 megabit al secondo (con l'opzione ultrafibra) ma che in futuro porteranno a velocità che potranno raggiungere anche 400 megabit al secondo.
  Ad oggi sono 3,9 milioni le abitazioni e le imprese in Italia che sono raggiunte dalla fibra ottica di Fastweb (in tecnologia fiber to the home) che abilita velocità sino a 100 megabit al secondo. Grazie agli investimenti sul territorio e attraverso l'opzione ultrafibra, Internet a 100 mega, Fastweb risponde alla crescente domanda di connettività a banda larga del mercato, permettendo ad una sempre maggiore porzione della popolazione italiana di connettersi in rete.
  Dal 1995 opera in Italia Albacom S.p.A., nata come progetto delle società British Telecom e Banca Nazionale del Lavoro, il cui capitale sociale è stato interamente acquisito alla fine del 2004 da British Telecom e il 4 febbraio 2005 la compagnia ha modificato la denominazione sociale in BT Albacom S.p.A. Nel 2006 in BT Albacom confluiscono le attività di Atlanet S.p.A., acquisita da British Telecom nel mese di marzo, e la società ha assunto la sua attuale ragione sociale, BT Italia S.p.A.; BT Italia, controllata da British Telecom, è il principale fornitore in Italia di servizi e soluzioni integrate di comunicazione e IT interamente dedicato alle imprese, dalle multinazionali alle piccole e medie imprese e professionisti, e alla pubblica amministrazione. L'abbinamento dei servizi fissi e mobili, l'integrazione di voce e dati attraverso il VolP permettono di realizzare una rete unica per voce e dati. BT si occupa della progettazione tecnica della soluzione da implementare, dell'installazione e della gestione del progetto per garantire la continuità del servizio per la durata del contratto, della gestione o della manutenzione delle apparecchiature LAN e IPT esistenti, se necessario, e si occupa degli aspetti tecnici dell'integrazione di diverse tecnologie e della gestione di nuovi servizi e piattaforme di rete.
  Le telecomunicazioni rappresentano un motore fondamentale di sviluppo: aumentano la produttività delle imprese e della pubblica amministrazione e gli investimenti in banda ultralarga sono dunque strategici per il sistema Paese. È fondamentale un'azione di impulso e di regia da parte del Governo affinché l'Italia colmi il divario digitale che la separa dagli altri Paesi ad economia avanzata. Per cercare di risolvere il problema del digital divide sono fondamentali gli investimenti sia sulla rete mobile che sulla rete fissa. Il digital divide va considerato come esistente non solo sui megabit necessari alla connessione base, ma anche all'accesso veloce a Internet.
  Negli anni si è persa la caratterizzazione del servizio universale con relativi Pag. 39oneri e compensi a capo del titolare della licenza del servizio di telefonia: ha prevalso quindi la tesi dell'azienda Telecom Italia che sulla larga banda e la fibra non vuole agire in regime di gestore di un servizio pubblico, ma vuole comportarsi come gli altri privati e investire nelle aree con ritorno sugli investimenti e tralasciare le aree a fallimento di mercato.
  La privatizzazione dell'unica infrastruttura di rete non è stato, quindi, un elemento di forza del nostro sistema, anche perché si tratta di una società privata che ha il compito e l'onere di gestire il processo di sviluppo e di trasformazione tecnologica.
  Essendo società privata ha tuttavia l'esigenza di ottenere un ritorno degli investimenti e quindi punta, in concorrenza alle altre società private, alle aree di mercato, in primis le grandi città, dove è ragionevolmente logico ottenere tale ritorno. Lo Stato deve però agevolare uno sviluppo omogeneo dell'infrastruttura e favorire la più ampia diffusione del broadband su rete fissa e in fibra, wi-fi e mobile.
  Pertanto, a nostro avviso, il Governo dovrebbe impegnarsi in Europa affinché sia possibile escludere gli investimenti pubblici, diretti a colmare il digital divide, dal Patto di stabilità, così come ad utilizzare i fondi strutturali europei a sostegno degli interventi necessari nelle aree a fallimento di mercato, e anche a valutare le strategie più efficaci e praticabili atte a consentire uno sviluppo dell'infrastruttura e della banda larga. Inoltre, riteniamo, come Forza Italia, che il Governo dovrebbe promuovere ogni iniziativa volta alla massima diffusione dell'utilizzo delle tecnologie digitali e alla sperimentazione dei relativi vantaggi, anche con riferimento alla disciplina dei rapporti tra pubblica amministrazione e cittadini.
  Infine preannuncio la presentazione formale, penso nella giornata di domani, di una mozione anche da parte di Forza Italia su questa problematica così importante.

  PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali delle mozioni.
  Prendo atto che il Governo si riserva di intervenire successivamente. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Modifica nella composizione dell'Ufficio di Presidenza della Camera dei deputati.

  PRESIDENTE. Comunico che con lettera pervenuta alla Presidenza in data 31 ottobre 2014 la deputata Annalisa Pannarale ha rassegnato le dimissioni dalla carica di segretario di Presidenza.

Ordine del giorno della seduta di domani.

  PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

  Martedì 11 novembre 2014, alle 9:

  1. – Informativa urgente del Governo sugli intendimenti in ordine all'eventuale realizzazione del ponte sullo stretto di Messina.

  (ore 10,30 e al termine del punto 13)

  2. – Seguito della discussione delle mozioni Scotto ed altri n. 1-00537, Pisicchio n. 1-00609, Covello ed altri n. 1-00612, Palese e Russo n. 1-00614, Baldassarre ed altri n. 1-00621, De Girolamo ed altri n. 1-00624, Taglialatela ed altri n. 1-00641, De Mita ed altri n. 1-00642 e Antimo Cesaro ed altri n. 1-00648 concernenti iniziative per il rilancio economico e occupazionale del Mezzogiorno, con particolare attenzione alla situazione della Campania.

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  3. – Seguito della discussione delle mozioni Gallinella ed altri n. 1-00490, Kronbichler ed altri n. 1-00558, Taranto ed altri n. 1-00630, Gianluca Pini ed altri n. 1-00631, Palese e Bergamini n. 1-00632, Dorina Bianchi ed altri n. 1-00635 e Fitzgerald Nissoli ed altri n. 1-00638 concernenti l'accordo di partenariato per il commercio e gli investimenti tra Unione europea e Stati Uniti d'America noto come Transatlantic trade and investment partnership (TTIP).

  4. – Seguito della discussione delle mozioni Rondini ed altri n. 1-00629, Brunetta ed altri n. 1-00633, Dorina Bianchi ed altri n. 1-00634, Binetti ed altri n. 1-00640, Amato ed altri n. 1-00643, Rampelli ed altri n. 1-00646 e Palazzotto ed altri n. 1-00655 concernenti iniziative riguardanti i profili di prevenzione sanitaria correlati al fenomeno migratorio.

  5. – Seguito della discussione del disegno di legge:
   Disposizioni in materia ambientale per promuovere misure di green economy e per il contenimento dell'uso eccessivo di risorse naturali (C. 2093-A).
  — Relatori: Bratti e Borghi, per la maggioranza; Caon e Mannino, di minoranza.

  6. – Seguito della discussione delle mozioni Paolo Nicolò Romano ed altri n. 1-00515, Dorina Bianchi ed altri n. 1-00657 e Caparini ed altri n. 1-00658 concernenti iniziative volte alla separazione societaria della infrastruttura della rete di telecomunicazione e alla definizione del relativo modello di governance.

  7. – Seguito della discussione delle mozioni Tinagli, Carfagna, Giuliani, Dorina Bianchi, Binetti, Di Salvo ed altri n. 1-00272, Mucci ed altri n. 1-00611, Nicchi ed altri n. 1-00613, Speranza ed altri n. 1-00615 e Rondini ed altri n. 1-00620 concernenti iniziative a sostegno delle politiche di genere.

  8. – Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di inchiesta parlamentare:
   FRATOIANNI ed altri; MARAZZITI ed altri; FIANO: Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema di accoglienza e di identificazione, nonché sulle condizioni di trattenimento dei migranti nei centri di accoglienza (CDA), nei centri di accoglienza per richiedenti asilo (CARA) e nei centri di identificazione ed espulsione (CIE) (Doc. XXII, nn. 18-19-21-A).
  — Relatore: Migliore.

  9. – Seguito della discussione delle mozioni Nicoletti ed altri n. 1-00603, Santerini ed altri n. 1-00604, Manlio Di Stefano ed altri n. 1-00605, Palazzotto ed altri n. 1-00616, Dorina Bianchi ed altri n. 1-00617, Matteo Bragantini ed altri n. 1-00618, Brunetta ed altri n. 1-00619 e Rampelli ed altri n. 1-00654 concernenti iniziative in materia di diritti dei richiedenti asilo e dei rifugiati, con particolare riferimento alla revisione del regolamento dell'Unione europea noto come «Dublino III».

  10. – Seguito della discussione delle mozioni Di Gioia, Morassut, Di Salvo ed altri n. 1-00602, Prataviera ed altri n. 1-00639 e Ciprini ed altri n. 1-00650 concernenti iniziative per l'impiego di parte del risparmio previdenziale per interventi a sostegno dell'economia.

  11. – Discussione delle mozioni Centemero ed altri n. 1-00572 e Locatelli, Di Salvo ed altri n. 1-00569 concernenti iniziative volte alla nomina di un Ministro senza portafoglio competente in materia di pari opportunità.

  12. – Discussione della mozione De Girolamo ed altri n. 1-00653 concernente interventi a favore del Mezzogiorno.

Pag. 41

  (ore 14)

  13. – Votazione per l'elezione di un Segretario di Presidenza, ai sensi dell'articolo 5, comma 9, del Regolamento.

  La seduta termina alle 17,45.

TESTO INTEGRALE DELLA RELAZIONE DEL DEPUTATO ALESSANDRO BRATTI IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DEL DISEGNO DI LEGGE N. 2093-A

  ALESSANDRO BRATTI, Relatore per la maggioranza. Signor Presidente, onorevoli colleghi, oggi l'Assemblea è chiamata a avviare l'esame del disegno di legge recante «Disposizioni in materia ambientale per promuovere misure di green economy e per il contenimento dell'uso eccessivo di risorse naturali».
  Il provvedimento all'esame dell'Assemblea rappresenta un fondamentale passo avanti nella definizione delle politiche ambientali nazionali in una logica di sviluppo sostenibile. Per la prima volta in una legge dello Stato il titolo riporta le due parole green economy.
  Una economia che fa dell'ambiente il perno dello sviluppo futuro per il nostro Paese che solo puntando sull'innovazione e qualità può sperare di giocare un ruolo da protagonista all'interno di un sistema sempre più globalizzato.
  Questo provvedimento insieme alla riforma delle Agenzie ambientali e all'introduzione dei reati ambientali nel Codice penale rappresenta un pacchetto di riforme necessarie e indispensabili per costruire la strada del nostro futuro. Se infatti da un lato è necessario procedere come ci chiede il Governo a semplificare i percorsi amministrativi per il sistema imprenditoriale, dall'altro è fondamentale attraverso questi tre atti legislativi che ricordavo costruire il quadro all'interno del quale possano svilupparsi e proliferare le imprese di qualità che fanno del rispetto dell'ambiente e dell'innovazione i loro punti di forza. Attraverso una legislazione efficace è necessario mettere definitivamente al margine quell'imprenditoria malsana, che è una dei protagonisti principali dei fenomeni corruttivi denunciati recentemente in un'audizione presso la Bicamerale d'inchiesta sui reati ambientali dal Capo della Procura Direzione Nazionale Antimafia, Franco Roberti. Una corruzione che secondo il Presidente della Banca d'Italia Visco dal 2006 al 2012 ha causato una perdita di oltre 16 miliardi di euro di investimenti in Italia.
  Oggi quindi presentiamo una prima proposta organica concreta che in tempi rapidi speriamo diventi operativa che va in una nuova direzione e coglie molti indirizzi politici contenuti nelle recenti Comunicazioni al Parlamento europeo da parte della Commissione quali, per citare le più significative, «Una Europa efficiente nell'impiego delle risorse - Iniziativa faro nell'ambito della strategia Europa 2020» e «Verso un'economia circolare: programma per un'Europa a zero rifiuti»
  Prima di passare a esaminare il contenuto del provvedimento, vorrei sottolineare come la Commissione Ambiente ha svolto un'ampia e articolata istruttoria, anche attraverso numerose audizioni, all'esito della quale il provvedimento è stato profondamente modificato, peraltro in uno spirito di condivisione fra le diverse forze politiche sia di maggioranza che di opposizione e con un'interlocuzione positiva con il Governo.
  In primo luogo, segnalo che sono state soppresse diverse disposizioni, alcune delle quali di contenuto identico o analogo a disposizioni presenti in altri provvedimenti (artt. 1, 3, 5, 6, 8, 12, 15, 19, 20, 29) e sui quali articoli non mi soffermerò nell'illustrazione successiva.
  Significativo è poi stato anche l'apporto dei pareri delle Commissioni competenti in sede consultiva, le cui condizioni sono state in gran parte recepite nel testo. Venendo all'esame più in dettaglio si può dividere il provvedimento in quattro grandi capitoli: 1) politiche di prevenzione ambientali a supporto alla green economy quali quelle sugli appalti «verdi», all'introduzione negli appalti pubblici di criteri che privilegiano le certificazioni ambientali Pag. 42di stampo europeo come Emas ed Ecolabel e di mobilità sostenibile; 2) valorizzazione delle risorse naturali e recupero della materia quali gli accordi per l'utilizzo di materiale post consumo e incentivi per incrementare la raccolta differenziata oltre ad un riordino delle competenze dei Consorzi obbligatori per la raccolta degli imballaggi 3) un riordino dei sistemi di governance dei Distretti idrografici recependo la Direttiva 2000/60 e l'introduzione fra gli strumenti di Pianificazione dei Contratti di fiume; 4) varie disposizioni in materia di capitale naturale e contabilità ambientale introducendo un principio fondamentale che riguarda un sistema di remunerazione dei servizi eco sistemici e ambientali, la possibilità di istituire delle aree territoriali cosiddette oil free zone oltre che di definire una Strategia nazionale delle Green community.
  Rimandando alla puntuale discussione e confronto che si è svolto in Commissione oltre che alla scheda realizzata dagli Uffici competenti, mi preme citare quelli che consideriamo gli articoli più significativi.
  L'articolo 2-bis, 35 milioni di euro, per la realizzazione di un programma sperimentale nazionale di mobilità sostenibile casa-scuola e casa-lavoro. In particolare, le predette risorse sono destinate al finanziamento di progetti di uno o più enti locali riferiti a un ambito territoriale con popolazione superiore ai 100.000 abitanti volti a incentivare la mobilità sostenibile (ad es. iniziative di car-pooling e bike sharing).
  Per quanto riguarda le procedure di Valutazione di Impatto Ambientale, è stato introdotto un articolo, che prevede la predisposizione della valutazione di impatto sanitario (VIS), in conformità alle linee guida predisposte dall'Istituto superiore di sanità, per i progetti riguardanti le raffinerie di petrolio greggio, gli impianti di gassificazione e liquefazione, i terminali di rigassificazione di gas naturale liquefatto, nonché le centrali termiche e gli altri impianti di combustione con potenza termica superiore a 300 MW.
  Vi sono diverse disposizioni relative al green public procurement. In particolare l'articolo 9 interviene sulla disciplina delle garanzie a corredo dell'offerta nei contratti pubblici, al fine di prevedere la riduzione del 30 per cento dell'importo della garanzia, e del suo eventuale rinnovo, per gli operatori economici in possesso di registrazione al sistema di ecogestione e audit EMAS o una riduzione del 20 per cento per quelli con certificazione ambientale ai sensi della norma tecnica UNI EN ISO 14001, nonché per gli operatori in possesso del marchio di qualità ecologica dell'Unione europea Ecolabel, in relazione ai beni o servizi che costituiscano almeno il 50 per cento del valore dei beni e servizi oggetto del contratto stesso. Il medesimo articolo, inoltre, inserisce tra i criteri di valutazione dell'offerta economicamente più vantaggiosa: il possesso di un marchio Ecolabel in relazione ai beni o servizi oggetto del contratto, in misura pari o superiore al 30 per cento del valore delle forniture o delle prestazioni oggetto del contratto stesso; la considerazione dell'intero ciclo di vita dell'opera, del bene o del servizio nel costo di utilizzazione e manutenzione; la compensazione delle emissioni di gas serra associate alle attività dell'azienda. L'articolo 9-bis prevede che, nell'assegnazione di contributi, agevolazioni e finanziamenti in materia ambientale, nella formulazione delle graduatorie costituisca titolo preferenziale la registrazione EMAS delle organizzazioni pubbliche e private e la richiesta di contributi per l'ottenimento della certificazione Ecolabel di prodotti e servizi. La disposizione è applicata prioritariamente nella programmazione dei fondi europei 2014-2020.
  L'articolo 10, attraverso l'introduzione dell'articolo 68-bis nel codice dei contratti, disciplina l'applicazione dei «criteri ambientali minimi» (CAM) negli appalti pubblici di forniture e negli affidamenti di servizi nell'ambito delle categorie previste dal Piano d'azione per la sostenibilità ambientale dei consumi nel settore della pubblica amministrazione (PAN-GPP). In particolare, la norma prevede l'obbligo per le pubbliche amministrazioni, incluse le centrali di committenza, di contribuire al conseguimento degli obiettivi ambientali Pag. 43attraverso l'inserimento, nei documenti di gara relativi ai predetti appalti e affidamenti, almeno delle specifiche tecniche e delle clausole contrattuali contenute nei decreti ministeriali adottati in attuazione del PAN-GPP e relativi all'acquisto di lampade e di servizi di illuminazione, ai servizi energetici per gli edifici e alle attrezzature elettriche ed elettroniche per l'ufficio. Tale obbligo si applica, per almeno il 50 per cento del valore degli appalti (sia di importo inferiore sia di importo superiore alle soglie di rilievo comunitario) anche alle categorie di forniture e di affidamenti e per carta per copia e carta grafica, ristorazione collettiva e derrate alimentari, affidamento del servizio di pulizia e per la fornitura di prodotti per l'igiene, prodotti tessili, arredi per ufficio. Rispetto al testo originario sono state aggiunte ulteriori categorie di servizi e di prodotti per i quali nel frattempo sono stati pubblicati i relativi decreti di attuazione recanti i CAM: affidamento del servizio di gestione dei rifiuti urbani e del servizio di gestione del verde pubblico; forniture di cartucce per stampanti e affidamento dei relativi servizi integrati di ritiro e forniture. Infine è prevista l'applicazione dei predetti obblighi anche alle forniture di beni e servizi e agli affidamenti di lavori oggetto di ulteriori decreti ministeriali di adozione dei relativi criteri ambientali minimi.
  L'articolo 10-bis reca ulteriori disposizioni volte all'applicazione dei criteri ambientali minimi (CAM) nei contratti pubblici. L'articolo 10-ter, disciplina la procedura per l'adozione di un Piano per la qualificazione ambientale dei prodotti dei sistemi produttivi locali, dei distretti industriali e delle filiere che caratterizzano il sistema produttivo nazionale.
  Vi sono poi numerosi articoli che riguardano i prodotti derivati da materiali post consumo. In particolare vi sono una serie di disposizioni volte a incentivare l'acquisto di prodotti derivanti da materiali «post consumo», introdotte attraverso l'inserimento nel codice ambientale di 4 nuovi articoli. In primo luogo, viene consentita la stipula di accordi e contratti di programma tra soggetti pubblici e privati comprendendo anche le associazioni di volontariato, le associazioni di categoria e di aziende che si occupano di riciclo e riuso, nonché le imprese che producono beni derivanti da materiali post consumo riciclati, con priorità per i beni provenienti dalla raccolta differenziata dei rifiuti. Gli accordi e i contratti di programma hanno ad oggetto l'erogazione di incentivi alle attività imprenditoriali di produzione di beni derivanti da materiali «post consumo» riciclati e alle attività imprenditoriali di preparazione dei materiali «post consumo» per il loro riutilizzo. Gli incentivi sono, altresì, diretti ai soggetti economici e ai soggetti pubblici che acquistano prodotti derivanti dai predetti materiali. Si demanda a un decreto interministeriale, da adottare entro sei mesi dall'entrata in vigore della legge, la definizione del livello degli incentivi, anche di natura fiscale, e le percentuali minime di materiale post consumo che devono essere presenti nei manufatti per i quali possono essere erogati gli incentivi sopra menzionati.
  Per quanto riguarda le risorse finanziarie da destinare agli incentivi di cui ai predetti articoli, in sede di prima applicazione delle predette disposizioni, le regioni utilizzano le risorse concernenti l'addizionale al tributo speciale per il conferimento in discarica (cosiddetta ecotassa) dovuto dai comuni che non conseguono gli obiettivi minimi di raccolta differenziata. Si prevede, inoltre, che i successivi decreti attuativi possano individuare altre fonti di finanziamento da destinare agli accordi di programma.
  L'articolo 13 trasferisce le funzioni che erano dell'Osservatorio rifiuti direttamente al Ministero dell'Ambiente che si avvale dell'ISPRA. Si modifica inoltre la disciplina sulla pubblicazione dei piani regionali di gestione dei rifiuti, prevedendo che siano pubblicate annualmente sui siti web delle regioni tutte le informazioni utili a definire lo stato di attuazione dei Piani regionali e dei programmi di prevenzione dei rifiuti.Pag. 44
  L'articolo 13-bis modifica diversi articoli del codice ambientale, in merito agli obblighi dei produttori e degli utilizzatori e alla attività dei Consorzi, coinvolti nella gestione dei rifiuti di imballaggio.
  L'articolo 14 interviene sull'articolo del Codice ambientale che disciplina il raggiungimento degli obiettivi di raccolta differenziata (RD) dei rifiuti urbani in ogni ambito territoriale ottimale (ATO). Rispetto al testo originario del disegno di legge è stato soppresso il differimento di otto anni delle scadenze previste per il raggiungimento degli obiettivi di raccolta differenziata. In particolare, le modifiche previste dall'articolo sono finalizzate a premiare i Comuni virtuosi che raggiungono e superano i livelli di RD previsti per legge.
  Ulteriori disposizioni attengono all'addizionale all’«ecotassa», che i comuni devono pagare qualora non raggiungano gli obiettivi di RD. Si prevede, inoltre, che l'addizionale sia dovuta alle regioni e affluisca in un apposito fondo regionale destinato a finanziare, tra l'altro, gli incentivi per l'acquisto di prodotti e materiali riciclati. Infine viene stabilito che l'adeguamento alle percentuali di raccolta differenziata previste dalla vigente normativa deve avvenire entro il termine massimo di dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.
  Vi sono una serie di articoli dalla sperimentazione per il vuoto a rendere al compostaggio di prossimità che mirano ad incrementare il recupero di materia.
  L'articolo 14-septies reca disposizioni in materia di prodotti da fumo e gomme da masticare, prevedendo, tra l'altro, l'installazione da parte dei comuni, nei luoghi di alta aggregazione sociale, di appositi raccoglitori, l'attuazione di campagne di informazione da parte dei produttori, il divieto, dal 1o luglio 2015, di abbandono, specificamente sanzionato sul piano amministrativo, di mozziconi di prodotti da fumo e di gomme da masticare. L'articolo 14-octies, prevede che i Sistemi di gestione dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE) adottino per i pannelli fotovoltaici del comparto domestico e professionale, immessi sul mercato successivamente alla data di entrata in vigore della disposizione, un sistema di garanzia finanziaria ed un sistema di geolocalizzazione, al fine di una corretta gestione del loro fine vita.
  L'articolo 14-novies differisce al 1o gennaio 2015 (ulteriori sei mesi rispetto a quanto indicato) l'emanazione di un decreto del Ministero dell'ambiente, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, al fine di permettere ai comuni di attuare un effettivo modello di tariffa rifiuti, commisurata al servizio reso a copertura integrale dei costi relativi al servizio di gestione dei rifiuti urbani e dei rifiuti assimilati.
  L'articolo 19-bis inserisce misure per incrementare la raccolta differenziata e ridurre la quantità dei rifiuti non riciclati, al fine di consentire alle regioni di promuovere misure di incentivazione da corrispondere ai comuni che, oltre a conseguire gli obiettivi minimi di riciclaggio previsti per legge, attuano misure di prevenzione della produzione dei rifiuti in applicazione dei principi e delle misure previste dal Programma nazionale di prevenzione. La norma, oltre a prevedere che tali misure di incentivazione dovranno essere corrisposte con modalità automatiche e progressive, prevede che le Regioni, sulla base delle misure previste dal Programma nazionale di prevenzione, adottino Programmi regionali di prevenzione della produzione dei rifiuti.
  L'articolo 22 detta un'articolata disciplina prevalentemente volta alla riorganizzazione distrettuale della governance in materia di difesa del suolo così come indicato dalla direttiva 2000/60. In particolare, l'articolo fra le tante novità integra le definizioni presenti nel testo dell'articolo 54 del decreto legislativo 152/2006 e modifica la disciplina delle autorità di bacino distrettuale prevista all'articolo 63 del decreto legislativo n. 152/2006, anche ai fini di una razionalizzazione della composizione e del funzionamento degli organi distrettuali. Sempre all'articolo 63 è stato aggiunto un comma, ai sensi del quale, nei Pag. 45distretti idrografici coincidenti con il territorio regionale, le regioni istituiscono l'Autorità di bacino distrettuale, a cui sono attribuite anche le competenze regionali previste dalla parte terza del Codice dell'ambiente, e il Ministero dell'ambiente assume le funzioni di indirizzo e coordinamento con le altre Autorità di bacino distrettuale. Una ulteriore modifica introdotta ha riguardato la possibilità di una articolazione territoriale a livello regionale (sub-distretti), attraverso l'utilizzo delle strutture delle soppresse Autorità di bacino regionale e interregionale. È stata inoltre modificata la partecipazione dei soggetti istituzionali alla Conferenza istituzionale permanente, che adotta gli atti di indirizzo, coordinamento e pianificazione delle Autorità di bacino; anche la composizione della Conferenza operativa è stata modificata, prevedendo la partecipazione di tutti i componenti della Conferenza Istituzionale Permanente. Viene modificata la disciplina dei distretti idrografici attraverso una loro riduzione e riorganizzazione. Inoltre, fino all'emanazione del decreto ministeriale sui canoni di concessione per l'utenza di acqua pubblica, mediante la stipula di accordi di programma, il Ministero dell'ambiente e le regioni determinano la quota parte di diverse entrate tra le quali le concessioni del demanio idrico, nonché quelle derivanti dall'applicazione del principio «chi inquina paga», per il finanziamento di misure e funzioni che integrano i programmi dei Piani di tutela delle acque e le altre funzioni (studio e progettazione) attribuite alle Autorità di bacino. È differito infine al 31 dicembre 2016 il termine per l'approvazione regionale dei piani di tutela ed è prevista la predisposizione di un Programma di gestione dei sedimenti a livello di bacino idrografico da parte degli enti competenti, per coniugare la prevenzione del rischio idraulico e la tutela degli ecosistemi fluviali.
  L'articolo 23 introduce l'articolo 72-bis del decreto legislativo 152/2006, che prevede un meccanismo per agevolare, anche attraverso la messa a disposizione di risorse finanziarie (10 milioni di euro per l'anno 2014), la rimozione o la demolizione, da parte dei comuni, di opere ed immobili realizzati nelle aree del Paese classificate a rischio idrogeologico elevato o molto elevato ovvero esposti a rischio idrogeologico, in assenza o in totale difformità del permesso di costruire. Viene modificata la disciplina relativa agli interventi di «nuova costruzione» assoggettando al permesso di costruire gli interventi concernenti l'installazione di manufatti leggeri, anche prefabbricati, e di strutture di qualsiasi genere, quali roulotte, camper, case mobili, imbarcazioni, utilizzati come abitazioni, ambienti di lavoro, oppure come depositi, magazzini e simili, e non diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee.
  L'articolo 24 istituisce, a decorrere dal 2014, presso la Cassa conguaglio per il settore elettrico, un Fondo di garanzia per gli interventi finalizzati al potenziamento delle infrastrutture idriche nazionali, ivi comprese le reti di fognatura e depurazione, in tutto il territorio nazionale, anche con riferimento agli interventi connessi alla tutela della risorsa idrica dal punto di vista idrogeologico. L'articolo 24-bis disciplina i contratti di fiume, che concorrono alla definizione e all'attuazione degli strumenti di pianificazione del distretto idrografico, quali strumenti volontari di programmazione strategica e negoziata che perseguono la tutela, la corretta gestione delle risorse idriche e la valorizzazione dei territori fluviali.
  L'articolo 25 prevede che l'Autorità per l'energia elettrica, il gas ed il sistema idrico (AEEGSI), sentiti gli enti di ambito, assicuri agli utenti domestici del servizio idrico integrato in condizioni economico-sociali disagiate l'accesso a condizioni agevolate alla fornitura della quantità di acqua necessaria per il soddisfacimento dei bisogni fondamentali.
  L'articolo 27 reca disposizioni in materia di procedimenti autorizzatori relativi alle infrastrutture di comunicazione elettronica per impianti radioelettrici ed inserisce quattro commi al fine di consentire la copertura, a carico dei soggetti presentatori, degli oneri sostenuti dai soggetti Pag. 46pubblici competenti per l'esame delle istanze di autorizzazione o delle segnalazioni certificate di inizio attività (SCIA) per l'installazione di infrastrutture per impianti radioelettrici e di determinate tipologie di impianti.
  L'articolo 29-bis consente ai comuni e ai loro enti strumentali, per finalità di riutilizzo di prodotti e di preparazione per il riutilizzo dei rifiuti, di individuare appositi spazi, presso i centri di raccolta, per l'esposizione temporanea finalizzata allo scambio tra privati cittadini di beni usati e funzionanti direttamente idonei al riutilizzo.
  L'articolo 30 istituisce il Comitato per il capitale naturale presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al fine di assicurare il raggiungimento degli obiettivi sociali, economici e ambientali coerenti con l'annuale programmazione finanziaria e di bilancio dello Stato.
  L'articolo 31 istituisce il Catalogo dei sussidi ambientalmente dannosi e dei sussidi ambientalmente favorevoli presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per la raccolta dei dati e delle informazioni sugli incentivi, sulle agevolazioni, sui finanziamenti agevolati, nonché sulle esenzioni da tributi, direttamente finalizzati alla tutela dell'ambiente.
  L'articolo 33 delega il Governo all'introduzione di sistemi di remunerazione dei servizi ecosistemici e ambientali.
  L'articolo 34 promuove l'istituzione delle «oil free zone», quali aree territoriali nelle quali si prevede la progressiva sostituzione del petrolio e dei suoi derivati con energie da fonti rinnovabili.
  L'articolo 35 disciplina la definizione della Strategia nazionale delle Green Community da parte della Presidenza del Consiglio dei ministri destinata a prevedere, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, un piano di sviluppo sostenibile volto alla valorizzazione delle risorse dei territori rurali e montani (in diversi ambiti, dall'energia al turismo, dalle risorse idriche al patrimonio agro-forestale) in rapporto con le aree urbane.
  In conclusione, signor Presidente, mi preme sottolineare come il provvedimento in discussione in quest'aula sia stato profondamente modificato rispetto al testo originario del Governo: direi che ogni articolo è stato revisionato e altri ne sono stati aggiunti. Questo enorme lavoro durato diversi mesi è stato possibile grazie al contributo di tutte le forze politiche, che ringrazio nuovamente anche a nome del collega Borghi, le quali sono state decisive per la buona riuscita di questo testo. Penso che l’iter di questa legge sia una dimostrazione che quando si lavora con l'obiettivo comune di migliorare il nostro Paese si possano fare buone leggi in tempi non troppo lunghi. Grazie signor Presidente.