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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 319 di martedì 28 ottobre 2014

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE LUIGI DI MAIO

  La seduta comincia alle 15.

  CATERINA PES, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
  (È approvato).

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Alfreider, Boccia, Capezzone, Chaouki, Damiano, Epifani, Ferrara, Fioroni, Fraccaro, Mazziotti Di Celso, Meta, Pannarale, Rossomando, Sani, Sereni, Speranza, Tofalo, Villecco Calipari e Vitelli sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
  I deputati in missione sono complessivamente novantanove, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

  Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

Seguito della discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, recante misure urgenti per l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive (A.C. 2629-A/R).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge n. 2629-A/R: Conversione in legge del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, recante misure urgenti per l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive.
  Ricordo che, nella seduta di giovedì 23 ottobre 2014, è stata approvata la questione di fiducia posta dal Governo sull'articolo unico del provvedimento nel nuovo testo predisposto dalla Commissione a seguito del rinvio deliberato dall'Assemblea.
  Avverto che, consistendo il disegno di legge di un solo articolo, non si procederà alla votazione dell'articolo unico ma, dopo l'esame degli ordini del giorno, si procederà direttamente alla votazione finale, a norma dell'articolo 87, comma 5, del Regolamento.

(Esame degli ordini del giorno – A.C. 2629-A/R)

  PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli ordini del giorno presentati (Vedi l'allegato A – A.C. 2629-A/R).
  Avverto che, ai sensi dell'articolo 89 del Regolamento, la Presidenza non ritiene ammissibili, per estraneità di materia, i seguenti ordini del giorno, che riproducono il contenuto di proposte emendative dichiarate inammissibili nel corso dell'esame in sede referente: Tentori n. 9/2629-AR/97, Rampi n. 9/2629-AR/98 e Manzi n. 9/2629-AR/99, concernenti la materia dello spettacolo dal vivo, la vigilanza antincendio in sale di spettacolo e la Pag. 2circolazione dei veicoli destinati agli spettacoli dal vivo; Maietta n. 9/2629-AR/101 in materia di assegnazione e rinnovo delle concessioni per lo sfruttamento delle risorse idrotermali; Battelli n. 9/2629-AR/118 e Bechis n. 9/2629-AR/119, volti all'introduzione di una tassa per lo smaltimento dei rifiuti in discarica.
  Avverto inoltre che l'ordine del giorno Altieri n. 9/2629-AR/85 si intende sottoscritto anche dai deputati Palese e Distaso.
  Il deputato De Rosa ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2629-AR/135.

  MASSIMO FELICE DE ROSA. Signor Presidente, noi del MoVimento 5 Stelle crediamo nello stop al consumo di suolo, nella riqualificazione energetica degli edifici e in un futuro per l'Italia, per l'ambiente e il territorio italiano che sia molto diverso da quello descritto in questo decreto. Il mio ordine del giorno chiede ciò che chiedono le associazioni e i cittadini da molto tempo, quindi un censimento degli edifici sfitti della pubblica amministrazione e chiediamo proprio l'impegno del Governo per prevedere il censimento della totalità degli immobili pubblici inutilizzati, valutando preliminarmente la necessità dell'utilizzo del singolo immobile per fini pubblici. Sappiamo benissimo che alcune volte abbiamo amministrazioni in affitto in immobili di privati e immobili pubblici non utilizzati che cadono a pezzi. Allora, noi diciamo che dobbiamo valorizzare questi immobili e non dobbiamo metterli semplicemente in vendita come dice questo decreto-legge. Quest'ultimo spinge alla vendita degli immobili pubblici e del demanio pubblico per pagare un debito che non verrà neanche scalfito dagli introiti derivanti da queste vendite. Quindi, vendiamo un patrimonio nostro, della popolazione, che non è neanche nella disponibilità del Governo ma è della popolazione, del popolo sovrano italiano e decidiamo arbitrariamente, invece di volerlo solo gestire come Governo in carica, decidiamo di volerlo vendere e, una volta venduto, non lo recuperiamo più e sicuramente non ci renderà assolutamente niente.
  Chiediamo anche di recepire misure restrittive ben definite e concertate con la cittadinanza nell'ambito della dismissione dei beni pubblici. Quindi, quando facciamo una dismissione, se è proprio necessaria, chiediamo alla cittadinanza di poter partecipare. Chiediamo il parere dei cittadini. In questo decreto-legge, abbiamo visto che gli enti locali, le amministrazioni e i cittadini vengono tolti di mezzo per far spazio al potere centrale dello Stato. Ciò è contro la nostra Costituzione e contro qualunque norma vigente in questo momento. Chiediamo di vietare i cambi di destinazione d'uso dei beni pubblici che siano in contrasto con quanto precedentemente stabilito dalle pianificazioni territoriali locali. Anche in questo caso abbiamo una situazione di pianificazione che è...

  PRESIDENTE. Colleghi, poiché l'aula non è proprio piena, c’è una forte eco: se è possibile abbassare un po’ la voce.

  MASSIMO FELICE DE ROSA. Evidentemente interessa poco la svendita del patrimonio pubblico presente in questo decreto-legge...

  PRESIDENTE. Vada avanti, prego, collega.

  MASSIMO FELICE DE ROSA. Noi diciamo che, all'interno del patrimonio pubblico, non sarà certo un ente – come capita in questo decreto-legge – e, quindi, il Ministero della difesa, a poter decidere il cambio di destinazione di aree svendute e che prima erano in proprietà del Ministero della difesa, perché questo va contro qualunque pianificazione territoriale: noi potremmo avere, appunto, la crescita di centri commerciali oppure di zone abitative all'interno delle città dove non c'erano i servizi per accogliere queste aree, perché la programmazione non le aveva previste.
  Allora, fare tutto questo, accentrando il potere nello Stato centrale e non considerando Pag. 3la pianificazione territoriale va nella direzione opposta rispetto a quello che stiamo dicendo, che il Ministro dell'ambiente dice, che lo stesso Renzi dice, che il PD dice nei talk show televisivi, sui giornali e nelle varie interviste, in cui vuole difendere il territorio, tutelare il nostro territorio, però gli atti concreti ci portano in direzione completamente opposta.
  Con l'ultimo impegno di questo ordine del giorno chiediamo di verificare preventivamente se gli immobili pubblici destinati a dismissione o a cambio di destinazione d'uso non possano essere utilizzati come sedi di amministrazioni pubbliche, nell'ottica della razionalizzazione delle spese. Ecco, qui esplicitiamo quello che ho detto prima. Utilizziamo gli immobili pubblici come una risorsa: possiamo metterci all'interno le associazioni, possiamo darli ai cittadini per avviare attività, piccole imprese, per le start up. Invece, no: vogliamo semplicemente venderli. Secondo noi, non è questa assolutamente la strada: la strada è quella di tutelare il nostro territorio, fermare la cementificazione e utilizzare gli edifici già presenti per arrivare al massimo rendimento di questi edifici e alla massima utilizzazione pubblica; quindi, che questi edifici svolgano il loro ruolo di pubblica utilità.

  PRESIDENTE. La invito a concludere.

  MASSIMO FELICE DE ROSA. Questo è quello che chiediamo, questo è quello che invitiamo il Governo ad approvare. Crediamo che non ci siano problemi di coperture, perché riteniamo che la pubblica amministrazione debba, e sia suo dovere, avere un censimento degli edifici. Fino ad adesso non si è voluto espletare questo compito: riteniamo che sia arrivato il momento e che i tempi siano maturi. Prima di svendere tutto il patrimonio, almeno fateci sapere cosa avevamo in mano prima di perderlo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Constato l'assenza dei colleghi Altieri e Airaudo, che avevano chiesto di illustrare i rispettivi ordini del giorno.
  L'onorevole Terzoni ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2629-AR/176.

  PATRIZIA TERZONI. Signor Presidente, con questo ordine del giorno vogliamo cercare di mettere un po’ di ordine a quanto previsto dall'articolo 26, che detta misure urgenti per la valorizzazione degli immobili pubblici inutilizzati. Questo è un tema da non sottovalutare, in quanto quella degli edifici pubblici abbandonati è una realtà che coinvolge quasi tutte le amministrazioni locali. È esperienza comune a molti di coloro che hanno un minimo di contatto con i propri territori il fatto che associazioni e cittadini facciano richiesta di spazi pubblici per svolgere le loro attività e, nonostante la presenza e la disponibilità di questi spazi, non riescano ad ottenere le autorizzazioni per poterli utilizzare.
  Questo, chiaramente, avviene per vari motivi, tra i quali non va taciuta la responsabilità diretta degli amministratori che, purtroppo, spesso, mostrano poca lungimiranza. D'altro canto, in Italia, come all'estero, non mancano esempi concreti e tangibili di come mettere a disposizione questi spazi possa essere determinante per la creazione di nuove realtà produttive, che coinvolgono soprattutto i giovani attraverso le start up. Non meno importante è il ruolo aggregativo e sociale che questi spazi possono avere se assegnati ad associazioni che operano sul territorio.
  Per poter iniziare un processo di questo tipo, ovviamente, è indispensabile innanzitutto fare una ricognizione degli spazi pubblici disponibili, attraverso la quale censire e mappare le strutture e il loro stato di manutenzione. Sembra una cosa scontata, invece vi assicuro che molte amministrazioni non hanno affatto un quadro aggiornato delle loro disponibilità in questo senso.
  Il secondo passo sarebbe quello di valutare se, in questi spazi, sia possibile trasferire le attività delle amministrazioni Pag. 4per le quali le stesse pagano un affitto. Anche questa sembrerebbe una cosa scontata, invece è prassi diffusa pagare affitti, anche molto elevati, per mantenere alcuni servizi all'interno di edifici privati, quando l'amministrazione avrebbe, invece, spazi di sua proprietà da poter utilizzare.
  Il MoVimento 5 Stelle ha già fatto molto in questo senso, ma molto resta ancora da fare: prova ne è che, perfino nel mio comune di residenza, Fabriano, viviamo una situazione assurda, nella quale l'amministrazione paga un affitto per i locali che ospitano la farmacia comunale, quando avrebbe dei nuovi spazi di sua proprietà realizzati proprio per questo scopo e tuttora vuoti.
  Come dicevo all'inizio, con questo ordine del giorno proviamo a mettere un po’ di ordine in questi meccanismi, prevedendo innanzitutto che le assegnazioni degli spazi pubblici siano destinati, in maniera prioritaria, alle associazioni e alle piccole imprese giovanili. In questo, il presente ordine del giorno ricalca quanto inserito nella mia proposta di legge per lo sviluppo dei piccoli borghi; infatti, è soprattutto in queste realtà che dobbiamo intervenire per creare nuove opportunità e per offrire un nuovo modello di sviluppo, in grado di valorizzare le ricchezze di cui il nostro Paese è dotato. Chiaramente queste assegnazioni dovranno anche prevedere delle agevolazioni fiscali, almeno iniziali, per dare slancio alle iniziative imprenditoriali.
  Oltre a questo, riteniamo utile anche procedere con un intervento che garantisca un minimo di trasparenza e, quindi, chiediamo che venga istituito un elenco in cui riportare e pubblicare i contratti di affitto in essere che riguardano gli edifici pubblici. Questo, chiaramente va a implementare quanto richiesto con un altro ordine del giorno in cui, invece, chiediamo al Governo di mettere in atto tutto ciò che è necessario per poter avviare finalmente il censimento degli edifici pubblici abbandonati. Infine, chiediamo che sia dato un limite all'istituto della deroga, adottando degli standard minimi da rispettare qualora si realizzi un cambio di destinazione d'uso.

  PRESIDENTE. Constato l'assenza del collega Franco Bordo, che aveva chiesto di illustrare il suo ordine del giorno.
  La collega Daga ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2629-AR/128.

  FEDERICA DAGA. Signor Presidente, con questo ordine del giorno si intende impegnare il Governo ad avviare la discussione in Parlamento di una proposta legislativa che preveda che la gestione del servizio idrico integrato venga nuovamente affidata ad enti di diritto pubblico, avviando una fase di transizione verso la ripubblicizzazione della gestione del servizio idrico, stabilendo poi la decadenza degli affidamenti in essere in concessione a terzi e anche di quelli a società a capitale misto pubblico e privato o attraverso società a totale capitale pubblico.
  Si impegna, altresì, il Governo, per attuare i processi previsti dalla fase di transizione, a prevedere l'istituzione di un Fondo per la ripubblicizzazione, sostenuto anche dalla Cassa depositi e prestiti. Questo ordine del giorno mira soprattutto a mettere un po’ di nuovo sul piatto quello che è un discorso che sto cercando di portare avanti da un anno e mezzo, cioè da quando siamo entrati in Parlamento, e a mettere in contrapposizione due parti, una che parla del diritto all'accesso all'acqua, un'acqua potabile, pulita, trasparente anche nella sua gestione, in contrapposizione con tutti gli atti che sono stati fatti dai Governi passati, sia dal 1994 in poi, soprattutto, dopo il 2011, data nella quale è stato «vinto» un referendum da 27 milioni di persone. I due concetti in contrapposizione sono quelli del diritto all'accesso all'acqua, appunto, e, invece, del pensiero privatizzatore, di privatizzazione del servizio idrico che ormai sta galoppando da parte governativa.
  Il servizio idrico noi lo vorremmo intendere quale insieme delle attività di captazione, adduzione e distribuzione di acqua ad usi civici, fognatura e depurazione Pag. 5delle acque reflue come servizio pubblico locale di interesse generale privo di rilevanza economica come, invece, viene adesso definito, cioè di rilevanza economica. Questo per noi significa difendere l'unitarietà del servizio che, appunto, deve essere integrato, contro l'unicità della gestione che, come dicevo, i Governi intendono in maniera privatistica. Questo significa anche rilanciare gli investimenti nel settore, ma garantendo che vengano effettuati con trasparenza e sotto il controllo delle comunità che vivono nei territori, al fine di assicurare a tutta la popolazione la distribuzione nelle case e nei luoghi di lavoro di acqua salubre priva di agenti patogeni e sostanze contaminanti potenzialmente pericolose per la salute. Questo perché si è notato, comunque, che, con la gestione del servizio idrico attraverso Spa, quindi società di diritto privato, in realtà, il servizio non viene erogato in maniera corretta e si bada più che altro all'ultima voce di bilancio che è, appunto, l'utile, piuttosto che al dare un servizio alla cittadinanza. Il servizio idrico, come la gestione dei rifiuti e il trasporto pubblico locale, sono quei servizi essenziali alla cittadinanza per una normale vita.
  Vorremmo che questi tipi di gestione venissero ridiscussi all'interno del Parlamento e con questo ordine del giorno andiamo appunto a chiedere che venga discussa in Parlamento quella che poi è la proposta di legge depositata e che è stata sottoscritta da MoVimento 5 Stelle, PD e SEL, che ripercorre quella che fu una proposta di legge di iniziativa popolare del 2007 che raccolse 400 mila firme. Noi vorremmo che venisse discussa finalmente, perché questa proposta di legge giace in Parlamento ormai dal 2007 e, facendo i conti, sono otto anni. Ma abbiamo notato che non c’è un ascolto reale da parte dei Governi che si sono succeduti nel tempo. Manca questa capacità di ascolto nei confronti delle esigenze cittadine e un'esigenza è quella di aver diritto a un servizio idrico che funzioni, dalla captazione fino alla fine, e che non ci siano quei casi dove le nostre acque sono contaminate e ci arrivano in casa solamente con arsenico e altre sostanze patogene. Quindi, vorremmo che venisse discussa questa proposta di legge: nel nostro ordine del giorno chiediamo questo. Spero che comunque venga accolto (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. La deputata Costantino ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2629-AR/63.

  CELESTE COSTANTINO. Signor Presidente, con questo ordine del giorno chiediamo al Governo di impegnarsi affinché predisponga un efficace programma nazionale di prevenzione dei rifiuti che si basi su meccanismi di circolarità, riciclo e riuso. Il decreto in esame indebolisce, a nostro parere, il principio di prossimità in materia di rifiuti, prevedendo, al comma 7, dell'articolo 35, addirittura dei contributi, per i gestori di impianti, da versare alle regioni per ogni tonnellata di rifiuto urbano di provenienza extra regionale, aspetto che svela come questa norma risulti incentrata, in modo netto, sui processi di smaltimento dei rifiuti, in totale controtendenza con le direttive comunitarie, che fissano obiettivi di raccolta differenziata e riciclaggio. In particolare, la direttiva 2008/98/CE della Comunità europea afferma che l'obiettivo principale di qualsiasi politica in materia di rifiuti dovrebbe essere di ridurre al minimo l'uso di risorse, le conseguenze negative della produzione e della gestione dei rifiuti per la salute umana e l'ambiente, nonché promuovere l'applicazione pratica della gerarchia dei rifiuti. Bisogna rispettare, insomma, i criteri di priorità nella gestione dei rifiuti e la gerarchia che parte dalla prevenzione, seguita dalla preparazione per il loro utilizzo, riciclaggio, recupero e infine smaltimento. Siamo molto lontani degli obiettivi, proposti in sede comunitaria fissati per tutti gli Stati, in termini di recupero di materia, riutilizzo e riciclaggio, di almeno il 50 per cento, in termini di peso, entro il 2020, come minimo per carta, metalli, plastica e vetro, di almeno il 70 per cento per i rifiuti di costruzione e demolizione. Per questo chiediamo un Pag. 6forte investimento in piani e programmi che rendano sempre più residuale il recupero energetico dei medesimi, puntando sulla loro valorizzazione nel pieno rispetto della direttiva, che stabilisce un principio gerarchico (riduzione, riutilizzo, riciclaggio e recupero energetico) nella gestione dei rifiuti.

  PRESIDENTE. La deputata Mannino ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2629-AR/148.

  CLAUDIA MANNINO. Signor Presidente, nell'illustrazione di questo ordine del giorno è necessario fare, secondo me, un'introduzione: è nostra opinione che questo è un Paese delle contraddizioni, un Paese in cui il Presidente del Consiglio, agli organi di stampa, pubblicizza il suo mandato come quello basato sulla trasparenza, sulla pubblicazione di tutti gli atti, di tutti i documenti, qualunque sia la loro provenienza, ma, nei fatti, nelle norme che questo Governo si sta inventando o meglio nelle norme che questo Governo sta distruggendo, fa esattamente l'opposto. Quest'ordine del giorno è uno dei tanti casi della dimostrazione di ciò che ho appena detto. Ne potrei citare almeno un altro, quello che riguarda, ad esempio, la desecretazione degli atti, che non si sta facendo all'interno dell'ufficio di presidenza per quello che concerne i documenti della Commissione d'inchiesta. Vi ricordate i titoli di giornale ? Bene, ma cercherò di restare sul tema di questo meraviglioso decreto. Quest'ordine del giorno vuole scongiurare...

  PRESIDENTE. Colleghi, per favore, il tono della voce !

  CLAUDIA MANNINO. Questo ordine del giorno vuole scongiurare o tentare di addolcire gli effetti devastanti che questo decreto-legge ha, e che introduce soprattutto nel tema delle sovrintendenze. Inutile dire che finalmente con questo decreto-legge Renzi è riuscito a fare quello che vent'anni di Governo Berlusconi e company non erano riusciti a fare: ha introdotto il silenzio-assenso, a suo modo di vedere, per sbloccare le soprintendenze. La logica vorrebbe che si sblocchi qualcosa che era fermo, che era inceppato, e che adesso gli si permetta di agire. E invece no, nel vocabolario renziano e di tutti coloro che voteranno a favore di questo decreto-legge sbloccare le soprintendenze vuol dire continuare a farle star ferme: tanto, anche se non fanno nulla, il mondo va avanti anche senza di loro.
  Inizierei quindi con un numero, otto: otto sono le modifiche che sono state apportate all'articolo 146 del codice dei beni culturali dal momento della sua approvazione nel 2004. Bene: otto modifiche in dieci anni, quasi una l'anno, e quasi sempre grazie a norme come quella contenuta nello sblocca-Italia con decreti-legge omnibus, convertiti in legge a colpi di voti di fiducia.
  Ma alle otto modifiche apportate in questi anni in effetti si dovrebbe aggiungere anche qualche tentativo che non è andato a buon fine. Quello del quale stiamo parlando ora, contenuto nel comma 3 dell'articolo 25 del decreto-legge sblocca-Italia n. 133 ne è un esempio: la stessa norma infatti era contenuta nel decreto-legge n. 83 del 2014, quello recante disposizioni urgenti per la tutela del patrimonio culturale, convertito in legge prima della pausa estiva. All'articolo 12 quel decreto prevedeva infatti la soppressione del primo e del secondo periodo del comma 9 dell'articolo 146 e la riscrittura del terzo periodo: una norma ad hoc riproposta tal quale all'interno di questo decreto-legge che il Ministro Franceschini ha spiegato molto bene in Commissione cultura, dicendo che si tratta di una disposizione con la quale «poter mettere in discussione i pareri degli organi periferici del Ministero dei beni e delle attività culturali», e che la vera finalità sarebbe quella di valorizzare il ruolo delle sovrintendenze in quanto, sottoponendo ad un controllo gli atti da esse adottati, si pone un freno alla arbitrarietà delle relative decisioni.
  Evidentemente non è sufficiente metterle sotto controllo, come ha detto il Pag. 7Ministro Franceschini, ma occorre mettere un freno all'arbitrarietà delle decisioni delle sovrintendenze: il testo del decreto-legge, infatti, sancisce che, decorsi inutilmente 60 giorni dalla ricezione degli atti da parte del soprintendente senza che questi abbia reso il parere prescritto, l'amministrazione può procedere sulla domanda di autorizzazione. È quindi evidente che questo Esecutivo ha un pessimo rapporto con gli apparati statali e con gli istituti come l'autorizzazione paesaggistica preposti alla tutela di valori costituzionali fondamentali, qual è quello del paesaggio. Non si vuole aumentare la responsabilità del funzionario, per il quale infatti non è prevista alcuna sanzione, quanto piuttosto strumentalizzare la presunta inerzia delle sovrintendenze per sottrarre l'attività edilizia e di trasformazione del territorio alla valutazione di compatibilità rispetto ai valori protetti dalla nostra Costituzione.
  Capiamo bene che è volontà di questo Governo criticare a prescindere la nostra Costituzione, ma l'articolo 9, quello che fa parte dei primi 12 articoli ovvero definiti i Principi fondamentali del Paese Italia, parla chiaro; così come anche le tante sentenze del Consiglio di Stato e della Corte costituzionale.
  Con questo ordine del giorno quindi cosa chiediamo ? Chiediamo semplicemente la tanto pubblicizzata trasparenza...

  PRESIDENTE. Onorevole, dovrebbe concludere.

  CLAUDIA MANNINO. Sì, sto concludendo. Chiediamo che sui siti web dei competenti servizi regionali e delle direzioni regionali del Ministero dei beni e delle attività culturali vi sia una dichiarazione dell'intervento e della richiesta di autorizzazione da parte degli enti, la data entro cui il soprintendente dovrà esprimere la documentazione, gli estremi dell'autorizzazione paesaggistica stessa, nonché le misure e le prescrizioni contenute nell'autorizzazione paesaggistica. Chiediamo semplicemente trasparenza, affinché nonostante... (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. La ringrazio. La collega Duranti ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2629-AR/57.

  DONATELLA DURANTI. Signor Presidente, l'articolo 33 del disegno di legge in esame prevede l'adozione di interventi di bonifica ambientale e di rigenerazione urbana in aree territoriali di rilevante interesse nazionale, individuate con delibera del Consiglio dei ministri, a cui partecipano i presidenti delle regioni interessate, sentita la Conferenza Stato-regioni.
  Stiamo parlando, cioè, di un tema che riguarda moltissime comunità del nostro Paese, soprattutto nel Mezzogiorno d'Italia.
  In relazione a ciascuna area di interesse nazionale individuata con la delibera del Consiglio dei ministri sono predisposti un programma di risanamento ambientale e di bonifica e un documento di indirizzo strategico finalizzato alla rigenerazione urbana. Il comma 10 del suddetto articolo, dell'articolo 33 del disegno di legge, prevede che il programma di rigenerazione urbana sia adottato dal previsto Commissario straordinario del Governo, previa Conferenza dei servizi, e approvato, con decreto del Presidente della Repubblica.
  Inoltre, si stabilisce che l'approvazione del programma «sostituisce a tutti gli effetti le autorizzazioni, le concessioni, i concerti, le intese, i nulla osta, i pareri e gli assensi previsti dalla legislazione vi gente, fermo restando il riconoscimento degli oneri costruttivi in favore delle amministrazioni interessate. Costituisce altresì variante urbanistica automatica e comporta dichiarazione di pubblica utilità delle opere e di urgenza e indifferibilità dei lavori».
  È evidente, quindi, l'impatto che il previsto programma di rigenerazione urbana può avere sul territorio dell'ente locale interessato, soprattutto qualora detto programma si «impone», come appunto prevede la norma, come variante urbanistica automatica, con il rischio di marginalizzare gli enti locali che, seppur prevista la Conferenza dei servizi, rischiano di non avere adeguata voce in Pag. 8capitolo su interventi urbanistici e infrastrutturali che incidono direttamente sui propri territori.
  Noi chiediamo, quindi, che il Governo s'impegni a prevedere, anche attraverso una futura integrazione alla normativa esposta in premessa, che qualora il programma di rigenerazione urbana fosse in variante agli strumenti urbanistici vigenti, la variante debba essere sempre approvata dall'amministrazione comunale con procedura semplificata. Questo al fine, appunto, di restituire in qualche maniera competenze, prerogative e funzioni agli enti locali ed evitare, appunto, una centralizzazione anche in questa materia che a noi sembra assolutamente dannosa (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Il deputato Segoni ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno 9/2629-AR/110.

  SAMUELE SEGONI. Signor Presidente, nel corso di un recente question time inerente alla tematica del dissesto idrogeologico avevo personalmente evidenziato e denunciato come questo Governo stia destinando le pur esigue risorse esclusivamente a interventi di tipo strutturale, ovvero argini, casse di espansione, nuove opere in cemento per lo più, ignorando completamente gli interventi di tipo non strutturale che da tutta la comunità tecnico-scientifica vengono sottolineati per il loro rapporto costo-beneficio estremamente elevato. Alcuni tipi di interventi non strutturali sono per esempio i sistemi di allertamento, i piani di emergenza, le norme per una pianificazione territoriale resiliente e ovviamente anche la cartografia tematica.
  Proprio la cartografia tematica è l'argomento di questo ordine del giorno. Infatti, è bene ricordare che in Italia le principali zone a rischio idrogeologico sono ben note e sono anche mappate e stampate su carta, nero su bianco. Ad esempio in Italia abbiamo due database diversi: l'inventario AVI – aree vulnerate italiane (gestito dal CNR), e l'inventario FF1 – inventario dei fenomeni franosi italiani (gestito invece dall'ISPRA).
  Perché due inventari diversi ? Non è possibile accorparli ? In realtà no perché hanno caratteristiche diverse perché sono dovuti a finalità leggermente diverse. Quello che chiediamo noi in questo ordine del giorno è di dedicare delle minime risorse per procedere all'aggiornamento di questi quadri conoscitivi e di integrarli insieme in modo che si possano parlare ed incastrare queste informazioni allo scopo di avere un quadro conoscitivo completo ed omogeneo da nord a sud, da est ad ovest.
  Questa deve essere la premessa sostanzialmente ad una pianificazione territoriale coerente, perché è giustissimo puntare il dito sugli abusi edilizi quando in maniera abusiva si costruisce dove non si dovrebbe costruire, ma ancora più deprecabile è la casistica in cui si hanno degli edifici costruiti in maniera perfettamente legale in aree esposte al rischio, tutto a norma di legge.
  Io ritengo che per agire in questo senso un primo passo sia agire coerentemente con questo ordine del giorno, ne ho parlato diffusamente anche con il dottor Erasmo D'Angelis, che è stato designato dal Governo Renzi a provare a risolvere il problema del dissesto idrogeologico, e sostanzialmente anche lui concorda con questa teoria che, per carità non è la mia, è la teoria della comunità tecnico-scientifica italiana, tant’è che il dottor D'Angelis stesso mi ha chiesto di fare da tramite, di chiedere un mandato dall'Aula e dal Governo tramite un ordine del giorno che si esponesse in tal senso. Quindi ci tengo a far presente ai rappresentanti del Governo in Aula che il contenuto di questo ordine del giorno è già stato concordato informalmente con i membri del Governo, mi auguro pertanto che questo ordine del giorno riceva un parere positivo dal Governo domani. Vorrei chiudere ricordando che possiamo costruire tutte le opere che vogliamo, ma se non aggiorniamo le mappature ed i quadri conoscitivi e non imponiamo delle norme per Pag. 9cui si debba avere una pianificazione territoriale che è coerente con la mappatura e la conoscenza delle aree a rischio, possiamo costruire tutte le opere che vogliamo ma non avremo mai fatto assolutamente niente per risolvere il problema.

  PRESIDENTE. Il deputato Daniele Farina ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2629-AR/77.

  DANIELE FARINA. Signor Presidente, questo ordine del giorno che presentiamo riguarda l'articolo 13 del provvedimento al nostro esame, che apporta numerose modifiche ad una disciplina poco nota, ma importante, che è quella dei cosiddetti project bond, contenuta nell'articolo 157 del Codice dei contratti pubblici. Si tratta – lo spieghiamo per compiutezza – in particolare di quei titoli che possono essere emessi dalle società titolari di un contratto di partenariato pubblico-privato, allo scopo di realizzare una singola infrastruttura o un nuovo servizio di pubblica utilità, anche in deroga ai limiti previsti dal Codice civile – ed ecco il perché dell'interessamento della Commissione giustizia, almeno il mio interessamento come membro della Commissione giustizia – in tema di deroghe ai limiti quantitativi all'emissione di obbligazioni (un limite in questo caso che è il doppio del cosiddetto patrimonio netto). Tali strumenti sono sottoscritti solo da investitori qualificati e la loro successiva circolazione deve avvenire sempre tra i medesimi soggetti.
  Infatti un'altra modifica attiene al regime di circolazione dei project bond. È stato infatti eliminato, al fine – si dice – di migliorarne la fruibilità sul mercato dei capitali, l'obbligo di registrazione nominativa dei possessori, con la conseguenza di renderli molto più liquidi – così come accade già per tutti gli altri prestiti obbligazionari – ma anche, di converso, di esporli più facilmente alla dematerializzazione. Riguardo a quest'ultimo aspetto, il Commissario per l'anti-corruzione, dottor Cantone, nel corso di un'audizione ha messo in guardia sul pericolo rappresentato dalle possibili condotte di riciclaggio generate dal nuovo regime, parole che aggiungono preoccupazione viste le numerose ed imponenti opere strategiche che il provvedimento punta a rilanciare, alcune delle quali, come ad esempio il passante di Mestre o, ahimè, l'autostrada Salerno-Reggio Calabria, già oggetto di indagini delle autorità giudiziarie italiane ed europee.
  La disposizione, inoltre, modifica gli adempimenti in materia di rappresentazione del profilo di rischio, eliminando l'onere di riportare anche sul titolo l'avvertimento circa l'elevato rischio associato all'operazione, che dovrà invece rimanere circoscritto alla sola documentazione di offerta, che dovrà riportare chiaramente ed evidenziare distintamente un avvertimento circa il grado di rischio che connota l'investimento.
  Ma ovviamente non stiamo parlando della stessa cosa. Ecco perché noi, con questo semplice ordine del giorno chiediamo al Governo, in realtà lo vorremmo impegnare, di valutare i rischi connessi al nuovo regime di portabilità dei project bond, che li rende estremamente smaterializzabili e quindi oggetto di operazioni di riciclaggio penalmente perseguibili.
  Vorremmo impegnarlo anche a rafforzare gli obblighi di informativa e di rappresentazione del profilo di rischio legato alla sottoscrizione dei project bond secondo modalità da stabilirsi con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, che rendono il sottoscrittore pienamente cosciente del rischio specifico associato all'operazione.
  Inoltre, sarebbe utile uniformare progressivamente la tassazione sugli interessi dei project bond a quella degli altri strumenti finanziari, o comunque stabilendola ad un livello non inferiore al 26 per cento anche perché riscontriamo che, per quanto riguarda il regime fiscale degli atti di costituzione e trasferimento di garanzia, il comma 3 dell'articolo in esame estende l'applicazione dell'imposta di bollo in misura agevolata, pari a 200 euro, alle sostituzioni di garanzia relative all'emissione di project bond e ai trasferimenti di garanzie, Pag. 10anche qualora derivino dalla cessione delle predette obbligazioni a titoli di debito, che rende strutturale l'applicazione dell'aliquota agevolata al 12, 5 per cento sugli interessi delle obbligazioni di progetto, emesse per finanziare gli investimenti di infrastruttura con i servizi di pubblica utilità, mentre il legislatore negli ultimi anni – come ricordavo – si è mosso nella prospettiva di unificare la tassazione di tutte le rendite finanziarie alla medesima aliquota del 26 per cento e dunque non si capisce perché essa debba essere agevolata oggi al 12,5 per cento.

  PRESIDENTE. Il collega Altieri ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2629-AR/85.

  TRIFONE ALTIERI. Signor Presidente, intervengo per illustrare l'ordine del giorno che riguarda un tema molto importante per l'intero Paese, ma in particolare per il Mezzogiorno d'Italia. In un'area, in un territorio, nella quale il turismo è una delle poche attività produttive che segna sempre un segno più, in crescita e ci sono sempre maggiori arrivi da parte di stranieri e ci ritroviamo tra l'altro con una stagione che si allunga sempre di più e ci sono diversi interventi anche a favore della destagionalizzazione, eppure appare curioso quanto folle che, dal mese di settembre, tutte le attività balneari, le spiagge e i lidi sono obbligati a restare chiusi.
  Quindi, in un provvedimento che si chiama «Sblocca Italia» ritengo e riteniamo insieme ai colleghi che hanno sottoscritto con me questo ordine del giorno, che consentire a un imprenditore di questo settore di aprire quando ritiene, sia davvero il minimo sindacale. È impossibile infatti impegnare qualcuno a restare chiuso, quando quell'apertura significa per il nostro Paese maggiore occupazione, ma anche maggiori entrate per lo Stato perché un'attività che opera è un'attività che lavora, paga l'IVA e paga le tasse e quindi chiedere di chiudere è un segno meno per l'economia del Paese, è un segno meno per l'attività degli imprenditori del nostro territorio, ma soprattutto è un segno meno rispetto all'immagine turistica dell'Italia. L'Italia è il Paese con più siti Unesco al mondo. Sono questi un grandissimo attrattore turistico e culturale, arrivano da tutto il modo per visitare i nostri siti Unisco e pensate come un turista che arrivi dalla Russia anche a dicembre – in Puglia, come Sicilia ci sono 18 o 20 gradi – sicuramente può ritenere interessante restare al mare per la mattinata, eppure trova tutte le spiagge e tutti i lidi chiusi e obbligati a restare chiusi.
  Quindi, chiediamo al Governo con questo ordine del giorno di impegnarsi anche con le regioni per trovare la maniera di consentire agli imprenditori del settore turistico balneare di decidere autonomamente quando aprire e quando chiudere.

  PRESIDENTE. Il collega Micillo ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2629-AR/120.

  SALVATORE MICILLO. Presidente, colleghi, la lobby degli inceneritori sentitamente ringrazia. Questo è il messaggio di ringraziamento che i membri del Governo avranno sicuramente ricevuto dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto cosiddetto «sblocca Italia». Tale provvedimento è, senza ombra di dubbio, il peggiore atto legislativo dall'inizio della presente legislatura. Il giudizio negativo non riguarda solo i contenuti dello stesso e la sua comprensibilità e neppure il troppo tecnicismo o gli eccessivi riferimenti legislativi. Il giudizio impietoso riguarda proprio il merito del provvedimento. Questo decreto-legge è pericoloso per i suoi contenuti. Quello che il Governo riesce ad esprimere con queste disposizioni, tutte insieme, è quanto di più antiambientalista si possa immaginare. Sono presenti dei concetti che mettono a rischio finanche la salute di milioni di cittadini italiani.
  Il Governo ha gettato la maschera nel momento in cui ha preso chiaramente posizione a favore della costruzione di inceneritori per lo smaltimento dei rifiuti. Abbraccia, in pieno e definitivamente, la Pag. 11causa del trattamento termico dei rifiuti, per abbandonare qualsiasi idea di incentivare la raccolta differenziata. Per chi ancora non lo avesse capito, sto parlando specificatamente dell'articolo 35 del decreto, il cui contenuto procurerà di sicuro un'impennata di tumori per tutti coloro che si troveranno malauguratamente a vivere nelle vicinanze di inceneritori, tanto cari a questo Governo, il Governo Renzi.
  La posizione del Governo indica che questa classe dirigente è lontana anni luce dall'idea di ambiente che il MoVimento 5 Stelle professa ormai da anni e che sta facendo breccia in un sempre crescente numero di cittadini. Il Governo ha pure il coraggio di affermare che gli inceneritori «concorrono allo sviluppo della raccolta differenziata». Trattasi di affermazione che non ha alcun fondamento logico. È un'affermazione assurda e impossibile.
  Raccolta differenziata significa minore quantità di CDR e meno CDR significa meno materiale da bruciare e quindi, di conseguenza, meno contributi governativi a favore delle lobby dei rifiuti. Più raccolta differenziata significa meno soldi ai grandi gruppi industriali, che si arricchiscono a scapito della salute delle popolazioni locali. Solo una raccolta differenziata «spinta» assicura il rispetto dell'ambiente e della salute umana. Incentivare i sistemi di raccolta differenziata è la strada maestra da seguire per la gestione dei rifiuti solidi urbani. L'incenerimento dei rifiuti è una pratica assolutamente da bandire, deplorare, disincentivare. Dobbiamo riciclare, recuperare la materia e non bruciarla.
  Il Governo continua affermando che gli inceneritori servono per il conseguimento della sicurezza nazionale. Avete capito bene, cari colleghi e cari cittadini. Il Governo accosta il concetto di sicurezza nazionale con il concetto di inceneritori. A chi giovano ? Ancora viene affermato, senza alcuna remora, che gli inceneritori hanno la finalità di conseguire un progressiva riequilibrio socio-economico e che deprimono il fabbisogno di discariche. Ma la cosa, a mio avviso, più grave riguarda la parte dove il legislatore ha il coraggio di affermare che gli impianti di incenerimento dei rifiuti costituiscono infrastrutture di preminente interesse nazionale ai fini della tutela della salute e dell'ambiente.
  Il Governo altro non sta facendo che cancro e inceneritori. Saranno difendibili anche con l'utilizzo dell'esercito e con le armi da guerra, così come è accaduto per l'inceneritore di Acerra. Secondo il Governo Renzi il modello dell'inceneritore di Acerra è un modello vincente e da esportare. La militarizzazione delle aree, per stroncare sul nascere, mortificare e reprimere qualsiasi forma di protesta e agitazione popolare, è la strada che questo Governo ha scelto di proseguire. Siamo per la libertà dei cittadini, per la loro salute e tutela. Dunque, tutto questo ci trova assolutamente contrari.
  Naturalmente, il nostro Presidente del Consiglio non si fa mancare neppure un richiamo ad una presunta e superiore volontà proveniente dall'Europa, affermando la solita filastrocca del «ce lo chiede l'Europa». A questo punto non posso esimermi dal fare chiarezza su un punto a mio avviso fondamentale e che spesso viene alla luce quando si parla di inceneritori. Si è soliti giustificare qualsiasi provvedimento relativo agli inceneritori con la giustificazione che è l'Europa a chiedere una cosa del genere. Diciamolo una volta e per tutte: non è vero ! L'Europa non indica gli inceneritori quale strumento per evitare il conferimento in discarica. A prova di questo invito tutti i Ministri di questo Governo a leggere e a studiare la direttiva n. 2008/98/CE, emanata in materia di rifiuti. Tale atto prevede, infatti, obiettivi di riciclo riferiti a specifiche frazioni merceologiche e non certo volumi di energia prodotti dai rifiuti.

  PRESIDENTE. Dovrebbe concludere.

  SALVATORE MICILLO. Ho quasi concluso. Le particelle possono cadere sui prodotti destinati al consumo umano, come ad esempio un cavolo, il quale per sua conformazione naturale è molto rugoso. Pag. 12Allora, anche il lavaggio dello stesso rischia di non essere in grado di eliminare quelle pericolose particelle infinitesimali che vengono assimilate dall'organismo degli esseri umani, in quanto la catena alimentare si compie. Vi è assoluta urgenza di passare...

  PRESIDENTE. Collega, la ringrazio, è fuori di trenta di secondi. Ha chiesto di parlare il collega Francesco Ferrara, che non vedo. Ha chiesto di parlare il collega Cirielli, che non vedo. Ha chiesto di parlare il collega Crippa, che non c’è. Ha chiesto di parlare il collega Fratoianni, che non c’è. Il collega Marco Da Villa ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno. Ne ha facoltà.

  MARCO DA VILLA. Signor Presidente, intervengo per illustrare il mio ordine del giorno, il n. 9/2629-AR/180, che tende ad affrontare l'annoso problema dei pagamenti dei debiti delle pubbliche amministrazioni nei confronti di varie imprese. È un problema annoso che ha visto una serie di decreti avvicendarsi e che purtroppo, ahinoi, è ancora lontano dal vedere una soluzione. Dai dati che troviamo nel sito del MEF, aggiornati al 23 settembre, vediamo che le risorse finanziarie rese disponibili agli enti debitori sono di 38,4 miliardi, cioè il 68 per cento dello stanziamento per il 2013, e di questi 31,3 miliardi sono i debiti della pubblica amministrazione pagati ai creditori. Abbiamo situazioni in cui più del 95 per cento di questi debiti sono in capo ad enti locali, alle province autonome e alle regioni. In realtà, se andiamo a vedere anche i dati che ci vengono forniti dalle associazioni di categoria, ancora tanti sono i crediti che le imprese avanzano. Secondo la Confartigianato si tratta di 20 miliardi che devono essere ancora pagati, ma ci sono delle stime ancora più drammatiche, perché la CGIA di Mestre parla addirittura di 35 miliardi. Tutto ciò in una situazione in cui rimane ancora un mistero di fatto quale sia lo stock di debito accumulato dalle pubbliche amministrazioni nei confronti delle imprese, quindi non si hanno ancora dati certi, e di fronte ad uno scenario europeo in cui lo Stato italiano rimane tuttora il peggiore pagatore d'Europa, con una media di tempi di pagamento per la pubblica amministrazione che è di 165 giorni, in cui l'Italia si trova dietro a Paesi come Grecia, Cipro, Serbia e Bosnia. Inoltre, c’è da ricordare anche una delle numerose promesse non mantenute da parte del nostro Presidente del Consiglio: a marzo promise solennemente, nella trasmissione Porta a Porta di Bruno Vespa, che avrebbe sbloccato tutti i debiti delle pubbliche amministrazioni entro il 21 settembre. Ecco qua, è passato più di un mese e siamo nella situazione che dicevo prima, tra i 20 e i 35 miliardi ancora da pagare. Ricordo anche che il MoVimento 5 Stelle ha cercato di dare il suo contributo per risolvere questo problema ed è riuscito, prima con un ordine del giorno approvato e poi con un emendamento al decreto «destinazione Italia», ad ottenere la possibilità per le imprese che vantassero crediti nei confronti della pubblica amministrazione di andare a compensazione rispetto a cartelle esattoriali ricevute. Ecco, ahinoi, questo provvedimento, che avrebbe potuto comunque aiutare e dare una boccata d'ossigeno al nostro tessuto imprenditoriale, è divenuto operativo appunto a fine settembre.
  Quindi, dalla data di conversione del decreto «Destinazione Italia», che è avvenuta a febbraio 2014, ci troviamo con appena tre mesi di disponibilità per le imprese di godere di questo beneficio di compensazione, perché, lo ricordiamo, la previsione dell'emendamento all'interno del decreto «destinazione Italia» prevede una scadenza entro il 31 dicembre 2014 per problemi di coperture.
  Quindi, questa è la richiesta, questo è l'impegno doveroso che viene chiesto al Governo: completare il piano dei pagamenti di tutti i debiti pregressi della pubblica amministrazione.

  PRESIDENTE. Il deputato Giancarlo Giordano aveva chiesto di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2629-AR/69, ma è impossibilitato a parlare.Pag. 13
  Il deputato Prodani ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2629-AR/156.

  ARIS PRODANI. Signor Presidente, con il presente ordine del giorno si chiede all'Esecutivo di impegnarsi a stabilizzare, o almeno a estendere a tutto il 2015, l'equiparazione delle strutture ricettive all'area aperta con quelle organizzate per la sosta e il pernottamento di turisti all'interno delle proprie unità da diporto ormeggiate nello specchio acqueo appositamente attrezzato, i cosiddetti Marina Resort.
  Questa disposizione, prevista dall'articolo 32, commi 1 e 2, del disegno di legge di conversione del decreto-legge «sblocca Italia», è stata limitata nel tempo, in quanto ha effetto dalla data di entrata in vigore della legge di conversione fino al 31 dicembre 2014.
  L'equiparazione, inoltre, dovrà avvenire secondo i requisiti stabiliti dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, sentito il MIBACT, ma non è stato specificato come saranno individuati i requisiti stessi, non sono state stabilite scadenze temporali e non è previsto alcun coinvolgimento delle regioni.
  Sull'individuazione dei criteri da parte dei Ministri competenti, che per l'attuale riparto costituzionale delle competenze dovrebbe comunque prevedere il coinvolgimento regionale, non vi è nulla da eccepire. La portata temporale così ristretta della norma, invece, appare criticabile. Non ha senso, infatti, equiparare i Marina Resort alle strutture ricettive all'aperto per soli 2-3 mesi, qualora fossero stabiliti in tempo i requisiti da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.
  Questa misura, che è oggetto di una mia proposta di legge presentata nell'aprile scorso, è attesa da molto tempo dalle marine italiane ed è fondamentale per favorire il rilancio sia della diportistica che del turismo e dell'occupazione ad essa legati.
  Riconoscere in modo definitivo e non temporaneo una categoria di servizi turistici fino ad oggi non prevista e non considerata, che coinvolge una parte residuale di posti barca dei porti turistici, vuole dire sviluppare i servizi di accoglienza e messa a disposizione dello specchio acqueo per il pernottamento di turisti a bordo delle proprie unità da diporto, così come avviene con le piazzole dei campeggi per i camper.
  Si tratta di porzioni limitate dei porti turistici, destinate alle suddette prestazioni, che colpevolmente non figurano fra le strutture ricettive all'aperto. Questo obiettivo è possibile solo modificando il n. 120 della tabella A, parte terza, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, sull'istituzione e disciplina dell'imposta sul valore aggiunto. In questo modo, i servizi di accoglienza e messa a disposizione dello specchio acqueo per il pernottamento dei turisti a bordo delle proprie imbarcazioni non sconterebbero l'IVA piena, fissata al 22 per cento, ma quella agevolata al 10 per cento, prevista per le piazzole dei campeggi per i camper. Il gap competitivo dei porti turistici italiani rispetto a quelli dei Paesi concorrenti nel Mediterraneo è ormai insostenibile.
  L'IVA agevolata al 10 per cento può costituire un parziale recupero per il settore diportistico, duramente colpito dalla crisi e dalla fallimentare tassa di stazionamento voluta dal Governo Monti nel 2012 con il decreto «salva Italia», che, secondo i dati dell'Ucina, avrebbe fatto perdere circa 40 mila ormeggi di imbarcazioni, fuggite all'estero.
  L'attuale testo del n. 120 della tabella A, parte terza, allegata al decreto IVA, non fa ancora riferimento alle strutture ricettive definite dall'articolo 6 della legge 17 maggio 1983, n. 217, pur trattandosi di una norma ormai abrogata. Il rimando al suo contenuto, però, fa sì che le strutture ricettive ad oggi considerate siano soltanto alberghi, motel, villaggi-albergo, residenze turistiche alberghiere, campeggi, villaggi turistici, alloggi agroturistici, affittacamere, case e appartamenti per vacanze, case per ferie, ostelli per la gioventù, rifugi alpini e bed and breakfast.Pag. 14
  La norma prevista dai commi 1 e 2 dell'articolo 32, quindi, sembra orientata a rimuovere una parte delle sperequazioni vigenti in campo turistico, riconoscendo e ricomprendendo fra le strutture turistiche tutte quelle nautiche, limitatamente alle aree destinate all'offerta del servizio di sosta e pernottamento di turisti all'interno delle proprie imbarcazioni ormeggiate nello specchio acqueo denominato Marina Resort, escludendo colpevolmente, però, la categoria delle piazzole a terra denominata marina a secco oppure Marina Dry. Un intervento del genere, che, a mio avviso, dovrebbe includere anche le categorie della marina a secco, avendo una portata potenzialmente dirompente e positiva per il quadro economico e occupazionale di riferimento, dovrebbe essere stabilizzato e reso permanente.
  Per questo motivo, chiedo l'accoglimento del mio ordine del giorno e la stabilizzazione, il prima possibile, magari nella legge di stabilità, della misura prevista dall'articolo 32 del provvedimento in esame.

  PRESIDENTE. Colgo l'occasione per salutare gli alunni e i docenti dell'Istituto comprensivo statale Perri-Pitagora di Lamezia Terme (Catanzaro), che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
  Il deputato Kronbichler ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2629-AR/73.

  FLORIAN KRONBICHLER. Signor Presidente, colleghi, l'articolo 10 del provvedimento al nostro esame modifica in parte i compiti della Cassa depositi e prestiti, infatti, con questo provvedimento, ne vogliamo aggiungere qualcun altro a questa Cassa depositi e prestiti, sul cui operato non si può, di certo, esprimere solo dei giudizi positivi. L'istituto è diventato una specie di «prostituta del credito» non negando il suo intervento finanziario a tutti i potenti del nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà) e, invece, centellinando là dove sarebbe stato più utile; peraltro si tratta di tendenze che sembrano diffondersi alla gran parte del sistema bancario italiano. I flussi di credito dovrebbero essere orientati in direzione di iniziative che incrementino o sostengano l'occupazione, l'innovazione tecnologica, la crescita del settore dell'economia verde (dico appositamente economia verde e non green economy perché quando sento quel concetto dico sempre che c’è da stare attenti). Vorrei sottolineare come la competitività dell'industria tedesca ha alle spalle una grande agenzia pubblica Fraunhofer Institute composta da migliaia tra scienziati, tecnologi, ingegneri e ricercatori, espressione dei grandi politecnici tedeschi, a cui ogni azienda, di fronte a qualsiasi strozzatura produttiva, può rivolgersi, stabilendo un contratto di ricerca per avere risposte competenti all'eventuale problema. Ci lavorano 23 mila collaboratori, in 80 istituti diffusi su tutto il territorio della Repubblica federale. L'agenzia Fraunhofer alimenta così, con le sue risposte, un continuo flusso di investimenti e, attraverso tale flusso, un processo d'innovazione incrementale e sistemico. Nel nostro Paese un'agenzia simile sarebbe ancora più necessaria, dati i problemi, e vista la particolare struttura produttiva italiana in cui le grandi imprese hanno, sostanzialmente, smantellato i loro istituti di ricerca (non elenco gli esempi). Ci tengo, invece, a rendere noto qui che esiste già una agenzia in Italia sul modello del Fraunhofer Institute ed è a Bolzano, è di diritto privato e di proprietà tedesca, al 99 per cento, con una microscopica partecipazione degli imprenditori locali, che però non ha la pretesa di essere un sistema nazionale, anche se progetta di aprire altre sedi nel territorio nazionale. Fraunhofer Italia, così si chiama, collabora, soprattutto, con l'Università Libera di Bolzano, e a quanto mi ha assicurato quest'oggi proprio il suo direttore scientifico, Krause, metterebbe a disposizione il suo know how all'istituzione di un tale istituto autonomo in Italia.
  Noi, con questo ordine del giorno, intendiamo impegnare il Governo a prendere le opportune iniziative per la costituzione Pag. 15di una simile agenzia nazionale sul modello Fraunhofer, al fine di incrementare l'innovazione di processi e dei prodotti ed incrementare la competitività del nostro apparato produttivo e ad autorizzare la Cassa depositi e prestiti a finanziarla.

  PRESIDENTE. Il deputato Della Valle ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2629-AR/157.

  IVAN DELLA VALLE. Grazie Presidente, questo ordine del giorno mi dà la possibilità di spiegare un'opera a me particolarmente cara, che è la tratta 3 della linea 1 della metropolitana di Torino.
  Spiego un po’ quello che è successo in questo ultimo anno, cerco di mettere un po’ di verità su questa opera. Nel 2013 presentai un emendamento al «decreto-legge del fare» per aggiungere quest'opera all'elenco delle opere da finanziare. L'emendamento fu bocciato, naturalmente, da questa maggioranza e anche dal Partito Democratico, dicendo che l'opera non era immediatamente cantierabile.
  A distanza di 9 mesi troviamo inserita quest'opera nel decreto-legge «sfascia Italia» o «sblocca Italia» che sia e, a distanza di 9 mesi, non è cambiato nulla nella progettazione, non è andato avanti niente. E anche in questo decreto-legge ci sono dei limiti: il 30 aprile perché l'opera sia appaltabile.
  A questo punto ho presentato un emendamento per spostare il limite del 30 aprile almeno a settembre, dandoci un po’ più di tempo per essere sicuri che arrivi questo progetto esecutivo e per non perdere il finanziamento. L'emendamento è stato bocciato dal Partito Democratico, dicendo che l'opera sostanzialmente era immediatamente appaltabile perché si poteva immediatamente andare avanti con questo appalto comprando, ad esempio, i vagoni per la metropolitana o le pensiline delle varie fermate, quindi si poteva appaltare immediatamente. Allora perché questa teoria di poter appaltare immediatamente non valeva già nel «decreto-legge del fare» nel 2013 ? Perché l'emendamento era stato presentato dal MoVimento 5 Stelle, quindi era da bocciare e, invece, adesso lo approvano.
  Bene, ma hanno fatto un'altra operazione. Noi tutti deputati piemontesi siamo stati chiamati da Chiamparino e Fassino a un tavolo in Piemonte, durante il quale hanno annunciato una cosa ben superiore. Hanno detto che questo progetto prevedeva il 60 per cento di finanziamento da parte dello Stato e il 40 per cento da parte dei comuni interessati (i comuni di Rivoli, Collegno e Torino) e, in parte, dalla regione. Loro sono venuti anche diverse volte in questi mesi nei comuni interessati a fare serate, manifestazioni dicendo che erano riusciti ad ottenere da parte dello Stato il finanziamento totale dell'opera e che, quindi, avremmo trovato 100 milioni di euro nel decreto-legge «sblocca Italia» e altri 200 milioni di euro nella legge di stabilità, in modo che l'opera sia interamente finanziata da parte dello Stato e, quindi, non ci saranno ulteriori oneri per i comuni.
  Io ho risposto che queste sono parole, ma dove sta scritto ? Perché dovremmo votare questo provvedimento con questa promessa, senza nulla di scritto ? La risposta è stata: «Non vi preoccupate, nel momento in cui andrete a votare il decreto-legge «sblocca Italia» la legge di stabilità sarà già stata presentata, quindi questa promessa la potrete verificare».
  Bene, bellissimo, contentissimi, abbiamo preso il 100 per cento del finanziamento, quindi non vedevo l'ora che fosse presentata la legge di stabilità. La legge di stabilità è stata presentata, è stata firmata dal Capo dello Stato: questi 200 milioni di euro non ci sono. Quindi, il Partito Democratico è andato a fare serate a Rivoli, è andato a fare serate a Collegno e a Torino promettendo che lo Stato avrebbe finanziato interamente quest'opera e, ora che è stata presentata la legge di stabilità, i 200 milioni di euro non ci sono. Quindi, con questo ordine del giorno chiedo e impegno il Governo a finanziare l'intera opera, prevedendo questi 200 milioni di euro nella legge di stabilità che andremo a discutere.

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  PRESIDENTE. Il deputato Marcon ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2629-AR/71.

  GIULIO MARCON. Signor Presidente, colleghi e colleghe, gentile sottosegretaria, con questo ordine del giorno noi vogliamo riproporre l'attenzione sulla necessità di avere uno strumento di carattere finanziario capace di sostenere gli investimenti nella green economy; in quelle produzioni che sono sempre di più necessarie per orientare il nostro modello di sviluppo sui criteri della sostenibilità ambientale e su quella nuova frontiera di un'economia che sia un'economia di qualità e rispondente ai nuovi bisogni che la comunità e, più in generale, questo pianeta esige.
  Noi, in particolare, facciamo riferimento all'articolo 10 del provvedimento, quando si evidenzia il ruolo che la Cassa depositi e prestiti può avere per finanziare interventi relativi a quanto previsto da questo provvedimento.
  Noi pensiamo che sia opportuno fare come è stato fatto in altri Paesi, in particolare in Gran Bretagna, dove è stata creata, costituita una sorta di Green bank. Noi pensiamo che la stessa cosa debba fare il nostro Paese, che può utilizzare la Cassa depositi e prestiti per costituire uno strumento finanziario, che può essere appunto definito come una Green bank. Noi pensiamo ad una dotazione di almeno un miliardo di euro, per il 51 per cento finanziato attraverso le risorse di Cassa depositi e prestiti e poi attraverso partecipazioni dirette del Ministero dell'economia e delle finanze, in modo tale da sostenere tutti quegli investimenti o gli interventi nel campo delle energie rinnovabili, della mobilità sostenibile e delle altre produzioni che possono essere associate ad un'idea appunto di green economy, che sono per noi assolutamente prioritarie.
  Con questo ordine del giorno noi impegniamo il Governo a valutare l'opportunità di autorizzare la Cassa depositi e prestiti ad assolvere a quei compiti che noi individuiamo, cioè i compiti di un'istituzione finanziaria per lo sviluppo della green economy, anche perché riteniamo che il nostro Paese abbia disperatamente bisogno di investimenti pubblici.
  Continuiamo ad affidarci agli investimenti privati attraverso politiche di sgravi fiscali, ma gli investimenti privati non arrivano nel nostro Paese. Pensiamo che bisogna fare come altri Paesi, come, ad esempio, la Germania che ha messo in campo in questi anni una poderosa politica di investimenti pubblici, anche nel settore della ricerca e dell'innovazione. Noi pensiamo che questa sia la nuova frontiera che va esplorata per rilanciare l'economia del nostro Paese ed, in particolare, un modello di sviluppo fondato sulla sostenibilità e sulla qualità ambientale.
  Nel nostro ordine del giorno individuiamo una serie di presupposti per la creazione di questa Green bank. Pensiamo che questa possibilità, questa ipotesi sia assolutamente indispensabile, soprattutto sulla base dell'idea che dalla crisi si esce attraverso un uso intelligente della spesa pubblica, attraverso degli investimenti pubblici soprattutto in settori come quelli che ricordavo prima, dalla mobilità sostenibile alle energie rinnovabili ed io aggiungo a tutto quel settore delle piccole opere necessarie soprattutto relativamente alla lotta al dissesto idrogeologico, alla riqualificazione delle periferie delle grandi città, alla messa in sicurezza delle scuole; tutti quegli interventi che possono in qualche modo garantire una maggiore qualità nella gestione del territorio e, nello stesso tempo, nel rilancio di quegli interventi che possono non solo favorire la difesa, la sopravvivenza e lo sviluppo delle piccole imprese, ma anche, attraverso di essi, creare nuovi posti di lavoro.
  Quindi investire in questa direzione significa fare quello che già hanno fatto altri Paesi, che ha fatto la Germania, che hanno fatto gli Stati Uniti, che ha fatto in parte la Gran Bretagna. Pensiamo che bisogna investire nella creazione di istituzioni finanziarie capaci di sostenere il ruolo e l'intervento delle imprese nel nostro Pag. 17Paese, per assicurare quella qualità di produzioni e consumi di cui noi abbiamo bisogno per uscire dalla crisi.
  Ecco perché chiediamo all'Aula di votare questo ordine del giorno e speriamo che il Governo si attivi rapidamente per creare anche in Italia una Green bank adeguata ai compiti che il nostro Paese richiede.

  PRESIDENTE. Il collega Fantinati ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2629-AR/9.

  MATTIA FANTINATI. Signor Presidente, colleghi, è possibile che un Governo oppure un Parlamento sia contrario al made in Italy ? Credo proprio di no, ma – sono pronto a scommetterci – anche i Governi futuri non potranno essere contrari al made in Italy. Tuttavia, tra il dire e il fare ci sono di mezzo tante parole e fatti davvero pochi.
  Anche in questo provvedimento dello «Sblocca Italia» tutto il made in Italy viene concentrato nell'articolo 30. Con l'articolo 30 noi andremo a promuovere – ci mancherebbe ! – il made in Italy, ci batteremo per sconfiggere, una volta per tutte, la contraffazione, proteggeremo nelle nostre dogane i nostri prodotti, metteremo in commercio col marchio made in Italy soltanto le merci prodotte in Italia per difendere i nuovi posti di lavoro. Se questi sono gli intenti, c’è da fare anche qualcosa di più, c’è da fare un salto in più.
  Questo è successo con un mio emendamento che menziono non tanto per portare avanti il mio nome, ma perché nasce da un'indicazione dell'Agenzia delle dogane che durante le audizioni in X Commissione attività produttive sottolineava la necessità di una riscrittura della legge finanziaria 2004, tecnicamente della legge n. 350 del 2003, nella quale è stata trasformata, in alcuni importanti casi, la fallace indicazione da illecito penale ad amministrativo. Inoltre, è stato disposto, quale solo obbligo in carico al titolare di marchio registrato, che importi prodotti realizzati in Paesi terzi, quello di fornire una dichiarazione con cui si impegna – qui vorrei cercare di farmi capire al meglio – ad assicurare idonee informazioni sul luogo di produzione delle merci in fase di commercializzazione in un'ottica strategica di lungo periodo, spostando l'eventuale controllo ad una fase successiva, quella, non tanto dell'ingresso del materiale, ma dell'effettiva commercializzazione, di fatto, quindi all'intero territorio nazionale. Invece, cioè, di controllare il materiale che entra, noi andiamo a controllare il materiale che esce nei vari scaffali: questo di fatto succede.
  Tale modifica, in assoluto, ha fortemente indebolito la norma in termini di deterrenza – ci mancherebbe – ma, inoltre e soprattutto, ha consentito di eludere, rendendolo inefficace, il «momento doganale» – l'Agenzia delle dogane, cioè, non riesce più a fermare tanto materiale – quale focus chiaramente dell'azione di controllo.
  Tant’è che i numeri parlano chiaro; l'Agenzia delle dogane ha evidenziato l'impatto profondamente negativo delle norme 49-bis e 49-ter sul sistema dei controlli che ha comportato che, dagli oltre 10 milioni di pezzi sequestrati nel 2008, siamo arrivati ad oggi a 1.500.000 pezzi. Chiaramente non riescono più a fermarli, non che di pezzi ne entrino molti di meno.
  Cifre che da sole dimostrano l'impatto che tale normativa ha determinato sulla tutela operata dall'Agenzia negli spazi doganali.
  Ecco qui che in Parlamento viene proposta una mozione per sopprimere questi due articoli e viene votata da tutto il Parlamento, viene votata favorevolmente anche dal Governo. Quindi, che cosa succede ? Se su una mozione è stato espresso parere favorevole, in aula andiamo a proporre l'emendamento. Tuttavia, purtroppo le cose non filano lisce, lo so sembra alquanto ridicolo ma il Governo, nella persona del sottosegretario di Stato allo sviluppo economico, in sede di discussione in Commissione ambiente, ha espresso parere contrario. Questo emendamento è stato bocciato, perché ? Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali è contrario sulla predetta proposta emendativa, Pag. 18mentre non sussistono particolari ragioni ostative per il Ministero dello sviluppo economico.
  È evidente che nei Ministeri non c’è molta chiarezza: uno dice una cosa, l'altro ne dice un'altra. Detto questo, che cosa chiedo al Governo ? Chiedo due cose molto semplici. La prima, di promuovere modifiche a questa legge secondo le indicazioni dell'Agenzia della dogane, che è il primo ente che fa i controlli, è chi è preposto veramente ad effettuare i controlli, in particolare inasprendo la sanzione di fallace indicazione ed eliminare la disposizione che impone al titolare di marchio registrato, che importi prodotti realizzati in Paesi terzi, di fornire una dichiarazione con cui si impegna ad assicurare idonea informazione sul luogo di produzione delle merci in fase di commercializzazione. In secondo luogo, chiedo di convocare immediatamente un tavolo di coordinamento per sentire i vari soggetti in modo che si trovi una soluzione finale efficace ed efficiente.

  PRESIDENTE. Constato l'assenza del collega Matarrelli, che aveva chiesto di illustrare il suo ordine del giorno.
  La collega Mucci ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2629-AR/172. Chiedo di liberare i banchi del Governo, se possibile, grazie. Prego.

  MARA MUCCI. Signor Presidente, questo ordine del giorno riguarda l'introduzione dell'articolo 31 di questo decreto-legge, che interviene in materia di esercizi alberghieri. In particolar modo, questo articolo va ad introdurre nell'ordinamento nazionale la definizione di una nuova tipologia di struttura ricettiva: i condhotel. In questa definizione, il condhotel viene definito come una composizione integrata tra camere destinate alla ricettività ed unità abitative a destinazione residenziale, dotate di servizio autonomo di cucina. In particolare, la superficie delle unità a destinazione residenziale non può superare il 40 per cento della superficie totale degli immobili interessati.
  In questo caso, Presidente, noi solleviamo una questione e di merito e di metodo. Per quanto riguarda il merito, secondo noi, la percentuale del 40 per cento della superficie totale degli immobili interessati è una percentuale troppo elevata. La norma, infatti, si riferisce ad esercizi a gestione unitaria, composti da una o più unità immobiliari, ubicati nello stesso comune.
  Questo potenzialmente, Presidente, potrebbe essere pericoloso, soprattutto nel caso in cui vengano acquistati più immobili e vengano effettuate operazioni di ristrutturazione – perché di questo si parla –, che vanno a modificare il vincolo di destinazione alberghiera in destinazione ad uso residenziale e, quindi, potenzialmente, a trasformare unità intere che in origine erano unità alberghiere in unità residenziali.
  Noi avevamo proposto diversi emendamenti per correggere questo problema nel merito, che però non siamo mai riusciti a discutere. Nello specifico, volevamo modificare le percentuali di destinazione degli immobili ad uso residenziale – percentuali più basse, del 30 per cento – e, comunque, considerare il singolo immobile nella trasformazione di alcune camere in immobili residenziali. Quindi, si andava a colpire il singolo immobile e non più unità ubicate nello stesso comune.
  Per quanto riguarda il metodo, Presidente, noi solleviamo una questione che è un po’ strana perché già è stato emanato, molto di recente, un decreto-legge – il decreto-legge n. 83 del 2014, convertito in legge nel mese di luglio –, il cui articolo 10, comma 5, demanda a un decreto del Mibact, da emanarsi entro tre mesi, d'intesa con la Conferenza Stato-Regioni, l'aggiornamento degli standard minimi e l'uniformità sul territorio nazionale dei servizi e delle dotazioni per la classificazione delle strutture ricettive. In pratica, il Mibact stesso doveva emanare un decreto in cui andava già a definire che cosa sarebbe stato un condhotel.
  Quindi, a nostro avviso, è inutile intervenire su qualcosa che già doveva essere fatto, anche perché, nella definizione che è stata data di condhotel, non vengono tenute in considerazione le specifiche esigenze Pag. 19connesse alla capacità ricettiva e alla fruizione dei contesti territoriali in cui si insinua la modifica. Infatti, nel caso di un decreto del Mibact, quei contesti andavano, comunque, analizzati e tenuti in considerazione; nel caso, invece, di una norma definita in maniera generica per tutto il territorio nazionale, è chiaro che non si vanno a fare distinzioni che potrebbero, comunque, essere adottate per fare al meglio certe valutazioni e una definizione congrua di quello che può essere questa nuova tipologia di impresa ricettiva.
  Noi chiediamo, Presidente, con questo ordine del giorno, di coordinare le disposizioni relative ai condhotel contenute nel decreto-legge in esame con quelle contenute nel decreto-legge n. 83 del 2014, dando priorità ai principi e ai criteri stabiliti dal decreto del Mibact che verrà emanato a breve.

  PRESIDENTE. Colgo l'occasione per dare notizia all'Aula che, mercoledì 22 ottobre, il collega Davide Crippa ha avuto una bambina dal nome Cecilia e la collega Vega Colonnese un bambino dal nome Andrea, a cui vanno gli auguri della Presidenza (Applausi).
  Il collega Melilla ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2629-AR/72.

  GIANNI MELILLA. Signor Presidente, l'articolo 10 del decreto «Sblocca Italia» è dedicato alla Cassa depositi e prestiti. Il Governo interviene per allargare e potenziare l'operatività della società per azioni controllata dal Ministero dell'economia e delle finanze, nata per finanziare gli enti locali. Adesso la Cassa depositi e prestiti potrà dare credito anche a privati impegnati nella tutela e valorizzazione del patrimonio culturale, anche in funzione di promozione del turismo, ambiente ed efficientamento energetico. Nello specifico, lo «Sblocca Italia» interviene su un paio di commi dell'articolo 5 della legge n. 326 del 24 novembre 2003, ovvero quella che ha trasformato la Cassa depositi e prestiti in una società per azioni, aprendo le porte alla successiva privatizzazione di una parte del capitale e a una gestione totalmente opaca della Cassa depositi e prestiti. Con questo ordine del giorno si intende impegnare il Governo a prendere le opportune iniziative, anche normative, affinché le risorse raccolte attraverso il risparmio postale siano impegnate prioritariamente nel sostenere gli investimenti finalizzati alla riappropriazione sociale dei beni comuni e dei servizi pubblici, alla tutela idrogeologica del territorio, alla messa in sicurezza del patrimonio pubblico e degli edifici scolastici, alla realizzazione di opere pubbliche finalizzate all'espansione dei servizi offerti ai cittadini, a garantire il diritto all'abitare attraverso progetti di manutenzione straordinaria del patrimonio abitativo pubblico esistente e progetti di riutilizzo a funzione abitativa popolare di edifici dismessi e/o abbandonati.

  PRESIDENTE. Il collega Andrea Vallascas ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2629-AR/158.

  ANDREA VALLASCAS. Signor Presidente, l'ordine del giorno che vado ad illustrare, il n. 9/2629-AR/158, interviene in una materia molto delicata che incide sul tessuto produttivo del Paese e sulle opportunità di sviluppo e crescita che il mercato globale rappresenta per i nostri imprenditori e per i prodotti italiani. In particolare, è nostro intendimento colmare una grave lacuna presente nel testo per quanto concerne proprio la promozione e la tutela del made in Italy. I mercati internazionali, lo sappiamo, rappresentano oggi, non solo una grande occasione di crescita, ma spesso una necessità di sopravvivenza per le aziende del nostro Paese. Il vantaggio per i nostri imprenditori è rappresentato dalla indiscussa qualità riconosciuta alle produzioni agricole, agroalimentari e manifatturiere a livello internazionale. Un vantaggio che si esprime nella grande forza evocativa che l'Italia e la cultura italiana hanno nei mercati di tutto il mondo. Si tratta di indubbi vantaggi che, se non sostenuti da adeguate e incisive politiche di promozione, Pag. 20rischiano, da una parte di attenuare i risultati positivi, dall'altra di produrre una molteplicità di effetti dannosi per le nostre stesse aziende.
  È sicuramente il caso di richiamare all'attenzione il fenomeno dell’italian sounding sul quale molto si è detto, ma ben poco si è fatto in termini di misure e strumenti concreti di contrasto. Come sappiamo, l’italian sounding ha degli effetti negativi che si rafforzano a vicenda, incidendo sia sul piano economico che sulla stessa reputazione delle nostre aziende. Il fenomeno è particolarmente negativo, infatti, perché sottrae importanti quote di mercato ai nostri produttori e, nel contempo, fa una pubblicità negativa alle nostre produzioni. Ecco perché dobbiamo essere ferrei nelle politiche di contrasto a questo fenomeno. Tra le diverse ragioni del diffondersi dell’italian sounding e, in generale, della contraffazione dei prodotti e dell'abuso del brand «Italia», alla base c’è sicuramente la mancanza di adeguati controlli, ma un ruolo non secondario è svolto anche da quella sorta di scollamento, di distanza che il mercato globale tende ad accentuare tra produzioni e territori d'origine. La promozione dei prodotti avviene spesso secondo metodologie inefficaci e deboli e, spesso, è affidata al solo marchio aziendale che, come purtroppo abbiamo imparato a nostre spese, è facilmente oggetto di contraffazione o illecita riproduzione.
  Nel provvedimento all'esame sono previste, tra le altre cose, interventi e azioni volti a promuovere ed a favorire la diffusione delle nostre merci, dei nostri manufatti, dei beni delle nostre aziende sui mercati stranieri. Tra questi, è prevista la realizzazione di un piano per la promozione del made in Italy e l'attrazione degli investimenti in Italia. I criteri in base ai quali il Ministero redigerà il piano non sono ben delineati e soprattutto sono omessi contenuti e indirizzi di questa promozione. Con questo ordine del giorno chiediamo al Governo di impegnarsi a integrare il piano con adeguate politiche di promozione della cultura, della storia e in generale del contesto in cui è stato realizzato il prodotto. In questo modo noi potremmo incidere su più livelli. In primo luogo, il piano potrebbe esser un'occasione per dare vita a una forte azione di promozione territoriale del nostro Paese grazie ai prodotti della nostra tradizione alimentare, agroalimentare e manifatturiera, che in questo modo diventano veri e propri ambasciatori dell'Italia nel mondo. È il caso di sottolineare le ricadute sotto il profilo turistico nel favorire l'attrazione degli investimenti nel nostro Paese. In secondo luogo, rafforzando il legame tra prodotti e territorio si rafforzano anche le misure di contrasto al fenomeno dell’italian sounding. Noi siamo convinti che, quando i prodotti non sono più considerati unicamente dei marchi ma sono in grado di raccontare la storia di un Paese, risulta più difficile la loro contraffazione. Questo è vero soprattutto per quanto concerne la nostra grande tradizione agricola e agroalimentare e al forte legame che si deve accompagnare con la tradizione enogastronomica e le culture locali. Si tratta di tradizioni che non possono essere rappresentata da singoli marchi ma che devono promosse nei mercati internazionali con un'adeguata diffusione della conoscenza della cultura, dell'ambiente e del contesto territoriale di origine dei prodotti.

  PRESIDENTE. La deputata Ricciatti ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2629-AR/66.

  LARA RICCIATTI. Signor Presidente, quest'ordine del giorno nasce in merito all'articolo 30 del provvedimento in esame, che prevede l'adozione del Piano per la promozione straordinaria del made in Italy e l'attrazione degli investimenti in Italia. Nasce proprio in virtù del fatto che sulla tutela del made in Italy l'obbligo di indicazione di origine, quindi il cosiddetto «made in», per tutti i prodotti è disciplinato all'articolo 7 della proposta di regolamento sulla sicurezza dei prodotti di consumo. Il MiSE ha sempre sostenuto questo orientamento, nella convinzione che l'indicazione di origine obbligatoria sia un tema cruciale per la sicurezza dei Pag. 21prodotti e per il corretto funzionamento del mercato interno, andando a colmare un vuoto legislativo a livello europeo. Infatti, l'indicazione del Paese di origine contribuisce a migliorare la tracciabilità del prodotto a beneficio delle autorità di sorveglianza del mercato, contribuisce a rafforzare la fiducia dei consumatori nei confronti del mercato interno, contribuisce a favorire il contrasto alle false indicazioni di origine, contribuisce a rafforzare la competitività delle produzioni europee, a stabilire regole condivise e parità di condizioni tra gli operatori economici europei e non europei. In ragione della complessità crescente della distribuzione delle produzioni nell'economia globalizzata, nonché per le crescenti importazioni dai Paesi emergenti, risulta urgente la messa in atto di meccanismi efficaci di tracciabilità di origine per poter garantire l'effettiva sicurezza dei prodotti. I consumatori, grazie all'indicazione di origine, potranno beneficiare di un'informazione che ne rafforzerebbe la fiducia, sia per quanto riguarda la sicurezza dei prodotti che per quanto riguarda la trasparenza del mercato. Potranno, inoltre, trarre beneficio dai vantaggi associati alle produzioni europee in termini di elevati standard di sicurezza e qualità dei prodotti e di standard sociali e ambientali. L'indicazione di origine riveste una valenza economica per la competitività dei prodotti europei che saranno chiaramente identificabili sui mercati – sia interni che esteri – e potranno essere scelti più agevolmente dai consumatori.
  La proposta di regolamento ha ricevuto la sua approvazione dal Parlamento europeo nella plenaria dello scorso 15 aprile, confermando così il voto della Commissione parlamentare mercato interno del 17 ottobre 2013. Nel corso dell'esame in Consiglio, si sono, invece, venuti a contrapporre due fronti diversi sul tema dell'articolo 7: i Paesi favorevoli, fra cui l'Italia e la Francia, e i Paesi contrari, in primis la Germania. In questa sede, la Presidenza di turno greca non è riuscita a mediare una posizione di compromesso tra i due gruppi di Paesi e la proposta di regolamento torna ora al Consiglio per l'approvazione definitiva; rientra tra i temi di interesse primario del Governo italiano nel semestre di Presidenza italiana dell'Unione europea, che, lo ricordiamo, finirà il 1o dicembre. L'auspicio è che il dibattito a livello Comunitario dia un esito positivo affinché le aziende che producono made in Italy possano trarre beneficio dalla salvaguardia da imitazioni e contraffazioni da parte di prodotti di qualità inferiore prodotti all'estero.
  Con questo ordine del giorno quindi noi vorremmo impegnare il Governo a porre in essere ogni atto di competenza finalizzato a far approvare, nel contesto della Presidenza italiana del semestre europeo, in via definitiva le disposizioni del regolamento del «made in» già approvate dal Parlamento europeo, dando seguito peraltro agli impegni contenuti nella mozione presentata da SEL e anche da altri, approvata dalla Camera dei deputati il 10 luglio 2014. E vorremmo impegnare il Governo anche a valutare l'opportunità di adottare iniziative normative volte a introdurre nel nostro ordinamento una disposizione finalizzata a garantire e a tutelare le tipicità, l'originalità e la creatività dei prodotti ideati o progettati interamente dalle imprese italiane, a prescindere dal fatto che le fasi di lavorazione e confezionamento dei prodotti stessi siano avvenute o meno nel nostro Paese, anche attraverso l'istituzione del marchio «Stile Italiano-Designed in Italy», al fine di dare ai consumatori la possibilità di identificare i prodotti che si segnalano per specifiche caratteristiche dello stile italiano.
  Insomma, con il nostro ordine del giorno noi vorremmo finalmente dare una risposta che per troppo tempo è restata disattesa, sia da parte delle imprese produttrici che da parte dei consumatori (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. La collega Liuzzi ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2629-AR/191.

  MIRELLA LIUZZI. Signor Presidente, abbiamo chiamato questo decreto-legge, Pag. 22oltre che «sblocca-Italia», anche «sfascia-Italia» e «sblocca-trivelle»: «sblocca-trivelle» perché permette e semplifica tutte le procedure di richiesta di coltivazione e di ricerca di idrocarburi. Per questa ragione, il mio ordine giorno riguarda uno dei centri oli più grandi d'Italia, e direi anche d'Europa: il centro oli di Viggiano, dove avviene il trattamento di petrolio relativo alle concessioni della Val d'Agri.
  In merito a questa problematica che riguarda la salute dei cittadini, io vorrei anche leggere le dichiarazioni del presidente della regione Basilicata, che dice: «Siamo alla vigilia di una scelta epocale: è importante costruire una posizione unitaria che rafforzi gli sforzi compiuti ai diversi livelli istituzionali, spiegando ai nostri cittadini che la Basilicata può davvero cambiare, proprio ripartendo dalla tutela della salute e dalla salvaguardia dell'ambiente». E allora, in questo decreto-legge non si tutela affatto né la salute dei cittadini, né assolutamente l'ambiente: quindi bisognerebbe capire da dove si vuol partire, dato che anche alcuni sindaci della Basilicata si sono opposti fermamente a questo decreto-legge, e hanno chiesto la presenza e l'impugnazione da parte del presidente della regione direttamente alla Corte costituzionale proprio in relazione all'articolo 38. Quindi questo tentativo di minimizzare l'opposizione anche all'interno del Partito Democratico è allucinante, assurda.
  Ed inoltre, parliamo anche delle vittorie che sono state ottenute dai nostri rappresentanti del Partito Democratico soprattutto lucani. La prima vittoria è l'aumento delle richieste di concessione per la coltivazione di idrocarburi in Basilicata, tramite l'esclusione dal patto di stabilità. La seconda è trasformare le trivellazioni in opere strategiche, e quindi difendibili anche con l'esercito; e la terza è la possibilità di comprare la nostra salute per due soldi, mascherati sotto il nome di social card: complimenti, un vero e proprio Governo fossile, perfetto !
  E intanto, qui in questa sede iniziamo a parlare davvero di salute e di sanità; in particolar modo delle fiammate, che da settembre spaventano la popolazione di Viggiano e stanno ovviamente facendo nascere forti dubbi in relazione a ciò che viene rilasciato da questo centro oli. L'estrazione di petrolio significa innanzitutto un evitabile immissione in atmosfera di idrogeno solforato, che è il tema di questo mio ordine del giorno. L'idrogeno solforato è un sottoprodotto principale dell'opera dell'idrodesulfurazione del petrolio. L'idrogeno solforato emesso da raffinerie e discariche di rifiuti è nocivo anche a basse dosi, soprattutto per i bambini: lo attesta lo studio dell'Università di Los Angeles, 8 novembre 2007. In Italia i limiti dell'idrogeno solforato sono 6 mila volte superiori a quelli consigliati dall'OMS. 6 mila volte perché ? Perché ad esempio negli Stati Uniti il Governo federale raccomanda un limite di 0,001 parti per milione di idrogeno solforato. L'OMS dice infine che l'idrogeno solforato dovrebbe essere rilasciato a 0,005 parti per milione; mentre in Italia le emissioni sono di 5 parti per milione, e questo non spaventa assolutamente i nostri politici, né chi amministra le regioni dove sta avvenendo questo rilascio.
  Tutto questo, nonostante sia ormai noto dalla letteratura medica (ci sono studi, ad esempio della professoressa Maria Rita D'Orsogna o della stessa Organizzazione mondiale della sanità) che quest'ultimo valore non solo, come già detto, è 6 mila volte più grande di quello che raccomanda l'OMS, ma causa anche dei danni irreversibili alla salute umana, quindi anche da ciò non si capisce in cosa si tutelino i cittadini con questo decreto. Nel citato studio della professoressa D'Orsogna si citano due incidenti rilevanti avvenuti proprio in Basilicata, nel 2002 e nel 2005, che hanno riguardato il Centro oli di Viggiano, incidenti gravissimi sui quali non sono mai stati forniti dati reali dell'emissione di idrogeno solforato. In una ricerca, proprio a cura dell'università di Los Angeles, ad esempio risulta che nel miele prodotto della Val D'Agri si trovano tassi elevatissimi di benzene, quindi l'agricoltura e il turismo, che dovrebbero rappresentare la nostra economia, vengono Pag. 23letteralmente buttati a favore di compagnie petrolifere che vengono a trivellare nel nostro territorio. Tutto è compromesso a causa dell'estrazione petrolifera, che non ha prodotto alcun vantaggio economico perché la Basilicata si contende, con la Calabria, il titolo di regione più povera d'Italia e ricordiamo che noi estraiamo da più di vent'anni in Basilicata. Ma non solo, lo spettro del solito sogno occupazionale si traduce in 261 assunti stabilizzati in Basilicata dall'ENI e 400 lavoratori stagionali, quindi complimenti anche in questo; chi ha governato finora la regione, si dovrebbe soltanto vergognare di questi numeri e di ciò che avviene in questi ultimi anni.

  PRESIDENTE. Collega, deve concludere.

  MIRELLA LIUZZI. Concludo, dicendo che, per il Centro oli di Viaggiano, è stato speso 1 miliardo e mezzo; se questo miliardo e mezzo fosse stato spalmato su tutti i cittadini lucani e tutte le famiglie lucane, probabilmente ora staremmo meglio e probabilmente l'incidenza tumorale non sarebbe in questo momento raddoppiata (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Il deputato Paglia ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2629-AR/75.

  GIOVANNI PAGLIA. Signor Presidente, credo che chiunque abbia avuto l'opportunità in questo mese abbondante che abbiamo alle spalle di approcciare questo decreto abbia avuto l'inequivocabile sensazione di trovarsi davanti ad un carciofo in cui, ogni volta che si sfilava una foglia, si trovava all'interno qualcosa di peggiore, ovvero, su oltre 40 articoli, chi appunto l'ha affrontato con un minimo di obiettività, credo non possa salvarne neppure uno. In particolar modo, mi sono negativamente appassionato (poi proverò a spiegarne anche le ragioni, perché è oggetto di questo ordine del giorno, che ora vado ad illustrare) all'articolo 35, che riguarda la possibilità di far circolare per il territorio dello Stato nazionale italiano rifiuti solidi urbani, ossia quelli che storicamente avevano un trattamento legato al proprio ambito territoriale ottimale, con lo scopo di essere bruciati in termovalorizzatori o inceneritori che dir si voglia ovunque situati in questo Paese. Ora, voi sapete che la storia della legislazione del trattamento dei rifiuti in questo Paese è antica; noi storicamente eravamo abituati al fatto che i rifiuti andassero smaltiti all'interno degli ambiti territoriali ottimali, che sostanzialmente corrispondevano al territorio delle province. In questo Paese vi sono territori che si sono adeguati negli anni positivamente al dettame di legge e altri che l'hanno fatto meno, ma in quei territori (penso specificatamente all'Emilia Romagna o alla Lombardia, tanto per fare due esempi, uno dei quali è il territorio da cui io provengo) l'adeguamento è stato assolutamente pedissequo, cioè, in ogni ambito territoriale ottimale, in ogni provincia della mia regione, per esempio, si aveva la possibilità di raccogliere rifiuti e di smaltirli, fosse in una discarica o fosse in un inceneritore. Ora, la legge prevedeva sostanzialmente, come spesso accade negativamente in Italia, che la remunerazione del capitale, cioè l'incentivo a smaltire rifiuti attraverso investimenti in capitale fisso ovvero in impianti fosse superiore all'investimento a smaltirli, per esempio, con sistemi come la raccolta differenziata, che hanno invece un forte impatto di manodopera, cioè esattamente il contrario di quello che andrebbe fatto; noi dovremmo incentivare i servizi pubblici a essere labour intensive, a creare molto lavoro di questi tempi, mentre invece, con la legge, incentiviamo anche i servizi pubblici ad essere ad alta intensità di capitale, cioè fondamentalmente a remunerare chi possiede capitale anziché chi possiede lavoro.
  Ora perché dico questo ? Quali sono gli impianti che più necessitano di alta intensità di capitali ? Sono gli inceneritori e quindi, essendo aziende a partecipazione pubblica ma quotate in borsa e sostanzialmente private che gestiscono questo business in Italia, l'Italia si è riempita negli Pag. 24anni scorsi di inceneritori; un certo pezzo di Italia si è riempita di inceneritori, cosicché una regione come l'Emilia Romagna oggi ne conta una decina, uno per provincia.
  Poi, la storia è andata avanti e fortunatamente anche la sensibilità, da un lato ecologista ma anche di tutela della salute dei nostri cittadini, ed è riuscita a fare breccia parzialmente persino in amministrazioni originariamente molto poco propense a preoccuparsi di questi aspetti e molto più propense a dedicarsi all'ingegnerizzazione del ciclo dei rifiuti. Bene, ha fatto breccia e quindi sono partite le raccolte differenziate, è partito un diverso trattamento del ciclo dei rifiuti e dei nostri inceneritori, anche in Lombardia e in Emilia Romagna, complice anche la crisi che ha abbassato sensibilmente la quantità di rifiuti prodotti – laddove non siamo voluti arrivare per intelligenza siamo arrivati per necessità del crollo del ciclo economico – e questo ha fatto sì che i nostri impianti oggi vadano sotto livello. È stata una scelta politica: ci sono comunità che, per tutela della loro salute e delle compatibilità ambientali, hanno ritenuto che valesse la pena pagare per quegli impianti, pagare anche magari in più per la raccolta differenziata, ma tutelarsi.
  Ora, con questa legge, cosa si fa ? Si va a dire che quegli impianti potranno serenamente bruciare rifiuti provenienti da tutt'altra parte d'Italia e sappiamo anche cosa significa la libera circolazione di materiale come i rifiuti in questo Paese, fino a saturazione massima della loro capacità.
  Bene, questo è l'antefatto. Chiudo, Presidente: noi con l'ordine del giorno chiediamo che almeno da questo che riteniamo uno scempio dal punto di vista ambientale e del rispetto delle decisioni democratiche dei cittadini, vengano almeno risparmiati quei territori che, negli ultimi cinque anni, abbiano migliorato almeno del 10 per cento la propria percentuale di raccolta differenziata e/o siano almeno al 50 per cento di raccolta differenziata come computo totale rispetto alla massa.
  Il Ministero dovrà fare un decreto per rendere operativa questa legge proprio su questi temi. Noi suggeriamo questi criteri, speriamo che il Governo voglia impegnarsi, perché altrimenti avremo, oltre al danno, la beffa...

  PRESIDENTE. Concluda, deputato.

  GIOVANNI PAGLIA. ... cioè avremo comunità che si sono impegnate sulla raccolta differenziata, hanno ridotto il livello di incenerimento e oggi vedono i loro inceneritori pieni di rifiuti prodotti altrove, pagando così due volte.

  PRESIDENTE. Il collega Dell'Orco ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2629-AR/206.

  MICHELE DELL'ORCO. Signor Presidente, l'articolo 3 destina al cosiddetto Fondo Sblocca cantieri 3 mila 890 milioni di euro e dispone che queste risorse vengano assegnate con uno o più decreti sia a specifiche misure sia a categorie generiche di interventi, così, oltre a discutibili opere di aree autostradali, vengono finanziate anche alcune discutibili opere ferroviarie.
  Ora, sapete bene che il MoVimento 5 Stelle è per privilegiare il trasporto su ferro al trasporto su gomma. Scusi, Presidente, ma non c’è nessun rappresentante...

  PRESIDENTE. Sì, chiedo di liberare i banchi del Governo, per favore. Deputato, può continuare.

  MICHELE DELL'ORCO. Grazie. Ora sapete bene che il MoVimento 5 Stelle è per privilegiare il trasporto su ferro al trasporto su gomma, ma, tra queste opere ferroviarie, ve ne sono alcune che sono particolarmente esose, la cui realizzazione non risulta giustificata alla luce delle previsioni di traffico, sia passeggeri che merci, e dell'elevato impatto ambientale e sociale (penso, ad esempio, al finanziamento dell'Alta velocità, che opera ancora una volta con il terzo valico dei Giovi e Verona-Pag. 25Padova). Stiamo parlando di tratte che i dati di traffico internazionale indicano come non prioritarie in alcuni casi e bollate come inopportune dagli stessi tecnici chiamati a guidarne il processo progettuale.
   L'Europa ci chiede piuttosto maggiore mobilità sostenibile, però quando ce ne ricorderemo ? Siamo impegnati nel conseguimento degli obiettivi della strategia europea 2020: in ogni provvedimento dovrebbe esserci un richiamo a questo obiettivo e invece non c’è nulla al riguardo. All'interno di questo provvedimento, in particolare, non risultano essere contenute misure volte ad incentivare forme di trasporto sostenibile, né soprattutto interventi a favore della mobilità ciclistica.
  Non riusciamo a capire se questo atteggiamento del Governo sia dovuto più a forti pressioni esterne, diciamo così, oppure ad una mancanza di fantasia, magari Renzi non ha fantasia. Cioè, non è chiaro se i provvedimenti che il Governo mette in atto siano il frutto di scelte mirate, a favore esclusivamente delle grandi lobby d'interesse, oppure se gioca una certa mancanza di fantasia. Della serie: avete in mano quasi 4 miliardi e non sapete come spenderli. Forse, vi mancano le idee e allora via con nuovo cemento e alta velocità, dimenticandovi, o facendo finta di dimenticare, che gli italiani chiedono piuttosto maggiore funzionalità del servizio di trasporto pubblico locale.
  Perché invece non investire, ad esempio, in una grande rete, la mobilità dolce, che restituisca un'immagine di Paese autorevole, all'altezza della sua fama mondiale, e che renda accessibile e piacevole la fruizione del nostro patrimonio storico, artistico e paesaggistico. Qualcosa è stato fatto con il decreto «Art bonus», ma ne aspettiamo naturalmente ancora l'attuazione. Come leggevo anche oggi su un articolo de Il Fatto, mancano oltre 240 decreti attuativi. Quindi, qui facciamo le leggi, però poi non vengono attuate, ma è bello così.
  Quando un'infrastruttura ferroviaria termina il suo ciclo di vita, il Governo dovrebbe sempre mettere in campo misure volte al recupero e alla valorizzazione delle ferrovie abbandonate in favore dello sviluppo turistico del territorio e della promozione delle attività fisiche, promuovendo la conversione a uso ciclabile delle tratte ferroviarie dismesse ai fini della realizzazione di piste ciclo-pedonali da destinare a itinerari turistici e non solo, ma anche per promuovere l'idea di una mobilità lenta, dolce, ciclo-pedonale. Queste misure nel resto d'Europa sono già state avviate con successo da tempo.
  Quindi, mi auguro davvero che questo ordine del giorno venga intanto approvato e non rimanga lettera morta, come purtroppo è accaduto per i fondi che per legge il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti doveva rintracciare per lo sviluppo e per la messa in sicurezza di itinerari e percorsi ciclabili, in attuazione dell'articolo 20 del «decreto del fare». Il decreto del fare fu il primo provvedimento della legislatura con cui il Ministro Lupi si vantò di avere sbloccato risorse per piccole e grandi opere infrastrutturali. In quella sede, avevo presentato un emendamento, che venne approvato, per spostare una piccola parte di quelle risorse sulla ciclabilità. È passato oltre un anno da allora ma ancora non c’è stato modo di potere impiegare quei fondi, che provenivano da quelli non utilizzati nel primo e nel secondo programma di attuazione, il piano nazionale sulla sicurezza stradale.
  Quindi, Lupi è sempre troppo impegnato nel favorire, a quanto pare, i suoi amici delle autostrade e non capisce che investire nella sicurezza e nello sviluppo di piste ciclabili non può essere considerato un investimento di serie B. Il MoVimento 5 Stelle crede, invece, che investire nella ciclabilità significhi ottenere grandi risultati in termini di vivibilità dei territori anche con poche risorse (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Il deputato Palazzotto ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2629-AR/78.

  ERASMO PALAZZOTTO. Signor Presidente, vorrei richiamare l'attenzione dei Pag. 26colleghi presenti in Aula, anche se in un momento così rituale come l'illustrazione degli ordini del giorno, per dire che alcuni di questi ordini del giorno non sono un mero strumento ostruzionistico, ma vorremmo provare a discutere di alcune questioni. Alcune di queste sono state riportate oggi all'ordine del giorno dalla presentazione del rapporto Svimez sul Mezzogiorno d'Italia, che ripropone con forza l'apertura di una questione meridionale nel nostro Paese.
  Lo Svimez ci parla di oltre un milione di famiglie nel Mezzogiorno d'Italia che sono sotto la soglia di povertà assoluta. Ci dice che solo nell'anno scorso 120 mila persone sono emigrate e, per la prima volta, il saldo tra i nati e i morti nel Mezzogiorno è invertito e sono di più i morti che i nuovi nati. Ci dice che il grosso della perdita dei posti di lavoro nel nostro Paese, quasi un milione dall'apertura della crisi nel 2007, si è avuto nelle regioni del Mezzogiorno e questo sta aprendo un processo di desertificazione umana, produttiva ed industriale che difficilmente si potrà colmare nei prossimi anni e che, quindi, questo rischia di trasformarsi in una tragedia sociale senza precedenti.
  L'anno scorso in quest'Aula approvammo il «decreto occupazione», dove c'era il cosiddetto «bonus Letta-Giovannini». Furono stanziati diversi milioni di euro per incrementare l'occupazione giovanile (non so quanti di voi se lo ricordano).
  In realtà, il decreto aveva un obiettivo, che era quello di 100 mila nuovi posti di lavoro tra i diciotto e i ventinove anni. Ecco, complessivamente su quel decreto le domande sono state 22 mila 652, come a dire che, nonostante gli sgravi fiscali per le imprese per le nuove assunzioni – e altri ne stiamo mettendo nella nuova legge di stabilità – se il cavallo non ha sete, il cavallo non beve e, quindi, quegli sgravi fiscali non sono serviti a produrre nuova occupazione, perché non basta sgravare fiscalmente le imprese per fare nuova occupazione, ma bisogna avere anche un piano industriale, un progetto produttivo, soprattutto per il sud Italia. Ecco, quei dati che davo sul bonus Letta-Giovannini sono dati complessivi e riguardano tutto il Paese. Ebbene, di questi 22 mila 650, appena il 20 per cento riguarda le regioni del sud. Quindi, cosa abbiamo pensato bene di fare in questo decreto ? Siccome nessuno beve a quella fonte, si possono tranquillamente prendere quei fondi, senza porsi la domanda del perché nessuno ha utilizzato quei fondi per creare nuova occupazione e si possono mettere a finanziare il fondo sociale per il lavoro, per finanziare gli ammortizzatori sociali in deroga. Noi ovviamente riteniamo urgente finanziare gli ammortizzatori sociali in deroga, riteniamo assurdo, se non addirittura criminale, finanziarli, togliendo risorse per la nuova occupazione al Mezzogiorno. E dico al Mezzogiorno perché i 220 milioni di euro che vengono presi e spostati sul Fondo sociale per il lavoro sono presi interamente dai fondi destinati al Mezzogiorno e, siccome quei fondi erano finanziati con i fondi europei, e da questo punto di vista erano destinati con un vincolo geografico al Mezzogiorno, all'articolo 40, che è quello in questione, al comma 3, si deroga al criterio del riparto dei fondi strutturali, cioè noi andiamo a prendere quei 220 milioni di euro solo dalla parte destinata alle regioni del sud, che, come dicevo prima, sono quelle in questo momento più colpite dal disastro industriale e dal disastro economico, e invece lasciamo intatta la quota relativa al nord, dove invece la crisi in questo momento colpisce meno che al sud. Allora, penso che oggi questo Governo dovrebbe preoccuparsi di come fare in modo che quelle risorse vengano spese e vengano spese bene e di come fare in modo che gli ulteriori fondi che stanno arrivando per la garanzia giovani non vadano sprecati, come sta accadendo in molte regioni anche del Mezzogiorno; vorrei sottolineare che neanche un Governo, che aveva tra i suoi Ministri Tremonti, che con i fondi FAS aveva coperto diverse voci di bilancio, si era spinto a misure così smaccatamente antimeridionaliste. Noi chiediamo, con questo ordine del giorno, che già nella prossima legge di stabilità si ripristinino i Pag. 27fondi destinati al bonus occupazione per le regioni del sud ed io faccio appello ai colleghi meridionali della Sicilia, della Calabria, della Campania e della Puglia, che sono quelle più colpite da questo provvedimento, affinché si impegnino perché nella legge di stabilità vengano ricostituiti quei fondi. Noi abbiamo bisogno oggi di una nuova politica per il Mezzogiorno. Non si può pensare che questo Paese possa vivere spaccato a metà. Siamo ritornati ad una divisione che è quella di cinquant'anni fa e oggi o noi affrontiamo la questione meridionale a partire da questi provvedimenti o non ci sarà un futuro per tutta l'Italia (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Il collega De Lorenzis ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2629-AR/202.

  DIEGO DE LORENZIS. Signor Presidente, il mio ordine del giorno fa alcune premesse. L'articolo 3 di questo decreto sciagurato e vergognoso, che noi abbiamo ribattezzato «sfascia Italia», destina al cosiddetto Fondo sblocca cantieri, un altro slogan del Presidente Renzi, 3.890 milioni di euro, cioè 4 miliardi – ripeto: 4 miliardi – a delle opere evidentemente di discutibile utilità sociale. Noi chiediamo che queste risorse siano utilizzate in maniera più proficua. Infatti, le opere a cui questi soldi sono destinate non presentano secondo noi – non tutte almeno – quella che è l'utilità sociale, non vengono realizzate secondo un impatto ambientale che sia sostenibile. All'interno del provvedimento, tra l'altro, visto che si sbloccano i comuni, si sbloccano le opere, si sbloccano tante cose, non c’è alcun provvedimento per incentivare misure di trasporto più sostenibili a livello urbano.
  Noi crediamo, invece, che la mobilità ciclabile, per esempio, sia una di quelle modalità di trasporto da incentivare, da sviluppare, e troviamo molto strano che il Governo, di questo, non ne sappia nulla. Presidente, chiedo ancora il suo intervento per liberare i banchi del Governo.

  PRESIDENTE. Chiedo scusa, chiedo di liberare i banchi del Governo, per favore. Collega Palma, collega, grazie. Prego, deputato De Lorenzis.

  DIEGO DE LORENZIS. Presidente, sono impossibilitato finché continua l'interlocuzione.

  PRESIDENTE. Colleghi ! Prego, vada avanti, credo che ci siamo.

  DIEGO DE LORENZIS. Grazie, sottosegretario, della sua attenzione. Dicevo che noi riteniamo che ci siano interventi che possono essere sicuramente più utili per la società civile, per i trasporti, tanto più che proprio l'Europa ci chiede alcuni cambiamenti nell'ambito dei trasporti. Proprio tra gli obiettivi della strategia europea del 2020 e del 2050 vi sono dei risultati che dobbiamo raggiungere e non possiamo mancare.
  Allora, chiediamo al Governo di destinare parte di questi 4 miliardi – non tutti, magari, però almeno parte di questi 4 miliardi – proprio a finanziare una legge, la n. 366 del 1998, che norma, in qualche modo, il finanziamento della mobilità ciclistica. Vorrei fare anche un riferimento a questa norma, perché si dice – negli ultimi anni lo abbiamo sentito ripetere spesso in televisione dagli esponenti dei Governi – che il Parlamento non funziona, che bisogna andare avanti per decreti e che questa è l'unica maniera per legiferare.
  Bene, nel 1998, quando vi erano, forse, anche un altro Presidente del Consiglio e un altro Presidente della Repubblica, questo modo di operare per decreti d'urgenza, che di urgente non hanno nulla, era, forse, un po’ meno frequente. Allora si è potuto, in quell'epoca, approvare una legge, una legge buona, una legge che, anche a distanza di anni, quando non eravamo presenti in Parlamento, possiamo dire, da cittadini, ha aiutato molte città, molti enti locali, a sviluppare una mobilità alternativa, una mobilità sostenibile.
  Questa norma istituiva presso il Ministero dei trasporti un fondo proprio per Pag. 28incentivare la mobilità sostenibile, quindi per la realizzazione delle piste ciclabili e ciclopedonali, per la costruzione di parcheggi attrezzati, liberi o custoditi, e anche di centri di noleggio, per il raccordo della mobilità sostenibile con altre forme di mobilità, come quella ferroviaria. Quindi, una serie di obiettivi, di finalità davvero nobili, che, fra l'altro, siamo obbligati a seguire, proprio perché fa parte della strategia europea avere una mobilità che sia meno inquinante, che sia meno costosa dal punto di vista delle risorse.
  A questo proposito, volevo citare anche un breve comunicato che è stato fatto a Bruxelles il 28 marzo 2011 proprio dalla Commissione trasporti dell'epoca; ovviamente, a differenza di quello che succede, magari, nel panorama italiano, l'Europa non cambia strategia tutti i giorni.

  PRESIDENTE. Deputato, concluda.

  DIEGO DE LORENZIS. Vengo a concludere, Presidente. In questa nota, l'allora vicepresidente Siim Kallas diceva che, fondamentalmente, per avere una mobilità sostenibile, non bisogna ridurre la mobilità. La Commissione europea ha tracciato alcuni obiettivi da raggiungere entro il 2050, con obiettivi anche intermedi nel 2020 e nel 2030; tra questi obiettivi intermedi, per quanto riguarda l'ambito del trasporto urbano, che riguarda in qualche modo di più la mobilità dei cittadini, si parla di dimezzare l'uso di auto ad alimentazione convenzionale nel trasporto urbano...

  PRESIDENTE. Deve concludere, è fuori di dieci secondi.

  DIEGO DE LORENZIS. ... entro il 2013 – concludo, Presidente – ed escluderlo gradualmente entro il 2050. Ora, invece, il Governo che cosa fa ? Prende delle risorse combustibili, come le estrazioni petrolifere piuttosto che i gasdotti, e ce le impone. Allora, chiedo ai colleghi di avere anche un pochino di...

  PRESIDENTE. La ringrazio.
  Il deputato Zaratti ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2629-AR/54.

  FILIBERTO ZARATTI. Signor Presidente, il nostro ordine del giorno riguarda quanto previsto dall'articolo 7, in relazione alla gestione delle risorse idriche. Le norme che sono contenute in questo articolo, di fatto, aprono la strada ad una privatizzazione della gestione dell'acqua in contraddizione palese con quanto è stato deciso dalla maggioranza dei cittadini italiani che, ovviamente, nel referendum di due anni fa, hanno espresso la loro volontà in modo chiarissimo verso una gestione pubblica della acqua. Si impedisce, attraverso anche la soppressione degli AATO a tutti quegli enti locali, a quei comuni, di gestire direttamente il servizio idrico, in modo tale che anche a quelle realtà locali che si stanno opponendo con forza alla privatizzazione dell'acqua, di fatto, viene impedita la possibilità di esercitare questo diritto.
  L'ordine del giorno riguarda, in modo particolare, quella norma che introduce l'obbligo per il nuovo gestore affidatario del servizio idrico di riconoscere al gestore uscente un valore di rimborso per la gestione del servizio. Ora, questa norma è veramente paradossale, perché i gestori privati che sono stati affidatari della gestione dei singoli bacini, nel momento nel quale sono entrati, sono subentrati al pubblico qualche anno fa nella gestione di questi bacini, in realtà, non hanno «sborsato una lira», non hanno messo un euro per gestire il servizio idrico. A fronte di tutto ciò, come dimostrano le statistiche, moltissimi dei gestori di questi AATO non hanno neanche ottemperato al dovere di utilizzare i soldi della tariffa per poter fare il piano degli investimenti necessario ad efficientare la distribuzione della risorsa acqua e ad incrementare il servizio di depurazione delle acque. Quindi, ci troviamo di fronte a delle società di privati che sono entrate nella gestione di un bene pubblico, di un bene comune fondamentale, come quello dell'acqua, senza investire nulla al momento dell'ingresso e Pag. 29senza investire nulla durante la loro gestione, tanto che, in molti casi, i nostri acquedotti vedono delle perdite che vanno dal 40 al 70 per cento, e a volte anche oltre. Questo significa che se si mettono dieci litri di acqua nell'acquedotto, ci sono molti casi in cui se ne perdono sette. Ora, nel momento nel quale dovesse subentrare un ente pubblico che vuole ripubblicizzare la gestione di quell'AATO, che cosa accade ? Che questo ente pubblico dovrebbe pagare e rimborsare il privato che ha gestito fino ad ora. La norma non soltanto è paradossale, come ho cercato di dimostrare, ma addirittura c’è un fatto in più: questo ipotetico rimborso rende di fatto impossibile la ripubblicizzazione dell'acqua nel nostro Paese, perché non ci sarà nessun ente, nessuna società pubblica, nessun comune, che sarà in grado di subentrare, pagando decine, a volte centinaia, di milioni al gestore che precedentemente gestiva il servizio. Anzi, messa così la norma, è un ulteriore favore ai privati, i quali sono entrati a «zero lire», non hanno fatto il piano di investimenti, e adesso che vanno in sofferenza perché dovrebbero ottemperare ai piani di investimenti, addirittura incassano una penale da parte dello Stato o degli enti locali. Io credo che questo sia un fatto gravissimo, se non si permette neanche agli enti pubblici di poter accedere ad un fondo che, in qualche modo, possa garantire la ripubblicizzazione dell'acqua, davvero con questa norma abbiamo definitivamente ucciso la volontà degli elettori che hanno partecipato al referendum. Allora, io penso che almeno questo ordine del giorno dovrebbe essere, non soltanto votato dalla Camera e da tutti i deputati, ma addirittura dovrebbe essere sottoscritto da tutti coloro che nelle piazze, in questi mesi, in questi anni, dicono che sono favore dell'acqua pubblica (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà) e, invece, poi i risultati sono quelli che sono. Quindi, il nostro ordine del giorno tende a creare un fondo al quale i comuni e gli enti locali possano rivolgersi per affrontare questa spesa ulteriore (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Il deputato Nicola Bianchi ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2629-AR/204.

  NICOLA BIANCHI. Grazie, signor Presidente, sottosegretario, colleghi, l'ordine del giorno che mi appresto a illustrare, a mio avviso e ad avviso del mio gruppo, è estremamente logico e di buon senso.
  Parto dalla fine per illustrare subito l'impegno. Con questo ordine del giorno chiediamo al Governo quanto di più semplice ci sia: evitare danni irreversibili nel golfo di Venezia, ripeto «irreversibili». Stiamo parlando della laguna di Venezia, abbiamo il dovere, come cittadini, di tutelare il patrimonio ambientale, culturale, storico ed artistico della città e della sua laguna. Il Governo non può prendersi la responsabilità di dimenticare il patrimonio della laguna. Siamo convinti che un Governo serio debba mettersi dalla parte dei cittadini e non dalla parte delle multinazionali del petrolio.
  Per questo motivo chiediamo che il Governo si impegni ad assumere urgentemente iniziative di propria competenza, anche normative, finalizzate al divieto assoluto di attività di esplorazione e coltivazione di idrocarburi nel mare Adriatico. Non è accettabile che in un mare chiuso come l'Adriatico, fonte di reddito per milioni di cittadini italiani, e in zone a forte rischio di subsidenza, non sia garantito il massimo livello di protezione ambientale.
  Sappiamo bene quanto pesa un ordine del giorno, un peso pari quasi a zero, lo abbiamo imparato a nostre spese. Purtroppo, però, con questo ripetuto ricorso alle fiducie che il Governo Renzi sta attuando abbiamo poco, davvero poco, margine di manovra. Il dibattito in Aula è ormai praticamente annullato, è pari a zero. Avremmo voluto esaminare e votare in quest'Aula tutti gli emendamenti che avevamo presentato; non ci è stato concesso: la fiducia era necessaria. Evidentemente il Governo non riesce proprio a farne a meno. Anche in Commissione abbiamo avuto pochissimo tempo per gli emendamenti a causa della tagliola del presidente Realacci. Però, nonostante tutto Pag. 30ciò, siamo riusciti a far sentire la nostra voce, grazie all'instancabile lavoro dei colleghi delle Commissioni ambiente, trasporti e attività produttive.
  Lo abbiamo detto in tutte le salse, questo decreto-legge non ci piace neanche un po’, perché sfascia l'Italia, distrugge, distrugge e ancora distrugge. Oggi siamo qui a chiedere almeno un piccolo, un piccolissimo impegno al Governo, almeno quello. Fate un'eccezione, impegnatevi davvero almeno una volta, impegnatevi a non distruggere del tutto l'Italia. L'impegno che chiediamo oggi al Governo con questo ordine del giorno è molto, molto importante. La tutela dell'ambiente, del territorio, quella vera, passa anche e soprattutto attraverso il rispetto e la protezione delle zone ad altissimo rischio di subsidenza.
  Facciamo un passo indietro, partiamo dal capo IX del decreto-legge. Il capo IX del decreto-legge, relativo a misure urgenti in materia di energia, reca disposizioni volte ad attribuire alle attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi e a quella di stoccaggio sotterraneo di gas naturale caratteri di interesse strategico e a rendere tali attività di pubblica utilità urgenti ed indifferibili. L'articolo 18, nello specifico, prevede, tra le altre cose, che il Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente e dalla tutela del territorio e del mare, sentite le regioni interessate, possa autorizzare progetti sperimentali di coltivazione di giacimenti, al fine di tutelare le risorse nazionali di idrocarburi in mare, localizzate nel mare continentale e in ambiti posti in prossimità delle aree di altri Paesi rivieraschi, oggetto di attività di ricerca e di coltivazione di idrocarburi, per assicurare il relativo gettito fiscale allo Stato e al fine di valorizzare e provare in campo l'utilizzo delle migliori tecnologie nello svolgimento delle attività minerarie.
  Concludo signor Presidente, dicendo a chi fa veramente comodo questo articolo 38, perché è una vera e propria rivoluzione, sì, accolta positivamente sia dalla Federazione internazionale del settore petrolifero, quindi Federpetroli, sia dall'Associazione mineraria italiana per l'industria mineraria e petrolifera, quindi Assomineraria, ovvero il braccio fossile di Confindustria. Quindi il richiamo delle sirene per il Governo è molto forte...

  PRESIDENTE. Deve concludere collega.

  NICOLA BIANCHI. ... sì, mi accingo a concludere... ma per questa volta vi consigliamo davvero di mettere i tappi di cera, in modo tale che non rispondiate a queste multinazionali e cerchiate veramente, almeno una volta, di fare gli interessi dei cittadini.

  PRESIDENTE. La collega Pellegrino ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2629-AR/58.

  SERENA PELLEGRINO. Signor Presidente e sottosegretario, io voglio ricordare che lo scorso primo aprile la Commissione ambiente della Camera ha approvato una risoluzione, la n. 8-00043, a mia prima firma, in cui si impegnava il Governo a favorire l'edilizia di qualità, valutando la possibilità di prevedere percentuali di detraibilità maggiori di quelle già esistenti qualora, nelle ristrutturazioni edilizie, venissero utilizzati materiali ecosostenibili, secondo i criteri della bioedilizia ed in particolare materiali biocompatibili e certificati.
  Quella mia risoluzione era il naturale prosieguo della risoluzione n. 8-00001, sempre approvata dalla Commissione ambiente della Camera all'unanimità, il 15 maggio 2013, con la quale, tra l'altro, si impegnava il Governo a prevedere l'incentivazione dell'utilizzo di materiali di bioedilizia certificati e in ogni caso nell'allestimento degli immobili l'utilizzo di materiali e manufatti a basso impatto ambientale ed a ridotto consumo energetico.
  Io ricordo che queste risoluzioni avevano avuto un grande impatto sull'opinione pubblica. Noi quindi riteniamo strategico che tra le azioni di Governo ci debbano essere anche quelle volte a rafforzare le politiche ambientali e a favorire l'edilizia di qualità ed energeticamente Pag. 31efficiente, attraverso iniziative dirette alla riqualificazione energetica del patrimonio immobiliare. Questi sì che sono cantieri che si potrebbero aprire in pochissimi minuti.
  Questi interventi però non devono riguardare il solo patrimonio edilizio privato, ma anche quello pubblico ed è per questo che noi chiediamo e crediamo che, nel dare seguito agli impegni approvati con le due risoluzioni parlamentari che ho appena ricordato, si debba prevedere l'esclusione dal patto di stabilità interno degli interventi di riqualificazione energetica sul patrimonio edilizio sia delle regioni che degli enti locali, laddove questi comportino una riduzione consistente e certificata dei consumi energetici o quanto meno siano finalizzati al consolidamento sismico.
  Non ci stancheremo quindi mai di chiedere al Governo di consentire agli enti locali che abbiano le risorse da investire di realizzare interventi di manutenzione e messa in sicurezza del territorio, di riduzione del rischio idrogeologico, di efficientemente energetico degli edifici e di messa in sicurezza antisismica degli edifici pubblici, a partire dalle scuole e dagli ospedali, escludendo tali spese dal computo del patto di stabilità interno; infatti, come è possibile dire che faremo le sottrazioni e faremo efficientamento energetico negli edifici, soprattutto a partire dalle scuole, e poi dopo si mettono le manette ai sindaci, perché non possono utilizzare i denari che hanno a disposizione ? Nel quadro della revisione dei vincoli di bilancio e quindi del patto di stabilità, il nostro ordine del giorno nasce proprio da questa esigenza, che non è più rinviabile e né trascurabile. Sono ormai moltissime le regioni italiane che si sono dotate di una loro disciplina, non solo per l'efficienza ed il miglioramento delle prestazioni energetiche degli edifici, ma anche per favorire la diffusione di principi, modalità e tecniche proprie dell'architettura sostenibile e della bioedilizia, per una maggiore sostenibilità nella progettazione e realizzazione di opere edilizie pubbliche e private (come dire che i territori sono molto più avanti dello Stato).
  La crisi ambientale globale e le politiche dell'Unione europea ci devono spingere ad intervenire con decisione sugli edifici pubblici, per garantire il rispetto agli obiettivi annuali di riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra per il periodo 2013-2020. Non solo: è indifferibile ed urgente l'estensione degli interventi negli edifici pubblici, al fine del consolidamento antisismico del patrimonio edilizio esistente.
  Gli investimenti legati alla riqualificazione e al recupero del patrimonio edilizio pubblico devono significare più edilizia di qualità, più risparmio energetico, più innovazione e ricerca e, più in generale, più interventi di economia verde. Siamo convinti che questi interventi siano uno dei più importanti volani per la ripresa dell'economia italiana perché consentirebbero di coniugare l'obiettivo di maggiore competitività e di modernizzazione del Paese con un modello di sviluppo sostenibile sia per l'ambiente che la società, vicino alle esigenze delle persone, delle comunità e dei territori. Infatti – concludo, signor Presidente – tutto questo permetterebbe di tutelare e valorizzare al meglio il grande patrimonio edilizio pubblico fatto di tanti importanti e irripetibili manufatti storico-artistici che fanno grande e bella l'Italia. Noi non permetteremo che tanta parte della nostra storia, della nostra cultura cada a pezzi, signor sottosegretario, e sia strangolata dal Patto di stabilità ed è per questo che veramente sollecitiamo il Governo a prendere in seria considerazione questo ordine del giorno e ad esprimere parere favorevole (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Il deputato Cristian Iannuzzi ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2629-AR/205.

  CRISTIAN IANNUZZI. Signor Presidente, all'articolo 39 del decreto-legge in discussione, si prevedono una serie di Pag. 32incentivi per chi rottama un veicolo inquinante a favore di uno ecologico. Nell'elenco dei mezzi che si possono acquistare usufruendo dell'incentivo salta all'occhio l'assenza del mezzo sostenibile per eccellenza, quello ad impatto ambientale zero: la bicicletta. In fase emendativa, in Commissione ambiente, la maggioranza ha bocciato un emendamento del MoVimento 5 Stelle che andava appunto in questa direzione con la motivazione formale del Governo, per bocca del presidente dell'VIII Commissione, che per il velocipede non è prevista l'immatricolazione. Dal presidente Realacci e da una maggioranza che a chiacchiere si dice a favore della mobilità ciclabile ci saremmo aspettati una riformulazione dell'emendamento al fine di consentire, a chi vuole sostituire un mezzo inquinante con una bici, di poterlo fare. L'idea che dobbiamo farci dunque delle finalità di questo articolo del decreto non è quella di favorire la diffusione della cultura ecologista, ma rappresenta solo l'ennesimo incentivo al mercato dell'auto.
  Riguardo proprio alle automobili il tasso di motorizzazione in Italia è passato da circa 501 autovetture ogni mille abitanti del 1991 a circa 621 nel 2012: uno dei tassi più alti nel mondo e il secondo nell'UE a 27. Con 62 auto ogni 100 abitanti la nostra nazione è in Europa seconda solamente al Lussemburgo. Eppure lo Stato italiano continua a riversare una pioggia di denaro pubblico a favore di un mercato ormai saturo, quello dell'auto appunto. Al contrario sarebbe necessario un cambio di rotta a trecentosessanta gradi per invertire il trend che vede l'Italia ai primi posti per l'acquisto di autoveicoli e aiuti nell'acquisto di biciclette. In primis naturalmente si potrebbero utilizzare quei soldi per favorire l'acquisto di biciclette a trazione elettrica, ad esempio. Più in genere si potrebbero utilizzare fondi in questione per incentivare le persone a lasciare la macchina a casa e prendere una bicicletta, destinando magari un incentivo economico in base ai chilometri percorsi sulla tratta casa-lavoro, come già annunciato dal Ministro dei trasporti, però quello francese non quello italiano.
  La mobilità ciclabile risulta marginale in tutta Italia. Anche le realtà più virtuose come Bologna e Firenze non superano il 5 per cento. Sembra superfluo in tale sede ricordare gli innumerevoli vantaggi di usare una bicicletta al posto dell'automobile in termini di benefici per la salute e per l'ambiente. In un periodo in cui si parla solo di spending review e di crescita del PIL (e lo diciamo anche a favore del Governo del Paese) vorremmo ricordare solo i benefici economici che avremmo in caso di una minore congestione causata dal traffico automobilistico nelle città italiane. L'ACI ha calcolato che solo la città di Roma perde nel traffico più di 2 miliardi di euro all'anno e da un'indagine condotta dalla società di consulenza Ambrosetti, nel 2012 il costo della congestione è stato stimato tra i due e i tre punti di PIL. Per non parlare naturalmente della minori emissioni inquinanti che deriverebbero dall'uso maggiore delle biciclette.
  A titolo di esempio è sufficiente ricordare che, da uno studio effettuato dalla Federazione ciclistica europea, emerge che, se i cittadini dell'UE dovessero utilizzare la bicicletta tanto quanto i danesi, più virtuosi in questa classifica con una media di 2,6 chilometri al giorno, la UE conseguirebbe più di un quarto delle riduzioni delle emissioni previste per il comparto mobilità. Basterebbe, dunque, percorrere in bici 5 chilometri al giorno, invece che con i mezzi a motore, per raggiungere il 50 per cento degli obiettivi prodotti in materia di riduzione delle emissioni.
  Concludo, chiedendo che il Governo assuma immediatamente iniziative al fine di incentivare l'acquisto di nuove biciclette e, più in generale, a beneficio della diffusione e dell'utilizzo di questo mezzo di trasporto.

  PRESIDENTE. Il collega Piras ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2629-AR/70.

  MICHELE PIRAS. Signor Presidente, io ho bisogno di presentare, di spiegare questo ordine del giorno, anche perché Pag. 33quando è stato scritto ancora la vicenda a cui allude e per la quale si chiede l'impegno del Governo non era arrivata a questo punto di sviluppo. Si tratta della vicenda di Meridiana, dell'operatore di volo che gestisce, praticamente in regime di monopolio, la continuità territoriale da e verso lo scalo di Olbia attraverso la controllata Sogaer, che è la società che gestisce l'aeroporto.
  Venerdì scorso, a trattativa ancora aperta sul tavolo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, Meridiana ha annunciato l'avvio della procedura di mobilità per 1.634 lavoratori. Meridiana, come ognuno sa, è una compagnia privata – agisce, quindi, come un privato sul mercato –, ma è una compagnia che gestisce rotte che, va da sé, sono pubbliche, in concessione pubblica, che gestisce un pezzo del regime di continuità territoriale da e verso l'isola che è finanziata con fondi pubblici, e, cosa che pochi sanno, da quattro anni a questa parte, quei 1.600 lavoratori erano in cassa integrazione, per cui pagati con fondi pubblici.
  Ora, la domanda sorgerebbe spontanea, se non fossimo in una condizione, in una situazione nella quale, in ogni momento, le ragioni dell'impresa, le ragioni degli imprenditori, le ragioni del legittimo e del massimo profitto prevaricano quelle sociali, ci sarebbe da chiedersi oggi se sia possibile pensare ad un intervento più forte di quello che attualmente stiamo vedendo da parte del Governo, ad un impegno più forte nei confronti di una compagnia che si comporta come un imprenditore di rapina. Anche questa vicenda è molto conosciuta nella mia terra – vieni, prendi i soldi e scappa –, se non fosse che stiamo parlando di una compagnia storica, la prima compagnia privata del Paese, una compagnia legata mani e piedi alla storia dello sviluppo, della crescita e della trasformazione del nordest della Sardegna, a quell'economia turistica, all'afflusso di turisti.
  Meridiana è una compagnia che, in questo momento, è oggetto dell'attenzione della procura di Tempio ed è oggetto dell'attenzione persino di un'indagine della Guardia di finanza per truffa ai danni dello Stato per come sono stati utilizzati quei fondi pubblici, per l'appunto e per come Meridiana gestisce il rapporto duale con Air Italy, di recente acquisizione, per la quale Meridiana paga i costi, trasferisce i voli e approfitta di una forza lavoro più giovane per disfarsi di lavoratori che, per oltre dieci anni, hanno prestato servizio in Meridiana.
  Si tratta di 1.634 persone, 1.634 famiglie, delle quali circa mille ricadono sulla mia terra, che è una terra nella quale – mi corre l'obbligo ricordarlo – il tasso di disoccupazione è arrivato a toccare 119 mila persone, nella quale 130 mila persone sono attualmente scoraggiate e tutto questo accade su una forza lavoro di 540 mila persone. In altri termini, piove sul bagnato: si aggiunge ad una condizione di dramma sociale il possibile, ipotetico precipizio anche della condizione del trasporto nel nordest dell'isola.
  Noi, così come i sindacati, al Ministro Poletti, che in questi giorni ha gestito il tavolo con Meridiana e con le rappresentanze dei lavoratori di Meridiana, riconosciamo l'impegno, la messa a disposizione di questa parte dell'attività del Governo che però interviene in una condizione già pregiudicata e compromessa. I sindacati hanno offerto, hanno messo su quel tavolo la disponibilità a rinunciare a una quota parte dello stipendio per ridurre la mole degli esuberi, hanno messo a disposizione di quel tavolo la possibilità dei lavoratori di spostarsi in altra sede lavorativa, hanno messo a disposizione tutto e chiedevano, invece che trattare Meridiana come una bad company sulla quale si scaricano i costi d'impresa e si scaricano gli esuberi, che i licenziamenti, le mobilità potessero essere attinte da una lista unica di una azienda di fatto unica, pure gestita in regime duale come è quella che congiunge Meridiana e Air Italy.
  Abbiamo chiesto e chiederemo domani nel question time spiegazioni su questo e vorremmo che il Governo tutto, su questo, prendesse un impegno, perché riguarda le famiglie e l'esistenza di 1.634 lavoratori, Pag. 34perché riguarda il regime di continuità territoriale in un'isola come la Sardegna...

  PRESIDENTE. Collega Piras, dovrebbe concludere.

  MICHELE PIRAS. Mi avvio a concludere, Presidente. Non crediamo che l'impegno profuso per risolvere la questione del diritto alla mobilità sia stato il massimo e chiediamo al Governo qual è il ruolo che dovrebbe assumere in una vertenza di questo tipo, ad esempio, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. Chiediamo che venga accolto almeno questo ordine del giorno così come formulato, perché crediamo che questa condizione alluda al futuro di un'intera regione e, quindi, anche a un pezzo del futuro di questo Paese.

  PRESIDENTE. Il collega Paolo Nicolò Romano ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2629-AR/201.

  PAOLO NICOLÒ ROMANO. Signor Presidente, mentre il Paese affoga sotto il fango, il Governo si appresta, con questo provvedimento, a finanziare opere inutili come il terzo valico dei Giovi. Per la linea dell'alta velocità Milano-Genova l'articolo 3, infatti, destina al cosiddetto Fondo sblocca cantieri tre miliardi e 890 milioni di euro e dispone che le suddette risorse vengano assegnate con uno o più decreti, sia a singoli interventi sia a categorie generiche di interventi. Tra questi risulta il terzo valico dei Giovi, ovvero la tratta Milano-Genova, un'opera talmente inutile che fu osteggiata dagli stessi vertici delle Ferrovie dello Stato quando fu presentata agli inizi degli anni Novanta. Note sono in merito le dichiarazioni di Lorenzo Necci, l'allora commissario straordinario delle Ferrovie dello Stato, che l'aveva considerata non remunerativa in termini di flussi di traffico. La stessa posizione è stata assunta anche dai suoi successori come Mauro Moretti che dal 2006, quando assunse l'incarico ai vertici delle Ferrovie dello Stato, ha sempre rilasciato dichiarazioni sulla sua totale inutilità; eppure il sistema dei partiti, ai vari livelli di Governo, ha sempre spinto per la realizzazione di quest'opera sovrastimando le stime sui flussi di traffico passeggeri e merci, in modo da giustificarne la pubblica utilità.
  Ci chiediamo come sia possibile questa sopravvalutazione quando risulta non essere mai stata preparata una reale e dettagliata valutazione dei costi e benefici relativa all'infrastruttura, costi che sono da brivido per un Paese super indebitato come l'Italia. A distanza di oltre vent'anni dalla presentazione del progetto il preventivo per i 50 chilometri del terzo valico è lievitato a sei miliardi e 200 milioni di euro, ossia 115 milioni di euro a chilometro, tutti finanziati con soldi pubblici, perché degli oltre 6 miliardi di euro nemmeno un centesimo verrà coperto dai privati ai quali è stata affidata senza alcuna gara di appalto la progettazione, la realizzazione e la verifica dei lavori. Anche l'Europa non stanzierà un euro; se consideriamo che i costi dal preventivo aumentano in genere di due o tre volte a fine lavori, dobbiamo ipotizzare che quest'opera arriverà a costare sui 20 miliardi di euro. Qualcuno potrebbe anche sostenere che trattandosi di un investimento primo o poi questi soldi torneranno indietro. Purtroppo, non sarà così, non solo questi soldi non saranno mai recuperati, ma secondo un piano di fattibilità della Rete Ferroviaria Italiana, un piano del 2004, si stima che solo il 15 per cento del costo della realizzazione e delle spese di funzionamento e della relativa manutenzione dell'opera verrà coperto dai ricavi di mercato; il restante 85 per cento resterà a carico delle casse dello Stato in modo perpetuo.
  Altro che investimento, quest'opera rappresenta un suicidio economico per il Paese. Pertanto, con il mio ordine del giorno chiedo al Governo di procedere, nel più breve tempo possibile, per avviare, secondo i criteri di massima trasparenza e attraverso un ampio coinvolgimento dei soggetti interessati, una reale analisi dei costi e dei benefici di quest'opera, esaminando non solo l'impatto economico-finanziario, Pag. 35ma anche quello socio-ambientale che avrà sulle finanze pubbliche. Inoltre, chiedo al Governo di valutare l'opportunità di sospendere la realizzazione dell'opera, destinando queste risorse ad oggi individuate per gli interventi di ammodernamento e messa in sicurezza delle linee già esistenti (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Il deputato Antonio Placido ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2629-AR/62.

  ANTONIO PLACIDO. Signor Presidente, sono numerosi i passaggi del provvedimento in esame che sottraggono di fatto agli enti locali, alla comunità locali e alle regioni poteri decisionali importanti in ordine ad opere pubbliche, infrastrutture e opere di interesse energetico che vengono di fatto concentrate, direttamente o indirettamente, nelle mani del Governo attraverso una serie di strumenti: commissariamenti, in primo luogo; in secondo luogo, attivazione di procedure sostitutive; attivazione di procedure di silenzio assenso; dichiarazione di pubblica utilità e dichiarazione di preminente interesse nazionale riferite alle opere da realizzare. La motivazione che viene addotta a sostegno di queste decisioni è quella che bisognerebbe sbloccare, per l'appunto, opere di grande rilevanza, ma la sterilizzazione dei poteri imposti oggi in capo dalle norme vigenti agli enti e alle comunità locali rischia di attivare di fatto conflitti aspri sui territori che possono finanche rendere meno rapide le procedure che si tende a velocizzare. Peraltro, le scelte che il Governo fa in relazione a queste materie – delicate, in qualche caso, delicatissime – per molti versi contraddicono la sostanza e la lettera di importanti convenzioni sottoscritte dal nostro Paese, a partire dalla Convenzione di Aarhus, oltre che di direttive CEE, secondo le quali, almeno in relazione ad opere ad alto impatto ambientale, andrebbero scelte procedure di decisione aperte, trasparenti e partecipate. L'ordine del giorno che vi proponiamo punta a recuperare una parte dei poteri sottratti oggi ad enti e comunità locali con provvedimenti normativi successivi che ripristinino procedure di controllo il più possibile efficaci, almeno in relazione alle opere a più elevato impatto ambientale ed eventualmente si riferiscano a quello che già oggi è previsto dall'articolo 8 del Testo unico degli enti locali, in relazione alle forme della consultazione popolare che in relazione ad alcune materie può essere attivata. Noi pensiamo che il Governo possa ritenere accoglibile quest'ordine del giorno, perché ci pare che sia in relazione allo snaturamento delle norme oggi vigenti e alla sottrazione di poteri che viene effettuata con il cosiddetto «sblocca Italia». In questa settimana, in questa Camera, scegliere di accogliere questa sollecitazione, quella contenuta nel nostro ordine del giorno, significa collocarsi poco al di sopra della decenza (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. La deputata Spessotto ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2629-AR/203.

  ARIANNA SPESSOTTO. Signor Presidente, questo ordine del giorno fa riferimento all'articolo 2, comma 4, dello «sblocca Italia», che è il comma che estende la modifica della norma sugli appalti, operata con il decreto-legge n. 69 del 2013 (il cosiddetto decreto-legge «del fare») in materia di finanziabilità dei progetti, alle proposte già dichiarate di pubblico interesse e precedentemente escluse.
  È evidente ormai a tutti come questo comma è stato scritto proprio per riabilitare il progetto della nuova autostrada Orte-Mestre, e scavalcare così la bocciatura della Corte dei conti. Sembra incredibile, ma con questa «norma-deroga» viene di fatto garantito alla Orte-Mestre l'accesso alle misure di defiscalizzazione previste dalla legge n. 183 del 2011, assicurando alla nuova autostrada un beneficio fiscale di circa 2 miliardi di euro e scavalcando il veto della Corte dei conti, che si era già espressa nel luglio 2014 Pag. 36bocciandone il progetto. Infatti, con la delibera n. 16 del 2014 dello scorso 17 luglio, la Corte dei conti aveva negato il visto di legittimità alla determina di approvazione del progetto preliminare della Orte-Mestre del CIPE del novembre 2013, a lungo sospeso proprio in ragione delle carenze del piano economico-finanziario dell'opera. Nella sua delibera, la Corte motiva la sua bocciatura spiegando come la Orte-Mestre, dichiarata di pubblica utilità nel 2003, non potesse usufruire della defiscalizzazione prevista dalla legge n. 183 del 2011, e questo perché il successivo decreto-legge «del fare» escludeva da tali agevolazioni le opere dichiarate di pubblica utilità in data antecedente al decreto stesso.
  La bocciatura dei magistrati contabili era dovuta al fatto che senza i benefici della defiscalizzazione, che il piano economico e finanziario allegato alla delibera quantificava in circa 1,8 miliardi di euro, quasi il 20 per cento dell'investimento complessivo, il progetto della Orte-Mestre non stava in piedi. Allora ecco come con questo decreto-legge il duo Renzi-Lupi, con l'appoggio di tutta la maggioranza che ha sostenuto questo scempio prima in Commissione e poi con la fiducia in Aula, ha trovato subito il sistema per aggirare lo stop imposto dalla Corte dei conti. Con il comma 4 dell'articolo 2 le misure di defiscalizzazione diventano così accessibili a tutti, anche per un vecchio progetto pensato in un altro momento storico ed economico, come la Orte-Mestre. Un vero e proprio comma nascosto, questo dell'articolo 4, capace di riabilitare uno tra i più grandi e costosi progetti autostradali d'Italia, quasi 400 chilometri per oltre 10 miliardi di euro d'investimento attualmente preventivati.
  L'opera sarà realizzata col solito truffaldino sistema del project financing e dei project bonds, in cambio di una concessione della durata di 49 anni. Essendo però il traffico stimato sull'arteria molto scarso e tale da non giustificare la costruzione di una nuova autostrada, è molto probabile che il gettito dei pedaggi non sarà sufficiente a coprire il debito generato, e quindi alla fine dovranno essere di nuovo i cittadini a remunerare i mancati introiti del concessionario, che al contrario, visto il rischio di impresa nullo e i profitti certi, è incentivato ad investire in questa e altre opere inutili e devastanti.
  L'ordine del giorno a mia prima firma, che chiede immediate iniziative volte al ritiro del progetto preliminare del corridoio di viabilità autostradale Orte-Mestre, è stato presentato sotto forma di emendamento, in identico testo rispetto a quello del MoVimento 5 Stelle, dal presidente della Commissione ambiente, Realacci, e poi sottoscritto dalla maggioranza della Commissione ambiente, ma è stato poi prontamente ritirato dal suo primo firmatario, Realacci, proprio un momento prima della votazione in Commissione.
  La giustificazione che il presidente Realacci ha dato in Commissione ambiente, cercando di motivare le ragioni del ritiro dell'emendamento soppressivo dell'articolo 2, comma 4, è assolutamente inaccettabile, e dimostra solo le contraddizioni interne al Partito Democratico. Il presidente Realacci ci ha tenuto infatti a rassicurare il MoVimento 5 Stelle e i deputati degli altri gruppi presenti al momento della votazione in Commissione ambiente, che l'autostrada Orte-Mestre non si farà mai, riprendendo le parole del Presidente dell'ANCE che in audizione aveva definito la Orte-Mestre, come una boutade, ovvero una battuta. Ma sulla costruzione di questa grande opera il MoVimento 5 Stelle, a differenza del Partito Democratico, non ci trova niente da ridere, visto che stiamo parlando di un'opera inutile, dal devastante impatto ambientale ed economicamente insostenibile.
  Altro che battute ! Questa autostrada attraverserà sei Regioni (Lazio, Umbria, Marche, Toscana, Emilia-Romagna e Veneto), 11 province e 48 comuni, per un totale di quasi 400 chilometri di percorso. Solo nell'emiliano-veneto il consumo di suolo stimato è pari 3 milioni 800 mila metri quadrati. I danni che il tracciato autostradale provocherà a carico delle Pag. 37zone di interesse paesaggistico e ambientale attraversate è incommensurabile !

  PRESIDENTE. Dovrebbe concludere.

  ARIANNA SPESSOTTO. Per questi motivi con il presente ordine del giorno, dopo che il MoVimento 5 Stelle si è visto bocciare in Commissione l'emendamento soppressivo dell'articolo 2 comma 4, chiedo al Governo che ritiri immediatamente il progetto preliminare d'autostrada, ed avvii con urgenza un programma di interventi per la messa in sicurezza dell'attuale tracciato della statale Romea e dell'autostrada E45, tra le direttrici più pericolose d'Italia (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Il deputato Quaranta ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2629-AR/65.

  STEFANO QUARANTA. Signor Presidente, sottosegretario, il tema di questo ordine del giorno è quello delle concessioni autostradali non ancora scadute e degli interventi infrastrutturali previsti e non ancora però totalmente finanziati. Ora noi sappiamo benissimo che in tema di infrastrutture la pensiamo in modo diverso e non è certamente con un ordine del giorno che intendiamo sovvertire questo tipo di convinzioni e di discussione.
  Qui però vi chiediamo di individuare delle priorità e questo alla luce di due elementi che sono sotto gli occhi di tutti: da un lato, la crisi economica che imporrebbe di realizzare opere solo davvero utili; dall'altro, il tema del dissesto ambientale; insomma quello che è successo in queste settimane a Genova e in altre città dovrebbe far riflettere su quanto interventi invasivi e spesso non utili possano essere pericolosi. Allora, il ragionamento è di individuare le priorità e, in particolare, vi chiediamo di riflettere su quelle opere che, per sostenersi, richiedono ingenti aumenti tariffari che poi finirebbero con il ricadere sui cittadini che già vivono una situazione di difficoltà; vi chiediamo anche di riflettere bene su tutti quegli interventi in cui lo stesso soggetto privato – penso a società Autostrade – ha finito col considerarli non più prioritari e non più sostenibili o autosostenibili se non appunto con un aumento significativo delle tariffe.
  Io credo che in questo caso, mi riferisco, ad esempio, alla Gronda di Genova, ci dovrebbe essere davvero una riflessione e per questa ragione noi abbiamo pensato che questa potesse essere l'occasione per un ordine del giorno che puntualizzasse queste cose. Chiediamo, quindi, al Governo di valutare l'opportunità di trasmettere, entro la fine di quest'anno, all'Autorità di regolazione dei trasporti, e alle competenti Commissioni parlamentari, una relazione che sia il più possibile dettagliata sui piani finanziari complessivi degli interventi sino ad oggi avviati su queste opere con riferimento alle concessioni autostradali non ancora scadute e rispetto alle quali gli stessi concessionari autostradali abbiano evidenziato criticità sotto il profilo dell'opportunità economica nella realizzazione dell'opera in termini di rapporto costi-benefici.
  Come vede si tratta di una riflessione, io credo, di buonsenso, nel contesto attuale di un Paese che ha bisogno di investire tutte le sue risorse solo per cose davvero prioritarie che siano a sostegno del territorio, del lavoro, e, io dico, della qualità della vita dei nostri cittadini. Credo che, appunto, in questo contesto questo ordine del giorno possa avere quel buonsenso necessario in questa fase e possa quindi essere accolto.

  PRESIDENTE. La deputata Lombardi ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2629-AR/152.

  ROBERTA LOMBARDI. Signor Presidente, con il decreto in conversione, all'articolo 23, il Governo introduce nel nostro ordinamento una nuova tipologia contrattuale: il godimento di immobili in funzione di successiva alienazione. La sua disciplina consente l'immediato godimento del bene e rimanda al futuro il trasferimento della proprietà: una parte dei canoni pagati per il godimento vengono poi imputati al prezzo di vendita.Pag. 38
  Nel decreto, quindi, si dà valenza generale ad un contratto standardizzato previsto nel recente Piano casa dello scorso marzo. Il Ministro Lupi, infatti, sollecitato anche da nostre incessanti richieste di adottare misure per fronteggiare l'emergenza abitativa, tra gli interventi di housing più o meno sociale, ha introdotto la possibilità del cosiddetto «riscatto a termine» dell'alloggio sociale proprio attraverso l'articolo 8 del decreto-legge n. 47 del 2014.
  L'obiettivo dell'articolo 23 del decreto in conversione oggi, invece, è dunque quello di consentire ai costruttori o ai proprietari di immobili – meglio ancora – di utilizzare, con riferimento a tutte le categorie di immobili, e non solo a quelli di edilizia residenziale, questo nuovo strumento già in uso negli altri Paesi europei. La disciplina introdotta ha dunque lo scopo di favorire la ripresa delle contrattazioni immobiliari, specie con riguardo alle categorie con maggiori difficoltà ad acquistare per contanti e nell'ottica di quel risparmio del consumo del suolo che muove sempre la nostra azione quando si va a parlare di edilizia.
  Con questo ordine del giorno noi chiediamo praticamente l'estensione di questa possibilità di vendita con riscatto anche al patrimonio immobiliare degli enti previdenziali privatizzati ai sensi del decreto legislativo n. 509 del 1994 che, specie negli ultimi tempi stanno realizzando, o provano a realizzare, una massiccia opera di dismissione del patrimonio immobiliare, anche attraverso conferimenti a fondi immobiliari o SGR.
  Gli enti di previdenza, in origine, infatti, hanno acquistato la proprietà di molti immobili per soddisfare finalità pubbliche di utilità sociale e, dunque, anche per far fronte al disagio abitativo ricordandosi che soprattutto i soldi che gli venivano per l'acquisto del patrimonio immobiliare derivavano dalla contribuzione obbligatoria pubblica e, quindi, hanno giustamente utilizzato questi fondi pubblici per finalità pubbliche; anche perché tali enti hanno una riconosciuta natura pubblicistica e pertanto gli immobili di loro proprietà dovrebbero essere locati e venduti a prezzi inferiori rispetto a quelli di mercato.
  Purtroppo, invece, sempre più spesso, gli enti previdenziali privatizzati si sono trasformati in enti di lucro, in quanto mirano ad ottenere profitto, non solo attraverso la vendita di immobili, ma anche per mezzo di audaci operazioni nel mercato mobiliare, di cui abbiamo, in questo anno e mezzo, ampiamente trattato in una serie di interpellanze urgenti e interrogazioni, che hanno trovato in realtà poca risposta, ma ne parleremo nelle sedi appropriate.
  Il presente ordine del giorno impegna il Governo – e non lo impegna a valutare l'opportunità di, ma lo impegna – ad estendere la disciplina dei contratti di godimento di immobili in funzione della successiva alienazione anche agli immobili in locazione di proprietà di tutti gli enti di cui all'allegato A del decreto legislativo n. 509 del 1994.
  Questo significa che gli inquilini di case di proprietà di enti di previdenza privatizzati potranno riscattare l'abitazione, sì, ma alle seguenti condizioni: in primo luogo, che gli inquilini medesimi non risultino proprietari di altra abitazione, adeguata alle esigenze del nucleo familiare nella città di residenza; in secondo luogo, che l'immobile riscattato sia rivenduto solo una volta trascorsi almeno dieci anni dal riscatto; in terzo luogo, che il prezzo di vendita non sia superiore a quello di acquisto, rivalutato in base agli indici ISTAT; in quarto luogo, che sia garantito il diritto di prelazione – nel caso in cui, trascorsi dieci anni, l'ex inquilino, attuale proprietario decida di vendere – agli enti locali competenti per territorio che decidano per l'acquisto ai fini dell'emergenza abitativa e agli inquilini che detengano l'alloggio.
  Insomma, la finalità di questo ordine del giorno è far sì che il patrimonio immobiliare degli enti privatizzati riacquisti quella finalità pubblica per la quale si era provveduto ad acquistarlo e a costituirlo nel corso degli anni e che effettivamente aiuti a calmare la fame dell'emergenza Pag. 39abitativa soprattutto nelle grandi città e che gli immobili, una volta acquistati in proprietà privata, siano gravati da vincoli tali che non si dimentichi mai, anche successivamente, la finalità pubblica di questo patrimonio; quindi, siano gravati da tutta una serie di vincoli che sottraggano questi immobili, costruiti e acquistati con soldi pubblici, dalla fame speculativa.

  PRESIDENTE. Saluto gli studenti dell'Istituto tecnico per il turismo di Pordenone, che sono presenti a Montecitorio per una giornata di formazione e stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
  La collega Nicchi ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2629-AR/55.

  MARISA NICCHI. Signor Presidente, il nostro Paese vive sempre e costantemente con la possibilità di andare sott'acqua. Le recenti alluvioni – voglio ricordare il Gargano, Genova due volte, la Maremma due volte e tante altre – che hanno colpito territori e che hanno portato via vite innocenti dimostrano che non solo mancano i soldi e i finanziamenti necessari per una prevenzione, ma che non si può più andare avanti così. Questo è un Paese che deve dare una svolta radicale in tema di assetto e protezione della sicurezza idrogeologica: poche gocce d'acqua, magari violente ed improvvise, mettono in ginocchio i paesi, smottamenti, frane, crolli di infrastrutture, argini che non riescono più a trattenere l'impatto con le acque, allagamenti che troppo spesso assumono dimensioni incredibili. Non è solo frutto e risultato della natura avversa.
  Accanto ad essa – e potenziando il suo effetto devastatore – ci sono anni di politiche di non cura dei territori, di assenza di una rigorosa politica di pianificazione, di manutenzione, di prevenzione territoriale. Poche risorse assegnate agli interventi per la difesa del suolo anche in questo provvedimento, a cui si sommano sia il taglio di risorse alle regioni e agli enti locali, sia l'obbligo, il rispetto del Patto di stabilità interno a cui devono sottostare gli enti territoriali medesimi.
  L'ordine del giorno, che noi ribadiamo, vuole affrontare questo obbligo, questo obbligo di subire il Patto di stabilità interno. Infatti, questo obbligo rende molto difficile per gli enti locali di potere finanziare e realizzare i piani di manutenzione esistenti. Anche laddove sia stato deliberato lo stato di emergenza la normativa attuale, questo obbligo assurdo, impedisce agli enti locali di utilizzare le risorse proprie o quelle della donazione di terzi per il blocco del Patto di stabilità interno.
  Noi chiediamo l'esclusione dal Patto di stabilità di queste risorse; chiediamo che non venga superata l'indispensabile norma di legge specifica che può, solo quella, caso per caso, permettere di escludere questo tipo di finanziamenti, che sono già a disposizione degli enti locali per essere usati a favore di interventi di cura. Chiediamo che questo Patto di stabilità, così come una corda che strangola i bilanci degli enti locali, sia superato perché è ingiusto, è assolutamente ingiusto che gli enti territoriali non possano usare risorse che sono a loro disposizione per un vincolo burocratico (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Il collega Toninelli ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2629-AR/179.

  DANILO TONINELLI. Presidente, l'articolo 38, a cui questo ordine del giorno si riferisce, è rubricato: «Misure per la valorizzazione delle risorse energetiche nazionali», ma in realtà ha ad oggetto misure di genere del tutto disomogeneo. Misure disomogenee, dunque, non più all'interno di una legge ma di uno stesso articolo, con quello che ne consegue non solo circa la legittimità del ricorso allo strumento della decretazione d'urgenza, ma anche della comprensione della legge e, quindi, della sua concreta attuabilità. Vi rientrano misure relative alle ridefinizione dei titoli abilitativi, le attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi e quelle di stoccaggio sotterraneo di gas naturale, cioè i controlli di queste attività che poco hanno a che vedere con la loro Pag. 40valorizzazione, nonché le relative valutazioni di impatto ambientale.
  Accanto a queste misure, in materia di idrocarburi, il comma 11-quinquies dell'articolo 38, di cui al presente ordine del giorno, recita: «Con decreto del Ministro dello sviluppo economico sono definite condizioni e modalità per il riconoscimento di una maggiore valorizzazione dell'energia da cogenerazione ad alto rendimento, ottenuta a seguito della riconversione di impianti esistenti di generazione di energia elettrica a bioliquidi sostenibili, che alimentano siti industriali o artigianali, in unità di cogenerazione asservite ai medesimi siti. La predetta maggiore valorizzazione è riconosciuta nell'ambito del regime di sostegno alla cogenerazione ad alto rendimento, come disciplinato in attuazione dell'articolo 30, comma 11, della legge 23 luglio 2009, n. 99, e successive modificazioni, e in conformità alla disciplina dell'Unione europea in materia».
  Si prevede, quindi, una maggiore valorizzazione dell'energia da cogenerazione ad alto rendimento. Ma, ci domandiamo, che cosa significa ciò ? La cogenerazione è la produzione combinata, in un unico processo, di energia elettrica, o meccanica, e calore. Nel caso in questione la cogenerazione che si intende incentivare sarebbe quella ottenuta dalla conversione degli impianti di produzione di energia elettrica a bioliquidi sostenibili, che alimentano siti industriali o artigianali.
  Il riferimento per la definizione di tale valorizzazione è il meccanismo dei cosiddetti «certificati bianchi» alla cogenerazione ad alto rendimento. I certificati bianchi, anche noti come «titoli di efficienza energetica», sono titoli negoziabili, che certificano il conseguimento di risparmi energetici negli usi finali di energia attraverso interventi e progetti di incremento di efficienza energetica.
  Il sistema dei certificati bianchi è stato introdotto nella legislazione italiana dal decreto ministeriale del 20 luglio 2004 e dai successivi interventi di modifica e integrazione e prevede che i distributori di energia elettrica e di gas naturale raggiungano annualmente determinati obiettivi quantitativi di risparmio di energia primaria, espressi in tonnellate equivalenti di petrolio risparmiate. Un certificato equivale al risparmio di una tonnellata equivalente di petrolio. I titoli di efficienza energetica sono emessi dal gestore dei mercati energetici in favore dei soggetti di cui all'articolo 7 del decreto ministeriale 28 dicembre 2012, ovvero distributori di energia elettrica e gas e società controllate dai distributori medesimi; società operanti nel settore dei servizi energetici; soggetti di cui all'articolo 19 della legge 9 gennaio 1991, n. 10, che hanno effettivamente provveduto alla nomina del responsabile per la conservazione e l'uso razionale dell'energia di cui al medesimo articolo 19; imprese operanti nei settori industriale, civile, terziario, agricolo, trasporti e servizi pubblici, ivi compresi gli enti pubblici, purché abbiano provveduto alla nomina del responsabile per la conservazione e l'uso razionale dell'energia, applicando appunto quanto previsto all'articolo 19 della legge n. 10 del 1991, ovvero si siano dotati di un sistema di gestione dell'energia certificato in conformità alla norma ISO 50001 e mantengano in essere tali condizioni per tutta la durata della vita tecnica dell'intervento, sulla base dei risparmi conseguiti e comunicati al gestore dei mercati energetici dal gestore dei servizi energetici, nel rispetto delle disposizioni di cui al decreto ministeriale 28 dicembre 2012. Il gestore dei mercati energetici emette, altresì, titoli di efficienza energetica tipo II – cogenerazione ad alto rendimento, attestanti interventi di risparmio energetico ottenuti su impianti di cogenerazione ad alto rendimento per i quali l'attività di certificazione è effettuata dal gestore dei servizi energetici, in attuazione delle previsioni di cui al decreto ministeriale in parola.
  Le aziende distributrici di energia elettrica e gas possono assolvere al proprio obbligo realizzando progetti di efficienza energetica che diano diritto ai certificati bianchi oppure acquistando i titoli di efficienza energetica da altri soggetti sul Pag. 41mercato dei titoli di efficienza energetica organizzato dal gestore dei mercati energetici.
  Pertanto, ed è qui il problema che intendo sollevare in questa sede con questo ordine del giorno, in base a questa disposizione gli impianti che beneficeranno di tale norma potrebbero ottenere un duplice incentivo: prima per la loro produzione elettrica e, successivamente, quale impianti in cogenerazione.
  E qui concludo: di qui l'invito al Governo a considerare gli incentivi già concessi per la valorizzazione dell'energia elettrica prodotta nella definizione delle condizioni e modalità per il riconoscimento di una maggiore valorizzazione dell'energia da cogenerazione ad alto rendimento ottenuta dalla conversione degli impianti di produzione di energia elettrica a bioliquidi sostenibili, dal momento che dall'attuazione di questa norma potrebbe derivare una duplicazione degli incentivi.

  PRESIDENTE. Colgo l'occasione per salutare studenti e docenti dell'Istituto tecnico commerciale Baggi, di Sassuolo, in provincia di Modena, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
  Ha chiesto di parlare il collega Sannicandro per illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2629-AR/59. Ne ha facoltà.

  ARCANGELO SANNICANDRO. Signor Presidente, signor sottosegretario, l'ordine del giorno che mi accingo ad illustrare nasce da una lettura critica, molto critica, degli articoli 37 e 38 di questo decreto-legge. Vanno letti insieme per la filosofia che li unifica, ma è la stessa filosofia in fin dei conti che ispira tutto il decreto-legge. È un decreto legge ambizioso come al solito nella sua denominazione «sblocca Italia», ma che come sempre, al solito, non indica in quale direzione si vuole sbloccare d'Italia. E se noi leggiamo attentamente questo voluminoso decreto ci accorgiamo che si tratta di una virata a 180 gradi verso il passato. Si tenta di eliminare lacci e lacciuoli che secondo gli imprenditori hanno impedito loro di svolgere al meglio il loro mestiere. La verità è che in Italia ci sono dei problemi di questo tipo ma spesso è grazie a quei lacci e lacciuoli che non è stato arrecato danno all'ambiente e alla salute peggio di quanto sia già accaduto. Ora il Governo – ripeto – procede in tale direzione, modificando norme del codice, del codice degli appalti, altre norme con una voluttà veramente inaccettabile. Se noi andiamo a leggere, come è stato già fatto da altri, le norme sugli appalti, per esempio, ci accorgiamo che il codice degli appalti, appena del 2006, è modificato ancora una volta dopo che è stato già modificato per cinquantadue volte in sei anni. Nel caso di specie di che cosa si tratta ? L'articolo 37 introduce anch'esso norme derogatorie in materia di infrastrutture per il gas naturale, in particolare dei gasdotti di importazione di gas dall'estero, dei terminali dei rigassificatori, degli stoccaggi di gas naturale e delle infrastrutture della rete nazionale di trasporto del gas naturale.
  Che cosa si dice in questo articolo, in fin dei conti ? Si dice che tutta questa attività che deve fare capo al Ministero competente è dichiarata, sic et simpliciter, in ogni caso, attività di valore strategico, che riveste carattere strategico, che costituisce una priorità di carattere nazionale, che è un'attività di pubblica utilità, urgente ed indifferibile. La stessa qualificazione giuridica che si attribuisce anche, con l'articolo 38 – ve lo leggo per non sbagliare –, all'attività di ricerca e di coltivazione, vale a dire di estrazione degli idrocarburi.
  Ora, nell'uno o nell'altro caso, in fin dei conti, che cosa si consente al Ministero competente ? Di fare a meno del passaggio, attraverso le competenze delle regioni e degli enti locali, del confronto con le popolazioni e con le comunità locali, di fare a meno, ripeto, di qualunque contributo che possa provenire dai territori. L'esperienza ci dice che, molto spesso, sono i territori che conoscono meglio se stessi che non, appunto, i Governi.
  Per fare questo, bisogna violare la Costituzione, in quanto, a Costituzione vigente, è evidente che questa normativa Pag. 42non è tollerabile, non è compatibile. In fin dei conti, il Governo non sta facendo altro che anticipare quella che dovrebbe essere la riforma del Titolo V della Costituzione, accentrando, lo ripeto, nelle mani dei Ministeri quello che fino ad oggi, invece, è di competenza delle regioni e degli enti locali. Faccio un esempio per tutti: la competenza in materia di valutazione di impatto ambientale, che viene assorbita a livello ministeriale e sottratta alle regioni. Ebbene, questa è una procedura che...

  PRESIDENTE. Deputato, concluda.

  ARCANGELO SANNICANDRO. ... ritroviamo in tutti gli altri articoli e noi, con questo ordine del giorno, suggeriamo di riprendere una riflessione su queste norme, di procedere con la dovuta cautela, di evitare che vengano portate a peggiori esiti le conseguenze di cui già l'articolato è foriero (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. La deputata Dadone ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2629-AR/166.

  FABIANA DADONE. Signor Presidente, l'articolo 38 del decreto in esame dispone che le attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi e quelle di stoccaggio sotterraneo di gas naturale siano considerate un'attività di interesse strategico nazionale, di pubblica utilità, urgenti e indifferibili. Si prevede, inoltre, che i decreti autorizzativi comprendano la dichiarazione di pubblica utilità, di indifferibilità e di urgenza dell'opera, nonché l'apposizione del vincolo preordinato all'espropriazione dei beni. Che cosa significa questo ? Sostanzialmente, che il Governo ha parificato le trivellazioni alle scuole o agli ospedali: questo è il senso di questa premessa.
  In Italia sono presenti all'incirca mille pozzi produttivi di idrocarburi e le produzioni annuali di gas e di olio coprono rispettivamente il 10 e il 7 per cento del fabbisogno energetico nazionale, ma l'Italia, dall'altro lato, è uno dei Paesi comunitari più ricchi di prodotti tipici. Questa è la tipologia che noi ammiriamo e a cui ambiamo, più che altro: i prodotti tipici, e non certo questo altro tipo di risorse.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROBERTO GIACHETTI (ore 18,05)

  FABIANA DADONE. Hanno ottenuto un riconoscimento giuridico nazionale numerosi prodotti dei comparti vitivinicolo, caseario, delle carni trasformate e ortofrutticolo. In Italia, le produzioni tipiche nel comparto dei formaggi coprono, con 30 marchi DOC, circa il 50 per cento dell'intera produzione casearia nazionale. Nel comparto vitivinicolo, le circa 280 denominazioni di origine coprono il 15 per cento della produzione nazionale e si stima che i prodotti tipici contribuiscano alla ricchezza nazionale per un importo di circa cinque miliardi di euro.
  Quello che noi chiediamo, Presidente, con questo ordine del giorno, è un impegno effettivo... chiedo al Governo se può gentilmente ascoltarmi, se possibile.

  PRESIDENTE. Qual è il problema ?

  FABIANA DADONE. Il Governo sta dialogando...

  PRESIDENTE. Il Governo – diciamo – la sta ascoltando, ha delle doti che, sicuramente, lei non può immaginare.

  FABIANA DADONE. Ha ragione, però, sarei veramente grata al Governo se riuscisse solo a volgere l'attenzione nei miei riguardi.
  Quindi, chiedo l'impegno al Governo ad adottare ogni iniziativa, nonché normativa, al fine di vietare la prospezione, la ricerca e la coltivazione di idrocarburi nelle zone di produzione agroalimentare. Chiedo al Governo un impegno a concentrarsi su quelli che sono i nostri prodotti tipici, su quella che dovrebbe essere la nostra grande richiesta nazionale, ed evitare di continuare ad investire su ciò che non è una nostra grande ricchezza.Pag. 43
  Questo provvedimento ha destato molto stupore, soprattutto al di fuori di quest'Aula. Io sono stata, in particolar modo, contattata da un ingegnere (in realtà non solo da questo singolo ingegnere) che si occupa di biomasse che si è dimostrato, notevolmente, stupito nei confronti di questo Governo che, da un certo punto di vista si dimostra a favore dell'energia rinnovabile, quantomeno a chiacchiere, o di quello che dovrebbe essere la nostra produzione nazionale a livello di prodotti tipici, ma dall'altro ha fatto un provvedimento che verte su tutt'altro settore, riguarda più che altro energie che sono di cento anni fa. Quello che ho potuto rispondere in sede di questo colloquio è stato: me ne dispiace, faremo di tutto per riuscire a portare il Governo su un'altra via.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE LUIGI DI MAIO (ore 18,10)

  FABIANA DADONE. Non vi è stata la sede di discussione del provvedimento, spero, quanto meno, che il Governo si faccia convincere da questo semplice ordine del giorno e dia un parere favorevole.

  PRESIDENTE. Il collega Baldelli ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2629-AR/53.

  SIMONE BALDELLI. Onorevole Presidente, approfitto di questa ampia fase d'illustrazione degli ordini del giorno, per illustrare anche l'ordine del giorno a mia firma n. 9/2629-AR/53. Sulla scorta dell'iniziativa lodevole già intrapresa dal Ministro dell'economia, sul blocco temporaneo della tassazione per le zone alluvionate, colpite dalle recenti alluvioni, l'ordine del giorno è volto ad impegnare il Governo ad intraprendere, al più presto, iniziative finalizzate alla sospensione dei pagamenti delle rate dei mutui e dei prestiti nelle zone alluvionate. Si tratta, Presidente e colleghi, di una proposta che ha già riscosso, almeno sugli organi d'informazione, di un discreto consenso trasversale ed è stata appoggiata anche da esponenti della maggioranza. Io mi auguro che ci sia da parte dei colleghi la possibilità di sottoscrivere questo ordine del giorno e del Governo di accoglierlo, per riuscire a venire incontro, in una maniera che non impegna e che non mette in difficoltà gli equilibri di finanza pubblica, le popolazioni colpite da questi eventi alluvionali che, ovviamente, versano in una situazione di estrema difficoltà. Credo che questo possa essere, attraverso un lavoro che il Governo stesso dovrebbe promuovere con gli istituti bancari, un modo anche per togliere statisticamente per le banche questi prestiti e questi mutui dalla sfera dei crediti che possono diventare, al momento, difficilmente esigibili. Quindi, mi auguro, davvero, che il Governo possa prendersi questo impegno, sapendo che finanziariamente è un impegno che non compromette gli equilibri di finanza, ma che può far molto in termini di sollievo per le popolazioni colpite da questi eventi alluvionali.

  PRESIDENTE. Il deputato Ribaudo ha facoltà di illustrare l'ordine del giorno Culotta n. 9/2629-AR/229, di cui è cofirmatario.

  FRANCESCO RIBAUDO. Signor Presidente, intervengo per illustrare l'ordine del giorno che riguarda l'articolo 7 del nostro provvedimento, in particolare, la vicenda della gestione dell'acqua pubblica. In quell'ordine del giorno noi prevediamo, e siamo convinti, che finalmente, con l'articolo 7, il Governo intende unificare il sistema di gestione della risorsa idrica.
  Siamo convinti che questo vada fatto in tutto il territorio nazionale, compresa la Sicilia. Però, dobbiamo prendere atto che in questo momento la Sicilia ha sette gestioni diverse di acqua pubblica (in parte EAS, in parte la società privata, in parte addirittura – avendo fallito la società privata che gestiva la provincia di Palermo – in house l'ATO idrico della provincia di Palermo).
  E allora è avvenuto, Presidente – lo voglio dire in questo Parlamento –, qualcosa Pag. 44di strano. I sindaci hanno dovuto richiedere le reti indietro per assicurare l'erogazione dell'acqua. Quindi, ci troviamo, in questo momento, con alcuni comuni e alcuni sindaci che hanno avuto riconosciuta dal giudice – quindi con sentenza – la possibilità di gestire direttamente la risorsa e, quindi, in contrasto con la norma dell'Unione europea e con la legge Galli.
  Allora con l'ordine del giorno diciamo: va bene, finalmente il Governo vuole unificare il sistema, rimuoviamo tutti gli ostacoli e aiutiamo a rimuoverli anche in Sicilia, però, nel contempo, consentiamo ai comuni a cui in questo momento sono affidate le reti idriche di gestire e di farlo legittimamente, in attesa che si realizzi un sistema unitario secondo le previsioni e secondo lo scadenzario e i tempi dettati dallo stesso articolo 7. Quindi, questo si chiede con l'ordine del giorno, ossia prendere atto della situazione che in questo momento si sta verificando in questi comuni particolari della provincia di Palermo, ma credo che la questione riguarda tanti altri comuni in tutto il territorio nazionale.

  PRESIDENTE. La deputata Federica Dieni ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2629-AR/208.

  FEDERICA DIENI. Signor Presidente, la problematica posta dall'ordine del giorno riguarda le forti limitazioni del trasporto passeggeri via mare tra Sicilia e Calabria. Il motivo ? Il servizio di scafi sullo Stretto è inadeguato ed è assai difficoltoso compiere questo viaggio il sabato e la domenica, i giorni festivi e tutti i giorni dopo le 19,30, fino al mattino successivo. Vale la pena di ricordare che questa limitazione diventerebbe ancora più grave in caso di condizioni meteo avverse.
  La storia relativa ai trasporti entro questo tratto di mare, anche senza partire dagli antichi greci, è lunga e complessa. L'ultimo atto parla di un tavolo tra Ministero, compagnie di navigazione e enti locali, che avrebbe registrato un nulla di fatto.
  Da dove nasce questa riduzione dei collegamenti tra Villa San Giovanni e Messina ? La causa dell'insorgere di questa attuale difficoltà è dovuta al fatto che fino a poco tempo fa delle attività di trasporto passeggeri si occupava RFI, società delle Ferrovie dello Stato. Questo, tuttavia, accadeva in violazione della normativa antitrust. L'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha, infatti, sanzionato RFI per aver operato nel mercato marittimo. RFI, in quanto concessionaria della gestione dell'infrastruttura ferroviaria nazionale, è tenuta, ai sensi dell'articolo 8, comma 2-bis, della legge n. 287 del 1990 ad operare mediante società separate nello svolgimento di attività in mercati diversi da quello in cui agisce per l'adempimento degli specifici compiti ad essa affidati e a comunicare la costituzione di tali società o l'acquisizione del controllo sulle stesse ai sensi dell'articolo 8, comma 2-ter, della stessa legge n. 287 del 1990.
  L'Autorità è quindi intervenuta con il provvedimento n. 17447, che sanziona l'attività di traghettamento di mezzi e passeggeri da parte di RFI. Il procedimento si è, infatti, concluso con l'accertamento della violazione degli obblighi di separazione societaria e di mancata comunicazione preventiva, con l'applicazione a RFI di due autonome sanzioni pecuniarie per un importo complessivo di 25 mila euro. Non ritenendo di dover procedere ad impugnazione dell'atto di accertamento, RFI ha provveduto al pagamento della sanzione in data 9 marzo 2012.
  La società Bluferries srl, costituita a novembre 2010 e destinata all'offerta dei servizi al mercato di trasporto marittimo di persone, automezzi e merci nello Stretto di Messina, avrebbe dovuto prendere il posto di RFI, ma così non è stato. La questione – anche se nell'ordine del giorno ci limitiamo a trattare la problematica delle frequenze di viaggi – va ben oltre e riguarda le tariffe e non solo, investe la mission di Bluferries e pone inquietanti dubbi circa il senso di servizio pubblico di cui dovrebbero godere anche la Calabria e la Sicilia, anche se talvolta queste sembrano terre di nessuno.Pag. 45
  L'Antitrust infatti ha avviato nel 2013 un'istruttoria sui servizi di cabotaggio marittimo per fare luce su una possibile intesa restrittiva della concorrenza delle tratta dello stretto di Messina.
  Il termine di conclusione del procedimento è slittato, secondo le notizie di appena una settimana fa, dal 31 ottobre 2014 al 23 dicembre, vista «la sopravvenuta esigenza di svolgere ulteriori approfondimenti istruttori, anche a seguito degli elementi portati dalla società Caronte & Tourist Spa nella seconda audizione della parte, richiesta il 26 maggio 2014 e svoltasi il 28 maggio 2014, e considerata la necessità di assicurare alle parti il più ampio esercizio del diritto di difesa, al fine di garantire a pieno il diritto al contraddittorio».
  L'inchiesta dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato sui trasporti dello stretto partiva il 26 giugno 2013, a seguito di segnalazioni di utenti, che lamentavano «un progressivo e rilevante aumento delle tariffe praticate dagli operatori che forniscono il servizio di trasporto marittimo nello stretto di Messina, per tutte le tipologie di trasporto». Nel mirino dell'Antitrust sono finite le società Caronte & Tourist Spa, Rete Ferroviaria Italiana Spa, Bluferries a s.r.l., Meridiano Lines Spa, Ustica Lines Spa, Terminal Tremestieri s.r.l. e del Consorzio Metromare, «per accertare l'esistenza di violazioni dell'articolo 2 della legge n. 287/90 o dell'articolo 101 del trattato sul trasporto ferroviario ed in particolare di un'intesa unica e complessa tra gli operatori attivi nel mercato del trasporto marittimo nello stretto di Messina, volta alla concertazione sui prezzi ed alla ripartizione del mercato e tale da sterilizzare l'ingresso dei nuovi entranti».
  Sette società di navigazione, concorrenti tra loro, finivano dunque nel mirino dell'Antitrust per presunti «accordi sui prezzi dei biglietti, con incrementi significativi e contestuali, con tariffe del trasporto passeggeri identiche e aumentate fino al 150 per cento». Al di là di questo fatto, su cui ci auguriamo l'Antitrust possa fare piena luce e che era bene ricordare in questa sede, per sottolineare le generali condizioni di svantaggio cui sono sottoposti i cittadini calabresi e siciliani, resta al momento la problematica della frequenza delle corse.
  Sarebbe stata respinta dal Ministero e da RFI la possibilità di utilizzare, per i pendolari, le navi traghetto di RFI che trasportano treni merci e passeggeri per motivi di sicurezza, e per la violazione di quanto disposto dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato, che già avrebbe sanzionato RFI per aver operato nel mercato marittimo.
  L'unica possibilità individuata dal Ministero è quella di tentare di ottenere una deroga, da parte della suddetta Autorità, rispetto a quanto previsto dal provvedimento n. 17447, che sanziona l'attività di traghettamento di mezzi e passeggeri da parte di RFI.
  Ovviamente la soluzione proposta...

  PRESIDENTE. Collega, ha esaurito il tempo.

  FEDERICA DIENI. Ah, grazie.

  PRESIDENTE. Grazie. Il deputato Zaccagnini ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2629-AR/60.

  ADRIANO ZACCAGNINI. Signor Presidente e colleghi, l'ordine del giorno in questione impegna il Governo a predisporre, attraverso provvedimenti normativi e di programmazione finanziaria, un piano pluriennale straordinario di messa in sicurezza del territorio.
  Per comprendere meglio quale potrebbe essere un piano pluriennale efficace, dobbiamo partire da un dato: la difesa del suolo non viene considerata una normale attività legata al ciclo di utilizzo del bene, come potrebbe essere per un qualunque altro bene economico, il cui reintegro viene contabilizzato normalmente con quote di ammortamento in qualunque bilancio.
  Il valore del suolo e la sua difesa, parcellizzati e separati tra loro, sono perciò cose molto diverse e quantificarle risulta Pag. 46molto difficile. Certamente il valore fondiario non incorpora il valore della difesa del suolo, se non molto parzialmente, ed in genere come conseguenza di cause catastrofiche pregresse ed evidenti.
  Si tratta di una limitazione fondamentale che, se è unita al fatto di considerare la difesa e l'utilizzo del suolo come attività di servizio nel campo agricolo e rurale, spiega perché siano diventate oggetto di mercato con una funzione collaterale e sussidiaria all'attività agricola propriamente detta.
  Non ci si deve meravigliare se il suolo viene difeso solo quando diventa economicamente conveniente e se la sua difesa è fatta oggetto di mercato.
  Voglio riproporre le riflessioni del 1992 dell'allora capo del Corpo forestale: «Abbiamo vissuto le alluvioni del Polesine, di Firenze, della Calabria, della Valtellina, della Liguria, abbiamo seguito la legge n. 183 ed abbiamo capito che quella del suolo è una questione che si affronta per liberare la coscienza dalle responsabilità. Non c’è un impegno costante, non c’è la vera cultura della difesa del suolo in termini preventivi. C’è la cultura della riparazione dei danni».
  Per politiche che, invece, intervengano per la difesa del suolo, oltre che discutere la proposta di legge sul consumo di suolo agricolo ferma da mesi in Commissione ambiente ed in Commissione agricoltura, risulta evidente l'importanza di operare in favore dell'agricoltura familiare e contadina di piccola e media scala, attraverso il riconoscimento del ruolo sociale dell'agricoltore, di chi fa un'agricoltura al servizio della comunità di riferimento. In particolare con misure specifiche regionali è possibile valorizzare i servizi ambientali che un certo tipo di agricoltura di piccola e media scala è capace di mettere in campo ogni giorno, mantenendo il territorio e le vie d'acqua. Per fare ciò è necessario un piano pluriennale che sappia creare il ripopolamento delle campagne abbandonate, l'opportunità per rinnovare il tessuto sociale e rurale dando la possibilità ai giovani di aprire nuove aziende agricole, favorendo l'accesso alla terra e la residenzialità rurale. Sfortunatamente gli ultimi risultati prodotti dal decreto «terrevive» del Ministro Martina sono una svendita stile ebay di una prima tranche di terre pubbliche. Non si tengono in conto le questioni finora trattate bensì viene alienato un bene comune fondamentale come la terra con un vincolo di destinazione d'uso di soli vent'anni. Questo viene fatto senza alcun criterio se non quello del più alto rialzo. Quindi è possibile che un'offerta con un progetto agricolo che coinvolga maggiormente il territorio e abbia positive ricadute sociali e ambientali venga scavalcata all'ultimo minuto da un'offerta semplicemente anche di poco più alta. Non c’è alcun criterio o graduatoria legata alla progettualità. Eppure non servirebbe guardare così distante. Basterebbe osservare come si opera in Francia dove esiste un intermediario fondiario per legge, la Safer, che evita la speculazione e la concentrazione delle terre in poche mani e che quindi valuta anche il progetto agricolo, oltre alla sola offerta economica. La cosa sconvolgente dei primi bandi regionali appena usciti relativi alla alienazione dei beni è che non c’è nemmeno la riserva del 20 per cento dei terreni destinati alla locazione prevista per legge. Questa svendita stile ebay dunque non tiene conto neanche del 20 per cento che per legge deve andare in affitto con priorità ai giovani agricoltori. Inoltre di questi tempi la criminalità organizzata in vari territori può avere una certa disponibilità di liquidità da investire nell'acquisizione di terreni, anche solo come bene rifugio. Questa operazione della svendita delle terre pubbliche diventa non solo l'ultimo strumento inefficace, ma potrebbe essere in specifici casi controproducente per attivare percorsi virtuosi di rivitalizzazione dell'agricoltura.
  Per ritornare all'aspetto della difesa è l'ideologia del mercato, dell'utile immediato e del privilegio dell'azione a basso costo che rende difficile svolgere interventi di terra e del suolo. La marginalizzazione dell'attività agricola e la sua riduzione semplicemente ad un problema di efficienza dei costi ha paradossalmente riportato Pag. 47indietro lo sviluppo della conoscenza e tagliato l'utilizzo delle nuove tecnologie dal rapporto con il territorio. Considerare la terra bene collettivo diviso nella proprietà ma da tutelare collettivamente attraverso strumenti comuni e possibilmente pubblici è l'unica via possibile affinché agricoltori e cittadini, grandi imprese e piccole proprietari, terre demaniali e complessi urbani possano trovare basi comuni per sistemi economici realmente integrati...

  PRESIDENTE. Collega, ha esaurito il tempo.

  ADRIANO ZACCAGNINI. ... in cui il globale e il locale possano avere un linguaggio comune (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Il deputato Fraccaro ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno. Constato l'assenza del deputato Fraccaro.
  Il deputato Scotto ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2629-AR/56.

  ARTURO SCOTTO. Signor Presidente, questo ordine del giorno riguarda l'articolo 33 dello «sblocca Italia» e riguarda una vicenda molto delicata che ha animato un dibattito sulla stampa tra gli addetti e che riguarda anche il bilancio di molti anni rispetto al completamento di un'area strategica per Napoli e per tutto il Mezzogiorno come quella di Bagnoli-Coroglio. Il Governo ha deciso di semplificare e di individuare un soggetto attuatore che scelga di intervenire per i lavori di messa in sicurezza e bonifica dell'area, per gli indirizzi per la riqualificazione urbana dell'area, per la valorizzazione di eventuali immobili di proprietà pubblica, per la localizzazione e la realizzazione di opere infrastrutturali e per il potenziamento alla rete stradale e altri interventi; alla predisposizione di un programma di bonifica molto delicato e di risanamento ambientale, di rigenerazione urbana è preposto un commissario straordinario del Governo, un soggetto tutore nominato dal Consiglio dei ministri.
  Noi avvertiamo una preoccupazione – lo abbiamo scritto anche nella pregiudiziale di costituzionalità che abbiamo presentato e che, ovviamente, è stata bocciata –, in primo luogo, rispetto al rischio che il comune di Napoli, che ha la potestà principale sulle politiche urbanistiche, venga espropriato completamente. C’è stata qualche leggera correzione che siamo riusciti a fare insieme ai colleghi del PD, insieme al collega Massimiliano Manfredi, durante la discussione all'interno della Commissione, per provare a dare una nuova centralità al comune di Napoli, ma esso ha poteri sostanzialmente consultivi.
  Noi pensiamo che il comune di Napoli debba essere coinvolto dentro la definizione del soggetto attuatore e dentro le scelte che verranno operate. Perché ? Primo, perché la riqualificazione di Bagnoli è decisiva per il futuro della città e non può essere avocata esclusivamente ad un potere centrale o non può essere esclusivamente delegata alla regione. Secondo, perché non vorremmo che l'apertura al soggetto attuatore e la scelta del commissariamento determinino nuove scelte di carattere urbanistico su Bagnoli che possano spalancare le porte ad iniziative di carattere speculativo, soprattutto in un'area che, come ben sappiamo, come sa bene il sottosegretario Del Basso De Caro, come lei ben sa, Presidente, è un'area inserita all'interno della zona rossa, un'area vulcanica e dentro quell'area sarebbe impensabile e, aggiungerei senza enfasi, indecente immaginare una nuova speculazione edilizia (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Il collega Cozzolino ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2629-AR/108.

  EMANUELE COZZOLINO. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, con questo ordine del giorno intendiamo richiamare l'attenzione dell'Esecutivo su una situazione che, purtroppo, si Pag. 48è venuta di fatto da diverse settimane e che potrebbe senz'altro arrecare una serie di disagi sia ai cittadini, sia, soprattutto, ai professionisti, che devono fornire l'attestato di prestazione energetica, meglio noto con l'acronimo APE. In breve, i fatti sono i seguenti.
  Una recente modifica all'articolo 11 del decreto legislativo del 19 agosto 2005, n. 192 – i decreti attuativi sono arrivati ben dieci anni dopo la sua applicazione, quindi, siamo contenti che sia stato modificato, ma cerchiamo di risolvere i problemi –, al 2 ottobre, ha recepito la nuova normativa tecnica UNI/TS, ai fini della validità degli attestati di prestazione energetica. Il problema che, però, che si è venuto a creare è che non si è tenuto conto dei tempi tecnici necessari per aggiornare i software che consentono la predisposizione degli attestati alla luce dei nuovi parametri previsti dalla normativa vigente.
  Da ciò ne consegue uno stallo praticamente totale dal 2 ottobre scorso nella produzione degli attestati di prestazione energetica ed un vuoto normativo circa la loro validità. Se redatti successivamente al 2 ottobre sulla base di una versione non aggiornata dei software rispetto alla nuova normativa tecnica citata in precedenza, si trova che c’è il rischio di nullità. Ci troviamo, per usare parole semplici, nel classico pasticcio che si verifica sovente all'interno dal nostro ipertrofico ordinamento normativo, per cui, da un lato, non è materialmente colpa di nessuno, ma, dall'altro, produce una serie di danni a chi ha necessità di farsi rilasciare un attestato di prestazione energetica e in questa fase non può averlo o rischia di averlo in un formato non valido, quindi un documento falso.
  Signor sottosegretario, lei capisce che se guardiamo al di là dell'aspetto tecnico delle norme, che per chi non è esperto del settore può sembrare oscuro, e, come detto, rivolgiamo lo sguardo alla vita di tutti i giorni, ci accorgiamo subito che il problema è di non di poco conto, perché, ad esempio, l'attestato di prestazione energetica oggi è un documento indispensabile tra quelli richiesti per perfezionare la vendita di un immobile. Un notaio si può opporre ad una vendita se non c’è questo certificato. Questo significa che se io ho fatto compromesso e ho individuato una data per vendere un immobile di mia proprietà e questa data è il 4 novembre prossimo, io mi trovo in un guaio grosso, proprio come la casa che devo vendere e dalla cui vendita, magari, attendo risorse per acquistare un nuovo immobile, per il quale, magari, ho già dato un anticipo.
  Questo perché, con molte probabilità, io l'attestato di prestazione energetica il 4 novembre prossimo non l'avrò, perché il professionista che lo deve produrre non è in grado di redigerlo, perché magari il software non è aggiornato o non è stata recepita la nuova normativa, come richiede, appunto, la nuova normativa, oppure rischio, magari consapevolmente, di dover produrre un documento che non è valido, con tutte le conseguenze del caso che ciò potrebbe comportare, come, quindi, l'invalidità della transazione economica. Che fare, dunque, a fronte di questa situazione che, come detto, si è venuta già a produrre ed è già in essere da diverse settimane ?
  Con il nostro ordine del giorno proponiamo una soluzione di buonsenso al Governo, l'unica che ci sembra possibile in queste condizioni e cioè proponiamo un impegno al Governo ad adottare, e non «a valutare l'opportunità di», ma ad adottare ogni iniziativa utile a prevedere un periodo transitorio di almeno tre mesi al fine di consentire il pieno adeguamento dei sistemi informatici all'aggiornamento delle norme tecniche sopravvenute, prevedendo una sanatoria o una zona franca che faccia salva l'efficacia degli attestati di prestazione energetica prodotti a decorrere dal 2 ottobre con la vecchia metodologia.
  Signor sottosegretario, qui di politico non c’è nulla, ancora meno c’è la volontà di polemizzare in qualche modo con il Governo; c’è un problema aperto che noi segnaliamo e speriamo venga accolto dal Governo, nell'interesse di tutti i cittadini, dei professionisti e anche del mercato Pag. 49immobiliare che è fermo; la vendita di case è ferma se non mettiamo un altro intralcio normativo vediamo di risolvere la questione quanto prima possibile. Questo è un esempio di come la normativa in Italia venga fatta senza pensare alle conseguenze e quindi l'impatto normativo di un decreto-legge non viene valutato mai completamente; si fa una legge, un decreto-legge, magari, senza i decreti attuativi e io mi trovo in questo caso ad avere vuoti normativi in cui non so che cosa succeda. Quindi, questo è un invito al Governo a chiarire una situazione che potrebbe creare qualche contenzioso.

  PRESIDENTE. Il collega Riccardo Nuti ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2629-AR/163.

  RICCARDO NUTI. Signor Presidente, questo ordine del giorno in merito al decreto «sblocca Italia» riguarda l'articolo 10 che contiene disposizioni volte ad aumentare l'operatività della Cassa depositi e prestiti Spa e a favorire nuovi investimenti in Italia da parte degli istituti simili presenti negli Stati dell'Unione europea. In particolare, si prevede, al comma 1, lettera a) che, tramite la gestione separata che utilizza la raccolta postale ed è assistita dalla garanzia dello Stato, la Cassa depositi e prestiti possa finanziare, oltre alle operazioni dirette a soggetti pubblici e quelle da loro promosse, come già avviene, anche operazioni in favore di soggetti privati in settori di interesse generale, individuate ai sensi della lettera c) del medesimo comma con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze.
  La lettera b) del comma 1 stabilisce che, tramite la gestione ordinaria, la quale a differenza della gestione separata si finanzia sul mercato e non è assistita dalla garanzia statale, la Cassa depositi e prestiti possa finanziare, oltre alle opere, alle reti e agli impianti destinati alla fornitura di servizi pubblici ed alle bonifiche, come attualmente avviene, anche interventi concernenti iniziative di pubblica utilità ed investimenti in compartecipazione con le banche, inerenti una serie di settori: ricerca, sviluppo, innovazione, ambiente, cultura, turismo ed efficientamento energetico.
  Inoltre, la lettera d) del medesimo comma 1, prevede la possibilità di concedere la garanzia dello Stato in relazione ad esposizioni assunte dalla Cassa diverse da quelle operate nell'ambito della gestione ordinaria. Per far ciò vengono introdotti tre elementi: le garanzie sull'esposizione della Cassa non devono essere più necessariamente articolate con riferimento a ciascun esercizio finanziario, il rilascio della garanzia non comporta più la rinuncia al regresso sulla Cassa, viene meno il requisito delle garanzie onerose concesse a condizioni di mercato. Quindi, come appena illustrato, le modifiche apportate ai compiti della Cassa depositi e prestiti sono notevoli e gravidi di rischi per le finanze pubbliche, in quanto vengono meno alcuni vincoli e viene ampliata la platea dei soggetti che possono usufruire dei finanziamenti da parte della Cassa. Una gestione poco trasparente e poco corretta dei fondi pubblici, visti i continui scandali che investono il nostro Paese, non è certamente un'ipotesi remota e l'allargamento dei compiti della Cassa rischia di non fare altro che rendere concreti questi rischi.
  Quindi, con questo ordine del giorno chiediamo l'impegno da parte del Governo a prevedere l'obbligo, per la Cassa depositi e prestiti, a predisporre una relazione annuale sugli effetti della norma, che evidenzi, in particolar modo, l'ammontare dei finanziamenti concessi, il settore di investimento nonché lo svolgimento del rapporto (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Il deputato Vittorio Ferraresi ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2629-AR/146.

  VITTORIO FERRARESI. Signor Presidente, il mio ordine del giorno impegna il Governo ad adottare ogni iniziativa necessaria al fine di prevedere, tra i documenti necessari all'ottenimento dell'autorizzazione per la realizzazione di qualsiasi opera stradale, l'obbligatorietà di un'analisi Pag. 50dettagliata dei costi-benefici e dei flussi di traffico in grado di stabilire non solo la necessità dell'opera stessa ma anche la sua sostenibilità economica. Perché chiediamo questo ? Perché sicuramente ci sono opere – faccio l'esempio della mia regione, l'Emilia Romagna – come l'Autostrada Cispadana, che fanno perdere tempo e denaro.
  Il progetto di Autostrada Cispadana nasce con delibera della giunta dell'Emilia-Romagna il 6 giugno 2006, sul tracciato di un precedente progetto di strada locale – addirittura risalente agli anni Sessanta – con una lunghezza di 67 chilometri circa dal casello autostradale Reggiolo-Rolo, sulla A22 del Brennero, al casello autostradale di Ferrara. Nella stessa giornata, la stessa giunta approva il progetto di prolungamento dell'autostrada verso ovest, fino alla provincia di Piacenza, e verso est, con la trasformazione della Ferrara-Mare da arteria di tipo «aperto» in autostrada a pagamento, in attesa di confluire nella progettata Autostrada Romea da Mestre a Ravenna e Cesena, per ricollegarsi all'A14, Bologna-Taranto, e alla E45, Cesena-Orte, anch'essa da trasformare in autostrada a pagamento, come ci ha già detto la nostra collega Spessotto.
  Poi però le cose sono cambiate, è intervenuta la crisi economica e con essa la riduzione dei traffici di merci e passeggeri, e diventa chiaro che privati e banche cominciano ad avere più di un dubbio su di un investimento di denaro con un rientro, forse, a 30 anni. Ad oggi, non essendoci la copertura finanziaria da parte dei privati, come detto da Cassa depositi e prestiti e anche da Unicredit al convegno promosso da Autobrennero nel luglio del 2013 a Modena, considerata la situazione fallimentare di Coopsette, tra le maggiori finanziatrici, i dubbi sulla solidità finanziaria di Autobrennero, nel caso di perdita della gestione di A22 a seguito di gara internazionale, si torna ad usare l'arma del ricatto: o i soldi li mette lo Stato o l'autostrada non si fa.
  Pronto il Governo Renzi, ovviamente, inserisce la Cispadana tra le opere di interesse strategico, addirittura internazionale. Non abbiamo un interesse nazionale a combattere il dissesto idrogeologico ma ce l'abbiamo con opere inutili come questa. Autobrennero, che deve 550 milioni di euro allo Stato per pedaggi incassati dal 2004 al 2014, ha messo in atto un ricatto: il denaro in cambio del prolungamento della concessione su A22, almeno di vent'anni.
  In un Paese normale e onesto lo Stato, nella persona del Primo Ministro, metterebbe in atto tutte le procedure giudiziarie nei confronti dell'inadempiente, e invece che fa ? Manda il Ministro delle infrastrutture a colloquio con la UE per tentare di assecondare quanto richiesto da Autobrennero. Un aspetto degno di approfondimento riguarda poi il contratto regione-ARC, visto che il contratto è rigorosamente segreto e non è possibile conoscerne il contenuto per una questione, si dice, di privacy.
  E si è saputo che, in caso di rinuncia da parte della regione alla costruzione dell'autostrada, la regione stessa – cioè noi cittadini – dovrà pagare una penale di 200 milioni di euro. Sarebbe interessante sapere se esiste una clausola che preveda una penale a carico di ARC, se questa non riesce a finanziare la costruzione dell'autostrada, altrimenti il contratto potrebbe essere viziato da aspetti di privilegio ingiustificabili di una parte sola. I costi dell'autostrada Cispadana sono lievitati da 1 miliardo e 170 milioni iniziali del 2006 a 1 miliardo e 308 dell'autunno 2012. La regione si era impegnata contrattualmente ad investire nell'autostrada un importo di 179 milioni di euro, a cui però bisogna aggiungere circa 300-350 milioni di euro necessari per le opere complementari, ritenute indispensabili dai sindaci dei comuni interessati e già promesse dall'assessore regionale in occasione della Conferenza dei servizi nella primavera del 2011.
  Consideriamo poi che in provincia di Ferrara ampi tratti della Cispadana stradale sono già stati realizzati (quindi praticamente sarebbe totalmente distrutta la Cispadana già costruita, per ricostruirci sopra l'autostrada); e che basterebbe terminarli e costruire il tratto modenese, per Pag. 51avere una strada, quindi non un'autostrada, che è quello di cui il territorio ha veramente bisogno, mentre con l'autostrada verranno abbandonati questi tratti. Ci troviamo di fronte ad uno spreco di denaro pubblico, evidentemente, su cui bisognerà tornare con indagini apposite.
  L'assurdo si moltiplica considerando che il costo dell'autostrada supera abbondantemente il 400 per cento del costo previsto per il completamento dei tratti mancanti ad una corsia per senso di marcia, e del 200 per cento in caso della soluzione stradale a grande scorrimento a due corsie per senso di marcia, come previsto nel progetto esecutivo del 2004.
  È chiaro che la scelta di puntare ancora su autostrade, sul trasporto su gomma, si basa su un'idea di sviluppo degli anni Sessanta-Settanta, bocciata dall'Europa, bocciata da ogni logica di buonsenso, che non tiene conto della variata esigenza produttiva che è venuta affermandosi con la globalizzazione.

  PRESIDENTE. Collega, ha esaurito il tempo.

  VITTORIO FERRARESI. Inoltre, la scelta autostradale... Finisco, Presidente.

  PRESIDENTE. È fuori di 20 secondi.

  VITTORIO FERRARESI. ... non comporta peraltro una verifica di trasporto alternativo.
  Quindi chiedo: perché insistere con la soluzione autostradale per la Cispadana ? Per quale supremo interesse ? Quello solito, quello del cemento, dell'asfalto, delle grandi opere inutili, dannose, costose e spesso criminali (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Il collega Bonafede ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2629-AR/123.

  ALFONSO BONAFEDE. Signor Presidente, l'ordine del giorno in questione chiede un impegno del Governo ad assumere ogni iniziativa, anche a carattere normativo, volta a stabilire il divieto di realizzazione di impianti di trattamento termico dei rifiuti nelle province campane in cui vi siano aree a rischio ambientale, in assenza degli interventi di riqualificazione e delle opere di bonifica, e conseguentemente a porre nel nulla tutti i provvedimenti volti alla realizzazione di impianti di trattamenti termico dei rifiuti in tale regione.
  Quando si parla di impianti a trattamento termico con dei rifiuti con il Governo Renzi e con il Presidente del Consiglio Renzi, parliamo con un interlocutore particolare: un interlocutore che proietta in materia di ambiente e di trattamento dei rifiuti il nostro Paese nella preistoria; e lo fa coerentemente – ed è questo incredibile – con un'attività di incentivo e di sponsorizzazione degli inceneritori che ha sempre portato avanti. È incredibile vedere come l'età anagrafica possa non corrispondere totalmente al tipo di politica che si decide di realizzare in una materia così delicata come quella del trattamento dei rifiuti ! E ricordo che quando il Presidente del Consiglio Renzi era presidente della provincia di Firenze, decise incredibilmente con i soldi pubblici di sponsorizzare gli inceneritori, tappezzando la città e la provincia di manifesti in cui sostanzialmente dedicava gli inceneritori ai figli dei cittadini, individuando negli inceneritori il punto di snodo fondamentale per la tutela dei diritti delle nuove generazioni. Ovviamente, non è commentabile un comportamento del genere; ovviamente, non è commentabile nemmeno che si decida di fare quella che è un'operazione pubblicitaria, con manifesti che tutti i comitati del territorio individuano come manifesti vergogna con i soldi pubblici.
  Per quanto riguarda l'impostazione generale in cui questo ordine del giorno si inserisce, diciamo che questo decreto-legge è oggettivamente il massimo che potevamo aspettarci per quella classe politica che ha trascinato l'Italia nel baratro in cui si trova. Politicamente, però, sento l'obbligo di fare tutto quanto in mio potere, assieme ai miei colleghi, per oppormi in tutti i Pag. 52modi possibili, anche con la presentazione di questi ordini del giorno, a questo provvedimento, che noi abbiamo ribattezzato – a ragione, per i motivi che sono stati esposti – come lo «sfascia Italia». Il Governo lo sa, sa bene che la legge di stabilità non permette più, almeno non più come un tempo, di realizzare i carrozzoni legislativi delle finanziarie di una volta, fatti di favori, di regalie per gli amici più o meno potenti.
  Questo ci è chiaro, come ci è altrettanta chiara la natura e la necessità di questo decreto. I regali con i soldi degli altri, i regali che il Governo Renzi riesce a fare con questa quantità di articoli è strabiliante: c’è di tutto. Ci sono i regali diretti, sfacciati a questo o quel gruppo di interesse. Cito, per esempio, l'articolo 35, le misure urgenti per l'individuazione e la realizzazione di impianti di recupero di energia, e così via; l'articolo 36, misure a favore degli interventi di sviluppo delle regioni per la ricerca di idrocarburi; l'articolo 38, l'articolo 5 sulle concessioni autostradali.
  Ci sono regali indiretti realizzati mediante l'abolizione di norme e procedure volte a rimuovere presidi di legalità sgraditi a chi non ama la legalità per ovvi motivi. Mi riferisco all'articolo 17, semplificazione ed altre misure in materia di edilizia, così come agli articoli 26 e 25 e all'articolo 9.
  Ci sono poi innumerevoli regali locali. Mi riferisco ad Agrigento, Caltanissetta, Palermo, Monza, regali che sono sovvenzionati dalle tasse di tutti per la campagna elettorale di uno solo, il segretario del PD, o meglio il leader della Leopolda, questa strana entità di cui si sente parlare, e cioè il Presidente del Consiglio, primo firmatario dello scempio al nostro esame.

  PRESIDENTE. Ha esaurito il suo tempo.

  ALFONSO BONAFEDE. Grazie, Presidente.

  PRESIDENTE. La deputata Businarolo ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2629-AR/126.

  FRANCESCA BUSINAROLO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, oggi ci troviamo di fronte ad un provvedimento che probabilmente è uno dei peggiori del Governo targato Renzi. Un provvedimento, lo capiamo già da come è stato denominato, «Sblocca Italia», che ha la pretesa, del tutto vana, di sbloccare l'economia italiana. Ma secondo quali criteri ? Si sceglie di farlo nel modo sbagliato, con un ritorno ad un concetto di sviluppo legato alla cementificazione, ai rifiuti che viaggiano per l'Italia, alla realizzazione di opere che devastano un territorio già fragile e tartassato.
  Un concetto di sviluppo che è retaggio del passato, in cui speculazione edilizia, abusivismo, sperpero di risorse pubbliche destinate ad opere inutili ed infrastrutture mai realizzate, la facevano da padroni.
  Un provvedimento che il MoVimento 5 Stelle ha ribattezzato «sfascia Italia». Sì, perché il Governo considera trivellazioni, inceneritori e cemento di interesse strategico nazionale e condanna il nostro Paese all'arretratezza e lo allontana sempre più dal resto del mondo che, al contrario, sta cercando di affrancarsi da produzioni inquinanti, causa di disastri immani e seria minaccia per la salute delle persone e dell'ambiente.
  Il MoVimento 5 Stelle è fermamente convinto, ed è questa una battaglia che porteremo sempre avanti, che sia altro ciò che dovrebbe costituire l'interesse nazionale e cioè faccio riferimento all'ambiente, alla tutela del territorio e del paesaggio, ai beni comuni come l'acqua, a tutti gli impianti e i tipi di lavorazione che non producono inquinamento. Questo è ciò che desideriamo tutelare, per noi cittadini di oggi e per le generazioni future.
  Il provvedimento contiene un mix di disposizioni eterogenee, che mancano di omogeneità, come quasi sempre accade quando si ricorre alla decretazione d'urgenza. Decretazione d'urgenza a cui si appoggia ancora una volta questo Governo, senza peraltro che vi siano i prescritti requisiti di necessità ed urgenza, andando incontro ad evidenti profili di illegittimità costituzionale, che abbiamo Pag. 53evidenziato anche nella questione pregiudiziale presentata dal MoVimento 5 Stelle.
  Siamo di fronte ad un provvedimento sterile, che non porta nulla di buono, che prevede molte deroghe, che facilita eccessivamente alcune procedure in nome dello snellimento burocratico ma che, però, resta miope di fronte alle esigenze del Paese, della popolazione e delle tante imprese, soffocate da una crisi economico-finanziaria spaventosa.
  Ad un'analisi approfondita del testo notiamo che spazia su diversi argomenti, dalle autostrade alle ferrovie, dalla privatizzazione dell'acqua alle trivellazioni, alle misure per contenere il dissesto idrogeologico. Ma poi non leggiamo niente che riguardi le esigenze legate alla vita quotidiana della gente comune.
  Il MoVimento 5 Stelle ha presentato su questo provvedimento molti emendamenti, perché rifiutiamo completamente un provvedimento che affossa l'Italia. Ma poi, come volevasi dimostrare, l'ennesimo ricorso alla fiducia, ha stroncato ogni possibilità per modificare il testo e, quindi, auspico che almeno con gli ordini del giorno si possa fare qualcosa di positivo.
  Passo al mio ordine del giorno che si riferisce ad un argomento di grande attualità: la costruzione della linea alta velocità, della tratta Brescia-Verona.
  Tra circa due mesi il progetto, che prevede la realizzazione di questa linea di alta velocità, sarà pronto per essere messo in cantiere con l'acquisizione delle aree interessate.
  Si tratta di un'opera il cui progetto preliminare risale al lontano 1996, con una valutazione di impatto ambientale nel 2002, mentre il progetto definitivo dell'opera è stato approvato con delibera CIPE in data 5 dicembre 2003 e siamo nel 2014.
  Il 1o ottobre scorso è stato pubblicato sul giornale «L'Arena» di Verona l'avviso di comunicazione dell'avvio della procedura di valutazione di impatto ambientale per il progetto definitivo della linea ferroviaria AV/AC Torino-Venezia: lotto funzionale Brescia-Verona.
  Tutte le amministrazioni comunali interessate, ad eccezione di Verona, hanno richiesto al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e al Ministero dell'ambiente una nuova valutazione di impatto ambientale, proprio in considerazione delle mutate condizioni socio-economiche intervenute in venti anni, oltre ai cambiamenti urbanistici con nuove zone residenziali che sarebbero spazzate via dalla nuova infrastruttura. Per non parlare poi dei disagi a cui certamente andranno incontro le popolazioni interessate, senza che con esse siano stati aperti tavoli di discussione.
  La progettata tratta ferroviaria causerà notevoli disagi anche alla zona del Lugana, un tratto di territorio caratterizzato da elementi naturalistici splendidi e unici, alla base di un'importante economia enogastrononomica di carattere nazionale ed internazionale, a cui saranno sottratti circa 300 ettari di vigneti sui 1.100 in produzione, con un grave danno per l'economia locale.
  Vi è di più: altre produzioni tipiche di eccellenza rischiano di subire gravi danni, dalle aziende a vocazione lattiero-casearia per la produzione di Grana Padano, alle aziende florovivaistiche, nonché le numerose imprese agricole produttrici di frutta e verdura di qualità.
  Infine, voglio sottolineare che per i lavori sono previste sette nuove cave di prestito, nonostante il territorio sia pieno di ambiti estrattivi non ancora esauriti.
  Per quanto riguarda i costi, risulta che la tratta Brescia-Verona abbia un costo di 2.747 milioni di euro, mentre ne risultano disponibili soltanto 80.
  Ulteriori potenziali risorse derivano dal comma 76 della legge di stabilità per il 2013, mentre nel decreto-legge «Sblocca Italia», all'articolo 3, si prevede un finanziamento di 3.851 milioni di euro per il Fondo cosiddetto «Sblocca cantieri», per il periodo 2014-2020, più un ulteriore incremento di 39 milioni di euro. Ma si tratta di risorse che dovranno essere ripartite con una lunga serie di altri progetti infrastrutturali, tra cui i lotti del tunnel del Brennero...

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  PRESIDENTE. La ringrazio, ha finito il suo tempo. Ha parlato oltre trenta secondi di più.
  La collega Agostinelli ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2629-AR/114.

  DONATELLA AGOSTINELLI. Signor Presidente, davvero avrei voluto non essere qui a illustrare questo ordine del giorno. Avrei voluto che almeno una volta ci fosse stato un serio e costruttivo dibattito parlamentare sui punti critici di questo decreto.
  Purtroppo, però, presentare l'ordine del giorno è l'ultimo strumento che resta a noi opposizione per poter strappare un minimo di attenzione e sottolineare le storture di quella che, ormai, si può dire la prassi.
  Analizziamo di continuo decreti di dubbia costituzionalità perché di contenuto eterogeneo e privi del carattere di urgenza e questo provvedimento non costituisce eccezione. Al decreto oggi in aula, su cui è stata apposta l'ennesima questione di fiducia, è stato dato un titolo mirabolante che prometterebbe, finalmente, una ripresa della economia nazionale.
  Invece, esso si rivela, purtroppo, ancora una volta, un'operazione di spot pubblicitario più adatto ad un titolo di talk-show di terz'ordine che ad un'aula del Parlamento. Ci costringete ad essere ripetitivi e a sottolineare, sempre più spesso, che non è questo il modo di legiferare e non è questa democrazia.
  Tuttavia, al di là delle critiche e dei rilievi tecnici che spingono a non considerare con stima questa classe politica, mi chiedo se sia etico far passare quello in esame come un provvedimento che rimetterà finalmente in moto l'economia italiana e aiuterà a portarci fuori dalla crisi.
  Questo provvedimento dà il via ad una serie di operazioni di trivellazioni, inceneritori e cemento, facendole assurgere a rango di interesse nazionale. Condanna, questa e la prossima generazione, a cui è già stato tolto tanto, a cui avete già rubato tante occasioni di miglioramento, all'arretratezza.
  Il decreto introduce, con troppa leggerezza, alcune modifiche al testo unico sugli appalti in relazione a quelli che vengono comunemente detti project bond.
  Vorrei passare, quindi, all'esame più specifico del mio ordine del giorno. L'innovazione ha, non lo si può negare, diversi punti critici. Siamo costretti a illustrarne prima di tutto il contenuto, perché è di carattere molto tecnico. Si tratta, in particolare, di quei titoli che possono essere emessi dalle società titolari di un contratto di partenariato pubblico-privato, allo scopo di realizzare una singola infrastruttura o un nuovo servizio di pubblica utilità.
  Queste società di capitali, spesso sottocapitalizzate, in pratica perché neppure i soci stessi hanno deciso di investire le proprie risorse sottoscrivendo azioni in fase di costituzione o con successivi aumenti di capitali a pagamento – in pratica non hanno messo mano al proprio patrimonio personale –, potrebbero, qualora volessero, fare ricorso al credito. I prestiti obbligazionari, in generale, sono dei veri e propri finanziamenti richiesti a soci stessi o a terzi che poi, nel tempo e alla scadenza concordata, vengono restituiti. La differenza, però, tra l'obbligazionista e l'azionista è fondamentale e va chiarita. Essere azionista significa essere socio e in una società di capitali, di fatto, il socio rischia esattamente e solo quanto ha investito. Se sottoscrive azioni per 10 mila euro, per esempio, e poi la società è in perdita, lo stesso azionista potrà perdere quanto ha investito. Sciolta, se per assurdo la società non dovesse avere più nulla all'attivo, all'azionista nulla verrebbe restituito.
  L'obbligazionista, invece, subisce meno, o così dovrebbe essere, l'andamento dell'attività imprenditoriale della società che ha emesso il prestito obbligazionario. Scaduto il termine, colui che ha sottoscritto i titoli deve ottenere la restituzione di quanto prestato. Il rapporto tra indebitamento e patrimonio della società è previsto dalla legge. Inoltre, di regola, gli obbligazionisti sono assistiti da garanzie adeguate. Ebbene, questo non accade con i Pag. 55project bond. La società, per realizzare l'opera, si indebita e poi, alla scadenza pattuita, dovrebbe restituire ai finanziatori. Le deroghe che si apportano alla disciplina generale dal decreto sono tante e tali che questi finanziamenti finiscono per essere particolarmente rischiosi.
  Voglio ricordare che abbiamo avuto in audizione un magistrato del calibro di Raffaele Cantone, che ha evidenziato che la norma presentava alti profili di rischio. Il fatto che la rischiosità dell'investimento non venga indicato, anche nel titolo, desta allarme e ci spinge a chiedere, pertanto, al Governo una tutela maggiore per gli investitori, in caso di successiva circolazione dei titoli (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Il collega Colletti ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2629-AR/137.

  ANDREA COLLETTI. Presidente, prima di entrare ad analizzare ciò che prevede il mio ordine del giorno n. 9/2629-AR/137, mi preme, in realtà, fare un'analisi di ciò che in verità prevede tutto questo decreto-legge, a mio dire illegittimamente firmato ab origine dall'attuale Presidente della Repubblica che, ovviamente, oggi ha gatte più importanti da pelare che la firma di un decreto-legge.
  Questo decreto, soprannominato da noi, ma anche dai vari «comitatini», come vengono chiamati dal Presidente del Consiglio, «sfascia Italia», sembra avere l'opposizione, almeno a parole, di anche alcuni consigli regionali. Infatti, proprio oggi parlamentari della regione Abruzzo hanno ricevuto un’e-mail dall'assessore all'ambiente della regione Abruzzo, come detto, avente ad oggetto azioni urgenti avverso il decreto-legge n. 133 del 2014, ovvero con una risoluzione approvata dalla stessa regione si esprimeva la volontà che il presidente della giunta regionale si attivi per mettere in atto ogni azione utile a sostenere, in sede di conversione del decreto-legge, la tutela delle prerogative regionali. Qualora non venisse accolta la presente richiesta, si chiede di impugnare per incostituzionalità la legge di conversione del succitato decreto nelle parti ritenute incostituzionali, ovvero attivare la proposta di un referendum abrogativo in concorso con le altre regioni.
  Ciò avviene anche per altre regioni; però, è da dire che la regione Abruzzo, andata al voto a maggio di quest'anno, è una regione che ha la stessa maggioranza di questo Governo e di questo Parlamento che ha portato avanti sia il decreto-legge sia il disegno di legge di conversione.
  Ora ovviamente noi non possiamo conoscere la sincerità delle parole dell'attuale assessore all'ambiente nonché del presidente della regione Abruzzo, anzi personalmente dubito molto della sincerità delle parole di alcuni esponenti politici, ma ad ogni modo anche il fatto che essi vogliano e debbano almeno pubblicamente mettere le mani avanti contro un provvedimento del genere dovrebbe far capire quanto in realtà la popolazione tutta sia preoccupata dalla petrolizzazione che anche grazie a questo decreto avverrà in Italia nei prossimi anni, soprattutto nella nostra regione. D'altro canto, l'anno scorso vi è stata un'imponente manifestazione di varie associazioni ambientaliste proprio contro una installazione petrolifera denominata Ombrina 2 davanti alle coste abruzzesi, in primis teatine. Ebbene, questo decreto in realtà fa un incredibile e indebito favore alle cosiddette lobby del petrolio e del gas e ci domandiamo cosa ne avrà in cambio il Governo o i partiti che hanno accettato queste pressioni o che hanno fatto leggi a favore di queste lobby petrolifere.
  Ad ogni modo, rientrando nel mio ordine del giorno, che in realtà riguarda una materia diversa, ovvero riguarda gli interventi di recupero del patrimonio edilizio, noi come MoVimento 5 Stelle ci teniamo abbastanza a questo tema, giacché siamo pervicacemente contrari al continuo consumo di suolo, consumo di suolo che in realtà va a pregiudicare anche le problematiche inerenti alla tutela del patrimonio non solo artistico, ma soprattutto idrogeologico dell'Italia. E come abbiamo visto in queste ultime settimane con le Pag. 56recenti alluvioni ne abbiamo una presenza costante, soprattutto durante l'autunno e l'inverno nel nostro Paese. Ebbene con questo ordine del giorno noi impegniamo il Governo ad ammettere, per gli interventi di ristrutturazione edilizia, attuati anche in aree industriali dismesse, la richiesta di permesso di effettuare ristrutturazioni di edifici esistenti, al fine dell'utilizzo degli stessi, previa deliberazione del Consiglio comunale che ne attesta l'interesse pubblico e previa consultazione popolare vincolante.

  PRESIDENTE. Il collega Turco ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2629-AR/160.

  TANCREDI TURCO. Signor Presidente, nominalmente questo decreto vorrebbe perseguire l'obiettivo di semplificare l'apparato burocratico e amministrativo e dispone interventi che determinano impatti sul Governo del territorio, sull'ambiente, sul paesaggio, sui beni culturali e sulla salute, nel segno dell'asserito rilancio dell'economia del Paese. È doveroso però sottolineare che il decreto appare come l'ennesimo decreto macedonia, che presenta accostamenti disorganici e non scevro da imprecisioni in tutte le varie materie toccate dalla riforma. Un intervento così ampio – ci saremmo aspettati – avrebbe dovuto essere discusso ampiamente seguendo il normale iter parlamentare di approvazione delle leggi ordinarie, affrontando compiutamente ciascun aspetto in modo autonomo, anziché ammassare indistintamente una pletora di norme dall'impatto diffuso e potenzialmente dannoso sul sistema giuridico italiano nel suo complesso. Ciò che è più preoccupante in questo provvedimento è lo spirito tutto aziendalista che traspare. Parte da una prospettiva di vecchio stampo economicistico abbagliata dal bene supremo del PIL come faro illuminante e che punta a travolgere ogni elemento che possa rallentare la corsa della nostra economia. Di certo non è con l'esproprio del territorio e le deroghe al codice degli appalti affidati sempre ai soliti noti che ripartirà l'economia, non è con l'incentivazione alle nuove trivellazioni petrolifere o con il via libera all'incenerimento dei rifiuti con grave compromissione dei diritti alla salute dei cittadini che il mercato del lavoro avrà nuovo ossigeno. Non è con gli stanziamenti a pioggia per la cementificazione selvaggia delle aree naturali, che ancora resistono sul nostro territorio, che si otterrà una nuova redistribuzione della ricchezza ai cittadini italiani. Dove si può notare il nuovo che avanza in questo provvedimento ? Con l'incentivazione di tecnologie vecchie di oltre cent'anni come lo sfruttamento dei combustibili fossili ?
  Qual è lo spazio dato all'economia verde in questo «sblocca Italia» ? Noi, sinceramente, non lo vediamo. Non è dato alcuno spazio all'innovazione ed alla ricerca sulle fonti di energia alternativa e rinnovabile. Il freno all'economia sicuramente non deriva dal quadro di norme e regole faticosamente costruito per tutelare l'ambiente, la salute e per garantire il massimo bilanciamento di interessi pubblici e privati. Venendo, nello specifico, al mio ordine del giorno, questo ordine del giorno concerne l'articolo 23 del provvedimento, che prevede la disciplina dei contratti di godimento in funzione della successiva alienazione di immobili.
  Questo articolo 23 prevede che possa essere trascritto presso la conservatoria dei registri immobiliari il contratto con il quale si prevede l'immediata concessione del godimento di un immobile, con diritto per il conduttore di acquistarlo entro un termine determinato, imputando al corrispettivo del trasferimento la parte di canone indicata nel contratto.
  Se si fosse consentita una completa ed approfondita discussione in sede parlamentare, ben si sarebbe potuto migliorare questo articolo 23. Il presente ordine del giorno, però, intende migliorarlo, in quanto intende introdurre la possibilità di consentire alle parti, per l'autentica delle sottoscrizioni in tali contratti, di rivolgersi ad un avvocato, iscritto al consiglio dell'ordine, che attesti che la sottoscrizione è stata apposta in sua presenza con indicazione del luogo, della data e dell'ora.Pag. 57
  È, tra l'altro, un ordine del giorno che ricalca una mia proposta legge depositata qui alla Camera. Si vuole, cioè, consentire al soggetto che stipula questo particolare tipo di contratto di potersi rivolgere, per l'autenticazione delle sottoscrizioni, ad un avvocato regolarmente iscritto all'ordine, anziché dover obbligatoriamente rivolgersi ad un notaio, in modo da abbassare, in questo modo, notevolmente l'onere economico.
  L'introduzione della possibilità dell'autenticazione delle sottoscrizioni nelle scritture private da parte dell'avvocato potrebbe, quindi, inserire un forte elemento di innovazione nell'ordinamento giuridico e provocare, quale suo immediato effetto, lo snellimento delle procedure burocratiche.

  PRESIDENTE. Deputato, concluda.

  TANCREDI TURCO. Questo è quindi il senso e la ratio di questo ordine del giorno (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Il deputato Manlio Di Stefano ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2629-AR/144.

  MANLIO DI STEFANO. Signor Presidente, illustro questo mio ordine del giorno, che interviene sull'articolo 23, relativo al cosiddetto «affitto con riscatto», che prevede le misure da adottare in caso di inadempimento del concedente, quindi restituzione dei canoni versati, e del conduttore, quindi in caso di risoluzione del contratto e perdita dei canoni versati.
  Lo schema contrattuale previsto in questo disegno di legge consente l'immediato godimento dell'immobile, rimandando al futuro il trasferimento della proprietà, con imputazione al prezzo di parte dei canoni pagati per il godimento. Il previsto schema contrattuale, quindi quello di cui trattiamo anche nell'ordine del giorno, consente l'immediato godimento dell'immobile, che è il centro di quello che andiamo a discutere.
  Il diritto di riscatto – quindi chiediamo, esattamente, che venga incastrato in quest'ottica – deve essere esercitato solo dai conduttori privi di altra abitazione di proprietà adeguata alle esigenze del nucleo familiare nella città di residenza; l'immobile riscattato sia, quindi, rivenduto solo una volta trascorsi almeno dieci anni dal riscatto; il prezzo di vendita non sia superiore a quello di acquisto, rivalutato in base agli indici ISTAT; sia garantito diritto di prelazione agli enti locali competenti per territorio che decidano per l'acquisto ai fini dell'emergenza abitativa e agli inquilini che detengano l'alloggio.
  Per evitare che, qualora il conduttore non sia riuscito a pagare i canoni per cause sopraggiunte non per sua responsabilità, come nel caso della morosità incolpevole, si possa accedere al fondo previsto dall'articolo 6 comma 5 del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 102, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 ottobre 2013, n. 124, in modo da ricevere un sostegno economico per il passaggio di casa in casa, o possa vedere coperta la cifra che doveva al conducente per eventualmente poter rivedere il contratto.
  Quindi, impegniamo il Governo ad adottare le iniziative, anche legislative, affinché, qualora l'inadempienza del conduttore fosse ascrivibile alla fattispecie della morosità incolpevole, il conduttore possa presentare istanza per accedere al contributo economico previsto dall'articolo che ho citato poc'anzi.
  Io credo che questo ordine del giorno sia molto importante, perché parla di una condizione che riguarda sempre più cittadini italiani, la condizione in cui il cittadino impossibilitato a pagare il canone di locazione non sia in questa condizione per sua malafede, ma lo sia per una reale incapacità a farlo. In un Paese in cui vi è una famiglia su sei sotto la soglia di povertà, un tasso di disoccupazione arrivato a record storici, dove nel sud Italia si arriva a tassi di disoccupazione giovanile al 60 per cento e a una media nazionale del 43 per cento, questo è ovviamente un ordine del giorno di buonsenso, perché mette nelle condizioni queste persone di Pag. 58non perdere la casa (peraltro si parla di persone che hanno un nucleo familiare, quindi, che hanno eventualmente bambini), ma di avere un canale di aiuto, di assistenza, per poter mantenere la casa o, quantomeno, per avere la possibilità, nel modo più confortevole possibile, di cambiare locazione. Questo è un po’, tra l'altro, quello che noi del MoVimento 5 Stelle abbiamo sempre definito con una frase, «nessuno deve rimanere indietro».
  Questo è un Governo, purtroppo, come gli ultimi che sono passati, che dimentica sempre gli ultimi. Faccio un esempio concreto: nella legge stabilità, ancora una volta, si danno le classiche mazzette agli amici dai quali il Governo cerca il voto, ma si dimenticano sempre le classi più disagiate, quindi, le famiglie meno abbienti, i lavoratori a partita IVA e tutte quelle categorie che subiscono vessazioni continue che non hanno la possibilità economiche di riscattarsi. Un esempio su tutti, che è legato comunque alla proprietà dei beni, è quello del tristemente noto proprietario della pizzeria di Pomigliano d'Arco che si è suicidato per 2 mila euro di debito...

  PRESIDENTE. Concluda.

  MANLIO DI STEFANO. ... al quale la banca aveva pignorato la casa sulla quale aveva il mutuo. Se avesse avuto uno Stato solido alle spalle che prevedeva degli aiuti, degli scivoli per le persone in difficoltà come lui, probabilmente non saremmo arrivati a questo. Fortunatamente, con una mobilitazione di massa del MoVimento 5 Stelle e di tante altre realtà civili, siamo riusciti ad aiutare questa famiglia. Ma è uno dei tanti casi di famiglie dimenticate dal nostro Paese, di persone in difficoltà, che il nostro Paese, anziché aiutare condanna a morte.
  Ora, questo ordine del giorno va in questa direzione, ovvero aiutare chi non ha possibilità di riscattare un momento di difficoltà, per potersi pagare i canoni di locazione, dargli uno scivolo, per farlo in un modo non drammatico. Purtroppo, questa è una circostanza che in Italia è sempre più diffusa.

  PRESIDENTE. La collega Grande ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2629-AR/153.

  MARTA GRANDE. Signor Presidente, vorrei sfruttare questo momento per illustrare l'ordine del giorno a mia firma nel quale si discute, chiaramente, di questo decreto-legge che, all'articolo 17 comma 1, lettera m), punto 1, modifica l'articolo 22 del decreto del Presidente della Repubblica n.380 del 2001, per precisare che sono realizzabili, mediante segnalazione certificata di inizio attività, anche le varianti ai permessi di costruire nel caso in cui – ove riguardino immobili sottoposti a tutela in base al Codice dei beni culturali e del paesaggio – non prevedono modifiche alla sagoma degli stessi immobili.
  Al punto 2 della stessa lettera m), dell'articolo 17, comma 1, viene inserito nell'articolo 22 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 il comma 2-bis, in base al quale «sono realizzabili mediante segnalazione certificata di inizio attività e comunicate a fine lavori con attestazione del professionista, le varianti a permessi di costruire che non configurano una variazione essenziale, a condizione che siano conformi alle prescrizioni urbanistico-edilizie, e siano attuate dopo l'acquisizione degli eventuali atti di assenso prescritti dalla normativa sui vincoli paesaggistici, idrogeologici, ambientali, di tutela del patrimonio storico, artistico ed archeologico e dalle altre normative di settore».
  In base a quanto stabilito dall'articolo 32 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, rubricato «Determinazione delle variazioni essenziali», – fermo restando il rinvio alla legislazione regionale in materia – l'essenzialità ricorre esclusivamente quando si verifica un aumento consistente della cubatura o della superficie di solaio da valutare in relazione al progetto approvato, e dunque può non essere considerata essenziale una variazione della sagoma dell'immobile che non determina un aumento consistente della cubatura o della superficie di solaio. Con un precedente decreto-legge – il n. 69 Pag. 59del 2013, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98 – è stato stabilito che sono realizzabili mediante segnalazione certificata di inizio attività le varianti ai permessi di costruire relativi ad interventi su immobili vincolati in base al codice dei beni culturali e del paesaggio, se non comportino modifica della sagoma.
  I comuni avevano il compito di individuare con una propria deliberazione – entro il 30 giugno 2014 – le aree comprese all'interno delle zone territoriali omogenee «A», rispetto alle quali escludere la possibilità di presentare varianti ai permessi di costruire mediante la presentazione di una segnalazione certificata di inizio attività. Con riferimento a quest'ultima disposizione contenuta nell'articolo 23-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 – che è stato inserito proprio con il citato decreto-legge n. 69 del 2013 –, lo stesso articolo ha stabilito, altresì, che decorso il termine del 30 giugno 2014 e in mancanza di intervento sostitutivo della regione ai sensi della normativa vigente, la deliberazione richiamata nella precedente lettera b) sarebbe dovuta essere adottata da un commissario nominato dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti.
  Per effetto delle modifiche all'articolo 22, commi 1 e 2, del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, introdotte con il citato decreto-legge n. 69 del 2013, e con l'articolo 17 comma 1, lettera m), punto 1, del decreto-legge n. 133 del 2014, sono realizzabili mediante segnalazione certificata di inizio attività le varianti ai permessi di costruire relativi a immobili vincolati in base al codice dei beni culturali, a condizione che non modifichino la sagoma dell'immobile.
  In base al nuovo comma 2-bis dello stesso articolo 22, introdotto dall'articolo 17 comma 1, lettera m), punto 2, del decreto-legge n. 133 del 2014 sono, invece, realizzabili mediante segnalazione certificata di inizio attività – per giunta comunicata a fine lavori – le varianti ai permessi di costruire, purché non configurino una variazione essenziale e siano attuate dopo l'acquisizione delle autorizzazioni paesaggistiche e di tutela del patrimonio storico artistico ed archeologico.
  In base al comma 2-bis dell'articolo 22 citato precedentemente, sarebbe dunque ammessa la possibilità di utilizzare la SCIA per la presentazione di varianti a permessi di costruire che prevedono la modifica della sagoma – senza che ciò determini una variazione essenziale – anche nel caso di immobili sottoposti a tutela in base al codice dei beni culturali e del paesaggio e di quelli ubicati all'interno delle aree comprese nelle zone territoriali omogenee «A», delimitate dai comuni in base al citato articolo 23-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001.
  L'introduzione, all'interno dell'articolo 22 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, del sopracitato comma 2-bis...

  PRESIDENTE. Collega, ha esaurito il tempo. La deputata Spadoni ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2629-AR/175.

  MARIA EDERA SPADONI. Grazie Presidente. La recente alluvione sia di Genova che nel territorio di Parma ha creato danni notevoli ai cittadini e soprattutto alla attività produttive e commerciali. Secondo i dati di Legambiente e Protezione civile sono 6 milioni gli italiani che vivono in zone esposte al pericolo di frane e alluvioni. I comuni in aree a rischio idrogeologico sono 6.633 pari all'82 per cento del totale.
  Nel 2012 imprese e famiglie italiane hanno versato all'Erario, alle regioni e agli enti locali quasi 47,2 miliardi di euro di tasse ambientali.
  Di questo importo, solo 463 milioni di euro, ossia lo 0,98 per cento, è stato destinato a opere e interventi per la sicurezza del territorio. I rimanenti 46,7 miliardi sono stati impegnati per altre finalità.
  Si pensi che in più di 20 anni gli italiani hanno versato 847,3 miliardi di euro di tasse verdi: ebbene, solo 7,3 miliardi Pag. 60sono stati effettivamente destinati alla protezione dell'ambiente. I contribuenti versano una sequela di imposte spesso sconosciute, che sborsano quando fanno il pieno all'auto e quando pagano la bolletta della luce o del gas metano, il bollo o l'assicurazione dell'auto. Ebbene, esse non vanno a sostenere l'attività di salvaguardia ambientale per le quali sono state introdotte, bensì a finanziare altre voci di spesa.
  L'articolo 7 del decreto-legge in esame dispone una serie di norme principalmente finalizzate all'utilizzo delle risorse per interventi di mitigazione del rischio idrogeologico, nonché disposizioni volte ad agevolare la realizzazione degli interventi stessi.
  Sempre all'articolo 7, Capo III, comma 2, si prevede che, a partire dalla programmazione 2015, le risorse destinate al finanziamento degli interventi in materia di mitigazione del rischio idrogeologico sono utilizzate, tramite accordo di programma sottoscritto dalla regione interessata e dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che definisce altresì la quota di cofinanziamento regionale.
  Gli interventi sono individuati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Le risorse sono prioritariamente destinate ad interventi integrati, finalizzati sia alla mitigazione del rischio sia alla tutela ed al recupero degli ecosistemi e della biodiversità, ovvero che integrino gli obiettivi della direttiva 2060 CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2000, che istituisce un quadro per l'azione comunitaria in materia di acque e della direttiva 2007/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2007, relativa alla valutazione ed alla gestione dei rischi di alluvioni.
  In particolare, gli interventi sul reticolo idrografico non devono alterare ulteriormente l'equilibrio sedimentario dei corsi d'acqua, bensì tendere, ovunque possibile, a ripristinarlo, sulla base di adeguati bilanci del trasporto solido a scala spaziale e temporale adeguata.
  A questo tipo di interventi integrati, in grado di garantire contestualmente la riduzione del rischio idrogeologico ed il miglioramento dello stato ecologico dei corsi d'acqua e la tutela degli ecosistemi e della biodiversità, in ciascun accordo di programma deve essere destinata una percentuale minima del 20 per cento delle risorse.
  Nei suddetti interventi assume priorità la delocalizzazione di edifici ed infrastrutture potenzialmente pericolosi per la pubblica incolumità. L'attuazione degli interventi è assicurata dal presidente della regione, in qualità di commissario di Governo contro il dissesto idrogeologico, con i compiti, le modalità, la contabilità speciale ed i poteri di cui all'articolo 10 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91, convertito con modificazioni dalla legge 11 agosto 2014, n. 116.
  Quindi l'articolo 7 del decreto-legge in esame dispone, come già detto, una serie di norme principalmente finalizzate all'utilizzo delle risorse per interventi di mitigazione del rischio idrogeologico, nonché disposizioni volte ad agevolare la realizzazione degli interventi stessi.
  Purtroppo non è intervenuto sulle incongruenze descritte in premessa ed intanto le attività imprenditoriali dei territori di Genova e Parma hanno subito danni irreparabili.
  Con questo ordine del giorno, quello che chiediamo è di adottare ogni iniziativa utile, anche normativa, al fine di destinare il gettito delle tasse ambientali esclusivamente ad interventi per la sicurezza del territorio. Chiediamo inoltre di individuare celermente risorse finanziarie per il sostegno delle attività commerciali, artigianali, turistiche, aventi sede loro o unità produttive nel territorio del comune di Genova e nelle zone del comune di Parma e provincia colpite dall'evento alluvionale.
  Si pensi che in più di 20 anni gli italiani hanno versato 847,3 miliardi di euro di «tasse verdi»: ebbene, solo 7,3 miliardi sono stati effettivamente destinati alla protezione dell'ambiente. Quindi, come già detto, i contribuenti versano una Pag. 61sequela di imposte spesso sconosciute, che sborsano quando fanno il pieno all'auto e quando pagano la bolletta.
  Sempre l'articolo 7 del decreto-legge in esame dispone una serie di norme principalmente finalizzate all'utilizzo delle risorse per interventi di mitigazione del rischio idrogeologico, nonché disposizioni volte ad agevolare la realizzazione degli interventi stessi.

  PRESIDENTE. Ha esaurito il tempo, la ringrazio. La deputata Faenzi ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2629-AR/82.

  MONICA FAENZI. Il decreto-legge in esame ha incrociato il verificarsi di eventi calamitosi e drammatici rispetto ai quali sono stati presi dei provvedimenti dal Governo. Negli ultimi due anni però, Presidente, vorrei sottolineare che anche la Toscana è stata afflitta da ondate di maltempo che, tra l'altro, hanno procurato anche la perdita di vite umane.
  La situazione che ho descritto evidenzia però una serie di criticità tuttora irrisolte connesse proprio allo stato di attuazione delle opere infrastrutturali e di prevenzione per i rischi derivanti dal dissesto idrogeologico sia con riferimento all'alluvione del novembre 2012 sia in relazione all'ultimo tragico evento meteorologico. Sono necessari pertanto chiarimenti volti a definire quale sia il quadro programmatico e di indirizzo e le iniziative che il Governo intenda portare avanti sia con riferimento al completamento, ripristino delle opere infrastrutturali danneggiate nel novembre 2011 e nel presente mese di ottobre, nonché delle decisioni in ordine alla decretazione dello stato di calamità che ha interessato nuovamente l'area regionale ed in particolare la Maremma grossetana. Con questo ordine del giorno pertanto chiediamo quali siano le iniziative legislative prossime che il Governo intenda assumere in tempi rapidi nei riguardi della regione Toscana, eventualmente anche in deroga alla normativa vigente, proprio per velocizzare l'attività di ripristino delle opere danneggiate.
   Inoltre vorremmo anche la precisazione che lo stato di emergenza nazionale decretato per la regione Toscana e deliberato lo scorso 23 ottobre dal Consiglio di ministri, come è stato indicato nel comunicato stampa pubblicato sul sito del Governo, includa anche proprio la provincia di Grosseto per gli eventi verificatisi nelle scorse settimane, in riferimento ai quali la intensità delle precipitazioni ha provocato una serie di dissesti gravissimi per la Maremma grossetana.

  PRESIDENTE. Il deputato Scagliusi ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2629-AR/174.

  EMANUELE SCAGLIUSI. Signor Presidente, l'articolo 31 del decreto-legge in esame interviene in materia di esercizi alberghieri con la finalità di incentivare gli investimenti nel settore, introducendo nell'ordinamento nazionale la definizione di una nuova tipologia di struttura ricettiva, denominata condhotel. In sostanza, al fine di diversificare l'offerta turistica e favorire gli investimenti volti alla riqualificazione degli esercizi alberghieri esistenti, l'articolo in questione introduce la possibilità di variare la destinazione d'uso degli immobili alberghieri da strutture ricettive a residenziali, promuovendo la formula dei condhotel. Sono, quindi, definite condizioni di esercizio dei condhotel intendendosi tali esercizi alberghieri aperti al pubblico a gestione unitaria composti da una o più unità immobiliari ubicate nello stesso comune o in parti di esso che forniscono alloggio, servizi accessori ed eventualmente vitto in camere destinati alla ricettività e in forme integrate e complementari in unità abitative a destinazione residenziale dotate di servizio autonomo di cucina, la cui superficie non può superare il 40 per cento della superficie complessiva dei compendi immobiliari interessati. Il condhotel è diventato, sin dagli anni 2000, il principale modello di sviluppo di nuovi investimenti alberghieri in tutti gli Stati Uniti e anche nei Caraibi e in Europa. In Italia finora è stato fatto un solo tentativo in Toscana. Si tratta Pag. 62di una particolare forma di proprietà condivisa: chi costruisce o ristruttura un albergo sulla spiaggia o davanti a un campo da golf vende le singole camere o più spesso le suite sia per finanziare in parte la costruzione della struttura sia per assicurare un certo flusso di ospiti nel nuovo complesso. I privati che comprano le suite diventano condomini e possono usarle per le proprie vacanze in genere una o due settimane e, per il resto dell'anno, affittarle al gestore dell'albergo.
  Peccato che nell'incentivare gli investimenti nel settore alberghiero e nella riqualificazione degli esercizi alberghieri esistenti il provvedimento ha omesso di prendere in considerazione anche la realtà dell'albergo diffuso, una tipologia di recente diffusione in Italia ed in Europa nata dall'idea di utilizzo a fini turistici delle case vuote ristrutturate con i fondi del post-terremoto del Friuli del 1976.
  Con l'albergo diffuso, invece, anziché dividere l'albergo in singole unità, si uniscono diverse case in un'unica gestione alberghiera. Esso deve la sua progressiva e costante diffusione proprio all'attenzione di una parte della domanda turistica ai contenuti di sostenibilità e al rispetto dell'ambiente proposti da alcuni luoghi di soggiorno. È in questo contesto che va collocata la natura di tale tipologia ricettiva. Purtroppo, però, sugli alberghi diffusi sono presenti normative regionali diverse da regione a regione e sarebbe opportuno coordinarle, al fine di creare un'offerta turistica ricettiva omogenea, che dia ulteriore slancio a questa crescente tipologia di struttura ricettiva.
  Pertanto, con questo ordine del giorno, impegniamo il Governo ad adottare ogni iniziativa utile, al fine di istituire una strategia nazionale per la promozione e il sostegno anche dell'albergo diffuso, nonché un'armonizzazione delle normative regionali in materia. Naturalmente, noi ci teniamo a porre l'attenzione sulle attività come quella del turismo, che dovrebbe essere considerato, diciamo, il petrolio dell'Italia; invece, a causa di questo decreto-legge «sblocca Italia» verrà anche disincentivato in zone come la Puglia, dove è stata data priorità ai gasdotti e non al turismo. Noi chiediamo, quindi, di spostare il focus un po’ più sul turismo, lasciando stare le fonti fossili, che sicuramente non faranno bene al nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Prendo atto che i colleghi Basilio, Artini e Bernini rinunciano ad illustrare i rispettivi ordini del giorno. Chiedo se, tra tutti coloro che sono iscritti a parlare, c’è qualcuno che intende intervenire. Prendo atto che nessuno intende intervenire: s'intendono, dunque, decaduti gli interventi.
  Prendo atto che il deputato Ribaudo era già intervenuto nel corso del dibattito.
  Quindi, secondo le intese intercorse, interrompiamo a questo punto l'esame del provvedimento, che riprenderà domani, a partire dalle ore 9,30.

Sostituzione di un deputato componente della Delegazione italiana presso l'Assemblea parlamentare dell'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE) (ore 19,35).

  PRESIDENTE. Comunico che, in data 21 ottobre 2014, la Presidente della Camera ha chiamato a far parte della delegazione italiana presso l'Assemblea parlamentare dell'OSCE il deputato Claudio Fava, in sostituzione del deputato Aniello Formisano, dimissionario.

Sull'ordine dei lavori (ore 19,36).

  SANDRA ZAMPA. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  SANDRA ZAMPA. Intervengo in quest'Aula nella prima occasione possibile per esprimere, signor Presidente, carissime colleghe e cari colleghi, tutta la più profonda indignazione per l'impiccagione della giovane Reyhaneh Jabbari, che ha avuto luogo qualche giorno fa: una donna Pag. 63messa a morte per essersi difesa, per aver tentato di difendersi dal suo stupratore.
  Voglio esprimere l'enorme dolore, la nostra sofferenza, il nostro sdegno, ma l'enorme – enorme – indignazione che, di fronte a questo fatto, questo Paese ha provato. Noi vogliamo che quel Governo che ha compiuto quell'atto sappia che questo Paese ha letto le parole di quella giovane donna, quelle parole che lei stessa ha definito «eterne». Noi vogliamo dire a chi le ha tolto la vita che non la dimenticheremo e che non esiste alcuna ragione di Stato che possa attenuare l'estrema durezza del nostro giudizio su quanto è avvenuto (Applausi).

Ordine del giorno della seduta di domani.

  PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

  Mercoledì 29 ottobre 2014, alle 9,30:

  (ore 9,30 e al termine del punto 4)

  1. – Seguito della discussione del disegno di legge:
   Conversione in legge del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, recante misure urgenti per l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive (C. 2629-A/R).
  — Relatori: Braga, per la maggioranza; De Rosa e Grimoldi, di minoranza.

  (ore 15)

  2. – Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

  (ore 16,15)

  3. – Informativa urgente del Governo sugli sviluppi della vicenda delle acciaierie AST di Terni.

  4. – Esame e votazione delle questioni pregiudiziali riferite al disegno di legge:
   S. 1612 – Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132, recante misure urgenti di degiurisdizionalizzazione ed altri interventi per la definizione dell'arretrato in materia di processo civile (Approvato dal Senato) (C. 2681).

  La seduta termina alle 19,40.