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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 298 di giovedì 25 settembre 2014

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE SIMONE BALDELLI

  La seduta comincia alle 9,30.

  CLAUDIA MANNINO, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
  (È approvato).

  PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Mannino, per la lettura di questo lungo processo verbale, lungo quasi quanto la seduta di ieri.

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Amici, Bratti, Antimo Cesaro, Cirielli, Dambruoso, Dellai, Di Salvo, Epifani, Ferranti, Fico, Fontanelli, Fraccaro, Giancarlo Giorgetti, Guerra, La Russa, Pes, Rampelli, Realacci, Sani, Scalfarotto, Scotto, Speranza, Valeria Valente e Venittelli sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
  I deputati in missione sono complessivamente ottantanove, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

  Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

Seguito della discussione delle mozioni Gallinella ed altri n. 1-00160, Prataviera ed altri n. 1-00360, Palese ed altri n. 1-00576, Kronbichler ed altri n. 1-00579, Galgano e Mazziotti Di Celso n. 1-00583, Berlinghieri ed altri n. 1-00587, Dorina Bianchi e Bernardo n. 1-00589 e Buttiglione e Dellai n. 1-00597 concernenti iniziative per la riforma dei criteri di formazione del bilancio comunitario, con particolare riferimento al meccanismo del cosiddetto «sconto inglese» (ore 9,40).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione delle mozioni Gallinella ed altri n. 1-00160, Prataviera ed altri n. 1-00360, Palese ed altri n. 1-00576, Kronbichler ed altri n. 1-00579, Galgano e Mazziotti Di Celso n. 1-00583, Berlinghieri ed altri n. 1-00587, Dorina Bianchi e Bernardo n. 1-00589 e Buttiglione e Dellai n. 1-00597 concernenti iniziative per la riforma dei criteri di formazione del bilancio comunitario, con particolare riferimento al meccanismo del cosiddetto «sconto inglese» (Vedi l'allegato A – Mozioni).
  Avverto che, dopo la conclusione della discussione sulle linee generali, che ha avuto luogo nella seduta di giovedì 4 settembre 2014, sono state presentate le mozioni Galgano e Mazziotti Di Celso n. 1-00583, Berlinghieri ed altri n. 1-00587, Dorina Bianchi e Bernardo n. 1-00589 e Buttiglione e Dellai n. 1-00597, che sono già state iscritte all'ordine del giorno.

(Intervento e parere del Governo)

  PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze, Enrico Zanetti, che esprimerà altresì il parere sulle mozioni all'ordine del giorno.

  ENRICO ZANETTI, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Pag. 2Presidente, con le mozioni in oggetto si impegna il Governo, in relazione al semestre di Presidenza italiana dell'Unione europea, ad intervenire nelle sedi comunitarie per una generale revisione delle politiche di bilancio dell'Unione europea che affronti in particolare la questione della revisione dei criteri del bilancio, finalizzata ad ottenere un riequilibrio dei flussi finanziari tra l'Italia e l'Unione europea. In tale contesto si chiede anche la rinegoziazione della ridotta contribuzione accordata al Regno Unito, il cosiddetto «UK rebate», nonché di promuovere una revisione delle politiche di spesa riguardanti i Paesi dell'Europa continentale non appartenenti all'Unione europea. Con riferimento alla richiesta di una radicale revisione delle politiche di bilancio, sia per quanto riguarda le politiche di spesa, che per la contribuzione che gli Stati membri sono tenuti a versare all'Unione europea a titolo di finanziamento del bilancio comunitario, si fa presente che i criteri e le politiche del bilancio sono già stati definiti dal Consiglio europeo per il settennato 2014-2020 con modalità che, pur confermando il previgente assetto del sistema delle correzioni, comportano una riduzione dell'onere a carico del nostro Paese in considerazione dei cospicui rientri attesi nel settore della politica di coesione economica e sociale.
  Attualmente non appare ipotizzabile un'iniziativa dell'Italia durante il semestre di Presidenza. Tuttavia, la contribuzione degli Stati membri è un argomento di fondamentale importanza a livello comunitario ed è stato costituito a tal proposito un gruppo interistituzionale formato da rappresentanti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione e presieduto da un rappresentante italiano individuato nella persona del senatore Mario Monti. Questo gruppo ha il compito di elaborare delle proposte di revisione dell'attuale sistema di contribuzione degli Stati membri. Pertanto le istanze dell'Italia per una contribuzione più equa saranno rappresentate in seno a tale gruppo con tutta la decisione del caso, inclusa naturalmente anche l'annosa questione delle correzioni di bilancio, tra le quali il rebate britannico. Per quanto riguarda, poi, i programmi di spesa per i Paesi dell'Europa continentale non appartenenti all'Unione europea – tema anche questo oggetto di alcune delle mozioni – si precisa che le politiche di spesa sono state decise anch'esse nell'ambito del medesimo quadro finanziario pluriennale 2014-2020 e, quindi, eventuali diverse decisioni implicano variazioni proprio ai programmi in questione. Per quanto concerne l'impegno a favore di un incremento delle risorse sulla politica di coesione, si fa presente che per il periodo 2014-2020 le politiche di bilancio UE sono state definite nel 2013 con l'accordo tra il Consiglio dell'Unione europea e il Parlamento europeo per il citato settennio. In tale quadro finanziario pluriennale sono stati fissati i massimali di spesa per ciascun anno per singole politiche comunitarie, coesione ovviamente compresa. La normativa comunitaria prevede la cosiddetta revisione di medio termine del predetto quadro finanziario che potrà essere attivata dalla Commissione europea nel 2016 mediante proposte di adeguamento delle dotazioni finanziarie delle diverse rubriche di spesa in relazione ai mutati scenari macroeconomici, salvaguardando in linea di massima le assegnazioni di fondi già disposte per gli Stati membri.
  Solo nell'ambito di tale processo di revisione in concreto – fermo restando naturalmente già da ora tutta la massima disponibilità ad attivarsi affinché esso non abbia ritardi – sarà possibile tenere conto di modifiche alla luce anche dell'evoluzione dei nuovi andamenti macroeconomici.
  Con specifico riferimento alla mozione Gallinella ed altri n. 1-00160, la quale impegna il Governo ad intervenire nelle sedi comunitarie per una revisione dei criteri di formazione del bilancio comunitario, tenuto anche conto che la spesa connessa alla politica agricola comune (in acronimo PAC) che costituì a suo tempo la principale motivazione che portò all'introduzione dello sconto britannico, è prevista diminuire significativamente per il periodo Pag. 32014-2020 e questo è vero come viene evidenziato nella mozione ma, a tale proposito, si fa presente che il bilancio comunitario finanzia, oltre alla politica agricola, anche altri importanti settori di spesa di cui l'Italia risulta essere beneficiaria tra cui, in particolare, la politica di coesione economica e sociale; rubrica anzi relativamente alla quale, in questo nuovo settennio che comincia 2014-2020, la disponibilità e lo spazio per il nostro Paese va incrementandosi ed esso è infatti uno dei motivi per cui la posizione di pagatore netto del bilancio comunitario dell'Italia, che naturalmente persiste, vedrà però diminuire l'impegno finanziario italiano anche nelle more di una comunque auspicabile revisione dei meccanismi di sconto concessi, ad esempio, in particolare alla Gran Bretagna. E infatti appunto è da questa politica che sono attesi i rientri dal bilancio UE sia in relazione alla chiusura del periodo precedente sia in relazione all'avvio del nuovo periodo.
  Con specifico riferimento alla questione del minor apporto al bilancio comunitario da parte del Regno Unito, il Ministero degli affari esteri ha sottolineato e ricordato come lo sconto britannico non prevede effettivamente limiti temporali e questo determina conseguentemente che una sua eventuale rinegoziazione dovrebbe necessariamente ricevere l'assenso del Regno Unito stesso. Su questo fronte, quindi, nonostante il forte impegno italiano, che già c’è stato anche nel corso del negoziato relativo al nuovo quadro finanziario pluriennale, non è stato possibile riformare il sistema vigente per la fortissima e comprensibile, ancorché naturalmente non condivisibile, opposizione del suo beneficiario. Ecco perché il lavoro del gruppo interistituzionale che richiamavamo prima diventa centrale: infatti un intervento mirato sulle singole misure di sconto in un contesto in cui è necessario anche, come dire, il consenso del diretto interessato si profila oggettivamente difficile; viceversa una riforma complessiva del bilancio europeo per quanto concerne in particolare tutti gli aspetti legati alla contribuzione e, quindi, alle entrate, potrà dare luogo in modo uniforme e più efficace davvero al ripristino di una maggiore equità tra le contribuzioni richieste ai diversi Paesi in funzione naturalmente della loro capacità economica.
  Quanto, infine, alla richiesta di impegno affinché i finanziamenti che gli Stati membri versano al bilancio dell'Unione rimangano all'interno dell'Unione e non vengano elargiti a Paesi che non fanno parte dell'Unione europea, anche qui si precisa che nell'ambito del bilancio dell'Unione europea sono in effetti espressamente previsti contributi di questo tipo ma che questo si verifica nell'ambito di politiche di allargamento, di pre-adesione, politiche di vicinato nonché per obiettivi di assistenza finanziaria a Paesi terzi, in particolare qualora presentino difficoltà dal punto di vista macroeconomico e siano caratterizzati da contiguità geografica, economica e sociale con l'Unione europea nel quadro degli strumenti della politica economica estera europea.
  Tali politiche – anche recenti fatti di cronaca di stringente attualità ce lo dimostrano – rivestono una grande importanza per la stabilità di molti Paesi vicini e per la nostra stessa sicurezza come purtroppo appunto la cronaca recente ci ricorda. Lo stanziamento peraltro in queste relazioni esterne della UE supera di poco il 6 per cento dell'intero bilancio multiannuale comunitario e, quindi, se è vero che bisogna senz'altro cercare di contenere al massimo le risorse che vengono destinate di fatto all'esterno, quando queste destinazioni sono legate a politiche volte al sostegno di Paesi limitrofi anche in un'ottica di loro maggiore stabilità, sono comunque da considerarsi politiche da non abbandonare dal punto di vista del Governo. Signor Presidente, procedo anche con i pareri ?

  PRESIDENTE. È l'unica ragione in realtà per la quale lei avrebbe la parola: non tanto per la replica, che dovrebbe avvenire alla fine della discussione sulle linee generali, quanto per i pareri.

  ENRICO ZANETTI, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Avevamo Pag. 4rinunciato, Presidente, ci eravamo riservati di farla in questa sede.
  Per quanto riguarda i pareri sulle singole mozioni, relativamente alla mozione Gallinella ed altri n. 1-00160, il Governo esprime parere favorevole; per quanto riguarda la mozione Prataviera ed altri n. 1-00360 il parere è favorevole con riformulazione. Si chiede di espungere due punti dalle premesse; nello specifico, il punto: «l'euro è una moneta rigida, sopravvalutata, che, invece di portare stabilità, maggiore crescita, calo della disoccupazione e tanti altri effetti positivi, ha comportato effetti contrari, ovvero disoccupazione, recessione e crisi sociali. L'euro non è più una risorsa, ma un intralcio che tanti danni ha creato» e il punto: «la cessione di sovranità dagli Stati nazionali verso l'Unione europea, in nome di un alto ideale comunitario e di una solidarietà economica tra zone più o meno floride dell'Unione stessa, si sta tramutando in una delega all'eurocrazia a decidere della vita dei cittadini, del sistema di diritti, di welfare, di previdenza in nome dell'unico idolo del rigore e della stabilità dei mercati finanziari». Con l'espunzione di questi due punti dalle premesse il Governo esprime parere favorevole per l'intera mozione, diversamente, per parti, il Governo esprime parere contrario sulle premesse e parere favorevole sugli impegni.
  Relativamente alla mozione Palese ed altri n. 1-00576 il Governo esprime parere favorevole con riformulazione, sostituendo, al terzo punto degli impegni, le parole: «ad adottare» con le parole: «a valutare». Con questa modifica il parere è favorevole.
  Relativamente alle altre mozioni il Governo esprime parere favorevole.

(Dichiarazioni di voto)

  PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lavagno. Ne ha facoltà.

  FABIO LAVAGNO. Signor Presidente, ringrazio il collega sottosegretario Zanetti che ci ha fatto già le conclusioni rispetto la nostra discussione che, comunque, vorremmo svolgere in quest'Aula, perché il tema è vero che parte dagli accordi di Fontainebleau del Consiglio Europeo del 1984, ma è, appunto, lo spunto per una riflessione più ampia sulla formazione del bilancio europeo, sulla funzione e la funzionalità stessa dell'Unione, oggi, per come la viviamo e per come sono mutate le condizioni economiche, sociali e culturali nell'arco di questo trentennio.
  Quella che fu un'impuntatura di piedi da parte dell'allora Primo Ministro inglese, Margaret Thatcher, che pretese ed ottenne quello che viene definito, appunto, come «sconto inglese», fu lo specchio di un'ideologia in salsa europea; ancorché in salsa europea volta a far prevalere l'interesse del singolo rispetto a quello comune, la prevalenza del singolo sulla società, del privato sul pubblico. E appare oggi tanto più anacronistico se rapportato, invece, alla capacità, al riconoscimento che vi fu da parte delle istituzioni europee delle argomentazioni britanniche, alla capacità, appunto, dimostrata di sacrificare parte del proprio interesse particolare per far avanzare un'idea più comune e senz'altro più forte. È così che si arriva agli accordi che prevedono, appunto, uno sconto in favore della Gran Bretagna e la concessione di un beneficio originato dall'esigenza di compensare un Paese a scarsa vocazione agricola che, a differenza di Francia e Italia, non usufruiva dei cospicui finanziamenti della nascente politica comune europea.
  Tutto ciò, però, oggi, come dicevo, appare così lontano e diverso, non solo nelle argomentazioni di natura economica, ma anche nella percezione diffusa in termini di opinione pubblica di quella che è l'Unione europea, sia delle rivendicazioni di un singolo Stato, sia della capacità che l'allora Comunità europea, non ancora Unione, seppe dimostrare per far avanzare un'idea più grande e più forte.
  Tanto più lontane e certamente anacronistiche, però, così come sono superate, ci appaiono oggi le argomentazioni alla base di quegli accordi, per quanto il vantaggio Pag. 5sia stato, nonostante tutto, riconfermato, per come ci è stato riportato anche nelle parole del sottosegretario. Argomentazioni superate e anacronistiche in un contesto estremamente mutato, caratterizzato da una perdurante crisi economica con i suoi risvolti produttivi, occupazionali e sociali che sono sotto gli occhi di tutti, ma anche in cui le risorse europee destinate alla politica agraria comunitaria che avevano generato gli accordi sono infinitamente ridotte.
  Ed è per questo corretto ragionare su questo tema come spunto e su un tema più generale, quello della formazione del bilancio dell'Unione, proprio perché far perdurare ingiustificati vantaggi a favore di un solo Paese, non fa che aumentare gli squilibri tra gli Stati membri, cosa che in un contesto europeo che dovrebbe diventare via via più armonico dovrebbe essere quanto più evitato e reso inaccettabile.
  Rivedere e rinegoziare tali meccanismi e criteri diventa oggi una necessità difficilmente procrastinabile in sede europea, ed è certo che va fatto con il consenso più ampio, come ci è stato ricordato, ma va anche affrontato alla luce di una revisione proprio ideologica di quelle che sono le politiche di bilancio dell'Unione europea. Da un lato va superato il criterio del cosiddetto «UK rebate», lo sconto inglese, quale quello previsto per il Regno Unito, ed ogni forma di regolamentazione che inserisca eccezioni e deroghe nazionali in una logica di negoziazione; dall'altro bisognerà affermare la necessità di rivedere i meccanismi di predisposizione del bilancio europeo. Per la prima volta, dietro il dogma del rigore e dell’austerity – ed è evidente, è un dato oggettivo – la programmazione finanziaria pluriennale europea ha subito una sensibile contrazione, a cui va contrapposta, invece, quanto meno, una maggiore flessibilità nell'uso delle risorse.
  Non è perseguendo, infatti, politiche rigoriste che si rafforza l'Europa; anzi, come è sotto gli occhi di tutti, è vero proprio il contrario. Con minori risorse e con l'ingessamento delle stesse, come sarà possibile raggiungere gli obiettivi ambiziosi di Europa 2020 ? Come sarà possibile rilanciare gli investimenti produttivi, la ricerca e lottare contro la povertà e la disoccupazione ? Per questo diventa fondamentale che il Governo, anche grazie al semestre di Presidenza italiana, possa avviare una seria discussione affinché si possano rivedere nella loro interezza gli attuali meccanismi di correzione previsti per alcuni Paesi, affinché si determini una effettiva perequazione delle risorse finanziarie. Occorre invertire la tendenza perché, se è vero che il Consiglio europeo del dicembre scorso ha pure accolto in parte la proposta della Commissione volta a una riforma profonda del sistema di finanziamento, allo stesso tempo ha mantenuto i sistemi di correzione a favore degli Stati membri.
  Ma è l'intera politica economica dell'Unione che va rivista e ripensata; il cosiddetto sconto inglese non ne è che un aspetto. Mutate condizioni meritano strumenti nuovi e non del mero mantenimento di ricette sbagliate o dannose, da un lato, e di posizioni di vero e proprio vantaggio e di privilegio dall'altro. I 300 miliardi di investimenti annunciati da Juncker sono oggi un bell'annuncio: occorre lavorare – ed è questo il compito del Governo in questo semestre – affinché diventino un vera notizia capace di rilanciare crescita e sviluppo.
  Il Patto di stabilità torni ad essere veramente il Patto di stabilità e di crescita e non solo quello della stabilità che ingessa i bilanci dello Stato e, come è sotto gli occhi di tutti, via via quelle delle amministrazioni più vicine ai cittadini, come accade con il Patto di stabilità interno nel nostro Paese. Occorre rilanciare, quindi, un protagonismo nuovo dell'Italia, che non si può bloccare e rifugiare nel vittimismo dello sbilancio tra quanto versato e quanto ricevuto, perché questo deve fare i conti con una seria analisi di come i fondi europei e la loro frammentazione vengono utilizzati. Occorre cogliere l'occasione della Presidenza italiana per costruire un'Europa dove ritrovare un nuovo protagonismo italiano, come dicevo, e ribaltare complessivamente la logica sbagliata Pag. 6che fino ad oggi ha caratterizzato le politiche europee; solo così potremo arrivare a un nuovo patto che ponga al centro una vera cittadinanza europea. A questi principi saranno orientati i voti di Libertà e Diritti-Socialisti europei rispetto alle mozioni che andiamo a discutere oggi (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Libertà e Diritti-Socialisti europei).

  PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Maietta, iscritto a parlare: s'intende che vi abbia rinunziato. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Buttiglione. Ne ha facoltà.

  ROCCO BUTTIGLIONE. Signor Presidente, come è ben noto, la questione di cui ci stiamo occupando nasce nel 1984, forse non è inutile fare un po’ di storia. Nel 1984 la Gran Bretagna è un Paese sull'orlo della bancarotta e Margaret Thatcher lotta con disperata energia per tirarla fuori dalle grandi difficoltà nelle quali si trova. Pensate, la Gran Bretagna è il Paese più povero dell'Unione europea a dieci (allora c'erano solo dieci membri); no, non il più povero, il penultimo: il nono su dieci. Questo spiega in parte la condiscendenza mostrata verso la Gran Bretagna. Non solo, il bilancio dell'Unione europea, per l'80 per cento, è dedicato alla spesa agricola, e qui Margaret Thatcher si sente ribollire il sangue per due motivi.
  In primo luogo, perché stiamo sovvenzionando produzioni agricole: lei è liberista, e pensa che nel mercato mondiale potremmo comprare le stesse cose a costi molto minori. In secondo luogo, perché questa spesa va a sovvenzionare soprattutto l'agricoltura francese. L'agricoltura francese ha dimensioni doppie di quella britannica: la Gran Bretagna ha circa il 9 per cento della superficie coltivabile in Europa, la Francia ha il 17 per cento; e quindi lotta per ottenere uno sconto: giusto o sbagliato che sia, a quell'epoca ha alcune giustificazioni. Oggi la spesa agricola dell'Unione europea è il 40 per cento del bilancio: non l'80, ma il 40. Qualcuno dirà: sempre troppo; forse, ma comunque è il 40 per cento, e non è più l'80 per cento; e si è aperta la discussione sulla necessità di una revisione del bilancio europeo per dedicare quote maggiori di bilancio al sostegno dell'occupazione, al sostegno dello sviluppo. Ci sarà al 2016 la revisione del bilancio, nella quale queste cose dovranno essere dette con forza, anche perché i 300 miliardi di cui Junker parla per investimenti certamente non si trovano nelle pieghe del bilancio attuale, che è un bilancio striminzito: è l'1 per cento, l'uno virgola per cento del prodotto interno lordo europeo. Già questo quindi dice che le ragioni originarie che permettevano, che giustificavano parzialmente questo sono largamente venute a cadere.
  Nel 1992 noi confermiamo alla Gran Bretagna questo rebate, questo ribasso. Lo facciamo in buona parte perché la Germania deve ottenere il consenso della Gran Bretagna per la riunificazione: e allora c'era di nuovo una forte giustificazione. Tony Blair poi riconobbe che era sbagliato il principio del ribasso, e si dichiarò disposto a rinunciarvi dentro una diversa struttura del bilancio europeo: verso questa diversa struttura del bilancio europeo adesso stiamo camminando, quindi credo che ci siano le condizioni per riaprire il discorso.
  Dentro questo c’è un'altra questione, che credo vada posta sul tavolo negoziale: chi beneficia principalmente delle politiche agricole comuni è la Francia. La Francia ha il 17 per cento della superficie coltivata in Europa, la Gran Bretagna il 9: c’è uno squilibrio. Ma l'Italia quanto ha in percentuale della superficie coltivata in Europa ? Abbiamo il 9 per cento come la Gran Bretagna. La Francia paga il 31 per cento dei costi del rebate, l'Italia paga il 24 per cento ! È giusto ? A parte il fatto che è il ribasso che va rimesso in discussione, perché sono venute meno le ragioni iniziali, almeno parzialmente, che giustificavano il ribasso; ma va ridiscusso anche il criterio con il quale si divide il costo del ribasso fra i diversi Paesi, perché l'Italia, che ha la stessa superficie coltivabile della Gran Bretagna..., il prodotto per ettaro credo che sia un po’ più alto perché noi abbiamo molte produzioni ad alto valore Pag. 7aggiunto, ad alta intensità, però, insomma, non tantissimo; e anche la Francia ha produzioni di questo tipo: pensate ai vigneti ! Come mai l'Italia paga una quota così alta ?
  La Germania, che ha una superficie coltivabile un po’ più alta di quella italiana, circa il 10 per cento, paga molto meno dell'Italia: come mai ? Per la Germania ci sono alcune giustificazioni, perché complessivamente la Germania paga molto di più sul bilancio europeo; ma su questo credo che noi abbiamo buone carte, in occasione della ridiscussione del bilancio europeo, per rimettere in discussione e il principio del ribasso, e se anche, o nella misura in cui, il ribasso dovesse essere mantenuto – mi auguro non integralmente, ma con significative riduzioni –, i criteri con i quali si divide fra i diversi Paesi il peso del ribasso stesso, perché l'Italia paga evidentemente una quota maggiore di quella che giustamente le toccherebbe.
  Ometto qualunque domanda sulle contropartite occulte che i nostri negoziatori possano aver avuto per dare il loro consenso a questa situazione abnorme; ma chi si occupa di politica agricola italiana può facilmente immaginare quali siano state queste compensazioni non scritte. Ma lasciamo da parte questo tema.
  La questione, d'altro canto, si inquadra dentro una questione più ampia, complessiva, che è quella dello sbilancio fra i pagamenti che l'Italia fa all'Unione e quelli che l'Italia riceve dall'Unione.
  Noi non paghiamo troppo; è ovvio che noi avremo sempre uno sbilancio a nostro sfavore perché siamo tra i Paesi ricchi e ci sono tanti Paesi che sono poveri. È ovvio che la Polonia, la Romania, la Bulgaria avranno per aiuto allo sviluppo un eccesso e che i Paesi ricchi dovranno pagare per questo eccesso. Siamo ricchi, non tanto ricchi, siamo proprio nella media dell'Unione cioè siamo al 101 per cento del prodotto interno lordo per abitante di quello che è il prodotto interno lordo dell’ Unione. Non paghiamo troppo, paghiamo il 12,5 o 6, credo il 12,58 per cento. Non è tanto pensate che la Germania paga il 20 per cento, poco meno del 20 per cento, il 19,7 per cento mi pare. La Francia ? La Francia paga più di noi, credo che sia al 16,17 per cento quindi non paghiamo troppo.
  Prendiamo troppo poco. Questo è il problema, l'altro lato della questione che dobbiamo affrontare è: ma l'Italia fa tutto quello che deve fare per usufruire dei fondi europei nella misura che sarebbe giusta e mi pare evidente che la risposta è no. Cominciamo con le politiche di coesione territoriale giustamente ricordate dal sottosegretario Zanetti. Noi corriamo rischi di perdere grandi quantità di denari che teoricamente sono a nostra disposizione ma di cui noi non riusciamo ad usufruire. Ciò perché le pubbliche amministrazioni sono inefficienti, perché molte regioni non hanno personale adeguato a formulare programmi, perché le assunzioni vengono fatte con criteri clientelari – vogliamo dirlo ? – e non invece assumendo persone che sappiano fare queste cose, perché facciamo fatica a offrire il contributo italiano (il 50 per cento in genere di contributo italiano per i diversi programmi).
  Per mille ragioni noi prendiamo meno di quello che ci tocca, ma non è solo un problema di politiche di coesione territoriale. Io sarei curioso di sapere: quante università italiane sono adeguatamente informate sul programma di ricerca comunitario e fanno domande all'interno del programma di ricerca comunitario ? Qualche anno fa erano una trentina su 110, 120 università, oggi non lo so, mi auguro che siano tutte quante, ma ho dei dubbi che non sia così. E potremmo proseguire.
  Cosa possiamo fare per migliorare la nostra capacità di accesso ai programmi europei in modo da ridurre questo sbilancio ? Anche perché sulla questione del rebate, torniamo per un attimo al rebate, nel 1992 e poi successivamente ancora in misura minore si sono definiti dei criteri che hanno carattere generale – non valgono solo per la Gran Bretagna – che tendono a evitare che un Paese abbia uno sbilancio eccessivo. La Germania si vale di questi criteri, infatti sul rebate la Germania Pag. 8paga meno dell'Italia, molto meno dell'Italia; anche altri Paesi che sono più ricchi dell'Italia pagano meno dell'Italia. L'Italia di questi criteri non ha fatto finora un grande uso e il risultato qual è ? Che noi siamo tra i quattro maggiori contribuenti netti, e questo è giusto perché siamo tra i quattro Paesi più ricchi e più forti dell'Unione europea: la Germania, la Francia, la Gran Bretagna e l'Italia. In percentuale rispetto al prodotto interno lordo italiano noi siamo il secondo contribuente netto. Prima di noi ci sono i poveri danesi e poi veniamo noi. La Germania paga in proporzione meno: lo 0,37 per cento del PIL mentre noi paghiamo lo 0,41. Eppure è più ricca di noi e ha un PIL significativamente più elevato del nostro.
  Tutte queste cose le affido al Governo perché le faccia valere in sede della trattativa che avrà luogo entro il 2016 per la revisione del bilancio comunitario.
  Altro discorso, signor Presidente non abbia paura perché non lo affronterò in questa sede ma mi auguro che avremo presto un dibattito parlamentare su questo, è quello relativo ai criteri generali di revisione del bilancio europeo perché abbiamo bisogno di massicci investimenti infrastrutturali europei per tirar fuori la nostra economia dal baratro nel quale sta e questi non sono certamente ottenibili né sul bilancio attuale né su quello che prevedibilmente potrà essere fatto dentro il quadro di regole esistenti. Tra l'altro, è possibile che l'area euro non abbia un bilancio proprio ? È ovvio che la Gran Bretagna rifiuterà di accollarsi dei costi per il sostegno di una moneta che non è la sua, ma noi si e allora ne parleremo un'altra volta. Grazie per la vostra attenzione.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Prataviera. Ne ha facoltà.

  EMANUELE PRATAVIERA. Signor Presidente, come ha ricordato nel suo ottimo intervento di spiegazione, ricco di nozioni e soprattutto di storia, il collega, onorevole Buttiglione, trent'anni, fa nel 1984, l'Inghilterra o meglio la Gran Bretagna era sull'orlo del fallimento e aveva anche qualche problema interno, così come lo ha oggi, nel mantenere i propri sudditi. Volevo ricordare però che sono passati trent'anni dal 1984 e che oggi, nel 2014, probabilmente è più l'Italia a rischio crack che la Gran Bretagna. Quindi partendo da queste premesse doverose, dal mio e dal nostro punto di vista, è giusto ricordare che gode ancora e ha goduto durante trent'anni di un abbuono che ad oggi risulta completamente immotivato, a maggior ragione, basta ricordare i Summit di un biennio fa, quando erano proprio gli inglesi a darci lezioni di bilancio e soprattutto a contribuire a dettare una linea, quella del rigore, che non era altro se non uno strumento politico fatto per favorire le aziende e comunque il sistema paese della Gran Bretagna a loro vantaggio e a svantaggio di altri Paesi come la Spagna, il Portogallo, la Grecia e proprio casa nostra, l'Italia. Quindi fatte queste dovute e doverose precisazioni, io credo che bisogna anche ribadire il fatto che il bilancio dell'Unione europea rispecchia in toto la politica dell'Unione europea, chiunque faccia politica, dal consiglio comunale all'Europarlamento, sa perfettamente che senza un bilancio non si possono prendere impegni e non si possono attuare politiche e non si può realizzare un programma, che è il motivo per cui ognuno viene eletto e ognuno di noi è seduto qui a fare la rappresentanza dei propri elettori. Caro sottosegretario Zanetti, c’è un profondo legame di stima che ci lega, ci siamo più volte confrontati su molti temi ma non riteniamo assolutamente di poter condividere il suo invito, o meglio, l'invito del Governo del quale lei fa parte, di rinunciare ad una promessa che per noi è fondamentale nella trattazione non solo di questo tema, lo sconto inglese di cui stiamo discutendo, ma dell'intera architettura, dell'intera «palazzina» Europa. È l'euro, è l'euro che noi intendiamo ribadire che si tratta di una moneta rigida, di una moneta sopravvalutata che invece di portare una stabilità, una maggiore crescita e un calo della disoccupazione e tanti altri Pag. 9effetti positivi, ha comportato degli effetti di fatto contrari, soprattutto nel nostro sistema, soprattutto nel nostro tessuto sociale, soprattutto nelle nostre comunità, nelle nostre realtà aziendali, nelle nostre realtà familiari, che sono il nucleo, l'essenza della nostra società o meglio della società che noi vorremmo. Ha infatti creato come riflesso una disoccupazione, ha creato la recessione e soprattutto la crisi sociale che si sta tramutando anche in crisi di valori. Discuteremo addirittura sull'apertura incondizionata dei centri commerciali, delle attività commerciali, anche durante le festività, da qui a poco (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie). Quindi questo è l'effetto diretto di una politica economica sbagliata che mina le fondamenta della nostra società e dei nostri valori sociali. Non possiamo rinunciare, come lei ci ha chiesto, alla premessa che stavo leggendo e che continuerò a leggere, che dice che l'euro non è più una risorsa ma un intralcio che crea danni al nostro sistema e soprattutto non possiamo rinunciare al fatto di ribadire con forza che la cessione di sovranità degli Stati nazionali verso l'Unione europea in nome di un alto ideale comunitario che possiamo assolutamente condividere quando voi ci date degli «euro-scettici» e di una solidarietà economica tra zone più o meno floride dell'Unione stessa si sta tramutando in una delega all'eurocrazia, cioè a persone che decidono in nome e per conto del popolo che dovrebbero rappresentare senza che nessuno gli abbia dato mandato. Si sta tramutando in un'eurocrazia che decide direttamente della vita dei cittadini, nel sistema di diritti, del welfare e soprattutto nel sistema di previdenza in nome appunto di un idolo, un po’ come succedeva mentre Mosè era sul Monte Sinai e giù stavano banchettando con un idolo costruito ad arte.
  E poi c’è da incuneare, in questa discussione, un altro fatto che è all'interno di quello stesso bilancio, in cui non si è ancora capito perché dopo trent'anni la Gran Bretagna per motivi che trent'anni fa – per carità – erano giusti ma che ora dovremmo riconsiderare con forza noi, nel nostro sistema economico, ma voi non lo state facendo. Voi non lo state facendo. Lo state facendo nei fatti, lo state facendo approvando tutte le mozioni a supporto di questa tesi, ma poi nella realtà non lo state facendo. Ce lo ha ricordato Stiglitz l'altro giorno, premio Nobel per l'economia nel 2001, che è venuto proprio qui alla Camera, ospite della Presidente Boldrini, e ha messo in discussione tutto il sistema euro e il sistema Europa, così come è costruito. Ebbene, in quel bilancio, che tutti noi critichiamo, che tutti voi criticate, perché tutti lo criticano a parole, si incunea la questione dell'aiuto a Paesi che non sono membri. Quindi, si fanno sconti anche ad altri Paesi, non solo all'Inghilterra, perché benefici, ad esempio sull'IVA, li riceve addirittura l'Austria, dove non mi sembra che l'economia vada così male, e la Germania stessa. Li riceve, per cause di altra natura, la Francia.
  Noi continuiamo a fare i contributori netti, con 60 miliardi di deficit che non siamo stati in grado di riportare a casa, non solo per motivi endemici, colleghi, e non solo per motivi di incapacità vera e propria delle regioni, in particolare quelle del Sud. Lei ha citato i fondi per la coesione e quelli sono soldi spesi e buttati via, perché oltre a non essere usati vengono, il più delle volte, mangiati tra claque di politici locali che vogliono approfittare di una condizione sfavorevole dei loro concittadini a loro vantaggio e basterebbe citare lo scandalo dei centri di formazione per dirne una. O quello più attuale della Youth Guarantee. La Youth Guarantee: soldi che dovrebbero servire per evitare l'emigrazione, per fare in modo che aprano nuove aziende soprattutto al Sud, perché così vuole la politica che voi avete confezionato. Al Nord no ! Al Nord va tutto bene, al Nord si continuano ad aprire aziende, si continua a investire, i giovani rimangono tutti lì, i giovani possono permettersi l'università, possono permettersi di fare i figli a 25 anni, possono permettersi di sognare un futuro. No, al Nord va tutto bene e al Sud continuiamo a dare soldi. Per carità !Pag. 10
  Ma detta questa, che è una giusta e doverosa precisazione, c’è appunto un altro scandalo. Basterebbe citare quello della Turchia, che negli ultimi sette anni ha ricevuto 5 miliardi di euro, 5 miliardi di euro in cambio di zero euro per il bilancio europeo, in cambio di una promessa di valutare se entrare a fare parte dell'Unione europea, ma senza che i cittadini europei lo abbiano richiesto o si siano espressi se la Turchia possa entrare e senza che i cittadini turchi abbiano espresso la volontà di entrare nell'Unione europea. Io ho partecipato ad un'audizione dei rappresentanti del Parlamento turco, nella XIV Commissione quando ne facevo parte – se non sbaglio a gennaio, febbraio –, in cui tutti i partiti, di maggioranza e di opposizione, hanno detto che a loro non interessa entrare nell'Unione europea, però gli interessano assolutamente questi 5 miliardi di euro che sono arrivati. Per forza ! Sono 5 miliardi di euro a cui dobbiamo sommare una valanga incontrollata di soldi che arrivano in quello stesso territorio senza che si possa di fatto in qualche modo controllare, perché sono incuneati in altri programmi di cooperazione internazionale, mediterranea e così via. Allora, iniziamo a spendere i soldi, se vogliamo fare geopolitica e politiche di avvicinamento, casomai con un ritorno e non così, alla «carlona».
  Quindi, i nostri impegni sono questi. Sono quelli di intervenire sicuramente in occasione del semestre di Presidenza italiana, che ritornerà tra 14 anni se va bene, tra 14 anni se va bene. Quindi, questa è un'occasione unica. Agiamo adesso, perché se non agiamo da qui ai prossimi tre mesi questi problemi nessuno verrà mai più a risorverceli. Ce lo ricordano in ogni summit. In ogni summit ci dicono: «Dovete fare di più, dovete fare di più», e noi andiamo lì a dire: «Sì, sì, dobbiamo fare di più; sì, sì, dobbiamo fare di più» e, in attesa che arrivi il Messia a cambiare le regole del gioco, nel frattempo ai nostri cittadini viene chiesto di pagare una parte di tasse molto più alte a favore di altri cittadini. Questa non è libera circolazione, questa non è libera concorrenza. Questo è accettare un sistema che mette ancora una volta...

  PRESIDENTE. Concluda, onorevole Prataviera.

  EMANUELE PRATAVIERA. ... la mano per bloccare veramente la libertà economica dei territori che potrebbero competere in Europa, che sono quelli del Nord in questo Paese, che sono quelli del Nord, ai quali voi non siete in grado di dare nessuna risposta concreta.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Kronbichler. Ne ha facoltà.

  FLORIAN KRONBICHLER. Signor Presidente, Sinistra Ecologia Libertà coglie, come altri gruppi, l'occasione del semestre di presidenza italiana dell'Unione europea per rivedere il tanto citato «sconto inglese», ma non solo. Noi chiediamo al Governo di rivedere nella loro interezza gli attuali meccanismi di correzione previsti per alcuni Paesi alla luce delle mutate condizioni macroeconomiche all'interno dell'Unione europea, affinché si determini un'effettiva perequazione delle risorse finanziarie. Ed a spiegare il bisogno di una riforma organica dei criteri di formazione del bilancio comunitario credo anch'io possa aiutare una breve cronistoria del bilancio, rischiando in questo di ripetere forse qualcosa che ha esplicato il collega Buttiglione, sempre molto europeista.
  All'inizio del processo di integrazione europea nel 1957 – io inizio non po’ prima, appunto dall'inizio – il bilancio dell'allora Comunità economica europea era molto modesto e finalizzato in fondo a coprire esclusivamente le spese amministrative. Poi nel 1965 i pagamenti destinati alla politica agricola – perché di questo poi si tratta nello «sconto inglese» – assorbivano il 36 per cento del bilancio, per arrivare fino ad oltre il 70 per cento – qui i miei dati divergono un po’ da quelli spiegati e portati dal collega Buttiglione – per la sola politica agricola nel Pag. 111985. Nel 2013 la percentuale della spesa tradizionale della politica agricola comunitaria, esclusa sempre quella strutturale per lo sviluppo agricolo, è stata riportata al 32 per cento, dove si trova tuttora.
  Il Consiglio europeo riunito a Fontainebleau nel tanto citato 1984, ha adottato questo accordo, denominato accordo di Fontainebleau, secondo cui il Regno Unito ottenne il cosiddetto «sconto inglese». Lo sconto venne concesso dopo che il Primo Ministro Margaret Thatcher minacciò di fermare i pagamenti al bilancio dell'Unione europea giungendo ad affermare che: «non stiamo chiedendo soldi alla Comunità o a chiunque altro, stiamo semplicemente chiedendo di avere i nostri soldi indietro». Il vertice di Fontainebleau ha convenuto sul diritto di ogni Stato membro che si assuma un eccessivo peso di bilancio rispetto al suo livello di crescita a beneficiare di un bilancio di correzione. Ora, c'erano delle ragioni dell'apparente sconto. Il Regno Unito, per caratteristiche territoriali e geografiche già spiegate, ha una minore superficie del suolo agricolo utilizzabile e di conseguenza storicamente ha avuto una minore presenza di aziende agricole sul proprio territorio. All'epoca dell'accordo, cioè trent'anni fa, il Regno Unito era il terzo membro più povero della comunità, ma allo stesso tempo stava per diventare il più grande contribuente netto al bilancio dell'Unione, di cui più del 70 per cento era appunto composto da fondi per la politica agricola comune. Tuttavia ad oggi il Regno Unito è uno dei Paesi più ricchi dell'Unione europea, più benestante rispetto alla maggior parte dei vecchi Stati membri dell'Unione europea e molto più ricco rispetto ovviamente ai nuovi membri dell'Unione europea. Tutti i membri UE pagano lo sconto in proporzione alla dimensione delle proprie economie.
  Tuttavia, quattro tra i principali contribuenti netti al bilancio europeo, Germania, Paesi Bassi, Svezia e Austria, pagano solo un quarto di ciò che sarebbe altrimenti la loro parte nella correzione. Il risultato, spiacevole per noi, è che Francia e Italia, tra loro, pagano circa la metà del totale dello «sconto inglese». Attualmente, i Paesi che beneficiano maggiormente del contributo europeo sono la Polonia, l'Ungheria, la Grecia e la Spagna. L'Italia, per il 2011, ha contribuito al bilancio europeo con poco più di 16 miliardi e ha ricevuto dall'Unione europea poco più di 9,5 miliardi di euro.
  Per l'intero bilancio europeo 2007-2013, quindi, l'Italia ha speso circa 112 miliardi di euro e ne ha avuti indietro 66,5, cioè non più della metà. Va preso atto che il Consiglio europeo del dicembre 2013 ha accolto in parte le proposte della Commissione europea volte ad una riforma profonda del sistema di finanziamento, ma ha deciso di mantenere i sistemi di correzione a favore di alcuni Stati membri. L'attuale meccanismo di correzione per il Regno Unito continuerà ad applicarsi.
  L'Italia, secondo questi calcoli, migliorerebbe la sua posizione nell'ambito del cosiddetto «saldo netto», che, pur restando negativo, passerà dagli attuali 4.500 milioni di euro all'anno per il periodo 2007-2013, corrispondenti allo 0,28 per cento del reddito nazionale lordo, a 3.850 milioni di euro all'anno per il periodo 2014-2020, corrispondenti allo 0,23 per cento del reddito nazionale lordo, con una riduzione media annuale di 650 milioni di euro. Facendo così, l'Italia diverrebbe il terzo minore contribuente netto, dopo Belgio e Spagna.
  Detto questo, quindi, Sinistra Ecologia Libertà vuole impegnare il Governo – come ho sentito oggi, all'inizio della seduta, dal sottosegretario Zanetti, il nostro Governo si sta mobilitando in questa direzione, cosa già sentita con l'autorevole senatore Mario Monti –, nel semestre di Presidenza italiana dell'Unione europea, a valutare in sede di Consiglio europeo la riallocazione dei saldi netti dei singoli Stati membri e a rivedere gli attuali meccanismi di correzione previsti per alcuni Paesi, e non solo il famoso «sconto inglese», alla luce delle mutate condizioni economiche all'interno dell'Unione europea, affinché si determini un'effettiva perequazione Pag. 12delle risorse finanziarie di tutti i Paesi (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Galgano. Ne ha facoltà.

  ADRIANA GALGANO. Signor Presidente, cari colleghi, sottosegretari, vi annoierò un po’ questa mattina leggendovi come si calcola il meccanismo dello «sconto inglese», preso direttamente dalla Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea del 2007.
  Una correzione degli squilibri di bilancio è accordata al Regno Unito. L'entità della correzione è determinata calcolando la differenza esistente nel corso dell'esercizio precedente tra la parte in percentuale del Regno Unito nella somma degli imponibili IVA non ridotti e la parte in percentuale del Regno Unito nel totale della spesa ripartita, moltiplicando la differenza così ottenuta per il totale della spesa ripartita, moltiplicando il risultato di cui alla lettera b) per 0,66, detraendo dal risultato ottenuto alla lettera c) gli effetti che risultano, per il Regno Unito, dal passaggio all'IVA ridotta e ai versamenti di cui all'articolo 2, paragrafo 1, lettera c), vale a dire sottraendo la differenza fra quanto il Regno Unito avrebbe dovuto versare per gli importi finanziati con le risorse di cui all'articolo 2, paragrafo 1, lettere b) e c), se l'aliquota uniforme IVA fosse applicata agli imponibili IVA non ridotti, e i versamenti del Regno Unito di cui all'articolo 2, paragrafo 1, lettere b) e c), detraendo dal risultato di cui alla lettera d) i guadagni netti risultanti per il Regno Unito dall'aumento della percentuale delle risorse di cui all'articolo 2, paragrafo 1, lettera a), trattenute dagli Stati membri a titolo di copertura delle spese di riscossione e delle spese correlate.
  Non ho ancora finito, ma non vado avanti, sennò esaurisco tutto il tempo. Allora questo meccanismo di calcolo è assolutamente assurdo e contrasta con uno dei principi della costruzione del bilancio europeo e connessi, che è la trasparenza. Infatti è assolutamente impossibile per un normale cittadino comprendere alla fine che cosa succede e quanto deve versare il Regno Unito. Allora la nostra mozione impegna innanzitutto il Governo ad essere semplice – perché è la semplicità che consente il controllo da parte del Parlamento e da parte di cittadini – e soprattutto a non pensare a ridurre lo sconto, ma ad eliminarlo. Infatti noi pensiamo e chiediamo al Governo di andare sempre più verso un'Europa delle risorse proprie, anche mettendo nuove imposte europee, che non aumentino naturalmente l'aggravio a carico di ogni singolo Paese, ma da cui il cittadino possa comprendere quanto versa all'Europa e quanto ne ottiene indietro.
  L'ultimo impegno è anche a rendere più coerenti gli obiettivi di politica economica dell'Unione europea, che vadano necessariamente verso più ricerca, più innovazione, più industria, più integrazione con la spesa. Non è possibile che noi abbiamo obiettivi contemporanei e allocazione delle risorse del secolo scorso, perché un bilancio europeo, che impegna due terzi delle sue risorse in una politica agricola ed in politica di coesione, è chiaramente un bilancio non in armonia con quelli che sono gli obiettivi di occupazione, soprattutto dei giovani, e di ripresa economica.
  Infine vorrei rispondere all'onorevole Prataviera, che è una persona che stimo, visto che ho avuto modo di conoscerlo per la comune partecipazione in Commissione. Allora gli dico che è facile attaccare l'euro, perché non ha evidentemente calcolato quanto ci sarebbe costata la crisi che noi abbiamo avuto senza l'euro, crisi che è stata determinata dall'incapacità del suo Governo, del Governo al quale partecipava la Lega Nord, di fare le riforme in tempo.
  Un'altra cosa gli voglio dire: la scarsa determinazione da parte dell'Italia nei confronti delle posizioni europee è stata anche determinata dal fatto che noi in Europa cercavamo benevolenza per il grande problema delle quote latte, che è stato determinato dagli agricoltori del nord. Quindi la rinascita del Paese non Pag. 13viene solo dal nord, ma viene anche con il nord e con la correzione degli squilibri che anche il nord presenta.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bernardo. Ne ha facoltà.

  MAURIZIO BERNARDO. Signor Presidente, ringrazio il sottosegretario Zanetti, perché ha sottolineato alcuni aspetti importanti di queste mozioni, ma soprattutto perché è entrato anche nel merito di quello che davvero oggi il Governo italiano, avendo la presidenza del semestre europeo, può realmente fare per mettere in rilievo delle storture che nel corso degli anni non si giustificano più.
  Anche perché, se noi immaginassimo, parlando seriamente, quindi, non con battute ad effetto, anche per i nostri concittadini che ci ascoltano... sapremmo bene che sarebbe impossibile immaginare di potere correggere, entro la fine di questo anno, quello che da anni si cerca di affrontare, ovvero quelle storture che riguardano una seria riforma delle entrate europee, delle fonti, sempre più complesse nell'ambito dell'elaborazione dei coefficienti, e mettendo in risalto oggi quello che danno alcuni Paesi rispetto a quello che ricevono.
  È per questo che noi sosteniamo che il momento ideale di discussione e di rilancio della discussione sia certamente il semestre europeo a presidenza italiana. Quindi, sono il giusto stimolo e la riflessione che vanno lanciati ai Paesi membri, non dimenticando che abbiamo anche la presidenza del gruppo intercostituzionale, che svolgerà e può svolgere davvero un ruolo importante con le istituzioni degli altri Paesi.
  Infatti, vedete, realisticamente si potrà immaginare di arrivare ad una revisione nel periodo intermedio del 2016, anche perché nei momenti in cui i Governi si sono succeduti (Governo Berlusconi, Governo Monti e Governo Letta) l'Italia fece una grande battaglia perché si intervenisse su quelle storture, per quell'aspetto anche di solidarietà che i Paesi più ricchi debbono mostrare. Questo è uno degli spiriti ed è lo spirito con cui l'Unione europea è nata.
  Comunque, quelle correzioni furono richiamate in diverse occasioni come una necessità per il nostro Paese, come anche per altri. Conosciamo la storia – che veniva ricordata prima – del Regno Unito, della Germania, di coloro, tra i vari Paesi, che hanno ottenuto alcune correzioni nel corso di questi anni. Sappiamo anche bene che, per quello che riguarda la politica monetaria, l'iniziativa del Governo italiano è importante, facendo riferimento a quei Governi, pur sollevando la voce e opportunamente mettendo in risalto quelle che erano le storture che oggi sono anche antistoriche rispetto allo spirito con cui noi dobbiamo necessariamente convivere all'interno dell'Europa. E pensare, come fa anche la Germania, che si parli di sovvenzioni, quindi di regalie, ad altri Paesi, francamente non è accettabile, basti pensare ad uno dei dati più importanti quale è quello delle esportazioni della Germania come valore assoluto e metà delle esportazioni è diretta a quei Paesi che di fatto loro immaginano di aiutare con una formula monetaria diversa, come se fosse un ruolo di sostegno che la Germania svolge, senza avere dei ritorni veri.
  Poi oggi il quotidiano autorevole Il Sole 24 Ore ricorda che in materia di esportazioni, stando a quello che dovrebbe essere il riferimento per alcuni, anche la Germania, così come anche altri Paesi, a cui più volte, soprattutto in questo periodo, ma anche in passato, è stato ricordato che non prendiamo lezioni da nessuno, oggi ha dei momenti di contrazione rispetto agli altri Paesi.
  Ecco perché dico e ritengo che quello che, ricordiamo, ottenne l'Italia nel corso degli anni scorsi, una somma anche importante – perché i 28 miliardi di euro che il Governo Berlusconi ottenne per la coesione, così come poi successivamente i Governi Monti e Letta in un prosieguo, in un'azione comune – fu un risultato importante, laddove non si poté raggiungere il risultato delle correzioni, anche perché – lo ricordava prima il Sottosegretario Pag. 14Zanetti – sarebbe stato necessario trovare l'accondiscendenza e la condivisione da parte dei Paesi, e in questo caso del Regno Unito, che avessero accettato di modificare quanto fu stabilito nel 1984, ma che riguarda anche altri Paesi. Infatti, chi è attento alla politica monetaria europea, chi conosce l'argomento un po’ più in profondità, sa che alcuni di quei Paesi che si giovarono di alcune correzioni, minacciarono di andare a esercizio provvisorio senza arrivare a definire quello che era il bilancio europeo, causando danni che avrebbero avuto anche una ricaduta sul nostro Paese.
  Ecco perché, andando alla conclusione delle riflessioni che ho fatto e anche avendo ascoltato i colleghi – quindi condividendo diverse cose, tranne che per l'aspetto temporale, per quanto ci piacerebbe che la cosa venisse definita entro la scadenza del semestre a guida italiana – ebbene però l'invito che noi facciamo al nostro Governo e, quindi, a quel gruppo che veniva ricordato prima interistituzionale è che si arrivi davvero ad una riforma delle modalità e delle regole che riguardano le entrate e, dall'altra parte, sulle fonti, anche perché un percorso nuovo va certamente individuato, che non danneggi nessuno, con la condivisione di tutti i Paesi.
  Questo sì che dobbiamo pretenderlo, ma non raccontando cose che oggi comunque non sarebbero realizzabili.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Palese. Ne ha facoltà.

  ROCCO PALESE. Signor Presidente, onorevoli colleghi e rappresentante del Governo, l'emergenza della crisi economica è così grave e di tale portata, soprattutto per il nostro Paese, che rispetto alle decisioni intraprese ed adottate nel passato in ambito europeo dagli Stati membri dell'Unione europea sulle regole contabili e sulla disciplina di bilancio comunitario, nonché su tutte le procedure e gli automatismi proposti ed inseriti all'interno del Patto di stabilità, l'attuale quadro macroeconomico dell'Eurozona ed in particolare quello italiano è talmente fragile e compromesso, che non è in grado di far fronte agli impegni assunti all'epoca.
  Non vi è dubbio che, se lo scenario dell'economia italiana fosse stato diverso, se le decisioni di politica economica e fiscale, adottate negli ultimi anni prima dal Governo dei cosiddetti tecnici e successivamente da quello Letta e dall'attuale, fossero state orientate in via esclusiva al rilancio dei consumi e della domanda interna, il barometro dell'economia reale non avrebbe presentato uno scenario così drammatico, come quello registratosi in questi nove mesi dell'anno e conseguentemente, con ogni probabilità, le analisi sarebbero state differenti.
  Forza Italia, pur condividendo l'importanza delle riforme istituzionali, anche in ambito economico, che non hanno tuttavia effetti immediati, non ha mai approvato e dato l'assenso al calendario delle priorità di questo Governo, ritenendo invece che l'aspetto economico della crisi e le necessità urgenti delle riforme sulla parte che riguarda l'economia, in particolare, e la crescita del nostro Paese siano da sempre da ritenersi prioritarie.
  I dati concentrati emersi in pieno agosto ritraggono un Paese senza lavoro, avvitato nella recessione ed ora in deflazione, dopo i sei mesi di cura di ottimismo da parte del Presidente del Consiglio, cioè di una fiducia estremamente espressa nel contesto di un futuro del Paese che, però, non trova riscontro nella realtà dei fatti, i cui interventi, punteggiati spesso di battute, di esortazioni ironiche, di slide, di tante conferenze stampa non hanno prodotto effetto e non sono serviti per niente al rilancio dei consumi, degli investimenti ed anche per la parte che riguarda la ripresa economica del Paese.
  Pertanto è un meccanismo, quello del cosiddetto sconto inglese, che, se non si interviene rapidamente, continuerà anche per i prossimi sette anni, essendosi trasformato nel corso degli anni in un ingegnoso strumento politico così favorevole per la Gran Bretagna e che necessita di correzione.Pag. 15
  È un sistema impostato sulla base dei consuntivi annuali dell'Unione europea, in cui l'importo dello sconto viene determinato di volta in volta, risultando pari al 66 per cento della differenza tra l'ammontare del versamento annuale della Gran Bretagna all'Unione europea e quello che ne ha ricevuto indietro, alla cui copertura si provvede ripartendo la somma corrispondente a titolo di addizionale fra tutti gli Stati membri in proporzione al rispettivo reddito nazionale lordo. Un metodo e soprattutto un onere divenuto non più sostenibile per il nostro Paese, che per il prossimo settennato previsto dal bilancio pluriennale 2014-2020 resterà il terzo contribuente netto del bilancio comunitario dopo Germania e Francia e fra i maggiori finanziatori del rimborso inglese e terzo pagatore del Fondo «salva Stati».
  Con una grande differenza: che gli indici di prosperità relativa alla parte che riguarda l'aspetto dell'economia tedesca e francese sono nettamente migliori di quello italiano, i cui fondamentali dell'economia non presentano segnali di debolezza e fragilità come nel nostro Paese.
  Ciononostante, nel corso degli anni numerosi Stati membri (come la Germania, l'Austria, l'Olanda e la Svezia) sono riusciti a correggere il proprio contributo, attraverso una minima parte dell'addizionale prevista per lo sconto inglese.
  Ma l'Italia, diventata la cenerentola d'Europa da questo punto di vista, prosegue con una politica paradossale di distribuzione di rimborsi insostenibili, squilibrati, divenuti paradossali per un Paese indebitato come il nostro, che deve pagare per un Paese che peraltro non rientra fra i 28 Stati membri e che certamente è messo in condizioni generali migliori del nostro.
  La mozione presentata dal gruppo di Forza Italia, pertanto, è volta a sollecitare il Governo affinché, proprio all'interno del calendario degli impegni previsti nel semestre di Presidenza italiana e delle stringenti misure che urgono per il nostro Paese, sia rivista con la dovuta e necessaria fermezza un'intesa internazionale siglata nel 1984 da Margaret Thatcher, quella dello sconto inglese, ottenuta peraltro con norma transitoria, valida sino a quando non si fosse riformata la PAC in modo radicale.
  Noi riteniamo, quindi, che in questo contesto della Presidenza del semestre europeo debba essere portato avanti con forza da parte del Governo l'obiettivo di raggiungere una modifica. Ciò sarebbe estremamente interessante per uno dei settori trainanti del nostro Paese, ovvero quello che riguarda la PAC, l'agricoltura, i prodotti agricoli e quant'altro. Sarebbe anche importante che le ingenti risorse che sono poi stanziate all'interno dei fondi strutturali tra il 2014 e il 2020, ma anche quelle che ancora non sono state spese nel programma attuale 2007-2013, riguardanti l'agricoltura e la pesca – si tratta di diversi milioni di euro –, siano poi nettizzate rispetto al calcolo del Patto di stabilità interno.
  Ritengo pure che la riformulazione proposta dal Governo sul terzo punto degli impegni contenuti nella mozione presentata dal gruppo di Forza Italia possa essere accolta con il già dichiarato parere favorevole del Governo.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gallinella. Ne ha facoltà.

  FILIPPO GALLINELLA. Signor Presidente, colleghi, voglio subito far notare all'Aula, che comunque sia si è entusiasmata nella discussione di queste mozioni, che noi siamo stati i primi a portare appunto all'attenzione del Governo la questione della revisione di alcuni accordi di bilancio.
  Nello specifico, noi ci siamo soffermati sul rebate perché è l'esempio dell'immobilismo comunitario, dell'immobilismo e della lentezza nel cambiare le cose mentre il mondo va veloce, va avanti. Infatti, si parla del 1984, sono passati trent'anni e ancora se ne parla e non se ne può fare nulla. La mozione, infatti, era di luglio dell'anno scorso, proprio quando si stava trattando la discussione del bilancio comunitario. Adesso apprendiamo che comunque Pag. 16sia il Governo vuole portare avanti questa battaglia con questo comitato diretto da Monti. Speriamo, con tutti i dubbi ovviamente del caso, che si possa arrivare in fondo per dare anche un esempio a tutti i cittadini, non solo italiani, ma europei, che si può cambiare qualcosa.
  I colleghi hanno raccontato un po’ anche la storia dietro il rebate. La collega Galgano ha letto un passaggio tecnico che ci fa capire quanto sembra riformabile, sopratutto dal basso, un'Europa così costruita, con regole molto complesse, scritte da burocrati, che neanche i Governi riescono a cambiare. Quindi, ben venga la volontà del Governo per andare avanti su questa strada, ben venga l'Aula che, comunque sia, vuole farlo o almeno dimostra di volerlo fare.
  È chiaro che i dubbi ci sono e per questo noi siamo molto critici su questo tipo di Unione europea perché sembra riformabile dal basso. Questo tengo a ribadirlo: non siamo contro un'Unione europea, ma siamo contro questo tipo di Unione europea. Un esempio è stato l'euro. Ci era stato promesso il paradiso terrestre, poi, a chiunque lo chiedete, insomma non è così tanto il paradiso terrestre.
  Poi mi soffermo leggermente su accordi che devono ancora trovare completezza come, per esempio, il TTIP. Se ne parla, però i Governi non possono mai dire niente. In un question time il Ministro Guidi ha detto: state tranquilli, però io non lo posso leggere. È un problema questo. La prossima settimana si parlerà del fiscal compact qui alla Camera. È chiaro che anche questo ricadrà sulle spalle dei cittadini, decisioni anche fuori dalle regole dell'Unione europea tra parentesi. È chiaro, quindi, che noi siamo critici. Quindi, adesso non si deve neanche parlare più di semestre, ma magari trimestre o bimestre fra poco.
  Quindi chiediamo che magari anche il Presidente Renzi ci venga a dire con chiarezza cosa si porterà a casa l'Italia, e non solo il Ministro Mogherini perché poi dimostra una politica estera, a mio avviso, a nostro avviso, piuttosto debole.
  Qui mi viene in mente, purtroppo, di parlare delle sanzioni alla Russia. Nessuno ci ha obbligato ad accordare le sanzioni anche perché – ho sentito il direttore ICE di Mosca – la settimana passata c'era stato il World Food Moscow e gli stand italiani erano abbandonati, ma è chiaro: lui ha stimato perdite entro la fine dell'anno da 250 milioni di euro. Quindi mi viene da chiedere: cosa hanno promesso le istituzioni europee a Renzi per accordare anche queste sanzioni ?
  Quindi, è chiaro che ben venga l'impegno del Governo ma siamo piuttosto quasi sfiduciati perché è chiaro che, come ha detto lei, collega Zanetti, al tavolo per la revisione del rebate si deve sedere Cameron e non credo che quella mattina lui si presenterà: mi viene da immaginare che, appena vede l'ordine del giorno, forse non prenderà neanche l'aereo.
  Quindi, l'auspicio che mi faccio e che ci facciamo è perché l'Aula in questo dibattito ha dimostrato la volontà di cambiare. È chiaro che con queste regole lo slogan «cambiare l'Italia per cambiare l'Europa» lo vedo piuttosto complicato.
  Invece per noi è giusto cambiare l'Italia perché abbiamo un sacco di problemi, ma l'Italia si cambia cambiando l'Europa, andando a demolire certe regole che comunque non ci permettono alcun tipo di movimento.
  Ora, due giorni fa l'ISTAT ha ripubblicato i dati del ricalcolo del PIL in base ai nuovi parametri SEC 2010. Praticamente l'Italia è più ricca di 59 miliardi di euro perché ci abbiamo messo dentro contrabbando, prostituzione e vendita di stupefacenti. Siamo più ricchi perché siamo, per così dire, un po’ più «contrabbandieri». Quindi, il rapporto deficit/PIL si è abbassato di 0,2 punti percentuali: magari mettiamoli nel dissesto idrogeologico e rimettiamolo in pari, ad esempio, oppure facciamoci il reddito di cittadinanza.
  È necessario un segnale ai cittadini che comunque sia si può cambiare, altrimenti torniamo come era prima. Infatti, adesso, Pag. 17a parte l'euro, vedo che ogni Paese fa come gli pare e tira sempre l'acqua al suo mulino. Quindi, solo l'unione monetaria non ci va bene. Se le cose non cambiano, valutiamo anche la possibilità – perché no ? – di tornare come era prima perché io non so se domani sarà peggio, ma molti cittadini lo pensano.
  Quindi andiamo avanti e sono contento che tutte le mozioni saranno votate; noi voteremo favorevolmente anche alle premesse della mozione della Lega perché le condividiamo. Vediamo se il Governo e il Presidente Renzi ci porteranno in quest'Aula in poco tempo i risultati di questo bimestre che è rimasto (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bonomo. Ne ha facoltà.

  FRANCESCA BONOMO. Signor Presidente, onorevoli colleghi e onorevoli sottosegretari presenti, gli accordi presi dal Consiglio europeo a Fontainebleau, come è stato ricordato anche negli interventi precedenti, nel lontano 1984, che prevedevano in favore della Gran Bretagna uno sconto, originavano dall'esigenza di compensare un Paese a scarsa vocazione agricola che, a differenza di Francia e Italia, non usufruiva dei cospicui finanziamenti della nascente politica comune europea. È evidente come quelle argomentazioni alla base degli accordi siano oggi superate e dunque assolutamente condivisibili le riflessioni volte a un superamento degli stessi.
  Occorre, infatti, superare quelle scelte e la persistenza dell'accordo, confermato anche nel 2007, oggi ingiustificato e anacronistico, anche in considerazione della crisi economica che ha colpito in maniera diversa alcuni Paesi membri, ma soprattutto in seguito alla riduzione delle risorse europee in particolare in materia di PAC.
  La permanenza di ingiustificati vantaggi a favore di un solo Paese non fa che aumentare gli squilibri fra gli Stati membri.
  È evidente, dunque, la necessità di avviare una riflessione in sede europea affinché tali meccanismi e criteri siano rivisti e rinegoziati, anche a fronte della persistente dicotomia – anche questo veniva accennato – fra quanto versato nel bilancio europeo e quanto ricevuto da parte dell'Italia (cosiddetto saldo netto negativo). Da un lato, va superato questo rebate, quale quello previsto per il Regno Unito e ogni forma di regolamentazione che inserisca eccezioni e deroghe nazionali in una logica di negoziazione intergovernativa e bilaterale; dall'altro, però, bisogna riaffermare la necessità di rivedere i meccanismi di predisposizione del bilancio europeo, che nell'ultima programmazione del quadro finanziario pluriennale ha visto per la prima volta una contrazione su spinta dell'azione dei Paesi rigoristi.
  Questa contrazione, in parte, è stata mitigata – anche grazie alla nostra battaglia in tale direzione – da alcuni interventi correttivi del Parlamento europeo che prevedono una maggiore flessibilità per l'uso delle risorse. Le esigue risorse del bilancio europeo indeboliscono l'Europa e rendono difficile il raggiungimento degli ambiziosi obiettivi di Europa 2020, con particolare riferimento alle iniziative faro per la ricerca, gli investimenti produttivi, la lotta contro la povertà e la disoccupazione e in favore della cittadinanza europea.
  L'insufficienza di risorse appostate a livello europeo evidenzia poi la situazione squilibrata anche per quanto riguarda i cosiddetti saldi netti.
  A questo proposito, però, va precisato che, a differenza di quanto dichiarano altre mozioni, l'Italia, seppure mantenga ancora un saldo netto negativo e abbia peggiorato la sua posizione per quanto riguarda il termine del PIL pro capite, ha tuttavia, nel 2013, iniziato ad invertire questa tendenza, divenendo il terzo contributore netto, passando dagli attuali 4.500 milioni di euro l'anno per il periodo 2007-2013, corrispondenti allo 0,28 per cento del reddito nazionale lordo, a 3.850 milioni di euro per il periodo 2014-2020, corrispondenti allo 0,23 per cento del reddito nazionale lordo, con una riduzione media annuale di 650 milioni di euro per Pag. 18l'intero periodo 2014-2020. Questi sono i dati che ci riporta la Corte dei conti nella relazione del 2013 al Parlamento sui rapporti finanziari con l'Unione europea.
  Risulta, quindi, che il saldo negativo è di 5,7 miliardi di euro a fronte dei 6,6 miliardi di euro del 2011. Questo per rispondere anche alle preoccupazioni dell'onorevole Prataviera che io stimo molto. Però, è a partire proprio da quest'anno che si è invertita la rotta, non nei Governi precedenti nei quali vi era anche il suo partito di appartenenza, la Lega Nord.
  Il miglioramento è stato ottenuto grazie all'aumento netto delle risorse destinate all'Italia per la realizzazione di programmi europei nell'ambito della politica di coesione – e vorrei ricordare, appunto, che per una maggiore e migliore politica non si può prescindere da un inserimento dei giusti fondi della politica di coesione e, quindi, dell'accoglimento anche di quelle che sono le istanze del sud d'Italia perché l'Italia è fatta di tante realtà – e quindi in controtendenza rispetto ad una generalizzata riduzione dei finanziamenti per la politica di coesione per gli Stati membri.
  Va, inoltre, ricordato che in precedenza il saldo netto negativo derivava anche dai fondi strutturali spesso usati in maniera frammentaria, senza obiettivi e senza una visione strategica per lo sviluppo del Paese – questo è anche dovuto, appunto, a scelte sbagliate di Governi precedenti – o peggio non completamente utilizzati, come avvenuto anche nella programmazione conclusasi nel 2013 nella quale abbiamo speso solo circa il 52,7 per cento dei fondi comunitari.
  Per quanto detto, quindi, è importante sottolineare che, pur essendo giusto il superamento di questa anacronistica clausola – e qui vorrei rispondere anche ovviamente anche al collega Gallinella che, quindi, è importante aver messo in luce questo squilibrio che deve essere superato – però ciò non basta; in realtà occorre anche, a livello europeo – e questo è già iniziato sicuramente nel percorso avvenuto grazie al Presidente Renzi – iniziare in Europa a ritrovare un protagonismo dell'Italia in sede europea e ribaltare complessivamente la logica sbagliata che fino ad oggi ha caratterizzato le politiche europee che sono state incentrate sull'ossessione dell'austerità e del rigore dei bilanci pubblici, senza la previsione di risorse a livello europeo, invece, in favore di politiche di investimenti e di crescita. Sempre parole che sono state agitate in passato, però mai implementate attraverso risorse europee adeguate al caso.
  I recenti dati di agosto, comunque, ci hanno rivelato ovviamente che queste politiche sono state sbagliate, inefficaci e in effetti evidenziano un calo preoccupante perfino per la stessa Germania e ci dicono che la stasi dello sviluppo è un problema europeo – quindi non dell'Italia, ma europeo – ed è un problema a cui l'Europa della moneta unica deve dare risposte comuni che vanno oltre le leve della moneta e del credito.
  Ma non è certo la soluzione – con questo risponderei ovviamente anche al collega Prataviera – uscire dall'euro.
  Per tali ragioni, invece, andrebbe accolto un primo importante segnale di cambiamento positivo delle politiche in Europa: vogliamo infatti accogliere favorevolmente l'annuncio del nuovo Presidente della Commissione europea, Juncker, per la predisposizione di un Piano europeo di investimenti di 300 miliardi di euro in tre anni, per infrastrutture, trasporti, efficienza energetica, ricerca e innovazione. Un programma per la crescita che va sostenuto anche se, però, occorre incalzare il nuovo Presidente per anticipare, già a partire dal prossimo Consiglio europeo di dicembre 2014, l'operatività di questo piano – che è stata per ora annunciata solo nel febbraio 2015 – facendo pressioni anche in occasione – in questo mi rivolgo al Governo – della Presidenza italiana, affinché siano indicate meglio le risorse, anche quelle aggiuntive – visto che quelle indicate dalla BEI potrebbero risultare insufficienti – con indicazioni dettagliate di obiettivi e di strumenti. In tal senso occorre quindi sviluppare nuove capacità finanziarie, come, per esempio, un uso serio dei project bond, che oggi sono solo a livello sperimentale.Pag. 19
  La battaglia italiana deve qui incentrarsi, per far valere in sede europea le ragioni in favore dell'attuazione del Patto di stabilità e crescita che tenga conto di una maggiore flessibilità per quanto riguarda il piano di rientro del debito, a fronte però di una chiara implementazione delle riforme strutturali, cosa che stiamo dimostrando di voler fare sul serio, finalmente, a differenza di quanto avvenuto con i precedenti Governi.
  Anche i Paesi più deboli, però, devono fare le riforme, che non sono eguali per tutti. Bisogna che il cronoprogramma delle riforme sia dosato alla situazione di recessione-deflazione strisciante di cui molti Paesi soffrono con alti livelli di disoccupazione. Non si può infatti esaltare e generalizzare il modello greco o spagnolo con il 25 per cento di disoccupazione. È bene poi precisare che la richiesta di maggiore flessibilità, che noi richiediamo per l'Italia, per cui ci stiamo battendo anche a livello europeo e che vorremmo sostenere anche come Parlamento, non è la richiesta di uno sconto da parte del nostro Paese ma è la riaffermazione ed il rispetto di quanto prevedono i Trattati europei, contro un'interpretazione sbagliata e suicida, che è stata fatta dei Trattati, da parte dei Paesi rigoristi in questi ultimi anni.
  Per questi motivi vorrei dichiarare il voto favorevole del Partito Democratico alla mozione presentata, però vorrei indicare che se è questo quello che vogliamo costruire, cioè se vogliamo più Italia e più Europa, quello che dovremmo fare in Europa è chiedere veramente una maggiore presenza dell'Europa a tutti i livelli in cui è necessario rilanciare l'occupazione, le risorse e gli investimenti. La battaglia italiana deve incentrarsi e si incentrerà sul duplice percorso di implementazione delle riforme strutturali interne e della capacità di far valere in sede europea le ragioni in favore dell'attuazione del Patto di stabilità e crescita, che tenga conto, però, di una maggiore flessibilità per quanto riguarda il piano di rientro del debito (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto.

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 11,05).

  PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.

Sull'ordine dei lavori (ore 11,06).

  PRESIDENTE. Poiché so che dovrà riunirsi la Commissione bilancio per esprimere un parere sul successivo provvedimento, essendoci già un'intesa su questo anche tra i gruppi, sospendo la seduta per 30 minuti. La seduta riprenderà alle 11,35. Ricordo che si riprenderà con immediate votazioni sulle mozioni di cui abbiamo discusso e di cui sono già state esaurite le dichiarazioni di voto.
  Prima della sospensione, ha chiesto di intervenire l'onorevole Argentin. Ne ha facoltà. Prego i colleghi di non passare davanti all'onorevole Argentin mentre interviene.

  ILEANA ARGENTIN. Signor Presidente, volevo segnalarle un fatto increscioso che mi è successo ieri sera: sono rimasta chiusa dentro la Camera dei deputati perché ultimamente sono uscite una serie di norme che, dopo una mezz'ora dalla chiusura della Camera dei deputati, impediscono l'uscita dall'ingresso dei gruppi o da quello principale.
  Di fatto, io stavo nella sala Salvadori al secondo piano per una riunione di gruppo, e praticamente mi sono trovata a dover cercare all'interno della Camera al buio, per più di un'ora, senza incontrare un commesso se non quelli che, dopo tanto cercare, ho trovato. Ma le premetto che parliamo di un'ora e un quarto, chiusi dentro la Camera; finalmente sono riuscita Pag. 20ad avere la possibilità di uscire dalla Camera, perché ho incontrato una persona che mi ha detto che all'uscita 8 (credo si dica così) c'era la possibilità. Quindi, con la carrozzina intorno alle 11 di sera abbiamo attraversato tutta la Camera dei deputati col mio operatore – che, voglio ricordare, era in servizio dalle 8 di mattina – e siamo riusciti ad uscire sotto la pioggia, perché la macchina ovviamente era a Piazza Montecitorio e io invece sono uscita da un'altra parte.
  Ma sono qui, Presidente, per dire una cosa: non la mia storia in quanto tale, ma l'infamia – mi conceda un termine forte – del taglio dei commessi. Capisco che siamo passati da 700 a 300, ma io dico: è possibile che non siamo in grado di mettere una luce di quelle piccine, che costano veramente un euro a notte, nei corridoi della Camera, né tanto meno siamo in grado di mettere un commesso in modo diverso ?
  Credo che poi, alla fine, i commessi di quest'Aula – e vi assicuro, non lo faccio per demagogia, né tanto meno perché prendo i voti dei commessi, perché non li prendo: le assicuro, io rappresento un'altra cosa qui dentro – però, dicevo, non è possibile che abbiano gli stessi disagi di noi politici, nel senso che sui giornali vengono massacrati, criticati, e poi non hanno né forza né potere per stabilire nulla, tra cui anche il fatto che nella notte stare in venti al numero 8 e non stare dentro il Palazzo è un grave problema. Io sono veramente infuriata, non perché sono stata fino a mezzanotte chiusa qua dentro (premesso: con il bagno disabili chiuso a chiave), ma perché è vergognoso non immaginare che ci si possa lavorare dentro la Camera: ci sono degli uffici, qualcuno avvisi !
  Mi permetto di chiudere questo argomento, ma ho scritto una lettera al Presidente Boldrini, ovviamente a tutto l'Ufficio di Presidenza. E mi dispiace dover utilizzare questa situazione e questo momento. La pregherei di non considerarla una polemica perché sono in carrozzina: chiunque si sarebbe trovato in quella situazione avrebbe vissuto un disagio. Grazie (Applausi).

  PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Argentin. Mi dispiaccio personalmente del disagio da lei subito. Come lei sa, il regime di chiusura degli ingressi e la presenza degli assistenti parlamentari sono regolati da una precisa disciplina, che è stata di recente modificata anche alla luce di una esigenza di riduzione di spese. Ad ogni buon conto, prendo atto delle sue osservazioni e provvederò a trasmetterle alla Presidenza della Camera affinché ne investa, se lo riterrà, gli opportuni organi competenti. La ringrazio.
  A questo punto sospendiamo la seduta, che riprenderà alle 11,35.

  La seduta, sospesa alle 11,10, è ripresa alle 11,40.

Si riprende la discussione di mozioni.

  PRESIDENTE. Ricordo che prima della sospensione si sono esaurite le dichiarazioni di voto.

(Votazioni)

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.
  Come da prassi, le mozioni saranno poste in votazione per le parti non assorbite e non precluse dalle votazioni precedenti. Invito i colleghi a prendere posto e a liberare l'emiciclo.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Gallinella ed altri n. 1-00160, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

Pag. 21

  D'Incà... ben alzato collega... onorevole Marti. Prego, colleghi su. Ricordiamo che il preavviso dei venti minuti serve appunto a prendere la tessera. Ci sono colleghi che non riescono a votare ? Onorevole Nuti, onorevole Simoni, onorevole Ruocco, onorevole Binetti... su colleghi... va bene che è la prima votazione della giornata però insomma arrivare al pomeriggio con la votazione sembra brutto... ci siamo ?
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

   (Presenti  430   
   Votanti  429   
   Astenuti    1   
   Maggioranza  215   
    Hanno votato
 427    
    Hanno votato
no    2).    

  (I deputati Petraroli e Censore hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole).

  Passiamo alla votazione della mozione Prataviera ed altri n. 1-00360; ha chiesto di intervenire l'onorevole Prataviera. Ne ha facoltà.

  EMANUELE PRATAVIERA. Signor Presidente, noi chiediamo, se è possibile, separare il voto fra le premesse e il dispositivo di impegno.

  PRESIDENTE. Tra le premesse e il dispositivo ? Va bene. Essendo il parere sulla mozione Prataviera ed altri n. 1-00360 contrario sulle premesse e favorevole sul dispositivo poniamo in votazione adesso le premesse con il parere contrario del Governo.
  Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Prataviera ed altri n. 1-00360, limitatamente alle premesse, su cui il Governo ha espresso parere contrario.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Marti, Nesci, Adornato, Monchiero, Cani, Catanoso, Ottobre, Zaccagnini...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti  433   
   Votanti  390   
   Astenuti   43   
   Maggioranza  196   
    Hanno votato
 106    
    Hanno votato
no  284).    

  (Il deputato Airaudo ha segnalato che non è riuscito a votare; il deputato Censore ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Prataviera ed altri n. 1-00360, limitatamente al dispositivo, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Di Lello, Rabino, Dell'Aringa...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

   (Presenti e votanti  434   
   Maggioranza  218   
    Hanno votato
 432    
    Hanno votato
no    2).    

  (Il deputato Airaudo ha segnalato che non è riuscito a votare; il deputato Censore ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Palese ed altri n. 1-00576, in quanto non assorbita dalle precedenti votazioni, come riformulata su richiesta del Governo, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

Pag. 22

  Fantinati, Ravetto, Calabrò, Gallinella, Patriarca...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

   (Presenti e votanti  437   
   Maggioranza  219   
    Hanno votato
 437).    

  (Il deputato Censore ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Kronbichler ed altri n. 1-00579, in quanto non assorbita dalle precedenti votazioni, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Cera, Paris, Bianconi, Cani, Bragantini...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

   (Presenti e votanti  441   
   Maggioranza  221   
    Hanno votato
 438    
    Hanno votato
no    3).    

  (Il deputato Censore ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Galgano e Mazziotti Di Celso n. 1-00583, in quanto non assorbita dalle precedenti votazioni, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Marchi, Ciracì. Ci sono altri colleghi che non riescono a votare ? Pizzolante, Meloni.
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

   (Presenti e votanti  442   
   Maggioranza  222   
    Hanno votato
 440    
    Hanno votato
no    2).    

  (Il deputato Censore ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Berlinghieri ed altri n. 1-00587, in quanto non assorbita dalle precedenti votazioni, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Presidente Giachetti, Manzi, Magorno, Rotta, Pellegrino. Altri non riescono a votare ?
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

   (Presenti e votanti  442   
   Maggioranza  222   
    Hanno votato
 440    
    Hanno votato
no    2).    

  (Il deputato Censore ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Dorina Bianchi e Bernardo n. 1-00589, in quanto non assorbita dalle precedenti votazioni, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

Pag. 23

  Dall'Osso, Pastorino, Gregori, Gribaudo. Provate a votare non a sbloccarla. Tancredi; vada piano, onorevole Tancredi, siamo qui per aspettarla, non si preoccupi. Capua. Pastorino e Rotta non riescono a votare; se i tecnici possono assisterli. Pastorino è sbloccato, Rotta anche. Ci siamo ?
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

   (Presenti  449   
   Votanti  448   
   Astenuti    1   
   Maggioranza  225   
    Hanno votato
 446    
    Hanno votato
no    2).    

  (Il deputato Censore ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Buttiglione e Dellai n. 1-00597, in quanto non assorbita dalle precedenti votazioni, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Onorevole D'Alia. Ci sono colleghi che non riescono a votare ? Ci siamo ?
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

   (Presenti e votanti  445   
   Maggioranza  223   
    Hanno votato
 442    
    Hanno votato
no    3).    

  (Il deputato Censore ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole).

Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge Dell'Orco ed altri, d'iniziativa popolare; Benamati ed altri; Baruffi; Abrignani e Polidori; Allasia ed altri; Minardo: Disciplina degli orari di apertura degli esercizi commerciali (A.C. 750-947-1042-1240-1279-1627-1809-A/R) (ore 11,55).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge nn. 750-947-1042-1240-1279-1627-1809-A/R, di iniziativa dei deputati Dell'Orco ed altri, d'iniziativa popolare; Benamati ed altri; Baruffi; Abrignani e Polidori; Allasia ed altri; Minardo: Disciplina degli orari di apertura degli esercizi commerciali.
  Ricordo che nella seduta del 22 ottobre 2013 il provvedimento era stato rinviato in Commissione.

(Esame degli articoli – A.C. 750-A/R ed abbinate)

  PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli articoli del testo unificato delle proposte di legge.
  Le Commissioni I (Affari costituzionali) e V (Bilancio) hanno espresso i prescritti pareri, che sono distribuiti in fotocopia (Vedi l'allegato A – A.C. 750-A/R ed abbinate).
  Informo l'Assemblea che, in relazione al numero degli emendamenti presentati, la Presidenza applicherà l'articolo 85-bis del Regolamento, procedendo in particolare a votazioni per principi o riassuntive, ai sensi dell'articolo 85, comma 8, ultimo periodo, ferma restando l'applicazione dell'ordinario regime delle preclusioni e delle votazioni a scalare.
  A tal fine i gruppi Sinistra Ecologia Libertà e Lega Nord e Autonomie sono stati invitati a segnalare gli emendamenti da porre comunque in votazione.
  Avverto che la Presidenza non ritiene ammissibile, ai sensi dell'articolo 89, comma 1, del Regolamento, l'articolo aggiuntivo Sibilia 4.06, che concerne la possibilità per gli enti locali di erogare buoni spesa per il sostegno del reddito alle famiglie, già dichiarato inammissibile in sede referente.Pag. 24
  Avverto, inoltre, che la Presidenza non ritiene ammissibile, ai sensi dell'articolo 86, comma 1, e 89, comma 1, del Regolamento, l'emendamento Dell'Orco 4.155, limitatamente alla parte consequenziale, in quanto reca una norma di copertura in materia di soppressione di determinati enti pubblici non economici che eccede la funzione compensativa e che interviene su materia estranea rispetto a quelle oggetto del provvedimento.

(Esame dell'articolo 1 – A.C. 750-A/R ed abbinate)

  PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 1 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A – A.C. 750-A/R ed abbinate).
  Se nessuno chiede di intervenire sul complesso degli emendamenti, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

  ANGELO SENALDI, Relatore. Signor Presidente, esprimo velocemente i pareri sugli emendamenti all'articolo 1, che sono: invito al ritiro e, in caso di mancato ritiro, parere contrario per tutti gli emendamenti.

  PRESIDENTE. Il Governo ? Se qualcuno tra i banchi del Governo ci dà un segno. Chi è che risponde su questo provvedimento del Governo ? Prego, siamo sugli emendamenti all'articolo 1. Il relatore ha espresso un invito al ritiro altrimenti parere contrario su tutti gli emendamenti presentati all'articolo 1. Siamo in attesa del parere del Governo.

  SIMONA VICARI, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore.

  PRESIDENTE. Passiamo all'emendamento Allasia 1.6, sul quale c’è a questo punto un invito al ritiro che deduco non sia accolto ? Prego, onorevole Allasia.

  STEFANO ALLASIA. Signor Presidente, intervengo innanzitutto prima sull'ordine dei lavori, perché volevo solo porre all'attenzione della Presidenza, dato che ieri avete a maggioranza votato una legge sul doppio cognome, che ho avuto pressioni da mia madre di farmi chiamare con il cognome materno, perciò se per favore, per cortesia mi chiama...

  PRESIDENTE. Onorevole Allasia, lei non si offenderà e la prego di scusare la Presidenza anche nei confronti della mamma, ma la continueremo a chiamare con il cognome che è registrato alla Camera dei deputati (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico). Però se vuole intervenire sul suo emendamento la invito a farlo. Grazie, onorevole Allasia.

  STEFANO ALLASIA. Se ha la volontà di chiamarmi con il doppio cognome Allasia Revello, in modo tale che ci sia correttezza per evitare fraintendimenti con altri deputati con lo stesso cognome (Commenti di deputati del gruppo Partito Democratico). Siete voi che avete votato questa legge.

  PRESIDENTE. Prego, onorevole Allasia, c’è il suo emendamento.

  STEFANO ALLASIA. Infatti parlo sul mio emendamento 1.6 in cui si riscrive e si ridisegna in totale il testo che è uscito dalla Commissione, dove non si prevedono le dodici chiusure domenicali e festive con le varie deroghe, ma esclusivamente si dà potere alle regioni, che riprende grosso modo già la proposta di legge della Lega Nord abbinata al testo della Commissione.
  Perciò chiedo la votazione, come per tutti gli altri emendamenti; poi, alcuni emendamenti li ritirerò, perché, necessariamente, vi è stata una discussione all'interno del nostro gruppo. Vi sono state continue modifiche, fino ad ora, in questo anno e mezzo, in Commissione, e mi posso lamentare adesso della non possibilità di discutere della legge in modo approfondito in Aula, dopo un anno e mezzo che è stata in Commissione ed è stata ridisegnata e Pag. 25rielaborata dal relatore (riguardo al quale ho la compiacenza della sua amicizia e l'onore di sedere nella stessa Commissione), onorevole Senaldi, che ha riscritto la legge stessa.
  Però, è ovvio che vi erano da fare tutti i passaggi. Pare abbastanza inverosimile che oggi arriviamo in Aula e, penso, in meno di due ore – perché, di necessità virtù, bisogna anche rendere conto ad altre questioni e ad altri punti all'ordine del giorno – vi è necessità di svolgere velocemente questa legge. La mia denuncia è assolutamente formale a fare in modo che questa legge potesse essere discussa maggiormente anche in Aula, come è stato fatto in Commissione; non certo con le tempistiche della Commissione, perché tenere un anno e mezzo una legge aperta in Aula è improponibile, però con i giusti doveri.
  Oggi come oggi, siamo arrivati alla conclusione di un testo condiviso in Commissione, emendato in gran parte con il lavoro di maggioranza e minoranza; oggi come oggi, in Aula vi è ancora tanto lavoro da fare. Quello che noi non riteniamo utile è chiudere con delle deroghe e futuri regolamenti, con le varie ipotesi che ci possono essere, anche perché, viste le situazioni che si sono create in questi anni tra le varie regioni, soprattutto in quattro regioni, si è notato che l'interesse delle chiusure domenicali era un tema a loro noto e di interesse comune. Perciò, con questa legge, con questo emendamento, soprattutto, si cerca di riportare equilibrio, attenzione e maggiore potere alle regioni stesse. Perciò, chiedo che venga votato il mio emendamento 1.6.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Da Villa. Ne ha facoltà.

  MARCO DA VILLA. Signor Presidente, annunciando il voto favorevole del MoVimento 5 Stelle a questo emendamento, vogliamo portare un po’ a conoscenza anche dell'Aula l'iter che ha avuto questo provvedimento. Il 20 giugno 2013 inizia la discussione di questo provvedimento, in quota MoVimento 5 stelle, in Commissione attività produttive; arriva in Aula dopo una serie di audizioni delle associazioni di categoria, dei sindacati, dei consumatori e dei comitati che hanno proposto un'analoga proposta di iniziativa popolare.
  Il 22 ottobre, dicevo, arriva in Aula, con una volontà di cancellare totalmente il testo. Ma, grazie anche alle pressioni che vengono dalla società civile, il relatore afferma che le forze di maggioranza sono disposte a prendere un impegno concreto a introdurre misure effettive, con vincoli giuridici in materia di tutela dei lavoratori, dei consumatori, degli esercizi commerciali e a tutela della leale concorrenza. Con questa promessa della maggioranza, noi torniamo in Commissione.
  Passano quindici, dico quindici, sedute del comitato ristretto, dal 12 novembre al 5 giugno: per nove sedute si parla di aria fritta e solo alla nona seduta arriviamo con un testo, che è una scatola vuota, perché non indica né il numero di chiusure domenicali e festive, né una quantificazione del fondo.
  Il 30 aprile – quindi alla quindicesima seduta – si individuano dodici festività di chiusura e si torna in sede di Commissione. Si torna in sede di Commissione, però, con un testo che non prevede né quantificazione né copertura per il fondo previsto per le imprese. Quindi, al ritorno in Commissione, il MoVimento 5 Stelle si astiene e questa mancanza di quantificazione del fondo arriva fino alla prima seduta prevista per la votazione degli emendamenti, che è il 17 settembre.
  Il 17 settembre, ovviamente, la Commissione bilancio non può dare una valutazione sul testo che è uscito dalla X Commissione (Attività produttive), perché non c’è né la quantificazione né l'indicazione delle coperture. Il relatore, quindi, con un emendamento proprio, introduce una copertura, che poi non viene considerata valida dal Governo e viene presentata un'altra copertura che stamattina il Governo stesso ha anche messo in discussione. Ma adesso pare che invece quel problema sia stato risolto.Pag. 26
  Quindi, ci troviamo in una situazione di dilazione di tempi incredibile. Abbiamo audito le regioni dopo che il ciclo di audizioni era stato già chiuso. È arrivato, il giorno della votazione degli emendamenti, un parere dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, sul quale il Governo si è riservato un ulteriore approfondimento. Insomma, è stato veramente un parto difficilissimo, un parto di una montagna che poi ha partorito un topolino, perché noi siamo qua, in Aula, a discutere di fatto di sei chiusure festive e di un fondo.
  Ecco, questo è per rendere un po’ edotta l'Aula anche di quale percorso travagliato ha avuto questo provvedimento, che noi ci auguriamo di potere migliorare adesso in fase emendativa (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Allasia 1.6, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Ci sono colleghi che non riescono a votare ? Hanno votato tutti...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti  424   
   Votanti  402   
   Astenuti   22   
   Maggioranza  202   
    Hanno votato
 109    
    Hanno votato
no  293).    

  (La deputata Gadda ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto contrario).

  Passiamo all'emendamento Allasia 1.58.
  Onorevole Allasia, insiste per la votazione anche di questo suo emendamento ?

  STEFANO ALLASIA. Signor Presidente, sì, insisto assolutamente per la votazione, perché c’è necessità di chiarire le posizioni. Per evitare fraintendimenti tra i vari partiti, c’è necessità di capire chi vuole realmente modificare la legge sull'orario degli esercizi commerciali e chi vuole lavarsi la coscienza, come Ponzio Pilato si lavò le mani.
  La necessità in questo emendamento è abrogare praticamente le deroghe, in modo tale che ci sia, almeno, una chiarezza. Infatti, il testo, così come è uscito, è non proprio lineare, perché troviamo deroghe delle deroghe. Perciò chiediamo di abrogare la parte delle deroghe e proseguire almeno con la parte chiara della lista delle dodici festività.

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Allasia 1.58, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Di Stefano, Piepoli...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti  427   
   Votanti  403   
   Astenuti   24   
   Maggioranza  202   
    Hanno votato
 104    
    Hanno votato
no  299).    

  Ricordo che l'emendamento Ricciatti 1.152 non è stato segnalato.
  Passiamo all'emendamento Gebhard 1.150 su cui vi è un invito al ritiro altrimenti il parere è contrario. Prendo atto che il presentatore non accede all'invito al ritiro formulato dal relatore e dal Governo.
  Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Pag. 27Gebhard 1.150, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Murer, Castelli.
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
   (Presenti e votanti  437   
   Maggioranza  219   
    Hanno votato
 109    
    Hanno votato
no  328).    

  Passiamo all'emendamento Da Villa 1.168 su cui vi è un invito al ritiro altrimenti il parere è contrario.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Crippa. Ne ha facoltà. Colleghi, però vi invito a chiedere la parola con tempestività.

  DAVIDE CRIPPA. Signor Presidente, l'emendamento Da Villa 1.168 rispecchia il numero delle chiusure che erano state contrattate in fase di discussione e in fase di testo unificato, che il relatore Senaldi aveva proposto e ottenuto con il voto della sua maggioranza all'interno di questa discussione.
  Il contenuto ovviamente rispecchia le 6 più 6 chiusure. Noi, in questo caso, facciamo un riferimento alla famiglia. Pertanto, vorrei dire all'onorevole Binetti e agli altri, che spesso si segnalano come molto attenti al tema, ma soprattutto a coloro i quali difendono anche la libertà di culto, qualsiasi esso sia, che in questo caso il numero delle chiusure permetterebbe, almeno nelle festività religiose, di garantire l'unione della famiglia.
  Pertanto, dopo tante parole un po’ perse nel vuoto di questo anno e mezzo di discussione in Commissione, almeno si torni al testo che è stato proposto dal relatore in prima battuta rispetto al numero di chiusure. Infatti, francamente questo sconto, dalle 12 chiusure alle 6, le quali sono a facoltà dell'esercente... Immaginatevi voi, con una sorta di autocertificazione, l'esercente che dice: «Io oggi resto aperto». In realtà, sono solo 6 chiusure, perché già oggi potrebbe dire: «Resto sempre chiuso la domenica». Essendoci libertà di aprire o chiudere, dobbiamo parlare di numeri reali. Noi vorremmo tornare a questa considerazione delle festività pattuite, prevista dal testo che ha visto l'accordo almeno nella maggioranza, che è stato disconosciuto dalla stessa maggioranza in occasione dell'approdo in Aula oggi.
  Allora, ragioniamo seriamente, perché il numero delle chiusure, in questo caso, significa la vita delle persone. Voi cercate la liberalizzazione e poi, però, la domenica non riuscite a dare i servizi alle famiglie, come per esempio gli asili nido. Spiegate a chi oggi lavora in un supermercato e deve lavorarci la domenica, marito e moglie, a chi manda i figli se non ha i nonni a disposizione (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Allora o siete in grado di erogare servizi di accompagnamento e di aiuto alle famiglie o, altrimenti, cerchiamo di tornare a una normalità in cui la domenica quantomeno la famiglia si riunisca. A quelle famiglie che possono riunirsi solo un giorno a settimana garantiamo una gita al parco, anziché avere per forza i genitori sempre divisi, perché comunque abbiamo davanti questa necessità lavorativa della domenica, che non ha portato nulla in più al commercio italiano, almeno ai piccoli esercenti, probabilmente alle grandi catene continua a dare profitti o almeno gli garantisce di mantenerli tali.
  Io oggi vi chiedo, facendo un appello sincero ad una forza che pochi mesi fa si dipingeva di sinistra, perché veramente credo che stiamo parlando di garantire una necessità ad una famiglia di vivere sotto lo stesso tetto anche emozioni domenicali di convivialità.
  In questo caso noi stiamo cercando di dare almeno una speranza per 12 chiusure durante l'anno. In altri casi non siete in grado di dare dei servizi di accompagnamento necessari per garantire i trasporti pubblici per andare a lavorare la domenica, non siete in grado di garantire gli Pag. 28asili nido aperti, non siete in grado di garantire le visite mediche e i servizi sanitari negli altri giorni, quando le persone comunque devono continuamente lavorare e non riescono a trovare uno spazio di convivialità familiare.
  Allora questo è un appello sincero ad un voto individuale, svincolati da una logica di partito, perché qua stiamo parlando della vita delle persone (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto a titolo personale l'onorevole Dell'Orco. Ne ha facoltà.

  MICHELE DELL'ORCO. Signor Presidente, volevo riassumere per i colleghi che non hanno seguito e che non sanno neanche cos’è questo emendamento: qua non trattiamo di domeniche, ma trattiamo semplicemente di passare da 6 a 12 festività. Quindi non è che vogliamo, se venisse approvato questo emendamento, che ci troviamo di colpo, da un giorno all'altro, che si chiuda tutte le domeniche: semplicemente si garantisce la chiusura per le principali festività civili e religiose.
  Quindi io mi appello a tutti i colleghi di tutti i partiti, che tra l'altro avevano votato a favore nel comitato ristretto in merito a questa proposta, perché quando forse incontrerete, anche fuori da quest'Aula, un lavoratore del commercio, un lavoratore che lavora in un centro commerciale e questi chiederà: «Ma tu cosa hai votato in Aula, quando si decideva se io andavo a lavorare anche a Natale, anche il primo maggio, alla festa dei lavoratori, oppure anche per la festa della Repubblica ?», voi gli dovrete dire: «Io ho votato contro e tu dovrai lavorare anche in quei giorni».
  Quindi riflettete accuratamente e valutate cosa fare (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto a titolo personale l'onorevole Da Villa. Ne ha facoltà.

  MARCO DA VILLA. Signor Presidente, come hanno detto i miei colleghi questo emendamento vuole riportare al testo originario, proposto in realtà dalla maggioranza e votato dalla maggioranza di Governo, che prevede appunto la chiusura nei 12 principali giorni festivi dell'anno ed introduce anche una novità, che crediamo possa essere cara anche a Scelta Civica ed alle altre forze alla mia sinistra, perché lascia al singolo imprenditore la scelta di spostare quelle 6 festività, di poter tenere aperto in quei giorni (6 di quei 12 giorni) e spostare la chiusura in sei domeniche a propria scelta.
  Il testo precedente affidava questa possibilità ai comuni. In questo caso si lascia la libertà al singolo imprenditore, con una comunicazione al comune, di spostare sei di questi giorni, per motivi turistici, per motivi ovviamente di opportunità (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Prataviera. Ne ha facoltà.

  EMANUELE PRATAVIERA. Signor Presidente, vorrei sostenere anch'io questo emendamento e vorrei contribuire al dibattito. Vorrei che lo facesse anche la maggioranza, però.
  Sono appena entrati nell'Aula dei ragazzi: attenzione, perché con queste scelte, con le scelte che stiamo per fare, noi stiamo delineando la società di domani. Se a questi ragazzi, che rappresentano i nostri figli, noi «vendiamo» la domenica non come un momento per stare in famiglia, per andare al parco piuttosto che andare a vedere una partita di calcio, ma si «vende» loro un'idea distorta della società, che è quella mercificata, per cui la domenica si va a fare la spesa, per cui la domenica si vanno a comprare le scarpe, per cui la domenica si deve andare a spendere quello per cui ti hanno obbligato a lavorare 10 ore al giorno durante tutta la settimana, allora noi stiamo delineando una società alla quale io mi voglio ribellare, alla quale noi non dobbiamo cedere, in nome di un Dio che è quello economico (Commenti).

Pag. 29

  PRESIDENTE. Onorevole Prataviera, per favore.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto a titolo personale l'onorevole Allasia. Ne ha facoltà.

  STEFANO ALLASIA. Signor Presidente, oltre a voler sottoscrivere l'emendamento Da Villa, io vorrei anche...

  PRESIDENTE. Colleghi, per favore.

  STEFANO ALLASIA. Caon, onorevole Caon, per piacere.

  PRESIDENTE. Onorevole Allasia, proceda.

  STEFANO ALLASIA. Oltre a sottoscrivere, avrei la necessità e il volere di provare almeno a chiedere il voto segreto per questo emendamento perché ritengo che, al di là di tutte le polemiche e al di là di tutto, ci sia anche una questione morale, una questione di coscienza, affinché ogni deputato in quest'Aula possa votare in coscienza. Infatti, abbiamo sentito a più riprese in Commissione e anche sul territorio con le associazioni di categoria vari parlamentari della maggioranza e non solo inneggiare alla richiesta di questa modifica che è andata a peggiorare la qualità della vita degli operatori e di tutti i cittadini. Io ricordo, come è stato ricordato in altre sedi, a quelli che si lavano sempre la coscienza...

  PRESIDENTE. Concluda.

  STEFANO ALLASIA. ...con le questioni ecclesiastiche, che anche nel libro della Genesi nella Bibbia c’è scritto che il settimo giorno il buon Dio portò a termine il lavoro che aveva fatto e cessò il proprio lavoro.

  PRESIDENTE. Concluda, onorevole Allasia.

  STEFANO ALLASIA. Perciò, chiedo che questa votazione sia segreta.

  PRESIDENTE. Onorevole Allasia, lei non può avanzare la richiesta perché non è presidente del gruppo o un delegato d'Aula. In secondo ordine, il suo gruppo non ha un numero di deputati sufficiente al raggiungimento dei requisiti per la richiesta del voto segreto. In terzo luogo, poi se vuole io le spiego la ragione, non ci sono neanche le motivazioni per la richiesta del voto segreto. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Taranto. Ne ha facoltà.

  LUIGI TARANTO. Signor Presidente, io ritengo, invece, che l'emendamento non possa essere accolto e lo ritengo per una valutazione di metodo e per una valutazione di merito. Dal punto di vista del metodo, infatti, va ricordato che il punto di equilibrio che abbiamo consegnato all'Aula è un punto di equilibrio che è stato costruito con un sano approccio sperimentale. È stato ricordato quanto è stato complesso il lavoro condotto in sede di Commissione. Complesso perché abbiamo cercato di valutare gli effetti di una riforma e sulla base di quella valutazione degli effetti di operare un ragionevole bilanciamento di interessi. Questo testo torna a reintrodurre un principio di chiusura, anche nelle giornate domenicali e festive, e lo fa tenendo conto del fatto che non occorre e non si deve arretrare rispetto alle ragioni della liberalizzazione, ma che può essere costruito un equilibrio tra esigenze di liberalizzazione ed esigenze di rinnovata regolazione; che può essere costruito un equilibrio tra la tutela della concorrenza e la tutela di interessi di ordine generale e lo stesso concetto di utilità sociale costituzionalmente valorizzato. Per questo, nel presente testo noi ritroviamo la capacità di accompagnare una fase difficilissima per il commercio italiano cercando di tutelare le ragioni di quel pluralismo distributivo che fin dalla riforma del 1998, fin dalla riforma Bersani, è stato chiamato a confrontarsi con la sfida della modernizzazione e del cambiamento. Questo testo non smentisce questa linea evolutiva del commercio italiano. Questo testo tiene insieme sistema di regolazione Pag. 30e libertà imprenditoriale. Questo testo accompagna alle regole il ritorno di un embrione di politiche attive per la distribuzione commerciale attraverso il fondo di cui discuteremo successivamente nell'analisi del testo. Per queste ragioni io penso che vada confermato il punto di equilibrio fotografato nel testo consegnato all'Aula e per queste ragioni penso che l'emendamento in discussione non possa essere accolto.

  PRESIDENTE. Salutiamo gli insegnanti e gli studenti dell'Istituto comprensivo statale «Scuola infanzia primaria e secondaria» di Balsorano e l'Istituto comprensivo statale «San Vincenzo Valle» di Roveto, entrambi della provincia de L'Aquila, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ricciatti. Ne ha facoltà.

  LARA RICCIATTI. Signor Presidente, innanzitutto intervengo per annunciare il voto favorevole del gruppo Sinistra Ecologia Libertà a questo emendamento.
  E lo facciamo proprio spinti da una consapevolezza e, per riprendere le parole utilizzate dal collega che mi ha preceduto, proprio perché anche noi partiamo dal presupposto che vada cercato un punto di equilibrio. E secondo noi, tuttavia, in questo testo è letteralmente saltato l'equilibrio che si era andato a creare tra l'idea della tutela e della necessità di stimolare il commercio e, quindi, di aiutarlo attraverso le aperture domenicali e festive e, d'altro lato però, di cercare una tutela dei lavoratori, che si è andata via via svilendo nel testo che è arrivato in Aula. Siamo partiti dal presupposto che il faro di questo testo dovesse essere anche l'idea di una riumanizzazione del lavoro, cercando di non parlare sempre del mondo del mercato del lavoro ma di volgere lo sguardo anche all'idea delle lavoratrici e dei lavoratori. E ha senso parlare della tutela dei diritti della famiglia perché sempre di più vediamo che oggi, soprattutto una madre ma anche un padre, sono destinati ad abdicare al proprio ruolo e alla propria partecipazione familiare per dover lavorare.
  Quindi, se da una parte noi capiamo che è giusto tenere aperto durante alcune festività e alcune domeniche, sotto certi aspetti anche proprio in maniera paradossale per aiutare quelle famiglie che hanno necessità di andare a fare la spesa la domenica mattina, dall'altra dobbiamo anche garantire un diritto costituzionale sancito dalla nostra Carta che è quello di tutelare i diritti di una famiglia. Quindi per tali motivi il gruppo di Sinistra Ecologia Libertà voterà l'emendamento Da Villa 1.168 (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Sannicandro. Ne ha facoltà.

  ARCANGELO SANNICANDRO. Signor Presidente, intervengo perché ho sentito qualificare questo testo unificato e altri testi analoghi come una legge di riforma e di equilibrio. Voglio semplicemente ricordare all'Aula che questo provvedimento e altri consimili, ad esempio quelli sull'orario di lavoro, sono provvedimenti che, in omaggio ad una filosofia iperliberista, ci riportano indietro di un secolo, tanto per la cronaca. Perché la prima volta che nella storia d'Italia, anzi d'Europa, si cominciò a parlare di riposo settimanale, soprattutto domenicale, è il 1909 con il Trattato di Versailles istitutivo dell'Organizzazione internazionale del lavoro quando si disse appunto che il riposo settimanale doveva coincidere prevalentemente con la domenica. Vorrei far presente che la stessa filosofia ispirò il regio decreto del fascismo del 1923 e la stessa filosofia ispirò la legge del fascismo n. 370 del 1934 e poi, alla fine, il tutto fu verificato come compatibile con la Costituzione italiana che, all'articolo 36, sancisce non più con il rango di legge ordinaria ma di legge costituzionale che i cittadini hanno diritto ad un riposo che poi la giurisprudenza per molti anni ha interpretato come diritto al riposo in periodo domenicale... ho finito ?

Pag. 31

  PRESIDENTE. Ha parlato l'onorevole Ricciatti per il suo gruppo. Lei ha un minuto.

  ARCANGELO SANNICANDRO. Va bene, lo riprenderemo in seguito.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Luigi Gallo. Ne ha facoltà.

  LUIGI GALLO. Signor Presidente, intervengo solo per sollecitare una presa d'atto di qualche parlamentare del PD che in Commissione aveva auspicato che su questa particolare questione si facesse un passo avanti, allora invito un po’ i colleghi, che in Commissione hanno mostrato questa sensibilità, a prendere posizione anche in Aula, perché così riusciamo magari a convincere tutte le altre persone che questa è una norma che permette di progredire in avanti.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mazziotti Di Celso. Ne ha facoltà.

  ANDREA MAZZIOTTI DI CELSO. Signor Presidente, tutti gli interventi, da ultimo quello dell'onorevole Sannicandro, parlano del diritto al riposo. Il problema è che qui non si tratta del tema di diritto al riposo ma di un problema di obbligo al riposo, nel senso che stiamo parlando dell'obbligo di chiusura. Le posizioni non sono affatto unanimi, come sono state descritte, ci sono associazioni di commercianti che hanno preso una posizione totalmente opposta, facendo dei sondaggi interni e chiudendo con un orientamento prevalentemente favorevole.
  E soprattutto in tutta questa discussione ci si dimentica sempre di parlare di un'altra categoria che è quella degli utenti e cioè dei consumatori. È documentato il fatto che la liberalizzazione ha avuto un effetto sui prezzi ed è altrettanto evidente che quegli stessi consumatori nei loro giorni di riposo vogliono avere la possibilità di acquistare beni nei negozi. Quindi tutta questa discussione parte da un vizio di fondo, cioè che si guarda, come spesso succede, alla categoria che fornisce i prodotti e i servizi e mai alla categoria degli utenti.
  È evidente che il nostro Paese manca di liberalizzazioni, in tutti i settori; siamo il Paese più ingessato, probabilmente, del nostro sistema e il commercio lo è in particolare. Questa riforma, ancora una volta, contrariamente a quello che si dice, non ha fatto crollare l'occupazione, magari l'ha spostata, ma sicuramente non ha ridotto l'occupazione nel mondo del commercio, così come si parla moltissimo delle imprese che hanno chiuso e non si fa mai il calcolo di quelle che hanno aperto, che sono più di quelle che hanno chiuso. Quindi, è un dibattito che è viziato da un elemento di fondo che è il condizionamento, in parte giusto – perché è evidente che c’è una sensibilità alla crisi del commercio – ma è una crisi del commercio che dipende dalla recessione e sicuramente non dal fatto di aver aperto un mercato (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).

  PRESIDENTE. Non c’è più nessuno che ha chiesto di intervenire, quindi a questo punto...
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Cominardi. Colleghi, vi invito a chiedere di intervenire con una certa tempestività.
  Onorevole Cominardi, ne ha facoltà.

  CLAUDIO COMINARDI. Signor Presidente, Marc Augé li definiva i non luoghi, i centri commerciali, gli outlet, non luoghi perché spersonalizzanti e perché, attraverso il centro commerciale, comunque, in qualche modo si mercificano anche le relazioni, sono diventati dei luoghi di incontro. E vi è una eccessiva frequentazione di questi centri commerciali anche nelle festività che sono spesso occasione per stare in famiglia, per vivere le relazioni; questo è un aspetto molto importante soprattutto in un Parlamento dove spesso si parla di famiglia, si parla di religione. Quindi, per queste ragioni Pag. 32chiedo veramente di fare una profonda riflessione e votare in coscienza (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Della Valle. Ne ha facoltà.

  IVAN DELLA VALLE. Signor Presidente, volevo provare a rispondere ad un po’ di osservazioni fatte. Prima al collega Taranto che dice che questo provvedimento che è arrivato adesso in Aula è frutto di una mediazione ed è frutto del massimo che si poteva ottenere. Ma io vorrei capire, nel suo partito quante maggioranze, allora, esistono ? Perché questo provvedimento è stato presentato come testo unico in Commissione con le 12 chiusure, ed è stato votato da loro, dalla loro maggioranza. Già quella era una mediazione, quella era la proposta che è stata fatta in Commissione dalla maggioranza ed è stata votata da loro stessi; quindi, probabilmente esistono due maggioranze, una a cui andavano bene le 12 chiusure e una che invece, adesso, vuole portarle a 6. Quindi, la mediazione della mediazione all'interno della stessa maggioranza; questo stiamo votando, una mediazione al vostro interno, non una mediazione con quello che ci è stato chiesto dalle associazioni di categoria, dalle opposizioni (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Binetti. Ne ha facoltà.

  PAOLA BINETTI. Signor Presidente, intervengo soltanto per sottolineare come, quando si affronta un tema che modifica lo stile di vita di tante famiglie, come sono per esempio tutte quelle che occupano i centri commerciali, tutte quelle che nelle grandi concentrazioni impegnano moltissime persone, non si può prescindere dal fatto che queste persone nei giorni di festa non godono di una pari rete di solidarietà, soprattutto laddove si dovrebbero poter appoggiare i figli.
  È un'ulteriore ferita al tessuto della famiglia, prima di tutto perché i genitori, o la madre o il padre, si allontanano e poi perché per il resto non si sa dove parcheggiare i figli. Mantenere un giorno in cui la famiglia resta unita è un valore, è uno dei tanti valori, piccoli, si potrebbe pensare che non è l'unico, che non è il determinante, ma noi a furia di dire non è l'unico, non è la cosa più importante, non è l'effetto più efficace che si vuole ottenere, stiamo smontando pezzo per pezzo tutte quelle che sono le occasioni e le circostanze concrete in cui la famiglia resta unita, condivide le stesse cose, per esempio il mangiare insieme, per esempio lo stare insieme e riesce in qualche modo a parlarsi, a confrontarsi, sia che si tratti di figli piccoli sia che si tratti di figli adolescenti.
  A me sembra che questa misura nel suo genere, oltre ad avere quella dimensione che si diceva, che comunque è il rispetto dei valori e delle credenze di tutti, contraddice anche quello che è un valore sociale e strutturale che è quello di difendere il tessuto sociale della famiglia.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Tinagli. Ne ha facoltà.

  IRENE TINAGLI. Signor Presidente, intervengo solo per ricordare che è giusto e legittimo che questo Parlamento si interroghi e discuta sulle conseguenze economiche e occupazionali. Tra l'altro, non si è affrontato, secondo me, appropriatamente il tema di quello che accadrebbe in caso di chiusura, perché in particolare nella grande distribuzione, avversata ideologicamente da alcune parti, questo provvedimento sulle chiusure – ancora di più quelle auspicate, che erano in maggior numero – avrebbe un impatto molto negativo sull'occupazione. Anche questo credo che sia una considerazione che dovremmo fare in un momento di crisi occupazionale, quindi varare un provvedimento che rischia di far perdere e bruciare i posti di lavoro.
  Ma al di là di questa discussione legittima, mi colpisce il riferimento ai comportamenti Pag. 33delle famiglie, i giudizi sulle scelte di una famiglia o dei giovani di dove andare a spendere il loro tempo libero e la loro domenica (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).
  Trovo molto pericoloso quando la politica cerca di interferire nella libertà di scelta della vita e del tempo libero delle persone, soprattutto con giudizi di valore. Non capisco perché se uno si compra l'insalata al supermercato e al centro commerciale il martedì va bene, se ci va la domenica è un figlio del dio denaro. Mi sembra umiliante, anche per le persone che hanno fede, dire che bisogna chiudere i negozi se no la gente non va a messa; è umiliante per chi crede (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).

  EMANUELE PRATAVIERA. È di plastica la verdura al centro commerciale !

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Castelli. Ne ha facoltà.

  LAURA CASTELLI. Signor Presidente, forse bisognerebbe smettere di fare questi discorsi. Prima si citava...

  PRESIDENTE. Mi perdoni, onorevole Castelli. Chiedo ai suoi colleghi del gruppo se riescono a prendere posto e a stare in silenzio: l'onorevole Caselli sta intervenendo a un metro da voi.

  LAURA CASTELLI. La ringrazio. Prima in quest'Aula si parlava di dati, allora forse il collega di Scelta Civica non ha visto i dati che dimostrano che i consumi non sono per nulla aumentati. E non è una questione di vergognarsi della politica che insegna o non insegna qualche cosa alla gente, è proprio la politica che ha «disinsegnato» alle persone un modello. E così come gli ha permesso di andare la domenica a comprarsi l'insalata, ha permesso al piccolo negoziante, che l'insalata la vende durante la settimana, di chiudere e di non poter rimanere aperto la domenica perché non lo può fare, perché questo voi non lo permettete (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ! È questo il discorso.
  Allora, forse, quando parlate di problemi sulla domenica a messa, chiedetevi se guardate lontano dal vostro naso oppure se avete proprio un problema sociale, perché se voi andate a prendere l'insalata al supermercato la domenica il problema è veramente vostro (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Tripiedi. Ne ha facoltà.

  DAVIDE TRIPIEDI. Signor Presidente, questo è un messaggio che voglio dare all'ex segretario della CGIL, Epifani: Giuseppe Di Vittorio diceva che la domenica i contadini e i lavoratori devono andare in piazza con la giacca e la cravatta; adesso, onorevole Epifani, voi state portando una proposta di legge che è una roba vergognosa, adesso state praticamente mandando i lavoratori la domenica a lavorare, contro il vostro principio. La domenica è stata fatta per stare in casa e in famiglia e non a lavorare (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) !

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Paglia. Ne ha facoltà.

  GIOVANNI PAGLIA. Signor Presidente, io non metto in discussione la sacralità del diritto di andare ad acquistare la domenica, fosse un capo di abbigliamento, fosse un panino o un'insalata, però vorrei che quest'Aula, quando si parla di ciò che la politica deve o non deve fare, tenesse presente che esiste un grado più alto di libertà di quello di cui può godere un consumatore, ed è la libertà dei lavoratori. Infatti, noi non siamo neutrali nel momento in cui non legiferiamo o liberalizziamo in questa materia; non siamo neutrali ma prendiamo parte; e prendiamo parte di fronte al fatto che c’è chi sarà costretto ad andare a lavorare la domenica. Non c’è tema di libertà, c’è tema di Pag. 34costrizione. E quando una società perde anche solo la possibilità di avere dei momenti in cui c’è il sacro, perché esiste la dimensione del sacro anche per i laici – ed è collettivo – è una società che deve avere timore per il proprio futuro (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Ciprini. Ne ha facoltà.

  TIZIANA CIPRINI. Signor Presidente, è chiaro che...

  PRESIDENTE. Mi perdoni, onorevole Ciprini. Prego i colleghi... onorevole Bragantini, colleghi, per favore. Onorevole Prataviera, c’è la collega che sta intervenendo a un metro da voi. Prego.

  TIZIANA CIPRINI. Presidente, è chiaro che chi è a favore delle aperture domenicali vuole che le famiglie passino le loro domeniche al centro commerciale, perché i centri commerciali sono diventate le nuove piazze dei cittadini.
  Non c’è più la piazza del centro storico: si sono completamente fatti morire i nostri borghi, i nostri centri storici (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Le nostre città sono solo colate di cemento, con strade che collegano un centro commerciale ad un altro. Vi ricordo che i centri commerciali, quelli della grande distribuzione, vengono spesso utilizzati per riciclare i soldi della camorra (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). E poi vi ricordo anche che lo scorso capodanno, lo scorso fine anno vi siete rifiutati di passare con noi il capodanno, con cotechino e lenticchie: quindi siate coerenti e lavorate d'ora in poi voi in Aula durante le festività (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Galgano. Ne ha facoltà.

  ADRIANA GALGANO. Signor Presidente, voglio rispondere ai 5 Stelle che, come al solito, usano male i dati e a sproposito, e voglio chiedere a loro come potrebbe aumentare l'occupazione in questo momento, con questa crisi. Quindi, per piacere, studiate di più ! Questa è la prima cosa.
  La seconda cosa è che qui si confonde una questione di libertà su quando tenere aperti con una questione sindacale. Cioè, il fatto che sia consentito a chi vuole di tenere aperto la domenica non significa che tutti i lavoratori debbano lavorare il sabato e la domenica: questo fa parte di accordi sindacali tra il datore di lavoro e i lavoratori (Commenti dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Guardate, io so molto bene cosa sto dicendo...

  PRESIDENTE. Si rivolga alla Presidenza, onorevole Galgano.

  ADRIANA GALGANO. Che controllino loro quello che dicono !

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole D'Incà. Ne ha facoltà.
  Invito i colleghi a mantenersi tranquilli. Prego, onorevole D'Incà.

  FEDERICO D'INCÀ. Signor Presidente, intervengo solo per dire questo: sono forse tra gli unici che hanno lavorato all'interno della grande distribuzione, e ho sofferto il fatto di vedere le persone che lavoravano con me non poter avere quella possibilità, che molti altri anche qui dentro, hanno, di poter stare insieme alla propria famiglia alla domenica.
  Allora, noi qui chiediamo semplicemente di portare da sei a dodici festività: non si parla di altro ! Non ci nascondiamo dietro un dito ! Non possiamo avere paura, in un'Aula parlamentare, di fare il bene di un popolo, delle sue famiglie (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ! Occorre avere coraggio, ed è inutile che ci nascondiamo ! Dovete fare un passo avanti in questo momento, e dire: ok, sono dodici festività, è il minimo indispensabile ! È la Pag. 35vita delle nostre famiglie (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) !

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Fico. Ne ha facoltà.

  ROBERTO FICO. Signor Presidente, vi faccio un esempio che vivo da molti anni nella mia città, che è Napoli, la provincia di Napoli: attorno alla città di Napoli sono stati costruiti negli ultimi anni una marea di centri commerciali, e piano piano i centri storici di tutte le città e di tutti i comuni vicino Napoli la domenica si sono andati svuotando; e tutti i commercianti della zona stanno facendo una fatica enorme per andare avanti. Ogni giorno e ogni giorno di più lavorano e non riescono ad andare avanti ! Tutti questi centri si stanno svuotando, e lì stanno diminuendo ancora di più i consumi, dove invece dovremmo fare una rete a protezione di tutti quanti i commercianti e i cittadini delle zone dei centri storici.
  Cosa succede, quindi ? Succede che ogni volta che apri un centro commerciale alle porte di una città, e crei magari 100 posti di lavoro, ne perdi 500 nel centro città. Il bilancio è sempre negativo, perché questi sono i dati (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) !

  PRESIDENTE. Grazie.

  ROBERTO FICO. E, allora, il coraggio è di dire: verso che società vogliamo andare ? Noi vogliamo un altro tipo di società, quello fatto delle città, quello delle famiglie che vanno a spendere i loro soldi nel centro delle città, che stanno a casa.

  PRESIDENTE. Concluda, onorevole Fico.

  ROBERTO FICO. Questo è il punto: è il modello di costruzione di società. Noi ne vogliamo uno, voi oggi dichiarate di volerne un altro. È plausibile; però è questo che noi vogliamo: vogliamo approvare questo emendamento (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bianconi. Ne ha facoltà.

  MAURIZIO BIANCONI. Signor Presidente, sono abbastanza stupito di tre o quattro cose, e le offro ai colleghi. La prima è come un dibattito così surreale debba svolgersi alla Camera o al Senato, perché chi sa di cose dell'amministrazione, chi ha fatto un minimo di politica, chi non può essere privo di quei fondamentali sostanziali per i quali siamo qui a rappresentare il popolo italiano, dovrebbe sapere un paio di cose elementari.
  La competenza del commercio è competenza delle regioni da un punto di vista legislativo (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente), la competenza regolamentare è competenza dei comuni. Allora, noi qui stiamo discutendo del niente, perché si tratta di una questione per la quale non dovremmo neppure legiferare. Mezza giornata, una giornata, un anno: è il non capire che la sussidiarietà istituzionale deve proprio evitare che le Camere superiori si perdano in argomentazioni che non sono le proprie.
  Io ricordo che, nella scorsa legislatura, lo dico per farmi capire, questo Parlamento, che in cinque minuti determinò il fiscal compact, perse quattro giorni sull'eterno dilemma se si poteva o non si poteva tagliare la coda dei cani: quattro giorni ! Non vorrei che, aggravandosi la situazione economica del Paese, anche noi ci rendessimo complici di questo.
  La seconda cosa è una notazione. Io sono un uomo di destra o meglio di centrodestra, oggi si usa così, e qui sono tutti maniaci della famiglia; io molto meno, molto meno, sono molto laico, molto meno. Ma chi qui dentro si è impegnato a sfasciarla, la famiglia, che piace tanto ai miei amici e a me mica tanto, oggi non me la può rimettere sul tavolino, la famiglia, per dire che la domenica i negozi devono stare chiusi 12 domeniche invece che 6 (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente).Pag. 36
  Ci vuole un minimo di coerenza nei ragionamenti politici e nell'organizzazione culturale di un messaggio politico perché, altrimenti, la gente veramente «sbalena». Capisco l'onorevole Binetti, la capisco e non la condivido ma gli altri no davvero. Il terzo punto, e ho chiuso: l'estrema competitività liberale, la competizione selvaggia e tutte queste altre cose ci hanno già rovinato la vita. L'americanismo e il liberalismo ci hanno già sciupato la civiltà, i diritti acquisiti dei lavoratori sono in forte pericolo, come vediamo anche in questi giorni. Ma dire che non si debba tentare di preservare la sopravvivenza dei piccoli negozi, lasciando loro la piena libertà di scegliere quando stare aperti e quando stare chiusi, anche per vincere la concorrenza dei supermercati e far sì che i centri urbani possano essere vivibili così come quelle orrende gallerie dei supermercati la domenica, a me pare veramente fare un'azione da «Tafazzi» piena e completa; lasciare al piccolo imprenditore la possibilità di competere senza mettergli lacci e lacciuoli è tentare di salvare un residuo di civiltà, non di ucciderla. Quindi, per fare del bene va a finire che si fa anche del male. Volevo dire queste tre cose, le ho dette e ringrazio (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente e Nuovo Centrodestra).

  PRESIDENTE. Avverto che l'emendamento Alfreider 1.54 è stato ritirato dal presentatore. Certo di fare cosa gradita all'Assemblea, vorrei informare anche i colleghi su come procederemo in ordine ai nostri lavori. Preannunzio che sospenderemo la seduta dalle ore 13 alle ore 15.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Sorial. Ne ha facoltà.

  GIRGIS GIORGIO SORIAL. Signor Presidente, vorrei ricordare innanzitutto che il decreto «salva Monti» del 2011 sulle liberalizzazioni degli orari degli esercizi commerciali è stato fatto qui dentro, quindi chi dice il contrario naturalmente, sulle competenze dalle regioni giustamente ai comuni, deve anche ricordarsi che, a monte, c’è un problema, c’è un errore, che è stato fatto all'interno di questo Parlamento e votato dai deputati di questa Camera. Quindi, cominciamo a riportare le cose dal loro punto di vista.
  La domenica, se io vado al supermercato a comprare la frutta, vuol dire che non vado durante la settimana a comprare lo stesso prodotto dai piccoli commercianti, che stanno definitivamente morendo.
  Se noi questo non ce lo mettiamo in testa, vuol dire che continueremo a favorire le grandi catene di distribuzione internazionale, che, tra le altre cose, i profitti ormai non li reinvestono nemmeno in Italia, ma all'estero. Alla faccia di chi dice che bisogna invece mantenere il prodotto in Italia (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) !

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Mottola. Ne ha facoltà.

  GIOVANNI CARLO FRANCESCO MOTTOLA. Signor Presidente, mi stupisce sempre vedere come la classe politica italiana riesce a dimenticarsi di alcune cose fondamentali. Voi state parlando del dramma di alcune persone che nel commercio dovrebbero lavorare la domenica e non vi accorgete che ci sono milioni di persone che in Italia lavorano normalmente la domenica e che non ne fanno un dramma. Io ho lavorato per tutta la vita la domenica (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia), negli ospedali, nella sicurezza c’è gente che lavora, milioni lavorano la domenica e non hanno fatto mai tragedie (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente) !

  PRESIDENTE. Prendo atto che i deputati Colletti e De Lorenzis rinunciano ad intervenire. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Epifani. Ne ha facoltà.

  ETTORE GUGLIELMO EPIFANI. Signor Presidente, vorrei fare solo due osservazioni. Pag. 37Nel definire la proposta uscita dalla Commissione noi abbiamo fatto un lavoro che ha tenuto conto di tante variabili, il posizionamento di diversi interessi, di diverse anche idee di società, di consumi e di sviluppo, non c’è dubbio però che nel fare questo abbiamo esaminato due aspetti in particolare. Tra la crisi dei consumi, la tenuta aperta dei negozi e l'occupazione c’è un legame che naturalmente va tenuto presente. In secondo luogo la maggioranza, la stragrande maggioranza dei consumatori chiede di poter andare a comprare, se lo ritiene, nei giorni in cui non lavora.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LAURA BOLDRINI (ore 12,52)

  ETTORE GUGLIELMO EPIFANI. In ragione di questo io dico solo due cose. La prima, oggi il lavoro domenicale è previsto per tante categorie e in tanti settori, in aziende industriali si lavora ventiquattr'ore su ventiquattro, sette giorni su sette, nel pubblico e in tanti altri settori. Il problema non è la durata, ma le condizioni con le quali il lavoro si esercita e la libertà di scelta in questi settori. In secondo luogo, un'altra cosa che volevo aggiungere, è che oggi si lavora 365 giorni su 365 nel commercio, si tengono aperti i negozi 12 festività su 12 per la legge approvata due anni fa. Se passa questa riforma che noi proponiamo, potremo dire che almeno il principio di poter tener chiuso 6 festività su 12 sarà possibile e per un lavoratore sarà più possibile se lo ritiene – e sarà così – stare a casa il giorno di Natale. Per la prima volta, si prevede un fondo che aiuta la piccolissima impresa del commercio, quella che soffre di più e quella che fino ad oggi non ha avuto nessuna attenzione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  DAVIDE TRIPIEDI. Vergognati !

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Ferrara. Ne ha facoltà.

  FRANCESCO detto CICCIO FERRARA. Signor Presidente, ho sentito con grande attenzione le cose che diceva adesso il collega Epifani, io vedrei il suo ragionamento da un'altra angolatura, se me lo permette, perché vede, il problema di cui stiamo discutendo non è tanto come ridurre le 12 festività, ma è una questione molto più complessa che apparentemente è diventata, in quest'Aula, la storia della famiglia, di come ricongiungere la famiglia oppure come consentire, sempre alla famiglia, di andare a fare la spesa.
  Il problema è un altro, cioè che qui non c’è nessuna regola: un'azienda decide che tu a Pasqua devi andare a lavorare e tu ci devi andare. Invece, nelle cose che ci ricordava un attimo fa il collega Epifani, lì ci sono accordi sindacali, quindi io posso anche capire che si può fare una deroga ma la deroga si fa non dando mano libera all'impresa ma dicendo: bene, ti accordi con le ragioni del sindaco, con le ragioni delle parti sociali e a quel punto si può anche arrivare a una deroga. Così come è adesso impostato, non c’è niente di tutto questo, è semplicemente un ragionamento finto.
  Ci sono dodici giornate di festività e l'azienda ti chiama quando vuole, mettendo in condizione il lavoratore o la lavoratrice che già è sottopagata, che ha meno diritti e meno tutele di sottostare a un semplice e puro ricatto.
  Tutto il resto, se si può comprare l'insalata la domenica o se si vuole ricongiungere la famiglia sono delle cose aleatorie che non hanno niente a che vedere con il diritto delle persone (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Colleghi, prima di passare al voto ricordo che, con riferimento alla richiesta di scrutinio segreto sulla votazione dell'emendamento Da Villa 1.168, c’è da osservare che la Giunta per il Regolamento, nella seduta del 7 marzo 2002, ha ribadito che – e cito – «la regola generale di votazione è lo scrutinio palese e che solo in via residuale, per casi rigorosamente determinati, si procede a scrutinio Pag. 38segreto» e che «lo stesso articolo 49 stabilisce che le deroghe fissate al principio dell'ordinarietà del voto palese devono essere di stretta interpretazione».
  In secondo luogo, sempre la Giunta per il Regolamento ha stabilito che il voto segreto è ammesso solo per le norme che – cito – «rispetto ai principi e ai diritti costituzionali indicati dall'articolo 49, comma 1, introducano una disciplina significativamente divergente rispetto a quella esistente o modifichino le condizioni sostanziali per l'esercizio dei diritti in questione».
  L'emendamento in questione, nella parte principale, reca un riferimento alla tutela dei diritti della famiglia che non ha alcuna portata normativa, avendo, invece, natura di mera enunciazione di principio e che, come tale, non incide, nel senso sopra chiarito, su alcuno dei diritti di cui al citato articolo 49 del Regolamento.
  La medesima proposta emendativa, nella parte consequenziale, prevede la possibilità di sostituire sei giorni di chiusura obbligatoria nelle festività individuate dal testo con sei chiusure domenicali. Anche tale disposizione deve considerarsi esclusa dall'area di ammissibilità dello scrutinio segreto in quanto reca una disciplina che di per sé non risulta direttamente e immediatamente connessa ai diritti della famiglia, e, pertanto, non è idonea ad «incidere» sui tratti essenziali di tali diritti o ad alterare le caratteristiche fondamentali del quadro normativo vigente nel suo rapporto con le relative norme costituzionali.
  In altri termini non è sufficiente, ai fini dell'ammissione dello scrutinio segreto, l'enunciazione di una mera finalità, ma occorre aver riguardo al contenuto dell'intervento normativo che, in questo caso, ha una valenza meramente organizzatoria.
  Alla luce di tali elementi, la richiesta di scrutinio segreto sull'emendamento Da Villa 1.168, non può essere accolta.
  Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Da Villa 1.168, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Palma...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  421   
   Votanti  415   
   Astenuti    6   
   Maggioranza  208   
    Hanno votato  134    
    Hanno votato no  281.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

Sull'ordine dei lavori (ore 13).

  PRESIDENTE. Colleghi, adesso mi pare di aver capito che l'orientamento prevalente sia quello di sospendere la seduta fino alle 15, ma prima di lasciare quest'Aula vorrei dare la parola al nostro collega, deputato Antonio Leone.

  ANTONIO LEONE. Grazie Presidente, vi ruberò solo pochi minuti e poi vi lascerò al vostro lavoro (Commenti). Voce o veloce, non ho sentito ? Prendo la parola per l'ultima volta, il mio ultimo giorno di scuola in quest'Aula che ho battuto per tanti anni (Applausi), che ho battuto letteralmente per tanti anni. È inutile che mi nasconda: la commozione c’è, c’è tutta e c’è anche l'orgoglio e la speranza, non di ritornare – è meglio che ci chiariamo subito – ma la speranza è rivolta ad altro.
  Voglio fare una riflessione brevissima su quello che ha significato per me e che può significare anche per voi la mia elezione che, al di là dei singoli nomi che sono venuti fuori dal Parlamento – e mi riferisco agli uomini che sono stati eletti e che sono uomini di questo Parlamento e delle istituzioni –, ritengo che sia un dato proprio istituzionalmente rilevante che rappresenta un segno proprio di volontà del Parlamento, in ossequio a quello che i padri costituenti hanno dato, perché forse dimentichiamo che la prerogativa che la Pag. 39Costituzione ha dato al Parlamento di eleggere membri di altri organi, come quello dove andrò io e anche alla Consulta, rinviene da una necessità, rinviene da un'esigenza, che è quella di equilibrare gli organi costituzionali tra di loro e di equilibrare i poteri dello Stato che provocano frizioni.
  Politica o non politica, anche mandare un uomo, che politicamente o materialmente non fa parte di questo Parlamento, è anche quella politica. Prenderlo dalla società civile è esattamente la stessa cosa. Quello che intendo dire è che l'innesto è necessario proprio per le ragioni che noi rinveniamo nella Costituzione.
  Ho avuto modo di dire pubblicamente che la fiducia, di cui sono stato oggetto, oltre ad onorarmi mi carica di una grandissima responsabilità. La mia gratitudine va a quanti mi hanno permesso, letteralmente permesso, di fare il mio lavoro nel migliore dei modi, nel rispetto sempre delle istituzioni. Io ho una cosa da confessarvi, che è quella che la mia commozione, il mio difficile distacco da questa istituzione è legato a qualche consapevolezza che ho maturato in questi anni, alla consapevolezza di avere vissuto in una istituzione, in una struttura come questa – mi riferisco a quella della Camera, perché è la mia –, una struttura di eccellenza che ci è invidiata da tutti gli altri Parlamenti e lo posso tranquillamente testimoniare. Mi riferisco naturalmente in primis ai funzionari e agli impiegati, a tutti coloro che mandano avanti questa «baracca» e questo è un ringraziamento che mi è doveroso, doveroso (Applausi).
  Altro elemento è quello del fatto che io ho avuto una ricchezza, che è la ricchezza dei rapporti personali che ho intessuto in tanti anni con tutti, con tutti, con tutti, con tutti e con tutti – non mi stancherò mai di dirlo – indifferentemente dalla casacca che si riveste nel momento in cui il sipario si apre e la politica, come in un teatro, dà il meglio di sé.
  Inoltre, vi debbo dire che c’è anche un'altra consapevolezza, che è quella che qui dentro tutti i parlamentari svolgono un lavoro faticoso, oscuro, travisato da media faziosi e superficiali, indifferenti a quello che è il dibattito politico che si crea in quest'Aula (Applausi dei deputati del gruppo Nuovo Centrodestra). Mi sento di dirlo perché assistere, come ho potuto fare io – e vi auguro di farlo anche a voi, ma non di assistere al declino quanto di assistere per il tempo che può magari essere messo a vostra disposizione per lavorare in questa struttura –, a un decadimento, non voluto da una mancanza di passione da parte nostra o da una mancanza di volontà di lavorare e di fare il bene del Paese, ma da un innesto e da una serie di cose che nell'opinione pubblica hanno inculcato, purtroppo, un distacco nei confronti della politica. Tutto questo impegno merita non di essere sberleffato, come avviene oggi, ma di essere rispettato.
  Presidente, a lei io porto il mio ringraziamento per avere colto anche qualche modesta rappresentazione, non dico suggerimento, quando io le ho passato il testimone in quest'Aula, all'inizio di questa legislatura.
  La ringrazio e ha tutto il mio rispetto, la mia fiducia e gli auguri di buon lavoro. Ai colleghi non solo un affettuoso ringraziamento ma anche un invito, un invito che è quello che molti hanno e che vorrei che avessero tutti in maniera sempre più costante: il coraggio di ostentare la passione per la politica, il coraggio anche di avere un orgoglio che è quello di essere deputati del Parlamento della Repubblica. Grazie e auguri di buon lavoro. Buona fortuna a tutti (Applausi – Congratulazioni).

  PRESIDENTE. Onorevole Leone, mi lasci dire che anche io voglio salutarla e ringraziarla non solo per le sue doti personali, che sicuramente sono chiare a tutta questa Assemblea, ma anche per il lavoro che lei ha svolto in questa Assemblea e nei vari organi. Io ho potuto conoscerla nella Giunta per il Regolamento e ho potuto apprezzare le sue qualità. Quindi, un ringraziamento sentito da parte mia e credo di leggere anche i sentimenti di tutta l'Assemblea e le auguro tutto il meglio per Pag. 40il suo futuro incarico. Grazie, onorevole Leone (Applausi).

  LUIGI GALLO. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  LUIGI GALLO. Signor Presidente, anche noi ringraziamo la maggioranza e ringraziamo il Governo Renzi per aver mostrato anche in questo caso la sua faccia, cioè ha deciso di mandare in un organo così equilibrato e così importante come il CSM un collega di questo Parlamento che ha difeso Genovese quando si è dovuto espellerlo per la procedura di arresto e ha difeso lo stesso Galan quando si è dovuto espellerlo per la procedura d'arresto. Quindi, un soggetto che continua a difendere la casta e continuerà a farlo.

  STEFANO ALLASIA. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  STEFANO ALLASIA. Signor Presidente, il mio intervento è di altro tenore, comunque auguro buon lavoro al collega Leone per il suo prossimo futuro. L'intervento è di fine seduta per portare all'attenzione sua e della Camera stessa la commemorazione che è stata svolta il 21 e 22 settembre a Torino dei centocinquant'anni del cosiddetto eccidio di piazza San Carlo a Torino, in cui caddero cinquanta patrioti, allora piemontesi, mentre adesso possono essere definiti italiani, e 133 furono feriti dall'esercito perché manifestavano contro la volontà dell'allora Governo di spostare la capitale da Torino a Firenze.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE SIMONE BALDELLI (ore 13,07)

  STEFANO ALLASIA. Perciò io chiederei il momento di ricordo di questi morti e la possibilità di inserire nel resoconto stenografico di questa seduta la lista dei caduti e dei feriti, in modo tale che ci possa essere un ricordo ulteriore di queste persone, anche perché negli anni successivi dell'800, in quegli anni là, nel 1865, non è stata mai riaperta la questione né giudiziaria né parlamentare e neanche con la Commissione di inchiesta conclusa il 23 gennaio 1865. La Camera dei deputati allora non ha voluto espressamente, per volontà del Presidente della Camera stessa, discutere. Perciò io chiederei che ci possa essere l'inserimento di questa lista delle vittime e dei feriti.

  PRESIDENTE. Onorevole Allasia, la ringrazio per il suo intervento che resta agli atti. Non è possibile allegare liste; è possibile allegare la parte terminale del suo intervento nel quale immagino lei avrebbe letto tutto l'elenco, quindi forse questa è una cosa che lo rende possibile. Diversamente non ci sono liste che si possono allegare.

  ROBERTO FICO. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  ROBERTO FICO. Signor Presidente, intervengo solo perché voglio che sia messo agli atti che sono profondamente sdegnato dal fatto che i partiti eleggano persone del Parlamento in organi terzi così importanti per la democrazia del Paese. Per me è profondamente ingiusto che un ex parlamentare o parlamentare in carica sia eletto in organi così importanti come il Consiglio superiore della magistratura o la Corte costituzionale.
  È un modo di agire, secondo me, profondamente scorretto, che non rispetta il senso delle istituzioni e la divisione dei poteri dello Stato (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Questa è una sua opinione, onorevole Fico. In realtà, il Parlamento ha facoltà di eleggere tutti i cittadini che abbiano i requisiti per gli organi.
  Onorevole Allasia, come le dicevo, non si può allegare l'elenco; quindi, diciamo che lei ha fatto l'intervento e poi l'elenco dell'intervento (Commenti di deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle)..., che cosa c’è ? Sì, sono io il Presidente, esatto.

Pag. 41

  ALFONSO BONAFEDE. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  ALFONSO BONAFEDE. Signor Presidente, innanzitutto, non riteniamo che rientri nei doveri del Presidente, se lei lo sente come un dovere, quello di commentare un intervento di fine seduta da parte di un parlamentare. È chiaro che se un parlamentare interviene ed esprime una sua opinione...

  PRESIDENTE. Onorevole Bonafede, io rispetto le opinioni politiche di chiunque. Ho anche il dovere di difendere la dignità del Parlamento. Il Parlamento fa delle scelte: l'onorevole Fico è libero di sdegnarsi, ma queste scelte non sono illegittime; sono scelte che si fanno nell'ambito delle prerogative della Costituzione e della legge (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Prego, onorevole Bonafede, se crede di continuare.

  ALFONSO BONAFEDE. Sì, continuo per dire che l'onorevole Fico non aveva sottolineato una condotta illegittima o illecita del Parlamento: aveva sottolineato, come verrebbe fatto in qualsiasi democrazia moderna, lo scempio di un Consiglio superiore della magistratura in cui, ovviamente legittimamente, ma in modo totalmente inopportuno, i partiti pensano di poter allungare i loro tentacoli e mettere parlamentari in carica e, addirittura, un sottosegretario del Governo in carica, che passa dal Governo all'organo di autogoverno della magistratura (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Se la separazione dei poteri sta alla base di ogni democrazia moderna, questo è uno scempio e un attacco alla democrazia di questo Paese.

  PRESIDENTE. Onorevole Bonafede, questa è un'opinione politica. Dal punto di vista istituzionale, non posso avallare la tesi per cui si tratti di uno scempio istituzionale: può essere un'opinione politica, e io questa opinione politica la rispetto. Rispetto, altresì, la scelta, che il Parlamento ha fatto, di eleggere componenti o del Governo o del Parlamento stesso in un altro organo, che è organo altro rispetto al Parlamento.

  GIULIA SARTI. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  GIULIA SARTI. Signor Presidente, invece, dovrebbe essere una sua prerogativa quella di indignarsi quando ci sono fatti di questo genere, perché nel nostro Paese ci sono principi che sono sottintesi....

  PRESIDENTE. Onorevole Sarti, abbia pazienza, le indignazioni della Presidenza restano prerogativa della Presidenza, la ringrazio. Se non vi sono altri interventi sull'ordine dei lavori, sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 15.

  La seduta, sospesa alle 13,15, è ripresa alle 15,15.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MARINA SERENI

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Adornato, Boccia, Bonifazi, Catania, Corsaro, D'Attorre, Dellai, Di Lello, Di Salvo, Dieni, Epifani, Ermini, Fico, Cinzia Maria Fontana, Giancarlo Giorgetti, Giorgis, Gitti, Lenzi, Melilla, Pes, Pisicchio, Ravetto, Realacci, Speranza, Tabacci, Toninelli e Vito, sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
  I deputati in missione sono complessivamente centouno, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

Pag. 42

Per un richiamo al Regolamento.

  ANDREA CECCONI. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Su cosa, onorevole ?

  ANDREA CECCONI. Per un richiamo al Regolamento: articolo 30, comma 5.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  ANDREA CECCONI. Signor Presidente, ci pare, e chiediamo agli uffici di verificare immediatamente, che la Giunta per il Regolamento...

  PRESIDENTE. Si è appena conclusa, onorevole Cecconi.

  ANDREA CECCONI. Si è conclusa, quindi se si può aspettare un attimo...

  PRESIDENTE. Abbiamo aspettato, come vede non abbiamo riaperto la seduta alle 15, come era previsto, ma alle 15,15 esattamente per aspettare la conclusione della Giunta.

Si riprende la discussione (ore 15,17).

  PRESIDENTE. Riprendiamo il seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge nn. 750-947-1042-1240-1279-1627-1809-A/R, di iniziativa dei deputati Dell'Orco ed altri, d'iniziativa popolare; Benamati ed altri; Baruffi; Abrignani e Polidori; Allasia ed altri; Minardo: Disciplina degli orari di apertura degli esercizi commerciali.
  Ricordo che nella parte antimeridiana della seduta è stato da ultimo respinto l'emendamento Da Villa 1.168.

Per richiami al Regolamento.

  DAVIDE CRIPPA. Chiedo di parlare per un richiamo al Regolamento.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  DAVIDE CRIPPA. Signor Presidente, lei poc'anzi ha letto i nomi dei deputati in missione, due di questi deputati, facenti parte del MoVimento 5 Stelle, sono stati inseriti in missione a loro insaputa. Solitamente la missione viene chiesta dal deputato al Presidente, vorrei capire quale procedura in questo caso sia stata adottata e quale sia stata la scelta di mettere immediatamente i deputati in missione.

  PRESIDENTE. Onorevole Crippa mi pare che ci si riferisca ai membri della Giunta per il Regolamento, quindi è possibile che siano stati inseriti d'ufficio in quanto membri della Giunta per il Regolamento, ma i deputati in questione nel momento cui sono in Aula e votano automaticamente escono dalla missione.

  DANILO TONINELLI. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare uno dei diretti interessati, onorevole Toninelli. Ne ha facoltà.

  DANILO TONINELLI. Signor Presidente, oggi è stata convocata alle 14,30 – Presidente è importante che ascolti le mie parole – la Giunta per il Regolamento, ovviamente non tratto il merito, ma guardo esclusivamente la procedura. Siamo stati noi, diciotto membri della Giunta, messi in missione. Alle 14,30, Presidente, erano in corso votazioni per il decreto cosiddetto «stadi» nella I Commissione di cui faccio parte, e non solo io. Mi sembra che il Regolamento e i principi generali dicano che un parlamentare in quanto rappresentante del popolo ha il dovere di partecipare ai lavori parlamentari che principalmente sono costituiti dalla votazione delle leggi che si ripercuotono sulla vita quotidiana dei cittadini. Nonostante ciò, siamo andati, abbiamo partecipato a questa Giunta per il Regolamento, affermando che alle 15 avremmo tolto la nostra presenza dalla Giunta in quanto iniziavano le votazioni. Siamo ugualmente stati messi in missione, io e la collega Dieni che siamo qui a votare.Pag. 43
  Le chiedo, innanzitutto, di verificare la correttezza procedurale della possibilità di convocare una Giunta e di metterne in missione, secondo i Regolamenti, i membri, quando i lavori parlamentari con votazioni di Commissione e di Aula sono in corso. E qualcosa di più contingente: la prego anche, siccome la Giunta è stata sconvocata pochi istanti prima, se non contemporaneamente, con l'inizio di questa seduta dell'Aula, che agli altri membri della Giunta che in questo momento sono missione, che la suddetta missione venga revocata e che questi membri vengano in Aula a fare il loro dovere.

  PRESIDENTE. Va bene, onorevole Toninelli. Naturalmente i singoli deputati sono stati citati, in quanto in missione, come ho già detto prima. Per evitare equivoci, comunque, toglierò i deputati Toninelli e Dieni, se lo ritenete, dall'elenco dei deputati in missione, perché siete presenti, siete qui in Aula.
  Quanto alla convocazione, riferirò alla Presidenza, perché non so in che modo e in che forma siano state seguite le procedure. Normalmente, come lei sa, anche durante l'orario di seduta delle Commissioni, si svolgono altre attività della Camera – penso alle bicamerali e penso ad altre Commissioni –, quindi, è chiaro che l'organizzazione dei lavori debba consentire a tutti di svolgere il proprio lavoro.

  DANILO TONINELLI. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà. Onorevole Toninelli, però adesso passiamo all'oggetto della nostra seduta. Prego.

  DANILO TONINELLI. Signor Presidente, la ringrazio, però non ha risposto alla mia domanda. Io le chiedo, per conto del mio gruppo parlamentare e dei due membri della Giunta per il Regolamento, di interessare immediatamente la Presidente Boldrini per la revoca della missione per gli altri sedici membri della Giunta per il Regolamento, che in questo momento potrebbero andarsene a casa, nonostante la Giunta per il Regolamento in questo momento non stia lavorando, motivo per il quale la missione è stata concessa.

  PRESIDENTE. Va bene, ho capito, grazie. Poiché avevamo avuto una comunicazione che leggo: «Si prega di considerare in missione per la seduta pomeridiana di oggi i deputati ...» e via dicendo, questi deputati, che sono qui citati in quanto membri della Giunta per il Regolamento, non sono più in missione. Quindi è cancellata la loro missione. Sta bene. Vi dico i nomi: Catania, Corsaro, D'Attore, Dieni, Ermini, Cinzia Maria Fontana, Giancarlo Giorgetti, Giorgis, Gitti, Lenzi, Leone, Melilla, Pisicchio, Toninelli e Vito, membri della Giunta per il Regolamento.
  Quindi tutti questi deputati, in quanto la seduta della Giunta per il Regolamento si è conclusa, non sono più in missione. Bene, ora ci siamo intesi.

  GIANLUCA PINI. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  GIANLUCA PINI. Signor Presidente, chiaramente, fatto salvo per quei deputati che erano già in missione.

  PRESIDENTE. Certamente, fatto salvo per quei deputati che sono in missione per altro incarico.
  Allora, scusatemi, mi chiedono di sospendere qualche minuto, perché questa determinazione, che riguarda le missioni in corso, necessita di un aggiustamento del sistema di votazione elettronico. Quindi, sospendo la seduta per cinque minuti, il tempo sufficiente.

  La seduta, sospesa alle 15,25, è ripresa alle 15,30.

  PRESIDENTE. Desidero precisare che, con riferimento alla comunicazione di cui ho dato lettura precedentemente, la Presidenza ha provveduto ad espungere dall'elenco delle missioni pomeridiane solo i deputati che non ne avevano diritto ad Pag. 44altro titolo. I deputati in missione sono complessivamente, dunque, novantuno.

  CLAUDIA MANNINO. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  CLAUDIA MANNINO. Signor Presidente, siamo tutti coscienti che dobbiamo fare di questa istituzione un esempio di sobrietà e di risparmio e sappiamo benissimo che sui giornali e nelle televisioni si vanno ad attaccare sempre le solite categorie che dentro questi palazzi comunque lavorano. Allora io dico che comunque gli organi che gestiscono questa istituzione dovrebbero dare l'esempio. Infatti, proprio in questo momento, presso la sala dei busti, su organizzazione dei Questori, si sta svolgendo un incontro organizzato dall'Inter Club. Quindi, si stanno utilizzando personale, spazi, energie, risorse di questa istituzione per un'attività sportiva...

  PRESIDENTE. Onorevole Mannino, però, questo non ha a che fare con i lavori dell'Aula. Gli interventi sull'ordine dei lavori sono un'altra cosa: riguardano procedure relative a ciò che stiamo facendo in quest'Aula. La ringrazio per la segnalazione, però sono costretta a toglierle la parola e a tornare ai nostri lavori.

Si riprende la discussione.

(Ripresa esame articolo 1 – A.C. 750-A/R e abbinate)

  PRESIDENTE. Passiamo all'emendamento Della Valle 1.164.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Allasia. Ne ha facoltà.

  STEFANO ALLASIA. Signor Presidente, intervengo solo per sottoscrivere gli emendamenti Della Valle 1.164 e Della Valle 1.23.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Della Valle. Ne ha facoltà.

  IVAN DELLA VALLE. Signor Presidente, sarò velocissimo perché logicamente, dopo che è stato bocciato l'emendamento Da Villa 1.168, parlare di altre chiusure domenicali in questa sede sembra ormai una visione lontana. Però, questo emendamento nasce dalle consultazioni che abbiamo fatto in questo anno in Commissione e tutti – tutti – quelli che abbiamo sentito (sindacati – ripeto, soprattutto, sindacati –, Confesercenti, associazioni, come i comitati «Domenica, no grazie», quindi i lavoratori che lavorano anche all'interno dei negozi nei centri commerciali) hanno espresso l'esigenza di avere delle chiusure domenicali.
  Tra i dati che ci hanno portato in Commissione posso, ad esempio, citare quello di Confesercenti: dal 2012 e nei primi sei mesi del 2013 hanno chiuso più di 30 mila imprese del commercio al dettaglio; ci sono almeno 500 mila esercizi commerciali iscritti in Italia; sfumati 25 miliardi di euro di canoni e più di 6 miliardi di euro di gettito fiscale. Questo è il risultato delle liberalizzazioni. Il decreto Monti sulle liberalizzazioni aveva promesso incremento, aveva promesso nuovi posti di lavoro, invece ha fatto chiudere migliaia di esercizi commerciali.
  L'unica contenta, i cui rappresentanti hanno fatto anche in Commissione un report positivo, è stata la grande distribuzione, che ha fatto anche pressioni sull'Antitrust. Infatti chi dovrebbe garantire la concorrenza in questo Paese ha preso pari pari un commento, una posizione, che era quella di Federdistribuzione, quella della grande distribuzione, ed è entrato a gamba tesa nel dibattito parlamentare, l'ultimo giorno utile per votare gli emendamenti, presentandoci una lettera che era pari pari la posizione di Federdistribuzione. Questa è l'autorità che dovrebbe garantire in questo Paese la libera concorrenza, che dovrebbe garantire che queste leggi assicurino un mercato uguale per tutti. Ecco in che Paese viviamo. E questo Pag. 45comportamento è stato accettato dalla Commissione senza batter ciglio. Addirittura è stata rinviata la discussione, il Governo ha chiesto approfondimenti, quando era un anno e mezzo che si dibatteva sulla questione ed erano state ampliamente sentite tutte le parti in causa.
  Quindi questo emendamento, che sappiamo naturalmente verrà bocciato – dopo aver bocciato addirittura il fatto di mantenere le 12, figurati se vogliamo aumentare le chiusure domenicali – è solo per mettere il punto su quelle che erano le reali richieste.
  Ricordo che su questo determinato argomento sono arrivate leggi di iniziativa popolare e sono arrivate diverse leggi di iniziativa parlamentare.
  Questo è il risultato: non siamo neanche riusciti a mantenere le 12 chiusure che si erano pattuite con il testo unico, ma siamo arrivati addirittura in Aula con una mediazione al ribasso e siamo arrivati a 6 chiusure.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Sberna. Ne ha facoltà.

  MARIO SBERNA. Signora Presidente, nel sottoscrivere ogni parola del collega Della Valle, desidero sottoscrivere insieme anche gli emendamenti Della Valle 1.164 e Della Valle 1.23 e ribadire che sarebbe bastato conoscere qualcuno di quelle lavoratrici o di quei lavoratori che passano le domeniche a guardare qualcun altro che viene ad acquistare le mutande di domenica e non solo l'insalata, per rendersi conto di che follia stiamo facendo a mantenere le aperture domenicali.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Sannicandro. Ne ha facoltà.

  ARCANGELO SANNICANDRO. Signora Presidente, stamattina è stato affermato che il Parlamento non avrebbe la competenza a decidere su questa materia. Io avrei voluto essere d'accordo con il collega, ma purtroppo non è così, perché la giurisprudenza costituzionale ritiene che questa è materia cosiddetta di libera concorrenza, ragion per cui è materia, purtroppo, di competenza dello Stato.
  Ora questo spiega anche un'altra cosa: è bene che i colleghi che dissentono da questa normativa si convincano che siamo praticamente nell'ambito del più sfrenato liberismo e che questa è legge ormai europea e significa praticamente – i dati sono stati comunicati – che è diritto dovere del pesce grosso mangiare il pesce piccolo. Questo deve essere chiaro, perché la filosofia che ispira questa legislazione è la seguente e questa filosofia si spinge ovviamente ad eliminare tutti quelli che sono ritenuti lacci e lacciuoli all'espansione della capacità di profitto delle imprese e delle imprese più grosse in particolare.
  Che cos'altro significa, in effetti, trascurare il diritto del lavoratore a poter godere di un riposo dopo sei giorni di lavoro e possibilmente la domenica ? Significa praticamente eliminare un altro impedimento all'espansione dell'attività imprenditoriale e commerciale.
  Voglio anche ricordare a qualche altro collega che da sempre è stata prevista la deroga a questo principio. L'ho ricordato prima: se noi andassimo a leggere il Trattato di Versailles, istitutivo dell'Organizzazione internazionale del lavoro, vedremmo che non è che dice che bisogna lavorare solo di domenica e che tutte le altre attività devono cessare la domenica. È ovvio che ci devono stare delle deroghe e sono lì, già previste.
  Se andiamo a leggere la legislazione fascista – ho citato la legge n. 370 del 1934, la terrò qui, sono andato a prenderla perché non potevo fare riferimento soltanto alla mia memoria – quella legge del 1934, nello stabilire che il lavoratore ha diritto a ventiquattro ore di riposo consecutivo dopo sei giorni di lavoro, aggiunge: «possibilmente di domenica».
  E se ci andiamo a leggere l'articolo 2109 del codice civile, sempre di epoca fascista e tuttora in vigore, c’è scritto che il lavoratore ha diritto ad un riposo settimanale, dopo il sesto giorno, possibilmente Pag. 46di domenica. Il tutto ha cambiato verso dal 2003, quando una direttiva europea ha travolto questi principi e noi vi abbiamo dato attuazione con delle leggi che è inutile che stia qui a richiamare.
  Ora io ci tengo a sottolineare che stiamo procedendo non verso la modernizzazione: questo è il motivo per cui sto intervenendo, perché non vorrei che qualcuno dicesse che siamo moderni. Noi non siamo affatto moderni con questa legislazione, perché stiamo riorganizzando la società così come era perlomeno prima del 1934. Uno può essere d'accordo o può non essere d'accordo, ma non può mentire su questo punto. Dobbiamo essere onesti intellettualmente.
  Uno può essere un liberista, ha le sue buone ragioni, ma non può usare argomenti truccati come quello di far menzione del lavoro dei medici in ospedale, del lavoro dei tranvieri, del lavoro dei ferrovieri, del lavoro dei poliziotti e via discorrendo. Costoro hanno già da tempo la possibilità o il dovere di lavorare anche di domenica. Il tutto ha subito una torsione, come dicevo, da quegli anni, dall'anno 2003 in poi, perché è andata avanti la concezione che il lavoratore...

  PRESIDENTE. Dovrebbe concludere.

  ARCANGELO SANNICANDRO. Un minuto, poi continuerò su un altro emendamento. Dicevo che è andata avanti la concezione che non è più il lavoro, o meglio io dico sempre il lavoratore, il punto di inizio e di conclusione di una legislazione e dell'impianto sociale, ma la merce e il profitto. Questo è il problema. Uno può essere per il profitto, un altro può essere per il lavoratore, ma non ci possiamo ingannare. Noi oggi, come ripeto, stiamo rimuovendo gli ultimi impedimenti allo sviluppo sfrenato del capitalismo mondiale, punto.

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Della Valle 1.164, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Giorgio Piccolo, Dell'Aringa, Palma, Amendola, Folino, Gribaudo, Santerini, Moretto, Paris, Melilli, D'Ambrosio...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
   (Presenti e votanti  384   
   Maggioranza  193   
    Hanno votato
 121    
    Hanno votato
no  263).    

  Passiamo alla votazione dell'emendamento Della Valle 1.23.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Della Valle. Ne ha facoltà.

  IVAN DELLA VALLE. Signor Presidente, colgo l'occasione di questo emendamento per sfatare una delle più grandi balle che sono state dette su questo argomento, che sarebbe quella che le liberalizzazioni selvagge di cui stiamo parlando, senza nessun limite, ce le avrebbe chieste l'Europa.
  Germania: domeniche e festivi chiuso, tranne dieci deroghe, il che vuol dire che noi qua stiamo parlando di sei chiusure mentre loro hanno al massimo dieci aperture l'anno. Domeniche e festivi in Germania sono chiusi, tranne dieci deroghe (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Francia: domeniche e festivi chiusi; Danimarca: domeniche e festivi chiusi; Austria: domeniche e festivi chiusi, deroghe alle chiusure solo per le zone turistiche; Belgio: deroga alle chiusure solo nove domeniche l'anno. Questo era quello che ci chiedeva l'Europa. Solo noi, solo l'Italia ha recepito quello che ci chiedeva l'Europa in questo modo, facendo delle liberalizzazioni selvagge e non tenendo conto di nulla. Quindi, quello che è stato detto, che ce lo chiedeva l'Europa, è una grandissima balla. Se vogliamo fare quello che ci chiede l'Europa dovremmo Pag. 47votare questo emendamento (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Sannicandro. Ne ha facoltà.

  ARCANGELO SANNICANDRO. Signor Presidente, solo per aggiungere ancora qualche altro argomento. Stamattina si è discusso abbondantemente delle ragioni per le quali è stato stabilito un riposo di ventiquattro ore dopo sei giorni e si è invocata la famiglia e altro. È inutile che ci scherziamo sopra e lo dice uno, come ha detto il collega stamattina, che non è che su questi argomenti si cimenta spesso, cioè quelli della famiglia e via discorrendo. La norma è nata indiscutibilmente all'inizio per motivi di igiene e di difesa della salute dei lavoratori perché se noi ci ricordiamo un po’ di tanti film o di quel famoso romanzo Il padrone delle ferriere, allora ci ricordiamo bene come non c'era alcun limite, né alcun impedimento a che i lavoratori fossero sfruttati possibilmente per tutta la giornata e si tollerava soltanto che ricostituissero le proprie energie psicofisiche.
  Poi, dopo, l'argomento si è arricchito e si è arrivati anche a considerare che il lavoratore ha diritto di riposare, sì, ma non basta perché questo si fa con i cavalli. Ho sempre citato il cavallo di mio nonno che ad un certo momento era ben curato ed era anche ben riposato. Ora però la civiltà è andata avanti e si è cominciato a ritenere che si avesse il diritto anche ad un periodo di svago, di riposo, di ricongiungimento familiare e si è arricchita la ragione o le ragioni per le quali bisognava garantire ai lavoratori un periodo di riposo domenicale e festivo. Infatti, non è bello che nel giorno festivo io debba stare da solo, che mentre altri si ricompongono e si rivedono nella comunità io debba stare in fabbrica quando non ve ne fosse bisogno. Se parliamo di poliziotti, di medici in ospedale e via discorrendo è evidente che questo sacrificio tra due valori va pure fatto. Ma quando questo bisogno non c’è...
  Qualcuno ha citato il diritto dei consumatori – io li chiamo cittadini-consumatori – ma non mi pare proprio un diritto costituzionalmente garantito quello di andare a fare la spesa la domenica a danno di altri. Hanno messo sullo stesso piano, anzi hanno sopravanzato il diritto di andare a fare la spesa la domenica all'obbligo del lavoratore di andare a lavorare di domenica, non so se mi spiego. Si è parlato in modo elegante e anche culturalmente efficace: un collega ha detto che si dimentica qui il diritto del consumatore. Cosa significa il diritto del consumatore ? La domenica lo si può vedere: c’è il diritto di andare a fare la spesa la domenica all'Ipercoop e, dall'altro lato, c’è il dovere della commessa di andare lì di domenica a servire il cittadino-consumatore.
  Ora questa è la comparazione che dobbiamo fare. Oggi questa comparazione si è squilibrata a favore del consumatore, della spesa la domenica e, quindi, ovviamente cento anni di storia a difesa della dignità dei lavoratori sono andati a farsi benedire. Il resto al secondo emendamento !

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Mazziotti Di Celso. Ne ha facoltà.

  ANDREA MAZZIOTTI DI CELSO. Signor Presidente, l'intervento dell'onorevole Sannicandro conferma ancora una volta la confusione. Infatti, non è che qui si sta dicendo che i lavoratori devono lavorare sette giorni su sette. Qui il problema è se un imprenditore è libero di organizzare il lavoro in un determinato modo, ovviamente tutelando la posizione dei lavoratori dal punto di vista sindacale, questo è chiaro. Non esiste alcun contratto di lavoro che prevede l'estensione a sette giorni se l'imprenditore resta aperto sette giorni: è una mistificazione totale. Così come il discorso che ho sentito fare prima riferito all'Antitrust che fa un parere sotto dettatura. L'Antitrust quel parere lo aveva già fatto all'inizio e l'aveva detto chiaramente perché era ovvio, rispetto a tutti i principi già dettati, che quella normativa era contraria alla libera concorrenza.Pag. 48
  Quanto all'occupazione ancora una volta si dicono delle cose false perché l'occupazione nel settore del commercio è cresciuta in questi anni. Ripeto: è cresciuta. È diminuita nel settore del commercio al dettaglio ed è cresciuta negli altri settori. Se si decide che si vuole fare una scelta per la quale il lavoratore del commercio al dettaglio vale di più del lavoratore del commercio all'ingrosso, allora è una posizione rispettabilissima, ma se i lavoratori sono tutti uguali e il problema in questo momento è quello dell'occupazione, allora prendere delle misure che hanno immediatamente ed automaticamente l'effetto di ridurre l'occupazione è totalmente senza senso (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Crippa. Ne ha facoltà.

  DAVIDE CRIPPA. Signor Presidente, sarò telegrafico perché il collega Mazziotti Di Celso non era in Commissione e, quindi, si sarà perso sicuramente un pezzo del dibattito. Quanto il presidente Epifani ci ha riferito il giorno in cui ha ricevuto la lettera dell'Antitrust era stato principalmente un'informativa dove veniva detto che, su sollecitazione di Federdistribuzione, l'Antitrust aveva dovuto riscrivere alcune cose che erano già state segnalate in un parere precedente. Quindi, vi è stata un'ingerenza da parte di Federdistribuzione che sollecita l'Antitrust a fare un parere e l'Antitrust casualmente il giorno prima di porre in votazione gli emendamenti recapita al presidente della Commissione una comunicazione.
  Di questo credo che ci sia già traccia come invio del presidente di Commissione al Presidente della Camera. Pertanto, cerchiamo di riportare all'oggettività dei contenuti e non facciamo voli fantasiosi sul fatto che l'Antitrust dovesse dare quel parere già in passato: in realtà, è stato un parere telecomandato (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Della Valle 1.23, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Malisani, Zardini, Dell'Aringa, Giorgio Piccolo, Abrignani, Piccione, Causi, Busto, Magorno...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti  385   
   Votanti  381   
   Astenuti    4   
   Maggioranza  191   
    Hanno votato
 121    
    Hanno votato
no  260).    

  Passiamo all'emendamento Baruffi 1.151.
  Chiedo al presentatore se acceda all'invito al ritiro dell'emendamento Baruffi 1.151 formulato dal relatore.

  DAVIDE BARUFFI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, rappresentante del Governo, sono firmatario, insieme alle colleghe Albanella e Ghizzoni, di questo e di un altro emendamento all'articolo 2: entrambi insistono sulla questione degli accordi territoriali. Sono emendamenti che abbiamo presentato anche in coerenza con il parere espresso dalla Commissione lavoro, che ha formulato alcune raccomandazioni, alla decima, circa questo punto.
  Noi riconosciamo bene che si sta facendo con questo provvedimento un passo in avanti – io sono firmatario anche di una delle proposte abbinate –, un passo in avanti per quanto riguarda le dodici festività che vengono introdotte; bene per quanto riguarda gli accordi territoriali che sono contenuti all'interno di questo provvedimento; bene circa le prerogative dei sindaci, che vengono ripristinate rispetto a particolari situazioni sul loro territorio; e bene anche per le politiche attive che, in Pag. 49coda a questo provvedimento, vengono individuate per il sostegno del settore e delle piccole e piccolissime imprese del commercio, cioè gli esercenti.
  Tutte cose non previste dall'ordinamento precedente, cioè dall'ultimo intervento, dal provvedimento «salva Italia» che, di colpo, aveva azzerato tutto: le prerogative delle regioni, le prerogative degli enti locali, la concertazione con le parti sociali. Tutto quello che era contenuto nella disciplina precedente, che risaliva al 1996, quella che porta il nome di Bersani, che, certamente da adeguare, certamente non più aggiornata, aveva però consentito nel tempo di costruire nel territorio esperienze avanzate. Io non la voglio fare lunga qui, ma potrei portarvi l'esempio della mia città, di Modena, o quella di Carpi: esperienze dove è stato possibile costruire intese avanzate tra le parti – grande e piccola distribuzione, rappresentanti dei lavoratori, rappresentati dei consumatori – con soddisfazione di tutti. Questo il «salva Italia» lo aveva azzerato.
  Noi oggi, qui, facciamo un passo in avanti nella logica che dice che la libera concorrenza è un principio fondamentale, ma, come riconoscono le sentenze della nostra Corte e anche di quella europea, ci sono altri interessi collettivi che devono essere contemperati e che non possono essere schiacciati da questo principio essenziale di regolazione del mercato.
  Io credo che si sarebbe potuto avere un po’ più di coraggio: cioè, nella misura in cui il Parlamento decide di rimettere mano all'impianto della norma, si poteva osare un po’ di più, farsi un po’ più carico di quanto emerso in questi due anni dal Paese reale, avere un po’ più l'orecchio a quanto ci è venuto dalle rappresentanze e dalle persone in carne ed ossa.
  Raccolgo, però, la sollecitazione e l'invito al ritiro da parte del relatore perché, riconoscendo questi passi avanti, non me la sento, in questa prima lettura, di ostacolare, in qualche modo di intralciare, e compromettere un percorso che ritengo vada nella direzione giusta. È un passo avanti, non riconoscerlo sarebbe un errore.
  Confido che nella decantazione dell'approvazione del provvedimento, anche nel passaggio all'altro ramo, ci possa essere un po’ più di discussione, un po’ più di attenzione su questo punto sul quale vorrei anche l'attenzione del Governo. Credo che sia una materia delicata, il commercio lo è, non riguarda solo un settore economico, riguarda le vite delle comunità, i ritmi delle città, il modo in cui si organizzano. Riuscire a ridare voce al territorio, alle regioni, ai comuni, ai diretti protagonisti credo che sarebbe utile. Non abbiamo la verità qui dentro e quando facciamo le leggi, se ci confrontiamo con quelli che stanno fuori facciamo senz'altro un'opera buona.
  Annuncio che ritiro, quindi, questo emendamento e anche il successivo Baruffi 2.150.

  PRESIDENTE. Quindi, l'emendamento Baruffi 1.151 è stato ritirato.
  Passiamo all'emendamento Ricciatti 1.153, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ferrara. Ne ha facoltà.

  FRANCESCO detto CICCIO FERRARA. Signora Presidente, noi riproponiamo un ragionamento che poi, come vedremo anche negli altri emendamenti che abbiamo proposto, ha un filo di continuità. Noi volevamo intervenire su una legge che, di fatto, aveva abolito la possibilità per le lavoratrici e i lavoratori di impedire loro di avere la possibilità di stare a casa nei giorni festivi. Fino ad un certo punto la Commissione questo lavoro l'ha fatto, provando in qualche modo a intervenire per evitare che, appunto, questi lavoratori e queste lavoratrici fossero sostanzialmente ed esclusivamente in mano alle aziende, alle imprese. Per cui, non avevano alcuna tutela, perché erano costretti ad andare a lavorare.
  Ora, la domanda è: che cosa è successo ? È successo che ad un certo punto, Pag. 50portando a pretesto l'Europa, e quindi l'elemento della cosiddetta concorrenza, che cosa si fa ? Si fa un'operazione finta, si dice che da 12 diventano sei, ma in verità non cambia assolutamente niente, perché gli esercizi commerciali possono derogare. Quindi, rimane l'arbitrio e cioè l'esercizio può decidere in qualsiasi realtà del suo destino, dell'orario di lavoro e quindi anche dei lavoratori.
  Allora noi, ovviamente, abbiamo un'altra idea e – l'abbiamo detto anche prima, l'hanno detto i miei colleghi – il punto non è se la domenica siano aperti o siano chiusi gli esercizi, il punto è che questi lavoratori, queste lavoratrici devono avere la certezza del diritto. Devono sapere dall'inizio dell'anno quali sono le giornate in cui devono lavorare nei giorni festivi e a quali condizioni; cosa che allo stato attuale ovviamente non c’è.
  C’è un'altra questione: non è previsto neanche che si possa concertare, uso un termine tecnico così ci intendiamo, in determinate situazioni, in determinati territori con i comuni e con le organizzazioni sia degli esercenti sia, ovviamente, del sindacato delle lavoratrici e dei lavoratori. Per cui una lavoratrice e un lavoratore sono di fatto assoggettati alle decisioni che prende, in quel caso, l'esercizio commerciale.
  Per questa ragione noi abbiamo presentato questo ed altri emendamenti che vanno, ovviamente, nella direzione di dare più tutele, più diritti e più certezze ai consumatori, ma, ovviamente, anche alle lavoratrici e ai lavoratori.

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Ricciatti 1.153, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Grassi, Di Lello, Abrignani, Paola Bragantini...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti  387   
   Votanti  376   
   Astenuti   11   
   Maggioranza  189   
    Hanno votato
 120    
    Hanno votato
no  256).    

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Da Villa 1.163, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Allasia, Martelli, Paola Bragantini, Campana, Frusone, Magorno, Coccia.
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti  385   
   Votanti  380   
   Astenuti    5   
   Maggioranza  191   
    Hanno votato
 117    
    Hanno votato
no  263).    

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Da Villa 1.162, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Basso, Lavagno, Paris, Giammanco.
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti  386   
   Votanti  381   
   Astenuti    5   
   Maggioranza  191   
    Hanno votato
 119    
    Hanno votato
no  262).    

  Passiamo all'emendamento Ricciatti 1.154.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Ricciatti. Ne ha facoltà.

Pag. 51

  LARA RICCIATTI. Signora Presidente, con questo emendamento proviamo a ripristinare il cuore del lavoro svolto in Commissione durante gli scorsi mesi, proponendo che ciascun comune possa, per motivate ragioni e caratteristiche socio-economiche e territoriali, sentite le organizzazioni dei consumatori, delle imprese del commercio e dei lavoratori, sostituire fino a un massimo di sei giorni festivi di chiusura obbligatoria tra quelli indicati nell'ambito dello stesso articolo 1 – che, per evitare un po’ di confusione vorrei ripeterli: sono il 1o gennaio, il 6 gennaio, il 25 aprile, Pasqua, Pasquetta, il 1o maggio, il 2 giugno, Ferragosto, il 1o novembre, l'8 dicembre, Natale ed il giorno di Santo Stefano –, con un numero pari di giorni di chiusura domenicale o festiva. Si ricorda, infatti, che per effetto degli emendamenti approvati in Commissione, il provvedimento ora consente, a ciascun esercente l'attività di vendita al dettaglio, di derogare all'obbligo di chiusura sino a un massimo di sei giorni, individuati liberamente fra i dodici indicati dal testo. L'esercente che vuole avvalersi della potestà di deroga deve darne comunicazione al comune competente per territorio secondo la modalità la cui individuazione è demandata ad un decreto del Ministro dello sviluppo da emanarsi, previo parere dell'ANCI, entro 60 giorni dalla data di entrata vigore della legge. In pratica, di fatto viene scavalcata tutta la concertazione che invece prima era prevista con i lavoratori, a cui il lavoro della Commissione, peraltro, aveva puntato.
  Quindi, l'appello iniziale è alle colleghe e ai colleghi della X Commissione, che inizialmente avevano svolto un altro tipo di lavoro, con altri obiettivi, peraltro virtuosi e positivi, che invece nelle ultime sedute di Commissione hanno cambiato anche strada. Quindi, l'appello che vogliamo fare è: abbiamo fatto un bel percorso in Commissione – avete fatto –, insieme ad altre colleghe e colleghi, cerchiamo di non disperdere oggi tutto il lavoro fatto (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Ricciatti 1.154, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Giorgio Piccolo, Palma, Dell'Aringa, Fantinati, Luigi Gallo.
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti  380   
   Votanti  376   
   Astenuti    4   
   Maggioranza  189   
    Hanno votato
 112    
    Hanno votato
no  264).    

  Passiamo alla votazione dell'emendamento Ricciatti 1.155.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Ricciatti. Ne ha facoltà.

  LARA RICCIATTI. Signora Presidente, sembra un emendamento di fatto semplice ma per noi chiedere la cancellazione della parola «liberamente» è una cosa molto importante perché scrivere che l'esercente commerciale possa liberamente derogare a fronte della mancata tutela dei diritti dei lavoratori ci pare veramente assurdo. E guardate, da questi banchi vorremmo fare in particolar modo un appello al presidente della Commissione Epifani che della tutela dei diritti dei lavoratori si è sempre occupato e l'ha fatto per una vita. Presidente Epifani, questo testo andrà al Senato, ci saranno delle modifiche, proviamo a non mandarlo in Senato in maniera propria pessima.
  Io penso che si possa in questo lavoro, in queste ore, durante queste votazioni apportare qualche modifica. Togliere la parola «liberamente» significa provare a garantire qualche tutela dei diritti delle lavoratrici e dei lavoratori in più. Penso che questo emendamento possa e debba essere votato anche dalle altre colleghe e dagli altri colleghi.

Pag. 52

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Ricciatti 1.155, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Gribaudo...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti  380   
   Votanti  375   
   Astenuti    5   
   Maggioranza  188   
    Hanno votato
 124    
    Hanno votato
no  251).    

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Dell'Orco 1.165, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Magorno, Carra, Rossi Paolo, Malpezzi, Fantinati, Rondini...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti  384   
   Votanti  379   
   Astenuti    5   
   Maggioranza  190   
    Hanno votato
 113    
    Hanno votato
no  266).    

  Passiamo alla votazione dell'emendamento Allasia 1.159.
  Ha chiesto di parlare il deputato Allasia. Ne ha facoltà.

  STEFANO ALLASIA. Presidente, lo ritiro.

  PRESIDENTE. Sta bene. Passiamo dunque alla votazione dell'emendamento Ricciatti 1.156.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Ricciatti. Ne ha facoltà.

  LARA RICCIATTI. Signora Presidente, questo emendamento prova a chiedere che vengano coinvolte anche, ovviamente nella contrattazione, le organizzazioni dei lavoratori e dei consumatori perché avevamo detto che partivamo da un obiettivo e da un equilibrio. L'equilibrio di cercare di garantire i diritti delle lavoratrici e dei lavoratori e, al tempo stesso, cercando di aiutare le imprese e il consumo ed il commercio. Però, vedete, quando si va a stabilire un accordo e non si coinvolgono le associazioni sindacali noi pensiamo che questo non sia solo un problema, ma anche una mancanza di rispetto delle lavoratrici e dei lavoratori. Vorremmo che al centro di questo dibattito si provasse a sostituire, se possibile, almeno in maniera un po’ romantica, la parola merce e la parola profitto, provando a prendere in considerazione ogni tanto anche i diritti delle lavoratrici e dei lavoratori.

  PRESIDENTE. Avverto che il gruppo Sinistra Ecologia Libertà ha esaurito i tempi previsti dal contingentamento. Se ne è fatta richiesta, la Presidenza concederà a tale gruppo un aumento dei tempi pari ad un terzo di quello originariamente stabilito.
  Passiamo ai voti. Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Ricciatti 1.156, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Magorno, Monchiero, Furnari, Saltamartini, Rubinato...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

Pag. 53

   (Presenti  384   
   Votanti  378   
   Astenuti    6   
   Maggioranza  190   
    Hanno votato
 114    
    Hanno votato
no  264).    

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Ricciatti 1.157, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Murer, Arlotti, Monchiero, Famiglietti, Magorno...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti  385   
   Votanti  380   
   Astenuti    5   
   Maggioranza  191   
    Hanno votato
 110    
    Hanno votato
no  270).    

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Mantero 1.166, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Murer, Ruocco, Luigi Gallo...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti  384   
   Votanti  361   
   Astenuti   23   
   Maggioranza  181   
    Hanno votato
  99    
    Hanno votato
no  262).    

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Allasia 1.41, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Carra, Folino, Di Lello...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti  384   
   Votanti  361   
   Astenuti   23   
   Maggioranza  181   
    Hanno votato
  96    
    Hanno votato
no  265).    

  Ricordo che l'emendamento Alfreider 1.54 è stato ritirato.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Allasia 1.160, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Garofani, Grassi, Dell'Aringa, Saltamartini, D'Arienzo...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti  380   
   Votanti  374   
   Astenuti    6   
   Maggioranza  188   
    Hanno votato
 115    
    Hanno votato
no  259).    

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Ricciatti 1.158 e Vignali 1.167, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Palma, Morassut, Ginefra...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

Pag. 54

   (Presenti  382   
   Votanti  378   
   Astenuti    4   
   Maggioranza  190   
    Hanno votato
 124    
    Hanno votato
no  254).    

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 1.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Baruffi, Locatelli...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

   (Presenti  380   
   Votanti  347   
   Astenuti   33   
   Maggioranza  174   
    Hanno votato
 338    
    Hanno votato
no    9).    

  (La deputata Miotto ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto favorevole).

(Esame dell'articolo 2 – A.C. 750-A/R ed abbinate)

  PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 2 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A – A.C. 750-A/R ed abbinate).
  Nessuno chiedendo di parlare sull'articolo 2 e sulle proposte emendative ad esso presentate, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

  ANGELO SENALDI, Relatore. Signor Presidente, la Commissione formula un invito al ritiro altrimenti il parere è contrario sugli emendamenti Ricciatti 2.10, Lacquaniti 2.15 e 2.151 e Ricciatti 2.21. La Commissione esprime parere favorevole sull'emendamento Montroni 2.152.

  PRESIDENTE. Il Governo ?

  SIMONA VICARI, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Il Governo formula un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario...

  PRESIDENTE. Mi scusi, sottosegretaria, se il parere è uguale a quello espresso dal relatore, basta che mi dica che è conforme.

  SIMONA VICARI, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Lo è. Poc'anzi avevo detto così, ma l'Assemblea ha manifestato...

  PRESIDENTE. Passiamo all'emendamento Ricciatti 2.10.
  Prendo atto che i presentatori non accedono all'invito al ritiro formulato dal relatore ed insistono per la votazione.
  Passiamo dunque ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Ricciatti 2.10, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Di Lello, Malpezzi...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti  376   
   Votanti  372   
   Astenuti    4   
   Maggioranza  187   
    Hanno votato
 118    
    Hanno votato
no  254).    

  Prendo atto che gli identici emendamenti Lacquaniti 2.15 e Baruffi 2.150, nonché l'emendamento Lacquaniti 2.151 sono stati ritirati dai presentatori.
  Passiamo pertanto all'emendamento Ricciatti 2.21.
  Prendo atto che i presentatori non accedono all'invito al ritiro formulato dal relatore ed insistono per la votazione. Passiamo dunque ai voti.Pag. 55
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Ricciatti 2.21, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Mura, Gutgeld...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti  376   
   Votanti  295   
   Astenuti   81   
   Maggioranza  148   
    Hanno votato
  40    
    Hanno votato
no  255).    

  (il deputato Da Villa ha segnalato che avrebbe voluto astenersi; il deputato Micillo ha segnalato che ha votato erroneamente a favore e che avrebbe voluto astenersi)

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Montroni 2.152, con il parere favorevole della Commissione e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Fico.
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

   (Presenti  377   
   Votanti  287   
   Astenuti   90   
   Maggioranza  144   
    Hanno votato
 233    
    Hanno votato
no   54).    

  (il deputato Miccoli ha segnalato che si è erroneamente astenuto e che avrebbe voluto esprimere voto favorevole)

  Passiamo alla votazione dell'articolo 2.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Sannicandro. Ne ha facoltà.

  ARCANGELO SANNICANDRO. Signor Presidente, due minuti soltanto. Allora, voglio leggervi l'articolo 2: «ciascun comune (...) può predisporre accordi territoriali non vincolanti per la definizione degli orari e delle chiusure degli esercizi commerciali (...)». Può predisporre accordi territoriali ed il testo poi prevede due pagine di disciplina di un qualcosa che non è vincolante. Va bene ma tutto ciò riguarda la tecnica legislativa. L'articolo poi prosegue: ferme restando le disposizioni di cui ai commi della legge (...) e via seguitando. Sapete come si intitola quella legge ? La legge si intitola in questa maniera: Misure urgenti per lo sviluppo, la crescita e la promozione della concorrenza e per la tutela – poiché la concorrenza può portare a degli accessi – dei consumatori e per la liberalizzazione di settori produttivi. Questo per sottolineare un aspetto, quando ho denunziato che l'opposizione dell'attuale maggioranza, al tentativo di alcuni di porre freno a questa liberalizzazione selvaggia, che si è realizzata negli anni dal 2003 in poi, non era un fatto ideologico, come dire, o inventato da me per polemica: non è altro che una presa d'atto che il mondo è cambiato o meglio il mondo lo hanno cambiato, perché si usa dire che il mondo è cambiato; no, il mondo è stato cambiato ed è stato cambiato nella direzione che il titolo di questo decreto-legge che qui si ribadisce bisogna salvaguardare sancisce chiaramente. Questo volevo sottolineare e voglio anche sottolineare che – visto che stamattina si è anche fatto riferimento ad alcuni aspetti implicati di religiosità, e qualcuno rideva stamattina – già la contrattazione collettiva, nonché la legislazione, prende atto che la nostra società è anche una società che ha uno spirito religioso e che ci sono i cattolici, ma ci sono anche gli avventisti del VII giorno, ci sono gli ebrei, per cui la contrattazione collettiva ciononostante stabilisce che, nell'organizzazione sia pur flessibile del lavoro, bisogna tenere conto della sensibilità religiosa dei lavoratori, normativa che qui ovviamente non è menzionata.

Pag. 56

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Buttiglione. Ne ha facoltà.

  ROCCO BUTTIGLIONE. Signor Presidente, io voterò per disciplina di partito e di coalizione questo articolo e anche il provvedimento. Sento però il bisogno di spiegare le ragioni per cui il gruppo dei Popolari per l'Italia ha spesso votato gli emendamenti dell'opposizione. Guardate, qui non è questione dell'Europa; l'Europa ha un suo specifico regolamento del 2003, una raccomandazione del 2003, per la difesa della micro, piccola e media impresa. Quindi, difende il principio di concorrenza, ma è anche consapevole della ricchezza che la piccola impresa rappresenta per l'Europa. Il problema che qui abbiamo non è tanto, onorevole Sannicandro, un problema di tutela dei lavoratori dipendenti, perché il grande esercizio assume magari qualcuno in più e riorganizza il lavoro in modo da coprire anche questi tempi ulteriori. E il piccolo esercizio che non lo può fare. È il piccolo esercizio il quale si trova drammaticamente svantaggiato e costretto a coprire spazi ulteriori, stirando al massimo le energie lavorative dei propri lavoratori, che in genere sono membri di un'impresa familiare e non è in grado di assumere lavoratori in più, perché, contrariamente alle aspettative di quando iniziarono i processi di liberalizzazione, questi processi di liberalizzazione non aumentano il volume complessivo delle vendite, distendono il volume delle vendite su un arco temporale maggiore. Se c’è invece un aumento delle vendite per i grandi esercizi è per altre ragioni, ragioni di una giusta e lecita concorrenza che in questo caso avvantaggia il consumatore perché trova dei prezzi migliori. Qui è la ragione per cui l’hard discount sta sfondando anche in anni di grande difficoltà economica italiana. Allora, noi stiamo approvando una regola, la quale mette in ulteriore difficoltà tutto il settore del piccolo commercio, che non è in grado di affrontare una riorganizzazione la quale consenta di coprire umanamente anche questi spazi ulteriori. Noi siamo in linea di principio favorevoli alla liberalizzazione perché ne vediamo le ragioni e quindi voteremo a favore, ma vorremmo una liberalizzazione più umana, più attenta alle esigenze del piccolo imprenditore. In questo articolo 2 poi segnalo ai colleghi del MoVimento 5 Stelle e di SEL, che hanno svolto una pregevole attività emendativa, che una cosa gli è sfuggita.
  Al punto quinquies noi permettiamo ai comuni di dare incentivi, anche sotto forma di agevolazioni fiscali relative ai tributi di propria competenza, alle micro, piccole e medie imprese che aderiscono agli accordi. Ho due profili di perplessità. Il primo riguarda la normativa europea: non stiamo attribuendo un aiuto di Stato o, in questo caso, un aiuto delle autorità comunali fuori dalle regole della concorrenza ? Questa è la prima domanda. Seconda domanda: ma con 15 milioni di euro, anzi, 18 milioni di euro, considerando tutto, voi pensate davvero che si possano dare incentivi che cambiano le decisioni degli imprenditori ?
  Non stiamo dando libertà di distribuire denaro, in qualche modo, ai propri amici, su basi che non cambieranno la struttura della distribuzione ? Qual è il senso di questo incentivo ? In un Paese che di incentivi ne ha già troppi e dove periodicamente si dice che «applicheremo la scure, taglieremo gli incentivi», adesso ne mettiamo uno nuovo ? Ha senso ? Perché ? Siamo sicuri che non abbia effetti clientelari ?
  Questi sono due profili di perplessità su questo specifico comma che si uniscono alle ragioni di perplessità che prima abbiamo detto. La concorrenza è una cosa buona, purché sia leale, purché sia temperata, purché sia contenuta all'interno di un ordine normativo che consenta di entrare nell'ambito della concorrenza. Se si adotta una regolamentazione che privilegia troppo i grossi, la libertà di impresa, e quindi la libertà di concorrenza, viene attaccata, perché i piccoli, imprenditori, non lo potranno diventare mai.

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.Pag. 57
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 2, nel testo emendato.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Folino, Anna Maria Carloni, Giulietti, Malpezzi...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

   (Presenti  372   
   Votanti  262   
   Astenuti  110   
   Maggioranza  132   
    Hanno votato
 259    
    Hanno votato
no    3).    

  (I deputati Caon e Rondini hanno segnalato di aver espresso voto favorevole mentre avrebbero voluto astenersi).

(Esame dell'articolo 3 – A.C. 750-A/R ed abbinate)

  PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 3 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A – A.C. 750-A/R ed abbinate).
  Se nessuno chiede di intervenire sul complesso degli emendamenti, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

  ANGELO SENALDI, Relatore. Signor Presidente, il parere della Commissione è contrario su tutti gli emendamenti riferiti all'articolo 3.

  PRESIDENTE. Il Governo ?

  SIMONA VICARI, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Il parere è contrario su tutti gli emendamenti.

  PRESIDENTE. Passiamo all'emendamento Ricciatti 3.150.
  Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Ricciatti 3.150, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Colleghi, affrettatevi, perché abbiamo ancora diversi voti da fare. Garofani, Artini...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti  377   
   Votanti  374   
   Astenuti    3   
   Maggioranza  188   
    Hanno votato
  37    
    Hanno votato
no  337).    

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Mantero 3.151, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Dell'Aringa...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti  383   
   Votanti  379   
   Astenuti    4   
   Maggioranza  190   
    Hanno votato
 115    
    Hanno votato
no  264).    

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Misuraca 3.15, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

Pag. 58

  Giammanco, Gigli, Dall'Osso, Arlotti, Fico...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti  379   
   Votanti  279   
   Astenuti  100   
   Maggioranza  140   
    Hanno votato
  23    
    Hanno votato
no  256).    

  (Il deputato Micillo ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Allasia 3.24, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Fontana, Monchiero, Della Valle, Gandolfi...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti  382   
   Votanti  361   
   Astenuti   21   
   Maggioranza  181   
    Hanno votato
  99    
    Hanno votato
no  262).    

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Vignali 3.152,
con il parere contrario della Commissione e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Dall'Osso, Ricciatti, Della Valle, Monchiero, Da Villa...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti  380   
   Votanti  359   
   Astenuti   21   
   Maggioranza  180   
    Hanno votato
 105    
    Hanno votato
no  254).    

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 3.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Mura, Della Valle, Dall'Osso...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Mi dispiace non ho visto l'onorevole Sorial.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

   (Presenti  374   
   Votanti  346   
   Astenuti   28   
   Maggioranza  174   
    Hanno votato
 340    
    Hanno votato
no    6).    

  (La deputata Pellegrino ha segnalato che avrebbe voluto astenersi).

(Esame dell'articolo 4 – A.C. 750-A/R ed abbinate)

  PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 4 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A – A.C. 750-A/R ed abbinate).
  Se nessuno chiede di intervenire sul complesso degli emendamenti, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

  ANGELO SENALDI, Relatore. Signor Presidente, la Commissione esprime parere favorevole sugli identici emendamenti Da Villa 4.150 e Taranto 4.152 con una piccola correzione tecnica: quando si definisce la microimpresa si fa riferimento all’«articolo 2, paragrafo 1», mentre la correzione è la seguente: «articolo 2, paragrafo Pag. 593», che è la definizione esatta della microimpresa nella raccomandazione della Commissione europea.
  La Commissione formula un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, degli emendamenti Allasia 4.153, Ricciatti 4.2, Da Villa 4.154, Lenzi 4.151, Dell'Orco 4.156, Crippa 4.157 e Dell'Orco 4.155.
  La Commissione esprime parere favorevole sull'emendamento Crippa 4.158 se riformulato, aggiungendo alla lettera a) del comma 2, dopo le parole «strumentazioni nuove» le parole: «comprese quelle necessarie per i pagamenti tramite moneta elettronica».
  La Commissione esprime parere contrario sugli emendamenti Misuraca 4.4 e Allasia 4.159.

  PRESIDENTE. Il Governo ?

  SIMONA VICARI, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore e favorevole anche alla riformulazione dell'emendamento Crippa 4.158.

  PRESIDENTE. Passiamo alla votazione degli identici emendamenti Da Villa 4.150 e Taranto 4.152 dei quali è stata proposta una riformulazione solo tecnica.
  Prendo atto che i presentatori accettano la riformulazione.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Della Valle. Ne ha facoltà.

  IVAN DELLA VALLE. Signor Presidente, vorrei appunto spiegare questo nostro emendamento. Noi chiediamo che questo fondo sia destinato alle microimprese. Quindi, visto che non è stato possibile aumentarlo e visto che è stato il massimo che si è riusciti ad ottenere, cerchiamo di limitare l'azione alle microimprese del commercio.
  Colgo l'occasione di questo emendamento per spiegare un po’ qual è la politica e qual è la visione che ha il MoVimento 5 Stelle. In questo Parlamento qualche settimana fa il Presidente del Consiglio era qui e ci diceva, testuali parole: io ritengo che non ci sia cosa più iniqua in Italia di un diritto del lavoro che divide i cittadini in cittadini di serie A e cittadini di serie B. Se sei un partita IVA non conti niente.
  Grazie ! Grazie, Presidente, di averci detto questo, però non è togliendo i diritti ai lavoratori di serie A e facendoli diventare tutti di serie B che risolviamo il problema ! Al massimo è aumentando i diritti ai cittadini di serie B. Quindi noi, noi del MoVimento 5 Stelle puntiamo sempre ad agevolare le piccole e medie imprese, le microimprese, i lavoratori del commercio, per fare diventare tutti dei cittadini di serie A. La soluzione non è togliere i diritti, togliere l'articolo 18 per creare posti di lavoro. Non è individuare cittadini di serie A e di serie B e abbassare i diritti a quelli di serie A. Questo deve essere ben chiaro.
  Poi vorrei fare sempre un appello al nostro caro Premier: esistono anche quelli di serie C, quelli che il lavoro non ce l'hanno, quelli che gli 80 euro non li hanno presi, quelli che meriterebbero un reddito minimo di cittadinanza per continuare a vivere in questo Paese. Ci dimentica sempre ! Fa i provvedimenti per vincere le elezioni, regalando gli 80 euro, ma dimentica quelli che non lavorano, quelli che un lavoro non ce l'hanno. Questi provvedimenti hanno fatto chiudere migliaia di attività commerciali e, quindi, hanno tolto lavoro ai cittadini. Ha tolto. Gli 80 euro non sono serviti a nulla. Quindi, non è togliendo i diritti ai lavoratori che creiamo posti di lavoro: è incentivando le microimprese e questo emendamento va in quella direzione.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Allasia. Ne ha facoltà.

  STEFANO ALLASIA. Signor Presidente, vorrei solo tornare sul provvedimento in esame, perché l'ultimo intervento – nulla a che dire sulle questioni generali – vorrei capire se è sugli identici emendamenti Da Pag. 60Villa 4.150 e Taranto 4.152 o se abbiamo cambiato discussione o è su altre argomentazioni e su altre proposte di legge.
  Chiedo solo, per il migliore proseguo dei lavori, di mantenere in Aula il massimo rigore, come è stato sempre fatto. Non che il suo lavoro in questo caso non sia stato fatto, ma oggettivamente bisogna farlo.
  Il nostro parere su questi emendamenti specifici è favorevole, come in altre proposte emendative. Eventualmente ritirerò il mio emendamento 4.153, perché è incluso in questi due identici emendamenti a firma Da Villa e Taranto. Perciò il nostro parere è favorevole e ritiro il mio successivo emendamento 4.153.

  PRESIDENTE. Grazie, onorevole Allasia, colgo la questione, ma l'onorevole Della Valle ha intelligentemente legato il suo intervento, per così dire, mettendo dentro più cose. Quindi mi ero predisposta a fare un richiamo al merito, ma il merito c'era.
  Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Da Villa 4.150 e Taranto 4.152, nel testo riformulato, con il parere favorevole della Commissione e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Tripiedi, Sarti, Martella, Basilio, Locatelli.
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

   (Presenti  366   
   Votanti  364   
   Astenuti    2   
   Maggioranza  183   
    Hanno votato
 362    
    Hanno votato
no    2).    

  Dopo questa votazione risultano preclusi gli emendamenti Allasia 4.153, che era stato anche ritirato, Ricciatti 4.2 e Da Villa 4.154.
  Passiamo all'emendamento Lenzi 4.151, su cui è stato formulato un invito al ritiro. Onorevole Lenzi, accede all'invito al ritiro ?

  DONATA LENZI. Signor Presidente, con questo emendamento volevo far notare all'Aula che i 15 milioni di euro di stanziamento per la costituzione del fondo previsto da questo provvedimento, un fondo che dovrebbe essere destinato a sostenere la ristrutturazione edilizia dei piccoli negozi, vengono presi dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali (fondi non ancora spesi e destinati alla stabilizzazione dei lavoratori). Lo dico perché quest'Aula deve essere consapevole che tutte le volte che si sposta anche solo un milione di euro si compie una scelta di priorità. E noi in questo momento stiamo dicendo che il problema emergenziale gravissimo della situazione di chi ha perso lavoro, la condizione di chi non ha da mangiare – come denunciava pesantemente l'articolo de La Repubblica di domenica – viene considerata meno prioritaria. Quindi, ritiro il mio emendamento, come richiesto dal relatore, ma ritengo necessario sottolineare l'importanza che gli stanziamenti che decidiamo per poste così rilevanti non vengano successivamente modificati (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. Onorevole Gigli, non le posso dare la parola: l'emendamento è stato ritirato. Passiamo all'emendamento Dell'Orco 4.156, su cui vi è un invito al ritiro altrimenti il parere è contrario. Prendo atto che il presentatore non accede all'invito al ritiro formulato dal relatore e dal Governo.
  Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Dell'Orco 4.156, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

Pag. 61

  Folino.
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti  361   
   Votanti  358   
   Astenuti    3   
   Maggioranza  180   
    Hanno votato
 120    
    Hanno votato
no  238).    

  Passiamo all'emendamento Crippa 4.157, su cui vi è un invito al ritiro altrimenti il parere è contrario. Prendo atto che il presentatore non accede all'invito al ritiro formulato dal relatore e dal Governo.
  Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Crippa 4.157, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Carloni, Borghi, Dall'Osso, Fantinati, Paolo Nicolò Romano, Piccione, Invernizzi, Parentela.
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti  365   
   Votanti  364   
   Astenuti    1   
   Maggioranza  183   
    Hanno votato
 109    
    Hanno votato
no  255).    

  Passiamo alla votazione dell'emendamento Dell'Orco 4.155, limitatamente alla parte ammissibile, cioè il primo capoverso, su cui vi è un invito al ritiro. Prendo atto che il presentatore non accede all'invito al ritiro.
  Passiamo quindi ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Dell'Orco 4.155, limitatamente alla parte ammissibile, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Zardini...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti  369   
   Votanti  368   
   Astenuti    1   
   Maggioranza  185   
    Hanno votato
 112    
    Hanno votato
no  256).    

  (Il deputato Fossati ha segnalato che ha votato contro, ma avrebbe voluto votare a favore).

  Passiamo alla votazione dell'emendamento Crippa 4.158, per il quale il relatore ha proposto una riformulazione, che i proponenti accettano. Passiamo quindi ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Crippa 4.158, nel testo riformulato, con il parere favorevole della Commissione e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione. L'onorevole De Micheli non era proprio visibile. Con due colleghi davanti è impossibile.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

   (Presenti  362   
   Votanti  359   
   Astenuti    3   
   Maggioranza  180   
    Hanno votato
 348    
    Hanno votato
no   11).    

  (I deputati Albanella e Vazio hanno segnalato di aver votato contro, ma avrebbero voluto votare a favore).

Pag. 62

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Misuraca 4.4, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti  369   
   Votanti  287   
   Astenuti   82   
   Maggioranza  144   
    Hanno votato
  39    
    Hanno votato
no  248).    

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Allasia 4.159, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Di Lello, Quartapelle Procopio, De Micheli...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti  372   
   Votanti  370   
   Astenuti    2   
   Maggioranza  186   
    Hanno votato
 116    
    Hanno votato
no  254).    

  Passiamo alla votazione dell'articolo 4, nel testo emendato.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Epifani. Ne ha facoltà.

  ETTORE GUGLIELMO EPIFANI. Signor Presidente, soltanto per una questione che naturalmente è delicata e non può passare sotto silenzio. Il problema della copertura finanziaria di questo testo è stato naturalmente complesso in una fase nella quale non è mai facile trovare coperture finanziarie. Allora, da questo punto di vista, siccome il problema posto dall'onorevole Lenzi è un problema credo serio e fondato, è evidente che io penso che il Governo, tanto più di fronte alla preparazione e alla definizione della legge di stabilità che verrà in Aula nelle prossime settimane, dovrà, tenendo conto della particolare finalità sociale del fondo da cui si attingono questi soldi, trovare le modalità per ripristinare quel fondo in modo tale che i soldi sottratti non vengano sottratti né alle questioni del lavoro, né alle questioni degli ultimi, né alle questioni dei più poveri. Questo credo che il Governo debba impegnarsi a fare.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Gigli. Ne ha facoltà.

  GIAN LUIGI GIGLI. Signor Presidente, sarei voluto intervenire prima, riallacciandomi a quello che diceva la collega Lenzi con la quale avevamo sostanzialmente condiviso, insieme ad altri colleghi del PD, questo rilievo alla modalità, che è stata assicurata, di copertura per il fondo che viene istituito a favore delle micro, piccole e medie imprese. Ora, a parte il fatto che io personalmente reputo questo fondo sostanzialmente una foglia di fico, perché è chiaro che tutta la filosofia purtroppo delle liberalizzazioni, volenti o nolenti – sarà pure il fiume della storia – va certamente a ridurre il piccolo commercio a favore della grande distribuzione, ma comunque questa foglia di fico aveva ed ha due limiti fondamentali. Il primo è quello della sua consistenza: una consistenza che io non sono in grado di calcolare a quanto ammonti per ciascun esercizio ma credo che, come si suol dire, fatto il conto della serva, non vada al di là dei 50-60 euro ad impresa per fini che pure, di per sé, sarebbero nobili cioè favorire l'accesso a nuove strumentazioni, a sistemi di sicurezza innovativi, l'accrescimento dell'efficienza energetica, il pagamento dei canoni di locazione. Con quella cifra che è stata allocata credo che più di un modesto pacchetto di sigarette non andiamo ad offrire a queste imprese.Pag. 63
  Ma il secondo rilievo, quello a cui faceva riferimento l'onorevole Lenzi, è un rilievo di estrema importanza e non solo dal punto di vista del rilievo sociale della materia, perché è vero che la coperta è corta ma non si può andare a sottrarre le risorse alle fasce più fragili per tappare un buco da un'altra parte. Al di là di questo però, c’è un aspetto di ordine procedurale, di bon ton, per così dire, dei lavori parlamentari che non può passare inosservato. La XII Commissione, nell'esprimere il suo parere in materia, aveva all'unanimità se non ricordo male, espresso il parere condizionandolo al rilievo che all'articolo 4 sia modificata la copertura finanziaria individuata in modo da non ridurre gli stanziamenti destinati alle politiche sociali. Quando il presidente Epifani ha sollevato in Commissione attività produttive, ieri pomeriggio, il tema dei pareri espressi dalle Commissioni, il relatore si è limitato a dire sull'argomento che gran parte dei rilievi attengono a profili del testo sui quali si è raggiunta in Commissione una mediazione che non intende compromettere, soprattutto in relazione al reperimento dei finanziamenti per la copertura del Fondo. Io mi chiedo se possa essere questo il modo in cui un argomento di questo genere, che ha a che fare con aspetti di grande rilievo sociale, possa essere trattato, trincerandosi dietro il fatto di un compromesso raggiunto. Dal mio punto di vista lo reputo inaccettabile e per questo il nostro gruppo voterà contro questo articolo 4 (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).

  ANGELO SENALDI, Relatore. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  ANGELO SENALDI, Relatore. Signor Presidente, vorrei spiegare che il fondo che viene istituito ha una profondità negli anni e quindi può essere calcolato su più anni. Non credo che nel 2015 tutti gli esercizi commerciali decidano di ristrutturare. Quindi credo che la consistenza, seppur minimale nella cifra, possa assumere invece una valenza importante per quegli esercizi che decidono di intervenire sul 2015 così come negli anni successivi. Quindi non direi che è una consistenza irrilevante perché non lo è nei fatti, oltre tutto con la possibilità anche che possono avere gli enti locali, le regioni anzitutto, di implementare questo Fondo. Andiamo a sostenere una realtà che è quella dei piccoli esercizi che dà anche vitalità ai centri storici, alle nostre città, sia piccole sia medie sia grandi, e quindi credo che abbia un valore in sé al di là del fattore economico.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Ferrara. Ne ha facoltà.

  FRANCESCO detto CICCIO FERRARA. Signor Presidente, vorrei dirlo in questo modo. Con questi fondi di fatto vi è la dimostrazione delle politiche che fin qui si sono dimostrate catastrofiche per tutte quelle piccole attività.
  Infatti, ci rendiamo conto che abbiamo, di fatto, aiutato la grande distribuzione e, allora, ci viene il senso di colpa e proviamo, in qualche modo, a distribuire un po’ di elemosina per quanto riguarda i piccoli esercizi, con un'unica differenza: come lo facciamo ? Togliendo i soldi ancora a quelli che sono più poveri.
  Pertanto, diciamo che facciamo un'operazione che assolutamente dimostra quanto sia sbagliata l'impostazione in questo settore, anche perché i piccoli andrebbero sostenuti con un'altra idea di che cosa è oggi la situazione del commercio nel nostro Paese e non incentivando queste grandi cattedrali, come i centri commerciali, e facendo chiudere tutte quelle attività, piccole e artigianali, che ci sono nei paesi e nelle città.
  Tutto ciò creando due operazioni sbagliate: la prima, svuotando le città, dove, invece, ci può essere ancora un elemento di socialità, ci può essere un elemento in cui i giovani incontrano anche la vecchia generazione, e, poi, spingendoli ad andare in questi grandi centri commerciali dove, appunto, prima fanno l'investimento, tengono Pag. 64le lavoratrici e i lavoratori nella condizione di essere sottopagati, con meno diritti e meno tutele e, poi, quando non gli va più bene se ne vanno. Questo è il quadro, per dirla in breve, della situazione.
  Certo, voteremo a favore perché dare un po’ di soldi a chi sta in una situazione del genere è sempre utile, però, appunto, questa questione dimostra quanto sia stata sbagliata e quanto sia sbagliata tutta la politica in questo settore (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Dell'Orco. Ne ha facoltà.

  MICHELE DELL'ORCO. Signor Presidente, allora, SEL forse non ha capito di cosa stiamo parlando: stiamo parlando di un fondo alle microimprese: a decorrere dal 2015 fino al 2020, 18 milioni all'anno. Diciotto per cinque, se non erro, fa 90 milioni di euro. Certo, si poteva fare molto di più, noi avevamo proposto anche altre coperture, come la tassazione del gioco d'azzardo e tanto altro. Si poteva fare di più, spero si faccia di più, anche nel passaggio tra Camera e Senato. Forse, sarà un'elemosina secondo voi, ma almeno è un primo passo, dato che, fino adesso, noi passiamo le settimane e i mesi a discutere di mozioni che non servono a nulla oppure che non verranno mai attuate (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Almeno questa è finalmente un'iniziativa parlamentare che dà dei soldi alle microimprese. E non vuol dire non incentivare il lavoro, perché, per noi del MoVimento 5 Stelle, aiutare le imprese e, soprattutto, le microimprese con meno di dieci dipendenti, fatte da giovani, ragazzi della mia età, con anche meno di trent'anni, vuol dire anche incentivare il lavoro. Questa è la nostra idea, non ho ancora capito la vostra (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Galgano. Ne ha facoltà.

  ADRIANA GALGANO. Signor Presidente, la nostra ve la diciamo subito: se noi consideriamo 18 milioni di euro diviso 650 mila piccoli esercenti, fanno 18 euro a testa. Se noi vogliamo aiutare le microimprese, se fossero 100 mila, sarebbero 180 euro a testa. Allora, con queste piccole cifre, con questa mentalità non andiamo da nessuna parte. Noi dobbiamo creare le condizioni perché le piccole imprese possano sopravvivere, il che significa avviare una grande opera di semplificazione: dobbiamo ridurre le tasse per poter aumentare il potere d'acquisto, in modo che abbiano clienti, dobbiamo fare le riforme. Questo dobbiamo fare (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Sannicandro. Ne ha facoltà, per un minuto.

  ARCANGELO SANNICANDRO. Signor Presidente, solo per precisare al collega che ha parlato prima che noi non voteremo contro, però, freudianamente, l'accostamento nello stesso testo di questa norma con l'ispirazione in generale delle politiche liberiste che si sono succedute in questo Paese dimostra che c’è stata la desertificazione in questo settore. Prima, un collega del MoVimento 5 Stelle ha letto un po’ le statistiche e ha dimostrato ampiamente quale moria ci sia in questo settore.
  Quindi, noi voteremo a favore di questo provvedimento, però questo non ci esime dal sostenere, come è stato anche detto da altri, che si tratta di ben poca cosa. Sarebbe stato meglio che queste piccole imprese non avessero avuto bisogno del contributo – guardate un po’ – per il contratto di locazione. Non so se ci siamo spiegati.

  PRESIDENTE. Onorevole Sannicandro, concluda.

  ARCANGELO SANNICANDRO. La lettera b), contributi integrativi per il pagamento dei canoni di locazione. Questo Pag. 65dimostra a che livello siamo arrivati, ma non è che si può dare la colpa ai piccoli commercianti o a chi si vuole dare dei soldi...

  PRESIDENTE. Grazie, onorevole Sannicandro, ha esaurito il suo tempo.
  Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 4, nel testo emendato.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Carra, Maino Marchi, Oliverio, Impegno, Vignali, Murer, Verini...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

   (Presenti  348   
   Votanti  337   
   Astenuti   11   
   Maggioranza  169   
    Hanno votato
 328    
    Hanno votato
no   9).    

  (La deputata Argentin ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto favorevole).

  Passiamo agli articoli aggiuntivi all'articolo 4.
  Invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione sugli articoli aggiuntivi Sibilia 4.07 e Dell'Orco 4.0150.

  ANGELO SENALDI, Relatore. Signora Presidente, la Commissione formula un invito al ritiro altrimenti il parere è contrario su entrambi gli articoli aggiuntivi citati.

  PRESIDENTE. Il Governo ?

  SIMONA VICARI, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Signora Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore.

  PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'articolo aggiuntivo Sibilia 4.07. Prendo atto che il presentatore non accede all'invito al ritiro formulato dal relatore e insiste per la votazione.
  Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo Sibilia 4.07, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Monchiero, Albini...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti  351   
   Votanti  350   
   Astenuti    1   
   Maggioranza  176   
    Hanno votato
 111    
    Hanno votato
no  239).    

  Passiamo alla votazione dell'articolo aggiuntivo Dell'Orco 4.0150.
  Prendo atto che il presentatore non accede all'invito al ritiro formulato dal relatore e insiste per la votazione.
  Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo Dell'Orco 4.0150, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Gigli, Sandra Savino, Saltamartini...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti  348   
   Votanti  347   
   Astenuti    1   
   Maggioranza  174   
    Hanno votato
 107    
    Hanno votato
no  240).    

Pag. 66

(Dichiarazioni di voto finale – A.C. 750-A/R ed abbinate)

  PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Lacquaniti. Ne ha facoltà.

  LUIGI LACQUANITI. Signora Presidente, signora rappresentante del Governo, onorevoli colleghe e colleghi, mi permetta, signora Presidente, per prima cosa di condurre il discorso su questo testo unificato a quello che avrebbe dovuto essere, fin dall'inizio, al centro delle nostre valutazioni, giacché anche nella discussione di un provvedimento di riforma dell'orario di apertura degli esercizi commerciali al centro delle valutazioni ci devono essere le persone, le persone che quell'esercizio commerciale hanno avviato, le persone che usufruiscono di quell'esercizio commerciale, le persone che in quell'esercizio commerciale lavorano.
  Quanti sono, signora Presidente, i piccoli imprenditori titolari di esercizi commerciali, spesso avviati dopo una vita di sacrifici, che vedono oggi la propria attività in crisi; si tratta di una tendenza in atto da molto tempo che ha portato alla chiusura di migliaia di attività e allo svuotamento dei centri storici, come giustamente ci ricordano le associazioni di categoria.
  Non è un residuo del passato, nei grandi centri urbani come nei piccoli paesi, la figura di questo piccolo imprenditore titolare di una microimpresa commerciale con un numero esiguo di dipendenti.
  In molti casi si tratta di imprese familiari; in altri casi, oggi, del tentativo di un giovane di uscire dall'incubo della disoccupazione, investendo i pochi risparmi di famiglia, e spesso perdendo quei pochi risparmi, non appena l'attività acquistata si rivela un pessimo affare. Una legge di riforma dell'orario degli esercizi commerciali non può prescindere da queste situazioni.
  E poi, però, abbiamo le richieste che ci vengono dai consumatori: differenti ma sempre rispettabili. Altre persone, dunque, a cui l'esistenza quotidiana impone tempi frenetici, inimmaginabili nell'Italia di ieri, una lotta quotidiana fatta di corse nel traffico, di orari di lavoro sempre più esigenti, di bambini da portare a scuola e a scuola riprenderli a fine turno. Anche in questo caso la tendenza è in atto da tempo, e a farne le spese, sono soprattutto le donne, madri, mogli, che devono conciliare il lavoro, le aspettative professionali con le esigenze familiari. In questi casi non è indifferente sapere che i negozi abbiano o meno orari di apertura elastici e giorni di apertura estesi alle domeniche.
  Infine, ci sono i lavoratori, le maggiori vittime del processo di liberalizzazione, in quanto parti più deboli. È di tutta evidenza, infatti, che la liberalizzazione degli orari voluta dal Governo Monti ha rapidamente prodotto l'allungamento dell'orario giornaliero di lavoro e l'estensione degli orari alle domeniche e alle grandi festività. Uno sforzo che i piccoli esercizi commerciali di solito hanno potuto effettuare, per stare al passo con la concorrenza spietata della grande distribuzione, a prezzo di un peggioramento delle condizioni di lavoro dei propri dipendenti, quando non addirittura con il loro licenziamento. E anche nella grande distribuzione la liberalizzazione degli orari si è presto tradotta in aggravamento dei fenomeni di precarizzazione dei lavoratori.
  Questa è la realtà del commercio, signora Presidente, e nessuna riforma degli orari può permettersi di privilegiare solo uno dei soggetti interessati da questa riforma, dimenticandosi di tutti gli altri. L'introduzione della totale liberalizzazione voluta dal Governo Monti, in un momento cruciale per la nostra economia devastata dalla peggiore crisi economica, ha avuto conseguenze pesanti.
  Concludo. Noi oggi siamo chiamati ad approvare questa riforma, una riforma che non ci convince. Positivo aver reperito delle risorse per sostenere le microimprese, ma esiguo il plafond. Soprattutto, minimo è il numero di chiusure imposte al Pag. 67settore in corrispondenza di festività civili e religiose. E rispetto alle dodici festività originarie, finiamo per assegnare alle aziende la possibilità di derogare in modo discrezionale. Di fatto andiamo a limitare a sei le festività con chiusura obbligatoria: troppo poco, rispetto alle richieste originarie. Eppure, onorevoli colleghe e colleghi, si tratta pur sempre di una riforma ! E quel poco che essa innova è pur sempre meglio della situazione difficile in cui versa oggi questo settore.
  Per questo il gruppo di Libertà e Diritti-Socialisti europei voterà a favore. Ma è un rinnovamento che non si conclude oggi e che dovrà necessariamente vedere nel prossimo futuro un'ulteriore estensione alle chiusure. Introduciamo oggi dei giorni obbligatori di chiusura. Soprattutto, introduciamo oggi il principio per cui anche le liberalizzazioni devono trovare nel bene delle persone il proprio unico scopo (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Libertà e Diritti-Socialisti europei).

  PRESIDENTE. Constato l'assenza del deputato Gigli che aveva chiesto di parlare per dichiarazione di voto: s'intende che vi abbia rinunziato.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Allasia. Ne ha facoltà.

  STEFANO ALLASIA. Signor Presidente, mi scusi, stavo cercando di vedere proprio il punto per intervenire per essere più efficace nell'intervento. Indubbiamente, in modo tale che ci possa essere chiarezza: il gruppo della Lega Nord si dichiara contrario a questo provvedimento e si asterrà, perché arrivare ad una conclusione dopo un anno e mezzo in cui si è discusso, per larga parte in Commissione, sui vari testi in esame di natura parlamentare, e trovare l'accordo su sei chiusure festive più altre sei facoltative ci sembra abbastanza fuori luogo.
  Oltremodo anche sulla consistenza finanziaria delle coperture con riferimento agli incentivi che si è descritto, 90 milioni in sei anni per 20 regioni, non voglio mettermi con la calcolatrice alla mano, come ha fatto qualcun altro, però indubbiamente sono di poco conto.
  Per di più non c’è certezza e chiarezza se poi ci sarà una futura copertura finanziaria come ha evidenziato la maggioranza perché dovrà essere messa nelle trattative, nelle discussioni della prossima legge di stabilità e nelle future leggi di stabilità per i prossimi anni.
  Perciò noi diamo un parere assolutamente negativo e ci asterremo perché si poteva fare di più. Noi abbiamo sempre chiesto ai Governi cosiddetti «tecnici» di avere maggior coraggio e di essere più audaci; ci aspettavamo che questa audacia ce l'avesse la maggioranza parlamentare.
  Questi sono piccoli segnali che si danno sperando che poi ci sia la possibilità, a livello anche regionale, di trovare delle intese, degli accordi migliorativi. Già tante regioni, quelle che sono state governate da governatori della Lega, negli anni passati hanno espresso il proprio parere negativo sulle riforme di liberalizzazioni. Perciò il gruppo della Lega manterrà la propria opinione sugli eventi.
  Purtroppo, la crisi di questi anni è incalzante e non ha trovato conforto in quelle liberalizzazioni che sono partite dal 1998. La speranza è che ci possa essere maggior criterio in Aula parlamentare, eventualmente con modifiche al Senato per cercare di ulteriormente modificare il testo e rivalutarlo alla Camera. Perciò, come ho già espresso, poniamo la nostra astensione nel voto finale.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Ricciatti. Ne ha facoltà.

  LARA RICCIATTI. Signora Presidente, dopo la votazione degli emendamenti, secondo il gruppo di Sinistra Ecologia Libertà, non ci sono più le condizioni per esprimere un parere favorevole, pertanto abbiamo deciso che ci asterremo. E lo annunciamo non con poco rammarico dato che, secondo noi, abbiamo perso una grande occasione.
  Tante erano le aspettative rivolte al nostro lavoro e credo resteranno disattese almeno in parte. Avevamo un obiettivo e cioè di andare ad incidere direttamente o Pag. 68indirettamente su quanto previsto dall'articolo 31 del decreto «salva Italia», uno dei tanti regali che ci ha lasciato l'ex Governo Monti, che con l'articolo 31 aveva reso strutturale la liberalizzazione dell'orario di apertura degli esercizi commerciali in tutto il territorio nazionale, e non solo nelle località turistiche o commerciali.
  L'approccio di quell'impianto si basava sulla tutela della concorrenza, in barba ai vincoli di orario ed in barba all'obbligo di chiusura domenicale e festiva. Certo, non ci stupì all'epoca questo impianto, dato che i moniti ai giovani da parte di quel Governo orbitavano intorno all'esortazione a non essere choosy e non restare ancorati alla monotonia del posto fisso, ce lo ricordiamo bene. Ci siamo trovati così a favorire la grande distribuzione a discapito delle piccole attività commerciali, soprattutto nell'ambito del settore alimentare, che non riescono a reggere il confronto con i colossi commerciali ovviamente.
  Per non parlare, poi, della tutela dei diritti dei lavoratori, delle aspettative del mondo imprenditoriale, della tutela dell'ordine pubblico per finire con il soddisfacimento delle effettive esigenze del cittadino consumatore.
  Per limitare la piena liberalizzazione degli orari di apertura e di chiusura degli esercizi commerciali ed artigianali, inizia così un lungo e meticoloso lavoro in Commissione che dura da 15 mesi non senza colpi di scena, però. Ricordo che il testo venne già in Aula a ottobre del 2013 e fu rispedito in Commissione, dove in buona sostanza ci si era sforzati di trovare la formula giusta che permettesse di conciliare orari di lavoro accettabili per tutti i lavoratori del commercio. La riumanizzazione del loro lavoro, con le esigenze di tutto un comparto della nostra economia cui, tuttavia, però non è possibile imporre una indiscriminata chiusura domenicale, pena la chiusura di migliaia di esercizi commerciali e la perdita del posto di lavoro per quegli stessi lavoratori che oggi lamentano orari pesanti.
  Dovete sapere, colleghe e colleghi, che insieme alla Commissione, all'elaborazione del nuovo testo ha collaborato anche l'Antitrust, una cosa molto strana, che ha rimesso in discussione tutto il lavoro svolto, quasi che l'Antitrust possa esercitare un diritto di veto sull'esercizio dell'attività legislativa dei deputati.
  Credo si sia costituito un gravissimo precedente. Superati poi i problemi anche con il MEF per le coperture finanziarie, viene ben in mente alle colleghe ed ai colleghi del PD, con il sottinteso via libera del Governo, di presentare un emendamento che però gioca al ribasso per superare l’impasse dell'Antitrust. Viene fuori che in questo emendamento sono indicate 12 date, in sostanza i giorni di festa dal primo dell'anno al 26 dicembre, e tra queste i commercianti avranno l'obbligo di stare chiusi di fatto solo sei giorni a loro scelta, mentre il testo unificato predisposto originariamente dalla Commissione prevedeva 12 date di chiusura obbligatoria, che potevano essere sostituite, nel limite di massimo di sei, solo su decisione dei comuni attraverso anche il coinvolgimento delle organizzazioni dei consumatori, delle imprese di commercio e soprattutto dei lavoratori e delle lavoratrici. In buona sostanza, viene di fatto stravolto tutto il lavoro della X Commissione nei mesi scorsi, che puntava invece a una concertazione con le organizzazioni sindacali per arrivare a partorire un testo in forza del quale gli esercenti commerciali potranno aprire e chiudere quando vogliono, senza coinvolgere minimamente la volontà dei lavoratori tranne forse per 6 giorni. Eravamo partiti da 12, è bene ricordarlo, sempre.
  Dico forse perché c’è anche qualcosa in più, è infatti stato approvato un emendamento dove si dispone che le disposizioni relative agli orari degli esercizi commerciali – ovverosia l'articolo 1 – si applicano a decorrere dal primo gennaio dell'anno successivo a quello di entrata in vigore del provvedimento in questione. Badate bene, quindi le norme in questione potrebbero rischiare di non essere mai applicate praticamente, considerato che il provvedimento di legge è solo in prima lettura alla Camera, ma chissà quali altre perniciose Pag. 69modifiche potrebbero essere introdotte dal Senato per far passare forse magari da sei a tre giorni, per poi tornare alla Camera e magari diventare due giorni, poi magari anche un giorno solo.
  Insomma, la verità è questa riforma sugli orari di apertura degli esercizi commerciali non si vuole fare e non si farà mai se si continua di questo passo, perché il testo risultante dagli emendamenti approvati in Commissione, così com’è, a fronte di più di un anno di lavoro svolto in Comitato ristretto, non servirà praticamente a nulla. Ma decidiamo di astenerci, perché partiamo da un presupposto: va appunto cambiato il pessimo articolo 31 dell'ultimo regalo che ci fece il Governo Monti.
  Quindi, è un'apertura di credito quella che Sinistra Ecologia Libertà sta facendo a questo Governo, con l'auspicio che in Commissione e al Senato si possa tornare a lavorare e a modificare i giorni di chiusura domenicale o festiva per cercare di conciliare quell'equilibrio, di per sé già troppo fragile. Vedete, colleghe e colleghi, forse è nell'indifferenza proprio di queste Aule che facciamo più male alle lavoratrici e ai lavoratori (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Poiché il deputato Gigli aveva avuto un impedimento urgente, gli diamo adesso la parola. Le chiederei di «stringere», onorevole Gigli, perché facciamo un'eccezione. Ne ha facoltà.

  GIAN LUIGI GIGLI. Presidente, salto di proposito, lasciandole magari agli atti, le note riguardanti le premesse di ordine giuridico. Quella che affrontiamo oggi è una materia certamente complessa, nella quale convergono istanze ed esigenze diverse: ci sono certamente da un lato le esigenze dei consumatori, che guardano con favore ad una flessibilità e dilatazione degli orari di apertura; ci sono certamente – lo abbiamo ascoltato in quest'Aula – le esigenze dei lavoratori del commercio e delle famiglie dei lavoratori del commercio, che rischiano di essere penalizzate. Vi sono le esigenze delle piccole imprese, che si vedono costrette ad una concorrenza forse al di sopra delle loro possibilità. Vi sono le esigenze di continuare ad assicurare nel nostro Paese anche una qualità di vita, istanze educative delle famiglie ed anche istanze di ordine religioso. Cambiano infatti gli usi ed i costumi della nostra società, ma noi dobbiamo comprendere anche le tesi di chi afferma che l'apertura dei negozi, anche la domenica, finisce per distogliere le persone dal rispetto del giorno di riposo da dedicare alla famiglia o ad altre attività non consumistiche e da chi non si arrende alla constatazione che in questa nostra società tutto sommato alla fine «dio quattrino» è sempre più forte del «dio trino», pur consapevoli che alla fine però rimane un'alea di libertà con la quale comunque ognuno potrebbe risolvere anche questo tipo di esigenze.
  Bene, dal punto di vista economico certamente nel momento in cui il Governo è impegnato in una difficile opera di semplificazioni per sbloccare l'Italia, potrebbe apparire un controsenso mettere dei vincoli a chi cerca di andare incontro alle necessità dei clienti.
  Purtroppo dobbiamo constatare come nonostante la liberalizzazione, è indubbio che in questi anni i consumi non siano ripartiti, ma abbiano piuttosto subito importanti contrazioni, mettendo in crisi anche l'acquisto di beni di prima necessità. Dobbiamo dunque essere consapevoli che, a fronte dei pochi che, potendo spendere, hanno aumentato i consumi, per la gran parte della popolazione vi è stata una caduta del potere d'acquisto. Non è quindi con le liberalizzazioni che si riesce a far ripartire i consumi, se i soldi non ci sono. Occorre invece uscire dalla crisi, agganciarla al più presto alla ripresa, allargare l'occupazione, completare il percorso delle riforme.
  Dall'altro lato, occorre realisticamente riconoscere che le aperture c'entrano solo in parte con le difficoltà dei piccoli dettaglianti, perché lo spostamento degli acquisti verso la grande distribuzione è iniziato già da decenni e perché l’e-commerce, in crescita costante (ricordo poche Pag. 70settimane fa la quotazione in borsa di Alibaba cinese), può comunque godere di un'apertura per 365 giorni per 365 e per 24 ore al giorno. Diciamo che il nuovo testo, approvato dalla X Commissione, segna un punto di equilibrio tra le due esigenze, in quanto, pur mantenendo il principio generale secondo cui le attività commerciali sono svolte senza dover rispettare orari di apertura o di chiusura individua una serie di eccezioni al principio stesso. In particolare, si prevede che in dodici giorni festivi dell'anno le attività commerciali debbano essere svolte nel rispetto degli orari di apertura e di chiusura domenicale e festiva. Viene però contestualmente consentito a ciascun esercente l'attività di vendita al dettaglio, di derogare all'obbligo di chiusura, fino ad un massimo di sei giorni, individuati liberamente tra i dodici indicati dal testo.
  Infine, ciascun comune, anche in coordinamento con altri comuni contigui, può predisporre accordi territoriali non vincolanti per la definizione degli orari e delle chiusure degli esercizi commerciali, ferme restando le summenzionate limitazioni con la finalità di assicurare la fruibilità dei servizi commerciali, promuovere l'offerta, valorizzare zone a più marcata vocazione commerciale o turistica. Si tratta, in conclusione, di un buon compromesso, anche se, a quanto si apprende, la partita potrebbe essere nuovamente riaperta dalle regioni: risulta infatti che ben quattro di esse abbiano chiesto il referendum.
  Infine, mentre riteniamo positiva la previsione di un fondo per il sostegno – rianimatorio, oserei dire – delle micro, piccole e medie imprese del commercio, asfissiate dalla grande distribuzione, abbiamo già rilevato con forte rammarico che la copertura di questo fondo, per altro di entità trascurabile, è stata effettuata sottraendo una cifra di pari ammontare dal fondo per le politiche sociali, disattendendo anche la condizione espressa nel parere della XII Commissione.
  Neppure appare accettabile che l'indisponibilità della Commissione di merito e del relatore a prendere in considerazione il parere della XII Commissione sia stata motivata dalla volontà di non rimettere in discussione il compromesso raggiunto. È vero che la coperta è corta, ma è assurdo che a pagare siano i soggetti più fragili, certamente più fragili dei piccoli commercianti, pur logorati dal prolungato braccio di ferro con la grande distribuzione, che sta provocando, tra l'altro, anche la desertificazione dei nostri centri storici.
  Sulla base di queste considerazioni e malgrado le perplessità esposte, annuncio il voto favorevole del gruppo Per l'Italia (La Presidenza consente la pubblicazione del testo integrale della dichiarazione di voto, sulla base dei criteri costantemente seguiti).

  PRESIDENTE. Grazie, onorevole Gigli, anche per la sintesi. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Mazziotti Di Celso. Ne ha facoltà.

  ANDREA MAZZIOTTI DI CELSO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, per noi di Scelta Civica, questa discussione non avrebbe dovuto proprio avere luogo perché noi siamo stati contrari, fin dall'inizio, a qualsiasi intervento sulla liberalizzazione che è stata fatta qualche anno fa.
  Siamo stati contrari a intervenire su questa legge perché, contrariamente a quello che si è sentito, la legge ha provocato sicuramente dei cambiamenti nel settore del commercio, ha sicuramente provocato anche dei problemi ad alcune imprese, ma nel complesso l'effetto è stato positivo, ed è stato quello di aumentare l'occupazione.
   Ancora una volta, oggi, si sono sentite una serie di affermazioni sulle chiusure. Basta vedere i dati di chiusure e aperture per vedere che il saldo è attivo e non è negativo, quindi sono state dette cose non vere. Sono state dette anche cose sbagliate sui dipendenti perché si continua a parlare del problema dei lavoratori, delle difficoltà dei lavoratori, del fatto che si cammina sopra i lavoratori.
  Ora, può darsi sicuramente che per far per tenere aperto qualche esercizio sette giorni su sette qualche commerciante abbia abusato dei propri dipendenti e sicuramente Pag. 71può esser avvenuto, ma le regole del lavoro quelle sono, quindi è un problema di tutela dei lavoratori, è un problema sindacale, non è un problema di apertura o chiusura dei negozi. I benzinai sono stati sempre aperti, tantissimi altri esercizi sono stati aperti nei weekend, le domeniche e i giorni festivi e non si parlava continuamente di questo problema.
  Allo stesso modo, il parlare di famiglia, il parlare di religione – si è arrivati a parlare di questo, l'ha detto prima bene Irene Tinagli – e pensare che vada in crisi il sentimento religioso perché si lavora di domenica è francamente una presa in giro, un'offesa a chi religioso lo è. Poi ho sentito parlare di incredibili interferenze da parte dell'Autorità antitrust, che avrebbe osato dire al legislatore cosa fare. È il mestiere dell’antitrust quello di dire cosa succede, è il mestiere dell’antitrust intervenire sulle segnalazioni. Ricordo che in Commissione si era chiesto di sentirla sul testo unificato, e al finale non è successo. È arrivata una denuncia sicuramente da una parte interessata e faziosa perché prendeva la posizione della grande distribuzione, ma questo non vuol dire che non fosse il compito dell’antitrust quello di intervenire. Mi rendo anche conto che per qualcuno l'intervento sia strano e il fatto che possa ritenersi prevalente il principio della libera concorrenza sulla competenza regionale in materia di commercio sia astruso. Ebbene, la libera concorrenza è un principio costituzionale e la nostra Corte costituzionale ha chiarito in modo molto esplicito e definitivo che quella sugli orari è una competenza dello Stato, perché è evidente se le regioni attivano regole diverse si creano e si possono creare differenziazioni e discriminazioni dal punto di vista concorrenziale.
  Ancora più incredibile è stato sentir parlare di liberalizzazione selvaggia, perché l'Italia è l'ultimo Paese in Europa per stato di liberalizzazione. Questo è l'unico dato certo in questo campo. Siamo all'ultimo posto in Europa e ci sono una serie di studi, sia della Banca d'Italia sia di mille altri organismi, che stimano in vari punti di PIL e di crescita questa mancanza di liberalizzazione. Quindi, mi rendo conto che alcuni dei nostri colleghi non sono particolarmente abituati a vedere un sistema concorrenziale perché noi non ce l'abbiamo avuto, ma sicuramente l'Italia non è un Paese all'avanguardia da questo punto di vista.
  Noi abbiamo approcciato questa discussione con un atteggiamento totalmente negativo sull'iniziale disegno di legge e ci siamo astenuti sul testo base che è arrivato dal Comitato ristretto proprio perché ritenevamo che intervenire in questo momento sarebbe stato dannoso, non avrebbe portato nessun beneficio immediato e avrebbe portato invece un problema immediato, cioè una riduzione dell'occupazione, perché è chiaro che chi oggi è aperto sette giorni su sette, e si è organizzato per esserlo domani, dovrebbe disfarsi dei lavoratori per rispettare le chiusure obbligatorie. Avverrà comunque, ma siamo contenti del fatto che il numero delle chiusure è stato ridotto sostanzialmente a sei, e soprattutto siamo contenti del fatto che la scelta su quando stare aperti e quando stare chiusi in quei dodici giorni spetterà all'esercente, perché non c’è nessuno che meglio dell'esercente sa di cosa ha bisogno il consumatore e, quindi, in questo modo vengono tutelati gli esercenti e i consumatori, e non un'astratta attività e, come posso dire, potestà di controllo dei comuni, che sicuramente sotto questo aspetto ne capiscono meno degli esercenti.
  Si è cercato di reintrodurre un approccio dirigista, e noi siamo lieti che questo non sia passato. Quindi, siccome siamo stati l'unico partito che dall'inizio fino alla fine ha difeso la situazione attuale, siamo contenti del fatto che il danno sia stato limitato e siamo anche soddisfatti del fatto che il Governo, dopo essere stato più volte sollecitato sul punto, alla fine abbia accolto una posizione molto più vicina alla nostra. Quindi, per questo motivo, siamo contenti che si siano fatti danni soltanto limitati introducendo poche chiusure, che si siano salvati la maggior parte dei posti di lavoro di quelli che oggi hanno trovato Pag. 72lavoro per effetto dell'eliminazione dei divieti e, per questo motivo, confermo il voto positivo di Scelta Civica su questo provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Vignali. Ne ha facoltà.

  RAFFAELLO VIGNALI. Presidente, dichiaro da subito che voteremo a favore di questo provvedimento. Lo facciamo non perché siamo convinti che sia l'ottimo, ma se questo è l'unico punto di compromesso che siamo riusciti a raggiungere significa anche che è l'unico possibile, dunque forse è il migliore.
  Due sono gli aspetti positivi. Il primo è l'introduzione di un principio importante, la chiusura delle attività commerciali in sei festività nazionali, religiose e civili. È un simbolo, perché è evidente che, su 52 domeniche, sei sono un minimo, però fissano un principio, che riteniamo importante. Il secondo è il Fondo per il sostegno delle micro, piccole e medie imprese rientranti nella definizione di «esercizi di vicinato», che sono quelle che hanno, forse, sofferto di più in questa crisi, ma, soprattutto, quelle di cui ci si dimentica, ma poi ci tornerò.
  In Commissione abbiamo lavorato per oltre un anno, abbiamo ascoltato tutte le parti coinvolte, abbiamo chiesto importanti approfondimenti anche all'ISTAT, che ha fatto un lavoro esclusivo per noi. Da questi dati risulta che i consumi non sono aumentati – semplicemente, si sono spostati: consumi che erano al giovedì, venerdì e sabato sono finiti sulla domenica – e nemmeno l'occupazione è aumentata. Sicuramente, non riusciamo a stimare quante imprese del commercio hanno chiuso, non solo per la crisi, ma anche perché hanno avuto difficoltà a tenere aperto. È chiaro che le grandi imprese sono strutturate, possono tenere aperto facendo i turni. Sulle piccole imprese, soprattutto quelle familiari, evidentemente, il problema è un po’ diverso.
  Il Governo Monti ha introdotto la liberalizzazione totale delle aperture domenicali e festive. Anche questa è una regolamentazione che nell'Europa continentale non esiste: esiste in Gran Bretagna, esiste negli Stati Uniti, ma non esiste nell'Europa continentale. Non solo i festivi, ma anche le domeniche, anche nelle capitali europee, tedesche, francesi, austriache, spagnole e portoghesi, gli esercizi sono chiusi, tranne quelli che anche da noi sono sempre stati aperti: bar, ristoranti, negozi di souvenir, evidentemente con le deroghe nelle zone turistiche.
  Ma le norme non sono mai neutre: modificano le tradizioni e le culture. Questa norma, credo, ne siamo convinti, ci porta distanti dalla cultura economica europea prevalente, che è la cultura dell'economia sociale di mercato; una cultura che sa tenere insieme e ha tenuto insieme economia e società, e non a caso è stata l'economia che ha guidato l'Europa dopo la fine della seconda guerra mondiale.
  Vi è un piccolo aneddoto, che si racconta essere avvenuto dopo la guerra: sembra che von Mises, economista liberista, e Roepke, che è stato il padre dell'economia sociale di mercato, consigliere di Erhard e Adenauer, che ha guidato la ricostruzione tedesca, passeggiando per la campagna tedesca e guardando gli appezzamenti dei piccoli agricoltori, commentassero così. Mises aveva detto: «Un modo poco efficiente di produrre ortaggi», e Roepke aveva risposto: «Sì, ma un modo molto efficiente per produrre felicità».
  Io e noi siamo della squadra di Roepke, non di quella di Mises. E poi vorrei raccontare anche un altro aneddoto (probabilmente, sono segnato anche dall'esperienza personale): quando ero bambino, i miei avevano una tabaccheria-cartoleria e, poiché vendevano, ovviamente, con i Monopoli di Stato, anche i valori bollati, avevano gli orari decisi dallo Stato. Si stava aperti dalle 7 del mattino alle 23, due ore di chiusura la domenica pomeriggio, due mezze giornate a Natale e a Pasqua e tre giorni a Ferragosto, di cui due passati a fare l'inventario.
  Io potevo stare con i miei genitori solo per il fatto che abitavamo sopra il negozio: andavo in negozio negli orari di lavoro, Pag. 73evidentemente, e facevo anche qualcosina. Peraltro, se qualcuno lo facesse oggi, magari i genitori verrebbero denunciati per sfruttamento del lavoro minorile. Non credo che questo sia un modello economico e sociale. È vero che i piccoli imprenditori possono tenere aperto e non aprire, però è anche vero che si crea un'asimmetria nella concorrenza. Credo che dovremmo riflettere di più su che modello sociale, oltre che economico, perché le cose stanno insieme, se vogliamo.
  E dovremmo considerare che, prima dell'articolo sulle liberalizzazioni, che se non ricordo male è il 117, ce ne sono 116 nella Costituzione, e gli articoli della Costituzione non sono stati numerati a caso, ce ne sono alcuni che vengono prima, e non per caso. Dovremmo anche considerare che gli aggregati del PIL sono una contabilità, certo importante, ma che non sono l'economia, né tanto meno un indicatore di benessere, tant’è che colui che inventò il PIL, Kuznets, diffidò dall'usarlo come indicatore di benessere, perché non è questo. E poi credo che dovremmo guardare un po’ di più la realtà della nostra economia; non possiamo continuare a parlare di micro, piccole e medie imprese per far finta che non esistano e rincorrere sempre modelli altri. Io invito tutti i colleghi, ma anche il Governo, a leggere il rapporto OCSE che sta per essere pubblicato, in cui si dice che dobbiamo valorizzare, partire da questo tessuto, non ignorarlo, non prendere sempre a modello modelli diversi, ma partiamo da quello che siamo, ci sono nello statuto delle imprese dieci pagine su questo aspetto. A tal proposito, una tiratina anche di orecchie al Governo, perché non emana la legge annuale sulle micro, piccole e medie imprese. Approfitto della presenza del sottosegretario Vicari, che so sensibile su questo, perché solleciti il Ministro Guidi a presentarla; abbiamo già svolto diverse interrogazioni e question time: non l'ha fatto Passera, non l'ha fatto Zanonato, lo faccia almeno la Guidi. Noi ce lo aspettiamo questo, perché quello è uno strumento su cui noi potremo effettivamente intervenire ad aiutare.
  E, infine, due inviti al Governo. Uno più che un invito è una richiesta, quasi una condizione, cioè che vigili perché, nel corso dell'approvazione, le risorse che abbiamo stanziato sull'articolo 4 non vengano utilizzate per altri fini; che restino lì, sono poche, sono pochissime, però almeno che restino lì. Il secondo è un invito a cimentarsi con lo stesso zelo in materia di liberalizzazioni su quelle che incidono su monopoli pubblici e privati, ma innanzitutto quelli pubblici, perché le liberalizzazioni, che creano crescita, sono quelle dei monopoli pubblici innanzitutto, a cominciare dall'istruzione, dalla scuola, dall'università, dalla gestione dei beni culturali, dai servizi pubblici locali. Queste sono le liberalizzazioni che fanno crescita economica e sociale al tempo stesso, che fanno veramente sviluppo. Smettiamo di pensare che le liberalizzazioni siano sempre a danno dei poveri cristi. Noi, per quanto ci riguarda siamo dalla parte delle piccole imprese, di quei quattro milioni e mezzo di nostri concittadini che ogni mattina rischiano in proprio, e del proprio, per costruire il bene di tutti, perché, con buona pace di tutti, se sono il 99,6 per cento delle imprese, forse è a loro che, innanzitutto, dobbiamo dire, sia per il PIL, che per l'occupazione, grazie, grazie, ancora grazie (Applausi dei deputati del gruppo Nuovo Centrodestra).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Abrignani. Ne ha facoltà.

  IGNAZIO ABRIGNANI. Signor Presidente, siamo giunti in fondo ad un lungo percorso in cui questa proposta di legge, successivamente abbinata ad altre, è per la seconda volta in Aula. Non ripeterò quello che è successo nella prima di queste occasioni, perché fa parte del passato, ma indubbiamente un po’ di ritardo su questo c’è stato.
  Si è lavorato in Commissione, partendo da alcuni principi. Il primo è che indubbiamente, non possiamo nascondercelo, checché qualcuno ne dica, che oggi nel Paese la liberalizzazione è stata messa da Pag. 74parte. La liberalizzazione che c’è oggi vuol dire che ognuno è libero di aprire o chiudere quando vuole. Noi oggi reintroduciamo un principio che prevede che lo Stato entri in questa forma di liberalizzazione, restringendo la libertà delle imprese e dei cittadini in questo settore. Per cui, è indubbio che l'impostazione di base di questa proposta di legge non ci poteva trovare del tutto favorevoli, ma siamo comunque voluti intervenire ad aiutare, sia la Commissione, che oggi l'Aula, per cercare, come direbbe qualcuno, di limitare i danni.
  La proposta iniziale – che peraltro oggi è stata riproposta anche in quest'Aula da un deputato del MoVimento 5 Stelle – prevedeva addirittura 40-42 chiusure annuali. C’è stato un lavoro lungo, nel quale abbiamo cercato, attraverso audizioni ed incontri, di contemperare, da una parte, quelli che sono sicuramente i diritti degli imprenditori, ma anche dei piccoli commercianti, e, dall'altra, di cercare anche però di tutelare i consumatori, consumatori che ad oggi sono abituati in Italia a certe condizioni rispetto agli acquisti e che, in ogni caso, avrebbero visto modificata questa situazione.
  Si è detto più volte anche in quest'Aula: ma liberalizzazione non è qualcosa che riguarda solo il nostro Paese. Si è fatto l'esempio della Danimarca, l'esempio della Svezia, l'esempio della Germania e anche l'esempio della Francia, dove spesso la domenica si chiude. Allora, io vorrei innanzitutto ricordare a tutti che noi siamo un Paese diverso da questi. Il nostro è un Paese indubbiamente a vocazione turistica, che in altri Paesi non esiste. Il nostro è un Paese che qualcuno definisce un «museo a cielo aperto». Penso che incentivare il turismo voglia anche dire permettere a quei turisti che vengono di potere fare gli acquisti, non nei giorni che decidiamo noi, ma nei giorni che decidono loro. Incentivare il turismo penso sia una delle basi fondamentali che dobbiamo «spingere», anche con le nostre attività legislative e con le nostre attività di Governo. E nessun Paese ha le potenzialità che noi abbiamo in materia turistica.
  Per cui, proprio su queste basi, noi oggi, in un momento in cui stiamo cercando disperatamente di capire come uscire dalla crisi e di come uscire da questa situazione veramente infernale che vede disoccupazione ed imprese che chiudono, ci siamo domandati se una delle strade da percorrere fosse quella di chiudere i negozi qualche giorno all'anno. Sicuramente la mia risposta la potete immaginare ma, siccome siamo in un consesso di condivisione, nel quale il mio partito insieme ad altri cerca di costruire un percorso, anche noi di Forza Italia ci siamo messi a lavorare per cercare di intervenire sulla legge che inizialmente era assolutamente sbagliata – tant’è vero che anche l'altra volta votammo contro in maniera seria – ed arrivare ad una forma di condivisione, che in qualche modo significasse il rispetto sia della liberalizzazione, ma sia, soprattutto dell'imprenditore.
  Quello che oggi noi troviamo positivo, rispetto al testo iniziale, soprattutto riguardo all'articolo 1 – perché adesso cominciamo a entrare un po’ nel merito di questa legge – è il fatto che in merito alle festività, che sono state indicate dal Parlamento, l'imprenditore possa farsi il proprio calendario, ossia la libertà di impresa non è mortificata fino al punto da dire: tu chiudi quel giorno perché comunque, anche se avessi il piacere di essere aperto, devi chiudere. No, lasciamo all'imprenditore la possibilità di scegliere ! Ma questo è ovvio. Voi immaginate cosa possa essere, non so, il giorno di Natale a Catania oppure il giorno di Natale a Cortina. Io penso ad un imprenditore che sfrutta quei pochi giorni che purtroppo la stagione turistica gli concede per poter vendere, dove magari il giorno di Natale le città sciistiche sono piene di gente. Se noi dovessimo obbligare quel giorno a chiudere, vorrebbe dire «un meno» sulla propria bilancia molto significativo.
  Noi allora abbiamo lavorato sull'articolo 1 secondo alcuni principi ben chiari. Il primo era di limitare il più possibile quelle che erano le chiusure indicate e, appunto, alla fine riteniamo accettabili le Pag. 75sei. Anche se devo dire – lo ho detto in Commissione e lo ripeto qui in Aula – che un Parlamento che comunque propone ai cittadini di chiudere le proprie imprese, i propri negozi, i propri magazzini il 6 gennaio e l'8 dicembre personalmente lo trovo quasi offensivo. Infatti, da tutte le statistiche e le indagini fatte, sono i giorni in cui si vende più in Italia, per cui, in un momento in cui i consumi sono quelli che sono, immaginiamo se si può chiudere il 6 gennaio o l'8 dicembre, che sono il giorno dei saldi famosi o il giorno degli inizi degli acquisti di Natale. Però questo errore – che insomma io mi auguro il Senato possa correggere, proprio perché non si approvi una legge sbagliata in questo senso – è stato in qualche modo contemperato dalla possibilità dell'imprenditore di scegliere sei festività rispetto alle dodici che gli presentiamo. Personalmente sono sicuro che il 6 gennaio e l'8 dicembre non lo sceglierà nessuno, per cui l'imprenditore si sceglierà sei festività tra le dieci. Però, insomma, almeno abbiamo evitato di «fargli» questa scelta.
  Così come ritengo che sia una forma di rispetto dell'imprenditore un emendamento che noi di Forza Italia abbiamo voluto proporre, che è quello del rinvio dell'entrata in vigore della legge comunque all'anno successivo da quando viene approvata. Infatti, esistono dei piani annuali, il rispetto di acquisti, della programmazione che questi imprenditori fanno, per cui il fatto di avere comunque la stagione completa davanti dovrebbe, se non altro, garantire all'imprenditore la possibilità di evitare di aver fatto degli acquisti e poi rendersi conto che la programmazione gli viene imposta da qualcun altro. Pertanto, riteniamo questo articolo, nel suo complesso, sicuramente sufficiente.
  Siamo più contrari, invece, a quello che è l'articolo 2 del provvedimento, laddove si prevedono questi piani territoriali elaborati dagli enti locali. Riteniamo che l'impresa debba essere comunque tutelata in questo senso nelle proprie scelte. Alla fine, abbiamo votato a favore dell'articolo soltanto perché è stato introdotto il concetto per cui questi piani territoriali non siano vincolanti, ma ogni imprenditore può liberamente decidere di aderire.
  Infatti, vedete, c’è un altro concetto di fondo che va ripetuto. In Italia esiste oggi la libertà di chiusura e la libertà di apertura, ma quello che noi vogliamo dire è che la libertà di chiusura non è mai stata contestata da nessuno. Rispettiamo la volontà dell'imprenditore così come capiamo le esigenze dei cittadini che decidono la domenica o, in speciali festività, di essere con la loro famiglia, di assistere magari alla loro funzione religiosa, di parteciparvi con i propri figli: questa libertà noi la rispettiamo; però chiaramente noi rispettiamo anche la libertà di colui che questo non lo vuole fare. Il punto è contemperare questi due interessi: il rispetto che noi abbiamo per la vita singola dei cittadini, ma anche il rispetto degli altri cittadini che questo non lo vogliono fare, che ci ha portato poi alla fine ad approvare la forma che ha preso questa legge.
  Infine, sicuramente siamo favorevoli al fondo di garanzia, fondo per il sostegno alla piccola e media impresa, alla microimpresa, proprio perché riteniamo che, in un momento difficile, qualsiasi iniziativa a favore delle piccole imprese e dei cittadini che lavorano con difficoltà, con coraggio, anche esponendosi certe volte a rischi personali nei loro negozi, vada sicuramente in questo senso.
  Insomma, riteniamo che il lavoro svolto dalla Commissione – e ringrazio anche il relatore Senaldi della pazienza con cui ha contemperato le varie esigenze e le varie richieste che venivano fatte – ci ha trovato nel contempo favorevoli. Pertanto, dichiaro il voto favorevole di Forza Italia (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Dell'Orco. Ne ha facoltà.

  MICHELE DELL'ORCO. Signor Presidente, siamo qui e finalmente, dopo oltre un anno e mezzo, stiamo per votare la Pag. 76proposta di legge di iniziativa del MoVimento 5 Stelle. Finalmente, dopo settimane, forse mesi, forse anni, di chiacchiere, modifichiamo le liberalizzazioni indiscriminate introdotte dal Governo Monti e diamo finalmente qualche soldo alle piccole imprese (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Le liberalizzazioni degli orari delle aperture commerciali vengono spacciate come volontà diretta degli stessi consumatori. Ma sono stati proprio gli stessi consumatori a bocciarle nel 1995, quando un referendum abrogativo confermò che i cittadini italiani non sentivano il bisogno di una nuova disciplina degli orari. Il 62,5 per cento dell'elettorato rispose «no». La nostra proposta di legge partiva, quindi, da questo presupposto.
  Confesercenti è stata l'organizzazione che ha lanciato l'allarme con più forza. Ha, infatti, stimato, per il 2013, un saldo negativo di bar, ristoranti e negozi di moda, abbigliamento, alimentari eccetera di quasi 5 mila unità. Secondo l'ISTAT, dal 2011 ad oggi, i consumi delle famiglie italiane sono calati di circa 50 miliardi di euro. Quindi, complessivamente abbiamo verificato che le aperture festive non hanno fatto aumentare le vendite, ma hanno costruito un aggravio per i costi dei negozianti, insostenibile per i piccoli negozi, a cui rimane l'alternativa tra fallire e chiudere l'attività o restare chiusi durante le festività, cedendo sempre più fette di mercato alle grandi distribuzioni, aperte, invece, 365 giorni l'anno, grazie allo sfruttamento dei lavoratori (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Quindi, l'unica vera evidenza economica di queste liberalizzazioni è il passaggio di business dai piccoli ai grandi. Non si tratta di aprire uno scontro tra piccola e grande distribuzione, tra negozi di vicinato e grandi centri commerciali, ma di riconoscere che il piccolo negozio sotto casa ha un valore che va anche al di là del suo aspetto economico e, pertanto, va sostenuto e che a tutti i lavoratori vanno garantiti gli stessi diritti. La nostra proposta di legge iniziale cercava di trovare una soluzione a tutto questo, ma, purtroppo, è stata annacquata. Il nostro obiettivo era l'abolizione delle liberalizzazioni di Monti e le sole sei chiusure festive all'anno garantite all'interno di questo testo sono poche, sono pochissime. Ci auguriamo che, nel corso del passaggio al Senato – campa cavallo –, la maggioranza riveda questa posizione, ma comunque siamo lieti che, grazie a noi, almeno sia stato sancito il principio che le liberalizzazioni delle giornate di apertura devono comunque avere un minimo di regole e che non hanno portati i benefici sperati. Siamo contenti anche del fatto che, intanto, sempre grazie a noi, si sia tornati a discutere in queste Aule della crisi del commercio e del futuro del settore e soprattutto che, grazie alla nostra battaglia, alla fine si sia trovato un fondo di 18 milioni di euro all'anno a sostegno delle piccole imprese del commercio. Il sostegno alle piccole e medie imprese è il secondo punto del programma del MoVimento 5 Stelle dopo il reddito di cittadinanza, perché crediamo che da qui, dal combinato di queste due misure, di queste due proposte, il nostro Paese possa davvero ripartire; quindi, da un reddito di cittadinanza che rilanci i consumi e dal sostegno alle imprese rimaste sul nostro territorio, o almeno quelle poche che sono rimaste, che sono la spina dorsale della nostra economia. Il Fondo a sostegno delle micro imprese del commercio significa anche sostenere il lavoro perché, pur nella crisi, il commercio ha sempre contribuito alla crescita dell'occupazione e ha assorbito la disoccupazione giovanile. Ancora oggi molti giovani della mia età, in mancanza di lavoro, tentano anche la strada dell'imprenditoria e del commercio, anche se poi queste aziende è difficile mantenerle in vita. Fino a qualche anno fa l'età media delle imprese, delle piccole imprese, fatte anche da ragazzi, era di quattordici anni; ora rimangono in vita se va bene massimo tre anni. Questa proposta di legge significa, dunque, un sostegno concreto all'occupazione pari a 18 milioni di euro all'anno dal 2015 al 2020 per un totale di 90 milioni di euro. Questo fondo, che si affianca al Fondo di garanzia per le imprese, dove già Pag. 77versiamo una quota del taglio dei nostri stipendi parlamentari, è un altro contributo concreto del MoVimento 5 Stelle (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). In definitiva, questo provvedimento è per noi e per il settore una vittoria, ma ci auguriamo che comunque sia solo un inizio e che anche il Governo capisca, forse un giorno, l'importanza di attivarsi con iniziative concrete per il commercio perché non c’è più tempo per aspettare la fantomatica agenda di Renzi di mille giorni (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Montroni. Ne ha facoltà.

  DANIELE MONTRONI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, nel preannunziare il voto favorevole del Partito Democratico, vorrei brevemente richiamare il percorso che ci ha accompagnato e il punto dal quale siamo partiti, quello, cioè, di un settore che è fortemente liberalizzato. Non vi è settore in Italia che non abbia conosciuto una così forte liberalizzazione. Lo dico perché, nella discussione che c’è stata, questo elemento non è stato sufficientemente sottolineato. È stato un percorso utile a comprendere e, nello stesso tempo, a contemperare le diverse sensibilità, le specificità che caratterizzano questo settore ed ancora a mettere a confronto i diversi protagonisti: gli utenti, gli operatori, le imprese, i lavoratori, le comunità locali con le loro vocazioni. E lo abbiamo fatto, anche tenendo conto di ciò che è accaduto in questi ultimi otto anni, che segnano sia l'inizio della crisi sia il processo di liberalizzazione, e dei cambiamenti che sono avvenuti nelle abitudini dei consumatori.
  E lo abbiamo fatto anche tenendo conto di ciò che accaduto in questi ultimi otto anni che segnano sia l'inizio della crisi sia il processo di liberalizzazione, dei cambiamenti che sono avvenuti nelle abitudini dei consumatori. Abbiamo assistito alla progressiva trasformazione della rete commerciale di distribuzione e abbiamo anche assistito alla crescente difficoltà che le comunità locali, in modo particolare i piccoli comuni, hanno registrato nel promuovere quegli investimenti di riqualificazione dei centri storici che sono un elemento importante per dare valore ai centri storici che sono i luoghi naturali dove si incontra la gente. E lo abbiamo anche fatto tenendo conto della crisi che ha colpito il settore dei consumi. Proprio oggi l'ISTAT ci ricorda ancora come ci sia un calo dei consumi, in modo particolare per gli alimentari del 2 per cento e di oltre l'1 per cento per gli altri settori merceologici. Questo è stato il punto di riferimento e noi abbiamo voluto con questo provvedimento segnare un punto chiaro e importante e cioè abbiamo voluto ribadire che il principio di liberalizzazione deve comunque sposarsi con un principio di riregolamentazione del mercato. E cioè che le liberalizzazioni non sono sinonimo di assenza di regolamentazione. E lo abbiamo fatto nell'ambito di un principio, di un perimetro che ha tenuto conto, come già richiamavo del processo di liberalizzazione che è avvenuto a partire dal 2006 con il decreto-legge Bersani, lo abbiamo fatto tenendo conto delle disposizioni contenute nell'ordinamento comunitario in materia di liberalizzazione e, permettetemi di dirlo, lo abbiamo fatto anche tenendo conto dell'articolo 41 della Costituzione, che garantisce la libera iniziativa economica privata ma la colloca dentro un quadro che non contrasti con l'utilità sociale, la sicurezza, la libertà e la dignità umana.
  È nel quadro di queste riflessioni che abbiamo predisposto questo progetto di legge che è composto da quattro articoli. Nel primo si introduce un principio indicando le 12 principali festività di questo Paese e si dà la possibilità agli operatori di derogare per 6 giornate. L'articolo 2 consente gli accordi territoriali, certo non vincolanti, ma si mettono nelle condizioni le comunità locali e gli operatori di sottoscrivere accordi dove si possono trovare le convenienze per quei territori e per gli operatori e per i consumatori di creare una offerta che vada a valorizzare anche Pag. 78il turismo e le attività commerciali soprattutto le piccole. Lo abbiamo fatto con l'articolo 3 quando abbiamo voluto sottolineare i poteri sanzionatori del sindaco per regolare e punire situazioni che possono ledere il diritto dei cittadini e il diritto delle comunità quando le attività commerciali possono mettere in discussione questo elemento e, infine, lo abbiamo fatto con l'articolo 4. Anch'io lo voglio sottolineare. Certamente il fondo che è messo a disposizione non è il fondo che noi avremmo voluto nella sua entità ma c’è una qualità che va sottolineata perché anche questo intervento si pone nel novero delle politiche attive che vanno promosse se vogliamo sostenere la nostra economia e quel Fondo va in quella direzione. È vero che c’è stata una discussione sulle risorse che abbiamo impegnato per quel Fondo. C’è il nostro impegno a fare in modo che non vengano distolte risorse del fondo che oggi è a disposizione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Queste sono le ragioni fondamentali che ci hanno spinto a lavorare intensamente per arrivare a questo progetto di legge e per questa ragione il Partito Democratico voterà a favore del provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Saltamartini. Ne ha facoltà.

  BARBARA SALTAMARTINI. Signor Presidente, io intervengo a titolo personale perché voterò in dissenso dal mio gruppo politico e, quindi, non voterò a favore di questo provvedimento. Mi asterrò nella convinzione che sicuramente il lavoro che è stato fatto in questi mesi in Commissione sia un lavoro importante e sicuramente è stato raggiunto un compromesso, ma per quanto mi riguarda è un compromesso al ribasso, minimo, non sufficiente per poter votare a favore di un provvedimento che, purtroppo, anche dalla discussione che c’è stata in quest'Aula, non ha soddisfatto quelle che erano le mie perplessità e i miei dubbi. E, soprattutto, non ha smentito quelli che sono stati i dati forniti dall'ISTAT circa l'impossibilità, con un provvedimento del genere, di far aumentare i consumi, tanto meno i livelli di occupazione.
  Quindi, siccome sono convinta che, purtroppo, questo provvedimento andrà a colpire, al di là delle tante chiacchiere che sento a difesa e a tutela del piccolo commercio, proprio il piccolo commercio da strada, la bottega, il piccolo negozio, che più di altri pagherà anche questa concessione delle sei giornate festive; proprio perché questo provvedimento, quindi, sarà un impedimento alla stragrande maggioranza delle nostre piccole imprese, che sono di natura familiare, vale la pena ricordarlo (è su queste che si basa, tra l'altro, il grande impegno anche a far crescere i nostri dati economici); proprio perché va a colpire questa tipologia di imprese, io non posso votare a favore. E non posso votare a favore, Presidente, anche perché non credo che l'impegno che è stato prodotto possa andare a modificare o a migliorare un contesto sociale già di per sé oggi in crisi.

  PRESIDENTE. La invito a concludere.

  BARBARA SALTAMARTINI. In ultimo, non posso votare a favore, Presidente, e concludo, perché l'occhio alla grande distribuzione io non lo voglio strizzare, orgogliosa delle battaglie che ho condotto fino ad oggi, della mia storia politica e, soprattutto, orgogliosa di essere sempre stata al fianco dei più piccoli e, in questo caso, dei piccoli commercianti.

  PRESIDENTE. Sono così concluse le dichiarazioni di voto.

(Coordinamento formale – A.C. 750-A/R ed abbinate)

  PRESIDENTE. Se non vi sono obiezioni, la Presidenza si intende autorizzata al coordinamento formale del testo approvato.
  (Così rimane stabilito).

Pag. 79

  Ha chiesto di parlare il relatore Senaldi. Intanto invito i colleghi a prendere posto perché subito dopo ci sarà la votazione finale. Prego, onorevole Senaldi.

  ANGELO SENALDI, Relatore. Signor Presidente, ricordando che noi arriviamo da una situazione di totale liberalizzazione e introduciamo alcune piccole modifiche, ma significative, mi corre l'obbligo di ringraziare anche gli uffici della X Commissione per la capacità, la flessibilità, l'elasticità che hanno avuto soprattutto in questi ultimi giorni nella formazione del testo di legge che abbiamo portato in Aula. E devo anche sottolineare di nuovo come questo testo di legge nasce, credo, da un metodo non usuale all'interno del Parlamento nella costruzione della legislazione; un metodo che ha visto anche l'intervento di un istituto, come l'Istituto nazionale di statistica, che ci ha permesso di avere dati concreti, reali e aggiornati sulla realtà del commercio. Credo che questo metodo di portare avanti una procedura legislativa che si confronta con i numeri e con i fatti reali sia fondamentale anche per l'efficienza di questo Parlamento.

(Votazione finale ed approvazione – A.C. 750-A/R ed abbinate)

  PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.
  Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul testo unificato delle proposte di legge n. 750-A/R ed abbinate, di cui si è testé concluso l'esame.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Spadoni, Grassi, Abrignani, Fanucci, Quartapelle, Rocchi, Iori, Fabbri, Campana, Chaouki, Beni, Pagani...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:
  «Disciplina degli orari di apertura degli esercizi commerciali» (A.C. 750-947-1042-1240-1279-1627-1809-A/R):

   Presenti  298   
   Votanti  283   
   Astenuti   15   
   Maggioranza  142   
    Hanno votato  283    
  Sono in missione 84.

  La Camera approva (Vedi votazioni).

Per un richiamo al Regolamento (ore 18,10).

  ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare per un richiamo al Regolamento.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  ROBERTO GIACHETTI. Signora Presidente, mi richiamo all'articolo 46, comma 2, del Regolamento.
  Intervengo in questa fase e non quando c’è stata la discussione per la semplice ragione che non volevo minimamente appesantire quella discussione e anche perché lei ha brillantemente risolto il tema. Quindi, la ragione del mio intervento, che faccio a fine seduta in modo che non tedio neanche i colleghi, è probabilmente solo frutto di una mia ipersensibilità dal punto di vista regolamentare che nasce anche dal fatto che ho avuto la fortuna – che è anche un fatto di esperienza – di partecipare ai lavori di quest'Aula sia stando nei banchi della maggioranza che stando nei banchi dell'opposizione.
  Allora, signora Presidente, prendo la parola semplicemente perché comprendo perfettamente la ragione per la quale nella giornata di oggi, come lei ha comunicato, c’è stata la decisione di mettere d'ufficio in missione dei colleghi che erano impegnati nella Giunta per il Regolamento. Ne capisco assolutamente le buone intenzioni e, quindi, non intendo fare minimamente una polemica, però le pongo questa riflessione, Pag. 80signora Presidente, perché noi dobbiamo sempre pensare che le cose che qui dentro facciamo, inevitabilmente costituiscono, salvo che non si dica che così non è, un precedente che, magari, in una prossima legislatura o tra due legislature potrebbe essere utilizzato con molta meno buona volontà e buona intenzione di quanto non sia successo oggi.
  Perché le dico questo ? Al di là del fatto che c’è un rispetto della volontà di ciascuno di noi, per cui tutti noi, come lei, come me, signora Presidente, per essere messi in missione dobbiamo fare un'esplicita richiesta, addirittura una volta mi è successo che ho sostituito temporaneamente lei e neanche quando io fisicamente ero là sopra a sostituirla per alcuni minuti, automaticamente sono stato messo in missione; perché la missione deve essere chiesta in ragione di un incarico che si ha e deve essere consentita.
  Tuttavia, come lei sa, sulla base del secondo comma dell'articolo 46 del Regolamento, la missione comporta che il deputato in missione viene conteggiato ai fini del numero legale. Questo è il problema fondamentale per cui io mi auguro che questa sia stata una situazione assolutamente eccezionale, ma che non costituisca precedente, perché noi dobbiamo pensare che non sempre ci sarà una situazione come questa, signora Presidente, nell'ambito degli equilibri all'interno della Camera e se il gruppo di opposizione A avesse solo qualche deputato in meno della coalizione di maggioranza B e per fini ovviamente, lo ripeto, comprensibilissimi quelli di oggi, ma utilizzando il precedente, per fini meno nobili, in un'occasione diversa, il Presidente decidesse di mettere in missione il deputato dell'opposizione, in questo modo condizionerebbe una legittima battaglia dell'opposizione di far mancare il numero legale nel corso della votazione. Quindi, signora Presidente, io vorrei semplicemente lasciare agli atti questo.
  Ovviamente non discuto minimamente di tutto quello che è successo e penso, ripeto, che sia stato fatto con tutte le buone intenzioni e che il problema sia stato anche risolto dalla sua decisione di interrompere per alcuni minuti e togliere i colleghi dalle missioni. Quello va tutto bene, però non lasciamo agli atti che si è costituito un precedente per cui qualcuno può immaginare che effettivamente si possa d'ufficio attivare la missione, perché, innanzitutto, ripeto, è nella disponibilità della richiesta di ciascuno di noi e soprattutto, sarebbe a mio avviso pericolosissimo qualora ciò fosse fatto in qualche modo utilizzando una posizione di terzietà da parte della Presidenza, che deve rimanere tale fino alla fine, o, nel caso in cui le condizioni fossero diverse da quelle di adesso, fosse addirittura utilizzata per interventi che sicuramente non sarebbero adeguati alle esigenze di democraticità della nostra Aula (Applausi).

  PRESIDENTE. Onorevole Giachetti, io ho già detto oggi – l'ho detto anche ai colleghi del MoVimento 5 Stelle che hanno sollevato la questione – che approfondiremo il tema, perché per quanto mi riguarda è la prima volta che mi trovo di fronte ad una fattispecie del genere. Non so se è successo in altre occasioni, adesso verificherò con gli uffici; sicuramente è successo quando le Commissioni chiedevano automaticamente per tutti i membri delle stesse, in particolar modo le bicamerali, di considerare in missione i loro componenti, ma in quel caso con l'accordo di tutti i membri della Commissione. Quindi, è chiaro che essendo successo, almeno nella mia esperienza, oggi per la prima volta, raccolgo la sollecitazione del Presidente Giachetti, come avevo prima raccolto quella dei colleghi del MoVimento 5 Stelle. Torneremo sull'argomento per evitare che questo episodio di oggi possa costituire un precedente.

  FEDERICA DIENI. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  FEDERICA DIENI. Signor Presidente, intervengo solo per chiarire le dinamiche, perché noi siamo stati contattati telefonicamente dagli uffici perché eravamo stati Pag. 81convocati precedentemente come Giunta per il regolamento alle 14,30. Inevitabilmente, essendo poi stata convocata anche l'Aula alle 15, ci è stata riferita questa volontà del Presidente Boldrini di metterci in missione. Noi ovviamente abbiamo parlato con lei e abbiamo anche affermato che la nostra volontà era essere in Aula per votare il provvedimento. Quindi, che non succeda più, perché noi vogliamo partecipare attivamente alle votazioni in Aula.

  PRESIDENTE. Bene. Si sta chiarendo che non è proprio esattamente come avevo inteso io.

  GIAN LUIGI GIGLI. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  GIAN LUIGI GIGLI. Signor Presidente, intervengo sullo stesso argomento ma in modo collaterale, apprezzando quello che ha detto il Presidente Giachetti. Mi permetto solo di aggiungere un auspicio, un invito, che non può essere altro ovviamente perché non sta a me sindacare sulla natura e sulla bontà delle missioni, quindi lungi da me dire questo, però verifico con una qualche sorpresa un'abbondanza di missioni. Questa è una Camera di «missionari»; oggi ce n'era un sesto addirittura in missione. Forse una maggiore accortezza, una maggiore attenzione permetterebbe di avere una maggiore presenza anche in Aula.

  ROCCO BUTTIGLIONE. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  ROCCO BUTTIGLIONE. Signor Presidente, consento interamente con il suo proposito di dedicare al tema un'attenzione più approfondita. Voglio solo far rilevare che la missione cessa automaticamente nel momento in cui il deputato è presente in Aula. D'altro canto, il deputato il quale invece non fosse presente in Aula e avesse un incarico da parte della Camera che comporta il fatto che non debba essere presente in Aula, non vedo perché non debba essere messo automaticamente in missione, per evitare il pericolo opposto a quello segnalato dall'onorevole Giachetti, vale a dire che qualcuno che sta conducendo un'azione di ostruzionismo artificialmente alteri i numeri della presenza in Aula facendo in modo che i deputati che di fatto non sono in Aula e non possano essere in Aula vengano conteggiati come presenti. Uno può rinunciare alla missione venendo in Aula, benissimo, ma se è per incarico del Parlamento altrove, non deve essere conteggiato in Aula.
  Perché altrimenti, in condizioni nelle quali la differenza tra maggioranza e opposizione fosse limitata, tutte le attività del Parlamento che comportano la missione verrebbero automaticamente bloccate perché la maggioranza sarebbe costretta o a rinunciare a quelle attività, con danno del Parlamento come tale, oppure ad accettare una penalizzazione in Aula. Ambedue queste cose sarebbero scorrette.

  ANDREA GIORGIS. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà. Poi su questo argomento chiudiamo perché è chiaro che noi qui non dobbiamo decidere nulla.

  ANDREA GIORGIS. Signor Presidente, innanzitutto credo che sia un po’ irrituale aprire qui in Aula una discussione che compete innanzitutto alla Giunta per il Regolamento e all'Ufficio di Presidenza. Mi stupisce che venga sollevata così a fine seduta da chi pure ricopre incarichi rilevanti nel governo della Camera.
  Devo dire che la vicenda di oggi è difficile che costituisca un precedente non solo perché, come è stato prima ricordato dalla collega, la Giunta si sarebbe conclusa, così si è subito deciso, prima dell'inizio dell'Aula in modo da consentire a tutti di essere presenti con relativa venuta meno della collocazione in missione.
  Ma insisto su di un aspetto e, cioè, che vi sono state molte riunioni della Giunta per il Regolamento e soprattutto del Comitato Pag. 82informale che hanno visto i gruppi, e in particolare i partecipanti al Comitato, essere collocati in missione a seguito di una esplicita condivisione della soluzione e che nel caso di quest'oggi hanno vista una esplicita determinazione in ordine alla interruzione dei lavori della Giunta in modo da non avere sovrapposizioni con lo svolgimento dell'Aula e consentire a tutti, anche ai componenti della Giunta, di essere presenti in Aula. E da ultimo – ma non vorrei contraddire ciò che ho appena detto – l'osservazione dell'onorevole Buttiglione mi sembra particolarmente calzante. Tant’è che chi ha eccepito il desiderio di essere presente avrebbe anche tranquillamente potuto presentarsi e automaticamente far venire meno la collocazione in missione.

  PRESIDENTE. Mi pare evidente che non è questa la sede per aprire una riflessione generale sulla natura, il numero e le modalità delle missioni. Oggi nello specifico si è verificato un punto e abbiamo chiarito che nessuno era stato messo in missione a sua insaputa, però c’è stato un elemento di delicatezza che adesso è stato giustamente ricordato e, quindi, su questa materia la stessa Giunta per il Regolamento e la Presidenza interverranno perché sia chiaro che nessuno può esser messo in missione contro la sua volontà.

  ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare a titolo personale.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, siccome sono stato chiamato in causa, innanzitutto io auspico che chi si occupa di modifiche del Regolamento intanto conosca il Regolamento, per cui se io faccio un richiamo all'articolo 46, comma 2, del Regolamento la ragione per cui apro un dibattito in questo momento è assolutamente lecita, legittima. E trovo abbastanza singolare che qualcuno la contesti. Perché se ci togliamo anche la possibilità di fare richiami al Regolamento, possiamo pure cambiare democrazia nella quale svolgere i nostri lavori.
  Vorrei anche ribadire che io non ho contestato nulla, signor Presidente; penso che sia un tema utile e lo affronto in quanto Vicepresidente della Camera, perché ho anche una funzione di terzietà e mi preoccupo del Regolamento di oggi e di domani, per me e per chiunque altro; ho solo posto il problema del rischio che si potrebbe determinare con la messa in missione d'ufficio.
  Non c'entra nulla con quello di cui ha parlato l'onorevole Buttiglione perché non c'entra nulla con le missioni fuori, eccetera. Ma se esplicitamente dei deputati chiedono di non essere messi in missione perché vogliono partecipare all'Aula è problematico. Ho solo posto questa questione, magari la Giunta per il Regolamento nella riforma del Regolamento se ne potrà occupare, che si venga messi in missione d'ufficio, tutto qua.

  PRESIDENTE. È chiaro, onorevole Giachetti. Era stato talmente chiaro che ho detto che mi pare che tutti siamo d'accordo sul fatto che nessun deputato possa essere messo in missione contro la sua volontà.

Sull'ordine dei lavori (ore 18,20).

  ALFONSO BONAFEDE. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Avevo interrotto il deputato Bonafede che voleva parlare di un'altra cosa. Prego, onorevole Bonafede, ne ha facoltà.

  ALFONSO BONAFEDE. Signor Presidente, mi giunge notizia che al largo della costa di Mazara del Vallo, nella notte tra lunedì e martedì scorsi, si sia verificato un naufragio che ha comportato una vera e propria tragedia familiare.
  Cinque i naufraghi: due sono stati recuperati, tra l'altro, da un altro peschereccio. Loro si trovavano in un'imbarcazione Pag. 83di sei metri acquistata da tre fratelli per sbarcare il lunario e si trovavano al largo della costa, però attualmente risulta che è morto il padre di questi fratelli, Vito Di Marco, mentre i due figli, Daniele e Pietro, risultano ancora dispersi e sono in corso le ricerche.
  Ovviamente, da parte nostra credo debba andare la solidarietà a questa famiglia, l'auspicio, sebbene le speranze siano ridotte al lumicino, di riuscire a salvare i due figli che sono ancora dispersi. Ovviamente, è una storia drammatica, una tragedia incredibile, che lascia sbigottiti e sgomenti.
  È una tragedia anche di povertà, che richiama necessariamente il pensiero a tutte le persone che in difficoltà soffrono e cercano di riuscire ad arrivare alla fine del mese, anche andando incontro spesso a rischi a cui non dovrebbero andare incontro. Per questo, senza parole per un dramma secondo me immenso, sentivo l'esigenza di unirmi al dolore della famiglia (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  CLAUDIA MANNINO. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  CLAUDIA MANNINO. Signor Presidente, mi scuso intanto per essere intervenuta oggi, sicuramente in un momento non opportuno. Intervengo ora sul fine seduta proprio per richiamare dei buoni comportamenti. Noi sappiamo tutti – in particolare, sicuramente, chi fa parte dell'Ufficio di Presidenza – come questa istituzione, sin dall'inizio della legislatura, si sia orientata verso dei veri e propri risparmi in tutti gli ambiti.
  Bene, sui giornali l'unico tipo di risparmio di cui si parla è quello relativo sempre a degli attacchi nei confronti del personale, sia degli assistenti parlamentari sia dei dipendenti della Camera, che sappiamo benissimo stanno pagando in prima persona le conseguenze di questa scelta, perché appunto noi come opposizione, all'interno dell'Ufficio di Presidenza, abbiamo sempre sostenuto che prima dobbiamo essere noi politici o, parlando genericamente, noi parlamentari a dare l'esempio, a rinunciare il più possibile, e poi magari caricare chi invece all'interno di questa istituzione lavora senza orari ponendo sempre al primo posto il bene dell'istituzione stessa.
  Mi stupisco quindi, per questo svolgo questo intervento, al fine di invitare in particolare i componenti dell'Ufficio di Presidenza a rinunciare a organizzare all'interno di questa istituzione eventi che non hanno nulla a che fare con l'attività legislativa.
  Oggi, per esempio – ma è l'ennesimo evento che si organizza nelle stanze di questo Palazzo – si è tenuto un incontro con l'Inter club, non so bene di preciso su cosa, ma non mi risulta che l'attività di questa associazione o comunque di questa squadra abbia nulla a che fare con l'attività legislativa.
  Ci sono stati anche diversi ordini del giorno orientati da più parti politiche affinché si utilizzino gli spazi di Montecitorio esclusivamente per attività legislativa o quanto meno affinché quegli spazi vengano dati a pagamento. Quindi, invito la Presidenza a segnalare e a sollecitare questo rispetto, appunto perché questi eventi impegnano personale con tutti i sistemi di sicurezza che questo comporta.

  MATTEO DALL'OSSO. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  MATTEO DALL'OSSO. Signor Presidente, questo mio intervento di fine seduta è perché si sono succedute notizie oggi pomeriggio sulla morte di due persone che lavoravano sotto un capannone, vicino casa mia, in provincia di Ravenna, a Cotignola. Vorrei dire che non si può morire di lavoro, davvero.
  Davvero, esprimo il mio cordoglio più sincero verso le famiglie di questi due lavoratori e vorrei ricordare, a me stesso in primis, e al Governo che ogni soldo investito in sicurezza è un soldo in più per Pag. 84le famiglie dei lavoratori che la sera possono tornare a riabbracciarsi (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

Sui lavori dell'Assemblea.

  PRESIDENTE. Avverto che, con lettera testé pervenuta, il presidente della Commissione Affari costituzionali, anche a nome della presidente della Commissione giustizia, ha chiesto di differire l'esame in Assemblea del decreto-legge sulla violenza negli stadi al fine di garantire tempi adeguati per l'esame degli emendamenti presentati. L'esame del provvedimento sarà pertanto iscritto con priorità all'ordine del giorno della seduta di mercoledì 1o ottobre.

Sul calendario dei lavori dell'Assemblea e aggiornamento del programma (ore 18,25).

  PRESIDENTE. Comunico che, a seguito dell'odierna riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo, i lavori sono stati così rimodulati:

  Venerdì 26 settembre (9,30 e pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna)

  Discussione sulle linee generali della proposta di legge n. 731 e del disegno di legge n. 1588 – Delega al Governo per la riforma del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285.

  Svolgimento di interpellanze urgenti.

  Mercoledì 1o e giovedì 2 ottobre (antimeridiana e pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna e nella giornata di venerdì 3 ottobre) (con votazioni)

  Esame del disegno di legge n. 2616 – Conversione in legge del decreto-legge 22 agosto 2014, n. 119, recante disposizioni urgenti in materia di contrasto a fenomeni di illegalità e violenza in occasione di manifestazioni sportive, di riconoscimento della protezione internazionale, nonché per assicurare la funzionalità del Ministero dell'interno (da inviare al Senato – scadenza: 21 ottobre 2014).

  Seguito dell'esame della proposta di legge n. 731 e del disegno di legge n. 1588 – Delega al Governo per la riforma del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285.

  Mercoledì 1o ottobre, alle ore 13,30, avrà luogo, con ripresa televisiva diretta, un'informativa urgente del Governo sugli effetti per le imprese nazionali derivanti dalle sanzioni commerciali disposte dalla Federazione russa nei confronti dell'Unione europea.

  Il Parlamento in seduta comune si riunirà per l'elezione di due giudici della Corte costituzionale martedì 30 settembre alle ore 17.
  La discussione sulle linee generali del disegno di legge n. 2093 – Disposizioni in materia ambientale per promuovere misure di green economy e per il contenimento dell'uso eccessivo di risorse naturali (collegato alla legge di stabilità 2014), prevista per la seduta di domani, è rinviata a venerdì 3 ottobre.
  L'avvio dell'esame della proposta di legge n. 275 e abbinate – Norme in materia di conflitti di interessi dei titolari delle cariche di Governo. Delega al Governo per l'emanazione di norme in materia di conflitti di interessi di amministratori locali, dei presidenti delle regioni e dei membri delle giunte regionali, già previsto a partire dalla giornata di domani, avrà luogo da mercoledì 8 ottobre.
  È stato altresì rinviato, su richiesta della Commissione, l'esame della proposta di legge n. 2318 – Modifiche al decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, in materia di pagamenti delle pubbliche amministrazioni e di compensazione dei crediti, nonché disposizioni concernenti la compensazione delle cartelle esattoriali in favore delle imprese. La sua calendarizzazione sarà valutata in sede di predisposizione del prossimo calendario.Pag. 85
  Comunico inoltre che, in relazione all'andamento dei lavori della Giunta – come precisato in quella sede –, non sarà iscritto all'ordine del giorno della prossima settimana l'esame delle modifiche al Regolamento della Camera.
  Il programma si intende conseguentemente aggiornato.

Ordine del giorno della seduta di domani.

  PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

  Venerdì 26 settembre 2014, alle 9,30:

  1. – Discussione sulle linee generali del testo unificato dei progetti di legge:
   VELO ed altri; D'INIZIATIVA DEL GOVERNO: Delega al Governo per la riforma del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (C. 731-1588-A).
  — Relatore: Gandolfi.

  2. – Svolgimento di una interpellanza urgente.

  La seduta termina alle 18,30.

TESTO INTEGRALE DELLA DICHIARAZIONE DI VOTO FINALE DEL DEPUTATO GIAN LUIGI GIGLI SUL TESTO UNICO N. 750/A-R ED ABBINATE

  GIAN LUIGI GIGLI. Onorevoli Colleghi, il testo al nostro esame interviene sull'articolo 31 del decreto-legge 201/2011 (cosiddetto Salva Italia), che ha reso la liberalizzazione degli orari di apertura degli esercizi commerciali permanente e non più sperimentale ed applicabile su tutto il territorio nazionale, e non solo nelle località turistiche e d'arte.
  Ricordo che la disciplina degli orari delle attività commerciali rientra in due materie, concorrenza e commercio. La prima è di competenza esclusiva dello Stato, mentre la seconda è competenza residuale.
  Tuttavia, con la sentenza n. 288/2010 la Corte Costituzionale ha riconosciuto la competenza statale nelle regole in materia di commercio afferenti alla tutela della concorrenza nel settore della distribuzione commerciale, mentre con la sentenza n. 299/2012 la Corte ha ribadito che la nozione di concorrenza è attribuita alla competenza esclusiva dello Stato, introducendo un limite alla competenza delle Regioni in tale materia.
  Infine, con le sentenze nn. 27 e 38/2013, la Corte qualifica le norme sugli orari degli esercizi commerciali come norme di tutela alla concorrenza, rientranti nella competenza legislativa esclusiva dello Stato.
  Sul tema è intervenuta successivamente anche l'Antitrust nel maggio 2013 e nel settembre 2014, con osservazioni relative all'articolo 1, alle facoltà dei Comuni (Art. 2) ed ai poteri dei Sindaci (Art. 3).
  Al di là comunque delle argomentazioni giuridiche pro e contro, che pure sono importanti, sul tema credo che sia fondamentale ascoltare la voce di coloro su cui ricade poi in definitiva la scelta che oggi si sta compiendo in questa Aula.
  Anzitutto i consumatori. Un sondaggio dell'ISPO del giugno scorso tra i consumatori ha evidenziato come per 6 italiani su 10 quello degli orari e dei giorni di attività commerciale rappresenta un processo di positiva evoluzione sociale che dovrebbe rimanere regolata in direzione di una sempre maggiore libertà degli esercizi commerciali e di un miglior servizio per il consumatore mentre due terzi degli intervistati si dice favorevole alle aperture domenicali utilizzate soprattutto per gli acquisti alimentari. Quasi due terzi di chi compra prodotti non alimentari la domenica fa acquisti aggiuntivi rispetto a quelli che avrebbe fatto nella settimana.
  Accanto alle esigenze dei consumatori, vi sono però anche quelle, non meno importanti, dei lavoratori degli esercizi commerciali, dei loro familiari, quelle delle piccole imprese costrette a una gara Pag. 86sempre più difficile da sostenere, quelle anche della qualità della vita, che debbono tener conto dell'educazione in famiglia dei giovani, delle relazioni familiari, della pratica religiosa,
  Cambiano gli usi e i costumi della nostra società ma comprendiamo la tesi di chi afferma che l'apertura dei negozi anche la domenica distoglie le persone dal rispetto del giorno del riposo domenicale, da dedicare alla famiglia o ad altre attività non consumistiche, di chi non si arrende di fronte alla constatazione che purtroppo il «dio quattrino» è sempre più potente del Dio Trino, anche se l'adesione alle mode rimane sempre nella sfera della libertà di ogni individuo.
  Siamo consapevoli che, in una fase di caduta della domanda, una chiusura degli esercizio commerciali sarebbe un ulteriore colpo alla crescita dei consumi.
  Nel momento, poi, in cui Governo è impegnato in una difficile opera di semplificazioni per sbloccare l'Italia, tuttavia, potrebbe apparire un controsenso mettere dei vincoli a chi cerca di andare incontro alle necessità dei clienti. La concorrenza è uno stimolo per i commercianti per migliorare il proprio giro di affari a fronte di un sacrificio come l'apertura domenicale.
  Purtroppo, nonostante la liberalizzazione, è indubbio che in questi anni i consumi non siano ripartiti, ma abbiano piuttosto subito importanti contrazioni, mettendo in crisi anche l'acquisto di beni di prima necessità.
  Dobbiamo dunque essere consapevoli che, a fronte dei pochi che potendo spendere hanno aumentato i consumi, per la gran parte della popolazione vi è stata una caduta del potere d'acquisto.
  Non è quindi con le liberalizzazioni che si riesce a far ripartire i consumi se i soldi non ci sono. Occorre invece uscire dalla crisi, agganciare al più presto la ripresa, allargare l'occupazione.
  Dall'altro lato occorre realisticamente riconoscere che le aperture non c'entrano solo in parte con le difficoltà dei piccoli dettaglianti, perché lo spostamento degli acquisti verso la grande distribuzione è iniziato da decenni e perché l’e-commerce, un settore in crescita costante (si ricordi che solo la scorsa settimana il gigante cinese dell’e-commerce, Alibaba, è stato quotato a Wall Street) può comunque godere di un'apertura per 365 giorni su 365 e per 24 ore al giorno.
  Diciamo che il nuovo testo approvato dalla X Commissione segna un punto di equilibrio tra le due esigenze in quanto pur mantenendo il principio generale secondo cui le attività commerciali sono svolte senza dover rispettare orari di apertura o di chiusura, individua una serie di eccezioni al principio stesso. In particolare si prevede che in dodici giorni festivi dell'anno le attività commerciali debbano essere svolte nel rispetto degli orari di apertura e di chiusura domenicale e festiva.
  Viene però contestualmente consentito a ciascun esercente l'attività di vendita al dettaglio, di derogare all'obbligo di chiusura, fino ad un massimo di sei giorni, individuati liberamente tra i dodici indicati dal testo. Infine, ciascun comune, anche in coordinamento con altri comuni contigui, può predisporre accordi territoriali non vincolanti per la definizione degli orari e delle chiusure degli esercizi commerciali, ferme restando le summenzionate limitazioni con la finalità di assicurare la fruibilità dei servizi commerciali, promuovere l'offerta commerciale e valorizzare zone a più marcata vocazione commerciale o turistica.
  Si tratta in conclusione di un buon compromesso, anche se a quanto si apprende la partita potrebbe nuovamente essere riaperta dalle regioni: ben quattro di esse infatti hanno chiesto il referendum.
  Infine, mentre riteniamo positiva la previsione di un fondo per il sostegno rianimatorio delle micro, piccole e medie imprese del commercio, asfissiate dalla grande distribuzione, rileviamo con forte rammarico che la copertura di questo fondo, per altro di entità risibile, è stata effettuata sottraendo una cifra di pari ammontare dal fondo per le politiche sociali, disattendendo anche la condizione espressa nel parere della XII Commissione. Neppure appare accettabile che l'indisponibilità della Commissione di merito e del Relatore a prendere Pag. 87in considerazione il parere della XII Commissione sia stata motivata dalla volontà di non rimettere in discussione il compromesso raggiunto. È vero che la coperta è corta, ma è assurdo che a pagare siano i soggetti più fragili, certamente più fragili dei piccoli commercianti pur logorati dal prolungato braccio di ferro con la grande distribuzione che sta provocando, tra l'altro, anche la desertificazione dei nostri centri storici.
  Sulla base di queste considerazioni e malgrado le perplessità esposte, annuncio il voto favorevole del gruppo Per l'Italia.

Pag. 88

VOTAZIONI QUALIFICATE EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 4 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 13)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nom. Moz. Gallinella e a 1-160 430 429 1 215 427 2 77 Appr.
2 Nom. Moz. Prataviera e a 1-360 I p. 433 390 43 196 106 284 77 Resp.
3 Nom. Moz. Prataviera e a 1-360 II p. 434 434 218 432 2 77 Appr.
4 Nom. Moz. Palese e a 1-576 rif. 437 437 219 437 77 Appr.
5 Nom. Moz. Kronbichler e a 1-579 441 441 221 438 3 77 Appr.
6 Nom. Moz. Galgano e a 1-583 442 442 222 440 2 77 Appr.
7 Nom. Moz. Berlinghieri e a 1-587 442 442 222 440 2 77 Appr.
8 Nom. Moz. Bianchi D. e a 1-589 449 448 1 225 446 2 77 Appr.
9 Nom. Moz. Buttiglione e a 1-597 445 445 223 442 3 77 Appr.
10 Nom. TU pdl 750 e abb.-A/R - em. 1.6 424 402 22 202 109 293 76 Resp.
11 Nom. em. 1.58 427 403 24 202 104 299 76 Resp.
12 Nom. em. 1.150 437 437 219 109 328 75 Resp.
13 Nom. em. 1.168 421 415 6 208 134 281 75 Resp.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M = Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.

INDICE ELENCO N. 2 DI 4 (VOTAZIONI DAL N. 14 AL N. 26)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
14 Nom. em. 1.164 384 384 193 121 263 86 Resp.
15 Nom. em. 1.23 385 381 4 191 121 260 84 Resp.
16 Nom. em. 1.153 387 376 11 189 120 256 85 Resp.
17 Nom. em. 1.163 385 380 5 191 117 263 85 Resp.
18 Nom. em. 1.162 386 381 5 191 119 262 85 Resp.
19 Nom. em. 1.154 380 376 4 189 112 264 85 Resp.
20 Nom. em. 1.155 380 375 5 188 124 251 84 Resp.
21 Nom. em. 1.165 384 379 5 190 113 266 84 Resp.
22 Nom. em. 1.156 384 378 6 190 114 264 85 Resp.
23 Nom. em. 1.157 385 380 5 191 110 270 83 Resp.
24 Nom. em. 1.166 384 361 23 181 99 262 83 Resp.
25 Nom. em. 1.41 384 361 23 181 96 265 83 Resp.
26 Nom. em. 1.160 380 374 6 188 115 259 83 Resp.


INDICE ELENCO N. 3 DI 4 (VOTAZIONI DAL N. 27 AL N. 39)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
27 Nom. em. 1.158, 1.167 382 378 4 190 124 254 83 Resp.
28 Nom. articolo 1 380 347 33 174 338 9 83 Appr.
29 Nom. em. 2.10 376 372 4 187 118 254 83 Resp.
30 Nom. em. 2.21 376 295 81 148 40 255 83 Resp.
31 Nom. em. 2.152 377 287 90 144 233 54 83 Appr.
32 Nom. articolo 2 372 262 110 132 259 3 83 Appr.
33 Nom. em. 3.150 377 374 3 188 37 337 83 Resp.
34 Nom. em. 3.151 383 379 4 190 115 264 83 Resp.
35 Nom. em. 3.15 379 279 100 140 23 256 83 Resp.
36 Nom. em. 3.24 382 361 21 181 99 262 83 Resp.
37 Nom. em. 3.152 380 359 21 180 105 254 83 Resp.
38 Nom. articolo 3 374 346 28 174 340 6 83 Appr.
39 Nom. em. 4.150, 4.152 rif. 366 364 2 183 362 2 83 Appr.
INDICE ELENCO N. 4 DI 4 (VOTAZIONI DAL N. 40 AL N. 49)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
40 Nom. em. 4.156 361 358 3 180 120 238 83 Resp.
41 Nom. em. 4.157 365 364 1 183 109 255 83 Resp.
42 Nom. em. 4.155 369 368 1 185 112 256 84 Resp.
43 Nom. em. 4.158 362 359 3 180 348 11 84 Appr.
44 Nom. em. 4.4 369 287 82 144 39 248 84 Resp.
45 Nom. em. 4.159 372 370 2 186 116 254 84 Resp.
46 Nom. articolo 4 348 337 11 169 328 9 84 Appr.
47 Nom. articolo agg. 4.07 351 350 1 176 111 239 83 Resp.
48 Nom. articolo agg. 4.0150 348 347 1 174 107 240 84 Resp.
49 Nom. TU pdl 750 e abb-A/R - voto finale 298 283 15 142 283 84 Appr.