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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 279 di martedì 5 agosto 2014

Pag. 1

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LAURA BOLDRINI

  La seduta comincia alle 19,55.

  RAFFAELLO VIGNALI, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 30 luglio 2014.
  (È approvato).

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Adornato, Gioacchino Alfano, Alfreider, Bindi, Carinelli, De Girolamo, Dellai, Di Lello, Epifani, Fedriga, Ferranti, Fico, Gregorio Fontana, Fontanelli, Giancarlo Giorgetti, Mannino, Miotto, Ravetto, Realacci, Sani, Scalfarotto, Scotto, Speranza, Tabacci, Velo e Vito sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
  I deputati in missione sono complessivamente ottantuno, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

  Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

Seguito della discussione del disegno di legge: S. 1541 – Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91, recante disposizioni urgenti per il settore agricolo, la tutela ambientale e l'efficientamento energetico dell'edilizia scolastica e universitaria, il rilancio e lo sviluppo delle imprese, il contenimento dei costi gravanti sulle tariffe elettriche, nonché per la definizione immediata di adempimenti derivanti dalla normativa europea (Approvato dal Senato) (A.C. 2568-A/R).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato, n. 2568-A/R: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91, recante disposizioni urgenti per il settore agricolo, la tutela ambientale e l'efficientamento energetico dell'edilizia scolastica e universitaria, il rilancio e lo sviluppo delle imprese, il contenimento dei costi gravanti sulle tariffe elettriche, nonché per la definizione immediata di adempimenti derivanti dalla normativa europea.
  Ricordo che, nella seduta di ieri, il Governo ha posto la questione di fiducia sull'approvazione, senza emendamenti ed articoli aggiuntivi, dell'articolo unico del disegno di legge di conversione del decreto-legge in esame, nel nuovo testo approvato dalle Commissioni a seguito del rinvio deliberato dall'Assemblea (Per l'articolo unico del disegno di legge di conversione, nel testo recante le modificazioni apportate dal Senato e dalle Commissioni nonché per gli emendamenti riferiti agli articoli del decreto-legge, vedi l'allegato A al resoconto stenografico della seduta del 4 agosto 2014 – A.C. 2568-A/R).

(Dichiarazioni di voto sulla questione di fiducia – Articolo unico – A.C. 2568-A/R)

  PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto sulla questione di fiducia dei Pag. 2rappresentanti dei gruppi e delle componenti politiche del gruppo Misto.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Tabacci. Ne ha facoltà.

  BRUNO TABACCI. Signor Presidente, rappresentanti del Governo, il Centro Democratico, per la convinta adesione al centro-sinistra, conferma la sua fiducia al Governo, ma non è una fiducia acritica; apprezziamo infatti che questo decreto contenga vari elementi positivi per il settore agricolo, per la tutela ambientale e per l'edilizia scolastica, ma saremmo poco sinceri se non registrassimo purtroppo che, con gli ultimi provvedimenti votati in quest'Aula, compreso quello in esame oggi, gli elementi di critica per noi sono passati in primo piano rispetto al dato della fiducia. Ieri è stato il giorno della retromarcia al Senato sulla cosiddetta «quota 96» delle pensioni degli insegnanti sull'utilizzo delle risorse della spending review. Oggi votiamo un provvedimento sul quale si è dovuto rimettere mano in Commissione dopo una serie di osservazioni della Ragioneria generale dello Stato. C’è una certa approssimazione che non incide solo sulla qualità della legislazione, facendo aumentare anziché diminuire il grado di complicazione per i cittadini, ma soprattutto rischia di incidere sullo stato già allarmante dei nostri conti pubblici e questo è molto pericoloso in un quadro economico che non accenna a migliorare. Il rinnovamento della classe politica è fisiologico ed è giusto che segua il suo corso; quel che conta però è che le competenze si possono anche sostituire ma non si può rinunciarvi né tantomeno considerarle nemiche quando evidenziano un problema. È già successo giusto tre anni fa...

  PRESIDENTE. La invito a concludere.

  BRUNO TABACCI. Ho finito, Presidente. È già successo giusto tre anni fa con la lettera della BCE e sappiamo com’è andata. Se davvero vogliamo evitare brutte sorprese, in autunno bisognerà ricordarsene.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Pastorelli. Ne ha facoltà.

  ORESTE PASTORELLI. Signora Presidente, signor Ministro, onorevoli colleghi, i deputati socialisti voteranno la fiducia al Governo perché condividono nel merito le disposizioni contenute nel decreto-legge n. 91, attesa anche la delicatezza delle questioni in esso trattate. Il rilancio dell'agricoltura e la tutela dell'ambiente, come ho già avuto modo di esporre in altre occasioni, sono infatti elementi essenziali per un Paese che vuole ripartire e tornare ad essere competitivo in Europa. In questo senso, le misure a favore dell'imprenditoria giovanile, il tratto decisivo del provvedimento con il quale il Governo ha saputo bilanciare e coniugare ambiente, agricoltura, lavoro e salute.
  È necessario, quindi, avviare dei processi virtuosi all'interno del sistema Paese, che producano una trasformazione non solo economica ma anche culturale. E in questo contesto il decreto-legge n. 91 del 2014 rappresenta una straordinaria occasione per concretizzare questa trasformazione, sin troppe volte annunciata e mai realmente perseguita.
  Preannunzio, quindi, il convinto voto favorevole della delegazione socialista sulla questione di fiducia, considerando il decreto-legge n. 91 del 2014 come una tappa fondamentale nel percorso che conduce non solo alla ripresa del settore agricolo in Italia ma anche ad una nuova strategia di Governo del territorio, ispirata alla tutela dell'ambiente e della salute dei cittadini (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) – Liberali per l'Italia (PLI)).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Daniel Alfreider. Ne ha facoltà.

  DANIEL ALFREIDER. Grazie Presidente, signor Ministro, i deputati della Südtiroler Volkspartei e del PAT voteranno la fiducia posta dal Governo sul decreto-legge n. 91 del 2014. Tra gli Pag. 3aspetti positivi che maggiormente condividiamo del provvedimento rientrano soprattutto le misure di semplificazione e di riduzione degli oneri burocratici, così come giudichiamo adeguate le misure a sostegno degli investimenti e le misure per favorire l'accesso al credito da parte delle imprese. È stata migliorata, inoltre, anche la parte riguardante le tariffe per il trasporto merci, evitando forti aggravi per il trasporto ferroviario.
  Oggi il Presidente del Consiglio ha ribadito: «Si approvi in prima lettura al Senato la riforma costituzionale, la legge elettorale per poi concentrarci subito sui problemi veri del Paese: il lavoro». Condividiamo pienamente questo impegno del Presidente del Consiglio e del Governo. Auspichiamo, in questo contesto, di riuscire a dare più libertà all'economia e semplificare, anziché introdurre ulteriori nuovi vincoli.
  In quest'ottica giudichiamo negativamente la soppressione dell'emendamento approvato dal Senato per abolire il tetto massimo dei mille euro per i pagamenti in contanti per turisti stranieri. Siamo per un turismo in cui vi siano meno vincoli ma più detrazioni fiscali per imprese e utenti, per favorire più sviluppo, più competitività e più lavoro in un settore così importante per l'Italia.
  Positiva, invece, la norma introdotta per il Parco dello Stelvio, così come da noi proposta, che costituisce la base per la nuova governance, coinvolgendo gli enti territoriali interessati, ferma restando, naturalmente, l'unitarietà del Parco.
  Consideriamo la fiducia come il consenso ad un patto politico di prospettiva, il cui aspetto prioritario del programma di governo è, per noi, la tutela delle autonomie speciali e, in primo luogo, una soluzione al contenzioso in essere tra Stato e provincia. Nell'interesse di entrambe le parti occorre, secondo noi, trovare al più presto un'ipotesi risolutiva e positiva in ordine ai rapporti finanziari tra Stato e province. Siamo convinti che si possa trovare e attendiamo ora una riconsiderazione profonda e urgente su questa materia.
  Poiché complessivamente la valutazione del provvedimento in esame resta positiva, i deputati delle Minoranze Linguistiche voteranno la fiducia posta dal Governo sul decreto-legge in esame (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Minoranze Linguistiche).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Luigi Lacquaniti. Ne ha facoltà.

  LUIGI LACQUANITI. Signora Presidente, Governo, onorevoli colleghe e colleghi, l'ISTAT nell'ultima comunicazione mensile sull'andamento dell'economia del Paese, ammoniva sulle difficoltà che sta incontrando il piano di ripresa, difficoltà, certo, a nessuno inattese ma impreviste nella loro virulenza.
  Nonostante qualche aspetto positivo sul piano macroeconomico, in particolare lo spread che si mantiene su livelli bassi, il pericolo è la stagnazione dell'attività economica. Il manifatturiero subisce un andamento altalenante, mentre l'inflazione, con valori prossimi allo zero, testimonia quanto ancora sia forte la sfiducia delle famiglie.
  È in questo quadro economico tanto funesto che si inserisce il decreto-legge competitività che quest'Aula è chiamata ad approvare. Il provvedimento sconta il vizio antico dei decreti-legge omnibus. Abbiamo, pertanto, salutato positivamente l'intervento del Governo, che con una sforbiciata vigorosa ha moncato il provvedimento di sue parti pure importanti, per rendere la materia più omogenea.
  Quanto alle condizioni di necessità e urgenza, noi abbiamo ritenuto che fossero ravvisabili in un provvedimento che si pone come obiettivo la rinnovata urgente competitività delle imprese italiane in un quadro economico così difficile. Veniamo alle parti soppresse dal meccanismo emendativo del Governo, a partire dalla più iniqua, quella norma che, in un quadro economico tanto drammatico per famiglie e imprese, derogava sul tetto agli stipendi dei manager. Bene quindi che sia stata eliminata. E poi l'altra pure molto discutibile: Pag. 4lo stanziamento di più di 500 milioni a favore di Poste Italiane, che, per quanto apprezzabile nel merito, andava tuttavia a individuare la copertura quasi interamente in un taglio ai fondi destinati al pagamento dei debiti della pubblica amministrazione. Non altrettanto opportune ci sono apparse altre soppressioni che, pur obbedendo anch'esse alla necessità imperativa dell'omogeneità del testo, costituivano aspetti innovativi del provvedimento. Soppresso l'articolo che prevedeva la SCIA automatica; soppressa pure la riforma dell'articolo 2.351 del codice civile che, con l'introduzione del voto plurimo nelle società, avrebbe dovuto favorire la ricapitalizzazione. Aspetti innovativi questi e altri ancora che ci auguriamo di poter ritrovare nel prossimo «sblocca-Italia». I nodi di questo provvedimento risiedono semmai in quelle sue parti che si soffermano sull'impatto che l'attività imprenditoriale può avere sull'ambiente e qui, signora Presidente, ci saremmo attesi maggior coraggio da parte del Governo. Per limitarsi solo ad alcuni aspetti, la semplificazione nelle procedure di bonifica può a nostro avviso tradursi in violazione di obblighi e vincoli. Le stesse novità riguardanti l'ILVA di Taranto se, da un lato, permettono finalmente l'uso delle risorse della famiglia Riva poste sotto sequestro, dall'altro, ci pare che finiscano per assoggettare il piano ambientale e sanitario al piano industriale, stravolgendo così l'impianto del provvedimento che, solo un anno fa, avevamo licenziato per il commissariamento dell'azienda. Era poi necessario derogare ai limiti per gli scarichi a mare degli impianti soggetti ad autorizzazione integrata ambientale ? Ed era così necessario innalzare le soglie di contaminazione nell'ambito della bonifica delle aree demaniali destinate ad uso delle Forze armate ? Troppe volte abbiamo dovuto assistere in questi mesi ad una sorta di compiacimento da parte di taluni per la situazione drammatica del Paese semplicemente in quanto atta a squalificare l'azione del Governo. Noi di Libertà e Diritti-Socialisti europei vogliamo avere a cuore unicamente le sorti del Paese e delle sue classi lavoratrici. Guai a noi se volessimo scommettere sulla rovina del Paese solo per dimostrare una tesi ideologica o realizzare un obiettivo politico. È per tutto ciò che, innanzi alla posizione del Governo della questione di fiducia sul provvedimento, noi ci asterremo. La situazione in cui versa il Paese deve essere argomento per un rinnovato impegno di tutte le forze politiche, pur nel rispetto dei differenti ruoli di maggioranza e opposizione. Il Governo, però, abbia più a cuore le sorti dell'ambiente. Vano è pensare ad un risanamento dell'economia del Paese che non passi per la tutela del suo territorio (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Libertà e Diritti-Socialisti europei (LED)).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Corsaro. Ne ha facoltà.

  MASSIMO ENRICO CORSARO. Signor Presidente, signor Ministro, io faccio parte di quella generazione che, prima di andare a nanna, guardava Carosello e uno degli slogan di una pubblicità che imperversava a quell'epoca diceva che la fiducia è una cosa che si dà alle cose serie. Ora, se una cosa ormai traspare all'attenzione di tutti, testimoniata addirittura dai quotidiani nazionali più importanti, quelli che avevano vaticinato e glorificato il vostro avvento, è che il suo e il vostro Governo, signor Ministro, tutto è meno che una cosa seria. Voi state dando prova di essere delle marionette eterogestite, dall'Europa in alcuni casi, addirittura dai vostri stessi funzionari e burocrati – lo dirò di qui ad un attimo – in altri casi, che prospettano uno scenario pericoloso per il divenire della stagione, non tanto del vostro Governo che interessa poco, quanto dell'Italia, cosa che interessa assai di più. State cercando di vendere un vostro afflato riformistico sulle istituzioni e sulla Costituzione perché sostenete di voler passare dal bicameralismo al monocameralismo. In realtà, state già applicando lo «zerocameralismo», signor Ministro, che è il sistema con il quale producete decreti su decreti sui quali apponete la fiducia, impedendo all'una e Pag. 5all'altra Camera, attualmente riconosciute come rami del Parlamento, la possibilità di discutere, di emendare, di modificare qualche cosa. E poi vedremo quando vi scappa qualche modifica in quale modo sordido cercate di fare retromarcia, manlevando il Parlamento dal proprio sacrosanto diritto di legiferare. La cosa curiosa, onorevole Presidente, è che, in questo scenario sia stata, come dire, silentemente compiacente anche la figura più autorevole del Capo dello Stato, il quale, pure in altra stagione coincidente con il suo precedente mandato, aveva dato prova di essere intransigente nei confronti di altri Governi rispetto al fatto che l'utilizzo del ricorso alla decretazione d'urgenza dovesse trovare la manifesta coesistente presenza dei principi di necessità e urgenza e di omogeneità.
  Noi oggi siamo chiamati a porre la fiducia, a votare o a negare – come nel caso di Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale – la fiducia su un tema, su un decreto-legge che, in termini di omogeneità, passa dalle nutrie all'ILVA di Taranto, dalle energie rinnovabili all'uso del contante e, per quanto riguarda i criteri di necessità e urgenza, tratta addirittura della necessità urgente di togliere le lampadine a LED nei segnali semaforici delle nostre strade, argomento – come sa, signor Ministro – che occupa la gran parte del dibattito nelle tavole degli italiani ogni giorno e che necessitava di un decreto-legge urgente e approvato alla vigilia di Ferragosto.
  Voi addirittura, cercando di ammantare di un po’ di nobiltà contenutistica questo provvedimento, lo chiamate un ulteriore provvedimento sulla competitività, ma i numeri vi sbugiardano perché i numeri accompagnano la triste esperienza del vostro Governo con un continuo calo del PIL, una continua crescita della disoccupazione, un progressivo e inarrestabile aumento della pressione fiscale.
  La competitività non si crea per decreto, né per legge, né per la bacchetta magica di alcun Governo, ma un Governo ha il sacrosanto dovere di poter mettere l'economia reale nelle condizioni di poter dare il meglio di sé e ha solo due strumenti per farlo: uno è togliere la burocrazia, cui invece voi conferite – è storia di queste ultime ore – sempre maggiore potere, l'altro è quello di abbassare la pressione fiscale, ma, per abbassare la pressione fiscale, c’è la necessità di abbassare sensibilmente il dimensionamento della spesa pubblica, di fare concretamente quella benedetta revisione della spesa pubblica, sulla quale state proseguendo il filo conduttore pericoloso del Governo Monti, prima, e del Governo Letta, poi. Abbiamo visto, seduti su quegli scranni, prima il Ministro super tecnico Giarda, che era stato incaricato da Monti di tagliare a larghe fette il dimensionamento della spesa pubblica, che, dopo sette o otto mesi di professorale studio, ha abbandonato, ha gettato la spugna e ha chiesto che, al suo posto, venisse chiamato il super commissario Bondi, che divenne il tecnico al quadrato perché era il tecnico del Governo dei tecnici. Anche lui fallì e non presentò alcunché riguardo al dimensionamento della spesa pubblica. Poi ci provò il Governo Letta; poi è arrivato, chiamato da oltre Atlantico, il professor dottor Cottarelli che avrebbe dovuto, nel giro di poche settimane, insegnarci come 850 miliardi di spesa pubblica, nei gangli e nei rivoli delle spese ministeriali, sarebbero stati asciugati e prosciugati. Niente di niente, anzi si ha addirittura la sensazione che questo vostro Governo abbia volontariamente deciso di tacitare il lavoro di Cottarelli e attendiamo con curiosità che il Ministro Padoan venga in Aula a darci conto di quello che sta succedendo, o meglio di quello che non sta succedendo nel Governo della spesa pubblica.
  Voi avete mostrato efficienza, da quando vi siete insediati, solo nel liberare i delinquenti – quello sì – siete veloci a realizzare e a applicare indulti e amnistie che si susseguono l'uno all'altra, incuranti dei diritti delle vittime e delle famiglie delle vittime per rimettere per strada delinquenti e assassini e per liberalizzare l'uso delle sostanze stupefacenti.
  Soprattutto, avete sovvertito, senza ancora avere cambiato la lettera della Costituzione, Pag. 6il circuito legiferante che vorrebbe, sempre secondo la lettera della Costituzione che voi non avete cambiato, che il Parlamento decida, che il Governo esegua quello che il Parlamento ha deciso e che la burocrazia, su incarico del Governo, formalizzi le modalità di esecuzione di ciò che il Parlamento ha deciso.
  La storia di queste ultime ore, avendo cancellato sordidamente e senza passare dall'Aula del Senato, un provvedimento che era stato varato qui dalla Commissione Bilancio sul decreto che tornerà in terza lettura dopodomani in quest'Aula ancora con l'ennesima posizione della questione di fiducia, per cui avete rimesso nell'ombra i dipendenti della scuola, cui era stata consentita, con la cosiddetta quota 96, la possibilità di recuperare il drammatico errore della «legge Fornero» e del caso degli esodati, voi fate esattamente il contrario: prendete gli ordini dai funzionari e dai burocrati e, sulla base di ciò, fregandovene totalmente di quello che ha deciso un ramo del Parlamento, senza coinvolgere più in alcun modo nessuno dei due rami del Parlamento, decidete di manlevare quelle decisioni e di dare conto immediatamente all'esecuzione di quello che i burocrati vi hanno detto.
  Sarà interessante capire in quale modo spiegherete agli italiani e alle italiane che anche in questa occasione, con il decreto che porterete dopodomani, con l'ennesima posizione della questione di fiducia, negherete la possibilità a molti cittadini di recuperare un torto che la politica, che il Parlamento, che questo Governo e i Governi che l'hanno preceduto, a partire dal Governo Monti, gli hanno perpetrato, interrompendogli con effetto retroattivo il diritto al conseguimento del trattamento pensionistico.
  Voi avete evidentemente una visione del potere del Governo solo e solamente indirizzato a dare risposte non critiche a quello che vi chiedono potentati europei, a quello che vi chiedono condizionamenti interni, a quello che vi dispongono i vostri stessi funzionari che dovreste essere in grado di maramaldeggiare se aveste anche solo l'1 per cento di quella protervia con la quale il vostro Presidente del Consiglio normalmente si rivolge agli italiani, additando gli altri componenti e gli altri partiti della politica e del Parlamento come i reali responsabili dello scarso avanzamento del percorso riformatore.
  A voi resta solo, per dimostrare un pizzico di residua buona fede, un'alternativa: o cacciate a pedate nel sedere tutti i boiardi di Stato, assumete immediatamente i 50 o 60 migliori trentenni laureati nelle discipline economiche e giuridiche e li mettete a capo del Ministero dell'economia e delle finanze, mandando a casa con ignominia tutti quelli che attualmente lo occupano, determinando le vostre scelte al di là delle scelte della politica e i condizionamenti e i vincoli della spesa pubblica, oppure consegnerete le chiavi dell'Italia a una serie di ragionieri Fantozzi.
  Farete comunque questo senza il nostro consenso, senza la nostra approvazione e senza la fiducia di Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Binetti. Ne ha facoltà.

  PAOLA BINETTI. Signora Presidente, colleghi, un decreto con un titolo lungo e articolato, conosciuto soprattutto come «decreto competitività» avrebbe meritato prima di tutto una riflessione su cosa significhi parlare di competitività in questo preciso momento politico ed economico del nostro Paese.
  La crisi economica e finanziaria che, oramai da troppi anni, sta coinvolgendo l'intero settore economico-industriale italiano, in misura maggiore di quanto accade in altri Paesi europei, impone al Governo e al Parlamento e, in definitiva, all'intero sistema Paese di ripensare tempestivamente e strategicamente al proprio modello di funzionamento, decisamente inadeguato alla soluzione dei problemi vecchi e nuovi in cui si dibatte.
  Nel ripensare al proprio modello per orientare le decisioni strategiche di sviluppo, Pag. 7l'azienda Italia sta avviando in modo sempre più rigoroso lo sforzo necessario per comprendere il contesto competitivo in cui opera, valutando i propri concorrenti e le possibili alternative strategiche di crescita. Ma le decisioni prese finora dai Governi che si sono succeduti negli ultimi anni, se valutate in una logica comparativa, appaiono meno efficaci di quanto accaduto in altri Paesi. La ripresa è lenta, il PIL non cresce, molte, troppe aziende falliscono, troppe famiglie italiane sono sotto una soglia crescente di povertà.
  Questi i fatti, e quindi dovremmo concludere che la nostra competitività è scarsa. Capire perché questo non accade e decidere come uscirne è uno degli obiettivi di questo decreto ed è uno dei punti su cui valutare se confermare la fiducia all'attuale Governo. Porre la fiducia sul «decreto competitività» e dare la fiducia al Governo sulla base di questo fattore significa scommettere sul futuro e credere che finalmente possediamo davvero le chiavi per la risoluzione dei nostri problemi.
  Deve essere qualcosa di più di una speranza, per poter accendere un cauto, ma concreto, ottimismo. Prima di tutto dobbiamo avere presente che ogni crisi è diversa da quella che l'ha preceduta e da quella che la seguirà, e quindi ogni crisi va valutata nella sua concretezza e nella sua specificità, proprio perché esprime un rapporto dialettico tra problemi da risolvere e persone deputate a risolverli, anche in carenza di risorse.
  Ogni variabile, in questo sistema, sposta in modo significativo le possibili soluzioni e i relativi margini di rischio, con le naturali conseguenze. Il fattore umano costituisce l'anima di ogni crisi ed è, per sua stessa natura, unico ed irripetibile, non solo perché uniche sono le persone, ma perché imprevedibili sono le loro reazioni e relazioni, e la fiducia ad un Governo significa fiducia alle persone che, di fatto, ci governano.
  Questo fatto ridimensiona molto il valore della rappresentazione matematica della crisi che alcuni esperti tendono a proporre con algoritmi che si rivelano strutturalmente insufficienti a dare ragione della complessità del problema. Il numero non è l'unico canone del ragionamento, neppure sotto il profilo economico, perché non esiste solo l'intelligenza calcolante: vi è anche un'intelligenza sociale, che fa riferimento ai canoni emotivi e richiede modalità di interpretazione diverse. Esprimere fiducia al Governo, oggi, l'ennesima fiducia in pochissimi giorni, e certamente non l'ultima, significa proprio tutto ciò: credere che con questo Governo sia possibile recuperare oggettiva competitività a livello nazionale ed europeo, e quindi uscire definitivamente dalla crisi.
  Non si può ridurre il problema della crisi alla sola misura quantitativa, anche perché la crisi determina l'irrompere nel quotidiano dell'angoscia, spesso fortemente interconnessa con i mezzi di comunicazione, che rendono accessibili a tutti informazioni complesse, ma difficili da interpretare correttamente, se non si dispone di adeguati strumenti di difesa.
  Non a caso, molte volte lasciano l'uomo sospeso in un'indeterminatezza che non riesce a controllare, vera e propria ansia di futuro. Nell'attuale contesto economico e finanziario, caratterizzato da una crisi che appare ormai decisamente strutturale e ben poco congiunturale, le aziende possono riuscire a mantenere la propria posizione competitiva solo se sono in grado di ripensare tempestivamente e strategicamente il proprio modello di azione.
  Il cambiamento è oggi, come non mai, elemento imprescindibile per la continuità. Cambiare il sistema è necessario, cambiare in meglio è un obbligo morale, prima ancora che politico: è questo il senso del termine «competitività» e, come corollario, è il senso del «decreto competitività». Nel ripensare il proprio modello di sviluppo, l'Italia deve avviare un processo di profonda comprensione, non solo di se stessa, ma anche del contesto competitivo in cui operano i propri competitor: i Paesi vicini (la Spagna, tra tutti, è uscita fuori più velocemente di noi), le grandi multinazionali, le aziende che si occupano di attività simili a quelle delle nostre aziende.Pag. 8
  Altrimenti, giungeremo al paradosso che i problemi sono i nostri, ma le soluzioni appartengono ad altri. È in questa chiave che vanno riviste possibili strategie alternative rispetto a quelle finora applicate, per realizzare un cambiamento in grado di garantire alle nuove generazioni un reddito adeguato, per creare un valore non solo economico, ma anche economico, per tutti coloro che abitano nel nostro Paese, italiani e immigrati, nessuno escluso.
  Intesa in questa chiave, la parola «competitività» fa rima con la parola «solidarietà». Non vi è competitività senza solidarietà e non vi è solidarietà senza competitività, ed è su questo binomio che noi voteremo la fiducia al Governo, perché crediamo che stia cercando di orientare le sue scelte strategiche su questo binario di competitività-solidarietà, ben sapendo che qualunque tipo di welfare, se resta solo di tipo assistenziale e non stimola creatività in coloro che ne beneficiano, corre un forte rischio di default, ma una competitività senza solidarietà sancisce un livello di individualismo spregiudicato e privo di qualunque consapevolezza etica.
  Le prospettive di crescita del Paese dipendono, infatti, sia dalla sua capacità di innovare, attraverso un cambiamento prodotto dalla sua capacità di ricerca e di sviluppo che dalla tempestività con cui traduce in pratica intuizioni e risoluzioni necessarie per realizzare il cambiamento in questione.
  La competitività richiede un'intensa attività di studio e di ricerca, un forte ed esigente investimento nelle nuove generazioni e un'irrinunciabile capacità di prendere decisioni tempestive ed efficaci. In Italia il sistema Paese sembra perdere colpi, non tanto sotto il profilo della ricerca, che in ambito tecnico-scientifico è ancora creativa e competitiva, quanto sul piano delle decisioni che sono indispensabili per tradurla in pratica. Sembra che, dopo aver calcolato gli eventuali rischi e gli indispensabili margini di insuccesso che sempre si possono creare, il sistema Paese perda fiducia in se stesso e nelle nuove generazioni, si rifiuti di rischiare, si arrocchi in soluzioni che non gli consentono di scommettere sul suo futuro.
  Noi votiamo la fiducia al Paese, ma vogliamo che chi lo governa abbia fiducia nel Paese. Perdiamo competitività perché non abbiamo sufficiente fiducia nelle nuove generazioni, nel loro sguardo nuovo sul futuro, il loro futuro, e per affrontare le nuove sfide preferiamo mantenere schemi e modelli che sappiamo già essere inadeguati, superati dal nuovo che avanza.
  Non abbiamo il coraggio di credere nelle nostre capacità e non valorizziamo la nostra competitività: la fuga dei cervelli all'estero ne è una prova evidente. La generazione degli universitari più brillanti migra all'estero, non solo per completare la propria formazione, ma anche per trovare un lavoro all'altezza delle proprie capacità. Il loro grado di competitività rispetto ai propri coetanei di Paesi diversi ne fa dei concorrenti realmente temibili perché competitivi. All'estero mostrano la capacità di mantenere un vantaggio competitivo sulla base di ciò che hanno appreso in Italia, purché si consenta loro di sfruttare le opportunità che trovano, quelle presenti su tutti i tipi di mercato, ma non abbastanza in Italia.
  Nel dibattito sul decreto-legge competitività avremmo dovuto esplorare più a fondo proprio il senso del valore competitività, per capire perché non abbiamo saputo assumercene i rischi, facendo della crisi in cui siamo immersi una vera e propria opportunità, attraverso la quale esplorare nuove strade e nuovi approcci.
  Per concludere, parlando di decreto-legge competitività e davanti all'ennesima fiducia che il Governo ha posto, mi piacerebbe che il Parlamento diventasse davvero più competitivo nel suo lavoro, cominciando dal lavoro in Aula e in Commissione, evitando sprechi di tempo e di energie, nel quadro di una ricerca costante del bene del Paese. Non si tratta di pura tecnicalità, per cui sono sufficienti solo competenze politiche. È piuttosto una dimensione etica del lavoro parlamentare, che richiede livelli di competenza maggiori Pag. 9proprio quando sono maggiori le possibili conseguenze che dal nostro lavoro possono scaturire.
  Voteremo la fiducia, ma per piacere cerchiamo di avere anche più fiducia in noi stessi, più fiducia nel Parlamento. Noi abbiamo più fiducia nel Governo e al Governo diamo fiducia, ma vorremmo che il Governo desse più fiducia anche a noi (Applausi dei deputati del gruppo Per l'Italia).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Paolo Grimoldi. Ne ha facoltà.

  PAOLO GRIMOLDI. Signor Presidente, l'onorevole Binetti, che a differenza mia voterà la fiducia, ha utilizzato diverse volte la parola «fiducia» su questo provvedimento. Deduco che non lo ha letto, o, se lo ha letto, lo ha letto in modo assolutamente approssimativo. Voi mi spiegate in un decreto-legge che reca ne titolo «competitività e efficientamento energetico» come si fa a parlare di fiducia nei confronti di un Paese che cambia le regole in corsa ?
  Si dice ai nostri territori che – siccome sappiamo che non siamo un Paese che produce energia: compriamo il petrolio e il gas dall'estero – abbiamo bisogno, per risparmiare soldi, vista la nostra bolletta energetica, di poter comprare energia un po’ da tutti. Più fornitori abbiamo – detto in parole povere – più possiamo individuare quello da cui comprare energia al minor costo. Tra queste soluzioni c’è la possibilità di prendere il gas tramite i rigassificatori. Cioè arrivano le navi, con il gas liquefatto e lo immettono in questi rigassificatori. Ovviamente nel nostro Paese nessuno vuole il rigassificatore.
  Si fece una legge, onorevole Binetti, lei evidentemente non lo sa o, se lo sa, era disattenta, che premiava in termini economici i territori che avessero preso dei rigassificatori. Quindi, qualcuno si è fatto anche due conti e ha detto: va bene, io il rigassificatore lo faccio perché poi il mio territorio ha delle ricadute; ho fiducia nelle leggi che ha fatto questo Paese, sulle scelte, e faccio un investimento sul futuro. Ma chi ha fatto questa scelta, vede le regole cambiare in corsa, come nel caso esclusivo della regione Veneto che ha scelto di avere un rigassificatore nell'interesse di tutto il Paese e di tutti i cittadini di questo Paese che pagano bollette energetiche salatissime per il riscaldamento e, quindi, con la possibilità di risparmiare. Insomma, a questo territorio, a cui si è detto: «prenditi il rigassificatore perché lo Stato ti garantisce con degli sconti e delle agevolazioni», noi cambiamo le regole, nonostante la giustizia amministrativa abbia dato ragione alla regione Veneto, e diciamo: «ti sei fidato, marameo, sei un po’ pirla, abbiamo cambiato le regole e non ti diamo più niente». Questo può essere un Paese che garantisce fiducia ? Questo può essere un Paese nel quale dall'estero vengono a investire perché abbiamo regole chiare e garantiamo agli investitori delle certezze ? A me sembra l'esatto contrario.
  Nel rigassificatore che dovevano fare in Puglia, la società era straniera e gli investitori, guarda caso, hanno pensato bene di cambiare, e gli investimenti non ci saranno più. E a questo territorio noi che cosa diciamo ? Che non gli daremo più le risorse che erano state garantite ? Vedo il Ministro Galletti e l'ho visto in televisione perché in Veneto c’è stato anche il dissesto idrogeologico con la sciagura, di cui abbiamo parlato ieri, che ha colpito quei territori. Il Ministro Galletti ha parlato di soldi per i lavori sul dissesto idrogeologico e ha parlato di 30-35 milioni di euro, se ho sentito bene in televisione. Ecco, quello che voi tagliate sono circa 30 milioni di euro, mettendo assieme gli anni di agevolazioni per questo territorio. Quindi, vediamo di fare anche due conti quando poi si va in televisione a raccontare di soldi che arrivano dallo Stato centrale per questi territori, sulla scia mediatica di eventi tragici come quelli che purtroppo abbiamo visto in queste ultime ore.
  Passo a un altro punto, saltando gli altri, per rimanere sul tema della fiducia. Scusate, ma il nostro Paese ha fatto delle regole sulle energie rinnovabili e sul fotovoltaico. Pag. 10È da quando sono in quest'Aula che sento i verdi o gli amici dei verdi o chi è contro gli inquinamenti più diversi dire che il nostro Paese ha l'energia solare, che dobbiamo investire sulle rinnovabili, che sono il patrimonio del nostro Paese. Tutte cose anche condivisibili. Abbiamo fatto delle leggi, abbiamo incentivato il fotovoltaico, ma, di più, abbiamo delle aziende che hanno investito sul fotovoltaico, che hanno deciso di fare business sul fotovoltaico, che si sono indebitate con le banche per avviare questa attività sul fotovoltaico; e noi, una volta avviata la macchina del fotovoltaico e avviati gli investimenti, riusciamo a cambiare le regole in corsa, per i cittadini che hanno voluto investire sul fotovoltaico e per le aziende che hanno anche loro investito su questa possibilità che questo Paese metteva a disposizione. E, tra l'altro, questa del fotovoltaico non è una questione che denuncia solo la Lega Nord, perché addirittura l'ambasciatore britannico a Roma, (che, quindi, non è l'ultimo dei Paesi rappresentati nel nostro Paese), si è detto assolutamente preoccupato di questa norma, perché dall'entrata in vigore delle norme vengono tagliati gli incentivi al fotovoltaico, i cui effetti – parola dell'ambasciatore britannico – sono retroattivi e, quindi, rischiano di mettere in ginocchio un settore strategico per la nostra economia nel quale operano moltissimi investitori anche esteri, e anche inglesi. E, quindi, il mio Paese – continua l'ambasciatore – con queste norme, non è più rassicurato, non ha più fiducia nel venire a investire da voi, perché voi cambiate le regole in corsa. Non potete dirmi che sono vent'anni di investimento quando poi cambiate le regole e li fate diventare venticinque, altrimenti l'investitore straniero non viene più qui perché questo è il Paese dei balocchi, dove una volta che si fanno le regole, un anno dopo, due anni dopo, tre anni dopo, queste regole cambiano. Perché uno dovrebbe investire ?
  E con il dramma della situazione economica che stiamo vivendo, con le aziende che fanno fatica a pagare gli stipendi, con la gente cassaintegrata, con i mutui che non vengono evasi perché non ci sono soldi per ripagarli, noi cambiamo le regole per un comparto, sul quale avevamo investito, che dà occupazione a diverse decine di migliaia di persone, rischiando di metterle in difficoltà: perché cambiando le regole, inevitabilmente, mettiamo il comparto delle piccole e medie imprese, anche del nostro Paese, che hanno investito sulle energie rinnovabili in difficoltà.
  Io non dico che queste nuove regole siano sbagliate: dico che non si può cambiare ogni due per tre queste regole. E vorrei sentire, della componente del PD, quelli più attenti alla tutela delle energie rinnovabili cosa hanno da dire su questi provvedimenti, visto che questa volta è un Governo di sinistra che dà un giro di vite contro le energie rinnovabili o, comunque, per limitare gli investimenti. Questo va denunciato.
  E, poi, scusate, in un decreto-legge che è denominato «competitività», mi spiegate cosa c'entrano le norme sulla caccia ? Cosa c'entrano le norme sulla caccia con la competitività ? Si decide di esonerare le regioni dal legiferare sul tema: non entro troppo nel merito tecnico, però è evidente che la caccia con la competitività c'entra poco o niente. L'unica cosa che mi viene in mente, da buon brianzolo, sono i numeri del comparto, visto che buona parte delle armi le produciamo dalle nostre parti. Parliamo di 9 miliardi di euro di PIL – ripeto la cifra, sono rimasto stupito anch'io: 9 miliardi di euro di PIL – nel comparto della produzione di armi da fuoco, che dà occupazione a 94 mila addetti.
  Noi facciamo delle norme ancora più restrittive e centraliste sul comparto, mettendo in difficoltà i produttori degli armamenti, quanto meno sul mercato interno. Il Ministro mi risponderà che di questi 9 miliardi, 8 e mezzo sono destinati all’export: sono d'accordo con lei e non ho dubbi, però sul mercato interno li mettiamo ulteriormente in difficoltà, cercando di centralizzare delle norme, mettendole in un decreto-legge che viene denominato «competitività», che, scusate, con il comparto della caccia non ha nulla a che fare e sulla produzione delle armi fa l'esatto Pag. 11contrario che non rendere più competitiva la nostra produzione di armi da fuoco.
  E, poi, ancora: sul comparto della scuola, innanzitutto, denuncio che dovremo aspettare altri 90 giorni per capire se i Ministeri competenti – cioè il Ministero dell'ambiente, il MEF, il Mise e il MIUR – riusciranno a mettersi d'accordo per gli interventi sul comparto della scuola.

  PRESIDENTE. La invito a concludere.

  PAOLO GRIMOLDI. Però, su questo tema, tutti quanti, in quest'Aula, siamo pronti a commemorare e a ricordare alcune delle sciagure che si sono verificate in alcune delle nostre scuole perché gli stabili erano fatiscenti. Io dico: anche in questo provvedimento sono stati presentati degli emendamenti per cercare di evitare il Patto di stabilità, perché i nostri comuni hanno i soldi in cassa. Non vogliamo farglieli spendere tutti, non vogliamo farglieli spendere per ogni cosa, ma possiamo decidere che una parte di questi soldi, che i comuni hanno e che sono vincolati per il Patto di stabilità, vengano utilizzati almeno per il comparto della scuola, in modo che questi soldi siano spesi e le nostre scuole vengano modernizzate ? Non vi va bene la scuola ? Va bene, diciamo allora per mettere in sicurezza i territori sul versante idrogeologico. Ma decidiamo un comparto, dove possiamo finalmente utilizzare almeno una minima parte di questi soldi che abbiamo in cassa, sia per rilanciare l'economia, sia per mettere in sicurezza i nostri territori e le nostre scuole.
  Altrimenti, poi, siamo sempre qui, in quest'Aula, a commemorare le sciagure, come quella accaduta in Veneto nelle ultime ore, ma non diamo la possibilità – e questo decreto-legge che si chiamerebbe «competitività» ne è una prova ulteriore – ai nostri enti locali di utilizzare neanche la minima parte di queste risorse per fare sicurezza e, quindi, sì, competitività, perché maggior sicurezza vuol dire anche quello. Invece, tutto questo è stato bocciato, perché gli emendamenti presentati in tal senso sono stati bocciati ed è stato chiesto il voto di fiducia su questa questione. Un'ultima cosa, e concludo.
  Lasciatemi denunciare – e questo, dal nostro punto di vista, è gravissimo – che la competitività è, ancora una volta, in contrasto con la meritocrazia, perché viene, ancora una volta, data la possibilità alle regioni inefficienti sotto il profilo dello smaltimento dei rifiuti solidi urbani (mi riferisco alla Campania e alla new entry, con il silenzio tombale di tutti i media, la regione Lazio, cioè Roma e il Lazio), di spedire i loro rifiuti. Queste regioni, nonostante tasse altissime sul comparto dello smaltimento dei rifiuti solidi urbani, sono incapaci di far fronte a questa situazione e i rifiuti vanno spediti al Nord.

  PRESIDENTE. Deputato Grimoldi, concluda.

  PAOLO GRIMOLDI. E lo avete messo nel decreto-legge. Questa non è meritocrazia (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie) !

  PRESIDENTE. Colleghi, magari un po’ più di attenzione ai tempi, per favore.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Filiberto Zaratti. Ne ha facoltà.

  FILIBERTO ZARATTI. Signora Presidente, signori rappresentanti del Governo, con questa richiesta di oggi sono 17 volte che il Governo Renzi, in soli cinque mesi, ricorre al voto di fiducia. Visto che il Presidente del Consiglio spesso ci ricorda che vuole governare per mille giorni, dobbiamo pensare che avremo di fronte ancora altre 103 questioni di fiducia da votare visto che la media è di circa una ogni 9 giorni.
  Voto di fiducia e decretazione d'urgenza, diventata più che normale prassi legislativa, un vulnus all'articolo 70 della Carta costituzionale, che affida tale funzione congiuntamente alle due Camere. Ma del resto questo metodo utilizzato è coerente con la riforma costituzionale e con la legge elettorale che la maggioranza Pag. 12propone, una riforma che trasforma la nostra democrazia parlamentare ed espropria cittadini e Parlamento del diritto di decidere. Il Governo si lamenta della lentezza del Parlamento e impone una riforma costituzionale a tappe forzate, eppure quasi tutta l'attuale attività parlamentare è dedicata all'esame di disegni di legge di conversione dei decreti, realtà che di fatto ha già cambiato la funzione legislativa delle Camere.
  Il decreto-legge di cui discutiamo è veramente emblematico di come non dovrebbero essere redatti i decreti-legge, a testimonianza che tutti i richiami del Presidente della Repubblica e gli interventi della Corte costituzionale continuano ad essere pervicacemente ignorati. Già nel titolo si coglie l'eterogeneità delle materie: si passa dal comparto agricolo a quello energetico, dalla tutela ambientale all'edilizia scolastica, dal rilancio e lo sviluppo delle imprese al contenimento dei costi gravanti sulle tariffe elettriche, per finire alla definizione immediata di adempimenti derivanti dalla normativa europea.
  La disomogeneità del testo è stata ulteriormente aggravata mediante l'inserimento, ad opera dei relatori e del Governo, di ulteriori disposizioni tra le quali spicca la trasposizione di un intero decreto-legge, il n. 100, del 16 luglio 2014, il quale disciplina procedure concernenti la società Ilva, sulla quale sono già intervenuti ben cinque decreti-legge.
  Il decreto-legge tratta un'infinità di questioni che tenta di riassumere sotto il titolo ridondante della competitività, con l'illusione di conseguire per via d'urgenza l'obiettivo, annunciato più volte dal Governo, del rilancio economico, all'indomani non solo del drastico ridimensionamento della crescita nel 2014, ma della certezza che il nostro Paese è nuovamente in recessione. Per questo avremmo voluto discutere in Parlamento degli strumenti e delle scelte strategiche che sottendono a questo provvedimento e non dover essere costretti al voto di fiducia su un testo che prevede una interminabile serie di modifiche normative, in molti casi prive di effetti finanziari significativi o di coperture basate su norme prive di necessaria e sufficiente efficacia finanziaria. Un pasticcio diventato ormai consuetudine in ogni decreto-legge.
  Nel merito dei contenuti affronterò due questioni in particolare, che a me paiono emblematiche di questo provvedimento: quella del dissesto idrogeologico e quella delle fonti rinnovabili. Si prevedono misure straordinarie per accelerare l'utilizzo delle risorse e l'esecuzione degli interventi urgenti e prioritari per la riduzione del rischio idrogeologico nel territorio nazionale. Ora, Presidente, ben vengano tutte le misure per accelerare le procedure e liberare dalla burocrazia l'avvio di quelle opere di messa in sicurezza del territorio, ancora fortemente in ritardo, se è vero che dei 3.395 interventi antiemergenza previsti negli accordi di programma Stato-regioni siglati tra il 2009 e il 2010, a distanza di quattro anni, il 78 per cento risultano fermi perché ancora non finanziati. Quindi, signor Presidente, è indispensabile mettere a disposizione le risorse necessarie, cosa che questo decreto, ancora una volta, non fa.
  Con un intero territorio allo sfascio, anziché continuare a rincorrere emergenze e stati di calamità, che ci sono costati in media 3,5 miliardi di euro l'anno dal 1985 al 2011, occorrerebbe mettere in campo da subito un piano nazionale di prevenzione e messa in sicurezza del territorio con risorse per almeno 2 miliardi di euro l'anno per i prossimi venti anni, investimenti che andrebbero naturalmente esclusi dal Patto di stabilità interno.
  Una delle assurdità del bel Paese è che se un comune è a conoscenza che un corso d'acqua, presente sul proprio territorio, rischia di tracimare alla prossima abbondante pioggia, pur avendo a disposizione i fondi necessari per la messa in sicurezza, in conseguenza del Patto di stabilità interno, non può intervenire, ma può poi utilizzare quegli stessi fondi per l'emergenza una volta avvenuta la tragedia. Attendiamo con impazienza che tale stortura sia rimossa dal Governo; questo, sì, che sarebbe un decreto urgente ed indifferibile.Pag. 13
  Quello che invece avremo è un nuovo decreto chiamato «sblocca Italia», l'ennesimo provvedimento che in nome della semplificazione prevedrà permessi per costruire in silenzio-assenso e grandi opere accelerate, proseguendo quel dissennato consumo di suolo al ritmo di 8 metri quadrati al secondo. Pretestuose opere pubbliche che si aggiungono a piani casa e a condoni edilizi, con l'assunto che basta mettere in moto i cantieri e l'economia ripartirà. Quello che non si è mai fermato, signor Presidente, è il profitto privato dei soliti noti e delle consorterie illustri, che sulle grandi opere continuano a lucrare e a fare affari d'oro.
  Gran parte delle norme che riguardano l'energia prevedono poi interventi che toccano direttamente o indirettamente le energie rinnovabili. Il Governo introduce norme che nelle intenzioni sono finalizzate alla riduzione del 10 per cento della bolletta elettrica per le piccole e medie imprese e per finanziarle agisce quasi esclusivamente sulla riduzione degli incentivi e delle agevolazioni alle fonti rinnovabili.
  Peraltro, va detto che solo una parte limitata di queste piccole e medie imprese beneficerà dello sconto in bolletta previsto dal decreto in esame. Come dimostrato da uno studio della CGIA di Mestre, solo il 15 per cento delle piccole e medie imprese rientra infatti nell'ambito proposto dal Governo, lasciando fuori oltre 4 milioni di piccole imprese.
  Vi è poi alla base di questa misura un'analisi sbagliata rispetto al peso che la componente consumi elettrici determina rispetto alle bollette. Come dimostrano i dati ANIE, solo una parte limitata delle imprese ha un problema reale legato al prezzo dell'elettricità e dunque, se si vuole efficacemente intervenire in questo senso, occorrerebbe individuare interventi specifici capaci di spingere l'innovazione, incentivando gli interventi di efficienza energetica che producono riduzioni strutturali dei consumi.
  Il fatto che per finanziare l'alleggerimento della bolletta elettrica delle piccole e medie imprese si intervenga attraverso varie forme di penalizzazioni delle energie rinnovabili rappresenta un grave danno per l'economia e per decine di migliaia di imprenditori, amministrazioni locali e cittadini che hanno realizzato negli scorsi anni un impianto alimentato a fonte rinnovabile. Grazie ad un emendamento approvato in Commissione ambiente, che mi vede primo firmatario, vengono esclusi dal pagamento degli oneri di sistema i piccoli impianti a fonti rinnovabili sostanzialmente in autoconsumo di potenza inferiore a 20 kilowatt. Sotto questa soglia si trovano quasi il 90 per cento degli impianti fotovoltaici italiani al servizio di famiglie o piccolissime realtà produttive, e tale esenzione, senza produrre alcun effetto sul prezzo dell'energia e delle componenti di sistema, ha invece significativi effetti sulle filiere produttive distribuite, impatti occupazionali importanti, e continua a generare risparmi a favore dei più deboli. Con questo emendamento abbiamo dimostrato che era possibile percorrere una strada alternativa.
  Signor Presidente, nell'annunciare il voto contrario alla richiesta di fiducia da parte di Sinistra Ecologia Libertà, voglio ribadire che non è soltanto questo decreto-legge che non può essere votato ma è, più in generale, la politica economica di questo Esecutivo a risultare totalmente negativa. Questa maggioranza governa il Paese da un anno e mezzo e nonostante il cambio alla guida della Presidenza del Consiglio dello scorso febbraio il segno della politica economica è immutato. Tutti i dati macroeconomici sono negativi: dalle percentuali di disoccupazione record nella storia del Paese, all'aumento del debito pubblico di 96 miliardi di euro nei primi cinque mesi del 2014, ai recentissimi dati dell'ISTAT che certificano come l'Italia sia l'unico Paese europeo in recessione.
  Solo un dato è positivo: nella prima semestrale 2014 la Borsa di Milano segna un guadagno di circa il 12 per cento, prima per guadagni tra tutte le Borse europee. Così mentre il Paese continua ad impoverire, qualcuno diventa sempre più ricco. Il punto è sempre quello: la gabbia dell’austerity e il dogma del pareggio di Pag. 14bilancio, che nonostante gli spot e le dichiarazioni ad effetto fatte a Bruxelles, restano l'orizzonte obbligato nel quale è costretto a muoversi l'Esecutivo, determinando una continua depressione della nostra economia. L'assenza del segno «più» del nostro PIL, riporta dritto dritto il deficit al 3 per cento con conseguente perdita di risorse per bonus e investimenti, con buona pace di questo decreto con il quale la competitività rimane solo un'allusione evocata.
  Mi permetta, infine, Presidente di essere eterogeneo anch'io una volta, visto che lo è spesso il Governo con i decreti-legge. Voglio esprimere la mia solidarietà a Marco Pannella e Rita Bernardini, ai duecento radicali che sono da più di un mese in sciopero della fame (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà) per chiedere che il Parlamento affronti finalmente la questione del trattamento disumano riservato ai detenuti italiani e che si possano adottare provvedimenti di clemenza come l'amnistia e l'indulto. Anche per questo voteremo «no» alla fiducia (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Mazziotti Di Celso. Ne ha facoltà.

  ANDREA MAZZIOTTI DI CELSO. Signor Presidente, signora Ministra, onorevoli colleghi, oggi siamo chiamati a votare ancora una volta la fiducia al Governo e ci arriviamo dopo giorni abbastanza convulsi di «palleggio» tra Camera e Senato che sono stati una specie di spot dell'eliminazione del bicameralismo, chiamiamolo perfetto, nel senso che credo che quello che è successo è stato veramente eccessivo anche rispetto al passato e devo dire che ci sono state responsabilità un po’ di tutti.
  Sicuramente delle procedure, come qualcuno ha sostenuto; molto di quello che è avvenuto al Senato, dove è entrato un po’ di tutto nel provvedimento, è responsabilità anche del Governo perché credo che si sarebbe dovuto evitare l'ingresso di tutte quelle disposizioni in Senato. Poi ad alcune si è posto rimedio qui e di questo siamo stati particolarmente soddisfatti, ma devo dire che si sono create delle condizioni per le quali anche alcune delle lamentele dell'opposizione non possono certo considerarsi ingiustificate.
  Credo che questo ci richiami ancora una volta alla necessità di cambiare il Regolamento, non c’è dubbio, ma anche a rivedere l'approccio alla decretazione. È una banalità, l'abbiamo detto mille volte ma credo che questo tipo di provvedimenti continui a creare dei problemi ogni volta in cui arrivano. E soprattutto crea un problema il modo in cui vengono gestiti in Parlamento dalle diverse Commissioni.
  Per quel che riguarda il provvedimento nel merito, Scelta Civica voterà la fiducia. Di solito si dice che si vota «con convinzione», in questo caso direi che si vota «con fiducia» nei confronti del Governo sugli interventi in materia di competitività che si auspica arrivino successivamente perché questo provvedimento contiene alcune misure sicuramente buone, altre che abbiamo criticato ma pensiamo che per la competitività delle nostre imprese e per rilanciare il sistema si dovrà fare di più. Tra le cose buone penso alle norme in materia di agricoltura, alle norme in materia di ambiente, ad alcune delle norme in materia societaria che favoriscono il ricorso ai capitali di impresa, agli interventi sul made in Italy; insomma una serie di interventi che sicuramente sono positivi.
  Tra quelli negativi devo richiamare anch'io quello che è stato detto oramai un po’ da tutti e cioè gli interventi in materia di energia che sono dettati da una intenzione sicuramente positiva, che è quella di ridurre il carico del costo dell'energia sulle piccole imprese e anche di mettere mano al problema degli incentivi che sono un peso fortissimo sulla nostre bollette. Però, c’è da dire che la qualità dell'intervento che ha finito per colpire da un lato le grandi imprese, dall'altro il settore ferroviario (e si stava anche creando una discriminazione tra imprese italiane e straniere di trasporto, che è stata eliminata solo grazie a un nostro emendamento), e Pag. 15anche e soprattutto l'intervento che è stato fatto per modificare d'imperio gli accordi contrattuali con gli operatori del fotovoltaico non sono, secondo noi, il modo per intervenire in questo settore.
  Sarebbe stato giusto intervenire sugli incentivi, aprendo una discussione con le associazioni di categoria, con gli operatori, con le banche, con la pubblica amministrazione per cercare di risolvere questo problema, ma imporre per legge questo tipo di intervento ha avuto, come sappiamo, persino una eco a livello internazionale che pagheremo in termini di investimenti perché il tema della certezza del diritto è in Italia un problema drammatico e di reputazione, che ci portiamo dietro da moltissimo tempo. Per questo, il provvedimento lo voteremo, perché pensiamo che, di per sé, non comporti danni eccessivi per il nostro sistema; vi sono delle cose positive che bilanciano alcuni di questi problemi ma riteniamo che, per il rilancio della nostra economia e per la crescita delle nostre imprese, sia fondamentale intervenire su altri aspetti. Per questo dicevo prima che la nostra fiducia è appunto una fiducia nel fatto che il Governo dimostri la stessa energia nel riformare il nostro sistema economico che sta dimostrando nelle riforme istituzionali che stiamo sostenendo. Noi pensiamo che si debba intervenire subito con la riforma del lavoro, che è una cartina di tornasole per questo Governo e che è attesa da tutti. Senza quella e il rinvio al 2015 di cui ha parlato il Ministro Poletti, noi lo consideriamo un fatto negativo; è una cosa che deve essere chiusa rapidamente e altrettanto credo che si debba intervenire, credo che il Governo debba intervenire in materia di liberalizzazioni con la legge sulla concorrenza che arriverà a settembre e, magari, fermare le derive in senso opposto che stiamo vedendo, ad esempio in materia di orario degli esercizi commerciali, dove si sta cercando di tornare indietro sulle riforme già esistenti e dove soltanto Scelta Civica per l'Italia si sta imponendo. Penso agli interventi sulla tassazione per le imprese, dove è fondamentale ridurre la fiscalità sulle imprese, in particolare l'IRAP, e questo può avvenire solo attraverso un impegno forte sul tema della spesa pubblica. Su questo aspetto, cioè sui tagli alla spesa, è particolarmente importante che il Governo intervenga presto e faccia immediatamente, nelle prossime settimane e prima di settembre, un'analisi di dove e come intervenire, perché, troppe volte negli anni passati, si è arrivati all'ultimo momento nell'intervenire e nello stabilire dove tagliare; si è arrivati ai tagli lineari che sono stati spesso dannosissimi per la nostra economia. Aggiungo che i tagli che noi attendiamo per l'anno prossimo sono talmente pesanti da poter avere effetti potenzialmente pesantissimi se non saranno ben calibrati sulla spesa improduttiva, sulle partecipate e i vari baracconi dello Stato e degli enti locali, e se si interverrà con tagli lineari. Per cui, continuo, ribadendo, per l'ennesima volta, il nostro sostegno al piano di riforme del Governo, l'auspicio che il Governo acceleri sulle riforme che riguardano imprese e crescita e noi, su questo aspetto, continueremo ad incalzare l'Esecutivo perché pensiamo che vi sia stata in questi mesi una fortissima azione riformatrice in ordine a ciò che il nostro Stato deve diventare, anche a livello costituzionale; ora anche con la burocrazia vi saranno nuovi interventi e quelli li stiamo sostenendo. Vorremmo vedere lo stesso coraggio applicato in economia, vorremmo vedere maggiore iniziativa e il nostro voto favorevole oggi si fonda appunto sulla fiducia e l'auspicio che il Governo, nei prossimi mesi, dimostri l'energia e lo slancio riformatore in materia economica, lo stesso slancio riformatore che sta dimostrando in campo istituzionale (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia – Congratulazioni).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Tancredi. Ne ha facoltà.

  PAOLO TANCREDI. Signor Presidente, Ministri, colleghi, il Nuovo Centrodestra voterà a favore della fiducia al Governo su questo provvedimento perché il Nuovo Pag. 16Centrodestra è e condivide il percorso che il Governo sta intraprendendo con un grande piglio e una grande forza riformatrice sia nel campo istituzionale ma per noi ancora più importante e ancora più attuale nel campo delle misure economiche che stiamo mettendo in atto in questi mesi e che ancora ci spingono e ci chiamano a interventi sempre più urgenti.
  Questo decreto denominato «competitività», che in realtà si occupa di moltissimi argomenti, è un tassello importantissimo di questo percorso perché, anche se con alcune riserve sia sul merito che sul metodo che farò da qui a un attimo, noi condividiamo l'impostazione e molte misure positive riguardo alla competitività.
  La competitività, Presidente, è un argomento di attualità drammatica, che morde la salute delle imprese, delle famiglie italiane e del sistema complessivo del nostro Paese. È una competitività che è fortemente messa in discussione in questi anni, ormai da più di un decennio, e che è in crisi in Italia. Tra il 2000 e il 2013 nel manifatturiero l'Italia ha visto 1 milione 160 mila addetti perdere il lavoro e 120 mila imprese chiudere i battenti. Tra il 2000 e il 2013 l'incremento dei volumi, prodotti a livello mondiale, è stato del 36,1 per cento, nonostante la crisi mondiale. L'Italia ha registrato un calo del 25,5 per cento, scivolando man mano dal quinto all'ottavo posto nella classifica globale, guidata naturalmente da Cina, Stati Uniti, Germania, Corea. È un dato impressionante per quello che è il sistema, la distribuzione del sistema economico italiano, che punta e conta tradizionalmente molto fortemente sulle imprese manifatturiere, come la Germania e a differenza di altri Paesi dell'area UE e non.
  Gli investimenti esteri – e questo è il dato più indicativo e forte della crisi di competitività del nostro sistema istituzionale, del nostro sistema sociale e produttivo – sono calati dai circa 30 miliardi di euro del 2007 ai 12,4 miliardi nel 2013. È uno studio di un mese fa del Censis che lo rileva: 58 per cento in meno in sei anni degli investimenti esteri. Più che i valori in senso assoluto sono drammatici i dati relativi a un calo di attrazione del Paese fortissimo. Il nostro Paese detiene l'1,6 per cento di investimenti esteri, dello stock complessivo degli investimenti esteri a livello globale. Pensate che oggi la Spagna ha il 2,8 per cento e ci ha abbondantemente superato; il 3,1 per cento la Germania, il 4,8 la Francia, il 5,8 il Regno Unito. Sono dati, anche qui, che, nel confronto e nella comparazione con partner omologhi della stessa Unione europea, ci vedono agli ultimi posti, perfino dietro a Paesi che pensavamo di avere lasciato alle spalle come la Spagna.
  Si mantiene forte, grazie a Dio, il nostro export, con la capacità delle nostre imprese di vendere nel mondo e questo è ancora un fattore fortissimo, con il 2,7 per cento del totale dell’export mondiale. Ma l'Italia è al settantatreesimo posto nella classifica mondiale per facilità di impresa, dietro la Romania. La durata media dei contenziosi civili è di 493 giorni, contro i 132 della Svizzera e i 279 della Francia. L'Italia è al centosedicesimo posto per tempo medio necessario all'adempimento delle procedure fiscali.
  È chiaro che, con un quadro del genere, non occorre dilungarsi sui dati che sono usciti impietosi negli ultimi rapporti di istituti di ricerca importanti, come il Censis e il Centro studi di Confindustria. Questi dati dimostrano quanto sia importante e drammatica la perdita di competitività che il nostro Paese ha e quanto sia, per il Parlamento e per il Governo, necessario agire e intervenire sulle norme e sul contesto per creare un contesto di maggiore competitività, anche se dobbiamo sapere che le norme non bastano e sarebbe ingenuo pensare che, con una legge, noi riusciamo a sovvertire degli andamenti e dei meccanismi che sono ormai innescati da tempo e che vanno verso scenari che non ci piacciono.
  C’è un cambio culturale da fare all'interno della classe dirigente italiana, all'interno delle nostre aziende, delle associazioni datoriali e dei sindacati.
  Ma anche il Governo deve creare un contesto di maggiore facilità per gli investimenti e per la competitività delle nostre Pag. 17imprese. Quindi, è un decreto che noi consideriamo nel complesso buono, che non può essere esaustivo, appunto perché non lo potrebbe essere nessuna norma, ma perché pensiamo che si debba, Ministro, fare anche un passaggio ulteriore. Ci sono ancora molte cose da approfondire e sviscerare. Noi pensiamo alle grandi difficoltà che abbiamo per compiere i grandi investimenti strategici. Pensate che tutto l'Adriatico, per quanto riguarda lo sfruttamento delle nostre risorse del sottosuolo, per darci anche maggiore competitività, è paralizzato. Ci sono investimenti fermi da anni, quando sappiamo che, dall'altra parte dell'Adriatico, in Croazia, oggi già partono investimenti inglesi, tedeschi, americani, per il prelievo delle risorse, degli idrocarburi, dal sottosuolo. E lo diciamo con la consapevolezza che è possibile valorizzare il nostro sottosuolo compatibilmente con la tutela del nostro paesaggio, con lo sviluppo turistico, come è stato fatto in tantissimi altri Paesi europei. Oggi, in tutta Europa e in tutto il mondo, c’è una nuova corsa allo sfruttamento del sottosuolo, con la crescita del prezzo del petrolio e di tutti gli idrocarburi. Così come un'altra cosa è indicativa della nostra difficoltà: abbiamo difficoltà perfino nel trasporto degli idrocarburi. Noi abbiamo vinto una concorrenza eccezionale con la TAP, la Trans Adriatic Pipeline, che passerà – è stato scelto – nel nostro Paese, utilizzando la rete esistente, cioè senza costruire nuova infrastruttura, per lo più migliorando la rete esistente. Abbiamo vinto appunto per questo, perché abbiamo una rete efficiente, la concorrenza dei Paesi dell'asse balcanico, che avrebbero trasportato invece dal gasdotto anatolico i 20 miliardi di metri cubi di gas all'anno del Mar Caspio. Invece appunto, con un breve attraversamento dell'Adriatico e con pochi chilometri di linea sul nostro territorio, in Puglia in particolare, possiamo dare al nostro Paese l'opportunità di avere energia, idrocarburi e materie prime a basso costo, ma anche di essere un hub strategico fenomenale per la distribuzione del gas non russo, tra l'altro, nei Paesi del nord Europa. Ebbene, sappiamo tutti, chi se ne interessa da tempo, che, ormai, è da anni che questi pochi chilometri di gasdotto pugliese sono bloccati da ritardi, da polemiche; e io non credo, Presidente, che ci possano essere problemi per individuare una sezione di territorio che debba ospitare pochi chilometri di un tubo di sezione di novanta centimetri, con tutti gli annessi che si porta un gasdotto. Ci sono lentezze nelle procedure, su cui pure, con alcune norme, interviene questo decreto, perché, approfittando della necessità di ottemperare ad una procedura di infrazione rispetto all'adempimento di una direttiva, modifichiamo alcune procedure anche nel senso della trasparenza della VIA e della VAS e quelle sono norme utili. Ma insomma, la certezza delle norme – l'ho detto – la giustizia, i servizi pubblici: è un quadro e un contesto che non è possibile ignorare e su cui dobbiamo seriamente, molto più seriamente, mettere mano. Non possiamo ignorare alcune critiche che vengono dalle opposizioni sui metodi.

  PRESIDENTE. Concluda.

  PAOLO TANCREDI. Sto per chiudere. Io sono uno di quelli che pensa che fiducia e decreti di urgenza siano necessari a Costituzione vigente per portare avanti un'azione di Governo. Ogni Governo che viene si presenta dicendo che farà pochi decreti e porrà poche fiducie. Da quando faccio il parlamentare, diciamo che ognuno ha battuto il record di quello precedente, quindi è inutile. Però questo decreto pecca sicuramente – il Ministro mi scuserà – di un'eccessiva proliferazione di norme su troppe materie. Su questo, purtroppo, vi è la difficoltà del Parlamento a legiferare, ma io dico anche dell'utente a leggere, dell'impresa che si deve informare. Ci sono, per esempio, norme sulla legislazione del credito cooperativo in tre articoli diversi sparsi nel decreto. È anche di difficile lettura.
  Così anche sono critico su alcune questioni di merito. La prima parte sulla agricoltura, come dicevo, reca un pacchetto di norme che, secondo me, disegnano un modo innovativo e moderno di Pag. 18fare impresa agricola, così come ci sono semplificazioni e così come si introduce il credito d'imposta anche in agricoltura per gli investimenti, e questo è positivo. Però ci sono delle norme troppo di dettaglio, che meriterebbero una sede diversa, un disciplinare, un decreto di natura regolamentare. Non si può normare in questo dettaglio.
  Così pure in merito al pacchetto – e mi fa piacere che ci sia il Ministro qui – che riguarda la riduzione delle bollette elettriche per le famiglie e per le imprese, secondo me, l'obiettivo che poi si va a raggiungere è un obiettivo di poca portata, che si vedrà poco – io non credo al 10 per cento annunciato, ma lo vedremo alla prova – e mettiamo, invece, a repentaglio un po’ la credibilità delle politiche pubbliche d'investimento del Paese.
  Infatti, Ministro, oggi noi, per esempio, pubblicizziamo fortemente l'ecobonus, ma uno che vuole fare un piano industriale sull'ecobonus e sui finanziamenti dell'ecobonus deve pensare alla legge come è oggi o come la modificheremo magari tra un anno, visto quello che è successo e sta succedendo con il fotovoltaico ? Voglio dire che io sono stato uno dei più critici sul primo, secondo e terzo conto energia...

  PRESIDENTE. Onorevole Tancredi, concluda.

  PAOLO TANCREDI. Sto concludendo.

  PRESIDENTE. La prego, è fuori il suo tempo...

  PAOLO TANCREDI. Un attimo soltanto e ho finito. Ci sono i miei interventi in Parlamento molto critici su questa larghezza dei contributi sul fotovoltaico. Però, a normativa vigente, dopo tre anni, ad andare a ridurle, si fa un secondo errore che, secondo me, mette a repentaglio – ripeto – le politiche di sviluppo.

  PRESIDENTE. La ringrazio.

  PAOLO TANCREDI. Grazie Presidente, comunque, nonostante questo, crediamo che questo decreto sia positivo, vada nella direzione giusta e voteremo favorevolmente (Applausi dei deputati del gruppo Nuovo Centrodestra).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Abrignani. Ne ha facoltà.

  IGNAZIO ABRIGNANI. Signor Presidente, signori Ministro e Viceministro, signori sottosegretari, onorevoli colleghi, poco più di una settimana fa, lo scorso venerdì 25 luglio, l'assemblea del Senato votava la fiducia al Governo, approvando il disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 91 del 2014, il cosiddetto decreto competitività, oggi all'esame di questo ramo del Parlamento in una versione modificata in maniera significativa.
  Il Governo, a distanza di una settimana, pone quindi nuovamente la fiducia sul decreto competitività, ma lo fa su un testo su cui il medesimo Esecutivo ha chiesto e ottenuto modifiche importanti, presentando presso le Commissioni riunite in sede referente, ambiente e attività produttive, quindici emendamenti soppressivi di norme che erano state aggiunte in Senato su cui il Governo aveva posto la fiducia e sulla quale, in parole povere, ci ha detto venendo in Commissione: ci abbiamo ripensato.
  Ebbene sì, nel velocissimo passaggio tra Senato e Camera, il Governo ci ha ripensato. Forse si è reso conto del contenuto troppo eterogeneo e, quindi, in contrasto in maniera palese con quanto disposto dalla Costituzione in tema di decretazione d'urgenza, come più volte affermato dalla giurisprudenza della Corte, e contrario, tra l'altro, ai numerosi richiami del Presidente della Repubblica sul punto. Nel passaggio al Senato, infatti, il testo si era arricchito di ben 32 nuovi articoli, rispetto ai 35 iniziali, definendo un complesso di interventi, volti ad incidere su diversi settori dell'ordinamento e su svariati oggetti.
  Ci chiediamo perciò se durante il passaggio al Senato il Governo fosse distratto, perché con 32 nuovi articoli introdotti e 15 emendamenti soppressivi alla Camera evidentemente Pag. 19qualcosa non deve avere funzionato in quei due tre giorni nel passaggio tra Senato e Camera.
  Nonostante, però, il taglio di norme operato dal Governo qui alla Camera e approvato poi dalle Commissioni ambiente e attività produttive della Camera, il testo rimane un provvedimento omnibus, che di competitività ha solo il nome, in quanto non rispondente e assolutamente inadeguato a far fronte alle reali esigenze di rilancio dell'economia del Paese: uno scomposto assemblaggio di norme in palese violazione dei criteri di omogeneità e coerenza interna, tra l'altro fondamenti della struttura di un decreto-legge, nonché carente di quei presupposti di straordinaria necessità ed urgenza previsti, a pena di illegittimità, dall'articolo 77 della Costituzione e dall'articolo 15 della legge n. 400 del 1988.
  Con le modifiche apportate a seguito del passaggio parlamentare, il provvedimento rimane comunque privo di quel nesso funzionale con il testo iniziale richiamato più volte dalla Corte, che ha affermato che la legge di conversione deve osservare la necessaria omogeneità del decreto-legge. L'inserimento di norme eterogenee all'oggetto o alla finalità del decreto spezza il legame essenziale tra decretazione d'urgenza e potere di conversione e in tal caso, violando in maniera netta l'articolo 77, secondo comma, della Costituzione e ciò deriva proprio dall'uso improprio, da parte del Parlamento, di un potere che la Costituzione gli attribuisce.
  Ma l'atteggiamento, che potremmo definire perlomeno schizofrenico da parte del Governo, non nasconde a nostro parere solo il timore di ulteriori richiami da parte del Presidente della Repubblica e di una futura sentenza di illegittimità costituzionale da parte della Corte. E noi peraltro come gruppo abbiamo anche presentato una pregiudiziale in tal senso o per esempio, come accaduto con le norme sulla Fini-Giovanardi, inserite nel disegno di legge di conversione del decreto-legge sulle olimpiadi invernali e pertanto dichiarate incostituzionali.
  Ebbene, il Governo fa marcia indietro e nasconde anche il timore della poca condivisione di norme non proprio popolari, di cui ha chiesto lo stralcio e su cui aveva chiesto la fiducia al Senato, come quella, per esempio, che estendeva la deroga al tetto di 240 mila euro per gli stipendi dei manager, non solo alle società quotate per cui la legge prevede già altri tipi di tetti agli stipendi, ma anche a quelle emittenti strumenti finanziari quotati – per cui la norma tra l'altro attuale non era chiara – e, soprattutto, a quelle che rilasciano titoli scambiati nei mercati regolamentati.
  Lo scomposto modus operandi del Governo non è solo scorretto nei confronti dei due rami del Parlamento, a cui l'Esecutivo non dà modo di approfondire i testi e, soprattutto, non offre alcuna garanzia rispetto a quanto approvato (visto che non si pone problemi nel chiedere la soppressione di norme approvate dai deputati o dai senatori, e conseguentemente, pone la fiducia comunque su testi profondamente cambiati) ma è dannoso e scorretto in maniera assolutamente rilevante nei riguardi degli operatori economici, in considerazione delle facili aspettative a cui sono sottoposti, attraverso l'approvazione di una serie di misure che, guarda caso, poi vengono, tuttavia, in seguito sconfessate e soppresse nell'altro ramo del Parlamento. Ha la certezza del diritto del nostro Paese anche in materia legislativa !
  È un modo procedurale confuso e superficiale, a cui si associa anche la crescente mole di decreti attuativi necessari per rendere pienamente operative queste riforme.
  Tra il decreto-legge di riforma della pubblica amministrazione ed il decreto competitività sono infatti ben oltre 43 i decreti attuativi da varare per consentire la completa applicazione delle norme approvate.
  E non è solo questo il dato che accomuna questi due decreti-legge, il n. 90 del 2014 (pubblica amministrazione) e il n. 91 del 2014 (competitività), che hanno creato confusione e – lasciatemelo dire – anche sconcerto da parte non solo dell'opposizione, Pag. 20ma anche degli operatori e di tutti coloro che sono comunque interessati dalle norme contenute nei due testi.
  Perché entrambi questi provvedimenti sono stati cambiati con emendamenti soppressivi del Governo ed entrambi i provvedimenti toccano la vita delle persone – e mi riferisco in particolare a quello che sta succedendo nel decreto sulla pubblica amministrazione con la marcia indietro sulla «quota 96» –, le tasche dei cittadini e le attività delle imprese. I nostri lavoratori, i nostri imprenditori, sono presi in giro da questo Governo che improvvisamente si rende conto di errori di coperture mancate, a cui tenta affannosamente di porre rimedio nell'altro ramo del Parlamento, con forzature approvate a colpi di fiducia da una maggioranza confusa ed eterogenea, pronta a coprire i pasticci del Governo Renzi pur di mantenere la propria poltrona.
  È doverosa, quindi, una riflessione di sistema relativa alla gestione dei provvedimenti da parte del Governo nei confronti del Parlamento, e all'incapacità di controllo di questi provvedimenti da parte delle Camere su questi contenuti.
  E il Parlamento purtroppo ha la medesima incapacità di controllo anche sui conti pubblici, di cui non si riesce ad avere piena consapevolezza. Oramai sappiamo solo che arriva il parere della Commissione bilancio a porre condizioni a causa dell'incertezza delle coperture finanziarie, che mirano a riscrivere norme contestate dalla Ragioneria Generale, com’è accaduto durante l'esame di questo decreto per esempio in merito alla rendita catastale di immobili con impianti fotovoltaici sotto i 7 kilowatt e sull'aliquota agevolata sulle emissioni di titoli da parte della Cassa depositi e prestiti.
  Nel testo in esame sono presenti misure che dispongono – tanto per fare capire il concetto dell’omnibus – dal made in Italy alla coltivazione degli OGM, passando dall'arte venatoria, il Sistri, la bufala campana, il termovalorizzatore del Salento, gli incentivi sull'energia, l'ILVA, la revisione degli incentivi stessi: una serie di disposizioni frammentarie di scarso impatto sull'economia reale, molte delle quali, peraltro, giù contenute all'interno dei collegati alla legge di stabilità del 2014 in materia di agricoltura e ambiente, all'esame del Parlamento.
  La prima parte delle misure in materia agricola, alcune delle quali soppresse nel corso dell'esame presso le Commissioni riunite, intervengono in favore dei giovani imprenditori agricoli che lavorano in terreni non di proprietà. Tali misure – è il problema che vi è attualmente in Italia sulla liquidità – andrebbero sostenute da garanzie bancarie, piuttosto che da crediti di imposta. Ricordiamo che il credito di imposta sarà conseguito solo dopo che saranno eseguiti gli investimenti, per i quali gli imprenditori agricoli devono anticipare liquidità o ottenere anticipi dalle banche, le cui difficoltà legate al credit crunch sono particolarmente note; per cui continuare a parlare, oggi, di credito di imposta, in un periodo particolare di liquidità dei nostri cittadini e imprenditori, è assolutamente sbagliato.
  In merito all'agevolazione connessa all'effettuazione di investimenti in beni strumentali nuovi, riteniamo che sarebbe stato più efficace creare le premesse affinché le imprese siano portate ad investire, e che non sia sufficiente, a tale fine, il semplice riconoscimento di un credito d'imposta, peraltro anche molto limitato nel tempo. La scelta di acquistare beni strumentali nuovi, come noto, è legata alla percezione di un effettivo aumento della domanda dei prodotti e dei servizi offerti sul mercato. Le imprese non investono solamente perché lo Stato riconosce loro un credito d'imposta. In un periodo storico quale quello attuale, in cui ancora non si ha la certezza rispetto alla reale ripresa economica, il riconoscimento di un credito d'imposta, che abbraccia un arco temporale limitato, rischia di costituire un'opportunità soltanto per poche imprese e un inutile provvedimento per tutte le altre.
  Inoltre, la decisione di escludere gli investimenti di importo unitario inferiore a 10 mila euro impedirà a molte microimprese di beneficare concretamente dell'agevolazione. Nell'ambito delle disposizioni Pag. 21in materia ambientale, si riscontrano una serie di interventi che sembrano tutt'altro che finalizzati alla tutela dell'ambiente. L'articolo 13, modificando il Testo unico ambientale, stabilisce, infatti, per la bonifica delle aree militari, limiti di concentrazione di sostanze inquinanti più tolleranti rispetto ai limiti attualmente applicati, poiché i siti saranno equiparati, rispetto ai limiti di contaminazione, alle aree industriali. L'impatto della norma appare di non poca portata, dato che si tratta di aree, quali poligoni militari e campi di addestramento, nelle quali, negli anni, è facile immaginare che possano essere state condotte attività capaci di liberare sostanze pericolose. Le presumibili conseguenze rischiano di aggravare ulteriormente i già precari equilibri dei bilanci degli enti locali, in considerazione che i costi per l'effettivo ripristino delle aree, ai fini del loro utilizzo a fini civili, ricadrà sugli enti territoriali, con grave danno per le comunità locali.

  PRESIDENTE. Deputato, concluda.

  IGNAZIO ABRIGNANI. Vi sono, poi, ulteriori norme relative al settore energetico, come, per esempio, la cosiddetta norma «spalma incentivi», che modifica il regime delle agevolazioni del fotovoltaico. Un sistema di aste imperniato sulla cessione di quote di incentivi fino ad un massimo dell'80 per cento ad un acquirente che vincerà la gara indetta dall'Autorità per l'energia; una misura che, presa in corso d'opera, non farà altro che allontanare gli stranieri dagli investimenti nel nostro Paese.
  Per non parlare, poi, di quello che nel nostro Paese dovrebbe essere la vera competitività, ossia il turismo. L'unica norma contenuta in questo decreto riguarda la soppressione della possibilità, per i cittadini stranieri di utilizzare contanti pari a quelli del loro Paese di provenienza. Anche per loro varrà il limite dei mille euro: una norma che complica, una norma che sicuramente non favorisce la venuta di turisti nel nostro Paese, e questa è l'unica norma che riguarda questo settore.
  Vi sono, poi, tutte le norme sull'anatocismo. Ci rivolgiamo, in particolare, al Ministro dello sviluppo economico, che è qui davanti: per trovare coperture, non si farà altro che parlare di aumento delle accise. Ebbene, è un qualcosa che dobbiamo scongiurare. Signor Presidente, Forza Italia voterà convintamente contro la fiducia a questo Governo di tasse, di norme spot, di confusione e approssimazione. Non intende offrire il proprio consenso su un provvedimento che non è affatto d'aiuto alla competitività del Paese e al rilancio delle nostre imprese. Sarebbe stato, infatti, sicuramente più incisivo incidere sulla liquidità delle stesse e, magari, dare finalmente una risposta...

  PRESIDENTE. Concluda.

  IGNAZIO ABRIGNANI. ... alla questione dei ritardati pagamenti della pubblica amministrazione. Un provvedimento che noi non voteremo e che di competitività, malauguratamente, a torto, porta solo il nome (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Patrizia Terzoni. Ne ha facoltà. Colleghi, vi prego di stare nei tempi.

  PATRIZIA TERZONI. Signora Presidente, colleghi deputati, eravamo qui solo qualche giorno fa per la fiducia al decreto-legge n. 90 sulla pubblica amministrazione. A quanti siamo arrivati ? Mi pare diciotto; diciotto voti di fiducia da fine febbraio, diciotto voti di fiducia in appena cinque mesi. Il Governo Renzi sta battendo tutti i record di scavalcamento del ruolo del Parlamento.
  Un modus operandi molto criticato dal Presidente Napolitano in passato, ma adesso l'abuso della decretazione d'urgenza non sembra preoccupare più il Capo dello Stato.
  Come è stato ricordato in un recente articolo de Il Fatto Quotidiano, in cui si evidenzia che non solo nulla è cambiato, Pag. 22ma che addirittura – cito testualmente – «Il Governo attuale è perfettamente in linea con questa sottomissione del Parlamento, anzi ne è la punta avanzata. Silvio Berlusconi, per dire, tra l'aprile 2008 e il novembre 2011 produsse 80 decreti, vale a dire 2 al mese; Mario Monti, coi suoi 41, incrementò la media a 2,4; Enrico Letta in dieci mesi ne ha prodotti la bellezza di 25 (2,5 al mese); Matteo Renzi, infine, con 16 decreti da fine febbraio vince la gara: oltre 3 al mese». Sarebbero stati di più se Renzi fosse uno di parola. In una recente riunione in diretta streaming (per la gioia dei commentatori televisivi che ebbero modo di rispolverare termini di monicelliana memoria), nel panico generale degli onorevoli lì riuniti, annunciò l'imminente presentazione del decreto «sblocca Italia», minacciando di accorciare le ferie a tutti. Non che abbiamo particolare fretta di leggere come il Governo intenda mettere definitivamente in ginocchio il nostro territorio, ma registriamo l'ennesimo annuncio a cui non è stato dato seguito con i fatti.
  In questo modo Renzi, paradossalmente, dimostra di non avere così bisogno della riforma costituzionale attualmente all'esame a Palazzo Madama, con la motivazione che, secondo alcuni, il bicameralismo perfetto rallenterebbe i lavori parlamentari, rappresentando così la fonte di tutti i mali che stanno bloccando l'Italia. Dell'atto Camera n. 2586 non abbiamo fatto in tempo ad avere il testo – 400 pagine – che già era stata fissata la scadenza degli emendamenti. Il suo esame si è svolto in poche ore di seduta di Commissione, per poi approdare in Aula, dove – neanche a dirlo – il Governo ha azzerato ogni residua velleità di discussione ponendo la fiducia.
  Abbiamo già avuto modo ieri di spiegare dettagliatamente in quest'Aula quali sono i passaggi più critici del testo che voi vi apprestate a votare e di elencare quante e quali violazioni contiene nei confronti di quanto stabilito dalla Costituzione e dalla legge n. 400 del 1988. Vogliamo qui ricordare che l'articolo 77 della Costituzione stabilisce che i decreti possono essere adottati dal Governo in casi straordinari di necessità e urgenza. Lo trovate dopo il 76 e prima del 78, non potete sbagliare (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Se proprio non lo trovate riportate il testo dove lo avete preso e sporgete reclamo.
  E aggiungo sommessamente, che la fregola della decretazione che si è impossessata del Premier non è accompagnata da un corrispondente impegno nella produzione delle norme attuative. E così, mentre si ostina ad espropriare il Parlamento del suo ruolo istituzionale, quello legislativo, il Premier si ritrova con un arretrato di ben 812 provvedimenti attuativi.
  I provvedimenti inseriti nel testo hanno un obiettivo apparentemente nobile: combattere l'inquinamento e superare le maggiori criticità ambientali. È il metodo che lascia perplessi. Infatti, la strada che viene intrapresa è quella che più classica e ipocrita non si può: nascondere la polvere sotto il tappeto, facendo finta che le criticità ambientali non siano mai esistite, cancellandole a norma di legge. Così, per decreto, dall'oggi al domani, non esistono più aree inquinate e i rifiuti scompaiono e agli italiani si potranno proiettare nuove slide e raccontare di aver fatto.
  Questa è la nuova frontiera della politica degli annunci: vi avevamo detto che lo avremmo fatto ? Eccovi serviti, in fondo non avevamo detto mica come avremmo fatto ! Siete riusciti a mettere dentro al decreto norme che violano le direttive europee nonostante che nel titolo e nel preambolo abbiate inserito riferimenti quali «nonché per la definizione immediata di adempimenti derivanti dalla normativa europea» e abbiate parlato di «adeguare l'ordinamento interno agli obblighi derivanti, in materia ambientale, dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea», magari per poi inserire la barbarie della cattura degli uccelli per trasformarli in richiami vivi. Ma ancora peggio è lasciare carta bianca per le bonifiche proprio a coloro che hanno inquinato.
  Cosa è successo tra la scrittura del preambolo e quella degli articoli ? Il preambolo è perfetto. Chi può non essere Pag. 23d'accordo ? Ma poi uno si va a leggere il contenuto degli articoli e capisce che chi ha scritto il preambolo di sicuro non ha letto il testo, altrimenti almeno per onestà intellettuale si sarebbe rifiutato di farlo.
  Signori, non basta mettere belle parole nei titoli per risolvere gli annosi problemi ambientali, così come non bastano i tweet o le slide del Presidente del Consiglio per risolvere i problemi dei cittadini. Sono stati inseriti provvedimenti generici ma che sono fatti per casi ben precisi che il Governo ha fretta di risolvere.
  Mi riferisco al caso della nave Concordia e a quello dell'Ilva, per il quale addirittura è stato trasposto totalmente il contenuto del decreto-legge n. 100 del 2014, assegnato al Senato, ma che il Senato non potrà esaminare perché troppo impegnato ad infliggere un colpo mortale alla nostra Carta costituzionale (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Non dobbiamo dimenticare il cosiddetto «spalma incentivi», che rende, se possibile, ancora più incerto e fumoso il quadro giuridico sulle agevolazioni alle energie rinnovabili, rischiando di mettere in crisi un importante settore produttivo e anche di avviare contenziosi.
  Insomma, un provvedimento che qualcuno aveva denominato «Ambiente protetto» e che, poi, forse per pudore, è stato chiamato «competitività» – e che non riuscirà, né a proteggere l'ambiente, né a dare il necessario impulso alla nostra boccheggiante economia. Eppure, le parole del Ministro Galletti, che vedo qui in Aula, riportate sul sito del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare sembravano rassicuranti. Leggiamole insieme: «Con questo pacchetto di misure vogliamo rendere più efficiente l'intero sistema ambientale, su cui è fondamentale investire per il rilancio del Paese. Lo facciamo con norme che servono a fermare gli scempi compiuti sul territorio nazionale alle spalle dei cittadini e con misure immediatamente operative per difendere il nostro ecosistema, risparmiare soldi e velocizzare le procedure senza recedere di un millimetro sulla tutela dell'ambiente. Bisogna correre verso un'Italia più sicura e sostenibile sotto il profilo ambientale: questo decreto fornisce gli strumenti giusti».
  Ministro Galletti, che testo le hanno fatto leggere ? Non l'ho proprio capito. Spero non quello sul quale abbiamo lavorato noi, altrimenti mi verrebbero forti dubbi sulla sua capacità di analisi. Sempre il Ministro Galletti, in occasione dell'incontro tra i Ministri dell'ambiente europei, ha affermato che l'Europa dovrà confermare il ruolo di guida nella lotta ai cambiamenti climatici su scala globale e favorire la transizione verso un'economia sostenibile a basse emissioni di carbonio. A questo proposito, ci chiediamo, ad esempio, come la realizzazione di un nuovo impianto di incenerimento a Salerno possa inserirsi nell'ambito di questi impegni.
  Comunque, noi non ci eravamo fatti illudere. Purtroppo, conosciamo molto bene le politiche ambientali di questo Governo che sono le stesse dei Governi che lo hanno preceduto e che raramente hanno rispettato quanto previsto dall'articolo 9 della Costituzione e, soprattutto, quanto inserito con la riforma del Titolo V. Nell'articolo 117, alla nozione di paesaggio, sono state affiancate quelle di ambiente e di ecosistema. Inserendo questi concetti non si sono solo specificate le competenze dello Stato, ma si è dato un nuovo significato ai contenuti dell'articolo 9, che essendo inserito nella prima parte della Costituzione, detta i principi fondamentali, prevalenti rispetto ad altri interessi pubblici, pur essi meritevoli. Non a caso, la Corte costituzionale si è espressa più volte affermando che quello dell'ambiente è un valore primario e assoluto. Eppure, nonostante la straordinaria importanza, purtroppo in negativo, di questo provvedimento, abbiamo assistito ad un dibattito surreale, nel quale nessun membro – ripeto, nessun membro – del Governo si è degnato di intervenire in Aula, se non per le poche frasi di circostanza per annunciare la fiducia che la Ministra Boschi deve avere ormai imparato a memoria.
  A quanto pare, il famoso sogno berlusconiano di trasformare il Parlamento in Pag. 24un docile e acritico approvatore delle decisioni del Governo sta diventando realtà. E forse è anche giusto che a riuscirci sia proprio il suo epigono per antonomasia, nell'imbarazzante indifferenza di chi nel recente passato si ergeva a baluardo della democrazia. Molti di quelli che voteranno a favore di questa fiducia sanno perfettamente che l'indifferenza è il peso morto della storia, ma voteranno comunque. Noi no. Noi non vogliamo essere indifferenti e soprattutto non vogliamo essere complici delle vostre scelte contro l'ambiente e contro i cittadini e voteremo «no» all'ennesima fiducia. (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Bargero. Ne ha facoltà.

  CRISTINA BARGERO. Signora Presidente, signori Ministri e rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi, la fiducia che oggi il Governo ci chiede riguarda un provvedimento importante per il Paese con disposizioni urgenti e quanto mai necessarie per rilanciare la competitività dell'economia italiana. Tutti gli sforzi del Governo negli ultimi mesi stanno andando in questa direzione attraverso un cammino di riforme richieste non solo dalla comunità internazionale, ma soprattutto da un Paese stanco di rinvii e discussioni e invece bisognoso di decisioni e di soluzioni.
  Riforme che vanno a modificare l'assetto istituzionale dello Stato, dalle province al superamento del bicameralismo perfetto, con lo scopo di fornire un impianto più snello e attuale alle istituzioni perché siano in grado di rispondere meglio alle nuove esigenze del Paese.
  E in un contesto di riforme, il Ministro dell'economia e delle finanze ha ribadito come, in una fase di stagnazione economica, come quella attuale, perdurante e mondiale, non esistano scorciatoie per la crescita, ma occorra, invece, una strategia fondata su tre pilastri: più mercato, più riforme, più investimenti. Tale strategia è indispensabile per affrontare il retaggio del passato, superarlo e costruire i presupposti per un futuro più promettente.
  L'Italia soffre da tempo di un problema di scarsa competitività, precedente alla crisi e che, oggi più che mai, richiede una soluzione. Negli ultimi vent'anni, il nostro Paese ha registrato la crescita reale del PIL pro capite più bassa dei Paesi dell'OCSE. Tale situazione, ha acuito i problemi di finanza pubblica e ha comportato lo stallo, e recentemente il calo, del livello dei redditi reali.
  Oggi, i nostri conti pubblici sono in ordine, ma non è sufficiente: occorrono urgentemente misure per favorire la crescita, sostenere la competitività e creare migliori prospettive sul fronte dell'occupazione, ossia occorre una politica industriale. Una nuova politica industriale, basata su scelte strategiche, su politiche attive di sostegno alla manifattura e di soppressione o snellimento degli oneri burocratici sulle imprese. E, a tal fine, questo decreto costituisce un importante tassello, in quanto va ad incidere su una molteplicità di ambiti produttivi, dall'agricoltura, all'ambiente, al sostegno degli investimenti, al credito per le piccole e medie imprese, alle semplificazioni, tenendo conto, al contempo, di come siano mutati i paradigmi di produzione nei Paesi occidentali.
  Relativamente al settore agricolo, il decreto comprende importanti misure presentate nei mesi scorsi sotto il titolo «Campolibero». Si tratta di norme a lungo attese dal mondo dell'agricoltura, che aggrediscono nodi strutturali in quanto vanno ad intervenire sul fronte del confronto tra impresa e pubblica amministrazione: si pensi, ad esempio, alle questioni dei controlli a cui sono sottoposte le imprese agricole.
  Altre questioni qualificanti del provvedimento sono quelle dei crediti d'imposta per l'innovazione di prodotto, l'introduzione di incentivi per le assunzioni di giovani e l'affitto dei terreni agricoli. Un pacchetto di interventi che risponde, quindi, ad una duplice finalità: da un lato, la valorizzazione del settore agricolo e Pag. 25agroalimentare, dall'altro, la lotta alla disoccupazione attraverso il ricambio generazionale.
  Per quanto riguarda le misure rivolte specificatamente alle imprese, occorre sottolineare come il credito di imposta per l'acquisto di nuovi beni strumentali e le modifiche alla nuova «legge Sabatini» mirino a sostenere e semplificare gli investimenti in macchinari, impianti e attrezzature, soprattutto per le piccole e medie imprese, così come le disposizioni in materia di Agenzia per le imprese rispondono all'esigenza di semplificare le procedure di attestazione della sussistenza di requisiti concernenti l'esercizio dell'attività di impresa.
  Senza dimenticare, poi, il «prestito ponte» da parte delle banche all'Ilva e i nuovi poteri concessi al subcommissario all'ambiente, con la possibilità di utilizzare le risorse sequestrate per la riqualificazione dell'impianto di Taranto, punto fondamentale per salvare e rilanciare, nel rispetto di tutti i parametri dell'ambiente, un settore fondamentale come quello della siderurgia e del suo indotto. Così anche le modifiche alla disciplina fiscale in materia di aiuto alla crescita economica (ACE) – che, poi, saranno approfondite in uno dei decreti delegati relativi alla delega fiscale –, come le misure di semplificazione per la quotazione delle imprese e a favore delle obbligazioni societarie, vanno nell'ottica di ovviare, da un lato, al fenomeno del credit crunch e, dall'altro, di rafforzare la patrimonializzazione delle imprese italiane.
  Per quanto attiene alle misure riguardanti il settore energetico, esse costituiscono uno degli step volti alla riduzione della spesa elettrica per le piccole e medie imprese, attraverso il taglio dei sussidi alle fonti fossili e la rimodulazione degli incentivi sulle fonti rinnovabili.
  Il lavoro svolto dall'VIII e dalla X Commissione, nonostante i tempi ristretti, non è stato solo di asciugatura del testo licenziato dal Senato, ma ha consentito importanti miglioramenti, attraverso l'introduzione di nuove disposizioni, quali ad esempio la disciplina dello scambio sul posto e quella relativa ai biocarburanti.
  Ho parlato solo di alcune delle misure contenute nel decreto-legge, tralasciandone, visto il tempo a mia disposizione, altre, di cui i colleghi del Partito Democratico hanno già sottolineato l'importanza in sede di discussione sulle linee generali.
  Ma è proprio l'impianto del decreto-legge a confermare, ancora oggi, la validità dell'azione di Governo, che attraverso l'agenda dei mille giorni del Presidente del Consiglio, saprà trasformare quel tempo guadagnato, definito da Wolfgang Streeck come una crisi rinviata del capitalismo democratico, in un tempo ritrovato, per ristabilire quel patto sociale tra cittadini e sistema economico in grado di garantire crescita ed occupazione in modo equo.
  Per ritrovare la crescita servono provvedimenti come questo, importanti per ridare fiato al nostro sistema produttivo. Per ritrovare la crescita servono – in Italia come in Europa – riforme incisive e cambiamenti profondi. Serve una nuova qualità dell'azione pubblica e la mobilitazione delle energie dell'iniziativa privata. Serve, dunque, una politica responsabile e coraggiosa, consapevole del fatto che l'Italia merita un futuro diverso e migliore. Noi riteniamo che questo provvedimento vada in questa direzione. Per questo motivo, signora Presidente, ancora una volta, convintamente, rinnoveremo la nostra motivata fiducia al Governo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico – Congratulazioni).

  PRESIDENTE. Questo era l'ultimo intervento, sono così esaurite le dichiarazioni di voto.
  Ora, ha chiesto di parlare per una precisazione il Viceministro De Vincenti; faccio presente che in questa fase di esame del provvedimento non è previsto un intervento del Governo, ma ritengo utile, però, lasciare che il Viceministro faccia questa precisazione. Dunque, ritengo di poterle comunque concedere la parola. Prego, ne ha facoltà.

  CLAUDIO DE VINCENTI, Viceministro dello sviluppo economico. Signor Presidente, Pag. 26onorevoli deputati, mi sono permesso di chiedere la parola perché sento il bisogno di chiarire la posizione del Governo su due specifiche questioni poste nelle loro dichiarazioni di voto, rispettivamente, dal gruppo della Lega Nord e dal gruppo del MoVimento 5 Stelle.
  Il gruppo della Lega Nord ha fortemente criticato la modifica legislativa di origine parlamentare che ha espunto dall'articolo 45 della legge n. 99 del 2009 il riferimento alle regioni interessate da attività di rigassificazione, per quanto riguarda le agevolazioni a valere sul Fondo alimentato dalle royalties sulle attività di estrazione di idrocarburi; Fondo previsto, appunto, dall'articolo 45 della legge n. 99 del 2009. Sul punto è doveroso chiarire che il Governo si è fatto carico, proprio nei giorni scorsi, dell'attuazione dell'articolo 45 della legge n. 99 del 2009, in base al quale si riconoscono anche alle regioni interessate dall'attività di rigassificazione quote del Fondo relativo alle produzioni 2011 e 2012, nonché alle annualità precedenti. In base al decreto ministeriale che è in via di definizione si riconoscono alla regione Veneto – vengo proprio alla questione specifica posta dal gruppo della Lega Nord – oltre 12 milioni di euro sulle due annualità 2011 e 2012, ed è bene chiarire che il decreto ministeriale in via di emanazione non è toccato dalla modifica normativa richiamata sopra, in quanto il decreto ministeriale fa riferimento ad annualità precedenti.
  Aggiungo, inoltre, che il Governo intende raccogliere le sollecitazioni provenienti dalla Lega Nord e si impegna pertanto a individuare, in un provvedimento da adottare entro fine anno, un meccanismo agevolativo destinato alle regioni interessate dalle attività di rigassificazione che assicuri un analogo impatto finanziario e sia coerente con la strategia energetica nazionale.
  Vengo ora alla questione posta con forza dal gruppo del MoVimento 5 Stelle, che ha evidenziato il problema del trattamento riservato ai fini fiscali e catastali agli immobili che ospitano impianti fotovoltaici. Al riguardo, il Governo ritiene condivisibile l'ispirazione sottesa alla proposta venuta dal MoVimento 5 Stelle durante i lavori di Commissione, ossia che la variazione della rendita catastale dell'immobile che ospita impianti fotovoltaici non si applichi nel caso di impianti di potenza non superiore a 7 kilowatt e che determinano un incremento della rendita catastale inferiore al 40 per cento. A questo riguardo il Governo si impegna ad adottare, nell'ambito dell'attuazione della delega fiscale di cui alla legge n. 23 del 2014, misure volte a prevedere proprio i requisiti e le condizioni per l'esonero dalla variazione della rendita catastale dell'immobile che ospita impianti fotovoltaici del tipo che ho indicato prima. Ringrazio per l'attenzione e ringrazio il Presidente per avermi dato la parola.

  PRESIDENTE. La ringrazio, Viceministro De Vincenti. Mi auguro che questa chiarificazione sia stata utile per i colleghi.

(Votazione della questione di fiducia – Articolo unico – A.C. 2568-A/R)

  PRESIDENTE. Passiamo alla votazione.
  Indìco la votazione per appello nominale sull'articolo unico del disegno di legge di conversione del decreto-legge in esame, nel nuovo testo approvato dalle Commissioni a seguito del rinvio deliberato dall'Assemblea, sul quale il Governo ha posto la questione di fiducia.
  Estraggo a sorte il nome del deputato dal quale comincerà la chiama.

  (Segue il sorteggio).

  La chiama avrà inizio dalla lettera C, dall'onorevole Causi (Commenti). Colleghi, scusate, capisco che la lettera C non possa andare bene a tutti, però funziona così.
  Avverto che, in considerazione dell'elevato numero di richieste di anticipazione del voto, variamente motivate in relazione ad esigenze di natura istituzionale o a motivi personali, la Presidenza, come preannunciato ai gruppi, al fine di garantire un ordinato svolgimento della votazione, Pag. 27accoglierà un numero di richieste fino ad un massimo del 3 per cento della consistenza numerica di ciascun gruppo. Faccio presente che i gruppi hanno già fatto pervenire alla Presidenza le relative indicazioni.
  Invito, dunque, i deputati segretari a procedere alla chiama.

  (Segue la chiama)

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE LUIGI DI MAIO (ore 22,30)

  (Segue la chiama)

  PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione dell'articolo unico del disegno di legge di conversione del decreto-legge in esame, nel nuovo testo approvato dalle Commissioni a seguito del rinvio deliberato dall'Assemblea, sul quale il Governo ha posto la questione di fiducia:

   Presenti:  552   
   Votanti:  545   
   Astenuti:   7   
   Maggioranza:  273   
    Hanno risposto :  352    
    Hanno risposto no:  193.

  La Camera approva (Vedi votazioni).

  Si intendono così respinte tutte le proposte emendative presentate.

  Hanno risposto sì:

  Agostini Luciano
  Agostini Roberta
  Albanella Luisella
  Albini Tea
  Alfreider Daniel
  Alli Paolo
  Amato Maria
  Amici Sesa
  Amoddio Sofia
  Antezza Maria
  Anzaldi Michele
  Argentin Ileana
  Arlotti Tiziano
  Ascani Anna
  Balduzzi Renato
  Baretta Pier Paolo
  Bargero Cristina
  Baruffi Davide
  Basso Lorenzo
  Battaglia Demetrio
  Bazoli Alfredo
  Becattini Lorenzo
  Bellanova Teresa
  Benamati Gianluca
  Beni Paolo
  Berlinghieri Marina
  Bernardo Maurizio
  Berretta Giuseppe
  Bersani Pier Luigi
  Bianchi Dorina
  Bianchi Mariastella
  Bindi Rosy
  Binetti Paola
  Bini Caterina
  Biondelli Franca
  Blazina Tamara
  Bobba Luigi
  Boccadutri Sergio
  Bocci Gianpiero
  Boccia Francesco
  Boccuzzi Antonio
  Bolognesi Paolo
  Bombassei Alberto
  Bonaccorsi Lorenza
  Bonavitacola Fulvio
  Bonifazi Francesco
  Bonomo Francesca
  Bordo Michele
  Borghi Enrico
  Borletti Dell'Acqua Buitoni Ilaria Carla Anna
  Boschi Maria Elena
  Bosco Antonino
  Bossa Luisa
  Braga Chiara
  Bragantini Paola
  Brandolin Giorgio
  Bratti Alessandro
  Bray Massimo
  Bressa Gianclaudio
  Bruno Franco
  Bruno Bossio VincenzaPag. 28
  Bueno Renata
  Burtone Giovanni Mario Salvino
  Buttiglione Rocco
  Calabrò Raffaele
  Campana Micaela
  Cani Emanuele
  Capelli Roberto
  Capodicasa Angelo
  Capone Salvatore
  Capozzolo Sabrina
  Capua Ilaria
  Carbone Ernesto
  Cardinale Daniela
  Carella Renzo
  Carloni Anna Maria
  Carnevali Elena
  Carocci Mara
  Carra Marco
  Carrescia Piergiorgio
  Carrozza Maria Chiara
  Caruso Mario
  Casati Ezio Primo
  Casero Luigi
  Cassano Franco
  Castiglione Giuseppe
  Castricone Antonio
  Causi Marco
  Cenni Susanna
  Censore Bruno
  Cera Angelo
  Cesaro Antimo
  Chaouki Khalid
  Cimbro Eleonora
  Civati Giuseppe
  Coccia Laura
  Colaninno Matteo
  Cominelli Miriam
  Coppola Paolo
  Coscia Maria
  Costa Enrico
  Cova Paolo
  Covello Stefania
  Crimì Filippo
  Crivellari Diego
  Culotta Magda
  Cuperlo Giovanni
  D'Agostino Angelo Antonio
  Dallai Luigi
  Dal Moro Gian Pietro
  Damiano Cesare
  D'Arienzo Vincenzo
  D'Attorre Alfredo
  De Girolamo Nunzia
  Del Basso De Caro Umberto
  Dellai Lorenzo
  Dell'Aringa Carlo
  De Maria Andrea
  De Menech Roger
  De Micheli Paola
  De Mita Giuseppe
  Di Gioia Lello
  Di Lello Marco
  Di Maio Marco
  D'Incecco Vittoria
  Di Stefano Marco
  Donati Marco
  D'Ottavio Umberto
  Epifani Ettore Guglielmo
  Ermini David
  Fabbri Marilena
  Famiglietti Luigi
  Fanucci Edoardo
  Faraone Davide
  Farina Gianni
  Fassina Stefano
  Fauttilli Federico
  Fedi Marco
  Ferranti Donatella
  Ferrari Alan
  Ferro Andrea
  Fiano Emanuele
  Fiorio Massimo
  Fioroni Giuseppe
  Fitzgerald Nissoli Fucsia
  Folino Vincenzo
  Fontana Cinzia Maria
  Fontanelli Paolo
  Fossati Filippo
  Franceschini Dario
  Fregolent Silvia
  Gadda Maria Chiara
  Galgano Adriana
  Galli Carlo
  Galli Giampaolo
  Galperti Guido
  Gandolfi Paolo
  Garavini Laura
  Garofalo Vincenzo
  Garofani Francesco Saverio
  Gasparini Daniela Matilde Maria
  Gebhard Renate
  Gelli Federico
  Gentiloni Silveri Paolo
  Ghizzoni ManuelaPag. 29
  Giachetti Roberto
  Giacobbe Anna
  Giacomelli Antonello
  Gigli Gian Luigi
  Ginato Federico
  Ginefra Dario
  Ginoble Tommaso
  Giorgis Andrea
  Gitti Gregorio
  Giuliani Fabrizia
  Giulietti Giampiero
  Gnecchi Marialuisa
  Grassi Gero
  Gregori Monica
  Gribaudo Chiara
  Guerini Giuseppe
  Guerini Lorenzo
  Guerra Mauro
  Gullo Maria Tindara
  Gutgeld Itzhak Yoram
  Iacono Maria
  Iannuzzi Tino
  Impegno Leonardo
  Incerti Antonella
  Iori Vanna
  Laforgia Francesco
  La Marca Francesca
  Lattuca Enzo
  Lauricella Giuseppe
  Legnini Giovanni
  Lenzi Donata
  Leone Antonio
  Letta Enrico
  Leva Danilo
  Librandi Gianfranco
  Locatelli Pia Elda
  Lodolini Emanuele
  Lorenzin Beatrice
  Losacco Alberto
  Lotti Luca
  Madia Maria Anna
  Maestri Patrizia
  Magorno Ernesto
  Malisani Gianna
  Malpezzi Simona Flavia
  Manciulli Andrea
  Manfredi Massimiliano
  Manzi Irene
  Marchetti Marco
  Marchi Maino
  Marguerettaz Rudi Franco
  Mariani Raffaella
  Mariano Elisa
  Marrocu Siro
  Marroni Umberto
  Martella Andrea
  Martelli Giovanna
  Martino Pierdomenico
  Marzano Michela
  Massa Federico
  Mattiello Davide
  Mauri Matteo
  Mazziotti Di Celso Andrea
  Mazzoli Alessandro
  Melilli Fabio
  Meloni Marco
  Meta Michele Pompeo
  Miccoli Marco
  Minnucci Emiliano
  Miotto Anna Margherita
  Misiani Antonio
  Misuraca Dore
  Mognato Michele
  Monaco Francesco
  Monchiero Giovanni
  Mongiello Colomba
  Montroni Daniele
  Morani Alessia
  Morassut Roberto
  Moretto Sara
  Moscatt Antonino
  Mura Romina
  Murer Delia
  Naccarato Alessandro
  Narduolo Giulia
  Nesi Edoardo
  Nicoletti Michele
  Oliaro Roberta
  Oliverio Nicodemo Nazzareno
  Orfini Matteo
  Orlando Andrea
  Ottobre Mauro
  Pagani Alberto
  Pagano Alessandro
  Paris Valentina
  Parrini Dario
  Pastorelli Oreste
  Patriarca Edoardo
  Pelillo Michele
  Peluffo Vinicio Giuseppe Guido
  Pes Caterina
  Petrini Paolo
  Piccione Teresa
  Piccoli Nardelli FlaviaPag. 30
  Piccolo Giorgio
  Piccolo Salvatore
  Piccone Filippo
  Pini Giuditta
  Piso Vincenzo
  Pizzolante Sergio
  Plangger Albrecht
  Pollastrini Barbara
  Porta Fabio
  Portas Giacomo Antonio
  Preziosi Ernesto
  Prina Francesco
  Quartapelle Procopio Lia
  Quintarelli Giuseppe Stefano
  Rabino Mariano
  Raciti Fausto
  Ragosta Michele
  Rampi Roberto
  Realacci Ermete
  Ribaudo Francesco
  Richetti Matteo
  Rigoni Andrea
  Roccella Eugenia
  Rocchi Maria Grazia
  Romanini Giuseppe
  Romano Andrea
  Rosato Ettore
  Rossi Domenico
  Rossi Paolo
  Rossomando Anna
  Rostan Michela
  Rotta Alessia
  Rubinato Simonetta
  Rughetti Angelo
  Saltamartini Barbara
  Sanga Giovanni
  Sani Luca
  Sanna Francesco
  Sanna Giovanna
  Santerini Milena
  Sberna Mario
  Sbrollini Daniela
  Scalfarotto Ivan
  Scanu Gian Piero
  Schirò Gea
  Schullian Manfred
  Scopelliti Rosanna
  Scuvera Chiara
  Senaldi Angelo
  Sereni Marina
  Sgambato Camilla
  Simoni Elisa
  Sottanelli Giulio Cesare
  Speranza Roberto
  Stumpo Nicola
  Tabacci Bruno
  Tancredi Paolo
  Taranto Luigi
  Taricco Mino
  Tartaglione Assunta
  Tentori Veronica
  Terrosi Alessandra
  Tidei Marietta
  Tinagli Irene
  Valente Valeria
  Valiante Simone
  Vargiu Pierpaolo
  Vazio Franco
  Vecchio Andrea
  Velo Silvia
  Venittelli Laura
  Ventricelli Liliana
  Verini Walter
  Vezzali Maria Valentina
  Vignali Raffaello
  Villecco Calipari Rosa Maria
  Vitelli Paolo
  Zampa Sandra
  Zanetti Enrico
  Zanin Giorgio
  Zappulla Giuseppe
  Zardini Diego
  Zoggia Davide

  Hanno risposto no:

  Abrignani Ignazio
  Agostinelli Donatella
  Airaudo Giorgio
  Alberti Dino
  Allasia Stefano
  Artini Massimo
  Baldassarre Marco
  Barbanti Sebastiano
  Baroni Massimo Enrico
  Basilio Tatiana
  Battelli Sergio
  Bechis Eleonora
  Benedetti Silvia
  Bergamini Deborah
  Bernini Massimiliano
  Bernini Paolo
  Bianchi Nicola
  Biancofiore MichaelaPag. 31
  Biasotti Sandro
  Bordo Franco
  Borghesi Stefano
  Bossi Umberto
  Bragantini Matteo
  Brescia Giuseppe
  Brugnerotto Marco
  Brunetta Renato
  Busin Filippo
  Businarolo Francesca
  Busto Mirko
  Cancelleri Azzurra Pia Maria
  Caon Roberto
  Caparini Davide
  Capezzone Daniele
  Carfagna Maria Rosaria
  Cariello Francesco
  Carinelli Paola
  Caso Vincenzo
  Castelli Laura
  Catalano Ivan
  Catanoso Genoese Francesco Detto Basilio Catanoso
  Cecconi Andrea
  Centemero Elena
  Chiarelli Gianfranco Giovanni
  Chimienti Silvia
  Ciprini Tiziana
  Ciracì Nicola
  Colletti Andrea
  Colonnese Vega
  Cominardi Claudio
  Corda Emanuela
  Corsaro Massimo Enrico
  Costantino Celeste
  Cozzolino Emanuele
  Crippa Davide
  Currò Tommaso
  Dadone Fabiana
  Daga Federica
  D'Alessandro Luca
  Dall'Osso Matteo
  D'Ambrosio Giuseppe
  Da Villa Marco
  Del Grosso Daniele
  Della Valle Ivan
  Dell'Orco Michele
  De Lorenzis Diego
  De Rosa Massimo Felice
  Di Battista Alessandro
  Di Benedetto Chiara
  Dieni Federica
  Di Maio Luigi
  D'Incà Federico
  Distaso Antonio
  Di Stefano Fabrizio
  Di Stefano Manlio
  Duranti Donatella
  D'Uva Francesco
  Faenzi Monica
  Fantinati Mattia
  Farina Daniele
  Fedriga Massimiliano
  Ferrara Ciccio
  Ferraresi Vittorio
  Fico Roberto
  Fontana Gregorio
  Fraccaro Riccardo
  Fratoianni Nicola
  Frusone Luca
  Fucci Benedetto Francesco
  Furnari Alessandro
  Gagnarli Chiara
  Galati Giuseppe
  Gallinella Filippo
  Gallo Luigi
  Gallo Riccardo
  Garnero Santanchè Daniela
  Giammanco Gabriella
  Giordano Giancarlo
  Giordano Silvia
  Giorgetti Alberto
  Giorgetti Giancarlo
  Grande Marta
  Grillo Giulia
  Grimoldi Paolo
  Guidesi Guido
  Iannuzzi Cristian
  Invernizzi Cristian
  Kronbichler Florian
  L'Abbate Giuseppe
  Laffranco Pietro
  Lainati Giorgio
  Latronico Cosimo
  Liuzzi Mirella
  Lorefice Marialucia
  Mannino Claudia
  Mantero Matteo
  Marcolin Marco
  Marcon Giulio
  Marotta Antonio
  Marti Roberto
  Marzana Maria
  Melilla GenerosoPag. 32
  Micillo Salvatore
  Molteni Nicola
  Mottola Giovanni Carlo Francesco
  Mucci Mara
  Nesci Dalila
  Nicchi Marisa
  Nizzi Settimo
  Occhiuto Roberto
  Paglia Giovanni
  Palese Rocco
  Palmieri Antonio
  Palmizio Elio Massimo
  Pannarale Annalisa
  Parentela Paolo
  Parisi Massimo
  Pellegrino Serena
  Pesco Daniele
  Petraroli Cosimo
  Petrenga Giovanna
  Pili Mauro
  Pinna Paola
  Piras Michele
  Pisano Girolamo
  Placido Antonio
  Polverini Renata
  Prataviera Emanuele
  Prestigiacomo Stefania
  Prodani Aris
  Quaranta Stefano
  Rampelli Fabio
  Ravetto Laura
  Ricciatti Lara
  Rizzetto Walter
  Rizzo Gianluca
  Romano Paolo Nicolò
  Romele Giuseppe
  Rondini Marco
  Rostellato Gessica
  Rotondi Gianfranco
  Ruocco Carla
  Russo Paolo
  Sannicandro Arcangelo
  Sarro Carlo
  Sarti Giulia
  Savino Elvira
  Savino Sandra
  Scagliusi Emanuele
  Scotto Arturo
  Segoni Samuele
  Sibilia Carlo
  Simonetti Roberto
  Sisto Francesco Paolo
  Sorial Girgis Giorgio
  Spadoni Maria Edera
  Spessotto Arianna
  Squeri Luca
  Tacconi Alessio
  Terzoni Patrizia
  Tofalo Angelo
  Toninelli Danilo
  Tripiedi Davide
  Turco Tancredi
  Vacca Gianluca
  Valentini Valentino
  Vallascas Andrea
  Vella Paolo
  Vignaroli Stefano
  Villarosa Alessio
  Vito Elio
  Zaccagnini Adriano
  Zaratti Filiberto
  Zolezzi Alberto

  Si sono astenuti:

  Di Salvo Titti
  Lacquaniti Luigi
  Lavagno Fabio
  Nardi Martina
  Piazzoni Ileana Cathia
  Pilozzi Nazzareno
  Zan Alessandro

  Sono in missione:

  Adornato Ferdinando
  Alfano Angelino
  Alfano Gioacchino
  Amendola Vincenzo
  Baldelli Simone
  Camani Vanessa
  Cicchitto Fabrizio
  Cirielli Edmondo
  Dambruoso Stefano
  Formisano Aniello
  Gozi Sandro
  La Russa Ignazio
  Lupi Maurizio
  Marazziti Mario
  Merlo Ricardo Antonio
  Mogherini Federica
  Palazzotto Erasmo
  Pini Gianluca
  Pisicchio Pino
  Pistelli Lapo

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  PRESIDENTE. Per quanto riguarda il prosieguo dei nostri lavori, sulla base delle intese intercorse tra i gruppi, domani, con inizio alle ore 9,30, si procederà all'esame degli ordini del giorno riferiti al decreto-legge in materia di competitività. Alle ore 18 si svolgeranno, con ripresa televisiva diretta, le dichiarazioni di voto finale. Seguirà la votazione finale.
  Tra le ore 15 e le ore 16 avrà luogo lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata.

Trasmissione dal Senato di un disegno di legge di conversione e sua assegnazione a Commissione in sede referente.

  PRESIDENTE. Il Presidente del Senato ha trasmesso alla Presidenza il seguente disegno di legge, che è assegnato, ai sensi dell'articolo 96-bis, comma 1, del Regolamento, in sede referente, alla I Commissione (Affari costituzionali):

  S. 1582. – «Conversione in legge del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, recante misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari» (Approvato dalla Camera e modificato dal Senato) (2486-B) – Parere delle Commissioni II, V, VII, XI e XII.

  Il suddetto disegno di legge, ai fini dell'espressione del parere previsto dal comma 1 del predetto articolo 96-bis, è altresì assegnato al Comitato per la legislazione.

Sull'ordine dei lavori (ore 23,09).

  LUIGI GALLO. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  LUIGI GALLO. Signor Presidente, intervengo per una rettifica al mio intervento del 31 luglio, fatto durante la fase dell'esame degli ordini del giorno riferiti al decreto-legge sulla pubblica amministrazione. In realtà, nel momento concitato, ho commesso un errore e voglio rettificare che Roberto Maviglia è stato amministratore unico della società Deiulemar e non membro della KPMG, che è stata società di revisione della stessa Deiulemar.

Ordine del giorno della seduta di domani.

  PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

  Mercoledì 6 agosto 2014, alle 9,30:

  (ore 9,30 e ore 16)

  Seguito della discussione del disegno di legge:
   S. 1541 – Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91, recante disposizioni urgenti per il settore agricolo, la tutela ambientale e l'efficientamento energetico dell'edilizia scolastica e universitaria, il rilancio e lo sviluppo delle imprese, il contenimento dei costi gravanti sulle tariffe elettriche, nonché per la definizione immediata di adempimenti derivanti dalla normativa europea (Approvato dal Senato) (C. 2568-A/R).
  — Relatori: Braga, (per l'VIII Commissione) e Basso, (per la X Commissione), per la maggioranza; Grimoldi e Terzoni (per l'VIII Commissione) e Allasia e Crippa (per la X Commissione), di minoranza.

  (ore 15)

  Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

  La seduta termina alle 23,10.

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