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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 246 di lunedì 16 giugno 2014

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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MARINA SERENI

  La seduta comincia alle 11.

  FERDINANDO ADORNATO, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 13 giugno 2014.
  (È approvato).

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Alli, Amici, Baretta, Bellanova, Berlinghieri, Biondelli, Bobba, Bocci, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Matteo Bragantini, Brambilla, Brescia, Bressa, Brunetta, Caparini, Casero, Castiglione, Causin, Censore, Centemero, Cicchitto, Cirielli, Costa, D'Ambrosio, Dambruoso, Damiano, De Girolamo, Del Basso De Caro, Dellai, Di Gioia, Di Lello, Epifani, Ferranti, Ferrara, Fico, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Franceschini, Frusone, Gasbarra, Giachetti, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, Guerra, Legnini, Leone, Lorenzin, Lotti, Lupi, Manciulli, Giorgia Meloni, Merlo, Meta, Migliore, Mogherini, Morassut, Orlando, Pannarale, Pes, Pisicchio, Pistelli, Portas, Ravetto, Realacci, Rossi, Rossomando, Rughetti, Sani, Scalfarotto, Schullian, Sisto, Speranza, Tabacci, Taglialatela, Tancredi, Valeria Valente, Vargiu, Velo, Vignali, Villecco Calipari, Vitelli e Zanetti sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
  Pertanto i deputati in missione sono complessivamente 92, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

  Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

Discussione della Relazione sulle prospettive di riforma del sistema di gestione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, approvata dalla Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere (Doc. XXIII, n. 1) (ore 11,05).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della Relazione sulle prospettive di riforma del sistema di gestione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, approvata dalla Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere (Doc. XXIII, n. 1)
  Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).
  Avverto che le eventuali risoluzioni devono essere presentate entro il termine della discussione.

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(Discussione – Doc. XXIII, n. 1)

  PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione. Ha facoltà di intervenire la deputata Rosy Bindi, presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere, che ha svolto anche le funzioni di relatrice in Commissione.

  ROSY BINDI, Presidente della Commissione parlamentare d'inchiesta. Signor Presidente, signor Viceministro, signor sottosegretario, colleghe e colleghi, il ruolo della Commissione di inchiesta antimafia, nell'arco di oltre cinquant'anni dalla sua prima istituzione avvenuta nel 1962 durante la III legislatura repubblicana, ha conosciuto una significativa evoluzione che l'ha resa un punto di riferimento e un luogo istituzionale di valore e significato ampliatosi nel tempo, oltre a quello strettamente tradizionale proprio di un'inchiesta parlamentare, pur nel rigoroso svolgimento dei compiti istituzionali ad essa di volta in volta affidati. Come ho avuto modo e occasione di rilevare nello scorso anno in occasione delle celebrazioni per il cinquantesimo anniversario della prima costituzione della Commissione, avvenuta in realtà nel 1963, durante la IV legislatura, la Commissione è divenuta una sorta di foro parlamentare nel quale il tema della mafia è stato affrontato in tutte le sue molteplici accezioni come questione di rilevanza non solo criminale ma anche politica, sociale e culturale. La Commissione si è infatti nel tempo configurata come una sede di confronto fra tutti i soggetti istituzionali e della società civile coinvolti a vario titolo nell'ambito del contrasto alla criminalità organizzata e nello studio dei fenomeni connessi alle mafie. Accanto alla Commissione parlamentare, infatti, successivamente in questi anni è stata costituita prima la Direzione nazionale antimafia, le Direzioni distrettuali, la DIA e soprattutto nel nostro Paese hanno preso campo associazioni a carattere nazionale e locale che hanno rappresentato e continuano a rappresentare un grande punto di riferimento per la lotta alle mafie e nel corso degli anni si è così rafforzata la collaborazione tra la Commissione e le istituzioni che a vario titolo sono impegnate nelle attività di prevenzione, investigazione e contrasto alle mafie, in primis la magistratura e le forze di polizia.
  Si è così sviluppata un'importante forma di reale collaborazione tra i poteri dello Stato, consapevole, sia delle competenze, sia dei limiti delle attribuzioni della Commissione. Anche per questo motivo è fonte di soddisfazione rilevare che l'ordine del giorno della seduta odierna della Camera rechi la discussione di una relazione della Commissione antimafia, cosa che non accadeva da circa 20 anni. Altrettanta soddisfazione c’è poi nel rilevare che anche in Senato è stata calendarizzata la stessa relazione e domani vi sarà la discussione e per la prima volta entrambe le Camere sono chiamate a discutere e a pronunciarsi sulla stessa relazione. Auspichiamo, naturalmente, l'approvazione concorde di una risoluzione, d'altra parte questa non fa che tradurre i punti salienti di una relazione che è stata approvata all'unanimità in Commissione lo scorso 9 aprile. Intendo perciò ringraziare in maniera particolare, oltre che tutti i capigruppo, anche i Presidenti di Camera e Senato per aver consentito che il Parlamento divenisse in questo momento un significativo punto di incontro e di discussione su un tema sicuramente cruciale nella vita del nostro Paese.
  Come avrò modo di ricordare più avanti la possibilità di adottare misure patrimoniali applicabili ai capitali accumulati illecitamente fu introdotta con la legge Rognoni-La Torre approvata successivamente a pochi mesi dall'assassinio di Pio La Torre e a pochi giorni dall'assassinio del generale Dalla Chiesa; era il 1982. In questa materia, quella del sequestro, della confisca e della gestione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, è impossibile non rimarcare, accanto al lavoro del Parlamento, l'apporto diretto dei cittadini. Nel 1996 vi fu Pag. 3infatti l'approvazione della legge sulla gestione e la destinazione dei beni confiscati che avvenne sull'onda di una richiesta promossa dall'Associazione Libera e sottoscritta da un milione di persone. Né si può tacere il ruolo fondamentale della gestione di tali beni svolto, al di là dai loro compiti naturali, dai magistrati impegnati nel settore delle misure di prevenzione, la cui esperienza è stato un elemento decisivo per poter giungere oggi a delineare le prospettive di riforma del sistema. A distanza di 18 anni dalla legge n. 109 del 1996 il sistema di gestione dei beni sequestrati e confiscati appare necessitare di una messa a punto. Il Governo pare in procinto di voler intervenire con misure di riordino in materia, dopo che alla Presidenza del Consiglio precedente era stata istituita la commissione Garofoli e presso il Ministero della giustizia aveva lavorato la commissione Fiandaca che hanno entrambe prodotto due importanti documenti tra di loro non sempre convergenti. La Commissione in questo senso si è rivelata la sede idonea per mettere a confronto in modo pubblico e trasparente gli orientamenti dei diversi soggetti istituzionali e non, operanti nel campo, e per comporli in una sintesi efficace ed ampiamente condivisa dalle forze politiche presenti in Commissione antimafia e che oggi viene posta all'attenzione del Parlamento che è, e deve essere, il luogo nel quale, in ossequio alla sovranità popolare e in ossequio ai valori costituzionali, si compiono le scelte.
  La relazione oggi in esame è frutto di un approfondito lavoro da parte della Commissione, la quale ha svolto una serie considerevole di audizioni attraverso un lavoro che la vede oggi, dal momento della sua costituzione, la Commissione parlamentare che ha più ore di seduta, anche a confronto con le Commissioni parlamentari permanenti.
  Veniamo ai principali contenuti della relazione. L'idea di prevedere un contrasto alla ricchezza illecitamente accumulata dalla criminalità organizzata indipendente dal processo penale, seppur saldamente ancorato alle garanzie della giurisdizione, nasce, come detto, dalla geniale intuizione di un uomo illuminato, un siciliano che conosceva bene Cosa Nostra, l'onorevole Pio La Torre. E dopo aver proposto ed ottenuto l'introduzione del reato di cui al 416-bis, e la confisca dei patrimoni dei mafiosi, Pio La Torre trovò la morte in una strada di Palermo il 30 aprile del 1982 sotto il fuoco dei sicari inviati da tutti i capi mafia del tempo, a partire da Totò Riina.
  Egli ha saputo tradurre in norma un'intuizione semplice e geniale: le organizzazioni criminali, che ora definiamo di tipo mafioso, nascono e delinquono per accumulare ricchezza. È, quindi, indispensabile e fondamentale che quella ricchezza, accumulata con il metodo mafioso della violenza e della sopraffazione, venga sottratta al potere mafioso, con il quale costruiscono il consenso sociale, e venga restituita allo Stato. È di valenza straordinaria l'azione dello Stato quando colpisce la ricchezza illecitamente accumulata, quando arreca un vulnus irrimediabile all'arroganza del potere mafioso che si crede intoccabile. E da qui il valore fecondo di un'azione di contrasto dello Stato, che restituisce alla collettività ciò che le organizzazioni mafiose hanno illecitamente sottratto.
  È stata compiuta molta strada in questi anni, grazie anche allo straordinario impegno di associazioni, a partire da Libera, ed è stata compiuta una straordinaria opera da parte di magistrati e di studiosi, che hanno creato vere e proprie procedure e procedimenti non sempre previsti in maniera formale da parte della legge. Questo silenzioso lavoro di uomini e donne dello Stato ha posto il nostro Paese su posizioni di indiscussa avanguardia, che oggi l'Europa stenta ad occupare. Anche con la recente, seppur significativa, direttiva approvata sulla confisca dei beni – tema sul quale, grazie anche al lavoro della relatrice Garavini, la Commissione si è impegnata e si appresta ad approvare una relazione sull'impegno in occasione del prossimo semestre di presidenza europea, un impegno di tutta l'Europa nella lotta alla mafia e alle mafie – l'Europa Pag. 4stenta a raggiungerci sul terreno avanzato della nostra legislazione. Infatti, anche la recente direttiva, come prima sottolineavo, non ha il timbro e il marchio delle misure di prevenzione.
  Ma oggi serve reintervenire e le proposte che noi avanziamo nella nostra relazione sono proposte che sono state condivise, come dicevo, dopo un attento lavoro svolto attraverso le audizioni. Sono interventi normativi volti prevalentemente a modificare il cosiddetto codice antimafia, approvato nel 2011, che presenta, a nostro avviso, dopo la sperimentazione di questi anni, alcuni limiti e anche alcune vere e proprie mancanze che vanno colmate e forse anche alcune parti che vanno profondamente modificate.
  Per quanto riguarda i procedimenti di prevenzione personale e patrimoniale, per renderli più efficienti, più tempestivi e più garantisti, noi proponiamo sezioni specializzate, sia in primo che in secondo grado. Le misure di prevenzione costituiscono un comparto altamente specializzato, richiedono particolari professionalità da parte dei magistrati e, quindi, devono essere previste delle sezioni, sia in primo grado che in secondo grado, destinate esclusivamente a questo, soprattutto per l'efficacia e la rapidità del procedimento.
  Proponiamo, altresì, che la competenza di coordinamento per la proposta di misure di prevenzione faccia capo, oltre che al procuratore nazionale antimafia, al procuratore distrettuale. Infatti, riteniamo che le sezioni specializzate debbano avere la stessa competenza territoriale delle DDA e, così, le stesse corti d'appello si riferiscano in secondo grado alle sezioni specializzate con la stessa competenza territoriale.
  A coniugare le garanzie della giurisdizione con l'efficienza e la rapidità del rito, la Commissione propone di modificare l'attuale regime processuale sull'incompetenza territoriale, che dovrebbe essere sollevata e decisa immediatamente, togliendo così la possibilità di ritardare il procedimento, essendo previsto che l'incompetenza territoriale, ad oggi, può essere impugnata fino alla Corte di cassazione.
  Al fine di rafforzare le garanzie, riteniamo di dover prevedere sempre e comunque la partecipazione del proposto detenuto, fuori distretto dall'udienza camerale, con il sistema delle videoconferenze. Altre proposte formulate dalla Commissione per migliorare la rapidità e l'efficienza del rito sono l'esecuzione del sequestro a cura della polizia giudiziaria, la possibilità che il procuratore generale possa chiedere la sospensione dell'esecutività della revoca disposta dalla corte d'appello in pendenza del ricorso per Cassazione, la condanna del proposto al pagamento delle spese processuali. Infine, la Commissione ha proposto un gruppo di modifiche che incidono su due argomenti particolarmente nevralgici: il sistema di tutela dei terzi e l'elaborazione di un programma di prosecuzione dell'attività delle imprese sequestrate. Più in generale, le modifiche sono dirette a far uscire questi istituti da un'ottica prettamente fallimentaristica, meccanicamente e contraddittoriamente applicata ad un sistema la cui finalità principale non è la soddisfazione delle ragioni creditorie dei terzi, ma l'utile gestione per conto di chi spetta nell'ottica della destinazione finale del bene confiscato per finalità sociali. Non intendiamo, certo, non garantire i terzi, ma intendiamo riportare quel procedimento alla sua finalità principale che è appunto quella di destinare il bene confiscato alla società. Altri punti della relazione della Commissione riguardano l'albo, i criteri di nomina e di retribuzione degli amministratori giudiziari.

  PRESIDENTE. Ha un minuto, presidente Bindi.

  ROSY BINDI, Presidente della Commissione parlamentare d'inchiesta. Grazie, Presidente. Chiedo naturalmente la possibilità di consegnare poi il testo integrale...

  PRESIDENTE. Certamente.

  ROSY BINDI, Presidente della Commissione parlamentare d'inchiesta. ... ma la pregherei, se ci fosse la possibilità, di avere qualche minuto in più di tempo.

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  PRESIDENTE. Sì, sì, il margine di elasticità c’è sempre.

  ROSY BINDI, Presidente della Commissione parlamentare d'inchiesta. La ringrazio molto. In ultimo, due sono i punti su cui la Commissione desidera richiamare con forza l'attenzione del Parlamento. Il primo riguarda una proposta che il 29 maggio scorso ha ricevuto anche l'avallo delle sezioni unite della Corte di cassazione. La Commissione propone di modificare l'articolo 24 del Codice antimafia prevedendo espressamente che, ai fini del giudizio sulla sproporzione, non si tenga conto dei proventi di evasione fiscale e di ogni altro tipo di attività illecita. È abbastanza paradossale, forse una vera beffa, che in questi anni sia stato possibile, in un Paese a forte ed esasperato carico fiscale e caratterizzato da una forte evasione fiscale, dichiarare e prevedere che l'evasione fiscale potesse essere addotta come giustificazione al possesso di patrimoni. La Corte di cassazione ha già dato ragione alla nostra proposta e ci auguriamo che questa venga recepita dal Parlamento e dal Governo. Infine, la Commissione si è particolarmente soffermata sulla necessità di riformare profondamente l'Agenzia per i beni confiscati. La motivazione è riscontrabile nella crudezza dei dati. Nel 2013, su 2.596 confische definitive, sono stati assegnati solo 162 beni; nel 2012, su 2.540 confische, sono stati destinati 86 beni; nel 2011, su 1.990 confische definitive, sono stati destinati 95 beni. È evidente che c’è una difficoltà da parte di questa istituzione, costituita nel 2010, ed è evidente che si debba provvedere a superare queste criticità perché, se siamo stati bravi nel sequestrare i beni, non lo siamo stati altrettanto nel restituirli alla comunità. E questo, soprattutto se si tratta di imprese e di aziende, come sta avvenendo anche in questi giorni per quanto riguarda in Sicilia un supermercato appartenente ad un prestanome di Matteo Messina Denaro, non fa che aumentare il consenso da parte della popolazione nei confronti delle mafie perché con le mafie si lavora e con lo Stato si fallisce e si perde il lavoro. Quindi, la Commissione propone che l'Agenzia abbia una competenza esclusiva solo per la destinazione dei beni confiscati in via definitiva, mentre debba affiancare tutto il procedimento di prevenzione, debba affiancare il lavoro dei magistrati e il lavoro degli amministratori giudiziari.
  Riteniamo non trasferibile l'esperienza della magistratura di questi anni in maniera automatica verso un'altra istituzione, mentre riteniamo che il lavoro dei magistrati debba essere affiancato da un'agenzia che faccia rete e che metta a disposizione tutte le competenze professionali necessarie, che sia in grado di predisporre protocolli nazionali, di svolgere una consulenza in favore delle amministrazioni giudiziarie, di sviluppare linee guida per la gestione degli immobili, di contenere gli oneri economici. Proponiamo che venga sottoposta alla vigilanza della Presidenza del Consiglio dei ministri, perché abbia la possibilità di coordinare il Ministero della giustizia, dell'interno, dello sviluppo economico e del lavoro, e che mantenga la sua sede operativa soltanto a Reggio Calabria, che si valuti la sede più opportuna per gli organi istituzionali, così come proponiamo, invece, che si debba avvalere di nuclei presso le prefetture.
  La relazione della Commissione aveva proposto al Governo di nominare un commissario, perché voleva e auspicava che il Governo procedesse alla nomina del direttore della nuova Agenzia e non della vecchia Agenzia. Prendiamo atto con un po’ di stupore che dopo tre mesi il Governo, proprio alla vigilia di questo dibattito parlamentare, venerdì scorso, abbia inteso nominare il nuovo direttore nella persona del prefetto Umberto Postiglione, al quale vanno naturalmente i nostri auguri di buon lavoro, ma intendiamo ribadire la necessità di una riforma profonda e auspichiamo che il mandato conferito al prefetto Postiglione sia inteso dal Governo e dal destinatario, anche alla luce del presente dibattito parlamentare e degli atti di indirizzo che in tale ambito saranno approvati, in un senso di profonda riforma nei metodi e nel merito del lavoro dell'Agenzia e di discontinuità con la precedente Pag. 6gestione. In maniera particolare riteniamo che il direttore appena nominato debba far fronte ad una delle carenze più gravi dell'Agenzia di questi anni, cioè la mancanza di una banca informativa di dati che ci consentano di fare l'anagrafe dei beni, il loro percorso e la loro attuale situazione. L'Agenzia non ha ancora questo strumento e possiamo dire che, non avendoli l'Agenzia, anche noi non disponiamo di dati certi e ci chiediamo come sia possibile amministrare un patrimonio così ingente senza conoscerne neanche la consistenza. Così come riteniamo che si debba quanto prima procedere e provvedere ad emettere le linee guida per la gestione dello stesso bene.
  La nostra relazione contiene, in proposito, per l'azione dell'Agenzia, altre preziose indicazioni, che ci auguriamo vengano fatte proprie già dalle prossime linee guida, così come nella relazione si propone una nuova misura di prevenzione, prevedendo un nuovo istituto – il cosiddetto controllo giudiziario – nei confronti di quelle imprese che siano disponibili, onde evitare l'interdittiva da parte della prefettura, ad essere sottoposte ad una sorta di vigilanza speciale, per ritornare pienamente dentro il circuito dell'economia virtuosa nel quale tutte le aziende marchiate dalla presenza della mafia, invece, non abitano, rappresentando un elemento di forte distorsione della regola fondamentale del mercato, che è la libera concorrenza.
  Siamo particolarmente interessati in questa relazione – oltre che all'assegnazione dei beni immobili e alla loro ristrutturazione ed allo loro utilizzazione – al funzionamento delle aziende sequestrate e confiscate alla mafia, soprattutto dando il primato al lavoro. La nostra relazione prevede la vendita come una misura residuale: non la escludiamo, ma la riteniamo residuale, perché resta per noi il perno della legge n. 109 del 1996, che è quella della destinazione sociale dei beni confiscati. Se ci sarà un'Agenzia che saprà mettere in rete le tante responsabilità, da quelle degli imprenditori, delle banche, degli enti locali, di tutti i soggetti che possono essere interessati, noi riteniamo di poter non solo restituire i beni confiscati alla mafia, ma potremmo anche combattere quella «zona grigia» che oggi è la vera sede di consenso alla mafia, dentro la quale la mafia crea convenienze e, come tale, si impone dentro il circuito dell'economia legale, come anche i recenti fatti dell'Expo hanno dimostrato.
  Ringrazio la Presidente per il tempo che ha voluto aggiungere e chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento (La Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti).
  Mi auguro che ci sia un dibattito fruttuoso e che il Parlamento, come in Commissione, approvi all'unanimità la risoluzione alla quale Parlamento e Governo potranno ispirarsi nell'azione di riforma di questo settore così importante (Applausi).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Davide Mattiello. Ne ha facoltà.

  DAVIDE MATTIELLO. Signora Presidente, avverto come tutti l'onere di affrontare, in questa occasione straordinaria, il tema del contrasto alle mafie a partire dallo specifico punto dei beni confiscati. Sono grato alla presidente Bindi e all'Ufficio di presidenza della Commissione antimafia per aver deciso di fare rotta senz'altro su questo punto, perché questo punto è un epicentro. Capire cosa giri attorno ai beni confiscati alle mafie, oggi, significa capire le mafie e il loro sistema di alleanze.
  Concentro il mio intervento sulla confisca intesa come misura di prevenzione patrimoniale, non soltanto perché è la forma statisticamente più applicata, ma soprattutto perché è la forma che meglio restituisce il senso della strategia di contrasto alle mafie. Infatti, non sfugge a nessuno che la pietra miliare di questa normativa è stata posta il 13 settembre del 1982 con la legge n. 646, una legge cardinale, perché è la stessa che istituisce il 416-bis, una normativa coraggiosa, perché non piegò la realtà alle presunte regole invalicabili del diritto penale, ma assunse Pag. 7la realtà per quello che essa è, facendo dei legami funzionali, delitto, e degli indizi di appartenenza a questi sodalizi, base per la spoliazione patrimoniale.
  Non sfugge, ahinoi, che questo coraggio fu nutrito dal sangue di due servitori dello Stato uccisi dalla mafia il 30 aprile e il 3 settembre di quello stesso anno, Pio La Torre e Carlo Alberto Dalla Chiesa. Cerchiamo noi, pure, di ispirarci a quel coraggio, senza aspettare nuovo sangue; ci basti la memoria di quello versato.
  Allora, alcune sfide vanno colte; la prossima Presidenza italiana del semestre europeo faccia il possibile per armonizzare la normativa sulle misure di prevenzione patrimoniale, perché non capiti più agli investigatori e ai magistrati italiani, che faticosamente inseguono le tracce delle ricchezze mafiose fuori dai confini italici, di sentirsi dire: ma per quale reato state procedendo ? Senza reato non c’è sequestro.
  Bisogna senz'altro potenziare complessivamente le risorse a servizio del procedimento di prevenzione, affinché si possano pretendere dal sistema giudiziario maggiore celerità e trasparenza; celerità e trasparenza che, ove già sono cifra dell'operare, paiono più il frutto di uno sforzo titanico che uno standard normalmente esigibile. Occorre potenziare le risorse, mettere a punto i regolamenti per far venire i nodi al pettine, condotte discutibili, opache che fanno pensare ad interessi molto privati che avvelenano l'interesse pubblico. A chi conviene, per esempio, il fallimento decretato della 6Gdo ? Come è possibile che dopo anni trascorsi tra il sequestro e la confisca dell'impero di Grigoli, oggi, pur essendo a portata di mano una soluzione a tutela di gran parte dei lavoratori, si decreti il fallimento ? Auspichiamo che il Governo decida di intervenire attraverso l'Avvocatura dello Stato per impugnare questa sentenza.
  Come è possibile che alcuni amministratori, pur gravati da inchieste giudiziarie, vengano incaricati di nuove gestioni ? Capisco che il rapporto tra giudice delegato e amministratore debba essere fiduciario, ma è auspicabile che il giudice abbia fiducia in una cerchia un po’ più ampia e consona di soggetti.
  Per quale inspiegabile ragione la famiglia di uno dei più importanti boss di camorra gestisce un castello da favola a Miasino, sul lago d'Orta, confiscato al boss stesso, peraltro successivamente alla decisione di quest'ultimo di collaborare con lo Stato ?
  Bisogna, poi, intervenire nella gestione delle aziende confiscate, perché con la fame di lavoro che ha il nostro Paese è un delitto far passare l'idea che la mafia il lavoro lo dà, lo Stato lo toglie, perché quando sequestrano un'azienda, questa certamente, o quasi, chiude i battenti.
  La CGIL, con Libera, Avviso Pubblico ed altri autorevoli attori sociali ed economici, si è fatta promotrice di una legge, oggi incardinata in Parlamento, che punta ad estendere le tutele per i lavoratori delle aziende confiscate, che punta alla creazione di un fondo di rotazione per legalizzare aziende che spesso navigavano sottotraccia, che punta a sostenere la creazione di cooperative tra i lavoratori delle aziende stesse, che possono così chiederne la destinazione.
  La prossima settimana questa proposta, atto Camera n. 1138, inizierà il suo iter in Commissione giustizia alla Camera. Auspichiamo una rapida approvazione del testo, in sintonia con l'indirizzo che il Governo stesso ha dato in tal senso.
  Bisogna, poi – lo ricordava bene la presidente –, intervenire sull'Agenzia nazionale per i beni confiscati, aumentando e razionalizzandone le risorse, risistemandola presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, per sottolineare che la riqualificazione dei beni confiscati alle mafie non è soltanto questione di ordine pubblico, ma è questione che investe trasversalmente competenze e poteri dello Stato.
  Auspichiamo che la decisione assunta dal Consiglio dei ministri venerdì scorso, di nominare il prefetto Postiglione nuovo direttore dell'Agenzia, concorra a far marciare la riforma dell'Agenzia medesima confermandone la direzione.Pag. 8
  Bisogna, infine, salvaguardare il valore sociale dell'utilizzo dei beni confiscati alla mafia. Certo, senza sterili dogmatismi, però con la forza culturale, fatemi dire etica, che fu propria del grande movimento di popolo che, nel 1995, raccolse oltre un milione di firme per chiedere al Parlamento quella legge che di lì a poco sarebbe stata la n. 109 del 1996; la forza di chi sa che il modo migliore per sconfiggere le mafie è quello di coltivare senso repubblicano, che è cura generosa del bene comune.
  Noi sconfiggeremo le mafie, sì, le sconfiggeremo, quando le avremo rese inutili, quando cioè, per dirla con le parole di Carlo Alberto Dalla Chiesa – che, sono certo, sarebbero piaciute molto a Pio La Torre –, lo Stato assicurerà come diritti ciò che i mafiosi danno come favori. Per dirla altrimenti, quando lo Stato diventa Repubblica (Applausi).

  PRESIDENTE. Constato l'assenza del deputato Chiarelli, iscritto a parlare: s'intende che vi abbia rinunziato.
  È iscritta a parlare la deputata Scopelliti. Ne ha facoltà.

  ROSANNA SCOPELLITI. Signora Presidente, rappresentanti del Governo e onorevoli colleghi, purtroppo sempre pochini, il poco tempo a mia disposizione di certo non mi consente che un doveroso cenno di plauso e di riconoscenza istituzionale alla Direzione nazionale antimafia ed ai magistrati di tutte le Direzioni distrettuali antimafia, così come a tutte le Forze dell'ordine che, a vari livelli e nelle loro diverse articolazioni, hanno collaborato con esse, prima ancora di sottolineare l'importanza dell'azione svolta dalla Commissione parlamentare d'inchiesta sul fenomeno delle mafie, nella quotidiana lotta alla criminalità organizzata e, nello specifico, nella fondamentale opera di sequestro e confisca dei beni finiti in mano ad essa.
  Pur se con diverse composizioni e guide politiche nel corso degli anni, con inevitabili dislivelli di efficienza e di efficacia, le indagini e le relazioni della Commissione hanno fatto crescere nel Paese la consapevolezza che la criminalità organizzata non produce i suoi effetti solo nell'ambito dell'ordine pubblico, ma anche e, forse, soprattutto, in quello politico, sociale e culturale.
  Ma non meno importante è ricordare come, di pari passo all'attività svolta da questo organismo parlamentare, sia anche maturata nel Paese una visione nuova della lotta alla mafia, da considerarsi come possibile e non più come solo un'illusione.
  L'attività della Commissione ha dimostrato, nel corso delle sue indagini, audizioni e relazioni, come la criminalità organizzata sia ormai capace di penetrare nei settori sani della società e dell'economia e, di conseguenza, di mimetizzarsi in essi.
  Questa sua abilità di nascondersi tra i tessuti più produttivi della nostra realtà le consente di accumulare enormi ricchezze, che ormai spaziano dai beni mobili a quelli immobili in tutto il territorio nazionale, nonché estero.
  Per quanto attiene all'azione di sequestro e confisca dei beni in mano alla criminalità organizzata, la relazione del Ministero della giustizia ci consente di operare un raffronto dei singoli anni solari, a partire dal 2004 fino al mese di settembre del 2013: possiamo notare come da 681 nuovi casi di procedimenti di sequestro iscritti nel 2011 si sia scesi a 582 nel 2012, mentre, fino a settembre del 2013, i casi di nuovi procedimenti iscritti si siano attestati a quota 400, facendo supporre il raggiungimento di quota 530 per l'intero anno. Ma se il trend delle iscrizioni e delle procedure di sequestro mostra una diminuzione dal 2011 al 2013, è altrettanto evidente come l'ultimo rilevamento mostri un dato numerico dei procedimenti che è il doppio di quello relativo al 2008, quando i casi di iscrizione furono 272 in un contesto di organici dei tribunali che di certo negli anni non sono aumentati.
  Come già detto, la criminalità organizzata è ormai in grado di possedere beni su tutto il territorio nazionale; le regioni Pag. 9meridionali, però, continuano ad essere quelle più esposte al fenomeno, dal momento che, nel solo biennio 2012-2013, il primato dei nuovi procedimenti iscritti spetta alla Sicilia, con 264 nuovi casi, seguita dai 183 della Campania, 121 della Calabria e 79 della Puglia. Bisogna comunque sottolineare, ahimè, l'aumento dei procedimenti di sequestro iscritti nella regione Lazio, 85 casi, in Lombardia 88, in Piemonte 69, e in Emilia-Romagna 28.
  Ora, a fronte degli ottimi risultati ottenuti nell'opera di aggressione dei patrimoni della criminalità organizzata – grazie soprattutto agli effetti prodotti dalla legge 13 settembre 1982, n. 646, nota come la Rognoni-La Torre, con la quale si è proceduto all'introduzione del reato ex articolo 416-bis del codice penale, nonché la previsione di misure di carattere patrimoniale, sequestro e confisca, al fine di eliminare la presenza mafiosa nel tessuto socio-economico del Paese –, il vero problema oggi è gestire al meglio la destinazione dei beni sequestrati: compito, questo, riservato all'Agenzia per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata.
  L'ingente mole di beni sequestrati ha di sicuro messo in difficoltà l'Agenzia nello svolgimento del proprio compito, motivo per cui si è giustamente pensato di apportare delle proposte di modifica in grado di potenziarne il lavoro svolto e di curarne al meglio la difficile azione di gestione e destinazione dei beni sequestrati. Tra le proposte avanzate dalla Commissione, vi è l'ipotesi di riservare all'Agenzia la competenza esclusiva solo per la destinazione dei beni dopo la definitività della confisca, limitando invece la sua funzione a coadiuvare il giudice delegato nelle fasi ad essa precedenti.
  L'Agenzia, inoltre, dovrebbe avere la competenza per la destinazione dei beni sequestrati ai sensi dell'articolo 12-sexies del decreto-legge n. 306 del 1992, ovvero nei casi di confisca allargata, nonché, a mio avviso, poteri ispettivi e di controllo periodico di gestione sui beni confiscati e assegnati a enti privati per il loro riutilizzo sociale, al fine di prevenire distorsioni della finalità, malfunzionamenti e chiusure di attività produttive per incapacità gestionale, elusione delle finalità sociali o possibili fenomeni di inquinamento affaristico e mafioso, come purtroppo già presumibilmente avvenuto di recente in Calabria ed in Campania.

  PRESIDENTE. La invito a concludere.

  ROSANNA SCOPELLITI. I compiti di check up aziendale e di consulenza della nuova Agenzia ovviamente presuppongono un potenziamento delle risorse umane specializzate e degli strumenti di comunicazione informatica, in grado di facilitare le collaborazioni fra le amministrazioni giudiziarie e di fare in modo che le imprese sequestrate possano fare rete tra loro, requisito essenziale per proseguire nelle loro attività.
  L'importante, comunque, al netto di tutte le modifiche che si ritengano necessarie per ottimizzare le funzioni dell'Agenzia, è che essa possa continuare ad avere la propria sede principale a Reggio Calabria. La presenza di una siffatta struttura, avamposto della lotta alla criminalità organizzata, nel cuore del potere economico delle mafie proprio nell'area del nostro Paese maggiormente colpita da questo fenomeno criminale, rappresenta il gesto più logico per garantire tempestività di intervento e presenza costante nel territorio, vista la posizione baricentrica di Reggio Calabria rispetto alla Sicilia e alla Campania.
  Non perdiamo – e concludo – di vista comunque il fatto più importante. Ecco, il sequestro e la confisca dei beni provenienti da attività criminali e mafiose, specialmente per quanto riguarda le attività produttive, sono un'arma a doppio taglio: difatti, se alla confisca segue il riutilizzo virtuoso e produttivo del bene sotto il controllo dello Stato, allora il messaggio che ne deriva è di speranza e di fiducia dei cittadini nella possibilità che esista veramente il modo di affrancarsi dal giogo delle mafie nei processi produttivi e commerciali, con speciale riferimento al sud. Ma se, invece, il bene confiscato diviene Pag. 10improduttivo, se le attività commerciali vengono chiuse dagli amministratori giudiziali, allora il messaggio che ne deriva è devastante: difatti i cittadini, e specialmente i lavoratori impegnati in quelle attività, ne dedurrebbero che con la mafia si porta comunque il pane a casa, mentre con lo Stato si rimane in mezzo ad una strada. Ecco, signor Presidente: noi proprio questa cosa non ce la possiamo permettere, se vogliamo sconfiggere la mafia, non ce la possiamo permettere a qualunque costo (Applausi).

  PRESIDENTE. Grazie, onorevole Scopelliti, anche per lei, data la rilevanza del tema, siamo stati un po’ più flessibili.
  È iscritto a parlare il deputato Fava. Ne ha facoltà.

  CLAUDIO FAVA. Signor Presidente, signori del Governo, colleghi, mi sembra che questa relazione, che interviene su un argomento delicato, vitale, per la qualità della politica e la civiltà della politica del nostro Paese, che è la gestione dei beni sequestrati e confiscati, richiama non soltanto alla memoria ma all'attuazione una delle leggi forse più importanti nella storia di questa Repubblica: la legge che porta i nomi di Rognoni e La Torre.
  Importante non solo per ciò che questa legge scrive, dice, afferma, ma anche per il modo in cui è nata. Io vorrei ricordare che questo Parlamento non l'approvò dopo la morte di Pio La Torre, perché era così forte la contraddizione che questa legge faceva esplodere, contraddizione anche per la politica, anche per le reticenze che una parte della politica italiana volle conservare su questa materia e nell'attività di contrasto alla mafia: fu necessario aspettare che venisse ucciso il prefetto Dalla Chiesa perché diventasse finalmente legge dello Stato.
  Ma voglio ricordarla anche per un elemento positivo, come è stato bene ricordato dalla presidente Bindi e dal collega Mattiello: questa legge rappresenta uno dei momenti più significativi, come dire, della simmetria di sensibilità e di civiltà che si può costruire tra un Paese e la propria rappresentazione politica. Penso al milione di firme che vennero raccolte da Libera nel 1995, e penso a come l'uso sociale dei beni proposto dalla vocazione del Paese attraverso queste firme fu raccolto dal Parlamento.
  Naturalmente questa legge, il suo uso, la sua manutenzione vanno adeguati a un tempo cambiato, e il tempo è cambiato anche nelle strategie della mafia. Un tempo la mafia accumulava beni che avevano una dimensione quasi verghiana, «la roba», per cui erano beni immobili, erano case, proprietà, terreni, giardini, tutto ciò che poteva essere misurato con lo sguardo, tutto ciò che poteva essere pesato in termini di catasto, in termini di immediata rendita immobiliare. È un tempo preistorico, sono cambiati i paradigmi anche dell'accumulazione mafiosa.
  Oggi la mafia investe in beni immateriali, investe in fondi sovrani, investe in aziende, oggi sequestrare e confiscare un bene non vuol dire tenere sotto chiave un palazzo, una casa o dare in gestione un giardino, un terreno, vuol dire porsi il problema della sopravvivenza di un'azienda e, quindi, della manutenzione, della tutela, della conservazione anche di decine, centinaia, migliaia di posti di lavoro, se pensiamo al complesso delle aziende che sono state sequestrate. E in questo occorre adeguare le modalità di gestione di questa legge e gli strumenti che questa legge e i passaggi successivi ci hanno messo a disposizione, primo fra tutti l'Agenzia per i beni sequestrati e confiscati.
  Ma penso anche al FUG, lo dico in particolare ai colleghi del Governo, perché mi sembra uno dei punti in cui si manifesta o si smarrisce il buonsenso della politica. Il Fondo unico per la giustizia, che, come sappiamo, raccoglie le liquidità che sono state confiscate e che ha una cifra ancora abbastanza oscillante nella sua messa a punto, certamente superiore ai 3 miliardi di euro, oggi è utilizzato soltanto in una percentuale minima, che non sembra superi il 4 per cento. Ciò in una condizione in cui altri comparti dello Pag. 11Stato, che sono in prima linea nella lotta alla criminalità mafiosa, si trovano spesso privi di mezzi e di risorse.
  Creare un circuito virtuoso che metta a frutto anche per avviare alla legalità e sostenere in questo percorso di recuperata legalità i beni confiscati, credo che sia buonsenso politico ancor prima che una necessità normativa. Penso, come ha ricordato bene la presidente e non tornerò su molti punti che sono stati bene espressi e sottolineati nella sua relazione, che dobbiamo intervenire sull'Agenzia: dei 2.600 beni confiscati l'anno scorso, soltanto il 5 per cento è stato rimesso in condizione, attraverso una restituzione, di stare sul circuito economico, finanziario, commerciale.
  È il segno statistico di un fallimento, o comunque di una non adeguatezza di uno strumento fondamentale per la gestione dei beni confiscati. Il processo di informatizzazione, con 6 milioni di euro che già sono stati impegnati, ancora non c’è, per cui noi non siamo stati nella condizione nemmeno, durante alcune audizioni con il commissario dell'Agenzia, di sapere in tempo reale il percorso, il destino e la parabola che alcuni beni sequestrati e confiscati avevano, perché manca questo elemento di chiarezza, non dico di trasparenza, ma di conoscenza e di consapevolezza intanto su cosa è accaduto per ciascuno dei beni che sono stati sequestrati e poi confiscati.
  Da qui una serie di proposte: io vorrei non ripeterle, ma sottolineare lo spirito complessivo di queste proposte. Noi abbiamo bisogno di attribuire all'Agenzia e al suo nuovo commissario un nuovo mandato, che pretende da questa Agenzia, non solo e non tanto dal commissario, ma dall'attività che questa Agenzia sarà nella condizione di mettere in campo, altre competenze, altro spirito, una capacità di gestire questi beni. Noi ci siamo sentiti dire – e la cosa ci ha preoccupato – in un'audizione «lo Stato non è imprenditore», lo Stato non può gestire e allarga le braccia di fronte al destino di alcune centinaia di lavoratori che perdono il lavoro perché non siamo nella condizione, attraverso l'Agenzia, di dare continuità, di dare futuro ad un'impresa che è stata confiscata. Non mi sembra una buona attitudine: mi sembra necessario anche affermare una discontinuità nelle pratiche e nella qualità del lavoro che è stato prodotto fino ad adesso da questa Agenzia.
  Occorre un livello di responsabilità molto più vasto e molto più condiviso. Vanno bene i protocolli di legalità, però, come ci hanno detto molti altri soggetti – penso al circuito bancario, alle Camere di commercio e agli enti territoriali –, occorre una condivisione sul piano delle responsabilità che faccia capire come il punto più alto della responsabilità va assunto e condiviso quando si tratta di gestire un bene che è stato tolto alle mafie. Lo diciamo in particolare al circuito bancario, nel quale abbiamo incontrato in questi anni molte contraddizioni, soprattutto alla periferia del Paese, quando una banca interveniva con grande facilità nel concedere linee di credito, finanziamenti o mutui a un bene posseduto da un mafioso; quando quel bene veniva tolto al mafioso e restituito alla comunità, la banca interveniva dicendo: «debbo rientrare, non sono più garantita», come a dire: la mafia mi garantisce, lo Stato no.
  Ecco, noi dobbiamo pretendere che anche il circuito bancario e il sistema finanziario faccia la propria parte. Rimettere questi beni nella condizione di produrre reddito, di conservare occupazione, di tornare ad essere ricchezza sociale vuol dire che non soltanto una norma di legge deve essere più adeguata, non soltanto il lavoro di questa Agenzia deve essere più attrezzato, ma ci deve essere un sentimento più condiviso e più manifesto di responsabilità, che, in parte, abbiamo potuto misurare nelle disponibilità in questi mesi.
  Concludo, signora Presidente: io penso che la sfida – come diceva bene la presidente Bindi – oggi sia nella capacità di spostare il punto di equilibrio del nostro intervento tra la pura repressione e la capacità di costruire convenienza attraverso l'attività di contrasto alle mafie. La lotta alle mafie si fa anche attraverso un Pag. 12alfabeto che vive di elementi simbolici, un alfabeto immateriale, ma molto sostanziale nelle tracce che lascia. Togliere i beni alle mafie, da questo punto di vista, ha rappresentato il momento più alto, più visibile e più contundente in un linguaggio simbolico che lo Stato, che questa civiltà, diciamo così, dei giusti era capace di contrapporre alle mafie. Si tratta adesso di essere conseguenti e coerenti con questa sfida. La mafia toglie lavoro, dignità, ricchezza sociale; compito prioritario della Repubblica e, direi funzione prioritaria di questo Parlamento, è restituire tutto ciò che ci è stato tolto (Applausi).

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Dadone. Ne ha facoltà.

  FABIANA DADONE. Presidente, colleghi, è fuor di dubbio che la lotta alla criminalità organizzata, in particolare quella di stampo mafioso, deve costituire una componente imprescindibile e fondamentale per il DNA di quest'Aula, così come per quello di ciascuna istituzione e di ogni singolo individuo di questo Paese.
  La guerra in atto contro le mafie non deve essere esclusivamente un impegno difensivo a tutela e salvaguardia dei principi democratici, repubblicani e dello Stato di diritto, ma deve innanzi tutto rappresentare per noi un impegno controffensivo e repressivo, una lotta senza quartiere che va combattuta con tutte le armi a disposizione.
  Per questo motivo, la relazione in discussione rappresenta un nodo fondamentale per noi. La confisca e il sequestro dei beni alla criminalità organizzata è un'arma che ho appena citato, forse una delle armi più efficaci fin da quando, negli anni Novanta, dai pool antimafia e dalle procure bunker si è compreso che le mafie si strutturarono, e hanno continuato a farlo, in maniera sempre più efficiente, sulla base dei modelli più funzionali e funzionanti del management aziendale.
  Un'azienda, un'industria, quella mafiosa, che vive certamente di parassitismo, ma, ahinoi, persino di forme, anche fin troppo evidenti, di simbiosi; una simbiosi fortemente radicata nel tessuto socio-economico e finanziario del Paese, ma che, grazie all'impegno di numerose realtà associative, solidali e di volontariato, si sta progressivamente indebolendo, soprattutto in alcune delle aree in cui, fino a pochi anni fa, si registravano fenomeni estremamente gravi di infiltrazione mafiosa, collusione, connivenza, sottomissione di intere parti dello Stato e della pubblica amministrazione.
  In questo senso, l'obiettivo principale del sistema di gestione dei beni confiscati e sequestrati alla criminalità organizzata punta a colpire al cuore la «Mafia Spa» attraverso misure di prevenzione patrimoniale. Serve a questo punto, da parte nostra, però, sottolineare almeno due incongruenze per le quali riteniamo di dover chiamare in causa il Governo attuale e il suo più volte richiamato, a volte anche in maniera strumentale, impegno nel semestre europeo.
  Il sistema previsto nella risoluzione del Parlamento Europeo dello scorso ottobre 2013 indicava una strada per noi di fondamentale importanza, ovvero quella di concepire la possibilità di confiscare senza una condanna penale. Il medesimo Parlamento, però, nella risoluzione legislativa del febbraio 2014, ribaltava la precedente concezione, annunciando il vincolo necessario tra confisca e condanna penale, con la conseguenza, per il nostro sistema e per la realtà criminale, che esso deve affrontare una serie di limiti, prefigurare una serie di limiti, che rallentano l'effettività delle procedure di confisca e di sequestro.
  In questo senso, chiediamo, quindi, al Governo e alla maggioranza che lo sostiene di farsi promotore presso le istituzioni europee, al fine di reintegrare, o quanto meno prevedere, una concezione pur sempre rispettosa dello Stato di diritto e dei diritti individuali, senza detrimento, però, per il medesimo Stato di diritto e per i medesimi diritti individuali e collettivi, che non possono realmente e concretamente essere tutelati e promossi in una condizione mafia-oriented. Un'ulteriore incongruenza è da individuare nelle finalità d'uso dei beni confiscati. L'iniziale auspicio, Pag. 13largamente condiviso e ampiamente sostenuto, dell'uso a fini sociali si è andato via via riducendo a fronte, da un lato, di una richiesta sempre maggiore da parte del tessuto sociale nelle aree interessate e, dall'altro, di un sempre più ampio interesse di monetizzazione dei beni per soddisfare le necessità creditizie di terze parti.
  In queste condizioni, quindi, la già non estremamente efficace normativa nazionale, figlia di una progressiva e non sempre coerente stratificazione nel corso degli anni, ci offre delle armi che teoricamente sono adeguate, ma che, nella sostanza, sul campo, contro i clan, contro le `ndrine, contro le famiglie, non sono idonee a combattere il volume di affari, le retrovie dei colletti bianchi criminali, i patrimoni che fanno della «Mafia Spa» l'impero industriale per eccellenza. Affrontiamo, quindi, questa discussione con il medesimo approccio responsabile e produttivo con il quale abbiamo svolto la medesima discussione in Commissione antimafia, senza, però, tralasciare spunti critici e di riflessione che riteniamo fondamentali, da riscrivere ed affrontare anche nel prossimo futuro.
  Questa relazione e le prospettive in essa riportate non sono che un primo passo verso quello che dovrà essere l'obiettivo finale; un primo step, che, però, dimostra l'attenzione, la sensibilità e la sempre più integrata attività dei vari pezzi dello Stato, e, fortunatamente, anche della politica, con i settori della magistratura, dell'autorità investigativa e dell'amministrazione anti-criminale. Un'integrazione che vorremmo fosse ancora più stretta e fruttuosa, e che, soprattutto in merito all'attività del sistema di confisca e di sequestro dei beni delle criminalità organizzate, vedesse in futuro anche un approccio più idoneo e coerente.
  Va sottolineato, infatti, che, al momento, in Commissione Antimafia esiste, seppur in maniera abbastanza teorica, un Comitato ad hoc per l'area dei beni confiscati (il Comitato II) che non ha ancora avviato la propria attività, ma, che paradossalmente, si trova, anzi si troverà a lavorare successivamente alla votazione della relazione in quest'aula; relazione che avrebbe dovuto essere l'obiettivo, perlomeno uno degli obiettivi, dei lavori di questo Comitato.
  Però, al di là di questo, l'invito è che tale comitato inizi a lavorare al più presto, alla luce del documento che ci apprestiamo a discutere e a votare in aula e alla luce anche della discussione che emergerà in aula, che possa finalmente impegnarsi per influire concretamente sul miglioramento del contesto procedurale e normativo, nonché per ridurre le incongruenze precedentemente riportate.
  Sinteticamente e nei punti più salienti vorrei riportare quanto visto nella relazione, accogliendo le richieste e gli auspici degli addetti ai lavori, nonché in linea con le modifiche apportate anche dal nostro gruppo, che sarebbero molto efficaci, anzi lo saranno, per la lotta alla mafia perlomeno per ciò che concerne la materia della confisca e sequestro dei beni.
  In primo luogo, l'istituzione di sezioni specializzate presso i tribunali e le corti d'appello (non lo sto qui a spiegare perché lo ha già fatto la presidente Bindi). In secondo luogo, adottare finalmente una disciplina organica per gli amministratori giudiziari e individuare un nuovo sistema di monitoraggio nel corso del processo perché l'impresa o azienda confiscata possa continuare a lavorare, garantendo alle proprie risorse umane non solo un reddito ma anche un'attività professionale che rimanga tutelata dalla criminalità organizzata, quindi con un doppio livello di tutela; e di pari passo, lo aveva già detto la presidente Bindi, adeguare la stessa Agenzia nazionale dei beni sequestrati e confiscati, individuando, in maniera maggiormente coerente e nel rispetto dei principi di efficacia e efficienza, i compiti e le attività che deve svolgere, in correlazione, chiaramente, con le risorse economiche, organizzative, umane e logistiche ad essa riconosciute.
  Ad ogni modo, concordiamo sul fatto che questa relazione costituisca un primo, importantissimo passo avanti nel settore, Pag. 14seppur rimangono ancora dei profili di criticità che dovranno comunque essere risolti.
  Si dovrà procedere ad una analisi più approfondita di questa materia, studiando a fondo le problematiche dell'attuale sistema e ricercando soluzioni più efficaci, raccogliendo magari anche le testimonianze dirette di chi vive ogni giorno sulla propria pelle queste inefficienze normative.
  Consapevoli dei buoni contenuti di questa proposta, rimane nostra ferma intenzione impegnarci in ogni futura azione tesa a migliorare quanto già scritto, sicuri che anche gli altri gruppi (così come è avvenuto anche per la stesura di questa relazione) vorranno contribuire in maniera propositiva nei prossimi atti legislativi in materia.

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Bruno Bossio. Ne ha facoltà per cinque minuti.

  VINCENZA BRUNO BOSSIO. Signora Presidente, colleghe e colleghi, voglio dare atto al presidente Rosi Bindi di aver affrontato questo tema come il primo degli impegni della Commissione antimafia intesa nel suo ruolo più specifico di apripista legislativo, ma affrontiamo questa discussione, anche all'indomani della nomina, da parte del Governo, di un nuovo direttore per l'Agenzia dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata; sicuramente, un segnale rispetto alle necessità di innovazione, ma che non va completamente incontro alle esigenze poste dalla relazione della Commissione, dove noi avevamo proposto un commissario e non un direttore, perché da riformare non è solo l'Agenzia ma tutto il sistema del sequestro, confisca, destinazione e utilizzo dei beni. Questo sistema va rivisto anche alla luce del ruolo che l'Italia si appresta ad avere all'interno del semestre europeo con la presidenza, rispetto ad una azione di sensibilizzazione sulla dimensione reale del rischio che le mafie, non solo italiane, pongono al cittadino europeo. Quindi, non possono affrontarsi i problemi e la criticità della destinazione dei beni confiscati senza ripercorrere l'evoluzione normativa che, negli anni, ha prodotto sovrapposizioni e contraddittorietà.
  Questa confusione rischia di far perdere progressivamente il valore simbolico della confisca e il passaggio di proprietà dei beni dalla mafia alla collettività agli enti pubblici.
  Se noi consideriamo che a settembre 2013 nella banca dati SIPPI risultano inseriti oltre 100 mila beni, di questi quelli confiscati sono oltre 41 mila ma solo 4.800 sono confische con destinazione. Quindi c’è una mole molto ampia di beni che è pronta per essere destinata al riutilizzo sia da parte dello Stato che da parte degli enti territoriali, ma che non viene destinata. Considerata, d'altra parte, la richiesta degli organi dello Stato, degli enti locali e delle associazioni di ottenere un bene confiscato, di rimettere in circolazione legale aziende sottratte definitivamente ai boss, manca proprio quel ruolo dell'Agenzia di innesco del circolo virtuoso dell'incontro tra domanda e offerta.
  Per tali motivi, alla luce di tutte le considerazioni fatte dalla presidente Bindi e anche dagli altri colleghi, la Commissione propone che l'Agenzia abbia competenza esclusiva solo per la destinazione dei beni dopo la definitività della confisca e che sia piuttosto da coadiuvare il giudice delegato durante le fasi precedenti, dotandosi di maggiori risorse umane, professionali o comunque più adeguate, a partire dal sistema informatico che ha le criticità esposte nella relazione. Ma il tema più complesso è quello di mantenere sul mercato le aziende confiscate alla criminalità organizzata. È un tema fondamentale su cui bisogna ancora lavorare, perché bisogna fare in modo che quell'azienda continui a funzionare e a dare lavoro, comportando innanzitutto anche un welfare specifico per i lavoratori, altrimenti passa il messaggio che la mafia dà lavoro e lo Stato lo toglie. Per quanto mi riguarda però credo che abbia ragione Raffaele Cantone quando afferma che lo Stato non solo deve smettere di presentarsi con la Pag. 15faccia dei carri armati e delle manette, ma deve far diventare i beni confiscati come vere e proprie start up delle attività economiche. Bisogna andare anche oltre la logica sociale di vecchio tipo, meno ludoteche – dice Cantone – e meno centri per gli anziani, più utilizzo dei beni confiscati per lo svolgimento di attività economiche. Ecco perché i beni sequestrati non possono essere semplicemente restituiti ma devono diventare opportunità per creare lavoro e sviluppo e in questo senso credo sia necessario che per questo motivo l'Agenzia passi sotto la Presidenza del Consiglio.
  Infine – concludo, mezzo minuto – lo dico come parlamentare del Mezzogiorno e della Calabria: la più grande intuizione di Pio La Torre è quella che la mafia sarà definitivamente sconfitta quando lo Stato sarà capace non solo di riappropriarsi dei patrimoni ma quando saprà riconvertirli. Questa intuizione Pio La Torre l'ha pagata con la sua stessa morte, all'interno di un periodo che io stessa ho vissuto sul capezzale di Giannino Lo Sardo, dirigente del PC caduto a Cetraro, e oggi per questo su quel territorio dobbiamo riportare, in raccordo con il lavoro straordinario della magistratura e delle forze dell'ordine, la forza dello Stato e della politica. Lo Stato è più forte della mafia proprio laddove una rappresentazione semplicistica fa sembrare alcuni territori irrimediabilmente condannati al dominio della ’ndrangheta.
  Per questo, in quest'ottica, si rafforzi il lavoro della sede a Reggio Calabria per come proposto e confermato dal Presidente del Consiglio Matteo Renzi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione.

(Annunzio di una risoluzione – Doc. XXIII, n. 1)

  PRESIDENTE. Avverto che è stata presentata la risoluzione Bindi, Fava, Di Lello, Dadone, Mattiello, Scopelliti, Garavini, Bruno Bossio, Attaguile e Dorina Bianchi n. 6-00075 (Vedi l'allegato A – Doc. XXIII, n. 1Risoluzione), che è in distribuzione.

(Intervento e parere del Governo – Doc. XXIII, n. 1)

  PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il rappresentante del Governo, che invito ad esprimere il parere sulla risoluzione presentata.

  FILIPPO BUBBICO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, intanto per esprimere il ringraziamento per il lavoro approfondito, serio e consapevole prodotto dalla Commissione antimafia e la condivisione anche delle proposte avanzate dalla presidente Bindi nel suo intervento. Sulla risoluzione proposta noi ci esprimeremo quando la stessa diventerà oggetto di voto. Quindi, un grande apprezzamento che noi assumiamo come impegno del Governo ad agire secondo quelle traiettorie, perché la lotta alla criminalità organizzata e alle mafie possa giovarsi di quello strumento che tanti risultati ha dato finora, tanti ne darà ancora.
  Ma proprio quei risultati ci impongono una nuova e diversa attenzione, perché i beni e i patrimoni illecitamente costituiti possano essere restituiti alla loro dimensione sociale, perché generino nuova ricchezza collettiva e perché il processo di riuso di quei beni, di riallocazione, privilegi quelle funzioni pubbliche e quella funzioni sociali a tutela del lavoro e solo in via residuale, come opportunamente è stato segnalato, si assuma l'ipotesi di cessione al mercato.

  PRESIDENTE. Quindi è favorevole il parere sulla risoluzione che è stata depositata, intendo bene Viceministro ? Sì.
  Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.
  Sospendiamo la seduta che riprenderà alle ore 14 per l'esame e la votazione delle questioni pregiudiziali riferite al disegno di legge A.C. 2433 recante misure urgenti Pag. 16per la competitività e la giustizia sociale e, successivamente, per il seguito della discussione di tale provvedimento.
  La seduta è sospesa.

  La seduta, sospesa alle 12,10, è ripresa alle 14.

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Balduzzi, Bindi, Capezzone, La Russa, Manciulli, Miotto e Vito sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
  I deputati in missione sono complessivamente novantasette, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 14,05).

  PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.
  Sospendo pertanto la seduta, che riprenderà alle ore 14,30.

  La seduta, sospesa alle 14,05, è ripresa alle 14,30.

Seguito della discussione del disegno di legge: S. 1465 – Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, recante misure urgenti per la competitività e la giustizia sociale. Deleghe al Governo per il completamento della revisione della struttura del bilancio dello Stato, per il riordino della disciplina per la gestione del bilancio e il potenziamento della funzione del bilancio di cassa, nonché per l'adozione di un testo unico in materia di contabilità di Stato e di tesoreria (Approvato dal Senato) (A.C. 2433).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge, già approvato al Senato: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, recante misure urgenti per la competitività e la giustizia sociale. Delega al Governo per il completamento della revisione della struttura del bilancio dello Stato, per il riordino della disciplina per la gestione del bilancio e il potenziamento della funzione del bilancio di cassa, nonché per l'adozione di un testo unico in materia di contabilità di Stato e di tesoreria.
  Ricordo che è stata presentata la questione pregiudiziale Castelli ed altri n. 1 (Vedi l'allegato A – A.C. 2433).
  Avverto che, dopo la conclusione della seduta di venerdì 13 giugno, è stata presentata anche la questione pregiudiziale Brunetta e Palese n. 2, anch'essa pubblicata nel relativo fascicolo (Vedi l'allegato A – A.C. 2433).

(Esame di questioni pregiudiziali – A.C. 2433)

  PRESIDENTE. A norma del comma 4 dell'articolo 40 del Regolamento, nel concorso di più questioni pregiudiziali ha luogo un'unica discussione.
  In tale discussione, ai sensi del comma 3 del medesimo articolo 40, potrà intervenire, oltre ad uno dei proponenti per illustrare ciascuno degli strumenti presentati per non più di dieci minuti, purché appartenenti a gruppi diversi, un deputato per ognuno degli altri gruppi, per non più di cinque minuti.
  Al termine della discussione, si procederà, ai sensi dell'articolo 96-bis, comma 3, quarto periodo, del Regolamento, ad un'unica votazione sulle questioni pregiudiziali presentate.
  La deputata Laura Castelli ha facoltà di illustrare la sua questione pregiudiziale n. 1.

Pag. 17

  LAURA CASTELLI. Signor Presidente, intanto vorrei ringraziare la Presidenza per non aver tutelato le opposizioni, in quanto in Commissione bilancio non si è discusso un solo emendamento: non è stato possibile, grazie all'accordo della maggioranza di questo Parlamento, discutere emendamenti che riguardano un decreto-legge che provocherà 40 nuovi miliardi di debito pubblico. Io non so se i miei colleghi pensano che sia una cosa da tutti giorni parlare di un aumento di debito pubblico di 40 miliardi per una campagna elettorale personalistica !
  La pregiudiziale del decreto-legge che porta nel titolo due parole importanti come competitività e giustizia sociale, è stata presentata nostro malgrado, perché pensavamo di poter incidere in Commissione; e ribadisco ancora una volta per chi non lo sapesse, per i grandi personaggi che il Partito Democratico ha dentro, che non è stato possibile discutere un solo emendamento. Non è stato neanche possibile pensare di modificare questo decreto-legge, che ha dentro parole importanti come giustizia sociale, di cui forse molti colleghi non conoscono neanche il significato.
  E allora scriviamo questa pregiudiziale, partendo dal solito argomento, quello per cui una sola volta abbiamo visto il Presidente della Repubblica Napolitano mettere le mani avanti e ritirare un decreto-legge, ossia il tema dell'omogeneità: il solito tema, continuiamo ad usare lo stesso metodo. E allora qui dovete decidere se le questioni sono di metodo o di merito: perché sul metodo non ci siamo, sul merito tanto meno. Quindi, ancora una volta, un decreto-legge non omogeneo, che va contro l'articolo 77 della Costituzione: che non solo dentro ha il famoso, il famosissimo ormai articolo per cui tutta Europa ci deride, quello degli 80 euro, quello che non è una riforma strutturale e che avete venduto come tale, ma ha anche dentro disposizioni di carattere fiscale, rivalutazione delle quote di Banca d'Italia, spese per autovetture, riorganizzazione ministeriale, interventi in agricoltura, interventi sulla RAI, debiti sanitari ed edilizia scolastica. Ora, ditemi voi se questo è un decreto-legge omogeneo ! Ribadisco, non è che volevamo farlo a tutti i costi, ma ci avete obbligato, non permettendoci di discutere neanche un emendamento.
  E poi l'articolo 1, quello che – ribadisco – avete venduto durante la vostra campagna elettorale, che però dentro ha dei grandi problemi di costituzionalità, perché esclude di fatto una gran parte della popolazione.
  Allora mi dovete spiegare come le parole «giustizia sociale» possano essere messe di fianco a «esclusione sociale», quella che voi avete generato eliminando, di fatto, i pensionati, i senza reddito, i disoccupati, per poi trovarsi all'ultimo giorno forse a vedere, per una volta, che il decreto è stato scritto in maniera diversa da come voleva Renzi e accorgersi all'ultimo secondo che chi è un cassaintegrato, chi prende reddito dall'INPS poteva avere gli 80 euro, neanche il Presidente lo sapeva. Quindi, esclusione.
  Il problema riguarda soprattutto i trattamenti pensionistici, quelli che, per la sentenza della Corte costituzionale n. 166 del 2013, devono essere equiparati a qualunque altro genere di reddito. Escludendo i pensionati questo criterio purtroppo cessa, ma io mi chiedo come farete voi a spingere il tasto rosso e a dire che questo non è un decreto incostituzionale (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). A dire che i pensionati debbano essere trattati come i lavoratori, per quanto riguarda la tassazione e per quanto riguarda il «furto» che questa politica fa quotidianamente ai pensionati, c’è l'articolo 53 della Costituzione. Ma forse anche questo voi non lo ricordate. Il problema è che la Costituzione garantisce il raccordo con la capacità contributiva, cosa che, se voi applicate con l'articolo 1, di fatto, decade, perché la capacità contributiva di un pensionato che non riceverà gli 80 euro sarà diversa da quella di un dipendente che, invece, li riceverà. Ma è troppo «complesso» per capirlo.
  E poi c’è la Corte dei conti – quella che voi tanto odiate, perché vi mette sempre i bastoni tra le ruote –, che nel rapporto del Pag. 182014 sulla finanza pubblica spiega quali sono gli effetti di questa manovra e quali sono gli effetti di aver deciso che solo una parte di questa popolazione avrà questi 80 euro. Mi raccomando, ricordiamolo: solo questo anno, il 2014. E su questo vorrei ricordarvi che siete stati anche in grado di definire non congruo, illegittimo il nostro emendamento che creava la riforma strutturale reale e vera, cioè il reddito di cittadinanza. Allora vi siete fatti la campagna elettorale durante il 2014 con gli 80 euro ? Va bene, ma nel 2015 e nel 2016 fate un reddito di cittadinanza e fate una riforma strutturale (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) !
  La Corte dei conti dice che questo articolo frena e distorce l'efficacia di politiche redistributive basate sulla detrazione d'imposta, in larga parte vanificate dal fenomeno dell'incapienza. Ora, non credete a noi, credete alla Corte dei conti, credete a chi volete, ma smettetela di trattare questo Parlamento e questo Paese come se fosse casa vostra.
  Ci sono altri grandi problemi, come la questione RAI. Di fatto cosa succede ? Succede che chiudete tutto quello che è il servizio radiotelevisivo pubblico che opera sulle regioni. Questo va contro un diritto, che è quello che a voi più di tutti non piace: il diritto all'informazione. Impedite, di fatto, chiudendo le sezioni regionali, di avere un diritto all'informazione garantito. Per voi è normale, per voi è costituzionale. Allora forse bisogna rivedere la Costituzione, come voi volete fare. Riscrivetela, a vostra immagine e somiglianza.
  Per tutti questi motivi – ce ne sono mille altri; potrete leggerli, visto che sicuramente vi interesserà – noi abbiamo presentato questa questione pregiudiziale, che ha l'unica forza di essere presentata dall'unico movimento politico che qua dentro, da quando si è seduto e insediato, ha garantito e protetto la Costituzione, a differenza di voi. Io credo che questo basti ai cittadini per capire che cosa sta accadendo in questo Paese (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Il deputato Rocco Palese ha facoltà di illustrare la questione pregiudiziale Brunetta n. 2, di cui è cofirmatario.

  ROCCO PALESE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, Forza Italia evidenzia in maniera forte la mancata possibilità, da parte dei componenti della Commissione Bilancio, di procedere ad un esame vero del provvedimento che è stato trasmesso dal Senato oltre 50 giorni dall'emanazione da parte del Governo. Questo è un problema che sostanzialmente ha annullato completamente l'analisi e la possibilità, non solo di modifiche, ma anche quella di discutere in maniera approfondita del provvedimento, atteso che non c'era nessuna possibilità, secondo quanto affermato dal presidente della Commissione Boccia e anche dagli esponenti di maggioranza e di Governo, che potesse essere rivisitato il provvedimento rispetto a quel testo licenziato da parte del Senato.
  E anche questo provvedimento, in merito alla questione pregiudiziale che noi abbiamo presentato, ha una caratterizzazione, così come tanti altri, di contenuto totalmente disomogeneo, disorganico e privo dei presupposti costituzionali di necessità ed urgenza, anche in considerazione del richiamo con cui lo scorso 27 dicembre 2013 il Presidente della Repubblica aveva invitato i due rami del Parlamento italiano ad attenersi, nella valutazione dell'ammissibilità degli emendamenti riferiti ai decreti-legge, a criteri di stretta attinenza allo specifico oggetto dei provvedimenti e alle loro relative finalità, anche adottando, se necessario, le opportune modifiche dei Regolamenti parlamentari.
  Il suddetto messaggio del Presidente della Repubblica fa seguito anche alla lettera del 1o luglio 2009, nella quale il Capo dello Stato dichiarava che «provvedimenti eterogenei nei contenuti e frutto di un clima di concitazione e di vera e propria congestione, sfuggono alla comprensione della pubblica opinione e rendono sempre più difficile il rapporto tra il cittadino e la legge», rafforza l'esigenza di Pag. 19interrompere una prassi applicativa dello strumento del decreto-legge, allorquando si affrontano questioni che richiedono riforme organiche, approfondite e di natura economico-fiscale rilevante, quale il decreto in argomento.
  Procedendo ad una analisi puntuale del provvedimento, si rileva che le disposizioni indicate all'articolo 1, con riferimento al cosiddetto bonus fiscale, violano il principio di uguaglianza previsto dall'articolo 3 della Costituzione, in quanto le misure previste dal Governo sono indirizzate ad una ristretta categoria di contribuenti (lavoratori dipendenti con reddito inferiore a 26.000 euro annui), ed escludono dal beneficio i lavoratori autonomi, i pensionati e i cosiddetti «incapienti».
  Le stesse misure, inoltre, hanno alimentato numerosi dubbi, da parte del Servizio Bilancio del Senato prima e da parte del Servizio Bilancio della Camera dei deputati poi, sulle quantificazioni e sulle relative coperture (quindi una violazione, anche qui, dell'articolo 81 della Costituzione).
  In particolare, nei calcoli, il Governo ha fatto riferimento ai redditi da lavoro dipendente dichiarati nell'anno 2011. Ne deriva che la platea dei soggetti interessati potrebbe aver subito negli anni un significativo cambiamento, specie in considerazione della crisi economica.
  Altri rilievi riguardano la riduzione stimata del gettito IRAP derivante dal taglio del 10 per cento, che nel calcolo effettuato dal Governo (2.059 milioni di euro all'anno) risulta inferiore rispetto a quello effettuato dagli Uffici del Senato e della Camera, che ammonta a 2.481 milioni; così come la stima del gettito derivante dall'aumento dal 20 al 26 per cento dell'aliquota della tassazione sul risparmio non tiene conto di «possibili effetti sostitutivi che la nuova norma potrebbe determinare nelle scelte di investimento, ad esempio tra attività finanziarie nazionali ed estere».
  Per quanto riguarda, infine, il rinvio del pagamento della Tasi inserito al Senato, esso non appare in linea con quanto disposto dall'articolo 81 della Costituzione, in quanto suscettibile di recare effetti finanziari sul bilancio dello Stato, non considerati nel provvedimento. Ci si riferisce in particolare alle anticipazioni corrisposte ai comuni che hanno optato per il rinvio: pur considerando che le somme erogate saranno recuperate nel corso dell'anno, non si può non tener conto degli effetti di tale norma in termini di maggiori spese per interessi a carico del bilancio dello Stato sulle quote corrisposte a titolo di anticipazione ai comuni.
  Il gruppo di Forza Italia, a tal proposito, si è sentito privato e deprivato della possibilità di poter presentare un emendamento correttivo per sopprimere questa grande «violenza» nei confronti delle tasche degli italiani che è la Tasi. La Tasi è un mostro, che darà vita non solo ad un grande esborso incontrollato ed incontrollabile da parte degli italiani nel pagare questa tassa, totalmente ingiusta, ma innescherà altro contenzioso. Sembra fatta apposta forse per gli avvocati questa norma, questa modalità di riferimento. Sì, perché non si capisce bene il riparto che dovrà esserci tra gli inquilini ed i proprietari in caso di abitazione in regime di locazione.
  Infatti, poi prevede adempimenti da parte del comune e il comune addirittura dovrebbe scegliere e avere la discrezionalità di assegnare la somma dal 10 al 30 per cento dell'intero ammontare a carico dell'inquilino. E nel caso in cui il comune non decide niente ? Nel caso di ritardi e quant'altro, come saranno instaurati questi rapporti ? Quanto contenzioso, quanto disagio e quante incertezze ci saranno ? Non solo, quindi, penalizzazione dal punto di vista finanziario a danno delle tasche dei cittadini, ma anche e soprattutto in riferimento a questo. Per non parlare, poi, dell'utilizzo degli sperperi e delle clientele che innesca questa tassa completamente data nelle mani dei comuni dove la gestione è totalmente senza controllo.
  Ulteriori profili di criticità emergono nell'ambito delle disposizioni indicate anche dagli articoli 30 e 31, con riferimento ai debiti dei comuni e delle regioni, su un'operazione che può produrre un aumento Pag. 20di bilancio di oltre 16 miliardi di euro. La metà, 8 miliardi di euro, riguarda le anticipazioni concesse ai comuni per far fronte ai debiti delle società controllate, spesso fuori bilancio. La seconda tranche, per 8,7 miliardi di euro, riguarda, invece, i debiti che le regioni hanno contratto in passato con gli istituti di credito. Questi debiti saranno ora acquistati dallo Stato, che provvederà al loro finanziamento, emettendo titoli, che andranno a far crescere l'immenso debito pubblico per oltre un punto percentuale.
  L'incremento dal 12 al 26 per cento dell'imposta sostitutiva sulla rivalutazione delle quote di partecipazione al capitale di Banca d'Italia, previsto dal comma 12 dell'articolo 4, pone, inoltre, evidenti incertezze sulla compatibilità costituzionale dei tributi retroattivi, come peraltro confermato dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 44 del 1996, relativamente all'articolo 25 della legge n. 246 del 1963, che aveva disposto l'introduzione di un'imposta sugli incrementi di valore delle aree fabbricabili, che si erano verificati fino a dieci anni prima, rispetto a quello in cui era entrata in vigore tale legge.
  Quindi, i sottoscrittori del presente atto evidenziano nel complesso che i nodi principali che si rilevano in generale dall'impianto normativo previsto dal provvedimento, oltre ai suindicati profili di incostituzionalità d'ambito finanziario, sono la disorganicità e l'eterogeneità del contenuto. Disorganicità ed eterogeneità evidenziate dallo stesso titolo del decreto-legge, che contiene, infatti, misure accostate tra loro senza alcuna connessione: interventi di riduzione del cuneo fiscale per lavoratori dipendenti e assimilati; interventi in materia di IRAP per le imprese, misure sulla disciplina per la gestione del bilancio, sulla riorganizzazione dei Ministeri e interventi in agricoltura, di riduzione dei costi nei comuni, nelle province e nelle città metropolitane e la presenza di numerose norme ordinamentali che costituiscono, pertanto, elementi non conformi a quanto stabilito dalla Costituzione in materia di decretazione d'urgenza. Per questo motivo, quindi, si propone ai colleghi parlamentari di procedere a votare a favore di questa pregiudiziale e, quindi, di non procedere all'esame del disegno di legge n. 2433.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Saltamartini. Ne ha facoltà.

  BARBARA SALTAMARTINI. Signor Presidente, il gruppo del Nuovo Centrodestra voterà contro le due questioni pregiudiziali di costituzionalità che sono state presentate. Relativamente alla prima, che è stata illustrata dal MoVimento 5 Stelle, relativa all'eterogeneità delle misure che sono comprese nel decreto-legge in esame, ci preme sottolineare che, se pur vero che all'interno del decreto-legge in oggetto sono previsti 60 articoli all'interno dei quali ci sono effettivamente materie diversificate e che incidono, quindi, su diversi ambiti normativi, allo stesso modo dobbiamo dire e sottolineare di nuovo, come già abbiamo avuto modo di fare anche nelle Commissioni, che sono tutti riconducibili alla competitività e alla giustizia sociale, con particolare riguardo a disposizioni di carattere fiscale per il rilancio dell'economia, alla revisione della spesa pubblica, agli interventi per accelerare il pagamento degli arretrati delle pubbliche amministrazioni nei confronti delle imprese.
  Quindi, da questo punto di vista, contrariamente a quanto detto, c’è un preciso rispetto dei presupposti di necessità e di urgenza che sono previsti dall'articolo 77 della Costituzione. Tra l'altro, vale la pena ricordare in questa sede che proprio la Corte costituzionale ha precisato che l'urgente necessità del provvedere può riguardare una pluralità di norme accomunate dalla natura ordinaria delle fattispecie disciplinate ovvero anche dall'intento di fronteggiare situazioni straordinarie, complesse e variegate che richiedono interventi oggettivamente eterogenei, ma indirizzati all'unico scopo di approntare rimedi urgenti a situazioni venutesi a determinare.
  Mi chiedo, appunto, come non sia comprensibile a chi ha presentato la questione pregiudiziale come, in questo momento, Pag. 21con questa particolare crisi, i provvedimenti che sono contenuti in questo decreto-legge, vadano a rispondere ad alcune delle necessità di imprese e famiglie italiane e diano finalmente l'avvio ad un processo di possibilità, se pur lieve, se pur da incrementare nel corso dei provvedimenti che andremo ad esaminare in queste Aule, così come tra l'altro abbiamo chiesto anche al Senato, facendo inserire, nel momento di passaggio tra Camera e Senato, alcuni aspetti di novità da trattare poi nei provvedimenti come la delega fiscale; però, in questo momento, questo è un decreto-legge che dà risposte alle emergenze e alle urgenze che stiamo vivendo, che i cittadini italiani stanno vivendo. Penso, per esempio, appunto, al bonus degli 80 euro, per cui noi riconosciamo ai lavoratori dipendenti un credito complessivo di 640 euro l'anno e questo darà la possibilità di fare ripartire una parte dei consumi. Penso al taglio del 10 per cento dell'IRAP per le imprese, dando la possibilità, quindi, di un sollievo sotto il profilo fiscale al nostro sistema produttivo; così come, per esempio, al provvedimento che cerca di velocizzare e razionalizzare i passaggi necessari per far sì che la pubblica amministrazione paghi velocemente i propri debiti nei confronti delle imprese. Quindi, in tal senso, credo che l'Esecutivo e, comunque, la maggioranza, politicamente abbiano intrapreso un percorso giusto, doveroso, proprio per rispondere alle emergenze.
  Vengo alla seconda questione pregiudiziale, quella presentata da Forza Italia che richiama motivi di copertura, che fa riferimento ai principi della tassazione o dell'uguaglianza fiscale e in particolare mi concentro su cinque dei punti che loro sollevano proprio nella presentazione delle pregiudiziali. Il primo riguarda, a loro dire, la violazione dell'articolo 3 della Costituzione perché si parla di una platea molto ristretta di persone che andranno a beneficiarne. Voglio ricordare al gruppo di Forza Italia che, al Senato, grazie proprio al gruppo del Nuovo Centrodestra, abbiamo previsto che, nella legge di stabilità, proprio per quanto riguarda le famiglie monoreddito con figli, i pensionati e gli incapienti, siano prioritariamente previsti interventi di natura fiscale che, appunto, privilegino, con misure appropriate, il carico di famiglia, in particolare le famiglie monoreddito con almeno due figli o più a carico.
  Viene poi sollevato l'altro problema, come hanno fatto, con riferimento al quale noi abbiamo fatto i conteggi, prendendo ad esempio il riferimento ai redditi del 2011. Ebbene, io vorrei dire a Forza Italia che rispetto a questo, laddove fosse vero, la platea, che purtroppo, tra l'altro, è andata verso il basso, ci consentirebbe di avere una copertura eccessiva rispetto a quella prevista; quindi, da questo punto di vista viene meno il principio.
  Ci sono tanti altri aspetti, come per esempio l'incremento al 26 per cento dell'imposta sostitutiva sul quale mi preme sottolineare che tante volte in quest'Aula, in silenzio, da parte di tutti i gruppi parlamentari non si è voluto guardare alle norme che prevedevano la retroattività; mi sorprende che lo si faccia ora quando queste norme coinvolgono il sistema delle banche. Per tutto ciò, quindi, venendo meno, secondo noi, i principi per cui sono state presentate le questioni pregiudiziali di costituzionalità, il mio gruppo voterà contro entrambe.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Andrea Mazziotti Di Celso. Ne ha facoltà.

  ANDREA MAZZIOTTI DI CELSO. Signora Presidente, anche Scelta Civica voterà contro le questioni di costituzionalità sollevate da Forza Italia e dal MoVimento 5 Stelle. Bisogna dire che, oramai, la discussione delle questioni pregiudiziali di costituzionalità è diventata un'abitudine e quasi una fase obbligata del procedimento ogni volta che si discute di un decreto-legge. Non è solo colpa dell'opposizione perché sicuramente di decreti-legge se ne fanno troppi e in questo senso urge un richiamo a procedere sulla riforma dei regolamenti parlamentari, perché è indubbio che in questo modo si sta attivando Pag. 22una prassi che diventa sempre più difficile da seguire, in cui la discussione è sempre più limitata e alcune delle lamentele sono sicuramente giustificate.
  Nel merito, però, si continua a discutere, sempre, della stessa cosa e cioè si fanno delle censure di costituzionalità su singole clausole, su singoli aspetti, mentre, quando si parla di questioni di costituzionalità e di questioni pregiudiziali, si dovrebbe guardare al complesso del provvedimento.
  Nel caso che stiamo discutendo, il complesso del provvedimento sicuramente riguarda la competitività e la giustizia sociale e sicuramente, come ha detto l'onorevole Saltamartini poco fa, contiene una serie di disposizioni che hanno tutte la stessa finalità: abbassare le tasse per aumentare i consumi, per migliorare, da un lato, la competitività delle nostre imprese e, dall'altro, per aumentare l'equità sociale, riducendo il carico fiscale di quelle categorie che sono state più colpite in termini di perdita del potere di acquisto.
  Per questo, dal punto di vista della visione complessiva e degli intenti complessivi e dell'omogeneità del provvedimento, in via generale, noi riteniamo che una critica generale dal punto di vista costituzionale, non si possa fare. Sotto il punto di vista dei temi specifici che sono stati sollevati, una critica che entrambe le pregiudiziali hanno sollevato è quella relativa alla presunta violazione del principio di uguaglianza in quanto si sarebbe sostanzialmente riconosciuto il bonus fiscale solo ad una categoria e non ad altre.
  Ora, in realtà, si richiama una sentenza della Corte che ha detto, sì, che ci vuole un trattamento equivalente di situazioni equivalenti – ad esempio si parla dei pensionati come categoria che non può essere trattata in linea di principio in maniera diversa dai lavoratori dipendenti – ma non è un principio assoluto; è un principio che richiede una motivazione di ragionevolezza e in questo senso la motivazione scelta dal Governo è stata quella di riconoscere in questa sede il credito a quella categoria che si ritiene sia stata colpita più duramente, appunto, in termini di potere d'acquisto negli ultimi anni e che abbia anche una maggiore propensione al consumo.
  Si può discutere nel merito se questa sia una scelta giusta o sbagliata e noi lo faremo e l'abbiamo fatto perché non tutto ci ha convinto nel merito, ma il profilo di costituzionalità, dal nostro punto di vista, non sussiste.
  Altre censure sono un po’ più improbabili: ho letto che l'innalzamento della aliquota per la tassazione delle rendite finanziarie violerebbe il principio di progressività; allora, sarebbe già incostituzionale la norma attuale che, già ora, non tiene in conto il reddito. In realtà, c’è un'infinità di tributi che non tengono conto della progressività. È il sistema fiscale nel suo complesso che la deve prevedere.
  Sono tutti temi sui quali possiamo discutere, ripeto ancora una volta, nel merito, nel senso che anche noi abbiamo avuto delle critiche e Scelta Civica, in sede discussione in Commissione, ha anche sollevato dei punti di costituzionalità che hanno spinto, se non costretto, il Governo a chiarire degli aspetti, come il famoso articolo 41-bis sulle Prefetture con riferimento al quale abbiamo avuto poi dei chiarimenti che hanno ricondotto quella norma alla sua giusta qualificazione. Però, una cosa è parlare di temi di costituzionalità specifici che sono oggetto di osservazioni o condizioni in Commissione e una cosa è parlare di incostituzionalità del provvedimento nel suo complesso. Quella, secondo noi, non sussiste e per questo Scelta Civica voterà contro le questioni pregiudiziali che stiamo discutendo.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Rocco Buttiglione. Ne ha facoltà.

  ROCCO BUTTIGLIONE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signori rappresentanti del Governo, quando ero bambino ricordo che, una volta, la mia mamma mi ha raccontato una favola, che potete trovare anche nella raccolta di Esopo peraltro. È la favola del pastorello, il quale gridava sempre «al lupo, al lupo» per Pag. 23avere la soddisfazione di vedere accorrere il popolo in sua difesa e il lupo invece non c'era. Capitò poi la volta che il lupo arrivò davvero, il pastorello gridò «al lupo, al lupo» e nessuno andò in suo soccorso.
  L'abuso della questione di costituzionalità su ogni provvedimento, qualunque sia la natura del provvedimento, rischia di finire con lo spuntare un'arma che è un'arma seria, in difesa dei diritti fondamentali della Costituzione. Io non voglio che, un giorno, veramente il Governo faccia un provvedimento che viola la Costituzione; ci crederà l'opinione pubblica quando l'opposizione griderà che il provvedimento è incostituzionale ? È dubbio, perché si è abusato della eccezione di incostituzionalità.
  Venendo al tema in oggetto questa volta, devo, tuttavia, dire che le osservazioni della collega Castelli e del collega Palese non sono prive di un fumus di verità. Vogliamo dirci le cose come stanno ? La sostanza del provvedimento ha evidentemente ragioni di necessità ed urgenza.
  È il primo tentativo di vivificare – no, non il primo – dopo il pagamento dei debiti della pubblica amministrazione, un mercato interno che langue e sembra sul punto di morire e di venire incontro alle difficoltà di famiglie, le quali hanno perso molto del loro potere d'acquisto in questi ultimi tempi. Non tutto quello che poi è stato aggregato su questo asse ha medesime ragioni di necessità e urgenza e ricordiamo tutti gli ammonimenti del Capo dello Stato; solo che anche qui mi viene in mente una storia, non di quando andavo alle elementari, ma di quando ero un po’ più grande e studiavo il latino. I latini dicevano «necessitas non habet legem» e «ad impossibilia nemo tenetur». Noi abbiamo creato un sistema perverso all'interno del quale non si può legiferare in altro modo che quello deteriore che stiamo adottando, che è stato adottato dai Governi di destra, da quelli di centro e di sinistra ogniqualvolta hanno dovuto legiferare. Mi domando se il vero tema non sia quello di una riforma del Regolamento della Camera e del Senato, che potrebbe ottenere molti dei risultati che noi ci attendiamo dalla riforma istituzionale. Senza una vera riforma del Regolamento io temo che noi continueremo ad ascoltare questo tipo di lamentele con la massima buona fede e con la massima buona fede di chi, di volta in volta, governerà e dirà che no, non è vero, questa volta invece la lamentela non si applica.
  Venendo ancora più in dettaglio sul provvedimento, due sono le questioni: la prima l'abbiamo accennata, non tanto l'urgenza quanto l'eterogeneità del provvedimento, conseguenza perversa di un sistema che, per gradi progressivi, a partire dalla riforma regolamentare degli anni Settanta, si è degradato, non riesce a riformarsi e non si riformerà senza un intervento organico; la seconda questione, che ha un fumus di verità, è il trattamento particolare riservato a una categoria di contribuenti. E i pensionati ? Il reddito da pensione è reddito che ha minor diritto alla tutela ? Il pensionato ha minor diritto all'uguaglianza ? E, peggio ancora, gli incapienti, che diremo degli incapienti, che sono quelli che più sono nel bisogno e che nel provvedimento non si ritrovano ? È motivo sufficiente di incostituzionalità ? No, basta guardare alla sentenza n. 116 del 2013 e poi i commenti che ne sono stati fatti. La Costituzione – dice la sentenza – non impone affatto una tassazione fiscale uniforme, con criteri assolutamente identici e proporzionali per tutte le tipologie di posizione tributaria e vige invece un indefettibile raccordo con la capacità contributiva, in un quadro di sistema informato a criteri di progressività, eccetera. Il raccordo ci deve essere, c’è in questo caso il raccordo ? In un certo senso c’è, perché si viene incontro a categorie, le quali sono in un'età nella quale devono mantenere una famiglia e probabilmente hanno più bisogno di aiuto, ma se si fosse scelto il percorso indicato da noi, quello di intervenire privilegiando le famiglie e valutando il numero di persone dei componenti del nucleo familiare, la ragione della disparità di trattamento sarebbe stata evidente e questo fumus fastidioso di incostituzionalità non ci sarebbe. Io mi auguro Pag. 24che il Governo, in sede di approvazione definitiva del provvedimento, voglia tener conto di questo. Sempre si dice: la «prossima volta» avremo cura delle famiglie. Lo ha detto Berlusconi nel 1994; ancora questa «prossima volta» non è arrivata. Chiediamo con forza al Governo Renzi che sia il Governo in cui la «prossima volta» invece avviene davvero (Applausi dei deputati del gruppo Per l'Italia).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Gutgeld. Ne ha facoltà.

  ITZHAK YORAM GUTGELD. Signor Presidente, per motivi di tempo, farò solo qualche commento ai testi presentati dai colleghi del MoVimento 5 Stelle e di Forza Italia. Questi testi contengono diversi riferimenti ai rilievi dei tecnici della Camera e del Senato; il Governo ha già depositato una puntuale ed esaustiva risposta che invito chi fosse interessato a consultare. Mi limito a fare un punto sulla coerenza delle critiche, faccio un esempio ma ce ne sono molti altri. I tecnici del Senato, come ci ha ricordato l'onorevole Palese, osservano che l'aumento dell'aliquota della tassazione delle rendite finanziarie può determinare un effetto di sostituzione e quindi che la stima del gettito è a rischio.
  Il Governo sostiene che questo rischio sia esiguo, ma io lo concedo, anzi plaudo ad un ragionamento economico anziché ragionieristico.
  Ma se l'aumento delle aliquote può determinare una riduzione del gettito rispetto al calcolo ragionieristico, con la stessa logica, una riduzione delle aliquote dovrebbe determinare un aumento del gettito. Siccome questo decreto contiene molte più riduzioni che aumenti di tasse, proprio seguendo questo ragionamento e questo metodo, bisognerebbe concludere che la copertura non sia affatto a rischio, anzi semmai è sottostimata. Serve coerenza, cari tecnici !
  A proposito di coerenza, leggo – devo dire divertito più che stupito – che un gruppo parlamentare, che qualche mese fa si è buttato in quest'Aula per protestare contro la privatizzazione di Banca d'Italia e il regalone alle banche, adesso considera una riduzione di questo regalo incostituzionale. Ci saremmo aspettati che questo gruppo si intestasse una vittoria politica. E invece no. Dopo tanta disperazione neanche un piccolo rimedio è costituzionale. Complimenti, colleghi del MoVimento 5 Stelle, avete vinto a mani basse il «premio coerenza» dell'associazione «il mondo alla rovescia».
  Leggo poi che il decreto non è omogeneo, che il decreto contiene misure accostate tra di loro senza alcuna connessione. Vi voglio rassicurare che è omogeneo e che una connessione c’è. Vi rivelo il segreto: si chiama «la riduzione delle tasse sul lavoro», ri-du-zio-ne-del-le-tas-se-sul-la-vo-ro. Ripeto e scandisco perché evidentemente quello che hanno capito milioni di italiani qualcuno in quest'Aula non lo ha compreso.
  Leggo davvero, tra incredulità e risate di cuore, che la riduzione del cuneo fiscale non c'entra ed è sconnessa dalla riorganizzazione dei Ministeri e da altri provvedimenti del decreto. Ebbene, la riorganizzazione dei Ministeri, cari colleghi, serve proprio per trovare le risorse necessarie per la riduzione delle tasse; non è un ragionamento complicato da seguire. Lo potrebbe capire pure un qualsiasi mancato premio Nobel, e invece...
  Ecco, leggendo questi testi, più che percepire l'odore dell'incostituzionalità, si sente un bruciore, il bruciore di chi da mesi chiacchiera dicendo tutto e il contrario di tutto, il bruciore di chi da anni ha governato con la retorica del «noi liberali vi riduciamo le tasse; la sinistra e i comunisti le alzano». E che schiaffo ! Le tasse, quelle vere, le hanno ridotte proprio i comunisti e i loro alleati ! Stai a vedere che pure non mangiano più i bambini ! Vi brucia – e avete la nostra comprensione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico) – vi brucia l'invidia di non essere mai riusciti a fare una mossa così forte; vi brucia la consapevolezza che milioni di italiani hanno capito quello che stiamo facendo e ci hanno accordato un consenso senza precedenti nell'ultimo mezzo secolo; vi brucia il timore che Pag. 25questo sia solo il primo passo per cambiare davvero il Paese. E avete ragione: ne seguiranno altri. È finita l'era delle chiacchiere e noi siamo determinati a ridare la speranza ai nostri figli.
  Mi avvio alla conclusione, Presidente. I sostenitori della tesi dell'incostituzionalità evocano a sproposito diversi articoli e principi della Costituzione. Ne tralasciano però uno, forse quello più importante, il primo: l'Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro.
  Ebbene, noi siamo orgogliosi di difendere questo decreto. Mai, nella storia della Repubblica, un provvedimento ha fatto così tanto per difendere, per promuovere e per nobilitare il lavoro. Altro che incostituzionale (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)  !

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Prataviera. Ne ha facoltà.

  EMANUELE PRATAVIERA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, chi mi ha preceduto ha definito questo provvedimento una ri-du-zio-ne-del-le-tas-se (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie); invece, per me questa è una mar-chet-ta-e-let-to-ra-le, e nient'altro (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).
  Noi siamo chiamati ad esprimerci sulle questioni pregiudiziali presentate dal MoVimento 5 Stelle e da Forza Italia su un decreto-legge su cui, nei fatti, ci è stato impedito di avviare un confronto fattivo, perché almeno in Commissione non è stato nemmeno valutato, uno ad uno, ogni singolo emendamento che noi avevamo presentato proprio per modificare i contenuti di questo provvedimento e per migliorarlo, per portare anche il nostro contributo, che è ciò per cui siamo pagati – vorrei dirlo – proprio con le tasse che derivano dal lavoro di quell'articolo 1 che è stato citato da chi mi ha preceduto.
  Per protesta abbiamo anche abbandonato la discussione in Commissione bilancio e non ci siamo presentati nel corso della discussione sulle linee generali in questo emiciclo, perché di fatto il «partito anti-de-mo-cra-ti-co» non ci ha permesso di discutere nel merito; e questo era un decreto che necessitava, nei fatti, di un miglioramento secondo noi, dal momento che i tecnici, sia di Camera sia del Senato, lo hanno commentato negativamente, esprimendo forti dubbi sulle sue coperture basate su dati statistici del 2011, anno ben distante, come dati, da quello che stiamo vivendo oggi come economia reale del 2014.
  Oltre ai dati oggettivi valutiamo positivamente entrambi i testi delle questioni pregiudiziali, nonostante ai colleghi del MoVimento 5 Stelle, in tema di RAI, avremmo suggerito di valutare casomai la privatizzazione della RAI per ottenere un reale vantaggio per i cittadini contribuenti (altro che i 150 milioni di euro per destinarli alle altre coperture). Bisogna eliminare il canone per essere onesti nei confronti dei cittadini (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie) e non limitarci a un taglietto di 150 milioni, tanto sbandierato in prima serata a Ballarò.
  Questo «decreto polpettone» è ancora una volta o, meglio, è per l'ennesima volta un insieme di articoli tenuti insieme solo per opportunità elettorale, che stride dalle promesse dello stesso Renzi sul piano del metodo dell'organizzazione dei lavori della Camera. Infatti, il Presidente Renzi aveva promesso di non ricorrere ai decreti omnibus come i Governi che lo avevano preceduto, e tant’è.
  Ciò che ci sentiamo di denunciare in questa sede, oltre alla contraddizione del Governo Renzi, è la firma del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che non solo aveva più volte ammonito al ricorso oramai sistematico dei provvedimenti omnibus, ma si era in alcuni casi anche opposto, come nel caso del cosiddetto «salva Roma».
  Per tutti questi motivi noi voteremo favorevolmente sulle due questioni pregiudiziali (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Giovanni Paglia. Ne ha facoltà.

Pag. 26

  GIOVANNI PAGLIA. Signor Presidente, mi si scuserà se non parlerò con voce cadenzata, ma non mi riuscirebbe bene.
  Noi voteremo contro queste due questioni pregiudiziali invece per una ragione abbastanza banale, ma che dovrebbe essere quella centrale. Molto semplicemente, riteniamo che questo decreto non sia incostituzionale. Riteniamo che abbia forti limiti di merito e ne abbiamo già avuto modo di parlare e ne avremo modo anche nei prossimi giorni. Riteniamo che abbia avuto un iter parlamentare condotto molto male e di questa conduzione la maggioranza porta tutta la responsabilità.
  A questa Camera non è stata, come è noto, di fatto data la possibilità di discutere in alcuna maniera nel merito del provvedimento e non dovrebbe mai succedere che un Parlamento sia espropriato completamente della possibilità di produrre un emendamento e di avere una discussione informata, perché nell'espropriare il Parlamento di questa facoltà in realtà si sta espropriando tutto il popolo italiano della possibilità di conoscere qualcosa in più di quelli che sono gli effetti di un provvedimento e di quello che viene raccontato dalla grande stampa o dai telegiornali.
  Questo è stato un provvedimento che è stato raccontato solo come quello che dà 80 euro ad alcune famiglie italiane. In realtà, è molto di più, anche, diciamo, in negativo, e questo avrebbe dovuto essere messo bene in evidenza nei tempi giusti. Questo non è stato possibile e non è cosa positiva.
  Però – lo dico al collega Palese e lo dico ai colleghi del MoVimento 5 Stelle e alla collega Castelli – non si invoca l'incostituzionalità di un provvedimento per ritorsione. La Costituzione è e rimane una cosa molto seria e anche invocarla quando non ce ne sono le ragioni obiettive ne indebolisce l'impianto, ne indebolisce la credibilità. Ci indebolisce per quando ci saranno – e ci saranno – momenti in cui toccherà difenderla veramente e fino in fondo in quest'Aula e nell'altro ramo del Parlamento.
  Rispetto ai principi e allo spirito costituzionale sono successe cose più gravi in questi giorni. Non è il caso di parlarne qui oggi, ma capite tutti a cosa mi riferisco. Non è certo l'eterogeneità di materia di un decreto che sostanzialmente fa una cosa e cerca delle coperture, a poter essere definita incostituzionale (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Sono così esauriti gli interventi sulle questioni pregiudiziali.
  Passiamo ai voti.
  Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.
  Chiedo ai colleghi di prendere posto, così da non tenere troppo a lungo la votazione aperta.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulle questioni pregiudiziali Castelli ed altri n. 1 e Brunetta e Palese n. 2.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Nicchi, Luigi Gallo, Cassano...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti  327   
   Votanti  323   
   Astenuti    4   
   Maggioranza  162   
    Hanno votato
  93    
    Hanno votato
no  230).    

  (I deputati Zaratti e Pierdomenico Martino hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto contrario e il deputato Grimoldi ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole).

(Esame dell'articolo unico – A.C. 2433)

  PRESIDENTE. Essendo state respinte le questioni pregiudiziali presentate, passiamo all'esame dell'articolo unico del disegno di legge di conversione (vedi l'allegato Pag. 27A – A.C. 2433) nel testo recante le modificazioni apportate dal Senato (Vedi l'allegato A – A.C. 2433).
  Avverto che le proposte emendative presentate si intendono riferite agli articoli del decreto-legge nel testo recante le modificazioni apportate dal Senato (Vedi l'allegato A – A.C. 2433).
  Avverto altresì che è stata presentata una proposta emendativa riferita all'articolo unico del disegno di legge di conversione (Vedi l'allegato A – A.C. 2433).
  Ricordo che nella seduta del 13 giugno si è conclusa la discussione sulle linee generali e i relatori e il rappresentante del Governo sono intervenuti in sede di replica.
  La Commissione I (affari costituzionali) ha espresso il prescritto parere, che è distribuito in fotocopia (Vedi l'allegato A – A.C. 2433).
  Avverto che la Presidenza non ritiene ammissibili, ai sensi dell'articolo 96-bis, comma 7, del Regolamento, le seguenti proposte emendative, già dichiarate inammissibili in sede referente: Busin 2.01, 4.5, 8.01, 9.18, 24.3, 24.4, 24.5, 26.01, 28.1, 40.02; Guidesi 3.11, 3.12, 11.2, 33.8, 48.6, 48.01; Schullian 3.01, 4.26, 4.31, 4.30, 16.13; Castelli 4.03, 4.01, 4.02, 4.06, 6.1, 6.01, 8.20, 14.3, 26.4; Dadone 4.05; Fedriga 11.1; Cancelleri 11.01; Brugnerotto 13.10, 50.4; Caso 13.03, 13.05, 13.02; Prataviera 13.04, 14.9, 17.04, 17.013, 17.010, 17.05, 22.9, 33.9; D'Incà 16.5, 16.6, 16.7, 17.1, 17.2, 17.01, 17.03, 17.02, 17.014, 18.1, 18.01; Cariello 16.4, 17.3; Caparini 21.2, 21.1, 21.4, 21.7, 21.13, 21.5, 21.11, 21.21, 21.8, 21.9, 21.12, 21.10; 21.18, 21.14, 21.15, 21.16, 21.17, 21.19, 21.20; Fraccaro 23.01; Businarolo 23.02.
  Per quanto riguarda l'articolo aggiuntivo Pesco 1.01, che è volto ad introdurre nell'ordinamento una riforma del welfare concernente una pluralità di ambiti materiali, tra cui il reddito di cittadinanza, la formazione professionale, il salario minimo e le attività dei centri per l'impiego, esso è già stato dichiarato inammissibile nelle Commissioni e tale inammissibilità è stata oggetto di una specifica richiesta di nuova valutazione rivolta alla Presidente della Camera.
  A tale riguardo, la Presidenza ha acquisito dai presidenti delle Commissioni bilancio e finanze gli elementi da essi posti alla base del giudizio di inammissibilità. I presidenti, nell'evidenziare come la richiamata proposta emendativa travalichi notevolmente l'ambito delle materie disciplinate dal provvedimento, che, per quanto riguarda le misure di sostegno al reddito, si limita a disporre un bonus fiscale pari a 640 euro per i lavoratori dipendenti con redditi non superiori a 26 mila euro, hanno precisato che l'articolo aggiuntivo in esame non presenta il carattere di stretta attinenza rispetto alla materia trattata dal disegno di legge, come richiesto dal comma 7 dell'articolo 96-bis del Regolamento e dalla recente giurisprudenza della Corte costituzionale.
  Alla luce di tali elementi, la Presidenza ha ritenuto di non doversi discostare dalla valutazione operata nelle Commissioni, confermando, quindi, la dichiarazione di inammissibilità espressa in quella sede.

  ALESSIO MATTIA VILLAROSA. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Su che cosa ?

  ALESSIO MATTIA VILLAROSA. Sulla dichiarazione di inammissibilità.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  ALESSIO MATTIA VILLAROSA. Signor Presidente, riguardo all'articolo aggiuntivo Pesco 1.01, sul reddito di cittadinanza, mi viene detto che l'inammissibilità deriva, per prima cosa, dalla lunghezza dell'articolo aggiuntivo, perché è estremamente articolato, 97 commi, ma abbiamo già precedenti di presentazione e dichiarazione di ammissibilità per emendamenti addirittura più lunghi.
  Ma non solo, vorrei informare l'Aula che lo stesso articolo aggiuntivo è stato già da noi presentato e considerato ammissibile da Commissioni sia della Camera che Pag. 28del Senato. Inoltre, per quanto riguarda l'eterogeneità, con riferimento a un decreto che contiene l'IMU sui terreni, gli 80 euro sull'IRPEF, l'IRAP, gli appalti pubblici, le riduzioni per ISA Spa, che prevede circa 20-25 argomenti diversi con una quarantina di coperture diverse, mi viene detto che il reddito di cittadinanza non è attinente, è eterogeneo, in base a sentenze della Corte costituzionale, quando la stessa Corte costituzionale, con le sue sentenze, ha dichiarato più e più volte incostituzionali questi decreti fatti con milioni di argomenti differenti: mi sembra veramente una favola !
  Non so di cosa stiamo parlando: siete la maggioranza, avete i numeri, potete fare quello che volete, ma state prevaricando le prerogative delle opposizioni. Dico, affinché sia assolutamente chiaro, affinché sia assolutamente chiaro: sono semplicemente scuse, che, purtroppo, dobbiamo accettare, ma sono solo ed esclusivamente scuse (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) !

  PRESIDENTE. Onorevole Villarosa, gli emendamenti sono in primo luogo presentati e svolti nelle Commissioni. La Presidenza ha preso atto delle motivazioni con le quali i presidenti delle due Commissioni incaricate di esaminare il provvedimento hanno dichiarato inammissibile quell'articolo aggiuntivo. Non vi è alcun riferimento, ovviamente, alla lunghezza dell'articolo aggiuntivo; vi è, invece, un riferimento esplicito alla non stretta attinenza alla materia che il decreto tratta, e quindi la Presidenza ha ritenuto di accogliere e di non discostarsi dalle decisioni dei presidenti di Commissione.

(Posizione della questione di fiducia – Articolo unico – A.C. 2433)

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento, Maria Elena Boschi. Ne ha facoltà.

  MARIA ELENA BOSCHI, Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, onorevoli deputati, a nome del Governo, autorizzata dal Consiglio dei ministri, pongo la questione di fiducia sull'approvazione, senza emendamenti e articoli aggiuntivi, dell'articolo unico del disegno di legge di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, nel testo approvato dalle Commissioni, identico al testo già approvato dal Senato.

  PRESIDENTE. A seguito della posizione della questione di fiducia, la Conferenza dei presidenti di gruppo è convocata alle ore 16,15 per definire l'articolazione del dibattito fiduciario.
  La seduta riprenderà al termine di tale riunione.
  La seduta è sospesa.

  La seduta, sospesa alle 15,25, è ripresa alle 17,35.

Sul calendario dei lavori dell'Assemblea e aggiornamento del programma.

Testo sostituito con errata corrige volante   PRESIDENTE. A seguito dell'odierna riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo, si è convenuto che, a seguito della posizione della questione di fiducia sul disegno di legge n. 2433 – Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, recante misure urgenti per la competitività e la giustizia sociale. Deleghe al Governo per il completamento della revisione della struttura del bilancio dello Stato, per il riordino della disciplina per la gestione del bilancio e il potenziamento della funzione del bilancio di cassa, nonché per l'adozione di un testo unico in materia di contabilità di Stato e di tesoreria (Approvato dal Senato – scadenza: 23 giugno 2014), la votazione per appello nominale avrà inizio domani, martedì 17 giugno, alle ore 15,25, previe dichiarazioni di voto a partire dalle ore 13,30.
  Successivamente avrà luogo l'esame degli ordini del giorno (il cui termine di presentazione è fissato per domani alle ore 10).Pag. 29
  Sempre martedì 17 giugno, alle ore 19, avrà luogo l'esame della questione pregiudiziale presentata al disegno di legge n. 2447 – Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 12 maggio 2014, n. 73, recante misure urgenti di proroga di Commissari per il completamento di opere pubbliche (Approvato dal Senato – scadenza: 11 luglio 2014), cui seguirà la discussione sulle linee generali delle mozioni Giancarlo Giorgetti ed altri n. 1-00495, Palese n. 1-00499 e Berlinghieri ed altri n. 1-00500 concernenti l'applicazione di misure relative alla sicurezza e alla protezione sociale di cittadini italiani, comunitari ed extracomunitari e Binetti ed altri n. 1-00209, Palese ed altri n. 1-00497, Dall'Osso ed altri n. 1-00498 e Zampa ed altri n. 1-00501 concernenti iniziative in relazione al fenomeno dei minori stranieri non accompagnati.
  Mercoledì 18 giugno, dalle ore 12,30, avranno luogo le dichiarazioni di voto finale sul disegno di legge n. 2433 – Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, recante misure urgenti per la competitività e la giustizia sociale. Deleghe al Governo per il completamento della revisione della struttura del bilancio dello Stato, per il riordino della disciplina per la gestione del bilancio e il potenziamento della funzione del bilancio di cassa, nonché per l'adozione di un testo unico in materia di contabilità di Stato e di tesoreria (Approvato dal Senato – scadenza: 23 giugno 2014), con ripresa televisiva diretta, cui seguirà la votazione finale.
  Sempre mercoledì, dopo la conclusione dell'esame del disegno di legge di conversione, avrà poi luogo il seguito dell'esame della Relazione sulle prospettive di riforma del sistema di gestione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata (Doc. XXIII, n. 1).
  Successivamente avrà luogo il seguito dell'esame delle mozioni Migliore ed altri n. 1-00440, Bargero ed altri n. 1-00200, Grande ed altri n. 1-00286, Dorina Bianchi ed altri n. 1-00484, De Mita ed altri n. 1-00485, Palese ed altri n. 1-00486, Fedriga ed altri n. 1-00488, Taglialatela ed altri n. 1-00492 e Balduzzi ed altri n. 1-494 concernenti iniziative a favore delle vittime dell'amianto e Tabacci, Taricco, Palese, Lavagno, Dorina Bianchi, Monchiero ed altri n. 1-00265, Cozzolino ed altri n. 1-00487, Prataviera ed altri n. 1-00491 e Balduzzi ed altri n. 1-00493 in materia di semplificazione normativa e amministrativa nonché le sopra ricordate mozioni Giancarlo Giorgetti ed altri n. 1-00495 e Binetti ed altri n. 1-00209.
  Si è altresì convenuto che l'esame del disegno di legge n. 2447 – Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 12 maggio 2014, n. 73, recante misure urgenti di proroga di Commissari per il completamento di opere pubbliche (Approvato dal Senato – scadenza: 11 luglio 2014) avrà luogo a partire da giovedì 26 giugno e che l'esame del disegno di legge n. 2426 – Conversione in legge del decreto-legge 31 maggio 2014, n. 83, recante disposizioni urgenti per la tutela del patrimonio culturale, lo sviluppo della cultura e il rilancio del turismo (da inviare al Senato – scadenza: 30 luglio 2014), già previsto da lunedì 23 giugno, verrà valutato in sede di predisposizione del calendario dei lavori di luglio.
  La prossima settimana, con discussione sulle linee generali da lunedì 23 giugno ed il seguito dell'esame da martedì 24 giugno (pomeridiana con eventuale prosecuzione notturna) (con votazioni), dopo gli altri argomenti già previsti, sarà inserita la mozione Palazzotto, Rizzo, Beni, Sberna ed altri n. 1-00344 concernente iniziative in ordine alla realizzazione del sistema di trasmissione satellitare denominato MUOS nella base militare di Niscemi.
  L'esame della proposta di legge n. 631-B – Modifiche al codice di procedura penale in materia di misure cautelari personali. Modifiche alla legge 26 luglio 1975, n. 354, in materia di visita a persone affette da handicap in situazione di gravità, e al decreto legislativo 23 febbraio 2006, n. 109, in materia di illeciti disciplinari e relative sanzioni (Approvata dalla Camera e modificata dal Senato), già previsto da lunedì 23 giugno, su richiesta della Commissione, avrà luogo in altra data.Pag. 30
  Martedì 25 giugno avrà luogo la votazione sulle dimissioni dell'onorevole Alberto Giorgetti.
  Il programma si intende conseguentemente aggiornato.
  PRESIDENTE. A seguito dell'odierna riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo, si è convenuto che, a seguito della posizione della questione di fiducia sul disegno di legge n. 2433 – Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, recante misure urgenti per la competitività e la giustizia sociale. Deleghe al Governo per il completamento della revisione della struttura del bilancio dello Stato, per il riordino della disciplina per la gestione del bilancio e il potenziamento della funzione del bilancio di cassa, nonché per l'adozione di un testo unico in materia di contabilità di Stato e di tesoreria (Approvato dal Senato – scadenza: 23 giugno 2014), la votazione per appello nominale avrà inizio domani, martedì 17 giugno, alle ore 15,25, previe dichiarazioni di voto a partire dalle ore 13,30.
  Successivamente avrà luogo l'esame degli ordini del giorno (il cui termine di presentazione è fissato per domani alle ore 10).Pag. 29
  Sempre martedì 17 giugno, alle ore 19, avrà luogo l'esame della questione pregiudiziale presentata al disegno di legge n. 2447 – Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 12 maggio 2014, n. 73, recante misure urgenti di proroga di Commissari per il completamento di opere pubbliche (Approvato dal Senato – scadenza: 11 luglio 2014), cui seguirà la discussione sulle linee generali delle mozioni Giancarlo Giorgetti ed altri n. 1-00495, Palese n. 1-00499 e Berlinghieri ed altri n. 1-00500 concernenti l'applicazione di misure relative alla sicurezza e alla protezione sociale di cittadini italiani, comunitari ed extracomunitari e Binetti ed altri n. 1-00209, Palese ed altri n. 1-00497, Dall'Osso ed altri n. 1-00498 e Zampa ed altri n. 1-00501 concernenti iniziative in relazione al fenomeno dei minori stranieri non accompagnati.
  Mercoledì 18 giugno, dalle ore 12,30, avranno luogo le dichiarazioni di voto finale sul disegno di legge n. 2433 – Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, recante misure urgenti per la competitività e la giustizia sociale. Deleghe al Governo per il completamento della revisione della struttura del bilancio dello Stato, per il riordino della disciplina per la gestione del bilancio e il potenziamento della funzione del bilancio di cassa, nonché per l'adozione di un testo unico in materia di contabilità di Stato e di tesoreria (Approvato dal Senato – scadenza: 23 giugno 2014), con ripresa televisiva diretta, cui seguirà la votazione finale.
  Sempre mercoledì, dopo la conclusione dell'esame del disegno di legge di conversione, avrà poi luogo il seguito dell'esame della Relazione sulle prospettive di riforma del sistema di gestione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata (Doc. XXIII, n. 1).
  Successivamente avrà luogo il seguito dell'esame delle mozioni Migliore ed altri n. 1-00440, Bargero ed altri n. 1-00200, Grande ed altri n. 1-00286, Dorina Bianchi ed altri n. 1-00484, De Mita ed altri n. 1-00485, Palese ed altri n. 1-00486, Fedriga ed altri n. 1-00488, Taglialatela ed altri n. 1-00492 e Balduzzi ed altri n. 1-494 concernenti iniziative a favore delle vittime dell'amianto e Tabacci, Taricco, Palese, Lavagno, Dorina Bianchi, Monchiero ed altri n. 1-00265, Cozzolino ed altri n. 1-00487, Prataviera ed altri n. 1-00491 e Balduzzi ed altri n. 1-00493 in materia di semplificazione normativa e amministrativa nonché le sopra ricordate mozioni Giancarlo Giorgetti ed altri n. 1-00495 e Binetti ed altri n. 1-00209.
  Si è altresì convenuto che l'esame del disegno di legge n. 2447 – Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 12 maggio 2014, n. 73, recante misure urgenti di proroga di Commissari per il completamento di opere pubbliche (Approvato dal Senato – scadenza: 11 luglio 2014) avrà luogo a partire da giovedì 26 giugno e che l'esame del disegno di legge n. 2426 – Conversione in legge del decreto-legge 31 maggio 2014, n. 83, recante disposizioni urgenti per la tutela del patrimonio culturale, lo sviluppo della cultura e il rilancio del turismo (da inviare al Senato – scadenza: 30 luglio 2014), già previsto da lunedì 23 giugno, verrà valutato in sede di predisposizione del calendario dei lavori di luglio.
  La prossima settimana, con discussione sulle linee generali da lunedì 23 giugno ed il seguito dell'esame da martedì 24 giugno (pomeridiana con eventuale prosecuzione notturna) (con votazioni), dopo gli altri argomenti già previsti, sarà inserita la mozione Palazzotto, Rizzo, Beni, Sberna ed altri n. 1-00344 concernente iniziative in ordine alla realizzazione del sistema di trasmissione satellitare denominato MUOS nella base militare di Niscemi.
  L'esame della proposta di legge n. 631-B – Modifiche al codice di procedura penale in materia di misure cautelari personali. Modifiche alla legge 26 luglio 1975, n. 354, in materia di visita a persone affette da handicap in situazione di gravità, e al decreto legislativo 23 febbraio 2006, n. 109, in materia di illeciti disciplinari e relative sanzioni (Approvata dalla Camera e modificata dal Senato), già previsto da lunedì 23 giugno, su richiesta della Commissione, avrà luogo in altra data.Pag. 30
  Mercoledì 25 giugno avrà luogo la votazione sulle dimissioni dell'onorevole Alberto Giorgetti.
  Il programma si intende conseguentemente aggiornato.

Ordine del giorno della seduta di domani.

  PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

  Martedì 17 giugno 2014, alle 13,30:

  1. – Seguito della discussione del disegno di legge:
   S. 1465 – Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, recante misure urgenti per la competitività e la giustizia sociale. Deleghe al Governo per il completamento della revisione della struttura del bilancio dello Stato, per il riordino della disciplina per la gestione del bilancio e il potenziamento della funzione del bilancio di cassa, nonché per l'adozione di un testo unico in materia di contabilità di Stato e di tesoreria (Approvato dal Senato) (C. 2433).
  – Relatori: Fauttilli, per la V Commissione; Petrini, per la VI Commissione.

  (ore 19)

  2. – Esame e votazione delle questioni pregiudiziali riferite al disegno di legge:
   S. 1479 – Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 12 maggio 2014, n. 73, recante misure urgenti di proroga di Commissari per il completamento di opere pubbliche (Approvato dal Senato) (C. 2447).

  3. – Discussione sulle linee generali delle mozioni Giancarlo Giorgetti ed altri n. 1-00495, Palese n. 1-00499 e Berlinghieri ed altri n. 1-00500 concernenti l'applicazione di misure relative alla sicurezza e alla protezione sociale di cittadini italiani, comunitari ed extracomunitari.

  4. – Discussione sulle linee generali delle mozioni Binetti ed altri n. 1-00209, Palese ed altri n. 1-00497, Dall'Osso ed altri n. 1-00498 e Zampa ed altri n. 1-00501 concernenti iniziative in relazione al fenomeno dei minori stranieri non accompagnati.

  La seduta termina alle 17,40.

TESTO INTEGRALE DELLA RELAZIONE DEL DEPUTATO ROSY BINDI IN SEDE DI DISCUSSIONE DEL DOC. XXIII, N. 1

  ROSY BINDI, Presidente della Commissione parlamentare di inchiesta. Signora Presidente, onorevoli colleghi, il ruolo della Commissione d'inchiesta «antimafia», nell'arco di oltre cinquant'anni dalla sua prima istituzione avvenuta nel 1962 durante la III legislatura repubblicana, ha conosciuto una significativa evoluzione, che l'ha resa un punto di riferimento e un luogo istituzionale di valore e significato ampliatisi nel tempo oltre quello strettamente tradizionale e proprio di un'inchiesta parlamentare, pur nel rigoroso svolgimento dei compiti istituzionali ad essa di volta in volta affidati.
  Come ho avuto già occasione di rilevare lo scorso anno in occasione delle celebrazioni per il cinquantesimo anniversario della prima costituzione della Commissione antimafia avvenuta nel 1963, nella IV legislatura, la Commissione è così divenuta una sorta di foro parlamentare nel quale il tema della mafia è stato affrontato in tutte le sue molteplici accezioni, come questione di rilevanza non solo criminale ma anche politica, sociale e culturale.
  La Commissione si è infatti nel tempo configurata come una sede di confronto fra tutti i soggetti – istituzionali e della «società civile» – coinvolti a vario titolo nell'ambito del contrasto alla criminalità organizzata e dello studio dei fenomeni connessi alle mafie.Pag. 31
  Dal 1963, quando la neonata Commissione parlamentare fu il primo – e allora unico – organo appositamente creato a tale proposito, tali soggetti istituzionali si sono moltiplicati e specializzati: si pensi all'istituzione nel 1991 sia della Direzione nazionale (DNA) e delle Direzioni distrettuali antimafia (DDA), sia della Direzione investigativa antimafia (DIA), al ruolo nel tempo assunto dalle associazioni, a carattere nazionale o locale, operanti nel settore del contrasto alle attività delle organizzazioni criminali di tipo mafioso – che in questa legislatura la legge istitutiva ha per la prima volta previsto espressamente di consultare – o, a livello locale, alla costituzione di commissioni d'indagine sulla mafia in varie regioni e in numerosi province e comuni.
  Nel corso degli anni, si è così rafforzata la collaborazione tra la Commissione e le istituzioni che a vario titolo sono impegnate nelle attività di prevenzione, investigazione e contrasto alle mafie, in primis la magistratura e le forze di polizia. Si è così sviluppata una importante forma di «leale collaborazione» tra poteri dello Stato, consapevole sia delle competenze sia dei limiti delle attribuzioni della Commissione, che in questa sede si rimette all'attenzione della massima sede rappresentativa del Paese.
  Anche per tale motivo, pertanto, è motivo di soddisfazione rilevare che l'ordine del giorno della seduta odierna alla Camera rechi la discussione di una relazione della Commissione Antimafia, cosa mai accaduta in questo ramo del Parlamento – per quanto mi consta – almeno negli ultimi venti anni; altrettanta soddisfazione c’è poi nel rilevare che anche il Senato ha inteso calendarizzare, da domani, la discussione sulla medesima relazione, di modo che per la prima volta entrambe le Camere sono chiamate a discutere e pronunciarsi sulla stessa relazione, in un senso auspicabilmente concorde così come concorde è stata la discussione in seno alla Commissione d'inchiesta.
  Il tema che costituisce l'oggetto della relazione approvata all'unanimità lo scorso 9 aprile dalla Commissione che ho l'onore di presiedere, e oggi all'attenzione della Camera, riguarda le prospettive di riforma del sistema di gestione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata.
  Come avrò modo di ricordare più avanti, la possibilità di adottare misure patrimoniali applicabili ai capitali accumulati illecitamente fu introdotta con la c.d. legge Rognoni – La Torre del 13 settembre 1982, n. 646, la cui approvazione ebbe una spinta determinante anche a causa degli assassini di Pio La Torre, già componente della Commissione d'inchiesta sulla mafia, il 30 aprile 1982, e del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, il 3 settembre 1982.
  In questa materia, inoltre, è impossibile non rimarcare, accanto al lavoro del Parlamento, l'apporto diretto dei cittadini: nel 1996 l'approvazione della legge sulla gestione e la destinazione dei beni confiscati (legge n. 109) avvenne sull'onda della richiesta promossa dall'Associazione «Libera», sottoscritta da un milione di persone, di una legge sul riutilizzo sociale dei beni confiscati. Né si può tacere il ruolo fondamentale nella gestione di tali beni svolto, anche al di là dei suoi compiti «naturali», dai magistrati impegnati nel settore delle misure di prevenzione, la cui esperienza è stata un elemento decisivo per poter giungere oggi a delineare le prospettive di riforma del sistema.
  A distanza di diciotto anni dalla legge 109/1996, tuttavia, per il sistema di gestione dei beni sequestrati e confiscati appare necessaria una messa a punto.
  Il Governo pare in procinto di voler intervenire con misure di riordino normativo, anche sulla scorta del lavoro svolto nel 2013 da due distinte commissioni di studio, una istituita presso la Presidenza del Consiglio dei ministri («commissione Garofoli») e una presso il Ministero della giustizia («commissione Fiandaca»), che hanno ambedue lavorato proficuamente, giungendo però ad esiti non del tutto convergenti.
  La Commissione, in questo come in altri casi, si è perciò rivelata la sede Pag. 32idonea per mettere a confronto – in modo pubblico e trasparente – gli orientamenti dei diversi soggetti, istituzionali e non, operanti nel campo e per comporli in una sintesi efficace e ampiamente condivisa dalle forze politiche presenti in Commissione antimafia, e che oggi viene posta all'attenzione del Parlamento, che è e deve essere sempre il luogo e la forma della sovranità popolare, in ossequio ai valori costituzionali e all'idea della democrazia come «potere visibile».
  La relazione oggi all'esame di questa Assemblea è pertanto il frutto del lavoro che la Commissione parlamentare Antimafia ha inteso dedicare, sin dalla sua costituzione, al tema della gestione dei beni sequestrati e confiscati, avvertito sin da subito come assolutamente prioritario all'interno dei compiti che la legge istitutiva assegna alla Commissione stessa.
  In tale ottica, la Commissione ha svolto un'attività di acquisizione conoscitiva molto intensa sia dal punto di vista quantitativo – la Commissione antimafia è quella che ha svolto di gran lunga il maggior numero di ore di seduta, in sede e fuori sede, tra tutte le Commissioni, anche permanenti, di entrambe le Camere – sia dal punto di vista qualitativo, registrando sia i profili di soddisfazione sia quelli di criticità, e individuando contestualmente le riforme più urgenti.
  Sono stati auditi i Ministri della Giustizia e dell'Interno, i magistrati giudicanti e requirenti che operano nei distretti più impegnati nell'attività di contrasto patrimoniale alla criminalità organizzata (dalla DNA alle DDA, alle sezioni misure di prevenzione), i vertici di Polizia, Carabinieri, Guardia di Finanza (che pure non venivano sentiti in Commissione, nelle figure del Capo e dei rispettivi Comandanti generali, da oltre 15 anni), il Direttore pro tempore dell'Agenzia Nazionale per i beni sequestrati e confiscati, i presidenti delle due citate commissioni ministeriali, i Prefetti delle città più esposte, gli amministratori giudiziari di compendi patrimoniali particolarmente rilevanti, i Presidenti di importanti associazioni di categoria come Confindustria e Confcommercio, gli esponenti di cooperative sociali con esperienze, a livello nazionale e locale, nella gestione dei beni confiscati.
  È stata perciò svolta un'istruttoria davvero ampia e completa, come solo un peculiare organo come una Commissione parlamentare di inchiesta, dotata dei poteri previsti dall'articolo 82 della Costituzione, poteva forse svolgere.
  Ma veniamo ai principali contenuti della relazione. L'idea di prevedere un contrasto alla ricchezza illecitamente accumulata dalla criminalità organizzata, indipendente dal processo penale – se pur saldamente ancorato alle garanzie della giurisdizione – nasce, come detto, dalla geniale intuizione di un uomo illuminato, un siciliano sagace e visionario che le dinamiche di «Cosa Nostra» le conosceva bene, l'on. Pio La Torre.
  E per avere proposto, e ottenuto, l'introduzione del reato di cui all'articolo 416-bis c.p. e la confisca dei patrimoni dei mafiosi, Pio la Torre trovò la morte in una strada di Palermo il 30 aprile 1982, sotto il fuoco di sicari inviati da Totò Riina, Michele Greco, Bernardo Brusca, Bernardo Provenzano, Giuseppe Calò, Francesco Madonia, Nenè Geraci.
  Egli ha saputo tradurre in norme un'intuizione semplice e geniale: le organizzazioni criminali, che ora noi definiamo di tipo mafioso, nascono e delinquono per accumulare ricchezza.
  E fanno questo mettendo in campo il loro triste strumentario di violenza, sopraffazione, intimidazione, violazione delle regole, condizionamento del libero mercato, distorsione della libera concorrenza, mortificazione delle energie imprenditoriali sane e libere, illecito accaparramento delle risorse, elementi tutti che connotano «il metodo mafioso».
  La Torre e i sostenitori della legge che ha introdotto il reato di cui all'articolo 416 bis e la confisca dei patrimoni mafiosi agganciata all'applicazione della misura di prevenzione avevano compreso che il potere economico, i segni visibili della ricchezza illecitamente accumulata, la possibilità di garantire posti di lavoro sono, per le organizzazioni criminali, un potente e Pag. 33irrinunziabile volano di consenso sociale, sono alimento di cui si nutre l'omertà, lo scudo sotto il quale Cosa nostra, la ’ndrangheta, la camorra agiscono indisturbate, prosperano, perpetuano se stesse.
  Di qui la straordinaria valenza dell'azione dello Stato quando colpisce la ricchezza illecitamente accumulata, quando arreca un vulnus irrimediabile all'arroganza del potere mafioso che si crede intoccabile; di qui il valore fecondo di un'azione di contrasto dello Stato che restituisce alla collettività ciò che le organizzazioni mafiose hanno illecitamente sottratto.
  Molta strada è stata fatta dall'adozione della legge n. 646 del 1982, di straordinaria importanza è stata la codificazione della destinazione per scopi sociali dei beni sottratti alla criminalità organizzata voluta dal movimento di Libera e da Don Luigi Ciotti, sostenuta come ricordato dall'onda travolgente di una proposta di legge firmata da oltre un milione di cittadini.
  Nei distretti a più alta densità di criminalità organizzata, autoctona o importata (Palermo, Reggio Calabria, Napoli, Caltanissetta, Milano) il lavoro paziente e per lungo tempo solitario, di un irriducibile manipolo di magistrati e di studiosi, sulle cui indicazioni il Parlamento è più volte intervenuto – se pur non sempre in modo coerente e logico – ha affinato e definito gli istituti del sequestro e della confisca di prevenzione garantendo loro compatibilità con la nostra Costituzione e – fino ad ora – anche con la Convenzione europea dei diritti dell'uomo.
  Questo silenzioso lavoro di uomini e donne dello Stato ha posto il nostro Paese su posizioni di indiscussa avanguardia nell'attività di contrasto al crimine organizzato, da tempo fenomeno di dimensioni transnazionali.
  Questa complessa partita condotta dallo Stato si vince, sì, quando si sottrae alle organizzazioni criminali e alle persone socialmente pericolose la ricchezza illecitamente conseguita ma la vittoria si traduce in effettivo consenso sociale intorno all'azione dello Stato. Se si consolida e si affina il circuito virtuoso di restituzione dei beni oggetto di ablazione alla collettività, se di questi beni sarà garantita la fruizione per finalità istituzionali, se le imprese confiscate – quelle che meriteranno di rimanere sul mercato – quelle di cui è stata possibile la riconversione in imprese che operano rispettando la legalità, costituiranno opportunità di lavoro per chi ha scelto di cooperare con l'amministrazione giudiziaria.
  Bisogna però ricordare che gli istituti della prevenzione patrimoniale sono stati – e sono tutt'ora – terreno di particolare effervescenza normativa.
  Si pensi – ma non solo – al decreto legislativo 159/2011 definito «Codice antimafia», alle integrazioni e alle modifiche apportate con la legge di stabilità del 2013.
  La Commissione parlamentare antimafia è ben consapevole di quanto sia importante condurre con successo questa partita.
  Una parte delle proposte di riforma contenute nella relazione riguarda i correttivi necessari a migliorare l'efficienza, la tempestività le garanzia del procedimento di prevenzione patrimoniale nella consapevolezza che, prima si arriva ad una decisione definitiva sulle sorti del bene sequestrato, maggiori sono le probabilità di consegnarlo a chi dovrà decidere della sua assegnazione – soprattutto se si tratta di un'azienda – in condizioni di perdurante vitalità.
  In tal senso la Commissione ha proposto che la trattazione dei procedimenti di prevenzione personale e patrimoniale sia assegnata a sezioni specializzate, sia in primo che in secondo grado.
  Le misure di prevenzione – tanto più quelle patrimoniali dopo le nuove incombenze demandate ai giudici delegati dal codice antimafia – costituiscono un comparto altamente specialistico che presuppone conoscenze interdisciplinari di diritto penale, civile, fallimentare, tributario, societario. Per queste ragioni è necessario che di una materia così complessa si occupino magistrati con precipua specializzazione.
  La necessità di istituire sezioni specializzate, sia in primo che in secondo grado, Pag. 34scaturisce, altresì, dalla difficoltà e complessità – per i giudici delegati del primo grado – di attendere contemporaneamente alla direzione e al controllo delle amministrazioni patrimoniali, e, al tempo stesso, di definire nei termini di legge il giudizio di merito e dall'esigenza – per i giudici di appello – di confrontarsi con una materia complessa e specialistica ma anche con l'urgenza di definire il giudizio di secondo grado entro termini di decadenza introdotti dal codice antimafia.
  La necessità di istituire sezioni specializzate per le misure di prevenzione personali e patrimoniali, sia in primo che in secondo grado, implica che il Tribunale per le misure di prevenzione debba avere la stessa competenza distrettuale della Procura Distrettuale Antimafia (con le sole eccezioni dei Tribunali di Trapani e di Santa Maria Capua Vetere che, in base ai dati statistici forniti dal Ministero, hanno un numero di procedimenti per anno superiore a quelli trattati da Tribunali distrettuali come Bari, Catania, Salerno e Foggia).
  Allo stesso modo, nell'ottica di un razionale e coordinato impiego delle risorse, e al fine di evitare la sovrapposizione di proposte provenienti da autorità diverse (Procuratore della Repubblica presso il Tribunale del capoluogo del distretto ove dimora la persona, il Questore, il Direttore della DIA, e limitatamente alla pericolosità generica il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale nel cui circondario dimora la persona) la Commissione propone non solo che il Procuratore Nazionale Antimafia abbia potere di proposta di misura anche patrimoniale oltre che personale, che il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale del capoluogo del distretto ove dimora la persona sia legittimato a proporre misure di prevenzione personali e patrimoniali anche nel caso di pericolosità generica ma, soprattutto, che il Procuratore distrettuale abbia un potere di coordinamento di tutte le proposte provenienti da autorità diverse.
  Tale scelta, oltre a evitare un ingiustificato dispendio di attività di polizia giudiziaria, eviterà il rischio di proposte patrimoniali che potrebbero anticipare il contenuto di indagini penali in corso e dunque coperte da segreto istruttorio.
  Al fine di coniugare le garanzie della giurisdizione con l'efficienza e la rapidità del rito la Commissione propone di modificare l'attuale regime processuale dell'incompetenza territoriale e che tale eccezione debba essere sollevata, a pena di decadenza, subito dopo l'accertamento – per la prima volta – della costituzione delle parti, e decisa immediatamente.
  Si eviterà così che tale eccezione possa essere sollevata finanche dinanzi alla Corte di Cassazione in procedimenti – e gestione di beni – durati anche molti anni e si debba ripartire da capo.
  Al fine di rafforzare le garanzie che contribuiscono a mantenere l'istituto entro ambiti di compatibilità con la Costituzione e la normativa europea la Commissione propone che sia sempre prevista la partecipazione del proposto detenuto fuori distretto all'udienza camerale con il sistema della videoconferenza.
  Tale scelta avrebbe il pregio di coniugare tutela del diritto di difesa, ragioni di sicurezza connessi allo spostamento sul territorio di soggetti detenuti anche per reati molto gravi e razionale impiego delle risorse della Polizia penitenziaria.
  Altre proposte formulate dalla Commissione per migliorare la rapidità e l'efficienza del rito sono:
   l'esecuzione del sequestro a cura della Polizia giudiziaria, e non a cura dell'ufficiale giudiziario, come prevede allo stato il codice antimafia, con tutto quanto da questo consegue in termini di rapidità, efficienza, riservatezza della fase esecutiva del sequestro;
   la possibilità che il Procuratore generale possa chiedere la sospensione dell'esecutività della revoca disposta dalla Corte di appello in pendenza del ricorso per Cassazione. Si tratta di equiparare il regime attualmente vigente tra primo e secondo grado, ove tale possibilità è già prevista, con il regime previsto tra secondo grado e grado di legittimità. È importante colmare la lacuna esistente perché, con il Pag. 35regime attuale, nelle more tra la decisione di secondo grado (di revoca della confisca) e la decisione sul ricorso per Cassazione avverso tale revoca il bene dissequestrato, oggetto di libera disposizione, potrebbe andare disperso;
   la condanna del proposto al pagamento delle spese processuali come avviene anche nel caso del procedimento del riesame oltre che nel processo penale.

  La Commissione ha, altresì, proposto un gruppo di modifiche che incidono su due argomenti particolarmente nevralgici:
   il sistema della tutela dei terzi con riguardo alla loro partecipazione al procedimento, alla tutela dei loro diritti di credito e/o dei loro diritti reali di garanzia, alla verifica dei crediti;
   l'elaborazione di un programma di prosecuzione dell'attività delle imprese sequestrate che possa essere portato a termine senza interferenze prima della confisca definitiva e della destinazione dei beni.

  Più in generale le modifiche sono dirette a fare uscire questi istituti da un'ottica prettamente fallimentarista, meccanicamente e contraddittoriamente applicata ad un sistema in cui la finalità non è la soddisfazione delle ragioni creditorie dei terzi ma l'utile gestione per conto di chi spetta, nell'ottica della destinazione finale del bene confiscato per finalità sociali.
  La Commissione è ben consapevole che il perseguimento delle alte finalità di ordine pubblico nonché di quelle individuate dalla legge n. 109 del 1996 deve fare i conti anche la salvaguardia dei principi dell'affidamento, della tutela del diritto di proprietà e di libertà di impresa ma, sul punto, è necessario stabilire un realistico e coerente ordine di priorità.
  Altre questioni affrontate nella relazione della Commissione riguardano l'albo, i criteri di nomina e di retribuzione degli amministratori giudiziari.
  In ultimo, due sono i punti su cui la Commissione desidera richiamare con forza l'attenzione del Parlamento.
  Il primo riguarda una proposta che il 29 maggio scorso ha ricevuto anche l'avallo delle sezioni unite della Corte di Cassazione.
  La Commissione propone di modificare l'articolo 24 del codice antimafia prevedendo espressamente che «ai fini del giudizio sulla sproporzione non si tiene conto dei proventi di evasione fiscale e di ogni altro tipo di attività di illecita».
  È evidente quale portata devastante – in termini di rispetto dei presidi di legalità la cui tenuta tanta riprovazione è costata al nostro Paese in ambito europeo – avrebbe avuto un'interpretazione della norma in termini differenti.
  Immaginare che il provento di un reato, qual è l'evasione fiscale, possa essere invocato per giustificare, da parte di una persona portatrice di pericolosità sociale qualificata (perché connessa alla contiguità con la criminalità organizzata) o semplice (perché dedita abitualmente a traffici delittuosi o che viva abitualmente con i proventi di tali traffici) la disponibilità di beni in misura sproporzionata rispetto al reddito dichiarato sarebbe una vera beffa, tanto più in tempi di esasperato carico fiscale, verso quei cittadini che adempiono – sovente con grande sacrifico – ai loro obblighi verso l'Erario.
  In ultimo l'Agenzia per i beni confiscati.
  Certamente l'istituzione dell'Agenzia nazionale per i beni sequestrati e confiscati è avvenuta con i migliori intenti ma la verifica dei risultati conseguiti nei primi quattro anni di operatività (è stata istituita a febbraio 2010) sono tutt'altro che confortanti.
  Secondo il codice antimafia attualmente vigente l'Agenzia è competente:
   in via esclusiva sulla destinazione dei beni confiscati definitivamente;
   in via esclusiva sulla gestione dei beni confiscati in primo grado le cui proposte di sequestro sono pervenute ai Tribunali dopo il 15 marzo 2012 (data di promulgazione dei regolamenti sul funzionamento dell'Agenzia);Pag. 36
   ha funzione consultiva sulla gestione, in ausilio al giudice delegato, per le proposte pervenute ai Tribunali dopo il 13 ottobre 2011.

  Nel 2013, su 2596 confische definitive sono stati assegnati solo 162 beni; nel 2012 su 2.540 confische definitive sono stati destinati 86 beni; nel 2011 su 1990 confische definitive sono stati destinati 95 beni. Nel 2009, quando tale funzione era svolta dal Commissario straordinario per i beni sequestrati e confiscati su 940 confische definitive sono stati destinati 629 beni, nel 2008 su 6.170 confische definitive sono stati destinati 3480 beni.
  Sono dati che segnalano un'evidente difficoltà dell'Agenzia a mantenere il trend degli anni precedenti alla sua istituzione.
  L'attuale regime di competenze assegnato all'Agenzia dal codice antimafia, lodevole e condivisibile negli intenti, ha rivelato criticità e stasi operative pressoché insuperabili. La struttura, la dislocazione territoriale, la dotazione organica, le dinamiche operative dell'Agenzia non possono reggere l'onda d'urto dell'onere di gestire l'imponente numero di beni confiscati, in via definitiva e non, da tutte le sezioni per le misure di prevenzione, da tutti i Gip e Gup, da tutti i collegi giudicanti penali di primo e di secondo grado d'Italia.
  L'esperienza trentennale dei giudici delegati per le misure di prevenzione nella gestione dei beni sequestrati e confiscati, formatasi pazientemente fin dall'introduzione della legge Rognoni-La Torre, affinata dalla riflessione quotidiana su una legislazione lacunosa, dall'abitudine al confronto e all'interlocuzione con attori diversi del procedimento di prevenzione non è facilmente trasferibile ad un organismo, come l'Agenzia, che si avvale di figure con percorsi professionali molto diversi.
  La Commissione propone che l'Agenzia abbia competenza esclusiva solo per la destinazione dei beni confiscati in via definitiva e che coadiuvi il giudice delegato, che rimarrebbe competente per la gestione dei beni fino alla definitività della confisca, durante le fasi precedenti, a partire dal sequestro, dotandosi di risorse professionali e materiali adeguate.
  Analogamente l'Agenzia dovrebbe avere competenza per la destinazione dei beni sequestrati ex articolo 12-sexies del decreto legge n. 306 del 1992 (la cosiddetta confisca allargata), nonché per i beni sequestrati e confiscati per i delitti di cui all'articolo 51 comma 3-bis c.p.p. solo dopo la definitività della sentenza e non più a far data dal provvedimento conclusivo dell'udienza preliminare.
  La gestione dei beni sequestrati dal giudice in un procedimento penale, fino alla definitività della confisca potrà più utilmente permanere – analogamente con quanto accade per le misure di prevenzione – in capo al giudice che ha disposto il sequestro.
  La Commissione chiede che l'Agenzia si doti finalmente di strumenti di comunicazione informatica idonei a facilitare le collaborazioni fra amministratori giudiziari e a favorire la possibilità che le imprese sequestrate facciano «rete» sopperendo per tale via alle difficoltà operative che ostacolano la prosecuzione dell'attività di impresa.
  La «nuova» Agenzia prospettata dalla Commissione si colloca in un quadro normativo organicamente rivisitato in base a concrete prospettive funzionali.
  Nella prospettiva di riforma, infatti, la nuova Agenzia dovrebbe:
   svolgere stabile funzione di consulenza in favore delle amministrazioni giudiziarie con il compito di raccordarle con le strutture e le associazioni che possano fornire professionalità utili alla conduzione della gestione anche attraverso i nuclei di supporto istituiti presso le prefetture e/o stipulando protocolli ed emanando le linee guida previste dal Codice Antimafia;
   predisporre protocolli nazionali operativi al fine di concordare con l'ABI e la Banca d'Italia modalità di rinegoziazione dei fidi concessi e, in genere, immediatamente revocati dalle banche dopo la notifica del decreto di sequestro;Pag. 37
   sviluppare linee di gestione per i beni immobili sequestrati per incrementarne la redditività ma anche per facilitarne la successiva devoluzione allo Stato liberi di pesi ed oneri;
   contenere gli oneri economici connessi alla gestione dei beni razionalizzando le procedure e favorendo l'utilizzo immediato a uso sociale dei beni sin dalla fase del sequestro, ove possibile.

  A tal fine l'Agenzia dovrebbe mutare la filosofia di selezione del personale privilegiando professionalità dotate di competenze economiche e gestionali.
  In tale ottica la Commissione propone che l'Agenzia venga sottoposta alla vigilanza della Presidenza del Consiglio dei ministri, ove vi è il raccordo fra più ministeri (Giustizia, Interno, Sviluppo economico, Lavoro) tutti interessati alla destinazione dei beni e non più alla sola vigilanza del Ministero dell'Interno, mantenendo la sola sede operativa a Reggio Calabria.
  La Commissione propone che l'Agenzia accanto ai propri organi (il direttore, il consiglio direttivo, e il collegio dei revisori) venga dotata di uno strumento di indirizzo che coinvolga, a titolo gratuito, tutti i soggetti potenzialmente interessati alla destinazione dei beni, fin dalla fase del sequestro (Anci, le regioni, le associazioni indicate dall'articolo 48, comma 3, lett. c) del codice antimafia, e il Ministero dell'Istruzione, Università e Ricerca).
  Nella relazione, la Commissione ha altresì proposto che il direttore sia scelto su proposta del Presidente del Consiglio tra più figure che abbiano maturato esperienza professionale specifica – almeno quinquennale – nella gestione dei beni delle aziende (un prefetto proveniente dalla carriera prefettizia che in tale veste avrebbe acquisito specifica esperienza nella destinazione dei beni confiscati, un dirigente dell'Agenzia del demanio, un magistrato che abbia competenza specifica, un amministratore di una società pubblica o privata). Al riguardo, nella prospettiva di un'auspicata riforma, la Commissione aveva proposto che si procedesse con la nomina di un commissario che gestisse la fase di transizione e provvedesse, quanto meno, all'emanazione delle linee guida previste dall'articolo 112 del codice antimafia affinché l'Agenzia possa svolgere l'attività di ausilio all'autorità giudiziaria.
  Al riguardo, abbiamo di recente appreso con stupore che, proprio lo scorso venerdì 13 giugno, il Governo ha nominato il prefetto Umberto Postiglione nuovo Direttore dell'Agenzia, a tre mesi di distanza dalla cessazione dell'incarico del precedente direttore, Giuseppe Caruso, collocato in quiescenza.
  Spiace rilevare che il Governo non abbia voluto attendere la discussione che oggi e domani si svolgerà sulla relazione della Commissione Antimafia presso entrambe le Camere, fatto anche questo, come detto, assolutamente eccezionale e che testimonia la rilevanza che le forze politiche hanno voluto annettere alla trattazione in Parlamento di tale materia.
  Auspico pertanto che il mandato conferito al prefetto Postiglione sia inteso dal Governo e dal destinatario – anche alla luce del presente dibattito parlamentare e degli atti di indirizzo che in tale ambito saranno approvati – in un senso di profonda riforma nei metodi e nel merito del lavoro dell'Agenzia, e di discontinuità con la precedente gestione.
  La Commissione non mancherà di vigilare al riguardo, nel pieno rispetto dei compiti e dei poteri che la legge le assegna.
  La Commissione propone ancora di integrare l'attuale composizione del consiglio direttivo dell'Agenzia almeno con la presenza di un componente esperto in materia di progetti di finanziamento europeo designato dalla Presidenza del Consiglio dei ministri e di procedere alla nomina di due qualificati esperti in materia di gestioni aziendali e patrimoniali (componenti questi ultimi introdotti dalla legge di stabilità 2013), figure che consentirebbero di agevolare anche la predisposizione di progetti da finanziare con il PON sicurezza per le quattro regioni obiettivo 1 (Sicilia, Calabria, Campania, Puglia).Pag. 38
  Come è facile comprendere, la Commissione pensa ad un'Agenzia che abbia un assetto realmente proiettato verso le finalità indicate dalla legge: agevolare – fin dalla fase del sequestro – e rendere effettivamente possibile la destinazione dei beni ai fini sociali svolgendo quelle mansioni che solo un organo centralizzato, dotato di specifiche professionalità e di competenze integrate può svolgere, con mansioni diverse ma complementari rispetto a quelle dei giudici delegati.
  Ma la proposta di riforma formulata dalla Commissione non si ferma qui.
  La Commissione pensa ad un intervento dello Stato che «costruisce», che trasforma – o cerca concretamente di farlo – una situazione patologica ed illecita, un'azione repressiva in opportunità di crescita sociale.
  Si pensi alla possibilità di assegnare un immobile a una forza di polizia anche per alloggi da destinare al personale; una villa con costoso giardino da mantenere a un'associazione di volontariato che si occupi di varie disabilità o di bambini e che utilizzi gli spazi verdi per programmi riabilitativi o percorsi educativi; un immobile in costruzione a un comune che, sfruttando la fase incompiuta dell'opera, lo utilizzi a fini sociali intervenendo sulla progettazione; una casa di riposo per anziani assegnata agli stessi dipendenti costituiti in cooperativa; immobili da destinare al comune per la costituzione di case famiglie per donne maltrattate o per la prima assistenza ai migranti e così via.
  A tale fine – si ribadisce – vanno valorizzate le potenzialità dei nuclei territoriali di supporto delle prefetture e i protocolli che l'Agenzia potrà stipulare con gli enti locali, con le associazioni no profit, con cooperative di lavoratori, più in generale con tutti soggetti che sono, al tempo stesso, potenziali assegnatari dei beni nell'ottica del riutilizzo sociale voluto dal legislatore. È evidente che bisognerà ripensare, come detto, alla tutela dei terzi creditori, atteso che, per l'attuale legislazione, i creditori in buona fede saranno soddisfatti con il ricavato della vendita dei beni confiscati, vendita che viene prevista come obbligatoria anche in presenza di crediti di ammontare inferiore al valore del bene.
  Si propongono alcune forme di premialità per le aziende e per gli immobili per favorire l'autonoma prosecuzione dell'attività di impresa e per una proficua gestione e destinazione degli immobili:
   creazione di un fondo di garanzia utilizzando le somme sequestrate e confiscate nell'ambito dei procedimenti penali e di prevenzione confluite nel Fondo unico Giustizia previa creazione di una sotto-sezione dello stesso FUG;
   creazione di un fondo di rotazione autonomo alimentato con una parte delle somme ora destinate al FUG per rendere agibili gli immobili la cui proprietà è trasferita agli enti locali;
   previsione che anche gli istituti di credito contribuiscano alla formazione del fondo di garanzia, con particolare riguardo a quegli istituti di cui sia stata giudiziariamente accertata la mala fede nell'erogazione dei mutui;
   previsione di un credito d'imposta per consentire e incentivare la regolarizzazione dei lavoratori in nero o per garantire la sicurezza dei lavoratori;
   forme di tutela per i lavoratori analoghe a quelle previste per le imprese sottoposte a procedure concorsuali (possibilità di ricorso alla cassa integrazione con finalità di prosecuzione);
   incentivi per la nascita di cooperative dei lavoratori delle aziende;
   incentivi fiscali in favore di chi si rivolga alle aziende sequestrate per prestazione di lavori, servizi, forniture, solo in ipotesi di approvazione del programma di prosecuzione dell'attività; Pag. 39
   previsione che delle somme utilizzate dai comuni per le ristrutturazioni degli immobili confiscati, per la eventuale purgazione dalle ipoteche non si tenga conto ai fini del rispetto del patto di stabilità interno.

  La Commissione segnala, inoltre, la necessità inderogabile di rendere operativo il programma informatico per il censimento e la gestione centralizzata di tutti i beni sequestrati e confiscati, che l'Agenzia ha in fase di realizzazione addirittura fin dal 2011 e per il quale sono stati stanziati 7,2 milioni di euro, di cui 6 milioni già liquidati.
  È, infatti, assolutamente necessario perseguire in modo efficace e tempestivo le finalità indicate dalla legge volte al monitoraggio, in tempo reale, di tutti i dati relativi ai caratteri identificativi dei beni sequestrati e confiscati e al loro utilizzo, ragion d'essere stessa dell'Agenzia, la quale tuttavia continua ancora – a qualche anno dalla sua istituzione ! – ad utilizzare il sistema informativo elaborato a suo tempo dall'Agenzia del demanio.
  In ultimo: una nuova misura di prevenzione.
  Proprio nel contesto di un approccio diversificato, capace di cogliere i molti modi in cui si declina il rapporto tra la società e le infiltrazioni della criminalità organizzata, la Commissione ha constatato che, a volte, vi sono forme di infiltrazione e condizionamento mafioso di attività imprenditoriali che non pregiudicano la sostanziale integrità dell'azienda e pertanto non giustificano una misura così invasiva come lo spossessamento gestorio.
  Lo Stato, in questi casi, potrebbe cioè svolgere una funzione preventiva, assicurando la continuità dell'impresa e al contempo aiutando l'imprenditore a recidere i legami, anche occasionali, con il contesto criminale.
  La Commissione ritiene di particolare interesse la proposta di una delle commissioni governative sull'istituzione di un nuovo istituto, il controllo giudiziario, destinato a trovare applicazione in luogo dell'amministrazione (e altresì del sequestro ai sensi dell'articolo 20 e della confisca ai sensi dell'articolo 24 cod. antimafia) nei casi in cui l'agevolazione «risulti occasionale (...) e sussistano circostanze di fatto da cui si possa desumere il pericolo concreto di infiltrazioni mafiose idonee a condizionare» l'attività d'impresa. Come scrive la Commissione istituita presso il Ministero della giustizia: «Si tratta di una misura del tutto innovativa, dal momento che non determina lo “spossessamento gestorio” bensì configura ... una forma meno invasiva di intervento: una “vigilanza prescrittiva”, condotta da un commissario giudiziario nominato dal tribunale, al quale viene affidato il compito di monitorare “dall'interno dell'azienda” l'adempimento di una serie di obblighi di compliance imposti dall'autorità giudiziaria. La Commissione ha, inoltre, ritenuto che l'istituto del controllo giudiziario possa fungere da adeguato strumento per consentire la prosecuzione dell'attività di impresa nei casi in cui le aziende vengano raggiunte da interdittiva prefettizia, garantendo così nel contempo il prevalente interesse alla realizzazione di opere di rilevanza pubblica (cfr. commi 6 e 7 dell'articolo 34-bis).
  Un'altra connessa innovazione significativa consiste sia nella previsione dell'obbligo di previa audizione della parte interessata da parte del prefetto antecedentemente all'emissione di eventuali provvedimenti interdittivi, sia nella puntuale regolamentazione – quanto a procedure e presupposti – della valutazione prefettizia delle istanze di aggiornamento delle interdittive».
  Il controllo giudiziario si colloca nel novero delle più evolute misure di prevenzione patrimoniali e, dunque, è sempre disposto dal tribunale; la portata innovativa è data dal fatto che può essere richiesto anche dallo stesso imprenditore che intenda cooperare con lo Stato per liberarsi dalle infiltrazioni mafiose.
  In conclusione, nel ringraziare nuovamente i colleghi senatori e deputati, di tutti i gruppi parlamentari che hanno partecipato ai lavori in Commissione per l'apporto fornito, desidero assicurare, anche Pag. 40a nome dei colleghi, che la Commissione intende ricordare sempre e rinnovare di continuo l'impegno sotteso alla lungimirante e quanto mai attuale visione della lotta alla mafia espressa da Pio La Torre nella seduta della Camera del 6 marzo 1980: «Onorevoli colleghi, soltanto se riusciamo ad inserirle nel quadro di una azione politica di profondo rinnovamento, capace di suscitare nuova fiducia tra i cittadini, si potrà dare efficacia anche alle pur necessarie misure di prevenzione e di repressione del fenomeno mafioso».

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Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.