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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 226 di lunedì 12 maggio 2014

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROBERTO GIACHETTI

  La seduta comincia alle 9,30.

  FERDINANDO ADORNATO, Segretario, legge il processo verbale della seduta dell'8 maggio 2014.
  (È approvato).

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Amici, Baldelli, Balduzzi, Baretta, Bechis, Bellanova, Bindi, Bobba, Bocci, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Brambilla, Brescia, Bressa, Brunetta, Busin, Capezzone, Caruso, Casero, Castiglione, Centemero, Cicchitto, Cirielli, Cominelli, Costa, Dambruoso, De Girolamo, Del Basso De Caro, Dellai, Di Gioia, Di Lello, Epifani, Ferranti, Fico, Gregorio Fontana, Formisano, Franceschini, Galan, Galati, Gasbarra, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, La Russa, Legnini, Leone, Lorenzin, Lotti, Lupi, Matarrese, Giorgia Meloni, Merlo, Migliore, Mogherini, Orlando, Pes, Pili, Gianluca Pini, Pisicchio, Pistelli, Ravetto, Realacci, Rossi, Rughetti, Sani, Giovanna Sanna, Scalfarotto, Schullian, Sisto, Speranza, Tabacci, Taglialatela, Valeria Valente, Vallascas, Vargiu, Velo, Vito, Zan e Zanetti sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
  I deputati in missione sono complessivamente ottantacinque, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

  Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

Annunzio di petizioni.

  PRESIDENTE. Invito l'onorevole Adornato, segretario di Presidenza, a dare lettura delle petizioni pervenute alla Presidenza, che saranno trasmesse alle sottoindicate Commissioni.

  FERDINANDO ADORNATO, Segretario, legge:
  SALVATORE ACANFORA, da Roma, chiede:
   interventi per la riduzione dei prezzi dei prodotti culturali (616)alla VII Commissione (Cultura);
   iniziative per ridurre il numero dei dipendenti della RAI (617) alla XI Commissione (Lavoro);
   nuove disposizioni per vietare il cumulo di incarichi da parte di parlamentari, amministratori locali e magistrati (618) – alla I Commissione (Affari costituzionali);
   l'introduzione di un limite massimo di età per la guida di autoveicoli (619) – alla IX Commissione (Trasporti);
   interventi diversi in materia di sistema scolastico (620) alla VII Commissione (Cultura);Pag. 2
  FRANCESCO DI PASQUALE, da Cancello e Arnone (Caserta), chiede:
   iniziative a sostegno della famiglia (621) – alla XII Commissione (Affari sociali);
   interventi per favorire la diffusione delle nuove tecnologie tra gli ultracinquantenni (622) – alla IX Commissione (Trasporti);
   l'esenzione dalle imposte immobiliari per le persone affette dal morbo di Alzheimer (623) – alla VI Commissione (Finanze);
   l'abrogazione dell'articolo 59 della Costituzione in materia di senatori a vita (624) – alla I Commissione (Affari costituzionali);
   la detraibilità delle spese di abbonamento ai trasporti pubblici e per l'acquisto di libri scolastici (625) – alla VI Commissione (Finanze);
   nuove norme in materia di piantumazione di alberi per ogni nuovo nato (626) – alla XIII Commissione (Agricoltura);
  MARINO SAVINA, da Roma, chiede:
   nuove norme per accelerare i processi penali e in materia di prescrizione dei reati (627) alla II Commissione (Giustizia);
   interventi per potenziare i servizi di pronto intervento e l'assistenza alle persone con disturbi mentali e ai lungodegenti (628)alla XII Commissione (Affari sociali);
  GIOVANNI PASSARO, da Roma, chiede una riduzione della durata del corso di formazione per i vincitori del concorso di vice ispettore di polizia penitenziaria bandito nel 2013 (629) alla II Commissione (Giustizia);
  MATTEO LA CARA, da Vercelli, chiede misure per promuovere lo svolgimento di attività socialmente utili da parte di ex appartenenti alle Forze armate e di polizia (630) – alla XII Commissione (Affari sociali);
  GABRIELLA CUCCHIARA, da Roma, chiede l'abolizione della figura del giudice onorario di tribunale (631) – alla II Commissione (Giustizia);
  MICHELE VECCHIONE, da Alatri (Frosinone), chiede:
   nuovi benefici previdenziali in favore delle vedove e degli orfani dei combattenti della Seconda guerra mondiale (632) – alla XI Commissione (Lavoro);
   l'istituzione di un numero unico di emergenza per richiedere l'intervento della polizia locale (633) – alla I Commissione (Affari costituzionali);
  MORENO SGARALLINO, da Terracina (Latina), chiede:
   la revisione delle imposte sugli autoveicoli (634) – alla VI Commissione (Finanze);
   l'istituzione di un apposito ufficio per l'assistenza ai turisti vittime di frodi o truffe (635) – alla X Commissione (Attività produttive);
   nuove norme per la sicurezza dei lavoratori impegnati nella pulizia di cisterne (636) – alle Commissioni riunite XI (Lavoro) e XII (Affari sociali);
  FRANCESCO RICCIARDI, da Boscoreale (Napoli), chiede nuove norme in materia di accertamento della capacità processuale degli indagati (637) – alla II Commissione (Giustizia);
  EMILIO MANAÒ, da Rimini, chiede l'abolizione di Equitalia (638) – alla VI Commissione (Finanze);
  GIUSEPPE DE LUCA, da Casalbordino (Chieti), chiede nuove norme in materia di elezione del rappresentante per la sicurezza dei lavoratori (639) – alle Commissioni riunite XI (Lavoro) e XII (Affari sociali);
  ANNA D'AMICO, da Cologno Monzese (Milano), chiede misure urgenti per far Pag. 3fronte all'emergenza abitativa nel comune di Cologno Monzese (640) – alla VIII Commissione (Ambiente);
  ANTONELLA CAPICI, da Deruta (Perugia), chiede norme per consentire a coloro che vanno in pensione di lasciare il proprio posto di lavoro a un familiare (641) alla XI Commissione (Lavoro);
  GIUSEPPE MANCANIELLO, da Pordenone, e numerosi altri cittadini chiedono iniziative per assicurare la positiva soluzione della crisi dell'Electrolux (642) – alle Commissioni riunite X (Attività produttive) e XI (Lavoro).

Discussione del disegno di legge: S. 1417 – Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 31 marzo 2014, n. 52, recante disposizioni urgenti in materia di superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari (Approvato dal Senato) (A.C. 2325) (ore 9,35).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge n. 2325, già approvato dal Senato: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 31 marzo 2014, n. 52, recante disposizioni urgenti in materia di superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari.
  Ricordo che nella seduta del 6 maggio 2014 è stata respinta la questione pregiudiziale Molteni ed altri n. 1.

(Discussione sulle linee generali – A.C. 2325)

  PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
  I presidenti dei gruppi parlamentari MoVimento 5 Stelle e Partito Democratico ne hanno chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
  Le Commissioni II (Giustizia) e XII (Affari sociali) si intendono autorizzate a riferire oralmente.
  Ha facoltà di intervenire il relatore per la maggioranza per la Commissione giustizia, onorevole Mattiello.

  DAVIDE MATTIELLO, Relatore per la maggioranza per la II Commissione. Signor Presidente, buongiorno, anche ai colleghi e alle colleghe. Il superamento degli OPG, gli ospedali psichiatrici giudiziari, è un bisogno avvertito da decenni, ma si deve arrivare all'istituzione della Commissione di inchiesta sull'efficacia e sull'efficienza del Sistema sanitario nazionale, presieduta dal senatore Ignazio Marino, nella XVI legislatura per registrare una svolta, che noi oggi siamo chiamati a rendere irreversibile. In questi anni, finalmente, senza più reticenze e tentennamenti le più alte istituzioni nazionali ed europee hanno avuto parole inequivocabili di condanna nei confronti degli OPG, definiti indegni di un Paese civile, luoghi di degrado, luoghi di tortura, luoghi insensati. La Costituzione italiana, soprattutto nel combinato degli articoli 3 e 13, traccia il solco dentro il quale il legislatore deve trovare le soluzioni che coniughino nella maniera più soddisfacente le esigenze di tutela sociale, quelle di cura della malattia mentale, quelle di risarcimento delle vittime di reato.
  Superare gli OPG, secondo l'orizzonte indicato dalla Costituzione, significa ribadire forte e chiaro che la malattia mentale non è una colpa. Ribadire forte e chiaro che la povertà non è una colpa. Ribadire, pertanto, che il primo dovere della Repubblica è quello di farsi carico adeguatamente della persona malata e socialmente pericolosa, curandola al meglio delle proprie possibilità per riscattarla ad una vita libera e dignitosa.
  Il legislatore ha tracciato la linea dentro questo solco costituzionale a partire dal decreto-legge 22 dicembre 2011, n. 211, poi convertito, con modificazioni, dalla legge 17 febbraio del 2012, n. 9, che stabiliva la chiusura degli OPG al 31 marzo del 2013, scadenza che venne prorogata al 10 aprile del 2014 e che oggi stiamo ulteriormente prorogando al 31 marzo del 2015.Pag. 4
  Prorogare è riconoscere un fallimento, riconoscere che un ordine dato dallo Stato non può essere eseguito. Prorogare soltanto di un anno è un modo per accettare responsabilmente di farsi carico delle conseguenze di questo fallimento, senza, però, derubricare l'urgenza contenuta nell'ordine dato: gli OPG vanno chiusi. Un punto di equilibrio coraggioso, che deve stimolare e sicuramente stimolerà tutti i soggetti coinvolti nell'attuazione delle norme a fare del proprio meglio. La linea che a mano a mano il legislatore ha definito, fino alle ultime, preziose, modifiche votate dal Senato, in conversione del decreto-legge 31 marzo 2014, n. 52, stabilisce non soltanto che gli OPG vadano chiusi, ma che il Sistema sanitario nazionale e in particolare le ASL e i dipartimenti di salute mentale debbano farsi carico dei rei, mentalmente infermi, perlopiù attivando percorsi di cura e inserimento sociale attraverso i servizi territoriali e le comunità protette, potendo comunque contare su nuove strutture di cura, contenimento e controllo, di pertinenza regionale, come extrema ratio, le cosiddette REMS, le residenze per l'esecuzione delle misure di sicurezza. Gli autori di condotte che integrano fattispecie di reato, giudicati incapaci di intendere e di volere, pertanto non processabili o comunque non punibili, dei quali si accerti la pericolosità sociale, sono soggetti che, da un lato vanno curati perché malati, dall'altro contenuti perché pericolosi, ma con l'orizzonte della temporaneità, sia della cura, che della custodia, e, quindi, con la prospettiva della guarigione e del reinserimento sociale. L'unica prospettiva coerente con la Costituzione italiana. È importante, dunque, sottolineare che il Parlamento non intende chiudere gli OPG per sostituirli con le REMS, con un'operazione diciamo a saldi invariati, ma che vuole chiudere gli OPG chiudendo contemporaneamente con una certa cultura che vede nella segregazione sociale degli infermi-rei la strada maestra per il loro trattamento.
  Ritengo che in questa prospettiva vada letta e apprezzata in particolare la previsione introdotta dal Senato che consentirà alle regioni di rivedere i piani di spesa su questa materia, approvando nuovi piani che riducano le spese per la realizzazione delle REMS e le aumentino per la formazione del personale responsabile dei programmi di cura e reinserimento di competenza dei dipartimenti di salute mentale.
  Tutto ciò considerato, sono questi i punti salienti della normativa che ci accingiamo a discutere e votare. Entro 45 giorni dalla entrata in vigore delle norme, le ASL devono presentare i programmi individualizzati per dimettere tutte le persone ancora trattenute negli OPG. I magistrati devono evitare fin da ora nuovi invii negli OPG, anche per provvedimenti di natura provvisoria, a meno che non si accerti che nessun'altra soluzione in questa fase sia idonea. In ogni caso, la permanenza in OPG in questa fase residuale, e domani in REMS, non può e non potrà essere superiore nella durata al massimo della pena edittale prevista per il reato commesso dal soggetto.
  La «pericolosità sociale» della persona inferma di mente autrice di condotte che integrano fattispecie di reato, deve essere accertata soltanto in relazione alle qualità del soggetto stesso, prescindendo dalle condizioni socio-economiche o dalla mancanza di un progetto individualizzato da parte del dipartimento di salute mentale. Questa è la modifica più rilevante sul piano giudiziario, insistendo sull'articolo 133 del codice penale e sull'articolo 679 del codice di procedura penale. È la modifica che ha suscitato maggiori preoccupazioni: taluni paventano una eccessiva compressione della autonoma valutazione da parte della magistratura sulla pericolosità sociale dell'infermo-reo. A questa preoccupazione rispondiamo che il legislatore vuole, piuttosto, evitare che la certificazione giudiziaria della pericolosità sociale dell'infermo-reo induca dalla constatazione della precarietà sociale, economica e sanitaria dello stesso, il che rappresenta senz'altro un problema, che però non deve tradursi in un ulteriore gravame gettato sulle spalle di una persona evidentemente Pag. 5già vulnerabile. Insomma: la povertà non è una colpa e l'inadeguatezza del Sistema sanitario non è una sua colpa !
  Ciò posto, riteniamo, noi pure, che siano maturi i tempi per una più ampia riflessione sull'istituto della «imputabilità» e su quello delle «misure di sicurezza», che ci impegniamo a tradurre in una prossima iniziativa politica.
  Come relatore per la maggioranza per la II Commissione giustizia non posso che auspicare che questo testo, già frutto di un lungo e complesso lavoro di confronto con i vari soggetti istituzionali e sociali impegnati su questo delicato fronte, venga al più presto votato senza ulteriori modifiche dalla Camera del deputati.

  PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il relatore per la maggioranza per la XII Commissione (Affari sociali), onorevole Patriarca.

  EDOARDO PATRIARCA, Relatore per la maggioranza per la XII Commissione. Signor Presidente, il decreto-legge in discussione prevede un'altra proroga: una proroga che non avremmo voluto mai concedere. Lo abbiamo fatto per senso di responsabilità, prendendo atto dei tanti ritardi, ahimè, non sempre giustificabili. Ma va preso atto che alla richiesta di proroga sono stati introdotti precisi vincoli di legge che favoriscono in tempi certi le dimissioni e le misure alternative alla detenzione, la chiusura definitiva degli OPG e un impegno stringente alla vigilanza da parte dei Ministeri competenti di giustizia e sanità.
  Il superamento degli OPG è un impegno inderogabile – lo ricordava anche l'onorevole Mattiello – per un Paese che si dichiara civile, democratico e rispettoso della Carta costituzionale: una Carta che mette al centro le persone e la loro dignità. Gli OPG, al contrario, sono luoghi – mi si passi il termine, ma è così davvero – indegni, come peraltro lo sono spesso anche le nostre carceri. Nel discorso di fine anno 2012, Giorgio Napolitano definiva gli OPG come un autentico orrore indegno di un Paese civile, parole del Presidente.
  Sappiamo anche che parlare di questi temi in campagna elettorale può apparire un'occasione, forse inaspettata, per conquistare un po’ di consenso nel segno della paura e, soprattutto, per non raccontare la realtà per quella che è.
  Ma riteniamo che la qualità di una vita democratica si misuri nel farsi carico anzitutto delle vulnerabilità e delle fragilità di tanti, di troppi in questo tempo di crisi sociale, economica e culturale. Una democrazia non può accettare quella che Papa Francesco chiama la «cultura dello scarto», scarto nel quale talvolta vengono comprese anche le persone fragili, fastidiose, sgradevoli, inquietanti, talvolta ritenute sporche. Dice Papa Francesco: Lo sguardo, spesso senza voce, di quella parte di umanità scartata, lasciata alle spalle, deve smuovere la coscienza degli operatori politici ed economici e portare a scelte generose e coraggiose, che abbiano risultati immediati; dobbiamo chiederci – prosegue Papa Francesco – se questo spirito di solidarietà e di condivisione guida tutti i nostri pensieri e tutte le nostre azioni.
  Pensiamo che la politica abbia il compito di indicare una via, una prospettiva tesa a costruire una comunità coesa, solidale e sicura e una vita buona per tutti, altrimenti ci domandiamo: a che serve ?
  In questo caso si tratta di garantire il diritto alla salute, alla salute mentale di questi detenuti, ultimi tra gli ultimi (per riprendere passaggi delle dichiarazioni dei colleghi senatori) superando la logica manicomiale e securitaria. Uomini e donne malati, che hanno commesso reati, ma che non per questo possono essere abbandonati a se stessi. Occorre davvero dare loro la possibilità di espiare la colpa nei termini previsti dalla nostra Carta. Persone colpevoli, ma sempre, e sempre, delle persone.
  La Corte costituzionale, nel 2003, con la sentenza n. 253, è stata chiara: «le esigenze di tutela della collettività non potrebbero mai giustificare misure tali da recare danno, anziché vantaggio, alla salute del paziente (...): e pertanto – prosegue la Corte –, ove in concreto la misura coercitiva del ricovero in ospedale psichiatrico Pag. 6giudiziario si rilevasse tale da arrecare presumibilmente un danno alla salute psichica dell'infermo, non la si potrebbe considerare giustificata nemmeno in nome di tali esigenze».
  Occorre uno sforzo serio e coordinato, teso a superare i ritardi talvolta dovuti a incapacità politica e a lentezze burocratiche, per giungere alla chiusura definitiva degli OPG, chiusura della quale si parla e si discute, devo dire a volte stancamente, senza prendere alcuna decisione, dal 1978. Le ragioni della proroga sono chiaramente inquadrate nella relazione illustrativa del Governo, dove si legge che il termine del 1o aprile 2014 non è risultato – leggo testualmente – «congruo per completare definitivamente il superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari, soprattutto in ragione della complessità della procedura per la realizzazione delle strutture destinate ad accogliere le persone cui sono applicate le misure di sicurezza».
  Non solo vanno chiusi gli OPG ma va recuperata in tempi brevi un'attenzione seria sui problemi della salute mentale, in questi anni omessa dal dibattito pubblico, dimenticata, ritenuta «scandalosa», lo dico tra virgolette. Parlare di cultura e dei servizi legati alla salute mentale non è altra cosa rispetto al superamento degli OPG ma è condizione necessaria perché la chiusura degli OPG sia effettiva e, come ricordava il collega Mattiello, non si sostituiscano con strutture magari meglio gestite ma ancora pensate nella logica della segregazione. La vicenda è nota a tutti noi, e sono noti i passaggi legislativi e normativi che hanno segnato il cammino di questa vicenda triste e penosa.
  Il DPCM dell'aprile 2008 aveva sancito il passaggio delle competenze sanitarie negli OPG alle regioni e alle ASL, instaurando la coesistenza di una doppia direzione, quella penitenziaria e sanitaria. La legge n. 9 del 2012 prevedeva che gli OPG fossero superati entro il 31 marzo 2013 e che le regioni provvedessero all'assistenza, alla cura e alla riabilitazione delle persone affette da patologie mentali autori di reato, anche avvalendosi delle residenze per l'esecuzione delle misure di sicurezza, le cosiddette REMS; e poi i decreti attuativi di quanto previsto nella legge n. 9 del 2012, che contiene i requisiti strutturali, tecnologici e organizzativi delle REMS.
  Ancora, il decreto del Ministro della salute, in concerto con il MEF, del 28 dicembre 2012 che prevedeva, entro 60 giorni, la presentazione da parte delle regioni di uno specifico programma per la realizzazione delle REMS. Non da ultimo, infine, il decreto-legge n. 24 del 25 marzo 2013 che ha prorogato di un anno il termine del superamento degli OPG. E oggi siamo qui a rinnovare, appunto, un ulteriore anno di proroga.
  Allo stato attuale, i sei OPG attualmente attivi ospitano mediamente circa 900 reclusi, 300 in meno rispetto a cinque anni fa, con un turnover di 600 persone l'anno. Gli ospiti, sostanzialmente, appartengono a due diverse categorie, e queste ci aiutano anche a comprendere il fenomeno: la prima vive negli OPG da anni, da anni e anni, per la proroga che il giudice concede alla loro reclusione, spesso ben al di là del tempo di pena previsto per il reato commesso; proroga spesso motivata dalla mancanza di servizi territoriali alternativi e percorsi di cura personalizzati. Il secondo gruppo trascorre in OPG tempi relativamente brevi, per lo più in attesa di giudizio; anche questo è un elemento che ci deve indurre a procedere con velocità a risolvere il problema. E di fatto – e questo è un dato altrettanto, devo dire, drammatico per certi versi – il 31 per cento degli attuali 836 internati sono sottoposti ad una misura di sicurezza provvisoria, mentre poco meno del 70 per cento sono autori di reati di scarsa rilevanza.
  Il testo modificato e approvato al Senato proroga di un anno la chiusura degli OPG, indica obiettivi chiari, verificabili e tempi certi. E riteniamo vada nella direzione giusta per procedere alla loro chiusura, senza che ciò porti alcun nocumento alla sicurezza delle persone o accresca la pericolosità sociale connessa all'infermità mentale. Alcune esperienze già in atto sui territori mostrano come sia possibile un diverso approccio alla pericolosità sociale degli infermi di mente, approntando percorsi Pag. 7di cura e reinserimento che limitino le misure di contenimento e la limitazione delle libertà solo se strettamente necessario.
  Possiamo anche dire che il testo approdato alla Camera costringe – mi si passi questo termine – il nostro Sistema sanitario a prendersi cura in modo personalizzato degli «ultimi tra gli ultimi», oggi privati non solo della libertà, ma anche di una qualsiasi prospettiva di futuro e di riabilitazione. Il testo tra l'altro evita che le REMS si trasformino in piccoli OPG: un percorso dunque che inizia nei luoghi di detenzione, prosegue nelle REMS, e poi si conclude nelle strutture sanitarie di salute mentale o nelle strutture delle ASL. Va dunque nella direzione giusta il rafforzamento dei dipartimenti di salute mentale al fine di cercare le condizioni ottimali per l'accoglienza dei dismissibili, con una efficace presa in carico da parte dei servizi di salute presenti sul territorio, al fine di ottenere la realizzazione di un percorso che tenda al recupero della persona e, laddove possibile e auspicabile, al reinserimento sociale.
  Il testo prevede – brevemente, e mi avvio alla conclusione; alcuni passaggi li ha ricordati il collega Mattiello – l'adozione di misure diverse dal ricovero in OPG, anche nei riguardi dei seminfermi di mente per i quali sarebbe previsto il ricovero in case di cura e di custodia; l'impossibilità di disporre la custodia cautelare provvisoria in OPG dell'infermo e del seminfermo di mente (la misura prevista è il ricovero presso apposite strutture ospedaliere); un maggior rigore nell'accertamento della pericolosità sociale che giustifica il ricovero in OPG. Le regioni, senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato, devono organizzare corsi di formazione per gli operatori del settore, intesi alla progettazione e all'organizzazione di percorsi terapeutico-riabilitativi e al soddisfacimento delle esigenze di mediazione culturale. Le regioni, ancora, entro il 15 giugno 2014 possono modificare i programmi presentati, e destinare parte delle risorse alla riqualificazione dei dipartimenti di salute mentale, e allo stesso tempo contenere il numero complessivo di posti letto da realizzare nelle REMS.
  Il testo ancora prevede il rispetto degli impegni per il superamento degli OPG e, se ciò non avvenisse, tutto ciò va a riguardare il rispetto dei livelli essenziali di assistenza e, quindi, far rientrare questa azione nel sistema premiale di riparto delle risorse destinate al Servizio sanitario nazionale.
  Ancora, i percorsi terapeutici riabilitativi individuali di dimissione di ciascuno dei ricoverarti negli OPG devono essere predisposti – ricordava questo anche il collega Mattiello – e inviati obbligatoriamente al Ministero della salute e alle competenti autorità giudiziarie entro 45 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto in esame.
  Ancora le regioni, attraverso i dipartimenti e i servizi di salute mentale delle proprie aziende sanitarie, devono predisporre, in accordo con gli OPG, programmi individualizzati di dimissioni di ciascuna delle persone ricoverate negli OPG. Ancora, per i pazienti per i quali sia stata accertata la persistente pericolosità sociale il programma deve documentare – come forse prima non accadeva così – in modo puntuale le ragioni che sostengono l'eccezionalità e la transitorietà del ricovero.
  Ancora, l'insediamento presso il Ministero della salute – taglio il mio intervento, Presidente – che deve appunto operare entro 30 giorni, di un organismo di coordinamento per il superamento degli OPG composto dai rappresentanti dei Ministeri della salute e della giustizia, delle regioni e delle province autonome. Il nuovo organismo si raccorda con l'esistente Comitato paritetico interistituzionale. La previsione di una relazione – a me pare questo importante e ci aiuterà a stare nel tempo che questo anno di proroga ci concede – trimestrale alle Camere del Ministro della salute e del Ministro della giustizia sul superamento degli OPG.
  Concludo, Presidente, chiudere definitivamente gli OPG è oggi un dovere di civiltà – lo dico convintamente, credo a Pag. 8nome della maggioranza – un dovere di solidarietà come recita l'articolo 2 della nostra Costituzione, nella prospettiva indicata dal Presidente della Repubblica che, al momento dell'emanazione del decreto-legge, con una nota ha espresso, testualmente: «sollievo per gli interventi previsti nel DL per evitare ulteriori slittamenti e inadempienze, nonché per mantenere il ricovero in OPG soltanto quando non sia possibile assicurare altrimenti cure adeguate alla persona internata e fare fronte alla sua pericolosità sociale».
  Ce lo chiedono le altre istituzioni del Paese, ce lo chiedono le famiglie, le professioni – in questi giorni abbiamo ricevuto indicazioni e sostegno a procedere in questa direzione – ce lo chiedono le associazioni di volontariato e le associazioni del terzo settore che sono impegnate da sempre nel sostegno alle strutture di salute mentale. Come relatore della XII Commissione, Presidente, non posso dunque che auspicare la rapida approvazione del testo, così che si possa davvero procedere, come previsto dallo stesso testo, alla chiusura definitiva degli OPG.

  PRESIDENTE. Ha facoltà ora di intervenire il relatore di minoranza, onorevole Rondini, che, però, non è in Aula. Eventualmente potrà intervenire in sede di replica. Ha facoltà di intervenire il rappresentante del Governo.

  COSIMO MARIA FERRI, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, devo dire che ho ascoltato con grande interesse i relatori di maggioranza e la posizione del Governo è identica nei contenuti, e non solo nella forma, a quanto emerso nelle relazioni dei due relatori, onorevoli Patriarca e Mattiello.
  Voglio solo aggiungere quello che sta facendo il Governo in questo periodo, proprio per aggiornare il Parlamento sull'importanza di questo provvedimento.
  Nello stesso tempo, il Governo, il Ministero della giustizia insieme al Ministero della salute (ho seguito questo provvedimento insieme al collega De Filippo), è consapevole della necessità di fare tutto ciò che è possibile in questo anno di proroga per porre fine davvero agli ospedali psichiatrici giudiziari. Prima si parlava di civiltà di un Paese democratico e anche di un progresso e di migliore acquisizione di quello che ci ha detto fino ad oggi la moderna scienza giuridica, criminologica e psichiatrica, sulla natura di questi ospedali psichiatrici giudiziari.
  Così non può andare più avanti e per questo, seppure a malincuore, è stato prorogato questo termine di un anno. Nello stesso tempo, occorre lavorare tutti insieme per cercare, appunto, di mettere a regime questo provvedimento.
  Il Ministro della giustizia ha già convocato i direttori degli ospedali psichiatrici giudiziari e ha iniziato un'attività di collaborazione costruttiva e di monitoraggio con la magistratura di sorveglianza. Nello stesso tempo, sarà cura del Ministero della giustizia, insieme con il Ministero della salute, coordinarsi con le regioni affinché ciascuna regione possa, in tempi brevi, assicurare l'apertura delle residenze, delle cosiddette REMS più volte già citate, cioè le residenze per l'esecuzione delle misure di sicurezza.
  Devo dire, però, che nel prorogare si poteva fare la scelta – il Governo poteva fare la scelta – di prorogare il termine di un anno, essendo un decreto di proroga, senza aggiungere altro. E non solo il Governo nel testo iniziale, ma anche il Senato, le Commissioni riunite giustizia e affari sociali, così come nel dibattito alla Camera, hanno aggiunto alcuni punti che voglio sottolineare brevemente, perché sono fondamentali nel porre in essere l'attenzione da parte di tutti.
  Intanto, occorre evidenziare come la misura dell'ospedale psichiatrico giudiziario sia ribadita come una misura residuale e, quindi, si invita il magistrato, nell'applicazione e nella scelta delle varie misure di sicurezza che possono essere applicate, a tenere conto che la misura dell'ospedale psichiatrico giudiziario – che come misura in sé rimane perché viene abolita la modalità di esecuzione e quindi non più presso gli ospedali psichiatrici ma presso Pag. 9le REMS – deve essere valutata, utilizzata e applicata come una misura residuale.
  Infatti, l'inciso – lo voglio sottolineare – «salvo quando sono acquisiti elementi dai quali risulta che ogni misura diversa non è idonea ad assicurare cure adeguate e a fare fronte alla sua pericolosità sociale» è un inciso che deve essere sottolineato, perché evidenzia la volontà del legislatore di ribadire, ancora una volta, all'autorità giudiziaria che nel disporre, nei confronti dell'infermo di mente e del seminfermo di mente, l'applicazione di una misura di sicurezza debba utilizzare, come regola generale, misure di sicurezza diverse dal ricovero in un ospedale psichiatrico giudiziario, in una casa di cura e custodia. Quindi, questo è un segnale importante che occorre evidenziare.
  Allo stesso modo, questo provvedimento cerca di guardare al rapporto tra Stato e regioni. Sono stati già citati dai relatori i corsi di formazione, ai quali le regioni sono tenute. Quindi, le regioni, nell'ambito delle proprie risorse destinate – e, quindi, senza incidere sulla finanza pubblica, ma nell'ambito delle risorse destinate alle regioni in sede di formazione – devono organizzare corsi di formazione per gli operatori del settore finalizzati alla progettazione e all'organizzazione dei percorsi terapeutico-riabilitativi e alle esigenze di mediazione culturale. Dunque, si concede anche un termine alle regioni per modificare, entro il 15 giugno, i programmi presentati in precedenza, proprio al fine anche di modernizzare e riqualificare i dipartimenti di salute mentale.
  Inoltre, fino al superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari, per quanto riguarda l'attuazione delle norme contenute in queste disposizioni, si specifica che costituisce adempimento ai fini della verifica del Comitato permanente per la verifica dell'erogazione dei livelli essenziali di assistenza. Inoltre, si parla di percorsi terapeutico-riabilitativi individuali, come accennato prima già dall'onorevole Patriarca, che sono importanti perché guardano al momento in cui viene dimessa la persona ricoverata negli ospedali psichiatrici giudiziari.
  Quindi c’è un passaggio delicato con riferimento alle dimissioni perché il Servizio sanitario, in particolare quello mentale, deve prendere in carico e tutte le strutture e gli operatori del settore devono essere pronti per accogliere, per seguire queste persone e per verificare anche il loro stato di salute. Concludo, evidenziando una delle norme di questo provvedimento che, secondo me, ha un significato particolare perché pone fine, non solo ad un dibattito giurisprudenziale e dottrinale che negli anni abbiamo vissuto, ma segna davvero un passo in avanti per quanto riguarda la materia e la disciplina degli ospedali psichiatrici giudiziari. È stato già citato anche dai relatori – lo voglio ripetere – parlo del comma 1-quater: con questa disposizione, per la prima volta, voi sapete che le misure di sicurezza fino a oggi, o meglio fino a quando questo decreto-legge non sarà convertito in legge e quindi mi auguro ancora pochi giorni e quindi, fino a quando non entrerà in vigore questo decreto, le misure di sicurezza, anche quella della collocazione in ospedale psichiatrico giudiziario, possono avere una durata illimitata, una durata – lo ripeto – illimitata, con il solo obbligo per il giudice di verificare ogni sei mesi la pericolosità sociale dell'internato.
  Questo è importante perché la questione era stata sollevata alla Corte costituzionale, la quale, proprio perché è previsto l'obbligo per il giudice ogni sei mesi di verificare la pericolosità sociale del soggetto internato aveva ritenuto questa disposizione costituzionalmente in linea con la nostra Costituzione e quindi aveva consentito a questa interpretazione e a questa disposizione che permetteva di collocare con una durata illimitata la persona negli OPG.
  Tra l'altro, nel dibattito al Senato, alcuni avevano anche citato l'esempio particolare di un soggetto che, per – mi pare – il reato di rapina di 7.000 delle vecchie lire ancora oggi si ritrovava internato presso un OPG, se non sbaglio, di Barcellona Pozzo di Gotto. Ecco, oggi questo non sarà più possibile perché – e lo voglio sottolineare – le misure di sicurezza detentive Pag. 10provvisorie o definitive, compreso il ricovero nelle residenze per l'esecuzione delle misure di sicurezza, non possono durare oltre il tempo stabilito per la pena detentiva prevista per il reato commesso, avuto riguardo alla previsione edittale massima.
  Per la determinazione della pena, a tali effetti, si applica l'articolo 278 del codice di procedura penale e invece, per i delitti puniti con la pena dell'ergastolo, non si applicherà la disposizione ora che ho letto, di cui al primo periodo.
  Quindi, questo è importante perché, da oggi, la misura di sicurezza, ad eccezione dei reati puniti con la pena dell'ergastolo, non potrà più avere una durata illimitata, ma la durata massima sarà legata alla previsione edittale massima per il reato per il quale viene applicata la misura di sicurezza. Questo è un principio davvero di grande civiltà ed è la grande novità, secondo me, di questo provvedimento che fa ben sperare per il futuro perché è un passo in avanti importante e significativo e quindi ora non rimane che, tutti insieme, sia Governo che forze parlamentari, che le associazioni sul territorio si lavori per cercare di attuare al più presto, con la collaborazione delle regioni, questo provvedimento.
  È questo lo spirito e il senso – e chiudo – anche dell'Organismo di coordinamento per il superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari che è previsto al comma 2-bis ed è questo il senso di questo organismo di coordinamento presso il Ministero della salute proprio perché si vuole accompagnare questa fase, certamente non facile perché anche la proroga certamente non è stata un risultato, un atto dovuto di fronte alla situazione che avevamo potuto verificare nelle regioni.
  Certamente, grazie all'aiuto anche di questo organismo di coordinamento, potremo cercare di utilizzare al meglio quest'anno. L'impegno del Ministero della giustizia è massimo per evitare ulteriori proroghe e per far sì che tutto segua il corso che tutti si aspettano.

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Miotto. Ne ha facoltà.

  ANNA MARGHERITA MIOTTO. Signor Presidente, affrontiamo una questione che è difficile, perché è attraversata da pregiudizi e da difficoltà oggettive; non ultime fra queste, metto la questione dei tagli alla sanità, che si sono realizzati negli anni scorsi e che poi hanno avuto ripercussioni rilevanti, soprattutto sui servizi che attengono alle attività dei dipartimenti di salute mentale, un po’ la cenerentola nell'ambito del sistema sanitario regionale.
  Dico che è un tema difficile, e tuttavia voglio sottolineare il dato importante che già i relatori ci hanno presentato in quest'Aula; un risultante importante che è conseguito ad una discussione molto seria che si è svolta al Senato e che voglio molto rapidamente richiamare. Abbiamo alle nostre spalle i risultati della Commissione di inchiesta sugli OPG condotta dal senatore Marino. Le quattro grandi questioni che sono state rilevate in quella relazione sono quattro denunce che andavano affrontate con efficaci strumenti legislativi; così, in parte, è avvenuto già.
  Le quattro questioni sono: gravi ed inaccettabili carenze strutturali igienico-sanitarie in tutti gli OPG, salvo quello di Castiglione delle Stiviere e, in parte, quello di Napoli; un assetto strutturale, in tutti, totalmente diverso da quello riscontrabile nei servizi psichiatrici italiani; una disponibilità di competenze mediche specialistiche globalmente insufficiente in tutti gli OPG rispetto ai numeri dei pazienti in carico; la pratica delle contenzioni fisiche e ambientali, che lasciano intravedere pratiche cliniche inadeguate e, in alcuni casi, lesive della dignità della persona, nonché la mancanza di puntuale documentazione degli atti contenitivi.
  Quattro denunce che, peraltro, avevano già visto ripetute sentenze della Corte, oltre all'autorevolissimo richiamo del Presidente della Repubblica, che avevano interpellato le istituzioni con l'urgenza che, invece, devo dire, non aveva trovato riscontro in provvedimenti coerenti, come il decreto-legge iniziale di chiusura degli Pag. 11OPG, o, meglio, di «superamento» degli OPG, perché il termine «superamento», colleghi, implica di per sé l'assunzione della responsabilità della presa in carico.
  La «chiusura», in verità, potrebbe semplicemente corrispondere ad un atto amministrativo. È ben diverso parlare di «superamento»: significa prendersi carico delle persone che oggi vivono all'interno degli OPG in una condizione di degrado che non è sopportabile. Dicevo che le istituzioni dovevano prendersi carico di questo problema con adeguati provvedimenti legislativi. Lo hanno già detto i relatori, non voglio qui richiamare il decreto sul superamento degli OPG, ma a tutto questo ha fatto seguito un'intensa attività, in collaborazione con la Conferenza delle regioni: vi sono i decreti di attuazione di quell'iniziale decreto-legge, l'individuazione degli standard, dei bacini di afferenza degli attuali reclusi negli OPG nelle nuove strutture, le REMS, che dovranno essere predisposte.
  Un'attività intensa di collaborazione – dicevo – fra regioni e Governo per consentire che questa, che è una norma così attesa ed auspicata, fosse davvero messa in pratica, attuata. Si sono registrati dei ritardi, questo è vero, dispiace concedere una proroga, certamente, ma sarebbe irresponsabile ignorare il fatto che sono stati attivati solo parzialmente i percorsi di presa in carico delle persone malate. Noi dobbiamo sapere che, dopo la solitudine della presenza negli OPG di questi malati, non possiamo, paradossalmente, lasciare le persone sole e abbandonate fuori dall'OPG. Quindi, è evidente che si rende necessaria questa proroga, per rendere possibile ciò che un'interessante risoluzione, approvata anch'essa dal Senato qualche settimana fa, ci ha consegnato. Ora, questa risoluzione è importante perché contiene, richiamo solo quattro o cinque contenuti di questa risoluzione, gli elementi che poi hanno sostenuto, alimentato, ispirato gli emendamenti al decreto-legge di proroga termini che, come ci ha detto il Viceministro, in verità non è una semplice proroga termini, ma, proprio grazie a questi emendamenti, diventa un provvedimento per accompagnare l'effettivo superamento degli OPG. In questo sta il valore di questo decreto-legge. I quattro e cinque elementi che voglio solo citare riguardano il differimento del termine, proprio per rendere possibile questo effettivo superamento, ma soprattutto, mi preme sottolineare il fatto che veniva, con questa risoluzione, impegnato il Governo affinché potesse disporre che le regioni, attraverso i Dipartimenti di salute mentale, potessero già avviare programmi individualizzati di dimissione di ciascuna delle persone ricoverate, pazienti per i quali è stata accertata la pericolosità sociale, talvolta in fase di superamento, talaltra, se permanente, in presenza di un programma documentato dove ci siano le ragioni per sostenere l'eccezionalità e la transitorietà del prosieguo del ricovero. Inoltre, veniva impegnato il Governo affinché l'attuazione di questo provvedimento costituisse oggetto di verifica al tavolo degli adempimenti dei livelli essenziali di assistenza; veniva previsto (ciò è poi stato trasferito nel decreto-legge) che le regioni potessero rimodulare i programmi già presentati per l'utilizzo dei fondi in conto capitale, tenendo conto dell'esigenza di riqualificare i Dipartimenti di salute mentale, di limitare il numero complessivo dei posti letto da realizzare nelle REMS e di evitare che le risorse siano destinate alla ristrutturazione e alla realizzazione di strutture private, utilizzando, in parte, le risorse a disposizione per le attività di formazione. Veniva, inoltre, riconfermata la necessità di disporre dei poteri sostitutivi in caso di inerzia di qualche regione e veniva invocata poi l'istituzione della cabina di regia che è stata appena richiamata dal Viceministro. Ed è importante poi naturalmente la raccomandazione...

  PRESIDENTE. Concluda.

  ANNA MARGHERITA MIOTTO. ... per l'attivazione dei moduli di formazione personale – finisco rapidamente signor Presidente – volti a creare una cultura capace di progettare e organizzare programmi Pag. 12terapeutico-riabilitativi nei confronti di persone che hanno diritto ad essere curate.
  Ora io termino, richiamando semplicemente due aspetti, uno assolutamente positivo di questo provvedimento ed un secondo che riguarda una preoccupazione. L'aspetto positivo è che, con questo provvedimento, ci si inserisce perfettamente nel continuum della cura del malato con sofferenza psichiatrica, come per qualsiasi malato, così anche per il malato reo.
  Si completa un disegno. La legge n. 180 del 1978 contiene, per così dire, un disegno che viene utilizzato come esempio da molte legislazioni europee. Cerchiamo di valorizzare questa che è stata un'intuizione, che risale a più di trent'anni fa, ma che mantiene la sua validità. Capisco gli aspetti critici.

  PRESIDENTE. Onorevole Miotto, scusi se la interrompo, solo per sua informazione e vale anche per gli altri colleghi del Partito Democratico. Ovviamente, lei ha fino a trenta minuti. Il gruppo mi ha segnalato di indicarle dieci minuti ed io la invito a concludere, a dieci minuti. Sappia che i dieci minuti sono trascorsi, ma sappia anche che il suo intervento, come per i suoi colleghi, può arrivare fino a trenta minuti.

  ANNA MARGHERITA MIOTTO. Grazie, signor Presidente, ma concludo subito, la ringrazio. So che ci sono anche degli elementi di criticità e ci sono stati segnalati anche in questi giorni e in queste ore. Però debbo dire una cosa a chi sostiene che i tempi sono troppo stretti e poi presenta proposte emendative per allungare le scadenze al 2017: c’è una qualche incoerenza.
  Mi preoccupano naturalmente – e non possono non farlo – le critiche che da una parte di esponenti importanti della psichiatria italiana sono arrivate in queste ore. Ecco, io capisco che possano esserci preoccupazioni. Sono il frutto, secondo me, di una debolezza complessiva nella vita quotidiana degli interventi a sostegno dei dipartimenti di salute mentale, cioè il mancato investimento nei dipartimenti di salute mentale fa sì che ci possa essere una qualche preoccupazione su come si farà a prendere in carico queste nuove 800 persone.
  Allora, il problema non è quello di tornare indietro e so bene che la psichiatria italiana non è attestata su questo fronte. Non si tratta di tornare indietro, ma si tratta di fare uno sforzo importante. Perché ? Perché quest'iniziativa, che viene qui sostenuta da atti legislativi importanti, che si sono ripetuti peraltro nel tempo, possa essere attuata. Questo è il punto. La sfida è fare ciò che scriviamo nelle norme. Mi sembra che gli impegni che anche il Governo ha espresso, anche in sede di Commissione come qui, siano forieri di risultati positivi.
  Voglio anche aggiungere un elemento. C’è un nuovo capitolo da affrontare e riguarda l'assistenza penitenziaria, perché in quel caso c’è un nuovo elemento di separatezza rispetto all'assistenza delle persone malate ed ai compiti del Sistema sanitario nazionale. Dobbiamo affrontare anche quel tema ma, attenzione, non pensiamo che, introducendo scorciatoie ed affrontando con vie separate i problemi di salute delle persone, si possano risolvere i problemi. Qui abbiamo davvero una sfida importante da affrontare. Penso che ci siano tutte le condizioni per potere realizzare ciò che le norme questa volta in maniera compiuta ci consegnano. Credo che non mancherà l'attenzione del Parlamento per far sì che questo monitoraggio, che viene fatto al livello interministeriale, possa trovare un'eco anche nelle Aule parlamentari così attente, come sono state negli anni passati dal 2008 in poi, da quando cioè è stata promossa l'indagine conoscitiva.

  PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Miotto. Sarebbe ora iscritto l'onorevole Cecconi. Se i colleghi non hanno obiezioni, poiché ci sono dei problemi per alcuni deputati che sono in treno e che portano qualche minuto di ritardo, la Presidenza cercherà di organizzare gli interventi, scambiandoli anche rispetto all'ordine originario Pag. 13in modo da consentire a tutti di potere intervenire. Quindi, nella fattispecie, se l'onorevole Binetti è disponibile, io le concedo la parola per il suo intervento.

  PAOLA BINETTI. Signor Presidente, signor sottosegretario, colleghi, ci troviamo a discutere dopo pochi giorni di nuovo su questo tema, che è uno dei temi più complessi che riguardano l'aspettativa generale delle persone.
  Ci sono due cose che incutono timore nelle persone. La prima è il timore del gesto criminale, il timore del gesto soprattutto quando si connota con violenza, quando in qualche modo prevede un'azione di danno diretto ad un'altra persona. L'altra cosa che crea una grande ansia nelle persone è l'imprevedibilità, profondamente legata a quello che è il comportamento della persona malata di mente. Ciò che più crea ansia nel contesto familiare, sociale, professionale nel rapporto con la persona malata di mente è che non si riesce a prevederne quelli che potrebbero essere i comportamenti.
  I due elementi – l'elemento della pericolosità, da un lato, e l'elemento dell'imprevedibilità, legata alla malattia mentale, dall'altro – hanno sempre circondato di uno stigma particolarmente grave queste persone, perché l'opinione pubblica, comprese a volte anche le persone più vicine maturano un sentimento profondo di paura, di ansia, per cui la marginalizzazione di queste persone risponde prima di tutto a un bisogno di tutela della persona sana, soprattutto da quelli che sono i suoi fantasmi interiori, da quelle che sono le sue paure. A volte sono gesti molto concreti, a volte sono gesti di violenza esplicita, gesti anche di una violenza che si ripete senza senso.
  Abbiamo visto in questi giorni l'episodio del – chiamiamolo così – killer delle cascine, o come lo vogliamo chiamare. La cosa che colpisce di più dell'espressione di quest'uomo è la mancanza di senso. Infatti, non credo che nessuno di noi possa assumere per un comportamento di quel tipo la giustificazione: «le donne mi respingevano». Credo che sia una situazione più diffusa di quello che sembra e fortunatamente, però, non comporta azioni e reazioni di questo tipo. C’è qualcosa che sfugge e ciò che sfugge crea ansia, crea angoscia e dall'angoscia ognuno di noi si difende come può.
  Noi sappiamo che la prima legge in Italia a disporre di ricovero coattivo all'interno dei manicomi è stata la legge del 14 febbraio 1904. Mi fa piacere ricordarla perché sono passati 110 anni dall'approvazione di questa legge.
  Questo per dire che già all'inizio del secolo scorso per la persona, che diventava attrice di comportamenti prevedibilmente lesivi nei confronti degli altri, ma che in qualche modo suscitava nel giudice, nelle persone chiamate a prendere decisioni nei suoi confronti quegli elementi di perplessità che rendevano possibile capire che non sarebbe bastato o forse non era nemmeno giusto chiuderla in un carcere, nascono in quel momento gli ospedali giudiziari, ma nascono a tutela di questa persona. Come dire, per questa persona il tribunale non può comandare una soluzione di reclusione che prescinda da quella che è la sua condizione di fragilità. In qualche modo il manicomio giudiziario si prendeva carico in quel momento di persone che venivano viste prima di tutto come malate e poi come persone che avevano messo in atto comportamenti lesivi per la sicurezza generale.
  Successivamente vi è la riforma dell'ordinamento penitenziario del 1975. Voglio dire, ci sono voluti altri settant'anni perché questa norma cambiasse ed è interessante sottolineare che il 1975 precede di qualche anno la legge cosiddetta Basaglia del 1978. Quindi, prima ancora che maturi la chiusura degli ospedali psichiatrici, quindi, in pieno dibattito culturale su questo tema, si ha una riforma dell'ordinamento penitenziario e quindi si entra a far parte di un sistema più complessivo, che in un certo senso sposta i pesi.
  Dico questo con un certo interesse, perché attualmente si sta facendo un'operazione di tipo inverso. Con l'operazione del 1975 il peso viene spostato più verso la componente giudiziaria. Adesso, quello Pag. 14che noi stiamo facendo con questo decreto-legge in qualche modo è spostare il peso, invece, verso la valutazione di tipo sanitario. Questa sorta di pendolarismo che lega queste diverse valutazioni è un indice della complessità del tema, un indice della complessità del problema che non ammette soluzioni facili, che non ammette soluzioni ideologiche, che non ammette di poter assumere come punto di riferimento esclusivamente – se vogliamo, io preferisco chiamarlo così – il paziente.
  Infatti comunque anch'io sono inserita in una logica che vede prevalentemente in queste persone la dimensione della malattia, rispetto a quello che è il comportamento presunto criminale.
  E questo punto però si ripeterà continuamente, cioè noi oscilleremo costantemente da un'enfasi messa più sull'aspetto giudiziario, quindi più sulla colpa e quindi, attraverso la colpa, la riparazione e poi il reinserimento sociale, e in altri momenti insisteremo di più su quello che è l'elemento della malattia e quindi più sulla cura e quello che è un diverso modo di intendere, un diverso modo di impostare, un diverso modo di valutare il pieno inserimento di queste persone nel contesto sociale.
  Il ricovero in OPG è attualmente previsto dall'articolo 222 del codice penale, su cui però si è più volte espressa la Corte costituzionale. A me interessa molto; io non sono notoriamente né un'esperta di codici né un'esperta, da questo punto di vista, di questo tipo di normativa, però mi interessa sottolineare che il riferimento a questa sentenza della Corte costituzionale è del 2003, circa dieci anni prima che noi facessimo la legge cosiddetta di chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari.
  Cosa diceva, cosa ci diceva nel 2003 la Corte costituzionale ? Dichiarava l'illegittimità costituzionale di quella parte dell'articolo che non consente al giudice di adottare, in luogo del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario, una diversa misura di sicurezza prevista dalla legge idonea ad assicurare adeguate cure dell'infermo di mente e a far fronte alla sua pericolosità sociale.
  Il collega Patriarca, che è il relatore di maggioranza, ha sottolineato e ha citato questa sentenza perché resta un punto di riferimento forte, da cui noi non prescinderemo: qualunque legge faremo, anche il passaggio dagli OPG ai REMS sempre si collocherà in questa forbice, che vede la persona da un lato come infermo di mente e dall'altro nella prospettiva della pericolosità sociale. Non basterà la legge, la norma, la chiusura degli OPG, l'apertura dei REMS per togliere questo, che è l'elemento cruciale della situazione con cui noi ci confronteremo e con cui queste persone si confronteranno e chiunque dovrà prendere decisioni nei loro confronti dovrà tenere conto di queste due dimensioni.
  Anche nel 2004 c’è stata un'analoga sentenza, che si è espressa sull'incostituzionalità e via dicendo. Nel 2011 – lo ricordiamo tutti, molti di noi erano presenti – il decreto-legge del 22 dicembre 2011, successivamente convertito in legge il 17 febbraio 2012, aveva disposto, all'articolo 3-ter, la chiusura delle strutture per la data del 31 marzo 2013: il 17 febbraio del 2012, la chiusura delle strutture per il 31 marzo 2013.
  Con tutto il rispetto per gli amici che in quel periodo parteciparono a questa Commissione d'inchiesta, con tutto l'orrore che ancora abbiamo nei nostri occhi per quelle immagini che la televisione mandò più volte in onda, con tutto quello scandalo esploso sui giornali in quei giorni, oggettivamente pensare che tra il 17 febbraio del 2012 ed il 31 marzo del 2013 si potessero chiudere gli OPG, lasciatemelo dire, era comunque di un'ingenuità assoluta.
  Quello che andava ribadito – e giustamente – era il principio. Quella che andava ribadita era l'insensatezza di alcune situazioni. È troppo facile, vedete, pure prima il sottosegretario... Viceministro o sottosegretario ?

  COSIMO MARIA FERRI, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Sottosegretario.

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  PAOLA BINETTI. Qualcuno l'ha citata come Viceministro e io ho detto: caspita, mi è sfuggita la nomina ! Comunque, ad maiora.
  Comunque quello che voglio dire è: citare sempre il signore che per 7 mila lire era ancora in carcere è l'insensatezza assoluta del sistema, ma molte delle persone che sono nei manicomi criminali non ci sono per 7 mila lire. Quello è, come dire, quando io assumo l'esempio più distruttivo di una logica per metterlo in primo piano e quindi voler poi, da quel punto, da quella logica, in qualche modo ricavare l'orrore globale della norma. Non è così, evidentemente, nessuno di noi davanti ad un poveraccio che ha rubato 7 mila lire... tuttalpiù ti tieni la borsa stretta, ma non c’è nessuna angoscia che susciti in noi il povero che abbia rubato 7 mila lire. Di fatto ci colpisce, ci colpisce molto per questo.
  Ma non è lì che noi dobbiamo portare l'attenzione perché non sono le 7 mila lire che suscitano l'ansia e il senso della pericolosità sociale che il malato di mente che si è reso in qualche modo responsabile di atti criminali suscita in tutti noi. È la violenza ciò che ci sgomenta tutti; è la madre che uccide un figlio e che non ottiene, né gli arresti domiciliari, né altre soluzioni alternative perché in qualche modo il giudice, con la suggestione che gli viene dalla consulenza offerta dai colleghi psichiatri esperti di questo campo, sostiene che potrebbe reiterare.
  Questo è l'orrore che noi dobbiamo tener presente, altrimenti noi non capiamo che tipo di rivoluzione stiamo facendo con questa legge; non capiamo perché c’è tanta angoscia che si suscita e cosa richiederà questa legge. Benissimo, vengano pure i REMS, vengano pure queste piccole strutture in cui diventa più facile l'accompagnamento sul piano sociale e sul piano terapeutico. Signori, noi sappiamo però – e faceva riferimento prima a questo la collega Miotto – qual è la vera tragedia della legge Basaglia. Accanto all'affermazione straordinaria del valore della dignità umana, accanto a questo smantellamento profondo già allora di quella che era la cultura dello scarto, il motivo per cui ancora oggi la legge n. 180 del 1978 richiederebbe un suo maquillage profondo, è che di fatto quella legge pecca per due punti deboli: il primo, una volta che io ho chiuso l'ospedale psichiatrico, dove inserisco queste persone, le famose case famiglie, i piccoli luoghi dove inserire queste persone; l'altro, la solitudine assoluta delle famiglie di queste persone.
  Questi sono problemi veri con cui la psichiatria vera si confronta. Infatti, sono i problemi che poi portano le persone a comportamenti drammatici, a volte anche comportamenti di tipo autolesivo. Quindi, circa le REMS, per crearle i fondi stabiliti, non a caso, non sono irrilevanti; non a caso durante il dibattito alcuni dei colleghi hanno fatto notare che ogni volta che si mettono in piedi iniziative che riguardino costruzioni a qualunque titolo, si mette anche una tensione che vorremmo tutti evitare. Tuttavia, di fatto, forse è la stessa esperienza di questi giorni dell'Expo che ci dice che, quando ci sono dei lavori, quando ci sono dei fondi, quando ci sono delle risorse, è possibile anche il rischio della corruzione, è possibile anche il rischio della malversazione, è possibile anche il rischio di operazioni che di fatto non rispondono fino in fondo agli obiettivi che si propongono.
  Ben vengano, quindi, anche questi REMS, ma ben vengano in una cultura dell'assistenza psichiatrica che prende in carico i malati. Penso ai depressi gravi, agli schizofrenici. Me lo lasci dire così: poveretti, non hanno mai fatto nulla di danno ad un altro, ma hanno comunque creato nella vita di famiglia questa situazione di pericolo quasi incombente. Ben vengano queste strutture, le aspettiamo tutti con un'attesa che non viene dal decreto-legge 17 febbraio 2012, n. 9. Le aspettiamo dai tempi della legge Basaglia. È dal 1978 che noi aspettiamo le soluzioni in cui i malati psichiatrici possano trovare assistenza una volta usciti dal momento drammatico dell'acuzie, e, quindi, anche eventualmente dai TSO che vorremmo sempre minori, sempre più contenuti, sempre più limitati. Ma noi sappiamo che Pag. 16quando li mandiamo sul territorio, non abbiamo le risorse, non abbiamo le strutture. E non mi riferisco solo alle strutture logistiche, alle case, anche se poi ci dovremmo chiedere dove costruiamo queste case, come le collochiamo, quale sarà la percezione del territorio intorno a tutto questo. Infatti, anche questo noi l'abbiamo vissuto laddove a volte si sono volute creare case-appartamento con una concentrazione, contenuta, ma reale di pazienti psichiatrici in condomini e abbiamo dovuto fare i conti con le ansie, le tensioni, le preoccupazioni che tutto questo suscitava tra i cosiddetti normali, i quali hanno anche loro diritto alle loro paure e alle loro angosce. Comunque io dico ben vengano queste.
  Ma rendiamoci conto che, senza le strutture culturali di riferimento, senza le strutture di accoglienza, che riguardano il tessuto sociale intorno, è come se fosse un'operazione a cerchi concentrici: dovremo affrontare, qualcuno dovrà affrontare il rapporto – poniamo – con le persone che vivono intorno, qualcuno dovrà affrontare il rapporto con quelle che saranno le iniziative concrete di reinserimento.
  Sappiamo – perché lo abbiamo discusso tante volte e lei, sottosegretario, è stato presente tantissime volte nel dibattito che si è fatto, per esempio, rispetto alle carceri sulle pene alternative, sul lavoro in carcere, sul lavoro fuori dal carcere, sul lavoro con questa sorta di membrana permeabile di entrata e di uscita – quanto non sia facile.
  Ciò che temiamo in questo momento non è il fatto che noi voteremo certamente – anche perché non abbiamo un'alternativa – l'anno in più; votiamo ancora più convintamente per il processo culturale che è stato fatto intanto in queste Aule – dove pure sussiste molto forte, in molti casi, lo stigma – e poi intorno a queste Aule, sulla stampa, sui mezzi.
  Ma noi abbiamo bisogno di modificare anche un approccio culturale, senza sottovalutare ansie ed angosce delle persone, anzi, avendo ben consapevole il rischio di questo, il famoso tema che – ancora insisto – in questi giorni era su tutti i giornali della «persona della porta accanto». Beh, non è così semplice volere che i propri figli vivano in una casa, in un appartamento: adesso non mi riferisco ad eventuali, certamente, operazioni che hanno preso in carico azioni drammatiche agite sui bambini; quale genitore potrebbe voler correre un rischio di questo tipo ? Nessuno.
  Allora, ecco che se noi vogliamo costruire le REMS, dobbiamo molto di più costruire i canali della comunicazione culturale, che, sì, è vero, prevedono un surplus di formazione: esiste un corso di laurea specificamente dedicato alla formazione dei tecnici dell'assistenza psichiatrica. Tante volte mi sono chiesta perché i tecnici dell'assistenza psichiatrica si chiamino così e non si chiamino, per esempio, infermieri psichiatrici. Molto interessante, comunque, tutto il dibattito che c’è stato intorno quel corso di laurea. Esiste questo corso di laurea, esiste come un corso di laurea triennale, con la possibilità di accesso alla sua rispettiva magistrale, alla laurea magistrale. Quindi abbiamo lo strumento, teoricamente, da cui poter partire per formare queste persone. Dovremmo impreziosirlo con dei master, dovremmo, come dire, darne delle letture più approfondite, che prendano in considerazione meglio questa componente di presa in carico del paziente psichiatrico che in qualche modo conserva questa che non è solo etichetta, è una storia concreta fatta di gesti specifici di pericolosità sociale.
  Abbiamo questi strumenti, ma non ci basta formare il tecnico dell'assistenza psichiatrica: sarà condizione assolutamente necessaria, ma altrettanto condizione insufficiente per fare fronte a quello che stiamo chiedendo. E dobbiamo anche evitare che questo si traduca in un'operazione di sindacalizzazione: siccome faccio di più, siccome l'esposizione che io ho è a un paziente con un grado maggiore di pericolosità, questo presuppone una serie di benefit aggiunti: non è questo il punto. Il punto è come questa persona si interfaccia, si interrelaziona, nel contesto in cui sta, con le altre figure, perché è evidente Pag. 17che queste sono operazioni multidimensionali che richiedono interventi multitasking, con tante diverse componenti che agiscono e interagiscono.
  Sarebbe troppo semplice, vede, anche se vi è questa elaborazione, per esempio, che a me sembra bellissima, sul senso del tempo: noi, attraverso il dibattito fatto in Commissione affari sociali e con la Commissione giustizia, abbiamo sottolineato questa dimensione straordinaria del tempo, per cui il tempo di questo paziente non può essere un tempo di contenimento superiore a quella che avrebbe potuto essere la sua, per dire, condanna se fosse stato messo in un carcere. Nello stesso tempo, è il tempo della cura: cosa faccio ? Lo passo da un certo tipo di casa familiare, che chiamo REMS, a un altro tipo di casa familiare che avrà un altro nome e dove, comunque, la sua situazione di sofferenza e di disagio psicologico possa essere presa in carico ?
  Non so cosa faccio, ma il senso del tempo deve essere concepito come tempo della cura e non come tempo della condanna, come tempo in cui il passato può essere filtrato dall'esperienza presente per aprire una prospettiva del futuro in cui il futuro mi appartiene nel senso positivo, mi appartiene come una possibilità, come una prospettiva, come una ricchezza e non è il tempo senza tempo di cui soffrono queste persone che, molte volte, sono condannate a quelli che sono stati definiti con un'espressione, come sempre succede quando l'espressione è felice dal punto di vista dell'immaginazione che evoca, drammatica poi nella sostanza che esprime, i cosiddetti ergastoli bianchi: pazienti che sono lì dentro e che dopo un po’ non sanno più nemmeno chi sono, perché ci sono, che cosa hanno fatto, quanto tempo ancora ci staranno, cosa sarà di loro. Ma mi piace pensare che una parte importante di questo processo di rieducazione, ma anche di questo processo di contenimento delle pulsioni aggressive di queste persone, possa avvenire anche dal supporto farmacologico che i progressi della scienza permette di fare. Molta della realtà degli ospedali psichiatrici è cambiata. Oggi sappiamo che molti dei malati che erano in ospedale psichiatrico erano o persone con ritardi mentali, che quindi erano lì da un tempo immemorabile della loro gioventù, oppure persone con molte forme di demenza, come la demenza senile. Oggi immagino che molti dei malati di Alzheimer, in una cultura diversa, sarebbero stati posti in strutture così. Ma non è così. Noi abbiamo bisogno di rivedere a tutto campo la qualità dell'assistenza, la qualità dell'attenzione, la qualità della diagnosi. A me ha colpito in questi giorni un'assoluzione, che assumo come una prospettiva positiva, una prospettiva di speranza e anche una prospettiva interessante per il dibattito che stiamo facendo, di quel papà che è stato assolto perché qualche anno fa aveva dimenticato il figlio in macchina, era andato a lavorare, e quando era tornato dal suo lavoro aveva trovato il bambino morto; l'aveva semplicemente dimenticato. Cosa interessante è che è stato assolto con una diagnosi che ha posto una dimensione molto transitoria ma precisa, concreta, drammatica di quella che era stata la sua attenzione in quel momento.
  Allora, tutto questo nostro dibattito dovrà davvero essere sostenuto da un'attività di studio, da un'attività di ricerca, da una attività di problematicizzazione che accoglie la dimensione di un welfare nuovo, diverso, che non è il welfare assistenziale ma che è il welfare delle opportunità. Ma io voglio capire che tipo di opportunità saremo in grado di offrire, e la dobbiamo assumere con una grande responsabilità, con una grande capacità di innovazione, con una grande capacità di guardare a queste persone, assumendole a livello di una società nel suo insieme, perché non sarà solo questione del giudice, non sarà solo questione del malato, non sarà solo questione del tecnico psichiatrico che lo assiste o degli psicologi o degli psichiatri e di tutta l’équipe che se ne faranno carico, ma saranno soprattutto queste le persone che vivranno e che convivranno con loro.
  Allora, un anno è sufficiente ? Non lo so. Non lo so e credo che, fatto salvo il Pag. 18voto positivo alla norma, sia necessaria un'azione molto intensa, molto forte, con un monitoraggio molto stretto, che non è solo il monitoraggio dei lavori pubblici, della costruzione o della scelta delle case, ma un monitoraggio che assume la campagna di informazione, che garantisce il riferimento di queste persone alle strutture territoriali, che siano i servizi di psichiatria o comunque i luoghi e i contesti in cui si possa fare riferimento agli ambulatori e alle strutture che sono disposte a gettare un ponte positivo con questa gente, perché non possiamo nemmeno credere che nel momento in cui uscirà perché considereremo concluso il tempo di permanenza nella struttura REMS, in quel momento lì, si sarà conclusa la sua sofferenza, il suo disagio, il suo rischio. Sappiamo tutti quanti come questo di tipo di patologie hanno dei periodi di latentizzazione molto forte e poi, a un certo punto, bastano degli eventi drammatici o semplicemente di stress o di cambiamenti importanti nella loro vita che si slatentizzano queste situazioni.
  Non è una questione da poco, e io temo di più l'ideologizzazione di queste cose, temo di più l'idea del mettere fine...è rientrato nel dibattito più di una volta il riferimento alla povertà, a quanto la povertà di queste persone debba essere in qualche modo ovviamente non ascritta a colpa; ma non c’è dubbio che il malato mentale che va incontro a periodi di depressione, il malato mentale che ha un'elaborazione dell'immagine di sé priva di sicurezza, priva di autostima, prima di tutto si autocondanna ad un processo di impoverimento, perché sia autocondanna ad un processo che rende difficile il suo impegno professionale, il suo lavoro. È difficile che il datore di lavoro si faccia carico, per così dire, del lavoratore che non rende; e molte volte il lavoratore che non rende è un lavoratore malato, per qualunque tipo di motivo.
  Questo è chiaro che lo destina ad impoverirsi, e impoverirsi potrebbe perfino destinarlo a operazioni che...se le 7 mila lire costituiscono un'immagine emblematica, penso che altrettanto emblematica è l'immagine che abbiamo letto sui giornali in questi giorni delle due donne che hanno rubato in un supermercato gli hamburger; e quando sono state facilmente individuate per via delle telecamere, e quando i poliziotti si sono recati a casa loro, si sono resi conto che era l'unica cosa che quel giorno mangiavano quei bambini. E non solo li hanno pagati di tasca propria, ma hanno in qualche modo messo in atto un circuito virtuoso di attenzione e assistenza per cui l'impoverimento creava la devianza, la devianza dal comportamento in quel momento così, e successivamente via via, secondo una spirale che è sempre peggiore.
  Quindi, prendiamoci bene sul serio questa legge su tutti gli aspetti che comporta. Pigliamoci pure l'anno, sapendo che le regioni – lo citava prima, lo ricordava la collega Miotto – la Conferenza Stato-regioni considera questo termine un termine ancora troppo limitato per poter far fronte a tutti gli obiettivi che ci si pone. Teniamo conto del realismo. Qualcuno ha detto che questo è stato un po’ il rischio perché tutta questa operazione alla fine si può concludere con una sorta di regionalizzazione: regionalizzazione dell'assistenza, ovviamente, regionalizzazione anche di quello che è tutto il processo di presa in carico.

  PRESIDENTE. La invito a concludere.

  PAOLA BINETTI. Teniamone conto di questo. Non illudiamoci che solo le REMS...non illudiamoci che i fondi destinati a questa operazione possano essere assorbiti tutti ed esclusivamente dalla costruzione delle strutture: più importanti delle strutture materiali sono le strutture culturali, è il cambiamento del pensiero, è in qualche modo la presa in carico globale della nostra assistenza psichiatrica sul territorio nazionale.
  E concludo dicendo che più volte in quest'Aula, più volte abbiamo parlato delle condizioni delle carceri. Più volte abbiamo parlato, a volte anche di una sorta disumanizzazione delle carceri, del sovraffollamento. Bene: se vogliamo che questa Pag. 19norma abbia un suo effetto positivo, incominciamo a parlare della drammatica situazione della psichiatria italiana.

  PRESIDENTE. La invito nuovamente a concludere.

  PAOLA BINETTI. Incominciamo a parlare della drammatica situazione delle condizioni in cui vivono i malati psichiatrici: tutti, non solo questi, perché allora anche per questi ci saranno prospettive migliori.

  PRESIDENTE. Salutiamo nel frattempo gli alunni e i docenti dell'istituto comprensivo statale «Renato Fucini», di Roma, che sono presenti in tribuna, e li ringraziamo di seguire i nostri lavori (Applausi).
  È iscritto a parlare l'onorevole D'Alessandro. Ne ha facoltà.

  LUCA D'ALESSANDRO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari è un'idea che Forza Italia aveva già concepito nel lontano 2009, che si è tradotta poi in un provvedimento normativo: un'idea che noi riteniamo tuttora valida.
  Non è possibile che una materia così delicata, che pone le coscienze di tutti davanti ad interrogativi forti, che riguarda persone con gravi malattie, diventi uno spot elettorale. I continui rinvii – siamo ormai al terzo – del superamento degli OPG, perché mancano le strutture intermedie, rappresentano sostanzialmente un gettare la spugna, una manifesta dimostrazione di impotenza da parte del Governo e del Parlamento.
  Ci sono molti pazienti in attesa di uno scatto in avanti delle istituzioni, mentre è palese la mancanza di volontà per la chiusura di tali strutture ottocentesche. Oggi si sta semplicemente decidendo di scaricare in avanti le responsabilità. Si tratta di un vero e proprio disimpegno, che avremmo voluto evitare e che si caratterizza inoltre per alcune incongruenze, di carattere sia giuridico che pratico.
  In questo provvedimento è evidente una contraddizione logica tra l'intento di procedere al superamento definitivo degli OPG e la previsione di una modifica normativa per disciplinarne gli ingressi, il che per noi è inaccettabile. Il rischio è che, invece di rendere il ricorso alla detenzione psichiatrica una extrema ratio, si finisca con l'ingenerare un ulteriore caos normativo, provocato dalla sovrapposizione caotica di leggi diverse che già regolamentano la materia. Da ciò non potranno che scaturire difficoltà interpretative in sede di applicazione giurisdizionale. Per questo si è tentato di inserire elementi di chiarezza che riteniamo imprescindibili per riformare concretamente una parte così rilevante della nostra legislazione penale. È infatti chiaro che, in mancanza di azioni concrete da parte di tutte le istituzioni competenti, l'autorità giudiziaria si troverà costretta inevitabilmente a far ricorso, nella gran parte dei casi, a nuove misure di sicurezza detentiva in ospedale psichiatrico giudiziario o in casa di cura e custodia.
  Tuttavia, in tal modo non si riescono a risolvere i problemi legati alla nostra attuale legislazione: non si chiudono le strutture esistenti e non si avvia quel processo innovativo in grado di coniugare le cure da assicurare ai rei incapaci di intendere e volere, con la garanzia di sicurezza sociale per tutti i cittadini. È superfluo sottolineare che non possono essere sufficienti le previste verifiche semestrali rispetto agli adempimenti delle regioni per sbloccare una situazione di quasi totale inerzia. Stiamo facendo dei voli di pura fantasia. Le lentezze e le inefficienze sin qui dimostrate dalle regioni, alle quali questo provvedimento concede ulteriori 12 mesi di tempo per intervenire, non si superano se non si mette mano in maniera decisa ai poteri di monitoraggio e di controllo. E qualora ciò non avvenga in modo appropriato, lo Stato ha l'obbligo di attivare i poteri sostitutivi nei confronti delle regioni, per evitare che si continuino a perdere e a disperdere le risorse messe a disposizione. Quindi, nessun rinvio, ma potere sostitutivo nei confronti Pag. 20delle regioni inadempienti. Altrimenti si appesantirà la pubblica amministrazione di ulteriori spese.
  Colleghi, vorrei ricordare che per la realizzazione e la riconversione delle strutture, sono complessivamente già stati stanziati a favore delle regioni, per gli anni 2012 e 2013, 180 milioni di euro, all'interno dei quali è stata individuata, con un'invenzione di vera e propria finanza creativa, la copertura per i quasi 6 milioni di euro necessari per finanziare la proroga al 31 marzo 2015. Ma che fine hanno fatto questi finanziamenti fino ad ora stanziati ? Non c’è stato alcun approfondimento adeguato sui motivi dell'inerzia manifestata dalle regioni e allora perché concedere ulteriori proroghe ? Se in alcuni casi la precedente disposizione normativa ha certamente scontato un'impreparazione tecnica e culturale da parte degli enti, frutto di una impostazione legata più a retaggi repressivi che terapeutici, dall'altra parte alcune indeterminatezze legate al ruolo delle nuove strutture sanitarie per l'esecuzione delle misure di sicurezza non hanno di certo agevolato tale percorso. È mancata una chiarezza di fondo anche dal punto di vista strutturale ed organizzativo, con criticità progettuali in ordine alla sorveglianza perimetrale e agli aspetti gestionali, sociali, ambientali e persino di carattere medico.
  Per questi motivi non possiamo esprimere un voto favorevole al provvedimento all'esame di quest'Aula oggi, avendo i precedenti Governi di centrodestra, anche in passato, messo in atto diversi interventi in materia che esprimevano assolutamente l'intenzione di superare, subito e nel miglior modo possibile, l'attuale sistema di detenzione psichiatrica. In assenza di un ripensamento sostanziale delle misure previste, sarà inevitabile – lo dico con rammarico – procedere tra un anno a nuovi interventi per prorogare, magari a tempo indeterminato, i tempi di attuazione di una riforma che, fin qui, la classe politica ha più volte annunciato, ma mai realizzato. Per troppo tempo delle persone coinvolte dagli effetti di questo intervento sono state, a torto, ritenute invisibili. Se oggi la politica ha finalmente maturato la consapevolezza necessaria per superare un'organizzazione obsoleta, inefficiente e non rispettosa della dignità di tutti i cittadini, è chiamata a farlo in maniera seria, compiuta, risolutiva ed efficace. Mi sembra che la strada perseguita vada in direzione opposta, nascosta dietro il manto colpevole dell'inefficienza delle regioni. La responsabilità è un concetto che non si può delegare ma è necessario porre in essere interventi idonei a risolvere il problema, non solo diretti a differirlo, in maniera inutile, ad un tempo indefinito. Questo è quello che un buon legislatore non può e non deve fare.

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Dorina Bianchi. Ne ha facoltà.

  DORINA BIANCHI. Signor Presidente, il 1o aprile 2014 avrebbero dovuto cominciare una nuova era i vecchi manicomi criminali; avremmo dovuto chiudere i sei ospedali psichiatrici di Barcellona Pozzo di Gotto, Reggio Emilia, Montelupo fiorentino, Castiglione delle Stiviere, Napoli e Aversa: circa mille detenuti, a cui noi avremmo dovuto garantire l'avvio di programmi di cura e reinserimento sociale.
  Il Presidente Napolitano, nel discorso di fine anno del 2012, definiva gli ospedali psichiatrici un autentico orrore, indegno di un Paese appena civile, ed è per questo che noi, il Nuovo Centrodestra non vota a cuor leggero questo decreto-legge e reputa indispensabile fare scattare da ora, da questo momento, il conto alla rovescia per la chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari e attuare le nuove norme che, proprio in relazione a quanto era stato stabilito nel decreto-legge n. 211 del 2011 – vi ricordo – prevedeva una realizzazione sulla base di quelli che erano i criteri contenuti all'interno del decreto-legge, non di manicomi, ma di strutture sanitarie che si prendevano cura di persone non più socialmente pericolose, che dovevano essere appunto dimesse e prese in carico anche sul territorio da strutture sanitarie o dai dipartimenti di salute mentale.Pag. 21
  Noi, nella scorsa legislatura abbiamo conosciuto e analizzato, tramite la Commissione parlamentare di inchiesta sull'efficacia e l'efficienza del sistema sanitario nazionale, la realtà degli ospedali psichiatrici. Questa Commissione ha svolto un'indagine conoscitiva, di cui conosciamo tutti noi i contenuti sulle condizioni degli ospedali psichiatrici, che si è conclusa con una relazione nella quale sono state evidenziate delle criticità per quanto riguarda le condizioni, sia igienico-sanitarie dei pazienti e clinico-psichiatriche degli ospedali psichiatrici giudiziari.
  In particolare, la Commissione incentra l'attenzione sulle carenze dell'assetto strutturale e sulle condizioni dei detenuti, che in alcune realtà sono veramente al limite della decenza. Oltre alla mancanza, reale ed effettiva, della dotazione numerica, per esempio del personale sanitario, rispetto a quella che sarebbe dovuta essere una necessità clinica e terapeutica degli stessi ospedali psichiatrici giudiziari, la stessa Commissione ha formulato una serie di proposte perché appunto quello che si era stabilito recentemente in Parlamento fosse realizzato e per questo ci fosse una completa sanitarizzazione di quelli che erano gli ospedali psichiatrici giudiziari, per l'adeguamento e la revisione delle strutture, dei locali, delle apparecchiature e di quello che erano anche i modi in cui queste persone si trovavano a vivere, non per un anno o due anni, ma spesso per l'intera loro vita.
  Appunto, quindi, una riorganizzazione dell'assistenza sanitaria che dovrebbe essere anche conforme a quelli che sono i piani sanitari regionali della salute mentale.
  In questo contesto, il decreto-legge contiene importanti novità e io credo che al Senato anche il Governo abbia svolto un lavoro serio rispetto a questo e ci sono delle novità che arricchiscono il contenuto e introducono delle regole certe, che prevedono delle misure alternative. È prevista anche l'eventualità che il Governo si sostituisca alla regioni, qualora risulti che lo stato di realizzazione e di riconversione delle strutture sia tale da non garantire il completamento del processo di superamento entro il termine previsto che noi abbiamo – ricordo – prorogato di un anno. È previsto che le stesse regioni diano conto al Ministero della salute e al Ministero della giustizia dello stato di avanzamento dei lavori di realizzazione e di riconversione delle strutture sanitarie, delle nuove strutture, appunto, destinate all'accoglienza dei soggetti che oggi sono internati negli ospedali psichiatrici, oppure l'ipotesi che il giudice possa disporre, nei confronti dell'infermo di mente, l'applicazione di una misura di sicurezza, anche in via provvisoria, diversa dal ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario e idonea ad assicurargli cure adeguate, oltre a fare fronte alla sua pericolosità sociale.
  Con questo non voglio giustificare questa proroga, ma voglio ricordare il rischio che noi avevamo davanti, della possibile posticipazione della chiusura di tre anni, nel 2017. Questo era l'auspicio delle regioni, che hanno, in gran parte, accumulato ritardo per quanto riguarda i piani di riconversione. Un rinvio al 2017, dopo il precedente rinvio, appunto, che sarebbe stato inaccettabile, soprattutto per quanto riguarda la motivazione, che spesso è una motivazione non legata alle persone, ma è una motivazione legata a quelli che sono i lavori pubblici oppure l'economia, cioè i soldi. Noi sappiamo che, nell'ambito sanitario, stiamo pagando, in questi anni, la prevalente attenzione più al piano economico che non alla salute e, soprattutto, riguardo alle persone. Noi non possiamo permetterci nel nostro Paese di continuare a valutare l'economia al posto della qualità, soprattutto in un settore così delicato come quello della salute.
  Gli ospedali psichiatrici nascono in Italia – dobbiamo ricordare – nell'Ottocento e, oggi come allora, racchiudono in sé il peggio della istituzione manicomiale e anche quella dell'istituzione carceraria. Una realtà che è sopravvissuta alla chiusura dei manicomi civili che, io vorrei ricordare, è stata sancita oltre 35 anni fa e naturalmente tale chiusura non ha dato, purtroppo, risposte e questo è un altro grande capitolo di cui alcuni miei colleghi precedentemente hanno parlato e su cui io non Pag. 22voglio dilungarmi in questo momento, però è un problema che ancora non ha trovato, nel nostro Paese, completa risposta, anzi molte famiglie sono costrette a sobbarcarsi in solitudine quelle che sono le difficoltà di avere al proprio interno un malato o una persona con problemi psichiatrici e su questo punto noi dovremmo forse in questa sede dare maggiore attenzioni e anche certezze nell'aiuto. Dicevo che sono 35 anni che abbiamo chiuso i manicomi e non siamo riusciti, appunto, a realizzare quei piccoli ospedali che in teoria avrebbero dovuto non più avere al proprio interno personale carcerario ma solo riabilitatori e medici.
  Voglio concludere il mio intervento con quanto ha detto il Presidente Giorgio Napolitano, che parla di questa norma come ispirata ai più elementari criteri di civiltà e di rispetto della dignità di persone deboli.
  Ed è per questo che noi, in Parlamento, voteremo questo decreto, ma vigileremo affinché in un tempo breve, un anno, sia ridata dignità a queste persone con programmi di cura e reinserimento sociale, e, nello stesso tempo, si sappia rispondere a un'esigenza di sicurezza della nostra società.

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Businarolo. Ne ha facoltà.

  FRANCESCA BUSINAROLO. Signor Presidente, nel discorso di fine anno del 2012, Giorgio Napolitano definiva gli ospedali psichiatrici giudiziari come un «autentico orrore indegno di un Paese appena civile». Nonostante questi severi moniti, il 31 marzo di quest'anno, lo stesso Presidente Napolitano poneva la propria firma su un decreto-legge che prevede il secondo slittamento della chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari. Con la riforma dell'ordinamento penitenziario del 1975, la dicitura «manicomio giudiziario» veniva modificata in «ospedale psichiatrico giudiziario»: un nuovo nome, ma gli orrori e il degrado al loro interno sono rimasti gli stessi.
  L'ultima inchiesta parlamentare sugli ospedali psichiatrici giudiziari evidenzia un quadro agghiacciante: pareti e soffitti con intonaci imbrattati e cadenti; porte e finestre con vetri incrinati; sudiciume e residui alimentari disseminati ovunque; coperte e lenzuola strappate, sporche e insufficienti; presenza di urine sul pavimento; servizi igienici ridotti ad una sola unità e della dimensione di un metro quadro; invasione di ratti nelle fognature, talvolta anche nelle stanze comuni. E ancora, degenti nudi, coperti solo da lenzuola e sottratti alle pratiche di igiene personale, ematomi diffusi, costrizioni a letto con strette legature a mani e piedi; ovunque, una sensazione di abbandono. Perché sottoporre queste persone, che hanno la stessa dignità degli altri, a permanere tra sudiciume e odori nauseabondi, dimenticati da tutti ?
  Dal 2012 a oggi non si è mai parlato di programmi terapeutici e trattamentali: l'unico obiettivo pare sia quello di costruire. Infatti, il programma per la chiusura degli OPG prevedeva l'apertura in ciascuna regione di residenze per l'esecuzione delle misure di sicurezza detentive, le cosiddette REMS, a sola gestione sanitaria, con l'eventuale controllo all'esterno delle forze di polizia. Su questa questione, il MoVimento 5 Stelle è stato molto critico: invece di riconvertire strutture che potrebbero essere funzionali, come gli ospedali dismessi, si pensa solo ad appaltare la costruzione di nuovi edifici, con un grande aumento dei costi e degli sprechi.
  In particolare, ricordo che sono pervenuti agli uffici competenti, entro il termine stabilito del 15 maggio 2013, i programmi di tutte le regioni, tranne quello della regione Veneto. Il 28 novembre 2013 il presidente della regione Veneto è stato diffidato ad adempiere agli obblighi di legge nel termine di 15 giorni. Nonostante la mancanza di alcun programma, sono stati destinati alla regione Veneto 12,5 milioni di euro per un progetto di soli 40 posti letto, per di più in una nuova struttura adiacente ad un ospedale esistente, l'ospedale Stellini di Nogara, in provincia di Verona.
  La cifra è esorbitante – 12,5 milioni di euro – se consideriamo che la stessa Pag. 23somma è stata destinata alla regione Piemonte, ma per una struttura, nuova, che sarà destinata alla cura di 70 pazienti, non 40. Cosa ne farà la regione Veneto di tutti questi soldi ? Durante il brevissimo dibattito svoltosi in appena qualche ora di Commissione, il MoVimento 5 Stelle ha tentato più volte di convincere i deputati della maggioranza che è importante privilegiare la ristrutturazione dell'esistente piuttosto che la costruzione ex novo di strutture sanitarie.
  Nella Commissione ambiente si stanno discutendo provvedimenti in materia di consumo del suolo e il MoVimento 5 Stelle voleva contribuire, anche se per una piccola parte, a limitare il consumo del suolo. Evitare la cementificazione, sempre più imperante in molte zone del territorio italiano, è quanto mai urgente e il legislatore, cioè noi, deve indicare la strada, deve dare dei segnali. Ma la maggioranza non ha ascoltato, anzi, i deputati della maggioranza, in modo vergognoso, sghignazzavano e facevano battutine, mentre si discuteva di questi temi in Commissione.
  Allora ricordo a tutti che in Italia, attualmente, esistono sei ospedali psichiatrici giudiziari. Uno di questi si trova a Montelupo Fiorentino e ha una capienza di 188 persone, ma ne ospita più di 200. Un altro si trova ad Aversa, in provincia di Caserta, e anche qui vi sono più di 200 persone invece delle 150 previste. Gli altri sono a Napoli, Reggio Emilia, Barcellona Pozzo di Gotto e Castiglione delle Stiviere. Nella maggior parte di queste strutture vi è una situazione di sovraffollamento e degrado. In Italia erano 1.170 le persone rinchiuse negli ospedali psichiatrici giudiziari al 31 marzo 2014. Il 20 per cento di queste dovrebbe uscire ed essere inserito in strutture diverse, perché colpevole di reati minori e i casi di crimini gravi sono davvero limitati.
  Matteo Renzi sa che un decimo dei detenuti negli istituti ordinari di pena soffre di serie patologie mentali, quali psicosi e depressione grave ?
  Il Ministro Orlando sa che, attualmente nelle carceri ordinarie avremmo altri 6.000 gravi pazienti che ricevono un trattamento ancora più disumano di quello che ricevono gli internati in OPG ?
  Il problema del superamento degli OPG doveva essere affrontato contestualmente a quello dell'assistenza di salute mentale negli istituti ordinari di pena, ma di queste cose non se ne è discusso, né al Senato, né alla Camera. L’iter di questo decreto-legge non ha visto svolgersi audizioni né al Senato, né alla Camera; infatti non abbiamo audito le dirette interessate dal provvedimento, le regioni, non abbiamo audito il DAP, non abbiamo audito nessun esperto. Non sono stati invitati nemmeno i soliti interpellati dalla Commissione giustizia, ovvero l'Associazione nazionale magistrati e le camere penali.
  In particolare, le camere penali si sono espresse sul decreto-legge per mezzo della stampa, osservando che i problemi tecnici e logistici possono essere tanti, ma i diritti delle persone vengono prima. Hanno osservato come queste persone, come tutti, vivono una volta sola e succede troppo spesso che consumino il loro tempo in un OPG senza che vi sia una ragione clinica. Se fossero state audite le camere penali avrebbero suggerito la necessità di aprire un tavolo con gli psichiatri, i quali sono spesso complici di un sistema malato, perché si limitano spesso a gettare formulette stanche sui moduli invece di condurre veri accertamenti; questo è quello che ci avrebbero detto le camere penali.
  Sarebbe stato interessante audire gli operatori esperti nel settore, per arrivare finalmente ad una legge che non renda legale la tortura delle persone in difficoltà. In Toscana e in Emilia il professor Alessandro Margara ha cercato di ampliare e di rendere funzionale la legge n. 9 del 2012, ma è rimasto completamente inascoltato anche in questo decreto-legge.
  Concludo, denunciando che la superficialità con cui state approvando questo decreto-legge dipende dal fatto che siete in campagna elettorale, quindi secondo voi non si poteva perdere tempo nel modificare un decreto-legge che contiene una semplice proroga. Se ciò non bastasse, la presidente della Commissione giustizia ha Pag. 24mentito, dicendo che al Senato le audizioni erano state svolte e che sarebbero state acquisite; nessuna audizione era stata fatta al Senato. Alla ripresa dei lavori ha mentito di nuovo, facendo finta di essersi dimenticata che era stata avanzata la richiesta di audizioni in sede di riunione dell'Ufficio di Presidenza. Il comportamento della presidente della Commissione giustizia è un comportamento connivente alla maggioranza che, per non perdere tempo, e per non modificare il decreto-legge, non ha voluto svolgere un'adeguata istruttoria; è vergognoso e antidemocratico.
  Entro il 31 marzo 2013 gli OPG si sarebbero dovuti chiudere. Oggi state per approvare la seconda proroga ed è probabile che oggi arrivi anche il Ministro Boschi per porre la questione di fiducia per il timore che la discussione che il MoVimento 5 Stelle vuole svolgere risvegli la coscienza civile di qualche elettore, o peggio di qualche vostro collega del PD o di SEL. Ricordate che l'atteggiamento di noncuranza e di menefreghismo che avete tenuto in Commissione, e che sembra stiate per tenere anche qui in Aula, contiene in sé il rischio che l'orrore degli OPG degeneri ulteriormente e voi ne sarete gli unici responsabili.

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Piazzoni. Ne ha facoltà.

  ILEANA CATHIA PIAZZONI. Signor Presidente, era il luglio 2011, quando la Commissione d'inchiesta del Senato sul Sistema sanitario nazionale fece esplodere in tutta la sua drammaticità la realtà degli OPG. La Commissione tornò dalle sue visite a sorpresa nei sei ospedali psichiatrici giudiziari italiani con una relazione che riportava come tutti gli OPG avevano personale sanitario insufficiente e una struttura da carcere o manicomio del tutto diversa da quella dei servizi psichiatrici, e non potevano certo trattare i pazienti in modo diversificato.
  Quattro avevano carenze strutturali ed igienico-sanitarie gravi e inaccettabili. Erano anche stati rilevati sovraffollamento e pratiche di contenzione inadeguate ed in alcuni casi lesive della dignità della persona. Il Parlamento ne dispose allora la chiusura entro il 1o febbraio 2013, ma, alla scadenza, dovemmo rilevare che ben poco era stato fatto dallo Stato e dalle regioni per rendere possibile quella chiusura e fummo costretti a concedere una proroga di un anno.
  Io stessa, in quest'Aula, chiesi fortemente di evitare che la proroga diventasse solo la prima di una lunga serie e fummo favorevoli all'inserimento di modalità di commissariamento delle regioni inadempienti. Vi lascio immaginare, quindi, con quale stato d'animo ci troviamo oggi costretti ad acconsentire ad un'ulteriore proroga. E, tuttavia, riteniamo che l'attuale contenuto del decreto-legge, così come approvato dal Senato, contenga misure utili non solo ad ottenere finalmente l'indispensabile chiusura degli OPG, ma anche ad iniziare a cambiare la cultura di approccio al tema «disagio psichico e responsabilità penale».
  Un anno fa, in sede di conversione del primo decreto-legge di proroga, cercammo di far comprendere che la soluzione non fosse nella costruzione delle REMS, cioè di OPG in miniatura. Temevamo, infatti, che l'impegno finisse con l'essere molto più rivolto alla creazione di nuove strutture di mero contenimento, piuttosto che a seri percorsi di riabilitazione. Ci preoccupava l'assegnazione dei finanziamenti in prevalenza alla costruzione ed all'attivazione delle strutture residenziali speciali, a scapito del trasferimento di risorse ai dipartimenti di salute mentale, a cui spettava il compito, invece, di assicurare i progetti terapeutico-riabilitativi.
  Per questo riteniamo fondamentale che il decreto-legge oggi preveda che le regioni possano rivedere i programmi sulle REMS, riducendone i posti e reinvestendo i finanziamenti per potenziare i servizi di salute mentale. Le REMS sono finalmente viste come una soluzione residuale, perché il decreto-legge prevede che il giudice debba privilegiare le misure alternative all'internamento, anche nel caso di misure provvisorie (casi che oggi costituiscono una Pag. 25quota rilevante degli internamenti impropri) e per le dimissioni. È una riforma molto importante, che recepisce finalmente un'indicazione data in più pronunce dalla Corte costituzionale negli anni passati.
  È importante dunque che le regioni rivedano i loro piani. Per anni le politiche nazionali e regionali hanno determinato la fragilità dei dipartimenti di salute mentale, hanno frammentato i servizi e non hanno costruito territorialità. Bisogna cambiare profondamente questo stato di cose. Nel decreto-legge è stata inserita la possibilità del commissariamento delle regioni inadempienti e una verifica tra sei mesi. Inoltre, si è stabilito che il rispetto delle disposizioni del decreto-legge in esame valga come adempimento del rispetto dei livelli essenziali di assistenza, rientrando quindi nel sistema premiale di riparto delle risorse destinate al Servizio sanitario nazionale. Ma occorre sostenere il cambiamento delle politiche regionali anche dal punto di vista culturale.
  Il decreto-legge introduce altre importanti novità, a partire dall'introduzione del limite alla durata massima delle misure di sicurezza nei confronti dell'autore di un reato bisognoso di cure psichiatriche. Non possono avere durata superiore a quella della pena a cui potrebbe essere condannato se fosse ritenuto imputabile. Finora si entrava nell'OPG e ci si restava finché il magistrato giudicava la persona non più socialmente pericolosa e, poiché nella struttura non c'erano cure, la persona era destinata a rimanere lì, praticamente per sempre. La durata, dunque, non è più indeterminata nel suo massimo, si mette fine così ai tanti casi di ergastolo bianco, con permanenze lunghissime anche per reati non pericolosi come i furti.
  L'altra importante novità riguarda l'impossibilità che le condizioni economico-sociali di un individuo, nonché la mancanza del progetto terapeutico individuale possano determinarne la pericolosità sociale, vale a dire che l'internamento in OPG e in generale le proroghe delle misure di sicurezza non possono essere stabilite per le condizioni di svantaggio sociale della persona o semplicemente e drammaticamente perché non esistono servizi che li possano prendere in carico.
  Queste nuove norme risultano ancora più importanti perché, nonostante oggi la malattia mentale, per la vigente legislazione italiana, venga considerata uguale alle altre malattie, le persone affette da tale patologia sono ancora ritenute pericolose, violente ed inaffidabili in generale. Invece la pericolosità, la violenza non hanno alcuna correlazione con i disturbi psichici, che rappresentano una variabile assolutamente indipendente.
  Per tutto ciò riteniamo che l'impianto del decreto non debba essere modificato e che occorra giungere ad una sua approvazione in tempi celeri, come richiesto dalle organizzazioni che da anni seguono la questione degli OPG.
  L'obiezione avanzata, in particolare dai deputati del MoVimento 5 Stelle, circa il rischio che ci si trovi tra un anno ad accordare una nuova proroga, poiché le regioni hanno chiesto, attraverso la loro Conferenza, un tempo più ampio per poter ottemperare, pur essendo fondata, non credo debba essere accolta, nella misura in cui il decreto, come sopra detto, cambia completamente la filosofia con cui si va ad affrontare la chiusura degli OPG. Del resto, ci sono regioni in condizioni avanzate di questo percorso, come il Friuli Venezia Giulia e l'Emilia Romagna. Prevedere il potere sostitutivo è indispensabile, perché i casi di regioni che finora non hanno proceduto non si devono solo a problemi organizzativi ma a forti resistenze culturali, che possono essere rimosse solo attraverso un forte coordinamento, che speriamo nasca nei tempi previsti e che possa assumere un ruolo fondamentale in questo processo.
  In tal senso siamo favorevoli all'introduzione nell'organismo di coordinamento di rappresentanti delle associazioni impegnate sul tema, non prevista dal decreto ma su cui il Governo ha già espresso in Commissione parere positivo. Del resto, il protrarsi dei tempi di chiusura degli OPG finirebbe inevitabilmente con il danneggiare ulteriormente coloro che vi sono Pag. 26rinchiusi, in quanto i regimi transitori finiscono sempre con il compromettere le assegnazioni e ridurre quindi ancor più le risorse a disposizione degli operatori.
  E, tuttavia, voglio ricordare le parole dello psichiatra Giuseppe Dell'Acqua in risposta alla domanda se in questi anni avesse notato un cambiamento negli OPG. Diceva: «Non c’è stato miglioramento né peggioramento, ma semplicemente perché gli OPG non possono migliorare. Possono esser più puliti, senza più latrine sporche o letti arrugginiti, ma quei luoghi restano comunque insensati. La cosa che ti stringe il cuore quando li visiti non è né lo sporco né lo squallore. È l'insensatezza e la consapevolezza che chi è lì non sa perché, non sa più quando è entrato e non sa quando uscirà. Poi, quando esci non sai neanche perché».
  Purtroppo, Presidente, continuare a ridurre ogni questione a malaffare e interessi economici potrà forse far raccogliere consenso elettorale, ma non renderà migliore questo Paese: un Paese arretrato, ancorato a vecchi pregiudizi, in particolare sul tema della sicurezza, delle pene, della repressione e della rieducazione. Con molto dispiacere abbiamo assistito in quest'Aula all'opposizione da parte di tanti giovani deputati del MoVimento 5 Stelle, in asse con quelli della Lega Nord, a misure importanti sul sistema carcerario, che si trova sotto procedura di infrazione della Corte di giustizia europea proprio per la sua disumanità.
  Noi pensiamo che i diritti delle persone vengano prima di tutto, siamo d'accordo su questo collega Businarolo, ma vengono prima anche della propaganda e di una collocazione politica che si fa rigida senza vedere ciò che effettivamente è l'interesse di chi riceve le misure dei provvedimenti e non per un pubblico televisivo.

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Giuliani. Ne ha facoltà.

  FABRIZIA GIULIANI. Signor Presidente, colleghi, membri del Governo, la norma che compie questo processo – lo hanno ricordato tutti i colleghi che hanno parlato prima di me – conclude un percorso che è lungo e complesso, ma io penso che sia proprio questa la ragione che ci deve spingere oggi a mettere un punto fermo. Dobbiamo farlo non solo perché qui sono in gioco i diritti umani, ma perché qui è in gioco la dignità. E quando sono in gioco questi aspetti – lo hanno ricordato molto bene, lo hanno sottolineato i relatori quando hanno introdotto questo provvedimento – è in gioco la qualità democratica di un Paese.
  Considero, dunque, questa norma un atto necessario per un Paese membro della Comunità europea e soprattutto per un Paese che vuole partecipare al processo di costruzione europea rafforzandone i valori fondanti.
  Io credo che proprio per questa ragione occorra fare veramente molta attenzione quando si ha a che fare con materie come questa. Infatti, lo hanno ricordato anche le colleghe Binetti e Miotto prima di me, su questo terreno, sul terreno del trattamento delle persone che soffrono dal punto di vista psichico e che, quindi, incontrano nella loro vita, nelle relazioni, nella vita collettiva e civile pregiudizi, condanne facili, ogni volta che si ha a che fare anche con pene connesse a questo tipo di sofferenza, noi sappiamo che il nostro Paese ha un'eredità importante sulle spalle, atti normativi importanti.
  Lo hanno ricordato prima di me: la legge n. 180, le norme Gozzini. Ora, quelle riforme sono state improntate, al tempo, ad un'innovazione coraggiosa, carica di premesse migliori. Hanno accompagnato ed hanno segnato – penso anche, per esempio, ai racconti ed ai film che hanno accompagnato quegli anni – quella stagione di riforme in modo inequivocabile.
  Ecco, proprio perché la materia è delicata e questo processo è stato anche segnato da controverse importanti, io penso che ciò che questo passato ci consegna è che non si deve in alcun modo cedere alla sicurezza di apparati ideologici che sono irreparabilmente consumati. Non ci si può ancorare a vecchie certezze. Quando ci si accosta a questa materia – proprio perché è così delicata e complessa, Pag. 27perché tocca la vita delle persone, tocca le relazioni, tocca la qualità, possiamo dire, della nostra quotidianità – occorre davvero trattarla con rispetto e delicatezza, occorre andare al merito, mettere da parte certezze che si sgretolano poi, di fronte alla vulnerabilità ed al limite che la vita ci mette davanti. E proprio perché la materia è così delicata, aggiungo e faccio una considerazione politica, sarebbe davvero opportuno sottrarla alla strumentalità ed alla contingenza della discussione politica, perché queste polemiche e questi giudizi facili che abbiamo ancora una volta ascoltato in quest'aula – i giudizi affrettati, le condanne morali, le condanne di chi ha preso queste decisioni – dovrebbero davvero arrestarsi di fronte alla sofferenza e invece farsi partecipi di una risposta costruttiva.
  Hanno già ricordato prima di me i colleghi l'iter di questo programma, di quello che oggi qui andiamo a discutere. Questa norma risponde alle esortazioni delle più alte figure istituzionali, ma soprattutto risponde alle esortazioni dei territori, delle comunità.
  La relazione Marino, che è stata più volte ricordata, ha davvero messo tutti di fronte a questioni che non avremmo davvero mai voluto leggere.
  Voglio soltanto ricordare qualche riga estrapolata da un'intervista resa dall'allora senatore Marino ad un'associazione di volontari di Bologna: «Sono di fronte a persone nude, legate ai letti, con al centro un buco arrugginito per la fuoriuscita degli escrementi. Questi sono luoghi senza frigorifero per raffreddare l'acqua da bere, nonostante la temperatura sia di 40 gradi. Gli internati utilizzano la latrina di un bagno alla turca per rinfrescare le loro bottigliette d'acqua. I soggetti sono internati senza alcun tipo di pericolosità sociale manifesta. Mi viene in mente» prosegue ancora «un uomo che era stato internato nel 1985 perché si vestiva da donna. L'abbiamo ritrovato ancora ai giorni nostri, ancora internato e ancora vestito da donna».
  L'iter e il seguito dell'iter legislativo è noto ai più: dopo che il decreto-legge del 2011 aveva previsto la chiusura degli ospedali psichiatrici entro il 31 marzo del 2013, ritardi sia nell'attuazione dei programmi regionali di accoglienza degli internati che della disciplina attuativa da parte dello Stato hanno portato il Governo, nel 2013, al differimento della chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari.
  Ora io credo che gli aspetti più importanti del testo che abbiamo oggi in discussione sono quelli che sono stati ricordati.
  Tra sei mesi ci sarà la verifica, da parte dei Ministri della salute e della giustizia e del Comitato paritetico OPG sull'attuazione da parte delle regioni delle nuove norme.
  I programmi regionali dovranno dimostrare, appunto, che entro il 31 marzo del 2015 gli OPG saranno realmente chiusi, pena il commissariamento immediato per le regioni inadempienti.
  Viste le tempistiche, alle regioni è consentito rivedere i programmi sulle REMS, che sono già state ampiamente ricordate dai miei colleghi e su cui non mi dilungo ancora.
  Sottolineo soltanto che l'internamento dei pazienti deve essere davvero l’extrema ratio, l'ultima opzione attuabile, viste le nuove disposizioni, che privilegiano misure alternative e quelle relative alla pericolosità sociale.
  Entro 45 giorni dall'approvazione della legge, le regioni dovranno trasmettere al Governo ed alla magistratura i programmi di dimissione degli attuali internati negli ospedali psichiatrici giudiziari, motivando le ragioni che dovessero impedirle.
  Il giudice, anche quello di sorveglianza, adotterà misure alternative al ricovero, salve eccezioni, anche per misure provvisorie e per dimissioni.
  Il punto fondamentale è il seguente: le condizioni economico-sociali e la mancanza del progetto terapeutico individuale non potranno più motivare la pericolosità sociale e dunque l'internamento e nemmeno le proroghe.
  Questo è un dato che io considero, non solo importante dal punto di vista giuridico, ma soprattutto culturale. In parole semplici, il fatto che il paziente sia povero Pag. 28anche dal punto di vista di relazioni sociali e familiari non lo rende socialmente pericoloso, come pure un malato senza cure e abbandonato dai servizi non può essere pericoloso.
  Non intendo davvero ancora entrare nel merito, né alimentare polemiche sul perché siamo arrivati ad un'ulteriore proroga. È arrivata, accogliamola, andiamo avanti. Traiamo da questo l'occasione per far avanzare il nostro Paese nel percorso di una crescita civile e di rispetto della vulnerabilità e della dignità delle persone vulnerabili, come abbiamo fatto anche con altre norme, se vogliamo apparentemente eterogenee, come quelle che hanno trattato l'omofobia e la violenza contro le donne, ma anche quel faticoso processo di revisione che stiamo avviando degli istituti delle pene, della rieducazione e della prevenzione. Ecco, io credo che davvero su questa strada occorra proseguire, non solo senza modificare questo decreto-legge per arrivare, quindi, ad un superamento di questi OPG, ma soprattutto perché dobbiamo convincerci che questa è la strada lungo la quale proseguire nonostante le difficoltà e le resistenze che incontriamo da parte spesso di parti politiche eterogenee. Ma non c’è dubbio che è questa la strada da seguire perché forse abbiamo oggi anche le condizioni politiche per farlo.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Cecconi. Ne ha facoltà.

  ANDREA CECCONI. Signor Presidente, volevo ricordare alla collega che ci ha appena preceduto che il luogo del confronto e della collaborazione è questo, dove lei siede insieme a noi. Ma la capisco perché non è un caso che sono abituati a fare provvedimenti chiusi al Nazareno e, quindi, capisco anche che questo provvedimento se lo fanno a porte chiuse loro e va bene così. Vorrei iniziare ponendo un semplice quesito a lei, Presidente: siamo ancora in una Repubblica parlamentare composta da due Camere, oppure no ? Perché a me sembra di ricordare questo, ma potrei sbagliarmi. No, perché questo provvedimento pare che stia seguendo un iter monocamerale, rapido, nonostante la scadenza del decreto-legge sia il 31 maggio e, quindi, potrebbe tranquillamente tornare al Senato con le modifiche fatte qui alla Camera. Come se 630 deputati non abbiano nulla da dire o eccepire rispetto a un provvedimento fortemente modificato al Senato che merita di essere approfondito e, a nostro parere, anche modificato. Ma io vorrei anche renderla partecipe di quanto possa divenire surreale il nostro lavoro qui dentro e vorrei che i cittadini si rendessero conto delle motivazioni e del modus operandi che la maggioranza ha messo in pratica durante l'iter di conversione di questo decreto-legge.
  Il decreto-legge è arrivato in Commissione due giovedì fa; non ci è stato permesso di fare neanche una e ripeto neanche una audizione per permettere ai commissari di approfondire la tematica con la scusa – e senta bene questo perché c’è da spanzarsi dalle risate – che sarebbero state acquisite le audizioni fatte al Senato. Peccato che al Senato, su questo provvedimento, non è stata fatta neanche un'audizione, neanche una. Ha capito, Presidente ? Al Senato non è stata fatta alcuna audizione e noi in Commissione, qui alla Camera, avremmo dovuto acquisire proprio ciò che non è stato fatto. Che burloni che sono, eh, questi presidenti di Commissione ! Ma non finisce qui, Presidente, il meglio deve ancora venire. In Commissione vengono presentati circa 160 emendamenti, quindi non un'enormità. La maggior parte nostri, del MoVimento 5 Stelle, altri presentati dai colleghi della Lega Nord e NCD. PD, SEL e Scelta Civica non pervenuti. Nonostante il numero esiguo di emendamenti, ci viene pure chiesto di segnalarli e così il loro numero si riduce a 48. Ora lei dirà: va bene, deputato Cecconi, ma che cos’è che la turba ? Glielo dico io, Presidente, cosa mi turba, anzi cosa mi irrita fortemente, per non utilizzare parole più incisive, ma sicuramente più efficaci. Mi irrita il fatto che durante l'esame di questi 48 emendamenti, noi del MoVimento 5 Stelle, insieme alla Lega Nord, abbiamo parlato e argomentato per Pag. 29più di sei ore davanti a una platea di novanta commissari che hanno taciuto per quasi tutto il tempo. Anzi, per essere corretti, in sei ore il Governo è intervenuto una volta, la collega Lenzi del PD due volte e la collega Piazzoni di SEL, o forse sarebbe meglio dire PD, altre due volte. Ma lo sa, Presidente, cosa significa stare in Commissione a parlare ripetutamente per sei ore e rendersi conto di parlare al vuoto assoluto ? Lo sa, Presidente, quanti di questi emendamenti sono passati, magari con una riformulazione del Governo o dei relatori ? Già, i relatori, non pervenuti neanche loro e neanche loro si degnati di entrare nel merito. Lo sa quanti emendamenti sono passati ? Nessuno. Può immaginare la rabbia che ti assale rendendoti conto che tutto il tuo lavoro e i tuoi sforzi per cercare di entrare nel merito del provvedimento, condividere delle perplessità e dei timori rispetto a un testo che consideriamo debba essere modificato, vengono buttati per una singola e semplice ragione.
  E lo sa qual era, Presidente, la ragione ? La ragione è che siamo in campagna elettorale e i lavori d'Aula devono concludersi perché la prossima settimana la Camera resterà chiusa. È questo il motivo per cui non è stato reso possibile, né a noi, né alla stessa maggioranza, che – ne sono certo – avrebbe voluto anch'essa proporre miglioramenti per modificare il testo: perché l'Aula deve chiudere. Quindi, noi deputati, lautamente pagati a 12 mila euro al mese dai contribuenti, pagati per fare le leggi, entrare nel merito dei provvedimenti per dare al Paese la miglior risposta possibile ai problemi, veniamo bloccati nel nostro operato per via delle votazioni. Presidente, visto che la mia polemica non avrà mai alcuna risposta, chiudo questa premessa evidenziando il mio profondo disgusto per come i lavori di questa Camera vengono calpestati da logiche elettorali che nulla hanno a che vedere con quello che siamo stati chiamati a fare dai cittadini.
  Per finire in bellezza, attendiamo l'ennesima posizione della fiducia anche su questo provvedimento, tanto per non farci mancare nulla. Ma entriamo nel merito: il Presidente, nonché «Re» della Repubblica italiana, nel discorso di fine anno del 2012, affermava che gli OPG sono un autentico orrore, indegno di un Paese appena civile. E il 1o aprile di quest'anno, data di emanazione del decreto-legge, diceva: ho firmato con estremo rammarico per non essere state in grado le regioni di dare attuazione concreta a quella norma ispirata a elementari criteri di civiltà e di rispetto della dignità di persone deboli. Presidente, Giorgio, si tenga un po’ di rammarico anche per il prossimo anno che la proroga le tocca firmarla anche nel 2015, perché qui dentro lo sappiamo tutti – tutti ! – che gli OPG non verranno chiusi a marzo del 2015, ma forse neanche a marzo del 2017, e la proroga è l'unico – e dico unico – motivo per cui questo provvedimento è stato emanato. Né le regioni, né lo Stato se commissionerà le regioni, saranno in grado di costruire nuove strutture e decretare definitivamente il superamento degli OPG in questi ultimi dieci mesi, perché sono rimasti dieci mesi da qui a marzo 2015 ! E allora di che cosa stiamo parlando ?
  Poi ci mettiamo, anzi ci avete messo, perché qui non è stato permesso di togliere o aggiungere nulla, tutti i migliori propositi nel tentativo di rendere digeribile un fallimento annunciato, millantando tavoli di coordinamento – ancora, dopo quattro anni ancora facciamo tavoli di coordinamento –, che il Governo potrà commissariare le regioni inadempienti, cosa che avrebbe già dovuto fare tempo fa, e che le persone incominceranno ad uscire dagli OPG, ma per andare dove ancora non è detto e non è chiaro. E infatti ne sono sicuro, ci scommetto tutto quello che volete, non cambierà assolutamente nulla in quest'anno, tutto rimarrà immutato. Gli OPG hanno avuto e avranno la stessa indegna sorte del problema della sovrappopolazione carceraria, un eterno fallimento.
  E andando verso la conclusione, perché ho poco o nulla da aggiungere rispetto a provvedimento che già di per se stesso manifesta una governance fallimentare e Pag. 30una inutilità data dall'impossibilità reale di poterlo attuare, concludo, Presidente, tentando di far focalizzare l'attenzione sul punto reale di caduta di tutta questa questione: se gli OPG, come dice il «Presidentissimo» sono un autentico orrore indegno di un Paese appena civile, o noi non siamo in un Paese civile, oppure il Presidente ha torto.
  Se sono un autentico orrore, un incubo, mi volete spiegare per quale ragione, anche in questo preciso momento, dei cittadini affetti da una patologia psichica, che hanno commesso un reato, vengono ancora incarcerati – ancora incarcerati ! – negli OPG ? Mi volete far credere o volete far credere ai cittadini che dal 2008 ad oggi non siamo riusciti a trovare una sistemazione dignitosa a mille persone ? Perché sono mille le persone a cui ci stiamo riferendo ! L'Italia, Paese del G8, uno dei Paesi più ricchi e industrializzati al mondo, non ha la capacità di risolvere un problema che interessa mille cittadini ? Allora qui la questione è molto semplice: o l'Italia non è effettivamente un Paese civile, o voi, che questo Paese lo governate e lo avete governato, siete degli incompetenti. Chissà perché, Presidente, ma mi sento di pendere di più per la seconda ipotesi. Ma non temete, colleghi, avremo modo di approfondire nuovamente la questione, ne sono certo, ricominceremo tutto da capo il prossimo anno, con il Presidente della Repubblica rammaricato, la maggioranza di Governo sdegnata, il Governo impegnato e i cittadini che, come sempre, ringraziano per la solerzia e la capacità con cui in questo Paese siamo capaci di risolvere i problemi in un batter d'occhio. Al 2015, signori, e buona fiducia a tutti !

  PRESIDENTE. La ringrazio, lei ovviamente mi ha chiamato in causa: per quanto riguarda quello che accade nella Commissione, come lei sa, c’è una assoluta autonomia nella gestione dei lavori da parte della Commissione; se il Presidente della Commissione riterrà, nel corso del dibattito potrà prendere la parola e replicare, ma non posso certo farlo io. Per quanto mi riguarda le voglio solo dire, onorevole Cecconi, che nell'applicazione del Regolamento cerchiamo di tenere e abbiamo la sensibilità di tenere conto di tante cose.
  Come lei sa perfettamente, se io avessi dovuto applicare il Regolamento lei oggi non avrebbe parlato, perché sarebbe decaduto, in quanto ha avuto dei problemi. Il Presidente, informandone i gruppi, ha cercato di fare modo che, derogando in qualche modo al Regolamento, lei potesse parlare, cosa che lei ha fatto. Questo lo dico perché, siccome mi ha chiamato in causa come Presidente, questa è l'unica, se vuole, piccola infrazione al Regolamento che è stata fatta.
  Saluto gli alunni e i docenti della direzione didattica statale del I Circolo di San Lazzaro di Savena, in provincia di Bologna, e dell'istituto comprensivo statale «Mater Domini», di Catanzaro, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi). Grazie di seguire il nostro dibattito.
  È iscritto a parlare l'onorevole Beni. Ne ha facoltà.

  PAOLO BENI. Signor Presidente, credo che il decreto-legge n. 52 del 2014, sulle disposizioni per il superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari, sia un provvedimento positivo e doveroso su un tema indubbiamente di grande rilevanza etica e civile come quello dell'internamento, delle limitazioni delle libertà personali delle persone affette da disturbi mentali o ritenute socialmente pericolose. Vorrei dire all'onorevole Cecconi che è un tema di cui ci occupiamo da tempo, noi del Partito Democratico, e su cui francamente non vorremmo prendere lezioni, su cui non è mai mancato il nostro impegno al fianco della parte più avanzata della psichiatria di questo Paese. Io capisco anche che siamo in campagna elettorale, capisco che tutti i toni sono leciti in un periodo come questo, però dovremmo far prevalere in questa discussione le ragioni del buonsenso.
  Allora, siamo tutti d'accordo su alcune cose: siamo tutti d'accordo che gli OPG Pag. 31sono un'offesa alla coscienza di un Paese civile, per le modalità organizzative e di gestione, per le condizioni inaccettabili in cui versano le persone che vi sono trattenute, per la cultura che li ha ispirati, che è il frutto di una concezione obsoleta della malattia mentale, della psichiatria; siamo tutti d'accordo sul fatto che molti psichiatri ormai ritengono dannoso l'internamento in queste istituzioni, rimaste sostanzialmente estranee e impermeabili alla cultura psichiatrica riformata. I detenuti affetti da disturbi mentali dovrebbero avere, come tutti, la possibilità di ricevere cure psichiatriche e psicologiche dai servizi del territorio, ma il meccanismo di funzionamento degli OPG non è mai stato influenzato minimamente della legge n. 180 del 1978. Molti giuristi ritengono incostituzionale la persistenza degli OPG e delle procedure con cui vi si accede. La stessa Corte costituzionale ha ribadito in più di un'occasione che la pericolosità sociale non può essere definita una volta per tutte, ma deve essere valutata come condizione transitoria in relazione al contesto in cui si manifesta, di conseguenza anche le misure di sicurezza vanno di volta in volta riviste e aggiornate. Da tempo si discute dell'abolizione degli OPG e molte sono state le sollecitazioni in questo senso, a partire da quelle autorevoli del Capo dello Stato.
  Allora, questa è la situazione, dopodiché dobbiamo prendere atto che purtroppo siamo passati da un rinvio all'altro e quindi oggi da un lato dobbiamo registrare con rammarico – e chi lo denuncia ha pienamente ragione – i ritardi che per l'ennesima volta impediscono di onorare i tempi per la definitiva chiusura dei sei OPG presenti sul territorio nazionale, come era stato previsto dal decreto-legge n. 211 del 2011, dall'altro, però, dobbiamo anche valutare positivamente il fatto che in questo decreto-legge non ci si limita a fissare l'ennesima proroga, ma si dettano vincoli stringenti per i programmi di realizzazione e di riconversione da parte delle regioni e delle strutture sanitarie che dovranno accogliere questi pazienti. Si fa un passo avanti, cioè, e penso che il Senato abbia ulteriormente migliorato il provvedimento. Faccio semplicemente degli esempi, che sono stati già citati dai colleghi: è importante che l'articolo 2-bis introduca un organo di coordinamento fra i Ministeri della sanità e della giustizia, che insieme al comitato paritetico avrà il compito di monitorare l'attuazione delle nuove norme da parte delle regioni e trasmettere ogni tre mesi la relazione in merito alle Camere.
  Programmi regionali dovranno consentire l'effettiva chiusura degli OPG entro il 31 marzo 2015, ma entro 45 giorni le regioni devono trasmettere al Governo i programmi terapeutico-riabilitativi di dimissione degli internati, ed eventualmente le ragioni che dovessero impedirle. È opportuno anche il fatto che alle regioni si sia concessa la possibilità di rimodulare i propri legami per la realizzazione delle REMS, riducendo se del caso anche i posti per recuperare risorse da destinare al potenziamento dei servizi di salute mentale. Questa è un'accortezza opportuna, visto che proprio le REMS diventano una soluzione sempre più residuale, se vogliamo privilegiare le misure alternative, i percorsi terapeutici e riabilitativi, e se vogliamo ricorrere all'internamento solo come misura eccezionale e transitoria.
  Al comma 1, lettera b), si fa un'affermazione importante: si prevede che il giudice, o il magistrato di sorveglianza, adottino di norma, salvo casi eccezionali, misure alternative al ricovero: approccio che condividiamo, che richiederà il potenziamento dei servizi di salute mentale, che richiederà una più stretta collaborazione tra le aziende sanitarie e la magistratura. È un passo avanti importante aver stabilito, per esempio, che la durata massima delle misure di sicurezza non può superare quella della pena massima prevista per il reato commesso, ponendo così un limite alle proroghe sine die e al fenomeno incivile dei cosiddetti ergastoli bianchi.
  È particolarmente positivo, infine, l'approccio culturale del provvedimento rispetto alla nozione di pericolosità sociale, laddove si chiarisce che lo status economico-sociale, l'assenza di un progetto terapeutico Pag. 32individuale non sono condizioni sufficienti a motivare la pericolosità sociale, e quindi l'internamento di un individuo. Oggi ci sono malati – e questo dobbiamo denunciare con forza ! – che vengono valutati socialmente pericolosi, e che rischiano di finire in OPG, soltanto perché sono persone sole, senza cure, oppure perché sono poveri, emarginati, senza casa. È intollerabile che l'internamento sia la soluzione con cui la nostra società risponde alle persone che essa stessa ha emarginato, e confinato in condizioni di svantaggio sociale.
  In conclusione, io penso che se vogliamo lasciare da una parte l'amor di polemica o la strumentalità della polemica dovremmo riconoscere che siamo di fronte ad un provvedimento positivo; per diversi motivi: innanzitutto perché ci avvicina a quello che per noi resta l'obiettivo, abolire definitivamente e quanto prima la vergogna degli OPG, con la modifica del codice penale. Secondo, perché con le nuove norme da subito operative consentirà al faticoso processo di superamento degli OPG di rientrare nei binari della legge n. 180 del 1978, che sappiamo quanta importanza ha avuto nel nostro Paese per restituire dignità, diritti e speranza a tante persone. Terzo perché – e questo credo non sia questione ultima in ordine di importanza, non certo marginale – questo testo pone le premesse per un serio dibattito sul tema della pericolosità sociale: la sicurezza dei cittadini non può essere affermata a scapito della dignità dei soggetti più deboli, e questo è per noi un principio fondamentale.
  Quindi voteremo questo provvedimento, che, nonostante tutti i ritardi che abbiamo alle spalle, nonostante le contraddizioni che nessuno può negare ci sono dentro, ci farà fare un passo avanti importante per rendere il nostro Paese più civile e più giusto.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Baroni. Ne ha facoltà.

  MASSIMO ENRICO BARONI. Signor Presidente, in sede di Commissione abbiamo già avuto modo di analizzare innanzitutto due particolarità di questa situazione. Una è la complessità del provvedimento: la complessità del provvedimento, perché riguarda prassi e norme di tipo socio-sanitario, o in generale come la responsabilità dello psichiatra, e riguarda la medicina penitenziaria, riguarda l'amministrazione penitenziaria, e riguarda un prima e riguarda un dopo.
  Io tralascio quello che ha già detto il mio collega Cecconi, perché ritengo che abbia sottolineato un aspetto molto importante. L'aspetto molto importante è legato a questo circolo vizioso della maggioranza e del Governo, sollecitato da Napolitano – sembra che ogni volta il nostro Presidente dica una cosa, anche quando non è competente in materia, bisogna fare come dice lui – che in questo caso sbaglia completamente, e lo dicono le carte, perché quando lui afferma l'importanza di chiudere immediatamente gli OPG dimentica una questione fondamentale: parliamo del rapporto tra cittadini e istituzioni. Già un anno fa, nel 2012, noi ci siamo ritrovati questo decreto di proroga, nel quale era prevista questa strategia del Governo di fiato sul collo sulle regioni per fare in modo che queste costruissero queste benedette residenze per l'esecuzione delle misure di sicurezza e prevedeva una cosa estremamente importante. Di tutta questa civiltà di cui il PD si sta riempiendo la bocca negli interventi degli onorevoli che lo stanno rappresentando e anche di SEL si dimentica di dire che già un anno fa, delle mille persone – dati alla mano, schede di lettura – che si prevedevano internate all'interno degli OPG, la metà erano considerate non socialmente pericolose. Ora, noi abbiamo qui i dati e la legge prevedeva l'immediata dimissione di queste persone, l'immediata dimissione delle persone non socialmente pericolose. Noi abbiamo, dati alla mano, che dopo un anno da quel decreto, ne sono entrate circa il 50 per cento e ne sono uscite circa il 50 per cento e abbiamo ancora praticamente mille persone al loro interno, con le schede tecniche – Presidente e colleghi del PD – che analizzano Pag. 33molti dati interessanti, alcuni io li citerò, però si dimentica di citare un dato importantissimo da parte dei documenti forniti dalla sanità penitenziaria, dalla direzione, cioè quali e quanti di questi soggetti non socialmente pericolosi sono rimasti all'interno degli OPG e quanti invece sono usciti, perché qui stiamo coprendo delle carte; evidentemente ci sono delle responsabilità oggettive nell'amministrazione penitenziaria, delle responsabilità oggettive all'interno della psichiatria, perché la legge prevede che ci debba essere solo uno psichiatra per ogni OPG, e stiamo parlando di numeri enormi, numeri enormi. Quindi in questo momento, oltre al sacrosanto decreto che prevede la chiusura degli OPG, noi stiamo determinando il fallimento di queste persone che lavorano là dentro, come sono state selezionate, come sono state inserite, perché la descrizione della collega di quei famosi filmati – mi pare che fosse Aversa – riguarda persone che hanno fatto presa in carico; esiste la medicina penitenziaria negli OPG, esiste la psichiatria all'interno degli OPG. Com’è possibile questa collusione enorme fra pubblici funzionari nell'esercizio del loro mandato, pubblici funzionari che sono stati nominati anche da queste strutture, anche dal Parlamento e noi parliamo solo del fallimento degli OPG ?
  No, il MoVimento 5 Stelle su questo non ci sta, il problema è istituzionale, il problema è il rapporto tra il cittadino, tra il cittadino che è internato, il cittadino che in quel momento è un paziente – perché se sta all'interno dell'OPG è un paziente – e parliamo anche di tutti i quadri intermedi che evidentemente disattendono le leggi – l'ultima quella del 2012 – perché qui parliamo di tutti i soggetti non socialmente pericolosi. Ma veniamo a quelli socialmente pericolosi, per cui sarebbe da valutare – sottosegretario alla sanità – un interessamento, perché qui, con tutte queste sigle, questo decreto, oltre che da parte di Marino, nasce da un movimento neo-basagliano: in parte, è vero che vogliamo chiudere questi OPG, ma di fatto lo stesso movimento, con tutte le sigle molto vicine alla sinistra, dice che c’è un grossissimo pericolo di creare mini-manicomi giudiziari da venti posti letto.
  Con la collega Miotto abbiamo un attimo approfondito, ma è necessario un approfondimento per quanto la sicurezza di queste persone, cioè dei sanitari (perché c’è già una circolare del Ministero che afferma come dovrà essere strutturato il personale che andrà a lavorare là dentro), fermo restando che è previsto che all'interno delle REMS ci sarà solo il personale sanitario. È previsto dal vecchio decreto che non ci sarà più l'amministrazione penitenziaria a guardare tutta la parte intorno; infatti, il decreto, l'innovazione del decreto, questa idea geniale, questa rivoluzione culturale fa prevedere che in tutto il prato intorno ci debba essere il controllo da parte di chi ? Della prefettura. Non prevediamo una continuità, magari eventualmente mettendo una persona che lavori sotto il coordinamento dello psichiatra, che possa essere magari un poliziotto penitenziario che abbia determinate referenze e che possa garantire la sicurezza, dato che stiamo parlando di venti persone che hanno la pericolosità sociale. No, prevediamo un sistema, a quanto mi risulta – e vorrei essere smentito – di sole telecamere e che cosa ? Il telefono. Come fanno ben presente la Società italiana di psichiatria, la Società italiana di epidemiologia psichiatrica, la World association for psychological rehabilitation della sezione italiana, l'European network for mental health service evaluation, la Società italiana di deontologia e di etica in psichiatria, il coordinamento dei direttori di dipartimento di salute mentale, cioè gli SPVC, cioè il coordinamento italiano, sono preoccupati per l'incolumità delle persone che andranno a lavorare là dentro. Mentre qui davanti alle nostre istituzioni abbiamo le camionette e le macchine della polizia perché queste persone devono difendere noi – è la genialità di questo decreto – ecco i dati alla mano: nel 2011, ad Aversa abbiamo 43 ferimenti e 184 risse, aggressioni, sempre ad Aversa abbiamo 69 ferimenti e 94 risse, a Barcellona Pozzo di Gotto, abbiamo 39 ferimenti e 146 risse. Pag. 34Ma quale persona sana, mentalmente sana, non sarebbe preoccupata di andare a lavorare in una struttura come questa, dove non è prevista neanche una persona che possa difendere il personale sanitario o che possa intervenire nel momento in cui queste persone che hanno diagnosi psichiatriche e sono socialmente pericolose – lo ricordiamo – iniziano ad attaccarsi, ad aggredirsi tra di loro ? La genialità di questo decreto è che non viene previsto – perché viene scaricato sulla psichiatria totalmente – quello che era il contenimento e il controllo sociale di memoria storica basagliana: abbiamo fatto un ulteriore passaggio. Quindi stop OPG, con tutte le sigle vicine alla sinistra. Dice che va bene il decreto, che è stato migliorato al Senato, però prevede quello che le ho detto io, Presidente; sta dicendo questo, e non dice come risolverlo a breve termine.
  Io devo leggere alcuni passaggi perché riguardano materia di giustizia. Io ho una laurea e una specializzazione in psicologia clinica, che prevede un percorso in università pubbliche di tipo decennale e che prevede la possibilità di essere anche il direttore di una struttura intermedia, che cura persone con diagnosi di psicosi, ovviamente non socialmente pericolose, perché già è difficile in un'istituzione totale.
  Ma io ogni tanto mi domando se l'istituzione totale della finzione non sia qui, Presidente, perché quello che io ho detto, quello che sto dicendo deve essere smentito pubblicamente.
  Mi fermo perché il collega Beni ha citato la Costituzione. È vero; da una parte, gli OPG sono assolutamente anticostituzionali, ma, se noi facciamo il gioco dello spostamento ed in questo gioco creiamo i mini-OPG l'articolo 13 della Costituzione viene pesantemente chiamato in causa, allorché recita che la libertà personale è inviolabile ed è punita ogni forma di violenza fisica o morale sulle persone comunque sottoposte a restrizione di libertà, a cui certamente sottende l'articolo 2 della Costituzione, che parla di diritti inviolabili dell'uomo. Quindi, noi spostando fisicamente la presa in carico e la struttura – proprio le mura – invece di mandare a casa il personale, che è andato contro la legge ed è andato contro la propria deontologia, vogliamo fare questa operazione neo-basagliana. Sicuramente va bene rispetto allo schifo ed è meglio di un calcio negli stinchi, Presidente. Però, forse sarebbe il caso di intervenire bene con un'analisi dei fatti. È un'analisi dei fatti che manca completamente, a fronte di questo scaricamento sulla psichiatria ed è quello che auspicano anche i nostri tifosi della legge, cioè una riscrittura degli articoli 85 (l'imputabilità), 88 e 89 (vizio totale e vizio parziale di mente) – visto che è dal 2008 che ne parliamo qualche proposta di legge, qualche discussione, qualche calendarizzazione forse doveva andare in parallelo; che dice Presidente ? –, 91 (reati commessi in stato di ubriachezza) e 222 (ricovero in manicomio giudiziario), oltre all'articolo 530 del codice di procedura penale sulla sentenza di assoluzione.
  Quando poi parliamo di interessi, il MoVimento 5 Stelle parla di interessi altri, oltre al bene dei pazienti e degli internati, e ha ragione. Ha ragione perché abbiamo trovato delle cose anche adesso e le denunciamo anche adesso, perché, nel momento in cui lo sponsor, che è il movimento di Stop OPG, che...ripetiamo, riteniamo la norma buona, però cosa c’è ? C’è questo problema, che dobbiamo fare fiato sul collo delle regioni perché altrimenti loro non costruiscono le REMS. Però, i soldi glieli abbiamo dati, però non li abbiamo erogati, però le REMS non ci sono e, quindi, dobbiamo fare una proroga. A un certo punto, la Conferenza Stato-regioni emette un comunicato e ti dice: «Scusate Governo, visto che ci state mettendo fiato sul collo, per favore dateci la possibilità di commissariare questa cosa» (e il commissario corrisponde con il presidente della regione). Per quale ragione, Presidente ? Perché così si possono eludere le procedure europee sugli appalti, perché così le possiamo eludere perché non abbiamo tempo. Non abbiamo tempo di costruire tali strutture, non sono state costruite e, con riferimento a quelli che non le hanno costruite, notoriamente si sa Pag. 35che sono le meno coinvolte civicamente, nel diritto del cittadini, perché, altrimenti, questi si sarebbero dati una mossa. Non stiamo parlando di Castiglione delle Stiviere, che praticamente è finita, è pronta, è quasi chiavi in mano, per quanto noi siamo contro la cementificazione, e forse si potevano, come anche uno dei nostri emendamenti propone, anche utilizzare strutture già pubbliche, perché poi dobbiamo buttare via le caserme, dobbiamo venderle sempre ai privati.
  E, allora, chi troviamo tra questi sponsor ? Uno dei leciti sospetti che il MoVimento 5 Stelle si fa, visto che è una colla, una melassa di interessi ogni volta che andiamo a scavare, sono questi appalti. Cioè, il Governo mette fiato sul collo perché, altrimenti, le regioni si siedono, se diamo loro due o tre anni di tempo, e comunque non le fanno in due tre anni; meglio che non le facciano in un anno solo ? E loro chiedono: dateci la possibilità di commissariare. Questo cosa implica ? Eludere gli appalti che hanno una garanzia per quanto riguarda tutta la questione della corruzione; stiamo vedendo benissimo cosa è venuto fuori ad Expo 2015, che io ho denunciato in quest'Aula con un intervento di mezz'ora.
  Nomi e cognomi di tutti gli appalti e subappalti, a partire dalla CMC, tre subappalti della CMC, il coinvolgimento delle cosche messinesi. E noi cosa troviamo qui in questo caso ? Sarà un caso che il presidente dell'Airsam, che appoggia questo movimento e questa nuova erogazione di denaro in favore delle REMS che devono essere costruite, è fratello di Massimo D'Alema ? E cosa faceva prima il fratello... (Commenti della deputata Piazzoni). E lo so, mi dispiace per l'onorevole Piazzoni, che adesso evidentemente difende il PD, ma, se magari mi ascolta, può darsi che il lecito sospetto venga anche a lei. Perché chi era il fratello di Massimo D'Alema ? Era un ignoto, senza pubblicazioni, psichiatra di Frascati di unità operativa semplice. Nel 2007 viene nominato dall'allora Ministro della salute, Livia Turco, consulente per il Ministero della salute per la psichiatria. Se andate a vedere poi, l'Airsam è una delle strutture virtuose per le pubblicazioni che fa. All'epoca, D'Alema – e fino a tempi recenti – non aveva alcun tipo di pubblicazione, però è diventato prima consulente e poi presidente. In questo suo diventare presidente, troviamo addirittura il genio della psichiatria incompreso che fa delle interviste a favore del Ritalin per la ADHD. C’è uno scandalo enorme in Germania, perché c’è stato tutto il marketing, che è iniziato anche in Trentino-Alto Adige, in cui è iniziata da parte delle case farmaceutiche che producevano il Ritalin la pubblicità, prima ancora dell'autorizzazione all'immissione in commercio, prima ancora dell'autorizzazione. E lui fa pubblicazioni, ossia scrive delle cose che praticamente sappiamo benissimo che serve un contenimento farmaceutico per quanto riguarda le situazioni delle residenzialità e di psicosi per adulti, ma riuscire ad immaginare che ragazzini agitati abbiano bisogno di una farmacoterapia...porca miseria, ma vai a fare un altro mestiere ! Ma vai a fare un altro mestiere ! Quando poi, dopo, lui, anche in Psichiatria democratica, che è un altro degli sponsor di stop OPG... E allora noi stavamo pensando, per farla breve, di presentare degli emendamenti, visto che noi siamo ostruzionistici, siamo «distruzionistici» e non entriamo nel merito delle questioni e non ci informiamo. Emendamenti che ci sono stati forniti proprio dalle società che ho citato prima: la Società italiana di psichiatria, di epidemiologia psichiatrica, la sezione italiana e alcune altre sul consumo di suolo, quella sulla presa in carico obbligatoria, sul fatto che non è giustificabile da parte del magistrato, del consulente tecnico d'ufficio...perché qui nessuno nella discussione ha detto che l'infermità mentale e la seminfermità mentale è una scatola vuota: si rifà assolutamente alla letteratura di maggioranza in psichiatria. Quindi, il consulente tecnico d'ufficio, nominato dal tribunale, va a vedere, dopo il delitto, se c'era qualche diagnosi; se non c’è, può chiedere determinate procedure per vedere se esistano determinate diagnosi, ma, di fatto, l'infermità o la seminfermità mentale, che Pag. 36è una delle ratio attraverso cui si finisce in OPG e si finirà nelle REMS, è determinata da un'importante modalità, che è sempre quella più o meno, perché i consulenti tecnici d'ufficio sono sempre quelli che vengono nominati dai magistrati, per valutare la potenziale pericolosità sociale.
  Perché non puoi dire e non ti puoi esporre in una consulenza tecnica d'ufficio dicendo che hai davanti un delinquente. Puoi dire che ha un disturbo antisociale, perché, se è un delinquente, lo deve determinare il magistrato, però la letteratura maggioritaria ti viene a dire, come citavo prima, che non prende minimamente in considerazione tutto questo documento di Stop OPG, che ha dei vuoti che fanno vedere molta dell'ideologia che vi è qua dietro.
  Abbiamo detto per la sicurezza degli operatori sanitari, abbiamo detto per gli appalti, che nessuno ha citato. Come verranno fatti, visto che vi è anche la Legacoop sociale ? Dimmi tu se non è un conflitto di interesse questo, visto che verrà dato al terzo settore e la Legacoop sociale sono loro, praticamente, che si sponsorizzano il documento, che mettono pressione a voi per dirvi come fare le cose, e voi le fate perché loro sono gli operatori del settore.
  No, ragazzi, c’è qualcosa che non va, ascoltiamo anche gli altri. E vi sono dei problemi, perché, nel momento in cui queste persone vengono mandate nelle REMS, che, ripetiamo, è una cura psichiatrica, una cura sanitaria, se hanno un disturbo cerebrale organico, è di competenza neurologica, non psichiatrica. Se hanno la cosiddetta sindrome frontale organica o disabilità intellettive, alias ritardi mentali, i cosiddetti oligofrenici o i minorati psichici, come si fa a mandarli in una struttura che ha il compito di curare delle patologie psichiatriche ?
  Già le schizofrenie sono gravissime, perché sono cronicizzate: è difficile far cambiare un'abitudine. A volte, anche qui dentro, sembra che nessuno sia consapevole dei nuovi paradigmi che arrivano o dei messaggi di nuove modalità di lavorare, perché vi è una sclerotizzazione della «neuro istituzionale», Quindi, lì dove vi è cronicizzazione, è difficilissimo far cambiare delle abitudini, però noi, con questo decreto, permettiamo che i disturbi cerebrali organici, le sindromi frontali, le disabilità intellettive, vengano curati nelle REMS. Complimenti !
  Allora, forse, perché ne stiamo ancora discutendo, o meglio, come dice il PD, aspettiamo l’sms di Casaleggio e di Beppe Grillo, forse, vediamo se, magari, ne presentiamo meno. Voi dite che non potete perché avete i vostri problemi, i vostri tempi, e comunque va bene, il decreto è stato migliorato.
  Ha i voti del MoVimento 5 Stelle al Senato, con cui noi ci siamo confrontati, perché abbiamo chiesto: scusate, ci sono delle argomentazioni, ci sono delle informazioni importanti, che per noi sono sufficienti per votare contro questo provvedimento, perché non si sono volute affrontare. Per cui, voi lo avete migliorato e avete votato a favore, va benissimo, d'accordo, ma noi siamo andati ancora più a fondo. Visto che tutti si riempiono la bocca della salute mentale, dello stato di inumanità e così dire, ma mettevi a studiare, confrontiamoci su queste cose, perché, se per caso abbiamo ragione noi, voi avete fatto la marchetta, vi riempirete la bocca di grande progressismo. Allora, per noi sarà un onore considerarci dei conservatori e, fra un anno, vi ridiremo le stesse cose. Va bene ?

  PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche dei relatori e del Governo – A.C. 2325)

  PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore di minoranza, onorevole Rondini.

  MARCO RONDINI, Relatore di minoranza. Signor Presidente, con questo provvedimento sembra che andiate a legiferare ancora una volta in una sorta di stato di emergenza. Sicuramente, l'onda emotiva Pag. 37che aveva creato la denuncia delle gravi condizioni in cui versavano gli OPG andava risolta. Sembra un provvedimento che ha quale fine solamente ed unicamente quello di rispondere a esigenze elettorali.
  Con questo decreto-legge, il Governo, sostenuto dalla propria maggioranza parlamentare, mette in atto l'ennesimo provvedimento di proroga di un termine, ossia quello della soppressione degli ospedali psichiatrici giudiziari prevista attraverso l'introduzione dell'articolo 3-ter, aggiunto al decreto legge n. 211 del 2011 (noto come decreto «svuota carceri») con la legge di conversione n. 9 del 2012, rubricato: «Disposizioni per il definitivo superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari» e a poco sono servite le rassicurazioni che oggi, attraverso il sottosegretario Ferri, ci sono arrivate in merito alla bontà di questo provvedimento.
  Come è risaputo, il Parlamento, con le modifiche apportate al decreto-legge n. 24 del 2013 con la legge di conversione n. 57 del 2013, esclusa quella prevista oggi dal provvedimento in esame, è intervenuto per la quarta volta in meno di otto mesi sul citato articolo 3-ter; con l'attuale provvedimento si raggiunge la quinta volta ! È evidente che prevedete un altro termine di cui sin da oggi si può prevedere il fallimento, ossia quello del 31 marzo 2015; appare un esercizio legislativo del tutto inutile, ma certamente valido ai fini dell'efficacia comunicativa e soprattutto ai fini elettorali, come dicevo prima. L'urgenza di questo provvedimento non è ravvisabile in quanto prevedete un'ennesima proroga che non tiene conto neanche delle esigenze delle regioni, alle quali demandate la realizzazione delle strutture che andranno a sostituire gli OPG. Giustamente le regioni facevano notare che vi sono dei tempi stabiliti da norme e leggi ai quali devono sottostare, ad esempio le gare d'appalto, tempi che sono incompatibili con quelli che voi prevedete per andare a realizzare queste strutture che dovrebbero andare a sostituire gli OPG, con il risultato che ci ritroveremo qui tra un anno a votare l'ennesima proroga. Se è vero come è vero che quella situazione denunciata delle condizioni nelle quali versavano gli OPG andava affrontata, noi crediamo che questo sia un metodo e uno strumento sicuramente sbagliato.
  La Lega Nord aveva a suo tempo già criticato la definizione di un termine così breve, ossia quello del 31 marzo 2013, che non solo appariva privo di ogni possibilità di applicazione effettiva ma sembrava essere, come poi in effetti è stato, solo un «proclama politico» come lo è quello di oggi che vi induce a votare a favore di un provvedimento in fretta e furia prima delle elezioni europee.
  Il provvedimento emergenziale che discutiamo oggi, come modificato dall'altro ramo del Parlamento, ha previsto anche che il ricovero negli ospedali psichiatrici giudiziari sia l’extrema ratio, in particolare, attraverso l'introduzione dei commi 1-ter e 1-quater all'articolo 1, vengono poste le basi per scardinare l'esistente sistema delle misure di sicurezza. Infatti, questi due commi sovvertono l'attuale sistema delle misure di sicurezza, le quali, come è risaputo, prevedono, per il soggetto socialmente pericoloso (reo non imputabile), che dette misure possano essere rinnovate, ad intervalli di sei mesi, a seguito di una valutazione da cui emerga il permanere della pericolosità. Il testo introdotto dall'altro ramo del Parlamento pone un limite massimo alla misura di sicurezza, ossia ordina che un soggetto pericoloso debba guarire in un tempo massimo prestabilito, una cosa veramente incredibile.
  Allora il gruppo della Lega Nord propone un testo alternativo, cioè queste motivazioni ci hanno indotto a presentare un testo alternativo e, quindi, a ritenere assolutamente inadeguato a risolvere la questione quello che avete presentato. Il nostro, da un lato, prevede la modifica del termine di proroga per la soppressione degli ospedali psichiatrici giudiziari, affinché il termine possa effettivamente essere ritenuto congruo e coerente rispetto alle varie questioni emerse e rappresentate soprattutto dalle regioni: il termine ultimo viene pertanto indicato nel 31 dicembre Pag. 382017. Dall'altro lato, è proposta la soppressione di tutte le norme che vanno a scardinare l'attuale sistema penale nella parte relativa alle misure di sicurezza per i soggetti non imputabili che sono poste al fine di evitare che un soggetto socialmente pericoloso possa commettere altri reati.
  Si ritiene in più che questa sia stata un'occasione persa, perché a distanza di trent'anni dalla legge 13 maggio 1978, n. 180, sulla psichiatria risulta indispensabile una revisione, anche profonda, dei criteri che regolano la psichiatria pubblica italiana. Infatti provvedimenti come questo sono frutto, noi riteniamo, di una visione ideologica che parte dal vizio di considerare malata la società e che essa produce, in quanto malata, la malattia mentale quale effetto delle logiche sulla quale questa stessa società si regge.
  Si ribalta, in sostanza, sulla società la responsabilità di avere prodotto la malattia mentale e per legge stabilite, in sostanza, sulla malattia mentale, così come quando avevate previsto fosse necessaria la chiusura dei manicomi per come erano stati realizzati allora. Ma la malattia mentale rimane, non basta stabilire per legge che la malattia mentale non esiste e che la malattia mentale non sia anche pericolosa.
   Oggi, così come ieri avete lasciato da sole di fatto le famiglie, perché se è vero che i manicomi andavano chiusi, è altrettanto vero che le famiglie poi sono state lasciate da sole, a gestire magari un malato mentale in casa. Di più, così come ieri avete lasciato sole le famiglie, oggi – come giustamente facevano notare anche i colleghi del MoVimento 5 Stelle – lasciate da soli gli operatori sanitari, che si troveranno a confrontarsi con situazioni rispetto alle quali non hanno assolutamente preparazione. Infatti in queste nuove strutture, che andranno a sostituire gli OPG, non è prevista la presenza di personale di pubblica sicurezza.
  Quindi noi riteniamo che tutelare la dignità della persona ammalata e garantire l'effettuazione di un percorso clinico scientificamente corretto sia una cosa corretta e sia importante, ma altrettanto importante è garantire la sicurezza dell'ammalato e della società. Solo queste possono essere le finalità di un nuovo approccio per affrontare anche la revisione della legge n. 180 del 1978.
  In più, lo Stato sociale è basato sul concetto di condivisione della sofferenza con criteri di sussidiarietà. In psichiatria questo significa che il disagio sociale del malato deve essere ridistribuito, almeno in parte, sui membri della comunità a cui appartiene o sulla famiglia del paziente. Ma la società non ha colpa della malattia psichica, che invece sembra essere l'assunto dal quale voi partite talvolta nel legiferare. Allora questo concetto fondamentale deve essere ribadito: la società ha il diritto e il dovere di curare, non solo il dovere di integrare socialmente il diverso.
  Ebbene noi appunto abbiamo presentato un testo alternativo e annuncio anche che presenteremo a breve una proposta di legge, che va incontro ad una riforma della legge n. 180. Naturalmente siamo sicuri, visto che c’è stato già detto che probabilmente porrete la questione di fiducia, che non starete neanche ad ascoltare le legittime istanze che ci hanno portato a licenziare anche un testo alternativo. Ciò soprattutto in virtù del fatto che non siete stati ad ascoltare e non avete voluto provvedere ad organizzare delle audizioni in Commissione, nonostante le nostre continue richieste, non avete ascoltato le regioni, non abbiamo ascoltato la rappresentanza degli operatori sanitari che si ritroveranno ad assolvere a compiti per i quali non sono sicuramente preparati. Quindi, è l'ennesimo provvedimento sul quale forse vi apprestate a porre la questione di fiducia e che in realtà è il solito vostro spot elettorale.

  PRESIDENTE. Saluto gli studenti e i docenti dell'Istituto comprensivo statale «Valerio Flacco» di Sezze Scalo, in provincia di Latina, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
  Per quanto riguarda i relatori per la maggioranza, prendo atto che il relatore per la II Commissione, onorevole Mattiello, ha ancora un residuo di quindici minuti, ma rinuncia alla replica. Prendo Pag. 39atto che ugualmente rinunciano alla replica il relatore per la XII Commissione, onorevole Patriarca, ed il rappresentante del Governo.
  A questo punto il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Annunzio della convocazione della Commissione parlamentare di inchiesta sui fenomeni della contraffazione, della pirateria in campo commerciale e del commercio abusivo per la sua costituzione.

  PRESIDENTE. Comunico che la Commissione parlamentare di inchiesta sui fenomeni della contraffazione, della pirateria in campo commerciale e del commercio abusivo è convocata per mercoledì 14 maggio 2014, alle ore 20, presso la sede di Palazzo San Macuto, per procedere alla propria costituzione.

Convocazione della Delegazione parlamentare italiana presso l'Assemblea parlamentare dell'INCE.

  PRESIDENTE. Comunico, inoltre, che, d'intesa con il Presidente del Senato, la Delegazione italiana presso l'Assemblea parlamentare dell'INCE è convocata mercoledì 14 maggio 2014, alle ore 20, presso il Senato della Repubblica, Aula XIV Commissione, per procedere all'elezione del presidente.

Convocazione della Delegazione italiana presso l'Assemblea parlamentare della NATO.

  PRESIDENTE. Comunico, altresì, che, d'intesa con il Presidente del Senato, la Delegazione italiana presso l'Assemblea parlamentare della NATO è convocata per mercoledì 14 maggio 2014, alle ore 20, presso la Camera dei deputati, Palazzo Valdina, sala soprachiesa, per procedere all'elezione del Presidente.
  Sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 14, con l'esame del decreto-legge recante disposizioni urgenti per favorire il rilancio dell'occupazione, e per la semplificazione degli adempimenti a carico delle imprese.

  La seduta, sospesa alle 12,30, è ripresa alle 14.

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Bonifazi, Michele Bordo, D'Ambrosio, Fontanelli, Guerra, Meta, Pannarale, Rossomando e Sereni sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
  I deputati in missione sono complessivamente novantaquattro, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

Discussione del disegno di legge: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 20 marzo 2014, n. 34, recante disposizioni urgenti per favorire il rilancio dell'occupazione e per la semplificazione degli adempimenti a carico delle imprese (Approvato dalla Camera e modificato dal Senato) (A.C. 2208-B) (ore 14,02).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dalla Camera e modificato dal Senato, n. 2208-B: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 20 marzo 2014, n. 34, recante disposizioni urgenti per favorire il rilancio dell'occupazione e per la semplificazione degli adempimenti a carico delle imprese.

Pag. 40

(Discussione sulle linee generali – A.C. 2208-B)

  PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
  Avverto che i presidenti dei gruppi parlamentari MoVimento 5 Stelle e Partito Democratico ne hanno chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
  Avverto, altresì, che l'XI Commissione (lavoro) si intende autorizzata a riferire oralmente.
  Ha facoltà di intervenire il relatore per la maggioranza, onorevole Dell'Aringa.

  CARLO DELL'ARINGA, Relatore per la maggioranza. Signor Presidente, il decreto-legge n. 34 del 2014 contiene disposizioni in materia di lavoro a termine, apprendistato, servizi per il lavoro, verifica della regolarità contributiva e contratti di solidarietà.
  Il decreto-legge è entrato in vigore il 21 marzo 2014 e, pertanto, dovrà essere convertito in legge entro il 19 maggio 2014. Il decreto-legge è stato approvato con modifiche dalla Camera dei deputati il 24 aprile 2014. Successivamente il Senato lo ha approvato con ulteriori modifiche il 7 maggio 2014.
  Il provvedimento, ora all'esame della Camera in seconda lettura, verrà esaminato unicamente in relazione alle parti modificate dall'altro ramo del Parlamento. Passo quindi ad illustrare le modifiche apportate dal Senato, che hanno riguardato in particolare la disciplina dei contratti a termine e l'apprendistato, per poi passare a quanto è stato deciso in Commissione lavoro della Camera la settimana scorsa.
  Con riferimento alla nuova disciplina dei contratti a termine – e parlo delle modifiche apportate dal Senato – è stato previsto che il superamento del limite del 20 per cento (superamento del limite del 20 per cento del numero di contratti a termine su tutto il complesso dei contratti a tempo indeterminato) comporta una sanzione.
  Il superamento di questo tetto, che è un vincolo per l'impresa da rispettare, comporta una sanzione. Al riguardo si ricorda che il testo originario del decreto-legge non prevedeva alcuna conseguenza per il superamento del tetto, perlomeno esplicitamente, mentre nel testo approvato dalla Camera era prevista la trasformazione in contratto a tempo indeterminato dei rapporti contrattuali instaurati in violazione del limite quantitativo del 20 per cento.
  È stato stabilito che il tetto legale del 20 per cento non trova applicazione nel settore della ricerca. Prima di questo, però, è stato deciso dal Senato che il superamento del 20 per cento comporta semplicemente una sanzione amministrativa, una penalità pecuniaria, e non, come sanzione, la trasformazione del rapporto di lavoro in rapporto di lavoro a tempo indeterminato.
  Ulteriormente il Senato ha stabilito che il tetto del 20 per cento non trova applicazione nel settore della ricerca, limitatamente ai contratti a tempo determinato che abbiano ad oggetto lo svolgimento di attività di ricerca scientifica o di attività ad esse strettamente connesse. Inoltre si stabilisce che i contratti a termine, che abbiano ad oggetto esclusivo attività di ricerca, possano avere durata pari al progetto di ricerca al quale si riferiscono. Questa in assoluto è una novità introdotta dal Senato, sia rispetto al testo originario sia rispetto al testo approvato dalla Camera.
  Questo per quanto riguarda le modifiche apportate dal Senato in materia di contratto a tempo determinato, perlomeno quelle più significative. Veniamo alle modifiche relative alla nuova disciplina dell'apprendistato.
  In primo luogo – sempre nel testo che è uscito dal Senato – è stata innalzata da 30 a 50 dipendenti la soglia dimensionale di impresa, oltre la quale trova applicazione l'obbligo di stabilizzazione di una quota di apprendisti ai fini di nuove assunzioni in apprendistato.
  Il decreto-legge originario aveva tolto qualsiasi vincolo e obbligo da parte delle imprese. Nel testo uscito dalla Camera era Pag. 41stato precisato che le imprese, che vogliano continuare ad assumere apprendisti, debbano trasformare i rapporti di apprendistato in contratti a tempo indeterminato nella misura del 20 per cento, però questo obbligo riguardava, nel testo approvato dalla Camera, solo le imprese con più di trenta dipendenti. Il Senato ha alzato questa soglia a cinquanta dipendenti, cioè ha ristretto l'applicazione di quel 20 per cento.
  È stata, poi, introdotta una disposizione volta a consentire, nelle regioni e nelle province autonome di Trento e Bolzano, che i contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati da associazioni di datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale prevedano specifiche modalità di utilizzo del contratto di apprendistato, anche a tempo determinato, per lo svolgimento di attività stagionali: questa è un'altra novità introdotta dal Senato – che non era presente né nel testo originario del decreto-legge del Governo, né in quello che è uscito dalla Camera – riguardo alla possibilità di utilizzare l'istituto dell'apprendistato per attività stagionali laddove le regioni abbiano a disposizione strumenti per garantire l'alternanza scuola-lavoro.
  Per quanto riguarda la formazione pubblica, sempre nell'apprendistato, è stato stabilito che la regione provveda a comunicare al datore di lavoro, entro 45 giorni dalla comunicazione dell'instaurazione del rapporto di lavoro, le modalità di svolgimento dell'offerta formativa – e questo era già previsto nel testo uscito dalla Camera – cui si aggiunge, da parte del Senato, che questa comunicazione deve fare riferimento anche alle sedi e ai calendari delle attività previste, avvalendosi anche dei datori di lavoro e delle loro associazioni che si siano dichiarati disponibili ai sensi delle linee guida adottate dalla Conferenza permanente per i rapporti fra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano (queste linee guida recano la data del 20 febbraio 2014).
  Per quanto riguarda la Camera, essa stabiliva cose analoghe; il Senato ha riproposto la possibilità, sempre prevista in queste linee guida delle regioni, che la formazione obbligatoria sia anche garantita dalle stesse aziende, avendo naturalmente gli strumenti per poterla effettuare, ma siamo sempre nell'ambito delle linee guida impartite dalla Conferenza Stato-regioni.
  Nel complesso, le modifiche apportate dal Senato riguardano materie che si potrebbero distinguere in questi termini: alcune di queste norme sono aggiuntive rispetto sia al testo originario del decreto-legge, sia a quello che è uscito dalla Camera, e queste norme che riguardano nuove materie sono in particolare le norme sull'apprendistato negli enti di ricerca e sull'apprendistato per le attività stagionali; un allargamento, diciamo così, delle materie, che non c'era né nel testo originario, né nel testo uscito dalla Camera.
  Su altre materie le norme sono modificative del testo approvato dalla Camera e le modifiche più significative in questo ambito riguardano, da un lato, la dimensione delle imprese da prendere in considerazione per imporre l'obbligo di una percentuale di trasformazione dei contratti di apprendistato. Come abbiamo visto, l'obbligo di trasformare il 20 per cento degli apprendisti in contratto a tempo indeterminato vale non più per le imprese sopra i venti dipendenti, ma sopra ai cinquanta: da venti a cinquanta. Questo ha modificato certamente la norma uscita dalla Camera. L'altra – nel caso di superamento del limite del 20 per cento dei contratti a tempo determinato – è trasformare la sanzione, del tutto riferita al singolo lavoratore come beneficiario, cioè la trasformazione del contratto a tempo determinato in contratto a tempo indeterminato, in una sanzione amministrativa, di tipo pecuniario, il cui beneficiario non è il lavoratore o i lavoratori, ma ciò che viene da queste sanzioni viene portato nel Fondo occupazione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
  E poi c’è un paio di norme che hanno modificato, anche migliorando, il testo uscito dalla Camera, quello sulla formazione Pag. 42obbligatoria, per esempio: è ancora meglio chiarito il ruolo delle aziende e delle regioni nel garantire la formazione obbligatoria.
  Un'altra norma che è stata inserita, cui non ho accennato, era nella parte iniziale del decreto-legge, laddove si apre alla possibilità di sperimentare il contratto a tutele crescenti: qui è stato rafforzato questo punto, che può rappresentare un punto di unione fra questo decreto-legge e i decreti-legge successivi in applicazione della legge delega attualmente in discussione al Senato. Questi sono interventi di carattere migliorativo.
  Quindi, se volessimo distinguere: vi sono alcune norme nuove, che hanno allargato il campo; alcune norme che hanno migliorato probabilmente anche il testo originario; e un paio di norme che effettivamente hanno cambiato il testo uscito dalla Camera. Queste due hanno riguardato alcuni punti essenziali. Queste due modifiche, che hanno cambiato il testo uscito dalla Camera, sono state il frutto di una discussione che si è svolta all'interno della Commissione lavoro del Senato, e che hanno rappresentato punti di vista diversi rispetto a quelli espressi all'interno della Commissione lavoro della Camera, e poi approvati dalla Camera stessa con fiducia.
  Quindi, punti di vista diversi; così come può succedere nel passaggio di un testo da una Camera all'altra: è del tutto fisiologico che possa succedere. Ma non solo questo: sono stati portati ad unità punti di vista che erano emersi all'interno della stessa maggioranza, punti di vista diversi emersi all'interno della maggioranza; su questi due punti: la sanzione e la trasformazione dell'apprendistato in contratto a tempo indeterminato.
  Ma anche per questi cambiamenti, che riflettono un confronto all'interno della maggioranza su questi punti, si può parlare di un confronto abbastanza fisiologico, che avviene su una materia, quella della legislazione del lavoro, su cui, molto spesso, si confrontano pareri e prese di posizione molto differenziati, anche all'interno dei partiti che formano la maggioranza, prima di addivenire e arrivare necessariamente a qualche punto di incontro, di compromesso.
  Però, di fatto, queste due modifiche – ripeto: la sanzione per il tetto dei contratti a termine, il limite dimensionale delle imprese che devono trasformare i contratti di apprendistato in contratti permanenti – queste due modifiche, che ho ripetuto diverse volte perché si abbia contezza dell'importanza del punto di discussione che è avvenuta anche all'interno della Commissione, soprattutto fra i gruppi di maggioranza e i gruppi di opposizione, ancorché importanti, non toccano i punti fondamentali del decreto-legge.
  Essi sono, riassumendo, potrei dire, soprattutto per il contratto a termine, l'estensione della acausalità, cioè togliere praticamente alle imprese l'obbligo di spiegare e motivare l'apposizione del termine, non solo per il primo contratto di 12 mesi, come era già previsto dalla legislazione, ma per tutti i contratti per 36 mesi, e la possibilità di fare proroghe, cinque nell'ambito dei 36 mesi, anche qui non motivate, che rappresentano dei cambiamenti sostanziali della legislazione del lavoro del nostro Paese. Non sono stati quindi toccati da cambiamenti di norme che sono avvenuti, né all'interno della Camera né all'interno del Senato; e ciò ha indotto anche il Governo, lo stesso Ministro, a dire più volte, e non credo solo per volontà di mantenere la pace politica, ma per ferma convinzione di quello che diceva, che il decreto-legge non era stato modificato nei suoi fondamenti. Ed è per questo motivo che la Commissione lavoro della Camera ha ritenuto a maggioranza di non intervenire ulteriormente sul testo approvato dal Senato, privilegiando in questo modo la necessità di accelerare il processo di conversione, rispetto all'eventualità di riaprire su questi due punti un confronto che non porterebbe comunque ad un cambiamento significativo del testo del provvedimento.
  In definitiva, nel complesso, si tratta di modifiche di natura diversa e con diverse finalità, nel complesso utili a realizzare una maggiore compattezza e completezza Pag. 43del testo; soprattutto a realizzare quell'equilibrio, tutto politico, tra le modifiche della normativa a favore delle imprese e la necessità di mantenere un presidio minimo ed efficace delle garanzie dei lavoratori.
  E non dimentichiamo un punto fondamentale, cioè che il provvedimento mantiene intatta la filosofia che lo ha ispirato fin dall'inizio, ossia quella di facilitare le aziende con dosi massicce di semplificazione della normativa esistente, nell'aspettativa che la futura ripresa economica possa anche trasformarsi in un allentamento delle pressioni fortissime che gravano tuttora su mondo del lavoro.

  PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il relatore di minoranza, onorevole Fedriga.

  MASSIMILIANO FEDRIGA, Relatore di minoranza. Signor Presidente, ho avuto modo di ascoltare con attenzione la relazione del relatore di maggioranza e devo dire però che si continua verso una mistificazione della realtà iniziata dal Governo e seguita dalla maggioranza parlamentare, e dico iniziata dal Governo dal momento che si nomina questo decreto in questi termini: misure urgenti per favorire il rilancio occupazionale. Dicevo che è una mistificazione della realtà perché in questo provvedimento non c’è nulla, ma proprio nulla che dia una spinta al mercato del lavoro.
  Dunque, le ipotesi di questa scelta del Governo sono due: o il Governo vuole mentire ai cittadini, dicendo che fa dei provvedimenti sul lavoro, sapendo già che non servono a nulla per rilanciare o meglio andare ad arginare quel 42,7 per cento di disoccupazione giovanile o il 13 per cento di disoccupazione generale, oppure il Governo non sa che il dramma che stanno vivendo i nostri cittadini e le nostre imprese è dovuto ad un'impossibilità di competere nel mondo della produzione, con un costo del lavoro ed una tassazione generale sull'impresa che non permette di essere competitivi e quindi di produrre e quindi di assumere. Se non partiamo da questo dato, noi possiamo fare tutti i decreti sul lavoro possibili, ma la disoccupazione in questo Paese non scenderà. È una disoccupazione che non può scendere, quando lo stesso Partito Democratico – che appoggia questo Governo, ha appoggiato il Governo Letta ed ha appoggiato il Governo Monti – ha fatto approvare una riforma delle pensioni Fornero che, nella sostanza, ha congelato, in un momento di contrazione dell'offerta lavorativa, il ricambio generazionale all'interno dei posti di lavoro. Anche un bambino capirebbe che, se tengo fino ad 8 anni in più una persona sul posto di lavoro, se non si creano nuovi posti di lavoro, come sta avvenendo in un contesto di crisi generale, è chiaro che il risultato sarà che i giovani quel posto non potranno andare ad occuparlo, perché è ancora presente chi doveva andare in pensione ben prima.
  Queste erano due misure che noi chiedevamo al Governo. È la stessa filosofia di Renzi quando era segretario del partito – ora, da Presidente del Consiglio, ha cambiato un po’ strategia nel governare, rispetto a quanto diceva prima – ovvero quelle misure shock che servono al Paese per affrontare uno shock che ormai da 6 anni sta vivendo il nostro Paese. O capiamo che non si affronta il problema della disoccupazione, pensando di andare a correggere in minima parte, assolutamente in modo insufficiente, una riforma del lavoro Fornero (votata sempre dello stesso Partito Democratico, che appoggiava al tempo il Ministro Fornero), oppure vorrà dire che stiamo vendendo semplicemente aria fritta ai nostri cittadini.
  Noi abbiamo chiesto più volte al Governo, anche in modo costruttivo ed anche all'interno del dibattito in Commissione, che vengano messe risorse in quella che per noi – ed anche a detta del Presidente del Consiglio Renzi, prima di diventare Presidente del Consiglio – è l'emergenza del Paese, ovvero la disoccupazione.
  Allo stato attuale, per affrontare la disoccupazione, il Governo ha messo zero risorse.
  E quando vediamo il dramma che stanno vivendo i nostri cittadini, vediamo Pag. 44che il Governo stanzierà quest'anno più di 10 miliardi per l'immigrazione clandestina e zero risorse per aiutare i nostri disoccupati, è chiaro che la bilancia ci sembra assolutamente pendere verso scelte politiche assolutamente irragionevoli, che vanno contro l'interesse dei nostri cittadini.
  Noi queste tesi abbiamo cercato di sostenerle anche all'interno del dibattito in Commissione, anche quando ci è tornato questo testo dal Senato, ma la maggioranza, in modo assolutamente supino alle esigenze del Governo, ha voluto comprimere il dibattito, non dando nemmeno la possibilità di poter discutere in modo approfondito e magari anche dare qualche parere favorevole a degli emendamenti che erano di assoluto buonsenso.
  Invece si è voluto assolutamente procedere a ranghi stretti e non a caso noi opposizioni – per prima la Lega Nord, poi le altre opposizioni – abbiamo abbandonato l'aula della Commissione perché riteniamo indecoroso, per il lavoro di questo Parlamento e delle Commissioni di questo Parlamento, che si possa affrontare un dibattito nel quale si inizia non dando nemmeno parere emendamento per emendamento, ma dicendo semplicemente che su tutti gli emendamenti c’è parere negativo altrimenti il decreto-legge non si riesce ad approvare in tempo. Intanto, ci tengo a sottolineare che tutti i gruppi parlamentari di opposizione avevano dato disponibilità, se si raggiungeva un accordo politico su qualche emendamento, a ritirare tutti gli altri, e anche di garantire lavori rapidissimi all'interno dell'Aula e, quindi, di poterlo trasmettere al Senato in tempi utili per la conversione. In secondo luogo, non penso che si possa comprimere la discussione, non portare migliorie ad un decreto-legge che assolutamente ha delle lacune da quasi tutti i punti di vista, nel nome della conversione a tutti i costi. Penso che siamo arrivati ad un momento nel quale non è importante legiferare a tutti i costi, è importante fare delle buone leggi a tutti i costi. Purtroppo questo decreto-legge non rappresenta una buona legge. Non rappresenta una buona legge perché, come ho detto, non affronta i problemi nodali del lavoro nel nostro Paese.
  Capiamo bene che le dichiarazioni e anche le promesse sulle tempistiche del Presidente Renzi cambiano da un'ora all'altra, quindi prendiamo tutto con le pinze, però noi prendiamo atto che il Governo non interviene, come ho detto, per cancellare la riforma delle pensioni Fornero, unica via che nel breve periodo può rilanciare il mercato occupazionale, in quanto non esistono altre strade. E lo dico anche nei confronti di un'altra proposta che abbiamo fatto, quella di abbattere il costo per l'impresa. Quella è una misura fondamentale da fare, ma che ha risvolti che si possono avere soltanto nel medio periodo perché è chiaro che l'impresa, se si riesce ad agevolarla nella tassazione, non è che il giorno dopo incomincia ad assumere e ad essere competitiva. Servono i tempi perché le imprese possano crescere e possano tornare ad assumere. L'unica misura immediata è l'abrogazione della riforma Fornero.
  Ebbene, dicevo che, invece di abrogare la riforma Fornero, il Governo dice che vuole mandare con le regole ante Fornero i dipendenti della pubblica amministrazione in pensione. Noi crediamo che questo sia un fatto iniquo, un fatto indegno e un fatto che, ovviamente, solleverà una critica fortissima – e non voglio ipotizzare quanto forte – da parte di tutte quelle persone colpite gravemente dalla riforma Fornero. Faccio un esempio su tutti, la categoria che noi chiamiamo esodati, ma sono esodati gli scienziati, i mobilitati, i contributori volontari e quant'altro, che si trovano invece in questo momento a vivere una situazione drammatica a causa di un voto espresso, guarda caso, da bene o male la medesima maggioranza che appoggia il Governo Renzi, che ogni anno sembra proporre qualcosa di nuovo per risolvere i danni precedenti. Peccato che i danni precedenti li ha causati questa stessa maggioranza.
  Dicevo indegno perché con la riforma delle pensioni Fornero, come ho avuto modo di dire anche in dichiarazione di Pag. 45voto durante la prima lettura di questo decreto-legge, non solamente si sono colpite le persone che vanno dopo in pensione. Immaginiamo magari, non so, un muratore che lavora sui tetti che a regime della riforma Fornero a settant'anni dovrà stare a mettere a posto le tegole. Non solo si va a colpire quella categoria di cui ho parlato, gli esodati, ma si va anche a colpire direttamente le imprese perché si sposta il costo sociale della previdenza dal pubblico al privato. Infatti, un lavoratore vicino all'età pensionabile costa 2,5 cinque volte in più di un giovane che si immette – e vado a concludere, Presidente – nel mondo del lavoro e ovviamente è meno produttivo. Pensiamo alle catene di montaggio, comunque alle grandi imprese manifatturiere.
  Sempre in questa riforma delle pensioni Fornero, INPDAP viene immessa in INPS. È un concetto importante, Presidente: viene unificato tutto dentro INPS, cassa unica. E adesso il Governo vuole far andare in pensione prima i dipendenti della PA. Vuol dire che sposterà il costo che ovviamente affronta la pubblica amministrazione per i propri dipendenti all'INPS. Vuol dire con i soldi dei lavoratori che hanno contribuito alla propria previdenza.
  Questo è il grande risultato: nella sostanza si è spostato il debito del pubblico ai lavoratori privati, già con un debito antecedente di 9 miliardi di euro di INPDAP che è entrata in INPS, e in più, se verrà fatta questa operazione, spostando il costo del lavoratore pubblico a chi paga la propria pensione privata. Questa è l'operazione che viene portata avanti, quindi capite bene che questo decreto-legge fa acqua da tutti i punti di vista e non affronta un problema che sia uno. Anzi, proviamo ad affrontare ulteriori problemi che il Governo vuole portare avanti e che noi ovviamente combatteremo con tutte le nostre forze. Vado a concludere, assolutamente – davvero concludo –, su una parte procedurale: c’è voce che il Governo voglia mettere la fiducia su questo decreto-legge. Mi auguro non sia così, perché quasi tutti i gruppi di opposizione hanno presentato un numero di emendamenti che si possono contare sulle dita di una mano; c’è solo un gruppo che ha presentato un po’ più di emendamenti, che è SEL, ma potrà discuterne soltanto quaranta, ed è disposto a ritirarli. Qualsiasi fiducia venga posta, sappia che è una fiducia che non viene posta per limitare il lavoro dell'opposizione ma per andare a coprire le divisioni della maggioranza.

  PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire nel prosieguo del dibattito. È iscritta a parlare l'onorevole Maestri. Ne ha facoltà.

  PATRIZIA MAESTRI. Signor Presidente, il testo di questo decreto-legge, che è in discussione oggi alla Camera in terza lettura dopo essere stato approvato con parziali modifiche al Senato, conserva sostanzialmente l'impostazione che quest'Aula aveva votato e approvato non più tardi di due settimane fa. Viene confermato, infatti, l'impianto delle correzioni migliorative al testo del decreto originale, correzioni realizzate in Commissione lavoro della Camera, volute e sostenute dal Partito Democratico. Questo decreto-legge, nel quale pure si rilevano alcune criticità ma anche rafforzamenti in positivo di norme di tutela, è tuttavia da considerarsi parte integrante dell'intervento più complessivo di rinnovamento delle regole del mercato del lavoro contenute nella legge delega attualmente al Senato e riguardante soprattutto il contratto di inserimento a tutele crescenti e il riordino degli ammortizzatori sociali; legge delega che dovrebbe seguire al più presto questo stesso decreto-legge attualmente in discussione affinché non si creino squilibri dannosi per l'efficacia dei provvedimenti in discussione. Così come si rende necessaria e urgente l'applicazione del provvedimento in tema di politiche attive del lavoro «Garanzia giovani», avviato il 1o maggio ultimo scorso, che al momento risulta applicato solo in alcune regioni che hanno prontamente realizzato le convenzioni, mentre rimangono esclusi dall'accesso a questa Pag. 46importante opportunità tanti giovani che, pure in possesso dei requisiti previsti, sono però residenti nelle stesse regioni che non hanno ancora provveduto a fare convenzioni.
  Il Governo, quindi, sta attuando delle misure che hanno la funzione di sostenere l'occupazione. La direzione deve essere quella della buona occupazione e quella di un corretto equilibrio fra le ragioni dell'impresa e la tutela dello stesso lavoro. Con questo decreto-legge si offre alle imprese la possibilità di ampliare le assunzioni fornendo degli strumenti di semplificazione e di maggiore flessibilità del lavoro, nella speranza che l'occasione di una pur debole ripresa economica possa ridurre i numeri, drammatici, della disoccupazione, che colpisce giovani e adulti. Tutto ciò nella consapevolezza, condivisa anche dal Governo – e spero anche da chi ha creduto di utilizzare questo decreto come bandiera ideologica in modo anche scomposto o per campagna elettorale o ancora altro – che l'occupazione non si crea con le regole, e che un Paese civile e democratico deve porsi l'obiettivo di stabilizzare il lavoro, di qualificarlo, e non di aumentare quella precarietà che toglie speranza e fiducia nel futuro e crea instabilità sociale, soprattutto nelle giovani generazioni.
  Sappiamo che la flessibilità, elemento essenziale in un mercato del lavoro efficiente, funziona quando esiste una situazione economica di crescita, ma non protegge imprese e lavoratori nelle condizioni di crisi economica. Penso a quanto si sta verificando in questi giorni nella mia provincia, a Parma, in cui un'azienda del settore alimentare – importante – ha annunciato al sindacato e ai lavoratori che chiuderà l'attività, cesserà. Si parla di circa 140 lavoratori, tra fissi e stagionali, ai quali non più tardi di due anni fa sono stati chiesti dei sacrifici con il passaggio da un contratto collettivo ad un altro con salario più basso. La disponibilità degli stessi lavoratori, oltre a sostegni anche ministeriali, pubblici del Ministero dell'agricoltura, non sono serviti, e oggi quindi noi temiamo in questo territorio di purtroppo assistere a un depauperamento ulteriore del nostro sistema economico.
  Nello stesso tempo penso che sia giusto affrontare questa sfida lanciata dal Governo che, con questo decreto, con la prossima legge delega, con la riduzione delle tasse alle imprese, il bonus di 80 euro che verrà rivolto ai lavoratori, mette al centro il lavoro, pur sapendo che tutto questo dovrà essere accompagnato da politiche industriali, da investimenti nei settori strategici per poter avere finalmente quella famosa ripresa economica di cui il Paese ha bisogno.
  Oggi voteremo quindi un testo che non è quello originario, come qualcuno chiedeva, ma in cui sostanzialmente si mantengono le cinque proroghe nei 36 mesi, in cui rimane il deterrente della sanzione per chi supera il 20 per cento dei contratti a termine, anche se la sanzione è diventata pecuniaria, e non più obbligo di assunzione, ma rimane comunque sanzione. Si escludono enti di ricerca dal limite del 20 per cento, si va a rafforzare il diritto di precedenza mantenendo una maggiore tutela per le lavoratrici in maternità. Riguardo al contratto di apprendistato, anche qui, qualcuno pensava di poter avere un contratto di apprendistato senza fare formazione e questa davvero sarebbe stata una cosa che ci avrebbe messi anche a rischio di infrazione da parte dell'Unione europea, ma se da un certo punto di vista vedo una criticità nella modifica del numero dei dipendenti da 30 a 50 per la stabilizzazione del 20 per cento, leggo in positivo la conferma dell'obbligo di formazione contenuta nel contratto e la possibilità, in quelle regioni che hanno il provvedimento di alternanza scuola-lavoro, di avviare contratti di apprendistato per tenerli legati alla stagionalità, consentendo a quei giovani e agli studenti che risiedono in quelle zone turistiche la possibilità di lavoro regolare e di evitare quindi quella realtà, purtroppo generalmente diffusa, che è il lavoro nero.
  Viene confermato inoltre il regime transitorio fra la vecchia e la nuova normativa e il monitoraggio dopo 12 mesi di quella che sarà stata un'effettiva e reale Pag. 47efficacia di queste misure in discussione oggi, verifica che potrà realizzarsi anche attraverso il confronto con le parti sociali, confronto necessario e utile con i soggetti della rappresentanza vera, confronto che non impedisce le scelte del Governo ma che in un Paese democratico non può essere negato, anche per rispetto dei milioni di lavoratori, pensionati e imprese che intendono partecipare, anche criticamente, al processo di riforme che riguarda il lavoro.
  Infine, il processo di riforme non può e non deve fermarsi alle regole del mercato del lavoro, ma deve essere accompagnato da un'urgente rivisitazione delle norme che riguardano il sistema di previdenza del nostro Paese e che attualmente, oltre ad aver creato veri e propri danni sociali a tantissimi lavoratori, bloccano il turnover per molte imprese e impediscono a tanti giovani di entrare nel mondo del lavoro, pubblico e privato.
  Nel dichiarare quindi il mio voto favorevole al decreto, chiedo l'impegno del Governo per ricercare quelle soluzioni adeguate affinché si possa riportare il tema complessivo della previdenza nelle priorità delle scelte politiche di questa legislatura.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Baldelli. Ne ha facoltà.

Testo sostituito con errata corrige volante   SIMONE BALDELLI. Signor Presidente Giachetti, qualche parola su questo decreto, che torna in terza lettura alla Camera. Approfitto della discussione generale, visto che l'esito del seguito del nostro provvedimento è abbastanza incerto e quindi non so se avrò modo di potere intervenire sulle fasi successive, visto che aleggia – come spesso accade, quando ci si trova in questo ramo del Parlamento ad affrontare un decreto, come citava prima il relatore di minoranza, il collega Fedriga – lo spirito del comitato di pietra della fiducia. Quindi, preferisco approfittare di questo momento per svolgere qualche considerazione a partire dall'ultimo argomento, che ha toccato la collega Maestri prima di me, cioè quello del rapporto con le parti sociali.
  Io appartengo a una generazione e a una storia che è ben consapevole della difficoltà da parte del sindacato, specie del sindacato che si pone ancora oggi, in maniera forse antistorica, in modo antagonista nei rapporti industriali di confronto con il Governo, di rappresentare il mondo dei lavoratori perché esiste un modo di non lavoratori che non viene rappresentato. È una battaglia antica che io fatto da leader di un movimento giovanile e oggi alcuni la scoprono come nuova ed è un problema che conosciamo. Credo che da questo punto di vista ci siano diversi atteggiamenti che un Governo possa porre in campo. Ci sono Governi che sono stati supini ai dettami del sindacato, altri che hanno dialogato con il sindacato, altri che pensano di poterlo ignorare. Tra essere supini ai dettami del sindacato e ignorare completamente il contributo che le parti sociali possono portare al dibattito credo che debba e possa esserci una sana via di mezzo.
  Con questa premessa e con l'altra premessa che pure è doverosa, visto il numero degli emendamenti presentati – lo ricordava ancora l'ottimo collega Fedriga, relatore di minoranza dai gruppi di opposizione – che è un numero di emendamenti, forse con l'unica eccezione di quelli dei colleghi di Sinistra Ecologia Libertà, assolutamente ridotto, per quanto riguarda, almeno io parlo a nome del mio gruppo, può, nel caso in cui ci sia la volontà di affrontare il provvedimento nel merito seriamente e con confronto d'Aula, anche essere ulteriormente ridotto (parlo di un gruppo che ha presentato otto emendamenti: si può scendere da otto a sette o a sei, non da otto a zero), con l'intento chiaro di discuterli, non di forzare i tempi regolamentari per porre in atto un ostruzionismo di qualsivoglia matrice. Se ci sarà l'occasione di discutere, avremo modo di confrontarci anche sul merito di alcune modifiche – noi siamo in terza lettura e quindi sulla copia conforme, diciamo così, non possiamo intervenire – che sono state introdotte dall'altro ramo del Parlamento al testo varato dalla Commissione. Su queste possiamo confrontarci e – al di là Pag. 48della giusta rimostranza che i gruppi di opposizione hanno inteso svolgere in Commissione lavoro, di fronte al diniego e all'invito al ritiro o parere contrario generalizzato su tutti gli emendamenti, che pur con grande eleganza, il relatore Dell'Aringa ha svolto in Commissione, e quindi alla rimostranza di fronte al fatto che si partiva dal presupposto che non sarebbe stata accolta nessuna delle proposte emendative formulate dai gruppi – si è scelto di abbandonare i lavori della Commissione anche in presenza di quella che agli occhi delle opposizioni suonava come una forzatura sul ritmo dei tempi che sono stati imposti alla Commissione stessa, che ha esaminato nella sola giornata di giovedì, in cui era fissato il termine di presentazione degli emendamenti, l'intero decreto. Questo a fronte di una accelerazione richiesta dai gruppi di maggioranza, che in Conferenza dei Presidenti di gruppo, avevano dimostrato la loro disponibilità anche a procedere a un esame approfondito, se fosse stato necessario, anche nel fine settimana. Si era capito che c'era una chiusura di tipo politico ed è di tutta evidenza che questa chiusura sarà mantenuta in Assemblea.
  Noi ci troviamo in una fase di ritardo nell'approvazione di questo provvedimento, perché il Senato ha introdotto modifiche che, a nostro avviso, avrebbero potuto essere introdotte in questo ramo del Parlamento, durante l'esame in prima lettura in Commissione, di fronte alle divergenze all'interno dei gruppi di maggioranza, per capirci tra il Partito Democratico, da un lato, e il Nuovo Centrodestra, dall'altro, insieme a Scelta Civica per l'Italia, che pure si astenne in Commissione dalla votazione al mandato al relatore.
  Noi dicemmo: prendetevi il tempo necessario, magari qualche giorno in più, ma non ci costringete poi a fare una terza lettura, perché sarà una terza lettura che arriverà al limite del tempo consentito, che metterà il Governo, anche per le condizioni dei tempi, nella circostanza, diciamo, di porre la questione di fiducia e, quindi, un ulteriore strozzamento del dibattito, e magari metterà a rischio la conversione del provvedimento se qualcuno dei gruppi di opposizione decidesse all'improvviso di dar luogo a pratiche ostruzionistiche.
  Non siamo stati ascoltati. Sono state introdotte delle modifiche che avrebbero già potuto essere introdotte (penso alla soglia del 20 per cento e alle relative sanzioni). Io non credo che l'introduzione di una soglia del 20 per cento sull'organico complessivo dei contratti a tempo indeterminato, per potere fare contratti a tempo determinato, sia qualcosa che aiuta le imprese che si trovano nelle condizioni, anche economiche, di potere dare posti di lavoro.
  Introdurre queste sanzioni – che sono un passo in avanti rispetto a quello che la Commissione, su pressione forte del partito di maggioranza relativa, aveva introdotto, cioè l'obbligo di assunzione, che era già una sanzione quasi folle, poi mitigata nella corresponsione del 20 o del 50 per cento della retribuzione nel Fondo sociale – credo comunque che inibisca le assunzioni e che non le aiuti, partendo da un presupposto, complessivo e generale, in base al quale non ci sono leggi che creano occupazione.
  È lo sviluppo, è la crescita, sono le logiche degli investimenti che possono creare occupazione, ma certamente ci sono leggi che possono inibirla. E se è vero che è stato fatto un lavoro, a cui io attribuisco comunque un segno positivo in ordine al superamento di alcuni limiti introdotti dalla «legge Fornero», per altri aspetti è stato altresì fatto un lavoro di segno negativo perché, ad esempio, in questo caso si blocca, si inibisce e si minaccia una sanzione a un'impresa che fa un unico grande «guaio», cioè dare un posto di lavoro seppure a tempo determinato.
  Si introducono norme manifesto. Ora, con tutta la buona volontà, io credo che le leggi debbano avere delle norme che servono a ordinare la vita all'impresa, sui rapporti e sulla regolamentazione dei contratti.Pag. 49
  Insomma, se noi mettiamo in una norma, seppure all'articolo 1, che è la premessa, che in via sperimentale e nelle more dell'applicazione del contratto a tutele crescenti, intanto c’è questo decreto, mi chiedo: che cosa scriviamo nelle leggi ? Scriviamo un pezzo di programma del Partito Democratico, che è andato via via elaborando dai tempi di Ichino, in cui quella specifica proposta fu bocciata dal congresso del Partito Democratico.
  Io non so poi quanto sia distante il contratto unico a fattispecie crescenti, a tutele crescenti, che poi è un contratto unico che in realtà somma dentro di sé una molteplicità di contratti o è una molteplicità di contratti. Che differenza ci sia non lo so; e non voglio neanche sapere che cosa ci sia nella testa più perversa dei giuristi del Partito Democratico in ordine a quelle che possono essere le riforme in tema di lavoro che chiamiamo, con termine inglese, Jobs Act e che, ricordo, proprio uno dei principali alleati del Partito Democratico ebbe a commentare, non appena fu lanciata questa idea, definendolo the same soup, la solita zuppa. L'abbiamo già sentita, l'abbiamo già riscaldata tante volte e l'abbiamo già ascoltata tante volte.
  Allora, risparmiamoci almeno le norme manifesto. Se proprio dobbiamo scrivere qualcosa, scriviamo qualcosa di concreto; e se dobbiamo scrivere qualcosa di concreto, scriviamo qualcosa che vada nell'interesse delle imprese.
  Noi saremmo stati dell'idea e siamo dell'idea che in un tempo di crisi, di incertezza, come si è voluto scrivere al Senato all'articolo 1, nel preambolo diciamo così, servano provvedimenti shock, per cui norme così, diciamo di contorno, correttive di elementi secondari, in alcuni casi utili, in altri casi addirittura dannosi, lasciano il tempo che trovano rispetto alla possibilità magari di operare con norme un po’ più significative, che però hanno la necessità di vedere concretizzate coperture economiche.
  Strano, probabilmente non si è molto abituati a fare il confronto poi con i soldi che ci sono o che dovrebbero esserci a disposizione. Ma se si voleva dare uno shock al mondo del lavoro forse era necessario andare a cercare le coperture economiche. Non voglio fare del benaltrismo – gli 80 euro per carità di Dio, che poi non sono 80, che poi arriveranno o non arriveranno agli incapienti, arriveranno ad alcuni, non si sa bene a chi, a quelli alti, bassi, biondi, mori, grassi, magri, non si sa – ma forse a questo punto, dovendo cercare fondi, essi potevano essere ricercati con una manovra anche magari un po’ più importante per la defiscalizzazione delle contribuzioni dei nuovi assunti e di coloro che sono in disoccupazione o che perdono il lavoro. Questa forse poteva essere e questa forse può essere una piattaforma sul lavoro su cui confrontarsi.
  Quindi, io considero personalmente questo provvedimento un provvedimento marginale, se si vuole un'occasione mancata, perché si poteva provare a risolvere qualche problema in più. Si è un po’ tornati indietro, quindi qualche problema in più si è inserito anziché risolto, qualcun altro si è messo un po’ a posto in maniera un po’ più lineare.
  C’è stato anche il contributo della mia parte politica su talune questioni considerate anche di relativa importanza. È un contributo che rivendico, però nel complesso noi crediamo che sarebbe utile almeno che in questa sede di terza lettura – dove non ci sono margini di cambiamento strutturale del provvedimento e, perlomeno, per quello che ci riguarda, noi saremmo disposti a garantire tempi rapidi di esame del seguito – il Governo non ponesse la questione di fiducia.
  Se ci si ritroverà nuovamente con il rappresentante del Governo che, di qui a qualche ora, si alzerà da questi banchi dicendo che, autorizzato dal Consiglio dei ministri, pone sul testo uscito dalla Commissione la fiducia senza emendamenti, subemendamenti e articoli aggiuntivi (ormai è una formuletta che sappiamo tutti a memoria, perché la ascoltiamo continuamente), è di tutta evidenza che questa fiducia non arriverà in ragione di un ostruzionismo dell'opposizione, in ragione Pag. 50di una quantità spropositata di emendamenti, ma arriverà assai probabilmente per coprire l'imbarazzo all'interno della maggioranza di dover avere un confronto libero in quest'Aula magari sulla questione proprio del contratto a tutele progressive o sulle sanzioni o anche su quei piccoli dettagli che sono stati introdotti al Senato.
  Per questo attendiamo con grande curiosità l'esito di questo provvedimento al termine di questa discussione generale (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente).
  SIMONE BALDELLI. Signor Presidente Giachetti, qualche parola su questo decreto, che torna in terza lettura alla Camera. Approfitto della discussione generale, visto che l'esito del seguito del nostro provvedimento è abbastanza incerto e, quindi, non so se avrò modo di poter intervenire nelle fasi successive, visto che aleggia – come spesso accade, quando ci si trova in questo ramo del Parlamento ad affrontare un decreto, come citava prima il relatore di minoranza, il collega Fedriga – lo spirito del convitato di pietra della fiducia. Quindi, preferisco approfittare di questo momento per svolgere qualche considerazione a partire dall'ultimo argomento, che ha toccato la collega Maestri prima di me, cioè quello del rapporto con le parti sociali.
  Io appartengo a una generazione e a una storia di chi è ben consapevole della difficoltà da parte del sindacato, specie del sindacato che si pone ancora oggi, in maniera forse antistorica, in modo antagonista nei rapporti industriali di confronto con il Governo, di rappresentare il mondo dei lavoratori perché esiste un modo di non lavoratori che non viene rappresentato. È una battaglia antica che io fatto da leader di un movimento giovanile e oggi alcuni la scoprono come nuova ed è, quindi, un problema che conosciamo. Credo che da questo punto di vista ci siano diversi atteggiamenti che un Governo possa porre in campo. Ci sono Governi che sono stati supini ai dettami del sindacato, altri che hanno dialogato con il sindacato, altri che pensano di poterlo ignorare. Tra essere supini ai dettami del sindacato e ignorare completamente il contributo che le parti sociali possono portare al dibattito credo che debba e possa esserci una sana via di mezzo.
  Con questa premessa e con l'altra premessa che pure è doverosa, visto il numero degli emendamenti presentati – lo ricordava ancora l'ottimo collega Fedriga, relatore di minoranza dai gruppi di opposizione – che è un numero di emendamenti, forse con l'unica eccezione di quelli dei colleghi di Sinistra Ecologia Libertà, assolutamente ridotto, per quanto riguarda, almeno io parlo a nome del mio gruppo, può, nel caso in cui ci sia la volontà di affrontare il provvedimento nel merito seriamente e con confronto d'Aula, anche essere ulteriormente ridotto (parlo di un gruppo che ha presentato otto emendamenti: si può scendere da otto a sette o a sei, non da otto a zero), con l'intento chiaro di discuterli, non di forzare i tempi regolamentari per porre in atto un ostruzionismo di qualsivoglia matrice. Se ci sarà l'occasione di discutere, avremo modo di confrontarci anche sul merito di alcune modifiche – noi siamo in terza lettura e quindi sulla lettura conforme, non possiamo intervenire – che sono state introdotte dall'altro ramo del Parlamento al testo varato dalla Commissione. Su queste possiamo confrontarci e – al di là Pag. 48della giusta rimostranza che i gruppi di opposizione hanno inteso svolgere in Commissione lavoro, di fronte al diniego e all'invito al ritiro o parere contrario generalizzato su tutti gli emendamenti, che pur con grande eleganza, il relatore Dell'Aringa ha espresso in Commissione, e quindi alla rimostranza di fronte al fatto che si partiva dal presupposto che non sarebbe stata accolta nessuna delle proposte emendative formulate dai gruppi – si è scelto di abbandonare i lavori della Commissione anche in presenza di quella che agli occhi delle opposizioni suonava come una forzatura sul ritmo dei tempi che sono stati imposti alla Commissione stessa, che ha esaminato nella sola giornata di giovedì, in cui era fissato il termine di presentazione degli emendamenti, l'intero decreto. Questo a fronte di una accelerazione richiesta dai gruppi di maggioranza, che in Conferenza dei Presidenti di gruppo, avevano dimostrato la loro disponibilità anche a procedere a un esame approfondito, se fosse stato necessario, nel fine settimana. Si era capito che c'era una chiusura di tipo politico in Commissione ed è di tutta evidenza che questa chiusura sarà mantenuta in Assemblea.
  Noi ci troviamo in una fase di ritardo nell'approvazione di questo provvedimento, perché il Senato ha introdotto modifiche che, a nostro avviso, avrebbero potuto essere introdotte in questo ramo del Parlamento, durante l'esame in prima lettura in Commissione, di fronte alle divergenze all'interno dei gruppi di maggioranza, per capirci tra il Partito Democratico, da un lato, e il Nuovo Centrodestra, dall'altro, insieme a Scelta Civica per l'Italia, che pure si astenne in Commissione nella votazione del mandato al relatore.
  Noi dicemmo: prendetevi il tempo necessario, magari qualche giorno in più, ma non ci costringete poi a fare una terza lettura, perché sarà una terza lettura che arriverà al limite del tempo consentito, che metterà il Governo, nella condizione di porre la questione di fiducia e, quindi, un ulteriore strozzamento del dibattito, e magari metterà a rischio la conversione del provvedimento se qualcuno dei gruppi di opposizione decidesse all'improvviso di dar luogo a pratiche ostruzionistiche.
  Non siamo stati ascoltati. Sono state introdotte delle modifiche che avrebbero già potuto essere introdotte (penso alle sanzioni relative allo sforamento della soglia del 20 per cento). Io non credo che l'introduzione di una soglia del 20 per cento sull'organico complessivo dei contratti a tempo indeterminato, per potere fare contratti a tempo determinato, sia qualcosa che aiuta le imprese che si trovano nelle condizioni, anche economiche, di potere dare posti di lavoro.
  Introdurre queste sanzioni – che sono un passo in avanti rispetto a quello che la Commissione, su pressione forte del partito di maggioranza relativa, aveva introdotto, cioè l'obbligo di assunzione, che era già una sanzione quasi folle, poi mitigata con la corresponsione del 20 o del 50 per cento della retribuzione nel Fondo sociale – credo comunque che inibisca le assunzioni e che non le aiuti, partendo da un presupposto, complessivo e generale, in base al quale non ci sono leggi che creano occupazione.
  È lo sviluppo, è la crescita, sono le logiche degli investimenti che possono creare occupazione. Certamente ci sono leggi che possono inibirla. E se è vero che è stato fatto un lavoro, a cui io attribuisco comunque un segno positivo in ordine al superamento di alcuni limiti introdotti dalla «legge Fornero», per altri aspetti è stato altresì fatto un lavoro di segno negativo perché, ad esempio, in questo caso si blocca, si inibisce, si stabilisce una sanzione a un'impresa che fa un unico grande «guaio», cioè dare un posto di lavoro seppure a tempo determinato.
  Si introducono norme manifesto. Ora, con tutta la buona volontà, io credo che le leggi debbano avere delle norme che servono a ordinare la vita all'impresa, i rapporti e la regolamentazione dei contratti.Pag. 49
  Insomma, se noi mettiamo in una norma, seppure all'articolo 1, che è la premessa, che in via sperimentale e nelle more dell'applicazione del contratto a tutele crescenti, intanto c’è questo decreto, mi chiedo: che cosa scriviamo nelle leggi ? Scriviamo un pezzo di programma del Partito Democratico, che è andato via via elaborando dai tempi di Ichino, in cui quella specifica proposta fu bocciata dal congresso del Partito Democratico.
  Io non so poi quanto sia distante il contratto unico a fattispecie crescenti, a tutele crescenti, che poi è un contratto unico che in realtà somma dentro di sé una molteplicità di contratti da una molteplicità di contratti. Che differenza ci sia non lo so; e non voglio neanche sapere che cosa ci sia nella testa più perversa dei giuristi del Partito Democratico in ordine a quelle che possono essere le riforme in tema di lavoro che chiamiamo, con termine inglese, Jobs Act e che, ricordo, proprio uno dei principali alleati del Partito Democratico ebbe a commentare, non appena fu lanciata questa idea, definendolo the same soup, la solita zuppa. L'abbiamo già sentita, l'abbiamo già riscaldata tante volte e l'abbiamo già ascoltata tante volte.
  Allora, risparmiamoci almeno le norme manifesto. Se proprio dobbiamo scrivere qualcosa, scriviamo qualcosa di concreto; e se dobbiamo scrivere qualcosa di concreto, scriviamo qualcosa che vada nell'interesse delle imprese.
  Noi saremmo stati dell'idea e siamo dell'idea che in un tempo di crisi, di "incertezza", come si è voluto scrivere al Senato all'articolo 1, nel preambolo servano provvedimenti shock, per cui norme così, diciamo di contorno, correttive di elementi secondari, in alcuni casi utili, in altri casi addirittura dannosi, lasciano il tempo che trovano rispetto alla possibilità di operare con norme un po’ più significative, che però hanno la necessità di vedere concretizzate coperture economiche.
  Strano: probabilmente non si è molto abituati a fare il confronto con i soldi che ci sono o che dovrebbero esserci a disposizione. Ma se si voleva dare uno shock al mondo del lavoro forse era necessario andare a cercare le coperture economiche. Non voglio fare del "benaltrismo" – gli 80 euro per carità di Dio, che poi non sono 80, che poi arriveranno o non arriveranno agli incapienti, arriveranno ad alcuni, non si sa bene a chi, a quelli alti, bassi, biondi, mori, grassi, magri, non si sa – ma forse a questo punto, dovendo cercare fondi, essi potevano essere ricercati con una manovra anche magari un po’ più importante per la defiscalizzazione delle contribuzioni dei nuovi assunti e di coloro che sono in disoccupazione o che perdono il lavoro. Questa forse poteva essere e questa forse può essere una piattaforma sul lavoro su cui confrontarsi.
  Quindi, io considero personalmente questo provvedimento un provvedimento marginale, se si vuole un'occasione mancata, perché si poteva provare a risolvere qualche problema in più. Si è un po’ tornati indietro, quindi qualche problema in più si è inserito anziché risolto, qualcun altro si è messo un po’ a posto in maniera un po’ più lineare.
  C’è stato anche il contributo della mia parte politica su talune questioni considerate anche di relativa importanza. È un contributo che rivendico, però nel complesso noi crediamo che sarebbe utile almeno che in questa sede di terza lettura – dove non ci sono margini di cambiamento strutturale del provvedimento e, perlomeno, per quello che ci riguarda, noi saremmo disposti a garantire tempi rapidi di esame del seguito – il Governo non ponesse la questione di fiducia.
  Se ci si ritroverà nuovamente con il rappresentante del Governo che, di qui a qualche ora, si alzerà da questi banchi dicendo che, autorizzato dal Consiglio dei ministri, pone sul testo uscito dalla Commissione la fiducia senza emendamenti, subemendamenti e articoli aggiuntivi (ormai è una formuletta che sappiamo tutti a memoria, perché la ascoltiamo continuamente), è di tutta evidenza che questa fiducia non arriverà in ragione di un ostruzionismo dell'opposizione, in ragione Pag. 50di una quantità spropositata di emendamenti, ma arriverà assai probabilmente per coprire l'imbarazzo all'interno della maggioranza di dover avere un confronto libero in quest'Aula, magari sulla questione proprio del contratto a tutele progressive, o sulle sanzioni, o anche su quei piccoli dettagli che sono stati introdotti al Senato.
  Per questo attendiamo con grande curiosità l'esito di questo provvedimento al termine di questa discussione generale (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente).

  PRESIDENTE. Colleghi, come ho fatto questa mattina, se non vi sono obiezioni, siccome ho colleghi iscritti a parlare che non sono presenti in Aula, ma la rilevanza del dibattito credo che debba consentirci un piccolo strappo alla regola, terrei in sospeso i deputati che non vi sono e farei andare avanti scorrendo l'elenco degli iscritti a parlare. Nella fattispecie sarebbe iscritto l'onorevole Pizzolante, che però non vedo in Aula e, a questo punto, se l'onorevole Rizzetto è disponibile, darei la parola a lui. La ringrazio onorevole Rizzetto, prego.

  WALTER RIZZETTO. Signor Presidente, come vede sono disponibile. Colleghi, io inizierei questa parte del mio intervento leggendo uno scritto che mi è arrivato direttamente da una lavoratrice di Udine, quindi della mia città, che abita in Friuli Venezia Giulia, che è la mia regione.
  Questa lavoratrice – spiego – è stata licenziata qualche tempo fa, qualche mese fa, perché evidentemente, insomma, la sua azienda non è che non andasse bene: i fatturati erano a posto, i bilanci altrettanto; ma diciamo che, per un cambio di sede a qualche chilometro dalla sua sede originaria, questa è stata una delle lavoratrici che è rimasta a casa fondamentalmente. E mi scrive una lettera abbastanza importante e, sotto un certo punto di vista, anche – devo dirlo – abbastanza emozionante che prego insomma tutti di ascoltare. Si tratta di qualche riga.
  Questa lavoratrice che mi scrive ha trent'anni: «Da dove iniziare il racconto della mia avventura da disoccupata, non so ancora da dove, forse è meglio fare un po’ di antefatto.
  A novembre del 2012 la mia ex azienda apre un nuovo punto di vendita a pochi chilometri dal nostro e scatena la guerra dei poveri contro i poveri per un posto di lavoro. A marzo 2013 – quindi è storia assolutamente recente – la nostra azienda ci comunica il tutti casa» , che non è il tutti a casa di grillina memoria, ma è un tutti a casa nei confronti del proprio posto di lavoro. «Tutti quarantenni con bambini e con anzianità lavorativa per la stessa azienda di oltre dieci anni. I sindacati parlano, straparlano, ma in fin dei conti non fanno nulla. Anzi, sembrano aiutare i datori di lavoro a liberarsi di noi. Alla fine presentano una lista di indesiderati, quelli che se ne devono andare. Lì il ruolo del sindacato è stato di convincerci ad accettare il licenziamento e non impugnarlo, sotto il ricatto di trasferimenti lontani centinaia di chilometri dalla residenza, e convincendoci che i giudici non sempre danno ragione ai lavoratori anche con contratto a tempo indeterminato e che i tempi della giustizia sono lunghi; e intanto come avremmo potuto mangiare ? Beh, a distanza di un anno, siamo senza lavoro e per mangiare per ora ce la facciamo; tra qualche mese, finita la mobilità, non si sa. Tornassi indietro non prenderei la stessa decisione. Tengo a sottolineare che solo i ragazzi, di un determinato movimento politico, si sono interessati a noi, con il fastidio dei sindacati che non li voleva in mezzo ai piedi. Ora inizio, continuo e persevero a tappezzare tutto il Friuli Venezia Giulia di curriculum ed ho scoperto che è impossibile trovare lavoro se non hai le giuste conoscenze». Avrei preferito avesse detto «le giuste competenze», ma in questo caso mi scrive: «se non hai le giuste conoscenze». «Il mercato del lavoro è talmente ed è totalmente in mano alle agenzie interinali, almeno per i grandi centri commerciali e industriali e, se loro non vogliono, non riesci a fare nemmeno un colloquio. Inoltre, è tutto macchinoso, devi prima registrarti sul sito, poi prendere un appuntamento per un colloquio Pag. 51conoscitivo, in cui appena ci sono offerte in linea con il tuo curriculum: la chiameremo, aspetta e spera. Intanto continuo a portare i curricula in giro e a connettermi su Internet, su tutti i portarli dedicati alla ricerca di lavoro per cercare qualcosa che sia in grado di fare. Perché, dopo quasi vent'anni di esperienza, conosci i tuoi limiti, le tue potenzialità meglio di ogni altro. Allora rispondi a tutti gli annunci compatibili con le tue capacità, ma nessuno risponde, allora decidi di telefonare e non ti danno notizie o frasi di circostanza; ti dicono: vedremo, le faremo sapere, ma lei non sa l'inglese». E tra parentesi mette anche «mea culpa», quindi non adduce neanche la colpa di non sapere una lingua a questa impreparata scuola dell'obbligo che non prepara, ad esempio, i nostri figli alla lingue inglese, ma dà a se stessa addirittura la colpa. «Lei è troppo vecchia, sa fare poco. Una ragazzetta di vent'anni mi ha detto: signora se qualche azienda cercherà una persona che sa fare poco come lei la chiamerò. Non le ho risposto perché mi veniva da piangere. Io che ero il punto di riferimento per tutto il mio reparto, quindici, venti persone, che gestivo casseforti, fornitori, clienti, finanziamenti, detrazioni, banche; io, dopo venti anni di lavoro, so fare poco. Queste sono le cose che ti feriscono, che ti fanno stare male, piangere, scoraggiare e, a volte, se mia figlia non mi corresse dietro in ogni angolo della casa, mi sentirei così sola da desiderare addirittura la morte. Mi hanno fatto sentire una persona indesiderata, incapace, inutile. Continuo ad elemosinare un lavoro a tutti, mi sento una mendicante, non so cosa e dove andare. Ho fatto colloqui in cui mi hanno detto, dopo aver letto il mio curriculum: ma lei queste cose le sa fare, ha fatto il corso ? No, non ho il corso, le cose le ho imparate lavorando, studiando, in base alla mia esperienza. Ho fatto corsi aziendali che la mia azienda non mi ha voluto rilasciare in termini di attestato, perché mi hanno detto che non hanno l'obbligo per legge di rilasciarli. Beh, ma allora è meglio che si sia fatto ricorso a questi ipotetici corsi, ma magari chi ha fatto il corso non ha mai fatto praticamente fatture, note di credito, io le facevo tutti i giorni, quotidianamente. Mi è stato detto anche: hai figli ? Sì ho figli, ho una bambina di tre anni e mezzo; beh, ma è piccola, come fai a lavorare ? No, no non posso rischiare. Io sono tornata al lavoro che mia figlia aveva sette mesi e non sono mancata un solo giorno; oggi è grande in confronto. Ho bussato a tutte le porte, vergognandomi di me stessa per chiedere aiuto anche ai sindacati e ai presunti amici.
  Risultato: i miei ex amici non lo sono mai stati probabilmente, compresa una mia parente. Mi hanno sbattuto la porta in faccia, i sindacati non rispondono al telefono e, se rispondono, hanno sempre un tono scocciato: diamo evidentemente fastidio.
  Ho cercato anche di fare le pulizie: mi hanno richiesto 3/5 anni di esperienza. Assurdo ! Sono una donna, so fare le pulizie e – attenzione ! – si trattava di svuotare i cestini di un ufficio, quasi quasi vado a fare un corso per le pulizie, per trovare un posto in questo ambito.
  C'era la ricerca di una figura quasi identica alla mia in un'azienda concorrente; mi hanno detto che era una soluzione per poco tempo ed era un peccato sprecare la mia esperienza per così poco. Così io continuo a fare la disoccupata, perché altre persone hanno deciso che io non devo o non posso lavorare.
  Ho 39 anni, guardo avanti e non vedo nulla. Intanto continuo a consegnare curricula e a volte mi chiedo a che cosa serve; non importa continuo, continuo a credere che prima o poi qualcuno mi darà la possibilità di lavorare, di dimostrare che sono una persona degna di avere una possibilità ed una grande lavoratrice e per niente stupida, tra l'altro.
  Poi senti le proposte per risolvere la crisi e la disoccupazione: creare precariato, contratti a termine per tutta la vita, senza neanche comunicare la causale, che è obbligatoria in tutta Europa. Non si crea lavoro incentivando il precariato, che è già dilagante.Pag. 52
  Ho amiche che hanno accettato di lavorare per 3 euro all'ora, altre che non percepiscono un salario da sei o sette mesi. Bisogna incentivare i contratti a tempo indeterminato, magari ricominciando a usare i contratti part time, se vogliamo uscire dalla crisi. Solo con un lavoro sicuro le persone investono, acquistando casa, facendo figli, creando famiglie, sempre che vogliate una nazione di persone e non di schiavi. Rileggetevi per bene l'articolo 36 della Costituzione. Grazie per aver ascoltato la mia voce».
  Bene, questa, Presidente, è una lettera reale, una lettera vera che io posso produrre addirittura come documento, ma chiaramente per privacy non lo farò. Ed è esattamente quello che buona parte di quest'Aula e, in seno a questa buona parte di quest'Aula, buona parte del MoVimento 5 Stelle ha detto a gran voce, anche a volte facendo delle azioni eclatanti affinché risulti mediaticamente importante il messaggio che noi vogliamo portare al di fuori di quest'Aula.
  Lo abbiamo sempre detto, Presidente, colleghi, abbiamo detto dai tempi del decreto n. 76 in agosto dello scorso anno, a firma dell'ex Ministro del lavoro Giovannini, che per decreto non si crea lavoro. Il Ministro Giovannini, lo ricorderete, dava – il decreto, non il Ministro con le sue tasche chiaramente – fino a 650 euro di bonus alle aziende che avessero assunto del personale per poi trasformare questo contratto a tempo indeterminato per dodici o diciotto mesi.
  Bene, noi molto spesso diciamo che non servono i soldi per creare il lavoro, perché è del tutto evidente che se un'azienda non ha lavoro noi possiamo anche dare 5 mila euro al mese, 10 mila euro al mese a questa azienda per assumere delle persone, ma queste aziende non assumeranno delle persone a tempo indeterminato. Infatti, voi lo sapete meglio di me cosa significa ad oggi per un'azienda assumere una persona a tempo indeterminato: significa firmare qualche centimetro di carta, significa tenersi questa persona se il dipendente stesso non è adatto a fare questo mestiere.
  Ci ricordiamo perfettamente il passaggio che abbiamo fatto in quest'Aula sulle dimissioni in bianco. Noi sulle dimissioni in bianco abbiamo già detto che esisteva tutto quanto poteva servire per poter garantire ai lavoratori una determinata tutela, al netto, anche in questo caso, del fatto che c’è e vige l'articolo 18.
  E, quindi, che cosa abbiamo fatto ? Abbiamo tolto l'unica cosa che a noi sembrava intelligente mantenere, ovvero la convalida, nel senso che in quel caso il lavoratore andava presso un centro per l'impiego e il centro per l'impiego, che noi tutti vogliamo rilanciare, soltanto sulla carta probabilmente, andava asetticamente e in maniera super partes a cercare di capire quali fossero le motivazioni di un'eventuale dimissione del lavoratore stesso.
  Come ricordava prima il presidente Baldelli, noi siamo in terza lettura qui alla Camera dei deputati e anche in Commissione. Allora io dico: che senso aveva riportare il provvedimento dal Senato alla Camera dei deputati e in questo caso in Commissione, Commissione che il MoVimento 5 Stelle e tutte le opposizioni hanno abbandonato quella sera in cui dovevamo votare gli emendamenti ? Che senso aveva riportare qui un decreto assolutamente, come si suol dire, blindato ?
  Non aveva assolutamente nessun senso. Abbiamo eseguito un mero esercizio di stile e non siamo riusciti, non convincendo nessuno a cercare di emendare qualche cosa. Il decreto-legge scade il 19, quindi possiamo lavorare in onore dei lavoratori o del lavoro italiano !
  Questo ricordo che è il secondo provvedimento in un anno e qualche mese di legislatura – prima il decreto Giovannini, adesso il decreto Poletti – quindi, diciamo, un provvedimento importante per quanto riguarda il mondo del lavoro. Avremmo potuto emendare qualche cosina, avremmo potuto con buona volontà trasversale cercare di cambiare qualche virgola, rispetto anche alle offerte che l'opposizione ha fatto, e rimandarlo in Senato. Avrebbero Pag. 53potuto lavorare 24 o 48 ore consecutivamente per potere riuscire a cambiare qualche cosa.
  Infatti in audizione non c'eravamo soltanto noi, quando la CGIL, la CISL, la UIL, l'UGL – le parti fondamentalmente da noi audite – hanno espresso un concetto chiaro ed universale, ovvero che con questo decreto-legge non si sarebbero creati nuovi posti di lavoro. C'eravamo noi in Commissione e c'era anche qualcuno, probabilmente, che ascoltava queste cose e che era già convinto che questo decreto-legge sarebbe dovuto andare così.
  L'altra sera in Commissione ho fatto un intervento, dopodiché ho avuto la replica anche del sottosegretario, onorevole Bobba. Ho ricordato alla maggioranza, e nello specifico alla maggioranza del Partito Democratico, che sono stati supini, soprattutto al Senato, nei confronti di questo decreto-legge. Io ricordo che due ore dopo, all'epoca, quando abbiamo fatto il primo passaggio in Commissione qui alla Camera, dopo che la stessa maggioranza aveva bocciato delle proposte emendative della maggioranza stessa in quota Nuovo Centrodestra, l'onorevole Pizzolante, capogruppo del Nuovo Centrodestra in Commissione, è andato a farsi una conferenza stampa con il capo del suo partito, che si chiama onorevole Angelino Alfano, Ministro tra l'altro, dicendo che al Senato ci sarebbe stata la guerra su questo decreto-legge nei confronti della stessa maggioranza, quindi una guerra entro la maggioranza stessa. Tant’è vero che noi abbiamo detto non esiste più a questo punto questa maggioranza così mediamente trasversale, che si vuol far vedere e si vuol far capire all'esterno.
  Quindi il passaggio al Senato è stato un passaggio proprio per dare peso a questa parte della maggioranza, che con il senatore Sacconi ha voluto portare avanti delle proposte emendative, che evidentemente a loro andavano bene, ma che al Partito Democratico non andavano bene dall'inizio. Quindi politicamente si è creato un grande miscuglio, un grande miscuglio di intenti. Coloro che hanno scritto questo decreto-legge non sono neanche stati capaci, tra l'altro, di andare a controllare quello che gli altri Stati europei hanno fatto e nello specifico la Spagna ed ancora più nello specifico la Germania.
  In Spagna è stato portato a termine e votato un decreto molto simile a questo. Almeno, però, in Spagna i contratti a tempo determinato hanno un carattere temporale di almeno sei mesi, per cui, se il lavoratore viene assunto, viene assunto con un contratto a termine almeno per sei mesi. Tutto questo, comunque, pur essendo previsti sei mesi – ma qui in Italia ricordo che potrebbe anche essere una settimana di assunzione rispetto alle proroghe e rispetto ai contratti –, non ha impedito ai lavoratori spagnoli di percorrere un cammino assolutamente ad ostacoli. Si è creata una vera e propria competizione per il posto di lavoro: migliaia e migliaia di lavoratori sono così incastrati in questi, che sono stati chiamati i contratos temporales in Spagna, e c’è un'agognata ricerca al posto del lavoro.
  Per non sottolineare quanto è successo in Germania nel 2003. Ricordiamoci che la Germania al giorno d'oggi è al 5,5 per cento di disoccupazione globale. In Italia – lo ricorderemo sempre – c’è il 13 per cento quasi di disoccupazione globale e, in seno ad essa, il 43 per cento di disoccupazione giovanile. Non ci crede, Presidente, lo stesso Governo.
  Ma perché non ci crede lo stesso Governo ? Perché, se noi portiamo avanti un decreto-legge di questo tipo e in questo decreto c’è scritto «rilancio dell'occupazione» e nelle stesse ore, negli stessi giorni esce il Documento di economia e finanza che dice che la disoccupazione per i prossimi tre o quattro anni non tenderà a diminuire ma tenderà ad aumentare, allora non ci credete neanche voi, neanche il Governo stesso ci crede se prima fa un decreto-legge per il rilancio dell'occupazione ma poi, nel Documento di economia e finanza, dice che l'occupazione non andrà a diminuire. Dicevo della Germania dove si applicò nel 2003 la riforma – la ricorderete – Hartz IV: Hartz tra l'altro era un lavoratore dipendente della ditta automobilistica Volkswagen sotto il Governo Pag. 54Schröder. Schröder il quale, ricordo, fu poi «decapitato» soprattutto per questa misura che, secondo i suoi principali oppositori, non avrebbe portato occupazione ma avrebbe portato depressione. Quindi Schröder, pochi mesi dopo, «decapitato» dalla sua stessa riforma, ha lasciato questa riforma all'attuale Cancelliera Merkel che, zitta zitta, se l’è portata avanti e ha portato la disoccupazione, che probabilmente allora quotava forse più del 13 per cento in Germania, l'ha portata al 5 per cento ma lì le cose sono un po’ differenti. Voglio dire l'aspetto macroeconomico della Germania del 2003 era sicuramente differente rispetto a quanto stiamo vivendo noi ad oggi in Italia. Però loro ce l'hanno fatta, loro ce l'hanno fatta magari con un qualcosa che potrebbe essere confutabile, cambiabile, non so: hanno inventato i mini-jobs, lavori per coloro che non hanno un lavoro, per i disoccupati, per coloro che vogliono evidentemente lavorare e vogliono fare un part-time e sono assolutamente defiscalizzati, anzi lo Stato ci mette qualcosa di suo se l'azienda non riesce a percorrere questi mini-jobs.
  Ed allora, Presidente, noi non possiamo fare altro che fare un'opposizione ferrea a questo decreto-legge nella maniera più assoluta: non crea posti di lavoro, anzi in quanto detto da me e da noi in Commissione, se io chiudessi questa mia attività parlamentare tra una settimana e ritornassi o iniziasse a fare l'imprenditore fuori da quest'aula a me questo decreto-legge andrebbe benissimo, a me questo decreto-legge andrebbe di lusso ma evidentemente in questo frangente io non faccio l'imprenditore, non faccio l'operaio, non faccio il dipendente, non faccio il datore di lavoro, faccio il deputato, faccio il legislatore. Quindi la nostra coscienza ci impone di metterci e di posizionarci entro una linea mediana tra il lavoratore e il datore di lavoro e viceversa e nessuno mi ha mai risposto né in Commissione né in Aula né per i corridoi di Montecitorio, né lo stesso Ministro, nessuno mi ha mai risposto ad una domanda. In quest'aula abbiamo fatto le barricate per le quote rosa, per il lavoro femminile e nessuno mi risponde a questa domanda: se il datore di lavoro si accorge che, entro il primo o il secondo contratto a tempo determinato di cui ha beneficiato una sua dipendente, questa dipendente resta incinta (per opera dello spirito santo perché probabilmente in Italia non c’è più neanche la voglia di fare figli ma diciamo per un qualsiasi motivo resta incinta !), secondo voi, il datore di lavoro prorogherà il contratto o non lo prorogherà ? Nessuno riesce a rispondere a questa domanda. Noi, Presidente, siamo convinti di aver fatto un'opposizione ferrea, giusta, anzi a volte sopra le righe ma era giusto portare fuori quanto noi viviamo dentro quest'aula e dimostriamo di più in questo senso. Dimostriamo che in queste ore il MoVimento 5 Stelle, come le altre opposizioni del resto, (mi è arrivato il biglietto) abbiamo presentato diciotto emendamenti. Ci date la possibilità, quantomeno considerato che non si cambierà una virgola e questo lo sappiamo, ci date la possibilità quantomeno di poterli discutere in aula ? Ce la date questa possibilità ? Ci date la possibilità quantomeno di capirci un po’ di più o, diciamo, che si riesca a capire, che i 630 deputati capiscano un po’ di più tutti quanti ? Con un contraddittorio, con degli interventi, entro un passaggio che, secondo noi, è fondamentale, entro questo decreto-legge, entro questi provvedimenti, per il lavoro ad oggi in Italia. Noi abbiamo presentato pochi emendamenti e vi posso già dire che io posso anche ritirare quelli che ho presentato: diminuiamoli ancora.
  Ma a questo punto mettere la fiducia su un provvedimento di questo tipo è veramente vergognoso: attenzione (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Quindi, signor Presidente, io spero che anche lei – voglio dire –, come nostro rappresentante e garante, si spenda per questa cosa: ripeto, mettere la fiducia arrivati alla terza lettura è una cosa vergognosa, non si può sentire. La maggioranza non ci dà neanche la possibilità di poter discutere una manciata di emendamenti: trenta, quaranta, cinquanta, quello che è. Noi siamo disposti – come voi, del resto, ne sono assolutamente certo e sicuro Pag. 55– a restare qui e, magari, a fare le ore piccole perché il dibattito venga, in un certo qual senso, ampliato rispetto al decreto stesso. Quindi, vi sfidiamo a fare questo, vi sfidiamo a dire che ci sono trenta, quaranta emendamenti, decidiamoli e vediamoli assieme. Sappiamo perfettamente che non cambierà nulla; io spero che tutte le opposizioni abbiano presentato – guardi cosa dico – pochi emendamenti, semplicemente perché presentando molti emendamenti avremmo dato la possibilità intrinseca alla maggioranza stessa di dire: guardate ci sono 400 emendamenti, dobbiamo mettere la fiducia. Bene, questa fiducia non dovete necessariamente metterla, c’è la possibilità – rinnovo – di discutere almeno questi emendamenti.
  È stato fatto uno sbaglio – vado a chiudere, Presidente –, è stato fatto evidentemente uno sbaglio da parte del Governo e da parte del Ministro del lavoro Poletti. È stato fatto questo sbaglio perché in campagna elettorale, probabilmente, questo sarà un boomerang che vi si ritorcerà contro, e parlo nello specifico alla maggioranza. Questo sarebbe stato un provvedimento, un passaggio che avremmo dovuto masticare meglio, che avremmo dovuto ragionare meglio, avremmo dovuto fare più audizioni, avremmo dovuto confrontarci di più, tutti quanti, nessuno escluso. Questi provvedimenti, questi passaggi in realtà sono semplicemente dei maxiemendamenti al decreto Giovannini n. 76: non ditemi infatti che questo è un decreto serio, fatto di qualche pagina e di 5 articoli. Questi sono degli emendamenti al decreto Giovannini, frutto della fretta elettorale di portare fieno in cascina in seno al proprio partito per poi accorgersi di aver fatto quasi una cretinata. Stiamo arrivando ad una settimana dal voto alle europee e in questa settimana dobbiamo votare la fiducia, probabilmente, su questo decreto, due fiducie mi ricordano. Però, rispetto a questo decreto, le cose sono andate male, il Ministro Poletti avrebbe dovuto inserire questi maxiemendamenti – come li chiamo io – nel disegno di legge delega: lì, probabilmente, si sarebbero tolte le castagne dal fuoco della maggioranza, le opposizioni sarebbero state ascoltate maggiormente, molto probabilmente avremmo fatto più audizioni, ci saremmo fatti un'idea più precisa rispetto al mondo del lavoro in Italia, ma questo non è avvenuto. Tutti coloro – e lo ripeto un'altra volta – che sono stati auditi da noi in Commissione hanno detto che questo decreto doveva essere stralciato, doveva essere modificato più che stralciato. Non avete ascoltato nessuno, neppure le sigle sindacali a voi più vicine, quindi io non posso che rammaricarmi rispetto a questi passaggi. Io credo che non ci sia più la volontà di un contraddittorio parlamentare in questo senso; non so, immagino che i prossimi decreti verranno portati avanti nelle stesse more e nelle stesse misure. Il Governo Renzi sta andando di settimana in settimana a chiedere fiducie su ogni provvedimento, su ogni decreto e questo non va bene, ma non lo diciamo noi, l'avevate detto voi che non sareste mai ricorsi alla fiducia. L'avete detto voi e su quattro-cinque decreti, quattro o cinque fiducie. Tra l'altro, rallentando – come avviene in ogni fiducia – tutto il percorso, il lavoro parlamentare perché se da qui a due ore arriverà il Ministro a chiederci, a dire che viene posta la questione di fiducia sul provvedimento stesso, sapete meglio di me – e devono saperlo anche le persone a casa, a cui magari sfugge qualche passaggio – che noi per ventiquattro ore saremo fermi: non ci saranno le Commissioni, non ci sarà niente.
  Quindi, è incredibile: parliamo di lavoro e noi stiamo fermi 24 ore. Questo ad oggi, Presidente, è il Parlamento italiano e non è più possibile che sia così, perché fuori da queste stanze ci sono persone che si ammazzano, perché voglio dire che non sono demagogo e populista quando dico queste cose: abbiamo cimiteri pieni di imprenditori che non possono assumere le persone perché non hanno lavoro.
  Allora le nostre proposte quali sono ? Sono proposte che vi facciamo tutti i giorni. Parliamo di una proposta a costo zero, che potrebbe chiamarsi «sburocratizzazione»: Pag. 56significa firmare meno carte, significa fare meno carte per poter andare avanti con il proprio lavoro.
  E forse, la cosa più importante, è abbattere nettamente il cuneo fiscale. Questi 10 miliardi che il Governo Renzi mette per 750-800 mila lavoratori: probabilmente la nazione Italia sarebbe stata molto più contenta se questi 10 miliardi li avesse mesi nell'abbattimento del cuneo fiscale.
  Infatti si parlava tanto, nelle slide del Primo Ministro Renzi, di IRAP, ad esempio, ed io non sento più parlare di IRAP, non sento più parlare di tagli dal 5 al 10 per cento dell'IRAP. Purtroppo non lo sento più. E quindi il cuneo fiscale torna a gravare sulle aziende. Ci sono aziende, in Italia, che pagano fino al 65 per cento di tasse, quindi è evidente che ci sia qualcosa che non quadra in queste aziende.
  Allora, Presidente, io rispetto molto le aziende italiane e più del 90 per cento delle aziende italiane è fatto da piccole e medie imprese, aziende che hanno meno di 15 dipendenti. E rispetto, guardi, profondamente la persona che ha 7 o 8 dipendenti o 2 o 3 dipendenti e che delocalizza, senza avere mai avuto nessun contributo da parte dello Stato. Io vengo dal Friuli Venezia Giulia, una regione – noi contiamo un milione e 200 mila abitanti – che vive quotidianamente e drammaticamente il caso Electrolux, il caso Ideal Standard. Electrolux, dopo aver preso contributi statali, voleva delocalizzare in Polonia. Allora io dico: vuoi delocalizzare ? Perfetto, delocalizza, ma prima restituis tutti i soldi, euro dopo euro, che lo Stato italiano e la collettività ti hanno dato. Dopo puoi andare a delocalizzare, al netto del fatto che lo Stato non riesca a darti una mano. Infatti la politica imprenditoriale ed industriale degli ultimi 20 o 30 anni in Italia – lo sapete meglio di me – è stata quella di aiutare economicamente, con degli sgravi, le aziende. Non troviamo neanche più un imprenditore o un industriale che sia capace di fare un piano industriale per i prossimi 4 o 5 anni (non per i prossimi vent'anni, come si diceva negli anni Settanta).
  E l'altra cosa – e vado veramente a chiudere – l'altra cosa, la più importante, e mi rivolgo alla maggioranza e mi rivolgo al Ministro Poletti e gliel'ho detto in faccia al Ministro Poletti una settimana fa e lui mi ha ascoltato: io spero di ricordare nella storia il Ministro Poletti come il Ministro che abbia abrogato la manovra Fornero, perché per creare posti di lavoro in Italia va abrogata questa scellerata manovra che voi avete firmato e avete sottoscritto. Ed oggi dite tutti: «No, la manovra Fornero va assolutamente abrogata». Ma l'avete sottoscritta voi, Partito Democratico e il centrodestra, diciamo. E quindi va abrogata – chiudo Presidente – la manovra Fornero, perché è del tutto lapalissiano il concetto che se io ho un lavoratore che dal giorno alla notte devo tenerlo in azienda 6 o 7 anni in più, aumentando l'età pensionabile, è chiaro che io guardandomi indietro non potrò mai assumere delle persone più o meno giovani per altri 6 o 7 anni (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. La ringrazio onorevole Rizzetto. Io ho ascoltato attentamente il suo intervento, come d'altra parte quelli dell'onorevole Fedriga e del Presidente Baldelli. Ovviamente nel mio ruolo non posso fare molto. Posso sicuramente trasmettere alla Presidenza le considerazioni che sono state fatte a proposito di un'ipotetica fiducia. A margine di questo, mi consenta di dirle che mi fa piacere che lei abbia voluto riconoscere il ruolo di garante del Presidente che in questo momento presiede l'Assemblea, perché negli ultimi tempi questo non accade spesso da parte del suo gruppo.
  È iscritta a parlare l'onorevole Binetti. Ne ha facoltà.

  PAOLA BINETTI. Signor Presidente, illustri sottosegretari, colleghi, nella nuova versione che ci viene presentata oggi in Aula ci sono alcune parole da evidenziare. Fortunatamente, gli uffici ci aiutano a Pag. 57distinguere quali sono gli elementi innovativi introdotti nel passaggio, in questo caso tra il Senato e la Camera. Io ne ho segnati cinque perché mi sembravano molto interessanti per capire anche il clima in cui si sta svolgendo questo dibattito. Mi riferisco a parole chiave che non erano presenti nella precedente versione del decreto-legge e sono presenti in questa.
  Una delle parole chiave è: «l'incertezza» dell'attuale quadro economico. Evidentemente, cioè, nel passaggio dal Senato alla Camera, quindi nel ritorno alla Camera, l'elemento dell'incertezza acquista una prospettiva e uno spessore nuovi per cui si sente il bisogno di introdurlo.
  Un'altra delle parole chiave è: testo unico «semplificato». Quindi, ci si rende conto che la versione precedente aveva una sua complessità che ne rendeva difficile la lettura, soprattutto a coloro che dovrebbero in qualche modo usufruire dei vantaggi di questo decreto-legge. C'erano dei passaggi in cui la continua incidenza, l'insistenza su alcune cose, i riferimenti, invece di facilitare, a proposito della precedente parola chiave «incertezza», quello che potremmo chiamare il senso della speranza, aveva l'effetto come di respingere chi leggeva.
  La terza espressione chiave che mi sembra interessante citare è: «con la previsione in via sperimentale». Quindi, se all'inizio c'era incertezza nel descrivere un clima, adesso, con la sottolineatura dell'elemento di sperimentalità, se ne sottolinea, appunto, l'elemento possibile di modifica, di cambio ulteriore, di valutazione dopo che si sia intervenuti in questo senso.
  L'altra espressione chiave che mi sembra interessante è: «protezione crescente». Questo anche per rispondere a tutta una serie di preoccupazioni che sono emerse in queste poche ore, in queste manciate di minuti nel dibattito rispetto al fatto che questo decreto-legge garantirà o non garantirà di più. Di più nel senso di creare più posti di lavoro e di più nel senso di dare maggiore sicurezza alle persone che potranno usufruire di questi contratti, garantendo un salto di qualità nella loro vita.
  Il decreto-legge parla di protezione crescente, ma poi aggiunge un'altra frase: «salva l'attuale articolazione delle tipologie». Quindi, mentre fa due passi in avanti verso la sperimentazione che, insisto, si svolge in un clima in cui gli elementi di sicurezza al contorno sono inferiori, però, nello stesso tempo, cerca di rassicurare. Chi ? Gli altri, laddove «gli altri», tra virgolette, sono tutti coloro che, godendo di un qualsivoglia contratto di lavoro, non debbano sentirsi messi in crisi da questa novità.
  Voglio dire, in altri termini, che le parole chiave introdotte dal Senato risultano come parole chiave che, da un lato aprono all'innovazione, aprono alla sperimentazione e, dall'altro, però, colgono e fanno proprio il clima in cui si muovono in questo momento le persone e, facendo proprio questo clima, cercano di dire a chi non ha lavoro, probabilmente in via del tutto sperimentale, che gli si presenterà un'opportunità, e a chi ce l'ha di non preoccuparsi perché sono fatte salve le tipologie di contratto. Mi sembra, quindi, in un certo senso una filosofia che cerchi di tenere un po’ tutti contenti, ma mi piacerà entrare nel concreto della proposta per capire poi effettivamente se sarà possibile garantire tutti nelle loro ansie, nelle loro incertezze, nelle loro prospettive di futuro, nella possibilità in qualche modo di guardare al proprio lavoro, alla propria famiglia, alle proprie sicurezze in condizioni di maggiore serenità.
  Il Senato ha confermato la fiducia chiesta dal Governo sul decreto-legge lavoro e i voti a favore sono stati 158, mentre i contrari 122. Come dire che i contrari hanno guadagnato una qualche posizione. Il testo su cui l'Esecutivo ha ottenuto la fiducia è un maxiemendamento, che recepisce le modifiche approvate in Commissione lavoro, che è stato presentato da Ichino che, sappiamo, sono già perlomeno due legislature che continua Pag. 58a proporre una modifica del lavoro assumendo un quadro di riferimento e di valori molto preciso, molto concreto.
  Per esempio: garantire a tutti una sorta di salario; garantire la possibilità di ridurre gli indici di disoccupazione che, faccio presente, sono realmente stupefacenti. Abbiamo attualmente la necessità di capire le ragioni che hanno portato al grande disastro di una disoccupazione pari al 12,9 per cento, che è un modo elegante per non dire una disoccupazione al 13 per cento, come evidenziato dagli ultimi dati ISTAT. Si tratta del valore più alto dal 2004. Come dire: in questi dieci anni abbiamo perso un numero abbastanza significativo di posizioni. Il punto minimo di disoccupazione era stato toccato nell'aprile 2007, con tasso pari al 5,8 per cento. Da allora, una continua e dolorosa salita ci ha portato, nell'aprile 2010, all'8,8 per cento, e attualmente, come sappiamo, al 12,9, che mi piace leggere, per sintesi, al 13 per cento di questa disoccupazione. Quindi, la risposta vera che questo decreto-legge deve dare è a questo 13 per cento della popolazione disoccupata. Gli dovrebbe poter dire il perché di questa disoccupazione prima di potergli dire il come venirne fuori.
  Sappiamo che le ragioni sono abbastanza varie. Alla base di tutto c’è l'esistenza di un tessuto produttivo ormai sfibrato. In un corpo malato, come piace dire a noi medici, basta una corrente d'aria per causare una polmonite. C’è, poi, da aggiungere che nel frattempo l'incertezza, per l'appunto, è aumentata. Cinque anni fa si affrontavano le avversità utilizzando i risparmi accumulati in passato. Questo lo sanno bene le famiglie, perché per molto tempo abbiamo considerato la situazione italiana un po’ un'anomalia, perché c'era un grande debito pubblico, ma c'era anche un grande risparmio privato. In questi anni, il risparmio privato si è andato assottigliando pericolosamente e uno degli indicatori tipici di questa pressoché scomparsa del risparmio privato è – lo possiamo leggere ancora – il crollo dei consumi interni. Quando parlo del crollo dei consumi interni, a tutti noi basta passeggiare nei dintorni di Montecitorio per vedere i negozi che chiudono, per vedere i cambi di destinazione dei negozi, per vedere gli «affittasi» sopra queste storiche aziende che, in qualche modo, hanno fatto anche la tipizzazione dell'area del centro, dal punto di vista commerciale.
  Però, tutto ciò non spiega ancora l'accelerazione, il salto nel buio che rende drammatica la vita di milioni di persone senza lavoro e con limitate speranze di ritrovarlo. Esiste, in altri termini, un elemento di natura extraeconomica che giustifica una caduta così preoccupante, e il riferimento è stato fatto alla famosa riforma Fornero, nonostante le riserve che anche allora noi abbiamo espresso. Perlomeno, per rassicurare i colleghi che vorrebbero l'abolizione totale della riforma Fornero, dico che molti di noi, in quel momento, in quel periodo, si sono espressi criticamente, intravedendo quello che poi sarebbe stato, fra i tanti drammi, quello esploso in maniera forse più virulenta, che è il dramma degli esodati. Infatti, rendendo più rigida la struttura della domanda di lavoro non si poteva che produrre un maggiore tasso di disoccupazione. Questo perché sappiamo anche bene che l'ottimo è nemico del buono.
  Anche la Banca d'Italia mette in luce un evidente paradosso: la flessione – ha detto nell'ultimo Bollettino – ha continuato ad interessare maggiormente la componente alle dipendenze a tempo determinato. È abbastanza ovvio, le persone meno tutelate sono quelle che più facilmente possono essere ulteriormente emarginate rispetto a quelle a tempo indeterminato. Concretamente – la Banca d'Italia quantifica questo proprio nelle sue competenze strette –, per coloro che erano alle dipendenze a tempo determinato abbiamo avuto una flessione del 7,4 per cento; per coloro che, invece, erano assunti a tempo indeterminato la flessione è stata – mi si passi l'espressione in questo contesto un po’ drammatico – solo dell'1,3 per cento, il che spiega il dramma della disoccupazione giovanile e, soprattutto, perché questa situazione crei davvero tanto sconcerto nelle nostre famiglie.Pag. 59
  Che cosa voglio dire in tutto questo ? Che mi sembra interessante riuscire a leggere alcune delle novità di questo decreto-legge che torna, per cercare di capirne però se ci sono, perché è indubbio che, in ogni caso, noi voteremo la fiducia, che speriamo non ci venga chiesta, anche perché in anticipo esiste una fiducia a questo Governo perché esiste un bisogno di stabilizzazione della nostra situazione proprio perché esiste un bisogno di studio più attento, esiste la necessità di andare più a fondo dei problemi.
  Certamente, non potremo attraversare un ennesimo cambiamento, un'ennesima destrutturazione del poco tessuto che siamo riusciti a costruire in questo momento. Quali sono, allora, queste possibilità di vantaggio, come possiamo leggere positivamente queste situazioni per ricavarne appunto gli elementi di consenso ? Intanto, il fatto che si è alzata da un anno a tre anni la durata dei contratti a tempo determinato senza causale, cioè quelli per cui non è obbligatorio specificare il motivo dell'assunzione, potrebbe, in presenza di una classe imprenditoriale che voglia vincere insieme al Parlamento, insieme alla politica la sfida della crisi di questo momento, essere un'eventualità positiva, potrebbe incoraggiare realmente le persone.
  È vero che l'assunzione a tempo indeterminato offre alla persona che è assunta un maggiore livello di garanzia, lo sappiamo tutti quanti, ma è anche vero che questo può fare da deterrente per un'azienda. Viceversa, allungando il tempo dell'assunzione a tempo determinato, forse l'azienda può sentirsi più incoraggiata a questa assunzione. È chiaro che questo potrebbe anche essere così, ma potrebbe essere anche il contrario di così e, quindi, non stupisce la parola «incertezza» introdotta all'inizio di questo decreto-legge, ma noi ci auguriamo che di questo punto venga data una lettura virtuosa, cioè una lettura che davvero permetta un maggior numero di assunzioni.
  Da questo punto di vista, ci fa piacere quella annotazione – tornerò poi sui contratti di apprendistato –, perché mi sembra che, in fondo, il cuore di questo decreto, se vogliamo cercare di leggerlo in una prospettiva più positiva possibile, resta proprio la rivisitazione del concetto di apprendistato. Ma quando si dice che per assumere nuovi apprendisti i datori di lavoro devono assumere a tempo determinato alcuni apprendisti, già questo mi sembra un fattore positivo in qualche modo di condizionamento del datore di lavoro, perché è abbastanza noto come il datore di lavoro tenda in qualche modo a una sostituzione progressiva dei dipendenti perché in questo modo è vero che lui ha un impegno nella formazione costante e continua e che questa formazione può addirittura essere letta come un incoraggiamento a ridurre le distanze fra il mondo della formazione scolastica e universitaria e il mondo della formazione che proprio matura on the job, no ? Questo è un job act e, quindi, è chiaro anche che la formazione prevalentemente si misuri dal suo intervento sul campo, perché è lì sul campo, dove le conoscenze si trasformano in competenze e dove le competenze assumono tutta quella dignità di professionalità, che dà sicurezza al datore di lavoro, che dà sicurezza al lavoratore e che, in qualche modo, offre sufficienti elementi di sicurezza anche a coloro che poi beneficeranno dei frutti di questo lavoro.
  Quindi, diciamo che il punto chiave è: ok, i contratti a tempo determinato si allungano per un tempo maggiore, ma questa dimensione dell'apprendistato potrà essere utilizzata nella funzione dei nuovi apprendisti solo ed esclusivamente se quell'azienda avrà mostrato di aver assunto gli apprendisti che aveva formato in precedenza.
  Voglio soffermarmi su questa cosa dell'apprendistato, perché io credo che l'azienda, con il contratto formativo, che in un certo senso stipula fin dal primo momento con la persona che entrerà a farne parte, in qualche modo, si impegna ad implementarne le conoscenze e le competenze, si impegna a documentare la competenza acquisita. Ricordo la lettera che ci leggeva prima il collega, in cui questa donna non era in grado di mostrare i corsi aziendali che aveva fatto in Pag. 60azienda, non era in grado di documentare le competenze acquisite e, siccome non era messa in condizione di documentarle sul campo, le doveva documentare soltanto attraverso quello che, potremmo dire, una sorta di curriculum vitae, di curriculum studiorum, che non è la stessa cosa del curriculum vitae, perché è chiaro che è la vita, nella sua esperienza concreta, che dice cosa sai fare e non soltanto cosa sai o cosa qualcuno dice che tu sai.
  Bene, in questo caso, il datore di lavoro, attraverso questa rivisitazione del contratto di apprendistato, dovrà dire da subito che cosa è disposto a insegnare a questi ragazzi, qual è il profilo di competenze che loro potranno acquisire al termine di questa esperienza. Come dire che non è un esame a cui si sottopone solo l'apprendista, non è soltanto lui che deve dimostrare, in ingresso, che capacità ha e, in qualche modo, garantire che avrà queste capacità in uscita.
  La stessa azienda sarà misurata nella sua efficacia di azienda che fa formazione, oltre che distribuire posti di lavoro, proprio per la qualità che avranno raggiunto le persone che lavorano presso di lei. Questo innalzare il livello della qualità di formazione dell'azienda significa innestare dei processi positivi rispetto a quella che è una cultura dello sviluppo attraverso la ricerca. Ricerca e sviluppo sono due degli investimenti più interessanti che le aziende devono fare se vogliono evitare quello che è successo in questi anni, perché tutti noi sappiamo che una parte della crisi a cui sono andate incontro le aziende italiane è stata anche per il basso investimento fatto in ricerca e sviluppo.
  Ecco che le aziende nel momento in cui devono dare questa formazione alle nuove leve impegnano se stesse a migliorare la qualità dei loro prodotti, a migliorarla non solo in senso tecnologico, ma anche attraverso quelli che sono i nuovi modelli di lavoro, le nuove possibilità dell'organizzazione del lavoro. Per esempio, sappiamo che sono sopravvissute in questa crisi le aziende che più e meglio hanno saputo internazionalizzare, quelle che hanno saputo globalizzare la propria offerta, quelle che hanno saputo attivare dei processi di esportazione.
  Si diceva prima, sempre nella lettera che ci è stata letta dal collega, che una delle critiche che la donna faceva a se stessa, pure esprimendo accoratamente un livello di competenza tutt'altro che irrilevante, era la scarsa conoscenza della lingua. Bene, questa sarà un'occasione e un'opportunità per vedere fino a che punto c’è un investimento attraverso il bisogno di internazionalizzazione anche dello sviluppo delle capacità e delle competenze linguistiche. Ma questo rimanderà dei messaggi forti anche alle nostre scuole, anche alle nostre università. È possibile oggi che si laureino persone che non sono in grado di esprimersi correttamente e fluidamente perlomeno nella lingua inglese o perlomeno in un'altra lingua europea.
  Questa è una cosa importante. Non bastano le competenze tecniche a costruire un profilo di investimento adeguato in un'azienda. Esistono le competenze tecniche, come esistono le competenze legate ai modelli di relazione, a quella che si chiama la famosa «intelligenza sociale», che ti permette di lavorare in equipe con gli altri, che ti permette di affrontare progetti di studio e di ricerca che non saranno, a questo punto, nemmeno soltanto progetti di studio e di ricerca posizionati nello scenario italiano, ma saranno progetti di studio e di ricerca posizionati nello scenario internazionale in cui ciò che risulta efficace in un'altra azienda, in un'azienda magari posta in una condizione migliore in un altro Paese può diventare – come dire – un'importazione positiva di competenza. Ecco, allora che i giovani non saranno soltanto soggetti da formare, non sono soltanto soggetti per formare, ma diventano soggetti performanti perché diventano soggetti che sono capaci di restituire all'azienda, in termini anche abbastanza tempestivi, quello che è un patrimonio di conoscenze e di competenze linguistiche, tecniche, organizzative, informatiche, mediate da quello che è il contesto, questa sorta di learning organization che rappresenta la società in cui viviamo.Pag. 61
  Ecco, quindi, allora che la riflessione sull'apprendimento e sull'apprendistato diventa una riflessione a tutto campo su quello che è il patrimonio e il profilo di competenze reali con cui i giovani escono dalla scuola, la scuola tecnica superiore e dall'università e diventa anche il termine del dialogo positivo che si stabilisce tra mondo dell'impresa e mondo dell'università.
  Un tempo, qualche anno fa, c'era un progetto che si chiamava «progetto più», «progetto impresa-università» perché si voleva anticipare in questo modo questo tipo di esperienza già dagli anni dell'accademia, già dagli anni della vita universitaria, ma è evidente che da questo punto di vista le risorse di cui le aziende potranno avvantaggiarsi sono anche le migliori risorse disponibili sul piano accademico e le migliori risorse disponibili sul piano della ricerca.
  Sarà possibile tutto questo ? Questa è la domanda che noi ci dobbiamo porre. Questa nuova cultura dell'apprendistato sarà davvero un modo di portare la scuola in azienda e l'azienda nella scuola ? Sarà un modo per rendere permeabili i flussi delle conoscenze e delle competenze, l'acquisizione dello sviluppo delle abilità ? Sarà un modo per capire che cosa risulta in qualche modo obsoleto e cosa risulta del tutto irrinunciabile in quello che è il profilo che noi abbiamo ? È una riflessione importante che coinvolge il Ministro del lavoro...

  PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Binetti.
  Colleghi, io mi rendo conto che siamo in una fase interessante del nostro dibattito, però è interessante anche consentire all'onorevole Binetti di parlare. Se c’è bisogno di fare delle riunioni, possiamo sospendere la seduta o possiamo farle dopo. Bene, vi ringrazio.
  Prego, onorevole Binetti.

  PAOLA BINETTI. Il partito di maggioranza che abbiamo in Aula, che si riunisce probabilmente...

  PRESIDENTE. Veramente mi pare che sia abbastanza variegata la discussione, di appartenenti a tutte le parti.

  PAOLA BINETTI. Comunque, io la ringrazio. Quello che voglio sottolineare è che noi abbiamo bisogno di lanciare un'opzione di più meritocrazia.
  Ma laddove la meritocrazia – attenzione – non è solo la meritocrazia dello studente, perché lo studente più attento, lo studente che, in un certo senso, raggiunge i risultati più brillanti nella scuola lo fa, molto spesso, acquisendo quello che la scuola in quel momento è in grado di dargli. Quindi, nel bene e nel male, diventa una spugna anche, a volte, di conoscenze che sono superate, di conoscenze che non sono professionalmente spendibili.
  Abbattere questo steccato, rendere possibile alla scuola di capire e cogliere di cosa il mondo del lavoro e di che cosa le aziende hanno bisogno, significa anticipare nelle aziende, significa dotare le aziende di quelle antenne che riguardano un mondo in evoluzione, un mondo in cambiamento continuo. Se noi riusciremo a fare questo, se questo disegno di legge di conversione, che ha come target privilegiato, proprio per la natura stessa del contratto che offre e proprio per la sottolineatura maggiore, in realtà, che fa ai contratti a tempo determinato, utilizzando poi la loro evoluzione in contratti a tempo indeterminato come volano per potere reinserire altre persone in questo clima di lavoro, se tutto questo riuscirà non sarà solo in virtù di un decreto-legge, che noi oggi approviamo, ma sarà in virtù di un cambio di mentalità che noi ci auguriamo avvenga prima di tutto nel Governo, in una rinnovata collaborazione tra il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, il Ministero che, in qualche modo, si occupa dello sviluppo economico e delle attività produttive.
  Tutto questo ha bisogno di essere rivisitato. Allora, noi potremo dire che siamo riusciti a creare nuovi posti di lavoro, perché la creazione di nuovi posti di lavoro non è, come dire, una sorta di Pag. 62espediente creativo sul piano finanziario e nemmeno un espediente creativo sul piano meramente legislativo. È un espediente creativo se le aziende e le imprese sono loro a creare i posti di lavoro e noi, dal canto nostro, attraverso l'impianto di questo decreto-legge riusciamo davvero a rendere vera quella parola che si chiama «semplificazione». Cioè, riusciamo a non essere, in qualche modo, persecutori nei confronti delle aziende, riusciamo a ridurre la pressione fiscale che preme su di loro, riusciamo a ridurre quegli adempimenti burocratici che, in qualche modo, fanno passare la voglia, come si dice, di mettere in ballo tante risorse. Se noi riusciamo ad essere più semplici, più chiari, più lineari, più fantasiosi, più decisamente impegnati ad assumere insieme l'obiettivo sviluppo del Paese, allora anche questo disegno di legge, questo decreto, pur con le sue, come dire, criticità, pur con le sue fragilità, avrà un buono spazio. D'altra parte, il disegno di legge nel suo incipit afferma che si tratta di soluzioni sperimentali, il che vuole dire che tra un anno potremo rivederle, potremo migliorarle e potremo davvero rendere operativo l'incremento dei posti di lavoro (Applausi dei deputati del gruppo Per l'Italia).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Sannicandro. Ne ha facoltà. Io prego sempre, se è possibile, di consentire agli oratori di intervenire. Prego.

  ARCANGELO SANNICANDRO. Signor Presidente, egregi colleghi, noi voteremo contro la richiesta di conversione in legge del decreto-legge n. 34 del 2014...

  PRESIDENTE. Attenda, onorevole Sannicandro. Colleghi, presidente Damiano, è necessario che io interrompa la seduta ? Colleghi ! Se è necessario che io interrompa la seduta la posso interrompere.
  E allora, per favore, consentiamo all'onorevole Sannicandro di parlare e le riunioni le facciamo fuori dall'Aula. Prego, onorevole Sannicandro.

  ARCANGELO SANNICANDRO. Grazie Presidente. Dicevo che voteremo contro la richiesta di conversione in legge di questo decreto-legge perché riteniamo che sia un decreto-legge ispirato da una filosofia completamente inaccettabile, frontalmente contraddittoria con lo spirito e talvolta – anzi spesso – con la lettera della Costituzione italiana e delle disposizioni dell'Unione europea.
  Il decreto si intitola: disposizioni urgenti per favorire il rilancio dell'occupazione. Qualcuno si è interrogato, prima di me, se il Governo ha così intitolato il testo per ignoranza oppure perché non conosce il mondo in cui questo decreto si va a calare.
  Io sostengo che non c’è nulla di fortuito, perché si tratta di un decreto-legge che si iscrive bene in una politica ed in una evoluzione del sistema giuridico del lavoro che non è nuova, che ormai risale a circa trent'anni fa. Ho sentito dire poc'anzi dalla collega che mi ha preceduto che si tratta di un provvedimento sperimentale. Mi sia consentito obiettare che non c’è proprio nulla da sperimentare, perché la sperimentazione l'abbiamo già fatta, la stiamo facendo da almeno trent'anni. Ricordo che il primo decreto-legge con l'ambiziosa titolazione: «rilancio dell'occupazione» risale al 1983 e tutti i decreti, sempre decreti-legge, badate bene, che si sono succeduti nel tempo per ridimensionare la civiltà del lavoro, per riportare indietro i lavoratori italiani dalle conquiste che avevano con tanto sacrificio raggiunto, portano tutte la ipocrita definizione: disposizioni urgenti per il rilancio dell'occupazione, per favorire l'occupazione e via discorrendo. E noi abbiamo in questi trent'anni sperimentato appunto che non si è creato un solo posto di lavoro con questa legislazione. Non lo dico io, modesta persona, lo dicono soprattutto coloro i quali a livello internazionale hanno spesso spinto per una deregolazione del mondo del lavoro. Mi riferisco ad esponenti del Fondo monetario internazionale, mi riferisco ad esponenti dell'OCSE, organismi – ripeto – che prima erano completamente e profondamente convinti che, togliendo tutele al lavoro, l'occupazione sarebbe aumentata. Oggi costoro Pag. 63o manifestano dei dubbi o cominciano ad affermare chiaramente che una relazione tra la deregolazione del diritto del lavoro e l'occupazione non esiste affatto.
  Ora, una situazione identica a quella di oggi, di profonda disoccupazione, di precarietà, di futuro incerto, l'Italia l'ha già attraversata. Il dopoguerra ci ha consegnato un'Italia piena di macerie, materiali e morali. Come uscirne ? Anche allora vi erano gli imprenditori, anche allora vi erano i lavoratori, anche allora vi era povertà, ma la scelta da parte dei Governi non fu quella di consentire alle imprese, ai datori di lavoro, ai padroni, come ieri si diceva, di spremere al massimo la vita delle persone, dei propri dipendenti, ma fu tutt'altra. Grazie alla frusta del sindacato, grazie alla reazione consapevole dei lavoratori italiani, gli imprenditori furono costretti in qualche misura ad escogitare altre strade, a percorrere altre strade, cioè quella dell'innovazione, della ricerca di prodotti sempre migliori. E questa scelta fu sostenuta dallo Stato italiano. Facendo un esempio di un altro settore, non dimenticate che in agricoltura abbiamo fatto anche la riforma agraria. Facendo l'esempio di un altro settore, quello delle abitazioni, ci fu un piano decennale per la casa. Ci fu uno Stato, insomma, che ritenne giusto, come la Costituzione comandava e comanda ancora formalmente, che dovesse intervenire per sostenere lo sviluppo economico non sotto il profilo della schiavizzazione dei lavoratori italiani.
  Oggi siamo in una situazione in un certo senso analoga, ma con un mercato molto più esteso.
  Questo decreto-legge non è il frutto – dicevo – dell'improvvisazione del Presidente Renzi, non è un incidente di percorso, ma si iscrive adeguatamente in una linea politica che risale all'inizio degli anni ’80. Perché fino agli anni ’80 il mondo del lavoro è stato posto al riparo da incursioni, fino agli anni ’80 abbiamo conosciuto normative di sostegno. Innanzitutto la normativa della legge Vigorelli del 1959 che estendeva la validità dei contratti collettivi erga omnes, ponendo al riparo tutti i lavoratori italiani, quelli delle zone o delle fabbriche più combattive, insieme a quelli delle zone più deboli, dei luoghi di lavoro in cui minore era la capacità di resistenza dei lavoratori e così salendo. Il mercato del lavoro era un mercato pubblico, perché la merce, che oggi si definisce tale, qual è il lavoro (ma che allora non era ritenuta certamente tale, perché la merce si porta appresso la dignità del lavoro) che nel mercato del lavoro si vende, non è una merce qualsiasi, perché in fin dei conti si tratta della vita e dell'esistenza delle persone. Il mercato del lavoro è il mercato dei lavoratori, perché non esiste il mercato del lavoro, basta andare nelle piazze dell'Italia meridionale o nelle periferie di Torino, di Milano, di Brescia, nelle città industriali del Nord e vedere fisicamente il mercato del lavoro; non trovate un'espressione linguistica, ma trovate persone in carne ed ossa. Era un mercato pubblico nel senso che era sottoposto a regole, anche penalmente presidiate. E poi la Costituzione, a poco a poco, entrò anche in fabbrica riconoscendo ai lavoratori il diritto di riunirsi, di organizzarsi, di difendere la propria salute in fabbrica, quindi un sistema di tutele crescenti, un sistema che ha portato anche alla redistribuzione della ricchezza nazionale. Oggi invece con questo decreto-legge a che cosa assistiamo ? All'ultimo, forse al penultimo, momento di una completa ristrutturazione del mercato del lavoro.
  Era iniziata questa storia – dicevo – con le deroghe al contratto a tempo indeterminato come principio generale. L'apice fu rappresentato nel 1962 dalla legge n. 230 in cui i lavoratori riuscirono a strappare che il contratto di lavoro si reputasse sempre a tempo indeterminato, salvo le eccezioni indicate. Ed era una legislazione, oggi si dice, di buonsenso, perché normalmente chi apre una fabbrica, chi apre uno studio professionale, chi mette su un'attività economica non la pone su a termine, ma a tempo indeterminato, per cui non si comprende perché l'operaio dovrebbe essere a termine, non si comprendeva e non si comprende ancora ora, nessuno lo spiega, ma lo spiegheremo Pag. 64più tardi noi perché ciò accade. Non si comprende perché un lavoratore deve essere assunto a tempo determinato, una segretaria di un farmacista, una segretaria di uno studio legale, una segretaria di uno studio dentistico, tanto per restare ai professionisti della categoria della quale ho esperienza; non si capisce per quale motivo. Ecco che la legge del ’62 stabiliva che il contratto di lavoro si reputa a tempo indeterminato: quando vedevi un lavoratore in giro, dovevi ritenere subito che fosse un lavoratore a tempo indeterminato, perché le eccezioni erano quelle puntuali previste dalla legge n. 230 del 1962 e cioè la supplenza, la necessità di fronteggiare dei picchi di produzione, e via discorrendo, con un'altra serie di garanzie che non è il caso qui di richiamare.
  Fu il momento più alto, dicevo, ma, dietro quel momento, cosa c'era ? C'era il codice del 1942 del fascismo, la quale normativa metteva praticamente sullo stesso piano il contratto di lavoro a tempo indeterminato con il contratto di lavoro a tempo determinato, lasciando al datore di lavoro la scelta di assumere in un modo o assumere nell'altro. Era il retaggio...

  PRESIDENTE. Scusi, onorevole Sannicandro. Onorevole Rosato, mi dia una mano anche lei. Prego, onorevole Sannicandro.

  ARCANGELO SANNICANDRO. Era il retaggio della cultura liberale che risaliva alla Rivoluzione francese. Badate che, con la Rivoluzione francese, poiché era ancora viva la memoria della feudalità, dei servi della gleba, il contratto a termine era vietato. E il codice civile del 1865, il primo codice italiano, stabiliva che il contratto a termine era vietato, in parole povere.
  Ci sono voluti circa cento anni, dal 1865 al 1962, perché si ribaltasse questo principio. Ma dal 1962 ad oggi, attraverso Treu, attraverso Biagi, attraverso la Fornero, attraverso Renzi, stiamo ritornando indietro. Altro che modernità ! Ma di questa modernità parleremo fra poco. Altro che rottamazione ! Certo che è rottamazione, ma è rottamazione di scelte di civiltà giuridica e sociale e umana ed etica, che i lavoratori hanno conquistato.
  Si dice che bisogna essere moderni e allora è bene che la spieghiamo questa modernità. Si dice che questa legge serve per creare occupazione, a prescindere dal fatto che lo strumento sia inidoneo in sé, perché non esiste un solo imprenditore che abbia del senno in testa che assume o non assume a seconda che il contratto di lavoro sia di un tipo o di un altro tipo. Un datore di lavoro, un imprenditore serio, assennato assume o licenzia solo a seconda degli ordinativi, delle commesse, del lavoro che ha, non perché c’è un contratto di lavoro a termine, più facile da sottoscrivere.
  D'altra parte, mi pare che sia di esperienza comune. Io posso portare la mia esperienza personale in quanto sono anche un datore di lavoro. Ho sempre assunto il personale, l'ho sempre tenuto a tempo indeterminato per l'ovvio motivo che non potevo certo essere così sciocco da disperdere le professionalità che i miei dipendenti acquisivano e soprattutto ne ho aumentato il numero da uno e poi a due e poi a tre e poi a quattro e poi a cinque non certo in relazione al contratto, ma certamente in relazione all'incremento di attività del mio lavoro.
  Però c’è un problema: il problema del potere all'interno dell'azienda, un potere che certamente, con quella legislazione, è stato compresso, è stato limitato; poi ci si mise di mezzo anche la Carta costituzionale, che, addirittura, all'articolo 41, stabilisce che l'impresa è libera, ma non può svolgersi in danno della libertà, della dignità e della sicurezza dei lavoratori. E ovviamente è una compressione del principio liberistico: «lascia fare tutto a me».
  Oggi il mercato globale cosa impone e cosa ha costretto le imprese ad escogitare e a scoprire ? Oggi per l'impresa imperativo categorico è non assumere e vi spiego per quale motivo: perché le imprese oggi hanno ribaltato il metodo di produzione.
  Guardiamo l'impresa automobilistica nel mondo. Prima Ford, FIAT ed altre imprese che cosa facevano ? Pianificavano i modelli, i piani di vendita, riempivano i Pag. 65piazzali di autovetture e poi queste autovetture le dovevano vendere. Oggi, invece, grazie all'industria giapponese, al fordismo si è sostituito il toyotismo. Che cosa significa ? Significa che un'impresa non mette su un telaio di automobile, non mette su uno sportello, non mette su un copertone, se, a monte, non vi è una domanda di un modello, di un oggetto, di un'autovettura. Oggi si passa dal prodotto al produttore, mentre prima si andava dal produttore al prodotto.
  Questo consentì all'industria giapponese di mettere in crisi le imprese automobilistiche, europee ed americane, e questo consentì a quelle imprese giapponesi di ridurre ampiamente i costi di produzione: i piazzali non serviva più averne a disposizione, i magazzini, gli stoccaggi non avevano più un senso, perché la macchina produttiva si metteva e si mette in moto ancora oggi soltanto su impulso della domanda.
  Poi si cominciò a ragionare su come organizzare il lavoro, perché, se così stanno le cose, e cioè che la macchina produttiva si mette in moto se, in quanto e quando si ottiene l'impulso dalla domanda, ovvero dall'acquirente, è evidente che il lavoratore fisso rappresenta, come gli stoccaggi, come le autovetture su piazzale, un costo superiore alla necessità.
  Di qui è nata la filosofia della flessibilità, perché il mondo industriale oggi vuole che il lavoratore sia nel luogo fisico e nel momento temporale in cui l'impresa decide. La flessibilità dell'occupazione – al di là di quella poi della prestazione, che non è qui il caso di approfondire – impone appunto che il lavoratore si pieghi e si assoggetti a queste esigenze delle imprese: la sua vita non esiste più, esiste la merce lavoro, che l'impresa deve acquistare liberamente così come acquista la materia prima.
  Non solo. Le imprese oggi hanno tentato e tentano di ridurre il rischio di impresa, parcellizzando il ciclo produttivo, per cui un'autovettura oggi è un assemblaggio di decine e decine di nuclei produttivi sparsi per il mondo, perché l'elettronica è, per esempio, indiana e, non so, i copertoni saranno di un'altra nazione, perché l'impresa mette su un reticolo di piccole imprese sparse nel mondo per potere sfuggire, innanzitutto, all'unità dei lavoratori, per tutto quello che ciò comporta.
  Ora non mi soffermerò a lungo su questo. Vi ho accennato per dire che soltanto in questa logica, vincente ormai in questi ultimi trent'anni, a cui la politica si è asservita, per questa e solo in questa logica vincente, si può capire che cos’è il contratto a chiamata: io ho bisogno oggi, ti chiamo oggi e tu resti a disposizione, così come può rimanere a disposizione colui che vende il carburante o colui che vende un altro prodotto, che sta lì pronto per la chiamata. Il lavoratore è stato assoggettato non più come lavoratore, ma fornitore di merce a disposizione della grande impresa.
  Questa situazione non è una situazione alla quale la politica pone rimedio.
  E non pone rimedio perché la politica, oggi predominante in Italia, in Europa e nel mondo, è una politica che asseconda queste logiche ed è a servizio di queste logiche. Una volta si diceva al servizio dei padroni, per capirci. Ma detto in termine tecnico, forse rende meglio il concetto. Ora la lotta di classe, che i ceti dominanti hanno fatto loro ormai da trenta anni a questa parte, con successi sempre più numerosi, oggi quella lotta di classe può arricchire il proprio medagliere perché il decreto-legge di Renzi non è altro che la manifestazione ulteriore, non è altro che un'altra medaglia sul tetto di chi comanda il mondo, un passo avanti ed è un modo perfido di distruggere l'articolo 18 nella forma superstite che abbiamo conosciuto con la Fornero. Infatti, l'impugnativa di licenziamento si può fare solo nei confronti dei contratti a tempo indeterminato. Il licenziamento esiste soltanto per il contratto a tempo indeterminato perché il contratto a termine è un contratto con il licenziamento incorporato e questo apre un altro problema di cui dirò fra poco.
  Ora l'articolo 18 era un altro baluardo della legislazione del lavoro. Berlusconi lo affrontò frontalmente: 3 milioni di cittadini, Pag. 66di lavoratori italiani, molti di voi e di noi c'erano, io c'ero, certamente molti di voi c'erano al Circo Massimo nel marzo 2003. Però oggi devo constatare che vi sono molti disertori. La legge Fornero è passata, il ridimensionamento della possibilità di ottenere in caso di licenziamento illegittimo la reintegrazione nel posto di lavoro passò tranquillamente. Non furono portati 3 milioni di lavoratori al Circo Massimo. Non furono portati. Vuol dire che qualcosa stava cambiando e sta cambiando da qualche parte, qui a sinistra. Forse aveva ragione Agnelli quando diceva che il lavoro sporco bisogna farlo fare ai partiti di sinistra. Dopo Berlusconi si rassegnò: non ce l'ho fatta. E si è trovata un'altra strada, quella di cui ho parlato poc'anzi della Fornero ma oggi, con Renzi, abbiamo un altro passo avanti nella demolizione delle tutele dei lavoratori. Perché realizzare la diffusione di massa dei contratti a termine significa, né più né meno, che aggirare l'articolo 18 o quello che rimane dello statuto dei diritti dei lavoratori.

  PRESIDENTE. Scusi, onorevole Sannicandro. Grazie.

  ARCANGELO SANNICANDRO. Contratto a termine: perché, ripeto, ingaggiare come fece Berlusconi avventatamente quella lotta frontale, costringendo il sindacato a difendersi frontalmente ? Più furbescamente aggiriamo l'ostacolo, rendiamo facile il contratto a tempo determinato. Lì, il licenziamento è incorporato: quando uno viene assunto, sa già che il giorno «x» il suo rapporto di lavoro è finito. Ma c'era un impedimento: il contratto di lavoro a termine, prima della Fornero ovviamente, lo si poteva stipulare non dico con le garanzie della legge n. 230 del 1962 ma perlomeno con le garanzie previste dal decreto legislativo n. 368 del 2001 cioè che il datore di lavoro lo giustificasse con esigenze produttive, organizzative, e non c’è nessun datore di lavoro ovviamente che non è in grado di giustificarlo.
  Infatti, la diffusione dei contratti a termine è stata – intendo rispetto alle nuove assunzioni, perché qui le statistiche testimoniano che c’è qualche furbetto – è ormai straripante. Però questo, ripeto, è ancora un impedimento che si frappone ad un ricorso di massa, intenso al contratto a termine.
  Allora, la Fornero, prima disse: «Per contratti fino a un anno di tempo si può assumere a termine senza giustificare il motivo». Arriva Renzi in perfetta sintonia, anche perché la compagnia con la quale si ritrova al Governo – la compagnia interna e quella esterna – è quella di prima. Non è che qui possiamo fare la distinzione tra Berlusconi e Alfano. Sarebbe ingenuo, sarebbe proprio ingenuo. La compagnia è la stessa, la filosofia è la stessa, tracimante. E con Renzi siamo arrivati al punto che per tre anni, quanto può durare addirittura un'impresa, una di quelle tante imprese che nascono e chiudono dopo tre anni per motivi fiscali vari, il contratto può essere assunto senza causale.
  Per cui cosa rimane di questo contratto, se non è più un contratto con la causalità ? Rimane uno strumento solo per ricattare il lavoratore, solo per ripristinare all'interno delle aziende un rapporto di potere che era stato scalfito fino agli anni 1980.

  PRESIDENTE. Onorevole Sannicandro...

  ARCANGELO SANNICANDRO. Quanti minuti ho ? Due minuti. Quindi, rimane, dicevo, solo questa funzione. Quindi, lo dico subito, non mi sono lasciato affatto impressionare da questo finto bisticcio, all'interno di quest'Aula, se la acausalità poteva essere consentita per un numero di contratti pari a otto, cinque, quattro, tre, perché, come è stato detto, la sostanza è rimasta, lo hanno confessato tutti quelli che hanno parlato. Certo Alfano è scontento, era scontento perché il decreto non lo aveva avuto brutto così come lo voleva lui, però alla fine qualcosa l'ha strappata all'interno della maggioranza, ma la sostanza non li ha visti divisi, ossia la sostanza per la quale si può assumere senza motivo a termine, perché così mi Pag. 67piace, e quindi già preconizzare il licenziamento, non è stato affatto scalfita, e questa questione ha portato già l'Italia ad essere denunziata alla Corte di giustizia europea perché contrasta con la direttiva europea....

  PRESIDENTE. Onorevole Sannicandro, dovrebbe concludere...

  ARCANGELO SANNICANDRO. Vado velocemente a concludere. D'altronde, si tratta di quella direttiva europea che già nel 2000 impedì che si svolgesse il referendum abrogativo della legge n. 230 del 1962, perché la storia, antica, di questa lotta di classe dall'alto verso il basso negli ultimi anni è questa. Nel 1999-2000 furono raccolte 500 mila firme per abbattere le garanzie dei lavoratori, ma la Corte costituzionale, con sentenza dell'epoca n. 41, se non ricordo male disse che non si poteva fare perché contrastava con i trattati internazionali.

  PRESIDENTE. Onorevole Sannicandro...

  ARCANGELO SANNICANDRO. E concludo velocemente. Sapete qual era lo schieramento delle forze all'epoca di fronte alla Corte costituzionale ? Da un lato, il propugnatore: si chiamava Daniele Capezzone, e da questo lato c'era Rifondazione Comunista e c'erano anche i DS, che dicevano che quella norma non poteva passare. Oggi, invece, i tempi sono – prendo atto – cambiati (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Saluto gli alunni e i docenti della direzione didattica statale 38o circolo, Giuseppe Quarati, di Napoli, che sono presenti in tribuna (Applausi). Grazie di essere qui a seguire i nostri lavori, e avete avuto anche la fortuna di ascoltare l'intervento dell'onorevole Sannicandro, che lo ha concluso puntualmente.
  È iscritta a parlare l'onorevole Albanella. Ne ha facoltà.

  LUISELLA ALBANELLA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il decreto lavoro approvato dal Senato e approdato oggi alla Camera in terza lettura, anche con gli ultimi emendamenti del Governo mantiene tutte le correzioni volute dal Partito Democratico alla Camera e, in alcuni aspetti, migliora il testo dal punto di vista tecnico, come nella formazione degli apprendisti, che ne ha rafforzato il punto.
  Viene confermata, nei contratti a termine, la diminuzione da 8 a 5 del numero massimo di proroghe ammesse nell'arco dei 36 mesi e non collegata ai rinnovi. Confermato il diritto di precedenza per i contratti a termine, come pure l'obbligo della formazione regionale e on the job certificata e la stabilizzazione del 20 per cento per l'apprendistato.
  Inoltre, aspetto per noi molto importante rimane il monitoraggio annuale per verificare l'efficacia di queste misure nel favorire l'incremento del contratto a tempo indeterminato e lo scoraggiamento delle forme di lavoro flessibili, così come auspicato dal Governo.
  Ci dà inoltre la possibilità, qualora dovessero emergere delle criticità in sede applicativa, di rivederle e modificarle.
  Anche la valorizzazione dell'alternanza scuola-lavoro va nella direzione voluta dal mio partito, con un emendamento già inserito nel decreto Carrozza del Governo precedente.In relazione alla sanzione pecuniaria, va ricordato che nel testo originale del Ministro Poletti non esisteva nessuna forma. Proprio in relazione alla sanzione, sarebbe stato preferibile mantenere la correzione voluta dal Partito Democratico, che prevedeva la stabilizzazione a tempo indeterminato. In ogni caso, la sanzione del 20 per cento e del 50 per cento costituisce un valido deterrente.
  Non condivisibile per me nel merito l'emendamento passato al Senato che riguarda l'innalzamento del tetto da 30 a 50 dipendenti per le aziende che devono stabilizzare gli assunti dopo il periodo di apprendistato. Sul diritto di precedenza nelle successive assunzioni per i contratti a termine, il datore di lavoro ha l'obbligo di richiamare espressamente il diritto di Pag. 68precedenza del lavoratore nell'atto scritto con cui viene fissato il termine del contratto.
  Le altre correzioni non incidono sui contenuti di fondo. Il provvedimento, secondo me, ha rafforzato l'equilibrio tra opportunità offerte alle imprese e le esigenze dei lavoratori.
  Non va tuttavia dimenticato che, in tema di politiche del lavoro, nella discussione sulla legge delega, potrà essere cercato e trovato un diverso equilibrio, nel reciproco interesse delle parti in causa. Ritengo che superare il dualismo del mercato del lavoro non significa togliere diritti a chi li ha, ma darli a chi non li ha. Per questo è necessario ridurre la giungla delle forme contrattuali di lavoro, individuando una tipologia di contratto d'inserimento valido per tutti, come previsto dalla legge delega, in cui i lavoratori, dopo un periodo di prova allungato, hanno pienezza di diritti. Questo è uno strumento che può contribuire ad abbattere la precarietà e va discusso in tutta la sua valenza.
  Per quanto riguarda le semplificazioni del codice del lavoro, così come previsto dalla legge delega e come ricordato dall'onorevole Binetti, io mi aspetto che l'idea della semplificazione non significhi invece una deregolazione delle tutele. Un fatto è sveltire le procedure, semplificarne gli adempimenti, rendere più chiara ed organica la normativa; un altro è cancellare i diritti. La semplificazione deve essere vantaggiosa per tutti, imprese e lavoratori, dando certezze e diritto.
  Nella situazione attuale, caratterizzata dal preoccupante stato della disoccupazione giovanile e non solo, e dalla grave difficoltà delle imprese a realizzare programmi ed investimenti di lungo termine, la priorità assoluta è certamente quella di intervenire in ogni modo per creare occasioni ed opportunità di lavoro.
  Questo decreto-legge va dunque letto come un provvedimento emergenziale, ma necessario per stimolare le iniziative imprenditoriali, senza le quali non potrebbe esserci sviluppo ed occupazione. In questa direzione, la scelta del Governo di aiutare la ripartenza dell'economia con il taglio dell'IRPEF a vantaggio dei lavoratori è stata una scelta positiva.
  I tanto discussi 80 euro, derisi e sminuiti da una certa politica populista, serviranno alle famiglie e valgono, vi posso assicurare, quanto il rinnovo di un contratto di lavoro. Rinnovandolo, inoltre, con sacrifici dei lavoratori in termini di ore e ore di sciopero effettuate.
  La riduzione dell'IRAP alle imprese e l'aumento della tassazione sulle rendite finanziarie vanno anch'esse nella giusta direzione. In poco più di un anno, se tutto va in porto, il mondo del lavoro e delle imprese potrà contare su sgravi per 17 miliardi di euro, compresi i 3 miliardi di euro per il cuneo decisi dal Governo Letta unitamente al rimborso dei crediti delle imprese nei confronti della pubblica amministrazione. Questi provvedimenti potranno essere senz'altro uno stimolo forte alla domanda.
  Penso, invece, che il Governo sottovaluti, quando si parla del lavoro, l'importanza della previdenza, quella presente e quella futura. In prospettiva ne saranno investiti i lavoratori di oggi, a partire dai più giovani, se non si trova presto una soluzione. Faccio notare che, senza ipotizzare un rapporto diretto tra pensionamenti e nuove assunzioni, avere innalzato l'età pensionabile alla fine del 2011 così bruscamente e in modo generalizzato, nel pieno della crisi, ha determinato un oggettivo spiazzamento del mercato del lavoro. Ci sono alcuni casi, come quello degli insegnanti della quota 96, dove la soluzione del problema consentirebbe la messa a ruolo di migliaia di giovani, oltre che riparare ad una vistosa ingiustizia causata dal legislatore. Ma questo è solo un esempio.
  I provvedimenti messi in atto dal Governo, tra cui anche la Garanzia giovani, cercano tutti di promuovere lavoro, contrastare la disoccupazione e favorire la crescita economica. Sappiamo tutti che questa non si realizza solo con le leggi e i decreti; troppi sono i fattori in gioco, tanti gli attori che devono contribuire a realizzarla. Sappiamo anche che l'impulso Pag. 69forse più forte può venire dall'Europa, con politiche comunitarie atte allo scopo e, soprattutto, con risorse finanziarie adeguate. L'opportunità delle elezioni europee e il semestre italiano di Presidenza possono e devono contribuire a realizzare una politica economica adeguata alle necessità dello sviluppo e della crescita.
  Per questo, affermo con forza che la via d'uscita non è meno Europa, ma più Europa. Se qualcuno pensa veramente che da soli siamo più forti, purtroppo si sbaglia. La velocità delle risposte che il Parlamento può dare dipende da noi, ma anche la qualità delle stesse è giusto che non venga disattesa. E questo mi pare non è avvenuto all'interno della Commissione lavoro, così come non sta avvenendo adesso. Purtuttavia, è necessario considerare come il risultato che il decreto-legge si propone di raggiungere e che fortemente tutti vogliamo può essere rappresentato da un insieme di tessere, o, come le vogliamo chiamare, di tasselli che devono essere collocate in un mosaico più complessivo.
  Necessita di un suo percorso per un coerente disegno. La trama di questo disegno è far uscire l'Italia dalle secche della crisi economica il più presto possibile e con equità per tutti i soggetti sociali che qui da noi sono rappresentati.
  Ritengo che questo compito cominci a delinearsi più chiaramente con il decreto lavoro in discussione e lo sarà ancor più con la più ampia riforma costituita dalla legge delega. A ciascuno di noi va la responsabilità di favorire, senza preconcetti e pregiudiziali di sorta, la riuscita di questo importante disegno. Per tali ragioni, il Partito Democratico difende il provvedimento, per costruire un percorso utile per il nostro Paese. Per questo risultato stiamo lavorando e a questo percorso ci siamo sempre richiamati (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Miccoli. Ne ha facoltà. Nel frattempo, ringrazio il presidente Romano, l'onorevole Rosato e tutti gli altri, anche alla mia destra, che ci consentono di andare avanti serenamente nei nostri lavori.

  MARCO MICCOLI. Signor Presidente, arriviamo alla fase conclusiva dell'iter di questo provvedimento, un decreto-legge su cui si è detto molto, un decreto su cui si è acceso un dibattito, come sempre accade in questo Paese quando si parla di lavoro, un dibattito che ha coinvolto le forze sociali, come è giusto che sia, imprenditori e sindacati, un dibattito che è giunto in modo forte anche dentro il congresso, che si stava celebrando in questi giorni, della CGIL. Quindi, arrivati a questo punto, è utile non solo fare un riepilogo, ma ribadire alcuni punti fondamentali che, a dire il vero, in questo dibattito, anche in quest'Aula e in Commissione, a volte sono stati un po’ distorti, utilizzati anche un po’ in modo strumentale.
  Quindi, è bene ribadire alcune cose, partendo da quello che ha detto il Governo, partendo dalla proposta, dalle motivazioni e dagli obiettivi che il decreto vuole porre e, quindi, anche dal contesto in cui avviene questa scelta. È bene ribadirlo il contesto, Presidente, perché è fondamentale. È fondamentale perché i dati sono inequivocabili: ci troviamo di fronte alla possibilità di una ripresa, che appare però più lenta; i dati, ancora, non sono stabili: una fiducia fra le forze imprenditoriali che stenta ad affacciarsi; una cautela da parte delle imprese che riguarda gli investimenti, che riguarda le assunzioni; il prodotto interno lordo che salirà nel 2014 con un più 0,8 per cento; i consumi che non decollano, che saliranno, certo (si passa ad un segno positivo con un più 0,2 per cento); la domanda interna che cresce anch'essa in modo faticoso.
  Quell'incertezza e quella sfiducia sono elementi con i quali dovremo continuare a fare i conti, con i quali tutti dovranno continuare a fare i conti. Quindi, il Governo intende affrontare in questo contesto la vicenda dell'occupazione o meglio della disoccupazione, come per esempio quella giovanile, e propone questo decreto.Pag. 70
  Intanto vorrei dire, per sgombrare il campo, perché altrimenti sembra che ognuno ha la genialità di indicarci una cosa che è ovvia e che abbiamo ascoltato spesso ripeterci in quest'Aula: l'occupazione non si fa cambiando continuamente le regole del lavoro. È una cosa che lo stesso Premier, lo stesso Renzi ha detto quando ha lanciato, con la conferenza stampa, il Jobs Act; l'ha sottolineato: non sarà questo il provvedimento sul quale noi concentreremo gli sforzi per creare occupazione in questo Paese. Questo provvedimento, proprio in questo contesto, tenta di dire una cosa molto semplice, cioè che in questa fase di incertezza che abbiamo descritto il Governo prova a spostare una contrattazione che tende ad utilizzare contratti che rendono più precario il rapporto di lavoro verso il tempo determinato e l'apprendistato.
  Non si scopre oggi, entrambi contengono più garanzie, più tutele rispetto ad altre tipologie contrattuali. Perché la cosa che si è affermata e che mi sento di contraddire in maniera netta è che la precarietà in questo Paese arriverebbe con il voto a questo decreto. Si precarizza perché c’è il decreto lavoro del Ministro Poletti. Bene, non è così. In questo Paese non c’è il paradiso sui contratti a termine, quelli che utilizzano l'elemento della temporaneità. In questo Paese ci sono i finti stage, a cui i nostri ragazzi sono costretti e sono costretti da un ricatto occupazionale; ci sono due milioni e mezzo di partite IVA individuali, la maggior parte di queste nasconde un lavoro subordinato: anche questa è figlia di un ricatto occupazionale; ci sono le collaborazioni coordinate e continuative e quelle a progetto, lavoro parasubordinato che nasconde invece un vero e proprio lavoro subordinato.
  Tra l'altro, vale anche la pena di ricordare che questi lavori producono un reddito annuo che, in media, è inferiore ai 10 mila euro lordi, stiamo parlando di poco più di 500 euro mensili. Anche per le partite IVA individuali, vale lo stesso ragionamento: meno di 15 mila euro lordi l'anno. Quindi, l'affermazione di spostare da qui verso i tempi determinati che sono regolati – vale la pena ricordarlo – dalla contrattazione collettiva nazionale del settore in cui si va a lavorare, che non è cosa di poco conto...

  PRESIDENTE. Scusi, onorevole Miccoli. Onorevole Tripiedi, almeno non si segga sul banco, grazie.

  MARCO MICCOLI. Quindi, da questo punto di vista, c’è una certezza che viene garantita da regole certe, scritte.
  Per quanto riguarda l'apprendistato, anche qui non ci troviamo di fronte a un paradiso. L'apprendistato è calato in quest'anno, rispetto allo scorso anno, del 5 per cento. Dall'inizio della crisi, dal 2008, nell'apprendistato sono stati bruciati 180 mila posti e il dato più allarmante e che è riferito a questo provvedimento, sul quale si vuole incidere, è che il tempo e la trasformazione da contratto di apprendistato a quello a tempo indeterminato cala dell'11 per cento annuo. C’è una crisi, quindi, rispetto all'utilizzo di questo contratto, che va valutata quando si discute di questo.
  Quindi, non c’è il paradiso e in questa fase il Governo dice proprio questo: proviamo in questa fase di possibile prima ripresa a spostare verso contratti più certi, più garantiti, più tutelati, che aprono al presupposto di dare più forza alle organizzazioni sindacali all'interno delle aziende, che possono far sì che quelle certezze contrattuali possano diventare anche certezze contrattuali per un più lungo periodo.
  Ecco, questo è il contesto. E quando si dice – come abbiamo sentito dire – che le modifiche apportate in sede di discussione in Commissione, che hanno – io dico – migliorato, aggiustato, il provvedimento e che lo stesso sia stato stravolto dalla discussione e dal voto al Senato, io penso che questa sia un'altra distorsione. Lo hanno ricordato prima di me e meglio di me i colleghi: i capisaldi di quelle modifiche rimangono tutti. La riduzione da 8 a 5 per quanto riguarda le proroghe – che non è solo una riduzione da 8 a 5, non è solo una riduzione numerica nel termine Pag. 71delle proroghe, ma è anche una riduzione che viene conteggiata in tutti i rinnovi che si svolgono in 36 mesi e che quindi ha messo dei paletti di certezze proprio per l'utilizzo del tempo determinato che fanno bene al lavoratore, che lo proteggono. La percentuale di contratti a termine resta calcolata sui contratti a tempo indeterminato dentro un'azienda, anche questo è stato confermato.
  Importante è la conferma del diritto di precedenza, e per il tempo indeterminato, che già esisteva, e per il tempo determinato. Si conferma la stabilizzazione del 20 per cento di apprendisti per aziende che almeno occupano 50 dipendenti, quindi per le aziende di dimensioni più grandi, come è giusto che sia, e resta confermata – come è stato ricordato – la formazione pubblica.
  Ecco, Presidente, noi abbiamo svolto un percorso che ha consentito anche una discussione nel Paese – lo ha ricordato prima – una discussione, che in questo Paese è sempre bene adoperare con prudenza anche quando si utilizzano termini, affermazioni e quando si compie una battaglia politica perché, quando si parla di lavoro e quando si incide sulla vita di milioni di lavoratori in questo Paese, va sempre ricordato che è una discussione che procura tensioni e a volte anche allarmi; quindi, anche i toni con cui ci si rimette dentro un dibattito vanno ponderati secondo queste esigenze.
  Ora – lo ricordava la collega Albanella poco fa – c’è anche un dato, che io credo vada sottolineato, di correttezza nella proposta che fa il Governo al Parlamento, che è quella del monitoraggio, quasi a dire che ci troviamo di fronte ad una possibile sperimentazione, che tra 12 mesi ci riporterà a discutere di questo provvedimento; monitoraggio che ci dirà se questa previsione del Governo, questa affermazione di principio del Governo, quella che dice: «spostiamo da contratti più precarizzanti verso il tempo determinato» funzionerà, cercando anche – questo sì – di porre anche un'altra affermazione insieme a tutto questo dibattito, cioè quella di dire che forse vale la pena affermare in questa sede che sarebbe opportuno fermarsi un attimo a riflettere e smetterla di cambiare continuamente le regole sul lavoro perché anche gli istituti di ricerca in audizione ci hanno detto che almeno un tempo di 18 mesi per studiarne gli effetti sarebbe necessario.
  Ecco, quindi, Presidente, ci troviamo di fronte a questo sostanzialmente, che non merita di essere stravolto e liquidato con affermazioni ideologiche e di principio, a un dibattito che non va a minare e non merita di essere minato da posizionamenti ideologici e strumentali. C’è in corso una campagna elettorale, si parla molto di lavoro e di Europa e tutto questo credo che vada invece conciliato con un dibattito serio perché parliamo del futuro dei nostri ragazzi e dei nostri giovani.
  Proprio in virtù delle strumentalizzazioni che abbiamo ascoltato, Presidente, mi permetto anche di ribadire, perché rimanga a verbale e rimanga agli atti, anche qualcosa di storico. Perché, vede, in questi giorni e in queste settimane si è discusso anche molto di sindacato, del ruolo del sindacato e della concertazione. Ecco, io penso che il sindacato abbia svolto un grande ruolo storico in questo Paese: non va mai dimenticato il contributo che le organizzazioni sindacali e i lavoratori hanno dato in questa nostra grande storia. Si è parlato anche del ruolo del sindacalista e dei sindacalisti e si è parlato anche dei sindacalisti della Commissione lavoro. Abbiamo anche avuto l'onore di essere elencati, uno per uno, come quelli che componevano una lobby dentro la Commissione che fa tutto quello che dice la CGIL, cosa peraltro sconfermata dalla presa di posizione del sindacato della CGIL su questo decreto.
  Però io voglio dire una cosa: quando si parla di sindacato e quando si parla della storia nobile di questo Paese, quella storia bisogna conoscerla, bisogna sapere quello che ha comportato, che cosa ha significato per questo Paese l'impegno di tanti sindacalisti e di tanti lavoratori che hanno militato e continuano a militare in quelle organizzazioni sindacali.Pag. 72
  Chi, come quei sindacalisti che stanno anche dentro la Commissione lavoro, certo, ha svolto un ruolo in questo Paese, ha organizzato lavoratori, ha fatto trattative e difeso posti di lavoro, ci ha messo la faccia e qualcuno ha anche pagato un prezzo, qualcuno ha anche pagato con la vita. Quei sindacalisti sono quelli che hanno organizzato i cortei, le manifestazioni, i presidi, i volantinaggi e sono quelli che, anche quando qualcuno si arricchiva facendo il comico in televisione, scendevano in piazza a salvare il Paese contro la mafia, contro lo stragismo, contro il terrorismo rosso e quello nero, pagando un prezzo e donando la difesa della democrazia a questo Paese.
  E quindi mi permetto di concludere, Presidente, annunciando il voto favorevole, mio e degli altri miei colleghi, e dicendo che la storia non si racconta strumentalmente, come è stato fatto qui, ma se si vuole difendere il diritto di chi lavora, la dignità dei lavoratori, si parte dal conoscerla, quella storia, e dal rispettarla per quello che è stata (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. Saluto gli alunni e i docenti dell'Istituto comprensivo statale di San Sepolcro, in provincia di Arezzo, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
  È iscritto a parlare l'onorevole Baldassarre. Constato che è assente. Onorevole Rizzetto, lo lasciamo in sospeso ?

  WALTER RIZZETTO. Lo lasciamo in sospeso.

  PRESIDENTE. Sta bene.
  È iscritta a parlare l'onorevole Giacobbe. Ne ha facoltà.

  ANNA GIACOBBE. Signor Presidente, riaffrontiamo questo testo in un terzo passaggio, dopo una discussione in prima lettura a partire dalla Commissione che ha approfondito tutte le questioni, compresa la relazione tra questo strumento, con cui il Governo ha anticipato con urgenza alcune misure, e gli interventi di modifica delle regole del mercato del lavoro e degli ammortizzatori sociali contenute nel disegno di legge la cui trattazione si avvia al Senato.
  Quella discussione ha prodotto interventi sul testo che, come è già stato ricordato, pur non stravolgendo l'impianto del decreto hanno riportato un più equilibrato rapporto fra richieste di più semplice utilizzo del contratto a termine dell'apprendistato da parte delle imprese e diritti e tutele del lavoro, oltre che della natura stessa del contratto di apprendistato e dello scambio, diciamo così, tra il rispetto di quella natura e il denaro pubblico di cui le imprese beneficiano.
  L'esame al Senato – anche questo è stato ricordato – ha portato altre correzioni che nel loro complesso, e rapportate a ciò che era stato mutato qui alla Camera, non hanno compromesso quel nostro lavoro nella direzione che ho citato. In sostanza, voglio dire che il lavoro parlamentare in sede di Commissione, in prima e in seconda lettura, ha assolto al proprio compito, consegnandoci un testo su cui si potrebbe certo ancora intervenire ma in un certo senso all'infinito, in un gioco che volesse usare il sistema bicamerale come strumento per farlo decadere.
  Noi abbiamo scelto altro, di convertire il decreto non così come era, come qualcuno anche nella maggioranza avrebbe voluto, con ancora dei limiti ma in una formulazione che tiene aperta una prospettiva di riordino di quella materia e che ritrova, come dicevo, un maggiore equilibrio. La polemica sul fatto che oggi la maggioranza scelga di confermare quel testo che ci arriva dal Senato appartiene, appunto, alla polemica e all'abitudine di fare, credo, anche un po’ di teatro.
  Resta un fatto, che questo provvedimento ha ancora, in qualche misura, un carattere che assegna agli strumenti e alle regole del mercato del lavoro la funzione di favorire l'occupazione. Sappiamo bene che in sé questo non è vero, se non c’è insieme un'azione per il rilancio dell'economia e delle produzioni fondata anche su una ripartenza dei consumi e questo è, appunto, l'oggetto delle scelte che in queste Pag. 73giornate il Governo ha sottoposto alla discussione in Senato – e poi arriverà qui alla Camera –, con un sostegno significativo ai redditi da lavoro dipendente e una riduzione del cuneo fiscale finalmente dal lato del lavoro.

  PRESIDENTE. Scusi, onorevole Giacobbe. Colleghi, improvvisamente si è alzato un vociare assolutamente inadatto. Grazie (Commenti del deputato Bianconi). Onorevole Bianconi, la prego ! Prego.

  ANNA GIACOBBE. Dicevo che colgo l'occasione per sollecitare il Governo a prestare attenzione, dando seguito anche a dichiarazioni del Presidente del Consiglio in questo senso, alla necessità, nei modi e con gli strumenti che andranno realisticamente individuati, di dare risposte anche ai redditi da pensione, che hanno anch'essi un peso forte nel sostegno alla domanda interna e su una parte dei quali hanno gravato, negli anni scorsi, gli interventi per reperire risorse da destinare al risanamento della finanza pubblica.
  Il rapporto tra queste cose, tra la ripartenza dell'economia e come il lavoro si ridistribuisce e si consolida in storie lavorative che abbiano la continuità necessaria, rimane un tema aperto, cui la proposta di legge ora al Senato dovrà dare risposte, dandoci atto, tutti quanti, del fatto che non solo la possibilità di lavorare ma anche la possibilità di dare stabilità al lavoro ha a che fare con una ripresa dell'economia che dia certezze di prospettiva al sistema su cui le imprese possano contare.
  E c’è un punto della nostra discussione che è rimasto un po’ in ombra, che è stato usato in maniera almeno discutibile, che già veniva citato dal collega Miccoli. Insomma pare quasi che non solo la precarietà, ma l'uso, l'abuso, del contratto a termine sia, come dire, inventato con questo provvedimento. Noi sappiamo bene che la stragrande maggioranza degli avviamenti al lavoro è a tempo determinato. Nella mia provincia, una provincia ligure molto colpita dalla crisi, due terzi degli avviamenti è a tempo determinato, ma un altro 20 per cento se ne va in contratti atipici, occasionali e tirocini più o meno regolari, per non parlare delle cosiddette false partite IVA, che in quanto tali non sono contabilizzate. Solo il 13 per cento degli avviamenti è con contratto a tempo indeterminato.
  Il Governo ha scommesso con questo decreto e ci ha affidato questa scommessa sul fatto che la possibilità di assumere per un periodo più lungo senza causale, ma già il cosiddetto causalone aveva aperto non delle fessure, ma dei buchi, fatto salvo il rischio, da un lato, o l'opportunità del contenzioso, dall'altro, possa assorbire flessibilità cattiva.
  Il sistema di monitoraggio che abbiamo inserito in prima lettura consente di verificare puntualmente questi andamenti e soprattutto avere non solo ridotto da otto a cinque le proroghe, ma posto il limite di cinque indipendentemente dai rinnovi nell'arco di trentasei mesi farà sì che questa forma contrattuale si possa usare allungando la durata di quelle proroghe o rinnovi mediamente di sei mesi, sei per sei, come si dice. Oggi la somma tra rinnovi e proroghe nei tre anni può essere superiore a cinque. Avere rafforzato il diritto alla precedenza nella riassunzione, non quanto avremmo voluto, ma con un'attenzione particolare alle lavoratrici, è un fatto utile. Del limite del 20 per cento si è parlato molto a proposito delle penalizzazioni, ma rispetto a questo a me la soluzione del Senato non piace, la prendo per buona come parte di un complesso, come dicevo. Ma appunto non si è valorizzato il fatto che questo può essere un limite e che insieme ad altri può riconsegnare alla contrattazione qualche strumento in più. Lo spot, che potremmo chiamare: tre palle cento lire all'organizzazione del lavoro, è diffuso. La crisi della rappresentanza ha riguardato certo non solo la politica ma anche la rappresentanza sociale. Io vorrei, come dire, consigliare a tutti di valutare e di conoscere il radicamento vero dei sindacati, il mandato che milioni di lavoratori e lavoratrici – e non tutti stabili e tutelati – danno con una delega che non è virtuale. Certo, come dire, con tutto questo Pag. 74parlare di concertazione, io credo insomma che dobbiamo anche dirci che, fatta eccezione per il 2007, ormai l'assenza di concertazione vera, che si possa chiamare così, data da un paio di decenni. Il tema è: quale valore si dà ai corpi intermedi come attori di un lavoro di ricucitura degli strappi che percorrono il tessuto della nostra società, quale valore si dà al rapporto con loro per governare i conflitti, per mediare tra interessi, per allargare la democrazia sostanziale.
  Infine, ci sono semplificazioni della vita delle imprese che non corrispondono necessariamente ad una riduzione dei diritti e delle tutele dei lavoratori. Abbiamo tutti parlato poco di uno degli argomenti che sono oggetto di questo provvedimento, che è la semplificazione nell'utilizzo del documento unico di regolarità contributiva. Già in un ordine del giorno presentato nel precedente passaggio qui alla Camera di questo provvedimento abbiamo dato alcune indicazioni al Governo su come, con il provvedimento attuativo dell'articolo 4 di questo provvedimento che stiamo esaminando, si possa davvero fare un buon lavoro in quella direzione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Ciprini. Ne ha facoltà.

  TIZIANA CIPRINI. Signor Presidente, «Il precariato è logorante, logora la stima di te stesso, la fiducia in te stesso, la voglia di lottare, la voglia di costruire. Costruire in modalità precario vuol dire scavare in riva al mare, non sai mai quando arriverà l'onda che cancellerà tutta la strada che hai fatto». Questa è una delle tante testimonianze, delle tante storie di una vita condotta e appunto da precario. Entriamo nel merito delle modifiche apportate dal Senato. Iniziamo dalla premessa, dall'articolo 1.
  Adesso si fa riferimento alla previsione del contratto a tempo indeterminato a protezione crescente. L'inganno semantico delle parole continua: contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti è un ossimoro, perché con un periodo di prova lunghissimo, tipo 3 anni, senza tutela e garanzia potrai essere licenziato senza problemi. Il tempo indeterminato è la solita carota ormai moscia davanti all'asino e lo spacciate per punto di arrivo per illudere i cittadini e tenerli buoni. Usiamo i termini giusti, per favore, e smettiamola di ingannare gli italiani, chiamatelo, invece, contratto super prova di 3 anni. In verità sapete benissimo che a ciò non si arriverà mai perché un lavoratore passerà la sua vita lavorativa nel groviglio di proroghe, rinnovi e speranze. Questa è criminalità politica; speculare sulle speranze degli italiani è criminalità politica !
  E poi, sempre in premessa si cita: «vista la direttiva europea 77/90», ma non penso proprio che la direttiva l'abbiate vista, oppure siete affetti da cecità parziale. Questo decreto-legge è illegittimo perché in palese violazione proprio della normativa europea e incentiva al ricorso all'abuso selvaggio del contratto a termine. Pronta dall'Unione europea una multa di almeno 10 milioni di euro da comminare all'Italia per abuso dei contratti a termine per coprire esigenze di lavoro continuative e pronte anche altrettante denunce che i cittadini potranno inviare alla UE per violazione della direttiva, con la richiesta che la multa di 10 milioni di euro se la paghino Renzi, Poletti e Sacconi.
  E poi dal Senato è comparsa la sanzione amministrativa in caso di sforamento del tetto del 20 per cento dei contratti a termine, salutata dal senatore giuslavorista, «professorone» Ichino come grande innovazione al posto della classica e noiosissima conversione del contratto a termine in contratto a tempo indeterminato. Una magnifica idea di criminalità organizzativa: con una piccola sovratassa ti compri la licenza di licenziare. Si trattano i diritti dei lavoratori alla stregua del canone Rai con la sovratassa; vergogna, perché i diritti dei lavoratori non sono mai monetizzabili !
  Con questo decreto-legge si destruttura completamente il mercato del lavoro e tutto sarà permesso perché non si infrange più nessuna legge dal momento che non ve ne saranno più di leggi a tutela dei lavoratori. Pag. 75È chiarissimo che questo decreto è la trasposizione in normativa dell'accordo Expo-sindacati siglato il 23 luglio 2013, con la solita compiacente e servile triplice CGIL CISL UIL che si è prestata a fare del modello Expo un modello di contratti di lavoro da esportare a tutti i settori. E sì, l'Expo 2015 è proprio un bel modello politico da seguire, un esempio di neotangentopoli del nuovo millennio, nel più classico revival della «Milano da bere e da rubare». «Bottino» Craxi, Craxi in confronto era un educando. Ma che c'avete nelle mani ? I magneti che qualsiasi cosa che vi passa sotto le mani vi rimane attaccata ?
  E sempre il luminare Ichino ha detto che questo decreto imprimerà uno shock positivo sul mercato, un aumento sensibile del numero delle assunzioni, sì ma di quelle precarie però. Non si creano posti di lavoro con decreto-legge sui contratti, se si lascia che le aziende delocalizzino, se si permette che in Italia si vada in pensione a 70 anni. Altro che shock, altro che spinta all'occupazione, questo decreto-legge la spinta la dà al lavoro precario, questo decreto la spinta la dà nel lato B dei lavoratori. Sempre l'illustre Ichino ha detto, mentendo, che in questo decreto-legge si muove secondo il modello della flexsecurity, oggetto delle raccomandazioni ripetutamente rivolte negli anni recenti dall'UE agli Stati membri. Un modello che implica la coniugazione del massimo possibile di flessibilità delle strutture produttive con il massimo possibile di sicurezza professionale ed economica delle persone coinvolte. Ah, sì, professore Ichino ? E dov’è questa rete di protezione sociale ? Dov’è il reddito di cittadinanza per poter sostenere quello modello flessibile ? Non c’è ! È il MoVimento 5 Stelle che lo propone e voi non lo volete istituire. L'unica cosa che avete reso flessibile è il cittadino lavoratore che si dovrà piegare ancora di più al ricatto del lavoro, che si dovrà inchinare per supplicare la proroga del contratto.
  Ebbene l'effetto congiunto tra lavoro precario, versamenti previdenziali ad intermittenza e riforma pensionistica con sistema contributivo hanno già innescato il timer della bomba sociale.
  Una generazione, quella precaria, che riguarda 5,4 milioni di persone. Sono gli appartenenti alla «flex insecurity», cioè il contrario della flessibilità sicura del nord Europa. Almeno si detassassero le assunzioni a tempo indeterminato e si facessero retribuire di più i contratti precari, questa era la nostra proposta: l'indennità di precarietà. Ma senza una certa stabilità e con l'ansia della precarietà si alimentano soltanto le incertezze e non è possibile ottenere la partecipazione dei lavoratori e senza questa il sistema dell'impresa finirà prima o poi per incepparsi.
  I giovani vivranno alla giornata, non ci sarà più risparmio, non ci sarà più uno stato di comunità capace di mettere da parte ricchezza. Se ancora non siamo tecnicamente falliti è grazie alla cultura del risparmio dei nostri nonni e dei nostri genitori e ora ci volete togliere anche questo ! Si ridurrà la capacità di spendere delle nuove generazioni, che andranno sempre di più a fare acquisti nei grandi discount in mano alle multinazionali straniere, perché si guarderà all'economicità del prodotto e non più alla qualità. Così si andranno definitivamente perdendo e distruggendo la piccola e media impresa italiana a conduzione familiare, i nostri prodotti di qualità, la nostra impresa artigiana, a favore delle multinazionali straniere.
  Vi ricordo che i cognomi degli italiani derivano dal lavoro, dai mestieri, dal saper fare, delle botteghe artigiane che voi state distruggendo: i Fabbri, i Ferrari, i Molinari, i Vaccari, i Massari, i Medici, i Muratori, i Fornaciari, i Sartori, i Borsari, i Calzolari, i Macellari. E oggi ? Ai tempi di Renzi che cognome avremo ? Precari, Prorogari, De Schiavis.
  Ma noi l'abbiamo capito a cosa serve questo decreto, è di nuovo Ichino a spiegarcelo: finalmente ci siamo adeguati agli standard internazionali. E già ! Invece che esportare noi il nostro stato sociale e di comunità, proprio di un Paese civilmente avanzato, ci state facendo importare i Pag. 76modelli sociali a tutela zero dei Paesi dell'est Europa, con paghe da miseria e un mercato del lavoro senza più tutele.
  Con questo decreto, Renzi ubbidisce agli ordini delle grandi multinazionali straniere, che arriveranno, invogliate dalle vostre proposte di lavoro a tutela zero, in continuità perfetta con il piano Destinazione Italia di Letta, per attrarre investimenti dall'estero, ovvero state destinando l'Italia e tutte le sue aziende strategiche in mani straniere. E dietro le delocalizzazioni vi sono precise strategie economiche, che mirano a spostare la produzione in altri Paesi per trovare condizioni più precarie dei lavoratori, sia in termini di salario che di tutele, in modo da tenere basso il costo del lavoro. All'interno dell'Unione europea questo fenomeno – si chiama dumping sociale – sta diventando la causa per cui i vari Governi stanno portando avanti gli attacchi scellerati ai lavoratori, contribuendo a creare una vera e propria lotta tra poveri.
  Ed è proprio questo che Renzi sta combinando in Italia. Dietro queste strategie ci sono le attività di lobbing di molti imprenditori, che, se non considerano vantaggiosa la fiscalità in patria, spingono gli Stati ad applicare pratiche di dumping fiscale e sociale. Siete degli irresponsabili, ci avete fatto diventare una colonia delle superpotenze, da depredare a piacimento.
  Ma ora anche il Fondo monetario internazionale interviene, perché non è mai sazio e non gli basta più agire solo sul cuneo fiscale, adesso vuole che l'Italia superi il nanismo delle sue aziende con riforme strutturali, che incoraggino gli investimenti dall'estero. E come ? Attraverso fusioni e acquisizioni, anche da compratori non italiani, di imprese spesso rimaste a conduzione familiare e non quotate. È questo che vogliono: vogliono i nostri asset strategici, le nostre migliori industrie; ci stanno sopra come gli avvoltoi sugli animali morenti. Tutto studiato, strategia industriale internazionale: è l'Europa della troika. La troika ordina, Renzi, Berlusconi e Napolitano eseguono, mal consigliati in questo senso dal Ministro delle sciagure, Padoan, definito dal premio Nobel Krugman «l'uomo dai cattivi consigli».
  E allora, Presidente, mi permetta di rivolgere un invito ai colleghi degli altri partiti: mandate tutti in Libano (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) !

  PRESIDENTE. Salutiamo gli alunni e i docenti della Direzione didattica statale di Montecorvino Rovella, in provincia di Salerno, che assistono ai nostri lavori (Applausi). Ciao ragazzi !
  È iscritto a parlare l'onorevole Baruffi. Ne ha facoltà.

  DAVIDE BARUFFI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, rappresentante del Governo, prima di andare in Libano, vorrei svolgere il mio intervento. Come detto, il decreto-legge n. 34 del 2014 nei lavori parlamentari esce modificato, ma non stravolto. Se l'obiettivo del Governo era quello di facilitare il ricorso ai due istituti contrattuali principali contenuti nel provvedimento – cioè quello del tempo determinato e quello dell'apprendistato –, semplificando le procedure, quell'obiettivo mi pare oggettivamente salvaguardato. E le correzioni introdotte dalla Camera, prima, e dal Senato, poi, hanno teso a rafforzare le garanzie e le tutele per i lavoratori, senza complicare il procedimento o appesantirlo con inutili vincoli.
  C’è ora in questo provvedimento più equilibrio, un equilibrio che è di sistema, ed è un equilibrio tra le parti, ed esce decisamente migliorato, dicevo. Sottolineo questo aspetto per chiarire un primo punto, è tornato nella discussione: il lavoro del Parlamento è stato utile e, a mio avviso, efficace; un lavoro che meritava di essere svolto e chi, anche qui, anche oggi, lamenta una certa frettolosità o mancanza di tempo per discutere del merito del provvedimento, io credo che non dica la verità. La verità è, invece, che la Camera, in particolare questa Camera dei deputati, ha avuto modo di esaminare in prima lettura il provvedimento per oltre un mese; e non è stato un mese perso, questo provvedimento non è rimasto nel cassetto Pag. 77di una scrivania. È stato un tempo nel quale la Commissione ha molto discusso e approfondito, ha avuto modo di ascoltare tutti e con tutti di confrontarsi.
  E anche questo ascolto, questo esercizio di confronto con le parti sociali in particolare – con i sindacati, le associazioni di categoria, con i tecnici, i professionisti, gli istituti specializzati, eccetera –, è stato un confronto non inutile, perché ci ha consentito di mettere a punto proposte, modifiche, che sono entrate come provvedimenti, presentati in particolare, devo dire, dal Partito Democratico, e, poi, veicolati, ragionati, quasi con minuzie di dettaglio insieme al relatore, che ringrazio, al Governo – il sottosegretario Bobba, in particolare, ha seguito alla Camera il provvedimento – hanno inciso e modificato puntualmente il testo.
  Questo lavoro importantissimo compiuto alla Camera, in particolare nei lavori della Commissione, io credo che non sia stato in nulla vanificato o depotenziato dal lavoro, altrettanto legittimo, e io aggiungo anche utile, poi condotto dal Senato: ed è la seconda questione, mi pare, che sia emersa nella nostra discussione. Qualcuno aveva annunciato sfracelli, qualcuno li aveva promessi o minacciati e qualcun altro aveva paventato che il passaggio al Senato potesse stravolgere l'impianto o del decreto o del lavoro positivo – che io giudico positivo – svolto in prima lettura alla Camera. Alla prova dei fatti, le cose non stanno così, le cose non sono andate in questo modo: i toni, certamente, sono stati quelli della campagna elettorale, e ci sta, a poche settimane dal voto per le europee e le amministrative. Resta, invece, il merito, con buona pace di tutti, e su quello, sul punto di equilibrio che è stato costruito, il nostro giudizio è positivo.
  Hanno già detto i colleghi prima di me sul lavoro importante che era stato svolto nel merito, quali modifiche significative sono state anche introdotte, senza stravolgere l'impianto nella prima lettura della Camera, e io non ci torno, però io voglio stare su due questioni. La prima, di merito: l'impianto entro cui questo specifico provvedimento si iscrive. È quello che contempla, a fianco del decreto-legge n. 34, anche il decreto-legge n. 66, che taglia il cuneo fiscale a vantaggio dei lavoratori e delle imprese.
  È stato detto su questo, non mi soffermo, ma 10 miliardi di euro messi a disposizione di milioni di lavoratori, di 10 milioni di lavoratori, rappresentano una misura sostanziale, una misura che non solo va incontro a chi ha pagato il prezzo più alto nella crisi, non solo ha il segno dell'equità, ma prova a sostenere i consumi, a dare slancio ai consumi delle famiglie, a dare una mano alla ripresa di un pezzo della nostra economia attraverso la domanda interna.
  In quel decreto – lo dico anche a Rizzetto che dice che non sente più parlare di IRAP, si è fermato all'articolo 1, ma c’è anche un articolo 2, che va letto tutto –, si mette mano anche all'IRAP per le imprese.
  Certo, è un provvedimento più limitato ancora nella portata, ma che va senz'altro nella direzione giusta. Noi lo sottolineiamo, perché crediamo che sostenere le imprese che vogliono assumere sia un fatto positivo. Sappiamo bene anche noi che se non c’è commessa, se non ci sono ordinativi, se non c’è domanda, le imprese non assumono neanche se il lavoro nel suo costo si dimezza e, tuttavia, in questo momento, in cui una parte del Paese e delle sue imprese sta agganciando la ripresa, a partire anche da quelle che lavorano per l’export, credo che sostenere attraverso questa misura la riduzione del cuneo fiscale, la capacità di assunzione delle imprese sia un fatto positivo che va assolutamente nella direzione giusta, e questa parte per noi è il pezzo più forte dei provvedimenti sul lavoro. Dicevamo, inoltre, del disegno di legge delega, che riordina la materia su alcuni capitoli cruciali, a partire dagli ammortizzatori sociali naturalmente, per provare a dare una risposta anche a coloro che sono scoperti dal punto di vista di questi strumenti di tutela circa le tipologie contrattuali. Ci tornerò.
  Inoltre, in questo pacchetto sul lavoro ci sono risorse cospicue per gli investimenti, Pag. 78alcuni miliardi di euro per il prossimo triennio, che vanno ad alcuni settori strategici, a partire da quello della scuola, dal contrasto al dissesto idrogeologico e, quindi, alla manutenzione del territorio, per arrivare alla casa, nel prossimo decreto-legge che discuteremo anche in quest'Aula, e ai pagamenti della pubblica amministrazione.
  Il pacchetto lavoro è questo, tutto insieme. Pensare di poter esaminare il decreto-legge n. 34 da solo è, a mio avviso, un errore e credo, quindi ,che sia stato utile – lo abbiamo fatto prima alla Camera e anche in questo caso il lavoro del Senato è stato migliorativo – inserire nel preambolo non solo come la portata dei provvedimenti inseriti in questo decreto-legge nascano nella contingenza, nel tempo di crisi che stiamo vivendo, ma come tengano insieme e proiettino già una parte del lavoro anche sulla delega, che è in questo momento al Senato, e che prova ad assumere tra i punti che indicavo prima anche la semplificazione e il riordino delle forme contrattuali oggi previste, a partire dalla possibilità di inserirne, invece, una nuova, che sostenga contratti di assunzione a tutele crescenti. Discuteremo nel merito. Ci sono anche proposte diverse, come naturalmente è, ma credo che questo obiettivo, cioè tenere fermo il contrasto alla precarietà, non per via unicamente legislativa, ma anche attraverso strumenti di incentivi e disincentivi economici, sia una soluzione giusta.
   Ora, la domanda è: riuscirà il decreto-legge n. 34, che stiamo per convertire in legge, nell'intento che il Governo si è dato di agevolare una flessibilità buona a discapito di altre forme contrattuali più deboli e povere, che prima anche il collega Miccoli ricordava ? O finirà, invece, per divorare quel poco di lavoro stabile che ancora nasce ogni anno, come i colleghi legittimamente paventano ? La sfida è senz'altro questa e i correttivi che noi abbiamo introdotto, tanto alla Camera quanto al Senato, provano a non mettere in campo cattivi incentivi, ma buoni incentivi perché ci sia moneta buona in circolazione, ci sia flessibilità buona; ed è stato giustamente ricordato come il contratto a tempo determinato, da un lato, e i contratti di apprendistato, dall'altro, possano rappresentare l'anticamera anche per la stabilizzazione del lavoro e, in ogni caso, contratti più garantiti, meno deboli, meno poveri di altri che sono in questo momento a disposizione della platea delle imprese.
  Questa verifica noi la faremo puntualmente. Abbiamo accettato la sfida che il Ministro Poletti ha posto sin dalla presentazione delle linee guida del suo Ministero, all'avvio dei lavori del Governo, che è stata questa: non siamo qui a difendere dottrine economiche, non siamo qui a sostenere tesi astratte in punto di dottrina economica, siamo qui a provare ad assumere provvedimenti che incidano concretamente nella realtà. Li misuriamo nel tempo e, nel caso, qualora si renda necessario, assumiamo anche i correttivi che si rendono necessari. Li verificheremo nel tempo e lo faremo perché, sempre attraverso un'altra modifica che abbiamo introdotto qui alla Camera, questo monitoraggio sarà svolto in modo puntuale per misurare come scambiano le diverse forme contrattuali, cioè a vantaggio o in penalizzazione di cosa vengono assunti i lavoratori attraverso i riformati istituti del tempo determinato o dell'apprendistato.
  Circa le altre modifiche introdotte dal Senato, molto brevemente, noi diamo un giudizio positivo rispetto al rafforzamento della parte formativa nel contratto di apprendistato. Si trattava di semplificare sì, ma di tenere fermo un obiettivo strategico; il contratto di apprendistato è nel nostro ordinamento l'unica vera forma duale, cioè che contempla formazione e lavoro, e noi non possiamo riempirci la bocca di parole: formazione, più sapere, più capacità di avere, come dire, un apprendimento costante nel corso di tutta la vita, e poi andare a indebolire, nel momento in cui magari un ragazzo viene assunto attraverso quella forma contrattuale, proprio la sua capacità di dotarsi di strumenti che, dico all'onorevole Binetti, vanno senz'altro assunti dentro il posto di lavoro; la cosiddetta formazione on the Pag. 79job, è un obiettivo e noi lo abbiamo rafforzato. Infatti, pur nella semplificazione, abbiamo previsto che anche questi percorsi formativi interni debbano essere certificati, messi per iscritto, in forma semplificata ma presenti, per dare una risposta anche a quelle persone che non riescono poi a mettere a curricula in un qualche modo i percorsi che hanno fatto anche dentro le aziende. Ma occorre anche una formazione esterna. In questo dibattito, che non può essere ideologico, tra formazione pubblica, privata, dentro le linee guida che sono state definite tra il Governo e le regioni, cioè dentro percorsi codificati che certifichino non la natura astratta di quella formazione, ma la capacità di dare strumenti a quei ragazzi, a quelle persone, questo deve essere il nostro obiettivo: più formazione.
  Noi diciamo anche che è un bene l'aver definito una fattispecie specifica circa il tempo determinato per quanto riguarda gli istituti di ricerca, in particolare i contratti dei ricercatori, in quanto è una flessibilità necessaria per quelle aziende pubbliche e private che si occupano di quell'ambito specifico, è una necessità stringente, naturalmente, per quei contratti specifici, che magari hanno una durata diversa dal tempo di limite massimo che è previsto per i contratti a tempo determinato, che è quello appunto di tre anni, è giusto che ci possa essere, come dire, un adeguamento di questi tempi.
  Sottoscrivo invece il giudizio non positivo che alcuni miei colleghi, in particolare l'onorevole Albanella, ha già espresso rispetto all'aver innalzato a 50 dipendenti la soglia limite per cui l'impresa è costretta ad assumere, a stabilizzare, una percentuale di apprendisti; faccio presente che nel decreto-legge, per come era arrivato, non c'erano né soglia né percentuale; la Camera aveva fatto, io credo, un passo avanti importante, 50 a me pare una soglia molto alta, non in astratto, ma per questo Paese, 50 è negli standard europei la soglia per le piccole imprese, in un paese come l'Italia la soglia dei 50 lascia fuori quasi tutto, penso in particolare al mio territorio, ma è fatto così il nostro Paese.
  Infine la sanzione prevista per le imprese che superino il tetto del 20 per cento. Anche su questo si è dibattuto, lo si è fatto qui, lo si è fatto sulla stampa, in particolare debbo dire in questi ultimi giorni; alcuni colleghi lo hanno già sottolineato e io vorrei riprenderlo: intanto il tetto del 20 per cento è stato introdotto col decreto-legge, nel nostro ordinamento non esisteva una soglia al di sotto della quale bisognava stare per accendere contratti a tempo determinato, è una novità positiva che non scalfisce in ogni caso gli accordi assunti tra le parti, cioè nei contratti nazionali di lavoro, nei contratti collettivi. Non essendoci una soglia nel nostro ordinamento, non era prevista neanche una sanzione: non c'era un limite, non c'era neanche una sanzione, ripeto sempre al di fuori dei contratti sottoscritti. Ora la Camera, che cosa ha fatto nella sua prima lettura ? Ha meglio puntualizzato questa soglia, veniva già ricordato e non ci torno, cioè il tetto viene calcolato sui contratti a tempo indeterminato, non su quelli genericamente sottoscritti, e così diamo anche un po’ più di certezza al diritto, oltre che a una platea un po’ più circoscritta.
  In secondo luogo, abbiamo previsto, cosa non richiesta da nessuno – abbiamo fatto le audizioni, può essere che a me qualcosa sia scappato, ma in quel momento non ricordo una particolare attenzione anche delle parti sociali – che, qualora la soglia sia sforata, scatti una sanzione, cioè la stabilizzazione di quel posto di lavoro eccedentario; una proposta che è stata inserita di concerto tra il relatore – l'emendamento se non sbaglio era proprio del relatore, l'onorevole Dell'Aringa – ed il Governo, quindi, fuori da letture ideologiche e retroscena, si è trattato, per così dire, di dare cogenza, efficacia ad un tetto che veniva messo (senza una soglia il tetto non ha significato). Se ne è discusso anche in sede politica, naturalmente, in quei giorni e al Senato si è arrivati ad approntare una modifica, che certo io non ritengo preferibile ma ritengo comunque ragionevole: quella di trasformare questa sanzione, passando dalla natura del contratto, ad una sanzione che Pag. 80viene data all'imprenditore. Se vogliamo, in punto di diritto è anche più coerente come strumento.
  Vorrei aggiungere qui, non è il mio mestiere naturalmente – noi facciamo le leggi, che vanno applicate da chi ne ha la titolarità e gli abusi vanno sanzionati dall'autorità giudiziaria – ma rilevando questo ai fini del rapporto del datore di lavoro, nulla toglie e nulla vieta ad un giudice, ad un giudice del lavoro che volesse intervenire a tutela del diritto di quel lavoratore se ne ravvisasse in qualche modo un comportamento illecito da parte dell'impresa, anche di procedere alla sua stabilizzazione. La legge questo non lo vieta. Prima non c'era questa previsione, oggi c’è una sanzione economica per l'impresa, per il datore di lavoro; nulla toglie, rispetto ai diritti del lavoratore in quanto tale, che ha diritto di lavorare naturalmente e, se vede violati i suoi diritti, io direi per analogia rispetto a quanto avviene per altre tipologie similari (gli apprendisti non stabilizzati o i lavoratori assunti con contratti a termine per oltre 36 mesi) c’è la possibilità anche per il giudice della stabilizzazione. Ho voluto ricordare questo aspetto perché, ripeto, ho massimo rispetto, naturalmente, per tutti i giudizi che ho ascoltato, anche delle parti sociali e degli opinionisti, sulla stampa, in questi giorni e in queste settimane, ma registro che l'attenzione è nata solo nel passaggio tra la Camera e il Senato, non l'avevo registrata prima, non avevo registrato un problema quando tetti non ce n'erano e sanzioni non erano previste nel nostro ordinamento. Spero che non diventi questa la pietra dello scandalo su un decreto che invece, da questo punto di vista, fa fare un passo avanti al diritto ed impone un vincolo e una sanzione alle imprese che quel vincolo non rispettino.
  Vado a concludere, Presidente. Ho detto che abbiamo lavorato tanto ed io credo anche bene, anche se non spetta a noi dare un giudizio sul nostro lavoro naturalmente, lo faranno i cittadini. Lo abbiamo fatto per migliorare un provvedimento che, nella stesura iniziale, a ben vedere destava molte perplessità. Il Partito Democratico ha concorso in modo determinante ad una sintesi importante per tutti. Altro che autoreferenzialità ! Altro che problemi interni al Partito Democratico ! Lo voglio dire alle forze che non sono abituate a discutere al loro interno e neanche pubblicamente. Un dibattito di qualità su questi provvedimenti aiuta a migliorare i provvedimenti stessi ed è nel compito e nei doveri dell'istituzione parlamentare svolgere queste discussioni e svolgerle alla luce del sole.
  E se oggi è vero, come è vero, che è possibile registrare su questo provvedimento un consenso più largo di quanto non fosse per la stesura iniziale del decreto, è merito del Parlamento, di tutto il Parlamento naturalmente, della Camera e del Senato. Io credo che una parte significativa di questo merito vada anche a chi, da subito, nel lavoro di Commissione, ha lavorato non per azzoppare e non per sposare acriticamente il provvedimento, ma per migliorarlo secondo quello che è il mandato che abbiamo ricevuto dai nostri elettori.
  Noi non crediamo che il lavoro si crei per legge o per decreto. A me stupisce che questo richiamo venga fatto a noi e venga fatto a questo Governo in questo momento, perché ho ricordato quali provvedimenti sono stati messi in campo insieme a questo decreto, a partire dal taglio del cuneo fiscale e dalle risorse per gli investimenti. Credo che sia una critica ingenerosa, una critica sbagliata, una critica anche che non incrocia il senso comune dei cittadini, e poi questo lo diranno fra qualche giorno, ma non mi pare che fra i cittadini ci sia questo tipo di dibattito: «Qualcuno si è inventato di creare lavoro per decreto». Stiamo parlando di creare lavoro attraverso investimenti ed attraverso un sostegno ai consumi.
  E stiamo provando a mettere le imprese nella condizione di poter assumere più agevolmente, o, se volete, per non avere alibi, a procedere ad assunzioni attraverso forme contrattuali un po’ meno povere e un po’ meno deboli di quelle che prima abbiamo ricordato. Tra un anno, come abbiamo detto, e chiudo, tireremo Pag. 81una riga, faremo una verifica. La faremo in Parlamento, non è un passaggio di routine, ma è un passaggio previsto. Se il provvedimento nasce in un tempo eccezionale e ha degli obiettivi esplicitati, è giusto che possano essere anche verificati nel merito in termini operativi. È una novità positivamente introdotta al tempo di un'altra riforma del lavoro, come voglio ricordare, la cosiddetta Fornero, la riforma del mercato del lavoro, non della previdenza. Abbiamo degli elementi, parziali, ma abbiamo degli elementi. Credo che ne avremo degli altri tra un anno per misurare se il ricorso sarà più intenso a queste forme a dispetto di altre, migliori o peggiori, di contratti di lavoro. Se ci sarà da aggiustare, lo faremo. È un impegno che il Partito Democratico assume qui in Parlamento. Lo assume di fronte al Governo, esattamente con le parole che ha usato anche il Ministro del lavoro e delle politiche sociali. Lo faremo e siamo consapevoli che probabilmente non tutto andrà bene, che delle cose si potranno anche ritoccare. D'altra parte, quello di poter commettere anche degli errori è un rischio che corre unicamente chi fa. Chi, invece, chiacchiera e basta, quel rischio non lo corre mai, si mette sempre in una condizione di sicurezza e di garanzia.
  Da ultimo – ho finito davvero, l'ho detto tre volte, ma questa volta chiudo, Presidente – se il Governo deciderà di porre la fiducia sul decreto-legge, visti i tempi stretti in cui l'approvazione si deve consumare (sono stati usati praticamente tutti i sessanta giorni del decreto-legge), il Partito Democratico senz'altro voterà la fiducia e lo farà per la fiducia che ha nel Governo e per il giudizio che esprime sul provvedimento. Anch'io guardo con preoccupazione al modo in cui a volte perdiamo tempo nella nostra discussione e a come il Regolamento disciplini la gestione dei tempi, anche nella conversione dei decreti-legge. Quindi, anche in questo caso – lo faccio bonariamente e tiro per la giacca, attraverso lei, Presidente, il collega Rizzetto – io mi sento di sottoscrivere questo «lodo» del MoVimento 5 Stelle per provare a razionalizzare i tempi, ad accorciarli e a garantire ai disegni di legge, del Governo da un lato, e alla conversione dei decreti-legge dall'altro, una corsia preferenziale e tempi più celeri (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Cominardi. Ne ha facoltà.

  CLAUDIO COMINARDI. Signor Presidente, siamo qui oggi a discutere il decreto-legge n. 34 del 2014, recante disposizioni urgenti per favorire il rilancio dell'occupazione. Beh, sul rilancio dell'occupazione, questo mi fa venire un forte dubbio perché, come abbiamo visto, e questo l'ho ripetuto in Commissione e in varie sedi, nei decenni sono state fatte delle politiche che agivano sui contratti di lavoro, ma non hanno creato posti di lavoro. Hanno creato sicuramente un maggior numero di contratti, ma non hanno creato maggiore occupazione vera, solida e lavoro che sia in qualche modo continuativo. Infatti, la precarietà in realtà crea dei problemi alle economie. Li crea perché nel momento in cui si ha una continua frammentazione dei contratti, vuoi per le proroghe e i rinnovi, o vuoi per la scadenza del contratto stesso, all'interno dell'azienda non c’è la possibilità di avere una formazione e non c’è la possibilità, quindi, di avere un aumento anche della produttività stessa. La dimostrazione di ciò l'abbiamo sotto gli occhi, perché basta vedere la situazione italiana, che ha uno dei più bassi tassi di produttività e, nel contempo, comunque, ha una quantità innumerevole di contratti atipici, essendoci 46 forme contrattuali differenti. Poi li abbiamo anche in Europa esempi di questo tipo. Penso alla Spagna. Dopo la manovra Rajoy del 2011, crisi economica; bisognava incentivare l'occupazione e, quindi, liberalizzazione dei contratti atipici. Risultato: il peggior tasso di disoccupazione in Europa, oggi forse secondo solo alla Grecia secondo i dati ufficiali. Non è quella la via. Quello che è stato modificato in queste settimane, per quanto concerne il contratto a tempo determinato, è un qualcosa di a dir poco vergognoso. Ripeto, a dir Pag. 82poco vergognoso. Infatti, la strategia è stata questa ed è chiara, è chiarissima, non siamo degli ingenui.
  La strategia è: siccome non si possono modificare direttamente le garanzie e i diritti sociali, quelli che sono scritti nello Statuto dei lavoratori, ovvero anche il diritto di malattia, di sciopero, di maternità e così via, bisogna cercare di aggirare l'ostacolo, anche l'articolo 18, nonostante sia stato già modificato dall'allora ministro Fornero in maniera veramente vergognosa. Bisogna aggirare l'ostacolo, cosa facciamo ? Ci inventiamo una liberalizzazione dei contratti a termine, in violazione anche della direttiva europea 1999/70/CE, in modo tale che via via i contratti a tempo indeterminato si estingueranno. Già nell'anno 2013 il contratto maggiormente utilizzato per le nuove assunzioni è stato il contratto a termine, a tempo determinato: circa il 68 per cento. Questo, cosa vuol dire ? Vuol dire che non si applicherà l'istituto della causale, cioè la precisazione delle ragioni oggettive per cui si assume a termine; si estinguerà il contratto a tempo indeterminato e insieme ad esso si estingueranno tutte quelle garanzie sociali di cui parlavo prima. Quindi, il lavoratore si sentirà ogni volta costretto a subire qualsiasi tipo di ricatto, come il ricatto di mantenere l'occupazione ad ogni proroga, ad ogni rinnovo, alla scadenza del contratto. Questo è veramente qualcosa di controproducente.
  Al riguardo, vorrei fare degli esempi, per quanto riguarda le proposte fatte dal MoVimento 5 Stelle. Sicuramente, il concetto di flexsecurity, l'abbiamo studiato e l'abbiamo approfondito. È un concetto importante. Certo, noi preferiamo parlare di sicurezza prima che di flessibilità. Sicurezza vuol dire avere quanto meno un paracadute sociale, che potrebbe essere – anzi è – avere una forma di reddito di cittadinanza, in un Paese dove abbiamo 9 milioni di persone che vivono sotto la soglia di povertà. È un modo per fornire un potere contrattuale anche al lavoratore, che non sarà costretto ad accettare qualsiasi contratto vergognoso. Qualcuno dice che l'istituto della causalità esiste solo in Italia. Vero ! È vero che l'istituto della causale esiste solo in Italia, però negli altri Paesi esiste tutta una disciplina che regolamenta i contratti a termine, e quindi non vuol dire che si può assumere senza una ragione oggettiva, com'era, nella causale, la ragione di tipo organizzativo, produttivo, sostitutivo e così via. Quindi, anche queste sono bugie, che ho sentito in parte anche nella Commissione di cui faccio parte. Le proposte sono, sì, da una parte i diritti prima di tutto, la sicurezza; dall'altra, va bene la flessibilità, ma che vi siano ragioni oggettive per assumere a termine. Infatti, ci possono essere dei casi in cui si deve assumere a termine (delle situazioni aziendali in tal senso, è inevitabile che ci siano), ma che tale tipo di contratto non duri così tanto: non 36 mesi, ma 24 mesi con al massimo una proroga, e che vengano remunerati maggiormente. Noi non ci inventiamo nulla. Abbiamo chiesto che i contratti a termine venissero remunerati circa il 30 per cento in più rispetto ai contratti a tempo determinato. Già oggi, i contratti a termine, secondo i dati ISFOL, hanno una retribuzione del 28 per cento in meno; sono dati oggettivi che non mi invento. Sicuramente dare una retribuzione maggiore è il minimo, il minimo soprattutto in un Paese in cui non ci sono altri tipi di tutele. Questo era un primo aspetto, l'altro è quello di istituire l'indennità di precarietà: ad ogni proroga si dà una sorta di compenso di precarietà per chi magari si aspettava di avere un contratto trasformato a tempo indeterminato e invece non l'avrà. Questo l'abbiamo «copiato», abbiamo preso spunto, dalla Francia. La Francia ha l'indennità di precarietà, ebbene sì !
  Questo decreto-legge non crea posti di lavoro. I posti di lavoro si creano in una maniera sicuramente più organica e strutturale, soprattutto investendo nei settori in cui il nostro Paese è veramente ricco e che sta lasciando andare al più completo degrado. Pensiamo alla cultura, sicuramente al patrimonio artistico, museale, storico di cui non ha pari al mondo. In questo Paese abbiamo il maggior numero di siti UNESCO Pag. 83al mondo e non riusciamo a sfruttarli con un certo tipo di turismo che sia in qualche forma sostenibile.
  Abbiamo la bellezza del paesaggio, la bellezza delle nostre terre rigogliose, laddove ancora si è riusciti a non farle inquinare, come purtroppo è accaduto in alcune zone. Abbiamo veramente il Paese che è il più bello del mondo, anche dal punto di vista climatico e morfologico; potrebbe essere autosufficiente dal punto di vista energetico se avesse una vera politica del risparmio, di autosufficienza. In questo modo si potrebbe farlo ripartire con un certo tipo di progettualità e di lavoro anziché agendo con questa forma di schiavitù moderna. Nel 1850 circa, secondo degli studi, lo schiavo costava circa 32 mila dollari all'anno, paragonato ai giorni d'oggi. Ecco, lo schiavo moderno costa molto, ma molto di meno, perché allo schiavo del 1855 veniva comunque garantita un'istruzione, la salute, la cultura e così via, cosa che non viene più garantita oggi. Oggi persino la sicurezza sanitaria, la sanità sta venendo meno, ormai non ci sono più i pazienti: siamo clienti, siamo oggetti. Dov’è lo Stato ? Lo Stato non c’è più, in un Paese di questo tipo.
  Ce lo chiede l'Europa, ce lo chiede l'Europa, abbiamo sempre l'Europa che ci dice cosa dobbiamo fare: ebbene, in taluni casi l'Europa ci dà invece dei consigli di un certo tipo e che vanno nel senso sicuramente giusto, e proprio per quanto riguarda questo decreto, all'articolo 1, il contratto a termine, che deve essere residuale secondo la direttiva 1999/70/CE dianzi citata. Deve essere marginale, non deve essere la forma più utilizzata; per queste ragioni, all'interno di questa direttiva si specificano e si danno degli indirizzi su come aggirare questi contratti a termine. Oggi sta avvenendo l'esatto contrario, oggi sta avvenendo l'esatto contrario: quindi violiamo anche una direttiva, ci costerà probabilmente una procedura di infrazione che sarebbe bello la pagasse chi il decreto l'ha scritto, ovvero Poletti e Renzi. Che se la paghino loro, la multa ! Ecco, l'Europa cerca sicuramente di darci delle indicazioni: quando vanno nel senso giusto, ovviamente facciamo finta di non vederle; quando invece vanno a toccare il nostro Stato sociale, noi bellamente le accogliamo. Vorrei ricordare nel 2011 – se non erro – la letterina di Mario Draghi, un banchiere, un banchiere che consigliava allo Stato italiano come tagliare la spesa pubblica, in particolare quella pensionistica. Di fatti, di lì a poco è nata la famigerata legge Fornero. Che cosa ha comportato la cosiddetta legge Fornero ? Cioè, per questi «geni» che hanno approvato la legge Fornero, cosa è accaduto ? Che adesso, a pieno regime, i cittadini vanno in pensione a 70 anni – per chi ci arriva, perché questo è stato un escamotage per far crepare le persone prima. Dall'altro canto, cosa abbiamo ? Abbiamo un tasso di disoccupazione giovanile sempre più alto. Vi rendete conto della genialità di queste situazioni ? E noi le abbiamo colte. Adesso è arrivata un'altra letterina, sempre dall'Europa, che ci consiglia cosa dobbiamo fare in termini anche di libertà di licenziamento. Ecco, quello che bisogna portare in Europa forse sarebbe un attimino più di uguaglianza sociale, un pochino più di diritti, di diritti minimi quanto meno. Invece siamo all'esatto opposto, inseguiamo la Cina. Di fatti – forse non è un caso – dopo che il decreto lavoro è passato al Senato il giorno dopo Shanghai Electric incontra Ansaldo Energia e trattano per l'acquisto del 40 per cento della società. Dopo che viene licenziato – e si sa che da questa lettura non verrà modificato questo decreto – un disegno di legge che sta precarizzando in maniera vergognosa i contratti, arrivano i cinesi, ma guarda te che caso ! Ecco, noi vogliamo invece un Paese, uno Stato che faccia lo Stato, che sia non debole con il forte e forte con i deboli, ma viceversa (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Gnecchi. Ne ha facoltà.

  MARIALUISA GNECCHI. Grazie, signor Presidente. Dunque, noi vorremmo Pag. 84che fosse chiaro che abbiamo alcuni punti fermi e certi.
  Il primo è che esiste una reale emergenza che è la disoccupazione giovanile e quindi, da questo punto di vista, qualunque iniziativa possa andare nella direzione di assunzioni in più va assolutamente assunta: quindi, anche questo decreto sul lavoro, che ha come obiettivo quello di permettere alle aziende anche contratti a tempo determinato senza causale, cosa che non ci appassiona, ma siamo disponibili a vedere se le aziende in queste condizioni assumeranno più persone. Quindi, siamo disponibili a sperimentare perché va fatto e va assunta qualunque iniziativa che possa permettere maggiore occupazione.
  Il secondo punto su cui siamo assolutamente convinti è che purtroppo l'unico dato positivo in termini di occupazione che la manovra Fornero contro le pensioni, i pensionandi e le donne ha prodotto è un aumento dell'occupazione del 3 per cento sopra i sessant'anni, ma è ovvio il perché l'ha permesso: perché la gente non può andare in pensione, quindi l'ha permesso a carissimo prezzo. Chi ha già un lavoro deve lavorare di più prima di poter andare in pensione e quindi praticamente si è prodotta una maggiore occupazione per le persone anziane. Ma a che prezzo ? Al prezzo che i giovani, i disoccupati non trovano un lavoro.
  Quindi, questi sono i punti certi sui quali lavoriamo. Noi alla Camera avevamo proposto, ottenuto e anche concordato con il Governo dei punti di chiarificazione in più sul «decreto lavoro»; avevamo sottolineato che il contratto a tempo indeterminato costituisce la forma comune di rapporto di lavoro. In Senato hanno modificato questo principio, però ritengono di averlo modificato in meglio, richiamando anche la direttiva 1999/70/CE del Consiglio europeo del 28 giugno 1999. Quindi, il Senato ritiene di averlo migliorato; noi, a dire il vero, valutando che è stato aggiunto il riferimento all'incertezza dell'attuale quadro economico nel quale le imprese devono operare, nelle more dell'adozione di un testo unico semplificato della disciplina dei rapporti di lavoro con la previsione in via sperimentale del contratto a tempo indeterminato a protezione crescente, non sappiamo se questo, che sarà il contratto a tempo indeterminato a protezione crescente, sarà effettivamente un miglioramento, però vogliamo credere che i colleghi senatori abbiamo pensato che fosse migliorare il testo e l'aspetto al quale teniamo moltissimo e quindi lo sottolineiamo anche in questa sede è il monitoraggio. Noi abbiamo ottenuto dei termini chiari rispetto al monitoraggio; sono rimasti tali anche nel passaggio al Senato e quindi nei prossimi dodici mesi valuteremo se questo decreto-legge n. 34 abbia portato dei reali miglioramenti.
  E, quindi, poiché il monitoraggio prevede esplicitamente che vengano evidenziati gli andamenti occupazionali e l'entità del ricorso al contratto a tempo determinato e al contratto di apprendistato, ripartito per fasce d'età, per sesso, per qualifiche professionali, per aree geografiche e che venga definita anche la durata dei contratti, le dimensioni, la tipologia d'impresa e ogni altro elemento utile per una valutazione complessiva del nuovo sistema di regolazione di tali rapporti di lavoro e in relazione alle altre tipologie contrattuali (tenendo anche conto delle risultanze delle comunicazioni di assunzione, trasformazione, proroga e cessazione dei rapporti di lavoro ricavate dal sistema informativo delle comunicazioni obbligatorie, già previsto dalla legislazione vigente), noi ci aspettiamo questo monitoraggio con tutte queste caratteristiche e il Ministro Poletti ci ha garantito che, in base al monitoraggio che verrà effettuato, si valuterà se vi sono modifiche da apportare o se il monitoraggio dimostra che c’è stato un miglioramento.
  Una cosa sulla quale invece sicuramente il Senato ha agito in termini positivi è rispetto alle donne. Noi già qui alla Camera avevamo conquistato il fatto, per quanto riguarda le lavoratrici, nel caso in cui si abbia una gravidanza durante un rapporto di lavoro con contratto a tempo determinato, che il periodo di gravidanza obbligatoria serva a maturare i sei mesi che possono dare diritto all'assunzione a Pag. 85tempo indeterminato. In Senato hanno aggiunto un ulteriore diritto di precedenza e hanno previsto, quindi, che alle lavoratrici, sempre nel caso in cui abbiano una gravidanza durante un contratto a tempo determinato, sia altresì riconosciuto, con le stesse modalità di cui al presente comma, il diritto di precedenza anche nelle assunzioni a tempo determinato effettuate dal datore di lavoro entro i successivi dodici mesi, con riferimento alle mansioni già espletate in esecuzione dei precedenti rapporti a termine. Quindi, mentre noi avevamo praticamente riconosciuto il periodo di maternità obbligatorio come periodo di prestazione effettiva di lavoro per maturare i sei mesi per aspirare ad un contratto a tempo indeterminato, in Senato hanno anche aggiunto il diritto di precedenza rispetto ai contratti a tempo determinato e questa è sicuramente una parte positiva.
  In Senato hanno anche aggiunto che non si applica la percentuale limitativa per i contratti a tempo determinato, stipulati tra istituti pubblici di ricerca ovvero enti privati di ricerca e lavoratori chiamati a svolgere in via esclusiva attività di ricerca scientifica o tecnologica, di assistenza tecnica alla stessa o di coordinamento e di direzione della stessa. Allora, noi ci auguriamo che questo – e anche questo aspetto verrà monitorato – sia praticamente un favorire gli istituti di ricerca, perché è evidente che possono averne bisogno per alcune ricerche o per progetti per i quali abbiano avuto, per esempio, finanziamenti dall'Europa o progetti finanziati dal Fondo sociale europeo, in modo che non ci sia una limitazione. Noi contiamo che questo sia un vantaggio per i lavoratori e le lavoratrici che, anziché quindi con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, possono essere assunti con contratti a tempo determinato. Perché può essere preferibile il contratto a tempo determinato ? Perché dà una contribuzione previdenziale più certa e, quindi, da questo punto di vista noi possiamo essere favorevoli al fatto che in Senato abbiano apportato questa ulteriore modificazione.
  Poi una cosa che ci sembra un po’ strana, ma anche questo valuteremo in termini di monitoraggio, è che praticamente c’è stata una grande discussione sul fatto che noi qui alla Camera avevamo inserito di nuovo la formazione obbligatoria per gli apprendisti.
  Ma avevamo dato un'unica clausola secondo la quale, se le regioni entro quarantacinque giorni non riuscivano ad ottemperare con una formazione obbligatoria pubblica, le aziende potessero praticamente provvedere, le aziende o le associazioni dei datori di lavoro, alla formazione. In Senato è stato precisato maggiormente e, quindi, da questo punto di vista, è addirittura un'ulteriore conferma della necessità della formazione durante l'apprendistato. Noi continuiamo a ricordare che il contratto di apprendistato è un contratto di lavoro, ma che per l'appunto, come dice la parola, è anche un contratto per «apprendere». In Senato praticamente hanno aggiunto che la regione provvede a comunicare al datore di lavoro, entro quarantacinque giorni dalla comunicazione dell'instaurazione del rapporto, la modalità di svolgimento dell'offerta formativa pubblica, anche con riferimento alle sedi, al calendario delle attività previste, avvalendosi anche dei datori di lavoro e delle loro associazioni che si siano dichiarate disponibili ai sensi delle linee guida adottate dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano in data 20 febbraio 2014, quindi durante ancora il Governo Letta. Le linee guida del Governo Letta (era sottosegretario Carlo dell'Aringa) vengono confermate anche in questo decreto-legge lavoro. E quindi la comunicazione dell'instaurazione del rapporto di lavoro si intende effettuata dal datore di lavoro e via seguitando. Quindi, praticamente, mentre noi avevamo previsto che, dopo quarantacinque giorni, l'azienda avrebbe anche potuto in qualche modo decidere di provvedere alla formazione, con la modifica al Senato, cosa sulla quale c’è stato un lungo dibattito anche qui durante la prima discussione sul decreto-legge lavoro, in cui sembrava che il Pag. 86Nuovo Centrodestra vedesse questa formazione pubblica come ostativa rispetto ai contratti di apprendistato... Noi abbiamo visto che, anche nel passaggio in Senato, questa parte è rimasta, anzi dal nostro punto di vista viene addirittura confermata. Però ci tengo veramente anche a ricordare, cosa che è stata ricordata anche già dai colleghi del Partito Democratico durante la prima lettura qui alla Camera, che nel campo del lavoro dipendente solo il 15 per cento degli avviamenti avviene con contratto a tempo indeterminato. Noi diciamo ovviamente purtroppo, perché ci piacerebbe che fosse l'85 per cento con contratto a tempo indeterminato e il 15 per cento con contratto a tempo determinato, ma invece l'85 per cento degli avviamenti al lavoro avviene con contratto a termine e di questi il 70 per cento con contratti a tempo determinato, più del 40 per cento con una durata inferiore ad un mese e il 20 per cento da due a tre mesi. E oltretutto nell'attuale situazione, quindi prima del decreto-legge n. 34 del 2014, i rinnovi pur con causalità possono durare all'infinito. Quindi, la modifica che noi abbiamo apportato in Commissione lavoro alla Camera e votata poi in Aula dalla Camera, la nostra modifica delle cinque proroghe e rinnovi nell'arco dei trentasei mesi, è veramente una norma fondamentale; è una modifica a favore dei lavoratori e delle lavoratrici fondamentale. L'abbiamo modificato qui rispetto al decreto-legge n. 34 del 2014 come ci è arrivato ed è rimasto così anche in Senato. E quindi anche per quanto riguarda ciò, possiamo dire che la riteniamo una modifica importante fatta dalla Camera e questa è rimasta. Per quanto riguarda poi il contratto a tempo determinato, noi speriamo che possa servire anche per superare le partite IVA che noi chiamiamo «spintanee», nel senso spinte spesso dai datori di lavoro che trovano più agevole instaurare poi un rapporto con un lavoratore o una lavoratrice con partita IVA rispetto ad averlo con contratto a tempo determinato all'interno dell'azienda o con contratto a tempo indeterminato.
  Noi, nel monitoraggio, speriamo anche di rivedere, di ritrovare un miglioramento rispetto a questo. Quello che noi vogliamo sottolineare è che siamo in una condizione tuttora emergenziale e, quindi, provare a dare un'opportunità di accesso, provare a farlo attraverso il contratto a tempo determinato, che è comunque un regolare contratto di lavoro, con regolare retribuzione legata al contratto collettivo nazionale e all'eventuale contratto aziendale aggiuntivo e con regolare contribuzione, può essere un punto di equilibrio tra la flessibilità richiesta a gran voce dalle aziende, su cui tuttora pesa l'incertezza di una stabilità futura, e la forma di contratto che più di altre garantisce tutela in termini di salario e di protezione sociale. Noi non ci stiamo illudendo che questo assicuri maggiore occupazione e non vogliamo certo dare illusioni su questo, ma ci fidiamo della volontà del Ministro di monitorare la situazione. Sappiamo ovviamente che molto dipenderà dalla ripresa economica, molto dipenderà dal fatto che si riescano a creare maggiori posti di lavoro e questo è quello che noi vogliamo fare.
  Nella discussione sul decreto-legge presentato dal Governo il PD tutto ne ha condiviso, rispetto a questo, l'approccio, come prima tappa di un disegno complessivo più vasto. Certo, lo abbiamo detto, avremmo preferito discutere prima la delega sul lavoro, che è una delega molto più complessiva che prevede anche i contratti e l'avviamento al lavoro, e quindi avremmo preferito partire dalla delega, ma ci fidiamo del fatto che anche la delega, quando arriverà qui alla Camera, abbia la possibilità di essere discussa e anche modificata. Noi conosciamo le tante fragilità e conosciamo la fatica della mediazione. Una mediazione che, su questi temi, non è solo politica, ma è anche sociale e culturale e vogliamo assolutamente sottolineare che il lavoro, la stabilità, la dignità, il benessere individuale diventano un benessere collettivo perché sicurezza e dignità di vita sono un bene per tutta la società. Ovviamente tutto ciò riguarda il diritto del lavoro, un lavoro con Pag. 87retribuzioni dignitose, con reali contribuzioni; solo creare più lavoro garantirà la pensione ai giovani, non manovre che portano via soldi al sistema previdenziale per coprire il debito pubblico. Non è andando a coprire il debito pubblico che si riesce a garantire la pensione ai giovani, è creando posti di lavoro con contratti, che possono essere contratti, che portano ad un lavoro più stabile.
  Concludo, ribadendo che questa non è una bacchetta magica, noi non ci illudiamo che sia una bacchetta magica, noi continuiamo a pensare che il contratto di lavoro a tempo indeterminato sia una sicurezza per tutti, per creare una famiglia, per poter affrontare la vita, ma speriamo e contiamo sul fatto di verificare che ci sia un miglioramento nell'occupazione e ovviamente aspettiamo il monitoraggio tra dodici mesi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Tripiedi. Ne ha facoltà.

  DAVIDE TRIPIEDI. Signor Presidente, oggi stiamo discutendo del decreto-legge n. 34, un decreto-legge che, secondo Baruffi e secondo la maggioranza, non dovrebbe portare posti di lavoro perché loro sostengono che, con atti di legge, non si crea occupazione. Poi leggiamo cosa c’è scritto nel titolo del disegno di legge: Conversione in legge, con modificazione, del decreto legge 20 marzo 2014, n. 34, recante disposizioni urgenti per favorire il rilancio dell'occupazione. Quindi, ci dicono una cosa e poi il Governo, rappresentato da loro, ne dice un'altra. Loro sono convinti e fanno credere ai cittadini che, modificando la contrattualistica, si crea occupazione; questa è una cosa falsa e vergognosa.
  Modificando la contrattualistica non si crea occupazione, si creano maggiori contratti, ma non lavoro: lo abbiamo visto con i contratti a progetto. Non avete avuto neanche il coraggio di abolire i contratti a progetto, perché questo decreto-legge porterà esclusivamente schiavitù e basta, solo schiavitù (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Cosa succede con questo decreto-legge ? Si snatura di fatto il contratto a termine, perché sai quando inizi e non sai quando finisci. Il Partito Democratico ha inserito 5 proroghe in un contratto a termine, con i rinnovi illimitati. Quindi, hanno peggiorato il decreto; hanno inserito un numero di rinnovi illimitati all'interno di questo decreto-legge: è una roba vergognosa. Non si può far credere ai cittadini che, modificando la contrattualistica, si crea occupazione. State schiavizzando i lavoratori. Ma neanche i peggiori Governi di destra hanno mai fatto una roba del genere. Io mi immagino Berlusconi: se avesse fatto una riforma del genere, i sindacati sarebbero stati in piazza.
  E oggi il sindacato è inesistente: un sindacato che non esiste più e che non difende più il diritto dei lavoratori. Dovreste vergognarvi (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ! E noi all'interno della Commissione abbiamo i sindacalisti e oggi, ascoltando le loro parole, diciamo che è un decreto che gli sta bene. Ma dove trovate il coraggio di andare a confrontarvi ancora con i lavoratori ? Ma dove lo trovate il coraggio ?
  L'occupazione va studiata. Bisogna trovarsi insieme e veramente definire un piano strategico, che possa creare posti di lavoro. Pensiamo al recupero edilizio, a tutte quelle case che perdono energia e non la creano. Quindi, bisogna investire i nostri soldi in altro modo, non buttando soldi per comprare i cacciabombardieri e 15 miliardi di euro per comprare aerei da guerra, oppure 5 miliardi di euro per fare un'autostrada in Lombardia, che veramente farà tornare l'incubo della diossina. Questi soldi dovrebbero essere investiti in altro.
  Invece, il Governo fa il contrario. Perché in campagna elettorale non avete detto ai vostri elettori che avreste modificato il contratto a termine ? Perché non lo avete detto ? Avevate paura, avevate paura di prendere zero voti. Ma purtroppo non è una vostra scelta, questa è la scelta che ci chiede l'Europa. E voglio leggere per l'ennesima volta – l'ho letto in Commissione, lo leggerò anche qua in Aula – cosa ci Pag. 88chiede l'Europa, glielo dobbiamo far sapere ai cittadini cosa ci chiede l'Europa: il Governo ha bisogno di assumere misure immediate e decidere per l'assunzione e la stabilizzazione di finanze pubbliche; dovrebbe essere adottata un'accurata revisione delle norme che regolano l'assunzione e il licenziamento dei dipendenti. Quindi, è un'altra lettera che ci manda Mario Draghi per far sì che facciamo queste riforme: le riforme che vanno contro il diritto dei lavoratori e vanno contro quello che ci chiedono le imprese.
  Infatti, le imprese non vogliono la modifica dei contratti, le imprese vogliono l'abolizione dell'IRAP e vogliono la defiscalizzazione e la riduzione delle tasse, perché non si può in questo dannato Paese pagare il 70 per cento di tasse. Non si può ed è normale che ci sia l'evasione fiscale. Noi dobbiamo aiutare le imprese ad assumere. Faccio un esempio, l'IRAP: più assumo e più io pago le tasse. È assurdo ! Se assumo dovrei pagare di meno: assumo e pago di meno. L'IRAP è il contrario: assumo e pago di più.
  Ecco perché le imprese ci chiedono – tutte le imprese – di ridurre le tasse e abolire questa tassa indegna. E noi l'abbiamo fatta la proposta di legge per togliere questa tassa indegna e ci sono tutte le coperture per farlo, ma non volete. Non volete perché poi i partiti e le grandi cooperative speculano sull'evasione fiscale, perché altrimenti i soldi per pagare le tangenti agli amici dell'Expo non ci sarebbero (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  E, allora, è una ruota che gira. La corruzione in Italia: la Corte dei conti ha quantificato 60 miliardi di euro ! Noi dobbiamo combattere la corruzione in questo Paese. Combattendo la corruzione, noi veramente inseriamo denaro pulito all'interno delle imprese per far lavorare i nostri cittadini.
  Tutto questo è il Governo Renzi. Si precarizza, si precarizza. Immaginatevi un ragazzo di trent'anni come me che deve andare a chiedere un mutuo in banca con un contratto a termine. La banca mi darebbe mai il mutuo ? Ma non se lo sogna neanche ! Io sono andato a chiedere un mutuo con un contratto a tempo indeterminato: la banca mi ha detto «guardi, ci vediamo quando prenderà di più». Io guadagnavo 1.180 euro al mese con un contratto a tempo indeterminato. Immaginiamoci i ragazzi di trent'anni che vanno in banca con un contratto a termine !
  E qual è l'altro problema ? Il Partito Democratico fa orecchie da mercante. Noi abbiamo detto: signori miei, almeno dovete modificare in meglio questo decreto, cerchiamo di chiedere sicurezza nel mondo del lavoro. Non l'hanno fatto perché precarizzano. E, se cambi mansione al lavoratore, tu puoi fare un altro contratto a termine. Quindi, si innesca quel meccanismo di incertezza. Basta che io cambio mansione al lavoratore che si può rifare ancora un contratto a termine. Ma è da pazzi ! È da pazzi !
  E mentre le imprese e i lavoratori ci chiedono garanzie e ci chiedono certezze, quelli del Partito Democratico, da buoni esponenti della sinistra, precarizzano il mondo del lavoro, precarizzano e basta ! Sono i fatti: sarete processati dalla storia ! Ricordatevelo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle), ricordatevelo questo operaio che viene qua e vi dice le esperienze di vita che vi ho raccontato vissute sulla mia pelle !
  Dove trovate il coraggio di andare nelle piazze a vantarvi di avere fatto un decreto così vergogna ? L'unica riforma del lavoro in Italia, per la quale veramente avreste tutto il nostro appoggio, si chiama abrogazione di una legge infame come quella della Fornero (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ! Una legge che permette a un sessantasettenne di lavorare ancora, togliendo posti di lavoro ai giovani. Ma voi vi immaginate un muratore a 67 anni sul tetto a meno 10 gradi a Milano ? Sul tetto, a 67 anni ! Ma come si fa ? Voi che avete sostenuto questa vergognosa legge, voi del Partito Democratico siete i responsabili e le pagherete tutte, le pagherete ! I lavoratori si ricorderanno di questa cosa. Gli esodati lo sanno che siete stati voi a crearli; gli esodati, gli esuberati, tutte queste persone penalizzate, i lavoratori Pag. 89anche, perché avete spogliato l'articolo 18, l'avete spogliato, non serve più a niente.
  Voglio dire anche a tutto il Parlamento che il MoVimento 5 Stelle è per la flessibilità. Certo, ci deve essere un paracadute sociale che si chiama reddito di cittadinanza: io perdo il lavoro ma non perdo la dignità. Voi, in questo caso, state umiliando i lavoratori italiani, mettendoli sotto i piedi.
  Poi vi lamentate se i nostri giovani se ne vanno all'estero. Vi faccio un esempio: Carlo, un mio caro amico, 400 euro al mese e ritenuta d'acconto; un ragazzo che ha preso 110 e lode in architettura al Politecnico di Milano. Oggi siamo qua a parlare di modifica dei contratti ! Cercate di usare i soldi bene. Dovete usare i soldi che vi danno i cittadini italiani per investimenti sani. Non potete spendere 22 miliardi per fare un buco in una valle. E i cittadini non lo vogliono quel buco nella valle, non lo vogliono ! Dovete sentire cosa vogliono i cittadini !
  Con 80 euro voi veramente state credendo che i cittadini vi votino ? I cittadini non si fanno prendere in giro. Ottanta euro – non ve lo dice Grillo, ve lo dice un operaio – 80 euro non mi avrebbero cambiato la vita. Io prendevo 1.180 euro: prendere 1.240 o 1.260 euro non cambia niente, non cambia niente. Gli 80 euro non mi danno la dignità (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Per non parlare poi del caso Expo. Ecco perché le grandi opere non servono a nulla, ma bisogna fare micro opere.
  Il caso Expo: corruzione all'ennesima potenza, la nuova tangentopoli d'Italia e il MoVimento 5 Stelle non è da ieri che vi dice che l'Expo è un'infrastruttura o è una cosa che non va bene; sono sei anni, da quando è uscito questo progetto. Con i cittadini ci siamo messi insieme per studiare insieme ai professori universitari del Politecnico di Milano. C'era la possibilità di fare un'altra Expo, non avete avuto il coraggio di cambiare le carte sul tavolo. Quindi avete agevolato la corruzione e quindi siete complici. Adesso non è che, se cambi il commissario straordinario, le cose si mettono a posto. Le cose si mettono a posto se l'Expo non si fa. È l'unica soluzione. Ormai è tardi per mettere a posto tutti i danni che avete fatto (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Siamo senza parole. Non avete neanche la vergogna. Dovreste vergognarvi: si sta facendo un decreto vergogna. Ma chi avrà la possibilità di assumere se non c’è lavoro ? Chi avrà la possibilità di assumere se non c’è il lavoro ? Cosa facciamo, ce lo inventiamo il lavoro ? E, come dice Claudio, il lavoro di una volta non ci sarà più. Il lavoro di una volta non ci sarà più perché l'automazione ha sostituito l'uomo all'interno delle fabbriche e non c’è niente da fare: è un processo che andrà avanti e più la tecnologia andrà avanti e meno lavoratori ci saranno all'interno delle fabbriche. Ecco perché dobbiamo sostenere la bottega, gli artigiani, le piccole imprese, la manifattura in Italia, le mani quando bisogna far andare le mani per fare qualcosa di positivo. E mentre il Partito Democratico se la ride insieme ai suoi deputati che dovrebbero vergognarsi, i lavoratori piangono (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) !
  Vi voglio raccontare anche una cosa che non c'entra niente ma ve la meritate tutta. Vi ricordate quando Beppe Grillo è andato a fare le consultazioni con Renzi ? Ve lo ricordate tutti ? È stato accusato di essere un populista, di non aver dato la possibilità a Renzi di parlare. Quando Beppe gli diceva: noi siamo i conservatori, noi non vogliamo la svendita del patrimonio pubblico. Ci aveva visto lungo, ci aveva visto lungo Beppe e come sempre ha ragione perché nel Documento di economia e finanza è prevista la svendita degli asset strategici del nostro Paese. Ansaldo, il 40 per cento venduto ai cinesi: l'avete fatto voi e ve l'ha chiesto l'Europa di liberalizzare e di vendere gli asset strategici. ENAV, ENI: state svendendo il nostro patrimonio pubblico. Quella è roba degli italiani e non dovete permettere di svendere le cose degli italiani (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Concludo dicendo che sarete processati dalla storia. I miei figli si ricorderanno di Pag. 90voi, tutti quanti i nostri figli si ricorderanno di voi. Voglio raccontarvi anche cosa è successo, il processo di discussione – scusate, poi finisco – all'interno della Commissione lavoro. Avete blindato la Commissione non facendo partecipare i membri di altre Commissioni, quindi facendo credere che qua dentro ci sono i sovversivi, gli anarchici. Noi siamo deputati della Repubblica quanto voi e ricordatevelo. Avete vietato le riprese audiovisive. Quindi i cittadini non devono sapere chi ha votato cosa. Non lo devono sapere e vi voglio anche raccontare che quell'articolo 51 del Regolamento, che permette ai deputati, a tutti i deputati di chiedere il voto nominale in Commissione, non ci è stato concesso. Questa è una dittatura della maggioranza e adesso mettete la fiducia, bravi (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico) ! Bravo, festeggia, questa è una roba indecente ! Presidente, stanno festeggiando sulla pelle dei cittadini !

  PRESIDENTE. Lei continui serenamente il suo intervento e lasci che, senza che diano fastidio, gli altri colleghi però possano avere le espressioni non irriguardose che ritengono, perché non è che qui dentro si può solo ascoltare e neanche respirare. Quindi, lei continui serenamente e il Presidente le garantisce di concludere l'intervento. Non guardi quello che fanno gli altri colleghi che non le stanno dando fastidio.

  DAVIDE TRIPIEDI. Presidente, qua non è che io sto guardando quello che lui fa a me, a me non interessa, io sto guardando quello che il Partito Democratico sta facendo ai lavoratori (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle), non a me (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ! Stanno festeggiando e anche questo rimarrà nella storia, gli atti scritti, chi vorrà vedrà. Chi vorrà potrà leggere quello che io ho detto in quest'Aula. Sicuramente a me quando vado nelle piazze non mi fischiano come fanno a voi perché vi meritate solo i fischi e gli insulti (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) !
  Quindi, io con forza voglio ribadire che modificando la contrattualistica non si crea occupazione, l'abbiamo detto in tutte le lingue, l'abbiamo detto con forza, l'abbiamo detto con la voglia di cambiare veramente questo Paese, invece voi niente da fare, niente, niente, non si dà modo ai deputati di poter migliorare un decreto. Abbiamo presentato 300 emendamenti, sapete quanti emendamenti della minoranza, del 25 per cento del Paese, sono stati accolti ? Due ! Due emendamenti sono stati accolti. Quindi, decidete tutto voi, il Parlamento è esautorato del suo valore, non vale più niente perché decidete tutto voi e adesso con le modifiche che volete fare al Regolamento sarà ancora peggio, ma le pagherete tutte, i cittadini non si fidano più di voi, non si fidano più di voi e non si fideranno ! In politica si è aggiunta una nuova parola, si chiama «coerenza» e il MoVimento 5 Stelle dice una cosa e la fa, voi invece prendete in giro i cittadini (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Ricordatevi che il 25 maggio è il voto più politico che ci sia e vedremo come i cittadini vi daranno una bella risposta a queste politiche che state facendo lasciando indietro i cittadini per le multinazionali. Infatti, questo decreto non serve per le microimprese che rappresentano il 90 per cento dell'intero settore, serve solo per le multinazionali per agevolare il processo di schiavizzazione dei lavoratori. Comunque, noi non ci fermeremo qua, racconteremo a tutti i cittadini quello che abbiamo vissuto sulla nostra pelle, sono sicuro che il 25 maggio cambieranno le cose, cambieranno, sono sicuro. Ed è per questo che noi battaglieremo sempre a difesa dei cittadini e delle imprese per avere uno Stato che ci sia e non uno Stato assente. Grazie (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Palese. Ne ha facoltà.

  ROCCO PALESE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, secondo l'ultima rilevazione ISTAT in Italia la disoccupazione ha Pag. 91raggiunto il livello record del 13 per cento. Nemmeno nei primi anni della grande crisi si erano contati tanti disoccupati, soprattutto giovani, assieme al dato che circa il 70 per cento delle assunzioni fatte nel 2013 sono state a tempo determinato. Questo scenario dovrebbe certificare il fallimento totale di un Governo che per l'ennesima volta in pochi mesi si accinge a chiedere di nuovo la fiducia su un provvedimento che non riesce a cogliere il mutare dei tempi ed il polso del Paese. Senza nulla togliere agli argomenti trattati nelle precedenti occasioni, ci permettiamo di sottolineare che il mercato del lavoro è, a nostro avviso, l'argomento principe, il nodo focale di tutto il sistema Italia. Un nodo venuto al pettine in tutta la sua difficoltà politica, soprattutto dopo la scellerata riforma della Fornero. Forse non è a tutti chiara l'urgenza alla quale siamo chiamati, sebbene non sia il numero di proroghe a misurare il passo di liberalizzazione del contratto a termine, sebbene abbia un'importanza relativa quale forma assuma un rapporto giuridico tra lavoratore ed impresa. Ciò che si è completamente perso di vista ad avviso di Forza Italia è il lavoratore che preferisce lavorare un giorno in più piuttosto che niente. Si è persa di vista anche l'azienda, la capacità di fare impresa, di far ripartire dal basso questo Paese.
  Si è persa di vista l'urgenza di far fronte con strumenti normativi alla necessità di recuperare occupazione attraverso una maggiore flessibilità.
  Si è persa la memoria storica: possibile che nessuno ricordi, in questo Paese, che l'unico momento vero di grandissima occupazione e di sviluppo è stato quando si è verificato il massimo della liberalizzazione e cioè nel periodo del boom economico ?
  Possibile che abbiamo bisogno di tanti analisti, di tanti studiosi per chiederci perché mai in Cina o nei Paesi di grande sviluppo e quant'altro esiste un'impennata forte di sviluppo e occupazione e così via e anche in America, senza che nessuno potesse valutare che lì ci sono le stesse regole e le stesse flessibilità, chiamiamole come vogliamo, che all'epoca del boom economico c'erano in Italia e che sono state massacrate da una serie di norme e di vincoli ?
  Per carità, le garanzie ci vogliono, ma la rigidità totale, che non fa nient'altro che richiamare interventi di natura statalista, ha di fatto bloccato tutto il mercato del lavoro e l'accesso al lavoro, soprattutto dei giovani.
  E invece, come noto, quando questo decreto è arrivato in Commissione ha trovato – nell’iter prima alla Camera, e poi al Senato – all'interno della stessa Commissione non soltanto divergenze rese note in maniera esplicita dentro i partiti, non soltanto divergenze fra maggioranza ed opposizione, ma divergenze ancora più forti tra gli stessi partiti della maggioranza, tanto da far minacciare addirittura la crisi.
  Noi di Forza Italia in Commissione abbiamo condotto con grande equilibrio il nostro lavoro. Abbiamo guardato a quelle modifiche che, senza penalizzare le imprese nei processi di assunzione, mettessero comunque sempre avanti garanzie e tutele per i lavoratori.
  Lo voglio dire con attenzione particolare anche alle piccole imprese, che risultano quelle chiaramente con maggiori difficoltà, soprattutto rispetto, molto spesso, all'impianto normativo troppo ampio e troppe volte anche confuso.
  Forza Italia ha cercato di capire come era possibile trovare un punto di mediazione con grande senso di responsabilità ed invece oggi assistiamo ad un fatto incontrovertibile; sul primo provvedimento in tema di lavoro del Governo Renzi, ancora una volta la sinistra sta mostrando il solito approccio ideologico: l'impermeabilità ad ogni forma di riformismo e l'atteggiamento dirigistico, impositivo e sanzionatorio verso le imprese.
  Evidentemente a questa sinistra non basta l'evidenza empirica che dimostra che circa il 70 per cento dei contratti di lavoro stipulati l'anno scorso sono stati a tempo determinato, nonostante la riforma Fornero Pag. 92ne abbia aumentato il costo e ne intendesse sfavorire l'utilizzo, a favore dei contratti a tempo indeterminato.
  Per certa parte della sinistra, l'effettività delle opportunità e dei diritti deve essere nominalmente garantita per legge, imponendo alle imprese di modificare le loro scelte in tema di assunzioni e non curandosi che questa imposizione possa ridurre l'occupazione, come di fatto avviene.
  La sinistra dimostra ancora una volta di avere distanze siderali dalla dimensione politica postideologica che guarda alle dinamiche dell'economia e del mercato del lavoro con un approccio di realtà e di effettività.
  A questa sinistra la lezione della riforma Fornero non ha insegnato nulla, rendendo ancora più rischiosa l'attuazione dei principi contenuti nella legge delega, che dovrebbe completare il job act Renziano, cioè il preannunciato fallimento della riforma Fornero, che si proponeva di favorire l'occupazione contrastando le forme di precarietà cattive e promuovendo il contratto a tempo determinato non è valso a nulla.
  Al di là dei buoni propositi, la riforma Fornero ha irrigidito la flessibilità in entrata, così da scoraggiare ogni forma di assunzione diversa dai contratti a tempo determinato e il cui costo è stato anche aumentato, rispetto a quelli a tempo indeterminato.
  Gli stessi intellettuali che hanno promosso questa tipologia contrattuale due anni fa sono tornati ora a rilanciare questa proposta contro il decreto che ha liberalizzato il contratto a termine.
  La differenza non irrilevante è che almeno due anni fa l'alternativa era tra la riduzione della flessibilità in entrata e l'ampliamento della riduzione in uscita.
  Invece, ora lo scambio sembra essere tra la riduzione della rigidità del contratto a tempo determinato e il mantenimento della rigidità del contratto a tempo determinato, con una riduzione delle forme contrattuali flessibili.
  Per questi stessi intellettuali, gli esiti della riforma Fornero evidentemente non rilevano.
  Continuano a pensare che la realtà si cambia per decreto e che le scelte delle imprese devono essere forzate con norme calate dall'alto, costruite in laboratorio e decontestualizzate completamente dai contesti imprenditoriali. L'attuale impostazione del decreto-legge misura l'arretramento che il Governo ha accettato a fronte delle richieste conservatrici della sinistra, quella sinistra ancorata a posizioni conservatrici dettate specialmente dalle forze sindacali più ideologizzate e che hanno determinato la rovina del mercato del lavoro e non solo rispetto ai risultati che sono in campo. Prendiamo atto di quello che dice anche il Ministro dell'economia e delle finanze in carica, Padoan, il quale sostiene che la concertazione è fallita. Noi diciamo pure che è stata un disastro totale. Ora è più che legittimo rimanere fermi nelle proprie convinzioni, ma l'onestà intellettuale dovrebbe imporre di non sostenere le proprie tesi con affermazioni false. In questi giorni autorevoli oppositori della liberalizzazione del contratto a termine hanno sostenuto che con questo provvedimento le imprese assumeranno solo a tempo determinato. Ebbene, state giocando sulla vita delle persone perché, come detto anche nel corso della sua audizione in Commissione lavoro dal Ministro Poletti, non si produce lavoro attraverso i vincoli.
  L'approccio di Forza Italia è un approccio di realtà e la realtà registra che le imprese assumono quasi completamente a tempo determinato già ora, come dimostrano i citati dati delle assunzioni del 2013. Rivendichiamo con forza, su un tema così delicato, la serietà di Forza Italia che aveva subito dichiarato di votare a favore del decreto-legge nel suo impianto originario, nella speranza che i lavori della Commissione non lo peggiorassero, così come poi è successo nelle varie fasi del decreto-legge. Il lavoro da noi portato avanti è stato propositivo, sostenendo pochi e buoni emendamenti migliorativi che avrebbero contribuito a rendere il testo Pag. 93originario del decreto-legge Poletti ancora più vicino alle esigenze di tutela dei lavoratori e delle aspettative delle imprese che reclamano una minore burocrazia e una normativa più semplice e chiara. La spaccatura interna alla maggioranza, però, ha messo a serio rischio questi obiettivi ed il voto di fiducia che di nuovo ci si appresta a votare e che c’è stato già al Senato e che c'era stato prima alla Camera e che è il terzo voto di fiducia che avverrà qui di nuovo alla Camera, sembra essere solo un espediente per continuare ad insabbiare tutti i veri problemi sul mercato del lavoro. Così come nel passato, anche questo Governo tira fuori provvedimenti utili e attesi per stravolgere un testo rischiando di farlo decadere nel successivo rientro, cioè poi nelle navette che fanno questi decreti-legge. Se l'intento del Governo è quello di continuare ad affrontare un problema così serio come il lavoro, soprattutto rispetto alla situazione dei giovani, il Governo è certamente sulla strada sbagliata. E non porgeremo il fianco del nostro Paese alle bacchettate anche provenienti dall'Europa. Non daremo questo schiaffo a milioni di disoccupati italiani. Da mesi Bruxelles ci chiede di eliminare gli eccessi di rigidità, di legare la dinamica salariale alla produttività. Autorevoli quotidiani, quali The Economist di questa settimana, scendono nuovamente in campo nel criticare la frattura che divide insider e outsider nel mercato del lavoro italiano. Le divisioni all'interno della maggioranza parlamentare, dominata dal niet di stampo sovietico e dal no dei sindacati, mandano invece in onda un film totalmente diverso da quello richiesto dall'Europa e dalla realtà.
  Finora la strategia del Presidente del Consiglio è stata quella di chiedere una deroga ai trattati internazionali in nome delle grandi riforme. Forse il Presidente del Consiglio non se ne rende conto: non stiamo facendo di tutto per calamitare su di noi l'inevitabile responso negativo della Commissione europea rispetto a questo ? Siamo di nuovo ad un passo da una procedura di infrazione. Quindi, è fin troppo evidente come il lavoro sia stato il tema centrale per la campagna elettorale. Il parziale smontaggio del decreto-legge Poletti, realizzato in Commissione e completato al Senato, è un tributo pagato al voto del 25 maggio – ma i cittadini non si faranno ingannare – e anche al regolamento di conti interno al PD. Il lavoro non si crea per decreto, ma un decreto sbagliato può sicuramente impedire di creare tutto il lavoro possibile e sarebbe esiziale per un Paese con quasi il 44 per cento di disoccupazione giovanile. Forza Italia aspetta con curiosità, soprattutto i provvedimenti successivi a questo primo sui contratti a termine e sui contratti di apprendistato.
  Intanto teniamoci i dati negativi che ci riguardano: dal 2008 ad oggi la disoccupazione da noi è raddoppiata. Siamo, a questo punto, a 3,8 milioni di disoccupati (e nel numero non entrano quelli in cassa integrazione), mentre negli altri Paesi in crisi – Portogallo, Spagna, Irlanda, Slovenia, Cipro, Grecia – i dati di febbraio mostrano finalmente che la disoccupazione ha cominciato a scendere. Da noi, gli stessi dati, mostrano drammaticamente che continua a salire.
  In merito alla rigidità del nostro sistema (non sto parlando certo solo dell'articolo 18), noi pretendiamo che qualunque discussione sul lavoro, contratti compresi, abbia luogo a livello centrale, come è mostrato anche da questo aspetto. La flessibilità degli altri Paesi (Grecia, 43 mila disoccupati; Portogallo, 100 mila; Irlanda, 35 mila; Spagna 300 mila; Slovenia, 8 mila) ha permesso, per esempio, in Spagna, investimenti di Renault, Bayer, General Motors, gruppi messicani, giapponesi e di Hong Kong. Da noi, alla proposta in Ducati di lavorare di più in cambio di nuove assunzioni e premi di risultato più alti, il sindacato FIOM ha risposto «no», appellandosi alla protezione del cardinale Caffarra.
  Concludo, Presidente, ricordando le parole del professor Biagi: progettare per modernizzare, era questo il filo conduttore che animava la sua elaborazione progettuale. Crediamo che questo provvedimento abbia perso del tutto la sua progettualità, Pag. 94così come che sia semplicemente un provvedimento inutile, se non dannoso ed illusivo, per il Paese.

  PRESIDENTE. Colleghi, prima di dichiarare chiusa la discussione sulle linee generali, mi è d'obbligo verificare se l'onorevole Pizzolante, che però non vedo in Aula, quindi si intende vi abbia definitivamente rinunciato, e anche l'onorevole Baldassarre, non intendano intervenire.

  WALTER RIZZETTO. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  WALTER RIZZETTO. Signor Presidente, intervengo sull'ordine dei lavori, se mi è concesso, per chiedere che venga eventualmente effettuato un voto rispetto al provvedimento stesso sull'opportunità di rinviarlo nuovamente in Commissione. Quindi, visto che mi pare che il Regolamento possa prevedere questo tipo di opportunità, il mio intervento è proprio per chiedere un voto, affinché il provvedimento, che scade il 19 di questo mese, venga rinviato in Commissione.

  PRESIDENTE. Onorevole Rizzetto, io l'ho fatta parlare, però ovviamente non è questo il momento, perché non ho neanche chiuso la discussione sulle linee generali: vi sono le repliche dei relatori e del Governo. Finite le repliche e chiusa la discussione sulle linee generali, si può porre la questione. Quindi, per il momento, se lei mi consente, finisco la parte che ci è dovuta, cioè la chiusura della discussione sulle linee generali; una volta che questa è conclusa, potremo sicuramente prendere in considerazione la sua richiesta.

(Repliche dei relatori e del Governo – A.C. 2208-B)

  PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore di minoranza, onorevole Fedriga, che pure ha esaurito il proprio tempo, ma se ha bisogno di una battuta flash, la può fare.

  MASSIMILIANO FEDRIGA, Relatore di minoranza. No, signor Presidente, rinuncio all'intervento.

  PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore per la maggioranza. Onorevole Dell'Aringa, lei ha cinque minuti, se intende replicare. Prego.

  CARLO DELL'ARINGA, Relatore per la maggioranza. Signor Presidente, ringrazio della discussione, che è stata utile anche quando è stata particolarmente critica. Non ripeto argomenti utilizzati già da esponenti della maggioranza per confermare la bontà del testo e la sua idoneità ad essere trasformato in legge. Solo un paio di punti, che sono stati già sollevati giustamente da membri della maggioranza, vorrei riprendere per sottolineare quelli che, secondo me, sono gli aspetti fondamentali del decreto-legge e delle discussioni che si sono avute in queste settimane.
  Innanzitutto, un punto che riguarda la presunta rottura all'interno della maggioranza e, persino all'interno del Partito Democratico, sui contenuti di questo decreto-legge. Mi sembra che si sia reso ragione a coloro che sostengono come il contenuto fondamentale del decreto-legge è rimasto inalterato e come su alcune parti effettivamente era possibile apportare dei cambiamenti che hanno ridato equilibrio ai contenuti del decreto, sia dal punto di vista della semplificazione che delle tutele dei diritti dei lavoratori. Fra l'altro, le parti che sono state modificate dal Senato hanno riguardato aspetti importanti, sì, ma che rivestono una rilevanza non fondamentale all'interno del decreto-legge.
  Basti pensare che una delle modifiche più importanti del decreto, all'origine, è stata quella di riportare il numero delle proroghe da otto a cinque e su questo il Governo, il Senato e la Camera si sono trovati completamente d'accordo. Se dovessi Pag. 95citare un aspetto delle modifiche sostanziali apportate al decreto è questo e su questo tutti hanno avuto un parere unanime. Quindi, questa presunta rottura all'interno della maggioranza del Partito Democratico mi sembra che sia rientrata e solo pochi l'hanno ripresa in questa discussione. D'altra parte, su una materia di tale rilevanza come quella della legislazione del lavoro era chiaro che qualche elemento di riflessione e di confronto, anche acceso, potesse verificarsi.
  Due veloci battute su due punti che sono stati già sollevati. Il decreto, naturalmente, mantiene la filosofia che lo aveva ispirato fin dall'inizio, che era quella di facilitare le imprese nell'assumere lavoratori e, quindi, far sì che la ripresa produttiva, che speriamo possa arrivare nei mesi futuri, possa tradursi anche in creazione di posti di lavoro aggiuntivi. È chiaro che il decreto, come si dice, le norme non creano occupazione ma, in un complesso di interventi che possono portare l'economia a riprendersi, come quelli che il Governo sta attualmente assumendo, anche questa semplificazione delle norme può fare il suo iter positivo.
  Infine, voglio dire che il decreto si giustifica all'interno di una strategia complessiva del Governo. Se dovesse essere giudicato solo di per sé, è chiaro che gli elementi di criticità sarebbero stati maggiori, ma all'interno di una strategia più vasta il decreto assume la sembianza di una componente utile per il complesso degli interventi. Voglio ricordare il fatto che al Senato è in discussione la delega sul Jobs Act che riguarda altri interventi, forse più importanti di questo decreto, per assegnare alla politica del lavoro un ruolo ancora più decisivo, non solo per stimolare le imprese ad assumere nuovi lavoratori, ma anche per garantire i lavoratori stessi: basti pensare alla riforma degli ammortizzatori sociali e a quello che si vuol fare nel campo delle politiche attive.
  È in questo contesto che va visto questo decreto, nel suo insieme, quindi penso che se noi riportiamo alle giuste dimensioni l'importanza, senz'altro notevole, di questo decreto, ma all'interno di un quadro più generale, molti dei toni accesi che hanno caratterizzato la discussione oggi avrebbero dovuto essere molto più tenui. Quindi, il nostro compito è quello della ragionevolezza, è quello della consapevolezza che si tratta di un aspetto importante, quello della legislazione del lavoro, non è l'unico ma è un passo nella giusta direzione. Rispondeva a criteri di urgenza, è chiaro che dovrà essere completato dai provvedimenti che il Governo ha intenzione di portare avanti con il contributo delle due Camere.

  PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.

  MASSIMO CASSANO, Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali. Signor Presidente, intanto devo dire che è stata una discussione molto interessante, ci sono stati dei riscontri importanti e anche, devo dire, delle giuste preoccupazioni da parte di molti colleghi. Poi, purtroppo, ci sono anche degli aspetti negativi – molto spesso è stato citato il giorno delle elezioni europee, quindi ritengo che da parte di qualcuno sia stata fatta un po’ di demagogia probabilmente –, tuttavia ci accingiamo ad affrontare l'iter finale di questo provvedimento, che in questa sede dovrà essere esaminato unicamente in relazione alle modifiche apportate dal Senato.
  Giunti ormai a questo punto, auspico che tale provvedimento possa essere approvato nei tempi stabiliti e che il consenso espresso dalle forze di maggioranza attraverso il lavoro delle Commissioni abbia una sua solidità e abbia prodotto un testo che non è né stravolto, ma neppure è rimasto conforme rispetto a quello originario. Il primo obiettivo che il Governo si pone con tale provvedimento è quello di consentire alle imprese una maggiore agilità nella gestione dei rapporti di lavoro e, in particolare, nelle assunzioni.
  Chiaramente, questo obiettivo è strettamente connesso alla fase economica che stiamo vivendo, nella quale la ripresa non ha ancora quella solidità necessaria perché si producano conseguenze rilevanti sia Pag. 96sul piano della crescita, che sul piano occupazionale. Conseguentemente, il principale intento del Governo è far sì che le imprese in questo quadro economico, che comunque presenta elementi di novità positivi, possano cogliere al meglio le opportunità che iniziano a intravedersi. È proprio per raggiungere tale importante obiettivo che si è pensato di intervenire sui contratti a termine, che sono lo strumento maggiormente utilizzato dalle imprese nelle nuove assunzioni: infatti, essi rappresentano i due terzi delle nuove assunzioni. A tal proposito, è stato previsto un aumento della loro durata fino a 36 mesi, con cinque proroghe possibili.
  Questo secondo intendimento si collega con quanto espresso nel preambolo del disegno di legge inserito prima alla Camera e, poi, modificato in Commissione lavoro al Senato, ovvero con i provvedimenti previsti all'interno del disegno di legge delega sul lavoro, che ovviamente ha ambizioni ben più importanti e più ampie di quelle contenute in questo atto normativo. Infatti, modificando e rendendo più agile la gestione dei contratti a termine e di quelli di apprendistato, il Governo intende perseguire un ulteriore obiettivo. Ci si attende che questo intervento provochi uno spiazzamento delle forme di contratto che non hanno alcuna o scarsa protezione sociale per i lavoratori.
  La finalità dell'Esecutivo è quella di rendere tali strumenti, contratti a termine e di apprendistato, così come ridefiniti con questo provvedimento, più appetibili rispetto all'uso delle partite IVA, ai Co.co.pro. e ai contratti di associazione in partecipazione. Il Parlamento dovrà misurare l'efficacia del provvedimento proposto dal Governo in ordine proprio a questi obiettivi. Evidenzio che è stata inserita una norma che prevede che il Governo, dopo un anno, debba presentare alle Camere una relazione dettagliata, basata anche sulle comunicazioni obbligatorie che i datori di lavoro devono fare ogni volta che assumono una persona. Così le Camere potranno verificare se gli obiettivi che hanno costituito la motivazione di questo provvedimento siano stati effettivamente raggiunti. Lo stesso Ministro Poletti ha affermato che se queste norme non raggiungeranno gli scopi prefissati, evidentemente, il Governo dovrà rimetterci mano, quindi il Parlamento ha l'occasione di fare tra un anno una puntuale verifica.
  Le modifiche apportate al testo dal Senato sono ora nuovamente all'esame di questa Assemblea e rappresentano il futuro del confronto e della dialettica parlamentare propri di una democrazia parlamentare. Mi riferisco alla diminuzione delle proroghe da otto a cinque, nell'equilibrio tra i rinnovi che non hanno un numero definito e le proroghe che hanno un numero definito e puntuale (appunto, sono cinque).
  Mi riferisco, inoltre, alla norma che tutela meglio le donne in maternità in ordine alla trasformazione del contratto da tempo determinato a tempo indeterminato, per le quali il periodo di congedo obbligatorio è considerato e conteggiato nel tempo necessario per poter acquisire il diritto di precedenza. Alle medesime lavoratrici è altresì riconosciuto, con le stesse modalità, il diritto di precedenza anche nelle assunzioni a tempo determinato effettuate dal datore di lavoro entro i successivi 12 mesi. Inoltre, è stato confermato quanto era contenuto nella legislazione in merito al periodo transitorio nell'applicazione delle nuove norme. Mi riferisco al rinvio ai contratti nazionali di lavoro, i quali, se dispongono di norme più favorevoli o termini diversi e concordati tra le parti sociali valgono in via prevalente rispetto alle stesse norme contenute nella legge.
  Tra le novità, ricordo che è stata introdotta la deroga sull'apprendistato, qualora questo strumento venga utilizzato per il conseguimento della qualifica o del diploma professionale.
  Si tratta di una norma coordinata con il cosiddetto «decreto Carrozza», con il quale viene avviata un'interessante sperimentazione proprio sull'apprendistato.
  È mio intento soffermarmi, infine, su ulteriori ma non meno importanti elementi di novità. Ricordo, in particolare, il tema delle sanzioni, su cui molto si è Pag. 97dibattuto. Ritengo che la norma approvata in Commissione lavoro abbia efficacia dissuasiva per le imprese che intendano adottare comportamenti distorsivi della normativa e rappresenti il giusto contemperamento degli interessi espressi dalle forze politiche. Gli introiti derivanti dalle sanzioni andranno ad alimentare il Fondo sociale per l'occupazione e la formazione.
  Ha ricevuto, inoltre, unanime consenso la norma che consente agli enti di ricerca, siano essi pubblici che privati, di derogare fino al vincolo del 20 per cento sul complesso dei contratti a tempo determinato, proprio per la natura specifica di questi tipi di aziende o enti che operano normalmente con un'organizzazione del tutto specifica e particolare. Inoltre, vi è l'estensione della durata del termine oltre i 36 mesi per tutti quei contratti a tempo determinato che vedono il lavoratore impegnato in uno specifico progetto. Ritengo che ciò sia un elemento che permette di valorizzare il lavoro dei ricercatori e permette altresì alle aziende di potere utilizzare tutte le risorse che anche le istituzioni internazionali, in particolare l'Europa, mettono a disposizione.
  Evidenzio, inoltre, tra le novità, l'introduzione dell'apprendistato stagionale, ossia la possibilità di porre un termine al contratto di apprendistato in quelle regioni o province autonome dove vige il sistema di alternanza scuola-lavoro. Ricordo, infine, che è stato rinforzato l'elemento formativo per l'apprendistato, relativamente all'offerta formativa che le regioni debbono predisporre in forma più appropriata e continuativa rispetto alla precedente normativa. Nel complesso, ritengo che le modifiche apportate dal Senato mirino a realizzare una maggiore semplificazione a favore delle imprese, per facilitarle nell'assunzione e nella creazione di nuovi posti di lavoro.
  Concludo dicendo a tutti voi che sono convinto che questo provvedimento riuscirà a realizzare gli obiettivi che con esso il Governo si prefigge.

(Esame dell'articolo unico – A.C. 2208-B)

  PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo unico del disegno di legge di conversione (Vedi l'allegato A – A.C. 2208-B) approvato dalla Camera (Vedi l'allegato A – A.C. 2208-B), nel testo recante le modificazioni apportate dal Senato.
  Avverto che le proposte emendative presentate sono riferite agli articoli del decreto-legge, nel testo recante le modificazioni apportate dal Senato (Vedi l'allegato A – A.C. 2208-B).
  Avverto che non sono pubblicati nel fascicolo, a norma dell'articolo 70, comma 2, del Regolamento, gli emendamenti presentati direttamente in Assemblea non riferiti a parti modificate dal Senato (Vedi l'allegato A – A.C. 2208-B).
  Le Commissioni I (Affari costituzionali) e V (Bilancio) hanno espresso i prescritti pareri, che sono distribuiti in fotocopia (Vedi l'allegato A – A.C. 2208-B).
  Informo l'Assemblea che in relazione al numero di emendamenti presentati, la Presidenza applicherà l'articolo 85-bis del Regolamento, procedendo in particolare a votazioni per principi o riassuntive, ai sensi dell'articolo 85, comma 8, ultimo periodo, ferma restando l'applicazione dell'ordinario regime delle preclusioni e delle votazioni a scalare.
  A tal fine il gruppo Sinistra Ecologia Libertà è stato invitato a segnalare gli emendamenti da porre comunque in votazione.
  Questo, onorevole Rizzetto, è il momento nel quale si può chiedere il rinvio in Commissione. Se lei è d'accordo, acquisisco l'intervento che ha fatto precedentemente e lo considero come posto in questo momento. A questo punto, sulla richiesta di rinvio in Commissione testé avanzata, chiedo ai relatori di esprimere il proprio orientamento, ai sensi dell'articolo 86, comma 7, del Regolamento. Qual è il suo orientamento sulla richiesta di rinvio in Commissione, onorevole Dell'Aringa ?

Pag. 98

  CARLO DELL'ARINGA, Relatore per la maggioranza. Signor Presidente, il parere è contrario.

  PRESIDENTE. Onorevole Fedriga ?

  MASSIMILIANO FEDRIGA, Relatore di minoranza. Signor Presidente, il parere è favorevole.

  PRESIDENTE. Ai sensi dell'articolo 41, comma 1, del Regolamento, sulla proposta di rinvio in Commissione darò la parola ad un oratore contro e ad uno a favore per non più di cinque minuti. Ha chiesto di parlare contro l'onorevole Rosato, mentre ha chiesto di parlare a favore l'onorevole Airaudo.

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 18,45).

  PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico senza registrazione di nomi, decorre da questo momento il termine di preavviso di cinque minuti previsto dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.

Si riprende la discussione del disegno di legge di conversione n. 2208-B.

(Ripresa esame dell'articolo unico – A.C. 2208-B)

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare contro l'onorevole Rosato. Ne ha facoltà.

  ETTORE ROSATO. Signor Presidente, io credo che chi ha ascoltato, ed io l'ho fatto, il lungo dibattito che c’è stato oggi in questa Aula, dove con numerosi interventi a favore è stato approfondito il tema ed è stato ricordato il lavoro svolto in queste settimane nella fase della prima lettura, poi in quella del Senato, nella seconda lettura su questo provvedimento, ha ben chiaro che non c’è nessun motivo per tornare in Commissione; tutt'altro, c’è stato un lavoro approfondito, c’è stato un esame del provvedimento che lo ha indubbiamente migliorato, c’è stato un lavoro fatto con il Governo, che ringrazio, che è stato un lavoro di grande qualità e la sintesi a cui ci hanno portato i lavori di Commissione con i relatori è una sintesi assolutamente da noi condivisa e che riesce a rappresentare quella necessità di un salto avanti sui provvedimenti del lavoro.
  Quindi, mi sembra che qualsiasi rinvio sia assolutamente strumentale, teso a non rendere questi lavori d'Aula più rapidi ed aderenti a quelle che sono le necessità del Paese, ma semplicemente a costruire condizioni per fare campagna elettorale. Noi invece pensiamo che qui non siamo per fare campagna elettorale e l'intervento dell'ultimo collega del MoVimento 5 Stelle, che è stato un comizio fuori tema lo ha dimostrato, ma siamo qui a interessarci di quelli che sono i problemi del Paese. Questo decreto affronta problemi seri di questo Paese e noi pensiamo che qualsiasi rinvio o qualsiasi ritardo non serva a nulla se non a danneggiare il nostro Paese, cosa a cui noi non vogliamo contribuire nemmeno con un rinvio in Commissione inutile.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare a favore della proposta dell'onorevole Rizzetto l'onorevole Airaudo. Ne ha facoltà.

  GIORGIO AIRAUDO. Signor Presidente, io penso che l'onorevole Rizzetto proponga a quest'Aula un estremo tentativo generoso per risolvere una contraddizione che è palesata dal fatto che noi siamo qua di nuovo a discutere del decreto lavoro. Lo siamo dopo due fiducie nelle due Camere, lo siamo dopo un lavoro di sintesi che noi non abbiamo condiviso, ma cui abbiamo partecipato come opposizioni, la mia parte ma non solo la mia parte, proprio nel primo esame qui alla Camera e siamo qui proprio perché delle contraddizioni si sono abbondantemente palesate tra ciò che era uscito da questa Camera dei deputati, ciò che ha modificato il Senato e ciò che il Senato ci restituisce. Pag. 99Quindi, io credo che qualunque tentativo per affrontare davvero il problema della disoccupazione in questo Paese, per dare davvero una soluzione di lavoro e non di precarietà e non di ricattabilità, come faremo se porteremo questo decreto di nuovo all'esame in questa Aula, e lo porteremo vista la gradita presenza del Ministro Boschi, che credo ci sia venuta a trovare per portarci qualche notizia che sicuramente ci stupirà e deluderà il mio collega onorevole Rizzetto... Io penso che se possiamo deludere l'onorevole Boschi e riportare questo lavoro in Commissione lei ci perdonerà, ma faremo cosa gradita alle lavoratrici e ai lavoratori (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà e MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Il Presidente sta cercando di prendere tempo perché mancherebbe un minuto alla scadenza dei cinque minuti che erano necessari per procedere alla votazione. La Presidenza confidava nelle argomentazioni dell'onorevole Airaudo che invece sono state particolarmente sintetiche, però sicuramente incisive, onorevole Airaudo. A questo punto se tutti i colleghi sono pronti sono anche decorsi i cinque minuti.
  Passiamo dunque ai voti.
  Pongo in votazione, mediante procedimento elettronico senza registrazione di nomi, la proposta di rinvio del provvedimento in Commissione.
  Ciprini, Marazziti, Fabbri, Pisicchio...
  La Camera respinge per settantaquattro voti di differenza.

(Posizione della questione di fiducia – Articolo unico – A.C. 2208-B)

  PRESIDENTE. Ha chiesto di intervenire il Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento, Maria Elena Boschi. Ne ha facoltà.

  MARIA ELENA BOSCHI, Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento.
  Signor Presidente, onorevoli colleghi, a nome del Governo, autorizzata dal Consiglio dei ministri pongo la questione di fiducia sull'approvazione, senza emendamenti né articoli aggiuntivi, dell'articolo unico del disegno di legge di conversione del decreto-legge 20 marzo 2014, n. 34, recante disposizioni urgenti per favorire il rilancio dell'occupazione e per la semplificazione degli adempimenti a carico delle imprese nel testo della Commissione identico a quello già approvato dal Senato.

  PRESIDENTE. A seguito della posizione della questione di fiducia, la Conferenza dei presidenti di gruppo è convocata alle ore 19 presso la biblioteca del Presidente per definire l'articolazione del dibattito fiduciario. La seduta riprenderà al termine di tale riunione.

  MASSIMILIANO FEDRIGA. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  MASSIMILIANO FEDRIGA. Signor Presidente, per intervenire sulla questione di fiducia che ha posto il Governo in questo momento. Noi riteniamo che, malgrado le disponibilità manifestate dalle opposizioni, malgrado anche il mio nuovo intervento come relatore di minoranza e malgrado anche gli intenti dimostrati, per esempio, dalla presentazione di soli dieci emendamenti da parte del gruppo della Lega Nord, la maggioranza ha dovuto, e il Governo ha voluto, mettere e apporre la questione di fiducia su un provvedimento che poteva tranquillamente essere trattato in tempi ragionevolmente certi. Prendiamo atto che questa maggioranza per stare in piedi deve porre la questione di fiducia perché troppo divisa al suo interno malgrado si stia trattando di un provvedimento che di lacerazioni dovrebbe semplicemente provocarne giusto che mette zero euro a favore della disoccupazione di questo Paese. Noi, quindi, rimarchiamo che per l'ennesima volta viene maltrattato il Parlamento, per l'ennesima volta non viene permesso di discutere su un decreto Pag. 100lavoro che dovrebbe essere uno dei punti centrali dell'azione di questo Governo, ma che come vediamo il lavoro viene sempre dopo le nomine che Renzi ha fatto (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie e MoVimento 5 Stelle).

  SIMONE BALDELLI. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, anche il mio gruppo aveva presentato pochissimi emendamenti, otto emendamenti. Intervengo brevemente solo per lasciare agli atti il rammarico per il fatto che non si è proceduto in maniera ordinaria e ordinata all'esame di questo provvedimento che, invece, avrebbe potuto essere svolto senza l'apposizione della questione di fiducia.

  WALTER RIZZETTO. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  WALTER RIZZETTO. Signor Presidente, intervengo soltanto per precisare che prima il MoVimento 5 Stelle si era dimostrato comunque proattivo nei confronti anche di un ritiro di parte degli emendamenti. Dopodiché le cose non sono evidentemente andate come da noi sperato nel senso che se e qualora vi fossero stati degli emendamenti da ritirare, noi saremmo stati disponibili a fare questo per poi proseguire comunque un dibattito parlamentare fatto anche dalle opposizioni su questo decreto-legge. Quindi, registriamo anche questa volta che politicamente non si vuole discutere dentro quest'Aula una manciata di emendamenti, la strada era dritta come l'avete già impostata precedentemente al Senato e l'avete mantenuta. Insomma, questa decisione la state portando avanti rispetto a un decreto-legge che, come abbiamo già più volte preannunciato, detto e sottolineato, non creerà posti di lavoro, ma continuerà a creare precarietà. Non ci sembrava opportuno ed utile giocarsi questa carta sulle spalle dei lavoratori (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  GIORGIO AIRAUDO. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  GIORGIO AIRAUDO. Signor Presidente, noi ne avevamo presentati 201 di emendamenti, avevamo accettato la richiesta di indicarne 30 ed eravamo disponibili a selezionarli, non perché pensavamo che questi emendamenti avrebbero cambiato il segno di un decreto-legge che non condividiamo e che riteniamo dannoso e sbagliato per i lavoratori, soprattutto.
  Però, eravamo disponibili a discutere e a cercare di ridurre il danno, almeno per i lavoratori: invece, si mette per l'ennesima volta la fiducia e si impedisce anche la possibilità di ridurre il danno. Useremo tutti gli strumenti parlamentari a nostra disposizione per provare a impedirvi di continuare a danneggiare il lavoro.

  ETTORE ROSATO. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  ETTORE ROSATO. Signor Presidente, intervengo perché restino a verbale le motivazioni che hanno spinto non il Governo – per il Governo, si esprime il Governo –, ma la maggioranza a sostenere la scelta che il Governo ha fatto di porre la fiducia. Nonostante i tentativi (ma io considero sempre legittimi i comportamenti dell'opposizione) di arrivare a una composizione, stante il nostro Regolamento, come si sa, bastano 20 emendamenti per tenere un Parlamento bloccato una settimana su un decreto. Stante l'impossibilità ad arrivare a un percorso concordato di definizione della data di conversione di questo decreto, che comunque scade la prossima settimana, la strada è obbligata.
  Io credo che se ci sarà un senso di responsabilità per modificare il Regolamento, non sarà più necessario procedere Pag. 101tante volte a mettere la fiducia, anche perché su questo provvedimento non c’è nessuna divisione all'interno della maggioranza. C’è solo una chiara posizione della maggioranza, cioè quella di convertirlo rapidamente.

  PRESIDENTE. Se non vi sono altri interventi, sospendo la seduta, non prima di aver ricordato ai capigruppo che la Conferenza dei Presidenti di gruppo è convocata immediatamente nella Sala della Biblioteca del Presidente. La seduta è sospesa.

  La seduta, sospesa alle 18,55, è ripresa alle 19,40.

Sui lavori dell'Assemblea.

  PRESIDENTE. Comunico che, a seguito della riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo, si è convenuto che domani, a partire dalle ore 17 (con eventuale prosecuzione notturna), proseguirà l'esame del disegno di legge n. 2208-B – Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 20 marzo 2014, n. 34, recante disposizioni urgenti per favorire il rilancio dell'occupazione e per la semplificazione degli adempimenti a carico delle imprese (Approvato dalla Camera e modificato dal Senato – scadenza: 19 maggio 2014): dopo le dichiarazioni di voto sulla questione di fiducia posta oggi dal Governo sul provvedimento, avrà luogo, dalle ore 18,50, la relativa votazione per appello nominale.
  Il termine per la presentazione degli ordini del giorno è fissato per le ore 11 di domani.
  Comunico inoltre che mercoledì 14 maggio, dopo il disegno di legge n. 2208-B – Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 20 marzo 2014, n. 34, recante disposizioni urgenti per favorire il rilancio dell'occupazione e per la semplificazione degli adempimenti a carico delle imprese (Approvato dalla Camera e modificato dal Senato – scadenza: 19 maggio 2014), saranno iscritti all'ordine del giorno l'esame della domanda di autorizzazione ad eseguire la misura cautelare della custodia in carcere nei confronti del deputato Genovese (Doc. IV, n. 6-A), il seguito dell'esame del disegno di legge n. 2325 – Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 31 marzo 2014, n. 52, recante disposizioni urgenti in materia di superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari (Approvato dal Senato – scadenza: 31 maggio 2014) e il seguito dell'esame delle mozioni Giancarlo Giorgetti ed altri n. 1-00439, Santerini ed altri n. 1-00455 e Brunetta ed altri n. 1-00459 concernenti iniziative in relazione all'operazione Mare Nostrum e al rafforzamento dei controlli alle frontiere.
  L'organizzazione dei tempi per l'esame del Doc. IV, n. 6-A sarà pubblicata in calce al resoconto stenografico della seduta odierna.

Annunzio della presentazione di un disegno di legge di conversione e sua assegnazione a Commissione in sede referente.

  PRESIDENTE. Comunico che il Presidente del Consiglio dei ministri ha presentato alla Presidenza il seguente disegno di legge, che è assegnato, ai sensi dell'articolo 96-bis, comma 1, del Regolamento, in sede referente, alla VIII Commissione (Ambiente): «Conversione in legge del decreto-legge 12 maggio 2014, n. 74, recante misure urgenti in favore delle popolazioni dell'Emilia-Romagna colpite dal terremoto e dai successivi eventi alluvionali verificatisi tra il 17 e il 19 gennaio 2014, nonché per assicurare l'operatività del Fondo per le emergenze nazionali» (2365) – Parere delle Commissioni I, V, VII, X, XII e XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.
  Il suddetto disegno di legge, ai fini dell'espressione del parere previsto dal comma 1 del predetto articolo 96-bis, è altresì assegnato al Comitato per la legislazione.

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Ordine del giorno della seduta di domani.

  PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

  Martedì 13 maggio 2014, alle 17:
  Seguito della discussione del disegno di legge:
   Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 20 marzo 2014, n. 34, recante disposizioni urgenti per favorire il rilancio dell'occupazione e per la semplificazione degli adempimenti a carico delle imprese (Approvato dalla Camera e modificato dal Senato) (C. 2208-B).
  — Relatori: Dell'Aringa per la maggioranza; Fedriga di minoranza.

  La seduta termina alle 19,45.

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ORGANIZZAZIONE DEI TEMPI D'ESAME DEL DOC. IV, N. 6-A

Doc. IV n. 6-A – Domanda di autorizzazione ad eseguire la misura cautelare della custodia in carcere nei confronti del deputato Genovese

Tempo complessivo: 3 ore.

Relatore 15 minuti
Richiami al regolamento 5 minuti
Tempi tecnici 5 minuti
Interventi a titolo personale 29 minuti (con il limite massimo di 3 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 2 ore e 6 minuti
 Partito Democratico 36 minuti
 MoVimento 5 Stelle 17 minuti
 Forza Italia – Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente 13 minuti
 Sinistra Ecologia Libertà 10 minuti
 Nuovo Centrodestra 9 minuti
 Scelta civica per l'Italia 9 minuti
 Lega Nord e Autonomie 9 minuti
 Per l'Italia 8 minuti
 Fratelli d'Italia – Alleanza Nazionale 7 minuti
 Misto: 8 minuti
  Centro Democratico 2 minuti
  Minoranze Linguistiche 2 minuti
  MAIE – Movimento Associativo italiani all'estero – Alleanza per l'Italia (API) 2 minuti
  Partito Socialista Italiano (PSI) –
  Liberali per l'Italia (PLI)
2 minuti