Camera dei deputati

Vai al contenuto

Sezione di navigazione

Menu di ausilio alla navigazione

MENU DI NAVIGAZIONE PRINCIPALE

Vai al contenuto

Resoconto dell'Assemblea

Vai all'elenco delle sedute

XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 219 di lunedì 28 aprile 2014

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE LUIGI DI MAIO

  La seduta comincia alle 11.

  ANNA ROSSOMANDO, Segretario, legge il processo verbale della seduta di giovedì 24 aprile 2014.
  (È approvato).

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Alli, Amici, Attaguile, Baldelli, Baretta, Bellanova, Dorina Bianchi, Bindi, Biondelli, Bobba, Bocci, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Brescia, Bressa, Brunetta, Bruno Bossio, Caparini, Capezzone, Casero, Causin, Cicchitto, Cirielli, Costa, D'Ambrosio, D'Uva, Dambruoso, Damiano, De Girolamo, Del Basso De Caro, Dellai, Di Gioia, Di Lello, Epifani, Fava, Ferranti, Fico, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Fraccaro, Franceschini, Galan, Garavini, Gasbarra, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Legnini, Leone, Lorenzin, Lotti, Lupi, Magorno, Giorgia Meloni, Merlo, Meta, Migliore, Mogherini, Orlando, Pes, Gianluca Pini, Pisicchio, Pistelli, Ravetto, Realacci, Andrea Romano, Rossi, Sani, Scalfarotto, Schullian, Scopelliti, Sereni, Sisto, Speranza, Tabacci, Valeria Valente, Vecchio, Velo, Vignali, Vito e Zanetti sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
  I deputati in missione sono complessivamente novantadue, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

  Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

Trasmissione dal Senato di un disegno di legge di conversione e sua assegnazione a Commissioni in sede referente (ore 11,05).

  PRESIDENTE. Il Presidente del Senato, con lettera in data 24 aprile 2014, ha trasmesso alla Presidenza il seguente disegno di legge, che è stato assegnato, ai sensi dell'articolo 96-bis, comma 1, del Regolamento, in sede referente, alle Commissioni riunite II (Giustizia) e XII (Affari sociali):
   S. 1417 – «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 31 marzo 2014, n. 52, recante disposizioni urgenti in materia di superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari» (Approvato dal Senato) (2325) – Parere delle Commissioni I, V e XI e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

  Il suddetto disegno di legge, ai fini dell'espressione del parere previsto dal comma 1 del predetto articolo 96-bis, è stato altresì assegnato al Comitato per la legislazione.

Pag. 2

Discussione congiunta dei disegni di legge: Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea – Legge di delegazione europea 2013 – secondo semestre (A.C. 1836-A); Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea – Legge europea 2013-bis (A.C. 1864-A) (ore 11,07).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione congiunta del disegno di legge n. 1836-A: Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea – Legge di delegazione europea 2013 – secondo semestre, e del disegno di legge n. 1864-A: Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea – Legge europea 2013-bis.
  Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).

(Discussione congiunta sulle linee generali – A.C. 1836-A e A.C. 1864-A)

  PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione congiunta sulle linee generali.
  I presidenti dei gruppi parlamentari MoVimento 5 Stelle e Partito Democratico ne hanno chiesto l'ampliamento.
  La XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea) si intende autorizzata a riferire oralmente.
  Ha facoltà di intervenire sul disegno di legge di delegazione europea 2013 – secondo semestre, in sostituzione del relatore, e sul disegno di legge europea 2013-bis il presidente della XIV Commissione, deputato Michele Bordo.

  MICHELE BORDO, Presidente della XIV Commissione. Signor Presidente, onorevoli colleghi, oggi, per la seconda volta dall'approvazione della legge n. 234 del 2012, affrontiamo la legge europea e la legge di delegazione europea.
  La presentazione di un'ulteriore legge europea riferita sempre all'anno 2013 risponde all'esigenza che il nostro Paese giunga preparato al meglio all'appuntamento del semestre italiano di Presidenza dell'Unione europea. Ricordo, infatti, che purtroppo, malgrado lo sforzo fatto fino a questo momento dal Governo e dal Parlamento per risolvere il più ampio numero di contenziosi con la Commissione europea, ancora oggi deteniamo il record negativo in Europa per procedure di infrazione aperte e ciò non solo espone l'Italia al rischio di ingentissime condanne pecuniarie, ma mette in discussione l'immagine di partner serio ed affidabile del nostro Paese.
  L'approvazione della legge europea 2013-bis consentirà di chiudere 8 procedure di infrazione, di risolvere 12 casi EU Pilot, di conformare l'ordinamento italiano a principi interpretativi stabiliti da due sentenze emesse dalla Corte di giustizia europea su rinvii pregiudiziali di giudici nazionali, prevenendo il possibile avvio di nuove procedure di infrazione, e di dare tempestiva e piena attuazione a cinque atti normativi dell'Unione europea, prevenendo anche in questo caso eventuali infrazioni.
  Nel merito, il provvedimento contiene 35 articoli relativi a disposizioni eterogenee, che investono ambiti di competenza diversi.
  Sono previste disposizioni in materia di libera circolazione delle persone, dei beni e dei servizi, concernenti i requisiti per la concessione di borse di studio universitarie per il perfezionamento all'estero, l'immigrazione e i rimpatri, i requisiti di commercializzazione in Italia di camini o condotti in plastica, i servizi investigativi privati che si svolgono nel nostro Paese.
  Numerose sono poi le disposizioni in materia tributaria, riguardanti il regime applicabile ai contribuenti fiscalmente residenti in un altro Stato membro che producono e/o ricavano la maggior parte del loro reddito in Italia, l'estensione del regime di esenzione dell'imposta sulla successione e sulla donazione, l'ambito oggettivo di applicazione delle imposte sul valore Pag. 3delle attività finanziarie all'estero, la riscossione coattiva dei redditi aventi ad oggetto dazi doganali e l'IVA alle importazioni, le autorità competenti per il rispetto della normativa sugli strumenti derivati, le controparti centrali e i repertori di dati sulle negoziazioni.
  Nell'ambito del lavoro e delle politiche sociali, sono altresì previste disposizioni che rafforzano la tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori e la previsione del riordino della normativa sui lavoratori nel settore delle navi da pesca.
  C’è poi un complesso di norme sui temi dell'ambiente: a tal riguardo, ricordo le disposizioni riguardanti l'istituzione dell'infrastruttura per l'informazione territoriale nella Comunità europea, la partecipazione del pubblico nell'elaborazione di taluni piani o programmi in materia ambientale, l'assoggettabilità alle procedure di valutazione di impatto ambientale e di valutazione di impatto strategico, l'armonizzazione della disciplina dell'inquinamento acustico e la disciplina qualificatoria e risarcitoria in materia di danno ambientale.
  Sono altresì previste norme sulla protezione della fauna selvatica e per il prelievo venatorio riguardante gli impianti di cattura di uccelli per richiami vivi.
  A tutela della concorrenza sono inoltre previste disposizioni sugli affidamenti di incarichi di progettazione nei contratti pubblici, sulla riduzione dei prezzi dell'energia elettrica e su nuove attribuzioni dell'Autorità per l'energia ed il gas, sulla rete di distribuzione dei carburanti, con riferimento alle stazioni ubicate nelle aree urbane.
  Le restanti disposizioni riguardano invece un regime transitorio per la protezione del diritto d'autore e per i modelli di design industriale, la lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali (con l'introduzione di norme sulle prassi inique), la responsabilità dello Stato per violazione grave e manifesta del diritto dell'Unione europea da parte di un organo giurisdizionale di ultimo grado.
  Ricordo infine che la norma di copertura dei maggiori oneri derivanti dall'estensione di agevolazioni fiscali a non residenti (imposta di successione e IVAFE), nonché dagli obblighi risarcitori dello Stato per violazione da parte di un organo giurisdizionale, è volta ad incidere sulle agevolazioni previste sui consumi medi standardizzati di gasolio e in agricoltura.
  Nel corso dell'esame in Commissione sono stati presentati circa 160 emendamenti e sono state apportate modificazioni volte a migliorare il testo proposto dal Governo, per renderlo maggiormente idoneo a superare i rilievi formulati dalla Commissione europea.
  Al fine di prevenire l'apertura di nuove procedure di infrazione, sono stati introdotti articoli aggiuntivi tesi a superare i rilievi mossi, in alcuni casi EU Pilot, relativi alla ragione sociale nelle società tra avvocati, all'utilizzo dei termini «cuoio», «pelle», «pelliccia» e derivati o sinonimi, agli obblighi in materia di relazioni e di documentazioni in caso di fusioni e scissioni e in materia di bevande analcoliche.
  Una nuova disposizione, finalizzata alla chiusura di una nuova procedura di infrazione aperta nel novembre 2013, adegua determinate direttive in materia di diritto di stabilimento e libera prestazione dei servizi, a seguito dell'adesione della Repubblica di Croazia all'Unione europea.
  Per garantire un migliore adeguamento dell'ordinamento interno all'ordinamento europeo sono state ampliate le funzioni della Guardia di finanza nel contrasto delle frodi in danno dei bilanci dell'Unione europea, dello Stato e degli enti territoriali. Inoltre, ai fini della piena attuazione della normativa europea, vengono assegnate alla Corte dei conti funzioni di verifica e monitoraggio sull'osservanza delle regole di bilancio delle pubbliche amministrazioni. A seguito di sentenze pregiudiziarie della Corte di giustizia, sono state inserite disposizioni concernenti l'istituto dell'avvalimento nei contratti pubblici e modifiche al Codice delle pari opportunità tra uomo e donna. Infine, è stata introdotta una misura per lo sviluppo della ricerca applicata alla pesca per Pag. 4superare una limitazione presente nella normativa italiana sulla pesca a fini scientifici che non trova corrispondenza nella normativa europea.
  Voglio richiamare, in conclusione, l'intenso lavoro svolto da tutte le Commissioni in sede consultiva, oltre che dal Comitato per la legislazione e dalla Commissione politiche dell'Unione europea in sede referente nell'esame del provvedimento. In particolare, il lavoro svolto dalla XIV Commissione si è concentrato sull'esigenza di accertare e garantire la coerenza dei testi e delle modifiche ad essi apportate con i contenuti propri dello strumento legislativo in questione, così come definiti dalla legge n. 234 del 2012.
  Questo sforzo, per il quale intendo ringraziare tutti i gruppi presenti nella XIV Commissione, oltre che il Governo e i funzionari della Commissione e della Camera, si è concretizzato nell'estremo rigore con il quale abbiamo valutato le proposte di modifica a noi sottoposte, al fine di non consentire che nel provvedimento potessero essere inserite disposizioni estranee al suo contenuto proprio, come troppe volte è avvenuto in passato nell'esame parlamentare delle leggi comunitarie, divenute molto spesso delle vere e proprie leggi omnibus. Non abbiamo, quindi, ritenuto di dover approvare quelle disposizioni che andavano oltre l'esigenza di dare soluzione alle specifiche contestazioni mosse all'Italia dalla Commissione europea e che utilizzano lo strumento della legge europea per rispondere ad ulteriori esigenze e finalità. Si tratta di questioni che, sebbene rilevanti, meritano tuttavia un apposito esame ed approfondimento da parte delle Commissioni di merito. Auspico, quindi, che a questa esigenza di rigore si possa accompagnare una celere approvazione del provvedimento quale segnale della volontà del nostro Paese di rispondere con efficacia e rapidità ai propri doveri quale Stato membro dell'Unione europea.
  Passerò ora, in sostituzione del relatore, onorevole Alli, all'illustrazione della legge di delegazione europea 2013-secondo semestre, che rappresenta il secondo disegno di legge di delegazione contenente deleghe per il recepimento di direttive e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea presentato dal Governo con riferimento all'anno 2013.
  Ricordo che la legge n. 234 del 2012 prevede che, qualora si rilevino ulteriori esigenze di adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea, dopo l'approvazione della legge di delegazione europea per l'anno di riferimento, il Governo può presentare alle Camere un ulteriore disegno di legge di delegazione europea contenente l'anno di riferimento e la dicitura «secondo semestre». Successivamente alla legge annuale di delegazione europea 2013, che abbiamo approvato il 31 luglio dell'anno scorso, sono state pubblicate numerose direttive, molte delle quali necessitano di recepimento con norme di rango primario e recano un termine di recepimento che non consente di rinviare il conferimento delle relative deleghe al successivo disegno di legge di delegazione europea riferito all'anno 2014. Il Governo ha pertanto deciso di presentare questo ulteriore disegno di legge riferito all'anno 2013-secondo semestre, che mi accingo ad illustrare.
  La legge di delegazione europea 2013-secondo semestre è intesa a recepire e attuare entro i termini prescritti 17 atti legislativi europei, tra cui direttive, decisioni quadro, regolamenti non autoapplicativi, prevenendo anche in questo caso possibili infrazioni. Ricordo che, in caso di mancato recepimento di una direttiva entro il termine da essa previsto, la Commissione europea avvia, entro uno o due mesi, una procedura di infrazione che può concludersi con l'immediata richiesta alla Corte di giustizia di comminare una condanna pecuniaria allo Stato inadempiente. Peraltro, anche questo provvedimento è inteso a dare soluzione ad una procedura di infrazione.
  Il contenuto della legge di delegazione europea che discutiamo prevede, agli articoli 1 e 2, una delega di carattere generale ed una delega biennale per l'introduzione Pag. 5di sanzioni per le violazioni di obblighi comunitari riservate alla competenza degli Stati nazionali.
  Nei successivi articoli da 3 a 11 sono contenuti specifici principi e criteri direttivi per l'attuazione del diritto dell'Unione in vari ambiti, tra cui gli enti creditizi e le imprese di investimento in merito alla vigilanza prudenziale e all'affidamento alle valutazioni delle agenzie di rating del credito; specifici criteri di delega sono posti riguardo ai fondi europei per il venture capital e per l'imprenditoria sociale, allo scambio di informazioni e intelligence tra Stati membri dell'Unione europea, al riconoscimento della protezione internazionale e all'accoglienza e alla risoluzione alternativa delle controversie dei consumatori. È inoltre prevista l'emanazione di un testo unico in materia di asilo, protezione sussidiaria e protezione temporanea con criteri direttivi specifici, nonché il posticipo dei termini di delega recati dalla legge di contabilità e finanza n. 196 del 2009.
  Le ulteriori direttive elencate negli allegati intervengono in numerose materie, tra cui l'utilizzo dell'informazione nel settore pubblico, l'attività di assicurazione e riassicurazione, la formazione per la gente di mare, gli articoli pirotecnici, la sicurezza delle operazioni in mare nel settore degli idrocarburi, gli scambi e l'importazione di cani, gatti e furetti, il bilancio d'esercizio e consolidati e le relative relazioni delle imprese, il controllo da parte dello Stato di approdo e le frodi in materia di IVA.
  Nel corso dell'esame in Commissione sono state apportate significative modifiche in materia di asilo, protezione sussidiaria e protezione temporanea, fissando ulteriori principi e criteri specifici per l'emanazione del testo unico e per il recepimento delle due direttive di rifusione della direttiva procedure e accoglienza. Sono state infine aggiunte due nuove direttive agli allegati A e B, riguardanti rispettivamente la disciplina IVA applicabile alle regioni ultraperiferiche francesi e la disciplina delle sostanze prioritarie nel settore della politica delle acque.
  Da questa rapida illustrazione emerge la complessità e la varietà delle tematiche che vengono affrontate dal disegno di legge, per il quale auspico, così come per la legge europea, una rapida approvazione da parte della Camera in vista di un'altrettanta rapida approvazione in via definitiva, che assume carattere di particolare importanza ed urgenza sia per definire una serie di procedure già aperte sia per prevenire l'apertura di nuove.
  Sottolineo, in conclusione, come le misure contenute nei provvedimenti all'esame dell'Assemblea forniscano un quadro soddisfacente dell'impegno assunto dal nostro Paese con la legge europea 2013-bis e la legge di delegazione europea – secondo semestre, volte complessivamente a dare soluzione a nuove procedure di infrazione pendenti nonché a 12 casi EU Pilot che porterebbero altrimenti all'apertura di altrettante infrazioni, e a dare attuazione a 22 atti normativi e a principi interpretativi stabiliti da due sentenze emesse dalla Corte di giustizia in via pregiudiziale.
  È forte il convincimento – concludo – che un deciso impegno del nostro Paese nel garantire la coerenza dell'ordinamento giuridico interno con gli obblighi di adesione all'Unione europea possa rappresentare un significativo segnale di efficienza alle istituzioni europee, che consentirà all'Italia di assumere la responsabilità dell'imminente Presidenza del semestre europeo dell'Unione europea in una posizione di maggiore forza e di accresciuta credibilità.

  PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire in sede di replica.
  È iscritto a parlare il deputato Giuseppe Guerini. Ne ha facoltà.

  GIUSEPPE GUERINI. Signor Presidente, oltre alla panoramica che è stata fin qui svolta dal presidente Bordo, vorrei a questo punto entrare più nello specifico e Pag. 6nel dettaglio delle normative e dei progetti di legge oggi in discussione, in particolare soffermandomi specificamente sul tema e sulla disciplina dell'immigrazione, che è sicuramente uno degli aspetti più rilevanti dell'intervento normativo in esame ai fini di un riordino complessivo della disciplina interna in aderenza alla normativa europea.
  In effetti vengono inseriti, nei disegni di legge che sono in discussione oggi, una serie di articoli che mirano a mitigare le norme del nostro ordinamento per la protezione, anche temporanea, dei rifugiati e dei soggetti meritevoli di tutela internazionale, e soprattutto, indipendentemente dalle norme di dettaglio, l'obiettivo generale è quello di correggere un impianto inefficacemente securitario ed oneroso del Testo unico sull'immigrazione, così come è venuto modificandosi dal 2002 in avanti. Queste correzioni, unitamente alla recente cancellazione della fattispecie di reato di immigrazione irregolare per la quale il Governo è stato delegato ad emanare uno specifico decreto, contribuiscono a rendere la nostra legislazione maggiormente aderente alla normativa comunitaria, visto che una serie di sentenze della Corte di giustizia, anche recenti, hanno confermato le preoccupazioni che sono sempre state sollevate dal nostro partito in relazione ai mancati recepimenti o ai recepimenti inadeguati della normativa comunitaria, tra cui rileva soprattutto quello della cosiddetta «direttiva rimpatri». Per cui segnalo, a mo’ di digressione, che in questa direzione si inserisce anche la recentissima approvazione, da parte del Consiglio dei ministri dello scorso 4 aprile, dello schema di Regolamento sul riconoscimento dello status di rifugiato e della sua eventuale revoca, allo scopo di chiarire la portata applicativa delle norme in senso ovviamente conforme al diritto comunitario.
  Prima di entrare nel merito delle proposte contenute nei due differenti disegni di legge, giova segnalare un aspetto secondo me molto interessante, che è quello relativo al lavoro e al lavorio che è stato fatto: dico «lavorio» perché c’è stato un intenso scambio anche con il relatore Alli, che oggi non è presente ma che, comunque, si è reso disponibile per un lavoro di limatura e di miglioramento delle normative contenute nei testi originari dei disegni di legge e, quindi, credo di poter dire che si sia arrivati ad un risultato che recepisce profili più avanzati e che precisa in materia più analitica i criteri a cui dovrà attenersi la normativa contenuta nei decreti legislativi.
  Sempre a mo’ di digressione, così, a margine del dibattito, devo rilevare con soddisfazione che la Commissione XIV è stata protagonista, in questo caso per le leggi europea-bis e delegazione europea-bis, di un lavoro molto approfondito, a differenza delle prime leggi europee della scorsa estate, nelle quali, per quanto riguarda ovviamente noi alla Camera, era stato un po’ più complicato riuscire ad incidere in maniera efficace sulla normativa.
  Passo, quindi, ora a dare alcune informazioni aggiuntive e specificazioni sulle norme contenute nei due disegni di legge, partendo dalla legge di delegazione europea, quindi dall'atto Camera n. 1864-A. Per quanto riguarda la tematica migratoria, l'articolo che disciplina questa materia è l'articolo 3, che interviene su diverse disposizioni in materia di espulsione dello straniero irregolare ai fini di adeguare il diritto interno alle norme comunitarie, anche alla luce dell'interpretazione di alcune sentenze della Corte di giustizia europea.
  In particolare, la lettera c) adegua il Testo unico in materia di immigrazione alla sentenza della Corte di giustizia del 6 dicembre 2012 (caso Sagor). Con questa sentenza la Corte aveva ravvisato l'incompatibilità di alcune disposizioni del Testo unico in materia di immigrazione con la direttiva 2008/115/UE, la cosiddetta e celebre «direttiva rimpatri». La novella operata al Testo unico prevede che, nel caso di reati di immigrazione illegale e di violazione dell'ordine di allontanamento, qualora la pena dell'ammenda sia sostituita con la pena della permanenza domiciliare Pag. 7o del lavoro di pubblica utilità, l'espulsione amministrativa sia comunque eseguita celermente.
  La lettera e) prevede l'interruzione del trattenimento dello straniero in attesa dell'espulsione qualora non esista una ragionevole prospettiva che questa venga eseguita, in ottemperanza alla sentenza della Corte del 30 novembre 2009.
  Quindi, le lettere f) e g) rimodulano, invece, la durata del divieto di reingresso a seguito di condanna per il reato di immigrazione irregolare, attualmente di non meno di cinque anni, equiparandola a quella del divieto di reingresso per altre ipotesi, ossia da tre a cinque anni, in questo caso in ottemperanza e adeguandosi alla sentenza della Corte del 6 dicembre 2011.
  Anche le altre lettere sono di adeguamento, ovviamente, alla normativa comunitaria, ma non sono riconducibili a sentenze specifiche del giudice comunitario: le lettere a) e b) prevedono che lo straniero in possesso del permesso di soggiorno rilasciato da altro Paese membro sia espulso solo se si trattenga oltre i tre mesi, periodo massimo previsto per la libera circolazione nell'area Schengen.
  Attualmente, la normativa italiana prevedeva l'espulsione dopo sessanta giorni nel caso lo straniero non avesse ottemperato all'obbligo di dichiarare la propria presenza in questura. Ovviamente, in questo caso, si tratta semplicemente di un riallineamento alle normative comunitarie, visto che chi è titolare di un permesso di soggiorno rilasciato da altri Paesi ha facoltà di permanere in un Paese dell'Unione per novanta giorni e, quindi, non si capiva per quale motivo l'Italia disciplinasse un obbligo di rimpatrio dopo sessanta giorni. Quindi, si tratta di un mero riallenamento alla normativa.
  La lettera d) dispone, invece, l'inserimento del divieto di reingresso, irrogato dal prefetto con il decreto di espulsione, nel Sistema informativo Schengen – il cosiddetto sistema SIS –, in modo che, anche qui, si ottemperi ad un obbligo di collaborazione con gli altri Stati europei e venga segnalata l'espulsione nel sistema che è comune a tutti i Paesi dell'area Schengen.
  Segnalo, a proposito dell'atto Camera n. 1864-A, la legge europea, che è stato presentato un ulteriore emendamento a mia firma, che riguarda la possibilità del trattenimento nei centri di identificazione ed espulsione affinché il trattenimento venga limitato a 180 giorni e, nel caso in cui il cittadino extracomunitario sia già stato trattenuto presso le strutture carcerarie per un periodo pari a 180 giorni, non sia possibile l'ulteriore trattenimento, ma vada effettuata necessariamente l'identificazione qualora non sia ancora stata effettuata e, quindi, che il trattenimento possa essere prorogato per un periodo massimo di 30 giorni. Questo, ovviamente, al fine di ricalibrare la detenzione, il trattenimento, per meglio dire, anche se, sostanzialmente, si tratta di una sorta di detenzione nei centri di identificazione ed espulsione. Credo che, unitamente al provvedimento sulla messa in prova approvato nelle scorse settimane, si possa andare nella direzione di una maggiore efficienza ai fini dell'identificazione degli stranieri, in modo da evitare un sovraffollamento nelle strutture dei centri di identificazione ed espulsione.
  Quindi, per quanto attiene ai profili della legge europea, l'articolo 3 era l'articolo che trattava, appunto, le tematiche relative all'adeguamento della nostra normativa, soprattutto del Testo unico sull'immigrazione, a sentenze della Corte o, comunque, a normative comunitarie.
  Passando, invece, alla legge di delegazione europea, cioè all'atto Camera n. 1836-A, con questo provvedimento il Governo viene delegato all'emanazione di un testo unico delle disposizioni di attuazione della normativa dell'Unione europea in materia di protezione internazionale, cioè, status di rifugiato, protezione sussidiaria e protezione temporanea, con particolare riferimento alle due direttive del Parlamento europeo e del Consiglio – le direttive 2013/32/UE e 2013/33/UE, che sono, appunto, la cosiddetta «direttiva procedure» e la cosiddetta «direttiva accoglienza» Pag. 8– in materia di procedure per il riconoscimento della protezione internazionale, contenente il riconoscimento dello status di rifugiato e di protezione sussidiaria, e il nuovo pacchetto di norme comunitarie volto ad attuare il nuovo sistema europeo di asilo.
  In questo caso, si era partiti da un testo originario con un unico articolo, l'articolo 7 della legge europea, nella formulazione attuale che viene all'approvazione di questa Camera: in realtà, sono state, poi, meglio specificate le normative e meglio dettagliate in tre articoli diversi, che sono diventati il 7, l'8 e il 9.
  L'articolo 7 assume una particolare rilevanza alla luce delle procedure di contenzioso a livello europeo, perché, anche qui, va ricordato che, con lettera di costituzione in mora del 24 ottobre 2012, la Commissione ha aperto una delle varie procedure di infrazione nei confronti del nostro Paese, contestando la violazione degli obblighi imposti dal diritto dell'Unione europea previsti dalla direttiva 2005/85/UE, la procedura originaria, e dalla direttiva 2003/9/UE sull'accoglienza, e dal Regolamento Dublino, cioè il regolamento che reca i criteri di determinazione di quale sia lo Stato membro competente ad esaminare una domanda di asilo e di protezione internazionale.
  Le violazioni contestate riguardavano sia la limitata capacità dei centri di accoglienza dei richiedenti asilo, sia l'inconsistenza di fatto dell'accesso alle condizioni di accoglienza, sia le procedure relative alla richiesta, all'istanza di asilo e di protezione internazionale. L'articolo 7 non prevedeva e non prevede principi e criteri direttivi specifici per la delega, ma solo quelli di carattere generale, operando un rinvio alle procedure per l'esercizio delle deleghe legislative conferite al Governo con la legge di delegazione europea. Quindi, anche qui, grazie al lavoro sicuramente oneroso e complicato che è stato svolto nella Commissione XIV e, poi, in linea con le Commissioni di merito presso cui è approdata la legge europea, è stato possibile introdurre principi e criteri direttivi più specifici e di dettaglio che possono, in qualche modo, vincolare il Governo in sede di attuazione della delega su una materia così importante e complessa.
  In effetti, come ricordavo prima, dall'originario articolo 7, che era quello, appunto, che prevedeva nella legge europea i principi di delega rispetto all'emanazione del decreto legislativo, si è passati nella formulazione attuale a tre articoli, che introducono principi e criteri direttivi più specifici: l'uno per l'attuazione della direttiva 2013/32/UE, recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale, l'altro per la direttiva 2013/33/UE del 2013, recante norme relative all'accoglienza dei richiedenti protezione internazionale.
  Per quanto riguarda la formulazione definitiva di questi due articoli, chiaramente, in relazione alla «direttiva procedure», il tentativo, l'obiettivo, lo sforzo è stato quello di intervenire e di incidere su molteplici aspetti che erano difettosi rispetto all'attuazione in Italia del sistema di riconoscimento dello status di rifugiato di protezione internazionale. Quindi, si è cercato di stabilire dei criteri che vincolino il Governo, da un lato, a una professionalizzazione delle strutture e degli organismi che saranno tenuti nel futuro ad esaminare le domande di protezione internazionale, di protezione sussidiaria o comunque di asilo; di stabilire l'obbligo per il Governo di mantenere in ogni caso i livelli di garanzia previsti dalla normativa vigente, anche indipendentemente da quelle stabilite dall'Unione europea; di mantenere assolutamente e quindi confermare la prassi fin qui seguita rispetto all'uso del Paese di origine sicuro, del Paese terzo sicuro, in modo che non ci siano possibilità di respingere istanze di riconoscimento della protezione internazionale sulla base del fatto che si suppone che il Paese di origine sia sicuro e garantisca l'esercizio dei diritti previsti dalla Convenzione di Ginevra. Inoltre – soprattutto, dico io –, si è cercato di garantire la previsione di procedure che non siano diversificate rispetto alle domande di asilo, Pag. 9in modo che venga garantita l'indipendenza di giudizio e la professionalizzazione del personale che deve valutare le singole domande di protezione, soprattutto con la previsione che gli organismi deputati a questa attività operino in piena autonomia, con assoluta indipendenza di giudizio e che ci sia una procedura di valutazione e di selezione in base a competenze specifiche, auspicabilmente per arrivare ad una situazione nella quale questi organismi siano formati da personale che si occupa specificamente e a tempo pieno di queste tematiche, in modo che poi, di conseguenza, sia anche garantita l'uniformità dei criteri di riconoscimento, delle possibilità di riconoscimento dello status indipendentemente dal luogo in cui opera la Commissione (per utilizzare un termine che è relativo all'organismo che attualmente è deputato a questo compito), quindi in modo che venga garantita in tutto il territorio nazionale un'uniformità di giudizio rispetto alle domande di riconoscimento della protezione.
  Infine, per quanto riguarda l'articolo 8, segnalo una norma a cui il Partito Democratico tiene particolarmente, che è quella che delega e vincola il Governo all'introduzione di misure per rafforzare i livelli di garanzia nelle procedure a favore dei minori non accompagnati, in modo che siano prontamente identificati e informati sulle procedure della protezione internazionale e che in ogni caso tutte le decisioni prese nei confronti del minore vengano vincolate al superiore interesse del minore come criterio preminente. Chiaramente, non mi devo dilungare su questioni ovvie e banali, come quelle relative agli sbarchi di queste ultime settimane in Sicilia, e su tutta la tematica che riguarda la situazione delle centinaia di minori non accompagnati che sono arrivati nel nostro Paese, sulla quale sono stati accesi diversi riflettori e sulla quale ci si augura di arrivare presto ad una normativa organica che possa avere come faro e come stella polare, appunto, il superiore interesse del minore.
  Infine, l'ultimo articolo che viene all'esame dell'Aula, per quanto riguarda sempre la tematica cui mi sto riferendo, cioè quella dell'immigrazione, è l'articolo 9 della legge europea, che si preoccupa del recepimento più specifico della «direttiva accoglienza», quindi la direttiva 2013/33/UE.
  Anche qui, si è cercato di vincolare il Governo, in sede di emanazione del decreto legislativo, a mantenere in ogni caso i livelli di garanzia previsti dalla normativa vigente e, soprattutto, a prevedere dei forum di concertazione con diversi interlocutori, in modo che vengano coinvolti il maggior numero di attori istituzionali, sociali, e per quanto riguarda l'organizzazione dei sistemi di accoglienza dei rifugiati. Perché, senza fare troppi riferimenti complessi, basta vedere la situazione degli sbarchi di queste ultime settimane per capire che è ormai indilazionabile una procedura di accoglienza che cerchi di coinvolgere il maggior numero possibile di attori regionali, e comunque locali, in modo da poter organizzare in maniera efficace ed efficiente dei profili di accoglienza per coloro che vengono nel nostro Paese in cerca di protezione e di asilo.
  Per quanto riguarda l'articolo 9, vorrei soffermare la mia attenzione soprattutto sulla lettera c), laddove si prevede che il Governo sia vincolato ad una revisione organica del sistema di accoglienza che possa garantire l'accesso alla fruizione delle misure agli stranieri e agli apolidi presenti nel territorio italiano fin dal momento in cui manifestino in qualsiasi forma e lingua l'intenzione di presentare la domanda di asilo.

  PRESIDENTE. La invito a concludere.

  GIUSEPPE GUERINI. Ciò in modo che sia garantita in maniera autentica e reale la possibilità, per chi viene in Italia non per motivi economici o genericamente per cercare migliori condizioni di vita, ma perché sfugge da situazioni di violazione dei propri diritti o, ancor peggio, da situazioni di conflitto nel proprio Paese, fin dal primo momento di accesso nel nostro Paese di fare presente il proprio status di rifugiato, compatibilmente e conformemente Pag. 10a quanto previsto dalla nostra Carta costituzionale.
  Quindi, per quanto attiene ai profili relativi all'immigrazione, mi fermo qui. Magari poi avremo modo nel prosieguo della discussione di approfondire ulteriormente, grazie agli interventi dei colleghi; ma credo che il quadro generale della tematica migratoria nella legge di delegazione europea e nella legge europea sia un po’ quello che ho cercato di tratteggiare.

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Savino. Ne ha facoltà.

  ELVIRA SAVINO. Signor Presidente, la legge n. 234 del 2012, che abbiamo sostenuto ed approvato nella scorsa legislatura, ha riformato la disciplina sulla partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea.
  Tale legge prevede che ogni anno si approvino una legge di delegazione europea, per delegare il Governo al recepimento di direttive dell'Unione europea mediante decreti legislativi, ed una legge europea, per dettare norme di diretta attuazione della normativa europea, e soprattutto per porre rimedio ai casi di non corretto recepimento della normativa dell'Unione stessa nell'ordinamento nazionale e che abbiano dato luogo a procedure di preinfrazione e di infrazione, nella misura in cui il Governo abbia riconosciuto la fondatezza dei rilievi mossi dalla Commissione europea.
  Per l'anno 2013, il Parlamento ha già approvato sia la legge di delegazione europea, la legge n. 96, sia la legge europea, la n. 97. L'articolo 29 della legge n. 234 del 2012, che citavo prima, prevede però che in caso di necessità, dopo l'approvazione della legge di delegazione europea, il Governo possa presentare alle Camere un ulteriore disegno di legge di delegazione europea con la specificazione «secondo semestre». In particolare, la presentazione di un secondo provvedimento di delegazione europea è stata motivata dal Governo con la spiegazione che, dopo la presentazione al Parlamento del primo provvedimento, sono state pubblicate numerose direttive, molte delle quali necessitano di essere recepite con norme di rango primario ed hanno un termine di recepimento che non consente di rinviare il conferimento delle relative deleghe al prossimo disegno di legge di delegazione europea, che è quello appunto del 2014.
  Per quanto riguarda invece la legge europea 2013, la scelta di presentare un secondo provvedimento europeo per lo stesso anno nasce dal fatto che l'obiettivo prioritario resta quello di far sì che l'Italia arrivi nel 2014 al semestre di Presidenza dell'Unione europea con il minor numero possibile di infrazioni a proprio carico per mancata attuazione di atti europei.
  Per completezza, vorrei sottolineare anche che i decreti legislativi di recepimento delle direttive previste dalla Legge di delegazione europea e le disposizioni legislative adottate dallo Stato per l'adempimento degli obblighi derivanti dal diritto dell'Unione nelle materie di competenza legislativa delle regioni e delle province autonome hanno carattere cedevole nei termini dell'articolo 41 della legge n. 234 del 2012. L'articolo 41 in questione stabilisce che i provvedimenti di attuazione degli atti dell'Unione europea possano essere adottati dallo Stato nelle materie di competenza legislativa delle regioni e delle province autonome al fine di porre rimedio alla eventuale inerzia dei suddetti enti nel dare attuazione ad atti dell'Unione europea; in tal caso i provvedimenti statali adottati si applicano, per le regioni e le province autonome nelle quali non sia ancora entrata in vigore la relativa normativa di attuazione, a decorrere dalla scadenza del termine stabilito per l'attuazione della rispettiva normativa della Unione europea e perdono comunque efficacia dalla data di entrata in vigore dei provvedimenti di attuazione di ciascuna regione e provincia autonoma, qualora appunto questo soggetto adempia. I predetti atti normativi sono sottoposti al preventivo esame della Conferenza permanente per i rapporti tra Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano.Pag. 11
  Queste premesse di carattere generale sono fondamentali per cogliere appieno la complessità dei provvedimenti al nostro esame, provvedimenti che spaziano in quanto ai contenuti delle direttive da recepire nella sola Legge di delegazione europea 2013, secondo semestre, dalla vigilanza prudenziale sugli enti creditizi, alle agenzie di rating del credito, all'adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento relativo ai fondi europei per il venture capital e a quello relativo ai fondi europei per l'imprenditoria sociale, allo scambio di informazioni ed intelligence, all'attuazione di un testo unico delle disposizioni di attuazione della normativa europea in materia di richiesta di protezione internazionale – come dicevamo prima – e di protezione temporanea nonché di diritto di asilo, alla procedura di risoluzione alternativa delle controversie dei consumatori, alle disposizioni comuni per il monitoraggio e la valutazione dei documenti programmatici di bilancio e per la correzione dei disavanzi eccessivi degli Stati membri della zona euro.
  Questi sono solo alcuni dei settori a cui le direttive europee si applicano, e non voglio qui ripetere pedissequamente quanto già stato detto anche dal nostro presidente sulle direttive da recepire e le modifiche della normativa nazionale da approvare per soddisfare i casi di preinfrazione che sono all'esame dell'Assemblea da oggi. Tuttavia mi sembra doveroso attirare l'attenzione sulle leggi di delegazione europea che troppo spesso vengono sottovalutate dal Parlamento stesso, quasi fosse inevitabile sia la loro approvazione, che invece anche nel passato recente è stata particolarmente tormentata, che il recepimento delle direttive in esse contenute. A volte credo che un timing diverso del recepimento delle stesse, naturalmente nei tempi dovuti – questo è ovvio – darebbe più tempo al legislatore di esprimersi in modo informato ed adeguato su tematiche complesse che toccano molto da vicino la nostra vita quotidiana. Questo vale tanto di più per la Legge europea 2013-bis, che concerne disposizioni in materia di libera circolazione delle persone, dei beni e dei servizi, disposizioni in materia tributaria, in materia di lavoro e di politiche sociali, in materia di ambiente, disposizioni a tutela della concorrenza, della proprietà industriale e di misure per lo sviluppo della ricerca applicata alla pesca, dei ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali, di responsabilità dei magistrati, di pari opportunità, di fusioni e cessioni, di potenziamento delle misure di contrasto delle frodi in danno dei bilanci della Unione europea, dello Stato e degli enti territoriali nonché disposizioni in materia di strumenti per la Corte dei conti in riferimento all'attività di monitoraggio sull'osservanza delle regole di bilancio.
  Consapevole dei limiti che tali provvedimenti mostrano, il gruppo parlamentare di Forza Italia si è impegnato a rendere più completo il testo del disegno di legge limitando però il numero degli emendamenti presentati. Ci tengo tuttavia a sottolineare l'importanza di un emendamento di nostra iniziativa che ha trovato il parere favorevole della Commissione attività produttive e che riguarda un settore importante per l'Italia come il settore manifatturiero. L'emendamento reca nuove disposizioni in materia di utilizzo dei termini cuoio, pelle e pelliccia e di quelli da esso derivati o loro sinonimi. In particolare l'emendamento approvato prevede, al comma 1, la reviviscenza delle disposizioni della legge 16 dicembre 1966, anche se debitamente emendate. L'articolo 28 della Legge europea 2013-bis, così come modificata dalla Commissione, prevede, al comma 2, che il Governo sia delegato ad adottare, entro il termine di 12 mesi dall'entrata in vigore della presente legge, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, un decreto legislativo che regolamenti l'utilizzo dei termini «cuoio, pelle e pelliccia» e di quello da essi derivati e loro sinonimi, nel rispetto della legislazione comunitaria nei settori armonizzati.
  Il decreto sarà adottato su proposta del Ministero dello sviluppo economico, sentite le Commissioni parlamentari competenti, Pag. 12che esprimeranno il proprio parere entro trenta giorni dalla data di assegnazione dello schema di decreto legislativo. Decorso inutilmente tale termine, il decreto legislativo potrà essere comunque adottato. Il comma 4 prevede che il medesimo decreto legislativo provveda ad abrogare le disposizioni nazionali non più applicabili e ad adottare le necessarie disposizioni recanti sanzioni penali o amministrative per le violazioni di obblighi contenuti nello stesso decreto. L'articolo aggiuntivo da noi proposto, approvato in Commissione in sede referente con il parere favorevole del Governo e della Commissione attività produttive, non reca nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica ma mette ordine in un settore in cui l'Italia ha un ruolo di leader e di prestigio. L'articolo aggiuntivo approvato si è reso necessario per porre rimedio alle violazioni procedurali contestate dalla Commissione nell'ambito della procedura EU Pilot di pre-infrazione in relazione alla legge n. 8 del 2013 recante Nuove disposizioni in materia di utilizzo dei termini «cuoio», «pelle» e «pelliccia» e di quelli da essi derivanti o loro sinonimi. La sola abrogazione formale di tale legge avrebbe comportato il venir meno dell'oggetto della procedura di infrazione, ripristinando lo status quo ante l'adozione della legge n. 8 del 2013, mentre l'articolo approvato in Commissione completa con esito positivo la nuova procedura di notifica ex direttiva 98/34/CE, consentendo non solo di adempiere alle indicazioni formulate dalla Commissione UE in sede EU Pilot ma anche di scongiurare il rischio di nuove infrazioni per vizi procedurali. Inoltre l'articolo aggiuntivo approvato contempera le esigenze della lingua italiana e il rispetto del principio di non discriminazione e corretta informazione del consumatore, che sarà pertanto in grado di compiere scelte di acquisto consapevoli e informate.
  Quello che abbiamo fatto e che faremo è tener conto di una serie di esigenze, anche e soprattutto nel modo produttivo, dimostrando come sempre il nostro senso di responsabilità.

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Galgano. Ne ha facoltà.

  ADRIANA GALGANO. Signor Presidente, signor sottosegretario, siamo alla vigilia del Semestre europeo. L'approvazione dei due disegni di legge al nostro esame può fornire un contributo molto importante per riaffermare l'autorevolezza e l'affidabilità dell'Italia in Europa. Con l'approvazione rapida dei due provvedimenti da parte del Parlamento si chiuderebbero infatti 9 delle 114 procedure d'infrazione pendenti, inoltre riusciremmo a prevenirne 12 già allo stato EU Pilot nonché ulteriori 24 derivanti dalla mancata attuazione di atti dell'Unione europea entro i termini prescritti.
  L'efficacia della partecipazione di un Paese all'Unione europea dipende non soltanto e non tanto dalla sua popolazione, dal PIL o dal fatto di essere un Paese fondatore, ma anche e soprattutto della sua credibilità, credibilità che si costruisce anche attraverso il pieno e tempestivo adempimento degli obblighi europei, ambito in cui purtroppo l'Italia storicamente non brilla. Il nostro Paese si è a lungo illuso che il suo status di Paese fondatore e il sostegno, a tratti acritico, all'avanzamento della costruzione europea fossero sufficienti a garantirgli un peso politico di primo piano nei processi decisionali europei. Questo approccio ha da tempo rivelato i propri limiti sia rispetto alla formazione della normativa europea, elaborata spesso senza il nostro contributo e quindi non di rado contraria agli interessi nazionali, sia alla sua attuazione.
  Nonostante l'impegno quasi costante degli ultimi Governi le procedure di infrazione aperte nei confronti del nostro Paese rimangono molto elevate; una parte significativa delle infrazioni dipende da atti o omissioni delle amministrazioni ministeriali competenti dello Stato e delle regioni o enti locali. Quindi una rapida approvazione delle due leggi al nostro esame sarebbe un segnale politico importante per l'intero sistema Paese, dimostrando che l'attuazione degli obblighi derivanti dall'ordinamento europeo non può Pag. 13costituire una variabile legata a ragioni di politica interna o a interessi settoriali. Per acquistare credibilità e peso in Europa abbiamo necessità di essere rapidi. È importante quindi delineare cosa possiamo fare per diventare più rapidi nell'approvazione della legge europea e della legge di delegazione europea.
  I due disegni di legge al nostro esame sono stati trasmessi alle Camere il 22 novembre. L'iter in XIV Commissione è stato avviato tempestivamente il 28 novembre, ma si chiuso soltanto dopo quattro mesi lo scorso 26 marzo. Per l'avvio dell'esame in Aula abbiamo dovuto attendere un ulteriore mese. Si tratta di tempi ancora incompatibili con l'esigenza di una tempestiva attuazione degli obblighi europei, dedicata peraltro alla presentazione di disegni di legge riferiti al secondo semestre del 2013, dopo l'approvazione in luglio di quelli relativi al primo semestre. Indubbiamente sui tempi hanno inciso gli eventi legati al cambio di Governo. Tuttavia, sarebbe possibile e necessario garantire un iter più spedito intervenendo su due fattori: la cultura politica nazionale e le procedure parlamentari per l'esame dei due provvedimenti.
  Sotto il primo profilo, è evidente che nel Governo e persino in questo Parlamento non c’è ancora consapevolezza dell'importanza degli affari europei. L'avvio dell'esame in Aula dopo un mese dalla chiusura dell'esame in Commissione, testimonia come l'adempimento degli obblighi posti dall'Unione europea sia considerato meno importante di provvedimenti di rilevanza nazionale. Dato che peraltro trova riscontro nella ritrosia manifestata da molte Commissioni ad esaminare progetti e atti dell'Unione europea anche di notevole importanza economica per il nostro Paese.
  Anche la perdurante tendenza a presentare emendamenti non connessi all'adempimento di atti o sentenze dell'Unione europea è indice della tendenza a considerare le due leggi quale vincolo per una rapida approvazione di qualsiasi norma di rilevanza interna, tenuamente o strumentalmente connessa alla disciplina europea.
  Va dato atto al riguardo al presidente Bordo e alla XIV Commissione nel suo complesso di aver seguito un approccio rigoroso nella valutazione di ammissibilità degli emendamenti e di aver addirittura respinto, in quanto estraneo al contenuto proprio di un provvedimento, un articolo aggiunto al decreto di delegazione europea relativo al contenuto di frutta delle bevande non alcoliche approvato all'unanimità da un'altra Commissione. La presentazione di emendamenti non connessi ad adempimenti europei sottrae importanti materie alla discussione parlamentare. Inoltre, in diversi casi, rischia di aprire ulteriori contenziosi con l'Unione europea; in altri di appesantire la normativa europea per cittadini e imprese italiane e di minare così la competitività del nostro sistema Paese. Scelta Civica ha presentato emendamenti in materia bancaria e ambientale per evitare questi nefasti effetti.
  Sul piano delle procedure parlamentari, è evidente la necessità di ripensare l'assetto vigente, proponendo soluzioni più ambiziose del progetto di riforma del Regolamento licenziato nello scorso gennaio dalla Giunta per il Regolamento. Penso, in particolare, all'attribuzione di competenza referente piena alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea), sul modello del Regolamento del Senato. Ciò allo scopo di evitare che le Commissioni di settore più sensibili alle esigenze delle categorie di riferimento possano ritardare o addirittura bloccare l'esame del provvedimento o incidere sui relativi contenuti senza tener conto della logica complessiva ad esso sottesa. Peraltro, occorre prevedere tempi certi e vincolanti per la conclusione dell'esame della legge europea e della legge di delegazione europea in Assemblea, istituendo una vera e propria sessione europea sul modello di quella di bilancio.
  In conclusione, auspico una rapida approvazione dei due provvedimenti alla Camera, confidando che anche il Senato possa procedere speditamente nel relativo Pag. 14esame, in modo da garantire l'approvazione entro l'inizio del semestre di presidenza italiana di cui tutti conosciamo l'importanza.

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare la collega Gagnarli. Ne ha facoltà.

  CHIARA GAGNARLI. Signor Presidente, l'articolo 13 della Legge europea 2013-bis, va a modificare l'articolo 4 della legge n. 157 del 1992, articolo che disciplina la cattura degli uccelli usati come richiami vivi. Si va ad introdurre il riferimento alle disposizioni dell'articolo 19-bis della stessa legge n. 157, articolo che disciplina le deroghe, come previsto dall'articolo 9 della direttiva comunitaria, in materia di conservazione della natura, la cosiddetta «direttiva uccelli».
  Ed è proprio la violazione di questa direttiva che ha portato la Commissione europea, nel dicembre 2010, ad aprire una procedura di indagine, evidenziando una possibile violazione. L'articolo 8, paragrafo 1, della direttiva infatti recita: «Per quanto riguarda la caccia, la cattura di uccelli nel quadro della presente direttiva, gli Stati membri vietano il ricorso a qualsiasi mezzo, impianto o metodo di cattura o di uccisione in massa o non selettiva o che possa portare localmente all'estinzione di una specie».
  La risposta del Governo italiano, nella Legge europea, è però insufficiente. La Commissione europea il 21 febbraio 2014 ha messo in mora l'Italia per la cattura e l'utilizzo dei richiami vivi e ha aperto ufficialmente la procedura di infrazione n. 2006/2014. La Commissione ricorda all'Italia che la deroga è un provvedimento eccezionale adottato in base a una precisa e puntuale analisi dei presupposti, a condizioni rigide e che il fatto che l'impiego delle reti per la cattura di uccelli da utilizzare come richiami sia avvenuto per più di 15 anni contraddice i fini e le ragioni per i quali i poteri derogatori sono stati eccezionalmente previsti nella normativa. L'istituto della deroga non può consentire una ripetizione periodica, con cadenza stagionale, tanto da essere diventato un regime di cattura permanente. La Commissione ci richiama su un dato fondamentale: vi sono numerose e valide alternative alla cattura di uccelli per la cessione ai fini di richiamo. E poiché la cattura degli stessi è finalizzata alla caccia di uccelli della stessa specie, la caccia potrebbe avvenire senza l'utilizzo di richiami vivi, come avviene già in altri Paesi d'Europa.
  Ma a cosa ci si riferisce quando si parla di richiami vivi ? Sono piccoli uccelli selvatici, catturati e utilizzati durante la stagione venatoria, per attirare uccelli della stessa specie. I richiami vivi diventano involontariamente inganno e trappole per i loro simili in libertà. Una volta catturati vengono tenuti al buio per sfalsare il loro ciclo annuale, in modo che una volta all'aperto, durante la stagione venatoria, convinti che sia primavera cantino e richiamino i loro simili. Reclusi al buio in gabbie piccolissime subiscono lo strappo delle penne, affinché ci sia una muta artificiale o vengono somministrate loro sostanze anabolizzanti, che ne potenziano il canto. Molti muoiono entro due giorni dalla cattura, per spavento o per stress. Quelli che sopravvivono presentano atrofia delle zampe, movimenti stereotipati, traumi ad ali, coda e piumaggio. Dietro all'uso dei richiami vivi c’è un ampio sistema di illegalità, la rimozione con metodi particolarmente dolorosi degli anelli forniti dall'ISPRA che identificano ogni singolo richiamo per poterli poi apporre a nuovi esemplari catturati illegalmente.
  La fauna è patrimonio indisponibile dello Stato e di tutti i cittadini e non di chi violenta l'ambiente e i suoi equilibri per un proprio passatempo. Per questo abbiamo presentato un emendamento che raccoglie i rilievi della Commissione (mentre ricordo l'articolo predisposto in questa legge antecedente all'apertura della procedura di infrazione). Si va a sanare qualsiasi possibilità di sanzioni, sanzioni pesanti che graveranno sulle tasche di tutti i cittadini, ma soprattutto si cancella dall'ordinamento italiano una pratica crudele contro migliaia di piccoli uccelli migratori Pag. 15ogni anno. Anche la LIPU, con la presenza di altre associazioni durante una conferenza stampa qui alla Camera, ha chiesto di abolire l'uso dei richiami vivi nel nostro territorio, consegnando al Parlamento 50 mila firme di cittadini che chiedono di cancellare questa pratica anacronistica e una vera e propria tortura.
  Vogliamo davvero credere che la sensibilità di numerosi parlamentari di tutti gli schieramenti, con l'aggravante dell'apertura della procedura comunitaria, sostengano questo emendamento per il bene della natura, per la nostra stessa dignità di cittadini legislatori e per fare risparmiare all'Italia pesanti sanzioni. Ricordiamoci che stiamo decidendo se continuare a permettere un'attività immorale che costringe uccelli migratori, con una vita da viaggiatori, a un'esistenza di prigionia. Come ha pronunciato la Corte di cassazione, che nel gennaio 2013 ne ha riconosciuto il reato di maltrattamento, nulla più dell'assoluta impossibilità del volo è incompatibile con la natura degli uccelli selvatici (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Schirò. Ne ha facoltà.

  GEA SCHIRÒ. Signor Presidente, per la seconda volta in questa legislatura giungono all'esame dell'Assemblea della Camera i due disegni di legge europea e di delegazione europea relativi al secondo semestre del 2013. Voglio esprimere, in via preliminare, l'apprezzamento per la scelta operata dal Governo, dall'allora Ministro Moavero, di presentare i due disegni di legge già nel corso del 2013, dopo la rapidissima approvazione – il 31 luglio dello stesso anno – della Legge europea e della Legga di delegazione europea per il 2013. Questa scelta, che sfrutta a pieno le potenzialità sottese alla legge n. 234 del 2012, dimostra l'attenzione prioritaria riservata dal Governo all'esigenza di una tempestiva attuazione degli obblighi europei e alla riduzione delle procedure di infrazione gravanti sul nostro Paese.
  Per non vanificare lo sforzo del Governo sarà tuttavia necessario che all'approvazione alla Camera faccia seguito un rapido esame anche al Senato, come già ricordava la collega Galgano. Ciò consentirà, peraltro, al Governo di procedere alla trasmissione alle Camere dei due disegni di legge relativi al 2014, proseguendo il circuito virtuoso già avviato.
  L'esame dei due provvedimenti, al di là dei contenuti specifici, costituisce l'occasione per svolgere alcune considerazioni sull'adeguatezza degli strumenti per l'attuazione del diritto dell'Unione europea nel nostro ordinamento.
  Una prima serie di considerazioni attiene alle procedure con le quali i due disegni di legge sono esaminati alla Camera. Ho già avuto modo in più occasioni di evidenziare l'esigenza di una profonda revisione delle norme del Regolamento, di cui l'esperienza recente ha evidenziato l'obsolescenza e l'inadeguatezza, a fronte dell'esigenza di un intervento tempestivo ed efficace del Parlamento. Il testo di riforma predisposto dal gruppo di lavoro istituito dalla Giunta per il Regolamento ha accolto solo in minima parte le proposte che il nostro gruppo aveva formulato al riguardo.
  Credo, tuttavia, che ci siano i margini per intervenire con maggiore decisione su questi profili, ad esempio prevedendo il ricorso automatico alla sede deliberante o redigente per l'esame della legge di delegazione europea, come aveva già accennato il presidente Bordo, o di altri disegni di legge volti all'attuazione diretta di obblighi europei ed attribuendo alla XIV Commissione una competenza referente piena per l'esame del disegno di legge di delegazione europea.
  Solo in questo modo potremo evitare le complicazioni determinate dal sistema attuale, in cui una singola Commissione di settore può bloccare o rallentare l'iter, spesso per questioni che poco hanno a che fare con l'attuazione della normativa europea. Abbiamo memoria delle superflue difficoltà che hanno ritardato l'approvazione delle leggi europee negli anni passati.
  Ma c’è un ulteriore aspetto delle procedure d'intervento della Camera in materia Pag. 16europea spesso trascurato nel dibattito parlamentare: lo stretto legame tra la fase ascendente e quella discendente. La capacità del Parlamento e del Governo di dare attuazione in modo tempestivo e coerente alla normativa europea nell'ordinamento nazionale dipende dalla qualità e tempestività dell'intervento del Paese nella formazione della normativa europea. Ciò postula che tutte le Commissioni parlamentari procedano sistematicamente in una fase precoce all'esame di progetti di atti dell'Unione – quelli di maggiore rilevanza ovviamente –, progetti che invece sono non di rado considerati erroneamente di importanza secondaria rispetto all'attività di mera rilevanza nazionale.
  Per queste ragioni, su nostra proposta, il testo di riforma del Regolamento elaborato dalla Giunta – ed oggi siamo contenti che l'emergenza di riforma del Regolamento sia diventata senso comune grazie alla volontà della Presidenza di questa Camera ed oggi abbiamo visto l'intervista della Presidente – ha previsto, sul modello di quanto previsto dal Regolamento del Senato, un potere surrogatorio della XIV Commissione, nel caso in cui le Commissioni di merito non procedano entro un certo termine all'esame dei progetti degli atti europei.
  Ciò conferirebbe non solo dignità costituzionale alla Commissione politiche dell'Unione europea e ne aumenterebbe la responsabilità, ma coordinerebbe su alcune questioni il lavoro del nostro Parlamento con quello degli altri Parlamenti europei.
  Una seconda serie di considerazioni attiene più in generale alla difficoltà del nostro Paese di conformarsi agli obblighi europei. Credo che valga la pena a questo scopo richiamare un dato, già ricordato nella relazione dal presidente Bordo. Con l'approvazione dei due disegni di legge al nostro esame si chiuderebbero 9 delle 14 procedure di infrazione pendenti e 12 dei casi EU Pilot, destinati altrimenti a trasformarsi in altrettante procedure. Sarebbero, inoltre, recepiti o attuati i 24 atti normativi o sentenze dell'Unione europea, la cui violazione comporterebbe quasi certamente l'avvio di infrazioni nonché, come sempre ricordato dal relatore, una interpretazione omogenea delle leggi europee tra i vari Stati.
  Non si può ignorare che anche dopo l'attuazione definitiva dei due provvedimenti il numero delle procedure di infrazione aperte nei confronti del nostro Paese rimarrà superiore a cento.
  Dato che – voglio sottolinearlo – ciò in buona misura non è riconducibile all'attività legislativa del Parlamento, ma ai ritardi del Governo nell'esercizio delle deleghe conferite con la precedente legge di delegazione europea, all'inerzia delle amministrazioni ministeriali competenti dello Stato e alle regioni nella predisposizione di misure di attuazione di loro competenza e a violazioni commesse da enti territoriali, soprattutto in materia di appalti e ambiente, a fronte di queste violazioni il Parlamento non può utilizzare propriamente lo strumento legislativo.
  Dovremmo, tuttavia, valutare le potenzialità offerte dalla previsione di cui all'articolo 15 della legge n. 234, di cui abbiamo già parlato, che obbliga il Governo ad informare le Camere delle nuove procedure di infrazione avviate, indicando quali azioni intenda assumere. Queste informazioni consentirebbero alle Camere, e in particolare alla Commissione politiche dell'Unione europea, di utilizzare in una fase precoce tutti gli strumenti conoscitivi, di indirizzo e controllo, per accertare le responsabilità sottese all'avvio della procedura ed esortare i soggetti competenti a porre rapidamente in essere le misure necessarie per darvi soluzione.
  Occorre, pertanto, riflettere sulla opportunità di attivare questi strumenti in modo più sistematico, signor sottosegretario. In ogni caso, la tempestiva attuazione dei due provvedimenti oggi al nostro esame è un passaggio essenziale, sebbene non sufficiente, verso un più elevato livello di conformità del nostro ordinamento rispetto a quello europeo, come già prima ho ricordato.Pag. 17
  Sottolineo che questa è una condizione imprescindibile per il prestigio del ruolo dell'Italia alla vigilia del nostro semestre di Presidenza europea.

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Pannarale. Ne ha facoltà.

  ANNALISA PANNARALE. Signor Presidente, colleghe e colleghi deputati, signor sottosegretario, a circa otto mesi di distanza questa Camera si confronta ancora una volta con il passaggio determinante della legge di delegazione europea e della legge europea; un passaggio a tratti considerato particolarmente tecnico per la complessità del diritto comunitario, per un atteggiamento istituzionale forse storicamente poco addentro alle procedure e alle questioni europee o, ancora, per la mole settoriale dei riferimenti normativi degli atti oggi in discussione, che richiede un intervento non sempre coordinato di molte Commissioni parlamentari.
  E non è un caso se siamo ancora il Paese più lento nel recepire le direttive e nell'adeguare la nostra legislazione a quella europea, con un impatto economico e politico certamente assai rilevante. Infatti, non solo l'avanzamento delle procedure di infrazione spesso si traduce nel pagamento di pesanti sanzioni pecuniarie, ma l'essere collocati all'ultimo posto tra i Paesi europei per numero di sanzioni contribuisce a delineare il profilo di un Paese poco dinamico e poco credibile nella capacità di avere un ruolo forte nella fase ascendente, quella che precede l'adozione della direttiva, quella che crea le norme, le scelte, le politiche, quella che, se agita con sapienza e determinazione, dovrebbe, invece, consolidare l'immagine di un Paese avanzato e in grado di svolgere una funzione di proposta e di orientamento virtuoso.
  La situazione ad oggi – come hanno già ricordato colleghe e colleghi precedentemente – non è affatto tranquillizzante. Il numero delle procedure di infrazione a carico del nostro Paese si attesta a 114, di cui 80 riguardano casi di violazione del diritto dell'Unione e 34 riguardano il mancato recepimento di direttive. Se con la legge di delegazione e con la legge europea di agosto abbiamo dato soluzione, rispettivamente, a 9 e a 18 procedure di infrazione, con le due leggi che ci prepariamo a votare potremmo chiudere – anche questo è stato più volte ricordato – 9 procedure di infrazione e 12 casi EU pilot e poi dare attuazione a 2 regolamenti, ma anche a numerose sentenze della Corte di giustizia.
  Sono dati importanti in vista di quel semestre di Presidenza dell'Italia, che consiglia al nostro Paese di giungere con il numero minimo di infrazioni. Non ci sfugge, appunto, come il ritorno in Parlamento per la seconda volta in un anno della legge europea – passaggio non esplicitamente previsto, come sappiamo, a differenza della legge di delegazione, dall'articolo 29 della legge n. 234 del 2012 – sia legato all'urgenza di rimediare in tempi stretti a quella parte ancora residua di precontenzioso e contenzioso dell'Italia con la Commissione europea. Commissione, dobbiamo dire, che, peraltro, dedica all'attività di contrasto al mancato recepimento delle direttive della normativa europea almeno la stessa fermezza che la contraddistingue nel pretendere il rispetto dei vincoli di bilancio.
  Ma se la rigidità della Commissione nei due ambiti è sostanzialmente la stessa, bisogna riconoscere che l'Italia non dimostra, nell'adeguamento della normativa nazionale alla legislazione europea, la stessa osservanza ossequiosa che invece la orienta in quelle politiche di austerity antisociali che continuano a vessare persone in carne ed ossa e ad impedire ogni possibilità di redistribuzione di reddito e di ricchezze. Insomma, non tutto quello che ci chiede l'Europa riguarda i conti pubblici e la loro faccia ben ordinata, non tutto quello che ci sollecita l'Europa è per i nostri Governi ragione di altrettanta sollecitudine nella risposta e nell'adeguamento.
  Tanti sono gli indirizzi politici comunitari e tante le condanne della Corte di giustizia dell'Unione europea sui diritti umani, sulle condizioni delle carceri, sul Pag. 18trattamento degradante su migranti e detenuti, ma tanta anche l'indolenza dei nostri Governi.
  La Corte ha accusato il nostro Paese di essere l'ultimo a garantire dignità nelle carceri nell'Unione europea. Solo nel 2012, a causa delle violazioni dei diritti di cittadine e cittadini rilevate dalla Corte di Strasburgo, l'Italia ha dovuto versare ben 120 milioni di indennizzi: tante sono infatti le richieste di adeguamento alle norme dell'Unione europea per proteggere la salute delle persone e dei cittadini in materia, ad esempio, di smaltimento dei rifiuti o di emissioni industriali inquinanti.
  Nel giugno 2013 Bruxelles ha avviato un ricorso dinanzi alla Corte di giustizia contro l'Italia, per il suo continuato inadempimento in materia di gestione dei rifiuti nella Campania, con una richiesta di multa, come sappiamo, di 25 milioni per le violazioni passate ed una sanzione di ben 250 mila euro al giorno fino ad adeguamento.
  Ma l'Italia non è solo il Paese che per gli adeguamenti alla normativa europea si colloca all'ultimo posto fra gli Stati membri. Detiene anche il triste primato, come sappiamo, dei ritardi nei pagamenti della pubblica amministrazione e dei rimborsi IVA alle aziende, ambiti su cui gravano due procedure di infrazione.
  In base alla direttiva n. 7 del 2011, emanata a febbraio 2011 e recepita dall'Italia a novembre 2012 (cui peraltro fa riferimento proprio l'attuale articolo 25 della legge europea bis), i debiti andrebbero pagati entro 30 giorni in casi ordinari. Da noi il tempo medio è di circa 170 giorni, con punte di ritardo di ben 700 giorni, prevalentemente nel settore edile.
  Un'altra sentenza della Corte di giustizia di luglio 2013 ha condannato l'Italia perché incapace di garantire ai disabili il diritto ai trasporti ed il diritto al lavoro in locali idonei e con un'adeguata organizzazione dei tempi e dei ritmi, come previsto dalla direttiva n. 78 del 2000.
  Insomma, sono tutti dati – quelli appena elencati – che dicono di un Paese davvero poco affidabile sul piano della programmazione politica.
  Allora c’è da augurarsi che davvero il nostro rapporto con la legislazione europea possa diventare un po’ meno pasticciato.
  C’è da sperare che una moltiplicazione di passaggi in Aula, come quello odierno, possa dare pertinenza, efficacia, ma anche tempi certi al sistema normativo che regola la partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa europea.
  Del resto, se è vero che replichiamo in un anno la legge di delegazione, la legge europea, dopo il passaggio di agosto, non dobbiamo dimenticare che la precedente legislatura, grazie ad inadempienze e veti incrociati, ha bloccato l'approvazione delle leggi comunitarie sia nel 2011 sia nel 2012, con le pesanti conseguenze sul terreno delle infrazioni che possiamo immaginare.
  Allora bisogna reagire con prontezza e competenza a questa situazione politica ed economica delle procedure di infrazione, guardando al recepimento delle direttive non solo in modo rapido, ma anche in chiave migliorativa e più avanzata.
  La fase discendente va tenuta saldamente insieme a quella ascendente, a quella cioè di costruzione degli indirizzi e delle norme per applicarli: è, questa, condizione essenziale per avvicinarsi all'Europa trasformandone il profilo, per farne uno spazio non più sottratto, ma aperto, permeabile al controllo democratico di istituzioni, di cittadine e cittadini, di movimenti ed organizzazioni.
  E del resto aprirsi, adeguarsi all'applicazione della normativa comunitaria, significa trasformare concretamente condizioni e qualità della vita.
  Penso, ad esempio, all'articolo 3 della legge europea, che, se opportunamente emendato, può finalmente assicurare regole non discrezionali e garanzie rispetto al testo unico in materia di immigrazione, rispetto all'espulsione, ai tempi di permanenza nei CIE e al pieno rispetto della dignità dei trattenuti.
  Penso all'articolo 1, sempre della legge europea-bis, che interviene sulla legge del 1989, incompatibile con il diritto comunitario, secondo la quale possono essere Pag. 19ammessi ai concorsi per assegnazione di borse di studio o per corsi di perfezionamento all'estero solo i laureati di cittadinanza italiana, in violazione del diritto, invece, di circolare e di soggiornare in altri Stati membri e del principio di parità di trattamento tra cittadini di Stati membri e quelli di Paesi terzi.
  Penso all'articolo 13, volto alla risoluzione di un altro caso EU Pilot, che disciplina le modalità con cui l'autorità competente su piani e programmi ambientali assicura la partecipazione dei soggetti pubblici e il diritto e pieno accesso all'informazione ambientale. Garanzia di pieno accesso informativo e di partecipazione del pubblico che troviamo anche nell'articolo 17 sulle procedure di VIA e sulla necessità di applicare integralmente le direttive in materia di valutazione integrata ambientale.
  Recepire le direttive, applicare correttamente le norme europee e adeguarvi la legislazione nazionale significa, dunque, creare opportunità, significa distribuire possibilità e diritti. La direttiva 2013/37/UE, per esempio, in materia di riuso dei dati delle pubbliche amministrazioni dell'Unione europea, che, se applicata a biblioteche, musei e archivi, potrebbe favorire un'ampia condivisione del patrimonio culturale europeo e promuovere finalmente quella necessaria opera di digitalizzazione del patrimonio archivistico, bibliografico e culturale senza più vincoli, con licenze ci auguriamo aperte. O, ancora, la direttiva 2013/30/UE, che, in materia di operazioni in mare nel settore degli idrocarburi, impone una disciplina normativa più stringente sulla sicurezza delle persone e dell'ambiente marino e costiero. Ed anche quella che è ancora una volta una nostra proposta di emendamento all'articolo 3 della legge europea 2013 in materia di abilitazione alla professione di guida turistica, professione la cui specificità andrebbe valorizzata in quei Paesi che, come il nostro, vantano un patrimonio storico, architettonico, artistico, archeologico straordinario e sulla quale, dunque, andrebbe applicata la «direttiva professioni», 2005/36/CE, e non quella servizi. Infine, e vado a chiudere, le due importantissime direttive rifuse, la 2013/32/UE, sulle procedure di esame delle domande di asilo, e la 2013/33/UE, sull'accoglienza dei richiedenti asilo, che, se applicate con competenza, conoscenza, capacità, potrebbero finalmente dare una risposta al problema gravissimo della mancanza in Italia di un sistema di accoglienza e di asilo adeguato, sia per quanto riguarda gli aspetti procedurali, con particolare attenzione alla qualità e all'efficacia delle procedure decisionali, sia sotto il profilo dell'accoglienza, oggi assolutamente incapace di rispondere agli obblighi derivanti dal diritto dell'Unione.
  Il recepimento delle direttive in materia di protezione internazionale e la dotazione urgente di strumenti normativi chiari costituisce per il nostro Paese un'occasione non più rinviabile per rispettare quegli standard previsti dall'Unione in una materia, quella del sistema d'asilo, che da noi significa fragilità, significa inadeguatezza, significa lesione di diritti e di dignità delle persone. Servirebbe una seria riforma, capace di incidere sia sulle commissioni, gli organi, cioè, che si occupano delle procedure di asilo e che andrebbero aumentati nel numero, ma anche modificati in termini di efficienza e di preparazione, sia sul sistema di accoglienza, con l'eliminazione di quelle megastrutture affollate e inadeguate dei CARA e la previsione di un unico sistema ben strutturato che non sia, come avviene oggi, affidato a programmi disomogenei di adesione volontaria degli enti allo SPRAR, bensì basato finalmente su una programmazione strutturale pluriennale tra Stato, regioni ed enti locali.
  Per fare tutto questo sarà necessario, in sede di emendamenti, non cedere alla tentazione di criteri e di principi direttivi molto incerti e molto vaghi – penso, ad esempio, all'emendamento del relatore Alli che lascerebbe al Governo troppa discrezionalità senza la possibilità di giungere finalmente ad una riforma sostanziale – e, quindi, cogliere quella che è un'occasione assolutamente imperdibile. Noi riconosciamo in questa occasione, come SEL e Pag. 20come componenti della XIV Commissione, il superamento di quella frettolosità e di quella chiusura di agosto.
  Proprio per questo, ci auguriamo questa volta di poter offrire, attraverso la discussione e il confronto sugli emendamenti, tutto il nostro contributo determinante affinché questo passaggio sugli atti europei possa finalmente tradursi in una partecipazione seria, consapevole e avanzata dell'Italia alla formazione e all'applicazione di norme e politiche che siano davvero trasformatrici e migliorative delle opportunità e della qualità della vita dei popoli (Applausi dei deputati dei gruppi Sinistra Ecologia Libertà, Partito Democratico e Per l'Italia).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Prataviera. Ne ha facoltà.

  EMANUELE PRATAVIERA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, i due disegni di legge in esame sono stati presentati sulla base delle disposizioni – ritengo doveroso fare questa premessa – contenute nell'articolo 29 della legge n. 234 del 2012, che prevede, nel caso in cui, dopo l'approvazione della legge di delegazione europea già avvenuta lo scorso luglio 2013, si presentino ulteriori esigenze di adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea, che il Governo può presentare alle Camere un ulteriore disegno di legge per l'anno di riferimento, e questo è il primo caso di applicazione di questa norma.
  Con la legge n. 234 si è voluto separare le norme di delega legislativa dalle norme di diretta attuazione al fine di assicurare maggiore celerità nel recepimento delle direttive europee da attuare con delega, evitando così l'avvio di nuove procedure di infrazione oggetto della legge di delegazione europea. Questa è una precisazione che ritengo doveroso fare per argomentare ciò che sto per esporre. Infatti, con la legge n. 234 si è di fatto cercato di contenere quello che era il carattere omnibus dei provvedimenti che riguardavano tutta la legislazione europea e, infatti, la legge di delegazione europea del secondo semestre 2013 inizialmente era composta da 7 articoli e da 2 e 13 direttive, rispettivamente, nell'allegato A e nell'allegato B, da recepire con decreto legislativo. Ma, dopo l'esame in XIV Commissione, nel testo sono stati inseriti 4 nuovi articoli e 2 nuove direttive: quindi si è arrivati a 11 articoli e 2 e 15 direttive, rispettivamente, nei due allegati.
  Il disegno di legge europea 2013-bis, inizialmente composto da 25 articoli, mirava a chiudere 7 procedure di infrazione per la violazione del diritto dell'Unione e a risolvere 9 casi precontenziosi, cosiddetti EU Pilot, e a dare attuazione a 2 regolamenti dell'Unione europea, una sentenza pregiudiziale della Corte di giustizia e una decisione dell'EURATOM. Dopo l'esame in Commissione sono stati aggiunti altri 10 articoli, portando quindi a 35 gli articoli mirando a risolvere 15 casi EU Pilot, 5 sentenze della Corte di giustizia e 2 decisioni dell'EURATOM.
  Alla data del 16 aprile 2014, le procedure di infrazione sono 114, di cui 80 riguardano i casi di violazione del diritto dell'Unione e 34 attengono al mancato recepimento di direttive. Di queste, le procedure di infrazione che sono arrivate alla fase di contenzioso sono 5 e su una di queste l'Italia è stata condannata al pagamento delle sanzioni, in particolare la procedura 2007/2229 per il mancato recupero degli aiuti concessi a favore dell'occupazione, contratti di formazione e lavoro. L'importo delle sanzioni che l'Italia sta pagando ammonta a 30 milioni di euro a titolo forfettario e un'ulteriore penalità per ogni sei mesi di ritardo nell'attuazione della sentenza, che, ricordo, è del novembre 2011, che è pari alla moltiplicazione dell'importo di base di 30 milioni di euro per la percentuale degli aiuti legali incompatibili il cui recupero non è stato ancora effettuato, non è stato dimostrato rispetto al totale degli aiuti non recuperati. Mentre sulle altre due procedure di infrazione in fase di contenzioso, su due procedure, la 2002/2012 e la 2456/2006, la Commissione europea ha deciso di presentare ricorso ma non lo ha ancora fatto.Pag. 21
  Dunque, non sappiamo ancora quale sarà l'entità delle sanzioni di queste procedure, quando sarà chiesto a noi tutti di pagare con i soldi delle nostre tasse.
  Ma il neosottosegretario Gozi – che ringrazio per la presenza in Aula oggi – recentemente ha dichiarato la sua preoccupazione per la situazione che ha trovato subentrando nel nuovo Governo a guida Renzi, da quello del predecessore Letta e, quindi, del Ministro incaricato Moavero: preoccupazione dovuta – disse – «in parte alla scelta dei due precedenti Governi di non accentrare le decisioni a livello di Presidenza del Consiglio delegandole alle singole amministrazioni, ma anche alla mancata attuazione della legge n. 234 del 2012, che non ha fatto entrare in funzione i nuclei operativi europei, e alla patologia italiana delle ripartizioni di competenze fra Stato e regioni, che spesso sono in ritardo o sbagliano a recepire le direttive. Si pensi al settore dell'ambiente, dove una sola infrazione può costarci 800 milioni di euro più altre decine di migliaia» – di euro – «al giorno in interessi, senza contare emergenze criminali come la terra dei fuochi, che tocca la salute dei cittadini», e altre valutazioni del caso.
  Ma la soluzione che il sottosegretario Gozi propone sarebbe: «in prospettiva, cambiando il Titolo V della Costituzione, e nell'immediato stiamo lavorando a un pacchetto speciale ’semestre europeo 2014’ per limitare drasticamente le infrazioni: non potremmo» – disse – «presiedere l'Europa senza dimostrarci virtuosi a nostra volta». In sostanza, quindi, un altro provvedimento che avrà la stessa finalità delle leggi europee e che scavalcherà, di fatto, nuovamente, il ruolo del Parlamento in quanto il pacchetto speciale non è previsto dalla legge n. 234 del 2012, che è l'unico strumento adatto ad emanare norme sulla partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea.
  Quindi, questi due provvedimenti che stiamo discutendo dovevano avere lo scopo di accelerare i tempi di recepimento e di adeguamento della legislazione italiana a quella europea prima che venissero emanate le successive leggi europee per il 2014. In realtà, hanno fallito l'obiettivo in quanto approvati dal Consiglio dei ministri l'8 novembre 2013: non è vero che sono stati celermente visionati, come è stato detto dal relatore, se non sbaglio, ma hanno iniziato l'iter alla Camera il 28 novembre – venti giorni dopo ! – e si è concluso l'esame in Commissione solo il 25 marzo – quindi qualche mese dopo –, e non stiamo parlando di pochi giorni fa, ma di più di un mese fa, visto che oggi è il 28 aprile. E quindi non si capisce quale sia stata l'urgenza che ha portato a questi due disegni di legge. Forse lo scopo, andando poi a leggere l'articolato così come è uscito dalla Commissione XIV, non come è stato proposto ma come è stato deciso durante questo periodo, era quello di accelerare il conferimento della delega al Governo per il recepimento delle direttive europee, la nuova «direttiva procedure», la n. 2013/32/UE, e la nuova «direttiva accoglienza», la n. 2013/33/UE, in materia di protezione internazionale temporanea, inserendo anche il tema del diritto d'asilo e quello di modificare il Testo unico sull'immigrazione. Forse ci si voleva preparare all'accoglienza di quei 600 mila emigrati annunciati dal Ministro Alfano, per il quale ci stiamo adoperando per andare quasi a prenderli alle coste del nord Africa.
  Infatti, nel disegno di legge di delegazione europea 2013, la bis ovviamente, si prevedono una serie di deleghe al Governo; in particolare, l'articolo 7 delega a procedere all'emanazione di un testo unico delle disposizioni di attuazione della normativa dell'Unione europea in materia di protezione internazionale, con lo status di rifugiato, di protezione sussidiaria e di protezione temporanea, nonché il diritto di asilo. Corre obbligo di fare un inciso, ossia che la protezione temporanea è quella disciplinata dalla direttiva 2001/55/CE, tanto per ricordarvela, quella di cui Maroni chiese l'applicazione in occasione del massiccio afflusso per la guerra in Libia e che il Consiglio giustizia affari interni (GAI) dell'Unione europea non volle inspiegabilmente – inspiegabilmente ! – applicare e che dispone la condivisione Pag. 22degli oneri e la redistribuzione sull'intero territorio europeo, il boarding sharing, delle persone in caso di fughe di massa e di emergenze umanitarie, come appunto innegabilmente stava accadendo in quei tempi in Libia.
  Tale direttiva, a titolo meramente nozionistico, è già stata recepita dal nostro diritto con il decreto legislativo del 7 aprile 2003, n. 85, che si intitolava, appunto, «Attuazione della direttiva 2001/55/CE relativa alla concessione della protezione temporanea in caso di afflusso massiccio di sfollati ed alla cooperazione in ambito comunitario».
  Inoltre, il diritto di asilo, non essendo discendente dalle norme comunitarie – è bene ricordarlo – non può essere inserito come delega al Governo in una legge di delegazione europea. Stride un po’ da un punto di vista meramente di diritto – ed è diritto base questo –, perché necessita di un provvedimento ad hoc, un provvedimento di cui credo che la titolarità non debba essere del Governo e – fatalità –, anche e ancora una volta, in questo caso, scavalcando quella che è la legge, la n. 234 del 2012, che dà un po’ più di potere anche su questi temi europei e di condivisione europea al Parlamento.
  In questo caso, noi, cari colleghi, stiamo dando una competenza in bianco, una delega in bianco al Governo, senza che esso ne abbia di fatto titolarità e stiamo, ancora una volta impropriamente – perché non è una questione dell'Unione europea, che riguarda il diritto dell'Unione europea, ma è una questione che riguarda il diritto interno –, assolutamente sminuendo il nostro ruolo. Assolutamente. Però, io mi chiedo questo perché l'articolo della Costituzione che riguarda il diritto di asilo è l'articolo 10, quindi uno dei primi articoli.
  Infine, è necessario chiarire che un conto è il diritto di asilo di cui, appunto, all'articolo 10 della Costituzione, che, al terzo comma, recita: «Lo straniero, al quale sia impedito nel suo Paese l'effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana» – la nostra Costituzione – «ha diritto d'asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge» (legge che, appunto, manca); e diverso è lo status di rifugiato, che è altra cosa, ed è ovviamente riconosciuto dalla Convenzione di Ginevra, all'articolo 1, che recita: «A chiunque, per causa di avvenimenti anteriori al 1o gennaio 1951» – data di entrata in vigore della Convenzione di Ginevra – «e nel giustificato timore d'essere perseguitato per la sua razza, la sua religione, la sua cittadinanza, la sua appartenenza a un determinato gruppo sociale o le sue opinioni politiche, si trova fuori dello Stato di cui possiede la cittadinanza e non può o, per tale timore, non vuole domandare la protezione di detto Stato; oppure a chiunque, essendo apolide e trovandosi fuori del suo Stato di domicilio in seguito a tali avvenimenti, non può o, per il timore sopra indicato, non vuole ritornarvi (...)».
  Questo è lo status di rifugiato. Questo è il motivo per cui si dà lo status di rifugiato, che è, tanto per intenderci, quello a cui fa riferimento la direttiva comunitaria. Quindi, un conto è dare la delega al Governo per trattare – cosa su cui noi siamo contrari – una delega in bianco sullo status di rifugiato, altro – che, abbiamo detto, è già stato recepito e già in vigore –, invece, è dare una delega in bianco al Governo per trattare del diritto di asilo.
  L'articolo 10 della Costituzione, infatti, ha una portata molto più ampia, perché, in sostanza, vuol dire riconoscere il diritto d'asilo a tutti quelli che nel loro Paese non godono degli stessi diritti di cui godiamo noi qui, cittadini italiani. Ma, in assenza di un'apposita legge interna, la giurisprudenza ha interpretato ciò nel senso di diritto di ingresso, ma non di status. Nel nostro ordinamento, infatti, non esiste una normativa che disciplini il diritto d'asilo costituzionalmente garantito.
  Ritornando all'articolo 7, il termine per l'esercizio della delega è fissato in dodici mesi, che decorrono dall'entrata in vigore dei decreti legislativi di attuazione delle ultime due direttive comunitarie in materia di protezione internazionale, approvati il 26 giugno 2013. Inoltre, è concessa al Pag. 23Governo un'ulteriore delega per emanare eventuali disposizioni correttive ed integrative del testo unico, da esercitarsi entro ventiquattro mesi dall'entrata in vigore del medesimo testo unico.
  Il testo unico dovrebbe raccogliere norme che in gran parte devono essere ancora adottate attraverso altri decreti delegati. Quindi, il testo unico verrebbe ad essere elaborato poco dopo l'adozione dei testi normativi che dovrebbero confluirvi; ed inoltre, dovrebbero anche contenere norme sul diritto d'asilo, che nel nostro ordinamento, appunto – ci tengo a ribadirlo –, non è disciplinato nonostante sia in Costituzione.
  Quindi, non risulta urgente prevedere già in questa legge di delegazione europea la delega ad emanare un testo unico che ricomprenda tutte le norme interne dell'ordinamento italiano in materia di protezione internazionale e temporanea, nonché di asilo, visto che, allo stato attuale, ancora non esistono. Inoltre, l'articolo detta due principi per l'attuazione della delega: in primo luogo, quello dell'assistenza amministrativa, che dispone in ordine al Testo unico di attuazione dell'articolo 25 della Convenzione di Ginevra del 1951.
  Tale disposizione prevede che, se un rifugiato normalmente ha bisogno per l'esercizio del diritto dell'assistenza di autorità straniere alle quali non si può rivolgere, gli Stati contraenti sul cui territorio l'interessato risiede vigilano affinché tale assistenza gli sia fornita sia dalle proprie autorità sia dalle autorità internazionali, e che tali autorità rilascino o facciano rilasciare ai rifugiati, sotto il loro controllo, i documenti e i certificati che sono normalmente rilasciati ad uno straniero dalle sue autorità nazionali. I documenti in tal modo rilasciati sostituiscono gli atti ufficiali rilasciati a stranieri dalla loro autorità nazionali e fanno fede, fino a prova del contrario. Il principio al diritto dell'assistenza amministrativa è stato recepito dal nostro ordinamento in via di prassi, e già applicato per talune fattispecie, non solamente ai beneficiari di protezione internazionale, ma anche coloro che ne hanno fatto richiesta.
  Altro principio contenuto in questo articolo è quello dell'integrazione delle persone svantaggiate, come i rifugiati, nel personale delle cooperative sociali. Qui sorge qualche dubbio. Infatti, le cooperative, per poter godere di sgravi fiscali sul personale, possono assumere persone svantaggiate fino al 30 per cento del personale, e all'interno di questa categoria di persone svantaggiate risultano giustamente anche i titolari di questo diritto. Proponiamo quindi la soppressione di questi due principi, in quanto sono un aspetto rilevante per il diritto d'asilo, ma non per quello comunitario, quindi nulla ha a che fare con la legge di delegazione europea.
  Altro principio contenuto in detto articolo per l'attuazione della delega è che il testo unico disciplini i mezzi di impugnazione contro le decisioni di trasferimento del richiedente asilo dallo Stato membro in cui si trova allo Stato membro competente ed esaminante la sua domanda. Questo in base all'articolo 27 del Regolamento n. 604 del 2013, il cosiddetto Dublino III, che prevede appunto la possibilità di ricorso avverso le decisioni di trasferimento le cui modalità sono definite secondo il diritto interno di ciascun Paese membro. La possibilità di ricorso era prevista anche dalla normativa precedente, il Dublino II, ma con il nuovo regolamento il ricorso deve avere effetto sospensivo della decisione di trasferimento, cosa che infatti non era prevista dal precedente Regolamento; le modalità e i termini della sospensione sono da disciplinare con atto interno. Proponiamo quindi, anche in questo caso, la soppressione di questo principio.
  L'articolo 8, invece, ha aggiunto, anche in questo caso in sede di Commissione, la cosiddetta «direttiva procedure» per il riconoscimento della protezione internazionale, introducendo criteri e principi direttivi relativi all'attuazione di tale direttiva. Innanzitutto, tale direttiva è stata emanata in sostituzione della precedente, che era stata recepita già nel 2008, col fine di uniformare le procedure per la concessione Pag. 24e la revoca della protezione internazionale applicate dagli Stati membri che ancora oggi sono molto diverse. Noi proponiamo di esprime l'articolo prima di tutto, perché il termine di recepimento è il 20 luglio 2015, per alcuni articoli, il 20 luglio 2018 e per altri addirittura ci sono parti senza termine di recepimento. Quindi, non si capisce l'urgenza – se questo era l'obiettivo della legge n. 234 del 2012, non per stare nel campo delle supposizioni o dei pareri dei governanti di turno, ma per stare alla legge, che dovrebbe governare questo Paese – di recepire questa direttiva in questo momento, visto che non si fa neanche in modo puntuale e quindi dovrebbe essere corretta o comunque potrebbe essere impugnata.
  Inoltre, non ha tassativamente, anzi esclude, ad esempio, nel recepimento della direttiva l'introduzione dell'uso di Paese di origine sicuro e di Paese terzo sicuro. L'articolo ha una spesa, per ricordarlo, già da quest'anno, di 10 milioni di euro. La lettera a) prevede che nel decreto legislativo di attuazione della direttiva siano mantenuti e rafforzati gli standard di garanzia quali informazione, l'assistenza sanitaria, l'iscrizione anagrafica, previsti nella normativa attualmente in vigore; inoltre prevede che siano garantiti anche i potenziali richiedenti asilo presenti alle frontiere di soccorso in mare, garantendo anche l'immediato accesso all'assistenza sanitaria, iscrizione anagrafica e anche servizi di base.
  Contestiamo, proponendo la soppressione della presente disposizione, che non esistono potenziali richiedenti asilo, perché o lo sono o non lo sono.
  La lettera b), della quale anche in questo caso proponiamo la soppressione, prevede che in conformità con la prassi finora seguita, non sia previsto l'uso di Paese di origine sicuro o di Paese terzo sicuro, e non siano previste procedure differenziate per le domande. Questo principio è in contraddizione infatti con quanto espressamente indicato nella direttiva stessa, dove, al comma 8 dell'articolo 31, si prevedono i casi nei quali il Paese membro può applicare la procedura accelerata; ovvero, la lettera b) in particolare recita: «il richiedente proviene da un Paese di origine sicuro a norma della presente direttiva». Escludere espressamente questa previsione – e quindi rendere regolare una prassi che già si fa, ed è sbagliato, ricordiamolo – vuol dire non poter trasferire i richiedenti asilo in Paesi terzi, e non poter quindi adottare procedure di esame diversificate, anche se accelerate.
  C’è da dire però che non esiste un elenco europeo di Paesi sicuri; e questa è una maggior ragione in più proprio per non procedere con la ratifica di questo articolo proposto in Commissione, perché si usi magari il tempo della Presidenza del semestre italiano dell'Unione europea per stilare un elenco di questi Paesi. Lo si faccia con tutti i dati.
  Per quanto riguarda il personale delle commissioni, procedendo nell'esame di questo articolo 8, alla lettera c) va bene garantire l'indipendenza di giudizio e di professionalizzazione; però dobbiamo considerare che solo recentemente sono stati avviati corsi di formazione tramite l'Agenzia dell'Unione europea di sostegno agli Stati membri in materia di asilo. Noi proponiamo, oltre alla soppressione di questo dispositivo, anche di ogni riferimento all'asilo, in quanto, come già detto sopra, è una materia che non può essere trattata come una delega al Governo, e stride con gli altri criteri che trattano esclusivamente la protezione internazionale. Si rischia ancora una volta di fare confusione tra l'accezione europea di asilo, che comprende anche la protezione internazionale, e l'accezione che scaturisce dalla nostra Costituzione.
  L'articolo 9, aggiunto anche in questo caso in Commissione XIV, riguarda il recepimento della cosiddetta «direttiva accoglienza», che disciplina le condizioni materiali di accoglienza, assistenza, reinserimento – o meglio inserimento, perché arrivano – sociale di coloro che hanno ottenuto la protezione internazionale, status di rifugiato e protezione sussidiaria, o ne hanno fatto richiesta. Questa direttiva sostituisce la precedente direttiva, che era Pag. 25stata recepita dal nostro ordinamento già nel 2005. La direttiva è stata emanata con il fine di uniformare le procedure per la concessione e la revoca della protezione internazionale applicate dagli Stati membri, che ancora oggi sono molto diverse. Proponiamo la soppressione dell'articolo, prima di tutto perché il termine di recepimento è al 20 luglio 2015, e addirittura ci sono parti senza termine di recepimento. Quindi non si capisce, anche in questo caso, l'urgenza di recepire questa direttiva in questo momento. Inoltre non attua, fissando dei criteri neanche in modo puntuale, la direttiva, ma lascia libertà di scelta al Governo di cosa attuare e cosa no della direttiva; anzi, alcuni criteri sono addirittura di dubbia interpretazione.
  L'articolo ha una spesa, anche in questo caso, di 5 milioni di euro da quest'anno. Proponiamo in particolare la soppressione della lettera a), che prevede di mantenere e rafforzare gli standard di garanzia ed accoglienza ai richiedenti asilo. La lettera b), che è tesa ad istituire organismi di concertazione con i compiti di indirizzo, programmazione ed attuazione delle politiche dell'asilo connotati da ampia rappresentatività e coinvolgimento di attori istituzionali e sociali, e dell'organizzazione di tutela ai rifugiati. Prima di tutto, nuovamente si torna a parlare di asilo, e come abbiamo ricordato più volte l'accezione espressa nella direttiva è diversa da quella dell'articolo 10 della Costituzione. Secondo motivo, non è che la delega non specifica da chi debba essere composta questa ampia rappresentatività, quali sono gli attori istituzionali e sociali, da chi devono essere nominati, quali sono i loro poteri effettivi e quali le competenze rispetto a quelle oggi ministeriali. È una delega di fatto, che è troppo ampia e troppo generica.
  Ancora, chiediamo la soppressione della lettera c), che riguarda la garanzia di accesso e la fruizione delle misure di accoglienza di tutti, a tutti i richiedenti asilo, e a coloro che abbiano manifestato in qualsiasi forma e lingua l'intenzione di presentare domanda.
  È una delega pericolosa in quanto oltre che per l'ennesima volta si fa riferimento all'asilo, di cui non voglio continuare a tediarvi, ma mi piace puntualizzare questo aspetto proprio per sottolineare l'ambiguità di quello che stiamo trattando, è anche di fatto molto generica, perché non fissa un criterio stringente, quale potrebbero essere la fissazione di un limite temporale entro quando il richiedente deve manifestare la volontà di esprimere la propria domanda; inoltre si rischia di far lievitare le domande fittizie solo per poter beneficiare dell'accoglienza. In quel caso chi pagherebbe ? Chi restituirebbe ?
  Inoltre, proponevo di aggiungere altri criteri di buonsenso, quali prevedere, una volta ottenuta la protezione internazionale, che si svolgano azioni di controllo sul continuativo possesso dei requisiti per vedere, in casi eccezionali e debitamente motivati, la riduzione o addirittura la revoca delle condizioni materiali di accoglienza qualora il richiedente si trovi in uno dei casi previsti dall'articolo 20, paragrafo 1, della direttiva, e prevedere la riduzione delle condizioni materiali di accoglienza quando viene accertato che il richiedente, senza giustificato motivo, non ha presentato domanda di protezione internazionale non appena possibile dopo il suo arrivo, ripreso in modo puntuale dalla direttiva citata, in particolare appunto dall'articolo 20, paragrafo 2.
  Prevedere anche sanzioni applicabili alle gravi violazioni delle regole dei centri di accoglienza nonché ai comportamenti gravemente violenti; prevedere misure puntuali affinché il richiedente rimborsi in modo integrale o parziale le spese sostenute dallo Stato allorché vi sia stato un considerevole miglioramento delle condizioni finanziarie del richiedente o se la decisione di accordare tali prestazioni è stata adottata in base a informazioni false fornite dal richiedente.
  Tutti questi aspetti, colleghi, non è che se li si sta inventando la Lega, perché è cattiva e razzista, come piace a voi molto dire e come hanno avuto più volte modo di annuire molti dei colleghi che sono Pag. 26seduti in questi banchi, ma lo dice la stessa direttiva, ripeto, lo dice la stessa direttiva.
  Quindi, senza volervi tediare ulteriormente, per concludere noi riteniamo che attuare direttive così rilevanti per il diritto interno e per la gestione dei flussi migratori lasciare, per così dire, vista la generalità e la genericità dei principi, una delega in bianco vera e propria al Governo su questi temi per far vedere all'Europa che abbiamo fatto i compiti a casa – solo in alcune materie, non nelle altre – non è sicuramente il modo migliore di governare soprattutto se poi, come avevo avuto modo di dimostrare, oltre ad esserci delle gravi, gravissime, se non strumentalizzate ad hoc, volontà di male interpretare ciò che è scritto, lo si fa in maniera anche demagogica.
  Per concludere, non è possibile disciplinare la materia della protezione internazionale e dell'asilo, sulla quale sarebbe necessaria una seria riflessione invece, un serio confronto, una seria analisi dei costi per capire la sostenibilità, e badate che quando noi parliamo di costi e non parliamo solamente di quelli economici, ma parliamo dei costi sociali e di tutto ciò che ogni decisione comporta come costo-opportunità e sulla quale sarebbe necessaria una più seria riflessione, un più serio confronto che dovremmo fare qui e non delegare al Governo o ai Governi di turno, visto che qui la viabilità, come si è vista, appartiene al partito di maggioranza relativa.
  Quindi le stesse direttive, che a volte dispongono in maniera anche non coordinata tra loro, necessitano di studio e di un approfondimento adeguato e potrebbero costituire una vera azione concreta del prossimo semestre di Presidenza italiana, perché di fatto hanno già dimostrato l'incapacità di creare un sistema di asilo europeo comune, ciò che tutti vanno a dire nei salotti – televisivi piuttosto che nei confronti pubblici – ma che poi nei fatti vediamo che non si fa e si fa solo per tutelare qualcuno.
  Di fatto questo sancisce il fallimento, non solo della politica in materia di immigrazione e accoglienza di questo Governo, ma continua a sancire il fallimento delle politiche della Unione europea su queste materie. È necessario permettere un adeguato approfondimento considerando che comunque c’è tempo per il recepimento di due delle direttive che ho citato poc'anzi, che hanno come termine più breve e più stringente quello di luglio 2015.
  In generale l'UE ha sottratto sovranità agli Stati in materia di immigrazione ed asilo e ciò comporta il necessario corollario che le direttive hanno innegabili effetti negativi per un'adeguata e autonoma legislazione in tali settori, ma quando anche capita di poter autonomamente voler legiferare, vediamo che questa volontà viene assolutamente strumentalizzata da parte del governante di turno.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Chaouki. Ne ha facoltà.

  KHALID CHAOUKI. Signor Presidente, signor sottosegretario, cari colleghi, ringrazio il Governo, il presidente della nostra Commissione e tutti i colleghi per l'urgenza e anche per il tentativo di cogliere questa opportunità per cercare di metterci rapidamente sull'onda delle richieste che da più anni sentiamo e ci pervengono, non dico solo dalle sanzioni che abbiamo accumulato in questi anni e dagli schiaffi che l'Italia ha ricevuto dalla Corte europea. Ricordo appunto le sanzioni in materia di respingimenti per esempio e, se noi parliamo di cercare di dare delle risposte, credo che quella fu una delle pagine più vergognose e più buie della nostra storia, perché non solo gli schiaffi arrivavano a livello morale ed etico, perché rimandando indietro potenziali richiedenti asilo – sì, erano potenziali, peccato che poi noi in molti casi abbiamo contribuito a riportarli a uno scenario di morte e di torture come avveniva in quegli anni bui, come ricordato – ecco non solo gli schiaffi della Corte europea, ma i tanti richiami, le tante richieste di aiuto. A questo proposito ringrazio davvero tutte le ONG, l'UNHCR, il Pag. 27Centro Astalli, l'ASGI e tante associazioni che in modo infaticabile hanno più volte ricordato a noi stessi la responsabilità che abbiamo di fronte non solo alla Costituzione italiana. L'articolo 10 prevede appunto un testo unico, che non c’è, e non vuol dire che noi non dobbiamo per questo pensare che forse sia urgente, ci sono dei testi ovviamente in Commissione in discussione e oggi questa può essere un'opportunità per accelerare anche in questo senso. Quindi, rispondere alla nostra Costituzione, rispondere alle responsabilità che noi abbiamo di fronte appunto a chi lavora in questo campo e a chi ci ricorda più di una volta i nostri doveri di Paese democratico, civile, che ha il dovere oggi di dare delle risposte a chi fugge e scappa dalla persecuzione, dalla violenza e dalle guerre, ma ce lo chiedono appunto anche le nostre comunità locali, ce lo chiedono i nostri comuni, i nostri sindaci, ce lo chiede Mineo, ce lo chiede Augusta, ce lo chiedono appunto le regioni italiane che più di una volta, anche nell'ultima settimana, hanno invitato in modo rapido e veloce il Governo a organizzare in modo omogeneo e finalmente completo una normativa sull'asilo che fino adesso ci è stata grazie all'Europa. Meno male che c'era l'Europa su questo fronte, almeno possiamo sicuramente fare tante critiche all'Unione europea e ai Paesi europei come la Germania, ma su questo fronte dico meno male che c’è stata l'Europa. Dico che anche grazie al nostro lavoro sicuramente potremo correggere, orientare e guidare questo percorso di delega e sono anche soddisfatto per alcuni risultati che abbiamo ottenuto, ringrazio anche il relatore.
  Noi oggi siamo di fronte ad una situazione di emergenza, ma è un'emergenza alla quale ci siamo ormai abituati negli anni. Solo qualche dato per rendercene conto: secondo il rapporto dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite nel 2013, nei 44 Paesi più industrializzati ci sono state più di 612 mila richieste di asilo, tra i primi dieci Paesi di origine dei richiedenti asilo ci sono appunto Paesi ovviamente teatro di violenze e di conflitto, a partire da Siria, Afghanistan, Eritrea, Somalia, Iraq e Pakistan. Ebbene di questi, almeno quattro – Siria, Afghanistan, Eritrea e Somalia – sono Paesi che appunto ci riguardano più da vicino. Un altro dato: in Europa nel 2013 abbiamo ricevuto circa 500 mila richieste, cioè un terzo in più rispetto all'anno precedente, il numero più elevato di richieste a livello mondiale.
  Per quanto riguarda l'Italia, c’è un tema molto importante e ce lo dobbiamo dire anche con chiarezza: noi, molte volte, nel dibattito europeo ci sentiamo dire che l'Italia non è il Paese che ha il più alto numero di richieste, però vorremmo anche specificare che in questo contesto particolare la tipologia e le modalità di arrivo in Italia ci portano a uno sforzo straordinario, a uno sforzo molto più complesso, e comunque noi dovremmo avere delle risposte ordinarie di reazione e di risposta. Noi dobbiamo riuscire in tempi rapidi e questo è il messaggio che riguarda anche il tema della brevità e dell'urgenza: il semestre non è una data banale, ma penso e pensiamo possa essere davvero l'occasione per chiedere l'impegno europeo che è mancato in questi anni, in particolare riguardo, non dico al cambiamento del Regolamento di Dublino, ma almeno a prevedere delle eccezioni nel caso di flussi straordinari, come quelli che stiamo vivendo anche in queste settimane.
  Allora, il tema della credibilità, il tema di presentarci con una legislazione avanzata, direi anche più avanzata rispetto a quella di altri Paesi europei, penso possa essere sicuramente un ingrediente fondamentale per poter parlare anche con voce in capitolo e con un senso di serenità in più, soprattutto portando il nostro contributo in questa direzione.
  Quello che oggi noi vediamo è che, nonostante questi numeri che arrivano sulle nostre coste – ci sono state 30 mila domande di asilo sempre nel 2013 in Italia –, la maggior parte, la stragrande maggioranza, non vuole stare in Italia e molti chiedono di ricongiungersi alle proprie famiglie e alle proprie comunità. Molti – e qui c’è un elemento che deve farci riflettere – ovviamente provano sfiducia Pag. 28nel sistema nazionale di asilo e questo lo hanno in qualche modo certificato corti di Paesi europei, che ci hanno indicato come un Paese non adempiente o comunque non rispettoso di quelli che sono alcuni parametri.
  Allora, a questo proposito, la nostra preoccupazione, al netto di quello che ovviamente è il dovere di favorire la mobilità in Europa e del tema dei ricongiungimenti familiari per i richiedenti asilo e i titolari di diritto di asilo in Italia, è questa: penso che sia molto importante non avere sulle nostre coscienze, in quello che è il contesto legislativo italiano, il dubbio che qualche richiedente asilo possa non voler chiedere asilo in Italia perché ha il sospetto che nel nostro Paese non ci sia la possibilità di beneficiare delle tutele riconosciute dal diritto internazionale, e ovviamente da alcune delle norme che in qualche modo sosteniamo.
  Allora, a proposito di questo tentativo di avere una normativa finalmente omogenea, che garantisca il più possibile e sia il più possibile garantista, che elimini qualsiasi dubbio rispetto al fatto di negare il diritto d'asilo a chi potenzialmente può richiederlo, crediamo sia molto importante lavorare in alcune direzioni che sono state illustrate anche nel dibattito in Commissione e che abbiamo indicato attraverso alcuni emendamenti e l'introduzione in particolare dell'articolo 7, prima citato.
  Il tema è di lavorare sulle commissioni, ovviamente, che devono acquisire più autonomia, più professionalità, oltre che una maggiore diffusione. Quello che sta avvenendo anche in queste giornate a Mineo, in particolare in queste ore, ci racconta della difficoltà di dare delle risposte, soprattutto in tempi molto lunghi, che portano molti dei richiedenti asilo a dover permanere in questi centri, anche con quello che ne consegue in termini di condizioni igienico-sanitarie e assistenza loro dovuta. Quindi, questo sicuramente è un elemento importante che chiediamo al Governo in qualche modo di rafforzare e recepire; ovviamente un altro tema importante riguarda l'uniformità dei criteri di valutazione delle richieste di asilo. È molto importante prevedere anche qui criteri univoci per tutte le commissioni, al fine di evitare risposte divergenti.
  Poi c’è il tema importante dei minori non accompagnati e di prevedere per i minori, in particolare, un'attenzione specifica, un'attenzione e una tempestività nell'intervento. Un altro degli elementi secondo noi molto importanti che abbiamo voluto introdurre in questo passaggio è quello di garantire l'accesso all'assistenza sanitaria, all'iscrizione anagrafica e ai servizi sociali di base.
  L'ultimo punto – e concludo Presidente – è il tema dell'accesso, invece, per le ONG, per gli enti di tutela, per l'Agenzia delle Nazioni Unite, a quelli che sono i valichi di frontiera. Purtroppo, ci sono stati in passato alcuni problemi, alcune disattenzioni nel valutare le richieste e, soprattutto, nel garantire la possibilità a tutti almeno di fare richiesta di asilo e avere le informazioni necessarie. Pensiamo che favorire l'accesso, garantire l'accesso alle organizzazioni non governative possa essere un elemento di grande innovazione, soprattutto dopo anni e anni in cui purtroppo questo non è avvenuto e, anzi, è stato legittimato, in qualche modo, il respingimento di massa.
  Un'ultima espressione – mi permetta, Presidente – riguarda il nostro ringraziamento alle nostre Forze armate, alla Marina militare, in questo momento, alla Marina e alle autorità portuali e delle nostre coste. Salvaguardare delle vite umane, come sta succedendo in queste ore e in questi giorni, ci deve fare onore. Allora, sentire parlare di taxi, sentire parlare di un favore che facciamo a chissà chi, penso possa davvero gettare un'ombra vergognosa su quello che, invece, finalmente è stato uno sforzo portato avanti dal Governo Letta, di cui gli va dato atto, e soprattutto proseguito da questo Governo.
  Quindi, proseguiamo nella missione Mare nostrum e soprattutto rafforziamo la nostra legislazione in vista del semestre europeo, in cui dobbiamo pretendere, pretendere e pretendere un contributo europeo maggiore.

Pag. 29

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Zolezzi. Ne ha facoltà.

  ALBERTO ZOLEZZI. Signor Presidente, per quanto riguarda il testo del disegno di legge europea, dal punto di vista ambientale, volevo sottolineare come l'articolo 12 mira a superare le contestazioni sollevate dalla Commissione europea in ordine al mancato recepimento delle disposizioni in merito alla partecipazione del pubblico all'elaborazione dei piani e dei programmi, cioè alla direttiva n. 35 del 2003.
  Tali disposizioni disciplinano la procedura di partecipazione del pubblico sin dalla fase di elaborazione, poi la modifica e il riesame degli stessi piani in ambito ambientale. Quindi, è un miglioramento, ma a nostro parere sarebbe necessario andare oltre ed è stato questo il senso degli emendamenti presentati. Quindi, occorre fare riferimento per intero alla Convenzione internazionale di Aarhus del 1998, in materia di informazione ambientale, che non pone alcuna limitazione al cittadino che chiede di accedere a talune informazioni che attengono alla tutela della salute, del benessere e della qualità di vita.
  L'articolo 14 mira all'istituzione di un'infrastruttura per l'informazione territoriale nella Comunità europea. Anche in questo caso, tali disposizioni positive mirano a ridurre gli ostacoli tra le autorità pubbliche, promuovendo la condivisione e l'utilizzazione delle informazioni territoriali. Ma manca il riferimento alla partecipazione del pubblico. Quindi, si tratta di un provvedimento importante che ci riporta all'influenza dell'Europa sulla normativa italiana, visto che il 70 per cento delle normative italiane dipende dalla legislazione europea, e quindi il riferimento è chiarissimo alla necessità di partecipare a queste normative da parte degli amministratori italiani e da parte dei cittadini, che si spera vadano a votare alle prossime elezioni del 25 maggio in una percentuale maggiore rispetto al 33 per cento di alcuni anni fa.
  Per quanto riguarda l'articolo 15, esso è volto a dare un'attuazione più adeguata alla direttiva n. 92 del 2011, la cosiddetta «direttiva VIA», in particolare prevedendo che gli Stati debbano sottoporre a valutazione di impatto ambientale una serie di progetti, conducendo un esame caso per caso oppure fissando soglie o criteri. La normativa italiana di recepimento era stata contestata dalla Commissione europea, in quanto prendeva in considerazione soltanto alcuni dei criteri previsti dalla «direttiva VIA», ignorandone altri che, invece, ad avviso della Commissione europea, non possono essere considerati assorbiti automaticamente nella semplice fissazione di una soglia dimensionale.
  Per cui, in pratica, che cosa è successo finora ? È successo che le regioni italiane, per semplificare gli iter autorizzativi nel caso delle centrali a biogas, hanno emanato leggi che hanno escluso dalla verifica di assoggettabilità a valutazione di impatto ambientale, i cosiddetti screening, tutti gli impianti al di sotto di una certa taglia di potenza. L'esclusione basata sulla soglia è insufficiente, perché potrebbe esserci, per esempio, in base all'allegato 3, un cumulo con altri progetti: potrebbe esserci la produzione di rifiuti, il rischio di incidenti, il consumo di territorio, il carico ambientale del contesto, e sono criteri che devono essere utilizzati e che, in qualche modo, questa legge europea sembra portare in questa direzione.
  Però vi è un dato contrastante, perché invece l'evoluzione della normativa, visto che tra poco arriverà la legge europea 2014, sembra andare in una direzione opposta. Già in Italia la Corte costituzionale, con la sentenza n. 93 del 22 maggio 2013, ha dichiarato incostituzionali alcune leggi regionali perché, appunto, non tenevano conto di alcuni dei criteri autorizzativi delle regioni. Con la nostra risoluzione, passata in Commissione ambiente, abbiamo perlomeno ottenuto di sottoporre allo Stato tutte le linee guida regionali.
  La futura direttiva europea sembra, invece, cambiare nuovamente questo criterio. L'Italia, l'unica cosa che è riuscita a portare in Europa, è la speculazione e la Pag. 30distruzione dell'ambiente, perché ci sono di mezzo miliardi di euro di soldi pubblici. In pratica, con la nuova direttiva che dovrà arrivare a breve, si vorrebbe permettere all'autorità di decidere quali sono i parametri dell'allegato 3 da decidere per le autorizzazioni, quindi con la possibilità di non utilizzare tutti i criteri.
  Ricordiamo che per gli impianti a biogas, secondo il GSE, in Italia, nel 2013, sono stati spesi 11,8 miliardi di euro tra il pagare l'energia e il costruire gli impianti, dando lavoro a poche centinaia di persone, quando questi stessi soldi, se utilizzati per risparmio energetico, riqualificazione energetica degli edifici, contro il dissesto idrogeologico, per la mobilità sostenibile, oltre a risolvere problemi importanti, avrebbero dato lavoro a 150 mila persone. Il costo di estrazione di energia per il biogas è 50 volte superiore a quello per l'energia solare. Quindi, non si tratta di essere totalmente contrari, ma di dire come e quando utilizzare e non fare autorizzazioni speculative, come quelle che vedono 400 ettari di campi di mais utilizzati per fare un solo megawatt, dato insostenibile che ha portato alla necessità del cambio di matrice, visto che tutti adesso chiedono di utilizzare i rifiuti urbani, addirittura i rifiuti speciali, per inserirli nell'impianto, perché il mais costa troppo da produrre.
  Quindi, andiamo in una direzione opposta alla sovranità alimentare ed economica. Abbiamo i suoli che ormai sono impregnati di un eccesso di sostanze organiche e di azoto, talmente ricchi di lignina che ospitano solamente funghi tipici dei tronchi d'albero, e i casi di riscontro di azoto in falde e di morie di pesci sono sempre più frequenti nei canali. Stiamo distruggendo l'ambiente perché manca una pianificazione. Nella nostra proposta di revisione del codice ambientale vogliamo inserire la valutazione ambientale dei progetti che, anche nel complesso di un territorio, superino la soglia prevista, con un'unica valutazione per più impianti; semplificando, quindi, la normativa, ma rispettando maggiormente l'ambiente.
  Quindi, questo parere di direttiva che esiste, COM (2012) 628, che vuole modificare in un senso peggiorativo, è quello a cui i cittadini europei devono riferirsi quando andranno a votare, perché è questo il futuro. Chiaramente, non hanno approvato il testo, perché, se fosse stato approvato prima delle elezioni, qualcuno avrebbe capito forse meglio che se ne devono andare a casa (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Berlinghieri. Ne ha facoltà.

  MARINA BERLINGHIERI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor sottosegretario, i disegni di legge oggi in discussione sono volti a recepire le normative più recentemente adottate a livello di Unione europea e a chiudere svariate procedure di infrazione al diritto UE, suscettibili di determinare sanzioni pecuniarie a carico del nostro Paese.
  I due atti sono dunque molto importanti: testimoniano la volontà del Governo di avvalersi al meglio della legge n. 234 del 2012 per accelerare il pieno e corretto recepimento delle normative europee. Questo consentirà ai cittadini italiani di fruire più rapidamente dei diritti e delle garanzie che tali normative prevedono e dei quali, in caso contrario, sono privati. Inoltre, renderà possibile un'ulteriore riduzione dell'elevato numero di procedure per infrazioni al diritto europeo pendenti nei confronti del nostro Paese, un impegno questo ancor più imperativo in vista del prossimo semestre di Presidenza italiana dell'Unione europea, durante il quale sono indispensabili credenziali di coerenza. Non va, infatti, dimenticato che le norme UE sottoposte all'iter di recepimento nell'ordinamento nazionale sono state nella quasi totalità dei casi approvate in sede europea anche con il voto favorevole italiano.
  L'adozione dei due disegni di legge rappresenta inoltre il seguito concreto di un impegno preso con il Parlamento nel luglio scorso, quando approvò le leggi europee di delegazione europea del 2013. Pag. 31Il Governo ha deciso di esercitare per la prima volta la facoltà di presentare al Parlamento due ulteriori disegni di legge, dopo l'approvazione delle leggi europee di delegazione europea 2013, avvenuta nello scorso luglio. Il nuovo disegno di legge europea mira a chiudere otto procedure di infrazione e nove casi di precontenziosi e a dare attuazione a due Regolamenti UE, ad una sentenza della Corte di giustizia e ad una decisione Euratom.
  In particolare, il testo contiene norme che: eliminano le differenze di trattamento dei contribuenti residenti in un altro Stato dell'Unione europea che producano la maggior parte del proprio reddito in Italia; superano la disparità di trattamento fiscale tra le attività finanziarie detenute in Italia e quelle detenute all'estero; individuano le autorità competenti per la vigilanza sui soggetti finanziari; riguardano l'obbligo del datore di lavoro di dimostrare, fin dall'inizio dell'attività di impresa, di avere effettuato la valutazione dei rischi e di avere adottato le conseguenti misure di prevenzione e protezione in materia di salute e sicurezza sul lavoro; rendono più compiutamente disponibili al pubblico i dati relativi al monitoraggio ambientale e consentono la partecipazione dei cittadini all'elaborazione di piani e programmi in materia ambientale che non siano già sottoposti a VIA; migliorano la tutela contro l'inquinamento acustico; prevedono l'obbligo per l'autore di un danno ambientale di ripararlo mediante il pieno ripristino della situazione antecedente al danno; chiariscono alcuni dubbi interpretativi per l'applicazione della direttiva di disciplina del ritardo nei pagamenti tra privati e tra le pubbliche amministrazioni ed i privati. Inoltre, in ottemperanza ad una sentenza della Corte di giustizia UE, si precisa la responsabilità civile dello Stato per le violazioni gravi e manifeste del diritto UE da parte di organi giurisdizionali di ultimo grado.
  Il nuovo disegno di legge di delegazione europea 2013 contiene la delega per il recepimento di quindici direttive, nonché alcune deleghe al Governo per l'attuazione di atti dell'Unione europea. Questo consentirà di evitare ulteriori ritardi nel dovuto adeguamento dell'ordinamento interno al diritto comunitario, scongiurando il possibile avvio di altre procedure di infrazione da parte della Commissione europea.
  Tra le novità contenute in questo disegno di legge riveste speciale rilievo la delega al Governo per la predisposizione di un testo unico in materia di protezione internazionale, così come abbiamo ben sentito negli interventi che mi hanno preceduto. Vi sono disposizioni che: prevedono sanzioni penali ed amministrative per la violazione di norme del diritto, per le quali non sono necessarie disposizioni di recepimento nell'ordinamento nazionale; disciplinano l'accesso all'attività degli enti creditizi ed assicurativi nonché la relativa vigilanza prudenziale; regolano lo scambio di informazioni tra le autorità degli Stati dell'Unione europea ai fini dello svolgimento di indagini penali; garantiscono maggiore sicurezza nelle operazioni in mare e nel settore degli idrocarburi; vertono sulla predisposizione dei bilanci; rendono più rapida la reazione contro le frodi all'IVA; disciplinano istituti di risoluzione alternativa delle controversie dei consumatori; rivedono la disciplina delle attività di supervisione degli enti pensionistici.
  Va dato, dunque, particolare rilievo al processo virtuoso inaugurato con gli ultimi Esecutivi, non solo in quanto sono state finalmente presentate al Parlamento le leggi europee nei tempi di legge previsti, ma soprattutto perché si è usato lo strumento opzionale di ricorrere alle due leggi per la seconda volta in un anno, consapevoli di dover recuperare gravi ritardi di Governi precedenti, durante i quali non si era riusciti ad approvare ben due leggi comunitarie annuali, con conseguente carico di procedure di infrazione a carico dell'Italia.
  Anche a causa di vecchi ritardi ci troviamo, dunque, ad esaminare provvedimenti complessi, non solo dal punto di vista della loro struttura formale e per quantità di articoli, ma complessi per varietà e importanza delle materie in essi Pag. 32esaminate. È evidente, quindi, la necessità di concluderne velocemente l'esame per superare le inadempienze e le violazioni degli obblighi comunitari e velocizzare il processo di adeguamento italiano alla normativa europea.
  Come previsto, infatti, nelle ultime recenti leggi europee, a partire dal 2010, sono stati ridotti i tempi di recepimento delle direttive. L'articolo 1 stabilisce, infatti, che il termine per l'esercizio della delega legislativa non coincida più con la scadenza del termine previsto in ogni direttiva per il suo recepimento, ma sia anticipato ai due mesi precedenti la scadenza del termine di recepimento delle singole direttive, così da garantire un più rapido adeguamento della normativa.
  I nuovi termini per l'esercizio della delega legislativa si rendono necessari per le conseguenze previste dal Trattato di Lisbona, che prevede la possibilità di sanzioni pecuniarie a carico dello Stato inadempiente già nel contesto del procedimento giurisdizionale di accertamento dell'inadempienza. E l'esigenza di velocizzare i tempi di adeguamento italiano alla normativa europea in maniera efficace, almeno a livello di norme, è richiesta anche dall'evoluzione molto rapida della politica europea e, in particolare, dagli sviluppi incentrati sulla questione fondamentale della crisi dell'euro e dalla governance economica e finanziaria.
  Il raggiungimento di questo obiettivo risulta particolarmente rilevante anche ai fini del recupero, da parte del nostro Paese, di un ruolo da protagonista sulla scena europea, che ci renda capaci di dare una svolta di cambiamento all'Europa. La possibilità di essere promotori di questo cambiamento passa, però, anche dalla capacità del nostro Paese di essere al passo con il processo di adeguamento interno alla normativa europea, dimostrando di essere in grado di compiere una svolta anche sul versante del numero di procedure di infrazione, di contenzioso e di precontenzioso con la Commissione europea, facendoci uscire dalle posizioni di maglia nera delle classifiche comunitarie. Perché questo sia concretamente possibile, però, è necessario un nostro cambio di passo sul numero di procedure di infrazione. A dicembre 2011 risultavano, infatti, aperte nei confronti dell'Italia 136 procedure di infrazione; a novembre 2013 – come segnalato in un'audizione dell'ex Ministro Moavero in XIV Commissione – le procedure di infrazione a carico dell'Italia erano scese a 104.
  Pur segnalando il positivo processo di accelerazione verso un'armonizzazione dell'ordinamento interno alla legislazione europea, tuttavia, il divario da colmare risulta a tutt'oggi fortemente cospicuo: un record, questo, tutto italiano e che ci pone saldamente in vetta alla classifica dei Paesi più «bastonati» dall'Unione europea. Si tratta evidentemente di un numero molto elevato, che colloca il nostro Paese in ultima posizione fra gli Stati membri dell'Unione quanto agli adempimenti al diritto comunitario: una posizione che indebolisce notevolmente l'affidabilità italiana.
  Sotto il profilo della risoluzione delle procedure di infrazione va segnalata la particolare attenzione alle procedure giunte ad un livello avanzato, ovvero allo stadio di deferimento dell'Italia alla Corte di giustizia, in quanto, a valle di quest'ultima fase, è imperativo eseguire la sentenza di condanna che espone l'Italia al rischio concreto di sanzioni pecuniarie, sanzioni che gravano sull'erario e, dunque, sui cittadini e i contribuenti.
  Sul tema del contenzioso è da sottolineare, poi, il crescente rilievo assunto dal sistema EU pilot, vigente dal 2008, meccanismo di monitoraggio e trattazione dei casi di sospetta violazione del diritto comunitario, attraverso il quale la Commissione europea veicola le richieste di informazioni nei confronti degli Stati membri, nel quadro dell'attività di prevenzione del contenzioso europeo sulla corretta applicazione del diritto dell'Unione o della conformità della legislazione nazionale con il diritto dell'Unione europea prima dell'avvio di una procedura di infrazione.
  A questo proposito, bisognerebbe potenziare l'azione di coordinamento delle amministrazioni nazionali, centrali e territoriali, Pag. 33e la vigilanza nei confronti delle amministrazioni competenti per materia, favorendo la collaborazione con la Commissione europea, anche nella fase di predisposizione dei progetti normativi di adeguamento, anche informando il Parlamento delle questioni su cui intenda contestare le argomentazioni addotte dalla Commissione europea, al fine di avviare un negoziato, al termine del quale recepire in tempi rapidi e con adeguati decreti legislativi le normative. Infatti, anche per il corretto recepimento, il nostro Paese purtroppo è da molti anni agli ultimi posti della classifica dei Paesi membri e maglia nera per violazione del diritto comunitario.
  Tra queste, le violazioni in materia di ambiente spiccano tra quelle più numerose. Anche per tali ragioni, è da sottolineare l'importanza dell'approvazione degli articoli contenuti nella legge europea volti a sanare le procedure di infrazione per violazione del diritto comunitario, in particolare in materia ambientale. Le tematiche ambientali sono, infatti, da sempre quelle più rilevanti in sede di recepimento della normativa europea e anche quelle in cui si concentra il numero più alto di infrazioni a carico dell'Italia.
  In tema ambientale, con particolare riguardo alle strategie per lo sviluppo della green economy, sono da sottolineare gli impegni derivanti dalla strategia Europa 2020 e dalle raccomandazioni 2012-2013 del semestre europeo all'Italia, in coerenza con le raccomandazioni contenute nel rapporto OCSE 2013 sulle performance ambientali dell'Italia e con la dichiarazione della Conferenza delle Nazioni Unite sullo sviluppo sostenibile di Rio.
  Si rilevano, in tal senso, per l'attuazione della direttiva del 2009 le recenti novelle introdotte dal decreto legislativo n. 30 del 2013, che ha modificato ed esteso il sistema europeo per lo scambio delle quote di emissione dei gas a effetto serra, e le recenti disposizioni in materia ambientale per promuovere misure di green economy e per il contenimento dell'uso eccessivo di risorse naturali.
  Su questi temi, fondamentali per il futuro nostro e dei nostri figli, l'Unione europea potrà svolgere un ruolo decisivo nella trattativa internazionale che porterà alla Conferenza delle Nazioni Unite di Parigi nel 2015, se avrà definito obiettivi ambiziosi di riduzione dei gas serra e di spinta verso un'economia low carbon, attraverso target legalmente vincolanti.
  Nel raggiungimento di questo obiettivo, il ruolo del Governo italiano potrebbe essere fondamentale per raggiungere un accordo europeo più ambizioso di quello proposto dalla Commissione sugli obiettivi al 2030, proprio durante il semestre di Presidenza italiana che si apre a luglio.
  Per concludere, avere inserito le due leggi europee in un momento cruciale per l'importanza degli appuntamenti europei (elezioni europee, semestre di Presidenza italiana, cambio di Presidenza della Commissione europea) è un modo per affermare nei fatti che noi vogliamo un'Europa che mira a migliorare la qualità della vita di tutti i cittadini europei.
  Approvare due disegni di legge che favoriscono il recepimento delle direttive europee, la rapidità nel trasporre tali norme del diritto interno su materie che incidono direttamente sulla qualità della vita (come la tutela dell'ambiente, la tutela dei consumatori, i diritti di cittadinanza) risponde proprio a tale esigenza (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il collega Pesco. Ne ha facoltà.

  DANIELE PESCO. Signor Presidente, siamo riuniti in quest'Aula per discutere due provvedimenti molto interessanti che riguardano l'Italia e la Comunità europea. Si tratta di una legge europea e di una legge di delega europea. La legge europea contiene logicamente misure che diventano già attuabili, che sono già comprese nella legge, mentre con la legge delega europea si dà mandato al Governo di fare alcune cose.
  Ebbene, il fatto è che nella legge europea ci sono cose che ci piacciono e cose Pag. 34che ci piacciono un po’ meno. Ad esempio, sono compresi due articoli che, per quanto riguarda la Commissione finanze, quindi l'ambito fiscale, sono dei provvedimenti che al MoVimento 5 Stelle non piacciono moltissimo. Uno è quello sull'Ivafe. L'Ivafe che cos’è ? È un'imposta sul valore delle attività finanziarie detenute dall'estero da parte di cittadini italiani.
  Ebbene, il nostro sistema fiscale, su questa imposta Ivafe, si è sempre comportato abbastanza bene, nel senso che riusciva ad ottenere delle giuste risorse. Ma il principio che sta alla base di questa imposta è legato al fatto che lo Stato italiano vuole ottenere un certo riscontro fiscale da attività detenute all'estero, perché probabilmente all'estero sono state portate per, in qualche modo, eludere un po’ i controlli fiscali. Quindi, in pratica, è un'imposta patrimoniale – non ci dobbiamo vergognare –, è un'imposta patrimoniale su questi patrimoni che, secondo noi, è legittima.
  Invece, la Comunità europea, per quanto riguarda i principi di non discriminazione degli altri Paesi, ci chiede di ridurre questa imposta, ci chiede di assoggettare a questa imposta solo alcuni prodotti finanziari, quando invece noi prima potevamo applicarla ad una molteplicità di strumenti finanziari, quali ad esempio i certificati di valute estere, i depositi di conti correnti bancari costituiti all'estero indipendentemente dalla modalità di alimentazione, gli accrediti di stipendi, di pensione o di compensi, i contratti di natura finanziaria stipulati con controparti non residenti, tra cui i finanziamenti, i riporti, i pronti contro termine, i prestiti e i titoli, nonché polizze di assicurazione sulla vita, di cartolarizzazione stipulate con compagnie di assicurazione estere, insomma una molteplicità di prodotti.
  Adesso, invece, cosa vogliono fare ? Ce li limitano, perché dicono che gli altri Stati si vedono discriminati nel caso in cui andiamo ad assoggettare tutti questi prodotti alla nostra imposta Ivafe, e questo lo troviamo del tutto svantaggioso per il nostro Stato.
  Come, allo stesso modo, troviamo svantaggioso – come riportato in un altro articolo della stessa legge europea – il fatto che molti cittadini residenti all'estero che producono reddito qui in Italia possano essere tutelati, agevolati dall'applicazione delle detrazioni e deduzioni che spettano agli stessi cittadini italiani. Va bene, ok, saremmo d'accordo se loro partecipassero, se il loro reddito fosse tutto prodotto in Italia, o almeno il 90 per cento. In realtà, in questa legge europea è indicato che è sufficiente una parte di reddito pari al 75 per cento con riferimento a un cittadino di un altro Stato che produce reddito in Italia; è sufficiente che questo reddito sia pari almeno al 75 per cento del reddito complessivo. Noi questo lo troviamo del tutto sbagliato.
  Ebbene, continuiamo con la legge di delega europea. In questo disegno di legge vi sono alcune cose che sempre al MoVimento 5 Stelle non piacciono.
  Innanzitutto, partiamo dal fatto che vi sono delle misure legate alle strutture bancarie, che tendono a rafforzare in qualche modo il sistema di norme che tutelano il risparmio.
  Vanno ad accrescere il capitale di garanzia che le banche devono avere per riuscire a prestare praticamente le risorse. Ben venga, siamo d'accordo anche noi, però bisogna cercare di fare uno sforzo in più per il sistema bancario in quanto deve essere messo nelle condizioni di poter tornare a fare quello che faceva prima, ovvero prestare soldi all'economia reale. Purtroppo, questo non c’è. Nelle direttive europee che stiamo recependo adesso, purtroppo non c’è questo sforzo.
  Noi dobbiamo cercare, soprattutto in questo momento, che vede tra poco anche le elezioni europee, di andare a modificare alcune regole europee e dare la possibilità a tutte le strutture bancarie di riuscire a prestare più soldi all'economia reale. Questo, purtroppo, non succede.
  Vediamo, invece, con favore il fatto che siano state previste anche delle sanzioni per chi non rispetta queste regole. Forse, però, andiamo a notare che queste sanzioni, oltre ad aver indicato un limite Pag. 35inferiore e superiore, sarebbe auspicabile venissero in qualche modo proporzionate alla dimensione appunto dell'istituto bancario in quanto, soprattutto qui in Italia, abbiamo un panorama bancario molto vasto, con banche molto piccole e banche molto grandi. Sarebbe, quindi, auspicabile che anche le sanzioni possano tener conto di questo fattore.
  Presidente, poi ci tengo a indicare una cosa che a noi non piace assolutamente, ovvero noi, con questi due atti, in pratica recepiamo delle direttive europee, anzi andiamo incontro a delle procedure di precontenzioso che sono aperte appunto con la direttiva europea. Un deputato, però, se vuole andare a vedere a fondo che cosa contengono gli atti che si sono scambiati il Governo con la Comunità europea, per riuscire a capire il modo in cui ci chiedono di recepire alcune cose, lo può fare andando nell'ufficio della Commissione politiche dell'Unione europea, dove può guardare questi documenti senza poterli riprodurre. Ma questo va totalmente contro un principio di trasparenza, un principio di trasparenza che ci chiedono i cittadini. Noi dobbiamo avere la possibilità di divulgare i contenuti di questi documenti. Se la Comunità europea e se i lavori che vengono svolti all'interno dei palazzi della Comunità europea ci chiedono di fare certe cose e in un determinato modo, noi dobbiamo avere la possibilità di riprodurre e divulgare questi documenti. È estremamente importante.
  Per questo io e il collega Villarosa qui accanto a me abbiamo presentato degli emendamenti, a nome di tutto il MoVimento 5 Stelle, affinché, in riferimento alle indicazioni riportate nella legge n. 234 del 2012, una legge che ci dice come recepire le direttive europee, vengano abrogati tutti i commi che tendono a dare la possibilità al Governo di utilizzare in modo riservato questi documenti.
  Poi ci sono altre cose nella delega europea, alcune riferite, ad esempio, ai fondi di investimento alternativi. Ebbene, i fondi di investimento riguardano la finanza e in Italia siamo sempre stati abituati a vedere con un certo occhio, con molte cautele, i fondi di investimento. Ad esempio, una regola base era che bisognava sapere assolutamente qual era il proprietario del fondo. Adesso, invece, non avviene con il regolamento che stiamo recependo. È un regolamento certo, un regolamento unico per tutti gli Stati europei e questo va bene, siamo d'accordo, ci fa piacere, però, guarda caso, alcune regole, come ad esempio questa, non vengono contemplate, non vengono contenute. Quindi, che rischio corriamo ? Corriamo il rischio che in Italia possano arrivare dei fondi, magari esteri, che prima non potevano accedere al mercato italiano, senza neanche avere l'indicazione di chi sia il proprietario perché sono legittimati appunto ad operare in tutto l'ambito europeo, magari passando da un altro Stato. Questo a noi non piace assolutamente.
  Ci vogliono più garanzie per i risparmiatori, ci vogliono più garanzie, come, ad esempio, sul venture capital. Sempre con questa delega europea, infatti, viene praticamente recepito un regolamento per quanto riguarda il venture capital circa il quale ci tengo a ricordare di cosa si tratta. Il venture capital è uno strumento molto, molto importante che riguarda la finanza e dà la possibilità agli investitori di investire proprio nelle aziende ad alto potenziale di sviluppo. Questa è una cosa formidabile, che potrebbe essere formidabile, sia per la finanza, sia per l'economia, perché va proprio ad abbracciare l'economia reale, ad abbracciare le imprese che vogliono fare sviluppo e magari anche sviluppo sostenibile. Questa è veramente una cosa accettabile. Purtroppo, però, che cosa è successo ? È successo che in Commissione finanze abbiamo già approvato uno schema di decreto che recepisce queste cose.
  Ma quindi siamo proprio in un Paese al contrario ! Adesso stiamo approvando la delega e, invece, il Governo ci ha già proposto un atto, uno schema di decreto-legge che già prevede queste cose. Allora è proprio la dimostrazione che stiamo lavorando al contrario: prima si dà la delega, poi il Governo svolge i lavori riferiti alla creazione, all'adozione di un decreto legislativo Pag. 36e poi si va avanti. E, invece, in realtà no, qua no. Stiamo facendo tutto il contrario e su questo il MoVimento 5 Stelle continuerà a battere i pugni sul tavolo perché non è così che si fa. Prima si dà la delega e poi si producono gli schemi di decreto, si presentano alla Commissione e si va avanti con il lavoro. Poi soprattutto su uno strumento così importante come quello del venture capital che dobbiamo veramente riuscire a valorizzare nel modo corretto perché potrebbe essere proprio l'alternativa all'attuale sistema del risparmio. Infatti, è semplice: se il risparmiatore trova fiducia in una ditta che appunto crea sviluppo sostenibile, è giusto, potrebbe essere auspicabile che proprio i suoi risparmi vengano investiti direttamente in quella ditta, quasi un'alternativa ai sistemi di risparmio che abbiamo adesso. Purtroppo, invece, queste cose non vengono valorizzate nel modo corretto.
  Insomma, che altro dire ? Sul sistema di rating abbiamo cercato, anche in Commissione, con degli emendamenti, di riuscire a rafforzare il sistema di rating nel senso di riuscire a trovare quegli elementi oggettivi che possono veramente distinguere un perfetto, ideale sistema di rating. Invece attualmente no: abbiamo un sistema di rating che può penalizzare, da un giorno all'altro, uno Stato o un'azienda, come se niente fosse. In realtà dobbiamo cercare di fare il possibile affinché questo non avvenga.
  Concludo, signor Presidente. Stiamo recependo molte norme e sembra che molte poche siano veramente a favore dell'Italia. In un momento del genere, in un momento come questo – tra poco avremo il semestre europeo ma tra poco avremo le elezioni europee – dobbiamo essere veramente convinti che si possa andare in Europa e cambiare: soprattutto cambiare il modo con cui vengono fatte certe regole e il modo in cui vengono fatte recepire agli Stati certe regole (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Pili. Ne ha facoltà.

  MAURO PILI. Signor Presidente, userò i pochi minuti a disposizione seguendo i tempi europei per spiegare perché non voterò questo disegno di legge e il collegato a questo disegno di legge. È l'ennesimo disegno di legge comunitaria di ordinamento, cioè una legge dove l'Europa ordina e lo Stato italiano subisce ed esegue. È una legge dove subiamo di tutto e di più.
  Chi ha l'accortezza di andare a vedere nei dettagli di queste direttive che dobbiamo subire, si accorgerà che viene disciplinato lo scambio di cani, gatti, furetti. Viene disciplinata la libera circolazione degli articoli pirotecnici e cioè l'Europa ci spiega anche come far circolare i fuochi d'artificio.
  È un disegno di legge però sostanzialmente che ignora ancora quello che sta emergendo in Europa e anche in Italia, cioè l'Europa dei popoli. A partire da quello sardo, Presidente, che oggi festeggia Sa die de sa Sardigna, il richiamo alla storia della nostra libertà e della libertà del popolo sardo. Si parla di libertà e di movimentazione dei fuochi di artificio, di gatti, di cani e di furetti, ma è un'Europa che si dimentica della libera circolazione delle persone e delle merci. È un'Europa che si è dimenticata che c’è una regione, la Sardegna, che ha ancora il limite dei residenti e non residenti per la mobilità degli uomini. È un'Europa che non tutela un popolo che è emarginato sul piano della libera circolazione infrastrutturale, economica e sociale ed è un'Europa che ci nega, insieme allo Stato italiano, che nega al popolo sardo la possibilità di avere rappresentanti eletti nel Parlamento europeo perché le lobby siciliane, insieme a quelle dei partiti e alle lobby nazionali, hanno imposto che la Sardegna non possa avere una sua autonoma rappresentanza in Europa.
  La Sardegna è l'unica regione in Europa dove si distinguono ancora residenti e non residenti ed è l'unica regione in Europa esclusa dalle reti europee, transeuropee energetiche e infrastrutturali e quelle delle autostrade del mare e del gas. È un'Europa che ignora – e ancora in questo provvedimento è palese – che non Pag. 37vi è il riequilibrio economico, infrastrutturale e sociale che ci consente di abbattere il divario insulare.
  È un disegno di legge che regola, per esempio, la partita della valutazione dell'impatto ambientale, dimenticandosi l'Europa e lo Stato italiano, il Ministero dell'ambiente, che in Sardegna lo Stato italiano, insieme alla NATO, bombardano le coste italiane e le coste sarde con bombe, con carri armati, dall'aria, da terra e da mare, mettendo in ginocchio quel patrimonio naturalistico ambientale unico nel suo genere.
  È questa l'Europa che noi vogliamo avversare, è un'Europa che non merita un voto di una norma che ci consente e ci impone di subire ed è per questa ragione che voterò contro questo provvedimento, ma ci consentirà anche di dire che i sardi, di fronte a queste imposizioni, dovranno dire di «no», il 25 maggio, non andando a votare, perché credo che sia l'ultima occasione per dire un forte «no» a questa Europa che impone e che ci consente di subire ancora queste discriminazioni gravissime per la Sardegna e per i sardi.

  PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione congiunta sulle linee generali.

(Repliche dei relatori e del Governo – A.C. 1836-A e A.C. 1864-A)

  PRESIDENTE. Prendo atto che il Presidente della XIV Commissione, Michele Bordo, rinunzia alla replica.
  Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.

  SANDRO GOZI, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, è stato un dibattito lungo, con vari interventi, e mi permetterà di rispondere praticamente a tutti perché tutti hanno sollevato degli elementi importanti e vorrei che rimanesse agli atti la risposta del Governo, sia per le questioni che condivido, sia per le questioni imprecise che meritano un migliore inquadramento.
  Sì, ho denunciato una situazione di grave ritardo ed una situazione che mi preoccupa molto sullo stato dell'Italia rispetto alle infrazioni, lo confermo. Sono 114 infrazioni: credo che questo sia il peggior modo di presentarsi come Italia, e come Italia non come Governo, come Repubblica italiana, quindi Parlamento e Governo, di fronte all'Europa nel momento in cui si apre il semestre di Presidenza e credo anche che questo sia dovuto a un'attuazione solo parziale della legge n. 234 del 2012.
  L'onorevole Prataviera se ne è andato, ma leggerà le mia risposte: ne sono uno degli autori perché abbiamo tutti l'orgoglio di dire che è stata una legge di iniziativa parlamentare, su cui tutte le forze politiche, inclusa la Lega Nord, hanno lavorato tutta la scorsa legislatura sin dall'inizio e ne dobbiamo essere tutti orgogliosi, i parlamentari che c'erano e quelli che non c'erano. È attuata solo a metà e, per rispondere al collega Prataviera, per la prima volta quei nuclei operativi, quei nuclei dell'Unione europea che la legge prevede vengano creati presso i vari Ministeri, sono stati riuniti presso il dipartimento politiche europee. È evidente che, se questi non li si creano e non li si riuniscono, sarà difficile che possiamo assicurare quel coordinamento necessario per sopperire a quell'inerzia e a quei ritardi delle amministrazioni di settore, che vari colleghi che sono intervenuti hanno giustamente sottolineato e sui quali occorre fare uno sforzo molto importante, che è uno sforzo legislativo di attuazione della legge, uno sforzo amministrativo di coordinamento, uno sforzo culturale. Perché ? Perché ancora la nostra amministrazione, in vari settori, non ha pienamente fatto propria quella buona cultura europea – per rispondere anche ad uno degli ultimi interventi del collega Pesco – che prevede proprio questo: non possiamo, nel momento in cui le norme sono vigenti, violarle o non recepirle. Questo è un modo che credo che anche il MoVimento 5 Stelle non vorrà seguire per stare in Europa.
  Anche in materia finanziaria noi stiamo recependo delle norme e la cosa Pag. 38che dobbiamo fare tutti insieme è lavorare nel momento in cui – nella cosiddetta fase ascendente – le norme vengono negoziate. E nel momento in cui le norme vengono negoziate e verranno rinegoziate possiamo anche valutare se veramente alcuni aspetti, come quelli in materia finanziaria, vanno veramente contro l'interesse nazionale. Ecco, allora, nel momento in cui vengono fatte queste norme, nel momento in cui vengono modificate, è quello il momento in cui affrontare, alla luce dell'interesse nazionale, se veramente le cose sono come sono state prospettate, ma non nel momento in cui si adottano dei provvedimenti, con dei margini di manovra, perché, anche su questo, vari colleghi hanno criticato il fatto che si dia spazio. Forse una delle prime volte si dà spazio a dei criteri e a dei principi direttivi nella delegazione europea: io credo che questa sia buona prassi e dobbiamo avviare finalmente una buona prassi. Perché ? Perché la legge di delegazione europea è fatta anche e soprattutto per dare al Parlamento la possibilità, attraverso i principi e i criteri direttivi, di orientare l'azione del Governo. Quindi ben vengano i principi e i criteri direttivi. Non ho capito perché sempre la Lega Nord abbia criticato il lavoro che stiamo facendo in questa materia su un tema molto delicato, molto rilevante, come il diritto d'asilo e la protezione internazionale temporanea e sussidiaria.
  Perché lo stiamo facendo ? Perché, innanzitutto, non è assolutamente vero che il diritto d'asilo non sia materia comunitaria; anzi, informo chi ha detto questo che il Trattato di Lisbona prevede addirittura la comunitarizzazione di gran parte delle questioni in materia di asilo e, quindi, certamente, siamo pienamente nel nostro ruolo nel momento in cui in questi atti noi recepiamo queste norme. Ma, in secondo luogo, perché è evidente che ci sono delle gravi lacune nel sistema, anche legislativo, del diritto d'asilo in Italia, che ci sono delle gravi lacune in materia di protezione internazionale. Ed è evidente che se noi, a partire dal prossimo Consiglio europeo di giugno – su cui io non sono né ottimista né pessimista, so che è una strada molto in salita rispetto agli interessi che vogliamo far valere, soprattutto per quanto riguarda il Mediterraneo –, ci presentiamo stando in regola con le norme che noi stessi abbiamo voluto in Europa – perché quelle norme le hanno adottate i nostri rappresentanti al Parlamento europeo e i nostri rappresentati in Consiglio dei Ministri –, se noi ci presentiamo in regola con quelle norme in materia d'asilo, avremo ancora più forze per, magari, cambiarne alcune ed aggiungerne altre rispetto ad esigenze alle quali quelle norme non rispondono pienamente.
  Quindi, credo che sia molto importante usare il semestre europeo per questo. Come credo che sia molto importante dire – anche su questo spiego al collega Prataviera, che se ne è andato – cosa intendevo in quella mia dichiarazione sul «pacchetto speciale 2014»: ovviamente, non una legge speciale, ovviamente usare la legge n. 234 del 2012, usare una legge di delegazione europea e una legge europea 2014, che ho chiamato «pacchetto speciale semestre» – perché ho già avuto occasione di parlarne nell'audizione congiunta Camera e Senato e lo ripeto qui in Aula – è intenzione del Governo lavorare per cercare di abbattere in maniera molto importante il numero di infrazioni, non solo con un'approvazione rapida – ringrazio il relatore Bordo e il relatore Alli, che oggi non è potuto essere presente, per il lavoro che hanno svolto per procedere celermente su questo pacchetto 2013 –, ma, certamente, con un impegno straordinario, nel 2014, rispetto alle nuove leggi di delegazione europea e legge europea, che vorremmo adottare nell'imminenza o, comunque, all'inizio del semestre, perché dobbiamo usare il semestre anche per questo, per fare uno sforzo straordinario per diminuire in maniera molto rilevante il numero delle infrazioni.
  Perché ? Perché è giusto, perché avere infrazioni vuol dire essere in situazioni di illegalità – e non credo che a un Parlamento o a un Governo possa piacere essere in una situazione di illegalità – e perché dobbiamo anche usare politicamente Pag. 39questo momento del semestre per cercare di fare questo sforzo straordinario, che tutti avete auspicato in maniera esplicita o implicita e che il Governo pienamente condivide.
  È stato fatto riferimento anche ad alcuni aspetti più specifici. Sulle borse di studio e sulle guide turistiche stiamo lavorando, non so se per venire incontro pienamente alle preoccupazioni dell'onorevole Pannarale, ma certamente per rispondere ad una questione che, è evidente, va risolta in maniera diversa rispetto al passato recente. Per rispondere alla collega Berlinghieri, sì la lotta contro il cambiamento climatico e, quindi, tutte quelle politiche e quelle normative che discenderanno da questo nuovo obiettivo, è una priorità del semestre di Presidenza italiana. Vogliamo usare il Consiglio europeo di ottobre per arrivare ad una posizione ambiziosa e condivisa europea in materia di lotta contro il cambiamento climatico, perché, ovviamente, è interesse dell'Italia avere una posizione influente europea in vista della Conferenza globale del 2015. E già vogliamo lavorare su quelle prime conclusioni, su cui abbiamo lavorato molto, su cui il Presidente del Consiglio Renzi ha lavorato molto al Consiglio europeo di marzo, che indicano che è necessario che, in ordine a quegli impegni vincolanti e ambiziosi, a cui noi puntiamo come europei, anche le altre maggiori economie del mondo – si dice nelle conclusioni – cioè, i nostri grandi partner e competitor internazionali (la Cina, il Brasile e l'India), assumano degli impegni equivalenti; altrimenti, ritorniamo a quella vecchia contrapposizione e, dato che il cambiamento climatico è per definizione una questione globale, occorre spingere perché anche i nostri partner adottino degli impegni simili. Questo per rispondere alla seconda parte del suo intervento.
  Sui ritardi di pagamento, noi stiamo facendo uno sforzo importante di cui anche questo pacchetto legislativo 2013-bis fa parte; stiamo dialogando con la Commissione europea proprio su alcuni aspetti critici del modo in cui è stata in precedenza recepita la direttiva sui termini di pagamento sulle transazioni commerciali, e già con l'approvazione di questa legge europea 2013-bis noi daremo una risposta chiara rispetto alla perentorietà dei termini di pagamento, che è uno degli aspetti che ancora preoccupano la Commissione e su cui stiamo lavorando.
  L'onorevole Zolezzi parlava della questione relativa alla VIA: noi riteniamo che l'articolo di cui parliamo estenda la partecipazione del pubblico anche all'elaborazione di quei piani e programmi in materia ambientale che non siano già sottoposti alla procedura di VIA; non riguardano la tutela delle acque e non riguardano altri casi di procedure di VIA perché in questi casi la partecipazione del pubblico è già prevista dalla normativa vigente, quindi non è necessario riprevederla nella sede di legge europea. L'onorevole Gagnarli non c’è più: ho preso nota delle sue indicazioni, verificherò, certo non è nostra intenzione recepire una direttiva e di chiudere un'infrazione aprendone un'altra o non chiudendola totalmente. Quindi, mi riservo di valutare il merito di quanto è stato detto. All'onorevole Pili, che non c’è più, ricordo che capisco che siamo in campagna elettorale e quindi tutte le sedi sono buone per fare campagna elettorale; è stato uno scorcio di campagna elettorale per le europee, gli ricordo semplicemente che tante direttive di cui lui parlava, presentandole come imposizioni al Governo Renzi, sono state negoziate da Governi che lui ha sostenuto convintamente e che ha votato in quest'Aula. Quindi, quando si parla di queste questioni bisognerebbe cercare di avere la memoria non troppo corta, perché altrimenti si rischia di cadere in contraddizione.

  PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.
  Sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 15 con la discussione della mozione in materia di nomine di competenza del Governo nelle società a partecipazione pubblica.

  La seduta, sospesa alle 13,50 è ripresa alle 15.

Pag. 40

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Balduzzi, Boccia, Bonavitacola, Brambilla, Castiglione e La Russa sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
  Pertanto i deputati in missione sono complessivamente novantotto, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

Discussione sulle linee generali della mozione Vallascas ed altri n. 1-00343 in materia di nomine di competenza del Governo nelle società a partecipazione pubblica.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della mozione Vallascas ed altri n. 1-00343 (Nuova formulazione) in materia di nomine di competenza del Governo nelle società a partecipazione pubblica (Vedi l'allegato A – Mozioni).
  Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi riservati alla discussione della mozione è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).
  Avverto altresì che sono state presentate le mozioni Lacquaniti ed altri n. 1-00443 e Allasia ed altri n. 1-00444 che, vertendo su materia analoga a quella trattata dalla mozione all'ordine del giorno, verranno svolte congiuntamente. I relativi testi sono distribuzione (Vedi l'allegato A – Mozioni).

(Discussione sulle linee generali)

  PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali delle mozioni.
  È iscritto a parlare il deputato Andrea Vallascas, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00343 (Nuova formulazione). Ne ha facoltà.

  ANDREA VALLASCAS. Signor Presidente, colleghi e colleghe, nihil sub sole novum direbbero i nostri antenati che di nomine se ne intendevano; pensate a Caligola che nominò il suo cavallo senatore. Non ci dovrebbe dunque stupire che il primo giro delle nomine si sia concluso con nomi alquanto discutibili, tutti o quasi. La modalità di scelta è antica, come Caligola volle il suo cavallo in Senato così Renzi distribuisce incarichi e prebende tra amici e finanziatori suoi e dei suoi alleati, mettendo in piedi una scuderia molto personale. Come avevamo annunciato e come possiamo adesso constatare abbiamo assistito all'ennesimo assalto alla diligenza; non è stata proprio una spartizione vecchia maniera, questa volta ha più l'aspetto di una occupazione con la «k» condotta da Renzi e dai suoi ascari.
  Si ricorda che il valzer delle poltrone non è ancora concluso. Spenti i riflettori e distratta l'opinione pubblica dal tema, esso continua. In ballo, ricordiamo, ci sono i consigli di amministrazione di 14 società controllate dal Ministero dell'economia più altri 35 consigli di società controllate indirettamente e anche i collegi sindacali di 10 controllate dirette e di 50 controllate indirette. Sono di un niente il rinnovo: in tutto sono 49 consigli di amministrazione e 60 collegi sindacali. A una media di cinque-sei poltrone per ogni organo collegiale si arriva a circa 600 poltrone totali da attribuire.
  Tra le società i cui organi amministrativi e di controllo sono in scadenza, alcune agenzie nazionali – Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e sviluppo di impresa, Arcus, Istituto Luce, Cinecittà e così via – appaiono a noi del MoVimento 5 Stelle perfettamente inutili e improduttive. Le loro funzioni, in un processo di logica razionalizzazione delle competenze e di ottimizzazione dei processi decisionali e contenimento delle spese, potrebbero essere attribuite a esistenti strutture ministeriali.
  Torniamo a noi. Renzi, «il nuovo che avanza»: sembra uno slogan di una delle sue slide, poteva metterlo nella maglia il giorno de La partita del cuore, se non Pag. 41fosse stato escluso dalla manifestazione, privandoci di uno di quei momenti tra spot e fiction che invadono già tutti i telegiornali. Il rottamatore, l'uomo che vuole rivoluzionare il sistema, e il suo sottosegretario Del Rio ad annunciare che sul nome si cambia verso: si lo abbiamo constatato si torna indietro all'epoca del monocolore democristiano. Dallo scudocrociato allo stemma del giglio. Questo sì che è stato un cambio di direzione, Renzi, è vero, ha mostrato la sua abilità: l'uso di strategie e modalità di operare di tradizione andreottiana anche perché per storia politica un po’ suo erede lo è. È diventato subito il campione nell'uso del manuale Cencelli... dalla ruota della fortuna ne ha fatta di strada.
  Tra le nomine inserite nelle partecipate abbiamo ex di Forza Italia, qualche amico dell'UDC, i finanziatori made in big bang, qualche osso al fedele Alfano, qualche vecchio «trombone» di regime raccomandato da re Giorgio per chiudere in bellezza.
  Ma non basta. Gli italiani hanno dovuto pagare un altro conto salatissimo: oltre ai buoni uscita d'oro, pari a circa 25 mila euro, si sono aggiunti altri 50 mila euro più IVA, versati dal Governo per la consulenza di due società di head hunting (cacciatori di teste), la Spencer & Stuart e la Korn Ferry, incaricate di selezionare i curricula per individuare i nuovi top manager pubblici fuori da logiche di lottizzazione partitica. A questo punto, a chiusura del giro, potevano evitarci la costosa farsa, perché qui le operazioni di maquillage le paghiamo noi. Da buon democristiano, Renzi questo manuale lo conosce bene, differisce dal passato perché le sue decisioni sono monocratiche, decise tra Renzi e Renzi. Ormai siede sul suo trono per designazione divina, compiace, premia massoni e banchieri toscani della sua corte, con la supervisione di Giorgio Napolitano.
  Siamo dunque passati dal sistema PD/PdL del cinquanta e cinquanta della Seconda Repubblica a quello nuovo, rivoluzionario del rottamatore. Che si traduce in cosa ? Una colonizzazione, degli scout dell'alta finanza del giglio, dell'immenso tesoretto rappresentato dalle partecipate di Stato.
  Voglio ricordarlo: Stato, non è un concetto astratto, filosofico. Quando si parla di Stato non bisogna dimenticare cosa e chi rappresenta. Stato è mera rappresentanza della collettività, è tutela dell'interesse pubblico, salvaguardia della crescita sociale di tutti i cittadini, attraverso la cura delle aziende che dovrebbero garantirne il futuro economico. Le partecipate non sono terra di conquista di una parte politica, rifugio di politici trombati, imprenditori in cassa integrazione, banchieri privi di scrupoli, ma sono un patrimonio a cui partecipano di diritto i nostri cittadini, che in questo caso sono anche azionisti.
  Eppure il Ministero dell'economia e delle finanze aveva emanato una direttiva, in base alla mozione approvata al Senato il 19 giugno 2013. La direttiva disponeva che per la valutazione delle candidature, si doveva tener conto per i candidati, tra gli altri, dei seguenti elementi: possedere comprovata professionalità ed esperienza in ambito giuridico, finanziario o industriale e in secondo luogo non dovere avere conflitti di interesse rispetto al posto da assegnare.
  Voglio portare l'attenzione di voi tutti, sulla palese evasione del secondo punto, che ritengo fondamentale. Come potremo di seguito constatare, molti dei nominati hanno un evidente conflitto di interessi. Ma pare che ormai questa sia una moda. Si tratta di conflitti e limiti mascherati in una finta svolta rosa nelle partecipate, che non ci convince per nulla.
  Non ci basta che alla presidenza delle Poste ci sia Luisa Todini, a ENEL Patrizia Grieco, all'Eni Marcegaglia. Anzi siamo piuttosto preoccupati, sconcertati direi. È vero che sono state scelte donne piuttosto che uomini, ma spesso sono esse stesse a capo di aziende di famiglia. Ci pare di scorgere una chiara strategia: nel palcoscenico si esibisce come un trofeo la parità di genere e dietro il sipario, i registi, gli sceneggiatori, sono rigorosamente uomini e uomini del vecchio establishment, oltre Pag. 42che numerose new entry di stretta fiducia genziana, che non possono rappresentare nessuna svolta moralizzatrice. Infatti, se non vi siete fermati a guardare esclusivamente le immagini delle presidenti – esibite in tutte le prima pagine come esempio di rivoluzione culturale – e degli amministratori delegati, avrete di certo scoperto che nei CDA e nei collegi sindacali gli ascari renziani pullulano come api sul miele.
  La spartizione ancora una volta è fatta. Le società partecipate dallo Stato, spina dorsale di un'economia strangolata dall'affarismo dei capitani avventurosi, ha i suoi nomi: Alberto Bianchi, CDA Enel, avvocato di Matteo e Marco Carrai, presidente della fondazione Open, la cassaforte di Renzi, che gestisce le donazioni e organizza gli eventi, ex Bing Bang, gestita assieme a Carrai, al sottosegretario Lotti ed al Ministro Boschi.
  Parliamo di onorabilità. Bianchi fu inviato 11 anni fa dal Tesoro per liquidare EFIM, il fondo per il finanziamento dell'industria meccanica. Grazie a questa operazione, eseguita con perizia, è stato condannato per un danno erariale di 4,7 milioni dalla Corte dei conti. Presto avremo il risultato dell'appello. Ci concedete qualche dubbio ?
  Il fratello Francesco Bianchi è membro del consiglio di sorveglianza di Intesa Sanpaolo. Tutte le strade conducono a Roma, ops, alle banche, l'ossessione dei 5 Stelle, vero ?
  Ancora un altro amico e renziano della prima ora: il commercialista Marco Seracini, prossimo sindaco dell'Eni. Portato alla corte del pinocchietto da Dario Nardella, si fece promotore della nascita dell'associazione Noi Link, un prototipo dell'associazione Bing Bang.
  Appena insediato come sindaco, Renzi lo nominò al vertice di Montedomini (azienda pubblica di servizi alla persona). Ancora, Landi, 10 mila euro per finanziare la campagna a Renzi, piazzato nel consiglio di Finmeccanica, uno che nella sua vita si è occupato solo di sanità: strumenti medici e apparecchiature medicali, ma già membro del CDA di chi ? Ancora una banca fiorentina – e poi siamo noi in malafede – Banca e Cassa di risparmio di Firenze. Ancora, Antonio Campo dall'Orto, ex vice direttore di Canale 5 e di LA7 e manager di Viacom, CDA Poste con Elisa Fabri altra fiorentina rampolla di una famiglia di albergatori, Starhotels, altra esponente della «Firenze da bere» o di quello che viene ribattezzato come il cerchio magico. Non c’è solo quello di Dudù, Pascale, Rossi, Santelli. Ancora in poste: un pensiero all'UDC, di Casini nel CDA entra il suo portavoce, il trombato Raimondo Rao.
  Torniamo alla strategia «sbatti il rosa in prima pagina» di Renzi: alle donne, possiamo constatare, si attribuisce un ruolo istituzionale di pura rappresentanza, quello di Renzi perciò è un velinismo evoluto ancora più in malafede, un'arma di distrazione di massa, in cui l'altra metà del cielo è scelta tra la diretta discendenza delle Dinasty all'italiana, ma è donna e questo dovrebbe bastare a fare dimenticare l'intreccio perverso tra economia, finanza e politica. Ne è esempio Emma Marcegaglia, una scelta che indica la volontà di mantenere una linea di continuità con Berlusconi, che avrebbe mal digerito un presidente di rottura che scompaginasse l'equilibrio nei rapporti energetici con Putin. Piace a Squinzi, che subito si sbilancia in apprezzamenti. Il gruppo Marcegaglia, vogliamo ricordarlo, è leader mondiale nella trasformazione dell'acciaio, con 5 milioni di tonnellate lavorate ogni anno e consuma tantissima energia e i dubbi su possibili conflitti di interessi per intrecci con l'ENI sono più che motivati. Tesse le lodi Antonella Mansi, Presidente della fondazione MPS, esponente del cerchio magico alla fiorentina. Lei è una vera novità, un esempio di assenza di conflitto di interessi e sobrietà familiare. Ha già annunciato, alla faccia nostra e vostra, che non si dimetterà dall'incarico di vicepresidente e amministratore delegato del gruppo di famiglia. La sua azienda è stata condannata nel 2008 per avere pagato tangenti in cambio di commesse ad un dirigente ENI (adesso ne diventa presidente). Suo fratello Antonio ha patteggiato Pag. 4311 mesi di reclusione con la condizionale per corruzione. Ad alleggerire il clima è inoltre recente la denuncia della FIOM sullo spostamento della Marcegaglia spa e dei 167 dipendenti da Pozzolo Formigaro ad Alessandria, una distanza di 80 chilometri che celerebbe la volontà di licenziare. La FIOM, inoltre, pianifica uno sciopero del gruppo, sapete perché ? Nella sfortunata azienda della Marcegaglia la media degli incidenti è quattro volte quella nazionale. A lei però affidiamo un'azienda fondamentale per l'assetto energetico del Paese come l'ENI. Bè, a questo punto auguriamoci che non venga gestita come la Marcegaglia spa.
  Possiamo serenamente affermare, curricula alla mano, che il principale appeal del trio rosa sia l'avere ereditato dei colossi industriali di non poco conto. Mi chiedo, caro Renzi: ma il conflitto di interessi non è sempre stato un cruccio del PD ? Quanti si sono tormentati attorno a quello di Berlusconi, prima di averlo come fedele alleato. Questo è un problema non solo dell'ex presidente di Confindustria, ma ancora, per esempio della signora Todini, espressione di Forza Italia, vent'anni fa nel Parlamento europeo tra le azzurre, infilata nel banchetto del Cda Rai che tutti accontenta, in quota Lega/PdL dal 2012, è presidente della Todini costruzioni e della Todini finanziaria: un'altra imprenditrice con interessi piuttosto ingenti. Quali prevarranno, secondo voi ?
  Apriamo il capitolo Finmeccanica, qui c’è tanto da dire su entrambi i generi: ancora una donna, Marta Dassù, direttore della rivista Aspenia e del Programma di studi politici dell'Aspen Institute, ex direttore del Centro studi di politica internazionale ed ex consigliere personale di Massimo D'Alema. Sottosegretario agli esteri del Governo Monti e successivamente Viceministro, sempre alla Farnesina, prima con Giulio Terzi di Sant'Agata e poi con la Bonino, con delega specifica alla politica estera e di sicurezza comune e alla politica europea di sicurezza e difesa.
  Cosa succede ? Ecco, secondo la «legge Frattini», la n. 215 del 2004 sul conflitto d'interessi, la Dassù è totalmente incompatibile con il ruolo di consigliere d'amministrazione di Finmeccanica. All'articolo 2 della legge, infatti, si sostiene – in merito all'incompatibilità tra incarichi di Governo e enti di diritto pubblico o anche economici – che la suddetta «incompatibilità» perdura per dodici mesi dopo la fine del precedente incarico di Governo, anche laddove si ricopra un nuovo ruolo in «società aventi fini di lucro che operino prevalentemente in settori connessi con la carica ricoperta».
  Come la mettiamo, caro Renzi ? Non sia mai che si critichino solo le scelte al femminile: noi siamo convinti che la parità di genere sia un valore autentico, non di facciata. Parliamo, per esempio, di Gianni De Gennaro, l'unico manager sopravvissuto alla scure fiorentina. Moretti, l'attuale amministratore delegato, ha bisogno di una guida esperta, non ha esperienza di arma e difesa. Il super poliziotto è solido nella sua poltrona di Presidente di Finmeccanica, ha 66 anni, tanto per confermare la svolta generazionale, collaborava con l'FBI all'epoca di Falcone, esperto di servizi segreti che ha anche guidato, presiede a oggi il Centro degli studi americani, e – pensate – è stato anche capo-gabinetto del mitico Giuliano Amato al Viminale, ma che casualità ! Armi, America, servizi segreti, F35, De Gennaro piace ai nostri amici americani. Insomma, siamo al solito complottismo paranoico di noi 5 Stelle, vero ? Sul nome dell'ex poliziotto si è espresso Re Giorgio. Prima di stilare la lista dei predestinati, Renzi si è recato per baciargli la pantofola e chiedere la benedizione, lì ha dovuto cedere su quel nome.
  Smascherata la strategia «dipingi di rosa una presidenza e sarà rottamata», abbiamo visto che Renzi ha ottenuto quanto desiderava, caccia Scaroni, perché impresentabile e condannato, così dà una smacchiatura veloce alla sua immagine prima delle europee. Obiettivo: apparire il grande moralizzatore...Povero Scaroni, va via con un bonus di 8,3 milioni di euro; in totale la rottamazione di Renzi ci costa 25 milioni di bonus d'uscita, soldi che escono dalla tasche degli italiani.Pag. 44
  Sposta Moretti per punizione: ricordate il suo lamento per il basso salario ? Infatti, adesso guadagnerà un po’ meglio. Dunque, lo tiene e lo paga di più per farsi perdonare quel «se vuoi, vai via».
  Imbarcata di amici, finanziatori e fedelissimi: seguite il filo invisibile che lega nomine, Toscana e banche, e capirete cosa e chi c’è dietro Renzi, e chi e quanto stia ricompensando con queste nomine.
  Salta all'occhio ancora un altro nome, un volto giovane: Mancuso, vicino ad Alfano, amico e alleato da premiare, piazzato nel Cda ENEL. Sapete che è indagato per aggiotaggio e ostacolo alla vigilanza nell'inchiesta sul gruppo Risanamento di Luigi Zunino ? Mancuso è espressione degli ambienti vicini ad Intesa San Paolo, attorno al quale ruotano i vari Carrai, Mazzei e Francesco Bianchi. Presiede il private equity lusseburghese Equinox, che ha avuto momenti di tensione con la fondazione MPS, quando si è arrivati a decidere del futuro della banca di Siena, e ancora ex consigliere di Unicredit.
  Non finisce qui: Renzi ha fatto di più, piazzando Andrea Gemma, l'avvocato di Alfano in Eni, il giovane avvocato è specializzato in liquidazioni: pochi giorni prima che l'ultimo Governo Berlusconi cadesse, è stato nominato, dall'ex Ministro dello Sviluppo economico, Paolo Romani, commissario straordinario della Valtur, impresa turistica finita in un crack finanziario che doveva conoscere già piuttosto bene, infatti suo padre Sergio Gemma aveva ricoperto fino al 2002 l'incarico di presidente del collegio sindacale della stessa Valtur, che nel 1998 era stata rilevata da Carmelo Patti, del quale, due anni fa, la procura antimafia ha chiesto il sequestro di tutti i beni. L'accusa: aver fatto affari con Cosa nostra. Cosa altro c’è da dire ?
  Risulta dunque palese che il quadro normativo limitato alla sola Direttiva del MEF del 24 giugno 2013, sia del tutto insufficiente, perché creata ad hoc su un sistema a maglie larghe, che garantisce unicamente esecrabili logiche spartitorie, regole deboli e poco chiare. La prescrizione della direttiva risulta dunque superflua, infatti non è integrata da una essenziale tipizzazione delle situazioni di conflitto di interessi; rimane dunque sospesa tra lecito e illecito e qui si insinuano i maggiori rischi.
  Tale direttiva non contempla un limite ai mandati e all'età degli amministratori e non impedisce alla folta schiera di «trombati» di aspirare a un posto di primo piano. Inoltre, la parte della direttiva, dove si parla della ineleggibilità legata a fatti giudiziari, appare molto elastica.
  Sappiamo che di procedura, detta direttiva, prevede che il Ministro, prima di procedere alle nomine, acquisisca un parere positivo da parte di un comitato di garanzia composto da Cesare Mirabelli, presidente emerito della Consulta, Vincenzo Desario, ex direttore generale della Banca d'Italia, e Maria Teresa Salvemini, consigliere CNEL. Tale comitato costa 50 mila euro l'anno, ma viste le recenti nomine suddette è la dimostrazione palese che il comitato di garanzia – e la direttiva Saccomanni – non è efficace e non garantisce i criteri di trasparenza, pubblicità, professionalità, onorabilità e indipendenza che le nomine a società partecipate dello Stato devono avere. Questo è possibile solo attraverso un pieno coinvolgimento del Parlamento e stabilendo tutti i criteri di nomina attraverso una norma di rango primario, scevra da ogni interpretazione e deroghe capziose.
  Come già espresso nella mozione Fantinati ed altri n. 1-00301, tali grandi aziende costituiscono il tessuto connettivo dell'economia del Paese e sono tutte strategiche per la loro funzione attuale e per quella che potranno svolgere in futuro nella ristrutturazione ecologica, civile e tecnologica del sistema economico italiano. Esse sono state costruite con il lavoro e con le tasse di quattro o cinque generazioni di italiani, lungo il corso di oltre un secolo. I proprietari delle quote residue in mano allo Stato sono, dunque, i cittadini italiani, che non possono essere espropriati della possibilità di decidere del loro assetto attuale e futuro.
  Le società pubbliche sono strategicamente rilevanti per il posizionamento dell'industria Pag. 45nazionale, in un quadro di definizione degli equilibri di mercato interno e internazionale. Il bilancio dello Stato è positivamente ristorato dagli utili derivanti dalle profittevoli attività dei gruppi di imprese facenti capo alle sopracitate attività. Dunque, bisogna dire «basta» a una selezione dei componenti dei consigli d'amministrazione e dei collegi basata su umilianti logiche spartitorie e di appartenenza. Chiediamo, come MoVimento 5 Stelle, l'impegno del Governo a: fornire immediati chiarimenti sullo stato di avanzamento della selezione dei manager pubblici e ad anticipare al Parlamento le decisioni assunte dal Governo in materia di nomine pubbliche; a sospendere le nomine in quelle società definite in premessa inutili e improduttive e le cui funzioni, in un processo di logica razionalizzazione delle competenze, ottimizzazione dei processi decisionali e contenimento delle spese, potrebbero essere attribuite a esistenti strutture ministeriali.
  Chiediamo, inoltre, che il Governo si impegni ad adottare una norma di rango primario, volta a prevedere che le proposte governative di nomina dei membri dei consigli di amministrazione e dei collegi sindacali delle società a partecipazione pubblica, totale o di controllo, avvengano secondo i seguenti criteri e modalità, in aggiunta alla direttiva del Ministero dell'economia e delle finanze del 24 giugno, e siano sottoposte al previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, al fine di verificare la professionalità, onorabilità ed indipendenza; dichiarare ineleggibili coloro che abbiano un procedimento giudiziario in corso; che abbiano già ricoperto l'incarico per due mandati consecutivi; che abbiano superato il limite di età di 66 anni; che non siano stati rieletti nel Parlamento, nel Parlamento europeo, nel consiglio di una regione o di enti locali con popolazione superiore ai 15 mila abitanti o ricoperto incarichi governativi da almeno cinque anni.
  Ci auguriamo, stavolta, che non si ripeta quanto accaduto nel corso della mia interpellanza urgente n. 2-00458 del 18 marzo 2014, nella quale chiedevo al Governo chiarimenti sullo stato di avanzamento della selezione dei manager pubblici, e di anticipare al Parlamento le decisioni assunte dal Governo e l'applicazione rigorosa della direttiva Saccomanni. Il sottosegretario all'infrastrutture e trasporti, che rispose in nome e per conto del Ministero dell'economia e delle finanze e del Governo, non solo evase alcune delle domande, ma si limitò a leggere una risposta preparata dagli uffici competenti, ovviamente poco soddisfacente.
  Adesso il primo giro è concluso, ma è indispensabile proiettarsi verso il resto delle nomine, ponendo le basi di un quadro normativo che ci avvicini a esempi di good practice di alcuni paesi che la stessa OCSE, in un suo rapporto del 2012, indica come esempio: Svezia, Israele e Nuova Zelanda.
  In questi Paesi, la nomina di presidenti, amministratori delegati e direttori generali spetta all'Esecutivo, ma a garanzia della procedura esiste una lunga serie di adempimenti a garanzia che la selezione avvenga nel migliore dei modi e che la scelta ricada sui candidati migliori. L'OCSE rimarca quanto siamo lontani dalla Nuova Zelanda, dove la selezione è affidata ad un organismo indipendente, la Crown ownership monitoring unit. In particolare l'autorità, in questo caso, elabora la lista dei nomi da sottoporre al Ministero competente e ogni candidatura deve essere approvata da un altro organismo, il Cabinet appointments and honours committee, prima di ricevere il via libera del Governo. Ma il COMU ha anche un altro compito: conduce un'attenta analisi sulle credenziali di ogni candidato, individuando i conflitti di interesse e passando al setaccio il suo background. Non solo: il COMU indirizza e veglia persino sul processo di approvazione delle nomine da parte del Governo. Al momento i fatti di queste ultime settimane ci dicono che siamo sempre più lontani da questa good practice. Sempre più lontani dall'Europa e sempre più in linea con quella immagine della little Italy sospesa tra ridicolo e corruzione politica e morale che non volete scrollarci di dosso.Pag. 46
  Ribadiamo ancora che per noi sempre di più è necessario che si operi una vigilanza a tutela degli azionisti delle partecipate, gli italiani, perché i loro interessi non vengano subordinati a quelli di gruppi di potere legati a una certa parte politica. L'opera di controllo per noi deve essere svolta dal Parlamento, unico legittimato a tutelare i nostri azionisti, gli italiani, perché diretta espressione della volontà popolare. Anche in questo caso ci batteremo perché le scelte di questo Esecutivo abusivo non persistano in una politica di cura del proprio cortiletto a danno del pubblico interesse. La gestione Renzi sta creando ulteriori crepe al sistema Italia, ripete gli abusi e li maschera di novità, gioca di prestigio come un abile illusionista, va veloce, perché i cittadini non devono avere il tempo di capire e aprire gli occhi.
  A fronte di ciò vogliamo strumenti in più di controllo perché le modalità di scelte scellerate che sopra abbiamo riportato si arrestino e non si ripetano in futuro. Questo potrà essere possibile solo se si arriverà a nuove regole e ad un controllo delle commissioni come nella nostra proposta, in quanto diretta espressione di una democrazia di popolo, che persegua un unico e imprescindibile scopo: la crescita economica e sociale del nostro Paese. I nostri unici amici, i nostri unici raccomandati sono tutti – e diciamo tutti – i cittadini italiani. Forse è troppo pretendere che anche per voi sia così.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il collega Abrignani. Ne ha facoltà.

  IGNAZIO ABRIGNANI. Signor Presidente, colleghi, anche da parte mia due brevi considerazioni su questa mozione che; ricordiamo, è stata annunciata in Aula il 14 febbraio, ossia ben prima che venissero fatte le nomine delle società che vengono indicate soprattutto all'interno della premessa della mozione, cioè ENI, ENEL, Poste e Finmeccanica. Questa mozione indicava nella richiesta della scelta da parte del Governo alcune prerogative ben precise rispetto ai soggetti da nominare.
  Ebbene, innanzitutto voglio precisare che la prima considerazione da fare è che i soggetti, al di là delle loro caratteristiche o delle loro peculiarità, debbono anche e soprattutto essere valutati per ciò che faranno per queste società, così come ci permettiamo di dire che coloro che oggi sono stati sostituiti dai vertici di queste società comunque bene avevano fatto. Tant’è vero che, nominati dal secondo Governo Berlusconi, sono stati successivamente anche confermati da altri Governi, perché queste società, cioè ENI, ENEL e la stessa Poste Italiane, avevano comunque ottenuto dei grandi risultati, dando anche cosiddetti utili al Tesoro, che era l'azionista di riferimento. Su Finmeccanica si potrebbe dire qualcosa di diverso, però riteniamo che Finmeccanica abbia subito anche degli attacchi di natura giudiziaria, che in qualche modo hanno penalizzato nel mondo la figura di questa società che comunque rimane ancora oggi leader.
  Per cui, è vero che vanno identificate e vanno chiarite le prerogative e le caratteristiche di questi soggetti, ma soprattutto va in qualche modo valutato a consuntivo ciò che faranno per queste società. Non a caso, uno dei soggetti di queste quattro società che è stato oggi nominato, cioè Moretti, era stato anche aspramente criticato in relazione soprattutto ai compensi avuti da parte di Ferrovie dello Stato. Bene, è stato invece nominato in Finmeccanica, da pochi giorni, dal Governo Renzi, a testimonianza che poi la valutazione sulle capacità, sulla conduzione di un apparato difficile come quello delle Ferrovie era comunque positiva. Per cui, noi siamo favorevoli alle richieste che vengono, dal punto di vista dell'impegno del Governo, dalla mozione del MoVimento 5 Stelle, anche se non siamo per niente d'accordo sulla premessa di questa mozione.
  Infatti, le considerazioni sulla mancanza di procedimenti penali, sul discorso delle elezioni o sui conflitti di interesse per alcuni soggetti possono anche essere valutate, mentre, invece, la valutazione sull'incarico già ricoperto per due mandati o relativa al limite di età non ci trova Pag. 47favorevoli, perché riteniamo che molte volte l'esperienza sia un valore molto più importante rispetto magari a una giovane, anche se qualificata, esperienza in un mondo, come quello delle partecipate pubbliche, che sappiamo avere dei risvolti di natura interna, ma anche di natura internazionale, dove la figura e, soprattutto, l'autorevolezza di un personaggio che rappresenta l'Italia, rappresentando queste partecipate all'estero, è molto importante.
  Sono state fatte delle scelte anche in relazione alle cosiddette quote di genere, perché sappiamo che sono state nominate delle donne presidenti di queste società. Sembra che il Governo, che tra pochi giorni dovrebbe procedere anche su Terna e sulle altre società, voglia, in qualche modo, anche continuare su questo discorso, però vorrei che uscissimo un po’ fuori da questo concetto demagogico.
  Noi di Forza Italia, che da sempre abbiamo valutato le nostre donne – ricordo che nell'ultimo Governo Berlusconi vi sono state più donne Ministro che in tutti i precedenti Governi, e poi Ministre importanti, se vogliamo ricordare il sindaco di Milano, che tanto ha fatto bene e che era già stata Ministro della pubblica istruzione –, abbiamo già fatto queste scelte; però devono essere scelte di natura imperativa, non di immagine.
  Molte volte ritengo, ripeto, che a guidare nelle scelte deve essere l'autorevolezza, deve essere la capacità, deve essere il merito, non la quota di genere, perché, anzi, credo che spesso l'inserimento di una donna in un certo ruolo, che abbia invece di per sé una certa storia e una certa autorevolezza, sia anche una deminutio rispetto a questo, cioè che sia considerata quota di genere. Io ti nomino presidente perché sei brava, perché sei capace, perché hai dimostrato nella tua vita professionale, e anche personale, di valere. Per cui, anche su questo, riteniamo di avere una posizione autonoma, che di fatto abbiamo già ampiamente esercitato, abbiamo già ampiamente indicato. Quindi, per quanto riguarda la premessa, non ci troviamo d'accordo con questa mozione, mentre, invece, per quanto riguarda gli impegni al Governo, su alcuni di questi andremo a capire realmente quale sarà la posizione di Forza Italia e su questo, poi, in sede di dichiarazione di voto, esprimeremo la nostra posizione in maniera chiara.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Rondini, che illustrerà anche la mozione Allasia ed altri n. 1-00444, di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.

  MARCO RONDINI. Signor Presidente, noi abbiamo presentato una mozione alla luce anche della situazione attuale del Paese.
  Il sistema economico del Paese oggi registra la presenza di società partecipate direttamente o indirettamente da soggetti pubblici, frutto di un'evoluzione storica, peraltro assimilabile a quella della maggior parte degli altri Paesi europei, improntata alla gestione di alcuni servizi e al sostegno ad alcuni settori produttivi considerati importanti e strategici non solo ai fini economici, ma anche per garantire alcuni servizi essenziali a tutti i cittadini.
  Il quadro normativo riguardante le società a partecipazione pubblica è complesso a causa dei diversi profili coinvolti. Alla normativa societaria si sovrappongono gli effetti indiretti delle norme sul Patto di stabilità e sulla spending review, che condizionano fortemente gli enti pubblici che partecipano dei capitali delle società. Inoltre, sono presenti alcune normative di settore, principalmente di derivazione europea, riguardanti la concorrenza e la liberalizzazione di taluni servizi.
  Negli ultimi anni, tuttavia, le società, in particolare quelle partecipate da enti pubblici, hanno adottato iniziative volte a garantire la trasparenza non solo delle proprie scelte strategiche, ma anche della scelta e della adeguatezza del proprio management, superando generalmente quanto comunque previsto dalla legge e con lo scopo, oltre che di garantire trasparenza, di rendersi più forti e credibili rispetto ai mercati nei quali operano.
  I poteri di nomina da parte dell'azionista pubblico degli amministratori delle società partecipate sono disciplinati, a Pag. 48livello generale, dal codice civile, nonché da una serie di ulteriori disposizioni; in primo luogo, la disciplina generale che prevede che, se lo Stato o gli enti pubblici hanno partecipazioni in una società per azioni che non fa ricorso al mercato del capitale di rischio, lo statuto può attribuire loro la facoltà di nominare amministratori, sindaci o componenti del consiglio di sorveglianza in numero proporzionale alla partecipazione al capitale sociale.
  Gli amministratori e i sindaci o i componenti del consiglio di sorveglianza, nominati dallo Stato e dagli enti pubblici, possono essere revocati solo dagli enti che li hanno nominati ed hanno i diritti e gli obblighi dei membri nominati dall'assemblea. Gli amministratori non possono essere nominati per un periodo superiore a tre esercizi e scadono alla data dell'assemblea convocata per l'approvazione del bilancio relativo all'ultimo esercizio della loro carica. I sindaci, ovvero i componenti del consiglio di sorveglianza, restano in carica per tre esercizi e scadono alla data dell'assemblea convocata per l'approvazione del bilancio relativo al terzo esercizio della loro carica.
  Per le società che fanno ricorso al mercato azionario è prevista la possibilità di riservare allo Stato o agli enti partecipanti azioni fornite di diritti patrimoniali o anche di diritti amministrativi, ma non il voto nell'assemblea generale degli azionisti.
  Alcuni importanti accorgimenti sono stati adottati dal legislatore per garantire che le società pubbliche siano orientate a criteri di efficienza, penalizzando gli amministratori che non agiscono con competenza e capacità. Ne è un esempio la previsione in base alla quale non può essere nominato amministratore di ente, istituzione, azienda pubblica o società a totale o parziale capitale pubblico chi, avendo ricoperto nei cinque anni precedenti incarichi analoghi, ha chiuso in perdita tre esercizi consecutivi.
  I principali dati relativi alle società a partecipazione pubblica sono disponibili e fruibili in diverse forme, compreso il canale Internet. L'elenco delle società per azioni partecipate da amministrazioni statali è contenuto nel rendiconto generale dello Stato e nel conto del patrimonio. Il Ministero dell'economia e delle finanze è il principale azionista statale. Le informazioni disponibili sul sito del Ministero riferiscono che a novembre 2012 il Dicastero deteneva 31 partecipazioni dirette.
  La legge 12 luglio 2011, n. 120, sulla parità di accesso agli organi delle società quotate, volta a superare il problema della scarsa presenza di donne negli organi di vertice delle società commerciali e, in particolare, nei consigli di amministrazione delle società quotate in Borsa, dispone che, per le società a controllo pubblico, i principi applicabili rimangono quelli di legge, mentre la disciplina di dettaglio è affidata ad un apposito regolamento, con la finalità di garantire una disciplina uniforme per tutte le società interessate. Tale regolamentazione è contenuta nel regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 novembre 2012, n. 251. Ad esso è affidata la disciplina della vigilanza sull'applicazione delle disposizioni introdotte, nonché delle forme e dei termini dei provvedimenti da adottare e delle modalità di sostituzione dei componenti decaduti.
  In particolare, tale regolamento impone, come avviene per le società private, agli statuti delle società pubbliche non quotate di prevedere modalità di nomina degli organi di amministrazione e di controllo, se a composizione collegiale, tali da garantire che il genere meno rappresentato ottenga almeno un terzo dei componenti di ciascun organo. In tali ipotesi gli statuti disciplinano ugualmente la formazione delle liste in applicazione del criterio di riparto tra generi, prevedendo modalità di elezione e di estrazione dei singoli componenti idonee a garantire il rispetto delle previsioni di legge, ciò ai sensi dell'articolo 18, comma 2, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008. Le società a partecipazione pubblica totale o di controllo adottano, per il reclutamento del personale e per il conferimento Pag. 49degli incarichi, criteri e modalità rispettosi dei principi, anche di derivazione comunitaria, di trasparenza, pubblicità e imparzialità.
  E considerato che il Senato, il 19 giugno 2013, ha approvato una mozione sui criteri di nomina degli amministratori delle società quotate e non quotate controllate direttamente o indirettamente dallo Stato e, che successivamente è stata fatta propria dal Governo, con la direttiva del Ministero dell'economia e delle finanze del 24 giugno 2013, chiediamo al Governo un impegno a disciplinare e rendere pubblici, laddove non abbia già provveduto in tal senso, anche nel rispetto delle disposizioni contenute nel regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 novembre 2012, n. 251, i requisiti richiesti per la candidatura alla carica di componente dei consigli di amministrazione delle società a partecipazione pubblica totale o di controllo.
  Ed ancora: a subordinare l'eventuale riconferma del presidente e degli amministratori delegati uscenti alla valutazione dei risultati aziendali conseguiti, in ogni caso avendo come limite massimo quello di tre mandati.
  Ed ancora: a procedere ad una generale riduzione della retribuzione lorda totale di chi sia designato a ricoprire le cariche di presidente ed amministratore delegato, subordinandola al contempo ai risultati gestionali conseguiti.
  Ed infine, chiediamo ancora al Governo di adottare ogni opportuna iniziativa, anche di carattere normativo, volta a prevedere, ove non già disposto, la sottoposizione delle proposte governative di nomina dei membri dei consigli di amministrazione delle società a partecipazione pubblica totale o di controllo al parere delle competenti Commissioni parlamentari.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il collega Misiani. Ne ha facoltà.

  ANTONIO MISIANI. Signor Presidente, la mozione in discussione affronta sicuramente un tema delicato e di grande importanza, ma lo fa – e anticipo con queste parole la valutazione del Partito Democratico – con contenuti, con toni e con accentuazioni che noi non condividiamo.
  È vero: come veniva ricordato, c’è stata una lunga parte della storia della Repubblica in cui le nomine delle aziende controllate o partecipate dallo Stato erano terreno di lottizzazione. Erano gli anni in cui il manuale Cencelli valeva non solo per gli incarichi di Governo, ma anche per la galassia di società controllate o partecipate dallo Stato e per il sistema bancario, che era in gran parte controllato dalla mano pubblica.
  Negli anni Ottanta, anzi fino all'inizio degli anni Novanta, lo Stato, la mano pubblica, controllava un quinto dell'economia e tre quarti del sistema bancario di questo Paese e allora veramente si poteva parlare di assalto alla diligenza nelle varie tornate di nomine pubbliche. Ma quella stagione, la stagione delle partecipazioni statali, è largamente alle nostre spalle. Dal 1992 in avanti, c’è stato in questo Paese un imponente processo di privatizzazioni, che ha generato introiti per 119 miliardi per le casse dello Stato ed ha largamente ridotto il peso del settore pubblico nel sistema produttivo e nel sistema finanziario.
  Ci sarebbe tanto da discutere sul bilancio della stagione delle privatizzazioni e sul ruolo delle partecipazioni statali nello sviluppo economico di questo Paese, e forse noi oggi affronteremmo questa discussione con toni diversi rispetto a quelli che vennero usati vent'anni fa. Ma non è questa la sede e quindi tralascio una discussione su questi contenuti.
  Noi oggi ci occupiamo di nomine, e su un punto credo che siamo tutti d'accordo, sono d'accordo le forze di maggioranza e quelle di opposizione in quest'Aula della Camera: è indispensabile consolidare una discontinuità rispetto ai metodi, ai criteri ed alla prassi vigente nell'era delle partecipazioni statali a cui facevo riferimento. E vanno sicuramente in questa direzione numerosi interventi via via assunti dal Parlamento e dal Governo. Da ultimo, come ricorda la mozione stessa, la mozione approvata dal Senato, Tomaselli ed altri, del 19 giugno 2013, la conseguente Pag. 50direttiva dell'allora Ministro dell'economia e delle finanze Saccomanni del 24 giugno del 2013, atti richiamati nelle premesse della mozione. Mi permetto di aggiungere un altro atto rilevante: la risoluzione approvata l'8 aprile 2014 dalla X Commissione attività produttive del Senato, sempre in materia di nomine. E tutti questi atti del Parlamento e del Governo stabiliscono dei criteri importanti ed assolutamente condivisibili.
  Ciò non toglie però, Presidente, che al netto di questi criteri, di questi punti fermi di onorabilità e professionalità che devono essere rispettati nelle nomine delle società a partecipazione pubblica, vi è il tema, rimane il tema di una necessaria assunzione di responsabilità da parte della politica e di chi guida il Paese. Non esistono nomine neutre, buone per tutte le stagioni e per tutti gli indirizzi politico-programmatici. Le nomine in società controllate o partecipate dallo Stato devono avere un certo grado di coerenza con la cornice politico-programmatica del Governo pro tempore in carica.
  E non spetta certo alle società di head hunting o ai comitati di garanzia la selezione finale di chi deve rivestire incarichi nei consigli di amministrazione e nei collegi sindacali. Il compito affidato alle società di cacciatori di testa, piuttosto che ai comitati di garanzia, che devono fare il filtro, è quello di un lavoro istruttorio di preselezione delle candidature. Un lavoro importante, che deve essere improntato alla massima trasparenza e al massimo rigore, basato su criteri di competenza, di professionalità, di onorabilità, di rispetto dei criteri richiamati dagli atti parlamentari e dalle direttive del Governo, ma la scelta finale non può che ricadere sulla responsabilità della politica.
  E, da questo punto di vista, io credo che il processo di selezione messo in atto dal Governo nelle scorse settimane sia stato coerente con i criteri a cui facevo riferimento in precedenza. Lo testimoniano i curricula delle personalità che sono state indicate per i consigli di amministrazione e per i collegi sindacali di ENI, di ENEL, di Poste e di Finmeccanica. Sono curricula che testimoniano importanti esperienze imprenditoriali, di direzione aziendale, di partecipazione ad organi amministrativi di primarie società. Sono curricula che testimoniano background, esperienze del tutto coerenti con i settori di attività in cui operano le imprese in cui sono stati nominati le donne e gli uomini oggetto della scelta del Governo nelle scorse settimane.
  Ed è per questi motivi di valutazione complessiva che credo che molte accentuazioni polemiche della mozione presentata dai colleghi del MoVimento 5 Stelle vadano fuori bersaglio. Infatti, Presidente, qui Caligola non c'entra nulla. La verità è che questa prima tornata di nomine è andata esattamente nella direzione indicata dalle risoluzioni parlamentari e dalla direttiva del Ministro Saccomanni.
  E a questo si aggiungono due ulteriori elementi che credo vadano valutati positivamente: un importante elemento di innovazione rispetto agli organi amministrativi e ai collegi sindacali uscenti e un'assoluta novità dal punto di vista dell'equilibrio di genere nei consigli di amministrazione delle società che ho citato, su cui si è esercitato, come purtroppo spesso accade in questo Paese, un eccesso di ironia. La verità è che per la prima volta abbiamo donne ai vertici, come non mai era accaduto in passato, delle principali società controllate o partecipate dallo Stato.
  Quanto ai presunti limiti della direttiva Saccomanni – e mi avvio alla conclusione – che venivano ricordati nella mozione dei colleghi del MoVimento 5 Stelle (l'assenza di un limite massimo ai mandati, l'assenza di un limite massimo di età degli amministratori), limiti giudicati poco stringenti per l'eventuale nomina di politici non rieletti, mi limito a dire che sono opinioni naturalmente assolutamente legittime, ma io credo non condivisibili.
  Non è condivisibile un approccio eccessivamente restrittivo al tema dei mandati dell'età degli amministratori. Il rinnovamento delle classi dirigenti è un tema importante in questo Paese, ma, vivaddio, l'esperienza non può e non deve diventare Pag. 51un disvalore nella selezione della classe dirigente di questo Paese. Dobbiamo trovare un punto di equilibrio garantista anche sul tema dei procedimenti giudiziari e penso che il punto di equilibrio trovato nella direttiva Saccomanni sia il punto di equilibrio giusto per quanto riguarda il tema delle condanne anche in via non definitiva, che diventano fattore di esclusione dalla nomina nelle società controllate o partecipate dallo Stato.
  Aggiungo qualche parola sul tema del limite, che il MoVimento 5 Stelle vorrebbe alzare a cinque anni, della non nominabilità di chi ha ricoperto incarichi elettivi. È un'idea che considero del tutto non condivisibile.
  Io credo che vada messo un punto fermo anche nel dibattito politico nel nostro Paese. Non è pensabile che chi ha servito il Paese ricoprendo incarichi elettivi, dal più piccolo consiglio comunale alla Camera dei deputati, al Senato della Repubblica, debba essere trattato come un appestato che deve rimanere in quarantena per anni e anni prima di potere essere speso, utilizzato o rimesso al servizio della cosa pubblica in altri incarichi. Questo è un principio non accettabile. Credo che vada difeso, invece, il punto di equilibrio trovato anche su questo tema nelle risoluzioni parlamentari e negli atti di Governo che si sono espressi sui criteri di nomina nelle società pubbliche.
  Ho concluso veramente, signor Presidente: nessuno vuole tornare agli eccessi del manuale Cencelli e della lottizzazione selvaggia che hanno purtroppo caratterizzato molti decenni della storia della Repubblica, ma sarebbe un errore passare da un eccesso all'altro, abdicando ad una responsabilità che la politica si deve assumere fino in fondo nel momento in cui si decide che lo Stato deve mantenere delle partecipazioni significative in alcune imprese ritenute di valenza strategica. Finché è così, la politica e chi guida pro tempore il Governo deve assumersi la responsabilità delle scelte finali. È chiaro che deve farlo con una base solida di onorabilità e professionalità delle donne e degli uomini che devono essere indicati per i consigli di amministrazione e per i collegi sindacali. Sta a noi ricercare il migliore punto di equilibrio da questo punto di vista sulle nomine. Sta a noi, sta al Parlamento valorizzare il più possibile la propria funzione di controllo sulla performance degli organi amministrativi, sui risultati che via via raggiungono o non raggiungono coloro che vengono nominati nei consigli di amministrazione delle società a partecipazione.
  Credo però che con le nomine fatte dal Governo poche settimane fa noi abbiamo compiuto in questa direzione uno sforzo, un passo in avanti apprezzabile, che intendiamo difendere e valorizzare.

  PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali delle mozioni.
  Ha facoltà di intervenire il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze, Morando.

  ENRICO MORANDO, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, mi riservo di intervenire nel prosieguo del dibattito.

  PRESIDENTE. Il seguito della discussione è rinviato ad altra seduta.

Annunzio del conferimento di incarico a un Ministro (ore 15,53).

  PRESIDENTE. Comunico che il Presidente del Consiglio dei ministri ha inviato, in data 23 aprile 2014, la seguente lettera: «Onorevole Presidente, la informo che con mio decreto in data 8 aprile 2014, sentito il Consiglio dei ministri, ho conferito al Ministro senza portafoglio dottoressa Maria Carmela Lanzetta, a norma dell'articolo 9 della legge 23 agosto 1988, n. 400, oltre all'incarico per gli affari regionali, già conferito con mio decreto 22 febbraio 2014, anche l'incarico per le autonomie».
  Sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 17 con il seguito della discussione del decreto-legge recante disposizioni urgenti Pag. 52in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, nonché di impiego di medicinali meno onerosi da parte del Servizio sanitario nazionale.

  La seduta, sospesa alle 15,55, è ripresa alle 17,05.

Rinvio in Commissione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 20 marzo 2014, n. 36, recante disposizioni urgenti in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, nonché di impiego di medicinali meno onerosi da parte del Servizio sanitario nazionale (A.C. 2215-A).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge n. 2215-A: Conversione in legge del decreto-legge 20 marzo 2014, n. 36, recante disposizioni urgenti in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, nonché di impiego di medicinali meno onerosi da parte del Servizio sanitario nazionale.
  Ricordo che nella seduta del 24 aprile 2014 si è conclusa la discussione sulle linee generali ed il rappresentante del Governo è intervenuto in sede di replica, mentre i relatori vi hanno rinunziato.
  Avverto che le Commissioni hanno presentato gli emendamenti 1.700 e 1.701 (Vedi l'allegato A – A.C. 2215-A), che sono in distribuzione. Risulta che tutti i gruppi abbiano rinunziato al termine per la presentazione di subemendamenti.
  Ha chiesto di intervenire il presidente della Commissione affari sociali, deputato Pierpaolo Vargiu. Ne ha facoltà.

  PIERPAOLO VARGIU, Relatore per la maggioranza per la XII Commissione. Signor Presidente, anche a nome della presidente Ferranti, vorrei chiedere l'autorizzazione ad avere ancora mezz'ora di tempo nelle Commissioni per l'esame esclusivamente degli emendamenti da esse appena presentati 1.700 e 1.701.

  PRESIDENTE. Quindi, chiede un rinvio nelle Commissioni, con una sospensione dei lavori per mezz'ora ?

  PIERPAOLO VARGIU, Relatore per la maggioranza per la XII Commissione. Per mezz'ora, grazie, Presidente.

  PRESIDENTE. Sulla proposta di rinvio nelle Commissioni del provvedimento, nei termini precisati dal presidente Vargiu, concederò la parola, a norma dell'articolo 41, comma 1, del Regolamento, ad un deputato contro e ad uno a favore per non più di cinque minuti ciascuno.

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 17,08).

  PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico senza registrazione di nomi, decorre da questo momento il termine di preavviso di cinque minuti previsto dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.

Si riprende la discussione del disegno di legge n. 2215-A.

  PRESIDENTE. Chi chiede di parlare contro ?

  MARCO RONDINI. Signor Presidente, chiedo di parlare contro.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  MARCO RONDINI. Signor Presidente, sebbene gli emendamenti intervengano su un errore che è stato fatto nel tentativo di Pag. 53semplificare una delle tabelle, noi rimaniamo meravigliati, perché credo che, su una questione così importante e con i tempi che ci si è presi, questo errore materiale poteva anche essere evitato. Per di più, visto e considerato che, nonostante non sia ancora stato ufficializzato, verrà posta la questione di fiducia; noi riteniamo che sia veramente allucinante che su un provvedimento come questo non si possa discutere in Aula. Ancora una volta, attraverso la questione di fiducia che ponete, esautorate l'Aula della possibilità di discutere su una questione importante come questa.
  Come ci è stato fatto notare soprattutto da chi abbiamo audito nelle Commissioni, con questo decreto, voi andate a depenalizzare di fatto lo spaccio di stupefacenti. Avete introdotto addirittura, attraverso un emendamento presentato praticamente dal Governo, la questione dello spaccio lieve: di fatto, riducete e veramente riuscite a depenalizzare quel reato, facendo passare la pena ad una pena che va da sei mesi ai quattro anni. Tutti coloro i quali rientreranno in questa casistica potranno accedere all'istituto della messa alla prova. Domani nessuno spacciatore riuscirà a varcare le soglie del carcere. Voi rendete le nostre strade sicuramente più insicure e fate un torto anche a chi rappresenta le comunità terapeutiche, che chiedevano a gran voce di tutelare il lavoro che ogni giorno svolgono e di non depenalizzare assolutamente lo spaccio di stupefacenti.
  Addirittura, abbiamo sentito anche autorevoli esperti che ci dicevano che la differenza tra droghe leggere e droghe pesanti è un'invenzione dei giornali; e utilizzate la sentenza della Corte costituzionale come scusa per legalizzare, per avviarvi verso una legalizzazione, in sostanza, delle sostanze stupefacenti. È questa la strada che avete intenzione di imboccare.
  Ed ancora, e di più, ancora una volta questo decreto-legge dimostra la schizofrenia che presiede al vostro legiferare: da una parte – l'ho ricordato intervenendo in discussione sulle linee generali –, il Governo, quando si è insediato, per bocca del Presidente del Consiglio, annunciava a spron battuto l'introduzione del reato di omicidio stradale e, dall'altra, andate a depenalizzare lo spaccio di stupefacenti. È veramente incredibile, è mancanza di rispetto, anche nei confronti dei parenti delle vittime di omicidio stradale (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie). Questa è la coerenza che contraddistingue il vostro modo di legiferare.
  Ed ancora – e mi avvio alla conclusione –, è veramente allucinante che su una questione così importante voi esautoriate l'Aula e poniate di fatto – perché non lo avete ancora fatto ufficialmente, ma sappiamo che lo farete – la questione di fiducia per impedire la discussione in Aula (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare a favore il deputato Rosato. Ne ha facoltà.

  ETTORE ROSATO. Signor Presidente, al di là del merito, di cui parleremo nel prosieguo dei lavori – quindi non replico alle considerazioni fatte dal collega Rondini che, a mio giudizio, sono assolutamente travisanti il senso di questo provvedimento, che invece è un decreto utile, come ha dimostrato anche il lungo e qualificato dibattito svolto in sede di discussione sulle linee generali, che c’è già stato –, voglio sottolineare come il lavoro svolto dalle Commissioni sia stato utile per accorgersi, in questa fase, che ci sono delle situazioni da sistemare e mi sembra sia opportuno rinviare il provvedimento in Commissione per questo pur breve lasso di tempo, in maniera da garantire che quanto viene approvato alla Camera sia più che rispondente alle reali necessità e alla reale volontà dei colleghi parlamentari.

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Pongo in votazione, mediante procedimento elettronico senza registrazione di Pag. 54nomi, la proposta di rinvio del provvedimento nelle Commissioni nei termini precisati dal presidente Vargiu.

  (È approvata).

  La Camera approva per 130 voti di differenza.

  Sospendo a questo punto la seduta, che riprenderà alle ore 17,45 con il seguito dell'esame del provvedimento.

  La seduta, sospesa alle 17,15, è ripresa alle 17,53.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROBERTO GIACHETTI

  PRESIDENTE. Do la parola all'onorevole Vargiu, che ci aggiorna sulla situazione.

  PIERPAOLO VARGIU, Relatore per la maggioranza per la XII Commissione. Signor Presidente, i lavori delle due Commissioni riunite sono terminati. Credo che ci sia la necessità ancora di un quarto d'ora per la predisposizione del testo tecnico che è uscito dai lavori delle Commissioni.

  PRESIDENTE. A questo punto, in attesa che sia predisposto il testo, ci riaggiorniamo alle 18,15.

  La seduta, sospesa alle 17,55, è ripresa alle 18,18.

  PRESIDENTE. Cari colleghi, dalle Commissioni ci comunicano che c’è bisogno ancora di qualche minuto, quindi sono costretto a sospendere la seduta, che riprenderà – l'onorevole Vargiu ci comunica questo, onorevole Ferranti, il Presidente riporta quello che egli ha detto – alle 18,30.

  La seduta, sospesa alle 18,20, è ripresa alle 18,35.

Seguito della discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 20 marzo 2014, n. 36, recante disposizioni urgenti in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, nonché di impiego di medicinali meno onerosi da parte del Servizio sanitario nazionale (A.C. 2215-A/R).

  PRESIDENTE. Riprendiamo il seguito della discussione del disegno di legge n. 2215-A/R: Conversione in legge del decreto-legge 20 marzo 2014, n. 36, recante disposizioni urgenti in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, nonché di impiego di medicinali meno onerosi da parte del Servizio sanitario nazionale.
  Avverto che, a seguito del rinvio deliberato dall'Assemblea, le Commissioni hanno predisposto un nuovo testo.
  Resta inteso che, come da prassi, si intendono ripresentati gli emendamenti già presentati in Assemblea, ove ancora riferibili al nuovo testo approvato dalle Commissioni.

(Esame dell'articolo unico – A.C. 2215-A/R)

  PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo unico del disegno di legge di conversione (vedi l'allegato A – A.C. 2215-A/R) nel testo recante le modificazioni apportate dalle Commissioni (vedi l'allegato A – A.C. 2215-A/R). Avverto che gli emendamenti presentati sono riferiti agli Pag. 55articoli del decreto-legge, nel testo recante le modificazioni apportate dalle Commissioni (vedi l'allegato A – A.C. 2215-A/R).
  Le Commissioni I (Affari costituzionali) e V (Bilancio) hanno espresso i prescritti pareri, che sono distribuiti in fotocopia (Vedi l'allegato A – A.C. 2215-A/R).

(Posizione della questione di fiducia – Articolo unico – A.C. 2215-A/R)

  PRESIDENTE. Ha chiesto di intervenire il Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento, Maria Elena Boschi. Ne ha facoltà.

  MARIA ELENA BOSCHI, Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, onorevoli deputati, a nome del Governo, autorizzata dal Consiglio dei ministri pongo la questione di fiducia sull'approvazione, senza emendamenti né articoli aggiuntivi, dell'articolo unico del disegno di legge di conversione del decreto-legge 20 marzo 2014, n. 36, recante disposizioni urgenti in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, nonché di impiego di medicinali meno onerosi da parte del Servizio sanitario nazionale, nel testo approvato dalle Commissioni, a seguito del rinvio deliberato dall'Assemblea.

  PRESIDENTE. A seguito della posizione della questione di fiducia, la Conferenza dei presidenti di gruppo è convocata alle 18,45 per definire l'articolazione del dibattito fiduciario. La riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo si svolgerà nella biblioteca del Presidente. La seduta riprenderà al termine di tale riunione.
  La seduta è sospesa.

  La seduta, sospesa alle 18,40, è ripresa alle 19,25.

Sui lavori dell'Assemblea.

  PRESIDENTE. Comunico che, a seguito della riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo, si è convenuto che domani, a partire dalle ore 16, avranno luogo le dichiarazioni di voto sulla questione di fiducia posta oggi dal Governo sull'approvazione, senza emendamenti ed articoli aggiuntivi, dell'articolo unico del disegno di legge di conversione del decreto-legge 20 marzo 2014, n. 36, recante disposizioni urgenti in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, nonché di impiego di medicinali meno onerosi da parte del Servizio sanitario nazionale (da inviare al Senatoscadenza: 20 maggio 2014), nel nuovo testo approvato dalle Commissioni a seguito del rinvio deliberato dall'Assemblea, cui seguiranno, a partire dalle ore 18, la relativa votazione per appello nominale e l'avvio dell'esame degli ordini del giorno.
  Le dichiarazioni di voto finale dei rappresentanti dei gruppi e delle componenti politiche del gruppo Misto avranno luogo, con ripresa televisiva diretta, mercoledì 30 aprile, dalle ore 10,45. Seguirà la votazione finale.
  Mercoledì 30 aprile, alle ore 15, avrà luogo il previsto svolgimento di interrogazioni a risposta immediata (question time). Il termine per la presentazione degli ordini del giorno è fissato per le ore 10 di domani.
  Il seguito dell'esame degli ulteriori argomenti previsti per la settimana è rinviato al successivo calendario.
  La Conferenza dei presidenti di gruppo, già convocata mercoledì 30 aprile alle ore 14,30, è anticipata al termine della seduta dell'Aula del medesimo giorno.

Pag. 56

Sostituzione di un deputato componente della delegazione presso l'Assemblea parlamentare della NATO (ore 19,26).

  PRESIDENTE. Comunico che il Presidente della Camera ha chiamato a far parte della delegazione presso l'Assemblea parlamentare della NATO il deputato Roberto Morassut, in sostituzione della deputata Alessia Mosca, dimissionaria.

Sull'ordine dei lavori e per la risposta ad uno strumento del sindacato ispettivo (ore 19,27).

  CHIARA SCUVERA. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  CHIARA SCUVERA. Signor Presidente, oggi ricorre la Giornata mondiale in ricordo delle vittime dell'amianto, e quindi mi associo all'appello di Legambiente per sollecitate il Governo ad approvare il Piano nazionale sull'amianto che è stato adottato e predisposto, e in particolare, Presidente, vorrei chiedere al Governo di rispondere non soltanto a una mia interrogazione, ma alle richieste di tanti cittadini di Broni sulla bonifica dell'unico SIN amianto in Lombardia, che è quello ex Fibronit di Broni, a causa del quale hanno perso la vita non solo prima gli ex operai, ma poi le loro mogli, lavando e pulendo i panni da lavoro, poi i loro figli, poi tanti cittadini inermi.
  Semplicemente, questo sito è collocato nel centro abitato. Si è provveduto alla messa in sicurezza e ancora non si riesce a sbloccare questi 20 milioni per l'intera bonifica del sito. Se non si interviene presto, perderemo anche la messa in sicurezza, perché verrà vanificata; quindi, a questo punto, vi sarà anche uno spreco di risorse. Non intervenire, non stanziare questi fondi, non sbloccare i fondi già disponibili da sconti di gara, significa rendersi complici di queste morti, ormai settimanali, di innocenti, rendersi complici di chi ha messo davanti il profitto rispetto alla vita umana. Quindi, che il Governo intervenga subito, che la politica non si renda complice di questa strage di innocenti (Applausi).

  SERENA PELLEGRINO. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  SERENA PELLEGRINO. Signor Presidente, racconto la storia di Said e Vanessa: tutto è pronto per le nozze di Said, 24 anni, e Vanessa, 19 anni. Parenti e amici sono già davanti al municipio, in attesa di entrare. Said è approdato in Italia molti anni prima, senza genitori né tutori, sopravvissuto per strada con mille espedienti. Grazie ad una segnalazione dei servizi sociali, viene accolto in una comunità per minori. Cristina, una delle operatrici volontarie, si dedica al ragazzo come una madre e ottiene il suo affidamento.
  Divenuto maggiorenne, Said prova a regolarizzarsi tramite sanatoria, ma per un soffio non rientra nei numeri previsti. Si innamora e si fidanza con Vanessa, una ragazza astigiana che lavora come cuoca; dopo essersi frequentati per un periodo, decidono di sposarsi. Giunge finalmente il giorno tanto atteso: Said attende sulla soglia del comune; la sposina, in auto con la futura suocera, non vede l'ora di arrivare.
  Mentre Vanessa conta i minuti che la separano dall'incontro con il promesso sposo, alcuni poliziotti si avvicinano a Said, vestito in tight e papillon, con un bel fiore bianco all'occhiello. Gli chiedono il permesso di soggiorno: non ce l'ha, è di fatto un irregolare, chiamato comunemente clandestino.
  Senza tanti complimenti, i poliziotti gli ordinano di seguirli in questura, per poi condurlo in un centro di identificazione ed espulsione. L'intento è di rispedirlo in un luogo che ormai gli è estraneo, strappandolo agli affetti e ai legami profondi che ha intrecciato in Italia.
  La comunità, di fronte a tanto dolore ingiustificato, si mobilita, così come associazioni Pag. 57e avvocati. Said passa una settimana nel centro, finché la corte non stabilisce che può uscire e finalmente sposarsi con la sua amata. Ora Said e Vanessa sono sposati e vivono felicemente in Piemonte (Applausi dei deputati dei gruppi Sinistra Ecologia Libertà e Partito Democratico).

  SEBASTIANO BARBANTI. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  SEBASTIANO BARBANTI. Signor Presidente, a San Marco Argentano, in provincia di Cosenza, è vietato ammalarsi, è vietato stare male, soprattutto la sera, dopo le 8 di sera. Questo perché il paese è stato pian piano depauperato dell'unico ospedale che c’è ad un'ora di macchina di distanza. Adesso viene chiuso anche il pronto soccorso. Quindi, una qualunque persona – ed è già successo – che si sentisse male, per giunta la sera, ha un'unica soluzione: incrociare le dita per arrivare all'ospedale più vicino, che dovrebbe essere quello di Cosenza, oppure passare a miglior sorte.
  Sembra che addirittura ci sia un documento, da parte del commissario ad acta, che in questo caso è il governatore, ancora per poco, della regione Calabria, Scopelliti, che intima al direttore generale dell'Asp Scarpelli di aprire quell'ospedale, che si è ritenuto evidentemente valido.
  A tutt'oggi non si sa nulla, si sa solo che le persone continuano a incrociare le dita. Volevo sensibilizzare la Presidenza affinché gli abitanti di San Marco Argentano riprendano ad avere uno dei diritti fondamentali, che è quello alla salute e non quello alla speranza.

  COLOMBA MONGIELLO. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  COLOMBA MONGIELLO. Signor Presidente, vorrei sollecitare un'interrogazione a mia prima firma, e di tutti i colleghi parlamentari della provincia di Foggia, per la situazione di totale stallo dell'Istituto zooprofilattico di Foggia, il cui consiglio di amministrazione è scaduto da diverso tempo – ormai la governance è completamente assente nell'istituto – e non si è provveduto a sostituirlo. Io vorrei sollecitare ovviamente l'intervento del Ministero della salute perché provveda al più presto per conferire lo status giuridico a quest'ente, purtroppo ormai inefficace da tempo.
  Perché dico questo ? Perché questo istituto era un centro di eccellenza del territorio italiano, soprattutto per alcune referenze, come quella dell'antrace, risalente al 2002, però purtroppo perdutasi nel tempo. Io chiedo fermamente al Ministro della salute di poter intervenire o con il commissariamento dell'ente oppure con la nomina degli organi preposti.

Ordine del giorno della seduta di domani.

  PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

  Martedì 29 aprile 2014, alle 16:

  Seguito della discussione del disegno di legge:
   Conversione in legge del decreto-legge 20 marzo 2014, n. 36, recante disposizioni urgenti in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, nonché di impiego di medicinali meno onerosi da parte del Servizio sanitario nazionale (C. 2215-A/R).
  — Relatori: Ferranti (per la II Commissione) e Vargiu (per la XII Commissione), per la maggioranza; Rondini, di minoranza.

  La seduta termina alle 19,35.