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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 92 di martedì 8 ottobre 2013

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MARINA SERENI

  La seduta comincia alle 9.

  VALERIA VALENTE, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 4 ottobre 2013.
  (È approvato).

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Amici, Archi, Baretta, Berretta, Bocci, Boccia, Bray, Brunetta, Caparini, Carrozza, Casero, Castiglione, Cicchitto, D'Alia, Dambruoso, De Girolamo, Dell'Aringa, Dellai, Di Gioia, Di Lello, Luigi Di Maio, Epifani, Gianni Farina, Fassina, Ferranti, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Franceschini, Galan, Giachetti, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Gozi, Kyenge, La Russa, Legnini, Leone, Letta, Lorenzin, Lupi, Giorgia Meloni, Merlo, Migliore, Orlando, Pes, Pisicchio, Pistelli, Realacci, Rigoni, Sani, Santelli, Sorial, Speranza e Vito sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
  Pertanto i deputati in missione sono complessivamente sessantatré, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

  Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

Sostituzione di un deputato componente della Delegazione presso l'Assemblea parlamentare della NATO.

  PRESIDENTE. Comunico che la Presidente della Camera ha chiamato a far parte della Delegazione presso l'Assemblea parlamentare della NATO il deputato Bruno Censore in sostituzione della deputata Vincenza Bruno Bossio, dimissionaria.

TESTO AGGIORNATO AL 9 OTTOBRE 2013

Svolgimento di interpellanze e di interrogazioni (ore 9,05).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze e di interrogazioni.

(Iniziative in merito al ripristino delle misure di protezione per il magistrato Salvatore Vella – n. 2-00063)

  PRESIDENTE. Passiamo alla prima interpellanza Iacono n. 2-00063, concernente iniziative in merito al ripristino delle misure di protezione per il magistrato Salvatore Vella (Vedi l'allegato A – Interpellanze e interrogazioni).Pag. 2
  Chiedo alla deputata Iacono se intenda illustrare la sua interpellanza per quindici minuti o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  MARIA IACONO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor Viceministro, in data 22 maggio abbiamo presentato un'interpellanza sul ripristino della scorta al dottor Vella. Per noi è una vicenda che ha dell'assurdo e a cui il Governo nazionale e il signor Ministro dell'interno hanno il dovere di porre la parola fine.
  Dall'8 gennaio scorso, al magistrato Vella, l'uomo che più di tutti è considerato nella nostra provincia la «fiera» della lotta alla mafia, colui il quale è riuscito a proiettare i riflettori e le attenzioni dell'opinione pubblica su fatti criminosi verificatisi in questa sperduta landa d'Europa, l'artefice di importanti processi di mafia quali il «Face off» e «Scaccomatto» che hanno messo all'angolo la criminalità organizzata nel nostro territorio decapitando i mandamenti mafiosi provinciali; al dottor Vella è stata revocata ogni forma di protezione, dall'auto blindata alla tutela dei carabinieri. Per lo Stato il dottor Vella in questo momento non correrebbe alcun rischio e questo per noi è assurdo. Veniamo ai fatti.
  Il 19 maggio 2009, Vella, a suo tempo in servizio presso la procura della Repubblica di Palermo, parte a bordo della sua blindata insieme alla sua scorta da Sciacca in direzione Palermo; sulla strada Palermo-Sciacca l'auto di scorta, che viaggiava a velocità sostenuta e con lampeggianti e sirena accesi viene affiancata e superata a forte velocità da una BMW nera che, dopo qualche chilometro, rallenta e si lascia superare, per poi rimanere all'inseguimento del magistrato ad oltre 170 chilometri orari, fino alle porte di Palermo; dai successivi controlli si scopre che l'auto è di proprietà di un pregiudicato di Ribera.
  Il 23 dicembre del 2009, durante una delle udienze del processo «Face off», l'imputato Luigi Panepinto, noto esponente della consorteria mafiosa di Bidona, dalla gabbia si rivolge al dottor Vella in questi termini: non si preoccupi che la ruota gira e prima o poi arriva per tutti. Inoltre in alcune intercettazioni ambientali poi pubblicate Panepinto definiva il dottor Vella come «il bastardo di Sciacca».
  Il 4 marzo del 2011, mentre si trovava a Bivona come relatore di un convegno antimafia, alla fine dei lavori trova sopra i suoi documenti, lasciati per un attimo incustoditi, una missiva anonima con sopra riportato il numero della targa della sua blindata ed a fianco la scritta «Boom ! !».
  In ultimo, il 10 maggio ultimo scorso una lettera anonima è stata rinvenuta nella cassetta delle lettere di Ignazio Cutrò, testimone di giustizia di Bivona. Sul foglio scritto a macchina è riportata la firma falsa del dottor Vella ed in essa si fanno chiari riferimenti al processo «Face off» e alla riduzione della protezione allo stesso Cutrò. Il fatto è stato denunciato dallo stesso Cutrò.
  Insomma, a nostro parere ce n’è abbastanza per gridare allo scandalo rispetto ad una scelta che non esitiamo a definire scellerata.
  Ci rivolgiamo, perciò, al Governo chiedendo conto e ragione di tale decisione e rivolgiamo al contempo un appello al Ministro dell'interno affinché la protezione ad un servitore dello Stato così esposto venga immediatamente ripristinata (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. Il Viceministro dell'interno, Filippo Bubbico, ha facoltà di rispondere.

  FILIPPO BUBBICO, Viceministro dell'interno. Signora Presidente, con l'interpellanza all'ordine del giorno illustrata poc'anzi dall'onorevole Iacono si richiama l'attenzione del Governo sulla decisione di revocare le misure di protezione nei confronti del magistrato Vella.
  Al riguardo, va precisato che il giudice ha svolto le funzioni di sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Sciacca dal 2001 al 2008. Successivamente assegnato alla direzione distrettuale antimafia di Palermo, è stato distaccato presso Pag. 3le procure di Sciacca e di Marsala. Attualmente, il dottor Vella svolge le funzioni di sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Agrigento, dove è stato trasferito su sua richiesta.
  Nello svolgimento dell'attività professionale, il dottor Vella ha curato la trattazione di numerosi procedimenti penali, alcuni dei quali particolarmente delicati, come è stato ricordato. Nel corso degli ultimi quattro anni, il magistrato è stato destinatario di episodi intimidatori che si sono concretizzati in minacce, riconducibili sostanzialmente all'attività dallo stesso svolta.
  A partire dall'ottobre 2009, nei confronti del dottor Vella, che all'epoca prestava servizio presso la direzione distrettuale antimafia di Palermo, veniva disposta l'istituzione di un dispositivo tutorio corrispondente al 4o livello di rischio, integrato da un servizio di vigilanza generica radiocollegata presso l'abitazione.
  Successivamente, il dispositivo di protezione è stato innalzato al 3o livello, sempre integrato dal servizio di vigilanza presso l'abitazione. Tale determinazione era scaturita dal fatto che, all'epoca, si svolgeva, presso il tribunale di Sciacca, dove il dottor Vella era distaccato, il processo penale nei confronti di esponenti di spicco della mafia della Bassa Quisquina, scaturito dall'operazione «Face off». Il servizio di protezione è stato ulteriormente rafforzato a seguito di un atto di natura intimidatoria verificatosi il 4 marzo 2011.
  Con nota del 2 dicembre 2011 l'ufficio centrale interforze per la sicurezza personale, in considerazione dell'applicazione del dottor Vella presso la procura della Repubblica di Marsala ha disposto la rimodulazione del dispositivo. Nel febbraio 2012, in occasione del trasferimento alla procura della Repubblica presso il tribunale di Agrigento, è stata rivalutata la posizione del magistrato ed è stato proposto il mantenimento del dispositivo di protezione personale del 4o livello. Il provvedimento di revoca, invece, è stato adottato, il 21 dicembre 2012, dall'ufficio centrale interforze per la sicurezza personale.
  Al riguardo, va precisato che la relativa richiesta, formulata dal prefetto di Agrigento per il venir meno dei presupposti che avevano dato luogo all'istituzione della precedente misura, è stata avanzata in sede di riunione di coordinamento interforze, su conforme proposta della procura generale presso la corte d'appello di Palermo e del procuratore della Repubblica di Agrigento. La disattivazione della misura tutoria è stata attuata a partire dalla fine del mese di gennaio. Nel contempo è stato potenziato il servizio di vigilanza generica radiocollegata con frequenti e prolungate soste presso l'abitazione.
  La prefettura di Agrigento continuerà a monitorare costantemente la situazione, che potrà essere nuovamente riesaminata dalla riunione di coordinamento delle forze dell'ordine, in occasione della scadenza del dispositivo di tutela in atto, sempre che, nel frattempo, non vengano acquisiti ulteriori elementi relativi alla situazione di rischio e all'incolumità del magistrato, che richiedano eventualmente l'immediata revisione della misura.

  PRESIDENTE. La deputata Iacono ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

  MARIA IACONO. Signor Presidente, io mi ritengo parzialmente soddisfatta della risposta del Viceministro, perché credo che questo Governo, al contrario di quello precedente, viste le questioni che venivano qui ricordate anche dal Viceministro e che riguardano il dottor Vella, possa riconsiderarle proprio perché, anche se questo è un momento difficilissimo – difficile per le istituzioni e per l'economia del nostro Paese –, credo che sia proprio durante questi momenti di difficoltà che la mafia rinvigorisce la sua attività criminosa.
  Un magistrato del livello del dottor Vella deve poter avere la sicurezza, nel portare avanti la sua attività contro la criminalità, che non può assolutamente subire un arresto di quello che abbiamo conosciuto e di quello che c’è stato. Io chiedo a questo Governo di riconsiderare la questione e di riattivare quelle misure Pag. 4di sicurezza che possono garantire una giustizia anche a chi svolge un lavoro in una realtà difficilissima, come quella della nostra provincia e della Sicilia più in generale (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

(Elementi in merito ad un'aggressione subita da un noto gruppo musicale a Velletri ed iniziative per il contrasto dei fenomeni di violenza politica, in particolare di stampo neofascista – n. 3-00108)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interrogazione Fiano n. 3-00108, concernente elementi in merito ad un'aggressione subita da un noto gruppo musicale a Velletri ed iniziative per il contrasto dei fenomeni di violenza politica, in particolare di stampo neofascista (Vedi l'allegato A – Interpellanze e interrogazioni).
  Il Viceministro dell'interno, Filippo Bubbico, ha facoltà di rispondere.

  FILIPPO BUBBICO, Viceministro dell'interno. Signora Presidente, con l'interrogazione all'ordine del giorno l'onorevole Fiano chiede di conoscere quali iniziative intenda assumere il Governo per contrastare le azioni violente dei movimenti riconducibili all'estremismo politico. In particolare, l'onorevole Fiano fa riferimento all'aggressione subita da esponenti del gruppo musicale «99 Posse» il 9 giugno scorso a Velletri.
  Al riguardo, dalle indagini svolte è emerso che il cantante e il fonico della citata band, dopo aver parcheggiato l'auto, sono stati avvicinati da circa venti persone che li hanno inseguiti fino all'ingresso del circolo della cittadina laziale dove dovevano esibirsi. Davanti al locale venivano aggrediti dagli assalitori che, dal tenore delle frasi pronunciate, sono stati ritenuti appartenere a formazioni di estrema destra. Il raid durava pochi minuti, concludendosi quando le due vittime riuscivano ad entrare nei locali del circolo.
  Secondo la questura di Roma, non trova riscontro quanto riportato da alcuni organi di stampa, secondo i quali l'intervento dei servizi di sicurezza privata del circolo si è rivelato determinante per scongiurare l'ulteriore degenerare dei fatti. I rappresentanti del gruppo musicale, che riportavano lesioni e lievi contusioni, hanno dichiarato di non voler sporgere formale denuncia. La vicenda è, comunque, oggetto di attenta attività investigativa tuttora in corso e coperta da segreto istruttorio.
  Questi episodi non possono essere sottovalutati. In questa prospettiva, per prevenire azioni violente da parte di formazioni riconducibili all'estremismo politico, i responsabili delle forze dell'ordine esercitano una mirata vigilanza, anche attraverso la rete Internet, grazie soprattutto alla specializzazione acquisita dalla polizia delle comunicazioni.
  La prevenzione di questi fatti, tuttavia, non può essere affidata solo all'azione di polizia, ma richiede anche il coinvolgimento di ogni istituzione e soggetto pubblico, in uno sforzo volto ad alimentare la cultura del confronto e il rispetto delle regole democratiche.
  Assicuro, in ogni caso, che le forze dell'ordine continueranno a svolgere con il massimo impegno l'attività di contrasto di tali fenomeni, intensificando l'azione di vigilanza e i dispositivi di controllo del territorio e che ogni situazione illegale che dovesse riscontrarsi sarà tempestivamente comunicata all'autorità giudiziaria.

  PRESIDENTE. Il deputato Emanuele Fiano ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interrogazione, per cinque minuti.

  EMANUELE FIANO. Signora Presidente, mi ritengo soddisfatto della risposta del viceministro, con il quale, peraltro, già in occasione di altre interrogazioni ci siamo confrontati sui fenomeni della violenza dell'estremismo politico, in particolare di stampo neofascista e neonazista. Devo dire che in tal senso io ricollego questa interrogazione, che è legata ad un episodio specifico, ad altri episodi, che sono stati, altresì, oggetto di interrogazioni di vari parlamentari, riferiti a iniziative Pag. 5dei gruppi dell'estremismo neofascista nel nord del Paese, come organizzazioni di concerti, di bande cosiddette nazirock e questioni del genere.
  Per cui, mi ritengo soddisfatto della risposta del Viceministro sulla base degli strumenti legislativi di cui dispongono le forze dell'ordine e le forze inquirenti. Penso che nel nostro Paese noi dovremmo aggiornare alcuni degli strumenti legislativi che mirano proprio a prevenire l'estremismo violento politico, in particolare quello di stampo neofascista, ma da qualsiasi fonte esso provenga, e far sì che sia, comunque, continuamente attiva la vigilanza del Paese, dello Stato, degli organi dello Stato, delle forze dell'ordine e degli organi inquirenti su estremismi di questo tipo, che in momenti di grave difficoltà economica e sociale e anche in momenti, a volte, di precarietà istituzionale possono rifiorire e, come ci dicono le cronache di altri Paesi a noi vicini – penso alla Grecia –, possono sfociare in violenze terribili, che possono mettere addirittura in crisi democrazie consolidate come quella, appunto, della Grecia.
  Per questo, non mancherò, insieme a molti colleghi, di continuare ad esercitare la nostra vigilanza con gli strumenti che l'attività parlamentare ci mette a disposizione.

(Chiarimenti in merito al disegno di legge di riforma in materia di cooperazione allo sviluppo, con particolare riferimento all'incremento delle risorse finanziarie destinate a tale finalità – n. 2-00240 e 2-00027)

  PRESIDENTE. Passiamo alle interpellanze Migliore n. 2-00240 e Melilla n. 2-00027, concernenti chiarimenti in merito al disegno di legge di riforma in materia di cooperazione allo sviluppo, con particolare riferimento all'incremento delle risorse finanziarie destinate a tale finalità (Vedi l'allegato A – Interpellanze e interrogazioni).
  Le interpellanze, vertendo sullo stesso argomento verranno svolte congiuntamente.
  Chiedo ai presentatori se intendano illustrare la rispettiva interpellanza o se si riservino di intervenire in sede di replica.

  GIANNI MELILLA. Signor Presidente, penso che il Viceministro Lapo Pistelli avrà partecipato l'anno scorso all'incontro del Forum della cooperazione internazionale a Milano per iniziativa del Ministro della cooperazione internazionale di allora, il 1o e il 2 ottobre. Migliaia di cooperanti imposero, tra l'altro, il raddoppio della sede del convegno, perché si era pensato di ospitare quel Forum nella grande sala del Piccolo Teatro, ma era assolutamente insufficiente e, addirittura, dovettero trovare un'altra sede.
  I lavori di quel Forum si conclusero con un rapporto in cui il Ministro Riccardi diceva: «Abbiamo riconosciuto la necessità di risorse addizionali, come previsto nel DEF 2012, e di un piano del Governo che calendarizzi un riallineamento graduale dell'aiuto pubblico allo sviluppo alla media OCSE per il triennio 2013-2015, per segnare un'inversione di tendenza. È necessario poter contare su risorse certe, sufficienti e programmate».
  L'aiuto pubblico allo sviluppo in Italia è la «Cenerentola» d'Europa, addirittura siamo stati sorpassati in percentuale sul PIL anche da Cipro. Siamo allo 0,19 per cento del PIL (c’è chi dice anche lo 0,16 per cento del PIL); quindi, veramente siamo in presenza di una disattesa di ogni impegno assunto in sede internazionale. Basti pensare che il Regno Unito, la Germania e la Francia sono all'incirca sullo 0,5 per cento del PIL; i Paesi scandinavi hanno già raggiunto lo 0,7 per cento, che è l'obiettivo che entro il 2015 si dovrebbe raggiungere secondo gli impegni assunti con la Dichiarazione di sviluppo del Millennio, in sede di Nazione Unite, da 170 Capi di Stato e di Governo, tra cui l'Italia.
  Andrea Riccardi sostenne in quel convegno che la cooperazione internazionale è l'indice di estroversione di un Paese e l'autorevolezza di un Paese che aspira a un ruolo internazionale di primo piano, come l'Italia, si misura anche da come sviluppa le sue politiche di cooperazione Pag. 6internazionale. La cooperazione internazionale aiuta a capire la politica generale di un Paese, la sua politica estera, la sua scelta di internazionalizzarsi, la sua concezione dei diritti umani.
  Per questo la cooperazione internazionale non può essere umiliata allo spazio marginale in cui, purtroppo, è costretta da politiche miopi. Forse l'ultimo Presidente del Consiglio che si è speso in questa direzione, anche per la sua formazione culturale e politica, fu Romano Prodi. Da allora, noi siamo in presenza di una vera e propria «notte della Repubblica», per quanto riguarda le politiche della cooperazione.
  Tra l'altro, l'Italia ha ancora una legge sulla cooperazione internazionale che risale al 1987 (la legge n. 49), prima del crollo del muro di Berlino e dell'URSS. È passato non solo un quarto di secolo, ma addirittura è passata un'era geologica politica. Quindi, è necessario nel modo più assoluto che mettiamo mano sia sul versante delle entrate, sia sul versante di una riforma organica degli interventi di cooperazione internazionale.
  Infine, i tagli sono ancora più devastanti, perché naturalmente non dobbiamo escludere i contributi obbligatori agli organismi internazionali e, quindi, non potendo escludere quei contributi obbligatori, andiamo a colpire ancora di più le organizzazioni non governative (sono 251 quelle riconosciute: le associazioni, la società civile, per intenderci), un mondo di migliaia di volontari.
  Qualche giorno fa c’è stato il dramma di Lampedusa. Anche in quest'Aula alcuni parlamentari di forze politiche non propriamente sensibili al tema dell'immigrazione hanno contestato dicendo a chi, secondo loro, è buonista: aiutiamoli nei loro Paesi, siete ipocriti; aiutiamoli nei loro Paesi.
  Bene, queste stesse forze politiche sono quelle che in questi anni hanno ridotto la cooperazione internazionale allo stato purtroppo umiliante in cui si trova. Però è vero che, se noi vogliamo avere una politica dell'immigrazione seria, dobbiamo anche sapere che bisogna manovrare anche l'altro corno del problema, che è quello degli aiuti ai Paesi poveri, che è quello di favorire un aumento dell'aiuto pubblico allo sviluppo, che è quello di rispettare gli impegni che assumiamo nelle sedi internazionali.
  Per questo, noi abbiamo chiesto al Ministro degli affari esteri e, per sua vece, al Viceministro che cosa si intenda fare in proposito, in quanto anche in sede di aggiornamento del DEF non abbiamo visto una presa di posizione molto netta in questa direzione. Chiediamo anche che cosa si intenda fare con la legge di stabilità, che sta per arrivare, e se si voglia dare un'accelerazione all'iter delle varie proposte di legge che sono state predisposte da parte di tanti gruppi parlamentari, perché su questo argomento io credo si possa sviluppare un'azione positiva del Parlamento nel suo insieme, al di là della diversa collocazione politica dei vari gruppi parlamentari (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Essendosi il deputato Scotto riservato di intervenire in sede di replica, do subito la parola al Viceministro degli affari esteri, Lapo Pistelli, per la risposta.

  LAPO PISTELLI, Viceministro degli affari esteri. Signor Presidente, come sanno i colleghi interpellanti fino a pochi mesi fa sedevo dall'altra parte della barricata, sui banchi del Parlamento, e ho avuto occasione, con molti di voi, di condividere negli ultimi dieci anni i vari tentativi che abbiamo fatto di operare sia sul fronte delle regole, quindi sulla riforma della legge n. 49 del 1987, sia sul fronte delle risorse, per porre un freno alla caduta verticale dei finanziamenti che, a seguito della crisi che ha colpito l'Europa, e dunque anche noi, ha tagliato quasi fino all'80 per cento le risorse disponibili per il finanziamento della cooperazione italiana allo sviluppo. Per questa ragione, fatemi premettere che condivido lo spirito dei due strumenti di sindacato che stamattina discutiamo e che non ritualmente desidero ringraziare anche i colleghi interpellanti, perché sollevare Pag. 7attenzione ripetutamente su questo tema aiuta anche noi, aiuta anche il Governo a fare bene o meglio quello che stiamo facendo.
  Due sono i «corni» del problema che vengono affrontati dai due strumenti di sindacato ispettivo: uno più relativo al dibattito internazionale e agli impegni assunti in sede delle Nazioni Unite; l'altro relativo invece ai compiti per casa, quindi risorse e stato di discussione della proposta di riforma.
  Parto dal primo punto, cioè dallo stato del dibattito internazionale, dicendo in apertura che il Ministro Bonino, la Farnesina, tutti noi condividiamo e siamo dentro questo percorso globale, né nazionale né soltanto europeo, rappresentato dal tentativo di raggiungere gli obiettivi che la comunità internazionale si era data con la Dichiarazione del Millennio delle Nazioni Unite nel 2000. È una sfida, come sapete, alla quale è stato dedicato prevalentemente il lavoro della settimana ministeriale delle Nazioni Unite che si è appena conclusa a New York e sulla quale vorrei approfittare per dare qualche brevissimo aggiornamento.
  Infatti, proprio in quella settimana la delegazione del Governo presente – e quindi nella fattispecie per queste questioni il Presidente del Consiglio, il Ministro degli affari esteri e il sottoscritto – ha avuto occasione di partecipare a una nutrita serie di eventi, a seconda ovviamente del livello: il livello più importante lo ha seguito il Presidente del Consiglio, il livello ministeriale il Ministro Bonino e io ho seguito molti altri eventi relativi a vari aspetti di questa questione (la finanza innovativa, i least developed countries, la coerenza delle politiche) organizzati sia in sede Nazioni Unite, sia al di fuori delle Nazioni Unite.
  Condividiamo tutti che gli Obiettivi del Millennio restano tuttora un unfinished business, per citare Ban Ki-moon, cioè non sono stati interamente raggiunti (su qualcuno si è fatto meglio, su qualcuno peggio), e che questo deve diventare uno stimolo ulteriore nel percorso che ci condurrà nel 2015 a concordare, se è possibile, la nuova Agenda dello sviluppo.
  Come i colleghi interpellanti sanno, questo traguardo del 2015 – all'interno del quale abbiamo proposto anche l'Expo come una tappa collaterale: in fondo, il tema Feeding the planet. Energy for life è assolutamente sintonico e coerente col tema dell'obiettivo del millennio – viaggia di pari passo con un altro percorso, che è quello che iniziò venti anni fa a Rio, cioè quello dei Sustainable development goals. Dunque, l'obiettivo sul quale da un paio di anni tutta la comunità internazionale è impegnata è quello di arrivare nel 2015 ad una convergenza tra questi due percorsi, quello iniziato con gli Obiettivi del Millennio e quello iniziato quasi dieci anni prima con Rio; ciò per arrivare ad un modello condiviso su scala globale, che permetta di raggiungere l'obiettivo ambiziosissimo, presentato dal Segretario generale delle Nazioni Unite, della eradicazione totale della povertà entro il 2030: obiettivo quindi non più temporaneo, non più graduale, ma obiettivo definitivo.
  Come sapete dentro questo percorso, che sta cercando di riunire appunto Millennium development goals e Sustainable development goals, si inserisce anche una tappa rispetto alla quale il Ministro Bonino ha dato particolarmente enfasi nella sua partecipazione a New York e che recepisce un terzo filone – diciamo così – aggiuntivo, presente nelle indicazioni dell’High-Level Panel, che è lo strumento di lavoro utilizzato da Ban Ki-moon, guidato tra l'altro da David Cameron, Kawakel Karnan e altre personalità politiche del pianeta, e che è stato alla base della sua relazione generale e ha aggiunto a questo dibattito non soltanto l'attenzione agli obiettivi economici, a quelli ambientali e a quelli sociali, ma anche la convinzione profonda che questi obiettivi non sono raggiungibili e non sono compatibili se non c’è in generale una cornice di buona governance, di rules of law e di diritti umani che caratterizzi i Paesi che diventano destinatari in questo caso dell'aiuto.Pag. 8
  Questo per dire a che punto siamo. Come sapete, da quando siamo in carica, quindi dalla fine di aprile-primi di maggio, al Governo noi abbiamo partecipato a questo esercizio prima definendo in sede europea, al Consiglio per lo sviluppo, l'Agenda europea post 2015 e il quadro finanziario 2014-2020, partecipando poi al segmento di discussioni in ECOSOC, a Ginevra a luglio, e poi partecipando a settembre alle Nazioni Unite. La convinzione è che quest'anno che viene sarà decisivo per arrivare a una definizione condivisa di questo modello.
  Mi permetto di aggiungere due considerazioni, che credo utili anche per i colleghi interpellanti: da un certo punto di vista io trovo assolutamente straordinario, come esercizio multilaterale, che per la prima volta dopo vent'anni si arrivi ad avere l'ambizione di definire assieme un modello olistico e coerente in cui economia, diritti, sviluppo ambientale e coesione sociale si tengano insieme, senza più la distinzione tradizionale che ha accompagnato il dibattito in questi anni e che vede il nord e il sud avere idee diverse, i vecchi Paesi donatori e i Paesi recepienti avere idee diverse, avere i nuovi donatori – tipo i BRICS – avere idee diverse, cioè l'obiettivo è quello di avere un modello in cui tutto si tiene e che rappresenterebbe una sorta di nuova grammatica globale dello sviluppo.
  Questo è ottimo. Io segnalo il dubbio, che ho sollevato anche ieri mattina in sede di revisione OCSE-DAC, la Peer review, che è cominciata appunto ieri mattina, e che si traduce nella formulazione seguente: mentre i Millennium development goals erano sicuramente obiettivi parziali, ma avevano il grande pregio di essere obiettivi facilmente comprensibili, dunque facilmente comunicabili, e di diventare un'ottima leva per creare mobilitazione, questo documento estremamente ambizioso ed estremamente coerente rischia di diventare, se non lo riusciamo poi a spacchettare in contenuti e obiettivi comunicabili, sicuramente un'ottima grammatica, ma di non avere quella forza di mobilitazione che, come sapete, è base prima di una buona narrativa politica, poi di una buona legittimazione politica e, dunque, della spesa di risorse adeguate, per mobilitare appunto l'intera comunità internazionale. Questo è il tema che stiamo discutendo in queste settimane per cercare di dare forza a questa discussione.
  Per quanto riguarda i nostri compiti per casa, purtroppo i dati di partenza sono addirittura peggiori di quelli che ha citato l'onorevole Melilla, nel senso che noi siamo arrivati fra lo 0,15 e lo 0,16 quest'anno per effetto del sostanzioso aumento di bilancio dell'anno scorso, eravamo allora 0,13 l'anno precedente, appunto penultimi in Europa, soltanto davanti alla Grecia; condividiamo assolutamente la preoccupazione degli interpellanti che non si tratta di una politica – quella della cooperazione allo sviluppo – marginale, collaterale e da alimentare soltanto nei momenti di crescita del Paese; si tratta esattamente della proiezione internazionale del Paese, per cui non è possibile avere un'idea di noi stessi – non dico importante, ma adeguata – e del ruolo che giochiamo nel Mediterraneo, nei Balcani, in Europa e nel mondo, senza avere fra le frecce del nostro arco anche una buona politica di cooperazione, e una buona politica di cooperazione evidentemente si fonda anche su un portafoglio adeguato, su risorse adeguate.
  Voglio dire su questo che proprio in questi giorni – anzi, fatemi dire quasi in queste ore – stiamo discutendo il finanziamento di due strumenti importanti, cioè la legge di stabilità, per un verso, e il decreto «missioni»; ovviamente l'obiettivo che il Ministero ha ben chiaro e per il quale si sta adoperando con ogni sforzo è quello di essere coerenti con gli strumenti che il Parlamento ha già approvato l'anno scorso.
  C’é un percorso virtuoso scritto nel DEF, che ci porta, da qui al 2016-2017, non ad obiettivi fantastici, ma a obiettivi credibili, concreti e graduali, cioè al raggiungimento dello 0,29 per cento tra il 2016 e il 2017, con una base dunque di aumento annuo del 10 per cento rispetto allo stanziamento precedente.Pag. 9
  Come l'onorevole Melilla riportava nel suo intervento, il nostro mancato adeguamento delle risorse ha sostanzialmente zavorrato l'intera Europa, perché chiaramente per un'Europa che si era data un obiettivo, lo 0,56 per cento nel 2010 e lo 0,7 per cento nel 2015, se un grande Paese come il nostro, terzo contributore, come chiave nelle politiche di sviluppo è così indietro, il nostro peso affonda anche obiettivi molto virtuosi, ma raggiunti da Paesi oggettivamente molto piccoli: non è il caso soltanto di Cipro, ma potrei citare il Lussemburgo, che già oggi viaggia su percentuali superiori all'1 per cento; il nostro 0,13 per cento evidentemente zavorra l'intera Unione. Noi siamo responsabili fino ad oggi per oltre il 40 per cento ponderato del mancato raggiungimento dell'obiettivo in sede europea. Su questo ultimo punto, fatemi chiudere dicendo questo: io, fin da adesso, chiedo che il Parlamento ci aiuti in questa difficile discussione anche sulla legge di stabilità, che non riguarda soltanto la legge di stabilità, ma riguarda l'adeguato finanziamento della parte di cooperazione anche nel «decreto missioni» e, per quanto mi consta, potrebbe riguardare anche gli obiettivi che ho letto in un'altra mozione parlamentare relativa alla nostra partecipazione sul quarto replenishment del Fondo globale, Fondo che abbiamo contribuito a creare qualche anno fa e dal quale siamo usciti negli ultimi due anni.
  Evidentemente, questa è la sede giusta però per avere un chiarimento con i colleghi tutti di ogni parte politica e di ogni orientamento per mettersi d'accordo, una volta per sempre, su un punto: che le politiche di cooperazione – ripeto – non sono politiche minori rispetto ai pur importantissimi obiettivi di investimento in altre aree della nostra agenda domestica, ma sono investimenti preventivi in pace, in stabilità e in ordine internazionale e – fatemelo dire – diventano dopo qualche anno anche investimenti dal punto di vista economico. Quindi, è importante che il Parlamento tutto su questo sia convinto.
  Con riferimento infine alla legge – e chiudo, signor Presidente – io riconfermo che la legge è un obiettivo – come è detto dal Ministro Bonino in audizione – di questo Esecutivo. Come ho avuto modo di raccontare anche in Commissione esteri, chiaramente, l’iter per arrivare al bollino verde di un disegno di legge è un iter più complicato di quello di una proposta di legge di iniziativa parlamentare, per cui lo stato dell'arte è che la parte di mia competenza è terminata due mesi fa. In questa settimana – e credo di non azzardare una previsione sbagliata – siamo in condizione di fare uscire il testo dalla Farnesina per avviare, con una buona collaborazione degli altri Ministeri, la fase del concerto con gli altri Ministeri e soprattutto con il Ministero dell'economia e delle finanze, che dovrebbe permetterci di arrivare – io spero in un tempo molto, molto ragionevole – in Consiglio dei ministri.
  Come sapete, il testo su cui abbiamo lavorato sino ad oggi è un testo che prende in amplissima considerazione la base delle proposte Tonini-Mantica, che sono già state oggetto di una eccellente collaborazione bipartisan nella scorsa legislatura. Dunque, nel ripulire, rifinire e ritoccare quel testo, ci si muove per lo stesso obiettivo, quello cioè di avere una collaborazione parlamentare ampia e importante su quel testo di legge e – aggiungo pure – di vedere se riusciamo a far lavorare le due Camere come se fossero quasi una Camera sola, cioè in collaborazione tra loro, come già era successo nel tentativo della scorsa legislatura.
  Chiudo dunque, ringraziando ancora una volta gli interpellanti per l'attenzione che mettono su questo argomento e per aver sollevato la questione, e spero che questa sia semplicemente una delle molte tappe che vedranno il Parlamento, pure in questa breve legislatura, impegnate a rimettere, per un verso, il nostro Paese back on track sul tema delle risorse dedicate a queste politiche e ad adeguare una legge che fu una buona legge, ma che inevitabilmente risente oggi di un quadro profondamente mutato e che ha bisogna dunque di un suo adeguamento.Pag. 10
  Se su entrambi questi obiettivi vi sarà una buona collaborazione tra Esecutivo e Parlamento – come noi auspichiamo e come io personalmente auspico –, sono convinto che entrambi gli obiettivi potranno essere raggiunti.

  PRESIDENTE. Il deputato Arturo Scotto ha facoltà di replicare.

  ARTURO SCOTTO. Signora Presidente, ringrazio il Viceministro Pistelli. Noi siamo soddisfatti della risposta, perché avvertiamo nelle parole del Viceministro una grande sensibilità e uno sforzo autentico nella definizione di una calendarizzazione, di un obiettivo politico che noi ci siamo dati e che tanta parte del Parlamento si è data nel corso degli ultimi mesi, a partire da questa legislatura.
  È chiaro che, però, adesso dobbiamo passare alla fase operativa. Lo dico perché noi riteniamo, come Sinistra Ecologia Libertà (ma sono convinto che questo sia il pensiero di tante colleghe e di tanti colleghi), che questa sia una riforma di sistema e non sia semplicemente una delle tante leggi che questo Parlamento dovrà approvare. È una riforma di sistema perché parla del ruolo e della funzione dell'Italia, parla del ruolo e della funzione del nostro Paese nel contesto europeo e parla della missione storica che ci dovremo dare e che ci siamo dati, che è quella di gettare ponti soprattutto verso quel Mediterraneo che non può essere esclusivamente un cimitero di vite umane che ogni giorno siamo costretti a contare. Ma il Mediterraneo è il luogo delle opportunità ed è anche il luogo in cui noi abbiamo l'obbligo di costruire una nostra nuova visione della globalizzazione, dei rapporti tra i Paesi, del modo in cui noi facciamo solidarietà e di come portiamo in un terreno più avanzato la lotta per la redistribuzione della ricchezza e per l'uguaglianza.
  Dico questo perché credo che sia fondamentale, quando andremo a studiare e a lavorare sul testo, mettere al centro alcune cose che noi riteniamo prioritarie sulla legge della cooperazione. Noi dobbiamo separare – lo dico al Viceministro – le politiche di cooperazione e di aiuto allo sviluppo dalle spese militari e dagli interventi militari. Non sono cose che possono stare più troppo insieme. E bisogna finalizzarle a interventi di pace, di prevenzione per la pace. Per noi la solidarietà significa promozione dei diritti umani e per finanziare questo noi proponiamo, all'interno della «legge Marcon», che una parte del gettito sia finanziata da una tassa sulle transazioni finanziarie, perché lo riteniamo un fatto di igiene politica e anche il modo in cui una parte del mondo, che si è arricchita attraverso meccanismi speculativi, riesce ad aiutare e a dare sollievo ai popoli che hanno subito di più le politiche della diseguaglianza. E, contemporaneamente, abbiamo la necessità di sganciare le politiche di cooperazione dalla discrezionalità. Occorre costruire un'agenzia, un fondo unico e bisogna ridare respiro alla funzione che una volta ha avuto – per una breve fase e i risultati si sono visti – il Ministero della cooperazione.
  E, allora, anche da questo punto di vista ci vuole una figura nel Governo che abbia questa funzione, che sia visibile e che sia, diciamo, percepibile all'esterno. Contemporaneamente abbiamo la necessità – e sono d'accordo – di fare una battaglia unitaria di tutto il Parlamento nella legge di stabilità perché non possiamo perdere un'altra occasione. Se la tabella di marcia è quella di portare entro il 2016-2017 gli aiuti allo sviluppo allo 0,3 per cento rispetto al PIL, abbiamo la necessità di fare una sforzo unitario e una battaglia che vada oltre gli schieramenti politici e che parli contemporaneamente, come dire, delle parole e della grammatica che c’è dentro la missione e l'obiettivo del millennio: libertà, uguaglianza, solidarietà, rispetto della natura, responsabilità condivisa.
  Nel corso di questi anni quella grammatica così leggibile ha consentito a 600 milioni di adulti e di bambini di essere sottratti alla povertà, a 56 milioni di bambini di avere un accesso all'istruzione, di diminuire la mortalità infantile, però allo stesso tempo ci sono obiettivi che non Pag. 11sono stati ancora raggiunti o alcune possibilità di intervento che sono state in qualche modo seppellite dentro la lunga stagione della crisi economica: il lavoro, lavoro fragile, lavoro sottopagato, lavoro sfruttato, la mortalità materna, che è ancora lontana dagli obiettivi di riduzione, e due miliardi e mezzo di persone che non sono ancora nella possibilità di accedere all'acqua potabile, a fonti sicure. Questa è la missione delle classi dirigenti europee, questa è la missione delle classi dirigenti italiane, se non vogliamo non soltanto scivolare all'ultima casella di una classifica dell'OCSE o dell'Unione europea, ma se vogliamo provare a dare senso anche al motivo per cui noi siamo qui e abbiamo una funzione. E lo dico perché penso che le politiche di cooperazione debbano essere strutturali, un capitolo immodificabile per un Paese che ambisce a una funzione internazionale e che ha l'interesse precipuo a garantire pace e stabilità.
  Io ho concluso, noi saremo vigili, saremo attenti, saremo dentro la battaglia delle prossime settimane e dei prossimi mesi. Dobbiamo porci un obiettivo: entro l'inizio del semestre europeo dobbiamo portare a casa una nuova legge sulla cooperazione. Abbiamo la necessità di presentarci dentro il contesto europeo, nel momento in cui questo Paese dovrà avere la funzione di guidarlo e l'onore di poterlo fare, con un altro approccio rispetto alle politiche di aiuti allo sviluppo, un approccio che parli di solidarietà, di promozione dei diritti umani e contemporaneamente anche di un cambio di marcia rispetto ad un altro capitolo che spesso viene derubricato ad un fatto secondario. Lo dico all'ultimo, perché penso che sia un punto di riflessione vero. La cooperazione decentrata è centrale e fondamentale non soltanto per fattori economici, e lo ha detto lei molto spesso: per ogni euro che noi investiamo in cooperazione, dopo cinque anni, ne possono ritornare tre dal punto di vista occupazionale e dal punto di vista delle opportunità di sviluppo. Ma la cooperazione decentrata è fondamentale anche perché consente agli enti locali di liberarsi da una tendenza che nel corso degli ultimi anni è diventata quasi permanente e ha fatto vincere i pregiudizi e ha fatto vincere coloro che immaginavano che un comune fosse un recinto, fosse una monade, fosse un luogo nel quale si dovevano esercitare solamente le piccole ambizioni. Nel frattempo abbiamo avuto tanti episodi gravissimi sul terreno del razzismo, sul terreno di politiche dell'accoglienza sempre minori e abbiamo visto che i nostri comuni arretravano. La cooperazione decentrata è un modo di proiettare i comuni e gli enti locali nel mondo e noi abbiamo la necessità di portare il cosmopolitismo dentro le nostre piccole realtà. Anche così si ricostruisce una politica estera (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Prendo atto che il deputato Melilla non intende intervenire.

(Elementi ed iniziative in merito alle condizioni di salute di un detenuto nel carcere di Viterbo – n. 3-00088)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interrogazione Melilla n. 3-00088, concernente elementi ed iniziative in merito alle condizioni di salute di un detenuto nel carcere di Viterbo (Vedi l'allegato A – Interpellanze e interrogazioni).
  Il sottosegretario di Stato per la giustizia, Cosimo Maria Ferri, ha facoltà di rispondere.

  COSIMO MARIA FERRI, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, rispondo all'onorevole Melilla in merito alla vicenda del detenuto Davide Rosci, sulla base degli elementi informativi acquisiti dal dipartimento dell'amministrazione penitenziaria.
  Il detenuto Davide Rosci, arrestato il 18 febbraio 2013, riveste la posizione giuridica di appellante con fine pena provvisorio al 18 febbraio 2019, essendo stato condannato per i reati di resistenza a pubblico ufficiale, devastazione e saccheggio.Pag. 12
  Il 22 febbraio 2013, la direzione della casa circondariale di Teramo, nel comunicare l'avvenuto ingresso del detenuto, ne chiedeva il trasferimento in altra sede penitenziaria, avendo appreso la notizia di possibili manifestazioni di protesta esterne all'istituto volte ad esprimere solidarietà al Rosci, considerato un leader nell'ambito del movimento denominato «Azione Antifascista» di Teramo.
  In considerazione di tale richiesta, veniva disposta l'assegnazione del detenuto alla casa circondariale di Rieti, ove lo stesso faceva ingresso in data 5 marzo 2013. Il successivo 13 marzo 2013, su segnalazione della casa circondariale di Rieti, che riferiva circa la possibilità di analoghe manifestazioni di protesta in favore del detenuto, il Rosci veniva trasferito alla casa circondariale di Viterbo.
  Nel carcere di Viterbo, il 22 maggio 2013, il Rosci intraprendeva una protesta pacifica attraverso lo sciopero della fame, al fine di ottenere il trasferimento in una sede penitenziaria vicina ai propri affetti familiari. Durante il periodo di detenzione a Viterbo il Rosci non è mai stato sottoposto al regime di isolamento, ha svolto regolari colloqui con i familiari e la fidanzata, ha partecipato con particolare interesse al corso di autobiografia. Inoltre, durante lo sciopero della fame, effettuato dal 22 al 29 maggio 2013, è stato costantemente seguito dal personale medico e sottoposto a provvedimento di grande sorveglianza custodiale.
  Il 28 giugno scorso il detenuto è stato nuovamente trasferito presso la casa circondariale di Teramo. In questo istituto il Rosci ha effettuato colloqui visivi con i propri familiari, ha mantenuto una regolare condotta sia con i compagni di detenzione che con gli operatori penitenziari ed è risultato essere in buone condizioni di salute.
  Anche presso il carcere di Teramo il detenuto ha intrapreso uno sciopero della fame, iniziato il 10 settembre e terminato il 16 settembre, con la motivazione di voler «sostenere la mobilitazione indetta dal coordinamento dei detenuti per rivendicare migliori condizioni di vita all'interno delle carceri», ed anche presso tale istituto penitenziario il Rosci è stato tenuto sotto continuo controllo medico durante lo sciopero della fame ed è stato sottoposto a regime di «grande sostegno completo» da parte degli operatori dell'area sicurezza, dell'area trattamentale, del servizio medico/infermieristico e del servizio psichiatrico.
  Da ultimo, in data 5 ottobre, essendo venute meno le esigenze di giustizia che avevano giustificato il trasferimento a Teramo, il Rosci è stato nuovamente riportato nell'istituto di Viterbo. A tale riguardo, occorre sottolineare che il Rosci era stato trasferito nel carcere di Teramo per esigenze di giustizia; di conseguenza, coerentemente con tale motivazione, una volta cessate le predette esigenze è stato disposto il ripristino del precedente stato di detenzione a Viterbo e l'amministrazione ha ritenuto di operare tale scelta anche in conformità con la prassi seguita in altri casi, analoghi a quello in esame, nei quali vi erano ragioni che evidenziavano che, a livello locale, sussistevano rischi per l'ordine pubblico derivanti da possibili manifestazioni pubbliche a favore del detenuto.
  Tra l'altro, si evidenzia che, anche nel mese di settembre, tali manifestazioni sono state ripetute, creando problemi per l'ordine pubblico. Va anche ribadito che il Rosci non si trova, né si è mai trovato, in cattive condizioni di salute e che è stato adeguatamente seguito e sorvegliato dal personale medico dei vari istituti penitenziari dove è stato ristretto, così come va riaffermato l'ovvio principio che non possono essere ammesse deroghe o eccezioni alle prassi ed ai regolamenti carcerari, così ponendo in essere disparità di trattamento tra detenuti, per il solo fatto di mettere in pratica uno sciopero della fame.
  Quindi i motivi principali per cui è stato disposto di nuovo il trasferimento presso l'istituto di Teramo sono dovuti non solo alla cessazione di esigenze di giustizia, ma soprattutto anche a problemi di ordine pubblico che si sono verificati con le manifestazioni effettuate di fronte all'istituto Pag. 13di Teramo. Rimango a disposizione per qualsiasi chiarimento. Ringrazio per l'attenzione.

  PRESIDENTE. Il deputato Gianni Melilla ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interrogazione. Ha cinque minuti.

  GIANNI MELILLA. Signora Presidente, io mi dichiaro, in questo caso, totalmente, insoddisfatto della risposta del sottosegretario per la giustizia. Questo ragazzo è innocente ai sensi della Costituzione, perché è stato giudicato solo in primo grado e ha avuto una condanna in primo grado. Quindi, tecnicamente, è un imputato in attesa di un giudizio e sta scontando il carcere. Per altri procedimenti è stato assolto.
  Quelle esigenze di giustizia, di cui parla il sottosegretario che sono state all'origine del suo trasferimento da Viterbo a Teramo, per sottoporsi ad altri procedimenti giudiziari sempre inerenti la sua attività politica, si sono concluse con la sua assoluzione.
  Il motivo per il quale si chiede che questo ragazzo sconti la sua pena – pur essendo tecnicamente innocente ai sensi della Costituzione vigente – vicino a Teramo, è perché suo padre è in condizioni di salute del tutto precarie, condizioni gravissime di salute, che gli impediscono di andare a Viterbo. Forse non tutti conoscono la situazione stradale dei collegamenti tra Teramo e Viterbo. Per andare a Viterbo bisogna andare a Roma e poi andare a Viterbo, un giro lunghissimo.
  È una famiglia che ovviamente vuole essere vicina a suo figlio, perché ogni genitore, come ognuno di noi sa, vuole essere vicino ad un figlio che è in carcere, e quindi sarebbe stato semplicemente un fatto umanitario acconsentire a che un padre malato potesse visitare periodicamente il proprio figlio in carcere.
  I motivi di ordine pubblico, che sono legati al fatto che questo ragazzo viene trasferito in un carcere lontano dalla sua città, sono assolutamente infondati. I motivi di ordine pubblico ci sono perché i giovani antifascisti di Teramo protestano contro questo accanimento nei confronti di questo ragazzo. Quindi è esattamente il contrario: più ci si accanisce contro questo ragazzo e più si respinge ai margini una parte di giovani.
  Ognuno di noi potrà avere le sue opinioni, e sicuramente i reati di devastazione concernenti una manifestazione – ricorderemo tutti – che si svolse nell'ottobre del 2011, ovviamente vedono tanti di noi su posizioni di assoluto respingimento nei confronti di queste pratiche politiche illegali, ma questo non vuol dire niente, nel senso che noi siamo in presenza di un ragazzo che dice che non ha assolutamente commesso quei fatti per i quali è stato condannato.
  Lui ha partecipato ad una manifestazione insieme ad altre centomila persone e quindi noi aspettiamo serenamente che la magistratura svolga il suo ruolo, rispettando le sentenze, in questo caso, di primo grado che lo hanno visto condannato. Io ritengo però che il Ministero della giustizia, nell'ambito del rispetto rigoroso dei regolamenti vigenti, debba considerare che il trasferimento nel carcere di Teramo per scontare quella pena possa essere assunto tranquillamente e andare incontro anche a questioni umanitarie che sarebbero anche viste in termini positivi da parte di tanti giovani che fanno parte di questo movimento antifascista, che a Teramo vede tantissimi giovani impegnati in pratiche politiche che sono assolutamente nel solco della democrazia e di quanto prevedono le leggi e la Costituzione italiana.
  Quindi io chiedo con forza al Ministero della giustizia nell'ambito delle sue prerogative di rivedere questa situazione per motivi semplicemente umanitari perché non può esser un padre a pagare il prezzo di questa «lotta», lo dico tra virgolette, tra lo Stato e il detenuto. E sono con Giorgio Napolitano, con il nostro Presidente, perché quegli scioperi della fame non sono relativi alla sua condizione ma sono relativi alla condizione di tutti i detenuti d'Italia e, quindi, penso che bisognerebbe comportarsi diversamente.

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Testo sostituito con l'errata corrige del 9 OTTOBRE 2013 (Chiarimenti in merito all'idoneità dei diplomi di maturità magistrale conseguiti entro l'anno scolastico 2001/2002 ai fini dell'abilitazione all'insegnamento nella scuola primaria – nn. 2-00068 e 2-00360) (Chiarimenti in merito all'idoneità dei diplomi di maturità magistrale conseguiti entro l'anno scolastico 2001/2002 ai fini dell'abilitazione all'insegnamento nella scuola primaria – nn. 2-00068 e 3-00360)

Testo sostituito con l'errata corrige del 9 OTTOBRE 2013   PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza Marzana n. 2-00068 e all'interrogazione Centemero n. 2-00360, concernenti chiarimenti in merito all'idoneità dei diplomi di maturità magistrale conseguiti entro l'anno scolastico 2001/2002 ai fini dell'abilitazione all'insegnamento nella scuola primaria, che, vertendo sullo stesso argomento, saranno svolte congiuntamente (Vedi l'allegato A – Interpellanze e interrogazioni).
  Chiedo alla deputata Marzana se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.
  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza Marzana n. 2-00068 e all'interrogazione Centemero n. 3-00360, concernenti chiarimenti in merito all'idoneità dei diplomi di maturità magistrale conseguiti entro l'anno scolastico 2001/2002 ai fini dell'abilitazione all'insegnamento nella scuola primaria, che, vertendo sullo stesso argomento, saranno svolte congiuntamente (Vedi l'allegato A – Interpellanze e interrogazioni).
  Chiedo alla deputata Marzana se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  MARIA MARZANA. Signor sottosegretario, l'interpellanza n. 2-00068, presentata il 3 giugno, mira a porre fine ad una discriminazione operata da oltre dieci anni dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ai danni di una categoria di docenti che si sono visti negare retroattivamente il valore abilitante del loro titolo di studio. Ci riferiamo al diploma magistrale conseguito entro l'anno scolastico 2001-2002. Il quadro normativo italiano vigente e, come vedremo, anche quello europeo è ricco di disposizioni che sanciscono in modo inequivocabile il valore abilitante di tale titolo. A questo proposito richiamiamo l'articolo 15, comma 7, del decreto del Presidente della Repubblica 23 luglio 1998, n. 323 che ha stabilito che il titolo conseguito entro l'anno scolastico 2001-2002 nell'esame di maturità, a conclusione dei corsi di studio dell'istituto magistrale, abilita in modo permanente all'esercizio della professione ed all'insegnamento nella scuola dell'infanzia e primaria. A riprova di ciò aggiungiamo che per tutti i diplomati magistrali non risulta mai essere stato posto l'obbligo a frequentare il corso di laurea in scienze della formazione primaria, attivato successivamente in sostituzione del predetto corso di studio per consentire il conseguimento dell'abilitazione all'insegnamento. Vorrei ricordare che persino la Corte costituzionale con sentenza n. 466 del 1997 ha chiarito che il diploma «è in sé abilitante» a prescindere dal superamento del concorso a cattedra.
  Se poi vogliamo uscire dai confini nazionali e guardare all'Europa, anche la Commissione europea ha definito il diploma magistrale titolo equivalente alla laurea in scienze della formazione primaria, senza contare la disparità di trattamento e di discriminazione che si sta perpetrando ai danni dei nostri docenti. Di fatto ai cittadini di altri Stati membri in possesso di titolo analogo al diploma magistrale e definiti abilitati nei rispettivi Paesi, lo Stato italiano ha consentito l'accesso alle graduatorie permanenti o ad esaurimento nel rispetto della direttiva europea 2005/36/CE mentre ai docenti italiani tale disposizione è stata loro preclusa. A questo proposito, a seguito di diverse denunce giunte in sede europea, è stata avviata una procedura di infrazione e a breve scatteranno le sanzioni nei confronti dell'Italia.
  In ultimo, ma non per questo meno importante, le modifiche introdotte all'articolo 15, comma 16, del decreto ministeriale n. 249 del 2010, che istituisce anche per i diplomati magistrali un percorso abilitante speciale, sono incoerenti con la normativa vigente dal momento che si rivolgono a personale che ha completato un corso di studio professionalizzante concluso con un esame di Stato avente funzione abilitante all'insegnamento nella scuola dell'infanzia e primaria.
  Già nei mesi scorsi sono state espresse in quest'aula, così come in VII Commissione, posizioni inequivocabili non solo del MoVimento 5 Stelle ma anche di altri gruppi parlamentari con le quali si è più volte invitato il Ministero a riconoscere in modo esplicito e senza indugio il valore di abilitazione all'insegnamento del diploma magistrale.
  Eppure, di tali indicazioni, così come delle disposizioni delle Autorità europee Pag. 15che hanno il compito di vigilare sul pieno e completo rispetto del diritto comunitario, il Ministero non ha voluto finora tener conto, perseguendo un atteggiamento del tutto privo di fondamento giuridico.
  È indispensabile fare chiarezza sul valore del diploma magistrale, al fine di definire il pieno riconoscimento di questa particolare categoria di docenti, che, da troppi anni, vive una situazione di irragionevole ingiustizia. Stiamo parlando di alcune migliaia di docenti, che prestano da anni servizio nella scuola dell'infanzia e primaria, pubblica e paritaria, alle dipendenze del Ministero, garantendo il corretto funzionamento scolastico, ma che si sono visti confinare in terza fascia delle graduatorie di istituto, quella – per essere chiari – destinata ai docenti privi di abilitazione.
  Insomma, tutti sappiamo che il titolo di diploma magistrale è abilitante, compresi i Ministri e dirigenti del Ministero dell'istruzione che si sono susseguiti nel corso degli ultimi dieci anni e che hanno precisato la validità di tale requisito per l'insegnamento con note, decreti e circolari. Eppure, a questi docenti è stato da sempre negato il diritto acquisito, disattendendo i dettami costituzionali.
  Alla luce di quanto esposto, spero che emerga finalmente la volontà di porre fine ad una situazione di palese iniquità, che si protrae ormai da troppi anni e che necessita di essere risolta. Ringrazio per l'attenzione.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca, Marco Rossi Doria, ha facoltà di rispondere.

  MARCO ROSSI-DORIA, Sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca. Signor Presidente, gli interpellanti chiedono chiarimenti sul valore abilitante all'insegnamento del diploma di maturità magistrale, richiamando anche la procedura in corso presso la Commissione europea sulla qualificazione dei diplomati magistrali a esercitare la professione in altro Stato membro.
  Sulle questioni illustrate con i presenti atti parlamentari sono stati già forniti chiarimenti in occasione della discussione in Commissione cultura, il 1o agosto 2013, di altro atto di sindacato ispettivo di analogo contenuto. Rispetto a quanto allora riferito, sono però intervenute alcune novità che è opportuno sottolineare.
  Si ricorda, però, che nella precedente occasione è stato brevemente riassunto il quadro normativo di riferimento (dalla riforma Gentile alla soppressione dei corsi di studio triennali e quadriennali dell'istituto magistrale, avvenuta nell'anno accademico 1999/2000 a seguito dell'attivazione del corso di laurea in scienze della formazione primaria) ed è stato sottolineato come dall'analisi sistematica di tutta la normativa che si è succeduta sulla materia nel corso del tempo, emerga come l'ordinamento riconosca, sì, il diploma di scuola magistrale e di maturità magistrale quali titoli validi per esercitare la professione di docente in qualità di supplente ai fini della partecipazione ai concorsi pubblici per il reclutamento del personale docente nella scuola materna e nella scuola elementare, e non quali titoli che consentono l'assunzione a tempo indeterminato nella scuola pubblica, che deve conseguire a un pubblico concorso.
  Quanto al percorso formativo speciale, introdotto dall'articolo 15, comma 16, del decreto ministeriale n. 249 del 10 settembre 2010, esso deve essere visto come una forma di tutela per il personale docente in questione, considerato che, in ragione dell'esperienza professionale già maturata, viene in sostanza riconosciuta la possibilità di conseguire l'abilitazione all'insegnamento nella scuola dell'infanzia e nella scuola primaria attraverso un percorso formativo semplificato rispetto a quello previsto per gli aspiranti docenti privi di precedente esperienza.
  Quanto alla procedura in corso presso gli uffici della Commissione europea, riguardante il riconoscimento della qualificazione conseguita con il titolo di maturità magistrale a beneficio di alcuni docenti che intendono far valere la professionalità così acquisita per eventuali opportunità di Pag. 16impiego in altri Stati membri, nella precedente risposta è stato segnalato che erano in corso di definizione – il 1o agosto, per l'appunto – le modalità per effettuare tale riconoscimento.
  Ebbene, si informa oggi che con una serie di note trasmesse nel mese di agosto scorso, dopo il giorno 1, gli interessati hanno ottenuto formale riconoscimento della qualificazione conseguita attraverso il percorso professionale compiuto.
  È stato in particolare certificato che gli interessati sono qualificati ad insegnare in Italia nella scuola dell'infanzia e nella scuola primaria; che sono legittimati a partecipare alle procedure per il reclutamento di personale docente a tempo indeterminato per detto ordine di scuola e all'inserimento nelle graduatorie d'istituto e all'insegnamento nelle scuole paritarie.
  Si confida, pertanto, in una prossima archiviazione della procedura pendente presso gli uffici della Commissione europea.
  PRESIDENTE. La deputata Chimienti ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta all'interpellanza Marzana n. 2-00068, di cui è cofirmataria.

  SILVIA CHIMIENTI. Signor Presidente, mi dichiaro insoddisfatta della risposta fornita dal rappresentante del Governo. Affermare, infatti, che il conseguimento del diploma magistrale entro l'anno scolastico 2001-2002 consenta di sostenere un concorso, ma non abiliti all'insegnamento, è semplicemente una palese contraddizione rispetto alla normativa vigente.
  Ci chiediamo, dunque, dodici anni dopo, quanto tempo debba trascorrere ancora prima che il Ministero faccia ciò che le normative italiane ed europee, oltre ad una sentenza della Corte costituzionale già citata dalla mia collega, lo hanno chiamato a fare e, cioè, ammettere senza ambiguità, una volta per tutte, il valore abilitante del diploma magistrale.
  L'ultima soluzione prospettata a parziale modifica del decreto ministeriale n. 249 del 2010 non solo non risolve la situazione, ma calpesta, ancora una volta, diritti acquisiti a livello costituzionale e già sanciti in ambito europeo. I diplomati magistrali sarebbero, infatti, costretti a sostenere un percorso abilitante speciale a pagamento, pur essendo a tutti gli effetti da considerarsi come già abilitati ad esercitare la loro professione. E il tutto mentre la Commissione europea, attraverso l'EU Pilot, a seguito di un'istruttoria durata oltre due anni e nel corso della quale sono state vagliate, ad una ad una, tutte le norme riguardanti il diploma di maturità magistrale, è giunta alla conclusione che il diploma in questione garantisce una qualifica completa e, quindi, l'abilitazione all'esercizio della professione di docente di scuola dell'infanzia e primaria, a prescindere dal superamento del concorso a cattedra.
  Che senso ha, sottosegretario Rossi-Doria, continuare a negare l'evidenza, oltre al valore delle norme dello Stato ? Che senso ha affermare che non sono maestri e maestre coloro che già hanno formato più di dieci generazioni di bambini italiani e che continueranno a farlo, con o senza il vostro percorso abilitante a pagamento ? La speranza di rimpinguare le casse universitarie dello Stato con l'erogazione dei corsi riabilitanti non deve compromettere il diritto di questa categoria, né può sopravanzare il principio della salvaguardia dei diritti acquisiti e, cioè, nel caso dei diplomati, di un'abilitazione già conseguita e riconosciuta. Al danno, il Ministero ha saputo aggiungere anche la beffa, riconoscendo, nel frattempo, come titoli pienamente abilitanti in Italia, i diplomi del liceo pedagogico conseguiti in Romania, ovvero di un percorso di studi in tutto e per tutto analogo a quello svolto presso gli istituti magistrali italiani fino all'anno 2002.
  Per tutti questi motivi, preannuncio fin d'ora al Governo una risoluzione in Commissione che lo impegni a riconoscere il pieno valore di abilitazione all'insegnamento dei titoli conseguiti presso le scuole e gli istituti magistrali entro l'anno scolastico 2001-2002, rispettivamente, per le scuole dell'infanzia e per le scuole dell'infanzia e primaria, affinché ai docenti così abilitati siano restituiti i diritti finora Pag. 17negati, quali l'accesso diretto alle graduatorie di seconda fascia e il diritto alla partecipazione ai concorsi nelle scuole statali in qualità di personale pienamente qualificato e abilitato.
  Lei dice che il diploma magistrale abilita all'esercizio della professione solo come supplente e non come docente di ruolo e a tempo indeterminato. Ebbene, colgo questa occasione per ricordare all'Aula, che mi spiace essere del tutto vuota, la situazione disperata in cui si trova oggi la categoria dei docenti precari italiani.
  Purtroppo, le disparità di trattamento, le ingiustizie, le discriminazioni non hanno riguardato soltanto i diplomati magistrali prima del 2002 oggetto di questa interpellanza. Purtroppo, ormai, in Italia, studiare molti anni e coltivare il sogno di svolgere un mestiere tanto nobile, quanto difficile e delicato, come quello dell'insegnamento, non basta più per riuscire nei propri intenti. Ormai, i maestri e i docenti sono stati condannati ad uno stato di perenne precarietà, che oltre ad essere lavorativa, è diventata psicologica e influisce molto negativamente, non soltanto sulla continuità, ma anche sulla qualità della didattica.
  Un docente precario è necessariamente un docente frustrato, umiliato, una persona che, sentendosi perennemente in bilico e sapendo che, anno dopo anno, sarà costretto a cambiare allievi, classe e scuola, svolge il suo mestiere in maniera molto più estemporanea, discontinua e difficoltosa, dovendo di anno in anno, se non di mese in mese, o di settimana in settimana, reinventare e mutare la propria didattica in funzione di contesti sempre nuovi.
  Noi del MoVimento 5 Stelle siamo arrivati in Parlamento anche per questo, per combattere la piaga del precariato che, ormai, purtroppo, non affligge più soltanto i giovani; questa battaglia ci sta veramente a cuore, spenderemo tutte le nostre energie per combatterla. Iniziare a sanare le ingiustizie nei confronti dei diplomati magistrali potrebbe essere il primo segnale di una vera inversione di rotta; l'inaugurazione di una stagione diversa che accoglie le istanze dei cittadini e che non si arrocca su posizioni estranee al buonsenso e alla buona politica.

  PRESIDENTE. La deputata Elena Centemero ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interrogazione.

  ELENA CENTEMERO. Signora Presidente, ringrazio il sottosegretario Rossi-Doria per essere intervenuto, oggi, su una questione che è piuttosto complessa e piuttosto delicata. Devo dire che l'interrogazione presentata dal Popolo della Libertà riguardava il valore abilitante del diploma magistrale, che concerne l'insegnamento nelle scuole dell'infanzia e nelle scuole primarie, con una specifica attenzione rispetto alle scuole paritarie.
  Mi dichiaro insoddisfatta nel senso che più volte è stato utilizzato, in quest'Aula, il termine scuola pubblica e non comprendo la valenza con cui è stato utilizzato; infatti, scuola pubblica indubbiamente non è sinonimo di scuola statale. Esiste una legge, la cosiddetta legge Berlinguer, la n. 62 del 2000 che definisce il nostro sistema nazionale di istruzione composto da scuole pubbliche, ossia statali, e scuole paritarie. Quindi, nella risposta che il sottosegretario ha fornito, ha parlato, mi auguro, di scuola pubblica come comprensiva anche della scuola paritaria e questo sarebbe un segno estremamente positivo.
  Entrando nello specifico dell'interrogazione da noi presentata, il richiamo a quella che è la disposizione della Commissione europea ha sottolineato un aspetto importante, e cioè il fatto che il diploma magistrale qualifichi e abiliti per l'insegnamento e per il reclutamento – e quindi, immagino, per l'accesso ai pubblici concorsi con cui si accede, secondo l'articolo 97 della Costituzione, alla scuola statale – e parla, inoltre, dell'inserimento in graduatoria e dell'insegnamento nelle scuole paritarie, ma non viene specificato, e non ho compreso, se la possibilità di insegnare nelle scuole paritarie preveda anche la possibilità di stipulare contratti a Pag. 18tempo indeterminato. Questo è il punto nodale.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE SIMONE BALDELLI (ore 10,20)

  ELENA CENTEMERO. Mi posso permettere di dire, concludendo il mio intervento, che la mia insoddisfazione è anche legata al fatto che la normativa, la nostra normativa, dovrebbe essere una normativa, nei suoi diversi livelli, dal livello legislativo al livello di circolari ministeriali, di decreti ministeriali, di decreti del Presidente della Repubblica, semplice e chiara per tutti.
  Se qualcuno avesse voglia di andare a spulciare tra tutto quello che è il percorso normativo che riguarda il valore reale di questo titolo di studio fino al 2001/2002 con le interpretazioni successive e precedenti, a partire dal testo unico del 1994 al decreto ministeriale n. 83 del 2008, alla circolare ministeriale n. 31 del 2003, si perderebbe e veramente non capirebbe nulla.
  Quindi, chiedo al Ministero di chiarire la parte specifica in modo da dare una netta definizione del valore del titolo di studio magistrale per la stipulazione di contratti a tempo indeterminato nelle scuole paritarie, innanzitutto, e, in secondo luogo, di dare una chiarificazione definitiva a tutto questo percorso che davvero mi sembra tanto un percorso normativo da azzeccagarbugli.

(Problematiche relative al sistema di valutazione per l'ammissione ai corsi di laurea ad accesso programmato a livello nazionale – n. 2-00175)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza D'Uva n. 2-00175, concernente problematiche relative al sistema di valutazione per l'ammissione ai corsi di laurea ad accesso programmato a livello nazionale (Vedi l'allegato A – Interpellanze e interrogazioni).
  Chiedo al deputato Francesco D'Uva se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  FRANCESCO D'UVA. Signor Presidente, signor sottosegretario, la ringrazio per essere qui a rispondere alla mia interpellanza, alla nostra interpellanza. Sono passati poco più di due mesi da quando l'ho presentata – il 1o agosto, ricordo –, quindi, con i tempi burocratici che caratterizzano l'attività parlamentare, la risposta arriva relativamente presto, a maggior ragione se si considera che questa è l'ultima interpellanza che ho presentato al Governo, in generale, ed è la prima a ricevere risposta. Malgrado ciò, credo proprio che siamo fuori tempo, anzi, sicuramente siamo fuori tempo, ma procediamo con ordine.
  Con il decreto ministeriale n. 334 del 2013 il precedente Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, Profumo, disciplinava circa modalità e contenuti delle prove di ammissione ai corsi di laurea ad accesso programmato a livello nazionale per l'anno accademico 2013-2014; con il nuovo decreto ministeriale 12 giugno 2013, n. 449, a firma dell'attuale Ministro dell'istruzione, onorevole Carrozza, si provvedeva a sostituire la disciplina emanata con il decreto precedente, il n. 334 del 2013, andando a riformare modalità e procedure relative allo svolgimento della prova di ammissione ai corsi di laurea ad accesso programmato a livello nazionale per l'anno accademico 2013-2014. In tema di valutazione, graduatorie e soglia di punteggio minimo, la previsione normativa delle prove di ammissione ai corsi di laurea magistrale a numero programmato vedeva una sostanziale modifica rispetto a quanto veniva disposto dai precedenti decreti emanati nel corso degli ultimi anni per la disciplina delle medesime prove. In particolare, l'articolo 10 del decreto ministeriale n. 449 del 2013, all'interno del quale vengono disciplinate le graduatorie, le soglie di punteggio minimo e le modalità di valutazione delle prove, prevedeva sì una modifica da parte dal Ministero rispetto al medesimo articolo Pag. 19presente all'interno del precedente decreto, ma trovava una sostanziale armonia con quest'ultimo, dal momento che veniva sostanzialmente confermata l'assegnazione di un punteggio ex ante da calcolarsi sulla base del percorso scolastico dei candidati in sede di valutazione delle prove dei corsi d'accesso programmato.
  Secondo il comma 3 di questo articolo (l'articolo 10, appunto), veniva previsto che, per la valutazione delle prove di ammissione ai corsi di laurea ad accesso programmato a livello nazionale per l'anno accademico 2013-2014, si sarebbe tenuto conto della valutazione ottenuta dall'elaborazione del test, con punteggio massimo conseguibile di 90 punti, e la valutazione del percorso scolastico fino ad un punteggio massimo conseguibile di 10 punti per ogni candidato che abbia ottenuto un voto alla prova di maturità di almeno 80 punti, su 100; secondo le disposizioni sin qui esaminate, il punteggio totale delle prove di ammissione sarebbe stato quindi dato dalla somma dei punteggi ottenuti nelle valutazioni di elaborazione del test da sostenere durante la prova e dal punteggio ottenuto ex ante sulla sola base del singolo percorso scolastico, con la previsione di quello che può essere considerato di fatto un bonus maturità ed è così che le persone a casa lo conoscono. Nel decreto ministeriale n. 196 del 2012, per la medesima prova di ammissione si prevedeva, all'interno dell'articolo 10, la sola valutazione ottenuta dall'elaborazione del test in sede di esame e solamente in caso di parità di punteggio nella graduatoria prevaleva, secondo un ordine decrescente, il punteggio ottenuto dal candidato nella soluzione di quesiti relativi agli argomenti di cultura generale e ragionamento logico, biologia, chimica, fisica e matematica, ovvero, in caso di ulteriore parità, la votazione conseguita in sede di esami di Stato, quindi soltanto in caso di parità.
  Le modalità di valutazione delle prove, così come disciplinate dal decreto ministeriale n. 196 del 2012 avrebbero garantito una maggiore equità e una valutazione più precisa delle effettive attitudini dei candidati a intraprendere i vari corsi ad accesso programmato, a differenza di una valutazione da effettuare ex ante, e per questo è effettivamente strano che il Ministro Carrozza, un mese fa, avesse deciso di modificarlo. Una valutazione così, come era stata prevista negli ultimi decreti ministeriali citati, mettendo a priori su piani diversi i candidati, non poteva certo tener conto dei diversi percorsi di studi da questi affrontati e delle effettive capacità conseguite, alcune delle quali potevano presentare maggiore aderenza alle discipline dei vari corsi ad accesso programmato, qualità e attinenze facilmente dimostrate attraverso una mera esecuzione del test. Il principio meritocratico che si è cercato di introdurre rappresenta un principio che poco attiene al merito, dal momento che la valutazione finale dello studente in sede di esame di Stato è strettamente collegata a fattori non sempre attinenti al mondo scolastico, quali fattori ambientali, provenienza del singolo studente, tipologia e prestigio dell'istituto frequentato, ovvero effettiva difficoltà del proprio corso di studi.
  A mio parere, signor sottosegretario, l'effettivo merito dello studente dev'essere dimostrato in sede di prova di ammissione ai corsi di laurea ad accesso programmato, dove lo stesso candidato potrà esprimere, senza la presenza di un cosiddetto bonus di maturità, l'effettivo valore del titolo di studio conseguito e le relative capacità acquisite nel proprio percorso scolastico. Certo, anche il test ha i suoi limiti e li conosciamo bene, però, al momento, è da ritenere il metodo meno imperfetto che si possa utilizzare per l'ammissione ai corsi ad accesso programmato.
  Come dicevo, siamo però fuori tempo, perché il Ministero ha fatto marcia indietro e ha abolito il bonus di maturità di cui sopra. Mi piace pensare che, anche se l'atto è discusso solo oggi, ha in qualche modo influito su questa decisione: me lo auguro veramente.
  Quello che invece mi sembra assurdo è il tempismo con il quale è stata presa la decisione: mentre i candidati erano seduti a fare i test, di fatto, una cosa del genere. Pag. 20Una scelta che doveva essere giusta senza se e senza ma, ovvero la revoca del bonus di maturità, adesso risulta quanto mai inopportuna. Sto anticipando per il semplice fatto che posso vagamente immaginare quale sarà la sua risposta, sottosegretario, perché con il «decreto istruzione» sappiamo che il bonus maturità è stato abolito e noi sicuramente non presenteremo un emendamento per ripristinarlo, perché siamo contrari. È però davvero pazzesco questo tempismo, che ci lascia alquanto perplessi.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca, Marco Rossi-Doria, ha facoltà di rispondere.

  MARCO ROSSI-DORIA, Sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca. Signor Presidente, l'interpellanza solleva nuovamente la questione della valutazione del percorso scolastico (il cosiddetto bonus maturità, come tutti lo conosciamo) ai fini dell'ammissione ai corsi di laurea ad accesso programmato, e tutta la storia che ne consegue.
  Com’è noto, l'articolo 20 del decreto-legge 12 settembre 2013, n. 104, recante «Misure urgenti in materia di istruzione, università e ricerca», la cui conversione in legge è attualmente in discussione proprio alla VII Commissione della Camera, ha disposto l'abrogazione dell'articolo 4, comma 3, del decreto legislativo 14 gennaio 2008, n. 21, con il quale era stato introdotto il meccanismo del cosiddetto bonus di maturità: da questo punto di vista, sì, il tempo è passato.
  Si rammenta al riguardo che la previsione di cui all'articolo 4, comma 3, del decreto legislativo n. 21 del 2008 era divenuta vincolante proprio a decorrere dall'anno accademico 2013-2014, perché per i precedenti anni accademici ne era stata via via rinviata l'entrata in vigore con apposite disposizioni legislative. I due decreti ministeriali n. 334 del 24 aprile 2013 e n. 449 del 12 giugno 2013, quindi, hanno disciplinato le modalità di applicazione del bonus maturità in adozione della predetta disposizione normativa, ora abrogata.
  Si trattava, dunque, di che cosa ? Di interventi imposti da una norma di rango superiore, alla quale il Ministero doveva dare attuazione. Peraltro, il decreto n. 334 del 2013 era stato anche sostituito dal successivo decreto n. 449 del 12 giugno 2013, proprio allo scopo di mitigare – si trattava di una riduzione del danno, in sostanza – alcune delle criticità che si erano riscontrate nell'attuazione del citato meccanismo, come è stato ricordato.
  Dopo avere constatato che anche i nuovi criteri per definire il sistema di attribuzione del punteggio associato al voto conseguito all'esame di Stato sono parsi non pienamente idonei ad assicurare una piena valorizzazione del percorso scolastico dei candidati, si è deciso di intervenire in modo risolutivo, intervenendo sul dato legislativo, quello principale, e rimuovendo il meccanismo del bonus maturità. Il dibattito parlamentare, quindi, a qualcosa è servito.
  Tale intervento ha trovato immediata applicazione, già nella tornata di test per l'accesso alle facoltà a numero chiuso per l'anno accademico attuale, 2013-2014, per le quali non si è tenuto conto del voto conseguito all'esame di Stato.
  L'eliminazione del bonus maturità non esclude, in linea generale, che si possa dare rilievo, in altre e più convincenti forme, al percorso scolastico ai fini dell'accesso ai corsi di laurea a numero programmato. Al riguardo, si ricorda che sono recentemente terminati i lavori della commissione di studio voluta dal Ministro Carrozza, composta da personalità accademiche e della scuola, compresi i rappresentanti degli studenti, istituita dal Ministero allo scopo di elaborare ulteriori proposte operative volte a migliorare il sistema di accesso, in generale, ai corsi di laurea a numero programmato. La medesima commissione presenterà a breve una relazione sull'attività svolta, che sarà attentamente valutata per le iniziative che si deciderà di assumere in materia.

  PRESIDENTE. Il deputato D'Uva ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

Pag. 21

  FRANCESCO D'UVA. Signor Presidente, signor sottosegretario, ovviamente per quanto concerne l'interpellanza avevo due quesiti: riguardo a quello relativo agli anni successivi sono sicuramente pienamente soddisfatto, perché chiaramente chiedevo proprio l'abolizione del bonus maturità e così è stato fatto, quindi la soddisfazione è piena; certo, per quanto riguarda l'entrata in vigore immediata, lo sono un pò meno.
  Lei ha perfettamente chiarito il fatto che il Ministero aveva quasi le mani legate, perché si trattava di un decreto legislativo, dove cioè non poteva mettere mani se non con un decreto-legge, visto che era un atto di rango superiore. Certo, resta il problema di questi ragazzi, alcuni dei quali magari – giusto per capirci – nemmeno si saranno presentati convinti del fatto che, avendo un bonus maturità pari a zero, hanno pensato che non valesse la pena di presentarsi, con un voto di diploma di 74. Quella persona adesso ha subito un vulnus notevole. Stessa cosa dicasi per le persone che si sono sedute sapendo di avere un bonus maturità pari al massimo – dieci punti – e poi magari invece non se lo ritrovano più. È chiaro che il Ministero si troverà in una situazione abbastanza fastidiosa, per non dire altro.
  Come MoVimento 5 Stelle presenteremo un emendamento al decreto-legge n. 104 del 2013 e chiederemo l'abolizione per l'anno in corso del test per l'accesso programmato, per permettere almeno a tutte le persone che sono rimaste indietro di poter partecipare, di potersi comunque iscrivere ai corsi di laurea.
  Io la ringrazio, signor sottosegretario, per la sua presenza e per la sua risposta.

  PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze e delle interrogazioni all'ordine del giorno.

Annunzio delle dimissioni di un sottosegretario di Stato.

  PRESIDENTE. Comunico che il Presidente del Consiglio dei ministri ha inviato, in data 4 ottobre 2013, la seguente lettera:
  «Onorevole Presidente, la informo che il Presidente della Repubblica, con proprio decreto in data odierna, adottato su mia proposta, ha accettato le dimissioni rassegnate dal sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, onorevole Michaela Biancofiore. Firmato: Enrico Letta».
  Sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 11 con il seguito della discussione del disegno di legge di conversione del decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, recante disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere, nonché in tema di protezione civile e di commissariamento delle province.

  La seduta, sospesa alle 10,35, è ripresa alle 11.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MARINA SERENI

Seguito della discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, recante disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere, nonché in tema di protezione civile e di commissariamento delle province (A.C. 1540-A).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge n. 1540-A: Conversione in legge del decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, recante disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere, nonché in tema di protezione civile e di commissariamento delle province.
  Ricordo che nella seduta del 4 ottobre 2013 è stato, da ultimo, respinto l'emendamento Capelli 1.110.

(Ripresa esame degli articoli – A.C. 1540-A)

  PRESIDENTE. Riprendiamo l'esame degli articoli del disegno di legge di conversione, nel testo recante le modificazioniPag. 22apportate dalle Commissioni (Vedi l'allegato A della seduta del 4 ottobre 2013 – A.C. 1540-A).
  Ricordo che le proposte emendative sono riferite agli articoli del decreto-legge nel testo recante le modificazioni apportate dalle Commissioni (Vedi l'allegato A – A.C. 1540-A).
  Ricordo altresì che è stato presentato un emendamento riferito all'articolo 1-bis del disegno di legge di conversione (Vedi l'allegato A – A.C. 1540-A).
  Avverto che le Commissioni hanno presentato gli emendamenti 2.500 e 6-bis.500, che sono in distribuzione, con riferimento ai quali risulta alla Presidenza che i rappresentati di tutti i gruppi abbiano rinunciato alla fissazione del termine per la presentazione di subemendamenti.

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 11,05).

  PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.
  Sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 11,30.

  La seduta, sospesa alle 11,05, è ripresa alle 11,35.

Si riprende la discussione.

(Ripresa esame degli articoli – A.C. 1540-A)

  PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento Chiarelli 2.100. Pregherei i colleghi di prendere posto.
  Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Chiarelli 2.100, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo. Prego nuovamente i colleghi di prendere posto.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Catania, Ravetto... Onorevole Ferranti, al primo voto siamo sempre più pazienti. Lei deve essere paziente, come me. Famiglietti, Mantero... Ha votato, perfetto ! Zardini... Forza ! Piccione, Morassut, Lotti, Rabino, Rotta, Del Basso De Caro, Iannuzzi, Causin... Aiutate l'onorevole Lotti. Onorevole Rotta... Lotti è a posto. Tino Iannuzzi, a posto. Aspettiamo anche l'onorevole Capua. Balduzzi, Venittelli, ha votato, vero ? No... Ginoble, Squeri... Hanno votato tutti i colleghi ? Carella non riesce a votare, aiutate il deputato Carella. Onorevole Braga, se mette la tessera... Bene, adesso chiudiamo la votazione, perché state arrivando un po’ troppo alla spicciolata. Meloni...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti  422   
   Votanti  288   
   Astenuti  134   
   Maggioranza  145   
    Hanno votato
   4    
    Hanno votato
no  284).    

  Avverto i colleghi che dalle prossime votazioni non attenderemo che tutti stiano al loro posto a votare. Per cui vi chiedo di non muovervi, perché abbiamo moltissimi voti.
  Passiamo alla votazione dell'emendamento Chiarelli 2.103.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Chiarelli. Ne ha facoltà.

  GIANFRANCO GIOVANNI CHIARELLI. Signor Presidente, colleghi della Camera, io credo che si stia andando un po’ oltre quella che è la normalità che una previsione di legge dovrebbe avere. L'altro giorno abbiamo discusso e abbiamo trovato una quasi totale condivisione sulla Pag. 23irrevocabilità della querela. Oggi ci si propone, con questo emendamento a firma del sottoscritto, di sopprimere la frase «con le modalità di controllo previste dall'articolo 275», perché io ritengo che non sia giusto che possa essere adottato per queste tipologie di reati persino il braccialetto elettronico. Oltretutto vorrei comprendere come il presidente della Commissione Ferranti non abbia ancora stabilito una normativa che dica quale sarebbe la pena a cui va incontro chi denunzia falsamente per stalking. Qui noi stiamo facendo una normativa, una legge a senso unico, che a mio parere sembra spropositata rispetto a quella che è la portata della norma.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Daniele Farina. Ne ha facoltà.

  DANIELE FARINA. Signor Presidente, noi voteremo a favore di questo emendamento Chiarelli, perché, per farla breve, parliamo di particolari modalità di controllo, di esigenze preventive cautelari di cui all'articolo 275-bis. Per dirla in maniera molto semplice, stiamo parlando del braccialetto elettronico. Allora, siccome ci viene risposto che si parla del braccialetto elettronico, ma anche di altre modalità di controllo, come per il resto la legge prescriverebbe, non c’è stato dato modo di capire quali sarebbero queste benedette altre modalità di controllo.
  Ricordo ai colleghi che, forse, sulla materia dell'applicazione del braccialetto elettronico in Italia varrebbe la pena di fare un supplemento di ragionamento, perché l'esperienza che abbiamo avuto dal 2001 ad oggi penso sia stata assolutamente pessima.
  Abbiamo speso molti milioni, tantissimi soldi del contribuente, in un contratto con Telecom che è andato su tutti i giornali della Repubblica, che viene periodicamente tirato fuori come elemento di disvalore del Parlamento e di chi quelle misure le decise e quei contratti li firmò.
  E allora non vale come argomentazione il fatto di considerare quello che avviene in altri Paesi europei: in altri Paesi europei o nel mondo la misura ha dimostrato una sua efficacia, in Italia no ! Allora, prima di estendere ai reati di cui stiamo parlando queste misure, forse varrebbe la pena che il Parlamento, le Commissioni competenti e l'Aula approfondissero con i Ministeri competenti, il Ministero dell'interno in particolare, cos’è che non ha funzionato nel passato, cos’è che si può fare nel presente e per quale strano motivo, se nulla è cambiato, dovrebbe funzionare in futuro.
  Quindi, noi voteremo favorevolmente all'emendamento Chiarelli 2.103 (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  FRANCESCO PAOLO SISTO, Relatore per la I Commissione. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  FRANCESCO PAOLO SISTO, Relatore per la I Commissione. Signor Presidente, insieme al presidente Ferranti proporremmo a coloro che si sono fatti fautori di questo emendamento una possibile riformulazione, sostituendo le parole: «con le modalità di controllo previste all'articolo 275-bis» con le seguenti: «anche con le modalità di controllo previste all'articolo 275-bis».
  Questo per lasciare libertà, a seconda delle modalità e della concretezza del tipo di condotta, a chi è preposto al controllo di utilizzare l'una o l'altra forma di controllo. Chiederei al deputato Chiarelli se questa riformulazione, con l'introduzione del termine «anche», possa essere accettata. Se fosse accettata, il parere dei relatori sarebbe favorevole.

  PRESIDENTE. Mi pare che il presentatore dell'emendamento annuisca. Accetta la riformulazione, deputato Chiarelli ?

  GIANFRANCO GIOVANNI CHIARELLI. Con i tempi che corrono, è meglio questo che niente !

Pag. 24

  PRESIDENTE. Piuttosto che niente, come si dice ! Prendo atto che il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Ferraresi. Ne ha facoltà.

  VITTORIO FERRARESI. Signor Presidente, visto che la ratio che ci è stata spiegata è che questo articolo non prevedeva esplicitamente solo il braccialetto elettronico, ma anche altri mezzi e strumenti informatici, noi chiedevamo, prima di effettuare questa votazione, quali fossero gli altri strumenti informatici di controllo, e quindi, eventualmente, sapendo e avendo cognizione di quello che stavamo votando, le alternative al braccialetto elettronico, perché sappiamo che le modalità di utilizzo del braccialetto elettronico e i suoi costi sono stati fallimentari in questi anni.
  Allora vorremmo sapere se questi strumenti informatici si sa o non si sa quali siano, perché, altrimenti, ricadrà tutto sul braccialetto elettronico (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Molteni. Ne ha facoltà.

  NICOLA MOLTENI. Signor Presidente, ovviamente mi associo anch'io alle considerazioni che sono state fatte dai colleghi che mi hanno preceduto, dal collega Farina e dal collega Ferraresi. È evidente che il dubbio è un dubbio legittimo e io credo che imponga, evidentemente, una riflessione di merito con riferimento a quali sono quelle altre modalità di controllo, anche perché io presumo che il fine dell'introduzione di questo articolo, il 275-bis, sia un fine assolutamente nobile: poter garantire maggiore tutela nei confronti della vittima, in modo particolare della vittima di stalking.
  Io credo che chiunque in quest'Aula, dotato di buonsenso, abbia la capacità di capire che qualunque tipo di strumento possa esser utilizzato per garantire sicurezza e controllo alla vittima non può che trovare, ovviamente, il consenso e l'accondiscendenza da parte del Parlamento.
  Vi sono dubbi, però, con riferimento alle altre modalità di controllo, che, evidentemente, non sono chiare e non sono esplicitate, qualora vi fossero e qualora venissero applicate, e anche con riferimento, ovviamente, al braccialetto elettronico, non è nuovo a quest'Aula dibatterne in merito all'utilizzo.
  Lo abbiamo fatto con riferimento al disegno di legge «svuotacarceri» e lo abbiamo fatto nella precedente legislatura. Credo che sarebbe stato interessante che sul punto si fosse espresso il Ministro Cancellieri, che tanto nella precedente legislatura quanto in questa, venne chiamata in causa con riferimento al contratto rinnovato con Telecom – un contratto di centinaia di milioni di euro – anche riguardo all'utilizzo dei braccialetti elettronici che, come è stato correttamente detto, non funzionano e la cui applicazione è scarsamente verificata. Credo che ciò sia importante, prima di andare ad applicare uno strumento che sulla carta potenzialmente potrebbe essere utile, ma che rischia di essere uno strumento non applicato e quindi produrre effetti diversi.
  Credo pertanto che dei chiarimenti da parte del Governo, e in modo particolare da chi rappresenta qui il Ministro della giustizia, siano assolutamente doverosi, nell'interesse di chi solleva il tema, ma soprattutto nell'interesse delle eventuali vittime dei reati.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la relatrice, onorevole Ferranti. Ne ha facoltà.

  DONATELLA FERRANTI, Relatore per la II Commissione. Signor Presidente, i chiarimenti sono stati chiesti al Governo, quindi ci sarà sicuramente un intervento, però intanto mi preme segnalare questo: ovviamente il richiamo che qui noi facciamo, anche con la riformulazione che abbiamo suggerito e che ha accettato l'onorevole Chiarelli, riguarda la misura cautelare dell'allontanamento dalla casa Pag. 25familiare. L'allontanamento dalla casa familiare nei reati di particolare gravità, come appunto violenze ripetute, violenza sessuale, maltrattamenti in famiglia ed altro, è già previsto dal codice penale e potrà essere associato. A questo mira il testo che è già oggi nel disegno di legge che abbiamo portato in Aula con la riformulazione che abbiamo suggerito: mira a fare in modo che ci siano possibilità che da un lato facilitino il controllo attraverso strumenti informatici e strumenti elettronici specifici, e dall'altro tutelino anche la libertà dell'indagato. Quindi, un punto di equilibrio molto importante. Forse, il modo in cui giornalisticamente è stata vissuta l'approvazione di questo emendamento, credo che sia fuorviante. Lo ha detto anche l'onorevole Farina, lo hanno detto i colleghi poc'anzi. Noi non possiamo mai in una norma di legge, che deve essere generale ed astratta, far riferimento a specifici strumenti, che tra l'altro devono andare a migliorarsi in relazione al miglioramento e all'avanzare della tecnologia informatica. Tanto è vero che il richiamo all'articolo 275-bis serve proprio a questo. L'articolo 275-bis, che è stato inserito dalla legge del 2001, prevede particolari modalità di controllo. Una di queste particolari modalità di controllo, attualmente, è il braccialetto elettronico, il famigerato braccialetto elettronico. Ma è ovvio che questa tecnologia dovrà essere adeguata e superata in relazione alla norma che andiamo a costruire, perché il braccialetto elettronico era previsto in relazione agli arresti domiciliari. Ma ora, mettendolo a fianco alla misura dell'allontanamento dalla casa familiare, ecco che prende corpo un'esigenza ulteriore. Vorrei ricordare ai colleghi, a fini di chiarimento che, in un'indagine conoscitiva già svolta dalla Commissione giustizia, sono venuti rappresentanti delle forze di polizia a rappresentarci che sono allo studio e alla sperimentazione ulteriori forme che consentano proprio di individuare l'area, per impedire l'accesso. Quindi, tutela maggiore della vittima, minore dispendio di energie per la polizia giudiziaria che controlla il territorio, e maggiori garanzie anche per l'indagato. Questo credo che sia determinante.

  PRESIDENTE. Prima di passare ai voti, devo rappresentare ai colleghi e ai relatori, per capire se ho inteso bene (chiedo cortesemente all'onorevole Rosato di lasciare il banco del Comitato dei nove...) quanto segue: l'emendamento Chiarelli 2.103 deve intendersi riformulato nel senso di prevedere che al comma 1, lettera a) prima delle parole «con le modalità», sia premessa la parola «anche». Quindi non è più un emendamento soppressivo, ma è un emendamento aggiuntivo della parola «anche».
  Passiamo ai voti. Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Chiarelli, 2.103, nel testo riformulato, con parere favorevole delle Commissioni e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Di Gioia, Mucci, Paola Bragantini, Chaouki, Taricco, Amato, Cassano.
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

   (Presenti  457   
   Votanti  322   
   Astenuti  135   
   Maggioranza  162   
    Hanno votato
 319    
    Hanno votato
no    3).    

  (La deputata Piccione ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto favorevole).

  Passiamo all'emendamento 2.77 Balduzzi. Chiede di parlare l'onorevole Balduzzi, ne ha facoltà.

  RENATO BALDUZZI. Grazie presidente. Prendo atto del parere contrario dei relatori su questo emendamento, ma vorrei brevemente rappresentare all'aula il senso di questo e di altri emendamenti Pag. 26consimili. Noi partiamo dalla premessa secondo cui la sanzione detentiva dovrebbe essere sempre l'ultima ratio, quella a cui ricorrere in casi nei quali c’è una eccezionale rilevanza della custodia cautelare. Questo appartiene ad un principio di civiltà giuridica che noi normalmente, in quest'aula e nel dibattito culturale, scientifico e politico, prendiamo come base di partenza. Allora su questa considerazione, questo emendamento dà una disciplina possibile a quelle ipotesi in cui, particolarmente con riferimento a questo tipo di reati, la sanzione detentiva non dimostra, se non quando ci siano appunto esigenze cautelari di grandissima ed eccezionale rilevanza, di per sé una grande utilità. Mentre invece possono essere molto più utili meccanismi che portino a immaginare dei programmi di riabilitazione anche ed eventualmente terapeutica. In molti casi i soggetti che commettono questo tipo di reato sono soggetti che hanno bisogno di tutto questo e se l'ordinamento non va loro incontro in qualche misura io credo che tutto questo potrebbe essere una affermazione, una riaffermazione della cogenza della sanzione detentiva senza effetti positivi. Ecco perché chiedo, soprattutto ai relatori dei quali conosco la sensibilità giuridica e poiché questo emendamento è frutto di un dibattito dottrinale molto ampio – è stato, in sede di audizione, rappresentato da più auditi – chiedo ai relatori un confronto su questo punto perché non mi pare sufficiente dire che un programma di questo genere quando diventa condizione per la concessione dei benefici della custodia domiciliare è qualche cosa che sconvolge l'ordinamento. Questo va proprio nel senso dell'ordinamento perché fa propria l'esigenza costituzionale di intendere la sanzione come riabilitativa e volta a ripristinare un circuito positivo nei rapporti tra condannato e ordinamento. Questo, presidente, mi sembra di poterlo chiedere.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Sisto. Ne ha facoltà.

  FRANCESCO PAOLO SISTO, Relatore per la I Commissione. Signor Presidente, è sempre un piacere rispondere alle proposte del collega Balduzzi. Quindi, con nessuna difficoltà, segnalo che l'elemento ostativo al parere favorevole su questo emendamento è dato proprio dalla tipologia dell'intervento che si richiede. Infatti, nell'emendamento, ben scritto, si fa riferimento alla sottoposizione senza indugio della persona imputata, tra l'altro, ad un programma, eventualmente anche a carattere terapeutico, inteso alla prevenzione delle condotte di violenza domestica o di genere presso un servizio pubblico o privato specializzato.
  Vado rapidamente in ordine. Nel nostro sistema penale gli interventi di carattere terapeutico sui soggetti vanno certamente rapportati a condizioni inerenti alla stessa persona. Certo non mi metto a fare qui la differenza tra stati emotivi e passionali e vizi di mente, tra carattereopatie e malattie rilevanti ai fini della capacità di intendere e di volere. Però segnalo come il termine «terapeutico» ad oggi non risponda ad alcuna di queste categorie e, quindi, non consenta un controllo anticipato della qualità dell'intervento con riferimento, per così dire, alla specialità che il soggetto rappresenta nella condotta, con conseguenze importanti come in questo emendamento.
  Da ultimo segnalo che servizio pubblico o servizio privato espongono ad una mancanza di controllo da parte del giudice sulla tipologia e sulle modalità di somministrazione di questo presunto trattamento anche terapeutico. Pertanto per queste ragioni il parere non può che essere contrario.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Molteni. Ne ha facoltà.

  NICOLA MOLTENI. Signor Presidente, per dichiarazione di voto da parte del gruppo della Lega su questo emendamento. Ovviamente rispetto ad esso il voto della Lega sarà un voto contrario. Le argomentazioni portate dal collega Sisto sono tecnicamente ineccepibili da un punto di vista giuridico. Mi sia consentito Pag. 27di fare un'ulteriore considerazione rispetto alla ratio e alla direzione nella quale va l'emendamento. Credo che la possibilità di poter prevedere la custodia non in carcere ma agli arresti domiciliari, nel momento in cui la persona imputata sia sottoposta senza indugio ad un programma eventualmente terapeutico anche di carattere pubblico, con riferimento ai reati che sono indicati ovvero all'articolo 582 del codice penale, lesioni personali, al 612-bis del codice penale, stalking, e al 572 del codice penale cioè maltrattamenti in famiglia, credo che sia paradossale rispetto all'applicazione della misura cautelare che si vuole andare ad applicare. È evidente che non possiamo mandare ai domiciliari chi si è macchiato di reati che coinvolgono soggetti legati al medesimo ambito familiare.
  Pertanto, alla luce di queste considerazioni, confermo il voto contrario da parte della Lega.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, la deputata Santerini. Ne ha facoltà.

  MILENA SANTERINI. Signor Presidente, volevo soltanto rafforzare l'esigenza di fare di questo decreto-legge non soltanto un decreto che vada a incrementare gli aspetti punitivi e penali ma anche quelli preventivi e riparativi. Tutte le norme e, in particolare, questo emendamento che vanno in questa direzione, a mio parere, tendono a fare di questo decreto un provvedimento che davvero prevenga e non soltanto punisca in modo irrevocabile, favorendo tutte quelle forme di giustizia riparativa e di mediazione che sono una frontiera ulteriore del nostro diritto.

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Balduzzi 2.77, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Nesci.... Bordo Franco.... Fico.... Balduzzi... Buttiglione...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti  469   
   Votanti  466   
   Astenuti    3   
   Maggioranza  234   
    Hanno votato
  37    
    Hanno votato
no  429).    

  Passiamo alla votazione dell'emendamento Ferraresi 2.57.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Ferraresi. Ne ha facoltà.

  VITTORIO FERRARESI. Signor Presidente, ritiriamo gli emendamenti Ferraresi 2.57 e 2.7, però vorrei che restasse agli atti che i nostri emendamenti soppressivi erano volti a far arrivare il messaggio che, sull'informazione delle persone offese dal reato, si doveva intervenire in modo globale e non specifico, come è stato fatto, quindi attuando la direttiva europea di merito e non in questo modo. Nutriamo dubbi sia sulla richiesta di revoca di questi provvedimenti da parte della parte offesa che non può fare nulla, e quindi la riteniamo inutile, sia sull'inammissibilità della notificazione. In ogni caso, ritiriamo questi emendamenti.

  PRESIDENTE. Sta bene,
  Passiamo alla votazione dell'emendamento Carfagna 2.3.
  Ha chiesto di parlare la deputata Centemero. Ne ha facoltà.

  ELENA CENTEMERO. Signor Presidente, l'emendamento viene ritirato.

  PRESIDENTE. Sta bene.
  Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 2.300 delle Commissioni, con il parere favorevole del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.Pag. 28
  (Segue la votazione).

  Matarrelli... ha votato... Locatelli, Moretti... hanno votato tutti i colleghi ?
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

   (Presenti e votanti  464   
   Maggioranza  233   
    Hanno votato
 462    
    Hanno votato
no    2).    

  Passiamo alla votazione dell'emendamento Carfagna 2.4.
  Ha chiesto di parlare la deputata Centemero. Ne ha facoltà.

  ELENA CENTEMERO. Signor Presidente, l'emendamento viene ritirato.

  PRESIDENTE. Sta bene.
  Passiamo alla votazione degli identici emendamenti Turco 2.61 e Daniele Farina 2.72.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Ferraresi. Ne ha facoltà.

  VITTORIO FERRARESI. Signor Presidente, spiego brevemente la soppressione della lettera c): si tratta della soppressione dell'arresto obbligatorio in flagranza dell'articolo 380, comma 2. Riteniamo che per i maltrattamenti (articolo 572) e atti persecutori (articolo 612-bis), questa specificazione sia errata perché sono reati che prevedono condotte reiterate e la abitualità delle stesse. Quindi, riteniamo che l'arresto in flagranza non si possa applicare oppure siamo sempre in ipotesi di flagranza e, quindi, diventa un potere d'arresto che riteniamo eccessivo. In ogni caso, vorremmo abrogare questa parte.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Di Salvo. Ne ha facoltà.

  TITTI DI SALVO. Signor Presidente, parliamo di un emendamento soppressivo. Come è già stato detto prima, analogamente noi pensiamo che vada abrogata l'estensione dell'arresto obbligatorio in flagranza ai maltrattamenti in famiglia e allo stalking, per una ragione che non attiene alla nostra opinione su come quei reati vadano puniti. Noi pensiamo che tra la flagranza, cioè il fatto che l'arresto si fa mentre si compie l'atto, e il reato in sé, esiste una contraddizione, perché quel reato è tale in quanto è continuativo. Quindi ci poniamo l'interrogativo della legittimità che a un certo punto potrebbe essere sollevata, rendendo appunto illegittimo l'arresto che è stato fatto.
  Chiediamo, pertanto, di riflettere su questo: e cioè se effettivamente esiste coerenza tra l'arresto in flagranza e reati che di per sé sono tali in quanto si ripetono nel tempo e, quindi, è evidente che c’è una contraddizione tra questi due termini. Ci chiediamo, quindi, se l'interrogativo sulla illegittimità che potrebbe essere eccepita successivamente non appaia tale a tutti coloro che sono in quest'Aula e, di conseguenza, se questa evidenza possa essere risolta con il buon senso invece di scrivere una cosa che poi verrebbe definita successivamente incostituzionale o illegittima.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Molteni. Ne ha facoltà.

  NICOLA MOLTENI. Signor Presidente, intervengo per esprimere convintamente il parere contrario della Lega Nord rispetto a questi emendamenti soppressivi. Crediamo che questo – l'estensione dell'articolo 380 e, quindi, dell'arresto obbligatorio in flagranza di reato anche ai reati di stalking e di maltrattamento – sia uno degli elementi positivi, una delle poche luci all'interno di un provvedimento che presenta tante ombre. Io credo che sia assolutamente irresponsabile – non me ne vogliano il colleghi del MoVimento 5 Stelle e di SEL – chiedere la soppressione della possibilità di arrestare in flagranza di reato chi si macchia di reati tanto e talmente gravi, anche perché, quotidianamente, assistiamo a episodi di violenza talmente gravi che l'applicazione di questa Pag. 29misura diventa quasi necessaria, se non addirittura urgente.
  Per cui, crediamo che questa sia una parte assolutamente qualificante del decreto, che noi condividiamo, e, quindi, ribadiamo con forza la nostra assoluta contrarietà rispetto a coloro i quali vogliono sopprimere questa norma di buon senso, dovuta, che va esattamente nella direzione di poter prevenire e garantire la tutela delle vittime di reati tanto efferati.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Sannicandro. Ne ha facoltà, per un minuto.

  ARCANGELO SANNICANDRO. Signor Presidente, ribadiamo quanto già sostenuto dalla collega Titti Di Salvo. Faccio presente che chi procede all'arresto in flagranza in questi casi è l'agente di polizia giudiziaria, normalmente; nel paesino immaginate cosa può accadere qualora qualcuno lamentasse che si stia commettendo uno di questi due reati di maltrattamento o di stalking.
  Le due cose – l'arresto in flagranza ed un reato che non è istantaneo, diciamo così – sono proprio una contraddizione in termini, per cui, oltre alle ragioni ontologiche che sono già state espresse, io richiamo l'attenzione dell'Aula sulla pericolosità, in un certo senso, che questa norma può arrecare alla libertà in genere dei cittadini o a uno dei due contendenti, qualora l'altro sia più attivo a rappresentare la vicenda.

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Turco 2.61 e Daniele Farina 2.72, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Paris, Moretti, Malisani, Fantinati... Hanno votato tutti ? Franco Bordo...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti  460   
   Votanti  456   
   Astenuti    4   
   Maggioranza  229   
    Hanno votato
 129    
    Hanno votato
no  327).    

  Passiamo alla votazione dell'emendamento Daniele Farina 2.73.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Daniele Farina. Ne ha facoltà.

  DANIELE FARINA. Signor Presidente, io vorrei brevissimamente soffermarmi su questo emendamento e su quello che segue – questo emendamento è firmato dai deputati del gruppo di SEL e l'altro è un emendamento dei colleghi del MoVimento 5 Stelle –, perché siamo di fronte a due interpretazioni molto diverse, direi culturali, di questa lettera d) dell'articolo 2 del provvedimento che stiamo esaminando. Noi riteniamo – siamo sempre nel caso dell'allontanamento di urgenza dalla casa familiare disposto dalla polizia giudiziaria – che andiamo in un campo pericoloso, cioè, che lascia alla polizia giudiziaria un'autonomia eccessiva dell'iniziativa, seppure siamo, comunque, dentro un regime di autorizzazione del pubblico ministero, a cui le Commissioni hanno aggiunto «scritta, oppure resa oralmente e confermata per iscritto, o per via telematica».
  Quindi, siamo in un campo piuttosto consistente – e lo dico senza cattiveria, senza connotazione negativa – di arbitrarietà della polizia giudiziaria.
  I colleghi del MoVimento 5 Stelle fanno un'operazione esattamente opposta e sostanzialmente eliminano l'autorizzazione del pubblico ministero, quindi, lasciano un campo ancora più ampio alla polizia giudiziaria. Per questo, colgo l'occasione per fare due dichiarazioni di voto: noi voteremo ovviamente a favore del nostro emendamento e contro quello successivo.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, Pag. 30l'onorevole Sannicandro. Ne ha facoltà.

  ARCANGELO SANNICANDRO. Signora Presidente, vorrei solo aggiungere qualche considerazione. Ho l'impressione che, man mano che procediamo, vengano in evidenza delle pulsioni che nulla hanno a che fare con lo spirito del disegno di legge che stiamo discutendo. Se andassimo a rileggerci con calma la Convenzione di Istanbul vedremmo che la parte relativa alla repressione è una parte marginale e, addirittura, dal punto di vista della sistemazione del testo, è la parte finale. Larga parte della Convenzione di Istanbul è dedicata invece alla prevenzione.
  Ora, voglio richiamare l'attenzione dell'Aula sul fatto che nel giro di cinque o sei mesi stiamo qui modificando velocemente il codice penale e di procedura penale con una disinvoltura e con una fretta degna di miglior causa, tant’è vero che a poco a poco stiamo anche attenuando o eliminando le barriere culturali che fino ad oggi ci hanno impedito di sottrarre alla magistratura il controllo di alcune vicende.

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Daniele Farina 2.73, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Russo, Luigi Gallo, Locatelli, Taricco...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti  466   
   Votanti  371   
   Astenuti   95   
   Maggioranza  186   
    Hanno votato
  32    
    Hanno votato
no  339).    

  Saluto il Presidente della Knesset dello Stato di Israele, Yuli-Yoel Edelstein, che sta assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
  Passiamo alla votazione dell'emendamento Ferraresi 2.104.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Ferraresi. Ne ha facoltà.

  VITTORIO FERRARESI. Signora Presidente, intervengo solo per spiegare che il MoVimento 5 Stelle non è per uno Stato di polizia, ma vuole dare la sua visione politica e giuridica dell'argomento. Noi chiediamo che venga soppressa, al comma 1, lettera d), l'autorizzazione da parte del PM semplicemente perché innanzitutto non è prevista dall'articolo 13 e quindi, secondo noi, è anche di dubbia legittimità costituzionale, è prevista dall'articolo 349, comma 2-bis, del codice di procedura penale che comunque ha dei presupposti totalmente diversi e anche delle tempistiche diverse.
  Siamo contrari perché riteniamo che sia inoltre di difficile applicazione pratica. Qui chiaramente abbiamo delle visioni diverse con la collega e presidente Ferranti, ma riteniamo che bisognerebbe formare gli agenti di polizia quando vengono chiamati a risolvere queste situazioni così delicate e riteniamo che questa autorizzazione sia assolutamente inutile perché il PM non potrà fare altro che dare l'autorizzazione; faccio l'esempio della polizia giudiziaria che interviene alle due di notte, fa una chiamata veloce al pubblico ministero che dice «sì» o «no» senza, chiaramente, elementi valutabili sul momento.
  Quindi, per questi motivi chiediamo che sia soppressa l'autorizzazione e sia lasciata, come da normativa vigente, la convalida successiva del giudice.

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Ferraresi 2.104, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Nissoli, Carbone, Roberta Agostini...
  Dichiaro chiusa la votazione.Pag. 31
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti  463   
   Votanti  462   
   Astenuti    1   
   Maggioranza  232   
    Hanno votato
  92    
    Hanno votato
no  370).    

  Ricordo che l'emendamento Ferraresi 2.105 è stato ritirato.
  Passiamo all'emendamento Ferraresi 2.64.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Ferraresi. Ne ha facoltà.

  VITTORIO FERRARESI. Signor Presidente, con questo emendamento chiediamo la soppressione della lettera f) perché crediamo che il divieto di proroga delle indagini preliminari sia un'arma a doppio taglio che potrebbe favorire l'indagato in pregiudizio della persona offesa. Riteniamo questo perché sappiamo tutti che le procure sono oberate per quanto riguarda appunto i reati, quindi crediamo che dare questo divieto vorrebbe dire che nei casi più complicati, nel caso in cui appunto il pubblico ministero sia in limite per cercare di risolvere e di avere quella documentazione necessaria per procedere, sia possibile troncare queste indagini e quindi non proseguire per arrivare effettivamente ai dati certi e ad accertare quello che è successo. Quindi, è un'arma a doppio taglio pericolosissima, che sarebbe in grande pregiudizio delle vittime. Quindi, chiediamo la soppressione della lettera f) (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Ferraresi 2.64, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Amendola, Lomonte, Palma, Paris...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti  469   
   Votanti  438   
   Astenuti   31   
   Maggioranza  220   
    Hanno votato
  93    
    Hanno votato
no  345).    

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Daniele Farina 2.74, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Vitelli, Monchiero...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti e votanti  466   
   Maggioranza  234   
    Hanno votato
 122    
    Hanno votato
no  344).    

  Ricordo che ha gli emendamenti Ferraresi 2.65 e Ferraresi 2.66 sono stati ritirati.
  Passiamo all'emendamento Carfagna 2.1.

  ELENA CENTEMERO. È ritirato.

  PRESIDENTE. Sta bene.
  Passiamo all'emendamento 2.500 delle Commissioni. Se nessuno chiede di parlare, lo pongo in votazione.
  Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 2.500 delle Commissioni, con il parere favorevole del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

Pag. 32

  Devo intendere che il parere del Governo fosse positivo, perché in realtà è stato presentato questa mattina e non ho fatto esprimere il parere, però la Viceministro Guerra annuisce.
  Di Lello, Chiarelli, Magorno, Fossati, Franco Bordo...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

   (Presenti e votanti  472   
   Maggioranza  237   
    Hanno votato
 471    
    Hanno votato
no    1).    

  Passiamo alla votazione dell'emendamento Ferraresi 2.67.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Ferraresi. Ne ha facoltà.

  VITTORIO FERRARESI. Signor Presidente, lo ritiriamo, anche se siamo veramente contrari a questo modo di legiferare, che tecnicamente non ci appartiene: vorremmo che le cose fossero fatte leggermente meglio. In ogni caso lo ritiriamo.

  PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento Ferraresi 2.68.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Ferraresi. Ne ha facoltà.

  VITTORIO FERRARESI. Signor Presidente, lo spiego, perché questo emendamento non fa altro che introdurre, quando vengono richieste le misure davanti allo specchio anche per i soggetti che hanno la maggiore età, un minimo di contraddittorio. Richiediamo quindi che, sì, va bene questa misura, ma che almeno vengano sentite le parti in fase di autorizzazione da parte del giudice.

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Ferraresi 2.68, con parere contrario di Commissioni e Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Nicchi, Lainati...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti  468   
   Votanti  453   
   Astenuti   15   
   Maggioranza  227   
    Hanno votato
 133    
    Hanno votato
no  320).    

  Passiamo all'emendamento Binetti 2.76.
  Ha chiesto di parlare la deputata Binetti. Ne ha facoltà.

  PAOLA BINETTI. Signor Presidente, lo ritiro; però volevo soltanto spiegare che la ratio di questo emendamento era estendere le condizioni di tutela della donna anche a quelle forme di aggressione che si traducono per esempio nel mancato pagamento degli alimenti. Ci sono delle forme di violenza che si esercitano sulle donne, che non sono soltanto le violenze fisiche: sono anche in questo caso le violenze di tipo economico, come quella per esempio di lasciarla da sola a fronteggiare problemi complessi, come l'educazione dei figli, il mantenimento dei figli, la sopravvivenza stessa. Considero questa forma di violenza una violenza altrettanto grave come quella delle percosse, perché consegna in realtà la donna ad uno stato di miseria che la rende poi facilmente suscettibile a sua volta di altre e possibili forme di aggressione: un'aggressione dal sistema, un'esposizione a cercare vie alternative alla sua sopravvivenza. Questo mi sembra molto grave.
  Ritiro l'emendamento, però voglio sottolineare che la violenza sulle donne ha molte forme; e che la violenza economica, tipo il mancato pagamento degli alimenti, è una violenza grave da cui ella va protetta in tutti i modi.

  PRESIDENTE. Sta bene. Passiamo alla votazione dell'emendamento Ferraresi 2.69.Pag. 33
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Ferraresi. Ne ha facoltà.

  VITTORIO FERRARESI. Signor Presidente, con questo emendamento sono sicuro che arriveranno un sacco di critiche strumentali.
  Ci sta bene la deroga ai limiti di reddito per questo e per altri reati, che essenzialmente è comunque bassa: si parla di 10.766 euro; quindi resta comunque bassa, sarebbe da alzare. In ogni caso, però, senza limiti questa deroga diventa irrazionale. Perché ? Perché stiamo magari parlando di un avvocato facoltoso, che ha redditi altissimi, quindi superiori ai 30 mila euro, superiori ai 40 mila euro: stiamo parlando comunque di soldi pubblici, e gli diamo gratuito patrocinio, anche se è facoltoso, anche se se lo può permettere.
  Quindi questo emendamento mi sembra veramente ragionevole, tra l'altro mettiamo un limite abbastanza alto, che è di 31.884 euro, già previste per il rito del lavoro, quindi appunto facciamo diventare più razionale questa deroga ai limiti di reddito (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Daniele Farina. Ne ha facoltà.

  DANIELE FARINA. Signor Presidente, non c’è nessun attacco strumentale, io però ricordo che stiamo parlando di una casistica che le statistiche ci consegnano in termini residuali purtroppo, cioè se il 4 per cento o il 7 per cento degli atti di cui stiamo parlando arrivano a denuncia, voi potete capire che l'incidenza del gratuito patrocinio penso sia molto modesta.
  Quindi io penso che il gruppo di Sinistra Ecologia Libertà non abbia problemi a votare contro questo emendamento e che non si metta un tetto all'accesso al gratuito patrocinio da parte di chi decide, già con tanta fatica, di intraprendere la via della denuncia e comunque la via giudiziaria.

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti. Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Ferraresi 2.69, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Nicchi, D'Attorre, Giachetti, Malpezzi, Rotta...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti  471   
   Votanti  456   
   Astenuti   15   
   Maggioranza  229   
    Hanno votato
  95    
    Hanno votato
no  361).    

  Passiamo alla votazione dell'emendamento Molteni 2.38. Ha chiesto di parlare il deputato Molteni. Ne ha facoltà.

  NICOLA MOLTENI. Signor Presidente, noi ritiriamo questo emendamento che riguarda sempre il tema del gratuito patrocinio applicato per i reati di maltrattamento in famiglia e di stalking, in deroga ai limiti di reddito. L'abbiamo presentato in Commissione, l'abbiamo ripetuto in Aula affinché si potesse aprire un minimo di dibattito su un tema che credo il dibattito meritasse, proprio perché l'accesso al gratuito patrocinio per soggetti che probabilmente potrebbero tranquillamente pagarsi l'avvocato, soprattutto con riferimento a casi che sono sicuramente residuali e minimali rispetto alla generalità delle fattispecie che riguardano questo tipo di reato, è sicuramente un piccolo numero. Ci sembrava importante, su un decreto così importante e così delicato, quanto meno scatenare un confronto, una discussione tale per cui poi alla fine comunque le argomentazioni che sono state portate a sostegno della bontà, della possibilità di far sì che anche i soggetti che hanno un limite di reddito superiore ai 10 mila euro non possano accedere al gratuito Pag. 34patrocinio, ci hanno convinto nella bontà di ritirare l'emendamento, per cui ritiro l'emendamento.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Cirielli, sull'emendamento che però è stato ritirato. Intende ancora prendere la parola ? L'emendamento è ritirato quindi io le darei la parola su un altro emendamento.

  EDMONDO CIRIELLI. Signor Presidente, lo avevo chiesto sull'altro emendamento, ma non c’è nessuno mai che guarda da questa parte. Comunque il tema è lo stesso, volevo dire che proprio l'idea di inserire il gratuito patrocinio rappresenta una delle conquiste più importanti sul piano culturale di questa normativa, perché inserisce a pieno titolo la donna come soggetto debole e soprattutto come interesse dello Stato a intervenire su un tema specifico e a contrastare queste violenze.

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Carfagna 2.150, con il parere favorevole delle Commissioni e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Ravetto, Segoni, Ventricelli, Lo Monte, Paolillo, Vitelli, Franco Bordo...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

   (Presenti  467   
   Votanti  466   
   Astenuti    1   
   Maggioranza  234   
    Hanno votato
 462    
    Hanno votato
no    4).    

  (La deputata Argentin ha segnalato che non è riuscita a votare).

  Passiamo alla votazione dell'emendamento Bonafede 3.20.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Bonafede. Ne ha facoltà.

  ALFONSO BONAFEDE. Grazie, Presidente. L'articolo 3 è dedicato alle misure di prevenzione per condotte di violenza domestica. È un articolo che, sulla carta, avrebbe dovuto rappresentare il cuore dell'intero provvedimento e noi, nell'articolo 3, avremmo voluto trovare norme utili a prevenire la violenza di genere in ambito relazionale, norme capaci di scongiurare il concretizzarsi del femminicidio. Tuttavia, a leggere questo articolo 3, di utile oggettivamente troviamo ben poco.
  Ci chiediamo, per esempio, quanto possa essere utile la norma sulla denuncia anonima del maltrattante, considerando che il maltrattante, dopo che verrà denunciato da un anonimo, considererà immediatamente colpevole di quella denuncia la compagna che gli sta a fianco.
  Ci chiediamo quanto possa essere utile l'ammonizione verbale del maltrattante da parte del questore: è ovvio che questo provvedimento può essere utile se ci riferiamo ad uno stalker, che non vive per definizione con la donna maltrattata o a rischio di maltrattamento: ciò non vale nel nostro caso.
  Ci chiediamo ancora come si possa concepire di ritirare la patente al maltrattante, come sanzione o come forma di prevenzione. Ma questa norma è fatta male in generale, così come è fatta la legge ed è su questo che vogliamo soffermarci un attimo, perché in tanti hanno speso parole sul percorso che ha fatto questa legge nelle Commissioni.
  Riprendiamo i punti storici di questo excursus e ricordiamo che il 20 agosto approda in Parlamento, con le telecamere spianate – perché è proprio il caso di dire «con le telecamere spianate» – una norma che serviva in quel momento più a uno spot che alla sostanza del problema (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Va bene: dal 20 agosto al 10 settembre non se ne parla: considerate Pag. 35che, trattandosi di un decreto-legge, quelli sono giorni che pesano oro. Arriviamo al 10 settembre: in due giorni si tengono tutte le audizioni in Commissione e, nonostante questo, tutte le audizioni dimostrano che questa è una norma fatta male.
  Ma quello che accade a un certo punto è incredibile, perché il 24 settembre, giovedì, noi ci dichiariamo disponibili a lavorare – si parla del femminicidio e ci riempiamo tutti la bocca sul femminicidio – il fine settimana: ovviamente non se ne parla; ci dichiariamo disponibili a lavorare il lunedì mattina, ma il lunedì mattina non se ne parla. A quel punto, si dovrebbe lavorare il lunedì pomeriggio; tutti insieme decidiamo di lavorare il lunedì pomeriggio con possibilità di seduta fiume e notturna; cosa succede ? Succede che ci sono le dimissioni di massa dei parlamentari del PdL e, poco dopo, le dimissioni meno di massa, ma probabilmente altrettanto ridicole, dei ministri del PdL. Per questo, il Paese e il femminicidio si bloccano.
  Ma quello che è più importante è che, a quel punto, le altre forze politiche non cercano di organizzarsi per cercare di supplire a quella che era stata una mancanza. No, il martedì mattina non possiamo lavorare perché SEL ha una riunione di partito e il martedì pomeriggio non possiamo lavorare perché la Lega e il PD hanno riunioni di partito (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Allora, mi direte che queste riunioni erano già organizzate e che il momento era delicato. Ma, quanto era delicato questo provvedimento ? E perché la vita della Commissione deve adattarsi a quella dei partiti e non viceversa (Commenti dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie) ? Perché le stesse donne che siedono comodamente sulle poltrone dei talk show non hanno detto ai loro capigruppo: mi dispiace, sono in una riunione importante.

  PRESIDENTE. Deputato Bonafede... Lasciate concludere ! Lasciate concludere !

  ALFONSO BONAFEDE. Ma questo decreto lo è ancora di più. La lotta al femminicidio è ancora più importante (Commenti dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).

  PRESIDENTE. Deputati, lasciate concludere il deputato Bonafede, che sta esaurendo il suo tempo. Quindi, deve concludere. Ha trenta secondi.

  ALFONSO BONAFEDE. Il MoVimento 5 Stelle non si sognerebbe mai di organizzare una riunione durante i lavori parlamentari. Non fa parte del nostro modo di concepire la politica e per me questa vicenda rappresenta lo specchio fedele della politica italiana, troppo abituata, anche in tematiche importanti come quella del femminicidio, a subordinare le istituzioni ai propri interessi con una serenità che, oltre ad essere preoccupante, è anche sintomo di un'arroganza che, oggi più che mai, non può e non deve più essere tollerata (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) !

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Di Salvo. Ne ha facoltà.

  TITTI DI SALVO. Signor Presidente, faccio due considerazioni. In primo luogo, le ragioni per cui noi voteremo contro l'emendamento appena presentato è perché pensiamo, anche noi, che il decreto sia assolutamente disomogeneo. Contiene provvedimenti che riguardano le cose più diverse, dai furti di rame alla sicurezza negli stadi. Pensiamo, peraltro, che il decreto non sia lo strumento per affrontare il tema della violenza contro le donne.
  Abbiamo per questo deciso di presentare emendamenti soppressivi di tutti gli argomenti che non riguardano la violenza contro le donne. Quindi, abbiamo scelto una strada diversa per potere, invece, parlare della violenza contro le donne e, anche se in una sede e con uno strumento che non ci piace, per dire nel merito che cosa non ci piace e come vorremmo cambiare.
  Poi, consiglierei all'onorevole Bonafede anche meno enfasi nel comunicare al Paese come, per esempio, Sinistra Ecologia Pag. 36Libertà abbia chiesto di spostare di un'ora l'inizio della riunione delle Commissioni giustizia e affari costituzionali, già convocate alle 11 – spostandole, quindi, alle 12 –, perché aveva una riunione di gruppo. Capisco che forse per l'onorevole Bonafede le sue riunioni di gruppo hanno altri percorsi e non hanno bisogno – diciamo così – di quegli orari, non hanno bisogno di consultarsi e hanno altre modalità per decidere le cose che devono fare nei lavori dell'Aula. Noi abbiamo bisogno ogni tanto di riunirci e, quindi, pregherei l'onorevole Bonafede di tenere conto e di rispettare questa nostra esigenza e di altri.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Matteo Bragantini. Ne ha facoltà.

  MATTEO BRAGANTINI. Signor Presidente, intervengo per una precisazione dovuta. Noi della Lega non facciamo riunioni durante l'Aula e non chiediamo la sospensione dei lavori dell'Aula per fare delle riunioni e non facciamo le riunioni nei giorni in cui sono convocate le Commissioni. È successo che un martedì sera alle 20,30 avevamo una riunione – non era ancora convocata la Commissione – e semplicemente abbiamo detto, come avevano fatto tutti i gruppi, di non riunire la Commissione durante quell'ora e mezza.
  Per quanto riguarda questo provvedimento, invece, noi siamo stati i primi, ancora ad agosto, a sollevare la problematica della tempistica, sia per quanto riguarda il Governo, per averlo voluto presentare in fretta e furia, sia per averlo presentato e qui in Aula aver cominciato i lavori dopo più di 15 giorni, sia per avere iniziato le votazioni dopo altri 15 giorni.
  Immediatamente il sottoscritto, insieme al collega Molteni, ha deprecato questo modo di lavorare, perché, a nostro avviso, si è lavorato male e non in un modo efficace, anche perché le audizioni che sono state fatte avevano sollevato tantissime problematiche su questo provvedimento.
  Come al solito, come succede troppo spesso in moltissimi provvedimenti che vengono affrontati in quest'Aula, ci si trova sempre all'ultimo momento in cui bisogna lavorare in fretta e furia, di notte, «levando» degli emendamenti, perché bisogna arrivare in Aula.
  Bisognerebbe, invece, calcolare meglio i tempi e cominciare per tempo a fare le audizioni e ad affrontare veramente gli emendamenti e ad entrare nel merito nelle Commissioni. Abbiamo sempre criticato e continueremo a criticare questo modo di operare, però ribadisco, per quanto riguarda le dichiarazioni che ha fatto, forse con un po’ troppa enfasi, il MoVimento 5 Stelle, che noi di sicuro non abbiamo fatto nessuna riunione di gruppo il martedì pomeriggio e per questo non abbiamo chiesto l'interruzione di una Commissione importante per lavorare.
  Ribadisco che noi avevamo chiesto e dato la disponibilità di poter lavorare, se era possibile e se era necessario, anche altri giorni della settimana. Abbiamo lavorato anche il sabato e la domenica. Come I Commissione abbiamo fatto anche due settimane in cui abbiamo fatto tantissime notturne, dunque da parte nostra non c’è nessuna paura di lavorare e forse qualcun altro deve ancora capire i meccanismi dell'Aula e come criticare senza attaccare altre forze politiche di opposizione (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, la deputata Sarti. Ne ha facoltà.

  GIULIA SARTI. Signor Presidente, visto che siamo in fase di specificazioni, una la facciamo anche noi. È successo spesso che riunioni del MoVimento 5 Stelle, come quelle di altri partiti, fossero in concomitanza con sedute di Commissione. La differenza è la priorità, e lo ribadiamo: la priorità ! Le persone impegnate nelle Commissioni danno sempre la prevalenza ai lavori parlamentari rispetto alle riunioni del gruppo. Questa è la cosa che vogliamo far capire. C’è una differenza sostanziale con ciò che fanno gli altri (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).Pag. 37
  
Faccio un'altra specificazione ritornando all'articolo 3. Queste misure di prevenzione sono una goccia nell'oceano rispetto a ciò che si dovrebbe fare. Noi con questo decreto, anzi voi con questo decreto siete partiti dalla fine invece che dall'inizio. Siamo partiti dalla repressione prima di preoccuparci della tutela delle vittime e delle vere misure di prevenzione che servirebbero. Questo è quello che a noi dà fastidio (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Rossomando. Ne ha facoltà.

  ANNA ROSSOMANDO. Signor Presidente, intanto vorrei dire «simpaticamente» che, quando le Commissioni si riuniscono, durante i lavori bisogna anche prestare attenzione quando si è lì. Quindi vorrei richiamare l'attenzione dei colleghi sul fatto che nella prima parte dell'articolo 3 abbiamo modificato in Commissione proprio la questione della segnalazione anonima, che è diventata in forma non anonima. Tra l'altro è scritto anche in grassetto nel materiale in distribuzione. Ciò in primo luogo.
  In secondo luogo, l'ammonizione orale del questore in realtà è già stata sperimentata sul reato di stalking e sta producendo, dove c’è personale specializzato – su questo poi noi torniamo nel prosieguo del testo normativo –, degli effetti importanti proprio nella direzione di non consegnare tutto alla denuncia e al procedimento penale e all'effetto meramente repressivo. Invece, l'effetto che noi vogliamo prima di tutto è quello di evitare il perpetrarsi di queste violenze.
  Questo va detto ovviamente per chiarezza, perché invece è un approccio moderno. Semmai bisogna tornare poi sulla formazione di questo personale ed è quello che, sempre con il lavoro in Commissione, con notturne e diurne e con audizioni varie, che hanno prodotto gli emendamenti, che sono cospicui anche nel testo delle Commissioni, abbiamo introdotto e ne abbiamo tenuto conto (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Sannicandro. Ne ha facoltà.

  ARCANGELO SANNICANDRO. Signor Presidente, io mi chiedo a che serve ogni tanto vilipendere quest'Aula. A che serve ogni tanto dire che questo è un luogo di fannulloni che nulla producono ? Soprattutto a che serve dirlo quando è il Governo che dovrebbe essere messo sotto accusa per la grande quantità di decreti-legge, tra l'altro eterogenei e ricchi di numerosi articoli, che impediscono a quest'Aula di lavorare bene ? Altro che l'ora di rinvio dei lavori della Commissione o dell'Aula come sarebbe avvenuto in questi due mesi !
  Qui non ci rendiamo conto che il Parlamento è stato espropriato ! Allora, noi dovremmo unire le nostre forze per dire al Governo che con la stessa velocità si possono fare benissimo delle leggi. Tenete presente che la Commissione giustizia è una Commissione che lavora moltissimo, che ha svolto anche delle riunioni notturne e che è stata in grado di portare in Aula dei provvedimenti di origine parlamentare.
  Noi dovremmo concentrarci su questo e non, ogni volta – ripeto – farci del male, facendo passare nell'opinione pubblica l'idea che questo è un luogo di fannulloni (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Bonafede 3.20, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Simoni, Colletti, Casati, Rotta, Petrenga, Artini, Vitelli, Dorina Bianchi...
  Dichiaro chiusa la votazione.Pag. 38
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti  469   
   Votanti  468   
   Astenuti    1   
   Maggioranza  235   
    Hanno votato
  95    
    Hanno votato
no  373).    

  (La deputata Argentin ha segnalato che non è riuscita a votare).

  Passiamo alla votazione dell'emendamento Sarti 3.21.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Sarti. Ne ha facoltà.

  GIULIA SARTI. Signor Presidente, come dicevamo, l'articolo 3 disciplina l'ammonimento del questore. Questa, ovviamente, è una misura con finalità preventiva, e dunque applicabile in assenza di notizie di reato e dell'apertura delle relative indagini preliminari. Con questo emendamento segnaliamo che, secondo noi, è scorretto collegare la misura dell'ammonimento agli organi investigativi, perché, come sappiamo, questi agiscono solo a partire dall'avvio delle indagini preliminari.
  Quindi, abbiamo sostituito gli organi investigativi con organi di pubblica sicurezza ovvero anche terzi informati di notizie e indicazioni. Pur non essendo una definizione presente all'interno dei codici, ci sembrava più appropriata questa dicitura piuttosto che quella di organi investigativi, che agiscono in via successiva.

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Sarti 3.21, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Locatelli, Saltamartini, Nicchi, Cassano...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti e votanti  477   
   Maggioranza  239   
    Hanno votato
  94    
    Hanno votato
no  383).    

  (La deputata Argentin ha segnalato che non è riuscita a votare).

  Passiamo alla votazione dell'emendamento Cozzolino 3.13.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Cozzolino. Ne ha facoltà.

  EMANUELE COZZOLINO. Signor Presidente, in forza del principio del minor danno, presentiamo questo emendamento, più soft rispetto a quello precedente, con il quale chiediamo tout court la soppressione delle parole «non episodici» riferite agli atti di violenza, tutti, di qualunque genere. Con questo emendamento si esclude l'atto di violenza sessuale dalla richiesta di ripetitività per poter configurare violenza domestica.
  In sostanza, disponiamo che gli atti di violenza sessuale, a prescindere dal loro numero, quindi anche solo uno, possano configurare violenza domestica, mentre lasciamo intatto il disposto della non episodicità per gli altri casi, cioè gli atti di violenza fisica, psicologica o economica, che debbono ripetersi per configurare violenza domestica.
  Noi segnaliamo con forza che la Convenzione di Istanbul non prevede alcuna ripetitività degli atti di violenza, di qualunque tipo essa sia, fisica, sessuale, psicologica e così via, per la configurazione della violenza domestica e noi riteniamo che il nostro Paese, che ha condiviso, firmato e ratificato la Convenzione, non debba discostarsi dalla definizione cardine chiave, a pena di vanificare il senso e la portata della ratifica, della quale si è molto vantata sia la Presidenza che questa Camera.
  Mi ricordo la standing ovation generale. Vi chiedo quindi di votare con attenzione Pag. 39questo emendamento, e di votare secondo coscienza (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Molteni. Ne ha facoltà.

  NICOLA MOLTENI. Signor Presidente, intervengo per fare una considerazione su questo emendamento, ma in generale sull'articolo 3. Noi siamo stati, anche nel corso di questo dibattito, particolarmente duri nei confronti del Governo, in modo particolare per lo strumento adottato che non abbiamo assolutamente condiviso. Tra l'altro faccio presente al Governo che questo decreto scade tra pochi giorni e non è ancora stato approvato dalla Camera. Dovrà andare poi al Senato. Per cui, se questo decreto dovesse scadere, la responsabilità deve essere unicamente attribuita al Governo e alla maggioranza, per le modalità con cui ha gestito questo decreto, sicuramente importante.
  Io voglio sottolineare che la Lega Nord ha avuto un atteggiamento duro e critico per quanto riguarda lo strumento, per quanto riguarda le modalità, per quanto riguarda i tempi con cui si è affrontato, discusso e dibattuto questo strumento stesso, anche alla luce delle tante modifiche normative dei codici penale e di procedura penale che sono state apportate, ma rimane – e voglio essere assolutamente chiaro – un atteggiamento di assoluta responsabilità della Lega Nord, soprattutto per quanto riguarda i primi articoli, quindi anche per quanto riguarda questo articolo, che non fa altro che mutuare una misura che era già stata prevista nell'ambito dell'introduzione del reato di stalking, che è stato introdotto nel pacchetto sicurezza voluto dal ministro Maroni. Quindi, noi siamo assolutamente convinti dell'utilità di questo strumento anticipatorio rispetto alle misure di carattere repressivo che poi sono state introdotte.
  I primi tre articoli, pur con alcune lacune, pur con alcune ombre che abbiamo evidentemente fatto presenti durante il dibattito, rappresenta però quelle misure di carattere repressivo e di sanzione dal punto di vista penale che noi riteniamo assolutamente utili e necessarie a tutela delle vittime dei reati. Da qui, il nostro atteggiamento di responsabilità verso questi articoli, anche attraverso il contributo che abbiamo dato al lavoro importante della Commissione. Lo voglio sottolineare anch'io: il lavoro della Commissione è stato un lavoro assolutamente importante per correggere e per migliorare un «decreto manifesto», spot, approvato dal Governo, che presentava delle lacune evidenziate non solo dalle forze politiche presenti in Parlamento, ma anche da tutti i soggetti che sono stati ascoltati durante le nostre audizioni.
  Manteniamo le nostre perplessità e le nostre contestazioni con riferimento agli aspetti che ho detto prima e con riferimento ad altri aspetti del decreto che vedremo successivamente, in modo particolare riguardo all'articolo 4.
  Laddove, però, vengono introdotti strumenti giusti e importanti a tutela delle vittime di reati così efferati, l'atteggiamento della Lega Nord è stato di responsabilità, soprattutto per quanto riguarda la parte di natura repressiva.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Bonafede. Ne ha facoltà.

  ALFONSO BONAFEDE. Signor Presidente sottolineo un dato, semplicemente un dato: noi per due settimane abbiamo discusso gli emendamenti di circa tre articoli e poi siamo stati costretti a discutere, in circa quattro ore, più o meno dieci articoli. Come si può dire che sia stata una trattazione seria di una norma così importante, non lo so !
  Mi aspettavo la replica da parte di SEL. Non volevo vilipendere un bel niente. Io dico che se si doveva lavorare, si doveva lavorare seriamente. Le riunioni di partito dovevano slittare. Quello che voi definite «rispetto per la vita democratica dei partiti», noi lo chiamiamo «farsi i propri porci comodi». Questa è la Camera dei deputati del Parlamento italiano (Applausi Pag. 40dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) !

  PRESIDENTE. Deputato Bonafede, la prego di concludere perché ha finito il suo tempo.

  ALFONSO BONAFEDE. Non è il salotto di casa vostra (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) !

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Cozzolino 3.13, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Rabino, Ventricelli...hanno votato tutti i colleghi ?
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti e votanti  475   
   Maggioranza  238   
    Hanno votato
  93    
    Hanno votato
no  382).    

  (La deputata Argentin ha segnalato che non è riuscita a votare).

  Passiamo alla votazione dell'emendamento Mucci 3.100.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Mucci. Ne ha facoltà.

  MARA MUCCI. Signora Presidente, questo emendamento è un ennesimo nostro tentativo di modificare questo comma, che non ci piace, stralciando la parte che parla di atti non episodici. Questo perché ? Perché abbiamo appena ratificato la Convenzione di Istanbul, che definisce come violenza domestica tutti gli atti di violenza fisica, sessuale, psicologica o economica ai danni della vittima. Pertanto, anche in relazione al fatto che quindi ogni singolo elemento di violenza deve portare ad una protezione reale della vittima, noi siamo per la modifica di questo comma. In particolare, nel caso di un episodio grave teniamo a sottolineare, visto che si parla di misure di prevenzione, che un caso di episodio grave rientra già nell'ambito del maltrattamento, reato procedibile d'ufficio. Quindi non troviamo una spiegazione a questo comma e ne chiediamo dunque la modifica (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  GIUSEPPE BRESCIA. Chiedo di parlare per un richiamo al Regolamento, volevo farlo già prima.

  PRESIDENTE. A quale articolo del Regolamento ?

  GIUSEPPE BRESCIA. Articoli 8 e seguenti.

  PRESIDENTE. Adesso va di moda 8 e seguenti... Ne ha facoltà.

  GIUSEPPE BRESCIA. Il deputato mio collega, Alfonso Bonafede, stava parlando ed è stato interrotto a nostro avviso prima che il tempo scadesse, e non è la prima volta che questo succede quando lei presiede.

  PRESIDENTE. Va bene.

  GIUSEPPE BRESCIA. E voleva sapere: ma quale orologio ha lì, cioè è un orologio che funziona diversamente da quello degli altri ? Perché scade sempre 10-20 secondi prima del tempo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Va bene. Deputato Brescia, abbiamo un ottimo orologio. La Presidente può sempre sbagliare, qualche volta dà qualcosa in più, qualche volta dà qualcosa in meno. È nelle prerogative della Presidenza cercare di gestire i lavori al meglio, anche per andare avanti nel lavoro che dobbiamo fare (Commenti di deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Passiamo ai voti. Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, Pag. 41sull'emendamento Mucci 3.100, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Gribaudo... Mottola... Mazzoli...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti  465   
   Votanti  463   
   Astenuti    2   
   Maggioranza  232   
    Hanno votato
 135    
    Hanno votato
no  328).    

  (La deputata Argentin ha segnalato che non è riuscita a votare).

  Passiamo alla votazione dell'emendamento Bonafede 3.101.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Bonafede. Ne ha facoltà.

  ALFONSO BONAFEDE. Signora Presidente, mi riallaccio all'intervento della collega Mucci, relativo proprio sempre alla possibilità di sopprimere le parole «gravi ovvero non episodici», perché è completamente lontano da quello che stabilisce la Convenzione di Istanbul. Questo è stato già specificato. Io vorrei partire proprio dalla Convenzione di Istanbul, quella convenzione che tutti abbiamo applaudito e che siamo stati anche orgogliosi di ratificare all'unanimità, una convenzione ambiziosa, una di quelle convenzioni che ti fa ricordare che quando si varcano i confini italiani per andare all'estero non devi necessariamente parlare di soldi: puoi oltrepassare i confini per ricercare alcuni nuovi punti di partenza, nuovi stimoli che portino al centro degli ordinamenti giuridici la tutela dei diritti inviolabili della persona. La Convenzione a tratti è addirittura emozionante, perché ha l'obiettivo – ripeto, molto ambizioso – di rimuovere gli ostacoli non solo giuridici alla realizzazione di una piena eguaglianza tra i sessi, ma quale fondamentale strumento di prevenzione e contrasto alla violenza di genere.
  Nell'articolo 1 si chiede agli Stati di contribuire ad eliminare ogni forma di discriminazione contro le donne e promuovere la concreta parità tra i sessi, ivi compreso rafforzando l'autonomia e l'autodeterminazione delle donne. Potrei ancora parlare dell'articolo 12 in cui si parla di incidere sui comportamenti socio-culturali, così come ancora dell'articolo 6 in cui si promuove l'impegno per attuare politiche efficaci e volte a preferire favorire la parità tra uomini e donne.
  È una Convenzione ambiziosa. Ma noi cosa abbiamo fatto ? Abbiamo attuato quella Convenzione ? Assolutamente no, non c’è nulla di quell'impatto culturale che la Convenzione richiede nella legge sul femminicidio. Abbiamo deciso di attuare quella Convenzione con una legge che per metà si dedica al femminicidio e per metà ad altro (vallo a spiegare a Istanbul), e quella metà che si dedica al femminicidio è solo di carattere repressivo, come se non sapessimo che la vera violenza che colpisce le donne prima di essere fisica è mentale. Come se non sapessimo che la vera cura non può essere soltanto sanzionatoria ma prima di tutto deve estrinsecarsi in una battaglia culturale di grande civiltà. Non voglio che lo Stato italiano sia soltanto la mano che ferma il maltrattante. Io voglio che lo Stato italiano, pretendo che lo Stato italiano sia la voce che parla alla mente del maltrattante quando è ancora in tempo per incidere sulla sua crescita culturale.
  Questo è l'obiettivo della politica. Trovare soluzioni che possano radicarsi sul piano prima di tutto culturale e sociale. Allora possiamo anche parlare dell'aspirapolvere rosa o delle pubblicità che lascerebbero passare stereotipi retrogradi. Possiamo parlarne, possiamo farlo a condizione anzitutto che prima specifichiamo che le donne che per scelta o per lavoro si dedicano a lavori domestici hanno pari dignità rispetto alle donne asseritamente in carriera.Pag. 42
  Possiamo anche farlo, possiamo anche intavolare un dibattito di questo tipo, ma dobbiamo avere l'onestà intellettuale di dire che in questo decreto-legge di quel dibattito non c’è assolutamente nulla. Noi abbiamo il dovere di coltivare soltanto quei dibattiti che possono portare a fatti concreti. Non è quello che diciamo ma quello che facciamo e votiamo che potrà salvare la vita di tante donne (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Bonafede 3.101, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Rotta.... Palma... Bonavitacola...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti   472   
   Votanti  457   
   Astenuti   15   
   Maggioranza  229   
    Hanno votato
  96    
    Hanno votato
no  361).    

  (La deputata Rotta ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto contrario, e la deputata Argentin ha segnalato che non è riuscita a votare).

  Passiamo alla votazione dell'emendamento Sarti 3.23.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Sarti. Ne ha facoltà.

  GIULIA SARTI. Signor Presidente, in Commissione il Governo ha tenuto a precisare ovviamente che questo decreto-legge si riferisce anche alle persone dello stesso sesso. È sottinteso proprio perché si parla di un provvedimento contro la violenza di genere. La domanda che ci facciamo noi è tuttavia la seguente: dopo tanti episodi visti in quest'Aula soprattutto con riguardo al provvedimento contro l'omofobia, prevedere un rafforzamento in più che problemi creerebbe ? Forse quello che intendiamo è che è meglio sempre una specifica in più rispetto ad una in meno, ma giusto per non lasciare dubbi poi in sede di applicazione della norma. Infatti molto spesso in questa sede pensiamo che all'esterno tutto possa essere chiaro e, invece, i dubbi interpretativi permangono e sappiamo bene quanti problemi ci sono stati legati proprio a questioni concernenti l'omofobia, come abbiamo visto, e alle persone dello stesso sesso che spesso non vengono tutelate adeguatamente. È solo un rafforzamento (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Sarti 3.23, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Lavagno, Moretti, Malpezzi, Paola Bragantini, Beni... Lainati ha votato ? Carrescia ha votato ? Tutti hanno votato.
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti e votanti  470   
   Maggioranza  236   
    Hanno votato
  96    
    Hanno votato
no  374).    

  (La deputata Argentin ha segnalato che non è riuscita a votare).

  Passiamo all'emendamento Bonafede 3.102.
  Prendo atto che i presentatori dell'emendamento lo ritirano.
  Passiamo alla votazione dell'emendamento Sarti 3.25.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Sarti. Ne ha facoltà.

  GIULIA SARTI. Signor Presidente, ne abbiamo già parlato e lo ribadiamo: ci Pag. 43chiediamo che deterrente abbia la sospensione della patente nei confronti del soggetto maltrattante. Questa è veramente una motivazione che non ravvisiamo. Nelle misure di prevenzione è inserita, appunto, questa possibilità di sospensione della patente da parte del questore, ma non ha alcun senso. Anzi, questo potrebbe far scagliare ancora di più il soggetto maltrattante nei confronti della vittima, accusandola magari in seguito alla denuncia. Quindi, davvero, pensiamo che questo comma sia assolutamente da sopprimere e chiediamo la ragione di questa previsione, perché non è chiara per nessuno (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Daniele Farina. Ne ha facoltà.

  DANIELE FARINA. Signor Presidente, intervengo brevemente, anche perché l'emendamento che segue a firma del gruppo Sinistra Ecologia Libertà è sostanzialmente analogo. La risposta alla collega Sarti è ovviamente scontata: non serve assolutamente a nulla, per questa tipologia di reati, la sospensione della patente nell'ambito della misura precautelare dell'ammonimento. Ci sembra un «di più», sinceramente non richiesto da nessuno degli auditi, con pochissimo riferimento all'efficacia della norma, e crediamo che possa tranquillamente e senza alcun tipo di danno essere espunto dal testo che andiamo ad approvare.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Colletti. Ne ha facoltà.

  ANDREA COLLETTI. Signor Presidente, in pratica con questo emendamento chiediamo la possibilità di togliere la patente al soggetto che si è macchiato, forse, di questo delitto. Ebbene, molti sono contrari, però molti sono stati contrari e hanno votato contro un nostro emendamento che chiedeva di togliere il porto d'armi alle persone che si macchiano di questo delitto. Ora, non so, mi sembra abbastanza più grave che un soggetto maltrattante abbia il porto d'armi, piuttosto che abbia la patente. Riflettiamoci un po’ (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Sarti 3.25, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Colletti non riesce a votare... Taricco... ci sono altri che non riescono a votare ? Vitelli... affrettarsi ai posti... posso chiudere la votazione ?
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti  470   
   Votanti  463   
   Astenuti    7   
   Maggioranza  232   
    Hanno votato
 139    
    Hanno votato
no  324).    

  (La deputata Argentin ha segnalato che non è riuscita a votare).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Daniele Farina 3.30, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Russo, De Lorenzis, Gribaudo, Palma, Abrignani...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
   (Presenti e votanti  468   
   Maggioranza  235   
    Hanno votato
 124    
    Hanno votato
no  344).    

  (La deputata Argentin ha segnalato che non è riuscita a votare).

Pag. 44

  Passiamo all'emendamento Carfagna 3.3.

  ELENA CENTEMERO. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  ELENA CENTEMERO. Signor Presidente, lo ritiriamo.

  PRESIDENTE. Passiamo alla votazione degli identici emendamenti Bonafede 3.27 e Daniele Farina 3.29.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Di Salvo. Ne ha facoltà.

  TITTI DI SALVO. Signor Presidente, questo emendamento vuole sopprimere il comma 4. Nel comma 4 si parla dell'anonimato del denunciante. È vero ciò che è stato detto prima dall'onorevole Rossomando e, cioè, che la discussione nelle Commissioni ha consentito una riformulazione, che noi apprezziamo, riconosciamo come un passo in avanti, ma riproponiamo il tema: cioè, a nostro avviso, la denuncia non può essere né anonima né possono essere messe le generalità di chi la fa. La riformulazione delle Commissioni dice: va bene, nessun anonimato, ma l'omissione del denunciante rimane almeno fino all'avvio del procedimento.
  Quindi, pur apprezzando, riconoscendo che è stato fatto un passo in avanti, noi riproponiamo la nostra opinione e, cioè, che deve essere mai anonima la denuncia e sempre chiaro chi è che fa la denuncia, per ragioni che c'entrano con lo stato di diritto e il diritto alla difesa, che non possono essere sospesi mai, secondo noi.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Bonafede. Ne ha facoltà.

  ALFONSO BONAFEDE. Signor Presidente, ovviamente l'occasione è buona per replicare a quello che diceva prima la collega Rossomando. Mi sarei aspettato un'eccezione come la sua da parte di qualcuno che non aveva lavorato nelle Commissioni alla norma, come, invece, la collega ha fatto. È evidente, che il mio accenno all'anonimato non si riferiva al primo comma, ma al quarto comma.
  Ebbene, la collega Rossomando sente che la donna a rischio di maltrattamento, anzi maltrattata, è tutelata perché la segnalazione, è vero, è stata modificata, la segnalazione non è anonima, però, non vengono comunicate le generalità del denunciante. Cioè, il segnalante va lì, fa la sua segnalazione, che non è anonima – quindi, dà il suo nome –, ma il nome tanto non viene detto a nessuno, a meno che non risulti che la segnalazione è manifestamente infondata.
  Ora, io chiedo alla collega Rossomando, così come a tutte le altre colleghe, di immedesimarsi nella situazione di una donna che si ritrova con una segnalazione a carico del maltrattante, all'interno, magari, delle stesse mura domestiche: lei non ha fatto nessuna segnalazione, l'ha fatta un terzo, magari infondata, però, siamo tutelati, perché in fondo quella donna deve aspettare solo che si facciano le indagini, che risulti manifestamente infondata e, poi, sarà chiaro al maltrattante che non è stata lei a fare la segnalazione.
  Allora, quando facciamo delle eccezioni e delle repliche facciamole, per favore, sulla base della sostanza, non ci appigliamo a cavilli giuridici che non hanno nulla a che vedere con la norma (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) !

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Bonafede 3.27 e Daniele Farina 3.29, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

Pag. 45

  Gutgeld, Rostan, Segoni...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti e votanti  472   
   Maggioranza  237   
    Hanno votato
 142    
    Hanno votato
no  330).    

  (La deputata Argentin ha segnalato che non è riuscita a votare).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Daniele Farina 3.103, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Gribaudo, Brandolin...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti e votanti  469   
   Maggioranza  235   
    Hanno votato
  47    
    Hanno votato
no  422).    

  (La deputata Argentin ha segnalato che non è riuscita a votare).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 3.300 delle Commissioni, con il parere favorevole del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Carrescia, Nicchi, Pilozzi, Franco Bordo, Simone Valente, Zardini...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

   (Presenti  476   
   Votanti  445   
   Astenuti   31   
   Maggioranza  223   
    Hanno votato
 439    
    Hanno votato
no    6).    

  (La deputata Argentin ha segnalato che non è riuscita a votare).

  Passiamo alla votazione dell'emendamento Sarti 3.106.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Sarti. Ne ha facoltà.

  GIULIA SARTI. Signora Presidente, questo emendamento prevede l'estensione delle misure in favore delle vittime di atti persecutori, percosse e lesioni anche alle vittime dei reati quali lesioni personali gravi, articolo 583, pratiche di mutilazione di organi genitali femminili, articolo 583-bis, e sequestro di persona, articolo 605. Fattispecie, queste, che sono considerate, dallo stesso decreto-legge, degne di particolare tutela; quindi, ci chiediamo perché non estendere anche a queste tipologie di reati le previsioni dell'articolo 11 della disciplina sullo stalking. È semplicemente un modo per estendere una tutela e non circoscriverla soltanto a pochi reati che sono quelli degli atti persecutori, delle percosse e delle lesioni.

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Sarti 3.106, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Gribaudo, Malisani, Paola Bragantini, Zan...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti e votanti  471   
   Maggioranza  236   
    Hanno votato
 153    
    Hanno votato
no  318).    

  (La deputata Argentin ha segnalato che non è riuscita a votare).

  Passiamo all'emendamento Balduzzi 3.1.

Pag. 46

  FRANCESCO PAOLO SISTO, Relatore per la I Commissione. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  FRANCESCO PAOLO SISTO, Relatore per la I Commissione. Signor Presidente, proporremmo al collega Balduzzi una riformulazione che mi accingo a leggere. Comma 5-bis: «Quando il questore procede all'ammonimento ai sensi dell'articolo 8 del decreto-legge 23 febbraio 2009, n. 11, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 aprile 2009, n. 38, e successive modificazioni, e del presente articolo, informa senza indugio l'autore del fatto circa i servizi disponibili sul territorio» – e a questo punto noi aggiungeremmo – «inclusi i consultori familiari, i servizi di salute mentale, i servizi per le dipendenze, ove individuati dal piano di azione di cui all'articolo 5, finalizzati ad intervenire nei confronti degli autori di violenza domestica o di genere».
  Questa sarebbe la riformulazione in parziale accoglimento dell'emendamento presentato dal collega Balduzzi. Gli chiediamo, quindi, se questa riformulazione sia conforme ai suoi intendimenti.

  PRESIDENTE. Relatore Sisto, l'emendamento si intende presentato a nome del Comitato dei diciotto ?

  FRANCESCO PAOLO SISTO, Relatore per la I Commissione. Sì, signor Presidente, è una riformulazione fatta a nome del Comitato dei diciotto.

  PRESIDENTE. Chiedo al collega Balduzzi se accetti la riformulazione proposta.

  RENATO BALDUZZI. Signor Presidente, accetto la riformulazione, ma chiedo ai relatori se fosse possibile espungere da quella riformulazione la parola «ove», perché indubbiamente depotenzia il tutto. Non è «se vengono» individuati, il piano li «deve individuare», poi sarà evidentemente il piano a decidere. Ma se metto «ove» depotenzio due volte la norma. Penso che questo possa essere accettato.

  PRESIDENTE. Onorevole Sisto ?

  FRANCESCO PAOLO SISTO, Relatore per la I Commissione. Signor Presidente, credo che come sempre sia possibile, nella nostra lingua, trovare delle mediazioni. Potremmo, se la collega Ferranti fosse d'accordo, sostituire la parola «ove» con la parola «come» individuati nei piani di azione di cui all'articolo 5. Ciò perché il punto di riferimento di questo passaggio sono proprio i piani di azione dell'articolo 5. Quindi, se «ove» fosse troppo restrittivo, il «come» mi sembra una buona mediazione.

  PRESIDENTE. Sta bene.
  Prendo atto che i presentatori accettano la riformulazione proposta.
  Allora, questo emendamento è da intendersi, nella riformulazione proposta a nome del Comitato dei diciotto, come aggiuntivo e non più come sostitutivo del testo in esame.
  Prendo atto che il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore.
  Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Balduzzi 3.1, nel testo riformulato, con il parere favorevole delle Commissioni e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Rostan, Nardella...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

   (Presenti  473   
   Votanti  362   
   Astenuti  111   
   Maggioranza  182   
    Hanno votato
 357    
    Hanno votato
no    5).    

  (La deputata Argentin ha segnalato che non è riuscita a votare).

Pag. 47

  Passiamo all'emendamento Binetti 3.33.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Binetti. Ne ha facoltà.

  PAOLA BINETTI. Signor Presidente, non so perché il Comitato abbia voluto esprimere parere negativo su questo emendamento, che io reputo invece di grandissima importanza, anche perché prevede, proprio sul piano dell'assistenza anche psicologica alla donna, ma soprattutto ai bambini che in qualche modo assistono alla violenza familiare, la possibilità di un sostegno e di supporto psicologico prolungato nel tempo.
  Sappiamo tutti che questi ragazzi, che sono oggetto, come spettatori, solo apparentemente soggetti passivi della violenza, portano in realtà le tracce anche per lungo tempo della violenza assistita; e come questo crea delle difficoltà molto pesanti nel momento stesso in cui essi si rapportano alle figure parentali (maschili o femminili a seconda, in questo caso però è evidente che il soggetto che agisce la violenza è prevalentemente la figura paterna), come questo crea davvero delle personalità con delle grandi sacche di sofferenza anche a distanza prolungata nel tempo. Il non voler riconoscere la necessità di assistere questi bambini in modo adeguato per il tempo necessario, mi sembra che produca in realtà alla lunga quello che una volta è stato il grande slogan di una campagna pubblicitaria: un bambino violentato, o comunque un bambino che ha assistito ad una scena di violenza, corre maggiore rischio nella vita di diventare un soggetto violento. È quindi nella logica della prevenzione, di un intervento precoce, riabilitativo, lo spirito di questo emendamento.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Cirielli. Ne ha facoltà.

  EDMONDO CIRIELLI. Signor Presidente, colleghi, intervengo per dire che voteremo a favore dell'emendamento, ma anche per esprimere un po’ di rammarico perché la maggioranza e il Governo rimangono sordi ad una delle carenze più importanti di questo provvedimento, che rimane solo un provvedimento che ha un impianto repressivo. Per carità, abbiamo già detto che noi comunque lo sosteniamo, perché riteniamo che il fenomeno vada contrastato anche con misure repressive; però la Convenzione di Istanbul, ma anche il buonsenso, direbbero che soprattutto in questi casi un grande intervento di sensibilizzazione, di cambiamento della cultura sociale passa anche per un sostegno. Se poi lo Stato, tramite le ASL, fa spallucce rispetto ai gravi disagi sociali che i reati in questo settore procurano, credo che non si faccia una bella figura; e spero che le Commissioni, ma soprattutto il Governo possano cambiare opinione.

  DONATELLA FERRANTI. Relatore per la II Commissione. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  DONATELLA FERRANTI. Relatore per la II Commissione. Signor Presidente, intervengo brevemente soltanto per dire che sicuramente condividiamo, condivido anche in prima persona, lo spirito di questo emendamento; ma l'emendamento non ha ricevuto il parere favorevole dei relatori, delle Commissioni e del Governo per due motivi: primo, perché prevede il finanziamento dei centri specializzati, senza individuarne la copertura; secondo, perché in realtà lo spirito e il contenuto di questo emendamento sono stati poi recepiti nel successivo articolo 5. In particolare, richiamo l'attenzione sulle lettere d), e) e, con riferimento alle vittime, f) e g). Quindi già nell'articolo 5 e negli obiettivi del Piano ci siamo fatti carico, nella riformulazione rispetto al decreto-legge che è stato emanato dal Governo, di tener conto di tutti questi suggerimenti. Inviterei quindi la presentatrice al ritiro.

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.Pag. 48
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Binetti 3.33, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo, e anche della V Commissione (Bilancio).
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Malisani...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti  465   
   Votanti  322   
   Astenuti  143   
   Maggioranza  162   
    Hanno votato
  39    
    Hanno votato
no  283).    

  (La deputata Argentin ha segnalato che non è riuscita a votare).

  Passiamo alla votazione dell'emendamento Bueno 3.104.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bueno. Ne ha facoltà.

  RENATA BUENO. Signor Presidente, questo emendamento inserisce all'interno del decreto-legge relativo al femminicidio una ulteriore proposta di tutela alle vittime. Noi siamo difensori di un diritto umano, e quando si parla dei diritti umani non abbiamo confini. È un programma che funziona già in Brasile da qualche mese, e abbiamo avuto un esito incredibile: una diminuzione del 70 per cento delle violenze contro le donne.
  Tratta praticamente di applicare un dispositivo mobile di allarme e localizzazione di queste vittime di qualsiasi tipo, vittime di maltrattamento familiare, di perversione sessuale, di lesioni personali o qualsiasi tipo di lesione prevista dal codice penale. Quindi è un emendamento che sicuramente «partirà» per la tutela delle vittime, facendo così una protezione. Quando la polizia arriva a casa delle persone, di solito arriva già per prendere il cadavere o prendere la persona già uccisa o ammazzata, quindi questo è un protettivo dove l'istituzione viene invece per proteggerla, diversamente da questo braccetto elettronico che ha proposto il PD e che alla fine controlla già i passi dello stalker che alla fine può già aver ucciso qualcuno o ammazzato qualche persona. Qui partiamo sempre dalla tutela delle vittime.
  Comunque, lo lascio in votazione, anche se stiamo approfondendo ancora la discussione sulla competenza finanziaria, su come trovare le coperture per questo progetto. Dobbiamo approfondire il discorso, soprattutto con il Governo.

  PRESIDENTE. Onorevole Bueno, non ho capito, lei mantiene l'emendamento o lo ritira ?

  RENATA BUENO. Lo mantengo.

  PRESIDENTE. Sta bene. Passiamo ai voti. Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Bueno 3.104, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Grassi, D'Uva, Palma...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti  471   
   Votanti  367   
   Astenuti  104   
   Maggioranza  184   
    Hanno votato
  36    
    Hanno votato
no  331).    

  (La deputata Argentin ha segnalato che non è riuscita a votare e la deputata Nicchi ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto contrario).

  Ricordo che gli articoli aggiuntivi Balduzzi 3.01 e Carfagna 3.02 sono stati ritirati. Poiché abbiamo concluso l'esame Pag. 49degli emendamenti all'articolo 3, del decreto-legge sospendiamo a questo punto la seduta, che riprenderà alle ore 15 con la commemorazione del cinquantenario della Tragedia del Vajont. I deputati e le deputate sono invitati ad essere presenti.

  La seduta, sospesa alle 13,35, è ripresa alle 15,15.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LAURA BOLDRINI

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Alfreider, Amici, Berretta, Boccia, Michele Bordo, Capezzone, Cirielli, Damiano, Di Gioia, Di Lello, Epifani, Ferranti, Fico, Gregorio Fontana, Fontanelli, Gebhard, Gozi, Merlo, Realacci, Speranza e Vito sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
  Pertanto i deputati in missione sono complessivamente sessantotto, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

Commemorazione del cinquantesimo anniversario del disastro del Vajont.

  PRESIDENTE. Colleghi, per favore, vorrei attenzione da parte vostra. C’è una commemorazione importante che vorrei sottoporvi (La Presidente si leva in piedi e con lei l'intera Assemblea e i membri del Governo).
  Cari colleghi, ricorre domani, 9 ottobre, il cinquantesimo anniversario della sciagura del Vajont, una delle più gravi tragedie tra quelle che hanno colpito il territorio italiano.
  Alle ore 22,39 del 9 ottobre 1963, dalle pendici settentrionali del monte Toc, una massa di oltre 260 milioni di metri cubi di rocce e di detriti precipitò nel bacino artificiale sottostante, l'invaso della diga del Vajont, allora in provincia di Udine. L'enorme ondata provocata dalla caduta di quella frana si riversò a valle e la furia delle acque cancellò completamente in pochi minuti interi paesi causando la morte di più di 1.900 persone tra cui 105 bambini.
  Tale catastrofe – la prima ad essere «vissuta» direttamente attraverso i mezzi di informazione – scosse e suscitò profondo sgomento nel nostro Paese. Il sentimento di immenso dolore che tutti provarono in quei drammatici giorni è vivo ancora oggi – a cinquant'anni di distanza – nella memoria collettiva non solo delle genti di quei luoghi, ma anche di tutti gli italiani, compresi molti di coloro che in quei giorni non erano ancora nati.
  Ora Longarone e gli altri paesi colpiti sono stati ricostruiti grazie alla tenacia delle popolazioni di quelle montagne, abituate al sacrificio e al lavoro, nonché all'impegno delle istituzioni che fornirono lo stanziamento delle necessarie risorse per la realizzazione delle opere.
  La ferita causata da quella immane tragedia resta tuttavia ancora aperta, soprattutto perché, anche dalle risultanze dei processi, che accertarono responsabilità civili e penali, emerge la convinzione che quel disastro poteva essere evitato o che, quantomeno, ne potevano essere attenuati gli effetti devastanti.
  Ricordo che all'epoca il Parlamento si attivò anche istituendo un'apposita Commissione di inchiesta, con il compito di accertare, tra l'altro, le cause della catastrofe e le relative responsabilità pubbliche e private, nonché l'idoneità delle misure adottate a favore delle popolazioni colpite.
  Da ultimo, lo scorso 3 ottobre, l'VIII Commissione (Ambiente) ha approvato all'unanimità una risoluzione che, proprio in occasione del cinquantesimo anniversario di quella sciagura, impegna il Governo a considerare la manutenzione del territorio e la difesa idrogeologica una priorità per il Paese, assumendo le iniziative conseguenti, anche di natura finanziaria.
  Commemorare oggi la tragedia del Vajont significa, oltre che rendere omaggio Pag. 50alle tante vittime di quel luttuoso evento e partecipare all'inconsolabile dolore dei loro familiari, anche ricordare il lavoro eccezionale e talvolta eroico prestato con coraggio ed abnegazione da tutti coloro – medici, militari, forze dell'ordine, privati cittadini – che accorsero immediatamente per portare alle popolazioni colpite aiuto, assistenza e conforto.
  Il grande moto spontaneo di solidarietà, al quale si assistette in quei giorni, rappresenta, meglio di tante parole, la generosità e il senso di profonda solidarietà che sanno esprimere i cittadini italiani quando si trovano davanti a grandi tragedie collettive.
  Il disastro del Vajont, purtroppo, non è stato l'ultimo tra quelli che hanno segnato il nostro martoriato territorio, spesso a causa dell'incuria degli uomini o, ancor peggio, di scelte irresponsabili.
  Ciò ci induce a non limitarci al ricordo e alle commemorazioni, ma ad impegnarci affinché tutte le istituzioni, ciascuna nel proprio ambito, si adoperino per porre in essere concrete azioni per la difesa e la messa in sicurezza del suolo, al fine di prevenire il ripetersi di eventi così tragici e dolorosi.
  Invito i colleghi ad osservare un minuto di silenzio (L'Assemblea osserva un minuto di silenzio – Generali applausi).
  Ha chiesto di parlare il deputato D'Incà. Ne ha facoltà.

  FEDERICO D'INCÀ. Signor Presidente, alle 22,39 del 9 ottobre 1963, 270 milioni di metri cubi di roccia e terra si staccarono dal monte Toc. Una frana immensa si scagliò contro il bacino sottostante, formato dalla diga sul torrente Vajont, andando a provocare un'onda di piena che superò di 100 metri in altezza il colonnamento della diga. Quest'onda risalì in parte il versante opposto, distruggendo tutti gli abitati lungo le sponde del lago e nel comune di Erto e Casso. Circa 30 milioni di metri cubi d'acqua, invece, scavalcarono il manufatto, riversandosi nella valle del Piave, spazzando via il centro di Longarone e i paesi limitrofi. 1.910 morti, 773 le famiglie coinvolte e 487 ragazzi sotto i 15 anni a cui venne per sempre cancellato il futuro.
  Oggi, a cinquant'anni di distanza, è obbligatorio chiedersi quale potere hanno gli uomini di soggiogare il destino di altri esseri umani, di non rispettare le comunità locali e di calpestare il diritto basilare alla vita. A quale prezzo l'uomo non ascolta la natura ed i propri limiti, non capendo qual è il punto esatto in cui deve fermarsi per evitare distruzione e morte.
  In quest'Aula molti «potenti» non sono poi così diversi da quelli che negli anni Cinquanta e Sessanta, pur intravedendo il disastro, non hanno voluto fermare la speculazione, allora basata sull'energia. A noi, uomini e donne italiani che non si arrendono al potere precostituito, non resta altro che avere la forza di contrastare il peso del denaro e della corruzione.
  Presidente, la nostra schiena è dritta e così resterà. Dal Vajont abbiamo capito che non ci dobbiamo arrendere al sopruso e che ogni mezzo, sempre pacifico e non violento, sarà utilizzato per riportare la verità in questo Paese. Per questo oggi riecheggiano forti le parole di Tina Merlin, Sulla pella viva. Donna coraggiosa e forte, nata nel mio stesso paese, Trichiana, capace di indagare a fondo prima e dopo la tragedia. Al suo esempio vogliamo rivolgerci, per sentire ogni giorno sulla nostra pelle viva la sofferenza della nostra Italia: dall'Ilva di Taranto alla TAV della Val di Susa, passando per il veleno della Terra dei fuochi della Campania.
  Presidente, noi oggi siamo cittadini di Longarone, di Erto e Casso e di tutti quei paesi coinvolti da quell'onda portatrice di morte. E per essere tali, sabato 5 ottobre noi, parlamentari del MoVimento 5 Stelle, assieme ai consiglieri comunali e regionali e a tanti altri cittadini, siamo stati in quei luoghi, abbiamo ascoltato l'acqua del torrente Vajont dall'alto della diga e riflettuto nel silenzio del cimitero di Fortogna.
  Per questo io mi chiedo perché noi parlamentari del MoVimento 5 Stelle abbiamo trovato il tempo di commemorare le nostre vittime, mentre il Presidente Enrico Letta e il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano non sono saliti Pag. 51nei luoghi colpiti dall'onda del Vajont. Voglio ricordare a tutti che il Presidente degli Stati Uniti d'America ogni 11 settembre partecipa alla commemorazione delle Twin Towers, dove sono morti tremila americani. Il 9 ottobre 1963 in Italia 1910 italiani sono morti. Allora mi chiedo: non sono abbastanza ? Erano vittime sacrificabili ? Ci sono ancora cose che devono essere nascoste ? Forse in queste aule e palazzi non si vuole ricordare e avere memoria, perché solo in questo modo si possono tentare di ripetere gli errori del passato e noi lo impediremo. Prima il fragore dell'onda, poi il silenzio della morte, mai l'oblio della memoria (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Milanato. Ne ha facoltà.

  LORENA MILANATO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la tragedia del Vajont non è solo la tragedia di Longarone e delle frazioni vicine, di un territorio distrutto da una catastrofe naturale, dei suoi tantissimi, troppi morti, tra cui tanti bambini, di quelle vite spezzate, famiglie devastate e delle imprese e dell'economia di un'intera area distrutta dalla potenza dell'acqua e del fango, che seppellì più di 1900 persone, tra cui 150 bambini e paesi interi. È una tragedia che ha segnato tutto il Nord est anzitutto, ma più in generale tutto il nostro Paese, sia chi l'ha vissuto direttamente sia chi, magari piccolissimo o non ancora nato nel 1963, lo ha vissuto nella memoria dei suoi genitori e ne ha fatto parte della sua.
  Una montagna d'acqua che ha interamente raso al suolo lungo le sponde del lago i borghi, molti borghi, e vorrei qui ricordarli: i borghi di Frasègn, Le Spesse, Il Cristo, Pineda, Ceva, Prada, Marzana, San Martino e Faè, la parte bassa dell'abitato di Erto e, nella valle del Piave, i paesi di Longarone, Pirago, Maè, Villanova e Rivalta. Danneggiò poi profondamente anche gli abitati di Codissago, Castellavazzo, Fortogna, Dogna e Provagna, i comuni di Soverzene, Ponte nelle Alpi e la stessa città di Belluno, dove venne distrutta la borgata di Caorera e allagata quella di Borgo Piave. Una tragedia immane nella quale tutti gli italiani all'epoca sono stati partecipi, anche perché è stata una delle prime catastrofi diffusa attraverso i mezzi di informazione e che ha mobilitato un intero Paese in soccorsi e slanci di solidarietà e generosità straordinari, tipici del nostro essere popolo italiano.
  Una tragedia che, dopo lo smarrimento di quei momenti, le lacrime e il dolore, ha portato alla luce un problema di responsabilità umane, oltre che di fatalità e di avversità naturali. Troppo spesso in Italia è stato così, non solo nel 1963 e non solo nel passato. Troppo spesso nel nostro Paese abbiamo assistito impotenti a catastrofi e a calamità naturali combinate con responsabilità umane, a volte atroci, il cui accertamento non è bastato, anni dopo, a lenire i dolori per i così tanti lutti. Il copione quella volta non è stato diverso: le sentenze definitive della magistratura hanno dimostrato la prevedibilità dell'evento e ancora, nel febbraio 2008, durante l'anno internazionale del pianeta Terra, dichiarato dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite, in una sessione dedicata all'importanza della corretta comprensione della scienza e della terra, il disastro del Vajont fu citato, insieme ad altri quattro eventi nel mondo, come un caso esemplare di disastro evitabile, causato dal fallimento di ingegneri e di geologi nel comprendere la natura del problema che stavano cercando di affrontare. Una tragedia che è diventata un simbolo di un modo di sfruttare le risorse con imperizia e leggerezza.
  Questa è la ragione per la quale la memoria di questa tragedia deve restare viva in noi e nelle generazioni future, perché esse hanno ancora tanto da insegnarci, anche attraverso gli strumenti didattici. Sia dato adeguato spazio a questo triste capitolo della nostra storia che non appartiene solo alla storia della mia regione, ma alla storia di tutto il nostro Paese. Ma bisogna fare attenzione il nostro impegno non deve essere solo quello di Pag. 52ricordare e capire le ragioni di una tragedia evitabile né portarci in una malintesa conservazione del suolo e dell'ambiente, all'immobilismo totale e all'esclusione degli investimenti per lo sviluppo industriale e infrastrutturale, che sono assolutamente necessari nel nostro Paese da nord a sud per consentire alle imprese di competere con le realtà industriali più evolute nel mondo e nell'Europa.
  Insomma, la tragedia del Vajont è sicuramente una storia da raccontare alle giovani generazioni, ma dobbiamo chiederci, e chiederci con forza, quanti potenziali Vajont vi sono nel nostro Paese. Le cifre del dissesto idrogeologico italiano sono terrificanti: quasi l'82 per cento dei comuni italiani sono interessati da frane e smottamenti. Una fragilità che risulta particolarmente elevata in regioni come la Calabria, il Molise, la Basilicata, l'Umbria, la Valle d'Aosta e nella provincia di Trento, dove il 100 per cento dei comuni è classificato a rischio; fenomeni legati principalmente all'assetto morfologico del nostro Paese.
  Ma, nonostante tutti gli appelli, noi continuiamo ad assumere comportamenti non consapevoli di questi rischi. Occorre ripristinare le condizioni per attuare una buona politica di governo del territorio, con ricadute in termini di sicurezza, ma anche di rilancio economico e occupazionale.

  PRESIDENTE. Deputata, concluda.

  LORENA MILANATO. La memoria e la comprensione del passato – concludo – ci devono portare a saper sempre coniugare gli sforzi per la progettazione e la realizzazione di opere fondamentali per la crescita economica e lo sviluppo del Paese.
  La diga del Vajont è ancora lì, a mo’ di indelebile monito, con quei anche – vorrei ricordare qui – 37 vergognosi anni che ci sono voluti per ottenere giustizia per le troppe vittime della diga del Vajont (Applausi dei deputati del gruppo Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Serena Pellegrino. Ne ha facoltà.

  SERENA PELLEGRINO. «Diga funesta, per negligenza e sete d'oro altrui persi la vita, che insepolta resta». Signora Presidente, membri del Governo, onorevoli colleghi, così è scritto in una lapide posta presso la diga del Vajont dopo l'immane disastro avvenuto cinquant'anni fa, a ricordo di una di quelle centinaia di vittime il cui corpo non fu mai ritrovato. La tragedia del Vajont, con i suoi quasi 2 mila morti, è la sciagurata conseguenza di interessi economici e politici, che decisero di costruire una diga in una valle non idonea sotto il profilo geologico.
  In quell'occasione si cercò di nascondere la responsabilità di quanto accaduto dietro la fatalità, si evocò il disastro naturale, perché quella era la diga più alta del mondo, l'opera di ingegneria vanto dell'Italia e del nascente boom economico. In realtà, la diga del Vajont rimarrà per sempre monumento e monito al delirio di onnipotenza dell'uomo sulla natura, del profitto perseguito senza scrupoli.
  Quel disastro, però, quella strage, era prevedibile, era stata prevista, persino annunciata. Una coraggiosa giornalista, Tina Merlin, due anni prima del disastro, segnalò su l'Unità il pericolo di una frana catastrofica sul bacino della diga e per questa campagna di informazione e di denuncia fu querelata per diffusione di notizie false e tendenziose, atte a turbare l'ordine pubblico.
  Ma, pur di sbloccare i finanziamenti dello Stato previsti per quell'opera, si decise di «forzare» il collaudo, innalzando la quota del lago artificiale oltre i margini di sicurezza per lucrare al massimo sui proventi della privatizzazione dell'energia elettrica, e, per mantenere alto il valore del titolo della società proprietaria della diga, vennero tenuti nascosti i tanti problemi che la diga stava manifestando.
  E dopo aver imposto a intere popolazioni di mettere a rischio la loro vita, di fronte ai primi allarmanti segnali di inizio del movimento franoso, la sera del 9 ottobre 1963, si decise anche di non dare immediatamente l'allarme per attivare l'evacuazione nelle zone più a rischio di inondazione. Un disastro annunciato, signora Pag. 53Presidente, una violenza alla natura, una strage di innocenti sull'altare del profitto.
  Ma questa tragica lezione non è servita al nostro Paese, che continua a «violentare» il suo bellissimo ma fragile territorio; un Paese a rischio idrogeologico, dove la vera grande opera infrastrutturale dovrebbe essere la difesa del suolo, la messa in sicurezza del territorio e la sua corretta manutenzione nei fatti.
  Invece, abbiamo assistito a un esponenziale consumo di suolo, disboscando, asfaltando, impermeabilizzando. Con i condoni edilizi si è legittimato l'abuso, l'illegalità e lo scempio urbanistico. Quello che i 2 mila morti di quella notte ci dicono ancora è che le logiche scellerate di sfruttamento e di ricerca del profitto in nome dello sviluppo hanno fatto e continuano a fare strage di uomini e donne e stanno soffocando, ogni giorno, il patrimonio più grande e sacro, che è l'ecosistema del nostro pianeta.
  Ma qualcuno continua a pensare che le risorse siano infinite, che la terra possa rigenerare tutti i territori devastati e intossicati in nome dello sviluppo, come per un normale destino. In queste Aule dove i diritti dei nostri concittadini dovrebbero essere tutelati ed esaltati in nome della Costituzione, si sono difesi invece ben altri interessi e si sono perseguitati coloro i quali dalle pagine di un giornale o per le strade di assemblee pubbliche vengono denunciati per quanto accade. E questo ancora oggi succede. La memoria del Vajont ci stimola a dare al nostro Paese e al nostro pianeta un futuro che non dimentichi mai il rispetto della natura e che abbia l'onestà di riconoscere gli errori e i crimini commessi nel nome di uno sviluppo esclusivamente economico.
  Le motivazioni ufficiali che sono alla base delle grandi opere sono la gratificazione di aver compiuto una grande opera, il prestigio della Nazione, la necessità di dare al Paese uno strumento di crescita e di ricchezza. Ebbene, cosa hanno in comune tutte queste motivazioni, anche la motivazione, spesso nascosta, del profitto ? Una visione sbagliata del mondo. Un antichissimo detto indiano dice che la terra non c’è stata lasciata in eredità dai nostri padri, ma ci è stata data in prestito dai nostri figli. Concludo: la nostra visione è antropocentrica, unita da un vero e proprio delirio di onnipotenza, e crediamo ancora di poter dominare le forze della natura, ci illudiamo che la tecnologia possa consentirci di violentare la terra senza conseguenze. E dopo il Vajont, altri nomi di località sono entrati nel triste elenco dei disastri causati dalla cupidigia e dalla irresponsabilità dell'uomo, altri morti, dispersi e feriti, altri pezzi d'Italia distrutti, dissestati, abusati. Dobbiamo dire «Basta !», signora Presidente, dobbiamo responsabilmente evitare che la nostra terra si trasformi in un cimitero all'aperto come ci ricorda ancora la lapide del Vajont (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Roger De Menech. Ne ha facoltà.

  ROGER DE MENECH. Signor Presidente, colleghe e colleghi, innanzitutto devo ringraziare la Presidenza per aver consentito questo semplice momento di memoria. Semplice e in punta di piedi, perché le istituzioni e la politica devono ricordare la tragedia del Vajont con la testa abbassata. Troppe omissioni e responsabilità si sono accumulate in questa vicenda, e lo Stato, quello di allora e quello di oggi, deve in ogni caso chiedere scusa.
  Era il 9 ottobre di cinquant'anni fa quando un'onda alta duecentocinquanta metri si innalzò oltre la diga. Si stima che sollevò al cielo circa centocinquanta milioni di metri cubi di acqua, che poi si riversarono nella gola del Vajont: 1.910 vittime, 1.450 a Longarone, 109 a Codissago e Castellavazzo, 159 a Erto e Casso, quasi 200 originarie di altri comuni. L'11 ottobre il giornalista bellunese Dino Buzzati, profondo conoscitore della zona, descrisse la tragedia nel modo più semplice possibile: «Un sasso è caduto in un bicchiere colmo d'acqua, e l'acqua è traboccata sulla tovaglia. Tutto qui. Solo che il Pag. 54bicchiere era alto centinaia di metri e il sasso era grande come una montagna e di sotto, sulla tovaglia, stavano migliaia di creature umane che non potevano difendersi».
  Ma qualcuno aveva capito prima. Agli inizi degli anni Sessanta lo Stato, uno Stato che si preparava il boom dello sviluppo e del progresso, era al di sopra di ogni sospetto e qualsiasi comunità o persona osasse avanzare dei dubbi sul suo operato veniva etichettato come sovversivo. Così è stato anche per i comitati che protestavano e denunciavano contro la costruzione della diga e così è stato anche per una grande giornalista de L'Unità, Tina Merlin, mandata in quei luoghi a denunciare i rischi e le vergognose speculazioni che erano dietro a quell'opera. Oggi sappiamo che, oltre alle sentenze di condanna dei tribunali, anche il Parlamento ha condannato formalmente il cinismo, il desiderio di guadagno, la speculazione e gli interessi personali che hanno portato al sacrificio di vite umane innocenti in una situazione in cui, contro natura, gli uomini agli occhi degli altri uomini valgono meno del denaro. Infatti, il 14 giugno 2011 il Senato ha approvato la legge che promuove il 9 ottobre Giornata nazionale in memoria delle vittime dei disastri ambientali ed industriali causati dall'incuria dell'uomo. Ma noi montanari diciamo una cosa: l'incuria non è assolutamente il termine corretto per indicare le pesanti responsabilità umane in questa tragedia. Oggi, quindi, propongo formalmente a questo Parlamento di rivedere quella legge, rimuovendo da quel testo il termine «incuria».
  Ma torniamo al Vajont. Nelle ore immediatamente dopo la tragedia, un'altra onda di enormi dimensioni invase quelle comunità, quella della solidarietà e del volontariato.
  In quelle ore, in maniera assolutamente spontanea, si costituì la prima vera cellula di quello che oggi è uno degli orgogli italiani: il Sistema di Protezione civile, le cui radici sono fortemente basate sull'opera dei volontari che in quell'occasione, con pochi mezzi ma tanta energia, lenirono le sofferenze dei pochi superstiti. E poi l'impegno delle comunità, quelle montanare, che si rimboccarono le maniche nella ricostruzione: un impegno che ha permesso di recuperare il territorio e il tessuto socio-economico.
  La legge per il Vajont è stata il punto di svolta per quelle comunità e per l'assetto di quelle valli. Ma anche la fase della ricostruzione e degli incentivi destinati ai sopravvissuti e ai danneggiati è intrisa di ingiustizie e umiliazioni per quelle popolazioni per troppi anni abbandonate all'indifferenza; indifferenza scardinata solo dalla poesia teatrale di Paolini e dalle immagini di Martinelli, che quarant'anni dopo il disastro hanno rifatto vivere la vicenda nelle sue dimensioni apocalittiche e criminali.
  La lezione del Vajont è anche riconoscere il valore della prevenzione del dissesto nel nostro Paese, stanziando di conseguenza le risorse necessarie, come richiesto nella recente risoluzione approvata dalla Commissione ambiente.
  L'occasione del cinquantesimo anniversario della catastrofe, che ricorre quest'anno, rappresenta per le popolazioni del Vajont il momento di consegnare solennemente alla storia la loro tragedia, fatta di dolore, sofferenza e ingiustizie, ma anche di solidarietà, orgoglio e rinascita. Ribadire il valore della memoria non vuol dire avere la testa rivolta indietro, vuol dire invece riconoscere il valore delle esperienze come fondamentali per la crescita educativa e culturale di una popolazione. Bene ha fatto in questo senso il Ministro Carrozza, in occasione della sua recente visita, ad assumere in sé l'impegno che la storia del Vajont entri strutturalmente nei processi formativi di tutti i nostri ragazzi in tutto il nostro Paese.
  La scommessa dei prossimi anni per le comunità del Vajont e per tutte le aree montane italiane è la pianificazione di un nuovo modello di sviluppo che consenta la permanenza, la vita e lo sviluppo in questi territori tanto belli quanto difficili. La provincia di Belluno è in una situazione di incertezza istituzionale che, sommata alla particolare condizione morfologica del territorio Pag. 55interamente montano, è causa di continue lacerazioni del tessuto sociale della comunità.
  Lasciatemi quindi chiudere con un auspicio. Il 26 giugno 2009 il Comitato esecutivo dell'Unesco riunito a Siviglia ha dichiarato le Dolomiti patrimonio dell'umanità. Ecco, la memoria del Vajont è anche riconoscere che lo sviluppo del nostro territorio non potrà essere più schiavo dell'avidità di pochi, che troppo spesso in passato hanno sfruttato la bellezza e le risorse naturali delle nostre valli. Ecco, spero che questa straordinaria bellezza possa essere gestita – come dicevo in apertura – in punta di piedi...

  PRESIDENTE. Concluda.

  ROGER DE MENECH. ... mettendola a disposizione di tutti quelli che in queste valli continuano a vivere per non dimenticare la lezione del Vajont.
  Chiudo – mi perdoni – ringraziando a nome delle comunità. Io fino a poco tempo fa ero uno di quei sindaci di quella valle...

  PRESIDENTE. Chiuda per favore, ha già terminato il suo tempo.

  ROGER DE MENECH. ... a nome delle comunità ringrazio tutti quelli che hanno voluto onorare e vorranno onorare la memoria con una visita in quei luoghi, e ringrazio anche l'impegno del Governo e dello Stato che in questi mesi, mai come quest'anno, si sono presentati a Longarone: i Ministri Orlando, Zanonato, Carrozza (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)...

  PRESIDENTE. Grazie, onorevole De Menech.
  Ha chiesto di parlare il deputato Marcolin. Ne ha facoltà.

  MARCO MARCOLIN. Signor Presidente, signor Ministro, onorevoli colleghi, il Vajont è un affluente del Piave che nasce in Friuli nella valle omonima da circa 1.900 metri sul livello del mare. Scorre in maniera abbondante per circa 13 chilometri ed affluisce nelle acque del Piave all'altezza del comune di Longarone, in provincia di Belluno.
  La SADE, la Società adriatica di elettricità, fondata da Giuseppe Volpi, conte di Misurata, nel 1905 a Venezia per la costruzione e l'esercizio di impianti per la generazione, la trasmissione e la distribuzione di energia elettrica in Italia e all'estero, aveva un progetto che veniva da lontano. Infatti, la scelta di una diga nella valle dominata dal Monte Toc risaliva al 1925. Un progetto iniziale fu oggetto di ripensamenti nel corso del tempo, rispettivamente nel 1937 e nel 1940, perché la guerra aumentava la necessità di produzione di energia. Il piano avanzava e si sviluppava nel 1943. Si pensi che tra le primissime cose della neonata Repubblica italiana, il 5 agosto 1946, c’è il via libera tecnico-burocratico al progetto della SADE e del Vajont.
  Quel 9 ottobre del 1963 gli italiani nella valle del Vajont erano tutti a casa, per cena, e molti erano gli appassionati davanti al televisore per seguire le finali di calcio di coppa dei campioni tra il Real Madrid e il Glasgow. Verso le 22 Giancarlo Rittmeyer, quella notte di guardia alla diga, chiamava l'ingegnere Biadene e questi lo rassicurava per poter dormire bene. Alle 22,39 di quel mercoledì 9 ottobre 1963 la notte viene rotta da un boato bestiale, da un fragore assordante, come mai sentito prima: dal Monte Toc si staccavano 250 milioni di metri cubi di roccia e di terra. Il tutto precipitava nell'invaso di 160 milioni di metri cubi d'acqua contenuti in una diga alta 266 metri e a quota 730 metri per far posto alla strada. Spazza via interi paesi, case, chiese, scuole, stalle e travolge abitanti di Castellavazzo, Erto, Casso, spiana Longarone ed altri paesi ancora. La diga regge: nemmeno una crepa. Forse, se non ci fosse stata la diga a tenere la montagna, quella frana sarebbe stata solo una frana.
  Gli italiani per molte ore rimangono all'oscuro di tutto. La prima notizia dell'agenzia Ansa è delle ore 1,46 del 10 ottobre, che dice: nella zona del Vajont e nell'abitato del Longarone un'enorme Pag. 56massa d'acqua è scesa dalla gola in cui si trova la diga e si è abbattuta nella valle, spazzando via decine di abitazioni e provocando morti e feriti. Le proporzioni e le cause dell'accaduto non sono ancora accertate. Nella notte buia non si accende più una luce. Poi il 10 ottobre sempre riporta un'altra agenzia Ansa delle 12,50: dal Piave continuano ad emergere centinaia di corpi straziati: uomini, donne, bambini, quasi nudi, sorpresi nel sonno. La furia delle acque ha strappato loro di dosso ogni indumento. I più sono passati inconsciamente, con tutta probabilità, dal sonno alla morte. A Longarone per trovare i cadaveri bisogna scavare col piccone. Arrivano anche gli alpini con la pala. Era noto a tutti e già da molti anni il pericolo di ciò che inesorabilmente si verificò quella sera. Tra la gente, che il nostro paese ha vissuto e purtroppo continua a vivere, non c’è stata tragedia più annunciata di quella del Vajont. Numerosi sono stati i segnali di avvertimento. Tutti sapevano che la montagna stava scivolando verso il bacino artificiale creato dalla diga.
  Gravissime sono le responsabilità dei tecnici e dei cosiddetti poteri forti della finanza, ma altrettanto pesanti e gravi le responsabilità della politica, quella con la «p» maiuscola, che ha anteposto l'interesse di pochi a scapito non tanto dell'interesse, quanto della vita stessa di migliaia di persone del nostro Paese. Per rappresentare la tragedia, il giudice istruttore del tribunale di Belluno Mario Fabbri nel 1968 apre le 458 pagine dell'ordinanza di rinvio a giudizio con la citazione biblica: «Quel giorno si ruppero le acque». Nel 1970 i giudici di primo grado accertarono l'imprevedibilità della tragedia.
  Vado a concludere e voglio concludere, signora Presidente, questo mio intervento con un articolo apparso sulla stampa locale in queste settimane, che credo renda in maniera davvero vivida ed attuale quanto accaduto il 9 novembre del 1963.

  PRESIDENTE. Concluda.

  MARCO MARCOLIN. A Longarone c’è un museo. All'ingresso pendono dal soffitto 1.910 lamelle grigie, una per ogni vittima e all'uscita 31 lamelle bianche, una per ogni bambino mai nato. La crosta di fango del Vajont ha sepolto anche 31 donne in attesa di un figlio. Nel museo ci sono anche delle lamelle attorcigliate, perché i superstiti spesso si sentono morti dentro...

  PRESIDENTE. Concluda per favore.

  MARCO MARCOLIN. ... attorcigliati nella memoria e a volte vivere nel senso di colpa è peggiore di morire. Nel cimitero di Fortogna le tombe hanno tutte la stessa data: 9 ottobre 1963... le croci sono tutte bianche..

  PRESIDENTE. Deve concludere: è un minuto oltre il suo tempo. Chiuda per favore.

  MARCO MARCOLIN. ... e tutti uguali sotto la terra, come quella notte sotto il fango (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Causin. Ne ha facoltà.

  ANDREA CAUSIN. Signor Presidente, onorevoli colleghi, non è facile dire qualche cosa di significativo sulla tragedia del Vajont senza cadere nella facile retorica di cui sono intrise le cronache di questi giorni. Oggi molti, molti di noi, molte persone sanno quello che accadde quella sera del 9 ottobre del 1963, le dinamiche geologiche della frana del Monte Toc, le tecniche di costruzione della più bella diga del mondo, le omissioni criminali della Società Adriatica Di Elettricità, il silenzio della stampa nei mesi precedenti al disastro e le gravi e ingiustificabili responsabilità dello Stato. Ma per molti anni non è stato così. C’è stato il silenzio, c’è stato l'oblio, esattamente come accadde dopo grandi tragedie della storia, come accadde immediatamente dopo un olocausto, parola che, nella traduzione letterale dal greco, significa «ciò che è stato bruciato interamente».Pag. 57
  Per anni l'Italia ha dimenticato il Vajont, ha dimenticato i morti e ha dimenticato soprattutto i vivi. Ha dimenticato le ragioni di questa immane tragedia. E anche noi, gente di pianura, che oggi siamo qui a fare la commemorazione, quella pianura che è bagnata dalla stessa acqua che in quella notte maledetta ha portato a valle molti dei corpi di quelle 1.917 vite falciate, abbiamo rimosso per paura o per pudore di una tragedia troppo grande. Longarone è ancora lì, sulla strada per le montagne. Quando ero bambino la diga si concedeva al mio sguardo per pochi secondi, fugace e grigia sulla destra. Salendo verso il Cadore in occasione delle vacanze estive, di quelle invernali e delle gite domenicali, a volte durante il viaggio chiedevo spiegazioni. Dagli adulti soltanto parole estorte di cortesia. Sì, una diga che è caduta. E anche racconti di una lontana parente di Mestre che aveva vinto il concorso di ostetrica a Longarone e che insieme alla sua famiglia era andata a trovare un tragico destino.
  Poi, come bene ha raccontato Marco Paolini nell’incipit della sua orazione civile, è arrivato anche per me il momento in cui mi sono chiesto: ma la diga è lì, non è caduta, non è stato un cedimento strutturale. E, allora, che cosa è davvero successo in quella notte ? Il 9 ottobre, alle ore 22,39, una grande frana si è staccata dal Monte Toc e ha falciato vite, 1.917 vite, e centinaia di bambini e di ragazzi. Non è stata una tragedia, come si è detto anche qui in quest'Aula oggi, ma è stata una vera e propria strage di Stato, come successivamente è emerso dall'inchiesta. Da alcuni anni, proprio come succede dopo un olocausto, si è iniziato a fare memoria. L'orazione civile di Marco Paolini, il film di Martinelli, i racconti di Mauro Corona, i documentari del National Geographic e soprattutto il racconto di chi è sopravvissuto. Dopo un lungo silenzio c’è oggi il rischio di speculare sui morti. Quante volte ho sentito dire: sono vittime del progresso, come le centinaia di operai che sono morti a Marghera per mesotelioma dovuto all'esposizione al CVM. La verità è che non sono vittime del progresso, ma sono vittime del comportamento criminale di chi ha voluto massimizzare il profitto e di chi ha scelto di venire meno alla propria deontologia professionale o peggio di chi è stato un pessimo o un cattivo servitore dello Stato.
  A distanza di cinquant'anni siamo chiamati a fare memoria in quest'Aula, soprattutto in quest'Aula. Non sia solo la pietà per i morti e la solidarietà per i vivi. Fare memoria, quando si è di fronte ad un olocausto, significa dire «mai più», soprattutto quando carnefice e complice è lo Stato. Dal Vajont dobbiamo trarre un insegnamento perché questo non accada mai più (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato La Russa. Ne ha facoltà.

  IGNAZIO LA RUSSA. Signor Presidente, anch'io mi ero preparato parole di cordoglio, parole di denunzia, parole anche pesanti, ma siccome sono l'ultimo o il penultimo a parlare credo che lasciare gli appunti ed esprimere a braccio qualche sentimento o forse qualche opinione, possa valere di più. Basta il cordoglio cinquant'anni dopo, mi chiedo ? Bastano le denunzie delle responsabilità non punite sostanzialmente ?
  Bastano le buone intenzioni per il presente, per il futuro o le belle parole che tutti possiamo pronunziare in quest'Aula assolutamente convinti non ipocritamente, se poi però il ricordo di quella storia di morte, di orrore, di dolore ma anche di ingiustizia finisse per non insegnarci molto ?
  Credo che cinquant'anni dopo non bastino più cordoglio, denunzia, buone intenzioni e belle parole. Anzitutto ci vuole un atto importante se vogliamo aggiungere qualcosa, compiuto dalle istituzioni che chieda perdono ai morti e alle famiglie di quei poveri morti: un atto di richiesta di perdono che deve e può venire dalle più alte cariche istituzionali del nostro Paese. Ma se questo succederà, non sarà sufficiente neanche questo. Occorrerà davvero che ne traiamo una lezione cinquant'anni Pag. 58dopo, una lezione che anche alcuni colleghi di tutti gli orientamenti politici hanno appena espresso e cioè la considerazione che la nostra patria, la nostra Italia ha delle bellezze naturali e delle bellezze geologiche che vanno difese e tutelate costi quello che costi. È una questione forse anche di identità nazionale, non solo di sicurezza. È una questione di buonsenso che tante volte si è infranta contro la logica del bilancio, contro la logica di altre esigenze ritenute più importanti, prioritarie rispetto alla salvaguardia dell'ambiente, alla salvaguardia delle nostre bellezze naturali o semplicemente della natura della nostra Italia.
  Non dirò quindi, non leggerò, non ricorderò molto della cronaca che abbiamo appena doverosamente risentito. Mi limiterò a ricordare i nomi dei paesi travolti da quel mare di fango e di acqua il 9 ottobre 1963. Furono inghiottite le cittadine di Longarone, Faè, Rivalta, Villanuova, Pirago, Erto e Casso e in quattro minuti furono spazzate via queste città insieme a 2 mila anime che trovarono la morte. Oggi a cinquant'anni di distanza, accanto alle buone intenzioni forse ancora una volta, come ebbe a dire un ingegnere soltanto poche ore prima del disastro, quando forse si poteva ancora intervenire, «Che Dio ce la mandi buona» è la frase che possiamo ripetere per il futuro: che Dio ce la mandi buona, ma che ce la mandi buona anche con l'aiuto di chi, come noi, ha dei doveri, non solo di cordoglio.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Pastorelli. Ne ha facoltà.

  ORESTE PASTORELLI. Signora Presidente, signori membri del Governo, onorevoli colleghi, era il 9 ottobre del 1963 quando il Paese fu scosso dalla tragica notizia del disastro del Vajont. Tante parole sono state spese per ricordare le vittime stroncate, quelle 1.918 persone che in quel terribile giorno rimasero sepolte sotto un mare di fango. Nessuna sarà mai sufficiente per compensare il dolore dei familiari, per risanare la ferita profonda che il paese di Longarone e il fondovalle veneto continuerà a portare negli anni a venire e per riportare in vita i nostri concittadini.
  Come ogni disastro però è dovere morale, oltre che responsabilità politica, quella di capire cosa sia avvenuto ed evitare così il ripetersi di simili tragedie.
  Per questo, onorevoli colleghi, proprio in questa sede, credo che ricordare il 9 ottobre di cinquant'anni fa debba rappresentare principalmente un'occasione di riflessione sul passato, così come sul presente e sul futuro; l'Italia vive un momento difficile, sono tante le emergenze e le sfide che come classe politica siamo chiamati ad affrontare. Non per questo, però, possiamo dimenticare l'importanza e il valore profondo che il territorio e l'ambiente costituiscono per l'Italia e per il nostro Paese. Ricordare, oggi, la tragedia del Vajont impone un profondo ripensamento sul modo in cui la speculazione edilizia, il mancato rispetto delle norme ambientali e, in generale, un atteggiamento sprezzante nei confronti delle risorse naturali del nostro territorio possono essere alla radice di disastri che, come nel caso che ci troviamo a commemorare, assumono dimensioni spaventose. Il Vajont avrebbe dovuto rappresentare un punto di svolta, avremmo dovuto da allora imporre un definitivo mai più; così non è stato, purtroppo. In occasione di altri disastri, troppo spesso, a determinare l'alto prezzo di vite umane è stata non già l'azione della forza distruttrice della natura, ma il non rispetto delle norme, l'inseguire logiche speculative e, non ultimo, l'intervento della criminalità. Per questo, nel rispetto delle tante vite perdute, vorrei che la data di oggi potesse rappresentare, più che la rituale commemorazione di una tragedia ormai compiuta, il punto di partenza di un percorso politico che miri ad intervenire sul territorio, considerandolo una risorsa e non un terreno di conquista da inondare di cemento (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Partito Socialista Italiano (PSI)-Liberali per l'Italia (PLI)).

Pag. 59

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, Maurizio Lupi. Ne ha facoltà.

  MAURIZIO LUPI, Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. Signora Presidente, ringrazio, ovviamente, tutti i colleghi che sono intervenuti. Il Governo condivide e si associa alle parole che sono state pronunciate da lei, Presidente, e da tutti i colleghi. Millenovecentodieci morti, millenovecentodieci vittime innocenti, lo avete ripetuto anche voi, cari colleghi, non vittime di una disgrazia ma vittime di una tragedia.
  La memoria e il ricordo; che senso hanno la memoria e il ricordo a distanza di cinquant'anni ? Hanno un senso proprio perché la memoria e il ricordo sono le fondamenta di uno Stato, di un Paese, sono le fondamenta di una cultura; se ci insegnano qualcosa, oggi, questa memoria e questo ricordo nell'azione del presente ci proiettano verso le azioni del futuro. Avendo ascoltato anche i vostri interventi mi sono segnato quattro brevissimi punti che danno contenuto e declinano questa memoria e questo ricordo della tragedia del Vajont. Il primo: era una tragedia prevedibile, era una tragedia evitabile, era una tragedia che ha gravi, gravissime responsabilità, come è emerso, poi, dalle indagini successive. Allora, è evidente che il primo insegnamento non può che essere riguardo alla responsabilità di chi governa, di chi fa politica, di chi rappresenta le istituzioni, di chi fa impresa, di chi progetta e programma gli interventi sul territorio. Tutte queste azioni devono, comunque, sempre, essere ispirate e giudicate da una domanda comune: servono e aiutano al bene comune di un Paese, di una popolazione, di un territorio ?
  Il secondo: la grande solidarietà e le virtù civiche che sono emerse, come sempre emergono nella storia del nostro Paese e che fanno grande l'Italia. Il terzo: sviluppo infrastrutturale e difesa del territorio possono e debbono andare di pari passo, non deve esserci nessun compromesso nella difesa dell'ambiente, nella difesa dello sviluppo del territorio, ma dobbiamo, anche grazie alla cultura e alla coscienza di un Paese e di una classe, spero, politica, capire che difesa del territorio, salvaguardia del territorio, realizzazione di piccole, medie e grandi infrastrutture devono essere l'obiettivo che ci permetta di rendere un Paese più grande, più adeguato allo sviluppo della competitività, ma contemporaneamente più attento alla salvaguardia del proprio ambiente.
  Infine, faccio mia la risoluzione della Commissione VIII, che ringrazio come sempre per il lavoro puntuale che svolge, anche di sollecitazione all'azione del Governo. C’è una sfida, se tutto questo non può e non deve rimanere solo un ricordo del passato: qual è lo spazio, quali sono le risorse che un Paese come il nostro dedica alla manutenzione ordinaria e straordinaria di un territorio, alla prevenzione del dissesto idrogeologico, ad una pianificazione di un territorio che si dà come priorità, più che lo sviluppo, il recupero e la riqualificazione, in una parola ovviamente una politica anche infrastrutturale che vince la sfida di rendere più qualitativamente competitivo, più attento alla salvaguardia del territorio, più attento all'interesse dei cittadini il nostro Paese e la nostra azione politica (Applausi dei deputati del gruppo Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente).

Messaggio del Presidente della Repubblica al Parlamento (ore 16,05).

  PRESIDENTE. Colleghi, Il Presidente della Repubblica oggi ha mandato il messaggio rivolto ai Presidenti di Camera e Senato. Il messaggio è di diverse pagine, quindi vi prego di concentrarvi su questo messaggio. Vi sottopongo il testo qui riportato:
  «Onorevole Presidente, ho l'onore di trasmetterle il messaggio sulla questione carceraria che invio alle Camere avvalendomi della facoltà conferitami dall'articolo 87, secondo comma, della Costituzione. Con viva cordialità, Giorgio Napolitano».
  «Onorevoli Parlamentari, nel corso del mandato conferitomi con l'elezione a Presidente Pag. 60il 10 maggio 2006 e conclusosi con la rielezione il 20 aprile 2013, ho colto numerose occasioni per rivolgermi direttamente al Parlamento al fine di richiamarne l'attenzione su questioni generali relative allo stato del Paese e delle istituzioni repubblicane, al profilo storico e ideale della nazione. Ricordo soprattutto i discorsi dinanzi alle Camere riunite per il 60o anniversario della Costituzione e per il 150o anniversario dell'Unità d'Italia. E potrei citare anche altre occasioni, meno solenni, in cui mi sono rivolto al Parlamento. Non l'ho fatto, però, ricorrendo alla forma del messaggio di cui la Costituzione attribuisce la facoltà al Presidente.
  E ciò si spiega con la considerazione, già da tempo presente in dottrina, della non felice esperienza di formali «messaggi» inviati al Parlamento dal Presidente della Repubblica senza che ad essi seguissero, testimoniandone l'efficacia, dibattiti e iniziative, anche legislative, di adeguato e incisivo impegno.
  Se mi sono risolto a ricorrere ora alla facoltà di cui al secondo comma dell'articolo 87 della Carta, è per porre a voi con la massima determinazione e concretezza una questione scottante, da affrontare in tempi stretti nei suoi termini specifici e nella sua più complessiva valenza.
  Parlo della drammatica questione carceraria e parto dal fatto di eccezionale rilievo costituito dal pronunciamento della Corte europea dei diritti dell'uomo.
  Quest'ultima, con la sentenza – approvata l'8 gennaio 2013 secondo la procedura della sentenza pilota – (Torreggiani e altri sei ricorrenti contro l'Italia), ha accertato, nei casi esaminati, la violazione dell'articolo 3 della Convenzione europea che, sotto la rubrica «Proibizione della tortura», pone il divieto di pene e di trattamenti disumani o degradanti a causa della situazione di sovraffollamento carcerario in cui i ricorrenti si sono trovati.
  La Corte ha affermato, in particolare, che «la violazione del diritto dei ricorrenti di beneficiare di condizioni detentive adeguate non è la conseguenza di episodi isolati, ma trae origine da un problema sistemico risultante da un malfunzionamento cronico proprio del sistema penitenziario italiano, che ha interessato e può interessare ancora in futuro numerose persone» e che «la situazione constatata nel caso di specie è costitutiva di una prassi incompatibile con la Convenzione».
  Per quanto riguarda i rimedi al «carattere strutturale e sistemico del sovraffollamento carcerario» in Italia, la Corte ha richiamato la raccomandazione del Consiglio d'Europa «a ricorrere il più possibile alle misure alternative alla detenzione e a riorientare la loro politica penale verso il minimo ricorso alla carcerazione, allo scopo, tra l'altro, di risolvere il problema della crescita della popolazione carceraria».
  In ordine all'applicazione della Convenzione, la Corte ha rammentato che, in materia di condizioni detentive, i rimedi «preventivi» e quelli di natura «compensativa» devono considerarsi complementari e vanno quindi apprestati congiuntamente. Fermo restando che la migliore riparazione possibile è la rapida cessazione della violazione del diritto a non subire trattamenti inumani e degradanti.
  La stessa decisione adottata, con voto unanime, dalla Corte di Strasburgo ha fissato il termine di un anno perché l'Italia si conformi alla sentenza ed ha stabilito di sospendere, in pendenza di detto termine, le procedure relative alle «diverse centinaia di ricorsi proposti contro l'Italia»; ricorsi che, in assenza di effettiva, sostanziale modifica della situazione carceraria, appaiono destinati a sicuro accoglimento stante la natura di sentenza pilota.
  Il termine annuale decorre dalla data in cui la sentenza è divenuta definitiva, ossia dal giorno 28 marzo 2013, in cui è stata respinta l'istanza di rinvio alla Grande Chambre della Corte, presentata dall'Italia al fine di ottenere un riesame della sentenza. Pertanto, il termine concesso dalla Corte allo Stato italiano verrà a scadere il 28 maggio 2014.
  Vale la pena di ricordare che la sentenza del gennaio scorso segue la pronunzia con cui quattro anni fa la stessa Corte europea aveva già giudicato le condizioni carcerarie del nostro Paese incompatibili Pag. 61con l'articolo 3 della Convenzione (Sulejmanovic contro l'Italia, 16 luglio 2009), ma non aveva ritenuto di fissare un termine per l'introduzione di idonei rimedi interni. Anche perciò ho dovuto mettere in evidenza – all'atto della pronuncia della recente sentenza «Torreggiani» – come la decisione rappresenti «una mortificante conferma della perdurante incapacità del nostro Stato a garantire i diritti elementari dei reclusi in attesa di giudizio e in esecuzione di pena e nello stesso tempo una sollecitazione pressante da parte della Corte a imboccare una strada efficace per il superamento di tale ingiustificabile stato di cose».
  L'articolo 46 della Convenzione europea stabilisce, invero, che gli Stati aderenti «si impegnano a conformarsi alle sentenze definitive della Corte sulle controversie nelle quali sono parti». Tale impegno, secondo l'interpretazione costante della Corte costituzionale (a partire dalle sentenze n. 348 e 349 del 2007), rientra nell'ambito dell'articolo 117 della Costituzione, secondo cui la potestà legislativa è esercitata dallo Stato «nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali».
  In particolare, la Corte costituzionale ha recentemente stabilito che in caso di pronunce della Corte europea dei diritti dell'uomo che accertano la violazione da parte di uno Stato delle norme della Convenzione, «è fatto obbligo per i poteri dello Stato, ciascuno nel rigoroso rispetto delle proprie attribuzioni, di adoperarsi affinché gli effetti normativi lesivi della Convenzione cessino».
  La cessazione degli effetti lesivi si ha, innanzitutto, con il porre termine alla lesione del diritto e, soltanto in via sussidiaria, con la riparazione delle conseguenze della violazione già verificatasi. Da qui deriva il dovere urgente di far cessare il sovraffollamento carcerario rilevato dalla Corte di Strasburgo, più ancora che di procedere ad un ricorso interno idoneo ad offrire un ristoro per le condizioni di sovraffollamento già patite dal detenuto. Questo ultimo rimedio, analogo a quello che la legge 24 marzo 2001, n. 89, ha introdotto per la riparazione nei casi di violazione del diritto alla durata ragionevole del processo, lascerebbe sussistere i casi di violazione dell'articolo 3 della Convenzione, limitandosi a riconoscere all'interessato una equa soddisfazione pecuniaria, inidonea a tutelare il diritto umano del detenuto oltre che irragionevolmente dispendiosa per le finanze pubbliche.
  Da una diversa prospettiva, la gravità del problema è stata da ultimo denunciata dalla Corte dei conti, pronunciatasi – in sede di controllo sulla gestione del Ministero della giustizia nell'anno 2012 – sugli esiti dell'indagine condotta su «l'assistenza e la rieducazione dei detenuti». Essa ha evidenziato che il sovraffollamento carcerario – unitamente alla scarsità delle risorse disponibili – incide in modo assai negativo sulla possibilità di assicurare effettivi percorsi individualizzati volti al reinserimento sociale dei detenuti. Viene così ad essere frustrato il principio costituzionale della finalità rieducativa della pena, stante l'abisso che separa una parte – peraltro di intollerabile ampiezza – della realtà carceraria di oggi dai principi dettati dall'articolo 27 della Costituzione.
  Il richiamo ai principi posti dall'articolo 27 e dall'articolo 117 della nostra Carta fondamentale qualifica come costituzionale il dovere di tutti i poteri dello Stato di far cessare la situazione di sovraffollamento carcerario entro il termine posto dalla Corte europea, imponendo interventi che riconducano comunque al rispetto della Convenzione sulla salvaguardia dei diritti umani.
  La violazione di tale dovere comporta tra l'altro ingenti spese derivanti dalle condanne dello Stato italiano al pagamento degli equi indennizzi previsti dall'articolo 41 della Convenzione: condanne che saranno prevedibilmente numerose, in relazione al rilevante numero di ricorsi ora sospesi ed a quelli che potranno essere proposti a Strasburgo. Ma l'Italia viene, soprattutto, a porsi in una condizione che ho già definito umiliante sul piano internazionale per le tantissime violazioni di quel divieto di trattamenti inumani e degradanti Pag. 62nei confronti dei detenuti che la Convenzione europea colloca accanto allo stesso diritto alla vita. E tale violazione dei diritti umani va ad aggiungersi, nella sua estrema gravità, a quelle, anch'esse numerose, concernenti la durata non ragionevole dei processi.
  Ma l'inerzia di fronte al dovere derivante dalla citata sentenza pilota della Corte di Strasburgo potrebbe avere altri effetti negativi oltre quelli già indicati.
  Proprio in ragione dei citati profili di costituzionalità, alcuni Tribunali di sorveglianza hanno recentemente sollevato questione di legittimità costituzionale dell'articolo 147 del codice penale (norma che stabilisce i casi di rinvio facoltativo dell'esecuzione della pena), per la parte in cui non prevede che si possa ordinare il differimento della pena carceraria anche nel caso di un prevedibile svolgimento della pena (in relazione alla situazione del singolo istituto penitenziario) in condizioni contrarie al senso di umanità. Il possibile accoglimento della questione da parte della Corte costituzionale avrebbe consistenti effetti sulla esecuzione delle condanne definitive a pene detentive.
  Sottopongo dunque all'attenzione del Parlamento l'inderogabile necessità di porre fine, senza indugio, a uno stato di cose che ci rende tutti corresponsabili delle violazioni contestate all'Italia dalla Corte di Strasburgo: esse si configurano, non possiamo ignorarlo, come inammissibile allontanamento dai principi e dall'ordinamento su cui si fonda quell'integrazione europea cui il nostro Paese ha legato i suoi destini.
  Ma si deve aggiungere che la stringente necessità di cambiare profondamente la condizione delle carceri in Italia costituisce non solo un imperativo giuridico e politico, bensì in pari tempo un imperativo morale. Le istituzioni e la nostra opinione pubblica non possono e non devono scivolare nell'insensibilità e nell'indifferenza, convivendo – senza impegnarsi e riuscire a modificarla – con una realtà di degrado civile e di sofferenza umana come quella che subiscono decine di migliaia di uomini e donne reclusi negli istituti penitenziari. Il principio che ho poc'anzi qualificato come «dovere costituzionale», non può che trarre forza da una drammatica motivazione umana e morale ispirata anche a fondamentali principi cristiani.
  Com’è noto, ho già evidenziato in più occasioni la intollerabilità della situazione di sovraffollamento carcerario degli istituti penitenziari. Nel 2011, in occasione di un convegno tenutosi in Senato, avevo sottolineato che la realtà carceraria rappresenta «un'emergenza assillante, dalle imprevedibili e al limite ingovernabili ricadute, che va affrontata senza trascurare i rimedi già prospettati e in parte messi in atto, ma esaminando ancora con la massima attenzione ogni altro possibile intervento e non escludendo pregiudizialmente nessuna ipotesi che possa rendersi necessaria».
  Orbene, dagli ultimi dati del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria (DAP) del Ministero della Giustizia – aggiornati al 30 settembre 2013 – risulta che il numero di persone detenute è pari a 64.758, mentre la «capienza regolamentare» è di 47.615.
  Secondo i dati statistici relativi alla percentuale dei detenuti sul totale della popolazione dei diversi Paesi, pubblicati dal Consiglio d'Europa, nell'anno 2011 in Italia vi erano 110,7 detenuti ogni 100.000 abitanti. Nel confronto con gli altri Paesi europei tale dato è sostanzialmente pari a quello della Grecia e Francia (rispettivamente, 110,3 e 111,3) e viene superato da Inghilterra e Spagna (entrambe oltre quota 150). Peraltro, l'Italia – nello stesso anno 2011 – si posizionava, tra i Paesi dell'Unione Europea, ai livelli più alti nell'indice percentuale tra detenuti presenti e posti disponibili negli istituti penitenziari (ossia l'indice del «sovraffollamento carcerario»), con una percentuale pari al 147 per cento. Solo la Grecia ci superava con il 151,7 per cento.
  Per il 2012 non sono ancora disponibili i dati del Consiglio d'Europa; da una ricerca di un'organizzazione indipendente (International Center for prison studies), risulta comunque confermato l'intollerabile livello di congestione del sistema carcerario Pag. 63italiano che, nonostante una riduzione percentuale rispetto all'anno precedente, ha guadagnato il – non encomiabile – primato del sovraffollamento tra gli Stati dell'Unione Europea, con la percentuale del 140,1 per cento, mentre la Grecia ci seguiva con un indice pari al 136,5 per cento.
  E vengo ai rimedi prospettati o già in atto. Per risolvere la questione del sovraffollamento, si possono ipotizzare diverse strade, da percorrere congiuntamente.
  A) ridurre il numero complessivo dei detenuti attraverso innovazioni di carattere strutturale quali:
   1) l'introduzione di meccanismi di probation. A tale riguardo, il disegno di legge delega approvato dalla Camera e ora all'esame del Senato, prevede, per taluni reati e in caso di assenza di pericolosità sociale, la possibilità per il giudice di applicare direttamente la «messa alla prova» come pena principale. In tal modo il condannato eviterà l'ingresso in carcere venendo, da subito, assegnato a un percorso di reinserimento;
   2) la previsione di pene limitative della libertà personale, ma «non carcerarie». Anche su questo profilo incide il disegno di legge ora citato, che intende introdurre la pena – irrogabile direttamente dal giudice con la sentenza di condanna – della «reclusione presso il domicilio»;
   3) la riduzione dell'area applicativa della custodia cautelare in carcere. A tale proposito, dai dati del DAP risulta che, sul totale dei detenuti, quelli «in attesa di primo giudizio» sono circa il 19 per cento; quelli condannati in primo e secondo grado complessivamente anch'essi circa il 19 per cento; il restante 62 per cento sono «definitivi» cioè raggiunti da una condanna irrevocabile. Nella condivisibile ottica di ridurre l'ambito applicativo della custodia carceraria è già intervenuta la legge n. 94 del 2013, di conversione del decreto legge n. 78 del 2013, che ha modificato l'articolo 280 del codice di procedura penale, elevando da quattro a cinque anni di reclusione il limite di pena che può giustificare l'applicazione della custodia in carcere;
   4) l'accrescimento dello sforzo diretto a far sì che i detenuti stranieri possano espiare la pena inflitta in Italia nei loro Paesi di origine. In base ai dati del DAP, la percentuale dei cittadini stranieri sul totale dei detenuti è circa il 35 per cento. Il Ministro Cancellieri, parlando recentemente alla Camera dei deputati, ha concordato sulla necessità di promuovere e attuare specifici accordi con i Paesi di origine dei detenuti stranieri (l'Italia ha aderito alla Convenzione europea sul trasferimento delle persone condannate e ha già stipulato nove accordi bilaterali in tal senso). Ella ha tuttavia dato notizia degli scarsi (purtroppo) risultati concreti conseguiti sinora. Nel corso del 2012 solo 131 detenuti stranieri sono stati trasferiti nei propri Paesi (mentre nei primi sei mesi del 2013 il numero è di 82 trasferimenti). Ciò, secondo il Ministro, dipende, in via principale, dalla complessità delle procedure di omologazione delle condanne emesse in Italia da parte delle autorità straniere. Il Ministro si è impegnato per rivedere il contenuto degli accordi al fine di rendere più rapidi e agevoli i trasferimenti e per stipulare nuove convenzioni con i Paesi (principalmente dell'area del Maghreb) da cui proviene la maggior parte dei detenuti stranieri. Tra i fattori di criticità del meccanismo di trasferimento dei detenuti stranieri, va annoverata anche la difficoltà, sul piano giuridico, di disporre tale misura nei confronti degli stranieri non ancora condannati in via definitiva, che rappresentano circa il 45 per cento del totale dei detenuti stranieri;
   5) l'attenuazione degli effetti della recidiva quale presupposto ostativo per l'ammissione dei condannati alle misure alternative alla detenzione carceraria; in tal senso un primo passo è stato compiuto a seguito dell'approvazione della citata legge n. 94 del 2013, che ha anche introdotto modifiche all'istituto della liberazione anticipata. Esse consentono di detrarre dalla pena da espiare i periodi di Pag. 64«buona condotta» riferibili al tempo trascorso in «custodia cautelare», aumentando così le possibilità di accesso ai benefici penitenziari;
   6) infine, una incisiva depenalizzazione dei reati, per i quali la previsione di una sanzione diversa da quella penale può avere una efficacia di prevenzione generale non minore.
  B) Aumentare la capienza complessiva degli istituti penitenziari. In tale ottica è recentemente intervenuto il già richiamato (e convertito in legge) decreto-legge n. 78 del 2013, che ha inteso dare un nuovo impulso al «Piano Carceri» (i cui interventi si dovrebbero concludere, prevedibilmente, entro la fine del 2015).
  Il Ministro della Giustizia, Cancellieri, ha dichiarato, intervenendo alla Camera, che «entro il mese di maggio 2014 saranno disponibili altri 4 mila nuovi posti detentivi mentre al completamento del Piano Carceri i nuovi posti saranno circa 10 mila». In una successiva dichiarazione, il Ministro, nel confermare che al completamento del Piano Carceri la capienza complessiva aumenterà di 10.000 unità, ha precisato che «entro la fine del corrente anno saranno disponibili 2.500 nuovi posti detentivi» e che «è in progetto il recupero di edifici oggi destinati ad ospedale psichiatrico giudiziario e la riapertura di spazi detentivi nell'isola di Pianosa».
  Ma, in conclusione, l'incremento ipotizzato della ricettività carceraria – certamente apprezzabile – appare, in relazione alla «tempistica» prevista per l'incremento complessivo, insufficiente rispetto all'obbiettivo di ottemperare tempestivamente e in modo completo alla sentenza della Corte di Strasburgo.
  Tutti i citati interventi – certamente condivisibili e di cui ritengo auspicabile la rapida definizione – appaiono parziali, in quanto inciderebbero verosimilmente pro futuro e non consentirebbero di raggiungere nei tempi dovuti il traguardo tassativamente prescritto dalla Corte europea.
  Ritengo perciò necessario intervenire nell'immediato (il termine fissato dalla sentenza «Torreggiani» scadrà, come già sottolineato, il 28 maggio 2014) con il ricorso a «rimedi straordinari».
  C) Considerare l'esigenza di rimedi straordinari.
  La prima misura su cui intendo richiamare l'attenzione del Parlamento è l'indulto, che – non incidendo sul reato, ma comportando solo l'estinzione di una parte della pena detentiva – può applicarsi ad un ambito esteso di fattispecie penali (fatta eccezione per alcuni reati particolarmente odiosi). Ritengo necessario che – onde evitare il pericolo di una rilevante percentuale di ricaduta nel delitto da parte di condannati scarcerati per l'indulto, come risulta essere avvenuto in occasione della legge n. 241 del 2006 – il provvedimento di clemenza sia accompagnato da idonee misure, soprattutto amministrative, finalizzate all'effettivo reinserimento delle persone scarcerate, che dovrebbero essere concretamente accompagnate nel percorso di risocializzazione.
  Al provvedimento di indulto, potrebbe aggiungersi una amnistia (Applausi dei deputati del gruppo Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente).
  Rilevo che dal 1953 al 1990 sono intervenuti tredici provvedimenti con i quali è stata concessa l'amnistia (sola o unitamente all'indulto). In media, dunque, per quasi quaranta anni sono state varate amnistie con cadenza inferiore a tre anni. Dopo l'ultimo provvedimento di amnistia (d.P.R. n. 75 del 1990) – risalente a ventitré anni fa – è stata, approvata dal Parlamento soltanto una legge di clemenza, relativa al solo indulto (legge n. 241 del 2006).
  Le ragioni dell'assenza di provvedimenti di amnistia dopo il 1990 e l'intervento, ben sedici anni dopo tale data, del solo indulto di cui alla legge n. 241 del 2006, sono da individuare, oltre che nella modifica costituzionale che ha previsto per le leggi di clemenza un quorum rafforzato (maggioranza di due terzi dei componenti di ciascuna Camera), anche in una «ostilità agli atti di clemenza» diffusasi nell'opinione pubblica; ostilità cui si sono aggiunti, anche in anni recenti, numerosi provvedimenti che hanno penalizzato – o Pag. 65sanzionato con maggior rigore – condotte la cui reale offensività è stata invece posta in dubbio da parte della dottrina penalistica (o per le quali è stata posta in dubbio l'efficacia della minaccia di una sanzione penale).
  Ritengo che ora, di fronte a precisi obblighi di natura costituzionale e all'imperativo – morale e giuridico – di assicurare un «civile stato di governo della realtà carceraria», sia giunto il momento di riconsiderare le perplessità relative all'adozione di atti di clemenza generale.
  Per quanto riguarda l'ambito applicativo dell'amnistia, ferma restando la necessità di evitare che essa incida su reati di rilevante gravità e allarme sociale (basti pensare ai reati di violenza contro le donne), non ritengo che il Presidente della Repubblica debba – o possa – indicare i limiti di pena massimi o le singole fattispecie escluse. La «perimetrazione» della legge di clemenza rientra, infatti, tra le esclusive competenze del Parlamento e di chi eventualmente prenderà l'iniziativa di una proposta di legge in materia.
  L'opportunità di adottare congiuntamente amnistia e indulto (come storicamente è sempre avvenuto sino alla legge n. 241 del 2006, di sola concessione dell'indulto) deriva dalle diverse caratteristiche dei due strumenti di clemenza. L'indulto, a differenza dell'amnistia, impone di celebrare comunque il processo per accertare la colpevolezza o meno dell'imputato e, se del caso, applicare il condono, totale o parziale, della pena irrogata (e quindi – al contrario dell'amnistia che estingue il reato – non elimina la necessità del processo, ma annulla, o riduce, la pena inflitta).
  L'effetto combinato dei due provvedimenti (un indulto di sufficiente ampiezza, ad esempio pari a tre anni di reclusione, e una amnistia avente ad oggetto fattispecie di non rilevante gravità) potrebbe conseguire rapidamente i seguenti risultati positivi:
   a) l'indulto avrebbe l'immediato effetto di ridurre considerevolmente la popolazione carceraria. Dai dati del DAP risulta che al 30 giugno 2013 circa 24.000 condannati in via definitiva si trovavano ad espiare una pena detentiva residua non superiore a tre anni; essi, quindi, per la maggior parte sarebbero scarcerati a seguito di indulto, riportando il numero dei detenuti verso la capienza regolamentare;
   b) l'amnistia consentirebbe di definire immediatamente numerosi procedimenti per fatti «bagatellari» (destinati di frequente alla prescrizione se non in primo grado, nei gradi successivi del giudizio), permettendo ai giudici di dedicarsi ai procedimenti per reati più gravi e con detenuti in carcerazione preventiva. Ciò avrebbe l'effetto – oltre che di accelerare in via generale i tempi della giustizia – di ridurre il periodo sofferto in custodia cautelare prima dell'intervento della sentenza definitiva (o comunque prima di una pronuncia di condanna, ancorché non irrevocabile);
   c) inoltre, un provvedimento generale di clemenza – con il conseguente rilevante decremento del carico di lavoro degli uffici – potrebbe sicuramente facilitare l'attuazione della riforma della geografia giudiziaria, recentemente divenuta operativa.
  La rilevante riduzione complessiva del numero dei detenuti (sia di quelli in espiazione di una condanna definitiva che di quelli in custodia cautelare), derivante dai provvedimenti di amnistia e di indulto, consentirebbe di ottenere il risultato di adempiere tempestivamente alle prescrizioni della Corte europea, e insieme, soprattutto, di rispettare i principi costituzionali in tema di esecuzione della pena.
  Appare, infatti, indispensabile avviare una decisa inversione di tendenza sui modelli che caratterizzano la detenzione, modificando radicalmente le condizioni di vita dei ristretti, offrendo loro reali opportunità di recupero. La rieducazione dei condannati – cui deve, per espressa previsione costituzionale, tendere l'esecuzione della pena – necessita di alcune precondizioni (quali la non lontananza tra il luogo di espiazione e la residenza dei familiari; la distinzione tra persone in attesa di giudizio e condannati; l'adeguata Pag. 66tutela del diritto alla salute; dignitose condizioni di detenzione; differenziazione dei modelli di intervento) che possono realizzarsi solo se si eliminerà il sovraffollamento carcerario.
  A ciò dovrebbe accompagnarsi l'impegno del Parlamento e del Governo a perseguire vere e proprie riforme strutturali – oltre le innovazioni urgenti già indicate sotto la lettera A) di questo messaggio – al fine di evitare che si rinnovi il fenomeno del «sovraffollamento carcerario». Il che mette in luce la connessione profonda tra il considerare e affrontare tale fenomeno e il mettere mano a un'opera, da lungo tempo matura e attesa, di rinnovamento dell'Amministrazione della giustizia.
  La connessione più evidente è quella tra irragionevole lunghezza dei tempi dei processi ed effetti di congestione e ingovernabilità delle carceri. Ma anche rimedi qui prima indicati, come «un'incisiva depenalizzazione», rimandano a una riflessione d'insieme sulle riforme di cui ha bisogno la giustizia: e per giungere a individuare e proporre formalmente obbiettivi di questa natura, potrebbe essere concretamente di stimolo il capitolo V della relazione finale presentata il 12 aprile 2013 dal Gruppo di lavoro da me istituito il 31 marzo che affiancò ai temi delle riforme istituzionali quelli, appunto, dell'Amministrazione della giustizia. Auspico che il presente messaggio possa valere anche a richiamare l'attenzione sugli orientamenti di quel Gruppo di lavoro, condivisi da esponenti di diverse forze politiche.
  Onorevoli parlamentari, confido che vorrete intendere le ragioni per cui mi sono rivolto a voi attraverso un formale messaggio al Parlamento e la natura delle questioni che l'Italia ha l'obbligo di affrontare per imperativi pronunciamenti europei. Si tratta di questioni e ragioni che attengono a quei livelli di civiltà e dignità che il nostro Paese non può lasciar compromettere da ingiustificabili distorsioni e omissioni della politica carceraria e della politica per la giustizia.
Firmato: Giorgio Napolitano
Controfirmato: Enrico Letta
  Roma, 7 ottobre 2013» (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente, Scelta Civica per l'Italia, Sinistra Ecologia Libertà e di deputati del gruppo Misto).
  Il messaggio del Presidente della Repubblica sarà stampato e distribuito e mi riservo di convocare, anche sentito il Presidente del Senato, la Conferenza dei presidenti di gruppo per l'approfondimento, nelle varie sedi, dei temi oggetto del messaggio che vi ho appena letto.

In morte dell'onorevole Pietro Lezzi.

  PRESIDENTE. Comunico che è deceduto l'onorevole Pietro Lezzi, già membro della Camera dei deputati dalla IV alla VII legislatura.
  La Presidenza della Camera ha già fatto pervenire ai familiari le espressioni della più sentita partecipazione al loro dolore, che desidera ora rinnovare anche a nome dell'Assemblea.

  MARCO DI LELLO. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  MARCO DI LELLO. Signora Presidente, come ha appena ricordato, ci ha lasciato, l'altro ieri, Pietro Lezzi. Pietro – l'ho sempre chiamato per nome, come fanno i socialisti, ma con la giusta deferenza, continuerò a fare così – è stato consigliere comunale, consigliere regionale, deputato, parlamentare europeo, sindaco di Napoli, ma è stato sempre un socialista ed un galantuomo, come tutti i giornali napoletani hanno oggi voluto ricordare.
  «Capa ianca», «Capa bianca» era l'appellativo affettuoso con cui amici e compagni lo chiamavano. Se n’è andato in silenzio, lui che in silenzio non era mai stato, lasciandosi dietro una scia di amicizie, simpatie, ma soprattutto rispetto. Mi piace ricordarlo in quest'Aula in un periodo di forte antipolitica. Aver avuto l'onore di conoscerlo, frequentarlo, riceverne rimbrotti, rimproveri, ma soprattutto Pag. 67sostegno ed incitamento, ha dato a me privilegi che altri non possono vantare.
  La figura del sindaco galantuomo è stata una muraglia incrollabile, che non ha mai ceduto alle offese della cronaca che si sono riversate sul Partito Socialista. Ed è anche grazie a lui se questa storia può oggi essere difesa anche da noi.
  Pietro è stato un ottimo amministratore in uno dei periodi più difficili per la città di Napoli, tra i primi a riconoscere l'importanza della difesa dell'ambiente e dei beni culturali. Una legge che porta il suo nome vincolò, salvandolo, lo straordinario patrimonio del Miglio d'Oro, creando l'Ente Ville Vesuviane, di cui fu a lungo, per mera passione, presidente ed instancabile animatore.
  Burbero, ma affettuoso, non gli piacevano più né i giornali né la politica, ma la passione, quella, lo ha accompagnato fino all'ultimo, come fino all'ultimo ha preteso di essere invitato per partecipare alle riunioni dei socialisti.
  Amava i giovani, ma era un uomo di altri tempi, di cui ci piacerebbe avere ereditato almeno un pizzico della sua generosa e sincera umanità. Non perdeva occasione per ricordare a me e a noi più giovani come all'inizio del Novecento si dicesse «quando passa un socialista, passa un galantuomo». Proveremo, con fatica, a tener fede ai suoi insegnamenti (Applausi).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Impegno. Ne ha facoltà, per due minuti.

  LEONARDO IMPEGNO. Signor Presidente, anch'io ho l'onore e anche un po’ la tristezza di ricordare l'ex sindaco di Napoli Pietro Lezzi, che è stato un esempio nel passato ed è stato un esempio anche nel passato recente. Sindaco di Napoli, parlamentare della Repubblica italiana, parlamentare europeo, demartiniano convinto, è morto – come ricordava il mio collega e amico Marco Di Lello – rivendicando la sua appartenenza al Partito Socialista. Per un periodo della sua vita ha anche sofferto per i continui attacchi che riceveva il Partito Socialista, ma con orgoglio, con la testa alta e la schiena dritta ha difeso gli ideali del socialismo italiano ed europeo.
  Era considerato il «sindaco gentiluomo», il «socialista gentiluomo». Più volte ho avuto l'onore di essere, insieme a Marco, rimproverato dal sindaco Lezzi. Rimproverato perché non facevamo abbastanza per la nostra città, rimproverato perché non riuscivamo a coinvolgere quante più persone possibili per creare un vero sviluppo duraturo e costante per la città e la provincia di Napoli.
  Poi vorrei ricordarlo con particolare affetto per la sua grande voglia di partecipare. Lo ricordo ancora, con il suo cappello e il suo bastone all'età di 90 anni, farsi strada tra i convegni, tra le persone che partecipavano ai convegni sulla città di Napoli e sedersi sempre in prima fila, pronto a evidenziare e sottolineare passaggi positivi e errori che potevamo commettere.
  Signor Presidente, concludo dicendo che non è stato un uomo del passato, sarà anche un uomo del futuro in base alle cose che ha scritto. Vorrei ricordare, anche con un po’ di sorriso sulle labbra, che le sollecitazioni che ho avuto dal «sindaco gentiluomo» di 90 anni mi sono pervenute tramite i social network e Facebook. La mia posta era piena di suggerimenti del «sindaco gentiluomo» Lezzi e così vorrei che tutta l'Aula lo ricordasse (Applausi).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Paolo Russo. Ne ha facoltà.

  PAOLO RUSSO. Scompare un socialista riformista e libertario, un uomo mite e capace di unire anche nelle difficili traversie della storia riformista italiana, demartiniano, socialista a prescindere, senza le sigle di oggi. Prima da parlamentare nazionale, da consigliere comunale di Napoli, da parlamentare europeo, da sindaco della città di Napoli, da consigliere regionale e anche, nell'ultima fase, da presidente dell'ente Ville Vesuviane egli ha sempre saputo stare dalla parte di chi aveva bisogno e di chi aveva ragione.
  I riformisti italiani, quelli della migliore tradizione, perdono un uomo serio. Io ne Pag. 68ricordo la sua straordinaria disponibilità, la sua bonomia negli anni dell'unità socialista. Perdiamo tutti un esempio della politica, quella maiuscola.

  PRESIDENTE. Questo era l'ultimo intervento in ricordo dell'onorevole Lezzi. Ora ho una comunicazione lieta. Comunico che il 4 ottobre è nata Zoe, la figlia del deputato Massimo De Rosa al quale io formulo e formuliamo tutti le più vive congratulazioni, da parte mia e di tutta l'Assemblea (Applausi).

Si riprende la discussione del disegno di legge di conversione n. 1540-A.

  PRESIDENTE. Ricordo che nella parte antimeridiana della seduta è stato da ultimo respinto l'emendamento Bueno 3.104.
  Avverto che l'articolo aggiuntivo Cozzolino 5-bis.010 è stato ritirato dal presentatore.

(Ripresa esame degli articoli – A.C. 1540-A)

  PRESIDENTE. Dobbiamo passare ora all'emendamento Molteni 4.10.
  Nessuno chiedendo di parlare, passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Molteni 4.10, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Marantelli...

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE SIMONE BALDELLI (ore 16,50).

  (Segue la votazione – Dalle tribune del pubblico si grida: «L'Italia è una Repubblica fondata sul lavoro ! La Calabria ha bisogno di lavoro !» – Applausi dei deputati dei gruppi MoVimento 5 Stelle e Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Prego gli assistenti parlamentari di intervenire (Gli assistenti parlamentari ottemperano all'invito del Presidente).

  Pastorelli... Tancredi... Vezzali...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti  421   
   Votanti  417   
   Astenuti    4   
   Maggioranza  209   
    Hanno votato
  10    
    Hanno votato
no  407).    

  (I deputati Malpezzi e Fossati hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto contrario).

  Passiamo alla votazione dell'emendamento Mucci 4.17.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mucci. Ne ha facoltà.

  MARA MUCCI. Signor Presidente, con questo emendamento noi riteniamo che restringere il campo dell'applicabilità ai processi in corso rischia di non dare sufficienti garanzie di applicazione della legge in tutti quei casi in cui si deve invece consentire alla vittima di sottrarsi alla violenza. Il punto è che il permesso di soggiorno deve essere concesso anche per fatti episodici e non gravi, per i quali la donna sceglie di cessare la convivenza col marito, anche nei casi in cui la donna è seguita solo dal centro antiviolenza e non anche dai servizi sociali. Inoltre non tutte le donne che subiscono violenza hanno necessità dei servizi sociali, altrimenti partiamo da un presupposto sbagliato, ovvero che siano tutti dei casi di disagio sociale. Il permesso di soggiorno quindi dovrebbe spettare ad ogni donna la cui situazione di regolarità dipenda dal marito o familiare violento, per il solo fatto che sceglie di Pag. 69allontanarsi dalla situazione di violenza e non solo se subisce violenza che mette a rischio la vita, un fatto peraltro assai grave e già al limite di un'azione di protezione eventuale.
  Altrimenti questo significa in un certo senso legittimare le violenze quotidiane, le ingiurie, le minacce e le offese a cui una donna è sottoposta (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Mucci 4.17, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Alfreider, Milanato, Gallinella, Palmieri, Vignali, Misuraca, Fabbri, Pesco... Se rimaniamo ciascuno al proprio posto, riusciamo a fare tutte le votazioni molto più velocemente. Colleghi, per favore, raggiungete i posti velocemente. Cera, Fraccaro, Piccione...
  Dichiaro chiusa la votazione. L'onorevole Sannicandro non è arrivato in tempo, è già chiusa.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti  460   
   Votanti  450   
   Astenuti   10   
   Maggioranza  226   
    Hanno votato
 118    
    Hanno votato
no  332).    

  (I deputati Piccione e Zan hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto contrario).

  Passiamo alla votazione dell'emendamento Molteni 4.102.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Molteni. Ne ha facoltà.

  NICOLA MOLTENI. Signor Presidente, interveniamo sull'articolo 4 sul quale abbiamo presentato precedentemente un emendamento soppressivo proprio per sottolinearne la portata sbagliata. Quest'articolo sostanzialmente, l'articolo 4 del decreto-legge, va ad applicare in maniera eccessivamente estensiva, esercitando una vera e propria forzatura sulla Convenzione di Istanbul all'articolo 59, la possibilità di poter estendere il permesso di soggiorno per scopi umanitari alle vittime straniere di reati di violenza domestica. Tra l'altro, se la concessione del permesso di soggiorno per scopi umanitari che, inoltre, come voglio ricordare, è un tipo di permesso di soggiorno presente unicamente nel nostro ordinamento, è finalizzato a due possibilità, quella di garantire la tutela della vittima straniera in caso di violenza domestica e quella di consentire alla vittima straniera che subisce violenza di poter collaborare nel corso del giudizio al procedimento penale medesimo, bene, già esiste nel nostro ordinamento un permesso di soggiorno che ha questa finalità, ovvero il permesso di soggiorno per scopi di giustizia.
  E basta leggere il testo delle relazioni, delle note che accompagnano il decreto stesso e si può vedere benissimo che la concessione di questo permesso di soggiorno, ovvero quello per scopi umanitari, rappresenta una vera e propria forzatura legata alle tipologie di reato rispetto alle quali questo permesso di soggiorno viene esteso, ovvero un numero considerevole di reati, e rischia fortemente di potersi configurare come una vera e propria sanatoria mascherata. Di più, questo permesso di soggiorno per scopi umanitari viene concesso con una durata illimitata e, quindi, senza che venga stabilito il limite temporale entro cui questo permesso di soggiorno può essere concesso e validato.
  Di più ancora non sono chiare e non sono tipizzate le modalità con le quali questo tipo di permesso di soggiorno può essere rinnovato. Quindi, invitiamo le Commissioni, invitiamo l'Aula, invitiamo tutto il Parlamento ovviamente a prendere in considerazione, se rigettato, il nostro emendamento soppressivo.
  Insisteremo con tutta una serie di emendamenti che vanno nella direzione di Pag. 70limitare e di ridurre la portata di questo permesso di soggiorno che, ripeto, rappresenta una forzatura eccessiva, ingiustificata e al limite del consentito nei confronti degli immigrati clandestini. Se si vuole garantire la tutela di natura soggettiva e la tutela nonché la partecipazione della vittima straniera immigrata clandestina durante il corso del processo vi sono già gli strumenti amministrativi consentiti dalle legge Bossi-Fini ovvero il permesso di soggiorno.
  Questo emendamento non fa null'altro che limitare la portata e la possibilità di poter riconoscere il permesso di soggiorno per scopi umanitari nelle ipotesi di cui all'articolo 572, riferendomi unicamente a quelle di cui al comma 2, cioè le lesioni personali aggravate. Mi auguro che il buonsenso di quest'Aula possa portare all'accoglimento di questo emendamento.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Di Salvo. Ne ha facoltà.

  TITTI DI SALVO. Naturalmente citare la legge Bossi-Fini oggi non mi pare la citazione di maggior appropriatezza dopo Lampedusa. In ogni caso...

  NICOLA MOLTENI. Non fare polemica, io non l'ho fatta (Dai banchi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie si grida: Ma cosa c'entra ? Cosa c'entra ?) !

  TITTI DI SALVO. C'entra sempre ! C'entra sempre !

  PRESIDENTE. Onorevole Di Salvo, la prego di rivolgersi alla Presidenza. Colleghi, per favore, facciamo parlare l'onorevole Di Salvo.

  TITTI DI SALVO. Ha ragione, signor Presidente. Volevo dirle di dire a loro che c'entra sempre.
  Detto questo, ritorno al punto. E cioè l'onorevole Molteni ha illustrato un'opinione che è esattamente specularmente contraria alla nostra. Per questo intervengo, per dichiarare il voto contrario alla filosofia che ispira quell'emendamento e gli altri successivi.
  Naturalmente noi pensiamo sia privo di argomentazione e di senso immaginare che concedere il permesso di soggiorno a donne che si trovano coinvolte, sottoposte a violenza possa configurarsi come sanatoria, quasi come a voler sostenere che ci possono essere persone che si sottopongono volontariamente alla violenza o addirittura fanno finta di essere sottoposte ad essa per poter avere il permesso di soggiorno. Quindi, da un lato, pensiamo che l'argomento non sia vero, dall'altro la discussione è molto chiara: esiste una filosofia, quella rappresentata dall'onorevole Molteni, secondo cui non bisogna concedere il permesso di soggiorno se non in casi ristrettissimi anche di fronte alla violenza dimostrata. E infine c’è un'altra cultura politica che, invece, sostiene che il permesso di soggiorno sia uno strumento necessario nelle mani di quelle persone, di quelle donne per potersi sottrarre, una condizione necessaria senza la quale la possibilità di sottrarsi alla violenza è decapitata. Per questo noi voteremo contro e parleremo da qui in avanti su ogni emendamento per motivare.

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Molteni 4.102, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  Invito i colleghi a prendere posto. Non ho alcuna intenzione di far durare votazioni minuti e minuti perché ormai l'inizio della seduta è una fase superata. Quindi, colleghi, se per favore prendiamo posto, perché ci sono molti emendamenti da affrontare e un lavoro importante da svolgere.
  (Segue la votazione).

  Ci sono colleghi che non riescono a votare presenti in Aula ?
  Russo... Chiarelli... Rotondi... Marazziti...Pag. 71
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti  478   
   Votanti  386   
   Astenuti   92   
   Maggioranza  194   
    Hanno votato
  21    
    Hanno votato
no  365).    

  Passiamo alla votazione dell'emendamento Molteni 4.103.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Molteni. Ne ha facoltà.

  NICOLA MOLTENI. Signor Presidente, credo che la collega Di Salvo abbia perso una buonissima occasione per stare zitta con riferimento alla legge Bossi-Fini. Quello che la Lega pensa con riferimento alla legge Bossi-Fini l'abbiamo detto, l'abbiamo ripetuto e noi condividiamo pienamente le parole che sono state pronunciate, in questi giorni, dal collega Pini.
  Il tema però non è questo, io ho citato la legge Bossi-Fini perché il riferimento che l'articolo 4 porta è non solo all'articolo 59 della Convenzione di Istanbul, ma all'articolo 18 della legge Bossi-Fini. Noi con questo emendamento andiamo ad intervenire con riferimento a quei reati per cui – lo voglio ricordare alla collega, e non lo dice Molteni, non lo dice la Lega, lo dicono i testi, lo dicono proprio quei testi di riferimento a cui voi spesso vi richiamate – oggi le donne straniere vittime di reati, anzi, lo preciso, le donne clandestine immigrate, vittime di reati di violenza, hanno già la possibilità di poter essere tutelate attraverso la concessione di un permesso di soggiorno; esiste già questa possibilità; esiste già la possibilità che le donne straniere vittime di violenza possano rimanere sul nostro territorio al fine di poter collaborare alla giustizia e ai procedimenti penali, attraverso un permesso di soggiorno che è il permesso di soggiorno per scopi di giustizia. Questo è quanto c’è scritto nella legge e quanto c’è scritto nelle normative in materia, quindi, la tutela ce l'hanno già, ce l'hanno per 12 mesi, possono rimanere qui, partecipano al procedimento penale e hanno, giustamente, quella forma di tutela che in casi di violenza le donne straniere meritano di poter avere. Non capiamo la necessità e l'opportunità – lo ripeto, attraverso una forzatura e un'interpretazione, a nostro avviso, estensiva e sbagliata della Convenzione di Istanbul – di riconoscere questo permesso di soggiorno per scopi umanitari senza un periodo di tempo di durata determinato. Per noi è assolutamente fondamentale che il permesso di soggiorno venga concesso per un periodo di tempo sufficiente, da un lato, alla tutela e alla possibilità di collaborare al processo, ma se fosse così già esiste un permesso di soggiorno, e dall'altro lato non capiamo la necessità di estendere la possibilità di concedere questo permesso di soggiorno a tutta una serie di reati che cito: reati di maltrattamento contro familiari e conviventi, le lesioni personali semplici e aggravate – non capiamo il motivo per cui le lesioni debbano essere anche quelle semplici – le mutilazioni genitali, il sequestro di persona, la violenza sessuale, gli atti persecutori e i reati previsti nell'articolo 380 del codice di procedura penale che è quel reato che abbiamo citato prima con riferimento all'estensione dell'arresto obbligatorio in flagranza di reato, rispetto al quale basta andare a prendere il codice e vediamo che vi è un elenco infinito e sconfinato. Di più, questo permesso di soggiorno – e lo ripeto ancora, non lo dice Molteni ma lo dice la relazione che accompagna il testo – consente a chi ne beneficia, a colui il quale viene attribuito questo permesso di soggiorno, l'esercizio del lavoro subordinato o del lavoro autonomo e può essere convertito in un permesso, non più di soggiorno, ma in un permesso di lavoro.
  Allora, noi con questo emendamento cosa andiamo a chiedere ? Andiamo a chiedere che venga tolta la possibilità che tra i reati rispetto ai quali può essere concesso il permesso di soggiorno per scopi umanitari ci sia il caso previsto dall'articolo 582, ovvero, le lesioni personali semplici. Questo è un emendamento Pag. 72di buon senso; non c'entra nulla la legge Bossi-Fini, c'entra che, rispetto alla Convenzione di Istanbul, l'interpretazione che noi diamo è l'interpretazione più attinente rispetto alle realtà e ai reali bisogni di chi beneficia di questo permesso di soggiorno.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Daniele Farina. Ne ha facoltà.

  DANIELE FARINA. Signor Presidente, anch'io sinceramente non capisco molte volte, anzi qualche volta, il senso delle nostre discussioni e posso dire che questa volta è una di quelle.
  Ciò perché gli emendamenti che i colleghi della Lega hanno presentato sono sì nel merito del provvedimento, però presi nel loro complesso hanno una funzione chiaramente ostruzionistica, perché non riguardano tanto il provvedimento in sé, ma riguardano un fatto abbastanza importante, che cominciamo a mettere mano – una delle rare volte su cui il Parlamento è successivamente intervenuto, almeno in questa direzione – sul testo unico sull'immigrazione. Penso che si tema sia un antipasto di ciò che verrà, di ciò che è annunciato, di ciò che è dovuto, di ciò che è invocato, e cioè la modifica della legge Bossi-Fini e della sottostante che dal 1998 la tiene in piedi, la Turco-Napolitano. Volevo però tranquillizzare i colleghi della Lega, che hanno fatto un elenco di articoli del codice penale, del codice di procedura penale, eccetera, perché in realtà questo testo rientra – purtroppo, dico io – nella casistica che si diceva prima. Cioè, quante saranno le donne immigrate che potranno usufruire di questa normativa ? Molto poche, purtroppo molto poche, sempre per quell'evidenza statistica che riguardava sì le donne di nazionalità italiana, ma tanto più le donne straniere, cioè la bassissima percentuale di violenze che diventa denuncia o che diventa tentativo di sottrazione. Allora, quando si nega l'apparato ideologico che governa un certo numero di emendamenti non si fa un buon lavoro, perché quello è contrastabile, è negabile, sarà oggetto di battaglie politiche, ma è dignitoso. Infierire invece a suon di emendamenti essenzialmente sulle vittime e sulla loro capacità di sottrazione, a me sinceramente non sembra un bellissimo lavoro. Però, chiudo su questo: vi immaginate a seguito del messaggio del Presidente della Repubblica che cosa potrà avvenire in quest'Aula – qualcuno l'ha già vissuto nel 2006 all'epoca dell'indulto – se le condizioni di discussione sono quelle che si palesano, che si sono palesate, sulle carceri e che si palesano su questo provvedimento, cioè sottratte al principio di realtà e confinate nel mondo dell'Iperuranio e di teologia ? Io non lo so che discussione riusciremo a fare (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, per un minuto, l'onorevole Fratoianni. Ne ha facoltà.

  NICOLA FRATOIANNI. Signor Presidente, il collega Farina ha già esposto chiaramente qual è il nostro punto di vista. Vorrei soltanto dire all'onorevole Molteni che è difficile capire come non si veda la ragione di questa norma e come invece non sia evidente la ragione di chi la vuole abrogare. Il tema del riferimento alla Bossi-Fini è il tema di riferimento ad un impianto culturale, quello che continua a vedere e ad immaginare la presenza dei migranti e delle migranti nel nostro territorio come una minaccia dalla quale guardarsi. Onorevole Molteni, c’è un piccolo particolare: se oggi capita troppo spesso che una donna italiana abbia paura di andare a denunciare una molestia, che sia semplice o aggravata, immagini cosa può succedere ad una donna migrante, che quando si trova ad essere molestata o vittima di lesioni anche semplici – vorrei poi discutere di questa caratteristica – si trova ad andare a denunciare e magari a trovarsi di fronte alla paura di essere sottoposta ad una doppia punizione: da un lato, le molestie, dall'altro, quella dell'espulsione e di finire nel circuito dei CIE e delle reclusioni (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

Pag. 73

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mucci. Ne ha facoltà.

  MARA MUCCI. Signor Presidente, per rispondere al collega Molteni, stiamo parlando di reati piccoli o grandi. Noi abbiamo dei casi, in particolare a Bologna, dove ci sono delle donne extracomunitarie che hanno più lavoretti, e questi lavoretti non permettono di avere un permesso di soggiorno, se non legato al marito. Ora, ci dovete spiegare come fa quindi una donna a slegarsi da una serie di violenze se non le si può concedere il permesso di soggiorno. Perché se mio marito mi picchia tutti i giorni posso averlo questo permesso di soggiorno, mentre se mi ingiuria o mi minaccia non posso averlo, visto che parliamo di grave o di meno grave per la violenza fisica ? Tutto questo va contro la Convenzione di Istanbul, quindi diteci chiaramente da che parte vogliamo andare (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Bragantini. Ne ha facoltà.

  MATTEO BRAGANTINI. Signor Presidente, qui si sta mistificando quello che ha detto il mio collega. Noi abbiamo già detto che la legislazione attuale prevede che ci sia il permesso di soggiorno per motivi di giustizia; e dunque, se qualcuno ha subito minacce, lesioni o altri reati, ha il diritto di avere il permesso di soggiorno: non è vietare il permesso di soggiorno. E dunque noi siamo semplicemente contro questa norma, perché va ad ampliare, e non riusciamo a capire perché è venuta a creare una nuova tipologia di permesso di soggiorno umanitario, quando già esisteva. E per rispondere alla collega Di Salvo, che nessuno si fa del male per avere un permesso di soggiorno o via dicendo...

  PRESIDENTE. La invito a concludere.

  MATTEO BRAGANTINI. ... ricordo che qualche anno fa nel mio comune, il comune di Verona qualcuno si era autolesionato e aveva denunciato un'aggressione razzista solo per non perdere il posto di lavoro.
  Dunque non è vero che non c’è gente che magari si fa del male per avere qualcosa in più. Noi semplicemente diciamo: c’è già la norma, seguiamo la norma.

  PRESIDENTE. Concluda.

  MATTEO BRAGANTINI. Semmai facciamola più specifica; ma non continuiamo ad aumentare le casistiche e nuove normative, che vanno solo a creare confusione.

  PRESIDENTE. Passiamo al voto.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Molteni 4.103, con parere contrario delle Commissioni e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Antezza, Turco, Manfredi, Fanucci, Peluffo, Vitelli...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti  467   
   Votanti  466   
   Astenuti    1   
   Maggioranza  234   
    Hanno votato
  20    
    Hanno votato
no  446).    

  (I deputati Nicchi e Misuraca hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto contrario).

  Passiamo alla votazione dell'emendamento Molteni 4.104.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Molteni. Ne ha facoltà.

  NICOLA MOLTENI. Signor Presidente, questo è un altro emendamento di merito. Tra l'altro mi sia consentito dire agli amici Pag. 74di SEL che è legittimo che vogliano cambiare – pur non condividendo ovviamente il pensiero – la legge Bossi-Fini; ma per cambiare la legge Bossi-Fini credo che prima bisogna conoscerla, perché dagli interventi che abbiamo appena ascoltato non appare così chiara la formulazione e l'impostazione di alcune norme della Bossi-Fini stessa.
  Con questo emendamento noi andiamo a ridurre l'elenco e il novero dei reati, rispetto ai quali la possibilità di poter concedere il permesso di soggiorno per scopi umanitari viene prevista; e andiamo a chiedere che venga soppressa la possibilità, così come previsto dal testo, di estendere la concessione di tale permesso di soggiorno a tutti i reati previsti dall'articolo 380 del codice di procedura penale: l'abbiamo ricordato prima, sono tutti i reati che prevedono la possibilità dell'arresto obbligatorio in flagranza di reato.
  Non c’è nessun intento dilatorio, ostruzionistico, non c’è nessuna volontà di natura razzista da parte della Lega nel chiedere la modifica dell'articolo 4, proprio perché a tutela delle vittime straniere, delle donne, e non solo delle donne vittime straniere, vi sono già degli strumenti: lo ribadiremo. Gli emendamenti che noi abbiamo presentato a questo articolo sono una decina: lo ripeteremo continuamente, proprio perché vogliamo ribadire a tutta l'Aula che esiste già un permesso di soggiorno. È un permesso di soggiorno che consente alle donne straniere di avere una tutela anche della sfera soggettiva, che consente alle donne straniere di rimanere in Italia, sebbene clandestine, nel momento in cui subiscono violenza per potersi difendere all'interno del processo, esattamente nel momento in cui viene accertato un reato nei loro confronti. Noi chiediamo con questo emendamento che i reati previsti per poter concedere tale permesso di soggiorno, quelli indicati nell'articolo 380, vengano espunti.

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Molteni 4.104, parere contrario delle Commissioni e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Nardi, Gregori, Madia, Mosca, Rizzetto, Businarolo, Barbanti...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti  477   
   Votanti  476   
   Astenuti    1   
   Maggioranza  239   
    Hanno votato
  20    
    Hanno votato
no  456).    

  Passiamo alla votazione dell'emendamento Molteni 4.105.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Molteni. Ne ha facoltà.

  NICOLA MOLTENI. Signor Presidente, con questo emendamento chiediamo, sempre con riferimento al permesso di soggiorno per scopi umanitari e ai reati rispetto ai quali si esercita una violenza nei confronti delle donne straniere per violenza domestica, con riferimento ai reati previsti dall'articolo 380, che venga aggiunto il comma 2 lettera d), ovvero con riferimento solo ad alcune tipologie di reato proprio per, anche da questo punto di vista, ridurre sostanzialmente l'impatto e il novero dei reati e delle condotte rispetto alle quali questo tipo di permesso di soggiorno può essere applicato. In modo particolare, i reati previsti dall'articolo 380, comma 2, sono la riduzione in schiavitù, la prostituzione minorile e la pornografia minorile.
  Vedremo poi, Presidente, nel corso degli altri ulteriori emendamenti, con riferimento al fatto che noi... – devo dire che da questo punto di vista un minimo accoglimento, durante il dibattito in Commissione, di alcune nostre proposte da parte della Commissione c’è stato, in modo Pag. 75particolare con l'intervento positivo da parte dei relatori –... la possibilità che nei confronti di coloro i quali viene esercitata una condanna, anche non definitiva, quindi rispetto a coloro i quali commettono reati nei confronti di donne straniere, anche laddove vi è una condanna anche non definitiva, vi può essere la possibilità da un lato della revoca del permesso di soggiorno per scopi umanitari e dall'altro lato la possibilità – noi avremmo ovviamente preferito, e vi sarà un emendamento in tal senso, in cui lo chiederemo noi – e l'automatismo non solo della revoca del permesso di soggiorno, ma anche l'espulsione del soggetto che si macchi di reati di questo tipo.
  Ancora, vi saranno degli emendamenti e da questo punto di vista ci auguriamo che il Parlamento possa essere sensibile, soprattutto quella parte del Parlamento che con noi nel 2002 votò la legge Bossi-Fini che oggi, insieme a noi, dovrebbe difendere la possibilità che questo permesso di soggiorno possa avere una durata limitata nel tempo, possa dare una durata sufficiente da un lato a garantire la tutela della donna stessa e dall'altro lato a garantire alla vittima straniera la possibilità di poter collaborare al procedimento penale.
  Quindi riteniamo i nostri degli emendamenti – tra l'altro, come ha ricordato prima il collega breve Bragantini – non di natura dilatoria, ma emendamenti che vogliono riportare l'articolo 4 del decreto-legge alla versione naturale e originaria di quella Convenzione di Istanbul che vide all'epoca tutto il Parlamento votare in maniera unanime. Medesima cosa venne fatta non solo sulla Convenzione di Istanbul, ma anche su una mozione unitaria in materia di tutela delle donne vittime di violenza che venne votata sempre dal Parlamento.
  Noi chiediamo di ritornare alla lettera e alla lettura originaria dell'articolo 59 della Convenzione di Istanbul, gli emendamenti che stiamo proponendo vanno esattamente in quella direzione. Il rischio che l'applicazione, così com’è scritto oggi, dell'articolo 4 di questo decreto possa configurare una vera e propria sanatoria per l'immigrazione clandestina, seppur limitata ma di sanatoria comunque si tratta, credo sia un rischio che, viste le condizioni attuali del Paese, si dovrebbe probabilmente, anzi sicuramente, evitare.

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Molteni 4.105, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Madia, Marchi, Gribaudo, Bergamini...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti  489   
   Votanti  488   
   Astenuti    1   
   Maggioranza  245   
    Hanno votato
  19    
    Hanno votato
no  469).    

  Passiamo alla votazione dell'emendamento Sarti 4.21.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Sarti. Ne ha facoltà.

  GIULIA SARTI. Signor Presidente, io se fossi nei panni della Lega Nord, in realtà, non mi preoccuperei più di tanto di questo articolo 4 perché purtroppo, purtroppo, rischia di essere un articolo non applicabile e inefficace.
  Noi, al contrario della Lega, non siamo affatto contrari all'introduzione di questo permesso di soggiorno per le straniere e gli stranieri vittime di violenza. Il problema è che in questo articolo – come dicevo – vi sono numerosi motivi per capire che in realtà si tratta forse più di propaganda, che di reale volontà di applicarlo. Uno di questi emendamenti, che noi proponiamo come costruttivo per permettere una maggiore applicazione dell'articolo, è proprio il fatto che questo permesso di soggiorno viene rilasciato soltanto nei casi in cui Pag. 76vengano ravvisate situazioni di violenza o di abuso nei confronti di uno straniero ed emerga un concreto e attuale pericolo per la sua incolumità.
   Allora, tutti capiscono che dover provare la concretezza e l'attualità del pericolo è enormemente gravoso e quasi impossibile nella generalità dei casi. Risulta poi poco opportuno l'utilizzo del termine «incolumità» in ragione della definizione stessa di violenza domestica, che è propria della Convenzione di Istanbul. La violenza domestica comprende sia i casi di violenza fisica e sessuale, ma anche i casi di violenza psicologica ed economica, quindi, secondo noi, questa previsione non permette una vera applicazione. Chiediamo di valutare questo emendamento: noi abbiamo proposto solo emendamenti costruttivi, in particolare a questo articolo, però riteniamo di dover intervenire e di far capire l'importanza di ciò che stiamo votando.

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Sarti 4.21, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Nardi.
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti  478   
   Votanti  477   
   Astenuti    1   
   Maggioranza  239   
    Hanno votato
 118    
    Hanno votato
no  359).    

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Santerini 4.36, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Onorevole Paris.
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti e votanti  478   
   Maggioranza  240   
    Hanno votato
  21    
    Hanno votato
no  457).    

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Sarti 4.20, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Hanno votato tutti ? L'onorevole Paris ha difficoltà. Onorevole Pilozzi, onorevole Scotto, onorevole Palazzotto. Ci siamo ? Onorevole Misuraca, ha votato ? È bloccato.
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti e votanti  486   
   Maggioranza  244   
    Hanno votato
 123    
    Hanno votato
no  363).    

  Passiamo alla votazione dell'emendamento Carfagna 4.2.
  Ha chiesto di parlare l'onorevole Centemero. Ne ha facoltà.

  ELENA CENTEMERO. Signor Presidente, l'emendamento Carfagna 4.2 s'intende ritirato.

  PRESIDENTE. Sta bene. Passiamo alla votazione del successivo emendamento Daniele Farina 4.30.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Di Salvo. Ne ha facoltà.

  TITTI DI SALVO. Signor Presidente, noi chiediamo di abrogare il condizionale, che viene proposto in questo comma, per concedere il permesso di soggiorno. Si dice – ne abbiamo parlato prima – che venga Pag. 77concesso soltanto se il questore definisce che esiste un pericolo reale di incolumità. Noi pensiamo che naturalmente una persona, una donna, che non ha il permesso di soggiorno, è particolarmente fragile. Non è nella sua terra, non conosce la lingua, è sottoposta ad una violenza. È evidente che la sua incolumità è in sé in pericolo. Quindi, riteniamo che, invece, la scelta della responsabilità pubblica del nostro Paese sia quella di concedere la possibilità di superare la sua fragilità attraverso il permesso di soggiorno.

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Daniele Farina 4.30, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Onorevole Paris, onorevole Cesa, onorevole Garavini, non riesce a votare.
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti e votanti  476   
   Maggioranza  239   
    Hanno votato
 127    
    Hanno votato
no  349).    

  (La deputata Rotta ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto contrario).

  Passiamo alla votazione dell'emendamento Molteni 4.106.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Molteni. Ne ha facoltà.

  NICOLA MOLTENI. Signor Presidente, questo emendamento riguarda la condizione e la possibilità di rilascio del permesso di soggiorno. Il permesso di soggiorno per scopi umanitari viene rilasciato dal questore, con il parere favorevole dell'autorità giudiziaria procedente e questo è un elemento positivo e di garanzia ulteriore che è stato introdotto durante il dibattito in Commissione, oppure non solo con il parere favorevole dell'autorità procedente ma, addirittura, su proposta dell'autorità medesima.
  Noi con questo emendamento chiediamo che anziché dall'autorità giudiziaria procedente, ovvero dal pubblico ministero, venga concesso dall'autorità giudiziaria requirente, ovvero dal giudice, proprio perché rappresenta una garanzia ulteriore di terzietà e di imparzialità rispetto alla concessione di questo permesso di soggiorno.
  Evidentemente, pur mantenendo ferme e salve tutta la nostra contrarietà e tutta la nostra avversione all'articolo 4, e quindi alla modifica dell'articolo 18, con l'introduzione dell'articolo 18-bis, questa modifica che è stata apportata dalle Commissioni rappresenta comunque un ulteriore elemento di garanzia ai fini della concessione dello stesso permesso di soggiorno. Chiediamo che oltre alla garanzia introdotta dal lavoro svolto nelle Commissioni vi sia un'ulteriore garanzia tale per cui questo permesso di soggiorno venga rilasciato dal questore, però su indicazione o su esplicita richiesta non più dell'autorità giudiziaria procedente, ma dell'autorità requirente. Credo che sia un elemento ulteriore di garanzia che sarebbe opportuno introdurre.

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Molteni 4.106, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
  Invito i colleghi a raggiungere i posti, perché altrimenti la votazione dura un'ora.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Bonafede... anche con il dito si può votare... Galati...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

Pag. 78

   (Presenti  479   
   Votanti  474   
   Astenuti    5   
   Maggioranza  238   
    Hanno votato
  15    
    Hanno votato
no  459).    

  (La deputata Piccione ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto contrario).

  Passiamo alla votazione dell'emendamento Matteo Bragantini 4.9.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Molteni. Ne ha facoltà.

  NICOLA MOLTENI. Signor Presidente, ho una sollecitazione da parte del presidente e relatore a ritirare l'emendamento. Non ritiriamo l'emendamento, anche perché questo emendamento va sostanzialmente a definire la durata della concessione del permesso di soggiorno. Io credo che sia una norma di buonsenso, così come ne abbiamo abbondantemente dibattuto anche all'interno delle Commissioni, fissare un limite di durata di concessione e di permanenza di questo permesso di soggiorno. Se è vero o meglio se non è vero quanto la Lega afferma, cioè che la concessione di questo permesso di soggiorno ha, come noi pensiamo, un effetto di sanatoria rispetto a numerosi casi di immigrazione clandestina, bene, non c’è nulla di meglio per non confermare questa nostra ipotesi – sarebbe automatico ed è questo l'auspicio che noi facciamo – che le forze politiche approvino la durata del permesso di soggiorno.
  Credo che sia una norma di assoluto buon senso prevedere che questo permesso di soggiorno abbia una durata limitata nel tempo, abbia una durata limitata e sufficiente a poter esperire tutte quelle attività che nel corso delle indagini preliminari devono essere espletate per poter arrivare alla definizione almeno di una richiesta di rinvio a giudizio. Noi crediamo che dodici mesi di tempo, lasso di tempo da un lato sufficiente e dall'altro lato simile al lasso di tempo previsto per la concessione del permesso di soggiorno per scopi di giustizia, sia un lasso di tempo sufficiente, utile ed opportuno. Se non si vuole accogliere questo emendamento, che fissa l'arco temporale di durata del permesso di soggiorno, non si fa null'altro che confermare l'ipotesi e la tesi della Lega che questo permesso di soggiorno nulla è se non il tentativo di una sanatoria generalizzata e incontrollata del fenomeno dell'immigrazione clandestina.
  Riteniamo che sia, visto che ne abbiamo abbondantemente discusso, un emendamento di assoluto buon senso. Mi rivolgo in modo particolare a chi nel 2002 con noi aveva steso e realizzato la legge Bossi-Fini, che prevede tra i propri capisaldi proprio la determinazione della durata dei permessi di soggiorno.
  La durata di 12 mesi è il tempo necessario e sufficiente per poter espletare tutte quelle incombenze, da un lato, di tutela della vittima e della persona offesa dal reato che subisce; dall'altro lato, è un tempo sufficiente per poter consentire alla stessa di poter collaborare durante il corso del giudizio. Dodici mesi è il lasso di tempo, che noi chiediamo, di durata del permesso di soggiorno per scopi umanitari.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Matteo Bragantini. Ne ha facoltà.

  MATTEO BRAGANTINI. Signor Presidente, volevo fare notare a tutti i colleghi che lo stesso Servizio studi della Camera, quando è stato presentato questo provvedimento, aveva sottolineato la incongruità di non prevedere una durata temporale per questo permesso di soggiorno, per un motivo molto semplice: se non si prevede una durata, tale permesso potrebbe essere a vita, non potrebbe essere a vita, potrebbe creare delle problematiche veramente assurde. Infatti, non dico che la donna voglia farsi picchiare, ma se il marito la picchia perché così lei ha un permesso di soggiorno a tempo indeterminato e, dopo qualche anno, egli riesce a farsi assolvere, perché viene ritirata la querela o per mille altre motivi, poi richiede un ricongiungimento Pag. 79e noi non abbiamo difeso la vittima. Abbiamo solo dato uno strumento aggiuntivo al carnefice, che ha usato ulteriormente violenza verso la propria compagna semplicemente per realizzare un suo scopo, magari a distanza di qualche anno. Prevediamo una durata, che è normale anche per tutti gli altri permessi di soggiorno.

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Matteo Bragantini 4.9, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti  480   
   Votanti  479   
   Astenuti    1   
   Maggioranza  240   
    Hanno votato
  20    
    Hanno votato
no  459).    

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Santerini 4.34, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.

  (Segue la votazione).

  Ventricelli...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti  472   
   Votanti  470   
   Astenuti    2   
   Maggioranza  236   
    Hanno votato
  13    
    Hanno votato
no  457).    

  (Il deputato Richetti ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario).

  Passiamo alla votazione dell'emendamento Bonafede 4.100.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bonafede. Ne ha facoltà.

  ALFONSO BONAFEDE. Signor Presidente, l'emendamento è relativo sempre alla parte della norma in cui si restringe la fattispecie a uno o più atti gravi ovvero non episodici. Con questo emendamento vogliamo sostituire questa parte con le seguenti parole: «tutti gli atti». Infatti, restringere la violenza domestica all'ipotesi in cui vi sia una pluralità di atti, non episodici, oppure una gravità dell'atto, è un passo indietro rispetto all'importante messaggio dato dalla Convenzione di Istanbul, che è totalmente distante, su questo punto, da quello che noi stiamo approvando oggi.
  La Convenzione di Istanbul è una convenzione che lancia un messaggio inclusivo delle situazioni di particolare debolezza, a prescindere da cavilli legali e giuridici che vadano a restringere la protezione dello Stato a favore di quei soggetti oggettivamente deboli. Se noi non approviamo questo emendamento, continuiamo a restringere la fattispecie e continuiamo a compiere passi indietro rispetto a quello che abbiamo approvato, all'unanimità, qualche mese fa (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Bonafede 4.100, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Cova, Marzano, Bossa...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

Pag. 80

   (Presenti  482   
   Votanti  479   
   Astenuti    3   
   Maggioranza  240   
    Hanno votato
 127    
    Hanno votato
no  352).    

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Daniele Farina 4.101, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  L'onorevole Rizzetto non riesce a votare... Ventricelli, Grassi, Amoddio...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti  481   
   Votanti  478   
   Astenuti    3   
   Maggioranza  240   
    Hanno votato
 126    
    Hanno votato
no  352).    

  (Il deputato Amoddio ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario).

  L'emendamento Bonafede 4.23 è ritirato.
  Passiamo dunque alla votazione dell'emendamento Daniele Farina 4.40.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Di Salvo. Ne ha facoltà.

  TITTI DI SALVO. Signor Presidente, noi chiediamo di aggiungere nella norma la citazione della definizione che la Convenzione di Istanbul dà della violenza domestica. Ci sembra importante citarla, perché viene messo in chiaro che la violenza domestica designa tutti gli atti di violenza fisica, sessuale, psicologica ed economica, e a noi sembra molto importante, anche per fugare alcune delle discussioni di prima, citarla con precisione.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Sarti. Ne ha facoltà.

  GIULIA SARTI. Signor Presidente intervengo solo per precisare che anche noi saremmo ovviamente d'accordo se all'interno di questo decreto, sia all'articolo 3, sia all'articolo 4, fosse stata ripresa quella definizione, a noi tanto cara, presente nella Convenzione di Istanbul. Riteniamo semplicemente che aggiungerla così alla fine del comma 1 dell'articolo 4 in realtà non porti grandi benefici, perché era già da cambiare prima. Purtroppo tutti i nostri emendamenti sono stati bocciati e quindi a poco serve questa introduzione (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Daniele Farina 4.40, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Abbiamo votato tutti ? C’è qualcuno in difficoltà ? Onorevole Calabria... sta votando... onorevole Romano, prego.
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti  480   
   Votanti  477   
   Astenuti    3   
   Maggioranza  239   
    Hanno votato
  33    
    Hanno votato
no  444).    

  Passiamo alla votazione dell'emendamento Molteni 4.107, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Buonanno. Ne ha facoltà.

Pag. 81

  GIANLUCA BUONANNO. Signor Presidente, per risottolineare il fatto, insieme al collega Molteni, della non necessità di continuare ad avere, come fossero quasi dei premi, questi permessi di soggiorno, perché nella vita quotidiana delle persone, diciamo, straniere non è così poi non una consuetudine vedere le difficoltà all'interno di queste famiglie.
  Sappiamo benissimo tutti che ci sono in molti casi delle situazioni particolari. Ora, se già esistono delle situazioni dove si può conferire il permesso di soggiorno, non si vede perché bisogna ulteriormente incentivare il permesso di soggiorno con situazioni che possono anche essere «costruite» in maniera tale che si possono poi ottenere questi permessi di soggiorno.
  Siccome lo vediamo in altri campi come ci sono stranieri che pur di truffare le assicurazioni, pur di non pagare l'affitto, pur di non pagare la mensa della scuola, pur di non pagare le multe, cosa stratosferica nei comuni... chi fa l'amministratore sa benissimo che la più grande percentuale di multe non pagate deriva da persone non di questo Stato, italiano. È evidente, quindi, che così si incentiva il fatto di poter anche dire: «Picchio la moglie, faccio paura alla moglie così prende il permesso di soggiorno e stiamo apposto».
  Tra l'altro vorrei sottolineare anche – anche se non è l'argomento di oggi – che c’è un'altra prospettiva in essere che si sta discutendo: cioè che anche con il «decreto scuola» si possa fare in modo che gli stranieri che sono a scuola fino a quando non hanno finito tutti i loro corsi scolastici potranno – questa è la proposta – usufruire di un permesso di soggiorno. Cioè, in questo Paese ormai stiamo andando nella dimensione per cui diamo sempre di più, perché così stanno tutti più tranquilli. Allora uno che va a scuola vent'anni in Italia avrà per vent'anni il permesso di soggiorno, fuori corso nell'università eccetera.
  Mi sembra veramente che sia un percorso anormale e che non sia corretto nei confronti di chi si comporta bene avallare situazioni, invece, dove si va a incentivare probabilmente chi si comporta male. Questa non è una discussione razzista, è una discussione reale su quello che accade tutti i giorni nelle famiglie straniere che vivono nel nostro Paese.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bonafede. Ne ha facoltà.

  ALFONSO BONAFEDE. Signor Presidente, non entro troppo nel merito di chi fa o pensa che devono essere emanate leggi in relazione al rischio che queste leggi poi vengano aggirate. Però, io prego tutti i presenti oggi di affrontare le questioni in astratto, e a non distingue particolari situazioni in base al fatto che uno sia straniero o meno, perché in un momento come quello che stiamo vivendo, con i fatti che stanno accadendo continuare ad etichettare gli stranieri come quelli che vogliono a tutti i costi aggirare le norme, norme anche quelle come quella che stiamo emanando sul femminicidio, mi sembra particolarmente grave (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle e di deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Molteni 4.107, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Ventricelli, Patriarca, Ferrari...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti  485   
   Votanti  484   
   Astenuti    1   
   Maggioranza  243   
    Hanno votato
  19    
    Hanno votato
no  465).    

Pag. 82

  (La deputata Pannarale ha segnalato di essersi erroneamente astenuta, mentre avrebbe voluto esprimere voto contrario).

  Passiamo alla votazione dell'emendamento Sarti 4.24.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Sarti. Ne ha facoltà.

  GIULIA SARTI. Come dicevo prima, noi vorremmo almeno capire qual è il parametro per definire l'attualità e la gravità dell'atto, perché, così come è formulata la norma, si rischia in realtà di non dare la possibilità alle vittime straniere di potersi avvalere di questo permesso di soggiorno. Quindi, ripetiamo la nostra richiesta di chiarimento, perché, così formulato, non si capisce come si può capire la gravità di una situazione. È molto meglio estenderla, lasciare la norma così com’è, togliendo questi parametri; sono assurdi.

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Sarti 4.24, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Airaudo... Castricone...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
   (Presenti e votanti  483   
   Maggioranza  242   
    Hanno votato
 146    
    Hanno votato
no  337).    

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Molteni 4.108, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Giammanco... Ventricelli...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti e votanti  478   
   Maggioranza  240   
    Hanno votato
  20    
    Hanno votato
no  458).    

  Passiamo alla votazione dell'emendamento Daniele Farina 4.31.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Di Salvo. Ne ha facoltà.

  TITTI DI SALVO. Signor Presidente, noi chiediamo una specificazione; il permesso di soggiorno, rilasciato dal questore – dice il decreto –, ha una necessità, che la segnalazione venga fatta dai servizi sociali. Noi diciamo invece che tra i soggetti abilitati a segnalare la questione, oltre ai servizi sociali, si definiscano nel decreto le organizzazioni non governative, le case e i centri antiviolenza delle donne. Quindi in sostanza il nostro emendamento è volto a nominare e ad estendere i soggetti che, oltre ai servizi sociali, possono segnalare al questore i casi rispetto ai quali quest'ultimo poi deciderà sul permesso di soggiorno.

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Daniele Farina 4.31, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Bragantini... Minardo...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti  479   
   Votanti  382   
   Astenuti   97   
   Maggioranza  192   
    Hanno votato
  32    
    Hanno votato
no  350).    

Pag. 83

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Fabbri 4.114, con il parere favorevole delle Commissioni e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Rostan... Binetti... Romano... Palma...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

   (Presenti  484   
   Votanti  482   
   Astenuti    2   
   Maggioranza  242   
    Hanno votato
 457    
    Hanno votato
no   25).    

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Mucci 4.19, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Folino, Bonaccorsi, Crimi, Petrini...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti e votanti  488   
   Maggioranza  245   
    Hanno votato
 133    
    Hanno votato
no  355).    

  Prendo atto che l'emendamento Bonafede 4.25 è stato ritirato.
  Passiamo alla votazione dell'emendamento Molteni 4.109.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Molteni 4.109, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti  490   
   Votanti  489   
   Astenuti    1   
   Maggioranza  245   
    Hanno votato
  20    
    Hanno votato
no  469).    

  Passiamo alla votazione dell'emendamento Sarti 4.50.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Sarti. Ne ha facoltà.

  GIULIA SARTI. Signor Presidente, nelle Commissioni abbiamo modificato il testo originario del decreto-legge introducendo l'obbligo del parere dell'autorità giudiziaria al questore per il rilascio del permesso di soggiorno. A questo punto, però, trattandosi di un decreto-legge e, quindi, di misure urgenti volte a rafforzare la tutela delle vittime di violenza di genere, il fatto di non disciplinare espressamente i termini temporali entro cui l'autorità giudiziaria procedente debba adempiere a tale obbligo, è secondo noi una vanificazione delle finalità di tutela e dei caratteri di necessità ed urgenza della norma. Infatti, a questo punto la vittima potrebbe aspettare anche fino alle calende greche il parere dell'autorità giudiziaria e, intanto, potrebbe continuare a subire violenza.
  Con questo emendamento riteniamo di dare un termine, almeno di 48 ore, entro cui l'autorità giudiziaria debba esprimersi e, nel caso in cui non ci sia questo parere da parte dell'autorità giudiziaria, nel silenzio di essa, allora il parere si intende come positivo. Questo perché già siamo in una situazione in cui diamo l'obbligo all'autorità giudiziaria su un atto amministrativo come il rilascio del permesso di soggiorno. Ormai l'abbiamo definito nelle Commissioni, però, come dicevo, se vogliamo rendere almeno efficaci e almeno applicabili questi articoli che stiamo votando, facciamo le cose per bene (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Buonanno. Ne ha facoltà.

Pag. 84

  GIANLUCA BUONANNO. Signor Presidente, magari faccio un po’ l'avvocato del diavolo, però racconto fatti veri e non fantasie.
  Circa il 90 per cento delle domande che noi riceviamo nelle città e nei comuni dove faccio l'amministratore, sono autocertificazioni e dichiarazioni da parte di stranieri per ricongiungimento familiare. Bisogna dichiarare quali sono gli appartamenti e i metri quadri e quante persone ci stanno dentro. Il 90 per cento delle richieste che ci arrivano – perché noi poi andiamo a controllarle tutte – non sono esatte. Scrivono delle cose che non sono la realtà dei fatti.
  Questo metodo riguarda il ricongiungimento familiare: dove si vive e quanta gente ci vive e che nucleo familiare c’è, cioè del tipo siamo in tre e, invece, sono in cinque; siamo in quattro e, invece, sono in sette; l'appartamento ha quattro vani e, invece, ne ha solo due; l'appartamento è in perfetta regola e, invece, gli manca la certificazione dell'impianto elettrico; non funziona la caldaia: ci sono problemi di vario genere. Queste sono le situazioni che capitano nei comuni dove ho questa esperienza. Immagino che anche l'esperienza dei miei colleghi che fanno gli amministratori in giro per l'Italia non si discosti molto, se vanno a controllare attentamente le dichiarazioni di chi scrive questi dati per poter avere il ricongiungimento familiare e poter fare in modo di poter stare tutti all'interno della stessa abitazione. Tutto ciò mi fa pensare in maniera molto concreta che quello che si sta discutendo oggi in realtà sarà un ulteriore stimolo a raccontare ulteriori frottole per fare in modo che si abbia il permesso di soggiorno quando il permesso di soggiorno non è dovuto ! Questo è un problema serio che chi fa l'amministratore conosce benissimo. Non è una questione di pensare in una maniera o nell'altra ma sono fatti veri che vengono compiuti esclusivamente per un tornaconto personale (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Sarti 4.50, con il parere contrario delle Commissioni, del Governo e della V Commissione (Bilancio).
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Di Salvo.... Rughetti.... Cassano...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti e votanti  472   
   Maggioranza  237   
    Hanno votato
 131    
    Hanno votato
no  341).    

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Bonafede 4.110, con il parere contrario delle Commissioni del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Folino... Madia...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti e votanti  478   
   Maggioranza  240   
    Hanno votato
 128    
    Hanno votato
no  350).    

  (Il deputato Genovese ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario).

  Passiamo alla votazione dell'emendamento Bonafede 4.27.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bonafede. Ne ha facoltà.

  ALFONSO BONAFEDE. Signor Presidente, con l'emendamento in questione, analogamente a quanto previsto al comma 5 dell'articolo 18 del testo unico sull'immigrazione e cioè il soggiorno per motivi di protezione sociale, vengono espressamente rafforzate le tutele in ordine al Pag. 85godimento dei diritti sociali da parte della vittima beneficiaria del permesso di soggiorno in oggetto. Si vuole evitare il rischio che lo Stato, dopo il permesso di soggiorno, si disinteressi della vicenda personale proprio della vittima della violenza. Viene altresì prevista la piena convertibilità dello stesso permesso in permesso per motivi di lavoro o di studio, facoltà che tra l'altro era stata evocata all'interno della relazione introduttiva del decreto e che però non trova un'esplicita evidenza legislativa.

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Bonafede 4.27, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Barbanti, Bindi...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti e votanti  477   
   Maggioranza  239   
    Hanno votato
 126    
    Hanno votato
no  351).    

  (I deputati Fiano, Genovese e Oliverio hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto contrario).

  Passiamo alla votazione dell'emendamento Sarti 4.26.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Sarti. Ne ha facoltà.

  GIULIA SARTI. Signor Presidente, questo è l'ultimo emendamento del MoVimento 5 Stelle a questo articolo 4 ed è molto importante perché non si è nemmeno avuto un particolare riscontro, né dai relatori delle Commissioni né dal Governo, in quest'Aula, in merito alla durata, come rilevava prima il collega Molteni, che deve avere questo permesso di soggiorno. All'interno della relazione illustrativa all'inizio di questo decreto-legge veniva addirittura detto che questo permesso di soggiorno avrebbe avuto durata di un anno quando poi, in realtà, all'interno del decreto-legge stesso questa non è specificata. C’è un richiamo all'articolo 5, comma 6, del testo unico sull'immigrazione; il problema è che neanche l'articolo 5, comma 6, prevede la durata; c’è, invece, l'articolo 18 che è quello prima dell'articolo 18-bis e ricordo che noi con questo articolo 4 stiamo inserendo l'articolo 18-bis. Allora non si capisce per quale motivo, quando si va a definire un ulteriore permesso di soggiorno, quando si va ad introdurre un ulteriore permesso di soggiorno per i casi di violenza domestica, questo non deve essere disciplinato in tutti i suoi elementi, compresa la durata, lo ripeto, compresa la durata ! Noi con questo emendamento chiediamo di prevedere la stessa durata del permesso di soggiorno dell'articolo precedente, dell'articolo 18, che è di sei mesi, prorogabile nel caso in cui, ovviamente, la situazione di violenza domestica perduri. Non si capisce come mai questo riferimento non ci debba essere perché rendiamoci conto che, in questo modo, si creano delle discriminazioni. Perché il permesso di soggiorno per motivi di giustizia deve avere durata tre mesi, il permesso di soggiorno per scopi di previdenza sociale deve avere durata sei mesi e questo permesso di soggiorno per violenza domestica non deve avere una durata ? Ma ci rendiamo conto che, in questo modo, stiamo discriminando le vittime straniere di violenza domestica ? Non è normale questo approccio. Quindi, quello che chiediamo è di riflettere ancora o per lo meno di spiegare bene, anche in quest'Aula, i motivi per i quali non si vuole procedere all'introduzione di una durata del permesso di soggiorno.

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Sarti 4.26, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.Pag. 86
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Palma, Garavini...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  473   
   Votanti  443   
   Astenuti   30   
   Maggioranza  222   
    Hanno votato   95    
    Hanno votato no   348.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  (Il deputato Genovese ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento La Russa 4.11, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Onorevole Marcon, Mucci, Paola Bragantini, Malpezzi, Romele.
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti e votanti  480   
   Maggioranza  241   
    Hanno votato
  21    
    Hanno votato
no  459).    

  (Il deputato Genovese ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario).

  Passiamo alla votazione dell'emendamento Matteo Bragantini 4.8.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Molteni. Ne ha facoltà.

  NICOLA MOLTENI. Signor Presidente, noi crediamo che questo emendamento sia un emendamento importante e significativo all'interno dell'articolo 4. Questo emendamento – correttamente, lo diciamo – è già stato in parte recepito all'interno dell'articolo 4, attraverso una riformulazione del medesimo emendamento. Crediamo che la formula utilizzata all'articolo 4-bis quanto meno tenti potenzialmente di garantire la vittima, laddove per colui il quale commette il reato di violenza domestica intercorra almeno una sentenza di condanna, anche se non una sentenza di condanna definitiva, con la possibilità che a questo soggetto venga revocato il permesso di soggiorno e ne possa essere decretata l'espulsione. Ovviamente noi avremmo preferito, tant’è che il nostro emendamento va in tale direzione, l'applicazione automatica, cioè che, nel momento in cui si verifichi un reato nei confronti di una vittima straniera, verso chi commette reato scatti immediatamente la revoca del permesso e l'espulsione. Siamo sufficientemente soddisfatti della riformulazione del nostro emendamento che è stato accolto all'interno del testo, però crediamo – ed è per questo che noi insistiamo nella sua presentazione – che l'emendamento che noi abbiamo presentato abbia un'applicazione diretta e automatica. Per questo insistiamo sul nostro emendamento, nella consapevolezza che si tratta di un emendamento di assoluto buon senso, un emendamento che – laddove venga revocato il permesso di soggiorno e venga prevista l'espulsione nei confronti dell'autore del reato – rappresenta un'ulteriore forma di garanzia e di tutela nei confronti della vittima straniera.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, per un minuto, l'onorevole Matteo Bragantini. Ne ha facoltà.

  MATTEO BRAGANTINI. Signor Presidente, anch'io ringrazio la Commissione per aver accolto parzialmente il nostro intento, che va a difendere le vittime. Infatti, se introduciamo un automatismo, per chi ha un permesso di soggiorno e fa violenza domestica, violenza verso la propria compagna o altri reati molto gravi contro le donne, vi sarebbe anche un deterrente, per chi fa questi atti ignobili che, oltre ad avere un processo penale, automaticamente avrebbe revocato il permesso Pag. 87di soggiorno e automaticamente verrebbe espulso.
  Per dare un segnale forte e chiaro, che se si viene in Italia e si vuole avere il permesso di soggiorno e lavorare, bisogna rispettare delle regole.

  PRESIDENTE. La invito a concludere.

  MATTEO BRAGANTINI. Già con molte difficoltà stiamo riuscendo a far capire a tutta la popolazione, anche italiana, che questi sistemi sono arretrati e ignobili: a maggior ragione per quelli che vengono qui ! Dobbiamo dire: oltre ad avere un processo, immediatamente verrete espulsi; dunque, comportatevi bene.

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Matteo Bragantini 4.8, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti  461   
   Votanti  460   
   Astenuti    1   
   Maggioranza  231   
    Hanno votato
  15    
    Hanno votato
no  445).    

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Molteni 4.112, col parere contrario delle Commissioni e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Businarolo, Taricco, Scotto, Vignali, Giancarlo Giordano, Picierno...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti  462   
   Votanti  461   
   Astenuti    1   
   Maggioranza  231   
    Hanno votato
  21    
    Hanno votato
no  440).    

  Passiamo alla votazione dell'emendamento Molteni 4.111.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Molteni. Ne ha facoltà.

  NICOLA MOLTENI. Signor Presidente, l'emendamento va a creare quell'automatismo che diceva prima il collega Bragantini: chiediamo che la possibilità che vengano applicate da un lato la revoca del permesso di soggiorno, e dall'altro lato l'espulsione nei confronti dello straniero condannato, anche con sentenza non definitiva, per i reati citati negli interventi precedenti, venga sostituita con la tassatività e con l'immediata applicazione; tant’è che chiediamo che le parole «possono essere disposte» siano sostituite con «sono sempre disposte». Crediamo che in un caso come questo, proprio per avere maggiori garanzie di tutela nei confronti della vittima di questi reati, l'automatismo sia e possa rappresentare uno strumento di tutela e di garanzia ulteriore.

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Molteni 4.111, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Piras, Chaouki...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti  472   
   Votanti  471   
   Astenuti    1   
   Maggioranza  236   
    Hanno votato
  21    
    Hanno votato
no  450).    Pag. 88
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Molteni 4.113, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Iacono, Gribaudo...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti  461   
   Votanti  459   
   Astenuti    2   
   Maggioranza  230   
    Hanno votato
  21    
    Hanno votato
no  438).    

  Passiamo alla votazione dell'emendamento Daniele Farina 4.32.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Di Salvo. Ne ha facoltà.

  TITTI DI SALVO. Signor Presidente, è un emendamento che rende esplicita una cosa che probabilmente è implicita, cioè che il permesso di soggiorno, di fronte alla violenza domestica, si applica non soltanto ai cittadini comunitari ma anche extracomunitari. La formulazione non è precisa e noi volevamo che fosse esplicitamente descritto, in modo che non ci fossero confusioni.

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti. Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Daniele Farina 4.32, con il parere contrario delle Commissione e del Governo e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Carrescia...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti e votanti  475   
   Maggioranza  238   
    Hanno votato
  37    
    Hanno votato
no  438).    

  Passiamo alla votazione dell'emendamento Marzano 4.35. Ha chiesto di parlare la presidente Ferranti. Ne ha facoltà.

  DONATELLA FERRANTI, Relatore per la II Commissione. Signor Presidente, la Commissione formula su questo emendamento un invito al ritiro perché sostanzialmente si vuole una precisazione linguistica che sicuramente ha della sostanza, però noi stiamo andando più velocemente, quindi pregherei le presentatrici di ritirarlo.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Locatelli. Ne ha facoltà.

  PIA ELDA LOCATELLI. Signor Presidente, noi accettiamo a malincuore di ritirare questo emendamento perché, vedete, il lessico è espressione di categorie mentali. La rubrica di questo articolo recita così: «Tutela per gli stranieri vittime di violenza domestica», ma noi stiamo parlando di violenza sulle donne, non si capisce perché improvvisamente si parli «degli» stranieri. Allora, si è sempre parlato di violenza sulle donne, noi vorremmo parlare di vittime della violenza e non si capisce poi perché questo è il secondo errore, improvvisamente il linguaggio diventa neutro quando si parla di donne straniere. Accettiamo l'invito a ritirarlo perché ci interessa accelerare le cose ma, guardate, il lessico è espressione di categorie mentali e questo è lessico «sessista» (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) – Liberali per l'Italia (PLI) e Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'articolo aggiuntivo Carfagna 4.01, sul quale c’è un invito al ritiro. Onorevole Centemero ?

  ELENA CENTEMERO. Signor Presidente, è ritirato.

Pag. 89

  PRESIDENTE. Quindi l'articolo aggiuntivo Carfagna 4.01 si intende ritirato. Passiamo ai voti. Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo Matteo Bragantini 4.04, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Alberti, Di Battista...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti  479   
   Votanti  478   
   Astenuti    1   
   Maggioranza  240   
    Hanno votato
  20    
    Hanno votato
no  458).    

  Passiamo alla votazione dell'emendamento Daniele Farina 5.26.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Costantino. Ne ha facoltà.

  CELESTE COSTANTINO. Signor Presidente, ci sono parole all'interno di questo decreto che possono cambiare il corso delle cose, ci sono parole che ci raccontano talmente tanto la verità da risultare urticanti, eppure, non per questo, meritano di essere trattate con meno cura, anzi. Il femminicidio è senz'altro una di queste perché nella sua esemplificazione racchiude dentro di sé un mondo e, in quel mondo, dobbiamo essere capaci di specchiarci anche quando erroneamente non ci consideriamo né vittime, né carnefici. Una donna su tre, secondo l'organizzazione mondiale della sanità è stata vittima di violenza: la media è del 35 per cento. Voglio lanciare una provocazione, se mi ascoltate: secondo questo dato, qui alla Camera, dove sono presenti 198 parlamentari, vuol dire che 69 di noi hanno subito una violenza.
  Allora, prima di tutto, di questo dovremmo parlare: della violenza degli uomini sulle donne, che non può essere concepita come mero atto di sopraffazione di una parte di umanità sull'altra, ma che invece ci parla di un processo complesso e doloroso, che vede come protagonista principale la persona che ami e solo in rarissimi casi un estraneo.
  Questo lo voglio dire soprattutto all'onorevole Sbrollini che, qualche giorno fa, accusava il mio gruppo di fare discorsi da salotto. Invece, invito alla cautela quando si cerca di affrontare temi così delicati. È questa la complicazione che abbiamo di fronte ed è per questa ragione che la violenza degli uomini sulle donne non può essere trattata come un fenomeno di ordine pubblico, o come un comandamento morale. È antica la questione e oggi, a quel dramma della gelosia, a quel raptus di follia abbiamo finalmente imparato a dare un nome.
  Il nostro è un invito a non cambiare passo e a non smarrire la strada, attraverso questo emendamento, perché la politica ha la possibilità, per una volta, di non stare indietro, di non delegare ad altri il proprio compito e di avvalersi dell'esperienza e della capacità che in questi anni il pensiero e l'azione delle donne hanno messo in campo per noi.
  I centri antiviolenza non sono solo luoghi di rifugio, il cui compito già in sé basterebbe per trattarli con la dignità dovuta, ma sono luoghi in cui le donne fanno un percorso di acquisizione e riacquisizione del sé. In questi anni, sono andati avanti con i progetti finanziati dalle amministrazioni regionali e comunali e soprattutto con tanto, troppo volontariato. Questo ha decretato una situazione estremamente disomogenea nel nostro territorio nazionale. Il punto naturalmente non è quello – come ha sottolineato l'onorevole Binetti – che al nord ci sono più centri perché ci sono più donne che denunciano. Queste analisi sono fuorvianti e rischiano di negare le origini e le proporzioni del fenomeno. La verità è che le donne denunciano più facilmente laddove esistono strutture capaci di accoglierle e muoiono laddove non hanno nessuno a cui rivolgersi.Pag. 90
  Non sto parlando solo di morte fisica perché – vedete, colleghe e colleghi – si può anche morire di vecchiaia e aver vissuto un'intera vita nella violenza. Allora, il tema che stiamo affrontando investe le risorse e investe la distribuzione delle risorse. Smettiamola di fare finta che non ci sia un'Italia divisa in due anche su questo. Le strutture devono poter operare al nord, come al sud: oggi non è così e lo sto verificando giorno per giorno facendo un tour di ascolto nei centri antiviolenza. Bisogna ascoltare e conoscere.
  Avremmo preferito una rivendicazione piena di questo decreto: lo dico anche all'onorevole Anna Rossomando. Altro che sindrome dell'impotenza !
  Se ci aveste detto di essere d'accordo con l'irrevocabilità della querela, se ci aveste detto che ai centri non servono 100 milioni di euro, come è quello che noi chiediamo, se ci aveste detto che è giusto affrontare la questione da un punto di vista securitario, saremmo state in dissenso con voi ma avremmo accettato una diversità di vedute. E, invece, da parte vostra c’è la dichiarazione di una mancanza e noi davvero non capiamo bene perché se esiste, se la riconoscete, non la state colmando e perché, cioè, continuate a dire che c’è bisogno di formazione e non inserite nulla su questo. Perché dite che ha un ruolo importante la scuola e non sottoscrivete la nostra proposta di legge sull'introduzione dell'educazione sentimentale nelle scuole ? Perché, se pensavate anche voi che la violenza sulle donne dentro questo decreto omnibus è sbagliata, non avete fatto nulla per cambiare ? In generale, perché se esiste una maggioranza e governate questo Paese vi esprimete come se foste una minoranza (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà) ?

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pollastrini. Ne ha facoltà.

  BARBARA POLLASTRINI. Signor Presidente, questo articolo è un po’ il cuore del testo e noi voteremo «sì» alla riformulazione dei relatori e del Governo. Per legge si istituisce il Piano nazionale di contrasto a molestie e violenza sessuale e di genere. Si decide, cioè, che il primo dei diritti umani, l'inviolabilità del corpo e della libertà femminile, non è più delegato – questo è il punto – alla transitorietà di un Esecutivo e di maggioranze mutevoli.
  Ma per un secondo vorrei ritornare ad agosto, all'agosto che abbiamo alle spalle, quando la Presidente Boldrini ha chiamato questo Parlamento sul decreto del Governo, che oggi stiamo discutendo, e lo ha fatto con parole drammatiche, ricordandoci ciò che sappiamo: su dieci donne uccise almeno sette avevano chiesto aiuto. Ebbene, io ricordo ancora giornali, opinionisti, associazioni. In quel momento donne e opinione pubblica hanno vissuto la speranza che si interrompesse un negazionismo intollerabile nei confronti di quel male assurdo, antico e che oggi si presenta in forme inedite, che è il femminicidio. Una colpa, lo abbiamo detto, che interroga le coscienze. Vale per le nostre case, vale – lo voglio ridire qui – nel mondo. Ce lo insegna oggi Malala, in un mondo attraversato da un conflitto, quello sul dominio sul corpo delle donne che genera più morti delle guerre, un conflitto che sta segnando le civiltà, perché la spinta all'autonomia e alla dignità femminile è irriducibile e determina la libertà di tutti.
  Poi, certo – e vengo al punto – anche noi abbiamo letto il testo del decreto e non era esattamente ciò che avevamo immaginato. Ci siamo domandate – questa è la verità – se fare deragliare quel decreto o cogliere questa occasione per dare una prima risposta fattiva e seria a quelle speranze. Ha prevalso il dovere, il dovere di agire e di agire da subito. Dice una prima inchiesta che dall'entrata in vigore del decreto sono 51 le donne salvate e 51 i potenziali carnefici in carcere (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico) e questo fa parte di una verità che non possiamo rimuovere.
  E, allora, io voglio ringraziare i relatori, Ferranti e Sisto, Cecilia Guerra e innanzitutto le colleghe e i colleghi che hanno Pag. 91lavorato con un'intensità speciale per correggere e cambiare anche radicalmente il testo che ci è stato presentato. Il Parlamento ha fatto la sua parte, con l'aiuto delle audizioni e di un ascolto riconoscente: associazioni, studiosi, operatori. E la bussola è stata ed è quella della prevenzione, prevenzione e prevenzione. Un piano che solleciti una consapevolezza culturale, un programma di coordinamento e di educazione nelle scuole alle relazioni affettive ed informazione-formazione.
  Il traguardo, lo dicevano molte colleghe, di media e televisioni che restituiscono alle donne italiane l'immagine che esse si meritano sempre e ovunque e certo un piano di aiuto e di aiuto per tempo alle donne minacciate, colpite e ferite, di recupero dei maltrattanti e di misure di deterrenza, allontanamento e di certezza della pena. Ora questo articolo, grazie all'impegno di tante e di tanti, dal testo iniziale recupera delle risorse. Recupera un fondo di 10 milioni di euro mirato al piano coordinato ed organico e recupera un fondo di altri 10 milioni di euro specifico per centri, case di accoglienza, associazioni. Basta tutto questo ? Mi rivolgo alle colleghe e ai colleghi degli altri gruppi. Certo che no. Dobbiamo migliorare e avanzare anche con la legge di stabilità e dobbiamo farlo insieme. Basta una legge per cancellare la violenza ? Certo che no, ma è un primo passo, un passo importante, e io credo che sia un passo che noi dobbiamo a quelle donne e a quelle famiglie che anche in questi giorni piangono per lutti, umiliazioni e ferite (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Di Salvo. Ne ha facoltà, per un minuto.

  TITTI DI SALVO. Signor Presidente, naturalmente le motivazioni del nostro emendamento le già spiegate l'onorevole Costantino. Il mio minuto lo voglio dedicare ad una questione molto concreta: le risorse. Il decreto nasce con un piano straordinario all'articolo 5 non finanziato. È vero che la Commissione ha lavorato per trovare delle risorse, sono risorse che devono durare tre anni e sono risorse che non basteranno e lo sappiamo tutti. Invece di rimandare alla legge di stabilità a cui, colleghe e colleghi, è rimandato tutto – ogni argomento oggi viene rimandato alla legge di stabilità – noi proponiamo che le risorse vengano trovate in un modo preciso, che c'entra anche con i media. Noi proponiamo che si aumenti dal 1 per cento al 5 per cento del fatturato l'affitto, il canone, che le emittenze radiotelevisive pagano, il canone che loro pagano per trasmettere, dall'1 al 5 per cento, fa 105 milioni. Noi li vorremmo mettere lì. Qualcuno mi deve spiegare perché no. Io vorrei sapere perché no. Non me lo ha ancora spiegato nessuno.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Buonanno. Ne ha facoltà.

  GIANLUCA BUONANNO. Signor Presidente, io non vorrei essere frainteso e quindi cerco di parlare il più chiaro possibile. Sinceramente da questa discussione mi sembra che in realtà alla fine la discriminazione, con le dovute proporzioni, cada sugli uomini. Qua si discute giustamente di tutte le difficoltà, di tutte le questioni che riguardano la violenza sulle donne sia sotto l'aspetto domestico che anche fuori dalle case, si continua a parlare, ma non si parla mai di uomini. Qua sembra che tutto succeda e che agli uomini non succedano mai questioni o reati che li riguardano invece al contrario. Io questo l'ho già detto nella Commissione di cui faccio parte, cioè la Commissione cultura: le statistiche dicono che l'85 per cento dei reati domestici sono verso..., non riesco a parlare Presidente.

  PRESIDENTE. Colleghi, permettete al collega Buonanno di parlare.

  GIANLUCA BUONANNO. Per l'85 per cento colpiscono le donne, ma c’è un 15 Pag. 92per cento che colpiscono gli uomini. Allora se si parla di femminicidio secondo me già questo termine è sbagliato, perché dovremmo fare un unicum, perché c’è la donna giustamente che deve essere comunque difesa, ma esistono anche uomini che subiscono violenza. Allora gli uomini che subiscono violenza sono di serie B o C ? Proprio qua a Roma poco tempo fa è successo che tra due infermieri, uomo e donna, che stavano insieme, fidanzati, la donna ha preso un delinquente comune e gli ha fatto buttare dell'acido in faccia all'infermiere ex fidanzato, uomo: stalking.
  È successo che poi il giudice ha deciso che sia la donna, l'ex fidanzata, che è stata la mandante, sia l'esecutore non debbano più risiedere a Roma, ma è finita lì, sostanzialmente, la storia. Questo per dire che è capitato ad un uomo e, praticamente, non si è saputo nulla; ovviamente, quando capita, invece, a una donna... qui in Parlamento vi sono tante donne, soprattutto di sinistra, che si riempiono la bocca, parlano tanto di queste cose, e poi, però, su discussioni come queste, si vantano pure che vi sono 10 milioni di euro nel provvedimento. Ma cosa sono 10 milioni di euro in un Paese di 60 milioni di persone ? Vuole dire zero, vuole dire zero ! E sugli uomini ? Allora dobbiamo prevedere anche noi «l'ominicidio» per andare in Aula e difendere gli uomini ? Prima ho sentito parlare, discutendo di organi genitali, esclusivamente delle donne, quando tutti sappiamo – io ero un ragazzino – che sono successe anche delle cose, sugli uomini, di evirazioni, ma qui sembra che non dobbiamo parlare di queste cose. Bisogna parlare esclusivamente, per ipocrisia e per interesse, delle donne. È giusto farlo, io sono il primo a dire che la stragrande maggioranza dei reati li subiscono le donne, ma è altrettanto vero – ed è ipocrita da parte di chi, della sinistra, qui dentro continua a parlare – che esistono anche reati che vengono commessi dalle donne verso gli uomini. E quelli cosa sono ? Dei cretini ? Ecco, c’è una che ha detto «sì» ! Vedete, questa ha detto «sì» !

  PRESIDENTE. Collega Buonanno, continui l'intervento.

  GIANLUCA BUONANNO. Questo è l'esempio lampante: se uno dice che gli uomini sono cretini, vi è la deputata che dice «sì» ! Abbiamo visto come la pensano ! Bisogna essere solo di sinistra per dire determinate cose, che fanno comodo in campagna elettorale, e poi mettono 10 milioni di euro, per prenderli da dove, questi 10 milioni di euro ? Ma, naturalmente, aumentando le tasse, no ? Andando a «beccare» i fondi che riguardano le televisioni private a livello regionale. È giusto fare così, come si è fatto con il «decreto cultura»: si sono presi i soldi aumentando la tassazione sulla birra, sugli alcolici – contenti i produttori di birra, ovviamente – e andando a toccare i fondi delle imprese ? Questo per dire che la sinistra si vanta tanto di queste cose e poi, nel momento dei fatti, tira su quattro soldi tassando ancora di più questo Paese, che di tasse ne ha già fin troppe. E poi parla solo delle donne, perché fa comodo agli uomini di sinistra per vantarsi, alle donne di sinistra per vantarsi e, per quelli che non sono né uomini né donne, probabilmente, è la stessa cosa !

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Daniele Farina 5.26, con il parere contrario delle Commissioni, del Governo e della V Commissione (Bilancio).
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Palese, Piepoli, Murer, Bonafede, Galperti, Sarti...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti e votanti  464   
   Maggioranza  233   
    Hanno votato
 122    
    Hanno votato
no  342).    

Pag. 93

  Passiamo alla votazione dell'emendamento Dieni 5.100.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Dieni. Ne ha facoltà.

  FEDERICA DIENI. Signor Presidente, l'articolo 5, quello che detta le disposizioni sul contenuto del Piano contro la violenza sessuale e di genere, anche dopo la sostituzione integrale con il testo dei relatori continua ad essere privo di un termine entro il quale deve essere completato e adottato dalle pubbliche amministrazioni. Crediamo che 90 giorni a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto-legge siano un tempo sufficiente, non dovendo le pubbliche amministrazioni inventare nulla di nuovo. Proprio per questa ragione, chiediamo che votiate favorevolmente su questo emendamento (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Dieni 5.100, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Romele, Miotto, Marotta... onorevole Marotta, non tolga la tessera. L'onorevole Miotto non riesce a votare. Romele può votare. Abbiamo votato tutti ?
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti e votanti  455   
   Maggioranza  228   
    Hanno votato
 141    
    Hanno votato
no  314).    

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Locatelli 5.101, con il parere favorevole delle Commissioni e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Onorevoli Moretti, Mauri, Burtone, Prestigiacomo... L'onorevole Moretti non riesce a votare... non tolga la scheda, provi a votare... l'onorevole Fratoianni riesce ?
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

   (Presenti e votanti  458   
   Maggioranza  230   
    Hanno votato
 457    
    Hanno votato
no    1).    

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 5.400, da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento, con il parere favorevole delle Commissioni e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Bressa... se riusciamo a rimanere al posto, perché ci sono ancora circa sessanta votazioni ancora per terminare il provvedimento e guadagniamo un po’ di tempo... Malisani, Manfredi, Vitelli...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

   (Presenti e votanti  457   
   Maggioranza  229   
    Hanno votato
 456    
    Hanno votato
no    1).    

  (La deputata Rotta ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto favorevole).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Dieni 5.49, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Provi, onorevole Ciprini... Vitelli, Taricco, Quaranta, Spessotto... l'onorevole Quaranta non riesce a votare. Provi a votare. Hanno votato tutti ?
  Dichiaro chiusa la votazione.Pag. 94
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti  469   
   Votanti  468   
   Astenuti    1   
   Maggioranza  235   
    Hanno votato
 149    
    Hanno votato
no  319).    

  Passiamo alla votazione dell'emendamento Ciprini 5.50.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ciprini. Mi scuso con lei, non l'ho vista prima. Ne ha facoltà.

  TIZIANA CIPRINI. Signor Presidente, ci tenevo a esporre l'emendamento che avevo proposto, ma evidentemente la sua disattenzione non ha permesso questo. Quindi, la prossima volta la invito ad essere attento ai lavori d'Aula.

  PRESIDENTE. Onorevole Ciprini, lei non era firmataria dell'emendamento precedente, comunque. È questo il suo emendamento, il 5.50. Se vuole intervenire su questo...

  TIZIANA CIPRINI. Allora mi scuso, pensavo che fosse il precedente...

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti. Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Ciprini 5.50, con il parere contrario della Commissione e del Governo... revoco l'indizione della votazione. Prego, onorevole Ciprini ha facoltà di parlare.

  TIZIANA CIPRINI. La ratio dell'emendamento mira a evitare qualsiasi strumentalizzazione ideologica della violenza contro le donne e a evitare la colpevolizzazione dei bambini maschi, dei ragazzi e degli uomini in quanto tali, perché si suppone essere portatori di una aggressività, di una negatività innata.
  Paradossalmente si potrebbe arrivare a discriminare l'universo della maschilità sotto il vessillo della violenza contro le donne. Un approccio di questo tipo rafforza il pregiudizio del sesso debole e del sesso forte, invece che contrastarlo. Si intende invece valorizzare l'educazione al riconoscimento e all'accoglimento di ogni differenza come valore aggiunto della comunità sociale. Educare al valore delle differenze significa riconoscerle, rispettarle e non umiliarle, svalorizzarle o negarle (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Ciprini 5.50, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Giammanco, Gagnarli...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti  462   
   Votanti  432   
   Astenuti   30   
   Maggioranza  217   
    Hanno votato
 116    
    Hanno votato
no  316).    

  Passiamo alla votazione dell'emendamento Dadone 5.48.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Dadone. Ne ha facoltà.

  FABIANA DADONE. Signor Presidente, con questo emendamento semplicemente chiediamo che venga introdotta nei programmi del Piano d'azione contro la violenza una forma di prevenzione della violenza e della discriminazione contro le donne. Le scuole, a nostro parere, rappresentano l'ambito ideale per un intervento preventivo, per cui proponevamo proiezioni di film o descrizioni di quelli che sono fatti concreti avvenuti. Riteniamo che Pag. 95prevenire sia meglio che curare, per cui, visto che questo è il decreto che dovrebbe aiutare la situazione, perché non lottare per la prevenzione (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ?

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Dadone 5.48, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Carrescia, Bellanova...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti e votanti  455   
   Maggioranza  228   
    Hanno votato
 125    
    Hanno votato
no  330).    

  Passiamo alla votazione dell'emendamento Balduzzi 5.31.

  DONATELLA FERRANTI, Relatore per la II Commissione. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  DONATELLA FERRANTI, Relatore per la II Commissione. Inviterei a valutare che questo era uno degli emendamenti che hanno poi costituito la base, insieme ad altri, per la riformulazione dell'articolo 5.
  Quindi io chiederei l'invito al ritiro dell'emendamento Balduzzi 5.31 e anche dell'emendamento Dadone 5.45, ma di tutti, perché rileggendo l'articolo 5 si vede come i punti derivanti da questi emendamenti sono identici a quelli presentati nelle Commissioni e sono stati interamente recepiti nella riformulazione fatta dal relatore, d'intesa col Governo dell'articolo 5.

  PRESIDENTE. Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro dell'emendamento Balduzzi 5.31.

  RENATO BALDUZZI. Lo ritiro.

  PRESIDENTE. Sta bene. Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro dell'emendamento Dadone 5.45.

  FABIANA DADONE. No, insisto per la votazione.

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti. Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Dadone 5.45, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Rostan... Ruocco...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti e votanti  448   
   Maggioranza  225   
    Hanno votato
 140    
    Hanno votato
no  308).    

  Passiamo alla votazione dell'emendamento Dieni 5.46. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Dieni. Ne ha facoltà.

  FEDERICA DIENI. Signor Presidente, chiediamo che una quota del fondo per le pari opportunità sia destinata in modo permanente a quanto indicato nella lettera c): il rafforzamento della rete dei servizi territoriali, dei centri antiviolenza e dei servizi di assistenza alle donne vittime di violenza. Con questo emendamento si cerca, in altro modo rispetto alla richiesta di rifinanziamento integrale del Fondo per le pari opportunità, di imporre al Governo il sostegno vero ed effettivo di quanto sostiene a parole alla lettera c), il potenziamento dei centri e delle reti antiviolenza.

Pag. 96

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MARINA SERENI (ore 19)

  FEDERICA DIENI. C’è una forte discrasia tra quanto indicato da questa lettera e il comma 3, che prevede che tutto il piano indicato all'articolo 5 non debba recare nuovi oneri per la finanza pubblica. Non è chiaro se questo vuol dire che il fondo ha la capienza e le risorse necessarie a provvedere a tutto quello che è scritto in questo articolo oppure che quello che è scritto non verrà attuato se dovesse scostare un solo centesimo in più.
  Belle parole a parte, questo articolo non concede nulla a chi si occupa da sempre delle donne vittime di violenza e in moltissimi casi offre loro rifugio per sottrarsene (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti. Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Dieni 5.46, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti e votanti  452   
   Maggioranza  227   
    Hanno votato
 140    
    Hanno votato
no  312).    

  Passiamo alla votazione dell'emendamento Dieni 5.47.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Buonanno. Ne ha facoltà.

  GIANLUCA BUONANNO. Signora Presidente, volevo sapere se c’è un errore di stampa o se è proprio così. Allora, nell'articolo d-bis) si dice: «prevedere l'istituzione di un registro delle associazioni e dei centri che offrono servizi e svolgono attività di sostegno per le donne vittime di violenza» e già qui non compaiono gli uomini, cioè gli uomini, anche se sono vittime di violenza, sono nella categoria forse del canile, dopodiché: «nonché dei centri che offrono ascolto e aiuto agli uomini maltrattanti». Qui c’è scritto maltrattanti o maltrattati ? Perché se è maltrattati allora potrebbe avere un senso, per quanto mi riguarda.
  Ma maltrattanti significa che noi andiamo a dare il centro di ascolto, non agli uomini che subiscono violenza come succede per le donne, ma li diamo solo agli uomini che sono quelli che maltrattano e che, quindi, bisogna educarli in una certa maniera, mentre per le donne che maltrattano gli uomini non si fa nessun tipo di educazione perché questo non esiste. Siccome ho ricordato prima una percentuale, che non ho inventato io, che dice che l'85 per cento purtroppo dei maltrattamenti viene riservato e lo subiscono le donne, ma c’è un 15 per cento che viene subito dagli uomini. Allora, io chiedo a tutti gli uomini che ci sono dentro quest'Aula: ma voi leggete queste cose ? Vi rendete conto che, comunque, sì esiste un problema che riguarda le donne e ne siamo tutti consapevoli e dobbiamo combatterlo, ma comunque esiste una discriminazione perché si parla esclusivamente di donne e non si parla di uomini ? In altre parole, se gli uomini hanno qualcosa e subiscono qualcosa da parte di donne, cioè il 15 per cento, non fa niente, non gli facciamo niente. L'uomo è comunque messo in un cantone, mentre quello che succede alle donne giustamente deve essere visto, valorizzato ed aiutato.
  Ai centri di accoglienza vanno quei quattro soldi che la sinistra pensa che siano tanti, 10 milioni di euro in una nazione come la nostra che ha 60 milioni di abitanti. È come se io vado nel mio comune e do a un'associazione un euro e gli dico «fai tutto quello che devi fare», perché questa è la proporzione, signor Presidente. Un euro nel mio comune rispetto a 10 milioni di euro in una popolazione di 60 milioni. Allora, i centri di ascolto faranno ben poco. Poi ci hanno Pag. 97parlato del cineforum e di queste cose qua che sono tutte cavolate inumane perché tanto non servirà a niente. Servirà solo agli studenti per farsi qualche ora in più fuori dalla scuola e guardarsi il cineforum forse o, magari, a fare altro perché il tempo libero è bello per tutti. Quando uno andava a scuola e gli dicevano «andiamo a vedere questo piuttosto che quest'altro», certamente eravamo tutti contenti e facevamo i salti di gioia perché comunque era un momento di svago. E poi qua ci dicono che gli uomini sono maltrattanti quindi dobbiamo metterli a posto perché gli offriamo l'ascolto e l'aiuto. Cosa facciamo, li mettiamo come al circo ? Li prendiamo con la frusta e li mettiamo dentro una gabbia e gli diciamo: voi avete fatto tutte queste brutte cose, avete bisogno di aiuto e vi sistemiamo. E, invece, alle donne che fanno qualcosa contro gli uomini, non gli facciamo niente, non diciamo niente. Gli uomini che hanno bisogno di aiuto nei centri di ascolto non possono andare se non sono solo i carnefici tra virgolette. Sono cose secondo me assurde.
  I discriminati in tutto questo provvedimento, al di là della giustezza per aiutare le donne, sono gli uomini. E questa è la politica comunista che viene fatta per l'ennesima volta e che serve per la campagna elettorale, per dire abbiamo messo 10 milioni di euro, che non servono a un fico secco rispetto a quello che si vuole fare, e che alla fine servono alle donne per «vendere» in campagna elettorale determinate cose. Poi, però, cosa succede ? Che quando c’è la campagna elettorale, le prime che non votano le donne, sa chi sono, signor Presidente ? Sono le donne stesse perché tante volte le donne che sono in politica non vengono votate, non perché sono discriminate, ma perché le stesse donne non le votano e preferiscono votare gli uomini.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Rosato. Ne ha facoltà.

  ETTORE ROSATO. Signora Presidente, solo per dire che è evidente che il collega Buonanno si sente perseguitato dalle donne del suo gruppo (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Scelta Civica per l'Italia e Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Marcolin. Ne ha facoltà.

  MARCO MARCOLIN. Signor Presidente, volevo dire al deputato che le donne a noi ci hanno votato.

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Dieni 5.47, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Cesa, Vignaroli...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti  456   
   Votanti  450   
   Astenuti    6   
   Maggioranza  226   
    Hanno votato
 122    
    Hanno votato
no  328).    

  Chiedo al presentatore se acceda all'invito al ritiro dell'emendamento Centemero 5.34 formulato dal relatore.

  ELENA CENTEMERO. Signor Presidente, ritiro sia l'emendamento 5.34 sia il 5.32, entrambi da me presentati, e trasfonderò il loro contenuto in un ordine del giorno.

  PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento Fitzgerald Nissoli 5.27.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Buonanno. Ne ha facoltà.

Pag. 98

  GIANLUCA BUONANNO. Volevo chiedere un'altra cosa, signor Presidente, si dice del codice rosa. Glielo leggo: «implementare, presso tutti i centri di pronto soccorso, un codice di accesso preferenziale, individuato come “codice rosa”, che, se non ho inteso male, è riferito alle donne, “riservato a tutte le vittime di violenze”». Allora se ci sarà e se si voterà il codice rosa io pretendo il codice azzurro: infatti anche in questo caso perché ci deve essere il codice rosa e non ci deve essere il codice azzurro ?
  E poi chiedo ai deputati: c’è sempre stata questa nomea dell'uomo meridionale, mi chiedo in quest'aula, visto che di deputati meridionali ce ne sono tanti, ma l'uomo meridionale rispetto a tutto quello che si sta dicendo adesso, sta muto e zitto ? Rispetto a quello che io sto dicendo in maniera normale e cioè che il fatto che esistono sì l'85 per cento di violenze sulle donne e che bisogna lottare per fare in modo che non ci siano più o comunque diminuiscano, ma esiste un 15 per cento che riguarda gli uomini, voi uomini meridionali cosa ne pensate di questo emendamento dove c’è il codice rosa e non c’è il codice azzurro, dove si dice che ci sono i centri di ascolto solo per le donne e non ci sono per gli uomini, dove si parla di tutta una serie di questioni che riguardano le donne ma non riguardano gli uomini, del fatto che se un uomo riceve violenza viene messo nell'ultima pagina all'ultimo rigo di un giornale perché non fa notizia ma se succede ad una donna oggettivamente ha molto più risalto ?
  Se poi tale situazione viene strumentalizzata da una certa parte politica che ribadisco è quella di sinistra che si vanta, riempiendosi la bocca ogni volta, che fa tutto per le donne quando poi in realtà mette delle «ciofeche» come soldi per il finanziamento perché ce ne sono pochi rispetto a quello che afferma e trova delle soluzioni che mio figlio, che ha dieci anni, probabilmente ne troverebbe di migliori rispetto al cineforum ed altre cose che ho letto qui su questo provvedimento, mi chiedo se gli uomini meridionali sono capaci di battere un colpo nel banchetto oppure no.

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Fitzgerald Nissoli 5.27, con il parere contrario delle Commissioni, del Governo e della V Commissione (Bilancio).
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Taricco... Fiano... Biffoni...Lo Monte....
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti  452   
   Votanti  449   
   Astenuti    3   
   Maggioranza  225   
    Hanno votato
  57    
    Hanno votato
no  392).    

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Fitzgerald Nissoli 5.44, con il parere delle Commissioni, del Governo e della V Commissione (Bilancio).
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Marchi... Biffoni... Ferrari... Giampaolo Galli... Marco Di Stefano...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti e votanti  448   
   Maggioranza  225   
    Hanno votato
 152    
    Hanno votato
no  296).    

  Passiamo alla votazione dell'emendamento Carfagna 5.35.
  Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro dell'emendamento Carfagna 5.35 formulato dal relatore.

Pag. 99

  ELENA CENTEMERO. Lo ritiriamo, signora Presidente.

  PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento Dadone 5.102.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Dadone. Ne ha facoltà.

  FABIANA DADONE. Signora Presidente, con questo emendamento si propone semplicemente un coordinamento tra due disposizioni simili poste in due diversi articoli del presente testo. All'articolo 5, comma 2-bis, si obbliga il Ministro delegato alle pari opportunità all'invio di una relazione annuale al Parlamento sull'attuazione del piano contro la violenza sessuale di genere, mentre, invece, all'articolo 5-bis, comma 7, si obbliga il Ministro all'invio di una relazione, entro il 30 giugno di ciascun anno, sullo stato di utilizzo delle risorse ai fini dell'attuazione del piano. A me sembra più ragionevole che si faccia un'unica relazione al Parlamento contenente entrambi gli aspetti entro il 30 giugno prossimo e di ciascun anno.

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Dadone 5.102, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Carrescia, Biffoni, Piccoli Nardelli, Fiorio, Bini...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti e votanti  459   
   Maggioranza  230   
    Hanno votato
 136    
    Hanno votato
no  323).    

  Passiamo alla votazione dell'emendamento Zampa 5-bis.100.
  Ha chiesto di parlare la relatrice, presidente Ferranti. Ne ha facoltà.

  DONATELLA FERRANTI, Relatore per la II Commissione. Signora Presidente, la Commissione formula un invito al ritiro sull'emendamento Zampa 5-bis.100 perché il riferimento all'elaborazione di programmi di formazione degli operatori scolastici è contenuto nel piano e comunque, poi, c’è bisogno dell'attuazione, Quindi, invito al ritiro dell'emendamento Zampa 5-bis.100, così come degli articoli aggiuntivi Balduzzi 5-bis.04 e Binetti 5-bis.05, perché tutti i suggerimenti che era possibile prendere ed utilizzare sono stati recepiti nell'articolo che è stato riformulato dal relatore e dal Governo e approvato dalla Commissione.

  PRESIDENTE. Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro dell'emendamento Zampa 5-bis.100 formulato dal relatore.

  SANDRA ZAMPA. Sì, signora Presidente, ritiriamo l'emendamento e annuncio che è stato presentato un ordine del giorno sullo stesso tema.

  PRESIDENTE. Prendo atto che i presentatori dell'articolo aggiuntivo Balduzzi 5-bis.04 lo ritirano, così come i presentatori dell'articolo aggiuntivo Binetti 5-bis.05.
  Ricordo che l'articolo aggiuntivo Cozzolino 5-bis.010 è già stato ritirato.
  Passiamo alla votazione dell'emendamento Daniele Farina 6.3.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Daniele Farina. Ne ha facoltà.

  DANIELE FARINA. Signora Presidente sarà il caso di parlare perché abbiamo finito il provvedimento di cui abbiamo iniziato la trattazione in Aula. Il contrasto alla violenza, di genere che è il motivo annunciato della nostra presenza il 20 agosto in quest'Aula e della nostra discussione, con l'articolo 5 è concluso.
  Noi potremmo tranquillamente – e questo emendamento che noi proponiamo lo fa – sopprimere tutti gli articoli successivi e avviarci all'esame degli ordini del Pag. 100giorno e alle dichiarazioni di voto finale relativamente ad un provvedimento che è stato erroneamente definito sul femminicidio. Invece, noi saremo ancora qua perché da questo punto in poi, come molti colleghi hanno esplicitato sotto la voce disomogeneità della materia, eterogeneità della materia, comincerà la trattazione di argomenti che con la violenza di genere, le donne o gli uomini, i maltrattamenti in famiglia, lo stalking, le aggravanti, eccetera, non ha più niente a che vedere. Se noi vogliamo fare un buon servizio a questo Paese io credo che dovremo prendere questa strada, cioè la strada degli emendamenti soppressivi, ed è così evidente l'incongruenza di tutta questa vicenda che la Commissione ha fatto un ottimo lavoro di ripulitura di un testo che ci avrebbe tenuto qua molto più tempo di un decreto che invece ha bisogno di una conversione e che ha anche delle aspettative per quello che è la parte sulla violenza di genere.
  È successo, però, che quando il Governo si è presentato qua il 20 di agosto quasi nessuno dei colleghi, anzi nessuno, aveva precisa contezza del testo che sarebbe poi stato effettivamente presentato, e noi ci siamo trovati con un evento che io spero non si ripeta più, perché in nessun Paese normale, davanti a nessun Parlamento normale, il Ministero dell'interno prende dai cassetti tutti i provvedimenti accumulati per mesi, se non per anni, e li rovescia addosso ai parlamentari dando loro la responsabilità della mancata conversione di un giusto e benvenuto provvedimento sulla violenza di genere (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).
  Questo atteggiamento del «Ministerio» – «Ministerio», non Ministero dell'interno – è tanto più grave perché la materia originale di cui si trattava, in alcuni suoi punti, ha un rilievo notevole. Qui, invece, si tratta di estendere l'utilizzo dell'Esercito in funzione di ordine pubblico; qui si tratta ancora di prorogare per altri tre anni la flagranza differita per la violenza negli stadi; ma se è prorogabile di tre anni in tre anni, una ragione ci sarà ? Avrà forse avuto bisogno anch'essa di una discussione sulla sua efficacia ? Lo faremo magari nei limiti di tempo che avremo. Così, dentro questo provvedimento, si parlava di gestione commissariale delle province – in parte se ne parla ancora – di sua proroga, un dibattito che avrebbe e avrà bisogno di altra sede ed altro luogo. Inoltre, vi sono cose che mortificano; misure come le aggravanti – traducendo in italiano, il furto di rame – che mortificano buona parte del provvedimento, e poi quei provvedimenti di cui non si è avuto il coraggio, né di fronte a quest'Aula né in Commissione, a domanda diretta due volte reiterata, di dire come si chiamava un altro di quei provvedimenti che c'erano dentro, che si chiamava Val di Susa. Si chiamava originariamente decreto Val di Susa la parte successiva all'articolo 7. Non si è avuto il coraggio di chiamare le cose per nome e ci mettete nella condizione di affrontare adesso una discussione su altri 5, 6, 7 articoli aggiuntivi che trattano ciascuno una materia diversa, come i Vigili del fuoco, e ne citiamo un'altra. Io credo che questo non sia un elemento possibile di un corretto lavoro tra istituzioni dello Stato e credo che il Governo dovrà pensare molto bene prima di ripresentare decreti con questa caratteristica, perché c’è già polemica reiterata in quest'Aula sull'eccesso, sull'iperfetazione, dei decreti. Se poi i decreti hanno questa misura, hanno questa fattezza, hanno questa sovrabbondanza, io finisco qua l'intervento (Applausi dei deputati dei gruppi Sinistra Ecologia Libertà, MoVimento 5 Stelle e Lega Nord e Autonomie).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Buonanno. Ne ha facoltà.

  GIANLUCA BUONANNO. Signor Presidente, intervengo per dire una cosa che magari sorprenderà un po’ il collega: sono perfettamente d'accordo su quello che lui ha detto, cioè lo sottoscrivo in pieno.
  Ma aggiungo una cosa in più, caro collega: nei messaggi che manda il nostro Presidente della Repubblica – dico nostro Pag. 101perché anche noi l'abbiamo votato –, ha detto ad esempio... . Oggi ha mandato il messaggio che è stato letto dal Presidente della Camera Boldrini sul problema delle carceri, e ha ipotizzato ad esempio una soluzione su cui noi non siamo d'accordo, ma è comunque un altro discorso; quando invece ha mandato il messaggio nella legislatura precedente, che non si potevano emanare decreti-legge con un omnibus di tutto e di più, questo l'ha detto il Presidente della Repubblica, e ha fatto in modo più volte che certe cose non venissero introdotte perché c'era troppo all'interno del decreto-legge. Allora, se il discorso valeva nella precedente legislatura, deve valere anche adesso, e quindi ricordiamoci di che cosa ha detto il Presidente della Repubblica !
  In questo decreto-legge, si fa l'esatto contrario di quello che aveva chiesto il Presidente della Repubblica nella precedente legislatura. Questo il Partito Democratico se lo ricorda, o si è dimenticato ? Oppure, quando c’è una maggioranza diversa, per il Partito Democratico va bene lo stesso ? E cioè fa la critica, e dice: dobbiamo seguire le parole del Presidente della Repubblica ? Ma oggi che il Partito Democratico è in maggioranza, cosa dice ? Fa finta di niente ! Per cui qui dentro c’è un frullato, un minestrone, dove c’è di tutto e di più, che non c'entra niente con l'argomento principale.
  Mi piace perché c’è il silenzio dell'Aula, mentre su questa cosa, se ci fosse stato un altro Governo, caro signor Presidente, i colleghi del PD sarebbero tutti in piedi a gridare allo scandalo di questo decreto-legge per quello che c’è nelle ultime pagine: questa è la verità ! Ma siccome qui impera l'ipocrisia, quando viene detto qualcosa che interessa il Presidente della Repubblica viene accolto e viene incensato il Presidente della Repubblica, e tutti fanno attenzione e dicono: va bene, dobbiamo seguire quello che ci dice il presidente Giorgio Napolitano; però quando invece dice delle cose che non stanno bene ad una certa parte politica, si fa finta di dimenticare tutto, e cioè si fa quello che si dice abitualmente: uno che si dimentica, va bene tutto e questo è il risultato.
  Dico allora: votiamo queste cose, e voi votate contro un volere del Presidente della Repubblica che ha detto poco tempo fa: non si può emanare un decreto-legge in cui c’è di tutto e il contrario di tutto, e non si parla invece di una cosa sola. Do quindi ragione al collega da una parte, e spero che lui apprezzi quello che noi diciamo adesso per quanto riguarda il commento fatto, signor Presidente.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Bonafede. Ne ha facoltà.

  ALFONSO BONAFEDE. Signor Presidente, la decretazione omnibus è una vera e propria piaga di questo Parlamento e del Paese. Se è già di per sé inaccettabile, è ancora più inaccettabile quando si parla di provvedimenti importanti, come quello sul femminicidio, perché dietro l'alibi di uno scopo nobile si nasconde il tentativo di far approvare al Parlamento provvedimenti che nulla hanno a che fare con quello scopo; e in questo caso voi lo chiamate: ricerca di un compromesso politico (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Noi lo chiamiamo: vero e proprio ricatto morale fatto alle opposizioni ! È indecente, non è necessario né richiamare sentenze della Corte costituzionale né tirare per la giacchetta costituzionalisti, per dire che su un tema come quello del femminicidio è immorale e indecente introdurre norme che nulla hanno a che fare con la tutela delle donne (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) !

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Daniele Farina 6.3, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Bargero, Aiello, Bonafede, Palma, Pelillo, Alli, Malisani, Nissoli, Rubinato...Pag. 102
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti  439   
   Votanti  407   
   Astenuti   32   
   Maggioranza  204   
    Hanno votato
 140    
    Hanno votato
no  267).    

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Nuti 6.2, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Cesa, Paglia, Taricco, Lavagno, Gandolfi, Malisani...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti  446   
   Votanti  416   
   Astenuti   30   
   Maggioranza  209   
    Hanno votato
  95    
    Hanno votato
no  321).    

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Lombardi 6.1, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Ricciatti, Rostan, Iannuzzi, Taricco, Della Valle...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti  439   
   Votanti  394   
   Astenuti   45   
   Maggioranza  198   
    Hanno votato
  94    
    Hanno votato
no  300).    

  Passiamo alla votazione dell'emendamento Dadone 6-bis.100.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Dadone. Ne ha facoltà.

  FABIANA DADONE. Signor Presidente, con questo emendamento chiediamo la soppressione dell'articolo 6-bis, che è spuntato in Commissione all'improvviso. Già questo decreto ha un'eterogeneità di materia che fa spavento, ma se nell'articolo 6 si parla di comparto di sicurezza – già non c'entra niente con l'argomento – che poi si arrivi ad aggiungere con un emendamento, il 6-bis, che parla di accordi territoriali di sicurezza integrata per lo sviluppo, e dove sostanzialmente si elencano tutta una serie di aree che dovrebbero essere interessate da insediamenti produttivi o infrastrutture logistiche ovvero da progetti di riqualificazione e riconversione di siti industriali e commerciali dismessi... Viene da pensare, a uno che è molto malizioso, per esempio area dell'Ilva, all'Acna di Cengio, alle bonifiche dei siti contaminati dei rifiuti.
  Visto che noi siamo contrari all'eterogeneità di materia e non vediamo neanche il senso di introdurre un articolo di questo genere, con questo emendamento chiediamo la soppressione che sarebbe più equo ed opportuno votassero tutti.

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti. Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Dadone 6-bis.100, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti e votanti  434   
   Maggioranza  218   
    Hanno votato
 136    
    Hanno votato
no  298).    Pag. 103
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 6-bis.500 delle Commissioni, con il parere favorevole del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Richetti...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

   (Presenti  438   
   Votanti  432   
   Astenuti    6   
   Maggioranza  217   
    Hanno votato
 382    
    Hanno votato
no   50).    

  Passiamo alla votazione degli identici emendamenti Agostinelli 7.6 e Daniele Farina 7.10.
  Ha chiesto di parlare l'onorevole Gianluca Pini. Ne ha facoltà.

  GIANLUCA PINI. Grazie Presidente, ho chiesto di parlare non per dichiarazione di voto sugli identici emendamenti, ma per segnalarle un comportamento a dir poco irrispettoso e scorretto, se non cafone, da parte del sottosegretario, che è ancora al telefono in questo momento (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie). La sottosegretaria, non solo si è rifiutata di alzarsi per dire se effettivamente – sarà anche irrituale, ma è anche educato e succede sempre di prassi – il parere del Governo sugli identici emendamenti era conforme o meno a quello delle Commissioni. La sottosegretaria, non solo non si è alzata, ma ci ha anche mandato deliberatamente a quel paese e poi si è messa al telefono.
  Perlomeno, cortesemente, le chiedo di richiamare un comportamento cafone da parte del Governo, perché non è accettabile (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).

  PRESIDENTE. Deputato Pini, non mi pare che la Viceministro Guerra abbia avuto un comportamento scorretto. La Viceministro ha chiesto la parola e ora gliela darò, ma onestamente, può capitare a tutti di avere una telefonata durante l'esame di un provvedimento così lungo.
  Prego, Viceministro Guerra.

  MARIA CECILIA GUERRA, Viceministro del lavoro e delle politiche sociali. Presidente, chiedo la parola intanto per precisare che non sono un sottosegretario, ma un Viceministro (Commenti dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie). In secondo luogo, per dire che non ho mandato a quel paese nessuno, ma ho solo fatto notare ai colleghi che non era intercorso più di un secondo dalla sollecitazione del Presidente alla mia risposta e in tutta la giornata di oggi non mi sono alzata in piedi e non ho preso il microfono per dire un «sì», giusto per accelerare i lavori.
  D'altra parte, come tutti avete visto, sono stata impeccabilmente seduta ore e ore qua e ho fatto una telefonata per necessità di lavoro (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Mi dispiace, però io ho qualche problema a non seguire anche l'ufficio per un intero pomeriggio.
  Confermo, inoltre, che tutti gli emendamenti che sono di mia stretta competenza li ho seguiti senza fare alcuna telefonata. Quindi, mi sento ingiustamente attaccata (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Daniele Farina. Ne ha facoltà.

  DANIELE FARINA. Signor Presidente, questo è l'emendamento soppressivo di un articolo di cui parlavamo prima, che ha come titolo (parlo dell'articolo): «Disposizioni in materia di arresto in flagranza in occasione di manifestazioni sportive»- io ci metterei un punto, mentre c’è una «e» – «e per il contrasto delle rapine, nonché in materia di concorso nelle Forze armate nel controllo del territorio».Pag. 104
  A me sembra che qua dentro ci sono tre o quattro cose che avrebbero dignità di una trattazione autonoma, non fosse altro perché sono materie di cui il Parlamento in passato si è abbondantemente occupato, con discussioni anche prolungate e la cui modificazione vorrebbe una verifica delle norme esistenti, l'effettiva utilità dei cambiamenti che si vogliono introdurre. Qui invece si procede lungo un «articolo-contenitore» dentro un «decreto-contenitore».
  Mi soffermo solo su un particolare. Qui si parla di violenza negli stadi e del suo contrasto. Io non sono un tifoso, non vado allo stadio e sono piuttosto, diciamo, violentemente negativo – permettetemi questo ossimoro – su quelle bande che manifestano i peggiori episodi ed esempi che possiamo dare in Italia e all'estero intorno agli stadi. Però, ho un'altra preoccupazione. Quando si cominciò a discutere e a introdurre questa figura della cosiddetta flagranza differita era il lontano 2001. Era la XIV legislatura e il senatore Bobbio parlava di una figura e di una fattispecie né di flagranza né di quasi flagranza ma fuori dalla flagranza di reato, cioè di un qualche cosa ... e poi la discussione e la giurisprudenza anche costituzionale se volete hanno dato ragione a quell'impostazione. Questa vedeva delle difficoltà nell'introduzione di questo specifico reato e di questo specifica possibilità, tanto è vero che il nostro ordinamento ne prevede la proroga di tre anni in tre anni. Questa volta la proroga avviene, a differenza di altre volte, senza che una discussione seria venga fatta e tenete presente che la proroga del 2010 fu fatta dopo una vacatio di questa flagranza differita.
  Allora, io credo che noi dovremmo interrogarci con grande attenzione, anche perché queste sono norme eccezionali che tendono ad estendersi nell'ordinamento. Cioè, si introducono in un punto, il contrasto alla violenza negli stadi – e chi è che non è d'accordo contro la violenza negli stadi, visto quello a cui abbiamo assistito tragicamente anche negli scorsi anni e nel presente –, però poi arriviamo magari al 2010 e questa norma viene reintrodotta, con il grave rischio che diventi anche norma per ciò che riguarda le manifestazioni pubbliche, cioè le manifestazioni che con la stadio non hanno niente a che vedere ma hanno a che vedere con la Costituzione repubblicana e con la libera possibilità di espressione e di manifestazione, appunto, dei cittadini.
  Ecco perché io credo che una norma di questo tipo che si vuole prorogare di altri tre anni – ed è solo un esempio dei quattro, cinque oggetti che sono contenuti nell'articolo 7 – avrebbe avuto bisogno certamente di maggiore attenzione. Ma poi vi è un'altra materia che avrebbe meritato uguale attenzione (e guarda caso, insomma, da quello che dicevo sul 2010 ha uno strano gioco di rimando e sull'altra parte avremo occasione di parlare di nuovo), parlare del concorso delle Forze armate nel controllo dei territori, su cui noi abbiamo già una normativa vigente e già una normativa che è stata oggetto di discussione e di polemica, perché è quella che ha condotto i militari in pattugliamento in alcune aree metropolitane e credo che non sia stato un fatto che è passato inosservato o che non ha avuto una discussione parlamentare o che non ha avuto una discussione locale. Allora, credo che questo sia l'articolo più evidente – e ho concluso, Presidente – di un decreto che dall'articolo 5 in poi escluso, cioè tolte le norme sulla violenza di genere, assume una veste abbastanza grottesca sia sul piano metodologico sia su quello della sostanza.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Agostinelli. Ne ha facoltà.

  DONATELLA AGOSTINELLI. Signor Presidente, intervengo soltanto per richiamare l'attenzione, prima di tutto, di tutta l'Aula su quello di cui stiamo discutendo questa sera, perché mi sembrano tutti molti distratti. Invece, come diceva il collega Farina, questa norma è gravissima. Se passa questa norma entra nell'ordinamento una norma gravissima.
  Noi come MoVimento 5 Stelle chiediamo la soppressione e ribadiamo e sosteniamo Pag. 105tutto quello che ha già detto chi ci ha preceduto. Chiediamo a tutti i presenti veramente un'analisi di questi emendamenti e di votare per impedire l'inserimento nell'ordinamento di una norma così grave e potenzialmente pericolosa (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Colletti. Ne ha facoltà.

  ANDREA COLLETTI. Signor Presidente, qui siamo in presenza di una norma palesemente incostituzionale. Ma ciò che mi preme più dire è che qui discutiamo di arresto in flagranza differito. Ebbene, oggi abbiamo ascoltato il messaggio motivato del Presidente della Repubblica, che intimava il Parlamento a lavorare sul fare uscire le persone dalle carceri, ma noi con questo emendamento facciamo entrare le persone nelle carceri, oltretutto in maniera incostituzionale (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Quindi inviterei tutti a riflettere prima di votare e dare un voto contrario a questo emendamento (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Molteni. Ne ha facoltà.

  NICOLA MOLTENI. Signor Presidente, vorrei fare alcune considerazioni sull'articolo 7. Io credo che le argomentazioni che ha portato il collega Daniele Farina e anche i colleghi del MoVimento 5 Stelle siano assolutamente sensate e logiche. Questo decreto era stato profondamente sbandierato dal Governo. Tra l'altro, voglio ricordare che il Consiglio dei Ministri approvò questo decreto prima di Ferragosto, esattamente lo stesso giorno in cui al Senato venne votato lo «svuotacarceri». Quindi è evidente l'atteggiamento da un lato schizofrenico del Governo e dall'altro fortemente contraddittorio. Da un lato, si vota lo «svuotacarceri» e, tra l'altro, tanto il decreto quanto il disegno di legge avevano in oggetto il reato di stalking. Io non so se vi ricordate quando fummo costretti a votare e a portare la pena del reato di stalking da quattro a cinque anni per evitare che il reato di stalking non venisse escluso dall'applicazione delle misure cautelari. All'epoca nell'altro disegno di legge si prevedeva che per il reato di stalking, nel momento in cui si arrivava alla condanna definitiva, vi era addirittura la possibilità di andare alla messa alla prova, esattamente quella messa alla prova su cui oggi il Capo dello Stato ha richiamato voi, non certamente noi, perché noi non ci riconosciamo ovviamente in quella necessità di approvare un provvedimento di indulto e di amnistia.
  Quindi, da un lato si esclude il reato di stalking dalla possibilità di poter applicare il carcere e, dall'altro lato, abbiamo visto nei primi cinque articoli di questo decreto che si va esattamente nella direzione opposta. Però questo era un decreto che venne annunciato in pompa magna, un decreto manifesto che doveva parlare di femminicidio, che doveva affrontare ovviamente un tema che era un'emergenza alla luce degli episodi di criminalità e di violenza che si verificarono e che si verificano purtroppo quotidianamente, e rispetto a quegli articoli da parte nostra c’è stato un atteggiamento di assoluta responsabilità. Già in passato noi chiedevamo che vi fossero norme repressive più stringenti e più dure per punire chi commette reati di quella particolare gravità e di quel particolare allarme sociale. Per quanto riguarda gli articoli dal 7 in poi, è evidente che si sta parlando di tutt'altro. Questo decreto diventa un pasticcio, lo vediamo nell'eterogeneità delle norme che vengono introdotte e si tenta di far apparire questo decreto come un vero e proprio decreto sicurezza...

  PRESIDENTE. Colleghi, che succede alla mia destra ? Stavate parlando un po’ troppo poco forte. Fate parlare il collega Molteni, che ha la parola.

Pag. 106

  NICOLA MOLTENI. Non mi davano assolutamente fastidio. Si è tentato di far passare questo decreto come il decreto sicurezza. Questo decreto non è assolutamente un decreto sicurezza e quindi contestiamo ovviamente l'eterogeneità delle norme che vengono introdotte e contestiamo parimenti anche gli emendamenti, perché credo che ci sarà da divertirsi più avanti quando arriveranno alcuni emendamenti che con il femminicidio e con la tutela delle donne che subiscono violenza non c'entrano assolutamente nulla. Ne ha citato uno prima il collega di SEL, in riferimento alla Val Susa, ma ne vedremo poi altri successivamente, soprattutto vedremo se alcuni parlamentari della maggioranza e il Governo avranno il coraggio di presentare quegli emendamenti che nulla hanno a che fare con l'oggetto e con lo scopo di questo decreto.
  In più condanniamo un'altra cosa. Se questo decreto vuole essere anche un decreto sicurezza – nell'articolo 7 giustamente si parla del contrasto alle rapine e si parla di norme in materia di concorso delle Forze armate al controllo del territorio – io voglio ricordare che la Lega, molto correttamente e molto onestamente da un punto di vista intellettuale, ha presentato tutta una serie di emendamenti in materia di sicurezza, alcuni accolti altri no, e vogliamo sfidare proprio sul tema della sicurezza Governo e maggioranza ad accogliere i nostri emendamenti.

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Agostinelli 7.6 e Daniele Farina 7.10, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Nesi...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti  436   
   Votanti  435   
   Astenuti    1   
   Maggioranza  218   
    Hanno votato
 138    
    Hanno votato
no  297).    

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Daniele Farina 7.14, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Carrescia, Taricco...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti e votanti  436   
   Maggioranza  219   
    Hanno votato
 130    
    Hanno votato
no  306).    

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Daniele Farina 7.15, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Marzano...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti  435   
   Votanti  434   
   Astenuti    1   
   Maggioranza  218   
    Hanno votato
 129    
    Hanno votato
no  305).    

  Passiamo agli identici emendamenti Agostinelli 7.4 e Duranti 7.11. Ricordo che l'emendamento Giuditta Pini 7.16 è stato ritirato.

  DONATELLA FERRANTI, Relatore per la II Commissione. Chiedo di parlare.

Pag. 107

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  DONATELLA FERRANTI, Relatore per la II Commissione. Signor Presidente, sugli identici emendamenti Agostinelli 7.4 e Duranti 7.11, soppressivi del comma 3, le Commissioni formulano un invito al ritiro, in quanto, su questo punto, le Commissioni hanno presentato l'emendamento 7.300, che tiene conto esattamente della condizione posta dalla Commissione difesa. Quindi, formulo un invito al ritiro, perché, in realtà, vi è il successivo emendamento 7.300, che è sostitutivo del comma 3 e che adempie anche a una condizione esplicita.

  PRESIDENTE. Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro degli identici emendamenti Agostinelli 7.4 e Duranti 7.11, formulato dal relatore.

  DONATELLA DURANTI. Signora Presidente, noi non ritiriamo il nostro emendamento, anche perché so perfettamente qual è il parere che è stato espresso dalla Commissione difesa e qual è la condizione che è stata espressa dalla Commissione difesa a proposito di questo comma e di questo articolo.
  Su quello, il gruppo di SEL si è già espresso in maniera contraria all'interno della Commissione difesa. Lo ha già detto molto bene il collega Daniele Farina: l'articolo 7 contiene delle norme che nulla hanno a che vedere con il decreto che riguarda la violenza contro le donne. Questo è un decreto che nel titolo dell'articolo 7 recita «(...) nonché in materia di concorso delle Forze armate nel controllo del territorio».
  Con il comma 3 dell'articolo 7, la cui soppressione noi chiediamo ai colleghi ed alle colleghe di votare, si vuole intervenire modificando una legge precedente, e precisamente il decreto-legge n. 78 del 2009, per rendere più flessibile, ancora più flessibile, l'uso delle Forze armate, prevedendo chiaramente «nel controllo del territorio».
  È stato citato dalla relatrice il dibattito in Commissione difesa: in Commissione difesa noi chiedemmo che cosa si intendeva con l'introduzione della parola «anche». Voglio ricordare che il comma 3 prevede la soppressione della parola «interamente» – si parla delle Forze armate – nella frase «interamente destinate a servizi di perlustrazione e pattuglia» e la sua sostituzione con la parola «anche».
  Il rappresentante del Governo non ci seppe o non ci volle spiegare che cosa intendeva. Ora, le Commissioni hanno presentato un emendamento, il 7.300, che spiega un po’ meglio cosa si intende per «anche», e dice che le Forze armate possono essere utilizzate non solo per servizi di perlustrazione e pattugliamento ma anche, appunto, per vigilanza a siti e obiettivi sensibili. Non ci rassicura questa formulazione, non ci rassicura perché noi pensiamo che con questo articolo, in particolare con questo comma, si vogliano allargare le maglie dell'utilizzo delle Forze armate. Io ricordo la genesi del decreto del 2009 che questo articolo modifica: discende da un decreto del 2008 per il quale ci furono grandi festeggiamenti da parte del Ministro Maroni – parliamo di un altro Governo – e dell'allora Ministro della difesa, La Russa, che festeggiarono l'introduzione dell'utilizzo delle Forze armate per decreto nel controllo del territorio, appunto, come una vittoria. Noi pensiamo che l'ordine pubblico – il controllo del territorio ci fa pensare al controllo dell'ordine pubblico – sia un compito delle forze di polizia ed è specificato, voglio ricordare: l'ordine pubblico e il suo mantenimento è quel complesso di servizi, tecniche e addestramento inerenti al mantenimento di condizioni di ordine in circostanze in cui si prevede l'afflusso intenso di persone, manifestazioni sindacali, manifestazioni politiche, manifestazioni sportive.
  Ebbene, noi crediamo che nel nostro Paese, così come ed altri Paesi occidentali – e questa cosa la riteniamo inaccettabile – ormai sia in corso un processo di ibridizzazione militare-poliziesca. Insomma, il Governo sempre vuole affrontare il governo della sicurezza interna adottando pratiche che sembravano ormai Pag. 108superate. Si parlava di gestione negoziata e pacifica nel controllo del territorio. Oggi invece si parla di militarizzazione. Concludo, Presidente, invitando a votare contro l'emendamento 7.300 delle Commissioni e a favore del nostro, perché voglio ricordare quali sono i compiti istituzionali delle Forze armate. I compiti istituzionali delle Forze armate sono questi: vengono utilizzate per la difesa del Paese e dello Stato da nemici esterni, hanno il compito di operare al fine della realizzazione della pace e della sicurezza in conformità alle regole del diritto internazionale e alla determinazione delle organizzazioni internazionali delle quali l'Italia fa parte. L'invio di 4.000 Forze armate – non parliamo di 1.250 Forze armate, stiamo parlando di 4000 – 200 delle quali il 20 settembre in virtù di questo decreto sono state mandate a rimpinguare il contingente già presente presso il cantiere della TAV, noi crediamo che non c'entri niente con i compiti istituzionali delle Forze armate. Per questo chiediamo di sopprimere il comma 3 dell'articolo 7 e di votare contro l'emendamento 7.300 delle Commissioni (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  DONATELLA AGOSTINELLI. Chiedo di parlare

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  DONATELLA AGOSTINELLI. Signor Presidente, soltanto per sottolineare, per ribadire e per concordare in pieno con quanto detto da chi mi ha preceduto. La riformulazione non ci accontenta affatto. Noi insistiamo per chiedere ancora una volta all'Aula, la soppressione di questo comma. È veramente importantissimo. Richiamo di nuovo l'attenzione dell'Aula, che vedo molto distratta (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Cirielli. Ne ha facoltà.

  EDMONDO CIRIELLI. Signora Presidente, colleghi, dispiace dover intervenire a difendere l'onorabilità e la professionalità delle Forze armate, ma evidentemente, nella fretta di dire questioni e sostenere tesi demagogiche, poi si dimentica che si offendono anche le persone. Innanzitutto, voglio dire che all'estero le Forze armate già vengono impiegate in attività di polizia, in situazioni non soltanto più pericolose, ma anche più delicate proprio dal punto di vista della gestione dell'ordine e della sicurezza pubblica, perché si trovano in territorio straniero.
  Le Forze armate italiane vengono invidiate in tutto il mondo per la capacità, l'umanità, la professionalità, la competenza con le quali affrontano impieghi alla stessa stregua di forze di polizia in missioni di pace.
  Ma c’è di più. Sul piano nazionale, per effetto della legge sulla professionalizzazione delle Forze armate, tutti coloro che fanno parte delle Forze armate o sono già vincitori di concorso per le forze di polizia o comunque saranno destinati in futuro ad essere impiegati quali appartenenti alle forze di polizia. Per cui veramente appare incredibile che ancora, dopo tanti anni di proficuo utilizzo di questi uomini e di queste donne al servizio della nazione, c’è qualcuno che possa dire in quest'Aula queste sciocchezze (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Rossi. Ne ha facoltà.

  DOMENICO ROSSI. Mi sembra appena il caso di aggiungere a quanto esposto dall'onorevole Cirielli che le Forze armate italiane nel tempo hanno acquisito delle professionalità che prima non avevano. Ragion per cui oggi lo Stato ha delle potenzialità nelle Forze armate e, invece di lasciarle per qualche motivo senza essere impiegate, nel momento in cui abbiamo queste potenzialità le utilizza a favore della sicurezza. Invito tutti quanti ad andare a farsi un giro all'aeroporto Charles De Gaulle: quando arriverà troverà militari della Legione straniera e nessuno si preoccupa di pensare a vecchi Pag. 109retaggi storici antimilitaristi (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Giuditta Pini. Ne ha facoltà.

  GIUDITTA PINI. Signor Presidente, intervengo solo perché ho seguito personalmente l’iter di questo articolo all'interno del provvedimento. In realtà il Governo ha accolto in pieno la proposta che era stata fatta dal gruppo del Partito Democratico e dagli altri gruppi sia di chiarimento sia di modifica.
  È stata tolta la parola «anche», che anche a noi dava seri problemi perché non era chiaro a cosa sarebbero servite le Forze armate, e ha aggiunto, come richiesto dalle Commissioni, «nonché di vigilanza a siti o obiettivi sensibili», che sono quelli individuati dal Ministero dell'interno.
  Non c’è nessuna ibridizzazione, sono gli stessi militari che vengono utilizzati in casi straordinari e semplicemente c’è una chiarificazione ed è stata cancellata quella parola che invece dava adito a dubbi che anche noi avevamo sollevato in Commissione e che quindi sono stati accolti (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Scelta Civica per l'Italia).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Piras. Ne ha facoltà.

  MICHELE PIRAS. Signor Presidente, intervengo per dire un concetto semplice: qua non c’è nessuno che, sostenendo un'ipotesi politica diversa da quella evidentemente sostenuta dalla maggioranza, vuole mancare di rispetto alle Forze armate. Si guardino piuttosto allo specchio quelli che in questi anni hanno bloccato gli adeguamenti stipendiali delle Forze armate al contratto del 2008, quelli che hanno bloccato i contratti e hanno ridotto in condizioni di limite con la povertà le nostre Forze armate, le nostre Forze di polizia (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).
  Se poi ci si riferisse alla professionalità acquisita in scenari di guerra come quelli dell'Afghanistan, o qualcuno mi viene a dire che il cantiere della TAV è un cantiere di guerra, che siamo in uno stato di guerra oppure non fa questo tipo di paragoni, perché manca di rispetto a quest'Aula (Applausi dei deputati dei gruppi Sinistra Ecologia Libertà e MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Marcolin. Ne ha facoltà.

  MARCO MARCOLIN. La nostra posizione è favorevole a questo emendamento. È chiaro che i colleghi ci devono spiegare chi sono i delinquenti, da chi dobbiamo difenderci se dai «no TAV» oppure dall'Esercito. Io credo che l'Esercito abbia una sua funzione. La percezione di sicurezza che può dare l'esercito nell'azione proprio di pubblica sicurezza credo che sia necessaria a questo Paese, visto che anche i colleghi dell'Arma dei carabinieri sono sotto organico e lamentano sempre scarse risorse proprio per aumentare l'organico e dare la percezione quando meno di sicurezza.
  Poi se l'Esercito è inteso che deve pattugliare, deve chiaramente far sì che i nostri confini siano sicuri, allora mi chiedo cosa succede sul Mediterraneo, perché il nostro Esercito, anziché pattugliare e dar sicurezza ai nostri confini magari va ad accogliere quei profughi che magari sono in difficoltà. Allora quando l'Esercito fa azioni meritevoli, diciamo così, è sempre ben accetto per quanto riguarda gli stranieri, quando l'Esercito viene impiegato per la sicurezza dei nostri cittadini credo sia altrettanto meritevole e forse l'impiego dell'Esercito debba essere necessario.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, la deputata Castelli. Ne ha facoltà.

  LAURA CASTELLI. Signora Presidente, io non volevo intervenire, ma dopo che Pag. 110uno sente certe frasi lo deve fare per forza, perché se quest'Aula non capisce da chi ci dobbiamo difendere, se dalla Polizia o dai no-TAV, allora forse bisogna dire qualcosa. Bisogna spiegare a tutti quelli che non hanno capito cosa vuol dire questo articolo. Bisogna spiegare che il movimento no-TAV solo da vent'anni sta in maniera pacifica sul territorio italiano a difendere l'opera più inutile che questo Governo abbia mai finanziato (Applausi dei deputati dei gruppi MoVimento 5 Stelle e Sinistra Ecologia Libertà). Non avevo finito, mi scusi.

  PRESIDENTE. Nessuno ha tolto la parola, guardi.

  LAURA CASTELLI. No, no, si è spento il microfono. Ricordo alla collega del PD – che giustamente sottolinea che questo articolo è stato inserito in un'ottica di siti sensibili – che allora dovrebbe chiedersi quali sono i siti sensibili che il Ministero dell'interno in questo momento vuole tenere sott'occhio, perché scoprirebbe che è proprio la Val Susa che ha deciso che è un mirino, ed è proprio la Val Susa che viene sempre associata alle parole «terrorismo». Non lo facciamo noi che in Val Susa ci viviamo e ci stiamo tutti i giorni per difendere la nostra terra, lo fa il Ministero dell'interno, lo fa Alfano quando si reca ai cantieri.

  PRESIDENTE. Ora deve concludere perché ha finito il suo tempo.

  LAURA CASTELLI. Grazie, ho concluso (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato D'Ottavio. Ne ha facoltà.

  UMBERTO D'OTTAVIO. Signor Presidente, anch'io non volevo intervenire, ma credo che alcune volte qui si esagera e si confondono le cose. Forse si è dimenticato che la vicenda della TAV non è più soltanto la vicenda di un cantiere in costruzione, ma ci sono dei veri e propri attentati terroristici per i quali la magistratura sta indagando ed ha sollevato il massimo delle preoccupazioni. Io credo che oggi abbiamo ricevuto un messaggio dal Presidente sulla situazione delle carceri, ma non vorrei dimenticare che il Presidente della Repubblica ha sentito il dovere di scrivere, dopo il mancato attentato al giornalista de La Stampa, una lettera a quel giornale, chiedendo a tutti di fare attenzione a non confondere e a rischiare di cadere nell'errore appunto di confondere il dibattito politico con la violenza. Da questo punto di vista non si può scherzare.

  PRESIDENTE. Concluda.

  UMBERTO D'OTTAVIO. E devo dire – lo ribadisco e lo avevo già fatto altre volte – che noi siamo con i poliziotti e i carabinieri che stanno facendo il loro dovere per far rispettare la decisione democratica presa e che deve essere continuata (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente e Scelta Civica per l'Italia).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Della Valle. Ne ha facoltà.

  IVAN DELLA VALLE. Signor Presidente, noi vediamo che il Partito Democratico cerca in tutti i modi di trovare qualsiasi scusa per difendere le proprie aziende, le proprie cooperative rosse che stanno lavorando dentro quei cantieri: l'unico motivo per cui è a favore è quello (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Lo vediamo anche nel TAV in centro Italia. È l'unico motivo per cui il Partito Democratico continua a farlo. Non è con i militari che difenderete le cooperative rosse vostre amiche. E poi, quando andiamo a vedere chi sta lavorando all'interno di quei cantieri, vediamo benissimo chi sono i terroristi. Non è possibile mandare in televisione alcune aziende che sono indagate, indagate nella «Minotauro» Pag. 111per mafia e li mandiamo lì a fare le vittime. Volevate anche dare dei soldi a queste aziende (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  In questo decreto-legge volevate dare i soldi ad aziende che sono indagate, ad aziende che hanno al loro interno dei lavoratori che sono indagati nell'operazione «Minotauro» per mafia. Vi dovere vergognare di quello che state facendo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) !

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato De Lorenzis. Ne ha facoltà.

  DIEGO DE LORENZIS. Signor Presidente, io vorrei ricordare a quest'Aula che non c’è alcuna contrapposizione tra i cittadini in divisa e i cittadini senza divisa. Al più c’è una netta distinzione tra i cittadini che sono rimasti senza stipendio, senza lavoro e senza alcuna risorsa e una classe politica e dirigente che spreca i soldi (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Agostinelli 7.4 e Duranti 7.11, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Lo Monte, Marazziti, Vecchio, Zampa...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti e votanti  433   
   Maggioranza  217   
    Hanno votato
 125    
    Hanno votato
no  308).    

  Passiamo alla votazione del subemendamento Corda 0.7.300.1.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Corda. Ne ha facoltà.

  EMANUELA CORDA. Signor Presidente, è chiaro che siamo entrati ormai in un terreno minato. Infatti, stiamo parlando di Forze armate. Dal femminicidio siamo passati alle Forze armate. Cercavamo di diffondere un messaggio positivo, un messaggio contro la violenza e, invece, ci ritroviamo a parlare di militarizzazione del territorio (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle), di soppressione di una protesta legittima di popoli che stanno semplicemente esercitando il loro diritto a difendere il loro territorio. Infatti, non dimentichiamoci che la Val Susa comunque non è terra di nessuno, è terra degli italiani, dei valsusini. E questo va detto e ribadito sempre (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Per quanto riguarda il nostro subemendamento, va detto che, purtroppo, siamo costretti a presentare anche subemendamenti, oltre agli emendamenti, perché questo decreto-legge sta diventando come la scatola di cioccolatini di Forrest Gump e non sai più quale emendamento ti capita (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Purtroppo è così. È triste dirlo, abbiate pazienza. Allora noi, in questo subemendamento, chiediamo che le Forze armate, in funzione di ordine pubblico, siano utilizzate solo ed esclusivamente per servizi di pattugliamento e perlustrazione. Quindi, chiediamo che le parole inserite vengano soppresse, ovvero «nonché di vigilanza a siti ed obiettivi sensibili», perché questo estende le prerogative delle Forze armate anche a dei cantieri come quello, per esempio, della TAV. E questo è scandaloso perché parliamo di una grande opera pubblica e non di un sito militare. Il cantiere di Chiomonte non è un bunker da militarizzare, un bunker dal quale tenere lontani i cittadini. L'informazione e la trasparenza sono sempre la prima cosa da salvaguardare.
  Inoltre, tutto questo rappresenta, a nostro avviso, un utilizzo improprio delle Forze armate, che noi tutti rispettiamo. Pag. 112Ho anche sentito parlare, comunque, di offesa nei confronti dei militari. Questo non è assolutamente vero. Semplicemente riteniamo che le Forze armate debbano essere impegnate per i compiti ad esse preposte. Tutto qui, molto semplice e niente di strano. Questo utilizzo maldestro delle Forze armate potrebbe portare ad una pericolosissima deriva verso una militarizzazione del nostro territorio e fino a prova contraria questo è uno Stato democratico dove i cittadini sono sovrani. Ve lo vorrei ricordare (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Corda 0.7.300.1, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Rostan, Cesa, Taricco, Petraroli, Giammanco, Micillo, Centemero...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti e votanti  433   
   Maggioranza  217   
    Hanno votato
 122    
    Hanno votato
no  311).    

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 7.300 delle Commissioni, accettato dal Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Mottola... Rostan...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

   (Presenti e votanti  429   
   Maggioranza  215   
    Hanno votato
 300    
    Hanno votato
no  129).    

  Passiamo alla votazione dell'emendamento Piras 7.13.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Piras. Ne ha facoltà.

  MICHELE PIRAS. Signor Presidente, con questo emendamento vorremmo provare a introdurre un principio di riconversione civile delle Forze armate: la dico così. La legge n. 353 del 2000 ha attribuito ai comuni molteplici responsabilità per quanto riguarda la lotta agli incendi, in particolare per quanto riguarda la prevenzione. I tagli drammatici che ci sono stati in questi venti anni ai bilanci dei comuni hanno reso praticamente inoffensiva quella norma, cioè i comuni impossibilitati a svolgere le funzioni che sono chiamati a svolgere e a ricoprire le responsabilità che sono chiamati a ricoprire. D'altro lato, gli ultimi anni di revisione della spesa hanno inciso pesantemente sul numero dei mezzi e sulle tecnologie a disposizione per il contrasto degli incendi.
  Il risultato è che in questi ultimi anni è aumentato esponenzialmente il numero di ettari sottoposto ad incendi in tutto il territorio nazionale. Da ultimo è successo nella mia regione con migliaia di ettari devastati e anche una persona rimasta uccisa. Pensiamo che le Forze armate possano dare un supporto alla lotta contro gli incendi nel momento dell'insorgenza degli incendi e dei roghi più grossi ed essere impiegate a supporto non solamente degli operatori chiamati a svolgere questo ma anche dei tanti volontari che in quelle occasioni prestano a mani nude il loro supporto per la difesa del territorio (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Piras 7.13, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Brandolin... Murer...Pag. 113
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti e votanti  419   
   Maggioranza  210   
    Hanno votato
 120    
    Hanno votato
no  299).    

(La deputata Argentin ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto contrario).

  Passiamo alla votazione degli identici emendamenti Corda 7.100 e Daniele Farina 7.102.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Corda. Ne ha facoltà.

  EMANUELA CORDA. Signora Presidente, noi con questo emendamento chiediamo di sopprimere i commi 3-bis e 4. Purtroppo, siamo costretti a fare delle osservazioni particolari su questo punto perché questi commi sembrano, più che altro, delle formulette malefiche studiate ad arte per ingannare i cittadini, perché dietro questi commi si cela la negazione del diritto ad esercitare il dissenso politico, il diritto a fare informazione liberamente. Vi racconto perché: questa misura, e mi riferisco in particolare al comma 3-bis, sembra concepita proprio per colpire le mobilitazioni contro il TAV o, più in generale, nei confronti delle contestazioni a grandi opere che non trovano il consenso della popolazione. È abbastanza vigliacco inserire questo genere di misure in una legge contro il femminicidio; francamente è scandaloso. In questo caso, basta che il Governo dichiari i cantieri di una grande opera come sottoposti alla sicurezza pubblica per far scattare, addirittura, l'articolo 260 del codice penale che riguarda l'introduzione clandestina in luoghi militari ed il possesso ingiustificato di mezzi di spionaggio, per condannare una persona a pene da uno a cinque anni di carcere, ma ci rendiamo conto ? Se una qualunque persona per caso viene colta in flagranza di reato, ovvero con una semplice fotocamera all'interno del cantiere, questa persona subisce una condanna da uno a cinque anni. È una cosa veramente ridicola, ed è una vera negazione della libertà di informazione e della libertà di stampa. Questa è una misura gravissima e liberticida; una cosa intollerabile che non possiamo consentire.
  Quindi, vi chiediamo per questo di sostenere il nostro emendamento, per sopprimere questi due commi scandalosi (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, la deputata Castelli. Ne ha facoltà.

  LAURA CASTELLI. Signora Presidente, vorrei chiedere ai colleghi in quali paure si sentono coinvolti, perché se un cittadino si reca intorno alle reti del cantiere del TAV scoprirà tante bellissime cose, le stesse che noi stiamo scoprendo tutti i giorni che andiamo dentro quel cantiere per fare le cosiddette ispezioni, e allora si può scoprire e fotografare come vengono non rispettate le delibere del CIPE, si può scoprire come il materiale di risulta di quelle montagne che deve essere stoccato fuori, invece viene stoccato dentro ! Queste cose si scoprono (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ! Allora sono certa che voi o comunque chi è il mandante di questi emendamenti, perché dietro a questi emendamenti ci sono nomi e cognomi e responsabilità... ma non vi preoccupate, noi li scopriremo tutti e allora siamo curiosi di sapere chi è che li ha voluti. Siamo davvero curiosi (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) !

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato D'Uva. Ne ha facoltà.

  FRANCESCO D'UVA. Signora Presidente, volevo tranquillizzare la collega Corda. Non vedo dove sia il problema se vengono condannate delle persone; non c’è nessun problema perché presto ci sarà una amnistia, Emanuela, quindi non ti devi assolutamente preoccupare, anche se Pag. 114condannati non pagheranno assolutamente, perché questa è la politica dell'Italia: creare condanne e poi fare le amnistie (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) !

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Colletti. Ne ha facoltà.

  ANDREA COLLETTI. Signora Presidente, in realtà a leggere alcune parti di questo decreto sembra di vedere una vera e propria militarizzazione dell'Italia. Un osservatore disattento potrebbe vedere che piuttosto che l'Italia sembra di paragonare il Piemonte all'Egitto dove i militari prendono il territorio contro i propri cittadini. È una deriva militarista pericolosissima questa di cui ci dovremmo rendere conto. Negli Stati Uniti, ovviamente, i militari non possono essere utilizzati all'interno dei propri confini perché militarizzare il proprio territorio significa essere in guerra con i propri cittadini (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) !

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Della Valle. Ne ha facoltà.

  IVAN DELLA VALLE. Signor Presidente, d'altronde il Partito Democratico ha provato in tutti i modi, ha provato con l'informazione, in Val Susa, poi ha provato con le epurazioni, mandando via tutti quelli che erano tesserati del Partito Democratico ma erano contrari all'opera.
  Poi ha provato ad allearsi con il PdL, ma ha perso continuamente le elezioni, ora ci prova con i militari. E poi vengono a dare degli squadristi e dei fascisti a noi. In Val Susa sanno benissimo chi sono i fascisti: quelli che mandano i militari per fare un'opera pubblica (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle – Commenti) !

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Daniele Farina. Ne ha facoltà.

  DANIELE FARINA. Signor Presidente, io credo che quando si inizia la discussione sulla Val di Susa poi le pieghe che si prende corrispondono più o meno e anche, purtroppo, alla situazione che lì si è determinata. Io rimarrei sul punto dicendo che non è che ogni volta che affrontiamo quella discussione, però, si può mettere in campo un ardore verbale e una serie di argomentazioni per cui da una parte ci sono i tifosi dei violenti e dall'altra i tifosi delle forze dell'ordine, perché così non è. Al collega che ricordava il pacco bomba, l’hard disk con polvere compressa – se ho letto bene – ricevuto dall'amico giornalista de La Stampa, ricordo, ad esempio, che io modestamente ne ho prese e ne ho date nella mia vita. Fra quelle che ho preso in forma collettiva vi è anche un pacco bomba, preso dagli stessi soggetti che l'hanno mandata al giornalista de La Stampa. Ce lo prendemmo noi, se lo prese l'attuale sindaco di Milano, Pisapia, se lo prese il povero Pasquale Cavaliere a Torino e se lo prese il consigliere comunale di Rifondazione comunista, Umberto Gay. Questo per dire che spesso chi ha sostenuto che esistono delle terze vie fra l'occupazione militare e lo scontro militare dall'altra parte – esistono delle vie diverse – spesso si è trovato a fare i conti proprio con coloro che questa terza via non l'hanno mai voluta cercare. Quindi è dal 1997 o dal 1998 che la mia vita ho avuto modo mio malgrado di incrociarsi con queste strane cooperative di affini artificieri che io credo dovrebbero essere oggetto di una discussione molto più profonda da parte del Parlamento e di altri organismi, perché ce li ricordiamo anche prima di Genova 2001, ce li ricordiamo ogni qual volta c’è un conflitto di massa che in qualche modo va fatto o si cerca di far degenerare verso altre spire, degenerare verso forme di violenza che delegittimato quei movimenti e quelle forme democratiche di partecipazione.
  Non è mica molto diverso dagli anni Settanta, perché anche forme terroristiche come le Brigate rosse o altro hanno sempre cercato sui movimenti una forma alta Pag. 115di comando, una forma di egemonia che non aveva niente a che vedere con la partecipazione, con la democrazia diretta o altro. Quindi, con molta prudenza, quando discutiamo di queste cose, io credo che dovremmo discutere senza alzare troppo i toni e mettere troppe etichette in testa, perché la storia è complicata, la storia di questo Paese è molto complicata (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).
  Dopo di che, chiudo sull'emendamento. Questo è ovviamente – ma lo si diceva prima – l’identikit dei cantieri della Val di Susa. Allora, prima di applicare l'articolo 260 del codice penale – la collega ne ricordava le conseguenze –, ricordo che se tutto questo fosse in tempo di guerra c’è un articolo del codice penale che prevede la pena fino a dieci anni. Secondo me, da una parte e dall'altra, dentro questa dialettica si rischia di andare in una direzione, in una strada, senza ritorno, in una strada che io credo invece che questo Parlamento, questo Paese e questa società hanno il dovere di provare a contrastare. Ecco perché noi voteremo contro questo articolato e quindi a favore dell'emendamento soppressivo, che peraltro abbiamo anche noi presentato (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Buonanno. Ne ha facoltà.

  GIANLUCA BUONANNO. Signor Presidente, io vorrei porre una domanda, perché si parla di militari e adesso ne sono arrivati duecento in più, perché il Ministro dell'interno lo ha reputato necessario su sollecitazione anche di Giancarlo Caselli, che non mi pare sia un sovversivo, credo che non sia neanche uno che arrivi dalla destra. Mi sembra che Giancarlo Caselli abbia una storia ben definita, ben chiara e che ovviamente a Torino gestisce quello che è il problema anche della TAV.
  Se non ci fosse allora nessun problema di molotov, di catapulte come si ricordano nelle guerre puniche magari, o di lanci di pietre piuttosto che attacchi dove i militari e la polizia devono comunque cercare di «difendere» un'area dove si lavora, o le minacce che sono state fatte non solo ad una serie di imprenditori... e non sono tutti della ’ndrangheta, della camorra o della mafia: ci sono tante brave persone che fanno gli imprenditori, e che non hanno neanche più la possibilità di farlo perché hanno paura per i loro figli e per i loro familiari. Bruciano loro anche, come è successo ancora ultimamente, ruspe piuttosto che altri attrezzi, camion, per fare in modo che non possano lavorare.
  Se ci sono i militari, evidentemente è perché ci sono dei problemi. Quindi non penso che ci sia tutta questa democrazia popolare nel segno dei no-TAV, che siano tutti a posto questi dei no-TAV, che siano tutti persone per bene questi dei no-TAV: mi pare evidente nel corso degli ultimi anni che ci sono una serie, una frangia di queste persone che non sono democratiche, che non gliene «frega» assolutamente niente probabilmente neanche dell'opera, che hanno solo in mente di creare problemi seri e gravi alle persone ed alle cose.
  Mi ricordo anche di un deputato del Partito Democratico, ora senatore, che nella precedente legislatura ha iniziato a fare una «battaglia» sui no-TAV, che oggi deve girare scortato per tutta una serie di minacce che ha ricevuto, il senatore Esposito, che ha ricevuto non solo lui, ma anche la sua famiglia e anche suo figlio. Se voi del MoVimento 5 Stelle difendete allora anche coloro che fanno determinate cose, siete conniventi di queste persone, dei no-TAV violenti che fanno in modo che alla fine ci siano tutte queste serie di problemi; e se ci sono tanti militari in Val Susa, è anche colpa vostra, cari del MoVimento 5 Stelle, perché ci sono una serie di situazioni che voi enfatizzate, a cui date una mano. E alla fine ne deriva che cosa ? Che lo Stato deve spendere più soldi per difendere un'area dove si deve fare un'opera, che piaccia o no ma questo è; e quindi alla fine risulta che il vostro intervento, più che dare una mano, alla fine costa di più allo Stato e risulta anche una Pag. 116situazione veramente complicata e difficile. Questo è quello che sta accadendo in Val Susa !
  Dopodiché ci sono tanti valsusini che sono persone oneste e sincere – ci mancherebbe altro ! – perché ognuno può esprimere la propria opinione; ma a me hanno insegnato, pur essendo un birichino, che la propria opinione si può manifestare senza picchiare, senza tirare pietre, senza tirare molotov, senza cercare di ammazzare la gente, senza bruciare attrezzature di altre persone e minacciare le famiglie e gli imprenditori che lavorano lì, e che hanno preso gli appalti seguendo una procedura.
  Se poi ci sono infiltrati della camorra, della mafia e della ’ndrangheta, c’è un signore che si chiama Giancarlo Caselli che sta lavorando per quello. E concludo il mio intervento dicendo che se anche Giancarlo Caselli, così come ha detto ancora ultimamente: fate attenzione, facciamo attenzione perché c’è un’escalation proprio in quella zona dove, si intende dalle sue parole, ci possono essere situazioni ancora più tragiche; e poi quando ci scapperà il morto e i morti saremo qua in quest'Aula tutti a fare gli ipocriti, dicendo: si poteva fare, non si doveva dire, si poteva ottenere questo risultato. A quel punto però sarà troppo tardi, con il risultato finale che ci saranno pure i morti.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Fiano. Ne ha facoltà.

  EMANUELE FIANO. Mi rivolgo ad un collega del MoVimento 5 Stelle di cui non mi sovviene il nome, che mi ha dato del fascista.

  PRESIDENTE. Si rivolga alla Presidenza.

  EMANUELE FIANO. Facevo per indagare qual era il nome.

  PRESIDENTE. Sta bene.

  EMANUELE FIANO. Signor Presidente, mi rivolgo a quel collega.
  Mi spiace, signora Presidente, io del fascista non me lo faccio dare: sarà per storia personale o perché credo nella democrazia (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Non me lo faccio dare perché credo che il dissenso, signora Presidente, sia il sale della democrazia. Per cui difenderò fino all'ultimo respiro che ho in corpo il diritto a dissentire pacificamente, come facciamo tutti noi in quest'Aula uno con l'altro: a dissentire pacificamente sulla TAV o sull'impiego dei militari, o su qualsiasi altra questione che riguarda questo Paese.
  E poi difenderò l'impiego delle forze dell'ordine per difendere un'opera, se è stata, come è stata, decisa nelle sedi preposte. Difenderò che i valsusini che si oppongono a quell'opera possano sempre manifestare pacificamente contro quell'opera, ma sarò sempre perché vengano recuperati i responsabili che emettono minacce, che mandano lettere minatorie, che mandano lettera bomba, che incendiano i mezzi di lavoro di imprese per bene (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico) !
  Non mi faccio, signora Presidente, accusare qui da un avvocato accusatore che non conosco di essere complice di – come è stato detto poco fa in quest'Aula – cooperative colluse con la mafia o colluse con la sinistra. Non so nulla di quelle cooperative, io sono qui a difendere i principi della democrazia, sono qui a difendere i principi della democrazia, la prego di dire a quel collega di non fare gesti nei miei confronti, visto che mi sto rivolgendo con tutta la calma e l'educazione che posso, e trovo che sia molto grave che quando in quest'Aula bisogna dissentire – e ci mancherebbe altro e ci mancherebbe altro che non sia possibile dissentire sulla TAV – che quando in quest'Aula si deve dissentire da qualcuno, allora si utilizzano gli strumenti più conosciuti della diffamazione di massa nella storia, cioè per parlare di qualcuno, parlare di un partito e dire che quel partito è colluso con qualcuno.Pag. 117
  Allora, mi rivolgo a lei Presidente, se quel collega è così coraggioso, venga qui, prenda un foglio e dica che Emanuele Fiano e tutti gli altri 300 deputati del PD – e lo firmi con il suo nome e cognome, così possiamo andare in un tribunale per denunciarlo – è colluso con delle cooperative mafiose (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Va bene ? Lo dica, lo firmi e io lo denuncio per calunnia alla prima procura della Repubblica che trovo.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato D'Ambrosio. Ricordo che, dopo la votazione di questo emendamento, sospendiamo l'esame del provvedimento. Ne ha facoltà.

  GIUSEPPE D'AMBROSIO. Signor Presidente, velocissimamente, ascoltare il deputato Fiano sulla questione della legalità e di quello che il PD rappresenta in quella valle, effettivamente mi fa pensare alle parole di qualche tempo fa del senatore Esposito, che diceva giustamente che i no-TAV vanno presi a manganellate, e qui capisco la libertà e il concetto di libertà che ha il PD nei confronti dei no-TAV (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Riguardo poi la Lega, sinceramente sentire loro parlare di difesa della libertà e della legalità... io ricordo che il loro segretario, denominato dagli amici «Zanna Bianca», è condannato proprio per resistenza un po’ troppo attiva nei confronti del pubblico ufficiale e una caviglia forse di un pubblico ufficiale ricorda i suoi denti.
  Concludo, Presidente, dicendo che probabilmente qui dentro non ci sono dei fascisti, però nel 2007 il MoVimento 5 Stelle con 350 mila firme ricordava che già a partire da quest'Aula i condannati dovessero andare via...

  PRESIDENTE. Concluda.

  GIUSEPPE D'AMBROSIO. Concludo, Presidente. Quindi quando qualcuno parla di fascisti o comunque che di condannati, a partire da quest'Aula, non è accettabile che si parli di questo con il MoVimento 5 Stelle (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Crippa. Ne ha facoltà.

  DAVIDE CRIPPA. Signor Presidente, innanzitutto due precisazioni, perché forse l'onorevole Fiano si dimentica che è stata in qualche modo condotta agli arresti domiciliari una vostra ex deputata, Lorenzetti, presidente di Italferr (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). È ovvio che la magistratura dovrà proseguire il suo iter, ma si profilano nell'ordinanza del GIP l'accusa di aver ottenuto favori per il marito nei lavori di ricostruzione dell'Emilia colpita dal terremoto, corruzione circolare, per scambiarsi vantaggi. Quindi, in qualche modo, devo dire che qualche problemino l'avete avuto anche voi, e in termini di TAV.
  Per quanto concerne il deputato Buonanno, vorrei ricordare e mi scuso con tutti se abbiamo due esponenti della regione Piemonte, tra il presidente Cota e l'ex assessore regionale Giordano, che creano dei problemi in regione, evidentemente perché in qualche modo si sta dimenticando di quelle che sono le reali necessità (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle)...

  PRESIDENTE. Grazie, è scaduto il suo tempo. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Baroni. Ne ha facoltà.

  MASSIMO ENRICO BARONI. Mi riferisco a chi è intervenuto nei momenti precedenti dichiarando l'importanza e anche l'altezzosità nel voler determinare il fatto che le decisioni vanno prese nelle sedi preposte. Ma ancora una volta ribadiamo che quando le sedi preposte sono in odore di contiguità con quelle infiltrazioni mafiose che abbiamo richiamato fino ad ora, forse dovremmo un attimino calare la cresta.

Pag. 118

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto a titolo personale il deputato De Lorenzis. Ne ha facoltà.

  DIEGO DE LORENZIS. Signor Presidente, vorrei ricordare a questa Aula che la ratifica del Trattato che abbiamo sottoscritto qualche giorno fa a proposito del TAV – ricordo del TAV – non prevedeva neanche la normativa antimafia, che è quella italiana perché l'Accordo, in qualche modo, è soggetto alla normativa francese. E ancora in questa Aula spesso sento parlare di democrazia: la democrazia è il rispetto della volontà dei cittadini; ricordiamolo perché a qualcuno ogni tanto sfugge (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Indìco la votazione sugli identici emendamenti...

  LUIGI GALLO. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Colleghi, scusate, non potete chiedere uno alla volta di parlare. Adesso, le darò la parola per un minuto e poi votiamo. Prego, deputato...

  LUIGI GALLO. Signor Presidente, qui vi riempite la bocca di democrazia. Io vorrei capire qual è la vostra democrazia (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. Colleghi, abbiate pazienza, dobbiamo far parlare il deputato Gallo.

  LUIGI GALLO. Qual è la vostra democrazia: la democrazia che ha disseminato la Campania di discariche e che ha reso siti militari ? La democrazia che ha imposto un inceneritore che non funziona ? E poi quando i cittadini si ribellano e arrivano nelle istituzioni, adesso non è più democrazia (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ?

  PRESIDENTE. Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Corda 7.100 e Daniele Farina 7.102, con il parere contrario delle Commissioni e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Ginefra, Simoni, Taricco, Valiante, Giammanco, Rizzetto, Lattuca...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti e votanti  407   
   Maggioranza  204   
    Hanno votato
 118    
    Hanno votato
no  289).    

  (Le deputate Argentin e Picierno hanno segnalato che non sono riuscite ad esprimere voto contrario).

  Secondo le intese intercorse, sospendiamo a questo punto l'esame del provvedimento, che riprenderà nella seduta di domani, a partire dalle ore 9,30.

Elezione del membro supplente della Delegazione italiana presso l'Assemblea parlamentare della NATO.

  PRESIDENTE. Comunico che la Delegazione italiana presso l'Assemblea parlamentare della NATO ha proceduto, in data odierna, all'elezione del membro supplente presso la Commissione permanente, ed è risultato eletto l'onorevole Paolo Alli.

Sull'ordine dei lavori e per la risposta ad uno strumento del sindacato ispettivo (ore 20,40).

  SALVATORE MICILLO. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  SALVATORE MICILLO. Grazie Presidente. Un po’ di attenzione, per piacere...

Pag. 119

  PRESIDENTE. Colleghi, lasciate l'Aula piuttosto silenziosamente, così consentiamo al deputato Micillo di svolgere il suo intervento.

  SALVATORE MICILLO. Lo scorso venerdì 13 settembre ho tenuto in quest'Aula, alla presenza del Ministro Orlando, lo svolgimento della mia interpellanza urgente sul programmato impianto inceneritore di Giugliano.
  Alle mie rimostranze sulla pericolosità di tale impianto e alla contrarietà delle popolazioni locali a questo progetto, il Ministro rispose che fosse «una previsione contenuta dal 2010 all'interno di una pianificazione regionale» e che avesse «aperto a una riflessione per rimodulare le previsioni che erano contenute nel piano», stimolando – testuali parole – «questo tipo di confronto, che poi, naturalmente, passa, però, attraverso una statuizione – non è uno scaricabarile – della regione», aggiunse pure, sempre parole testuali sue. Concluse infine dicendo che, fino all'ultimo giorno utile, è disponibile a verificare altre ipotesi.
  Le ultime ore hanno portato a queste nuove ed attese ipotesi. Il consiglio regionale della Campania ha approvato ieri sera a maggioranza una risoluzione per la sospensione del bando per l'assegnazione dei lavori dell'inceneritore. Sempre nel corso dell'assise è stato approvato anche un ordine del giorno, per chiedere di trovare una soluzione alternativa allo smaltimento delle ecoballe.
  Mentre noi parliamo, è in corso l'ennesima manifestazione che vede in strada migliaia di persone per dire «no» all'inceneritore, persone partite da Aversa e che stanno raggiungendo Giugliano, un corteo che unirà due province, Caserta e Napoli, per difendere il diritto alla salute propria e dei figli.
  Chiedo, dunque, al Governo e in particolare faccio appello al Ministro Orlando, affinché finalmente ci riceva e accolga questa ultima novità importantissima, un passo indietro determinante. A questo punto si attende solo il suo intervento. Le migliaia di persone che hanno manifestato dalla fine di agosto ad oggi...

  PRESIDENTE. Deve concludere !

  SALVATORE MICILLO... in tutto il territorio della Terra dei fuochi sono un referendum popolare, svoltosi senza urne ma con voci, cartelli, striscioni, presenze silenziose e composte. Resta solo lei Ministro, l'unico che deve prendere una posizione sull'argomento...

  PRESIDENTE. Concluda !

  SALVATORE MICILLO... dopo che quella gente, della regione e nostra, che fin dal primo momento abbiamo detto «no» all'inceneritore (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. I colleghi sanno che questi interventi a fine seduta hanno due minuti di tempo, non più. Ha chiesto di parlare la deputata Franca Biondelli. Ne ha facoltà.

  FRANCA BIONDELLI. Signor Presidente, sarò invece velocissima, ancora meno di due minuti. Mi spiace ritornare su questo punto, ma è doveroso. La tragedia dei giorni scorsi a Lampedusa non ha ridotto in nessun modo, Presidente, l'arrivo dei barconi nel nostro territorio. Tutto il mondo è rimasto attonito da ciò che è accaduto ma continua ad accadere. Bisogna andare a colpire i criminali che cercano profitto attraverso la tratta di esseri umani.
  Spero che con il semestre europeo l'Italia possa rimettere il Mediterraneo al centro dell'agenda politica. Il primo passo, però, spetta a noi, spetta all'Italia, Presidente. Il primo passo è quello di abrogare la legge Bossi-Fini. Ce l'hanno chiesto tanti e tante associazioni di emigrati in questi giorni. All'origine di questa legge vi è il rifiuto dell'altro, il rifiuto di chi viene da lontano. Allora, dobbiamo avere il coraggio perché guardano noi, guardano soprattutto Pag. 120il centrosinistra. Coraggio e forza ! Indichiamo noi la via da seguire per il bene dell'umanità.

  DALILA NESCI. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  DALILA NESCI. Signor Presidente, colleghi deputati, a breve si formerà la Commissione antimafia (lo sappiamo). In Calabria dei giudici sono scesi a patti con la n'drangheta, ottenendo benefici in cambio di favori. In Sicilia, poi, si indaga sulla trattativa Stato-mafia. L'antimafia è sì un fatto culturale e civile ma è, prima di tutto, uno specifico dovere istituzionale.
  Qui voglio richiamare l'attenzione dell'Aula e della Presidente Laura Boldrini, del Presidente del Senato, Piero Grasso, e del Ministro dell'interno, Angelino Alfano, già Ministro della giustizia, rispetto all'annunciato inserimento in Commissione antimafia del senatore del PdL Antonio Stefano Caridi, questo indicato dal senatore Schifani, capogruppo dello stesso partito.
  In una relazione riservata della DDA di Genova, indirizzata all'allora presidente della Commissione antimafia Giuseppe Pisanu, è scritto – e questo lo ha riportato Il Fatto Quotidiano – che un'indagine in Liguria sul boss di n'drangheta Carmelo Gullace ha consentito di documentare il sostegno elettorale di esponenti della cosca, anche con palesi intimidazioni, a favore di Caridi, eletto in Calabria in consiglio regionale e poi assessore alle attività produttive, oggi senatore.
  La relazione della DDA di Genova è elemento che indica l'assoluta inopportunità che il senatore Caridi entri in Commissione antimafia e non è da escludere che la ricordata indagine condotta dalla DIA di Genova sia ancora in corso. Sarebbe assurdo permettere che entri in Commissione antimafia un politico in rapporti già documentati con la n'drangheta su cui potrebbero esserci più ampi accertamenti successivamente.
  Su questo voglio rivolgermi anche alla collega Rosanna Scopelliti, deputata del PdL e figlia del giudice Antonino, ucciso dalla n'drangheta in un contesto di vicinanze tra potere statale e mafioso. Proprio questo potere...

  PRESIDENTE. Deve concludere !

  DALILA NESCI... e questa perversa vicinanza ha reso la democrazia una mera apparenza e occorre eliminare – e termino – ogni sospetto di contratto tra Stato e antistato, al di là delle condanne penali come ricordava Paolo Borsellino (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Folino. Ne ha facoltà.

  VINCENZO FOLINO. Signora Presidente, signori del Governo purtroppo ancora una volta per portare a conoscenza dell'Aula che ieri sera una vera e propria bomba d'acqua, circa 200 millimetri di pioggia in poche ore, ha colpito alcuni paesi della fascia metapontina della Puglia e della Basilicata. Ancora una volta il fiume Bradano ha rotto gli argini in due punti in sinistra idraulica, arrecando principali danni in Puglia. È stata chiusa la statale 407 basentana, la statale 106 ionica, la ferrovia. Ci sono danni alla condotta idrica dell'acquedotto pugliese, ma soprattutto vi è stato un morto e vi sono tre dispersi. È una area che è stata interessata da una identica alluvione nel marzo 2011. La bomba d'acqua di ieri sera colpisce la nostra agricoltura, le aziende, che ancora non si sono riprese dai danni che sono stati ristorati molto parzialmente dopo l'alluvione del marzo 2011 e gli stessi lavori che si stanno effettuando per evitare questi problemi non sono allo stato sufficienti. Noi abbiamo lì in quaranta chilometri di costa cinque fiumi che sfociano nel mare Ionio e la ferrovia e la statale 106 a volte rischiano di fare proprio da argine e da diga ed impediscono il deflusso delle acque. Quindi è necessario prevedere interventi molto adeguati sul piano strutturale, compreso il ponte sul Bradano delle ferrovie che è in rifacimento. Insieme al deputato Speranza, alla collega Antezza Pag. 121e ad altri deputati della Puglia ci rivolgiamo al Governo con un atto di sindacato ispettivo urgente per conoscere quali iniziative il Governo intenda intraprendere al più presto per la dichiarazione dello stato di emergenza per il comprensorio in questione e il successivo riconoscimento dello stato di calamità naturale.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Duranti. Ne ha facoltà.

  DONATELLA DURANTI. Signora Presidente, anche io, per collegarmi al collega che mi ha preceduto, voglio ricordare quello che è successo in alcuni paesi del tarantino e del Salento, insieme ad altre comunità del metapontino, che sono state colpite dalle incessanti e violente piogge che hanno interessato tutto il Paese la notte tra il 7 e l'8 di ottobre. Purtroppo di nuovo una località meravigliosa della provincia di Taranto, Ginosa Marina, piange giovani che hanno perso la vita durante questa alluvione. Io esprimo a nome mio e a nome di tutti deputati e le deputate del mio gruppo, e in particolare dei deputati e delle deputate pugliesi, il più sentito cordoglio. Ci stringiamo alle loro famiglie e alle comunità che in queste ore continuano a cercare altri dispersi con la speranza di poterli riabbracciare vivi.
  Siamo sconvolti perché le piogge di questi giorni erano cosa imprevedibile, ma non si può accettare che dobbiamo di nuovo piangere delle vittime. Appena due anni fa quella comunità, la comunità di Ginosa Marina, e le comunità circostanti, Castellaneta, Palagiano, Palagianello, furono colpite da un'altra alluvione e 400 famiglie furono costrette a lasciare la propria abitazione. Ancora devono vedere in qualche maniera ristorati i danni che hanno subito. Allora anche noi pensiamo – abbiamo presentato un'interpellanza che abbiamo già depositato – che bisogna dire una volta per tutte basta. Noi chiediamo al Governo di intervenire in maniera forte e determinata, non solo mandando la Protezione civile per aiutare quelle comunità che ne hanno tanto bisogno, ma soprattutto incrementando le risorse già nella prossima manovra del 2014 a favore della difesa e della tutela del territorio, per noi la più grande opera pubblica da realizzare. Concludo, signora Presidente. Noi ci troviamo di fronte anche ad una necessità improcrastinabile: le risorse necessarie per la difesa del suolo e per gli interventi post calamità, che provengono dallo Stato o che le regioni come la regione Puglia hanno fatto nel marzo 2011, devono essere liberate finalmente dalla trappola del Patto di stabilità, perché non è più pensabile che i cittadini privati, famiglie distrutte, non possono neppure vedere risarcito il danno.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Zolezzi. Ne ha facoltà.

  ALBERTO ZOLEZZI. Signor Presidente, Mantova è una piccola città, è una bellissima città della Lombardia orientale, sempre più irraggiungibile con i mezzi pubblici, sempre più deserta, sempre più in crisi, nonostante sia stata il fulcro artistico e politico del Rinascimento italiano e abbia attualmente un'indiscussa valenza turistica e produttiva.
  Voglio portare all'attenzione del Parlamento l'ennesima crisi di un'attività produttiva del territorio della provincia di Mantova, la raffineria IES di Mantova, che fa parte del gruppo ungherese MOL. Pochi giorni fa è stata annunciata, tramite la dirigenza aziendale, la volontà di trasformare in polo logistico l'attuale stabilimento, procedura che mette a rischio i 390 posti di lavoro dello stabilimento; altrettanti sono i lavoratori dell'indotto.
  Insieme ai 300 lavoratori della cartiera Burgo e del suo indotto, anch'essa con attività ferma da mesi, ai 180 lavoratori che rischiano di essere esternalizzati dalla banca MPS, alla RENI Ettore Spa, alla UFI Filter, ai posti persi nel settore tessile ogni anno e ad altre attività, altre 30 attività, chiuse dal 2011, sono oltre 2.500 i posti messi a rischio nell'ultimo anno in attività che, in molti casi, hanno mercato e sono eccellenze produttive.
  Per quanto riguarda la raffineria IES, voglio stimolare il Parlamento, e in particolare le Commissioni competenti, a vigilare Pag. 122sulle procedure in corso e sul tavolo aperto presso il Ministero dello sviluppo economico, che riguardano un'attività che insiste, oltretutto, su un'area definita SIN, che necessita al più presto di bonifica.

  PRESIDENTE. Deputato, concluda.

  ALBERTO ZOLEZZI. Per quanto riguarda le restanti attività, credo sia necessario un impegno corale per tutelare le piccole e medie imprese, partendo, per esempio, dall'analisi del costo dell'energia in Italia e dai fondi destinati a grandi opere.

  FEDERICA DAGA. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  FEDERICA DAGA. Signor Presidente, potrà sembrare banale ricordare che la risoluzione ONU n. 64 del 2010 ha sancito ufficialmente che il diritto all'acqua potabile e ai servizi igienico-sanitari sono un diritto umano essenziale al pieno godimento della vita e di tutti i diritti umani. Sono costretta a ricordarlo all'interno di quest'Aula perché, nonostante la crisi devastante che attanaglia le famiglie italiane, da mesi i gestori privati del servizio idrico hanno avviato una feroce campagna di distacchi per morosità o presunta tale. Proprio ieri mattina, ancora una volta, ACEA ha provveduto a staccare l'acqua ad un condominio romano che ha regolarmente pagato il servizio nel rispetto della legge e della volontà popolare, decurtando dalle bollette la voce «remunerazione del capitale investito», abrogata dal referendum del giugno 2011.
  L'ACEA ha dunque deciso di rispondere, per la seconda volta, con il distacco del servizio alla campagna di obbedienza civile lanciata dai Movimenti per l'acqua dopo la vittoria referendaria, lasciando senza un bene primario decine di famiglie, tra cui anziani, bimbi piccoli e un inquilino in condizioni di disabilità. I vertici ACEA perseguitano i morosi perché preoccupati per le casse dell'azienda, mentre continuano a distribuire lauti dividendi agli azionisti, 64 milioni di euro nel 2012, invece di aumentare gli investimenti sulle reti per azzerare le dispersioni idriche. Quindi, mentre decine di famiglie restano senza acqua, oltre che, magari, senza un lavoro, senza assistenza sanitaria, senza garanzia alcuna per il futuro dei loro figli, proprio oggi il Ministro Zanonato annuncia che nei prossimi giorni incontrerà le multiutility dell'acqua e dei servizi pubblici locali per discutere la proposta di escludere dal Patto di stabilità le somme che i comuni ricaverebbero dalla vendita delle società di gestione di questi servizi. Dopo avere strangolato per anni gli enti locali, oggi si chiede la loro definitiva capitolazione, consegnando l'acqua e i servizi pubblici locali ai grandi capitali finanziari.

  PRESIDENTE. Deputata, concluda.

  FEDERICA DAGA. Ancora una volta il Governo fa finta di non sapere che la maggioranza assoluta degli italiani ha già deciso: l'acqua e i servizi pubblici locali sono beni comuni che devono stare fuori dal mercato e sui quali non si può fare profitto. Si chiede a questo Parlamento un impegno per dare attuazione al referendum...

  PRESIDENTE. Deve concludere.

  FEDERICA DAGA. Concludo con «si scrive acqua, si legge democrazia», perché qui dentro si parla sempre di democrazia, ma non si rispetta la volontà popolare (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  RICCARDO NUTI. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  RICCARDO NUTI. Signor Presidente, intervengo per sollecitare la risposta all'interrogazione a risposta scritta n. 4-01709, presentata nella seduta n. 71, di giovedì 5 settembre 2013. L'interrogazione Pag. 123ha assunto una certa rilevanza in questi ultimi giorni, alla luce dei recenti fatti intervenuti.
  Più nello specifico, da articoli di stampa si apprende che all'interno del carcere Pagliarelli di Palermo il clima continua ad essere teso, con ricadute negative sulla buona gestione del carcere, a causa dell'atteggiamento assunto dalla dottoressa Brancato, ex direttrice ed adesso semplice dirigente presso tale istituto penitenziario, la quale era stata appunto oggetto della nostra interrogazione.

  PRESIDENTE. Aveva chiesto di parlare il deputato Cariello, ma non lo vedo in Aula.

  FABIO RAMPELLI. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  FABIO RAMPELLI. Signor Presidente, qualche giorno fa abbiamo inoltrato alla Presidenza di turno, per due volte consecutive, una richiesta di intervento presso la RAI, per le dirette che sono andate in onda recentemente, nella scorsa settimana, affinché – non vogliamo assolutamente pensare che ci possa essere del dolo; è capitato a noi, può capitare a qualunque altra forza politica – fosse chiaro non solo alla RAI, servizio pubblico televisivo, ma anche alle concessionarie che gestiscono, casomai, la pubblicità, che non si può passare nel corso della diretta televisiva da un intervento all'altro interrompendo l'intervento di qualunque forza politica, di qualunque soggetto, di qualunque parlamentare, con la pubblicità o con il cambio di canale.
  Penso che sia scontato, banale, poter chiedere alla RAI di effettuare il salto di canale o il passaggio della pubblicità nel passaggio da un intervento all'altro, e non mentre una forza politica sta effettuando la propria dichiarazione di voto, piuttosto che il proprio intervento. Questa è solo la prima parte; la seconda, altrettanto telegrafica, riguarda sempre la RAI, ed è per questo che la accomuno in questo intervento e chiedo anche qui un intervento da parte della Presidenza: nel mese di luglio – i dati del mese di settembre ancora non li abbiamo – l'osservatorio di Pavia ci dà dei dati allarmanti riguardo alla scarsa salvaguardia della legge sulla par condicio e al diritto di accesso di tutte le forze politiche al canale pubblico televisivo. Mi riferisco a percentuali che non sono mai state sancite, ma che il buon senso, più o meno, nel corso dei decenni ha visto in buona in sostanza così distribuiti: 30 per cento al Governo, 30 per cento alla maggioranza che lo sostiene, e 30 per cento all'opposizione. La presenza televisiva dell'opposizione tutta, in questa fase, e nel mese di luglio in particolare, ammonta al 15 per cento. Quindi, il concetto deve essere chiaro a questo consesso e alla RAI: se le forze politiche che sostengono la maggioranza tra loro litigano, non possono andare a prendere lo spazio dell'opposizione.

  PRESIDENTE. Deve concludere, deputato Rampelli.

  FABIO RAMPELLI. Devono comunque limitarsi a fare i loro distinguo e a manifestare le proprie specificità senza trasbordare e senza quindi impedire ai cittadini di far capire che differenza intercorre tra chi sostiene il Governo e chi fa opposizione al Governo.

  PRESIDENTE. Grazie. Sulla prima questione ovviamente la Presidenza si è attivata e si attiverà. Sulla seconda credo che la sede propria sia la Commissione di vigilanza RAI.

Ordine del giorno della seduta di domani.

  PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

  Mercoledì 9 ottobre 2013, alle 9,30:

  (ore 9,30 e al termine del punto 5)

Pag. 124

  1. – Seguito della discussione del disegno di legge:
   Conversione in legge del decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, recante disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere, nonché in tema di protezione civile e di commissariamento delle province (C. 1540-A).
  — Relatori: Sisto, per la I Commissione; Ferranti, per la II Commissione.

  2. – Seguito della discussione del disegno di legge:
   Abolizione del finanziamento pubblico diretto, disposizioni per la trasparenza e la democraticità dei partiti e disciplina della contribuzione volontaria e della contribuzione indiretta in loro favore (C. 1154-A).
   e delle abbinate proposte di legge: D'INIZIATIVA POPOLARE; PISICCHIO; DI LELLO ed altri; FORMISANO ed altri; LOMBARDI ed altri; GRASSI ed altri; BOCCADUTRI ed altri; NARDELLA ed altri; RAMPELLI ed altri; GITTI e VITELLI (C. 15-186-199-255-664-681-733-961-1161-1325).
  — Relatori: Fiano e Gelmini, per la maggioranza; Toninelli, di minoranza.

  3. – Discussione delle mozioni Busto ed altri n. 1-00030, Zan ed altri n. 1-00188, Grimoldi ed altri n. 1-00189 e Borghi, Latronico, Matarrese ed altri n. 1-00193 concernenti iniziative in materia di utilizzo di alcune tipologie di combustibili solidi secondari nei forni dei cementifici.

  (ore 15)

  4. – Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

  (ore 16)

  5. – Esame della nota di aggiornamento del documento di economia e finanza 2013 (Doc. LVII, n. 1-bis).
  — Relatore:
Misiani.

  (p.m., al termine delle votazioni)

  6. – Discussione del disegno di legge (per la discussione sulle linee generali):
   Conversione in legge del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 102, recante disposizioni urgenti in materia di IMU, di altra fiscalità immobiliare, di sostegno alle politiche abitative e di finanza locale, nonché di cassa integrazione guadagni e di trattamenti pensionistici (C. 1544).

  La seduta termina alle 21.

VOTAZIONI QUALIFICATE EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 7 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 13)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nom. Ddl 1540-A – em. 2.100 422 288 134 145 4 284 53 Resp.
2 Nom. em. 2.103 rif. 457 322 135 162 319 3 49 Appr.
3 Nom. em. 2.77 469 466 3 234 37 429 49 Resp.
4 Nom. em. 2.300 464 464 233 462 2 49 Appr.
5 Nom. em. 2.61, 2.72 460 456 4 229 129 327 48 Resp.
6 Nom. em. 2.73 466 371 95 186 32 339 48 Resp.
7 Nom. em. 2.104 463 462 1 232 92 370 48 Resp.
8 Nom. em. 2.64 469 438 31 220 93 345 48 Resp.
9 Nom. em. 2.74 466 466 234 122 344 48 Resp.
10 Nom. em. 2.500 472 472 237 471 1 48 Appr.
11 Nom. em. 2.68 468 453 15 227 133 320 48 Resp.
12 Nom. em. 2.69 471 456 15 229 95 361 48 Resp.
13 Nom. em. 2.150 467 466 1 234 462 4 47 Appr.

F = Voto favorevole (in votazione palese). – C = Voto contrario (in votazione palese). – V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). – A = Astensione. – M = Deputato in missione. – T = Presidente di turno. – P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. – X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.

INDICE ELENCO N. 2 DI 7 (VOTAZIONI DAL N. 14 AL N. 26)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
14 Nom. em. 3.20 469 468 1 235 95 373 47 Resp.
15 Nom. em. 3.21 477 477 239 94 383 47 Resp.
16 Nom. em. 3.13 475 475 238 93 382 46 Resp.
17 Nom. em. 3.100 465 463 2 232 135 328 46 Resp.
18 Nom. em. 3.101 472 457 15 229 96 361 46 Resp.
19 Nom. em. 3.23 470 470 236 96 374 47 Resp.
20 Nom. em. 3.25 470 463 7 232 139 324 47 Resp.
21 Nom. em. 3.30 468 468 235 124 344 47 Resp.
22 Nom. em. 3.27, 3.29 472 472 237 142 330 47 Resp.
23 Nom. em. 3.103 469 469 235 47 422 46 Resp.
24 Nom. em. 3.300 476 445 31 223 439 6 46 Appr.
25 Nom. em. 3.106 471 471 236 153 318 46 Resp.
26 Nom. em. 3.1 rif. 473 362 111 182 357 5 46 Appr.


INDICE ELENCO N. 3 DI 7 (VOTAZIONI DAL N. 27 AL N. 39)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
27 Nom. em. 3.33 465 322 143 162 39 283 46 Resp.
28 Nom. em. 3.104 471 367 104 184 36 331 46 Resp.
29 Nom. em. 4.10 421 417 4 209 10 407 58 Resp.
30 Nom. em. 4.17 460 450 10 226 118 332 57 Resp.
31 Nom. em. 4.102 478 386 92 194 21 365 55 Resp.
32 Nom. em. 4.103 467 466 1 234 20 446 54 Resp.
33 Nom. em. 4.104 477 476 1 239 20 456 53 Resp.
34 Nom. em. 4.105 489 488 1 245 19 469 53 Resp.
35 Nom. em. 4.21 478 477 1 239 118 359 53 Resp.
36 Nom. em. 4.36 478 478 240 21 457 53 Resp.
37 Nom. em. 4.20 486 486 244 123 363 53 Resp.
38 Nom. em. 4.30 476 476 239 127 349 53 Resp.
39 Nom. em. 4.106 479 474 5 238 15 459 53 Resp.
INDICE ELENCO N. 4 DI 7 (VOTAZIONI DAL N. 40 AL N. 52)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
40 Nom. em. 4.9 480 479 1 240 20 459 53 Resp.
41 Nom. em. 4.34 472 470 2 236 13 457 53 Resp.
42 Nom. em. 4.100 482 479 3 240 127 352 52 Resp.
43 Nom. em. 4.101 481 478 3 240 126 352 52 Resp.
44 Nom. em. 4.40 480 477 3 239 33 444 52 Resp.
45 Nom. em. 4.107 485 484 1 243 19 465 52 Resp.
46 Nom. em. 4.24 483 483 242 146 337 52 Resp.
47 Nom. em. 4.108 478 478 240 20 458 52 Resp.
48 Nom. em. 4.31 479 382 97 192 32 350 52 Resp.
49 Nom. em. 4.114 484 482 2 242 457 25 52 Appr.
50 Nom. em. 4.19 488 488 245 133 355 52 Resp.
51 Nom. em. 4.109 490 489 1 245 20 469 52 Resp.
52 Nom. em. 4.50 472 472 237 131 341 51 Resp.


INDICE ELENCO N. 5 DI 7 (VOTAZIONI DAL N. 53 AL N. 65)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
53 Nom. em. 4.110 478 478 240 128 350 51 Resp.
54 Nom. em. 4.27 477 477 239 126 351 51 Resp.
55 Nom. em. 4.26 473 443 30 222 95 348 51 Resp.
56 Nom. em. 4.11 480 480 241 21 459 51 Resp.
57 Nom. em. 4.8 461 460 1 231 15 445 51 Resp.
58 Nom. em. 4.112 462 461 1 231 21 440 51 Resp.
59 Nom. em. 4.111 472 471 1 236 21 450 51 Resp.
60 Nom. em. 4.113 461 459 2 230 21 438 51 Resp.
61 Nom. em. 4.32 475 475 238 37 438 52 Resp.
62 Nom. articolo agg. 4.04 479 478 1 240 20 458 52 Resp.
63 Nom. em. 5.26 464 464 233 122 342 52 Resp.
64 Nom. em. 5.100 455 455 228 141 314 52 Resp.
65 Nom. em. 5.101 458 458 230 457 1 52 Appr.
INDICE ELENCO N. 6 DI 7 (VOTAZIONI DAL N. 66 AL N. 78)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
66 Nom. em. 5.400 457 457 229 456 1 52 Appr.
67 Nom. em. 5.49 469 468 1 235 149 319 52 Resp.
68 Nom. em. 5.50 462 432 30 217 116 316 52 Resp.
69 Nom. em. 5.48 455 455 228 125 330 52 Resp.
70 Nom. em. 5.45 448 448 225 140 308 52 Resp.
71 Nom. em. 5.46 452 452 227 140 312 52 Resp.
72 Nom. em. 5.47 456 450 6 226 122 328 52 Resp.
73 Nom. em. 5.27 452 449 3 225 57 392 52 Resp.
74 Nom. em. 5.44 448 448 225 152 296 52 Resp.
75 Nom. em. 5.102 459 459 230 136 323 52 Resp.
76 Nom. em. 6.3 439 407 32 204 140 267 52 Resp.
77 Nom. em. 6.2 446 416 30 209 95 321 52 Resp.
78 Nom. em. 6.1 439 394 45 198 94 300 52 Resp.


INDICE ELENCO N. 7 DI 7 (VOTAZIONI DAL N. 79 AL N. 88)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
79 Nom. em. 6-bis.100 434 434 218 136 298 52 Resp.
80 Nom. em. 6-bis.500 438 432 6 217 382 50 52 Appr.
81 Nom. em. 7.6, 7.10 436 435 1 218 138 297 52 Resp.
82 Nom. em. 7.14 436 436 219 130 306 52 Resp.
83 Nom. em. 7.15 435 434 1 218 129 305 52 Resp.
84 Nom. em. 7.4, 7.11 433 433 217 125 308 51 Resp.
85 Nom. subem. 0.7.300.1 433 433 217 122 311 51 Resp.
86 Nom. em. 7.300 429 429 215 300 129 51 Appr.
87 Nom. em. 7.13 419 419 210 120 299 51 Resp.
88 Nom. em. 7.100, 7.102 407 407 204 118 289 51 Resp.