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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 90 di giovedì 3 ottobre 2013

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROBERTO GIACHETTI

  La seduta comincia alle 9,30.

  CLAUDIA MANNINO, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
  (È approvato).

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Angelino Alfano, Alfreider, Amici, Archi, Balduzzi, Baretta, Berretta, Biancofiore, Bocci, Boccia, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Matteo Bragantini, Brunetta, Caparini, Capezzone, Carrozza, Casero, Castiglione, Centemero, Cicchitto, Cirielli, D'Alia, Dambruoso, De Girolamo, Dell'Aringa, Dellai, Di Gioia, Di Lello, Epifani, Fassina, Ferranti, Fico, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Franceschini, Gebhard, Alberto Giorgetti, Gozi, Kyenge, La Russa, Legnini, Leone, Letta, Lupi, Giorgia Meloni, Merlo, Meta, Migliore, Orlando, Pisicchio, Pistelli, Realacci, Rigoni, Sani, Santelli, Sereni, Speranza e Vito sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
  Pertanto i deputati in missione sono complessivamente sessantanove, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

  Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 9,35).

  PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.
  Sospendo pertanto la seduta, che riprenderà alle ore 10.

  La seduta, sospesa alle 9,35, è ripresa alle 10.

Seguito della discussione del disegno di legge: S. 1014 – Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 8 agosto 2013, n. 91, recante disposizioni urgenti per la tutela, la valorizzazione e il rilancio dei beni e delle attività culturali e del turismo (Approvato dal Senato) (A.C. 1628).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato, n. 1628: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 8 agosto 2013, n. 91, recante disposizioni urgenti per la tutela, la valorizzazione e il rilancio dei beni e delle attività culturali e del turismo.
  Ricordo che nella seduta del 2 ottobre 2013 sono stati respinti da ultimo gli identici emendamenti Simone Valente 6.3 e Buonanno 6.4.

Pag. 2

(Ripresa esame dell'articolo unico – A.C. 1628)

  PRESIDENTE. Riprendiamo l'esame dell'articolo unico del disegno di legge di conversione (Per l'articolo unico del disegno di legge di conversione, nel testo recante le modificazioni apportate dal Senato vedi l'allegato A al resoconto della seduta del 1o ottobre 2013 – A.C. 1628. Per le proposte emendative riferite agli articoli del decreto-legge nel testo recante le modificazioni apportate dal Senato vedi l'allegato A – A.C. 1628).
  Passiamo all'emendamento Buonanno 7.2.
  Prendo atto che i presentatori non accedono all'invito al ritiro formulato dal relatore e dal Governo.
  Passiamo ai voti.
  Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Buonanno 7.2, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Binetti, Stumpo, Bindi, Arlotti, Moretti, Damiano, Fioroni, Rossomando...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  408   
   Votanti  404   
   Astenuti    4   
   Maggioranza  203   
    Hanno votato   93    
    Hanno votato no  311.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  (La deputata Bossa ha segnalato di aver espresso voto contrario mentre avrebbe voluto esprimere voto favorevole e la deputata Argentin ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto contrario).

  Passiamo all'emendamento Costantino 7.5, su cui vi è un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario.
  Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro dell'emendamento Costantino 7.5 formulato dal relatore.

  CELESTE COSTANTINO. Signor Presidente, grazie sottosegretario, intuisco già quale sarà il risultato del voto su questo emendamento eppure decido di intervenire lo stesso. Mi dispiace molto che non sia presente il Ministro in Aula perché Sinistra Ecologia Libertà ha fatto una scelta su questo decreto e non ha presentato una miriade di emendamenti, ma ne ha presentati solo sette. Li abbiamo presentati nell'ottica di migliorare questo decreto.
  Nello specifico, i miei emendamenti 7.5 e 7.4 vanno esattamente nella direzione e intervengono nella direzione in cui il Ministro Bray ha tentato, insomma, in questo decreto di seguire un meccanismo di semplificazione e di sburocratizzazione di alcuni settori.
  Per quanto riguarda lo specifico di questo emendamento, interviene sulla legge per la musica dal vivo. Faccio fatica, Presidente, faccio fatica.

  PRESIDENTE. Ha ragione, onorevole. Colleghi, colleghi !

  CELESTE COSTANTINO. Tra l'altro, questa è una riflessione che parte dal live music Act del 2012, legge del Regno Unito, e si chiede che i locali che non superano i 200 posti abbiano la possibilità di vedere abolita, per gli spettacoli di musica dal vivo, la SIAE e l'ex ENPALS. Ecco, questa misura potrebbe agevolare un meccanismo di fruizione e di promozione della musica dal vivo per tutti quei gruppi che a fatica riescono a fare musica e a diffondere la propria arte nel nostro Paese ed è un emendamento che, appunto, va in un'ottica europea.
  Dispiace che in Commissione sia stato bocciato, ma per noi era importante riportarlo qui in Aula perché è stato anche frutto di una petizione online di una Pag. 3proposta di iniziativa popolare che dà l'idea di come questo tema venga estremamente sentito nel nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Buonanno. Ne ha facoltà.

  GIANLUCA BUONANNO. Signor Presidente, condivido a pieno quello che ha detto la mia collega di Sinistra Ecologia Libertà perché ritengo veramente che sia una rapina, tra virgolette, quello che purtroppo succede in tutte la parti del nostro Paese quando si fanno manifestazioni anche con poche persone, magari con associazioni di volontariato e con gli stessi enti locali e ci si ritrova, poi, che la SIAE costa di più di quello che vorrebbero raccogliere e cercano di raccogliere per fare qualcosa per le proprie associazioni e per aiutare la gente che ne ha bisogno.
  Io in più occasioni, in questi anni da parlamentare, ho chiesto che la SIAE non fosse quello che è oggi, capitanata dal presidente attuale Gino Paoli, il noto cantante e cantautore, che, ovviamente, non ha delle colpe perché è arrivato anche da pochissimo.
  Ma così come è concepita la SIAE si mortificano e si «bastonano» coloro che sul territorio cercano di fare qualcosa, e poi va sostanzialmente a beneficio solo dei grandissimi.
  Allora mi viene in mente ad esempio quella che è la manifestazione canora più grande del nostro Paese, cioè il Festival di Sanremo, che è una manifestazione innanzitutto che ha una visione sinistroide anche nell'ambito di chi conduce il programma, tipo Fazio, la Litizzetto, Crozza e compagnia bella, che possono anche far ridere in alcuni casi, ma comunque hanno una loro idea ben precisa. Vengono pagati fior di milioni e poi dopo, quando si chiede di intervenire ad esempio su situazioni piccolissime dove si cerca di fare qualcosa di buono sul territorio, il risultato è che la SIAE rimane imperterrita a far pagare anche quanti capelli uno ha in testa e se ne frega di quello che invece si vuol fare sul territorio. Ci fosse la possibilità... Io non riesco a parlare.

  PRESIDENTE. Colleghi, dobbiamo andare avanti parecchio. Abbiamo molte votazioni e ci sono persone che hanno il diritto di parlare senza essere massacrate dal sottofondo che c’è. Quindi pregherei tutti di ascoltare o quanto meno di parlare a voce più bassa.

  GIANLUCA BUONANNO. Quindi, per finire il mio piccolo intervento, vorrei che l'Aula e i deputati, di qualsiasi colore politico siano, pensassero che, quando tornano nel loro territorio e hanno associazioni, enti locali e tutti che si lamentano perché gran parte dei soldi che raccolgono devono andare alla SIAE, fosse invece possibile riuscire almeno per le manifestazioni più piccole a non far pagare. Mi sembra una cosa talmente di buon senso che mi stupirei se invece venisse bocciata.

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Costantino 7.5, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Carrescia, Catania, Madia, Paris, Lo Monte...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  441   
   Votanti  434   
   Astenuti    7   
   Maggioranza  218   
    Hanno votato  130    
    Hanno votato no  304.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  (I deputati Argentin e Gianni Farina hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto contrario).

Pag. 4

  Passiamo alla votazione dell'emendamento Costantino 7.4.
  Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro formulato dal relatore.

  CELESTE COSTANTINO. Signor Presidente, non lo ritiro e chiedo che venga messo in votazione.

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Costantino 7.4, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Paris, Nicchi, Capodicasa...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  441   
   Votanti  438   
   Astenuti    3   
   Maggioranza  220   
    Hanno votato  131    
    Hanno votato no  307.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  Passiamo all'articolo aggiuntivo Buonanno 7.03.
  Prendo atto che i presentatori non accedono all'invito al ritiro formulato dal relatore.
  Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo Buonanno 7.03, con il parere contrario della Commissione e del Governo, e su cui la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Paris, Paola Bragantini, Marazziti...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  443   
   Votanti  329   
   Astenuti  114   
   Maggioranza  165   
    Hanno votato   20    
    Hanno votato no  309.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  (La deputata Argentin ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto contrario).

  Passiamo all'emendamento Fratoianni 9.1. Prendo atto che i presentatori non accedono all'invito al ritiro formulato dal relatore.
  Passiamo dunque ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Fratoianni 9.1, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Laffranco...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  455   
   Votanti  364   
   Astenuti   91   
   Maggioranza  183   
    Hanno votato   31    
    Hanno votato no  333.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  (La deputata Argentin ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto contrario).

  Passiamo all'emendamento Rampelli 9.51. Prendo atto che il presentatore non accede all'invito al ritiro formulato dal relatore.
  Passiamo dunque ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Rampelli 9.51, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

Pag. 5

  Folino, Carbone, Ricciatti, Polidori...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  458   
   Votanti  452   
   Astenuti    6   
   Maggioranza  227   
    Hanno votato  105    
    Hanno votato no  347.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  (Le deputate Cardinale e Argentin hanno segnalato che non sono riuscite ad esprimere voto contrario).

  Passiamo all'emendamento Rampelli 9.50. Prendo atto che il presentatore non accede all'invito al ritiro formulato dal relatore.
  Passiamo dunque ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Rampelli 9.50, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Gribaudo, Tidei, Lomonte, Arlotti, Vecchio...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  459   
   Votanti  456   
   Astenuti    3   
   Maggioranza  229   
    Hanno votato   19    
    Hanno votato no  437.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  (Le deputate Argentin e Cardinale hanno segnalato che non sono riuscite ad esprimere voto contrario).

  Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro dell'emendamento Di Benedetto 9.3 formulato dal relatore.

  SIMONE VALENTE. Signor Presidente, insisto per la votazione e vorrei esporre l'emendamento.

  PRESIDENTE. Scusi, non ho capito. Chiede di parlare per dichiarazione di voto ?

  SIMONE VALENTE. Sì, signor Presidente.

  PRESIDENTE. Prego.

  SIMONE VALENTE. Con questo emendamento volevo sottoporre alla vostra attenzione un tema molto delicato, di cui spesso si discute, ma al di fuori di quest'Aula, e dove nessuna normativa omogenea di carattere nazionale è ancora intervenuta in maniera incisiva.
  Mi riferisco alla delicata situazione in cui versano gli animali dei circhi, oggetto, al momento, solo di alcune inchieste televisive, di petizioni e di timidi di interventi normativi locali volti ad attenzionare una problematica realmente esistente da tempo.
  Nel corso degli anni, la tradizione circense ha imposto la pratica del confronto tra l'uomo e l'animale, per suscitare meraviglia e curiosità negli spettatori...

  PRESIDENTE. Scusi, onorevole... prego.

  SIMONE VALENTE. ...in esercizi che prevedono l'esecuzione, da parte degli animali, di precisi comandi del domatore, che nascondono però una rigida preparazione durante la quale l'animale viene addestrato e ammansito.
  Sul piano etico riteniamo non accettabile che gli animali vengano utilizzati per il soddisfacimento dei nostri divertimenti, anche perché questo si traduce in una detenzione, in un addestramento, che non sono esattamente compatibili con le caratteristiche etologiche degli animali, che vengono sfruttati ed impiegati in situazioni irrispettose dei loro bisogni e delle loro caratteristiche. Basti solo pensare che nel 2012, degli oltre 3 milioni 400 mila euro dati dallo Stato ai circhi, una cifra tra 250 Pag. 6mila e 336 mila euro è stata assegnata a circhi condannati per reati contro gli animali o che comunque hanno violato le disposizioni normative statali e sovrastatali di protezione degli animali.
  E allora, vi siete mai chiesti cosa provano gli animali usati nel mondo dell'intrattenimento ? Per loro la vita è un eterno carnevale, ma non c’è molto divertimento. Addestrare animali selvatici a fare cose che non capiscono, molto spesso richiede la forza. Non dimentichiamo poi che tutto questo avviene dopo che l'animale è stato allontanato dal suo habitat naturale – nel caso dei cuccioli, anche dalla madre – e posto in un luogo sconosciuto e inadeguato. Quando non debbono esibirsi, gli animali rimangono per il resto del tempo in gabbie anguste, assolutamente non adatte a soddisfare le più elementari esigenze etologiche. Per molti animali esotici, non abituati al lungo inverno europeo, il freddo rappresenta una vera sofferenza. Anche i continui spostamenti creano gravi disagi, visto che avvengono anche in condizioni durissime ed estenuanti per gli animali.
  È spiacevole constatare come, al momento, non esista alcuna normativa atta a regolamentare l'attività dell'animale all'intero del circo. Ma se ci fermiamo a riflettere, essa non sarebbe più una priorità, se si insinua in noi l'idea di non utilizzare, né tanto meno sfruttare, gli animali all'interno di queste arene. Fatte queste premesse, il MoVimento 5 Stelle ritiene indispensabile un intervento in tale direzione e, in effetti, con la nostra proposta emendativa, intendiamo azzerare i contributi statali che ogni anno vengono assegnati, a valere sul FUS, a tutti i circhi che esercitano un'attività con gli animali. L'obiettivo posto con il nostro emendamento è quello di vietare l'utilizzo degli animali, spesso detenuti in condizioni disumane. Ciò rappresenta un passo importante e un segno di grande civiltà.
  Gli animali selvatici sono fatti per vivere liberi. Hanno tutto il diritto di vivere nella loro terra d'origine. Non hanno commesso alcun crimine che giustifichi la loro prigionia a vita, il loro maltrattamento e la loro umiliazione durante gli spettacoli. Perché la cultura vuol dire anche questo: significa sopprimere qualunque forma di ingiusta barbarie perpetrata sugli animali innocenti, voler attribuire il giusto riconoscimento ai diritti degli animali. Alcuni circhi hanno scelto di non utilizzare più gli animali. Si pensi ad esempio ai canadesi Cirque du Soleil e molti altri, che puntano sulla valorizzazione e la bravura dei giocolieri, dei trapezisti, clown, comici, mimi, contorsionisti (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle), questi sì, dei veri e propri artisti. Ed è questa la direzione da seguire, l'unica civile (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare, per dichiarazione di voto a titolo personale, l'onorevole Cristian Iannuzzi. Ne ha facoltà.

  CRISTIAN IANNUZZI. Signor Presidente, mi rivolgo con un appello – parlando chiaramente alla Presidenza – a tutti i colleghi che la sera tornano a casa e hanno un animale di compagnia in casa o nel giardino, anche ai colleghi distratti, ai colleghi che oggi – e non solo oggi – votano per spirito di maggioranza, per spirito di coalizione e spesso non sanno neanche l'emendamento che si sta votando (non sempre, però ogni tanto capita). Voi rendetevi conto, cercate di guardare dentro di voi e di capire se è coerente che rispettiate e amiate gli animali che avete in casa come se fossero dei vostri parenti, e poi permettete che vengano sfruttati, torturati, ingabbiati e tenuti in condizioni indecenti gli animali nei circhi (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Quindi, votate secondo coscienza !

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Brescia. Ne ha facoltà, per un minuto.

Pag. 7

  GIUSEPPE BRESCIA. Signor Presidente, io con un gruppo di attivisti della mia zona ho messo su un piccolo gruppo di lavoro su questo tema e siamo andati a vedere un po’ che cosa avevano fatto, che cosa avevano proposto gli altri gruppi di questo Parlamento su questa tematica. Ci siamo accorti che ci sono moltissime proposte di legge avanzate da PD, PdL e Scelta Civica: è un tema che è trasversale, che interessa tutti quanti.
  In questa occasione voi potete dare seguito alle parole, che per ora sono soltanto su carta. Molte volte è difficile portare la discussione in Aula su queste tematiche. Questa è una piccola occasione per dimostrare che non sono soltanto chiacchiere. Quindi, votate a favore di questo emendamento (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Castelli. Ne ha facoltà.

  LAURA CASTELLI. Io userò questo minuto per dire che l'Unesco nel 1978 ha varato una Dichiarazione dei diritti dell'animale. L'Unesco, quella che quando vi piace fa cose sagge, quando non vi piace, invece, non è da calcolare. All'articolo 10 di questa Dichiarazione si dice che nessun animale deve essere usato per divertimento dell'uomo, perché va contro la dignità, ok ? Dunque, l'Unesco è un organo che dovrebbe essere sempre preso in considerazione, non solo – come abbiamo visto ieri – quando inficia direttamente i vostri interessi. Quindi, mettetevi una mano sulla coscienza e usate l'Unesco come obiettivo comune sempre. Non vi astenete per cortesia, abbiate il coraggio di dire «sì» o «no» a questa cosa (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Di Benedetto 9.3, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Iannuzzi, Giuliani, Malisani...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  451   
   Votanti  448   
   Astenuti    3   
   Maggioranza  225   
    Hanno votato  139    
    Hanno votato no  309.

  La Camera respinge (Applausi polemici dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle – Vedi votazioni).

  (La deputata Nicchi ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto favorevole).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Matteo Bragantini 9.4, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Boschi, Nicchi, Ginefra...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  460   
   Votanti  457   
   Astenuti    3   
   Maggioranza  229   
    Hanno votato  137    
    Hanno votato no  320.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  Prendo atto che i presentatori dell'emendamento Di Benedetto 9.2 non accedono all'invito al ritiro formulato dalla Commissione.
  Passiamo dunque ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Pag. 8Di Benedetto 9.2, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  455   
   Votanti  452   
   Astenuti    3   
   Maggioranza  227   
    Hanno votato  122    
    Hanno votato no  330.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  (La deputata Zampa ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto contrario).

  Passiamo alla votazione dell'emendamento D'Uva 9.5. Prendo atto che i presentatori non accedono all'invito al ritiro formulato dal Governo ed insistono per la votazione.
  Passiamo dunque ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento D'Uva 9.5, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Paris... Vecchio... Beni... Businarolo... Rostan... Realacci...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  463   
   Votanti  460   
   Astenuti    3   
   Maggioranza  231   
    Hanno votato  122    
    Hanno votato no  338.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  Passiamo alla votazione dell'emendamento Costantino 10.2, su cui vi è invito al ritiro da parte di Commissione e Governo, altrimenti il parere è contrario, e su cui anche la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
  Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro formulato dal relatore.

  CELESTE COSTANTINO. Signor Presidente, signora sottosegretario, il nostro emendamento invece interviene sul grande vuoto che c’è all'interno di questo decreto, perché questo è un punto su cui il decreto non si esprime ed è la grande questione dei teatri stabili. Noi negli emendamenti 10.2 e 10.50 poniamo due questioni: una di finanziamento e di incentivazione rispetto ai piccoli teatri, che in questo momento sono in grande difficoltà, perché a causa delle produzioni sovradimensionate possono solamente operare 30 teatri stabili in tutta Italia, e poi interveniamo sulla questione della direzione artistica, perché purtroppo ci sono teatri che vivono di direzioni artistiche trentennali e questo impedisce un turnover, una rigenerazione anche degli organici e della possibilità di fare investimenti sulle nuove generazioni. Quindi, questi due emendamenti puntano a rinnovare un settore che in questo momento è fortemente in crisi, che è molto ingessato. Lo fanno chiedendo rifinanziamenti, ma lo fanno anche proponendo un emendamento che è a costo zero, ma che serve invece a regolamentare e a fare in modo che ci sia appunto un ricambio vero all'interno del nostro Paese.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Buonanno. Ne ha facoltà.

  GIANLUCA BUONANNO. Signor Presidente, anche in questo caso sono perfettamente d'accordo su quello che ha detto la collega di Sinistra e Libertà, perché in questo Paese troppe volte si vedono persone che stanno decenni nello stesso posto e troviamo persone, anche in politica, che dopo cinquant'anni o sessant'anni ci fanno ancora la morale su come bisogna fare o non fare, dopo che loro per cinquant'anni hanno mandato al macello questo Paese. Quindi, mi viene anche da ridere a pensare a determinate cose.Pag. 9
  Per quanto riguarda la cultura e il teatro, è la stessa identica situazione: ci sono persone che mantengono il loro regno, le loro lobby, le loro amicizie e vanno avanti sempre gli stessi. Poi, nell'ambito della cultura sappiamo bene che la sinistra è imperante, così come è imperante nel giornalismo, è imperante nella cultura, insomma sono tutti comunisti o figli di comunisti e quindi hanno la loro idea, fanno loro spettacoli e gli artisti – combinazione – sono quasi tutti di sinistra casualmente. Insomma, tutto funziona a sinistra in questo Paese. Allora, ci dobbiamo domandare il perché. Ovviamente, c’è magari il testamento di qualcuno... non riesco a parlare, signor Presidente, ogni volta è la stessa cosa per me...

  PRESIDENTE. Onorevole Coscia, abbia pazienza.

  GIANLUCA BUONANNO. Aspetto che finisca la telefonata la mia collega. Posso ? No, disturbo la telefonata...

  PRESIDENTE. Sì, però sono convinto che lei ce la fa lo stesso.

  GIANLUCA BUONANNO. Io ce la faccio.

  PRESIDENTE. Vada avanti, onorevole Buonanno.

  GIANLUCA BUONANNO. Bene. No, non volevo disturbare, perché evidentemente il mio intervento vale meno della telefonata.
  Dicevo appunto della sinistra. In questo caso mi fa piacere, però, che la stessa di Sinistra e Libertà fa questo tipo di ragionamento. Significa appunto che magari c’è una metamorfosi nell'ambito della sinistra più radicale e, cioè, il fatto che bisogna disarcionare la situazione anche nell'ambito della cultura e che nei teatri non ci devono sempre restare le stesse persone o gli stessi cognomi o gli amici degli amici. Noi vogliamo cambiare. E prendo proprio spunto, signor Presidente, anche se non c’è il Ministro, ma se c'era gli rifacevo la stessa domanda, visto che nella precedente legislatura l'ex onorevole Melandri si è dimessa da deputato perché è andata a fare il presidente del Maxxi. Casualmente chissà perché si è dimessa e proprio lei è andata a fare il presidente. Evidentemente, qualche collegamento c’è oppure è il mago Houdini che ha fatto anche queste cose ?
  Vorremmo capire perché questi collegamenti danno ulteriore spazio al fatto che anche nell'ambito – ripeto – culturale dei musei c’è comunque un cordone ombelicale che collega la sinistra di questo Paese a quello che sono le questioni che riguardano la gestione della cultura del nostro Paese. Io sono contrario a queste cose, perché se la sinistra intende avere il monopolio su tutto come se fosse una dittatura, nell'ambito giornalistico, come, ripeto, nell'ambito dello spettacolo, nell'ambito teatrale, nell'ambito della scuola, perché anche lì siamo nella stessa identica situazione, io a queste cose non ci sto assolutamente. E vorrei scardinare questo sistema perché la sinistra in questa maniera ha fatto in modo che l'Italia, invece di andare avanti, è andata indietro e ha sempre avuto i paraocchi. Noi vogliamo libertà, nel teatro, nella scuola, nella cultura, nei musei e che non ci siano deputati che si dimettono per andare a fare un altro lavoro quando poi dicono che quel lavoro lo vanno a fare gratuitamente, come ha detto la Melandri in questa Assemblea, e poi, a quanto pare, prende dei soldi. Questa è un'altra vergogna di cui la sinistra se ne deve far carico.

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Costantino 10.2, con il parere contrario della Commissione, del Governo e della V Commissione (Bilancio).
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Cani, De Lorenzis, Ribaudo, Castricone, Pelillo... Intanto che aspettiamo approfitto per salutare gli alunni e i docenti dell'istituto tecnico-commerciale «Luigi Einaudi» di Roma, che sono presenti in tribuna e seguono i nostri lavori (Applausi).

Pag. 10

  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  457   
   Votanti  454   
   Astenuti    3   
   Maggioranza  228   
    Hanno votato  136    
    Hanno votato no  318.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  Passiamo all'emendamento Costantino 10.50, su cui vi è un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario.
  Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro formulato da Commissione e Governo

  CELESTE COSTANTINO. Signor Presidente, non lo ritiro e chiedo che venga messo in votazione.

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Costantino 10.50, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Zampa, Civati, Murer, Giacomelli, Porta...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  467   
   Votanti  464   
   Astenuti    3   
   Maggioranza  233   
    Hanno votato  139    
    Hanno votato no  325.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  (La deputata Iacono ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto contrario).

  Passiamo all'emendamento Fratoianni 11.30. Prendo atto che i presentatori dell'emendamento Fratoianni 11.30 non accedono all'invito al ritiro formulato dal relatore.
  Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Fratoianni 11.30, con il parere contrario della Commissione, del Governo e anche della V Commissione (Bilancio).
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Luigi Gallo... Vignaroli...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  472   
   Votanti  469   
   Astenuti    3   
   Maggioranza  235   
    Hanno votato  122    
    Hanno votato no  347.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  (La deputata Iacono ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto contrario).

  Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro dell'emendamento Luigi Gallo 11.11, formulato dal relatore.

  LUIGI GALLO. Signor Presidente, le fondazioni sono rimaste a metà tra il pubblico ed il privato per via di una riforma errata e mai completata da parte dell'allora Ministro Veltroni con legge n. 346 del 1997. Infatti, al contrario di quanto crede l'opinione pubblica, in realtà le vere privatizzazioni in questo Paese sono state fatte dal centrosinistra. Le privatizzazioni anche della scuola con Berlinguer, con D'Alema. Queste sono state trasformate da enti pubblici a fondazioni di diritto privato finanziate in quota parte dal FUS. Ciò non è stato però accompagnato dalle corrette forme di agevolazione per l'ingresso dei privati negli enti lirici, come tax shelter, che perseverano in condizioni economiche devastanti dovute all'alto costo del personale e allo scarso apporto dei privati unitamente ai continui tagli al FUS. Il piano di risanamento è quindi oltremodo rigido nonostante alcune piccolissime conquiste ottenute al Senato e Pag. 11non può in alcun modo aiutare le fondazioni a risollevarsi dalla crisi, introducendo il principio di pareggio di bilancio, da raggiungere in tre anni, e la creazione di un commissario governativo con eccessivi poteri di intervento in merito all'approvazione e all'integrazione dei piani di risanamento stessi.
  La disposizione che prevede l'applicazione delle norme del pubblico impiego ai dipendenti delle fondazioni è validissima così come l'assoggettazione alle norme del codice dei contratti. Occorre però una decisione politica importante sulla condizione giuridica degli enti: o sono pubblici o sono privati. Infatti, se è pur vero che la Corte costituzionale, con sentenza n. 153 del 2011, ha ribadito la qualificazione in senso pubblicistico degli enti lirici, nonostante la legge Veltroni, e ha affermato che esse concorrono al conto economico consolidato e figurano nell'elenco delle amministrazioni pubbliche, ci si chiede perché vengono finanziate in maniera irrisoria dallo Stato. Le trattiamo come pubbliche al cento per cento o troviamo le corrette forme per far arrivare ingenti fondi anche dai privati ?
  Grave invece è la previsione che il personale licenziato non abbia certezza di essere ricollocato, creando una possibile schiera di disoccupati che ha capacità professionali molto specifiche e particolari.
  Difatti le eccedenze previste dai piani di risanamento sono assorbite da ALES Spa, non rispettando principi di prossimità geografica, solo nelle vacanze di organico della società medesima. La riforma della governance non pare incisiva e non tiene conto dei rappresentanti delle categorie lavorative. Sicuramente positivo, però, che finalmente si giunga ad una produzione su base triennale ma, al contempo, ci si domanda se non sia eccessivo prevedere che un'attività come questa sia in pareggio visto che si tratta di un'attività culturale di rilievo. Il ricorso ad entrate di indebitamento è concesso solo nell'accesso ad un fondo rotativo del MiBAC pari a 75 milioni: briciole, visto che i teatri interessati al piano di risanamento con lo scopo di accedere proprio al Fondo rotativo sono, a detta di Bray, almeno sei su quindici.
  Non si capisce, ancora una volta, la nomina di un commissario governativo che abbia ampi poteri di incidere sui piani di risanamento a lui proposti. Come al solito viene scelta una modalità errata a monte, per salvare il sistema delle fondazioni liriche, che invece richiede una visione più ampia e un lunghissimo termine, iniziando una seria riforma di governance, di contribuzione privata, di programmazione delle stagioni.
  Le colpe della politica in questo disastro economico-finanziario sono abnormi e non possono affatto ricadere sulle spalle dei lavoratori di qualità del settore, tanto meno sulle spalle del settore culturale.

  PRESIDENTE. La invito a concludere.

  LUIGI GALLO. L'emendamento è teso ad impedire il licenziamento del personale delle fondazioni liriche, che rappresenta la forza delle fondazioni stesse ed un livello di professionalità artistica eccezionalmente elevato.
  Concludo: licenziare il 50 per cento del personale significherebbe non garantire il lavoro della fondazione, oltre a lasciare senza introito certo intere famiglie. Ma non era il Partito Democratico che metteva al centro il lavoro in questo Paese (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ?

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Simone Valente. Ne ha facoltà.

  SIMONE VALENTE. Signor Presidente, con questo emendamento vogliamo impedire che nel piano di risanamento sia prevista la riduzione della pianta organica della fondazione in essere al 31 dicembre 2012...

  PRESIDENTE. Scusi, onorevole Valente.Pag. 12
  Colleghi, rimane sempre la richiesta di abbassare un po’ il tono della voce, grazie.

  SIMONE VALENTE. ...l'obiettivo principale dev'essere, però, quello di non mettere in mezzo alla strada personale, poiché ALES non garantisce il riassorbimento di tutti.
  Allora mi preme fare un esempio: quello del Carlo Felice di Genova. Il Carlo Felice di Genova è già sotto organico di diverse unità rispetto alla pianta organica ministeriale. Il sindaco Doria, area PD, questa estate ha annunciato l'intenzione, ora al vaglio del consiglio di amministrazione, di mettere in mobilità quarantotto dipendenti, di cui dodici orchestrali, dodici tecnici, undici coristi, undici impiegati e due maestri collaboratori.

  PRESIDENTE. La invito a concludere.

  SIMONE VALENTE. Nell'eventualità che questa grave scelta venga approvata, comporterebbe un aggravio alla produzione teatrale e lascerebbe senza occupazione queste quarantotto persone.

  PRESIDENTE. Concluda, onorevole Valente.

  SIMONE VALENTE. Concludo, dicendo che fa specie vedere che un partito a parole tiene tanto ai lavoratori e ai diritti dei lavoratori, ma nei fatti decide di lasciare senza tutela parecchio personale altamente qualificato (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Luigi Gallo 11.11, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Bargero, Ginato, Lavagno, Palazzotto, Terrosi, Mottola... Hanno votato tutti ? Bargero...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  454   
   Votanti  451   
   Astenuti    3   
   Maggioranza  226   
    Hanno votato  136    
    Hanno votato no  315.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  (La deputata Mucci ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto favorevole).

  Passiamo all'emendamento Marzana 11.13.
  Chiedo al presentatore se acceda all'invito al ritiro formulato dal relatore.

  MARIA MARZANA. Signor Presidente, non ritiro l'emendamento e chiedo che venga posto in votazione, ma prima vorrei esporlo.
  La valorizzazione della cultura che il Governo starebbe attuando attraverso questo decreto si può riassumere nella contrattazione irritante a cui abbiamo assistito durante i lavori al Senato, ma soprattutto nella frenetica votazione degli emendamenti avvenuta in Commissione qui alla Camera. Questo modo di procedere conferma, semmai ce ne fosse ancora bisogno, che l'idea di cultura che questa classe politica ha, è davvero pessima. E pensare che di cultura l'Italia potrebbe vivere.
  E, invece, la cultura rimane una scelta ancora trascurata, perché siamo ridotti a ratificare un provvedimento del Governo, perché questo decreto elargisce poltrone e perché si preoccupa di sostenere solo alcuni siti, anziché adottare una strategia politica in tutta Italia e a lungo termine nell'ambito culturale, basata su una distribuzione delle risorse trasparente e, soprattutto, basata su criteri oggettivi, come le condizioni dei beni e delle associazioni culturali, piuttosto che chi le gestisce.
  In questo articolo, l'aiuto alle fondazioni lirico-sinfoniche viene mascherato Pag. 13dall'ennesimo taglio alla cultura: infatti, il piano di risanamento del bilancio e la possibilità di attingere al fondo per la concessione di finanziamenti a favore delle fondazioni lirico-sinfoniche sono vincolati dalla riduzione della dotazione organica del personale tecnico e amministrativo e da una razionalizzazione del personale artistico. Insomma, nel settore culturale si sta ripetendo ciò che è avvenuto nelle piccole e medie imprese: l'assenza di una politica di salvaguardia delle entità più deboli ed esposte alla crisi, cioè i lavoratori.
  La situazione di crisi delle fondazioni deriva da una drastica e progressiva riduzione del FUS avvenuta negli ultimi anni e da gestioni poco oculate e fallimentari da parte di amministratori, espressioni di nomine politiche, che, spesso, al termine dei loro mandati, hanno lasciato alcune fondazioni in situazioni economicamente drammatiche. L'emendamento è teso ad assicurare una più equa riduzione della pianta organica, assicurando, al contempo, la ricollocazione del personale. Proponiamo, infatti, la riduzione del 25 per cento, anziché del 50 per cento, dei lavoratori, più funzionale all'attività delle fondazioni lirico-sinfoniche, a condizione che, nella riassegnazione dei lavoratori ad altri incarichi, venga rispettata la loro professionalità e la prossimità geografica tra i luoghi di residenza e i luoghi di lavoro. In un Paese che il mondo ama proprio per essere la culla della lirica e della musica classica, speriamo di non abbassare definitivamente il sipario (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Buonanno. Ne ha facoltà.

  GIANLUCA BUONANNO. Signor Presidente, fa specie che coloro che vengono definiti rozzi in quest'Aula, cioè...

  PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Buonanno. Onorevole Vignali, dovreste abbassare leggermente la voce. Prego, onorevole Buonanno.

  GIANLUCA BUONANNO. Come dicevo, fa specie, in quest'Aula così piena di ipocrisia, che i due gruppi che vengono definiti rozzi, che vengono definiti non acculturati, sovversivi, e, cioè, il MoVimento 5 Stelle e la Lega, sono coloro che portano avanti delle questioni che riguardano, invece, la cultura, la musica classica, quello che è importante in un Paese evoluto e pieno di storia come il nostro, dove ci sono tante eccellenze (Applausi di deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). E fa ridere, in maniera ironica, vedere la sinistra, quella con la puzza sotto il naso, i radical chic, quelli che vanno sempre nei salotti a far vedere che loro ne sanno più degli altri, che, ovviamente, ha messo, come dicevo prima, gli uomini e le donne nei posti giusti – lo ripeto, nel giornalismo, nella televisione, tra gli artisti, nelle scuole, nelle università, nella magistratura, insomma, hanno messo dappertutto persone, donne e uomini – fanno tutto e, poi, quando è ora di votare cose che, comunque, riguardano l'ambiente che loro si vantano di avere stimolato, accudito, aiutato con tutte le varie persone che vi hanno pure infilato, quando si presentano degli emendamenti di buonsenso votano contro.
  Allora, bisogna far sapere anche alla gente: peccato che la scolaresca sia andata via, perché, magari, queste poche parole potevano essere utili, perché chi viene dalla scuola e viene in questa Assemblea vede un'immagine, però, poi, ovviamente, vede solo votare e non si può rendere conto attentamente, perché hanno pochi minuti, di quello che accadde. Qui cosa sta accadendo ? Ancora una volta, la commedia dell'assurdo: cioè, qui noi presentiamo tutti gli emendamenti, ce li bocciate tutti, perché, altrimenti, se ne passa uno, il provvedimento deve tornare al Senato. Allora cosa stiamo qua a fare ? Giochiamo ? Noi cerchiamo di portare delle cose di buon senso. Se anche avessimo fatto un emendamento in cui si diceva che il Governo è bravo, buono e bello e che bisogna sempre votare nella vita Partito Democratico, perché così bene, e votate Pag. 14poi quello che vi capita nelle altre occasioni, il PD avrebbe votato contro, perché tanto qualsiasi cosa non va bene.
  È una presa in giro, signor Presidente. Lei che è membro di questa Assemblea da tanti anni ci aiuti a far capire ai suoi colleghi della sinistra che così non va bene, perché, alla fine, i radical chic, prima o poi, rimangono solo radical e lo chic, magari, lo perdono pure. Noi siamo stufi dei salotti e – lo ripeto – di quelli ben sistemati che vanno in televisione e che poi nella vita non fanno un tubo di niente e vogliono solo dare lezioni agli altri.
  Noi vorremmo fare qualcosa di concreto per chi lavora nella cultura e nella musica e invece quelli della sinistra – e questo lo devono sapere – fanno la voce bella e dicono delle belle parole in pubblico e, poi, quando è ora di votare, glielo mettono nel didietro.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marazziti. Ne ha facoltà.

  MARIO MARAZZITI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, prima di votare su questo emendamento, vorrei che questa nostra Aula si fermasse un attimo, perché le notizie che ci arrivano...

  PRESIDENTE. Onorevole Marazziti, mi scusi, ma la devo interrompere per una questione di correttezza. Ho già avuto altre richieste, peraltro una viene dalla collega alle mie spalle, e ho detto chiaramente che avrei potuto dare la parola su questo argomento almeno al momento in cui avremmo finito le dichiarazioni di voto sugli emendamenti e il voto sugli emendamenti. Sarebbe scorretto, da parte mia, se adesso dessi la parola a lei. Quindi la prego di attendere; appena terminiamo di votare sugli emendamenti, prima di passare agli ordini del giorno, brevemente darò la parola a tutti su questo argomento.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Di Lello. Ne ha facoltà.

  MARCO DI LELLO. Signor Presidente vorrei approfittare della presenza della sottosegretaria Borletti Buitoni Dell'Acqua perché possa valutare, davvero, l'apposizione del vincolo di bene demoetnoantropologico all'onorevole Buonanno, che, per la straordinaria profondità e varietà delle argomentazioni che utilizza, mi sembra una eccelsa espressione di «homo padanus trogloditus» e quindi chiedo se il Governo voglia valutare un'apposizione del vincolo in questa direzione.

  PRESIDENTE. Onorevole Buonanno, non ho sentito la coda del suo intervento perché stavo parlando con la collega di SEL a proposito dell'argomento di cui sopra. La pregherei, magari, di considerare «riprese» le ultime parole.
  Passiamo, quindi, ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Marzana 11.13, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Bargero, Minardo, Ricciatti, Altezza, Carnevali, Vecchio, Piepoli, Ventricelli, Beni...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  472   
   Votanti  468   
   Astenuti    4   
   Maggioranza  235   
    Hanno votato  142    
    Hanno votato no  326.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  (La deputata Mucci ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto favorevole).

  Passiamo all'emendamento Di Lello 11.1.
  Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro dell'emendamento formulato dal relatore.

Pag. 15

  MARCO DI LELLO. Signor presidente, colgo l'occasione per confermare il ritiro degli emendamenti Di Lello 11.1, 11.2, 11.3, 11.4, 11.5, 11.6, 11.7, 11.8, 11.9 e 11.10, anche perché sussunti in distinti ordini del giorno di cui potremo discutere successivamente.

  PRESIDENTE. A questo punto l'emendamento Di Lello 11.1 è ritirato.

  GIANLUCA BUONANNO. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Su cosa, onorevole Buonanno ?

  GIANLUCA BUONANNO. Quello che ho detto prima si vede adesso. Il collega Di Lello ritira tutto perché bisogna...

  PRESIDENTE. Sì, ma lei non può parlare su questo, onorevole Buonanno, perché l'emendamento è stato ritirato. Quando ci sarà un altro emendamento potrà prendere la parola, la ringrazio.
  Passiamo all'emendamento Battelli 11.14. Prendo atto che i presentatori non accedono all'invito al ritiro formulato dal relatore.
  Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Battelli 11.14, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Colletti, Malisani, Lotti, Righetti, Magorno, Rostan, Tancredi...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  465   
   Votanti  433   
   Astenuti   32   
   Maggioranza  217   
    Hanno votato  111    
    Hanno votato no  322.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  (Il deputato Burtone ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario e la deputata Mucci ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto favorevole).

  Passiamo all'emendamento Migliore 11.27. Prendo atto che i presentatori non accedono all'invito al ritiro formulato dal relatore.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Migliore 11.27, con il parere contrario della Commissione, del Governo e della V Commissione (Bilancio).
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Magorno, Carbone, Carella...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  467   
   Votanti  464   
   Astenuti    3   
   Maggioranza  233   
    Hanno votato  123    
    Hanno votato no  341.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  (La deputata Mucci ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto favorevole).

  Passiamo all'emendamento Marzana 11.12. Prendo atto che i presentatori non accedono all'invito al ritiro formulato dal relatore.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Marzana 11.12, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Nuti, Rostan, Borghi, Francesco Sanna...Pag. 16
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  474   
   Votanti  471   
   Astenuti    3   
   Maggioranza  236   
    Hanno votato  140    
    Hanno votato no  331.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  Passiamo all'emendamento Valente 11.15. Chiedo al presentatore se acceda all'invito al ritiro formulato del relatore.

  SIMONE VALENTE. Signor Presidente, non ritiro l'emendamento con il quale cerchiamo di modificare il principio del pareggio di bilancio, condizione inderogabile del piano di risanamento, con un semplice rispetto di una norma già esistente. Infatti, la «legge Veltroni», la n. 367 del 1996, all'articolo 21, comma 1, lettera b), prevede dei parametri economici e patrimoniali superati i quali si commissaria la fondazione.
  Chiediamo, quindi, semplicemente che il piano di risanamento preveda, anziché il pareggio del conto economico entro il 2016, il rispetto dei limiti superati i quali si provvede al commissariamento e allo scioglimento del cda della Fondazione.
  Questo, ovviamente, non garantisce che non si crei un nuovo debito, ma almeno può impedire che ci sia una liquidazione coatta, nel caso non si raggiunga il pareggio di bilancio, e il commissariamento, che altro non fa che aggravare le condizioni degli enti lirici. Il comma prevede quindi il rispetto di una norma già esistente, chiedendo alle fondazioni di evitare di farsi commissariare.
  Un settore come quello culturale non può vivere sotto la ferrea disciplina del pareggio di bilancio, principio enunciato da pazzi burocrati della finanza europei e costituzionalizzato dalle larghe intese, in sordina, nell'articolo 81 della Carta costituzionale, sancendo di fatto la morte delle più banali politiche economiche di espansione e sostegno, necessarie alla salvaguardia del tessuto sociale e del settore culturale che, in periodo di pesante recessione come quello che stiamo attraversando, sono i due ambiti che necessitano di maggiori finanziamenti e sostegni da parte dello Stato (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Simone Valente 11.15, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Palese, Gregori, Nesi, Ventricelli, Arlotti...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  468   
   Votanti  465   
   Astenuti    3   
   Maggioranza  233   
    Hanno votato  140    
    Hanno votato no  325.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  (Il deputato Magorno ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario).

  Passiamo all'emendamento D'Uva 11.16. Chiedo al presentatore se acceda all'invito al ritiro formulato dal relatore.

  FRANCESCO D'UVA. Signor Presidente, questo emendamento chiede la soppressione della lettera g) dell'articolo 11 riguardante il risanamento delle fondazioni lirico-sinfoniche. La lettera g), in particolare, chiede la cessazione dell'efficacia dei contratti integrativi aziendali in vigore. Questa eventuale cessazione va a violare i diritti acquisiti.
  Siccome molto spesso, quando noi parliamo di pensioni d'oro, ci viene detto: voi non tenete conto dei diritti acquisiti, come potete chiedere l'annullamento delle pensioni Pag. 17d'oro ? Bene, se adesso voi non votate questo emendamento, sappiate che questo qui è un precedente. Quando poi noi andremo a discutere sulle pensioni d'oro, ci riferiremo a questo, perché se i diritti acquisiti possono essere violati per questi casi, possono essere violati anche, evidentemente, per le pensioni d'oro. Quindi, sappiate quello che state facendo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento D'Uva 11.16, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Nardi, Rizzetto, Vignaroli, Giacomelli...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  470   
   Votanti  466   
   Astenuti    4   
   Maggioranza  234   
    Hanno votato  140    
    Hanno votato no  326.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  (La deputata Gnecchi ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto contrario).

  Andiamo ora a pagina 12 del fascicolo, dove ci sono due identici emendamenti. Ricordo che l'emendamento Di Lello 11.2 è stato ritirato, rimane l'emendamento Fratoianni 11.29, su cui vi è un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario. Prendo atto che l'onorevole Fratoianni accede all'invito al ritiro formulato dal relatore.
  L'onorevole Chimienti voleva intervenire, ma non può parlare perché gli emendamenti sono stati ritirati.
  Passiamo all'emendamento Di Benedetto 11.17, su cui vi è un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario. Prendo atto che i presentatori dell'emendamento Di Benedetto 11.17 non accedono all'invito al ritiro formulato dal relatore.
  Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Di Benedetto 11.17, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Per favore, ognuno voti per se stesso, gentilmente... Nardella, Piepoli...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  476   
   Votanti  473   
   Astenuti    3   
   Maggioranza  237   
    Hanno votato  143    
    Hanno votato no  330.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  Passiamo all'emendamento Buonanno 11.26. Prendo atto che i presentatori non accedono all'invito al ritiro formulato dal relatore.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Buonanno 11.26, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Taricco, Capone, Nicoletti, Ventricelli, Vignaroli...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  478   
   Votanti  474   
   Astenuti    4   
   Maggioranza  238   
    Hanno votato  115    
    Hanno votato no  359.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

Pag. 18

  Passiamo all'emendamento Brescia 11.18. Prendo atto che i presentatori non accedono all'invito al ritiro formulato dal relatore.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Brescia 11.18, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Colletti, Carrescia, Paris, Paglia, Minardo...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  477   
   Votanti  445   
   Astenuti   32   
   Maggioranza  223   
    Hanno votato  114    
    Hanno votato no  331.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  Ricordo che gli emendamenti di Lello 11.3 e 11.4 sono stati ritirati.
  Passiamo all'emendamento Giancarlo Giordano 11.28. Prendo atto che i presentatori non accedono all'invito al ritiro formulato dal relatore.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Giancarlo Giordano 11.28, con il parere contrario della Commissione, del Governo e della V Commissione (Bilancio).
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Bossa, Magorno...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  472   
   Votanti  468   
   Astenuti    4   
   Maggioranza  235   
    Hanno votato  129    
    Hanno votato no  339.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  Passiamo all'emendamento Vacca 11.19. Prendo atto che i presentatori non accedono all'invito al ritiro formulato dal relatore.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Vacca 11.19, con il parere contrario della Commissione, del Governo e della V Commissione (Bilancio).
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Barbanti, Buttiglione, Fiano...
  Dichiaro chiusa la votazione.

   Presenti  474   
   Votanti  442   
   Astenuti   32   
   Maggioranza  222   
    Hanno votato   98    
    Hanno votato no  344.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

Sull'ordine dei lavori (ore 10,20).

  PRESIDENTE. Colleghi, io avevo comunicato che avrei dato la parola su quanto accaduto a Lampedusa, alla fine del voto sugli emendamenti. Però, la consistenza della vicenda e della tragedia è particolarmente rilevante e, quindi, penso che a questo punto, se non ci sono obiezioni, darei la parola per alcuni minuti agli oratori che l'hanno chiesta (Applausi) e anche, ovviamente, a chi non l'ha ancora chiesta, perché credo che sia giusto, prima di andare avanti, che questo argomento venga affrontato in Aula.
  Ha chiesto di parlare l'onorevole Fratoianni. Ne ha facoltà.
  Ovviamente, onorevole Fratoianni, invito tutti alla sintesi, in maniera che riusciamo poi a riprendere i nostri lavori.

  NICOLA FRATOIANNI. Signor Presidente, le devo dire che ho vissuto questa mattinata, dall'arrivo della notizia e dell'incredibile e allucinante evoluzione del numero e della conta delle vittime. In Pag. 19poche ore, anzi in pochi minuti, dai primi dati, 25 morti, siamo ad oltre 80 morti accertati e 300 dispersi, con moltissimi bambini.
  Allora, io credo che quest'Aula debba non solo discutere, non solo trovare la forza di fermarsi, non solo trovare il coraggio e la dignità di commemorare questi nuovi incredibili insopportabili morti che si aggiungono alle migliaia di morti che fanno del Mediterraneo il più grande cimitero a cielo aperto del mondo, ma io credo, signor Presidente, che quest'Aula e questo Parlamento abbiano il dovere di dire «basta».
  Io credo che noi non possiamo più commuoverci all'unanimità di fronte alle morti, applaudire entusiasti alle parole del Papa che va a Lampedusa dicendo «basta con la globalizzazione dell'indifferenza». Noi non possiamo più applaudire le parole del Presidente del Consiglio che annuncia, ad ogni nuova fiducia, una svolta anche sulle politiche dell'immigrazione. No ! Noi dobbiamo chiedere che il Governo venga qui in Aula a riferire e dobbiamo prendere fino in fondo e assumere fino in fondo una responsabilità, quella, da un lato, di riportare «igiene» perfino nel nostro dibattito, quello inquinato dalle parole di chi, come l'onorevole Pini attraverso le agenzie, accusa Laura Boldrini e il Ministro Kyenge di essere responsabili di questa ennesima tragedia. Quelle parole hanno contribuito – quelle sì, quelle sì – a portare questo Paese nella condizione di vergogna nella quale oggi si trova.

  EMANUELE PRATAVIERA. Sei un ipocrita !

  PRESIDENTE. Per favore.

  NICOLA FRATOIANNI. Quelle parole e quelle leggi che voi avete costruito...

  DAVIDE CAPARINI. Cambiale se sei capace !

  NICOLA FRATOIANNI. ... quelle leggi che sono ogni giorno la fucina delle morti che si accusano nel nostro mare (Commenti dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).

  PRESIDENTE. Colleghi, per favore ! Colleghi ! Colleghi ! Onorevole Caparini, la prego gentilmente. Facciamo finire il collega.

  NICOLA FRATOIANNI. Allora – e ho concluso –, è arrivato il momento che alle parole, alle parole buone che a volte è bene pronunciare anche per l'ecologia delle parole, comincino a seguire dei fatti. Ce lo chiede l'Europa, l'Europa di cui tutti parlano e che ogni giorno dice che le nostre politiche sono inadeguate, sbagliate e controproducenti.
  Lo dice l'Unicef, che afferma ancora una volta: tragedie annunciate ed evitabili. Allora è arrivato il momento di cancellare la Bossi-Fini, di cambiare tutta la legislazione sull'immigrazione (Applausi dei deputati dei gruppi Sinistra Ecologia Libertà e Partito Democratico). È arrivato il momento che questo Paese passi dalle parole ai fatti e ritrovi un po’ di dignità, altrimenti è inutile e insopportabile ogni nuova commozione e ogni nuova retorica commozione collettiva (Applausi dei deputati dei gruppi Sinistra Ecologia Libertà e Partito Democratico).

  PRESIDENTE. Colleghi, ci sono altri iscritti a parlare. Parliamo di una tragedia che al momento vede più di ottanta morti. Il Presidente vorrebbe non intervenire in questo dibattito. Quindi, pregherei tutti di ascoltare ciascuno e lasciare che ognuno esprima le proprie opinioni (Applausi).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Chaouki. Ne ha facoltà.

  KHALID CHAOUKI. Signor Presidente, in questi momenti le parole, i comunicati e le dichiarazione rischiano davvero di apparire superflue, anche perché siamo davvero di fronte ad una tragedia che sta assumendo, secondo quello che ci stanno riportando, dimensioni enormi e incredibili per la storia del Mediterraneo, del Pag. 20nostro Paese e di quell'isola, che è stata abituata da molto tempo a vivere queste tragedie. Ma quella di fronte a cui ci stiamo trovando oggi è davvero una tragedia senza paragoni nella storia degli sbarchi nel Mediterraneo in questo Paese.
  Allora, di fronte a questo, credo che noi dobbiamo assumere una risposta forte, una risposta che parte da una storia comune, da una umanità che non possiamo dimenticarci in questo momento.
  Per questo noi chiediamo davvero che, oltre all'azione del Governo, in tempi brevissimi, ci sia una risposta forte anche da parte nostra, che si formi al più presto una delegazione di tutti i gruppi parlamentari intanto per andare direttamente lì sul posto e cercare davvero di portare solidarietà a quella che si prospetta una tragedia con almeno 80 morti, e i numeri stanno crescendo.
  Erano 500 in questo barcone. Quindi per non sentirci sulle nostre spalle la responsabilità di non poter dire un giorno che noi potevamo fare di più e non l'abbiamo fatto, il mio appello e il nostro appello è quello davvero in questo momento così difficile di cercare di lanciare anche un messaggio forte all'Europa proprio a partire dalla nostra testimonianza di italiani, di mediterranei, di europei.
  Questa testimonianza, oltre alla presa di posizione politica forte di un'Europa che deve oggi assumersi la responsabilità insieme a tutti noi nelle politiche di accoglienza dei profughi, nella lotta senza quartiere ai trafficanti e ai criminali di vite umane, nella responsabilizzazione dei Paesi del nord Africa (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Sinistra Ecologia Libertà e Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) – Liberali per l'Italia (PLI)).
  
D'altra parte crediamo anche nel messaggio e nell'appello del Papa di qualche settimana fa e del Presidente Giorgio Napolitano e noi qui in questo Parlamento dobbiamo chiedere con forza anche una giornata di lutto nazionale affinché tutta l'Italia faccia sentire la sua vicinanza a questi giovani, a queste donne, a questi bambini.
  Un grazie di cuore alla sindaca di Lampedusa Giusi Nicolini e al popolo di Lampedusa, che ancora in questi momenti sta dimostrando davvero grande umanità, grande senso di civiltà. Ed è questo davvero il valore forte del nostro Paese. Penso che possiamo partire da questo, riprendendo quello che diceva ieri il Presidente Enrico Letta, da un'Italia che deve farsi forte in Europa e soprattutto dobbiamo chiedere e pretendere che il tema dell'immigrazione diventi un tema di tutta l'Europa, che non sia solo un tema di sicurezza, ma anche di tutela dei diritti umani (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Sinistra Ecologia Libertà e Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) – Liberali per l'Italia (PLI)).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Marazziti. Ne ha facoltà.

  MARIO MARAZZITI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, come chi mi ha preceduto, avevo chiesto un momento di riflessione di quest'Aula perché questa ultima tragedia di questa mattina, la quantità dei morti, la quantità delle vittime, purtroppo ripetute, rischiano addirittura di creare una assuefazione, se noi non abbiamo la forza morale, civile e politica di aiutare il Paese e l'Europa a diventare diversi.
  Allora, 25 mila sono già i morti accertati nel Mediterraneo: duemila nel 2011, 1.700 nel 2012. Abbiamo questa ultima tragedia, abbiamo nelle stesse ore 117 profughi siriani salvati e accolti a Catania. Abbiamo 7 milioni solo di profughi siriani all'interno e all'esterno della Siria.
  Allora la globalizzazione dell'indifferenza come possiamo combatterla ? Noi la possiamo combattere in modi molto concreti. Mi unisco alla richiesta di dichiarare una giornata di lutto nazionale per aiutare tutta la comunità nazionale italiana e per dare un messaggio all'Europa e a noi stessi. La seconda cosa che possiamo fare è chiedere a questa Presidenza della Camera di calendarizzare, finalmente, la legge sulla cittadinanza.
  Penso che dobbiamo anche, come parlamentari, unirci per creare delle soluzioni Pag. 21più civili al problema dei CIE e penso che dobbiamo, dal Parlamento, chiedere ufficialmente al Governo italiano che chieda al Governo di Bruxelles di mettere all'ordine del giorno questo problema dei profughi del Mediterraneo, per creare, come proposta italiana, un corridoio umanitario, monitorato dall'Unione europea, per creare sicurezza e salvare vite umane e per mettere allo studio, nel caso, la creazione di un porto europeo – potrebbe essere a Lampedusa o in un altro punto dell'Italia – perché sia l'Europa, poi, ad assumersi il problema, insieme all'Italia, dell'asilo politico, dell'aiuto ai rifugiati, di una risposta a questo grande problema (Applausi dei deputati dei gruppi Scelta Civica per l'Italia e Partito Democratico).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Alessandro Di Battista. Ne ha facoltà.

  ALESSANDRO DI BATTISTA. Grazie, Presidente Giachetti, anche per la sensibilità che ha dimostrato. Grazie davvero. Anche noi vogliamo unirci al cordoglio per le vittime di Lampedusa. Provate a pensare alla religione della depredazione, una religione mondiale, quella che si sta creando nel nostro pianeta. Questo è un mondo che non va ! Per anni abbiamo schiavizzato l'Africa, l'abbiamo depredata, la ricchezza dell'Europa proviene dagli anni del commercio triangolare. Esseri umani strappati a mamma Africa e portati sui barconi a lavorare in America; oro, argento e zucchero che arrivano in Europa e che permisero la nascita delle industrie tessili europee; tessuti che finivano nelle mani di certi capitribù africani, che li ripagavano a suon di schiavi.
  La ricchezza dell'Europa si basa sul genocidio e sulla diaspora africana. Tutto per i soldi ! Oggi i fratelli africani cercano di riprendersi un pezzo di quella ricchezza che gli è stata sottratta salpando verso Lampedusa su barche della morte, della disperazione e dell'illegalità. I fratelli africani devono stare a casa loro: non «devono stare a casa loro», ma devono stare a casa loro perché quella è casa loro.
  Ma non hanno alcuna speranza a casa loro, perché a casa loro vi sono immense imprese europee e nordamericane che «ungono» le classi dirigenti locali per avere appalti e concessioni e continuare la depredazione dell'Africa (Applausi dei deputati dei gruppi MoVimento 5 Stelle e Sinistra Ecologia Libertà), costringendo i cittadini africani a cercare nuovi spazi e nuove opportunità.
  Quel che succede già a noi, in fondo, anche se non moriamo nel Mar Mediterraneo ! Già espatriamo in direzione USA, Australia, Gran Bretagna, ma in futuro andremo noi a vendere le rose nei bar delle zone più ricche di Mumbai. È tutto un circolo vizioso. Fanculo i soldi, Presidente !
  Il dramma dei morti di Lampedusa è tutto qui, nel primato del profitto sull'umanità, dell'oro sul sangue. I soldi sono uno strumento, non un fine; sono un mezzo per avere quelle comodità che ci rendono piacevole questa avventura che è la vita, non certo l'obiettivo delle nostre esistenze. Io la povertà l'ho vissuta e l'ho vista, ma i più poveri che ho conosciuto sono quelli così poveri che hanno soltanto i soldi (Applausi dei deputati dei gruppi MoVimento 5 Stelle e Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Gianluca Pini. Ne ha facoltà.

  GIANLUCA PINI. Signor Presidente, chiaramente anche noi ci uniamo al cordoglio per le ennesime vittime di un'operazione ipocrita, che sta avvenendo soprattutto in questo Paese; in generale in Europa, ma soprattutto in questo Paese, dove avviene, in qualche modo, uno sciacallaggio su questi morti.
  Sciacallaggio perché, se si pensa veramente che il problema sia lo ius soli, la cittadinanza o la riforma dell'asilo politico, che fermi queste cose qui, allora o non si è capito assolutamente nulla di quello che sta avvenendo nelle zone di conflitto e nelle zone dell'Africa oppure si mente sapendo di mentire e si sfruttano, sulla pelle di queste persone morte, delle Pag. 22occasioni per poter portare avanti le proprie idee politiche (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).
  Perché, alla fin fine, è vero, i dati che citava Marazziti sono veri. Il problema è che non ha citato i due anni precedenti, quando vi era la cosiddetta Bossi-Fini, che è una legge fatta per regolare i flussi, per fare in modo che le persone che vogliono venire qui a lavorare, a studiare, a vivere, ad integrarsi, lo possano fare nel rispetto delle leggi. La legge c'era, la legge c’è. Il problema è che quando c'era un Governo con Roberto Maroni a capo del Ministero dell'interno egli aveva fatto anche un qualcosa – che in qualche modo citava il collega Di Battista –, cioè era andato in Africa (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico)...

  PRESIDENTE. Colleghi, vi prego !

  GIANLUCA PINI. Era andato nelle coste dell'Africa a fare in modo che le persone venissero effettivamente aiutate a casa loro, al netto di quelle che possono essere le speculazioni delle grandi multinazionali che citava qualche collega.
  Non è un problema di Bossi-Fini. Il problema è della percezione che abbiamo all'esterno. Quegli ottantadue morti – e non solo quegli ottantadue morti – sono sulla coscienza di chi utilizza delle pratiche ipocrite dando dei segnali assolutamente sbagliati: il Ministro Kyenge, il Presidente Boldrini e tutte le persone che strumentalmente, tutte le volte, per un loro scopo politico, per un loro scopo politico di disintegrare quelle che sono le basi della nostra società, non fanno altro che dire «Venite, tanto c’è posto per tutti !».
  Non c’è posto per tutti e, soprattutto, devono essere messe delle regole. Non si può continuare a dare dei segnali, ripeto, ipocriti e pericolosissimi, di accoglienza senza regole, perché altrimenti questi sono i risultati e i morti sono sulle vostre, di coscienze (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie – Commenti dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Sinistra Ecologia Libertà) !

  ARTURO SCOTTO. Vergogna !

  PRESIDENTE. Colleghi, per favore ! Ha chiesto di parlare l'onorevole Di Gioia. Ne ha facoltà.

  LELLO DI GIOIA. Signor Presidente, noi crediamo che è assurdo, anche questa mattina, sentire parlare in quest'Aula – mi riferisco anche all'ultimo intervento –, criticare la Ministra e il Presidente di quest'Aula. Credo che sia ingiusto, e credo che sia oltretutto offensivo per tutti quanti noi e per i morti che questa mattina ci sono stati.
  Noi dobbiamo recuperare una grande cultura dell'accoglienza. Noi dobbiamo capire ciò che sta accadendo nel mondo, in quell'area particolare del mondo. Noi dobbiamo iniziare ad affrontare un ragionamento forte, capace di costruire in questo Paese, come dicevo prima, una nuova cultura dell'accoglienza, avendo sicuramente delle regole.
  Non è possibile che di fronte a quei morti ci possa essere qui tanta ipocrisia, e soprattutto si possa determinare quella condizione di strumentalizzazione di questi morti. È qualcosa di offensivo per le nostre coscienze. È qualcosa che, ovviamente, per i cittadini italiani diventa insostenibile.
  Noi di fronte a queste morti dobbiamo essere uniti. È giusto quello che diceva poco fa il nostro collega di Scelta Civica: la dimostrazione di un popolo unito di fronte a questi drammi, è quella di una giornata di lutto nazionale, per dimostrare il nostro senso di responsabilità, di accoglienza, di capacità, soprattutto di capire quello che sta accadendo in quella parte del mondo.
  Siamo un popolo capace di farlo, sapendo che dobbiamo ricostruire delle regole e sapendo che la nostra presenza in Europa può e deve garantire, anche lì, uno nuovo meccanismo dell'accoglienza e dei sistemi migratori che abbiamo. Ed è per questo che noi, come socialisti, ci associamo con forza alla richiesta di un giorno di lutto nazionale (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Partito Socialista Italiano-Liberali per l'Italia).

Pag. 23

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Costa. Ne ha facoltà.

  ENRICO COSTA. Signor Presidente, grazie per aver avviato questa discussione, perché è un momento difficile per quello che sta capitando, per le notizie che ci stanno giungendo e perché quest'Aula non può essere indifferente. Anche una riflessione come quella che stiamo facendo in questa circostanza può essere importante. Ma può essere importante se serve a dare l'avvio ad una riflessione più ampia, una riflessione soprattutto che punti ad evitare che ciascuno di noi, che ciascuna forza politica svolga un'azione finalizzata a piantare delle bandierine, delle bandierine che non vadano oltre i confini, oltre gli steccati delle loro tesi precostituite.
  È importante avviare una riflessione che sia non soltanto di fredda attività giuridica, di astratte norme giuridiche che disciplinino questa o quella fattispecie, ma è necessario avviare un dibattito culturale, un dibattito soprattutto che esca dai confini del nostro Paese e che faccia in modo di distinguere quello che succede in una parte del mondo, distinta da un'altra parte del mondo: una parte del mondo, una parte dell'Europa sulla quale incombono delle responsabilità forti e, soprattutto, delle ripercussioni notevoli, e una parte dell'Europa che in certi momenti sembra stare a guardare.
  Bisogna fare in modo che ci sia una visione complessiva. In questo dico che è necessario un approccio culturale, e non freddamente giuridico. Possiamo cambiare i codici, possiamo cambiare le norme nel nostro Paese, possiamo cambiare il testo unico sull'immigrazione: tutti aspetti importanti. Ma senza un approccio che ci consenta di avviare un percorso fuori dai nostri confini questo non può portare da nessuna parte.
  Apprezzo molto l'iniziativa del Ministro dell'interno, Angelino Alfano che si sta recando sul posto proprio per testimoniare, non soltanto la vicinanza del Governo, ma soprattutto – e questo è l'auspicio di tutti – il fatto che da una tragedia di questo genere possa iniziare un percorso culturale, un percorso nuovo e, soprattutto, un percorso che faccia andare, non soltanto l'Italia fuori dai suoi confini, ma ogni forza politica fuori da quelle che sono le tesi precostituite, per arrivare ad un dialogo anche maturo tra di noi (Applausi dei deputati del gruppo Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Tabacci. Ne ha facoltà, per un minuto.

  BRUNO TABACCI. Signor Presidente, la ringrazio per il minuto. Volevo semplicemente osservare che a distanza di pochissimi anni siamo passati dalla retorica dei respingimenti all'offerta a Gheddafi di 5 miliardi di euro noi e l'Europa perché presidiasse le frontiere, come se il tema dell'emigrazione e dell'immigrazione fosse un problema di polizia. Ancora stamane il discorso...

  PRESIDENTE. Scusate, colleghi qui davanti...

  BRUNO TABACCI. ... ho finito, Presidente...

  PRESIDENTE. Non c’è l'ho con lei, onorevole Tabacci, ce l'ho con i colleghi...

  BRUNO TABACCI. Abbiamo dedicato tempo a discutere della tutela degli animali selvatici. Noi siamo fuori dalla realtà...

  PRESIDENTE. Onorevole Tabacci, ascolti, non la stavo interrompendo, stavo chiedendo silenzio perché lei potesse parlare...

  BRUNO TABACCI. Si può anche essere un po’ reattivi di fronte alla sproporzione degli avvenimenti. Allora, quanto dedichiamo di risorse agli aiuti allo sviluppo, noi e l'Europa ? Questo Occidente non si rende conto che l'idea che esiste da solo sull'emisfero non regge più (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Centro Democratico, Partito Democratico e Sinistra Ecologia Pag. 24Libertà). Allora, è inutile che ci piangiamo addosso. La retorica dei respingimenti è stata nostra. Abbiamo pensato a lungo che fosse un fatto di polizia, non è un fatto di polizia.
  È che chi vive nel cuore dell'Africa deve vivere con 2 dollari al giorno (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Centro Democratico, Partito Democratico e Sinistra Ecologia Libertà). E gli sarà pur capitato, qualche volta, di mettersi davanti ad un televisore e di vedere che qui noi facciamo la pubblicità per i cibi dei cani e dei gatti: non regge più questa cosa, rendiamocene conto (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Centro Democratico, Partito Democratico e Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, vi informo – ed è qui presente anche il sottosegretario per i rapporti con il Parlamento, l'onorevole Amici – che il Ministro per i rapporti con il Parlamento, Franceschini, si è messo in contatto con la Presidente della Camera. Ovviamente, come ha detto anche l'onorevole Costa, il Ministro dell'interno si sta recando in questo momento a Lampedusa. Non appena siamo in grado di sapere quando sarà di ritorno, saremo anche in grado di sapere, tra oggi – speriamo – e domani, quando è possibile che venga a riferire in Aula. Quindi, questo aggiornamento lo avrà sicuramente più tardi la Presidente, che è in contatto con il Ministro per i rapporti col Parlamento e con il Ministro dell'interno. Quindi, a questo punto, se siete d'accordo, andrei avanti e riprenderei la discussione ed il voto sugli emendamenti riferiti al provvedimento che stavamo esaminando.

Si riprende la discussione (ore 11,40).

(Ripresa esame dell'articolo unico – A.C. 1628)

  PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento Battelli 11.20. Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro formulato dal relatore.

  SIMONE VALENTE. Signor Presidente, questo emendamento è molto semplice e di buon senso e non dovrei neanche spiegarlo. Si tratta della soppressione del comma 14, che prevede la liquidazione coatta amministrativa per gli enti lirici, che devono raggiungere il pareggio di bilancio entro il 2016 e devono prevedere dei piani di risanamento entro i termini prescritti dal comma 1. La liquidazione coatta presenta un fatto politico molto grave: significa svendersi un bene culturale per pagarsi i debiti, come se, ad esempio, noi svendessimo il Colosseo o la fontana di Trevi. L'Italia ha inventato la lirica e l'Italia non riesce a mantenerla. Forse la ratio di questo comma è invogliare la fondazione a raggiungere gli obiettivi del piano nei tempi prescritti, ma pensiamo alle conseguenze. Pensiamo, ad esempio, nuovamente, come ho descritto prima, al Carlo Felice di Genova: il sindaco Doria aveva ipotizzato la cessione gratuita dell'immobile in capo alla fondazione.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE LUIGI DI MAIO (ore 11,45)

  SIMONE VALENTE. Questo ovviamente per incrementare il valore patrimoniale della fondazione stessa. Ma in caso di liquidazione coatta che succede ? Ovvio: si avvia la vendita degli immobili per pagare i creditori e la perdita – altro che spiccioli ! – qualora vada a buon fine, dei teatri pubblici. E poi ancora: lasciare senza lavoro più di 200 persone per ogni fondazione liquidata, elevate professionalità artistiche in mezzo alla strada, la perdita dell'opera lirica, del balletto, della stagione sinfonica, la perdita di una risorsa per la città. Tra l'altro, la liquidazione è già prevista dall'articolo 20 della legge Veltroni, che prevede la liquidazione coatta in caso di insolvenza. Perché, per quale motivo prevedere allora una norma che di fatto delinea già il futuro a cui sono certamente destinate le fondazioni in grave crisi (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ?

Pag. 25

  PRESIDENTE. Saluto gli studenti della scuola media Leonardo da Vinci di Figline Valdarno (Firenze), che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
  Passiamo ai voti. Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Battelli 11.20, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Paris... Carbone... Brandolin... Segoni... Galperti...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  434   
   Votanti  432   
   Astenuti    2   
   Maggioranza  217   
    Hanno votato  140    
    Hanno votato no  292.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  Passiamo all'emendamento Simone Valente 11.21. Prendo atto che i presentatori non accedono all'invito al ritiro formulato dal relatore.
  Passiamo dunque ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Simone Valente 11.21, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Paris, Vignaroli, Di Salvo, Antezza, Misuraca, Fucci, Chiarelli...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  446   
   Votanti  416   
   Astenuti   30   
   Maggioranza  209   
    Hanno votato  112    
    Hanno votato no  304.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  Ricordo che l'emendamento Di Lello 11.6 è stato ritirato.
  Passiamo dunque all'emendamento D'Uva 11.22.
  Prendo atto che i presentatori non accedono all'invito al ritiro formulato dal relatore.
  Passiamo pertanto ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento D'Uva 11.22, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Sisto, Vecchio, Grassi, Ginoble, Morassut...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  461   
   Votanti  460   
   Astenuti    1   
   Maggioranza  231   
    Hanno votato  49    
    Hanno votato no  411.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  Passiamo all'emendamento Di Benedetto 11.23.
  Prendo atto che i presentatori non accedono all'invito al ritiro formulato dal relatore.
  Passiamo dunque ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Di Benedetto 11.23, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

Pag. 26

  Carrescia, Romele...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  463   
   Votanti  434   
   Astenuti   29   
   Maggioranza  218   
    Hanno votato  113    
    Hanno votato no  321.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  Passiamo all'emendamento Battelli 11.25.
  Prendo atto che i presentatori non accedono all'invito al ritiro formulato dal relatore.
  Passiamo dunque ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Battelli 11.25, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Vignaroli... Baruffi... Prestigiacomo sta andando a votare... chi non ha votato ancora ? Ermini...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  468   
   Votanti  467   
   Astenuti    1   
   Maggioranza  234   
    Hanno votato  144    
    Hanno votato no  323.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  Passiamo alla votazione dell'emendamento Brescia 11.24.
  Prendo atto che i presentatori non accedono all'invito al ritiro formulato dal relatore.
  Passiamo dunque ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Brescia 11.24, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Silvia Giordano... Carbone... Berlinghieri... Locatelli...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  475   
   Votanti  474   
   Astenuti    1   
   Maggioranza  238   
    Hanno votato  145    
    Hanno votato no  329,    

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  Passiamo alla votazione dell'emendamento Chimienti 12.1.

  MILENA SANTERINI, Relatore. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  MILENA SANTERINI, Relatore. Signor Presidente, volevo intervenire su questo articolo a chiusura di quest'analisi di un decreto-legge che, come sappiamo, al di là di tutti gli interventi migliorativi che possono essere fatti, costituisce un indubbio segnale di volontà politica di attenzione alla cultura, nel solco di quanto abbiamo ascoltato anche ieri dal Presidente del Consiglio sul rilancio della cultura e dell'educazione. L'articolo 12 prevede le disposizioni per agevolare la diffusione di donazioni di modico valore in favore della cultura e il coinvolgimento dei privati. Quello che vorrei sottolineare è che la cultura è cosa di tutti e che le donazioni e il coinvolgimento dei privati sono un orizzonte di azione...

  PRESIDENTE. Chiedo di liberare i banchi del Governo per favore... presidente Brunetta, se è possibile liberare i banchi del Governo...

  MILENA SANTERINI, Relatore. Le donazioni e i coinvolgimenti dei privati sono Pag. 27un orizzonte di azione secondo il principio di sussidiarietà previsto dall'articolo 118 della Costituzione, sono un luogo di educazione alla cittadinanza. Per questo dobbiamo certamente evitare ogni commercializzazione indebita; dobbiamo facilitare, potremmo dire, la vita delle grandi fondazioni che sanno attrarre grandi sponsor privati, per esempio salvaguardandone la composizione organizzativa, ma più di tutto è importante sottolineare l'affidamento dei beni al terzo settore, come appunto abbiamo sempre sostenuto. La possibilità di affidare a organizzazioni non lucrative la cura dei beni vuol dire affermare il principio che sono i cittadini la risorsa per i beni culturali. Volevo soltanto concludere dicendo che speriamo che dopo questo decreto si vada con ancor più coraggio verso la gestione aperta dei beni culturali.

  PRESIDENTE. Chiedo ai presentatori dell'emendamento Chimienti 12.1 se accedano all'invito al ritiro formulato dal relatore.

  SILVIA CHIMIENTI. No, Signor Presidente, e chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  SILVIA CHIMIENTI. Signor Presidente, all'articolo 12, comma 2, il decreto in esame prevede delle non precisate forme di coinvolgimento dei privati nella valorizzazione e gestione dei beni culturali. La crisi e le misure di austerità adottate dagli ultimi Governi rappresentano una continua minaccia per il patrimonio culturale italiano. Il Paese infatti è sempre più spesso costretto a ricorrere al settore privato cedendo i diritti di uso dei monumenti oppure, come sta avvenendo in questi giorni, affinando la sponsorizzazione dei lavori di restauro alle imprese.
  Dal momento che il meccanismo delle sponsorship concede ai soggetti privati un'estrema libertà di scelta sui progetti da sostenere e, ancor più importante, garantisce loro un ritorno di immagine non indifferente, riteniamo necessario che da queste generiche forme di coinvolgimento siano espressamente escluse tutte quelle che prevedono la sponsorizzazione di marchi o loghi commerciali direttamente esposti su monumenti o in siti di interesse naturale, scientifico e culturale.
  Senza questa esplicita previsione oggetto del nostro intervento emendativo, il decreto risulterebbe troppo vago e, temiamo, aprirebbe la strada a incontrollate corse da parte dei mecenati di turno a infarcire i monumenti italiani di giganteschi pannelli pubblicitari. Il tutto, sia ben chiaro, in nome della conservazione del nostro straordinario patrimonio artistico e culturale.
  È notizia di pochi giorni fa che durante i lavori di restauro del Colosseo, finanziati dalla Tod's di Della Valle su tutte le recinzioni si ergeranno pannelli di due metri che potranno contenere pubblicità, mentre per quanto riguarda le possibili attività culturali all'interno del Colosseo, il set di un film o di un concerto, spetterà alla soprintendenza a vagliare le singole richieste.
  A fronte di un investimento di 25 milioni di euro, lo sponsor Della Valle avrà l'esclusiva per quindici anni sul logo di uno dei monumenti più visitati del mondo, ma questo è solo l'ultimo caso in ordine cronologico. Nell'ottobre del 2010 il quotidiano inglese The Guardian ha pubblicato la foto del Palazzo Ducale avvolto da un enorme pannello pubblicitario della Coca-Cola, che nascondeva interamente l'edificio rendendolo praticamente irriconoscibile. Un portavoce del sindaco di Venezia spiegò allora al quotidiano The Observer che Venezia era costretta a ricorrere a questi espedienti per conservare i suoi preziosi monumenti.
  Non vorremmo che, per coprire l'ennesima e tragica incapacità della nostra classe politica, si stesse in realtà procedendo a una svendita progressiva del nostro immenso patrimonio artistico, con la conseguenza che, a fronte di investimenti anche ingenti, lo Stato sarà costretto ad Pag. 28assecondare in tutto e per tutto le volontà del soggetto privato in questione, più o meno discutibili.
  Un primo passo per evitare questa deriva è, appunto, quello di vietare l'esposizione diretta di marchi o loghi sui nostri monumenti, ed è per questo che vi chiediamo di votare favorevolmente al nostro emendamento. Ministro Bray, i beni culturali appartengono a tutti i cittadini, non avete il diritto di svenderli (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Piccoli Nardelli. Ne ha facoltà.

  FLAVIA PICCOLI NARDELLI. Signor Presidente, voglio solo ricordare qualcosa che questa Camera sa bene: l'articolo 9 della nostra Costituzione è il frutto di una conquista, quella della consapevolezza, alla fine della Seconda Guerra mondiale, che il patrimonio culturale non era più privilegio dei principi e dei dittattori, ma era patrimonio dei cittadini. La «visione» attraverso la scuola investiva anche la fruizione di biblioteche, archivi, musei e portava ad una concezione diffusa del patrimonio culturale che questo decreto conferma pienamente, così come conferma che solo nel rapporto virtuoso tra pubblico e privato noi riusciremo a dare piena attuazione a quell'articolo 9. E di questo consapevole apporto dei privati noi abbiamo bisogno.
  Compito della politica è scegliere le priorità, anche a costo di scelte dolorose. Tutti noi sappiamo che distribuzioni a pioggia, guerre di poveri e beghe di campanile hanno penalizzato e continuano a penalizzare la nostra politica culturale. Ma chi lavora nel mondo della cultura ha bisogno di rileggere questo dibattito come un riconoscimento vero dell'importanza di questo settore.
  Per questo, per i musei, per le biblioteche e per gli archivi, io credo che approvare questo provvedimento significhi oggi molto, moltissimo, per il nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Simone Valente. Ne ha facoltà.

  SIMONE VALENTE. Signor Presidente, sarò rapidissimo, intervengo solo per specificare che con questo emendamento non si vuole mettere in discussione la sponsorizzazione da parte di privati. Noi siamo ben contenti. Chiediamo solo che, però, le sponsorizzazioni non vadano ad influire sui siti, sui monumenti e che i loghi non vengano esposti.
  Su questo punto abbiamo un esempio eclatante in Italia, in Campania, a Ercolano, dove una famosissima multinazionale che investe in prodotti elettronici ha, comunque, contribuito a rilanciare il sito di Ercolano, però, non esponendosi, diciamo, pubblicamente ovvero senza mettere i suoi loghi sparsi per questo sito. Quindi, è possibile investire in una maniera virtuosa nei beni culturali anche da parte di privati (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Colgo l'occasione per salutare il presidente della Commissione esteri del Parlamento argentino, l'onorevole Carmona, e il presidente del Gruppo amicizia Italia-Argentina, l'onorevole Giaccone, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Rampi. Ne ha facoltà.

  ROBERTO RAMPI. Signor Presidente, solo per ringraziare i colleghi del gruppo del Partito Democratico, che hanno lavorato in questi tre giorni per convertire questo decreto, che tra poco diventerà legge. Io credo che amare la cultura non significhi porre delle bandierine sulla cultura, non significhi ripresentare degli emendamenti fotocopia già discussi e bocciati nell'altro ramo del Parlamento, non significhi leggere dei comunicati, magari, scritti da altri.
  Amare la cultura significa avere passione e questo va riconosciuto a chi, ad Pag. 29esempio, nel mio gruppo, crede che occorra una riforma del diritto d'autore, ma sa che è estranea alla materia di questo decreto e si impegnerà per lavorarci; a chi nel mio gruppo vuole la tutela degli animali da circo e sa che nel decreto questa tutela c’è già; a chi nel mio gruppo ha letto, ha conosciuto, conosce questo decreto e pensa che sia un provvedimento storico, che finalmente riporterà risorse e attenzione per la cultura in Italia.
  Questo per noi significa amare la cultura e questo è il motivo per cui noi abbiamo bocciato molti emendamenti: lo abbiamo fatto con il silenzio per non far decadere questo decreto, perché, delle volte, il silenzio è oro (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  SIMONE VALENTE. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Il deputato Simone Valente è già intervenuto, non può intervenire di nuovo.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Buonanno. Ne ha facoltà.

  GIANLUCA BUONANNO. Signor Presidente, gli concedevo un po’ del mio spazio. Ho sentito l'ultimo intervento del collega Rampi, che ha detto che hanno bocciato molti emendamenti: li hanno bocciati tutti, quindi, non è che c'era molto da discutere (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie), perché se ne passava uno, il provvedimento doveva tornare al Senato, come abbiamo detto prima. La cosa assurda e che la Lega ha chiesto tantissime volte, ovviamente non solo oggi, è che deve finire questa situazione, per cui il Senato e la Camera fanno le identiche stesse cose, perché, altrimenti, questo Paese non andrà mai avanti.
  Noi abbiamo bisogno di un Senato federale e abbiamo bisogno di una Camera: uno fa una cosa e uno ne fa un'altra. Non è possibile che qua si giochi su questioni molto importanti, che riguardano settori strategici del Paese, e poi non si può toccare una virgola, perché, altrimenti, il Senato non ha più tempo per fare un'altra cosa. Ci prendiamo in giro: questa è una situazione vergognosa, signor Presidente (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord e Autonomie e MoVimento 5 Stelle). È inutile che parliamo di cose serie, per poi arrivare a situazioni del genere. Poi, il PD dice che è il silenzio d'oro: no, il silenzio è di latta oggi, non è d'oro, è una latta arrugginita perché ci sono cose importanti di cui abbiamo discusso ieri, oggi e anche in Commissione, che, alla fine, abbiamo dovuto mettere dentro uno scatolone e questo scatolone viene messo in cantina, perché non gliene può fregare niente a nessuno, altrimenti, il decreto non decolla. Questa è la realtà.
  Dopo di che, in merito alla sponsorizzazione, signor Presidente, io sono e la Lega è favorevole alle sponsorizzazioni, ma qui vorrei richiamare un attimino l'attenzione del signor Ministro – le faccio i complimenti che rimarrà Ministro, quindi, avrà tempo ancora di vedere parecchie cose, di affrontarle e di risolverle, speriamo – sul fatto che le sponsorizzazioni, secondo me e secondo la Lega, devono essere delimitate e devono avere delle regole per tutti. Così come ho detto ieri: se a Pompei fanno la cena della Fondiaria Sai, ad esempio, o la Ferrari affitta il Ponte Vecchio Firenze, come ho detto ieri, per fare le sue cene con i suoi clienti, bisogna mettere dei paletti, delle regole che valgono per tutti. Perché, altrimenti, a Firenze fanno una cosa, a Pompei ne fanno un'altra, al Colosseo se ne fa un'altra ancora e, quindi, siamo sempre il Paese dove tutti fanno tutto e il contrario di tutto. Mettiamo delle regole e, poi, coinvolgete...

  PRESIDENTE. Bisognerebbe liberare i banchi del Governo, grazie.

  GIANLUCA BUONANNO. No, però, era uno di Sinistra e Libertà...

  PRESIDENTE. Prego, deputato, andiamo avanti.

  GIANLUCA BUONANNO. ... io sono amico con quelli di Sinistra e Libertà, quindi, non avrei certamente detto nulla.

Pag. 30

  PRESIDENTE. Le regole valgono per tutti; prego, deputato Buonanno.

  GIANLUCA BUONANNO. Signor Ministro, coinvolga i sindaci, le associazioni nazionali dei comuni, per esempio, e si mettano poche regole che possano essere utili per tutti perché senza i privati tante cose non si possono fare e non si possono risolvere, ma, nello stessa tempo, siccome l'imprenditore non è San Francesco, è evidente che poi tutti vogliono qualcosa. Allora, non si possono avere cose pacchiane su monumenti di livello mondiale, così come il pubblico ha bisogno di finanziamenti per poter fare le cose semplici perché lo Stato non ci arriva in quanto, molto spesso, sperpera il denaro, magari, per pagare, come succede, sovrintendenti, direttori, superdirettori e compagnia bella, gente che sta dietro la scrivania e che, lo ribadisco, invece che risolvere i problemi, li complica. Questo, invece, è un Paese che ha bisogno di risolvere i problemi, non di gente che li complica perché la gente che li complica è meglio che vada in pensione al più presto.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Luigi Gallo. Ne ha facoltà.

  LUIGI GALLO. Signor Presidente, volevo intervenire sul dibattito perché credo che sia assurdo che venga affermato dall'onorevole Rampi che, qui alla Camera, non si possa discutere degli emendamenti che sono stati già presentati al Senato perché tanto sono già stati bocciati al Senato. In pratica, qui, abbiamo già raggiunto l'unicameralismo perfetto ancor prima di fare la riforma costituzionale.
  Poi, vorrei capire se i colleghi del Senato e i colleghi della Camera siano uniti tramite un chip, così hanno le stesse sensazioni e le stesse idee su tutti gli emendamenti (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Ce lo dicessero perché così potremmo risparmiare tantissimi soldi fermando l'Aula e mandando a casa tutti i parlamentari di questa Camera. Così, questi soldi magari li utilizziamo in modo diverso, visto che veniamo stipendiati qua per parlare di emendamenti, per affrontare il decreto-legge e magari modificarlo in meglio.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Brescia. Ne ha facoltà.

  GIUSEPPE BRESCIA. Signor Presidente, anch'io vorrei ribadire il concetto che noi non ci stiamo affatto a questa modalità. L'abbiamo detto tante volte quindi non mi soffermo su questo, voglio invece soffermarmi proprio su quell'emendamento a cui ha fatto riferimento l'onorevole Rampi sulla questione dei finanziamenti ai circhi che non utilizzano animali. Questo è quello che dice il provvedimento contenuto nel decreto-legge. Noi proponevamo una cosa diversa, proponevamo che venissero aboliti i finanziamenti, lo ripeto, aboliti i finanziamenti esistenti ai circhi che invece li utilizzano. Sono due cose diverse e noi siamo convinti che molti di voi avrebbero votato in favore di questo nostro emendamento se solo ci fossero stati i tempi. Siccome il provvedimento è arrivato qui blindato, voi avete dovuto autocensurarvi. Ecco il metodo che noi vogliamo combattere. È questa la metodologia che non vogliamo accettare. Quindi, ragionateci e ridate dignità a questo Parlamento.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Crippa. Ne ha facoltà.

  DAVIDE CRIPPA. Signor Presidente, vorrei a questo punto riflettere un attimino sulle tempistiche perché noi all'interno della Commissione Attività produttive, quindi una Commissione consultiva per quanto concerne il turismo, in qualche modo siamo stati interessati di questo decreto-legge lunedì. Il parere è stato scritto martedì e direi che i tempi, a questo punto, devono essere segnalati. Chiedo alla Presidenza di insistere affinché una delle due Camere non si tenga un decreto-legge per un tempo così lungo Pag. 31perché è evidente che bocciare tutti gli emendamenti, come quelli di buonsenso, non fa sicuramente bene al Paese. Volevo citare, a questo punto, quello che è stato scritto nel parere all'interno della Commissione Attività produttive: Si rileva con rammarico che contrariamente a quanto indicato nel titolo del provvedimento esso non contiene alcuna disposizione volta alla valorizzazione e rilancio del settore del turismo.
  Io mi immaginerei che dopo ci sia scritto «Parere contrario», invece hanno scritto «Parere favorevole» (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato De Lorenzis. Ne ha facoltà per un minuto.

  DIEGO DE LORENZIS. Signor Presidente, troviamo molto curioso che l'artico 67 della Costituzione, cioè il vincolo di mandato, venga usato da questa maggioranza a uso e consumo perché in alcuni casi quando l'assenza di vincolo di mandato può essere usata per valutare gli emendamenti di un'altra forza politica nel merito, senza alcuna preclusione preconcetta, questo non viene neanche utilizzato come dovrebbe.

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Chimienti ed altri 12.1, non accettato da Commissione e Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Onorevoli Paris, Palma, Rughetti, Chaouki, Mucci...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  488   
   Votanti  456   
   Astenuti   32   
   Maggioranza  229   
    Hanno votato  103    
    Hanno votato no  353    

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  Avverto che, consistendo il disegno di legge in un solo articolo, non si procederà alla votazione dell'articolo unico ma, dopo l'esame degli ordini del giorno, si procederà direttamente alla votazione finale, a norma dell'articolo 87, comma 5, del Regolamento.

(Esame degli ordini del giorno – A.C. 1628)

  PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli ordini del giorno presentati (vedi l'allegato A-A.C.1628). Se nessuno chiede di intervenire per illustrare gli ordini del giorno invito il rappresentante del Governo ad esprimere il parere.

  MASSIMO BRAY, Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. Signor Presidente, il Governo accoglie l'ordine del giorno Gitti 9/1628/1.
  L'ordine del giorno Abrignani 9/1628/2 è accolto con la seguente riformulazione: «siano prese in adeguata considerazione le posizioni soggettive degli esercenti legittimamente autorizzati». Altrimenti vi è il parere contrario.
  Il Governo accoglie, poi, i seguenti ordini del giorno: Mongiello 9/1628/3, Petrenga 9/1628/4, Fitzgerald Nissoli 9/1628/5, Rampi 9/1628/6, Carocci 9/1628/7, Bonomo 9/1628/8, Blazina 9/1628/9, Piccoli Nardelli 9/1628/10, Ghizzoni 9/1628/11.
  L'ordine del giorno Manzi 9/1628/12 è accolto compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica.
  Il Governo accoglie, poi, i seguenti ordini del giorno: Narduolo 9/1628/13, Malisani 9/1628/14.
  L'ordine del giorno Bossa ed altri 9/1628/15 è accolto nel quadro delle compatibilità economico-finanziarie.
  Il Governo accoglie l'ordine del giorno: Amoddio ed altri 9/1628/16.Pag. 32
  L'ordine del giorno Di Lello ed altri 9/1628/17 è accolto con la seguente riformulazione: «Impegna il Governo ad intraprendere tutte le iniziative necessarie affinché l'eventuale riduzione delle dotazioni organiche delle fondazioni lirico-sinfoniche interessate al percorso di risanamento e di rilancio, sia contenuto nei limiti strettamente necessari, comunque non superi tendenzialmente il 30 per cento per quelle fondazioni che, pure interessate dal piano di risanamento, presentano condizioni di sostanziale equilibrio e che hanno conseguito sensibili miglioramenti negli ultimi esercizi».
  Il Governo accoglie l'ordine del giorno Gasparini n. 9/1628/18, mentre accoglie l'ordine del giorno Zampa n. 9/1628/19: «compatibilmente con le esigenze di bilancio». Il Governo accoglie l'ordine del giorno Sammarco n. 9/1628/20, in luogo però dei «diritti acquisiti» – come nell'ordine del giorno Abrignani n. 9/1628/2 – «siano prese in adeguata considerazione le posizioni giuridiche degli esercenti legittimamente autorizzati».

  PRESIDENTE. Quindi quando lei dice: «compatibilmente con le esigenze di bilancio», la intendo come una riformulazione ?

  MASSIMO BRAY, Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. Esatto. Il Governo accoglie l'ordine del giorno Molea n. 9/1628/21, mentre accoglie l'ordine del giorno Vezzali n. 9/1628/22 «compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica». Il Governo accoglie l'ordine del giorno Brunetta n. 9/1628/23, con la seguente riformulazione: «impegna il Governo a valutare l'opportunità di ogni possibile intervento al fine di assicurare il rispetto del notevole interesse pubblico e dei valori del paesaggio agrario dell'area compresa tra le zone storiche della Laurentina e Ardeatina e dell'area archeologica limitrofa al Santuario del Divino Amore, potenziandone l'attrattività turistica e salvaguardandone la bellezza, la salubrità e il valore artistico dei suoi monumenti, anche contrastando e prevenendo fenomeni di abusivismo, in coerenza con il vincolo paesaggistico apposto sull'area con decreto dirigenziale del gennaio 2010, nell'esercizio delle funzioni di tutela di cui alla parte terza del codice dei beni culturali e del paesaggio e nel quadro delle previsioni e prescrizioni di tutela in esso contenute».
  Il Governo respinge l'ordine del giorno Matteo Bragantini n. 9/1628/24, perché già il Senato ha aggiornato il comma 1-bis dell'articolo 9, dove si dice che le risorse del FUS terranno conto di quei circhi che progressivamente non utilizzeranno animali.

  PRESIDENTE. Lo respinge, quindi è un parere contrario ?

  MASSIMO BRAY, Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. Sì. Il Governo accoglie l'ordine del giorno Saltamartini n. 9/1628/25, con la seguente riformulazione, sempre come l'ordine del giorno Abrignani n. 9/1628/2: «siano prese in adeguata considerazione le posizioni giuridiche degli esercenti legittimamente autorizzati».
  Il Governo accoglie l'ordine del giorno Polidori n. 9/1628/26, con eccezione del secondo impegno, mentre accoglie l'ordine del giorno Schirò Planeta n. 9/1628/27, con la seguente riformulazione: impegna il Governo «a valutare l'opportunità di prevedere».
  Il Governo accoglie l'ordine del giorno D'Ottavio n. 9/1628/28, mentre accoglie l'ordine del giorno Bonafè 9/1628/29 «compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica». Il Governo accoglie l'ordine del giorno Pastorelli n. 9/1628/30, ma non «d'intesa con i comuni», ma «sentiti i comuni» perché, come ben sapete, le funzioni di tutela spettano allo Stato.
  Il Governo accoglie gli ordini del giorno Capua n. 9/1628/31, Fedriga n. 9/1628/32 (Nuova formulazione) e Molteni n. 9/1628/33, mentre accoglie l'ordine del giorno Guidesi n. 9/1628/34 «compatibilmente con i vincoli...». Il Governo accoglie l'ordine del giorno Di Gioia n. 9/1628/35 con la seguente riformulazione: nell’incipitPag. 33della lettera a) non «di abrogare», ma «di rivedere le disposizioni», mentre accoglie l'ordine del giorno Rampelli n. 9/1628/36, «compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica». Il Governo accoglie gli ordini del giorno Ribaudo n. 9/1628/37, Battelli n. 9/1628/38 e Simone Valente n. 9/1628/39, mentre accoglie l'ordine del giorno Di Benedetto n. 9/1628/40 «compatibilmente con i vincoli...».
  Il Governo accoglie l'ordine del giorno Luigi Gallo n. 9/1628/41, mentre accoglie «compatibilmente con i vincoli...» l'ordine del giorno Chimienti n. 9/1628/42 (Nuova formulazione). Il Governo accoglie l'ordine del giorno D'Uva n. 9/1628/43 (Nuova formulazione), mentre accoglie l'ordine del giorno Totaro n. 9/1628/44 con la seguente riformulazione: impegna il Governo «ad assumere iniziative dirette ad assicurare la piena e corretta attuazione dell'accordo di valorizzazione stipulato tra il Ministero e Roma Capitale, al fine di consentire il rilancio e lo sviluppo dell'attività del teatro indicato in premessa».
  Il Governo accoglie gli ordini del giorno Tagliatatela n. 9/1628/45, Binetti n. 9/1628/46, Rosato n. 9/1628/47, Quintarelli n. 9/1628/48, Giovanna Sanna n. 9/1628/49 ed Ermini n. 9/1628/50. Infine, il Governo accoglie come raccomandazione l'ordine del giorno Rondini n. 9/1628/51.

  PRESIDENTE. Prendo atto che il presentatore non insiste per la votazione dell'ordine del giorno Gitti n. 9/1628/1, accettato dal Governo.
  Chiedo al presentatore se accetti la riformulazione dell'ordine del giorno Abrignani n. 9/1628/2, accettato dal Governo, purché riformulato.

  IGNAZIO ABRIGNANI. Signor Presidente, siccome il Ministro prima ha letto velocemente la riformulazione, chiederei al Ministro se cortesemente può ripetermela perché non sono riuscito a capirla.

  PRESIDENTE. Ministro Bray, può ripetere la riformulazione dell'ordine del giorno Abrignani n. 9/1628/2 ?

  MASSIMO BRAY, Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. Sì: in luogo di «diritti acquisiti», «siano prese in adeguata considerazione le posizioni soggettive degli esercenti legittimamente autorizzati». Qualora la riformulazione non venga accolta, il parere del Governo è contrario.

  IGNAZIO ABRIGNANI. Signor Ministro, questa frase dove la inserisce ? All'inizio dell'impegno ?

  PRESIDENTE. Dopo «impegna il Governo».

  MASSIMO BRAY, Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. Dopo «Impegna il Governo», «fatti salvi i diritti...» al posto di quello «siano prese in adeguata considerazione le posizioni soggettive degli esercenti legittimamente autorizzati».

  IGNAZIO ABRIGNANI. Va bene, signor Presidente, accetto la riformulazione del mio ordine del giorno.

  PRESIDENTE. Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dei rispettivi ordini del giorno Mongiello n. 9/1628/3, Petrenga n. 9/1628/4, Fitzgerald Nissoli n. 9/1628/5, Rampi n. 9/1628/6 e Carocci n. 9/1628/7, accettati dal Governo.

  ETTORE ROSATO. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  ETTORE ROSATO. Signor Presidente, per semplificare i lavori, per quanto attiene il gruppo del PD, voglio precisare che tutte le riformulazioni proposte dal Governo sono accolte, tranne eccezioni che non mi sembra vi siano, e che non insistiamo per la votazione di tutti gli ordini del giorno accolti.

  PRESIDENTE. La ringrazio.
  Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dei rispettivi Pag. 34ordini del giorno Bonomo n. 9/1628/8, Blazina n. 9/1628/9, Piccoli Nardelli n. 9/1628/10 e Ghizzoni n. 9/1628/11 accettati dal Governo.
  Prendo atto che i presentatori accettano la riformulazione e non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Manzi n. 9/1628/12, accettato dal Governo, purché riformulato.
  Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dei rispettivi ordini del giorno Narduolo n. 9/1628/13 e Malisani n. 9/1628/14, accettati dal Governo.
  Prendo atto che i presentatori accettano la riformulazione e non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Bossa n. 9/1628/15, accettato dal Governo, purché riformulato.
  Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Amoddio n. 9/1628/16, accettato dal Governo.
  Prendo atto che i presentatori accettano la riformulazione e non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Di Lello n. 9/1628/17, accettato dal Governo, purché riformulato.
  Prendo atto che il presentatore non insiste per la votazione dell'ordine del giorno Gasparini n. 9/1628/18, accettato dal Governo.
  Prendo atto che i presentatori accettano la riformulazione e non insistono per la votazione dei rispettivi ordini del giorno Zampa n. 9/1628/19 e Sammarco 9/1628/20, accettati dal Governo, purché riformulati.
  Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Molea n. 9/1628/21, accettato dal Governo.
  Prendo atto che i presentatori accettano la riformulazione e non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Vezzali n. 9/1628/22, accettato dal Governo, purché riformulato.
  Chiedo al presentatore se accetti la riformulazione dell'ordine del giorno Brunetta n. 9/1628/23, accettato dal Governo, purché riformulato.

  RENATO BRUNETTA. Signor Presidente, semplicemente per ringraziare il Ministro Bray per la sua sensibilità riguardo a questo particolare tema e a questo particolare territorio.

  PRESIDENTE. Quindi, la riformulazione dell'ordine del giorno Brunetta n. 9/1628/23 è accettata.
  Prendo atto che il presentatore insiste per la votazione dell'ordine del giorno Matteo Bragantini n. 9/1628/24, non accettato dal Governo.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Matteo Bragantini n. 9/1628/24, con il parere contrario del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Paris, Sereni, Brugnerotto, Ventricelli, Taricco, Paola Bragantini, Impegno, Cimmino, Fantinati...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  482   
   Votanti  453   
   Astenuti   29   
   Maggioranza  227   
    Hanno votato  122    
    Hanno votato no  331.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  Prendo atto che il presentatore accetta la riformulazione e non insiste per la votazione dell'ordine del giorno Saltamartini n. 9/1628/25, accettato dal Governo, purché riformulato.
  Chiedo al presentatore se accetti la riformulazione dell'ordine del giorno Polidori n. 9/1628/26, accettato dal Governo, purché riformulato.

  CATIA POLIDORI. Signor Presidente, vorrei chiedere al Ministro se mi ripete la riformulazione, per favore.

Pag. 35

  PRESIDENTE. Ministro Bray, può rileggere la riformulazione ?

  MASSIMO BRAY, Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. Signor Presidente, l'ordine del giorno Polidori n. 9/1628/26 è accolto ad eccezione del secondo impegno e anche qui con la precisazione: «al fine di salvaguardare le attività già autorizzate», come l'ordine del giorno Abrignani n. 9/1628/2.

  PRESIDENTE. Quindi, l'ordine del giorno Polidori n. 9/1628/26 è riformulato sopprimendo il secondo impegno e aggiungendo...

  CATIA POLIDORI. Scusi Ministro, se ho capito bene si espunge una parte del secondo impegno, ma lascia la salvaguardia alle attività già autorizzate... Accetto la riformulazione.

  PRESIDENTE. Quindi, la deputata Polidori accetta la riformulazione del suo ordine del giorno n. 9/1628/26.
  Chiedo al presentatore se accetti la riformulazione dell'ordine del giorno Schirò Planeta n. 9/1628/27, accettato dal Governo, purché riformulato.

  GEA SCHIRÒ PLANETA. Sì, signor Presidente.

  PRESIDENTE. Sta bene.
  Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno D'Ottavio n. 9/1628/28, accettato dal Governo.
  Prendo atto che il presentatore accetta la riformulazione e non insiste per la votazione dell'ordine del giorno Bonafè n. 9/1628/29, accettato dal Governo, purché riformulato.
  Deputato Pastorelli, accetta la riformulazione del suo ordine del giorno n. 9/1628/30, accettato dal Governo, purché riformulato ?

  ORESTE PASTORELLI. Signor Presidente, signor Ministro, io credo che il nostro ordine del giorno sia volto a sentire gli enti locali e «non d'intesa». Perciò, non mi ritengo soddisfatto della riformulazione proposta dal Governo.

  PRESIDENTE. Quindi, chiede di metterlo ai voti ?

  ORESTE PASTORELLI. Sì, signor Presidente.

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Pastorelli n. 9/1628/30, con il parere contrario del Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Schirò Planeta, Malpezzi, Taricco, Rizzetto... Sembra che abbiano votato tutti...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti  476   
   Votanti  445   
   Astenuti   31   
   Maggioranza  223   
    Hanno votato  128    
    Hanno votato no  317.

  La Camera respinge (Vedi votazioni).

  Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione degli ordini del giorno Capua n. 9/1628/31, Fedriga n. 9/1628/32 (Nuova formulazione) e Molteni n. 9/1628/33, accettati dal Governo.
  Deputato Guidesi, accetta la riformulazione del suo ordine del giorno n. 9/1628/34, accettato dal Governo, purché riformulato ?

  GUIDO GUIDESI. Signor Presidente, riguardava i limiti della finanza pubblica. È giusto Ministro ?

  PRESIDENTE. Ministro, se ci fosse...

  GUIDO GUIDESI. Va bene, signor Presidente.

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  PRESIDENTE. Quindi, accetta la riformulazione.
  Chiedo al presentatore se accetti la riformulazione dell'ordine del giorno Di Gioia n. 9/1628/35, accettato dal Governo, purché riformulato.

  LELLO DI GIOIA. Signor Presidente, intervengo semplicemente per richiedere, per un attimo, se gentilmente mi rilegge la riformulazione.

  PRESIDENTE. Ministro Bray, può leggere la riformulazione dell'ordine del giorno Di Gioia n. 9/1628/35 ?

  MASSIMO BRAY, Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. Si chiede di riformulare l’incipit: non «abrogare», ma «rivedere le disposizioni».

  PRESIDENTE. Va bene ?

  LELLO DI GIOIA. Va bene, grazie.

  PRESIDENTE. Quindi, accetta la riformulazione.
  Deputato Rampelli, accetta la riformulazione del suo ordine del giorno n. 9/1628/36, accettato dal Governo, purché riformulato ?

  FABIO RAMPELLI. Signor Presidente, l'importo che è stato segnalato rispetto a questo ordine del giorno, il finanziamento dell'archivio del Museo storico di Fiume, è un importo irrilevante ai fini delle finanze generali.
  Siccome è stato definanziato, nonostante esista una legge apposita al riguardo, io la invito ad eliminare questo vincolo, anche perché si tratta di un ordine del giorno e in quanto tale è già un invito non solenne e non vincolante per il Governo. Quindi, se all'accoglimento dell'ordine del giorno si aggiunge «compatibilmente con le finanze», quando si tratta, se non vado errato, di poche decine di migliaia di euro, io chiedo un gesto di comprensione da parte del Ministro. L'ordine del giorno non è un emendamento, è un invito ad una sensibilità, a recepire una richiesta. Se lei me lo vincola addirittura – non so adesso la formulazione giusta, perché lei Presidente non l'ha detta nel parere – io aspetto che il Governo dia un'indicazione in merito.

  MASSIMO BRAY, Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  MASSIMO BRAY, Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. Signor Presidente, il Governo accoglie la richiesta.

  PRESIDENTE. Quindi, il parere è favorevole e il deputato Rampelli non insiste per la votazione.
  Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione degli ordini del giorno Ribaudo n. 9/1628/37, Battelli n. 9/1628/38 e Simone Valente n. 9/1628/39, su cui il Governo ha espresso parere favorevole. Prendo atto che i presentatori accettano la riformulazione e non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Di Benedetto n. 9/1628/40, su cui il Governo ha espresso parere favorevole, purché riformulato.
  Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Luigi Gallo 9/1628/41, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.
  Chiedo ai presentatori se accettino la riformulazione dell'ordine del giorno Chimienti n.  9/1628/42, su cui il Governo ha espresso parere favorevole, purché riformulato.

  SILVIA CHIMIENTI. Signor Presidente, cortesemente posso avere la lettura della riformulazione ?

  PRESIDENTE. Ministro Bray, può rileggere la riformulazione dell'ordine del giorno Chimienti n.  9/1628/42 ?

  MASSIMO BRAY, Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. La riformulazione è la seguente: «compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica».

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  PRESIDENTE. Deputata Chimienti, accetta la riformulazione ?

  SILVIA CHIMIENTI. Sì, Signor Presidente.

  PRESIDENTE. Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno D'Uva 9/1628/43, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.
  Prendo atto che il presentatore accetta la riformulazione e non insiste per la votazione dell'ordine del giorno Totaro n. 9/1628/44, su cui il Governo ha espresso parere favorevole, purché riformulato.
  Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione degli ordini del giorno Taglialatela n. 9/1628/45, Binetti n. 9/1628/46, Rosato n. 9/1628/47, Quintarelli n. 9/1628/48, Sanna n. 9/1628/49 ed Ermini n. 9/1628/50, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.

  MASSIMO BRAY, Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  MASSIMO BRAY, Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. Signor Presidente, se il presentatore dell'ordine del giorno Rondini n. 9/1628/51 è d'accordo, il Governo lo accoglie con la possibilità di valutarlo.

  PRESIDENTE. «A valutare l'opportunità di» quindi è la riformulazione ?

  MASSIMO BRAY, Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. Sì, Signor Presidente.

  PRESIDENTE. Prendo atto che il presentatore accetta la riformulazione e non insiste per la votazione dell'ordine del giorno Rondini n. 9/1628/51, su cui il Governo ha espresso parere favorevole, purché riformulato.
  È così esaurito l'esame degli ordini del giorno presentati.

(Dichiarazioni di voto finale – A.C. 1628)

  PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Di Gioia. Ne ha facoltà.

  LELLO DI GIOIA. Signor Presidente, noi crediamo che un Paese che non investe in cultura è un Paese destinato a perire e il nostro Paese, che è pieno di cultura, credo che abbia il dovere politico e il dovere morale di investire in cultura e sui suoi beni culturali.
  Noi voteremo a favore di questo decreto. L'abbiamo già esplicitato con grande dovizia di particolari nella discussione sulle linee generali e lo faremo anche qui nel voto finale.
  I tre pilastri che compongono questo decreto ci convincono, ci convince il grande progetto per Pompei, ci convince l'intervento sulla cinematografia e sulla discografia, ci convince anche l'intervento che riguarda gli investimenti nella cultura, negli enti e nelle fondazioni. Però, vorremmo sottolineare a lei, signor Ministro, che credo che abbia il dovere di ascoltarci al di là dei colleghi.
  Dicevo a lei, signor Ministro: credo che in questo decreto manchino alcuni pezzi importanti. Un grande progetto come quello di Pompei deve essere accompagnato ad un grande progetto di recupero della Magna Grecia; un grande progetto come quello di Pompei deve essere accompagnato anche ad un grande progetto di fruizione e di recupero del barocco, e lei è degno rappresentante della terra in cui si è sviluppato.
  Credo anche, però, che manchi in questo decreto un'altra area importante, pregnante di cultura e di storia, che è l'area dell'isola sarda. Credo che lì bisogna intervenire con forza perché i beni culturali di quell'area possono determinare un volano di sviluppo e di crescita, dopo che questi anni hanno determinato, con interventi Pag. 38soprattutto di invadenza su quel territorio da un punto di vista ambientale e paesaggistico, l'arretratezza, e quindi la non crescita e la disoccupazione.
  Ecco, io credo, signor Ministro, che se lei, in un progetto organico, come ha tentato di fare con questo decreto, a cui va il riconoscimento, nel prossimo futuro prenderà in considerazione queste iniziative, noi cominceremo ad intervenire su quello che è l'asse portante dello sviluppo, della crescita di questo Paese, dell'occupazione, che sono appunto i beni culturali, la storia, la cultura di questo Paese. Per questo motivo, ripeto, voteremo a favore di questo decreto (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) – Liberali per l'Italia (PLI)).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Petrenga. Ne ha facoltà.

  GIOVANNA PETRENGA. Gentile Presidente, onorevoli colleghi, signor Ministro, oggi ci prepariamo a votare un provvedimento che ha come obiettivo principale la tutela, la valorizzazione ed il rilancio dei beni e delle attività culturali e del turismo. Apprezziamo gli sforzi che il Governo ha certamente prodotto con questo provvedimento, ritenendo che esso costituisca sicuramente un passo molto importante, un primo passo, e suggerendo che su alcuni punti c’è ancora da fare.
  «Valore cultura»: in queste parole è racchiuso l'obiettivo principale del provvedimento, ovvero l'investimento nella cultura, uno dei beni più preziosi per il nostro Paese, che appartiene a tutti noi. Lo straniero che arriva in vacanza in Italia viene letteralmente catturato dall'imponenza del patrimonio architettonico e paesaggistico che il nostro Paese offre, eredità dei grandi artisti, scultori, pittori e architetti che si sono succeduti nel corso dei secoli, creando opere di inestimabile valore.
  Purtroppo, però, c’è anche il rovescio della medaglia: in moltissimi casi tale patrimonio versa in condizioni di degrado e di abbandono, a causa dell'imperizia, della scarsità di risorse e dell'indifferenza. E allora ben venga questo decreto che investe in cultura, perché è da qui che l'Italia può e deve ripartire per un rilancio socio-culturale, ma anche economico. Apprezziamo le parole del Ministro Bray, che ha sottolineato l'obiettivo del decreto, ovvero «la messa in sicurezza del comparto della cultura».
  Ciò testimonia che il Governo...

  PRESIDENTE. Prego di liberare i banchi del Governo, deputato Di Gioia.

  GIOVANNA PETRENGA. ... dopo i toni trionfalistici iniziali, ha riportato il tutto a livelli più reali e concreti. Il provvedimento contiene diverse misure che spaziano nei settori più diversi: giudichiamo positive quelle destinate alla tutela, al restauro ed alla valorizzazione dei beni culturali, in particolare al sito archeologico di Pompei.
  Si tratta di uno dei siti archeologici più famosi al mondo, ma che versa in uno stato di degrado tale per cui di recente l'UNESCO ha lanciato un ultimatum al Governo, esortandolo ad adottare misure idonee per Pompei.
  Ci auguriamo che l'istituzione della figura di un direttore generale del «Progetto Pompei» per gestire e coordinare gli interventi e gli appalti fuori e dentro il sito archeologico e migliorare la gestione del sito, creata appositamente per la guida del nuovo «Progetto Pompei», contribuisca a risollevarne l'immagine, sia a livello turistico, che a livello proprio di tutela.
  Positiva anche per la parte del provvedimento dedicata ai giovani, nella quale si prevede l'attuazione di un programma straordinario finalizzato alla prosecuzione delle attività di inventariazione e digitalizzazione del patrimonio culturale italiano, con l'assunzione di 500 giovani, con meno di 35 anni, laureati in discipline afferenti al programma o in possesso di specifici titoli di studio, da formare, per dodici mesi, nelle attività di inventariazione e digitalizzazione.
  Anche questo rappresenta certamente un segnale positivo per le giovani generazioni Pag. 39del nostro Paese, gravemente penalizzate dalla precarietà del lavoro, ma ricordiamo che si tratta solo di tirocini e dunque non di posti di lavoro concreti e quindi ci auguriamo che ciò non costituisca una illusione per questi giovani.
  Riteniamo positive anche le misure dirette a favorire lo sviluppo dei musei italiani e soprattutto il fatto, non trascurabile, che si consenta un accesso più ampio da parte del pubblico. Troviamo assurdo infatti che l'accesso ai musei e ai luoghi della cultura sia spesso limitato perché mancano le risorse per la gestione e il mantenimento del personale addetto.
  Positive le misure a favore del settore musicale, in modo da fronteggiare la situazione di grave emergenza che ha colpito il mercato musicale italiano. Tali misure sono apprezzabili soprattutto perché offrono un sostegno e dunque un'opportunità ai giovani artisti.
  Il provvedimento concede una boccata di ossigeno anche per gli enti culturali vigilati dal MIBAC e i teatri stabili pubblici, per i quali non si applicheranno i tagli orizzontali previsti dalla spending review, permettendo così maggiore autonomia nell'attività di promozione e di organizzazione.
  Di notevole importanza, inoltre, le misure a sostegno delle fondazioni lirico-sinfoniche, che versano in una situazione di estrema gravità, legata soprattutto alle difficoltà di gestione, e per le quali si prevede che potranno accedere ad un fondo di 75 milioni di euro, che sarà gestito da un commissario straordinario.
  Esprimiamo però alcune perplessità rispetto ad alcuni punti del provvedimento: innanzitutto per quanto concerne le coperture individuate, con le quali si determina un aumento della pressione fiscale, legata all'aumento delle accise sugli olii lubrificanti, sulla birra, sull'alcol etilico, sui prodotti alcolici intermedi e sui tabacchi lavorati, che incidono sulle tasche dei cittadini italiani, o a quelle che incidono sui fondi destinati alle imprese.
  Il decreto, poi, non interviene incisivamente su un settore strettamente connesso alle attività culturali e cioè il settore turistico. Il binomio cultura-turismo dovrebbe essere alla base del rilancio sia in termini sociali ed economici che culturali.
  Il rilancio dell'Italia può avvenire dall'investimento in cultura, ma anche da tutto ciò che ad essa è collegato, ovvero al settore del turismo e quindi a tutto l'indotto.
  Questo provvedimento destina una somma notevole per stabilizzare un credito di imposta a favore del settore cinematografico. Qui, permettetemi di dire, stiamo parlando di cultura e il cinema rientra nel settore dello spettacolo.
  E allora perché non impiegare parte di questa somma a sostegno del turismo, settore trascurato da questo provvedimento, e che invece rappresenta un settore di sviluppo fondamentale ed un settore di crescita economica di notevole importanza ?
  L'immagine Italia è legata profondamente al concetto di cultura...

  PRESIDENTE. Chiedo di liberare i banchi del Governo, per favore.

  GIOVANNA PETRENGA. ... inteso non soltanto come patrimonio artistico-culturale-paesaggistico, ma anche gastronomico-artigianale-folkloristico. In tutto il mondo l'Italia è percepita come una meta esclusiva per quanto riguarda il turismo culturale. È necessario diversificare e arricchire maggiormente l'offerta, rendendo il nostro Paese maggiormente attrattivo e competitivo.
  Auspicando dunque che il percorso iniziato con questo provvedimento porti buoni frutti, dichiaro il voto favorevole del Popolo della Libertà.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Capelli. Ne ha facoltà.

  ROBERTO CAPELLI. Signor Presidente, il Centro Democratico plaude al disegno di legge che stiamo andando a votare e riteniamo che sia un passaggio importante quando si investe in cultura, quando si investe sull'uomo e sulla persona. Pag. 40Abbiamo necessità di investire sulla persona nel nostro Paese, sia per la formazione stessa della persona sia per il nostro PIL. La cultura, i beni che l'Italia può esporre al mondo sono sicuramente una grande risorsa di questo Paese.
  Il nostro voto, che sarà sicuramente favorevole, però, non è un voto senza «se» e senza «ma». Vede, Presidente, io ho ascoltato alcune sottolineature dei gruppi politici che rimarcavano che in questo bicameralismo cosiddetto perfetto, ma fondamentalmente imperfetto, arrivano dei disegni di legge, dei decreti che non possono essere trasformati dalla Camera perché dovrebbero tornare al Senato. Bene, a volte questa affermazione è comprensibile e a volte no, perché ci sono i gruppi che sono rappresentati sia alla Camera che al Senato, potrebbero coordinarsi e potrebbero anche semplificare questo sistema, ma capisco l'osservazione. Diverso è ancora per chi non ha rappresentanze in una delle due Camere, come il nostro gruppo, per cui ha una sola possibilità, quella di poter portare all'attenzione di questa Camera la propria opinione, il proprio punto di vista, ma, per indicazioni, per rispetto di maggioranza, si vota – a volte non si nota il voto di non condivisione che si esprime da questi banchi – e bisogna accettare quello che viene proposto.
  Nonostante questo, noi voteremo convintamente questo passo avanti che si fa sulla cultura, rimarcando anche però un altro aspetto. La cultura deve investire con le proprie risorse, lo Stato deve investire con le proprie risorse sulla cultura in tutto il Paese. Molto spesso ci sono delle diseguaglianze, i fondi non sempre vengono distribuiti nel modo opportuno. Ricordo che abbiamo iniziato i lavori in quest'Aula con i fondi per Roma Capitale: facciamo sempre delle eccezioni, e tra le eccezioni non ci sono mai quelle regioni o quelle parti del Paese che avrebbero tanto bisogno di essere salvaguardate dagli investimenti statali. Il mio collega Di Gioia ha già rimarcato quanto non avviene, per esempio, in Sardegna, dove abbiamo dei beni culturali che sono assolutamente degni di attenzione, soprattutto in una regione che collega cultura, turismo, artigianato e sviluppo e su quello fonda il proprio PIL.
  Rimarco e segnalo per l'ennesima volta lo strabismo dei Governi che si susseguono nei confronti di alcune regioni che meriterebbero molta più attenzione, non soltanto quando mettono a disposizione dell'Italia, del Paese le loro aree per migliaia di chilometri quadrati per le basi militari o per rendere un servizio al Paese. Bene, signor Ministro, io credo che a questo si possa porre rimedio. Richiamo anche, per esempio, il Fondo unico dello spettacolo che percentualmente dimentica sistematicamente alcune regioni, forse politicamente deboli, forse con voci non autorevoli per richiamare l'attenzione di uno Stato che si sta sempre più allontanando anche dalle periferie, dall'unica isola che oggi fa parte di questo Stato. L'unica isola che richiama civilmente e democraticamente ancora la vostra attenzione, ma che richiama anche lo Stato e il Governo sul fatto che la pazienza ha un limite e siamo agli sgoccioli.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Buonanno. Ne ha facoltà.

  GIANLUCA BUONANNO. Signor Presidente e signor Ministro, sono qua al tavolo dei nove perché tutto il provvedimento è stato seguito dalla Commissione e ringrazio anche la relatrice, che è qua a fianco a me e che ha svolto il suo ruolo secondo me in maniera molto attenta ed efficace ed ha cercato anche di dispensare dei consigli. Quindi anche se fa parte di un altro partito a me non interessa di che colore uno è, ma se dice delle cose sagge e cerca di lavorare, secondo me è molto meglio che avere dei cretini dalla stessa parte che non fanno niente di utile.
  Allora, fatta questa piccola premessa, signor Ministro, le devo dire che noi voteremo contro questo provvedimento. Non è che lo faremo per partito preso, ma perché ci sono una serie di valutazioni che non ci trovano d'accordo. Non ci trovano d'accordo ancora una volta, anche se non Pag. 41è colpa sua, perché lei è Ministro da pochi mesi e come le ho detto ho stima nei suoi confronti e mi auguro di vederla presto nei territori dove io faccio l'amministratore, cioè in Valsesia e a Varallo, dove c’è un patrimonio dell'Unesco a livello mondiale, come sa, come Sacro Monte di Varallo. Avrei piacere di farle vedere che ci sono tanti piccoli tesori in questo Paese che sono dimenticati perché non sono a Firenze piuttosto che a Venezia piuttosto che a Roma, tanto per citare le città più importanti nell'ambito culturale ed artistico. Però è da lì che secondo me bisognerebbe partire, cioè dalle piccole realtà che hanno dei tesori importanti e che sono spesso dimenticate, e se non ci fosse il comune di appartenenza in qualche maniera ad affrontare i problemi purtroppo sarebbero distrutte.
  E poi perché in questo Paese le regole, se valgono al Nord, non valgono al Sud ? Ci sono situazioni assurde, come abbiamo visto anche nel decreto, e ne abbiamo discusso, riguardo a Pompei, gestite in una maniera vergognosa. Io ho chiesto a lei, signor Ministro – non mi ha dato risposta, ma glielo richiederò – perché mi piacerebbe conoscere la pianta organica del sito di Pompei: quanta gente lavora, quanta gente sta in mutua, quanta gente fa qualcosa o fa finta di fare qualcosa, quanta gente c’è dietro ad una scrivania. Insomma, vedere come funziona una realtà che potrebbe dare denaro, e non solo denaro, cioè che farebbe funzionare un po’ tutto il turismo, visto che nel Meridione giustamente si lamentano perché non c’è il lavoro; ma il lavoro bisogna anche cercarlo !
  Quello che le ho detto l'altro giorno della riviera romagnola: se la riviera romagnola avesse il mare del Sud, sarebbe la capitale del mondo sotto questo aspetto. Ci vuole una mentalità diversa.
  E quando ho fatto l'esempio – e qualcuno mi ha preso un po’ in giro, e lo dico ancora in 10 secondi – sulla questione dei cani randagi: ma perché è una realtà. Se noi pensiamo a tutti i turisti che vengono da tutto il mondo a Pompei e vedono situazioni da terzo mondo, ma che cosa vuole che pensi questa gente, se non c’è nessuno che gli dice qualcosa, se gran parte dei luoghi è chiusa e non si sa magari neanche il perché e non c’è nessuno che dà un'indicazione ? Ma dove vogliamo andare con il turismo, pur avendo il petrolio (perché è il nostro petrolio il turismo, così chiamato) ? Altri hanno il petrolio vero, noi abbiamo il turismo e la cultura e non siamo capaci di sfruttarli. Abbiamo una parte del Paese che potrebbe vivere in maniera importante e soddisfacente – sto parlando del Sud – sul turismo e non è capace di sfruttarlo. Non è capace o non glielo fanno sfruttare. C’è una classe dirigente a cui evidentemente non interessa quello che può essere il futuro di quel territorio, però poi alla fine bisogna mantenere determinate cose grazie ai soldi che arrivano da un'altra parte del Paese, che è il Nord.
  Allora le faccio un altro esempio: si è parlato, sempre in questo decreto, di questioni dell'ambiente, riferite ovviamente alla cultura, e delle autorizzazioni. Ma se in questo Parlamento, così come ho detto ieri e l'altro ieri, non siamo stati capaci di fare ancora oggi – o meglio, non è che non siamo stati capaci, non sono stati capaci PD e PdL o presunto tale, perché non si capisce più se è ancora PdL o no – di fare la Commissione antimafia e di rinnovare la Commissione antimafia qua alla Camera e al Senato, per una questione di poltrone, ma come si fa poi a pretendere che nei decreti che vengono votati ci sia poi la possibilità di intervenire sui territori dove la mafia impera, dove la camorra impera, dove la ’ndrangheta impera, dove la «sacra corona unita» impera, se la dirigenza politica di questo Paese non è capace neanche di formare la Commissione antimafia e di fare un presidente ?
  Infatti, lì si ragiona se uno mette il sedere a destra o a sinistra e non si riesce a individuare una persona che, invece, possa fare qualcosa di serio nella Commissione antimafia e che il Parlamento possa intervenire e andare a lavorare su quei luoghi dove, invece, si potrebbe fare molto e, purtroppo, non si riesce a fare, per centomila motivi. Queste sono le domande. Pag. 42Io le chiedo, la prossima volta che c’è il Consiglio dei ministri, signor Ministro, di domandare al Presidente del Consiglio: ma perché non c’è ancora la Commissione antimafia ? Visto che qui dicono tutti di lottare contro la mafia. O è, come si dice, una lotta fatta perché uno fa il mestiere di essere antimafia, ma poi in realtà se ne frega se c’è la mafia e quello che conta è andare in televisione o scrivere magari dei libri e poi per il resto chi se ne frega ? No, bisogna fare le cose serie e concrete.
  Così come seri e concreti secondo me erano alcuni emendamenti che abbiamo segnalato, non solo io, ma l'ha segnalati anche la collega di Sinistra e Libertà con la quale vi sono anni luce di distanza per quel che riguarda il pensiero, sul fatto della SIAE. Ma vogliamo renderci conto che la SIAE per certi aspetti è veramente una cosa indegna che invece di aiutare le piccole associazioni, gli enti locali che cercano di fare qualcosa sul territorio, che cercano di ravvivare il territorio, che cercano di tirare su dei soldi per aiutare la gente che fa comunque volontariato e deve aiutare la gente che non sta bene, per aiutare, magari nel periodo di Natale, quelli che non hanno neanche i soldi per comprare i regali ai propri figli o per far divertire i propri figli, magari con un piccolo concerto, magari facendo delle cose di intrattenimento, perché almeno a Natale facciamo divertire un po’ tutti i bambini, in modo imperante, anche se tu fai una piccola cosa, ti chiede i soldi ? Ma questo è lo Stato o questo è un tiranno ? Per me è un tiranno. Poi mi diranno che però la SIAE la dobbiamo fare perché ci sono quelli che ovviamente sono i diritti d'autore. Benissimo, i diritti d'autore va bene, ma la SIAE si prende la sua percentuale, no ? È evidente. E noi dobbiamo chiedere la percentuale anche a quelli che fanno le cose solo per volontariato o per cercare di far... se fa smettere la signora Zampa che è così tanto elegante, portavoce di Prodi, che quando io parlo deve sempre parlare e disturba...

  PRESIDENTE. No, vada avanti. Vada avanti, deputato.

  GIANLUCA BUONANNO. Visto che fa parte della Commissione...

  PRESIDENTE. Non mi pare il caso, perché in questo momento io ho richiamato alcuni colleghi. C’è questa usanza di parlare mentre gli altri parlano, e va stigmatizzata. Però, per il resto, andiamo avanti, grazie.

  GIANLUCA BUONANNO. La ringrazio. Dicevo, interveniamo anche sulla SIAE, almeno per le piccole cose, veramente piccole. Fino a, come si diceva nell'emendamento, duecento, trecento persone almeno non andiamo a chiedere i soldi. Io faccio il «presidente» di un'associazione che si chiama Alpàa che fa nel mese di luglio una serie di concerti a livello nazionale. Sa quanto deve pagare l'associazione che io presiedo alla SIAE per fare i concerti ? Oltre 50 mila euro che potrei spendere, questi soldi, per fare altre cose, ben più redditizie sotto l'aspetto del territorio. Eppure, non lo posso fare e questi ci vengono a contare anche quanti capelli abbiamo in testa. E questo succede, come ripeto, anche per gli enti di volontariato. È una cosa indecorosa, che spero lei possa, signor Ministro, risolvere. La SIAE poi, a mio giudizio, è anche un «carrozzone». È un «carrozzone» perché si mettono le persone che vanno a provvigione. Ma come si può avere nella SIAE quelli che stanno sul territorio a verificare che vanno a provvigione ? E certo che vanno a girare dappertutto, perché più multe fanno, più contratti fanno, più soldi guadagnano, perché vanno a provvigione. Questo è un altro insulto. Tanta gente non lo sa, ma funziona così.
  Così come, le dicevo, le sponsorizzazioni. Ben vengano le sponsorizzazioni se si fa qualcosa di importante e di utile e si possono comprare delle cose che altrimenti non si comprerebbero. Però anche qui noi chiediamo che vengano messi dei paletti e che ci siano poche regole, ben definite, per tutti perché, come dicevo, Pag. 43altrimenti vediamo Fondiaria SAI che fa una cena a Pompei o il sindaco di Firenze che chiude il ponte Vecchio per prendere i soldi dalla Ferrari e via discorrendo. Poi, e concludo signor Presidente, perché ho finito credo...

  PRESIDENTE. Ha quaranta secondi.

  GIANLUCA BUONANNO. Dicevo, i soldi per finanziare queste cose voi li avete presi dai fondi per le imprese e li avete presi aumentando le accise su alcune cose. Prendere i soldi sempre tassando la gente o andando a togliere i soldi alle imprese che già non stanno bene non mi sembra una grande soluzione.
  Vediamo invece di far lavorare i fannulloni che ci sono nel suo Ministero, i fannulloni che ci sono nelle sovrintendenze, i fannulloni che regnano un po’ dappertutto e che ingiustamente devono essere sistemati e diamo merito a chi, nel suo Ministero, nelle sovrintendenze e negli altri enti, invece, lavora con merito e che dovrebbe essere premiato per quello che fa.
  Insomma, signor Ministro, concludo il mio intervento dicendo: contatti di più i sindaci, faccia in modo che i sindaci sul territorio possano essere la sua sentinella e possano collaborare con lei. Lasci stare i burocrati che stanno nei Ministeri e nelle sovrintendenze e usi una parola magica che si chiama meritocrazia e vedrà che lei diventerà il Ministro della cultura più bravo del dopoguerra !

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Costantino. Ne ha facoltà.

  CELESTE COSTANTINO. Signor Presidente, signor Ministro, il decreto-legge che ci apprestiamo a convertire ci racconta in maniera paradigmatica ed esemplare l'origine dello spettacolo a cui abbiamo assistito ieri in quest'Aula.
  La necessità di questo decreto, l'urgenza con cui siamo costretti a votarlo, ci parlano dell'ineluttabilità del futuro fallimento delle larghe e piccole intese. Questo voto, infatti, non fa altro che provare a salvare il salvabile, tenta di non far sprofondare un settore che è stato umiliato e ridotto all'osso per vent'anni, in maniera costante. Se siamo giunti a tutto questo, se tutto ciò ha assunto la dimensione dell'emergenza, non si può certo fare finta di ignorarne le responsabilità e bisogna fare uno sforzo di chiarezza e dire che la nascita di questo Governo parte proprio da questo presupposto, è figlia di queste scelte.
  Signor Ministro, non sono stati dei marziani atterrati sulla terra a privare di dignità la cultura italiana, sono stati vent'anni di malapolitica a danneggiare luoghi, paesaggi e patrimoni unici al mondo. Ed è per colpa delle scelte politiche e ideologiche di Forza Italia, PdL, adesso di Nuova Forza Italia che sono crollati siti archeologici e monumenti, se sono stati abbandonati teatri, cinema, biblioteche.
  Allora, oggi i complimenti più sentiti vanno fatti all'onorevole Giulio Tremonti. A colui che solo tre anni fa ha avuto il coraggio di dire quello che tutti pensano all'interno della sua area politica e cioè che con la cultura non si mangia: un atteggiamento retrivo, eletto a sistema Paese, un'impostazione che ha permesso di fare con grande disinvoltura in questi anni tagli spregiudicati al MiBAC e al FUS. E i passati Governi hanno sempre agito con questa consapevolezza e con questo mantra stampato sulla fronte. Solo così si può spiegare il bilancio del Ministero dei beni ed attività culturali: dal 2008 ridotto alla metà, nel silenzio più assordante. Non ci risultano, infatti, proteste né dell'ex Ministro Bondi né dell'ex Ministro Ornaghi. Invece noi pensiamo che la cultura è un settore strategico per il presente e per il futuro del nostro Paese. Noi pensiamo – e i fatti e i numeri lo dimostrano – che con la cultura si mangia e con noi lo gridano quasi un milione 400 mila italiane e italiani, ovvero quei 5,6 per cento degli occupati del Paese che lavorano con la cultura, un settore che possiede un valore aggiunto, prodotto dal sistema culturale Pag. 44che ammonta a quasi 76 miliardi di euro, pari al 5,4 per cento dell'economia di questo Paese.
  In Italia gli investimenti sulla cultura sono stati considerati un orpello, la crisi è stata alimentata privando di direzione e risorse quella parte di Paese che provava ad andare ad un'altra velocità. Mentre venivano organizzati festival passando sui diritti dei lavoratori, risparmiando talvolta sulla loro sicurezza, ogni artista si è inventato autore, produttore, manager, organizzatore, segretario, distributore. Il risultato di tutto questo è stato creare nei fatti un sistema diventato sempre più ingestibile, caratterizzato da precarietà e da tasse per niente commisurate a un lavoro che è intermittente per natura.
  È da queste considerazioni che nasce la nostra valutazione, da questa fotografia della realtà, dall'analisi di questo quadro confuso e drammatico. Ed è per questa ragione che voteremo «sì», perché intravediamo nel testo che ci ha presentato, Ministro Bray, il tentativo di rimettere in piedi la cultura italiana che però, non dimentichiamo, è stata messa in ginocchio esattamente da chi in questo momento continua a governare con voi.
  Vi sono alcuni punti di questo decreto che voglio sottolineare: l'articolo 1, Pompei, un atto fortemente simbolico che non ci parla solo di Mezzogiorno, come al solito, in maniera propagandistica, ci hanno abituato gli esponenti della Lega, ma che rappresenta il cambio di passo necessario e la rinascita per questo Paese; i fondi per le fondazioni lirico-sinfoniche – insufficienti, ma vitali – che servono a impedire la chiusura di parte di teatri che conservano la nostra tradizione più importante: il debito è di 330 milioni di euro, ne sono stati trovati 75, che sono pochi, ma che oggi permettono di guardare avanti; le norme sulla musica dal vivo (anche se avremmo voluto che si affrontasse con decisione il tema, ormai antico, della regolamentazione della SIAE); il coinvolgimento dei giovani nel progetto di digitalizzazione del patrimonio culturale italiano; lo stanziamento dei fondi per garantire la regolare apertura al pubblico degli istituti e dei luoghi di cultura; gli interventi che servono a favorire lo sviluppo delle biblioteche e degli archivi; la scelta di investire per la realizzazione di centri di produzione di arte contemporanea; in ultimo, l'intervento per favorire la trasparenza, la semplificazione e l'efficacia del sistema di contribuzione pubblica allo spettacolo e al cinema.
  Concludo, signor Ministro, affermando che è stato grazie al lavoro anche dell'opposizione – e in particolare di Sinistra Ecologia e Libertà, che crede fortemente nel valore della cultura e che si è fatta carico di tenere insieme con fatica le tante istanze che sono venute dal mondo della cultura e dello spettacolo – se oggi votiamo «sì» a questo testo, a dimostrazione che la «responsabilità» è una parola che ha ancora un valore e non deve essere abusata e svilita, come avviene ogni giorno in questo Parlamento. Non deve essere, la responsabilità, utilizzata come giustificazione, magari a farvi dire, anche in una giornata come quella di oggi, «sì» ad un lutto nazionale e non, invece, all'abrogazione della Bossi-Fini (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà). Perché «responsabilità» è quella di un'opposizione capace di farsi carico del bene comune, del futuro del Paese e del destino delle lavoratrici e dei lavoratori, non è certo quella che anima la voglia di autoconservazione di un intero gruppo dirigente che ci ha portato fino a qui oggi (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà – Congratulazioni).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Molea. Ne ha facoltà.

  BRUNO MOLEA. Signor Presidente, signor Ministro, onorevoli colleghi, il decreto oggi all'esame dell'Aula riveste sicuramente notevole importanza. La cultura entra, con questo provvedimento, nell'agenda di Governo, rientra dopo anni di tagli e anche di indifferenza nei confronti di questo settore. È anche per questa ragione, signor Ministro, che esprimo il mio rammarico per i tempi molto stretti Pag. 45che la VII Commissione della Camera ha avuto per l'esame di questo provvedimento, tempi che non ci hanno permesso di apportare ulteriori modifiche a quelle già fatte al Senato. Ma nonostante ciò, comunque il giudizio di Scelta Civica è complessivamente un giudizio positivo.
  Il decreto «valore cultura» è, infatti, un primo significativo atto politico rispetto alla consapevolezza e alla colpevole trascuratezza del passato, e riconosce al Governo delle larghe intese non soltanto la sensibilità, ma anche un'assunzione di responsabilità politica, certamente attesa, almeno dalla nostra parte politica, per nulla ovvia e tanto meno scontata, considerato il contesto in cui la maggioranza opera.
  Il decreto «valore cultura» è senza dubbio ispirato a una visione moderna della cultura, una visione che considera il cittadino primo beneficiario del patrimonio culturale. Affrontare il tema della cultura è molto urgente in Italia. E con urgenza il Ministro si è messo al lavoro per portare questo provvedimento all'attenzione del Parlamento. Scelta Civica condivide da sempre queste priorità, presenti nelle nostre campagne e che abbiamo sempre richiesto. Sono richieste fondamentali, che noi riteniamo fondanti per lo sviluppo del Paese. Di fatto, è ciò che avevamo promesso agli italiani: le priorità che avevamo messo in campo proprio nel momento in cui abbiamo appoggiato questo Governo. Il Governo ha risposto all'appello con puntualità e coraggio, perché in questo momento ci vuole coraggio a intervenire e, soprattutto, a scegliere di farlo sulla cultura.
  Le emergenze del settore erano e sono così tante, ma tante erano anche le aspettative. C'era anzitutto da impostare qualcosa di molto difficile: bisognava impostare culturalmente questo decreto, che è un investimento nella cultura, è un investimento che in questi anni è sempre stato del tutto insufficiente.
  La valorizzazione, la tutela e il rilancio dei beni culturali e dei siti archeologici devono essere le leve principali per il rilancio dell'intero settore a livello mondiale. Mi riferisco, in particolare, al «Grande progetto Pompei» e alle disposizioni per la valorizzazione della Reggia di Caserta, del Polo museale di Napoli, nonché alla promozione del percorso turistico-culturale delle residenze borboniche.
  Occorrerebbe, a mio avviso, annoverare anche Paestum, quale sito archeologico di rilevante importanza storica e testimone della cultura italiana a livello mondiale. Il sito si trova a pochi chilometri fra Pompei e Napoli e rappresenta uno dei principali siti Unesco del nostro Paese. Paestum è un sito di emergenza archeologica, è un sito di emergenza archeologica e ambientale e rappresenta il perfetto esempio di cattiva gestione del patrimonio culturale italiano, dove aree ricche di antichissimi resti, resti di enorme valore culturale, rischiano di essere irrimediabilmente compromesse dall'abusivismo, dalla cementificazione e dalle intensive pratiche agricole e zootecniche.
  Di particolare attenzione è l'articolo 3-bis, introdotto al Senato, che disciplina la spesa stanziata per il Forum internazionale dell'Unesco, che avrà, appunto, luogo a Firenze nel 2014. Tale norma sta a sottolineare una più ampia visione del patrimonio culturale quale espressione delle identità culturale collettiva, e non individuale, con l'impegno, auspico, di ottenere in futuro, ancora, questo tipo di manifestazione in altre regioni: a Monza, ad esempio, in Lombardia, nel 2015.
  Per quanto riguarda le fondazioni lirico-sinfoniche era sicuramente necessario un intervento per il loro rilancio, ma, soprattutto, per evitare la loro chiusura, un intervento obbligatorio, che sicuramente avrà bisogno di molto altro: di controllo, di trasparenza e di un nuovo rigore che dove essere assolutamente previsto, ma non soltanto previsto, deve essere soprattutto praticato. Pertanto, i 75 milioni di cui si parla, che nel decreto sono destinati al salvataggio delle fondazioni in crisi, sono necessari perché abbiamo il dovere di salvaguardare questo patrimonio, che è tra i più riconosciuti e riconoscibili all'interno del patrimonio artistico del Paese.Pag. 46
  Questo è anche un decreto per la crescita, è un decreto per i giovani, introduce il programma «500 giovani»: 500 giovani per la cultura, per la digitalizzazione, per l'inventarizzazione del patrimonio culturale. Le politiche per la cultura, appare evidente, sono da inquadrare in un concetto più ampio, un concetto di politiche di welfare, di lavoro, di politiche sociali. A questo proposito, voglio anche rammentare il grande ruolo delle tante associazioni culturali che operano nel territorio e che, attraverso i loro volontari, possono rappresentare una grande risorsa, una risorsa a basso costo, una risorsa che deve essere valorizzata e maggiormente coinvolta.
  Il decreto è anche un buon volano per il rilancio del settore del turismo nel nostro Paese e, quindi, dell'economia. A questo proposito, ritengo che maggiore attenzione dovrebbe essere posta verso un'azione più incisiva di riqualificazione e di sviluppo dei servizi esterni ai siti archeologici, come, ad esempio, il trasporto e la ristorazione. Sono, senza dubbio, interventi, questi, funzionali a migliorare il servizio dato al turista, il quale sarà così incoraggiato ad allungare la sua permanenza all'interno dei siti e nello stesso tempo si potrà contrastare l'abusivismo e il turismo «mordi e fuggi».
  È un provvedimento che crede nella cultura come valore, come collante di una società, di un Paese che vuole essere unito e credere unito nel suo futuro. La cultura come dovere verso un patrimonio artistico e paesaggistico straordinario, che dobbiamo valorizzare e tutelare con continuità.
  La cultura va promossa e sostenuta anche dove non ci si può aspettare una ricaduta pratica perché la vera utilità della cultura è quella dell'ampliamento degli orizzonti e della consapevolezza storica degli uomini. Concludo il mio intervento dichiarando il voto favorevole di Scelta Civica al provvedimento, con la speranza che sia il primo provvedimento di una lunga serie di misure capaci di coniugare cultura e rilancio economico nel nostro Paese, perché gli interventi a favore dello sviluppo e la salvaguardia del patrimonio culturale del Paese non devono essere vissuti come un problema, bensì come funzionali, e direi anche necessari, al rilancio dell'economia del Paese.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Simone Valente. Ne ha facoltà.

  SIMONE VALENTE. Signor Presidente, colleghi deputati, signor Ministro, il decreto-legge che ci accingiamo a convertire contiene, senza ombra di dubbio, alcuni elementi positivi; non lo si può negare, finalmente si è parlato di cultura in quest'Aula e questo, bisogna dargliene atto, è merito del Ministro Bray che ci ha messo la faccia e ad inizio agosto ha annunciato l'emanazione di questo provvedimento. Tuttavia, proprio qui iniziano i problemi che abbiamo già, più volte, sollevato sui media, in Commissione e anche qua in Aula. Ormai è diventata prassi l'utilizzo del decreto-legge per innovare l'ordinamento e muovere fondi da una parte all'altra, ma la cosa più grave è la trasformazione di fatto, in una sorta di monocameralismo, del nostro Parlamento. Non bastava, infatti, il semipresidenzialismo fittizio in cui abbiamo vissuto per vent'anni, con l'abuso della decretazione d'urgenza convertita in legge a colpi di fiducia come hanno insegnato Berlusconi, Prodi e, da buon allievo, anche Monti: siamo andati oltre, siamo passati ad un finto presidenzialismo monocamerale. Ormai i decreti-legge vengono trattenuti per l'80 per cento del tempo nella Camera a cui vengono assegnati per primi per poi impedirne la modifica nel passaggio all'altro ramo del Parlamento visto il rischio di scadenza. La Presidente Boldrini e il Presidente Grasso dovrebbero farsi garanti del corretto funzionamento di queste istituzioni e speriamo che questa prassi di congelare i decreti-legge per quasi 50 giorni, come quello all'esame oggi, finisca al più presto. Finché siamo in un bicameralismo perfetto i diritti e i poteri dei senatori sono pari a quelli dei deputati (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Pag. 47
  Pertanto, oggi, noi siamo stati svuotati di ogni potere, giungendo a una votazione che ha valore solo per fini di ratifica. Le proposte emendative, anche quelle di banalissimo buonsenso, sono state trattate come carta straccia; questo non è accettabile (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ! Su questo dirò di più perché avete bocciato un nostro emendamento che prevedeva l'abolizione dei finanziamenti ai circhi che utilizzano animali; bene, noi lo abbiamo presentato sotto forma di ordine del giorno e l'avete anche bocciato, avete votato contro, questo per dimostrare che, forse, le nostre proposte non vengono neanche lette.
  Sul metodo voglio ricordare un avvenimento: in una Conferenza dei presidenti di gruppo di un paio di mesi fa il Ministro Franceschini aveva garantito che una situazione simile non sarebbe più accaduta, invece, come possiamo constatare decreto dopo decreto, questa condizione si verifica puntualmente. Ma si sa, la coerenza non è una vostra peculiarità (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Dite una cosa e puntualmente fate l'opposto e questa è solo la cornice di questo provvedimento che nasconde altre insidie. Grazie al prodigioso intervento decisivo del Senato c’è stato uno stravolgimento pressoché totale del contenuto, trasformando un qualcosa, in parte, condivisibile in una pioggia di spiccioli per gli amici di turno. Pompei e le fondazioni lirico sinfoniche sono i veri punti cardine, forse quelli che veramente necessitavano di un celere intervento del Governo, ma guardando a fondo il cuore pulsante del provvedimento sono le fantastiche marchette che contiene. Come non notare i quattrocentomila euro per Firenze; Forum Unesco o Florence 2014 ? Non lo abbiamo ancora capito. Allora chiariamolo una volta per tutte così sapremo se il Senato ha prevaricato la regione Lombardia e guarda caso finiscono nelle tasche di Renzi, il sindaco più assenteista d'Italia (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). E che dire, ancora, dei 500 mila euro annui per tre anni al centro Pio Rajna ?
  Ricalca pari pari una proposta di legge dell'ex-onorevole Narducci, presentata nella scorsa legislatura. Centro che riceve già finanziamenti dalla Tabella dell'articolo 1 della legge 534 del 1996. È stato previsto un incremento di 1 milione e 300 mila euro al Fondo per la tutela dell'ambiente e la promozione dello sviluppo del territorio, che resta riservato alle istituzioni presenti nella già citata tabella.
  E cosa troviamo in questa lista ? Prendiamo una fondazione a caso: la fondazione del «fu latitante» Bettino Craxi, e pace all'anima sua. La fondazione ha nella sua mission la tutela e la valorizzazione dell'immagine, del patrimonio culturale e politico di uno dei migliori amici di un noto condannato in via definitiva per frode fiscale che, grazie al così detto. decreto Berlusconi-ter, non vide l'oscurarsi delle sue reti.
  Ma il vero intervento strutturale di questo provvedimento, quello di cui si sentiva reale necessità, sono quei 5 milioni all'anno garantiti al MAXXI a partire dal 2014, presieduta da una vostra cara amica, l'ex-ministro Meandri (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Volete chiarire allora, e magari tranquillizzare il nostro collega Buonanno, se percepisce l'indennità per la carica ricoperta o meno ? Così comprendiamo se questi fondi vanno a finanziare le sue tasche o il funzionamento del museo.
  Andiamo avanti. Il MEIS, benissimo, finanziamolo pure, ma sappiamo benissimo che una legge, la n. 91 del 2003, autorizzava la spesa di 15 milioni di euro e di 1 milione di euro a partire dal 2003. Contiamo: sono circa 25 milioni di euro ricevuti e ne riceverà ancora e ancora. Quindi, perché fondi in più per realizzare il progetto di ristrutturazione dell'ex-carcere di Ferrara ? È mica una vanità a fini elettorali del ministro Franceschini ?
  Qualcosa di positivo lo troviamo: il tax credit per il cinema e per la musica, provvedimenti fortemente richiesti da noi durante la nostra discussione del decreto del fare, di questo vi diamo atto di aver recepito le nostre proposte.Pag. 48
  Ottimo fornire gli immobili a canone simbolico ai giovani artisti, così come l'inserimento della petizione di Boeri sulle esibizioni di musica dal vivo con meno di 200 persone. Ricalca molto il Live Music Act del Parlamento Inglese e speriamo si guardi di più all'estero su temi simili.
  Benissimo i fondi per ristrutturare i beni a grave rischio di deterioramento, incrementati rispetto al decreto inizialmente emanato, ma 10 milioni sono sempre briciole rispetto al necessario.
  L'esempio con i fondi stanziati per il patrimonio UNESCO di Ragusa ne sono l'emblema: solo 100 mila euro l'anno per 3 anni, per 18 monumenti sono francamente ridicoli (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). E allora sforzatevi ad allargare i cordoni della borsa !
  Arriviamo all'articolo 11, le fondazioni lirico-sinfoniche, tema dolente. Il Carlo Felice di Genova, il Maggio Fiorentino su tutte, ma sono almeno sei, come dichiarato dal Ministro al Senato, sono a grave rischio. Tra la legge Veltroni e la legge Bondi questo settore è stato letteralmente smontato e spolpato. Il decreto tampona l'emergenza, ma noi, come ho già detto, rinneghiamo totalmente alcuni punti, perché siamo sicuri che il settore soffrirà comunque dopo una brevissima boccata d'ossigeno.
  La riforma della governance non soddisfa alcunché: dobbiamo togliere la politica dai CdA; i sindaci sono stati responsabili di questo disastro economico, insieme ai tagli al FUS dei vari Governi.
  Renzi ha trattato il Maggio come fosse un'inutile «palla al piede», nominando amici, spartendo poltrone, arrivando persino a richiederne la liquidazione, mossa veramente inaccettabile (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  La finta privatizzazione è stato il reale problema poiché incompleta perché il FUS sostiene poco o nulla l'attività della Fondazione, mentre i privati portano uno scarsissimo apporto. Questo perché non c’è un adeguato sistema di incentivazione all'ingresso dei privati. Troviamo il modo di dar vita allora al tax shelter per chi investe nel settore lirico, probabilmente aiuteremo maggiormente il settore ed otterremo maggior liquidità.
  Lo ribadisco: facciamoci carico di una legge di iniziativa parlamentare, che riformi totalmente il settore e che incentivi realmente aziende ed imprese a sostenere la lirica che abbiamo inventato noi italiani e noi dobbiamo mantenere ad un livello qualitativo elevato.
  Sulle coperture di questo provvedimento, che dire ? Aumentiamo le accise sull'alcol – anzi, aumentate le accise sull'alcol – sulle birre, sui prodotti da fumo. Sperate in comportamenti poco virtuosi, che dobbiamo contrastare, per finanziare un settore fondamentale come questo. Da notare che pochi giorni fa è aumentata l'IVA al 22 per cento e queste stesse accise aumenteranno ancora con il decreto «istruzione».

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LAURA BOLDRINI (ore 13,30)

  SIMONE VALENTE. Quindi o sperate che la gente si rechi verso l'alcolismo e il tabagismo sempre più, oppure questo decreto è destinato a non avere le copertura prevista (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Ministro Bray, noi crediamo che lei abbia veramente intenzione di rilanciare il settore culturale, ma riteniamo che alcune norme siano errate, se non addirittura calate da qualcuno più in alto di lei, senza contare che il PD al Senato ha letteralmente trasformato il decreto in una pioggia di piccoli fondi per alcuni amici.
  Mi avvio alla conclusione. Signori, vista quindi la presenza dello stravolgimento del provvedimento, essendoci però allo stesso tempo alcune norme da noi fortemente volute e proposte non possiamo che decidere per l'astensione e, come dice il grande Dario Fo, «la cultura non si può ottenere se non si conosce la propria storia», e qua dentro, mistificando la storia, distorcete ciò che deve essere trasmesso ai nostri posteri (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

Pag. 49

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata De Micheli. Ne ha facoltà.

  PAOLA DE MICHELI. Signor Presidente, per chi ha vissuto la precedente legislatura, votare il decreto «valore cultura» rappresenta un segnale di radicale cambiamento, un'epoca nuova. Gli echi di tremontiana memoria – «con la cultura non si mangia» – detto nel Paese con il più grande patrimonio culturale hanno avuto conseguenze nefaste sugli investimenti. Il «valore cultura» è il primo passo per definire in maniera inequivocabile che lo sviluppo civile e quello economico sono inscindibili, che la cultura è un diritto ed è il più potente strumento di promozione del talento e del progresso.
  Il Presidente Letta lo aveva promesso nel suo discorso di insediamento e lo ha ribadito con forza ieri, la cultura e la formazione sono e saranno asset strategici dell'attività di questo Governo. Ecco, il decreto, pur non esaustivo ma purtroppo trascurato dal grande dibattito economico nazionale, segna la definitiva controtendenza sul tema della cultura e il riconoscimento del ruolo propulsivo di un settore centrale per l'economia italiana; non a caso i dati di Unioncamere del 2012 ci dicono che la cultura e il suo indotto rappresenta il 15 per cento del prodotto interno lordo e occupa oltre 4 milioni e mezzo di italiani. Finalmente questo decreto introduce anche strumenti idonei di promozione, non più risorse a pioggia ma risorse per investimenti che a loro volta attivano altri investimenti privati.
  Importante l'innalzamento delle detrazioni per le microdonazioni, che saranno ossigeno puro per l'attività culturale dei comuni sui quali ricade un grande peso di difesa del nostro patrimonio culturale, e poi Pompei: dopo un largo e anche aspro dibattito sugli strumenti che il Governo ha proposto, riteniamo comunque equilibrata la decisione di recuperare, preservare, rilanciare il sito in tutto il suo splendore con questi strumenti proposti dal Governo, in un contesto di professionalità rinnovato, perché Pompei è un patrimonio per tutto il mondo.
  Il tax credit per il cinema, finalmente reso stabile e continuativo, con uno stanziamento che per il 2014 passa da 50 a 65 milioni e per il 2015 a 110 milioni. Questo garantisce continuità di investimenti e soprattutto certezza di lavoro per gli operatori del glorioso cinema italiano, punto di forza del nostro sistema culturale.
  Il decreto affronta la questione delle fondazioni liriche, stanzia 75 milioni di euro, più ulteriori 25 aggiuntivi e, di questo, signor Ministro, la ringraziamo. Si salva e si rilancia la cultura lirica italiana nell'anno del bicentenario verdiano, aprendo una prospettiva di gestione economico-finanziaria trasparente, sana e verificabile.
  Il decreto «valore cultura» si occupa anche di spettacoli dal vivo, dei nostri musei, centrali per il turismo e per questa fondamentale risorsa economica. Finalmente, l'attenzione per l'arte contemporanea; le inutili polemiche sul Maxxi non scalfiscono minimamente la necessità di investire con continuità e meglio sulla capacità attrattiva di questo luogo, che è un punto di riferimento per tutta l'Italia, e sono fuori dal mondo le critiche su Firenze e sul suo sindaco: Firenze è un patrimonio di tutti.
  Il decreto ha anche dei limiti, è vero: illudersi che un settore strategico, bistrattato e trascurato per anni, come la cultura, possa vedersi risolti tutti i problemi sarebbe semplicemente irrealistico. Le risorse non bastano: certo, non bastano mai, ma noi non ci affidiamo alle parole, a volte anche fastidiose, di chi si lamenta sempre. Noi crediamo che questo provvedimento cambi finalmente il segno della politica e dell'impresa culturale e riporta al centro la cultura come valore collettivo e di promozione nazionale. Noi crediamo nel radicale cambiamento dell'idea del nostro Paese attraverso la cultura, che è conservazione di bellezza, sapere, ma soprattutto, in questo momento di grande crisi, impresa e lavoro. Noi crediamo che le rivoluzioni vere non si fanno in un Pag. 50giorno e non si fanno con le chiacchiere. Sappiamo che solo la paziente, quotidiana e rigorosa tessitura del cambiamento ci consente di contrastare il declino.
  Noi voteremo convintamente a favore del lavoro fatto dal Ministro Bray, che ringraziamo per la passione e per la dedizione, dalle Commissioni e dai relatori, perché, in queste righe, c’è tanto del nostro futuro, della nostra idea di Paese europeo, senza complessi di inferiorità e perché questo è un primo importante passo verso una nuova politica economica della cultura (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. Prima di passare alla votazione finale, ha chiesto di intervenire per un ringraziamento la relatrice, la deputata Santerini. Ne ha facoltà.

  MILENA SANTERINI, Relatore. Grazie, Presidente, rivolgo un rapidissimo ringraziamento a tutti quelli che hanno lavorato a questo decreto, al Ministro e ai colleghi, precisando che la rapidità con cui abbiamo proceduto non ha voluto dire accettare qualsiasi tipo di compromesso. Abbiamo respinto soltanto quelle proposte che ci sembravano massimaliste, non nel merito o che, già al Senato, avevano raggiunto un certo punto di equilibrio.
  Vorrei dire che, personalmente, come gruppo di Scelta Civica, non avremmo accettato questo tipo di compromessi se non avessimo pensato che erano irrilevanti rispetto all'importanza del decreto. Credo che il valore della cultura che abbiamo formato, sia un chiaro valore politico, che gli italiani capiranno e apprezzeranno da parte di tutto il Parlamento.

  MASSIMO BRAY, Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  MASSIMO BRAY, Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. Presidente, mi vorrei associare ai ringraziamenti della relatrice per l'impegno e la sensibilità che è stata dimostrata dagli onorevoli colleghi nell'approvare il decreto «valore cultura».
  È un primo provvedimento – come ho detto –, ma io ho ascoltato e valuterò con attenzione – è il mio impegno – tutte le proposte contenute negli emendamenti nel corso del mio prossimo e futuro lavoro. L'avere accolto positivamente molti degli ordini del giorno credo sia segno di questa doverosa attenzione (Applausi).

Sul tragico evento verificatosi nei pressi di Lampedusa (ore 13,35).

  PRESIDENTE. Cari colleghi, adesso vi chiedo un attimo di attenzione, per favore (Si leva in piedi e, con lei, l'intera Assemblea e i membri del Governo).
  Cari colleghi, come sapete c’è una nuova immane tragedia che stamattina ha fatto irruzione nella cronaca e anche nei nostri lavori. La sua dimensione è tremenda: oltre 90 morti, tra i quali bambini e donne incinte, e non è affatto certo che questo pesantissimo bilancio sia definitivo. Una strage sconvolgente, ma non possiamo dircene sorpresi, perché i motivi che spingono queste persone a mettersi in viaggio sono sempre gli stessi, da troppi anni: guerre, persecuzioni e violazioni dei diritti umani.
  È questo, vedete, l'aspetto che più turba: il fatto che assistiamo da tempo a drammi identici, sentendoci coinvolti, pronunciando parole di sincera commozione, ma senza individuare soluzioni. Le parole giuste le ha trovate, ancora una volta, Papa Francesco. Commentando questa mattina la strage, l'ha definita semplicemente una vergogna.
  Ho parlato poco fa con il Ministro dell'interno, Angelino Alfano, che si sta recando a Lampedusa. Il Ministro mi ha dato la sua disponibilità a riferire alla Camera domani, nella tarda mattinata, sia sulla situazione sia sugli interventi predisposti.
  Ho anche telefonato alla sindaca di Lampedusa, Giusi Nicolini, ringraziandola veramente per il modo in cui, ancora una Pag. 51volta, si sta prodigando e, in risposta al suo invito, le ho detto che presto sarò sull'isola.
  Quindi, in attesa di esaminare di nuovo domani questa drammatica vicenda, vi propongo ora un minuto di raccoglimento, per esprimere i sentimenti di cordoglio e di solidarietà di tutta la Camera dei deputati (L'Assemblea osserva un minuto di silenzio – Generali applausi, cui si associano i membri del Governo).

Si riprende la discussione (ore 13,38).

(Votazione finale ed approvazione – A.C. 1628)

  PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.
  Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul disegno di legge n. 1628, di cui si è testé concluso l'esame.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Di Gioia, Paris, Giacomelli, Gribaudo. Se hanno votato tutti i colleghi...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Scelta Civica per l'Italia – Vedi votazioni).
  S. 1014 – «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 8 agosto 2013, n. 91, recante disposizioni urgenti per la tutela, la valorizzazione e il rilancio dei beni e delle attività culturali e del turismo» (Approvato dal Senato) (1628):
  La Camera approva (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Scelta Civica per l'Italia – vedi votazioni).

   (Presenti  436   
   Votanti  340   
   Astenuti   96   
   Maggioranza  171   
    Hanno votato
 323    
    Hanno votato
no   17).    

  (I deputati Stumpo e Boccia hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole).

  Colleghi, a questo punto sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 15,30 per l'esame del decreto-legge in materia di contrasto alla violenza di genere.

  La seduta, sospesa alle 13,40, è ripresa alle 15,35.

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Alfreider, Artini, Boccia, Bolognesi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Bray, Caparini, D'Arienzo, Damiano, Di Gioia, Di Lello, Duranti, Frusone, Garofani, Gebhard, Marcolin, Moretto, Giuditta Pini, Piras, Realacci, Rizzo, Rossi, Schullian, Scopelliti, Speranza e Vito sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
  Pertanto i deputati in missione sono complessivamente ottantatré, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

Discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, recante disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere, nonché in tema di protezione civile e di commissariamento delle province (A.C. 1540-A) (ore 15,37).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno n. 1540-A: Conversione in legge del decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, recante disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere, nonché in tema di protezione civile e di commissariamento delle province.

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(Discussione sulle linee generali – A.C. 1540-A)

  PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
  Avverto che i presidenti dei gruppi parlamentari Scelta Civica per l'Italia, Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente, Sinistra Ecologia Libertà, MoVimento 5 Stelle e Partito Democratico ne hanno chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
  Avverto, altresì, che la I Commissione (Affari costituzionali) e la II Commissione (Giustizia) si intendono autorizzate a riferire oralmente.
  Ha facoltà di intervenire, anche a nome del relatore per la Commissione affari costituzionali, deputato Francesco Paolo Sisto, la relatrice per la Commissione giustizia, deputata Donatella Ferranti.

  DONATELLA FERRANTI, Relatore per la II Commissione. Signor Presidente, colleghi, si è concluso nelle Commissioni riunite affari costituzionali e giustizia l'esame del decreto-legge che è stato pubblicato nell'agosto scorso, il decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, che reca, soprattutto, disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere.
  Possiamo dire, alla fine di questo percorso nelle Commissioni, di poter esprimere una valutazione positiva del nostro lavoro, oltre al raggiungimento di risultati sicuramente migliorativi del testo iniziale, che tengono conto del dibattito e dell'intero e qualificato apporto derivante dalle audizioni che abbiamo espletato.
  Sappiamo che il decreto-legge incide su una materia molto delicata, che deve tenere conto della normativa internazionale, in particolare della direttiva 2012/29/UE, relativa alle norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato, e della Convenzione di Istanbul sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, di recente ratificata anche dall'Italia. La Convenzione non è ancora in vigore, non essendo stata ratificata da un numero sufficiente di Stati; pur tuttavia, la funzione di indirizzo è innegabile e il decreto-legge in esame ne costituisce, in qualche modo, una forma di adeguamento anticipato.
  Illustrerò, dapprima, le norme e il percorso che abbiamo svolto nelle Commissioni, tenendo presente la parte che attiene alla Commissione giustizia e poi, anche per conto del relatore Sisto, la parte che attiene alla Commissione affari costituzionali.
  È stato rilevato da molti che il decreto aveva, nella sua originaria impostazione, un approccio culturale troppo concentrato sulla considerazione del fenomeno come un problema di sicurezza pubblica. Il lavoro svolto in sinergia dai relatori con il Governo e con i membri delle Commissioni affari costituzionali e giustizia ha sicuramente consentito di ottenere risultati di miglioramento sostanziale e formale del testo iniziale, e quindi di valorizzare l'attività parlamentare e la funzione legislativa che le è tipica.
  Entrando nel dettaglio, quanto alle modifiche introdotte sul piano del diritto sostanziale, ritengo significativa l'emersione della rilevanza della relazione affettiva, a prescindere dalla convivenza o dal vincolo matrimoniale attuale o pregresso. In sostanza, la relazione affettiva assurge a dato rilevante per l'applicazione di aggravanti nella violenza carnale e di misure di prevenzione ad opera del questore, e l'ordinamento si muove verso la considerazione della relazione interpersonale affettivamente connotata come base fattuale, che ha in sé la potenzialità di favorire la disinibizione verso azioni violente.
  Ritengo quindi che tale valorizzazione della relazione, come base di fatto per la risposta preventiva e repressiva, fosse ineludibile e non più rinviabile.
  Segnalo inoltre l'introduzione dell'aggravante per il reato di atti persecutori commesso dal coniuge, a prescindere dal fatto che lo stesso sia legalmente separato o divorziato. Il decreto introduceva inoltre l'aggravante del delitto di maltrattamenti Pag. 53in famiglia previsto dal primo capoverso dell'articolo 572 del codice penale, nel caso di maltrattamenti commessi davanti a un minore di anni 18. Si è voluta attribuire (e questo è l'altro punto qualificante del decreto, e quindi anche di questo disegno di conversione) una specifica valenza giuridica alla cosiddetta «violenza assistita», intesa come complesso di ricadute fisiche, psicologiche, sociali, cognitive a breve e lungo termine, sui minori costretti ad assistere ad episodi di violenza. Sul punto le Commissioni, prendendo origine anche da specifiche osservazioni emerse in sede di audizioni, hanno ritenuto di fare un passo avanti rispetto all'impostazione del decreto e di introdurre un'aggravante generale per tutti i reati connotati da violenza fisica, oltre che per il delitto di maltrattamenti in famiglia, e su questo punto si è data così piena attuazione alle indicazioni contenute nell'articolo 46, lettera d), della Convenzione di Istanbul.
  Il decreto-legge ha poi inserito due ulteriori ipotesi aggravate, confermate anche nel testo della Commissione, che comportano l'applicazione della pena da sei a dodici anni per il delitto di violenza sessuale, la violenza sessuale nei confronti di donne in stato di gravidanza, la violenza sessuale commessa dal coniuge o da persona che sia legata alla vittima da una relazione affettiva, anche priva dei requisiti della convivenza.
  Le Commissioni, poi, hanno individuato le ipotesi di violenza sessuale aggravata per colui che commette il fatto su persona minorenne sino a 18 anni (anche qui si tratta di una specifica attuazione della Convenzione di Instanbul; non solo quindi più i minori di anni 16), del quale il colpevole sia l'ascendente, il genitore adottivo o il tutore.
  Le Commissioni sono poi intervenute – e credo che sia un punto molto qualificante – sull'articolo 609-decies del codice penale, rafforzando gli obblighi di comunicazione del procuratore della Repubblica nei confronti del tribunale dei minori, anche ai fini dell'adozione di provvedimenti di decadenza dalla potestà genitoriale e di condotta pregiudizievole dei figli, in tutti i casi in cui siano commessi i reati di maltrattamenti in famiglia, violenza carnale aggravata, stalking a danno del minore e dell'altro coniuge.
  Sappiamo che il decreto-legge ha modificato la disciplina della querela, intervenendo sul quarto comma dell'articolo 612-bis del codice penale (atti persecutori) per disporre che, una volta presentata, la querela è irrevocabile. Su questo punto vi è stato un ampio, approfondito e costruttivo dibattito nelle Commissioni. Si è osservato da parte di questo relatore che la nuova disciplina del decreto-legge era finalizzata, da un lato, a scoraggiare querele strumentali, magari finalizzate all'accelerazione di contenziosi di fronte alla giurisdizione civile e minorile, dall'altro, a recidere opportunamente ogni forma di dipendenza del procedimento dalla volontà della vittima.
  Si registra infatti con frequenza che la persona offesa, una volta uscita dalla fase acuta di oppressione, che la spinge alla denuncia, sia indotta ad attivare meccanismi di giustificazione e a rimettere la querela. Questo è un dato che è emerso nell'audizione del procuratore aggiunto di Roma, Maria Monteleone, che ha proprio la competenza sui reati in questione, nel corso dell'indagine conoscitiva disposta dalla Commissione giustizia e ancora in corso. Non è raro, inoltre, che la querela venga rimessa proprio sulla base della coercizione dell'accusato, nel frattempo in stato di custodia cautelare.
  Queste considerazioni, unitamente alla natura di «reato sentinella» del delitto di atti persecutori, inducono ad evitare di collegare il procedimento alla volontà dell'offeso, come peraltro ribadito dalla Corte europea dei diritti dell'uomo, nella sentenza Opuz v. Turchia, 9 settembre 2009, che proprio con riferimento alla violenza di genere ha invitato a sganciare la procedibilità dalla volontà della vittima, al fine di garantire la stabilità della querela, in quel caso rimessa più volte.
  D'altro canto anche la Convenzione di Istanbul all'articolo 55 impegna gli Stati a far sì che la repressione dei reati previsti Pag. 54dalla Convenzione non dipenda interamente da una segnalazione o da una denuncia da parte della vittima, richiedendo dunque una sorta di procedibilità d'ufficio.
  Diverse le posizioni assunte nel dibattito da alcuni componenti delle Commissioni riunite, che invece hanno sostenuto che, in assenza di altri interventi sistematici a sostegno della persona offesa in ambito sociale, l'irrevocabilità della querela non è sufficiente a rafforzare la volontà della vittima e la determinazione quindi nell'interrompere la situazione di violenza. Ecco perché abbiamo adottato alla fine una soluzione mediana, che è stata deliberata dalle Commissioni riunite su proposta dei relatori, con il parere favorevole del Governo, e che prevede che la remissione della querela nel reato di stalking può essere fatta solo in sede processuale, cioè di fronte all'autorità giudiziaria, che quindi avrà l'opportunità di valutare anche la piena consapevolezza di tale espressione di volontà, secondo quanto previsto dall'articolo 152, comma 2, del codice penale in relazione all'articolo 340 del codice di procedura penale.
  Inoltre – e questo è il punto che più si riconnette anche all'attuazione della Convenzione di Istanbul, che fa riferimento ai reati dove c’è comunque violenza – si è stabilito che la querela è irrevocabile in tutti i casi in cui le condotte persecutorie si realizzano attraverso minacce reiterate gravi o aggravate di cui all'articolo 612, comma 2, quindi le minacce particolarmente aggravate, anche fatte con armi.
  Il provvedimento interviene poi sull'articolo 8 del decreto-legge n. 11 del 2009, quello che riguarda lo stalking, approvato nella scorsa legislatura, e che attiene all'ammonimento da parte del questore, per disporre che, in sede di ammonimento, l'autorità di pubblica sicurezza debba adottare anche i conseguenti provvedimenti in materia di armi e munizioni. Si ricorda, infatti, che con il testo previgente il questore aveva un'ampia discrezionalità, potendo valutare l'esigenza di vietare il porto d'armi. Così, con questa disposizione, che è rimasta intatta rispetto al decreto-legge, si dà attuazione agli articoli 51 e 53 della Convenzione di Istanbul, che richiedono l'adozione di una serie di misure volte a ridurre o a gestire il rischio di reiterazione di comportamenti violenti, anche con riguardo all'accesso alle armi da fuoco da parte dell'autore delle violenze.
  Inoltre – cosa importante – si è esteso, mediante la modifica dell'articolo 11 della legge sullo stalking in materia di misure a sostegno delle vittime, l'obbligo di informativa e di messa in contatto con strutture di accoglienza da parte di forze dell'ordine, presidi sanitari, istituzioni pubbliche che ricevono dalla vittima notizie di reato, non solo come è oggi con riferimento soltanto ai delitti di stalking, ma anche per una serie di reati che vanno dal maltrattamento in famiglia, alla violenza sessuale, alla tratta, alla prostituzione minorile.
  L'articolo 2, poi, prevede una serie di interventi di adeguamento del codice di procedura penale alle esigenze di maggiore protezione delle vittime di stalking e maltrattamenti in famiglia e di delitti commessi con violenza alla persona. Il comma 1 detta una serie di modifiche volte ad ampliare la gamma delle misure coercitive adottabili a tutela della vittima, nonché a introdurre obblighi di costante comunicazione alla persona offesa. In particolare, si modifica l'articolo che riguarda l'allontanamento dal domicilio, consentendo che, ove si proceda per lesioni personali procedibili d'ufficio o comunque aggravate e minacce gravi o aggravate in danno dei prossimi congiunti o del convivente, l'adozione di questo provvedimento possa essere effettuata anche al di fuori dei limiti di pena previsti che sappiamo sono soltanto fino a tre anni nel massimo, e quindi si prevede la possibilità di ricorrere a strumenti di controllo mediante mezzi elettronici. In particolare, quindi, questa possibilità è stata introdotta dalle Commissioni per i reati a cui si fa riferimento per questa misura coercitiva, che è quella dell'allontanamento dalla casa, cioè per violazione degli obblighi di assistenza familiare, abuso dei mezzi di correzione e disciplina, lesioni personali aggravate o Pag. 55procedibili d'ufficio, tratta, sfruttamento sessuale di minori, violenza sessuale semplice, aggravata o di gruppo, atti sessuali con minorenne, minaccia grave o aggravata e l'atto è commesso nei confronti dei prossimi congiunti o del convivente: tutti questi rientrano nell'ipotesi allargata della misura coercitiva e in più della possibilità di utilizzare strumenti elettronici di controllo.
  Le Commissioni, poi, hanno introdotto la possibilità di utilizzare le intercettazioni telefoniche anche per il reato di stalking. Esisteva, infatti, una discrasia su questo punto, in quanto, per esempio, le intercettazioni telefoniche sono possibili per le molestie telefoniche, mentre non lo erano per il reato di stalking.
  Abbiamo inoltre lavorato a migliorare un gruppo di disposizioni processuali penali introdotte nel decreto in esame – e questo ci tengo in modo particolare a sottolinearlo – per prevedere un obbligo costante di comunicazione a tutela della persona offesa per reati non soltanto di stalking e maltrattamento in ambito familiare, come aveva indicato il decreto, ma in una serie di reati caratterizzati dalla violenza alla persona, e non soltanto per le misure più tenui, quali l'allontanamento o il divieto di dimora in un certo posto, ma anche per tutte le misure coercitive e tutte le misure cautelari che riguardano questi reati dove si esercita la violenza nei confronti di persona.
  E lì ci è sembrato particolarmente importante cominciare a dare attuazione alla direttiva che riguarda appunto le vittime dei reati nella normativa europea: mi riferisco in particolar modo alla direttiva 2012/29/UE.
  In sintesi, quindi, non più una normativa settoriale, come ci è parsa quella del decreto-legge, ma l'inserimento di un innesto, però sistematico, dove è previsto innanzitutto un obbligo di informativa nei confronti della persona offesa da parte della polizia giudiziaria e del pubblico ministero sin da subito, nel momento di acquisizione della notizia di reato, della facoltà di nominare un difensore di fiducia e della possibilità di accesso al gratuito patrocinio.
  Inoltre, a fronte di provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare o di divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa, la comunicazione all'autorità di pubblica sicurezza competente, ai fini dell'adozione di provvedimenti in materia di armi e munizioni, nonché alla persona offesa di esercizi socio-sanitari o assistenziali del territorio.
  Le Commissioni hanno anche aggiunto che, se l'imputato si sottopone positivamente – questo è un segnale molto importante che abbiamo voluto dare – se l'indagato si sottopone positivamente ad un programma di prevenzione, il responsabile del servizio ne darà comunicazione al pubblico ministero ed al giudice ai fini della valutazione circa la misura cautelare applicata, al suo mantenimento, alla sua evoluzione, alla sua modifica.
  C’è poi un ampliamento dell'obbligo di comunicazione alla persona offesa, alla vittima, al suo difensore e ai servizi sociali nel caso di adozione, richiesta di modifica e sostituzione delle misure cautelari o coercitive, che riguardano, come dicevo prima, tutti i delitti commessi con violenza alla persona. Ciò consentirà alla parte offesa non solo di essere a conoscenza delle vicende cautelari che attengono all'autore delle violenze, di non avere sorprese, ma di poter interloquire mediante memorie.
  Abbiamo cercato di realizzare, attraverso questi obblighi di comunicazione relativi alle misure cautelari e coercitive, che sono un novum sistematico all'interno del nostro codice in materia di violenza alle persone, l'inizio del riconoscimento di un diritto di partecipazione consapevole della vittima al procedimento penale dell'offeso. E la medesima linea di intervento l'abbiamo tenuta in materia di proroga delle indagini preliminari, di avviso della richiesta di archiviazione alla persona offesa, anche in assenza di una sua esplicita richiesta, e di avviso di conclusione delle indagini preliminari.Pag. 56
  In sintesi, è una riforma più organica, che valorizza l'offesa e la vittima in fase investigativa, in linea con la direttiva n. 29 del 2012 che dobbiamo attuare entro il 2015, ma a cui abbiamo già cominciato, a piccoli passi, a dare attuazione. Sono stati introdotti infatti i primi interventi strutturali che possono garantire maggiormente le vittime, per essere informati circa il complesso dei propri diritti sin dal primo contatto con l'autorità procedente ed inoltre venire a conoscenza delle scelte operate circa il non esercizio dell'azione penale, quando l'indagato viene scarcerato o comunque nei casi in cui vi sia quella modifica delle misure cautelari o coercitive da cui comunque possa derivare un potenziale pericolo per la persona offesa medesima.
  Le Commissioni riunite poi hanno inserito procedimenti per i delitti di maltrattamenti in famiglia, adescamento di minori, atti persecutori, tra cui o per i quali la polizia giudiziaria, laddove vi siano minori da sentire, debba avvalersi di un esperto in psicologia o psichiatria infantile.
  È rimasta invariata la disposizione del decreto-legge che prevede l'arresto obbligatorio per i delitti di maltrattamenti in famiglia e lo stalking. Inoltre, si è in qualche modo sicuramente confermata, ma perfezionata nella sua struttura, la nuova misura che è stata inserita dal decreto-legge all'articolo 384, che prevede l'allontanamento d'urgenza dalla casa familiare e il contestuale divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa.
  Con questa misura il Governo ha cercato di coprire un buco temporale, a volte fatale, quello che va dalla denuncia all'intervento del pubblico ministero, alla valutazione da parte di un giudice di una misura coercitiva che attiene appunto all'allontanamento dalla casa familiare.
  Con questo istituto, che può essere applicato direttamente dalla polizia giudiziaria, con le garanzie però di intervento, anche orale, ma successivamente convalidato da un atto scritto del pubblico ministero, istituto che potrà essere applicato su chi è colto in flagranza di uno dei reati gravi previsti dall'articolo 282-bis, comma 6, tra cui la minaccia grave, la lesione personale, lo stalking da parte del coniuge, ora non solo separato o divorziato, ma anche in costanza di matrimonio, ecco con questa misura si dà la possibilità di intervenire laddove vi siano i presupposti della flagranza, vi sia la possibilità di fondati motivi di una possibile reiterazione del reato che mette in pericolo grave ed attuale la vita o l'integrità della persona offesa.
  Le Commissioni hanno precisato che si tratta addirittura di un delitto perseguibile a querela perché c’è stato l'ampliamento, anche con riferimento alle lesioni, ossia la querela potrà essere proposta oralmente, anche nell'immediatezza, e fatta propria e verbalizzata dalla polizia giudiziaria che interviene, polizia giudiziaria a cui è stato ribadito l'obbligo di informare la vittima sui centri antiviolenza presenti sul territorio. E, altra novità, è stata data la possibilità di citare direttamente in giudizio direttissimo l'allontanato in via d'urgenza dalla casa familiare così provvedendo direttamente alla convalida in sede di udienza di fronte al giudice tranne, ovviamente, i casi in cui la complessità della vicenda necessiti invece di indagini approfondite e, allora, si seguirà l'iter normale e la convalida attraverso il GIP.
  Su questa misura ci sono stati pareri contrastanti perché, ovviamente, da un lato qui bisogna trovare un punto di equilibrio. Noi pensiamo di averlo trovato seguendo la via che comunque ha voluto rappresentare il Governo. Un punto di equilibrio tra la necessità di un intervento urgente, soprattutto con riferimento ai «reati sentinella» di lesioni, di percosse, e che non siano episodi isolati, ma siano episodi che si inseriscono in un sistema che consenta di evitare reati più gravi, reati di violenza ancora più gravi, e, la necessità, però, di garantire, perché siamo in un sistema garantista, la posizione dell'indagato, la posizione del maltrattante e, comunque, di colui che viene accusato Pag. 57perché, ovviamente, questi sono i principi costituzionali, i due fari che dobbiamo tener presenti.
  E così è stata del tutto convalidata e mantenuta dell'impianto originario l'aggiunta, che il decreto già faceva, con riferimento ai provvedimenti di richiesta di incidente probatorio, del reato di maltrattamenti in famiglia a quelli per cui per le persone interessate all'assunzione della prova, se vi siano minorenni, il giudice, se le esigenze di tutela lo rendono necessario, può fare evitare la cross examination in dibattimento e, quindi, può assicurare la prova attraverso modalità, anche protette, che consentano l'esercizio del diritto di difesa e tutte le garanzie, ma al tempo stesso consentano di fermare, «congelare» la prova nei tempi più vicini alla commissione del reato rispetto al dibattimento di fronte al GIP. E, quindi, su questi punti rimando alla spiegazione più dettagliata che ho inserito nella relazione scritta, che ovviamente deposito. Sto cercando di valorizzare soprattutto gli aspetti innovativi e comunque di arricchimento del testo che ci è stato dato dal lavoro delle Commissioni, dei deputati, del Governo e dei relatori.
  Così come sicuramente è stata data piena conferma alla norma che riguarda i processi che attengono ai maltrattamenti in famiglia, allo stalking, alla violenza sessuale, agli atti sessuali con minorenni, alla corruzione di minorenni, alla violenza sessuale di gruppo. È stata data piena conferma a quel principio che pone questi processi in priorità all'interno dell'organizzazione di un ufficio giudiziario, soprattutto per i dibattimenti che si debbono svolgere. E così come le Commissioni riunite hanno novellato la competenza penale del giudice di pace circoscrivendola, rispetto ai delitti di lesioni personali, solo alle ipotesi lievi, proprio perché c'era una discrasia con riferimento proprio alla misura cautelare di urgenza dell'allontanamento dal domicilio che doveva essere appunto convalidata con le forme presso un GIP che, invece, prevedeva per le lesioni la competenza del giudice di pace. Quindi, la competenza del giudice di pace sarà rimessa soltanto alle ipotesi lievi perseguibili a querela di parte e purché non vi siano danni commessi in danno di un convivente, coniuge, fratello, sorella, padre, madre, figli e affini in linea retta, cioè ipotesi più gravi che implicano comunque una valutazione da un giudice togato.
  Andiamo all'articolo 3 che introduce misure di prevenzione per condotte di violenza domestica...

  PRESIDENTE. Presidente Ferranti, concluda.

  DONATELLA FERRANTI, Relatore per la II Commissione. Quanto tempo ho, signor Presidente ?

  PRESIDENTE. Diciamo che il tempo è andato ben oltre... capisco che sono tanti temi. Cerchi di riassumere se non le dispiace, presidente Ferranti.

  DONATELLA FERRANTI, Relatore per la II Commissione. Anzitutto, signor Presidente, consegnerò le due relazioni, sia la mia sia quella del presidente Sisto, affinché siano pubblicate in calce al resoconto della seduta (la Presidenza lo consente sulla base dei criteri costantemente seguiti). Cerco di avviarmi rapidamente alla conclusione, valorizzando alcuni aspetti che sono i seguenti. Riguardo all'articolo 3 parlavo della questione della prevenzione e dell'ammonimento da parte del questore che è stato ampliato anche alle figure di stalking e di violenza domestica e – questo è il punto – è qui che viene recepito il riconoscimento della definizione di violenza domestica che proviene dalla Convenzione di Istanbul.
  Quando parliamo di misure di prevenzione dobbiamo stare sempre attenti anche alle garanzie. È qui che abbiamo cercato di dare attuazione ai principi della Convenzione che si propongono di rafforzare gli strumenti di prevenzione anche operativa delle vessazioni perpetrate nell'ambito del nucleo familiare e delle relazioni affettive. Credo che queste norme – compresa quella di garantire l'omissione Pag. 58delle generalità del segnalante, come quella che attiene alla stessa definizione di violenza domestica – ci consentono di dare particolare rilievo e attuazione alle disposizioni – le menziono perché ritengo che questo sia il faro che deve tenersi presente anche quando andiamo a valutare gli emendamenti – degli articoli 5, 12, 27 e 50 della Convenzione stessa.
  Dagli articoli 7, 8 e 9 in poi del decreto-legge sono previsti interventi legislativi che attengono alla sicurezza e, quindi, rinvio alla relazione scritta, così come rinvio ad essa per gli altri articoli, ma consentitemi due parole soltanto per completare la parte più significativa del decreto-legge, quella in cui abbiamo cercato di metterci tutta l'anima, tutto il cuore, tutta la testa che potevamo nei tempi che ci sono stati concessi, con le modalità che siamo riusciti ad ottenere.
  E sottolineo proprio la riscrittura che sostanzialmente le Commissioni riunite – devo dire con la piena collaborazione, il pieno aiuto e supporto del Governo – hanno fatto dell'articolo 5, prevedendo da parte del Ministro delegato per le pari opportunità l'adozione di un piano contro la violenza sessuale e di genere (ci saranno sicuramente interventi sul punto). Non solo è stato previsto che il Ministro per le pari opportunità invii annualmente al Parlamento una relazione sull'attuazione del piano, ma inoltre è stata autorizzata per il finanziamento del piano la spesa di 10 milioni di euro per il 2013. Non è tanto, non è tantissimo, ma rispetto a niente, quello che era previsto quando è arrivato in Parlamento questo decreto-legge, credo che sia stato un risultato molto importante, molto più importante e significativo e non soltanto simbolico.
  Allo stesso modo c’è un nuovo articolo 5-bis, introdotto dalle Commissioni riunite, che per il potenziamento delle forme di assistenza e sostegno alle donne vittime di violenza e ai loro figli incrementa il Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità di 10 milioni per il 2013, di 7 milioni di euro per il 2004, di 10 milioni per il 2015.
  Le analisi, gli obiettivi, i contenuti sono illustrati nella relazione scritta, saranno sicuramente oggetto di ampia discussione e di critica sempre costruttiva com’è stato il lavoro delle nostre Commissioni, che spero si possa ulteriormente avvalere di un dibattito che tenga conto del fatto che queste norme potranno diventare legge in tempi brevi rispettando la scadenza di validità del decreto-legge, il 16 ottobre. Credo che siano norme non di demagogia ma norme effettive, efficaci, strumenti sia dal punto di vista della prevenzione che della repressione del fenomeno che sta diventando una piaga nel nostro Paese (Applausi).

  PRESIDENTE. La ringrazio, presidente Ferranti, per la sua relazione molto dettagliata.
  Ha facoltà di intervenire il rappresentante del Governo.

  MARIA CECILIA GUERRA, Viceministro del lavoro e delle politiche sociali. Signora Presidente, vorrei dire proprio due parole, perché la relazione della presidente della II Commissione (Giustizia) è stata esaustiva. Il lavoro che è stato svolto nelle due Commissioni riunite in questi giorni è stato un lavoro molto approfondito, che ha contribuito sotto molti profili a migliorare – a detta praticamente di tutti i gruppi che hanno partecipato con grande attenzione e competenza –, in molti aspetti, il decreto.
  Voglio rappresentare, quindi, soltanto una mia forte preoccupazione: il rischio che questo lavoro che è stato fatto, e che credo tutti i gruppi, pur con alcune perplessità rimaste, condividano, possa essere vanificato dal non rispetto dei tempi della conversione. Il decreto, ricordo, deve essere convertito entro il 15: significa martedì prossimo. Vedo che ci sono ventisei persone iscritte a parlare, so che ci sono duecentocinquanta emendamenti presentati, che si aggiungono ai quattrocento che sono stati accuratamente – uno per uno – esaminati nel lavoro delle Commissioni. Temo che questo comprometterà la conversione del decreto.Pag. 59
  Presento questo problema alla vostra attenzione, senza voler, ovviamente, nulla togliere al dibattito, che è sicuramente il sale, l'importanza del lavoro del Parlamento; tuttavia, credo che il grosso lavoro che è stato fatto nelle Commissioni possa essere riconosciuto come in grado di dare soddisfazione a tutte le visioni, che, giustamente, si devono confrontare in quest'Aula.

  DANIELE FARINA. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  DANIELE FARINA. Signor Presidente, io ascolto con interesse e rispetto l'intervento del sottosegretario, ma mi sembra un po’ stravagante, perché pensare di poter comprimere i lavori parlamentari su un provvedimento, un decreto-legge che, in realtà, ne contiene due o tre, a me sembra, come dire, una cosa legittima, ma non accoglibile.
  Faccio presente – e questo era il senso dell'intervento sull'ordine dei lavori – che noi, allo stato dell'arte, non abbiamo ancora in mano il fascicolo degli emendamenti al testo. Questo perché il lavoro è stato sì proficuo – e va dato atto ai presidenti delle Commissioni –, ma è stato anche effettuato con una concitazione più unica che rara. Quindi, io penso che questo dibattito debba svolgersi normalmente e chiedo la massima accelerazione per avere il fascicolo degli emendamenti, intanto che il nostro dibattito prosegue. A tal riguardo, direi, che si potrebbe aprire una discussione che, però, non fa parte dell'ordine dei lavori e, quindi, mi taccio.

  PRESIDENTE. Domani mattina ci sarà il fascicolo degli emendamenti, che sono circa trecento.

  ETTORE ROSATO. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  ETTORE ROSATO. Signor Presidente, volevo rassicurare anch'io il Governo, anche perché, come il Governo sa fare il suo mestiere – e noi ne siamo molto contenti –, anche noi ci siamo un po’ attrezzati per fare il nostro. E, quindi, domani mattina, noi cominceremo come da programma a votare. Poi, con la collaborazione del Governo, che è stata molto precisa e puntuale durante tutto il dibattito delle Commissioni, in cui il Viceministro Guerra, il Viceministro Bubbico, il sottosegretario Baretta, si sono alternati, insieme alla sempre preziosissima collega Sesa Amici, sono convinto che riusciremo a chiudere il decreto, con la collaborazione di tutti i gruppi, tra venerdì e nella giornata di martedì. Questo è il programma.
  Oggi io, invece, valorizzerei il fatto che ci sono molti interventi su un tema molto importante, che è molto sentito da questo Parlamento, fortunatamente, non solo da un pezzo del Parlamento, ma da tutto il Parlamento. Noi, quindi, pensiamo che questo dibattito vada valorizzato e non vada compresso. Per esperienza, ho partecipato a molti dibattiti generali su questi argomenti e ho ascoltato molti interventi di grande qualità, che hanno arricchito i nostri lavori e, probabilmente, hanno arricchito anche che ci ascolta.

  ALFONSO BONAFEDE. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  ALFONSO BONAFEDE. Signor Presidente, intervengo sempre sullo stesso punto; mi chiedo se io e il collega Rosato siamo nella stessa Aula e interveniamo in relazione allo stesso provvedimento. Considerato che domani mattina arriveranno gli emendamenti, non so se il collega Rosato è stato informato che domani mattina alle 9,30 dobbiamo iniziare a votare. Ora, mi chiedo se rispetto ad una tematica come quella che stiamo trattando è possibile che le forze politiche abbiano un tempo che, dire ridotto non rende l'idea, è così ridotto, comunque, per poter, poi, non solo analizzare gli emendamenti ma anche votarli e dare indicazioni. Teoricamente dovrebbero anche essere sottoposti a una Pag. 60dinamica di gruppo e il gruppo non dovrebbe solo seguire pollice su o pollice giù, però, per esigenze funzionali dell'Aula si capisce, ci sono delle prassi più o meno discutibili, ma qui stiamo sfiorando l'assurdo perché domani mattina, spero prima delle 9, avremo gli emendamenti per poi votarli alle 9,30. Tra l'altro, faccio una piccola parentesi, i lavori in Commissione sono stati fermi per un giorno – ma poi questo tema verrà approfondito – per permettere al PdL di riunirsi lunedì, PdL che oggi dimostra qual è il suo interesse rispetto la tematica che stiamo trattando (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Queste erano decisioni prese nella Conferenza dei presidenti di gruppo, il calendario è stato deciso insieme nella Conferenza dei presidenti di gruppo.
  Onorevole Di Salvo, non posso darle la parola perché per il suo gruppo ha parlato l'onorevole Farina.
  È iscritta a parlare la deputata Adriana Galgano. Ne ha facoltà.

  ADRIANA GALGANO. Signora Presidente, rappresentante del Governo, cari colleghi, esprimo soddisfazione per la rapidità con cui abbiamo agito. A giugno abbiamo ratificato la Convenzione di Istanbul e a inizio ottobre stiamo per approvare il decreto-legge che sicuramente sarà utile per contrastare il fenomeno. Esprimo anche apprezzamento per tutto il lavoro che hanno fatto le Commissioni a questo proposito, per migliorarlo. Proprio, però, lo strumento del decreto-legge e l'inserimento della normativa che riguarda la violenza contro le donne nel pacchetto sicurezza fanno percepire le misure prese più come risposta all'allarme sociale che procurano che di prevenzione e contrasto del fenomeno criminale. Sarebbe stato meglio, anche alla luce di quanto appena detto dal Viceministro Guerra, procedere con un progetto di legge che tenesse subito conto degli aspetti culturali e sociali della violenza contro le donne che deve essere contrastata durante il processo educativo e che deve essere supportata con apposite misure di sostegno.
  A questo proposito si deve giudicare molto positiva la riscrittura dell'art. 5 e del 5-bis che prevede l'adozione di un piano di azione straordinario contro la violenza sessuale di genere. Le risorse a disposizione però non appaiono certo congrue rispetto agli obiettivi che il piano vuole perseguire. La relatrice Ferranti ci ha parlato di dieci milioni di euro, la finanziaria del 2008, quindi cinque anni fa, aveva istituito per il fondo per il piano contro la violenza alle donne una dotazione di 20 milioni di euro, che comunque erano pochi. Vale la pena di ricordare che durante la riforma delle pensioni ci era stato promesso che i risparmi derivanti dall'innalzamento dell'età pensionabile delle donne, sarebbero stati utilizzati per misure a favore delle donne e quindi, onorevoli colleghe, appena le condizioni delle finanze pubbliche lo consentiranno, sarà importante agire per chiedere a gran voce l'ampliamento della dotazione di questo fondo.
  Un altro aspetto da sottolineare è che nell'analisi tecnico-normativa accompagnatoria del disegno di legge di conversione, si scrive con chiarezza che i reati considerati destano particolare allarme sociale «per il fatto di essere perpetrati a danno di soggetti »deboli« che, in quanto tali, devono essere protetti dallo Stato». Al contrario, le Convenzioni internazionali e regionali in materia di diritti umani delle donne ratificate dall'Italia, impongono di non considerare le donne vittime di violenza soggetti «deboli», ma soggetti «vulnerabilizzati» dalla violenza subita.
  In questa lettura della violenza maschile sulle donne l'obbligo dello Stato non è più di tutela ma di rimozione degli ostacoli esistenti per l'effettivo godimento, da parte delle donne, dei loro diritti fondamentali.
  Profondamente radicato nella nostra cultura è il concetto di autodeterminazione secondo cui ogni persona è libera di fare le proprie scelte. In virtù di questo principio, è un doloroso errore per il nostro essere donna quello di aver previsto nel decreto l'irrevocabilità della querela. Pag. 61Da una parte limita la libertà delle donne, dall'altra rischia di essere un boomerang. Quante sono le donne che rischiano di essere dissuase, prima dalle famiglie, dagli amici e poi nelle caserme, a presentare la querela dall'argomentazione che non la possono ritirare ? Ringrazio la I e la II Commissione per il lavoro di mediazione e la riformulazione della lettera b), comma 3, dell'articolo 1; ne comprendo le motivazioni, ma la riformulazione non è sufficiente. Con l'irrevocabilità rischiamo di scoraggiare più donne di quante ne vogliamo difendere. Onorevoli colleghi e colleghe, io vi chiedo una approfondita riflessione su questo punto, che rischia di ottenere un risultato opposto a quello che si propone. Questo decreto era certamente un'occasione da cogliere e rappresenta un'importante passo avanti. Ci resta però ancora molto lavoro, soprattutto sociale e culturale, da fare (Applausi).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Tancredi Turco. Ne ha facoltà.

  TANCREDI TURCO. Signor Presidente, colleghe e colleghi, rappresentanti del Governo, questo decreto-legge, approvato lo scorso 8 agosto dal Consiglio dei Ministri, si compone di diverse e molteplici parti. Solo la prima si occupa di femminicidio, mentre le altre contengono norme che con il femminicidio non hanno nulla a che fare: norme in materia di sicurezza per lo sviluppo, di tutela dell'ordine, norme in tema di protezione civile, di commissariamento delle province, Vigili del fuoco, TAV e quant'altro.
  Già solo considerando questo dato non si può che sollevare un rilievo di disorganicità in merito a questo provvedimento omnibus, minestrone o macedonia che, mascherato dal grave ed attualissimo problema del femminicidio, del cui nome altisonante si fregia mediaticamente, viene in realtà a disciplinare materie che ne sono del tutto avulse.
  Appare sin troppo evidente che l'utilizzo e la diffusione del messaggio comunicativo, cioè che questo decreto-legge interviene nell'inasprimento delle sanzioni relativamente ai fenomeni delittuosi che si radicano nella violenza di genere abbia un obbiettivo chiaro e ben preciso.
  Esso è rivolto all'immediato ritorno mediatico che s'ingenera di primo acchito nei cittadini, che non possono compiutamente approfondire la conoscenza del provvedimento stesso nella sua interezza.
  Più in generale, come anche è stato espresso da più parti nel corso delle audizioni nelle sedi delle Commissioni permanenti, sebbene questo decreto-legge rappresenti comunque una doverosa risposta istituzionale alla violenza maschile e al femminicidio, pur in presenza di alcune norme per le quali si può esprimere un parere favorevole, soprattutto dopo il grande lavoro che si è svolto, appunto, in I e II Commissione con l'approvazione di alcuni emendamenti, rimane evidente che il complesso delle norme che si vogliono inserire nell'ordinamento giuridico italiano con questo provvedimento, appare disorganico e lontano dalle reali esigenze delle donne che ricercano soluzioni efficaci alle situazioni di violenza. Manca quell'auspicabile appoggio strutturale che dovrebbe essere garantito agli operatori e alle operatrici che, nelle rispettive diverse professionalità, devono supportare le vittime in questo percorso. Per quanto sia indubbio che costituiscano fenomeni preoccupanti i sempre più allarmanti atti di violenza perpetrati ai danni delle donne, in particolare da parte di partner ed ex partner, ben noti alla cronaca nera, prima di analizzare le finalità specifiche che detto decreto-legge intende perseguire, bisogna sottolineare un altro aspetto molto importante. Tale gruppo di norme, in primis, si presenta come costituzionalmente illegittimo per l'insussistenza dei requisiti di necessità ed urgenza richiesti per l'emanazione di un decreto-legge di cui all'articolo 77 della Costituzione.
  Ulteriore aspetto di incostituzionalità è individuabile nella contrarietà all'articolo 117, comma 1, della Costituzione per assenza di delega, poiché il Governo è intervenuto in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato, materia Pag. 62già oggetto della direttiva dell'Unione europea n. 2012/29/UE, per il cui recepimento il Governo ha ricevuto autonoma delega da esercitarsi nelle forme e nei modi previsti dalla legge di delegazione europea 2013.
  In particolare, il decreto-legge non è conforme agli obblighi internazionali assunti con la Convenzione di Istanbul, primo fra tutti quello di applicare la Convenzione mediante l'adozione di una prospettiva di genere e garantendo uguale protezione alle donne vittime di tutte le forme di violenza, e tanto meno è conforme agli obblighi derivanti dall'adesione all'Unione Europea. In particolare, ai fini della valutazione sulla compatibilità dell'intervento con l'ordinamento dell'Unione Europea, nella relazione tecnico-normativa si legge che l'intervento normativo non incide su principi e norme derivanti dall'ordinamento comunitario.
  Avuto riguardo, in particolare, alla direttiva europea 2012/29/UE, si osserva che tutte le norme contenute nell'articolo 2 del decreto-legge, che toccano la materia oggetto della direttiva, dovrebbero essere soppresse per insussistenza dei requisiti di necessità e urgenza, e poi perché il Governo già ha ricevuto autonoma delega per il recepimento delle misure contenute in questa direttiva, che può esercitare esclusivamente nelle forme e nei modi previsti dalla legge di delegazione europea del 2013.
  Numerose norme contenute nel capo I del decreto restringono indebitamente l'ambito di operatività delle disposizioni contenute nella direttiva europea 2012/29/UE, nonché nella stessa Convenzione di Istanbul, traducendosi di fatto nella compressione dell'esercizio di diritti fondamentali che quelle norme andavano a disciplinare compiutamente.
  Ricordiamo che la Convenzione di Istanbul, approvata all'unanimità dal Parlamento italiano appena lo scorso maggio 2013, attua una strategia di intervento che privilegia la prevenzione del fenomeno e soprattutto la protezione delle vittime per contrastare la violenza contro le donne, lasciando alla repressione penale il ruolo sussidiario che le compete.
  Dopo l'approvazione della Convenzione di Istanbul da parte del Parlamento italiano la Convenzione stessa deve essere il riferimento essenziale per le definizioni delle forme di violenza in modo organico e senza restrizioni per costruire i passi successiva alla sua compiuta applicazione.
  Il contrasto che si potrebbe attuare con l'approvazione definitiva delle norme contenute nel decreto-legge in esame ed il loro contrasto con la normativa sovranazionale, si traduce in una violazione della Costituzione, degli articoli 3 e 117, essendo lo Stato chiamato ad esercitare la propria potestà legislativa anche nel rispetto dei vincoli derivanti dall'ordinamento UE e dagli obblighi internazionali, specialmente quando questi obblighi ineriscono la tutela dei diritti umani.
  Ma prima ancora, il vizio insanabile di questo decreto sta nella sua stessa ratio: non mette al centro la promozione e la tutela dei diritti della persona offesa nell'ambito del processo penale, ma la percezione di insicurezza legata ai reati che colpiscono «soggetti deboli». Si introducono misure frutto di una lettura giustizialista del problema.
  Ma lo spirito della Convenzione non è certo quello che si può rinvenire in questo decreto. La Convenzione di Istanbul non prevede che la violenza maschile sulle donne debba essere affrontata perché è un fenomeno criminale che desta allarme sociale. La violenza maschile sulle donne costituisce sì un fenomeno criminale, ma deve essere affrontata mettendo al centro i diritti violati della persona offesa, a partire dalla considerazione che un reato è non solo un torto alla società, ma anche una violazione dei diritti individuali delle vittime e che le istituzioni devono adottare la dovuta diligenza nel prevenire e contrastare tali violazioni.
  Lo Stato italiano, infatti, in materia di diritti umani, è chiamato a garantire la normativa internazionale e prima ancora dell'Unione Europea. Pertanto, in vigenza della direttiva europea 2012/29/UE, non Pag. 63può legiferare in contrasto con la stessa ovvero limitare i diritti che sono riconosciuti da tale direttiva.
  La non organicità di questo provvedimento ben rappresenta la carenza assoluta di una visione d'insieme, di un Esecutivo che con il solito decreto di «ferragosto» ha inteso frettolosamente portare a casa qualche risultato spendibile elettoralmente senza avere riguardo alle disparità di trattamento delle diverse situazioni ugualmente meritevoli di tutela (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  L'inadeguatezza di questo decreto-legge a prevenire efficacemente il femminicidio discende dall'inadeguatezza delle misure in esso contenute; ma, prima ancora, dagli obiettivi che si pone, che non sono la promozione e la tutela dei diritti delle donne, ma la promozione e la tutela della sicurezza pubblica attraverso una maggiore repressione dei reati che colpiscono anche le donne.
  Alcuni spunti di riflessione sono stati oggetto di discussione, e in alcuni punti il testo è stato parzialmente modificato e riformulato. Ciò che comunque questo decreto-legge non risolverà è l'inadeguata formazione e la mancanza di personale dedicato per i casi di violenza familiare (forze dell'ordine e tribunali), che non permette la capacità di distinguere tra situazioni di conflitto di coppia e di violenza.
  Il decreto-legge contro il femminicidio, quindi, interviene solo sul piano repressivo: un piano di intervento talvolta necessario per bloccare gli autori di violenze, ma insufficiente per affrontare il fenomeno in tutta la sua complessità. Per questi motivi, il Capo I di questo decreto-legge merita di essere soppresso e la materia di essere affrontata in altra sede (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Alessia Morani. Ne ha facoltà.

  ALESSIA MORANI. Signor Presidente, colleghe e colleghi, rappresentante del Governo, era il 27 giugno 2013 quando questa Camera ha approvato all'unanimità la legge di ratifica della Convenzione di Istanbul; lo stesso giorno impegnavamo il Governo, attraverso una mozione, a darvi attuazione. Il Governo ha mantenuto l'impegno, e nello scorso mese di agosto ha licenziato il decreto-legge che discutiamo oggi: un provvedimento importantissimo, che le Commissioni hanno contribuito a migliorare attraverso un lavoro coordinato e complesso che ha impegnato tante e tanti di noi.
  Questo provvedimento è innanzitutto quello che può definirsi un atto dovuto nei confronti delle tante, troppe donne vittime di violenze; ed è un importante avanzamento sul piano politico, giuridico e culturale per il nostro Paese. La violenza di genere è un'emergenza nazionale, onorevole Turco, i dati dell'Organizzazione mondiale della sanità parlano chiaro: una donna uccisa ogni due giorni e mezzo, con 72 vittime nei primi nove mesi di quest'anno. Ma non solo: in Italia si stima che più di 6 milioni e mezzo di donne, tra i 16 e i 70 anni, siano state vittime di abusi fisici o sessuali, e circa 1 milione abbia subito stupri o tentati stupri. Purtroppo, però, solo il 10 per cento di queste violenze viene denunciato. Di fronte a questi dati, sarebbe stato folle non agire.
  Certamente la violenza sulle donne va affrontata da un punto di vista culturale: il femminicidio, infatti, esprime la crisi di un modello sociale e relazionale tra uomini e donne che sta manifestando tutta la sua fragilità. Per questo abbiamo ritenuto di fondamentale importanza l'ampliamento della parte del decreto-legge sul piano d'azione contro la violenza sessuale e di genere, prevedendo il coinvolgimento delle associazioni di donne, dei centri antiviolenza e degli enti locali. Abbiamo specificato le finalità del piano, individuando quale obiettivo prioritario la soluzione dei conflitti nei rapporti uomo-donna attraverso il coinvolgimento della scuola, dei media, dei servizi territoriali, e con la previsione di azioni di recupero dei soggetti maltrattanti.
  Abbiamo destinato al piano 10 milioni di euro; ed abbiamo introdotto anche un Pag. 64nuovo articolo, il 5-bis, che dispone il potenziamento delle forme di assistenza e sostegno alle donne vittime di violenza e ai loro figli, con uno stanziamento per il 2013, 2014 e 2015 di 27 milioni di euro.
  Ma non basta: il cambiamento culturale si attua anche con il diritto penale. Era solo l'inizio degli anni Ottanta quando in Italia sono stati abrogati alcuni articoli vergognosi del Codice Rocco, come il delitto d'onore o l'istituto del matrimonio riparatore, che prevedeva l'estinzione del reato di violenza carnale nel caso che lo stupratore di una minorenne accondiscendesse poi a sposarla. In quegli articoli era condensata la cultura patriarcale, proprietaria e profondamente maschilista degli anni in cui venne concepito, anni di degrado ed abbrutimento democratico, sociale e culturale di cui purtroppo anche oggi si percepiscono i colpi di coda.
  È per questo che il cambiamento culturale si attua anche attraverso la legge penale. Non voglio con ciò affermare in maniera neo-paternalistica la fragilità delle donne ma voglio invece affermare con forza la necessità di salvaguardare la libertà e l'incolumità delle donne. Le donne hanno bisogno degli strumenti che consentano loro di vivere appieno la loro esistenza e perciò la loro libertà. Non c’è libertà nella paura.
  In questo decreto abbiamo introdotto numerosi strumenti affinché in concreto questa libertà possa essere vissuta fino in fondo. Il dato più sconvolgente, ma non nuovo, è costituito dal fatto che la gran parte delle violenze avvengano dentro le mura domestiche per mano del compagno, del marito o di parenti, e spesso la vittima, intrappolata in un orribile e perverso meccanismo per il quale amore, violenza e possesso si fondono in un abbraccio mortale, non ha la forza di denunciare i fatti per paura di vendette e di essere lasciata sola, per proteggere i figli, per l'incapacità dello Stato di garantire la certezza della pena, per il semplice timore di vedere la propria vita distrutta e per l'illusione, tutta femminile, di riuscire a cambiare il proprio carnefice. Ed i bambini, gli adolescenti, insieme alle donne, sono anch'essi vittime incolpevoli.
  È su questo punto, in particolare, secondo le prescrizioni della Convenzione di Istanbul, che ci siamo concentrati, prevedendo una tutela generalizzata per i minori di diciotto anni. Siamo intervenuti sull'articolo 572 del codice penale, il delitto di maltrattamenti in famiglia, spostando l'aggravante ivi prevista nell'articolo 61 del codice penale e dunque trasformando quella aggravante da speciale in aggravante comune per i delitti contro la vita e l'incolumità individuale, per i delitti contro la libertà personale e per tutta una serie di reati, tra cui, in primis, come detto, i maltrattamenti in famiglia.
  Pertanto, ora saranno aggravati i delitti commessi in presenza di un minorenne, in danno di un minorenne ed – importante – anche in danno di una donna in stato di gravidanza. Per questo abbiamo novellato anche le ipotesi di violenza sessuale aggravata. Dopo il passaggio in Commissione, è aggravata la violenza sessuale compiuta nei confronti di un minore di anni diciotto e non più di sedici, nei confronti di donna in stato di gravidanza e la violenza sessuale commessa dal coniuge (anche separato o divorziato) o da una persona che sia o sia stata legata alla vittima da una relazione affettiva, anche priva del requisito della convivenza, riempiendo in quest'ultimo caso un vulnus dovuto ad una concezione dei rapporti uomo-donna ancorata ad un'idea di famiglia e delle relazioni non più rispondente all'evoluzione sociale degli ultimi vent'anni.
  Per le stesse ragioni siamo anche intervenuti con decisione sullo stalking, prevedendo un aumento di pena e l'irrevocabilità della querela quando gli atti persecutori sono commessi dal coniuge – separato o divorziato – o anche da una persona legata alla vittima, come ho detto prima, da una relazione affettiva o quando gli atti persecutori sono commessi attraverso strumenti informatici o telematici.
  Sulla revocabilità della querela abbiamo ampiamente discusso in Commissione, Pag. 65ma rimango fortemente convinta che si sia compiuta la scelta giusta, rispondendo a due esigenze che sinteticamente posso definire di tutela per la vittima e garanzia per l'indagato. Tutela della vittima perché la donna, con l'irrevocabilità, non è più soggetta alle pressioni dello stalker per la remissione della querela ed è garanzia anche dell'indagato, per il contenuto di deterrenza che l'irrevocabilità contiene nei confronti delle querele strumentali o palesemente infondate.
  Nelle altre ipotesi, invece, abbiamo previsto che la querela può essere rimessa, ma solo in sede processuale ossia davanti ad un giudice. Abbiamo ampliato anche la gamma delle misure di prevenzione. Infatti, il provvedimento dispone che, in sede di ammonimento pre-processuale, l'autorità di pubblica sicurezza debba adottare, senza più discrezionalità, anche i conseguenti provvedimenti in tema di armi e munizioni per vietare il porto d'armi. Abbiamo anche adeguato il codice di procedura penale alle esigenze di maggior protezione delle vittime di stalking, maltrattamenti in famiglia e dei delitti commessi con violenza alla persona. Abbiamo ampliato la gamma delle misure coercitive adottabili a tutela delle vittime di tali reati.
  In particolare, abbiamo consentito, anche nelle indagini per lo stalking, l'impiego delle intercettazioni ed è stata introdotta la possibilità dell'adozione del provvedimento cautelare di allontanamento dell'imputato dalla casa familiare, oltre che per i reati già previsti, anche se si procede per lesioni e minacce gravi o aggravate in danno dei prossimi congiunti o del convivente, introducendo anche la possibilità di utilizzare il controllo con il cosiddetto braccialetto elettronico. Abbiamo poi previsto la possibilità dell'arresto in flagranza anche per i maltrattamenti in famiglia e per lo stalking ed abbiamo introdotto, su sollecitazione soprattutto delle forze dell'ordine, troppo spesso lasciate nell'impossibilità di agire tempestivamente a tutela della vittima per la mancanza di idonei strumenti, la nuova misura precautelare dell'allontanamento d'urgenza dalla casa familiare ed il contestuale divieto di avvicinarsi ai luoghi frequentati dalla persona offesa.
  Sono state poi previste particolari modalità di assunzione della testimonianza per i minori vittime di maltrattamenti in famiglia, con la possibilità di estendere questa misura anche ai maggiorenni, se particolarmente vulnerabili, mediante l'uso di un vetro specchio e di un impianto citofonico.
  Abbiamo introdotto anche importanti novità nel testo unico in materia di immigrazione, prevedendo il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari.
  Certo, l'attività del legislatore per arginare la violenza di genere non può e non deve finire con questo provvedimento. Ci sono ancora margini di miglioramento in termini di risorse stanziate e di efficacia dell'azione legislativa. Ma – come ha detto il Presidente Letta – c'era bisogno nel nostro Paese di dare un segno fortissimo, ma anche un cambiamento radicale col tema. Questo segnale è stato dato, il decreto va nella giusta direzione e – concludo – in poco più di un mese garantito a tante donne una protezione efficace da un possibile carnefice. Questa è una decretazione urgente e necessaria e lo dico ai colleghi del Movimento 5 Stelle, che non volevano questo provvedimento e che hanno proposto di eliminare gli articoli sul femminicidio.
  Il Partito Democratico, al contrario, ha lavorato duramente per avere questo provvedimento e, forse, è in questa fondamentale differenza che si manifesta la verità dell'affermazione che non siamo tutti uguali. Meno male che non siamo tutti uguali (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico) !

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Pannarale. Ne ha facoltà.

  ANNALISA PANNARALE. Signora Presidente, signora sottosegretaria, colleghe deputate e deputati, devo dire che è difficile intervenire oggi e – lo voglio dire – è difficile intervenire oggi perché l'orrore di questa mattina toglie qualunque voglia Pag. 66di parlare e la toglie proprio oggi che stiamo discutendo di decreto in materia di sicurezza, ed è esattamente in nome di questa parola, sicurezza, che le maggioranze che sostengono questo Governo hanno prodotto nel corso degli ultimi anni leggi liberticide, repressive, lesive di ogni minimo diritto e dignità delle persone.
  Tuttavia, siccome bisogna andare avanti e proseguire con il dibattito e con i lavori parlamentari, io mi riserverò oggi almeno il diritto e il privilegio di poter parlare a nome di quelle donne migranti che, nel fondo del Mediterraneo, una voce per parlare non ce l'hanno più (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).
  Del mio primo intervento in quest'Aula ho un ricordo particolarmente netto: è stato proprio sulla ratifica della Convenzione di Istanbul, a soli due mesi dall'insediamento di questo Parlamento, un passaggio che è stato sollecitato con forza da lei, Presidente Boldrini che, da subito, dai primi passi di questa legislatura, ha tenuto viva l'attenzione sulla condizione delle donne in questo Paese.
  In quella occasione, tutto il mio gruppo, il gruppo di SEL, non ha mancato di sottolineare la natura sì decisiva di uno strumento giuridico teso ad attivare processi reali di lotta e di liberazione dalla violenza di genere ma, al tempo stesso, il rischio di un'inadeguatezza, laddove non fosse subito seguita la costruzione di una pianificazione integrata e reticolare tra istituzioni pubbliche, enti, presidi sanitari, associazioni, forze dell'ordine, operatori e operatrici sull'unico terreno che noi consideriamo davvero efficace, quello della formazione e della prevenzione.
  E le associazioni di donne, i soggetti organizzati, le referenti dei centri antiviolenza sono state anche audite nell’iter precedente alla discussione degli emendamenti in Commissione. Un passaggio che abbiamo apprezzato, un passaggio importante, un passaggio che, tuttavia, avrebbe dovuto essere vincolante nella modificazione del testo e, soprattutto, nella trasformazione del profilo di questo decreto.
  E a questo si unisce, come ha ben segnalato prima Daniele Farina, la difficoltà di potere entrare nel merito senza una conoscenza puntuale delle ultime modifiche emendative operate dalle Commissioni riunite. E allora quello che abbiamo sotto i nostri occhi è un decreto recante – lo cito – «disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere, nonché in tema di protezione civile e di commissariamento delle province».
  Un decreto raffazzonato, che vanta, urla la centralità della questione della violenza di genere e che, nei fatti della sua articolazione e delle sue proposte, svela tutta la triste incapacità di comprendere quanto questa questione sia nevralgica e fondativa.
  Infatti, se si arriva a mettere insieme il tema della discriminazione e della violenza contro le donne con regimi speciali di restrizione della libertà personale, con la stretta repressiva contro i no-TAV o le manifestazioni sportive, con i requisiti di sicurezza degli articoli pirotecnici, con interventi sulla montagna, con i furti di rame, addirittura, vuole dire che la violenza di genere diventa nient'altro che un'esca, una bella lusinga per introdurre altro.
  Le donne non aspirano ad essere vittime e trattate come tali, non sono dei fragili esseri da tutelare. Le donne sono soggetti senzienti, dotate di un corpo, portatrici di sguardi, di differenze, di desideri, che devono trovare cittadinanza compiuta e libera (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).
  Vedete, il femminicidio, prima di diventare crimine, reato da sanzionare penalmente, ha a che fare con altro, con qualcosa di antico e strutturale, di pubblico e culturale, con relazioni potentemente squilibrate tra uomini e donne, con un sistema di potere storicamente codificato nella violenza e nella sopraffazione della donna da parte dell'uomo.
  Si uccide una donna perché è donna, si uccide una donna perché sceglie, perché si autodetermina, perché spesso, dopo anni di soprusi e di sofferenze psicologiche e Pag. 67fisiche, decide di sottrarsi, finalmente, al controllo della propria vita, dei propri desideri, delle proprie scelte sessuali da parte del compagno, del partner, del padre, del fratello, del datore di lavoro.
  Il femminicidio affonda le sue radici storiche nell'antica distinzione stereotipata dei giochi, ad esempio, quando ai bambini si regalano i modellini delle auto e alle bambine l'aspirapolvere rosa; le affonda nel maschile neutro del vocabolario che rimuove la donna da ogni ambito della socialità, nell'assenza dai programmi scolastici ministeriali dell'educazione ai sentimenti e alle relazioni, nelle discriminazioni fisiche-psicologiche-salariali sui posti di lavoro, nella separazione insanabile tra carriera e sfera riproduttiva, nell'uso osceno del corpo della donna per vendere qualunque cosa, dalle auto ai detersivi ai biscotti per la crescita, nella colpevolizzazione delle donne tutte le volte che dispongono del proprio corpo e ne rivendicano la proprietà esclusiva, il diritto ad interrompere gravidanze non volute senza anatemi bigotti e violenti (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).
  E allora, se il femminicidio non è questione privata di amore malato o di raptus incontrollato, se il femminicidio si nutre di un ordinamento sociale escludente e discriminante, come potete pensare che la risposta sia un decreto repressivo, che inasprisce le pene, che incentiva l'uso delle Forze armate, e che, invece, non impegna risorse adeguate per i centri antiviolenza e le case rifugio ?
  Abbiamo chiesto, come gruppo, oltre 100 milioni per il Piano straordinario contro la violenza sessuale e di genere, abbiamo proposto per questi soldi una copertura finanziaria certa, perché, quando si lotta contro la violenza, si programmano strumenti reali. Purtroppo, non ne avete previsti neanche 30 di milioni per i centri antiviolenza e tutti quei presidi che sono sul territorio e che lavorano ogni giorno, in maniera volontaria e faticosa, spesso nell'indifferenza delle istituzioni, delle forze dell'ordine, senza riconoscimenti e senza fondi stabili e continuativi, come prevede l'articolo 8 della Convenzione di Istanbul.
  Come potete pensare che ancora una volta si debba utilizzare il corpo delle donne per allargare la macchina del controllo e della militarizzazione dei territori e delle vite ? Francamente non abbiamo bisogno di passare dalla potestà del padre o del marito a quella dello Stato. Prima che protette, vogliamo essere libere. Libere di amare, di desiderare, libere anche di querelare. Perché anche la possibilità di revocare la querela per stalking ci volete sottrarre (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà), come se alla donna si potesse imporre qualcosa che non sia responsabilmente e consapevolmente scelto !
  Quello all'autodeterminazione è un diritto indisponibile e non negoziabile, e come tale chiede alla politica di fare buone leggi, ma anche di applicare quelle che già ci sono. Chiede ai Governi di rispettare i fondamenti costituzionali e di predisporre tutti gli strumenti per rimuovere gli ostacoli al benessere della vita personale e pubblica. Ma questo ostacoli si rimuovono rimettendo al centro un welfare per donne e un welfare per uomini, investendo risorse nella scuola e nella formazione, puntando su politiche occupazionali e sociali che garantiscano alle donne quella emancipazione reddituale e professionale, modificando la legislazione in materia di immigrazione e cancellando quell'assurdo reato di clandestinità, perché le donne migranti e richiedenti asilo, le donne vittime di tratta, settore in cui l'Italia vanta un vergognoso primato in Europa, possano essere informate e accedere alla denuncia senza la paura di essere respinte o rinchiuse in quegli orrori che si chiamano CIE (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà). Così come non abbiamo bisogno di più Forze armate, abbiamo bisogno invece che le forze dell'ordine siano adeguatamente informate e formate perché non deve più accadere che quando una donna trova il coraggio di andare in caserma e di denunciare, le venga risposto «Signora, è Pag. 68soltanto una lite, torni a casa da suo marito e ci faccia anche l'amore». Non abbiamo bisogno di un inasprimento delle pene, perché quando si arriva al carcere, la donna è già stata uccisa. È a nuove relazioni che vogliamo guardare, ad una educazione differente all'amore, al sesso, alle emozioni. E le donne, devo dire e concludo, sono già andate oltre in questi decenni, facendo irrompere parole e pratiche nuove di libertà, agendo eccedenze di senso e di relazione.
  Nessun cambiamento sarà possibile se insieme alle donne anche gli uomini – e ne vedo molto pochi oggi in quest'Aula – non sceglieranno di prendere parola e di incarnare dentro le relazioni nuove possibilità, nuove trame di civiltà, ed è anche per questo che faremo ostinatamente la nostra battaglia in Aula sugli emendamenti e sarà per noi una battaglia di civiltà (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà – Congratulazioni).

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Elena Centemero. Ne ha facoltà.

  ELENA CENTEMERO. Signora Presidente, onorevoli colleghi, il testo all'esame dell'Aula oggi reca innanzitutto disposizioni urgenti in materia di sicurezza e di contrasto alla violenza contro le donne, allo stalking e ai maltrattamenti in famiglia. Un provvedimento che riteniamo fondamentale, che mira a contrastare ogni forma abominevole di violenza seguendo tre direttrici fondamentali: prevenire la violenza di genere, punirla in modo certo, ma soprattutto proteggere le vittime.
  La violenza perpetrata dagli uomini ai danni delle donne in quanto tali, compreso l'omicidio per motivi legati all'identità di genere, è ancora oggi una delle forme di violazione dei diritti umani più grave e più diffusa nel nostro Paese e nel mondo; combattere con forza ogni atteggiamento e comportamento che tendono a tollerare, giustificare o ignorare la violenza commessa contro le donne è, pertanto, assoluta priorità di ogni livello di Governo.
  Le misure contenute nel decreto incidono sulle pene, sul ruolo delle forze dell'ordine, sulle forme di tutela delle vittime. Si tratta di strumenti di civiltà che da ora in poi potranno maggiormente contrastare con efficacia la violenza domestica, per depennare un fenomeno che è divenuto all'ordine del giorno, con la cronaca che ci riporta quotidianamente storie di insopportabili molestie ai danni delle donne e orribili delitti. Basta pensare che nel nostro Paese nel solo 2013 sono già state uccise cento donne. Questo e altri numeri legati alla violenza contro le donne sottolineano l'ampiezza del fenomeno e il suo profondo radicamento nella cultura del nostro Paese e nella vita delle famiglie.
  Spesso non si tratta dell'epilogo estremo di una storia personale, ma di un comportamento strutturato che attraversa una gran parte del Paese, in centinaia di migliaia di case. Non bisogna, quindi, mai sottovalutare la drammaticità di un'emergenza ormai quotidiana, di un fenomeno ormai quotidiano, di una realtà persistente e pervasiva, che anche in società avanzate come la nostra assume la dimensione di una inaccettabile violazione dei diritti umani e di un autentico pericolo sociale; un fenomeno che affonda le sue radici culturali in un terreno più ampio e, purtroppo, più fertile di quanto si pensi e di quello che anche le definizioni e i numeri ufficiali possono fornire.
  Nella scorsa legislatura è già stato fatto molto, con l'introduzione nel nostro ordinamento del reato di stalking. Ma possiamo – anzi dobbiamo – essere ancora più incisivi e consentire alle donne di considerarsi più protette. In questa legislatura c’è, infatti, un valore aggiunto che è il fatto che culture diverse si incontrano e concorrono insieme, come oggi con questo decreto, ad arrivare ad affrontare un fenomeno così complesso e così fondamentale della nostra cultura.
  La ratifica della Convenzione di Istanbul, la mozione sul femminicidio, approvata proprio qui alla Camera nei mesi scorsi, e il decreto all'esame dell'Aula si inseriscono all'interno di un percorso che il nostro Paese ha avviato in particolare nella scorsa legislatura – come ricordavo – e che ha l'obbligo di portare avanti con Pag. 69determinazione, costruendo una cornice di tutela contro la violenza domestica e contro la violenza degli uomini alle donne, che passa innanzitutto attraverso il sostegno alle vittime, che passa dalla prevenzione di questi reati e da una reale e concreta forma di tutela in sede giuridica.
  Il lavoro presso le Commissioni I (Affari costituzionali) e II (Giustizia) è stato quanto più approfondito possibile, seppur svolto nel rispetto dei tempi ristretti che abbiamo purtroppo avuto a disposizione a causa del grande carico di lavoro di entrambe le Commissioni.
  Il testo approvato, che ha visto la collaborazione di tutte le forze politiche, risulta notevolmente migliorato, in linea con i suggerimenti emersi durante le audizioni, e si pone l'obiettivo di offrire al tema misure efficaci, degne di una società che possa dirsi veramente civile e rispettosa del fondamentale ruolo della donna nella famiglia, nella società e nel Paese.
  Nel corso dei lavori sono stati esaminati ed approvati diversi emendamenti che hanno in alcuni punti profondamente modificato il testo del Governo, rafforzando in particolar modo le misure di prevenzione della violenza e le misure di tutela delle donne minacciate e colpite. Tra queste ricordo innanzitutto lo stanziamento di nuove risorse, per un totale di 20 milioni di euro: 10 milioni già dal 2013, finanziati dal Ministero dell'economia e delle finanze al Fondo a sostegno al Piano d'azione contro la violenza.
  In Commissione sono state anche riscritte le finalità del Piano e su questa parte vorrei in modo particolare soffermarmi, perché la ritengo importantissima. Il Piano ha lo scopo di prevenire il fenomeno della violenza contro le donne, di sensibilizzare i media ma, soprattutto, di promuovere l'educazione del personale scolastico alla parità di genere e nei cosiddetti «programmi scolastici», perché ora noi parliamo di indicazioni nazionali e di linee guida, nella programmazione curricolare ed extra curricolare delle scuole. Questo è un passaggio fondamentale e incisivo – mi auguro – nella cultura del nostro Paese. Poi, potenziare il sostegno alle vittime, rafforzando i servizi territoriali; formare le professionalità che entrano in contatto con la violenza di genere e lo stalking; promuovere la collaborazione tra istituzioni e Ministeri; promuovere lo sviluppo e l'attivazione – questo è un punto importante, un altro punto che tengo a sottolineare – di azioni di recupero e di accompagnamento di uomini violenti, al fine di favorirne il recupero e limitare i casi di recidiva; prevedere una raccolta strutturata e periodicamente aggiornata dei dati del fenomeno, ivi compresa la mappatura dei centri antiviolenza, anche attraverso il coordinamento delle banche dati già esistenti.
  Nello stesso tempo abbiamo ottenuto un finanziamento specifico, altri 10 milioni di euro, per un fondo mirato a sostegno di case, centri, associazioni di accoglienza, accompagnamento e tutela delle donne perseguitate e violentate e per il recupero dei maltrattanti.
  Ma il decreto contiene ulteriori e rilevantissime disposizioni, che incidono su norme penali e processuali. Sempre nell'ottica della prevenzione, si è dato rilievo alla misura dell'ammonimento nei confronti dei maltrattanti. Di grande rilievo è poi la disposizione che prevede l'irrevocabilità della querela, che noi abbiamo sostenuto, se il fatto è commesso mediante minacce reiterate. Quanto all'aspetto repressivo, si ricorda la scelta di colpire con aggravanti di tipo generale i reati di violenza commessi non solo ai danni, ma anche in presenza di un minore, e l'allontanamento dalla casa familiare come misura cautelare d'urgenza.
  In sostanza – e concludo – questo provvedimento rappresenta non solo un ulteriore passo in avanti nell'ambito della tutela giuridica delle vittime di violenza, ma anche e soprattutto un'importante azione per scuotere le coscienze, spingere a un cambiamento culturale e dare una mano concreta per contrastare l'offesa più grande ai diritti umani delle donne, perché combattere in modo efficace il fenomeno della violenza contro le donne – la violenza maschile contro le donne, lo voglio sottolineare – non può che partire da un Pag. 70profondo mutamento culturale: è il solo modo per far sì che le misure messe in campo non siano un punto di arrivo, ma un significativo ulteriore passo in avanti nel percorso di cui istituzioni e cittadini tutti siamo responsabili, per porre fine a questa sequela orrenda di violenze perpetrate dagli uomini nei confronti delle donne (Applausi).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Invernizzi. Ne ha facoltà.

  CRISTIAN INVERNIZZI. Signora Presidente, signor sottosegretario, colleghi deputati, inizia oggi la discussione in aula di un provvedimento composito ed eterogeneo, un provvedimento che, approvato in Commissione in tempi ristretti, ha la pretesa di voler disciplinare in pochi articoli materie complesse e delicate, dalla violenza di genere al riordino delle province; un provvedimento che, come si legge nella relazione, questo Governo vorrebbe presentare pomposamente come il suo «pacchetto sicurezza», ma vedremo che è ben lontano dai veri «pacchetti sicurezza» come quelli presentati dall'allora Ministro dell'interno Roberto Maroni.
  Già durante i lavori della Commissione giustizia il nostro gruppo ha valutato negativamente il provvedimento in esame, per il contenuto eterogeneo e per i modi e i tempi della sua adozione, benché vi siano stati l'impegno e la disponibilità comunque da parte nostra, visti i temi affrontati, a migliorare il testo con una serie di emendamenti, poi non accolti, ma che sicuramente ripresenteremo anche in questa sede.
  Lo strumento del decreto-legge non appare idoneo e adeguato ad affrontare diversi temi che, pur essendo di indubbia necessità ed urgenza, coinvolgono però una serie di questioni di particolari delicatezza e complessità, che andrebbero affrontate, approfondite e valutate seriamente, perché altrimenti questo Governo e questa maggioranza non faranno altro che approvare l'ennesima «legge bandiera» che però – è lampante – è di nessuna utilità per i cittadini.
  Tra le altre cose, questo è confermato già solo dalla circostanza che il testo è stato esaminato, per una sorta di destino beffardo, dal Consiglio dei ministri lo stesso giorno dell'approvazione al Senato del decreto-legge cosiddetto svuota carceri, che va nel senso proprio opposto alla sicurezza, alla prevenzione e repressione dei reati, che è stato anzi uno schiaffo morale alle vittime, alle forze dell'ordine quotidianamente impegnate per garantire la sicurezza nelle nostre città e a tutti i cittadini perbene di questo Paese.
  L'esame del provvedimento ha avuto inizio solo il 6 settembre scorso. Mi sia consentito a questo punto un inciso, visto quello che è stato detto dal rappresentante del Governo: questo provvedimento è stato presentato all'Aula il 20 agosto, quindi parliamo già di più di 40 giorni fa. Il 27 agosto l'onorevole Molteni, esponente della Lega Nord e capogruppo in Commissione giustizia, aveva fatto presente che si stava già perdendo troppo tempo. Ebbene, il risultato è che è stato irriso dai colleghi della maggioranza, che dicevano: ecco i soliti leghisti, che vogliono pretestuosamente attaccarsi a qualunque cosa. Stiamo parlando del 27 agosto. Fino al 6 settembre non si è visto nulla, è iniziato il 6 settembre. Fino al 10-11 settembre non c’è stata l'audizione.
  Dopo tutto questo, dopo più di quaranta giorni, chiedo, sia a lei, signora sottosegretario, che agli esponenti della maggioranza, di mettersi nei panni degli esponenti dell'opposizione, come ci si senta a venire e sentire dal Governo che forse – così mi è parso di capire – non ci saranno i tempi per condurre alla conclusione questo provvedimento e sentire quasi un invito da parte del Governo e, quindi, della maggioranza a comprimere il dibattito parlamentare, perché, altrimenti, c’è il rischio che dopo in Senato non si riesca a concludere l'iter.
  Insomma, veramente, io, da parlamentare dell'opposizione, la vivo come un insulto, soprattutto perché, come ripeto, visto che bisognava dimostrare che l'Aula sotto la guida della Presidente Boldrini lavorava anche il 20 agosto, dal 20 agosto Pag. 71ad oggi sono passati più di quaranta giorni ed oggi io sento il Governo e la maggioranza che ci dicono: ah, ma sapete forse non ci sono i tempi.
  Possiamo considerarlo un insulto o l'ennesima riprova che questo Governo, dopo il teatrino della settimana scorsa, probabilmente non ha risolto completamente i propri problemi e, anzi, sarebbe il caso che cominci a pensare, più che alle proprie tensioni interne, a far sì che, almeno su provvedimenti così importanti e così esaltati anche dagli esponenti della maggioranza che prima ho sentito, venga fatto qualcosa per portare a casa i risultati ? Oppure continuiamo a prendere in giro gli esponenti dell'opposizione e i cittadini, che spero quanto meno vengano informati ?
  Torniamo al merito del problema, anche se adesso prendo atto che forse il lavoro svolto e le notti passate nelle Commissioni non avranno alcun risultato. Comunque il 6 settembre scorso, per grazia di Dio, cominciamo l'esame di questo provvedimento. L'esame del provvedimento è iniziato, un esame frettoloso che, per garantire il rispetto del termine perentorio di sessanta giorni per la conversione, comporterà, a nostro avviso, il serio rischio che si approvi un testo non adeguatamente istruito ed approfondito, che darà luogo a problematiche in sede applicativa e alla necessità di un successivo intervento correttivo, come dimostrano, tra l'altro, anche i giudizi critici espressi da più parti nel corso delle audizioni.
  Se la finalità del decreto-legge in esame era quella di dare attuazione alla Convenzione di Istanbul e agli indirizzi contenuti nelle mozioni approvate all'unanimità dalla Camera sulla materia, non si comprende per quali ragioni sia stato scelto di strutturarlo all'interno di un provvedimento così disomogeneo. Sicuramente non è stato il miglior modo per intervenire in questa materia, cioè attraverso un decreto-legge di fatto omnibus, in cui si rischia, di proposito o meno, di far confluire temi e argomenti del tutto estranei alle finalità del provvedimento, così come dimostra l'articolo 4 del decreto.
  La Lega aveva chiesto nelle Commissioni la soppressione di questo articolo, perché nei fatti è una «sanatoria mascherata», a tempo indeterminato, che nulla ha a che vedere con la sicurezza, la violenza di genere o la riorganizzazione delle province.
  È noto che la Convenzione fatta ad Istanbul l'11 maggio del 2011 è volta a creare un quadro normativo completo a tutela delle donne contro qualsiasi forma di violenza e interviene specificamente anche nell'ambito della violenza domestica, che non colpisce solo le donne, ma, come vorrei ricordare, anche altri soggetti, ad esempio bambini e anziani, ai quali altrettanto si applicano le medesime norme di tutela. Invece, l'articolo 4 introduce un nuovo articolo 18-bis al testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero.
  Ciò che non si comprende è la necessità di introdurre nel nostro ordinamento un ulteriore tipo di permesso di soggiorno, come quello contemplato dall'articolo 4. I titoli di soggiorno per poter legalmente risiedere oggi sono diversi. Ad esempio – e potrebbe proprio essere il caso di denuncia per violenza –, la permanenza della vittima nel territorio nazionale a fini di collaborazione con l'autorità giudiziaria potrebbe essere garantita già attraverso il rilascio del permesso di soggiorno per motivi di giustizia, di cui all'articolo 11, comma 1, lettera c-bis), del regolamento di attuazione del testo unico in materia di immigrazione.
  Nella relazione a noi presentata viene, però, eccepito che tale permesso – cito testualmente – «potrebbe non applicarsi ai casi in cui la vittima non cooperi ai fini del procedimento penale e, prima ancora, a quelli in cui un procedimento penale non sia ancora avviato, in contrasto con quanto stabilito dalla Convenzione». Tuttavia, se si va a leggere il testo della Convenzione, non è proprio così. L'articolo 59 parla, infatti, di due casi precisi e distinti. Al primo comma dell'articolo 59 si parla di quelle donne vittime di violenza il cui status di residente dipende da quello Pag. 72del coniuge o del partner e che in caso di scioglimento del matrimonio o della relazione, in situazioni particolarmente difficili, possono ottenere su richiesta un autonomo titolo di soggiorno.
  Il secondo comma si occupa, invece, di donne vittime di violenza e destinatarie di provvedimenti di espulsione a causa del loro status dipendente da quello del coniuge o partner, e prevede che esse possano ottenere la sospensione delle procedure per poter chiedere un autonomo titolo di soggiorno.
  Al comma 3 si precisa che lo Stato rilascia un titolo di soggiorno alle vittime in una o entrambe le seguenti situazioni, cioè quando l'autorità competente ritiene che il loro soggiorno sia necessario in considerazione della loro situazione personale e/o quando l'autorità competente ritiene che il loro soggiorno sia necessario per la loro collaborazione con le autorità competenti nell'ambito di una indagine o di procedimenti penali. Dunque, il permesso di soggiorno per motivi di giustizia, già peraltro contemplato dal nostro ordinamento, non è in contrasto con la Convenzione.
  Per quanto riguarda i casi di oggettive e gravi situazioni personali, esiste poi già nel nostro ordinamento il permesso di soggiorno cosiddetto per motivi umanitari, già previsto dall'articolo 5, comma 6, del testo unico in materia di immigrazione. Posto che dunque già esiste uno strumento di tutela, che come si legge anche nella relazione viene spesso applicato alle donne vittime della tratta, non si comprende quale sia la ragione per l'introduzione di un'ulteriore forma di permesso di soggiorno.
  A conclusione, può dirsi che tale nuova tipologia di permesso risulta del tutto inutile rispetto agli strumenti già esistenti nel nostro ordinamento, strumenti che spesso sfuggono a rigorosi controlli soprattutto in fase di rinnovo. Sarebbe, infatti, interessante sapere quanti permessi per motivi umanitari non vengono rinnovati perché non sussistenti più i motivi di pericolo per la persona o se, in caso di riconoscimento di protezione sussidiaria e addirittura di status di rifugiato, vengono effettuati dei controlli per verificare se il beneficiario è poi ritornato nel proprio Paese di origine, condizione che farebbe venir meno la necessità di protezione.
  Tornando al provvedimento in esame, come già rilevato anche durante il suo esame in Commissione, è totalmente assente la previsione di forme efficaci di prevenzione della violenza domestica e di genere, così come la previsione di una idonea copertura finanziaria anche per azioni di contrasto alla stessa.
  Sui temi in esame vi sono forti attese nel Paese da parte dei cittadini, a cui questo Governo e questa maggioranza continuano a non voler prestare ascolto.
  Questo Governo e questa maggioranza hanno dimostrato ancora una volta di essere molto lontani dalle esigenze e dalle richieste del Paese: i cittadini chiedono sicurezza, ma quella vera, cioè poter circolare per strada o stare in casa propria tranquillamente, quella sicurezza fatta non di proclami, ma di interventi concreti.
  Occorre innanzitutto potenziare le funzioni dei sindaci, i quali si trovano in prima linea a gestire tutti i problemi legati alla sicurezza urbana, dovuti anche alle politiche di questo Governo, che alimentano flussi immigratori massicci verso le nostre coste, con la promessa di una cittadinanza facile o di poter beneficiare di indulti o amnistie se non rispettano le nostre regole e commettono dei reati.
  La Lega è in generale favorevole al provvedimento per quanto attiene l'inasprimento delle pene, che dovrebbe essere esteso anche nei confronti di chi si macchia di reati di particolare allarme sociale, che aumentano in periodi di grave crisi economica...

  PRESIDENTE. Deputato Invernizzi, concluda.

  CRISTIAN INVERNIZZI. Concludo, Presidente. Come dimostrano le statistiche le quali evidenziano un aumento dei reati cosiddetti «predatori».
  In conclusione, signora sottosegretario, colleghi deputati, il nostro impegno ci sarà Pag. 73comunque, compatibilmente ovviamente con la disponibilità da parte del Governo e della maggioranza a lasciare esprimere su questo tema i deputati dell'opposizione.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Cirielli. Ne ha facoltà.

  EDMONDO CIRIELLI. Signora Presidente, colleghi, anzitutto in via preliminare voglio ringraziare la Commissione giustizia e la Commissione affari costituzionali per il lavoro importante svolto in un momento complicato, non soltanto per la situazione politica nazionale, ma anche per l'oggettiva difficoltà nella quale il Governo ha messo il Parlamento e le Commissioni nel lavorare. Ovviamente voglio dire che, nello stesso tempo, il Governo ancora volta dimostra di essere molto più attento agli effetti demagogici e mediatici dei propri provvedimenti, piuttosto che ad affrontare con serietà e competenza temi importantissimi.
  Ed è chiaro che, rispetto a questo, la pensiamo come altri gruppi di opposizione e lo dirò, ma voglio d'altro canto affermare che il gruppo di Fratelli d'Italia è molto attento, come altri, alle tematiche speciali del femminicidio, ma in genere alla protezione dei più deboli, delle donne, degli indifesi, alle tematiche della sicurezza e del contrasto della criminalità.
  Peraltro, il pot-pourri di norme rispetto al quale il Governo ci costringe con questo decreto, che ne contiene quattro-cinque insieme, ci mette nella condizione difficile, da un lato, di dover affrontare con serietà il provvedimento e, dall'altro lato, di non rallentarne l'attuazione attesa l'importanza. Ed è per questo che abbiamo presentato pochi emendamenti, è per questo che auspichiamo un'attenta valutazione dell'Aula – come sta avvenendo –, ma, allo stesso tempo, l'approvazione rapida del provvedimento stesso.
  Il tema del femminicidio – sappiamo bene – è stato inserito con prepotenza, non soltanto dall'approvazione della Convenzione di Istanbul, che abbiamo per primi, come Stato, ratificato nel giugno del 2013, ma dall'ormai acclarata necessità di un intervento non soltanto di tipo repressivo, ma di tipo culturale. Purtroppo, la drammaticità degli avvenimenti e i tanti delitti che ogni giorno purtroppo siamo costretti a verificare costringono e hanno costretto questo Parlamento ad intervenire con forza sul tema.
  D'altro canto – lo ripeto –, avere introdotto a fianco del tema del femminicidio temi vari, che vanno dagli interventi a favore delle montagne, al commissariamento delle province, ai vigili del fuoco, ad altre normative in materia di sicurezza, ad un giusto adeguamento del trattamento economico delle forze dell'ordine, così come, addirittura, l'ultima trovata, ad un adeguamento dei requisiti di sicurezza degli strumenti pirotecnici – che, peraltro, secondo noi, creerà un altro duro colpo alla situazione già difficile di questa attività produttiva importante per il nostro Paese –, dimostra, ancora una volta, che c’è poca volontà di affrontare in maniera seria, soprattutto, il tema della tutela dei diritti ma anche il tema dell'intervento su provvedimenti che intervengono pesantemente sul tema della tutela dei diritti.
  E ciò nonostante, e pur tuttavia, noi siamo ovviamente favorevoli a questo intervento, perché per la prima volta si interviene su un tema che a noi pure è molto caro, che è quello della tutela delle vittime. È la prima volta che si interviene, sebbene con misure limitate, come quella del gratuito patrocinio per le donne e, in genere, per coloro che subiscono i reati che genericamente possiamo definire – così come lo fa la Convenzione di Istanbul – di violenza domestica, così come si interviene complessivamente su tutta una serie di reati che sono un po’ «reati sentinella» di violenze più gravi che subiscono le donne: per noi rappresenta certamente un passo in avanti.
  D'altro canto, così come avevamo gridato inascoltati, quando è stata ratificata la Convenzione di Istanbul nel giugno del 2013, che scarse erano le risorse, anzi, che addirittura c'era una norma di invarianza di spesa nella ratifica di quel provvedimento, abbiamo poi potuto constatare che Pag. 74il Governo, ancora una volta, ci presentava questa bella «lenzuolata», senza mettere mano alla tasca, senza prevedere nulla di quello che, poi, è veramente importante. Perché, vedete, sebbene sia necessario – lo dico a molti colleghi di opposizione, che, giustamente, hanno una cultura garantista –, sebbene certamente questi provvedimenti andrebbero soppesati, è altrettanto logico e giusto che un atteggiamento repressivo vada messo in campo contro le tante violenze. Ma d'altro canto, nulla si fa e nulla è previsto, se non in maniera per ora ancora accademica, con l'introduzione di un piano straordinario per la lotta contro la violenza sessuale e di genere, perché le risorse sono poche. E bisogna ringraziare solo le Commissioni e il lavoro di tutto il Parlamento, perché si sono trovati i 10 milioni di euro rispetto ad un'enormità: già oggi i servizi sociali dei comuni e delle regioni languono e sono in difficoltà a sostenere tutti gli interventi rispetto ai disagi crescenti provocati dalla crisi economica e sociale; oggi gli diamo ulteriori compiti, ma, di fatto, non mettiamo in campo le risorse.
  Poi, è evidente, che la violenza contro le donne non è e non può essere banalizzata soltanto come una violenza tout court.
  È frutto di una mentalità sbagliata, ma anche di una società che è cambiata, una società dove, per fortuna, la donna ha acquisito un ruolo di primo piano, ma rispetto al quale, probabilmente, la nostra organizzazione non è ancora pronta, la mentalità di molte persone arranca e succede quello che succede. Allora, credo che fosse necessario dare un primo segnale di adeguamento del nostro ordinamento alla Convenzione di Istanbul, intervenire pesantemente in tema di servizi sociali, in tema di educazione scolastica, di prevenzione, in tema di diffusione di una cultura diversa che aborrisca difetti del passato e culture antiquate che certamente non possono essere più accettate.
  Invece, si è scelta solo una strada repressiva, peraltro con interventi anche a gamba tesa. Sono d'accordo con chi paventa il rischio, ancora una volta, di passare – come ha detto giustamente una collega – da una situazione di soggezione delle donne rispetto a una cultura paternalistica della società, a una di soggezione a una cultura statalista nel senso di un intervento dello Stato come una sorta di «grande fratello» che pensa di poter intervenire semplicemente espropriando la libertà delle donne che già vivono una situazione che invece andrebbe nella direzione esattamente opposta: una più forte emancipazione con un sostegno sociale, economico e culturale. Tutto ciò manca e mi dispiace che il Governo pensi, nel mese di agosto, di mettersi un'altra medaglietta magari, poi, provocando anche problemi più gravi, perché un intervento non oculato, non intelligente, non preparato professionalmente in questo tema, probabilmente, può rompere delle famiglie in maniera più definitiva e addirittura può provocare situazioni di tensione, di esasperazione che possono portare a reati più gravi.
  Ciò nonostante e pur tuttavia, come ho già detto, noi siamo convinti che sia necessario questo provvedimento; peraltro, siamo molto preoccupati e non lo dico per essere demagogo o per strumentalizzare, ma ci confrontiamo con una grande migrazione che porta pesanti differenze culturali, religiose. Penso all'islamismo fobico con la sua carica aggressiva contro le donne e rispetto al quale lo Stato si deve difendere, si deve difendere certamente non in maniera solo repressiva ma in maniera, sicuramente, culturale.
  Voglio anche dire che è la prima volta che lo Stato, come ho già accennato, interviene a tutela delle vittime. Il nostro gruppo Fratelli d'Italia ha presentato una modifica della nostra Carta costituzionale proprio per inserire la tutela delle vittime all'interno della Costituzione. È da tempo – non è vero che è solo dal 2012 che l'Unione europea ha emanato direttive che spingono i governi a intervenire pesantemente per prevedere tutele per le vittime – sono anni che tanti Paesi si sono adeguati a una serie di direttive, di convenzioni approvate che prevedono, innanzitutto, come è giusto che sia, la tutela delle Pag. 75vittime. Per troppi anni ci siamo preoccupati soltanto dei criminali, delle loro condizioni in carcere, ci siamo occupati di amnistie, indulti, semilibertà, semidetenzione, permessi e tante altre diavolerie provocate da una cultura di centrosinistra che, oggi, cerca di rimediare introducendo aggravanti, aumentando le pene e cerca di compensare in realtà quello che è avvenuto: uno sbriciolamento del concetto della certezza della pena. Probabilmente, se le pene fossero state certe e rispettate e adeguatamente comminate, e non travolte da un sistema di esecuzione penale risibile, forse oggi non avremmo bisogno di intervenire in maniera repressiva come facciamo, forse non ci sarebbe probabilmente bisogno se non di una forte azione culturale per cambiare, nella mentalità della nostra società italiana, il ruolo delle donne che devono essere rispettate, innanzitutto, in quanto individui capaci di dare un contributo fondamentale allo sviluppo della nostra società.

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Delia Murer. Ne ha facoltà.

  DELIA MURER. Signora Presidente, prima di svolgere il mio intervento, vorrei denunciare in quest'Aula un fatto grave, un fatto che è avvenuto nei confronti della nostra collega Alessia Morani, che ha parlato prima, e che in seguito al suo intervento ha ricevuto un tweet firmato – anche se io non farò il nome – che dice: «mi fai un piacere, ammazzati, non infangare il MoVimento 5 Stelle». Anche questa è violenza. È una cosa inaccettabile (Applausi). Noi dobbiamo avere il diritto di esprimere le nostre opinioni e le nostre opinioni sono i nostri convincimenti, il frutto della nostra iniziativa, come noi rispettiamo opinioni difformi dalle nostre. Credo che noi davvero dobbiamo condannare questo episodio.
  Io vorrei dire che il Parlamento ha accettato la sfida che il Governo ci ha lanciato adottando questo decreto-legge, anche molto in fretta. La sfida è stata quella di voler adottare il decreto-legge e, rispetto alle carenze che noi avevamo visto nello stesso, di svolgere un lavoro per arrivare a un forte miglioramento del decreto-legge stesso. Io questo mi sento di dirlo, di dirlo anche di fronte a un fenomeno, appunto quello della violenza, che è un fenomeno strutturale che richiede risposte precise.
  Io vorrei soffermarmi solo sugli articoli 5 e 5-bis, che sono articoli che nelle audizioni hanno ricevuto molte critiche, soprattutto dalle associazioni del movimento delle donne, che chiedevano chi di stralciarlo chi di cambiarlo molto. Vorrei dire che la Viceministra Guerra aveva fatto una scelta, con questo decreto – ce lo ha detto nella discussione che c’è stata nelle Commissioni –, che era nato soprattutto per aumentare le pene, per intervenire su quel punto, e poi ha voluto inserire l'articolo 5 e affrontare anche il tema del piano contro la violenza. Credo sia stata una scelta giusta. Lei ci ha detto di un lavoro che è già partito in relazione all'attivazione della task force, un lavoro che è partito con gli enti locali, con l'esperienza sul territorio, con le donne e i centri antiviolenza che esistono in giro per l'Italia. Il grande limite della proposta iniziale del Governo era di partire a risorse invariate. Io vorrei rivendicare con questo mio intervento un lavoro che è stato fatto positivamente, un lavoro che si è intrecciato anche con il dibattito che era aperto non solo in Commissione giustizia e in Commissione affari costituzionali, ma anche in XII Commissione, dove avevamo all'attenzione un provvedimento per istituire un fondo per i centri antiviolenza e per le case rifugio. Su questo avevamo anche previsto tutta una modalità di erogazioni di questo fondo per finanziare una rete tanto precaria e per fare in modo che si arrivasse a un riequilibrio sul territorio nazionale, visto che oggi ci sono realtà che non hanno nessuna risposta. Questo intreccio è stato un intreccio che credo sia stato proficuo. Noi abbiamo scelto di puntare ad avere un risultato che potesse da subito, quindi senza aspettare l’iter di una legge ordinaria, cambiare la vita di molte donne e dare anche la possibilità di fare uscire dalla precarietà i centri esistenti e Pag. 76di aprirne di nuovi. Aprire nuovi centri e aprire nuove case rifugio. Le audizioni ci hanno detto quanto sia variegata l'esperienza e quanto sia anche disomogenea. Con gli emendamenti che sono stati proposti dal Parlamento e che sono stati votati, secondo me si è avviata un'inversione di tendenza.
  Certamente, diciamo, i soldi messi sono pochi, però ci sono e io credo che il Governo dovrà aiutarci in sede di legge di stabilità ad aumentarli. Credo che, però, dobbiamo valutare il fatto che ci sono 20 milioni per il 2013, 10 milioni per il Piano contro la violenza e 10 milioni per i centri e le case rifugio, ce ne sono altri per il 2014, e dal 2015 questo fondo di 10 milioni diventa un fondo strutturale. È questo, vorrei dire, che secondo me è un elemento molto importante, come molto importante è il fatto che questo fondo non venga deciso dal Ministero, ma venga ripartito in Conferenza Stato-regioni e possa vedere un protagonismo dei comuni e degli enti locali e di tutte le associazioni del privato, del sociale e delle associazioni delle donne. Mi pare anche molto importante il fatto che si riservi un terzo di questi fondi per creare nuove esperienze, io credo che con questo noi cominciamo a invertire una tendenza. Ci aspettiamo, come dicevo, che il governo ci aiuti a fare un ulteriore passo con la legge di stabilità, ma in un periodo di così gravi difficoltà economiche io vorrei dire che è stato positivo questo lavoro che ci porta a questo risultato.
  Di un altro aspetto, poi, vorrei parlare: il Governo ha modificato fortemente, invito i colleghi a leggerlo, il punto 5 anche del decreto. Il Piano non è più straordinario, è un Piano ordinario ed è un Piano che interviene su molti ambiti ma soprattutto è un Piano che viene costruito in relazione e con il coinvolgimento degli enti locali, delle associazioni delle donne e dei centri anti-violenza. Questo è un altro punto che per me è qualificante, perché è un piano che si calerà nella realtà del nostro Paese. Quindi io vorrei dire che il confronto, l'ascolto ma anche l'assunzione di responsabilità da parte del Parlamento ci fa dire che oggi è un altro buon giorno per le donne del nostro Paese e noi abbiamo messo con questo, se riusciremo a andare in porto, se il decreto verrà votato da noi e anche poi dal Senato, un ulteriore importante tassello che viene ad aggiungersi per l'attuazione della Convenzione di Istanbul.

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Mara Mucci. Ne ha facoltà.

  MARA MUCCI. Signora Presidente, oggi in quest'Aula veniamo chiamati a discutere dell'ennesimo decreto omnibus sbandierato come decreto contro il femminicidio e che in realtà si occupa anche di protezione civile, di commissariamento delle province e di sicurezza, e di inasprire la repressione del reato di furto di materiali da impianti e infrastrutture destinate all'erogazione di servizi pubblici.
  Il femminicidio, anche se scoperto dai media e preso in considerazione dalla politica solo di recente, non è un fenomeno di oggi. La violenza maschile sulle donne ha un carattere strutturale e non certo emergenziale. Per un tema così importante quale quello della violenza contro le donne, ci saremmo aspettati almeno un decreto ad hoc maggiormente conforme agli obblighi internazionali e comunitari che abbiamo assunto approvando la Convenzione di Istanbul, ed un piano nazionale antiviolenza organico maggiormente finanziato. O meglio, ci saremmo aspettati di poter discutere nelle Commissioni competenti, assieme alle associazioni e agli operatori coinvolti, delle proposte di legge di origine parlamentare e non di ratificare l'ennesimo decreto (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Le misure introdotte rappresentano la risposta tardiva e inadeguata del Governo italiano alle raccomandazioni provenienti dalle Nazioni Unite già nel 2011 – Comitato Cedaw – e nel 2012 con la relatrice speciale dell'ONU contro la violenza sulle donne. A due anni esatti dalle raccomandazioni del Comitato Cedaw, che evidenziavano come l'incremento dei femminicidi trovasse causa nel fallimento delle autorità Pag. 77dello Stato nell'assicurare protezione adeguata alle donne che subivano violenza, il Governo a luglio 2013 avrebbe dovuto presentare un rapporto urgente per riferire sulle misure adottate negli ultimi due anni al fine di contrastare il fenomeno.
  A luglio, ovviamente, il Governo non ha presentato il rapporto richiesto: così a metà agosto, dopo due anni di inattività totale, ha pensato di salvarsi in extremis attraverso questo decreto-legge; decreto-legge che è uscito il 14 agosto, in piena pausa estiva, contribuendo a far perdere ulteriore tempo prezioso alla discussione nelle Commissioni. Di fatto, Presidente, questo decreto-legge deve ancora arrivare al Senato, essere discusso e convertito, con il rischio di decadere (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Comunque, nonostante i tempi ristretti a disposizione, ritengo sia stato fatto un lavoro buono all'interno delle Commissioni affari costituzionali e giustizia, con una versione migliorativa che oggi approda in quest'Aula, e che accoglie finalmente le osservazioni di associazioni e centri antiviolenza e che prevede un finanziamento, lo ripeto, comunque insufficiente.
  Pur ammettendo la presenza di alcune norme positive, questo decreto-legge rimane una soluzione disorganica e lontana dalle reali esigenze delle donne che vogliono sottrarsi alla violenza e degli operatori che devono sostenerle in questo processo. Presidente, forse il maggior merito di questo decreto-legge è l'aver dato importanza ai centri antiviolenza, ancora purtroppo numericamente insufficienti sul territorio nazionale, finalmente riconosciuti come strumento essenziale a dare il necessario supporto alle donne che decidono di denunciare il marito, il fidanzato, il compagno, l'uomo che le opprime, le minaccia o le picchia. La maggior parte dell'esigua copertura trovata andrà quindi a loro: infatti sono stati stanziati 30 milioni di euro per il triennio 2013-2015 per evitarne la chiusura.
  Rimane grave, gravissimo che questo Governo, e parte dei nostri colleghi del PD, abbiano votato contro la nostra proposta di sopprimere l'inciso «gravi, non episodici» aggiunto alla definizione di violenza domestica; per la quale si intendono, secondo la Convenzione, tutti gli atti – ripeto: tutti gli atti, nessuno escluso – di violenza fisica, sessuale, psicologica o economica che si verifichino anche all'interno del nucleo familiare, indipendentemente dal fatto che il maltrattante condivida o abbia condiviso la stessa residenza con la vittima. Come possiamo definirci un Paese civile ? Cosa deve subire una donna perché abbia il diritto di essere difesa in questo Stato ? Le misure di protezione devono partire sin dal primo episodio ! Presidente e colleghi, ci rendiamo conto che tenere in piedi quell'inciso significa ostacolare il godimento dei diritti fondamentali garantiti dalla Convenzione ? Ci rendiamo conto che le istituzioni di cui facciamo parte, con questa decisione, si rendono complici di tali misfatti ?
  È gravissimo che non sia stato soppresso l'articolo 3. Questa disposizione, nel caso venga applicata, metterà gravemente a rischio la vita delle donne. Difatti, questo dispositivo è inapplicabile: il maltrattamento è già un reato perseguibile d'ufficio, per il quale è possibile l'arresto e l'adozione di misure cautelari. E allora perché, in una situazione in cui la donna ha subito violenze gravi, reiterate, si dovrebbe solo ammonire l'aggressore e non iniziare l'azione penale ? È una follia introdurre questa disposizione di legge, in violazione, Presidente, della Convenzione di Istanbul, quando invece, introducendo la definizione di violenza domestica prevista dalla Convenzione, questa misura poteva andare ad incidere proprio sulle violenze iniziali o occasionali per evitare il consolidarsi di un'abitudine al maltrattamento e che si deviasse in un rapporto malsano.
  Almeno, magra consolazione, siamo riusciti a spuntarla sulla revocabilità della querela limitatamente ai reati meno gravi, certi che l'irrevocabilità scoraggerebbe ancor di più le querele. Infatti, sono ancora troppo poche le donne che denunciano gli episodi di violenza subiti, spesso davanti a figli e parenti. Quelle poche donne che hanno avuto il coraggio di denunciare, consapevoli del pericolo che correvano, Pag. 78non sono state adeguatamente supportate, né protette dalle istituzioni alle quali si erano rivolte e che avevano il dovere di difenderle e tutelarle.
  Una violenza che non è solo fisica, ma anche morale, difficile da riconoscere: una vera e propria distruzione, insidiosa perché indiretta. La persona viene fatta a pezzi, in maniera costante e ripetuta con parole di disprezzo, umiliazione e discredito. L'aggressore scarica sugli altri le proprie frustrazioni, evitando ogni responsabilità e conflitto interiore, e umilia chi ha vicino. L'obiettivo, dunque, è l'occultamento della propria incompetenza e debolezza; il risultato, la mancanza di autodeterminazione della donna.
  Dobbiamo sempre tenere a mente che la violenza contro le donne è perpetrata in ambito familiare, da coloro che sono più vicini, dagli attuali o precedenti coniugi; proprio quegli uomini con i quali dovrebbe esserci la massima condivisione possibile, e che trasformano l'amore in possesso: un esercizio violento di sottomissione, talvolta dagli esiti tragici (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Circa la proposta dei braccialetti elettronici per tenere gli stalker lontano dalle vittime, ci sembra sia una soluzione non risolutiva e per giunta troppo onerosa, visto che attualmente sono in uso solo 14 bracciali al modico prezzo di 81 milioni di euro, affare gestito dalla ormai svenduta Telecom.
  In media sono 5,7 milioni di euro a pezzo tra l'acquisto e la manutenzione. Secondo i dati pubblicati dal Ministero dell'interno, i braccialetti in possesso dello Stato sono circa 386, le denunce per stalking circa 83 mila. Dove troveremo questi soldi ? Non sarebbe stato meglio aggiungere tale cifra a quei 10 milioni di euro stanziati per un piano finalizzato alla fornitura di servizi a tutela delle donne maltrattate, a partire dai pronto soccorso, presidi medici, servizi sociali, centri antiviolenza, un piano stimato su oltre 100 milioni di euro ? Sarebbe stato un passo avanti rispetto allo zero fondi della prima stesura, poi stanziati nei lavori in Commissione, che avrebbe maggiormente aiutato l'attività dei centri antiviolenza.
  Vogliamo ricordare che in altri Paesi europei analoghi piani sono stati sovvenzionati con risorse ben diverse: 80 milioni di euro in Spagna, 120 milioni di euro nel Regno Unito, nel quale il piano d'azione ha avuto anche maggior successo.
  Ma torniamo all'Italia: di cosa dovrà occuparsi questo piano antiviolenza finalmente previsto in maniera ordinaria ? Di prevenzione, monitoraggio, formazione permanente dei soggetti coinvolti, dalla polizia alle scuole. Il Governo si è poi impegnato a trovare altre coperture all'interno della prossima legge di stabilità: speriamo ! Chissà, dunque, se questo Governo troverà prima un Ministro per le pari opportunità o i soldi (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Le pari opportunità, reputate talmente prioritarie da delegare a occuparsene un altro Ministero !
  La nostra cultura deve cambiare ! La violenza sulle donne non va minimizzata ! Ritengo sia molto grave che esistano pochissimi centri che affianchino con appositi programmi gli uomini violenti in un percorso di consapevolezza e gestione del conflitto e ritengo ancor più grave che in base a questi stessi programmi possa essere revocata la misura cautelare adottata. Interpretare questi trattamenti come pena alternativa al carcere o per sconti di pena è molto grave perché si mette a rischio la vita della donna senza avere certezza di un effettivo ravvedimento del maltrattante. Non dimentichiamo che gli uomini maltrattanti soffrono raramente di un problema psicologico o psichiatrico. I loro comportamenti derivano nella maggior parte dei casi da una cultura patriarcale diffusa e radicata che non può cambiare nel giro di pochi mesi.
  Pur sottolineando i piccoli passi compiuti attraverso il lavoro nelle Commissioni di questo Parlamento, speravo potessimo fare qualcosa di più concreto con questo decreto. Ricordiamo che all'interno del provvedimento insistono questioni che nulla hanno a che vedere col tema in Pag. 79oggetto, il femminicidio. Riteniamo gravissimo il fatto che si sia, alla chetichella, introdotto all'articolo 7, comma 3-bis, disposizioni per colpire le mobilitazioni contro la Tav o più in generale nei confronti delle contestazioni a grandi opere che non trovano il consenso della popolazione (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Vigliaccamente, sono state inserite disposizioni atte a criminalizzare il dissenso politico in una legge nata per contrastare la violenza contro le donne.
  Concludo auspicando l'attenzione della Presidente ed il continuo impegno della politica affinché davvero ascolti le istanze della società civile e confido nel buon senso di tutti affinché venga definitivamente sancito il nostro impegno contro la violenza ai danni delle donne. Ascoltiamo e diamo seguito alle richieste delle vittime di violenza, tuteliamole e supportiamole aderendo quanto prima nella sostanza alla Convenzione di Istanbul, rendendo compatibile questo decreto ai dettami internazionali ed europei assunti dalle istituzioni italiane tutte, nel più breve tempo possibile. E a chi, sordo, in maniera strategica e a fini di delegittimazione politica, ci accusa di essere aprioristicamente contro questo provvedimento, diciamo che i fatti parlano per noi. Le stesse associazioni che si occupano di donne vi hanno detto in faccia quanto fosse pericoloso e quanto inefficace questo decreto nella sua stesura iniziale (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Proprio per questo voi stessi avete presentato innumerevoli emendamenti, essendovi forse resi conto delle mancanze nel dispositivo, nato male nella metodologia, nell'approccio e nei tempi, con meri scopi propagandistici. Lo dimostra il fatto che per tutta l'estate i giornali abbiano parlato solo di questo, spacciandolo per la soluzione di tutti i mali. Così non era. Infatti abbiamo presentato decine e decine di emendamenti migliorativi; almeno dal punto di vista politico, siate onesti (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ! Ormai è chiaro a tutti i cittadini che le vostre parole non trovano reale riscontro nei fatti, figuriamoci a riferimenti a fantomatici tweet provenienti dall'universo della Rete (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Locatelli. Ne ha facoltà.

  PIA ELDA LOCATELLI. Grazie Presidente. A fine maggio abbiamo approvato la ratifica della Convenzione di Istanbul. La settimana successiva, abbiamo approvato una mozione che impegna il Governo ad un'efficace lotta alla violenza contro le donne con azioni di prevenzione, protezione, repressione, monitoraggio e integrazione delle singole politiche.
  Oggi, siamo qui ad approvare un decreto su questo tema. Un impegno rispettato dal Governo ? Sinceramente, mi è difficile rispondere, perché pensiamo ai tempi e pensiamo alla forma. Il Governo ha scelto il decreto volendo far presto per dare risposte immediate ad un'ondata emotiva che cresceva nel Paese e si è concentrato sull'inasprimento del trattamento punitivo per gli autori. Certo, un'ondata emotiva: finalmente, ci si è accorti del femminicidio anche se i dati sono stabili, ma dati stabili non significa che non sono dati tragici. La differenza sta nel fatto che ora se ne parla, c’è consapevolezza, si è fatto emergere il fenomeno. Allora, tempi stretti, quindi decreto, ma noi, per questo tema, continuiamo a ritenere come sede propria il Parlamento nella pienezza dei suoi poteri e non nei limiti di una legge di conversione, per preparare una legge organica discussa sì fra di noi, ma non soltanto tra di noi, anche fuori da qui, in particolare con le vere esperte. Le vere esperte di questi temi sono le donne che si occupano di violenza, sono le donne che lavorano nei centri, che si occupano di tratta, sono quelle che lavorano sul campo e che possiedono le esperienze che ci possono guidare anche nel nostro lavoro legislativo. Ma perché abbiamo bisogno di loro ? Faccio un solo esempio, credo significativo: perché loro ci hanno davvero fatto capire bene che – guardate – la priorità non è tanto che gli assassini vadano in galera – e devono Pag. 80andare in galera, certo –, ma la priorità è che non vi siano più i femminicidi, che si riducano i femminicidi e noi, invece, ci siamo concentrati su una finalità che va bene, ma non è la primaria.
  E poi queste esperte, queste donne impegnate sul campo, non solo teoricamente, ma che lavorano, sono state di aiuto anche per il lavoro che abbiamo fatto in Commissione, e sinceramente le Commissioni I e II hanno lavorato bene e sono stati fatti dei passi, ma ci sono alcuni altri passi da fare. Vorrei sottolinearne uno che mi sta – e che ci sta, come donne impegnate nelle associazioni – particolarmente a cuore.
  Approfondisco, in particolare, il tema dell'irrevocabilità della querela. Guardate, la ratio di questa proposta è assolutamente evidente ed è quella di impedire la revoca causata da pressioni da parte del partner sulla vittima, ovvio. Si dice: se si taglia la forma di dipendenza del procedimento dalla volontà della vittima, le pressioni del partner non avranno nessuna efficacia. Sembra una cosa di buonsenso, ma – attenzione, non abbiamo pregiudizi: proviamo a ragionarci insieme – le donne che stanno sul campo ci dicono che introdurre l'irrevocabilità della querela per questi casi, può sortire l'effetto contrario, cioè essere un deterrente alla denuncia per tutte quelle donne che considerano la cessazione delle condotte moleste, ma non denuncerebbero mai il proprio partner o ex partner sapendo che questo determina per certo una condanna penale per il partner o ex partner. Quindi, il risultato è questo, che un provvedimento pensato per un obiettivo rischia di esporre le donne a situazioni di maggiore vulnerabilità perché non fanno più la denuncia e quindi rischiano ancora di più.
  Un altro motivo di riflessione: siamo proprio sicuri che le donne che decidono di rimettere la querela lo fanno per paura e per sottrarsi al rischio di nuove intimidazioni ?
  Ci è stato detto che, molto spesso, le donne rimettono la querela per le lungaggini processuali. Il processo arriva molto tempo dopo la querela e quel tempo, per le donne, è il tempo del dolore, di cui nessuna istituzione si fa carico, né informando la vittima in merito a quello che è stato compiuto né aiutandola ad elaborare i traumi subiti.
  Vi è, quindi, il rischio, più di un rischio, di una rivittimizzazione in assenza di un'adeguata rete di supporto a sostegno della donna. Questa rete adesso non c’è e dobbiamo farla, ovviamente. Guardate, sono tante le associazioni che ci hanno mandato questi messaggi, ma proprio tante, e tra queste vi sono delle associazioni, e delle donne all'interno di quelle associazioni, che, come me, venti anni fa, raccoglievano le firme a favore della procedibilità d'ufficio.
  Ma abbiamo visto che non va bene, e quindi bisogna avere il coraggio di cambiare posizione, se verifichiamo che sul campo le cose non funzionano (Applausi di deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà). Ci vuole coraggio anche nel non avere pregiudizi. Poi vi è anche – scusatemi – una sorta di questione di principio: è quello che si riferisce all'autodeterminazione delle donne. Ma noi siamo certi che togliere l'autodeterminazione delle donne, la possibilità di autodeterminarsi, anche nella scelta difensiva, sia giusto ? Noi, proprio noi che abbiamo fatto del tema della consapevolezza di sé, dell'autodeterminazione delle donne, la ragione fondamentale del nostro impegno.
  Ma questo vale poco ! Sappiamo che è un tema delicatissimo, dove le certezze assolute non vi sono né possono esserci. Allora noi cosa possiamo fare ? Possiamo mettere sul piatto le ragioni a favore della revocabilità e le ragioni a favore dell'irrevocabilità, vedere quali sono le più pesanti e valutare senza pregiudizio, ma davvero facendo questa valutazione. A noi pare che, pesando le due cose, le ragioni a favore sono per fermare l'irrevocabilità anche nella sua posizione mediana.
  È una raccomandazione, davvero, che vi rivolgo con tutto il cuore: pensiamoci davvero senza pregiudizi. Non so, Presidente, quanto tempo abbia ancora. Posso saperlo ?

Pag. 81

  PRESIDENTE. Ha sette minuti e 40 secondi.

  PIA ELDA LOCATELLI. Allora posso anche parlare, però, delle positività di questo decreto.

  PRESIDENTE. Certo.

  PIA ELDA LOCATELLI. Nelle fasi di discussione in Commissione vi è stato davvero un lavoro serio e vi sono stati dei cambiamenti che sono nati da collaborazioni trasversali tra di noi, ma anche trasversali tra il dentro e il fuori il Parlamento. Faccio alcuni esempi, rapidi: ad esempio, abbiamo modificato il decreto e previsto, nella predisposizione del piano, che non è più, giustamente, un piano straordinario, ma un piano nazionale, il contributo, nella redazione di questo piano, oltre che delle amministrazioni interessate, anche delle associazioni di donne impegnate nella lotta contro la violenza e nei centri antiviolenza.
  È un passo giusto, doveroso. Ci conviene, conviene a tutti quanti noi, conviene al nostro Paese. Un altro esempio: la garanzia di azioni omogenee sul territorio nazionale. È importante perché i centri antiviolenza sono soprattutto al Centro-nord; invece, servono anche al Centro-sud. E poi, ancora, la sensibilizzazione degli operatori dei media: è una cosa positiva. E poi, ancora, un'adeguata formazione del personale della scuola su questi temi e anche il cambiamento dei curricula, perché devono contenere temi di sensibilizzazione, informazione e formazione su questi temi.
  E poi, ancora, il recupero dei maltrattanti, perché uno può dire «vadano al diavolo», ma serve recuperare i maltrattanti, perché, se si recuperano, la percentuale di recidiva crolla. Questa è azione di prevenzione ! E poi, ancora, una cosa importantissima, perché da anni non abbiamo dati, non abbiamo dati ufficiali. Li raccolgono le donne, questi dati: li abbiamo giusti, ma non ufficiali.
  Ed è, appunto, la raccolta periodicamente aggiornata, con cadenza almeno annuale, dei dati del fenomeno. Anche questo è importante. E poi un po’ di soldi, però, cara Viceministra Guerra, sono un po’ pochi. Dobbiamo pensare nella legge di stabilità ad arricchire questi fondi. Non c'era niente. Adesso ci sono sette e dieci milioni. É un passo avanti, ma spero che sia un primo passo di una lunga serie di passi in questo senso, nella consapevolezza che siamo in difficoltà finanziaria. Vedete, passi avanti – e li riconosco –, ma ancora molto lavoro da fare perché affrontare il tema della violenza maschile sulle donne significa fare riforme di carattere strutturale con una chiarezza di fondo, perché il primo obiettivo è quello di eliminare tutti gli ostacoli che impediscono alle donne non di non avere più violenza – ovvio, anche quello –, ma di godere dei diritti fondamentali alla vita, all'integrità psicofisica, alla libertà sessuale, all'accesso alla giustizia, anche penale. É un lavoro molto complesso, molto più complesso di quanto un decreto e la sua conversione possano consentire. Allora, abbiamo avviato un percorso, ma un percorso complesso che deve continuare nella consapevolezza della sua complessità.
  Concludo ripetendo ancora una volta un concetto che mi sta particolarmente a cuore e che non perdo occasione di sottolineare ogni volta che parlo di questo tema: è soprattutto agli uomini che noi vogliamo parlare, perché troppo spesso abbiamo parlato fra noi donne, e troppo a lungo la violenza maschile sulle donne è stata considerata questione di donne, e quindi questione privata. Non avrebbe mai dovuto essere né questione di donne né questione privata: è questione politica che riguarda tutta la società (Applausi di deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà) e fermare questa tragedia è insieme impegno e insieme responsabilità che riguarda tutti e tutte, ma in particolare chi come noi ricopre ruoli istituzionali. È una responsabilità doppia e significa assumere impegni precisi per avviare azioni di contrasto, protezione, prevenzione e sensibilizzazione, attraverso politiche attive, coerenti e coordinate che coinvolgono i diversi attori istituzionali e non, a tutti i Pag. 82diversi livelli, ponendo il tema della violenza contro le donne come priorità assoluta dell'agenda politica. E quello che stiamo facendo ora, giustamente, è solo un passo (Applausi).

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Daniela Sbrollini. Ne ha facoltà.

  DANIELA SBROLLINI. Signora Presidente, ringrazio la Viceministro Guerra, il Governo, i nostri relatori, in modo particolare, la Presidente Ferranti, per il lavoro che è stato fatto e, mi piace dire, per il lavoro che è stato fatto insieme, per migliorare notevolmente questo decreto-legge. Voglio ringraziare anche il lavoro che è stato svolto dalle colleghe e dai colleghi della Commissione giustizia e della Commissione affari costituzionali e, mi permetto di dire, anche dalla nostra Commissione affari sociali, perché veramente ognuno di noi ha cercato di dare il proprio contributo e, non a caso: sono stati accolti molti degli emendamenti che noi abbiamo presentato perché frutto di un lavoro fatto dentro e fuori il Parlamento insieme alle associazioni, ai giuristi, alle tante persone che lavorano ogni giorno con costanza e conoscono bene il fenomeno prima di tutto sociale e culturale purtroppo dilagante su tutto il territorio nazionale, e sono state fatte tante audizioni che hanno permesso di capire e di far capire ad ognuno di noi quale lettura potevamo dare ad un decreto-legge così urgente come quello di cui stiamo parlando oggi.
  Certo, molte di noi – e io tra queste – avrebbero preferito discutere oggi di una legge organica, perché molte di noi hanno depositato importanti proposte di legge e devo dire, però, che anche in questo il Governo è stato attento a cogliere e a prendere anche degli spunti importanti da ogni singola proposta di legge. Però io voglio dire, anche con grande fermezza, alle colleghe che mi hanno preceduto e con cui ho condiviso anche questo percorso parlamentare, questo è un primo passo, guardate.
  È solo un primo passo, è un primo provvedimento. Certamente dobbiamo lavorare ancora molto su questo tema, soprattutto sul tema della prevenzione nelle scuole, nelle famiglie, sul tema della formazione degli operatori socio-sanitari, della formazione degli operatori delle forze dell'ordine. Lo sappiamo benissimo, perché ognuno di noi purtroppo è entrato in contatto con il tema della violenza, con ogni forma di violenza e sappiamo anche quello che è stato fatto in questi anni, perché, guardate, non partiamo da zero. Sono state fatte importanti leggi in questi anni, grazie proprio alla volontà parlamentare e al lavoro trasversale, come mi auguro possa il decreto, la prossima settimana, raggiungere questo obiettivo: che abbia una larghissima maggioranza da parte del nostro Parlamento, perché è un segnale importante che noi possiamo dare prima di tutto alle persone che hanno subito maltrattamenti, ai loro familiari, alle persone che non ci sono più e che, purtroppo, sempre più spesso sappiamo vivere nel dolore e nella tragedia, nel silenzio assoluto perché magari non hanno luoghi di ascolto, non hanno luoghi di confronto, non hanno strutture adeguate a cui rivolgersi.
  Credo che sia importante aver inserito l'inasprimento delle pene, alcune aggravanti, come noi avevamo chiesto. Penso alla violenza assistita, penso in modo particolare ai minori, che troppo spesso sono vittime di maltrattamenti diretti e assistono a loro volta a maltrattamenti, a violenze, fino purtroppo all'estremo gesto, all'uccisione magari della propria madre. Questo è un fenomeno che riguarda tutto il territorio nazionale purtroppo, che riguarda tutte le fasce sociali e che riguarda sempre di più anche – e questa forse è anche un'evoluzione di quello che sta accadendo in questi ultimi anni in modo particolare – uomini che hanno una cultura alta, elevata e che purtroppo però non riconoscono pienamente l'emancipazione femminile, non riconoscono la donna indipendente, non riconoscono la donna in quanto tale. Ed ecco perché noi insistiamo molto sul tema della prevenzione, sulla dignità della persona, sul rispetto, sull'educazione che bisognerà fare Pag. 83prima di tutto nelle scuole. Noi abbiamo chiesto in questo senso anche libri di testo, programmi scolastici adeguati, già dalle scuole elementari, proprio per educare i nostri figli e le nostre figlie a politiche di pari opportunità.
  Quindi dobbiamo investire molto su questo, così come dobbiamo, non solo monitorare, ma «investire» seriamente i media, in modo particolare i media nazionali, che molto spesso sono superficiali anche nel modo di dare queste notizie, dove addirittura la vittima diventa sempre di più carnefice. Così come noi chiediamo un inserimento di queste donne che hanno subito violenza e maltrattamenti, nel mondo del lavoro, perché non vanno abbandonate. Molto spesso si rinchiudono nella solitudine, nella paura poi di uscire, di stare nella società perché si sentono addirittura colpevoli, prima di tutto loro, di quello che hanno subito.
  Noi su questo dobbiamo fare un grandissimo lavoro ed abbiamo una grande responsabilità come parlamentari. Però guardate, io insisto: noi oggi – proprio perché i dati sono drammatici e sono sotto gli occhi di tutti: ogni tre giorni viene uccisa una donna, il femminicidio ha superato ormai gli omicidi, che sono invece fortunatamente in calo – dobbiamo agire e lo dobbiamo fare presto. Ecco perché serve questo decreto. Così come servono strutture e qui richiamo quell'articolo 5, che mette finalmente dei soldi, che trova delle risorse per aiutare le case rifugio, per aiutare i centri antiviolenza, perché il volontariato da solo è chiaro che non basta, per avere strutture in tutto il territorio nazionale e non soltanto in una parte del Paese. Io vorrei ricordare alle colleghe e ai colleghi di quest'Aula che oggi noi abbiamo poco più di 120 strutture sul territorio, quasi tutte al centronord. Riusciamo a coprire a malapena 500 posti letto, ne servirebbero quasi 6.000. E spesso sono donne che cercano aiuto, che cercano di uscire dalle loro case con bambini, con figli minori e noi dobbiamo rispondere a questa emergenza.
  Allora non si può dire sempre di no. Non si può dire che non è stato fatto niente. Non si può dire che avremmo preferito avere una legge diversa. Certo, l'ho detto anch'io nella premessa, però guardate: io sono stanca – lo voglio dire anche qui oggi – anche di continui dibattiti, anche televisivi, in cui si continua a dire che non va mai bene niente e non portiamo mai a casa nessun risultato (Applausi). Guardate che il 15 ottobre, cioè la prossima settimana, noi iniziamo a portare a casa un risultato, lo possiamo dire finalmente fuori da questo Parlamento e il Governo, pur tra mille difficoltà, con la crisi sociale ed economica che stiamo vivendo, ha sentito la necessità di dare priorità a questo decreto.
  Allora, colleghe e colleghi, cerchiamo anche noi di dare un messaggio positivo alla società italiana. Oggi questo è un primo passo. È un primo passo importante, che andrà monitorato. È importante sapere che ci sarà la Conferenza Stato-regioni che dovrà anche monitorare costantemente quello che accade nelle regioni, perché poi le regioni hanno anche dei fondi, hanno delle risorse che possono già utilizzare immediatamente per aiutare le strutture territoriali. Ecco, facciamo questo lavoro assieme. Quindi, signora Presidente, grazie. Oggi è un bell'inizio e cerchiamo di non perdere questa occasione: partiamo da qui e il 15 ottobre finalmente diamo un segnale importante, anche grazie alla determinazione che lei ha avuto come Presidente della Camera ed alla determinazione del Governo e di tutte le donne, prima di tutto, che siedono in questo Parlamento (Applausi).

  PRESIDENTE. Molte grazie onorevole Sbrollini. È iscritta a parlare la deputata Binetti. Ne ha facoltà.

  PAOLA BINETTI. Signora Presidente, Viceministro e colleghi, diceva un tweet qualche mese fa: «L'avevamo promesso, lo facciamo». È così che Enrico Letta ha anticipato il decreto via tweet. Nel Paese – ha poi aggiunto in conferenza stampa – c'era bisogno di dare un segno fortissimo e questo non è solo un segno, ma un cambiamento radicale sul tema, oltre ad Pag. 84un chiarissimo segnale di lotta senza quartiere al fenomeno del femminicidio e contro ogni forma di violenza sui più deboli, ogni forma di machismo e di bullismo. Questo era l'intervento del Presidente del Consiglio soltanto pochi mesi fa, poche settimane fa.
  Si tratta di un provvedimento che persegue tre obiettivi: prevenire la violenza sulle donne, punirla in modo certo e proteggere le vittime. Non tutti gli obiettivi sono conseguiti attraverso questo decreto-legge con la stessa forza, con la stessa chiarezza, con la stessa incisività.
  Però il tema è come interrompere la catena persecutoria perché non arrivi mai più all'omicidio. Come un dire un «no», potremmo dire una sorta di tolleranza zero rispetto al femminicidio. Insomma, ha concluso, lo Stato si schiera senza se e senza ma dalla parte della vittima di questo genere di violenza.
  Oggi noi abbiamo la possibilità di rendere operative e di rendere concrete queste parole del Presidente del Consiglio, in qualche modo di compiere una promessa e in qualche modo di dare un nuovo avvio al Governo – l'abbiamo vissuto ieri – e sperare che tra le nuove iniziative, oltre a quella per i beni culturali votata questa mattina, ci possa essere adesso quella a tutela delle donne. Non è un cattivo inizio per un Governo che in qualche modo ricomincia a vivere.
  Il decreto-legge appare molto migliorato nel passaggio attraverso le Commissioni. Noi – condivido la collega Sbrollini e molti altri colleghi che avevano presentato disegni di legge d'iniziativa parlamentare – avremmo preferito un disegno di legge di iniziativa parlamentare che forse avrebbe avuto meno concretezza, meno immediatezza, però avrebbe forse consentito un dibattito più ampio e più allargato.
  Il decreto-legge intende dare attuazione, come sappiamo, alla Convenzione di Istanbul, firmata nel maggio del 2011, primo strumento internazionale giuridicamente vincolante che noi abbiamo trasformato in legge il 27 giugno del 2013. Vale la pena ricordare tre passaggi veloci della Convenzione di Istanbul. Il primo è che si riconosce che il raggiungimento dell'uguaglianza di genere de iure e de facto è un elemento chiave per prevenire la violenza contro le donne. Questa è una premessa che non possiamo dimenticare. Bisogna ripartire da un'uguaglianza che venga riconosciuta e resa operativa de iure e, quindi, anche de facto, riconoscendo che la violenza contro le donne non è una manifestazione dei rapporti di forza storicamente diseguali tra i sessi che hanno portato alla dominazione sulle donne e alla discriminazione nei loro confronti da parte degli uomini impedendo una piena emancipazione femminile; riconoscendo con profonda preoccupazione che le donne e le ragazze sono spesso esposte a gravi forme di violenza, tra cui la violenza domestica, molestie sessuali, lo stupro, matrimonio forzato, i delitti commessi in nome del cosiddetto onore e soprattutto le mutilazioni genitali femminili che questo decreto-legge in qualche modo tutela e garantisce anche nell'articolo in cui si prende cura della violenza che subiscono le donne immigrate in Italia; constatando le ripetute violazioni dei diritti umani nei conflitti armati che colpiscono le popolazioni civili, in particolare le donne. Penso agli avvenimenti drammatici che stanno succedendo in Siria, ma penso anche alle notizie che oggi un quotidiano riportava a proposito delle donne in Congo e delle donne in Nigeria, cioè dovunque c’è uno scenario di guerra, c’è una dichiarata sofferenza maggiore da parte delle donne.
  La violenza degli uomini maltrattanti è soprattutto frutto di una cultura trasmessa loro dalle figure maschili di riferimento e dal gruppo dei pari. Per questo le donne non possono farcela da sole. Questo è un po’ il paradosso di questi dibattiti, che la violenza è un fatto maschile ed è un fatto di cultura maschile ed è un fatto di trasmissione potremmo dire in un certo senso di padre in figlio e di amico con amico, di violenza all'interno dei gruppi, di una competitività malintesa. E questo fa sì che le donne in qualche modo assistano un pò impotenti e da vittime a questo processo, vittime che però hanno bisogno di sentirsi e di poter essere garantite.Pag. 85
  Per rispettare la donna serve l'esempio del padre ed ecco perché se è vero che la violenza è più vistosa nei contesti familiari, è dal contesto familiare che deve ripartire quest'inversione di tendenza a livello culturale. È come dire un discorso da fare prevalentemente ai padri, una sorte di rieducazione preventiva che va fatta sostanzialmente con loro. È una delle responsabilità più concrete della formazione delle giovani generazioni. Per troppo tempo sono stati tollerati gesti, parole, comportamenti nei confronti delle donne che hanno determinato in modo più o meno inconsapevole uno stile di relazione violento e aggressivo. E per questo sono nate in alcuni luoghi iniziative come quella della clinica dei violenti, per aiutare gli uomini a guarire dall'odio nei confronti della propria compagna prima di arrivare a picchiarla o peggio ancora ad ucciderla. Ci sono esperienze positive, a Rovereto, Modena, Bolzano, Firenze, però, certo, una misura terapeutica di questo tipo ha senso se c’è una volontà precisa da parte dell'uomo di riconoscere questo istinto di violenza, di volerla controllare, di volerla dominare e di non volerla agire sulla donna.
  I dati sono quelli che sono stati citati da molti degli interventi che mi hanno preceduto. In qualche modo preferisco passare avanti.
  Non è un caso, però, che la maggioranza delle case per così dire di accoglienza per le donne che hanno subito violenza siano nel centronord. Infatti, per quanto possa sembrare sorprendente, è nel centronord dove in realtà sono più frequenti e più numerosi i casi di femminicidio e questo ci deve far pensare. Infatti, la violenza contro le donne non è frutto soltanto di una povertà economica e culturale, è frutto – me lo si lasci dire – di una povertà morale, di una povertà spirituale, di una povertà affettiva, di una logica relazionale molto più anonima, una logica relazionale che strumentalizza l'altro, che ne fa un oggetto e che non rispetta quella che è la profonda soggettività femminile.
  Tra le motivazioni, infatti, che noi troviamo categorizzandole in modo veloce, tra le cause che sono alla base del femminicidio, che sono quelle che dovranno in qualche modo guidare e pilotare anche i nostri interventi di tipo rieducativo, riabilitativo, interventi anche di tipo terapeutico, c’è un'affettività patologica, un'affettività possessiva che ti porta a credere che quella donna sia la tua donna e anche un tuo oggetto di cui tu puoi disporre quando e come vuoi e a cui è legittimo che tu non le conceda spazi di autonomia e spazi di libertà.
  C’è una convivenza a volte resa intollerabile e conflittuale da motivi più complessi. In qualche situazione, in cui diventa impossibile convivere, va presa una decisione in un certo senso coerente, tempestiva, senza l'attesa di cambiamenti magici che poi di fatto non avvengono.
  Ci possono essere ragioni di interesse – qualche volta le abbiamo lette sulla stampa – ma c’è spesso anche un disagio mentale sottovalutato. Ci troviamo di fronte a personalità borderline, personalità che non sono capaci in qualche modo di disciplinare e di risolvere il proprio conflitto all'interno di quella che è una logica di dialogo, di scambio, di conversazione e questo dovrà essere oggetto importante di tutta l'azione di prevenzione cui prima accennavo.
  Tale azione di prevenzione deve cominciare in famiglia ma deve poi, nella scuola e nei luoghi dell'aggregazione giovanile, nei luoghi in cui si tempra per davvero il carattere e la personalità, offrire la possibilità di aiutare le persone ad esprimersi, ad affrontare i propri conflitti, le proprie difficoltà per poterne venire a capo con serenità, senza negarli ma senza nemmeno cercare di negare la persona, in qualche modo eliminandola fino a giungere all'omicidio.
  Voglio venire adesso al decreto-legge in discussione. Sono alcuni gli articoli che mi hanno colpito particolarmente. Intanto nell'articolo 1 tutto il tema che riguarda l'aggravante e soprattutto mi ha colpito positivamente tutta l'aggravante che riguarda la violenza assistita, la violenza Pag. 86commessa in presenza di minori. Mi ha anche colpito positivamente che l'età dei minori sia stata alzata e sia stata innalzata fino ai 18 anni. Questo anche per dire che c’è una fragilità molte volte che lascia una traccia. Lascia una traccia profonda anche negli adolescenti l'avere assistito alla violenza che, ad esempio, il padre esercita nei confronti della propria madre.
  C’è anche l'altro tema a questo proposito che in qualche modo tocca ed è stato affrontato in maniera direi molto coraggiosa e molto rigorosa dalla collega Locatelli, il tema della denuncia d'ufficio, della querela d'ufficio. Anch'io conservo molte riserve rispetto a questo punto e direi che l'idea, il filo conduttore che anima le mie riserve in questo senso è proprio il principio di autodeterminazione della donna. Aiutiamola, formandola, a rendersi protagonista fino in fondo del processo che la riguarda ma poi lasciamo che sia lei a mettere l'ultima pietra su questa cosa perché la realtà storica che tocca anche l'andamento attuale della giustizia italiana, la lunghezza dei processi, fa sì che proprio nel momento in cui la donna ha elaborato il suo dolore, ha elaborato una violenza da lei subita, ha elaborato in qualche modo il suo lutto e sta cercando di lasciarselo alle spalle, in quel momento interviene la necessità della testimonianza, la necessità di deporre, la necessità di rievocare. Sono come momenti in cui veramente lei diventa vittima due volte. Forse qualcuno di noi, dei più anziani che sono in quest'Aula, ricorderà i famosi processi per stupro in cui la donna che partecipa al processo in cui deve difendersi dallo stupro subito di fatto poi finisce per essere due volte violentata.
  C’è un altro aspetto che mi sembra interessante soprattutto nell'articolo 3 quando si parla delle misure di prevenzione per le condotte di violenza domestica.
  C’è una ricerca che si sta facendo in questo periodo, è una ricerca abbastanza originale che si sta facendo in Italia e, poi, in due Paesi all'estero – uno è Malta e l'altro è la Lituania – ed è la ricerca che si sta facendo sui soggetti, i soggetti figli, che hanno assistito e, in qualche modo, subito, contemplandolo, ma poi rivivendolo nella propria storia, il femminicidio. Questa esperienza, che sta conducendo la psicologa Anna Costanza Baldry, esperta di violenza sulle donne e coordinatrice del progetto «Switch off» – un acronimo che traduce le parole concrete di come, in qualche modo, essere attenti a rivisitare la violenza negli occhi di chi l'ha subita, l'ha subita non come una vittima, diretta, ma come una vittima indiretta, in cui, però...

  PRESIDENTE. La invito a concludere.

  PAOLA BINETTI. ...pochi secondi e concludo, in cui la sofferenza ha lasciato una traccia profonda nell'anima –, sono questi ragazzi. Non era stata fatta mai una ricerca di questo tipo. E il fatto che si stiano cominciando a raccogliere i primi risultati di questo, ci dà davvero una prospettiva molto interessante su quanto sia necessario prendersi cura e tutelare queste persone.
  Ho già detto, e lo lascio quindi velocemente, che l'articolo 4 mi sembra molto positivo: tutelare le donne che sono oggetto di violenza, le donne immigrate. Penso, soprattutto, alla loro voglia di integrarsi nel contesto e alla difficoltà di integrarsi nel contesto, perché questo è vissuto come una sorta di tradimento rispetto alla cultura e alla tradizione del proprio Paese; e, quindi, come vanno aiutate in questo lavoro di adattamento e di presa in carico.
  L'ultimo punto è quello che riguarda l'articolo 5 e, quindi, quello che riguarda, di fatto, poi, le misure positive. È vero, i soldi che ci mettiamo non sono pochi, sicuramente sono molti di più rispetto a quelli che erano all'inizio. L'importante è che queste somme non vengano impostate solo in quella che è davvero una presa in carico necessaria e indispensabile della donna che ha subito violenza. Ciò che è importante è intervenire prima, con azioni anche originali, con progetti sperimentali, che riguardano la prevenzione e la formazione, una sorta di empowerment positivo nella donna, perché, in realtà, riesca Pag. 87a riconoscere prima il soggetto violento ed eviti relazioni affettive; eviti pure quella sensazione che è sempre presente nel femminile, che è quella di riuscire a cambiare l'uomo, di riuscire a renderlo migliore, di riuscire, in qualche modo, a curarne la violenza in virtù di un rapporto affettivo. A volte è possibile, ma molto spesso le ferite, i difetti, i limiti che ci sono nella personalità del compagno rendono questa impresa praticamente impossibile. E molte persone – i genitori stessi, le amiche – ti danno conto del fatto che quell'uomo è un violento e c’è una cecità affettiva nel non volerlo riconoscere; e la formazione passa anche per questa capacità di conoscere e riconoscere le persone che hai davanti.
  E, quindi, saper sperimentare in termini di formazione, in termini di educazione affettiva, in termini di dialogo, molte strade nuove può costituire davvero un'esperienza straordinaria di questa volontà di rendere la dignità della donna al centro della nostra attenzione.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE LUIGI DI MAIO (ore 18,20).

  PAOLA BINETTI. Tra pochi giorni, peraltro, è l'anniversario della «Mulieris dignitatem», l'enciclica di Giovanni Paolo II che tanto ha contribuito a dare, in tanti contesti, la dimensione della grandezza del genio femminile, del valore della personalità della donna, con quella famosa espressione «Dio affida l'uomo alla donna», è sempre così. E questo affidamento dell'uomo alla donna deve cominciare anche stroncando qualunque forma di violenza in modo che non renda lei vittima, laddove invece, lei è la persona che accoglie, la persona che vive l'etica della cura nel massimo e migliore dei modi (Applausi dei deputati dei gruppi Scelta Civica per l'Italia e Partito Democratico).

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Marzano. Ne ha facoltà.

  MICHELA MARZANO. Signor Presidente, io vorrei iniziare ringraziando, ringraziando il Viceministro Guerra, ringraziando il presidente Sisto e la presidente Ferranti, il relatore del presente provvedimento e ringraziando tutti coloro e tutte coloro che hanno lavorato in questi ultimi giorni moltissimo su questo decreto. Abbiamo lavorato tanto nelle Commissioni, sono stati presentati tanti emendamenti, ci sono state le audizioni e sono state contattate anche le associazioni. Io credo che ci sia stato un importantissimo lavoro e per questo veramente ringrazio per la disponibilità, perché sono profondamente convinta che questo decreto sia stato migliorato.
  Io ero molto critica, in partenza, e devo riconoscere che qualcosa è migliorato, non tutto, resto critica su una serie di punti su cui tornerò alla fine del mio intervento, però è anche vero che tantissime cose sono state prese in considerazione e questo, secondo me, è importante, perché l'attività parlamentare di collaborazione consiste proprio nel cercare di apportare qualcosa e, quindi, nel cambiare una materia che è lì per essere migliorata. Quando dico che molte cose sono state fatte è perché ovviamente nel testo di partenza c'era uno squilibrio e questo squilibrio consisteva nel non dare sufficientemente importanza a due delle tre «p»; quando dico le tre «p» – sono state ricordate prima dalla collega e amica Pia Locatelli – intendo punire, prevenire e proteggere; c'era uno sbilanciamento nei confronti della punizione mentre, in realtà, essendo il problema della violenza contro le donne un problema strutturale, non lo si può risolvere soltanto con misure repressive. Non dico che siano inutili le misure di repressione, sono state commentate, anche su questa parte sono stati presentati molti emendamenti, ma trattandosi di un problema strutturale, senza prevenzione e senza protezione poi delle vittime non si può andare lontano.
  Non mi concentrerò sui primi tre articoli, perché sono stati affrontati già a lungo e saranno affrontati anche da altre colleghe e altri colleghi più competenti di me; non mi concentrerò nemmeno sull'articolo 5-bis, su cui la collega Murer, ma Pag. 88anche altri interventi si sono focalizzati; io vorrei, invece, riprendere alcuni punti dell'articolo 5 così come è stato modificato. Citerò in maniera brevissima i passi avanti notevoli che vanno sottolineati: l'importanza, con riferimento ai media, di cercare di andare avanti nella lotta per le rappresentazioni non rispettose dell'immagine della donna, ricordo l'importanza di una formazione del personale scolastico con un cambiamento dei curriculum, ricordo l'introduzione di un emendamento, che è stato accettato, sulla presa a carico degli uomini maltrattanti ricordandoci che, naturalmente, la questione della violenza si trasmette di generazione in generazione, se noi vogliamo agire bisogna interrompere la catena della violenza.
  Tuttavia, vorrei, a questo punto, focalizzarmi su qualcosa che non è presente nel decreto-legge, forse perché non è sua natura essere presente in un decreto-legge o, forse, perché c’è ancora bisogno di andare lontano e cioè sui contenuti di questa educazione, perché quando si parla di formazione si parla di educazione e quando si parla di educazione bisogna anche concentrarsi sui contenuti di questa educazione. Infatti io credo che ci siano una serie di malentendu, una serie di problemi che non sono visti con chiarezza e che sono all'origine di questo problema strutturale di violenze di genere. Ne approfitto per fare una piccola parentesi: io apprezzo particolarmente l'utilizzo del termine «genere» in questo decreto-legge, anche semplicemente perché è stato un termine che è stato combattuto e che non siamo riusciti a inserire nella legge contro l'omofobia e la transfobia, laddove si tratta, effettivamente, di un termine, differenza di genere, che esattamente come la differenza di sesso, è una questione che è centrale e che è importante per portare avanti questo dibattito.
  Tornando ai contenuti, credo che sarebbe un errore limitarsi a sottolineare il fatto che alla base di questa violenza nei confronti delle donne, nei confronti della violenza di genere, ci siano soltanto i resti di una cultura patriarcale. Certo, c’è questo, ma non c’è solo questo, c’è qualcosa che caratterizza la nostra epoca contemporanea, queste violenze che sono profonde, che sono massive, che non sono solo violenze psichiche, ma sono, anche, violenze fisiche, sono legate a un problema che riguarda la grammatica delle relazioni affettive. Noi oggi abbiamo bisogno di ripensare le relazioni affettive, non soltanto nei rapporti tra uomini e donne ma anche tra uomini e uomini e donne e donne, tout se tient, il problema non è soltanto nel rapporto uomo donna, ma nel rapporto che c’è, oggi, tra esseri umani. Quando dico che bisogna imparare a riscrivere la grammatica, insegnare la grammatica delle relazioni affettive, quello che voglio dire è che noi stiamo attraversando un periodo di gravissima crisi identitaria; c’è una crisi dell'essere donna, c’è una crisi dell'essere uomo, c’è una crisi del rapporto stesso, e a cosa rinvia questa crisi identitaria ? Rinvia alla presenza di profonde fratture narcisistiche. Quando parlo di fratture narcisistiche non sto parlando di una psicologizzazione del problema, non sto dicendo che siamo di fronte a casi patologici che vanno curati, quello che sto dicendo è che noi cittadini contemporanei, cittadine contemporanee abbiamo un problema nei confronti di quello che è il rispetto nei nostri confronti e nel rispetto altrui.
  L'altro viene utilizzato nell'illusione di colmare un vuoto, che sia l'altro uomo o l'altra donna. L'altro essere umano non può esser utilizzato per colmare un vuoto, che è incolmabile, perché caratterizza la condizione umana. Ogni essere umano è attraversato da un vuoto incolmabile, e se noi non impariamo e non capiamo che con l'altro noi questo vuoto lo possiamo soltanto attraversare, perché non si può colmare, noi continueremo a trattare l'altro come un oggetto. E quando un oggetto se ne va, quando un oggetto esce dal mio possesso, io ho tendenza a distruggerlo. La radice della violenza contemporanea, che è un problema strutturale, è legata all'incapacità di riconoscere lo statuto di soggetto all'altro. C’è un problema di rispetto, che non è soltanto un rispetto altrui, è anche un rispetto nostro. Io sono triste di constatare Pag. 89che anche oggi assistendo ad alcuni interventi ho notato una mancanza di rispetto. Non erano tweet fantomatici. Ogni volta che c’è utilizzazione di un linguaggio violento per colpire colui o colei con cui noi non siamo d'accordo, noi stiamo cancellando l'alterità altrui (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Sinistra Ecologia Libertà). Problema delle relazioni affettive che rinvia a fratture narcisistiche, che rinvia a questa incapacità di accettare l'alterità altrui. Signor Presidente, Viceministro, noi abbiamo un problema della capacità di comprendere che ognuno di noi ha bisogno dell'altro. Siamo in relazione di dipendenza nei confronti altrui, anche se questa dipendenza deve sempre e comunque rinviare a un'autonomia individuale.
  Avendo poco tempo vorrei però permettermi a questo punto una nota critica, nota critica che sarà tra l'altro confermata dalla presentazione di un emendamento su cui io già mi sono battuta in Commissione: la questione dell'irrevocabilità della querela. Io lo so che è stato cercato un punto di equilibrio – tra l'altro, anche qui ringrazio per lo sforzo che è stato fatto –, ma ci sono questioni, signor Presidente, signora Viceministro, su cui non si può trovare un punto di equilibrio, perché quando si parla di irrevocabilità della querela in alcuni momenti o di revocabilità davanti ai giudici, noi stiamo scegliendo una posizione filosofica e culturale particolare. Noi stiamo scegliendo una forma di paternalismo (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Sinistra Ecologia Libertà). E cos’è il paternalismo ? Credere di sapere meglio della donna, ma anche dell'uomo, di colui che subisce una forma di violenza, che cosa deve essere fatto. Se noi vogliamo risolvere strutturalmente il problema delle violenze di genere attraverso la formazione, dobbiamo aiutare ognuno ad avere consapevolezza del proprio valore, e avere consapevolezza del proprio valore significa pian piano rafforzare l'autonomia individuale. È solo dall'autonomia individuale che nasce poi l'autodeterminazione. Una misura di questo genere, che prevede irrevocabilità o revocabilità soltanto nei confronti o di fronte a un giudice, significa secondo me fare una scelta sbagliata per combattere questo problema che, lo ripeto, non è soltanto un'urgenza, è un problema strutturale. Io vi ringrazio per l'attenzione. Ritornerò su questo punto dell'irrevocabilità nel momento dovuto (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Ricciatti. Ne ha facoltà.

  LARA RICCIATTI. Signor Presidente, mi scuserà se uso parte del tempo che mi è stato dedicato per questo intervento sul decreto sicurezza per aprire e condividere con le mie colleghe e i miei colleghi una nota non solo politica ma anche personale. Infatti, ammetto di essere profondamente colpita da un punto di vista personale, ammetto di essere profondamente colpita come donna, rispetto alla tragedia che oggi, questa mattina, è avvenuta a Lampedusa, e rispetto alle terribili notizie che continuano ad arrivare. Non posso fare a meno di pensare alle donne incinte, mamme, madri che sono morte e che hanno perso la vita (Applausi dei deputati dei gruppi Sinistra Ecologia Libertà e Partito Democratico). E io penso che quest'Aula non possa e non debba limitarsi ad una mera retorica di commemorazione di lutti nazionali, ma penso che sia ora di dire e di fare qualcosa di concreto. Io penso che oggi più che mai, che parliamo di un decreto sicurezza, che parliamo di donne, dobbiamo dire che anche quelle donne sono morti dell'Unione europea e sono morti dell'Italia !
  È ora che facciamo i conti con questa vile e triste turpitudine che si ripete da troppo tempo e io, guardate, sono veramente stanca di ricordare le morti e di celebrare le morti, sono stanca di parlare di violenza delle donne quando poi anche questa mattina tante donne, tante mamme, tante mogli sono morte sotto i nostri occhi e nell'indifferenza di questo Paese. Io penso che questo ramo del Parlamento, ma così come anche l'altro ramo del Pag. 90Parlamento, dovrebbe indignarsi un pochino di più e iniziare a sostituire le parole anche coi fatti concreti. Quindi, mi scuserà Presidente se ho utilizzato la parte del mio tempo per non parlare nel merito, ma quando si parli di donne, di violenza e di sicurezza io penso che una certa attinenza al tema sia anche doverosa.
  Venendo alla chiusura ieri dell'epoca che avrebbe dovuto cambiare l'Italia, che avrebbe dovuto riscrivere la storia della politica italiana, siamo tornati qui, in questa Aula, con i nostri lavori, con la solita routine e per non cambiare, perché le routine non si cambiano, torniamo ai decreti omnibus con contenuti molto diversi fra loro. E così oggi siamo chiamati a discutere di femminicido, di violenza di genere, dell'organizzazione delle province, dell'inasprimento delle pene per furti di rame, di norme sulle proteste contro la TAV e sugli stadi.
  Noi di Sinistra Ecologia Libertà però, signor Presidente, crediamo che sia eticamente, moralmente e politicamente sbagliato e scorretto legiferare sul corpo delle donne e pensare di utilizzarlo come si fa in questo «decreto sicurezza» come specchietto per le allodole per far passare tutto il resto. Per questo chiediamo la soppressione di tutti gli altri argomenti che nulla hanno a che fare con questi temi e chiediamo, per intenderci, che vengano mantenuti solo i primi 5 articoli di questo decreto.
  Vedete, la lettura, l'interpretazione e anche le eventuali soluzioni al problema che noi diamo al tema della violenza sulle donne sta inscritta nella filosofia e nell'impostazione della Convenzione di Istanbul, della mozione sottoscritta in maniera trasversale dai gruppi parlamentari in questa Aula, e lì in quei voti unanimi c’è il riconoscimento della verità dove ci dicono che le radici della violenza sono inscritte nelle complesse relazioni tra l'uomo e la donna. Allora, se diciamo di aver compreso questa impostazione quando ci accingiamo a parlare di violenza di genere, non sarà difficile dedurre che siamo di fronte a un problema strutturale e non banalmente emergenziale, anche se l'emergenza del femminicidio è una cosa con la quale dobbiamo fare i conti tutti i giorni.
  Quindi è sbagliata, secondo noi, la ratio di questo decreto: non è di ordine pubblico che stiamo parlando; non è di rame che stiamo parlando; non è di Vigili del fuoco che stiamo parlando; non è di province che stiamo parlando; non è di TAV, non è di stadi che stiamo parlando. Stiamo parlando di violenza di genere; stiamo parlando di violenza sessuale, di femminicidio, di stalking, di paura, di una vera e triste turpitudine che macchia di nero la dignità delle donne, che le costringe a vivere in subalternità, con la fobia che potrebbe accadere di nuovo, con il terrore che la prossima volta potrebbe essere la volta fatale, con la sbagliata convinzione che denunciare non serve a nulla perché i tempi della giustizia sono lunghi e nessuno può tutelare e preservare la donna. In questi casi, guardate colleghe e colleghi, perde la politica, impotente davanti a queste tragedie, perde lo Stato perché le donne continuano a morire e a subire violenze, perde la giustizia perché in quelle denunce c’è troppa burocrazia e poca comprensione della paura mischiata al coraggio che spinge una donna a firmarla quella denuncia.
  Invece l'approccio di questo decreto è securitario, dimostrando grande miopia nel non voler vedere che ormai il comun denominatore e il commento dei fatti è: nessuno poteva non sapere. Tutti vi ci appelliamo e il commento del giorno dopo è sempre quello, e quindi bisogna rispondere fermamente, attraverso la formazione e la prevenzione, attraverso il rafforzamento delle strutture già esistenti. Invece in questo decreto non ci sono i servizi sociali, non c’è la rete dei centri antiviolenza, non c’è la scuola, non ci sono i centri per gli uomini maltrattanti. Però si danno più poteri alla polizia giudiziaria e finisce che la volontà della donna passa in subordine rispetto alla irrevocabilità della querela.
  Cerchiamo di spogliarci di dosso questa fastidiosa ipocrisia e celebrativa retorica: è del tutto inutile commuoversi davanti alle Pag. 91violenze e praticare commemorazioni e minuti di silenzio se poi come legislatori pretendiamo che il già esistente Programma triennale di interventi per prevenire e contrastare il fenomeno della violenza sia a costo zero. Immaginare uno scenario del genere, significa non conoscere l'attività dei centri antiviolenza.
  Guardate, io invito tutte le mie colleghe, i miei colleghi a fare il viaggio bellissimo che ha fatto la mia collega Celeste Costantino in giro per l'Italia: che sta visitando, di settimana in settimana, tutti i centri antiviolenza d'Italia e ci sta raccontando pagine, storie, righe nere che riempiono numerosissime pagine di una storia che non dovrebbe succedere, che non dovrebbe esistere.
  Per questo, comunque, noi continuiamo a ribadire che non servono piani straordinari: è necessario finanziare con 105 milioni di euro quello ordinario; e siccome le nostre non sono solo utopiche chiacchiere, abbiamo descritto in un emendamento dove recuperarli, innalzando dall'1 al 5 per cento il canone delle concessioni radiotelevisive.
  Inoltre, vorremmo inserire in questo dibattito un tema centrale che non abbiamo visto: la formazione, sia delle forze dell'ordine che si interfacciano con le donne che denunciano, sia la formazione nelle scuole. Forse molte di voi e molti di voi non sanno che, mentre nelle università italiane vengono soppressi i corsi sugli studi di genere, noi vogliamo inserire l'istruzione dell'educazione sentimentale in tutte le scuole. Per partire da un dato di fatto: si scriverà la parola «fine» di queste nere pagine solo con la prevenzione e non con azioni securitarie (Applausi dei deputati dei gruppi Sinistra Ecologia Libertà e Partito Democratico).

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Rossomando. Ne ha facoltà.

  ANNA ROSSOMANDO. Signor Presidente, colleghi, dopo numerosi interventi, tutti appassionati, di colleghe e colleghi, vorrei anch'io dare un contributo per spiegare qual è stato e qual è il senso del nostro lavoro, cosa abbiamo fatto, e non cosa non c'era originariamente nel decreto-legge. Nel mio intervento non voglio celebrare la nostra impotenza, come è stato fatto, seppure in modo appassionato, nell'intervento che mi ha preceduto; e questa è una scelta politica: credo che dobbiamo smettere di celebrare la nostra impotenza, e misurarci con i fatti, perché i fatti parlano, sono drammatici, ci dicono molte cose.
  Vengo al punto. Il provvedimento di cui oggi discutiamo – che non è il decreto-legge com'era arrivato in Aula – è sicuramente in applicazione della Convenzione di Istanbul, che abbiamo tutti votato, che contiene molte indicazioni; e il contributo che noi abbiamo dato è esattamente quello di non considerare la questione della violenza di genere un problema di ordine pubblico, bensì una questione di rapporto tra uomo e donna, delle relazioni tra uomo e donna, così ben descritte, tra i tanti interventi che mi hanno preceduto, dalla collega Michela Marzano, che ringrazio.
  Voglio dire un'altra cosa: con questo provvedimento, indipendentemente da come è nato, ci siamo comunque prese e presi uno spazio per discutere di temi molto importanti, dove anche la nostra cultura è messa in discussione. Non soltanto, come avveniva in passato, tra culture di forma arcaica, ma tutte le nostre culture che si misurano con un fenomeno che non è il prodotto di una società arcaica, ma è il prodotto o il risultato della modernità: un termine molto usato e spesso abusato nei provvedimenti che ci troviamo ad approvare o a contrastare.
  Vorrei dire alle colleghe che quei provvedimenti securitari nella scorsa legislatura noi li abbiamo contrastati molto; oggi speriamo di cambiarli con altri provvedimenti, abbiamo passato nottate intere a contrastare centimetro per centimetro.
   Vorrei dire che, se la questione è una questione di rapporto tra uomini e donne, se la questione è di intervenire su un fenomeno moderno che ha a che vedere con un nuovo tipo di relazioni, con un nuovo spazio, con una nuova identità della Pag. 92donna e dell'uomo e dei loro rapporti, si tratta di individuare, come ha fatto la Convenzione di Istanbul, i punti nevralgici. Ora vorrei individuarne alcuni, che non sono ovviamente soltanto di ordine pubblico. Sono tre le questioni: c’è la questione della protezione, dell'informazione e della rete. Questi aspetti sono assolutamente in collegamento tra di loro, laddove si individua nelle azioni di contrasto innanzitutto una nuova questione di violenza di genere che viene non soltanto indicata ma declinata nei vari provvedimenti e interventi. Qui c’è un altro passaggio culturale importante, cioè il passaggio anche in sede legislativa dell'idea di violenza sulle donne non soltanto, come siamo tradizionalmente abituati a individuarla, come la violenza sessuale, ma una violenza che si esplica tra le mura domestiche, una violenza che viene identificata e ha dignità legislativa anche come violenza economica, quindi una serie di rapporti di potere, di sottomissione e di umiliazione che vengono appunto codificati e l'individuazione di alcuni punti deboli nella rete di protezione che sono dei vuoti tra il momento in cui si verifica il fatto di un'eventuale denuncia e il momento in cui si celebra il processo.
  Quindi, l'inserimento nelle aggravanti comuni del fatto che quando ci sono delitti contro la persona, compresi i maltrattamenti ma non solo, c’è un'aggravante se sono, non solo in danno dei minori ma alla presenza dei minori, perché appunto vi è la questione della «violenza assistita» che produce delle conseguenze. La questione della irrevocabilità della querela: sull'irrevocabilità della querela si è aperta in Commissione – oggi in Aula c’è stata un'eco – un'importantissima e interessante discussione, io tra l'altro sono tra coloro che pensa che non debba essere consegnata allo strumento processuale della irrevocabilità la finalità della protezione. Qui si scontrano diverse concezioni; credo che sia fuorviante dibattere su cosa protegge meglio, diciamo che l'impostazione giuridica, che è quella a cui dobbiamo guardare, è quella della graduazione tra un rilievo pubblico e una gravità di un reato, procedibilità d'ufficio, e il fatto che questo reato, seppur grave, va a intersecare le relazioni personali in una sfera molto personale e intima della persona.
  Io credo che noi abbiamo trovato una soluzione che è una buona soluzione perché individua due punti; intanto mantiene l'irrevocabilità per i fatti più gravi in un istituto che già prevede la procedibilità d'ufficio per i fatti gravi e lo aggancia alle modalità della minaccia grave per cui nel nostro codice è prevista la procedibilità d'ufficio; in secondo luogo, affronta il problema di una protezione nella libertà di mantenere o non mantenere la querela non coartando la volontà ma cercando di venire incontro a quelle situazioni, diciamo così, meno ufficiali e meno protette, in cui in maniera più agevole si può ritirare la querela e quindi processualizzandola in questo senso. Credo che questo sia un significativo passo avanti che ha tenuto conto delle osservazioni delle associazioni, e qui un appunto molto breve.
  Io credo che il fatto che siano stati presentati molti emendamenti non è un segno di debolezza, posto che questi sono stati discussi e si è tenuto conto delle osservazioni e del dibattito che si è svolto nelle audizioni e che abbiamo cercato di tramutare in modifiche significative del provvedimento. Io sono orgogliosa che sono stati presentati molti emendamenti, perché li abbiamo affrontati questi emendamenti e quindi c’è una parlamentarizzazione del procedimento legislativo che ancora non mi soddisfa totalmente, ma di cui sono molto orgogliosa e c’è la ricerca di una soluzione.
  Anche qui, in un momento in cui la politica fatica ad essere sede di rappresentanza, occorre rivendicare un ruolo che non è quello del semplice accoglimento di note che provengono da chi è certamente sul campo in tutti i settori, ma è quello di trovare una soluzione nella dialettica e di accogliere osservazioni e trovare una soluzione legislativa. Questo è il ruolo alto della politica, di cui siamo tutti partecipi perché non ci si può limitare a dire che qualcuno ha detto che non va bene e Pag. 93registrare. Noi non siamo qui per registrare, siamo qui per esercitare un ruolo, di cui dobbiamo assumerci la responsabilità, con qualsiasi scelta. Oggi, questa è la nostra scelta, un domani può esserci un'altra scelta.
  Mi avvio alla conclusione per dire ancora alcune cose e per fare alcune brevi considerazioni. Parlavo di protezione, rete e informazione, di ampliamento, tenendo conto di soluzioni di sistema, dei momenti di informazione della persona offesa accompagnata dal suo difensore, mettendo in rapporto, ad esempio – ed è un problema di coordinamento – tutti i presidi sociosanitari con i centri antiviolenza, con i servizi e con chi deve procedere nelle sedi giudiziarie. Questo è un punto importante, questa è un'idea di che cosa deve essere la rete. Parlavo del fatto di intervenire su quella cosa pericolosissima, che è la detenzione dell'arma che non viene tolta, se non in casi estremi; in questo caso, invece, quando c’è l'ammonimento del questore non anonimo, per esempio, si prendono dei provvedimenti. Parlavo dell'obbligo di comunicazione quando mutano le misure cautelari personali coercitive in carcere o quant'altro per poter dare alla persona offesa la possibilità di.... Ci sono molte cose, ma naturalmente ho capito che il tempo non mi accompagna per poterle esporre tutte, ma ci sarà modo e tempo nella discussione sul complesso degli emendamenti di domani.
   Quindi, vorrei concludere dicendo che consideriamo questo contributo non risolutivo, non esaustivo, ma certamente un importante passo avanti in Parlamento per affrontare questo fenomeno e la complessità di questo fenomeno. L'articolo 5-bis, così modificato, è importantissimo e segna un passo avanti molto significativo e un cambiamento di marcia.
  Voglio dire questo: noi vogliamo portare in quest'Aula un'utopia concreta che vuole sfidare lo stato delle cose, e penso che questo sia il nostro compito oggi anche su questo argomento, e davvero concludo, Presidente. Noi, soprattutto noi donne, non vogliamo portare in quest'Aula la nostra fragilità, noi vogliamo portare la forza delle donne in quest'Aula, riaffermando principi, proponendo soluzioni e avanzamento di tutta la società. Noi non vogliamo rivendicare l'altra metà del cielo; noi vogliamo tutto perché vogliamo cambiare tutto (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Lorefice. Ne ha facoltà.

  MARIALUCIA LOREFICE. Signor Presidente, rappresentante del Governo, colleghi, c’è una domanda che non trova risposta: perché in Italia, ogni tre giorni, una donna viene uccisa da un marito, un fidanzato, magari dopo anni trascorsi insieme ? E perché una donna adulta, libera, al primo spintone, alle prime parole selvagge non allontana da sé per sempre quell'uomo che la sta minacciando e invece gli resta accanto e preferisce ripetersi che non è niente ?
  In realtà, qualcosa è già esploso in quella coppia e forse lo profanerà fino all'estremo. La violenza domestica è la prima causa di morte nel mondo per le donne tra i 16 e i 44 anni: più degli incidenti stradali e più delle stesse malattie. Tra gli uomini violenti vi sono padri-padroni, vi sono quelli con disturbi psichiatrici, vi sono gli irriducibili che picchiano, schiavizzano e, in alcuni casi, uccidono, ma sono solo la punta dell’iceberg, quella che facilmente finisce sulle pagine dei giornali o in un commissariato di polizia.
  Sotto si cela una moltitudine di uomini che insultano, tirano sberle, maltrattano, con piccole angherie quotidiane o periodici raptus, le proprie mogli, compagne, amanti, a volte anche le figlie, e il finale tragico è sempre in agguato. Senza un percorso, continueranno ad agire indisturbati. Per spezzare questa catena, è necessario educare gli uomini a sapersi relazionare in modo rispettoso. Gli strumenti devono essere quelli di una giustizia riparativa, non solo punitiva; altrimenti, il ciclo della violenza non si chiuderà.
  Gli esperti dicono che il lavoro con gli uomini maltrattanti è efficace. Uno spazio Pag. 94di ascolto, in certi casi, può essere sufficiente a interrompere quello che tecnicamente è definito «àgito violento». Vi sono uomini che riconoscono il problema e chiedono aiuto, e, se un uomo è in grado di chiedere aiuto, deve poter trovare un sostegno; altrimenti, parlare di prevenzione diventa un semplice slogan privo di contenuto.
  La gran parte di coloro che hanno cominciato il percorso non hanno più manifestato atti di violenza fisica a distanza di tempo, hanno aumentato la capacità di riconoscere l'insorgere della rabbia e hanno imparato a interrompere il comportamento violento. Nessuna legge, nemmeno la più rigorosa, può davvero arginare la violenza, se non accompagnata da questo tipo di azione.
  Il decreto in questione, invece, punta proprio sull'inasprimento delle pene, non tiene conto di tutte le proposte e delle denunce fatte dai centri antiviolenza e dalle associazioni di donne che da anni lottano e sostengono le donne vittime di violenza. Critico è stato il loro giudizio sui tempi e sui modi con cui il Governo ha licenziato questo decreto.
  È un errore politico e culturale considerare la violenza contro le donne alla stregua di un reato qualunque e affrontarla all'interno della logica emergenziale, sbagliata e inadeguata ad affrontare il fenomeno, che ha ragioni e caratteristiche particolari, da non sottovalutare o trascurare.
  Ciò è chiaramente scritto nel preambolo della Convenzione di Istanbul, ratificata da questo Parlamento appena pochi mesi fa e che avrebbe dovuto essere il punto di riferimento dal quale partire. Invece, questo decreto vorrebbe ridurre i diritti e le garanzie previsti sia dalla Convenzione sia dalla direttiva europea a tutela delle vittime dei reati.
  D'altra parte, vi è chi, naturalmente, ha saputo strumentalizzare la cosa. Mi riferisco alla deputata Morani, la quale sostiene che, secondo il MoVimento 5 Stelle, la legge sul femminicidio non è urgente. Facile è estrapolare giusto due parole da un contesto più ampio e usare un dramma come questo per colpire il nemico (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) !
  Spiegateci perché, nonostante le proposte di legge depositate sia alla Camera sia al Senato, avete pensato di inserire il femminicidio in questo decreto. Spiegateci il motivo per il quale, in tale decreto, la violenza di genere viene affrontata solo in termini repressivi e solo nei primi cinque articoli. Spiegateci perché le altre norme qui inserite nulla hanno a che vedere con il femminicidio e riguardano frode informatica, commissariamento delle province, sicurezza, ordine pubblico, violenza negli stadi e no-TAV.
  Spiegateci cosa c'entrano i no-TAV con la violenza di genere. Forse è questa la vera urgenza del Governo ? Oppure il provvedimento è stato adottato con tanta urgenza per fornire un'apparente risposta alle raccomandazioni ONU che davano all'Italia un anno di tempo per adottare misure in materia di violenza di genere ?
  Lo stesso Comitato CEDAW chiedeva di dare priorità all'adozione di misure strutturali, per far sì che le donne vittime di violenza avessero immediata protezione; raccomandava un sistema efficace di raccolta dati, la formazione di tutti gli operatori, il coinvolgimento della società civile in campagne di sensibilizzazione, la ratifica della Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta alla violenza nei confronti delle donne e in ambito domestico.
  Queste azioni, che richiedevano un programma quadriennale per la loro realizzazione ed uno biennale per l'adozione delle misure più urgenti, sono state ignorate per due anni dagli Esecutivi che si sono succeduti, eccezion fatta per la temporanea presa in carico della questione da parte del Ministro Idem.
  A luglio ovviamente il Governo italiano non ha presentato il rapporto richiesto. Così ad agosto ha deciso di presentare questo decreto-legge, un decreto d'urgenza, come palliativo e per convincerci tutti di un suo reale interessamento al delicato tema in questione.Pag. 95
  Questo decreto, così come ci è arrivato, prevede un piano contro la violenza sulle donne sul quale manca la copertura finanziaria. Vero è che viene previsto uno stanziamento di 10 milioni di euro. Tuttavia non basteranno a coprire finanziariamente tutto ciò che il decreto sul femminicidio prevede, oltre al fatto che il Governo non ha ancora provveduto a verificare e rifinanziare il vecchio piano nazionale contro la violenza di genere e stalking in scadenza a novembre. Il decreto prevede riforme al codice penale e di procedura penale, ma le norme introdotte non assicurano davvero la protezione delle vittime. Riduce la possibilità di rilascio del permesso di soggiorno alle donne straniere solo in casi in cui ci sia grave e concreto rischio di vita per la donna. Il permesso non ha durata, la donna deve provare che la violenza sia grave e che vi sia un concreto pericolo per la sua incolumità, e questo è difficile da provare. Tutto è lasciato alla discrezionalità del giudice. Ma secondo quali parametri ? Senza considerare il fatto che attraverso una misura del genere si restringe il campo di applicazione della Convenzione.
  Vi sono provvedimenti come l'aumento della pena per il reato di maltrattamento contro familiari e conviventi, se alla violenza assiste un minore di anni 18; provvedimenti contro lo stalking messo in atto anche attraverso strumenti informatici o telematici; l'arresto obbligatorio in flagranza per i delitti di maltrattamento familiare e stalking. Ma la violenza si combatte principalmente con la formazione di tutti i soggetti coinvolti, dai giudici alle forze dell'ordine, agli operatori, si combatte con la cultura e l'educazione. E qualcosa è stato inserito, in effetti, ma niente sul recupero dell'abusante, se non un accenno che prevede che il questore lo informi dei centri di recupero presenti sul territorio.
  E per capire quanto sarebbe importante intraprendere una strada in tale direzione, concludo con le parole di Nancy Mensa, una diciannovenne di Avola, che un mese fa circa ha perso la madre a causa di un colpo di fucile sparato dal padre. Dice «Mia madre è morta perché non è stata protetta, e mio padre avrebbe avuto bisogno di un aiuto psicologico e di essere fermato». Lo Stato, lo ribadiamo ancora una volta, deve essere presente e attuare misure preventive per sconfiggere il femminicidio, deve garantire assistenza psicologica, occuparsi dei superstiti che non hanno più alcun tipo di sostegno e sussidio, poiché le vittime del femminicidio non sono solo le donne, ma anche i figli.
  Questo decreto non ci piace, non ci piace perché è il solito «decreto macedonia», non ci piace perché le associazioni e le loro proposte non sono state prese in considerazione e perché le misure di prevenzione sono poche, irrisorie e non verranno applicate nella pratica.
  L'auspicio è che il Governo si accorga che fare le cose in fretta e farle male non porta maggior consenso (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Giuliani. Ne ha facoltà.

  FABRIZIA GIULIANI. Signor Presidente, colleghi, membri del Governo, la prima cosa che vorrei dire prima di esporvi le riflessioni che ho preparato per questo dibattito, è che penso che il primo gesto di rispetto verso la materia che trattiamo sia quello di sottrarla al gioco facile della strumentalità politica e al gioco della contingenza. Sottolineiamo tutti il carattere strutturale di questi fenomeni. Bene, se ne riconosciamo questo carattere strutturale e profondo, il primo atto di rispetto che dovremmo avere per questo genere di fenomeni è quello di riuscire a guardarli diretti in faccia e di sottrarli al gioco strumentale.
  Voglio sottolineare poi che è la terza volta che in quest'Aula, da quando è stata eletta, da quando siamo in questa legislatura, si affrontano temi legati alla cittadinanza femminile, quindi temi che riguardano la cittadinanza intera. Parlamentari che hanno esperienza più di me e che sono da più tempo in quest'Aula mi dicono che questo non è mai accaduto.Pag. 96
  Ecco, questo è il modo per affrancarsi da quell'impotenza che prima evocava la collega Rossomando e penso che è qualcosa di cui non dobbiamo essere orgogliosi, perché non è di questi sentimenti che si nutre la politica, ma qualcosa che dovremmo saper portare insieme con responsabilità.
  Vengo a queste norme. Con l'approvazione di queste norme io credo che si compia – naturalmente prima che ciò vada al Senato – un passo importante, come diremmo con un linguaggio filosofico, «un passo necessario, ma non sufficiente». Questo atto fa parte di un processo più lungo. L'attenzione con la quale è stato seguito, la discussione che ha suscitato, l'attesa che lo accompagna sono testimonianza di una coscienza civile nuova, che coglie la portata tutta politica di queste norme e della materia che affrontano e, in questo senso, io credo davvero che dovremmo essere responsabili di quello che facciamo. Dobbiamo essere all'altezza di questa attesa.
  È un processo, dunque, che non è circoscritto solo al cammino di questo decreto, sarebbe davvero un atto miope circoscriverlo a questi ultimi mesi. Farlo ci farebbe perdere la memoria necessaria a valutare con la lucidità e il rigore necessario queste norme che entrano ora nel dibattito politico, ci farebbe perdere la misura. Bisogna, invece, guardare avanti, guardare avanti e avere memoria.
  Questa legge è il risultato di un lavoro intenso delle parlamentari italiane: quelle che hanno operato all'interno del Consiglio d'Europa perché si arrivasse alla Convenzione, quelle che con il loro lavoro, quasi a conclusione della scorsa legislatura, sono riuscite ad avviare il dibattito in Senato e a conquistare la firma del Governo in «zona Cesarini», come si dice in gergo calcistico. In questa legislatura voglio unirmi a quante prima di me hanno ricordato il voto unanime che ha segnato la ratifica della Convenzione Istanbul, primo atto del Governo, e la mozione unitaria, frutto di una sintesi dei contributi di tutti gruppi, un lavoro comune al quale ci siamo dedicati con passione e lo abbiamo affrontato con una fiducia forte nel dialogo, non tra le parti politiche, non tra i partiti, ma tra le culture politiche di cui questi partiti sono espressione.
  Altre prima di me hanno ricordato l'iter del lavoro. Io voglio solo sottolineare come ciò che ci ha guidato nella recezione, nell'ascolto e nella rielaborazione di questo decreto è stato lo sforzo di dar vita a misure adeguate a ciò cui siamo davanti, adeguate a una realtà pervasiva, radicata e profonda. Nulla di estemporaneo o contingente caratterizza la violenza, lo sappiamo. I dati e gli studi che raccolgono questo fenomeno, e che devono continuare a raccoglierlo con sempre più rigore, e ciò che la cronaca quotidianamente ci mostra è il carattere appunto radicato e universale del fenomeno.
  La violenza non distingue tra ceti, età e aree del Paese, è un dato sistematico e lo sforzo che abbiamo fatto – lo ha detto con molta chiarezza la presidente Ferranti che voglio ringraziare – è stato quello di dare sistematicità alle norme che ci venivano proposte. Il contrasto alla violenza non deve arrestarsi sulla porta di casa. L'universalità del fenomeno di cui si parla non si coglie se non se ne guarda la radice e questa radice affonda il cuore nelle relazioni tra i sessi e nella famiglia e questa è la grande novità, questo è il punto che finalmente si è voluto aggredire.
  Qualcuno lo ha ricordato prima di me, la legislazione italiana è stata capace di contrastare il delitto d'onore dopo avere già ratificato il divorzio e l'aborto. Affrontare la punizione nell'uxoricidio e in fenomeni analoghi è stato un tabù, un tabù che con fatica ancora ci troviamo a contrastare. E dunque l'aggiornamento del capitolo legislativo sui maltrattamenti familiari, lo stalking, la violenza sessuale è un aggiornamento, prima ancora che giuridico, di natura politica e culturale.
  Segnare come più grave un crimine commesso contro una donna se commesso dal coniuge o da una persona con cui questa donna era o è legata da vincoli affettivi vuol dire fare un passo avanti di civiltà, colpire finalmente il nesso tra violenza e diseguaglianza che nel nostro Pag. 97Paese è straordinariamente saldo ed è duro ad abbattersi. L'attenzione con la quale oggi si guarda a questi fenomeni non deve generare illusioni.
  Lo sdegno corale, la ripetizione di immagini di donne colpite, le trasmissioni e i titoli rischiano di assuefarci, di ottenere l'effetto opposto: di consolidare una gigantesca rimozione collettiva. Occorrono occhi nuovi, uno sguardo affrancato dal vittimismo e dalla guerra fra i sessi. Occorre certo educazione, ma occorrono anche prevenzione ed occorrono buone leggi. Ora lo ripetono tutti, forse troppi appunto: si dice che la questione della violenza è un problema culturale, le leggi non bastano; si parla di stereotipi e pregiudizi; ma la questione è molto più profonda e sottile, non riguarda solo e tanto qualche comportamento arretrato, possessivo, violento con cui prende forma la tradizionale gelosia maschile o almeno in Italia e nei Paesi mediterranei. L'efferatezza, ma anche l'ordinaria brutalità di crimini mostruosi perpetrati da adolescenti sulle loro coetanee o di normali compagni e mariti sulla madri dei loro figli, tutto questo orrore rimanda alla natura della crisi culturale e morale che stiamo vivendo e nella quale prosperano rapporti di forza diseguali.
  Nella fattispecie la violenza sulle donne – ecco, io credo che questo sia il punto – ha una radice ambigua e complicata. È una sorta di vendetta dell'uomo su una donna ritenuta troppo forte, che vuole scegliere autonomamente. Ed un altro aspetto sul quale vorrei richiamare la vostra attenzione è il complicato nesso tra uguaglianza con l'uomo e differenza, perché lì si annidano le vere insidie culturali e psicologiche davvero difficili da decifrare e debellare. Quando si dice giustamente che non bastano le leggi per arginare il fenomeno della violenza occorre anche quindi andare alle sue radici culturali, ed evitare una lettura di superficie e guardare fino in fondo la crisi di identità della soggettività maschile, una destabilizzazione dell'uomo verso questa inedita figura che è diventata la figura femminile, che lo spaventa, perché insieme alle richieste di uguaglianza, la donna rivendica – noi rivendichiamo – anche la nostra differenza.
  Occorre dunque abbattere un tabù per combattere alla radice la disuguaglianza, ma occorre anche affermare che deve essere garantita, deve essere garantita la libertà delle donne nel lavoro, nella loro vita affettiva e sessuale; e deve essere garantita la sicurezza: sì, sicurezza anche per le donne non è affatto una brutta parola. Come afferma Istanbul, devono essere rimossi gli ostacoli che impediscono alle donne di decidere liberamente, specie se questi ostacoli si chiamano sopraffazione o annullamento. Questo è il di più, andando a ciò che noi in filosofia chiamiamo i fondamentali, della democrazia rispetto al liberalismo: riconoscere le diseguaglianze e contrastarle. Riconoscere le differenze e le asimmetrie di un confronto – e penso alla querela – senza il quale ogni ragionamento sul diritto e sulla teoria resta davvero astratto.
  Ecco il punto: io credo che la qualità democratica oggi deve essere tutela dei diritti fondamentali e se continuiamo a tollerare – e ho concluso – ricadute che contemplano livelli inferiori di tutela di questi diritti, non c’è uscita dalla crisi del Paese. Non è solo affare delle donne. Se, come dice Istanbul, lo Stato è chiamato a sanare le diseguaglianze e dunque a combattere la violenza, non fare più della casa e della famiglia una zona franca vuol dire abbattere un tabù e fare un passo avanti nella pienezza della cittadinanza femminile, cittadinanza che è ancora un cammino incompiuto. E la nostra tradizione giuridica ce lo ricorda: ogni volta che ha segnato un passo avanti, l'ha fatto partendo dal confronto tra culture e politiche diverse. Solo così il Paese cresce, solo così questo Paese si salva (Applausi).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Di Lello. Ne ha facoltà.

  MARCO DI LELLO. Signor Presidente, onorevoli colleghe e onorevoli colleghi, la violenza contro le donne è uno degli atti più vili che un uomo possa compiere. Pag. 98Usare la sua forza fisica per ferirle, abusarle, ucciderle, per rabbia o presunto onore è una follia animalesca che troppo spesso si perpetua. Secondo il rapporto del Viminale dal primo agosto 2012 allo scorso 31 luglio, in Italia ci sono state 9.116 denunce per stalking, quasi l'80 per cento dei casi sono stati esposti da donne.
  Secondo l'Eures, nel primo decennio del nuovo secolo ci sono stati 728 femminicidi, a cui se ne aggiungono 124 registrati lo scorso anno: numeri degni di una guerra, non di un Paese socialmente sviluppato. Introdurre nuove aggravanti per il maltrattamento di familiari o conviventi è un ottimo punto di partenza, perché è proprio tra le mura domestiche che spesso si consumano violenze.
  Ci stupiamo e ci scandalizziamo quando sentiamo notizie di violenza o abusi sui mass media, ma non dobbiamo dimenticare che siamo in un Paese in cui solo a partire dalla fine degli anni ’60 si è iniziato a parlare di riforma del codice penale su questa materia. Nel 1969 per la prima volta fu considerato incostituzionale l'articolo 559 che prevedeva la punizione del solo adulterio della moglie e non anche del marito o del concubinato del marito. E fu il socialista Vassalli ad occuparsi della revisione dell'ordinamento penale proponendo l'abrogazione delle speciali previsioni sulle lesioni e sull'omicidio a causa d'onore. Ma fu solo nel 1981, con la legge n. 442, che fu abrogato l'articolo 587 che puniva il delitto d'onore con la reclusione da tre a sette anni, da tre a sette anni, lo sottolineo perché questo è l’humus culturale ancora troppo presente nel nostro Paese e in cui affonda le radici l'odioso delitto di cui discutiamo. Troppe volte ancora oggi fingiamo di non vedere che resistono sacche nel nostro Paese in cui l'uomo è ancora «padre padrone» e le donne hanno un enorme difficoltà a vedere riconosciute le loro legittime ambizioni.
  Le lacune culturali che imperano ancora in Italia devono essere sradicate alla base. Occorre iniziare dai bambini, come ricordava la collega Locatelli, e insegnare nelle scuole prima ancora e nell'università che ciascuno di noi appartiene solo a se stesso, che l'autodeterminazione di una donna è tra i concetti più evoluti di civiltà e di democrazia. Manca ancora un'educazione ai sentimenti. Troppo spesso insegnanti e genitori si preoccupano di trasferire ai propri figli nozioni e competenze, ma intanto trova spazio la cultura materialista del più forte, della dominazione sugli altri. Ci si dimentica troppe volte di insegnare il rispetto e l'importanza dei sentimenti. Da laico lasciatemi citare la lettera alle donne del 1995 in cui papa Giovanni Paolo II scriveva: «è ora di condannare con vigore, dando vita ad appropriati strumenti legislativi di difesa, le forme di violenza sessuale che non di rado hanno per oggetto le donne. Si tratta di un atto di giustizia, ma anche di una necessità». Oltre la metà delle vittime assassinate ha un'età compresa tra i 25 e i 54 anni, con un indice di rischio medio più alto nella fascia 25-34. È sintomatico che si tratta di una pratica che vede nei giovani esempi di ignoranza e attori di primo piano nella violenza di genere.
  Secondo i dati dell'OMS, quando si parla di femminicidio e di violenza le differenze socio-economiche non hanno alcun peso. Gli uomini che odiano le donne sono di ogni ceto sociale, livello culturale, accomunati solo dall'incapacità di gestire i loro impulsi bestiali. Ogni giorno qualche testata giornalistica ci racconta di casi di violenza o omicidio commessi su una donna. Ogni giorno la nostra attenzione verso questi terribili fatti deve aumentare, di conseguenza veicolandola verso un'azione di educazione e prevenzione nelle scuole e nella famiglia. Serve dunque una vera rivoluzione culturale incentrata sul rispetto reciproco in ogni momento, in ogni contesto, in ogni lavoro, in ogni famiglia. Noi possiamo fare leggi, approvare aggravanti, ma se tutto ciò non è accompagnato da un percorso culturale che parta dalla prima infanzia non riusciremo mai ad eliminare del tutto questo cancro della nostra società. È proprio nella scuola, nella formazione delle giovani e dei giovani che dobbiamo insegnare il vero significato del termine «onore». La Pag. 99stima altrui non si conquista picchiando o uccidendo, si conquista rispettando il prossimo, sempre, in ogni occasione.
  Onorevoli colleghe e onorevoli colleghi, abbiamo impiegato molti anni per sancire che in Italia nessuno può avere mai un diritto abbastanza forte da vantare per giustificare un qualunque gesto di soprusi o maltrattamenti. Nessuna giustificazione, nessun alibi, dunque. Gli uomini che odiano le donne devono sapere che in Italia le cose stanno cambiando, che nelle istituzioni e in questa legge avranno il loro nemico. Quella che approveremo, seppure modificata ed emendata, dovrà essere una legge contro ogni sopruso, una legge che tuteli i più deboli, una legge di cui ognuno di noi dovrà sentirsi orgoglioso nel poter dire io l'ho votata. Non una legge per le donne, una legge di civiltà (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Partito Socialista Italiano-Liberali per l'Italia).

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Zampa. Ne ha facoltà.

  SANDRA ZAMPA. Signor Presidente, mi associo anch'io ai ringraziamenti che ho sentito da diverse colleghe rivolgere alla Viceministro, alla nostra presidente della Commissione giustizia, Donatella Ferranti, e a tutti coloro che nelle Commissioni, a tutte le donne e gli uomini che nelle Commissioni hanno contribuito a fare in modo che questo provvedimento diventasse più ricco di risposte ad un problema drammatico.
  È una fase molto faticosa della politica italiana e siamo tutti immersi in un grande impegno, siamo tutti chiamati a un di più di responsabilità ma anche di consapevolezza e intendo con questo termine ricordare la sua accezione originaria: cum sapio volo e cioè sapere e volere ad un tempo e, quindi, metterci il cuore e la testa dentro alle cose.
  Questo provvedimento in questa grande difficoltà che anche la congiuntura economica e finanziaria ci propone è da salutare ovviamente con favore, nella consapevolezza però che esso non risponde in tutto. Esso è una prima risposta a un fenomeno drammatico, ma oggi e domani, quando voteremo queste norme, dovremmo dire alle donne italiane e al Paese intero una cosa importante, che non era mai stata detta prima da questo Parlamento. Diciamo che con i suoi limiti e le sue insufficienze, con questo provvedimento noi intendiamo essere vicini a ogni donna che subisce violenza e maltrattamenti e vogliamo anche dire, e lo diciamo qui in nome del popolo italiano, che noi vogliamo porre rimedio a quanto sotto i nostri occhi avviene troppo spesso. Questa è una delle piaghe: la violenza contro le donne. E noi vogliamo che queste donne trovino aiuto e sostegno e non si sentano sole in questo dramma. Noi diciamo anche, e diremo approvando queste norme, che la violenza degli uomini verso e contro la propria compagna, la propria figlia, la propria amante è una questione grande, urgente, angosciante che riguarda tutto il Paese, non riguarda solo loro o le loro famiglie.
  Queste norme riconoscono oggi, anche grazie al contributo dei parlamentari e delle Commissioni – e ringrazio in particolare la mia Commissione, dove si è svolto un importante e ricco dibattito che è anche la testimonianza di quanto questo dramma stia a cuore a tutti – questo problema, e c’è la ricerca di una soluzione. Queste norme riconoscono oggi che questo fenomeno ha radici culturali e che dunque occorre agire anche e soprattutto sul piano culturale, anche per mutare mentalità, comportamenti e modi di relazionarsi nel genere, di rapportarsi nella relazione di genere: ed è importante introdurre questa parola.
  Siamo di fronte ad un inarrestabile cambiamento, che ha investito forse più di tutte e prima di tutto le donne e, di conseguenza, le relazioni di genere. La violenza nasce dal rifiuto maschile di riconoscere l'alterità delle donne e la collega Marzano è stata straordinariamente brava nel dare alla parola, all'espressione alterità, un significato, il suo proprio significato. Non sto a ricordare e ad evocare la Convenzione di Istanbul – lo hanno fatto altri prima di me – o la Convenzione sui diritti delle donne di Pechino.Pag. 100
  Mi limito semplicemente a ricordare, anche perché è un fatto molto recente, parliamo del 2011, che il Comitato CEDAW, nelle sue raccomandazioni, ha evidenziato, ahimè, che l'Italia non ha sviluppato un programma per combattere ruoli e stereotipi. Quando parliamo di cultura, noi dobbiamo parlare, in questo caso, di una guerra agli stereotipi. La cultura e gli strumenti culturali sono il terreno su cui occorre lavorare e seminare, occorre davvero un lavoro di lungo periodo e i frutti di un lavoro sulla cultura sono frutti che arrivano avanti nel tempo.
  Per questo occorre lavorare intensamente, tenendo conto – e noi tutti qui dentro lo sappiamo – di come la pubblica opinione si formi e si formi velocemente, rapidamente, e di come già, fin da piccolissimi, i nostri concittadini maturano orientamenti e comportamenti. Mi limito semplicemente a ricordarvi quanto anche semplicemente i giocattoli con i quali i nostri bambini si trovano a giocare tra loro possono, per l'appunto, consegnare loro, fin da piccolissimi, degli stereotipi: sulla forza, sul genere, sul rifiuto di una parte o di un genere; persino il colore, il colore rosa e il colore azzurro. Sono stereotipi con i quali dobbiamo misurarci. E, allora, occorre investire e muoversi soprattutto e subito sulla scuola e laddove, appunto, la pubblica opinione si forma.
  In Commissione cultura, come dicevo, si è svolto un confronto importante su questo provvedimento, è stato utile il contributo di tutti i parlamentari, anche di coloro che non hanno, poi, alla fine, voluto approvare queste norme e, quindi, non hanno dato un parere favorevole. Sono stati però importanti, è stato importante il confronto e ha dato la misura di un confronto che, credo, si svolga, per fortuna, ormai, molto più largamente nella nostra società. In particolare, appunto, da lì sono nati arricchimenti che l'articolo 5, laddove si prevede la messa in opera di un piano, prevede.
  Il piano di azione non è più un piano straordinario, è un piano di azione. E devo correggere quanto ho sentito prima in quest'Aula e, cioè, che non ci sono azioni e formazione per gli insegnanti e per gli operatori scolastici, perché non è così: sono, invece, tra le cose buone che dobbiamo enumerare, proprio azioni di formazione dentro alle scuole. In particolare, richiamo, al punto 2, la lettera a), la lettera a-bis) e la lettera b), dove si evoca la necessità di prevenire attraverso la sensibilizzazione degli operatori e attraverso l'informazione, dove si parla dei media per realizzare una comunicazione e un'informazione, e questo è molto importante, anche commerciale. Sappiamo tutti quante volte l'immagine della donna e lo stereotipo femminile viene piegato in modo inaccettabile solo ed esclusivamente con finalità commerciali.

  PRESIDENTE. La invito a concludere.

  SANDRA ZAMPA. Ho concluso, signor Presidente. Occorre dar vita a più rispetto e più rispetto dentro e a partire dai media. Non servono soltanto, anche se servono, più soldi, è certamente vero. Il Governo, però, ha, per esempio, a sua disposizione la possibilità, nel rinnovo del contratto con la RAI, di fare presente questo tema e di farlo pesare. Molte sono le possibilità, attraverso una buona informazione e comunicazione e anche forme artistiche. Voglio ricordare – la Viceministra era presente – che ci sono stati film osteggiati fino all'ultimo momento, come un ciclo di filmati andati in onda, poi, lo scorso anno, finalmente – tra l'altro un film di Liliana Cavani –, che noi qui, in Parlamento, abbiamo tra l'altro avuto la possibilità di vedere.
  Ecco, io credo che alle volte arrivino più direttamente alle donne messaggi importanti che le possono aiutare promuovendo una buona comunicazione e che, quindi, si debba lavorare anche nell'editoria, e appunto nella relazione, nel rapporto con la RAI perché finalmente si faccia qualcosa di buono e le cose buone ci sono, basta sostenerle ed aiutarle.
  Aggiungo infine ed ho concluso che, come probabilmente lei sa, domani io presenterò a mia prima firma, ma anche con la firma di altre colleghe della Commissione Pag. 101Cultura, un emendamento per chiedere che una parte del fondo sia però destinato davvero alla formazione degli insegnanti. È un tema importantissimo quello della scuola, ma non possiamo chiedere ai nostri insegnanti di continuare a farsi carico di formazione, formazione e formazione quasi tutta a proprie spese; non possiamo chiedergli di andare anche a comprarsi i libri su cui studiare come affrontare un tema così delicato come questo, magari con uno sforzo ulteriore, sono già carichi di impegni. Quindi, diamo loro il segno – e anche un segno di rispetto in questo caso – che siamo al loro fianco.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Chiarelli. Ne ha facoltà.

  GIANFRANCO GIOVANNI CHIARELLI. Signor Presidente, colleghe e colleghi, rappresentante del Governo, con questo intervento ritengo di rappresentare un po’ le intenzioni del gruppo a cui appartengo e ritengo che con questo provvedimento che ci accingiamo, non solo a discutere, ma anche, eventualmente, ad approvare, si sia davvero fatto un passo in avanti; ancora in questa legislatura, questo provvedimento, dopo quello sull'omofobia, sicuramente fa fare un salto in avanti a questo annoso problema che purtroppo vede, troppo spesso, coinvolte tante donne.
  Al fine di evitare ogni possibile cattiva interpretazione o equivoco di sorta, preciso che la mia personale posizione rispecchia naturalmente quella dell'intero gruppo del Popolo della Libertà, ed è quella che condanna nel modo più assoluto qualunque forma di violenza ed in particolare quella indirizzata ai danni delle donne. È evidente che in una discussione sulle linee generali si devono anche porre dei problemi, dei quesiti, in ordine alla effettiva portata della norma che poi si va ad approvare. Credo che la cosa importante in una discussione sia proprio sottoporre quelle che sono le criticità rispetto al problema che poi l'Aula affronterà. Esprimerò, quindi, qualche riserva solo sull'impianto normativo; è però mia profonda convinzione che si debba ampliarne lo spettro d'azione affiancando agli effetti deterrenti della norma penale, una più incisiva azione che agisca su più fronti, a mio parere iniziando dalle educazione e dalla formazione. Quell'educazione e formazione che ancora ieri il Presente del Consiglio richiamava in Aula indicandola come uno degli obiettivi prioritari dell'attività di Governo. È proprio su questo fronte, ovvero quello della prevenzione, che ritengo si debba produrre il massimo sforzo per combattere il fenomeno della violenza di genere che non di rado, purtroppo, sfocia nel femminicidio. Rispetto a questa visione ho anche espresso in Commissione Giustizia alcune mie perplessità e sono stati depositati alcuni emendamenti che la Commissione non aveva sostanzialmente approvato, ma che ritengo che debbano formare oggetto di discussione generale dell'Aula prima dell'approvazione.
  Dico questo perché anche dagli interventi di chi mi ha preceduto ho notato che su alcune posizioni, quali l'irrevocabilità della querela, vi è una volontà contrastante da parte anche di alcune colleghe che giustamente ritengono non costituisca un elemento pregnante e determinante nel contesto di questa norma.
  Ci siamo occupati alcuni giorni fa del problema dell'omofobia, oggi affrontiamo questo problema davvero molto importante. Nel 2011 una ricerca dell'associazione Casa delle donne ha registrato 120 casi di femminicidio, e questa cifra non è completa, perché i dati raccolti si basano esclusivamente sui mezzi di informazione. Si tratta di omicidi di donne perpetrati da mariti, compagni, ex mariti, ex compagni, amanti, padri, fratelli, conoscenti, amici, come nel caso di assassini di prostitute. In presenza di questa realtà, cari colleghi, ritengo che, ancora di più, bisogna pensare di investire una serie di risorse che occorrono a fare prevenzione, per servire per una volta a dare la possibilità di avere una crescita culturale.
  Le norme in materia esistono da tempo. Si denuncia da più parti la presenza di troppe leggi nel nostro Paese, e forse è vero. La verità è che vi è la Pag. 102difficoltà di attuarle poi concretamente. In linea di massima il provvedimento che siamo chiamati ad approvare opera sul piano dell'inasprimento del sistema sanzionatorio con l'introduzione di nuove aggravanti, prevede l'ampliamento delle ipotesi di adozione delle misure di tutela delle vittime, incrementa la lista dei reati per i quali si applica l'allontanamento dalla casa familiare, nonché l'arresto obbligatorio in flagranza.
  Con l'articolo 3, poi, si dà attuazione alla Convenzione di Istanbul introducendo una misura di prevenzione, ovvero l'ammonimento del questore per la condotta di violenza domestica, così come avviene nel caso di stalking.
  Come ho avuto modo di dire, la questione è, ripeto, innanzitutto di natura culturale; richiede un diverso approccio che guardi soprattutto alla prevenzione. Vi è alla base della violenza di genere, soprattutto di quella domestica, in certi strati sociali e in certe realtà del Paese più che in altre, una concezione della donna che nessuna legge penale, a nostro parere, nessuna sanzione, potrà modificare se non si interverrà in termini di prevenzione e formazione.
  Nella maggioranza dei casi di violenza domestica, come le statistiche ci segnalano, si riscontra quasi sempre una condizione di passività della donna. Emblematico, caro Viceministro, è uno dei tanti casi che si è registrato pochi giorni fa nella provincia di mia provenienza, nella provincia di Taranto, ovvero una ragazza ventenne, colpita con un colpo di pistola dal proprio compagno, ha preferito automedicarsi per non dover denunciare l'uomo, pagando infine con la vita questa sua decisione. Questo ci riporta a riflettere sul problema della querela, per il quale abbiamo chiesto la soppressione della lettera b). Oggi le donne, per tutta una serie di ragioni, non ultimo, a mio parere, il timore di vedere arrestato il proprio compagno evitano di denunziare. Quindi, non penso che questa norma così fatta possa costituire per davvero un deterrente alla violenza.
  Vi è poi un altro dato, il dato delle risorse. Penso che questo sia innegabile, perché abbiamo avuto esempi in cui la vittima aveva denunziato fin troppe volte episodi di violenza, però, non essendovi risorse necessarie, è chiaro che se vi è un provvedimento di allontanamento, dobbiamo poi accertarci che questo allontanamento venga effettivamente applicato, così come – sono costretto a ripetermi – all'attività legislativa in tema penale deve corrispondere un'amministrazione della giustizia in grado di assicurare rispetto dei tempi e soprattutto garanzia di effettiva ed equa applicazione della legge.
  Noi sosteniamo che non esistono donne che possano continuare a subire maltrattamenti e violenze di genere, noi sosteniamo che le donne vadano difese ma sosteniamo anche, così come non esistono donne di sinistra o di destra ma esiste il genere umano che deve essere veramente tutelato, che la norma deve avere la sua applicazione e la sua attuazione nella sua interezza. Pertanto chiediamo all'Aula di valutare attentamente quella serie di emendamenti che abbiamo depositato fra cui, il primo, la soppressione della irrevocabilità della querela, quella del braccialetto elettronico e quella delle intercettazioni. Si confida, pertanto, nell'accoglimento.

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Boschi. Ne ha facoltà.

  MARIA ELENA BOSCHI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, membri del Governo, non è facile intervenire in modo puntuale su un decreto che spazia dal commissariamento delle province alla protezione civile fino alla violenza negli stadi. Ma volendo vedere il bicchiere mezzo pieno, questa Aula può essere orgogliosa. Nonostante il clima politico delle ultime ore, abbiamo lavorato con tutte le forze per essere qui, pronti alla conversione del decreto; abbiamo risposto alla convocazione della Camera il 21 agosto, per farcela; abbiamo lavorato a lungo in Commissione. Ci pagano per questo, sia chiaro: nessun eroismo. Ma anche se la foresta che cresce non fa rumore come l'albero che cade, per rispetto della dignità del Pag. 103nostro lavoro, voglio dirlo e ribadirlo: se c’è la volontà politica, il Parlamento sa correre e questo ci sia di aiuto anche per altre tematiche delicate che affronteremo a breve.
  Da avvocato, ma prima ancora da giovane donna impegnata nel sociale, voglio spendere una parola sul contrasto alla violenza di genere. Il contrasto normativo, certo. Un testo che è sicuramente migliorabile – quale testo non lo è, onorevoli colleghi ? –, ma un testo che ci fa fare un passo in avanti, non un passo indietro. In Commissione abbiamo audito diverse realtà associative, sindacali, professionali, abbiamo ascoltato molte critiche. Giusto, utile, ma questa è un'occasione che non possiamo lasciarci sfuggire. Inguaribile pragmatica, continuo a pensare che una legge migliorabile sia preferibile ad una non legge, con buona pace di chi ci ha accusato di recente per il testo sull'omofobia.
  Il decreto che ci accingiamo a convertire è un passo in avanti; mi perdonerete se non entrerò nello specifico del provvedimento, mi limito dunque ad accennare la soddisfazione per l'inasprimento delle pene nel caso di maltrattamenti in famiglia, violenza sessuale e atti persecutori commessi in danno a donne in stato di gravidanza o minori o anche solo alla presenza di minori.
  Vorrei sottolineare l'attenzione prestata alle nuove dinamiche interpersonali, grande attenzione non solo ai rapporti tra coniugi – eventualmente separati o divorziati –, ma a tutte le relazioni affettive presenti o passate. È la realtà dei nostri giorni, è l'attualità della cronaca ad imporcelo.
  Non condivido invece le perplessità espresse da chi ha letto in questo testo una visione paternalista e arcaica dello Stato che considera la donna soggetto debole, specie nella previsione della irrevocabilità della querela. A mio avviso, in questo testo lo Stato si preoccupa di tutelare la donna, non soggetto debole proprio perché donna, ma perché vittima di reati terribili e difficilmente sanzionabili se non le si costruisce una rete di sicurezza intorno. Spesso, infatti, le vittime sono portate a ritirare la denuncia perché gli autori dei reati sono mariti, fidanzati, i padri dei loro figli. Non a caso, la Convenzione di Istanbul suggerisce addirittura la procedibilità d'ufficio per reati particolarmente odiosi come la violenza sessuale, psicologica, i matrimoni combinati o le mutilazioni genitali. Nel nostro caso, il lavoro serio svolto in Commissione ha consentito di individuare una soluzione equilibrata che consente la revoca della querela in sede processuale, con l'esclusione di alcune ipotesi limitate.
  Esprimo, dunque, la soddisfazione per questo testo, auspicando che sia percepito come un primo passo perché, diciamoci la verità, non è semplicemente con un testo normativo che si affronta la tragedia del femminicidio, della violenza, dell'aggressione. Esiste una scommessa culturale, educativa, civica da vincere. Bisogna investire le risorse migliori – quelle della testa e del cuore – soprattutto sulla sfida educativa, offrendo una visione diversa del rapporto uomo – donna, del possesso, della sessualità.
  Ma dobbiamo anche dirci che occorre investire risorse economiche. Nonostante la crisi economica, lo Stato può e deve trovare le risorse per questo settore. Non possiamo pensare di chiedere alle donne di denunciare i propri aguzzini, e poi lasciarle sole. Non possiamo pretendere atti di eroismo: dobbiamo accompagnare il loro difficile percorso psicologico, ma anche favorire il ritorno ad una vita normale ed il reinserimento nel mondo del lavoro. Spesso, denunciando i propri compagni, queste donne si trovano sole, talvolta senza un lavoro, a dover provvedere a figli piccoli. Dobbiamo allora trovare le risorse per sostenerle, e non solo quest'anno, ma anche l'anno prossimo e l'anno dopo ancora.
  Le storie che opportunamente i media in questi anni ci hanno raccontato, con crescente sensibilità (e dobbiamo ringraziare le giornaliste e i giornalisti per questo sforzo così difficile ma così necessario), riguardano infatti tutte le categorie. È la giovane mamma immigrata vittima Pag. 104dei maltrattamenti del marito, ma è anche la fidanzata benestante del professionista ad essere vittima di maltrattamenti o stalking. Non illudiamoci che la piaga possa essere circoscritta: la piaga va curata. Non è una categoria sola a soffrirne, ma sono le nostre mamme, le nostre sorelle, le nostre amiche; possiamo essere noi. Come sottolineato anche da altri colleghi, questo testo normativo è il primo passo di una lunga marcia, è frutto di tutto ciò che purtroppo è accaduto in questi anni.
  Tra qualche ora voteremo. Domani, nell'esprimere i nostri voti, mi piace pensare che ripercorreremo mentalmente tanti volti: i volti delle donne uccise, 79 solo dall'inizio di quest'anno; il volto di Francesca, il volto di Denise, il volto di Ilaria. I volti di chi è stato sfigurato dall'acido come Lucia, che ha pochi anni più di me, e che ha avuto il coraggio e la dignità di scrivere una bellissima lettera al Corriere della Sera. I volti di chi ogni giorno combatte perché la vergogna della violenza di genere finisca: penso ai medici, alle tante associazioni, alle volontarie e ai volontari, che provano ad aiutare le vittime superstiti a riprendere il cammino.
  Voteremo per loro. Voteremo con loro, perché anche attraverso questo testo normativo l'Italia sia più attenta, più sensibile, più giusta (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Di Gioia. Ne ha facoltà, per due minuti.

  LELLO DI GIOIA. Signor Presidente, il mio è un intervento di testimonianza; ed è per questo che vorrei ringraziare – se mi consentite – tutti gli uomini che sono rimasti qui, in quest'Aula vuota, ad assistere a questo nostro dibattito sul decreto-legge che approveremo domani.
  Credo però che ci sia anche la necessità di fare in modo che l'ipocrisia venga eliminata; perché noi ci esprimiamo in quei momenti particolari, nel momento in cui vi è un femminicidio, una violenza sulle donne.

  PRESIDENTE. La invito a concludere.

  LELLO DI GIOIA. Abbiamo invece la necessità, il dovere di partecipare attivamente, perché questo problema non è semplicemente il problema delle donne: è il problema di una società di uomini e di donne, è un problema che dobbiamo affrontare con la formazione, con l'informazione, con la comunicazione.
  Ed è per questo che credo che questo Paese non ha più bisogno di tanti salotti buoni, con Vespa o senza Vespa: ha bisogno di salotti in cui si discute di un problema serio, che è questo che stiamo affrontando questa sera. Che vengano ad essere informati, in fasce orarie dove c’è la possibilità di ascoltare, di informare, di comunicare. In buona sostanza, fare acquisire la coscienza, la coscienza della convinzione che questa società deve dare rispetto, onestà, e soprattutto difendere.

  PRESIDENTE. La invito nuovamente a concludere.

  LELLO DI GIOIA. Difendere quello che è un diritto, il diritto alla vita, il diritto di una consapevolezza, il diritto – e con questo concludo – che le donne abbiano la possibilità di rivendicare i propri diritti all'interno di questa società (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) – Liberali per l'Italia (PLI)).

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Roberta Agostini. Ne ha facoltà.

  ROBERTA AGOSTINI. Signor Presidente, colleghi, il decreto che il Governo pone alla nostra attenzione contiene norme importanti che io credo siano un passo chiaro nella volontà di contrasto alla violenza sulle donne, un primo passo perché certamente non si tratta di norme esaustive ma norme sulle quali abbiamo molto lavorato e molto discusso nelle Commissioni e a cui dovranno e devono seguire ulteriori azioni e politiche concrete.Pag. 105
  Quattro dei cinque articoli, che riguardano in particolare il tema del femminicidio, si concentrano su norme che colmano lacune sul piano penale e delle procedure penali, recependo anche molte delle indicazioni che provengono dalla Convenzione di Istanbul; il quinto articolo, a cui noi abbiamo aggiunto un 5-bis, riguarda il piano nazionale anti-violenza, il sostegno ai centri, alla prevenzione, alla formazione.
  Anch'io, come hanno fatto molte altre colleghe prima di me, rivendico il ruolo del Parlamento, rivendico il ruolo delle Commissioni e della discussione che abbiamo svolto, intensa, in questi giorni di lavoro. Abbiamo ascoltato associazioni, abbiamo ascoltato centri anti-violenza, esperti, operatori, operatrici e abbiamo presentato molti emendamenti che io credo abbiano contribuito a migliorare il testo del decreto.
  Non è una discussione improvvisata quella che abbiamo fatto nelle Commissioni, segue a una discussione che abbiamo fatto, di approvazione della Convenzione di Istanbul, di approvazione di una mozione importante e le nostre proposte sono l'esito di una esperienza e di una vera elaborazione e cultura, frutto del lavoro delle donne, frutto del lavoro delle associazioni, degli operatori, degli enti locali, di ciascuna di noi che ha fatto della battaglia contro la violenza sulle donne un fatto politico e l'ha portata anche all'attenzione delle Aule parlamentari.
  Io credo che è un fatto politico perché riguarda un nodo di fondo delle nostre società, qualche giorno fa Adriano Sofri scriveva sul Repubblica che non si tratta di uomini all'antica, quelli che uccidono, che usano violenza, perché invece sono modernissimi uomini antichi, mortificati dalla libertà delle donne che sentono come il furto della loro libertà e le donne non sono soggetti deboli ma persone che affermano la propria autonomia e la propria capacità di scelta e che quando sono vittime però si trovano in una situazione di particolare fragilità, che abbiamo il dovere di sostenere.
  Uomini e donne dunque, libertà femminile da una parte e dominio, possesso e tutto ciò che muove quei carnefici. Dunque, dicevo, c’è un nodo di fondo che riguarda la cultura, che riguarda le relazioni tra le persone, le norme accompagnano il cambiamento, a volte lo promuovano, a volte lo seguono. Noi abbiamo in Commissione fatto una discussione molto approfondita sul tema della irrevocabilità della querela ed è una discussione che riguarda la libertà, che riguarda il tema delle libertà, dell'autodeterminazione femminile e riguarda il tema della responsabilità pubblica, ma riguarda anche il piano dei diritti e dei diritti umani, perché noi consideriamo la violenza contro le donne una violazione dei diritti umani.
  È un'antica discussione questa, che viene anche da anni addietro ed è una discussione che non trova una soluzione conclusiva però io credo che noi abbiamo trovato una soluzione equilibrata: mantenere la revocabilità della querela dentro una dimensione processuale, nel procedimento, e però mantenere l'irrevocabilità dentro un istituto, come già diceva la collega Rossomando, che già prevede la procedibilità d'ufficio, cioè per tutti quei casi gravi previsti dall'articolo 612 del codice. Quindi una soluzione equilibrata e quel cambiamento culturale che noi diciamo essere il tema di fondo che può solo efficacemente contrastare la violenza contro le donne, noi non lo possiamo solo evocare, lo dobbiamo agire, lo dobbiamo concretizzare. Ha bisogno di azioni, ha bisogno del nostro impegno, dell'impegno delle istituzioni, ha bisogno di presidi territoriali, ha bisogno di sostegni, ha bisogno di centri anti-violenza.
  Ha bisogno di azioni concrete. Per questo, abbiamo voluto che il piano fosse un piano ordinario, un piano finanziato in modo stabile, per questo vogliamo rafforzare il ruolo dei centri antiviolenza e per questo dobbiamo investire nella formazione degli insegnanti, delle forze dell'ordine e degli operatori. Abbiamo trovato qualche risorsa, sappiamo che le risorse non sono sufficienti, dobbiamo trovarne di nuove dentro la legge di stabilità e su Pag. 106questo la Viceministra si è impegnata anche nella discussione in Commissione. Quindi, penso che è un lavoro che noi dobbiamo continuare, dobbiamo continuare nelle prossime settimane.
  Io termino il mio intervento perché penso che abbiamo fatto un passo avanti molto netto nella discussione pubblica e nella consapevolezza del fenomeno della violenza e della gravità della violenza. Credo che non possiamo più permettere, non ci possiamo consolare con l'acquisizione di una consapevolezza pubblica più diffusa. Penso che questa consapevolezza debba entrare nelle coscienze delle persone.
  Si diceva qualche giorno fa – lo diceva il Ministero dell'interno ad agosto – che i reati, gli omicidi sono diminuiti nel nostro Paese, però permangono stabili i femminicidi. Questo significa che, in percentuale, aumentano, questo significa che abbiamo di fronte un grandissimo lavoro ancora da fare e che quella rete territoriale che dobbiamo costruire non può e non deve avere buchi, né sul piano dei servizi, né sul piano delle procedure perché non possiamo più consentire, né tollerare che una giovane ragazza ferita al fianco dal proprio compagno si curi da sola e poi muoia il giorno successivo, non possiamo più tollerare che una giovane donna muoia sulle strade di Roma inseguita dal proprio marito che la uccide con una pistola che, nonostante le denunce, non gli era stata tolta. Questi sono i buchi della rete che noi abbiamo, che sono buchi sia sul piano delle procedure, sia sul piano dei servizi, sia sul piano della consapevolezza di ciascuno di noi, della consapevolezza della forza e dell'autonomia delle donne, che anche in quest'Aula noi vogliamo affermare e rivendicare (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Fabbri. Ne ha facoltà.

  MARILENA FABBRI. Signor presidente, gentili colleghi, oggi, questo pomeriggio, credo che sia un pomeriggio comunque fruttuoso, a prescindere dalle presenze perché, in ogni caso, sono in tanti che ci ascoltano fuori da quest'Aula. Ci tenevo – oltre alle tante cose che condivido e che sono state dette dai colleghi, in particolare del Partito Democratico, ma non solo su questo tema – a sottolineare alcuni aspetti che a mio avviso non sono in contraddizione, come altri hanno sottolineato. Il primo, il fatto che sia stato usato un decreto d'urgenza: è vero, non siamo in una situazione di straordinarietà legata ad una recrudescenza dei delitti contro le donne, ma siamo però in una situazione di urgenza legata ad un ritardo negli interventi contro il femminicidio. Quindi, ben venga il provvedimento del Governo che, in maniera così sollecita, comunque ha posto il tema e l'ha messo a disposizione del Parlamento per i miglioramenti che sono poi stati prodotti da un lavoro proficuo della I e della II Commissione, anche perché – come è già stato detto – è meglio vedere il bicchiere mezzo pieno. Quindi, prendiamo quel che c’è perché, in ogni caso, ci sarà tempo per migliorare gli interventi, ma, nel frattempo, potremo intervenire sul presente e sul futuro.
  Io non vedo questa contraddizione o dualismo tra i temi delle sanzioni penali e la prevenzione e l'intervento culturale. Sono due facce della stessa medaglia: l'uno interviene sul futuro: è vero, se vogliamo modificare il rapporto uomo-donna, il rapporto di potere che è alla base della violenza degli uomini verso le donne, dobbiamo intervenire sul piano culturale con un piano strategico di lungo respiro, ma dobbiamo anche pensare a chi oggi viene violata, maltrattata e uccisa.
  Quindi, ben vengano le sanzioni penali, che, è vero, non risolvono di per sé il problema, ma, sicuramente, come è già stato fatto in passato con altre norme sulla violenza sessuale e sulla modifica del reato di omicidio verso le donne, da reato contro l'onore a reato contro la persona, determinano un cambiamento culturale e determinano un cambiamento di passo rispetto ad una disapprovazione di comportamenti che non rientrano nella naturalità dei rapporti, non costituiscono un raptus, Pag. 107non sono dei momenti di straordinarietà nella relazione, ma sono un qualcosa di più endemico, che attraversa la nostra società, ma non solo quella italiana.
  Il problema della violenza verso le donne è, purtroppo, un tema trasversale alle culture, ai Paesi e anche agli aspetti economici. Non è un elemento che caratterizza le classi sociali più povere, ma le attraversa tutte, da quelle più povere a quelle più ricche. Come veniva già ricordato dalla collega Pollastrini, in realtà la violenza nel nostro Paese aumenta proprio laddove le donne rivendicano maggiore libertà, maggiore autodeterminazione e maggiore autonomia economica, quindi laddove viene messo in discussione il rapporto di dominio e di possesso che viene rivendicato dagli uomini nelle relazioni con le donne.
  È un problema endemico, e quindi ben venga questo provvedimento. Vorrei ricordare solamente un dato statistico del 2006, riportato dall'ISTAT, da cui risulta che ben 10 milioni di donne in Italia, 10 milioni di donne, nell'arco della loro vita, hanno subito violenza psichica, sessuale, fisica. Dieci milioni di donne ! Il 30 per cento di queste donne non ha mai parlato con nessuno di questi fatti, il 18 per cento di queste 10 milioni di donne non li ha nemmeno riconosciuti come un reato nei confronti della loro persona.
  Quindi, vi è un problema urgente su cui intervenire. Sicuramente non è esaustivo, come già è stato detto, ma è un cambio di passo rispetto, sicuramente, ad atteggiamenti più silenti che vi sono stati, magari, in passato, e ben venga che questa sensibilità sia arrivata anche dal nostro Governo. Un ultimo aspetto vorrei ricordare rispetto ai dati: è vero che gli omicidi verso le donne non sono cresciuti in questi anni, ma sono rimasti stabili. Questo non è un dato positivo, perché vi è stato un crollo radicale, negli ultimi 20 anni, degli omicidi di uomini contro uomini, mentre non vi è stato questo crollo rispetto al fenomeno del femminicidio.
  Quindi, vi è un problema urgente su cui intervenire sul piano penale, come è stato fatto con l'inasprimento delle sanzioni, delle aggravanti, ma anche con interventi cautelari preventivi, per tutelare le donne di oggi che vivono relazioni sbagliate, anzi, che subiscono relazioni sbagliate di potere da parte dei propri compagni.
  Infatti – lo vorrei ricordare: ce lo siamo già detti più volte – molto spesso, quando sui giornali vengono riportati dei fatti di cronaca, passa in secondo piano il fatto che la maggioranza delle violenze o degli omicidi, dei femminicidi verso le donne, sono perpetrati da compagni e persone con le quali vi è un rapporto affettivo o, addirittura, di ascendenza.
  L'ultimo aspetto che vorrei ricordare sono gli articoli 5 e 5-bis, perché credo che non siano stati ricordati a sufficienza, anche se negli ultimi interventi questi articoli sono stati, in qualche modo, citati. Non sono di secondo piano ! Intanto, sono due articoli, su sei, che introducono il tema della programmazione sistematica nel campo delle azioni contro la violenza sessuale. È il Piano di azione contro la violenza sessuale e di genere, che introduce una serie di elementi di particolare valore.
  Il primo è il fatto che si pone l'obiettivo di garantire azioni omogenee nel territorio nazionale, perché non tutta l'Italia è uguale. Ci sono realtà nelle quali i servizi territoriali, il privato, hanno sviluppato reti di protezione, di sostegno, di prevenzione alla violenza donne, e altri territori dove invece non c’è assolutamente nulla. Ci si pone l'obiettivo di fare azioni attraverso l'informazione e la sensibilizzazione della collettività, per rafforzare la consapevolezza degli uomini e dei ragazzi nel processo di eliminazione della violenza contro le donne e nella soluzione dei conflitti nei rapporti interpersonali. Questa è una società che educa al successo, non educa al conflitto, non educa ai sentimenti, non educa al fallimento e quando questi fatti, questi momenti ci attraversano nella vita, si creano dei corto circuiti nella relazione affettiva fra uomo e donna. E questa crisi economica che stiamo attraversando sicuramente sta aggravando questi aspetti e le violenze intrafamiliari.Pag. 108
  Il piano si pone anche un problema di governance. Lo vorrei sottolineare, perché il decreto-legge che andiamo a convertire, con le migliorie che sono state introdotte, afferma che il piano è elaborato attraverso la concertazione e la relazione con le amministrazioni territoriali, con le realtà esistenti dei centri antiviolenza, le associazioni che operano in questo settore, e questo vuol dire fare tesoro del patrimonio di azioni e culturale che questo Paese ha costruito nel pubblico e privato, proprio per ricreare sia la rete che l'omogeneità degli interventi e fare tesoro delle buone pratiche, delle esperienze, delle metodologie che sono state nel frattempo praticate e verificate.
  Vado velocemente. Si parla di sensibilizzare gli operatori del settore dei media, come ricordava prima la collega Zampa; di intervenire nell'informazione commerciale; di intervenire nell'ambito della formazione all'interno delle scuole, andando ad intervenire nei curricula delle scuole, dall'infanzia al ciclo di istruzione, ai licei e agli istituti tecnici e professionali. Quindi non è vero che non ci si pone il problema della prevenzione e della formazione culturale delle nuove generazioni.
  Questo è un provvedimento molto ricco. Ci si dà degli obiettivi, ma ci si dà anche degli strumenti come quello appunto della programmazione concertata, annuale, con le realtà che operano nel settore.
  È stato istituito anche il fondo. È vero, non è sufficiente, è sicuramente limitato rispetto alle arretratezze che noi dobbiamo andare a recuperare, ma ritengo significativo che in questo momento sicuramente di difficoltà anche economica e finanziaria – lo sappiamo bene quanto sia difficile nei vari provvedimenti che abbiamo preso in questi mesi ricercare le risorse – destiniamo 10 milioni di euro sul 2013, 7 milioni sul 2014, 10 milioni sul 2015. Siamo consapevoli che non esauriscono il tema. Per noi questo non è un punto d'arrivo su cui ci accontenteremo, ma è un punto di partenza qualificato dal quale partire per fare un reale contrasto alla violenza alle donne (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato D'Ottavio. Ne ha facoltà.

  UMBERTO D'OTTAVIO. Signor Presidente, Fabiana Luzzi non aveva ancora 16 anni. È morta uccisa dal suo fidanzato nel maggio scorso. Un ragazzo quasi suo coetaneo. Andavano nella stessa scuola. Ho ancora in testa quella frase pronunciata dal ragazzo «L'ho bruciata che era ancora viva». Cosa ha di diverso Fabiana rispetto a tutte le altre donne, giovani e meno giovani, vittime del femminicidio che oggi portiamo alla discussione di quest'Aula ? Fabiana era appena adolescente, andava a scuola, e come ogni ragazza e ogni ragazzo della sua età, riempiva lo zaino di libri, di quaderni, degli appunti, il diario sul quale certamente tra i compiti annotava disegni e scarabocchi e sicuramente parlava dell'amore per quel ragazzo. Uno zaino pieno di progetti, di sogni, che sono stati spazzati via da quello che doveva essere amore.
  Noi con questo decreto cerchiamo di passare dalla teoria alla pratica, dal dire al fare e mi permetto di sottolineare come questo scorcio di legislatura sia stato fino ad adesso positivamente segnato da una forte e concreta attenzione al tema della violenza contro le donne. E a proposito di fare – lo hanno detto tutti – la violenza contro le donne è, ancora prima che criminale, un problema culturale. Una delle radici della violenza di genere è da ricercare nella presenza di discriminazioni e stereotipi, ne hanno parlato tutti negli interventi. In questo senso ritengo utile sottolineare che alcune buone pratiche hanno già trovato nella scuola la sede giusta che consenta ai nostri giovani di imparare e crescere.
  Ci sono tantissime buone iniziative che fanno i comuni, che fanno le province e noi dobbiamo di lì partire. L'educazione all'affettività, alla sessualità ha bisogno di operatori e docenti preparati. È lì che si impara il rispetto e la tolleranza. Dobbiamo sostenere queste iniziative. La prevenzione è la precondizione per affrontare Pag. 109qualunque progetto. Io dico che in questo senso ovviamente il provvedimento di cui parliamo è ancora limitato, ma mi pare che dal dibattito venga l'esigenza di affrontare specificamente l'impegno per la scuola e nella scuola in questo senso.
  Questo decreto contiene anche altre questioni, per esempio quella del commissariamento delle province. Francamente credo che se ne poteva fare a meno. È vero che le province sono diventate una istituzione da abbattere, sono diventate il vaso di coccio di un sistema istituzionale che dobbiamo riformare. Devo dire per questo che, secondo me, il Governo farebbe bene a togliere quella parte del provvedimento e inserirlo in un processo di riforma istituzionale più complessiva. Non dobbiamo togliere forza a questo provvedimento. La lotta al femminicidio è una priorità e noi dobbiamo insistere con tutto il nostro impegno (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Cozzolino. Ne ha facoltà.

  EMANUELE COZZOLINO. Signor Presidente, colleghi, quella di ieri è stata certamente una giornata particolare perché gli avvenimenti che si sono succeduti nei dibattiti di Camera e Senato sulla fiducia al Governo probabilmente produrranno a lungo i loro effetti sulla politica italiana. Oggi con l'esame di questo decreto-legge torniamo immediatamente con i piedi per terra, ad una realtà che è molto diversa da quella che il Presidente del Consiglio ha dipinto nei suoi interventi, sventolando l'inserto de Il Sole 24 Ore.
  Il Presidente Letta, forse esaltato per lo spettacolo imbarazzante dal punto di vista politico e umano messo in scena da Silvio Berlusconi, ha addirittura accelerato sulle riforme costituzionali, arrivando a ipotizzare il referendum confermativo tra un anno. E parliamone di riforme, in particolare di riforme costituzionali.
  L'abolizione delle province è un tema sul quale tutti i partiti, a parte la Lega, hanno assunto impegni solenni in campagna elettorale. In questo decreto, all'articolo 12, c'era una norma che sembrava tenere fede all'impegno preso dal Presidente Letta all'atto di insediamento del suo Governo in tema di riforma delle province. Cosa diceva quell'articolo ? Stabiliva che a seguito della sentenza della Corte costituzionale che ha cancellato le norme varate dal Governo Monti in tema di province, tutti i commissariamenti effettuati alla luce di quelle norme venivano fatti salvi e si prorogavano fino a giugno 2014.
  Non solo, l'articolo 12 stabiliva anche che le amministrazioni provinciali che fossero venute a scadenza dal momento dell'entrata in vigore del decreto sarebbero state commissariate anch'esse fino a giugno 2014. La relazione all'articolo 12 non la lasciava alcun dubbio sul fine di quella norma: non pregiudicare la forma costituzionale di abolizione delle province, evitando che alla prima finestra elettorale utile una ventina di province tornassero al voto.
  Signor rappresentante del Governo, inutile che le dica che se si torna a votare per alcune province non sarà più possibile abolirne nessuna, perché lei lo sa molto meglio di me visto che quella norma l'avevate scritta voi del Governo. Lei capirà, signor rappresentante del Governo, la nostra sorpresa quando abbiamo visto che PD, PdL, oltre SEL e Lega, avevano presentato emendamenti soppressivi di gruppo e non a firma di singoli a titolo personale. Non so se ci rendiamo conto dell'operazione politica che si è voluta realizzare. L’«autobus» del decreto sul femminicidio è stato colto al volo dai tanti amici delle province e delle poltrone politiche che questi rappresentano.
  Parafrasando Enrico III di Navarra, la maggioranza ha ritenuto che il mantenimento di 110 province valesse bene uno schiaffo al Governo, soprattutto se questo è consenziente. E non ci venite a raccontare che è stato approvato un emendamento che evita rilievi costituzionali, perché si tratta di una presa in giro.
  Non ci venite a raccontare che il Governo ha già presentato i disegni di legge, ordinario e costituzionale, sulle province, Pag. 110perché anche questa è un'altra presa in giro. E non ci dite che interverrete in sede di legge di stabilità, perché alle parole di Letta, dopo la performance da Fazio, non crediamo affatto (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Sul tema della presunta incostituzionalità, poi, vorrei umilmente far presente un dato non di poco conto. Non so se coloro che tacciano di rischio di incostituzionalità l'articolo 12 si rendono conto che questa argomentazione «chiama» direttamente, sacrilegio clamoroso, il vaglio di costituzionalità che è prerogativa del Capo dello Stato sui decreti ai fini della loro promulgazione. In sostanza il collega Bressa, con l'emendamento che è stato approvato, e con lui il PD e il PdL, stanno sostenendo di fatto che il Capo dello Stato o ha sbagliato nell'esercitare il vaglio di costituzionalità sull'articolo 12, non tenendo presente la sentenza della Corte Costituzionale che vi era stata un mese prima, oppure non l'ha fatto proprio. Verba volant, scripta manent dicevano i latini. Ebbene, l'articolo 12 era lo scritto che rimaneva ed era scritto sulla pietra, visto che, essendo un decreto, era già legge. Lo era dal 14 agosto e lo sarebbe stato fino a giugno 2014. Tutte il resto sono parole che volano e mentre le parole volano, colleghi, si rifanno le elezioni provinciali e buonanotte all'abolizione delle province (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Nell'emendamento Bressa, che è stato approvato ed inserito nel disegno di legge di conversione, si fanno salvi i commissariamenti effettuati e i loro effetti giuridici, ma manca la loro proroga fino al 2014, che è fondamentale. Per quanto riguarda poi i disegni di legge del Governo, consentitemelo colleghi, ad oggi sono dei pezzi di carta e probabilmente lo rimarranno. A livello scaramantico a farci pensare male basta solo il fatto che il Ministro Franceschini ne ha chiesto ed ottenuto l'urgenza.
  Anche per un altro disegno di legge si è prevista l'urgenza, la riforma del finanziamento pubblico ai partiti. Ebbene, quel provvedimento è lontano dalla sua approvazione solo in prima lettura, tant’è vero che, come un'automobile in tangenziale alle cinque del pomeriggio, è in coda a questo decreto, che attende. Attende da luglio. Dunque l'urgenza per questa Camera e per il Governo vuol dire assai poco.
  Se poi vogliamo parlare di quei provvedimenti, che ci siamo già letti, c’è molto da discutere anche in quel caso, visto che si prevede anche l'ipotesi che le province possano rimanere in vita anche dove nasceranno le città metropolitane. Per Roma capitale addirittura si prevede che entrino a far parte della città metropolitana solo i comuni eventualmente «invitati» da Roma, mentre gli altri continueranno continuamente a fare provincia ! Questo è quello che propone il Governo !
  E in tutto questo, davanti ad un'operazione politica evidente e che blinda le province cancellando montagne di promesse, il Governo cosa ha fatto di fronte ad un emendamento che stracciava un suo articolo e lo accusava di grassa ignoranza costituzionale ? Ha dato parere favorevole. Complimenti ! Questo è il vero volto del Governo Letta, con o senza Berlusconi, con o senza falchi, falchetti e fringuelli vari del PdL. Un Governo che in diretta TV dice una cosa e poi nelle aule parlamentari, zitto, zitto, ne fa un'altra.
  Per onestà in questo caso devo riconoscere che a fare una cosa completamente diversa dalle promesse sono stati per ora i parlamentari della maggioranza, ma il Governo ha lasciato fare, ha porto cristianamente, pardon, «democristianamente» l'altra guancia. Colleghi, prima di chiudere e visto che siamo in discussione generale consentitemi solo un paio di ulteriori considerazioni di carattere generale.
  La prima riguarda ancora una volta l'eterogeneità di questo decreto, un provvedimento che, annunciato sul tema del femminicidio, al suo interno, dagli articoli da 6 a 12 ha inserito qualunque cosa. Su questo tema che noi denunciamo da tempo ci fa piacere che alla nostra si siano aggiunte voci ben più autorevoli delle nostre, perché fino ad oggi confesso che ci eravamo sentiti molto soli, in particolare di fronte ad un mostro di eterogeneità come è stato il decreto del fare.Pag. 111
  Comunque l'importante è prendere coscienza di un problema e dunque ci attendiamo che per il futuro non saremo più soli a chiedere provvedimenti che abbiano una minima razionalità interna.
  L'altro elemento che vorrei toccare, e qui mi rivolgo direttamente alla Presidenza per una riflessione generale non su questo provvedimento, ma per il futuro, è in merito al tema dell'eterogeneità degli emendamenti apportati ad un decreto e sulla loro ammissibilità.
  Su questo punto c’è la ben nota sentenza della Consulta. C’è la missiva stringente del Capo dello Stato inviata nella scorsa legislatura. Testi che in ogni Commissione vengono letti in premessa ad ogni decreto, nel momento in cui si apre la fase emendativa.
  Ebbene Presidente, se questi criteri valgono per gli emendamenti dei deputati, e ad onor del vero sono fatti valere, questi criteri devono valere pure per gli emendamenti, ripeto emendamenti, presentati dal Governo e dai relatori.
  Lo ripeto: io non voglio fare il caso di questo decreto, anche se basta leggere alcuni emendamenti presentati e accolti nel testo in Aula per accorgersene, perché non voglio che sembri una polemica contro i presidenti delle Commissioni che hanno svolto l'esame, ma le regole debbono valere per tutti perché altrimenti salta ogni equilibrio (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). E la questione degli emendamenti, Presidente, vale anche per quanto riguarda il Governo, per le coperture delle norme di spesa. Perché se copro io una norma con i soldi del Trattato con la Libia dequalifico la spesa, questo per il Governo non vale. Glielo dico per il passato, a futura memoria, visto che una parte delle coperture sul decreto IMU è di questo genere.
  Concludendo, signor Presidente e colleghi, ormai pochi, l'emblema di questo decreto e del modo di operare del Governo in sede legislativa credo sia ben reso dalla sorte di un emendamento del MoVimento 5 Stelle, un emendamento che è stato persino approvato. Ebbene, leggendo il parere del Comitato per la legislazione ci siamo accorti che l'articolo 9 novellava un decreto legislativo inserendo in quel provvedimento una norma esattamente identica a quella che c'era già. Risultato: commi 2-bis e 3 di quel decreto legislativo avrebbero rappresentato due norme fotocopia. Un errore materiale che con un emendamento soppressivo abbiamo chiesto di correggere. Parere contrario dei relatori e del Governo. Parere che è cambiato solo a fronte delle spiegazioni che ho appena dato. Ecco, questo è il Governo Letta e questo è il suo modo di lavorare, quello vero, quello a riflettori e telecamere spente (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Bruno Bossio. Ne ha facoltà.

  VINCENZA BRUNO BOSSIO. Signor Presidente, colleghe e colleghi, Viceministro, finalmente siamo arrivati ad un traguardo grazie al lavoro straordinario di tutti. E proprio per questo vorrei rassicurare la Viceministro Guerra che non possiamo perdere e non perderemo questa occasione. Siamo rientrati per questo anche il 20 agosto. Resteremo qui quanto è necessario perché entro il 15 ottobre questo decreto-legge sia convertito. Perché il decreto-legge che oggi andiamo a convertire rappresenta un provvedimento, come hanno detto tanti colleghi e colleghe prima di me, che non è solo la tutela di un diritto, ma punta invece al riconoscimento della violenza di genere come reato dotato di una sua specificità culturale. Ed è proprio questo l'aspetto più innovativo che abbiamo affermato con la ratifica della Convenzione di Istanbul e oggi dobbiamo trasformare quella ratifica in atti legislativi «giustiziabili». La violenza contro le donne, la violenza di genere, censurabile non solo dal punto di vista dell'atto violento in sé, ma come violenza rivolta ad un soggetto che è portatore di una sua specificità culturale, finora evidentemente sconosciuta.
  Questo Parlamento e questo Governo si stanno occupando dei problemi della gente e per questo ci siamo occupati molto di Pag. 112femminicidio. Qualcuno dice che ci sono problemi più urgenti, ma noi affermiamo che tra questi ci sono i temi dei diritti civili violati e non saremo in grado di presentarci tutti quanti come democrazia compiuta fino a quando questi diritti continueranno ad essere violati anche da noi verso le donne, verso gli omosessuali, verso i migranti come accaduto ancora oggi a Lampedusa
  Secondo il rapporto ONU appunto sul femminicidio la violenza domestica è la prima causa di morte delle donne fra 16 e 44 anni. Si tratta di un'emergenza globalizzata. Si tratta di un'emergenza che riguarda tutti i Paesi senza differenza di sviluppo socio-economico. Non c’è differenza nemmeno all'interno dei Paesi europei tant’è che nel nostro Paese il 12,2 per cento ha subito molestie, quanto in Svezia che è all'11 per cento. Ma questi non sono numeri ufficiali e non è un caso che i numeri delle donne uccise siano forniti da associazioni e non da rilevazioni istituzionali. L'ultima è l'indagine ISTAT del 2007.
  Qualcuno ha detto – e io in parte sono d'accordo – che inserire le misure in materia di femminicidio in un pacchetto sulla sicurezza sia stata una scelta non molto felice, sia simbolicamente che metodologicamente. Forse in parte è vero, ma voglio ringraziare i colleghi e le colleghe in particolare delle Commissioni di merito che più di me hanno fatto questo lavoro straordinario che ha dato a questo decreto un volto nuovo che può collegare questo momento a quello delle conquiste delle donne degli anni ’70.
  Dal 1968, la prima, quando la Corte costituzionale dichiara incostituzionale la disuguaglianza dei sessi; passando per la legge sul divorzio, il referendum, la parità di trattamento sul lavoro fra uomo e donna, il referendum sull'aborto fino ad arrivare sostanzialmente al 1996 quando è approvata la legge contro la violenza sessuale, che da reato contro la morale – come hanno detto altri – diventa reato contro la persona.
  E non c’è enfasi, quando dico che questo risultato può essere collegato a quelle conquiste perché oggi come allora l'ostacolo è il corpo delle donne, ma è anche quel corpo che rappresenta il simbolo della differenza e del rispetto dei sessi, del rispetto di quello che giustamente la collega Marzano ha definito come l'altro da sé.
  Oggi la violenza colpisce la donna che si rende autonoma. Se la donna acquista una sua autonomia e libertà di scelta, se si sottrae al rapporto ineguale di possesso, allora scatta la violenza maschile che giunge anche fino alla distruzione e all'annientamento. A questo contribuisce anche un'impostazione nell'educazione sentimentale dei giovani, che finora è stata fondata prevalentemente su criteri di forza, di caccia, lotta, possesso, ma anche dalla paura di non riconoscere più la propria identità di ruolo specchiandosi in un altro che non si riesce ad accettare come diversamente autonomo.
  Questa è la drammatica storia, che ha citato prima il collega, di Fabiana, la mia conterranea, simbolo tragico di questa violenza ancora più terribile perché tra due adolescenti. Occorre, dunque, investire molto sulla prevenzione e sulla formazione, aspetto affrontato agli articoli 5 e 5-bis del decreto-legge.
  È stato fatto anche su questo un lavoro straordinario, anche il recupero di una parte di finanziamento dei centri antiviolenza che in questi anni sono stati un punto di riferimento importante per le donne maltrattate o semplicemente impaurite ma su questo dobbiamo andare oltre.
  Ma dobbiamo fare di più – sono d'accordo anche qui con la collega Zampa – su uno dei punti veramente indispensabili che è l'educazione delle nuove generazioni al rispetto della differenza e della reciprocità. Non bastano semplicemente degli spot che si stemperano nella marea delle comunicazioni promozionali. Bisogna intervenire utilizzando uno strumento di lunga durata: l'insegnamento nelle scuole.
  Dobbiamo porre tra gli obiettivi nazionali dell'insegnamento la promozione del rispetto delle identità di genere e il superamento degli stereotipi sessisti.Pag. 113
  Certo ogni intervento in ambito educativo ha senso ed efficacia se riguarda l'intero impianto complessivo della scuola, mettendo in campo nelle scuole progetti di educazione sentimentale, sensibilizzando e formando i docenti in merito alla materia. Infatti, si tratta della cultura del rispetto del diverso: dei sessi, delle etnie, delle opinioni, della non violenza, tutte cose che si insegnano ed, apprese, si mettono in pratica.
  E a questo proposito, rivolgendomi a quei colleghi, vorrei parlare della storia dell'autrice della dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina nel settembre 1792 che affermava nell'introduzione a quella dichiarazione: uomo sei capace di essere giusto ? È una donna che ti pone la domanda; tu non le toglierai almeno questo diritto. Dimmi: chi ti ha dato il sovrano diritto di opprimere il mio sesso ? La tua forza ? I tuoi talenti ? Osserva il creatore nella sua saggezza, guarda la natura in tutta la sua grandezza e dammi, se ne hai il coraggio, l'esempio di questo impero tirannico.
  Nel 1793 la cittadina Olympe de Gouges fu ghigliottina dai rivoluzionari (Applausi).

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Rotta. Ne ha facoltà.

  ALESSIA ROTTA. Signor Presidente, colleghi e colleghi, si muore d'amore o di quello che scambiamo per amore ma soprattutto si muore se l'indifferenza vince, se le persone e le istituzioni non prestano ascolto, non assumono impegni e doveri di donne ed uomini nei confronti di altri: donne, uomini e bambini. Oggi è una giornata importante perché con questo provvedimento che ci accingiamo ad approvare si colpisce uno degli aspetti importanti della questione del femminicidio, della violenza sulle donne.
  Se la solennità dell'approvazione di una legge ha un senso, lo ha nel nostro caso, perché finalmente si mette allo scoperto, alla conoscenza e alla coscienza di tutte e tutti, quello che viene considerato, invece, normalmente, a torto, un fatto privato. Si mira perciò un giusto bersaglio: le porte sono aperte, non possiamo più scambiare, per tutela della privacy, la noncuranza nei confronti di ciò che avviene nel nostro condominio. E questo decreto lo condivido, perché si muove nella logica di una protezione non a prescindere, ma nei confronti effettivamente di persone in situazioni di fragilità e riconosciute in quanto tali, senza invadere la sfera privata, ma delegando alla struttura pubblica il ruolo di garante, perché la convivenza nel nostro Paese si possa modulare in forme civili.
  Con questo provvedimento, finalmente, il privato entra nel discorso pubblico: e andiamo a togliere il primo velo, il primo alibi, direi, anche se siamo consapevoli che la strada è lunga, perché il cuore della violenza è quello che si nasconde nelle ancestrali convinzioni di rapporti di coppia fondati sulla prevaricazione, spesso silenziosa, sulla fissità dei ruoli nel rapporto tra uomo e donna, convinzioni talmente consolidate da tramandarsi con un codice non scritto, senza distinzione di censo, istruzione, di età. E se, come diceva Hannah Arendt, esiste una complicità tra il fantasma della forza e l'attitudine alla sottomissione, ebbene, oggi è proprio la ribellione a questa attitudine a generare violenza. È di questa rottura che le donne sono vittima e da cui vanno salvaguardate.
  L'attenzione anche mediatica alla denuncia di questi fatti e il largo spazio che stanno trovando nell'opinione pubblica anche i provvedimenti che questo Parlamento sta approvando – dalla Convenzione di Istanbul oggi più volte ricordata a questo decreto – sono la prima dimostrazione che il silenzio è stato rotto, ma dall'altro lato, ci permettono anche di cogliere, attraverso chi, con superficialità, derubrica la questione etichettandola «di genere», quanto abbiamo colto e stiamo cogliendo nel segno. Tra loro, infatti, si nascondono i detrattori, gli ignavi, gli indifferenti: sono anche loro soprattutto complici nel creare quell'immaginario diffuso in cui, per un'indeterminata alchimia, i fatti di violenza contro le donne sono Pag. 114accettabili, sempre giustificabili; i fatti di violenza contro le donne sono pezzi di inevitabile normalità.
  Noi ci ribelliamo a questo: questo Parlamento vuole esprimere e dare corpo e voce alla coscienza, anche giovane, che vuole rompere le strane alleanze che troviamo, nella politica e fuori, tra conservatori, tra uomini e persone che non si trovano a loro agio e anche l'alleanza con molta opinione pubblica, che impedisce qualsiasi cosa – come hanno detto molte colleghe prima di me – venga fatta perché non è mai abbastanza, perché presenta dei limiti e perché non va mai bene niente, con il solo fine, ci sembra, che nulla davvero venga fatto.
  Sappiamo che questo provvedimento non è risolutivo di tutto, che non con le sole norme penali e con le azioni di polizia si salvano le donne, ma questo provvedimento riafferma il diritto alla sicurezza delle donne. E, poi, questo provvedimento va molto oltre, affrontando la questione culturale, che è alla base del problema. In particolare, quando si prevede un piano contro la violenza sessuale e di genere, che prevede campagne d'informazione e promozione in ambito scolastico – sono stati ricordati i vari provvedimenti –, la collaborazione tra le istituzioni. Anche questo, secondo me, è un fatto straordinariamente rilevante, perché tutta la società ne è finalmente coinvolta: non ci sono più soggetti titolati in via esclusiva, cui le altre istituzioni, la società italiana, delegano questo compito. Ma questo è un fatto sociale e come tale ce ne assumiamo tutti la piena responsabilità.
  Penso a quanto sta già avvenendo grazie all'azione legislativa e alle risposte che abbiamo e possiamo vedere sui territori, dove pure respiriamo sete di fare qualcosa, dove tutte e tutti chiedono di essere coinvolti; penso alle iniziative già partite, alle campagne di educazione nelle scuole; penso ad altre che stanno nascendo, dalla riflessione approfondita sul tema, dallo scambio e dalle relazioni tra donne e istituzioni; penso a chi sta immaginando iniziative per garantire quell'indipendenza economica alle donne vittime di violenza che rischiano, altrimenti, una volta uscite dalla loro famiglia di violenza, di trovare altri nuovi carnefici senza questa indipendenza; penso ad un altro traguardo che va proprio in questa direzione, ovvero quella che la violenza contro le donne è una violenza contro tutte e tutti.
  Il GIP di Trento, il dottor Forlenza, recentemente, nel processo a carico di Vittorio Ciccollini che il 12 agosto ha ucciso Lucia Bellucci, ha accettato che un'associazione di cittadine e cittadini dal nome «Isolina e», nata proprio per la prevenzione del femminicidio a Verona, a fine giugno, si costituisse parte civile in quanto parte offesa nel processo, e dunque nei processi a venire, per «uccisione di una donna». Questa associazione si è costituita non solo nella fase del giudizio, ma anche nel momento processuale antecedente, quello delle indagini preliminari; in questi giorni infatti è stato accolto il perito di parte. Il significato simbolico va ben oltre il caso in oggetto perché la decisione del GIP sancisce che da oggi in Italia, per l'ordinamento italiano, il femminicidio non è più una questione privata, tra l'omicida e la vittima, ma è una questione pubblica, tra l'omicida e tutte le donne rappresentate dalle loro associazioni.
  Questo, penso anche sia frutto del lavoro intrapreso non solo in Parlamento ma dentro quest'Aula e fuori. Oggi abbiamo visto, appunto, che si può morire d'amore, si muore d'amore e che di questo ci dobbiamo occupare, ma che si muore anche di frontiera, mi riferisco a quello che si è consumato oggi, ancora una volta, nell'indifferenza dell'Europa, nel canale di Sicilia; speriamo di occuparci presto anche di questo in quest'Aula (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Pastorelli. Ne ha facoltà per due minuti.

  ORESTE PASTORELLI. Signor Presidente, signora rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, non è un caso che oggi ci troviamo qui a parlare di femminicidio. Pag. 115Il fatto stesso che esista questa parola ci indica l'urgenza di guardare ad un fenomeno su cui per tanto, troppo tempo si è taciuto. I dati relativi al fenomeno parlano chiaro, non lasciano dubbi in merito: in Italia, come nel mondo, si muore, si viene uccise, si resta invalide, perché si è donne. Mi fermo solo su un dato: secondo il Ministero dell'interno dal 1o agosto 2012 al 31 luglio 2013 sono state uccise 150 donne, l'83 per cento da uomini; la maggior parte dei maltrattamenti e violenze avviene tra le mura domestiche. Una realtà di fronte alla quale il Partito Socialista Italiano, da sempre portatore di valori, non è mai rimasto indifferente: dignità e libertà per i lavoratori e le lavoratrici, per i deboli, per i precari, per le donne, soggetti forti, messi in condizione di debolezza. Come partito abbiamo tra le nostre file l'onorevole Pia Locatelli, presidente onoraria dell'Internazionale socialista donne, che come partito abbiamo sostenuto e seguitiamo a farlo con convinzione per costruire una legislazione che affronti il tema da una prospettiva nuova.
  Il nostro compito non è solo quello di fornire gli strumenti legislativi volti ad assicurare alla giustizia i colpevoli di crimini così odiosi; il nostro dovere è quello di mettere in piedi un sistema che lavori sulla prevenzione, sulla protezione e, solo dopo, sulla repressione e dunque sul cambiamento culturale e sociale. Sottolineo che la maggior parte dei maltrattamenti avviene in famiglia, per cui garantire alle donne vittime di violenza la consulenza legale gratuita è fondamentale per rassicurarle e convincerle che denunciare non è un rischio, ma è un atto di coraggio per salvarsi. Però, dobbiamo sostenerle creando una adeguata rete di supporto. Troppe donne sono morte senza che nessuno ne parlasse, troppe le vittime che hanno preferito rimanere in silenzio.

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Cominelli. Ne ha facoltà.

  MIRIAM COMINELLI. Signor Presidente, questo decreto-legge, e non è certo il primo, affronta tematiche differenti unite, in questo caso, dall'idea di fondo della tutela della sicurezza dei cittadini. Il mio intervento quindi è per porre l'attenzione sulla parte del decreto-legge che si occupa di protezione civile. Il nostro Paese in più occasioni ha tristemente dimostrato di essere il Paese delle emergenze, dei problemi affrontati solo a seguito di eventi calamitosi che attirano l'attenzione mediatica con il loro carico di tragedie. Questo è uno dei punti chiave che l'Italia deve affrontare: la prevenzione e la pianificazione in grado di tutelare e valorizzare il territorio.
  Per molti anni nel recente passato siamo stati, tuttavia, anche il Paese in cui le emergenze risultavano essere il mezzo con cui lucrare su momenti drammatici che hanno messo in ginocchio le popolazioni di molte regioni italiane. Per contrastare tale modus operandi si è intervenuti con la legge n. 100 del 2012, fortemente voluta dal Partito Democratico, che è andata ad agire proprio nel cuore del problema.
  Tale provvedimento, che ha avuto il merito di riportare le competenze e le prerogative della Protezione civile nel loro naturale alveo di applicazione, ha avuto il proprio input a seguito dell'immane tragedia del terremoto che ha colpito l'Emilia Romagna, una situazione particolarmente complicata nella gestione del post-calamità sia per la gravità dell'evento manifestatosi, sia per la presenza di un tessuto urbano e produttivo molto esteso e fitto, che ha reso manifesta la necessità di un ammodernamento degli strumenti normativi agenti sulla materia.
  La prassi dei miglioramenti continui non si è fortunatamente fermata, la normativa sul tema è comunque dinamica, come dimostra il provvedimento che oggi andiamo a discutere. Gli eventi calamitosi più recenti hanno infatti evidenziato la necessità di ulteriori aggiustamenti e quanto introdotto dal provvedimento in esame è un passo avanti in questa direzione. Nello specifico: a livello operativo esso introduce da una parte l'estensione della durata dello stato di emergenza a Pag. 116180 giorni, prorogabile per altri 180, cosa che permette di superare la problematica dell'esiguità del tempo concesso alla prima emergenza, dall'altra introduce la specifica di natura e tipologia degli interventi realizzabili nel loro dettaglio, cosa che aiuta nella definizione delle diverse fasi di intervento; a livello di risorse abbiamo invece l'istituzione del Fondo di Protezione civile che, individuando lo stanziamento delle risorse con il vincolo della presentazione di una relazione motivata prima e dopo l'intervento, introduce un vincolo di maggiore correttezza nella gestione di tale fondo. Per quanto riguarda il miglioramento nella gestione delle operazioni, nella direzione di una maggior trasparenza, vi è l'attribuzione al Commissario delegato per la Protezione civile delle funzioni di responsabile per la prevenzione della corruzione e per la trasparenza, appunto.
  Questo quindi quanto fatto fin'ora, già un grande passo avanti rispetto alla gestione scellerata della Protezione civile che ha visto nel post-terremoto aquilano il suo momento più triste. Ma, come dicevo prima, questa è una materia in fieri, che abbisogna continuamente di aggiornamenti in grado di migliorarla, come potrebbe essere la revoca del controllo preventivo di legittimità da parte della Corte dei Conti sui provvedimenti commissariali.
  Inserito in ragione della consolidata prassi di proroga degli stati di emergenza che finivano per avere una significativa durata, cosa che è venuta meno con la delimitazione temporale di tale durata con il decreto-legge n. 59 del 2012, ad oggi tale passaggio risulta complicare notevolmente, diminuendo così la loro efficacia, gli interventi emergenziali stessi. Ed ancora, l'introduzione di una disciplina sulla ripartizione fra lo Stato e le regioni delle risorse necessarie per il funzionamento, la gestione, la manutenzione e lo sviluppo delle infrastrutture di cui si compone il sistema di allerta statale e regionale, da attuare rapidamente se si vuole andare verso una reale azione preventiva degli eventi calamitosi.
  Concludo osservando che se da una parte è da auspicare una maggiore disponibilità di risorse per il fondo dedicato, che si trova a far fronte ad un corposo numero di interventi per cui va assicurata la copertura finanziaria, e altro auspicio è una maggiore incisività di quelle regioni in ritardo rispetto alla stesura dei piani di Protezione civile, è altrettanto vero che un Paese come il nostro ha l'estrema necessità della formulazione di una legge primaria sull'argomento, in grado di assicurare in ogni parte d'Italia trattamenti uguali dello stato d'emergenza in efficacia e trasparenza.
  Posso quindi qui riaffermare l'impegno del mio partito nel fare in modo che le necessità sopra elencate trovino risposta perché mai come su un tema delicato come quello di cui stiamo discutendo, un'adeguata azione normativa può non solo migliorare, ma soprattutto tutelare la vita dei cittadini (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche dei relatori e del Governo – A.C. 1540-A)

  PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare, anche a nome del relatore per la I Commissione, la relatrice per la II Commissione, deputata Ferranti.

  DONATELLA FERRANTI, Relatore per la II Commissione. Signor Presidente, non ho altro da dire in questo momento. Ringrazio tutti coloro che sono intervenuti, poi ci sarà modo di chiarire alcuni punti che, come ho visto, forse non sono stati maturati sufficientemente da tutti i componenti della Camera e che meritano un chiarimento, anche perché un percorso notevole è stato fatto in Commissione.
  Ecco ci sarà modo anche in fase di successiva discussione degli emendamenti di poter rappresentare quale è stata la linea e quale il risultato notevole che Pag. 117abbiamo raggiunto in un provvedimento che è complesso, è composito, non è soltanto repressivo, anzi, ha molti aspetti innovativi anche e soprattutto dal punto di vista della prevenzione che si attua e sarà attuata attraverso il Piano, ma che si attua anche attraverso delle norme che sembrano in apparenza solo volgersi al penale ma in realtà mirano anche loro a creare una cultura diversa. Quindi, comunque, ringrazio tutti per gli interventi.

  PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.

  MARIA CECILIA GUERRA, Viceministro del lavoro e delle politiche sociali. Signor Presidente, due parole soltanto perché il dibattito è stato effettivamente molto ricco. Volevo fare alcune considerazioni veloci finali e cioè il fatto che da tutte le cose che sono state dette a cui è difficile aggiungerne altre, emerge una consapevolezza della rilevanza e dell'urgenza del problema e sottolineo anche il termine «urgenza» non perché, come è stato detto, si ponga in termini nuovi ma perché proprio è maggiore la consapevolezza di questo fenomeno e, quindi, della necessità di fare fronte.
  Questo è stato anche il senso di un intervento urgente adottato dal Governo e a sottolineare questo vorrei fare presente a tutti noi che se ci poniamo con la memoria indietro anche solo un anno e mezzo, due anni, la consapevolezza in questo Paese che la violenza sulle donne venisse in larga parte, stragrande parte, perpetrata all'interno delle mura domestiche non c'era. Quindi stiamo facendo dei passi di consapevolezza epocale che chiedono delle risposte, anche urgenti.
  Questo è stato, quindi, il modo in cui con questo provvedimento il Governo ha cominciato a interpretare questa necessità, ovviamente non pensando di dare, con un provvedimento, con una norma di legge, una soluzione al problema perché voi tutti avete sottolineato quanto è importante agire su tanti settori che cambino anche la cultura del Paese, che cambino anche l'economia del Paese, perché le discriminazioni nei confronti delle donne, che ci sono anche nel mondo economico, sono ovviamente il terreno fertile su cui poi la violenza si alimenta. Lo stereotipo nel rappresentare il mondo femminile, eccetera, non sto a dire tutte queste cose.
  Quindi nessuno ha mai pensato, e tanto meno il Governo, che con una norma si possa risolvere il problema. Però credo che sia ingiusto, come molti hanno affermato, dire che questo decreto contenga soltanto norme di aumento di pena ed è sbagliato dire che, come è stato detto, non basta perché la priorità sarebbe stata data a mandare gli assassini in galera.
  Non c’è una sola norma di questo provvedimento che inasprisca le pene sugli assassini, sui femminicidi, sono tutte norme che anche nel penale, anche attraverso inasprimenti e strumenti più forti, mirano alla prevenzione dell'atto estremo perché si sa che in questo fenomeno c’è una escalation e, quindi, è proprio una interpretazione ingiusta e che io rigetto.
  L'ampiezza del provvedimento, pur nella sua limitatezza, è testimoniata dal fatto che, pure nei vostri ricchi e importantissimi interventi, non tutti i provvedimenti ivi contenuti sono stati citati; faccio un esempio che considero importante: l'esempio dell'informazione alla vittima durante le fasi processuali; la priorità che viene data nei processi; l'incidente probatorio in modalità protetta: è stato giustamente ricordato quanto sia doloroso e difficile per le donne affrontare, ad esempio, in caso di stupro il processo; il fatto, quindi, che si sia considerata la possibilità di acquisire la testimonianza in situazione protetta a richiesta, ovviamente, mi sembra un fatto importante. Giusto per citarne alcuni, ma non voglio fare l'elenco.
  Allora torno solo un secondo a dire che la consapevolezza del fatto che questo, come tutti voi avete sottolineato, non può che essere un primo passo, è proprio rappresentato dall'adozione del Piano. Un Piano d'azione che sia messo in norma, messo in norma dal Governo che in larga parte ne porterà poi sulle sue spalle l'attuazione, seppure nel confronto e con la collaborazione anche delle amministrazioni Pag. 118decentrate oltre che, ovviamente, delle associazioni femminili e delle organizzazioni che sul territorio da tempo presidiano, anche in assenza di un adeguato intervento pubblico, il tema. Il fatto dicevo di aver messo in norma questo Piano di azione rappresenta non solo una consapevolezza da parte del Governo ma un impegno.
  Con questo mio intervento, voglio sottolineare che, fintanto che avrò la responsabilità della delega sulle pari opportunità, questo impegno lo sento fortemente mio, e sto già lavorando perché si traduca in atti concreti (Applausi).

  PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Sull'ordine dei lavori e per la risposta ad uno strumento del sindacato ispettivo (ore 20,50).

  ERASMO PALAZZOTTO. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  ERASMO PALAZZOTTO. Signor Presidente, anche se in maniera irrituale, i fatti che sono accaduti oggi a Lampedusa, e anche il dibattito che c’è stato in Aula, mi hanno spinto a svolgere questo intervento; e mi dispiace che oggi non c’è in questo momento nessun esponente o deputato della Lega, per le cose che sono state dette, sia in Aula, sia successivamente fuori da quest'Aula.
  Lo dico perché intanto vorrei esprimere la mia solidarietà e vicinanza a tutti gli abitanti e i cittadini di Lampedusa, e alla loro sindaca, Giusi Nicolini, che oggi, come in tante altre occasioni, hanno dato una grande dimostrazione di dignità e di capacità di accoglienza. Lo hanno fatto a nome di tutti gli italiani e di tutta l'Italia, e di questo io voglio render loro grazie.
  L'indignazione e la vergogna che in questo momento provo per le parole che sono state usate qui dall'onorevole Pini, sono grandi: perché la colpa sarà sicuramente della Presidente Boldrini, se migliaia di persone ogni anno fuggono da Paesi in guerra, fuggono dalla povertà per cercare un appuntamento col futuro e con la dignità. La colpa sicuramente sarà del Ministro Kyenge, se c’è una legge che si chiama Bossi-Fini, e che impedisce a qualunque persona, che voglia riprendersi un pezzo del futuro e della dignità che le abbiamo rubato, di venire qui, e di cercarlo, questo futuro. La colpa sarà della sindaca Giusi Nicolini, se soccorrere una carretta del mare rischia di sottoporre un qualunque pescatore italiano ad un processo per favoreggiamento dell'immigrazione clandestina: così prevede la nostra legislazione.

  PRESIDENTE. La invito a concludere.

  ERASMO PALAZZOTTO. La colpa sicuramente sarà nostra, se l'Europa è indifferente davanti a tutto questo.
  Siccome oggi l'onorevole Pini richiamava in quest'Aula – e concludo – l'efficacia delle politiche che il Ministro Maroni aveva messo in campo davanti ai flussi migratori negli anni passati, ricordando che quelle politiche prevedevano che invece di venire a morire sulle nostre coste i migranti morissero nei lager e nei campi di concentramento predisposti da un dittatore come Gheddafi,...

  PRESIDENTE. La invito a concludere.

  ERASMO PALAZZOTTO. ... la nostra più grande colpa è quella di sperare che ci sia un mondo migliore, un mondo in cui anche davanti ad una tragedia così, gente come l'onorevole Pini possa imparare a tacere (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  MARISA NICCHI. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  MARISA NICCHI. Signor Presidente, intervengo per chiedere al Governo, attraverso la sua persona, di rispondere abbastanza urgentemente ad un'interrogazione Pag. 119che abbiamo presentato come gruppo di SEL sulla vicenda siderurgica di Piombino.
  Stamane a Piombino il territorio, la comunità di questa zona si è unita allo sciopero unitario di CGIL, CISL e UIL. I bandoni dei negozi si sono abbassati, gli studenti hanno manifestato: tutta una zona si è fermata. Le amministrazioni locali si sono unite a questo grande momento di mobilitazione. Con forza, con dignità è stato detto che Piombino non deve chiudere, che l'altoforno non si deve fermare. La siderurgia italiana è in un momento difficile, ed è il fondamento di una politica industriale.

  PRESIDENTE. La invito a concludere.

  MARISA NICCHI. Ha bisogno di investimenti, di tecnologie nuove, ha bisogno di sinergie tra tutti i poli della siderurgia; ed il Governo, pago delle larghe intese, oggi, domani, velocemente deve dare una risposta a quella domanda di forza che è stata levata oggi dal territorio piombinese.

  SANDRA ZAMPA. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  SANDRA ZAMPA. Signor Presidente, vorrei tornare anch'io molto brevemente sulla tragedia di Lampedusa. Oggi, tutti chiedono azioni concrete e credo che domani stesso, di intesa con i colleghi che l'hanno firmata – e sono colleghi di tutti i gruppi rappresentati in Parlamento, o pressoché di tutti i gruppi con qualche eccezione – presenteremo una proposta di legge che abbiamo predisposto con Save the children per i minori stranieri non accompagnati. Potevano essere alcuni di questi ragazzi che erano sul barcone oggi naufragato: arrivano qui e spesso non hanno l'accoglienza necessaria a garantire loro una vita dignitosa e questa è una prima risposta che il Parlamento italiano può dare, quindi facendo in modo che questo provvedimento proceda rapidamente.

Ordine del giorno della seduta di domani.

  PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

  Venerdì 4 ottobre 2013, alle 10:

  1. – Seguito della discussione del disegno di legge:
   Conversione in legge del decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, recante disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere, nonché in tema di protezione civile e di commissariamento delle province (C. 1540-A).
  — Relatori: Sisto, per la I Commissione; Ferranti, per la II Commissione.

  (ore 13)

  2. – Informativa urgente del Governo sulla tragica vicenda del naufragio di una imbarcazione carica di migranti presso l'isola di Lampedusa.

  (ore 15)

  3. – Svolgimento di interpellanze urgenti.

  La seduta termina alle 20,50.

TESTO INTEGRALE DELLA RELAZIONE DELLA DEPUTATA DONATELLA FERRANTI, RELATORE PER LA II COMMISSIONE, ANCHE A NOME DEL DEPUTATO FRANCESCO PAOLO SISTO, RELATORE PER LA I COMMISSIONE, IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DEL DISEGNO DI LEGGE DI CONVERSIONE N. 1540-A

  DONATELLA FERRANTI, Relatore per la II Commissione. Conclusa la disamina nelle Commissioni riunite Affari Costituzionali e Giustizia delle disposizioni del decreto-legge che propone un insieme di strumenti di prevenzione e repressione della violenza di genere soprattutto nella Pag. 120sua ambientazione domestica, ritengo di poter esprimere una valutazione positiva del nostro lavoro oltre il raggiungimento di risultati migliorativi del testo iniziale che tengono conto del dibattito e del notevole e qualificato apporto derivante dalle audizioni espletate.
  Sappiamo che il decreto-legge incide su una materia molto delicata, che deve tenere conto della normativa internazionale e, in particolare, della direttiva 2012/29/UE relativa alle «norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato» e della Convenzione di Istanbul sulla «prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica», di recente ratificata anche dall'Italia (legge n. 77 del 27 giugno 2013). La Convenzione non è ancora in vigore, non essendo stata ratificata da un numero sufficiente di Stati, tuttavia la sua funzione di indirizzo è innegabile ed il decreto legge in esame ne costituisce in qualche modo una forma di adeguamento anticipato.
  Come rilevato da molti, il decreto aveva, nella sua originaria impostazione, un approccio culturale troppo concentrato sulla considerazione del fenomeno come problema di sicurezza pubblica; il lavoro svolto in sinergia dai relatori con il Governo e con i membri delle Commissioni Affari Costituzionali e Giustizia ha consentito di ottenere risultati di miglioramento sostanziale e formale del testo iniziale, che quindi valorizza l'attività parlamentare e la funzione legislativa che le è tipica.
  Entrando nel dettaglio, quanto alle modifiche introdotte sul piano del diritto sostanziale, ritengo significativa l'emersione della rilevanza della «relazione affettiva» a prescindere dalla convivenza o dal vincolo matrimoniale attuale o pregresso.
  In sostanza, la relazione affettiva assurge a dato rilevante per l'applicazione di aggravanti (articolo 609-ter, comma 5-quater, codice penale) o di misure di prevenzione (ammonimento); l'ordinamento si muove verso la considerazione della relazione interpersonale affettivamente connotata come base fattuale che ha in sé la potenzialità di favorire la disinibizione verso azioni violente.
  Ritengo che tale valorizzazione della «relazione» come base fattuale per la risposta preventiva e repressiva fosse ineludibile e non più rinviabile.
  Segnalo, inoltre, l'introduzione dell'aggravante per il reato di atti persecutori commesso dal coniuge, a prescindere dal fatto che lo stesso sia legalmente separato o divorziato.
  Il decreto introduceva l'aggravante del delitto di maltrattamenti in famiglia prevista dal primo capoverso dell'articolo 572 codice penale per il caso in cui i maltrattamenti vengano commessi davanti ad un minore di anni 18.
  Si è voluta attribuire un specifica valenza giuridica alla c.d. violenza assistita, intesa come complesso di ricadute fisiche, psicologiche, sociali e cognitive a breve e lungo termine sui minori costretti a episodi di violenza. Sul punto le Commissioni, prendendo spunto da specifiche osservazioni emerse in sede di audizioni, ha ritenuto di introdurre una aggravante generale per tutti i reati connotati da violenza fisica, oltre che per il delitto di maltrattamenti in famiglia, commessi in danno o in presenza di minori o in danno di persona in stato di gravidanza. Si è data così piena attuazione alla indicazione contenuta nell'articolo 46 lettera D) della Convenzione di Istanbul.
  Il decreto-legge poi ha inserito due ulteriori ipotesi aggravate, confermate anche nel testo della Commissione, che comportano l'applicazione della pena della reclusione da 6 a 12 anni per il delitto di violenza sessuale. Si tratta della violenza sessuale nei confronti di donna in stato di gravidanza; della violenza sessuale commessa dal coniuge (anche separato o divorziato) o da persona che sia o sia stata legata alla vittima da una relazione affettiva, anche priva del requisito della convivenza.
  Le Commissioni hanno poi individuato le ipotesi di violenza sessuale aggravata per colui che commette il fatto in danno di Pag. 121persona minorenne (non più solo di anni 16), del quale il colpevole sia l'ascendente, il genitore anche adottivo o il tutore.
  Le Commissioni hanno inteso intervenire anche sull'articolo 609-decies del codice penale per rafforzare gli obblighi di comunicazione del Procuratore della repubblica nei confronti del tribunale dei minori, anche ai fini della adozione di provvedimenti di decadenza della potestà genitoriale e di condotta pregiudizievole ai figli, in tutti i casi in cui siano commessi reati di maltrattamenti in famiglia, violenza carnale aggravata e stalking a danno del minore o dell'altro coniuge.
  Il decreto-legge ha modificato la disciplina della querela, intervenendo sul quarto comma dell'articolo 612-bis codice penale, per disporre che, una volta presentata, la querela è irrevocabile.
  Su questo punto vi è stato un ampio, approfondito e costruttivo dibattito nelle Commissioni.
  Si è osservato da parte di questo relatore che la nuova disciplina era finalizzata a scoraggiare querele strumentali (magari finalizzate alla accelerazione di contenziosi di fronte alle giurisdizioni civili e minorili) e, dall'altro, a recidere, opportunamente, ogni forma di dipendenza del procedimento dalla volontà della vittima. Si registra, infatti, con frequenza che la persona offesa, una volta uscita dalla fase acuta di oppressione che la spinge alla denuncia, sia indotta ad attivare meccanismi di giustificazione e a rimettere la querela (v. audizione del Proc. Aggiunto di Roma Maria Monteleone nel corso dell'indagine conoscitiva disposta dalla Commissione Giustizia e non ancora conclusa). Non è raro, inoltre, che la querela venga rimessa proprio sulla base della coercizione dell'accusato, nel frattempo in stato di custodia cautelare. Queste considerazioni, unitamente alla natura di «reato-sentinella» del delitto di atti persecutori, inducono ad evitare di collegare il procedimento alla volontà dell'offeso, come peraltro ribadito dalla Corte europea dei diritti dell'uomo (sentenza Opuz v. Turchia 9 settembre 2009) che, proprio con riferimento alla violenza di genere, ha invitato a «sganciare» la procedibilità dalla volontà della vittima al fine di garantire la «stabilità» della querela (in quel caso rimessa più volte). D'altro canto, anche la Convenzione di Istanbul all'articolo 55 impegna gli Stati a far sì che la repressione dei reati previsti dalla Convenzione non dipenda interamente da una segnalazione o da una denuncia da parte della vittima, richiedendo dunque una sorta di procedibilità d'ufficio.
  Diverse le posizioni assunte nel dibattito da chi invece sosteneva che in assenza di altri interventi sistematici a sostegno della persona offesa in ambito sociale la irrevocabilità della querela non è sufficiente a rafforzare la volontà e la determinazione della donna nell'interrompere le situazioni di violenza.
  Di qui una soluzione mediana che è stata adottata dalle Commissioni riunite su proposta dei relatori e con il parere favorevole del Governo e che prevede che la remissione della querela nel reato di stalking può essere fatta solo di fronte all'Autorità giudiziaria, cioè in sede processuale secondo quanto previsto dall'articolo 152, comma 2, in relazione all'articolo 340 e quindi di fronte all'autorità giudiziaria procedente. Inoltre si è stabilito che la querela è irrevocabile in tutti i casi in cui le condotte persecutorie si realizzano attraverso minacce reiterate gravi ai sensi dell'articolo 612, secondo comma, codice penale.
  Il provvedimento interviene sull'articolo 8 del decreto-legge n. 11 del 2009, in tema di ammonimento da parte del Questore, per disporre che, in sede di ammonimento, l'autorità di pubblica sicurezza debba adottare anche i conseguenti provvedimenti in tema di armi e munizioni; si ricorda che per il testo previgente, invece, il questore aveva ampia discrezionalità potendo valutare l'esigenza di vietare il porto d'armi.
  Si da attuazione così agli articoli 51-53 della Convenzione, che richiedono l'adozione di una serie di misure volte a ridurre o gestire il rischio di reiterazione Pag. 122dei comportamenti violenti, anche con riguardo all'accesso alle armi da fuoco da parte dell'autore delle violenze.
  Si è esteso inoltre, mediante la modifica all'articolo 11 del decreto legge n. 11 del 2009 in materia di misure a sostegno delle vittime, l'obbligo di informativa e di messa in contatto con strutture di accoglienza da parte di forze dell'ordine, presidi sanitari e istituzioni pubbliche che ricevono dalla vittima notizia de reato non solo con riferimento al delitto di atti persecutori ma anche per una serie di reati che vanno dai maltrattamenti in famiglia alla violenza sessuale, alla riduzione in schiavitù, alla prostituzione minorile.
  L'articolo 2 prevede una serie di interventi di adeguamento del codice di procedura penale alle esigenze di maggior protezione delle vittime di stalking e maltrattamenti in famiglia e di delitti commessi con violenza alla persona.
  Il comma 1 detta una prima serie di modifiche volte ad ampliare la gamma delle misure coercitive adottabili a tutela della vittime di tali reati, nonché ad introdurre obblighi di costante comunicazione a tutela della persona offesa. In particolare:
   la lettera a) modifica l'articolo 282-bis codice di procedura penale consentendo – anche ove si proceda per lesioni personali limitatamente alle ipotesi procedibili d'ufficio o comunque aggravate (articolo 582 codice penale) e minacce gravi o aggravate (articolo 612, secondo comma, codice penale) in danno dei prossimi congiunti o del convivente – l'adozione del provvedimento di allontanamento dell'imputato dalla casa familiare anche al di fuori dei limiti di pena previsti (reclusione superiore nel massimo a 3 anni) e la possibilità di ricorrere a strumenti di controllo mediante mezzi elettronici (in particolare i reati di riferimento per la misura coercitiva sono quelli di violazione degli obblighi di assistenza familiare, abuso di mezzi di correzione e di disciplina, lesioni personali aggravate e procedibili di ufficio, tratta di persone, sfruttamento sessuale di minori, violenza sessuale semplice, aggravata o di gruppo, atti sessuali con minorenne, corruzione di minorenne, minaccia grave o aggravata, e l'atto è commesso in danno dei prossimi congiunti o del convivente).
  Le Commissioni hanno introdotto la possibilità di utilizzare le intercettazioni telefoniche nei casi di atti persecutori 612-bis).
  Abbiamo inoltre lavorato a migliorare un gruppo di disposizioni processuali penali introdotte dal decreto in esame per prevedere obblighi di costante comunicazione a tutela della persona offesa dai reati di stalking e maltrattamenti in ambito familiare.
  In particolare, di fronte alla critica emersa in maniera uniforme in sede di audizioni che hanno evidenziato come gli obblighi di comunicazione erano limitati alla situazione cautelare dell'accusato, previste dagli articoli 282 bis e 282 ter, si è cercato di dare una più compiuta attuazione all'esigenza di realizzare un intervento sistematico e più adeguato alle richieste della normativa europea ed in particolare alle indicazioni della Direttiva 2012/29/UE.
  In sintesi si è previsto:
   un obbligo di informativa nei confronti della persona offesa da parte della polizia giudiziaria e del PM al momento della acquisizione della notizia di reato della facoltà di nominare un difensore di fiducia e della possibilità di accesso al gratuito patrocinio (novella all'articolo 101 codice procedura penale);
   a fronte di provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e di divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa, la comunicazione all'autorità di pubblica sicurezza competente ai fini dell'adozione dei provvedimenti in materia di armi e munizioni, nonché alla persona offesa e ai servizi socio-assistenziali del territorio. Le Commissioni hanno aggiunto che se l'imputato si sottopone positivamente a un programma di prevenzione il responsabile del servizio ne dà comunicazione al pm e al giudice ai fini della valutazione circa la misura cautelare applicata (novella all'articolo 282-quater);Pag. 123
   ampliamento dell'obbligo di comunicazione alla persona offesa (o al difensore) e ai servizi sociali, nel caso di adozione, richiesta di modifica e/o sostituzione delle misure cautelari o coercitive che riguardano tutti i delitti commessi con violenza alla persona. Ciò consentirà alla parte offesa non solo di essere a conoscenza delle vicende cautelari che attengono all'autore delle violenze, ma di poter interloquire mediante memorie (articolo 121 codice procedura penale).
  Abbiamo cercato di realizzare attraverso gli obblighi di comunicazione relativi alle misure cautelari e coercitive in materia di violenza alle persone l'inizio del riconoscimento di un diritto di partecipazione consapevole al procedimento penale dell'offeso.
  La medesima linea di intervento ha riguardato le norme in materia di proroga delle indagini preliminari, di avviso della richiesta di archiviazione alla persona offesa anche in assenza di una sua esplicita richiesta nel caso di delitti commessi con violenza alla persona, di avviso di conclusione delle indagini preliminari.
  In sintesi, in attesa di una riforma più organica che valorizzi l'offeso in fase investigativa, in linea con la direttiva 2012 /29 / UE sono stati introdotti una serie di primi interventi strutturali che possono garantire maggiormente la vittima di essere informata circa il complesso dei suoi diritti fin dal primo contatto con l'autorità procedente e dall'altro venire a conoscenza delle scelte operate circa il non esercizio dell'azione penale o quando l'indagato viene scarcerato o comunque nei casi in cui vi sia modifica delle misure cautelari e coercitive da cui possa derivare comunque un potenziale pericolo nei confronti della persona offesa.
  Le Commissioni riunite hanno anche inserito i procedimenti per i delitti di maltrattamento in famiglia, adescamento di minori e atti persecutori tra quelli per i quali la polizia giudiziaria deve avvalersi di un esperto di psicologia o psichiatria infantile nominato dal PM se deve assumere informazioni da un minorenne.
  È rimasta invariata la lett. c) che modifica l'articolo 380 codice di procedura penale per permettere anche per i delitti di maltrattamenti in famiglia (articolo 572 codice penale) e di stalking (articolo 612-bis codice penale) – l'arresto obbligatorio in flagranza al di fuori dei limiti di pena previsti (reclusione non inferiore nel minimo a 5 e nel massimo a 20 anni).
  La lett. d) introduce il nuovo articolo 384-bis, che prevede che la polizia giudiziaria possa provvedere, su autorizzazione del PM, all'allontanamento d'urgenza dalla casa familiare e al contestuale divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa.
  Il nuovo istituto può essere applicato nei confronti di chi è colto in flagranza di uno dei reati previsti dall'articolo 282-bis, comma 6; tra questi, la minaccia grave, la lesione personale e lo stalking da parte del coniuge (ora, non solo separato o divorziato ma anche in costanza di matrimonio); presuppone la sussistenza di fondati motivi di una possibile reiterazione del reato che metta in pericolo grave ed attuale la vita o l'integrità fisica della persona offesa; rinvia, in quanto applicabile, alla disciplina sull'arresto e il fermo di cui agli artt. 385 e seguenti codice di procedura penale.
  Le Commissioni hanno precisato che se si tratta di delitto perseguibile a querela, la misura può essere eseguita se la querela viene proposta anche oralmente e in tal caso se ne da atto nel verbale di allontanamento. La Polizia giudiziaria dovrà altresì provvedere ad informare la vittima sui centri antiviolenza presenti sul territorio.
  È stata introdotta dalle Commissioni riunite la possibilità di citare in giudizio direttissimo l'allontanato in via d'urgenza dalla casa familiare, così provvedendo in via contestuale alla convalida, tranne i casi dove la complessità della vicenda non necessiti indagini più approfondite.
  La nuova misura precautelare ha i connotati di un intervento di urgenza a fronte della flagranza dei reati previsti dall'articolo 282 6 comma codice di procedura penale e per i quali non è previsto l'arresto obbligatorio e quindi in definitiva Pag. 124potrà essere efficace soprattutto per i reati di cui all'articolo 570, 571, 582, 609-quinques 612 secondo comma: un'anticipazione della tutela per fatti rientranti nell'area della violenza domestica e l'occasione di intervenire proprio in relazione al reato sentinella di lesioni.
  La lettera e) integra il comma 5-bis dell'articolo 398 codice procedura penale, relativo a provvedimenti sulla richiesta di incidente probatorio; la nuova norma aggiunge i procedimenti per il reato di cui all'articolo 572 codice penale a quelli per cui, ove fra le persone interessate all'assunzione della prova vi siano minorenni, il giudice – con l'ordinanza di accoglimento della richiesta – se le esigenze di tutela delle persone lo rendono necessario od opportuno, dispone l'incidente probatorio attraverso modalità particolari.
  La lettera i) estende anche al minore vittima di maltrattamenti in famiglia (ovvero alla vittima maggiorenne inferma di mente) le particolari modalità di assunzione della testimonianza previste dall'articolo 4-ter dell'articolo 498; l'esame testimoniale potrà quindi avvenire, su richiesta del minore o del suo difensore, mediante l'uso di un vetro specchio e di un impianto citofonico. Un comma aggiuntivo 4-quater prevede, inoltre, in relazione ai procedimenti per i reati di cui al comma 4-ter dello stesso articolo 498 (che a seguito del decreto-legge comprende anche i maltrattamenti in famiglia) la possibilità che – su richiesta dell'interessato o del suo difensore – anche l'assunzione della testimonianza di vittime maggiorenni, se particolarmente vulnerabili, avvenga con modalità protette.
  Quanto agli interventi in materia di prova dichiarativa della vittima vulnerabile, valuto con favore l'allineamento dell'articolo 398, comma 5-bis, all'articolo 392, comma 1-bis, codice procedura penale, che rende finalmente possibile disporre modalità protette quando si procede all'incidente probatorio anche per il reato di maltrattamenti in famiglia, senza ricorrere a complesse interpretazioni conformi alla normativa sovranazionale.
  Il comma 2 interviene sulle norme di attuazione del codice di procedura penale aggiungendo una lettera a-bis) al comma 1 dell'articolo 132-bis che assicura priorità assoluta nella formazione dei ruoli di udienza e nella trattazione dei processi anche ai reati di maltrattamenti in famiglia, stalking, violenza sessuale, atti sessuale con minorenne, corruzione di minorenne e violenza sessuale di gruppo.
  Il comma 3 integra la formulazione del comma 4-ter dell'articolo 76 del TU spese di giustizia (decreto del Presidente della Repubblica 115 del 2002) prevedendo l'ammissione al gratuito patrocinio anche in deroga ai limiti di reddito delle vittime dei reati di stalking, maltrattamenti in famiglia e mutilazioni genitali femminili e violenza sessuale di gruppo.
  Infine le Commissioni riunite hanno novellato la competenza penale del giudice di pace circoscrivendola rispetto al delitto di lesioni personali solo alle ipotesi lievi perseguibili a querela di parte e purché non si tratti di fatti commessi in danno di convivente, coniuge, fratello, sorella, padre, madre, figli o affini in linea retta.
  L'articolo 3 introduce misure di prevenzione per condotte di violenza domestica.
  Secondo quanto si legge nella relazione illustrativa del disegno di legge di conversione, l'articolo si inquadra nell'ambito delle iniziative, preannunciate dal Governo, per garantire la completa attuazione della Convenzione di Istanbul e si propone di rafforzare gli strumenti di prevenzione anche operativa delle vessazioni perpetrate nell'ambito del nucleo familiare o di relazioni affettive. Mi riferisco in particolare all'articolo 5, 12, 27 e 50 della Convenzione.
  Il comma 1 dell'articolo 3 introduce una misura di prevenzione per condotte di violenza domestica, ispirata allo schema già adottato dal legislatore con riguardo al reato di stalking (articolo 8 del dl 11/2009), vale a dire l'ammonimento del questore.
  Si prevede infatti che, nei casi in cui alle forze dell'ordine sia segnalato un fatto che debba ritenersi riconducibile al reato di cui all'articolo 582, secondo comma, Pag. 125codice penale (lesioni personali punibili a querela della persona offesa), consumato o tentato, e percosse (articolo 581) nell'ambito di violenza domestica, il questore, anche in assenza di querela, può procedere, assunte le informazioni necessarie da parte degli organi investigativi e sentite le persone informate dei fatti, e previo parere dell'A.G., all'ammonimento dell'autore del fatto.
  Analogo provvedimento di ammonimento è adottato anche se la segnalazione proviene dai servizi sociali o dai centri antiviolenza.
  Al fine di far emergere il fenomeno sommerso delle violenze domestiche, secondo quanto previsto dall'articolo 27 della Convenzione, è stata garantita l'omissione delle generalità del segnalante (la segnalazione però è utilizzabile solo per l'avvio del procedimento) e il beneficio della missione viene meno se la segnalazione risulta manifestamente infondata. Ciò a garanzia di un'attività puntuale di riscontro che il questore dovrà compiere per poter procedere all'ammonimento. Sono escluse le segnalazioni anonime.
  È stato previsto l'obbligo per il Questore in sede di ammonimento di informare senza indugio l'autore del fatto circa i servizi disponibili sul territorio come individuati dal Piano finalizzati ad attività di sostegno e recupero nei confronti dei maltrattanti.
  Quanto alla definizione di «violenza domestica» l'articolo in esame, ispirandosi alla definizione contenuta nella Convenzione di Istanbul, stabilisce che tale forma di violenza è riferibile «a uno o più atti gravi ovvero non episodici, di violenza fisica, sessuale, psicologica od economica che si verificano all'interno della famiglia o del nucleo familiare o tra attuali o precedenti coniugi o persone legate da relazione affettiva in corso o pregressa, indipendentemente dal fatto che l'autore di tali atti condivida o abbia condiviso la stessa residenza con la vittima».
  Il comma 2 prevede l'applicabilità, in quanto compatibili, delle disposizioni dell'articolo 8, commi 1 e 2, del dl 11/2009 (legge stalking).
  Il medesimo comma stabilisce anche che il questore possa richiedere al prefetto del luogo di residenza del destinatario dell'ammonimento l'applicazione della misura della sospensione della patente di guida per un periodo da uno a tre mesi.
  Il comma 3 prevede che il Ministero dell'interno – Dipartimento della pubblica sicurezza, elabora annualmente un'analisi criminologica della violenza di genere che costituisce un'autonoma sezione della relazione annuale al Parlamento del Ministro dell'interno sull'attività delle forze di polizia e sullo stato dell'ordine e della sicurezza pubblica nel territorio nazionale.
  L'articolo 7 reca una serie di disposizioni in materia di sicurezza dei cittadini.
  Anzitutto, il comma 1, intervenendo sul comma 1-quinquies dell'articolo 8 della legge 401 del 1989, proroga l'efficacia della disciplina sull'arresto in flagranza differita e sull'applicazione delle misure coercitive nei confronti degli imputati di reati commessi in occasione di manifestazioni sportive. Tale disciplina aveva cessato di avere efficacia il 30 giugno 2013.
  La disciplina sull'arresto in flagranza differita e sull'applicazione delle misure cautelari per reati commessi in occasione di manifestazioni sportive non è mai stata inserita a regime nell'ordinamento e, ai sensi dell'articolo 1 del decreto-legge 187/2010, era efficace fino al 13 giugno 2013. Per effetto della norma in esame l'efficacia della disciplina sull'arresto differito e sull'applicazione delle misure coercitive è prorogata al 30 giugno 2016.
  Il comma 2 dell'articolo 7 interviene sull'articolo 628, terzo comma, del codice penale introducendo nuove aggravanti speciali del delitto di rapina nei casi di cd. minorata difesa.
  Ferma restando l'attuale sanzione edittale per il reato-base (punito con la reclusione da 3 a 10 anni e con la multa da 516 a 2.065 euro) costituisce rapina aggravata punita con la reclusione da 4 anni e 6 mesi a 20 anni e con la multa da 1.032 a 3.098 euro anche:
   il reato commesso in luoghi tali da ostacolare la pubblica e privata difesa;Pag. 126
   il reato commesso in danno di persona maggiore di 65 anni.

  Consequenziale all'introduzione (articolo 1) dell'aggravante comune all'articolo 61 del codice penale.
  Il comma 3 novella il comma 74 dell'articolo 24 del decreto-legge 78/2009 (Provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini) permettendo così di destinare le forze armate impegnate nel controllo del territorio (1.250 unità) anche a compiti diversi da quello di perlustrazione e pattuglia.
  L'articolo 7-bis della legge 125/2008 (di conversione del decreto-legge sicurezza n. 92/2008) ha previsto, per specifiche ed eccezionali esigenze di prevenzione della criminalità, uno specifico Piano di impiego del personale delle Forze armate da utilizzare per il controllo del territorio.
  Il comma 3-bis, introdotto nel corso dell'esame in sede referente, novella l'articolo 260 del codice penale.
  Le Commissioni hanno inserito un ulteriore comma per specificare che la fattispecie si applica anche quando le condotte riguardano «immobili adibiti a sedi di ufficio, di reparto o a deposito di materiali dell'Amministrazione della pubblica sicurezza, il cui accesso è vietato per ragioni di sicurezza pubblica». La disposizione intende completare il quadro di tutela di tali immobili, sul quale era già intervenuto il decreto-legge, con il seguente comma 4.
  Il comma 4 dell'articolo 7 aggiunge, infatti, un comma all'articolo 682 codice penale, relativo al reato di ingresso arbitrario in luoghi ove l'accesso è vietato nell'interesse militare dello Stato.
  Il nuovo secondo comma dell'articolo 682 prevede analoga sanzione per l'accesso abusivo in immobili adibiti a sedi di ufficio, di reparto o a deposito di materiali dell'Amministrazione della pubblica sicurezza, il cui accesso è vietato per ragioni di sicurezza pubblica.
  L'intervento, come esplicita la relazione illustrativa del Governo al disegno di legge di conversione del decreto-legge, intende colmare «un vuoto di tutela della riservatezza dei luoghi dell'amministrazione della pubblica sicurezza, in primis, della Polizia di Stato, che ha suscitato problemi di carattere interpretativo» coordinando, peraltro, il quadro normativo attuale con la riforma del segreto di stato (L. 124/2007) e le disposizioni attuative di cui al DPCM n. 7/2009; tale ultimo decreto definisce, altresì luoghi di interesse per la sicurezza della Repubblica le strutture delle amministrazioni che esercitano competenze istituzionali in materia di difesa e sicurezza dello Stato e di polizia (articolo 6, comma 2).
  L'articolo 7-bis è stato introdotto nel decreto-legge nel corso dell'esame del disegno di legge di conversione da parte delle Commissioni riunite Affari costituzionali e Giustizia. La disposizione intende disciplinare lo status, l'uso delle armi e la responsabilità civile e penale degli appartenenti ad organi di polizia, anche di paesi dell'Unione europea, che si trovino ad operare sul territorio italiano, in base ad accordi internazionali.
  Analiticamente, il comma 1 stabilisce che la disposizione si applica agli appartenenti ad organi di polizia di Paesi UE o di altri Paesi che si trovino in Italia per partecipare ad operazioni congiunte disposte in base ad accordi internazionali.
  A tali soggetti è riconosciuto lo status di ufficiale o agente di pubblica sicurezza o di polizia giudiziaria in base a quanto stabilito dagli accordi stessi.
  Il comma 2 aggiunge che l'uso delle armi di servizio da parte di tali soggetti oltre a dover essere stato preventivamente autorizzato, è consentito soltanto per legittima difesa.
  Quanto all'uso di veicoli dotati di dispositivi sonori e luminosi, è prevista l'applicazione delle norme nazionali in materia di circolazione stradale e espletamento dei servizi di polizia.
  Infine, il comma 3 rinvia agli accordi di cooperazione per la disciplina della responsabilità civile e penale degli appartenenti agli organi di polizia stranieri.
  L'articolo 8 interviene sul codice penale e sul codice di procedura penale per inasprire la repressione del reato di furto Pag. 127di materiali da impianti e infrastrutture destinate all'erogazione di servizi pubblici. A tal fine, il comma 1 novella le fattispecie penali di furto e di ricettazione, prevedendo specifiche aggravanti, mentre il comma 2 interviene sul codice di procedura penale per prevedere, nelle medesime ipotesi, l'arresto obbligatorio in flagranza di reato.
  Analiticamente, la lettera a) del comma 1 modifica l'articolo 625 codice penale, relativo alle circostanze che aggravano il delitto di furto, prevedendo la pena della reclusione da uno a sei anni e della multa da euro 103 a euro 1.032 se il furto è commesso «su componenti metalliche o altro materiale sottratto ad infrastrutture destinate all'erogazione di energia, di servizi di trasporto, di telecomunicazioni o di altri servizi pubblici e gestite da soggetti pubblici o da privati in regime di concessione pubblica». Quando dunque il furto attenga a beni infrastrutturali di questo tipo non si applica più la pena base dell'articolo 624 codice penale – reclusione da sei mesi a tre anni e multa da euro 154 a euro 516 – bensì la pena aggravata.
  La lettera b) del comma 1 modifica l'articolo 648 codice penale, relativo al delitto di ricettazione.
  Il decreto-legge – inserendo un periodo in coda al primo comma – prevede ipotesi aggravate del delitto di ricettazione se il fatto riguarda denaro o cose provenienti da:
   fattispecie aggravate del delitto di rapina (articolo 628, terzo comma, codice penale);
   fattispecie aggravate del delitto di estorsione (articolo 629, secondo comma, codice penale);
   fattispecie aggravata del delitto di furto, per l'aver sottratto componenti metalliche o altro materiale ad infrastrutture destinate all'erogazione di servizi pubblici e gestite da soggetti pubblici o da privati in regime di concessione pubblica (articolo 625, primo comma, n. 7-bis).
  In tutti questi casi il giudice potrà applicare un aumento di pena fino ad un terzo della pena base.
  Il comma 2 dell'articolo 8 novella l'articolo 380 del codice di procedura penale, relativo all'arresto obbligatorio in flagranza, per coordinarne le previsioni con le modifiche apportata al codice penale dal comma 1. Conseguentemente, tanto per l'ipotesi di furto aggravato di materiali provenienti da infrastrutture destinate all'erogazione di servizi pubblici (articolo 625, primo comma, lett. 7-bis), quanto per le ipotesi di ricettazione aggravata di cui all'articolo 648, primo comma, ultimo periodo, gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria potranno procedere all'arresto di chiunque sia colto in flagranza di delitto.
  Le Commissioni riunite, nel corso dell'esame in sede referente, hanno aggiunto i commi 2-bis, 2-ter, 2-quater e 2-quinquies, sulle modalità di indennizzo per le imprese danneggiate a seguito di delitti non colposi subiti nella realizzazione di grandi opere.
  In particolare, il comma 2-bis, al di fuori dei casi in cui si fa luogo alle provvidenze relative al Fondo di solidarietà per le vittime delle richieste estorsive e dell'usura, interessa le imprese che abbiano subito il danneggiamento di materiali, attrezzature e beni strumentali in conseguenza di delitti non colposi commessi al fine di impedire, turbare ovvero rallentare la realizzazione di opere comprese nel programma delle infrastrutture e degli insediamenti strategici, in base alla c.d. «legge obiettivo» (legge 443/2001).
  Tali imprese possono richiedere un indennizzo per il ristoro del danno subito a carico del Fondo di solidarietà civile.
  Si tratta del fondo istituito, presso il Ministero dell'interno, a favore delle vittime di reati commessi in occasione o a causa di manifestazioni sportive ovvero di manifestazioni di diversa natura.
  Il comma 2-ter prevede che, per l'erogazione degli indennizzi, le somme stanziate sul Fondo siano utilizzate nel limite massimo annuo di cinque milioni di euro. Le richieste di indennizzo per il ristoro del Pag. 128danno che non possono essere soddisfatte a causa del limite di spesa, sono prioritariamente soddisfatte nell'anno successivo. L'indennizzo è concesso per la sola parte eccedente la somma liquidata o che può essere liquidata sulla base del contratto di assicurazione stipulato dall'impresa interessata.
  In base al comma 2-quater, nelle more dell'adozione del regolamento attuativo (ex articolo 2-bis, comma 5, del decreto legge 187/2010), i criteri e le modalità per l'erogazione dei benefici di cui al presente articolo sono definiti, in prima attuazione e in via d'urgenza, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, adottato, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge in commento.
  Il comma 2-quinquies, infine, prevede per coordinamento che il regolamento di attuazione dell'articolo 2-bis del decreto-legge 187/2010, sia adottato anche con il concerto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti.
  L'articolo 9 detta una serie di disposizioni volte a contrastare il c.d. furto di identità.
  Per una definizione del furto di identità nel nostro ordinamento occorre fare riferimento all'articolo 30-bis del decreto legislativo n. 141 del 2010, in base al quale con questa espressione s'intende:
   a) l'impersonificazione totale: occultamento totale della propria identità mediante l'utilizzo indebito di dati relativi all'identità e al reddito di un altro soggetto. L'impersonificazione può riguardare l'utilizzo indebito di dati riferibili sia ad un soggetto in vita sia ad un soggetto deceduto;
   b) l'impersonificazione parziale: occultamento parziale della propria identità mediante l'impiego, in forma combinata, di dati relativi alla propria persona e l'utilizzo indebito di dati relativi ad un altro soggetto, nell'ambito di quelli di cui alla lettera a).

  In particolare, il comma 1 novella la fattispecie di frode informatica, prevista dall'articolo 640-ter codice penale, introducendovi una aggravante per il fatto commesso con sostituzione dell'identità digitale in danno di uno o più soggetti. Le Commissioni riunite introdotto la locuzione «furto o indebito utilizzo dell'identità digitale» in luogo della locuzione «sostituzione dell'identità digitale», impiegata dal decreto-legge.
  In particolare, la lettera a) introduce un nuovo comma nell'articolo 640 in modo da prevedere la pena della reclusione da 2 a 6 anni e della multa da 600 a 3.000 euro se il fatto è commesso con furto dell'identità digitale in danno di uno o più soggetti. La lettera b) interviene con finalità di coordinamento sull'ultimo comma della norma penale, disponendo che anche per questa ipotesi di aggravante il reato divenga perseguibile d'ufficio.
  Il decreto-legge non istituisce dunque un'autonoma fattispecie penale relativa al cosiddetto furto dell'identità digitale, ma prevede che la sostituzione di tale identità possa rappresentare un'aggravante del delitto di frode informatica.
  Il comma 2 – soppresso nel corso dell'esame in sede referente – novella il decreto legislativo n. 231 del 2001, in tema di responsabilità degli enti per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato.
  Il comma 3 novella infine il decreto legislativo n. 141 del 2010 per gli aspetti concernenti il sistema di prevenzione delle frodi nel settore del credito al consumo, con specifico riferimento al furto d'identità.
  In particolare, il decreto-legge (articolo 9, comma 3, lettera a)) novella l'articolo 30-ter, che istituisce il sistema di prevenzione, inserendo il comma 7-bis in base al quale coloro che partecipano al sistema di prevenzione (ad esempio banche o intermediari finanziari) possono richiedere al gestore del sistema di prevenzione la verifica dell'autenticità dei dati contenuti nella documentazione fornita da persone fisiche, laddove ritengano utile accertarne l'identità.
  L'articolo 30-ter istituisce, presso il Ministero dell'economia e delle finanze, un sistema di prevenzione delle frodi, sul piano amministrativo (ferme restando, Pag. 129dunque, le prescrizioni civili e penali in materia), nel settore del credito al consumo e dei pagamenti dilazionati o differiti, con specifico riferimento al furto d'identità.
  Il sistema si basa su un archivio centrale informatizzato e su un gruppo di lavoro. La titolarità del predetto archivio, così come del trattamento dei dati, è affidata al MEF che designa la Consap S.p.A. quale ente gestore dell'archivio.
  Le norme elencano poi i soggetti che possono partecipare al sistema di prevenzione delle frodi:
   le banche e gli intermediari finanziari iscritti negli appositi elenchi previsti dalla legislazione bancaria;
   i fornitori di servizi di comunicazione elettronica;
   i fornitori di servizi interattivi associati o di servizi di accesso condizionato;
   le imprese di assicurazione;
   i gestori di sistemi di informazioni creditizie e le imprese che offrono ai predetti soggetti servizi assimilabili alla prevenzione, sul piano amministrativo, delle frodi, in base ad apposita convenzione con il MEF.
  La disposizione (comma 6) demanda a un apposito decreto del MEF l’ individuazione di altri soggetti aderenti al sistema.
  Per quanto concerne l'utilizzo dell'archivio da parte dei soggetti aderenti al sistema di prevenzione delle frodi, il comma 7 consente ai soggetti aderenti di inviare al gestore richieste di verifica dell'autenticità dei dati contenuti nella documentazione fornita dalle persone fisiche o giuridiche che richiedono una dilazione o un differimento di pagamento, un finanziamento o altra analoga facilitazione finanziaria, un servizio a pagamento differito. Tale verifica non può essere richiesta al di fuori dei casi e delle finalità previste per la prevenzione del furto di identità.
  Inoltre, gli aderenti trasmettono al titolare dell'archivio (MEF) le informazioni relative ai casi che configurano un rischio di frode.
  Il comma 8 istituisce nell'ambito del sistema di prevenzione un servizio gratuito, telefonico e telematico, che consente di ricevere le segnalazioni da parte di soggetti che hanno subìto o temono di aver subìto frodi configuranti ipotesi di furto di identità.
  La lettera b) del comma 3 – soppressa nel corso dell'esame in sede referente – interviene invece sull'articolo 30-sexies del decreto legislativo n. 141 del 2010, per consentire – attraverso un decreto del Ministro dell'economia – la rideterminazione della misura delle componenti del contributo dovuto dall'aderente al sistema di prevenzione al gestore dell'archivio, in relazione ad ogni interrogazione della banca dati.

  Segue ora la relazione a nome del deputato Francesco Paolo Sisto, relatore per la I Commissione.
  La seguente relazione illustra le disposizioni che attengono in particolare alla competenza della prima Commissione.
  L'articolo 1-bis del disegno di legge di conversione, che dispone in materia di gestioni commissariali di province, è stato introdotto nel disegno di legge di conversione nel corso dell'esame in sede referente e corrisponde alla scelta delle Commissioni di merito di sopprimere l'articolo 12 del decreto-legge riferito alla stessa materia. L'introduzione nel disegno di legge di conversione, cioè in una fonte avente valore e forza di legge, non connotata dall'urgenza, è strettamente connessa alla specificità dell'assetto dell'ordinamento provinciale quale consegue, da un lato, alla riforma effettuata con i decreti-legge 201/2011 e 95/2012, e, dall'altro, alla caducazione delle relative disposizioni che costituivano le basi portanti del medesimo assetto, effettuata dalla sentenza della Corte costituzionale 220/2012. La sentenza non ha dichiarato l'illegittimità delle disposizioni dell'articolo 1, comma 115, della legge di stabilità per il 2013, L. 228/2012, che prevedono che, nei casi in cui in una data compresa tra il 5 novembre 2012 e il 31 dicembre 2013 si verifichino la scadenza naturale del mandato degli organi delle province, oppure la scadenza dell'incarico di Commissario straordinario delle province nominato ai Pag. 130sensi delle vigenti disposizioni di cui al testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali di cui al d.lgs.267/2000, o in altri casi di cessazione anticipata del mandato degli organi provinciali ai sensi della legislazione vigente, è nominato un commissario straordinario, ai sensi dell'articolo 141 dello stesso TUEL per la provvisoria gestione dell'ente fino al 31 dicembre 2013.
  Perciò, l'articolo 1-bis, comma 1, in primo luogo, mantiene fermo quanto previsto dal citato comma 115 dell'articolo 1 della L.228/2012, con l'effetto di ribadire la già vigente proroga delle gestioni commissariali in essere al 31 dicembre 2013, nonché l'applicabilità dell'articolo 141 TUEL (cioè la nomina di commissari) alle province per le quali tra il 5 novembre 2012 e il 31 dicembre 2013 si verifichino la scadenza naturale del mandato degli organi delle province, oppure la scadenza dell'incarico di Commissario straordinario delle province, o in altri casi di cessazione anticipata del mandato degli organi provinciali. In secondo luogo esso dispone, fino alla data di entrata in vigore della legge di conversione, la salvezza dei provvedimenti di scioglimento delle province, dei conseguenti atti di nomina dei commissari,nonché degli atti da questi posti in essere: questa sanatoria riproduce quella già disposta dall'articolo 12, commi 1 e 2, di cui si propone la soppressione. Non è invece riprodotta la disposizione del comma 3 che stabilisce l'ulteriore efficacia delle gestioni commissariali in essere oltre il termine del 31 dicembre 2013, cioè fino al 30 giugno 2014, nonché la disposizione del comma 4 che prevede l'efficacia fino alla stessa data delle gestioni che dovranno essere disposte per le province che cesseranno per scadenza naturale o per cessazione anticipata. Tali previsioni conferirebbero una sostanziale continuità di effetti, fino a giugno 2014, a disposizioni dichiarate costituzionalmente illegittime.
  Il comma 2 dell'articolo 1-bis, riproducendo quanto stabilito dal comma 5 dell'articolo 12, sospende l'applicazione delle disposizioni contenute nell'articolo 2, comma 2, del decreto-legge 95/2012 (convertito dalla legge 135/2012) che prevedono la riduzione delle dotazioni organiche del Ministero dell'interno. Nel dettaglio, le riduzioni previste dalla norma richiamata si applicheranno dopo il 30 giugno 2014.
  L'obiettivo della sospensione è quello di collegare i provvedimenti relativi alle dotazioni organiche dell'Amministrazione civile dell'interno a quelli di tipo ordinamentale di riordino delle province, come già stabilito ai sensi dell'articolo 2, comma 2, del decreto-legge 95/2012 e dell'articolo 1, comma 115, della legge di stabilità per il 2013.
  L'articolo 4 novella il testo unico in materia di immigrazione introducendovi un nuovo articolo 18-bis che prevede il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari alle vittime straniere di atti di violenza in ambito domestico. La finalità del permesso di soggiorno è consentire alla vittima straniera di sottrarsi alla violenza. In particolare, la nuova disposizione – che ricalca il contenuto dell'articolo 18 del testo unico, relativo al soggiorno per motivi di protezione sociale – prevede il rilascio di un permesso di soggiorno allo straniero in presenza dei determinati presupposti. Devono essere riscontrate violenze domestiche o abusi nei confronti di uno straniero nel corso di operazioni di polizia, indagini o procedimenti penali per uno di una serie di reati elencati o nel corso di interventi assistenziali dei servizi sociali specializzati nell'assistenza delle vittime di violenza. Deve anche emergere che il tentativo di sottrarsi alla violenza ovvero la collaborazione alle indagini preliminari o al procedimento penale espongono l'incolumità della persona offesa straniera ad un concreto ed attuale pericolo. Le disposizioni sul permesso di soggiorno per le vittime di violenza domestica si applicano anche ai cittadini di Stati membri dell'Unione europea e ai loro familiari.
  Nel corso dell'esame in sede referente è stata introdotta una disposizione che prevede la revoca del permesso di soggiorno e l'espulsione quale misura sanzionatoria nei confronti dello straniero condannato, Pag. 131anche con sentenza non definitiva, compresa quella adottata a seguito di patteggiamento, per uno dei delitti connessi alla violenza domestica.
  L'articolo 5 – in attuazione degli impegni presi con la recente ratifica della Convenzione di Istanbul (legge n. 77 del 2013) ed in sinergia con le politiche dell'Unione Europea – prevede da parte del Ministro delegato per le pari opportunità l'adozione di un Piano di azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere, che deve perseguire le finalità di prevenzione del fenomeno della violenza sulle donne mediante una pluralità di azioni in diversi ambiti: dalle campagne di pubblica informazione e sensibilizzazione al potenziamento dei centri antiviolenza e dei servizi di assistenza e protezione delle vittime di violenza di genere e di stalking, dalla formazione specializzata degli operatori alla collaborazione tra istituzioni.
  Nel corso dell'esame in sede referente si è previsto che il Ministro per le pari opportunità invii annualmente al Parlamento una relazione sull'attuazione del Piano ed è stata autorizzata per il finanziamento del Piano è autorizzata la spesa di 10 milioni di euro per il 2013, con corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa prevista per assunzioni in deroga del personale delle forze dell'ordine.
  Il nuovo articolo 5-bis, introdotto dalle Commissioni riunite, incrementa, per il potenziamento delle forme di assistenza e sostegno alle donne vittime di violenza e ai loro figli, il Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità di 10 milioni di euro per il 2013, di 7 milioni di euro per il 2014 e di 10 milioni di euro dal 2015, con riduzione: per 10 milioni di euro nel 2013 dell'autorizzazione di spesa prevista per assunzioni in deroga del personale delle forze dell'ordine; per 7 milioni di euro nel 2014 e 10 milioni di euro dal 2015 del Fondo per interventi strutturali di politica economica.
  Le risorse disponibili nel fondo sono ripartite dal Ministro per le pari opportunità, d'intesa con la Conferenza Stato-Regioni, ogni anno tenendo conto di una serie di parametri indicati (programmazione regionale e interventi già operativi; centri antiviolenza pubblici e privati esistenti; case rifugio pubbliche e private già presenti; necessità di riequilibrare la presenza dei centri e delle case in ogni regione, con riserva di un terzo dei fondi alla creazione di nuovi centri e di nuove case per raggiungere l'obiettivo della raccomandazione UE-Expert meeting sulla violenza contro le donne-Finlandia 8-10 novembre 1999).
  Sono individuati i soggetti che debbono promuovere i centri antiviolenza e le case rifugio, alle quali è garantito l'anonimato: enti locali, singoli o associati; associazioni e organizzazioni a sostegno delle donne vittime di violenza, con esperienze e competenze specifiche, che utilizzino una metodologia di accoglienza basata sulla relazione tra donne, con personale specificamente formato. I soggetti predetti possono operare di concerto, d'intesa o in forma consorziata.
  I Centri antiviolenza e le case rifugio operano in maniera integrata con la rete dei servizi socio-sanitari e assistenziali territoriali.
  Sono individuate le finalità che deve promuovere la formazione delle figure professionali dei centri antiviolenza e delle case rifugio.
  Le Regioni destinatarie delle risorse debbono presentare al Ministro per le pari opportunità, entro il 30 marzo di ogni anno, una relazione sulle iniziative adottate nell'anno precedente utilizzando tali risorse.
  Il Ministro per le pari opportunità presenta entro il 30 giugno di ogni anno una relazione sullo stato di utilizzo delle risorse stanziate
  L'articolo 6, comma 1, a valere sul Fondo di rotazione per l'attuazione delle politiche comunitarie ad anticipare, autorizza l'anticipazione, nei limiti delle risorse disponibili e su richiesta del Ministero dell'interno, delle quote di contributi comunitari e statali previste per il periodo 2007-2013, al fine di assicurare l'integrale utilizzo delle risorse comunitarie relative al Programma operativo nazionale (PON) Pag. 132«Sicurezza per lo Sviluppo – Obiettivo Convergenza 2007-2013». In particolare il PON Sicurezza per lo sviluppo interessa le regioni Calabria, Campania, Puglia e Sicilia. La disposizione mira a garantire continuità nel flusso di pagamenti del predetto Programma operativo nazionale (PON), assicurando che i soggetti attuatori dei progetti ricevano tempestivamente le somme loro spettanti sulla base dello stato di attuazione dei progetti stessi, come disposto dall'autorità di gestione del Programma. I commi 2 e 3 prevedono che per il 2013 non si applichi la riduzione delle risorse destinate annualmente al trattamento accessorio del personale delle Forze armate e delle Forze di polizia prevista dall'articolo 9, comma 2-bis, del decreto- legge n. 98 del 2010, in base al quale nel triennio 2011-2013 le risorse per il trattamento accessorio del personale anche dirigenziale delle citate amministrazioni subiscono una riduzione automatica in misura proporzionale alla riduzione del personale in servizio. Restano ferme per le stesse Forze le altre disposizioni che limitano fino al 2014 la crescita dei trattamenti economici, anche accessori, del personale delle pubbliche amministrazioni.
  Il comma 4, per le indennità per il personale della polizia stradale impiegato nei servizi autostradali, sostituisce l'attuale limite massimo giornaliero fissato per legge con la piena libertà di contrattazione delle parti in sede convenzionale. Attualmente, infatti, le società concessionarie di autostrade sono impegnate per convenzione a corrispondere a titolo di indennità alcune somme fisse al personale della polizia stradale impiegato nei servizi autostradali.
  Il comma 5 assegna al Ministero dell'interno e al Fondo nazionale di protezione civile le risorse già stanziate dal decreto-legge n. 95 del 2012 per gli interventi connessi all'emergenza umanitaria legata all'eccezionale afflusso di cittadini appartenenti ai Paesi del Nord Africa. La relazione illustrativa chiarisce che la norma serve in quanto per disporre tale assegnazione non è più possibile utilizzare le ordinanze di protezione civile, come previsto dal citato decreto-legge n. 95 del 2012, perché l'emergenza è stata dichiarata conclusa.
  L'articolo 6-bis, introdotto in sede referente, stabilisce che gli accordi tra il Ministero dell'interno e regioni ed enti locali, che prevedono in base alla legislazione già vigente la contribuzione logistica, strumentale o finanziaria delle stesse regioni e degli enti locali per la realizzazione di programmi straordinari di incremento dei servizi di polizia, di soccorso tecnico urgente e per la sicurezza dei cittadini, possono avere anche la contribuzione di altri soggetti pubblici, anche non economici, e di soggetti privati, per il sostegno strumentale, finanziario e logistico delle attività di promozione della sicurezza dei cittadini, del controllo del territorio e del soccorso pubblico. La possibilità di ricorrere a tali contribuzioni riguarda le aree interessate da insediamenti produttivi o infrastrutture logistiche ovvero da progetti di riqualificazione e riconversione di siti industriali o commerciali dismessi o da progetti di valorizzazione dei beni di proprietà pubblica o da altre iniziative di sviluppo territoriale. Questi accordi possono prevedere, per contenere la spesa, forme di ottimizzazione delle modalità di impiego dei mezzi strumentali delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, per le quali è consentito in deroga alle disposizioni vigenti in materia contabile e comunque nel rispetto della disciplina sul controllo, l'esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento, di cui alla legge n. 185/1990, il ricorso alla permuta di materiali o prestazioni. In tal caso, l'accordo è soggetto ad una specifica autorizzazione del Ministero dell'interno, rilasciata d'intesa con il Ministero dell'economia e finanze. In quanto compatibili si applicano gli articoli da 569 a 574 del Testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare (decreto del Presidente della Repubblica n. 90/2010), che disciplina le permute da parte dell'amministrazione della difesa. In caso di accordi tra soggetti pubblici, anche non economici la permuta può prevedere anche la cessione Pag. 133diretta di beni di proprietà pubblica in cambio di prestazioni o finanziamenti volti alla ristrutturazione di altri beni di proprietà pubblica destinati ai presidi di polizia.
  L'articolo 9-bis modifica i requisiti essenziali di sicurezza che gli articoli pirotecnici devono possedere per poter essere immessi sul mercato, recependo così una disposizione della direttiva 2013/29/UE del 12 giugno 2013 concernente l'armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alla messa a disposizione sul mercato di articoli pirotecnici. La nuova direttiva, che per la sua recente approvazione non ha trovato posto tra quelle indicate nella legge di delegazione europea 2013, deve essere recepita entro il 1o luglio 2015, ad eccezione di una disposizione relativa appunto ai requisiti di sicurezza di cui gli Stati membri devono dare attuazione entro il 3 ottobre 2013.
  In particolare, la disposizione in oggetto è quella recata dall'allegato I, punto 4) della direttiva dove si prevede che gli articoli pirotecnici non devono contenere esplosivi detonanti diversi da polvere nera o miscele ad effetto di lampo, ad eccezione di una serie di articoli pirotecnici che però soddisfino particolari misure di sicurezza, quali ad esempio l'impossibilità di fungere da fattore detonante.
  Inoltre, il comma 2 dell'articolo 9-bis ha l'effetto di rendere valide le autorizzazioni rilasciate entro il 4 luglio 2013 (e non più entro il 4 luglio 2010) per l'esercizio dell'attività di utilizzo, a qualsiasi titolo, degli articoli pirotecnici diversi dalle categorie 1, 2 e 3 e degli altri articoli pirotecnici, per i fuochi d'artificio della categoria 4 e per gli articoli pirotecnici teatrali.
  L'articolo 10, commi 1 e 2, novellano l'articolo 5 della legge n. 225 del 1992, in materia di protezione civile, già recentemente modificato con il decreto-legge n. 59 del 2012. L'articolo 5 in questione prevede norme concernenti lo stato di emergenza e il potere di ordinanza ad esso connesso. In particolare, a seguito delle recenti modifiche, la norma prevede che la deliberazione dello stato di emergenza spetti al Consiglio dei ministri su proposta del Presidente del Consiglio o, se delegati, di un Ministro con portafoglio o del Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio. Quanto al potere di adottare ordinanze di protezione civile in deroga, nel 2012 la competenza ad attribuire tale potere è stata attribuita al Consiglio dei ministri ed è stata prevista una tipizzazione delle misure che possono essere previste dalle ordinanze. Con le novelle del 2012 è stata prevista anche una durata massima dello stato di emergenza, pari a novanta giorni, prorogabile o rinnovabile di regola una sola volta – previa ulteriore deliberazione del Consiglio dei Ministri – di ulteriori sessanta giorni.
  Il decreto in esame modifica nuovamente l'articolo 5 citato prevedendo che la delibera che dichiara lo stato di emergenza per le fattispecie da fronteggiare con immediatezza e mezzi straordinari (di cui all'articolo 2, comma 1, lettera c), della legge n. 225) deve provvedere anche ad una prima individuazione delle risorse finanziarie necessarie agli interventi da effettuare, autorizzando la spesa nell'ambito dell'apposito stanziamento sul Fondo di protezione civile destinato allo scopo, individuando nell'ambito dello stanziamento complessivo quelle finalizzate agli interventi attuabili in via ordinaria. Se tali risorse si rivelano insufficienti in corso di intervento, possono essere oggetto di ulteriori deliberazioni in base a relazione motivata presentata dal Capo del Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei ministri al Presidente del Consiglio dei ministri.
  Si allunga inoltre la durata massima dello stato di emergenza, portandola a centottanta giorni, prorogabili di altri centottanta e viene poi introdotta una differente tipizzazione delle misure che possono essere previste dalle ordinanze di protezione civile in deroga adottate nelle situazioni di emergenza da fronteggiare con immediatezza e mezzi straordinari.
  Infine è istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della Protezione civile il Fondo per le emergenze nazionali, per la copertura degli Pag. 134oneri derivanti dall'attuazione di interventi necessari nelle situazioni di emergenza da fronteggiare con immediatezza e mezzi straordinari (cioè quelli di cui al citato articolo 2, comma 1, lettera c), della legge n. 225).
  Nel corso dell'esame in sede referente sono state apportate le seguenti modificazioni: si è previsto che l'autorizzazione di spesa necessaria a garantire le risorse individuate dalla delibera di dichiarazione dello stato di emergenza venga imputata alle risorse del nuovo «Fondo per le emergenze nazionali» e non ha quelle Fondo di protezione civile; è stata ripristinata una prerogativa della delibera dello stato di emergenza (vale a dire quella di disporre in ordine all'esercizio del potere di ordinanza); è stato introdotto anche in riferimento al nuovo Fondo per le emergenze l'obbligo di relazione al Parlamento sulle modalità del suo utilizzo.
  Il comma 3, novella l'articolo 42 del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, emanato in materia di trasparenza nelle pubbliche amministrazioni in base alla delega contenuta nella legge 190 del 2012, cosiddetta anticorruzione. In sostanza il decreto-legge in esame attribuisce ai commissari delegati per la protezione civile le funzioni di responsabili per la prevenzione della corruzione e per la trasparenza. Il comma 4, sopprime il nucleo interforze a disposizione del Dipartimento della protezione civile previsto dal decreto-legge n. 245 del 2005 sull'emergenza rifiuti in Campania.
  L'articolo 11 reca disposizioni che riguardano il Corpo nazionale dei vigili del fuoco, per diversi profili: risorse finanziarie per garantire la funzionalità del Corpo al verificarsi di emergenze di protezione civile e interventi in materia di sicurezza sul lavoro. Nel corso dell'esame parlamentare sono state aggiunte ulteriori disposizioni relative alla destinazione in favore del Corpo di beni confiscati alla mafia e al rapporto di lavoro del personale volontario.
  In particolare viene istituito uno specifico fondo emergenze per le anticipazioni delle immediate e indifferibili esigenze delle spese derivanti dalle attività di soccorso pubblico prestate dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco nelle situazioni oggetto di dichiarazioni di stato di emergenza ai sensi della già ricordata legge n. 225 del 1992 sulla protezione civile. In particolare, è previsto l'utilizzo del Fondo per il pagamento delle somme necessarie per il trattamento economico accessorio spettante al personale del Corpo stesso impegnato nelle menzionate emergenze di protezione civile. La dotazione del Fondo – che per il 2013 è pari a 15 milioni di euro – a decorrere dall'anno 2014 sarà determinata annualmente con la legge di bilancio. Lo stanziamento sul 2013 è garantito a valere su una parte delle risorse del Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, delle richieste estorsive e dell'usura di cui all'articolo 2, comma 6-sexies, del decreto-legge n. 225 del 2010. Per ripristinare le risorse anticipate, si prevede che le risorse rimborsate a qualsiasi titolo al Corpo nazionale dei vigili del fuoco per le spese sostenute per emergenze restano acquisite all'erario in misura corrispondente.
  Con l'approvazione di un emendamento in sede referente è stato precisato che i beni mobili sequestrati, anche iscritti in pubblici registri, possono essere affidati dal tribunale in custodia giudiziale anche al Corpo nazionale dei vigili del fuoco per finalità di soccorso pubblico (oltre che – come previsto dal decreto legislativo 159/2011 vigente – agli organi di polizia per l'impiego nelle attività istituzionali o per esigenze di polizia giudiziaria, e all'Agenzia, ad altri organi dello Stato, ad enti pubblici non economici e enti territoriali per finalità di giustizia, di protezione civile o di tutela ambientale). Inoltre, viene stabilito che qualora il sequestro riguardi mezzi speciali (autocarri,macchine operatrici ecc.) adatti agli usi propri del soccorso pubblico, questi siano destinati in via prioritaria ai vigili del fuoco.
  Nel corso dell'esame in sede referente, inoltre, è stata introdotta una norma volta a sopprimere l'articolo 10, comma 1, lettera c-bis), del decreto legislativo n. 368/2001, il quale esclude dall'ambito applicativo Pag. 135di tale provvedimento il personale volontario del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.
  Quanto alla sicurezza sui luoghi di lavoro, il decreto in esame introduce alcune novelle al decreto legislativo n. 81 del 2008. In particolare, l'articolo 8, comma 4, del decreto legislativo n. 81 del 2008 prevede l'adozione di un decreto interministeriale per la definizione delle regole tecniche per la realizzazione e il funzionamento del Sistema informativo per la prevenzione nei luoghi di lavoro (SINP). Con il medesimo decreto sono disciplinate le modalità speciali con cui le Forze di polizia e le Forze armate partecipano al SINP relativamente alle attività operative e addestrative. Il decreto in esame include anche il Corpo nazionale dei vigili del fuoco nella speciale disciplina riservata in materia alle Forze di polizia e alle Forze armate. Ciò in ragione delle specificità e peculiarità del medesimo Corpo nazionale che, in materia, sono del tutto analoghe a quelle di tali forze.
  Inoltre, si prevede che il Corpo possa effettuare in proprio sia le verifiche periodiche delle attrezzature di lavoro oggetto di verifica di cui il Corpo nazionale dispone a titolo di proprietà o di comodato d'uso, sia le attività di formazione e di abilitazione del proprio personale all'utilizzo delle attrezzature di lavoro, che comprendono quelle per il soccorso pubblico.
  L'articolo 11-bis, introdotto nel corso dell'esame in sede referente, stabilisce che le risorse stanziate per il 2013 (1 milione di euro) dall'articolo 1, comma 319, della legge di stabilità 2013 (legge n. 228 del 2012) sono destinate ad attività di progettazione preliminare di interventi pilota per realizzazione di interventi per la valorizzazione e salvaguardia dell'ambiente e la promozione dell'uso delle energie alternative.
  A tale scopo le risorse sono assegnate con decreto del Ministro per gli Affari regionali e delle autonomie locali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentiti l'ANCI e l'UNCEM che indicano i comuni con maggiore rischio idrogeologico e maggiore esperienza in attività di riqualificazione del territorio.
  Per l'articolo 12, come si è detto, è stato approvato in sede referente un emendamento soppressivo e sono state conseguentemente introdotte le disposizioni dell'articolo 1-bis nel disegno di legge di conversione già illustrate.
  L'articolo 12-bis, con riferimento agli enti locali che hanno approvato il bilancio di previsione entro il 31 agosto 2013, conferma per essi l'obbligatorietà dell'adozione della deliberazione consiliare sugli equilibri di bilancio, prorogandone tuttavia il termine per l'adozione entro il 30 novembre 2013.
  La disposizione integra quanto disposto, con riferimento all'esercizio finanziario 2013 dal decreto-legge n. 35/2013 che – contestualmente al differimento del termine per la deliberazione del bilancio di previsione degli enti locali per l'anno 2013 dal 30 giugno al 30 settembre 2013 – ha provveduto a rendere facoltativa, anziché obbligatoria, l'adozione della suddetta deliberazione sugli equilibri di bilancio, nei casi in cui il bilancio di previsione sia deliberato dall'ente locale successivamente alla data del 1o settembre 2013.
  Inoltre, interviene in materia di anticipazioni di tesoreria che gli enti locali possono richiedere al proprio tesoriere, ampliando fino al 31 dicembre 2013 – in luogo del 30 settembre 2013, come attualmente fissato dall'articolo 1, comma 9, del decreto-legge n. 35/2013 (recante disposizioni per il pagamento dei debiti scaduti della pubblica amministrazione) – il periodo entro il quale i limiti massimi di tali anticipazioni sono aumentati da tre a cinque dodicesimi delle entrate correnti accertate nel penultimo anno precedente.

VOTAZIONI QUALIFICATE EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 3 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 13)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nom. Ddl 1628 - em. 7.2 408 404 4 203 93 311 59 Resp.
2 Nom. em. 7.5 441 434 7 218 130 304 56 Resp.
3 Nom. em. 7.4 441 438 3 220 131 307 56 Resp.
4 Nom. articolo agg. 7.03 443 329 114 165 20 309 56 Resp.
5 Nom. em. 9.1 455 364 91 183 31 333 56 Resp.
6 Nom. em. 9.51 458 452 6 227 105 347 56 Resp.
7 Nom. em. 9.50 459 456 3 229 19 437 56 Resp.
8 Nom. em. 9.3 451 448 3 225 139 309 55 Resp.
9 Nom. em. 9.4 460 457 3 229 137 320 55 Resp.
10 Nom. em. 9.2 455 452 3 227 122 330 56 Resp.
11 Nom. em. 9.5 463 460 3 231 122 338 55 Resp.
12 Nom. em. 10.2 457 454 3 228 136 318 54 Resp.
13 Nom. em. 10.50 467 464 3 233 139 325 54 Resp.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M = Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.

INDICE ELENCO N. 2 DI 3 (VOTAZIONI DAL N. 14 AL N. 26)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
14 Nom. em. 11.30 472 469 3 235 122 347 54 Resp.
15 Nom. em. 11.11 454 451 3 226 136 315 54 Resp.
16 Nom. em. 11.13 472 468 4 235 142 326 54 Resp.
17 Nom. em. 11.14 465 433 32 217 111 322 54 Resp.
18 Nom. em. 11.27 467 464 3 233 123 341 54 Resp.
19 Nom. em. 11.12 474 471 3 236 140 331 54 Resp.
20 Nom. em. 11.15 468 465 3 233 140 325 55 Resp.
21 Nom. em. 11.16 470 466 4 234 140 326 54 Resp.
22 Nom. em. 11.17 476 473 3 237 143 330 54 Resp.
23 Nom. em. 11.26 478 474 4 238 115 359 54 Resp.
24 Nom. em. 11.18 477 445 32 223 114 331 54 Resp.
25 Nom. em. 11.28 472 468 4 235 129 339 54 Resp.
26 Nom. em. 11.19 474 442 32 222 98 344 54 Resp.


INDICE ELENCO N. 3 DI 3 (VOTAZIONI DAL N. 27 AL N. 36)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
27 Nom. em. 11.20 434 432 2 217 140 292 53 Resp.
28 Nom. em. 11.21 446 416 30 209 112 304 53 Resp.
29 Nom. em. 11.22 461 460 1 231 49 411 53 Resp.
30 Nom. em. 11.23 463 434 29 218 113 321 53 Resp.
31 Nom. em. 11.25 468 467 1 234 144 323 53 Resp.
32 Nom. em. 11.24 475 474 1 238 145 329 53 Resp.
33 Nom. em. 12.1 488 456 32 229 103 353 52 Resp.
34 Nom. odg 9/1638/24 482 453 29 227 122 331 52 Resp.
35 Nom. odg 9/1638/30 476 445 31 223 128 317 52 Resp.
36 Nom. Ddl 1628 - voto finale 436 340 96 171 323 17 52 Appr.