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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 75 di mercoledì 11 settembre 2013

Pag. 1

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LAURA BOLDRINI

  La seduta comincia alle 10,05.

  CLAUDIA MANNINO, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.

  (È approvato).

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Gioacchino Alfano, Amici, Boccia, Michele Bordo, Caparini, Castiglione, Cirielli, Dambruoso, Damiano, Dellai, Di Lello, Fico, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Franceschini, Gebhard, Giachetti, Giancarlo Giorgetti, La Russa, Legnini, Leone, Migliore, Orlando, Gianluca Pini, Pisicchio, Realacci, Sani, Santelli, Spadoni, Speranza, Valeria Valente, Vezzali e Vito sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
  Pertanto i deputati in missione sono complessivamente sessantotto, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

  Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

Discussione delle mozioni Grande ed altri n. 1-00113, Migliore ed altri n. 1-00177, Speranza, Brunetta, Dellai e Pisicchio n. 1-00178 e Giorgia Meloni ed altri n. 1-00179 concernenti iniziative in relazione alla crisi siriana (ore 10,10).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione delle mozioni Grande ed altri n. 1-00113 (Nuova formulazione), Migliore ed altri n. 1-00177, Speranza, Brunetta, Dellai e Pisicchio n. 1-00178 e Giorgia Meloni ed altri n. 1-00179, concernenti iniziative in relazione alla crisi siriana (Vedi l'allegato A – Mozioni).
  Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi riservati alla discussione delle mozioni è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (Vedi calendario).
  Avverto che è stata testé presentata la mozione Giancarlo Giorgetti ed altri n. 1-00180 (Vedi l'allegato A – Mozioni) che, vertendo su materia analoga a quella trattata dalle mozioni all'ordine del giorno, verrà svolta congiuntamente. Il relativo testo è in distribuzione.

(Discussione sulle linee generali)

  PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali delle mozioni.
  È iscritto a parlare il deputato Manlio Di Stefano, che illustrerà anche la mozione Grandi ed altri n. 1-00113 (Nuova formulazione), di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà. Prendo atto che è assente.
  È iscritto a parlare il deputato Arturo Scotto, che illustrerà anche la mozione Migliore ed altri n. 1-00177, di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.

  ARTURO SCOTTO. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, signori Ministri, signori deputati, siamo arrivati qui a questa discussione estremamente impegnativa in un momento drammatico e Pag. 2se vogliamo anche in una data simbolica, quell'11 settembre di dodici anni fa che fece scoprire a noi la nostra debolezza, la nostra fragilità, la nostra solitudine. E dopo dodici anni oggi siamo di nuovo a parlare di guerra, siamo di nuovo a parlare qui dei rischi di una escalation militare e di un mondo che torna a precipitare nel baratro dei conflitti.
  Il mondo è sconvolto, indignato, esterrefatto dai due anni che hanno devastato la Siria, ucciso centomila persone, provocato un milione e mezzo di profughi. Una delle più grandi emergenze umanitarie della storia recente che ha reso Paesi come la Giordania e il Libano fortemente esposti sul terreno dell'emergenza economica e della stessa tenuta del proprio tessuto sociale. Il regime di Assad si è reso responsabile di una guerra sanguinosa attaccando i civili e impedendo, nella fase iniziale, la crescita di una società civile laica e popolare, democratica e in grado di cambiare il segno di quel regime, avviare una fase di riforme e di cambiamento.
  Oggi noi ci troviamo di fronte ad un'instabilità molto forte e molto profonda di tutto il quadro internazionale e ci troviamo di fronte al rischio, qualora falliscano le mediazioni che in queste ore si stanno tentando e che noi dobbiamo sostenere come Paese, di una perdita definitiva di centralità della comunità internazionale e delle Nazioni Unite.
  Noi, invece, abbiamo la necessità di dare una risposta di fronte a un Medio Oriente in movimento, all'emergere di nuove potenze regionali, di nuovi player, la Turchia, il Qatar, l'Arabia Saudita, interessati a un cambio di regime, e a nuovi attori, che intervengono dentro quel quadro, dentro quella vicenda, e di fronte a una fase di stallo, come abbiamo visto nelle settimane scorse, di tutto il campo dei Paesi che avevano partecipato a un risveglio, a una «primavera» che oggi rischia di essere bagnata di nuovo nel sangue e nelle dittature.
  Noi dobbiamo dare una risposta, e la risposta dell'Italia dev'essere quella di investire sul campo europeo, di evitare che quel luogo divenga il luogo delle impotenze, delle fragilità e delle divisioni, perché altrimenti anche dentro l'Europa resteranno soltanto macerie diplomatiche.
  Il problema dell'Europa non è quello di essere arrivata tardi o meno, il problema è che all'appello della storia non è pervenuta, e noi abbiamo il dovere di rilanciare un processo di pace che abbia al centro il ruolo e la funzione dell'Unione europea. E allo stesso tempo, promuovere il tentativo dell'Italia, generoso, di rilanciare un Consiglio straordinario europeo, di promuovere una sessione speciale dell'Assemblea generale dell'ONU che abbia al centro la questione della Siria, perché non deve parlare solo il Consiglio di sicurezza, devono parlare tutti i Paesi che aderiscono alle Nazioni Unite. Noi abbiamo un dovere morale, quello di provare a intervenire in maniera positiva per la risoluzione diplomatica del conflitto, e dobbiamo guardare questo conflitto con le lenti di quelli che scappano.
  Ieri abbiamo ascoltato delle parole bellissime e le voglio riportare. Le riporto da laico, ma le riporto dentro un passaggio delicatissimo della nostra storia e della nostra funzione; mi riferisco alle parole del Papa Pontefice, del Papa Bergoglio, quando ieri diceva ai migranti, ai rifugiati: grazie perché difendete la vostra dignità, ma anche la nostra dignità umana. I conventi dovrebbero servire per la carne di Cristo. I rifugiati sono la carne di Cristo.
  Vorrei essere chiaro su questo punto: noi siamo qui, innanzi tutto, per dare una speranza, un tetto, una vita, per quelli che scappano dalle dittature, dalle guerre, dalle città devastate, dalle campagne bruciate, dalle scuole diroccate e bombardate. Se non difendiamo quelli che scappano, sarebbe come se la nostra visione del mondo, della vita (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà), come se la nostra civiltà scappasse da se stessa, come se scappassimo dalla nostra visione.
  Ma l'Italia, ne sono certo, non smarrirà se stessa. Noi siamo la piattaforma naturale sul Mediterraneo. Dobbiamo utilizzare questa vocazione geografica per costruire ponti di pace, occasioni di dialogo, Pag. 3luoghi di scambio economico e culturale, non per diventare la base logistica, per lanciare cacciabombardieri o missili balistici a lunga gittata.
  Per questo siamo per ribadire in maniera netta e inequivocabile che non concederemo mai le basi per una missione di guerra unilaterale (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà), né autorizzeremo alcun supporto logistico per azioni di tipo militare. E siamo allo stesso tempo convinti che bisogna fare come la Svezia. Dobbiamo promuovere un'iniziativa nel campo europeo su questo terreno. La Svezia ha deciso in maniera autonoma e in maniera repentina di concedere a tutti i rifugiati siriani lo status di rifugiato politico. Facciamo la stessa cosa qui in Italia !
  Consideriamo un errore clamoroso che quegli aerei destinati a scaricare bombe intelligenti sulla popolazione civile siriana finiscano per sorvolare i nostri cieli.
  Per questo lavoriamo per una situazione diversa, perché l'Italia segua il dettato della Conferenza di Ginevra, le raccomandazioni dell’European Council on Foreign Relations, la de-escalation, cessare il fuoco da tutte e due le parti, embargo sulle armi, transizione democratica, mantenimento dell'integrità e della sovranità della Siria, accesso di tutte le organizzazioni umanitarie nelle aree più colpite.
  Noi siamo profondamente convinti che il processo di Ginevra sia quello che va portato avanti; e de-escalation significa anche la fine della nostra enfasi retorica, che talvolta utilizziamo e che molti analisti, molto spesso, mettono al centro delle loro riflessioni, sulle dittature che violano i diritti umani, che calpestano il pluralismo, che cancellano le democrazie.
  Se davvero siamo convinti che la nostra civiltà giuridica e democratica abbia qualcosa da dare al mondo, dobbiamo finalmente guardarci allo specchio, farci un esame di coscienza; e dobbiamo farlo insieme ai nostri alleati naturali: gli statunitensi, i francesi, gli inglesi; quei regimi che tanto disprezziamo per la loro crudeltà, per le loro spaventose disuguaglianze, che li caratterizzano, che li distinguono da altri, per le condizioni di schiavitù in cui vivono quei popoli, dobbiamo smetterla di finanziarli, di commerciare armi con loro (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà), di trasferire tecnologie adeguate a costruire strumenti e macchine di morte.
  Quei dittatori sono la nostra falsa coscienza, la trasformazione dei nostri torti storici in ragioni rassicuranti per la realtà di oggi. E, invece, la nostra falsa coscienza non è altro che il paravento per coprire interessi consistenti e inconfessabili di quelle imprese che hanno fatto profitti nel corso degli ultimi vent'anni con la vendita dei sistemi di arma.

  PRESIDENTE. La invito a concludere.

  ARTURO SCOTTO. Noi, l'Italia, il Paese della legge n. 185 e che ratificherà in tempi rapidi il trattato internazionale sul commercio delle armi, non abbiamo lesinato affatto accordi con Assad e la sua casta militare nel corso degli anni precedenti. Non più tardi di ieri, Giorgio Beretta, analista dell'Osservatorio permanente sulle armi leggere (OPAL) di Brescia, ci ha ricordato che, negli ultimi quindici anni, il Paese europeo che più ha esportato armi in Siria e nei Paesi limitrofi è stata l'Italia.

  PRESIDENTE. Deve concludere.

  ARTURO SCOTTO. I carri armati del regime che hanno massacrato – e concludo, signor Presidente – gli oppositori del regime di Assad due anni fa, all'inizio della guerra civile, erano con la bandiera tricolore: pretendiamo la verità. E allora – e chiudo davvero – noi siamo perché l'Italia svolga un ruolo fondamentale...

  PRESIDENTE. Onorevole Scotto deve concludere, la prego.

  ARTURO SCOTTO. ... e per questo proponiamo nella nostra mozione il rilancio di un autentico processo di pace nel Pag. 4solco e nella centralità delle Nazioni Unite (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Avverto che è stata appena presentata la risoluzione Locatelli ed altri n. 6-00026 che, vertendo su materia analoga a quella trattata dalle mozioni presentate, verrà svolta congiuntamente (Vedi l'allegato A – Mozioni e Risoluzione). Il relativo testo è in distribuzione.
  È iscritto a parlare il deputato Cirielli, che illustrerà anche la mozione Giorgia Meloni ed altri n. 1-00079, di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.

  EDMONDO CIRIELLI. Signora Presidente, colleghi, brevemente per il tempo che mi è concesso, volevo sostenere, come poi sarà chiarito ulteriormente in dichiarazione di voto, come il gruppo di Fratelli d'Italia ritiene che l'ipotesi di un intervento armato, ma anche di un coinvolgimento, seppure indiretto, tramite l'utilizzo delle nostre basi aeree, tramite l'utilizzo del nostro spazio aereo, tramite la collaborazione elettronica delle nostre navi e dei nostri radar a un intervento militare in Siria contro il regime siriano di Assad, sia una scelta improponibile, scellerata e priva di conseguenze positive, anzi, al contrario, assolutamente nefasta per la stabilità internazionale e per il diritto, perché è anche una questione morale.
  Si potrebbe pensare che è giusto fare una cosa a prescindere dagli esiti se moralmente giusta, nel caso specifico riteniamo che sia, anche, una vicenda moralmente ingiusta.
  Voglio anche dire, come sarà chiarito, che, pur sapendo bene che la Cina e la Russia non darebbero mai il via libera in Consiglio di sicurezza, per noi neanche l'intervento dell'ONU è sufficiente a scatenare una guerra da parte dei famosi gendarmi del mondo e della comunità internazionale.
  Dico ciò per la comunità cristiana in Siria, al di là della vicenda legata al regime dittatoriale, feroce, quello di Assad, ma che non è da meno di altri tanti regimi in tutto il mondo e non soltanto quelli amici dell'Iran, piuttosto che della Cina, piuttosto che della Russia; ce ne sono tanti di amici in campo occidentale, amici degli Stati Uniti o, purtroppo, come è stato detto anche da altri colleghi, anche amici dell'Italia, dittatori infami con i quali il nostro Governo e tutte le parti politiche, da sempre, trafficano e trattano magari con grande rispetto.
  Ebbene, noi riteniamo che un intervento militare esterno metta a grave repentaglio le libertà, soprattutto quella dei cristiani perché ovviamente noi siamo il Paese del Papa, siamo il Paese cattolico per eccellenza e sappiamo bene che la comunità cristiana è sotto attacco, soprattutto dalle milizie fondamentaliste che sostengono gli insorti; non voglio dire che bisogna bombardare i ribelli, ma voglio dire, in maniera meno paradossale, che bisogna avere l'intelligenza di capire che mai, come questa volta, il negoziato, la diplomazia, l'intervento della comunità internazionale può agire su tutte le parti in conflitto per mitigare i rischi per le popolazioni civili e per mitigare i rischi di crisi internazionale con scenari biblici.
  Non dimentichiamo che – sebbene è evidente che il regime siriano di Assad sia una dittatura non meno feroce di quella dell'Arabia saudita, che è un nostro alleato, piuttosto che di altre dittature mediorientali – la crisi militare è indotta dall'estero. È evidente un atteggiamento panturco; la Turchia da anni sta soffiando sull'opposizione, è evidente che ci sono interventi finanziari cospicui per questioni antiche, tribali, piuttosto che politiche moderne, legate alle lotte tra le religioni islamiche, piuttosto che le lotte politiche tra Iran e Arabia saudita. Non ci dimentichiamo, poi, la presenza di Israele, non ci dimentichiamo della presenza, signor Presidente del Consiglio Letta, dei nostri militari in Libano che verrebbero catapultati immediatamente in uno scenario di guerra.
  Allora, credo che ci vuole prudenza, e mi sembra che sostanzialmente l'abbiamo avuta, e ci vuole un po’ di coraggio politico. Forse quella firma al G20 di San Pag. 5Pietroburgo è stata posta in maniera un po’ troppo celere e di condanna, guardiamo i nostri amici e alleati dell'Unione europea, della NATO, i tedeschi, che non hanno avuto un atteggiamento così disinvolto. La vicenda è molto meno chiara di quello che sembra; i nostri connazionali che sono stati lì, che hanno lavorato lì, qualcuno che è stato rapito hanno messo in luce, in evidenza, quello che il regime fa, ma anche quello che i ribelli stanno portando avanti in questi anni di guerra.
  Credo che siano corretti il negoziato, la posizione diplomatica, multilaterale, sicuramente l'intervento dell'ONU e l'esclusione in maniera categorica dell'opzione militare a prescindere da qualunque intervento dell'ONU; non mi sembra che l'ONU si stia preoccupando del disagio, del massacro e della pulizia etnica dei cristiani in Iraq, piuttosto che delle grandi difficoltà in Egitto, così come in Libia e in Tunisia.
  Pertanto, invitiamo il Governo a rimanere estraneo – e, in ogni caso, a non prevedere un nostro appoggio, neanche indiretto con basi e sistemi elettronici di difesa delle navi, degli aerei e dei radar – a ogni opzione militare degli alleati e anche dell'ONU.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Pini, che illustrerà anche la mozione Giancarlo Giorgetti ed altri n. 1-00180, di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.

  GIANLUCA PINI. Signor Presidente, Presidente del Consiglio, Ministri, colleghi, il documento che abbiamo depositato oggi non vuole assolutamente essere un documento retorico, una mozione in cui si dice «guerra sì, guerra no» e dove si parla sempre di pace, ma vuole essere – come ci insegna il modo di fare una buona politica – una sorta di anticipazione di quelli che potrebbero essere dei rischi seri e una sorta di avviso al Governo ad occuparsi a trecentosessanta gradi di quelle che potrebbero essere le conseguenze di un’escalation di guerra nel contesto siriano. Si tratta di rischi, dicevo, ai quali lei, Presidente del Consiglio Letta, ha esposto – mi auguro assolutamente in maniera involontaria, forse non se ne è reso conto –, con la firma che ha posto al documento di San Pietroburgo durante il G20, 1.100 persone, 1.100 soldati italiani che si trovano nel contingente del Libano, rischi di quelle che potrebbero essere rappresaglie drammatiche da parte degli Hezbollah qualora – questo non se lo augura nessuno – il contesto siriano dovesse sfociare in un conflitto.
  Noi vogliamo porre la massima attenzione su questo rischio e proprio per questo abbiamo presentato un documento che si discosta, non tanto nelle preoccupazioni, che sono largamente diffuse nell'opinione pubblica, non solo italiana, ma anche internazionale, però vogliamo porre l'accento su questo tema, che purtroppo con quella sua firma, che ha modificato pesantemente – senza nessun tipo di coinvolgimento preventivo del Parlamento – la posizione espressa dal Ministro Bonino il 27 agosto, lei pochi giorni dopo ha modificato la posizione dell'Italia, che tutti quanti ritenevano assolutamente condivisibile, perché subordinava qualsiasi tipo di intervento alla pregiudiziale di un via libera da parte del Consiglio di sicurezza dell'ONU. Lei invece – cercheremo di capirne poi i motivi dalla sua replica – l'ha modificata creando anche molta ambiguità, tant’è che c’è stato un imbarazzo assoluto alla conferenza stampa, dove gli Stati Uniti dicevano «l'Italia è con noi» e la Russia diceva «l'Italia è con noi», in sostanza.
  Noi vorremmo due cose: prima di tutto che questa spaccatura che lei ha creato con quella firma in seno all'unità di intenti di tutta l'Unione europea venga in qualche modo chiarita, perché è un'ambiguità che ci potrebbe costare pesanti conseguenze. Proprio per evitare queste pesanti conseguenze e in virtù del fatto che il rifinanziamento delle missioni scade il 30 settembre – quindi in qualche modo dovrete, fra le tante difficoltà che vi affliggono, affrontare anche il tema del rifinanziamento delle missioni –, bisogna cogliere l'occasione, come ha fatto la Turchia con i propri Caschi blu e come hanno fatto Pag. 6anche gli Stati Uniti con il personale diplomatico non strettamente necessario, per ritirare immediatamente il contingente che noi abbiamo in Libano per non esporre 1.100 persone a rischi incalcolabili (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie), dati da quelle che potrebbero essere le reazioni da parte degli Hezbollah.
  Non ci venga a dire, cortesemente, nella sua replica che il cacciatorpediniere Andrea Doria, schierato nel Mediterraneo a pochi chilometri di distanza dallo scenario libanese, possa essere un sistema di difesa dei nostri uomini, perché quello ha sistemi di difesa contraerei, non ha sistemi di difesa contro gli Hezbollah, che hanno tecniche ben diverse, purtroppo, per fare delle rappresaglie e per cercare di mettere in difficoltà il nostro contingente.
  Quindi, noi le chiediamo di valutare seriamente questo rischio, perché è un rischio assolutamente plausibile e che può – ripeto – determinare un’escalation anche molto rapida e di cogliere l'occasione, con il fatto che la scadenza del finanziamento delle missioni che sono in essere è al 30 settembre, per togliere questo contingente dal Libano ed evitare rischi incalcolabili alla sicurezza del nostro contingente in Libano (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Rossi. Ne ha facoltà.

  DOMENICO ROSSI. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, colleghi, l'individuazione delle possibili soluzioni di una crisi internazionale è sempre resa difficile dalle incognite presenti e la crisi siriana sicuramente non fa eccezione, anzi le difficoltà sono ancora maggiori per vari motivi.
  Innanzitutto, vi è la rapidità dell’escalation di una crisi, che è iniziata nei primi mesi del 2011, allorché il mancato sviluppo economico, unito all'assenza di riforme politiche fanno esplodere la dissidenza all'interno del Paese, una dissidenza che, stimolata anche degli effetti della cosiddetta Primavera araba, assume progressivamente, con rapidità, sempre più i contorni di una guerra civile, una guerra civile che oggi vede, da un lato, contrapposti il regime siriano, supportato anche dall'ala militare degli Hezbollah libanesi e, dall'altra, gli appartenenti a tre gruppi: il Fronte islamico siriano, l'Esercito siriano libero e il Fronte islamico di liberazione. In sintesi, oggi, ci troviamo di fronte a una guerra civile che ormai coinvolge sia gruppi armati, espressione del desiderio di maggiore libertà e giustizia sociale, sia gruppi di veri «professionisti della guerra».
  Non si può, inoltre, non sottolineare la rilevanza e l'entità degli attori coinvolti, tenuto conto che il regime di Assad è sostenuto apertamente dal vicino Iran, così come le formazioni opposte hanno l'appoggio di Arabia Saudita, Qatar e Turchia, senza dimenticare gli interessi specifici nell'area di Russia, Cina e Stati Uniti. È un'area di crisi cui si aggiungono la tensione esistente tra Iran e Israele, la non risolta transizione irachena, la difficoltà della Libia e la crisi egiziana in corso.
  Come poi dimenticare il quadro umanitario ormai di assoluta emergenza ? Dai dati UNICEF risulta che il gravissimo conflitto armato ha ormai prodotto più di 100 mila vittime tra i civili, di cui almeno 7 mila bambini, un conflitto che sta attraversando la sua fase più violenta e, come sempre in queste situazioni, i minori sono i soggetti più esposti ai pericoli diretti e indiretti generati dalla violenza.
  Secondo le ultime stime delle Nazioni Unite, le persone costrette ad abbandonare le proprie case all'interno dei confini siriani sono più di 4 milioni, a cui si aggiungono 2 milioni di profughi tra quelli registrati dall'Alto Commissariato ONU per i rifugiati, fuggiti nei Paesi confinanti (Turchia, Giordania, Libano, Iraq ed Egitto), e migliaia di profughi che hanno varcato la frontiera siriana. In sintesi, la popolazione siriana colpita dalla guerra è di ben 8,7 milioni di unità circa, dei quali la metà sono bambini e ragazzi sotto i diciotto anni.
  In questo quadro di alta conflittualità e di piena emergenza umanitaria, occorre Pag. 7purtroppo prendere atto che le azioni della diplomazia internazionale che si sono succedute nel tempo non hanno prodotto particolari e positivi risultati. Questo a partire dalla primavera del 2012, quando Kofi Annan propose un piano per la pace che si rivelò di fatto fallimentare con il «cessate il fuoco» che venne violato solo dopo un mese. Ma anche il recente vertice G8, tenutosi il 17 e 18 giugno scorso in Irlanda, non ha portato a risultati concreti, se non all'espressa volontà di svolgere entro settembre la conferenza Ginevra 2 per portare a un Governo transitorio.
  In questo quadro conflittuale la violenza ha raggiunto il suo apice il 21 agosto 2013 nei sobborghi est di Damasco per l'utilizzo di armi chimiche, che hanno provocato almeno 1.400 morti, di cui varie centinaia di bambini, un fatto da condannare, che Scelta Civica condanna fermamente, da qualsiasi parte sia intervenuto, con assoluta determinazione, e che ha portato l'ONU ad inviare ispettori per svolgere i dovuti accertamenti, atteso che l'uso delle armi chimiche è stato bandito dalla Convenzione di Parigi del 1993 e fermo restando che la Siria non ha mai aderito alla Convenzione ed è sospettata di avere grandi quantità di gas tossici. Una violazione di una norma fondamentale, per la quale condividiamo la posizione assunta dal Governo al G20 di San Pietroburgo, dove in un documento è stato condannato in maniera decisa l'uso di armi chimiche, insieme ad altri undici Paesi, senza peraltro accomunarsi ad un appoggio di un'eventuale azione militare.
  In questo contesto, i Paesi della Lega araba appaiono sempre più divisi, tant’è che Algeria, Egitto, Iran e Libano sono contrari all'intervento.
  Mentre abbiamo preso atto di una volontà diversa del Presidente Obama, orientato verso un intervento armato limitato e selettivo (Commenti). .. Io pregherei, Presidente, se ci fosse un po’ più di rispetto non solo per me ma per tutti quelli che prima di me e dopo di me parleranno da parte dell'Aula. Ritengo che sia doveroso anche per la serietà degli argomenti che stiamo affrontando.

  PRESIDENTE. Lei ha ragione e io continuo sempre a richiamare l'attenzione su questo tema. Purtroppo, come vede, però, le cattive abitudini permangono. La prego di continuare.

  DOMENICO ROSSI. Un intervento armato limitato e selettivo contro il regime di Assad anche senza l'autorizzazione dell'ONU e al riguardo attendiamo di conoscere le decisioni in merito del congresso. Il tutto sarebbe volto a colpire obiettivi militari nella presunzione della colpevolezza del regime di Assad, ma non possiamo non sottolineare che ultimamente vi siano dubbi anche su questo. Basta leggere le dichiarazioni riportate da vari mass media, dichiarazioni di servizi segreti tedeschi, dell’intelligence egiziana nonché le dichiarazioni ultime del giornalista Quirico e del suo collega belga appena liberati.
  In questo quadro generale, guardiamo con assoluto favore alla recentissima proposta russa di porre gli arsenali di armi chimiche sotto controllo internazionale e alla loro possibile distruzione, cui sembra aver dato l'assenso il Ministro degli esteri siriano. Questo perché riteniamo che il controllo internazionale delle armi chimiche del regime siriano possa determinare scenari politici finalmente di apertura per una soluzione positiva, fermo restando che da un lato il regime di Bashar al Assad è da ritenersi ormai un interlocutore delegittimato dalla violenza con cui ha condotto il conflitto, un interlocutore che sarebbe assolutamente inaccettabile se fosse provata la responsabilità dell'attacco chimico. Così come, peraltro, non può non destare preoccupazione l'eterogeneità delle forze contrapposte al regime, che sembrano non garantire la transizione verso uno Stato di diritto pluralista e tollerante.
  In estrema sintesi, Scelta Civica ritiene che l'Italia debba assumere un ruolo sempre più attivo per giungere, con pieno senso di responsabilità, ad una soluzione Pag. 8politica della crisi, una soluzione che nasca dietro l'egida delle Nazioni Uniti, che chiami in causa il ruolo dei Paesi vicini, gli interessi e le logiche politiche di molti attori rilevanti e che possa portare ad un cessate il fuoco bilaterale più ampio possibile, in cui tutte le parti espressioni democratiche della società possano avere voce, anche attraverso la convocazione di una conferenza internazionale.
  A ciò si deve unire l'assoluta condanna e una forte presa di posizione nei confronti dell'utilizzo delle armi chimiche e la condivisione degli orientamenti della comunità internazionale, escludendo la partecipazione e interventi militari, specie se in assenza di un esplicito mandato del Consiglio di sicurezza. Questo perché riteniamo che interventi, ancorché limitati e selettivi soprattutto in aree instabili come quella mediorientale e siriana, con vuoti di potere evidenti e impregnati da odi dettati da religione ed etnia, con milioni di persone trascinabili da qualsiasi idea, è un'area non fatta di buoni e cattivi o di categorie di giudizio stagne e inscalfibili. Assad sarà un dittatore sanguinario, ma i ribelli siriani non lesinano crimini, massacri etnici e religiosi. Appare chiaro, quindi, che qualsiasi nostro intervento debba essere prioritariamente indirizzato alla salvaguardia e alla salvezza dei milioni di profughi disperati dalle nefandezze di Assad e dei ribelli.
  Concludo ricordando la nostra preoccupazione per l'impegno delle nostre Forze armate in Libano nell'ambito della missione Unifil e al fine di garantire la sicurezza del personale stimoliamo il Governo a valutare da subito l'esigenza di rinforzare il contingente, che si trova in situazioni più complesse di quelle inizialmente ipotizzate (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Manlio Di Stefano, che illustrerà la mozione Grande ed altri n. 1-00113 (Nuova Formulazione), di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.

  MANLIO DI STEFANO. Signor Presidente, colleghi, il MoVimento 5 Stelle ha presentato questa mozione in data 21 giugno 2013. Allora, tre mesi fa, la situazione era molto diversa, non tanto a livello umanitario, bensì a livello internazionale. Ma, chiunque si interessi di geopolitica sapeva già cosa sarebbe accaduto. Così, anticipando i tempi, abbiamo depositato questa mozione, che in due parole impegna il Governo a non seguire, per l'ennesima volta, l'istinto imperialista americano con i sodali economici europei e mediorientali.
  Ricordiamo che oggi sono 100 mila le vittime dirette del conflitto tra il Governo di Bashar al Assad, che certamente non è il top, ma è comunque legittimo ad oggi, e i ribelli.
  Oltre un milione 600 mila sono i rifugiati nei campi in Libano e in Giordania che, tra l'altro, vanno a peggiorare le già drammatiche condizioni dei profughi palestinesi. Ebbene, signori non è mistero che i ribelli in questione siano alimentati economicamente e militarmente dalla stessa alleanza che vorrebbe liberare il Paese dal peso dei massacri da essi stessi generati (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Complice purtroppo è anche l'ONU, che con la scellerata decisione di non mantenere l'embargo militare ha alimentato i signori della guerra, che sono potuti uscire dall'anonimato per agire alla luce del sole. La crisi siriana ha un mix esplosivo di concause che sarebbe patetico provare a ridurre alla gestione politica di Bashar al-Assad. Si parla di divisioni religiose, politiche ed economiche ma si parla anche, e soprattutto, di quell'estensione incancrenita di guerra fredda che va avanti con meno clamore da venti anni a questa parte. Chiedetevi cosa accomuna Libia e Siria, forse il loro essere le ultime roccaforti sovietiche sul Mediterraneo con tutto ciò che ne consegue in termini di potere logistico e militare ? Le sorti della Libia dovrebbero bastare quindi per capire cosa sta accadendo in Siria dove si trova la base russa di Tartus. Tiziano Terzani in Lettere contro la Guerra già nel 2001, dopo l'attacco alle torri gemelle, affermava: «Fu l'ultimo giorno della nostra vita di prima, prima dell'11 Pag. 9settembre, prima delle torri gemelle, della nuova barbarie, della limitazione delle nostre libertà, prima della grande intolleranza, della guerra tecnologica, dei massacri di prigionieri e civili innocenti, prima della grande ipocrisia, del conformismo, dell'indifferenza o, peggio ancora, della rabbia meschina e dell'orgoglio mal riposto; l'ultimo giorno prima che la nostra fantasia in volo verso più amore, più fratellanza, più spirito, più gioia venisse dirottata verso più odio, più discriminazione, più materia, più dolore». A questo si aggiunge che la principale causa della reazione americana, ovvero l'utilizzo di armi chimiche contro i civili, è immersa nella totale incertezza. L'ONU produrrà la relazione tra almeno una settimana e proprio tre giorni fa, dopo la liberazione di Domenico Quirico e Pierre Piccinin, si è venuto a sapere che gli stessi avrebbero origliato una conversazione tra un generale dell'esercito di liberazione siriano ed un referente anglofono nella quale si affermava di «aver portato a termine l'operazione del gas nei quartieri di Damasco». Se tutto ciò fosse vero – e chiaramente dobbiamo attendere anche per questo la risoluzione dell'ONU – smonterebbe la principale tesi americana per giustificare l'attacco, ma ciò pare non interessare la nazione «dall'esercito imbattibile» – citando Obama – che probabilmente ha bisogno di rinfrescare i magazzini e garantire appetitose commesse alle solite famiglie della lobby degli armamenti (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Qui faccio una piccola digressione per riportarvi alla memoria che la stessa motivazione esatta fu addotta nel conflitto in Iraq, dove in realtà non fu trovato nulla – peraltro lo hanno confermato recentemente – e il conto finale fu di un milione di vittime civili e la scomparsa del tessuto sociale del Paese. Ora sia chiaro, il MoVimento 5 Stelle non ha la pretesa di ergersi a corpo diplomatico tanto meno, così giovani, abbiamo la capacità di comprendere a fondo il complicato incastro sociale del Medio Oriente, ma proprio per questo crediamo che occorra attenersi al diritto internazionale, alle risoluzioni, ai diritti umani ed al buon senso. E allora, ricordando che l'articolo 1 dello statuto delle Nazioni Unite, così come l'articolo 1 del patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali, così come l'Atto finale di Helsinki del 1975, sanciscono che l'autodeterminazione dei popoli è un diritto universale, che permette ad ogni cittadino di decidere liberamente il proprio statuto politico senza ingerenza esterna, così come l'articolo 11 della Costituzione italiana dichiara che: «l'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali», chiediamo al Governo italiano, tra le altre cose, di assumere un ruolo proattivo nelle trattative diplomatiche in attesa della conferenza di Ginevra II, al fine di evitare l'intervento militare di altri Paesi in territorio siriano, di non partecipare ad alcun tipo d'intervento né militare né di peacekeeping, perché ricordiamo l'Afghanistan come è diventato e cosa è tuttora (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle), di promuovere la rimozione dell'embargo economico o quanto meno modificarlo per far sì che non gravi sulle spalle di una popolazione che è già allo stremo, e il ripristino di quello sulle armi, soprattutto di negare ogni appoggio logistico ai Paesi belligeranti in termini sia di transito di armi sia di utilizzo di spazio aereo e basi, incluse Sigonella, Aviano e Napoli. Il MoVimento 5 Stelle vuole farsi portavoce del popolo ed il popolo sogna la pace ! Lo sviluppo dell'Europa lo dobbiamo agli ultimi 60 anni di pace e proprio questo dovrebbe farci riflettere sul fatto che, al di fuori di ogni idea più o meno interventista, la pace è non solo un diritto di tutti i popoli, ma anche un interesse per chi come noi si trova in mezzo al Mediterraneo ed è di fatto il porto, la speranza, il sogno dei tanti che fuggono dalla morte e dalla devastazioni.
  La stabilità nel Mediterraneo è quindi un vantaggio cui dovremmo tendere sia in termini umani sia in termini di opportunità sociale, ma stabilità significa creare le condizioni per i siriani di restare nella Pag. 10loro amata terra, e non creare il doppio dei profughi per via delle nostre bombe (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Cito ancora Terzani, un uomo che ha vissuto tutti i più importanti scenari di guerra: «Ancor più che fuori, le cause della guerra sono dentro di noi. Sono in passioni come il desiderio, la paura, l'insicurezza, l'ingordigia, l'orgoglio, la vanità. Dobbiamo cambiare atteggiamento. Cominciamo a prendere le decisioni che ci riguardano e riguardano gli altri sulla base di più moralità e meno interesse. Facciamo più quello che è giusto, invece di quel che ci conviene. Educhiamo i nostri figli ad essere onesti, non furbi. È il momento di uscire allo scoperto; è il momento di impegnarsi per i valori in cui si crede. Una civiltà si rafforza con la sua determinazione morale, molto più che con nuove armi».
  Ora, colleghi, immaginate di essere Fadi, un bambino di 12 anni, ed essere nel giardino di casa vostra a giocare con vostro fratello di 10 anni, Naadir. Tutto è tranquillo, a parte le solite raccomandazioni che, da due anni a questa parte, vi fanno: «Stai attento Fadi, non si può sapere cosa può succedere. Preparati a scappare velocemente e prendi tuo fratello».
  Ma sei a casa, nel tuo giardino: cosa mai potrebbe accaderti ? «Passa la palla Naadir, corri ! Vai di testa ! Sei una schiappa Fadi ! Naadir, lo senti questo rumore ? Sembra tremare la terra, ho paura ! Stai tranquillo, fratello, nessuno può farci niente, siamo in casa».
  Un lampo di luce, un boato pazzesco, polvere ovunque e poi il silenzio più profondo. Qualche urlo qua e là in lontananza, si schiarisce la nube di polvere e la palla è ancora lì che rimbalza. Oh mio Dio, una chiazza di sangue ! Fadi cerca intorno: «Dove sei Naadir ? Dove sei fratellino ?» E lui è lì, una scheggia della porta di casa lo attraversa da parte a parte, il volto è sfigurato, bruciato, morto. Attorno solo macerie e sangue. Non sono poi così intelligenti, questi missili, colleghi. Fadi e Naadir potrebbero essere i vostri figli. Pensate a loro quando voterete e fatelo con responsabilità (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Bergamini. Ne ha facoltà.

  DEBORAH BERGAMINI. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi, ricordiamo tutti, quasi tre anni fa, lo sprigionarsi della primavera araba e la lettura semplicistica, forse provvidenziale, con la quale l'Occidente ritenne di poter assistere, e magari contribuire, a un grande processo, a un processo epocale di transizione democratica, che attraversasse molti Paesi della riva sud del Mediterraneo e del Medio Oriente.
  Oggi questo Occidente si trova davanti a un ben magro bilancio: aumentate le tensioni, aumentate le complessità, aumentate le violenze, i conflitti; diminuite, se non azzerate, le speranze di poter vedere almeno un pezzetto di quel sogno realizzarsi, alle prese con una crisi, proprio quella siriana di cui discutiamo oggi, che era nata, forse, sotto i migliori auspici, auspici di un sincero desiderio democratico, e che, nella discontinuità di azione e divisione della comunità internazionale, che tante conseguenze ha provocato, forse oggi è la voce più drammatica di quel bilancio.
  La tragedia dell'attacco chimico del 21 agosto scorso nel quartiere di Guta ha riacceso i riflettori su quel conflitto. C’è voluto un altro migliaio di morti per prendere atto della necessità improcrastinabile di fare tutto il possibile per dare un termine a questo massacro ed esercitare un'ulteriore pressione sul regime di Damasco, accusato di questo oltraggioso crimine.
  Attenzione, non vi è ancora certezza rispetto alle dinamiche dell'utilizzo delle armi chimiche, ma le evidenze che si stanno accumulando puntano verso il regime. Del resto, è difficile capire quello che sta avvenendo in Siria, tutto è difficile in Siria: difficile per il Presidente Assad sfuggire oggi alla gravissima responsabilità Pag. 11di un crimine di guerra che lo rende deferibile al Tribunale penale internazionale; difficile, però, d'altronde, se non impossibile, avere un quadro chiaro degli attori in campo.
  Inoltre, in due anni di guerra civile, che hanno visto, da parte della comunità internazionale, un inaccettabile stop and go, si sono moltiplicati e confusi tra loro gli attori in campo. Al regime si oppongono forze laiche, così come forze religiose. Vi sono gruppi autoctoni e poi professionisti del crimine internazionale, del terrorismo internazionale, giunti appositamente. Vi sono dei banditi.
  Bene ha fatto il Governo italiano a condannare fermamente l’escalation della violenza in Siria e richiamare l'ONU alle sue responsabilità, ricordando, peraltro, il nostro impegno nel Libano meridionale con la missione UNIFIL e ribadendo la necessità di fare tutto il possibile per trovare una soluzione politica e diplomatica a questo conflitto.
  E colgo l'occasione per esprimere un plauso al Governo e salutare la liberazione del giornalista de La Stampa, Domenico Quirico, dopo lunghissimi giorni di prigionia (Applausi), risultato che apre il cuore alla speranza anche per le sorti di padre Paolo Dall'Oglio. Ora si sta delineando una prospettiva politica, diplomatica, per obbligare Damasco a sottoporre il suo arsenale chimico al controllo internazionale, in modo da neutralizzarlo e evitare ulteriori attacchi di questo genere alla popolazione civile. È auspicabile che almeno su questo punto il Consiglio di sicurezza dell'ONU, sinora inerte, dica finalmente una parola chiara che possa essere intesa a Damasco e indurre quindi il regime e i ribelli ad imboccare la via negoziale. Dobbiamo prendere atto di un'opinione pubblica, l'opinione pubblica occidentale, a cui stanno dando giustamente ascolto e voce le istituzioni parlamentari, un'opinione pubblica perplessa, a fronte di una iniziativa militare che si aggiungerebbe ad un già pesante fardello. Ma è anche importante sottolineare – ed è indubbio – che se il Presidente Obama non avesse evocato significativamente questa possibilità, nulla per l'ennesima volta, si sarebbe mosso.
  La comunità internazionale ha più che mai adesso l'obbligo di impegnarsi per una soluzione che consenta a tutte le componenti etniche e religiose della Siria di ritrovarsi in un percorso comune che conduca alla democrazia. È giunto il momento di riprendere il processo negoziale avviato a Ginevra, mettendo al primo posto il futuro della Siria, del suo popolo. Non c’è più spazio per minuetti diplomatici ed equilibrismi tattici. Già un anno fa – lo ricordo al Presidente del Consiglio – il Partito popolare europeo, durante il suo congresso, aveva acceso i riflettori sulla Siria, votando una risoluzione proposta proprio dal PdL, favorevole al dispiegamento di una robusta forza di peacekeeping in Siria e appellandosi alla comunità internazionale. Se quell'appello fosse stato ascoltato, forse oggi non ci troveremmo in questa situazione. Questo ci deve far riflettere sull'ancora scarsa capacità di agire efficacemente in politica estera dell'Unione europea. Sia dunque questo l'ultimo campanello d'allarme per la comunità internazionale sulla crisi siriana. Basta attacchi chimici ai civili inermi ! Si riparta da una volontà politica negoziale, subito, a partire dal cessate il fuoco. Questo Governo ha saputo assumere un atteggiamento fermo, ispirato, sì, al principio della prudenza – il caso dell'Iraq ci insegna –, ma di condanna assoluta dell'utilizzo di armi chimiche, di punizione dei responsabili e di promozione di una soluzione politica e diplomatica che crei le condizioni per un nuovo negoziato internazionale nel rispetto del diritto e delle alleanze. Gliene va dato atto. Vada avanti. Questo è il senso della mozione che il mio partito, il Popolo della Libertà, ha votato. E per questo voglio esprimere un auspicio ad una posizione il più possibile univoca di questo Parlamento, che consenta, al di là di comprensibili appartenenze e convinzioni, di superare i consueti approcci ideologici e confermare l'impegno saldo, unitario, fermo di questo Paese tutto verso una Pag. 12risoluzione di questa crisi (Applausi dei deputati del gruppo Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Vincenzo Amendola. Ne ha facoltà.

  VINCENZO AMENDOLA. Gentile Presidente, deputate e deputati, Presidente del Consiglio, signori e signore Ministre, celebriamo oggi un dibattito parlamentare di grande rilevanza. Lo abbiamo chiesto, questo incontro, non solo per sostenere l'operato del Governo in queste ore drammatiche del conflitto siriano e delle scelte che toccano un assetto multipolare incerto, in transizione. Un sostegno già espresso nella riunione delle Commissioni riunite con il Ministro Bonino il 29 agosto, dopo che tante vittime innocenti hanno perso la vita nella strage di Guta del 21 agosto. Oggi vogliamo discutere, caro Presidente, del ruolo dell'Italia, della sua azione diplomatica per trovare una soluzione politica nel consesso dell'ONU alla tragedia siriana, per unire questo Parlamento – come diceva anche adesso l'onorevole Bergamini – in una vocazione geopolitica del nostro Paese, che lo renda protagonista della risoluzione dei conflitti. Una vocazione comune rende più forte l'Italia e rende più forte l'Italia proprio in queste ore. Vede, Presidente, alcuni osservatori, dopo il voto al Parlamento inglese e la decisione, che riteniamo giusta e lungimirante, del Presidente Obama di convocare il Congresso statunitense, hanno parlato della nascita, in questo contesto, di «trincea parlamentare». Una frase forse ardita, per sottolineare la rilevanza del dibattito parlamentare su decisioni di natura storica, che riguardano i destini delle vittime dei conflitti e la coscienza di milioni di cittadini che non hanno mai voltato lo sguardo dinanzi alle barbarie dei conflitti armati.
  Una frase che non sottolinea la debolezza dei Governi, ma piuttosto – come dimostra lei oggi qui – mobilita, ragiona, confronta. Ragiona con l'opinione pubblica, a volte distratta o disillusa, su scelte che riguardano il nostro comune futuro. La vera ragione di questo nostro dibattito e di quelli che si succederanno sta nella ragione stessa della politica: costruire oggi, qui, nel Medio Oriente una soluzione, con obiettivi ragionati e fondati su valori di un comune destino, dove le armi cessino di indicare exit senza strategy, che non siano fondate sul diritto internazionale e sulla visione che produca soluzioni durature nella risoluzione dei conflitti.
  Caro Presidente, cari Ministri, noi sosteniamo il suo operato, su convinzioni chiare dalle prime dichiarazioni della Presidenza USA su un possibile intervento in Siria, sulla caparbietà nel credere in un'azione diplomatica sostitutiva di un'azione militare errata e senza strategie, nella fermezza di una posizione di forte condanna al regime di Bashar al-Assad, come testimoniato nel documento del G20.
  Abbiamo incontrato la sensibilità della comunità internazionale, proprio adesso che si apre uno spiraglio di negoziato, abbiamo incontrato il forte appello di Papa Francesco e abbiamo teso la mano e condiviso, anche prospettando soluzioni differenti, la ribellione morale dei nostri alleati ai crimini di guerra in Siria. E nelle ore decisive in cui stiamo vivendo, la riapertura di un possibile negoziato ci dà la forza per giocare un ruolo, per essere presenti, per trovare una soluzione che non dia forza alle armi.
  Caro Presidente, come ha scritto Quirico, in Siria la storia è ovunque, nelle colline, nelle pietre, perché la Siria e il suo conflitto è proprio oggi nel cuore delle fratture irrisolte del Medio Oriente, è una pagina centrale del futuro di quella regione e delle relazioni tra le potenze regionali e gli attori che hanno rilevanza sovranazionale.
  Guardiamo e riavvolgiamo il film. Il 15 marzo 2011 la rivolta siriana nasce come in tutti i Paesi del Medio Oriente per abbattere dittature, per far sì che il potere dei dittatori non sia autotrasmissibile di padre in figlio, non sia una patrimonializzazione di quello che è un furto ai danni del popolo e della democrazia. Nel marzo del 2011, come in Tunisia, come in Pag. 13Egitto, anche in Siria il popolo si sveglia e chiede democrazia, chiede di togliere quelle che sono le leggi di repressione di un Governo passato dal padre al figlio come se niente fosse. Ma lungo il film che ci porta ad oggi, alla tragedia del Guta e dell'utilizzo delle armi chimiche, quella rivoluzione, quella forza che ha mosso tanti popoli ha portato anche, come abbiamo visto in Egitto, a una trasformazione e a una perdita anche di consenso dopo il golpe militare. Noi sappiamo benissimo che quel film è cambiato.
  Lo dico agli amici che sono intervenuti prima, si può parlare benissimo di non ingerenza, ma quel conflitto da conflitto interno oggi è qualcos'altro e anche la categoria di guerra civile non basta più, perché l'ingerenza in quel Paese c’è e c’è perché la Siria è diventata terreno di un grande scontro, di un grande scontro per ricostruire un nuovo ordine mediorientale, dove grandi potenze regionali, sovranazionali si confrontano per discutere il futuro. È evidente che l'errata guerra in Iraq, è evidente che l'uscita da una difficile transizione delle rivoluzioni arabe hanno creato un nuovo contesto e la Siria oggi è il terreno di confronto per un asse sciita, che cerca di trovare una nuova egemonia, e un nuovo panarabismo sunnita, che vede nei Paesi del Golfo l'intenzione di fermare questa egemonia e di contrapporsi in un contesto in cui la Siria da sempre è sempre stato un elemento non solo di rappresentanza millenaria di multiculturalismo, ma è stato sempre il terreno su cui tutte le potenze sovranazionali hanno trovato o hanno fatto disaccordo.
  Noi abbiamo vissuto negli anni ’80 la malattia della guerra civile libanese; pensavamo che quel Paese fosse una particolarità, ma purtroppo oggi ci accorgiamo che la rottura, non solo degli equilibri di potere di un Medio Oriente che non ha più assetti, fa sì che quel virus si sta estendendo. Quella parabola cominciata nel marzo oggi è qualcosa di differente, non è solo più un conflitto interno, ma è qualcosa che riguarda noi, riguarda l'assetto multipolare e riguarda anche le Nazioni Unite.
  Centodiecimila morti, quarantamila civili e seimila bambini, due milioni di rifugiati mettono in crisi anche l'equilibrio nel Libano, mettono in crisi l'equilibrio in Giordania, pongono di nuovo gli interrogativi che ci siamo sempre posti in questi anni. È stato bruciato il piano di Kofi Annan, è stato bruciato anche da un conflitto interno che vede oggi una radicalizzazione tra le forze del regime che usano i gas e tra le forze dell'opposizione che, in larghi segmenti, pensano di costruire uno Stato totalitario e non legato ai valori del diritto internazionale.
  Care deputate e deputati, leggiamo bene, non è una contesa solo interna. È uno scontro regionale ed in questo scontro regionale passano anche i destini del nuovo assetto multipolare. Noi siamo contro questo intervento, perché la legalità internazionale, anche debole, anche in questo passaggio di trasformazione delle Nazioni Unite, va difesa, è un presupposto di una lettura del mondo e di una ricostruzione di equilibri.
  Ma il secondo punto su cui noi puntiamo l'indice oggi nella nostra riflessione è quello che sta cambiando, come muta il Medio Oriente, come muta il Mediterraneo e quella che è la nostra posizione. Un nuovo ordine mediorientale dicevo è nell'agenda di chi oggi sta facendo ingerenza in Siria, di chi sta costruendo legami, di chi arma i conflitti, mentre il nostro messaggio di forte e tesa collaborazione con gli alleati e di condanna è anche nel dire ai contendenti che nessuno vincerà quella guerra, che solo l'azione politica e diplomatica farà sì che noi possiamo trovare una via d'uscita.
   Caro Presidente, lei benissimo sa, avendo utilizzato una frase forte quando l'Europa nei consigli discuteva della sua crisi economica, che «un'altra Europa è possibile». È evidente che in questo contesto, nella riorganizzazione delle forze di quelli che sono i diritti e i valori del Medio Oriente un'altra Europa deve essere possibile e dico di più: proprio la crisi economica, la chiusura, l'austerità che ha portato l'Europa ad avere problemi interni è figlia anche di una mancanza di una Pag. 14vocazione geopolitica. Non riusciamo a guardare al mondo perché siamo chiusi in noi stessi e oggi invece dobbiamo giocare un altro ruolo: riportare gli alleati, costruire relazioni, far sì, come stanno facendo in queste ore le Nazioni Unite, di costruire ponti tra le diplomazie, tra Russia, tra Stati Uniti e Lega araba. E costruire un consesso che ci porti a fermare questa guerra. Il Presidente Barack Obama al momento delle elezioni usò una frase secca. Disse: tenderemo la mano se sono disposti ad aprire il pugno. Chiudeva l'epoca delle guerre preventive e la chiudeva con un gran discorso nel giugno del 2009 a Il Cairo, che segnava un nuovo inizio. Quei principi, quel ragionamento sono anche alla base di una ricerca di un nuovo ordine multipolare: di non guardare alle parti del mondo in maniera separata, ma di costruire relazioni.
  Un'altra Europa è possibile verso il prossimo semestre di Presidenza, verso il prossimo appuntamento del Consiglio di sicurezza di dicembre. Ma questo è il ruolo che noi le chiediamo di portare avanti. È un impegno che unisce questo Parlamento e deve unirlo perché, in queste ore drammatiche, dividersi significherebbe anche non ritrovare l'idea fondante di quello che è il nostro ruolo. L'Italia è presente in Medio Oriente. È presente con la forza...

  PRESIDENTE. Non si possono fare foto in questo modo per favore. Prego, deputato Amendola.

  VINCENZO AMENDOLA. Non mi possono fotografare. Accetto le foto. Noi non accettiamo una raffigurazione dell'Italia lontana e distratta, in conclusione. E questo dibattito lo dimostra. Lo dimostra nel nostro ruolo, perché l'Italia è presente, è presente con la forza dei cooperanti nel Medio Oriente, che tante volte noi dimentichiamo, di Padre Dall'Oglio e di chi non rinuncia a difendere le minoranze (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico), con la serietà delle forze di pace schierate nella missione UNIFIL in Libano, con il coraggio dei giornalisti come Quirico e tanti freelance che ancora adesso sono lì che ci raccontano la verità, che vogliono scuotere coscienze.
  Per questo noi le chiediamo – anche noi – di andare avanti. Un intervento militare sarebbe dannoso e inutile. In Siria non servono bombardamenti mirati, ma una forte iniziativa politico-internazionale che costringa le parti al cessate il fuoco. Valuti eventualmente anche il dispiegamento di una forza sotto l'egida dell'ONU e promuova una conferenza di pace che metta fine alla guerra in corso.
  Da oggi noi possiamo già muovere il nostro Paese in questo spazio e ritrovare anche la forza di un impegno umanitario rivolto ai profughi, alle donne e ai bambini in fuga, innanzitutto l'impegno umanitario che abbiamo sempre dimostrato, dai Balcani al Maghreb, ai rifugiati, a quei due milioni di persone che si stanno muovendo dalla Siria e che cercano in noi un grande approdo.
  In ogni guerra, caro Presidente, le prime vittime sono i deboli e soprattutto muore la speranza sulle ragioni di una piena convivenza. Quello che noi vediamo in Medio Oriente è innanzitutto il sintomo anche della nostra funzione. Se noi saremo forti a costruire un'altra Europa e a costruire un assetto multipolare, sarà una battaglia che noi non perderemo, in difesa dei più deboli e delle ragioni di una nuova convivenza (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Paolo Bernini. Ne ha facoltà.

  PAOLO BERNINI. Signor Presidente, colleghi e colleghe, questo mio intervento a titolo personale vorrebbe porre l'attenzione e far riflettere su corsi e ricorsi storici, che negli ultimi 100 anni hanno visto gli Stati Uniti prendere parte ad azioni di guerra, sempre in seguito a pretesti che li hanno portati a figurare come vittime. Vittime volte a giustificare il loro intervento armato per difendere il loro Paese e i loro interessi nel mondo.
  Mi si accuserà di complottiamo, nulla di più facile e banale. Un po’ come quando Pag. 15veniamo tutti noi accusati di qualunquismo e populismo. Ma, come, dire, ci sono abituato. E anzi, ritengo che i veri complottisti siano quei Governi e governanti che invece di agire secondo il principio della trasparenza e nell'interesse dei popoli che rappresentano, tramano alle loro spalle disegnando scenari futuri nell'interesse di pochi e dei quali non è dato sapere a noi comuni cittadini.
  Ma, venendo al punto, vorrei ricordare alcuni passaggi storici che hanno cambiato le sorti dell'umanità modificandone il corso. 7 dicembre 1941: in seguito all'attaccato alla base militare statunitense stanziata alle Hawaii da parte dell'aviazione giapponese, gli Stati Uniti entrarono nella Seconda Guerra Mondiale. Le Commissioni d'inchiesta dell'epoca che si istituirono per accertare le responsabilità, non decretarono ovviamente responsabilità governative o dello stesso Roosevelt, ma sappiamo bene che un'altra corrente di pensiero ritenne molto dubbio l'andamento della vicenda e non accettò la versione ufficiale; il contrammiraglio Theobald accusò soprattutto Roosevelt di aver favorito l'attacco nemico, negando, pur essendo informato dettagliatamente dei progetti giapponesi tramite il sistema Magic, notizie dell'attacco all'ammiraglio Kimmel. In seguito, nel settembre del 1944 il deputato repubblicano dell'Indiana Forrest Harness denunciò per primo in Parlamento il complotto di Pearl Harbour, dicendo che tre giorni prima dell'attacco il Governo australiano avvisò Washington che una portaerei Giapponese era diretta verso le Hawaii. 1962: Per ribaltare il regime cubano di Fidel Castro, alti dirigenti del Ministero della Difesa statunitense, allo scopo di suggestionare l'opinione pubblica statunitense ed indurla così a sostenere un eventuale attacco militare, concepì l'Operazione Northwoods; il piano, che non fu mai messo in atto, prevedeva l'esecuzione di una serie di azioni che apparissero come dirette da nazionalisti cubani, inclusi attacchi terroristici da portare a termine contro obiettivi all'interno del territorio nazionale degli Stati Uniti. I primi documenti del piano furono pubblicati nel 1997 ad opera del John F. Kennedy Assassination Records Review Board; gli allegati furono pubblicati nel 1998 dal National Security Archive. Il piano c'era, e questa volta, invece che entrare in un conflitto, concepirono l'idea di scatenarlo. 1964: l'incidente del Tonchino, il 4 Agosto 1964, segnò l’escalation definitiva che fece precipitare la situazione nel Vietnam e portò gli americani ad un intervento di terra che tutti noi sappiamo come andò a finire. Il casus belli fu provocato da un presunto scontro tra la Marina Americana e quella Nordvietnamita che venne ufficialmente smentito nel 2005 da documenti portati alla luce dall'ormai nota NSA, dove veniva dichiarato la totale assenza di navi vietnamite nel Golfo del Tonchino in quel lontano 4 Agosto. 1990: Lo scenario è cambiato. Gli Stati Uniti, dopo essere usciti vincitori da due guerre mondiali e dalla Guerra Fredda, conquistando quindi l'egemonia a livello planetario, non entrano più in guerra per mere questioni di geopolitica, di posizionamento e aree di influenza, ma per la difesa di interessi, anzi, di un interesse specifico: il petrolio. E la prima guerra nel Golfo ne è la dimostrazione.
  Oggi, 11 settembre, cadono due ricorrenze molto importanti: una è il quarantesimo anniversario del golpe cileno, avvenuto anche grazie agli Stati Uniti, che portò alla morte del Presidente Allende; l'altro è l'11 settembre 2001, in cui persero la vita 3 mila persone e la cui dinamica dei fatti è inutile ricordare.
  Però mi preme sottolineare solo una cosa. La versione ufficiale di quell'evento è stata smentita da tutti i punti di vista. È palesemente falsa e ormai il mondo se n’è accorto. La verità probabilmente non la sapremo mai, ma sicuramente è molto diversa da quella che i media mainstream ci raccontano. In questo caso si può dire che tutto quello che sai è falso e detto all'americana: «it was an inside job». Tradotto: fu un lavoro interno.
  La conseguenza dell'11 settembre è stata una guerra scatenata verso uno Stato sovrano in un'annosa e un po’ ridicola caccia all'uomo, Osama Bin Laden, che si Pag. 16è conclusa solo dieci anni dopo. L'Afghanistan è stato invaso, con tutte le conseguenze portate da una guerra vera e propria. L'oro nero e il gas sono gli unici motivi per cui la NATO ha invaso il territorio afgano. Due anni dopo, nel 2003, con l'altrettanto fantasiosa scusa delle armi di distruzione di massa, poi rivelatasi ufficialmente un criminale pretesto, ha scatenato un'altra guerra, verso il regime iracheno, che non erano riusciti a ribaltare tredici anni prima. Anche in questo caso l'unico scopo era e rimane il controllo del petrolio.
  In questi scenari di guerra abbiamo visto gli Stati Uniti d'America utilizzare armi di distruzione di massa, come la bomba atomica su Hiroshima e Nagasaki, armi chimiche, come il napalm nel Vietnam, dove ancora oggi i bambini si ammalano, e bombe al fosforo bianco durante la guerra in Iraq a Falluja nel 2004 e precedentemente in Afghanistan.
  Oggi la questione siriana è al centro del dibattito sui media di tutto il mondo. Scenari da guerra fredda che vedono Oriente ed Occidente contrapporsi nuovamente per il controllo di un territorio anch'esso produttore di petrolio ed alleato dell'ultimo Paese produttore autonomo di petrolio, ovvero l'Iran, che è anche l'unico Paese a non commerciare il petrolio in dollari, bensì in oro. Proprio a inizio settimana fonti curde ci hanno raccontato che Aleppo – città siriana vicino al nord, al confine con la Turchia – è sotto controllo dei ribelli e tra questi ribelli ci sono ex comandanti e generali dell'esercito siriano di Assad che conoscono molto bene la zona e sanno dove si trovano le armi convenzionali e chimiche, che avrebbero potuto usare per prendersi la città. Inoltre, abbiamo avuto accesso a una serie di documenti raccolti dall'YPG (unità di difesa popolare curda) nella zona del Kurdistan siriano in cui i cosiddetti ribelli attaccano con il supporto di potenze straniere, tra cui quello della Turchia in particolare.
  Questi documenti sequestrati comprendono un certo numero di passaporti e carte d'identità tra cui quelli di americani, egiziani, tunisini e cittadini del Bahrein. Questa documentazione è emersa dopo aver perquisito le sedi centrali dei gruppi Islamic State of Iraq e Biladi Sham, incluso il Fronte Al Nusra, affiliato ad Al Qaeda. Inoltre, sempre secondo le fonti dell'esercito turco, è bloccato l'accesso agli aiuti umanitari lasciando viveri e beni di prima necessità a deperire al confine.
  Stando ai precedenti possiamo ben pensare che le motivazioni addotte dall'amministrazione Obama per invadere la Siria, ovvero l'uso di armi chimiche da parte dell'esercito di Assad, siano totalmente false e che il vero motivo per un'ulteriore guerra in Siria sia quello di ribaltare il presente regime e instaurarne uno filoamericano, per completare l'opera, tra qualche anno, andando in Iran (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Gentiloni Silveri. Ne ha facoltà.

  PAOLO GENTILONI SILVERI. Signora Presidente, colleghi, voglio innanzitutto confermare al Presidente del Consiglio e al Governo il nostro sostegno, che già il collega Amendola ha perfettamente illustrato, alla posizione che avete sostenuto in queste settimane. E anche direi l'apprezzamento, perché forse abbiamo contribuito anche noi, l'Italia, ad un'evoluzione positiva della situazione. Lo stesso discorso di stanotte di Obama conferma che l'ipotesi di una strategia affidata alle Nazioni Unite non è più velleitaria o così velleitaria come poteva apparire qualche settimana fa. E magari l'incontro di domani tra Kerry e Lavrov potrebbe ulteriormente aprire questi spiragli.
  Con altrettanta convinzione penso, colleghi, che sia importante e che fosse necessario questo confronto parlamentare, sia pure in giornate in cui si fa fatica a gettare lo sguardo oltre confine. La Camera è unita. Un'azione militare unilaterale sarebbe un grave errore e se gli Stati Uniti la promuoveranno, l'Italia non vi parteciperà, e non vi parteciperà in nessun modo. Lo avete detto con chiarezza, e Pag. 17avete fatto bene. Naturalmente, cari colleghi, signori del Governo, non basta dire noi non ci saremo.
  La nostra assenza non ci libera da ogni colpa, tanto meno ci solleva dalle responsabilità. Perfino l'auspicata rinuncia a questo intervento militare da parte americana, grazie anche all'onda suscitata dalle preghiere di Papa Francesco, a uno spiraglio diplomatico aperto dai russi e, soprattutto, alla nuova iniziativa delle Nazioni Unite, perfino questa eventuale rinuncia non assolverebbe le nostre coscienze.
  Dunque noi facciamo bene, colleghi, a dire «no» all'intervento militare, ma la guerra è in corso da due anni, con oltre 100 mila morti, 2 milioni di profughi e distruzioni indescrivibili, anche in città cariche di storia come Aleppo. Dunque facciamo bene a sottrarci alla logica dell'azione unilaterale, ma l'uso delle armi chimiche, il 21 agosto o forse anche prima, ci riporta indietro di un secolo, proprio adesso che stiamo per celebrare e ricordare l'anniversario dello scoppio, cent'anni fa, della Grande Guerra. Torniamo all'uso di armi chimiche in un mondo nel quale, tra l'altro, non hanno alcun significato militare, ma hanno semplicemente un significato di terrorismo nei confronti delle popolazioni civili inermi.
  E facciamo bene a ricordare che intervenire nella guerra siriana rischierebbe di dar fuoco a una polveriera, causando un conflitto almeno regionale. Dicendolo, stiamo prendendo atto che la speranza del risveglio democratico arabo, dopo la delusione egiziana, rischia, se non c’è un'iniziativa politica internazionale, di affondare definitivamente nel bagno di sangue siriano: un bagno di sangue di cui certamente Assad porta la responsabilità principale, ma sul quale, come spesso accade nelle più sporche delle guerre, alla lunga è difficile distinguere il vero dal falso e i buoni dai cattivi.
  In quella memorabile testimonianza che Domenico Quirico ha scritto ieri su La Stampa c’è un'analisi che vale più di quella di tanti sofisticati think tank: «sono gruppi banditeschi di tipo somalo» – ha scritto Quirico – «che approfittano della matrice islamista per taglieggiare un territorio e accumulare ricchezze». E stava parlando della brigata Al Faruk, componente di quella Coalizione nazionale siriana che l'intervento militare unilaterale vorrebbe sostenere.
  La nostra posizione, dunque, signori rappresentanti del Governo, non dev'essere e non è in alcun modo una posizione di disimpegno, di cui altrimenti porteremmo tutta la responsabilità, ma è la domanda di un impegno diverso e più efficace, sia sul terreno che su scala internazionale. Sul terreno non ci si va, dice il Presidente Obama, «no boots on the ground»: niente stivali a terra, dicono gli strateghi dell'intervento su misura, quello basato sui missili lanciati dalle navi al largo delle coste siriane. Ma attenzione, cari colleghi, gli stivali italiani sul terreno ci sono già: sono i nostri 1.200 soldati nel sud del Libano, a 200 chilometri da Damasco, che sotto le insegne dell'ONU fronteggiano Hezbollah e difendono la pace in quel Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico), un Paese nel quale un quarto della popolazione è ormai composto da profughi siriani.
  Non dimentichiamo mai di far sentire a questi soldati il sostegno del Parlamento e del Paese, perché sono lì a difendere la pace e popolazioni inermi, e anche, diciamo la verità, a lavare l'onta delle stragi che, in passato, chiudendo gli occhi, abbiamo consentito, dal Darfur a Srebrenica. Ho sentito, colleghi, il rappresentante del MoVimento 5 Stelle mettere tutto in un calderone: gli interventi unilaterali e gli interventi di peace keeping. Io non sono d'accordo, penso anzi che proprio in queste ore noi dobbiamo far sentire a chi è protagonista degli interventi di peace keeping, a nome del nostro Paese, la nostra vicinanza (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
  E anche sul piano politico e diplomatico è giusto che l'Italia sia presente, come è nostra tradizione da decenni, per accompagnare la missione, quasi impossibile, di ricostruzione della nuova Libia – pensate che oggi, a un anno dall'assassinio Pag. 18dell'ambasciatore Stevens, c’è stato un nuovo attentato molto grave a Bengasi – e anche per verificare, come ha detto il Ministro Bonino di recente in Parlamento, se è possibile allargare gli spiragli di apertura che apparentemente sembrerebbero manifestarsi persino nei nuovi vertici iraniani.
  Infine, colleghi, nessun disimpegno sul piano delle alleanze e della diplomazia globale: a San Pietroburgo e a Vilnius il Governo lo ha detto senza ambiguità, firmando, tra l'altro, la dichiarazione degli undici Paesi. La scelta di Obama si rivelerebbe debole e unilaterale e la cosa è sempre più evidente, ma questo non ci rassicura affatto, anzi, è motivo di preoccupazione e angoscia, perché si tratta del nostro più grande e storico alleato. Voglio essere esplicito: se qualcuno pensa di giocare a «Risiko» con un'Italia incerta tra Putin e Obama si sbaglia di grosso (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).
  Qualcuno può anche aver avuto un'attrazione particolare per Putin, ma noi restiamo, senza se e senza ma – e lo voglio dire oggi che è l'11 settembre –, al fianco dei Paesi che si battono per la libertà e cercano di essere scudo e sicurezza per tutti (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico). E possono sbagliare gli Stati Uniti e se, a nostro avviso sbagliano come in questa occasione, glielo diciamo, come si fa tra nazioni unite, ma senza alcun neutralismo tricolore, che non c’è stato da parte del Governo e non ci sarà nelle prossime settimane.
  La strada alternativa all'intervento militare è evidente, è stretta ma è necessaria e, forse, non è più così stretta come appariva quindici giorni fa: è la strada del rilancio del ruolo delle Nazioni Unite, del controllo internazionale sull'arsenale chimico, del negoziato verso Ginevra II; è anche la strada che porta a punire i regimi che usano le armi chimiche anche attraverso la Corte penale internazionale.
  Concludo, signora Presidente. Noi siamo un grande Paese, talvolta a nostra insaputa, e oggi dobbiamo resistere all'idea di un Paese che, stremato dalla crisi, ha voglia solo di girare la testa dall'altra parte rispetto alle atrocità del mondo, salvo poi accorgersi che queste atrocità non interpellano soltanto le nostre coscienze, ma entrano nella nostra vita di tutti i giorni, subito, presto, quando noi non interveniamo.
  Il Governo sappia che avrà tutto il sostegno del Partito Democratico affinché, anche in una crisi difficile e drammatica, dall'Italia venga un contributo di umanità e di civiltà all'altezza della nostra storia (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Vito. Ne ha facoltà.

  ELIO VITO. Signora Presidente, la ringrazio, come ringrazio il Presidente del Consiglio dell'immediata disponibilità che ha dato a partecipare a questo dibattito e ringrazio anche i Ministri Bonino e Mauro, che hanno già testimoniato nelle settimane scorse e nelle Commissioni competenti, come torneranno in futuro, l'interesse e l'attività con cui il nostro Paese, il nostro Governo sta seguendo l'evolversi della crisi siriana.
  Il nostro Governo ha assunto una posizione, Presidente Letta, corretta e coerente con la nostra tradizione di sostegno del ruolo delle organizzazioni internazionali e anche con la nostra Costituzione. E credo che sull'attività del nostro Governo, sulla linea che è stata esposta anche nei recenti vertici internazionali di San Pietroburgo, come anche in quello informale di Vilnius, il Parlamento possa trovare quel sostegno alla politica estera, anche unanime, che è necessario nei momenti di crisi.
  Non vorrei, però, colleghi, anche letto il testo di tutte le mozioni presentate – anche quelle dei gruppi di minoranza, non solo quella di maggioranza, che sosteniamo – e anche ascoltato il tono di alcuni interventi, che noi ci dividessimo sulla partecipazione o sul sostegno dell'Italia a un presunto intervento militare in Siria che, per adesso, non ci è richiesto, non è dovuto e non è oggetto di questo dibattito. Pag. 19Quindi, non vorrei che anche i documenti e le votazioni che ci accingiamo a fare anticipassero una questione che, per ora, non è posta dal nostro Governo all'attenzione del Parlamento, né in termini politici né in termini formali.
  È, invece, oggetto del nostro dibattito un'altra questione: la condanna e la conseguente reazione della comunità internazionale all’escalation che c’è stata della guerra che già c’è in Siria, con l'uso delle armi chimiche.
  Questo è stato, credo, l'oggetto dell'evolversi, del precipitare della crisi internazionale e della conseguente convocazione, quindi, dei Parlamenti occidentali un po’ in tutto il mondo. Su questo io vorrei che il nostro Parlamento non si dividesse.
  Guardate, colleghi, c’è già una crisi in atto, evidente, degli organismi sovranazionali, non solo dell'Unione europea, ma anche delle stesse Nazioni Unite, vi è la difficoltà degli osservatori internazionali ad arrivare a delle conclusioni, ad avere accesso immediato; ma quello che non possiamo permetterci è che quando la comunità internazionale riconosce che ci sono delle armi che sono vietate, che ci sono dei trattati riconosciuti da Paesi di tutto il mondo ma, soprattutto, dalla comunità civile internazionale, che vietano l'uso di tali armi, e si accerta che queste armi sono state utilizzate, la comunità internazionale non può far finta di nulla.
  Non c’è ragione di opportunismo politico, non c’è ragione di interessi nazionali o sovranazionali che può sovrapporsi al dovere della comunità internazionale di condannare, di reagire e di intervenire rispetto all'uso indiscriminato di armi che sono vietate dai trattati internazionali.
  Questo è oggetto del nostro dibattito, su questo, puntualmente, è intervenuto anche il Governo italiano facendo i passi necessari nelle sedi internazionali, e su questo interviene anche la nostra mozione.
  Il resto si vedrà. Tutti noi naturalmente auspichiamo che la trattativa diplomatica e gli sviluppi che sono stati recentemente proposti, anche, dalla Russia, possano trovare l'adeguato sostegno da parte della comunità internazionale per gli atti conseguenti in Siria, ma quello che noi riteniamo che sarebbe grave è se oggi, da parte del Parlamento italiano, che è sempre stato all'avanguardia in Europa e nel mondo nel mettere al bando armi vietate, nel condannare l'uso indiscriminato – quando ciò si è verificato in altri Paesi – di queste terribili armi di massa, non ci fosse una condanna unanime di quello che è successo in Siria il 21 agosto.
  Signora Presidente, credo, quindi, che l'occasione di questo dibattito parlamentare, delle mozioni che stiamo per votare, possa essere una occasione preziosa per il nostro Paese per riprendere il filo del dibattito sulla politica estera, alla vigilia di due momenti importanti che noi stiamo per affrontare e che riguarderanno anche l'Italia. Il nostro Paese sta per rifinanziare le missioni internazionali di pace e la partecipazione dell'Italia alle missioni internazionali di pace. È stata già ricordata la nostra partecipazione in Libano che ora diventa una partecipazione in un luogo strategico; ecco, l'Italia sta facendo tanto in Libano e tanto stiamo facendo anche sul piano dell'aiuto umanitario. Io credo che la comunità internazionale debba intervenire di più nell'aiuto umanitario, nell'aiuto ai profughi, e che il nostro Paese non possa essere lasciato solo in questa azione.
  L'altro appuntamento importante che abbiamo è il Consiglio europeo di dicembre che, per la prima volta, sarà incentrato, colleghi, sulla politica estera, ma anche sulla politica di sicurezza e difesa comune. È un appuntamento strategico perché se noi crediamo nella comunità internazionale, nel ruolo degli organismi internazionali, come anche in questa crisi siriana si sta dimostrando necessario, come noi crediamo con la richiesta di subordinare all'intervento dell'ONU qualsiasi ipotesi di intervento militare, dobbiamo ancora di più credere nel ruolo dell'Unione europea e dobbiamo essere pronti a condividere nella sede europea responsabilità e pratiche congiunte di sicurezza e difesa comune.Pag. 20
  Abbiamo fatto senza battere ciglio una cessione di sovranità nazionale sulla politica economica, sulla politica finanziaria, sulla politica di bilancio; lo abbiamo fatto senza battere ciglio, senza nemmeno renderci conto delle implicazioni costituzionali e politiche che questo ha sulla nostra politica interna e sulle nostre scelte di economia interna.
  Io credo che dovremmo farlo, a maggior ragione e sempre di più sulla politica estera, sulla politica di sicurezza e sulla politica di difesa comune, sapendo che in questo caso il ritorno però immediato a favore del nostro Paese sarà di grande vantaggio e che il ruolo dei Parlamenti nazionali come quello dal Parlamento europeo non potrà che essere esaltato da un dibattito sulla politica estera, di difesa e sicurezza comune e da un rinnovato ruolo dell'Europa, in questo modo finalmente con un'unica voce, negli scenari di crisi internazionale (Applausi dei deputati del gruppo Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente).

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Basilio. Ne ha facoltà.

  TATIANA BASILIO. Signor Presidente, rappresentanti del Governo, uno dei principi al quale si ispira il MoVimento 5 Stelle è il pacifismo. Il pacifismo però non è banalmente il rifiuto della guerra né tanto meno un pretesto per tenersi fuori dei conflitti internazionali, disinteressandosi delle situazioni di tensione e di prepotenza che affliggono tante aree del mondo. Essere pacifisti significa essere convinti che lo strumento per superare i conflitti sia astenersi dalla violenza. Lo ha detto molto esplicitamente e molto efficacemente il Papa qualche giorno fa.
  Dopo tanti Pontefici che hanno avallato, spesso addirittura giustificato, molte guerre occidentali, finalmente un Papa che dice la verità più semplice e insindacabile: la violenza genera altra violenza e la guerra porta altra guerra. Questo pensiamo noi pacifisti e non è un'utopia.
  Riuscire a evitare una guerra o addirittura a porvi fine praticando politiche di pace è certo assai più difficile che ottenere lo stesso risultato con un intervento militare. Ma se non si persegue ogni tentativo di pace, se la violenza è la scorciatoia per ottenere una più rapida fine del conflitto, ciò che si otterrà non è la pace ma una tregua armata, come dimostra la situazione dell'Iraq, come tutte le altre aree oggetto di precedenti missioni «di pace». Le vere missioni di pace si attuano con il dialogo, con la proposta, con l'accordo.
  Non ci nascondiamo che la situazione in Siria sia complicatissima, anzi siamo noi pacifisti a evidenziarne la complessità, ma non bisogna cadere nella trappola pretestuosa e fuorviante delle semplificazioni propagandistiche.
  È vero che il regime di Assad è un regime dittatoriale e sanguinario ed è anche vero che, specie in un primo momento, quando noi occidentali ci siamo disinteressati della situazione, i cosiddetti ribelli sono stati gruppi di cittadini siriani che hanno tentato di ribellarsi ad una dittatura, ma oggi sappiamo che nella rivolta si è infiltrato il fondamentalismo, foriero di altrettanta violenza e di soprusi ancora peggiori.
  Le vittime di questi scontri incrociati sono sempre, purtroppo, le popolazioni innocenti, e smettiamola di raccontare a noi stessi la menzogna auto-assolutoria secondo la quale l'intervento occidentale sarebbe chirurgico e colpirebbe solo obiettivi militari. Non è così, l'abbiamo visto in tante altre occasioni, le vittime degli attacchi saranno ancora una volta per la stragrande maggioranza vittime innocenti, uccise per mano nostra.
  Tutto questo è inaccettabile (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle), è inaccettabile per noi pacifisti ma dovrebbe essere inaccettabile per qualunque italiano, per qualunque cittadino che onori i principi fondamentali della nostra Carta costituzionale. Ricordiamocelo: l'Italia ripudia la guerra come mezzo di risoluzione dei conflitti internazionali. Questa è la nostra posizione e questo è il principio ispiratore della mozione che abbiamo presentato.Pag. 21
  L'Italia non si presti ad alcuna ipotesi di intervento militare, ma impieghi tutti i suoi mezzi per una soluzione diplomatica, anche se dovesse essere lunga e dolorosa; non c’è altra via per evitare nuove stragi, ricordiamocelo.
  Per la stessa ragione, si impegni il Governo a imporre a livello europeo l'embargo della vendita di nuove armi. Sappiamo bene che in questa maniera si impedisce alle popolazioni interne di difendersi e dobbiamo essere pronti ad assumerci questa dolorosa responsabilità, ma come possiamo pensare che armandoli la situazione migliorerà ? Come ? Si scatenerebbero nuove e peggiori rappresaglie in un’escalation infinita.
  Si cerchi invece di sfruttare lo spiraglio offerto della mediazione russa, si obblighi il regime siriano a consegnare tutti gli armamenti chimici e, contemporaneamente, si cerchi di isolare il regime, costringendolo a concedere crescenti spazi di democrazia all'interno del Paese. Cerchiamo culturalmente di isolare e di disinnescare il rischio fondamentalista. Abbiamo il dovere di farlo noi occidentali, che abbiamo così spesso sostenuto o addirittura pianificato «l'installazione» di dittatori amici e complici dell'Occidente, o meglio, direi, delle grandi multinazionali che determinano le politiche occidentali (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Oggi non possiamo più tollerare la dittatura di Assad, ma non possiamo neanche consentire l'instaurarsi di una nuova dittatura e ancor meno possiamo tollerare che dietro l'imposizione armata di una finta democrazia le multinazionali dell'energia colonizzino Paesi sovrani, con il pretesto di dover intervenire per impedire massacri con armi chimiche, i massacri che abbiamo lasciato compiere quando ci faceva più comodo, le armi che abbiamo spesso venduto noi stessi, ricordiamocelo sempre.
  Fintanto che saremo ipocriti, non riusciremo ad elaborare una vera ed efficace politica estera pacifista, che realizzi finalmente l'idea della nostra Costituzione. La Siria sembra lontana, cari cittadini, ma guardate i volti di quei bimbi terrorizzati, di quelle madri distrutte, di quei padri stanchi ed offesi e di tutti coloro che, ogni giorno, sono costretti a camminare con la morte verso un confine più sicuro. Viene da pensare: e se un giorno toccasse a noi ?
  Quindi, Ministri, caro Presidente, impariamo a costruire la pace (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) !

  PRESIDENTE. Avverto che è stata appena presentata una nuova formulazione della mozione Giorgia Meloni ed altri n. 1-00179. Il relativo testo è in distribuzione. Avverto anche che è intervenuta una correzione per un errore materiale del testo della mozione Giancarlo Giorgetti n. 1-00180.
  Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali delle mozioni.

(Intervento e parere del Governo)

  PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il Presidente del Consiglio dei ministri, Enrico Letta, che esprimerà altresì il parere sulle mozioni all'ordine del giorno.

  ENRICO LETTA, Presidente del Consiglio dei ministri. Signora Presidente, onorevoli colleghi, è possibile percorrere la strada della pace ? Possiamo uscire da questa spirale di dolore e di morte ? Solo qualche giorno fa, Papa Francesco ha sollevato dal sagrato della Basilica vaticana questi interrogativi, interrogativi che sono echeggiati con forza straordinaria e vibrante nella piazza reale di Roma e nella piazza virtuale della comunità internazionale; interrogativi che colpiscono il mondo e ciascuno di noi e impongono risposte all'altezza del dramma smisurato che evocano. Su questa spirale di dolore e di morte in Siria, sulle immagini spaventose diffuse dai circuiti internazionali, sulla contabilità incerta delle vittime, sui milioni di disperati che, giorno dopo giorno, transitano oltre i confini del Paese, il nostro Governo ha mantenuto e intende mantenere un raccordo trasparente e sistematico con il Parlamento.Pag. 22
  Già nelle sue comunicazioni del 27 agosto alle Commissioni affari esteri di Camera e Senato, il Ministro Bonino ha messo in evidenza i capisaldi della nostra opposizione. Oggi, voglio qui confermare quell'impostazione, aggiornandola naturalmente alla luce di quanto è accaduto nelle settimane successive, chiedendo anche scusa ad alcuni deputati che interverranno al termine di questo dibattito se, per un impegno internazionale che alle 13 inizia qui a Roma, dovrò lasciare l'Aula prima della fine.
  Prima di tutto, la condanna netta, inequivocabile, ribadita in ogni consesso nazionale e internazionale, formale e informale, la condanna – riprendo le parole del collega Vito – nei confronti dell'utilizzo delle armi chimiche, come quello avvenuto nei dintorni dei quartieri orientali di Damasco, lo scorso 21 agosto. La censura di un atto che si configura, senza alcun dubbio, come un crimine contro l'umanità, un crimine che, in quanto tale, esige una sanzione dura, pronta e adeguata da parte della comunità globale. È questa, del resto, la posizione dei nostri alleati americani, cui ribadiamo la nostra vicinanza e amicizia, particolarmente oggi, l'11 settembre, un giorno come questo che evoca un dramma che non deve mai più ripetersi (Applausi).
  L'uso delle armi chimiche – dicevo – è il confine invalicabile, è la negazione stessa del nostro percepirci esseri umani in relazione gli uni con gli altri. Per questo, la comunità internazionale deve assumere in pieno le responsabilità che le sono proprie. Per questo, occorre adottare subito misure di deterrenza in grado di prevenire in Siria, nell'intera regione, il ricorso a questi micidiali strumenti di morte e di paura, strumenti banditi dalla coscienza dei popoli – lo ricordo – oltre che dal diritto, oltre novant'anni anni fa.
  Il secondo pilastro della nostra azione è l'assoluta centralità del ruolo delle Nazioni Unite, supremo garante della pace e della sicurezza internazionali. Questa funzione non può né deve essere scalfita e sono convinto che per il Consiglio di sicurezza dell'ONU esista ancora lo spazio, angusto ma percorribile – lo diceva prima il collega Gentiloni –, per adottare misure urgenti e incisive, capaci di assicurare la messa in sicurezza delle armi chimiche in Siria e di prevenirne l'uso.
  Dobbiamo, appunto, percorrerlo, quello spazio. Il nostro Governo sta lavorando il ogni sede per incoraggiare queste dinamiche sul piano diplomatico, in primo luogo perché crediamo che un'azione militare al di fuori del quadro di legittimità assicurato dalle Nazioni Unite rischi di ingenerare reazioni e controreazioni imprevedibili e pericolose. Per questo abbiamo deciso e comunicato ai nostri alleati che l'Italia non parteciperà ad interventi militari in assenza di un preventivo mandato dell'ONU (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente, Scelta Civica per l'Italia, Sinistra Ecologia Libertà, Misto-Centro Democratico e Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) – Liberali per l'Italia (PLI).
  Il terzo punto è l'impegno per la costruzione di una posizione comune tra tutti i Paesi europei. Ogni crisi internazionale è una sfida per la pace della regione e dei Paesi interessati. Oggi più che mai, però, è anche una sfida per l'Europa, per la nostra Unione europea, per il futuro dell'Unione europea in un mondo in straordinaria e complessa trasformazione, una sfida per la nostra politica estera e di sicurezza comune e per la credibilità stessa del progetto comunitario.
  Ogni Governo europeo ha certo la propria agenda, ha certo i propri condizionamenti interni, lo sappiamo. Tuttavia, è cruciale che, a dispetto di tutte queste differenze, tutti sappiano trovare un codice comune per poi parlare una voce sola, la voce dell'Europa, la voce dell'Europa unita. Se non lo si fa, la pena è certa e senza appello: è la condanna all'irrilevanza, una pena altissima che non possiamo permetterci, una pena che l'Italia sta cercando e cercherà sempre di sventare, contrastando ogni tentazione di rinazionalizzare le politiche estere, da qualunque Pag. 23parte essa provenga (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
  A questi punti, che qui ho sinteticamente ripercorso, il Ministro degli esteri, il Ministro della difesa, il sottoscritto e il Governo tutto ci siamo attenuti con coerenza anche nei più recenti e complessi sviluppi della vicenda siriana, promuovendoli in tutti i fori in cui si è articolata la consultazione diplomatica multilaterale. Proprio in funzione di questa impostazione e in coerenza con quanto affermato fino adesso va letta l'adesione del nostro Paese al documento sottoscritto a margine delle riunione del G20 di San Pietroburgo venerdì scorso da undici Paesi, ai quali se ne sono aggiunti nel frattempo altri, a partire dalla Germania stessa, quindi, tutti i Paesi europei e tutti i Paesi tradizionalmente nostri alleati, come ha opportunamente ricordato l'onorevole Rossi poco fa.
  A questo proposito, ricordo che oltretutto in quel documento, su iniziativa italiana e spagnola, è stato aggiunto al comunicato un paragrafo finale che impegna i firmatari europei a lavorare per conseguire una posizione comune, di tutta l'Unione europea. E proprio questo riferimento ha aperto la strada al consenso registratosi, poi, degli altri Paesi europei e al consenso della riunione dei Ministri degli esteri, che si è svolta il giorno dopo a Vilnius, su una posizione dell'Unione europea che è stata manifestata unitariamente, finalmente, dall'Alto rappresentante Cathy Ashton.
  È una posizione, lo confermo, quindi che si pone, quella, in coerenza con la dichiarazione di San Pietroburgo. Anch'essa, infatti, avverte che la comunità internazionale non può restare inerte dinanzi alla barbarie delle armi chimiche e invoca una chiara e forte risposta. Questi crimini sono inaccettabili. Questi crimini non possono godere di impunità.
  Fin qui le dichiarazioni di intenti, i comunicati, le parole. Ora dobbiamo operare, però, per trasformare in fatti ciò che dichiariamo. Dobbiamo raddoppiare i nostri sforzi, affinché il Consiglio di sicurezza abbia davvero l'opportunità di adottare misure incisive per centrare questi obiettivi decisivi di deterrenza.
  Lo spazio per una soluzione alternativa esiste ancora. È stato detto da tanti interventi, l'ha detto l'onorevole Scotto poco fa. Negli ultimi due giorni questa opportunità è stata ulteriormente e finalmente qualificata da qualche segnale incoraggiante. Mi riferisco, in particolare, alla proposta russa di porre l'arsenale chimico siriano sotto controllo internazionale. La disponibilità americana ad esaminarla lancia, insieme alla proposta stessa, due messaggi. Il primo sul metodo: una soluzione politica resta possibile. Il secondo sulla sostanza: pur senza condonare le responsabilità per il passato (gli appropriati organismi internazionali dovranno sicuramente accertarle e dovranno sanzionarle), la priorità ora è evitare che l'uso criminale delle armi chimiche si ripeta. E a questi messaggi si è associata l'Unione europea ancora attraverso la dichiarazione resa dall'Alto rappresentante, che ha ribadito la necessità di dare seguito alla proposta attraverso meccanismi stringenti di attuazione e di verifica, dalle parole ai fatti appunto.
  Onorevoli colleghi, non voglio farmi illusioni, nonostante tutte le speranze che ho qui espresso, la strada diplomatica resta in salita. Per conquistare consistenza è necessario che questa opzione sia quindi corredata di garanzie e di verifiche. Si tratta comunque di una pista, una strada da battere con determinazione e buona volontà, una strada che rispecchia gli auspici che l'Italia da giorni formula. Penso alle dichiarazioni del Ministro Bonino del 27 agosto scorso, penso alla posizione del nostro Paese al G20, penso alla posizione che è stata da noi espressa nel Consiglio informale di Vilnius.
  Essendo ormai accertato l'uso delle armi chimiche in Siria, la prima urgenza quindi è uno sforzo collettivo della comunità internazionale per sanzionarlo e prevenirne la reiterazione. D'altro canto, siamo consapevoli che un collasso dei sistemi internazionali di controllo delle armi chimiche stesse andrebbe a beneficio Pag. 24di tutto il fondamentalismo terrorista, una prospettiva a cui tutti i Paesi, Russia compresa, non è certo insensibile.
  Tra qualche giorno partirò per New York insieme al Ministro Bonino, andremo alla sessione inaugurale dell'Assemblea delle Nazioni Unite. Lì rilanceremo la scelta italiana a favore della centralità dell'ONU e sarà quella l'occasione per contribuire a ulteriori passi avanti del percorso di pace intrapreso.
  Dalla questione delle armi chimiche vorrei però adesso allargare lo sguardo su due aspetti più generali, che interrogano con analoga urgenza la nostra responsabilità e la nostra stessa coscienza. In primo luogo, le prospettive del conflitto in Siria, oltre alle armi chimiche. Siamo e restiamo convinti che nessuna delle parti in conflitto sia in grado di prevalere sul piano militare, né sarebbe in grado di stabilizzare efficacemente il Paese attraverso una vittoria sul campo. Una soluzione politica negoziata rimane l'unica opzione praticabile per una stabilizzazione duratura della Siria e della regione. Per fare questo, dobbiamo continuare a sostenere la convocazione della Conferenza di Ginevra II, come abbiamo deciso e come abbiamo spinto in tutte le occasioni fino adesso nelle quali abbiamo espresso la nostra posizione: urgente convocazione, indispensabile convocazione.
  Alcuni fattori hanno sinora ritardato l'avvio del processo negoziale, non escluse l'incomprensione tra i due stessi promotori dell'iniziativa, le vischiosità nel consolidamento organizzativo della coalizione dell'opposizione siriana.
  Peraltro, oltre a rivelare i tratti più atroci di una guerra civile, il dramma siriano assume sempre più i connotati di una guerra per procura. È dunque ora necessario che tutti gli attori che svolgono un ruolo in questa crisi accettino di disinnescare i combattimenti. La soluzione può e deve essere ricercata a livello regionale.
  Vengo al secondo aspetto, prima di chiudere, condividendo con voi alcune riflessioni sulle risposte a cui siamo chiamati sul tema dell'emergenza umanitaria, sul drammatico tema dell'emergenza umanitaria. A San Pietroburgo, con alcuni Paesi alleati, il Regno Unito, la Francia, il Canada, il Giappone, abbiamo stabilito di aumentare da subito le risorse per l'emergenza umanitaria e i profughi, dato che ad oggi le agenzie dell'ONU hanno a disposizione fondi pari a meno della metà di quanti ne sarebbero necessari per rispondere ad un dramma senza precedenti.
  Insieme abbiamo deciso di intervenire sul piano sanitario a sostegno delle vittime degli agenti chimici; insieme abbiamo valutato la modalità per rimuovere gli ostacoli all'instradamento dell'assistenza umanitaria nel Paese.
  Sono tre scelte importantissime. Mi soffermo sulla prima, confermandovi che lì abbiamo deciso – perché l'Italia è un grande Paese – di esserci e di dare un forte incremento dei contributi al piano di risposta umanitario delle Nazioni Unite. Abbiamo annunciato a San Pietroburgo lo stanziamento da parte del Governo italiano di 50 milioni di dollari come ulteriore nostro contributo alla gestione dell'emergenza.
  Se vi sarà lo spazio in Parlamento per rendere questa cifra ancora più consistente, il Governo sarà, ovviamente, favorevole (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Scelta Civica per l'Italia). Ho parlato di questo tema ieri stesso, qui a Roma, con il direttore esecutivo del World Food Programme, la signora Cousin, ribadendo il nostro pieno sostegno al lavoro che le agenzie umanitarie dell'ONU stanno portando avanti nella regione.
  Dobbiamo alleviare le sofferenze in Siria e le sofferenze negli Stati vicini, sui cui confini si sono già accalcati due milioni di profughi. È un intervento essenziale per ragioni umanitarie, per evitare il collasso dell'economia e della società di Paesi la cui stabilità è preziosa per la sicurezza regionale e mondiale, per la nostra sicurezza. Pensiamo alla Giordania e pensiamo al Libano. Molti hanno citato il Libano, dove opera un avamposto d'Italia, Pag. 25dove opera, con il consenso di tutti e con il plauso di tutti, quel contingente UNIFIL che ci rende, in definitiva, un Paese confinante con la crisi siriana.
  Confido nella sensibilità di questo Parlamento per propiziare, quindi, attraverso lo strumento del «decreto-legge missioni» in via di imminente rinnovo, l'approvazione di questo contributo italiano, in linea con quello annunciato dai principali partner internazionali.
  Signora Presidente, onorevoli colleghi, due giorni fa, a Palazzo Chigi, ho avuto la possibilità di ricevere, insieme al Vicepresidente Alfano e al Ministro Bonino, Domenico Quirico, un uomo finalmente libero (Applausi), strappato da una terra che, come hanno giustamente ricordato l'onorevole Bergamini e l'onorevole Amendola, continua a nascondere padre Dall'Oglio. Un uomo nei cui occhi e nel cui volto ho letto la sofferenza di un dramma che è certo individuale, ma che riguarda e investe noi e il nostro ruolo (Applausi). Dai suoi racconti, dalle sue parole, affiora forte, infatti, tutta la complessità del tempo in cui viviamo; una complessità straordinaria, in questo caso tragica, cui abbiamo la responsabilità e il dovere di corrispondere con scelte faticose e coraggiose, scelte all'altezza delle istituzioni che abbiamo l'onore di servire e delle aspettative dei nostri cittadini, onorevoli colleghi, che ci chiedono decisioni in grado di preservare la sicurezza e di garantire la pace (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente, Scelta Civica per l'Italia, Sinistra Ecologia Libertà, Misto-Centro Democratico e Misto-Partito Socialista Italiano (PSI)-Liberali per l'Italia (PLI)).

  PRESIDENTE. Qual è il parere sulle mozioni ?

  ENRICO LETTA, Presidente del Consiglio dei ministri. Signora Presidente, di conseguenza, esprimo parere favorevole sulla mozione Speranza, Brunetta, Dellai e Pisicchio n. 1-00178 e sulla risoluzione Locatelli ed altri n. 6-00026, mentre esprimo parere contrario sulle altre mozioni.

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 12).

  PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.

Si riprende la discussione.

(Dichiarazioni di voto)

  PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Pia Elda Locatelli. Ne ha facoltà.

  PIA ELDA LOCATELLI. Signor Presidente, la comunità internazionale, noi compresi, è stata in grave ritardo nell'affrontare il tema della Siria, se pensiamo che le prime proteste governative risalgono a due anni e mezzo fa. Il regime però ha ignorato completamente le richieste, reagendo con brutalità: più di centomila vittime, due milioni di rifugiati nei Paesi vicini e cinque milioni di internally displaced people, su una popolazione di 24 milioni. Guerra civile, perché la situazione è degenerata in continuazione, e, in questa guerra civile, sono emerse anche presenze inquietanti di gruppi di indirizzo estremista purtroppo a fianco dell'opposizione democratica siriana. Tragedia su tragedia, fino all'apice dell'uso delle armi chimiche in un attacco che ha portato alla morte di 1.400 innocenti. Un crimine contro l'umanità che non può essere ignorato, tant’è che l'ONU ha incaricato i suoi ispettori di individuarne i responsabili. Non è certo compito facile e non aiuta ad essere oggettivi il fatto che la Siria risulti essere il Pag. 26Paese con il più consistente stoccaggio di armi chimiche e che sia uno dei cinque Paesi che non hanno né firmato né ratificato la Convenzione che le proibisce.
  Noi socialisti abbiamo tirato un sospiro di sollievo nell'apprendere che l'Unione europea è riuscita a superare le sue divergenze, grazie anche al contributo italiano, e sposiamo con convinzione la posizione espressa dalla Ministra degli esteri, Emma Bonino, secondo la quale non dovremmo mai perdere di vista due riferimenti irrinunciabili: il diritto internazionale, e quindi l'imprescindibilità di una decisione a livello di Nazioni Unite, e gli interessi nazionali, tra cui quello di garantire pace, stabilità e diritti umani, privilegiando i mezzi pacifici diplomatici, anche se la strada è in salita. Ma, come ha detto il Presidente del Consiglio, lo spazio per una soluzione alternativa esiste, anche se difficilissima. Chiediamo quindi – le chiedo ancora un minuto, Presidente – che il Governo si faccia promotore di un'azione perché il Consiglio di sicurezza dell'ONU imponga a tutti i contendenti, sulla base dell'articolo 39 della Carta, un cessate il fuoco alle parti. Chiediamo al Governo di operare affinché la UE faccia pressione sui Paesi vicini alle parti antagoniste – Iran e Russia da un lato, Turchia, Arabia Saudita e Qatar dall'altro – ad esercitare azione di convincimento, perché accettino un compromesso che garantisca tutte le diverse presenze, comprese le minoranze. E, infine, e con grande forza, chiediamo di continuare a sostenere, come obiettivo dell'azione dell'Unione europea in seno alle Nazioni Unite, il conseguimento del seggio europeo nel Consiglio di sicurezza (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Partito Socialista Italiano-Liberali per l'Italia).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Tabacci. Ne ha facoltà.

  BRUNO TABACCI. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, esprimiamo, come Centro Democratico, il voto favorevole sulla mozione Speranza, Brunetta, Dellai e Pisicchio n. 1-00178. Concordiamo con il giudizio espresso dal Presidente Letta. Apprezziamo l'equilibrio e la valenza propositiva della mozione, nel valutare la complessità della vicenda siriana. Tra l'altro, questa complessità è stata certificata dal nostro giornalista Quirico, ed era stata evidenziata dal nostro Ministro degli esteri che aveva per tempo espresso un monito molto fermo a non precipitare la crisi. Il nostro Paese non vi avrebbe dovuto partecipare, senza il necessario avallo dell'ONU. Credo che il Governo italiano debba continuare ad assumere, come ha fatto in queste settimane, un ruolo attivo a favore di una soluzione politica della crisi attraverso un negoziato tra le parti. Ovviamente non si può restare insensibili di fronte all'uso di armi chimiche nel conflitto in corso che mietono con violenza disumana vittime innocenti. È giusto sostenere l'iniziativa assunta dalla Russia – anche se ne vedo una certa strumentalità – di mettere sotto controllo internazionale, neutralizzandolo, l'arsenale chimico siriano, anche quello che sarebbe nella disponibilità delle forze che si oppongono al regime di Assad. La condanna dell'utilizzo di armi chimiche deve essere ferma e si devono individuare e deferire i responsabili al Tribunale penale internazionale. Il Consiglio di sicurezza dell'ONU dovrà trovare su questo il necessario punto di equilibrio. Ma tutto questo non basta. Il Governo richiami i partner europei alla necessità che la Comunità non continui a marciare in ordine sparso.
  È la stessa negazione dell'idea di Europa. Bene ha fatto oggi il Presidente Letta ad evidenziare con forza questa necessità strategica, senza la quale, oltre alla crisi dell'euro, si evidenzierebbe una crisi politica che metterebbe in grande rischio la prospettiva europea. Agli americani – e concludo – è necessario parlare con amicizia. Non vorremmo dover considerare, come è avvenuto in Iraq, che la guerra sia un pretesto. Gli USA non possono pensare di esportare la loro crisi sociale, frutto Pag. 27dell'esasperazione finanziaria più incontrollata, mascherandone la portata con l'iniziativa di una guerra in Siria.
  Non nascondiamoci: se i morti fossero stati il doppio con bombe normali, non sarebbe forse accaduto nulla ? Per questo siamo scettici di fronte alla politica americana che ci sembra la riproposizione di un mix di potenza e di denaro. L'intervento in Siria porterebbe inevitabili conseguenze economiche, in una fase in cui la macchinazione finanziaria sta distruggendo l'economia reale. Il petrolio andrebbe a 150 dollari e in questo modo si finanzierebbe la guerra. Il dollaro si rafforzerebbe e l'euro importerebbe inflazione, come accadde in occasione della guerra del Kippur, e i dollari da svalutare, oggi in pancia alla FED, si riverserebbero sui mercati, con milioni di profughi, vittime della violenza di uno squilibrio economico intollerabile.
  Non ci siamo – ho concluso –, così non va. La crisi finanziaria non ha insegnato nulla all'Occidente, ha bisogno di una guerra per mascherare le conseguenze di una crisi insensata, frutto di cupidigia e di ingordigia. Almeno non prendiamoci in giro e non confondiamo le motivazioni. Ho sentito questa notte il discorso di Obama, mi è parso debole e fortemente influenzato dall'aspettativa di Wall Street. Mi dispiace dover riconoscere questo, lo faccio con una certa angoscia, ma lo deve fare anche il nostro Parlamento, con uno spirito di serena amicizia e una costruttiva fermezza, in particolare oggi che è l'11 settembre. Può essere questo il senso del nostro dibattito (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Centro Democratico e Misto-Partito Socialista Italiano-Liberali per l'Italia e di deputati del gruppo Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Taglialatela. Ne ha facoltà.

  MARCELLO TAGLIALATELA. Signor presidente, come Fratelli d'Italia abbiamo presentato una mozione che impegna il Governo ad assumere una posizione che sia chiara: non solo il mancato coinvolgimento nelle operazioni militari, ma anche un'azione che punti a dare all'Europa una politica estera che sia riconoscibile e sia incidente.
  Mi pare evidente che dalla lettura di tutto ciò che i giornali hanno riportato in questi anni, e soprattutto negli ultimi mesi, la capacità delle nazioni, quelle che contano di più, di essere realmente neutre rispetto al conflitto sono uguali a zero. Gli Stati Uniti, in maniera più o meno evidente, hanno appoggiato i ribelli; la Russia, in maniera più o meno evidente, ha appoggiato il Governo di Assad.
  Ma, in ogni caso, l'intervento della comunità internazionale deve continuare anche perché ha iniziato ad ottenere un primo positivo risultato. Mettere a disposizione, da parte di tutti e due i contendenti, il materiale chimico, l'arsenale chimico è certamente una condizione assolutamente indispensabile. Ma è ovviamente una condizione che non pone fine al conflitto e io sono convinto che l'obiettivo che noi dobbiamo porci è esattamente questo. E per ottenere l'obiettivo dobbiamo interrogarci su quali debbano essere gli strumenti da utilizzare.
  Gli strumenti della comunità internazionale sono sicuramente utili, quelli dell'Europa per noi sono indispensabili e anche il rapporto di amicizia con gli Stati Uniti non deve in alcun modo diventare servilismo o appiattimento rispetto a scelte che spesso hanno motivazioni di carattere economico e non di carattere umanitario. Le iniziative di carattere umanitario devono essere prese dalla comunità internazionale, dall'ONU, dall'Unione europea. Dall'Unione europea vi è bisogno di una politica estera che faccia sentire il suo peso, anche i Paesi membri dell'Unione europea devono avere la prudenza di assumere posizioni una volta concordate tra tutti gli Stati membri.
  Io sono convinto che il Governo italiano questo possa e debba fare: richiamare anche gli Stati membri dell'Unione europea ad avere un atteggiamento che sia concordato, condiviso e, quindi, più forte nei confronti di chi vuole opporsi alla Pag. 28guerra. Nella nostra mozione sono inserite queste valutazioni e spero che, contrariamente a quanto annunciato dal Premier Letta, cioè un voto contrario alla mozione presentata da Fratelli d'Italia, vi sia in Aula una valutazione positiva e un voto positivo su quello che noi abbiamo come obiettivo.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Gianluca Pini. Ne ha facoltà.

  GIANLUCA PINI. Signor Presidente, Presidente Letta, noi prendiamo atto del fatto che ancora una volta questo Governo mostra una totale assenza di coraggio nell'ammettere un pasticcio che avevate fatto e che, in qualche modo, grazie forse anche alla lungimiranza di altri partner europei, è stato ricondotto a un qualcosa di superabile e non di devastante come, in realtà, poteva esserci in quella forzatura che lei ha fatto – ripeto – a San Pietroburgo e che poi, a Vilnius, in qualche modo è stata sistemata per vie brevi.
   Prendiamo atto che non avete coraggio, non avete il coraggio di affrontare lo scenario del Libano. La nostra presenza in Libano probabilmente è solo per il fatto di non perdere il comando di quella missione. Però per non perdere il comando di quella missione, non si accetta la nostra proposta. Voi non l'accettate, ma mi auguro che il Parlamento sia un pochettino più saggio rispetto alle vostre forzature e alla vostra mancanza di attenzione nei confronti della sicurezza e dei nostri 1.100 uomini che abbiamo in quello scenario lì. E, quindi, invito seriamente e non in maniera retorica il Parlamento a valutare molto attentamente i rischi del mantenimento della presenza del nostro contingente in Libano. Infatti torno a ripetere quanto detto prima e forse, Presidente Letta, mi sono spiegato male. Il fatto di mandare un cacciatorpediniere non risolve il problema della sicurezza di questi uomini. Non lo risolve perché a cosa serve una contraerea quando gli hezbollah non attaccano con gli aerei, gli hezbollah attaccano con atti terroristici ? Gli hezbollah sono prontissimi – e lo sapete bene perché avete le stesse informazioni forse anche più dettagliate rispetto a quelle che abbiamo noi –, sono prontissimi a considerare questo nostro contingente in Libano come eventuali ostaggi in caso di un’escalation di guerra. Ed è vero, noi tutti quanti apprezziamo gli sforzi della diplomazia. Tutti quanti ci speriamo seriamente. Tutti quanti noi confidiamo nel coniglio dal cilindro che ha tirato fuori la Russia di proporre alla Siria (e speriamo sia vero) di accettare il controllo dell'arsenale chimico (non si sa poi sul territorio siriano o spostandolo, anche se ci risulta abbastanza difficile che 500 tonnellate cubiche di armi chimiche possano essere spostate in uno scenario di guerra). Comunque, al di là di quelle che saranno le soluzioni che, ripeto, ci auguriamo diplomatiche, noi non possiamo non tener conto dei rischi.
  La politica, come le dicevo prima, noi la intendiamo come anticipazione di quello che succederà, fare delle scelte che possano in qualche modo anticipare quelle che saranno le trasformazioni sociali, quando si parla di sociale, ma anche nei casi delicati come questo, rispetto a quelli che potrebbero essere gli accadimenti più drammatici soprattutto quando si devono tutelare delle persone che sono lì da tanto tempo e che hanno fatto in modo di pacificare dei territori sempre molto in fibrillazione, ma che in questo momento non possiamo assolutamente sottoporre a questo rischio.
  Lei ha detto una cosa non corretta. Lei ha detto che i nostri altri partner mantengono delle presenze in Libano. No, gli Stati Uniti non ci sono in Libano, tanto per iniziare. Non solo: gli Stati Uniti hanno ritirato i consiglieri diplomatici. Non solo, la Turchia che conosce molto meglio di noi lo scenario ha ritirato i propri Caschi blu dal Paese dei cedri. Quindi lo ripeto: tutto quello che è stato detto relativamente ad una soluzione diplomatica di quella che è la crisi siriana è da noi assolutamente sostenuto. Noi ci auguriamo che tutte le mosse diplomatiche, Pag. 29sue, del Ministro Bonino e dell'intero Governo possano dare un contributo positivo.
  Però rimaniamo sul pezzo del Libano: non capiamo assolutamente perché non considerate il rischio elevatissimo che questi nostri soldati stanno correndo e non capiamo perché, soprattutto in una situazione di questo tipo, non si possa, contrariamente a quello che lei ha auspicato, togliere dal decreto del rifinanziamento delle missioni la parte del Libano. Andremmo a prendere, come si suol dire in maniera molto semplice, due piccioni con una fava: andremmo a salvaguardare la sicurezza dei nostri uomini, andremmo a risparmiare anche un esborso non indifferente di risorse pubbliche, ma soprattutto, ripeto, non ci esporremmo al rischio di dover tornare qui in Aula; speriamo assolutamente di no, però è un rischio che in questo momento stiamo correndo perché, Presidente Letta, gli attori interessati affinché la soluzione diplomatica non vada a buon fine probabilmente in questo momento, al di là di quello che sembra, sono molti di più di quelli che invece sperano che vada a buon fine. Quindi il rischio che si vada verso un conflitto è assolutamente reale.
  Sappiamo benissimo che anche all'interno dell'amministrazione Obama vi sono posizioni divergenti. Non corriamo solo il rischio, ma già stiamo subendo in qualche modo decisioni altrui e dobbiamo in qualche modo allinearci, per tutta una serie di rapporti della diplomazia internazionale; bene, però – ripeto e le rinnovo l'invito a modificare il parere sulla nostra mozione – almeno valutiamo attentamente la possibilità di ritirare il contingente dal Libano, perché rischiamo di mettere in seria difficoltà e a rischio anche della loro vita questi ragazzi, che noi manteniamo in questa missione. Quindi, ripeto, rinnovo l'invito.
  Noi ci asterremo sulle mozioni della maggioranza, perché sono in gran parte condivisibili, quindi tutto quello che è stato detto per arrivare ad una soluzione diplomatica in qualche modo non diciamo che ci convince, ma ci speriamo, quindi diamo una nostra benevola astensione. Però non ci piace il fatto che lei, sulla questione del Libano, abbia glissato con poche parole, e soprattutto non ci piace il fatto che, non accettando la nostra mozione, metta a rischio questi ragazzi (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Fava. Ne ha facoltà.

  CLAUDIO FAVA. Signora Presidente, l'11 settembre è una data che ricorda molte viltà: quello che è accaduto 12 anni fa (l'attacco di al-Qaeda a New York), ma anche quello che è accaduto quarant'anni fa (il bombardamento de La Moneda). In questo senso l'11 settembre è una data che si presta a raccontare la pace, purché questa parola non sia segno e sinonimo di inattività, ma rappresenti uno sforzo di buona politica, di responsabilità, di buon senso.
  La parabola del dibattito sulla Siria è molto istruttiva: sino a qualche giorno fa noi abbiamo sentito soltanto un fragoroso tintinnar di sciabole, un intervento armato che veniva annunciato ad horas, e adesso scopriamo che esiste un percorso che può condurre ad una soluzione politica e che esiste sempre una soluzione politica per un conflitto, purché vi sia la volontà di percorrerla fino in fondo.
  Ma è una parabola istruttiva anche per un'altra ragione: viviamo in un tempo della politica in cui anche i Governi e i leader più autorevoli devono misurarsi con un sentimento nuovo dei Parlamenti, dei loro Parlamenti, un sentimento ormai molto diffuso, che considera intollerabile ogni orpello retorico che si vuole affiancare alla parola «guerra» e che dovrebbe diminuirne la portata distruttiva (per cui abbiamo le guerre chirurgiche, le guerre umanitarie, le guerre tattiche).
  Noi l'abbiamo detto, l'abbiamo scritto e l'abbiamo ripetuto oggi nell'intervento del collega Scotto: siamo contrari ad un intervento militare diretto o indiretto e ci dispiace che, in questa scelta di sottolineare Pag. 30l'indisponibilità a mettere a disposizione nostre basi militari per l'intervento di altri Paesi, si nasconda la ragione per cui il Governo non sostiene la nostra mozione.
  Mi sembra un'occasione di coerenza perduta. Essere contrari ad un intervento militare, essere contrari a qualsiasi intervento sanzionatorio fuori da una risoluzione, da un atto formale della comunità internazionale, delle Nazioni Unite, vuol dire essere contrari anche a mettere a disposizione le nostre basi (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà). Se questo non accade, c’è un punto di incoerenza che noi vogliamo, con dispiacere, sottolineare.
  E la affermiamo, questa contrarietà ad un intervento militare, non come suggerisce qualche collega perché vogliamo così tutelare la comunità cristiana, ma noi vogliamo tutelare la comunità umana (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà) che si umilia aggiungendo guerra alla guerra, sempre, soprattutto se non riusciamo a cogliere l'estrema complessità degli eventi che ci vengono proposti dalla Siria. La testimonianza di Quirico in questo senso è preziosa. Ci racconta delle profonde divisioni tra i ribelli siriani, con una linea di frattura che percorre queste divisioni e che ha assai poco di politico. Racconta una frattura anzitutto confessionale che in parte ha perduto lo spirito positivo, democratico, libertario che ha animato le «primavere arabe». E anche la pigrizia della comunità internazionale per un atteggiamento spesso estetizzante e molto passivo rispetto a ciò che quelle primavere avrebbero potuto rappresentare.
  Ci sono fonti dell’intelligence USA che ci dicono che ci sono almeno 1.200 fazioni in campo tra i ribelli e che la Siria è la base qaedista che ha il livello di espansione più rapido del mondo. Ecco, tutto questo vuol dire giustificare un dittatore come Assad ? Ovviamente no. Noi consideriamo Assad colpevole politicamente e umanamente per ciò che sta accadendo in Siria. Colpevole politicamente per avere smarrito l'occasione che un paio di anni fa gli era stata data, attraverso un percorso di riforme politiche, di poter finalmente avere un consenso che fosse motivato non sull'uso del deterrente della violenza. Lo consideriamo responsabile dal punto di vista umanitario, per il modo spregiudicato e feroce con cui sta portando avanti la propria guerra. Ma non pensiamo che la soluzione sia quella di sostituire ad un regime dispotico laico un regime dispotico teocratico. Sappiamo che in passato tutto questo non ha portato né pace né serenità nel mondo.
  L'uso di armi chimiche, se provato, è di incommensurabile gravità. È una linea rossa e di fronte al fatto che questa linea rossa possa essere varcata bisogna reagire, ma bisogna fare in modo che la reazione avvenga responsabilmente, all'interno di un mandato delle Nazioni Unite, altrimenti sarebbe la definitiva mortificazione del diritto internazionale, oltre che la definitiva rottamazione dell'articolo 11 della nostra Carta costituzionale.
  È chiaro che la via per Damasco è un labirinto. Bisogna fare anche i conti con le molte ipocrisie della comunità internazionale. Se verrà accolta la proposta russa, se si andrà ad una messa sotto tutela dell'arsenale chimico di Assad, dovremo ricompilare l'elenco di molti Paesi occidentali che queste armi chimiche in passato hanno vendute al Governo di Assad. Infatti, la Siria di Assad, il Governo siriano, esattamente come è accaduto in passato anche per l'Iraq di Saddam, ha fatto comodo anche a molte amministrazioni americane. Vorrei ricordare quando Damasco si prestava a ricevere, a torturare e a far sparire per conto terzi i prigionieri delle extraordinary rendition organizzate dalla CIA senza che nessuno mostrasse né stupore né sentimento per ciò che avveniva in Siria.
  E, infine – è stato ricordato da molti colleghi ed è stato ripreso anche da lei, signor Presidente del Consiglio dei ministri – quel milione e mezzo di rifugiati siriani, alcune decine di migliaia dei quali si trovano nel nostro Paese. Poche migliaia, poche decine di migliaia, ma il loro futuro, la loro salvezza, la loro dignità non può Pag. 31essere affidata ad un'azione militare in Siria, ma al concreto e immediato riconoscimento della loro condizione di profughi. L'igiene del mondo non è la guerra, ma la pace, ma limitarsi a evocare la pace non ci assolve. La pace vive nella politica, nella buona politica e oggi una buona politica vuol dire farsi carico anche del sacrificio e della sofferenza di quel milione e mezzo di profughi (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Marazziti. Ne ha facoltà.

  MARIO MARAZZITI. Signor Presidente, Presidente del Consiglio, onorevoli colleghi, membri del Governo, è un passaggio importante oggi, per la guerra o per la pace. La Siria è un Paese che amiamo. Ci legano a quel Paese la storia, la geografia, la necessità di un Mediterraneo come scambio di pace, spazio di scambio, con tre lati.
  Mentre parliamo è sotto assedio la città di Maalula, una delle più antiche comunità cristiane del mondo, dove si parla aramaico, la lingua di Gesù; c’è il più antico altare del mondo nella chiesina di San Giorgio, prima dell'imperatore Costantino. L'assedio non è del Governo, ma di gruppi islamisti radicali: pulizia etnica e religiosa.
  La Siria che conoscevamo, pur sotto un regime autoritario, si è rotta. È stata rotta anche da tanti attori internazionali. Sabato eravamo in piazza San Pietro: un'immensa invocazione di pace, la forza debole della preghiera, mai un silenzio di preghiera, in 100 mila, così lungo. Dopo, tutto questo si è rotto drammaticamente; prima, si è rotto meno di tre anni fa. La Siria è oggi una ferita terribile e un dolore incalcolabile, non raccontato abbastanza da più di 100 mila vittime, 2 milioni di rifugiati e profughi che arrivano fino in Sicilia.
  Tutte le guerre creano il luogo del male. Terra dove il male è particolarmente forte è oggi la Siria, male contro uomini, donne e bambini, le convenienze di antiche comunità religiose e nazionali, una catena di errori. E le guerre contengono sempre un’escalation di errori, che diventano orrori, come l'utilizzo delle armi chimiche.
  I fatti: in Siria, l'ultima «primavera araba»; un regime autoritario che perde la grande occasione delle riforme; la richiesta di democrazia, dignità e giustizia nelle piazze; la repressione miope e brutale; la nascita di un'opposizione armata; il sostegno di Paesi arabi e occidentali agli insorti e più armi; presto o troppo presto un popolo, un Paese, assediato dalla guerra; una guerra che diventa presto una sporca guerra; errori di valutazione; l'idea di una guerra breve e di un cambiamento di regime; una guerra che è diventata la palestra per l'estremismo e il settarismo, dove la quantità di armi e di capacità di attacco delle molte componenti anche del Free Sirian Army ha sdoganato la brutalità del regime che ha iniziato a usare tutta la sua forza offensiva, uno degli eserciti più organizzati del Medio Oriente, contro i gruppi armati e contro i propri cittadini; un fallimento del mondo.
  La crisi siriana ha raggiunto dimensioni tali da mettere a rischio la stessa sopravvivenza della Siria come Stato e come nazione unitaria, e da più di due anni sottopone la popolazione a sofferenze insopportabili. La crisi siriana da tempo ha assunto la dimensione di una vera e propria guerra civile, che vede coinvolti, assieme alle forze regolari siriane, numerosi gruppi armati, nati dalla protesta siriana e dal desiderio di maggiore libertà e dignità, ma anche gruppi di professionisti della guerra cresciuti nelle diverse crisi mediorientali, dall'Iraq alla Libia, fino alla Cecenia, approfittatori, bande criminali che si rivestono di ideologie o parole religiose, fino ad assumere il carattere di un'autentica crisi internazionale, che vede coinvolti attivamente in appoggio ai profughi, agli insorti, ma anche ai gruppi armati, con attività di intelligence, sostegno umanitario, ma anche economico e militare, molti Paesi dell'area e del mondo, dalla Turchia alla Giordania, al Qatar e all'Arabia Saudita, dalla Russia al Libano e all'Iran, dagli Pag. 32Stati Uniti all'Unione europea, con intensità diversa: non più solo guerra civile, ma guerra e proxy war.
  Da tempo, al di là delle intenzioni di larga parte del mondo democratico, il sostegno agli insorti che si scontrano, senza risparmio di colpi, con il regime autoritario di Assad, registra sul terreno la distruzione della Siria come luogo di convivenza pacifica unico al mondo, di comunità religiose e popoli, e la prevalenza tra gli stessi insorti di settarismi violenti di marcata matrice integralista, jihadista, quaedista. Questo è imbarazzante, è inaccettabile.
  L’escalation militare non lascia intravedere, né nel breve periodo, né nel lungo periodo, un vincitore, ma già lascia sul terreno un intero mondo di vittime; segna la fuga o il terrore in gran parte delle comunità religiose, come emerge in maniera eclatante – un esempio tra i tanti – dalla pratica scomparsa in soli due anni di tutti i cristiani dall'antica città di Homs, ridotti a meno di cinquanta – cinque zero ! – da quasi 100 mila, residenti dagli inizi dell'era attuale fino a due anni fa in quella zona, come emerge dai rapimenti e dalla scomparsa di personaggi religiosi eminenti e capi di diverse comunità religiose nazionali, cristiani o musulmani.
  In questi giorni, dall'orrore è tornato – ne siamo felici, ci complimentiamo con il Governo, con il Ministro Bonino, con i servizi segreti, con chi ha lavorato per questo – un caro amico e grande giornalista, Domenico Quirico; ci sta aiutando a capire. Io sono stato fortunato ad andare in Siria fino allo scorso anno per motivi umanitari e non essere stato sequestrato. Sono ancora prigionieri i vescovi Mar Gregorio Ibrahim, Paul Yazigi – amici personali – padre Dall'Oglio, Abdul Aziz al-Khair, leader dell'opposizione siriana che è rimasto a Damasco: un altro caro amico, coraggioso uomo di pace, come quelli che ho già citato, che ha passato molti anni di vita nelle prigioni del padre di Assad, sparito, preso dal falchi, perché lavorava a una soluzione politica e non militare.
  In Siria passa oggi la frontiera di pace, tra pace e guerra nel pianeta, per l'intreccio di fattori geopolitici, alleanze problemi irrisolti e tensioni in tutta l'area. Per questo abbiamo ascoltato positivamente quanto ha detto, Presidente del Consiglio, e l'iniziativa ONU rilanciata dalla Russia, la disponibilità di Assad a mettere sotto controllo e al bando le armi chimiche dopo la grande invocazione di pace di Papa Francesco e del mondo offrono una grande occasione, se usata dalla comunità internazionale. Occorre fermare la guerra, un’escalation letale di nuova guerra e, poi, inventare la pace.
  Lasciatemi dire, concludendo e annunciando il voto favorevole del nostro gruppo alla mozione della maggioranza e a quanto questa contiene, lasciatemi dire dalla mia esperienza personale che la pace è possibile anche in Siria. L'ho visto, ho lavorato a costruirla in Burundi, quando un genocidio aveva lasciato sporche di sangue le mani di tutti, vittime e carnefici; l'ho visto, quando abbiamo cominciato a parlare in Mozambico e abbiamo costruito la pace, che dura da venti anni; quando abbiamo contribuito, allora con la comunità di Sant'Egidio, a riunificare la Costa d'Avorio, dopo cinque anni brutali di divisione del Paese e guerra civile. Per fare finire la guerra si parla, non si fa più guerra. Chi fa la guerra è sempre sporco di sangue e ci sono popoli che scelgono le proprie leadership: quando avranno la condizione sostenuta dalla comunità internazionale di esprimersi liberamente in Siria, avremo la leadership democratica della Siria.
  Ma si può riconciliare persone e popoli anche quando sembra impossibile: bisogna smettere di demonizzare l'altro, anche se in questo momento, in Siria, tutto sembra parlare di demoni e gli unici angeli sono quelli che piangono. Occorre creare la via diplomatica efficace che ancora non c’è: questo aiuterà anche i rapporti con gli Stati Uniti, con la Russia, l'autorevolezza dell'ONU, un nuovo ruolo dell'Europa, una grande iniziativa italiana per una soluzione politica. È anche il modo di difendere la pace in Libano, l'azione dei nostri Pag. 33connazionali che guidano la missione ONU in Libano, da anni, con intelligenza, a rischio personale.
  Allora, conferenze internazionali di pace, impegno umanitario, difendere tutti, i curdi, tutte le minoranze, tutti i popoli in Siria, i cristiani, i musulmani, le differenti comunità non con le armi, ma con una de-escalation delle armi, coinvolgendoli anche se non armati, perché non armati, nella conferenza di pace. Per questo Scelta Civica ha lavorato: voterà favorevolmente la mozione presentata dalla maggioranza, invita anche le opposizioni a votarla, anche se con differenze di linguaggio.

  PRESIDENTE. La invito a concludere.

  MARIO MARAZZITI. La pace – e concludo –, anche al termine di conflitti terribili, si raggiunge con il dialogo, quando smette il rumore delle armi; come ricordato da Papa Francesco, la guerra segna sempre il fallimento della pace, è sempre una sconfitta per l'umanità. Occorre delegittimare la guerra promuovendo al più presto l'avvio del nuovo negoziato politico, reso più urgente, non impossibile, necessario, proprio dall'accresciuto uso di armi terribili e letali come quelle chimiche.
  Ciò fino a un cessate il fuoco regionale che coinvolga subito le componenti del Free Syrian Army disponibili ad accertarlo e il Governo siriano e ad un ampio coinvolgimento della Coalition syrienne e dei maggiori soggetti che si sono impegnati per una transizione democratica, anche esterni all'attuale Coalition syrienne, perché l'intera società siriana sia coinvolta nella transizione e nella riconciliazione nazionale. Insomma, la pace in Siria può cominciare, anche, con la decisione di oggi; noi ci lavoreremo, lo dobbiamo alle vittime, anche a quelle delle armi chimiche (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Cicchitto. Ne ha facoltà.

  FABRIZIO CICCHITTO. Signora Presidente, signor Presidente del Consiglio, nell'esprimere una valutazione positiva non solo sulla mozione, ma specialmente sul suo intervento, anche se non va di moda, voglio esprimere una valutazione, una riflessione segnata da un certo relativismo storicista per rifiutare su questo terreno le scelte fatte sul terreno ideologico. Ciò nel senso che, fermo rimanendo che la pace in sé è un valore e la guerra in sé è un disvalore, noi non dobbiamo mai dimenticare, con l'esperienza storica che sta alle nostre spalle, che ci sono stati negli anni Trenta dieci anni di pace però segnati dal totalitarismo nazista e fascista e da quello comunista e che la guerra del 1940-1945 ci ha poi liberati, almeno, dal totalitarismo fascista e da quello nazista.
  Perché faccio questa premessa ? Proprio per parlare di Siria e di Libia e per riportare alla nostra memoria un momento cruciale e un'occasione per tanti aspetti persa che fu quella che, quando emerse una damnatio etica, sia nei confronti della Siria, sia nei confronti della Libia, poi abbiamo avuto una situazione nella quale, come dire, ci sono stati due pesi e due misure totalmente divergenti che oggi pesano in un modo drammatico sulla situazione. La Libia fu bombardata per circa nove mesi, con 10 mila missioni e non ci furono allora né digiuni né invocazioni pacifiste e oggi il risultato è davanti a tutti noi: fallito il grottesco tentativo francese di imprimere in quella vicenda un suo neoimperialismo, la Libia però è, oggi, in una situazione nella quale esiste solo una parvenza di Stato. Anche se il presidente Obama ci ha fatto la cortesia di riconoscere l'esistenza in quel Paese di una grande impresa che è italiana e di un sistema di servizi efficienti che sono italiani, e quindi ci ha assegnato una sorta di missione che per molti aspetti è una missione impossibile, nel senso, cioè, che noi possiamo lavorare a fianco di uno Stato, ma se questo Stato non c’è, e non è stato in grado neanche di darci 300 addetti perché i nostri carabinieri li addestrassero – perché la gente che è in Libia e che vuole, diciamo così, misurarsi Pag. 34con questo tipo di professione, preferisce stare nelle bande armate – questo ci dà il senso del fallimento che c’è stato in Libia.
  Tuttavia, in parallelo va analizzata la situazione siriana per quello che era. Vedete colleghi, lo voglio dire anche agli amici di SEL che su questo hanno fatto delle riflessioni, in Siria, a differenza che in Tunisia, Egitto, Libia, Yemen, si è sviluppata una rivoluzione, non una rivolta. Questa rivoluzione è iniziata nel marzo del 2011 nella provincia di Dera'a ad opera della popolazione urbana povera e di migliaia di contadini costretti ad inurbarsi nella miseria dalla siccità.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MARINA SERENI (ore 12,40)

  FABRIZIO CICCHITTO. La ribellione si è infatti mano a mano estesa a tutte le zone periferiche del Paese, coinvolgendo tutti gli strati marginali e poveri della società siriana. Fatto unico in tutte le rivolte arabe, e tipico di una dinamica rivoluzionaria, sin dall'autunno del 2011, in Siria 60, 80 mila militari di Assad hanno disertato e circa 10, 15 mila di loro combattono ora nella Libera Armata Siriana.
  Ebbene, questa forza militare è però armata in modo del tutto insufficiente, anche e soprattutto per la sottovalutazione della crisi siriana sia da parte di Obama, sia da parte dell'Europa, sia anche da parte italiana. Questa debolezza militare degli insorti nazionalisti e laici ha aperto la strada al peggio, cioè all'ingresso di 4-5 mila miliziani jihadisti legati ad Al-Qaeda, per un verso; e dall'altra parte (non dobbiamo mai dimenticarcelo) al fatto che l'Iran ha messo in campo vicino ad Assad 7-8 mila guerriglieri di Hezbollah, cambiando in parte i rapporti di forza.
  Noi dobbiamo avere consapevolezza anche di un'altra questione, anche se questa può risultare più sgradevole: va fatta un'analisi su quel regime e su quel sistema, che non comporta solo una persona. È fondamentale tener conto del fatto che, a differenza di altri Paesi arabi, le classi dominanti siriane non si sono disgregate, ma hanno sostanzialmente tenuto saldo il loro appoggio pluridecennale al regime; quindi, ha retto l'alleanza tipica del regime siriano, che affianca agli alauiti (setta sciita che occupa tutte le posizioni di comando dello Stato e dell'amministrazione grazie al loro controllo del Partito Baath), i ricchi sunniti che da secoli controllano il latifondo, il commercio, il bazar e la poca industria e lo stentato capitale finanziario, e anche un nucleo di ricchi cristiani, da sempre cooptati nel Baath.
  Questa è la situazione con la quale bisogna fare i conti, che ha avuto questa accentuazione drammatica: oltre agli Hezbollah, in campo c’è stato un intervento delle armi chimiche, e quindi il massimo – diciamo così – di perversione. Ma tutto questo dipende anche dal fatto che l'Europa, gli Stati Uniti, il nostro stesso Paese non hanno appoggiato la rivoluzione siriana nel momento in cui essa andava appoggiata, cioè due o tre anni fa, e si è lasciata andare a se stessa questa situazione, in una realtà certamente che non può essere risolta così come aveva pensato Obama, cioè con un intervento militare.
  Però, aggiungo una riflessione per chi (vorrei rassicurare un esponente del Partito Democratico) non è su una posizione terzaforzista, tra gli americani e Putin: questo ha dato uno spazio a Putin in funzione della conservazione di quel sistema, ha dato uno spazio a Putin per una operazione abilissima dal punto di vista diplomatico, che però può darsi che sia in funzione di una conservazione intelligente del sistema. E aggiungo anche – dobbiamo dircelo –, che probabilmente la mossa fatta dalla Russia, che comunque è una mossa innovativa, non ci sarebbe stata se Obama non avesse dato un pugno sul tavolo e se a nostra volta noi non avessimo svolto un ruolo di mediazione.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LAURA BOLDRINI (ore 12,45)

  FABRIZIO CICCHITTO. Dobbiamo quindi vedere le cose nella loro complessità Pag. 35e nella loro difficoltà, avendo anche un'altra consapevolezza: la consapevolezza che questa vicenda siriana si innesta su una crisi di tutto il Mediterraneo, sul fallimento delle cosiddette primavere arabe, che hanno avuto e che hanno una dinamica di diverso segno, ma che purtroppo non è nel segno della libertà e della democrazia.
  Ebbene, noi dobbiamo avere la consapevolezza e la coscienza che è assolutamente necessario che ci sia un apporto dell'Europa e un apporto degli Stati Uniti: noi non dobbiamo giocare in una chiave volta a fomentare gli elementi di debolezza degli Stati Uniti, perché, guardate, se tutta la crisi del Mediterraneo viene lasciata a se stessa dagli Stati Uniti o da errori che loro possono aver fatto, poi ci precipita tutto addosso nel momento nel quale in Europa vediamo che allo stato non c’è unità con dei giochi di ben altro segno.

  PRESIDENTE. La invito a concludere.

  FABRIZIO CICCHITTO. Quindi, per concludere, io manifesto tutto il mio consenso con l'intervento che ha fatto qui tra di noi il Presidente del Consiglio, purché noi abbiamo intera la consapevolezza e la coscienza che ci troviamo a fare i conti con una partita di estrema difficoltà nella quale noi dobbiamo lavorare per far sì che il nostro rapporto in Europa e il nostro rapporto positivo con gli Stati Uniti serva per misurarci con una realtà che è attraversata da momenti assolutamente drammatici, i cui epicentri sono da una parte la Siria e dall'altra l'Egitto (Applausi dei deputati del gruppo Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Grande. Ne ha facoltà.

  MARTA GRANDE. Signor Presidente, le contingenze politiche attinenti la questione siriana sono diverse e tutte complesse, ragion per cui risulterà necessario evitare ogni considerazione demagogica e attenersi alla pura e semplice analisi dei fatti. Questo è quanto abbiamo cercato di fare nel corso del lavoro di ricerca che ha caratterizzato le fasi della redazione di questa mozione, e questo è quanto ora intendo ribadire, pur nell'amara consapevolezza che troppo spesso le sensibilità dell'individuo debbono cedere il passo alle logiche della ragion di Stato.
  Eppure, oggi quanti si dichiarano e si esprimono contrariamente rispetto alla presunta necessità di un conflitto armato si trovano nella vantaggiosa circostanza di poter soddisfare tanto la propria coscienza e legge morale quanto le inevitabili e pragmatiche necessità della politica reale, perché questa guerra non risolverà il problema anzi, avrà come unico risultato quello di aggiungere altra violenza a quella già prodotta fino ad ora, invocando giocoforza il sentiero opposto rispetto alla soluzione del problema.
  Credo sia legittimo poter considerare l'eventualità di un conflitto – e soprattutto il coinvolgimento dell'Italia nello stesso – sotto un duplice aspetto: la già abbondante scia di sangue seminata in Siria dalle lotte intestine, per giunta alimentate da probabili ingerenze straniere, sebbene quest'ultime non ufficiali, sarebbe di per sé un deterrente più che valido per convincere, se ancora non lo fosse, l'intera civiltà occidentale circa la totale inefficacia di un ulteriore allargamento dello scenario di guerra, ma pure non possiamo esimerci da valutazioni di carattere economico, oltre che etico, relativamente ad un nostro intervento più o meno deciso in territorio siriano.
  Premesso che l'Italia, così come recita la nostra Costituzione, ripudia la guerra, va pure sottolineato con forza quanto, mai come in questo momento, un intervento armato produrrebbe effetti nefasti sulla nostra già allarmante situazione di deficit. Spero, Presidente, che i miei colleghi sappiano ricordarsi di quanto gravi e importanti siano le responsabilità che il nostro ruolo istituzionale ci impone, così come riescano a tenere a mente quanto delicata sia la scelta che noi tutti stiamo per compiere.Pag. 36
  Pur fra mille problemi e contraddizioni e non senza commettere errori, certamente evitabili, l'Europa cerca da lungo tempo di avviare una politica che sappia essere il più possibile condivisa da tutte le Nazioni che ne fanno parte, anche arrivando a subire critiche fin troppo severe, pertanto si avverte forte l'esigenza di raccogliere e capitalizzare la parte sana e concreta di questi faticosi sforzi politici, cominciando proprio dall'ascoltare la voce dei popoli, da intendere oggi più come comunità che come Nazioni diverse e distanti.
  Come poter dunque volgere altrove lo sguardo mentre un'ondata di sdegno, pressoché unanime, si solleva con crescente insistenza proprio nel Paese a noi più vicino, sia geograficamente che politicamente, la Francia, subito dopo l'azzardato passo in avanti compiuto dal Presidente Hollande, pronto ad affiancare il proprio esercito a quello statunitense ? Alla luce di quanto detto risulterà necessario prendere atto di come strategicamente pericolosa risulti la tattica politica del cerchiobottismo, se così vogliamo chiamarla. Non possiamo più fissare il dito ed ignorare con superbia la luna, rivendicando ora la nostra autonomia nazionale piuttosto che i vincoli imposti da una comune politica europea, a seconda delle esigenze di turno.
  Cambiando essi stessi i canali di informazione hanno assunto forme più dirette e partecipative, ponendo i cittadini nella condizione di potersi documentare su più ampia scala e di scegliere le fonti che essi, a buon diritto, ritengono attendibili oppure faziose. Anche e soprattutto per questa ragione la favola di fuochi amici o bombe intelligenti non convince oramai più nessuno.
  Piuttosto, parlando di guerra, ritorna all'attualità un problema tanto antico, quanto avvertito con prepotenza dal nostro popolo, ovvero la reale autonomia politica dell'Italia rispetto alle altre grandi potenze mondiali. Per molti, il fatto che l'Italia sieda solo formalmente al tavolo delle grandi, ma che sia, in realtà, un suddito asservito degli Stati Uniti d'America, è oramai un dato di fatto che gli italiani, con la loro storica pazienza, hanno amaramente metabolizzato.
  Sì, Presidente, gli italiani, il nostro grande popolo disilluso, stanco, vittima incolpevole della propria rassegnazione, ma che pure, con grande spirito di responsabilità e maturità culturale, ha ancora il coraggio di non riporre nel cassetto il sogno di un Paese con la schiena dritta, di una politica che abbia il coraggio di palesare il proprio dissenso, guardando dritto negli occhi chi crede di essere migliore di noi, ma che nei fatti non lo è. Un'altra Italia, che, invertendo la rotta, trovi l'orgoglio e la forza per poter dire a tutto il mondo «no» alla guerra e che sappia ricordare a se stessa di essere una, libera e indipendente (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Epifani. Ne ha facoltà.

  ETTORE GUGLIELMO EPIFANI. Signora Presidente, signor Presidente del Consiglio, il Partito Democratico condivide la scelta che il Governo ha assunto e il ruolo che ha avuto in queste settimane sulla vicenda siriana. In modo particolare, noi condividiamo i due presupposti che sono alla base di questa scelta: da una parte, la condanna delle atrocità che si commettono nella guerra civile in atto nella Siria e delle responsabilità di Assad in tutto questo. Su questo, non ci possano essere dubbi o reticenze, soprattutto quando si usa una forza, come quella che deriva dall'armamento chimico dei gas nei confronti della popolazione inerme.
  Condividiamo anche il secondo presupposto, cioè che c'era e c’è bisogno di cercare le vie più idonee da parte della comunità internazionale per porre un argine a tutto quello che sta accadendo. Da questo punto di vista, ripeto che l'uso della forza, tanto più senza una strategia politica chiara, comporta e comporterebbe due rischi: quello di allargare il conflitto, fino a fargli raggiungere dimensioni oggi non calcolabili, oppure, a sua volta insieme, Pag. 37accentuare la repressione interna, in sostanza, macerie su macerie.
  Il fatto è che oggi possiamo salutare come una novità quella che sembrava una posizione giusta del nostro Governo e del nostro Paese, ma anche, da sola inidonea a cambiare il corso delle cose e che appare invece oggi il segno di una politica che può produrre l'effetto sperato, in modo particolare per riaprire la strada di un ruolo dell'ONU, mettere sotto controllo l'arsenale chimico, riaprire la prospettiva di una conferenza di pace.
  Per questo, in queste ore, questo deve essere l'obiettivo da spingere avanti in maniera risoluta. Se si è aperta questa possibilità, se si è individuata questa strada, questa possibilità e questa strada non possono essere chiuse. Ce n’è per noi, per il nostro ruolo da oggi in poi e ce n’è anche naturalmente per l'Unione europea. L'Europa deve tornare a svolgere un ruolo senza le divisioni che ne hanno caratterizzato e infiacchito il ruolo, troppe posizioni diverse, troppi interessi regionali e tutto questo pagato con un'assenza di proposte di ruolo nello scacchiere internazionale, anche perché per l'Europa, non soltanto per l'Italia, il mare Mediterraneo è essenziale. Noi siamo qui da italiani e da europei, qui è il nostro presente e questo è il nostro futuro.
  Voglio aggiungere ancora tre considerazioni. La prima: se dovesse vincere questa idea, questo disegno e questa possibilità si aprirebbe un modello che può valere per gli altri problemi presenti in quell'area e quella che oggi è solo una scommessa può diventare un modello in grado di intervenire e prevenire altri conflitti, dei quali si avverte ogni giorno la possibilità.
  Ce n’è per l'Europa, ho già detto, per il suo ruolo diverso della politica mediterranea e da questo punto di vista vi chiedo, Presidente del Consiglio, Ministero degli esteri, Governo, di svolgere ogni sforzo possibile perché il vertice della difesa di fine anno del Consiglio dell'Europa sia un passaggio fondamentale per riconnettere un po’ più di politica della difesa europea con un po’ più di politica europea internazionale (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
  E la terza considerazione, della quale si è parlato poco fino adesso, riguarda proprio la democrazia e, in modo particolare, il ruolo che le assemblee legislative e i parlamenti hanno avuto in queste settimane. Quello che è successo alla Camera dei comuni a Londra, quello che sta avvenendo di discussione all'interno del Parlamento degli Stati Uniti, la discussione che c’è stata all'Assemblea legislativa francese sono aspetti significativi e fondamentali dell'evoluzione possibile di questa crisi insieme, naturalmente, all'altissimo appello del Santo Padre, espresso in forme e modalità del tutto inedite e condivisibili (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Per questo oggi torna a noi, a noi Parlamento italiano, di rafforzare e portare le nostre ragioni al ruolo delle istituzioni internazionali e dire, nel modo più ampio possibile, al nostro Governo che ha dietro il sostegno convinto del Parlamento e, per quello che ci riguarda, della Camera dei deputati.
  Infine, voglio solo ricordare, perché lo ritengo giusto in questa giornata, due frammenti della nostra memoria e della nostra storia. Quello che avvenne l'11 settembre di dodici anni fa, in quella giornata dove avvenne uno dei più terribili episodi in grado di chiarire a tutti dove può portare un terrorismo disumano e al di là di ogni logica, e quello che avvenne nel Cile di Allende quarant'anni fa, dove si consumò in un solo momento uno dei più atroci episodi di sonno della ragione e una delle più cupe parentesi del sonno e della notte della democrazia (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico – Congratulazioni).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, la deputata Argentin. Ne ha facoltà per un minuto.

  ILEANA ARGENTIN. Signor Presidente, mi scuso per rubare un minuto all'Aula, ma ho la necessità di esporre Pag. 38questa cosa. Pur essendo pienamente d'accordo con l'intervento del segretario Epifani e con l'azione del Governo, per il ruolo che rappresento in quest'Aula sarò costretta ad astenermi da qualsiasi votazione su queste mozioni per la Siria, visto che il capitolo di bilancio – vi dico francamente non voglio fare azioni demagogiche – sulla non autosufficienza è ancora completamente vuoto.
  Faccio questa riflessione e la faccio in questo campo perché ho la necessità di dirvi, con molta onestà, che andiamo ad occuparci di una sanità. Pur non volendo fare una guerra tra figli e figliastri, tra malati di un tipo e di un altro, pur volendo limitare una guerra, pur volendo aiutare tutti, vi ricordo che io sono qui non perché cerco una poltrona. Io la poltrona me la porto da casa e non posso dimenticare che c’è tanta gente per cui la guerra inizia ogni mattina, perché non riesce a fare neanche pipì (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico e dei deputati dei gruppi MoVimento 5 Stelle, Sinistra Ecologia Libertà e Lega Nord e Autonomie).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Sorial. Ne ha facoltà.

  GIRGIS GIORGIO SORIAL. Signor Presidente, intervengo a titolo personale e mi rivolgo anche a lei perché io mi sento schifato, e non capisco come faccia lei a non esserlo, perché i discorsi che ho appena sentito, tra l'altro citando il Santo Padre, sono discorsi da farisei, visto che vi piace la Bibbia. Vi dico quello che è: da farisei e da ipocriti, perché se voi leggeste la mozione di maggioranza, questa dice proprio: «a sostenere l'iniziativa volta a neutralizzare l'arsenale chimico siriano». Questa è guerra. Voi state votando la guerra (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  E se non l'avete capito, l'ONU è ipocrita come vuoi, perché la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo del 1948, proprio votata e chiesta dall'ONU, all'articolo 3 garantisce il diritto alla vita e la vita non è guerra. Ipocriti (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) !

  PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto.

(Votazioni)

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.
  Come da prassi, le mozioni saranno poste in votazione per le parti non assorbite e non precluse dalle votazioni precedenti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Grande ed altri n. 1-00113 (Nuova formulazione), su cui il Governo ha espresso parere contrario.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Latronico, Vecchio, Catania, Epifani, Oliverio, Rotondi, Valiante...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti  519   
   Votanti  494   
   Astenuti   25   
   Maggioranza  248   
    Hanno votato
 128    
    Hanno votato
no  366).    

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Migliore ed altri n. 1-00177, su cui il Governo ha espresso parere contrario.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Colonnese, Di Lello, Vecchio, Lombardi, Lotti ...
  Dichiaro chiusa la votazione.Pag. 39
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti  522   
   Votanti  513   
   Astenuti    9   
   Maggioranza  257   
    Hanno votato
 129    
    Hanno votato
no  384).    

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Speranza, Brunetta, Dellai e Pisicchio n. 1-00178, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Bargero, Catania, Di Lello, Colonnese, Lo Monte, Garavini, Carbone, Manfredi, Rostan, Costantino, Savino...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

   (Presenti  525   
   Votanti  476   
   Astenuti   49   
   Maggioranza  239   
    Hanno votato
 372    
    Hanno votato
no  104).    

  (La deputata Miotto ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto favorevole).

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Giorgia Meloni ed altri n. 1-00179 (Nuova formulazione), per le parti non assorbite o precluse dalla precedente votazione. In particolare, a seguito dell'approvazione della mozione Speranza, Brunetta, Dellai e Pisicchio n. 1-00178, risulta precluso il primo capoverso del dispositivo. Il parere del Governo è contrario.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Colonnese, Quaranta, Boccuzzi, Carbone, Gelmini, Gallo, D'Attorre...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti  530   
   Votanti  349   
   Astenuti  136   
   Maggioranza  198   
    Hanno votato
  24    
    Hanno votato
no  370).    

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Giancarlo Giorgetti ed altri n. 1-00180, nel testo corretto, in quanto non assorbita dalle precedenti votazioni, su cui il Governo ha espresso parere contrario.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Brunetta, Boccuzzi, Carbone, Ghizzoni...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti  530   
   Votanti  492   
   Astenuti  38   
   Maggioranza  247   
    Hanno votato
 120    
    Hanno votato
no  372).    

  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione Locatelli ed altri n. 6-00026, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Carbone, Madia, Marzano, Rostan, Buttiglione...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

   (Presenti  531   
   Votanti  376   
   Astenuti  155   
   Maggioranza  189   
    Hanno votato
 376).    

  A questo punto, rimangono da esaminare gli altri argomenti all'ordine del giorno. Se siete d'accordo, proporrei di Pag. 40avviare l'esame degli altri argomenti alla ripresa pomeridiana dei lavori. Mi pare di capire che vi è accordo.

Sull'ordine dei lavori (ore 13,10).

  PIA ELDA LOCATELLI. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  PIA ELDA LOCATELLI. Signor Presidente, vorrei ricordare che oggi celebriamo il quarantesimo anniversario del golpe in Cile e quindi ricordiamo anche la morte di Salvador Allende, colpo di stato che ha portato il Cile alla dittatura (Applausi). Con quel golpe cominciò la lunga notte della democrazia cilena, una notte durata ben sedici anni. Oggi ricordiamo le migliaia di persone uccise, scomparse, torturate: lavoratori, intellettuali, dirigenti sindacali, donne e uomini, ragazze e ragazzi giovanissimi. Quel golpe ha segnato le generazioni nate a cavallo degli anni Cinquanta e Sessanta, colpendo l'opinione pubblica internazionale e suscitando manifestazioni di protesta in Italia e nel mondo.
  In quarant'anni tante le analisi, a volte molto, troppo severe nei confronti di Allende e del suo Governo. Noi non siamo qui ad esprimere giudizi politici, ma affermiamo con convinzione che Allende era guidato dai valori della giustizia sociale e della libertà e impegnato nella lotta alle insopportabili disuguaglianze sociali.
  Certamente imporre il socialismo con il 36 per cento dei voti era velleitario, così come erano azzardate le spinte oltranziste dei socialisti di Altamirano e il popolo cileno pagò un prezzo altissimo per quell'estremismo, con sedici anni di dittatura dura e crudele. Soltanto nel 1988 masse popolari di opinioni politiche diverse, ma accomunate dall'ideale democratico, furono capaci di unirsi e sconfiggere Pinochet con la partecipazione democratica al plebiscito.
  Ero parte della delegazione di osservatori internazionali al plebiscito e posso dire che è stata una delle esperienze politiche più intense ed emozionanti della mia vita, che ha segnato il mio impegno a favore dell'America latina negli anni successivi.
  Un'ultima cosa, ancora un minuto: in questa occasione voglio ricordare con grande, e sottolineo, grande...

  PRESIDENTE. Onorevole Locatelli, la prego, concluda.

  PIA ELDA LOCATELLI. ... orgoglio, il ruolo dell'ambasciata italiana e del personale diplomatico e amministrativo, perché ha aiutato le persone con grande dedizione. Voglio ricordare i loro nomi: Piero De Masi, Roberto Toscano, Damiano Spinola, Livia Meloni e Cesare Rampioni. A loro...

  PRESIDENTE. Grazie, onorevole Locatelli.

  CLAUDIA MANNINO. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà

  CLAUDIA MANNINO. Signor Presidente, intervengo per fatto personale. Ieri, durante la sospensione della seduta, io personalmente con il mio cellulare, dalla postazione della segreteria di Presidenza, ho fatto un video dei tumulti che sono successi in Aula subito dopo l'interruzione (Commenti).
  
A quest'azione è seguito un intervento da parte del deputato questore Dambruoso, che, rivolgendosi a me, seduta alla postazione della segreteria, ha detto che non potevo farlo e che, se avessi voluto fare delle riprese o delle fotografie all'interno dell'Aula, le dovevo far fare a mio marito, che – lui sostiene – io faccio entrare abusivamente a Montecitorio.
  Ora, per la seconda volta – perché già c’è un precedente con il deputato questore – sono scesa, mi sono spostata dalla mia postazione, ho chiesto a un assistente parlamentare di seguirmi – visto che mi rendevo conto di essere notevolmente agitata Pag. 41ed emozionata – e sono andata incontro al deputato questore, dicendogli che, come prima considerazione, la seduta era sospesa, non stavo riprendendo attività d'Aula, e, come seconda cosa, come gli ho già detto in precedenza in un precedente scontro, di portare le prove che io abusivamente faccio entrare mio marito all'interno di Montecitorio. È nelle sue facoltà prendere i registri degli ingressi e dire quante volte faccio entrare mio marito qua dentro.
  Oltre la ridicola situazione e il ridicolo argomento, a questo è seguita la reazione degli altri deputati che erano attorno al deputato questore – e concludo –, che non solo mi hanno accusata di fare entrare abusivamente mio marito qua dentro, ma in più mi hanno detto: «Sei un carabiniere, che vuoi le prove ?».

  PRESIDENTE. Concluda, per favore. Il tempo è scaduto.

  CLAUDIA MANNINO. Concludo dicendo che questo argomento sarà oggetto di Ufficio di Presidenza e chiedo spiegazioni dettagliate su chi entra a Montecitorio (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  STEFANO DAMBRUOSO. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  STEFANO DAMBRUOSO. Signor Presidente, intervengo solo perché sono stato chiamato in causa evidentemente. Oggi è l'11 settembre, mi piace ricordare questa data proprio perché ho legato il mio impegno e il mio contributo, per molti anni, nel risolvere vicende che potevano riguardare il nostro Paese. Oggi il richiamo a questa vicenda di cui ho appena sentito parlare la deputata Mannino mi rammenta – o comunque mi impone di rammentare – che qui tutti quanti, a partire da me, dobbiamo applicare delle regole basilari minime, perché questo è un palazzo istituzionale che deve mantenere il suo decoro e deve continuare a essere vissuto in questa maniera (Applausi dei deputati dei gruppi Scelta Civica per l'Italia e Partito Democratico).

  PRESIDENTE. In Ufficio di Presidenza verrà valutato questo episodio.

  ROCCO BUTTIGLIONE. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  ROCCO BUTTIGLIONE. Signor Presidente, intervengo sull'ordine dei lavori per dedicare qualche parola anch'io al ricordo del colpo di Stato in Cile del 1973, quando un esperimento difficile di democrazia, per gli errori suoi, ma certamente soprattutto per la violenza esterna, ebbe a morire.
  Voglio ricordare, insieme con il Presidente Allende, il mio amico, il Presidente Eduardo Frei Montalva, che è diventato da allora e per molti anni il punto di riferimento della resistenza culturale e morale, prima ancora che politica, del popolo cileno. Voglio ricordare il cardinale Silva Henríquez che mise la vicaria de la solidaridad a disposizione di tutti i rifugiati e che, lavorando insieme anche con l'ambasciata italiana, riuscì a salvare la vita di tantissime persone, tra cui gran parte della dirigenza sindacale del Paese.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE LUIGI DI MAIO (ore 13,20)

  ROCCO BUTTIGLIONE. Voglio ricordare il mio amico, il nostro amico, l'amico dell'Italia, Bernard Lonergan che venne qui, a Roma, e qui a Roma fu oggetto di un drammatico tentativo di assassinio che lo lasciò poi handicappato per il resto della sua vita. Voglio ricordare Patricio Aylwin, poi Presidente della Repubblica cilena, che in quegli anni, insieme con Eduardo Frei, intorno al centro della università cattolica di Santiago, fu grande rappresentante della cultura della libertà. Voglio ricordare, infine, Giovanni Paolo II...

Pag. 42

  PRESIDENTE. Dovrebbe conclude...

  ROCCO BUTTIGLIONE. Concludo... che con i suoi viaggi in Cile pose il seme e la base della rinascita della democrazia cilena.

  FABIO PORTA. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  FABIO PORTA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, quarant'anni fa, l'11 settembre del 1973, i militari del generale Pinochet occupavano il Palazzo de La Moneda a Santiago, in Cile.
  Con la morte ed il sacrificio di Salvador Allende iniziava una delle più cruente dittature che la storia contemporanea abbia mai conosciuto. L'Italia democratica di allora seguì con grande partecipazione quei fatti e la nostra ambasciata ospitò centinaia di quei rifugiati scrivendo una delle più belle pagine della nostra diplomazia. Sono certo che anche l'Italia di oggi e, quindi, il suo Parlamento sarà in grado di ricordare quegli accadimenti consapevole del fatto che la democrazia non è mai un dato acquisito una volta per tutte (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). La democrazia va consolidata ogni giorno ed è un valore superiore a tante nostre polemiche sterili e, a volte, inutili. Ricordiamocene anche quando qualcuno parla con troppa leggerezza e superficialità di golpe o di colpo di Stato. Il Governo del socialista Salvador Allende e della sua coalizione, Unidad Popular, aveva risvegliato per la prima volta le speranze spesso frustrate di un intero continente, la speranza che un Governo libero e indipendente eletto democraticamente dal popolo potesse finalmente redistribuire le grandi ricchezze di quei territori con equità e giustizia sociale. Il golpe pose fine a quel sogno. Negli anni che ne seguirono il cosiddetto Piano Condor diede vita in Argentina, Brasile, Uruguay, Bolivia, Perù, Paraguay a regimi di carattere autoritario e dittatoriale. Tante furono le vittime e tra loro tanti erano italiani. Tra un mese esatto inizierà a Roma il primo processo internazionale su quei fatti a dimostrazione che l'Italia non ha dimenticato e che non esiste una scadenza per la verità e la giustizia. Il sacrificio di Allende quindi non è stato vano. Il suo sogno si è poi realizzato e lo dimostrano le democrazie di quei Paesi oggi vive e forti...

  PRESIDENTE. Deputato Porta, concluda.

  FABIO PORTA. ... e tutte orientate a quegli ideali di giustizia e libertà. Concludo, signor Presidente, inviando al Cile, all'America Latina e alle grandi collettività italiane che vivono in quei Paesi il nostro saluto, il nostro abbraccio perché la solidarietà tra i nostri popoli non verrà meno mai: sempre democrazia, dittatura nunca más (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  FUCSIA FITZGERALD NISSOLI. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  FUCSIA FITZGERALD NISSOLI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, oggi ricorre l'anniversario degli attentati del 2001 alle Twin Towers e al Pentagono, seguiti da quelli di Londra e Madrid. Dopo l'11 settembre l'agenda mondiale ha subito il condizionamento della paura del terrorismo, contribuendo a creare un clima di instabilità mondiale e di timore del futuro. Le priorità mondiali sono state ricalibrate riorientando le politiche sia interne che internazionali alla lotta al terrorismo, dimenticando troppo spesso il valore profondo del dialogo come strumento per la pace e, quindi, per una vita sicura e interdipendente.
  La riarticolazione della politica attorno alla dimensione del terrorismo ha fatto passare in secondo piano i problemi della maggior parte della gente che soffre e che chiede giustizia e una vita dignitosa. Forse dobbiamo veramente avviare un processo di conversione degli arsenali di armi in depositi di grano per il pane. Forse neanche Pag. 43i terroristi troverebbero più gli strumenti per offendere. Sembrano parole utopistiche ma la politica per prima, oggi, ha bisogno di ritrovare un sogno e la strada maestra sulla via dei valori, e non è la pace un valore universale ? Allora il nostro compito è batterci contro il traffico delle armi, consapevoli che la disponibilità di armi favorisce anche l'intensificarsi e il perdurare dei conflitti di ogni genere, favorendo in maniera evidente il compimento di atti terroristici e criminosi.
  Dobbiamo lavorare – ce lo ha ricordato Papa Francesco sabato scorso – per ricomporre l'armonia del genere umano attraverso il dialogo e l'incontro con l'altro, l'unico atteggiamento in grado di unire la priorità della verità a quella della pace. Ricordando le vittime dell'11 settembre 2001 non possiamo dimenticare ciò che sta accadendo in Siria e tutte quelle vittime di chiusure e conflitti scellerati in cui si calpesta la dignità e il suo valore per logiche che portano solo alla distruzione. Di fronte a questo credo che possa prevalere il metodo della tolleranza ideologica e la diplomazia come strumento di risoluzione dei conflitti. Anche noi dobbiamo dare un esempio...

  PRESIDENTE. Dovrebbe concludere.

  FUCSIA FITZGERALD NISSOLI. Ho finito... adoperandoci in Parlamento perché possa radicarsi la cultura della pace. Cari colleghi, io che risiedo negli Stati Uniti vi dico che siamo fortunati a trovarci in un Paese come l'Italia che merita di essere amato e valorizzato di più a partire da quanto si fa in questo Parlamento. La pace si costruisce anche così (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).

  FILIPPO GALLINELLA. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  FILIPPO GALLINELLA. Signor Presidente, cito la Repubblica di oggi: «Conclave dei saggi in riviera: paga Palazzo Chigi. Costi stimati: 20 mila euro». E già poi cominciano subito le discussioni: il presidenzialismo spacca il Comitato. Quindi noi torniamo a ribadire che le preoccupazioni del MoVimento 5 Stelle sulla violenza alla Costituzione sono subito confermate il giorno dopo.
  Altra cosa, parliamo dei costi: ora io non capisco e noi non capiamo come mai bisogna spendere tutti questi soldi in un hotel a quattro o cinque stelle, a Francavilla, quando ci sono locali della Camera, del Senato e di Palazzo Chigi che non costano nulla e sono già attrezzati anche per la diretta streaming, in modo tale che così possiamo coinvolgere i cittadini (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Oltretutto la Camera si sta impegnando con una spending review, cercando di tagliare i costi, e poi vediamo che si tagliano i costi per esempio del personale di palazzo Marini, con persone che prendono 800 euro al mese. Quindi è uno scandalo che noi torniamo a ribadire e pretendiamo – e già ho portato e consegnato un atto di sindacato ispettivo – che da qui in avanti questi saggi si riuniscano nelle nostre aule e nelle nostre stanze, con la diretta streaming, in modo tale che tutti possano sapere cosa accade. Oltretutto si risparmierebbero diversi soldi (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  MATTEO COLANINNO. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  MATTEO COLANINNO. Signor Presidente, ieri mattina a Milano, all'età di 83 anni, è venuto a mancare Steno Marcegaglia, presidente e fondatore dell'omonimo gruppo siderurgico. Mi sia consentito dedicare qualche minuto, anche a nome dei colleghi Martelli e Carra qui a fianco a me, per commemorarlo insieme a voi.
  Classe 1930, Steno Marcegaglia avvia il suo percorso imprenditoriale nel 1959, aprendo un piccolo laboratorio di 120 metri quadrati. In cinquant'anni trasforma quel laboratorio in un gruppo imprenditoriale Pag. 44di rilevanza internazionale, potendo contare su 50 siti produttivi, da cui escono ogni giorno 5.500 chilometri di manufatti in acciaio. Questo basta ad affermare che Steno Marcegaglia è stato un grande imprenditore, capace di creare dal nulla uno dei più rilevanti gruppi industriali del settore. Quella di Marcegaglia è dunque una storia di impresa familiare di successo, fondata sull'amore per l'impresa, sul valore del lavoro e sul profondo rapporto con il territorio e con la comunità mantovana. Pur espandendosi a livello globale, ha sempre mantenuto un solidissimo ancoraggio sociale ed imprenditoriale a Gazoldo degli Ippoliti e a Mantova.
  È questa, a ben vedere, una delle testimonianze più significative del modello di impresa familiare vincente. Quella di Marcegaglia è stata ed è una sorta di identità tra famiglia e industria: capace di innovare, cambiare pelle aprendosi al mondo, crescere e competere, senza mai rinunciare alle proprie origini, anzi esaltandole sempre e facendole diventare un irrinunciabile punto di forza.
  Al cavaliere del lavoro Steno Marcegaglia mi legava un antico rapporto di amicizia personale e familiare, nato e cresciuto nell'ambiente dell'associazione degli industriali di Mantova, luogo di formazione e di esperienze a cui sono inscindibilmente legato. Così come non potrò dimenticare gli anni vissuti nei giovani imprenditori di Confindustria, cui la famiglia di Steno era fortemente legata. Sua figlia Emma prima ed io successivamente abbiamo potuto guidare i giovani imprenditori italiani partendo dalla stessa provincia, dalla stessa associazione, dalla nostra terra mantovana.
  Ecco, questa brevissima «incursione» nei ricordi personali per testimoniare l'importanza di uomini ed imprenditori come Steno Marcegaglia per il nostro Paese e per manifestare ai figli Emma ed Antonio e a tutta la famiglia il cordoglio mio personale, di tutti i mantovani che l'hanno stimato e apprezzato e mi permetto, in questo momento, di tutti voi onorevoli colleghi.

  DIEGO DE LORENZIS. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  DIEGO DE LORENZIS. Signor Presidente, io mi dispiaccio di non poter interloquire direttamente con la Presidente Boldrini, perché nella campagna elettorale appena passata tutte le forze politiche si sono impegnate sulla trasparenza, un tema rilanciato anche nei discorsi inaugurali dei Presidenti appunto di Camera e Senato.
  La Presidente Boldrini appunto così si esprimeva: «Facciamo di questa Camera la casa della buona politica, rendiamo il Parlamento e i nostri lavori trasparenti, anche in una scelta di sobrietà che dobbiamo agli italiani». Il Presidente del Senato, analogamente, diceva: «Sogno che quest'Aula diventi una casa di vetro e che questa scelta possa contagiare tutte le altre istituzioni».
  Il primo passo verso la trasparenza è un passo facile, un obiettivo raggiungibile in tempi rapidi. Riguarda proprio i lavori delle Commissioni parlamentari. In Italia l’iter legislativo del Parlamento è accessibile solo a metà e la metà nascosta dei lavori, nella fase deliberativa, quella in cui i progetti di legge appunto passano in Commissione per essere discussi e votati, non è pubblica. I Regolamenti di Camera e Senato vietano la pubblicazione dei resoconti stenografici delle discussioni. Le presenze dei parlamentari, che pure sono rilevate, non sono visibili e così non lo sono neanche i loro voti. Conosciamo solo l'esito del voto in maniera sommaria, ma chi e per chi ha votato in un certo modo non è dato saperlo. Questo pezzo mancante è la scatola nera su cui, invece, è importante fare luce perché in Commissione si svolge una parte qualitativamente e quantitativamente preponderante del lavoro parlamentare senza la quale non è possibile ricostruire una relazione completa di fiducia e responsabilità tra elettori ed eletti. Ed è parte ovviamente cruciale del processo democratico, che è il momento in cui si fanno le leggi.
  Recuperare questo pezzo mancante è l'obiettivo principale della campagna «Parlamento Pag. 45casa di vetro». Nella riforma del Regolamento della Camera e del Senato i presupposti per poter ottenere la trasparenza sono semplici e chiari: introduzione del voto elettronico nelle Commissioni, come in Aula, registrazione e pubblicazione delle presenze e dei voti dei parlamentari, pubblicità integrale con resoconto stenografico delle discussioni in caso di richiesta almeno di una parte minima dei componenti della Commissione stessa.
  Concludo Presidente: per aprire i lavori della Commissione è necessario modificare questi Regolamenti. Parliamo di provvedimenti che possono essere immediatamente attuati e che danno un beneficio sostanziale in termini di trasparenza e democrazia. Esortiamo tutti i parlamentari ad aderire alla campagna «Parlamento casa di vetro» per spingere appunto le proposte di riforma del Regolamento verso gli Uffici di Presidenza di Camera e Senato e pretendere una calendarizzazione di questi provvedimenti nel più breve tempo possibile per andare ad un'approvazione. Vi chiediamo, quindi, di aderire per coerenza e per ridurre quella distanza tra cittadini ed istituzioni (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. La ringrazio e le faccio presente che questo è un tema che si sta affrontando nella Giunta per il Regolamento nell'ambito della riforma complessiva del Regolamento della Camera dei deputati.

  ANGELO CERA. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  ANGELO CERA. Signor Presidente, volevo porre all'attenzione della Presidenza e del Parlamento, anche per il rispetto delle leggi che noi abbiamo approvato, quello che sta succedendo nel comune di San Marco in Lamis. Come lei ben sa, io sono stato eletto da parlamentare sindaco di San Marco in Lamis. Una legge che prevedeva i 20 mila abitanti mi consentiva da parlamentare di candidarmi ed essere eletto. Con la legge n. 138 del 2011, in maniera molto proditoria, interessata da parte di qualcuno del Senato, questa soglia si è abbassata a 5 mila affermando che, a partire dalla successiva legislatura, c'era il problema dell'incompatibilità con la carica di parlamentare. Vorrei che mi...

  PRESIDENTE. Le chiedo scusa, era una questione tecnica.

  ANGELO CERA. Non so francamente..., allora cosa è successo ? È una norma assolutamente incostituzionale la n. 138 del 2011, perché, che cosa succede ? La legge la fanno diventare retroattiva, non c’è più certezza del diritto e il cittadino di San Marco in Lamis, che aveva votato per un governo che ha eletto, si è trovato sballottolato. Fatto sta che nel caso mio, unico caso in Italia, le opposizioni...

  PRESIDENTE. Deve concludere.

  ANGELO CERA. Presidente, è tecnico, mi perdoni. Non so francamente voi...

  PRESIDENTE. Il tempo è quello che è.

  ANGELO CERA. Allora che succede ? Adesso io mi ritrovo che il «decreto del fare», accortosi che quella norma era incostituzionale, rimette a posto i numeri a 20 mila e salva quei comuni che, come nel caso del mio comune di San Marco in Lamis, si trovavano in quelle condizioni. Nel caso mio, invece, sono stato dichiarato decaduto.
  C’è da qualche giorno la delibera del consiglio comunale, che, ex tunc, rimuove quella delibera. Non vorrei – perché il meccanismo è questo – che, mentre per il parlamentare senatore Berlusconi c’è la retroattività, la burocrazia dello Stato italiano per il caso del comune di San Marco non riconosca la retroattività, perché dice che nel frattempo il sindaco del comune è decaduto.
  Io vorrei che la Presidenza si interessasse per far giustizia tutti, perché non vorrei, essendo io tra i non tutelati, in Pag. 46quanto gli altri sindaci che si sono trovati nel sistema oggi continuano a fare il sindaco da parlamentari...

  PRESIDENTE. Dovrebbe concludere.

  ANGELO CERA. ... io sono l'unico fesso d'Italia ad essere decaduto e non tutelato da una norma che oramai è chiarissima. Era chiara per me fin dall'inizio e anche per i miei cittadini.

  MANLIO DI STEFANO. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  MANLIO DI STEFANO. Signor Presidente, il mio è un appello rivolto anche e soprattutto alla Presidente Boldrini per una semplice questione, ovvero che ella stessa mi aveva risposto il 30 aprile quando avevo sollevato la questione.
  Ricorderete tutti della strage avvenuta in Bangladesh relativamente al crollo del palazzo Rana Plaza, dove operavano almeno due aziende italiane, la Benetton e Piazza Italia, e dove praticamente sono morte più di mille persone. Il processo dei chiarimenti, anche quello immagino poi legale lì in Bangladesh, ha portato alla creazione di un sindacato che si chiama Clean clothes campaign. O meglio, la Clean clothes campaign ha lanciato l'appello e il sindacato lo ha accolto, e quindi vi è un risarcimento alle famiglie, da parte della Benetton, che si stima intorno ai 50 milioni per più di mille famiglie.
  Ora, la Benetton, nonostante abbia firmato in seguito un accordo che garantiva il rispetto dei lavoratori, eccetera eccetera, tante belle parole, ha deciso di non presentarsi ad alcun tavolo di trattativa per questo risarcimento, adducendo la scusa che i rappresentanti – evidentemente quelli legali, immagino – della Benetton non sono disponibili.

  PRESIDENTE. Deve concludere.

  MANLIO DI STEFANO. Visto che la Presidente Boldrini si è fatta subito portavoce insieme a me di questo messaggio e mi ha anche dato un biglietto in cui diceva che ci saremmo messi in contatto per azioni successive, io chiederei alla Presidenza se fosse il caso, magari, di scrivere una lettera alla Benetton per far sì che, una volta tanto, un marchio che rappresenta in qualche modo l'Italia non la infanghi, anziché rappresentarla in modo degno, e quindi la Benetton si possa sedere a questo tavolo e discutere del risarcimento alle famiglie bengalesi, che certamente non sono da meno rispetto a quelle italiane (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Non essendoci altri interventi, sospendo la seduta che riprenderà alle ore 15 con lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

  La seduta, sospesa alle 13,35, è ripresa alle 15.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MARINA SERENI

Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata, alle quali risponderanno il Ministro della giustizia, il Ministro della salute e il Ministro degli affari regionali e le autonomie.

(Iniziative disciplinari in relazione a perquisizioni effettuate nei confronti di consulenti tecnici per la difesa nell'ambito del processo riguardante i fatti occorsi il 27 giugno 2011 e il 3 luglio 2011 nell'area interessata dal progetto della nuova linea ferroviaria Torino-Lione – n. 3-00293)

  PRESIDENTE. Il deputato Della Valle ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00293, concernente iniziative disciplinari in relazione a perquisizioni Pag. 47effettuate nei confronti di consulenti tecnici per la difesa nell'ambito del processo riguardante i fatti occorsi il 27 giugno 2011 e il 3 luglio 2011 nell'area interessata dal progetto della nuova linea ferroviaria Torino-Lione (Vedi l'allegato A – Interrogazioni a risposta immediata), per un minuto.

  IVAN DELLA VALLE. Signor Presidente, signor Ministro, abbiamo sottolineato più volte come la comunità scientifica indipendente si sia espressa riconoscendo l'inutilità della nuova linea Torino-Lione. C’è però un altro tema: quello di una valle che resiste pacificamente per difendere il territorio e il futuro dei propri figli. In Val Susa si percepisce un certo accanimento della procura di Torino verso i manifestanti: questo accade quando viene formulata la gravissima e assurda accusa di terrorismo e scattano imminenti perquisizioni. Risultato ? Sequestrate felpe, torce, bandane e altro materiale altamente pericoloso.

  PRESIDENTE. La invito a concludere.

  IVAN DELLA VALLE. Dimenticavo i computer: computer di consulenti di avvocati difensori in processi legati al movimento «No TAV» sono finiti nelle mani della procura e questo è chiaramente contro l'articolo 111 della Costituzione, contro l'articolo 6, comma 1, della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti e delle libertà, contro l'articolo 256 e contro i commi 2 e 5 dell'articolo 103 del codice di procedura penale. Con il question time di oggi chiediamo di fare chiarezza...

  PRESIDENTE. Grazie, onorevole Della Valle, ha esaurito il suo tempo.
  La Ministra della giustizia, Anna Maria Cancellieri, ha facoltà di rispondere, per tre minuti

  ANNA MARIA CANCELLIERI, Ministro della giustizia. Signor Presidente, rispondo agli interroganti comunicando che per come riferito dalla procura della Repubblica di Torino, il dottor Pierpaolo Pittavino e la dottoressa Dana Lauriola risultano sottoposti a indagini in due distinti procedimenti: il primo, per i reati di lesioni aggravate, danneggiamento, violenza privata e atti persecutori in danno di un operaio addetto al lavoro nel cantiere di Chiomonte; il secondo, per l'attentato al cantiere TAV del 10 luglio 2013.
  Quanto ai fatti riferiti dagli interroganti, confermo che il 27 giugno 2013 la polizia giudiziaria eseguiva il decreto di perquisizione. In tale occasione, il Pittavino dichiarava di essere consulente di parte in un altro procedimento penale e di opporsi al sequestro, perché nel proprio computer era conservata la documentazione relativa al procedimento nel cui ambito prestava l'attività di consulenza. La polizia invitava il Pittavino a indicare la documentazione riguardante la sua attività di consulente, onde poter acquisire quella non pertinente ad essa, ma il Pittavino rifiutava di dare indicazioni in merito.
  Allo stesso modo si procedeva nei confronti della dottoressa Lauriola, la quale, invitata anch'essa a dare indicazione sui file riservati relativi alla sua attività di consulenza, non forniva elementi in merito.
  La procura della Repubblica di Torino ha confermato la legittimità del proprio operato, rilevando che la titolarità dell'ufficio di consulente di parte in un diverso procedimento penale non impedisce che nei confronti dei soggetti indagati si proceda con perquisizione e sequestro in relazione ad altro procedimento. A tal riguardo, la procura rileva ancora che il richiamo alla norma che vieta il sequestro presso i consulenti tecnici della difesa non appare pertinente, perché la perquisizione e il conseguente sequestro è stato disposto ed eseguito non in qualità di consulenti, ma di indagati, alla ricerca di documentazione non già pertinente all'oggetto della difesa loro affidata, ma all'oggetto dell'imputazione loro contestata. Per le medesime ragioni, sempre ad avviso della procura, non risulta opponibile il segreto professionale.Pag. 48
  Relativamente alla presenza dei supporti informatici sulla mailing list amministrata dai due consulenti utilizzata per le comunicazioni tra loro e i difensori, la procura riferisce che alla dottoressa Lauriola sono già stati restituiti i reperti senza che se ne sia fatto alcun uso e che analoga procedura è in corso nei confronti del dottor Pittavino. Allo stato, pertanto, non pare confermato il presupposto da cui muovono gli interroganti, dal momento che la perquisizione è stata eseguita nei confronti di persone che avevano già assunto la veste di indagati.

  PRESIDENTE. La deputata Laura Castelli, cofirmataria dell'interrogazione, ha facoltà di replicare, per due minuti.

  LAURA CASTELLI. Signora Presidente, signora Ministro, non ci riteniamo soddisfatti perché, sì, la spiegazione è un ricordo di alcuni atti di certo accaduti, ma il Ministro non risponde in merito al danno che, di fatto, è cagionato ai danni dello Stato quando la procura ha in mano le prove e le documentazioni che la difesa stessa utilizzerà nei processi. Questo è un danno a cui nessuno mai porrà rimedio perché non ci basta che venga detto che nessuno ha usato questi documenti, qualcuno li avrà visti oppure hanno preso uno scatolone e gli hanno fatto fare qualche chilometro ? Ci sembra strano.
  In ogni caso, questa interrogazione aveva l'obiettivo di porre l'attenzione su quanta credibilità si sta dimostrando rispetto a questi atti; parliamo di credibilità perché la magistratura e le azioni della magistratura, tutti i giorni, sono diverse. Sì, si usi pure il pugno duro, ma si usi da tutte le parti, si usi con quelle che sono le infiltrazioni mafiose all'interno dei cantieri, si usi con quelli che sono i problemi che ci sono sulle direttive del CIPE, si usi con tutto. Siamo stanchi dei due pesi e due misure, sinceramente. Tuttavia, Ministro, questo noi lo diremo anche al procuratore capo Caselli che incontreremo lunedì e che incontreremo proprio per esporgli questi fatti. Nel frattempo la ringraziamo.

(Misure per contrastare il fenomeno della cosiddetta povertà sanitaria – n. 3-00294)

  PRESIDENTE. La deputata Ileana Cathia Piazzoni ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00294 concernente misure per contrastare il fenomeno della cosiddetta povertà sanitaria (Vedi l'allegato A – Interrogazioni a risposta immediata).

  ILEANA CATHIA PIAZZONI. Signora Presidente, signora Ministro, gli incredibili livelli di disuguaglianza raggiunti nel nostro Paese, unitamente alle conseguenze della drammatica crisi economica, stanno peggiorando le condizioni di vita di moltissime persone. Se prima la crisi colpiva le famiglie, costringendole a fare a meno di alimenti, vestiario e generi di consumo, oggi è in difficoltà anche la capacità di procurarsi medicine. Secondo un dossier realizzato dalla Fondazione banco farmaceutico ONLUS, infatti, in Italia dal 2006 al 2013 è aumentata la povertà sanitaria in media del 97 per cento. Sono cioè raddoppiati i cittadini che hanno difficoltà ad acquistare medicinali, anche quelli con prescrizione medica; è uno scenario di eccezionale gravità che colpisce in modo profondo il diritto alla salute e l'accesso alla cura dei cittadini più deboli e bisognosi.
  Per questo vogliamo sapere quali iniziative urgenti intenda assumere il Governo al fine di garantire il pieno rispetto del principio costituzionalmente tutelato del diritto alla salute e dell'accesso alle cure dei cittadini più deboli del nostro Paese.

  PRESIDENTE. La Ministra della salute, Beatrice Lorenzin, ha facoltà di rispondere per tre minuti.

  BEATRICE LORENZIN, Ministro della salute. Signora Presidente, preliminarmente intendo ribadire in questa sede, con riferimento al principio di accesso universale alle cure, quale punto di forza del Servizio sanitario nazionale, quanto già ho avuto modo di comunicare nell'ambito delle linee programmatiche della politica in maniera sanitaria. Tale principio rientra Pag. 49tra le priorità del Governo e tra quelle mie personali. Si tratta di un tema che, come è a tutti noto, riveste particolare delicatezza e complessità perché implica la capacità di assicurare che il diritto alla salute sia effettivo per tutti i cittadini sull'intero territorio nazionale senza distinzione di condizioni economiche e sociali. È dunque necessario profondere ogni sforzo, nella consapevolezza degli attuali vincoli di bilancio, per individuare gli strumenti più idonei affinché, nel rispetto del riparto di competenze tra Stato e regioni, il diritto all'assistenza, compresa quella farmaceutica, sia garantito in condizioni di effettiva uguaglianza tra gli assistiti.
  Venendo alle specifiche questioni sollevate con l'atto ispettivo in esame, relative alla difficoltà di accesso ai medicinali da parte delle famiglie indigenti e dei cittadini in maggiore difficoltà, occorre preliminarmente osservare che la classificazione dei medicinali che l'AIFA compie nell'adempimento dei propri compiti istituzionali, distinguendo tra la fascia A e C, comprensiva dei farmaci da banco, cosiddetta categoria C bis, ed H, è operata proprio con il principio obiettivo di garantire comunque a tutti, a prescindere dalle condizioni reddituali, l'accesso alle cure essenziali e le terapie per il trattamento delle patologie croniche.
  I medicinali di fascia A o H, cioè quelli ospedalieri, come è noto, sono impiegati per patologie gravi, croniche e acute e, in quanto ritenuti essenziali per assicurare le cure previste nei livelli essenziali di assistenza sanitaria, sono a carico del Servizio sanitario nazionale. I farmaci di fascia C sono invece i medicinali utilizzati per patologie di lieve entità o considerati minori, che pertanto non sono considerati essenziali o salvavita.
  Con la legge n. 311 del 2004 è stata individuata una nuova fascia di medicinali, la C-bis, che comprende i medicinali non soggetti a ricetta medica con accesso alla pubblicità al pubblico, cioè medicinali di automedicazione. I medicinali della fascia C e C-bis sono a totale carico del paziente. Pertanto, laddove vi sia necessità di assicurare cure indispensabili alla sopravvivenza e al benessere degli individui, il sistema vigente prevede un efficiente meccanismo di copertura dei costi volto a garantire a tutti la gratuità delle terapie.
  Parziali variazioni in questo senso possono registrarsi tra regione e regione in relazione alla possibilità di introduzione dei cosiddetti ticket sanitari, misure di compartecipazione alla spesa sanitaria il cui importo dipende dalle decisioni assunte in piena autonomia nei diversi sistemi regionali. Va comunque evidenziato che tale misura di compartecipazione non può essere richiesta a tutti in modo indiscriminato, vigendo un sistema nazionale che prevede l'esenzione della compartecipazione alla spesa sulla base di alcuni parametri legati a fattori quali il reddito, la patologia e l'età. Scopo di tale sistema è dunque quello di garantire l'equità nell'accesso alle cure in condizioni di uguaglianza. A tal riguardo, mi preme sottolineare l'impegno del Governo e mio particolare a continuare a garantire questo principio fondamentale. A tale proposito, ricordo la mia iniziativa tradotta in una norma già vigente, in quanto approvata dal decreto-legge cosiddetto del «fare», che dimezza i tempi delle procedure autorizzative dei medicinali innovativi di particolare rilevanza terapeutica a favore dei pazienti.

  PRESIDENTE. La deputata Piazzoni ha facoltà di replicare.

  ILEANA CATHIA PIAZZONI. Signor Presidente, ringrazio il Ministro ovviamente per il principio, l'idea di dovere comunque intervenire, comunque garantire il diritto alla salute. Tuttavia, mi permetto di sottolineare che la presunta autonomia regionale è molto relativa, laddove sappiamo tutti che per i tagli alla sanità che vengono costantemente inflitti, ormai senza più limiti e soprattutto per le regioni commissariate, i ticket diventano praticamente inevitabili. Questo fa sì, contemporaneamente alla decrescita rapida del livello di reddito delle persone, che anche quel ticket, che viene considerato Pag. 50una cosa minima, diventi qualcosa di insuperabile, ciò che effettivamente mette nelle condizioni di non potersi curare. Conosco e conosciamo ovviamente bene il sistema delle esenzioni, sia per quanto riguarda le patologie sia per quanto riguarda i livelli di reddito, ma tutto questo, secondo i dati che ci sono stati portati, avviene proprio in regime di questo sistema, quindi è chiaro che non è più sufficiente.
  Non voglio fare allarmismi, tuttavia la cosa che colpisce veramente molto è il fatto che ONG e associazioni importanti, che di solito operano in questo senso soprattutto per poter dare cure – perché poi parliamo non solo di medicinali, ma anche della possibilità di curarsi e di avere un medico a disposizione –, che operavano normalmente nei Paesi in via di sviluppo oppure in zone di guerra, oggi stanno stabilmente ad Atene e in altre città della Grecia, una nazione che ha su di sé il peso di una continua politica di tagli a cui sembriamo pericolosamente indirizzati. Io vorrei che ci rendessimo conto che siamo veramente a un passo dalla via del non ritorno.

  PRESIDENTE. La prego di concludere.

  ILEANA CATHIA PIAZZONI. Forse in quest'Aula – e concludo subito –, piuttosto che parlare di scontrini della buvette, dei guai giudiziari di un senatore o di un congresso di partito, dovremmo veramente metterci a capire come uscire da questa situazione (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

(Iniziative per potenziare la sicurezza negli ambulatori di psichiatria – n. 3-00295)

  PRESIDENTE. La deputata Binetti ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00295 concernente iniziative per potenziare la sicurezza negli ambulatori di psichiatria (Vedi l'allegato A – Interrogazioni a risposta immediata), per un minuto.

  PAOLA BINETTI. Signor Presidente, credo che il fatto di cronaca di partenza sia noto a tutti noi, e ci ha colpito per la gravità dei risultati che ha avuto la morte della collega Paola Labriola, mentre era nell'esercizio del suo lavoro professionale di psichiatra a Bari.
  Quello che a me interessa illustrare, così brevemente, sono tre fattori; il primo è la necessità di ripensare i modelli organizzativi degli ambulatori di psichiatria: non si tratta di ambulatori i cui tempi possono essere ottimizzati e ricondotti all'interno di una logica aziendalistica immediatamente prevedibile. Di fatto, quel giorno, quel paziente era alla sua terza visita in una struttura di tipo sanitario e in tutte e tre le volte, salvo l'ultima in cui appunto poi è morta la collega, era stato come dire rimandato ad altra sede, perché incapaci di provvedere con sicurezza.
  Il secondo punto, che voglio sottolineare, è come questo richieda davvero una possibilità di ripensare all'interno della legge n. 180, i modelli dell'organizzazione psichiatrica soprattutto per quanto attiene alla medicina territoriale.

  PRESIDENTE. Il Ministro della salute ha facoltà di rispondere.

  BEATRICE LORENZIN, Ministro della salute. Signor Presidente, ringrazio fuori dai protocolli gli onorevoli interroganti per avermi fornito la possibilità di soffermarmi su un episodio di gravità inaudita che ha sconvolto le coscienze di tutti i cittadini ed ha posto, in tutta la sua drammaticità, il problema della tutela dei tanti operatori sanitari che, nelle strutture di salute mentale, ogni giorno svolgono le loro funzioni spesso in condizioni di grandissimo disagio.
  Nell'imminenza dell'aggressione con esito fatale occorsa alla dottoressa Paola Labriola, nella mia qualità di Ministro della salute ho provveduto a chiedere alle autorità regionali competenti nonché a quelle aziendali un'urgente relazione sull'accaduto. Non appena tali informazioni saranno disponibili sarà mia cura informare gli onorevoli interroganti.
  La regione, specificatamente sollecitata sul tema, mi ha assicurato di aver programmato Pag. 51incontri con gli operatori del settore in diverse sedi per individuare le più opportune soluzioni atte a garantire sul territorio pugliese la sicurezza degli stessi operatori e nel contempo la qualità degli interventi tecno-sanitari. È, a mio avviso, comunque necessario avviare un processo di rivisitazione dei modelli organizzativi generali relativi all'erogazione delle prestazioni sanitarie, riabilitative nel settore della psichiatria del quale deve essere data ogni opportuna informazione nelle sedi istituzionali, regionali e nazionali.
  Per quanto attiene alle iniziative già in atto per prevenire fatti di sangue come quello in esame, già nel mese del novembre 2007, il Ministero della salute ha adottato e divulgato la raccomandazione n. 8 recante Raccomandazione per prevenire gli atti di violenza a danno degli operatori sanitari. Tale raccomandazione rappresenta un primo passo, purtroppo rilevatosi non decisivo, affinché si attuino misure di prevenzione e protezione degli operatori sanitari del settore. Con la raccomandazione n. 8 il ministero ha inteso incoraggiare l'analisi dei luoghi di lavoro e dei rischi correlati e l'adozione di iniziative e programmi volti a prevenire gli atti di violenza o attenuarne le conseguenze negative.
  È, inoltre segnalato che i momenti a rischio più elevato si realizzano durante il trasporto del paziente, nelle risposte all'emergenza, nelle ore notturne; mentre le aree più rischio includono l'accettazione, le unità di emergenza o di trattamenti acuto.
  La raccomandazione n. 8 è stata elaborata con la collaborazione di esperti di regioni e province autonome e con tali enti concertata ed è diretta a tutte le strutture sanitarie ospedaliere e territoriali con priorità per le attività considerate a più alto rischio: aree di emergenza, servizi psichiatrici, SERT, continuità assistenziale e servizi di geriatria nonché quelle individuate nel contesto di una specifica organizzazione sanitaria a seguito dell'analisi dei rischi effettuata.
  È mia ferma intenzione proseguire sul percorso attivato sottoponendo a revisione, nell'ottica dell'aumento del livello di tutela degli operatori sanitari e della maggiore effettività della tutela stessa, la raccomandazione n. 8, chiamando a raccolta regioni ed associazioni di operatori e pazienti. Per raggiungere tale obiettivo potrebbero rendersi necessarie anche le iniziative legislative che potranno richiedere l'appostazione di risorse finanziare.
  A tal fine intendo portare la questione all'attenzione dei colleghi ministri dell'interno, dell'economia e delle finanze affinché già nella prossima Legge di stabilità possano essere date le necessarie e improrogabili risposte.

  PRESIDENTE. La deputata Paola Binetti ha facoltà di replicare.

  PAOLA BINETTI. Signor Presidente, il ministro ha fatto riferimento ad una raccomandazione approvata circa sei, sette anni fa, raccomandazione che però i fatti ci dicono non trovare poi sul campo una piena applicazione. Quindi, la prima cosa da chiedersi è: perché una raccomandazione non trova applicazione, se non perché le risorse, anche in questo caso, le risorse umane che dovrebbero in qualche modo aiutare a far fronte al disagio psicologico, al disagio psichiatrico, al disagio grave, non possono essere adeguate ?
  Quindi il primo punto è di carattere generale e riguarda in qualche modo la disponibilità di risorse, comprese le risorse umane: siamo in un'epoca di spending review molto pesante, che ha toccato in particolare proprio l'assistenza psichiatrica.
  Il secondo punto però, Ministro, è la concretezza di un caso conosciuto, prevedibile perché da parte di quel paziente (lo voglio chiamare paziente, ma in realtà quello è un omicida) era prevedibile quel comportamento, perché già più volte vi era incorso, e quella stessa mattinata chi lo ha ascoltato per la prima volta doveva avere recepito questi segnali di allarme. In questi casi non può scattare solo il discorso dell'assistenza psichiatrica, ma anche in qualche Pag. 52modo il discorso della prevenzione dalla violenza e dall'aggressione, che è il grande discorso complesso che riguarda la pericolosità del paziente psichiatrico in certi momenti e certe fasi della sua patologia.
  Credo che su questo valga la pena davvero attivare e riattivare un discorso di riflessione, che non può esser solo culturale e scientifico sui modelli: dev'essere anche, come giustamente lei ha detto, un discorso che investa nuove risorse. Abbiamo bisogno di risorse per fronteggiare questi pazienti: il modello che in qualche modo storicamente ha sottratto i pazienti psichiatrici a quello che era un contenimento sgradevole...

  PRESIDENTE. La invito a concludere.

  PAOLA BINETTI. Sgradevole è una parola riduttiva: a volte francamente disumano, come era quello dell'ospedale psichiatrico. Pur tuttavia, tale modello necessita che sul territorio siano molte di più le risorse di accompagnamento, che non sono solo risorse di cura: sono veramente risorse di accompagnamento per questi pazienti. Nel caso specifico, quel paziente era in cerca di soldi...

  PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole Binetti.

  PAOLA BINETTI. ... per potersi procurare della droga.

(Problematiche riguardanti il rispetto dei livelli essenziali di assistenza nell'ambito del territorio dell'azienda sanitaria locale Na3sud in Campania – n. 3-00296)

  PRESIDENTE. L'onorevole Formisano ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00296, concernente problematiche riguardanti il rispetto dei livelli essenziali di assistenza nell'ambito del territorio dell'azienda sanitaria locale Na3sud in Campania (Vedi l'allegato A – Interrogazioni a risposta immediata).

  ANIELLO FORMISANO. Signor Presidente, Ministro, dico subito che la necessità di svolgere un question-time nasce dalla mancata evasione che il Ministero della salute ha ritenuto di operare su una interrogazione precedente, presentata non solo dal sottoscritto ma dall'onorevole Scotto, dall'onorevole Bossa, dall'onorevole Gallo, dall'onorevole Piccolo. È da aprile che aspettiamo di capire, rispetto alle questioni sollevate in quell'interrogazione, qual è l'orientamento ministeriale.
  Siamo in una regione commissariata, siamo in una regione in cui il rapporto «posti letto-abitanti» è un decimo del rapporto nazionale. Lo dico con enfasi, perché tutta la ristrutturazione ospedaliera – non sanitaria, ospedaliera – verte su questo fatto: contenimento della spesa, però poi nessuno va a guardare che col contenimento della spesa si abbassa il livello di prestazioni in una regione già martoriata, per altro verso.

  PRESIDENTE. La invito a concludere.

  ANIELLO FORMISANO. Rispetto al 3,6 per mille nazionale, siamo allo 0,3 nel rapporto «posti letto ospedalieri-cittadini».
  Vi sono delle cose che il vostro Commissario, Ministro, ha tentato di fare.

  PRESIDENTE. Grazie, deve concludere.

  ANIELLO FORMISANO. Sì, concludo. Vi sono delle cose che il commissario, il subcommissario per la verità, ha tentato di fare, ma che sono rimaste carta straccia, non realizzate. Gradiremmo conoscere, almeno su quello, se il Ministro intende esercitare i poteri sostitutivi che la legge le consente.

  PRESIDENTE. Il Ministro della salute, Beatrice Lorenzin, ha facoltà di rispondere.

  BEATRICE LORENZIN, Ministro della salute. Signor Presidente, allo scopo di perseguire obiettivi di razionalizzazione e maggiore efficienza ed economicità del Pag. 53sistema sanitario, il decreto del commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro della regione Campania n. 49 del 2010, recante il piano di riorganizzazione della rete ospedaliera regionale, prevede l'integrazione in un unico presidio ospedaliero di strutture pubbliche di ricovero caratterizzate da contiguità territoriale, con la finalità di accorpare unità operative della medesima disciplina, razionalizzare la distribuzione delle dotazioni tecnologiche, riordinare i processi di acquisto di beni e servizi.
  Nell'ambito di tale processo di riorganizzazione, la ASL n. 3 sud ha previsto che il presidio ospedaliero di Maresca a Torre del Greco sia riconvertito in struttura ospedaliera di tipo riabilitativo, destinata ad ospitare una struttura polifunzionale per la salute, le cui unità operative per acuti confluiranno nell'ospedale di Boscotrecase, individuato quale spoke per la rete cardiologica.
  L'intervento che coinvolge l'ospedale Maresca e l'ospedale di Boscotrecase risulta pertanto coerente con gli obiettivi del decreto n. 49 del 2010, che prevede l'individuazione del P.O. Boscotrecase quale spoke per la rete cardiologica e la riorganizzazione programmata dei punti nascita. Per il P.O. Maresca di Torre del Greco il medesimo decreto prevede che il relativo punto nascita, con annessa la neonatologia, confluisca nel presidio di Boscotrecase, nelle more del completamento della nuova azienda ospedaliera «Ospedale del mare».
  Dai programmi operativi 2013-2015 proposti dalla regione Campania ed approvati con decreti commissariali nn. 153 e 24, emerge che il processo di riconversione del P.O. Maresca-Torre del Greco in struttura ospedaliera ad indirizzo riabilitativo non risulta ancora completato e che pertanto la struttura commissariale provvederà a richiedere ai direttori generali una dettagliata analisi degli ostacoli che ne hanno impedito la riconversione, impegnandosi, sulla base delle dichiarazioni rese dai direttori, a formulare un nuovo cronoprogramma con le azioni pianificate ed i relativi tempi.
  Il completamento del processo di riconversione delineato dal decreto n. 49 del 2010 relativamente al P.O. di cui trattasi contempla anche l'attivazione del percorso emergenziale presso l'Ospedale del Mare di Ponticelli, struttura polifunzionale tuttora in costruzione. Da ultimo, osservo che l'ASL Na3sud è dotata di uno standard di 1,8 posti letto per mille abitanti già attivo e di oltre 2 posti letto per mille abitanti già programmato.
  Il predetto standard è determinato a livelli regionali e non aziendali, per cui le discipline di alta specialità sono concentrate nei capoluoghi. Pertanto, il territorio dell'ASL Na3sud, che confina con la città di Napoli, può usufruire delle strutture assistenziali del capoluogo campano.
  Per ciò che concerne le ulteriori censure mosse al piano di rientro in relazione agli asseriti disavanzi e sprechi dell'amministrazione sanitaria regionale campana, occorre segnalare che sia il comitato di verifica dei LEA sia il tavolo di verifica ministeriale, organismi ai quali partecipano anche rappresentanti delle regioni, in data 25 luglio 2013 hanno certificato l'equilibrio del risultato di gestione dell'anno 2012 del sistema sanitario campano.
  Tanto evidenziato, l'interrogazione pone comunque un tema che non intendo affatto ignorare. Riconosco che la disciplina della gestione sanitaria nelle regioni sottoposte a piano di rientro ad oggi privilegia gli obiettivi di equilibrio di bilancio e di stabilità finanziaria rispetto a quelli, altrettanto fondamentali ed ineludibili, degli standard qualitativi e quantitativi delle prestazioni erogate agli assistiti del Servizio sanitario nazionale.
  Sul tema, è mia ferma intenzione, nell'ambito del nuovo patto della salute, proporre un lento cambiamento di rotta per garantire, nel rispetto degli equilibri di bilancio e tenuto anche conto dei risultati, più che confortanti, già raggiunti in tale ambito, maggiore adeguatezza a standard elevati delle prestazioni di assistenza sanitaria delle regioni sottoposte a piani di rientro.

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  PRESIDENTE. Il deputato Aniello Formisano ha facoltà di replicare.

  ANIELLO FORMISANO. Signor Ministro, nella parte finale del suo intervento vi è uno spiraglio. Devo, però, dire che, probabilmente, chi le ha approntato la risposta ha del tutto omesso di conoscere un provvedimento del subcommissario del 29 luglio 2011 – subcommissario, quindi emanazione diretta del Ministro –, quindi successivo al piano di rientro a cui faceva riferimento lei, nel quale si prevedevano per il Maresca 16 posti letto destinati al reparto di chirurgia, 22 posti letto destinati al reparto di medicina, 10 posti letto destinati al reparto di gastroenterologia, 16 posti letto destinati al reparto di servizio psichiatrico di diagnosi e cura e 70 posti letto per la riabilitazione.
  Ciò grazie al frutto di battaglie che i comitati hanno fatto nella zona (parliamo di un bacino di utenza di 350 mila abitanti) e sulla base della considerazione, che anche lei faceva nelle sue conclusioni, anche se con percentuali diverse, che siamo in presenza di un rapporto posti letto/abitanti sicuramente inferiore alla media nazionale.
  Nella parte finale, poi, lei ha recuperato dicendo che si ha intenzione, che questo Ministero, che anche noi sosteniamo, ha intenzione di cambiare indirizzo. La attendiamo sui fatti, Ministro. Queste sono situazioni sulle quali i numeri possono sembrare aridi, ma quando uno le vive direttamente ed in prima persona, con i propri concittadini, con i propri conterranei, si rende conto di quanto sia importante che siano affrontate e risolte.
  Occorre buonsenso nella riduzione dei costi pubblici, ma anche il buonsenso nel mantenimento di una sanità pubblica, che non decada e che non renda indispensabile il ricorso alla sanità privata: deve essere un obiettivo che dobbiamo perseguire. La attendiamo sui fatti, soprattutto in relazione alle ultime considerazioni che lei ha esposto, e la invitiamo anche un po’ a rivedere le notizie sulla base delle quali lei ha fornito la risposta oggi qui in Aula.

(Misure a favore dei cittadini infettati da emoderivati, trasfusioni e vaccinazioni, anche alla luce di una recente sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo – n. 3-00297)

  PRESIDENTE. La deputata Lenzi ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00297, concernente misure a favore dei cittadini infettati da emoderivati, trasfusioni e vaccinazioni, anche alla luce di una recente sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo (Vedi l'allegato A – Interrogazioni a risposta immediata).

  DONATA LENZI. Signor Presidente, il 3 settembre di quest'anno la Corte europea ha condannato lo Stato italiano a versare l'adeguamento dell'indennità a tutti i cittadini infettati da HIV, epatite B e C, dopo una trasfusione o somministrazione di emoderivati. Si tratta dell'ennesimo passo in avanti di una dolorosa telenovela che non è imputabile certo solo all'ultimo Ministro, ma risale alla mancata responsabilità dello Stato italiano nei confronti di 60 mila cittadini che hanno pagato le conseguenze di errate trasfusioni.
  A questa ulteriore condanna, che si aggiunge alla dichiarazione della Corte costituzionale di illegittimità costituzionale del decreto-legge n. 78 del 2010, che prevedeva il divieto della rivalutazione di quelle indennità, vanno aggiunte le situazioni delle tante, tante cause ancora in corso per transazioni finanziarie con lo Stato e che riguardano danneggiati che non hanno avuto neanche il riconoscimento di giustizia. La richiesta è come si intenda far fronte agli impegni che la Corte di Strasburgo ci ha posto in essere.

  PRESIDENTE. La Ministra della salute, Beatrice Lorenzin, ha facoltà di rispondere.

  BEATRICE LORENZIN, Ministro della salute. Signor Presidente, vorrei ringraziare gli onorevoli interroganti per l'occasione che mi forniscono di comunicare in merito ad una tematica di estrema delicatezza Pag. 55e di indubbio impatto sociale, oltre che di significativa rilevanza finanziaria. Come è noto, il Ministero della salute, in attuazione delle disposizioni contenute nella legge 25 febbraio 1992, n. 210, eroga ai soggetti danneggiati da conseguenze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazioni di emoderivati, un indennizzo vitalizio. Tale indennizzo consta di due componenti: l'indennizzo vero e proprio, che configura parte quantitativamente meno rilevante, e l'indennità integrativa speciale. Sull'indennità integrativa speciale sono sorti rilevanti contrasti giurisprudenziali anche presso la Corte di cassazione, in ordine alla necessità di riconoscimento della rivalutazione monetaria. Sul tema è intervenuto l'articolo 11, comma 13, del decreto-legge del 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge del 30 luglio 2010, n. 122, che ha escluso la rivalutazione dell'indennità integrativa speciale. Poiché la citata disposizione è stata dichiarata incostituzionale, come è stato detto, con la sentenza n. 293 del 2011 della Corte, il Ministero della salute si è immediatamente attivato per adeguare, riconoscendo la rivalutazione monetaria, l'indennità integrativa speciale spettante ai soggetti beneficiari della legge n. 210 del 1992, di competenza statale, con decorrenza dal primo gennaio 2012. Al fine di riconoscere ai medesimi aventi diritto anche gli arretrati sulle somme già corrisposte, ancor prima che intervenisse la sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo, richiamata dagli onorevoli interroganti, il Ministero della salute ha reperito e impegnato le risorse finanziarie allo scopo necessarie, ovviamente tenendo conto degli effetti del principio di carattere generale del nostro ordinamento concernente la prescrizione ordinaria decennale.
  È stato pertanto avviato nel corso del primo semestre del corrente anno un progetto finalizzato alla corresponsione di tali somme, progetto destinato a concludersi in tempi brevi. In seguito alla sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo del 3 settembre 2013 che ha riconosciuto la rivalutazione dell'indennità integrativa speciale sin dal momento dell'accertamento del diritto dell'indennizzo, senza fare applicazione della prescrizione ordinaria decennale, si rende necessario reperire ulteriori risorse per garantire l'integrale pagamento degli arretrati agli aventi diritto. Il Ministero della salute ha stimato in circa 100 milioni di euro tale nuova esigenza finanziaria. In vista della prossima legge di stabilità intendo avviare ogni iniziativa necessaria affinché in detta legge sia introdotta una specifica disposizione idonea a garantire la compiuta esecuzione della sentenza della CEDU.

  PRESIDENTE. La deputata Donata Lenzi ha facoltà di replicare.

  DONATA LENZI. Signor Presidente, in questo suo impegno, Ministro, per reperire i 100 milioni per pagare gli arretrati e venire incontro, lei troverà il Partito Democratico impegnato sicuramente al suo fianco e, penso, tutto il Parlamento, che in genere su questo tema ha dimostrato unità. Mi permetto di rappresentarle che, appunto, esistono ancora situazioni – lei ne faceva cenno – che sono sottoposte alla tagliola della prescrizione, che sono in corso di giudizio, nei confronti dei quali rimangono aperte questioni che potrebbero a loro volta – mi dicono le associazioni – essere portate alla Corte di Strasburgo. Quindi anche quello sarà un passo avanti, ma ancora non del tutto definitivo. Comunque, l'impegno è da apprezzare e penso sia apprezzato anche dai danneggiati.

(Iniziative in relazione alla vendita on line di medicinali soggetti a prescrizione medica – n. 3-00298)

  PRESIDENTE. Il deputato Raffaele Calabrò ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00298, concernente iniziative in relazione alla vendita on line di medicinali soggetti a prescrizione medica (Vedi l'allegato A – Interrogazioni a risposta immediata).

Pag. 56

  RAFFAELE CALABRÒ. Abbiamo ascoltato della povertà sanitaria un attimo fa, soprattutto a proposito dell'acquisto di medicine. Bene, esistono anche paradossalmente fenomeni opposti, fenomeni dove esiste addirittura un sito – che è www.121doc.it – dove si effettua la vendita on line di medicinali che dovrebbero essere soggetti a prescrizione medica. Peraltro, questo avviene principalmente in patologie molto diffuse, tipo l'obesità – lei sa che il nostro Paese, alcune regioni in particolare rappresentano l'apice del livello di obesità che abbiamo in Europa –, ma che comportano anche l'utilizzo di farmaci a grande rischio se non hanno una previa valutazione clinica. I farmaci per l'obesità sono farmaci che possono danneggiare significativamente l'organismo umano, se non si fa una valutazione attenta di quali sono le caratteristiche cliniche del soggetto. Oppure si tratta di farmaci anche molto diffusi, tipo farmaci per la contraccezione o le patologie sessuali. Siamo, in un certo senso, alla medicina fai da te; siamo, in un certo senso, alla maniera tecnologica di aggirare le norme.
  Bene, nei giorni scorsi – e mi avvio alla conclusione – c’è stato anche un messaggio promozionale su una rivista femminile sull'utilizzo della pillola contraccettiva e sulla possibilità di ottenerne la consegna a casa in 24 ore...

  PRESIDENTE. Ha concluso suo tempo.

  RAFFAELE CALABRÒ. Vorrei chiedere al Ministro cosa intende fare per rispetto alla norma nazionale, europea e per rispetto alla salute.

  PRESIDENTE. Il Ministro della salute, Beatrice Lorenzin, ha facoltà di rispondere.

  BEATRICE LORENZIN, Ministro della salute. Signor Presidente, la questione sollevata dall'onorevole interrogante è oggetto di massima attenzione da parte del Ministero della salute, che in merito ha avviato, con il supporto dell'Aifa, consultazioni con altre autorità italiane e internazionali al fine di adottare un approccio coordinato alla risoluzione del problema della sicurezza dei procedimenti di vendita on line dei farmaci e, più specificatamente, delle offerte per la vendita compiute tramite il sito www.121doc.it. A livello nazionale la problematica è all'attenzione del tavolo interistituzionale di cui fanno parte l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, il Ministero della salute, il Ministero dello sviluppo economico ed i NAS. Al contempo, l'Aifa ha avviato anche una specifica negoziazione con l'agenzia regolatoria britannica e con le altre autorità britanniche competenti: 121doc è, infatti, una vera e propria clinica on line, considerata legale nel Regno Unito, che offre in vendita farmaci con prescrizione, alcuni dei quali privi di autorizzazione al commercio in Italia.
  Tuttavia, l'effettività della vendita di farmaci presso l'Italia è testimoniata da specifici acquisti perfezionatisi, sui quali i NAS stanno al momento svolgendo indagini. Informata di ciò, l'Aifa ha tempestivamente segnalato il caso sia all'agenzia regolatoria britannica sia all'associazione dei farmacisti del Regno Unito. Al contempo, è stato avviato tra le autorità regolatorie italiane, del Regno Unito, della Spagna, della Danimarca e della Svezia un tavolo informale finalizzato a negoziare con l'ordine dei farmacisti britannico le misure sanzionatorie da adottare. Si è infine deciso di sottoporre il caso alla Commissione pubblicità insediata presso il Ministero della salute e all'Autorità garante della concorrenza e del mercato, con l'obiettivo di giungere in tempi brevi all'adozione di un provvedimento interdittivo che disponga il blocco dell'accesso al sito dell'Italia per violazione delle disposizioni sulla pubblicità dei farmaci, contenute nel decreto legislativo n. 219 del 2006.
  Tale caso pone con tutta evidenza la gravità e i notevoli rischi per la salute umana del fenomeno delle vendite on line di medicinali soggetti a prescrizione medica. Su di esso le istituzioni comunitarie sono intervenute con la direttiva 2011/62 Pag. 57del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'8 giugno 2011, che modifica la direttiva 2001/83, recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano al fine di impedire l'ingresso di medicinali falsificati nella catena di fornitura legale. Tale direttiva, inserita nell'allegato B della nuova legge di delegazione europea 6 agosto 2013, n. 96, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 20 agosto 2013, n. 194, dovrà essere recepita dall'Italia entro il 3 dicembre 2013 con apposito decreto legislativo. Proprio in occasione del recepimento della direttiva citata è mia ferma intenzione prevedere, nel rispetto dei principi e delle disposizioni della medesima direttiva, norme stringenti per contrastare il fenomeno delle vendite illegali on line di farmaci sul territorio nazionale. Il decreto legislativo sarà, pertanto, la sede per ribadire il divieto di vendita on line di farmaci con l'obbligo di prescrizione e per una disciplina puntuale dei requisiti soggettivi e oggettivi necessari per essere ammessi a tale pratica.
  Dovrà altresì essere disciplinata una specifica procedura per un'adeguata e costante vigilanza sui siti autorizzati alla vendita e per le ipotesi di condotte illecite e per l'irrogazione di sanzioni adeguate e dissuasive. Auspico, inoltre, che il contestuale recepimento anche all'interno degli altri Paesi dell'Unione europea consentirà di superare l'attuale disallineamento esistente tra i vari regimi nazionali.

  PRESIDENTE. Il deputato Calabrò ha facoltà di replicare.

  RAFFAELE CALABRÒ. Signor Ministro, grazie per l'impegno che ha espresso in quest'Aula. Quello che ci auguriamo è che senz'altro i tempi dell'Aifa e della negoziazione siano tempi rapidi e contiamo molto in questo decreto che dovrà essere emanato a dicembre 2013, perché potrà essere la cornice entro la quale si potrà affrontare questo aspetto, che lei oggi ha sottolineato, insieme a una serie di altri aspetti che sono legati alla medicina transfrontaliera, quello che succederà presto con l'apertura delle frontiere sanitarie in tutta Europa.

(Situazione debitoria del comune di Roma, anche in relazione all'ipotesi di una candidatura della Capitale come sede per i giochi olimpici del 2024 – n. 3-00299)

  PRESIDENTE. Il deputato Grimoldi ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00299, concernente la situazione debitoria del comune di Roma, anche in relazione all'ipotesi di una candidatura della Capitale come sede per i giochi olimpici del 2024 (Vedi l'allegato A – Interrogazioni a risposta immediata).

  PAOLO GRIMOLDI. Signor Presidente, il Presidente del Consiglio ha dichiarato di voler presentare la candidatura della città di Roma come sede dei giochi olimpici del 2024. La nuova candidatura di Roma come sede dei giochi olimpici è stata bloccata in precedenza dal Governo Monti, visto che il Premier tecnico aveva ritenuto di bloccare questo impegno a causa delle ingenti risorse economiche che sarebbero state necessarie, anche per non gravare sui contribuenti mentre si affrontavano misure restrittive in termini di tasse, di lavoro e di pensioni: situazione che non è cambiata, anzi è peggiorata.
  E in tema di eventi sportivi internazionali è ancora forte il brutto ricordo dell'organizzazione, a Roma, dei mondiali di nuoto del 2009 dove, nonostante un impegno finanziario ingente da parte dello Stato, non si sono visti risultati e non sono rimaste eredità di tipo impiantistico e considerata anche – stando a quello che ci dice il commissario nominato dal Governo nel 2010 – la situazione debitoria del comune di Roma, che ammonta a 22,4 miliardi di euro.

  PRESIDENTE. Il Ministro per gli affari regionali e le autonomie, Graziano Del Rio, ha facoltà di rispondere.

  GRAZIANO DELRIO, Ministro per gli affari regionali e le autonomie. Signor Presidente, onorevole Grimoldi, il successo di Tokyo per ospitare i giochi del 2020 ha Pag. 58ovviamente rimesso in moto l'interesse di città europee, tra cui anche l'Italia e città italiane, per ospitare la candidatura del 2024.
  In risposta all'interrogazione, si rileva che la richiesta per l'organizzazione dei giochi olimpici è disciplinata dalle norme del Comitato internazionale olimpico, il CIO, e, in particolare, della Carta olimpica che, al riguardo, al punto 1 del testo di applicazione della regola 34, stabilisce che per essere ammissibile ogni richiesta di una città per l'organizzazione dei giochi olimpici deve essere approvata dal Comitato nazionale olimpico del proprio Paese, nel qual caso la città è considerata come città richiedente.
  Al momento non è stata formalizzata alcuna richiesta di candidatura né – vorrei correggere questa affermazione – il Presidente del Consiglio ha mai detto che Roma è candidata. Il Presidente del Consiglio ha espresso l'interesse a fare in modo che l'Italia possa combattere questa battaglia. Riteniamo che questa battaglia possa essere un'occasione di sviluppo per il nostro Paese, un'occasione di prestigio per il nostro Paese, com’è stato in alcune organizzazioni di successo delle Olimpiadi. Mi pare che oggi voi diate un tributo a Barcellona, che è stato un esempio di organizzazione di successo, ha modificato la vita di quella città e di quel Paese.
  Quindi, in linea generale, si può parlare dell'avvio di un percorso di riflessione generico e del fatto che il nostro Paese si candida ad essere uno dei Paesi che vuole ospitare appunto le Olimpiadi.
  Per quanto riguarda la situazione del comune di Roma si può rilevare, dai dati che sono arrivati in nostro possesso dal commissario per l'indebitamento pregresso, Varazzani, che il debito da 22,4 miliardi del 2010, il 26 luglio 2010, è attualmente, al 31 agosto 2013, calato a 15 miliardi 58 milioni, di cui il disavanzo, al netto dei crediti degli interessi su oneri finanziari, è di 7 miliardi 689 milioni.

  PRESIDENTE. Il deputato Grimoldi ha facoltà di replicare.

  PAOLO GRIMOLDI. Signor Ministro, noi non è che siamo pregiudizialmente contro la candidatura di Roma alle olimpiadi, ma oggi, proprio oggi, 260 città del nostro Paese (da Arezzo a Trieste, da Monza ad Imperia, da Cremona a Genova, da Lecco a Lucca, da Rovigo a Biella, da Ascoli a Milano) hanno alzato l'aliquota IRPEF al massimo possibile per cercare di far fronte ai tagli del Governo. Roma invece, nonostante un debito record planetario (che invece di 23 sia 15, però nella sostanza poco cambia) record planetario di debito per una singola città, riceve dallo Stato centrale ogni anno 300 milioni di euro, a differenza di tutte le altre città del Paese. Roma è l'unico caso, nel nostro Paese e non solo, che ha la deroga sul Patto di stabilità, rispetto anche a città come Milano, che hanno appuntamenti di livello internazionale come l'Expo 2015. Le ricordo tra l'altro che Roma non è assolutamente dotata di alcuna infrastruttura: le manca il termovalorizzatore, la stazione Termini è un caos a cielo aperto, ha due linee metropolitane poco funzionanti.
  E per quanto riguarda le olimpiadi le ricordo il caso della Grecia, dove, dopo le olimpiadi di Atene del 2004 e i relativi annessi costi, è iniziata la profonda e drammatica crisi della Grecia che oggi tutti conosciamo.
  L'ultimo caso, invece positivo, è quello delle olimpiadi che risalgono al 1992 di Barcellona, realtà assolutamente virtuosa, che da quelle olimpiadi, sotto il vessillo catalano, iniziò a richiedere con forza l'indipendenza, indipendenza che proprio oggi, 11 settembre 2013, con una manifestazione di portata storica i catalani stanno tornando a chiedere (Deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie espongono la bandiera simbolo dell'indipendentismo catalano – Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).

  PRESIDENTE. Onorevoli, dovete riporre la bandiera !

  PAOLO GRIMOLDI. Concludo ricordando che alle olimpiadi del 1992 persino re Juan Carlos fu costretto a parlare non Pag. 59in spagnolo, bensì in catalano e presto o tardi anche voi, qui nei palazzi romani, sarete costretti a parlare la lingua delle genti del Nord, che è la lingua della meritocrazia, la lingua della libertà, la lingua, sconosciuta in questi palazzi di Roma, della cultura del lavoro (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).

(Elementi ed iniziative riguardanti la tutela del bilinguismo nell'ambito della toponomastica della provincia di Bolzano – n. 3-00300)

  PRESIDENTE. La deputata Meloni ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00300, concernente elementi ed iniziative riguardanti la tutela del bilinguismo nell'ambito della toponomastica della provincia di Bolzano (Vedi l'allegato A – Interrogazioni a risposta immediata).

  GIORGIA MELONI. Signor Presidente e signor Ministro Delrio, qualche settimana fa Fratelli d'Italia ha presentato una mozione per impegnare il Governo italiano a non ritirare il ricorso, che giustamente era stato portato avanti presso la Corte costituzionale, per bloccare una legge vergognosa varata dalla provincia di Bolzano, con l'obiettivo dichiarato di cancellare di fatto dal territorio dell'Alto Adige i pochi toponimi di lingua italiana rimasti e sopravvissuti. Quella mozione fu curiosamente bocciata dalla maggioranza e lei disse che avrebbe avviato dei tavoli di confronto tra le parti per cercare una soluzione. Ora noi leggiamo da alcuni organi di stampa che si sarebbero svolti dei colloqui con i rappresentanti della comunità di lingua tedesca in Alto Adige, in forza dei quali si sarebbe arrivati all'accordo sulla cancellazione di circa 140 nomi di lingua italiana su quel territorio, accordo al quale non avrebbe preso parte la comunità di lingua italiana. Vorremmo sapere se sia vero, se questo corrisponda a verità, vorremmo sapere perché eventualmente lei avrebbe fatto una cosa del genere e vorremmo sapere se prende in considerazione – come sempre alcuni organi di stampa riportano – la possibilità di modificare lo statuto delle autonomie per togliere l'obbligo del bilinguismo in Alto Adige.

  PRESIDENTE. Il Ministro per gli affari regionali e le autonomie, Delrio, ha facoltà di rispondere.

  GRAZIANO DELRIO, Ministro per gli affari regionali e le autonomie. Signor Presidente, ringrazio l'onorevole Meloni, che mi permette di precisare ulteriormente quanto accaduto in materia di toponomastica nella provincia di Bolzano. Com’è noto il Consiglio dei Ministri ha deliberato di impugnare la legge della provincia autonoma. L'impugnativa è stata deliberata a seguito di rilevanti censure e, come ho già ribadito in quest'Aula ad un suo collega, il Governo non ha intenzione di ritirare questa impugnativa, se non – come è normale prassi e procedura – in presenza di atti che inducano la provincia a modificare radicalmente questa legge.
  Consideriamo il tema del bilinguismo un valore. Consideriamo il tema del bilinguismo assolutamente irrinunciabile, per cui nessuno pensa a modificare, da questo punto di vista, lo statuto.
  Per quanto riguarda la lamentata aleatoria cancellazione di alcuni toponimi, vorrei ricostruire con precisione quello che abbiamo fatto insieme al presidente della provincia autonoma di Bolzano e che era stato annunciato anche in quest'Aula. Intanto, ciò concerne non la questione generale della toponomastica, come lei sa, ma semplicemente la questione della cartellonistica sui sentieri di montagna. E questo accordo è volto in particolare a dare attuazione ad un protocollo di intesa siglato nel 2010 dal Ministro pro tempore per i rapporti con le regioni e il presidente della provincia di Bolzano sulla specifica materia della segnaletica, nonché a dare attuazione alla mozione approvata dalla Camera dei deputati appunto, proprio in luglio.
  Il contenzioso aveva avuto origine nel 2010 poiché in Alto Adige si era giunti a Pag. 60una disputa, a un'inchiesta della procura della Repubblica in merito all'apposizione, come lei sa, di un rilevante numero di cartelli segnaletici di montagna concernenti indicazioni esclusivamente monolingui. E al fine di individuare una soluzione il Ministro Fitto, con il presidente Durnwalder, trovarono un accordo su un modo di procedere congiunto. Una commissione paritetica avrebbe esaminato i 1.526 nomi monolingui rilevati dall'autorità di polizia giudiziaria e poi avrebbe verificato, concordato e proposto alle parti le denominazioni delle indicazioni segnaletiche. La commissione, composta da rappresentanti dello Stato e da rappresentanti della provincia, concluse i suoi lavori a febbraio 2011 redigendo un elenco di 1.526 denominazioni. E questo elenco non trovò il consenso del presidente della provincia di Bolzano.
  Noi abbiamo ripreso in mano quell'accordo, abbiamo inserito, di queste 1.526 denominazioni, anche, per meno di un decimo, alcune denominazioni che, analiticamente esaminate dal commissario di Governo e dal Ministero, si sono rivelate praticamente di difficilissima traduzione e, quindi, di impossibile traduzione. Però abbiamo fatto in modo che questi nomi storici, di solito e normalmente privati, di malghe private, vengano accompagnati dalla descrizione tipologica (malga, cima, monte). Quindi, noi ripristineremo i cartelli bilingue.
  Io sono molto dispiaciuto dell'interpretazione che viene data di questo accordo. Quest'accordo è un accordo che risancisce in maniera importante il tema del bilinguismo, cerca un compromesso che ribadisce il valore di questo bilinguismo. Crediamo che questa barriera etnico-linguistica, da qualunque parte venga alzata, non dia ragione alle capacità razionali delle persone di una convivenza libera e pacifica, per cui crediamo che la scelta sia stata compiuta in base ai criteri e in linea con i principi statutari, ivi compreso il criterio secondo il quale appunto le denominazioni non si estendono mai alle località e ai comuni. Ripeto: che questa scelta vada in linea esattamente con i principi dello statuto.

  PRESIDENTE. La deputata Giorgia Meloni ha facoltà di replicare.

  GIORGIA MELONI. Signor Presidente, la ringrazio, però, purtroppo, lei conferma le tesi che la stampa ha riportato e, cioè, quello che il Governo italiano ha fatto, con le mille giustificazioni che lei può dare, è fare un accordo con la SVP, con la Südtiroler Volkspartei, un accordo che palesemente, per interesse politico che adesso vado a ricordare, limita il diritto della comunità italiana di lingua italiana in Alto Adige. Infatti, qui nessuno vuole mettere in discussione la pacifica convivenza e il bilinguismo. Noi abbiamo uno statuto delle autonomie che lo Stato italiano ha voluto proprio perché la minoranza di lingua tedesca in Italia e in Alto Adige potesse essere tutelata. Ma se quella stessa minoranza in Italia, che è maggioranza in Alto Adige, utilizza la propria forza per cancellare ogni traccia di italianità sul territorio dell'Alto Adige, c’è qualcosa che non funziona.
  Lo vogliamo dire al popolo italiano che oggi in Alto Adige ci sono 120 mila toponimi di lingua tedesca e 8.500 toponimi di lingua italiana e che se qualcuno fa una battaglia per cancellare quegli 8.500 toponimi di lingua italiana si prende la responsabilità di voler limitare la pacifica convivenza ? Lo vogliamo dire che c’è qualcosa che non va se il Governo italiano, invece di tutelare gli interessi anche della minoranza di lingua italiana in Alto Adige, fa un accordo elettorale, cosa che ha fatto il Partito Democratico con la Südtiroler Volkspartei prima delle elezioni, trattando il tema eventualmente anche del ritiro del ricorso alla Corte costituzionale in cambio del sostegno della SVP e, quindi, vendendosi di fatto gli interessi della comunità italiana di lingua italiana per avere il sostegno elettorale di un partito politico ?
  Vogliamo dirci qual è la verità ? Vogliamo dirci che non esiste che oggi si proceda alla cancellazione di altri toponimi Pag. 61in una situazione che è già così e che sono toponimi e nomi che in quel territorio resistono e vengono utilizzati da oltre un secolo ? Ma perché l'unica minoranza che l'Italia non riesce a tutelare è la minoranza italiana in Alto Adige ? Ma dov’è il Ministro Kyenge ? Dov’è il Ministro dell'integrazione che va in giro per l'Italia a tutelare ogni singola minoranza e non ha una parola da dire sugli italiani dell'Alto Adige che vengono mortificati quotidianamente ? Guardi, non so, non lo chiedo più a lei, lo chiedo al Ministro Kyenge, mi aspetto che il Ministro Kyenge ci dica una parola anche su questa minoranza, perché spero che non si senta Ministro di tutti salvo che degli italiani.

  PRESIDENTE. Desidero ricordare, com’è noto a tutti i deputati, che all'interno di quest'Aula esistono regole di comportamento, scritte e non, che includono evidentemente anche il divieto di ostentare distintivi o simboli di particolare evidenza o bandiere. Tali regole sono rivolte ad evitare che sia turbato l'ordine delle sedute e a garantire la correttezza dello svolgimento dei procedimenti e la parità di condizioni tra i deputati e tra i gruppi, tanto più in occasione delle dirette televisive, per questo ho richiamato i colleghi della Lega Nord chiedendo che venisse riposta la bandiera.
  La Presidenza, nel solco degli specifici precedenti di questa e delle scorse legislature, non può e non poteva che stigmatizzare quel comportamento.
  È così esaurito lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata. Sospendo la seduta, riprenderà tra qualche minuto, alle ore 16, con l'esame e la votazione della questione pregiudiziale riferita al disegno di legge n. 1544, di conversione del decreto-legge n. 102 del 2013, recante disposizioni urgenti in materia di IMU.

  La seduta, sospesa alle 15,58, è ripresa alle 16,05.

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Alfreider, Amici, Berretta, Biancofiore, Boccia, Michele Bordo, Bray, Brunetta, Caparini, Capezzone, Cicchitto, Cirielli, Dambruoso, Di Lello, Epifani, Ferranti, Fico, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Franceschini, Gebhard, Giancarlo Giorgetti, La Russa, Giorgia Meloni, Migliore, Pisicchio, Realacci, Sani, Speranza, Valeria Valente, Vezzali e Vito sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
  Pertanto i deputati in missione sono complessivamente sessantotto, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

Sull'ordine dei lavori (ore 16,07).

  ETTORE ROSATO. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  ETTORE ROSATO. Signor Presidente, solo per chiedere la cortesia alla Presidenza di dare qualche minuto di sospensione per consentire ad alcune Commissioni di completare i lavori, in particolare alla V Commissione, che poi è interessata anche nell'ambito della discussione sulla questione pregiudiziale con riguardo al decreto-legge. Quindi, se ci potesse dare un quarto d'ora per completare i lavori, grazie.

  PRESIDENTE. Va bene, penso che sia una richiesta ragionevole. Considerando che la V Commissione è quella più direttamente coinvolta per la discussione che dobbiamo svolgere sulla pregiudiziale, direi che possiamo sospendere i nostri lavori fino alle ore 16,30.
  La seduta è sospesa, riprenderà alle ore 16,30.

  La seduta, sospesa alle 16,10, è ripresa alle 16,30.

Pag. 62

Discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 102, recante disposizioni urgenti in materia di IMU, di altra fiscalità immobiliare, di sostegno alle politiche abitative e di finanza locale, nonché di cassa integrazione guadagni e di trattamenti pensionistici (A.C. 1544) (Esame e votazione di una questione pregiudiziale).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della questione pregiudiziale Nuti ed altri n. 1 (Vedi l'allegato A – A.C. 1544), presentata al disegno di legge n. 1544: Conversione in legge del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 102, recante disposizioni urgenti in materia di IMU, di altra fiscalità immobiliare, di sostegno alle politiche abitative e di finanza locale, nonché di cassa integrazione guadagni e di trattamenti pensionistici.
  Avverto che, a norma del comma 3 dell'articolo 40 e del comma 3 dell'articolo 96-bis del Regolamento, la questione pregiudiziale può essere illustrata per non più di dieci minuti da uno solo dei proponenti. Potrà altresì intervenire un deputato per ognuno degli altri gruppi per non più di cinque minuti.
  La deputata Laura Castelli ha facoltà di illustrare la sua questione pregiudiziale n. 1.

  LAURA CASTELLI. Signor Presidente, certamente ci viene un po’ da sorridere dopo quello che è successo ieri in merito alla Costituzione: insomma, derogare all'articolo 138 e poi chiedere allo stesso Parlamento di votare una questione pregiudiziale, ma noi ci proviamo lo stesso. In realtà dovremmo essere contenti che questo Governo si sia mosso per eliminare questa imposta che di fatto era incostituzionale e che, di fatto, andava contro l'articolo 53 della Costituzione. Certo, possiamo capire che molti in questo Parlamento non capiscano bene il principio di capacità contributiva, però comunque siamo felici.
  Nonostante questo dobbiamo osservare che nel proporre questo decreto-legge il Governo ce l'ha messa... tutta intanto per ridisegnare un decreto omnibus, perché di questo stiamo parlando: non bastava eliminare questa imposta, no, bisognava per forza metterci dentro altro. In ogni caso, quelli che sono i risvolti più problematici riguardano in particolare le coperture e quando parlo di coperture parlo della mala applicazione dell'articolo 81 della Costituzione, perché non sono indicati concretamente i mezzi finanziari necessari per il compimento degli adempimenti prescritti dal decreto. Poi è chiaro che ognuno, come dicevamo l'altro giorno in Commissione bilancio, può pensare cosa vuole delle coperture e ne può fare una questione politica, ma forse è il momento che questo Parlamento si interroghi davvero sull'applicazione della legge di bilancio. Vedete colleghi, noi come deputati, quindi deputati a scrivere delle proposte di legge, siamo un po’ stanchi di vederci dire di «no» alle nostre coperture, e vi assicuro che le nostre coperture sono sempre molto puntuali, mentre il Governo si può permettere di fare qualunque cosa, si può permettere di non applicare la legge di bilancio e neanche l'articolo 81 della Costituzione. Certo, anche qui voi adesso avete cambiato l'articolo 138, quindi modificherete anche l'articolo 81, ma fino a che non sarà cambiato questo articolo dovrebbe essere rispettato (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  È giusto ricordare quali sono i punti che voi, Governo, avete usato come copertura e come si fa a non parlare del maxi condono legato alle slot machine ? Come si fa a non parlare di ciò ? Ricordo che in Senato i senatori hanno anche avuto il coraggio di bocciare la nostra mozione, ma questo non è importante. Bene, questo condono risale a parecchi anni fa, quando i contratti di concessione legati alle slot machine avevano un impegno di collegamento rispetto alle questioni tributarie, un impegno che non è mai stato rispettato, e notate che era un accordo bilaterale, non è stato fatto da una parte sola ! Ma probabilmente chi prende le concessioni delle slot machine ha più dignità di un cittadino che si vede arrivare una cartella Pag. 63esattoriale o magari pignorare una casa, ma sicuramente non è così... ci sbagliamo. Bene, i 98 miliardi di sanzione sull'evasione sono diventati magicamente 2,5, poi ancora ridotti a 600 milioni.
  E adesso, se volete davvero ridere, che cosa succede ? Succede che i concessionari dicono: ma non è che, magari, abbiamo il coltello dalla parte del manico e possiamo anche permetterci di non pagare 600 milioni ? Quindi, in questo momento, il Governo usa una copertura assolutamente non certa per questo decreto, motivo per cui noi consideriamo questo atto incostituzionale.
  Ma possiamo andare avanti. Possiamo parlare dei 10 miliardi di maggiori crediti pagati alla pubblica amministrazione che il Governo vuole inserire nella prossima finanziaria. Ora, noi ci rendiamo conto che il Governo praticamente è sovrano di questo Parlamento – anche se, anche in questo caso, potremmo alzare il dito e dire che non è costituzionale –, ma questo è quello che accade. Quindi, se il Ministro davvero vuole inserire altri 10 miliardi, che lo faccia nella finanziaria e che, poi, usi l'extragettito di questi miliardi per coprire quel che vuole...; non di certo prima. Presidente, i banchi del Governo... mi rendo conto che questa pregiudiziale, come ho già detto, potrebbe risultare cosa leggera, visto che cosa questo Parlamento pensa della Costituzione, ma ci teniamo; ci teniamo anche perché il PD prima ha detto di volere l'attenzione e abbiamo rimandato l'Aula di un'altra mezz'ora.
  Ma andiamo avanti, perché i 10 miliardi, forse, non interessano. Andiamo sugli anticipi IRPEF e IRAP, andiamo a parlare di ciò che accadrà ancora una volta ai cittadini e di che cosa dovrete ancora spiegare ai cittadini. Perché, guardate, se voi entrate in un qualunque centro di assistenza fiscale e chiedete ad un contribuente qualunque, ma come mai... Presidente, non è importante questo argomento...

  PRESIDENTE. Io non li vedo, perché ho questo monitor davanti, però...

  LAURA CASTELLI. Io la prego, Presidente.

  PRESIDENTE. ...voi non parlate per il Governo: state parlando per tutti i membri della Camera che devono, poi, votare le pregiudiziali. Quindi, state tranquilli. Non c’è neanche il parere del Governo sulle pregiudiziali.

  LAURA CASTELLI. Presidente, io la ringrazio, la ringrazio davvero, ma stare tranquilli in questi giorni è davvero molto complicato !

  PRESIDENTE. In ogni caso, chiedo ai colleghi deputati di non sostare davanti ai banchi del Governo, chiacchierando. Prego deputata Castelli, concluda.

  LAURA CASTELLI. Dicevamo sugli anticipi IRPEF. Anche qui ci rendiamo conto che, magari, le situazioni che accadono fuori da questo Parlamento poco importano ai deputati qui presenti che sono solo presi a capire che cosa succederà di questo Governo, ce ne rendiamo conto. Ma aumentare gli anticipi dell'IRAP e dell'IRPEF è un «omicidio» nei confronti dei cittadini. Chiedete a un cittadino, a un contribuente normale che cosa pensa degli anticipi, che già oggi sono una pazzia. Chiedeteglielo. Beh, anche questo è un dato incerto ed è una copertura incerta, perché, di fatto, non sappiamo che cosa arriverà dai contribuenti. E anche questo dovrebbe essere parte di una previsione che, magari, si fa in una legge di stabilità, non di certo con un decreto; oppure vogliamo dire che questo decreto preannunzia una legge di stabilità ?
  Insomma, noi l'abbiamo detto più volte e ci siamo stupiti, intanto, che il Presidente della Repubblica Napolitano abbia firmato questo decreto. Ci chiediamo come possa firmare un decreto incostituzionale. Pensate che abbiamo fatto addirittura una conferenza stampa e le fonti di informazione non l'hanno neanche riportata, perché parlare di Napolitano è impossibile, anche quando si parla di IMU e quando si parla della vita della gente (Applausi dei Pag. 64deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Sarebbe il caso che quest'oggi questa pregiudiziale fosse votata da tutti non per dimostrare quanto sia coeso il Parlamento, ma per dimostrare che, ancora una volta, si vogliono applicare malamente le leggi e la Costituzione stessa.
  Concludo, ricordando l'utilizzo malsano che questo Parlamento fa continuamente delle clausole di salvaguardia. Perché ? Perché vi siete inventati questo strumento attraverso il quale reiterare la tassazione: perché tanto non importa, viviamo oggi e chissà cosa succede domani. Peccato che, poi, quello che succede domani lo vedono solo i cittadini (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Il nostro è un appello a fare uno sforzo, a cercare di capire che non è possibile fare, di corsa, un decreto-legge come questo che doveva nascere dal Parlamento – perché ricordiamo al Governo che questo tema era voluto da tutti i deputati del Parlamento, magari in modo diverso – ma ancora una volta siete riusciti, caro Governo, ad imporre il vostro presidenzialismo, quello che ancora non avete messo in Costituzione (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) e ancora una volta siete riusciti a fare un decreto-legge senza ascoltare nessun deputato. Almeno abbiate il coraggio di stracciare questa cosa che è fondamentalmente incostituzionale e di chiedere ai deputati come si fa la cancellazione di un'IMU perché la nostra proposta di legge aveva le coperture, non di certo queste; queste sono carta straccia (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) !

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Maino Marchi. Ne ha facoltà.

  MAINO MARCHI. Signora Presidente, a nostro avviso il decreto-legge è pienamente costituzionale e rispettoso dell'articolo 81. Nella questione pregiudiziale presentata ci si dilunga sull'eccesso di decretazione d'urgenza; questa è una questione generale che va verificata puntualmente sui singoli decreti-legge. In questo caso vi sono quattro questioni che hanno requisiti di necessità e urgenza; in primo luogo il decreto-legge presenta i requisiti di straordinaria necessità ed urgenza di cui all'articolo 77 della Costituzione, in quanto il decreto-legge n. 54 del 2013 che aveva disposto la sospensione del pagamento della prima rata IMU, aveva altresì stabilito, all'articolo 2, che in caso di mancata adozione della riforma entro il 31 agosto 2013 si sarebbe applicata la disciplina vigente in materia di imposizione fiscale del patrimonio immobiliare e, a tal fine, il versamento della prima rata dell'IMU avrebbe dovuto essere effettuato entro il 16 settembre 2013. Quindi, si doveva intervenire entro il 31 agosto e l'unico strumento era il decreto-legge.
  Poi sono certamente questioni urgenti il finanziamento della cassa integrazione, la dolorosa vicenda degli esodati, i pagamenti alle imprese da parte delle pubbliche amministrazioni. Gli interventi del decreto-legge non sono risolutivi di queste tre questioni però permettono di affrontare urgenze immediate come nel caso della cassa integrazione, oppure questioni che richiedono provvedimenti i più solleciti possibili, come nel caso degli esodati e dei pagamenti delle pubbliche amministrazioni, dove abbiamo tutti sostenuto che prima si interviene e meglio è, quindi, questa è una richiesta che il Parlamento ha fatto in diversi momenti.
  Molta evidenza nella questione pregiudiziale viene rivolta alle questioni relative alle coperture finanziarie e al rispetto dell'articolo 81 sotto tre aspetti in particolare; il primo è quello relativo ai giochi. La definizione agevolata dei giudizi per responsabilità amministrativo-contabile potenzialmente consentirà, diversamente da quanto sostenuto nella pregiudiziale, di avere entrate certe e dare così soluzione a uno dei contenziosi più lunghi e complicati degli ultimi anni, che molto difficilmente avrebbe potuto concludersi con il pagamento di due miliardi e 475 milioni di euro. La complessità del contenzioso è anche ben evidenziata nel dossier del servizio studi della Camera proprio sul decreto-legge. Altra questione è il merito di questo aspetto, di questa misura, ma di Pag. 65questo discuteremo in sede di esame del decreto-legge, non in sede di questione pregiudiziale.
  Per quanto riguarda l'IVA, l'entrata dell'IVA è certa in quanto coloro che effettuano prestazioni in favore della pubblica amministrazione possono assolvere l'IVA, in luogo del momento dell'emissione della fattura, cioè per competenza, al momento del pagamento della fattura, e quindi per cassa. Quindi le imprese devono pagare l'IVA e non possono essere prive della liquidità necessaria nel momento in cui la pubblica amministrazione paga la fattura e si tratta di pagamenti delle pubbliche amministrazioni che non vengono previsti nella legge di stabilità ma che si effettueranno, in più, nel 2013.
  Infine, vi è la clausola di salvaguardia.
  Il rispetto dell'articolo 81 della Costituzione è ancora più garantito dalla presenza della clausola di salvaguardia, che è perfettamente coerente con la legge di contabilità, che all'articolo 17, comma 12, recita: «Essa deve indicare le misure di riduzione delle spese o di aumenti di entrata con esclusione del ricorso ai fondi di riserva nel caso si verifichino o siano in procinto di verificarsi scostamenti rispetto alle previsioni indicate dalle leggi al fine della copertura finanziaria. In tal caso, sulla base di apposito monitoraggio, il Ministro dell'economia e delle finanze adotta, sentito il Ministro competente, le misure indicate nella clausola di salvaguardia e riferisce alle Camere con apposita relazione». Siccome la clausola di salvaguardia può essere attivata in base all'azione di monitoraggio entro novembre, si garantisce la corrispondenza tra l'onere e la relativa copertura anche dal punto di vista temporale.

  PRESIDENTE. Concluda.

  MAINO MARCHI. Concludo. Non vi sono quindi effetti finanziari negativi sui saldi di finanza pubblica né il rischio di esporre a pregiudizio i conti pubblici e quindi riteniamo che la questione pregiudiziale presentata vada respinta (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Titti Di Salvo. Ne ha facoltà.

  TITTI DI SALVO. Signor Presidente, noi non abbiamo presentato la pregiudiziale, ma Sinistra Ecologia Libertà voterà a favore della pregiudiziale presentata, con ragioni diverse, per segnalare subito la nostra contrarietà totale alla lettera e all'impianto del decreto di cui stiamo parlando. Noi siamo contrari a che venga cancellata la tassa sulla prima casa a tutti i contribuenti italiani. Siamo assolutamente contrari per ragioni di equità, perché pensiamo sia sbagliato cancellare la tassa sulla prima casa a quel 10 per cento di possessori dei grandi patrimoni, che probabilmente non si accorgeranno neppure di quella cancellazione, mentre non si trovano le risorse per sanare la vergogna degli esodati e coprire la cassa integrazione in deroga.
  Ma c’è una seconda ragione che ci preme dire subito, perché siamo ancora in tempo. L'Italia attraversa una fase di declino molto evidente; l'Italia è il secondo Paese più disuguale d'Europa dopo la Gran Bretagna. Invece di cercare là dove ci sono le risorse per finanziare un «piano» choc di crescita per il Paese attraverso una patrimoniale, si cancella l'unica patrimoniale che c’è spostando il peso di quella patrimoniale, che peraltro c’è in tutta Europa, sulla casa, in parte sugli inquilini. Noi pensiamo che sia veramente un errore, un errore di sacrificio, di opinioni consolidate nella scienza economica, nella scienza politica, un sacrificio fatto in nome della tattica e delle larghe intese che non aiuteranno il Paese ad uscire dalla crisi. Per questa ragione, con ragioni diverse da quelle presentate precedentemente, noi voteremo a favore della pregiudiziale (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Enrico Zanetti. Ne ha facoltà.

  ENRICO ZANETTI. Signor Presidente, riguardo questo decreto, noi siamo stati sicuramente tra i primi e più convinti Pag. 66critici di alcune scelte che sono state in esso effettuate per quanto concerne le priorità date ad alcuni tagli di imposta rispetto ad altri, e anche per quanto riguarda alcune scelte di copertura. Qui, però, siamo facendo una prediscussione rispetto al merito, ove questi temi saranno affrontati, che ha per oggetto la presunta incostituzionalità di questo provvedimento. Francamente devo dire che questa pregiudiziale si fonda veramente sul nulla, perché se c’è un'occasione, una volta tanto, in cui la decretazione d'urgenza risulta più giustificata, per l'appunto da circostanze d'urgenza, è questa, posto che sul fronte dell'IMU, diversamente, a metà settembre, sarebbe scattato il pagamento della rata provvisoriamente sospesa.
  Per quanto riguarda le coperture, ribadito che alcune di esse non ci convincono affatto e che la stessa clausola di salvaguardia dovrà essere valutata con grande attenzione, beh però queste coperture ci sono, la clausola di salvaguardia c’è, l'incostituzionalità di questo provvedimento francamente non si vede affatto. Per cui Scelta Civica per l'Italia, che rimane convinta della necessità di fare un lavoro molto approfondito in sede parlamentare su questo decreto e che è la prima ad avere forti perplessità rispetto all'opportunità di svendere un condono sul fronte dei giochi pur di arrivare a coprire la riduzione dell'IMU anche per chi francamente qualcosa potrebbe pagarla su questo fronte, ebbene per quanto riguarda viceversa il tema della costituzionalità di questo decreto, non ha dubbi, è un decreto sicuramente da migliorare ma al tempo stesso è un decreto sicuramente conforme al dettato costituzionale, motivo per cui noi voteremo senza esitazione contro questa pregiudiziale che, francamente, è fondata quanto ne vediamo di altre in questo periodo, si vede che va di moda presentare pregiudiziali di incostituzionalità anche se, tutto sommato, sarebbe meglio non farlo (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Stefano Borghesi. Ne ha facoltà.

  STEFANO BORGHESI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, vedete, noi su questa pregiudiziale non vogliamo tanto soffermarci sulla mancanza dei presupposti di urgenza, che sono il requisito costituzionale che è alla base dell'emanazione dei decreti-legge. Non vogliamo tanto sottolineare lo spostamento che troppe volte viene fatto del potere legislativo, dal Parlamento all'azione del Governo, così poi come in troppi casi abbiamo assistito di fatto ad una confusione tra quello che è il potere esecutivo e il potere legislativo. Noi vogliamo concentrarci su questa pregiudiziale parlando più del contenuto di questo provvedimento, dei contenuti di questo provvedimento, infatti vediamo che all'interno vi sono due previsioni di maggiori entrate che a nostro modo di vedere sono completamente aleatorie e prive di ogni fondamento; quindi queste due previsioni, che vengono sottolineate da questa pregiudiziale ci trovano d'accordo, ossia, venendo nello specifico, quella prevista dall'articolo 14 che prevede una definizione agevolata in appello per contenziosi come quelli con i concessionari per la gestione della rete telematica del gioco.
  Questa previsione di entrata, che pesa per circa 600 milioni, viene calcolata con un 25 per cento del valore del contenzioso per danno erariale che viene appunto imputato ai concessionari per la gestione della rete telematica del gioco. Secondo noi questa previsione di entrata è assolutamente infondata in quanto non si riesce a capire come si possa dare per certa una entrata di questo genere, non sapendo se i diretti interessati al contenzioso accetteranno la definizione agevolata della controversia stessa oppure, com’è possibile e anzi per noi è più che probabile, gli stessi continueranno, potrebbero continuare comunque a difendersi nelle ulteriori fasi procedurali previste nel processo tributario, rifiutando di fatto quindi di versare il 25 per cento di quanto ad essi contestato. E questa era la prima delle due previsioni di entrata a copertura del decreto che noi contestiamo e che è inserita in questa pregiudiziale.Pag. 67
  La seconda è quella relativa all'articolo 13 che prevede maggiori entrate per circa 925 milioni per entrate dovute all'IVA a seguito di maggiori pagamenti di 8 miliardi dei debiti della pubblica amministrazione verso le imprese. Noi riteniamo che anche questa previsione non sia assolutamente fondata in quanto non è automatico che questi maggiori pagamenti producano subito il versamento dell'IVA.
  In primo luogo, anche perché su tali fatture potrebbe comunque pesare una crisi economica che è pesante, e nel decreto-legge si dà già per certa la correttezza nella tempistica degli adempimenti fiscali in un momento di crisi, in un momento di difficoltà così delicato per le nostre imprese. E poi, non è detto che i pagamenti ricevuti si trasformino, come invece viene previsto, in nuovi investimenti, visti i debiti che sono stati contratti dalle imprese, e viste le sofferenze bancarie che le nostre imprese sono state costrette e sono costrette tuttora ad affrontare, data l'enorme situazione di crisi e di difficoltà in cui la nostra economia versa.
  Noi riteniamo quindi che questa questione pregiudiziale sia fondata, in quanto verte più sul contenuto del provvedimento, che contempla appunto tali due previsioni di maggiori entrate che riteniamo non essere assolutamente automatiche. Anche poi la clausola di salvaguardia, che viene presentata all'interno del provvedimento, non fa altro a nostro modo di vedere che avvalorare le nostre tesi, che sono riportate all'interno della pregiudiziale.
  Riteniamo dunque che nello specifico del contenuto di questo provvedimento vi siano queste due gravissime pecche, che non possono essere fatte passare in sordina; ma che appunto sia stato invece giusto evidenziarle ed inserirle in questa pregiudiziale, su cui noi voteremo a favore.

  PRESIDENTE. Deve concludere. Ha concluso il suo tempo.

  STEFANO BORGHESI. Sì. Concludo dicendo che il nostro voto alla pregiudiziale sarà favorevole, in quanto riteniamo che queste due previsioni non saranno rispettate (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Rocco Palese. Ne ha facoltà.

  ROCCO PALESE. Signor Presidente, noi riteniamo preliminarmente che il decreto-legge n. 102 del 2013 rispetta tutto il quadro della Carta costituzionale, sia in riferimento al problema della decretazione d'urgenza, e sia rispetto pure alla conformità di quanto previsto dall'articolo 81 della Costituzione, sia vecchia che nuova formulazione.
  La decretazione d'urgenza è determinata, così come è stato già ricordato, dalla necessità dell'eliminazione dell'IMU per il 2013, derivante da un obbligo rispetto a quanto era stato prefissato dal decreto-legge n. 54 del 2013 in riferimento alla scadenza della sospensione del provvedimento al 31 agosto, sempre del 2013. Così come estremamente avvertita, anche per altri aspetti di natura sociale, è la necessità di legiferare in maniera urgente, trovando le risorse necessarie a risolvere il problema della cassa integrazione; come pure in questo decreto-legge trova finalmente cittadinanza l'inizio della soluzione del gravissimo problema che riguarda gli esodati, con le relative coperture finanziarie. In più, ricordo il pagamento alle imprese dei debiti della pubblica amministrazione. Noi riteniamo che queste siano non solo misure che determinano la necessità assoluta di urgenza, il dovere da parte del Governo di averle adottate, ma che soprattutto rimandano fortemente ad un aspetto di tutela sociale, in riferimento alle condizioni in cui versa il Paese di grave emergenza sociale, per le condizioni note.
  Per quello che riguarda poi l'aspetto principale della conformità costituzionale, in riferimento all'articolo 81 della Costituzione e alla certezza della previsione dell'accertamento delle entrate contenute all'interno del decreto-legge, con tutte le variazioni alla legge di bilancio e al bilancio dello Stato per l'anno e per l'esercizio Pag. 68finanziario 2013 che sono state apportate, noi riteniamo che esso sia fortemente rispettoso, anche per una serie di considerazioni non estranee a quanto riguarda il procedimento ed i controlli. Perché noi abbiamo certamente un controllo endogeno, riservato alla Ragioneria generale dello Stato.
  In questo senso, io indicherei ai colleghi sia i problemi che riguardano la relazione tecnica contenuta all'interno del decreto, ma anche e soprattutto la «bollinatura» che vi è stata da parte della Ragioneria generale dello Stato. Poi vi sono anche i controlli dell'Unione europea, che riguardano non solo l'aspetto principale del monitoraggio, ma anche – posto che vi saranno – in riferimento all'Eurostat, all'Ecofin, e in più anche quelli, di aspetto internazionale, con il Fondo monetario internazionale e con l'OCSE.
  Per quanto riguarda la certezza delle entrate in riferimento all'IVA, immagino che non vi sia alcuna possibilità e alcun dubbio, perché, davanti alla copertura di circa 8 miliardi di euro di trasferimenti che saranno poi utilizzati per il pagamento dei debiti della pubblica amministrazione nei confronti delle imprese, nel momento in cui vengono così pagate, tutte queste risorse determinano in via automatica la possibilità dell'entrata in riferimento alle aliquote stesse dell'IVA per il 2013. Quindi, è perfettamente coerente.
  Spendo anche qualche parola sul problema, articolo 14, della definizione agevolata in appello dei giudizi di responsabilità amministrativo-contabile, perché la pregiudiziale analizza e pone un problema in maniera parziale. Il decreto prevede altre cose. Primo problema, si utilizza l'estensione di norma già precedentemente assunta, nel 2005, da parte del Parlamento. La norma è estensiva: si mette in evidenza l'entrata possibile del contenzioso più rilevante, ma non vi è solo quel contenzioso in essere come primo giudizio della Corte dei conti che può essere poi utilizzato da parte dei soggetti interessati. Ve ne sono tanti altri e, a mio avviso, la somma prevista mi auguro e spero che sia prudenziale, perché altre situazioni determineranno questo aspetto. Anche in riferimento alla norma di salvaguardia, non è solo un problema domestico o endogeno: è determinata e pretesa anche dall'Unione europea.

  PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole Palese.

  ROCCO PALESE. Annunzio il voto contrario alle questioni pregiudiziali sollevate dai colleghi del MoVimento 5 Stelle (Applausi dei deputati del gruppo Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente).

  PRESIDENTE. Sono così esauriti gli interventi sulla questione pregiudiziale.
  Passiamo ai voti. Invito i colleghi a prendere posto.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla questione pregiudiziale Nuti ed altri n. 1.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Piepoli, Rabino, Catania, Ventricelli, Di Lello, Silvia Giordano, Gribaudo, Donati...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

   (Presenti e votanti  473   
   Maggioranza  237   
    Hanno votato
 137    
    Hanno votato
no  336).    

  (I deputati Campana, Ginoble e Ginato hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto contrario).

Discussione della relazione al Parlamento predisposta ai sensi dell'articolo 10-bis, comma 6, della legge 31 dicembre 2009, n. 196 (Doc. LVII-bis, n. 2) (ore 17,05).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della relazione al Parlamento predisposta ai sensi dell'articolo 10-bis, comma 6, della legge 31 dicembre 2009, n. 196.Pag. 69
  Ricordo che all'esame della relazione in oggetto si applica la procedura di cui all'articolo 118-bis, commi 2 e 4, del Regolamento. Avrà quindi luogo un dibattito limitato, con l'intervento di un deputato per ciascun gruppo e per ciascuna componente del gruppo Misto, nonché dei deputati che intendano esprimere posizioni dissenzienti dai rispettivi gruppi.
  Le eventuali risoluzioni alla relazione dovranno essere presentate nel corso della discussione, ai sensi del comma 2 del richiamato articolo 118-bis del Regolamento.
  Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (Vedi calendario).

(Discussione – Doc. LVII-bis, n. 2)

  PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione.
  Ha facoltà di intervenire il relatore, deputato Fabio Melilli.

  FABIO MELILLI, Relatore. Signora Presidente, onorevoli colleghi, la Relazione in esame è presentata dal Governo in ottemperanza a quanto previsto dall'articolo 10-bis, comma 6, della legge di contabilità e finanza pubblica. Ai sensi di questa norma, come è noto, il Governo – ferma restando la presentazione, naturalmente, entro il 20 settembre di ogni anno della Nota di aggiornamento del DEF – qualora per finalità analoghe a quelle previste per la Nota, o per il verificarsi di eventi eccezionali, o, ancora, in caso di scostamenti rilevanti degli andamenti di finanza pubblica tali da rendere necessari interventi correttivi, è tenuto a trasmettere una relazione al Parlamento, che rechi le ragioni dell'aggiornamento ovvero degli scostamenti, nonché l'indicazione degli interventi correttivi che si intendono adottare.
  La Relazione, trasmessa alle Camere il 3 settembre 2013, è stata approvata dal Consiglio dei Ministri il 28 agosto, contestualmente all'approvazione del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 102, che, nel recare nuove misure in materia di riordino della tassazione degli immobili, di sostegno alle politiche abitative ed al lavoro, costituisce provvedimento collegato alla manovra di finanza pubblica, secondo quanto precisato dalla Relazione medesima.
  La Relazione opera un primo esame della situazione macroeconomica e di finanza pubblica, in attesa della imminente presentazione della Nota di aggiornamento del DEF, ed illustra gli impatti sull'economia e sulla finanza pubblica derivanti dalle misure contenute nel decreto-legge di cui all'oggetto.
  Come è stato precisato dal rappresentante del Governo nel corso dell'esame della Relazione in Commissione bilancio, una più puntuale disamina degli andamenti macroeconomici e di finanza pubblica sarà effettuata, naturalmente, con la Nota di aggiornamento del DEF che sarà trasmessa, come prevede la legge di contabilità e finanza pubblica, entro il 20 settembre prossimo, cioè a valle della comunicazione da parte dell'ISTAT dei dati dell'economia, che, tra l'altro, ieri mattina sono pervenuti e non erano ancora a conoscenza della Commissione bilancio nel momento in cui abbiamo esaminato questo testo.
  In merito alle tendenze dell'economia, sottolineo come la Relazione, pur rilevando i primi segnali di una progressiva stabilizzazione del ciclo economico, evidenzia un peggioramento delle stime di crescita per l'anno in corso rispetto alle previsioni formulate nel DEF di aprile 2013, in considerazione dell'andamento recessivo dell'economia italiana nella prima parte dell'anno. In particolare, la variazione acquisita del PIL per il 2013 evidenzia una decrescita pari all'1,7 per cento, valore peggiore di quanto previsto nel DEF, in cui si stimava una contrazione dell'1,3 per cento per l'intero anno.
  La stessa Relazione rileva che all'andamento del PIL nei primi tre mesi dell'anno ha contribuito il leggero calo delle esportazioni in termini reali, legato ad una temporanea moderazione della domanda mondiale, e la prosecuzione della debolezza del settore delle costruzioni. Gli Pag. 70investimenti in macchinari e attrezzature e i consumi privati hanno tuttavia registrato un'attenuazione del fenomeno recessivo.
  A causa di tali fattori, il Governo stima ulteriormente al ribasso la previsione di crescita per il 2013, ma rileva che il prodotto interno lordo dovrebbe stabilizzarsi a partire dal terzo trimestre dell'anno, sulla base degli ultimi dati disponibili relativi al livello della produzione industriale, agli ordinativi e agli indicatori di fiducia. In particolare, gli indicatori di fiducia delle famiglie e l'andamento delle vendite al dettaglio prefigurano un miglioramento della domanda interna.
  Per quello che concerne l'anno 2014, la Relazione evidenzia come vadano rafforzandosi le attese di un ritorno alla crescita nel quarto trimestre, con una più decisa inversione di tendenza della congiuntura economica e conferma quindi – pur senza esporre indicazioni numeriche, cosa che la Relazione non fa, atteso il rinvio alla Nota di aggiornamento – prospettive favorevoli per il 2014.
  Per quanto concerne il biennio 2013-2014, i dati previsionali che sono stati esposti dagli istituti di ricerca nazionali stimano una diminuzione del PIL per l'anno in corso pari a circa 1,8 – 1,9 punti rispetto all'anno precedente, con un ritorno in territorio positivo nel 2014, con una crescita che dovrebbe posizionarsi tra lo 0,7 e lo 0,8 per cento.
  Con riferimento alle previsioni di crescita dell'economia italiana per gli anni 2013-2015 si ricorda che il Consiglio dell'Unione europea ha rilevato come lo scenario macroeconomico alla base delle proiezioni di bilancio presentate dal Governo italiano nel DEF 2013, mentre risultava allineato alle previsioni sul PIL della Commissione europea relativamente all'esercizio in corso, risultasse comunque ottimistico per il 2014. Lo scenario macroeconomico veniva considerato plausibile dal 2015 in poi, ferma restando la piena attuazione delle riforme strutturali adottate.
  Vorrei segnalare inoltre come, nel corso dell'estate, gli organismi internazionali abbiano provveduto ad aggiornare le stime di crescita, oltre che per l'Italia, anche per i principali Paesi avanzati, relativamente all'anno 2013 e all'anno 2014.
  In particolare, una revisione delle stime è stata operata dal Fondo monetario internazionale, ipotizzando per il 2013 una decrescita per l'Italia pari all'1,8 per cento, peggiore quindi rispetto a quanto previsto dal medesimo istituto nell'aprile scorso, allorché si indicava una contrazione dell'1,5 per cento. Per il 2014, prospettando una lenta ripresa dell'attività economica per i Paesi europei, il Fondo monetario internazionale rivede in positivo le previsioni di crescita per l'Italia, indicando un incremento dello 0,7 per cento rispetto allo 0,5 di aprile ed allineandosi così alle previsioni elaborate dalla Commissione europea a maggio scorso per il nostro Paese.
  L'OCSE ha mantenuto ferme per l'Italia le stime elaborate per l'anno in corso a giugno 2013, con una previsione di decrescita pari all'1,8 per cento.
  La Relazione reca inoltre un'analisi degli effetti sul prodotto interno lordo dell'aumento dell'anticipazione di liquidità per il pagamento dei debiti da parte della Pubblica amministrazione che è stato disposto, come è noto, dal decreto-legge n. 102 del 2013 e di alcune misure a sostegno del settore immobiliare. Non sono quantificati nella Relazione – e questo non abbiamo mancato di notarlo – gli effetti sulla crescita della cancellazione della prima rata IMU, che dovrebbe influenzare comunque positivamente il reddito disponibile delle famiglie e consentire, già nel 2013, una ripresa dei consumi.
  Per quanto riguarda il pagamento dei debiti per ulteriori 7,2 miliardi di euro nel 2013 rispetto all'ipotesi a legislazione vigente di cui al decreto-legge n. 35 del 2013, con un'erogazione di 20 miliardi di euro in ciascuno degli anni 2013 e 2014, la Relazione ne quantifica l'impatto macroeconomico. In termini di crescita del PIL, i pagamenti aggiuntivi determineranno un effetto positivo pari allo 0,1 per cento nell'anno in corso e allo 0,2 per cento nel 2014, mentre sostanzialmente Pag. 71nulla sarebbe la variazione aggiuntiva nel 2015 e l'effetto di miglioramento è principalmente riconducibile ad una ripresa degli investimenti naturalmente favoriti dalle maggiori disponibilità liquide.
  Come è già emerso in occasione dell'esame del decreto-legge n. 35 del 2013 ed è ribadito peraltro nella Relazione, gli effetti positivi che sono derivanti dall'iniezione di liquidità sono strettamente collegati, da un lato, all'ammontare complessivo della stessa, e dall'altro, ai tempi di erogazione: affinché la misura si riveli incisiva infatti è necessario che essi siano «sufficientemente rapidi».
  In proposito segnalo che, al momento, risultano erogate poco più di un terzo delle risorse stanziate per l'esercizio in corso.
  Ulteriori benefici sul quadro macroeconomico dovrebbero derivare, secondo la Relazione, dall'insieme delle misure a sostegno del settore immobiliare che sono contenute in alcuni provvedimenti adottati negli ultimi mesi, quali l'efficientamento energetico nell'edilizia, le agevolazioni fiscali per il recupero del patrimonio edilizio e il Piano casa per le famiglie disagiate. L'insieme di tali misure determinerebbe un aumento del PIL dello 0,1 per cento nel 2013 per effetto principalmente di maggiori investimenti. Mentre è naturale che sarebbe invece trascurabile l'effetto negli anni successivi in mancanza di una conferma delle misure sopraelencate.
  Pur rinviando alla Nota di aggiornamento per la presentazione dei nuovi quadri macroeconomico e di finanza pubblica, la Relazione sottolinea come le stime elaborate sulla base delle attuali – e ancora provvisorie – previsioni di crescita dell'economia evidenziano un peggioramento di circa 0,7 punti percentuali nel rapporto programmatico tra indebitamento e PIL nel biennio 2014-2015 rispetto ai valori indicati nel DEF, rispettivamente pari all'1,8 e all'1,5 per cento. Restano, invece, confermati gli obiettivi relativi al 2013, con un livello di indebitamento netto pari al 2,9 per cento del PIL e al biennio 2016-2017, con valori rispettivamente pari ad un indebitamento dello 0,9 e un avanzo pari allo 0,4 per cento del PIL.
  Al riguardo si rileva, innanzitutto, come la tenuta del saldo che è obiettivo nel 2013, sia fortemente legata all'andamento dell'economia nella seconda parte dell'anno e al pieno manifestarsi, quindi, degli effetti positivi attesi dall'iniezione di liquidità di cui ai decreti-legge n. 35 e n. 102 del 2013.
  Con riferimento al biennio 2014-2015, il rappresentante del Governo ha chiarito alla Commissione che il peggioramento atteso è pari allo 0,7 per cento per ciascuna annualità. Per il 2014 l'aumento del deficit di 0,7 punti rispetto all'1,8 per cento che è stato indicato dal DEF consente comunque all'indebitamento nominale di restare al di sotto della soglia del 3 per cento prevista dal Trattato. Per il 2015, si determina invece un aumento del deficit tendenziale da 1,7 a 2,4 per cento e di quello programmatico da 1,5 a 2,2 per cento: i valori a legislazione vigente scontano, come è stato precisato dal DEF, il reperimento delle risorse necessarie alla copertura del venir meno dell'attuale regime di tassazione sugli immobili, rispetto a cui il Governo ribadisce naturalmente il proprio impegno.
  Come chiarito dal rappresentante del Governo nel corso dell'esame della Relazione in Commissione bilancio, il predetto peggioramento è interamente attribuibile al ciclo economico.
  Rilevo comunque come la revisione dei saldi indicata nella Relazione avvicina le stime del Governo a quelle dei principali organismi internazionali: queste risultano sostanzialmente allineate per quanto riguarda il 2013, mentre indicano un deficit nominale più elevato di quello a suo tempo indicato nel DEF per quanto riguarda il 2014.
  È da notare che sulla revisione delle stime dell'indebitamento netto non incidono le misure recate dal decreto-legge n. 102 del 2013 che, secondo la relazione tecnica e il prospetto riepilogativo degli effetti finanziari che è allegato al provvedimento, risultano più che compensate. Pag. 72Esse comportano infatti un miglioramento del deficit per circa 10,6 milioni nel 2013, 98 milioni nel 2014, 264 milioni nel 2015 e 64 milioni nel 2016.
  L'aumento dell'anticipazione di liquidità per il pagamento dei debiti delle Amministrazioni locali, pari a 7,2 miliardi nel 2013, determina, tuttavia, un aumento di pari importo del saldo netto da finanziare, il cui limite massimo è aumentato ad 8 miliardi rispetto a quello fissato dalla legge di stabilità per il 2013, come modificata dall'articolo 12, comma 8, del decreto-legge n. 35 del 2013. Aumentano parimenti il fabbisogno di cassa del settore statale e lo stock di debito pubblico: il decreto-legge n. 102 del 2013, all'articolo 15, comma 1, autorizza infatti l'emissione di titoli di Stato per un importo fino a 8 miliardi per tale esercizio e, conseguentemente, è rideterminato in aumento il livello massimo del ricorso al mercato. La misura non comporta, invece, effetti sull'indebitamento netto in quanto i pagamenti sono a fronte non di nuove spese, ma di impegni già assunti in passato dalla Pubblica amministrazione e già scontati nei tendenziali. I maggiori oneri connessi agli interessi passivi, pari a 190 milioni nel 2014, a 248 milioni nel 2015 e a 257 milioni nel 2016, trovano invece copertura nell'ambito del provvedimento.
  Dal lato degli impieghi previsti dal decreto-legge, la Relazione reca la dettagliata indicazione delle misure comportanti oneri quali: il rifinanziamento della cassa integrazione guadagni; il sostegno dei lavoratori «esodati»; agevolazioni a favore delle categorie disagiate per l'accesso alla prima casa e sostegno al mercato immobiliare; risorse per 140 milioni nel biennio 2014-2015 per gli oneri del mutuo e della locazione dell'abitazione; la cancellazione per il 2013 della prima rata dell'imposta municipale sugli immobili (IMU); altre misure in materia di IMU, ribadendo in merito che gli impegni politici necessari a completare il ridisegno della tassazione immobiliare saranno oggetto di successivi provvedimenti.
  Dal lato delle coperture finanziarie del decreto-legge, la Relazione indica tra le altre: maggiori entrate derivanti sia dall'aumento del gettito IVA connesso al pagamento dei debiti commerciali sia dalla definizione di contenziosi nel settore dei giochi; l'acquisizione al bilancio di una quota delle entrate relative alla tariffa elettrica; tagli di spesa per circa 1 miliardo nel 2013 in termini di saldo netto da finanziare, di cui 300 milioni di euro relativi ai Ministeri; la riduzione del limite massimo di spesa per premi assicurativi ai fini IRPEF.
  È prevista, infine, una clausola di salvaguardia, com’è noto, relativamente al gettito atteso dall'IVA e dalla definizione dei contenziosi. Qualora dal monitoraggio emerga un gettito inferiore a quello necessario a garantire la copertura del provvedimento in esame, entro il mese di novembre 2013, il Ministro dell'economia e delle finanze stabilisce l'aumento della misura degli acconti ai fini dell'IRES e dell'IRAP, e l'aumento delle accise di cui alla Direttiva del Consiglio 2008/118/CE del 16 dicembre 2008, in misura tale da assicurare il conseguimento dei predetti obiettivi anche ai fini della eventuale compensazione delle minori entrate che si dovessero generare nel 2014 per effetto dell'aumento degli acconti per l'anno 2013.
  Nel ribadire che sulle previsioni recate dalla relazione non incidono, come evidenziato dalla medesima, le misure recate dal decreto-legge n. 102 del 2013, vorrei sottolineare come gli oneri e le relative coperture finanziarie saranno oggetto di un'attenta e puntuale verifica nel corso dell'esame in sede referente del disegno di legge di conversione del predetto decreto-legge.
  Ritengo utile comunque svolgere alcune considerazioni conclusive sulla natura stessa del documento al nostro esame. Vorrei ricordare preliminarmente come, a differenza del Documento di economia e finanza e della relativa Nota di aggiornamento, che costituiscono gli ordinari documenti di programmazione economico-finanziaria, la Relazione al Parlamento costituisca uno strumento di natura non ordinaria attivabile in determinate circostanze, Pag. 73che sono puntualmente previste dall'articolo 10-bis della legge di contabilità.
  Evidenzio che già in altri due casi il Governo ha presentato il documento previsto dal sopra citato articolo 10-bis della legge di contabilità. La prima Relazione è stata presentata dal Governo Monti in data 4 dicembre 2011, e preannunciava – tenuto conto degli andamenti tendenziali di finanza pubblica – la necessità di una manovra correttiva per il triennio 2012-2014 finalizzata a mantenere gli impegni assunti in sede europea per il conseguimento del pareggio di bilancio entro il 2013; la manovra poi è stata operata con il decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201.
  La seconda di queste Relazioni è stata trasmessa dal medesimo Esecutivo in data 21 marzo 2013, ed esaminata dalla Commissione speciale per l'esame di atti del Governo costituita all'inizio della nostra legislatura. Il documento ha presentato un aggiornamento delle stime di crescita per l'anno in corso e per l'anno successivo rispetto alle previsioni formulate nella Nota di Aggiornamento del DEF del settembre 2012 ed ha esposto le ragioni per le quali occorreva procedere ad uno specifico intervento di sostegno all'economia, individuato nello sblocco dei pagamenti delle pubbliche amministrazioni verso i propri fornitori; intervento che poi è stato puntualmente effettuato con il decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35, provvedendosi ad aggiornare i saldi di finanza pubblica.
  Va tuttavia sottolineato che l'aggiornamento degli obiettivi di finanza pubblica di cui all'articolo 10-bis, comma 6, della legge n. 196 del 2009, come previsto naturalmente dalla stessa disposizione, deve essere limitato a casi del tutto eccezionali.
  Come convenuto anche dal rappresentante del Governo nel corso dell'esame della Relazione, proprio alla luce di tale eccezionalità e in considerazione delle rilevanti conseguenze che ne discendono sul piano della copertura finanziaria dei provvedimenti e delle proposte emendative recanti nuovi o maggiori oneri, la modifica legislativa dei saldi di finanza pubblica, adottata in coerenza con i nuovi obiettivi programmatici, al di fuori della sessione di bilancio, anche se limitata al saldo netto da finanziare ed al ricorso al mercato, dovrebbe essere soggetta a vincoli procedurali ben definiti. Non va infatti dimenticato che modifiche al saldo netto da finanziare possono riflettersi anche sui saldi validi ai fini del rispetto dei parametri stabiliti dall'Unione europea, direttamente (rapporto tra debito e PIL) o indirettamente attraverso un aggravio della spesa per interessi, ove questa spesa non risulti adeguatamente coperta (rapporto tra indebitamento netto e PIL).
  In particolare, abbiamo rilevato che sarebbe opportuno che la modifica dei saldi in corso d'anno venga sottoposta allo stesso procedimento previsto per la definizione dei saldi stessi e, quindi, adottata previa deliberazione di un atto di indirizzo parlamentare che faccia propri i nuovi obiettivi programmatici definiti dal Governo. Inoltre, credo potrebbe essere prevista un'integrazione alla vigente disciplina contabile volta ad ancorarsi a precisi vincoli quantitativi, da definire ex ante nel corso della sessione di bilancio, anche in valori assoluti, nell'ipotesi in cui tale modifica sia funzionale alla creazione di nuovi spazi finanziari da utilizzare a copertura.

  PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il rappresentante del Governo.

  STEFANO FASSINA, Viceministro dell'economia e delle finanze. Signor Presidente, come è stato ricordato il provvedimento in oggetto si inscrive in una fase della congiuntura che evidenzia primi segnali di ripresa. Sono evidenti questi primi segnali di ripresa sull'andamento della produzione industriale, sull'andamento degli ordinativi delle imprese, su alcuni indicatori del clima di fiducia delle famiglie e delle imprese. Ovviamente sono segnali che non vanno enfatizzati, ma vanno riconosciuti come indicatori di un'inversione di tendenza dopo una lunga fase di variazioni negative dei principali indicatori di andamento dell'economia reale. Proprio ieri l'ISTAT ha rivisto al ribasso la stima Pag. 74del PIL del secondo trimestre da 0,2 a meno 0,3 con una caduta tendenziale che appunto a giugno di quest'anno ha raggiunto il meno 2,1 per cento.
  Questi segnali di ripresa sono dovuti ovviamente a un quadro europeo e internazionale di segno analogo, ma sono dovuti anche a provvedimenti di finanza pubblica che negli ultimi mesi hanno assunto un segno discontinuo rispetto a quello degli anni precedenti, un segno anticiclico, a cominciare dal provvedimento di sblocco dei pagamenti dei debiti arretrati delle pubbliche amministrazioni verso le imprese (40 miliardi di euro, 20 per 2013 e 20 per il 2014) per seguire con gli ulteriori 7,2 miliardi di euro previsti nel decreto in oggetto. Ovviamente il contributo delle politiche anticicliche che il Governo italiano è riuscito a dare negli ultimi mesi non è da solo sufficiente a consolidare i segnali di ripresa di cui abbiamo parlato e non è sufficiente ad amplificarli, ad aumentarli e a renderli adeguati ad assorbire la disoccupazione che si è prodotta dall'inizio del 2008.
  A questo proposito è importante sottolineare il rilievo che hanno le scelte di politica economica che vengono prese e dovranno essere prese a livello di Eurozona, anche quelle che si riferiscono direttamente ai mercati finanziari, mi riferisco in particolare all'Unione bancaria. Su queste scelte il Governo italiano, con il supporto non solo della maggioranza ma credo di tutte le forze presenti in Parlamento, deve dare un contributo affinché un'inversione di tendenza si possa registrare al più presto, già a partire dai vertici previsti per l'autunno di quest'anno.
  In questo quadro il provvedimento in oggetto dà un ulteriore impulso anticiclico alla fase che stiamo attraversando: come sapete il provvedimento, oltre alla cancellazione della prima rata dell'IMU, contempla altri interventi rilevanti, cito in particolare un intervento su una categoria molto particolare, gli esodati, i cosiddetti licenziati individuali, forse la categoria più debole di esodati, e poi il provvedimento stanzia ulteriori 500 milioni per la cassa integrazione in deroga, portando a circa 1 miliardo e mezzo lo stanziamento effettuato a partire da giugno 2013.
  Nella relazione il relatore ha indicato alcuni punti sui quali certamente si deve approfondire, c’è una riflessione in corso da parte del Governo, mi riferisco in particolare a un punto che è molto delicato, la variazione dei saldi di finanza pubblica al di fuori della sessione di bilancio. Come ha ricordato il relatore, per la terza volta dall'approvazione della legge 196 del 2009 avvengono variazioni dei saldi al di fuori della sessione di bilancio, a me pare che in tutti e tre i casi che sono stati ricordati dal relatore, cioè fine anno 2011 e poi marzo 2013 e ancora in occasione di questo provvedimento a fine agosto di quest'anno, siamo di fronte a una situazione di eccezionalità. Era eccezionale la situazione a novembre 2011 e credo che sia definibile come eccezionale la scelta di procedere allo sblocco di una quota così rilevante dei pagamenti della pubblica amministrazione verso le imprese.
  Quindi questi ultimi due in particolare, relativi ai 40 miliardi definiti a fine marzo e poi ai 7 miliardi definiti con questo provvedimento, siamo di fronte ad una situazione di eccezionalità, mi pare condivisa da tutto il Parlamento. La necessità di procedere rapidamente a pagare i debiti della pubblica amministrazione è stata una necessità riconosciuta da tutto il Parlamento, quindi davvero una situazione di eccezionalità che tuttavia non deve far sottovalutare i rilievi e anche l'invito che la relazione del relatore conteneva a riflettere sull'adeguatezza delle procedure di finanza pubblica ai fini della variazione dei saldi in corso d'anno.
  Come è stato ricordato, la relazione del Governo al Parlamento contiene anche una quantificazione dell'impatto anticiclico dei provvedimenti assunti negli ultimi mesi. Sottolineo in particolare l'impatto dello sblocco della prima tranche dei pagamenti della pubblica amministrazione verso le imprese.
  Un impatto positivo sul PIL, pari allo 0,2 per cento per quest'anno, allo 0,7 per Pag. 75l'anno prossimo e allo 0,3 per cento per il 2015. Un impatto positivo sostanzialmente sulla domanda e sugli investimenti delle imprese, che continuano ad essere le due variabili più in sofferenza, perché poi risulterà chiaro, dalla nota di aggiornamento al documento di economia e finanza che presenteremo entro la data prevista del 20 settembre, che le componenti positive che sostengono il nostro PIL continuano ad essere esclusivamente le esportazioni nette, mentre questi provvedimenti intervengono su quelle componenti più in sofferenza come gli investimenti delle imprese e la domanda delle famiglie.
  Analogo segno positivo ha il secondo intervento sui pagamenti, quello contenuto a copertura del provvedimento, i 7,2 miliardi, la quantificazione che il Dipartimento del tesoro fa di un ulteriore impatto positivo sul PIL, pari allo 0,1 quest'anno, allo 0,28 l'anno prossimo e allo 0,03 nel 2015.
  Infine, la relazione mette in evidenza anche l'impatto positivo sull'economia reale, dovuto a un pacchetto di provvedimenti che riguardano il settore immobiliare – che, come sapete, è un settore che in questi anni ha subito una contrazione dei livelli di attività molto, molto rilevante, intorno al 50 per cento – e con le agevolazioni fiscali per il recupero del patrimonio edilizio, le agevolazioni fiscali per l'efficienza energetica degli edifici e, per quanto riguarda i provvedimenti contenuti nel decreto in discussione, anche con il Piano casa per le famiglie disagiate, comporta un impatto positivo sul PIL, già a partire da quest'anno.
  Complessivamente, e vado a concludere, il quadro di finanza pubblica, che poi verrà dettagliato in modo puntuale con la nota di aggiornamento al DEF, presenta per il 2014 e il 2015 un peggioramento dell'indebitamento tendenziale che, dal livello del -1,8 per cento del PIL, previsto nel DEF della primavera scorsa, sale al -2,5 per il 2014, con un analogo aumento di 0,7 punti percentuali anche nel 2015.
  Come ha ricordato il relatore, questo peggioramento è dovuto sostanzialmente alla maggiore contrazione rispetto a quella prevista nella primavera scorsa e la nota di aggiornamento al documento di economia e finanza darà maggiori indicazioni sulle stime per quest'anno e lo scenario previsto per il prossimo triennio.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE LUIGI DI MAIO (ore 17,40)

(Annunzio di risoluzioni – Doc LVII-bis, n. 2) .

  PRESIDENTE. Avverto che sono state presentate le risoluzioni Marchi, Palese, Tabacci e Andrea Romano n. 6-00027, Currò ed altri 6-00028 e Marcon ed altri n. 6-00029, che sono in distribuzione (Vedi l'allegato A – Doc LVII-bis, n. 2).
  È iscritto a parlare il deputato Di Gioia. Ne ha facoltà.

  LELLO DI GIOIA. Signor Presidente, ringrazio il Viceministro Fassina per la sua ampia relazione e ringrazio ovviamente anche il relatore Melilli. Noi, come gruppo del Partito socialista, abbiamo apprezzato i provvedimenti che si sono succeduti nei mesi scorsi per rilanciare l'economia del nostro Paese, e quindi tentare di fare in modo che anche il nostro Paese incominciasse a crescere, ma i dati che abbiamo a nostra conoscenza sono estremamente preoccupanti, per il semplice motivo che tutti i Paesi dell'Eurozona oggi stanno crescendo, mentre il nostro Paese, purtroppo, non cresce. È chiaro che c’è la necessità di fare un ragionamento ampio, ma il tempo che abbiamo a disposizione non ce lo consente. Vorremmo semplicemente sottolineare con grande determinazione che, nel momento in cui si vanno ad affrontare provvedimenti importanti che devono poi determinare la crescita, e quindi fare in modo che questo Paese esca dalle difficoltà attuali, c’è anche la necessità che vi sia un Governo che dia stabilità e che quindi sia in grado di affrontare con determinazione quelle che possono essere le riforme strutturali del nostro Paese.

Pag. 76

  PRESIDENTE. Onorevole Di Gioia, concluda.

  LELLO DI GIOIA. Mi avvio alle conclusioni. Purtroppo stiamo verificando in questi giorni che ciò non sta accadendo; il Governo non è in grado ovviamente di presentare provvedimenti che vadano nella direzione di affrontare problemi e nodi strutturali della nostra economia, pur tuttavia, per ciò che ci riguarda, saremo ovviamente particolarmente vigili e attenti su quelli che saranno i prosiegui dei nostri lavori, noi voteremo a favore della risoluzione di maggioranza, e cioè la risoluzione firmata per il gruppo Misto dall'onorevole Tabacci (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) – Liberali per l'Italia (PLI)).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Borghesi. Ne ha facoltà.

  STEFANO BORGHESI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, siamo qui ad analizzare questo documento che opera un primo esame della situazione macroeconomica di finanza pubblica in attesa che venga presentata una Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza. Quindi, io direi di partire da dove eravamo rimasti.
  Eravamo rimasti a un DEF sicuramente debole, perché privo di parte programmatica, quella relativa alle politiche concrete, che doveva toccare tutti i settori sensibili e materie urgenti, quali l'occupazione, l'istruzione, l'energia, politiche necessarie in questo momento di gravissima crisi economica che ci investe ormai da oltre cinque anni. Quindi partiamo da una mancanza di contenuti programmatici che sono una conseguenza, direi inevitabile, di un lungo periodo di impasse politica, cominciata di sicuro non con gli esiti elettorali di febbraio, ma con un Governo tecnico programmato su un'agenda dettata dall'esterno. I dati che avevamo in nostro possesso erano assolutamente negativi e purtroppo dobbiamo verificare che non solo i presupposti che erano contenuti nel Documento di economia e finanza non sono stati migliorati, ma addirittura da questa Relazione vediamo che sono stati peggiorati. Quindi non si riesce bene a capire dove questa ripresa cominci; vediamo solo dei buoni propositi che non si realizzano assolutamente in azioni concrete e in dati concreti.
  Infatti, questa relazione espone chiaramente un peggioramento delle stime di crescita per l'anno in corso rispetto alle previsioni già molto negative e già molto gravi formulate nel Documento di economia ordinanza dell'aprile del 2013, in considerazione dell'andamento recessivo dell'economia italiana che si è verificato nei primi sei mesi dell'anno.
  In particolare, il prodotto interno lordo, nel primo trimestre, ha manifestato un'altra contrazione, un'altra sensibile contrazione, attenuatasi nel trimestre successivo. La riduzione che viene definita nel primo trimestre del 2013 è stimata con un meno 0,6 per cento rispetto al trimestre precedente, mentre, invece, il calo nel secondo trimestre è dato attorno allo 0,3 per cento. Per renderci conto della situazione drammatica che il nostro Paese sta vivendo, il Documento di economia e finanza, che già era negativo, stimava una decrescita dell'1,3 per cento per il 2013, stima che è stata rivista ulteriormente al ribasso da questa relazione, che riportava un meno 1,7 per cento e che è rivista ancora al ribasso dagli ultimi dati ISTAT usciti proprio in queste ultime ore.
  Quindi, questa è una certificazione che non vi è assolutamente una ripresa: c'era una situazione già grave a inizio anno, che è continuata a peggiorare gradatamente. Quindi, viene certificato che, nel primo trimestre, tutte le principali componenti della domanda sono diminuite, i consumi finali nazionali e gli investimenti fissi lordi sono diminuiti, mentre le importazioni hanno registrato anch'esse una flessione e anche le esportazioni hanno subito un calo. Quindi, tutti i dati macroeconomici sono assolutamente negativi.
  Nell'ambito dei consumi finali, la spesa delle famiglie è diminuita, vi è stata una contrazione degli investimenti, che hanno contribuito, un po’ in tutte le componenti, Pag. 77ad una flessione della spesa per macchine, attrezzature e altri prodotti, per i mezzi di trasporto e per gli investimenti in costruzioni; e questo sia nel primo sia nel secondo trimestre di questo anno 2013. Quindi, questi toni trionfalistici, questi toni che preannunciano una ripresa noi non possiamo condividerli assolutamente: dobbiamo stare con i piedi per terra e dire e valutare quelli che sono i dati reali che ci vengono forniti. Quindi, non si può che continuare a stimare al ribasso queste previsioni di un'ulteriore decrescita. Qui si continua a parlare di crescita, ma assistiamo a un aumento della decrescita per il 2013: si parla di future stabilizzazioni nell'arco del secondo semestre del 2013 e dell'inizio del 2014, però, questi restano solo dati aleatori, che non sono supportati da alcuna previsione concreta.
  Anche le politiche attuate da questo nuovo Governo non ci sono piaciute assolutamente e il dato di fatto è che non hanno contribuito a fermare la recessione e la crisi che da diversi anni hanno colpito il nostro sistema economico e il nostro sistema produttivo. La disoccupazione non si è fermata, è in continuo aumento; il Governo non ha saputo, con le misure adottate, dare delle risposte concrete. Purtroppo, si è focalizzata l'attenzione, ancora una volta, ulteriormente, sulla pressione fiscale, pressione fiscale che è diventata ormai qualcosa di incredibile: penso che nessun Paese al mondo abbia una pressione fiscale come quella italiana. Non si è preso minimamente in considerazione il fatto di una concreta riduzione della pressione fiscale, delle imposte per un rilancio degli investimenti.
  Anche il decreto-legge n. 102 del 2013, di cui abbiamo discusso prima una questione pregiudiziale, non va assolutamente in questa direzione in quanto si prevede comunque una clausola di salvaguardia che potrebbe continuare ad aumentare anche gli acconti delle imposte, anche perché le coperture che vengono previste da questo nuovo decreto-legge sono alquanto aleatorie e per noi totalmente prive di fondamento. Parlo delle coperture relative alla definizione agevolata in appello dei contenziosi, come quelli previsti per i concessionari per la gestione della rete telematica del gioco, e della copertura prevista per le maggiori entrate dei 925 milioni di euro di IVA a seguito dei maggiori pagamenti di 8 miliardi di euro dei debiti delle pubbliche amministrazioni verso le imprese. Tutte coperture che non sono assolutamente automatiche e che la clausola di salvaguardia di fatto, poi, tradurrà in ulteriori aumenti di imposte, in ulteriori aumenti di tasse, con un ulteriore aumento degli acconti. Quindi, non possiamo di certo ritenerci soddisfatti di questa situazione che, lo ripeto, era già una situazione molto grave come descritta nel DEF dell'aprile del 2013 e che vediamo essere ancora più grave in questa relazione in discussione oggi. Tuttavia la cosa che, ancora di più, ci preoccupa è quella della mancanza di una politica seria e concreta che vada nel senso della riduzione delle imposte, che vada verso azioni concrete che possano diminuire la disoccupazione e favorire il mondo del lavoro.

  PRESIDENTE. Deputato Borghesi, dovrebbe concludere.

  STEFANO BORGHESI. Quindi, noi sottolineiamo e contestiamo quanto detto in base alle previsioni di crescita che ci sono state fornite dal Governo e dal relatore, perché qui di crescita non si ha la minima notizia; vi sono solo delle previsioni che noi riteniamo essere infondate a seguito, poi, di una politica del Governo che per noi non può essere condivisa in quanto non è riuscita a contrastare gli elementi di crisi che, purtroppo, da troppi anni affliggono il nostro sistema economico e produttivo.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Marcon. Ne ha facoltà.

  GIULIO MARCON. Gentile Presidente, signori del Governo, colleghe e colleghi, la relazione del Governo di aggiornamento dei dati di contabilità e finanza pubblica arriva con colpevole ritardo. I dati e le previsioni che testimoniano il peggioramento Pag. 78della situazione macroeconomica – altro che segnali anticiclici – erano noti da tempo e soprattutto il DEF di aprile presentato dal precedente Governo era, per ammissione del Primo Ministro di allora, senatore Monti, un documento provvisorio e da aggiornare quanto prima. Ciò soprattutto per la parte relativa alle iniziative di politica economica per fronteggiare la crisi e rilanciare l'economia. Non solo questa relazione arriva con grave ritardo, ma ancora essa non contiene nemmeno un accenno sulla parte propositiva di linea di politica economica che il Governo intende sottoporre al Parlamento per una discussione e una deliberazione. Aspettiamo fiduciosi la Nota di aggiornamento che ci sarà fornita entro il 20 settembre; questo per saperne di più e per capire come il Governo, al di là del rinvio dei provvedimenti e della navigazione a vista delle prime misure assunte, intenda affrontare questa crisi con misure di indirizzo complessivo e di largo respiro. Aspettiamo di capire, cioè, quale sia la linea di politica economica di questo Governo. Non lo abbiamo capito in questi mesi, probabilmente non lo capiremo nemmeno con le prossime relazioni e note di aggiornamento e probabilmente non lo capiremo mai, visto che il Governo sta arrivando al capolinea. Questo per un motivo semplice, perché questo è un Governo senza una coerente ed univoca linea di politica economica.

  PRESIDENTE. Deputati, chiedo cortesemente se si può abbassare il tono della voce.

  GIULIO MARCON. Basta confrontare i programmi di politica economica presentati in campagna elettorale dal PD e dal PdL per capire che su tutti i temi più importanti, dal fisco al lavoro, dalla politica industriale al welfare, le posizioni sono sostanzialmente divergenti. Non si capisce come possano convivere in questo Governo linee come quelle del PdL, di un liberismo aggressivo e becero che con Berlusconi ha difeso in questi anni privilegi, corporativismi feudali e rendite di posizione, e le posizioni moderatamente riformiste o di un cattolicesimo sociale che dovrebbero mettere al centro il lavoro, la persona e i diritti. Questo Governo è una specie di Frankenstein e la sua politica economica, come il «decreto del fare», è una specie di zibaldone. Tutto questo è innaturale, come è innaturale questo Governo, come è innaturale questa politica economica che per fare un favore a Berlusconi e ai suoi ricatti decide di sprecare 2 miliardi e 400 milioni di euro per l'IMU invece di investirli nel lavoro, nel sostegno economico alle imprese e nella protezione delle famiglie dalla povertà.
  E se lo leggete bene, tra le righe, ciò è quello che chiede anche in larga parte il documento recente di Confindustria e CGIL, CISL e UIL sui temi della politica economica. Questa del Governo è una politica economica che non è solo uno zibaldone, ma ha anche un'impostazione regressiva. Quando si taglia l'IMU anche alle abitazioni di maggior pregio e alle classi di reddito più alte, e quando si tagliano le tasse ai possessori delle barche di lusso, come è stato fatto con il «decreto del fare», si fa un'operazione che va a favore delle classi agiate. Questo noi non lo vogliamo condividere, non lo vogliamo sostenere, anzi, ci opponiamo strenuamente. Invece di fare una patrimoniale che prende i soldi laddove ci sono, dalle grandi ricchezze e dalle rendite, togliete quel po’ di patrimoniale che abbiamo.
  Aspettiamo ora di vedere che cosa ci sarà nei prossimi provvedimenti sul fisco e come riuscirete a mettere insieme il furore antifisco, antitasse, del PdL, a favore dei ricchi, con una politica di responsabilità, di giustizia e di legalità fiscale che sia ispirata a principi di progressività e di solidarietà a favore del lavoro e delle imprese. La relazione presentata oggi dal Governo al Parlamento dà ragione alle nostre preoccupazioni e previsioni degli scorsi mesi: la situazione economica del nostro Paese è ulteriormente peggiorata; il calo del PIL si è accentuato e con esso il debito pubblico, che ha decisamente superato il 130 per cento del PIL. Vedere in questi dati i segni anticiclici di una ripresa Pag. 79è a una colossale forzatura. Non c’è un'inversione di tendenza, c’è solamente il rallentamento della velocità con cui stiamo cadendo. Gli istituti indipendenti di ricerca citati nella relazione del Governo ci dicono che abbiamo già sforato il 3 per cento e siamo al 3,2 per cento del rapporto deficit-PIL.
  Delle previsioni positive sul 2014 non ci si può fidare più di tanto, e negli ultimi anni sono state riviste sistematicamente al ribasso, anzi sempre. Gli indicatori ISTAT sulla ripresa della fiducia di consumatori e famiglie – dati che vengono citati nella relazione – vanno presi con molta cautela. Si tratta di segnali anticipatori, ma anche spesso ingannevoli, determinati e influenzati dalle contingenze di annunci e dagli effetti sporadici di misure non strutturali. Tra l'altro, come sa bene il Ministro, professor Giovannini, il balzo in alto di questi indicatori è dovuto in larga parte alla ridefinizione del metodo statistico di calcolo.
  Inoltre, se facciamo il confronto con gli altri Paesi, siamo con la Spagna il fanalino di coda della cosiddetta ripresina del 2014, e l'effetto salvifico sul PIL del pagamento dei debiti della pubblica amministrazione alle imprese si limita ad un misero 0,1 per cento nel 2013 e uno 0,2 nel 2014. Ricordo che il PIL peggiora non solo per effetto del ciclo economico, ma anche a causa delle politiche sbagliate di austerity adottate e portate avanti in questi anni. Va poi considerato che alcuni indicatori molto modestamente positivi, come quelli relativi alla produzione industriale, sono dovuti sostanzialmente a due fattori: la ricostituzione delle scorte di magazzino e il traino dell'export.
  La domanda interna rimane al palo, e anche se questa riprendesse il nostro sistema industriale in profonda crisi non la intercetterebbe: aumenterebbero le importazioni e ne beneficerebbero le imprese di altri Paesi, e peggiorerebbe con questo la nostra bilancia dei pagamenti. E tutto questo perché nel frattempo non c’è stata una politica industriale, non c’è stato il sostegno ai redditi, non c’è stata una politica per creare nuovi posti di lavoro.
  La relazione, inoltre, ci consegna una seria preoccupazione sulle coperture necessarie a far fronte ai nuovi saldi di finanza pubblica. Si ipotizza un aumento di circa 8 miliardi di euro, ma tutto rimane nel vago, e tutto questo è molto opaco e molto contraddittorio. La relazione, quindi, non ci induce ad un ottimismo, ma evidenzia tutta la gravità della situazione economica del nostro Paese. Evidenzia da una parte il carattere strutturale delle nostre difficoltà di natura macroeconomica e dall'altra il fallimento delle politiche di austerity del precedente Governo, che si era presentato promettendo rigore, equità e crescita. Mentre il rigore l'abbiamo ben conosciuto, di equità e di crescita non c’è traccia, nemmeno in questa nota. Tra l'altro, sarebbe bene, anche se non previsto della legge di contabilità del 2009, che in queste relazioni di aggiornamento ci fossero anche i dati, magari con un allegato, che più interessano gli italiani.
  Basterebbe aggiungere tre tabelline di aggiornamento – i dati sul lavoro e la disoccupazione, quelli sulla povertà e le disuguaglianze –, per avere un quadro meno arido dei fondamentali della nostra economia a confronto con i fondamentali del benessere sociale, che certo sono più attendibili di quelli sulla fiducia di consumatori e imprese.
  Ecco perché anche la conoscenza di questa Nota ci induce a confermare il nostro giudizio negativo sulla politica economica di questo Governo, caratterizzata da rinvii e misure contraddittorie e frammentarie: questa relazione ci dice, in realtà, che il nostro Paese avrebbe bisogno di una diversa politica economica, di carattere espansivo, di sostegno alla domanda, che sia capace di fare proprie le richieste di Confindustria e dei sindacati e non quelle di Brunetta; che sia capace di rimettere al centro il lavoro e le imprese e non i corporativismi e i privilegi. La priorità è il lavoro e non l'IMU, bisogna togliere le tasse dai redditi più bassi e non dalle barche di lusso, bisogna investire nella conoscenza e nell'innovazione e non Pag. 80negli F-35. È quello che noi scriviamo nella nostra risoluzione e che chiediamo al Parlamento di votare.
  Ecco perché, e concludo, confermando il nostro giudizio negativo, chiediamo al Governo di cambiare la sua linea, ma soprattutto chiediamo di cambiare il Governo, un Governo del cambiamento alternativo a questo, un Governo questo capace solo di sopravvivere a sé stesso e capace di barcamenarsi tra i ricatti di Berlusconi e le sue continue mille incertezze nel suo operato quotidiano. Ecco perché voteremo contro la relazione del Governo e invitiamo a votare la nostra risoluzione (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Andrea Romano. Ne ha facoltà.

  ANDREA ROMANO. Signor Presidente, colleghi deputati, nell'annunciare il voto positivo di Scelta Civica alla mozione di maggioranza, mi limito ad alcune considerazioni su aspetti non marginali dei provvedimenti di politica economica che sono stati adottati dal Governo alla fine di agosto.
  La relazione a cui si riferisce la mozione, infatti, è la prima occasione che si presenta a quest'Aula per discutere di una serie di misure di politica economica che dovremmo affrontare di qui alla fine dell'anno: tra DEF, delega fiscale e legge di stabilità. Una sequela di provvedimenti con la quale si qualificherà l'azione economica del governo – e della maggioranza che lo sostiene – per il 2014. Un anno fondamentale, il 2014, se è vero, com’è vero, che nei prossimi mesi il nostro Paese avrà l'occasione di agganciare una ripresa di cui finalmente si comincia a intravedere qualche timidissimo segnale. Si tratterà di un'occasione, per l'appunto, di una possibilità, non di una certezza. Se quest'occasione verrà colta, o se viceversa gli italiani perderanno un treno che aspettano ormai da troppo tempo, dipenderà in grandissima misura dalla determinazione che questo Governo dovrà mostrare nel varare provvedimenti di politica economica ispirati al coraggio e alla verità, e non solo alla convenienza politica del momento.
  Per queste ragioni voglio sottolineare alcuni aspetti di questa relazione che tradiscono i sintomi di una pericolosa acquiescenza del Governo alla convenienza del momento, a scapito di quella chiarezza di obiettivi che sarebbe invece richiesta da una situazione economica che rimane molto traballante.
  Nella relazione si scrive, infatti, che la cancellazione della prima rata dell'IMU è «un primo passo» sulla strada di una nuova disciplina di tassazione degli immobili che già oggi «è oggetto di impegni politici che saranno tradotti in successivi provvedimenti legislativi». E fin qui niente da dire, se non che quest'Aula avrà certamente occasione di discutere al momento opportuno della nuova disciplina di tassazione degli immobili.
  Il problema nasce, invece, quando leggiamo, nella stessa relazione, che la misura sull'IMU avrebbe «effetti positivi sul reddito disponibile delle famiglie, liberando risorse che dovrebbero essere destinate ai consumi già dal 2013». È un passaggio, cari colleghi, che rischia francamente di far sorridere e che siamo lieti che non si trovi invece nel testo della risoluzione che noi sosteniamo. Difatti il legame tra la cancellazione non selettiva della tassazione sulla prima casa e il rilancio dei consumi è del tutto ipotetico, per non dire fantasioso. Perché quel che sappiamo, invece, è che un intervento sul cuneo fiscale capace di lasciare 200-300 euro in più nelle tasche di un giovane con uno stipendio fino a 1.000-1.500 euro, avrebbe certamente effetti rapidi e tangibili sui consumi.
  Mentre l'intervento indiscriminato che si è scelto di fare su tutti i proprietari di case, compresi i proprietari di abitazioni di lusso che magari percepiscono redditi consistenti, non avrà alcun effetto significativo sul rilancio dei consumi.
  La verità, come Scelta Civica ha più volte sottolineato, e come non mancheremo di sottolineare ancora nel merito e con proposte di modifica quando discuteremo in Parlamento del decreto sull'IMU, Pag. 81è che con quel decreto si è scelto di pagare una cambiale elettorale stipulata dal PdL sulla pelle di tutti gli italiani. Con quel decreto si è venuti meno al principio di proporzionalità e progressività nella tassazione sugli immobili, principio che dovrebbe guidare la politica fiscale di ogni democrazia. Con quel decreto-legge si è scelto di tutelare i patrimoni immobiliari, ovvero quel 30 per cento di proprietari di immobili di lusso che avrebbero certamente potuto pagare una tassa proporzionale sulla propria abitazione. E con quel decreto si è scelto di utilizzare le poche risorse disponibili, in termini sia di equità sociale che di impulso alla crescita, per correre dietro alle insensate promesse elettorali del PdL.
  Sull'IMU voglio essere ancora più chiaro. È stata Scelta Civica per prima a sottolineare la necessità di interventi finalizzati a rivedere la tassa sugli immobili in modo ragionevole, giusto e non propagandistico. È stata Scelta Civica per prima a proporre un piano che avrebbe esentato dall'IMU il 70 per cento dei proprietari, attraverso il raddoppio delle detrazioni, con un costo per il bilancio dello Stato di 2 miliardi e mezzo di euro. Sono stati altri, invece, a scegliere di spendere altri 2 miliardi per esentare anche il restante 30 per cento dei proprietari, quando quelle risorse avrebbero potuto essere impiegate per incentivare il lavoro giovanile e femminile. Ed è su questo punto che si concentrano le nostre critiche, ed è su questo punto che si concentreranno le nostre proposte di modifica al decreto.
  Un'altra affermazione largamente discutibile che troviamo nella relazione, è quella secondo la quale «il provvedimento di riordino della tassazione sugli immobili determina una riduzione della pressione fiscale per l'anno 2013». Magari fosse così, mi viene da dire. Perché davvero non si vede quale sia la fondatezza di una tale affermazione: un'affermazione azzardata, affrettata. Non si vede infatti come si possa sostenere che la pressione fiscale per il 2013 si ridurrà, quando ancora non conosciamo il dettaglio delle coperture, ancora non sappiamo se la discutibilissima scommessa sul concordato con i gestori di macchine per il gioco d'azzardo andrà in porto, e ancora non sappiamo se e quando scatteranno le clausole di salvaguardia che prevedono il possibile aumento delle accise sulla benzina e l'incremento degli acconti, e ancora non conosciamo le conseguenze che il provvedimento sull'IMU comporterà sull'IVA.
  La verità è che la concessione che è stata fatta alla promessa elettorale del PdL rischia di essere pagata da tutti gli italiani con un aumento della tassazione indiretta e con un conseguente, ulteriore colpo ai consumi e dunque alla ripresa. E in questo modo si è ceduto al ricatto politico di uno dei partiti che sostengono questa maggioranza.
  Detto questo, siamo d'accordo sul fatto che l'aggiornamento al ribasso della contrazione del PIL reale sul 2013 dal -1,3 per cento previsto nel DEF approvato lo scorso aprile, all'annunciato -1,7 per cento che verrà recepito nell'aggiornamento del DEF di prossima presentazione, non mette a rischio l'obiettivo di mantenere il deficit al di sotto del 3 per cento. Naturalmente, questo resta vero a patto che non ci si avventuri in operazioni spericolate quando arriverà la resa dei conti sui 2 miliardi di coperture ancora da trovare, per la già annunciata abrogazione della seconda rata IMU 2013 sulla prima casa per tutti i proprietari.
  Da questo punto di vista, Scelta Civica vigilerà con estrema attenzione, sia in sede di conversione in legge del decreto IMU, sia in sede del disegno di legge di stabilità: affinché, da un lato, non vengano messi a rischio i conti del bilancio dello Stato, e dall'altro affinché non vengano propinati ai cittadini giochi delle tre carte, che riducono imposte propagandisticamente rilevanti mettendo in contropartita aumenti di altre imposte, che sono magari meno sotto i riflettori, ma non per questo sono meno pesanti per le tasche degli italiani.
  Per il resto, attendiamo nei prossimi giorni la Nota di aggiornamento del DEF 2013, che dovrà essere approvata entro il 20 settembre. Scelta Civica sarà estremamente Pag. 82attenta nel valutare le variazioni quantitative e qualitative nella struttura della spesa, che si registreranno rispetto ai numeri del DEF 2013 approvato lo scorso aprile. Perché, al di là dei facili proclami e dei diktat, senza mai spiegare come raggiungere il risultato richiesto, la partita della riduzione delle tasse si gioca secondo noi tutta sul lato della spesa: chi vuole ridurre le tasse agli italiani e parla di tasse da aumentare, li prende in giro per incassare un facile consenso immediato e lasciare poi le solite macerie alle sue spalle; chi invece parla di riduzione della spesa, come noi, vuole provare a farlo davvero con risultati destinati a durare alla distanza.
  Saranno queste variazioni qualitative e quantitative sui saldi di spesa, dunque, più di mille parole vaghe, a dare l'esatta misura dell'operato del Governo sul fronte della capacità di proseguire quell'azione di razionalizzazione della spesa pubblica che è stata avviata nel 2012 con grande sacrificio degli italiani. Ora è fondamentale che, fatti i compiti a casa e fatti quei sacrifici che hanno fatto gli italiani, li si metta anche a frutto, in modo razionale e realmente orientato all'equità sociale e alla crescita economica.
  Nel 2012 quei tagli, insieme all'attuazione degli aumenti di pressione fiscale lasciati in eredità dal Governo Berlusconi, sono serviti per rimettere in sesto i conti. Per noi di Scelta Civica sarebbe inaccettabile vedere meno determinazione nel proseguire quell'azione di spending review ora che, sistemati i conti, tutto ciò che può essere recuperato può finalmente essere reinvestito nel riassorbimento della pressione fiscale a favore dei cittadini.
  Insomma, e concludo: fatti i compiti a casa nel 2012, ma fatta francamente anche un po’ di ricreazione di troppo in questo 2013, a causa principalmente di una parte della maggioranza poco incline ad anteporre l'utilità del Paese all'utilità del leader del partito, ci attendiamo una legge di stabilità per il 2014 che ci conforti e confermi sull'assoluta bontà dell'azione di questo Governo, che vogliamo continuare a sostenere con convinzione (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Palese. Ne ha facoltà.

  ROCCO PALESE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, con la relazione in esame il Governo oggi informa il Parlamento sui provvedimenti adottati appena dopo la pausa estiva che hanno impatti di politica economica, stimandone gli effetti e rimandando, per un più compiuto esame, alla Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza pubblica.
  Una semplice coincidenza temporale ci consente di verificare in maniera più completa le previsioni formulate da questa relazione. Infatti, proprio ieri l'ISTAT ha fornito i dati disaggregati relativi alla crescita, o meglio, decrescita, del PIL relativo al secondo trimestre dell'anno, inizialmente quotata in meno 0,2 per cento, che non sono confortanti.
  Nel secondo trimestre del 2013 il prodotto interno lordo è diminuito dello 0,3 per cento rispetto al trimestre precedente e del 2,1 per cento nei confronti del secondo trimestre del 2012. Dati che peggiorano la stima preliminare diffusa il 6 agosto scorso, che aveva rilevato una diminuzione congiunturale dello 0,2 per cento e una diminuzione tendenziale del 2 per cento.
  Rispetto al trimestre precedente, i principali aggregati della domanda interna, consumi finali nazionali e investimenti fissi lordi, sono diminuiti entrambi dello 0,3 per cento, mentre le esportazioni sono aumentate dell'1,2 per cento. Le importazioni, viceversa, hanno registrato una flessione dello 0,3 per cento.
  Nell'ambito dei consumi finali, la spesa delle famiglie residenti è diminuita dello 0,4 per cento, mentre quella della pubblica amministrazione è aumentata dello 0,1 per cento. Gli acquisti di beni durevoli sono scesi del ben 7,1 per cento. Gli investimenti fissi lordi hanno segnato, nel complesso, una diminuzione tendenziale del 5,9 per cento. In particolare, si registra Pag. 83una flessione del 7,5 per cento degli investimenti in costruzioni e del 5,4 per cento della spesa in macchinari e altri prodotti.
  Tra aprile e giugno scorsi i consumi sono scesi nel totale di un ulteriore 3,3 per cento tendenziale. Le associazioni imprenditoriali hanno avuto modo di osservare che, con prospettive economiche così fragili, l'aumento dell'aliquota IVA al 22 per cento sarebbe un clamoroso autogol, e noi del gruppo del PdL, insieme a tutta la componente politica, abbiamo sempre sostenuto che bisogna assolutamente evitare l'aumento dell'IVA.
  Secondo Confesercenti, a fronte dell'aumento dei prezzi, il calo di consumi produrrebbe un minor gettito di 300 milioni, invece dei 5 miliardi di maggiori entrate previste dal Tesoro. Per avere contezza del dettaglio delle componenti del PIL ai fini di una prognosi più attendibile circa le tendenze più immediate dell'economia italiana occorrerà attendere la Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza pubblica, la cui presentazione è prevista per il 20 settembre e che dovrà contenere, oltre ad un quadro macroeconomico più ampio di quello che è riportato nella relazione che stiamo esaminando, gli obiettivi del saldo netto da finanziare del bilancio dello Stato e di saldo di cassa del settore statale, le modifiche derivanti dalle raccomandazioni del Consiglio dell'Unione europea, il contenuto del Patto di stabilità interno.
  Nel documento predisposto si nota un certo ottimismo, più frutto della volontà che non della ragione.
  A raffreddare ogni entusiasmo ha contribuito recentemente l'OCSE, che ci ha mostrato impietosamente il volto dell'Italia come «malato d'Europa». Negli altri Paesi la ripresa ha già cominciato a manifestarsi. Le previsioni per l'Italia sono, invece un meno 1,8 per cento di PIL, con una differenza di meno 0,1 punti percentuali, rispetto alle prospettive indicate dallo stesso documento. Qui si afferma che un cambio di passo si avrà nell'ultima parte dell'anno. Speriamo che sia così.
  Lo spread tra i titoli italiani e quelli tedeschi è cresciuto dal minimo del 19 agosto di 30 punti, mentre lo spread sui titoli spagnoli, che tradizionalmente era superiore di 100 punti base rispetto ai titoli italiani, nella giornata di ieri ha fatto invece registrare che il differenziale tra i decennali spagnoli e quelli tedeschi si ferma a 248, con un rendimento del 4,51 per cento, mentre quello dell'Italia, purtroppo, è risalito a 253, con un tasso del 4,53 per cento. Secondo gli osservatori internazionali sia l'Italia che la Spagna sono sul punto di vedere la fine del tunnel della crisi, ma su Roma pesano le incertezze del quadro politico, mentre Madrid sta avanzando con il rifinanziamento del debito: ha già annunciato la riduzione delle emissioni di bond.
  È quindi difficile, allo stato, prevedere se le ombre saranno più forti delle luci, che pure si intravedono se non altro per il fatto che la caduta di alcuni indicatori (produzione industriale, consumi ed ordini) sembra essersi arrestato. Ma da qui ad una netta inversione di tendenza saranno solo le prossime settimane a darci il definitivo responso.
  Sul fronte finanziario, il Governo assicura circa la tenuta del nostro deficit ed il rispetto dei parametri di Maastricht, in ciò confortato dall'andamento del fabbisogno dello Stato. Questi ultimi dati non si prestano ad una fase facile lettura. Essi vanno infatti fatti depurati da alcuni variabili come il trasferimento in tesoreria del 2012 delle risorse detenute dagli enti locali, i finanziamenti concessi sotto la riga al MPS, la cui crisi – detto per inciso – è tutt'altro, purtroppo, che risolta, ed infine il pagamento dei debiti della pubblica amministrazione, punto, a nostro avviso, dolente. Siamo convinti che si poteva e si può fare molto di più, visto il via libera della Commissione europea. Ma ritardi burocratici inaccettabili hanno invece ridotto il flusso dell'erogazione effettiva e la possibilità di estendere la platea dei beneficiari, grazie alla manifestata volontà espressa da Cassa depositi e prestiti.
  Secondo il monitoraggio del MEF, al 4 settembre risulta che siano stati messi a Pag. 84disposizione degli enti pubblici debitori 17,9 miliardi di euro e che questi abbiano provveduto a pagare ai propri creditori debiti scaduti per un importo pari a 7,2. Questo ha impedito di utilizzare una quota più ampia del maggior gettito IVA a copertura delle minori entrate IMU. Dico questo a maggior ragione dopo aver ascoltato, poco fa, l'intervento del collega di Scelta Civica. Il Popolo della Libertà aveva proposto e propone non solo la velocizzazione del pagamento dei 20 miliardi del 2013, ma anche l'anticipo di un anno dei 20 miliardi di pagamenti inizialmente previsti per il 2014, perché questa previsione, cioè l'effettuazione di questo iter, provocherebbe sicuramente benefici anche dal punto di vista delle entrate.
  Positivamente va sottolineato che il Governo ha incrementato le risorse disponibili per gli enti titolari del 2013 e, a questo fine, con il decreto-legge n. 102 del 2013 ha autorizzato immediatamente il pagamento di ulteriori 7,2 miliardi di euro.
  I dati appena enunciati confermano che la battaglia sull'IMU condotta con forza dal PdL è tutt'altro che un'enunciazione elettoralistica, come poco fa è stato affermato, ma una precisa scelta economica. Il taglio dell'IMU è necessario per ridare fiducia all'intero comparto dell'edilizia, chiarendo innanzitutto ai cittadini che la prima casa non può esser oggetto di tassazione. Più volte abbiamo sottolineato che il Governo Monti ha adottato scelte volte ad incrementare le entrate e di conseguenza a stabilizzare i conti, senza tener conto degli effetti depressivi che queste scelte hanno prodotto su interi settori economici. I dati del comparto edilizia mostrano come nel secondo semestre del 2012 i permessi di costruire relativi all'edilizia residenziale presentano una significativa contrazione rispetto allo stesso periodo del 2011. C’è un crollo impressionante nella compravendita degli immobili. L'ANCE a fine luglio ha segnalato che i posti di lavoro del comparto edilizia persi dall'inizio della crisi sono quasi 700 mila e che nel medesimo periodo sono fallite 11.200 imprese edili.
  Il 28-30 per cento delle aziende non sono in condizioni di reggere un altro anno. E si tratta di un comparto con un volume di affari di 370 miliardi di euro. Ma il mercato della casa si è ridotto in sei anni di 74 miliardi di euro. L'ANCE ha più volte dichiarato quanto sostiene il PdL, e cioè che l'IMU ha contribuito in modo determinante a questa caduta. Per questo motivo e per altri noi riteniamo, anche per una giustizia sociale e per una situazione di costituzionalità della norma intera, che l'IMU sulla prima casa, e in più sui terreni agricoli e sulle altre sue pertinenze, andava necessariamente soppressa e abolita, così come il decreto prevede.
  La sua soppressione quindi deve considerarsi uno shock economico positivo, diverso certo da quello dei pagamenti alle imprese, ma con lo stesso effetto positivo sul PIL.
  Tornando ai macroaggregati di cui si dà conto nella relazione in esame, se il deficit di bilancio, secondo le dichiarazioni del Governo, appare sotto controllo ed i dati sembrano confermarlo, non è così per l'andamento del debito. Il 2015 è fin troppo vicino. Da quella data scatterà l'obbligo del rientro. Le simulazioni del Governo, contenute nell'ultimo DEF, suonano tranquillizzanti. Stando ad esse il sentiero di rientro, grazie ad un'appropriata dinamica del PIL e al pareggio di bilancio – ma siamo ancora lontani –, dovrebbe essere percorso senza sforzi aggiuntivi.
  Rilevo comunque come la revisione nei saldi indicata nella Relazione avvicina le stime del Governo a quelle dei principali organismi internazionali e centri di ricerca: queste risultano sostanzialmente allineate per quanto riguarda il 2013, mentre indicano un deficit nominale più elevato a quello a suo tempo indicato nel DEF per quanto riguarda il 2014.
  Come si vede, nel giudizio del documento, rifugiamo da un atteggiamento celebrativo o dal suo contrario. Con onestà intellettuale, ne mettiamo in luce i chiaroscuri. Un dato, tuttavia, ci ha colpiti. Il Governo ha cercato di valutare l'impatto sulla possibile crescita del PIL sia dei Pag. 85pagamenti della pubblica amministrazione che delle misure a sostegno del settore immobiliare.
  In entrambi i casi la maggior crescita è stimata di 0,1 punti di PIL. Vi è tuttavia una differenza. Mentre nel primo caso le somme che graveranno sul bilancio dello Stato sono pari a 7,2 miliardi di euro, nel secondo a poco più – se i nostri calcoli sono esatti – della metà. Questo certifica quindi un'efficienza marginale della spesa a sostegno del settore immobiliare ben maggiore. Continuiamo, pertanto, a non capire le resistenze che si sono manifestate, quando abbiamo proposto, come gruppo PdL, l'abolizione integrale dell'IMU della prima casa. Siamo stati rimproverati di voler favorire i «ricchi». I dati forniti dal Governo e quelli che abbiamo illustrato dimostrano, invece, che le nostre preoccupazioni per lo stato quasi preagonico del settore erano fondate e che sarebbe bastato un intervento finanziario contenuto per avere un ritorno in termini di crescita economica complessiva ben maggiore. Speriamo solo che questo serva da lezione per il futuro. I problemi del Paese sono fin troppo gravi per concessioni a visioni tardo-ideologiche, come quelle che abbiamo dovuto e non vorremmo più sentire.
  Nell'annunciare il voto chiaramente favorevole del gruppo del PdL alla risoluzione della maggioranza, da noi sottoscritta, ci preme ulteriormente sottolineare che, oltre a quanto già è stato illustrato in riferimento alla eliminazione dell'IMU, sono previste risorse per il finanziamento della cassa integrazione guadagni; il sostegno dei lavoratori esodati; agevolazioni a favore delle categorie disagiate per l'accesso alla prima casa e il sostegno al mercato immobiliare, altro elemento questo molto importante e atteso dal settore; risorse per 140 milioni di euro nel 2014-2015 per gli oneri del mutuo e della locazione dell'abitazione; altre misure in materia di IMU, ribadendo in merito agli impegni politici necessari a completare il ridisegno della tassazione immobiliare saranno oggetto di successivi provvedimenti, che continueranno ad avere il sostegno pieno del PdL.
  Questi sono i motivi essenziali che ci portano come gruppo a votare convintamente e a sostenere l'azione del Governo e anche in riferimento agli aspetti principali che riguardano la relazione prospettata. Del merito poi ne parleremo, perché questo provvedimento, così come previsto dalle leggi dello Stato e dall'Europa, è propedeutico come variazione, soprattutto sulla parte contabile e programmatica dei saldi finanziari del bilancio dello Stato, al decreto-legge n. 102 del 2013, che poi dovremo esaminare sia all'interno delle Commissioni sia poi nell'Aula.
  La sostanza è che si tratta di un provvedimento d'urgenza che merita grande attenzione, che ha una grande valenza sociale e non solo per la situazione dell'IMU ma anche per gli altri interventi in un contesto di finanza pubblica ma soprattutto di emergenza sociale del Paese che merita una grande attenzione e da parte del PdL la avrà sicuramente, sostenendolo fino in fondo e sostenendo fino in fondo anche l'interezza e i principi del suo impianto su cui non faremo sconti a nessuno perché di essi siamo profondamente convinti non per una situazione di slogan o di contesto elettorale ma perché i dati ci danno ragione. Anche durante il periodo elettorale inizialmente c'era stata già tanta perplessità alle proposte fatte dal nostro Presidente, dal Presidente Berlusconi, per poi invece vedere che tutti insieme, tutte le forze politiche in campo durante la competizione elettorale ci sono venuti dietro a dire che era possibile e che bisognava ritoccare. Ora noi vorremmo invece che, di fronte a dati inoppugnabili, ci fosse una convinzione della bontà della proposta.

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Currò. Ne ha facoltà.

  TOMMASO CURRÒ. Signor Presidente, signori Ministri, colleghi deputati, il documento che è oggi in esame all'ordine del Pag. 86giorno dei lavori dell'Assemblea, è stato trasmesso alla Camera in ottemperanza a quanto previsto dall'articolo 10-bis comma 6 della legge di contabilità n. 196 del 2009 che prevede che il Governo, a seguito del verificarsi di eventi eccezionali, ha l'obbligo di aggiornare gli obiettivi programmatici, indicati per ciascun anno del periodo di riferimento in rapporto al prodotto interno lordo, ovvero in quei casi in cui gli scostamenti rilevanti degli andamenti di finanza pubblica rispetto alle previsioni contenute nel Documento di economia e finanza (il DEF) rendano necessari interventi correttivi rispetto al raggiungimento di tali obbiettivi. Per questi motivi, trasmette una relazione al Parlamento nella quale indica le ragioni dell'aggiornamento ovvero degli scostamenti, nonché l'indicazione degli interventi correttivi che si intendono adottare. Individua pertanto nel decreto-legge n. 102 del 2013, recante disposizioni in materia di fiscalità immobiliare, con particolare riferimento alle disposizioni che prevedono l'annullamento del pagamento della prima rata IMU, idonea scelta di politica economico-fiscale in considerazione di una presunta positiva incidenza sui saldi, intendendosi così riconosciuto collegato alla manovra di finanza pubblica, e confidando pertanto in un positivo impatto sul rilancio dell'economia.
  In questo contesto la relazione si connota come strumento straordinario della programmazione economico-finanziaria, ferma restando infatti la presentazione entro il 20 settembre della Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza. Va sottolineato tale carattere di straordinarietà in particolar modo alla luce del fatto che già a marzo di quest'anno veniva fatto ricorso al medesimo strumento in cui veniva esposto un aggiornamento al ribasso delle stime di crescita per l'anno in corso rispetto alle previsioni formulate nella Nota di aggiornamento al DEF del settembre 2012, nonché le ragioni per le quali procedere ad uno specifico intervento di sostegno all'economia, individuato nello sblocco dei pagamenti delle pubbliche amministrazioni verso i propri fornitori, adottato poi con il decreto-legge n. 35 del 2013 che tutti conosciamo.
  Oggi dunque, ripercorriamo lo stesso tracciato già intrapreso a marzo, con la differenza però che se le ragioni che individuavano allora nello sblocco dei pagamenti dei debiti scaduti da parte della pubblica amministrazione una misura di intervento giusta e condivisibile non solo sotto il profilo strettamente economico ma soprattutto in riferimento al ristabilimento di un sacrosanto principio morale e di giustizia, noi oggi, facciamo enorme fatica nel comprendere come si possa individuare nella cancellazione della rata dell'imposta municipale propria una valida misura di sostegno all'economia, giacché la ragione ultima di tale scelta non trae origine da alcuna delle teorie di politica economica che potremmo tranquillamente riscontrare nei principali trattati di economia ma affonda le sue ragioni su meri ragionamenti politici di parte finalizzati a mettere una toppa ai precari equilibri politici delle cosiddette larghe intese. Premesso che anche nei nostri obiettivi programmatici è prevista l'abolizione dell'IMU sugli immobili destinati ad abitazione principale, compresa l'impignorabilità sulla prima casa già mutuata peraltro dal nostro programma da questo Governo in un suo recente provvedimento qui non si può nascondere il fatto che l'abolizione della tassa nelle forme più generalizzate previste dal provvedimento sia soltanto un diktat imposto al Governo da una parte della maggioranza che per meri motivi propagandistici, anzi per meglio dire, elettoralistici, ha voluto imporre a tutti i costi questa misura facendola di fatto divenire una «conditio sine qua non» per il mantenimento in vita di questo Esecutivo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Già il concetto della «pistola puntata alla tempia» esula da un regolare e sano rapporto fatto di principi condivisi per perseguire il bene del Paese, quello che dovrebbe ispirare l'azione di un Governo. Ma lasciamo perdere questa analisi, che rischia ora di essere superata dagli eventi in corso, alla Giunta per le elezioni Pag. 87del Senato; quello che rileva è il fatto che l'iter di abolizione dell'IMU nelle forme e nei contenuti assunti è di fatto in contrasto con gli interessi dei cittadini e con le necessità di bilancio del Paese.
  Sia perché costringerà ad altre e diverse tasse dai nomi carini (come direbbe un noto comico), ed anglofoni, come ad esempio la «service tax», sia perché sarà probabile il ricorso alla clausola di salvaguardia, che comporterà aumenti generalizzati di tasse a carico dei soliti noti.
  Faccio notare, a voler essere propositivi sul tema e a solo titolo di esempio, che altre possibilità si possono aprire applicando una riforma del catasto, che aggiornando i valori reali degli immobili e quindi il peso a fini fiscali dei medesimi, potrebbe apportare maggiori entrate e condurre ad una maggiore liquidità del mercato, promuovendo un migliore accesso alla casa, apportando benefici ad esempio alle giovani famiglie e al contempo aumentando l'offerta di immobili, lasciando inalterata e contenendo la cementificazione selvaggia, che pure continua ancora nel nostro Paese.
  Ma anche qui si sarebbe dovuta prendere una misura impopolare, considerato il fatto che oltre l'80 per cento degli italiani risulta proprietario di casa ed il coraggio, si sa, è virtù rara, soprattutto negli ultimi vent'anni di populismi vari e deleteri, che hanno visto protagonista una classe politica pavida ed utilitarista governare sempre e comunque al ribasso (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Ma quali sono i dettagli dunque delle misure che giustificano l'adozione di questo provvedimento quale manovra di finanza pubblica risolutiva delle sorti economiche del Paese, secondo il Governo ? Le misure adottate nel decreto n. 102 prevedono, oltre alla cancellazione della prima rata IMU per gli immobili che avevano beneficiato della sospensione adottata con il decreto-legge n. 54, altre agevolazioni: emissioni di debito pubblico fino a 10 miliardi di euro per ampliare le risorse destinate al pagamento dei debiti della pubblica amministrazione; un nuovo stanziamento di 500 milioni per il finanziamento della CIG; lo stanziamento di fondi per il sostegno dei lavoratori esodati; lo stanziamento di risorse a sostegno delle politiche abitative delle famiglie; tutti propositi che all'apparenza sembrano cose buone, fatte per i cittadini e per le famiglie in difficoltà. Certo, apparentemente infatti, perché, lungi dal volere in questa sede entrare nel dettaglio dell'esame del provvedimento, cosa che verrà invece ampiamente affrontata già da questa settimana nelle appropriate sedi, andiamo a comprendere quale sia il prezzo che si fa pagare agli italiani per l'adozione di queste misure «da manovra» che, come vedremo, si inquadrano più in un contesto di continuità con i Governi recenti, piuttosto che nel solco della discontinuità con le politiche irresponsabili che partono già dall'ultimo Governo Berlusconi, il quale dal 2008, in piena crisi finanziaria ed internazionale ed essendo dunque nelle condizioni di prevedere ricadute negative sull'economia, avrebbe già dovuto imporre misure di contenimento adeguate, invece di negare pervicacemente la crisi e contrarre nuovi ed ulteriori impegni nel bilancio.
  Nel decreto legge n. 102 sono apportati maggiori tagli di spesa, che avrebbero potuto essere effettuati anche in precedenti periodi e a tal proposito si ricorda che il MoVimento 5 Stelle ha presentato, in sede di conversione del decreto-legge n. 35 del 2013, emendamenti di ulteriori tagli lineari per ampliare le risorse da destinare al pagamento dei crediti delle imprese, respinti per via del parere contrario del Governo sulla copertura dei tagli lineari, salvo poi adottare quelle stesse misure in questo stesso provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Se la priorità è la ripresa economica, in tale contesto gli interventi per la soppressione definitiva della prima rata dell'IMU, considerato il costo di circa 2,5 miliardi, e, in previsione, l'abolizione definitiva dell'IMU sulla prima casa, creano perplessità per il paventato aumento dell'aliquota IVA dal 21 al 22 per cento, che colpirà soprattutto le classi Pag. 88medio basse. I cittadini sono palesemente ingannati, in quanto probabilmente dal 2014 l'introduzione della «service tax» inciderà forse più pesantemente dell'attuale IMU. In parte l'onere del costo dell'abolizione dell'IMU è dato dalla cospicua riduzione della detrazione dei premi assicurativi, in corso di periodo d'imposta 2013, sempre in deroga al principio mai rispettato dello Statuto del contribuente, che vieta l'applicazione delle variazioni di imposte e tasse retroattivamente.
  Altre coperture della soppressione dell'IMU appaiono poi paradossali, in quanto rivelano la logica ispiratrice della politica di intervento di questo Governo: quella del «tirare a campare» (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Non si spiega infatti come sia possibile prevedere coperture basate su riduzioni di recentissime autorizzazioni di spesa, operate in precedenti provvedimenti del Governo.
  Delle due l'una: o quei fondi stanziati non servivano già prima se non per soddisfare equilibri politici del momento, o le coperture non servono ora se non per soddisfare altri equilibri politici del momento. Il Governo Letta, invece di procurare politiche economiche di lunga gittata, cambia le carte in tavola di mese in mese. Un perfetto Governo del «fare danno al Paese».
  Ecco alcuni spunti: la riduzione degli stanziamenti per la realizzazione del MOSE per gli anni 2014 e 2015; la riduzione degli stanziamenti per la realizzazione del Terzo Valico dei Giovi, appena autorizzati in occasione dell'approvazione del DL 69 «Fare»; un'ulteriore riduzione del Fondo per il finanziamento di sgravi contributivi per incentivare la contrattazione di II livello, già ridotti con precedente decreto-legge per finanziare l'aumento della CIG.
  Altro paradosso: nel testo del decreto n. 102, a causa dell'incertezza delle coperture, si ricorre all'aumento degli acconti sull'IRES e sull'IRAP e delle accise.
  E qui, onorevole Palese, mi scusi, ma io non ci vedo nessuna misura anticiclica rispetto all'annullamento dell'IMU. Appare contraddittorio che il Governo intenda immettere liquidità a favore delle imprese, infatti, accelerando il pagamento delle fatture e, nel contempo, preveda poi un possibile aumento degli acconti delle imposte, che ovviamente riducono liquidità alle stesse imprese. Oltretutto l'orrore politico si amplifica se si considera il maxicondono praticato alle concessionarie che gestiscono il cosiddetto gioco lecito. In luogo dei 2,475 miliardi di euro accertati con sentenza della Corte dei Conti – ma fonti giornalistiche hanno in passato parlato di cifre ben superiori, fino a quasi 100 miliardi di euro di penale dovuti all'erario, ossia la consistenza di quasi quattro leggi finanziarie – si è praticato lo sconticino.
  Come sottolineava l'onorevole Maino Marchi – e qui vorrei dirlo – anch'io ho letto il dossier del servizio studi, ma qui il problema non è un problema di carattere tecnico, il problema assume un risvolto prettamente politico perché va bene che gli strumenti non consentono di superare la somma del 25 per cento rispetto all'esigibilità da parte dello Stato, ma allora palesiamoci tutti quanti insieme che lo Stato ha perso la propria potestà impositiva. Solo che l'ha persa rispetto a quelle concessionarie che praticano il gioco, lecito o illecito che sia, ma sui cittadini non la perde mai (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Ed allora anche nei più ragionevoli si rafforza la convinzione appunto che questo Governo, insieme alla politica che lo sostiene o ad una parte di essa, come gli altri prima, sia nei fatti nemico dei cittadini e compare delle caste del gioco, complice di zone d'ombra nelle quali il business del vizio lo vede tra l'altro socio fesso e raggirato a beneficio dei soliti furbi.
  Mi avvio, dunque, alla conclusione dicendo che questo scenario di palese violazione dell'articolo 81 della Costituzione – non è vero che non si viola l'articolo 81 perché potremmo vederla a strati di cipolla questa questione e ci sarebbe molto da parlare – invece di mirare a politiche tributarie che guardino coraggiosamente in faccia alle modalità con cui fino ad oggi Pag. 89in questo Paese si sia distribuita la ricchezza nazionale tra le diverse funzioni produttive e tra i diversi fattori della produzione, cercando di perseguire un complessivo riequilibrio nella ripartizione del gettito che ridoni più fiducia, giustizia ed equità ai cittadini ed al sistema delle imprese, continua a manifestare la totale inadeguatezza della classe politica nel produrre quel vero cambiamento che da più parti viene auspicato, ma che tutt'oggi, purtroppo, rimane irrealizzato.
  E da questo punto di vista, signori, vorrei anche aggiungere qualcosa che mi viene così estemporaneo. Non si può sempre parlare di PIL nel voler attuare le politiche economiche di un Paese che già rappresenta l'ottava potenza mondiale. Già noi abbiamo un PIL potentissimo rispetto ai nostri partner mondiali. Il problema, invece, è un altro, è cercare di individuare degli indirizzi di politica economica che redistribuiscano il reddito tra le diverse funzioni produttive (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) perché tu puoi avere anche un PIL raddoppiato, ma se lo distribuisci male non farai mai il bene di questo Paese perché creerai forse ricchezza, ma non sviluppo, che è un concetto ben diverso (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Poi poc'anzi si citava la patrimoniale. Vorrei aggiungere anch'io qualcosa circa la progressività come accennava l'onorevole collega Giulio Marcon. La progressività è un concetto fondamentale proprio perché innesta nel sistema economico un principio automatico di misura anticiclica. Noi possiamo aumentare le tasse, ma se non c’è il principio di progressività che ispira quell'imposizione, il feedback che proviene dall'imposizione fiscale non riesce a compensare le recessioni economiche del momento.
  E, allora, anche sulla patrimoniale avremmo molto da parlare perché qui vedete sulla patrimoniale si gioca una questione politica importantissima. Dagli anni Ottanta fino a qualche decennio fa questo Paese ha avuto uno sviluppo ed una ricchezza impressionanti, ma l'ha fatto ovviamente in che modo ? Andando a debito. E, allora, si sono arricchiti tanti, si sono accumulate ricchezze e oggi questa classe politica non vuole mettere mano a quelle ricchezze, neanche minimamente, per dare aiuto a quelle generazioni nuove di oggi che, purtroppo, scontano e pagano quella ricchezza dell'epoca (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  E, allora, signori concludo e dico che per questo motivo noi invitiamo l'Assemblea a votare favorevolmente la nostra risoluzione con la speranza che gli impegni in essa descritti siano presi in considerazione da questo Governo, da questa maggioranza, da questo Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Guerra. Ne ha facoltà.

  MAURO GUERRA. Signor Presidente, rappresentante del Governo, una prima considerazione che mi viene dagli ultimi interventi che si sono succeduti in questa discussione è che se c’è una cosa che emerge dalla lettura di questa relazione, ai sensi dell'articolo 10-bis, comma 6, della legge di contabilità, è che in questa fase della vita politica, economica e sociale del nostro Paese, da tutto dovremmo farci prendere tranne che dal gioco della propaganda reciproca e della polemica ricercata ad ogni costo e su ogni passaggio (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
  Questa relazione ci segnala una situazione che conosciamo già, conferma una condizione difficile della nostra economia, che ha riflessi importanti e per alcuni aspetti drammatici rispetto alla condizione sociale di milioni di cittadini del nostro Paese, ci consegna una difficoltà a costruire le condizioni per invertire la rotta di una recessione che ormai morde il nostro sistema economico da otto trimestri, due anni di continuo décalage dal punto di vista della produzione di ricchezza nel nostro Paese.
  È una relazione quindi che ci pone davanti ad una serie di obiettivi e questioni di grande rilievo, rispetto alle quali Pag. 90varrebbe la pena confrontarsi anche aspramente, con fatica, con metodo sulla scelta delle priorità, sulla costruzione di una politica economica che consenta di riprendere il percorso di un rilancio del sistema economico del nostro Paese e che dovrebbe essere tenuto al coperto e al riparo – ripeto – dalla polemica quotidiana e strumentale, e dovrebbe consentire a quest'Aula, nelle settimane che verranno, di affrontare una fase molto complicata di discussione e di lavoro stando molto al merito delle cose, senza l'ansia quotidiana o oraria di piantare continuamente bandierine che segnalino la propria postazione.
  Questa è una relazione di transizione diciamo così, è arrivata poco prima che uscissero i dati ISTAT dei quali abbiamo preso nozione nella giornata di ieri e che già la correggono peraltro e purtroppo in peggio, segnalando un ulteriore peggioramento della caduta del prodotto interno lordo. È una relazione di transizione perché è venuta prima di questi dati ISTAT a segnalare degli scostamenti negli andamenti di finanza pubblica e anche a segnalare l'impatto e l'effetto che sui saldi di finanza pubblica avranno e hanno da subito le misure contenute nel decreto-legge 102, ma è una relazione di transizione anche perché noi avremo presto qui la presentazione, entro il 20 settembre, della Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza – avremo su questo una discussione importante – e avremo entro il 15 ottobre la presentazione della legge di stabilità e, nelle more di tutto questo, saremo chiamati a discutere, a entrare nel merito della conversione del decreto-legge 102, con una verifica rigorosa della sua neutralità rispetto ai saldi, della neutralità rispetto ai saldi dei provvedimenti e delle misure contenute nel decreto-legge 102, anzi una verifica di quello che nella relazione viene indicato come addirittura un leggero miglioramento della condizione dei saldi che dovrebbe derivare dalle misure contenute in questo decreto.
  Una verifica e un lavoro, sul decreto-legge 102, di verifica rispetto ai saldi di finanza pubblica, della validità, della realtà e della verità delle scelte che vi sono contenute, delle coperture, dell'effettività dell'impatto positivo sul PIL di questa nuova tranche di pagamenti dei debiti della pubblica amministrazione per 7,2 miliardi nel 2013 che, come era accaduto per la prima relazione ex articolo 10-bis della legge di contabilità pubblica, è oggi alla base di questa relazione, come era accaduto con i pagamenti di cui al decreto-legge 35.
  Quindi, un preannuncio di discussione, di un dibattito più impegnativo, sul quale torneremo nei prossimi giorni e nelle prossime settimane, e dal quale dovrà uscire il quadro di come questo nostro Paese chiude il 2013, prova ad agganciare un percorso di ripresa e a completare misure di natura anticiclica qui richiamate anche dal Viceministro Fassina nel suo intervento, che devono però avere più spinta, più forza e più durata nel tempo, se vogliono essere in grado di – ripeto – invertire una rotta che invece, ad oggi, è ancora negativa per il nostro sistema economico.
  Delle singole misure, del merito di queste singole misure – ho sentito considerazioni sull'IMU e su tutta una serie di altre questioni – ragioneremo nei prossimi giorni e nelle prossime settimane; a me preme in questo intervento sottolineare un paio di considerazioni di metodo e di merito che derivano dall'esame di questa relazione, che sono forse banali, ma che sento la necessità di fare a questo punto della vicenda. La prima: questa relazione è uno strumento di natura straordinaria nel nostro ordinamento di contabilità pubblica, uno strumento di natura eccezionale, al quale si dovrebbe fare ricorso – e si fa ricorso – in situazioni eccezionali, non è uno strumento di natura ordinaria.
  Quando si attiva l'utilizzo di questo strumento ? Quando, per il verificarsi di eventi eccezionali, si renda necessario aggiornare gli obiettivi programmatici di finanza pubblica, oppure quando vi siano da segnalare, vi sia da prendere atto e vi sia da pensare a quali misure correttive e interventi ulteriori mettere in campo, Pag. 91quando si verifichino scostamenti rilevanti degli andamenti di finanza pubblica, tali da rendere necessari interventi correttivi. Quindi, siamo in questa situazione: in una condizione eccezionale.
  E, ora, una prima valutazione, che rimanda al merito, ma anche al metodo delle questioni. Negli ultimi due anni, a partire da dicembre del 2011, questa situazione eccezionale si è ripetuta tre volte e, di queste tre volte, due nel solo 2013. Noi abbiamo alle spalle una relazione di aggiornamento ai sensi dell'articolo 10-bis, come quella che esaminiamo oggi sulla legge di contabilità pubblica del dicembre 2011, legata a quella grande e forte manovra di messa in sicurezza urgente dei conti del nostro Paese sull'orlo del baratro, dopo qualche anno di una qualche disattenzione dal punto di vista dei conti della finanza pubblica e delle condizioni del nostro Paese. Poi, abbiamo alle spalle, nel mese di marzo, i primi di marzo del 2013, un'altra relazione e un'altra nota di aggiornamento con queste caratteristiche, sempre portata qui dal Governo Monti. E arriviamo oggi a quest'altra nota straordinaria di variazione.
  C’è un dato che tiene assieme tutte e tre queste relazioni al Parlamento. In tutti i casi, si interviene con questa relazione per segnalare un peggioramento dei saldi e dei dati di finanza pubblica e, assieme al peggioramento dei saldi e dei dati di finanza pubblica, si interviene con questa relazione per prendere atto di un progressivo peggioramento rispetto alle previsioni del quadro macroeconomico generale, dal punto di vista della ricchezza prodotta e delle condizioni complessive dell'economia e della finanza del nostro Paese.
  Da questo – ripeto – due considerazioni. La prima di metodo: se uno strumento, previsto per essere eccezionale e usato in condizioni eccezionali e straordinarie, si usa due volte in un anno, al netto del fatto che, nel frattempo, abbiamo il documento di economia e di finanza e il 20 settembre la nota di aggiornamento del DEF, forse dobbiamo porci il problema di come questa straordinarietà dello strumento parlamentare viene però ricondotta, in qualche modo, all'ordinarietà del lavoro, della discussione e dei poteri di indirizzo che il Parlamento ha rispetto agli obiettivi di finanza pubblica.
  Perché il Parlamento non sia costretto a rincorrere, semplicemente a prendere atto progressivamente dei dati di peggioramento o delle scelte di modifica dei saldi di finanza pubblica, ma riacquisti quella centralità nella definizione degli obiettivi di finanza pubblica che era voluta dalle riforme della modalità della nostra sessione di bilancio e del lavoro sulla normativa finanziaria da parte del Parlamento.
  E allora, quanto è stato qui richiamato dal relatore Melilli e quanto è contenuto nella risoluzione alla quale il gruppo del Partito Democratico darà voto favorevole – e, cioè, che questo ripetersi dell'uso di uno strumento di natura eccezionale debba portarci a riflettere su come riportiamo, comunque, a una delibera preliminare di indirizzo del Parlamento l'intervento sulla modifica dei saldi di finanza pubblica – è una prima considerazione di metodo, lo ripeto, ma che sentivo e che sento necessario fare.
  Ma poi c’è il contenuto, c’è il merito di questa vicenda. Quali sono gli scostamenti rilevanti che vengono segnalati rispetto ai saldi di finanza pubblica da questa relazione ? Un peggioramento delle stime di crescita del prodotto interno lordo rispetto alle previsioni che avevamo assestato col Documento di economia e finanza: un peggioramento, per il 2013, da meno 1,3 a meno 1,7. I dati dell'ISTAT di ieri ci dicono che siamo a meno 1,8.
  Cos'altro ci segnala la relazione ? Sull'indebitamento netto c’è un dato che conferma che, nel 2013, restiamo ancorati al 2009, quindi, leggermente al di sotto del limite del 3 per cento per il deficit, ma c’è anche l'indicazione di un previsto peggioramento dell'indebitamento netto, per gli anni 2014 e 2015, dello 0,7 per cento in ciascuno degli anni, che porta, per il 2014, per esempio, ad una previsione di rapporto deficit-PIL pari al 2,5 per cento.
  Segnalo una preoccupazione: siccome abbiamo detto e continuiamo a dire – e io Pag. 92credo che ci sia un elemento di verità in questo – che per il 2014, oltre ad esserci segnali di ripresa cui agganciarsi in corso per quello che riguarda il sistema economico, vi sarebbero o vi potrebbero essere o vi sarà anche qualche margine, qualche spazio di finanza pubblica maggiore per sostenere politiche anticicliche, anticongiunturali, di sostegno di questa ripresa – perché vi sarebbero un po’ di spazi finanziari, in parte, conquistati nel rapporto a livello di Unione europea, anche recentemente, e in parte, derivanti dalla tenuta complessiva del sistema di finanza pubblica che abbiamo messo in campo –, ebbene, qui, passare dall'1,8 del rapporto deficit-PIL al 2,5 per l'anno prossimo vuol dire che abbiamo già consumato uno 0,7 per cento di disponibilità di spazi finanziari, che vuol dire parecchi miliardi sui quali lavorare. Quindi, la via di utilizzo per l'anno prossimo di strumenti finanziari per sostenere il passaggio della ripresa diventa un po’ più stretta, e di questo credo dovremo tenere conto.
  Poi, in questa relazione, oltre a questa presa d'atto di un andamento meno positivo del ciclo rispetto a quanto contenuto nel Documento di economia e finanza, c’è dentro anche qualche elemento confortante: l'indicazione che la spirale recessiva ha attenuato la sua forza, che stiamo andando verso una fase di assestamento sulla quale sarà possibile, probabilmente, costruire le condizioni di una ripresa; inoltre, c’è dentro la presa d'atto, l'effetto sui saldi del fabbisogno finanziario e del debito, di un loro peggioramento in relazione, però, ad una scelta che ha una natura di costruzione, di aggiunta di costruzione di politiche anticicliche, come quella della previsione di ulteriori 7,2 miliardi, per il 2013, di spazi finanziari di pagamenti della pubblica amministrazione, in aggiunta a quelli già predisposti – 20 miliardi per quest'anno e 20 per l'anno prossimo – dal decreto-legge n. 35.
  Dentro questa relazione c’è anche la presa d'atto di una serie di misure del decreto-legge n. 102, sul cui merito, lo ripeto, avremo occasione di tornare e di ragionare, ma che comunque mettono in campo importanti e significative risorse necessarie e indispensabili per interventi di tipo sociale e di promozione della tenuta dello sviluppo economico nel nostro Paese, dal rifinanziamento della cassa integrazione per 500 milioni di euro, alle ulteriori misure per i 6.500 cosiddetti esodati, alle misure di agevolazione per l'accesso alla prima casa per le categorie disagiate, a tutti i fondi a sostegno degli affitti e delle locazioni che sono previsti dentro il decreto-legge n. 102; ci sta, dentro, anche la cancellazione della prima rata dell'IMU, l'impegno politico. Credo che su questo, lo dico semplicemente perché l'onorevole Palese su questo ha centrato una parte del suo intervento, avremo bisogno di fare una riflessione molto seria su come si costruiscono le compensazioni e su quale potrà essere la resa e sarà l'impatto effettivo di questa misura e della misura che ci sarà alla fine della conversione in legge del decreto sul sistema economico e sulle condizioni sociali.
  Allora, detto questo, se questo è il contenuto che ci segnala quelle difficoltà, che riprende una serie di misure che vanno in una direzione positiva, vengono fuori due ultime considerazioni che voglio fare. La prima è banale, ma la faccio: dalla relazione torna fuori con forza il dato per cui il problema dell'Italia è la crescita. Ci viene riproposto ostinatamente questo tema. Se il problema dell'Italia è la crescita, i segnali e le intenzioni di discontinuità delle politiche richiamate prima dal viceministro Fassina devono trovare ulteriore radicamento, ulteriore forza. Il problema della crescita esiste non solo per l'Italia, ma per noi, continuiamo a capire, vi è una declinazione specifica di questo tema; da tempo, sia nelle fasi di crescita che in quelle recessive, abbiamo un passo meno buono degli altri Paesi europei del nostro calibro. Allora, qui, ripresa degli investimenti pubblici e privati, riduzione del carico fiscale su lavoro e imprese come grande priorità sulla quale impegnare la prossima legge di stabilità, sostegno all'innovazione, alla ricerca, alla scuola, occupazione giovanile, sburocratizzazione e riforma della pubblica amministrazione, Pag. 93sono i titoli di un lavoro che il Governo ha iniziato e che deve crescere; sono i titoli di una politica economica da ricostruire, nella quale con coraggio vanno scelte priorità e costruite politiche coerenti, conseguenti e stabili nel tempo alle quali destinare le risorse, scarse, delle quali disponiamo.
  Tuttavia, se è scontato che il problema è questo – meno scontato è se siamo in grado e come saremo in grado di far fronte a questo problema e di mettere in campo misure adeguate –, voglio osservare che il problema dell'Italia è oggi anche quello di uno stato di emergenza permanente, di una condizione di incertezza e di instabilità che tende a riproporsi continuamente, che determina spesso interventi straordinari emergenziali a tampone, sui quali si esercita, a volte, lasciatemelo dire, un confronto politico, l'ho detto all'inizio, che guarda più all'ora successiva alle agenzie di stampa che non agli interessi di un Paese e alla necessità di provare ad avere la forza e il coraggio di costruire politiche lunghe, di respiro che consentano di invertire la tendenza. Abbiamo spesso una condizione di emergenza segnata da incoerenza e instabilità nel tempo, un insieme di interventi emergenziali che però tendono a ridisegnare e rimettono continuamente in discussione gli assetti strutturali del sistema, provocando distorsioni e precarietà.
  Occorre recuperare, rispetto a questo, una coerenza degli interventi con gli obiettivi e le priorità di medio e lungo periodo; questo sarà un lavoro da fare dentro il passaggio della legge di stabilità; occorrono interventi strutturali e stabilità della normativa che consentano programmazione e quindi anche economie, efficientamenti del sistema pubblico e privato che consentano possibilità di programmazione degli investimenti, fiducia e affidabilità del sistema e del nostro sistema Paese. Alcuni esempi: aver rinnovato di anno in anno gli incentivi energetici per le ristrutturazioni edilizie, gli interventi sulla ristrutturazione edilizia e così via, ha condotto sicuramente a buoni risultati dal punto di vista del sistema economico complessivo del Paese.
  Ma altrettanto sicuramente sono risultati inferiori rispetto a quelli che sarebbero potuti venire, in termini di investimenti delle imprese, di guadagni in termini di ricerca e di innovazione, di fronte ad una prospettiva pluriennale definita a priori di incentivi sui quali le imprese e i consumatori avrebbero potuto contare, invece di arrivare ogni anno in limine mortis, poco prima della scadenza degli incentivi programmati l'anno prima, a rinnovare per un anno in più, cosa importante che anche questo Governo ha fatto, incrementando anche giustamente le disponibilità e gli incentivi. Ma pensate a quanto di più queste misure avrebbero potuto pesare se si fosse saputo cinque anni fa che si avevano davanti cinque anni di incentivi, e quanto potrebbe ancora avvenire se noi, per il futuro, organizzassimo un carattere permanente di questi interventi. Ma voglio finire con alcune considerazioni sempre in ordine a questo rapporto, interventi emergenziali, stabilità nel tempo, necessità di costruire una politica che abbia un respiro un po’ più solido del giorno per giorno delle autonomie locali, che è il mondo che conosco meglio, e questi ragionamenti e questo approccio credo valgano anche in molti altri settori. Prima considerazione: se i bilanci di previsione dei comuni, per il continuo variare e l'incertezza delle normative, si fanno ad ottobre o novembre (preventivo del 2013), se nel corso di un esercizio le regole cambiano non una, ma due, tre, quattro, cinque, sei volte, sia sul fronte delle entrate che su quello dei vincoli della spesa, siamo dentro un'emergenza istituzionale di prima grandezza.
  Io a volte ho la sensazione che non vi sia la percezione di cosa voglia dire il fatto che noi oggi abbiamo 8 mila enti del nostro Paese che alla data dell'11 settembre non hanno la minima idea di come costruire e chiudere i bilanci di previsione del 2013. È un'emergenza istituzionale di prima grandezza, che diventa emergenza economica e può diventare dramma sociale quando mette in discussione servizi essenziali, reti di tenuta della coesione sociale e migliaia di economie locali. Così, Pag. 94ad esempio, anche sul fronte della spesa pubblica, delle spending review. Qui c’è un fronte sul quale lavorare, ma lavorare inserendo elementi di novità e di discontinuità rispetto a come si è fatto in passato. La spending review è un problema, se si continua ad operare solo in emergenza, di fatto solo con vincoli definiti linearmente, centralmente, applicati uniformemente a situazioni difformi. Così non si fanno passi avanti strutturali, non si migliora l'economicità e la funzionalità del sistema, ma si rischia di punire le virtù e di premiare i vizi. Ora sento ragionare – e apprezzo – di nuovi commissari per la spending review o commissioni centrali per la spending review composte da membri della Corte dei conti e Ragioneria generale dello Stato; benissimo, ma vorrei suggerire di metterci magari anche qualcuno che non conosce solo cifre macroeconomiche generali ma anche come funziona concretamente un comune, qualcuno che sa che un comune di mille abitanti magari è diverso da uno di 1 milione di abitanti, qualcuno che sa o che ha imparato come si può distinguere uno spreco da una necessità, come si può risparmiare investendo, magari, come si incentivano comportamenti virtuosi. C’è un lavoro molto grosso da fare, qui discutiamone seriamente, magari superando anche una fase nella quale oltre ai tagli centrali e lineari abbiamo costruito, per le autonomie locali, una serie di vincoli minuti, invasivi, pezzo per pezzo, voce per voce, che irrigidiscono le possibilità di azione e impediscono spesso anche di fare economie, di costruire efficienza, di costruire efficacia dell'azione amministrativa. Vincoli minuti uguali e applicati a realtà diverse e incertezza nel tempo delle norme di riferimento impediscono di fare seriamente riforme strutturali di risparmio e di efficientamento del sistema della pubblica amministrazione locale nel nostro Paese. Ancora, aver liberato pagamenti degli enti locali per le imprese è assolutamente importante, era dovuto, è un atto di uno Stato che riconosce un patto con i propri cittadini e con le proprie imprese.
  Ma se a questo fossimo in grado di aggiungere lo sblocco del Patto di stabilità ai fini della crescita, dell'esigenza di crescita della quale parlavo all'inizio, faremmo un passo in avanti molto importante, se vogliamo incidere davvero sulla ripresa, se vogliamo che partano da subito migliaia di cantieri diffusi, che si consenta di tornare a riprendersi cura di un territorio straordinario, ma fragile, di tornare a riprendersi cura del patrimonio degli edifici e delle infrastrutture pubbliche, che rischiano il degrado in molti casi e che reggono servizi essenziali a partire dalle scuole; se vogliamo, ad esempio, lasciatemi dire questo, che le risorse importanti che questo Governo ha stanziato per la messa in sicurezza degli edifici scolastici non restino solo sulla carta e rischino di diventare una beffa in molti casi per molte amministrazioni locali o foriere di accumulo di nuovi ritardi di pagamenti alle imprese, da rincorrere in futuro magari con altre misure di emergenza, se vogliamo che questo sforzo, che questo investimento che questo Governo ha fatto abbia concretamente attuazione nel nostro Paese, dia una risposta ai bisogni, dobbiamo smontare al più presto pezzi del Patto di stabilità, liberando la possibilità di investimento dei comuni (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Sarebbe drammatico se dopo aver previsto stanziamenti per 450 milioni di euro per la messa in sicurezza degli edifici scolastici, costringessimo i comuni a non approfittarne perché bloccati dal Patto di stabilità.
  Ce lo diciamo da tempo che bisogna intervenire su questo e sappiamo da tempo che questo è un pezzo non soltanto di una risposta che va data a questioni essenziali della vita delle nostre comunità locali, ma è un pezzo del sostegno a quella ripresa, a quelle politiche anticicliche delle quali parlavo prima, ce lo diciamo da tempo, non è facile farlo ma ora bisogna farlo, non c’è più tempo per il rinvio.
  Io mi fermo qui, tutto questo insieme alla relazione di cui discutiamo, rimanda ad una situazione grave e difficile del nostro Paese, ma ci consegna anche i Pag. 95primi esiti del lavoro svolto dal Governo e la prospettiva della possibilità di iniziare a risalire la china a un patto, a una condizione: a patto di scelte nette, coraggiose, scelte che il Presidente del Consiglio ha richiamato in più occasioni e che noi, Partito Democratico, chiediamo con forza e che sosterremo. A patto che il Governo non sia costretto a galleggiare, non sia sottoposto ad una condizione di incertezza, di ricatti, di tensione permanente. «Non ad ogni costo», ripete il Presidente Letta, solo se e finché serve al Paese.
  Noi abbiamo a cuore le sorti dell'Italia, la condizione concreta di vita, la prospettiva di futuro delle italiane e degli italiani, a partire dai giovani. Intendiamo il lavoro parlamentare, lasciatemelo dire dopo quello che è accaduto qui anche ieri, quello a cui ci stiamo abituando dentro quest'Aula, intendiamo il lavoro parlamentare come attività, nobile attività, volta a costruire soluzioni ai problemi, non come occasione per esporre le proprie bandiere. Non stiamo qui per fare gesti che servano solo a far crescere un facile consenso verso di noi o disprezzo verso gli altri o verso le istituzioni, non siamo qui a fare gesti che servano soltanto a illudersi di conquistare domani il 51 per cento, è un'illusione che qualcuno continua a coltivare (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Se il prezzo di questo è il continuo gettare discredito e disprezzo sulle istituzioni, le istituzioni sono di tutti e sono patrimonio delle cittadine e dei cittadini del nostro Paese, noi abbiamo il dovere di stare dentro le istituzioni con onore, con rispetto degli altri è mettendo il fuoco della nostra attività sulla missione alla quale siamo chiamati.
  L'Italia ha bisogno oggi, non domani, di una politica che faccia le cose, che si impegni, che non si riduca al tifo da stadio per le sorti della propria fazione. Noi siamo qui, intendiamo così il lavoro parlamentare, con una certezza, partecipiamo a questi giorni anche difficili dal punto di vista dei complessivi equilibri politici delle vicende che conosciamo e che sono note a tutti.
  Siamo qui con la certezza, qualsiasi sia l'esito della vicenda politica di questi giorni, di procedere con responsabilità e con fermezza, avendo come stelle polari due cose che stanno assieme, che non si separano, che non possono essere contrapposte, la difesa dello Stato di diritto e gli interessi del Paese. Con responsabilità e fermezza, con queste stelle polari, continueremo a lavorare per aiutare l'Italia a crescere ed a cambiare.
  Per queste ragioni, preannuncio il voto favorevole del gruppo del Partito Democratico alla risoluzione a prima firma Marchi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. Non ci sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione.

(Parere del Governo – Doc. LVII-bis, n. 2)

  PRESIDENTE. Invito ora il rappresentante del Governo a dichiarare quale risoluzione intenda accettare, atteso che, a norma dell'articolo 118-bis, comma 2, del Regolamento, verrà posta in votazione per prima la risoluzione accettata dal Governo, che, in caso di approvazione, precluderà le altre.

  LUIGI CASERO, Viceministro dell'economia e delle finanze. Signor Presidente, il Governo accetta la risoluzione Marchi, Palese, Tabacci e Andrea Romano n. 6-00027.

In morte dell'onorevole Giangiacomo Lattanzi (ore 19,10)

  PRESIDENTE. Prima di passare ai voti, comunico che è deceduto l'onorevole Giangiacomo Lattanzi, già membro della Camera dei deputati nella V legislatura.
  La presidenza della Camera ha già fatto pervenire ai familiari le espressioni della più sentita partecipazione al loro dolore, Pag. 96che desidera ora rinnovare anche a nome dell'Assemblea (so che sono presenti anche che tra le tribune).

  LUCIANO AGOSTINI. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  LUCIANO AGOSTINI. Signor Presidente, il 23 agosto è venuto a mancare Giangiacomo Lattanzi, già deputato nella V legislatura. Il 18 ottobre avrebbe compiuto 88 anni. È venuto a mancare alle figlie Eleonora, Roberta, Laura, al fratello Giorgio, ai nipoti, che gli sono stati sempre vicini negli ultimi tempi, tempi difficili che l'hanno strappato a se stesso ma non alla sua famiglia. È venuto a mancare agli amici, a tutti coloro che lo conoscevano, ma è venuto a mancare soprattutto nel territorio di Ascoli Piceno.
  L'avvocato, come era conosciuto da tutti, era infatti una figura dotata di quel particolare magnetismo che è in grado di trasformare un uomo in un punto di riferimento per una comunità: una comunità che nella sua persona trovava concordia e affiatamento. La ferma convinzione dell'importanza delle regole l'ha sempre guidato lungo una carriera che lo ha portato anche alla nomina di giudice aggiunto nella Corte costituzionale per il processo Lockheed, alla fine degli anni Settanta.
  Da Ascoli Piceno l'avvocato ha iniziato anche il secondo percorso della sua vita, quello politico, che l'ha condotto dalla sala del consiglio comunale di Offida prima e di Ascoli Piceno poi, agli scranni del Parlamento della Repubblica; per poi tornare a sedere sui banchi della prima giunta laica di Ascoli Piceno.
  Iniziò la sua carriera politica nelle file del PSI, di cui fu segretario della federazione provinciale dal 1956 al 1963. Nel 1964, dopo la scissione del Partito Socialista, sposò il progetto del PSIUP, e quattro anni dopo venne eletto alla Camera dei deputati, dove partecipò prima alla Commissione finanze e tesoro, poi a quella degli affari della Presidenza del Consiglio, degli affari interni e degli enti pubblici e a quella degli affari regionali. In quegli anni di militanza incarnò quindi quelle diverse sfaccettature, a volte anche in contrasto tra loro, della sinistra italiana, che però nella sua figura, nella sua passione e nelle sue battaglie trovavano coerenza e unità. Fu in quegli anni del primo dopoguerra uno dei protagonisti nel sostenere le battaglie mezzadrili, e nel dare coscienza e consapevolezza ad una classe operaia che nel Piceno in quegli anni andava formandosi.
  L'avvocato Lattanzi però era anche altro: era una persona vicina alla sua gente, e sempre attento ai bisogni degli altri, dei lavoratori in particolare. Rispettoso tanto del prossimo quanto della disciplina, amante raffinato della letteratura e del teatro, persona onesta e autorevole, ma al tempo stesso dotato di una grande sensibilità, ricoprì da studente universitario il ruolo di attore nel Piccolo Teatro di Milano, per poi continuare a coltivare questa sua passione anche ad Ascoli Piceno, dove fondò una compagnia in cui, oltre a quello di attore, ricoprì anche il ruolo di regista.
  È con questo breve pensiero, certamente insufficiente a descrivere una persona del suo spessore politico, etico e umano, che vorrei esprimere il mio cordoglio alle figlie Eleonora, Roberta e Laura, al fratello Giorgio e a tutti i suoi cari nipoti (Applausi).

  PRESIDENTE. La ringrazio. Ovviamente la Presidenza si associa.

Si riprende la discussione (ore 19,15).

(Votazione – Doc. LVII-bis, n. 2)

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione Marchi, Palese ed altri n. 6-00027, accettata dal Governo.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

Pag. 97

  Misuraca, Ventricelli, Rondini, Di Lello, Tripiedi, Simone Valente...
  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti e votanti  449   
   Maggioranza  225   
    Hanno votato  312    
    Hanno votato no  137.

  La Camera approva (Vedi votazioni).

  (La deputata Argentin ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto favorevole)

  Sono così precluse le risoluzioni Currò ed altri n. 6-00028 e Marcon ed altri n. 6-00029.
  Secondo le intese intercorse tra i gruppi, gli argomenti ulteriori sono rinviati alla seduta di domani alle ore 10.

Sull'ordine dei lavori e per la risposta a strumenti del sindacato ispettivo (ore 19,20).

  SILVIA CHIMIENTI. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  SILVIA CHIMIENTI. Signor Presidente, intervengo per riferire all'Aula di due fatti gravissimi verificatisi nei giorni scorsi in provincia di Novara e nel bergamasco. Dei genitori hanno deciso di ritirare i propri figli dall'asilo in cui li avevano iscritti a causa della presenza di troppi bambini rom in classe.
  A nulla sono serviti gli appelli del sindaco di Landonia, paese di 600 abitanti in provincia di Novara, che ha tentato di convincere i genitori a lasciare i loro figli a scuola: i bambini sono stati spostati nell'asilo del paese accanto. Anche a Bergamo si è verificato un caso analogo e i genitori hanno ritirato i bambini con la motivazione di ritenere ingiusto che vi fossero troppi stranieri a imparare a leggere e a scrivere insieme ai loro figli.
  Bisogna ricordare che negli ultimi cinque anni la presenza di stranieri nelle scuole italiane è più che triplicata: da 200 mila a circa 800 mila studenti nel 2011-2012, su un totale di 8 milioni di allievi. Il picco massimo si registra proprio nella scuola materna. La provenienza di questi ragazzi è soprattutto romena, albanese e marocchina. Il 45 per cento di questi studenti, però, è nato in Italia e ha genitori che lavorano regolarmente e pagano le tasse in Italia.
  Eppure, dieci anni fa, questa scuola si salvò proprio grazie alla presenza dei rom, che vennero invitati a frequentare le lezioni per raggiungere il numero legale necessario per far sopravvivere l'istituto. Ed allora, di fronte a questo paradosso, tutto italiano, per cui gli stranieri vanno bene solo quando fanno comodo, perché con dedizione raccolgono le nostre arance o si occupano dei nostri anziani, è doveroso che le istituzioni facciano sentire la loro voce in maniera netta, censurando sempre i comportamenti xenofobi e razzisti (Applausi dei deputati dei gruppi MoVimento 5 Stelle e Sinistra Ecologia Libertà), specie quando questi provengono da coloro che delle istituzioni fanno parte.
  Ci auguriamo che la scuola italiana diventi un campo fertile per il confronto e l'integrazione, non tanto per i bambini quanto per gli adulti (Applausi dei deputati dei gruppi MoVimento 5 Stelle e Sinistra Ecologia Libertà).

  MARIA GAETANA GRECO. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  MARIA GAETANA GRECO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, intervengo perché, pur avendo presentato oltre due mesi addietro un'interrogazione con richiesta di risposta scritta al Ministro della giustizia, ad oggi non ho ricevuto alcuna risposta.
  La problematica, tuttavia, a questo punto diventa assolutamente indifferibile, perché il 13 settembre i tribunali minori, in particolare i tribunali di Nicosia e di Mistretta, tribunali dell'entroterra siciliana, chiuderanno i battenti.

Pag. 98

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROBERTO GIACHETTI (ore 19,22)

  MARIA GAETANA GRECO. Come è a voi noto, è in atto una protesta forte dell'area nord della provincia di Enna, culminata oggi nel blocco dei treni presso la stazione di Santo Stefano di Camastra, e in particolare del treno Messina-Palermo.
  È una protesta che è destinata a montare, perché non si tratta di uno sciopero di un gruppo di scolari. Si tratta dell'esasperazione di un intero territorio che è stanco di vedersi scippato dei servizi essenziali. Non possiamo ulteriormente tollerare che i nostri territori vengano privati degli ospedali che garantiscono il bene essenziale della salute pubblica. Non tollereremo che venga chiuso il tribunale di Nicosia che rappresenta un presidio di legalità in una zona dell'entroterra siciliano ad alta densità mafiosa. De iure condito era già previsto nella legge delega che per poter salvare i tribunali cosiddetti minori si doveva fare specifico riferimento ai criteri della situazione infrastrutturale e al criterio della criminalità organizzata, quindi alla densità mafiosa. Si è verificato che nessuna ispezione, nessuno studio di fattibilità è stato fatto da parte del Ministero, che è rimasto sordo alle numerose istanze che cittadini, ordini professionali e anche io stessa abbiamo presentato. Le nostre strade, Signor Presidente, non sono le autostrade a tre corsie del Nord. Le nostre strade sono delle mulattiere. Io invito il Presidente del Consiglio e anche il Ministro a venire in Sicilia e a constatare lo stato infrastrutturale, la rete viaria, l'Agira-Nicosia, l'Agira – Gagliano – Troina, l'Agira – Regalbuto – Centuripe, la Nicosia – Ponte Cinque Archi, è una strada che ha impedito circa un mese fa i soccorsi tramite ambulanza alla povera Antonia Seminara deceduta proprio a causa della drammatica situazione infrastrutturale della nostra provincia.

  PRESIDENTE. Deve concludere onorevole Greco.

  MARIA GAETANA GRECO. Io mi chiedo allora: dov’è lo Stato ? Dov’è lo Stato ? Dov’è il Governo, che doveva assicurare la legalità, in base ai principi che sono nel nostro DNA e soprattutto in quello del Partito Democratico a cui mi onoro di appartenere ?

  PRESIDENTE. Deve concludere onorevole Greco.

  MARIA GAETANA GRECO. Non possono essere lasciati cinquantasette comuni dell'entroterra senza un presidio di legalità. Noi vogliamo che venga concessa una proroga, che si chiami proroga edilizia o proroga...

  PRESIDENTE. Onorevole Greco, la prego di concludere. Non metta in difficoltà la Presidenza, per favore.

  MARIA GAETANA GRECO... e sia funzionale all'istituzione di un tribunale della montagna. Non permetteremo... (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Greco.

  SIMONA FLAVIA MALPEZZI. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  SIMONA FLAVIA MALPEZZI. Signor Presidente, mi associo a quanto detto prima dalla collega del Movimento 5 Stelle rispetto alle due situazioni gravi, ai due episodi che si sono verificati in provincia di Novara e in provincia di Bergamo, rispetto alle scuole. Tengo però a precisare, perché è giusto, per dovere di cronaca, che in alcuni di questi casi, in particolare per quanto riguarda la scuola di Bergamo, una delle difficoltà che ha spinto i genitori a ritirare i bambini da scuola, è perché la scuola non ha potuto garantire il cosiddetto tempo lungo, non più il tempo pieno, ma neppure il tempo lungo. Allora noi vogliamo dire, come Pag. 99partito democratico, che stiamo lavorando affinché la scuola primaria possa ritornare ad essere quella scuola dell'eccellenza che era e che consideravamo tale, e affinché davvero la scuola possa rispondere sempre di più alle esigenze delle famiglie, di un tempo-famiglia che non può coincidere con un tempo-scuola sempre più ridotto (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  EMANUELE SCAGLIUSI. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  EMANUELE SCAGLIUSI. Signor Presidente, intervengo per sollecitare la risposta all'interrogazione scritta n. 4-01382, presentata da me il 23 luglio scorso. Sono trascorsi già cinquanta giorni e questa interrogazione, indirizzata ai Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, delle politiche agricole ed altri, riguarda la Lama San Giorgio, un'area protetta di pregio naturale che rischia di diventare luogo di sversamento di acque reflue dei comuni limitrofi. Sollecito i Ministri a dare quanto prima una risposta ai firmatari, ma soprattutto ai cittadini che oggi erano presenti sulla zona per un presidio pacifico di protesta. I cittadini si oppongono a questo scempio che il governatore della Puglia, Nichi Vendola, nonché Commissario straordinario per l'emergenza idrica e l'acquedotto pugliese stanno per compiere su questo tratto di zona protetta.

  PRESIDENTE. La ringrazio. Ovviamente la Presidenza solleciterà il Governo, trasmettendo anche quanto lei ha detto.

  MARILENA FABBRI. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Credo sul medesimo argomento. Ne ha facoltà.

  MARILENA FABBRI. Signor Presidente, intervengo solo per sollecitare la risposta a un'interrogazione in forma scritta, presentata ormai diversi mesi fa al Ministro della giustizia Cancellieri, alla quale sollecito una risposta, in particolare relativa ai precari della giustizia. Ci sono diverse migliaia di persone che hanno partecipato a questo progetto, cassa integrati che sono stati temporaneamente collocati come lavoratori socialmente utili a supporto della giustizia italiana e che da mesi non hanno una risposta rispetto al proprio futuro e al proprio destino, non hanno nemmeno visto attivare i percorsi di formazione che erano stati preventivamente concordati con le organizzazioni sindacali. Quindi, auspico vivamente che il Ministro Cancellieri ci possa dare al più presto una risposta rispetto a questo tema che riguarda migliaia di persone in Italia (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. Ovviamente con il mio riferimento allo «stesso argomento» intendevo che anche il suo intervento fosse un sollecito per la risposta a un'interrogazione e non che riguardasse il medesimo argomento.

  LELLO DI GIOIA. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  LELLO DI GIOIA. Signor Presidente, intervengo per chiederle di intervenire sulla Presidente della Camera dei deputati perché questa mattina il Ministro della giustizia Cancellieri è andata al Senato a discutere del problema della geografia giudiziaria. Dopo che un ordine del giorno approvato al Senato e approvato anche qui alla Camera è stato ovviamente disatteso, il Presidente del Senato ha convocato la Ministra e oggi si è discusso di questo. Io credo che sia un fatto di equità dover venire anche qui alla Camera a discutere di una riforma della geografia giudiziaria che sta determinando disservizi all'interno del sistema e che crea delle difficoltà. Quindi, la pregherei gentilmente – sapendo e conoscendo la sua sensibilità – di fare in modo che questa cosa si possa verificare presto.

Pag. 100

  PRESIDENTE. Ovviamente, onorevole Di Gioia, non mancherò di trasferire alla Presidente queste sue considerazioni, contestualmente credo che ci sarà una Conferenza dei Capigruppo nelle prossime ore – se non nei prossimi giorni – e quella è anche una sede nella quale questo tema può essere avanzato.

Ordine del giorno della seduta di domani.

  PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

  Giovedì 12 settembre 2013, alle 10:

  1. – Discussione dei progetti di legge:
   MOGHERINI ed altri; MARAZZITI ed altri; D'INIZIATIVA DEL GOVERNO: Ratifica ed esecuzione del Trattato sul commercio delle armi, adottato a New York dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 2 aprile 2013 (C. 1239-1271-1541-A).
  – Relatore: Quartapelle Procopio.
   S. 598 – Ratifica ed esecuzione della Convenzione dell'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) n. 186 sul lavoro marittimo, con Allegati, adottata a Ginevra il 23 febbraio 2006 nel corso della 94ma sessione della Conferenza generale dell'OIL, nonché norme di adeguamento interno (Approvato dal Senato) (C. 1328).
  – Relatori: Picchi, per la III Commissione; Cinzia Maria Fontana, per l'XI Commissione.

  2. – Seguito della discussione del disegno di legge:
   Abolizione del finanziamento pubblico diretto, disposizioni per la trasparenza e la democraticità dei partiti e disciplina della contribuzione volontaria e della contribuzione indiretta in loro favore (C. 1154).
   e delle abbinate proposte di legge: D'INIZIATIVA POPOLARE; PISICCHIO; DI LELLO ed altri; FORMISANO ed altri; LOMBARDI ed altri; GRASSI ed altri; BOCCADUTRI ed altri; NARDELLA ed altri; RAMPELLI ed altri; GITTI e VITELLI (C. 15-186-199-255-664-681-733-961-1161-1325).

  3. – Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge (previo esame e votazione delle questioni pregiudiziali di costituzionalità presentate):
   SCALFAROTTO ed altri; FIANO ed altri; BRUNETTA ed altri: Disposizioni in materia di contrasto dell'omofobia e della transfobia (C. 245-280-1071-A).
  – Relatori: Leone e Scalfarotto.

  La seduta termina alle 19,30.

VOTAZIONI QUALIFICATE EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 1 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 8)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nom. Moz. Grande e a. 1-113 n.f. 519 494 25 248 128 366 34 Resp.
2 Nom. Moz. Migliore e a. 1-177 522 513 9 257 129 384 33 Resp.
3 Nom. Moz. Speranza e a. 1-178 525 476 49 239 372 104 33 Appr.
4 Nom. Moz. Meloni G. e a. 1-179 n.f. 530 394 136 198 24 370 32 Resp.
5 Nom. Mozione Giorgetti G. e a. 1-180 530 492 38 247 120 372 32 Resp.
6 Nom. Risoluzione Locatelli e a. 6-26 531 376 155 189 376 32 Appr.
7 Nom. Ddl 1544 - quest. pregiudiz. n. 1 473 473 237 137 336 57 Resp.
8 Nom. Doc. LVII-bis, n. 2 - ris. 6-00027 449 449 225 312 137 56 Appr.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M = Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.