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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 28 di martedì 4 giugno 2013

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROBERTO GIACHETTI

  La seduta comincia alle 10.

  VALERIA VALENTE, Segretario, legge il processo verbale del 30 maggio 2013.
  (È approvato).

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Epifani, Gregorio Fontana, Giancarlo Giorgetti e Sani sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
  Pertanto i deputati in missione sono complessivamente quarantotto, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

  Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

Annunzio di petizioni.

  PRESIDENTE. Invito l'onorevole segretario di Presidenza a dare lettura delle petizioni pervenute.

  VALERIA VALENTE, Segretario, legge:
   DANIELE BELLU, da Albignasego (Padova), chiede:
    la revisione dell'ordinamento urbanistico, a livello organizzativo e operativo (67) – alla VIII Commissione (Ambiente);
    la creazione di un sistema integrato di tutela dell'ambiente naturale e urbano (68) – alla VIII Commissione (Ambiente);
    un programma di pianificazione degli interventi per il restauro e la valorizzazione dei beni culturali (69) – alla VII Commissione (Cultura);
    nuove norme per garantire la pianificazione e la qualità estetica degli interventi edilizi e architettonici (70) – alle Commissioni riunite VII (Cultura) e VIII (Ambiente);
    un intervento organico per il riordino del sistema scolastico, a livello organizzativo e di piani di studio (71) – alla VII Commissione (Cultura);
    norme per il riordino della disciplina in materia sanitaria e di ricerca medica (72) – alla XII Commissione (Affari sociali);
    un programma di interventi per favorire lo sviluppo economico e occupazionale del Mezzogiorno attraverso il turismo (73) – alla X Commissione (Attività produttive);
    un progetto organico di riforma del sistema tributario e degli strumenti del federalismo fiscale (74) – alla VI Commissione (Finanze);
    il riordino delle funzioni pubbliche in materia di politiche del lavoro per garantire i massimi livelli di occupazione (75) – alla XI Commissione (Lavoro);
   AURELIO ROSINI, da Mariglianella (Napoli), chiede:
    modifiche al codice della strada in materia di rallentatori di velocità, di notificazione e contestazione delle violazioni, di segnalazione visiva e illuminazione dei Pag. 2veicoli, di dispositivi riflettenti integrativi della segnaletica orizzontale, provvedimenti di diffida agli enti proprietari delle strade, di incentivi per i cittadini che segnalano irregolarità e di circolazione dei velocipedi (76) – alla IX Commissione (Trasporti);
    modifiche alle norme concernenti l'assicurazione obbligatoria per la responsabilità civile degli autoveicoli (77) – alla VI Commissione (Finanze);
    disposizioni per il riconoscimento dell'Inno di Mameli quale inno ufficiale della Repubblica italiana (78) – alla I Commissione (Affari costituzionali);
    l'adozione di una nuova disciplina, uniforme sull'intero territorio nazionale, in materia di tassazione sui rifiuti solidi urbani (79) – alla VI Commissione (Finanze);
    disposizioni volte a vietare o limitare la commercializzazione e il possesso di armi giocattolo o da collezione (80) – alla I Commissione (Affari costituzionali);
    la modifica della nozione di «seconda casa» ai fini dell'IRPEF e dell'IMU (81) – alla VI Commissione (Finanze);
   MARINO SAVINA, da Roma, chiede nuove norme per regolare l'associazione degli ex componenti del Corpo militare della Croce rossa (82) – alla IV Commissione (Difesa);
   EROS CORRADETTI, da Osimo, e altri cittadini, chiedono l'adozione di una nuova legge elettorale, volta a rafforzare la stabilità della maggioranza di Governo (83) – alla I Commissione (Affari costituzionali);
   RENATO LELLI, da San Pietro in Cariano (Verona), chiede:
    la riforma del Senato in senso federale (84) – alla I Commissione (Affari costituzionali);
    modifiche alla Costituzione per una maggiore tutela dei cittadini indigenti (85) – alla I Commissione (Affari costituzionali);
    l'abolizione del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (86) – alla I Commissione (Affari costituzionali);
    modifiche alle regole del Patto di stabilità interno (87) – alla V Commissione (Bilancio);
    la modifica dell'articolo 67 della Costituzione con l'introduzione del vincolo di mandato (88) – alla I Commissione (Affari costituzionali);
   TIZIANA FRATERIGGO, da Seregno (Monza e Brianza), chiede iniziative per assicurare l'apertura di centri antiviolenza sull'intero territorio nazionale (89) – alla XII Commissione (Affari sociali);
   STEFANO PITTAU da Renate (Monza e Brianza), chiede la complessiva revisione della Costituzione (90) – alla I Commissione (Affari costituzionali);
   LUCA MARCO COMELLINI, da Cerveteri (Roma), chiede:
    la modifica dell'articolo 37 del codice penale militare di pace, concernente la definizione di reato militare e la relativa competenza (91) – alle Commissioni riunite II (Giustizia) e IV (Difesa);
    l'istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulle cause della morte dei militari del contingente italiano impegnato in Afghanistan (92) – alla IV Commissione (Difesa);
    disposizioni in materia di termini nei procedimenti per il riconoscimento delle infermità da causa di servizio, per la concessione della pensione privilegiata ordinaria e per l'equo indennizzo (93) – alla XI Commissione (Lavoro);
    il conferimento di una delega al Governo per la riforma del codice militare di pace e per la riorganizzazione della giurisdizione militare (94) – alle Commissioni riunite II (Giustizia) e IV (Difesa);
    l'istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulle cause della morte di alcuni cittadini italiani nel corso del servizio di leva negli anni dal 1985 al 2005 (95) – alla IV Commissione (Difesa);Pag. 3
   MAURIZIO MUNDA, da Limbiate (Milano), chiede nuove norme per la tutela della salute mentale (96) – alla XII Commissione (Affari sociali);
   MARCO PICCIOLI, da Saronno (Varese), chiede l'abolizione del canone di abbonamento alla RAI (97) – alla IX Commissione (Trasporti);
   ALBERTO RASI, da Bologna, chiede la concessione di una promozione a titolo onorifico agli ufficiali provenienti dai corsi allievi ufficiali di complemento (98) – alla IV Commissione (Difesa).

Informativa urgente del Governo sulla situazione dell'Ilva di Taranto (ore 10,07).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di un'informativa urgente del Governo sulla situazione dell'Ilva di Taranto.
  Dopo l'intervento del Governo interverranno i rappresentanti dei gruppi in ordine decrescente, secondo la rispettiva consistenza numerica, per cinque minuti ciascuno. Uno specifico tempo è riservato alle componenti politiche del gruppo Misto. Non sono previsti interventi a titolo personale.

(Intervento del Ministro dello sviluppo economico)

  PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il Ministro dello sviluppo economico, Flavio Zanonato.

  FLAVIO ZANONATO, Ministro dello sviluppo economico. Signor Presidente, saluto tutti. Come rilevato dai magistrati di Taranto fin dal primo intervento di sequestro preventivo realizzato nel mese di luglio del 2012, gli investimenti, pur realizzati dall'Ilva in questi anni, non sono stati sufficienti a garantire un equilibrato rapporto tra gli interessi della produzione e quelli della salute e dell'ambiente. Molte delle prescrizioni in materia ambientale e di sicurezza dei cittadini sono state totalmente o parzialmente disattese dall'azienda. In questa situazione, sono cresciute le legittime preoccupazioni dei cittadini con il rischio che tali preoccupazioni si potessero trasformare in un sentimento antindustriale, con conseguenze negative per lo sviluppo del nostro Paese.
  La situazione dello stabilimento di Taranto deve essere, inoltre, affrontata nella piena consapevolezza di quello che l'azienda rappresenta per l'economia del territorio e per l'intera industria nazionale. Il polo di Taranto è, infatti, uno dei principali poli siderurgici europei, con una capacità produttiva di circa 10 milioni di tonnellate annue, pari ad oltre il 40 per cento della produzione nazionale di acciaio. Nel settore dei laminati, dei laminati piani, la produzione di Taranto copre il 60 per cento della domanda nazionale, contribuendo in maniera determinante all'approvvigionamento di comparti strategici dell'industria italiana, come quelli degli elettrodomestici, della cantieristica, dell'auto e della meccanica. Sul piano occupazionale, l'Ilva occupa 12 mila addetti diretti, a cui deve aggiungersi un indotto strettamente collegato sul piano verticale, che porta l'occupazione diretta a oltre 15 mila unità. A questo dato devono sommarsi le 9.200 unità legate all'indotto.
  Lo stabilimento di Taranto gode, inoltre, di alcuni vantaggi competitivi che lo rendono unico nel panorama nazionale e comparabile con gli stabilimenti più efficienti dell'Europa. I principali punti di forza sono: la possibilità di utilizzare il ciclo integrato, partendo dal carbon fossile e dai rottami ferrosi per arrivare alla produzione di laminati piani; la possibilità di approvvigionamento di grandi quantità di materie prime da Paesi lontani – Brasile e Sudafrica – tramite navi anche di grande stazza, fino a 400 mila tonnellate; la possibilità di utilizzare stoccaggi importanti in funzione delle esigenze produttive. Il venir meno di queste condizioni metterebbe l'impianto siderurgico fuori dal mercato, come già sta avvenendo in altri Pag. 4stabilimenti italiani che non possono contare su un ciclo completamente integrato.
  Il costo di un'eventuale chiusura dell'impianto avrebbe conseguenze negative gravi sul piano economico e, comunque, determinerebbe il consolidamento di una situazione che, secondo i magistrati di Taranto, è da considerarsi di disastro ambientale. L'impatto economico negativo è stato valutato attorno ad oltre 8 miliardi di euro annui, imputabili per circa 6 miliardi alla crescita delle importazioni, per 1,2 miliardi al sostegno al reddito ed ai minori introiti per l'amministrazione pubblica e per circa 500 milioni in termini di minore capacità di spesa per il territorio direttamente interessato.
  In una fase di calo globale del mercato, è evidente che l'eventuale uscita dello stabilimento di Taranto sarebbe guardata con estrema soddisfazione dai maggiori competitor europei e mondiali, che vedrebbero aumentare le proprie prospettive di mercato a tutto danno del sistema produttivo italiano. Anche un'eventuale vendita ad operatori internazionali esporrebbe il nostro Paese al rischio di un forte impoverimento della capacità tecnologica e di innovazione.
  L'importanza strategica di questo complesso industriale non può, però, far venir meno gli obblighi di tutela ambientale da cui dipende la qualità della vita dei cittadini di Taranto.
  La crescita economica e la salvaguardia della salute non sono, in particolare in questo caso, due diritti contrapposti e la prima non si può certo perseguire facendo soccombere la seconda.
  Il Governo, quindi, tende ad adottare tutte le azioni utili a tutelare l'ambiente e la vivibilità della città di Taranto nella consapevolezza che un'interruzione della produzione peggiorerebbe ulteriormente la situazione rendendo impossibile la bonifica dei siti inquinati. La sopravvivenza dello stabilimento è, oggi, dunque, legata alla capacità dell'azienda di mettere in atto gli investimenti necessari a rendere compatibile l'impianto con le norme ambientali e di sicurezza sulla salute dei cittadini.
  Nel mese di ottobre, come è noto, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha rilasciato una revisione dell'AIA (Autorizzazione integrata ambientale) prevedendo un percorso di risanamento ambientale da realizzarsi secondo una tempistica molto cogente nell'arco del prossimo triennio.
  Con la legge n. 231 del 2012, l'anno scorso, il Governo e il Parlamento hanno previsto, tra le altre cose, la nomina di un garante con il compito di vigilare sulla corretta realizzazione delle prescrizioni previste nella nuova AIA. Il processo di risanamento previsto dalla nuova AIA prevede, comunque, ingenti investimenti da parte dell'Ilva, stimati in oltre un miliardo e mezzo di euro. Questi investimenti saranno finalizzati, in particolare, al miglioramento dei fattori emissivi critici riferiti a quattro punti chiave del processo produttivo. Primo, cokerie: le misure prevedono l'utilizzo di nuove tecnologie per l'abbattimento degli idrocarburi policiclici aromatici; secondo, impianti di agglomerazione con interventi finalizzati all'abbattimento delle diossine e delle polveri; terzo, parco minerali, con interventi mirati ad una riduzione delle polveri attraverso l'utilizzo di filmature e barriere refrangibili; quarto, acciaierie e altoforno per la riduzione di emissioni improvvise (slopping) di polvere di ossido di ferro.
  Per ciascuno di questi punti sono state individuate le soluzioni tecnologiche più adeguate alle caratteristiche degli impianti e compatibili con gli interventi di ambientalizzazione già posti in essere dall'azienda in un quadro di sostenibilità economica e nel rispetto del range di concentrazioni emissive indicate dalle direttive europee BAT conclusion.
  Già dalle prime relazioni confermate dalla conferenza stampa di ieri del Ministro Orlando, il garante ha evidenziato dei ritardi nell'applicazione delle prescrizioni, con particolare riferimento agli interventi sui nastri trasportatori, i parchi minerari e le torce. Nel contempo la magistratura di Taranto ha disposto il sequestro preventivo di 8,1 miliardi di euro presso la holding che controlla l'Ilva sul presupposto Pag. 5che, nel tempo, non vi sia stata corrispondenza tra gli obblighi da parte dell'azienda di assolvere a tutte le prescrizioni ambientali e sanitarie fissate dai diversi provvedimenti amministrativi e dalla legislazione europea, nazionale e regionale vigente e le risorse necessarie per realizzare gli indispensabili interventi di risanamento e bonifica.
  Questa circostanza, nel pieno rispetto dell'autonomia dell'autorità giudiziaria e delle eventuali ragioni della proprietà che avranno modo di essere esposte secondo le garanzie del diritto di difesa nel procedimento penale, determina, oggettivamente, l'esigenza di considerare un intervento normativo diretto ad assicurare la continuità del processo produttivo e la realizzazione di tutti gli interventi di risanamento ambientale e di bonifica necessari a garantire condizioni accettabili di salubrità ambientale e di salute dei cittadini. Il Governo è infatti convinto, come già ho spiegato, che la prosecuzione dell'attività industriale rappresenti la condizione preliminare e necessaria per assicurare l'effettiva realizzazione degli investimenti necessari al risanamento ambientale dello stabilimento. Siamo altresì, consapevoli di quanto sia difficile che il risanamento venga condotto con la necessaria convinzione, con impegno e celermente, da chi ha determinato l'allarme ambientale di cui stiamo discutendo e che mette a rischio tante persone.
  Quindi, e concludo, nelle prossime ore il Governo adotterà, oggi stesso, nel primo pomeriggio, un decreto-legge che si è ormai definito attraverso una temporanea sospensione dei poteri degli organi societari e la nomina di un commissario che consenta di far convergere tutte le risorse disponibili verso i citati interventi di risanamento ambientale garantendo, al contempo, una corretta gestione dell'attività produttiva.
  Al termine di questa fase di gestione eccezionale e straordinaria potranno essere ricostituiti gli ordinari organi di amministrazione, restituendo alla proprietà il pieno controllo dell'azienda e delle risorse economiche residue, ove esistenti. Pare, dunque, evidente che dalla soluzione che il Governo e il Parlamento sapranno adottare dipendono il futuro della siderurgia italiana e più in generale la credibilità del nostro Paese nel saper garantire certezza del diritto, tutela ambientale e della salute e prospettive dello sviluppo industriale (Applausi di deputati dei gruppi Partito Democratico e Scelta Civica per l'Italia).

(Interventi)

  PRESIDENTE. Passiamo agli interventi dei rappresentanti dei gruppi.
  Ha chiesto di parlare l'onorevole Pelillo. Ne ha facoltà.

  MICHELE PELILLO. Signor Presidente, signor Ministro, colleghe e colleghi, non so quanti di voi abbiano avuto l'occasione di conoscere Taranto. Taranto è una città molto bella, incastonata tra Mar Piccolo e Mar Grande, che, per antica storia e vocazione naturale, era destinata ad essere la gemma più preziosa di quel diadema che è la Puglia. All'inizio degli anni Sessanta lo Stato decise di costruirvi l'Italsider, la grande fabbrica che, dopo il raddoppio realizzato negli anni Settanta divenne il centro siderurgico più grande d'Europa. È una fabbrica che si estende per 1.500 ettari e che nel 1980 arrivò ad occupare oltre 30 mila unità, di cui 22 mila dipendenti diretti, e che oggi ne occupa 15 mila, di cui 11 mila diretti.
  A distanza di quasi cinquant'anni (la produzione iniziò nel 1964), è opinione comune che il grande errore fu quello di costruire la fabbrica affianco alla città, collocando addirittura i depositi del minerale, i famigerati parchi minerari, a qualche centinaia di metri dal quartiere Tamburi. L'imperdonabile errore di quella generazione di classe dirigente fu incredibilmente accresciuto con il raddoppio della stabilimento realizzato negli anni Settanta. Dopo trentun'anni di gestione dello Stato, la fabbrica, nel frattempo ridenominata Ilva, viene ceduta nel 1995 alla famiglia Riva.Pag. 6
  Al momento della cessione la fabbrica è tutt'altro che eco-compatibile, ma le conoscenze scientifiche e la sensibilità ambientalista sono ancora poca cosa. Emilio Riva impone un approccio vetero-padronale all'interno (con eccessi clamorosi, quali le famigerate palazzine LAF) e colonialistico sul territorio. Lui è il più forte. Lui determina i destini sociali ed economici. La grande parte della classe dirigente si piega come spiga al vento. I sindacati, la politica, gli imprenditori, le istituzioni, gli organi di informazione: pochi resistono. A fine anni Novanta comincia ad avvertirsi maggiormente l'esigenza di ambientalizzare la grande fabbrica e di ridurre il suo impatto sulla città. Si susseguono tavoli, atti di intesa, solenni impegni da parte della proprietà.
  I Riva affermavano di fare, ma non c'era controllo. La diffusa sudditanza psicologica nei loro confronti, dettata dall'onnipresente ricatto occupazionale, degenerava in alcuni casi in colpevoli comportamenti omissivi e conniventi all'interno di quel «sistema Ilva» che la magistratura tarantina ha svelato. Nei primi anni Duemila i dati epidemiologici cominciano a seminare panico e cresce a vista d'occhio la consapevolezza che il diritto al lavoro non può calpestare il diritto alla salute e alla vita, ma eravamo ancora in pochi.
  Dobbiamo arrivare al 2008 per vedere Taranto scendere in piazza e l'onda ambientalista crescere a vista d'occhio e nel modo più spontaneo. Parte della politica smette di balbettare, rialza la schiena ed arriva la coraggiosa legge regionale antidiossina, fino ad arrivare al 2012, quando la magistratura decide di intervenire, costringendo il Governo nazionale ad inserire la questione Ilva nella sua agenda. Il Parlamento, lo scorso anno, lo ha ricordato il Ministro, ha approvato due leggi per Taranto, la n. 171 e la n. 231; la prima sulle bonifiche all'esterno della fabbrica, l'altra, la n. 231, la più rilevante, sull'ambientalizzazione della fabbrica stessa e sull'emergenza sanitaria.

  PRESIDENTE. La invito a concludere.

  MICHELE PELILLO. Il Partito Democratico, signor Ministro, chiede al Governo innanzitutto la piena esigibilità di quanto previsto dalle due leggi. Senza entrare nel dettaglio, nella legge n. 171 le poche risorse già previste – e che bisognerà presto integrare – e quelle già disponibili rischiano di rimanere impigliate nella rete di scadenze ravvicinate e nel Patto di stabilità. Per quanto concerne la n. 231, parte della legge ancora non è applicata, anche dopo i recenti avvenimenti giudiziari. Il Partito Democratico continua a sostenere che vada fatto ogni sforzo, vada esplorata ogni soluzione che possa garantire l'agognato punto di equilibrio tra fabbriche e ambiente, tra lavoro e salute, tra l'esigenza dell'industria italiana e la qualità della vita degli abitanti di Taranto. Per il PD la stella polare continua ad essere la immediata, piena e rigorosa applicazione dell'AIA incardinata nella legge n. 231, con l'auspicio, dopo averla ottenuta, di poter fare anche di più.

  PRESIDENTE. La invito nuovamente a concludere.

  MICHELE PELILLO. Ma per fare questo il PD ritiene che la proprietà dell'Ilva non sia più in grado di offrire alcuna garanzia. Pertanto chiede al Governo, pur conscio della particolare fattispecie giuridica, di assumere l'iniziativa più adeguata per affidare ad una autorità terza il compito di ottemperare a tutte le prescrizioni previste dalla suddetta autorizzazione integrata ambientale, il tutto, signor Ministro, nella garanzia della continuità della produzione (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole De Lorenzis. Ne ha facoltà.

  DIEGO DE LORENZIS. Cittadini della provincia di Taranto, cittadini italiani, Presidente, ministri, colleghi, molti, forse tutti gli interventi in Aula, adducendo cifre e numeri, vorrebbero convincerci dell'assoluta necessità che lo stabilimento Ilva Pag. 7continui la propria produzione ad ogni costo e qualcuno pensa di quantificarlo, ma ci sono valori che non sono monetizzabili, in primis la vita e la salute.
  A pochi mesi dall'entrata in vigore del decreto-legge «ammazza-Taranto», il siderurgico ritorna urgentemente in Aula. Eppure, a rileggere le pagine dedicate dal DEF del Governo Monti, si è indotti a credere che la vicenda si stava risolvendo per il meglio. Non è così: prendete atto che la vostra politica ancora una volta ha fallito.
  Il caso Ilva non è un problema di carenze di commesse, di crisi del settore: nel 2011 il Gruppo Riva ha fatturato 10 miliardi. Non è neanche un problema di proprietà, di gestione o di forma di commissariamento.
  Oggi si parla di Ilva perché la perizia epidemiologica dell'indagine della procura, mai smentita dall'azienda, parla di eventi di malattia e morte: molte centinaia di ricoveri, soprattutto in età pediatrica, e trenta decessi all'anno direttamente riconducibili all'Ilva. Si parla di Ilva perché a Taranto i bambini hanno il «sangue pesante», con il piombo; si deve parlare di Ilva perché il latte materno a Taranto è contaminato da diossina. Per questo, il gip Todisco a luglio 2012 emanava il decreto di sequestro dell'area a caldo, intimando di bloccare non l'attività lavorativa, bensì le cause di eventi di malattia e morte.
  «La ricchezza non è una colpa o una vergogna», parole di chi ha proposto e approvato il decreto-legge «ammazza-Taranto», insieme a tutti i partiti presenti in Aula. Il Governo e il partito unico, consentendo la prosecuzione dell'attività inquinante, si sono assunti la responsabilità di procurare danni alla vita e alla salute delle persone, di cui ignorano soltanto il volto, in violazione della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo.
  Ma non è l'unica ragione per cui questo caso è europeo. In Europa vige il principio secondo cui «chi inquina paga», e forse Taranto non è... in Europa. Le prescrizioni contenute nell'AIA ad oggi sono disattese e ancora non sono irrogate le sanzioni previste. Cosa succede ad un esercizio commerciale che non abbia una licenza ? Rispondano agli italiani i signori ministri !
  Se le prescrizioni non sono rispettate – e non lo sono –, allora questo significa che le cause che portano allo stato di malattia e morte non sono rimosse; in ogni caso, chi crede che l'applicazione dell'AIA risolverà i problemi di salute si illude. In un'analisi sul primo rapporto della valutazione del danno sanitario redatto dall'ARPA Puglia, si apprende che i rischi verrebbero dimezzati, non eliminati. Inoltre, il rapporto esamina i rischi tumorali legati alla sola inalazione, non quelli connessi all'ingestione di alimenti, e i rischi per soggetti adulti, non per i bambini. Si dimezzano i condannati a morte dal profitto privato: i morti non sono un vantaggio competitivo.
  Le istituzioni devono garantire una scelta, devono impegnarsi a fornire un'alternativa, perché dopo averle distrutte tutte volontariamente per decenni con il falso mito del benessere portato dai posti di lavoro dell'industria pesante, devono spezzare le catene del ricatto che chiede se morire di fame o morire per tumore, o per entrambi (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Non è una colpa fare profitto a discapito della vita delle persone ? Non è una vergogna avere uno stabilimento incompatibile con la saluta umana, a 500 metri dalle scuole ? È possibile «uccidere» la vocazione di un territorio, il futuro di una città, la speranza di centinaia di migliaia di italiani ? Quale società è quella in cui non si possono tumulare i propri morti per la contaminazione del terreno ? Quale civiltà è quella in cui ai bambini è vietato giocare nel cortile all'aria aperta ? Quanti morti si possono ignorare per il profitto di pochi ? Si possono uccidere a norma di legge i cittadini inermi ? La competitività di un'azienda può essere costruita sulla demolizione dei diritti dei lavoratori ?
  Il caso ILVA è questo e non potrà trovare soluzione senza rispondere a queste domande. Sorvoliamo per questioni di tempo sull'operazione «ambiente svenduto», sul minacciare crisi occupazionali Pag. 8con cifre che non sono confermate per spaventare l'opinione pubblica e ancora sui lavoratori, dei quali il modo politico e sindacale mai parla, quelli delle attività danneggiate dall'inquinamento, la miticoltura, l'allevamento e l'agricoltura. Perché non si ricordano mai le alternative possibili, quelle costruite su turismo, arte e storia ?
  La verità è che i cittadini sono stanchi delle vostre decisioni prese a «porte chiuse», di una classe politica che, quando anche non collusa, si è sicuramente dimostrata incapace di saper gestire il bene comune e di garantire i diritti fondamentali, non solo a Taranto, che oggi è l'emblema di tutto questo. Nessuno tra le autorità si è recato a Taranto, avete indetto incontri addirittura nei cineporti, ma senza coinvolgere i cittadini.

  PRESIDENTE. Concluda...

  DIEGO DE LORENZIS. Concludo, signor Presidente. Non crederete ancora che i problemi si possano risolvere calando risposte dall'alto e davanti ad una telecamera ? Noi vorremmo che qualunque percorso cominci oggi sia non solo per i cittadini, ma insieme ai cittadini, nel rispetto di tutti i diritti, a cominciare dal diritto al lavoro in un ambiente sano. Ci sono scenari possibili solo quando c’è la volontà di attuarli, non per decreto, ma per il bene di tutti.
  Nella cosiddetta strategia industriale per la filiera produttiva dell'acciaio che il Governo deve presentare entro trenta giorni, allora si preveda una riqualificazione produttiva delle aree di crisi industriale complessa, si preveda una riqualificazione del territorio...

  PRESIDENTE. Onorevole De Lorenzis, la prego di concludere.

  DIEGO DE LORENZIS. Concludo. Si preveda lo spegnimento immediato della parte più inquinante, l'area a caldo, esattamente come è avvenuto a Genova, garantendo il diritto di reddito ai lavoratori. Il Governo ha il dovere, soprattutto morale, di valutare altri scenari con i cittadini, perché tutto l'acciaio del mondo non vale la vita di un singolo bambino (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Fitto. Ne ha facoltà.

  RAFFAELE FITTO. Signor Presidente, il Popolo della Libertà ha chiesto nei giorni scorsi, per il tramite del presidente Brunetta, che il Governo venisse a riferire in Aula e questo dibattito riteniamo che sia molto importante perché il Governo possa comprendere anche le posizioni dei singoli gruppi parlamentari e possa operare nella giornata odierna, così com’è stato preannunciato dal Ministro, in modo efficace.
  Noi non siamo per riproporre il solito schema della contrapposizione, né riteniamo che sia possibile enunciare la necessità di rendere compatibile l'ambiente e la salute con lo sviluppo e l'occupazione salvo poi assumere posizioni diametralmente opposte l'una con l'altra. Riteniamo che sia fondamentale invece su questo tema che la politica, il Parlamento e il Governo del Paese svolgano fino in fondo il ruolo al quale sono chiamati dai cittadini e dalla Costituzione, perché riteniamo che siamo in una condizione nella quale il rischio che la situazione possa degenerare è molto elevato.
  L'AIA di cui si parla e la necessità di intervenire sul fronte degli adeguamenti di carattere ambientale costituiscono un tema che noi dobbiamo tenere nella debita considerazione, ma dobbiamo farlo, signor Ministro, soprattutto sulla base di alcuni elementi oggettivi.
  L'Associazione mondiale dell'acciaio ci ha ricordato nei giorni scorsi che vi è una sovrappiù di produzione in Europa di 50 milioni di tonnellate di acciaio; non vorrei che il nostro sistema Paese, così ben articolato e contrapposto, possa risolvere agli altri Paesi europei la questione della sovrapproduzione e, quindi – anche a costo di sacrificare un po’ tutto e di non ascoltare i richiami che la ILO ieri ci ha Pag. 9fatto, indicando la mancanza di almeno 1,7 milioni di posti di lavoro – che l'atteggiamento che si assume sia teso a immaginare una contrapposizione ideologica che non produce nessun tipo di risultato.
  Ecco perché noi siamo dell'idea che non bisogna, in alcun modo, immaginare sconti o atteggiamenti predisposti favorevolmente nei confronti dell'azienda, ma, al tempo stesso, siamo dell'idea che ognuno debba svolgere il proprio lavoro.
  Lo voglio dire perché, quando parliamo di AIA, dobbiamo ricordare che, nel confronto che si è aperto nella scorsa legislatura, l'AIA, che è stata approvata prima dal Governo, insieme con tutto il sistema degli enti locali, quindi condivisa e poi, successivamente, inserita all'interno del decreto-legge convertito dalla legge n. 231 nel mese di dicembre dello scorso anno, prevede, in modo specifico, una serie di indicazioni che acquisiscono le migliori indicazioni europee, ma lo fanno attuando un'anticipazione che, sul fronte della competitività, lascia delle riflessioni da fare. Lei infatti sa meglio di me, signor Ministro, che noi stiamo applicando un'AIA che in Europa entrerà in vigore con una serie di aspetti a partire dal 2016. Noi abbiamo voluto anticipare queste indicazioni per mettere in campo una rete di attenzione concreta che, sul fronte della competitività, lascia discussioni aperte e crea delle condizioni che possono e debbono essere valutate con la massima attenzione.
  La seconda considerazione è collegata ai provvedimenti della magistratura. Vanno rispettati, certo, vanno rispettati, però vanno rispettati così come va rispettato questo Parlamento, il Governo del Paese e la Consulta (Applausi dei deputati del gruppo Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente), perché non vorrei che ci muovessimo sulla base di considerazioni che, a seconda delle circostanze, vengono agitate. Va rispettata una legge, che è la n. 231, per la quale è stato proposto un ricorso presso la Corte costituzionale e rispetto alla quale la Consulta ha respinto tutte le eccezioni.
  Allora, in questo senso vorrei molto rapidamente – e concludo – dare un'indicazione: il provvedimento di sequestro alla Riva Fire, alla società che gestisce l'intero gruppo, indica nella capofila, nella quale oggi vi è un custode giudiziario, il sequestro di 8,1 miliardi di euro. Il collegamento tra la Riva Fire e la Ilva Spa, dal punto di vista delle risorse, per far sì che l'azienda possa mettere sul tavolo, sempre e comunque, quei 3 miliardi di euro necessari ad attuare l'AIA, obiettivamente è fortemente discutibile.
  Ecco perché noi ci attendiamo che il Governo, nel provvedimento che è necessitato anche da alcuni atti che sicuramente si rispettano, ma tranquillamente si commentano quali fortemente discutibili, per quanto ci riguarda, possa trovare la forza, il coraggio e l'autorevolezza derivante dal ruolo legislativo, per indicare in modo molto chiaro un percorso che dia una prospettiva certa ai lavoratori, all'occupazione e alla salvaguardia dell'ambiente. Anche perché – e concludo veramente e mi scuso – ho letto molte dichiarazioni sull'inadeguatezza delle misure collegate all'attivazione dell'AIA, ma ho letto anche la nota di qualche giorno fa dell'Ispra, che viene presa come riferimento e che dice cose diverse da quelle ultimative che vengono comunicate all'esterno.
  Allora, io penso che sia necessario che questo Parlamento e il Governo oggi abbiano un atteggiamento responsabile, che si individuino le priorità del nostro Paese e che su questo si abbia la capacità di dare risposte adeguate. Bando alla demagogia. Pensiamo alle reali esigenze del nostro Paese e guardiamo seriamente e concretamente ai dati occupazionali, insieme ai dati ambientali, per evitare che tutto ciò possa degenerare...

  PRESIDENTE. Concluda, onorevole Fitto.

  RAFFAELE FITTO. ... in una situazione negativa per l'intero Paese. Questa è la posizione del Popolo della Libertà, che ha un'azione chiara in questo senso ...

Pag. 10

  PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole.

  RAFFAELE FITTO. ... e che verificherà nel merito il comportamento e l'azione del Governo che, se avrà queste caratteristiche, avrà il nostro pieno sostegno (Applausi dei deputati del gruppo Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Matarrese. Ne ha facoltà.

  SALVATORE MATARRESE. Signor Presidente, signor Ministro, onorevoli colleghi, la vicenda Taranto, la vicenda Ilva, denota, in tutta la sua evidenza, le conseguenze della carenza di una programmazione industriale nel nostro Paese che, di fatto, nel tempo ha concentrato su Taranto il più grande agglomerato di produzione siderurgica del nostro Paese, mentre si dismettavano, in altri territori del nostro stesso Paese, i centri produttivi. Quindi, è chiaro che su Taranto si è concentrata una problematica di grande attenzione per il nostro Paese, per il nostro mandato parlamentare e per la nostra economia.
  Ed è quindi evidente che non possiamo non tener conto dei dati che sono stati illustrati dal signor Ministro in merito alla produzione, una produzione particolarmente rilevante per il nostro Paese, il 40 per cento del fabbisogno nazionale e delle nostre industrie. Quindi, è una problematica che non ci può lasciare indifferenti né che può ipotizzare una chiusura o una riduzione della produttività dello stabilimento, in quanto si tratta di condizioni indispensabili per determinare quelle risorse necessarie per avviare quel piano di riqualificazione e di rigenerazione degli impianti, che è la condizione sine qua non per poter riallineare una produzione industriale ai canoni della sostenibilità ambientale.
  È anche bene ricordare che nell'azione del Governo precedente, l'azione del Governo Monti, l'AIA si è attestata su livelli di parametri che sono da attuare in Europa nel 2016, quindi parliamo di livelli di attuazione particolarmente importanti e che danno onore all'azione parlamentare e all'azione legislativa che è stata fatta da questo Governo e dal Governo precedente. Quindi, è indispensabile il rispetto dell'AIA come presupposto per l'azione che deve essere avviata sullo stabilimento Ilva di Taranto, ed è altrettanto indispensabile l'attuazione e l'applicazione della legge n. 231 del 2012.
  Non da ultimo, non si può non tener conto che nella ripartizione delle quote dell'acciaio, come precedentemente indicato dall'onorevole Fitto, potrebbe derivare dall'attuale situazione dello stabilimento Ilva una pesante penalizzazione per la nostra economia, appunto nella ripartizione delle quote dell'acciaio. Quindi, è importante procedere nella direzione del rispetto delle regole e nella continuità con quella che è stata l'azione ispiratrice del Governo Monti, che fondamentalmente è stata quella di rispettare l'AIA nella sua attuazione, nella salvaguardia del livello occupazionale, ma anche del livello produttivo, e nella direzione di un'economia e di una produzione industriale legata sempre più alla sostenibilità ambientale.
  E non può infine non doversi tener conto che bisogna anche avviare dei percorsi perché l'economia di Taranto non sia solo l'Ilva, ma che sempre di più nel tempo l'economia di Taranto si disgiunga dall'Ilva, e quindi che vengano a crearsi sul territorio di Taranto, con interventi specifici del Governo o della regione, le condizioni migliori affinché si crei una condizione economica alternativa, a Taranto. In questo senso vorrei richiamare i finanziamenti che sono stati portati su Taranto dal decreto-legge n. 129 del 2012, cui si è fatto prima riferimento, anche in un precedente intervento, che di fatto sono bloccati per i vincoli del Patto di stabilità. Quindi, dovremmo presumere che si possa derogare, almeno per la città di Taranto, in relazione al danno che Taranto ha subito negli anni dalla produzione industriale, con interventi di deroga al Patto di stabilità, per riportare quel territorio ad avere delle economie che siano diverse da quella prettamente industriale. Parliamo Pag. 11di circa 300 milioni di euro distribuiti sulle bonifiche, sul rilancio industriale, sulla smart city, sul porto di Taranto. Sono tutte risorse che non si investono e che non consentono a Taranto di avere prospettive diverse da quelle che non siano esclusivamente Ilva.
  Infine, mi permetto di rappresentare che nella credibilità che il nostro Paese deve avere all'estero, è giusto riconoscere all'imprenditore il diritto di poter gestire le proprie aziende nel rispetto delle regole e nella certezza delle leggi, ma è anche vero che qualora ciò non fosse accaduto, è giusto, come proposto dal Governo, ipotizzare dei momenti transitori, e quindi di commissariamento, perché vengano attivati rapidamente gli interventi di ristrutturazione degli impianti e di messa a norma, ma purché si tratti di un periodo temporaneo in cui riportare l'azienda nella ordinarietà della sua gestione economica e imprenditoriale, che è per tutti, e per il Paese stesso, garanzia di efficienza, produttività e quindi reddito. Quindi Scelta Civica esprime parere positivo sulla proposta del Governo di un commissariamento temporaneo per ripristinare le condizioni di equilibrio della società; evidenzia la necessità che questo avvenga nel più breve tempo possibile, perché Taranto non può permettersi riduzioni di produzione, tanto meno la chiusura dello stabilimento, e ancora meno una riduzione di carico occupazionale.
  Quindi Scelta Civica segue con particolare attenzione lo sviluppo di quelli che saranno i percorsi e le strategie di questo Governo su Taranto, dando il suo appoggio e nello stesso tempo evidenziando la necessità del tempo per l'occupazione e per la produzione industriale di questa importante parte del nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Duranti. Ne ha facoltà.

  DONATELLA DURANTI. Signor Presidente, ringraziamo il Ministro per la sua relazione, anche se la consideriamo insufficiente. Voglio dirlo in premessa: nella sua relazione, Ministro, lei non ha fatto neppure riferimento, neanche di passaggio, a quello che accadrà l'11 giugno, all'incontro presso la Commissione europea per discutere di fondi per l'ambientalizzazione dei siti siderurgici.
  Ci piacerebbe sapere lì, in quell'occasione, il Governo italiano che cosa dirà, quale proposta e quale iniziativa assumerà. Io, in premessa, a nome mio e del gruppo di Sinistra Ecologia Libertà, voglio esprimere l'apprezzamento convinto rispetto all'approccio del Ministro Orlando sulla questione Ilva. Le sue dichiarazioni ci rassicurano, pensiamo che finalmente l'approccio rispetto a questo problema stia cambiando. Il Ministro Orlando ha detto chiaramente che l'attuale assetto dell'azienda non garantisce il raggiungimento degli obiettivi, e che il percorso – quello previsto appunto dal riesame dell'AIA – non è stato rispettato, e ha aggiunto che bisognerà intervenire, intervenire subito.
  Noi ribadiamo che per noi si tratta di dividere finalmente in maniera seria, concreta, la proprietà dell'Ilva da quell'azienda. Pensiamo che quello che è accaduto in questi anni non debba più accadere. Quello che non si può raccontare in un'Aula, anche qui, è il clima che si vive in quella città: un clima di paura, di preoccupazione, un clima di incertezza; quello è un territorio in cui si vive in maniera drammatica il dilemma tra lavoro e salute. Noi pensiamo che questo dilemma si possa sciogliere.
  La questione dell'Ilva di Taranto è questione nazionale, non solo perché l'impianto siderurgico di Taranto è il più grande impianto siderurgico nazionale ed europeo, ma soprattutto perché lì, in quel territorio, quella fabbrica rappresenta un dilemma che va sciolto nel senso di una riqualificazione ambientale degli apparati produttivi. Noi pensiamo che una volta per tutte si debba mettere mano a un'idea di sviluppo differente, a un'idea di sviluppo che parli di una politica industriale che sia rispettosa della salute e dell'ambiente ed è per questo che crediamo che il tema dell'Ilva, la vicenda dell'Ilva, sia una questione Pag. 12nazionale: pensiamo che da lì bisogna partire. Io lo dico così, anche quello che è accaduto ieri: la sentenza sull'Eternit, quella che ha confermato le condanne, dice che niente potrà essere più come prima oramai. Quindi, anche la vicenda dell'Ilva va inquadrata in questo senso.
  Il clima di paura è diffuso, perché fino ad oggi i Governi non hanno dato risposte a quel territorio e c’è stato un braccio di ferro, non soltanto con la magistratura, che secondo noi ha scoperchiato un verminaio, e ha fatto egregiamente il suo lavoro, ma c’è stato un braccio di ferro anche con le istituzioni locali. Io voglio ricordare i tentativi di affossare la legge regionale sulla riduzione delle emissioni di diossina, i tentativi di affossare la legge regionale sui limiti di emissione di benzopirene e della valutazione del danno sanitario. Insomma, noi crediamo che bisogna cambiare rotta, così come pensiamo che il Governo debba essere coerente: se davvero si dice che si vuole intervenire sull'Ilva, allora bisogna sbloccare immediatamente – è stato già chiesto – i fondi per le bonifiche intrappolati nel Patto di stabilità...

  PRESIDENTE. Scusi onorevole Duranti. Colleghi, potremmo evitare ?

  DONATELLA DURANTI. Bisogna sbloccare i fondi intrappolati nel Patto di stabilità, bisogna dare una risposta forte a quel territorio. Noi pensiamo che vada inaugurata una stagione nuova: è ora che il Governo e questo Parlamento prendano subito provvedimenti importanti di interventi rispetto all'Ilva. Crediamo che fino ad ora ci siano stati ritardi importanti: il rapporto dell'ISPRA e del garante dell'AIA dicono chiaramente che quella proprietà non ha rispettato le norme.
  Allora dobbiamo partire anche da questo, dobbiamo avere il coraggio di dire che c’è un certo capitalismo in questo Paese, che non solo mette al primo posto il profitto, ma che non intende rispettare le leggi e le normative nazionali e regionali, che utilizza il ricatto dell'occupazione, e che non si occupa minimamente delle ricadute sulla salute dei cittadini di quel territorio. Dobbiamo avere più coraggio, questo Parlamento deve guardare la questione dell'Ilva per quella che è: una grande questione del Paese, una grande questione nazionale che rimette in discussione l'attuale sviluppo economico, la necessità di avere un nuovo rapporto con un certo capitalismo italiano e, soprattutto, la possibilità per quei cittadini e quei lavoratori che stanno vivendo ore drammatiche di poter guardare con maggiore serenità al loro futuro.
  Per questo Sinistra Ecologia Libertà è d'accordo sulla separazione – lo ribadisco – tra l'Ilva, cioè tra l'azienda, e la sua proprietà e, quindi, speriamo che al più presto il Governo assuma un provvedimento che estrometta Riva dalla gestione di quella fabbrica (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Buonanno. Ne ha facoltà.

  GIANLUCA BUONANNO. Signor Presidente e signor Ministro, lei fino a poco tempo fa ha fatto anche il sindaco a Padova, quindi la prima domanda che mi pongo è la seguente: ma il sindaco, a Taranto, che ha fatto per cercare di risolvere la questione dell'Ilva, visto che i sindaci – anch'io l'ho fatto per vent'anni – hanno qualche potere per cercare di cambiare le cose quando non vanno bene ?
  E non ho sentito da lei, signor Ministro, nella sua relazione, che in Puglia c’è un governatore, che si chiama Vendola, che da sette o otto anni fa il governatore, e non l'ha neanche citato. Ma il governatore di una regione così importante come la Puglia, che si vanta di promuovere l'ambiente, l'energia pulita e tutto quanto ne concerne, cosa ha fatto il governatore della Puglia ? Lei non me l'ha detto nel suo intervento.
  Ho sentito l'intervento della deputata che fa riferimento a SEL e, quindi, a Vendola, che ha detto che sono state approvate delle leggi che hanno cercato di bloccare il problema, ma se il risultato è questo si vede che le leggi non le hanno Pag. 13fatte tanto bene, perché il risultato è pietoso. Noi abbiamo una situazione dove ci sono, tra indotto e lavoratori diretti, circa 25 mila persone che rischiano di restare a piedi e, nello stesso tempo, abbiamo un governatore di una regione che si vanta di fare dell'ambiente la sua bandiera, con un disastro ambientale che praticamente non è stato neanche affrontato. Nel frattempo lì sono andati un sacco di soldi che non sono neanche capaci di spendere. Allora, se la Lega già nella precedente legislatura aveva detto che il Governo Monti aveva fatto solo un provvedimento, un decreto-legge, di facciata, infatti poi abbiamo visto il risultato; se abbiamo poi una repubblica delle banane, perché questa è la storia, e cioè che c’è uno Stato che si contrappone alla magistratura, cioè due punti di riferimento si contrappongono con il risultato che l'ambiente non c’è, che la sicurezza non c’è, che i lavoratori perdono il posto di lavoro, che non c’è la salute, che gli abitanti sono in difficoltà e hanno paura, allora ditemi che cosa ha fatto questo Stato, se non è una repubblica delle banane. Allora vogliamo usare un po’ il buon senso in questa situazione, perché non c’è solo Taranto, che è comunque un fatto grave, ci sono poi i problemi dei lavoratori e Genova.
  Vorrei poi dire al Viceministro Fassina: magari quando uno parla, se può aspettare un attimo. Io sto parlando con il Ministro, mi sembra anche il caso che ci sia un po’ di educazione...

  STEFANO FASSINA, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Mi scusi.

  GIANLUCA BUONANNO. La ringrazio, Fassina, visto che parla sempre di educazione, ne abbia un po’ anche lei. Dicevo che non c’è solo Taranto, c’è Genova, Novi ligure, Racconigi, Marghera, Patrica. E vogliamo fare la fine di Bagnoli, dove alla fine non è stato fatto praticamente niente, neanche la bonifica ? Non c’è più un posto di lavoro e tutto è lasciato lì, a ramengo, come diciamo noi in Piemonte, zero assoluto. Questi sono i risultati a cui può portare uno Stato indecente...

  PRESIDENTE. Scusi, onorevole Buonanno. Onorevole Marchi, per favore......

  GIANLUCA BUONANNO. La ringrazio, signor Presidente, questa volta mi ha preceduto. Da vecchi colleghi, la ringrazio, signor Presidente.
  Noi siamo contro la nazionalizzazione, ovviamente, e quindi per non investire altri soldi. Infine, per quanto riguarda questa situazione, vorrei anche dire che la politica industriale italiana all'estero fa ridere con queste situazioni. Ma chi viene a investire nel nostro Paese quando si vede che la magistratura fa di tutto per cercare di andare a colpire, perché comunque ci sono dei fatti oggettivi e, nello stesso tempo, lo Stato fa la guerra alla magistratura perché non riesce a dare delle risposte ? Abbiamo avuto un ex prefetto, quello di Milano, Ferrante, persona degnissima, che se ne è andato dalla disperazione, con una serie di accuse anche per quello che ha fatto. Ma come si può andare avanti in questo Paese ? Come possiamo dire di essere l'ottavo Paese del mondo industrializzato quando si vedono delle cose da repubblica delle banane ?
  E chiudo con questo, signor Presidente: noi chiediamo anche che ci siano gli interventi come è stato stabilito anche a Piombino e Trieste; e chiediamo anche: i siti in questa situazione sono 57 in Italia, che non si pensi solo a Taranto, e che Vendola magari, oltre a fare il governatore della Puglia, invece di pensare molto più spesso all'adozione dei gay, magari pensi di più all'Ilva di Taranto, che è meglio, perché ci sono tanti lavoratori... (Commenti di deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà)

  PRESIDENTE. Onorevole Buonanno, ha concluso il tempo e la prego di attenersi alla materia.

  GIANLUCA BUONANNO. Di fatti mi ci attengo.

  PRESIDENTE. No, la prego.

  GIANLUCA BUONANNO. Mi attengo alla materia...

Pag. 14

  PRESIDENTE. No, non ci si sta attenendo...

  GIANLUCA BUONANNO. ... pensi di più all'Ilva di Taranto che ad altre cose (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).

  PRESIDENTE. Onorevole Buonanno, la prego di concludere, grazie.

  FRANCO BORDO. Vergognati !

  GIANLUCA BUONANNO. Vergognati tu !

  PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Di Gioia, che aveva chiesto di parlare: s'intende che vi abbia rinunziato.
  Constato l'assenza dell'onorevole Rampelli, che aveva chiesto di parlare: s'intende che vi abbia rinunziato.
  È così esaurita l'informativa urgente del Governo.
  Sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 14 con il seguito della discussione delle mozioni concernenti iniziative volte al contrasto di ogni forma di violenza nei confronti delle donne.

  La seduta, sospesa alle 10,50, è ripresa alle 14,05.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LAURA BOLDRINI

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Antonio Martino e Meta sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
  Pertanto i deputati in missione sono complessivamente cinquanta, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

Seguito della discussione delle mozioni Speranza ed altri n. 1-00039, Binetti ed altri n. 1-00036, Locatelli ed altri n. 1-00040, Brunetta ed altri n. 1-00041, Migliore ed altri n. 1-00043, Mucci ed altri n. 1-00042, Rondini ed altri n. 1-00063 e Giorgia Meloni ed altri n. 1-00065 concernenti iniziative volte al contrasto di ogni forma di violenza nei confronti delle donne. (ore 14,06).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione delle mozioni Speranza ed altri n. 1-00039 (Nuova formulazione), Binetti ed altri n. 1-00036 (Nuova formulazione), Locatelli ed altri n. 1-00040 (Nuova formulazione), Brunetta ed altri n. 1-00041 (Nuova formulazione), Migliore ed altri n. 1-00043 (Nuova formulazione), Mucci ed altri n. 1-00042 (Ulteriore nuova formulazione), Rondini ed altri n. 1-00063 e Giorgia Meloni ed altri n. 1-00065, concernenti iniziative volte al contrasto di ogni forma di violenza nei confronti delle donne (Vedi l'allegato A – Mozioni).
  Avverto che, dopo la conclusione della discussione sulle linee generali, che ha avuto luogo nella seduta di lunedì 3 giugno 2013, è stata presentata la mozione Giorgia Meloni ed altri n. 1-00065, che è già stata iscritta all'ordine del giorno.
  Avverto che è stata testé presentata la mozione Speranza, Binetti, Brunetta, Locatelli, Migliore, Mucci, Rondini e Giorgia Meloni n. 1-00067 (Vedi l'allegato A – Mozioni). Il relativo testo è in distribuzione. Contestualmente sono state ritirate tutte le precedenti mozioni.

(Intervento e parere del Governo)

  PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare la Ministra per le pari opportunità, lo sport e le politiche giovanili, Josefa Idem, che esprimerà altresì il parere sulla mozione presentata.

Pag. 15

  JOSEFA IDEM, Ministro per le pari opportunità, lo sport e le politiche giovanili. Signor Presidente, onorevoli deputate e deputati, prima di entrare nel merito della mozione oggetto di discussione, consentitemi di ripercorrere, seppur velocemente, quanto finora fatto dal Governo in materia di violenza contro le donne e di femminicidio.
  Sin dall'inizio del mio incarico ho rivolto particolare attenzione al fenomeno della violenza contro le donne e, in particolare, desidero sottolineare che ho chiesto di inserire tale tema tra le priorità di azione del Governo.
  Ho sostenuto – e intendo farlo anche per il futuro – il progetto di legge di iniziativa parlamentare di ratifica della Convenzione del Consiglio d'Europa contro la violenza sulle donne e la violenza domestica, la cosiddetta Convenzione di Istanbul, in ordine alla quale non si possono non condividere le finalità.
  Mi preme sottolineare che anche il Governo aveva predisposto un disegno di legge, tuttavia abbiamo scelto di privilegiare l'iniziativa legislativa parlamentare, in quanto su tale tema già si è espresso il più ampio consenso delle forze parlamentari.
  Come certamente vi è noto, nel corso del dibattito parlamentare sono stati approvati dal Governo numerosi ordini del giorno, che impegnano l'Esecutivo ad adottare in tempi brevi misure legislative o di altro tipo necessarie, al fine di dare piena attuazione a quanto previsto dalla menzionata Convenzione di Istanbul.
  L'esigenza di un'immediata ratifica della Convenzione di Istanbul è stata, peraltro, da me ribadita anche nel corso dell’audit nazionale sulla violenza di genere svoltosi a Roma il 22 maggio scorso. In quella sede ho incontrato le istituzioni e le associazioni impegnate a livello nazionale e locale nella prevenzione e nel contrasto del fenomeno della violenza contro le donne. Si è trattato di un utile e proficuo confronto, che ha evidenziato l'importanza di porre in essere, ancor più che nel passato, azioni positive volte a sensibilizzare l'intera collettività sul fenomeno, a formare adeguatamente gli operatori sanitari e le forze dell'ordine istituzionalmente competenti, a potenziare i centri antiviolenza esistenti sul territorio e a reperire maggiori risorse finanziarie da destinare alla prevenzione e al contrasto della violenza di genere.
  Ritengo, infatti, che solo attraverso la più ampia collaborazione con il mondo delle associazioni e delle istituzioni ai diversi livelli si potranno affrontare e risolvere le questioni ancora aperte per la piena affermazione dei diritti di tutte le persone.
  L'approvazione del progetto di legge di ratifica della Convenzione di Istanbul sarà, pertanto, un utile strumento per introdurre nel nostro ordinamento adeguate misure di carattere amministrativo e misure di carattere normativo.
  Nelle more dell'entrata in vigore della citata Convenzione sto procedendo per costituire una task force che riunisca tutti i Ministeri interessati: interno, giustizia, salute, lavoro e politiche sociali, istruzione, università e ricerca ed economia e finanze. Ho già avuto modo di sensibilizzare i colleghi dei dicasteri competenti al fine di poter avviare celermente i necessari lavori.
  Come ho avuto modo di riferire nel corso dell'ultimo Consiglio dei ministri, ritengo che il problema della violenza contro le donne necessiti di un approccio integrato che affronti la tematica sotto differenti profili, da quello relativo alla formazione degli operatori sanitari e delle forze dell'ordine a quello indispensabile del sostegno ai centri antiviolenza che accolgono le donne vittime di maltrattamenti insieme ai loro figli. Contestualmente, stiamo lavorando alla predisposizione di un disegno di legge governativo sulla violenza contro le donne; senza entrare nel dettaglio preciso, si tratta di misure legislative che tengono conto degli impegni già assunti dal Governo con gli ordini del giorno sopra richiamati.
  Per quanto riguarda nello specifico la mozione oggetto di discussione da parte di quest'Aula, dichiaro che non vi sono, in via generale, particolari problemi da parte del Governo a recepire gli impegni in essa Pag. 16contenuti. In particolare, desidero evidenziare che su alcuni impegni già stiamo lavorando; infatti, come ho già preannunciato, per quanto concerne l'aspetto fondamentale contenuto nella mozione, stiamo provvedendo affinché il Governo ripristini e implementi il fondo a sostegno del Piano d'azione nazionale contro la violenza sulle donne in ogni forma ed espressione, poiché, come ho più volte affermato – e lo ribadisco anche in questa autorevole sede –, per far fronte ad un fenomeno sociale e culturale di così vasta portata qual è quello della violenza contro le donne, sono necessarie risorse finanziarie da parte dello Stato e degli enti territoriali.
  È su questo fronte che intendo impegnarmi per reperire forme di finanziamento durature, anche di derivazione europea, che possano consentire soprattutto ai centri antiviolenza di poter assicurare in via continuativa l'adeguata assistenza alle donne vittime di violenza.
  Desidero, infine, soffermarmi su un ulteriore aspetto contenuto nella mozione, ovvero la necessità di istituire un osservatorio nazionale sulla violenza contro le donne, poiché è necessario disporre di informazioni complete e aggiornate, quantitative e qualitative, sul fenomeno; è mia intenzione costituire un osservatorio nazionale sulla violenza di genere e sullo stalking che raccolga, tra l'altro, dati uniformi in linea con quanto richiesto anche dall'Unione europea. Le donne rappresentano un pilastro dello sviluppo sociale ed economico del nostro Paese.
  Nell'esprimere parere favorevole alla mozione ribadisco, pertanto, l'intenzione del Governo e, in particolare, del Ministero da me guidato di intensificare l'impegno sul fenomeno della violenza nei confronti delle donne in tutte le sue sfaccettature, dalle forme più gravi a quelle meno note o nascoste, ma che meritano altrettanta attenzione. Vi ringrazio (Applausi).

  PRESIDENTE. Grazie, Ministra Idem.

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 14,14).

  PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.

Si riprende la discussione delle mozioni.

(Dichiarazioni di voto)

  PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Pia Elda Locatelli. Ne ha facoltà.

  PIA ELDA LOCATELLI. Signora Presidente, signora Ministra, siamo alla conclusione della sessione che la Camera dei deputati e delle deputate ha doverosamente dedicato al tema della violenza contro le donne: ciò significa che ora è tempo di agire.
  La scorsa settimana abbiamo ratificato la Convenzione di Istanbul, atto importante perché si tratta del primo strumento internazionale giuridicamente vincolante che definisce un quadro normativo completo. Alla ratifica della Convenzione abbiamo fatto seguire il dibattito di ieri, andando in profondità sul tema della violenza contro le donne e cercando di capirne anche le ragioni – che sono radicate nelle relazioni di potere storicamente ineguali tra uomini e donne – per essere capaci di avviare efficaci azioni di contrasto e insieme di sensibilizzazione, prevenzione, protezione, punizione e rieducazione.
  La collega Marzano, nel suo intervento di ieri, ha sottolineato che il pensiero critico ci consente di fare a pezzi le radici della violenza, anche se non saremo in Pag. 17grado di eliminarla completamente; ma contenerla e prevenirla è possibile attraverso l'educazione, uno degli impegni che abbiamo assunto nella mozione che unifica i testi presentati da tutti i gruppi.
  Chiediamo, infatti, di introdurre nelle scuole di ogni ordine e grado specifici progetti e corsi di educazione all'affettività e alle relazioni e nelle università la promozione e il sostegno di studi di genere con risorse adeguate. È un aspetto importante delle azioni che tutti ci impegniamo a realizzare, perché è dalle radici sane che si può partire per costruire un mondo sempre meno violento. La mozione unitaria è importante così com’è stato importante il voto unanime sulla Convenzione di Istanbul; è un passo significativo che abbiamo voluto fare, ciascuno per la propria parte, sospendendo temi a cui teniamo particolarmente, per dare anche simbolicamente il segno della determinazione comune.
  Con la mozione chiediamo al Governo impegni precisi su quindici punti, come ci hanno chiesto le associazioni di donne, trasformando i contenuti della Convenzione di Istanbul in singoli obiettivi di intervento. Abbiamo intrapreso questa strada impegnando il Governo, ma anche tutti noi, ad adeguare l'ordinamento interno alle prescrizioni contenute nella Convenzione di Istanbul; a predisporre e attuare un nuovo piano nazionale contro la violenza, le molestie, lo stalking, i maltrattamenti sulle donne, fondato su prevenzione, protezione e certezza della pena e dotandolo di un fondo adeguato; a istituire in tempi rapidi un osservatorio permanente nazionale nel quale convergano flussi stabili di dati sulla violenza dalle fonti più numerose e affidabili; a favorire la cooperazione tra soggetti pubblici e privati e promuovere un sistema pubblico integrato di servizi che assicuri anche la presenza di mediatori culturali a tutela delle donne di altri Paesi; a favorire una corretta formazione di operatori sanitari, sociali, del diritto e della formazione, al fine di assicurare alle vittime aiuto e supporto adeguati. Questo e anche altro, il tutto tenendo conto che abbiamo una risorsa importante rappresentata da associazioni e reti, soprattutto femminili, ma non solo, perché ora ci sono anche alcune associazioni maschili che da tempo si occupano del tema e le cui competenze sono preziosissime e disponibili. Invito ad avvalercene in un quadro di impegno comune: è la via per rendere efficace la nostra azione ed uno strumento per mettere in collegamento il mondo delle istituzioni e quello della società civile e del volontariato, collegamento di cui c’è grande bisogno (Applausi).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Cirielli. Ne ha facoltà.

  EDMONDO CIRIELLI. Signora Presidente, colleghi, Ministro, abbiamo già parlato molto del tema della grave violazione dei diritti umani – che rappresenta sicuramente la più grave e anche la più diffusa forma di violazione dei diritti umani, purtroppo presente fortemente anche nei Paesi cosiddetti civilizzati e tristemente anche in Italia – nella scorsa settimana, quando abbiamo approvato la ratifica parlamentare della Convenzione del Consiglio d'Europa, stipulata dall'Italia ad Istanbul, e aperta anche alla ratifica di Paesi non membri del Consiglio.
  Noi crediamo che questa seduta parlamentare non rappresenti la fine di questa discussione. Al contrario, essa rappresenta il primo atto dopo quella ratifica. Da questo punto di vista, bisogna ringraziare tutti i gruppi parlamentari e il Ministro per aver voluto in Parlamento un dibattito immediato che ribadisca che l'impegno assunto non può essere un impegno accademico, non può essere un impegno demagogico, neanche uno di quelli formali, che servono magari soltanto a dimostrare che la politica si occupa di temi reali.
  Il nostro deve essere un impegno concreto. Tutti i gruppi hanno voluto presentare – noi compresi – una mozione unitaria, ed è giusto che il Parlamento non si divida su temi così importanti, centrali e largamente condivisi.Pag. 18
  Tuttavia, rispetto alla condivisione totale noi vogliamo fare qualche valutazione ulteriore, perché riteniamo proprio per questo che l'atto che oggi il Parlamento compie sia il primo passo verso una serie di obblighi che abbiamo assunto ed anche obblighi cui intendiamo sottostare in maniera spontanea, perché largamente condivisi da tutto il consesso nazionale e internazionale.
  Come sappiamo, la violenza contro le donne è una cosa antica, pesante, che esiste in tutte le società, da quelle più avanzate a quelle che sono considerate ancora in via di affermazione sul tema dei diritti civili, ma, purtroppo, proprio il fatto che colpisca anche Paesi avanzati è la dimostrazione di quanto sia subdola questa forma di violenza e quanto trovi, tutto sommato, nella società un tessuto connettivo che va stanato e combattuto: una cultura ancora diffusa e che si manifesta proprio con la volontà e la prepotenza di affermare la proprietà su una persona, come se la donna non fosse esattamente una soggettività mentale diversa, ma piuttosto sia ridotta a un oggetto.
  Da questo punto di vista, la Convenzione di Istanbul è fondamentale, non solo perché delinea un quadro definitivo importante di approccio giuridico alla lotta contro questa forma di violenza, ma anche perché, per la prima volta, dà un approccio globale e affronta il tema culturale da superare.
  Da questo punto di vista, riteniamo fondamentale avere aderito e riteniamo – lo diciamo all'atto di oggi, che per noi non è perfettamente completo – che l'Italia debba svolgere un ruolo attivo per la promozione di questa battaglia, perché la Convenzione, come sappiamo, è aperta anche alla firma di Paesi non membri del Consiglio europeo e quindi, all'internazionalizzazione della lotta contro questa grave arretratezza culturale, che provoca una violazione così pesante.
  D'altro canto, conosciamo bene la situazione difficile in cui tante donne versano, anche in Italia, perché non ci sono strutture adeguate, quindi serve un impegno amministrativo serio. Tutto ciò significa non soltanto fare leggi, non soltanto aumentare le pene, non soltanto individuare nuovi reati, ma soprattutto dare supporto psicologico e affrontare il tema nel profondo della società. Bene è stato fatto a scrivere che è necessaria una sensibilizzazione nelle scuole, nonché un profondo impegno da parte di tutte le istituzioni, coinvolgendo anche il privato sociale organizzato e gli organi intermedi della nostra società.
  D'altro canto, dobbiamo riconoscere che l'ONU sta combattendo una battaglia importante, non soltanto con una serie di atti, di relazioni, di indirizzi e di risoluzioni, ma anche con l'idea di scegliere il 25 novembre come giornata per contrastare questa vergogna, giornata che rappresenta un fatto importante. Per questo, noi vorremmo che il Governo si impegnasse già dal prossimo 25 novembre a far sì che questo elemento non sia vuota accademia, ma sia un fatto pieno di contenuti.
  I contenuti rappresentano l'altro aspetto su cui cerchiamo di batterci – come abbiamo già detto una settimana fa –, perché in un momento difficile, in cui non ci sono risorse finanziarie, lo Stato, il Governo e il Parlamento devono fare uno sforzo straordinario per individuare risorse, che non vanno sprecate, ma vanno messe a bilancio in maniera chiara, senza idea di sconti.
  Da ultimo, non soltanto voglio confermare il sostegno forte, non formale, a questo atto, ma anche crediamo che sia l'occasione per rivedere l'efficacia delle norme penali, soprattutto nei reati contro le persone. Troppe volte mettiamo pene, magari alte, che poi non vengono scontate, vengono annullate da indulti, amnistie o altri sistemi alternativi alla detenzione, che purtroppo allontanano anche le persone che vogliono denunciare i misfatti, perché poi vedono in maniera concreta coloro che hanno commesso i reati non scontare le pene e non essere efficacemente contrastati dall'azione penale.
  Certo, non ci può essere soltanto un'azione repressiva, è necessaria un'azione preventiva; ma noi siamo convinti che, con un'attenta valutazione della Pag. 19Convenzione di Istanbul e con l'impegno che oggi la Camera sta per assumere, questi importanti passi avanti possano essere fatti e, in tempi ragionevoli, l'Italia possa essere alla guida di questa lotta forte contro l'arretratezza culturale, contro la violenza e contro la violazione dei diritti umani.

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Rondini. Ne ha facoltà.

  MARCO RONDINI. Signora Presidente, viene recepito nella mozione comune il principio che, per un efficace contrasto alla violenza nei confronti delle donne, è necessario prevedere non solo pene severe, ma, altresì, assicurare l'effettività della pena, senza alcuno sconto o beneficio per chi si macchia di tali reati. Sottolineiamo, comunque, l'assoluta inopportunità di prevedere misure alternative al carcere – come previsto invece dalla proposta di legge n. 331: delega al Governo in materia di pene detentive non carcerarie e disposizioni in materia di sospensione del procedimento con messa alla prova e nei confronti di irreperibili, che è in discussione in II Commissione (giustizia).
  Altresì, è recepito nella mozione unitaria anche l'indirizzo atto ad adottare tutte le misure utili a contrastare in modo concreto ed efficace la pratica – ahinoi, molto diffusa nel nostro Paese – della mutilazione genitale femminile. Dobbiamo, però, invitare il Governo a rafforzare le norme di legge in materia, attualmente in vigore, al fine di prevenire ed impedire spazi interpretativi, che rendano possibili sentenze che, di fatto, hanno considerato accettabile una pratica così barbara e illegale.
  Ai fini, poi, di prevenire e combattere ogni forma di violenza sulle donne, noi crediamo che andrebbe considerata violenza anche l'imposizione del velo, sulla base di precetti religiosi e culturali che, poco o nulla, sono compatibili con i valori di uguaglianza sui quali si fondano le società democratiche occidentali. Non lede forse la dignità della donna il velo e – se imposto con la minaccia – non rappresenta comunque una forma di violenza ? Non rappresenta, a tutti gli effetti, una mutilazione della dignità della donna ? Oggi, abbiamo il dovere di disinnescare il potenziale di culture che possono minare la convivenza civile e i principi su cui si fondano le nostre società occidentali e, per rivendicare la parità tra uomo e donna, anche i rischi insiti nei precetti di religioni e culture altre, se potenzialmente avversi, vanno denunciati per quello che sono, e cioè pericolose minacce.
  Fatte queste brevi premesse, esprimo, come i colleghi, soddisfazione per aver raggiunto l'accordo attorno a una mozione unica che impegna il Governo ad adottare ogni iniziativa normativa per rendere efficace in tempi brevi il contenuto della Convenzione di Istanbul, ratificata all'unanimità il 28 maggio del 2013 da questo ramo del Parlamento, e annuncio naturalmente il voto favorevole del gruppo della Lega Nord (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Migliore. Ne ha facoltà.

  GENNARO MIGLIORE. Signora Presidente, colleghe e colleghi, signori del Governo, Vanessa Villani, una donna di 31 anni, si è da poche ore risvegliata dopo 75 giorni di coma.
  Si era addormentata nel letto di casa sua e la madre aveva poi trovato il corpo esanime della figlia con la testa fracassata. Nel momento in cui si è risvegliata ha fornito le indicazioni necessarie per arrestare l'ex compagno, un uomo di 28 anni che, nel corso di queste giornate, non era stato ancora perseguito.
  È una delle tante vicende drammatiche che si snodano, come un rosario di spine, nel corso della cronaca e della storia del nostro Paese, quella storia che ha motivato una denuncia fino all'organizzazione delle Nazioni Unite, che ha colpito il nostro Paese e che, per fortuna, è stata recepita positivamente dal nostro Parlamento e da questa Camera, con l'approvazione celere Pag. 20del provvedimento per il recepimento della Convenzione di Istanbul. Credo che quel recepimento, quell'atto parlamentare sia stato fondamentale anche perché approvato all'unanimità e devo dire che a quell'atto devono corrispondere i necessari provvedimenti, che dovranno implementare dei provvedimenti di legge, delle iniziative tese a contrastare a fondo il fenomeno della violenza e del femminicidio. Penso che sia un'intenzione sincera di tutta questa Camera.
  Io devo dire che, però, arrivato a questo punto della nostra discussione, innanzitutto penso di dover esprimere delle parole di gratitudine nei confronti di vari soggetti, che nel corso di una battaglia durata decenni ci portano fino a questa condizione. Sono grato, innanzitutto, alle molte donne che ho conosciuto del movimento femminista storico, quelle che hanno nominato le parole dell'autonomia femminile, che hanno denunciato la subordinazione presente addirittura nelle leggi del nostro Stato, con un diritto di famiglia riformato solo nel 1975, quelle che hanno detto «no» alla violenza sul corpo delle donne che volevano interrompere la loro gravidanza o a quelle che volevano interrompere il rapporto con il proprio partner attraverso un divorzio.
  Devo un ringraziamento alle giovani donne che nel corso di questi anni hanno portato alla luce e hanno nominato il tema del femminicidio, perché dare il nome alle cose è il primo passo per realizzare una trasformazione profonda del senso comune e del pensiero. Devo un ringraziamento alle donne impegnate in politica, di destra e di sinistra, che hanno attraversato anche consuetudini e ipocrisie interne ai loro partiti e che hanno scelto di liberare così una forza che è riuscita a contaminare positivamente tutto questo Parlamento. E devo un ringraziamento a lei, Presidente, perché la sua testimonianza si è trasformata anche in una battaglia concreta che, per quanto ci riguarda, è il fondamento anche di questo buon lavoro fatto nel ricostruire una mozione unitaria di tutto il Parlamento.
  Ma devo un ringraziamento anche a quegli uomini – non sono tanti, a dir la verità – che nel corso di questi anni hanno, spesso solitariamente, lottato per dire che il problema della violenza è un problema maschile, un problema degli uomini, e che le donne la subiscono questa violenza. Adriano Sofri, Stefano Ciccone, Marco Deriu, Alberto Leiss, sono uomini che prima di noi hanno affrontato il tema e l'hanno reso plausibile all'interno di una rielaborazione anche del maschile che, per quanto ci riguarda, è fondamentale anche per leggere questi numeri agghiaccianti: 7 milioni di donne che hanno subito violenza, un milione che ha subito stupro. Sono stati qui raccontati anche dagli interventi che si sono succeduti, anche quelli che ho molto apprezzato del nostro gruppo, e ho ringraziato le compagne del mio gruppo, perché hanno scelto di far pronunciare a me la dichiarazione di voto, un maschio, un uomo.
  Io penso che questa idea che la violenza è una componente fondativa del nostro modello di convivenza deve essere assunta come un principio sul quale riflettere e va smontata grazie alla nostra capacità di rielaborazione e alle nostre misure concrete, che mettano in pratica gli strumenti per rimuovere le disuguaglianze che ci sono, così come scrive l'articolo 3 della nostra Costituzione, così come necessita di intervento la disparità che è evidente nel lavoro, nel sistema sociale, nella scuola, e che deve essere accompagnata da misure di protezione e di incoraggiamento alla denuncia da parte delle tante donne che spesso non hanno ancora gli strumenti per denunciare.
  Abbiamo giustamente svelato il velo che copriva la violenza domestica e familiare e l'abbiamo vista nella sua potente compresenza nella nostra vita quotidiana. Non dimenticheremo però le donne migranti, le prostitute, le donne schiave, che sono oggetto di una violenza sistematica. Ed è per questo motivo che anche nella mozione io credo sia stato fondamentale farvi riferimento, anche perché per loro vale Pag. 21una doppia discriminazione, spesso anche l'incapacità di avere reti di protezione adeguate.
  Gli uomini non accettano l'alterità della loro compagna quando questa è oggetto di una violenza e preferiscono cancellare questa alterità piuttosto che accettare la propria parzialità e c’è un affanno, una mancata rielaborazione maschile di fronte alla libertà e all'autonomia femminile. Per questo penso che le indicazioni concrete contenute nella mozione, come il Piano nazionale contro la violenza, debbano essere oggetto certamente di un'iniziativa legislativa, ma anche di una promozione di una cultura differente – e voglio nominarla per come io mi sento –, di una cultura non violenta nel rapporto tra mezzi e fini e tra come vengono intesi i rapporti tra gli uomini e le donne. La non violenza non è un affare di pochi pacifisti, è uno strumento di intervento e di lotta che serve anche per mettere in discussione ciò che mette a rischio anche una riflessione più profonda per estirpare dentro la nostra società le ragioni della violenza contro le donne.
  In realtà, io mi sono chiesto se il problema è di quell'uomo diverso, di quello che si ubriaca, di quello che viene tradito e che usa questa parola in senso negativo e che non accetta la libertà della propria compagna, se sia un problema di un altro uomo o sia un problema anche mio, di uomo che vive in una società patriarcale, nella quale se non si mettono in discussione i fondamenti di questa società, sarà difficile affrontare, anche con la costruzione di una stigmatizzazione di qualcuno che non ci appartiene, un'idea anche di autoassoluzione. Io penso che questo sia il tema rispetto al quale tutti gli uomini, noi compresi, ci dobbiamo mettere di fronte.
  Il rapporto tra uomo e donna è l'esemplificazione del fatto che la violenza, in questa situazione, non viene più accettata – ed è importante che sia stata nominata dalle donne – come un esercizio di un'autorità correttiva, ma diventa un potere arbitrario e lesivo della dignità delle donne e della loro autonoma soggettività. Per questo noi dobbiamo un enorme ringraziamento alle donne che hanno iniziato a trovare le parole per esprimerla, questa violenza, e denunciarla, perché parla di noi, parla della libertà e dei poteri femminili che ancora mancano e che ancora fanno paura. E qui vorrei dire una cosa: le identità oggi sono fragili, le comunità spesso sono illusorie, le famiglie, al di là di ogni retorica, sono plurali e diversificate. I legami sono fragili e l'espressione che cova dentro la società patriarcale della violenza segna innanzitutto un'impotenza e una frustrazione che rappresenta in primo luogo il tema su cui noi uomini, noi maschi, non possiamo più rimetterci semplicemente alla volontà della legge, ma a un pensiero più profondo che attraversi la nostra esistenza (Applausi dei deputati dei gruppi Sinistra Ecologia Libertà e Partito Democratico e di deputati del gruppo Misto).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Binetti. Ne ha facoltà.

  PAOLA BINETTI. Signora Presidente, signor Ministro, colleghi, se avessimo dovuto dare un nome a questa mozione, avremmo detto che è una mozione sul femminicidio e non solo sul femmicidio. Sono due neologismi che a volte alle persone che sono un po’ più distanti dal dibattito possono sembrare perfino sinonimi. Infatti, sono spesso usati indifferentemente, ma in realtà esprimono due momenti e due modalità diverse, anche se spesso complementari di uno stesso fenomeno violento, contagioso e progressivo, ma non per questo incurabile.
  Si parla di femmicidio quando è in gioco la morte della donna, gesto estremo del femminicidio, in cui, invece, è in ballo la continua erosione della dignità femminile, il tentativo di negare la piena espressione della personalità di ogni donna, mentre il femmicidio è la cima di un enorme iceberg sommerso.
  La Convenzione sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne, contenuta nell'acronimo CEDAW, Pag. 22nel preambolo sostiene che le pratiche discriminatorie ostacolano la partecipazione delle donne ad ogni aspetto della vita del proprio Paese in condizioni di parità con gli uomini. Questo fatto intralcia la crescita del benessere delle società e delle famiglie, un po’ il punto a cui tutti noi abbiamo voluto fare riferimento.
  La violenza sulle donne non ferisce solo le donne, ma ferisce il benessere stesso della nostra società e colpisce al cuore l'identità profonda della famiglia. Quindi, gli Stati che hanno ratificato questa norma, questa indicazione, si assumono una responsabilità ben precisa: adoperarsi per garantire alle donne la possibilità di esercitare in modo concreto e reale i loro diritti fondamentali, in coerenza con quanto dice l'articolo 3 della nostra Costituzione: tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. Questo implica per lo Stato l'obbligo di attivarsi per rimuovere le situazioni discriminatorie, non solo attraverso modifiche normative, ma anche e soprattutto promuovendo un cambiamento culturale.
  Attraverso la lotta contro la violenza alla donna, stiamo cercando di creare, infatti, una nuova cultura dei diritti umani, perché stiamo assumendo come paradigma di riferimento il «no» a qualsiasi forma di sopraffazione basata sulla logica del più forte ai danni dei più deboli.
  Dalla IV Conferenza internazionale sulle donne tenutasi a Pechino nel 1995, alla Conferenza mondiale di Stoccolma contro lo sfruttamento sessuale dei minori del 1996, dalle ultime iniziative dell'ONU a quelle europee, emerge una più matura elaborazione del fenomeno della violenza e una più forte assunzione di responsabilità.
  Negli ultimi anni, infatti, si sono moltiplicate le prese di posizione, le raccomandazioni, le risoluzioni dell'ONU, dell'UNICEF, del Parlamento e del Consiglio d'Europa, e in ultima la Convenzione di Istanbul, la cui ratifica abbiamo votato la settimana scorsa.
  La consapevolezza di avere pari dignità prevede la consapevolezza della differenza e lo sviluppo di un pensiero e di uno stile della differenza in cui ogni donna possa essere se stessa e far valere le proprie ragioni, esigendo il rispetto dei propri diritti, senza dover rincorrere modelli e atteggiamenti maschilisti per contrastare la prepotenza e affermare la sua dignità e la sua identità.
  Il filo conduttore del dibattito, quello per cui è stato facile tra tutti noi trovare un punto di convergenza e approvare una mozione unitaria nel nostro piccolo gruppo dei proponenti le diverse mozioni, è stato proprio il filo conduttore dei diritti umani, in modo particolare dei diritti della donna, che è dato dall'innestarsi di una nuova cultura dei diritti che faccia perno, contestualmente, su due principi che esprimono profondamente il senso della modernità: da un lato, il principio di autodeterminazione, che sollecita in ogni uomo e in ogni donna il diritto a prendere le proprie decisioni in spirito di libertà e di responsabilità e, dall'altro, il principio di solidarietà, proprio per dare ragione dell’humanum che vi è in ognuno di noi e che ci spinge a prenderci cura gli uni degli altri.
  Lo sguardo alla violenza diviene allora sempre più lo sguardo alla violazione dei diritti umani, soprattutto a quelli del più fragile. La solidarietà verso chi subisce violenza non può rimanere un fenomeno momentaneo e isolato, anche se positivo e a volte necessario e urgente. Deve sollecitare una nuova e più moderna concezione dei rapporti tra uomo e donna: non superiorità e subordinazione, secondo il modello top-down, non un falso paternalismo protezionista, ma neppure una delega all'altro di diritti che, in realtà, sono doveri.
  Infatti, nei maltrattamenti e negli abusi intrafamiliari, un'elevata percentuale di abusi e maltrattamenti non viene denunciata all'autorità giudiziaria, e questo accade per il fatto stesso della denuncia, perché alla denuncia seguono spesso periodi prolungati di violenza morale, di vendetta, che rendono sempre più difficile procedere.Pag. 23
  La lenta reattività del sistema, compresa la risposta giudiziaria, espone le donne a ulteriore violenza e le induce in parecchi casi ad accettare accordi che costituiscono, in realtà, una resa incondizionata al più forte e violento. Perché la violenza di oggi non è un fatto residuale. È il modo con cui i prepotenti mostrano la loro incapacità di dialogare e di confrontarsi. La loro forza è spesso espressione della loro debolezza, ma sono sempre le donne a pagare questo scarto pesante di immaturità e questa involuzione dei modelli socio-culturali di un Paese.
  La violenza sulle donne non è solo il frutto di una aggressione individuale. C’è una dimensione sociale della violenza che include i rapporti coniugali e quelli tra i partner. Bisogna capire perché cittadini ritenuti apparentemente normali, di ogni professione e livello culturale, aggrediscano l'identità delle loro mogli o delle loro compagne, provando, e spesso riuscendo, ad umiliarle e a distruggerle. La radice della moderna violenza sta nella fragilità dei ruoli e nella fragilità delle relazioni. Per questo la violenza di cui ci vogliamo occupare non è solo la violenza drammatica di contesti marginali, in cui troviamo prostituzione e addirittura tratta di minori, non è solo la violenza di soggetti che presentano anche alcolismo, tossicodipendenze o altre patologie. È la violenza sommersa del quotidiano, in cui le donne vanno aiutate a difendersi senza subire fin dalle prime, primissime manifestazioni del suo insorgere.
  Che cosa chiediamo, quindi, al Governo ? In profonda condivisione, anche se con i naturali distinguo che rimandano a storie e culture diverse, abbiamo elaborato ieri, al termine del dibattito sulla presentazione delle rispettive mozioni, una mozione unificata che testimonia, al di là di ogni ragionevole dubbio, che si tratta di un tema in cui le nostre convergenze superano fortemente le differenze. Un documento che vorrei riassumere nelle tre principali direttive: prima di tutto, prevenire. Potremmo parlare di prevenzione primaria e di prevenzione secondaria. Si tratta di due forme di prevenzione entrambe necessarie, una contro la violenza pensata, immaginata come affermazione di sé, e l'altra contro la violenza agita che esprime sopraffazione e sottomissione. Prevenire quindi, creando una cultura diversa della relazione tra i sessi, in famiglia e a scuola, nel mondo delle relazioni giovanili e dovunque prenda forma e si vada strutturando il senso del rispetto reciproco, in un clima di calore umano che investe l'affettività delle persone. Prevenire in modo concreto gli specifici atti di violenza e di maltrattamento che si potrebbero scaricare sulle donne, con un sistema di sanzioni chiaro e, soprattutto, con uno stigma sociale che marginalizzi il violento, facendogli percepire la negatività della sua condotta.
  Il secondo punto è quello di proteggere comunque la donna che è stata oggetto di violenza, attraverso una serie di misure flessibili ed efficaci, che includano il profondo coinvolgimento non solo delle istituzioni, ai rispettivi livelli, ma anche la ricchezza delle iniziative che il privato sociale è in grado di attivare con la generosità che lo contraddistingue, anche quando le risorse pubbliche si assottigliano pericolosamente. Ci sono i centri antiviolenza, le case-famiglia, i luoghi di accoglienza non meglio specificati, dove è possibile vivere dopo avere denunciato la violenza quando si teme l'effetto paradosso di un riacutizzarsi della stessa violenza, soprattutto se domestica.
  Ma non solo luoghi dove stare, servono luoghi per curare, per curare le ferite fisiche prodotte dai maltrattamenti, le ferite psicologiche che graffiano l'anima e le ferite sociali che richiedono un deciso processo di empowerment, per permettere alla donna maggiore autonomia.
  Ma nel progetto «protezione» occorre includere anche l'uomo, l'uomo violento, per ridurre al massimo le recidive, per una vera e propria rieducazione che spezzi la spirale della violenza che si scatena davanti ad ogni frustrazione e che rivela una sostanziale incapacità a gestire le sue emozioni negative.
  Per tutto ciò serve un osservatorio qualificato, a cui possano e debbano partecipare Pag. 24tutti i soggetti che alla violenza sono interessati in virtù del loro lavoro di insegnanti, medici, personale di Polizia, associazioni impegnate in questo campo.
  Ma perché nulla si fa senza risorse o a risorse zero, servono fondi concretamente investiti in questo ambito specifico, risorse che riguardino programmi di prevenzione e di protezione, di accoglienza e di riqualificazione, di assistenza e di ricerca, risorse ben gestite e ben rendicontate, come ormai deve diventare prassi, risorse spese per contrastare la violenza nei confronti delle donne e non disperse in altri, sia pure interessanti, programmi (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia e di deputati dei gruppi Partito Democratico e MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Colleghi, vi pregherei un po’ più di attenzione e di non disturbare le persone che svolgono un intervento. Non credo che sia chiedere molto !
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Elena Centemero. Ne ha facoltà.

  ELENA CENTEMERO. Signora Presidente, signora Ministra, onorevoli colleghe e colleghi, la settimana scorsa in quest'Aula abbiamo discusso ed approvato all'unanimità la ratifica della Convenzione di Istanbul, atto con cui il Consiglio d'Europa ha stabilito le linee di indirizzo sulla prevenzione e sulla lotta contro la violenza sulle donne e la violenza domestica. È stato un momento politico importante e non isolato, come quello di oggi che non è altrettanto isolato, ma è frutto di un lungo e difficile cammino; un cammino che, dal riconoscimento della cittadinanza alle donne con il diritto di voto nel 1946, è arrivato fino a qui oggi, un cammino frutto prima di tutto di una volontà politica e poi della determinazione di alcune donne e della lungimiranza di alcuni uomini. Lungimiranza, determinazione, attenzione alle trasformazioni sociali e alla coesione sociale sono ciò che i cittadini chiedono alla politica e che i politici devono nella loro azione ai cittadini ed al Paese, prima ancora che ai loro elettori.
  L'approvazione di una mozione condivisa, che individua azioni concrete per la prevenzione ed il contrasto alla violenza contro le donne e al femminicidio, è un atto importante perché, anche se con sensibilità diverse, abbiamo saputo superare gli steccati, steccati che ci hanno diviso da sempre. Abbiamo saputo superare le barriere di culture, di appartenenze e di storie politiche diverse.
  La capacità e la volontà di giungere ad un testo unificato evidenziano che abbiamo saputo guardare tutte e tutti nella stessa direzione, verso un unico obiettivo. È un intervento attivo nelle scelte e negli orientamenti civili, a cominciare dalla consapevolezza e dalla lotta per la loro piena attuazione; un intervento che deriva dal percorso compiuto in Europa e nel nostro Paese grazie ai Governi che si sono succeduti in questi anni: la legge sulle mutilazioni genitali femminili e la legge contro le discriminazioni di origine etnica della Ministra Stefania Prestigiacomo; il reato di stalking, l'inasprimento delle pene contro gli autori del reato di violenza sessuale, il Piano nazionale contro la violenza di genere e lo stalking della Ministra Carfagna. Ricordiamo che l'uguaglianza senza distinzione di sesso, l'uguaglianza morale e giuridica di uomo e donna sotto il profilo sociale, politico e lavorativo sono fondamento della nostra Costituzione.
  Ringrazio il presidente Brunetta, che ha saputo e voluto sostenere questa mozione, e le tante deputate e i tanti deputati che hanno voluto lasciare il loro segno, la loro testimonianza, segni e testimonianze che ci dicono di una condivisione importante e della comprensione del rilievo politico, sociale e civile della lotta al femminicidio e alla violenza contro le donne.
  Dobbiamo, però, dirci con franchezza che il femminicidio, la violenza maschile sulle donne, non è un fatto estraneo a noi, alla nostra cultura, alla nostra società. È un atto e un fatto che ci riguarda tutti da vicino, uomini e donne. Il 98 per cento dei femminicidi sono compiuti da uomini italiani su donne italiane, uomini che sono Pag. 25mariti, padri, compagni, fidanzati o ex mariti, non raptus, non omicidi di amore o passionali, ma femminicidi.
  Nella mozione si individuano azioni e misure concrete per rendere operativa la Convenzione di Istanbul e per incidere su un'effettiva regressione del fenomeno. Ne cito solo alcune: le iniziative normative per rendere effettiva la Convenzione di Istanbul, un nuovo Piano nazionale contro la violenza, la necessità di un Osservatorio permanente nazionale che ci dia dati certi, l'educazione come fattore determinante per combattere e frantumare la cultura del non dire, la cultura della disparità e della disuguaglianza, che è alla base della violenza sulle donne.
  E poi ci sono il rispetto dell'immagine e della dignità delle donne nella carta stampata, nei messaggi pubblicitari, nei palinsesti e nella trasmissioni radiotelevisive, nei nuovi mezzi di comunicazione, la formazione di operatori, il raccordo sul territorio dei vari servizi che siano in grado quindi di accompagnare le donne vittime di violenza ed i loro figli, la celerità dei processi, l'effettività della pena, fondi e risorse.
  Il Popolo della Libertà ha preso un impegno e lo sosterrà con serietà, sosterrà il cammino che, con la ratifica della Convenzione di Istanbul e con questa mozione è ricominciato. Un cammino di pieno riconoscimento di diritti umani e civili, affinché l'uguaglianza formale diventi uguaglianza sostanziale. Per il Popolo della Libertà con questa legislatura e con il sostegno forte e leale al Governo di Enrico Letta si è aperta una stagione politica unica e irripetibile, una stagione che è destinata a cambiare il nostro Paese, una stagione che per noi si fonda su tre pilastri che sono egualmente irrinunciabili: le misure e gli interventi di natura economica, le riforme istituzionali ma anche le scelte e gli orientamenti civili e sociali, a partire proprio dal riconoscimento della violenza contro le donne e dall'affermazione di piena cittadinanza e di diritti cui, in questa Aula, tutti insieme, abbiamo conferito dignità e valore. Dobbiamo continuare a percorrere questa strada intrapresa e con responsabilità compiere i passi che ancora ci attendono. Questa è la sola, l'unica via per riannodare il legame, il patto, tra istituzioni e cittadini, tra politica e Paese che tanto ci sta a cuore (Applausi dei deputati del gruppo Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Dalila Nesci. Ne ha facoltà.

  DALILA NESCI. Signor Presidente, colleghi deputati, la ratifica della Convenzione di Istanbul è il primo passo per contrastare la violenza verso le donne. Adesso però non si dimentichi: lo Stato ha il dovere di adottare provvedimenti immediati ed efficaci. Il Piano nazionale contro la violenza di genere e contro lo stalking scade nell'anno corrente, perciò il Governo intervenga per rinnovarlo ed innovarlo, mutuando i principi di fondo della Convenzione di Istanbul. Per raggiungere l'obiettivo comune vanno coinvolte in particolare le organizzazioni che, riguardo alla violenza sulle donne, si sono finora sostituite allo Stato con un ruolo che ha travalicato la mera supplenza.
  Penso ai centri antiviolenza in Italia, i quali, tra difficoltà e isolamento, soccorrono le donne destinatarie di abusi e delitti. Al riguardo c’è un aspetto indiscutibile: solo chi ha esperienza profonda del fenomeno può indicare direttrici di intervento adeguato ed efficace. Ma vogliamo rilevare l'urgenza di provvedere alla raccolta e al monitoraggio dei dati sulla violenza ai danni delle donne, di modo che vi sia un quadro completo, certo ed ufficiale. Ancora esprimiamo la necessità di ampliare e consolidare la rete nazionale che riunisce i centri antiviolenza – per vero in numero insufficiente e dislocati in modo disomogeneo sul territorio – e istituzioni quali enti locali, forze dell'ordine, ospedali, servizi sociali ed altro.
  L'importanza di questa rete è evidente. Troppo spesso capita infatti che una donna si rivolga alle forze dell'ordine senza che queste sappiano indirizzarla verso il corretto percorso che coinvolge le Pag. 26predette istituzioni. Quanto detto resterà solo un bel discorso, solo belle parole, se non seguirà un serio e vero impegno del Governo per lo stanziamento dei fondi necessari. Voteremo favorevolmente la mozione unificata che impegna il Governo ad istituire un Osservatorio permanente nazionale che possa elaborare i dati che provengano da ISTAT, docenti, istituzioni pubbliche e private; mozione che sollecita il Governo a rinnovare il Piano nazionale contro la violenza di genere e lo stalking, mozione che prevede il coinvolgimento diretto delle organizzazioni antiviolenza per un lavoro in comune con le istituzioni dello Stato. Il Governo decida in fretta quali sono le sue priorità. Noi donne non possiamo più aspettare (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Barbara Pollastrini. Ne ha facoltà.

  BARBARA POLLASTRINI. Signora Presidente, quest'Aula una settimana fa – è stato ricordato – assumeva la Convenzione di Istanbul. Sarebbe stato – io credo – imperdonabile considerare quel voto e l'applauso unanimi una ritualità. Agire, e agire da subito è il senso della mozione voluta da ogni gruppo e – è stato detto ed è vero, non è stato né banale né scontato – riscritta insieme. Ne hanno parlato ieri e ancora oggi con sapienza le colleghe e i colleghi che io ringrazio, anche per il lavoro svolto con tenacia fino all'ultimo per ottenere questo risultato.
  Lo sappiamo, anche su questo male oscuro della vicenda umana, la violenza, ci sono differenti visioni qui e fuori da qui, ma con sobrietà e coerenza vogliamo con l'atto di oggi unire gli intenti. Incalzeremo, dunque, gentile Presidente, saremo alleate con lei, Ministra, con la nostra sottosegretaria e la task force del Governo, perché si acceleri il nuovo piano d'azione. Saremo sentinelle di un rendiconto costante sulle risorse, sul rafforzamento del fondo. Spagna, Francia, pure nella fatica dei bilanci, hanno incrementato i loro stanziamenti, già di tanto superiori ai nostri.
  In Commissione giustizia sta per avviarsi un'indagine conoscitiva per la verifica e l'adeguamento delle leggi in vigore. Non partiamo da zero: l'inchiesta del 2006, con quei dati shock, numeri verdi, legge contro lo stalking, ascolto dei territori, buone pratiche di comuni e Governi. Conosciamo, già da ora, la bussola di un programma di aiuto per una donna in cerca di uno spiraglio di luce: prevenzione e ancora prevenzione; educazione e informazione; centri, case di accoglienza da riconoscere, ma in una rete pubblica di servizi su tutto il territorio nazionale; formazione degli operatori; una diversa immagine pubblica della donna offesa in questi anni; tutela a chi è più sola; aiuti concreti alle donne senza lavoro, alle migranti, che pagano il prezzo più alto del ricatto e della paura; recupero di quanti accettino una cura e, certo, la pena.
  Sono d'accordo, e qui voglio concludere con questa riflessione il mio intervento – vi ha fatto riferimento poc'anzi il collega Gennaro Migliore –, noi stiamo dibattendo di qualcosa che attiene al cuore della democrazia. Dopo il trauma di una crisi economica e morale così dirompente i diritti umani forse sono l'unico filo da riannodare per dare un nuovo ordine alle cose. Ma questo non sarebbe neppure immaginabile, pensabile senza rispondere al titolo provocatorio e acuto del libro di Catherine MacKinnon, quando dice «Le donne sono umane ?». Sono umane se a sessantacinque anni dalla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo non vengono riconosciute nella loro cittadinanza, nella libertà, nell'uguaglianza, a partire dall'inviolabilità del loro corpo ? È un dramma della storia su cui stiamo riflettendo, della storia del potere maschile.
  Jan Brueghel, attorno alla metà del ’600, ha fatto un dipinto, una famosa allegoria della guerra – la potete ammirare qui vicino, nel chiostro del Bramante – un'allegoria, come si usava allora, con l'aquila che agguanta la colomba, simbolo della pace, e sullo sfondo il corpo steso di una donna che ha subìto violenza, quella violenza che, nei secoli e fino agli stupri etnici anche recenti, la nostra civiltà non Pag. 27ha saputo debellare. Voi direte: una cosa sono le guerre, gli odi, i fanatismi che possono armare i popoli, altro è ciò di cui discutiamo oggi.
  Non è così: lapidazioni, acidi, infibulazione, bambine-spose o quante non nascono, perché nascerebbero femmine, hanno, in realtà, un destino che le lega alla donna sfruttata dalla tratta che si prostituisce o alla tua amica della porta accanto perseguitata dall'ex marito o dal fidanzato. La verità (e dobbiamo dircelo anche qui) è che dobbiamo tutti fare i conti con un vero e proprio negazionismo, inconscio o voluto, sul conflitto che nel mondo fa più morti delle guerre e delle malattie: quello per il dominio sulla libertà e l'autonomia delle donne. Una libertà e un'autonomia tuttavia irriducibili, come mostrano esempi e coraggi e avanzamento delle donne da noi, nel Mediterraneo e ovunque nel mondo. Allora capiamo perché i diritti umani delle donne assurgono a condizione per i diritti umani di tutti: disabili, gay, migranti o chi ha la pelle di un colore diverso o chi prega un altro Dio e in cima ad ogni cosa i bambini, i più intrappolati da diversi orrori di cui abbiamo ogni giorno la relazione crudele sulle pagine dei giornali.
  Quando questo Parlamento promulgò nel 1996 la prima legge storica contro la violenza, sancì senza ambiguità, dopo un confronto di quasi venti anni, il reato contro la persona e non più contro la morale. Diede cioè norme sulle pene ma insieme qualcosa di più alle cittadine e ai cittadini italiani: una visione culturale e di valori. Nel nostro presente si ripropone qualcosa di simile, signora Ministra, affrontare il dibattito per una legge contro il femminicidio significa decidere anche con il linguaggio proposto dalle Nazioni Unite la pienezza dei diritti umani. In un certo senso significa fare propria l'utopia di espellere dalle civiltà l'uso turpe della violenza alle donne, della violenza di genere e di ogni forma di violenza. L'Italia spesso, anche di recente lo è stata, è sotto i riflettori sui capitoli dei diritti umani, condizioni nelle carceri, omofobia ed è in fondo alla graduatoria per il lavoro delle donne. Io credo che, anche per rafforzare la migliore storia europea di questo Parlamento più giovane e più femminile, si deve tentare, con tutti i gruppi presenti e con le differenze che abbiamo e ci saranno anche domani, di fare passi in avanti sui diritti umani, civili e sociali; di avanzare nel traguardo della dignità di ogni persona, a partire dalla dignità degli ultimi e delle ultime perché come ha detto, nella mia città, ad alta voce il Cardinale Martini: senza i diritti e i diritti umani è più difficile costruire la casa dei doveri e un'etica pubblica condivisa. Insomma come gruppo delle democratiche e dei democratici, noi ci impegniamo per dimostrare che l'Italia può avere l'orgoglio, può voler essere riconosciuta nel mondo come prima su un punto essenziale, sul punto decisivo della dignità della persona e quindi della civiltà globale e della civiltà nelle nostre città (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. La ringrazio per questo appassionato intervento, onorevole Pollastrini.
  Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, la deputata Ciprini. Ne ha facoltà per due minuti.

  TIZIANA CIPRINI. Presidente, gentile Ministra e gentili deputati e deputate, nell'attuazione dell'importante Convenzione di Istanbul impegniamoci affinché vengano poste in essere azioni volte anche al riconoscimento, all'accoglimento e al rispetto delle differenze di genere ed al riconoscimento del valore della loro complementarietà, al fine di evitare di alimentare quegli stessi stereotipi di genere che vorremmo invece superare culturalmente, come quello che vede l'uomo brutale e violento, portatore di una colpa ancestrale in quanto maschio, contrapposto a quello della donna come essere sottomesso e da difendere. Uomini e donne non sono né antitetici né uguali, ma diversi e complementari sin dagli albori della storia. È il riconoscimento di ogni differenza, di ogni diversità che garantisce una reale parità di condizione e disinnesca le violenze. Impegniamoci Pag. 28ad evitare che temi fondamentali per la civiltà di un paese come il femminicidio e la lotta contro la violenza sulle donne possano essere male interpretati e portare ad errati percorsi, come quello della decontaminazione della società dalla maschilità ed alla creazione di un genere unico di femmine e «femmini» o di maschi e «maschie». Chiediamoci altresì se il processo di fluidificazione dei ruoli rispetta il valore della differenza o, al contrario, alimenta conflitti ed incertezze: «uoma», «mammo», mannies sono gli ibridi della nostra epoca. Interroghiamoci sul fatto che fluidificare i ruoli significa forse tradire la natura autentica degli individui e quell'inconscio collettivo che Jung definiva come memoria inconscia, collettiva e universale, sedimento delle esperienze fondamentali dell'uomo nella sua storia evolutiva e trasmissibile per via ereditaria, parimenti agli elementi morfologici del corpo umano (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto.

(Votazione)

  PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
  Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.
  Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Speranza, Binetti, Brunetta, Locatelli, Migliore, Mucci, Rondini e Giorgia Meloni n. 1-00067, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.
  Dichiaro aperta la votazione.
  (Segue la votazione).

  Ravetto ? Causin ? Di Maio ? Brunetta ? Verini ? Pagano ? Bobba ? Dambruoso ? Magorno ? Capodicasa ? Bobba sta scendendo: cosa succede ? Manca la tessera ? Bobba sta salendo, lo seguiamo in diretta. Portas ? Bobba ha votato. Zaccagnini ha votato.

  Dichiaro chiusa la votazione.
  Comunico il risultato della votazione:

   Presenti e votanti   521   
   Maggioranza  261   
   Hanno votato sì  521.

  (La Camera approva – Applausi – Vedi votazioni).

  (La deputata Savino ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto favorevole).

  È quindi esaurito l'esame della mozione presentata.

  ADRIANO ZACCAGNINI. Chiedo di parlare per richiamo al Regolamento.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  ADRIANO ZACCAGNINI. Signor Presidente, vorrei richiamare l'attenzione sul fatto che ci sono delle persone che stanno votando doppiamente, come al solito (Commenti). Grazie, Presidente, se può fare attenzione (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle – Commenti).

  PRESIDENTE. Su tale questione, se poi mi fa una segnalazione più precisa, grazie.

  ETTORE ROSATO. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  ETTORE ROSATO. Signor Presidente, è l'ennesima volta che c’è un richiamo di tal senso da parte dei colleghi del MoVimento 5 Stelle. Per l'ennesima volta intervengo dicendo che facciano i nomi. Ricordo che il nostro gruppo, 293 parlamentari, ha depositato le minuzie e, quindi, se c’è qualche colpevole su questa vicenda, che si faccia esplicitamente richiamo a chi è (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente, Scelta Civica per l'Italia, Sinistra Ecologia Libertà, Lega Nord e Autonomie e Fratelli d'Italia).

Pag. 29

  PRESIDENTE. Avevo già chiesto questa specificazione.

Cessazione dal mandato parlamentare del deputato Giovanni Fava.

  PRESIDENTE. Comunico che, in data 7 maggio 2013, è pervenuta alla Presidenza la seguente lettera del deputato Giovanni Fava:
  «Onorevole Presidente,
  con la presente Le comunico l'intenzione di dimettermi da parlamentare eletto alla Camera dei deputati nel collegio Lombardia 3. Resto in attesa di un Suo gradito cenno di riscontro alla presente e porgo cordiali saluti. Firmato: Giovanni Fava».
  Versando il deputato Giovanni Fava in una situazione di incompatibilità, accertata dalla Giunta delle elezioni nella seduta del 28 maggio 2013, tale lettera, conformemente a quanto unanimemente convenuto, sia in sede di Giunta delle elezioni, sia nella riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo del 30 maggio 2013, va considerata come manifestazione della volontà del deputato Giovanni Fava di optare per la carica incompatibile.
  In conformità a quanto previsto dall'articolo 17-bis, comma 2, del Regolamento, la Camera prende quindi atto della comunicazione pervenuta dal deputato Giovanni Fava e della conseguente cessazione del medesimo dal mandato parlamentare.

Proclamazione di un deputato subentrante.

  PRESIDENTE. A seguito della presa d'atto delle dimissioni, dovendosi procedere alla proclamazione di un deputato subentrante, comunico che la Giunta delle elezioni ha accertato, nella seduta del 28 maggio 2013, ai sensi dell'articolo 86, comma 1, del testo unico delle leggi per l'elezione della Camera dei deputati, che il candidato che, nell'ordine progressivo della lista n. 7 Lega Nord nella V circoscrizione Lombardia 3, segue immediatamente l'ultimo degli eletti, risulta essere Andrea Angelo Gibelli. Do atto alla Giunta di questa comunicazione e proclamo quindi deputato, a norma dell'articolo 17-bis, comma 3, del Regolamento, per la suddetta circoscrizione, Andrea Angelo Gibelli. S'intende che da oggi decorre il termine di venti giorni per la presentazione di eventuali ricorsi.

Discussione delle mozioni Airaudo, Castelli ed altri n. 1-00048, Costa ed altri n. 1-00033 e Allasia ed altri n. 1-00064 in merito alla realizzazione della nuova linea ferroviaria Torino-Lione (ore 15,20).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione delle mozioni Airaudo, Castelli ed altri n. 1-00048, Costa ed altri n. 1-00033 e Allasia ed altri n. 1-00064 in merito alla realizzazione della nuova linea ferroviaria Torino-Lione (Vedi l'allegato A – Mozioni).
  La ripartizione dei tempi riservati alla discussione è pubblicata in calce al resoconto stenografico della seduta del 30 maggio 2013.
  Avverto che sono state presentate le mozioni Vitelli ed altri n. 1-00066 e Speranza ed altri n. 1-00068 che, vertendo su materia analoga a quella trattata dalle mozioni all'ordine del giorno, verranno svolte congiuntamente. I relativi testi sono in distribuzione.

(Discussione sulle linee generali)

  PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali delle mozioni.

  GENNARO MIGLIORE. Chiedo di parlare.

Pag. 30

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  GENNARO MIGLIORE. Signor Presidente, adesso è arrivata la sottosegretaria Amici, però vedevo i banchi del Governo vuoti...

  PRESIDENTE. Sì, ma stava scendendo, io la vedevo che scendeva le scale. Grazie.

  GENNARO MIGLIORE. Anche il Ministro non sarebbe «sgradito», vista la rilevanza dell'argomento, con il massimo rispetto nei confronti della collega Amici (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Fratoianni, che illustrerà anche la mozione Airaudo, Castelli ed altri n. 1-00048, di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.

  NICOLA FRATOIANNI. Signora Presidente, signora sottosegretaria, deputate e deputati, la mozione che oggi presentiamo insieme al MoVimento 5 Stelle affronta una questione che da molti anni è al centro di discussioni pubbliche e che, da oltre quindici anni, si misura con un movimento di partecipazione popolare, il cui consenso è andato continuamente crescendo. La TAV Torino-Lione chiama in causa l'idea di modello di sviluppo di questo Paese e, nello stesso tempo, l'idea di democrazia che lega la sfera della decisione pubblica con il tema del consenso.
  Vede, signora sottosegretaria, le ragioni della nostra contrarietà a questo progetto sono molte e di diversa natura. Innanzitutto, sono molte le obiezioni di merito che mettono in forte discussione l'utilità e, perfino, la razionalità di questa opera faraonica. Tra il 2000 e il 2009 – dunque, prima che esplodesse ed entrasse nel vivo la crisi economica che stiamo attraversando –, il traffico complessivo delle merci, nei tunnel autostradali del Fréjus e del Monte bianco, si è ridotto di oltre il 30 per cento. Nel 2009, questo volume di traffico ha raggiunto la quota di 18 milioni di tonnellate, pari al dato di ventidue anni prima; nello stesso periodo, il traffico merci nel tratto ferroviario del Fréjus si è dimezzato, mentre nella dichiarazione di Modane del 2000, sottoscritta dai Governi italiano e francese, quel traffico era previsto come un traffico che avrebbe dovuto raddoppiare la sua portata.
  La tratta Torino-Lione, poi – è bene che almeno questo Parlamento ne sia al corrente – non sarebbe neanche una tratta ad alta velocità per il trasporto passeggeri. Si tratta di un percorso che è largamente confinato in galleria e, come la VIA delle Ferrovie dello Stato ha certificato, in quel tratto la velocità non può superare i 220 chilometri orari.
  Aggiungo che il combinato disposto tra il traffico passeggeri e il traffico merci determinerebbe una condizione nella quale la capacità della nuova linea sarebbe sostanzialmente identica a quella dell'attuale tratta Torino-Lione, già inclusa nel corridoio 6 che, come ricordo, dall'Europa non è previsto tra i tratti ad alta velocità-alta capacità e che è stato recentemente ammodernato con un intervento che sfiora i 400 milioni di euro. Il costo stimato di quest'opera, il costo base si aggira intorno ai venti miliardi di euro; sappiamo, per esperienza, che queste opere lievitano molto i loro costi, quindi, sono venti miliardi di euro se va bene; venti miliardi di euro a fronte della previsione di circa 2 mila nuovi posti di lavoro. Noi crediamo, signora sottosegretaria, che, in particolare in questo contesto, nel contesto di drammatica crisi economica, sociale e occupazionale che affronta il nostro Paese, le priorità siano altre.
  Chiediamo che questo Parlamento e questo Governo ridiscutano l'ordine delle priorità attorno a cui organizzare il principio della spesa pubblica. Chiediamo e crediamo che ai cittadini italiani vada reso conto di come noi decidiamo di spendere le poche risorse disponibili e per questo chiediamo che il progetto della TAV Torino-Lione venga abbandonato; chiediamo che venga ricostruita una relazione con le comunità locali e chiediamo che attorno alle obiezioni di merito e di metodo questo Parlamento e questo Governo possano Pag. 31aprire un'altra fase di discussione (Applausi dei deputati dei gruppi Sinistra Ecologia Libertà e MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Sandro Biasotti, che illustrerà anche la mozione Costa ed altri n. 1-00033, che ha testé sottoscritto. Ne ha facoltà.

  SANDRO BIASOTTI. Signor Presidente, colleghi, sono particolarmente lieto di illustrare una delle prime mozioni del Popolo della Libertà in questa legislatura che riafferma come le infrastrutture e l'efficienza logistica siano uno dei cardini del ritorno alla crescita economica ed occupazionale. L'Italia, indipendentemente dalla crisi globale, è una delle nazioni più in crisi di tutta la parte sud europea ed è in recessione anche perché non ha, ancora, unanimemente scelto le proprie priorità e le proprie strategie. Stamattina abbiamo affrontato la crisi siderurgica, ma altrettanta crisi vi è nel settore dell’automotive, del tessile, dell'agricoltura e del commercio; tutti i settori sono particolarmente in crisi e, allora, credo che il futuro del nostro Paese non potrà che canalizzare risorse e priorità su alcune questioni: penso alla ricerca e all'alta tecnologia, al turismo, alla cultura e soprattutto alla logistica. Perché alla logistica ? Perché, vedete, l'Italia non è solo una piattaforma logistica al centro del Mediterraneo, ma è anche al centro dei traffici mondiali. L'80 per cento dell'interscambio mondiale si muove fra Estremo oriente, Cina, Giappone e India, Stati Uniti ed Europa e noi siamo al centro di questo cosiddetto «pendulum». Non solo, pensate che nel 2002 parliamo di 70 milioni di container, adesso, dieci anni dopo, abbiamo più che raddoppiato e siamo a 150 milioni di container movimentati e tutti questi contenitori provengono per il 60 per cento dall'Estremo oriente destinati all'Europa e agli Stati Uniti. Considerato che gli armatori hanno delle economie di gestione solo con il gigantismo delle navi, le navi sono passate, in pochi anni, da 2 mila o 3 mila pezzi ognuna a 18 mila o 20 mila pezzi per ogni nave e quindi questo ha fatto sì che gli armatori concentrino su queste enormi navi tutti i container destinati in tutto il resto del mondo. Tutte queste navi passano dal canale di Suez e quindi praticamente in Italia, e non si fermano, come vorrebbero gli stessi armatori e come vorrebbe la logica; non si fermano perché anche se i nostri porti sono ben gestiti come Gioia Tauro, Genova, Livorno, Napoli, poi bisogna trasferire i container e qui iniziano i problemi.
  E i problemi sono nelle strozzature dei porti; sono nel fatto che in questi porti non si è investito da oltre trent'anni; nel fatto che la legge che riguarda i porti, la famosa legge n. 84 del 1994, è da vent'anni che deve essere riformata. Le navi non si fermano perché i porti non hanno autonomia finanziaria e quindi non possono fare neanche i dragaggi, oltre alla presenza di comitati che, su qualsiasi opera, si ribellano, non si fermano perché ogni container può subire diciassette ispezioni da diciassette enti diversi, a differenza dei porti del nord, non si fermano perché la dogana non fa un orario continuato, come tutti i porti fanno, non si fermano perché non ci sono infrastrutture e, quindi, l'80 per cento delle nostre merci viaggia a mezzo camion, con un danno ambientale ed economico ed inefficienza enorme. Allora, queste navi salutano l'Italia – speriamo non facciano «inchini» – e vanno nei porti del nord Europa: Rotterdam, Anversa, Amburgo; nonostante tre giorni di navigazione in più ed un costo di carburante superiore del 15-20 per cento. Vanno nei porti del nord, perché dai porti del nord poi irradiano le merci in tutta Europa.
  Un altro dato vorrei sottoporre alla vostra attenzione: la Lombardia importa ed esporta oltre il 70 per cento delle proprie merci non tramite i porti vicini (Genova è a 150 chilometri di distanza), ma le porta nei porti del nord Europa e le importa dai porti del nord Europa. Questo ci deve far capire quale importanza può avere per la nostra economia uno sviluppo della rete infrastrutturale. In questo senso, noi che parliamo sempre di Pag. 32Europa, dobbiamo anche – oltre a tante critiche che abbiamo fatto – considerare che l'Europa, su questo aspetto dello sviluppo logistico, sin dal 1995, con il piano dell'allora Commissario ai trasporti, Delors, ha avuto le idee molto chiare e, quindi, ha deciso di sviluppare la rete infrastrutturale in dieci corridoi, alcuni dei quali riguardano l'Italia: il corridoio 9, la cosiddetta Genova-Rotterdam – che comprende il terzo valico, che porta le merci da Genova a Rotterdam passando il cosiddetto tappo del terzo valico –, ed il corridoio 3, che riguarda la Torino-Susa, che unisce la Spagna a Kiev. Quindi, la Lione-Torino è importante perché collegherà l'Europa con i Paesi dell'est, in forte crescita. Oltretutto, l'incrocio di questo corridoio est-ovest con la Genova-Rotterdam darà luogo alla creazione della più grande area di logistica del sud Europa, con la creazione di 100 mila nuovi posti di lavoro.
  Inoltre, la conversione di questa tratta, che ora è di montagna e ha una pendenza del 33 per cento, ad una linea di pianura, con una pendenza del 12 per cento, consentirà una forte diminuzione di inquinamento e di emissioni di CO2: si misurano 3 milioni di cosiddetti TEC (CO2) in meno, paragonabili alle emissioni di una città di 300 mila abitanti per un intero anno.
  Oltretutto, si valorizzerebbero gli interporti e le piattaforme logistiche su cui lo Stato italiano ha investito notevolmente, come, per esempio, quelli di Orbassano e Rivalta Scrivia. I tempi, anche per il trasporto passeggeri, diminuirebbero enormemente: da Parigi a Milano, da sette ore, si impiegheranno quattro ore. L'incremento della capacità di trasporto via ferrovia aumenterà da 1.000 tonnellate a 2.050 tonnellate, con treni lunghi sino a 750 metri, con un dimezzamento dei costi e con un risparmio di circa 600 mila camion, con una competitività che recupereremo del 17 per cento.
  I cantieri faranno lavorare 2 mila occupati direttamente, oltre a 4 mila di indotto. Quindi, io credo che quest'opera sia assolutamente una priorità di Governo, e devo anche ricordare che il Governo Berlusconi, già nel 2001, con la legge obiettivo, aveva identificato con precisione quale poteva essere lo sviluppo dell'Italia con lo sviluppo delle infrastrutture. Mi fa anche molto piacere ricordare – e termino – la visita del Ministro Lupi e le sue dichiarazioni. Lupi dice: l'opera è necessaria e va realizzata; quindi, è andato dagli operai che lottano per lavorare dicendo che le infrastrutture sono il motore del Paese. Per questi motivi, io credo che l'Italia non può prescindere da questo sviluppo delle infrastrutture.
  Per i motivi che ho spiegato prima, non solo abbiamo un grandissimo recupero di impatto ambientale, ma un recupero di occupazione e di centralità. Potremmo riprendere quel ruolo che l'Italia e il Mediterraneo hanno sempre avuto nella centralità dei traffici del mondo intero, quindi Il PdL voterà compatto a favore di questa mozione (Applausi dei deputati del gruppo Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Allasia, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00064. Ne ha facoltà.

  STEFANO ALLASIA. Signor Presidente, Governo, onorevoli colleghi, innanzitutto l'intervento deve essere iniziato, soprattutto da noi della Lega, esprimendo solidarietà ai lavoratori e alle Forze dell'ordine che costantemente stanno permettendo di proseguire i lavori in Val di Susa, sulla TAV, perché c’è necessità di capire chi è nella parte della legalità. Noi siamo dalla parte della legalità e abbiamo sempre mantenuto un alto profilo democratico e anche alle ultime elezioni la riprova che, anche se qualcuno può negare l'evidenza che i valsusini sono contrari alla TAV, i dati elettorali non sono confortati per il movimento no-TAV, perché si passa sicuramente dai dati molto importanti di Venaus del 58 per cento che prendeva il MoVimento 5 Stelle, l'unico – l'unico – movimento politico, se mi permettete di definirvi così, siete un movimento, per non definirvi partito, esclusivamente per vostro rispetto, dunque prendendo il 58 per cento Pag. 33a Venaus, dove il restante 42 per cento dei partiti e movimenti locali prendevano il restante, ed erano tutti, tutti, SEL compresa, a favore della TAV.
  Questi sono i dati elettorali, poi a scendere si può tranquillamente trovare dati più confortanti per chi era a favore, arrivando a Chiomonte al 37 per cento per il MoVimento 5 Stelle, più del 60 per cento che ha votato a favore della TAV a Chiomonte, sicuramente sono dati opinabili perché uno potrebbe tranquillamente dire: sì, ma a Chiomonte ci sono pochi abitanti, passando Bussolengo e Susa mai superando il MoVimento 5 Stelle il 50 per cento. Dato che oggi questo Stato, l'Italia, è ancora uno Stato democratico, vige la democrazia, sarebbe stato molto più semplice, come un decennio fa noi della Lega Nord in consiglio regionale chiedemmo un referendum locale, cosa che l'allora opposizione – non era il PD, ma era la sinistra o il centrosinistra, con il centro annesso – negavano a suon di battute politiche.
  Noi lo ribadiamo, ribadiamo il nostro concetto. Noi siamo propositivi, eventualmente per un referendum popolare, ma il referendum mi sembra è già stato fatto il 24 e 25 febbraio in Val di Susa come in tutta Italia. Sicuramente sono dati importanti che fanno pensare, però facevano pensare anche dieci o quindici anni fa quando la Lega Nord, in consiglio regionale, comunale e provinciale e in Parlamento, riusciva già, a fine anni Novanta – inizio anni Duemila, a modificare il tracciato per cercare di arrivare a quel patto solidale con il territorio, cosa che nessun altro partito o movimento locale era mai riuscito a fare.
  Siamo riusciti a fare in modo che gran parte del territorio in Val di Susa non fosse toccato da una infrastruttura a livello visivo, per cercare di evitare quello che chiedeva il territorio e la gente: fare in modo che non ci fosse un'ecomostro così in bella vista come è successo nei decenni precedenti con l'autostrada. Anche oggi, si è soliti parlare di mafia e di ecomostro in infrastrutture dove per quindici anni si è discusso a livello democratico, in tutte le istituzioni, in tutte, centrodestra o centrosinistra, che siano state modificate a favore esclusivamente del territorio e dei cittadini, con grosse spese, perché sicuramente fare una infrastruttura totalmente esterna, non in galleria – come oggi è in Val di Susa – e trovare una soluzione per i cittadini, per i valsusini, per cercare di fare in modo che anche loro abbiano delle agevolazioni, dei miglioramenti nella vita sul proprio territorio, con un aumento di costi, che abbiamo visto sicuramente citato esattamente nelle mozioni di SEL e MoVimento 5 Stelle.
  Ma io dico, solo e semplicemente, una cosa: è possibile che in questo Paese il problema fondamentale dell'Aula della Camera dei deputati, sia esclusivamente la TAV e che una delle prime mozioni in discussione della minoranza sia quella concernente la TAV ? Ma è possibile ? Non ci sono altri problemi in questo Paese ? Io non voglio dire che il voto è scontato perché – come qualcuno citava – le urne non sono mai chiare e bisogna sempre fare attenzione ai voti, sicuramente ai voti del PD, dato che abbiamo visto altissimi esponenti del PD arrivare in quel di Torino, cercando di negare l'evidenza: negando un programma politico con cui si sono presentati agli elettori e negando che la TAV potrebbe essere un'occasione per l'Italia.
  Noi della Lega riteniamo che continui ad essere un'occasione e un'opportunità per l'Italia, per il Piemonte e per Torino, per cercare di avvicinare i Paesi, ma non tanto per cercare di avvicinare la gente, perché oggi chi partecipa – e sa benissimo come funziona il mondo, che in questi ultimi dieci anni è cambiato enormemente – sa benissimo che le aziende e i produttori non hanno magazzino. Non avendo magazzino, bisogna far trasportare più velocemente possibile le merci e mi stupisco di chi utilizza oggi il sistema informatico come fosse l'acqua corrente, di chi compra a Bangkok, in America o in Australia prodotti e vorrebbe istantaneamente, quasi istantaneamente, il prodotto sulla propria tavola o nel proprio ufficio. Mi stupisco che si neghi l'evidenza di questo. Sicuramente i costi sono elevati: i Pag. 34costi sono elevati perché – come ho detto poc'anzi, e ribadisco il concetto – servivano e servono per migliorare la qualità del servizio, del sistema e della vita dei valsusini e dei torinesi.
  Non pensiate che noi della Lega di Torino non abbiamo fatto le nostre opposizioni. Mi ricordo, in Val di Susa, solitariamente, in modo solitario, dal 1996 al 2000, la Lega Nord era contro la TAV. Contro la TAV perché ? Perché – come ho detto poc'anzi – non c'era stato dialogo. Dal 2000 in avanti si è cambiato il passo, è cambiata la politica, è cambiata l'interlocuzione con le amministrazioni locali, con il consiglio regionale, con le province e con lo Stato per cercare di avvicinare sempre di più queste infrastrutture ai cittadini. Sicuramente, voi avreste bisogno di olio di ricino, in modo tale da capire cos’è la realtà dei fatti. Noi, quando eravamo lì, a Bussoleno e a Susa, voi non c'eravate, ma non c'era neanche il PD o SEL, che oggi fa propaganda con l'infrastruttura, che ha riconosciuto nella propria politica, riconoscendo e mandando avanti un'azione politica nelle scorse elezioni a favore della TAV.
  Oggi, ancora di più, mi sento in difficoltà, perché potremmo anche cercare di avvicinarci ulteriormente ai cittadini, cercando di arrivare ad una compartecipazione di tutte le forze politiche per cercare di migliorare queste infrastrutture per i cittadini valsusini, ma mi sembra che ci sia un muro insormontabile. Perciò, noi continueremo la nostra battaglia istituzionale. Ringrazio il Ministro Lupi, come primo membro di Governo che è venuto in Val di Susa a visionare i cantieri a Chiomonte, che stanno procedendo speditamente, perché è notizia di qualche ora fa che oramai sono arrivati a più della metà del tunnel geognostico, per poi arrivare con la talpa e proseguire con i lavori successivi.
  Noi abbiamo necessità di far capire ai cittadini tutti – non solo ai valsusini, bensì a tutti gli italiani – che questa task-force si è creata a livello ministeriale con gli enti locali e con le forze politiche che hanno piacere di dialogare democraticamente e non di andare in piazza a devastare la città di Torino, la provincia, la Val di Susa, facendo atti violenti, anche nel cantiere democratico che c’è all'interno per la costruzione della TAV. Noi avremmo piacere di continuare a mantenere questo profilo perché c’è ancora tanto lavoro da fare, c’è un lavoro enorme, democraticamente parlando, da fare, per cercare di far vedere la bontà del progetto.
  Non neghiamo e non abbiamo mai negato, come non lo abbiamo negato anni fa, i problemi che ci potevano essere e che ci sono ancora oggi, però continuiamo a ribadire che ci deve essere un netto e chiaro distinguo tra chi vuole la legalità e chi non la vuole.
  Veniamo all'ultimo punto. Il 31 gennaio 2013 c’è stato, presso il Consiglio superiore dei lavori pubblici, al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, la definizione del progetto definitivo della TAV. Poi, ci saranno sicuramente altri passaggi fondamentali. Noi chiediamo al Governo di proseguire speditamente, di andare avanti, di non fermarsi alle polemiche, sperando che finiscano gli atti incivili che sono avvenuti in questi anni, con grandi problemi locali, perché noi abbiamo la necessità di far capire realmente qual è la posizione di chi vuole rilanciare l'economia del Paese, superando questa crisi che sicuramente non è solo della Val di Susa, non è di Torino, non è del Piemonte, non è solo di questo Paese, dell'Italia. Ma, ci deve essere la volontà, da parte del Paese, da parte dell'Italia, di proseguire e andare oltre.
  Le prospettive che ci sono non sono sicuramente floride. Non abbiamo ancora visto un progetto alternativo, un progetto non solo alternativo sulla TAV, ma un progetto alternativo per uscire dalla crisi. Questo può essere sicuramente un punto fondamentale per superare gli ostacoli (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Paolo Vitelli, che illustrerà anche la sua mozione n. 1-00066. Ne ha facoltà.

Pag. 35

  PAOLO VITELLI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, secondo il Piano di azione per la logistica del trasporto merci, edito dalla Comunità europea nel 2007, l'attività economica dipende dall'efficienza della logistica per la fornitura dei materiali all'industria e per la mobilità delle merci lungo la catena di approvvigionamento, fino a raggiungere il consumatore finale.
  Il vicepresidente della Commissione e Commissario responsabile per i trasporti, Siim Kallas, ha dichiarato: «I trasporti sono fondamentali per un'economia efficiente dell'Unione europea, ma oggi mancano collegamenti vitali. Le ferrovie europee hanno 7 scartamenti diversi e solo 20 dei nostri principali aeroporti e 35 dei principali porti sono collegati direttamente alla rete ferroviaria. Senza collegamenti efficienti l'Europa non può né crescere né prosperare».
  La rete di trasporti unificata europea, generalmente chiamata rete TEN-T, dovrà eliminare le strozzature, ammodernare le infrastrutture, snellire le operazioni transfrontaliere di trasporto per passeggeri e imprese in tutta la Comunità europea, migliorando i collegamenti fra i diversi modi di trasporto e contribuendo agli obiettivi della Comunità in materia di cambiamenti climatici, attraverso la riduzione delle emissioni di CO2 dei trasporti. Mentre, infatti, molti settori hanno fatto registrare una riduzione delle emissioni di CO2, per quanto riguarda i trasporti la percentuale è aumentata costantemente. Per raggiungere l'obiettivo europeo, che prevede di ridurre le emissioni di CO2 dell'80 per cento entro il 2050 rispetto al 1990, il consumo di petrolio nel settore dei trasporti dovrà ridursi di circa il 70 per cento rispetto a quello attuale.
  Nella nuova geografia delle infrastrutture europee delle linee direttrici di TEN-T, presentata il 19 ottobre 2011 dalla Commissione europea, l'Italia ha ottenuto ben 4 corridoi su 10, tra i quali il corridoio mediterraneo che da Algeciras, nella zona dello stretto di Gibilterra, raggiunge Budapest-Zahony, sul confine ucraino, e al cui interno è previsto il completamento dell'alta velocità Torino-Lione. È il corridoio che, appunto, si chiama comunemente «corridoio Lisbona-Kiev».
  La linea TAV Torino-Lione incrocerà la direzione nord-sud con il corridoio 6 Genova-Rotterdam, che porterà le merci trasportate via mare nel bacino del Mediterraneo fino al cuore dell'Europa, ed il corridoio 5 Helsinki-La Valletta, che attraverserà l'Italia dal Brennero, passando per Verona, Bologna, Firenze, Roma, Napoli e da Napoli si biforcherà verso Bari e verso la Sicilia.
  Oltretutto questa grande opera avrà una funzione strategica essenziale. Servirà a cambiare la tipologia del trasporto attraverso le Alpi. Ricordiamo infatti che al momento il 90 per cento del trasporto verso la Francia è per strada, solo il 10 per cento è un trasporto per ferrovia, mentre i trasporti verso la Mitteleuropa, verso il nord, attraverso la Svizzera, sono per il 35 per cento per strada e per il 65 per cento per ferrovia. Ecco il perché dell'importanza strategica di questa opera.
  Comunque l'Italia si trova in una fase drammatica, ha bisogno di lavoro, ed oggi il Governo è impegnato a creare un clima positivo verso questo lavoro e si discute di ridurre il costo del lavoro, il costo del cuneo fiscale, ma non dimentichiamo che una vecchia regola inventata dall'economista Keynes per creare lavoro, è quella di aumentare la spesa pubblica e aumentarla soprattutto in quelle attività che comportano lavoro, le infrastrutture. E questa è la regola più adottata da tutti i Paesi, vedi Cile o Brasile, che si trovano a combattere con una riduzione della loro crescita economica.
  In questo contesto, una grande opera pubblica già finanziata, come il collegamento ferroviario Torino-Lione, rappresenta una opportunità unica, i cui grandi vantaggi strategici sarebbero, tra l'altro, i seguenti: il collegamento ferroviario transalpino aiuterà l'Italia, isolata dalla barriera delle Alpi, a mettersi in comunicazione e ad avvicinarsi alla Mitteleuropa, condividendone la lingua e la cultura e sviluppando al tempo stesso il senso di appartenenza all'Europa; produrrebbe Pag. 36l'occupazione pressoché immediata di almeno duemila persone dirette, più almeno altre mille o duemila indirette, ed aumenterebbe le attività ricettive della Val di Susa, che soffrono una crisi pesante da molti anni, offrendo servizi alberghieri a tutti questi lavoratori; risponderebbe ad una precisa strategia europea, risalente al 1996, di integrare i Paesi appartenenti alla Comunità, realizzando un sistema ferroviario ad alta velocità, così creando il presupposto per il suo sviluppo economico.
  Il corridoio est-ovest, di cui la Torino-Lione è un'essenziale componente, è uno degli assi più importanti di questa integrazione, ed interrompere il corridoio in corso d'opera sarebbe un grave danno non solo per il nostro Paese, ma per l'intera Europa, oltre che un incredibile spreco delle risorse impiegate fino ad ora; ridurrebbe da sette a quattro le ore necessarie per andare da Milano a Parigi; incrementerebbe la capacità di trasporto dei treni merci da 1.050 tonnellate a 2.050 tonnellate per ogni treno, con costi di esercizio quasi dimezzati, in quanto la nuova linea avrà pendenze massime del 10/12 per mille, contro le attuali 30/32 per mille, per cui non trasporteremo più persone fino a 1.250 metri di altezza, che è un assurdo logico, con il conseguente enorme risparmio di energia e una grande riduzione di emissioni inquinanti; ridurrebbe drasticamente il numero di camion che attraversano su strada il delicato ambiente alpino: si stima che possa arrivare a 600/700 mila il numero dei camion in meno ogni anno; ci permetterebbe, finalmente, di guardare al futuro con coraggio, come avvenne a metà dell'Ottocento, quando fu progettato e realizzato il traforo ferroviario del Frejus, entrato in esercizio nel 1871 – la progettazione iniziò nel 1859 – o quando fu aperto quello del Sempione, entrato in esercizio ai primi del Novecento, o quando ancora, negli anni Sessanta, furono completati quelli del Monte Bianco e del San Bernardo. Ma soprattutto quando, a fine anni Cinquanta, si iniziò a realizzare la rete autostradale italiana per collegare il Nord al Sud, ponendo il nostro Paese in una posizione di lungimiranza, avanguardia, orgoglio e, soprattutto, di esempio rispetto all'intera Europa.
  Si parla di consumo del territorio. Ebbene il consumo del territorio è assolutamente minimo. Sappiate che l'intero territorio utilizzato per realizzare questa grande opera corrisponde soltanto al territorio utilizzato dal comune di Avigliana ogni anno per costruzioni edilizie.
  Quindi, un piccolo comune della Val di Susa rappresenta l'intero consumo del territorio per la TAV. È necessario ora avviare le opere di riqualificazione nei territori delle comunità locali interessate dalla TAV. Si tratta, essenzialmente, di opere edili per un importo pari al 5 per cento della spesa totale, che, oltre a dar fiato alla più sofferente delle attività economiche, appunto quella delle costruzioni, possono rappresentare un'occasione unica per rimodernare le infrastrutture ed i servizi locali e creare così il presupposto di nuova cultura.
  In base a tutta questa introduzione, chiediamo che il Governo: dia seguito agli impegni già assunti sia in sede internazionale con l'approvazione di mozioni da parte del Parlamento e dia definitivamente corso al progetto appena saranno certi i finanziamenti europei, nel rigoroso rispetto del cronoprogramma; che prosegua nel dialogo costruttivo con il territorio e con le sue espressioni istituzionali e associative e, al tempo stesso, che ribadisca con forza la propria intolleranza a qualunque atto intimidatorio e violento nei confronti del personale e delle strutture dei cantieri interessati; infine, che assicuri la realizzazione delle opere di riqualificazione dei comuni che insistono sul territorio interessato dall'opera, garantendo l'erogazione delle risorse necessarie e affiancando i comuni nella redazione di un piano strategico di ripresa economica, anche attraverso il superamento del Patto di stabilità, per poter spendere le somme loro assegnate (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia)

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Borghi, che illustrerà anche la Pag. 37mozione Speranza ed altri n. 1-00068, di cui è cofirmatario. Ne ha facoltà.

  ENRICO BORGHI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, può apparire paradossale, nella società della tecnologia e dell'informazione, che impone alla politica decisioni immediate, scelte rapide e concrete realizzazioni, riaprire la discussione intorno alla linea ferroviaria Torino-Lione, e più in generale al Corridoio ex 5, a 19 anni esatti dalla Conferenza di Creta, che identificò i corridoi paneuropei e, con essi, gli assi di sviluppo e di integrazione del futuro del continente.
  Ma in una democrazia matura il dibattito non è mai inutile, soprattutto quando si incarica di chiarire i contesti, definire i motivi e, soprattutto, smitizzare le costruzioni ideologiche che nel corso di questi anni hanno creato l'incredibile paradosso secondo il quale la realizzazione dell'alta velocità ferroviaria tra Milano e Roma oppure tra Napoli e Bari, per citare una tratta cara al presidente Vendola, comporta uno straordinario contributo alla modernizzazione del Paese, in un'ottica di miglioramento e sostenibilità ambientale, mentre quella che valica le Alpi sia, al contrario, la sentina di tutti i mali e il simbolo stesso dell'oppressione capitalistica, a scapito dell'ambiente e del territorio.
  Occorrerebbe, infatti, partire da questi due aspetti. Il nostro Paese, l'Italia, si è assunto nei confronti dei propri partner europei l'impegno alla realizzazione, per la propria parte, del Corridoio ex 5. Una scelta fortemente voluta da tutti i Governi italiani per il suo significativo impatto su tutto l'asse da Torino a Trieste. Nella scelta compiuta ormai 20 anni fa gli italiani riuscirono ad ottenere che l'asse di scorrimento ovest-est della nuova Europa che nasceva dopo il crollo del muro di Berlino, non passasse a nord delle Alpi, sull'asse Lione-Strasburgo-Berlino, ma che attraversasse il nostro Paese senza isolarlo o relegarlo alla periferia mediterranea di un'Europa sostanzialmente carolingia.
  E l'Europa scelse, per i propri assi di sviluppo del futuro, la soluzione più ecologica e ambientalmente corretta, ovvero lo spostamento dalla gomma al ferro della filosofia di trasporto di merci e persone. In quegli stessi anni, una nazione a noi confinante, la Svizzera, lanciò per le stesse motivazioni – evitare l'isolamento economico e migliorare l'impatto ambientale dei flussi – il progetto AlpTransit, un progetto di alta velocità ferroviaria lungo gli assi del San Gottardo e del Lötschberg-Sempione, che aveva come obiettivo la costruzione di due tratte ferroviarie sotterranee, nord-sud, attraverso le Alpi, suddivise in tunnel di base scavati a diverse centinaia di metri al di sotto di quelli originari, risalenti all'inizio del Novecento.
  Con questa realizzazione nascerà un collegamento ferroviario rapido ed efficiente che vede, da loro, già realizzato il traforo del Lötschberg e quasi ultimato quello del San Gottardo, che, con i suoi 57 chilometri nel 2016, con un anno di anticipo rispetto ai piani iniziali, diventerà il più lungo tunnel ferroviario al mondo, riducendo il tempo di viaggio tra Zurigo e Milano dalle odierne tre ore e 45 minuti a 2 ore e mezzo.
  Ora, continua a rimanere un mistero il motivo per il quale le stesse opere, con le stesse filosofie di intervento, con analoghe motivazioni legate allo spostamento del traffico dalla strada alla rotaia, con conseguente positivo impatto sulle emissioni in atmosfera e sulla qualità della vita degli abitanti delle valli interessate, debba essere motivo di espressioni di giudizio favorevoli da parti di ecologisti e associazioni ambientaliste d'oltralpe, sia in Francia che in Svizzera, e motivo di condanna aprioristica in Italia. A meno che non ci siano motivazioni che nulla hanno a che fare con l'ambiente, con il territorio e con la dinamica dei flussi di trasporto e molto, se non in alcuni casi tutto, a che vedere con un approccio ideologico.
  È, quella di oggi, quindi, una buona occasione per fare una piccola operazione di verità sulla questione.
  Si avanza, da parte dei detrattori dell'opera, la motivazione del crollo del traffico merci come elemento per la ridiscussione della scelta strategica. Va in proposito Pag. 38ricordato che la diminuzione del traffico merci è avvenuta per vari motivi. Sia i lavori alla galleria del Frejus che la mancanza di una ferrovia adeguata per i trasporti merci, fanno sì che la Francia venga raggiunta in altri modi, come dal Passo della Maddalena, zona che tra l'altro si è riempita di Tir causando forti sofferenze ai paesi. In Piemonte, dunque, il traffico merci è diminuito in quanto ad oggi non esiste una infrastruttura ferroviaria adeguata, percorribile con costi sostenibili. In Svizzera, grazie alle nuove infrastrutture realizzate, il traffico ferroviario è in aumento e rappresenta il 64 per cento del totale.
  Ma, colleghi, il tema che non si può eludere è: vogliamo che le merci continuino a viaggiare su gomma o vogliamo spostarlo in maniera significativa su rotaia ? Il 90 per cento delle nostre merci continua ad andare su gomma perché non abbiamo le infrastrutture adatte. Altri Paesi hanno politiche di avanguardia, a differenza di noi, altri si attrezzano per diventare Paesi moderni.
  Non è inoltre vero, come qualcuno sostiene, che l'effettiva capacità della TAV sarebbe pressoché uguale a quella della linea storica. Il nuovo progetto presentato pochi mesi fa, come è stato ricordato, è frutto del lavoro dell'Osservatorio a cui hanno partecipato molti dei sindaci dei paesi della valle insieme ai rappresentanti istituzionali di provincia e regione, in un lavoro di confronto avviato fin dal 2006 con l'apposita Commissione presieduta, allora, dall'allora sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, oggi Primo Ministro, onorevole Enrico Letta. L'obiettivo era individuare un percorso condiviso, anche a seguito degli scontri e delle proteste avvenute nella valle. Il nuovo progetto è cambiato radicalmente rispetto al precedente e prevede, tra le altre cose, l'ammodernamento della linea esistente, così come richiesto dal territorio della Val di Susa, con la variante realizzata dal tunnel di base, che consente ai treni ad alta velocità di percorrere la tratta. Il tunnel attuale, costruito da Cavour, è assolutamente inadeguato al trasporto moderno. È il più vecchio delle Alpi, è il più alto ed è il più stretto, con l'interasse tra i binari inferiore al minimo consentito per motivi di sicurezza.
  Ma la dimostrazione di quanto questa sia una bandiera ideologica, da sventolare come simbolo per lavarsi le coscienze da parte dei detrattori dell'opera, consiste nel fatto che in Val di Susa sta per essere concluso un tunnel autostradale uguale al tunnel di base ferroviario e non c’è una sola protesta nella valle, una sola manifestazione, un solo scontro con le forze dell'ordine. Perché (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico) ? Perché se la montagna è cancerogena, come si va sostenendo da parte dei contrari, per il tunnel ferroviario, non lo è anche per quello autostradale ? La sproporzione della protesta tra le due opere uguali è inspiegabile, a meno che non si voglia ammettere che la protesta «No TAV» oltre che politica, forse copre anche interessi particolari di chi non ha nessun interesse a che il traffico merci venga spostato dalla gomma alla rotaia, anzi.
  Quest'opera fa parte di un accordo internazionale tra Italia e Francia risalente al 2001 e ratificato dai parlamenti francese e italiano nel 2002. Da un punto di vista europeo, è stato ribadito che la TAV è una priorità. Non si conoscono, da questo punto di vista, marce indietro. A breve verrà siglato il nuovo accordo con i francesi e la Francia continua a ribadire che la TAV è una priorità.
  Nella mozione presentata dai colleghi di SEL e del MoVimento 5 Stelle si parla in termini generici di una stima attendibile dei costi che si aggirerebbe intorno ai 20 miliardi, che potrebbero – non si capisce realisticamente come – lievitare fino a 30 miliardi.
  Occorrerebbe, a nostro avviso, anche qui fare appello al principio della realtà, che è attestato su cifre significativamente più basse. L'Italia, infatti, è chiamata a finanziare la tratta comune per un importo di 2,82 miliardi di euro, ripartiti in dieci anni e completamente finanziati dal Governo Monti.Pag. 39
  Si sostiene, inoltre, che vi siano forti criticità anche da parte francese e che il Presidente Hollande sosterrebbe che senza l'aiuto europeo non si farà l'opera. Anche questo non è vero. Semmai, i francesi sono stanchi di aspettare noi. Il programma di Sarkozy prevedeva molte linee dell'alta velocità ed alcune sono state riviste, ma non la Torino-Lione, e certamente l'Europa dovrà fare la sua parte.
  Vi è infine un altro luogo comune che va sfatato. Perché non spendete i soldi della TAV in altro modo ? Ci viene spesso chiesto. Occorrerebbe chiarire in proposito che i soldi non spesi per la TAV non verranno riutilizzati per altre materie, perché i contributi europei per la tratta internazionale finanziano infrastrutture e sono vincolati da un patto europeo: o vengono spesi per la TAV o ci verranno tolti.
  Inoltre dotare il nostro Paese di adeguate infrastrutture non ci sembra sia incompatibile con le azioni di sviluppo. Dobbiamo solo esercitare, colleghi, un'azione che negli ultimi 25 anni, come ci è stato autorevolmente ricordato qualche giorno fa, la politica italiana ha messo nel dimenticatoio: l'esercizio della responsabilità. Di demagogie, di chiacchiere sterili e di rinvii perenni questo Paese è ormai intossicato e noi siamo per l'assunzione di questa responsabilità.
  Va ricordato, peraltro, che ci sono già molte persone – stabilmente almeno 120 unità – che stanno lavorando ogni giorno alla TAV ed aziende che hanno vinto gli appalti. A meno che il loro lavoro valga meno di quello che in queste Aule viene denunciato come assente dai firmatari della mozione che intende bloccare l'opera, occorre considerare anche questo tipo di ricaduta in questo difficile contesto economico. Ma in questa sede va ricordato come in questo momento, per queste imprese, per questi lavoratori, la situazione non è affatto facile, visto che sono oggetto di attacchi violenti e di sabotaggi, con macchinari danneggiati e minacce.
  Solo pochi giorni fa un capocantiere è stato inseguito e picchiato all'uscita del lavoro e su questo serve un pronunciamento chiaro, deciso e senza ambiguità da parte di tutte le forze democratiche parlamentari (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico), perché è inaccettabile, in un Paese civile, che un lavoratore venga colpito e perseguitato in quanto simbolo. È una vicenda che ci riporta a pagine insanguinate della nostra storia e quella della violenza, che al livello verbale ha colpito anche tanti amministratori locali, è una spirale da fermare subito, senza infingimenti e ammiccamenti o silenzi di comodo.
  La questione della TAV rimanda anche ad una tematica più generale, ovvero al rapporto tra la città e la montagna, tra le metropoli e le aree circostanti. La politica deve impedire che il territorio venga considerato come merce da consumare in una logica neocolonialista per lo sviluppo di pochi poli urbani a scapito delle aree interne e circostanti, tanto rarefatte di popolazione quanto ricche di risorse naturali.
  Per questo, sulla falsariga del lavoro positivo condotto dall'osservatorio e dagli enti locali, siamo d'accordo sul sostegno allo specifico pacchetto di compensazioni ambientali a sostegno dello sviluppo sostenibile del territorio della Val di Susa e siamo pronti a sostenerlo, non in una logica di elemosina, ma in una logica di giusta compensazione, che consenta la redistribuzione delle opportunità di sviluppo e non faccia sentire il territorio espropriato e mortificato in nome di un supremo e lontano interesse collettivo.
  Del resto, avviandomi alla conclusione, signor Presidente, chi non conosce la storia è destinato a riviverla. E così, ai tanti detrattori odierni, sarebbe consigliabile rileggersi le pagine del Parlamento Subalpino della fine del giugno 1857, quando l'allora Primo Ministro del Regno di Sardegna, il conte Cavour, aveva presentato la legge che avrebbe consentito l'inizio dei lavori per il traforo del Frejus. Anche allora, come si ricorderà cinquant'anni dopo nel celebrare il mezzo secolo di vita del primo traforo tra Italia e Svizzera – leggo testualmente – molti avevano mostrato aperta avversione al progetto, trovando Pag. 40insufficienti i mezzi o esagerando gli ostacoli. I ritardatari, le «parrucche» tentennavano. Se i dotti trepidavano per la ventilazione e per il lavoro di perforazione ad aria compressa, i profani, impressionati da varie chimere, parlavano di caverne, di laghi interni che avrebbero interrotto o reso impossibile i lavori. E un illustre scienziato parigino dell'epoca, paragonabile forse oggi agli studi che aleggiano spesso come se fossero verità assolute, aveva predetto ai tecnici, che avevano messo a punto la macchina perforatrice della roccia, la perdita del cervello e del denaro.
  Naturalmente non mancava chi faceva appello alle leadership spirituali dell'epoca, sostenendo che bisognasse essere avversi alle strade ferrate in quanto mezzi che provocano l'accelerazione delle rivoluzioni e chi era certo che il fumo delle locomotive nella galleria avrebbe ucciso tutti i viaggiatori, provocando orribili sventure.
  Di fronte a tutto ciò Cavour, alzandosi a Palazzo Carignano, pronunciò parole che valevano per ieri quanto per oggi: Noi avevamo la scelta della via; abbiamo preferito quella della risoluzione e dell'arditezza; noi non possiamo più rimanere a metà; è per noi una condizione vitale, un'alternativa impreteribile: o progredire o perire, diceva Cavour.
  Noi democratici, signor Presidente e onorevoli colleghi, siamo di quella opinione e in noi troverete sempre degli italiani pronti a far progredire la propria patria (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Stefano Quaranta. Ne ha facoltà.

  STEFANO QUARANTA. Signor Presidente, colleghe e colleghi, io credo che questo dibattito è utile se impariamo ad ascoltare le ragioni gli uni degli altri, se evitiamo di fare battaglie ideologiche ed io sinceramente rimango sempre colpito quando sento infervorarsi per temi di questo genere e magari poi molto meno per questioni che riguardano invece i valori, gli ideali, la Costituzione del nostro Paese (Applausi dei deputati dei gruppi Sinistra Ecologia Libertà e MoVimento 5 Stelle).
  Mi piacerebbe quindi che questo dibattito, per aver un'utilità, fosse un dibattito tra persone che si ascoltano e provassimo a ragionare insieme ed evitassimo di fare posizioni «caricaturali» dei nostri interlocutori, nel senso che credo che nessuno in questa Aula sia sempre a favore delle infrastrutture o sempre contro le infrastrutture per partito preso. Penso che ognuno di noi creda di poter esercitare la sua intelligenza nel valutare se le cose servono o non servono, prendendo in esame i casi concreti.
  Nel suo intervento in Commissione IX (Trasporti) il Ministro Lupi, dicendo anche molte cose che io personalmente ho condiviso sullo sviluppo del nostro Paese in tema di infrastrutture, a me è parso di notare che desse alle infrastrutture, in quanto tali e sempre, una grande importanza per lo sviluppo del nostro Paese, come se appunto investire di per sé in infrastrutture fosse il volano fondamentale e l'obiettivo numero uno della spesa pubblica del nostro Paese e dell'Europa. Sinceramente non credo che sia così e penso che in una situazione come quella italiana odierna serva valutare invece quali siano le reali priorità, e penso che l'onere della prova rispetto a quali siano le priorità lo abbia naturalmente chi propone le opere.
  Mi limiterò, proprio perché non ho una visione ideologica e penso che in molti casi le infrastrutture siano fondamentali, soprattutto in una fase in cui si discute addirittura di introdurre il dibattito pubblico sulle grandi opere in Costituzione, a provare a ragionare su alcuni singoli punti che, a mio giudizio, rendono non convincente questo tipo di infrastruttura. Si diceva – lo diceva il mio collega prima – del crollo del traffico negli ultimi dieci anni. Ci fu il famoso appello l'anno scorso di trecentosessanta ricercatori e professionisti che chiesero il ripensamento del progetto.
  Vi è poi il tema dei vantaggi economici, di cui si diceva prima, rispetto al capitale investito. A tale riguardo, a mio giudizio, Pag. 41mi pare che, anche tenendo conto dei costi e dei benefici, esistano altre priorità. Pensiamo a quanto potrebbe essere utile investire nella congestione del traffico delle nostre città e delle aree metropolitane o nel conservare il sistema ferroviario storico spesso legato al pendolarismo e, ahimè, molto trascurato in questi anni.
  Riguardo al tema del rilancio dell'economia e cioè del suo ruolo anticiclico, anche da questo punto di vista credo che sia assolutamente trascurabile. In effetti in questo caso abbiamo un'elevata intensità di capitale investito ma tempi assai lunghi di realizzazione dell'opera che mi fanno dire che anche da questo punto di vista esistono altre forme di spesa pubblica ben più utili. Mi fa piacere sentire in questa Aula che molti hanno fatto riferimento all'importanza della spesa pubblica, spero di sentirlo anche in altre circostanze. Si diceva poi dei costi destinati ad aumentare, perché lo dicono alcune ricerche che, credo, siano nella disponibilità di tutti. Si diceva del dato occupazionale. A me risulta che questa opera potrebbe impiegare un migliaio circa di posti di lavoro a fronte anche qui di molti miliardi di spesa ed io penso che allora queste risorse che siano italiane, che siano europee, sarebbe molto meglio utilizzarle per ridurre il costo del lavoro o investire in piccole opere che, come è noto, danno molto più lavoro che non le grandi opere.
  Infine, si faceva riferimento, anche nell'intervento di Lupi in Commissione, al fatto di rimanere agganciati a delle logiche europee, cosa che io ovviamente condivido. Ora, il segmento della Torino-Lione è incluso nell'asse 6, come si ricordava: uno dei 30 assi transeuropei previsti dall'Unione europea, ma non previsto dalla stessa Unione europea e dal Parlamento europeo per quanto riguarda l'alta velocità nelle stesse decisioni del Parlamento europeo.
  Allora io, colleghi, invito a riflettere: siamo in una fase delicata del Paese, abbiamo posto questo tema delle infrastrutture – anche per rispondere al collega della Lega Nord – proprio perché pensiamo che il tema delle priorità sia all'ordine del giorno, cioè capire come devono essere investite le risorse – ripeto – che siano italiane o europee; io non credo che se sono italiane bisogna stare attenti e se sono europee invece vadano buttate.
  Allora, da questo punto di vista perché non proviamo ad operare un monitoraggio serio delle vere necessità, anche infrastrutturali, del nostro Paese, che sono moltissime, in territori spesso abbandonati e cerchiamo di stabilire insieme le priorità vere ? Naturalmente tutto questo ragionamento – e concludo – sottende anche un ragionamento più generale sul modello di sviluppo, che a mio modo di vedere deve garantire maggiormente l'occupazione rispetto alle grandi opere, deve garantire il rispetto dell'ambiente e anche una modalità diversa di condivisione delle scelte, anche con le popolazioni che subiscono questi interventi infrastrutturali e, infine, un utilizzo – io credo – più rispettoso delle scarse risorse pubbliche, italiane e europee, con spese che davvero servano alla collettività (Applausi dei deputati dei gruppi Sinistra Ecologia Libertà e MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Umberto D'Ottavio. Ne ha facoltà.

  UMBERTO D'OTTAVIO. Ancora una volta si torna a discutere in Parlamento della nuova linea ferroviaria Torino-Lione, certo è la prima volta in questa legislatura, ed è ovvio che chi in campagna elettorale ha chiesto i voti contro questa linea si dia da fare per impedire che si realizzi. E credo che sia altrettanto giusto che chi, come il Partito Democratico, è invece favorevole non si sottragga alla discussione e con pazienza rinnovi le proprie argomentazioni.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MARINA SERENI (ORE 16,15).

  UMBERTO D'OTTAVIO. Ritengo, però, opportuno e fondamentale che innanzitutto l'intera Camera dei deputati sia vicinissima Pag. 42sia a quei lavoratori impegnati nel cantiere sia ai lavoratori di Polizia che ogni giorno svolgono la propria attività in un clima di tensione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico); così come la Camera dei deputati è vicina al sostituto procuratore Giancarlo Caselli quando compie le sue indagini per fermare i colpevoli di atti violenti e contro la legge.
  Questa è una premessa imprescindibile per un confronto nel merito. Della vicenda di cui stiamo parlando sono testimone diretto, prima come sindaco di una città attraversata dal tracciato e poi da assessore in provincia di Torino. Il confronto, anche duro, lungo questi anni ha decisamente cambiato il progetto iniziale. Oggi siamo di fronte ad un tracciato che, non solo attraversa la provincia di Torino, ma è funzionale anche al suo tessuto economico e non solo a quello della provincia di Torino. Infatti, l'accordo tra Italia e Francia per la realizzazione della nuova linea è stato più volte oggetto di attenzione e sempre i due Paesi hanno riconfermato la scelta dell'opera. E di fatto i lavori sono cominciati e con un programma che è stato ampiamente illustrato e condiviso.
  Vorrei su questo puntualizzare che le istituzioni che hanno condiviso il percorso sono istituzioni democratiche che i cittadini hanno votato e che avevano nel loro programma la realizzazione dell'opera. Infatti, non credo che si possa per definizione avere paura di realizzare grandi opere, innanzitutto perché non sono tutte uguali e soprattutto perché di grandi opere c’è bisogno. Per esempio, non credo che si possa paragonare la linea ferroviaria Torino-Lione al ponte sullo Stretto di Messina; noi siamo contro quell'opera, siamo stati sempre contro quell'opera, mentre invece – guardate – convincere l'Unione europea dell'importanza di un corridoio di collegamento tra est e ovest passando per l'Italia del nord è stata una conquista che ha creato anche molte invidie. Infatti, vorrei ricordare che proprio in tema di risorse – è stato già detto, ma va bene ripeterlo – la rinuncia all'opera non vorrebbe dire risparmio, ma dirottare su altri progetti concorrenti e che molto stanno facendo per far andare le cose in un'altra direzione.
  La Valle di Susa è da sempre la porta d'Italia per chi arriva da ovest e dalla Francia. Anche nel Regno di Sardegna, il dibattito, ad esempio, sulla linea ferroviaria – lo citava prima il collega Borghi – fu un dibattito più meno simile a questo. C'erano amministrazioni anche comunali contrarie. Si parlava appunto di realizzare il traforo del Frejus. Devo dire che, ad esempio, alcune realtà, alcuni comuni, addirittura con tanto di delibera, dichiararono che il passaggio del treno in quel territorio non era accettato, non era gradito, ad esempio, perché avrebbe disturbato il pascolare delle mucche e quant'altre cose. Devo dire che ancora oggi quei comuni non hanno la stazione ferroviaria e magari sono anche pentiti di una scelta fatta dai loro antenati; e quella linea ferroviaria oggi sta dimostrando anche tutti i suoi limiti.
  La nuova linea ferroviaria, invece, è una grande opportunità oltre che una soluzione di tutela ambientale perché, come è stato già detto, mentre c’è un'attenzione forte al tunnel di base della linea ferroviaria Torino-Lione, sta procedendo l'iter per il raddoppio della canna automobilistica del Frejus, esattamente il contrario di quello che bisogna fare. Noi pensiamo che le merci debbano viaggiare sui treni e non sui camion o sui TIR pericolosi e inquinanti. Quindi concludo dicendo che non è proprio opportuno interrompere il processo avviato che è costato molta fatica. Piuttosto dimostriamo di essere un grande Paese capace di costruire le condizioni per mantenere e sviluppare la qualità della vita e dello sviluppo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Balduzzi. Ne ha facoltà per otto minuti.

  RENATO BALDUZZI. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, quando mi è stato chiesto di valutare e di Pag. 43sottoscrivere la mozione promossa dal collega Paolo Vitelli, ho sentito riecheggiare un'emozione, un'emozione lontana. Ero bambino, nel 1965, quando mio padre mi condusse all'inaugurazione del traforo del monte Bianco. Ricordo che mi sentii in quel momento parte di una comunità più ampia di quella del mio Paese, della storia che avevo vissuto. In qualche modo credo che questo stia dentro alla nostra discussione di oggi, al di là delle differenze che correttamente animano questo nostro dibattito: un essere europeo che non vuol dire essere per uno sviluppo a qualunque prezzo, a qualunque costo. E, d'altra parte, credo che se c’è una caratteristica delle opere pubbliche, delle grandi opere del nostro Paese è quella che forse è propria di una forma di Governo parlamentare come quella che noi abbiamo tuttora: il fatto di non essere cioè radicate in capo a questo o quel personaggio della politica; di non essere riconducibili ad una valutazione per così dire individuale ma di essere in qualche misura l'opera di una generazione o di più generazioni e, quindi, che coinvolge tempo per tempo anche la valutazione parlamentare. Ritengo che questo sia importante e, quindi, reputo opportuna questa discussione. Si tratta di riuscire a darvi uno sbocco, uno sbocco positivo che possa non dico avvicinare opzioni alternative ma almeno cercare, proprio come è stato anche ribadito da più punti di vista, di capirci un po’ di più.
  Per venire alla mozione di cui sono cofirmatario, il punto che sottolinea l'esigenza di un dialogo costruttivo con il territorio e con le sue espressioni istituzionali e associative credo sia un punto da valorizzare nella fermezza contro la violenza, qualunque tipo di violenza, nella disponibilità verso tutto ciò che può aiutare a far le cose per bene, a migliorarle. Così pure un punto importante è quello di assicurare la realizzazione delle opere di riqualificazione del territorio dei comuni interessati.
  Io non parlerei mai di «compensazione», parlerei invece proprio di una capacità di valorizzare dei territori che sono territori fortemente penalizzati – è stato ricordato da più parti nel dibattito – dalla scelta a suo tempo fatta di privilegiare il trasporto su gomma, territori che patiscono la durezza di questa scelta e rispetto dunque ai quali una prospettiva di sviluppo deve passare attraverso la necessaria rimeditazione di quella scelta, che è implicita in una grande opera come quella di cui stiamo parlando.
  Dicevo all'inizio «non a qualunque prezzo», perché che l'attività economica non possa svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla dignità, alla libertà e alla sicurezza della persona umana non è un'opzione logica e politica soltanto: è una prescrizione costituzionale. Bisogna capire cosa vuol dire utilità sociale, ma soprattutto chi la valuta l'utilità sociale, con quali procedure valutare l'utilità sociale. Certamente le procedure che ci riguardano sono importanti nel giudizio di valutazione dell'utilità sociale, ma noi sappiamo che bisognerebbe andare al di dà, cioè in una democrazia partecipativa come quella disegnata dalla Costituzione italiana non è sufficiente il circuito rappresentativo, anche se è molto importante. Ci sono altri strumenti ed altri canali. Probabilmente, quando si decidono grandi opere, bisognerebbe mettere in campo da subito questo tipo di procedure ulteriori (sto pensando a procedure di cosiddetta democrazia deliberativa, ma non soltanto a queste), capaci cioè di mettere in campo le varie opzioni, di motivare, di argomentare, di definire un perimetro fra quelli che vogliono stare in una libera discussione e quelli che, per loro scelta, non ci vogliono stare e dunque in qualche misura si assoggettano alle reazioni legittime dell'ordinamento. Questo è stato fatto nel caso TAV ? Probabilmente è stato fatto in misura molto marginale, probabilmente a suo tempo avremmo potuto o avrebbero potuto, quelli che avevano voce in capitolo, fare qualche cosa di più. Allora va bene parlarne oggi, nel momento in cui ribadiamo la necessità, anche come Parlamento della Repubblica, anche come Camera dei deputati, di stare vicino, di stare al monitoraggio, di fare quel dialogo, quell'operazione Pag. 44di monitoraggio di come vengono realizzate queste opere, ma credo che vi sia anche qualche cosa di più in questo nostro dibattito, cioè l'impegno a far sì che le grandi opere che partono abbiano questo tipo di preoccupazione sin dall'inizio, abbiano la necessità di allargare il coinvolgimento, di avere quegli strumenti che il nostro sistema conosce e che sono importanti.
  Vado al termine: la documentazione che nel tempo è stato prodotta – lo dico soprattutto, fra quelli che sono intervenuti, al collega Quaranta – a me è sembrata convincente, sia sotto il profilo ambientale sia sotto il profilo occupazionale. Penso però si tratti di profili che debbano sempre essere assoggettati ad un'analisi e ad una discussione. Dunque, credo che il senso di queste mozioni, cui anche Scelta Civica ha voluto concorrere, sia quello proprio non soltanto di porci come legislatori, ma anche come chi è capace di seguire sui territori ciò che si sta muovendo, di interpretare, alla luce di tutti gli interessi coinvolti, che sono evidentemente interessi importanti e che devono trovare una loro compatibilità – ciò vale nel caso TAV, ma vale anche per altre situazioni di cui abbiamo oggi stesso discusso in quest'aula – tra ambiente, salute e sviluppo (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Castelli. Ne ha facoltà per 14 minuti.

  LAURA CASTELLI. Signor Presidente, intanto ringraziamo i colleghi che parlano tanto di confronto e di dibattito su questo tema che sta a cuore a tutti e, poi, non vedono l'ora di prendere le gambe e andare via (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Compito di uno Stato sovrano a cui sta veramente a cuore l'interesse del Paese prima degli interessi particolari dovrebbe essere quello di vedere con chiarezza le difficoltà oggettive in cui versano tutti i giorni i propri cittadini e su tale analisi fare una scaletta di priorità per indirizzare adeguatamente le scarse risorse economiche che in questo Paese vengono male utilizzate. Ecco, questo del TAV è uno dei pochi casi in cui lo Stato può fare ancora politica economica e decidere dove vuole investire le proprie risorse finanziarie che, appunto, dovrebbero essere rivolte a risolvere le difficoltà primarie del Paese. In questo caso, lo Stato può veramente esercitare il suo ruolo e decidere quali sono veramente i problemi reali del Paese su cui spendere le scarse risorse a disposizione.
  Allora la domanda che sorge spontanea è: ma la realizzazione del TAV è davvero un'opera che risponde alla domanda disperata di aiuto che il Paese sta gridando a gran voce su tutti i fronti ? È davvero la migliore idea di sviluppo che vi viene in mente ? Nel documento dal titolo «TAV Torino-Lione, domande e risposte», del marzo 2012, presentato dal precedente Governo, si evidenzia che il TAV dovrebbe creare nel futuro un migliaio di posti di lavoro. Un investimento di quasi otto milioni di euro per ogni addetto che lavori per sette anni. Sette anni sono un quinto di una vita lavorativa. Questo significa investire 40 milioni di euro per ogni posto di lavoro. Ma ci vogliamo chiedere: quanti interventi a favore dell'occupazione, della sanità, dell'istruzione pubblica si potrebbero fare utilizzando diversamente tali cifre ? E ci vogliamo chiedere quanto sia sostenibile un tale indirizzo nelle condizioni attuali ? Usiamo pure le vostre unità di misura, il PIL, la crescita. Siamo sicuri che non ci sia nessun altro settore che generi PIL e crescita ?
  Ma, a margine di questi grandi numeri sul lavoro, vorremmo anche chiederci quanto si può legittimare del lavoro quando questo è ampiamente inquinato dalla criminalità organizzata: mafia, ’ndrangheta e camorra (Applausi dei deputati dei gruppi MoVimento 5 Stelle e Sinistra Ecologia Libertà); e soprattutto quando questa si intreccia con i grandi appalti, grandi appalti fatti da imprese dei grandi cantieri che si impiantano come un paese autonomo su un territorio. Ricordiamo la CMC, la Martina (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Vi Pag. 45ricordano qualcosa ? Alcuni di loro hanno anche ricevuto condanne. Oppure potete leggere i loro bilanci e cercare dentro il bilancio della CMC se ci sono dei riferimenti di alcuni partiti, di alcune segreterie di partito. Fatelo voi, noi l'abbiamo fatto (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Il maggior quotidiano piemontese, nello stesso giorno in cui annunciava l'arrivo del Ministro dell'interno per decidere l'apertura forzata e forzosa del cantiere della Maddalena, commentava nelle pagine a fianco una grande operazione dei carabinieri del comando di Torino sotto il titolo: «Le mafie minacciano anche le grandi opere». Lo trovo davvero buffo. Io a questi attori sì che darei l'olio di ricino (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle – Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico). Noi vorremmo sapere se vi sembra normale fare un'opera, forzando legalità e verità. Vorremmo sapere se si può smettere di dire che i lavori sono oltre la metà. Non è vero, veniteci voi a guardare questi venti metri di tunnel (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). E smettiamola di raccontare che il TAV è un trenino da viaggiatori. Non è un trenino da viaggiatori, non ci facciamo le stazioni nei comuni con il TAV.
  Sono giorni che è ripresa la cantilena che ce lo chiede l'Europa. Per una volta sarebbe veramente il caso di dare retta all'Europa quando ci dice di eliminare gli sprechi e destinare la spesa pubblica esclusivamente agli impegni produttivi. Da tutte le voci fedeli alle raccomandazioni dell'Europa si grida autorevolmente che la disciplina del rigore e del controllo della spesa pubblica resti ferrea. Questo in un Paese normale significherebbe investire in un'opera altamente efficace e produttiva volta a risolvere situazioni allarmanti come le condizioni in cui versano le piccole e medie imprese, il sistema dell'occupazione e del lavoro. E, invece, si continua a individuare il TAV come opera primaria di urgenza e necessità.
  Forse che il Governo ritiene poco attendibile lo sforzo fatto da ben trecentosessanta, e lo ripeto, trecentosessanta ricercatori professionisti in cui si evidenziava chiaramente come nella realizzazione dell'opera non ci sia nessun vantaggio economico per il Paese, nessuno, soprattutto dal punto di vista del capitale investito; e voi siete i primi che finanziate le opere con il project financing, queste cose dovreste saperle (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) !
  Per parafrasare il Presidente Letta che nel suo discorso di insediamento diceva: «Per cominciare bisogna recuperare decenza, sobrietà, scrupolo, senso dell'onore e del servizio e, infine, la banalità della gestione di un buon padre di famiglia», ecco, ci chiediamo: un buon padre di famiglia, se avesse delle risorse a disposizione, non le impiegherebbe per pagare i propri debiti come quelli che lo Stato ancora ha nei confronti della pubblica amministrazione ? Non è forse più scrupoloso e decente onorare i propri debiti sapendo che così facendo si salverebbero dal fallimento imprese e famiglie ? Non dovrebbe essere compito di uno Stato che ha senso dell'onore e del servizio rendersi conto che la priorità è la salvezza dei suoi figli in veste di piccole e medie imprese, prima ancora che la realizzazione di un'opera che fa acqua da tutte le parti ? Ecco, se fare politica economica per uno Stato vuol dire fare una giusta e un'equa allocazione delle risorse finanziarie a disposizione sicuramente ci sono destinazioni ben più urgenti e prioritarie rispetto al TAV (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Ho sentito accusare in quest'Aula i cittadini di avere stuprato e deturpato il territorio manifestando; è lo Stato che ha ucciso e ammazzato un territorio fertile e bellissimo come la Val di Susa.
  Vorrei chiudere ricordando al Ministro Lupi, che ovviamente non è in Aula, e al Presidente Letta, che manco ci pensa, che sono mesi che gli amministratori locali chiedono insistentemente un momento di riflessione tecnica perché non è possibile delegare ad un Osservatorio di parte che, diciamocelo, fa acqua da tutte le parti e non crea mai contraddittori con altri tecnici del settore. L'unico rapporto che la Pag. 46pubblica amministrazione riesce ad avere con i tecnici e gli amministratori è quello per proporgli misure di compensazione; solo questo; ovviamente misure di compensazione clientelari.
  Caro Ministro, che non c’è, lei vuole fare al più presto questo accordo con la Francia...

  PRESIDENTE. Prosegua il suo intervento, il Governo è presente, il Governo è rappresentato. Quindi, prosegua.

  LAURA CASTELLI. Caro Governo, lei che vuole fare questo accordo con la Francia, chieda all'Europa se ha messo negli impegni i soldini necessari a quest'opera. Glielo chieda, perché questa è condizione necessaria per fare questo accordo !
  Ci preme concludere ricordando le parole dell'ex giudice Imposimato che diceva: «Ci vogliono una certa dose di coraggio e uno stomaco robusto per leggere: “Corruzione ad Alta Velocità – Viaggio nel Governo Invisibile”. Ma è un'occasione per guardare in faccia la realtà. Lo scandalo del TAV è l'emblema della degenerazione globale del sistema politico; esso ha coinvolto maggioranza e opposizione in ugual misura. Dopo Tangentopoli non è scaturita una Repubblica rinnovata ma una riedizione peggiore del vecchio sistema di potere. Si è organicamente strutturata l'alleanza tra ceto politico e forze dominanti del potere economico delle grandi imprese sia private che pubbliche».
  Noi vi chiediamo di votare la mozione, chiaramente, ma di avere il coraggio di guardare negli occhi gli italiani, spiegargli che per voi il TAV è l'opera che veramente è importante in questo momento e poi vergognarvi (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle e di deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà) !

  SIMONE BALDELLI. Chiedo di parlare per un richiamo al Regolamento.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, evidentemente questo è un tema che divide ma ogni volta che si tocca questo tema ascoltiamo dai colleghi del MoVimento 5 Stelle parole assai singolari. L'altra volta abbiamo assistito ad un collega che urlava in Aula: «bombardiamoli !» Poi il giorno dopo ha precisato e si è scusato. Questa volta abbiamo sentito evocare l'olio di ricino (Commenti dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Ecco, Presidente, solo per ricordare che parole come...

  MANLIO DI STEFANO. Leggetevi il verbale !

  SIMONE BALDELLI. Guardi io lo conosco bene il verbale. Sono intervenuto in quella seduta e in quella successiva.

  PRESIDENTE. Fate parlare !

  SIMONE BALDELLI. Evocare l'olio di ricino in questo Parlamento ha un significato ben preciso. Credo che, se amiamo il confronto democratico, la democrazia, se siamo qui ognuno con diversità di opinioni, facciamo lustro, rendiamo merito al mandato che abbiamo.
  Se evochiamo questi termini, queste espressioni, se diciamo a chi la pensa diversamente di vergognarsi, con un dibattito con questo tono e con questo tenore, veniamo meno al confronto democratico, alle idee che abbiamo ciascuno il diritto di rappresentare ed evochiamo episodi gravi della nostra storia. In questo Paese, tutti quanti conosciamo la storia, evidentemente dovrebbe vergognarsi chi la storia non la conosce, forse leggendo qualche libro in più, e cercando di utilizzare dei termini consoni ad un dibattito democratico e politico che, in quest'Aula, deve avere corso nel rispetto reciproco, colleghi, perché nessuno di noi né di voi è tenutario di una verità rivelata (Applausi dei deputati dei gruppi Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente e Partito Democratico).
  Ci sono opinioni diverse...

  ALESSANDRO DI BATTISTA. È un intervento politico, non è un richiamo al Regolamento !

Pag. 47

  PRESIDENTE. Fate finire ! Fate finire !

  SIMONE BALDELLI. Ci sono opinioni diverse e per questo, Presidente, le chiedo, proprio perché il Regolamento ne attribuisce la facoltà al Presidente, quando un deputato pronunci frasi sconvenienti, di provvedere al necessario richiamo.

  ANDREA COLLETTI. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  ANDREA COLLETTI. Signor Presidente, purtroppo ho sentito dichiarare, appena un attimo fa, il falso da un nostro collega. Certamente fa parte di un gruppo che è abituato a dire il falso, come il loro capo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle), però queste cose non le posso far passare.

  GIOVANNI CARLO FRANCESCO MOTTOLA. Buffone, vaff... !

  PRESIDENTE. Deputato Colletti, mi scusi, cerchiamo di proseguire nella discussione del merito. Quindi lei faccia il suo intervento.

  ANDREA COLLETTI. Quindi, personalmente visto che agli atti risulta ciò che è stato detto in quella seduta che è stata riportata, preferirei che lei dicesse al deputato in questione di riportarsi a quello che risulta, non a quello che gli pare di aver sentito. E poi, rivolgo un invito anche a chi interviene mentre io parlo: per carità, le stupidaggini vengono dette spesso in quest'Aula – purtroppo qui le sento –, però vorrei che fosse messo agli atti ciò che è stato detto appena adesso da un deputato del PdL.

  PRESIDENTE. Adesso proseguiamo nella discussione sulle linee generali delle mozioni. Io non ho interrotto la deputata Castelli perché, nell'economia del suo intervento, ho ritenuto quell'espressione a mio avviso discutibile ma non insultante per l'Aula, e quindi non l'ho interrotta. Tuttavia, è del tutto legittimo che un deputato di un altro gruppo intervenga e segnali la questione: la Presidenza se ne farà carico. Adesso io andrei avanti nella discussione.
  È iscritta a parlare la deputata Serena Pellegrino. Ne ha facoltà, per cinque minuti.

  SERENA PELLEGRINO. Signor Presidente, esponenti del Governo, onorevoli colleghi, nei Paesi dell'Unione europea qualsiasi progetto di opere pubbliche di interesse nazionale ha l'obbligo di essere sottoposto ad una valutazione di compatibilità ambientale da parte di una commissione di esperti, la cosiddetta valutazione di impatto ambientale, che si concluda con un decreto che prevede l'approvazione, la bocciatura o la modifica del progetto, secondo prescrizioni vincolanti sulla base delle indicazioni espresse, anche dai singoli cittadini e dagli enti locali; uno strumento previsto dalla direttiva comunitaria che tutela sia la collettività che ospita l'opera sia le imprese che la propongono.
  Questa fase, chiamata in gergo public consultation, è una fase chiave per consentire la consultazione e la partecipazione dei cittadini e della società civile, secondo una logica di democrazia ormai acquisita in tutti i Paesi sviluppati e prevista anche dalla Convenzione di Aarhus sull'accesso all'informazione e partecipazione dei cittadini e accesso alla giustizia in materia ambientale. Questa direttiva è stata raggirata dalla famigerata legge obiettivo n. 443 del 2001, che affida al Governo il potere di emanare decreti legislativi atti alla sollecita realizzazione di infrastrutture strategiche, tra cui la Lione-Torino, soggetta non più a via ordinaria ma a via speciale, che ne regola la progettazione, l'approvazione e la realizzazione. È una premessa necessaria perché, signora Presidente, fa comprendere come si sia sviluppata la questione della linea ad alta velocità Torino-Lione, contro la cui realizzazione, da oltre un decennio, si batte la comunità della Val di Susa, che, supportata da studi scientifici, ha il diritto Pag. 48di esprimere la sua posizione come parte sociale interessata.
  Paradossalmente, in questo Paese le opere di maggiore interesse ambientale hanno minore controllo procedurale e noi chiediamo non solo che quest'opera venga stralciata dall'elenco delle opere della legge obiettivo, ma anche il superamento della legge stessa perché, ricordiamo, la procedura di VIA speciale viene redatta sul progetto preliminare e non sul progetto definitivo, un progetto che nasce negli anni Novanta e che dal 2003 ad oggi è stato modificato ben quattro volte ed ha avuto due procedure VIA, tanto da affermare nel 2007 che i progetti precedenti non erano ammissibili.
  Nel 2010 si fa un nuovo avviso perché manca la valutazione di incidenza sul SIC, Sito di importanza comunitaria, Rete europea Natura 2000, di Boscaglie di Tasso di Giaglione, e a seguito di un'integrazione si arriva finalmente alla prima delibera CIPE, con ben 128 prescrizioni, dimenticando atti sostanziali quali le alternative di trasporto dello smarino su ferrovia, il riutilizzo di materiali da scavo e la questione dello svincolo autostradale. Nell'agosto 2011 si arriva alla seconda delibera CIPE, che però ha 222 prescrizioni. Attualmente è in corso d'opera la realizzazione del cunicolo esplorativo della Maddalena su un progetto certamente definitivo, approvato a fine 2010, ma pur sempre controllato con VIA speciale.
  Signor Presidente, in merito alle procedure, potrei proseguire ma ritengo che quanto detto sia sufficiente per dichiarare quest'opera inammissibile, mi soffermerò brevemente su alcuni aspetti prettamente ambientali perché desidero sottolineare che se si fosse potuto procedere mediante VIA ordinaria si sarebbero evidenziati importanti impatti, con gravi ricadute, soprattutto a livello di sicurezza e salute. In primis, l'impatto sulle falde acquifere: solo nell'area di Chiomonte sono state evidenziate 32 sorgenti ed è la stessa Lyon Turin Ferroviaire, la società partecipata al 50 per cento con RFI, responsabile dell'opera, a rilevare i gravi rischi per le falde acquifere. Si stima che i tunnel principali e le discenderie riceveranno un flusso cumulativo di acque sotterranee compreso fra i 60 e i 125 milioni di metri cubi l'anno, comparabili alla fornitura d'acqua necessaria a una città di circa un milione di abitanti. Cito il documento: «Il drenaggio delle acque sotterranee è tutt'altro che trascurabile comparativamente al ricarico totale delle acque sotterranee nelle zone situate lungo il tunnel». Noi tutti ricordiamo l'episodio del Mugello.
  Come non considerare poi le tonnellate di smarino che saranno estratte durante la costruzione dell'opera ? La quantità e qualità di materiali estratti dall'imbocco est del tunnel di base è nota a tutti, senza considerare che l'estrazione genererà inquinamento acustico, vibrazioni ed emissioni di radon causati dall'estrazione di uranio, ma anche amianto e tantalio – ricordiamo che questi hanno un valore economico altissimo, 375 euro al chilo – solo per citarne alcuni. Ricordo che l'ambito suolo, ricco di biodiversità, svolge un ruolo fondamentale di servizio alla comunità complessiva di micro e macro organismi viventi, però il pericolo che questi materiali si possano disperdere nell'aria e nelle acque della valle è altissimo.
  Non mi dilungo, signora Presidente, perché tutti noi conosciamo ormai i gravi pericoli alla salute che corrono coloro che sono esposti alle polveri dell'amianto, desidero paventare l'ipotesi che tra qualche decennio il Governo italiano si dovrà ritrovare a dover sanare un'intera comunità malata di mesotelioma.

  PRESIDENTE. Deve concludere.

  SERENA PELLEGRINO. Concludo. In conclusione permettetemi un accenno che vede interessato l'intero Asse 6 che si conclude nel traforo del Carso, ricco di doline e falde acquifere, rendendole estremamente vulnerabili e a rischio di inquinamento a causa dei lavori e ad ulteriori erosioni conseguenti a eccezionali portate d'acqua. Sono cinquant'anni dalla tragedia del Vajont, io vengo dal Friuli Venezia Giulia e questo è un Paese che è ricco di precipitazioni.

Pag. 49

  PRESIDENTE. Deve concludere.

  SERENA PELLEGRINO. Concludo. Vorrei che il Governo si faccia carico del principio di precauzione dell'articolo 174 del Trattato che istituisce la Comunità europea (Applausi dei deputati dei gruppi Sinistra Ecologia Libertà e MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. Grazie, ha esaurito il suo tempo, mi dispiace. È iscritta a parlare la deputata Oliaro. Ne ha facoltà, per cinque minuti.

  ROBERTA OLIARO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, ricordo che già il Consiglio europeo ad Essen nel 1994, nel documento finale, parlò di treno ad alta velocità – trasporto combinato Francia-Italia ed è strano che quest'Aula se ne debba occupare nuovamente, visto che tutti i Governi che si sono succeduti in questi anni l'abbiano ritenuta, all'unisono, decisiva.
  Stiamo ancora discutendo di un'infrastruttura che rientra tra i dieci progetti strategici dell'Unione europea, fondamentale per la coesione tra gli Stati membri e che permetterà una piena integrazione della rete ferroviaria italiana con la rete europea, di merci e di persone.
  Quest'opera non riguarda solo il Piemonte, ma investe tutta l'Italia. La linea TAV Torino-Lione incrocerà la direzione nord-sud con il Corridoio 6 Genova-Rotterdam, che porterà le merci trasportate via mare dal bacino del Mediterraneo al cuore dell'Europa, e viceversa, e il Corridoio 5 Helsinki-La Valletta, che attraverserà l'Italia dal Brennero, passando per Verona, Bologna, Firenze, Roma, Napoli, dove si biforca per Bari e la Sicilia.
  Vogliamo essere tagliati fuori dai grandi assi di trasporto merci e persone dell'Europa ? Vogliamo, dopo che l'Unione europea si sta allargando ad est, che l'Italia butti al vento questa occasione di svolgere un ruolo leader e restare quindi emarginata ? Questa infrastruttura, inoltre, non impatta solo sugli assi strategici principali, ma anche sul sistema di interconnessione con la rete a livello regionale e, soprattutto, con gli interporti e le piattaforme logistiche, generando un valore aggiunto per l'economia italiana. Ma di cosa stiamo parlando ? Parliamo di un'opera che produrrà un drastico abbattimento dei tempi di percorrenza complessivi ed il miglioramento della modalità del trasporto ferroviario e, ancora, parliamo di sostenibilità ambientale, di volumi di traffico su gomma per il trasporto delle merci abbattuti e di ulteriori benefici ambientali, sia in termini di inquinamento atmosferico, che acustico.
  Oggi, infatti, mentre molti settori hanno fatto registrare una riduzione delle emissioni di CO2, per quanto riguarda i trasporti la percentuale è aumentata costantemente. Per raggiungere l'obiettivo europeo, che prevede di ridurre le emissioni di CO2 dell'80 per cento entro il 2050 rispetto al 1990, il consumo di petrolio nel settore dei trasporti dovrà ridursi di circa il 70 per cento rispetto a quello attuale. Per non parlare dell'elemento sicurezza e della competitività delle nostre imprese. Dobbiamo dare atto al Governo di avere avuto un proficuo e continuo rapporto con le popolazioni e le istituzioni locali interessate. Ricordo l'istituzione dell'osservatorio tecnico, in cui il Governo si è confrontato con le popolazioni: è stato un momento alto di democrazia, in cui il processo decisionale ha costantemente migliorato l'impostazione progettuale di quest'opera.
  Dobbiamo, però, tenere alta l'attenzione verso quelle spinte eversive di una minoranza violenta, che vuole con qualsiasi mezzo bloccare la realizzazione dell'opera, senza alcuna valutazione del danno economico, manifestazioni violente che hanno bloccato l'economia della valle e reso difficile il turismo dell'alta Valle di Susa in un momento già faticoso per gli operatori economici dell'intera regione e non solo. Non possiamo permettere ad una minoranza, peraltro estranea al contesto territoriale, di interferire con la realizzazione dell'opera. Questo lo si può fare, da una parte, garantendo la tutela delle imprese, dei lavoratori, degli imprenditori e delle maestranze impegnate in questi Pag. 50cantieri e, dall'altra, cercando il massimo consenso e dialogo con la popolazione. Rispetto a questo, risultano importanti le opere di riqualificazione, sulle quali i comuni avevano fatto affidamento per programmare interventi pubblici, utili anche a dare respiro alle economie locali. Ora, però, è giunto il momento anche di procedere alla ratifica del Trattato internazionale tra Italia e Francia per la realizzazione della TAV Torino-Lione, firmato a Roma il 30 gennaio 2012 e, peraltro, annunciato dal Governo attraverso la presentazione di un disegno di legge. In tal senso, sollecitiamo il Governo.
  Infine, un'ultima riflessione. Tutte le grandi economie mondiali, soprattutto quelle entrate nei fenomeni di recessione economica, hanno puntato sull'ammodernamento delle loro infrastrutture e sul potenziamento delle reti di raccordo ferroviario e stradale per uscire dalla crisi. Nelle infrastrutture risiede la soluzione per rilanciare l'economia italiana, per rilanciare l'occupazione e per garantire all'Italia un ruolo e una funzione attiva nelle dinamiche evolutive dell'Europa e dei mercati internazionali. Dimostriamoci un Paese serio e procediamo con sollecita urgenza a ratificare l'Accordo con la Francia e portiamo avanti con determinazione il processo di ammodernamento infrastrutturale del nostro territorio (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Piras. Ne ha facoltà, per quattro minuti.

  MICHELE PIRAS. Signor Presidente, illustri membri del Governo, dovrei dire illustre membro del Governo, colleghe deputate e deputati, vorrei svolgere qui oggi un ragionamento al contrario, per tentare l'operazione ardua di dare voce a una porzione della popolazione italiana che, nel dibattito che da anni si va svolgendo sulla TAV, non mi pare adeguatamente rappresentata. Si tratta di quella parte di Paese che vive nelle valli, nelle pianure, nei monti di una sorta di «Corridoio zero», quello dove il treno e la ferrovia non sono che un racconto, al più un'esperienza mistico-turistica da raccontare ai figli e dove pure vivono uomini, donne, storie e racconti di un'Italia profonda, un'inesauribile ricchezza dimenticata, sottovalutata, tradita.
  Sì, onorevole Allasia, le confermo che ci sono altri problemi in questo Paese, altre priorità sarebbe meglio dire: città capoluogo, come Matera e Nuoro, dimenticate dalle Ferrovie dello Stato e dalle tante Eboli dove si è fermato Cristo ed anche il santo patrono delle opere pubbliche; tratte ferroviarie come la Cagliari-Sassari o la Pescara-Roma, per fare un altro esempio, 200 chilometri circa di linea ferrata, più o meno la distanza coperta dalla Torino-Lione, da percorrere comodamente e, quando va bene, in 3 ore e 56 minuti di viaggio, su binari a scartamento ordinario messi in posa nella seconda metà dell'Ottocento, su macchinario che, a volergli bene, è degli anni Settanta, in carrozze nelle quali l'aria condizionata è un privilegio.
  Sono tanti, sono troppi i «Corridoi zero» in questo Paese. Aree scollegate, isolate, nelle quali è il diritto stesso alla mobilità delle persone ad essere pregiudicato, da sempre negato. Aree del Paese dalle quali lo Stato ha ritirato i suoi presidi, ha chiuso scuole, caserme, asili, tribunali, uffici postali e stazioni ferroviarie, territori che vengono considerati un costo per la collettività, rami secchi di una discussione solo apparentemente schizofrenica, nella quale ad ergersi a paladini delle grandi opere e a chiedere la chiusura dei presidi periferici dello Stato sono le medesime persone. Sono tante, troppe le aree di pregio e dense di identità e cultura nelle quali un'idea di sviluppo non può nemmeno essere sognata, a causa dell'assenza di servizi, a causa della ritirata dello Stato, a causa dello spopolamento.
  Qualcuno vuole finalmente spiegare a quest'Aula ed agli italiani perché quando si parla di TAV, di ponti sugli stretti, di cacciabombardieri, le risorse – e si tratta di milioni di euro – si trovano sempre e quando, invece, si tratta di investire sul Pag. 51welfare, sulla continuità territoriale, sul diritto alla mobilità delle persone, sull'infrastrutturazione di base, le stesse non ci sono mai (Applausi dei deputati dei gruppi Sinistra Ecologia Libertà e MoVimento 5 Stelle) ?
  Perché, dunque, tanta ostinazione sulla TAV e così poca attenzione sulla ricostruzione de L'Aquila ? E qualcuno si è forse chiesto a che punto siano arrivati i lavori di messa in sicurezza del territorio di Giampilieri ? Ed, allora, la vogliamo fare finalmente una revisione seria della spesa pubblica ? Allora, basta per davvero con gli sprechi di denaro. Chiudiamo quel cantiere. Non imponete ai valligiani ciò che non vogliono, riempiendovi la bocca di una retorica neofuturista sulle luminose sorti e progressive che aprirebbe il Corridoio 6 Torino-Lione. E qui non ci sono luddisti, onorevoli colleghi, ma persone che vogliono volgere lo sguardo al Paese reale, che non di una o due grandi opere avrebbe bisogno ma di 10, 100, 1.000 importanti, decisive, piccole opere. Una spending review che sposti lo sguardo dai progetti faraonici alla cura, bonifica e messa in sicurezza di un territorio nazionale violentato e saccheggiato dalla speculazione e dall'incuria (Applausi dei deputati dei gruppi Sinistra Ecologia Libertà e MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Gaetano Nastri. Ne ha facoltà, per un massimo di 19 minuti.

  GAETANO NASTRI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, questo dibattito si pone sicuramente in un momento importante e delicato, perché dal risultato degli atti che la Camera adotterà può derivare l'impulso decisivo alla realizzazione di un progetto strategico in grado di dare anche una prospettiva europea all'intero Nord-ovest, non solo al Piemonte, e in senso generale proprio a tutto il nostro Paese.
  Infatti, il dibattito sulla Torino-Lione va, ormai, ben oltre il merito dell'opera stessa, di cui intendo ribadire l'utilità, la necessità, l'imprescindibilità per lo sviluppo economico e produttivo del Paese.
  Il dibattito – dicevo – va ben oltre, perché in realtà oggi si discute del fatto che un'opera, una realizzazione che ha passato il vaglio di numerosi livelli tecnici, un progetto che è stato oggetto di anni e anni di confronti in ogni sede, un'iniziativa che ha il consenso della maggioranza, per non dire della quasi totalità delle istituzioni coinvolte, possa essere iniziata e condotta a termine evitando che il boicottaggio posto in atto da una minoranza, che ha anche manifestato – e lo voglio ribadire qui – tendenze criminali, vi si possa opporre o possa addirittura impedirla.
  La mozione presentata dalla sinistra radicale, cui si sono aggiunte numerose firme del MoVimento 5 Stelle, conferma anche in questa occasione come coincidano i loro programmi, in assoluta antitesi ad ogni tentativo di qualsiasi progetto di modernizzazione del sistema infrastrutturale e trasportistico del Paese. Francamente non aggiungo nulla di nuovo rispetto a chi giudica la realizzazione dell'alta velocità Torino-Lione un'opera inutile e costosa.
  Al di là del merito, dunque, credo che dal Parlamento e da questa Camera debba essere ribadito il principio che, se un'opera pubblica decisa secondo i crismi di legge viene ritenuta utile per l'intera comunità nazionale e sia oggetto addirittura di trattati internazionali, non possa essere messa in discussione da una netta minoranza di contrari, che in questi anni hanno provocato incidenti di ogni genere, costretto a impiegare forze di polizia crescenti per garantire la sicurezza, anche con costi – qui nessuno lo dice – non irrilevanti. Tentate in tutti i modi di dilazionare l'avvio dei cantieri, in parte certe volte anche riuscendoci.
  Nella scorsa legislatura fu presentato un documento, che fu sottoscritto congiuntamente da tutti i gruppi della Camera, che riconfermava sia gli impegni precedenti che la richiesta al Governo di dare concreta attuazione alle risorse e alle misure di inserimento territoriale e ambientale della linea ed anche a misure di sollievo – e questo è fondamentale – alle popolazioni interessate, allocando le risorse Pag. 52secondo un criterio – e anche qui credo che bisogna sottolinearlo nella mozione che verrà approvata – di proporzionalità rispetto all'impatto subito.
  In tale ambito, lo scorso anno, attraverso la delibera del CIPE, che ha stanziato complessivamente 30 milioni di euro, di cui 10 milioni per opere compensative, sono intervenute novità di carattere finanziario riguardo alla realizzazione dell'alta velocità Torino-Lione, che hanno evidenziato come il processo di esecuzione dell'opera prosegua nonostante i periodici e i violenti assalti contro le forze dell'ordine, a cui va la più completa solidarietà ed ammirazione da parte mia e anche del gruppo di cui mi onoro di appartenere.
  Mi sembra importante ricordare all'Assemblea una serie di passaggi del recente passato che hanno caratterizzato alcune fasi determinanti sia dal punto di vista finanziario che dei relativi accordi internazionali, che confermano la valenza strategica dell'opera. La Commissione europea nell'ottobre del 2011 aveva inserito la nuova linea ferroviaria Torino-Lione tra le dieci infrastrutture prioritarie, dando il via libera ai finanziamenti comunitari 2014-2020 per le reti TEN-T. L'allora Ministro delle infrastrutture siglò un Accordo con il collega francese nel settembre del 2011, ottenne una nuova ripartizione dei costi, sicuramente molto vantaggiosa per il nostro Paese. All'esito di questo accordo le condizioni per la realizzazione e l'esercizio della TAV Torino-Lione determinarono un valore complessivo pari ad 8,2 miliardi di euro, che per la quota dell'Italia implicò un costo di 2 miliardi 700 milioni, al netto del cofinanziamento. Successivamente nel corso della Commissione intergovernativa italo-francese – parliamo di qualche mese fa – si siglò l'accordo relativo alle procedure di realizzazione e affidamento dei lavori. Ricordo che queste intese, insieme ad altre tappe già raggiunte, ha consentito al nostro Paese di rispondere in maniera positiva alle richieste della Commissione europea al fine di rispettare il cronoprogramma concordato con Bruxelles.

  Questo dibattito, che oggi conduciamo, ha dunque una natura prettamente politica, che consiste nella domanda che personalmente voglio porre al PD, ovvero se questo partito, nel quadro dell'attuale delicata fase politica in cui condivide responsabilità importanti di Governo con forze diverse, abbia finalmente deciso se la scelta dell'alleanza, in particolare sul suo versante sinistro, sia da privilegiare o meno rispetto agli interessi complessivi del Paese e alla realizzazione di un'opera per la quale la maggioranza stessa degli esponenti del PD appare favorevole.
  La TAV è importante in sé, in primo luogo perché, senza questo collegamento con la rete transeuropea, l'Italia intera, e il nord-ovest in particolare, subirebbe una diminuzione di capacità competitiva, le cui conseguenze sono così gravi da poter essere difficilmente calcolate.
  In secondo luogo, perché il fare la TAV, riuscendo ad imporre un'opera di interesse generale sconfiggendo i particolarismi e, soprattutto, gli interessi di una minoranza di blocco, costituirebbe senz'altro un punto anche miliare verso un cammino davvero riformista di questo Paese.
  La TAV è un'opera sicuramente importante per tutto il territorio, che, tuttavia, potrà trarne beneficio solo se essa sarà in grado di garantire degli effetti positivi diretti e indiretti sulla popolazione in termini di salute e vivibilità del territorio, soprattutto nella fase di cantierizzazione, e opere di compensazione unite ad un monitoraggio costante delle condizioni ambientali e idrogeologiche.
  Ecco perché la mozione che Fratelli d'Italia ha presentato ha colto e soprattutto ha degli spunti su cui noi vorremmo impegnare non solo il Governo, ma l'intera Aula. Essa impegna il Governo su diversi punti: innanzitutto, a intensificare le visite sul territorio interessato, programmando, a latere, riunioni e conferenze stampa che informino sullo stato di avanzamento dei lavori, sulle eventuali nuove iniziative in corso, sullo stato di realizzazione delle opere di compensazione, sui monitoraggi dei rilievi ambientali e geomorfologici; a Pag. 53prevedere anche una normativa urgente finalizzata alla deroga del Patto di stabilità per i comuni e la provincia interessati alla realizzazione delle opere di compensazione alla NLTL e, in una fase successiva, alla valutazione della zona a burocrazia zero, zona franca, per la porzione di territorio insistente sulla tratta internazionale; nell'ambito delle opere di compensazione, a prevedere le modalità per garantire il mantenimento di un congruo livello di qualità della vita per le popolazioni interessate dall'edificazione dell'opera, nel rispetto di criteri anche di estetica, affinché si realizzi una riqualificazione del territorio che sappia anche contemperare le due vocazioni essenziali di quei territori, quella turistica e quella agricola; al fine di promuovere l'istituzione di un organismo di monitoraggio e controllo legato alla comunicazione e condivisione sullo stato di avanzamento lavori che metta in relazione i comuni del territorio con il Governo e, soprattutto, la regione Piemonte; a sottoporre la stesura delle opere direttamente cantierizzabili al parere preventivo, non vincolante, dei consigli comunali dei territori interessati; ad aggiornare, di concerto con la regione Piemonte, il I atto aggiuntivo all'IGQ e, conseguenzialmente, a finanziare la realizzazione delle stazioni del nodo di Torino, di Dora e Zappata e l'acquisizione di nuovo materiale rotabile; a finanziare il secondo stralcio delle opere di compensazione di cui il CIPE, come citato, ha preso atto in data 31 maggio 2013 (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Liuzzi. Ne ha facoltà.

  MIRELLA LIUZZI. Signor Presidente, più che di analisi politiche ed elettorali, vorrei parlare delle ragioni che hanno alimentato il «no» al TAV, che sono state spesso tacciate di essere battaglie ideologiche. In questo mio intervento parlerò di numeri e di dati relativi al TAV, di trasporto regionale su ferro nel resto d'Italia e dei tagli inferti negli ultimi anni al settore ferroviario.
  Vediamo se anche questa sarà considerata ideologia ! Quest'opera non ha dati che la giustifichino. Partiamo dai numeri relativi al traffico merci nella zona interessata dal progetto. Nel febbraio 2012, in un appello rivolto all'allora Presidente del Consiglio, Mario Monti, 360 professori, ricercatori e professionisti hanno evidenziato come nel corso degli ultimi dieci anni sia diminuita la domanda di trasporto merci e passeggeri nel tunnel autostradale del Frejus e del Monte Bianco.
  Nello specifico, nel decennio tra il 2000 e il 2009 il traffico complessivo di merci è crollato del 31 per cento, come ricordava anche il collega di SEL.
  La Val di Susa ospita già una linea ferroviaria assolutamente moderna, il cui binario di salita è stato terminato solo nel 1984 e su cui da sempre si susseguono lavori per mantenerla ai massimi livelli di efficienza. Tra il 2002 e il 2010 anche il tunnel principale è stato radicalmente rinnovato. Non è quindi, se non per l'origine, una linea vecchia.
  Tra l'altro la nuova linea ferroviaria Torino-Lione non sarebbe nemmeno ad alta velocità per passeggeri perché, essendo quasi interamente in galleria, la velocità massima di esercizio dovrebbe essere di 220 chilometri orari, con tratti a 160 e 120 chilometri orari, come risulta dalla VIA presentata dalle Ferrovie italiane. Per effetto del transito di treni passeggeri e merci, l'effettiva capacità della nuova linea ferroviaria Torino-Lione sarebbe praticamente identica a quella della linea storica, attualmente sottoutilizzata, nonostante il suo ammodernamento terminato un anno fa e per il quale sono stati investiti da Italia e Francia circa 400 milioni di euro.
  Il TAV ha effetti controproducenti per l'ambiente e per la salute. Il bilancio energetico del tunnel è nettamente negativo, in base agli studi dell'università di Siena sul consumo legato alla costruzione dell'opera. Utilizzare una linea ferroviaria è più vantaggioso della strada sotto il profilo delle emissioni di CO2, se le merci devono essere trasportate oltre i 350 chilometri Pag. 54e il trasporto resta a un determinato limite di velocità e di grandezza delle infrastrutture.
  Il TAV non solo è inutile, ma è dannoso per l'ambiente e le falde acquifere.
  L'amianto è presente nelle rocce che dovrebbero essere attraversate dalla galleria più orientale. È stato stimato che dovrebbero essere estratti più di un milione di metri cubi di materiale contenente amianto. Ora, sappiamo benissimo che l'amianto si può trattare in sicurezza, ma il problema è che lavorare in questo modo una così grande quantità di materiale produrrebbe un aumento enorme dei costi e dei tempi di lavorazione.
  Il massiccio immediatamente ad ovest di Venaus contiene minerali di uranio. I risultati di analisi effettuate su campioni di roccia conferma questa tesi.
  Tutti questi dati e tutte queste analisi sono il frutto di studi approfonditi descritti nel documento raccolto dal Comitato «No TAV», dove vengono elencate ben 150 ragioni, per le quali il TAV è una grande opera inutile (Applausi dei deputati dei gruppi MoVimento 5 Stelle e Sinistra Ecologia Libertà).
  In questa sede vogliamo aggiungerne anche altre. In tutte le regioni i servizi di trasporto ferroviario si stanno degradando sempre di più. Scrivono i giornalisti Tonacci e Zunino su la Repubblica che il 2012 è stato «l'anno orribile» del trasporto locale su ferro. La linea Roma-Viterbo conta da sola il doppio di passeggeri di tutta l'alta velocità italiana.
  Fa una certa impressione scoprire che nessuna delle venti regioni dedichi al tema «ferrovie locali» una cifra che arrivi all'1 per cento del proprio bilancio. Ci si avvicina l'Emilia Romagna, ma nella Lombardia si impiega lo 0,51 per cento del totale, nel Lazio lo 0,13 per cento e in Calabria lo 0,3 per cento per il trasporto locale su ferro.
  Nel Lazio le spese per le indennità dei consiglieri e dei gruppi politici nel 2011 sono state 36,1 milioni, quelle destinate ai pendolari un milione in meno.
  Tutte le regioni, negli ultimi due anni, hanno aumentato, in complicità con i gestori, le tariffe dei biglietti. In Liguria anche del 30 per cento.
  Per conoscenza, citerò alcuni casi limite del trasporto ferroviario pendolare che abbiamo in Italia, partendo proprio dal Piemonte. Quest'ultima era la regione con più chilometri di ferrovia in Italia, oltre 1800, e 200 mila viaggiatori trasportati quotidianamente. Perché era ? Perché la giunta Cota, soffocata dai tagli accolti da PD, PdL e UDC in un «garrulo» ossequio di folli diktat europei (meccanismo europeo di stabilità et similia) ha tagliato 12 linee ferroviarie, per un totale di 483 chilometri, pari al 25 per cento della rete.
  In Sardegna, le due più grandi città, Sassari e Cagliari, sono collegate con una linea non elettrificata, poco più di 200 chilometri su un unico binario che vengono erogati in quasi 4 ore, come faceva notare anche il collega Piras.
  In Sicilia lo scenario ferroviario non fa onore alle bellezze naturali della regione. Addirittura è lo stesso personale di Trenitalia che sconsiglia l'uso dei mezzi su ferro. E come dargli torto ? La tratta Trapani-Siracusa ricopre circa 498 chilometri, per i quali sono necessari sette cambi prima di arrivare a destinazione, per una durata totale di circa 4 ore e 40 minuti, tenendo conto degli usuali ritardi. Ma la Siracusa-Palermo è quella che presenta le maggiori criticità. Infatti sono necessarie 6 ore e 20 minuti per una tratta che supera poco più i 200 chilometri.
  Arriviamo alla mia regione, la Basilicata. Il caso più eclatante riguarda Matera dove non c’è nessuna stazione delle Ferrovie dello Stato. Ci sono però delle littorine, che collegano Matera a Bari tramite linee a scartamento ridotto anche queste non elettrificate. E se, ad esempio, volessimo viaggiare in treno tra i due capoluoghi lucani Matera e Potenza ? Non esiste nessun collegamento diretto, ma 100 chilometri da percorrere in 6 ore e 50 minuti con due cambi, Foggia e Bari, velocità media 14,5 chilometri all'ora. Altro che alta velocità, in questa nazione Pag. 55dovremmo partire dal diritto alla mobilità e dai servizi base (Applausi dei deputati dei gruppi MoVimento 5 Stelle e Sinistra Ecologia Libertà) !
  La priorità di questo Governo dovrebbe essere quella delle piccole opere e delle relative manutenzioni a differenza delle grandi opere che occupano poca gente. È necessario ridurre i costi della mobilità laddove sono più alti, cioè nelle aree urbane e metropolitane, dove c’è il 75 per cento del traffico anche merci. Quello che serve all'economia è creare in fretta il massimo di occupazione cioè di domanda interna per ogni euro pubblico speso. Infatti, a fronte di una spesa di svariati miliardi di euro, l'opera in questione potrebbe dar luogo solo a un migliaio di posti di lavoro.
  Concludo, signor Presidente, citando un passaggio del libro nero della TAV di Ivan Cicconi: la storia dell'alta velocità è la metafora per eccellenza della recente storia del nostro Paese: ci spiega le principali vicende che hanno segnato la cosiddetta Seconda Repubblica. Quella della privatizzazione delle aziende pubbliche senza i privati e senza liberalizzazioni. Quella dell'ingresso nella moneta unica comunitaria e delle furbizie per eludere le regole europee. Quella dei boiardi di Stato, con la loro corte di faccendieri, al servizio degli interessi privati. Quella dei conflitti di interesse diffusi, coperti e alimentati dal conflitto di interesse per eccellenza. Quella della questione morale, già negli anni Ottanta declinata nel rapporto perverso fra partiti e istituzioni, nell'occupazione delle istituzioni da parte dei partiti in quanto tali, nella partitocrazia senza partiti e nella politica che usa ed abusa della cosa pubblica. La vera storia dell'alta velocità è comunque la chiave di lettura indispensabile per capire come il sistema di relazioni fondato sulle tangenti sia stato sostituito da un nuovo sistema che consente la transazione affaristica fra gli accoliti dei partiti dello Stato postkeynesiano ed i cosiddetti manager delle imprese cosiddette private nell'era postfordista, al riparo dalla contestazione e dal reato di corruzione. Ci consente di caratterizzare quello che è diventato il modello TAV, oggi replicato negli enti locali dai mariuoli post-moderni, non più affaccendati a celebrare il rito a rischio della tangente ma trasformati in sanguisughe delle istituzioni (Applausi dei deputati dei gruppi MoVimento 5 Stelle e Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali delle mozioni.
  Avverto che è stata testé presentata la mozione Giorgia Meloni e altri n. 1-00069 (Vedi l'allegato A – Mozioni) il cui testo è in distribuzione.
  Avverto altresì che, come anticipato alla Presidenza, il rappresentante del Governo si riserva di intervenire nel seguito della discussione delle mozioni in esame previsto per domani. In tale sede sarà, altresì, espresso il parere sugli atti di indirizzo presentati.
  Il seguito della discussione è rinviato ad altra seduta.

Su un lutto del deputato Rudi Franco Marguerettaz.

  PRESIDENTE. Comunico che il collega Rudi Franco Marguerettaz è stato colpito da un grave lutto: la perdita del padre.
  Al collega la Presidenza della Camera ha già fatto pervenire le espressioni della più sentita partecipazione al suo dolore, che desidera ora rinnovare anche a nome dell'intera Assemblea.

Sull'ordine dei lavori (ore 17,20).

  LIA QUARTAPELLE PROCOPIO. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà per due minuti.

  LIA QUARTAPELLE PROCOPIO. Signor Presidente, deputati e deputate, dal 28 maggio in molte città della Turchia Pag. 56sono in corso manifestazioni che hanno portato a violenti scontri tra manifestanti, soprattutto giovani e la Polizia.
  Vorremmo in quest'Aula essere vicini alle tre vittime, tutte e tre giovanissime, alle loro famiglie e a chi con loro in questi giorni ha condiviso momenti di attivismo e impegno politico: Ethem Sarisuluk, 23 anni, Mehmet Ayvalitas, 20 anni, e Abdullah Comert, 22 anni, deceduto oggi, militante dei giovani del Partito Repubblicano del Popolo.
  Esprimiamo vicinanza ai 1.700 manifestanti arrestati, alle centinaia di feriti e a tutti coloro che sono stati coinvolti dalle violenze in tante città turche. Come Partito Democratico seguiamo con grande preoccupazione l'evoluzione della situazione in Turchia, dove la Polizia ha impiegato uno sproporzionato uso della forza contro i dimostranti che manifestavano inizialmente per difendere il Gezi Park nel centro di Istanbul.
  Questo ha innescato una spirale di violenza dilagata in molte città turche. Condanniamo qualsiasi atto di violenza e chiediamo il rispetto del diritto di manifestare pacificamente. Respingiamo alcune letture stereotipate che sono state fatte di questi avvenimenti. I processi interni di ogni Paese devono essere letti con rispetto delle dinamiche nazionali, e non sovrapponendo facili schematismi che equiparano situazioni e dinamiche molto lontane tra loro. Se vogliamo essere vicini a chi in altri Paesi si impegna a cambiare la propria realtà attraverso la politica, dobbiamo essere in grado di ascoltarne con rispetto le motivazioni e le ragioni specifiche dell'agire politico, senza piegarle alla nostra interpretazione. Il confronto tra posizioni ed orientamenti diversi all'interno di regole condivise è l'elemento chiave della democrazia. Supportiamo pertanto gli sforzi di mediazione messi in campo in primo luogo dal Presidente turco Abdullah Gül, che esortato tutte le parti al rispetto reciproco e alla maturità nel confronto. La democrazia turca si è candidata...

Testo sostituito con errata corrige volante   PRESIDENTE. Ha finito il suo tempo, onorevole. Avesse comunque potuto finire la frase. Sono stata un po’ brusca, me ne scuso.   PRESIDENTE. Ha finito il suo tempo, onorevole. Avrebbe comunque potuto finire la frase. Sono stata un po’ brusca, me ne scuso.

  ARTURO SCOTTO. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà, per due minuti.

  ARTURO SCOTTO. Signor Presidente, intervengo per esprimere preoccupazione, angoscia, disappunto, rispetto ai fatti di Istanbul, di Ankara, di Smirne e di altri paesi della Turchia. La Turchia è un grande Paese, è un Paese che è la porta dell'Asia in Europa e la porta dell'Europa verso l'Asia. È un Paese che partecipa all'Unione doganale europea, è un Paese che da tempo chiede di poter entrare dentro l'Unione europea. Purtroppo la crescita economica, lo sviluppo produttivo, un PIL che viaggia a cifre molto elevate, molto spesso non sono sinonimi di democrazia, di rispetto di diritti umani, di una condizione positiva per le donne e gli uomini di questo Paese e quindi assistiamo con grande sofferenza ai fatti e a un processo, pericoloso, di islamizzazione di quel Paese, che è la causa principale scatenante degli scontri di questi giorni.
  Gezi Park è il simbolo di una generazione che vuole essere europea, che vuole provare ad evitare di tornare indietro ed io penso che noi dobbiamo fare, come ha detto il Ministro Bonino, grande attenzione. Dobbiamo però essere molto determinati: ogni volta che si violano i diritti umani è un diritto che viene violato anche nei nostri confronti. E per questo noi pensiamo e chiediamo, concludo, al Governo, di attivarsi presso la Turchia perché cessino queste violenze e si ritorni ad un dialogo con i manifestanti e, allo stesso tempo, chiediamo al Ministro Bonino di venire a riferire qui in Aula sugli sviluppi della crisi (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).

  ALESSANDRO DI BATTISTA. Chiedo di parlare.

Pag. 57

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà per due minuti, mi raccomando.

  ALESSANDRO DI BATTISTA. Signor Presidente, a nome del MoVimento 5 Stelle, esprimiamo solidarietà ed appoggio al popolo turco che da giorni manifesta nelle piazze di tutto il Paese in difesa della libertà di espressione. Il popolo turco chiede partecipazione, possibilità decisionali, chiede di essere ascoltato ma la classe politica, in Turchia come in Italia, è sorda e lo Stato sa solo rispondere con eccessiva violenza, come ricorda Amnesty International. Non è un caso, evidentemente, che il senatore Berlusconi, condannato a quattro anni per frode fiscale, con il quale, repetita iuvant, voi del Partito Democratico governante assieme...

  PRESIDENTE. Onorevole Di Battista, si attenga alla materia...

  ALESSANDRO DI BATTISTA. Va bene, lo volevo solo ricordare...sia un ottimo amico del premier Erdogan che vuole mettere un bavaglio alla rete esattamente come tanti politicanti nostrani vorrebbero fare (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Ci piace ricordare qui, e concludo, ricordare le parole di Erri De Luca riguardo a quello che sta accadendo in Turchia: «La battaglia di Istanbul è per gli innamorati a passeggio sui viali, per i pensionati, per i cani, per le radici, la linfa, i nidi sui rami, per l'ombra d'estate, per le tovaglie stese coi cestini e i bambini. La battaglia di Istanbul è per allargare il respiro e per la custodia del sorriso». Ai cittadini turchi diciamo: «Non mollate» (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  PRESIDENTE. La Presidenza si associa alle espressioni di solidarietà manifestate dai deputati Quartapelle Procopio, Scotto, Di Battista.

  DANIELA SBROLLINI. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  DANIELA SBROLLINI. Io vorrei ricordare la sentenza storica di ieri sulla vicenda Eternit (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Sinistra Ecologia Libertà). Finalmente si dà rispetto e dignità a quelle morti, alle troppe morti per amianto e alle loro famiglie che hanno visto ieri finalmente trionfare la giustizia.
  Una condanna forte, che qui vorrei ricordare, per disastro doloso permanente e omissione dolosa di misure antinfortunistiche. Questa sentenza, però, ci riempie di responsabilità come Parlamento e come Governo e ci richiama anche ad un'altra vicenda: quella dell'ILVA di Taranto. Sono passati troppi anni da quando queste famiglie hanno chiesto di essere ascoltate e di avere giustizia; ad oggi sappiamo che i costi per gli indennizzi che la Eternit dovrà versare sono altissimi.
  Oggi, però, con questa sentenza io voglio richiamare il Governo, ed evidentemente anche la Conferenza dei capigruppo, a riprendere in mano le proposte di legge che noi abbiamo depositato già nella scorsa legislatura e abbiamo ridepositato in questa nuova legislatura proprio sul tema dell'amianto, in modo particolare per quanto concerne la questione delle bonifiche del territorio e gli indennizzi, ma anche il tema che riguarda le malattie ambientali.
  Ecco, io chiedo oggi al Governo e al Parlamento di riprendere in mano questo tema importante e di non lasciare sole queste famiglie e i tanti ammalati che oggi chiedono quantomeno ascolto e di non rimanere più soli com’è stato fatto finora (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  TIZIANO ARLOTTI. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  TIZIANO ARLOTTI. Colleghi deputati, nell'esercizio delle nostre prerogative di parlamentari, appena ci siamo insediati, abbiamo iniziato un po’ tutti a depositare anche più interrogazioni; per quanto mi Pag. 58riguarda la prima è del 25 marzo. Interrogazioni su temi sui quali ritengo sia importante conoscere quali sono le determinazioni, se questi fatti siano veri, se alcune informazioni siano giunte al Governo o se siano esatte, come cita l'articolo 128 del Regolamento, se lo stesso Governo intenda comunicare alla Camera documenti o notizie o abbia preso o stia per prendere provvedimenti. Però, devo dire che ho scelto di chiedere anche una risposta scritta, proprio per non inondare di richieste di interrogazioni urgenti, in molti casi su temi importanti riguardanti, in questo caso, il territorio riminese e dell'Emilia-Romagna. Di tutte queste ne ho presentate alcune sui lavoratori transfrontalieri (fra l'altro in questi giorni si trovano a pagare un anticipo sulle imposte che è micidiale), sull'alta velocità, sull'emergenza idrogeologica, sulla situazione pesante delle carceri, fino a temi importanti per il nostro territorio come la richiesta di adeguati rinforzi delle forze dell'ordine nell'imminente inizio di stagione estiva.
  Ad oggi non ho ricevuto alcuna risposta scritta. Posso concedere che c’è stato un avvicendamento anche di Governo, ma io credo sia opportuno che i tempi – quei venti giorni che sono previsti dal Regolamento all'articolo 134 – vengano rispettati, per non mortificare anche la nostra funzione di sindacato.

  MARCO CARRA. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  MARCO CARRA. Intervengo anche a nome della collega Martelli e del collega Colaninno per chiede al Governo, per suo tramite, signora Presidente, di intervenire in relazione ad una vicenda piuttosto problematica che riguarda tre aziende mantovane: la Grecav di Gonzaga, la Vela di Serravalle a Po e la Allison di Volta Mantovana, i cui dipendenti da diversi mesi non percepiscono alcun reddito.
  È stata inoltrata da parte di queste aziende la richiesta di cassa integrazione – nei primi due casi di cassa integrazione straordinaria, nell'ultimo caso di cassa integrazione in deroga – ma ormai da luglio dell'anno scorso non percepiscono nulla. Chiediamo al Governo di attivarsi affinché venga data una risposta a questi lavoratori e a queste lavoratrici per consentire loro di affrontare la quotidianità con maggior serenità rispetto a quanto non stiano facendo ora (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

  GIOVANNI MARIO SALVINO BURTONE. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà per due minuti.

  GIOVANNI MARIO SALVINO BURTONE. Signor Presidente, ieri, a Leonforte in Sicilia, il MoVimento 5 Stelle ha tenuto un comizio. Il leader di quel Movimento ancora una volta ha utilizzato toni molto forti, duri, a volte anche volgari; ha minacciato giornalisti...

  PRESIDENTE. Deputato Burtone, sapevo che doveva sollecitare un'interrogazione. Vorrei capire l'oggetto di questo intervento (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

  GIOVANNI MARIO SALVINO BURTONE. Signor Presidente, volevo soltanto sottolineare che per la vita della nostra democrazia l'odio espresso in quella sede è certamente un fatto negativo. Pensavo che in questo Parlamento, alla fine, nell'ordine dei lavori, si potesse fare anche questo richiamo.

  PRESIDENTE. Colgo l'occasione per informare i colleghi che sono in Aula – i presidenti di gruppo già lo sanno – che, in questa fase della discussione, abbiamo chiesto ai gruppi di limitarsi a sollevare questioni che riguardano il sindacato ispettivo o a parlare di avvenimenti di rilevanza particolare dal punto di vista Pag. 59politico. Non la volevo interrompere però a me era stato detto che lei doveva sollecitare un'interrogazione. Questo è quello che avevo capito dagli uffici. Me ne scuso, ma abbiamo capito, la ringrazio.

Sui lavori della Camera.

  PRESIDENTE. Comunico che nella seduta di domani, mercoledì 5 giugno, sarà iscritta all'ordine del giorno la votazione sulle dimissioni del deputato Andrea Angelo Gibelli, testé presentate a seguito del suo subentro annunciato nella seduta odierna.

Ordine del giorno della seduta di domani.

  PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

  Mercoledì 5 giugno 2013, alle 15:

  1. – Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

  (ore 16)

  2. – Discussione del disegno di legge:
   Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35, recante disposizioni urgenti per il pagamento dei debiti scaduti della pubblica amministrazione, per il riequilibrio finanziario degli enti territoriali, nonché in materia di versamento di tributi degli enti locali. Disposizioni per il rinnovo del Consiglio di presidenza della giustizia tributaria (Approvato dalla Camera e modificato dal Senato) (C. 676-B).

  3. – Seguito della discussione delle mozioni Airaudo, Castelli ed altri n. 1-00048, Costa ed altri n. 1-00033, Allasia ed altri n. 1-00064, Vitelli ed altri n. 1-00066, Speranza ed altri n. 1-00068 e Giorgia Meloni ed altri n. 1-00069 in merito alla realizzazione della nuova linea ferroviaria Torino-Lione.

  4. – Dimissioni del deputato Andrea Angelo Gibelli.

  La seduta termina alle 17,35.

Pag. 60

VOTAZIONI QUALIFICATE EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 1 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 1)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nom. Moz. Speranza e a. n. 1-67 521 521   261 521   35 Appr.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M = Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.