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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 18 di venerdì 17 maggio 2013

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE LUIGI DI MAIO

  La seduta comincia alle 10,05.

  FERDINANDO ADORNATO, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
  (È approvato).

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, il deputato Epifani è in missione a decorrere dalla seduta odierna.
  Pertanto i deputati in missione sono complessivamente trentatré, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

  Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

Discussione del disegno di legge: S. 298 – Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 25 marzo 2013, n. 24, recante disposizioni urgenti in materia sanitaria (Approvato dal Senato) (A.C. 734-A) (ore 10,10).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 25 marzo 2013, n. 24, recante disposizioni urgenti in materia sanitaria.

(Discussione sulle linee generali – A.C. 734-A)

  PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
  Avverto che i presidenti dei gruppi parlamentari MoVimento 5 Stelle, Sinistra Ecologia Libertà e Partito Democratico ne hanno chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
  Avverto, altresì, che la XII Commissione (Affari sociali) si intende autorizzata a riferire oralmente.
  Ha facoltà di intervenire il relatore e presidente della Commissione Affari sociali, deputato Pierpaolo Vargiu.

  PIERPAOLO VARGIU, Relatore. Signor Presidente, colleghi deputati e deputate, il provvedimento oggi in discussione in Assemblea, di conversione in legge del decreto-legge 25 marzo 2013, n. 24, recante disposizioni urgenti in materia sanitaria, è stato approvato dal Senato con modificazioni rispetto al testo iniziale del Governo e ulteriormente modificato nel corso dell'esame presso la XII Commissione Affari sociali della Camera.
  Il decreto-legge, che dovrà essere convertito entro il termine del 25 maggio prossimo, si compone di tre articoli.
  L'articolo 3 riguarda l'entrata in vigore del provvedimento.Pag. 2
  Per quanto riguarda l'articolo 1, comma 1, lettere a) e b), si dispone innanzitutto la proroga di un anno, ovvero al 1o aprile del 2014, dell'effettiva chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari, già fissata dal previgente articolo 3-ter del decreto-legge n. 211 del 2011, recante «Interventi urgenti per il contrasto della tensione detentiva determinata dal sovraffollamento delle carceri», convertito dalla legge n. 9 del 2012, al 31 marzo 2013. Al riguardo, si segnala che il superamento degli attuali sei ospedali psichiatrici giudiziari italiani, i quali al 2 maggio 2013 risultavano ospitare 1400 internati, richiede l'allestimento di strutture sanitarie regionali sostitutive in grado di garantire la presa in carico degli internati. Si è reso necessario disporre la proroga di un anno del termine di chiusura degli OPG, in quanto le regioni anche per carenza di risorse non hanno potuto realizzare né convertire tali strutture entro il termine del 31 marzo 2013, così come non è stato possibile sviluppare i previsti percorsi formativi del personale dipendente delle strutture sanitarie e di accoglienza in corso di realizzazione.
  Va inoltre rilevato che la definizione dei requisiti delle strutture sanitarie sostitutive è stata disciplinata dal Governo solo di recente con il decreto ministeriale 1o ottobre 2012, mentre le risorse da assegnare alle regioni sono state ripartite dal decreto ministeriale 28 dicembre 2012.
  L'articolo 1 dispone, inoltre, interventi di perfezionamento del percorso attuativo da parte delle regioni, con particolare riferimento ai contenuti dei programmi regionali volti alla realizzazione delle strutture sanitarie territoriali ed all'adozione di percorsi riabilitativi e di reinserimento sociale degli ex internati.
  Il programma regionale, come disciplinato dal decreto-legge in esame, che ne ha integrato i contenuti rispetto a quanto previsto dal decreto-legge n. 211, deve – con attività miranti a incrementare i percorsi terapeutico riabilitativi degli ex internati – riguardare anche interventi di natura strutturale e iniziative volte a favorire l'adozione di misure alternative sia all'internamento negli OPG che nelle nuove strutture sanitarie regionali, potenziando i servizi di salute mentale territoriali.
  Il testo approvato dal Senato ha precisato che i programmi delle regioni, stabilendo prioritariamente tempi certi ed impegni precisi per il superamento degli OPG, devono esplicitamente prevedere la dimissione, entro il 31 marzo 2014, di tutti gli internati ritenuti non più socialmente pericolosi dall'autorità giudiziaria. Poiché tale differimento temporale è stato soppresso nel corso dell'esame presso la XII Commissione della Camera, ne consegue che tale categoria di internati debba essere immediatamente dimessa dagli ospedali psichiatrici giudiziari. Si deve poi prevedere l'obbligo per le ASL regionali di presa in carico degli internati e favorire l'esecuzione di misure di sicurezza alternative al ricovero in OPG o all'assegnazione a casa di cura e di custodia.
  Agli oneri finanziari derivanti dalla realizzazione delle misure indicate si provvederà con gli stessi fondi inerenti l'autorizzazione di spesa biennale relativa al superamento degli OPG e all'assunzione di personale qualificato per le nuove strutture sanitarie regionali.
  Nel corso dell'esame al Senato è stata introdotta una disposizione sugli obblighi di informazione del Governo al Parlamento. In particolare, si prevede che, entro sei mesi, i Ministri della salute e della giustizia riferiscano sullo stato di attuazione dei programmi regionali per il superamento degli OPG, con particolare riferimento all'effettiva e totale presa in carico degli internati presso i dipartimenti di salute mentale e all'avvio dei programmi di cura e reinserimento sociale.
  Conseguentemente, anche al fine di evitare una duplicazione dell'obbligo di relazione alle Camere da parte del Ministro della salute, la XII Commissione ha soppresso la parte del comma 2 dell'articolo 1 che già recava un obbligo di relazione del medesimo Ministro, entro il 31 maggio 2013, sugli interventi di cui al programma presentato dalle regioni.Pag. 3
  Il comma 1, lettera e), dell'articolo 1 riguarda l'esercizio di poteri sostitutivi del Governo in caso di inerzia delle regioni. Mentre la norma previgente collegava l'esercizio di tali poteri al mancato rispetto del termine per il superamento degli OPG, viene adesso previsto che essi siano connessi, più in dettaglio, alla mancata presentazione, entro il 15 maggio 2013, del programma regionale di interventi di cui al comma 6, a fronte del quale, in base allo stato di avanzamento dei lavori, sono erogate le risorse, e al mancato rispetto del termine di completamento del programma.
  Inoltre, si prevede che, in caso di esercizio dei poteri sostitutivi, il Consiglio dei ministri, sentita la Conferenza Stato-regioni, debba nominare un unico commissario in tutte le regioni per le quali ciò si renda necessario. Il comma 3 dell'articolo 1 riguarda la copertura finanziaria.
  Passando ad illustrare l'articolo 2, che forse è quello di maggiore impatto del provvedimento, esso intende regolamentare l'impiego di medicinali per terapie avanzate preparati su base non ripetitiva e l'impiego terapeutico dei medicinali sottoposti a sperimentazione clinica.
  Tale articolo, modificato nel corso dell’iter presso il Senato, ha subito ulteriori rilevanti modifiche nel corso dell'esame presso la XII Commissione della Camera. Sembra opportuno ricordare che tale disposizione trae origine, essenzialmente, dalla necessità di fare fronte alla delicata situazione delineatasi negli ultimi mesi a seguito di un'ispezione dell'Aifa presso l'azienda ospedaliera Spedali Civili di Brescia, dove venivano effettuate terapie con medicinali a base di cellule staminali mesenchimali, preparate secondo il cosiddetto metodo della Stamina Foundation.
  Al riguardo, si ricorda che il ricorso e la prosecuzione della terapia a base di cellule staminali, secondo il cosiddetto metodo Stamina, presso gli Spedali Civili di Brescia sono stati oggetto di complesse e, a volte, contrastanti ordinanze di giudici ordinari e amministrativi. La terapia Stamina è stata, inoltre, oggetto di interventi di farmacovigilanza.
  Con ordinanza del 15 maggio 2012, Aifa accertava che presso l'azienda ospedaliera Spedali Civili di Brescia venivano effettuate terapie con medicinali a base di cellule staminali non autorizzate ai sensi del decreto 5 dicembre 2006. La medesima Agenzia vietava, quindi, ogni attività di prelievo, trasporto, manipolazione, coltura, stoccaggio e somministrazione di cellule umane presso la stessa azienda ospedaliera Spedali Civili di Brescia.
  Nel settembre del 2012, anche per le vicende legate alla terapia Stamina, viene avviato presso il Ministero della salute un tavolo di lavoro sugli studi e l'utilizzo in Italia delle cellule staminali mesenchimali. Al tavolo partecipano tecnici del Ministero della salute, dell'Aifa, dell'Istituto superiore di sanità e del Centro nazionale trapianti, allo scopo di raccogliere dati e informazioni relativi alle patologie trattate, alle tipologie di tessuti e di cellule utilizzate, al numero di pazienti e agli effetti dei trattamenti.
  Contestualmente, come supporto scientifico, viene costituito un board di saggi, che, nella riunione del 16 novembre 2012, esamina una relazione sulla metodologia utilizzata da Stamina, descritta nella richiesta di brevetto presentata dalla medesima organizzazione. Il board rileva che i pazienti che ricevevano le cellule prodotte da Stamina erano trattati, in alcuni casi, con cellule proprie, autotrapianti, in altri casi con cellule provenienti da donatori esterni, allotrapianti, e, in altri casi, con cellule provenienti da altri pazienti malati, con la possibile trasmissione di gravi patologie.
  Pertanto, il board, applicando i principi base dell'etica medica, valutava il progetto terapeutico e le condizioni di applicazione della terapia privi della necessaria documentazione scientifica e medica di supporto. In sostanza, la valutazione confermava gli elementi di preoccupazione circa la sicurezza e l'efficacia già espressi da altre istituzioni. Questo, in sostanza, il quadro di riferimento, sia politico sia di tipo scientifico e mediatico, nell'ambito del quale la XII Commissione ha esplicitato il suo lavoro.Pag. 4
  Passando all'illustrazione del contenuto dell'articolo 2, il comma 1 dell'articolo in esame è stato stralciato nel corso dell'esame in Senato.
  La disposizione di cui al comma 2 è volta a consentire alle strutture pubbliche, in cui siano stati avviati, anteriormente alla data di entrata in vigore del decreto-legge in esame, trattamenti su singoli pazienti con medicinali per terapie avanzate a base di cellule staminali mesenchimali, il completamento del trattamento – quindi tutti i pazienti che oggi sono in trattamento con il cosiddetto metodo Stamina hanno la certezza che venga garantito il diritto a completare il trattamento –, purché questo avvenga sotto la responsabilità del medico prescrittore, quindi nel rispetto del codice etico, oltre che delle leggi, che il medico prescrittore ben conosce.
  Si segnala che la XII Commissione della Camera è intervenuta su tale disposizione eliminando dal testo approvato dal Senato quella parte del comma 2 che richiamava la necessità per cui i predetti trattamenti fossero conformi alle procedure di cui al decreto legislativo 6 novembre 2007, n. 191, in materia di trapianti di cellule e tessuti, ritenendosi che il caso di specie vada riportato piuttosto, dal punto di vista giuridico e regolatorio, alla normativa sui prodotti medicinali disciplinati, a livello comunitario, dalla direttiva 2001/83/CE e, a livello nazionale, dal decreto legislativo n. 219 del 2006 di attuazione della stessa direttiva. Questa determinazione a cui è giunta la Commissione è conforme alle leggi vigenti in materia e agli orientamenti univoci della comunità scientifica internazionale e di chiunque faccia qualsiasi attività di sperimentazione o clinico-farmacologica sul paziente.
  Sempre nel corso dell'esame del decreto-legge presso la Commissione affari sociali della Camera, è stata rivisitata la restante parte dell'articolo 2, commi 2-bis e 2-quater, relativa all'ulteriore accesso alle suddette terapie – altro elemento estremamente sensibile del provvedimento che abbiamo in esame –, consentito solo nell'ambito di una sperimentazione clinica, la cui previsione è stata introdotta nel decreto-legge nel corso dell’iter al Senato.
  Pur mantenendo la scelta, deliberata dal Senato, di consentire una sperimentazione per un periodo di tempo limitato, è stata predisposta una disciplina che recepisce le indicazioni minime e inderogabili provenienti dal mondo scientifico, da un lato, ma anche le legittime aspettative delle famiglie dei pazienti che hanno sperimentato o che vorrebbero sperimentare il cosiddetto metodo Stamina.
  La Commissione è pervenuta all'approvazione del testo che si passa ora ad illustrare in un clima di condivisione e, direi, di quasi completa collaborazione tra tutte le forze politiche – cosa che noi riteniamo veramente un valore aggiunto del lavoro che abbiamo svolto e speriamo che possa essere la stella polare che guiderà anche i lavori futuri non solo della nostra Commissione, ma dell'intero Parlamento –, in cui si è cercato realmente di approfondire temi di tale delicatezza e complessità, anche attraverso l'audizione di istituzioni o organi che potessero arricchire le competenze della Commissione stessa. Abbiamo ascoltato Aifa, l'Istituto superiore di sanità, il Centro nazionale dei trapianti, esponenti del mondo scientifico e della ricerca, ma abbiamo ascoltato anche i vertici di Stamina Foundation ONLUS e i rappresentanti delle associazioni dei familiari che poi rappresentano il punto di riferimento che, credo, ciascuno di noi, ciascun parlamentare, ma anche ciascun componente della comunità scientifica dovrebbe avere sempre a mente ogni qual volta pensa al proprio lavoro e a farlo bene.
  Le relazioni svolte dagli auditi e le informazioni acquisite dalla Commissione nel dibattito che si è sviluppato in tale sede hanno consentito la messa a punto di alcune modifiche del testo che era stato trasmesso dal Senato. Queste modifiche sono state oggetto di una condivisione pressoché unanime delle forze politiche presenti in Commissione.
  La nuova disposizione di cui al comma 2-bis dell'articolo 2, sulla sperimentazione Pag. 5del cosiddetto metodo Stamina, se venisse approvata dal Parlamento, consentirebbe l'avvio di una sperimentazione che, qualora desse risultati, sarebbe a disposizione di tutti i pazienti, devo dire, non solo dei pazienti italiani, ma di tutto il mondo perché pazienti nelle condizioni di quelli italiani purtroppo non sono solo nel nostro Paese.
  Nonostante le comprensibili perplessità dell'intero mondo scientifico nazionale e internazionale, a cui ovviamente il Parlamento non può essere sordo, il Parlamento, se venisse approvata la norma, stanzierebbe ben tre milioni di euro. Questa è una novità rispetto al testo che era stato licenziato dal Senato e rappresenta la certezza di risorse, sia umane sia di tipo economico, a disposizione della sperimentazione. Quindi, una certezza che dovrebbe oggi riempire di speranza le famiglie che stanno aspettando una risposta da questa Aula.
  Una sperimentazione che si svolgerebbe in deroga ai protocolli consolidati, così come richiesto da Stamina Foundation, ma anche fuori, lo ribadisco, da quelle difficoltà economiche in cui normalmente si dibatte la ricerca scientifica in Italia. Credo che tutti i colleghi conoscano le decine, centinaia di ricercatori che operano nelle strutture di ricerca scientifica italiane, per cui non 3 milioni di euro ma una borsa di studio da 15 mila euro all'anno, rappresenterebbe la possibilità di continuare ricerche comunque importanti per lo sviluppo della scienza e per il sollievo dei malati italiani. Quindi io credo sia importante e vada sottolineato che la proposta che è uscita all'unanimità dalla nostra Commissione prevede una provvista economica che sarebbe sicuramente molto stimolante per qualsiasi forma di ricerca scientifica, in Italia e nel mondo.
  Accogliendo la sensibilità di Stamina Foundation Onlus e delle famiglie, tra le autorità di riferimento per la sperimentazione è stata ricompresa, accanto all'Agenzia italiana del farmaco e all'Istituto superiore di sanità, anche il Centro nazionale trapianti e si è pienamente accettato il principio per cui i metodi e i protocolli di preparazione delle cellule siano quelli proposti da Stamina Foundation. L'unico inderogabile limite posto dalla Commissione è a tutela della sicurezza del paziente, come non sarebbe potuto essere altrimenti, per cui i medicinali a base di cellule staminali mesenchimali devono essere preparati in strutture accreditate, non possono essere preparati ovviamente in strutture estemporanee o senza i criteri di accreditamento che sono necessari per garantire la certezza della preparazione, e soprattutto secondo l'indicazione di Stamina ma senza segretezza, perché qualsiasi terapia che deve essere ripetibile e che deve essere in qualche misura controllata da autorità indipendenti di valutazione, non può esser segreta; e non può essere segreta, lo ripeto perché forse è la cosa più importante, perché come questa Aula, la Commissione ha avuto come punto di riferimento la sicurezza del paziente. Alla sicurezza del paziente non si può derogare in alcun nessun modo perché in nessun Paese civile esiste una sperimentazione clinica o medica che si dimentichi che il punto di riferimento principale è, e deve restare, la sicurezza del paziente.
  Anche i tempi della sperimentazione, altro tasto dolente che forse non era stato sufficientemente esplicitato nel testo che è arrivato all'attenzione della nostra Commissione, è stato un elemento che ci ha trovati estremamente sensibili nel rispettare le esigenze di Stamina, ma soprattutto delle famiglie che chiedevano rapidità nell'inizio e nelle conclusioni della sperimentazione. I tempi sono rapidi e certi. La sperimentazione parte subito, il 1o luglio, il tempo di stabilire protocolli e criteri al arruolamento, e si conclude entro 18 mesi. Di più non si poteva fare.
  Si prevede altresì che tanto le strutture presso le quali avviene il completamento dei trattamenti già avviati, quanto quelle dove si svolge la sperimentazione, assicurino la costante trasmissione all'Agenzia italiana del farmaco AIFA, all'Istituto superiore di sanità, al Centro nazionale trapianti e soprattutto al Ministero della salute, di informazioni dettagliate sulle Pag. 6indicazioni terapeutiche per le quali è stato avviato il trattamento, ad evitare incongruenze palesi, sullo stato di salute dei pazienti, per essere in grado immediatamente di monitorare eventuali eventi avversi, e su ogni altro elemento utile alla valutazione di tutto ciò che è legato con la sperimentazione, con modalità tali da garantire la riservatezza dell'identità dei pazienti.
  Ai sensi del successivo comma 4-bis introdotto al Senato, il Ministero della salute trasmette alle competenti Commissioni parlamentari e alla Conferenza delle regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano, almeno con cadenza semestrale, la documentazione informativa sopra ricordata e una relazione sugli esiti dell'attività di controllo, valutazione e monitoraggio svolta ai sensi dell'articolo in esame.
  L'ultima disposizione rilevante introdotta nel testo, è quella di cui al nuovo comma 4-ter dell'articolo 2, in cui si prevede che presso il medesimo Ministero della salute sia istituito un Osservatorio sulle terapie avanzate con cellule staminali mesenchimali, con compiti consultivi, di proposta, monitoraggio e garanzia delle informazioni e delle procedure. La previsione di tale struttura appare significativa in quanto volta a garantire la correttezza e la completezza delle informazioni concernenti la sperimentazione clinica dei suddetti trattamenti, non solo tra soggetti istituzionali ma anche, lo sottolineo – è una cosa importante per evitare le distorsioni mediatiche che spesso accompagnano provvedimenti di questo genere e che non giovano a nessuno, né alla serenità del Parlamento che deve scrivere le norme, né, e soprattutto, alla serenità delle famiglie dei pazienti che si trovano in una condizione di dolore e di sofferenza che è nota a tutti quanti noi, perché nessuna famiglia è risparmiata per sempre da questo tipo di condizione – nei confronti dell'opinione pubblica e, in primo luogo, delle famiglie dei pazienti.
  Viene precisato che l'attività dell'Osservatorio non deve, in alcun modo, comportare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
  Se, dunque, il provvedimento in esame diventerà legge, l'auspicio condiviso da tutti i componenti della Commissione è che Stamina Foundation inizi immediatamente la sua collaborazione per la sperimentazione, nell'interesse di tutte le famiglie in sofferenza e nella speranza che i risultati siano pari all'attesa dell'intero mondo di dolore che guarda con ansia l'azione di Stamina (Applausi).

  PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il rappresentante del Governo.

  BEATRICE LORENZIN, Ministro della salute. Mi riservo di intervenire in sede di replica.

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Pia Elda Locatelli. Ne ha facoltà.

  PIA ELDA LOCATELLI. Prima di entrare nel merito del tema che andiamo a discutere, io mi dedicherò alla seconda parte del disegno di legge, quella che si riferisce alle cellule staminali mesenchimali; vorrei esprimere un sentimento di profonda gratitudine al relatore, il collega Vargiu, e a tutti e tutte i colleghi e le colleghe della XII Commissione (affari sociali). Sono impegnata nell'attività politica e nelle istituzioni da quasi quarant'anni, in pochissimi casi mi è successo di verificare l'impegno, il rigore e l'estraneità al populismo imperante – al populismo imperante in questo periodo – come quelli che hanno caratterizzato i nostri lavori di questi giorni. Lo sforzo di tutti è stato quello di trovare la soluzione possibile nelle circostanze date, che non sono circostanze facili. Grazie davvero.
  Dicevo che abbiamo tutti insieme cercato la soluzione possibile – ed è inutile dire che questo è il compito della politica –, soluzione ad un problema difficile come quello che stiamo affrontando. Abbiamo fatto uno sforzo comune, rivolto a trovare risposte a domande, speranze, sollecitazioni, Pag. 7richieste, pressioni cui siamo stati sottoposti da fonti diverse. Mi riferisco alle famiglie, cariche di aspettative e di speranze, alla comunità scientifica, che si aspetta dalle istituzioni un rigore scientifico, cui non so se siamo stati in grado di rispondere adeguatamente; lo spero. Mi riferisco alla magistratura, che è intervenuta nella vicenda con atteggiamenti profondamente contraddittori, con ordinanze che, in un caso, imponevano la sospensione dei trattamenti secondo il metodo Stamina, mentre, in altri, ne ordinavano l'avvio. Mi riferisco ai media, alcuni dei quali – non tutti, per fortuna – sono stati pronti a cavalcare campagne spettacolari, a volte con conseguenze molto gravi per la società; faccio un solo esempio: la caduta, anzi il crollo, delle donazioni di organi quando un noto opinion maker aveva espresso il suo parere sull'argomento. Mi riferisco al Governo, nella persona della Ministra Lorenzin e del sottosegretario Fadda, ai nostri colleghi del Senato, che, come conseguenza del nostro lavoro, dovranno riprendere in mano la materia per una seconda volta. Chiediamo ai colleghi del Senato questo sforzo nella convinzione di aver trovato il modo per migliorare un testo che, anche per la fretta che i tempi hanno imposto, necessitava e necessita di essere modificato.
  Una breve riflessione sulle famiglie. So per esperienza diretta cosa significa convivere con persone care affette da seri o serissimi problemi di salute, so quanto può essere distruttiva la disperazione, il non vedere prospettive per il futuro e, invece, quanto può sorreggere la speranza di una possibile, anche se non provata, soluzione. La speranza aiuta molto, moltissimo, ma la speranza deve avere fondamento, perché senza verità scientifica si illudono le persone e noi legislatori e legislatrici, in coscienza, non possiamo farlo: è questione di etica.
  La comunità scientifica: gran parte di noi sono stati sollecitati a chiudere le porte in modo definitivo a questa vicenda perché – ci è stato detto – è contrario all'etica medica trattare i malati con preparati a base di cellule non definite, prive di un «razionale» circa il loro impiego, di cui non è provata l'efficacia; trattamenti non controllati per quanto riguarda l'assenza di effetti collaterali.
  Ci hanno spiegato che il metodo Stamina in realtà non è un metodo ma una serie imprecisa, grossolana e irriproducibile di modifiche alle cellule nel tentativo di trasformarle in altre cellule; che si tratta di cellule che non vengono coltivate in ambienti idonei e con i rigorosi controlli di qualità previsti dagli enti regolatori internazionali.
   Di fatto – è questa una constatazione – le più importanti autorità scientifiche nel campo stesso delle staminali e le più autorevoli riviste scientifiche, hanno preso posizione contro questo presunto metodo Stamina. Non era facile trovare una soluzione che rispondesse in modo corretto alle sollecitazioni che ci venivano da questi due mondi, per non parlare poi degli altri attori coinvolti in questa vicenda. Infatti se partiamo dal decreto Balduzzi nella sua forma originale, vediamo che esso si occupava esclusivamente di casi di adulti e di bambini già sottoposti al trattamento a base di cellule mesenchimali, e consentiva loro di proseguire e di completare il trattamento sotto la responsabilità del medico prescrittore. Il decreto-legge, nella sostanza, cercava di circoscrivere la vicenda consentendo la prosecuzione dei trattamenti già avviati: una vicenda che aveva avuto inizio nel settembre 2011 presso gli Spedali civili di Brescia a seguito di una convenzione stipulata dagli ospedali stessi e Stamina Foundation. Abbiamo chiesto al Ministero della salute di avere la documentazione relativa a questa convenzione che coinvolge la regione Lombardia e siamo in attesa di riceverla. Non intendo entrare troppo nei dettagli e voglio soltanto segnalare che, a seguito di questa convenzione, gli Spedali di Brescia informarono AIFA di essere in procinto di avviare i trattamenti riconoscendosi ed autocertificando di avere i requisiti previsti per aderire al decreto ministeriale Turco del 2 dicembre 2006. Queste autocertificazioni e le operazioni burocratiche di quel periodo sono oggetto di indagine in Pag. 8quanto pare si tratti di autocertificazioni non rispondenti al vero. Ripeto: pare.
  Lo stesso decreto Balduzzi prevedeva l'adozione di un regolamento per disciplinare la materia per il futuro nel rispetto della normativa dell'Unione europea. Il passaggio al Senato cambia radicalmente il contenuto del decreto-legge in quanto, se rimane nella sostanza inalterato l'articolo che consente la prosecuzione del trattamento per i casi in cui la somministrazione di cellule mesenchimali è già avviata, viene però soppressa la parte del testo che prevede l'adozione del regolamento ministeriale.
  Il nuovo testo poi introduce importanti e, secondo noi o secondo me, preoccupanti novità. Sono infatti consentiti per i successivi diciotto mesi ulteriori accessi all'impiego terapeutico per le malattie rare a prescindere da eziopatogenesi, «razionale», risultati preclinici e così via. Non solo: i nuovi trattamenti (ma quanti saranno questi nuovi trattamenti ?) verranno considerati sperimentazione clinica se regolamentati secondo la legge n. 191 del 1999. Questi nuovi commi presentano evidenti problematicità. Ne cito solo due. La legge n. 191 regola i trapianti di organi e lo stoccaggio, l'approvvigionamento e la distribuzione di cellule e non (sottolineo: non) la loro somministrazione alle persone. Quindi due materie completamente diverse.
  Poi, secondo la legislazione vigente, le cellule mesenchimali sono farmaci che rientrano nelle competenze di AIFA quanto a regolamentazione e non nella giurisdizione del Centro nazionale trapianti che ha competenze diverse e questo c’è stato confermato dal direttore del Centro nazionale trapianti. Oltre a queste problematicità c’è il tema pesante come un macigno dell'ulteriore accesso ai trattamenti di pazienti affetti da malattie rare, previsto dal nuovo testo che pone un altro problema. Quanti saranno questi nuovi accessi ?
  E di conseguenza a quanto ammonterebbero le risorse finanziarie richieste dalla nuova formulazione del decreto ? Stamina dice di avere già 10.000 pazienti. I potenziali pazienti però potrebbero essere molti di più, perché la stragrande maggioranza dei pazienti affetti da malattie rare, ai quali è consentito dal testo del Senato l'accesso (guardate, le patologie rare vanno da 5.000 a 7.000: le patologie, non i pazienti) probabilmente chiederà o potrebbe chiedere la cura.
  Un'altra domanda: quanto costa il trattamento ? È ragionevole calcolare che il costo di una singola coltura di cellule si aggiri sui 10.000 euro, se tali colture fossero fatte come dice la regolamentazione europea relativa alle norme di buona fabbricazione (good manufacturing practices – GMP). Considerando le sei infusioni previste dal metodo Stamina al costo di 10.000 euro ciascuna, questo trattamento, se nulla cambiasse rispetto al testo approvato dal Senato, graverebbe sul sistema sanitario nazionale per 600 milioni di euro annui, se si considerano solo i 10.000 pazienti. Possiamo permetterci tale somma per un trattamento che è ancora tutto da verificare ? Noi crediamo di no. Per questa ragione, ed altre ancora di cui probabilmente parleranno i colleghi e le colleghe, abbiamo lavorato nel tentativo di trovare una soluzione possibile migliorando il testo del Senato. Nel lavoro di parziale cambiamento del testo abbiamo tenuto conto del profilo scientifico, etico, di economia sanitaria, ma senza dimenticare le aspettative delle famiglie, quelle dei pazienti a cui è consentito di continuare il trattamento e quelle dei potenziali pazienti. In sintesi, il nuovo testo consente la continuità delle cure in corso, avvia una possibile sperimentazione clinica coordinata dall'Istituto superiore di sanità che non risponde a tutti i criteri standard di una sperimentazione, infatti si inserisce nel testo la possibilità di deroga alla normativa vigente, ma è rigorosa – sottolineo: è rigorosa – nella preparazione dei medicinali usati, le cellule staminali mesenchimali appunto, per garantire la sicurezza dei pazienti secondo quanto prevede la legislazione in vigore. Prevede inoltre la costituzione, presso il Ministero, Pag. 9di un osservatorio sulle staminali mesenchimali a cui saranno chiamate a partecipare anche le famiglie.
  A noi pare che il nuovo testo sia accogliente nei confronti delle richieste delle famiglie, quelle di coloro che hanno già avviato il trattamento e quelle dei potenziali pazienti, dando il via ad una sperimentazione che prevede tempi definiti: 18 mesi. Abbiamo tenuto conto delle indicazioni del mondo della scienza e tutti e tre gli organismi del Ministero della salute (Aifa, Centro Trapianti ed Istituto superiore di sanità) sono chiamati ad intervenire e collaborare nella sperimentazione, e toccherà all'Istituto superiore di sanità e all'Aifa la valutazione della sperimentazione.
  Abbiamo risposto alle richieste di Stamina con riferimento a tempi più limitati rispetto a quelli standard della sperimentazione, prevedendo un tempo di 18 mesi e non di anni, come da loro paventato. Ci auguriamo che la fondazione Stamina dimostri altrettanta disponibilità a collaborare nella sperimentazione, mettendo a disposizione tutto quanto necessario perché la sperimentazione possa svolgersi nella trasparenza necessaria e confermare, se del caso, la validità in termini di sicurezza ed efficacia del metodo proposto.
  Prima di concludere voglio ringraziare la Ministra della salute Beatrice Lorenzin, che ha mostrato sensibilità nel comprendere il problema, e coraggio nell'assumersi la responsabilità di una possibile soluzione, certamente non facile. Ha reperito i fondi necessari per la sperimentazione, consentendo di attivare subito la sperimentazione a partire da luglio, quindi fra poco più di un mese, senza lasciarsi intimidire da pressioni e manifestazioni di piazza. Non tutti si sono comportati con la stessa serietà: qualcuno ha ostentato bare bianche ed altri hanno parlato strumentalmente di eutanasia, facendo leva sulle emozioni e le sofferenze delle persone.
  Credo di poter affermare che anche la Commissione affari sociali ha dimostrato di lavorare con serietà, con scrupolo e rigore, di non lasciarsi condizionare o intimidire né da campagne mediatiche né da agitazioni di piazza.
  La Commissione ha avuto sempre presenti le speranze delle famiglie, ma – lo ripeto e continuerò a dirlo – la speranza deve avere fondamento perché senza verità scientifica si illudono le persone (Applausi).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Cecconi. Ne ha facoltà, per quindici minuti.

  ANDREA CECCONI. Signor Presidente, gentili colleghi, oggi in quest'Aula siamo chiamati a prendere una decisione di estrema importanza. L'esame del decreto-legge, se pur contingentato dal poco tempo datoci a disposizione, ha impegnato il nostro gruppo e la Commissione di cui faccio parte in un lungo percorso di analisi e condivisione con il fine di arrivare oggi, in quest'Aula, in piena coscienza e consapevolezza e certi di poter fare la miglior scelta possibile per il Paese e per i cittadini. Siamo tutti consapevoli che la sofferenza e le richieste di aiuto e di sostegno che si sono levate dai cittadini e dalle famiglie è un grido che non è stato possibile non ascoltare. La necessità di dare una risposta certa alle vicende che si sono susseguite negli ultimi mesi, alla vicenda dell'ospedale di Brescia e dell'ormai famoso «metodo Stamina», è oggi un imperativo. Questa vicenda riguarda la scienza, la medicina, l'etica, ma, soprattutto, la sofferenza e la speranza di migliaia di famiglie che chiedono alla politica e al Parlamento di rispondere efficacemente alle loro istanze.
  Il testo oggi in esame, a seguito delle modifiche apportate dal Senato e delle modifiche sopraggiunte in Commissione, è, a nostro parere, ampiamente migliorato rispetto al testo originario. Infatti, il rispetto della comunità scientifica, le istanze dei cittadini, le garanzie imprescindibili di sicurezza e tutela dei pazienti e la possibilità di una prosecuzione e ampliamento delle cure vengono tutte e nessuna esclusa garantiti.Pag. 10
  Inoltre, la certezza dei finanziamenti pubblici stanziati, di un controllo continuo delle istituzioni allargato e sostenuto da esperti in materia e dalle associazioni dei familiari garantisce e ci permette con sicurezza di affermare che gli impegni assunti verranno rispettati e che le garanzie di buona riuscita della sperimentazione saranno determinanti e costituiranno la base necessaria affinché in tutta questa storia ci sia la dovuta chiarezza.
  Ci auguriamo, quindi, che il grande lavoro di condivisione e tutti gli sforzi messi in campo in questi giorni da tutte le componenti politiche per permettere l'elaborazione di questo decreto unanimemente condiviso non subisca ora, all'interno di questa Assemblea, uno stravolgimento dell'impianto generale che è, per il MoVimento 5 Stelle, la migliore sintesi di un sentimento generale garantista e tutelante della salute dei cittadini.
  Ci auguriamo, infine, che la questione degli ospedali psichiatrici giudiziari e della loro chiusura sia per l'ultima volta portato in questa Assemblea e non più ulteriormente e perennemente derogata. Il tempo e i fondi stanziati per permettere il superamento di queste strutture che – diciamocelo chiaramente – hanno una connotazione inaccettabile per un Paese civile quale l'Italia è, sono e sono stati più che sufficienti. Le regioni e i loro Servizi sanitari hanno ora la priorità di prendersi carico, anche in questo caso, della sofferenza e del disagio delle persone attualmente ospiti di queste strutture. È difatti socialmente ed eticamente inaccettabile, per noi e per gli italiani, considerare delle persone affette da patologie psichiatriche gravi degli internati. Assumere la consapevolezza politico-sociale di dover trattare e curare queste persone come persone affette da una patologia che va curata e trattata in strutture idonee, dove la dignità della persona viene rispettata, dove l'inserimento nella società viene protetto, tutelato e guidato da personale medico, sanitario e socio-assistenziale e, soprattutto, dove le più elementari norme e i diritti fondamentali dell'uomo vengono garantiti, è il minimo che ci si possa aspettare da questo Parlamento, da questo Governo e da questo Paese (Applausi).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Gigli. Ne ha facoltà.

  GIAN LUIGI GIGLI. Signor Presidente, anch'io interverrò soltanto sulla parte del decreto-legge che riguarda le cellule staminali che è poi quella che ci ha impegnato di più come Commissione affari sociali.
  Il decreto-legge riguardante disposizioni urgenti in materia sanitaria, più noto al pubblico come decreto Balduzzi, malgrado esso sia pervenuto alla Camera profondamente modificato rispetto alle intenzioni del precedente Ministro della salute, costituisce il tentativo di offrire una risposta equilibrata ad una vicenda estremamente complessa e che vale la pena ricostruire per sommi capi per comprendere come la soluzione oggi proposta, lungi dall'essere ottimale, costituisce tuttavia la sola possibile nell'attuale contesto. Un contesto, occorre ribadirlo, nel quale il legislatore si trova costretto a rispondere a giustificate aspettative di salute per malattie molto gravi, ad una conseguente pressione di pubblico amplificata dalla comunicazione telematica e dagli organi di informazione, a interventi – mi sia consentito di dirlo senza reticenze – del tutto inappropriati da parte di alcuni magistrati, senza dimenticare che la nostra azione si muove dovendo tener conto dei doveri fondamentali di tutela della salute pubblica, di corretta allocazione delle risorse in sanità e – consentitemi di dirlo con forza da medico e da uomo di scienza – di rispetto del metodo scientifico nella ricerca biomedica e nella ricerca clinica.
  Proviamo, dunque, a ricostruire brevemente questa vicenda per comprendere il modo in cui ci siamo trovati ad operare per pervenire al testo oggi proposto in quest'Aula. Le cellule staminali adulte costituiscono certamente già oggi una speranza della medicina. I campi di applicazione attuali sono peraltro ancora molto limitati. Se da un lato è stata dimostrata Pag. 11la possibilità di differenziazione di determinate linee cellulari, tra cui le mesenchimali, ed anche la transdifferenziazione di una linea cellulare in altre linee cellulari, compresa quella da cellule mesenchimali a cellule neuronali, tuttavia le applicazioni cliniche restano oggi limitate a pochi ambiti, soprattutto di natura ematologica, epatologica, cutanea, oculare e cardiologica. Per quanto riguarda il sistema nervoso centrale, non esistono al momento protocolli di cura consolidati, anche se sono all'orizzonte applicazioni di indubbio interesse. Questa maggiore problematicità è legata alla stessa complessità citoarchitettonica del sistema nervoso centrale e in particolare del cervello, non bastando a garantire il ripristino della funzione la semplice rigenerazione di cellule, ma dovendosi ottenere anche la ricostruzione di una rete di connessioni estremamente complessa. Dall'altro lato, non è nemmeno certo che le modificazioni fin qui osservate siano dovute alla riproduzione cellulare, quanto piuttosto alla produzione di fattori di crescita in grado di favorire i meccanismi riparativi.
  Possiamo dire che al momento non esistono applicazioni controllate e sufficientemente documentate riguardanti l'uso di cellule staminali mesenchimali per la correzione di malattie neurodegenerative e di malattie genetiche del sistema nervoso centrale. È vero, peraltro, che possibilità di cura prodigiosa per queste malattie vengono vantate da compagnie operanti in Paesi non sottoposti ai meccanismi di controllo sanitario ed oggetti di viaggi della speranza proposti da organizzazioni truffaldine. È comprensibile, pertanto, l'interesse e l'ondata di speranze suscitata nella popolazione dell'attività del gruppo facente capo a Stamina Foundation, dapprima a San Marino e a Trieste, e successivamente a Brescia. In quest'ultima sede, l'attività di Stamina sarebbe stata resa possibile da una convenzione tra Stamina stessa e l'Azienda ospedaliera Spedali civili.
  Come ci è stato riferito dal vice presidente e dal presidente di Stamina nel corso dell'audizione in Commissione, Stamina utilizza, per la somministrazione di cellule mesenchimali, materiale preparato secondo una metodica nata al 90 per cento in laboratori ucraini e leggermente modificata in Italia. Il metodo, peraltro, non è mai stato interamente svelato alla comunità scientifica internazionale, a motivazione, almeno all'inizio, di esigenze di brevettabilità peraltro già accantonate dagli stessi proponenti in Italia e in Europa, e di prossimo accantonamento, per asserita sopravvenuta mancanza di interesse, anche negli Stati Uniti, dove peraltro il protocollo aveva subito pesanti critiche.
  Occorre anche ricordare che l'applicazione clinica con presunti rilevantissimi benefici – il dottor Vannoni ha parlato in Commissione dell'esempio di due Lazzari – non è stata preceduta, come di solito avviene per terapie innovative, da una fase di sperimentazione animale e che non si è adeguata né al percorso sperimentale dei nuovi farmaci, né al rispetto delle GMP richieste dalle convenzioni, che regolano il settore in Europa, recepite dall'Italia con decreto del Ministro della salute del 5 dicembre 2006.
  A seguito di indagini giudiziarie effettuate dalla procura della Repubblica di Torino e che vedono coinvolti anche i vertici di Stamina, l'Aifa ha disposto un'ispezione che ha portato alla temporanea sospensione delle attività a Brescia.
  È a questo punto che la vicenda travalica i confini della medicina per entrare in quelli della giustizia prima e del Parlamento poi. Fino ad allora, infatti, si poteva pensare di avere a che fare con un problema di più o meno marcata adesione o deviazione dall’iter necessario per mettere nuove terapie a disposizione della comunità. Dopo di allora, invece, a seguito di una serie di azioni giudiziarie promosse da famiglie di pazienti, sono stati emessi decreti che hanno obbligato la struttura bresciana, dapprima, a garantire la continuità delle terapie ai pazienti già in trattamento e che, poi, hanno progressivamente esteso il numero dei potenziali aventi diritto al trattamento in nome di una discutibile concezione della libertà di scelta della cura.Pag. 12
  Si pongono, già a questo punto, una serie di interrogativi. Il primo di essi per riflettere su come sia stato possibile che una struttura sanitaria, tanto più se pubblica, abbia potuto attivare una convenzione con una fondazione privata per attivare sperimentazioni al di fuori dei percorsi previsti dalla comunità scientifica e regolamentati dalle leggi.
  Il secondo, ancor più inquietante, su come sia stato possibile che in passato lo stesso avvenisse in altre istituzioni sanitarie pubbliche, perfino in assenza di convenzioni. Qualcuno ha preteso che la giustificazione per tutto ciò risiedesse nell'uso cosiddetto compassionevole delle prescrizioni. In realtà, per uso compassionevole di un farmaco s'intende, come chiaramente richiamato dal decreto ministeriale dell'8 maggio 2003, l'uso di farmaci quando non esista valida alternativa terapeutica al trattamento di patologie gravi o di malattie rare o di condizioni di malattia che pongono il paziente in pericolo di vita; e, tuttavia, anche in questi casi, l'autorizzazione può essere rilasciata soltanto quando il medicinale sia già oggetto, nella medesima specifica indicazione terapeutica, di studi clinici e sperimentali in corso o conclusi di fase terza, o in casi di particolari condizioni di malattia che pongano il paziente in pericolo di vita, di studi clinici già conclusi di fase seconda, e che ci siano dati sufficienti per formulare un favorevole giudizio sull'efficacia e la tollerabilità del medicinale.
  L'uso compassionevole, dunque, viene consentito quando la malattia, rara o meno, non ha ancora terapie valide, ma posto sempre che si tratti di farmaci che abbiano superato tutte le fasi intese a dimostrarne la sicurezza e la tollerabilità e che vi siano premesse scientifiche o analogie fisiopatologiche che permettano di sperare in una loro possibile efficacia per quanto ancora non definitivamente dimostrata. In assenza di sicurezza e tollerabilità e di un razionale suo possibile funzionamento, la somministrazione di qualsivoglia prodotto a malati, per quanto privi di riconosciute terapie, sarebbe qualificabile soltanto come avventurismo scientifico.
  Il terzo quesito riguarda le credenziali della proposta di sperimentazione, se di questa effettivamente si trattava. Nella comunità scientifica, anche semplicemente per la richiesta di un piccolo finanziamento di ricerca, è obbligatorio presentare i dati riguardanti la propria specifica esperienza nel settore, oggi facilmente desumibile dalle banche dati internazionali della bibliografia. In tutta evidenza, nel caso che è pervenuto alla nostra attenzione, non è possibile evidenziare alcuna esperienza del presidente di Stamina nella campo della ricerca biomedica, mentre, per quanto riguarda il vicepresidente, non è stato possibile rintracciare pubblicazioni relative allo specifico protocollo in uso a Brescia.
  Queste considerazioni ci portano ad un altro quesito di non trascurabile importanza nel mondo della scienza, e cioè al tema della trasparenza. In realtà, sono numerose le aree oscure di questa procedura, a cominciare dal mistero che ancora circonda le esatte modalità di preparazione del materiale da somministrare. Un problema a cui la nuova versione del decreto cerca, per fortuna, di porre rimedio. Infine, non è possibile ignorare il ruolo negativo giocato nella vicenda da alcuni magistrati, in particolare – chissà poi perché –, da alcuni giudici del lavoro. Non dovrebbe certo spettare alla magistratura stabilire quali siano le cure da somministrare, mentre appare insostenibile una concezione del principio di libertà di cura che, se valesse come tale, presupporrebbe l'abolizione di qualunque prontuario terapeutico e la libera circolazione dei principi farmaceutici.
  Occorre anche richiamare le preoccupazioni pervenute da tutto il mondo scientifico nazionale ed internazionale e le sollecitazioni pervenute da un'opinione pubblica appassionata, come sempre avviene quando si toccano le speranze di vita e di salute, ma anche sapientemente organizzata e coordinata da chi premeva per una decisione parlamentare consona all'orizzonte Pag. 13delle proprie aspettative. È significativo che mentre l'altro ieri mattina arrivava per mail in Commissione, da un preciso e chiaro indirizzo, la minaccia a sentirsi, noi, responsabili di un proliferare di bare bianche di bambini se la decisione della Commissione non fosse andata nel senso voluto da Stamina, alle ore 15, le bare bianche fossero agitate già in piazza Montecitorio con grida di «assassino» rivolte al Ministro della salute, cui va, in questo momento, tutta la solidarietà mia personale e del gruppo a cui appartengo.
  È con questo difficile scenario che ha dovuto confrontarsi la Commissione affari sociali, recependo il lavoro svolto dalla Commissione speciale e approvato dal Senato, ma non rinunciando doverosamente ad andare oltre il Senato per perfezionarne il lavoro, come richiesto ad una Commissione di merito. Per far questo, la Commissione affari sociali ha proceduto ad audire anzitutto le autorità nazionali competenti – Aifa, Istituto superiore di sanità, Centro nazionale trapianti –, ha poi ascoltato il parere di alcune grandi personalità del mondo scientifico nazionale, i rappresentanti di associazioni di pazienti affetti da malattie genetiche del sistema nervoso centrale, per concludere con l'audizione del presidente e del vicepresidente di Stamina.
  Le autorità sanitarie e gli scienziati auditi hanno evidenziato tutti i dubbi e le preoccupazioni per lo scenario che si andava ad aprire con l'approvazione del decreto-legge se fosse rimasto nella forma licenziata dal Senato; le associazioni dei pazienti hanno invitato il Parlamento a non agire sotto il ricatto della piazza ma a preoccuparsi di garantire efficacia e sicurezza. I responsabili di Stamina, che peraltro non sono riusciti a rispondere in modo esauriente alle domande di molti commissari, hanno tenuto ad annunciare che ai pazienti già in trattamento e a quelli che stanno per iniziarlo sarebbero pronti ad aggiungersi le azioni legali intese al riconoscimento di pari diritto da parte di altri 700 pazienti interessati. Hanno inoltre tenuto a sottolineare che la sperimentazione non avrebbe dovuto avvenire secondo le regole di good clinical practice e di good manufacturing practice per evitare un intervallo di tempo troppo lungo prima del possibile avvio dei trattamenti, per i quali non sarebbe stata possibile alcuna deviazione dal loro protocollo – peraltro, come ho detto, non ancora del tutto noto – riconoscendo in queste deviazioni la causa dei risultati negativi dell'unica pubblicazione sul tema effettuata da un gruppo di ricercatori dell'ospedale pediatrico Burlo Garofolo di Trieste.
  Il risultato raggiunto dalla Commissione è stato, a mio avviso, apprezzabile e probabilmente corrisponde a quanto di meglio si poteva fare in queste circostanze per incanalare su binari positivi una vicenda potenzialmente deflagrante per la salute pubblica e per l'erario: per la salute pubblica, perché occorre che i pazienti che si sottoporranno a queste cure abbiano la certezza almeno di non ricevere danni; per le casse dello Stato infine, se si tiene conto che ciascun trattamento costa – oltre alla produzione delle staminali stesse – circa 30 mila euro e che la platea delle persone potenzialmente interessate, come è stato già richiamato, è enorme.
  In estrema sintesi, la Commissione ha innanzitutto garantito continuità di cura ai pazienti già in trattamento e ha accolto la possibilità di avviare una sperimentazione intesa ad accertare, fuori di ogni dubbio, la tollerabilità e l'efficacia del trattamento proposto. Quale necessaria condizione perché la sicurezza dei pazienti fosse possibile, il testo approvato dalla Commissione prevede anche che Stamina debba rendere noti tutti i dettagli della procedura e che la preparazione delle cellule da infondere debba avvenire in laboratori autorizzati nel rispetto delle linee guida di cui all'articolo 5 del regolamento (CE) n. 1394/2007, sui medicinali per terapie avanzate.
  Affinché tuttavia questa richiesta inderogabile non sembrasse una volontà di ostacolare in alcun modo il progetto, il testo prevede che tutto il resto della procedura, quanto a tempistiche e costituenti, possa essere effettuata in deroga alle normative vigenti. Tale impegno di adesione Pag. 14totale alle procedure di Stamina, fatta salva l'inderogabilità della sicurezza del paziente, mira anche ad evitare che eventuali risultati negativi possano essere attribuiti da Stamina a difformità nelle procedure, perpetuando il circolo vizioso in cui la situazione attualmente versa.
  La Commissione ha anche previsto che il protocollo sia avviato in un tempo brevissimo e che abbia una durata di 18 mesi; naturalmente, affinché sia possibile uscire dal racconto aneddotico di casi di successo ed entrare in quello della medicina basata sull'evidenza, il testo prevede che il protocollo, che avrà carattere nazionale, sarà preparato e gestito dall'Istituto superiore di sanità, che avrà la responsabilità di indicare i criteri di inclusione e di esclusione, di effettuare il monitoraggio e la verifica degli esiti clinici e degli eventuali effetti collaterali, di raccogliere dati ed effettuare l'analisi statistica dei risultati. Tutto questo per avere certezza sull'efficacia e la tollerabilità del trattamento.
  A dimostrazione della serietà dell'impegno, il Governo ha messo a disposizione un finanziamento per la ricerca che arriverà a 3 milioni di euro nel 2014.
  Qualcuno potrà dire che la cifra non è enorme, ma occorre considerare che tale sforzo finanziario avviene in un momento di grandi difficoltà per il Paese e che esso è maggiore dei miseri fondi concessi a molti meritevoli ricercatori, che possono vantare solide premesse per le loro indagini e che pure non hanno mai avuto pari aperture di credito. È ovvio, tuttavia, che, se la valutazione indipendente mostrasse risultati di qualche rilievo clinico, sarà interesse del Servizio sanitario nazionale trovare ulteriori risorse aggiuntive.
  È per tali motivi che io esprimo parere favorevole sul testo oggi proposto all'approvazione della Camera, ma, prima di concludere, vorrei sottolineare alcune esigenze a cui il testo, che mi auguro verrà approvato a larghissima maggioranza, non poteva e non potrà rispondere. È sembrato in questa vicenda che si confrontassero un'arida scienza, da un lato, e l'umanità della cura, dall'altro, con la scienza nelle vesti di avversario delle aspirazioni e dei desideri di salute del paziente. È evidente, in questo, un grave problema di comunicazione.
  Non si tratta solo di stigmatizzare alcuni servizi giornalistici poco adatti a sviluppare una pacata riflessione, quale quella che temi così delicati richiederebbero, ma si tratta anche di migliorare il livello di comunicazione delle istituzioni parlamentari e quello delle istituzioni scientifiche, affinché tutti quelli che si trovano in gravi condizioni di sofferenza e di disabilità possano comprendere che i paletti che la scienza pone sono nel loro diretto interesse e nell'interesse della comunità tutta per evitare danni alla salute dei pazienti ed eventuali speculazioni sui loro bisogni. Non sarà facile: ancora, stanotte, abbiamo ricevuto mail nelle quali veniva contestata questo tipo di soluzione, che abbiamo cercato di dare in Commissione, lamentando che qualcuno avrebbe potuto appropriarsi di un metodo e che le cell-factory operanti sul territorio nazionale in numero di tredici, non sarebbero state in grado di produrre più di 120 linee cellulari ciascuna all'anno. Notate bene: 120 per 13 fa 1.560, un numero più che sufficiente per la sperimentazione, a meno che non si voglia avviare una produzione industriale.
  Occorre, inoltre, fare in modo – e vado a concludere – che in futuro non possano riproporsi altre vicende analoghe. L'Italia non ha bisogno di affrontare dibattiti laceranti su presunte terapie miracolose ogni venti anni. Per far questo, occorre trovare gli strumenti legislativi per far sì che la proposta di autorizzazione a sperimentare nuove cure possa essere portata avanti solo man mano che i suoi fondamenti siano dimostrati, effettuando cioè un rigoroso controllo sulle credenziali dei proponenti, e affinché siano evitati, in futuro, interventi non pertinenti da parte delle autorità giudiziarie. Non far ciò significa esporsi, in futuro, a nuove guerre di religione, come nel caso Di Bella, come nel presente caso di Stamina e come in altri casi simili, che potrebbero aprirsi per patologie gravi, che spingono il paziente e Pag. 15le famiglie ad affidarsi ad ogni speranza, come il naufrago ad un legno che galleggia.
  Signor Presidente, onorevoli colleghi, approvando all'unanimità il testo da sottoporre all'Aula per la conversione del decreto-legge Balduzzi, la Commissione ha scritto una bella pagina su come le forze politiche potrebbero lavorare, se anteponessero sempre la ricerca del bene comune alle contrapposizioni ideologiche. Mentre davanti a Montecitorio venivano organizzate scomposte manifestazioni, la Commissione affari sociali – ho terminato, signor Presidente – sottraendosi a ogni pressione, ha voluto riaffermare che la scienza e la medicina non possono essere validate né dalle agitazioni di piazza, né dagli interventi dei giudici del lavoro.
  Ferma restando la pietà verso i pazienti, impegniamoci ora tutti per spiegare alla popolazione che il rigore della sperimentazione, la sicurezza per la salute del paziente e la certezza di efficacia sono solo a tutela dei soggetti coinvolti nella sperimentazione, dei soggetti più deboli e nell'interesse della società intera (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Rondini. Ne ha facoltà.

  MARCO RONDINI. Signor Presidente, onorevoli deputati, oggi inizia l'esame di un provvedimento che, nella sua seconda parte, reca disposizioni che hanno destato l'attenzione dell'opinione pubblica in generale e la legittima angoscia da parte di molte persone, preoccupate dal rischio di veder svanire la speranza di poter accedere alle cosiddette terapie compassionevoli e non solo.
  Questi timori sono giustificabili e sono sicuro che in Aula sapremo fugarli compiendo tutti un ulteriore sforzo.
  Ora, nel corso dell'esame presso il Senato la norma è stata modificata in maniera incisiva, da un lato votando a favore dello stralcio del comma 1 dall'articolo 2, intervento volto a dare un senso compiuto a un decreto-legge che era partito con il piede sbagliato e con un'incostituzionalità riconosciuta dal Senato; e dall'altro, le modifiche, intervenute sul testo originario al Senato, andavano a inquadrare le disposizioni nell'ambito della normativa in materia di trapianti di cellule e tessuti. Il lavoro del Senato aveva prodotto un testo condivisibile, sicuramente perfettibile, ma che incontrava le aspettative di chi nutre la speranza di poter accedere alla terapia condotta con la metodica Stamina e la tutela e il diritto dei pazienti erano, comunque, garantiti.
  Ora, invece, nel testo che arriva in quest'Aula, modificato a seguito degli emendamenti approvati in XII Commissione, qualcosa è cambiato. È cambiato anche per come tali modifiche sono state avvertite dall'opinione pubblica e dalla fondazione Stamina. Accanto all'inserimento di disposizioni totalmente condivisibili forse qualcuna potrebbe essere modificata. Sono sicuro che il lavoro di modifica in sede di Commissione non risponde alle logiche di nessuna lobby, come qualcuno vorrebbe far intendere, e che l'intento dei colleghi fosse mosso semplicemente dalla volontà di garantire gli standard di sicurezza della terapia. Quindi, credo che il lavoro della Commissione vada considerato in questa ottica. È sicuramente perfettibile e credo che sia opportuno correggere quelle parti che mi inducono a nutrire qualche dubbio rispetto al tipo di sperimentazione che dovrebbe accreditare la validità della metodologia.
  In sintesi e in sostanza, credo che una sperimentazione seria debba tener conto delle osservazioni che ci sono state fornite, nel corso dell'audizione in Commissione, dal professor Vannoni, oltre ad aver preso in considerazione le audizioni degli altri intervenuti in Commissione. Noi abbiamo il dovere di legiferare, garantendo il diritto alla salute dei nostri cittadini e promuovendo una sperimentazione seria, che garantisca i diritti sacrosanti del malato. In sostanza – e concludo – presenteremo degli emendamenti tesi a garantire una sperimentazione della metodica Stamina che tenga conto di quanto ci è stato trasmesso in Commissione. Noi non possiamo Pag. 16sapere se questa metodica è valida o meno, ma dobbiamo garantire che venga sperimentata correttamente e questo credo che sia un punto sul quale tutti siamo d'accordo.

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Miotto. Ne ha facoltà.

  ANNA MARGHERITA MIOTTO. Signor Presidente, appartengo ad un gruppo politico, il gruppo del Partito Democratico, che fa della garanzia del diritto alla salute un pilastro della propria proposta politica, perché siamo il partito della Costituzione, perché riteniamo che l'articolo 32, che tutela il diritto alla salute, sia l'elemento fondante della visione politica che abbiamo in ordine a quell'insieme dei diritti fondamentali per tutte le persone che contribuiscono a realizzare la coesione sociale nel Paese.
  Come tutelare la salute ? Quali orientamenti per il sistema sanitario e per il mondo delle professioni ? Ebbene, codice deontologico per i professionisti, trattamenti basati sull'evidenza scientifica, potere regolatorio delle istituzioni pubbliche definiscono l'orizzonte nel quale collochiamo anche la discussione che si è sviluppata, in queste settimane, attorno al grande tema della libertà di cura. La libertà di cura non è assoluta se non inquadrata all'interno di questo perimetro, che ho appena detto. E connesso a questo principio e a questo diritto, c’è l'accesso gratuito alle cure, sul quale si sono pronunciati alcuni tribunali. Non è però, purtroppo, questo il caso della vicenda che coinvolge numerosi pazienti trattati con il cosiddetto metodo Stamina. È un metodo tenuto segreto – è già stato qui detto –, si dice perché sottoposto a brevetto, in verità inesistente.
  Non è stato sottoposto a regolare sperimentazione, è privo di dati scientifici, non è stato sottoposto all'approvazione dell'AIFA, in assenza di verifiche su eventuali eventi avversi. In altra sede approfondiremo le ragioni che dopo l'esperienza del metodo Di Bella hanno esposto il nostro Paese alle giuste critiche della comunità scientifica internazionale, ma oggi dobbiamo far fronte alla necessità di rassicurare i cittadini sulla sicurezza dei trattamenti terapeutici praticati negli ospedali pubblici italiani, anche in ottemperanza a ordinanze di qualche magistrato, che ha ritenuto di ordinare l'avvio del trattamento ancorché non autorizzato. Inoltre, non dobbiamo deludere le tante speranze di tante famiglie che hanno coltivato un'aspettativa che razionalmente non riusciamo a sostenere e che ci appare umanamente atroce quando siamo chiamati a spegnerla. Parallelamente, dobbiamo essere però rigorosi nel rispetto delle norme che disciplinano le sperimentazione e perciò riteniamo largamente condivisibile il testo che abbiamo contribuito ad emendare dopo un lavoro prezioso già svolto dal Senato. Noi non siamo d'accordo nel criticare pesantemente il lavoro fatto al Senato, come è stato fatto, perché, guardate colleghi, io credo che vadano valorizzati due aspetti che sono contenuti nel testo pervenuto dal Senato. Il primo riguarda la prosecuzione dei trattamenti avviati, il secondo l'avvio della sperimentazione. Poi nel lavoro fatto alla Camera, esposto qui dal relatore, noi abbiamo apprezzato, condiviso e abbiamo contribuito ad una ulteriore fase emendativa per ricondurre l'iniziativa ad una sperimentazione coerente con le norme vigenti e quindi sotto l'egida dell'Istituto superiore della sanità, accanto ad un'importante iniziativa di monitoraggio sull'andamento e sugli esiti delle sperimentazioni in atto che sono state condotte con cellule staminali mesenchimali. Tuttavia, rimangono aperte alcune questioni che vanno seriamente affrontate. In primo luogo, a livello europeo occorre individuare modalità diverse e nuove per condurre sperimentazioni sulle cellule che verosimilmente necessitano di procedure diverse da quelle oggi previste per i farmaci, perché vengono chiamate in causa questioni di grandissimo valore etico che non possiamo qui tralasciare. Non sfugge a nessuno che si tratta di sperimentazioni che da questo punto di vista utilmente debbono fare i conti con la normativa sui trapianti, ma è Pag. 17evidente che qui occorre un indirizzo europeo, per il quale spero che il Governo italiano sviluppi un'adeguata iniziativa. Voglio ricordare che le normative europee che regolano la sperimentazione sui farmaci sono prodotte dalla direzione industria, il che fa capire come sia necessaria una iniziativa invece del Governo italiano che ricollochi più utilmente tutta questa discussione all'interno dell'utilizzo del corpo umano. Ma poi serve una seconda iniziativa a livello nazionale legata al testo che abbiamo al nostro esame. Ho già detto che diamo un giudizio positivo del testo che è uscito dalla Commissione, tuttavia voglio qui porre una questione: nel testo che esce la sperimentazione non si limita al metodo Stamina, anche se abbiamo discusso esclusivamente di questo e del resto – voglio ricordarlo al sottosegretario presente – il Governo non sarebbe ricorso allo strumento di un decreto-legge se non ci fosse stata la questione sollevata con il metodo stamina. Allora, voglio qui porre una piccola attenzione.
  Occorre ricondurre l'ambito di applicazione dell'articolo 2, comma 2-bis, e quindi la sperimentazione avviata sotto l'egida dell'Istituto superiore di sanità, a questa questione, e quindi alla sperimentazione del metodo Stamina, in collaborazione, immagino, spero e mi auguro, con Stamina Foundation Onlus.
  Sarebbe singolare, credo non condivisibile, che il finanziamento pubblico, che, voglio ricordare, viene sottratto ai LEA, ai livelli essenziali di assistenza, potesse finanziare una sperimentazione di altri soggetti, qualora Stamina non aderisse alla sperimentazione. Voglio essere chiara su questo punto: si creerebbe una condizione, non voluta, ora, dal legislatore, perché il testo in esame introduce una norma generale, e quindi non si restringe l'ambito di applicazione della norma. Occorre, quindi, trovare le modalità adeguate – può essere un emendamento, un altro strumento, le assicurazioni del Governo: affido anche al relatore questo compito – affinché non si crei una condizione che potrebbe costituire un precedente, da un lato, non voluto, certamente non voluto, dall'altro, una scorciatoia per chi, magari, trova, in un momento in cui le risorse per la ricerca sono così scarse, una sorta di canale privilegiato per finanziare ricerche, pure importanti, sia chiaro, ma non potremmo consentirci di utilizzare fondi oggi destinati per i livelli essenziali di assistenza (Applausi).

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Piazzoni. Ne ha facoltà.

  ILEANA CATHIA PIAZZONI. Signor Presidente, colleghi deputati, signori del Governo, oggi ci troviamo ad esaminare la conversione in legge di un decreto-legge che porta in sé due questioni molto diverse tra loro, ma altrettanto problematiche. La prima parte, l'articolo 1, che riguarda gli ospedali psichiatrici giudiziari, ci mette di fronte al dramma della sopravvivenza nel nostro tempo di quelli che speravamo essere solo un brutto ricordo del passato, strutture e modalità gestionali del disagio psichico indegne di un Paese civile.
  La seconda parte ci pone di fronte, invece, ai problemi che, sempre più spesso, ci porrà il futuro, con il progredire della scienza e della conoscenza, che porta con sé enormi potenzialità positive, ma impone anche di tenere alta l'attenzione per i rischi connessi alla sperimentazione.
  Inizio dall'articolo 1, su cui esprimo una nota di rammarico e una, invece, di soddisfazione. Il rammarico è dato dal trovarsi costretti a votare una proroga al termine di chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari, una proroga che mai avremmo voluto concedere. Lo facciamo perché costretti dalle inefficienze di tutte le istituzioni che avrebbero dovuto provvedere a compiere il loro dovere nel realizzare quanto previsto dal decreto-legge n. 211 del 2011.
  Si tratta di una catena di responsabilità che parte dai ritardi nell'emanazione degli atti previsti per la definizione delle nuove strutture preposte e per il riparto delle risorse ed arriva alle inadempienze delle regioni. Accettare questa proroga è, comunque, una sconfitta e vorrei che fosse Pag. 18percepito in quest'Aula il peso della responsabilità di questa scelta.
  Infatti, ho sentito dire da più parti che era inevitabile, che il tempo concesso dal decreto-legge del 2011 era troppo poco. Ritengo che il tempo infinitamente lungo che è stato sottratto alla vita di centinaia di persone in violazione dei loro diritti umani fondamentali richiedeva e richiede un tempo altrettanto infinitamente breve per rimediare a questo terribile torto.
  Quando è stato evidente che, ancora una volta, era stato fallito l'obiettivo, al rammarico si è unita la forte preoccupazione di evitare che la proroga diventasse, come spesso, purtroppo, accade, solo la prima di una lunga serie. Per questo abbiamo presentato, il 25 marzo scorso, un'interrogazione per chiedere ai Ministri della salute e della giustizia di vincolare la proroga alla definizione di tempi certi e ad impegni precisi, nel rispetto delle sentenze nn. 253 del 2003 e 367 del 2004 della Corte costituzionale.
  Riteniamo che il decreto abbia accolto le nostre preoccupazioni laddove è previsto il commissariamento delle regioni inadempienti già a partire dalla data del 15 maggio scorso per la presentazione del programma per la realizzazione delle nuove strutture e dei percorsi terapeutico-riabilitativi – a tal proposito, accogliamo con favore la notizia, riferitaci dal sottosegretario Fadda in Commissione, per cui tutte le regioni hanno ottemperato all'obbligo entro il termine previsto – e laddove è stato inserito l'obbligo per il Ministro della salute e per il Ministro della giustizia di riferire entro sei mesi al Parlamento sullo stato di attuazione dei programmi regionali.
  Così come giudichiamo positivamente l'accoglimento della richiesta del nostro gruppo al Senato di introdurre un rafforzamento per le ASL degli obblighi di provvedere immediatamente alla dimissione di tutte le persone internate per le quali l'autorità giudiziaria abbia già escluso o escluda la sussistenza della pericolosità sociale, con l'obbligo di presa in carico all'interno di progetti terapeutico-riabilitativi individuali che assicurino il diritto alle cure e al reinserimento sociale.
  Ci preme qui rimarcare che circa cinquecento dei mille detenuti in OPG sono già dimissibili e si trovano ancora nelle strutture psichiatriche giudiziarie in proroga, semplicemente e drammaticamente perché non esistono servizi che li possano prendere in carico.
  A questi elementi si accompagnano anche altre preoccupazioni. In particolare, temiamo che per le persone non dimissibili l'impegno sia molto più rivolto alla creazione di nuove strutture di mero contenimento piuttosto che a seri percorsi di riabilitazione.
  Preoccupa l'assegnazione dei finanziamenti in prevalenza alla costruzione e all'attivazione delle strutture residenziali speciali, a scapito del trasferimento di risorse ai dipartimenti di salute mentale che dovrebbero, invece, assicurare i progetti terapeutico-riabilitativi individuali. Dipartimenti di salute mentale già sottoposti, vorrei ricordare, alla mannaia dei tagli alla spesa sanitaria e alla precarizzazione del lavoro che ovunque, ma soprattutto nelle regioni sottoposte a piano di rientro, colpiscono tutti i servizi, ma sembrano accanirsi particolarmente su quelli rivolti al disagio psichico, in una sorta di rimozione collettiva di una società che continua ad affrontare la paura di un disagio, ancora in larga parte sconosciuto, con l'emarginazione e il rifiuto del problema.
  Bene il decreto, quindi, ma ora siamo chiamati ad un grande lavoro istituzionale, in sinergia con l'associazionismo, gli attori sociali e il territorio, imperniato sulla riorganizzazione dei servizi in un'ottica di ampia integrazione e, soprattutto, di cambiamento di forma mentis: maturare insieme l'idea di diventare tutti, per usare le parole di Franco Basaglia, creatori di soggettività umane, con il diritto, se non proprio ad una vita indipendente, come auspicherebbe la Convenzione ONU per i diritti delle persone con disabilità, ad un'esistenza dignitosa, la stessa che la nostra Costituzione dovrebbe garantire ad ogni cittadino.Pag. 19
  Rispetto all'articolo 2, recante disposizioni in materia di autorizzazione a trattamenti con medicinali per terapie avanzate a base di cellule staminali mesenchimali, riteniamo che il lavoro svolto in questi giorni dal Governo, di concerto con la Commissione della Camera, abbia messo positivamente in evidenza la capacità di approcciare ad un tema delicatissimo in quanto direttamente incidente sulle possibilità di vita delle persone, senza pregiudizi, senza rivendicazioni di parte, ma solo con la forte preoccupazione di assicurare il dovuto equilibrio nella relazione tra ricerca ed evidenza scientifica, da un lato, e la libertà di ogni cittadino di scegliere come curarsi, dall'altro.
  Non entrerò nel merito, per ragioni di tempo, dei tantissimi elementi di cui si è dovuto tenere conto nella costruzione di questa cornice normativa. Mi limiterò in questa sede a ribadire la nostra volontà di consentire la sperimentazione di terapie avanzate a base di cellule staminali mesenchimali secondo il metodo Stamina. Siamo molto attenti e molto preoccupati dei rilievi sollevati da larga parte della comunità scientifica. La sottoposizione a regole certe, al protocollo scientifico, alla trasparenza è essenziale per garantire ai malati, ai loro familiari e alla società tutta la massima sicurezza e per rendere possibile la verifica dei risultati e, quindi, l'effettivo progredire della scienza.
  La ricerca sui farmaci nuovi segue una serie di tappe codificate a livello internazionale, alle quali i ricercatori devono attenersi; un meccanismo messo in piedi nel tempo a tutela della salute dei malati e per tutelare la collettività da effetti collaterali anche molto gravi. Abbiamo scelto tuttavia di ammettere delle deroghe, per operare nella direzione di consentire di verificare i risultati di una cura che tante persone riferiscono come positivi. Forse è vero che la probabilità che questo metodo sia effettivamente la soluzione a malattie rare gravissime è molto bassa, ma il valore inestimabile che quella probabilità porta con sé ci spinge a praticarla, ad assicurare a tante persone, a tanti genitori, la possibilità di continuare a lottare, pur nella grande preoccupazione dei rischi derivanti dalla somministrazione di una terapia ancora non testata.
  Sappiamo che sono state sollevate molte critiche, molti dubbi, in merito alla fattibilità della sperimentazione dato l'impianto normativo proposto. Per questo chiediamo al Governo di farsi garante della realizzazione concreta di quella che è stata una volontà unanime nella Commissione, che la sperimentazione del metodo Stamina abbia luogo e sia resa possibile con l'unico limite della sicurezza dei pazienti, evitando quindi che ragioni diverse da questa necessità inderogabile impediscano che la sperimentazione si realizzi effettivamente e concretamente a partire dal 1o luglio, così come previsto dal decreto-legge, operando per rimuovere ogni ostacolo che non sia dovuto alla necessità di tutela dei malati.
  Contemporaneamente chiediamo al Governo di farsi carico di un aspetto che riteniamo indispensabile. Nella disputa scientifica e normativa, che ha caratterizzato sullo sfondo i nostri lavori e che sicuramente caratterizzerà l'avvio della sperimentazione, ci preme che non finiscano in secondo piano i destinatari della stessa, le persone in carne ed ossa.
  Chiediamo, cioè, che le norme che andremo ad approvare non producano una situazione oscura per i malati circa le loro effettive possibilità di cura. Si faccia carico tempestivamente il Governo, dunque, di una comunicazione efficace e comprensibile, che metta le persone nelle condizioni di conoscere esattamente l'iter di accesso alle cure e soprattutto le metta contemporaneamente al riparo da ogni possibile strumentalizzazione (Applausi).

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Roccella. Ne ha facoltà.

  EUGENIA ROCCELLA. Signor Presidente, come sappiamo bene, nei mesi scorsi si è venuta a creare nel nostro Paese una situazione difficile e delicata: decine di famiglie con persone, soprattutto bambini, colpite da malattie gravissime, rare ed incurabili hanno scelto di affidarsi a Pag. 20percorsi terapeutici a base di cellule staminali mesenchimali, mai sperimentati secondo le procedure stabilite dalle norme europee ed italiane e non condivisi dalla comunità scientifica.
  Le famiglie, però, hanno sempre dichiarato che i loro cari in generale ne traggono qualche giovamento e, per quanto le osservazioni e le impressioni dei familiari non possano valere sul piano scientifico e non abbiano valore se non aneddotico, è doveroso da parte nostra prestare loro la giusta attenzione e la giusta considerazione.
  Un primo intervento ispettivo su istanza della magistratura ha interrotto quel percorso, mentre al contrario ordinanze successive, sollecitate dai familiari dei malati, ne hanno consentito in moltissimi casi la ripresa, nonostante non si fossero create ancora le condizioni necessarie per una sperimentazione rigorosa.
  Il cosiddetto decreto Balduzzi ad opera del Governo precedente, che aveva cercato di sanare la situazione, è stato modificato una prima volta al Senato ed ora, con il lavoro della Commissione affari sociali, è stato ancora parzialmente riformulato per trovare la soluzione più adeguata possibile ad una situazione difficile, tenendo conto di tutti i fattori in gioco.
  La Commissione ha approvato all'unanimità due giorni fa un importante emendamento del relatore, che va a completare il percorso avviato al Senato sulle terapie cellulari avanzate ad uso personale. La soluzione del Senato era una soluzione di emergenza e, tra l'altro, non si era ancora insediata la Commissione competente. Non c’è stata una profonda correzione, per così dire, della rotta indicata dal Senato, ma una riformulazione che era doverosa, appunto, dopo un dibattito approfondito come quello che si è svolto nella Commissione competente e che ha avuto a disposizione le audizioni di tutti i soggetti interessati.
  Quindi, anche se il tempo è stato breve, dobbiamo dire che abbiamo svolto un dibattito veramente approfondito. Infatti, va detto che si tratta di una proposta che è stata capace di sintetizzare gli orientamenti emersi da un dibattito importante, da cui è emersa una posizione comune a tutti, partiti di maggioranza e di opposizione, che hanno affrontato il problema con grande senso di responsabilità, avendo davvero presente il bene comune senza cedere a nessuna velleità di strumentalizzazioni.
  Ringrazio per questo tutti i miei colleghi. Sarebbe stato facile approfittare di quest'occasione per guadagnare consenso e visibilità, ma nessuno l'ha fatto, anteponendo al vantaggio immediato la preoccupazione per il Paese, il futuro del nostro sistema sanitario e anche il bene delle famiglie interessate.
  Nell'emendamento che abbiamo formulato abbiamo tenuto conto sia dell'esigenza fortissima delle famiglie, espressa pubblicamente con estrema determinazione, di continuare un percorso già iniziato per i loro malati, ma anche del necessario rispetto della normativa vigente e degli indispensabili requisiti di sicurezza che le terapie cellulari intraprese devono seguire.
  Il fatto di trovarsi davanti malati gravissimi, in gran parte bambini, non può essere la leva per aprire a qualsiasi tipo di percorso terapeutico più o meno sperimentato, più o meno riconosciuto dal sistema sanitario e dalla comunità scientifica.
  Anche quando si parla di «cure compassionevoli» si tratta di terapie che hanno superato almeno il test per la sicurezza. Le regole della sperimentazione sono innanzitutto a tutela dei pazienti – è stato già detto numerose volte ma lo voglio ripetere – e per questo sono stabilite e condivise con provvedimenti legislativi a livello europeo e vanno rispettate. È evidente che non si può trasformare un paziente in una cavia solo perché sappiamo che non ha speranze di guarigione o aspettative di lunga vita. Non è certamente questo il concetto di compassione cui la definizione di cure compassionevoli si riferisce.
  La riformulazione del provvedimento approvato in Commissione, quindi, consente di continuare il percorso iniziato con Stamina Foundation, ma a condizione che Pag. 21sia svolto in totale sicurezza, secondo quanto stabilito dalle normative vigenti, pur prevedendo anche possibili deroghe.
  È importante sottolineare che abbiamo previsto delle deroghe e lo sottolineeremo probabilmente anche con un ordine del giorno perché vogliamo che la sperimentazione si faccia. La Commissione ha formulato questo emendamento proprio nel tentativo, da una parte, di ricondurre i trattamenti all'interno di un quadro regolatorio condiviso, perlomeno a livello del Parlamento (non possiamo dire condiviso dalla comunità scientifica), poiché, dall'altra parte, vogliamo che la sperimentazione si faccia. Invitiamo, quindi, a prevedere le deroghe più ampie possibili, probabilmente anche attraverso un ordine del giorno.
  Dal prossimo 1o luglio e per 18 mesi, con la supervisione di Aifa, dell'Istituto superiore di sanità e del Centro nazionale trapianti, quindi, potranno riprendere con certezza i percorsi di cura iniziati. Il fatto stesso che siano state previste risorse specificamente dedicate, fino a 3 milioni di euro, dal Fondo sanitario nazionale, in un momento di difficoltà economica come questo, è un grande segnale nei confronti delle famiglie.
  Al riguardo, devo dire che vorrei raccogliere la preoccupazione espressa dall'onorevole Miotto sul fatto che ci possano essere eventualmente altri soggetti che si inseriscono nell'apertura che abbiamo consentito in questo senso. Le famiglie però devono anche avvertire che questi fondi stanziati sono davvero un grande sforzo fatto e non possono, non devono sentirsi lasciate sole dalle istituzioni.
  La creazione poi di un Osservatorio delle terapie con cellule mesenchimali, insieme alla relazione da presentare al Parlamento, garantiscono un monitoraggio attento, adeguato e trasparente. È un gesto di responsabilità da parte della politica, quindi, che ha ereditato una situazione complicata e che si è trovata di fronte un compito ingrato. Contiamo di trovare la stessa responsabilità anche nelle istituzioni che dovrebbero garantire il rispetto delle leggi. Non dimentichiamo, infatti, che i percorsi di cura inizialmente interrotti a seguito di ispezioni stabilite dall'autorità giudiziaria, sono ripresi a seguito di ordinanze della magistratura e non per iniziativa della politica o delle amministrazioni competenti.
  A questo proposito ritengo ingeneroso l'attacco rivolto al Parlamento e al Paese da voci prestigiose come quella della rivista Nature, che forse non è stata bene informata sui fatti effettivamente accaduti ed ha accusato l'Italia in genere, cioè il sistema Paese, di alimentare false speranze di malati e addirittura di sfruttarne la disperazione.
  Voglio difendere il nostro Paese che non merita queste accuse. L'Italia non è il Paese della deregulation sanitaria o della ricerca selvaggia. Ricordiamo tra l'altro che il nostro sistema sanitario, nonostante tutte le pecche che possiamo trovare, rimane sempre ai primi posti delle classifiche internazionali. I nostri ricercatori rispettano i criteri più severi per la ricerca e raggiungono spesso punte di eccellenza riconosciute a livello internazionale.
  Devo sottolineare, per onestà, che l'appello degli scienziati al Governo e lo stesso articolo di Nature, hanno mancato il bersaglio, non so se per scarsa informazione o per scelta volontaria.
  Chiedo alla comunità scientifica, che ha lanciato un allarme sulle sperimentazioni non autorizzate, di indicare meglio le diverse responsabilità, che non sono della politica e tanto meno del Parlamento, che, come ho detto, ha dato prova di serietà e di volontà di arrivare ad una soluzione unitaria. Non si tratta di trovare un colpevole, ma di fare chiarezza: sappiamo che nel nostro Paese qualunque provvedimento, anche il più rigoroso, può essere vanificato da una ordinanza di un tribunale e, se la comunità scientifica vuole veramente vegliare sulla rigorosità delle procedure, deve farlo sempre nei confronti di tutti gli attori, non può tacere quando i pronunciamenti della magistratura invadono l'ambito delle competenze mediche e scientifiche, come purtroppo accade sempre più spesso.Pag. 22
  Non è possibile applaudire alle ordinanze dei giudici, quando magari tendono a una modifica della legge n. 40 sulla procreazione assistita, e tacere, al tempo stesso, quando analoghe ordinanze violano regolamentazioni europee.
  Anche questo nostro provvedimento sulle terapie avanzate, di assoluto buon senso e rigoroso nel rispetto delle leggi, può essere reso vano se in sede giudiziaria si continuassero ad autorizzare trattamenti non scientificamente validati e discutibili sotto il profilo della trasparenza.
  Il Parlamento sta facendo la sua parte, sta assolvendo ai suoi compiti. Confidiamo nella collaborazione e nella responsabilità di tutti adesso. Scienziati, famiglie, potere giudiziario, autorità sanitarie e mezzi di informazione: siamo tutti chiamati a un atteggiamento di responsabilità, di serietà e di collaborazione, senza il quale, davvero, nel nostro sistema sanitario e nella ricerca si potrebbero aprire varchi pericolosi (Applausi).

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Giulia Grillo. Ne ha facoltà.

  GIULIA GRILLO. Gentile Presidente, gentili deputati e deputate, abbiamo già ascoltato diversi interventi, quindi vi sarete fatti, spero, un'idea sulla complessa tematica che stiamo vivendo in questi giorni in Commissione affari sociali, che abbiamo vissuto noi, come MoVimento 5 Stelle, da quasi tre settimane.
  Avevo preparato un discorso, però credo che leggerò solo una piccola parte, perché in realtà già sono state dette molte cose. Noi del MoVimento 5 Stelle, come un po’ avete imparato a conoscere e a conoscerci, sapete che operiamo secondo il principio della trasparenza e secondo il principio dell'onestà intellettuale.
  Sapete anche – e se non lo sapete lo ricordiamo – che siamo un movimento politico libero, libero da pressioni di qualunque tipo ed è con questa missione che noi abbiamo deciso di operare in questo Parlamento, dentro le istituzioni.
  È per questo che, da tre settimane, con gli amici colleghi della Commissione affari sociali, abbiamo cominciato a studiare e ad approfondire una tematica che sapevamo sarebbe stata molto complessa, sia proprio per il numero e la quantità delle informazioni che dovevamo assorbire e fare nostre, sia per la pressione mediatica che accompagnava questa tematica; lo abbiamo fatto facendo delle audizioni informali con quelli che erano tutti i soggetti coinvolti in questa vicenda. Abbiamo incontrato l'Istituto superiore di sanità, abbiamo incontrato l'Aifa, abbiamo incontrato il professore Vannoni e il dottor Andolina, abbiamo parlato – alcuni di noi – con i parenti di alcuni dei pazienti trattati con questo metodo, abbiamo parlato con medici, con biologi; alcuni di questi incontri li abbiamo anche registrati e sono su YouTube.
  Poi siamo arrivati in Commissione e lì abbiamo continuato a studiare con i colleghi deputati degli altri movimenti e degli altri gruppi politici, con lo stesso interesse dimostrato da parte di tutti, questo lo voglio dire perché il MoVimento 5 Stelle è un movimento onesto e ammette la collaborazione quando c’è e la collaborazione c’è stata, sono contenta di dirlo, perché questo rafforza la missione che noi ci siamo dati dentro queste istituzioni e rafforza anche il nostro progetto di cambiamento.
  Abbiamo affrontato e abbiamo rifatto le stesse audizioni, quindi è impossibile dire, perlomeno per noi sicuramente – ma mi sento di parlare anche per gli altri colleghi in questo caso –, che non abbiamo agito con la consapevolezza, con la coscienza e con la conoscenza di tutti gli strumenti necessari per poter valutare in maniera obiettiva una materia così delicata e così complessa.
  Non ammetto le accuse di pressione da parte di lobby perché tutti sanno che noi per primi siamo contro qualunque forma di lobby in qualunque forma essa si esprima e, quindi, siamo anche contro le lobby farmaceutiche laddove e nelle circostanze in cui queste si esprimano (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).Pag. 23
  Evidentemente, in questa circostanza e per onestà intellettuale, noi non abbiamo rilevato questa pressione, non abbiamo subito alcuna di queste pressioni. Pur tuttavia rileviamo un concetto come abbiamo già fatto in Commissione. Le cellule staminali, quando noi abbiamo affrontato questo argomento, tutti le descrivevano come dei farmaci. Io sono un medico e quando mi sono sentita dire che le cellule staminali sono dei farmaci ho avuto un attimo di perplessità. Perché le cellule staminali anzitutto non sono farmaci ma sono cellule. Poi vengono considerate farmaci quando vengono sperimentate e la normativa che regola la sperimentazione dice che sono farmaci. Naturalmente noi siamo sempre molto critici anche rispetto alle leggi, alle norme. Non sempre quello che è scritto in una norma è giusto. Può anche essere messo in discussione e noi l'abbiamo fatto.
  La norma di cui stiamo parlando – qui un attimo mi devo collegare al discorso, perché non posso ricordare tutto a memoria – è il decreto legislativo 24 aprile 2006 n. 219. In questo decreto del 2006 e, quindi, di quasi sei anni fa – e nella ricerca scientifica può anche essere considerato vecchio un decreto di sei anni fa – e che abbiamo letto con attenzione proprio perché vogliamo approfondire, ci siamo accorti che ci sono frasi che effettivamente rimandano al dubbio che le cellule siano veri e propri farmaci. Ve ne leggo alcune, scusate se vi annoio: per i medicinali per terapie geniche e cellulari somatiche i requisiti convenzionali contenuti nel modulo 4 per le prove non cliniche di medicinali possono non sempre essere adeguati a causa delle proprietà strutturali e biologiche uniche e diverse dei prodotti in questione. Quindi il legislatore ammette che le cellule hanno caratteristiche uniche e diverse dalle molecole e ci mancherebbe, compresi il grado elevato di specificità di specie, di specificità di soggetto e le barriere immunologiche e le differenze di risposta pleiotropica (qui scendiamo un po’ nel dettaglio). Comunque continuo. Al punto 3.2 del modulo 5: l'efficacia dei medicinali per terapie avanzate deve essere dimostrata secondo le indicazioni del modulo 5. Tuttavia per alcuni prodotti e per alcune indicazioni terapeutiche può essere impossibile effettuare prove cliniche convenzionali. Lo scrive il legislatore: impossibile effettuare prove cliniche convenzionali. Per me questo ha un significato chiaro. Significa che probabilmente pensare di utilizzare le stesse procedure standard che si utilizzano per le molecole quando si parla di cellule può essere difficile e probabilmente in sei anni, l'Italia – l'Europa prima ma dico anche l'Italia – avrebbe potuto provvedere a regolare diversamente la produzione e la sperimentazione delle cellule anche perché farle sottostare alla definizione di farmaci significa farle sottostare a tutto un controllo anche da parte delle stesse strutture che controllano la messa in produzione, la sperimentazione e la commercializzazione dei farmaci.
  Probabilmente il cittadino ha avvertito questa forzatura, e l'ha avvertita sulla propria pelle e sulla sua sofferenza dei propri figli. Ma, certo, non si può pensare che questa distanza che si è creata tra il cittadino e il Parlamento, di cui io, oggi, in questo caso e in questo momento faccio parte, sia un caso. Probabilmente è una distanza che si è creata per tanti e per troppi motivi, che noi ci stiamo sforzando oggi, noi come Commissione affari sociali, quindi con gli altri colleghi anche delle altre forze politiche, abbiamo, dicevo, dimostrato di volerci sforzare di superare proprio questo vuoto, questa distanza, derogando alla normativa perché ci siamo resi conto che la normativa non dava una risposta e il Parlamento ha dimostrato una grandissima responsabilità in questo. Ha dimostrato di saper dare, quando veramente lo vuole, la giusta attenzione ai problemi dei cittadini.
  Spero che quello che noi abbiamo votato in Commissione si traduca poi in un dato di fatto, ovvero che la sperimentazione continui, come noi crediamo che sia giusto, però non ci si può chiedere di derogare alla sicurezza: noi non lo possiamo fare per onestà, per la stessa onestà Pag. 24e per la stessa trasparenza, trasparenza che noi chiediamo anche al professor Vannoni del metodo Stamina, perché noi la trasparenza la chiediamo a tutti, non possiamo fare sconti (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
  Ci dispiace, non possiamo fare sconti a nessuno e se questo dovrà tramutarsi in una forma di impopolarità o di qualunque altra cosa, noi non abbiamo paura, perché sappiamo che lo stiamo facendo solo e nell'esclusivo interesse di tutti i cittadini italiani (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle – Congratulazioni).

  PRESIDENTE. Constato l'assenza della deputata Binetti, iscritta a parlare. Anzi, vedo ora che è presente: colgo l'occasione per ricordare ai deputati di evitare di volgere le spalle al banco della Presidenza e del Governo. Prego deputata Binetti, ne ha facoltà.

  PAOLA BINETTI. Signor Presidente, chiedo scusa ma avevo previsto di dover intervenire dopo.
  Ancora una volta ci troviamo al centro di un crocevia in cui scienza e bioetica, biogiuridica e biopolitica sono sollecitate a dare risposte univoche ad un'esplicita richiesta di aiuto da parte dei cittadini. In questo caso, come quasi sempre in questi casi, la domanda viene posta da persone in stato di grave sofferenza, potremmo parlare di sofferenza estrema, non però di malati terminali, come è stato ben detto in Commissione dall'unica straordinaria paziente intervenuta, ma di quei pazienti però per i quali la scienza non ha ancora risposte adeguate e spesso la medicina ufficiale non riesce ad offrire neppure tutto il supporto umano e compassionevole che sarebbe giusto e indispensabile offrire loro, pazienti e familiari, che troppo spesso finiscono col sentirsi soli, molto soli, troppo soli, e dopo tanti e ripetuti insuccessi e dopo delusioni umane e scientifiche finiscono con l'affidarsi a chiunque offra loro qualche barlume di speranza, anche quando più che di speranza si potrebbe parlare solo di illusioni, illusioni senza fondamento, illusioni fragilissime, ma a volte anche illusioni con un fondamento falso, senza alcun riscontro scientifico, illusioni che manipolano la verità dei fatti, che alterano i dati della ricerca, che fanno leva su quell'umanissimo senso di pietà che è anche la cifra della nostra umanità.
  Non si capirebbe questo problema e l'impatto enorme che sta avendo sull'opinione pubblica, senza sottolineare due cose essenziali: quanto sia forte il bisogno di speranza nell'uomo e come non si possa mai sradicarlo dal cuore umano, anche quando versa in condizioni estreme, perché altrimenti il rischio immediato è quello di veder precipitare le persone nella tristezza e persino nella disperazione questo senso di solitudine estrema, personale ed istituzionale, può spingere verso persone capaci di attuare forme di manipolazione e di strumentalizzazione molto sofisticate e spesso anche pericolose; quanto sia forte anche il senso di solidarietà umana che ci fa schierare immediatamente dalla parte di chi soffre per condividerne il disagio e, nella misura del possibile, per aiutarlo. Ma la solidarietà, per essere vera solidarietà e non limitarsi alle ragioni del cuore, che pure sono fondamentali, ha bisogno di capire e di valutare quale sia la forma più efficace di aiuto, ed è qui che intelligenza e sentimenti, scienza e pietà devono trovare il loro punto di convergenza.
  A questo punto forse vale la pena velocemente riepilogare alcuni passaggi di questa vicenda.
  A fine aprile del 2009, a Torino, il dottor Scarzella, neurologo dell'Ospedale Valdese, visita privatamente pazienti con problemi neurologici a cui propone una cura innovativa: il trapianto di cellule staminali. Due le condizioni: i pazienti devono presentare diagnosi di malattia praticamente incurabile, a decorso progressivo, e debbono essere disposti a sottoporsi ad una sperimentazione talmente innovativa da non avere ancora ricevuto alcuna conferma dalla scienza ufficiale. Unico riscontro mediatico, la leggenda che si sta costruendo intorno alle cellule staminali che sembrano essere la potenziale Pag. 25panacea per tutti i mali, anche in assenza di riscontri oggettivi. Attualmente – vale la pena di ricordarlo, è stato già detto da alcuni colleghi – le cellule staminali adulte, anche ricavate attraverso il trattamento riservato alle cellule mesenchimali, hanno offerto buone conferme della loro efficacia soltanto in tre tipologie di casi: quando riguardano le patologie del sangue, quando riguardano i trapianti di cornea e quando riguardano problemi della cute. Attualmente, sono le uniche certezze confermate sul piano scientifico di vera efficacia delle cellule staminali, ma nella leggenda che si è costruita intorno a loro sembra che tutto una cellula staminale possa fare e, quindi, che tutto sia lecito per procurarsi cellule staminali e che tutto in qualunque modo possa essere manipolato pur di ottenere un risultato che è ancora francamente sub iudice.
  La terapia proposta da Scarzella richiede una serie di passaggi, dal prelievo delle cellule del midollo, alla loro moltiplicazione in un non identificato laboratorio, per giungere alla loro somministrazione per tre volte al paziente attraverso puntura lombare. Il costo del trattamento va tra i 20 e i 30 mila euro, più 7 mila euro per ogni puntura lombare. Non possiamo affrontare questo problema senza tenere conto del costo che ha supposto per molti pazienti, della mancanza di evidenze scientifiche che sono state alla base di interventi ovviamente indotti dalla magistratura e, soprattutto, di quella capacità di inserirsi in quell'area grigia che è quella costituita dalla malattia senza cura, in particolare, però, da una malattia all'interno della quale il paziente percepisce una sorta di oscura indifferenza istituzionale.
  Il riferimento scientifico a cui Scarzella si appoggia è quello del professor Vannoni di cui, però, nessuno di noi ha trovato riferimenti oggi disponibili su qualunque banca dati, di serietà di lavori scientifici prodotti in questa direzione. Il professor Vannoni, interpellato da noi direttamente in Commissione, ha fatto riferimento a laboratori, casi e tipologie che sono riconducibili all'Ucraina, alla Russia e mi sembra, se non ricordo male, alla Corea. Quindi, realtà oggettivamente lontane da quello che è il mondo della ricerca scientifica occidentale, da quello che è il rigore anche con cui un lavoro scientifico viene accolto e sottoposto a controllo nelle riviste scientificamente più qualificate.
  Il punto chiave è che questa sorta di percepito potenziale sfruttamento di pazienti in un contesto che non offre tutte le garanzie necessarie crea, in questa confusissima storia, l'intervento di Raffaele Guariniello, sostituto procuratore presso la procura del tribunale di Torino, che apre un'inchiesta sull'attività della Stamina Foundation perché la legge italiana vieta il ricorso alle staminali al di fuori di protocolli sperimentali riconosciuti. L'indagine preliminare si conclude con il rinvio a giudizio di dodici indagati tra cui alcuni medici e lo stesso Vannoni. Bisogna fare presente che questo rinvio a giudizio è tuttora in atto, è tuttora presente. I reati ipotizzati sono: somministrazione di farmaci imperfetti e pericolosi per la salute umana, truffa e associazione a delinquere. Il pubblico ministero ipotizza anche che numerosi familiari dei pazienti abbiano versato alla Stamina Foundation somme di denaro comprese tra i 30 e i 50 mila euro. Questi sono dati concreti a cui molto spesso il dibattito pubblico, anche il dibattito della piazza, non ha fatto riferimento: la strumentalizzazione dei pazienti, la pericolosità dei farmaci somministrati e, soprattutto, quella sorta di condizionamento pericoloso che potrebbe essere quasi ai limiti, non voglio dire del ricatto, però, senz'altro, dello sfruttamento della condizione di bisogno nella quale io ti dico: c’è questa soluzione, sono solo io che dispongo di questa soluzione, nessun altro te la può dare, cosa vuoi fare ? Sappiamo tutti come è difficilissimo sottrarsi, davanti alla malattia grave di un figlio, a questo tipo di sollecitazione. Sappiamo anche che, nel frattempo, però, nonostante il rinvio a giudizio, la fondazione continui le sue attività in ambito clinico applicando a Pag. 26numerosi pazienti il protocollo Stamina, mai appunto comparso su riviste scientifiche.
  Entra in gioco Marino Andolina, coordinatore del dipartimento trapianti adulto e pediatrico dell'ospedale Burlo Garofolo di Trieste, che si lascia coinvolgere nel progetto staminali. Non credo che sia indifferente il fatto che il dottor Andolina sia il responsabile medico: non dimentichiamo, infatti, che Vannoni è uno psicologo, ma certamente non è un medico, quindi sarà uno psicologo particolarmente capace nella dialettica e nel rapporto con i familiari e con la stampa, ma non ha le competenze mediche specifiche, che, invece, sono di competenza di Andolina, in quanto coordinatore del reparto trapianti. Questo dovrebbe essere un elemento che fa immaginare e comprendere facilmente perché vi sia stata questa tensione, questa attenzione e anche questa pressione sul perché le cellule staminali, anziché essere trattate come farmaci, fossero trattate come trapianti: probabilmente è lo stesso contesto culturale di riferimento di Andolina che ha fatto pressione in questo senso.
  Andolina è presente a Trieste, ma sappiamo anche tutti che la somministrazione di queste cellule staminali nell'ospedale Burlo Garofolo di Trieste, su quattro casi concreti, ha portato alla morte di tre dei pazienti che erano stati posti in trattamento; a seguito di ciò, l'ospedale di Trieste ha chiuso questa sperimentazione. Quindi, non è che non vi siano stati risultati, i risultati ci sono stati e sono stati – possiamo anche definirli – tra gli eventi avversi; sono stati dei risultati che hanno espresso senz'altro dolore per le famiglie e senz'altro delusione per l'attesa dei risultati che si sarebbero potuti ottenere, ma a livello istituzionale hanno chiuso una collaborazione – che, peraltro, non era mai stata perfettamente formalizzata – tra l'ospedale di Trieste e la Stamina Foundation.
  A questo punto, davanti alla prospettiva che tutto si fermasse, entrano in ballo gli Spedali Civili di Brescia, dove si sposta la sperimentazione: questo in base a un altro criterio, ossia quello che dà un'interpretazione particolare al termine cure compassionevoli. Come è stato detto molto bene dal collega Gigli, la definizione di cure compassionevoli non è semplicemente legata a un senso di pietas come una sorta di stato d'animo e di emozione e di condivisione della sofferenza, ma ha, a sua volta, un fondamento, previsto peraltro dalla legge, che pone due condizioni che sono i due principi fondamentali della bioetica: primum, non nocere, ossia che questa terapia non arrechi danno al paziente e, quindi, che i prodotti somministrati ai pazienti siano stati oggetto già di una fase di sperimentazione avanzata, anche se non ancora conclusa; secondo, il principio di beneficenza, cioè che in qualche modo giovino e facciano bene ai pazienti.
  Sul fatto che giovino ai pazienti, qualche risultato i genitori lo descrivono. Sappiamo che sono patologie complesse, in cui anche la verifica del miglioramento ha bisogno del tempo per essere consolidata e per mostrare davvero di essere un miglioramento legato alla terapia e capace di durare nel tempo, però, di fatto, l'utilizzazione del termine cure compassionevoli permette di continuare la sperimentazione su questi trenta casi che sono attualmente in atto, pur in mancanza concreta di dati.
  Sono tre, quindi, le domande chiave a cui occorre dare risposta: perché Stamina esprime tanta diffidenza nei confronti del legislatore ? Perché c’è tanta pressione da parte dell'opinione pubblica, a cominciare dai genitori dei bambini ? E perché vi è una ostilità, così dichiarata, così universale, da parte della comunità scientifica ? E la domanda chiave a cui la scienza non ha ancora dato risposta è questa: le cellule staminali e il metodo Stamina sono una cura miracolosa, il futuro della medicina, oppure sono un rischio, una truffa non sperimentata ? È evidente che, dal punto di vista della cura di questi bambini, anche se Stamina sostiene di sostenere, essa stessa, tutti i costi di queste terapie, è evidente l'idea che, se queste terapie funzioneranno, sono terapie che in qualche modo andranno ricomprese nel sistema Pag. 27sanitario nazionale. E il sistema sanitario nazionale, se ha, da un lato, il diritto a rispettare la scelta delle cure da parte del paziente, dall'altro lato ha il dovere di garantire che le cure a cui quel paziente si sottopone – e che come sistema sanitario nazionale in qualche modo garantisce, e garantisce gratuitamente – siano efficaci.
  Vi è, quindi, un quesito che riguarda la scienza, i suoi metodi, il suo rigore legato strettamente ai criteri di natura tecnico-scientifica, ma anche etico-deontologica. Ma vi è anche un quesito che riguarda la magistratura, la quale è intervenuta prima, durante e dopo, in un modo ambiguo e contraddittorio, schierandosi a volte dalla parte del rigore scientifico e altre volte dalla parte della pietas umana, indagando a volte sugli aspetti economico-commerciali, altre volte sugli aspetti clinico-scientifici: una magistratura almeno apparentemente invasiva rispetto ai confini che dovrebbero spettarle in qualità di uno dei grandi tre poteri strutturali della nostra democrazia.
  In questo senso, e lo cito soltanto en passant perché ne abbiamo parlato a lungo in Commissione, tutti noi colleghi abbiamo cercato di ricostruire la storia di una bugia che la Stamina Foundation dice, ed è la storia dei suoi brevetti. Stamina fa molto spesso il gioco delle tre carte: dice una cosa, rimandando la responsabilità in un altro contesto; quando si interpella quel contesto, quella verità viene a sua volta spostata da un'altra parte, in una sequela di effetti che non permette mai di mettere un punto fermo su ciò che realmente si fa, sulle autorizzazioni oggettivamente ottenute, sulle garanzie reali per poter continuare questo lavoro.
  Non esistono brevetti approvati, vale la pena dirlo, anche se Stamina lo ha fatto credere per lungo tempo, finché non c’è stata, come dire, una strisciante documentazione in questo senso. Le richieste sono state bocciate per la non sussistenza del metodo che si voleva brevettare. L'ufficio brevetti, quello italiano e quello europeo da cui sono stati ritirati e quello statunitense hanno ritenuto che la documentazione fornita non contenesse le informazioni, le verifiche e le dimostrazioni necessarie per qualificare il metodo.
  Ecco, io credo che questo sarà uno dei punti su cui saremo chiamati e, in modo particolare, il Ministero e l'Istituto superiore della sanità saranno chiamati nelle prossime settimane – veramente le prossime settimane –, nell'arco di un mese circa, perché suppongo che questa legge sarà pubblicata entro il 1o giugno e il protocollo diventerà operativo con il 1o luglio e, quindi, il tempo a disposizione è molto poco. Ma si dovranno confrontare con questa cosa: dagli Stati Uniti, ci dicono che la metodologia che si voleva brevettare non è sussistente, perché la documentazione non contiene le informazioni, perché le dimostrazioni non sono sufficienti a qualificare il metodo.
  Se non si tiene conto di questo, non si capisce perché, davanti a quello che ognuno di noi interpreterebbe come un gesto di grande generosità a livello istituzionale, viene accolta questa sperimentazione; si dice che si sperimenterà con la preparazione di questi farmaci esattamente come dicono loro, li si coinvolge nel processo; eppure, vi è una sottrazione sistematica, come dire, una cultura veramente del sospetto, che separa: ancora ieri, per chi ha avuto l'opportunità di leggere, anche stanotte, sul sito Facebook di Vannoni, vedevamo le accuse sistematiche; le accuse, per quanto possa essere magnanima la disponibilità offerta dal Ministero, dall'Istituto superiore di sanità, dall'Aifa, dal CNT, da tutta la realtà scientifica italiana a venire incontro, a fare proprio il metodo Stamina; si ricordi che l'unico paletto che è stato messo è che questo non contenga sostanze dannose per il malato, è l'unico paletto. Ebbene nonostante questo, che dovrebbe apparire sommamente generoso, anche perché abbiamo rinunciato alla convenzionalità del modello di ricerca proprio per adattarsi come un guanto a ciò che Stamina propone, c’è ancora una forte resistenza. Dobbiamo lecitamente supporre, lecitamente dubitare, Pag. 28che tutto questo accada perché è lo stesso metodo a non avere sostanza e a non avere sussistenza.
  Allora, colleghi, con tutto questo e anche io stessa dando ragione alla qualità del lavoro che si è svolto in Commissione – sicuramente alla disponibilità del relatore, ma anche alla buona volontà di tutte le forze politiche che sono intervenute – devo dire che il dibattito su queste cellule è nuovamente al centro di questioni in cui la ricerca si confronta con questioni di bioetica, di biopolitica, di biogiuridica e possiamo dire anche di bioeconomia, ma si confronta soprattutto su un punto: c’è davvero la sostanza del metodo o dovremo scoprire che, nonostante i 3 milioni investiti, nonostante la moltiplicazione e la disponibilità delle istituzioni, il metodo non c’è ? Questa è una domanda a cui siamo tutti aspettando che Stamina risponda. E sarà questa la domanda che potrà far fallire o non fallire la procedura. Forse, ho letto in questo la preoccupazione della collega Miotto, la quale dice: non vorrei, però, che poi, dimostrato l'indimostrabile del metodo Stamina, alla fine, si spostassero finanziamenti, risorse, attenzione verso altre sperimentazioni.
  C’è questa preoccupazione, non che si faccia un'altra sperimentazione – ben venga, forse non con questo decreto-legge, in altre strutture dove si possa fare una sperimentazione che porti davvero a risultati concreti e positivi a vantaggio delle malattie rare – ma il dubbio fermo ce l'ho proprio qui, esiste il metodo Stamina ? Perché è evidente che ad una manciata di ore da cui dovranno produrlo, ancora nessun gesto, nessuna cosa si è avuta.
  Vorrei quindi soffermarmi soltanto a questo punto sugli aspetti conclusivi di questa nostra relazione e anche di questa nostra riflessione generale che abbiamo fatto. La responsabilità dei Governi è quella di proteggere tutti i cittadini dalla commercializzazione di terapie prive di nessun valore, questo sia ben chiaro. Non c’è soltanto la necessità di rispondere alle pressioni, c’è un aspetto positivo che è quello di fornire risposte positive alle malattie, di fornire risposte positive alla ricerca, fornire risposte positive ai malati e alle istituzioni perché nessun malato si debba sentire mai solo, ma c’è anche un'altra cosa importante che è quella di non farsi strumentalizzare da questo.
  Mi soffermo, quindi, semplicemente dicendo in conclusione quelli che per me sono, come già ho avuto modo di dire in Commissione, i tre sì ed i tre no a questa questione. Il primo sì va al rispetto per il principio di equità e di uguaglianza, ma anche di efficacia e di efficienza; alla mediazione tra il fattore tecnico-scientifico ed il carattere normativo del diritto sociale alla salute, previsto dalla nostra Costituzione che considera la salute un bene individuale ma anche un bene della collettività; al principio di responsabilità che va coniugato con il principio di non maleficialità e di beneficialità.
  Quindi il tema è sì ad un decreto-legge che sia sufficientemente rielaborato rispetto alla versione del Senato per depotenziarne alcuni dei rischi contenuti accentuandone i limiti in fatto di spazi, e quindi ammettendo solo ed esclusivamente strutture pubbliche accreditate e i tempi della sperimentazione, 18 mesi; ma soprattutto per rendere la metodologia di lavoro rigorosa in tutti i suoi passaggi, obiettivi, materiali utilizzati, metodi necessari per ottenerli, criteri di inclusione e di esclusione, analisi e valutazione dei dati, follow-up a distanza del tempo prefissato.
  Faccio presente che noi ci troveremo davanti a tre tipologie di pazienti: pazienti che sono già attualmente in cura e che potranno continuare la cura, pazienti che rientreranno nei criteri di inclusione della sperimentazione e quindi potranno essere curati attraverso la sperimentazione e una platea molto ampia di pazienti che, non rientrando nei criteri di inclusione previsti dalla sperimentazione, dovranno attendere i risultati della sperimentazione sperando che in qualche modo la terapia possa offrire risultati positivi anche per loro. Noi ci dovremo occupare di tutti i tre pazienti, non solo di quelli già in cura, per evitare che ci siano dei danni, non solo di quelli che metteremo in cura con la sperimentazione e che avranno su di loro gli occhi Pag. 29di tutti, del Ministero, dell'Aifa, dell'Istituto superiore di sanità, del CNT, ma anche di coloro che resteranno fuori dalla porta in attesa. È per questo che noi diciamo che curare è anche comunicare e comunicare è anche saper curare.
  Sì alla cure compassionevoli quindi, ma solo quando rispondano ai criteri previsti sul piano clinico e sul piano etico, considerando gli aspetti chiave sui quali mi sono già soffermata. Sì però – questa è la grande lezione che dobbiamo ricavare da questo caso – a una ricerca intensa e coraggiosa, non possono esserci soltanto le situazioni drammatiche che ci fanno «raspare» in tutti i modi il fondo del barile per trovare fondi per la ricerca, in modo particolare i fondi per la ricerca per le malattie rare.
  L'anno scorso ci siamo occupati molto di malattie rare, ci sono dei disegni di legge sulle malattie rare che non sono mai stati messi in discussione, abbiamo presentato una mozione sulle malattie rare che è stata approvata all'unanimità sia alla Camera che al Senato, ma di tutto questo rispetto al quale il Governo ha dimostrato una benevolenza in termini di predisposizione ad affrontare il problema, nulla poi di fatto si è fatto. Viceversa, dobbiamo stare attenti che non sia soltanto questa pressione negativa che ci spinga a fare, dobbiamo metterci in discussione, dobbiamo metterci passione e intensità, dobbiamo mettere risorse per intervenire nell'ordinarietà dei tempi.
  Allora, vengo ai miei tre no: no ad una sperimentazione selvaggia che ignori i canoni universalmente riconosciuti proprio a tutela dei malati e per un effettivo sviluppo delle conoscenze scientifiche; il no include anche la mancata o peggio ancora manipolata informazione fin qui fornita da Stamina, fornendo dati che possono essere recuperati con un'analisi seria e puntuale.
  «No» all'ingerenza della magistratura: non possono essere i magistrati a dirci come dobbiamo curare, sia quando ci dicono di curare in un certo modo, sia quando dicono di non curare in un altro modo, sia quando proibiscono, che quando autorizzano, andando oltre i confini naturali.
  E «no», quindi, alla strumentalizzazione mediatica. Questo è un punto su cui ho già cercato di richiamare l'attenzione del Ministro e su cui voglio, ancora una volta, tornare: la comunicazione oggi è parte integrante del sistema salute. Non c’è una comunicazione a prescindere, la comunicazione non può essere lasciata soltanto alla drammatizzazione, per così dire, sbattere il mostro in prima pagina, non può essere soltanto il caso che ci esplode tra le mani che ci fa ricordare che i cittadini hanno bisogno – per esercitare il loro diritto alla scelta della cura e il loro diritto al consenso informato – che l'informazione ci sia.
  Come si può dare consenso ad una realtà, in relazione alla quale manca l'informazione, a una realtà sulla quale l'informazione è imprecisa e inesatta, ad una situazione in cui, per mancanza di informazioni corrette, il primo millantatore può riempire un vuoto ? Questa è una sfida. Noi siamo all'inizio di una legislatura e siamo anche all'inizio del lavoro della Commissione – questo è stato il primo lavoro con cui la Commissione si è confrontata – ed è vero che il clima è stato non buono, ma eccellente, a detta soprattutto di chi è stato presente anche in altre legislature, e va dato atto alla Commissione che essa, per una serie di ragioni – direi, quasi miracolosamente – è formata da persone che fanno della tutela della salute veramente l'obiettivo fondamentale della presenza in Parlamento. E, allora, scegliamo davvero, in una sintonia tra Parlamento e Governo, quegli obiettivi su cui lavorare a vera tutela della salute.
  In questo caso – insisto – prendiamo, per esempio, sul serio il tema delle malattie rare. Non credo che la sperimentazione di Stamina darà risultati e – se devo essere onesta – non credo nemmeno che partirà, perché non credo nemmeno che ci sia la metodologia Stamina; però non sarà certamente per mancanza di buona volontà da parte nostra e per mancanza di disponibilità da parte nostra o, per aver Pag. 30sospeso, sotto certi aspetti, il valore della prudenza perché, quando noi diciamo che autorizziamo protocolli non convenzionali, sappiamo che quella convenzionalità è il frutto dell'esperienza, non il frutto di un capriccio.
  Ebbene, io non so se si riuscirà a fare questa sperimentazione, ma, se non si farà, non sarà certamente perché non abbiamo utilizzato tutti i mezzi per avviarla, ma vorrei però che questo ci facesse mettere sullo stesso piano, con la stessa intensità di attenzione da parte del Governo e da parte della nostra Commissione, la cura e l'attenzione a tutte le malattie rare. Lo slogan dell'anno scorso era: «Siamo rari, ma siamo tanti». Tante, tante sono le malattie e, per questo, anche appare assurda la presunzione da parte di Stamina di volere curare, con un'unica cura, casi patologici diversissimi tra di loro. Dimostriamo che siamo capaci, non solo di rincorrere chi ci incalza, ma anche di anticiparci ai problemi dei malati (Applausi) !

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Aiello. Ne ha facoltà.

  FERDINANDO AIELLO. Signor Presidente, permettete anche a me di ringraziare tutti i colleghi della Commissione, il Ministro e il sottosegretario che, con grande senso di responsabilità, hanno affrontato una questione che, ahimè, è stata sottoposta all'attenzione della politica da una trasmissione televisiva, poi dirò anche il perché. Ho parlato di grande senso di responsabilità perché nessuno ha strumentalizzato questa questione, mettendo in piedi primogeniture di qualsiasi tipo, anche perché abbiamo cercato di trovare un minimo comune denominatore – cioè la sperimentazione si deve fare e si fa – e abbiamo cercato anche di capire il percorso che c’è stato.
  Non voglio assolutamente entrare nel merito e dire niente di nessuno, però sarà stato il tempo, sarà stata la fretta, ma non vi è dubbio che ha messo noi in enorme difficoltà l'assoluta accelerazione che il Senato ha dato su un provvedimento di questo tipo, altrimenti non ricostruiamo il percorso.
  E non v’è dubbio che questo oggi avviene e si fa una discussione di questo tipo in quest'Aula perché non c’è una normativa vera su questa questione. Non c’è una normativa che va nella direzione della garanzia di quella che è la ricerca, di quella che è la sperimentazione, perché siamo fermi a un decreto ponte del 2006, un decreto ponte dell'allora Ministro Livia Turco che non va a soddisfare quella che è la velocità e la tempestività.
  Il presidente ha gestito la Commissione in maniera egregia, essendo super partes. Poi, ognuno di noi ha un'idea, però tutti quanti abbiamo, lo ripeto, un minimo comune denominatore che è quello di garantire, comunque, alle famiglie una via di uscita su quello che, comunque, è stato fino ad oggi un accompagnamento di questi ragazzi, di questi bambini, perché venivano solo accompagnati. C’è una speranza. Funziona, non funziona, non lo so e non possiamo dirlo noi, Commissione legislativa, se funziona o non funziona una cosa di questo tipo. C’è un confronto, ma voglio ricordare che compassionevole è un qualcosa che viene utilizzato, che ancora non è stato sperimentato, che è in fase di sperimentazione e, certo sì, che può dare un beneficio a chi utilizza una cura di questo tipo. Quindi, per questo abbiamo ripetuto più volte compassionevole. È giusto dare un'informazione corretta di quello che è stato.
  Io ho delle difficoltà anche a capire perché all'inizio l'ospedale di Brescia ha avuto le autorizzazioni anche da Aifa e, quindi, perché immediatamente prima non è stata così capace di entrare nel merito di quella che era una definizione di autorizzazione. Magari, non saremmo qui a discutere di questo oggi. E ho anche il dovere morale di dire all'Aula, per chi c’è stamattina, che è una discussione, che non ci sono stati effetti collaterali e che ci sono stati anche dei benefici. Ma, questo non può spingermi a dire si fa o non si fa, in quale direzione, in quale discussione, nel merito, tecnicamente, su quale definizione.Pag. 31
  È stato fatto una sforzo. Voglio dire solamente che quelli di Trieste, che sono morti, non sono dei pazienti trattati con il metodo Stamina. Sono morti per la propria malattia, ma sono stati sottoposti ad altro metodo, con laboratorio autorizzato da Aifa. Quindi, non è il metodo Stamina che ha determinato quello che è stato prodotto a Trieste, ma mi pare che loro sono arrivati al decesso per il problema grave della loro malattia. Quindi, le considerazioni vanno fatte e non sono qui a difendere nessuno. Io sono qui a difendere un diritto sacrosanto, che è quello nostro di legiferare in assoluta tranquillità, di riflettere – e mi sembra che questo sia avvenuto all'interno della Commissione – e di garantire una sperimentazione.
  Ha ragione la collega Grillo. Nessuno di noi ha avuto delle pressioni, se non le mail che ci arrivano ogni qual volta andiamo a discutere una questione normativa. Nessuno di noi ha avuto pressioni. Ma posso fare anche una parentesi. Vivo in una nazione che in passato, quando ancora ero giovane, ha avuto un Ministro della sanità al quale si è consentito di tutto e la comunità scientifica nel merito non è mai entrata. Questo Ministro è stato arrestato e ha fatto la qualunque su sperimentazione e utilizzo di farmaci. E da qui nessuno è entrato a gamba tesa, mettendo dei limiti allora a quel Ministro.
  Dunque, ho fiducia e riesco anche a stare nel mio binario, di quella che è la garanzia e la sicurezza dei cittadini. La garanzia prima, ma anche la sperimentazione. Io ho chiesto al professor Vannoni una cosa semplicissima: tutti noi ci dobbiamo assumere le nostre responsabilità, in primis Stamina che da subito deve dare il protocollo, mettendolo a disposizione del Ministro, dell'Istituto superiore di sanità, di Aifa e del Centro nazionale trapianti. Da subito deve mettere a disposizione di questi istituti il protocollo e, anzi, se possibile lo deve anticipare pubblicamente sulla stampa, prima ancora dell'approvazione di questo provvedimento che noi stiamo discutendo qui stamattina, perché è giusto così e perché se questo non avviene viene meno il principio della trasparenza e, quindi, cade ogni discussione che noi oggi stiamo facendo. Quindi, da questo punto di vista, poi, occorre garantire una sperimentazione, perché è l'unica via d'uscita per la famiglia, che ha una speranza ed è appesa a quella speranza. Non possiamo non registrare che ci sono stati dei miglioramenti. Poi, saranno le comunità scientifiche a dire se questo è vero o meno.
  Ma guardate, questa è la discussione di fondo che si sta facendo in queste ore, per la quale stiamo subendo anche pressioni dai media ai giornali, agli attacchi anche su facebook e sulla rete, per chi ci va (io ci vado poco). Però, guardate, questo avviene perché è in atto una discussione sull'utilizzo di un laboratorio GLP o GMP. Su questo la comunità europea, anche su ciò che abbiamo detto, discusso e scritto in questo testo legislativo, non è chiara e non è esaustiva. Non risolveremo mai altri problemi se non facciamo, di concerto con la Commissione e con i colleghi del Parlamento, con il Ministro e il sottosegretario, una riforma vera sulla ricerca, che in questo momento nessun Paese della comunità europea ha. La questione del brevetto è una questione tecnico-commerciale – lo ripeto – non è una questione tecnico-scientifica; è tutt'altra cosa. Però è giusto fare una riforma affinché ci siano dei punti fermi e dei punti saldi in questa questione, per evitare che tutti noi veniamo tirati su da una questione di sensibilità personale e di libera coscienza che va nella direzione delle famiglie, il che è il problema principale della discussione. Io non so se è GLP o GMP, ovviamente c’è anche qui una questione di non facile soluzione, perché è su questo la discussione vera, cioè se è farmaco o è trapianto, perché in base a quello che si decide, se è farmaco o trapianto, si utilizza l'uno o l'altro laboratorio. E perché ci manda in confusione non avendo la normativa ? Ci manda in confusione perché magari si trova uno studio fatto dalla Presidenza del Consiglio dei ministri precedente, prima ancora del Pag. 32Governo Monti, in cui si dice che – è esattamente quello che diceva la collega Grillo del MoVimento 5 Stelle – ci si trova ad utilizzare una cosa di questo tipo, le cellule, che non rientrano nella categoria del farmaco. Ora io non sono in grado di dire se è vera la prima o la seconda ipotesi, ma stiamo parlando di centri nazionali riconosciuti e fatti attraverso la Presidenza del Consiglio dei ministri; è qui la confusione. Però se parto da un presupposto, per darci un'organizzazione e per mettere in condizione anche il Ministro e il Governo di affrontare la questione nel merito, nella verità e nella garanzia dei cittadini che utilizzano questo metodo, in primo luogo Stamina deve immediatamente mettere nelle mani delle organizzazioni nazionali il protocollo – se ce l'ha, se c’è – e deve rendere pubblica immediatamente questa cosa, perché solo così può partire ed è giusto utilizzare i tre milioni di euro in questa direzione, nel metodo Stamina e non in altro. Deve mettere immediatamente il protocollo in mano alle organizzazioni nazionali e agli istituti nazionali di garanzia, immediatamente dopo io vorrei anche chiarito dal Governo che cosa significa in deroga alla normativa nazionale, su cosa deroghiamo, visto che c’è anche una debolezza di ciò che è stato messo in piedi dalla comunità europea e rimane fermo sulla legislazione nazionale il «decreto ponte» di Livia Turco. Quindi, da questo punto di vista, tutto ciò deve essere messo in piedi, nella trasparenza e nella correttezza, che chiediamo a Stamina, ma che un minuto dopo chiediamo anche a noi, perché dobbiamo legiferare, perché non c’è né trasparenza né correttezza nei decreti che ci sono attualmente in piedi sul territorio nazionale ed è giusto che si dica che è una cosa vecchia del 2006 e che la ricerca qualche passettino avanti nel frattempo l'ha fatto. Io penso che la nostra Commissione abbia posto al centro, Presidente, quella che era la garanzia della quantità e della qualità dell'accessibilità a questa sperimentazione ed è giusto così: garantire la quantità di una sperimentazione tale che si possa magari arrivare – rimarremmo nella storia tutti – ad un miglioramento di una qualità della vita di queste persone che utilizzano questa sperimentazione, ma anche la qualità, quindi la sicurezza. Questo si può fare se si abbattono le barricate dall'una e dall'altra parte e si arriva a punti di mediazione tali, a punti di break even point, di equilibrio dell'una e dell'altra parte, in cui si mette in mano il protocollo, si controlla il protocollo, si controlla la metodologia, che venga rispettato l'utilizzo di tutto ciò che è previsto nelle norme. Poi diventa un problema secondario se è GLP o GMP e diventa un problema secondario perché, se abbiamo detto che con un protocollo in mano diamo la possibilità a Stamina di fare la sua preparazione e la sua sperimentazione, daremo a Stamina la possibilità di produrre queste cellule mesenchimali dopo che si conosce come ci si arriva.
  Non vi è dubbio che la nostra garanzia è costituita dall'Aifa, dal CNT, dall'Istituto superiore di sanità e dal Ministero, che controlleranno il protocollo affinché tutto venga rispettato. Da questo punto di vista, ritengo che, visto che vi è stata, fino ad oggi, una posizione di saggezza, di tranquillità e anche di serenità nella discussione, all'unanimità, in Commissione, è giusto che si vada a ridefinire, nel contesto, qualcosa, dei particolari, che possano favorire anche un lavoro in semplicità del Ministro, perché in questo momento non vorrei trovarmi lì, al Ministero, né al posto del Ministro né del sottosegretario.
  Però, ritengo che sia anche nostro compito agevolare e velocizzare i percorsi, perché, se si utilizza l'uno o l'altro laboratorio, ovviamente, i percorsi temporali sono diversi: l'uno prevede un percorso più lungo, l'altro un percorso più corto. Ma questo ci interessa immediatamente dopo – lo ripeto, per chiarezza – che Stamina abbia messo il protocollo nelle mani dei nostri organismi, un minuto dopo.
  Da questo punto di vista, ritengo che la saggezza del relatore e del presidente possano mettere insieme tutti quanti noi, Pag. 33o nel formulare un ordine del giorno, che vada nella direzione del Governo, per regolamentare – non uso la parola «rispettare», che è una parola che non mi permetto di pronunciare – ancora di più quello che è un indirizzo politico dell'Aula, o un qualcosa che vada anche verso un arricchimento in termini di emendamenti, da studiare, assolutamente, all'unanimità.
  Non mi dividerei in questa materia, perché, se vi fosse stata la sola divisione di una forza politica, che cedeva a quello che è avvenuto all'esterno, ovviamente, vi sarebbe stata una frammentazione e un blocco dei lavori in Commissione, per cui, in questo caso sì, le famiglie avrebbero pagato, in questo momento, tale divisione.
  Da questo punto di vista, ritengo che la nostra saggezza debba continuare ad arrivare fino a martedì, riuscendo a sviscerare e a mettere su un qualcosa di complessivo, ripeto, di quantità e di qualità, che permetta e consenta – non sono qui per delegittimare nessuno – a Stamina di fare questo percorso, alle famiglie di utilizzarlo, ma voglio che nessuno faccia «furbate» e si sottragga alla responsabilità, ognuno per la sua parte.
  Noi stiamo facendo la nostra parte, Stamina deve fare la sua e le famiglie, ovviamente, devono fare la loro all'interno dell'osservatorio, che non è una cosa di poco conto. L'osservatorio, che prevede al suo interno le famiglie e tutti i soggetti che sono, poi, i beneficiari, mi auguro, di questa terapia e di questa sperimentazione, è una cosa che non si fa tutti i giorni, proprio perché si vuole portare all'attenzione la questione. Su questo, la Commissione affari sociali non ha avuto timore nel dire di confrontarsi insieme nel verificare qual è il percorso migliore, ripeto, ognuno con le proprie responsabilità, con i passaggi graduali.
  Penso che noi abbiamo preso sulle spalle una grossa responsabilità. Abbiamo discusso, un qualcosa che non era avvenuto al Senato, lo abbiamo fatto in assoluta serenità, abbiamo svolto le audizioni all'interno della Commissione: ognuno ha la sua idea, ma poi il fine è rimasto comune, ed è quello di dare la possibilità alle famiglie di arrivare alla sperimentazione; inoltre – lo ribadisco, affinché rimanga agli atti della Camera – questi tre milioni di euro devono servire a Stamina e al metodo Stamina per arrivare alla definizione di un percorso di chiarezza, prima da parte loro, ma che poi dia la possibilità e l'accessibilità di queste cure alle famiglie (Applausi).

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Carnevali. Ne ha facoltà.

  ELENA CARNEVALI. Signor Presidente, signor Ministro, onorevoli colleghi e colleghe, il decreto-legge al nostro esame affronta due temi particolarmente delicati, su cui la Commissione ha lavorato con impegno e dedizione e ha potuto approfondire aspetti rilevanti, arrivando ad un testo largamente condiviso, con la volontà di rispondere alle diverse istanze, non pressioni, tra cui, in primis, quelle dei pazienti e dei familiari e quelle della comunità scientifica.
  Il primo articolo propone il rinvio di un anno della chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari, termine che riteniamo ultimativo e non differibile. Il superamento degli OPG – voglio ricordare solo le date ultime – fu materia di un decreto del Consiglio dei ministri già nel 2008, degli accordi Stato-regioni 2009-2011, ai quali va aggiunto il lavoro della Commissione parlamentare di inchiesta, con quella relazione finale in cui venivano dichiarate le condizioni di vita...

  PRESIDENTE. Chiedo scusa, deputata. Invito a liberare i banchi del Governo, se possibile. Prego.

  ELENA CARNEVALI. ...in questa relazione finale sulle condizioni di vita e di cura all'interno degli OPG del luglio 2011, dove venivano evidenziati casi incompatibili con i dettami della Costituzione, con i principi di dignità della persona a causa di trattamenti inumani e degradanti ed infine il decreto che oggi andiamo a modificare.
  Questa proroga diventa necessaria a causa di inadempienze, di ritardi degli Pag. 34impegni di Governo e delle regioni, aggravati dai tagli lineari e dalle progressive riduzioni di risorse che sono destinate al welfare. Formazione, allocamento delle risorse, dotazione di personale nei servizi di salute mentale sono spesso trascurati e in sofferenza nelle contrattazioni dei budget delle regioni e delle aziende ospedaliere, ancor di più in quelle assoggettate ai piani di rientro su cui sarà indispensabile un monitoraggio e una relazione periodica del Ministero al Parlamento, così come il decreto stesso prevede.
  L'obiettivo finale è quello di porre in essere le condizioni di cura e di riabilitazione per più di mille persone, in contesti di piccole comunità sanitarie e per coloro a cui vengono riconosciute le condizioni di non pericolosità sociale, l'uscita dalla condizione di restrizione personale e l'accesso a percorsi di inserimento ed inclusione sociale già dall'approvazione di questo decreto.
  L'analisi dei programmi regionali consegnati al Ministero permetterà di verificare l'effettiva messa in atto delle condizioni che favoriscono l'adozione di misure alternative all'internamento negli ospedali psichiatrici giudiziari, eventualmente anche prevedendo l'istituzione di un Commissario Unico per l'attuazione dei programmi regionali e il loro monitoraggio, allo scopo di impedire il ripetersi di situazioni lesive ed in contrasto con il rispetto della persona.
  Il secondo articolo riguarda l'impiego di medicinali per le terapie avanzate preparate su base non ripetitiva e l'impiego terapeutico di medicinali sottoposti a sperimentazione clinica. Non mi soffermo né sull’iter né sui fatti che già cronologicamente e ampiamente sono stati ripercorsi in questa Aula. Voglio invece dire che abbiamo affrontato il tema, tenendo conto, da un lato, delle aspettative e del coinvolgimento di molti pazienti e familiari, su cui si carica e grava l'immenso carico emotivo e di cura nell'assistere familiari con prognosi infausta o con malattie incurabili e l'esigenza di potersi affidare ad una prospettiva anche minima di speranza. Dall'altro i risvolti e le implicazioni giuridiche, cliniche e scientifiche. Non ci è sfuggito nell'affrontare questo tema, tanto controverso quanto interferito da messaggi non sempre veritieri, che dovevamo una risposta sia a coloro che sono attualmente in cura, sia a coloro che attendono con ansia di trovare risposta, grazie al contributo della scienza e del progresso scientifico.
  Gli obiettivi perseguiti dalla Commissione e dall'aula del Senato non sono venuti meno nel lavoro che abbiamo svolto: tutela della salute, garanzia di accesso alle cure per i cittadini in condizioni di sicurezza, evidenza scientifica, che è l'unico, incontrovertibile modo perché dalla sperimentazione si passi a «metodo» di cura. E perché si possa proseguire e anche solo definire una sperimentazione clinica, è necessario che protocolli operativi, procedure seguite per la preparazione delle cellule, modalità di reclutamento, omogeneità di casistica, casi di controllo, siano obbligatoriamente evidenziati ed esplicitati, perché in caso di inefficacia si potrebbe obiettare di non aver seguito propriamente il modello Stamina.
  La Commissione ha avuto la possibilità, diversamente dal Senato, di poter godere dell'ausilio delle Commissioni, consentendo di fare ulteriori approfondimenti.
  Come hanno confermato le nostre autorità in materia (Istituto superiore di Sanità, AIFA e Centro nazionale trapianti), la manipolazione effettuata da Stamina ha classificato il prodotto come terapie avanzate e lo determina come farmaco e non come trapianto.
  Rimane sconosciuto e corre l'obbligo – e lo chiedo fortemente al Governo ed al Ministro – di verificare e di accertare come sia potuto accadere che la regione Lombardia non abbia verificato i requisiti di autocertificazione prodotti dagli Spedali Civili di Brescia e la relativa convenzione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Questa è una risposta che dobbiamo obbligatoriamente non solo a quest'Aula, ma perché non si possono più realizzare le condizioni per cui abbiamo e stiamo provvedendo con questo decreto.Pag. 35
  Rimane altrettanto opaca e devo dire omessa, come abbiamo sentito da parte di Stamina Foundation, la ragione per cui le domande di brevetto depositate in Italia e in Europa siano state depositate e poi ritirate, mentre negli Stati Uniti alla richiesta di ulteriori elementi sulle caratteristiche cellulari non si è voluto perfezionare la domanda, interrompendo la possibilità, se l'esito fosse stato positivo, di rendere accessibile, fruibile e ripetibile il trattamento.
  Abbiamo operato perseguendo gli obiettivi che il Senato aveva individuato. Il primo riguarda la prosecuzione dei trattamenti avviati nelle strutture pubbliche, anteriormente alla data in vigore del presente decreto e sotto la responsabilità del medico prescrittore, nell'ambito delle risorse finanziarie disponibili e secondo le normative vigenti. Il secondo riguarda l'avvio di una sperimentazione coordinata dall'Istituto superiore di sanità, avvalendosi dell'Agenzia italiana del farmaco e del Centro nazionale trapianti, consentendo alle strutture pubbliche l'arco temporale di diciotto mesi per adempiere ai provvedimenti di idoneità dei luoghi e dei trattamenti, a condizione che siano conformi alla normativa comunitaria in materia.
  La sperimentazione clinica delle staminali e tutto quanto correlato con le terapie avanzate a base di cellule di colture cellulari viene regolata dalla normativa europea, Regolamento (CE) 1394/2007, richiamato nel testo in esame. Rientrano, dunque, nelle competenze dei singoli Stati solo le regole che si riferiscono alle cure (o meglio all'uso) compassionevoli, che non possono rientrare nella sperimentazione clinica perché si riferiscono a casi individuali. È dunque evidente, visto il numero dei casi attualmente in carico a Brescia (19 per il Centro nazionale trapianti e 84, invece, per Stamina Foundation), oltre all'eterogeneità delle patologie, che non siamo in questo campo.
  Oggi si sta proponendo una terapia che sarebbe in grado di curare malattie genetiche completamente diverse, che appartengono a modelli ed a meccanismi biologici completamente diversi, a cui si stanno aggiungendo pazienti con disabilità acquisita da trauma midollare o da patologie encefaliche.
  Mantenersi all'interno dei dettami che regolano le sperimentazione cliniche dell'impiego di cellule staminali mesenchimali non è quindi una scelta di retroguardia, non è una scelta di ostilità, né una scelta di pregiudizio, né di cedimento verso gli interessi di parte, come qualcuno intende far credere. Il mancato riferimento alle norme europee, che hanno valenza di legge dello Stato dei Paesi membri, potrebbe arbitrariamente riclassificare sotto diversa voce in tutto il mondo occidentale quella che viene chiamata terapia cellulare. Corrisponde, quindi, all'esigenza di operare in condizioni di legittimità giuridica, di sicurezza dei pazienti e di certezza degli eventi avversi sotto il vaglio dell'autorità sanitaria nazionale e all'interno – e concludo – del sistema nostro solidaristico ed universalistico.
  Pensiamo, infine, di aver fatto un buon lavoro in Commissione. Al presidente ed a tutti i componenti va il nostro ringraziamento per avere contribuito ad operare con unità di intenti, senza mai venire meno all'interesse primario, quello della tutela, quello della qualità, quello della sicurezza dei trattamenti e quello della trasparenza, che non è una prerogativa di alcuni ma che è un obbligo ancor di più quando parliamo di tutto ciò che riguarda le questioni della salute e della tutela e su cui non possiamo e non concediamo sconti a nessuno (Applausi).

  PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Dall'Osso. Ne ha facoltà.

  MATTEO DALL'OSSO. Signor Presidente, deputati, premetto che in queste ultime settimane abbiamo approfondito dettagliatamente la questione Stamina ed il metodo importato in Italia dal professor Vannoni.
  Come ha ricordato prima l'onorevole e amica Giulia, abbiamo sentito tutte le parti coinvolte: l'Agenzia italiana del farmaco (Aifa), l'Istituto superiore nazionale di sanità, dottori e ricercatori del settore, Pag. 36la Stamina Foundation e i parenti dei bambini in trattamento. Le uniche espressioni condivisibili pronunciate in modo aprioristico potrebbero essere «sì alla trasparenza, sì alla vita» e non: «sì a Stamina, sì alla vita», poiché non si può prescindere da una fase di sperimentazione. Considerando, inoltre, che l'impiego di risorse necessarie non è affatto trascurabile e che questa dovrebbe essere l'occasione per dare avvio ad un nuovo corso relativo alla ripartizione dei fondi per la ricerca – molti componenti del gruppo parlamentare del MoVimento 5 Stelle sono competenti in materia ed hanno le basi scientifiche e le competenze per poter capire ma io, ad esempio, sono un semplice ingegnere – insieme a tutti i colleghi riteniamo che un problema medico debba essere risolto prima di tutto tra i professionisti del settore, all'interno della comunità medico-scientifica. Una volta dipanato il dubbio, il bandolo della matassa, la politica dovrebbe, e a mio avviso deve, porre la maggiore attenzione possibile, assumendosi tutte le responsabilità.
  Benché sia stato premesso tutto questo, è mio personale desiderio e volontà espressa dal gruppo parlamentare del MoVimento 5 Stelle e dalla XII Commissione (Affari sociali) tutta, dare avvio a questa fase di sperimentazione da completarsi entro 18 mesi a decorrere dalla data del 1o luglio 2013 con l'impiego dei medicinali per terapie avanzate a base di cellule staminali mesenchimali: una speranza di vita per tutti gli ammalati e un sorriso compiaciuto da parte di tutte quelle madri e padri che potranno in questo modo riavere, o presumibilmente riavere se avrà buon fine, un sorriso stampato sui loro volti e quindi riposare le casacche che hanno utilizzato in questi giorni con stampate la faccia e il viso dei loro cari; sia anche il monito per affrontare tematiche simili con maggiore sensibilità per i soggetti coinvolti.
  Non è facile scoprire di essere ammalati e avere qualche diversa particolarità e dover affrontare il sistema da soli, proprio come la mia storia e la storia di tantissimi altri malati di sclerosi multipla. Infatti, e quindi concludo, tutto questo potrebbe essere un piccolo ma significativo tassello nella direzione della trasparenza e quella da noi perseguita. Grazie a tutti i colleghi (Applausi – Congratulazioni).

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Schirò. Ne ha facoltà.

  GEA SCHIRÒ PLANETA. Signor Presidente, colleghi, confesso che è difficile iniziare a parlare dopo l'intervento del collega Dall'Osso. Allora, buongiorno. Signor Presidente, onorevoli colleghi, giunge al nostro esame un provvedimento importante che contiene due temi che hanno occupato dibattiti, prodotto polemiche, alimentato speranze. Si tratta di due questioni che hanno prodotto un forte coinvolgimento anche emotivo da parte di tutte le forze politiche nel corso dei lavori delle Commissioni. Da qui a poco e direi finalmente saranno definiti tempi certi ed impegni precisi per il superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari, prevedendo la dimissione di tutti i pazienti per i quali l'autorità giudiziaria abbia già escluso o escluda la sussistenza della pericolosità sociale.
  È ovvio che tutto questo potrebbe anche non servire – è già stato ricordato dalla collega Carnevali, ma voglio ritornarci – se non fosse accompagnato dall'obbligo, previsto dal decreto, per le aziende sanitarie locali di presa in carico all'interno di progetti terapeutico-riabilitativi individuali di tali soggetti, in maniera tale da assicurare loro il diritto alle cure e al reinserimento sociale, nonché favorire l'esecuzione di misure di sicurezza alternative al ricovero coatto in ospedale psichiatrico giudiziario o all'assegnazione a casa di cura e custodia.
  Eravamo giunti ad un punto di non ritorno. Come è stato precisato dalla Corte costituzionale, «le esigenze di tutela della collettività non avrebbero mai potuto giustificare misure tali da recare danno, anziché vantaggio, alla salute del paziente», senza dimenticare il monito del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che ha voluto esprimere il proprio sconcerto Pag. 37rispetto «all'estremo orrore dei residui ospedali psichiatrici giudiziari, inconcepibile in qualsiasi Paese appena civile».
  Che fosse necessario un ripensamento complessivo del settore lo certificano le molteplici denunce sulle condizioni materiali di queste strutture e le inchieste della Commissione parlamentare sull'efficacia e l'efficienza del Servizio sanitario nazionale. Le ispezioni effettuate dalla Commissione nei sei ospedali psichiatrici giudiziari presenti sul territorio italiano hanno messo in luce la drammaticità e la gravità della situazione: pessime condizioni strutturali ed igienico-sanitarie, sovraffollamento, assenza, pressoché totale, di attività di recupero e, soprattutto, di cure specifiche, mancanza di cure mediche, ricorso a contenzioni prolungate, abusi sulla durata dell'internamento fanno da sfondo allo stato di completo e disumano abbandono dei detenuti.
  Al riguardo, voglio citare anche la mia personale testimonianza. Più volte mi sono recata presso case circondariali e carceri e nei colloqui con i dirigenti delle strutture e con il personale di Polizia penitenziaria ho avvertito il disagio della comunità carceraria di fronte alla inadeguatezza delle attuali strutture rispetto alle esigenze dei detenuti psichiatrici.
  Ci si ritrova nella impossibilità di assisterli in modo adeguato e i compagni di cella rifiutano queste presenze. Diventano, così, frequenti gli episodi di intolleranza che marginalizzano ulteriormente i detenuti in sofferenza psichica.
  Insomma, il degrado e il deterioramento hanno raggiunto una gravità tale da richiedere un intervento immediato, onde evitare l'ulteriore aggravamento della lesione di diritti costituzionalmente garantiti.
  L'altro argomento oggetto del decreto, e mediaticamente più sensibile, riguarda la sperimentazione di terapie avanzate a base di staminali mesenchimali. Si è trattato di una questione complessa, che ha provocato reazioni da tutti i fronti, dal mondo scientifico a quello dei pazienti, all'opinione pubblica.
  Il testo licenziato è stato migliorato in alcune sue parti mantenendo l'impegno a proseguire la sperimentazione clinica del metodo per quei pazienti che avessero già intrapreso questa terapia, ma prevedendo opportune garanzie volte a tutelare la sicurezza del paziente, in primo luogo.
  Ma non possiamo limitarci a questo. La sperimentazione clinica del metodo richiede un impegno particolare anche affinché l'opinione pubblica possa essere correttamente informata.
  Proviamo a immaginare la mole di informazioni che invaderà l'opinione pubblica. Alcune di queste notizie potrebbero rivelarsi non corrette o false e potrebbero illudere migliaia di malati e famiglie, per non parlare dei danni alle persone che purtroppo si attaccano a queste sperimentazioni come ad un'ancora di salvezza.
  Il Governo ne è consapevole e forse avrebbe dovuto prendersi l'incarico e l'onere di una corretta comunicazione, oltre ad una rapida predisposizione di direttive concernenti le regole che dovranno essere applicate nella fase della sperimentazione del metodo Stamina.
  Dicevamo che il testo ha saputo bilanciare le legittime aspettative dei pazienti e, su un altro piano, ha saputo centrare l'obiettivo di limitare, se non fermare del tutto, gli interventi della magistratura in materia – questo punto di più e meglio di me lo ha illustrato la collega Binetti.
  Molti avevano sollevato, o temuto, che la deroga concessa dalla normativa vigente fosse un po’ troppo ampia, ciò avrebbe consentito alla ditta interessata di poter continuare a utilizzare e seguire i propri protocolli consolidati, ma a questo si è provveduto ponendo un limite inderogabile, corrispondente all'esigenza primaria di tutelare la sicurezza del paziente.
  Le modifiche introdotte nel corso dell'esame del provvedimento non sono modifiche minimali: mi riferisco alla previsione per cui i medicinali devono essere preparati, per quanto attiene alla sicurezza del paziente, in conformità con la normativa comunitaria vigente in materia (accogliendo una espressa condizione di Pag. 38parere della XIV Commissione) che avrebbe in caso contrario posto il nostro Paese fuori dal G8 sanitario.
  Così come importante è stata sia la previsione di istituire, presso il Ministero della salute, l'Osservatorio sulle terapie avanzate con cellule staminali mesenchimali (è il titolo completo dell'Osservatorio) con compiti di monitoraggio e di garanzia della trasparenza delle informazioni e delle procedure, sia di richiamare la competenza del Centro nazionale trapianti nella fase di sperimentazione.
  Spero che il testo così com’è venga approvato, senza ulteriori modifiche, e incoraggi le legittime aspettative delle persone, alle quali è necessario dare un serio e concreto segnale, ponendo al tempo stesso quei fondamentali paletti e parametri di sicurezza del paziente validi per qualunque forma di sperimentazione clinica (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Piccione. Ne ha facoltà.

  TERESA PICCIONE. Signor Presidente, sono particolarmente soddisfatta del lavoro che, come è stato detto nei precedenti interventi, ha svolto la Commissione affari sociali perché ho registrato, abbiamo tutti registrato, non solo un clima di collaborazione, ma la percezione di un «in più» di responsabilità e consapevolezza che è corretto assumere quando trattiamo argomenti così delicati e così complessi che riguardano cittadini, direi persone, in particolare stato di fragilità come sono i soggetti che ricadono nell'articolo 1 e nell'articolo 2. Si tratta, infatti, di persone affette da patologie, nel primo caso, sotto il cui condizionamento hanno commesso anche grandi reati, e, nel secondo caso, di soggetti trattabili con terapie avanzate. È chiaro che nel primo punto, nel primo articolo, già nella passata legislatura la cultura solidaristica e la sensibilità del Partito Democratico aveva sollevato il tema della chiusura di questi ospedali psichiatrici giudiziari perché luoghi non adatti né alla cura né al recupero dei soggetti. E ci dispiace registrare il ritardo delle regioni nell'avviare un percorso di presidi territoriali che potessero sostituirsi restituendo dignità a queste persone. Tuttavia prendendo atto della necessità di rinviare di un anno, auspichiamo che con la sorveglianza del Governo vengano realizzate queste strutture, idonee all'ospitalità di questi soggetti, e abbiamo accolto volentieri il suggerimento della Commissione giustizia per sottolineare che soggetti che già in questo momento potessero essere dichiarati non socialmente pericolosi, fossero subito esentati dagli ospedali psichiatrici giudiziari.
   Ma è all'articolo 2 che abbiamo destinato ore e ore di riflessione e di audizione attenta, scrupolosa sia dei rappresentanti della comunità scientifica, come è stato detto, l'AIFA, il Centro nazionale trapianti, l'Istituto superiore di sanità ma anche di illustri luminari, come il professore Dalla Piccola, e altri che sono venuti a esporci le loro perplessità e la necessità di ricondurre la cura o la terapia proposta dal metodo Stamina dentro l'alveo della legislazione che in questo momento presiede alle cure avanzate.
  Ricordo che per questo la Commissione, pur apprezzando il lavoro svolto dai colleghi del Senato, che in questa direzione di regolamentazione si erano comunque mossi, ha pensato di ricondurre tutto all'interno di quel regolamento che la collega Carnevali ha menzionato, il n. 1394 del 2007 della Comunità europea, in cui all'articolo 1 si definiscono quelle che oggi sono le terapie avanzate, cioè la terapia genica, quella fatta con cellule staminali e l'altra ancora che avevo qui segnato e che riguarda appunto interventi tissutali; in queste terapie conta moltissimo che esse vengano condotte con estremo rigore, come si recita all'articolo 5 della stessa normativa.
  Sempre all'interno di questo regolamento, queste terapie e tutto l'uso delle cellule e dei tessuti che vengono utilizzati vengono indicati come farmaco. Questo ci ha fatto di nuovo ricondurre la nostra riflessione all'interno di un protocollo di rispetto di questo regolamento, perché ciò Pag. 39ci avrebbe comunque sollevato, come ci ha sollevato, tutte le remore di chi si occupa quotidianamente di queste cose, non ultima anche la società di genetica umana: con un comunicato il professor Neri metteva in guardia dall'uso di queste terapie senza una rigorosa sperimentazione.
  Pertanto io credo sia encomiabile questo lavoro, che è stato fatto da tutti noi concordemente, con grande e silenziosa responsabilità costruttiva, e che abbia consentito di coniugare il rigore scientifico dovuto e la salute del paziente (che è nostro compito – primario compito – tutelare, come ben recita l'articolo 32 della Costituzione), con le attese e le speranze di tanti che aspettano da queste cure, quasi magicamente talvolta, la soluzione alle loro malattie. Allora in questo sforzo le istituzioni da noi rappresentate, dal Ministero, dal sottosegretario presente insieme al Ministro alle nostre riunioni, hanno mostrato di saper ascoltare e hanno tentato di mettere insieme entrambe le cose. Io credo che in questo decreto possano essere considerati punti di forza sia l'avere ricondotto all'interno del presidio di vigilanza dell'Istituto superiore di sanità il metodo Stamina, pur nella deroga che abbiamo pensato di concedere, affinché non vi possano essere ragioni di sottrazione alla sperimentazione. Ma questo vale anche nell'interesse dei cittadini e delle famiglie e questo lo voglio sottolineare.
  Se mi permette leggo proprio il comunicato che la rappresentante dell'associazione famiglie SMA, che rappresenta circa 500 pazienti affetti da atrofia muscolare spinale, ha emanato alla fine dell'audizione. Leggo il virgolettato: «L'associazione chiede al Parlamento di approvare un decreto per una sperimentazione seria ed etica, senza temere la piazza, che a volte ha ragione, ma altre volte è fomentata da chi si approfitta della nostra speranza». È Anita Pallara che parla, referente regionale pugliese di questa associazione.
  E continua: « Non bisogna permettere che questa terapia non provata continui in questo modo. Ad oggi i miglioramenti dei pazienti non sono dimostrati, quindi chiediamo anche che il Ministero acquisisca le cartelle cliniche e le valuti. Non siamo contrari alla sperimentazione delle terapie con cellule staminali, ma siamo in Italia, un Paese civile: serve una sperimentazione all'interno delle regole». Credo che la pressione mediatica e anche della piazza forse si è, nella sua rappresentazione della realtà, sostituita alla realtà, se queste sono le parole di una persona che, non solo rappresenta l'associazione, ma è affetta da SLA. Credo che il punto di forza di questo decreto-legge stia, appunto, nell'aver messo insieme rigore e speranza, nell'aver finanziato questa possibilità. E questo significa un impegno serio che vuole portare avanti, con i soldi pubblici, la possibilità di sperimentare. Noi abbiamo ascoltato tutti; stiamo cercando di coniugare quello che è possibile coniugare e che va incontro al Paese, senza cedere nel rigore e senza rischiare di non fare più parte di una comunità scientifica che riconosce all'Italia grandi meriti e grandi personalità.
  E, nello stesso tempo, crediamo di avere, anche con l'introduzione dell'osservatorio, messo un argine alla mancanza possibile di trasmissione di dati, da parte delle strutture che sperimenteranno, proprio perché l'Osservatorio avrà il compito di monitorare, ma insieme anche quello di proporre, di promuovere e di acquisire dati che possano essere messi a disposizione del Governo, del Paese, della comunità scientifica e della XII Commissione. Credo che oggi dobbiamo stare attenti a delle cose importanti e una è forse il dato della comunicazione. Ma credo che noi abbiamo il compito anche di colmare un gap culturale, un gap che contrappone, a volte con pochezza, a volte credo artatamente, le istituzioni all'interesse dei cittadini, la comunità scientifica a quella dei malati. Direi con parole grosse, che è quasi in crisi il principio di autorità, senza per questo voler essere fraintesa. Credo che noi dobbiamo recuperare questo dato con la forza dei nostri atti legislativi, occupando questi posti con onore e disciplina, come ci impone la Costituzione, e ritrovando, nel caso di questo atto, proprio uno dei punti per cui esiste lo Stato, ricordandolo Pag. 40a tutti, ricordandocelo a noi stessi, ossia che lo Stato esiste per garantire, non solo sicurezza ai confini, ma sicurezza per i cittadini anche e soprattutto nell'ambito della salute.
  È questo il lavoro che la Commissione si è sforzata di portare avanti e credo che questo sistema, se viene perseguito in questo Parlamento, potrà portare il Paese fuori anche da questa crisi devastante (Applausi).

  PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Amato. Ne ha facoltà.

  MARIA AMATO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, alleggerisco il mio intervento di quello che è il contesto, di quella che è la storia che ha portato a dover affrontare un problema in maniera emergenziale. Frequentemente succede, quando si norma la sanità, laddove piuttosto si dovrebbe affrontare in termini di pianificazione e serena valutazione delle cose. Il contesto è un contesto difficile, di maglie abbastanza larghe a livello normativo europeo e nazionale, in cui si inseriscono situazioni al limite della legge, approfittando di una situazione di confine tra farmaco e trapianto, abbastanza nebulosa.
  Nei lavori della Commissione è emerso un concetto che è un concetto etico di base: il dolore non ha colore. Nessuna faziosità nel lavoro, nessuna faziosità nel riconoscere che il dolore non può avere spazio retorico. Io sono medico e il dolore si affronta con dei percorsi di cura; e io, nella proposta del disegno di legge, per quanto attiene all'impiego di medicinali per terapie avanzate preparate su base ripetitiva e l'impiego terapeutico dei medicinali sottoposti a sperimentazione clinica, ritrovo i cinque elementi che caratterizzano un percorso di cura: ritrovo il paziente, ritrovo il terapeuta, ritrovo soprattutto la necessità del metodo, il farmaco e le famiglie.
  Il paziente: nell'aver voluto fortemente sottolineare che si può derogare, ma non sulla sicurezza; la sicurezza del paziente è caratterizzata e garantita, oltre che dalla standardizzazione, attenzione, accuratezza, rispetto della norma e del preparato, anche da un corretto rapporto tra il terapeuta e il paziente stesso; e il corretto rapporto non può non partire da un vero consenso informato. Nel consenso informato, il paziente – così come la famiglia – va istruito sui rischi della terapia a cui viene sottoposto. Perché è così importante il rischio ? Perché trattandosi di materiale biologico, il rischio e la sicurezza si traducono in parole più impattanti di contaminazione virale, batterica o micotica. Il rischio infezioni su un soggetto sano e forte viene contrastato dalle difese dell'organismo, ma i soggetti che vengono sottoposti a questi trattamenti sono soggetti per definizione fragili, in cui il rischio infezioni è un rischio devastante. Vanno informati, pertanto, e dev'essere acquisito in maniera consapevole, realmente consapevole, il rischio a cui ci si sottopone.
  Il metodo: perché il metodo nella ricerca è essenziale; il metodo non ha niente di creativo, la ricerca di creatività ha solo l'idea, ma il metodo è standardizzato, ripetitivo, al limite della noia, e il metodo è parte della sicurezza. Nel metodo della ricerca c’è l'ingresso, che non avviene per magistratura, ma per appropriatezza: vanno caratterizzati e ben delimitati i limiti entro cui si può accedere e si può essere inclusi nel gruppo della sperimentazione. Nel metodo, oltre che la preparazione, la conservazione e l'applicazione del farmaco, c’è sicuramente la revisione e la gestione del dato. L'efficacia di un trattamento terapeutico si valuta attraverso dei sistemi standardizzati riconosciuti dalla ricerca scientifica. Non dobbiamo dimenticare che è importante che l'Italia sia e resti nel G8 medico.
  Le famiglie: le famiglie sono al centro di questo disegno di legge e lo sono con un elemento di comunicazione incontestabile. Lo Stato mette dei fondi propri e li mette togliendoli a un sistema salute, che è già dissanguato, per cui anche l'entità – che può essere contestata dal mondo della ricerca – di uno stanziamento limitato è un'entità significativa per un Paese in cui Pag. 41i livelli essenziali di assistenza (LEA) vengono applicati con difficoltà su tutto il territorio nazionale.
  Quali sono gli obiettivi principe di questo disegno di legge ? La trasparenza nella sperimentazione, dando la possibilità a Stamina Foundation di partecipare ad una sperimentazione che renda questo metodo riconosciuto e ripetibile, e, se efficace, fare in modo che l'idea di pochi, come è principio etico della ricerca, diventi vantaggio di tutti attraverso una terapia, ripeto, riconosciuta e ripetibile in ogni luogo, che garantisca l'accessibilità a un trattamento efficace a tutti i pazienti che ne abbiano bisogno e che ragionevolmente ne possano trarre vantaggio.
  Concludo con un auspicio, che, così come serenamente e senza faziosità, l'emendamento 2-bis soprattutto è stato elaborato in Commissione, trovi un'approvazione ampia nelle discussioni e nel momento del voto parlamentare, perché dia forza ad un impatto di comunicazione, che è quello per cui lo Stato è vicino alle famiglie, lo Stato si prende cura della salute delle famiglie, attraverso una scelta, quella tanto cara al Partito Democratico, che è la salute nel sistema pubblico (Applausi).

  PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche del relatore e del Governo – A.C. 734-A)

  PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore e presidente della Commissione affari sociali, deputato Pierpaolo Vargiu.

  PIERPAOLO VARGIU, Relatore. Signor Presidente, colleghi e colleghe deputati, in realtà io non intendo fare alcuna replica, ma semplicemente ringraziare tutti i colleghi che sono intervenuti in Aula, anche quelli che non fanno parte della Commissione, che hanno usato la stessa misura, lo stesso equilibrio e la stessa capacità di ragionamento che è stata stella polare della discussione in Commissione. Posso assicurare che il relatore e il Comitato dei nove terranno nella massima considerazione le osservazioni che sono state fatte questa mattina in Aula e ragioneranno con il Governo, al quale, anche a nome mio personale, oltre che a nome della Commissione, faccio un ringraziamento doveroso per la disponibilità che ha avuto durante tutto l’iter di questo provvedimento in Commissione e oggi in Aula. Posso garantire ai colleghi che sono intervenuti questa mattina in Aula, che delle loro considerazioni terremo veramente conto con estrema attenzione e che, da qui alla discussione in Aula, valuteremo quali sono i meccanismi e i mezzi parlamentari più idonei a dare corpo alle considerazioni che sono state fatte. Vi ringrazio ancora e ringrazio ancora il Governo (Applausi).

  PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.

  BEATRICE LORENZIN, Ministro della salute. Signor Presidente, intervengo brevemente perché ritengo in modo non retorico dover ringraziare l'Aula e, in particolare, tutti i membri della Commissione affari sociali, per il lavoro serio, rigoroso e, se posso permettermi di dirlo, etico, con il quale hanno affrontato questa difficile, complicata e diciamolo anche sensibilissima vicenda. Abbiamo seguito con attenzione sin dal primo momento l'instaurarsi del lavoro della Commissione e ritengo di poter condividere pienamente il metodo utilizzato, così come le considerazioni fatte dal presidente della Commissione nello svolgimento del suo lavoro e nella sua relazione e molti, se non tutti, gli interventi che si sono susseguiti anche in quest'Aula.
  Da parte nostra c’è tutta l'intenzione di ascoltare e verificare punto per punto, senza nessun pregiudizio, le sollecitazioni che sono pervenute e che perverranno durante il dibattito parlamentare. Lo ribadisco, mi unisco allo spirito che ha guidato i commissari cioè quello di una difficile prova di bilanciamento – da una parte il diritto alla salute e dall'altro Pag. 42quello della libertà di cura – che sono pervenuti in modo emergente in questa vicenda.
  Quindi da parte nostra c’è la massima attenzione alle famiglie, alla sofferenza personale di tante persone che hanno un dramma nella propria famiglia, sia quelle che sono attualmente sottoposte a questo metodo ma anche ai tanti che, come ha detto l'onorevole Binetti, ai tanti rari che pure sono tanti, no ? i protagonisti purtroppo di una sofferenza particolare, vittime delle malattie rare.
  Noi quindi da una parte abbiamo tenuta presente questa sofferenza, ma dall'altra anche la necessità di mettere in sicurezza e dare un'opportunità di sperimentazione a questo metodo, il Governo auspica che alla fine di questo procedimento potremo avere un grande successo, perché allora sarà veramente un successo non solo di tutti gli italiani ma di tutti i malati di queste malattie nel mondo. Quindi da parte nostra non c’è nessun pregiudizio, ma anzi soltanto la volontà di arrivare ad una soluzione condivisa, a una soluzione che tenga atto del rigore scientifico e che venga incontro alle necessità e ai bisogni delle famiglie.
  Volevo anche approfittare di questa occasione per dire che la Camera ha avuto la possibilità di entrare nel merito di questa vicenda, di avviare, anche se in tempi brevissimi e sotto emergenza, un'indagine conoscitiva che ha permesso ai commissari di formarsi un'opinione piena dei fatti così come si erano verificati e del dibattito nella comunità scientifica, cosa che purtroppo, per l'eccezionalità del momento in cui è intervenuto questo decreto-legge, mentre c'erano le Commissioni speciali e non era ancora subentrata la Commissione di merito, il Senato non ha potuto fare, e questo perché c’è pieno rispetto da parte del Governo del lavoro di tutto il Parlamento, e credo che il percorso che si è potuto attivare in quest'Aula permetterà e aiuterà la formazione di un provvedimento che sia veramente rispondente a tutti i parametri, quelli scientifici, quelli di sicurezza ma anche quelli di comprensione della sofferenza di tante persone.
  Ci terrei anche in modo particolare a dire che ho recepito molte delle sollecitazioni che sono arrivate anche su una visione più generale della materia, delle dinamiche della sperimentazione, di alcuni strumenti di vicinanza al cittadino, e in questo caso al paziente, nel nostro Paese; in particolare è pervenuto dall'onorevole Grillo, dall'onorevole Dell'Osso, dall'onorevole Roccella, dall'onorevole Miotto, e insomma da tanti che si sono espressi, nonché dalle sollecitazioni venute anche dall'onorevole Aiello, e penso che questa sarà materia utile di lavoro, di discussione e di approfondimento da parte delle Commissioni parlamentare e del Governo (Applausi).

  PRESIDENTE. Il seguito della discussione è rinviato alla seduta di lunedì 20 maggio, a partire dalle ore 17. Avverto che il termine per la presentazione degli emendamenti è fissato per lunedì 20 maggio alle ore 9,30.

Modifica nella composizione della Giunta per il Regolamento.

  PRESIDENTE. Comunico che il Presidente della Camera ha chiamato il deputato Antonio Leone a far parte della Giunta per il Regolamento, ai sensi dell'articolo 16, comma 1, del Regolamento, in sostituzione del deputato Simone Baldelli, dimissionario.

Sull'ordine dei lavori (ore 13,20).

  MARCO BRUGNEROTTO. Chiedo di parlare.

  PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

  MARCO BRUGNEROTTO. Signor Presidente, colleghi, Ministri, è il mio primo intervento e sono un po’ emozionato, anche perché l'emozione è doppia visto che Pag. 43parlo per lanciare semplicemente un grido d'aiuto dalla mia regione, che è il Veneto, ma comunque da tutte le regioni che hanno vissuto quel problema che sta vivendo il Veneto ora, in questo momento.
  Ieri, Giuseppe Maschi è sceso nel suo garage per prendere quello che poteva salvare dal suo garage per una pioggia un po’ più forte del solito che stava colpendo il suo paese. Giuseppe Maschi stava prendendo delle tavole per arginare un po’ quello che poteva essere quel po’ di acqua che poteva arrivare, ma l'acqua era un po’ di più di quella che lui pensava e Giuseppe Maschi è morto ieri sera nel veronese. Il Veneto, ma tutte le regioni sono stanche di essere annientate dal fango. Le vite di queste persone sono annientate dal fango.
  Queste sono persone che spalano fango e, quando hanno finito di farlo, c’è soddisfazione – è vero – ma una soddisfazione amara perché sanno che ricapiterà finché non c’è un'azione concreta nel territorio per salvaguardare il territorio dal rischio idrogeologico. Siamo stanchi della cementificazione, il MoVimento 5 Stelle è contro la cementificazione selvaggia perché cementificazione e asfalto ricoprono la terra ancora prima che la ricopra l'acqua.
  Noi chiediamo urgentemente che il Governo venga a riferire qui cosa è successo in Veneto e cosa sta accadendo ora, perché ora c’è gente che è sott'acqua in Veneto. Chiediamo al Governo e chiediamo – se serve – al governatore del Veneto, Luca Zaia, che venga qui a riferire – lui ha dichiarato lo stato di calamità naturale, ma serve che venga rivisto, secondo noi, anche il piano territoriale della regione Veneto – e chiediamo anche al Ministro dello sviluppo economico, Flavio Zanonato, cosa pensa al riguardo. Basta, ho finito. Grazie molte (Applausi dei deputati dei gruppi MoVimento 5 Stelle e Sinistra Ecologia Libertà).

  PRESIDENTE. La sua richiesta di informativa sarà trasmessa al Governo. Per quanto riguarda il presidente di regione, non è previsto che un presidente possa venire qui a riferire, in quanto è il Ministro competente che viene a riferire in Aula.

Ordine del giorno della prossima seduta.

  PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

  Lunedì 20 maggio 2013, alle 17:

  Seguito della discussione del disegno di legge:
   S. 298 – Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 25 marzo 2013, n. 24, recante disposizioni urgenti in materia sanitaria (Approvato dal Senato) (C. 734-A).
  — Relatore: Vargiu.

  La seduta termina alle 13,25.