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XVII LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Mercoledì 4 ottobre 2017

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 4 ottobre 2017.

  Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Amendola, Amici, Artini, Baldelli, Baretta, Bellanova, Bernardo, Dorina Bianchi, Bindi, Biondelli, Bobba, Bocci, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Matteo Bragantini, Brambilla, Bratti, Bressa, Brunetta, Capelli, Casero, Castiglione, Catania, Causin, Antimo Cesaro, Cicchitto, Cirielli, Coppola, Costantino, D'Alia, Dambruoso, Damiano, Del Basso De Caro, Dellai, Luigi Di Maio, Epifani, Faraone, Fauttilli, Fedriga, Ferranti, Fico, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Fraccaro, Franceschini, Garofani, Gelli, Gentiloni Silveri, Giachetti, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, Guerra, La Russa, Laforgia, Locatelli, Lorenzin, Losacco, Lotti, Lupi, Madia, Manciulli, Mannino, Marazziti, Marcon, Mazziotti Di Celso, Meta, Migliore, Monaco, Orlando, Pannarale, Pes, Picchi, Piccoli Nardelli, Pisicchio, Portas, Rampelli, Ravetto, Realacci, Rigoni, Francesco Saverio Romano, Rosato, Domenico Rossi, Rossomando, Rughetti, Sani, Scagliusi, Scalfarotto, Scanu, Schullian, Sereni, Sottanelli, Tabacci, Turco, Simone Valente, Valeria Valente, Velo.

(Alla ripresa pomeridiana della seduta).

  Adornato, Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Alli, Amendola, Amici, Artini, Baldelli, Baretta, Bellanova, Bernardo, Dorina Bianchi, Bindi, Biondelli, Bobba, Bocci, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Matteo Bragantini, Brambilla, Bratti, Bressa, Brunetta, Capelli, Casero, Castiglione, Catania, Causin, Antimo Cesaro, Cicchitto, Cirielli, Coppola, Costantino, D'Alia, Dambruoso, Damiano, Del Basso De Caro, Dellai, Luigi Di Maio, Epifani, Faraone, Fauttilli, Fedriga, Ferranti, Ferrara, Fico, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Fraccaro, Franceschini, Garofani, Gelli, Gentiloni Silveri, Giachetti, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, Lorenzo Guerini, La Russa, Laforgia, Locatelli, Lorenzin, Losacco, Lotti, Lupi, Madia, Manciulli, Mannino, Marazziti, Marcon, Mazziotti Di Celso, Meta, Migliore, Monaco, Orlando, Pannarale, Pes, Picchi, Pisicchio, Portas, Rampelli, Ravetto, Realacci, Rigoni, Francesco Saverio Romano, Rosato, Domenico Rossi, Rughetti, Sani, Scagliusi, Scalfarotto, Schullian, Sereni, Sottanelli, Speranza, Tabacci, Tofalo, Turco, Simone Valente, Valeria Valente, Velo, Villecco Calipari.

Annunzio di proposte di legge.

  In data 3 ottobre 2017 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
   MARROCU: «Introduzione della pratica musicale e canora nelle scuole primarie» (4673);
   MARROCU: «Modifiche agli articoli 18 e 43 dello Statuto speciale per la Sardegna, di cui alla legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3, in materia di indizione delle elezioni regionali e di ordinamento degli enti locali» (4674);
   BERNARDO: «Disciplina dell'applicazione delle imposte indirette ai trust» (4675).

  Saranno stampate e distribuite.

Adesione di deputati a proposte di legge.

  La proposta di legge D'INCECCO ed altri: «Disposizioni per il coordinamento della disciplina in materia di abbattimento delle barriere architettoniche» (1013) è stata sottoscritta, in data 3 ottobre 2017, dalle deputate Antezza e Carloni.

Ritiro di proposte di legge.

  In data 3 ottobre 2017 il deputato Pisicchio ha comunicato di ritirare la seguente proposta di legge:
   PISICCHIO: «Modifiche al testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, in materia di elezione della Camera dei deputati, e al testo unico di cui al decreto legislativo 20 dicembre 1993, n. 533, in materia di elezione del Senato della Repubblica» (1447).

  La proposta di legge sarà pertanto cancellata dall'ordine del giorno.

Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente.

  A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:
   III Commissione (Affari Esteri):

  «Ratifica ed esecuzione dei seguenti trattati:
   a) Trattato di estradizione tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica del Costa Rica, fatto a Roma il 27 maggio 2016;
   b) Trattato di assistenza giudiziaria in materia penale tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica del Costa Rica, fatto a Roma il 27 maggio 2016» (4629) Parere delle Commissioni I, II, V e VI.
   VI Commissione (Finanze):

  FRAGOMELI ed altri: «Disposizioni concernenti l'impiego della carta d'identità elettronica nell'adempimento degli obblighi di identificazione previsti dalla normativa per il contrasto del riciclaggio dei proventi di attività criminose» (4662) Parere delle Commissioni I, II, V e XIV.
   XIII Commissione (Agricoltura):

  GALLINELLA ed altri: «Disciplina dell'attività di enoturismo» (4632) Parere delle Commissioni I, V, X (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento), XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Modifica dell'assegnazione di proposta di legge a Commissione in sede referente.

  La seguente proposta di legge – già assegnata alla VII Commissione (Cultura) – è assegnata, in sede referente, alla XII Commissione (Affari sociali), che ne ha fatto richiesta al fine di procedere all'abbinamento, ai sensi dell'articolo 77 del Regolamento, con il disegno di legge n. 3868:
   SENALDI ed altri: «Istituzione dell'Ordine professionale dei chimici e dei fisici» (2312) - Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento), V, VII (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento), VIII, X, XI, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Trasmissione dal Presidente del Senato.

  Il Presidente del Senato, con lettera in data 29 settembre 2017, ha comunicato che la 7a Commissione (Istruzione) del Senato ha approvato, ai sensi dell'articolo 144, commi 1 e 6, del Regolamento del Senato, una risoluzione sulla relazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni sull'attuazione e la pertinenza del piano di lavoro dell'Unione europea per lo sport (2014 - 2017) (COM(2017) 22 final) (Atto Senato Doc. XVIII, n. 218).

  Questa risoluzione è trasmessa alla VII Commissione (Cultura).

Trasmissioni dalla Commissione parlamentare di controllo sulle attività degli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza sociale.

  Il Presidente della Commissione parlamentare di controllo sulle Attività degli Enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza sociale, con lettere in data odierna, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 143, comma 1, del Regolamento della Camera:
   la «Relazione sui bilanci consuntivi 2011-2012-2013-2014-2015, nonché dei bilanci preventivi 2011-2012-2013-2014-2015, e del bilancio tecnico attuariale al 31 dicembre 2014, dell'Ente Nazionale di Previdenza per gli Addetti e per gli Impiegati in Agricoltura (ENPAIA)», approvata il 4 ottobre 2017 dalla Commissione medesima (Doc. XVI-bis, n.15);
   la «Relazione sui bilanci consuntivi 2011-2012-2013-2014-2015, bilanci preventivi 2011-2012-2013-2014-2015 e bilancio tecnico attuariale al 31 dicembre 2015 dell'Istituto Nazionale di Previdenza dei Giornalisti Italiani (INPGI)», approvata il 4 ottobre 2017 dalla Commissione medesima (Doc. XVI-bis, n. 16).

  Tali documenti saranno stampati e distribuiti.

Trasmissione dal Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo.

  Il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, con lettera in data 29 settembre 2017, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 24, comma 3, del decreto legislativo 29 gennaio 1998, n. 19, la relazione sull'attività svolta dalla Fondazione La Biennale di Venezia nell'anno 2016 (Doc. CLXX, n. 5), corredata dal bilancio d'esercizio per il medesimo anno.

  Questa relazione è trasmessa alla VII Commissione (Cultura).

Trasmissione dal Ministero della giustizia.

  Il Ministero della giustizia, con lettera in data 30 settembre 2017, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 3, comma 6, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, un documento concernente le misure consequenziali adottate in riferimento alla relazione della Corte dei conti – Sezione centrale di controllo sulla gestione delle Amministrazioni dello Stato concernente il recupero delle spese di giustizia e i rapporti convenzionali tra il Ministero della giustizia ed Equitalia giustizia, approvata con deliberazione n. 3/2017 del 6 febbraio-7 marzo 2017, di cui è stato dato annuncio nell’Allegato A al resoconto della seduta del 13 marzo 2017.

  Questo documento è trasmesso alla II Commissione (Giustizia), alla V Commissione (Bilancio) e alla VI Commissione (Finanze).

Trasmissione dal Ministro dello sviluppo economico.

  Il Ministro dello sviluppo economico, con lettera in data 3 ottobre 2017, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 1 della legge 7 agosto 1997, n. 266, e dell'articolo 14, comma 2, della legge 29 luglio 2015, n. 115, la relazione sugli interventi di sostegno alle attività economiche e produttive, aggiornata al 30 settembre 2017 (Doc. LVIII, n. 3).

  Questa relazione è trasmessa alla X Commissione (Attività produttive).

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

  La Commissione europea, in data 3 ottobre 2017, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, la proposta di decisione di esecuzione del Consiglio che autorizza il Regno dei Paesi Bassi a introdurre una misura speciale di deroga all'articolo 193 della direttiva 2006/112/CE, relativa al sistema comune d'imposta sul valore aggiunto (COM(2017) 561 final), che è assegnata, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alla VI Commissione (Finanze), con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

Atti di controllo e di indirizzo.

  Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.

MOZIONI QUARTAPELLE PROCOPIO, GELMINI, LAFORGIA, LUPI, RONDINI, ABRIGNANI, MARAZZITI, LA RUSSA, PISICCHIO, MONCHIERO, ALFREIDER, LOCATELLI, BINETTI ED ALTRI N. 1-01714, RONDINI ED ALTRI N. 1-01715, GELMINI ED ALTRI N. 1-01718, GRILLO ED ALTRI N. 1-01719, DANIELE FARINA ED ALTRI N. 1-01720 E VARGIU ED ALTRI N. 1-01721 CONCERNENTI LA CANDIDATURA DI MILANO QUALE SEDE DELL'AGENZIA EUROPEA PER I MEDICINALI

Mozioni

   La Camera,
   premesso che:
    l'Italia rappresenta da anni il secondo Paese in Europa per produzione nel settore farmaceutico e il primo per capacità produttive per numero di addetti, dopo la Germania, con il 26 per cento della produzione totale e il 19 per cento del mercato e si tratta di un sistema diffuso, con hub regionali ed eccellenze in diverse aree del Paese. La Lombardia, in particolare, è la prima regione italiana nel settore farmaceutico con 28.000 addetti, più altri 18.000 che lavorano nell'indotto, ed investe ogni anno 7 miliardi di euro in ricerca e innovazione;
    anche nel campo biomedicale la Lombardia, con oltre 800 imprese, 30.000 dipendenti e il 49 per cento del fatturato nazionale, è la prima regione nel settore dei dispositivi medici. La provincia di Milano, in particolare, è l'area a maggiore concentrazione di imprese, con circa il 61 per cento delle imprese lombarde, e quasi l'80 per cento del fatturato prodotto nella regione; Milano e la sua provincia sono al primo posto per il numero degli addetti, ma anche le province di Monza-Brianza e Varese si attestano rispettivamente al quinto e al sesto posto nella classifica nazionale;
    secondo l'ufficio studi di Assolombarda, dalle università milanesi, dai suoi centri studi e dalle sue imprese nel 2015 sono stati pubblicati 11.600 articoli scientifici, di cui 6.200 nel campo della scienza della vita. Il 15 per cento della popolazione opera nelle università. La metà dei farmaci sperimentali per terapie avanzate al vaglio dell'Agenzia europea per i medicinali è stata concepita nel capoluogo lombardo;
    l'Agenzia europea per i medicinali è un organo decentrato dell'Unione europea, con sede a Londra, che conta circa 1.000 dipendenti;
    il suo compito principale è di tutelare e promuovere la sanità pubblica e la salute degli animali mediante la valutazione ed il controllo dei medicinali per uso umano e veterinario;
    l'Agenzia europea per i medicinali è responsabile, in via principale, della valutazione scientifica delle domande finalizzate ad ottenere l'autorizzazione europea di immissione in commercio per i medicinali (procedura centralizzata);
    dopo l'uscita della Gran Bretagna dall'Unione europea, l'Agenzia europea per i medicinali dovrà dunque trasferire la propria sede in un'altra delle 27 nazioni dell'Unione europea;
    quasi all'indomani dell'esito del referendum britannico favorevole alla «Brexit», del 23 giugno 2016, la candidatura di Milano è stata suggellata dal «patto per Milano», documento contenente gli obiettivi strategici per la città condivisi da comune e Governo, firmato il 13 settembre 2016 dal Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore Matteo Renzi e dal sindaco Giuseppe Sala. In tale prospettiva, si è da subito stabilita una proficua collaborazione istituzionale anche con la regione Lombardia e il suo presidente Roberto Maroni;
    il Ministro della salute, Beatrice Lorenzin, subito dopo l'esito del referendum britannico, ha avanzato la proposta di candidatura dell'Italia e, in particolare di Milano ad ospitare la nuova sede dell'Agenzia europea per i medicinali, assicurando l'impegno del Governo in tal senso che potrà avvalersi di un apposito stanziamento di 56 milioni di euro;
    il 6 luglio 2016 il sindaco di Milano Giuseppe Sala ha dichiarato che: «Milano, una delle città con la più alta vivibilità in Europa, si candida all'eventuale ricollocamento dell'Autorità bancaria europea e dell'Agenzia europea per i medicinali, forte di un'ottima rete infrastrutturale, dieci università, investimenti per l'area post Expo e un mercato immobiliare in piena ripresa»;
    con i 3 aeroporti e i 1.300 voli settimanali che la collegano alle 27 capitali europee e alle principali città del continente, i treni ad alta velocità verso le altre città italiane ed europee (Zurigo, Parigi e Ginevra), i 700 chilometri di autostrade e i 58.000 chilometri di strade, Milano vanta un sistema infrastrutturale che le consente di essere facilmente raggiungibile da ogni angolo d'Europa e non solo; la ricettività alberghiera di livello internazionale garantisce la possibilità anche in periodi straordinari di ospitare i 60 enti e specialisti che mediamente gravitano sull'Agenzia europea per i medicinali da tutta Europa;
    Milano offre numerose opportunità di scolarizzazione multilingue e a orientamento europeo per rispondere alle esigenze di strutture scolastiche per i figli dei dipendenti dell'Agenzia europea per i medicinali. Sono oltre 900 le scuole, tra pubbliche e private: 309 asili nido, 352 scuole elementari e 198 scuole superiori. La formazione universitaria è assicurata da 11 università tra le più rinomate d'Europa, per un totale di oltre 200.000 studenti;
    nel mese di marzo 2017 il presidente della regione Lombardia Roberto Maroni ha annunciato la possibile messa a disposizione del Palazzo Pirelli quale sede dell'Agenzia europea per i medicinali, consentendo la sua immediata operatività;
    l'avvio operativo entro la fine del 2017, con l'arrivo dei primi ricercatori ospitati, di Human technopole, il polo scientifico a sostegno pubblico nell'area dell'Expo rappresenta l'ulteriore rafforzamento delle potenzialità offerte dall'area milanese per le attività dell'Agenzia europea per i medicinali;
    anche il direttore generale dell'Agenzia italiana del farmaco Mario Melazzini ha riconosciuto che, con l'arrivo dell'Agenzia europea per i medicinali a Milano, la città potrebbe consolidare il proprio status di polo europeo delle biotecnologie al servizio della salute;
    l'Agenzia europea per i medicinali a Milano, assieme ai già esistenti Joint research centre di Ispra vicino a Varese, all’European food safety authority (l'Autorità europea per la sicurezza alimentare) con sede a Parma, potrebbe costituire un polo scientifico e di cooperazione per la ricerca unico in ambito continentale, abbracciando settori importanti e correlati tra loro, quali le scienze della vita, il food e la nutrizione;
    l'Agenzia europea per i medicinali a Milano non solo sarebbe un elemento di prestigio, ma potrebbe concorrere allo sviluppo e all'innovazione organizzativa, occupazionale e di prodotto, ad esempio se si pensa al campo dei farmaci innovativi e a quanto sia importante ragionare in chiave europea, e non solo nazionale, sui criteri di innovatività e sull'aspetto etico del prezzo dei farmaci, aspetti decisivi per l'accessibilità alle cure e all'universalismo del servizio sanitario nazionale;
    già in occasione delle comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri del 27 aprile 2017, in vista del Consiglio europeo straordinario del 29 aprile 2017, la Camera dei deputati, con la risoluzione Rosato ed altri n. 6-00312, ha sottolineato l'importanza di un impegno di tutte le istituzioni nazionali per il sostegno della candidatura della città di Milano quale prossima sede dell'Agenzia europea per i medicinali;
    il 25 settembre 2017 una delegazione italiana composta dal Ministro della salute Beatrice Lorenzin, dal Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri Sandro Gozi, dall'incaricato speciale del Governo per la candidatura italiana Enzo Moavero Milanesi, dal presidente di regione Lombardia Roberto Maroni e dal sindaco di Milano Giuseppe Sala si è recata a Bruxelles per promuovere, con un atto ufficiale, la candidatura di Milano ad ospitare l'Agenzia, dimostrando una compattezza di intenti tra le varie istituzioni sulla base di un dossier che evidenzia l'assoluta credibilità della proposta italiana;
    il 28 settembre 2017 la Commissione europea si è espressa in maniera analitica sui dossier presentati dalle 19 città candidate ad ospitare la nuova sede dell'Agenzia europea per i medicinali e la lettura delle griglie di valutazione permette di dire che il dossier coordinato dall'incaricato speciale del Governo include tra le prime 5 città candidate Milano per corrispondenza ai criteri prioritari individuati,

impegna il Governo:

1) a proseguire e intensificare l'azione di sostegno della candidatura di Milano a sede dell'Agenzia europea per i medicinali, ponendo in essere, ai più alti livelli e attraverso un'azione delle rappresentanze diplomatiche volta a raccogliere consensi da parte degli altri Stati membri dell'Unione europea, tutte le iniziative necessarie in tal senso, rappresentando questa scelta una grande opportunità culturale, economica ed occupazionale, nonché uno stimolo per la valorizzazione del patrimonio scientifico nel campo sanitario del nostro Paese.
(1-01714)
(Nuova formulazione) «Quartapelle Procopio, Laforgia, Lupi, Abrignani, Marazziti, La Russa, Pisicchio, Monchiero, Alfreider, Locatelli, Binetti, Lenzi, Carnevali, Casati, Cinzia Maria Fontana, Cimbro, Alli, Vignali, Baruffi, Beni, Bernardo, Stella Bianchi, Paola Boldrini, Borghi, Braga, Carra, Carrozza, Causi, Chaouki, Colaninno, Cominelli, Crimì, Dell'Aringa, Marco Di Maio, D'Incecco, D'Ottavio, Falcone, Fragomeli, Fregolent, Garavini, Gasparini, Giachetti, Romanini, Gnecchi, Gribaudo, Guerra, Lavagno, Librandi, Lodolini, Losacco, Patrizia Maestri, Manfredi, Marantelli, Marchi, Gadda, Miotto, Misiani, Moretto, Moscatt, Narduolo, Nicoletti, Patriarca, Peluffo, Piazzoni, Piccione, Mariani, Realacci, Rubinato, Giovanna Sanna, Scuvera, Senaldi, Sereni, Tabacci, Tacconi, Tidei, Venittelli, Verini, Villecco Calipari, Franco Bordo».*


*Dopo la conclusione della discussione sulle linee generali è stata presentata un'ulteriore nuova formulazione del testo.

   La Camera,
   premesso che:
    l'Italia rappresenta da anni il secondo Paese in Europa per produzione nel settore farmaceutico e il primo per capacità produttive per numero di addetti, dopo la Germania, con il 26 per cento della produzione totale e il 19 per cento del mercato e si tratta di un sistema diffuso, con hub regionali ed eccellenze in diverse aree del Paese. La Lombardia, in particolare, è la prima regione italiana nel settore farmaceutico con 28.000 addetti, più altri 18.000 che lavorano nell'indotto, ed investe ogni anno 7 miliardi di euro in ricerca e innovazione;
    anche nel campo biomedicale la Lombardia, con oltre 800 imprese, 30.000 dipendenti e il 49 per cento del fatturato nazionale, è la prima regione nel settore dei dispositivi medici. La provincia di Milano, in particolare, è l'area a maggiore concentrazione di imprese, con circa il 61 per cento delle imprese lombarde, e quasi l'80 per cento del fatturato prodotto nella regione; Milano e la sua provincia sono al primo posto per il numero degli addetti, ma anche le province di Monza-Brianza e Varese si attestano rispettivamente al quinto e al sesto posto nella classifica nazionale;
    secondo l'ufficio studi di Assolombarda, dalle università milanesi, dai suoi centri studi e dalle sue imprese nel 2015 sono stati pubblicati 11.600 articoli scientifici, di cui 6.200 nel campo della scienza della vita. Il 15 per cento della popolazione opera nelle università. La metà dei farmaci sperimentali per terapie avanzate al vaglio dell'Agenzia europea per i medicinali è stata concepita nel capoluogo lombardo;
    l'Agenzia europea per i medicinali è un organo decentrato dell'Unione europea, con sede a Londra, che conta circa 1.000 dipendenti;
    il suo compito principale è di tutelare e promuovere la sanità pubblica e la salute degli animali mediante la valutazione ed il controllo dei medicinali per uso umano e veterinario;
    l'Agenzia europea per i medicinali è responsabile, in via principale, della valutazione scientifica delle domande finalizzate ad ottenere l'autorizzazione europea di immissione in commercio per i medicinali (procedura centralizzata);
    dopo l'uscita della Gran Bretagna dall'Unione europea, l'Agenzia europea per i medicinali dovrà dunque trasferire la propria sede in un'altra delle 27 nazioni dell'Unione europea;
    il Ministro della salute, Beatrice Lorenzin, subito dopo l'esito del referendum britannico, ha avanzato la proposta di candidatura dell'Italia e, in particolare di Milano ad ospitare la nuova sede dell'Agenzia europea per i medicinali, assicurando l'impegno del Governo in tal senso che potrà avvalersi di un apposito stanziamento di 56 milioni di euro;
    anche le autorità locali hanno prontamente appoggiato l'iniziativa, dando vita ad una proficua collaborazione istituzionale: mentre il 6 luglio 2016, il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, ha dichiarato che: «Milano, una delle città con la più alta vivibilità in Europa, si candida all'eventuale ricollocamento dell'Autorità bancaria europea (ABE) e dell'Agenzia europea per i medicinali (EMA), forte di una ottima rete infrastrutturale, dieci università, investimenti per l'area post Expo e un mercato immobiliare in piena ripresa»; il 12 luglio 2016 il Consiglio regionale della Lombardia ha approvato una mozione concernente il sostegno alla proposta di trasferimento dell'EMA a Milano, dando mandato alla Giunta regionale di compiere ogni azione utile presso il Governo per avviare le iniziative istituzionali necessarie; il 13 settembre 2016 il sindaco di Milano Giuseppe Sala e il Presidente del Consiglio dei ministri hanno firmato il cosiddetto «patto per Milano», in cui si delineano gli obbiettivi strategici futuri per lo sviluppo della città;
    nel quadro di leale collaborazione fra le istituzioni va menzionata la disponibilità della regione Lombardia, attraverso un annuncio del suo Presidente nello scorso mese di marzo, di mettere a disposizione Palazzo Pirelli, la storica sede del governo regionale, quale sede dell'EMA, consentendo la sua immediata operatività;
    l'effettiva disponibilità in tempi rapidi del grattacielo Pirelli quale sede ospitante dell'EMA è garantita dalla circostanza che una parte dei lavori di adattamento sono già stati avviati e i fondi per completare le opere necessarie sono stati già stanziati. L'EMA a Milano, infatti, potrebbe essere operativa già dal 1o marzo 2019;
    secondo il progetto per il restyling del «Pirellone», sono previste 1.430 postazioni lavoro distribuite su una superficie di 13.500 mq, 60 sale riunioni da 8 a 32 posti, e 8 sale conferenze da 22 a 350 posti che logisticamente rappresenterebbe l'ambiente giusto per i dipendenti dell'Agenzia, che lavorano con 3.700 tecnici;
    il 31 agosto 2017, il presidente del Parlamento europeo, Antonio Tajani, al termine di un incontro con il direttore esecutivo dell'EMA, Guido Rasi, ha evidenziato la necessità che «la selezione della nuova sede dell'Agenzia Europea per il Farmaco avvenga sulla base di criteri oggettivi, elaborati a livello europeo con l'obiettivo di rendere il più economico ed efficace possibile il suo funzionamento nell'interesse dei cittadini»;
    con i 3 aeroporti e i 1.300 voli settimanali che la collegano alle 27 capitali europee e alle principali città del continente, i treni ad alta velocità verso le altre città italiane ed europee (Zurigo, Parigi e Ginevra), i 700 chilometri di autostrade e i 58.000 chilometri di strade, Milano vanta un sistema infrastrutturale che le consente di essere facilmente raggiungibile da ogni angolo d'Europa e non solo; la ricettività alberghiera di livello internazionale garantisce la possibilità anche in periodi straordinari di ospitare i 60 enti e specialisti che mediamente gravitano sull'Agenzia europea per i medicinali da tutta Europa;
    Milano offre numerose opportunità di scolarizzazione multilingue e a orientamento europeo per rispondere alle esigenze di strutture scolastiche per i figli dei dipendenti dell'Agenzia europea per i medicinali. Sono oltre 900 le scuole, tra pubbliche e private: 309 asili nido, 352 scuole elementari e 198 scuole superiori. La formazione universitaria è assicurata da 11 università tra le più rinomate d'Europa, per un totale di oltre 200.000 studenti;
    l'avvio operativo entro la fine del 2017, con l'arrivo dei primi ricercatori ospitati, di Human technopole, il polo scientifico a sostegno pubblico nell'area dell'Expo rappresenta l'ulteriore rafforzamento delle potenzialità offerte dall'area milanese per le attività dell'Agenzia europea per i medicinali;
    anche il direttore generale dell'Agenzia italiana del farmaco Mario Melazzini ha riconosciuto che, con l'arrivo dell'Agenzia europea per i medicinali a Milano, la città potrebbe consolidare il proprio status di polo europeo delle biotecnologie al servizio della salute;
    l'Agenzia europea per i medicinali a Milano, assieme ai già esistenti Joint research centre di Ispra vicino a Varese, all’European food safety authority (l'Autorità europea per la sicurezza alimentare) con sede a Parma, potrebbe costituire un polo scientifico e di cooperazione per la ricerca unico in ambito continentale, abbracciando settori importanti e correlati tra loro, quali le scienze della vita, il food e la nutrizione;
    l'Agenzia europea per i medicinali a Milano non solo sarebbe un elemento di prestigio, ma potrebbe concorrere allo sviluppo e all'innovazione organizzativa, occupazionale e di prodotto, ad esempio se si pensa al campo dei farmaci innovativi e a quanto sia importante ragionare in chiave europea, e non solo nazionale, sui criteri di innovatività e sull'aspetto etico del prezzo dei farmaci, aspetti decisivi per l'accessibilità alle cure e all'universalismo del servizio sanitario nazionale;
    già in occasione delle comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri del 27 aprile 2017, in vista del Consiglio europeo straordinario del 29 aprile 2017, la Camera dei deputati, con la risoluzione Rosato ed altri n. 6-00312, ha sottolineato l'importanza di un impegno di tutte le istituzioni nazionali per il sostegno della candidatura della città di Milano quale prossima sede dell'Agenzia europea per i medicinali;
    il 25 settembre 2017 una delegazione italiana composta dal Ministro della salute Beatrice Lorenzin, dal Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri Sandro Gozi, dall'incaricato speciale del Governo per la candidatura italiana Enzo Moavero Milanesi, dal presidente di regione Lombardia Roberto Maroni e dal sindaco di Milano Giuseppe Sala si è recata a Bruxelles per promuovere, con un atto ufficiale, la candidatura di Milano ad ospitare l'Agenzia, dimostrando una compattezza di intenti tra le varie istituzioni sulla base di un dossier che evidenzia l'assoluta credibilità della proposta italiana;
    il 28 settembre 2017 la Commissione europea si è espressa in maniera analitica sui dossier presentati dalle 19 città candidate ad ospitare la nuova sede dell'Agenzia europea per i medicinali e la lettura delle griglie di valutazione permette di dire che il dossier coordinato dall'incaricato speciale del Governo include tra le prime 5 città candidate Milano per corrispondenza ai criteri prioritari individuati,

impegna il Governo

1) a proseguire e intensificare l'azione di sostegno della candidatura di Milano a sede dell'Agenzia europea per i medicinali, ponendo in essere, ai più alti livelli e attraverso un'azione delle rappresentanze diplomatiche volta a raccogliere consensi da parte degli altri Stati membri dell'Unione europea, tutte le iniziative necessarie in tal senso, rappresentando questa scelta una grande opportunità culturale, economica ed occupazionale, nonché uno stimolo per la valorizzazione del patrimonio scientifico nel campo sanitario del nostro Paese.
(1-01714)
(Ulteriore nuova formulazione) «Quartapelle Procopio, Gelmini, Laforgia, Lupi, Rondini, Abrignani, Marazziti, La Russa, Pisicchio, Monchiero, Alfreider, Locatelli, Binetti, Lenzi, Carnevali, Casati, Cinzia Maria Fontana, Cimbro, Alli, Vignali, Baruffi, Beni, Bernardo, Stella Bianchi, Paola Boldrini, Borghi, Braga, Carra, Carrozza, Causi, Chaouki, Colaninno, Cominelli, Crimì, Dell'Aringa, Marco Di Maio, D'Incecco, D'Ottavio, Falcone, Fragomeli, Fregolent, Garavini, Gasparini, Giachetti, Romanini, Gnecchi, Gribaudo, Guerra, Lavagno, Librandi, Lodolini, Losacco, Patrizia Maestri, Manfredi, Marantelli, Marchi, Gadda, Miotto, Misiani, Moretto, Moscatt, Narduolo, Nicoletti, Patriarca, Peluffo, Piazzoni, Piccione, Mariani, Realacci, Rubinato, Giovanna Sanna, Scuvera, Senaldi, Sereni, Tabacci, Tacconi, Tidei, Venittelli, Verini, Villecco Calipari, Franco Bordo, Paola Bragantini, Squeri, Centemero, Gregorio Fontana, Garnero Santanchè, Palmieri, Ravetto, Romele, Occhiuto, Gianluca Pini, Grimoldi, Fedriga, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Busin, Caparini, Castiello, Giancarlo Giorgetti, Guidesi, Invernizzi, Molteni, Pagano, Picchi, Saltamartini, Simonetti».


   La Camera,
   premesso che:
    l'Agenzia europea per i medicinali, creata nel 1992, è responsabile della valutazione scientifica, della supervisione e del monitoraggio della sicurezza dei medicinali nell'Unione europea ed è essenziale per il funzionamento del mercato unico dei medicinali al suo interno;
    l'Agenzia è uno snodo cruciale per la vita dell'industria e dei cittadini europei. Secondo Farmindustria il settore italiano, con la Lombardia come primo centro propulsore, ha – fra personale diretto e indiretto – 130 mila addetti, 30 miliardi di euro di produzione (di cui 21 miliardi di export) e 2,7 miliardi di euro di investimenti (1,5 sul versante della ricerca e dello sviluppo e 1,2 sul lato produttivo). Il settore farmaceutico in Italia può essere considerato la prima industria europea per crescita cumulata dell’export (dal 2010 al 2016, +52 per cento), a pochissima distanza da quella tedesca per ordine di grandezza complessiva;
    tra le città europee candidate ad ospitare l'importante Agenzia – che deve lasciare Londra a seguito della «Brexit» – Milano risulta essere quella più qualificata;
    il capoluogo lombardo è, a tutti gli effetti, una città dal respiro internazionale (grazie anche agli investimenti fatti per Expo 2015), presenta una posizione ideale sotto il profilo logistico, ha ottimi indici di sicurezza e vanta strutture formative di eccellenza in ambito europeo;
    lo zoccolo duro manifatturiero e di innovazione con cui si confronterebbe l'Agenzia a Milano appare corposo nella sostanza, diversificato nelle sue specializzazioni e profondamente vitale nella sua natura di lungo periodo;
    secondo l'ufficio studi di Assolombarda, dalle università milanesi, dai centri studi di Milano e dalle sue imprese nel 2015 sono stati pubblicati 11.600 articoli scientifici, di cui 6.200 nel campo della scienza della vita. Il 15 per cento della popolazione opera nelle università. La metà dei farmaci sperimentali per terapie avanzate al vaglio dell'Agenzia europea per i medicinali è stata concepita nel capoluogo lombardo;
    la candidatura di Milano a sede dell'Agenzia europea per i medicinali, a seguito dell'intuizione e della proposta del presidente Maroni, ha visto unite e compatte le istituzioni: Governo, regione Lombardia, comune di Milano, sistema economico e imprenditoriale, oltre che il mondo accademico e delle life sciences;
    il 25 settembre 2017 il presidente della regione Lombardia con il Ministro della salute Beatrice Lorenzin e con il sindaco di Milano Giuseppe Sala si sono recati a Bruxelles a promuovere, con un atto ufficiale, la candidatura di Milano ad ospitare l'Agenzia, dimostrando sia che c’è una compattezza di intenti tra le varie istituzioni sia che il dossier milanese è senza dubbio il più forte nei confronti degli altri pretendenti;
    l'Agenzia europea per i medicinali sarebbe ospitata nel grattacielo Pirelli, disponibile in tempi molto rapidi, in quanto una parte dei lavori di adattamento per ospitare l'Agenzia è già iniziata e i fondi per completare le opere necessarie sono stati già stanziati. L'Agenzia europea per i medicinali a Milano potrebbe essere operativa già dal 1o marzo 2019;
    secondo il progetto per il restyling del «Pirellone», sono previste 1.430 postazioni lavoro distribuite su una superficie di 13.500 metri quadrati, 60 sale riunioni da 8 a 32 posti e 8 sale conferenze da 22 a 350 posti, che logisticamente rappresenterebbero l'ambiente giusto per gli 890 dipendenti dell'Agenzia, che lavorano con 3.700 tecnici;
    l'Agenzia europea per i medicinali a Milano, assieme ai già esistenti Joint research centre dell'Ispra vicino a Varese e all’European food safety authority (l'Autorità europea per la sicurezza alimentare) con sede a Parma, potrebbe costituire un polo scientifico e di cooperazione per la ricerca unico in ambito continentale, abbracciando settori importanti e correlati tra loro, quali le scienze della vita, il food e la nutrizione,

impegna il Governo:

1) a sostenere con determinazione, presso le competenti sedi comunitarie, la candidatura di Milano a sede dell'Agenzia europea per i medicinali affinché non venga sprecata un'occasione unica di crescita in termini scientifici, di prestigio internazionale e di indotto occupazionale per l'intero Paese.
(1-01715)
(Mozione ritirata dopo la conclusione della discussione sulle linee generali) «Rondini, Gianluca Pini, Grimoldi, Fedriga, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Busin, Caparini, Castiello, Giancarlo Giorgetti, Guidesi, Invernizzi, Molteni, Pagano, Picchi, Saltamartini, Simonetti».


   La Camera,
   premesso che:
    l'Agenzia europea per i medicinali è un organismo decentrato dell'Unione europea, attualmente con sede a Londra, che dal 1995 si occupa della valutazione scientifica, della sorveglianza e del monitoraggio della sicurezza dei medicinali sviluppati da società farmaceutiche e destinati ad essere utilizzati nell'Unione europea. L'Agenzia europea per i medicinali tutela la salute pubblica e animale nei 28 Stati membri dell'Unione europea e nei Paesi dello spazio economico europeo, assicurando la sicurezza, l'efficacia e l'alta qualità di tutti i medicinali disponibili sul mercato dell'Unione europea, un mercato di oltre 500 milioni di persone;
    l'Agenzia europea per i medicinali si adopera per consentire un accesso tempestivo dei pazienti ai nuovi medicinali e svolge un ruolo vitale, sostenendo lo sviluppo di medicinali a beneficio dei pazienti. L'Agenzia europea per i medicinali ha un ruolo anche nel sostegno alla ricerca e all'innovazione nel settore farmaceutico e promuove l'innovazione e lo sviluppo di nuovi medicinali da parte di micro, piccole e medie imprese;
    i comitati scientifici dell'Agenzia europea per i medicinali formulano raccomandazioni indipendenti sui medicinali per uso umano e veterinario sulla base di una valutazione scientifica globale dei dati. Le valutazioni effettuate dall'Agenzia sulle domande di autorizzazione all'immissione in commercio presentate attraverso la procedura centralizzata sono alla base dell'autorizzazione dei medicinali in Europa;
    a seguito del referendum del 23 giugno 2016, il Regno Unito ha avviato i negoziati per l'uscita dall'Unione europea e, in tale contesto, anche l'Agenzia europea per i medicinali dovrà trasferire la propria sede in un'altra delle 27 nazioni dell'Unione europea;
    l'Italia rappresenta uno dei più importanti produttori farmaceutici in Europa e la Lombardia, in particolare, è la prima regione italiana nel settore farmaceutico con 28.000 addetti, più altri 18.000 che lavorano nell'indotto, ed investe ogni anno 7 miliardi di euro in ricerca e innovazione;
    il comparto farmaceutico è riuscito a superare indenne gli ultimi anni di crisi economica e finanziaria. Ci sono state profonde ristrutturazioni, fusioni e acquisizioni, ma, nel complesso, in Italia il settore farmaceutico ha retto e continua ad essere uno dei settori trainanti l'economia del Paese. Solo nel 2016 ha totalizzato un fatturato complessivo di circa 30 miliardi di euro;
    nel campo biomedicale la Lombardia, con oltre 800 imprese, 30.000 dipendenti e il 49 per cento del fatturato nazionale, è la prima regione nel settore dei dispositivi medici. La provincia di Milano, in particolare, è l'area a maggiore concentrazione di imprese, con circa il 61 per cento delle imprese lombarde e quasi l'80 per cento del fatturato prodotto nella regione;
    il capoluogo lombardo è la sede ideale per un'immediata operatività dell'Agenzia europea per i medicinali, trattandosi di una metropoli facilmente raggiungibile, con infrastrutture logistiche, alberghiere e sanitarie di assoluto livello, oltre a un ottimo sistema scolastico e universitario. La candidatura di Milano possiede, quindi, tutti i requisiti per perseguire gli obiettivi dell'Agenzia europea per i medicinali, collocandosi in un'area, quella della Grande Milano, in cui risiedono circa 3.600 multinazionali;
    secondo l'ufficio studi di Assolombarda, dalle università milanesi, dai centri studi di Milano e dalle sue imprese nel 2015 sono stati pubblicati 11.600 articoli scientifici, di cui 6.200 nel campo della scienza della vita. Il 15 per cento della popolazione opera nelle università. La metà dei farmaci sperimentali per terapie avanzate al vaglio dell'Agenzia europea per i medicinali è stata concepita nel capoluogo lombardo;
    l'arrivo dell'Agenzia europea per i medicinali a Milano potrebbe quindi rafforzare questo ruolo di polo delle biotecnologie al servizio della salute a livello europeo, anche in considerazione della presenza del Joint research centre dell'Ispra vicino a Varese e dell'Autorità europea per la sicurezza alimentare a Parma;
    la proposta di candidatura di Milano ad ospitare la nuova sede dell'Agenzia europea per i medicinali è stata sostenuta fin dalle prime fasi dal Ministro della salute, che ha assicurato un fattivo impegno del Governo in tal senso;
    anche le autorità locali hanno prontamente appoggiato l'iniziativa, dando vita ad una proficua collaborazione istituzionale: il 12 luglio 2106 il consiglio regionale della Lombardia ha approvato una mozione concernente il sostegno alla proposta di trasferimento dell'Agenzia europea per i medicinali a Milano, dando mandato alla giunta regionale di compiere ogni azione utile presso il Governo per avviare le iniziative istituzionali necessarie; il 13 settembre 2016 il sindaco di Milano Giuseppe Sala e il Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore hanno firmato il cosiddetto «patto per Milano», in cui si delineano gli obbiettivi strategici futuri per lo sviluppo della città;
    nel quadro di leale collaborazione fra le istituzioni va menzionata la disponibilità della regione Lombardia di mettere a disposizione Palazzo Pirelli, la storica sede del governo regionale, quale sede dell'Agenzia europea per i medicinali;
    il 31 agosto 2017 il presidente del Parlamento europeo, Antonio Tajani, al termine di un incontro con il direttore esecutivo dell'Agenzia europea per i medicinali, Guido Rasi, ha evidenziato la necessità che «la selezione della nuova sede dell'Agenzia europea per i medicinali avvenga sulla base di criteri oggettivi, elaborati a livello europeo con l'obiettivo di rendere il più economico ed efficace possibile il suo funzionamento nell'interesse dei cittadini». Tali criteri sono: garanzia che l'Agenzia sia pienamente operativa nel momento in cui dovrà lasciare Londra e il Regno Unito; facilità di accesso alla nuova sede; esistenza di scuole per circa 600 studenti figli del personale; accesso al mercato del lavoro e assistenza sanitaria per le 900 famiglie del personale; continuità operativa e distribuzione geografica tra le diverse agenzie europee. Tutti criteri che l'Italia e Milano in particolare possiedono;
   il 25 settembre 2017 una delegazione interistituzionale composta da esponenti del Governo, della regione e del comune ha promosso ufficialmente a Bruxelles la candidatura di Milano ad ospitare l'Agenzia, illustrando un progetto che evidenzia l'assoluta credibilità della proposta italiana,

impegna il Governo:

1) a proseguire nell'azione di sostegno della candidatura di Milano a sede dell'Agenzia europea per i medicinali in tutte le sedi preposte, ponendo in essere ogni iniziativa necessaria volte a illustrare ai partner europei l'assoluta credibilità del progetto, che rappresenta una grande opportunità per il Paese, sia dal punto di vista culturale, sia da quello economico, nonché uno stimolo per valorizzare il patrimonio scientifico italiano.
(1-01718)
(Mozione ritirata dopo la conclusione della discussione sulle linee generali) «Gelmini, Squeri, Centemero, Gregorio Fontana, Garnero Santanchè, Palmieri, Ravetto, Romele, Occhiuto».


   La Camera,
   premesso che:
    l'Agenzia europea per i medicinali, istituita nel 1995, protegge e promuove la salute dei cittadini e degli animali, valutando e monitorando i medicinali all'interno dell'Unione europea e dello spazio economico europeo;
    l'Agenzia europea per i medicinali, nell'ambito dei compiti di autorizzazione e monitoraggio dei medicinali nell'Unione europea, provvede all'esame delle richieste di autorizzazione all'immissione in commercio unica, che viene poi rilasciata dalla Commissione europea e consente l'immissione in commercio sia nell'ambito dell'Unione europea e sia nello spazio economico europeo;
    l'Agenzia europea per i medicinali ha il compito di facilitare lo sviluppo e l'accesso ai medicinali, di valutare le domande di autorizzazione all'immissione in commercio poi rilasciate dalla Commissione europea, di monitorare la sicurezza dei medicinali, fornendo informazioni e interagendo con gli operatori sanitari, con i pazienti e con il mondo accademico, di agevolare e incentivare la ricerca e lo sviluppo dei medicinali innovativi realmente necessari a migliorare le condizioni di salute dei pazienti, con una particolare attenzione per quei medicinali destinati ai bambini e per le malattie rare;
    l'Agenzia europea per i medicinali fa parte della rete europea di regolamentazione dei medicinali quale luogo di collaborazione attiva con le autorità nazionali di regolamentazione dei singoli Stati membri (ad esempio, l'Agenzia italiana del farmaco per l'Italia) e con la direzione generale della salute della Commissione europea;
    il consiglio di amministrazione dell'Agenzia europea per i medicinali è composto da oltre trenta componenti che agiscono per l'interesse pubblico, senza rappresentare alcun Governo, organizzazione o settore e per svolgere i suoi compiti l'Agenzia europea per i medicinali si avvale di sette comitati scientifici e vari gruppi di lavoro, cui partecipano migliaia di esperti di tutta Europa e che forniscono raccomandazioni e/o indicazioni indipendenti sui medicinali, sulla base di una valutazione dei dati scientifica, completa e imparziale; l'Agenzia europea per i medicinali deve operare, quindi, in modo indipendente e trasparente nel massimo rispetto dei più rigorosi scientifici;
    l'imparzialità, la trasparenza e l'indipendenza dell'Agenzia europea per i medicinali sono elementi essenziali posti a tutela, in primis, dei pazienti ed anche a tutela degli operatori sanitari, delle aziende farmaceutiche presenti sul mercato, dei ricercatori e sviluppatori dei farmaci e delle istituzioni del settore sanitario;
    l'Agenzia europea per i medicinali, ogni anno, approva un programma di lavoro e, in riferimento all'anno 2016, nel documento pubblicato sul sito istituzionale, si evince quanto fondamentale sia la collaborazione con le autorità nazionali competenti, tenuto conto della rilevante influenza determinata «dagli sviluppi nell'industria farmaceutica e da fattori quali la globalizzazione, la crescente complessità dello sviluppo dei medicinali, le esigenze delle parti interessate in materia di trasparenza e le modifiche legislative chiave che insieme incidono sul lavoro dell'Agenzia»; nel documento si evince altresì quanto sia importante e centrale l'attuazione del regolamento (UE) n. 536/2014 sulla sperimentazione clinica, poiché richiede che l'Agenzia, in collaborazione con la Commissione europea e con gli Stati membri, sviluppi i sistemi necessari e armonizzati per la sua omogenea attuazione; l'Agenzia europea per i medicinali, dunque, dovrà impegnarsi a garantire che il quadro giuridico esistente venga utilizzato nel modo più efficiente possibile e a svolgere i necessari preparativi per l'entrata in vigore della normativa revisionata;
    nel sopra citato documento del 2016 si pone altresì in evidenza come «i pazienti, i consumatori e i professionisti in assistenza sanitaria richiedono elevati livelli di trasparenza e nuove e migliori informazioni per sostenere il processo decisionale. La società vuole vedere i risultati degli studi clinici, della farmacovigilanza e di altre fasi del ciclo di vita del farmaco. Tutti gli aspetti dell'attività dell'Agenzia, dalla valutazione iniziale fino al monitoraggio post-autorizzazione, saranno soggetti a un controllo più scrupoloso da parte delle parti interessate e della comunità nel suo complesso. Quindi, la trasparenza è una delle priorità principali dell'Agenzia. L'attuazione della politica sulla pubblicazione e sull'accesso ai dati clinici sarà un aspetto significativo delle iniziative dell'Agenzia a favore della trasparenza nel 2016»;
    il 29 marzo 2017 il Regno Unito ha notificato al Consiglio europeo la sua intenzione di ritirarsi dall'Unione europea, processo noto con la denominazione «Brexit», e pertanto l'Agenzia europea per i medicinali ha predisposto tutte le procedure atte a garantire la continuazione della sua missione e proteggere la salute pubblica e animale dopo che il Regno Unito lascerà l'Unione europea successivamente al 30 marzo 2019, la data attualmente prevista in conformità ai termini previsti all'articolo 50 del Trattato sull'Unione europea;
    l'Agenzia europea per i medicinali, pertanto, in conseguenza del ritiro del Regno Unito dall'Unione europea dovrà spostarsi in una nuova sede e il 20 novembre 2017 il Consiglio europeo voterà la futura sede dell'Agenzia europea per i medicinali; in vista di tale scadenza gli Stati membri hanno presentato le proprie candidature entro il 31 luglio 2017, offerte che il Consiglio ha pubblicato il 1o agosto 2017. Sono 19 i Paesi europei che hanno proposto la candidatura; la Commissione europea esaminerà le candidature in base a criteri prefissati e presenterà la propria valutazione al Consiglio entro il 30 settembre 2017; in vista di tali scadenze l'Agenzia europea per i medicinali ha anche predisposto un'indagine ed un piano di continuità aziendale affinché non siano disperse le professionalità dell'Agenzia medesima; l'Italia ha presentato dunque la propria candidatura;
    il Ministro della salute, come si evince da numerose agenzia di stampa del novembre 2017, ha diffusamente annunciato che già nella legge di bilancio per il 2017 sono state stanziate risorse pari a 56 milioni di euro, risorse che sono state messe a disposizione per realizzare la futura struttura dell'Agenzia europea per i medicinali;
    sarebbe auspicabile che l'Italia si presenti a questo importante appuntamento con un prestigioso «biglietto da visita», consistente in un pieno adeguamento alla nuova disciplina introdotta dal sopra citato regolamento (UE) n. 536/2014 sulla sperimentazione clinica e in un'efficace implementazione della trasparenza nel settore della governance farmaceutica, impegnandosi, ad esempio, a novellare la normativa esistente, in conformità con il regolamento citato che suggerisce di non considerare informazioni commerciali di carattere riservato i dati delle sperimentazioni cliniche dopo l'autorizzazione all'immissione in commercio;
    sarebbe altresì auspicabile che l'Italia si presenti ad ospitare la sede dell'Agenzia europea per i medicinali con l'impegno di riordinare la governance dell'Agenzia italiana del farmaco, assicurando, ad esempio, che la scelta dei suoi amministratori non sia affidata al Ministro della salute in carica, ma sia imparziale, indipendente e trasparente, specularmente proprio a quanto avviene nell'Agenzia europea per i medicinali, i cui amministratori e professionisti, come innanzi detto, devono garantire la massima trasparenza e indipendenza,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative per assicurare la piena trasparenza di tutte le risorse impiegate e l'indipendenza scientifica per l'interesse generale, evitando qualsiasi conflitto di interesse con le numerose aziende che operano nel settore;
2) ad assumere iniziative affinché le amministrazioni competenti utilizzino strutture immobiliari pubbliche senza che ciò comporti, in ogni caso, ulteriori costruzioni di nuovi immobili, utilizzando i risparmi derivanti dalla razionalizzazione dell'utilizzo degli immobili a favore delle piccole e medie imprese locali e di interventi a sostegno della disabilità;
3) ad attivarsi, anche attraverso iniziative normative urgenti, affinché l'Italia, candidata ad ospitare la prestigiosa sede dell'Agenzia europea per i medicinali, anche in adeguamento al quadro normativo europeo, sia uno Stato membro esemplare, quanto a trasparenza, imparzialità ed indipendenza, in materia di sperimentazione clinica e di governance farmaceutica;
4) a rendere pubblico, fin d'ora, l'impiego delle risorse già destinate ed eventualmente impiegate nonché quelle di futura destinazione, correlate alla candidatura dell'Italia ad ospitare l'Agenzia europea per i medicinali, dando evidenza degli affidamenti avvenuti e dei soggetti beneficiari.
(1-01719) «Grillo, Tripiedi, Toninelli, Pesco, Alberti, Zolezzi, Caso, Cominardi, Carinelli, Sorial, De Rosa, Manlio Di Stefano, Basilio, Petraroli, Nesci, Silvia Giordano, Mantero, Lorefice, Colonnese, Baroni, Dall'Osso».


   La Camera,
   premesso che:
    l'Agenzia europea per i medicinali, istituita nel 1995, protegge e promuove la salute dei cittadini e degli animali, valutando e monitorando i medicinali all'interno dell'Unione europea e dello spazio economico europeo;
    l'Agenzia europea per i medicinali, nell'ambito dei compiti di autorizzazione e monitoraggio dei medicinali nell'Unione europea, provvede all'esame delle richieste di autorizzazione all'immissione in commercio unica, che viene poi rilasciata dalla Commissione europea e consente l'immissione in commercio sia nell'ambito dell'Unione europea e sia nello spazio economico europeo;
    l'Agenzia europea per i medicinali ha il compito di facilitare lo sviluppo e l'accesso ai medicinali, di valutare le domande di autorizzazione all'immissione in commercio poi rilasciate dalla Commissione europea, di monitorare la sicurezza dei medicinali, fornendo informazioni e interagendo con gli operatori sanitari, con i pazienti e con il mondo accademico, di agevolare e incentivare la ricerca e lo sviluppo dei medicinali innovativi realmente necessari a migliorare le condizioni di salute dei pazienti, con una particolare attenzione per quei medicinali destinati ai bambini e per le malattie rare;
    l'Agenzia europea per i medicinali fa parte della rete europea di regolamentazione dei medicinali quale luogo di collaborazione attiva con le autorità nazionali di regolamentazione dei singoli Stati membri (ad esempio, l'Agenzia italiana del farmaco per l'Italia) e con la direzione generale della salute della Commissione europea;
    il consiglio di amministrazione dell'Agenzia europea per i medicinali è composto da oltre trenta componenti che agiscono per l'interesse pubblico, senza rappresentare alcun Governo, organizzazione o settore e per svolgere i suoi compiti l'Agenzia europea per i medicinali si avvale di sette comitati scientifici e vari gruppi di lavoro, cui partecipano migliaia di esperti di tutta Europa e che forniscono raccomandazioni e/o indicazioni indipendenti sui medicinali, sulla base di una valutazione dei dati scientifica, completa e imparziale; l'Agenzia europea per i medicinali deve operare, quindi, in modo indipendente e trasparente nel massimo rispetto dei più rigorosi scientifici;
    l'imparzialità, la trasparenza e l'indipendenza dell'Agenzia europea per i medicinali sono elementi essenziali posti a tutela, in primis, dei pazienti ed anche a tutela degli operatori sanitari, delle aziende farmaceutiche presenti sul mercato, dei ricercatori e sviluppatori dei farmaci e delle istituzioni del settore sanitario;
    l'Agenzia europea per i medicinali, ogni anno, approva un programma di lavoro e, in riferimento all'anno 2016, nel documento pubblicato sul sito istituzionale, si evince quanto fondamentale sia la collaborazione con le autorità nazionali competenti, tenuto conto della rilevante influenza determinata «dagli sviluppi nell'industria farmaceutica e da fattori quali la globalizzazione, la crescente complessità dello sviluppo dei medicinali, le esigenze delle parti interessate in materia di trasparenza e le modifiche legislative chiave che insieme incidono sul lavoro dell'Agenzia»; nel documento si evince altresì quanto sia importante e centrale l'attuazione del regolamento (UE) n. 536/2014 sulla sperimentazione clinica, poiché richiede che l'Agenzia, in collaborazione con la Commissione europea e con gli Stati membri, sviluppi i sistemi necessari e armonizzati per la sua omogenea attuazione; l'Agenzia europea per i medicinali, dunque, dovrà impegnarsi a garantire che il quadro giuridico esistente venga utilizzato nel modo più efficiente possibile e a svolgere i necessari preparativi per l'entrata in vigore della normativa revisionata;
    nel sopra citato documento del 2016 si pone altresì in evidenza come «i pazienti, i consumatori e i professionisti in assistenza sanitaria richiedono elevati livelli di trasparenza e nuove e migliori informazioni per sostenere il processo decisionale. La società vuole vedere i risultati degli studi clinici, della farmacovigilanza e di altre fasi del ciclo di vita del farmaco. Tutti gli aspetti dell'attività dell'Agenzia, dalla valutazione iniziale fino al monitoraggio post-autorizzazione, saranno soggetti a un controllo più scrupoloso da parte delle parti interessate e della comunità nel suo complesso. Quindi, la trasparenza è una delle priorità principali dell'Agenzia. L'attuazione della politica sulla pubblicazione e sull'accesso ai dati clinici sarà un aspetto significativo delle iniziative dell'Agenzia a favore della trasparenza nel 2016»;
    il 29 marzo 2017 il Regno Unito ha notificato al Consiglio europeo la sua intenzione di ritirarsi dall'Unione europea, processo noto con la denominazione «Brexit», e pertanto l'Agenzia europea per i medicinali ha predisposto tutte le procedure atte a garantire la continuazione della sua missione e proteggere la salute pubblica e animale dopo che il Regno Unito lascerà l'Unione europea successivamente al 30 marzo 2019, la data attualmente prevista in conformità ai termini previsti all'articolo 50 del Trattato sull'Unione europea;
    l'Agenzia europea per i medicinali, pertanto, in conseguenza del ritiro del Regno Unito dall'Unione europea dovrà spostarsi in una nuova sede e il 20 novembre 2017 il Consiglio europeo voterà la futura sede dell'Agenzia europea per i medicinali; in vista di tale scadenza gli Stati membri hanno presentato le proprie candidature entro il 31 luglio 2017, offerte che il Consiglio ha pubblicato il 1o agosto 2017. Sono 19 i Paesi europei che hanno proposto la candidatura; la Commissione europea esaminerà le candidature in base a criteri prefissati e presenterà la propria valutazione al Consiglio entro il 30 settembre 2017; in vista di tali scadenze l'Agenzia europea per i medicinali ha anche predisposto un'indagine ed un piano di continuità aziendale affinché non siano disperse le professionalità dell'Agenzia medesima; l'Italia ha presentato dunque la propria candidatura;
    il Ministro della salute, come si evince da numerose agenzia di stampa del novembre 2017, ha diffusamente annunciato che già nella legge di bilancio per il 2017 sono state stanziate risorse pari a 56 milioni di euro, risorse che sono state messe a disposizione per realizzare la futura struttura dell'Agenzia europea per i medicinali;
    sarebbe auspicabile che l'Italia si presenti a questo importante appuntamento con un prestigioso «biglietto da visita», consistente in un pieno adeguamento alla nuova disciplina introdotta dal sopra citato regolamento (UE) n. 536/2014 sulla sperimentazione clinica e in un'efficace implementazione della trasparenza nel settore della governance farmaceutica, impegnandosi, ad esempio, a novellare la normativa esistente, in conformità con il regolamento citato che suggerisce di non considerare informazioni commerciali di carattere riservato i dati delle sperimentazioni cliniche dopo l'autorizzazione all'immissione in commercio;
    sarebbe altresì auspicabile che l'Italia si presenti ad ospitare la sede dell'Agenzia europea per i medicinali con l'impegno di riordinare la governance dell'Agenzia italiana del farmaco, assicurando, ad esempio, che la scelta dei suoi amministratori non sia affidata al Ministro della salute in carica, ma sia imparziale, indipendente e trasparente, specularmente proprio a quanto avviene nell'Agenzia europea per i medicinali, i cui amministratori e professionisti, come innanzi detto, devono garantire la massima trasparenza e indipendenza,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative per assicurare la piena trasparenza di tutte le risorse impiegate e l'indipendenza scientifica per l'interesse generale, evitando qualsiasi conflitto di interesse con le numerose aziende che operano nel settore;
2) ad assumere iniziative affinché le amministrazioni competenti utilizzino strutture immobiliari pubbliche senza che ciò comporti, in ogni caso, ulteriori costruzioni di nuovi immobili;
3) ad attivarsi, anche attraverso iniziative normative urgenti, affinché l'Italia, candidata ad ospitare la prestigiosa sede dell'Agenzia europea per i medicinali, anche in adeguamento al quadro normativo europeo, sia uno Stato membro esemplare, quanto a trasparenza, imparzialità ed indipendenza, in materia di sperimentazione clinica e di governance farmaceutica;
4) a rendere pubblico, fin d'ora, l'impiego delle risorse già destinate ed eventualmente impiegate nonché quelle di futura destinazione, correlate alla candidatura dell'Italia ad ospitare l'Agenzia europea per i medicinali, dando evidenza degli affidamenti avvenuti e dei soggetti beneficiari.
(1-01719)
(Testo modificato nel corso della seduta).  «Grillo, Tripiedi, Toninelli, Pesco, Alberti, Zolezzi, Caso, Cominardi, Carinelli, Sorial, De Rosa, Manlio Di Stefano, Basilio, Petraroli, Nesci, Silvia Giordano, Mantero, Lorefice, Colonnese, Baroni, Dall'Osso».


   La Camera,
   premesso che:
    a seguito dell'esito del referendum nel Regno Unito del giugno 2016, che ha sancito l'uscita dall'Unione europea, alcune sedi di Agenzie europee collocate attualmente nel Regno Unito dovranno essere ricollocate in altri Paesi;
    l'Agenzia europea del farmaco (EMA), che attualmente ha sede ed opera a Londra, è una delle Agenzie la cui sede dovrà essere ricollocata in uno dei Paesi dell'Unione europea; essa è un organo decentrato dell'Unione europea, come detto, con sede a Londra, che conta oltre 900 dipendenti;
    l'Agenzia europea del farmaco (EMA) è stata costituita negli anni ’90 allo scopo di uniformare i criteri attraverso i quali procedere nell'approvazione dei nuovi farmaci. Il bilancio dell'EMA dipende dai contributi dell'industria farmaceutica per oltre l'80 per cento e ciò, data la rilevanza delle sue attività, in relazione alla immissione in commercio dei farmaci, dovrebbe portare l'Unione europea a decidere il suo finanziamento esclusivamente attraverso fondi pubblici allo scopo di garantire la sua indipendenza;
    il 25 settembre 2017, una delegazione italiana composta dal Ministro della salute Beatrice Lorenzin, dal Sottosegretario alla presidenza del Consiglio Sandro Gozi, dall'incaricato speciale del Governo per la candidatura italiana Enzo Moavero Milanesi, dal presidente di regione Lombardia Roberto Maroni e dal sindaco di Milano, Giuseppe Sala ha presentato formalmente a Bruxelles la candidatura di Milano ad ospitare l'Agenzia europea del farmaco;
    i criteri oggettivi fissati dall'Unione europea per individuare la nuova sede dell'EMA sono tra gli altri: la continuità operativa, i collegamenti, le scuole, l'accesso al lavoro, la sanità per le famiglie, e la distribuzione geografica delle agenzie. Sulla base di questi criteri si procederà alla individuazione della nuova sede dell'Ema, da parte dei 27 Ministri dell'Unione europea nella riunione nel mese di novembre 2017 del Consiglio affari generali;
    il 30 settembre 2017 la Commissione europea ha reso pubbliche le valutazioni relative alle città che si sono proposte come possibili nuove sedi dell'Ema;
    dalle valutazioni della Commissione, europea si evince come la proposta di Milano come nuova sede dell'EMA risponda adeguatamente a tutti i requisiti richiesti e tra questi: una sede, il palazzo Pirelli, di 50.260 metri quadrati, immediatamente utilizzabile; i collegamenti aerei diretti per tutte le capitali europee; la disponibilità di collegamenti con il trasporto pubblico tra l'ubicazione della sede prescelta e l'aeroporto, con una durata che varia da 20 a 50 minuti; la disponibilità di scuole internazionali e di una scuola europea, con insegnamento in olandese, francese, inglese e italiano; l'accesso alla sicurezza sociale e alle cure mediche per coniugi e figli dei dipendenti dell'Ema, con oltre 200 ospedali pubblici e privati in Lombardia, con 37 mila posti letto; la garanzia di un piano per la rilocalizzazione di tutti i dipendenti dell'Ema entro la fine di gennaio 2019;
    la stessa Commissione europea segnala, inoltre, che l'Italia ospita l’European Food Safety Authority (Efsa) con sede a Parma e questa, attraverso un efficace coordinamento con l'EMA, potrebbe costituire un importante polo scientifico per la ricerca e la protezione della salute dei consumatori europei,

impegna il Governo:

1) ad assumere tutte le iniziative necessarie per il sostegno alla candidatura della città di Milano come nuova sede dell'Ema;

2) ad assumere in sede di Unione europea adeguate iniziative per sostenere la proposta che le attività dell'Ema relative alla immissione in commercio dei nuovi farmaci siano finanziate esclusivamente da fondi pubblici al fine di garantire la tutela della salute dei cittadini e l'indipendenza dell'Ema.
(1-01720) «Daniele Farina, Brignone, Marcon, Fratoianni, Civati, Fassina, Gregori, Giancarlo Giordano, Paglia, Palazzotto, Pellegrino, Andrea Maestri, Pastorino».


   La Camera,
   premesso che:
    a seguito dell'esito del referendum nel Regno Unito del giugno 2016, che ha sancito l'uscita dall'Unione europea, alcune sedi di Agenzie europee collocate attualmente nel Regno Unito dovranno essere ricollocate in altri Paesi;
    l'Agenzia europea del farmaco (EMA), che attualmente ha sede ed opera a Londra, è una delle Agenzie la cui sede dovrà essere ricollocata in uno dei Paesi dell'Unione europea; essa è un organo decentrato dell'Unione europea, come detto, con sede a Londra, che conta oltre 900 dipendenti;
    l'Agenzia europea del farmaco (EMA) è stata costituita negli anni ’90 allo scopo di uniformare i criteri attraverso i quali procedere nell'approvazione dei nuovi farmaci. Il bilancio dell'EMA dipende dai contributi dell'industria farmaceutica per oltre l'80 per cento e ciò, data la rilevanza delle sue attività, in relazione alla immissione in commercio dei farmaci, dovrebbe portare l'Unione europea a decidere il suo finanziamento esclusivamente attraverso fondi pubblici allo scopo di garantire la sua indipendenza;
    il 25 settembre 2017, una delegazione italiana composta dal Ministro della salute Beatrice Lorenzin, dal Sottosegretario alla presidenza del Consiglio Sandro Gozi, dall'incaricato speciale del Governo per la candidatura italiana Enzo Moavero Milanesi, dal presidente di regione Lombardia Roberto Maroni e dal sindaco di Milano, Giuseppe Sala ha presentato formalmente a Bruxelles la candidatura di Milano ad ospitare l'Agenzia europea del farmaco;
    i criteri oggettivi fissati dall'Unione europea per individuare la nuova sede dell'EMA sono tra gli altri: la continuità operativa, i collegamenti, le scuole, l'accesso al lavoro, la sanità per le famiglie, e la distribuzione geografica delle agenzie. Sulla base di questi criteri si procederà alla individuazione della nuova sede dell'Ema, da parte dei 27 Ministri dell'Unione europea nella riunione nel mese di novembre 2017 del Consiglio affari generali;
    il 30 settembre 2017 la Commissione europea ha reso pubbliche le valutazioni relative alle città che si sono proposte come possibili nuove sedi dell'Ema;
    dalle valutazioni della Commissione, europea si evince come la proposta di Milano come nuova sede dell'EMA risponda adeguatamente a tutti i requisiti richiesti e tra questi: una sede, il palazzo Pirelli, di 50.260 metri quadrati, immediatamente utilizzabile; i collegamenti aerei diretti per tutte le capitali europee; la disponibilità di collegamenti con il trasporto pubblico tra l'ubicazione della sede prescelta e l'aeroporto, con una durata che varia da 20 a 50 minuti; la disponibilità di scuole internazionali e di una scuola europea, con insegnamento in olandese, francese, inglese e italiano; l'accesso alla sicurezza sociale e alle cure mediche per coniugi e figli dei dipendenti dell'Ema, con oltre 200 ospedali pubblici e privati in Lombardia, con 37 mila posti letto; la garanzia di un piano per la rilocalizzazione di tutti i dipendenti dell'Ema entro la fine di gennaio 2019;
    la stessa Commissione europea segnala, inoltre, che l'Italia ospita l’European Food Safety Authority (Efsa) con sede a Parma e questa, attraverso un efficace coordinamento con l'EMA, potrebbe costituire un importante polo scientifico per la ricerca e la protezione della salute dei consumatori europei,

impegna il Governo

1) ad assumere tutte le iniziative necessarie per il sostegno alla candidatura della città di Milano come nuova sede dell'Ema.
(1-01720)
(Testo modificato nel corso della seduta).  «Daniele Farina, Brignone, Marcon, Fratoianni, Civati, Fassina, Gregori, Giancarlo Giordano, Paglia, Palazzotto, Pellegrino, Andrea Maestri, Pastorino».


   La Camera,
   premesso che:
    per effetto della decisione di uscire dall'Unione europea assunta dalla Gran Bretagna, diventa necessario riallocare la sede di due importanti Agenzie europee, l'EMA e l'EBA, con precedente sede a Londra;
    in particolare, l'EMA è l'Authority europea regolatrice del farmaco e garantisce valutazione scientifica, supervisione e controllo della sicurezza dei farmaci ad uso umano e veterinario. L'Agenzia esiste dal 1995, ha circa 900 dipendenti e concede l'autorizzazione unica all'immissione dei farmaci in commercio;
    il 22 giugno 2017, il Consiglio europeo ha fissato la procedura per l'individuazione della nuova sede dell'EMA, stabilendo i sei criteri di priorità nella scelta: rapidità nella disponibilità della nuova sede logistica, accessibilità infrastrutturale della città proposta, sistema scolastico adeguato, mercato del lavoro tonico e garanzie di qualità dell'assistenza sanitaria, certezza della continuità dell'attività dell'agenzia, equilibrio geografico e politico;
    ben 19 città di altrettanti Paesi europei si sono candidate a diventare la nuova sede dell'EMA: è infatti del tutto evidente la strategicità della sua localizzazione per la centralità che, nel Paese prescelto, essa conferirà al mondo della ricerca e della produzione che ruota intorno all'industria del farmaco;
    nei giorni scorsi, un primo screening degli organismi europei si è sostanzialmente limitato a valutare l'ammissibilità delle candidature, sottolineando alcune, specifiche criticità, ma lasciando aperto ogni scenario alla successiva scelta, che appare prevalentemente politica;
    la decisione europea finale sulla nuova sede dell'EMA è dunque attesa per la fine del mese di novembre;
    l'Italia rappresenta una eccellenza europea nel settore manifatturiero del farmaco. Secondo i dati di Farmindustria, sono quasi 65.000 gli occupati nel settore (per il 90 per cento in possesso di titolo di studio superiore o laurea), con altrettanti lavoratori nell'indotto. Sempre secondo Farmindustria, sono 6.100 i ricercatori impegnati nel settore;
    l'industria farmaceutica italiana presenta una forte e vivace crescita: sono seimila i nuovi occupati nel 2016, la metà dei quali sotto i trent'anni. Il valore della produzione si attesta intorno ai 30 miliardi di euro, per una crescita nell'ultimo anno del 2,3 per cento con un export di 21 miliardi di euro, pari al 71 per cento della produzione totale;
    il Governo italiano ha da tempo avanzato la candidatura della città di Milano come possibile nuova sede dell'EMA e la regione Lombardia ha già garantito una prestigiosa sede logistica immediatamente disponibile;
    il 25 settembre 2017, il Ministro della salute Lorenzin ha guidato la delegazione italiana a Bruxelles che – con convinzione – ha dato ulteriore impulso e credibilità alla candidatura della città di Milano;
    la scelta di Milano appare ottimale nel soddisfare tutti i requisiti chiesti dall'Unione europea. La città è sempre stata un elemento centrale delle comunicazioni e degli scambi commerciali e culturali europei, è servita da quattro aeroporti internazionali (Malpensa, Linate, Orio al Serio, Montichiari), è uno snodo nello sviluppo e nella implementazione dell'alta velocità ferroviaria, è collegata da un sistema autostradale e viario di eccellenza;
    Milano fornisce opportunità scolastiche, culturali, universitarie e di alta formazione assolutamente straordinarie, in grado di soddisfare ogni raffinata richiesta delle risorse umane che attualmente lavorano in EMA e garantisce, nel contempo, qualità dei servizi sociali e sanitari e opportunità europee nell'accesso al mondo del lavoro;
    le solide scelte europeiste dell'Italia e la necessità del sostegno al sentimento europeista nel nostro Paese giustificano sicuramente un'attenzione speciale per la disponibilità offerta ad ospitare l'EMA;
    una recente indagine interna esperita tra i funzionari dell'EMA per verificare il loro gradimento nei confronti delle città candidate ad ospitare la nuova sede dell'Agenzia ha consentito di selezionare una prima rosa di preferenze, che comprende cinque città: Amsterdam, Barcellona, Vienna, Milano e Copenaghen;
    tale consultazione interna appare di notevole importanza perché l'accettazione della nuova sede da parte delle risorse umane che operano all'interno dell'Agenzia appare condizione indispensabile perché possa essere garantita – come richiesto dall'Unione europea – la continuità dell'attività dell'EMA stessa;
    la localizzazione milanese della nuova sede dell'EMA rappresenterebbe anche un'importante risposta di trasparenza e di autorevolezza alle «folate di vento» antiscientifico che purtroppo attraversano in modo ricorrente il nostro Paese, contribuendo a consolidare, davanti all'opinione pubblica italiana, la percezione di un mondo della scienza e dell'innovazione in campo sanitario al servizio della comunità di riferimento e del progresso delle garanzie di salute per i cittadini di tutto il mondo;
    la nuova sede dell'EMA a Milano potrebbe inoltre costituire il punto di riferimento di una rete della ricerca scientifica, dell'innovazione e della qualità della salute estesa a tutto il nostro Paese, che possa favorire la localizzazione di start up e di eccellenze in tutto il territorio italiano, sfruttando i consolidati vantaggi competitivi del nostro Paese, coniugati con le nuove opportunità offerte dall'industria 4.0,

impegna il Governo:

1) a porre in essere tutte le iniziative con i partner europei dell'Italia finalizzate a valorizzare la straordinaria rispondenza dell'offerta complessiva della città di Milano nel soddisfare i requisiti ottimali richiesti dall'Unione europea per la scelta della nuova sede dell'EMA;

2) a sostenere la regione Lombardia, il comune di Milano e le istituzioni territoriali pubbliche e private in tutte le azioni indispensabili per il consolidamento e l'affermazione dei requisiti della candidatura di Milano;

3) ad attivare una rete di collaborazioni e di sensibilizzazioni estesa a tutte le regioni italiane che renda la «candidatura Milano» una bandiera dell'intero mondo scientifico, della ricerca, della sanità e della manifattura italiana, consentendo di attivare sinergie virtuose collegate alla nuova sede ita liana dell'EMA che abbiano ricadute positive in tutto il territorio del nostro Paese.
(1-01721) «Vargiu, Latronico, Altieri, Capezzone, Chiarelli, Ciracì, Corsaro, Distaso, Fucci, Marti, Matarrese».


(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga).

   La Camera,
   premesso che:
    per effetto della decisione di uscire dall'Unione europea assunta dalla Gran Bretagna, diventa necessario riallocare la sede di due importanti Agenzie europee, l'EMA e l'EBA, con precedente sede a Londra;
    in particolare, l'EMA è l'Authority europea regolatrice del farmaco e garantisce valutazione scientifica, supervisione e controllo della sicurezza dei farmaci ad uso umano e veterinario. L'Agenzia esiste dal 1995, ha circa 900 dipendenti e concede l'autorizzazione unica all'immissione dei farmaci in commercio;
    il 22 giugno 2017, il Consiglio europeo ha fissato la procedura per l'individuazione della nuova sede dell'EMA, stabilendo i sei criteri di priorità nella scelta: rapidità nella disponibilità della nuova sede logistica, accessibilità infrastrutturale della città proposta, sistema scolastico adeguato, mercato del lavoro tonico e garanzie di qualità dell'assistenza sanitaria, certezza della continuità dell'attività dell'agenzia, equilibrio geografico e politico;
    ben 19 città di altrettanti Paesi europei si sono candidate a diventare la nuova sede dell'EMA: è infatti del tutto evidente la strategicità della sua localizzazione per la centralità che, nel Paese prescelto, essa conferirà al mondo della ricerca e della produzione che ruota intorno all'industria del farmaco;
    nei giorni scorsi, un primo screening degli organismi europei si è sostanzialmente limitato a valutare l'ammissibilità delle candidature, sottolineando alcune, specifiche criticità, ma lasciando aperto ogni scenario alla successiva scelta, che appare prevalentemente politica;
    la decisione europea finale sulla nuova sede dell'EMA è dunque attesa per la fine del mese di novembre;
    l'Italia rappresenta una eccellenza europea nel settore manifatturiero del farmaco. Secondo i dati di Farmindustria, sono quasi 65.000 gli occupati nel settore (per il 90 per cento in possesso di titolo di studio superiore o laurea), con altrettanti lavoratori nell'indotto. Sempre secondo Farmindustria, sono 6.100 i ricercatori impegnati nel settore;
    l'industria farmaceutica italiana presenta una forte e vivace crescita: sono seimila i nuovi occupati nel 2016, la metà dei quali sotto i trent'anni. Il valore della produzione si attesta intorno ai 30 miliardi di euro, per una crescita nell'ultimo anno del 2,3 per cento con un export di 21 miliardi di euro, pari al 71 per cento della produzione totale;
    il Governo italiano ha da tempo avanzato la candidatura della città di Milano come possibile nuova sede dell'EMA e la regione Lombardia ha già garantito una prestigiosa sede logistica immediatamente disponibile;
    il 25 settembre 2017, il Ministro della salute Lorenzin ha guidato la delegazione italiana a Bruxelles che – con convinzione – ha dato ulteriore impulso e credibilità alla candidatura della città di Milano;
    la scelta di Milano appare ottimale nel soddisfare tutti i requisiti chiesti dall'Unione europea. La città è sempre stata un elemento centrale delle comunicazioni e degli scambi commerciali e culturali europei, è servita da quattro aeroporti internazionali (Malpensa, Linate, Orio al Serio, Montichiari), è uno snodo nello sviluppo e nella implementazione dell'alta velocità ferroviaria, è collegata da un sistema autostradale e viario di eccellenza;
    Milano fornisce opportunità scolastiche, culturali, universitarie e di alta formazione assolutamente straordinarie, in grado di soddisfare ogni raffinata richiesta delle risorse umane che attualmente lavorano in EMA e garantisce, nel contempo, qualità dei servizi sociali e sanitari e opportunità europee nell'accesso al mondo del lavoro;
    le solide scelte europeiste dell'Italia e la necessità del sostegno al sentimento europeista nel nostro Paese giustificano sicuramente un'attenzione speciale per la disponibilità offerta ad ospitare l'EMA;
    una recente indagine interna esperita tra i funzionari dell'EMA per verificare il loro gradimento nei confronti delle città candidate ad ospitare la nuova sede dell'Agenzia ha consentito di selezionare una prima rosa di preferenze, che comprende cinque città: Amsterdam, Barcellona, Vienna, Milano e Copenaghen;
    tale consultazione interna appare di notevole importanza perché l'accettazione della nuova sede da parte delle risorse umane che operano all'interno dell'Agenzia appare condizione indispensabile perché possa essere garantita – come richiesto dall'Unione europea – la continuità dell'attività dell'EMA stessa;
    la localizzazione milanese della nuova sede dell'EMA rappresenterebbe anche un'importante risposta di trasparenza e di autorevolezza alle «folate di vento» antiscientifico che purtroppo attraversano in modo ricorrente il nostro Paese, contribuendo a consolidare, davanti all'opinione pubblica italiana, la percezione di un mondo della scienza e dell'innovazione in campo sanitario al servizio della comunità di riferimento e del progresso delle garanzie di salute per i cittadini di tutto il mondo;
    la nuova sede dell'EMA a Milano potrebbe inoltre costituire il punto di riferimento di una rete della ricerca scientifica, dell'innovazione e della qualità della salute estesa a tutto il nostro Paese, che possa favorire la localizzazione di start up e di eccellenze in tutto il territorio italiano, sfruttando i consolidati vantaggi competitivi del nostro Paese, coniugati con le nuove opportunità offerte dall'industria 4.0,

impegna il Governo:

1) a proseguire nel porre in essere tutte le iniziative con i partner europei dell'Italia finalizzate a valorizzare la straordinaria rispondenza dell'offerta complessiva della città di Milano nel soddisfare i requisiti ottimali richiesti dall'Unione europea per la scelta della nuova sede dell'EMA;

2) a proseguire nel sostenere la regione Lombardia, il comune di Milano e le istituzioni territoriali pubbliche e private in tutte le azioni indispensabili per il consolidamento e l'affermazione dei requisiti della candidatura di Milano;

3) a proseguire nell'attivare una rete di collaborazioni e di sensibilizzazioni estesa a tutte le regioni italiane che renda la «candidatura Milano» una bandiera dell'intero mondo scientifico, della ricerca, della sanità e della manifattura italiana, consentendo di attivare sinergie virtuose collegate alla nuova sede italiana dell'EMA che abbiano ricadute positive in tutto il territorio del nostro Paese.
(1-01721)
(Testo modificato nel corso della seduta).  «Vargiu, Latronico, Altieri, Capezzone, Chiarelli, Ciracì, Corsaro, Distaso, Fucci, Marti, Matarrese».


(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga).

INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA

Iniziative volte alla revisione delle modalità di selezione del personale presso l'Anpal servizi spa, anche alla luce degli esiti della più recente procedura concorsuale – 3-03282

   PIZZOLANTE. – Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. – Per sapere – premesso che:
   l'Anpal servizi s.p.a. (società partecipata dal Ministero dell'economia e delle finanze e vigilata dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali) ha bandito a giugno 2017 un concorso per il conferimento di incarichi di collaborazione (oltre 600);
   la selezione, effettuata tramite una fase di screening curricula ed un colloquio, si basa su un regolamento interno che attribuisce un potere ampiamente discrezionale alle commissioni;
   le graduatorie ad oggi pubblicate rendono evidente che molti collaboratori, nonostante abbiano svolto l'attività per anni presso la stessa azienda nello stesso ruolo ed ambito di concorso, risultano esclusi dalla selezione per posizioni che stavano occupando al momento del concorso, mentre altri, pur classificati come idonei ma non vincitori, si vedono superati in graduatoria da risorse con titoli ed esperienze inferiori e/o di diverso ambito d'intervento dell'azienda;
   tale situazione ha comportato numerosissime segnalazioni di tali anomalie con istanze di accesso agli atti e si sarebbero verificate alcune difformità nelle selezioni già a partire dal controllo dei curricula dei partecipanti al concorso. Infatti, le singole commissioni avrebbero adottato valutazioni opinabili ed altamente discrezionali;
   sarebbero state date valutazioni altamente discrezionali sulle esperienze e competenze professionali, esplicitamente richieste nell'avviso di selezione, per poter ricoprire quel determinato ruolo in quella determinata area specialistica;
   inoltre, sarebbero state effettuate delle valutazioni senza un riscontro effettivo delle attività lavorative del candidato che facesse emergere competenze specialistiche nell'uso dei programmi informatici o conoscenze effettive delle lingue straniere;
   la fase del colloquio, sembra ricalcare la conduzione della fase di screening curricula, con punteggi discrezionali assegnati alla parte quesiti tecnici e valutazione motivazionale;
   risulta, pertanto, necessario pervenire ad una regolamentazione dei concorsi da parte dell'Anpal servizi s.p.a. più trasparente, equa e che possa consentire di selezionare il personale per merito e non sulla base di opinabili valutazioni –:
   quali iniziative il Governo intenda adottare per rivedere le procedure di selezione del personale di Anpal servizi s.p.a. (pertanto, anche gli esiti delle selezioni già effettuate che, a parere dell'interrogante, appaiono non eque e non corrette) al fine di prevedere meccanismi di selezione rispondenti ai principi di trasparenza, imparzialità ed effettiva conoscenza e competenza del personale assunto, dal momento che la valutazione dei candidati, effettuata nelle modalità sopra indicate, ha consentito di fatto una valutazione troppo discrezionale delle commissioni, non idonea ed adatta per una struttura di derivazione ministeriale. (3-03282)


Interventi a tutela dei livelli occupazionali della società SDA express courier – 3-03283

   RAMPELLI, CIRIELLI, LA RUSSA, GIORGIA MELONI, MURGIA, NASTRI, PETRENGA, RIZZETTO, TAGLIALATELA e TOTARO. – Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. – Per sapere – premesso che:
   la società Sda express courier è un'azienda del gruppo Poste italiane per la quale opera nel settore della distribuzione e consegna pacchi;
   negli ultimi anni, in particolare a partire dal 2009, la Sda express courier ha conseguito risultati negativi nei propri bilanci d'esercizio;
   nonostante le dichiarazioni con cui l'azienda si impegnava a ricercare tutte le soluzioni di riduzione dei costi che non comportassero impatti negativi sui livelli occupazionali, in un incontro tenuto tra la stessa e le organizzazioni sindacali 27 settembre 2017, la Sda ha affermato che il perdurare dell'attuale situazione di crisi potrebbe portare l'azienda ad aprire la procedura di licenziamento ex lege n. 223 del 1991;
   l'attuale grave situazione di crisi è dipesa dalla paralisi delle attività dell'azienda imposto dalle organizzazioni sindacali attraverso il blocco dei quattro hub di Roma, Milano, Bologna e Piacenza, impedendo ai lavoratori sia di entrare a prendere le commesse sia di uscire per svolgere il proprio lavoro di distribuzione;
   il blocco delle attività imposto dai sindacati, rispetto al quale, inspiegabilmente le forze di polizia non sono intervenute nonostante scene di vera e propria guerriglia urbana, ha messo in ginocchio l'azienda, determinando il crollo delle commesse e, quindi, del fatturato, a causa della perdita di credibilità di oltre il 70 per cento nei confronti dei committenti;
   la Sda express courier occupa novemila lavoratori e gli esiti di una procedura di licenziamento sarebbero disastrosi per migliaia di famiglie –:
   in che modo intenda intervenire per tutelare i livelli occupazionali dell'azienda. (3-03283)


Intendimenti circa l'annullamento del concorso per la nomina a vice ispettore della Polizia di Stato, a seguito delle numerose anomalie emerse nello svolgimento delle prove – 3-03284

   ANDREA MAESTRI, MARCON, FRATOIANNI e CIVATI. – Al Ministro dell'interno. – Per sapere – premesso che:
   la stampa (Il Manifesto e Il Fatto quotidiano) ha definito «farlocco» il concorso interno, per titoli ed esami a 1.400 posti per l'accesso al corso di formazione per la nomina alla qualifica di vice ispettore del ruolo degli ispettori della Polizia di Stato, che si è svolto a partire dal 2015;
   sono stati pubblicati doviziosi dettagli, che sarebbero risultati esilaranti in altro contesto, che evidenziano vizi ed anomalie della correzione degli elaborati della prova scritta, puntualmente denunciati dai partecipanti al concorso, dai sindacati e dallo stesso Capo della Polizia secondo cui il concorso sarebbe un «papocchio» e agli autori di alcuni temi «andrebbe tolta la qualifica di agente»;
   i ricorsi alla magistratura nella maggior parte dei casi sono rigettati, in quanto i giudici fanno rientrare il giudizio della commissione esaminatrice nella sfera della discrezionalità tecnica (sentenza Tar Lazio, n. 549/2017);
   il Capo della Polizia ha nominato una commissione di verifica (commissione Piantedosi) con compiti ispettivi, che avrebbe rilevato anomalie e vizi nella correzione degli elaborati e suggerito la riammissione in autotutela di un sostanzioso numero di elaborati dei candidati esclusi che avevano un contenzioso (sembrerebbe oltre 350 su 550), tuttavia la commissione esaminatrice si sarebbe rifiutata di procedere in tal senso. È paradossale che la stessa commissione che ha creato i problemi, anziché essere sciolta, abbia potuto impedire di sanare le anomalie;
   in più, il dipartimento ha opposto ai candidati non ammessi il diniego di accedere agli atti dell'indagine della commissione Piantedosi, che invece dovrebbero essere resi pubblici;
   l'annullamento della prova scritta del concorso da parte del Ministero dell'interno è la sola soluzione che tuteli l'interesse pubblico, anziché agire – come è accaduto, per quanto consta agli interroganti, il 12 settembre 2017 – facendo partire i corsi con i vincitori che avrebbero dovuto essere respinti dalle prove. Non si parla infatti di aspiranti poliziotti, ma di agenti in servizio con almeno sette anni di esperienza sulle spalle, che rappresenteranno la classe dirigente della Polizia di Stato dei prossimi decenni;
   lasciare che tutto si risolva «all'italiana» rappresenta un colpo alle istituzioni, alla fiducia nella Polizia di Stato e nel senso di giustizia degli stessi appartenenti al Corpo –:
   se non intenda annullare la prova scritta o gli esiti del concorso per l'accesso al corso di formazione per la nomina alla qualifica di vice ispettore del ruolo degli ispettori della Polizia di Stato, indetto con decreto del 24 settembre 2013. (3-03284)


Iniziative di competenza in relazione al ruolo del presidente dell’Automobil Club Italia nell'ambito delle federazioni sportive – 3-03285

   CAPELLI. – Al Ministro per lo sport. – Per sapere – premesso che:
   da marzo 2012 presidente dell'Automobil club Italia è l'ingegner Angelo Sticchi Damiani, confermato anche per il triennio 2017-2020;
   il presidente Aci è anche presidente della Federazione sportiva Aci sport;
   dal curriculum vitae pubblicato nel sito dell'Automobile Club d'Italia il presidente risulta anche essere al vertice di varie società legate direttamente ad Aci;
   per ognuna di queste cariche il citato presidente percepisce compensi rilevanti, di cui solo alcuni pubblicati, ai sensi del decreto legislativo n. 33 del 2013;
   risulta all'interrogante che il comitato esecutivo dell'Aci, al quale partecipa anche il presidente abbia adottato, senza osservazioni, le deliberazioni formulate nelle riunioni del 22 luglio, del 10 settembre e del 12 novembre 2015;
   in particolare, nella deliberazione adottata dal comitato esecutivo dell'Aci del 12 novembre 2015 è stato previsto il riconoscimento a favore di Aci Project, a titolo di rimborso dei costi sostenuti per l'espletamento dell'incarico, di un importo complessivo massimo pari a 86.300 euro, Iva inclusa; con la deliberazione del comitato esecutivo dell'Aci del 10 settembre 2015, è stato riconosciuto a favore di Aci Project, un rimborso per un importo complessivo di 45.000 euro, Iva inclusa; con la deliberazione del comitato esecutivo dell'Aci del 22 luglio 2015, è stato riconosciuto a favore di Aci Informatica, un rimborso per un importo massimo di 340.000 euro, oltre Iva;
   l'Autorità nazionale anticorruzione, con la Delibera 756/2017 ha affermato che «L'astensione di cui all'articolo 6-bis della legge n. 241/1990 (...) è riferita a casi episodici, non a casi strutturali e continui, come sembrerebbero dimostrare le citate delibere dell'Aci. Si potrebbe quindi ipotizzare il sussistere di un possibile conflitto di interessi nell'esercizio dei poteri di controllo da parte dell'ente controllante nei confronti dell'ente controllato che la sola astensione non potrebbe bastare a sanare, qualora il conflitto fosse generalizzato e permanente»;
   è necessario ricordare inoltre che l'ingegner Sticchi Damiani, subito dopo la formalizzazione della sua nomina a presidente Aci nel 2012, è stato condannato in via definitiva dalla Corte dei conti per danno erariale nei confronti dello stesso ente che presiede –:
   quali iniziative di propria competenza intenda intraprendere il Ministro interrogato per contribuire ad affrontare una situazione che appare quantomeno imbarazzante, anche in relazione al ruolo che il presidente Aci ricopre a livello di federazioni sportive non solo nazionali. (3-03285)


Iniziative di competenza volte a costituire un'unica forza di polizia ambientale sul territorio nazionale, anche valorizzando l'esperienza già svolta dal Corpo forestale dello Stato – 3-03286

   FABRIZIO DI STEFANO, OCCHIUTO, LAFFRANCO, ALBERTO GIORGETTI e RUSSO. – Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. – Per sapere – premesso che:
   gli incendi verificatisi sul territorio nel 2017 hanno determinato una vera e propria «emergenza nazionale». In tutta Italia, la superficie complessiva bruciata, dall'inizio del 2017 fino ad agosto, ha superato quota 101.000 ettari, più che raddoppiando quanto andato in fumo nel 2016;
   rispetto ai numeri e agli ingenti danni riportati dalle aree di valore naturalistico e dall'intero territorio, assume particolare rilievo la soppressione del Corpo forestale dello Stato, un tempo dipendente dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, prevista dalla «riforma Madia» (legge n. 124 del 2015) e resa operativa dal decreto legislativo n. 177 del 2016. La riforma ha disposto, infatti, lo scioglimento del corpo forestale e l'assorbimento della maggior parte delle sue funzioni e personale nell'Arma dei carabinieri;
   sopprimendo il Corpo forestale dello Stato si è notevolmente indebolita quell'opera di presidio sul territorio e di prevenzione che era propria del Corpo; la specifica formazione culturale e le competenze professionali del personale dipendente, decisive e altamente specializzate anche per la prevenzione e la repressione dei reati ambientali e agroalimentari, e la tutela delle aree protette, facevano del Corpo forestale dello Stato un prezioso e fondamentale strumento operativo a servizio del Paese: l'accorpamento nell'Arma dei carabinieri rischia, quindi, non solo di scardinare il sistema capillare di presidio e di intervento tempestivo operato dal Corpo forestale dello Stato, ma anche di disperdere le preziose professionalità e le competenze acquisite nel corso degli anni dallo stesso personale del Corpo;
   da ultimo, il Tar Abruzzo-sezione Pescara, mediante ordinanza, ha sollevato la questione di costituzionalità dell'articolo 8, lettera a), della legge n. 124 del 2015, per contrasto con gli articoli 3, 9, 32, 76, 77, primo comma, e 81 Costituzione, e dello stesso decreto legislativo n. 177 del 2016, nella parte in cui hanno disposto lo scioglimento del Corpo forestale dello Stato e l'assorbimento del suo personale nell'Arma dei carabinieri e nelle altre forze di polizia ad ordinamento militare, per contrasto con gli articoli 2, 3, 4, 76 e 77, primo comma, Costituzione –:
   se e quali iniziative di competenza intenda adottare, anche alla luce dei rilievi sollevati dal Tar Abruzzo, per recuperare l'esperienza del Corpo forestale dello Stato, ovvero costituire un'unica forza di polizia ambientale su tutto il territorio nazionale, composta da coloro che già appartenevano al Corpo forestale dello Stato e dai corpi forestali delle regioni e quelli delle province autonome, così da porre in essere un sistema coordinato di gestione e lotta al fuoco, che implementi controlli e misure di prevenzione, radicato sul territorio. (3-03286)


Iniziative politico-diplomatiche in relazione all'azione del Governo spagnolo nelle vicende in atto in Catalogna – 3-03287

   FEDRIGA, ALLASIA, ATTAGUILE, BORGHESI, BOSSI, BUSIN, CAPARINI, CASTIELLO, GIANCARLO GIORGETTI, GRIMOLDI, GUIDESI, INVERNIZZI, MOLTENI, PAGANO, PICCHI, GIANLUCA PINI, RONDINI, SALTAMARTINI e SIMONETTI. – Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. – Per sapere – premesso che:
   le autorità elettive della Comunità autonoma catalana hanno promosso lo svolgimento di un referendum popolare di autodeterminazione, che si è svolto il 1o ottobre 2017 malgrado il tentativo del Governo centrale spagnolo di impedirne la celebrazione;
   contro il libero svolgimento della consultazione referendaria, le autorità nazionali spagnole hanno messo in campo ogni genere di iniziativa, incluso il ricorso alla forza;
   sulla base di una pronuncia del Tribunale costituzionale spagnolo, che aveva dichiarato illegittima la consultazione referendaria catalana, è stato tra l'altro impartito a tutte le forze di polizia nazionali e catalane, dalla Guardia Civil ai Mossos d'Esquadra, l'ordine di impedirne lo svolgimento, in primo luogo attraverso la ricerca sistematica ed il sequestro delle schede preparate per la consultazione e del relativo materiale propagandistico, poi con la chiusura e lo smantellamento dei seggi, che sono stati documentati da un gran numero di televisioni;
   a fronte di una forma pacifica di resistenza passiva, la Guardia Civil non ha esitato ad utilizzare le maniere forti, impiegando contro gli elettori catalani, anziani e donne con bambini inclusi, manganelli e proiettili di gomma, che hanno determinato indirettamente la morte di una persona ed il ferimento di altre 844, mentre i Mossos d'Esquadra si astenevano da qualsiasi azione di tipo repressivo;
   malgrado l'imponente schieramento di forze, si sarebbe recato alle urne il 40 per cento degli aventi diritto, corrispondenti ad oltre due milioni di persone, espressesi in larghissima misura in favore dell'indipendenza catalana;
   sulla base di una «legge di rottura» recentemente approvata, il Governo catalano sembra intenzionato a convocare il Parlamento locale per discutere ed eventualmente deliberare la dichiarazione d'indipendenza della Repubblica di Catalogna –:
   quali iniziative politico-diplomatiche il Governo intenda assumere a tutela del pacifico esercizio di autodeterminazione in atto in Catalogna, anche allo scopo di scoraggiare ulteriori azioni repressive da parte del Governo spagnolo qualora il Parlamento catalano deliberi di proclamare l'indipendenza. (3-03287)


Iniziative, anche in ambito europeo, per la ripresa del dialogo politico tra il Governo della Comunità autonoma catalana e il Governo centrale di Madrid – 3-03288

   PIRAS, LAFORGIA, CIMBRO, SPERANZA, SCOTTO, ROBERTA AGOSTINI, ALBINI, BERSANI, FRANCO BORDO, BOSSA, CAPODICASA, D'ATTORRE, DURANTI, EPIFANI, FAVA, FERRARA, FOLINO, FONTANELLI, FORMISANO, FOSSATI, CARLO GALLI, KRONBICHLER, LEVA, MARTELLI, MELILLA, MURER, NICCHI, GIORGIO PICCOLO, QUARANTA, RAGOSTA, RICCIATTI, SANNICANDRO, SIMONI, STUMPO, ZACCAGNINI, ZAPPULLA, ZARATTI, ZOGGIA e LACQUANITI. – Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. – Per sapere – premesso che:
   il 1o ottobre 2017 si è tenuto nella regione della Catalogna, in Spagna, un controverso referendum sull'indipendenza della Catalogna promosso dalla Generalitat de Catalunya, indetto da una legge del Parlamento catalano, con una procedura d'urgenza il 6 settembre 2017;
   secondo la legge catalana il voto avrebbe avuto natura vincolante, ma è invece stato fortemente contrastato dal Governo spagnolo, il quale ha sempre ritenuto che la Costituzione della Spagna non consentirebbe in modo assoluto di votare sull'indipendenza di alcuna regione spagnola e ha ritenuto di conseguenza la consultazione illegale;
   il giorno successivo all'approvazione della legge, il Tribunale costituzionale sospendeva il referendum e le norme correlate accogliendo così il ricorso d'urgenza presentato dal governo spagnolo;
   nei giorni a seguire fino alla consultazione del 1o ottobre 2017 si è assistito a un continuo braccio di ferro tra il Governo centrale, il quale ha mobilitato ingenti forze di polizia per impedire un voto considerato illegale, con operazioni di polizia, sequestri, perquisizioni ed arresti, e il Governo regionale catalano che ha impiegato ogni mezzo per consentire la consultazione;
   alla fine la consultazione, seppur tra molte difficoltà, si è tenuta e ci sono stati molti momenti di grave tensione tra le forze dell'ordine e i cittadini, con oltre 800 persone ferite, tra cui un paio di feriti gravi. Tensioni che sono state in larga parte provocate dalla reazione violenta delle forze di polizia, che ad opinione degli interroganti non è sembrata proporzionata e necessaria;
   alla chiusura delle urne, secondo la Generalitat, avrebbero votato in 2.262.000 (su circa 5.300.000 aventi diritto) e i SÌ sarebbero stati 2.020.000 pari al 90 per cento;
   durante le celebrazioni del risultato, i gruppi indipendentisti catalani e i sindacati hanno indetto uno sciopero generale per martedì 3 ottobre 2017 «contro la repressione dello Stato spagnolo»;
   a seguito del risultato, il Governatore della Catalogna, Carles Puigdemont, potrebbe dichiarare unilateralmente l'indipendenza della Catalogna, di contro ha affermato il Ministro della giustizia spagnolo Rafael Catalá: «Useremo tutti i mezzi legali a nostra disposizione per ripristinare l'ordine in Catalogna» –:
   quali iniziative intenda intraprendere il Governo, anche in accordo con gli altri Stati europei, per far riprendere il dialogo politico tra le parti, affinché si arrivi ad una soluzione condivisa nel pieno rispetto delle libertà democratiche, in ottemperanza alla Costituzione, ma che tenga conto della volontà popolare e per evitare qualsiasi ulteriore escalation di violenza. (3-03288)


Chiarimenti in ordine ai rapporti diplomatici tra Italia ed Egitto in relazione alla detenzione del consulente legale egiziano della famiglia Regeni e a presunte attività di spionaggio ai danni di attivisti egiziani di Euromed Rights – 3-03289

   LOCATELLI. – Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. – Per sapere – premesso che:
   dopo giorni di incertezza sul suo destino l'avvocato egiziano Ibrahim Metwally, attivista del Movimento famiglie scomparse in Egitto, consulente della famiglia Regeni, è riapparso il 13 settembre 2017 in stato di fermo negli uffici di una procura vicino al Cairo. Ancora è detenuto nella sezione di massima sicurezza Al-Aqrab del carcere di Tora;
   gli sono state mosse accuse gravissime che Amnesty international definisce «assurde»: sovversione, collaborazione con entità straniere per rovesciare l'ordine in Egitto, direzione di una organizzazione illegale, nonché diffusione di notizie false;
   Metwally è stato fermato il 10 settembre 2017 mentre si recava a Ginevra, invitato a partecipare ad una sessione di lavoro dell'Onu per presentare il rapporto elaborato assieme a Ecrf (Egyptian commission for rights and freedoms) sulle sparizioni forzate in Egitto: ne avevano censite 378 nell'ultimo anno;
   avrebbe parlato anche dell'assassinio di Regeni, vicenda sulla quale tutt'ora non è stata fatta luce. Non è infondata la preoccupazione su presunte ritorsioni da parte egiziana;
   recentemente il Presidente del Consiglio dei ministri, audito dal Copasir sul caso Regeni, ha spiegato le ragioni per le quali il Governo ha rimandato in Egitto l'ambasciatore Cantini, ribadendo che la ragion di Stato non può prevalere sulla ricerca della verità;
   è plausibile che, anche a causa delle tensioni con l'Egitto sul caso Regeni, si siano verificati anche in Italia episodi a dir poco inquietanti;
   quello di maggior preoccupazione si è verificato in occasione di una riunione organizzata a Roma il 20-21 maggio da Euromed rights, autorevole rete euro mediterranea che riunisce 70 organizzazioni di società europee del Maghreb e del Mashrek, impegnata a rafforzare il ruolo della società civile nell'area euro-mediterranea;
   a Fiumicino, uno dei partecipanti è stato avvicinato da un sedicente giornalista egiziano che ha insistito per accompagnarlo in albergo. Di fronte al fermo rifiuto, il «giornalista» è riuscito a carpire dal tassista l'indirizzo dell’hotel dove la persona era diretta, facendosi consegnare dalla reception la lista dei partecipanti;
   successivamente, articoli diffamatori sono apparsi su numerosi quotidiani egiziani, dettagliatamente documentati con foto scattate a Roma, accusando i partecipanti egiziani di aver preso parte a un incontro teso a «pianificare uno stato di caos ed instabilità in Egitto, prima delle elezioni presidenziali» –:
   di quali informazioni disponga il Governo e quali siano gli orientamenti a questi episodi e ad eventuali altri ad essi collegati, anche alla luce della ripresa dei rapporti diplomatici tra Italia ed Egitto. (3-03289)


Iniziative, in particolare in ambito internazionale, per l'accertamento della verità sulla tragica uccisione di Giulio Regeni – 3-03290

   QUARTAPELLE PROCOPIO, GARAVINI, ZAMPA, TIDEI, MALISANI, TACCONI, LENZI, SERENI, CARROZZA, PREZIOSI, MARTELLA, CINZIA MARIA FONTANA e BINI. – Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. – Per sapere – premesso che:
   il 14 agosto 2017 il Governo italiano decideva il reintegro della piena funzionalità dell'ambasciata d'Italia in Egitto nella persona dell'ambasciatore Giampaolo Cantini che, un mese dopo, presentava le lettere di credenziali;
   il ritorno dell'ambasciatore d'Italia in Egitto deve contribuire ad accelerare le indagini sulla scomparsa del giovane ricercatore italiano Giulio Regeni, poiché come affermato dal Presidente del Consiglio dei ministri, trovare la verità sul rapimento, le torture e la tragica uccisione di Giulio «è un dovere di Stato»;
   sebbene in una nota congiunta firmata dal procuratore capo di Roma Giuseppe Pignatone e dal suo omologo al Cairo Nabil Ahmed Sadek entrambe le parti abbiano assicurato che «le attività investigative e la collaborazione continueranno fino a quando non sarà raggiunta la verità in ordine a tutte le circostanze che hanno portato al sequestro, alle torture e alla morte di Giulio Regeni», il materiale fino ad ora presentato da parte egiziana alla procura di Roma è stato giudicato insufficiente e lacunoso, in particolare con riferimento alla richiesta di ottenere i dati grezzi del traffico delle celle telefoniche nelle date e nei luoghi che hanno interessato l'atroce vicenda di Giulio, in modo da poter riesaminare con le attrezzature italiane;
   nel mese di settembre 2017, il Ministro interrogato ha incontrato l'omologo egiziano Sameh Shoukry esprimendo l'esigenza di accelerare la cooperazione giudiziaria sul caso Regeni e affidando all'ambasciatore Cantini il compito di stimolare con costanza la collaborazione tra le procure dei due Paesi; a tal fine, il Governo italiano ha anche deciso che l'ambasciatore italiano in Egitto sia coadiuvato da una figura tecnica permanente;
   come ricordato dal Ministro interrogato in un recente incontro con l'omologo britannico, è fortemente auspicabile che anche i Paesi partner e alleati contribuiscano a sensibilizzare le autorità egiziane circa l'ineludibilità della verità sull'uccisione del cittadino italiano ed europeo Regeni –:
   quali siano i progressi registrati, a seguito del ritorno dell'ambasciatore d'Italia al Cairo, e i prossimi passi per il pieno raggiungimento della verità sulla morte per torture di Giulio Regeni, per l'individuazione dei responsabili da consegnare alla giustizia e per contribuire così a tutelare la memoria e la dignità del giovane connazionale. (3-03290)


Chiarimenti in ordine all'atto di nomina del nuovo commissario straordinario per la ricostruzione nei territori interessati dagli eventi sismici verificatisi a partire dall'agosto 2016 – 3-03291

   DADONE, CRIPPA e SARTI. – Al Ministro per i rapporti con il Parlamento. – Per sapere – premesso che:
   il 9 settembre 2016, ai sensi dell'articolo 11 della legge 23 agosto 1988, n. 400, con decreto del Presidente della Repubblica, pubblica in Gazzetta Ufficiale il 29 settembre 2017, Vasco Errani veniva nominato commissario straordinario del Governo ai fini della ricostruzione nei territori delle regioni Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria interessati dagli eventi sismici verificatisi a far data dal 24 agosto 2016;
   l'incarico, di durata annuale, non è stato rinnovato a seguito dell'annuncio dello stesso commissario, nel corso del mese di agosto 2017, sull'indisponibilità a proseguire il mandato;
   la deputata Paola De Micheli ha ricoperto l'incarico di Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze fino al 25 settembre 2017 e dal 26 settembre 2017 svolge l'incarico di Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri;
   ai sensi delle medesime disposizioni di cui alla legge 23 agosto 1988, n. 400, in data 11 settembre 2017 il Consiglio dei ministri ha deliberato la nomina della stessa Paola De Micheli, per il periodo di un anno, rinnovabile, a commissario straordinario del Governo ai fini della ricostruzione nei territori delle regioni Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria interessati dagli eventi sismici verificatisi a far data dal 24 agosto 2016, ricompresi nei comuni di cui all'articolo 1, comma 1, del decreto-legge 17 ottobre 2016, n. 189, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 dicembre 2016, n. 229, e successive modificazioni. Ai fini dell'espletamento dell'incarico si applicano le disposizioni previste dal citato decreto-legge 17 ottobre 2016, n. 189, dal decreto-legge 9 febbraio 2017, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 aprile 2017, n. 45, e dal decreto-legge 20 giugno 2017, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2017, n. 123, e ogni altra disposizione di legge vigente concernente il commissario straordinario del Governo ai fini della ricostruzione nei medesimi territori;
   ad oggi non risulta agli interroganti che il richiamato decreto del Presidente della Repubblica dell'11 settembre 2017 risulti essere stato pubblicato –:
   se l'atto di nomina a commissario straordinario di Paola De Micheli risulti a tutti gli effetti vigente. (3-03291)


NOTA DI AGGIORNAMENTO DEL DOCUMENTO DI ECONOMIA E FINANZA 2017 (DOC. LVII, N. 5-BIS)

Risoluzione sulla relazione di cui all'articolo 6, comma 5, della legge n. 243 del 2012

   La Camera,
   premesso che:
    la Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2017 contiene come annesso, ai sensi dell'articolo 10-bis, comma 6, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, la Relazione al Parlamento di cui all'articolo 6, comma 5, della legge 24 dicembre 2012, n. 243;
    la Relazione, sentita la Commissione europea, contiene la richiesta di aggiornamento del piano di rientro, previsto nel Documento di economia e finanza dello scorso aprile, verso l'Obiettivo di medio periodo,

autorizza il Governo

ai sensi dell'articolo 81, secondo comma, della Costituzione e dell'articolo 6, comma 5, della legge 24 dicembre 2012, n. 243, a dare attuazione a quanto indicato nella Relazione citata in premessa.
(6-00349) «Marchi, Tancredi, Tabacci, Monchiero».


Risoluzioni relative alla Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2017

   La Camera,
   esaminata la Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza (DEF) 2017;
   premesso che:
    negli ultimi quattro anni la politica economia e finanziaria ha dovuto procedere all'interno di un sentiero stretto, i cui confini risultano compressi da un lato dagli effetti di una crisi economica senza precedenti nella storia recente e dall'altro dall'esigenza di riduzione del disavanzo e del debito pubblico;
    la direzione del sentiero impressa dai Governi che si sono succeduti in questa legislatura, tuttavia, risulta ben chiara, perché guidata dall'urgenza di innescare la ripresa economica e, successivamente, di alimentarla;
    dopo un eccezionale tasso di riduzione del PIL pari a -5,5 per cento nel 2009 e una seconda ricaduta di -2,8 per cento nel 2012, l'economia italiana nel 2014 ha finalmente mostrato una inversione di tendenza (+0,1 per cento) e, nel biennio successivo, un rafforzamento (+1,0 per cento nel 2015 e +0,9 per cento nel 2016);
    con una previsione di crescita che si attesta per l'anno in corso a +1,5 per cento, l'accelerazione dell'attività economica nazionale lascia definitivamente alle spalle la crisi;
    i segnali di consolidamento strutturale dell'economia nazionale risultano peraltro particolarmente significativi nel mercato del lavoro, anche grazie al rafforzato grado di fiducia tra gli operatori economici: nel luglio 2017 il numero degli occupati ha superato i 23 milioni di unità, oltrepassato solo nel 2008, prima dell'inizio della grande recessione. Come evidenziato nella Nota di aggiornamento, negli ultimi tre anni sono stati creati circa 900.000 posti di lavoro, oltre la metà dei quali a tempo indeterminato;
    a tutti questi risultati ha contribuito una strategia di politica economica i cui pilastri sono stati: la progressiva diminuzione della pressione fiscale, scesa di circa oltre mezzo punto percentuale tra il 2014 e il 2016; una serie coordinata di incentivi agli investimenti privati che hanno spinto le imprese ad accrescere la propria capacità produttiva; un ampio insieme di riforme; le misure di contrasto alla povertà e alla diseguaglianza; l'attenta gestione delle finanze pubbliche e le misure di finanza per la crescita;
    le riforme e le diverse policy approvate in questi ultimi anni hanno ridotto il differenziale di crescita dell'Italia rispetto alla media dell'Unione europea, ma risulta necessario continuare ad adottare credibili misure che innalzino il potenziale di crescita dell'economia nazionale, l'occupazione e le capacità innovative e competitive delle imprese, in un quadro macroeconomico e finanziario sostenibile;
    in una Europa che si trova a fronteggiare una crescita che resta diseguale e in alcune aree fragile, un aumento delle disuguaglianze e delle migrazioni dal sud del mondo, l'Unione e i Paesi membri sono chiamati a consolidare i risultati raggiunti, ampliandone perimetro e qualità, ripartendo dalla centralità della crescita economica, dell'occupazione e dell'inclusione sociale, da affiancare al completamento dell'integrazione monetaria e dell'unione bancaria; alcune prime discontinuità sono state già realizzate, anche in seguito alla costante e intensa azione di stimolo impressa dal Governo italiano sin dalla presidenza di turno del 2014, quale ad esempio la maggiore flessibilità delle politiche di bilancio connessa all'adozione di opportune riforme strutturali e al supporto degli investimenti; peraltro, l'impostazione prefigurata dalle Istituzioni UE nel valutare il rispetto delle regole europee sarà orientata sull'utilizzo di più ampi margini di discrezionalità volti ad assicurare una fiscal stance nell'area dell'Euro appropriata al contesto economico;
   rilevato che:
    la Nota provvede ad aggiornare le previsioni macroeconomiche e di finanza pubblica, nonché gli obiettivi programmatici, rispetto a quelli contenuti nel DEF dello scorso aprile;
    per quanto riguarda lo scenario macroeconomico, anche in virtù di un contesto più dinamico a livello europeo e globale, la previsione di crescita del PIL reale per il 2017 è rivista al rialzo di ben 0,4 punti percentuali rispetto alle stime contenute nei DEF;
    sia pur nell'ambito di una valutazione prudenziale, che tiene conto delle aspettative di rialzo dell'euro e di una politica monetaria meno favorevole della Banca centrale europea, anche la previsione di crescita nello scenario tendenziale è superiore di circa due decimi di punto in media nei prossimi tre anni, attestandosi all'1,2 per cento nel 2018 e 2019 e all'1,3 per cento nel 2020;
    è lo scenario programmatico del PIL, che incorpora gli effetti delle misure che il Governo intende inserire nella prossima legge di bilancio, a presentare i cambiamenti più significativi rispetto al DEF, con una crescita stimata pari all'1,5 per cento nel 2018 e 2019 e all'1,3 per cento nel 2020, che corrisponde ad una revisione di +0,5 punti percentuali annui nel prossimo biennio e di +0,2 punti nel 2020; un contributo determinante alla crescita del PIL è fornito dall'andamento della domanda interna, per la quale si prevede una decisa ripresa, che stante l'andamento di scorte ed export, dovrebbe garantire un contributo alla crescita dell'1,5 per cento nel 2018 e dell'1,4 nel 2019; in particolare gli investimenti presentano un andamento in netto aumento, passando dal 2,8 per cento del 2016 al 3,3 per cento nel 2018, mantenendo tassi di crescita sostenuti fino al 2020;
    la crescita del PIL programmatico, superiore di 0,3 punti al tendenziale nel 2018, tiene conto della rimodulazione degli obiettivi di aggiustamento strutturale di bilancio, coerentemente con quanto comunicato dal Governo alla Commissione europea lo scorso maggio;
    il Documento contenente gli Elementi integrativi alla NADEF 2017, presentato dal Ministro dell'economia e delle finanze il 2 ottobre, chiarisce che con la manovra per il 2018 le clausole di salvaguardia saranno interamente sterilizzate per l'anno 2018, per un importo superiore a 15 miliardi di euro, e parzialmente per l'anno 2019, fino a un importo massimo di 11,4 miliardi di euro, con un impatto positivo sul PIL programmatico rispetto a quello tendenziale di 0,3 punti percentuali sia nel 2018 sia nel 2019;
    gli effetti della crescita programmata è previsto che si riflettano positivamente anche sul mercato del lavoro;
    per quanto riguarda il quadro della finanza pubblica, la previsione tendenziale dell'indebitamento netto delle Amministrazioni pubbliche è confermata per il 2017 al -2,1 per cento del PIL, mentre per gli anni 2018-2020 è attesa una progressiva riduzione, fino al conseguimento di un sostanziale pareggio a fine periodo (-0,1 per cento del PIL), contro una stima di aprile di -0,5 punti percentuali di PIL;
    nello scenario tendenziale, le spese e le entrate finali convergono, fino a raggiungere il sostanziale equilibrio nel 2020; in particolare, le spese finali della Pubblica Amministrazione evidenziano un andamento di progressiva diminuzione in rapporto al PIL per tutto il periodo che va dal 2016 al 2020, passando dal 49,4 per cento al 46,5 per cento, mentre le entrate finali mostrano, invece, un andamento sostanzialmente stabile nel periodo di riferimento e sono previste passare dal 46,9 per cento nel 2016 al 46,4 per cento nel 2020; la pressione fiscale, in conseguenza di tale andamento, rimane sostanzialmente costante fino a 2019 (42,7 per cento in media), per poi diminuire al 42,3 per cento nel 2020: al netto delle misure riguardanti l'erogazione del beneficio degli 80 euro, la pressione fiscale è prevista diminuire dal 42,1 per cento del 2016 al 41,8 per cento nel 2020;
    l'indebitamento netto programmatico viene rimodulato, rispetto a quanto fissato ad aprile, al -1,6 per cento per il 2018, a -0,9 per cento nel 2019 e a -0,2 nel 2020; in termini strutturali, l'obiettivo è conseguentemente rivisto al -1 per cento nel 2018, -0,6 per cento nel 2019 e -0,2 per cento nel 2020, con un percorso di riduzione più graduale di quanto stabilito nel DEF, che rinvia dal 2019 al 2020 il conseguimento sostanziale dell'obiettivo di medio termine (MTO), garantendo comunque un miglioramento del saldo strutturale dello 0,3 per cento nel 2018;
    la maggiore restrizione fiscale prescritta dal Patto di Stabilità e Crescita per il 2018, infatti, risulterebbe eccessiva e tale da mettere a rischio la ripresa economica e la coesione sociale, come sostenuto negli ultimi anni dal Governo nelle sedi europee, ostacolando peraltro la riduzione del rapporto debito/PIL che, per effetto della ripresa economica di intensità superiore alle previsioni e del minore fabbisogno di cassa, è programmato scendere nel corrente anno al 131,6 per cento: secondo i nuovi dati di PIL dell'Istat, si tratterebbe di una nuova riduzione, dopo quella che si è verificata nel 2015, che è prevista proseguire con un andamento sostenuto per tutto l'orizzonte di previsione fino a raggiungere un rapporto debito/PIL del 123,9 per cento nel 2020;
    alla riduzione del debito contribuisce altresì un obiettivo programmatico di avanzo primario che sale dall'1,7 per cento del PIL del 2017 al 2 per cento nel 2018, ai 2,6 per cento nel 2019 e al 3,3 per cento nel 2020, per effetto del continuo controllo della spesa e dei nuovi interventi in corso di predisposizione posti a garanzia dei saldi di finanza pubblica;
    la spesa per interessi è prevista diminuire progressivamente dal 3,8 per cento del 2017 al 3,5 per cento nel 2020, rimanendo entro limiti fisiologici e confermando la ritrovata fiducia dei mercati internazionali sulla solvibilità dei titoli del debito pubblico;
    il saldo netto da finanziare programmatico del bilancio dello Stato in termini di competenza è determinato nel limite massimo di -46 miliardi di euro nel 2018, -26 miliardi di euro nel 2019 e -14 miliardi di euro nel 2020; il corrispondente saldo netto da finanziare del bilancio dello Stato in termini di cassa è determinato nel limite massimo di -104 miliardi di euro nel 2018, -74 miliardi di euro nel 2019 e -60 miliardi di euro nel 2020;
   osservato che:
    la disattivazione delle clausole, le nuove politiche per lo sviluppo e le cosiddette politiche vigenti comportano nel loro insieme oneri pari a circa l'1,1 per cento del PIL nel 2018, misure che saranno finanziate per circa lo 0,5 per cento del PIL nel 2018 da nuove coperture finanziarie e per la restante parte dal maggiore indebitamento netto rispetto allo scenario tendenziale;
    le risorse disponibili per il triennio 2018-2020 verranno impiegate in scelte selettive, rifinanziando le politiche invariate, inclusive delle risorse per il rinnovo contrattuale dei pubblico impiego, e privilegiando le misure volte a sostenere la crescita, l'occupazione e la coesione sociale;
    in particolare, saranno introdotti interventi in favore dello sviluppo attraverso l'incentivazione degli Investimenti privati e il potenziamento di quelli pubblici, con il duplice obiettivo di supportare la competitività del Paese e stimolare la domanda aggregata, le cui componenti sono risultate il vero sostegno alla crescita, nonché misure per promuovere l'occupazione a tempo indeterminato dei giovani e sostenere i redditi delle famiglie più povere, in continuità con le politiche già adottate negli anni precedenti;
    i contenuti della manovra di bilancio saranno dettagliati nel Documento programmatico di bilancio che il Governo presenterà al Parlamento e alle istituzioni europee entro il prossimo 16 ottobre e in maniera più compiuta nel prossimo disegno di legge di bilancio 2018;
    vista la risoluzione con la quale, nella seduta odierna, è stata approvata dalla Camera a maggioranza assoluta la Relazione che illustra l'aggiornamento del piano di rientro verso l'Obiettivo di medio periodo (MTO) contenuto nel Documento di economia e finanza dello scorso aprile;
    l'Ufficio Parlamentare di Bilancio ha validato le previsioni macroeconomiche tendenziali e programmatiche per il 2017 e il 2018,

impegna il Governo

   1) a conseguire i saldi programmatici del bilancio dello Stato e quelli di finanza pubblica in termini di indebitamento netto rispetto al Pil, nonché il rapporto programmatico debito/PIL, nei termini e nel periodo di riferimento indicati nella Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza e nella Relazione ad essa allegata;
   2) a provvedere con la prossima legge di bilancio:
    a) alla completa sterilizzazione delle clausole di salvaguardia sulle imposte indirette per l'anno 2018;
    b) al sostegno degli investimenti, incentivando gli investimenti privati in beni strumentali e immateriali, nonché allocando maggiori risorse per gli investimenti pubblici delle amministrazioni centrali e locali, anche attraverso, per questi ultimi, l'individuazione delle misure più idonee per consentire un maggiore utilizzo dell'avanzo di amministrazione di ciascun ente per la progettazione e la realizzazione di opere pubbliche;
    c) alla promozione dell'aumento dell'occupazione, in particolare a tempo indeterminato per i giovani, mediante nuovi interventi di decontribuzione del lavoro;
    d) al potenziamento degli strumenti di lotta alla povertà e all'esclusione sociale, incrementando le risorse destinate a finanziare il reddito di inclusione;
    e) al finanziamento delle politiche invariate, inclusive delle risorse per il rinnovo contrattuale del pubblico impiego;

   3) a favorire, nella legge di bilancio 2018-2020, un complesso di interventi in materia sanitaria, volti a:
    a) incrementare nel tempo le risorse di conto capitale destinate ad investimenti nel settore della sanità;
    b) rivedere gradualmente il meccanismo del cosiddetto super ticket al fine di contenere i costi per gli assistiti che si rivolgono al sistema pubblico;

   4) a prorogare la riduzione al 10 per cento della cedolare secca sugli affitti abitativi ed eventualmente estendere il sistema della tassazione sostitutiva anche sui redditi derivanti dagli affitti di immobili ad uso non residenziale;
   5) a proseguire la politica di sostegno alle famiglie e di contrasto alla prolungata tendenza al calo demografico, valutando altresì la possibilità di potenziare il sistema degli assegni per i figli a carico, anche procedendo alla necessaria razionalizzazione degli attuali istituti;
   6) a finanziare gli interventi della prossima legge di bilancio agendo sia sulle spese che sulle entrate, anche attraverso misure che accrescano la fedeltà fiscale e comprimano i margini di evasione ed elusione, i quali costituiscono una forma di concorrenza sleale;
   7) a continuare a promuovere una nuova governance dell'area euro, volta a conferire una maggiore centralità alla crescita economica e all'occupazione, sostenendo con forza l'introduzione di strumenti comuni di stabilizzazione macroeconomica, in grado di sostenere la crescita inclusiva, quali ad esempio un sistema di assicurazione comune contro la disoccupazione per l'area euro, che mitighi gli effetti delle fluttuazioni cicliche sulle finanze pubbliche del paesi colpiti dagli shock, introducendo una concreta misura di protezione sociale europea;
   8) a favorire, nell'ambito delle crisi bancarie e nel rispetto di quanto previsto dalle procedure europee e dai criteri stabiliti dalla legislazione vigente, il posticipo del termine previsto per accedere al beneficio del ristoro;
   9) a confermare, quali collegati alla decisione di bilancio, i disegni di legge già indicati nelle precedenti risoluzioni parlamentari di approvazione dei documenti programmatici.
(6-00350) «Marchi, Tancredi, Tabacci, Monchiero».


   La Camera,
   esaminata la Nota di aggiornamento del Documento di Economia e Finanza 2017;
   premesso che:
    l'Italia è ancora il Paese che cresce più lentamente in Europa, mentre a livello europeo ed internazionale si è registrato un netto miglioramento. Nonostante il Governo faccia dichiarazioni in merito alla ripresa dopo la durissima crisi, il PIL italiano, nel 2016, è cresciuto soltanto dello 0,9 per cento, ossia uno 0,1 per cento in più rispetto al dato del 2015, confermando l'Italia all'ultimo posto dell'Eurozona: Infatti, secondo i dati dell'OCSE e del FMI, nel 2017, la Francia è cresciuta a ritmi stimati tra l'1,5 e l'1,7 per cento, la Germania tra l'1,8 per cento e il 2,2 per cento e la Spagna continua la sua scalata con una media tra il 3,1 per cento e il 2,8 per cento;
    il dato di crescita economica, pur confermandosi di segno positivo, si attesta dunque a livelli inferiori rispetto alla media europea. La Commissione europea, infatti, nel suo ultimo rapporto relativo alle previsioni di primavera, da un lato, ha confermato le stime italiane sul Pil a +0,9 per cento nel 2017 e a +1,1 per cento nel 2018, dall'altro ha alzato le previsioni sull'area euro, portando il Pil 2017 a +1,7 per cento da +1,6 per cento stimato in inverno;
    la crisi finanziaria globale resta ancora lontana dalla sua risoluzione e sulla ripresa italiana ed internazionale gravano ancora le incognite legate alla stretta monetaria che le banche centrali stanno attuando negli Stati Uniti, nell'Eurozona e in Giappone, al persistente contesto di bassa inflazione (lowflation) che i banchieri centrali non riescono ancora a spiegare, al possibile rallentamento dell'economia cinese, all'ulteriore, possibile aumento dei tassi di interessi da parte della Federai Reserve e al rischio di una nuova crisi sistemica del settore bancario dei paesi del Sud Europa, dopo l'entrata a regime della direttiva europea sul bail-in e in seguito al recente downgrade di Deutsche Bank;
    i governi di centrosinistra, nell'ecatombe bancaria che ha afflitto l'Italia, hanno enormi colpe, avendo recepito la direttiva europea senza effettuare prima una attenta riflessione sui suoi possibili effetti, causando così l'azzeramento dei risparmi di quasi duecentomila famiglie italiane, che ancora attendono di essere rimborsate;
    il quadro macroeconomico e di finanza pubblica presentato dal Governo con la Nota di aggiornamento al DEF sembra essere caratterizzato da eccessivo ottimismo, soprattutto in relazione alle previsioni sul tasso di crescita del Pil per il prossimo triennio, se si effettua un confronto delle previsioni fornite dall'Esecutivo con quelle fornite dalle principali istituzioni internazionali, che hanno presentato stime decisamente più basse, soprattutto per il prossimo biennio;
    nel loro dossier sulla Nota di Aggiornamento, il servizio Studi e del Bilancio di Camera e Senato hanno formulato alcune osservazioni nei confronti del documento presentato dal Governo: sottovalutazione dei rischi legati all'andamento economico internazionale, eccessivo ottimismo nella stima legata alle entrate, soprattutto quelle derivanti dalla voluntary disclosure bis, giudicate troppo aleatorie, errori di contabilizzazione, mancate informazioni sulla rilevazione delle spese e numerose altre. Per quanto riguarda le spese, la critica più pesante si riferisce al capitolo pensioni, ritenute troppo basse, in quanto il Tesoro, nel quantificarle, sembra non aver tenuto in debita considerazione il peggioramento della situazione demografica del paese, relativamente alla variabile dei flussi migratori legati a motivi di lavoro e a quella del tasso di fecondità totale;
    l'intenzione del Governo di fare ricorso ad una ennesima manovra in deficit, ricorrendo ad ulteriori margini di flessibilità garantiti dall'Unione europea, appare attuabile soltanto grazie all'esistenza di un tacito accordo politico con gli alti funzionari di Bruxelles, dal momento che l'applicazione della cosiddetta clausola per «circostanze eccezionali» (sisma e immigrazione), utilizzata nel recente passato, non è più utilizzabile;
    leggendo la Nota, il Governo sembra dare già per acquisita la concessione di maggior deficit, su cui la Commissione europea e l'Eurogruppo, però, non si sono ancora espressi, se non attraverso una generica promessa. Tali valutazioni, infatti, possono essere effettuate ufficialmente soltanto a seguito dell'analisi dei documenti programmatici degli Stati membri, dopo la presentazione della Legge di bilancio, il cui termine è fissato per il 15 ottobre, e comunque non prima del 30 novembre;
    il fatto che il Ministro Padoan abbia più volte parlato di un «sentiero stretto dei conti pubblici» lascia intendere, in ogni caso, una grande difficoltà per l'Italia nel disporre di margini di manovra sufficientemente ampi per attuare gli ambiziosi piani espansivi del Governo;
    se pure all'Italia venisse concesso di aumentare il rapporto deficit/Pil per il 2017 fino al livello del 1,6 per cento, rispetto all'1,2 per cento previsto dal Def di aprile, pesanti manovre correttive dovrebbero essere attuate negli anni successivi dal futuro Governo in carica, al fine di raggiungere il pareggio strutturale di bilancio previsto dalla Costituzione e già concordato con le autorità europee, sempre annunciato da tutti i governi di centrosinistra che si sono succeduti e finora mai raggiunto;
    questo dimostra come la strategia di politica economica dell'Esecutivo sia egoista e irresponsabile, esclusivamente orientata a creare deficit di breve periodo, facendo finta di dimenticare che questo si tradurrà, ancora una volta, in un aumento di debito pubblico, che ha già raggiunto la cifra record di 2.300 miliardi di euro; un fardello irresponsabilmente addossato sulle future generazioni;
    il debito pubblico italiano si attesterà, infatti, al 131,6 per cento nel 2017, nonostante il miglioramento del Pil e contrariamente alle promesse del Governo di una sua riduzione sostanziale. La mancata riduzione è dovuta, in larga parte, alla totale assenza di entrate da privatizzazioni, il cui peso rispetto al Pil è stato addirittura rivisto al ribasso nella Nota, e da dismissione del patrimonio pubblico, praticamente inesistente. L'Italia conferma così, anche nel 2017, di avere il secondo debito pubblico più alto di tutta l'Eurozona, secondo soltanto a quello della Grecia. Una vera e propria bomba ad orologeria pronta a scoppiare, proprio nel momento in cui la riduzione del programma di allentamento quantitativo è stato annunciato dalla Banca Centrale Europea, evento che provocherà un forte aumento dei rendimenti dei BTP italiani e della spesa per interessi, con ulteriore aumento di deficit e debito;
    eppure, qualche condizione positiva da sfruttare ci sarebbe, per il Governo. La forza dell'euro rispetto al dollaro, per esempio, potrebbe, infatti, ridursi a breve, a seguito della decisione della Federal Reserve di aumentare i Fed funds e ridurre le dimensioni del suo bilancio. Una opportunità unica per le nostre imprese con forte vocazione all’export. Inoltre, il basso prezzo del petrolio causato dalla rivoluzione dello shale oil americano e dai continui litigi tra i paesi OPEC hanno finora contribuito a tenere bassa l'inflazione in tutta l'Eurozona. Tuttavia, la cessazione del programma straordinario di acquisti di asset da parte della Bce rischia di creare una serie minacce per le finanze pubbliche italiane. Non avere approfittato delle circostanze economiche e monetarie favorevoli per intraprendere riforme economiche strutturali, da lungo tempo invocate da Mario Draghi, focalizzate sul mercato e sui suoi meccanismi di funzionamento, può costare molto caro;
    la dimostrazione di quanto appena detto si ritrova nelle previsioni dei principali organismi internazionali. Secondo il Fondo Monetario Internazionale, infatti, nei prossimi anni l'Italia sarà tra i paesi dell'Eurozona che cresceranno di meno;
    allo stesso modo, non si comprende come la riforma del bilancio dello Stato e la ridefinizione delle regole dell'equilibrio di bilancio di regioni ed enti locali possano portare a veri risparmi, senza il passaggio dalla spesa storica (finora sinonimo di sprechi) al costo standard (benchmark di riferimento per l'erogazione di prodotti e servizi di qualità). Quest'ultimo, infatti, è l'unico efficace metodo per orientare la politica delle amministrazioni pubbliche verso una nuova logica meritocratica che superi le note inefficienze del passato, attivando il circuito della responsabilizzazione degli enti e favorendo la trasparenza dei processi decisionali di spesa, al fine di garantire un elevatissimo grado di gestione responsabile del pubblico denaro;
    in assenza di drastiche misure di contenimento della spesa pubblica e in presenza di continui ricorsi a manovre finanziarie in deficit, infatti, è plausibile che, come già avvenuto per il 2017, anche nel 2018 il disegno di assestamento evidenzi che il sentiero di riduzione della spesa è ancora lontano dagli obiettivi prefissati;
    in tema di riduzione della spesa, risparmio e gestione oculata delle risorse pubbliche, il settore in cui è maggiormente possibile ottenere questi risultati è proprio l'ambito della pubblica amministrazione in cui gli sprechi non possono e non devono essere attribuiti soltanto ed esclusivamente alle situazioni patologiche di illegalità e incuria, ma anche alle situazioni di normalità, a causa di una gestione non ottimale (o meglio non professionale) dell'azione amministrativa;
    in questa direzione, la riforma del federalismo ha voluto inserire, nel nostro ordinamento, un sistema di finanza multilivello che assicurasse un coordinamento unitario e coerente fra le stesse politiche pubbliche che si sviluppano a diversi livelli di Governo;
    si rende necessario attivare il circuito della responsabilità, favorendo la trasparenza delle decisioni di spesa e la loro imputabilità attraverso il pieno compimento del passaggio dalla spesa storica (che finanzia servizi e sprechi) al costo/fabbisogno standard (che finanzia i servizi) al fine di garantire un elevatissimo grado di solidarietà e di gestione responsabile del pubblico denaro;
    ciò accade anche perché in questo Paese non è stata mai adottata una reale politica federalista. Il che ha avuto ripercussioni in merito alla mancata responsabilizzazione degli amministratori locali che in molti casi ha avuto effetti degenerativi che hanno contribuito, anche, a far dilagare i fenomeni corruttivi e ad allontanare i cittadini dalle istituzioni e dalla politica. Come prima ricordato, oltre ad alimentare, quindi, un patologico uso criminale delle risorse, il centralismo ha perpetrato un sistema strutturato di cattiva gestione delle finanze pubbliche;
    è necessario quindi riavviare il più presto possibile il percorso federalista anche alla luce delle iniziative referendarie intraprese, tese a esercitare tutta l'autonomia prevista dalla Costituzione vigente e stimolare l'attuazione della riforma federalista, con conseguente valorizzazione dei territori più virtuosi e sostegno a quelli più arretrati pur nella necessaria ottimizzazione delle risorse pubbliche;
    tenuto conto dei dati demografici allarmanti che si rilevano dalla Nota, accanto all'attuazione della riforma del federalismo e delle autonomie, si rendono necessarie nuove e più organiche riforme, soprattutto nel campo delle politiche sociali e familiari: Tali misure non devono essere i soliti frammentati interventi «spot», dettati esclusivamente da esigenze di natura elettorale, ma, come rileva la stessa Corte dei conti devono costituire «un'azione incessante e prolungata di riforme strutturali in grado di ingenerare fiducia, accrescere i tassi di natalità, promuovere gli investimenti in infrastrutture materiali», prima fra tutte gli asili nido e i servizi socio-educativi, al fine di creare «nuove condizioni perché gli scenari demografici ed economici alla base della nuove proiezioni siano capovolti»;
    a questo riguardo, si ricorda che il Governo, nell'ultimo disegno di legge sull'assestamento del bilancio 2017, ha previsto un aumento di spesa per i trasferimenti a famiglie ed istituzioni sociali private per 678 milioni, di cui, però, 600 milioni per i servizi d'accoglienza in favore degli stranieri in relazione al maggior fabbisogno determinato dai flussi migratori. Al contempo, ha operato un taglio di ben 50 milioni di euro alle politiche per l'infanzia e la famiglia e di ben 234,4 milioni alle politiche di sostegno per le non autosufficienze;
    in considerazione della situazione di difficoltà personale e fisica che le persone con disabilità, gli invalidi civili e le persone non autosufficienti vivono ogni giorno, con i relativi costi economici che queste persone e le loro famiglie devono sostenere, è inaccettabile che uno Stato, che nel suo testo costituzionale reca principi di ordine sociale, possa diminuire risorse destinate al sostegno di queste situazioni di svantaggio sociale ed economico;
    è nota, inoltre, nel nostro Paese, la difficile situazione economica in cui versano molte famiglie italiane a causa della crisi ancora non superata, la quale ha portato ad un incremento preoccupante della povertà che, a luglio 2017, ha registrato il picco di 5 milioni di italiani in condizioni di assoluta indigenza (tra cui 1,6 milioni di famiglie); in particolare, l'incidenza di povertà assoluta sul totale delle famiglie è pari al 6,3 per cento, praticamente in linea con i valori stimati negli ultimi quattro anni. Tra le famiglie con tre o più figli minori l'incidenza della povertà assoluta, anzi, è aumentata quasi del 50 per cento passando dal 18,3 al 26,8 per cento;
    si rendono dunque necessarie nuove politiche sociali destinate al sostegno della famiglia e della natalità;
    la mancata implementazione dei costi e fabbisogni standard, già previsti dalla (finora inattuata) riforma del federalismo fiscale, inoltre, ha avuto ed avrà in futuro delle pesanti ripercussioni sulla sanità pubblica, in cui i tagli lineari indiscriminati si sono ripercossi e si ripercuotono pesantemente sui cittadini, soprattutto su quelli più poveri che, nel corso degli ultimi tempi, rinunciano sempre più spesso alle sempre più costose cure;
    da anni si discute della necessità di effettuare risparmi nel settore sanitario, confondendo però il concetto di taglio strictu sensu con quello di spending review; la vera revisione della spesa consiste, infatti, nell'applicare i costi standard immediatamente, tagliando gli sprechi, imponendo best practices a tutte le Regioni ed evitando che i tagli lineari siano a detrimento dell'erogazione dei servizi;
    quanto sostenuto dal Ministro Padoan riguardo alla spesa sanitaria, nel corso dell'audizione svoltasi nelle Commissioni bilancio riunite del Senato e della Camera, è del tutto insoddisfacente. L'Organizzazione mondiale della sanità ha ribadito che il livello minimo di finanziamento per un'assistenza sanitaria sufficiente richiede una spesa pari al 6,5 per cento del Pil: al di sotto di tale percentuale si compromette la qualità delle prestazioni erogate. La nostra spesa è inferiore a quella degli altri Paesi europei, e le difficoltà di accesso dei cittadini alle cure sono note e in aumento. Giova inoltre sottolineare che i LEA introdotti recentemente devono essere adeguatamente finanziati. Per tale motivo, parlare di aumento in termini assoluti della spesa sanitaria, quando la percentuale rispetto al Pil scenderà fino al 6,3 per cento nel 2020, significa voler mascherare una precisa scelta politica del governo, ossia quella di non tagliare sugli sprechi, ma sulla salute;
    come emerge dal «Rapporto sui risultati conseguiti in materia di misure di contrasto all'evasione fiscale e contributiva», allegato alla presente Nota, per quanto riguarda le locazioni l'evasione tributaria (tax gap) è passata, tra il 2010 ed il 2015 da 2,3 a 1,3 miliardi di euro, mentre la propensione al gap è scesa dal 25,3 per cento al 15,3 per cento. Tale riduzione è stata favorita dall'introduzione della cedolare secca sugli affitti abitativi;
    con riguardo alla spesa pensionistica, risulta quanto mai sconcertante la previsione-già contenuta nel Def 2017 – di un'impennata di tale spesa quale conseguenza della riduzione dei flussi migratori;
    anche nella nota di aggiornamento al Def il Governo insiste sulla teoria che se i conti sulla spesa pensionistica non tornano è perché il numero di immigrati è inferiore a quelli previsti;
    tali presupposti, del tutto errati a parere dei firmatari del presente atto, lasciano temere un nuovo giro di vite sulle pensioni nella prossima legge di bilancio, sulla falsariga di quanto avvenuto con il decreto n. 214/2011, invece che interventi mirati per accrescere l'occupazione, favorire il ricambio generazionale e combattere il fenomeno delle «culle vuote»;
    l'errore grave, peraltro, è nel non considerare che, se un tempo l'immigrato chiamato dall'impresa col cosiddetto «decreto-flussi» poteva rappresentare una ipotetica risorsa per le casse dell'Inps, oggi la figura dell'immigrato nel nostro Paese è colui che, entrato illegalmente, vi permane in attesa di ottenere lo status di rifugiato o di profugo o altra forma di protezione internazionale e, come tale, rappresenta un costo per lo Stato, in termini di assistenza sociale, sanitaria e giudiziaria;
    in tema di pensioni, invero, il Governo dovrebbe abbassare l'età anagrafica dell'età pensionabile, atteso che l'Italia ha già abbondantemente oltrepassato la media europea nell'età pensionabile e che l'innalzamento dell'età anagrafica operato dalla riforma Fornero ha già assorbito gli eventuali ulteriori aumenti derivanti dall'adeguamento dei requisiti pensionistici all'incremento della speranza di vita;
    sul tema delle riforme nel campo della scuola, si nota che all'inizio di ogni anno scolastico migliaia di docenti assegnati nelle scuole in tutta Italia hanno fatto ritorno nelle regioni d'origine, in alcuni casi in modo definitivo, in altri con assegnazioni provvisorie legate a permessi per malattia, legge 104 (familiare con disabilità), avvicinamento per figli minori; con il risultato che all'inizio dell'anno scolastico molti presidi sono stati costretti a ricorrere a numerosi supplenti;
    i gruppi parlamentari Forza Italia, Lega Nord e Autonomie, Fratelli d'Italia, effettuata una attenta riflessione sulla Nota di aggiornamento al Def denunciano, preoccupazioni reali, come premessa per poter procedere ad ulteriori sviluppi e confronti parlamentari, dai quali non intendano sottrarsi, nella consapevolezza dei rischi futuri che gravano sulla economia italiana,

impegna il Governo:

   ad attuare tempestivamente ed integralmente, mediante provvedimenti ad hoc o nel primo provvedimento utile, la normativa sul federalismo fiscale, così come previsto dalla legge 5 maggio 2009, n. 42, al fine di completare l'attuazione del nuovo articolo 119 che prevede non soltanto l'equilibrio dei bilanci degli enti locali e territoriali, ma anche l'autonomia di entrata e di spesa di cui non è mai stata completata l'attuazione, come specificato in premessa;
   al fine di garantire maggior liquidità agli enti locali da impiegare nell'implementazione dei propri servizi ed investimenti, ad adottare le opportune iniziative di carattere legislativo affinché gli enti medesimi possano iscrivere, al fine del pareggio di bilancio, una quota dell'avanzo libera, come risultato dal rendiconto dell'anno precedente, qualora utilizzata per le finalità quali: la copertura dei debiti fuori bilancio; i provvedimenti necessari per la salvaguardia degli equilibri di bilancio ove non possa provvedersi con mezzi ordinari; il finanziamento di spese di investimento o delle spese correnti a carattere non permanente; l'estinzione anticipata dei prestiti;
   ad introdurre norme aventi l'obiettivo di ridurre la pressione fiscale da record che grava su imprese e famiglie, implementando una radicale riforma del farraginoso sistema fiscale italiano, che preveda la sua totale semplificazione, l'introduzione di una imposta sul reddito basata su una singola aliquota (flat tax), il definitivo superamento delle misure di accertamento basate sui ricavi presunti, anziché su quelli effettivi, la razionalizzazione dell'arzigogolato sistema delle tax expenditures, senza aumentare la pressione fiscale, nonché l'introduzione, anche in via sperimentale, del «quoziente familiare», che considera il nucleo familiare, e non il singolo contribuente, come soggetto passivo dell'Irpef, ad evitare di intraprendere qualsiasi politica volta alla distribuzione di risorse a pioggia, focalizzandosi, invece, su una strategia che si concentri esclusivamente sulle necessarie misure di carattere strutturale e permanente;
   a rinunciare definitivamente all'utilizzo di coperture aleatorie, vietate, tra le altre cose, dai regolamenti contabili, come quelle derivate da generiche «misure di contrasto all'evasione fiscale»;
   a descrivere un quadro quanto più esaustivo di misure atte a stimolare la crescita, i consumi, la domanda interna e la produttività dei fattori, in particolare incentivando gli investimenti privati, la formazione e l'accesso al credito, a sostegno dello sviluppo dell'economia reale e del rilancio del sistema industriale e turistico del Paese;
   a presentare nella prossima legge di bilancio disposizioni per la riorganizzazione della spesa dei Fondi strutturali nazionali ed europei destinati al Mezzogiorno, contemplando un piano di completa revisione delle procedure e delle strutture dedicate alla assegnazione ed all'utilizzo dei Fondi europei, nell'ottica dell'attuazione di quelle politiche di adeguamento infrastrutturale indispensabili ad un piano di sviluppo del Mezzogiorno ed alla possibilità di gestire virtuosamente un panorama di competitività mediterranea sempre più complesso e ricco di sfide e di opportunità;
   a varare un piano straordinario di riduzione del debito pubblico e di valorizzazione del patrimonio pubblico, basato soprattutto su efficaci e pervasive operazioni di privatizzazione delle società a controllo pubblico e di apertura dei mercati alla concorrenza, nonché su un credibile piano di dismissioni del demanio pubblico;
   ad intraprendere misure efficaci per la lotta all'evasione fiscale, da attuarsi non attraverso minacciose operazioni di rimpatrio dei capitali dall'estero ma, soprattutto, attraverso la semplificazione degli adempimenti fiscali a carico di imprese e famiglie;
   sempre nell'ottica della lotta all'evasione fiscale, a intraprendere misure finalizzate: ad estendere il regime della cedolare secca, attualmente previsto per i canoni di locazione ad uso abitativo, anche ai canoni di locazione del settore non abitativo; ad estendere il regime della cedolare secca agli alloggi di proprietà condominiale; a prorogare a decorrere dal 2018 l'aliquota ridotta al 10 per cento prevista per i canoni concordati;
   ad adottare ogni iniziativa volta a razionalizzazione ed efficientare la spesa pubblica, attuando il piano elaborato dall'allora Commissario alla spending review Carlo Cottarelli, dando seguito a tutte le misure in esso contenute, anche aggiungendo ulteriori interventi che consentano un reale efficientamento della macchina amministrativa, implementando l'utilizzo dei fabbisogni e dei relativi costi standard a tutte le pubbliche amministrazioni, in particolar modo nel settore della sanità pubblica;
   tenuto conto delle risorse stanziate con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 21 luglio 2017, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 226 del 27 settembre 2017 – riguardante il riparto del Fondo per il finanziamento degli investimenti e dello sviluppo infrastrutturale del Paese, di cui all'articolo 1, comma 140, della legge 11 dicembre 2016, n. 232 (legge di bilancio 2017) – a monitorare che vi sia, in particolare, un corretto utilizzo delle risorse stanziate per gli interventi di ampliamento, riqualificazione, adeguamento e messa a norma delle strutture ospedaliere, finalizzati a perseguire l'efficienza, l'efficacia e l'economicità gestionale delle prestazioni sanitarie offerte e della sicurezza e agibilità dei luoghi di esercizio dell'attività sanitaria;
   nell'ambito della strategia di spending review, ad adottare iniziative volte a ridurre le piante organiche delle istituzioni ed enti che partecipano al bilancio consolidato della pubblica amministrazione, in conseguenza di una completa digitalizzazione della PA e di una responsabile semplificazione delle procedure a carico dei cittadini e delle imprese e a rivedere, quindi, i meccanismi stipendiali nella pubblica amministrazione al fine di valorizzare il merito e l'efficienza;
   a prevedere le necessarie coperture finanziarie per attuare il processo di cui al terzo comma dell'articolo 116 della Costituzione, in primo luogo, anche in vista delle consultazioni referendarie di Veneto e Lombardia, per tutte le regioni che vorranno godere di maggiore competenze e funzioni legislative e finanziarie, secondo il principio della responsabilità;
   a valutare la possibilità di impiegare le risorse nazionali destinate al settore dell'immigrazione e dell'accoglienza a programmi ed interventi finalizzati, da un lato, al sostegno economico e reingresso nel mercato del lavoro a favore dei cittadini che si trovano in stato di disoccupazione e grave difficoltà economica, dall'altro, a politiche familiari e sociali indirizzate al sostegno alle famiglie e alla natalità, sia da un punto di vista di sgravi fiscali che da un punto di vista di implementazione delle infrastrutture e dei servizi offerti sul territorio;
   a pensare ad un tipo di fiscalità formato famiglia, soprattutto a vantaggio delle famiglie più numerose, nonché ad incentivare la natalità attraverso strumenti di sostegno economici permanenti;
   a riconoscere quale priorità inderogabile nell'attuazione delle linee politico programmatiche la realizzazione di interventi in materia di servizi socio-educativi per l'infanzia finalizzati ad efficientare il funzionamento del servizio territoriale, la sua diversificazione, flessibilità e capillarizzazione sul territorio secondo un sistema articolato in cui concorrono il pubblico, il privato, il privato sociale e i datori di lavoro;
   a promuovere l'incremento delle risorse destinate al Fondo Nazionale delle politiche sociali verificandone, inoltre l'equa ripartizione garantendo che in tutte le città italiane vi sia la medesima accessibilità ai servizi;
   a modificare in maniera drastica e strutturale la cosidetta riforma Fornero delle pensioni, al fine di abbassare l'età per l'accesso al pensionamento, reinserendo il sistema delle quote e le pensioni di anzianità;
   a tener conto, nella revisione delle norme relative al sistema pensionistico, della necessità di garantire una maggiore equità tra le varie coorti, prevedendo tutele in particolare per i giovani a rischio di non poter ricevere, in futuro, un'adeguata copertura pensionistica, anche attraverso un maggior sviluppo del mercato dei fondi pensione e della previdenza complementare, ed eliminando gli ingiusti privilegi ancora esistenti;
   ad adottare ogni iniziativa volta alla rinegoziazione dei mutui contratti dagli enti locali ed aventi come controparte il Ministero dell'economia e delle finanze o la Cassa Depositi e Prestiti S.p.A., consentendo così di liberare risorse da destinare agli investimenti e ai servizi essenziali;
   ad assumere iniziative per rivedere i parametri per il Patto di stabilità degli enti locali, alleggerendo i vincoli riservati alle spese per investimenti;
   a disporre iniziative di riforma del sistema del credito, affinché esso possa garantire maggiore accessibilità ad imprese e famiglie, evitando di gravare tali soggetti delle proprie incapacità gestionali, attraverso l'introduzione di costi surrettizi e a garantire il risparmio, a disporre ulteriori iniziative sul mercato del risparmio per detassare i dividendi e le plusvalenze degli investimenti privati di medio e lungo periodo nelle piccole e medie aziende italiane, anche non quotate sui mercati regolamentati;
   a predisporre interventi di politica industriale e del credito volti a potenziare il settore manifatturiero e il ruolo delle piccole e medie imprese nella valorizzazione economica del territorio, sviluppando inoltre condizioni economiche più favorevoli alla creazione di impresa, riducendo drasticamente gli oneri non economici alla libera iniziativa di impresa e diminuendo al contempo l'onere della componente fiscale;
   a ridurre strutturalmente l'elevato costo del lavoro, facendolo convergere verso la media europea attraverso l'introduzione di una flate rate, in maniera da aumentare il tasso di occupazione e, contemporaneamente, garantire maggiore competitività alle nostre imprese;
   a completare, finalmente, la riforma del federalismo fiscale iniziata con l'ultimo governo di centrodestra, che si coniughi con una efficace azione di spending review ad ogni livello di Governo e con l'istituzione di forme di premialità per le Regioni più virtuose e punitive per le amministrazioni più costose, anche attraverso la previsione legislativa dell'obbligo di imposizione dei modelli più virtuosi alle Regioni più indebitate e con i costi dei servizi più alti;
   ad assumere un atteggiamento più proattivo nei riguardi delle istituzioni europee, al fine di ottenere la cancellazione di taluni vincoli di bilancio e al fine di rendersi protagonista dell'imminente processo di riforma della governance economica e finanziaria dell'Unione;
   a sostenere, con specifiche e mirate, azioni il settore agricolo prevedendo, in particolare, interventi a favore delle imprese agricole, strutturalmente sane, che si trovano in temporanea difficoltà, anche a causa di ricorrenti calamità naturali, o che siano state danneggiate da crisi di mercato, attraverso agevolazioni creditizie a fronte della realizzazione di un piano finalizzato al ripristino della redditività, tenuto conto dei limiti previsti dalla normativa comunitaria in materia di aiuti di Stato;
   a sostenere ulteriormente il settore del turismo, nonché la valorizzazione del patrimonio culturale nazionale, aumentando gli interventi volti alla sua tutela, valorizzazione e recupero, anche con l'intervento di investitori privati;
   a implementare gli interventi di prevenzione del rischio idrogeologico, prevedendo una campionatura dei comuni che autorizzano progetti di urbanizzazione in aree del proprio territorio ad alto rischio idrogeologico.
(6-00351) «Brunetta, Fedriga, Rampelli, Latronico, Alberto Giorgetti, Milanato, Palese, Prestigiacomo, Guidesi, Saltamartini».


   La Camera,
   premesso che:
    la Nota di aggiornamento al Def 2017 (Nadef) rivede in aumento le stime di crescita dell'economia italiana per l'anno in corso e per il triennio successivo rispetto alle previsioni formulate nel DEF di aprile, in considerazione dei segnali di rafforzamento dell'economia italiana emersi a partire dall'ultimo trimestre del 2016, in un contesto di crescita più dinamica a livello europeo e globale;
    rispetto alle previsioni del DEF di aprile scorso, si stima una crescita del Pil reale nella misura dell'1,5 per cento sia nel 2017 che per il 2018 e 2019, quindi 0,4 per cento in più nel 2017 e 0,5 per cento in più per 2018 e 2019. Nel 2020 si prevede una crescita dell'1,3, solo 0,2 punti percentuali rispetto alle previsioni di aprile;
    le indicazioni incoraggianti emerse nei ultimi mesi inducono a ritenere che nella seconda parte del 2017 l'espansione economica continui quantomeno in linea con il ritmo del primo semestre, trainata dal settore manifatturiero e da alcuni comparti dei servizi, quali i trasporti e il turismo. Secondo il Governo, la congiuntura potrebbe migliorare ulteriormente, in quanto la ripresa sta coinvolgendo tutti i settori dell'economia, ad eccezione dei comparti ancora soggetti a processi di ristrutturazione, quali i servizi di informazione e quelli bancari. Gli indicatori disponibili forniscono segnali molto positivi anche per gli investimenti;
    la Nadef, nella proiezione di finanza pubblica presentata nel Capitolo III, pone la crescita nominale degli investimenti pubblici nel 2018 al 5,1 per cento, dopo un lieve incremento quest'anno (0,4 per cento). Se questa proiezione si realizzerà – sostiene il Governo – gli investimenti e i contributi in conto capitale nel 2018 aumenteranno complessivamente di 2,1 miliardi di euro, pari allo 0,12 per cento del PIL. Secondo la Nadef, l'incremento delle risorse a disposizione delle Amministrazioni pubbliche stimolerà la domanda aggregata, migliorando il potenziale di crescita dell'economia;
    nonostante quanto sopra, il tasso di crescita del PIL italiano resta tra i più bassi d'Europa:
     la Nadef presenta due scenari di previsioni macroeconomiche, uno tendenziale e l'altro programmatico. Le previsioni del quadro tendenziale incorporano gli effetti sull'economia del quadro normativo vigente che – precisa la Nota – include gli effetti sull'economia delle clausole di salvaguardia che prevedono aumenti di imposte indirette per il 2018 e 2019. Lo scenario programmatico incorpora l'impatto sull'economia delle nuove misure che saranno adottate con la prossima legge di bilancio per il 2018. È intenzione del Governo con la prossima legge di bilancio disattivare le suddette clausole relativamente all'anno 2018;
    l'Ufficio parlamentare di Bilancio «ha validato le previsioni tendenziali del Mef per il 2017-18, che ipotizzano una crescita reale rispettivamente dell'1,5 e dell'1,2 per cento». «Le previsioni» – si legge – «rientrano in un intervallo di valutazione complessivamente accettabile, anche se la dinamica ipotizzata del Pil reale nel 2018 appare marginalmente al di sopra dell'estremo superiore delle previsioni del panel Upb» (composto, oltre che dallo stesso Upb, da Cer, Prometeia e Ref ricerche). Per quanto riguarda le previsioni tendenziali relative al biennio 2019-2020 (non oggetto di validazione) il quadro tendenziale Mef stima una crescita reale rispettivamente dell'1,5 e dell'1,3 per cento. E su questi andamenti l'Upb manifesta «maggiori perplessità». In particolare, nella stima relativa alla dinamica del Pil nel 2020 «si rileva la prevalenza di rilevanti fattori di rischio negativo. La previsione di un trend in accelerazione tra il 2019 e il 2020 è infatti soggetta a significativi margini d'incertezza, collocandosi in parziale controtendenza rispetto agli andamenti del prodotto globale ipotizzati nel quadro internazionale». Nella valutazione di insieme, riguardante il periodo 2017-2018, secondo l'Upb «si tiene conto del fatto che la dinamica reale è controbilanciata, in particolare nei 2018, da una stima più contenuta del deflatore del Pil; ne consegue che l'evoluzione del Pil nominale, variabile più direttamente rilevante per gli andamenti di finanza pubblica, si situa tanto nel 2017 quanto nel 2018 all'interno dell'intervallo delle stime ipotizzate dal panel dei previsori» dell'ufficio parlamentare;
    il presidente dell'ufficio parlamentare di bilancio, Giuseppe Pisauro, durante l'audizione sulla Nota di aggiornamento del Def nelle commissioni Bilancio di Camera e Senato ha rilevato che «Il sentiero programmatico del debito in rapporto al Pil, nonostante la riduzione a partire da quest'anno prevista dalla NaDef, non sarebbe sufficiente ad assicurare il rispetto della relativa regola numerica entro il 2020». «Il rispetto delle regole di bilancio nell'anno in corso e nel prossimo – ha aggiunto Pisauro – dipenderà dall'evoluzione, presumibilmente più flessibile, della loro interpretazione a livello Ue a cui la normativa dell'Italia si richiama. Infatti, applicando rigidamente gli obiettivi richiesti dalla cosiddetta matrice, il rispetto della regola sul saldo strutturale e quella sulla spesa appaiono a forte rischio di deviazione significativa nel 2017. Per il 2018 con un aggiustamento richiesto dello 0,3 per cento strutturale per il prossimo anno si avrebbe il sostanziale rispetto delle regole in termini annuali mentre in termini biennali permarrebbero dei rischi di deviazione anche significativa»;
    il quadro programmatico per gli anni 2018 e successivi presentato nella Nadef include l'impatto sull'economia delle misure, che saranno adottate con la prossima legge di bilancio. Il profilo della manovra indicata nella Nota avrebbe un impatto positivo sulla crescita di 0,3 punti percentuali rispetto alla previsione tendenziale nel biennio 2018-2019. La crescita programmatica risulta invece sostanzialmente pari a quella tendenziale nel 2020, con un impatto della manovra in tale anno prossimo allo zero;
    dal punto di vista macroeconomico, rispetto allo scenario tendenziale, le misure di maggiore impatto della manovra programmata, sono indicate nella disattivazione delle clausole di salvaguardia e dei relativi aumenti di imposte per l'anno 2018, pari a circa 0,3 per cento nel triennio. Gli effetti delle misure per il rilancio dell'economia, volte ad accrescere la competitività e l'occupazione, si tradurrebbero in un aumento del prodotto interno lordo pari allo 0,1 per cento nel 2018-19 e 0,2 per cento nel 2020;
    rispetto al DEF, approvato ad aprile scorso, aumenta anche il deficit, previsto nel 2018 all'1,6 per cento dall'1,2 per cento del DEF 2017. In base al nuovo quadro tendenziale, ossia a politiche invariate, si passa all'1,6 per cento dall'1 per cento. Questa differenza di sei decimi di punto rappresenta il maggior deficit che il nostro Paese utilizzerà per le misure da realizzare con la manovra. La priorità è data alla sterilizzazione delle clausole di salvaguardia, correlate all'aumento dell'Iva, che, ha assicurato Padoan, «saranno totalmente eliminate». Nel 2019 l'indebitamento netto dovrebbe scendere allo 0,9 per cento e nel 2020 a 0,2 per cento «che tecnicamente» – ha spiegato Padoan – consente «il sostanziale» raggiungimento del pareggio di bilancio. Secondo il Ministro dell'economia e finanze, il pareggio di bilancio sarà conseguito al 2020, slittando di un anno rispetto a quanto previsto ad aprile;
    le nuove politiche per lo sviluppo e la disattivazione delle clausole di salvaguardia per il 2018 saranno dunque coperte con una manovra del valore dello 0,5 per cento del PIL, composta da una riduzione di spesa pubblica per 0,15 punti di PIL e maggiori entrate per la restante parte. Si evince quindi che la manovra 2018 sarà di circa 8,5 miliardi, dei quali, 6 miliardi riferiti alle entrate e 2,55 miliardi di tagli alle spese. Per la disattivazione delle clausole di salvaguardia il Governo prevede di utilizzare anche le risorse dell'ampliamento del deficit, pari a circa 10 miliardi;
    la legge di bilancio per il 2018, secondo il Governo, fornirà ulteriore impulso alla crescita e al lavoro, e, al netto delle risorse destinate alla sterilizzazione delle clausole di salvaguardia, le risorse residue, seppure limitate dall'esigenza di stabilizzazione delle finanze pubbliche e di accelerazione del processo di riduzione del debito, verranno impiegate privilegiando l'occupazione giovanile (in particolare riducendo gli oneri contributivi); gli investimenti pubblici e privati e il potenziamento degli strumenti per la lotta alla povertà;
    il debito pubblico, anche al netto del sostegno al sistema bancario, nel 2017 è destinato per la prima volta a scendere. Dal 132 per cento sul Pil, stimato dall'Istat per il 2016, si passerà al 131,6 per cento nel 2017 e al 129,9 per cento nel 2018. Il Governo ha posto l'accento sul tema del rispetto delle regole europee, spiegando che l'attuale impianto prevede una correzione del deficit strutturale, dello 0,3 per cento, obiettivo concordato con Bruxelles e più flessibile rispetto allo 0,8 per cento inizialmente previsto. I margini di finanza pubblica favorevoli concessi dall'Europa, inducono il Governo a proporre al Parlamento una legge di bilancio non depressiva, «che non sarà un freno alla tendenza positiva dell'economia»;
    la riduzione del debito dal 2017 è la vera scommessa di questa revisione del Documento di economia e finanza, ma il percorso sembra poco trasparente e rischioso soprattutto a causa dell'andamento dell'inflazione, correlata alla rivalutazione dell'euro, che ridurrà il costo dei beni di importazione. Il debito pubblico dell'Italia lievita automaticamente del 3 per cento all'anno solo per effetto degli interessi, mentre l'economia che lo deve sostenere si dilata più lentamente: 1,5 per cento di crescita reale più un effetto prezzi allo 0,6 per cento dà nel 2017 un tasso di crescita dell'economia al 2,1 per cento Di qui il trend negativo del rapporto debito/PIL;
    nelle cifre fornite dalla presente Nota si legge che i proventi da privatizzazioni nel 2017 saranno nella misura dello 0,2 per cento del Pil, cioè 3,5 miliardi. Eppure quest'anno lo Stato non ha dismesso assets di rilievo. È probabile che il Ministro Padoan non esclude di trasferire alcune quote di Eni e Enel alla Cassa depositi e prestiti – posseduta dallo Stato all'80 per cento, ma esclusa dal suo perimetro contabile – per registrare proventi senza perdere il controllo delle aziende. Di fatto, nel 2017 la nota di aggiornamento al DEF prevede una riduzione del target delle privatizzazioni che passa dallo 0,3 per cento (circa 5 miliardi) allo 0,2 per cento del PIL (circa 3,5 miliardi). Dal 2018, e fino al 2020, il target resta fissato allo 0,3 per cento l'anno. In sostanza, si legge che, su Poste e FS, c’è stato un «temporaneo slittamento» che non ha «compromesso la validità del piano d'azione». Lo slittamento è dovuto al cambio ai vertici di Poste e ai «necessari approfondimenti» sul «perimetro delle società soggette a razionalizzazione al l'interno del nascente gruppo FS-Anas» e a «eventuali operazioni straordinarie di scorporo di rami di attività del Gruppo» per la cessione. Secondo il Governo «è verosimile considerare i potenziali introiti come realizzabili nei prossimi mesi»;
    dunque il debito del 2017 è fissato al 131,6 per cento del Pil, in calo (minimo) di 0,4 per cento dal 2016. La partita sul 2018 potrebbe essere appena meno ardua, benché gravino le incognite della bassa inflazione e bassa crescita;
    gli investimenti avranno un ruolo cruciale per sostenere la crescita economica, con una previsione di spesa in crescita di circa 4 miliardi tra il 2016 e il 2019. A tal fine la Nota evidenzia il Fondo da ripartire per il rilancio degli investimenti infrastrutturali, che dispone di una dotazione complessiva di risorse pari a 47,5 miliardi da utilizzare in un orizzonte pluriennale compreso tra il 2017 e il 2032;
    la scommessa del Governo è tutta fondata sull'ampliamento degli investimenti nel prossimo triennio, soprattutto in macchinari e attrezzature (+11 per cento) e in costruzioni (+5,6 per cento). La previsione appare poco plausibile se si considera che non aumenterà mai l'incidenza sul PIL degli investimenti fissi pubblici (pari al 2,1 per cento dal 2017 al 2019 e al 2,0 per cento al 2020) e che anche l'enfasi della presente Nadef sul «Piano nazionale Impresa 4.0» non è supportata dalle stesse stime di impatto del MEF, che contano appena 1,2 punti di PIL in 5 anni;
    coerentemente con la tendenza prevista per l'intera Unione europea, infatti, le principali istituzioni internazionali (a partire da OCSE, FMI e Commissione europea) prevedono un rallentamento del ritmo di crescita del PIL italiano nel 2018 e nel 2019 (in linea con il quadro tendenziale del Governo) e, comunque, una variazione del PIL inferiore a tutte le principali economie avanzate. L'intervallo in cui tali previsioni si concentrerebbe la crescita del PIL è attualmente dello 0,9-1,4 per cento per quest'anno e 0,8-1,3 per cento per il 2018. In aggiunta alle tendenze internazionali, i previsori istituzionali esprimono preoccupazioni riguardo all'impatto sull'Italia della eventuale sospensione da parte della BCE della politica di accentuato accomodamento monetario (QE), oltre all'incertezza dovuta all'esito delle elezioni politiche, che avranno luogo entro maggio 2018;
   considerato altresì che:
    in relazione alla composizione della prossima manovra di bilancio, la Corte dei conti ha rilevato, nel corso dell'audizione svolta presso le Commissioni bilancio riunite di Camera e Senato, che, «nel complesso la manovra è quantificata in circa 1,2 punti di prodotto: 0,6 punti proverranno dal peggioramento del disavanzo e 0,6 per un terzo da tagli strutturali della spesa e per i restanti due terzi da misure per accrescere la fedeltà fiscale e ridurre i margini di evasione ed elusione. Si tratta di margini di manovra molto stretti considerando che la sola disattivazione della clausola richiede 0,9 punti di prodotto e che i restanti 0,3 punti devono riguardare aree di intervento particolarmente ampie a cui si aggiungono le risorse necessarie a garantire la copertura finanziaria del rinnovo del contratto del pubblico impiego. Si presenta particolarmente impegnativa, poi, la valutazione della congruenza e della realizzabilità delle coperture. Ciò anche alla luce dei limitati margini rispetto ai parametri europei e di un quadro tendenziale che sconta già un profilo di riduzione significativo della spesa e consistenti misure per ridurre l'evasione e l'elusione fiscale.»;
    la Corte dei conti ha altresì sottolineato «l'importanza di utilizzare i margini di manovra disponibili, realizzando interventi selettivi e non frammentati, in grado di riparare anche alle distorsioni accumulate durante il periodo della crisi». Pertanto, secondo la Corte «già a partire dalla prossima manovra che sarà contenuta nel disegno di legge di bilancio, occorrerà dare il segnale che si intende procedere con decisione verso più solide condizioni di crescita concentrando gli sforzi per migliorare la qualità della spesa, portando a compimento le riforme avviate e affrontando le ragioni della bassa crescita del PIL potenziale in Italia.»;
    di particolare rilievo appaiono i richiami della Corte dei conti riferiti alle modalità di intervento adottate negli ultimi anni in tema sia di politica delle entrate che di contenimento della spesa pubblica. Infatti, la Corte ha rilevato che «la revisione della spesa è stata finalizzata a ridurre comunque i livelli di spesa, piuttosto che a ricercare maggiore efficienza nella gestione delle risorse pubbliche, anche attraverso un attento screening della qualità dei servizi resi e una più penetrante capacità di misurazione dei risultati raggiunti dai diversi programmi»;
    secondo la Corte dei conti, l'azione di spending review portata avanti dal Governo in questi anni è stata condizionata dall’«urgenza impressa dalla crisi, e dunque dalle esigenze di breve periodo». Ciò, ha comportato «il sacrificio di interi comparti (basti pensare al pesante declino dell'attività di investimento nelle infrastrutture pubbliche) e le difficoltà crescenti nell'offerta dei servizi alla collettività che, in alcuni settori, mostrano una riduzione significativa della qualità delle prestazioni». Quanto alla lotta all'evasione, presenta «per sua natura esiti incerti già nel breve periodo» e si basa su misure non strutturali. Inoltre, ha aggiunto ancora la magistratura contabile che «gli anticipi di imposta possono incidere sulla tenuta del gettito in un orizzonte temporale che si estenda oltre quello dell'urgenza del risanamento». Secondo il presidente della Corte dei conti «non va sottovalutata una tendenza che, concentrata sulla ricerca di risultati immediati e quindi su interventi non strutturali, potrebbe generare effetti distorsivi sull'assetto del nostro sistema fiscale, che, al contrario, sollecita riforme in grado di recuperare i principi di fondo cui dovrebbe ispirarsi»;
   valutato altresì che:
    la Nota in esame vanta la creazione di circa 900.000 posti di lavoro negli ultimi tre anni e riporta una crescita degli occupati su base annua dell'1,1 per cento nella prima metà dell'anno. A tal proposito occorre sottolineare che al di là dei toni quasi trionfalistici si è in presenza di un dato assai debole e che almeno metà dei posti di lavoro che sarebbero stati creati in questi tre anni è costituito da contratti a termine. Peraltro, i dati recentemente diffusi dall'ISTAT nella nota trimestrale sulle tendenze dell'occupazione non possono certamente indurre all'ottimismo. Infatti il registrato aumento del numero degli occupati è dovuto solo all'aumento del lavoro precario: dai dati emerge che su base annua a fronte di 437.000 nuovi posti di lavoro, la grandissima parte, ben 329.000 sono a tempo determinato. In un anno occupati a termine crescono del 14,3 per cento, mentre quelli permanenti solo dello 0,4 per cento. La disoccupazione giovanile diminuisce dello 0,2 per cento, rimanendo comunque sopra al 35 per cento, quella degli over 50 aumenta del +15,2 per cento. Dalla medesima nota emerge inoltre che gli ormai abrogati voucher per lavoro accessorio sarebbero stati sostituiti dal contratto a chiamata il quale comporta una prestazione lavorativa che viene svolta in modo discontinuo o intermittente e che, quindi, costituisce di fatto un contratto precario;
    il livello della spesa pensionistica in rapporto al PIL aumenta di circa il 2 per cento nel 2035, per raggiungere l'incremento massimo del 2,6 per cento nel 2045, riducendosi all'1,2 per cento nel 2060. Contemporaneamente, secondo le medesime previsioni, la spesa sanitaria in relazione all'invecchiamento fa registrare un trend ulteriormente peggiorativo poiché nel medesimo periodo 2020-2060 essa continua a crescere, a dimostrazione del fatto che l'adeguamento dell'età pensionabile all'aspettativa di vita, secondo le disposizioni vigenti, non rappresenta uno strumento adeguato, nel lungo periodo, per contenere la spesa e garantire la sostenibilità finanziaria del sistema previdenziale, di quello sociale e sanitario. A fronte di un percorso lavorativo più lungo e quindi deteriorante può corrispondere, infatti, un abbassamento dei livelli e della qualità di vita che potrebbero condurre all'erogazione di maggiori e più durature prestazioni socio-sanitarie con il paradossale effetto che una permanenza prolungata a lavoro non produrrà risparmi o contenimenti di spesa ma, al contrario, un aumento incontrollato della stessa;
    nella rilevazione di agosto, l'Istat ha registrato una crescita di occupati principalmente giovani e donne. Ciononostante queste ultime oggi soffrono ancora un gap consistente nelle condizioni di accesso al mercato del lavoro e nelle condizioni di trattamento, primo fra tutti quello economico. Il divario tra il numero di uomini occupati e di donne occupate si attesta al 20 per cento mentre resta stabile il numero di donne lavoratrici sul totale: 1 donna su 2 resta a casa. Sussiste di fatto una discriminazione di genere implicita e una debolezza intrinseca del sistema di protezione sociale e di tutela della genitorialità e della cura familiare le cui attività quotidiane, nella stragrande maggioranza dei casi, gravano sulle spalle delle donne. È evidente infatti che un semplice bonus riconosciuto per pagare l'asilo nido o la baby sitter non può rappresentare una misura valida in senso strutturale e comunque non è una forma di tutela e promozione adeguata per una società, peraltro, con grosse debolezze in termini demografici;
    ancora a fine agosto 2017 si registravano forti disparità nel trattamento economico delle donne lavoratrici rispetto ai loro colleghi maschi. Secondo la rilevazione 2016 del Global Gender Gap Index del Wef, l'Italia è scesa al 50 esimo posto, dal 41 esimo su 144 paesi, nella graduatoria della disparità di genere. Nello specifico alla voce «opportunità economiche» l'Italia è addirittura 117 esima, mentre a quella «retribuzione a parità di ruolo» finisce al 127 esimo posto. Nel Gender Gap Report 2017 di JobPricing si segnala che in Italia un lavoratore di sesso maschile percepisce mediamente una retribuzione lorda annua superiore di quasi il 13 per cento rispetto a quella percepita da una lavoratrice donna. Rispetto al 2015, peraltro, il divario retributivo è lievemente cresciuto;
    il Movimento 5 Stelle sostiene da sempre la necessità di inserire nel nostro ordinamento una misura come il reddito di cittadinanza condizionato alla soglia di povertà e a interventi di politica attiva. Per il Movimento 5 Stelle, quindi, uno strumento che possa dirsi sul piano fattuale veramente efficace deve avere requisiti ben specifici: la misura deve essere condizionata alla soglia di rischio di povertà elaborata da EUROSTAT, fissata al 60 per cento del reddito disponibile equivalente mediano nazionale; prevenire le situazioni di grave privazione materiale e far uscire le famiglie da tali situazioni. Per contrastare in modo efficace la trappola della povertà, il complesso delle misure di sostegno al reddito deve essere fortemente condizionato dagli investimenti nelle politiche attive del lavoro e in particolare nei servizi sociali e nei servizi per l'impiego pubblici; investimenti mai fatti in questi cinque anni, malgrado ve ne fosse la possibilità nell'ambito della discussione sul Jobs act;
    con riferimento al carico fiscale è necessario sopprimere l'IMU sui terreni concessi in affitto e in comodato a coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali per i contratti di durata uguale o superiore ai 5 anni;
    è sempre più urgente la definizione di strumenti che garantiscano un sistema strutturato di ammortizzatori sociali al comparto della pesca, con l'intento di affrontare in modo organico una questione che, di anno in anno, viene affrontata in maniera episodica con lo stanziamento di fondi a copertura dei fermi biologici;
    la Nota di aggiornamento conferma che la spesa sanitaria sarà di 115 miliardi per il 2018, 116 per il 2019 e 118 nel 2020 e, parimenti, conferma che la sua incidenza sul PIL sarà decrescente e passerà dal 6,6 per cento del 2017 e ulteriormente decrescente lo sarà anche nel 2020 passando dal 6,4 per cento del DEF al 6,3 per cento della Nota all'esame; si ufficializza dunque il passaggio al di sotto del 6,5 per cento quale soglia minima che l'OMS indica come livello minimo al di sotto del quale, in termini di aspettativa di vita, la salute dei cittadini è in pericolo. Si teme che il finanziamento del sistema sanitario nazionale, nelle cifre prevista dalla Nota, sconterà bene presto, in termini di insufficienza di risorse, anche l'introduzione dei nuovi LEA e ciò sulla base di quanto più volte segnalato anche dalle Regioni e dall'incompletezza della revisione dei LEA laddove manca, ancora oggi, l'individuazione delle tariffe relative alle nuove prestazioni di specialistica ambulatoriale e protesica che doveva realizzarsi entro il 2016; anche il recente decreto-legge che ha introdotto i vaccini obbligatori ad invarianza finanziaria in realtà rischia di non essere sostenuto da adeguate risorse finanziarie, come peraltro ha evidenziato anche il servizio di bilancio del Senato;
    nonostante già dal 2016 sia stato previsto un piano straordinario di assunzione, la carenza di personale sanitario non sembra trovare soluzione dinanzi ai tempi biblici del Ministero della salute che non sembra venire a capo del fabbisogno di personale sanitario da parte delle Regioni, permane dunque il blocco del turnover, che attraverso altre misure di contenimento della spesa sul personale hanno generato un aumento dell'età media dei dipendenti, un incremento dei carichi di lavoro e dei turni straordinari di lavoro del personale (nonostante la direttiva europea – recepita con legge 30 ottobre 2014, n. 161, entrata in vigore dal 25 Novembre 2014 ed ancora inapplicata «abbia imposto all'Italia di adeguare l'orario di lavoro anche del personale sanitario);
    la Nota di aggiornamento conferma che la spesa sanitaria sarà di 115 miliardi per il 2018, 116 per il 2019 e 118 nel 2020 e, parimenti, conferma che la sua incidenza sul PIL sarà decrescente e passerà dal 6,6 per cento del 2017 e ulteriormente decrescente lo sarà anche nel 2020 passando dal 6,4 per cento del DEF al 6,3 per cento della Nota all'esame; si ufficializza dunque il passaggio al di sotto del 6,5 per cento quale soglia minima che l'OMS indica come livello minimo al di sotto del quale, in termini di aspettativa di vita, la salute dei cittadini è in pericolo;
    si teme che il finanziamento del sistema sanitario nazionale, nelle cifre prevista dalla Nota, sconterà ben presto, in termini di insufficienza di risorse, anche l'introduzione dei nuovi LEA e ciò sulla base di quanto più volte segnalato anche dalle Regioni e dall'incompletezza della revisione dei LEA laddove manca, ancora oggi, l'individuazione delle tariffe relative alle nuove prestazioni di specialistica ambulatoriale e protesica che doveva realizzarsi entro il 2016; anche il recente decreto-legge che ha introdotto i vaccini obbligatori ad invarianza finanziaria in realtà rischia di non essere sostenuto da adeguate risorse finanziarie, come peraltro ha evidenziato anche il servizio di bilancio del Senato;
    nonostante già dal 2016 sia stato previsto un piano straordinario di assunzione, la carenza di personale sanitario non sembra trovare soluzione dinanzi ai tempi biblici del Ministero della salute che non sembra venire a capo del fabbisogno di personale sanitario da parte delle regioni, permane dunque il blocco del turnover, che attraverso altre misure di contenimento della spesa sul personale hanno generato un aumento dell'età media dei dipendenti, un incremento dei carichi di lavoro e dei turni straordinari di lavoro del personale (nonostante la direttiva europea – recepita con legge 30 ottobre 2014, n. 161, entrata in vigore dal 25 Novembre 2014 ed ancora inapplicata — abbia imposto all'Italia di adeguare l'orario di lavoro anche del personale sanitario);
    per quanto riguarda le politiche sociali la Nota di aggiornamento non introduce alcun elemento di novità rispetto al DEF 2017, e si limita a rivendicare la strategia innovativa dell'azione di contrasto alla povertà, basata su un sostegno economico condizionato all'attivazione di percorsi verso l'autonomia lavorativa, con un progressivo ampliamento della platea di beneficiari; tale strategia è in realtà tutt'altro che innovativa bensì assolutamente insufficiente, nonché un triste tentativo di emulare, in iso-risorse, il reddito di cittadinanza proposto dal M5S; inoltre si registra un ritardo nelle azioni da porre in essere in relazione alla prima infanzia, alle responsabilità genitoriali e ai centri per le famiglie poiché alcune regioni non hanno ancora programmata le attività del 2015 e in alcuni casi, come Lazio e Sardegna, neanche del 2014 e sul Fondo per le non autosufficienze si registra una sensibile riduzione di risorse;
    il Governo appare disattento anche sulle cosiddette «questioni di genere», le quali certamente non rappresentano un problema esclusivamente femminile, al contrario riguardano tutte e tutti in quanto mettono al centro della Politica il tema delle relazioni tra donne e uomini, evidenziando la disparità dei tradizionali rapporti di potere fondati sull'invisibilità e la «naturalezza» del lavoro domestico e di cura da parte delle donne in relazione alla cultura: l'Italia occuperà gli ultimi posti in relazione ai finanziamenti da destinare al comparto istruzione in relazione al PIL, dati gravati dai benefìci pressoché assenti della recente riforma scolastica. A ciò si aggiunga l'assenza di provvedimenti in materia di definizione e garanzia dei livelli essenziali delle Prestazioni (LEP), la mancanza di misure in materia di internalizzazione dei servizi scolastici, l'assenza di misure per incentivare lo sport nelle scuole, la non coincidenza dell'organico di fatto con quello di diritto, ed il mancato inserimento all'interno di quest'ultimo dei posti sul sostegno, l'aumento del tempo pieno, con particolare riferimento alle regioni del Sud, e, soprattutto, le insufficienti dotazioni previste per gli interventi di ristrutturazione e messa in sicurezza degli edifici scolastici nell'ambito della programmazione nazionale;
    continuano a non considerarsi le gravissime distorsioni che anche per l'anno 2017 verranno determinate dalla distribuzione della parte premiale, ancora una volta direttamente sottratta dal Fondo di Finanziamento Ordinario, nonché dalla volontà di procedere all'assunzione di nuovi docenti anche attraverso chiamata diretta. L'attuazione della no tax area in assenza di finanziamenti adeguati, inoltre, sta determinando aggravi eccessivi nella tassazione delle fasce non comprese dal beneficio a causa delle minori entrate. Inadeguato al regolare funzionamento risulta, inoltre, lo stanziamento previsto per il Fondo ordinario per il finanziamento degli Enti di Ricerca, il più basso degli ultimi 5 anni. Del tutto assente risulta invece il settore culturale. Si ricordi, a tal fine, come nell'ambito delle previsioni relative al federalismo demaniale culturale, risulti assolutamente necessario garantire per i beni di interesse storico artistico la sussistenza del vincolo di destinazione d'uso, ovvero il divieto di alienazione di tali beni a soggetti privati in materia fiscale e bancaria la programmata riduzione della pressione fiscale sui fattori produttivi, da realizzare mediante la riduzione del cuneo fiscale e aumento del reddito disponibile dei lavoratori, non risulta supportata da politiche di revisione strutturale del sistema fiscale tali da garantire un'equa redistribuzione dei carichi fiscali tra famiglie e imprese e tra le diverse classi di redditi. Contrariamente a quanto si sostiene, il livello di pressione fiscale resta ancora oggi tra quelli più elevati in ambito europeo e internazionale, con pesanti ricadute sia in termini di consumi delle famiglie (di cui solo il 10 per cento percepisce più di 55.000 euro annui) che di investimenti per le imprese. Non sono definite le modalità di attuazione della prevista razionalizzazione delle spese fiscali e delle tax expenditures. Si rammenta che tale obiettivo trova origine nell'esigenza di recuperare gettito attraverso l'eliminazione di spese fiscali superflue in termini di costi/benefici, nell'ottica di garantire una maggiore equità fiscale nella distribuzione dei benefici. La riforma del sistema di tassazione del patrimonio immobiliare su base catastale, individuata tra gli strumenti che dovrebbero garantire un progressivo passaggio della tassazione dalle persone alle «cose», non è accompagnata da una contestuale riduzione del sistema di tassazione sul reddito. Allo stato, dunque, la programmata riforma del catasto rischia di diventare uno strumento di aumento della pressione fiscale sui patrimoni immobiliari, in chiaro contrasto peraltro con la delega fiscale che prevedeva una revisione del catasto immobiliare ad invarianza di gettito per realizzare una ripartizione dei carichi fiscali in favore della classi di contribuenti medio basse. In tema di lotta all'evasione, gli obiettivi previsti (miglioramento della collaborazione tra amministrazione e contribuente e incentivi all'adempimento spontaneo) non trovano riscontro nelle misure introdotte negli ultimi anni, caratterizzate per lo più da interventi di breve periodo e di stampo condonistico finalizzati al mero recupero di gettito. Mentre sul versante della semplificazione fiscale, con l'introduzione della fatturazione elettronica e l'invio telematico dei dati di fatturazione è stata sprecata nuovamente l'occasione di realizzare una significativa riduzione degli oneri contabili e dichiarativi a carico di imprese e professionisti. Di fatto dunque le misure che si prevedono, tra cui il potenziamento e l'estensione dello split payment (con i suoi effetti distorsivi) nonché un irrigidimento delle procedure di compensazione, si sostanziano in aggravi fiscali e burocratici ai danni del comparto produttivo e professionale senza alcun apprezzabile beneficio in termini di riduzione della pressione fiscale e tutele da verifiche e accertamenti. Gli interventi predisposti dal Governo per rendere maggiormente stabile il sistema come la garanzia pubblica «GACS», il rilascio di garanzie pubbliche per l'emissione di nuove obbligazioni ed il programma di ricapitalizzazione precauzionale rappresentano interventi preposti alla mitigazione degli effetti della crisi del sistema bancario e non di certo alla risoluzione delle problematiche «ontologiche» infatti l'incidenza dei crediti deteriorati sul totale dei finanziamenti non ha subito sostanziali modifiche ed il tasso di copertura dei crediti deteriorati è aumentato al 47,3 per cento;
    il Consiglio dell'Unione Europea dell'11 luglio 2017 ha posto un particolare accento sul problema della corruzione nel nostro Paese giudicato «ancora molto importante nonostante le riforme sin qui adottate» e che per via dell'allora vigente regime della prescrizione «nella gran parte dei processi» per corruzione «si interrompano per avvenuta prescrizione dopo la condanna di primo grado». A fianco di una stigmatizzata carenza di risorse e di poteri per l'autorità anti-corruzione, il Consiglio dell'Unione Europea ha quindi rinnovato la formale raccomandazione all'Italia «a potenziare la lotta contro la corruzione, in particolare riformando l'istituto della prescrizione», ribadendo il nesso speciale intercorrente tra quel regime giuridico ed il fenomeno criminale;
    la Nota in esame, nella sezione dedicata all'attuazione del PNR per il comparto della giustizia, annovera impropriamente la modifica della prescrizione all'interno della sezione «lotta alla corruzione e riforma dei tempi della prescrizione», titolo che risulta del tutto slegato dal contenuto della stessa sezione nella quale, in merito alla riforma del processo penale il nesso tra la lotta alla corruzione e l'introdotta modifica del regime della sospensione della prescrizione non è mai esplicitato. Ben sapendo, l'esecutivo, che la mera sospensione generalizzata della stessa, in difetto di un particolare trattamento per i reati di corruzione, non potrà che alimentare il ricorso a pratiche dilatorie da parte del condannato in primo grado, vanificando l'adempimento alla risalente raccomandazione europea;
    in materia energetica, il Governo rimarca la rilevanza della Strategia Energetica Nazionale (SEN), che mirerebbe ad accrescere la competitività del nostro Paese attraverso l'allineamento dei prezzi energetici a quelli europei, il miglioramento dell'approvvigionamento della fornitura, l'adeguamento delle infrastrutture e l'individuazione di un percorso di decarbonizzazione nell'ambito degli impegni presi con l'Accordo di Parigi; nel complesso, però, la SEN appare più una linea di difesa del gas naturale che una convinta proposta di decarbonizzazione dell'economia italiana, come invece ci si aspetterebbe da un Paese che può essere leader nel settore delle energie rinnovabili e, di conseguenza, del contrasto ai cambiamenti climatici. Si continua, infatti, a dare una valutazione errata sul ruolo del gas nei prossimi anni, ritenendolo centrale e fondamentale per soddisfare le esigenze energetiche del Paese, al punto da prevedere metanizzazioni su intere porzioni di territori. Si tralascia, inoltre, che nella SEN sono totalmente sottovalutati i vantaggi, per aziende, industrie e cittadini, che possono derivare da un sistema energetico basato sulla generazione distribuita, che se accompagnata con regole chiare e trasparenti, può dare risposte ai problemi della rete, portando flessibilità e nuovi scenari per il mercato elettrico. Le analisi contenute nella SEN dimostrano che gli obiettivi non saranno raggiungibili se il Governo non individuerà misure più concrete di promozione delle rinnovabili, dell'efficienza energetica e della mobilità sostenibile;
    dalla Relazione del Ministro dell'ambiente allegata alla nota di aggiornamento, si evince, nella tabella 1 relativa alla sintesi delle informazioni nel primo periodo del protocollo di Kyoto (2008-2012) che l'Italia ha sforato gli obiettivi previsti;
    per le emissioni di gas nei settori non ETS quali trasporti, piccola industria, agricoltura e rifiuti, riportati in tabella III della relazione, si evince che siamo ancora lontani dagli obiettivi previsti dalle decisioni n. 162 del 2013 e n. 634 del 2013;
    con il Pacchetto Quadro clima – energia 2030 sono introdotti nuovi obiettivi per il periodo 2021-2030, relativi a: riduzione dei gas serra di almeno il 40 per cento a livello europeo rispetto all'anno 1990; obiettivo vincolante a livello europeo pari ad almeno il 27 per cento di consumi energetici da rinnovabili; obiettivo indicativo a livello europeo pari ad almeno il 27 per cento per il miglioramento dell'efficienza energetica nel 2030 rispetto alle proiezioni del futuro consumo di energia;
    nella relazione del Ministero della Difesa sulle spese di investimento e sulle relative leggi pluriennali allegata alla Nota di aggiornamento è segnalato come gli stanziamenti di bilancio non siano sufficienti a garantire la piena funzionalità della nuova organizzazione per la tutela forestale, ambientale e agroalimentare, conseguente allo scioglimento del Corpo forestale dello Stato nell'Arma dei carabinieri. Le previsioni di risparmio previste dalla riforma non solo non si fanno verificando ma la Relazione chiede risorse aggiuntive per 15 milioni da destinare a investimenti nel triennio 2018-2020;
    la relazione del Ministero dello sviluppo economico sulle spese di investimento e sulle relative leggi pluriennali evidenzia come l'impatto della prosecuzione dei programmi aeronautici e navali ad alta tecnologia per la difesa, nonché i progetti di ricerca e sviluppo nei settori dell'aerospazio e dell'alta tecnologia richiedano ulteriori finanziamenti che rischiano, per il crescere esponenziale dei costi, di rendere non sostenibile per la finanza pubblica tali programmi di riarmo. Si prosegue inoltre nella politica di avviare nuovi programmi di armamento con stanziamenti iniziali palesemente insufficienti, cosa che determina lo slittamento nel tempo dei programmi stessi, tanto che sovente i «nuovi» sistemi d'arma risultano ultimati e disponibili per le FF.AA solo quando sono superati ed obsoleti se confrontati a sistemi d'arma tecnologicamente più aggiornati;
    in materia di trasporti, la Nota di aggiornamento richiama quanto introdotto dal DL n.50 del 2017, relativamente alla fusione tra Anas S.p.a. e il gruppo Ferrovie dello Stato. Nel merito, occorre necessariamente ribadire la nostra più totale contrarietà a tale operazione fortemente voluta dall'Esecutivo esclusivamente per far uscire l'Anas dal perimetro della Pubblica Amministrazione, aggirando, così, il problema relativo ai 500 milioni di debito del gruppo. Tale operazione, però, sembra non aver considerato le problematiche che sorgeranno dal fatto che Anas non potrà più usufruire dei contributi a fondo perduto trasferiti dallo Stato e dovrà bensì fare affidamento su dei corrispettivi calcolati in base ad alcuni parametri come il traffico effettivamente registrato sulla rete (in calo su molte tratte), il rispetto di costi e tempi degli investimenti (anche questi ultimi molto in ritardo) e le performance dei servizi. Analogamente, suddetta scelta risulta rischiosa anche per il gruppo Ferrovie dello Stato, tenuto conto che Anas ha ancora in attivo un contenzioso di circa 9 miliardi;
    il documento in esame ripercorre gli interventi adottati dal Governo in materia di trasporto pubblico locale. Si evidenzia come ancora una volta il Governo sia intervenuto, con il DL 50/2017, spingendo gli enti competenti a scegliere procedure competitive per l'affidamento dei servizi, sfavorendo la gestione diretta o l'affidamento in house. La riproposizione della norma suddetta, dunque, sebbene sotto forma di disincentivo e di penalizzazione economica, sebbene non si traduca in un chiaro divieto di affidamento in house, rappresenta una forzatura rispetto alle disposizioni contenute nel regolamento CE n. 1370/2007;
    in materia di ambiente: la nota di aggiornamento al Documento di Economia e Finanza, alla luce dell'ipotizzato incremento della crescita per investimento pari allo 0,4 per cento per l'esercizio finanziario in corso e del 5,1 per cento per l'anno 2018, individua una consistente allocazione di nuove risorse per gli investimenti pubblici;
    la ripartizione degli investimenti non sembra tenere in adeguato conto le problematiche relative alla gestione del territorio, alla prevenzione del rischio idrogeologico e sismico, alla tutela ambientale ed all'esigenza di una politica di valorizzazione e conservazione della natura e degli ecosistemi;
    in particolar modo giova ribadire che il dissesto idrogeologico è una piaga che affligge il nostro territorio nazionale e che per essere seriamente affrontata ha bisogno di fondi e di una programmazione a lungo termine, mentre alluvioni e frane, ogni anno rendono tragica una situazione che invece con una seria pianificazione, un utilizzo serie e oculato dei fondi e con l'impegno di tutte le istituzioni locali e nazionali si deve assolutamente evitare;
    anche la situazione delle reti e delle infrastrutture idriche è ormai al collasso, come ci dicono anche i dati Istat dello scorso marzo, dai quali emerge che il 40 per cento dell'acqua che attraversa le reti si disperde. L'Italia inoltre sta attraversando un momento di grave criticità idrica che sta arrecando gravi danni ai cittadini in tantissimi comuni, con forte rischio igienico sanitario e si conteggiano già miliardi di euro di danni in agricoltura. Dopo 15 anni e 3 procedure di infrazione europea, le acque marine costiere sono sempre più inquinate a causa della mancanza di sistemi di depurazione e fognatura;
    è necessario avviare una politica che accompagni la cura e la valorizzazione del territorio con l'esigenza di ridurre o azzerare il consumo di suolo, che contrasti seriamente il dilagare dell'abusivismo edilizio, che promuova il rilancio della tutela delle aree protette,

impegna il Governo

   in materia di politica economica:
    a porre il veto all'inserimento del Fiscal Compact nei trattati europei ad ampliare le misure di « Fiscal Stancé» nella programmazione 2018 e 2019, derogando alle regole di austerity, imposte dal fiscal compact, per trarre il massimo vantaggio dalle favorevoli condizioni contingenti dell'economia e del commercio internazionale, destinando maggiori risorse, rispetto a quelle preventivate nel documento in esame, agli investimenti pubblici, al sostegno dei redditi medio-bassi, al miglioramento delle condizioni di vita della collettività;
    a destinare quindi maggiori risorse finalizzate al conseguimento di uno stato di benessere sociale, in termini di sicurezza dell'occupazione, contrasto alla povertà, maggiori servizi di qualità ai cittadini, aumento del potere di acquisto dei salari e degli stipendi medio-bassi, innovazione e qualità dell'ambiente, allineandosi ai livelli più elevati della media europea;
    a sostenere nelle sedi europee una politica di espansione, tramite l'interpretazione estensiva dei trattati esistenti, in modo da abbandonare l'attuale interpretazione promotrice di politiche di austerità;
    a intervenire, anche nelle sedi europee, per rilanciare il principio di una gestione autonoma del debito da parte degli Stati, basata non più su politiche di rigore, ma di riduzione progressiva del debito attraverso la crescita economica;
    a promuovere in sede europea iniziative per l'armonizzazione interna dei montanti di surplus/deficit tra i vari Paesi dell'Unione;
    a programmare una politica mission oriented incentrata sulla promozione dell'innovazione nei settori chiave con particolare attenzione al comparto dell'energia pulita;
    a considerare come vincolanti gli indicatori di Benessere Equo e Sostenibile, completando quei pochi recentemente individuati nel Documento di Economia e Finanza, rendendoli programmatici;
    a promuovere misure adeguate di sostegno al reddito e di inclusione sociale, di entità non inferiore a quelle già adottate dagli altri Paesi europei, considerando anche le proposte di legge depositate in Parlamento in materia;
    a invertire le politiche economiche adottate sino ad oggi, basate sul principio dello sfruttamento del lavoratore, della sua precarizzazione e diminuzione del salario (labour intensive), adottando politiche economiche che prediligano l'investimento in innovazione e ricerca (capital intensive) nei settori quali l'energia pulita e l'innovazione;
    a promuovere misure atte alla valutazione ex-ante e ex-post dell'impatto dell'attività normativa, ivi compresa l'analisi relativa alla qualità degli atti normativi;
    a sbloccare la leva fiscale a favore dei comuni, compensandone gli effetti con la riduzione della pressione fiscale erariale;
   in materia bancaria, fiscale e tributaria:
    a ridurre la pressione fiscale sul reddito delle persone fisiche attraverso la revisione degli scaglioni IRPEF privilegiando, nell'ottica di redistribuzione della ricchezza, le fasce di contribuenti mediobasse, i nuclei familiari monoreddito e con più componenti e le diversità territoriali del Paese; a ridurre il costo fiscale del lavoro su imprese, in particolare per le piccole realtà imprenditoriali, professionali e artigianali, incentivando gli investimenti per imprenditoria giovanile e start-up; a introdurre regimi fiscali semplificati per imprese e società che garantiscono adeguate forme di affidabilità e regolarità fiscale con riduzioni di imposta e immunità da determinate tipologie di accertamento e verifiche fiscali;
    a riformare il sistema di riconoscimento delle agevolazioni e detrazioni fiscali semplificando le modalità di fruizione, anche attraverso l'introduzione di modalità alternative volte a favorire il trasferimento del beneficio e ad anticiparne gli effetti;
    a potenziare e razionalizzare, anche nell'ambito della riorganizzazione del sistema delle agenzie fiscali, gli attuali strumenti di riduzione dell'indebitamento fiscale, limitando il ricorso alle esecuzioni forzate sui beni personali del debitore;
    ad introdurre disposizioni di carattere normativo al fine di vietare allo Stato, alle Fondazioni bancarie, alle imprese bancarie, finanziarie ed assicurative di effettuare investimenti in strumenti finanziari derivati o speculativi che implichino un rischio di perdite patrimoniali e siano pregiudizievoli per le risorse erariali e per il risparmio dei cittadini; promuovere la separazione tra banche commerciali e banche d'investimento nonché l'istituzione di una banca pubblica degli investimenti al fine di favorire il finanziamento e la ripresa dell'economia reale;
   in materia di giustizia:
    ad adempiere, in maniera esaustiva ed entro il 2017, alla raccomandazione del Consiglio dell'Unione Europea dell'11 luglio 2017 con la quale si richiede all'Italia di «potenziare la lotta contro la corruzione, in particolare riformando l'istituto della prescrizione» attraverso una disciplina speciale per i reati corruttivi che non prescinda dalla sospensione senza limiti di tempo della stessa dopo il rinvio a giudizio ovvero dopo la condanna di primo grado;
    fermo restando che il ripristino della piena funzionalità del sistema giudiziario italiano, inteso come investimento strategico per il rilancio del Paese, non possa passare esclusivamente dalla «riforma» delle procedure penali, civili, fallimentari, ma dal reperimento di adeguate risorse finanziarie, a completare, nell'ambito della legge di Bilancio 2018-2020, le piante organiche di magistratura, del personale amministrativo degli uffici giudiziari al fine di una più celere celebrazione dei processi e dell'abbattimento del contenzioso arretrato;
   in materia di lavoro e politiche sociali:
    a prevedere misure per disinnescare l'adeguamento dell'età pensionabile alla speranza di vita adottando un approccio quali-quantitativo anche intervenendo nell'integrazione degli Indici di Benessere Equo e Sostenibile (BES) al fine di introdurre un parametro adeguato a monitorare la qualità di vita dei soggetti in procinto di avvicinarsi all'età pensionabile;
    a prorogare fino al 2019 la misura c.d. «Opzione donna» che permette alle lavoratrici l'accesso al trattamento pensionistico anticipato in presenza dei prescritti requisiti contributivi ed anagrafici, a condizione che tali soggetti optino per il sistema di calcolo contributivo, al fine di consentire alle donne di vedere valorizzato il proprio impegno in famiglia;
    a prevedere, nel solco dell'iter di rafforzamento della contrattazione collettiva di secondo livello, l'adozione di misure volte a introdurre sistemi di controllo e verifica della parità di trattamento economico tra donne e uomini a parità di funzioni, prevedendo altresì incentivi alle imprese perché adottino piani di audit interno per garantire l'effettiva tutela e promozione della parità di genere anche nelle fasi selettive;
    a prevedere misure urgenti per ampliare la platea dei c.d. «lavori usuranti» di cui al decreto-legislativo 21 aprile 2011, n. 67, al fine di ricomprendere quelle categorie di soggetti che svolgono quelle professionalità alle quali viene richiesta un'attività fisica dura e per tante ore come, a titolo esemplificativo, i lavoratori del settore edile, del trasporto merci, dei servizi di pulizia, delle professioni sanitarie infermieristico-ospedaliere;
   in materia di cultura, scuola, Università e ricerca:
    alla previsione di adeguati finanziamenti che assicurino un rapporto tra spesa e PIL in linea con gli standard europei e idoneo allo sviluppo culturale del Paese, intervenendo affinché le gravi inadempienze determinate dall'assenza di provvedimenti in materia di internalizzazione dei servizi scolastici, dall'urgente necessità di definire e garantire i livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione, dalla mancanza di un concreto incremento dello sport scolastico, di efficaci misure per l'aumento del tempo pieno, con particolare riferimento alle regioni del Sud, dalla non coincidenza dell'organico di fatto con quello di diritto, ed il mancato inserimento all'interno di quest'ultimo dei posti sul sostegno, e, infine, dall'assenza di risorse adeguate in materia di sicurezza degli edifici scolastici, che assicurino sia la verifica della piena conformità alle vigenti disposizioni in materia di edilizia e alle norme tecniche antisismiche, non impediscano l'adeguato sviluppo del sistema scolastico;
    ad assicurare la previsione di una quota premiale aggiuntiva ai finanziamenti ordinari, con riferimento al FFO e al FOE, impedendo altresì la distribuzione dei finanziamenti secondo il calcolo del costo standard per Ateneo, adottando urgenti misure per la corretta applicazione della no tax area per i contributi universitari garantendo livelli di tassazione adeguati per le fasce non comprese dal beneficio, nonché l'assunzione di personale docente attraverso il sistema di chiamata diretta. Si richiedono stanziamenti adeguati in favore degli Enti di ricerca pubblici, per lo sviluppo del sistema della ricerca e il contenimento del precariato. Concrete misure si richiedono, infine, nel settore culturale, con risorse adeguate a sviluppare un settore fondamentale per la crescita del Paese, garantendo, inoltre, l'assunzione di provvedimenti che, in materia di federalismo demaniale culturale, assicurino per i beni di interesse storico artistico la presenza del vincolo di destinazione d'uso, ivi compreso il divieto di alienazione di tali beni a soggetti privati;
   in materia di sanità e affari sociali:
    a garantire, già nella prossima legge di bilancio, le risorse adeguate ad aumentare il livello di finanziamento del fondo sanitario nazionale recuperando gli stanziamenti tagliati in precedenza rispetto agli importi indicati nel Patto della salute 2014, assicurando quindi che l'incidenza della spesa sanitaria sul PIL sia collocata ad un livello accettabile tale da garantire il principio universalistico della tutela della salute e soprattutto così da assicurare l'effettiva esigibilità dei LEA; a garantire al SSN le risorse umane di cui necessita, provvedendo allo sblocco del turnover, all'attuazione delle procedure di mobilità interregionale del personale sanitario in relazione alle piante organiche e attivando le procedure concorsuali straordinarie in tutte le regioni come previsto nella legge di stabilità 2016 e nel rispetto della direttiva europea – recepita con legge 30 ottobre 2014, n. 161, entrata in vigore dal 25 Novembre 2014 ed ancora inapplicata – che ha imposto all'Italia di adeguare l'orario di lavoro anche del personale sanitario;
    ad intervenire affinché siano aumentate le risorse sia del Fondo nazionale per le politiche sociali e sia del Fondo per le non autosufficienze, al fine, tra l'altro, di portare a termine le relative azioni in forte ritardo rispetto al piano programmato dell'utilizzo dei medesimi;
    a garantire le risorse necessarie alla piena attuazione del piano nazionale antiviolenza per dare efficacia agli strumenti giuridico-legislativi attualmente previsti e dunque: la messa in sicurezza e il sostegno economico delle donne vittime di violenza, il finanziamento delle attività e la formazione permanente di tutti gli operatori che entrano in contatto con le vittime di violenza, la messa a punto delle reti antiviolenza territoriali, l'implementazione del previsto sistema integrato di raccolta ed elaborazione dei dati finalizzato alla banca dati nazionale, l'attività di prevenzione e contrasto a molestie e violenze nei luoghi di lavoro;
   in materia energetica ed ambientale:
    ad aumentare il controllo del territorio, contrastare l'abusivismo edilizio con seri provvedimenti, abbandonando misure legislative premiali nei confronti degli autori degli abusi edilizi, dare adeguata attenzione non solo al rischio sismico, ma anche adeguate mappature delle criticità territoriali dove insistono rischi vulcanici, idrici, chimici e ambientali;
    a programmare un piano straordinario di investimenti nel settore idrico, che preveda l'aumento del Fondo per le Risorse Idriche di almeno 500 milioni di euro annui, e che abbia la finalità di dare certezze e produrre un'accelerazione degli investimenti previsti e di indirizzarli prevalentemente verso la ristrutturazione della rete idrica, con l'obiettivo di ridurre le perdite di rete, e verso le nuove opere, in particolare del sistema di depurazione e di fognatura;
    ad investire maggiori risorse, a razionalizzare e monitorare con trasparenza ed efficacia, quanto previsto nei Patti per il Sud in cui sono previsti fondi e accordi di programma sul tema delle infrastrutture idriche;
    a fermare la «controriforma» sui parchi che sembra rispondere soprattutto all'esigenza di indebolire la tutela delle aree protette, destinando invece maggiori risorse agli enti parco e alla politiche sulla biodiversità;
    ad investire maggiori risorse sulle forme di mobilità dolce e sostenibile, con l'obiettivo di dare un ulteriore contributo ad una politica finalizzata alla valorizzazione del patrimonio ambientale, storico e culturale del Paese, garantendo altresì la rapida approvazione delle proposte di legge che vanno in questa direzione;
    a dare seguito a quanto indicato nel «Catalogo dei sussidi ambientalmente dannosi e favorevoli», pubblicato in attuazione della legge sulla green economy e l'efficienza delle risorse (n. 221/2015), prevedendo una graduale soppressione dei sussidi e degli incentivi pubblici, diretti e indiretti, alle fonti fossili, per favorire la transizione verso un sistema fiscale ecologico e un modello di economia sostenibile;
    a promuovere una conversione ecologica del sistema produttivo italiano, attraverso nuove misure di sostegno in favore del consolidamento delle vere fonti energetiche rinnovabili e dell'efficienza energetica, attraverso la definizione di una tassazione delle esternalità ambientali e sanitari la cui base imponibile dovrà essere gradualmente ampliata fino a comprendere gli impatti sanitari associati all'utilizzo delle fonti energetiche;
    a definire le misure necessarie a garantire che la cessazione dell'uso del carbone in Italia sia accompagnata esclusivamente da un incremento della produzione di energia da fonti rinnovabili e da misure di contenimento della domanda di energia;
    a dare precisa attuazione a quanto previsto dal decreto legislativo 4 luglio 2014, n. 102, elaborando una strategia per la riqualificazione energetica del parco immobiliare nazionale in grado di sostenere economicamente la trasformazione degli edifici esistenti in edifici a energia quasi zero, sia per la parte pubblica che per quella privata, attivando le necessarie dotazioni finanziarie anche a garanzia dell'intervento;
    ad assumere, in linea con quanto sta avvenendo nel resto dell'Unione europea, ogni utile iniziativa volta a vietare, entro il 2030, la commercializzazione di autoveicoli con motori alimentati a diesel e benzina di origine fossile, prevedendo nel periodo transitorio un obbligo in capo ai costruttori/importatori di quote crescenti di immatricolazione di autoveicoli/motoveicoli elettrici, ibridi e alimentati a idrogeno, al fine di contribuire concretamente al conseguimento degli obiettivi contenuti nell'accordo di Parigi;
   in materia di trasporti:
    a rivedere il programma di fusione tra Anas S.p.a. e il gruppo Ferrovie dello Stato al fine di evitare suddetta operazione;
    ad incrementare le risorse destinate al trasporto pubblico locale rivedendo il meccanismo disincentivante nei confronti degli enti che non dovessero scegliere di ricorrere alla gara nell'affidamento dei servizi di trasporto e a rivedere il sistema di erogazione delle risorse di cui al Fondo nazionale per il concorso finanziario dello Stato agli oneri del trasporto pubblico locale prevedendo uno stanziamento diretto in favore delle città metropolitane, al fine di favorire immediatezza nella disponibilità di suddette risorse;
   in materia di agricoltura:
    ad esentare dal pagamento dell'IMU i terreni agricoli concessi in affitto e/o in comodato a coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali il cui contratto di locazione e/o comodato abbia durata di almeno 5 anni;
    ad adottare urgentemente un sistema strutturato di ammortizzatori sociali per il settore della pesca;
   in materia di difesa e sicurezza:
    a razionalizzare l'organizzazione per la tutela forestale, ambientale e agroalimentare improvvidamente messa in discussione dall'accorpamento nell'Arma dei Carabinieri del Corpo Forestale dello Stato;
    a ridimensionare, ottenendo per questa via un notevole risparmio per il Bilancio dello Stato, i programmi di riarmo dell'Italia a cominciare dal taglio del progetto di acquisizione di ulteriori cacciabombardieri F-35.
(6-00352) «Castelli, Caso, Cariello, Sorial, Brugnerotto, D'Incà, Colletti».


   La Camera,
   premesso che:
    il Governo sottolinea la maggior crescita attuale (1,5 per cento contro l'1,1 per cento), la leggera diminuzione del debito pubblico (131,6 per cento) e del deficit che scende dal 2,1 per cento all'1,6 per cento del Pil (ma non all'1,2 per cento come previsto). La revisione al rialzo della crescita non corrisponde ad un aumento della produttività, dei salari, del mercato interno, ed è dovuta sostanzialmente alla favorevole congiuntura internazionale che facilità le nostre esportazioni, ai bassi tassi di interesse sul nostro debito pubblico (l'attuale debolezza dei tassi di interesse ha garantito all'Italia, dal 2012 a oggi, risparmi per oltre 15 miliardi, quasi l'1 per cento del Pil), al cambio favorevole dell'euro ed al quantitative easing messo in campo dalla BCE;
    la revisione al rialzo della previsione di crescita del Pil reale per il 2017 (+0,4 per cento) si accompagna ad una revisione al ribasso della crescita del Pil nominale (il dato che è determinante per la finanza pubblica) al 2,1 per cento (-0,2 per cento), a fronte di una crescita del deflatore al di sotto delle attese (0,6 per cento a fronte dell'1,2 per cento previsto nel DEF); tanto più appaiono irrealistiche le previsioni per gli anni 2018, 2019 e 2020 di un deflatore del PIL pari rispettivamente a 1,8 per cento per il prossimo biennio e 1,7 per cento per il 2020;
    ma questi sono i dati di una ripresa ciclica non consolidata nelle componenti della domanda, e mediocre, sia in assoluto sia nel confronto internazionale. Soprattutto, mediocre rispetto a un crollo che dai picchi ciclici trimestrali di dieci anni fa che si commisura negli scarti negativi seguenti: -6,8 per cento il Pil; -4,2 per cento i consumi privati; -27 per cento gli investimenti; -21,4 per cento la produzione industriale; -2 per cento l'occupazione; +7,1 per cento le esportazioni (ma al di sotto della crescita del commercio mondiale trainata da USA e Cina);
    non si può affermare che la crisi sia stata superata, tutt'altro. In Italia, nonostante la ripresa dell'ultimo biennio, il livello del Pil in volume è ancora inferiore di oltre il 7 per cento rispetto al picco di inizio 2008; in Spagna il recupero è quasi completo mentre Francia e Germania, che nel 2011 avevano già recuperato i livelli di attività pre-crisi, segnano progressi pari rispettivamente a oltre il 4 e quasi l'8 per cento;
    gli investimenti hanno seguito una dinamica simile e ora sono attestati intorno al 19 per cento del Pil, con un livello che è pari al 75 per cento di quello pre-crisi e nettamente inferiore alla media europea. Di converso, i tassi di profitto (come quota sul valore aggiunto) delle imprese non finanziarie in Italia risultano superiori alle media europea e dopo il calo registrato nel triennio 2009-2012 ora si trovano in ripresa (dal 41 per cento al 42 per cento);
    la domanda interna è troppo depressa per mancanza di reddito per essere appetibile per un miglioramento delle aspettative interne. E di fatto gli investimenti languono (+ 0,1 per cento). Non è un caso che se l’export cresce, le vendite al dettaglio vedono una contrazione dello 0,2 per cento su base mensile (luglio 2017) e dello 0,4 per cento su base annua. Questi dati sono dovuti al basso costo del lavoro che consente una maggiore competitività a bassi prezzi ma di qualità peggiore verso l'estero;
   da questo incremento dell'export sono esclusi i settori a più alto valore aggiunto. In Italia, biotecnologie, nanotecnologie, industrie del corpo umano, telecomunicazioni, digitale, neuroscienze, trasporto avanzato, informatica 4.0, sono settori che non esistono e se esistono svolgono solo un ruolo subordinato, da subfornitura etero-diretta, a vantaggio di imprese e profitti;
    ancor meno può usarsi la parola «crescita». Farlo è puro analfabetismo economico. Si ha crescita quando la progressione del prodotto, oltre a essere tendenziale (non ciclica), più che da un maggiore impiego del lavoro e delle altre risorse già disponibili ma sotto-utilizzate, scaturisce principalmente da intensificata accumulazione di capitale (al netto del deterioramento fisico e della obsolescenza tecnica dello stock), unita a ricerca, innovazione, progresso tecnico. Non è purtroppo questo il caso dell'economia italiana oggi, nonostante la ripresina in atto, la produttività langue su bassi livelli. Lo stock netto di capitale flette. Il prodotto orario del lavoro è diminuito sia nel 2015 che nel 2016;
    non stupisce quindi che, sebbene l'ultima rilevazione dell'Istat abbia messo in evidenza che gli occupati a luglio di quest'anno, pari a poco più di 23 milioni di unità, sono tornati allo stesso livello del 2008, il monte ore lavorate, invece, è diminuito di oltre 1,1 miliardi (-5 per cento). Se a parità di occupati sono diminuite le ore lavorate, rispetto al 2008, significa che i lavoratori a tempo pieno sono scesi e, viceversa, sono aumentati quelli a tempo parziale (contratti a termine, part-time involontario, lavoro intermittente, somministrazione, e altro);
   rilevato come:
    il Jobs Act non ha avuto effetti occupazionali reali e stabili dichiarati, mentre esso ha avuto l'effetto di aumentare la precarietà e la ricattabilità del lavoro. Anche l'aumento della domanda di lavoro, spesso sottolineata, è stata, in realtà, illusoria. Infatti, il mercato si è espanso, ma la domanda di lavoro è transitata principalmente verso i contratti a termine, effetto della cancellazione – contenuta proprio nel Jobs Act – delle clausole di sussistenza delle ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo a giustificare il ricorso al tempo determinato. Nella valutazione dell'effettivo numero dei disoccupati devono essere compresi anche gli scoraggiati. Tale categoria contabilmente incide in negativo sulle forze lavoro effettive con l'effetto di diminuire il tasso di disoccupazione. Se si considerano le forze lavoro potenziali, i dati descrivono un quadro assai differente. L'Italia è il paese europeo dove il numero di lavoratori autonomi è fra i più alti d'Europa (più del 22,6 per cento), i giovani fra 15 e 24 anni che non hanno e non cercano lavoro (i cosiddetti Neet) toccano il record Ue del 19,9 per cento (la media europea è 11,5 per cento), la differenza fra uomini e donne che lavorano è al 20,1 per cento, e il numero di persone che vivono in condizioni di povertà estrema (11,9 per cento) è aumentato fra 2015 e 2016, unico caso in Ue con Estonia e Romania;
    se si considerano gli scoraggiati e i sottoccupati, il tasso di disoccupazione italiano risulta il più alto d'Europa, superiore a quello della Grecia e della Spagna. Abbiamo 3 milioni di disoccupati che salgono a 5 se consideriamo gli inattivi scoraggiati nella ricerca di un'occupazione;
    gli occupati si concentrano nella fascia di età dai 50 ai 64 anni in seguito all'elevamento dell'età pensionabile. Rispetto a giugno 2016 gli occupati over 50 sono cresciuti del 4,3 per cento mentre calano quelli in tutte le altre fasce di età. I più penalizzati sono le donne ed i giovani. Nel giugno 2007 il tasso di occupazione del segmento del lavoro giovanile dai 25 ai 34 anni era pari al 70,4 per cento. Oggi siamo al 60 per cento. La disoccupazione giovanile (per la fascia 15-24 anni) è del 35,4 per cento, mentre è pari al 16,7 per cento nell'eurozona;
    peggiora anche la già scarsa qualità dell'occupazione. Non solo per la precarietà dei lavori. Rispetto all'Unione europea a 15, l'Italia presenta un tasso di occupazione inferiore di quasi 10 punti percentuali, ma oltre 8 punti sono dovuti alla fascia di lavori ad alta qualificazione. Le ridotte dimensioni delle imprese e scarsi investimenti in ricerca e sviluppo sono i motivi dal lato della domanda di lavoro cui si ricorre per spiegare questo deficit. Da quello dell'offerta va aggiunto il basso livello di istruzione della forza lavoro;
    la scarsa capacità di creare occupazione altamente qualificata si deve anche alla scarsa domanda di lavoro da parte di tre settori connotati da una forte presenza di professioni intellettuali e tecniche. Sono settori dove in Italia, come negli altri paesi europei, è forte la presenza pubblica, poiché si tratta della pubblica amministrazione, dell'istruzione e della sanità;
    in una fase in cui la potenziale violenza dei fenomeni di compromissione o distruzione dell'ambiente naturale ha prodotto situazioni incredibilmente drammatiche nel nostro territorio, ci si sarebbe dovuti aspettare dai Governi in carica una propensione del tutto diversa alla tutela dell'ambiente. La crisi avrebbe potuto aprire, infatti, ad un radicale ripensamento del modello di sviluppo, una riconversione ecologica in grado di prospettare la questione ambientale quale elemento chiave per il futuro del nostro Paese e di tutto il pianeta. Invece si è agito in tutt'altra direzione;
    i provvedimenti da citare in tal senso sono moltissimi: il vergognoso Sblocca Italia con cui sono stati rafforzati modelli di sviluppo che dovrebbero essere superati da decenni, affiancato dall'eterna demagogia che contrappone il diritto al lavoro con il diritto all'ambiente e alla salute con cui è stata condotta la campagna contro il Referendum sulle trivellazioni; gli infiniti decreti sull'ILVA; il ritardo nell'approvare l'accordo della COP21 che già da sé presentava molti limiti e debolezze e che, proprio per questo, necessitava di impegni ambiziosi da parte dei singoli Stati; una Strategia Energetica Nazionale che galleggia da anni nelle aule ministeriali senza essere in grado di costituire la spinta ai necessari processi di decarbonizzazione; lo svuotamento degli incentivi alle rinnovabili; il ritorno degli inceneritori quale strumento determinante della politica dei rifiuti; la pessima riforma della Direttiva sulla Via cui il Governo ha contribuito; l'assorbimento del Corpo forestale dello Stato, principalmente, nell'Arma dei Carabinieri, un processo che ha prodotto la militarizzazione di un presidio fondamentale per il nostro territorio con conseguenze evidenti, già quest'estate, nella gestione degli incendi; il continuo attacco alla tutela della natura, manifestato attraverso la pessima proposta di riforma delle Legge sulle aree protette che sembra voler convertire i parchi in strumenti della politica locale – snaturando il senso della Legge – (le nomine di presidenti e direttori, legate a logiche politiche e interessi locali, potranno aprire a inquietanti prospettive sull'ingresso di cacciatori nei parchi; per non parlare delle royalties una tantum per cui se paghi, puoi inquinare) e dal Piano di conservazione per il Lupo. L'unica nota positiva è risultata l'introduzione degli eco-reati nel codice penale, frutto dell'impegno decennale di associazioni e cittadini;
    anche sul consumo di suolo l'impegno dei Governi è stato pressoché nullo, nonostante il nostro Paese sia tra i più urbanizzati d'Europa, con un suolo con copertura artificiale pari al 7,4 per cento contro una media UE del 4,1 per cento. Da novembre 2015 a maggio 2016, nonostante la crisi economica ne abbia rallentato la velocità, l'Italia ha consumato quasi 30 ettari di suolo al giorno, per un totale di 5 mila ettari di territorio. L'Ispra, in base agli scenari di trasformazione del territorio italiano al 2050 che ha ipotizzato, prevede che «Nel migliore dei casi (interventi normativi significativi e azioni conseguenti che possano portare a una progressiva e lineare riduzione della velocità di cambiamento dell'uso del suolo), di una perdita di ulteriori 1.635 km2, di 3.270 km2 in caso si mantenesse la bassa velocità di consumo dettata dalla crisi economica e di 8.326 km2 nel caso in cui la ripresa economica riportasse la velocità al valore di 8 m2 al secondo registrato negli ultimi decenni»;
   considerato che:
    a fine legislatura occorre anche fare un bilancio critico, oltre che delle misure di contrasto della disoccupazione e di mancata tutela dell'ambiente, anche dell'insieme della politica economico-finanziaria dei Governi Renzi e Gentiloni. Alcuni altri dati sulla situazione del nostro Paese sono anch'essi indicativi. In questi anni si sono prodotti:
     un forte aumento della povertà assoluta (1.619.000 famiglie pari a 4.742.000 persone) e della povertà relativa (2.734.000 famiglie, pari a 8.465.000 persone) (dati Istat 2016);
     una decisa compressione del diritto alla salute, con 12 milioni di persone che hanno dovuto rinunciare alle cure e 13 milioni di persone che hanno avuto forti difficoltà a potersi pagare le spese sanitarie (7o Rapporto Censis 2017);
     un aumento dell'abbandono scolastico precoce (15 per cento, dati Commissione Europea 2016);
    questi dati, oltre a quelli sull'occupazione e sull'ambiente, non sorprendono se si considera che:
     il rapporto tra spesa sanitaria e Pil che diminuirà dal 6,6 per cento del 2017 (era del 6,7 per cento nel DEF di aprile) al 6,5 per cento nel 2018, al 6,4 nel 2019, per poi precipitare al 6,3 per cento nel 2019. Si scende ben oltre la soglia del 6,5 per cento fissata dall'Organizzazione mondiale della sanità, sotto la quale, oltre la qualità dell'assistenza e delle cure, si riduce anche l'aspettativa di vita delle persone;
     quello delle spese militari è l'unico settore che non subisce tagli, neanche in tempo di crisi. La spesa militare 2017 è prevista in 23,3 miliardi (1,4 per cento del PIL), in aumento rispetto al 2016 e soprattutto rispetto al 2006 (+21 per cento);
     non è stata considerata neppure l'ipotesi di prorogare – a fronte di un'età pensionabile che è la più alta d'Europa – la possibilità, almeno per le donne, di andare anticipatamente in pensione a condizione di accettare il passaggio dal sistema retributivo a quello contributivo (come previsto dalla legge 243/2004, cosiddetto regime «Opzione Donna») In questo modo si intenderebbe infatti riconoscere il valore del lavoro di cura, casalingo e della maternità, certamente interamente a carico delle donne che si trovano attualmente in età pensionabile, ai fini dell'accesso anticipato al trattamento pensionistico;
     la Presidenza italiana dell'Unione europea poteva essere l'occasione per porre formalmente in discussione la politica di austerità, ma si è preferito ottenere per il nostro Paese una maggiore flessibilità di bilancio per finanziare la politica dei bonus a fini elettorali;
     per l'economia, i Governi Renzi e Gentiloni si sono ispirati a una politica dell'offerta: riforme strutturali (ad iniziare da quella del mercato del lavoro), riduzione delle imposte, tagli alla spesa pubblica, maggiore libertà all'azione privata e riduzione dei vincoli amministrativi. Il risultato inevitabile è stato quello di sprecare ingenti risorse (decine di miliardi) con l'obiettivo di rilanciare il consumo delle famiglie che invece è rimasto stagnante e di aumentare i profitti delle imprese nella speranza che esse avrebbero aumentato gli investimenti, cosa che in carenza di domanda non poteva accadere;
     gli investimenti pubblici sono crollati in termini nominali del 30 per cento dall'inizio della crisi, al 2,2 per cento del Pil, il tasso più basso degli ultimi 25 anni. Le stime per il 2016 confermano un ulteriore calo delle spese in conto capitale delle PA, del 6,6 per cento a prezzi costanti, rispetto all'anno precedente: nonostante fosse attivo l'accordo sulla «flessibilità degli investimenti» concordato con la Commissione europea. Mentre per i Comuni la spesa per investimenti è calata nel 2016 di oltre il 13 per cento, e dal 2008 ad oggi ha accumulato un – 47 per cento;
     al Sud sono venute a mancare negli ultimi anni, tanto la spesa ordinaria in conto capitale (dimezzata rispetto ai livelli pre-crisi), quanto la spesa della politica nazionale di coesione territoriale. La spesa per interventi nazionali finalizzati allo sviluppo del Mezzogiorno è progressivamente scesa dallo 0,85 per cento degli anni ’70 fino allo 0,15 per cento del 2011-2015;
     il programma di investimenti annunciato dal Governo prevede risorse per un ammontare pari a 100 miliardi da qui al 2032 (6,6 miliardi in media l'anno), ma con la maggior parte degli stanziamenti collocati a fine periodo;
     anche la gestione delle crisi bancarie è stata pessima con l'utilizzo di notevoli risorse pubbliche e danni per i piccoli risparmiatori;
     la politica industriale si è basata soprattutto su un consistente insieme di misure di detassazione e incentivazione fiscale a pioggia, sicuramente molto gradito alle imprese, ma non in grado di indirizzare il Paese verso un nuovo assetto industriale. Con Industria 4.0, il Governo ha sostenuto gli investimenti in tecnologia ma ha trascurato i fattori di contesto, le infrastrutture necessarie, la riforma dei sistemi scolastici e universitari, i sistemi regolatori del lavoro, l'adeguamento del welfare nonché le istituzioni che presidiano il mercato del lavoro, la riqualificazione professionale, le connesse transizioni occupazionali, nonché il ruolo del pubblico per lo sviluppo nel nostro Paese della quarta rivoluzione industriale. Inoltre, la digitalizzazione della PA stenta a decollare e non si vede un disegno unitario;
     rimane il problema di un'evasione fiscale di massa, mentre le sanzioni, già modeste, sono state ulteriormente ridotte. Sono state varate diverse misure di condono fiscale, l'amministrazione finanziaria è stata delegittimata e indebolita, si è rinunciato alla revisione del catasto dei fabbricati, si è eliminato l'imposizione patrimoniale sulle case d'abitazione anche di lusso. Molte sono state le norme a favore delle imprese, mentre si è svuotata l'autonomia impositiva di regioni ed enti locali;
     riguardo alle migrazioni, il Governo, dopo la vergognosa campagna contro le Ong e con le misure messe in opera dal Ministro Minniti, ha fatto prevalere l'aspetto repressivo sulle politiche dell'accoglienza e dell'integrazione;
    si tratta dunque di una politica che ha sprecato 5 anni mentre una altra politica era possibile anche nei limiti delle norme capestro del Trattato di Maastricht e del Fiscal compact. Ad esempio, il NENS nel 2015 aveva simulato gli effetti di una diversa strategia di politica economica basata sul riassorbimento progressivo delle clausole di salvaguardia, su una efficace politica di contrasto all'evasione con il contestuale utilizzo dei proventi per misure di riduzione dell'Irpef e dei contributi sociali e di sostegno delle situazioni di povertà, e utilizzando tutte le altre risorse disponibili, incluse quelle derivanti dalla flessibilità europea, per spese di investimento ad elevato moltiplicatore. Le direzioni cui avrebbe portato una strategia alternativa sono inequivocabili e di rilievo: nel periodo 2015-18 il PIL sarebbe cresciuto di (almeno) il 6% invece che del 3,8% implicito nelle manovre governative considerando i risultati acquisiti nel 2015 e quelli previsti nei documenti governativi per i tre anni successivi (e probabilmente sovrastimati); l'indebitamento pubblico per il 2017 si sarebbe collocato sull'1,6 per cento invece del 2,3-2,4 per cento oggi previsto; il debito pubblico sarebbe sceso al 130,2 per cento del PIL, 2,5 punti in meno della stima del Governo. Inoltre ci sarebbero stati effetti positivi sull'occupazione, le aspettative e il clima di fiducia generale nei confronti della nostra economia sia in Italia che all'estero;
   osservato che:
    la Nota di aggiornamento, fissa allo 0,3 per cento del Pil il taglio del deficit strutturale previsto per il 2018, contro lo 0,6 per cento chiesto da Bruxelles e lo 0,8 per cento indicato dal DEF dello scorso aprile. Il Governo con la presentazione di una Relazione al Parlamento, ai sensi dell'articolo 6, comma 54 della legge n. 243 del 2012, chiede la deroga dal percorso di avvicinamento verso l’«obiettivo di medio periodo» (il pareggio di bilancio), una richiesta peraltro non motivata da scelte di spesa convincenti. Si tratta della quinta volta che ciò accade dal 2013;
    l'ennesima richiesta di deroga ha un che di surreale, avendo il Parlamento praticamente all'unanimità nella scorsa legislatura approvato una modifica dell'articolo 81 della nostra costituzione che costituzionalizzava per l'appunto il pareggio di bilancio;
    non condivide l'utilizzo proposto per le risorse rese disponibili da questa maggiore flessibilità di bilancio (la moltiplicazione di inutili bonus e decontribuzioni a favore delle imprese). Serve una politica di investimenti pubblici dedicata alla conversione ecologica del nostro sistema produttivo, a rimediare al dissesto idro-geologico del nostro Paese, alla messa in sicurezza anti-sismica, dando lavoro qualificato a centinaia di migliaia di giovani;
    a fine 2017, il Fiscal Compact, potrebbe essere inserito a pieno titolo nell'ordinamento europeo, divenendo giuridicamente superiore alla legislazione nazionale e rendendo irreversibili le politiche d'austerità. Questo pericolo può essere fermato: il nostro Paese deve gettare tutto il suo peso nella riforma del Fiscal Compact e farsi promotore di una ulteriore fase di condivisione di politiche nell'ambito dell'Unione, laddove gli egoismi nazionali, rappresentanti dai governi nel Consiglio, trovino un adeguato contrappeso nelle esigenze dell'Unione e dei cittadini tutti, rappresentati dal Parlamento;
   ritenuto che:
    la Nota di aggiornamento del DEF 2017 risulta sostanzialmente vacua e indeterminata su molti punti, tanto che i Servizi del bilancio di Camera e Senato hanno dovuto chiedere ulteriori chiarimenti al Tesoro sulle ricadute finanziarie nel prossimo triennio delle misure fissate, seppure solo per grandi linee, dal Governo in merito all'occupazione giovanile, alla lotta alla povertà ed al sostegno agli investimenti. La manovra illustrata prevedendo comunque una correzione dello 0,3 per cento del deficit tendenziale in termini strutturali delinea una manovra di bilancio recessiva per il 2018;
    la manovra che il Governo proporrà al Parlamento sarà una legge di bilancio complessiva intorno ai 20 miliardi, di cui 15,6 destinati a cancellare gli aumenti Iva (la manovra correttiva di primavera ha limato di circa 4 miliardi il costo delle clausole), e gli altri divisi più o meno a metà tra rifinanziamento dei contratti per il pubblico impiego e misure per la crescita. L'impianto poggia su 9 miliardi circa di deficit aggiuntivo, e interventi orientati per il 30 per cento a tagli di spesa e per il resto ad aumenti di entrata. Gli altri miliardi necessari (5-6,6 miliardi) per completare tale sterilizzazione arriveranno dalle risorse che dovrà recuperare il Governo (contrasto all'evasione; spending review);
    compiuta la sterilizzazione delle clausole di salvaguardia rimangono pochissime risorse (4-4,5 miliardi) per interventi di tipo espansivo, che saranno spese per i rinnovi dei contratti nel pubblico impiego (e per un «pacchetto forze dell'ordine»), la copertura delle spese cosiddette indifferibili ed a beneficio delle imprese per la decontribuzione delle assunzioni dei giovani fino ai 29 anni. Imprese le quali hanno beneficiato, nei tre anni precedenti, di una somma pari a 18 miliardi di euro con il l'unico risultato di incrementare l'occupazione precaria;
    alla manovra viene assegnato il compito di accompagnare l'espansione dell'economia, con un effetto che il Governo calcola in tre decimali di crescita aggiuntiva rispetto all'1,2 per cento a politiche invariate; obiettivo da raggiungere, appunto, anche grazie alla cancellazione degli aumenti Iva da 15,7 miliardi delle clausole di salvaguardia. Questa crescita ipotizzata (ma non si tiene in debito conto gli aspetti recessivi della manovra stessa) dovrebbe, secondo il Governo, aiutare anche a contenere l'indebitamento netto; nei programmi 2018 il deficit si attesta all'1,6 per cento, e quindi uno-due decimali più basso delle attese, confermando comunque la correzione «europea», cioè quella strutturale al netto delle una tantum e degli effetti del ciclo economico, da 0,3 per cento del Pil contro lo 0,8 per cento previsto ad aprile;
    il percorso verso il pareggio di bilancio si fa più lungo: l'appuntamento slitta di un altro anno, al 2020, quando un mini-deficit programmato a due decimali di Pil permetterebbe all'Italia di mostrare un pareggio sostanziale (le regole Ue permettono uno scostamento da 0,25 per cento). Anche il saldo primario, cioè la differenza fra entrate e uscite al netto degli interessi, resta caratterizzato da una dinamica più morbida: quest'anno è all'1,7 per cento del Pil, e nel 2018 punta al 2,5 per cento;
    si conferma un piccolo arretramento del peso del debito sul Pil nel 2017 (131,6 per cento, contro il 132 per cento del 2016 secondo i calcoli aggiornati dall'Istat). L'incrocio fra crescita e deficit mette in calendario una discesa più pronunciata nel 2018 (130 per cento) e nel 2019 (127,1 per cento). Anche questo cambio di marcia strutturale del rapporto fra debito e Pil, è alimentato prima di tutto dalla crescita, accompagnata da previsioni di entrata dalle privatizzazioni (0,2 per cento del Pil quest'anno, 0,3 per cento nei prossimi tre);
    gli scenari macroeconomici descritti dalla Nota di aggiornamento del DEF prevedono una crescita del +1,5 per cento non solo per il 2017 (che gode di un'inattesa ripresa del commercio mondiale), ma anche per il 2018 e 2019. Ma l'aumento del commercio internazionale del biennio rimane inchiodato sotto il 4 per cento (dunque in calo rispetto al 2017), il prezzo del petrolio è dato in leggera crescita e il cambio euro-dollaro è dato in salita. Se l'estero non trascinerà le esportazioni, per il 2018-19 bisogna sperare in una ripartenza più decisa della domanda interna. Ma qui l'unica voce trainante è quella degli investimenti. E infatti – secondo il Governo – dovrebbero accelerare sia le spese in macchinari che beneficerebbero degli incentivi del piano Industria 4.0 (da rinnovare), sia gli acquisti di case che dovrebbero crescere con maggiore lena. Aspettarsi una crescita del Pil permanentemente all'1,5 per cento (come anche il ritorno della crescita del Pil nominale al +3 per cento) appare dunque per ora un auspicio più che un'aspettativa razionale. Dello stesso avviso è anche l'Ufficio parlamentare del Bilancio il quale segnala la presenza di significativi fattori di rischio per gli anni 2019 e 2020;
   valutato che:
    all'interno della Vo sezione della Nota, il Miur passa in rassegna le misure, anche normative, adottate negli ultimi sei mesi nell'ambito delle azioni strategiche del PNR 2017 intraprese nel settore dell'istruzione e della formazione, dando particolare risalto agli otto decreti legislativi attuativi delle deleghe previste dalla c.d. Buona scuola ed ad un decreto ministeriale che amplia la sperimentazione (peraltro già in atto) di una riduzione del percorso della scuola secondaria superiore a soli quattro anni (cosiddetto liceo breve) ed intesa a favorire il passaggio dal mondo della scuola e della formazione a quello del lavoro;
    con gli otto decreti legislativi si è intervenuto in un contesto già fortemente caotico ed incerto nel quale, ormai da decenni, si sono stratificati una serie di provvedimenti privi di una visione sistemica in grado di mettere ordine nell'intreccio di norme, graduatorie e percorsi di specializzazione sviluppatisi nel tempo, senza però risolvere la condizione di coloro che da anni, oramai, ed a costo di pesantissimi sacrifici, hanno consentito il corretto funzionamento della scuola pubblica, ma non hanno ancora visto riconosciuta, con l'abilitazione o l'immissione a ruolo, la professionalità acquisita sul campo;
    con il decreto sul cosiddetto liceo breve il Governo ha invece disvelato la sua concezione poverissima dell'istruzione pubblica e della sua missione, introducendo un'innovazione ordinamentale senza una visione della scuola alta, attenta ai bisogni reali degli studenti e alle priorità dell'inclusione e del superamento delle disuguaglianze, obiettivi fondamentali del sistema di istruzione. L'intervento sulla durata dei cicli che il Governo ha dato prova di voler sperimentare, senza un progetto nazionale di riferimento che ne individui le finalità educativo-didattiche, e senza alcun confronto con la comunità scientifica e le organizzazioni sindacali, rivela piuttosto la volontà, malcelata da un presunto ingresso anticipato nel mondo del lavoro e smentita dai dati sull'occupazione, di realizzare una significativa riduzione della spesa pubblica capace solo di impoverire drasticamente la qualità dell'offerta formativa del sistema scolastico pubblico, e danneggiare le fasce più deboli della popolazione scolastica. L'idea sarebbe, infatti, quella di convogliare nel percorso sperimentale un’élite di circa duemila alunni che non potranno mai rappresentare il livello standard degli studenti italiani e forniranno dati in uscita sicuramente eccellenti, ma significativamente non rapportabili, anche statisticamente, al resto della popolazione scolastica italiana. Inoltre la rinuncia a un più alto livello di sapere e di acculturazione non sarebbe bilanciata dal vantaggio di trovarsi in posizione competitiva rispetto alle possibilità d'impiego;
    sulla stessa lunghezza d'onda sembra muoversi anche il tanto «sbandierato» Piano Nazionale Scuola Digitale che intende rilanciare e sviluppare ulteriormente una didattica, di carattere sostanzialmente ingegneristico, impostata in modo esclusivo sulla tecnologia digitale, quale strumento non solo più congeniale per la comunicazione del sapere, bensì paradigma cognitivo che deve piegare alla sua logica la trasmissione di qualsiasi contenuto disciplinare. Secondo una nuova narrativa che sembra voler fortemente legare la scuola al mercato e l'educazione all'impresa, superflue sembrano risultare al Governo le conoscenze di carattere culturale che fino a poco tempo fa erano considerate fondamentali per integrare positivamente la personalità del discente nel contesto della società civile, in quanto non immediatamente applicabili alla realtà produttiva;
    da oltre un decennio gli interventi normativi relativi all'istruzione ed all'università hanno avuto come unico fattore denominatore la logica della riduzione dei costi e del pareggio di bilancio, attuata con tagli indiscriminati alle risorse, sia umane che economiche, e con una quota di finanziamenti complessivi erogati pari all'1,1 per cento del PIL, contro il 2 per cento destinato in media dagli altri Paesi europei: un dato che ci colloca agli ultimi posti della classifica OCSE e capace di evocare lo spettro di una strisciante desertificazione culturale, scientifica e tecnologica;
    la scelta trasversale degli ultimi Governi di trascurare l'investimento in formazione superiore ha fatto sì che i fondi destinati dallo Stato al riconoscimento delle borse di studio siano sempre insufficienti a garantire la copertura totale degli idonei e che il diritto allo studio pesi ormai per oltre il 42 per cento sulle spalle degli studenti stessi che vi provvedono tramite la tassa regionale per il diritto allo studio, diventandone così essi stessi i principali finanziatori. Se si guarda, infatti, al decennio che va dal 2002 al 2012 si scopre che, a fronte di un numero quasi costante di studenti dichiarati idonei alla borsa di studio, una larga parte di essi, oltre 25.000, a causa della carenza di fondi è stata confinata nel limbo degli idonei che non l'hanno percepita, andando così ad allargare la platea dei cosiddetti «idonei non beneficiari», ossia di coloro che, pur soddisfacendo i requisiti di accesso sanciti dal bando dell'ufficio regionale competente, non ricevono alcuna borsa a causa dell'insufficienza delle risorse;
    la Nota di aggiornamento al Def 2017 non sembra invertire la suddetta rotta, quanto piuttosto promuovere un modello sociale che rischia di esacerbare le disuguaglianze e di annullare ogni opportunità di autodeterminazione dei soggetti impegnati in percorsi di alta formazione;
    in ambito universitario, per l'effetto combinato della riduzione dei finanziamenti, dei blocchi del turnover e dei concorsi, e dell'abbassamento dell'età di pensionamento, negli ultimi sette anni si è verificato un crollo verticale del numero di docenti in servizio, pari a meno 30 per cento per gli ordinari, e meno 17 per cento per gli associati, superiore alla contemporanea modesta riduzione del numero degli studenti. A questo si aggiungano gli effetti derivanti dal graduale esaurimento della cosiddetta terza fascia prevista dalla normativa vigente;
    numerose analisi dimostrano che in assenza di interventi normativi che sblocchino l'attuale limite al turn-over previsto dall'attuale regime per le assunzioni delle università statali, si assisterà da un'ulteriore pesante contrazione del corpo docente che comporterà nel 2018 il dimezzamento del numero dei professori ordinari in servizio, rispetto a quello del 2008. Effetti analoghi si avranno sempre nel 2018, nell'ipotesi in cui nel frattempo non si proceda ad alcuna nuova assunzione o promozione dei professori associati, con una sensibile riduzione degli stessi pari al 27 per cento rispetto a quelli in servizio nel 2008. L'attuale normativa, infatti, prevede che nel 2016 risulti spendibile per il reclutamento il 60 per cento del turnover, per poi passare all'80 per cento nel 2017 e solo a partire dal 2018 a stabilizzarsi al 100 per cento;
   tenuto conto che:
    una circolare del Ministro dell'interno del 1o settembre 2017 prevede l'istituzione di una Cabina di regia in materia di occupazioni arbitrarie di immobili, e che in tale sede si provvederà anche ad una ricognizione dei beni immobili privati e delle Pubbliche Amministrazioni inutilizzati, compresi quelli sequestrati e confiscati. Sulla base di tale mappatura verrà proposto un piano per l'effettivo utilizzo e riuso a fini abitativi;
   alla luce delle premesse,

impegna il Governo:

   ad attuare, per far cambiare rotta al nostro Paese, una politica della domanda – a partire da un significativo programma di investimenti pubblici – per uscire dalla recessione, una spesa pubblica e una tassazione riqualificata, un'ampia redistribuzione del reddito a favore delle classi meno abbienti, una riconversione ecologica del che cosa e come si produce, mettendo il lavoro al primo posto;
   per quanto riguarda il rilancio degli investimenti pubblici in un'ottica di riconversione ecologica dell'economia:
    a cambiare rotta e utilizzare un punto di Pil rispetto al programmatico definito nella Nota di aggiornamento presentata dal Governo, per fare politiche pubbliche di investimento finanziando un programma pluriennale di sicurezza anti-sismica e la promozione di un'economia a basse emissioni in linea con gli obiettivi di COP21, di cui 8 miliardi di euro da investire per un programma straordinario di mille piccole opere per la messa in sicurezza del territorio, delle zone sismiche, delle scuole, per la rigenerazione urbana in collaborazione con il sistema delle autonomie locali: 5 mila cantieri per interventi sul territorio per l'ambiente, le scuole da mettere in sicurezza – a partire da quelle nelle zone sismiche e dall'eliminazione dell'amianto stimolando le sostituzioni delle coperture con tetti fotovoltaici – le energie rinnovabili, le infrastrutture sociali (1.500 nuovi asili nido); ad avviare un Programma per la mobilità sostenibile con una dotazione annuale adeguata, nel triennio, 2018-2020 per il rinnovo e l'aumento della dotazione dei treni destinati alle tratte dei pendolari nonché di autobus urbani e extraurbani, utilizzati in particolare da lavoratori e studenti pendolari;
    a riservare il 45 per cento degli investimenti pubblici al Mezzogiorno (ripristino della «Clausola Ciampi»);
    ad adottare un piano per il contenimento e il successivo azzeramento del consumo di suolo, incentivando la riqualificazione e il riutilizzo di edifici abbandonati, la rigenerazione urbana, che sia in grado di superare il blocco in cui galleggia la relativa legge, ormai svuotata del suo principale obiettivo;
    ad utilizzare le risorse derivanti dalla riallocazione dei sussidi dannosi di cui al «Catalogo dei sussidi dannosi e dei sussidi favorevoli» del Ministero dell'Ambiente ai fini dell'operatività effettiva dell'accordo COP 21 di Parigi e per l'attuazione dell'Agenda 2030 dell'ONU per uno sviluppo sostenibile, anche definendo, con un apposito provvedimento normativo, le modalità per la riallocazione sostenibile dei sussidi dannosi all'ambiente, ai fini della fase di transizione;
    a valorizzare l'industria della trasformazione agricola per la riunificazione e l'accorciamento delle filiere, nonché il riutilizzo e/o la riconversione di intere aree industriali dismesse, l'insediamento di produzioni ad alto contenuto innovativo, la riconversione ecologica delle produzioni industriali a forte impatto ambientale come l'Ilva di Taranto, valutando al contempo di definire in tempi brevi un piano triennale per il lavoro per il Mezzogiorno nell'ambito di un programma di interventi urgenti ai fini ecologici e sociali finalizzata all'assunzione di lavoratori da parte di amministrazioni pubbliche e aziende private;
    a dotare l'Italia di precisi obiettivi scadenzati per escludere definitivamente le fonti fossili dal modello di sviluppo, raggiungendo la neutralità emissiva al massimo nel 2050, ed elaborando in tal senso una fiscalità ambientale volta alla riduzione e alla successiva eliminazione dei succitati sussidi alle fonti fossili;
    ad approvare la Strategia energetica nazionale (SEN), ancora in fase di consultazione, mettendola in linea con i necessari percorsi di decarbonizzazione e prevedendo misure di sostegno all'espansione delle fonti rinnovabili a un ritmo almeno triplo rispetto a quello degli ultimi anni, provvedendo altresì all'abrogazione delle disposizioni normative che configurano procedure ambientalmente inadeguate, come grossa parte delle disposizioni del pluricitato decreto Sblocca Italia;
    ad adottare definitivamente il Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici, anch'esso ancora in fase di consultazione, impegnando le necessarie risorse per una reale riconversione ecologica dell'economia, in particolare per ciò che concerne la lotta al cambiamento climatico e alle sue catastrofiche conseguenze in materia di dissesto idrogeologico, siccità e incendi; ad assicurare una maggiore partecipazione di cittadini e ONG in tutte le fasi dei processi decisionali in materia di ambiente, dalla fase progettuale a quella di realizzazione;
    a finanziare adeguatamente il sistema delle aree protette, principale serbatoio di biodiversità del nostro Paese e fondamentale contributo alla mitigazione dell'inquinamento e del clima;
    a procedere alla costituzione di un vero corpo Polizia ambientale in grado di recepire il patrimonio di competenze ed esperienza che era del Corpo Forestale dello Stato, il cui scioglimento sta già creando enormi problematiche nel presidio dei territori;
    a elaborare un efficace Piano nazionale degli invasi in grado di produrre una migliore gestione delle acque, riducendo inoltre le dispersioni e gli sprechi che tanto danneggiano il bene più prezioso del pianeta;
    a predisporre un'adeguata strategia fiscale con l'obiettivo di contrastare l'abbandono dell'agricoltura nelle aree interne e svantaggiate, incentivando i cittadini a prendersi cura del proprio territorio anche attraverso attività economiche come l'agricoltura;
    ad utilizzare per attuare una efficace politica di investimenti pubblici, la Cassa Depositi e Prestiti – l'ultima banca controllata dallo Stato – che gestisce in Italia i fondi EFSI del Piano Juncker per nuove infrastrutture. Tali investimenti potrebbero essere estesi finanziando per diversi miliardi di euro un programma di «piccole opere» e di investimenti pubblici per gli enti locali e i servizi sociali, restando fuori dal bilancio dello Stato. Sarebbe necessario tornare a una Cassa senza le banche private come azionisti e profondamente cambiata nei suoi meccanismi di gestione rispetto a oggi, facendone una holding delle partecipazioni pubbliche nelle imprese del paese, protagonista della politica industriale e degli investimenti;
   per cambiare le regole europee:
    a chiedere una modifica del Fiscal compact che vada nella direzione di una golden rule relativa a spese di investimento anche nazionali e le spese per Ricerca & Sviluppo e innovazione escludendo le spese militari;
    a evitare l'istituzione di un Ministro del Tesoro europeo che non sia adeguatamente responsabile di fronte al Parlamento, in una logica di pieno rispetto e valorizzazione del circuito democratico;
    a promuovere l'adozione di nuove direttive per il raccordo delle normative fiscali nazionali, soprattutto per quanto riguarda l'IVA, al fine di recuperare il Gap di evasione attuale, altissimo per l'Italia, pari a 35 miliardi e per scongiurare i meccanismi di elusione;
   a proporre:
    che l'Eurozona si doti di un piano di investimenti pubblici destinato a interventi medio-piccoli, attivabili rapidamente e modulabili in modo coerente con le esigenze del ciclo economico, come progetti di riqualificazione e ripristino del territorio, delle periferie urbane, della sostituzione di edifici sismicamente insicuri ed energivori con edifici sicuri e «verdi»;
    di congelare gli accordi di libero scambio Ceta (con il Canada), Ttip (con gli Usa), Epa (con il Giappone), per tutelare la base produttiva europea e lo spazio per l'intervento pubblico e le politiche economiche;
    di introdurre: una Tobin tax incisiva che assicuri un gettito rilevante e limiti in modo drastico le speculazioni finanziarie, la Web tax, ed un'imposta unica a livello europeo sul reddito delle imprese, in modo da evitare che alcuni paesi si comportino come paradisi fiscali interni alla Unione europea;
    un'integrazione in campo militare solo in una prospettiva di disarmo nucleare e convenzionale e di riduzione delle spese militari in tutti i Paesi europei;
    a ridurre per quanto concerne il nostro Paese la spesa complessiva per la difesa almeno del 10 per cento pari a 2, 3 miliardi di euro; ad un graduale ma concreto disimpegno negli impegni nella Nato al fine di ridurre drasticamente le spese militari dirette ed indirette; all'uscita reale dagli impegni sin qui assunti sugli F35 e sulle fregate FREMM;
    ad assumere le opportune iniziative normative al fine di cancellare le modifiche agli articoli 81,97 e 119 della Costituzione, apportate dalla legge costituzionale n. 1 del 2012, al fine di eliminare il principio dell’«equilibrio di bilancio» e di garantire la salvaguardia dei diritti fondamentali, come richiesto dalla nostra Corte costituzionale;
    a prevedere che le stime del BES – sui dati ISTAT – siano elaborate da un istituto indipendente, sul modello e la natura dell'Ufficio Parlamentare di Bilancio, che non sia influenzabile dall'esecutivo di turno al fine di evitare omissioni, manipolazioni e strumentalizzazioni;
   per quanto concerne Industria 4.0:
    ad assicurare nuovi investimenti pubblici a sostegno della riuscita del progetto, innanzitutto infrastrutture strategiche, e in particolare le dotazioni immateriali (software e competenza), risorse per la ricerca e lo sviluppo, innovazione nella P.A. e incentivi «selettivi» che perseguano primariamente la realizzazione contestuale di uno sviluppo industriale secondo i paradigmi della Green Economy e l'investimento nell'agricoltura di precisione;
    ad assicurare che Industria 4.0 sia affiancato a Lavoro 4.0, come chiedono unanimemente i sindacati italiani. Non solo gli aspetti di innovazione tecnologica devono divenire centrali ma i temi della formazione e delle competenze, quello degli orari, della loro gestione, di una diversa redistribuzione e di nuove possibilità di riduzione, anche per fronteggiare efficacemente i rischi di disoccupazione tecnologica;
   per quanto concerne le privatizzazioni:
    ad evitare ulteriori privatizzazioni dirette o indirette (via Cassa Depositi e Prestiti) di asset pubblici per fare cassa, comunque irrilevanti ai fini della sostenibilità del nostro debito pubblico, ed a finalizzare, in ogni caso, i relativi proventi agli investimenti pubblici piuttosto che alla riduzione del debito;
   per quanto riguarda i diritti di cittadinanza:
    a valutare la possibilità nella sua autonomia, di porre la fiducia sulla proposta di legge in materia di Ius soli per farla approvare entro la fine di questa legislatura;
   per quanto riguarda il lavoro:
    a finanziare un piano straordinario del lavoro per centinaia di migliaia nuovi posti di lavoro per un Green New Deal collegato alla realizzazione di 5 mila cantieri pubblici per le piccole opere e alla riconversione ecologica (quali la rigenerazione delle periferie, l'efficienza energetica degli immobili, l'innovazione tecnologica, la cura e la valorizzazione del paesaggio e dei beni culturali, pranzi bio nelle scuole e negli ospedali, ecc...) ed anche attraverso una serie di misure specifiche come: lo sblocco delle assunzioni delle pubbliche amministrazioni a partire dei settori della ricerca, dell'università, del sistema formativo, dei vigili del fuoco, partendo dalla stabilizzazione di 1.000 unità facenti capo alla categoria dei Vigili del Fuoco precari, con «l'imponibile di manodopera» sugli appalti pubblici, un piano speciale per il lavoro di cittadinanza di 50 mila giovani nei servizi sociali del welfare locale, il sostegno ai contratti di solidarietà espansiva per ridurre l'orario di lavoro ed aumentare l'occupazione;
    invertire la rotta imboccata con il Jobs Act favorendo l'occupazione stabile con misure che agiscano come leve per la creazione di nuovi posti di lavoro, come proposto da Sinistra Italiana-Possibile con il programma Green New Deal, e ripristinando la tutela reale in caso di licenziamento illegittimo dei lavoratori, approvando un Nuovo Statuto dei Lavoratori anche tenendo conto delle proposte contenute nella proposta di legge d'iniziativa popolare promossa dalla Cgil;
    a contrastare la precarietà bloccando tutte quelle forme di stage, tirocini, che di fatto sono coperture per lavori non pagati o sottopagati, regolando i lavori della gig economy attraverso l'introduzione di tutele per i lavoratori, rivedendo la disciplina dei contratti a termine per frenare il loro dilagare e sanzionare le imprese che alla fine degli incentivi licenziano il lavoratore; stabilendo un salario orario minimo a sostegno della contrattazione collettiva e determinato in maniera congrua in modo da non permettere che nessuno sia pagato meno della metà del salario orario medio risultato tale dalle osservazioni periodiche dell'ISTAT;
    a perseguire, quali fattori di sviluppo economico e sociale, strutturali scelte politiche e industriali che permettano ai giovani laureati e ai ricercatori di restare a lavorare in Italia e che siano in grado di attrarre giovani con queste caratteristiche dall'estero, almeno in numero sufficiente a compensare gli italiani che vanno via;
    nel settore degli ammortizzatori sociali, ad intervenire con provvedimenti mirati in quanto il perdurare della crisi economica, fa avvertire l'insufficienza di un unico strumento, quale la NASpI, che non appare in grado di coprire tutte le situazioni di criticità cui, nel passato, facevano fronte anche gli ammortizzatori sociali in deroga e l'istituto della mobilità, ed a prendere le opportune misure al fine di consentire a quei disoccupati che hanno beneficiato degli ammortizzatori sociali nel 2016 di poter percepire altre misure di sostegno a partire dal 2017;
    a rivedere le disposizioni che hanno reso oneroso e difficoltoso l'accesso alla giustizia nelle procedure giudiziarie concernenti il diritto del lavoro;
    a potenziare gli organici di INPS, Inail ed ex Direzioni Territoriali del Lavoro per quanto concerne le ispezioni sui luoghi di lavoro, ovvero dotando l'organico dell'Ispettorato Nazionale del Lavoro del numero necessario di personale dedicato all'attività ispettiva ma contemporaneamente risolvendo l'ambiguità dell'INL medesimo, sinora mera contorsione burocratica che non ha semplificato e ha mantenuto distinte le tre strutture, senza una reale unificazione informativa e senza una effettiva direzione unitaria;
   per quanto concerne l'istruzione, la formazione e la ricerca:
    a ritirare il decreto ministeriale sulla sperimentazione dei percorsi quadriennali di istruzione secondaria di secondo grado varato nell'agosto del 2017, abbandonando esigenze di puro «allineamento» ad altri Paesi europei che potrebbero solo produrre una pericolosa frattura con bisogni e tradizioni della cultura italiana, sia scientifica sia umanistica;
    a proseguire il percorso già intrapreso del programma nazionale per la ricerca 2015-2020 e ad assumere iniziative per elevare, in prospettiva, l'attuale spesa per investimenti in ricerca e sviluppo ad un livello pari al 3 per cento del prodotto interno lordo, anche al fine di accrescere i livelli di occupazione e benessere sociale del nostro Paese, e per adeguare nell'immediato i finanziamenti al sistema pubblico di formazione e ricerca alla media dei Paesi OCSE, del 2,2 per cento, ripristinando i fondi PRIN (progetti di rilevante interesse nazionale) e FIRB (fondo per gli investimenti della ricerca di base);
    a prevedere un piano straordinario triennale di assunzioni negli Enti Pubblici di Ricerca di ricercatori e tecnologi a tempo indeterminato valutando l'opportunità di dare priorità a chi ha prestato servizio con qualsiasi tipo di contratto per più di 36 mesi anche non continuativi e relativi stanziamenti;
    ad introdurre una riforma del sistema universitario che preveda il superamento del test di ammissione, in quanto l'accesso agli studi universitari deve essere pienamente libero, ed a prevedere l'assunzione dei docenti necessari a coprire i nuovi fabbisogni derivanti dalle immatricolazioni conseguenti all'abolizione del numero chiuso, in modo da ridare prospettiva al sistema universitario e alla formazione dei cittadini nel suo complesso;
    ad assumere iniziative per sospendere dal 2017, in ambito universitario, il meccanismo di contingentamento delle assunzioni, eliminando dalla normativa ogni limitazione del turnover, al fine di assicurare il ricambio generazionale per tutte le figure del mondo universitario e della ricerca pubblica;
    ad assumere iniziative per definire un percorso post-dottorato, che recepisca quanto stabilito dalla Carta europea dei ricercatori ed a individuare, nell'ambito di un percorso di valorizzazione delle risorse umane nel settore dell'Università e Ricerca, strategie per l'assunzione in ruolo di ricercatori a tempo determinato sia di tipo A che di tipo B in possesso di abilitazione scientifica nazionale, in coerenza con il dettato costituzionale, dare priorità a chi ha prestato servizio per più di 36 mesi anche non continuativi;
    ad avviare nella scuola un piano pluriennale di assunzioni a tempo indeterminato di docenti e ATA a partire da un piano straordinario di stabilizzazioni capace di contrastare il fenomeno del precariato storico e di evitarne la sua ricostituzione, che garantisca un costante equilibrio tra immissioni dalle graduatorie e nuovo reclutamento. È necessario, oltre che procedere con urgenza all'assunzione a tempo indeterminato del personale Docente ed Ata, sia sui posti vacanti che per il turn over, superare il blocco delle supplenze in sostituzione del personale amministrativo tecnico e ausiliario assente e provvedere ai distinti bandi di concorso per DSGA ordinario e riservato, dato che ci sono ad oggi 1.476 posti vacanti;
    a definire un sistema di welfare studentesco nazionale che garantisca l'effettiva rimozione degli ostacoli di natura economica per gli studenti capaci e meritevoli, consentendo loro di accedere e completare i corsi di studio universitario e ad avviare un regime sperimentale che riconosca il reddito di formazione a tutti quegli studenti che vivono in condizioni economiche particolarmente disagiate;
    a prevedere un adeguato incremento delle risorse a disposizione del Fondo per il diritto allo studio pari almeno a 200 milioni di euro a decorrere dal 2018, al fine di rendere effettivo su tutto il territorio nazionale il diritto allo studio universitario;
    ad adottare un piano straordinario di finanziamenti strutturali per il diritto allo studio al fine di raggiungere la copertura totale dei fondi destinati alle borse di studio da erogare a tutti gli idonei e risolvere definitivamente il diffuso ed inaccettabile fenomeno degli idonei non vincitori di borsa;
   per quanto riguarda la politica fiscale:
    a continuare nel processo di razionalizzazione della spesa pubblica a fini di risparmio, riducendo in particolare le spese militari e per i sistemi d'arma, per le grandi opere, le agevolazioni perverse alle imprese, ma riprendendo le assunzioni (soprattutto qualificate) nel settore pubblico;
    a ridurre le tasse alle famiglie e alle imprese che oggi le pagano correttamente, e non ridurre la pressione fiscale complessiva, dati i vincoli di bilancio esistenti, il che implica la necessità di recuperare evasione da destinare alla riduzione delle imposte con le proposte avanzate dal NENS (come la fatturazione elettronica), di cui il Governo ha accolte le meno incisive, reintroducendo anche il reato di falso in bilancio e l'elenco clienti-fornitori;
    ad abbandonare una politica fiscale che tra bonus vari, incentivi, detassazioni settoriali o mirate, ecc. insegue le pressioni delle lobby e distrugge ogni logica di coerenza del sistema fiscale;
    a modificare la propria politica fiscale, facendo emergere le diverse capacità economiche dei contribuenti, per sostenere lo sviluppo e redistribuire il reddito, contrastando l'evasione fiscale ed il lavoro sommerso, attraverso:
     l'introduzione di un'imposta sui grandi patrimoni e la rimodulazione delle aliquote dell'imposta sulle successioni e donazioni;
     l'allargamento della base imponibile dell'imposta sulle transazioni finanziarie (cosiddetta Tobin tax), estendendola alle azioni, alle obbligazioni (tra cui i Titoli di Stato scambiati sul mercato secondario) ed a tutti gli strumenti derivati;
     l'introduzione nell'ordinamento giuridico della cosiddetta web-tax;
     l'accentuazione della progressività fiscale dell'IRPEF con la previsione di un'ulteriore aliquota per lo scaglione di redditi oltre i 100.000 euro;
     l'assoggettamento alla TASI degli immobili di pregio adibiti ad abitazione principale;
     l'abolizione del regime fiscale di favore per attrarre capitali stranieri (cosiddetta flat tax);
     l'inasprimento delle pene attualmente previste per il reato di falso in bilancio;
     la conclusione dell’iter di revisione delle rendite catastali;
     a stabilire il limite dei pagamenti in contanti a 500 euro e stimolare i pagamenti cashless riducendo le commissioni per le carte di debito e le carte di credito rispettivamente a 0,10 per cento e 0,15 per cento, ex articoli 3 e 4 del Regolamento UE n. 751/2015;
   per quanto concerne il contrasto alla povertà:
    a prevedere uno stanziamento complessivo a regime non inferiore ai 7 miliardi di euro per finanziare in maniera adeguata il reddito di inclusione come unico strumento vigente a carattere strutturale, efficace di contrasto alla povertà sia assoluta che relativa e di reinserimento nella società, allo scopo di affrontare strategicamente la povertà e la disoccupazione, auspicando una ricalibrazione delle politiche attive, volte a valorizzare la professionalità del lavoratore, dando così luogo a un vero e proprio reddito minimo garantito;
   per quanto concerne il settore previdenziale:
    prevedere interventi per ristabilire la solidarietà interna al sistema pensionistico, mediante il principio della flessibilità di accesso alla pensione di vecchiaia, riportando l'anzianità contributiva richiesta a 40 anni, tenendo conto che la spesa pensionistica per ogni singolo soggetto non muta all'interno del regime contributivo; introdurre meccanismi di solidarietà e garanzia per tutti i percorsi lavorativi, al fine di eliminare le diseguaglianze derivanti dal rapporto intercorrente tra l'età media attesa di vita e quella dei singoli settori di attività; eliminare le diseguaglianze e le conseguenze negative delle riforme pensionistiche degli ultimi anni sulle donne tenendo conto del lavoro di cura, casalingo e della maternità; introdurre meccanismi di rafforzamento dei percorsi contributivi dei lavoratori discontinui; aumentare la concorrenza nel settore della previdenza integrativa, istituendo una forma di previdenza complementare pubblica presso INPS;
   per quanto concerne il diritto alla salute:
    ad assumere le necessarie misure per garantire l'effettiva universalità del Servizio sanitario nazionale al fine di raggiungere l'obiettivo di una spesa sanitaria al 7 per cento di incidenza sul PIL in particolare attraverso il finanziamento dei Livelli Essenziali di Assistenza del Fondo per la non autosufficienza, l'eliminazione del super-ticket, la riduzione delle liste di attesa, avviando il superamento del blocco del turn over nel comparto sanitario; individuando risorse adeguate a garantire il rinnovo dei contratti e per la stabilizzazione dei precari;
    attuare un contrasto efficace alla corruzione e agli sprechi nel comparto sanitario destinando le maggiori risorse: ai farmaci innovativi, alla cura delle malattie croniche, all'aumento delle risorse per la non autosufficienza, alla garanzia dell'applicazione uniforme su tutto il territorio nazionale della legge n. 194 in materia di interruzione volontaria di gravidanza;
   per quanto concerne le politiche abitative:
    ad assumere misure finanziarie efficaci in materia di politiche abitative per l'incremento dell'offerta di alloggi di edilizia residenziale pubblica anche prevedendo l'istituzione di un apposito fondo presso la Cassa depositi e prestiti per il sostegno di programmi da parte dei Comuni al recupero di immobili pubblici inutilizzati del demanio civile e militare ai fini di edilizia residenziale pubblica da destinare alle famiglie collocate nelle graduatorie comunali per l'accesso ad alloggi a canone sociale e per famiglie con sfratto eseguito o da eseguire per morosità incolpevole;
    a rifinanziare il fondo contributo affitto di cui all'articolo 11 della legge 9 dicembre 1998 n. 431, e ad incrementare il fondo per la morosità incolpevole;
    a implementare la cabina di regia istituita dalla Circolare 1o settembre 2017 del Ministro dell'interno, prevedendo la partecipazione dei rappresentanti dei Ministeri delle infrastrutture trasporti e dell'economia e delle finanze, nonché dell'Agenzia del demanio, dell'associazione degli enti gestori di edilizia residenziale pubblica «Federcasa» e dei sindacati inquilini, affinché il piano, ivi previsto, per l'effettivo utilizzo e riuso a fini abitativi, che dovrà tener conto anche delle necessarie risorse finanziarie, possa essere attivato con la partecipazione di tutti i soggetti interessati;
    ad adottare un piano di smaltimento dei non performing loans degli istituti di credito che si basi sull'acquisizione da parte di un fondo pubblico dei crediti deteriorati con garanzia reale, al fine di destinare ad uso sociale gli immobili sottostanti;
   per quanto concerne le politiche migratorie:
    a sostenere, in sede europea, la riforma del Regolamento di Dublino;
    a reintrodurre per i richiedenti asilo il diritto ad un ricorso effettivo, ed a abbandonare nei fatti l'approccio repressivo al fenomeno ed a chiudere i centri hotspot ove si consuma una sistematica violazione dei diritti umani delle persone migranti;
    a procedere ad una ampia e organica revisione delle strategie dei flussi migratori, con la rivisitazione delle norme del testo unico sull'immigrazione che impediscono un ordinato programma di regolarizzazione ed inserimento controllato dei migranti ed a prevedere vie legali alla migrazione anche di origine economica o climatica;
    ad instaurare, parallelamente, una cooperazione mirata e rafforzata con i Paesi di origine e transito dei flussi, che preveda un piano di investimenti non finalizzati a rafforzare le milizie e le Forze di polizia e militari locali per fronteggiare, invece, le cause di fondo del fenomeno, la ricerca di condizioni di vita dignitose, della sicurezza, di uno sviluppo sostenibile.
(6-00353) «Marcon, Pastorino, Fratoianni, Pellegrino, Paglia, Fassina, Airaudo, Brignone, Civati, Costantino, Daniele Farina, Giancarlo Giordano, Gregori, Andrea Maestri, Palazzotto, Pannarale, Placido».


   La Camera,
   premesso che:
    la nota di aggiornamento del documento di economia e finanza 2017 (articoli 7, comma 2, lettera b), e 10-bis della legge 31 dicembre 2009, n. 196) non introduce nessun nuovo elemento strategico rispetto al documento economico finanziario 2017;
    Documento economico Finanziario 2017 avrebbe dovuto proporre una visione d'insieme strategica al fine di traguardare obiettivi precisi e definiti che perseguano principi costituzionali di fondamentale importanza come la coesione economica, sociale, e infrastrutturale;
    nel documento di aggiornamento all'esame risultano carenti le analisi sui divari e sulle politiche di coesione e riequilibrio confermando discriminazioni strutturali e infrastrutturali che causano gravi ricadute economiche sul sistema Paese;
    risultano carenti e non strategiche le proposte sulle politiche di sviluppo del Mezzogiorno;
    assume un rilievo particolare la questione insulare, legata ai divari infrastrutturali e le politiche dello Stato verso le aree gravate da tale gap strutturale permanente;
    l'articolo 22 (Perequazione infrastrutturale) della legge n. 42 del 2009 dispone quanto segue: «In sede di prima applicazione, il Ministro dell'economia e delle finanze, d'intesa con il Ministro per le riforme per il federalismo, il Ministro per la semplificazione normativa, il Ministro per i rapporti con le regioni e gli altri Ministri competenti per materia, predispone una ricognizione degli interventi infrastrutturali, sulla base delle norme vigenti, riguardanti le strutture sanitarie, assistenziali, scolastiche nonché la rete stradale, autostradale e ferroviaria, la rete fognaria, la rete idrica, elettrica e di trasporto e distribuzione del gas, le strutture portuali ed aeroportuali. La ricognizione è effettuata tenendo conto, in particolare, dei seguenti elementi:
     g) specificità insulare con definizione di parametri oggettivi relativi alla misurazione degli effetti conseguenti al divario di sviluppo economico derivante dall'insularità, anche con riguardo all'entità delle risorse per gli interventi speciali di cui all'articolo 119, quinto comma, della Costituzione».
    L'articolo 3 della Costituzione italiana dispone: «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali:
     è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e la uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese»;
    è indispensabile, per questo motivo, un modello di analisi che consenta di ridefinire il fabbisogno e di conseguenza porre (e basi per una diversa valutazione del rapporto tra esigenze di infrastrutturazione e fabbisogni gli attuali criteri di distribuzione delle risorse disponibili;
    il primo elemento di valutazione deve essere quello relativo agli indicatori e alla loro definizione;
    dalla lettura e dall'analisi degli indicatori si giunge alla definizione di indici parametrici;
    nel caso delle infrastrutture di trasporto, un indicatore in grado di misurare in maniera soddisfacente la dotazione infrastrutturale di una realtà territoriale come la Sardegna deve necessariamente tenere conto non solo degli aspetti quantitativi (come ad esempio la lunghezza complessiva della rete viaria e la sua tipologia, o il numero di snodi ferroviari), ma anche degli aspetti qualitativi e prestazionali legati alla qualità della rete, all'orografia del territorio e alla tipologia del reticolo di trasporto. In questo modo è possibile ipotizzare e selezionare alcuni indicatori di tipo nuovo in grado di condurre alla costruzione di specifici indici;
    al fine di compiere analisi e definire puntuali azioni da inserire nel documento economico e finanziario è indispensabile predisporre un sistema di indicatori di dotazione infrastrutturale definito a seguito di un opportuno processo di media, che assuma come riferimento «indici di accessibilità» definiti a livello territoriale;
    in attesa di definire con apposite norme l'individuazione di tali indici sono sufficienti a comprendere il divario insulare che grava sulla Sardegna quelli messi a disposizione dall'atlante infrastrutturale (CNEL e Istituto Tagliacarne), dal quale emergono dati di comparazione assolutamente emblematici dell'assenza di coesione e unità nazionale;
    per quanto riguarda le reti energetiche, l'indice è di 100 per l'Italia; di 64,54 per il Mezzogiorno; di 35,22 per la Sardegna;
    per quanto riguarda le reti stradali, l'indice è di 100 per l'Italia; di 87,10 per il Mezzogiorno; di 45,59 per la Sardegna;
    per quanto riguarda le reti ferroviarie, l'indice è di 100 per l'Italia; di 87,81 per il Mezzogiorno; di 15,06 per la Sardegna;
    per quanto riguarda le infrastrutture economico-sociali, l'indice è di 100 per l'Italia; di 84,45 per il Mezzogiorno; di 66,16 per la Sardegna;
    a questi indici infrastrutturali di dotazione si aggiungono le analisi compiute dal centro ricerche economiche, sociologiche e di mercato (CRESME) relativamente alle risorse finanziarie pro capite e territoriali stanziate negli ultimi dieci anni relativamente alle infrastrutture, contenute nel rapporto predisposto a seguito della deliberazione dell'ufficio di presidenza dell'VIII Commissione (Ambiente, territorio e lavori pubblici) della Camera dei deputati;
    nell'analisi che si propone, prescindendo da ulteriori articolazioni e interdipendenze, come per esempio il divario conseguente all'insularità, sono stati presi in esame due parametri oggettivi, quali quello territoriale (spesa per chilometro quadrato) e quello demografico (spesa pro capite);
    con riferimento allo stanziamento per chilometro quadrato, il primo parametro preso in esame è quello della superficie territoriale dal quale emerge che il valore medio nazionale del costo dell'intero programma risulta pari a circa 1.190.000 euro per chilometro quadrato;
    nove sono le regioni con valori superiori a questa media nazionale: innanzitutto la Liguria, che sfiora i 4 milioni a chilometro quadrato, seguita dalla Calabria, con 3 milioni. Tra il milione e i due milioni si attestano alcune regioni più grandi, nell'ordine la Lombardia, il Veneto, la Sicilia e la Campania. Seguono tra le altre il Molise, il Friuli e il Piemonte. Leggermente al di sotto della media il Lazio. Ultime della graduatoria risultano la Sardegna con 237.000 euro per chilometro quadrato e le Marche con 225.000 euro per chilometro quadrato;
    i dati elaborati sull'intero programma di infrastrutture strategiche, il cui valore complessivo è attualmente pari a 358 miliardi di euro, in base ad una ripartizione sul parametro territoriale, fanno emergere la seguente graduatoria regionale – monitoraggio aprile 2010 – (euro per chilometro quadrato): Liguria 3.884.719 euro/chilometro quadrato; Calabria 3.074.912 euro/chilometro quadrato; Lombardia 1.646.189 euro/chilometro quadrato; Veneto 1.625.508 euro/chilometro quadrato; Sicilia 1.408.644 euro/chilometro quadrato; Campania 1379.566 euro/chilometro quadrato; Molise 1.302.502 euro/chilometro quadrato; Friuli Venezia Giulia 1.289.567 euro/chilometro quadrato; Piemonte 1.217.754 euro/chilometro quadrato; Lazio 1. 125.066 euro/chilometro quadrato; Emilia Romagna 1.069.755 euro/chilometro quadrato; Umbria 868.401 euro/chilometro quadrato; Basilicata 837.065 euro/chilometro quadrato; Abruzzo 767.266 euro/chilometro quadrato; Toscana 649.124 euro/chilometro quadrato; Puglia 448.032 euro/chilometro quadrato; Trentino Alto Adige 446.560 euro/chilometro quadrato; Valle d'Aosta 290.038 euro/chilometro quadrato; Sardegna 237.463 euro/chilometro quadrato; Marche 225.478 euro/chilometro quadrato;
    la rappresentazione economica del divario nella pianificazione infrastrutturale del Paese rende, ad avviso del firmatario del presente atto, il dato macroscopico tale da evidenziare una vera e propria emergenza nazionale sul piano della coesione economica ed infrastrutturale, minando i presupposti fondamentali della stessa Carta costituzionale in termini di coesione nazionale, eguaglianza tra cittadini e libertà;
    tale analisi assume una valenza ancor più significativa nel dato relativo al valore pro capite dell'investimento infrastrutturale nel nostro Paese;
    con riferimento allo stanziamento pro capite – dall'esame dello studio richiamato – il valore pro capite del costo dell'intero programma infrastrutturale ad oggi stimato è pari ad una media di circa 6.000 euro ad abitante se si considera l'intero costo, quindi compresa la quota non ripartibile a livello regionale (14.143 milioni di euro);
    il dato pro capite fa registrare la Calabria con circa 23.000 euro, il Molise con oltre 18.000 euro ad abitante, la Basilicata con 14.000 euro, la Liguria con 13.000 euro, il Friuli e l'Umbria con oltre 8.000 euro. Tra le regioni più grandi, al di sopra della media regionale si collocano; la Sicilia con oltre 7.000 euro; il Piemonte, con un importo leggermente inferiore (6.978 euro); il Veneto (oltre 6.000 euro). L'Emilia Romagna supera i 5.000 euro, la Lombardia registra un valore intorno ai 4.000 euro, come la Toscana, mentre Lazio e Campania si attestano sui 3.000 euro. La Sardegna si attesta sui 3.423 euro pro capite;
    il divario pro capite tra regioni è rappresentato dai seguenti dati (euro/persona): Calabria 23.085; Molise 18.018; Basilicata 14.165; Liguria 13.037; Friuli Venezia Giulia 8.231; Umbria 8.212; Valle d'Aosta 7.449; Sicilia 7.187; Piemonte 6.978; Veneto 6.119; Abruzzo 6.206; Trentino Alto Adige 5.965; Emilia Romagna 5.456; Lombardia 4.032; Toscana 4.025; Lazio 3.441; Sardegna 3.423; Campania 3.225; Puglia 2.127; Marche 1.393;
   i dati emersi configurano un gravissimo divario di trattamento tra regioni che anche escludendo opere interregionali o di interesse nazionale, costituisce un vero e proprio ulteriore limite alla coesione nazionale che si mira a superare con parametri oggettivi e obiettivi;
   la questione insulare è quella più rilevante;
   l'ordinamento costituzionale italiano, che ha eliminato l'originario, anche se pleonastico, richiamo alle «isole», non ha in alcun modo recepito l'evoluzione ordinamentale dell'Unione europea relativamente alla questione insulare;
   l'articolo 174 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFE), che costituisce la base giuridica per la politica di coesione economica e sociale dell'Unione, fa specifica menzione all'obiettivo di ridurre il ritardo delle regioni insulari. L'articolo 174 recita: Per promuovere uno sviluppo armonioso dell'insieme dell'Unione, questa sviluppa e prosegue la propria azione intesa a realizzare il rafforzamento della sua coesione economica, sociale e territoriale;
   in particolare l'Unione mira a ridurre il divario tra i livelli di Sviluppo delle varie regioni ed il ritardo delle regioni meno favorite;
   tra le regioni interessate, un'attenzione particolare è rivolta alle zone rurali, alle zone interessate da transizione industriale e alle regioni che presentano gravi e permanenti svantaggi naturali o demografici, quali le regioni più settentrionali con bassissima densità demografica e le regioni insulari, transfrontaliere e di montagna;
   al Trattato di Amsterdam è seguita la contestuale dichiarazione n. 30 sulle regioni insulari che definisce gli obblighi della comunità nei confronti delle regioni insulari, come sancito dall'articolo 174 del TFE. La Dichiarazione n. 30 prevede: «La Conferenza riconosce che le regioni insulari soffrono, a motivo della loro insularità, di svantaggi strutturali il cui perdurare ostacola il loro sviluppo economico e sociale. La Conferenza riconosce pertanto che la legislazione comunitaria deve tener conto di tali svantaggi e che possono essere adottate misure specifiche, se giustificate, a favore di queste regioni per integrarle maggiormente nel mercato interno a condizioni eque»;
   analogo richiamo è contenuto all'articolo 349 del TFE, dove si prescrive di adottare misure specifiche per le regioni interessate, tenendo conto delle loro caratteristiche e dei vincoli, compresa la loro «insularità»;
   l'articolo 170 del TFE si occupa delle reti trans-europee. Esso prevede che nello sviluppo di reti trans-europee l'Unione tiene conto in particolare della necessità di collegare alle regioni intercluse e periferiche alle regioni centrali dell'Unione;
   al fine di dare attuazione alle disposizioni contenute nei trattati europei la Commissione europea ha fatto predisporre, dal Consorzio Planistat Europe & Bradley Dunbar un rapporto finale riguardante l'analisi delle regioni insulari dell'Unione, dal quale emergono informazioni importanti circa l'esigenza di dotarsi di alcune precondizioni di base per aiutare le regioni insulari ad uscire dal loro isolamento;
   l'Eurostat ha classificato 286 territori insulari popolati da circa 10 milioni di abitanti, con una superficie di 100 mila chilometri quadrati (3 per cento della popolazione dell'Unione e 3,2 per cento della superficie totale);
   l'86 per cento di questa popolazione risiede nei Mediterraneo (53 per cento in Sicilia, la stessa che in Danimarca e Finlandia), 17 per cento in Sardegna, 8 per cento nelle Baleari, 5 per cento a Creta e 3 per cento in Corsica;
   la sola Italia conta il 78 per cento della popolazione totale con 31 isole (praticamente le più grandi) su 286, che aumenta al 95 per cento (con 123 isole) se si considera l'intero Mediterraneo;
   le analisi sulle strutture economiche delle regioni insulari fanno rilevare che le stesse sono basate su un unico o su un numero esiguo di settori di attività. I problemi principali collegati con l'insularità riguardano indicativamente;
   il costo elevato dei trasporti e delle comunicazioni, nonché la forte dipendenza da infrastrutture e sistemi di prestazione di servizi spesso insufficienti;
   il costo elevato per le imprese obbligate a immagazzinare le materie prime e altre merci in quantità maggiori (in media 2-3 mesi) per difendersi dai rischi di trasporto del clima e altro, che rende i loro fattori di produzione più cari del 20 per cento in media in rapporto alla concorrenza del Centro;
   lo scarso approvvigionamento e il costo elevato delle risorse idriche ed energetiche;
   la difficoltà di accesso a servizi come ad esempio l'istruzione, la sanità, l'aggiornamento, la comunicazione, l'informazione, le attività ricreative, l'amministrazione;
   l'emergere di problemi ambientali come l'inquinamento marino e costiero, l'inquinamento dovuto allo smaltimento di rifiuti solidi e liquidi, l'erosione e la desertificazione delle coste e del territorio in generale, l'esaurimento, la salinizzazione o l'inquinamento delle falde acquifere;
   la carenza di superfici utilizzabili e lo sfruttamento eccessivo o insufficiente delle località turistiche;
   la carenza di personale specializzato;
   la difficoltà di trattenere la popolazione, che impone di affrontare i problemi di diversificazione dell'economia locale, del carattere stagionale delle attività, della promozione di nuove attività produttive;
   tali problemi, dovuti alle piccole dimensioni delle isole, al loro isolamento naturale e alla lontananza rispetto ai centri europei e nazionali, determinano una ridotta competitività nelle imprese insulari e, in generale, una scarsa capacità di attrazione per l'insediamento permanente di individui, imprese e capitali;
   questi limiti, secondo il rapporto finale sui territori insulari, sono sintetizzabili in cinque grandi questioni;
   perifericità, trasporti, e accesso ai mercati;
   struttura economica;
   popolazione attiva e evoluzioni demografiche;
   accesso ai servizi pubblici quali le tecnologie dell'informazione e comunicazione, la salute e l'educazione;
   problemi ambientali e limitazione delle risorse naturali;
   occorre intraprendere la moderna frontiera della misurazione e compensazione dell'insularità;
   è evidente che l'insularità ha una ricaduta su gran parte degli indicatori economici e sociali e che quindi gli stessi devono essere individuati e con puntualità analizzati,

impegna il Governo:

   a prevedere, nell'ambito della programmazione economica e finanziaria risorse e progetti imprescindibili per l'attuazione dell'articolo 22 della legge n. 44 del 2009 sul federalismo fiscale, che pone come elemento oggetto di valutazione la compensazione del divario infrastrutturale ed economico sociale rispetto alla media nazionale con particolare riferimento alle regioni insulari;
   ad assumere iniziative per ridefinire i criteri di valutazione dei fabbisogni infrastrutturali collegandoli a modelli di sviluppo economico e sociale che tengano conto delle diverse specificità territoriali e ambientali in un determinato contesto politico-istituzionale;
   a promuovere un piano di rinascita per le regioni insulari, anche nell'ambito delle politiche di riequilibrio, che preveda:
    1) un regime fiscale autonomo delle regioni insulari teso ad abbattere i costi dell'insularità sulle produzioni;
    2) un regime speciale delle tariffe energetiche teso a riequilibrare il divario con la media europea del costo energetico per i cittadini e per le imprese;
    3) un regime contributivo europeo permanente che compensi il divario economico, sociale e infrastrutturale legato alla condizione geografica permanente dell'insularità;
    4) un regime permanente di agevolazioni e di oneri del servizio pubblico per quanto riguarda la continuità territoriale tra passeggeri e merci;
    5) l'imposizione, d'intesa con lo Stato e l'Unione europea, sul territorio regionale di un onere del servizio pubblico sulla vendita dei prodotti petroliferi ai residenti e agli operatori che svolgano la propria attività sul territorio della regione;
    6) l'esenzione di contingentamenti per le regioni insulari, considerata la limitatezza del territorio e delle potenzialità produttive dello stesso, relativi ad alcuni settori primari del settore agricolo e zootecnico sia per quanto riguarda le quantità produttive che per la realizzazione di superfici irrigue;
    7) l'inserimento delle regioni insulari nei progetti europei relativamente alle reti transeuropee energetiche;
    8) il riconoscimento alle regioni insulari delle condizioni permanenti di regione insulare al fine di compensare il divario economico, sociale e infrastrutturale e di predisporre con la regione una piattaforma strategica per il suo sviluppo;
    9) il finanziamento del piano di riequilibrio da parte dello Stato e dell'Unione europea con il concorso della regione anche attraverso risorse private;
    10) il finanziamento del piano con risorse dirette e attraverso il gettito fiscale ottenibile dall'attuazione della stessa;
    11) che il gettito della tassazione complessiva pertinente alla realizzazione della piattaforma sia destinato al finanziamento dell'intervento straordinario;
    12) che lo Stato e la regione Sardegna definiscano i regimi fiscali e contributivi da sottoporre all'Unione europea, compresa la realizzazione di una zona franca integrale di produzione per tutti quei settori che saranno individuati con apposita norma di attuazione come strategici nello sviluppo dell'isola.
(6-00354) «Pili».