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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Venerdì 8 luglio 2016

TESTO AGGIORNATO ALL'11 LUGLIO 2016

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta dell'8 luglio 2016.

  Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Amendola, Amici, Baldelli, Baretta, Bellanova, Bernardo, Dorina Bianchi, Bindi, Biondelli, Bobba, Bocci, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Matteo Bragantini, Brambilla, Bratti, Brescia, Bressa, Brunetta, Bueno, Burtone, Businarolo, Busto, Cancelleri, Caparini, Casero, Castelli, Castiglione, Antimo Cesaro, Cicchitto, Cirielli, Costa, Culotta, D'Alia, Dambruoso, Damiano, De Menech, De Micheli, Del Basso De Caro, Dellai, Di Gioia, Luigi Di Maio, Epifani, Faraone, Fedriga, Ferranti, Fico, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Franceschini, Garofani, Gelli, Gentiloni Silveri, Giachetti, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, La Russa, Locatelli, Lorefice, Lorenzin, Losacco, Lotti, Lupi, Madia, Manciulli, Marazziti, Merlo, Migliore, Molea, Orlando, Palazzotto, Paris, Gianluca Pini, Pisicchio, Porta, Portas, Rampelli, Ravetto, Realacci, Rosato, Rughetti, Sanga, Sani, Scalfarotto, Scopelliti, Scotto, Sereni, Tabacci, Velo, Vignali, Zanetti.

Annunzio di proposte di legge.

  In data 7 luglio 2016 è stata presentata alla Presidenza la seguente proposta di legge d'iniziativa della deputata:
   ROBERTA AGOSTINI: «Disposizioni in materia di obiezione di coscienza e di verifica dell'attuazione delle norme concernenti l'interruzione della gravidanza, nonché modifica all'articolo 1 del decreto legislativo 15 gennaio 2016, n. 8, concernente la sanzione amministrativa pecuniaria per il reato di aborto clandestino» (3968).

  Sarà stampata e distribuita.

Adesione di deputati a proposte di legge.

  La proposta di legge NACCARATO: «Disposizioni per il coordinamento in materia di politiche integrate per la sicurezza e di polizia locale» (1825) è stata successivamente sottoscritta dalla deputata Antezza.

  La proposta di legge GIAMMANCO ed altri: «Norme in materia di videosorveglianza negli asili nido e nelle scuole dell'infanzia nonché presso le strutture socio-assistenziali per anziani, disabili e minori in situazione di disagio» (3933) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Crimi.

Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente.

  A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:

   II Commissione (Giustizia):
  SCAGLIUSI: «Modifiche alla legge 4 maggio 1983, n. 184, in materia di adozioni internazionali» (3761) Parere delle Commissioni I, III, V, VII, XI, XII e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

   Commissioni riunite II (Giustizia) e III (Affari esteri):
  «Ratifica ed esecuzione della Convenzione del Consiglio d'Europa contro il traffico di organi umani, fatta a Santiago de Compostela il 25 marzo 2015, nonché norme di adeguamento dell'ordinamento interno» (3918) Parere delle Commissioni I, V, XII (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento), XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

   Commissioni riunite VIII (Ambiente) e X (Attività produttive):
  STELLA BIANCHI ed altri: «Istituzione di un'etichetta per il clima» (2759) Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), V, XIII, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Trasmissione dal Ministro dell'interno.

  Il Ministro dell'interno, con lettera in data 30 giugno 2016, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 15, comma 2, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, la relazione relativa alla procedura d'infrazione n. 2016/0369, avviata, ai sensi dell'articolo 258 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, per mancato recepimento della direttiva 2014/28/UE concernente l'armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alla messa a disposizione sul mercato e al controllo degli esplosivi per uso civile (rifusione).
  Questa relazione è trasmessa alla I Commissione (Affari costituzionali) e alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

Trasmissione dal Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri.

  Il Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri, in data 7 luglio 2016, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6, commi 4 e 5, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, la relazione in merito alla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che definisce le caratteristiche dei pescherecci (rifusione) (COM(2016) 273 final), accompagnata dalla tabella di corrispondenza tra le disposizioni della proposta e le norme nazionali vigenti.

  Questa relazione è trasmessa alla XIII Commissione (Agricoltura) e alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

  La Commissione europea, in data 7 luglio 2016, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, i seguenti progetti di atti dell'Unione stessa, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi, che sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle sottoindicate Commissioni, con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):
   Raccomandazione di decisione del Consiglio che stabilisce che il Portogallo non ha dato seguito effettivo alla raccomandazione del Consiglio del 21 giugno 2013 (COM(2016) 293 final), che è assegnata in sede primaria alla V Commissione (Bilancio);
   Raccomandazione di decisione del Consiglio che stabilisce che la Spagna non ha dato seguito effettivo alla raccomandazione del Consiglio del 21 giugno 2013 (COM(2016) 294 final), che è assegnata in sede primaria alla V Commissione (Bilancio);
   Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sull'attuazione del regolamento (UE) n. 305/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 2011, che fissa condizioni armonizzate per la commercializzazione dei prodotti da costruzione e che abroga la direttiva 89/106/CEE del Consiglio (COM(2016) 445 final), che è assegnata in sede primaria alla VIII Commissione (Ambiente);
   Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio a norma dell'articolo 10 della decisione quadro 2008/841/GAI del Consiglio, del 24 ottobre 2008, relativa alla lotta alla criminalità organizzata (COM(2016) 448 final), che è assegnata in sede primaria alla II Commissione (Giustizia).

Trasmissione dall'Autorità nazionale anticorruzione.

  Il Presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione, con lettera in data 5 luglio 2016, ha trasmesso lo schema della deliberazione, da adottare ai sensi dell'articolo 213, comma 2, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, recante linee guida in materia di procedure per l'affidamento dei contratti pubblici di importo inferiore alle soglie di rilevanza comunitaria, indagini di mercato e formazione e gestione degli elenchi di operatori economici, corredato dalla relativa analisi di impatto della regolamentazione.

  Questo documento è trasmesso alla VIII Commissione (Ambiente).

Atti di controllo e di indirizzo.

  Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.

INTERPELLANZE URGENTI

Chiarimenti ed iniziative in merito all'applicazione della disciplina relativa al credito d'imposta per le attività di ricerca e sviluppo del settore tessile e della moda – 2-01401

A)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:
   nel settore tessile e della moda, l'investimento realizzato dalle imprese finali per lo studio, ideazione e realizzazione delle collezioni (il cosiddetto «Campionario») è rilevante e, per citare alcuni dati dell'Osservatorio del settore tessile abbigliamento nel distretto di Carpi, nel 2013 si è attestato su cifre che arrivano al 6,6 per cento del fatturato delle imprese del distretto;
   sempre secondo l'Osservatorio, l'incidenza di questo costo sarebbe proporzionalmente più elevata nelle imprese di piccole dimensioni, dove supera il 9 per cento del fatturato, mentre nelle imprese finali di maggiori dimensioni si posiziona sul 4,9 per cento;
   l'investimento che ogni anno le imprese finali devono sostenere per l'attività di ideazione e realizzazione dei campionari rappresenta quindi un costo molto significativo, tenendo conto della necessità di progettare sempre nuovi modelli ad ogni stagione di vendita;
   l'articolo 1, commi da 280 a 284, della legge 27 dicembre 2006, n.  296 (legge finanziaria 2007) ha istituito una misura fiscale, generica, di vantaggio in favore delle imprese per lo svolgimento di attività di ricerca industriale e sviluppo precompetitivo: l'intervento di sostegno si sostanzia in un contributo, concesso nella forma di credito d'imposta, pari al 10 per cento dei costi sostenuti elevato al 15 per cento qualora i costi siano riferiti a contratti stipulati con università ed enti pubblici di ricerca. I costi agevolabili non possono superare l'importo di 15 milioni di euro per ciascun periodo d'imposta;
   l'articolo 1, comma 66, della legge 24 dicembre 2007, n.  244 (legge finanziaria 2008) ha successivamente modificato l'intervento di sostegno, elevando al 40 per cento la misura del credito d'imposta per i costi di ricerca e sviluppo riferiti a contratti stipulati con università ed enti pubblici di ricerca, ed aumentando a 50 milioni di euro per ciascun periodo d'imposta l'importo complessivo massimo dei costi su cui determinare il credito d'imposta;
   l'Agenzia delle entrate, con la circolare 46/E del 13 giugno 2008, in ordine all'individuazione delle attività rientranti nell'agevolazione, con particolare riferimento al campionario del settore tessile, abbigliamento e calzature, ha affermato che: «fermo restando il carattere automatico del credito d'imposta in esame, l'ulteriore indagine riguardante la effettiva riconducibilità di specifiche attività aziendali (quali, ad esempio, la realizzazione di un dato campionario da parte di un'azienda del settore tessile, lo sviluppo di una data molecola da parte di un'azienda nel settore chimico-farmaceutico) od una delle attività di ricerca e sviluppo ammissibili, si ritiene comporti» valutazioni di carattere tecnico «che, come si desume dall'articolo 6 del decreto ricerca, involgono la competenza del Ministero dello sviluppo economico»;
   nell'aprile 2009, il Ministro dello sviluppo economico ha emanato la circolare interpretativa n.  46586 sull'applicazione dell'agevolazione del credito di imposta alla ricerca ed allo sviluppo alla attività del tessile e della moda nella quale si esplicitava, tra l'altro, che il credito d'imposta era previsto nella misura del 15 per cento, elevabile al 20 per cento per i costi riferiti a contratti stipulati con università e enti pubblici di ricerca e che i costi ammissibili erano il lavoro del personale interno (stilisti e tecnici) impiegato nelle attività di ideazione e realizzazione dei prototipi, le prestazioni dei professionisti (stilisti, altri consulenti esterni), le materie prime e materiali di consumo connessi alle attività di ideazione e realizzazione dei prototipi, le lavorazioni esterne connesse alle attività di ideazione e realizzazione dei prototipi, le attrezzature tecniche specifiche (computer e software dedicato, macchinari), nella misura e per il periodo in cui sono utilizzati per l'attività di ideazione e realizzazione dei prototipi, i fabbricati ed i terreni esclusivamente per la realizzazione dei laboratori utilizzati, nella misura e per il periodo in cui sono destinati alle fasi di ideazione e realizzazione dei prototipi;
   l'articolo 4, commi da 2 a 4, del decreto-legge 25 marzo 2010, n.  40, ha previsto un'agevolazione, sotto forma di detassazione del valore degli investimenti in attività di ricerca industriale e sviluppo precompetitivo, finalizzate alla realizzazione di campionari (cosiddetto «bonus campionari»), a favore delle imprese che svolgono attività produttive classificabili nelle divisioni 13 o 14 della tabella ATECO 2007;
   l'attività di studio, ideazione e realizzazione delle collezioni da parte delle imprese dell'abbigliamento, è stata riconosciuta anche dall'agenzia delle entrate in occasione del richiamato bonus campionari, attivato nel 2011, come un'attività di ricerca industriale e sviluppo pre-competitivo poiché la funzione di ricerca e sviluppo svolta dalle imprese di abbigliamento si concretizza nell'attività di ricerca e ideazione stilistica dei prodotti e nella realizzazione dei prototipi che ad ogni stagione vede impegnate le risorse creative in tecniche interne alle imprese finali e le risorse esterne, rappresentate dagli stilisti che operano in qualità di consulenti e dalle imprese di subfornitura che collaborano attivamente allo studio e realizzazione dei prototipi: realizzando prodotti legati all'evoluzione della moda, le imprese finali propongono, ad ogni stagione, nuovi modelli. L'attività di ricerca e sviluppo richiede, di conseguenza, notevoli risorse e assume una valenza strategica nel determinare il successo dell'impresa;
   con l'introduzione di un credito di imposta in favore dei soggetti che effettuano investimenti in attività di ricerca e sviluppo nel «decreto destinazione Italia» del dicembre 2013, il legislatore è tornato a promuovere l'innovazione attraverso lo strumento dell'incentivo fiscale: la misura introdotta nel 2013, che, però, non ha trovato attuazione per mancanza di copertura finanziaria, è stata poi modificata dalla legge di stabilità per il 2015 con l'obiettivo di renderla più efficace nell'incentivare sia gli investimenti sia l'occupazione di personale con un profilo professionale qualificato, fermo restando il cambiamento della logica di calcolo dell'agevolazione da volumetrica ad incrementale;
   l'articolo 1, comma 35, della legge 23 dicembre 2014, n.  190 (legge di stabilità 2015), ha integralmente sostituito l'articolo 3 del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145, con il quale è stato introdotto il credito di imposta per attività di ricerca in sviluppo, rinviando, nel comma 14, ad un successivo decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, l'individuazione delle disposizioni applicative necessarie per poter dare attuazione al credito d'imposta per attività di ricerca e sviluppo;
   tra i costi ammissibili al credito d'imposta, nel rispetto di quanto contenuto nel comma 6 dell'articolo 3 del decreto-legge n.  145 del dicembre 2013 ed elencati nell'articolo 4 del decreto del Ministro dello sviluppo economico del 27 maggio 2015 sono elencati:
    a) i costi relativi al personale altamente qualificato in possesso di un titolo di dottore di ricerca, ovvero iscritto ad un ciclo di dottorato presso una università italiana o estera, ovvero in possesso di laurea magistrale in discipline di ambito tecnico o scientifico secondo la classificazione UNESCO Isced, che sia dipendente dell'impresa, impiegato nelle attività di ricerca e sviluppo, con esclusione del personale con mansioni amministrative, contabili e commerciali o in rapporto di collaborazione con l'impresa, compresi gli esercenti arti e professioni, impiegato nelle attività di ricerca e sviluppo, a condizione che svolga la propria attività presso le strutture della medesima impresa;
    b) le quote di ammortamento delle spese di acquisizione o utilizzazione di strumenti e attrezzature di laboratorio, nei limiti dell'importo risultante dall'applicazione dei coefficienti stabiliti con decreto del Ministro delle finanze 31 dicembre 1988, in relazione alla misura e al periodo di utilizzo per l'attività di ricerca e sviluppo e comunque con un costo unitario non inferiore a 2.000 euro al netto dell'imposta sul valore aggiunto. Sono agevolabili i costi, di competenza del periodo di imposta, relativi ai beni materiali ammortizzabili, diversi dai terreni e dai fabbricati – sia in proprietà che in uso – abitualmente impiegati dall'impresa nelle attività di ricerca e sviluppo in relazione al tempo di effettivo impiego in tali attività;
    c) le spese relative alla ricerca extra muros ossia spese relative a contratti di ricerca stipulati con università, enti di ricerca e organismi equiparati, e con altre imprese, comprese le start-up innovative, diverse da quelle che direttamente o indirettamente controllano l'impresa, ne sono controllate o sono controllate dalla stessa società che controlla l'impresa. Sono escluse le spese relative alle commesse affidate alle società del gruppo ed i costi derivanti da commesse con imprese controllate dalla medesima persona fisica, tenendo conto a tal fine anche di partecipazioni, titoli o diritti posseduti dai familiari dell'imprenditore;
    d) competenze tecniche e privative industriali relative a un'invenzione industriale o biotecnologica, a una topografia di prodotto a semiconduttori o a una nuova varietà vegetale, anche acquisite da fonti esterne;
   nella circolare dell'Agenzia delle entrate n.  5/E del 16 marzo 2016, avente come oggetto il credito di imposta per attività di sviluppo previste dall'articolo 3 dei decreto-legge 23 dicembre 2013, n.  145, a pagina 13, si precisa che «per la concreta individuazione, nel contesto delle suddette attività di ricerca e sviluppo, delle attività da considerare ammissibili nell'ambito dello specifico settore del tessile e della moda, sono valide, in linea generale, le indicazioni fornite dal MISE con l'allegata circolare n.  46586 del 16 aprile 2009», che considera agevolabili, i costi sostenuti per svolgere le attività dirette alla realizzazione del contenuto innovativo di un campionario o delle collezioni e per la realizzazione dei prototipi, indicando in via orientativa, ma non esaustiva, come costi ammissibili: il lavoro del personale interno (stilisti e tecnici) impiegato nelle attività di ideazione e realizzazione dei prototipi, le prestazioni dei professionisti (stilisti, altri consulenti esterni), le materie prime e materiali di consumo connessi alle attività di ideazione e realizzazione dei prototipi le lavorazioni esterne connesse alle attività di ideazione e realizzazione dei prototipi, le attrezzature tecniche specifiche (computer e software dedicato, macchinari), nella misura e per il periodo in cui sono utilizzati per l'attività di ideazione e realizzazione dei prototipi, i fabbricati ed i terreni esclusivamente per la realizzazione dei laboratori utilizzati, nella misura e per il periodo in cui sono destinati alle fasi di ideazione e realizzazione dei prototipi –:
   quali siano le attività agevolabili e i relativi costi ammissibili al credito d'imposta per le attività di ricerca e sviluppo per il settore tessile e della moda;
   se il Governo intenda adottare iniziative specifiche per il settore del tessile e della moda, in particolare per le attività, citate in premessa, che sono dirette alla realizzazione del campionario, delle collezioni e dei prototipi.
(2-01401) «Benamati, Montroni, Arlotti, Gnecchi, Vico, Capone, Senaldi, Taranto, Amato, Becattini, La Marca, Bargero, Basso, Bini, Camani, Cani, Donati, Ginefra, Impegno, Martella, Peluffo, Tentori, Bazoli, Dell'Aringa, Borghi, Bergonzi, Cova, De Maria, Antezza, Amoddio, Fanucci, Fabbri, Tartaglione».


Orientamenti del Governo in merito alla presunta cessione di una quota di Cassa depositi e prestiti e alla necessità di rafforzare gli strumenti di tutela e garanzia dei risparmi – 2-01419

B)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
   nell'edizione del 20 giugno 2016, del Corriere dell'economia, a pagina 11, è stato pubblicato un articolo dal titolo «Cessioni 2016, nei piani entra anche un pezzetto di Cdp», nel quale, in merito al programma di privatizzazioni avviato dal Governo, si fa riferimento alla presunta cessione di una quota di Cassa depositi e prestiti;
   in particolare si legge che «Come far tornare i conti sulle privatizzazioni, raggiungendo l'obiettivo di 8 miliardi previsto per il 2016, ora che la quotazione di Fs è slittata ? Vendendo pezzetti di altre imprese pubbliche appetibili non quotate che possano piacere al mercato, magari per 1-1,5 miliardi di entrate. Fra le altre, per esempio, una fetta della Cassa depositi e prestiti»;
   nell'articolo si sostiene che «il progetto di aprire il capitale di Cdp è informalmente al vaglio del ministero del Tesoro guidato da Pier Carlo Padoan.  Nulla di deciso, ancora: l'operazione è delicata. Ma le idee sono chiare»;
   a rafforzare l'ipotesi sostenuta nell'articolo, viene riferito del recente conferimento a cassa depositi e prestiti del 35 per cento del 35 per cento di Poste Italiane che, secondo quanto si legge, avrebbe rafforzato entrambe le società, e porterà la quota del Ministero dell'economia e delle finanze in cassa depositi e prestiti dall'80,1 per cento all'82,8 per cento, mentre la partecipazione delle Fondazioni passerebbe dal 18,4 per cento al 15,9 per cento, circostanza che, secondo l'articolista, metterebbe il Ministero nelle condizioni di cedere una parte della propria quota;
   quanto affermato nell'articolo acquista una straordinaria rilevanza sia per la gravità delle implicazioni e delle conseguenze negative che una cessione, seppure di una quota, dell'istituto potrebbe avere sui risparmiatori italiani sia per le modalità dell'operazione che, per come è stata presentata, sarebbe gestita con estrema riservatezza;
   è il caso di rilevare che cassa depositi e prestiti è un istituto che, per buona parte della sua storia, si è occupato della raccolta dei depositi quale «luogo di fede pubblica» e del finanziamento degli enti pubblici;
   Cassa depositi e prestiti gestisce attualmente 252 miliardi di euro in risparmi postali, tra buoni fruttiferi e libretti di risparmio, collocati da Poste italiane attraverso gli oltre 14 mila uffici dislocati su tutto il territorio nazionale;
   questa disponibilità finanziaria dovrebbe essere gestita con uno scrupoloso sistema di tutele a garanzia dei piccoli risparmiatori che rappresentano la struttura portante dei depositi, viceversa a partire dal 2003, con la separazione dallo Stato e la trasformazione dell'istituto in società per azioni, si è assistito a un progressivo spostamento di Cassa depositi e prestiti verso ambiti di attività, di credito e di portafoglio, che potrebbero mettere a rischio la solidità dell'istituto;
   lo stesso avvicendamento del presidente e dell'amministratore delegato con due esponenti espressione del mondo bancario privato e della finanza rafforzerebbe secondo gli interpellanti l'ipotesi di un ampliamento del perimetro di interessi di Cassa depositi e prestiti verso i settori bancario e finanziario;
   negli ultimi anni Cassa depositi e prestiti, anche attraverso l'ex Fondo strategico italiano, ha posto in essere alcune operazioni di acquisizione e di cessione dimostrando, tra le altre cose, un grande interesse per i fondi sovrani con alcuni dei quali partecipa ad importanti operazioni d'investimento: nel 2014, Fondo strategico italiano e Kuwait Investment Authority hanno costituito FSI Investimenti spa;
   il 31 marzo 2016, Cassa depositi e prestiti ha annunciato la riorganizzazione delle attività del Fondo strategico italiana spa, che assume la nuova denominazione di CDP Equity spa a cui si è aggiunta la costituzione di FSI SGR con l'obiettivo, si legge nel comunicato di Cassa depositi e prestiti di «supportare i piani di crescita di aziende medio-grandi con significative prospettive di sviluppo anche attraverso l'attrazione di capitali esteri e privati»;
   tra le altre cose, la Cassa depositi e prestiti partecipa con 500 milioni di euro ad Atlante, fondo creato di recente dal Governo e da alcune banche per acquistare i crediti deteriorati a prezzi analoghi a quelli ai quali le banche li hanno in carico;
   secondo alcuni organi di stampa, dopo che il fondo avrebbe già speso, in poche settimane, 2,5 dei 4,2 miliardi di euro della sua dotazione per acquisire Popolare Vicenza e Veneto Banca, considerate sull'orlo del fallimento, si renderebbe necessaria una ricapitalizzazione pari a 5 miliardi di euro e Cassa depositi e prestiti, sempre secondo quanto sostengono alcuni organi di stampa, potrebbe essere sollecitata ad un nuovo apporto di capitali;
   da quanto esposto, emergerebbe una situazione controversa nella quale la notizia, peraltro non smentita, della cessione di una quota di Cassa depositi e prestiti richiederebbe un intervento chiarificatore a tutela soprattutto i nuovi ambiti di attività di Cassa depositi e prestiti che potrebbero aumentare gli elementi di rischio per i risparmiatori –:
   se quanto esposto in premessa corrisponda al vero;
   quali siano gli orientamenti del Governo in merito alle ipotesi formulate da organi di stampa su una presunta cessione di una quota di Cassa depositi e prestiti;
   quali siano gli orientamenti del Governo in merito alla necessità di rafforzare gli strumenti di tutela e garanzia dei risparmi postali gestiti da Cassa depositi e prestiti, in considerazione dei rischi cui potrebbero essere esposti i risparmi dai nuovi ambiti di attività dell'istituto.
(2-01419) «Vallascas, Cancelleri, Crippa, Da Villa, Della Valle, Fantinati, Colonnese, Cominardi, Corda, Cozzolino, Dadone, Dall'Osso, D'Ambrosio, De Lorenzis, Del Grosso, Dell'Orco, Di Battista, Di Benedetto, Luigi Di Maio, Manlio Di Stefano, Di Vita, Dieni, D'Incà, D'Uva, Ferraresi, Fico, Fraccaro, Frusone, Gagnarli, Gallinella, Luigi Gallo».


Elementi ed iniziative, anche in ambito europeo, per una revisione del pacchetto per il clima e l'energia 2020 – 2-01379

C)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:
   il protocollo di Kyoto alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC) è entrato in vigore nel febbraio 2005 e regolamenta le emissioni di gas ad effetto serra per il periodo 2008-2012. Obiettivo del protocollo è la riduzione delle emissioni globali di sei gas-serra, primo tra tutti l'anidride carbonica (CO2);
   il protocollo è stato ratificato dall'Unione europea (che si è impegnata a ridurre le proprie emissioni dell'8 per cento rispetto ai livelli del 1990) e successivamente dai suoi Stati membri. La percentuale fissata a livello europeo è stata ripartita in maniera differenziata tra gli Stati membri. In tale contesto l'Italia (che ha provveduto alla ratifica con la legge n.  120 del 2002) si è impegnata a ridurre entro il 2012 le proprie emissioni del 6,5 per cento rispetto al 1990;
   regolamentando il protocollo di Kyoto le emissioni solo per il periodo 2008-2012, a livello internazionale, si è ritenuto necessario avviare il negoziato per giungere all'adozione di uno strumento vincolante per la riduzione delle emissioni di gas-serra per il periodo post 2012;
   nel corso della Conferenza delle Parti (COP18-COP/MOP8), conclusasi a Doha (Qatar) l'8 dicembre 2012, l'impegno per la prosecuzione oltre il 2012 delle misure previste dal protocollo è stato assunto solamente da un gruppo ristretto di Paesi, oltre all'Unione europea con l'approvazione dell'emendamento di Doha al protocollo di Kyoto. I 200 Paesi partecipanti hanno invece lanciato, dal 2013, un percorso volto al raggiungimento, entro il 2015, di un nuovo accordo che dovrà entrare in vigore nel 2020. Tale accordo ha rappresentato l'obiettivo principale della COP21 di Parigi: l'impegno sottoscritto dall'Unione europea per il periodo successivo al 2012 (cosiddetto emendamento di Doha) coincide con quello già assunto unilateralmente con l'adozione del «pacchetto clima-energia», che prevede una riduzione delle emissioni di gas-serra del 20 per cento al 2020 rispetto ai livelli del 1990;
   l'obiettivo indicato dal «pacchetto clima-energia» è stato perseguito mediante una serie di strumenti normativi, in particolare, si ricordano, per il loro impatto sul sistema produttivo nonché sulla finanza pubblica, la direttiva 2009/29/CE (che ha aggiornato la precedente direttiva 2003/87/CE, cosiddetta direttiva emission trading) e la decisione 406/2009 del 23 aprile 2009 («effort sharing»), che ha ripartito tra gli Stati membri l'obiettivo europeo di riduzione delle emissioni di gas-serra per i settori non-ETS, cioè non regolati dalla direttiva 2009/29/CE (identificabili approssimativamente con i settori agricolo, trasporti, residenziale e civile);
   dopo l'approvazione alla Camera è stato approvato in via definitiva dal Senato il disegno di legge n.  A.S. 2312 che prevede la ratifica e l'esecuzione, da parte dell'Italia, di una serie di accordi in materia ambientale, tra cui l'emendamento di Doha al protocollo di Kyoto;
   dal 7 all'11 dicembre 2015 a Parigi si è tenuta la ventunesima sessione della Conferenza delle Parti (COP21) relativa alla Convenzione quadrato delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC);
   nella seduta del 3 febbraio 2016, presso la 13a Commissione del Senato, si sono tenute le comunicazioni del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare sulla Conferenza COP21 di Parisi;
   sulla missione della delegazione parlamentare italiana alla COP21 è incentrata la relazione allegata al resoconto della seduta del 9 febbraio 2016 della Commissione VIII (Ambiente) della Camera;
   la Conferenza si è conclusa con l'adozione dell'accordo di Parigi da parte dei 195 Paesi presenti nell'Assemblea plenaria. L'Accordo, che è universale e legalmente vincolante ed entrerà in vigore nel 2020, definisce un nuovo piano di azione globale per evitare al pianeta un cambiamento climatico pericoloso;
   nella relazione predisposta dalla delegazione parlamentare italiana partecipante, sono indicati i tre principali obiettivi dell'Accordo:
    a) effettuare interventi di mitigazione delle emissioni al fine di contenere l'aumento della temperatura «bene al di sotto» dei 2 gradi centigradi rispetto ai livelli pre-industriali, intensificando gli sforzi per contenerla entro 1,5 gradi;
    b) aumentare la capacità di adattamento alle conseguenze del cambiamento climatico e di rafforzare la resilienza climatica e lo sviluppo di un'economia a basse emissioni senza compromettere la produzione di cibo;
    c) garantire flussi finanziari in grado di sostenere gli interventi di mitigazione e adattamento;
   l'architettura dell'accordo si basa inoltre sui piani di azione climatici nazionali volontari (Intended Nationally Determined Contributions - INDCs) che i Paesi sono chiamati a predisporre. I Governi hanno concordato di verificare gli obiettivi ogni 5 anni e di definirne di più ambiziosi in coerenza con lo sviluppo scientifico. È previsto che i Paesi comunichino pubblicamente i loro obiettivi e che vi sia un efficace sistema di trasparenza e verificabilità a lungo termine. Sul piano dell'adattamento, i Governi hanno inoltre concordato di rafforzare le azioni per fronteggiare gli impatti del cambiamento climatico e di fornire un supporto internazionale per l'adattamento nei Paesi in via di sviluppo;
   nei giorni 1o e 2 maggio 2016 i Ministri dell'energia del G7, in preparazione del Summit del G7 che si terrà a Ise-Shima il 26 e 27 maggio 2016, si sono riuniti a Kitakyushu per discutere degli sviluppi intercorsi dalla ultima riunione tenutasi ad Amburgo nel 2015: nella dichiarazione congiunta che ne è seguita, è stato affermato l'impegno ai principi ed alle azioni stabilite nell'iniziativa di Roma per la sicurezza energetica e nell'iniziativa di Amburgo per la sicurezza energetica sostenibile, principi che sono le basi della sicurezza energetica collettiva dei Paesi del G7;
   secondo i Ministri, di fronte all'attuale livello dei prezzi dell'energia e alla sua volatilità, il costante investimento nell'approvvigionamento energetico sicuro e sostenibile è essenziale per ridurre i rischi della futura crescita dell'economia globale. Mercati ben funzionanti e trasparenti, combustibili, fonti e rotte diversificate, aumento dell'efficienza energetica e miglioramento della resilienza dei sistemi energetici sono tutti elementi necessari per rafforzare la sicurezza energetica;
   è stato inoltre sottolineato che rispondere alle molteplici richieste di sicurezza energetica, efficienza economica, ambiente e sicurezza è una sfida attuale per tutti i Paesi, sia produttori che consumatori, sviluppati o emergenti: un elemento cruciale per aumentare la sicurezza energetica consisterebbe nel mettere in campo azioni che consentano di affrontare disastri naturali attraverso sistemi energetici resilienti, compresi quelli relativi all'elettricità, al gas e al petrolio, ed avere meccanismi per rispondere alle emergenze per un pronto recupero dei sistemi nel momento dello svolgersi della calamità;
   grazie ai vari provvedimenti di Governo e Parlamento in questa legislatura che hanno finalizzato e integrato i contenuti della Strategia energetica nazionale intervenendo tra l'altro in materia di fonti rinnovabili, l'Italia ha raggiunti già dal 2014 l'obiettivo per il 2020 del 17 per cento sui consumi finali di energie rinnovabili (con una quota relativa alla sola produzione elettrica che arriva al 40 per cento, siamo a livello mondiale il Paese leader per produzione nel fotovoltaico: 9 per cento a fronte del 5 per cento della Germania). Inoltre, il sistema dei «certificati bianchi» può rendere l'approccio italiano all'efficienza energetica il modello da adottare anche da parte degli altri Paesi europei, e, sul piano delle emissioni di CO2, si sono abbattute le emissioni del 20 per cento superando così il target per il 2020 ed avvicinandosi a quello del 2030 –:
   se quanto esposto in premessa corrisponda al vero e, in questa ottica, quali siano i risultati più rilevanti derivanti dal G7 del 1o e 2 maggio 2016, e quali iniziative intenda adottare il Governo, anche in ambito europeo, dopo la COP 21, in merito alla revisione degli obiettivi del «pacchetto clima-energia», al rafforzamento della sicurezza e all'efficienza economica degli approvvigionamenti energetici.
(2-01379) «Benamati, Bini, Arlotti, Bargero, Basso, Becattini, Camani, Cani, Donati, Ginefra, Iacono, Impegno, Martella, Montroni, Peluffo, Scuvera, Senaldi, Taranto, Tentori, Vico».


Elementi ed iniziative di competenza in ordine a profili di criticità gestionale della Sogin – 2-01406

D)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:
   la Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati, nella seduta del 1o ottobre 2015 ha approvato la relazione sulla gestione dei rifiuti radioattivi in Italia e sulle attività connesse (Doc. XXIII n.  7);
   nella seduta del 31 marzo 2016, il Senato della Repubblica ha discusso la predetta relazione e l'ha fatta propria in una risoluzione impegnando il Governo, per quanto di competenza, a intraprendere ogni iniziativa utile al fine di risolvere le questioni in essa evidenziate;
   si evidenzia che numerose questioni problematiche presenti nella relazione erano da attribuire alla conduzione delle attività di decommissioning degli impianti nucleari (ossia la disattivazione e lo smantellamento degli impianti nucleari), al pari della gestione dei relativi rifiuti radioattivi e della realizzazione e successivo esercizio del deposito nazionale, affidate alla Sogin, società per azioni a capitale interamente pubblico, costituita nel 1999 nell'ambito del processo di liberalizzazione del mercato elettrico, di cui al decreto legislativo n.  79 del 1999;
   nella suddetta relazione è stato sottolineato, tra l'altro, come, sin dal loro inizio, le operazioni di decommissioning procedano molto lentamente e la previsione della loro conclusione, con il rilascio finale dei siti, ha subìto successivi slittamenti, solo in parte giustificati dalla mancanza del deposito nazionale – originariamente programmato per il 2010 – ove trasferire i rifiuti radioattivi già esistenti all'interno dei singoli impianti e quelli generati con il loro smantellamento;
   all'allungamento dei programmi di decommissioning ha fatto inevitabilmente riscontro un aumento delle previsioni di spesa, che sono passate dai complessivi 4,35 miliardi di euro stimati nel 2006 ai 6,7 miliardi di euro stimati nel 2011, al netto dei costi della realizzazione del deposito nazionale, valutati in 1,5 miliardi di euro;
   tali costi sono tutti posti a carico dei clienti finali del sistema elettrico – senza alcun ammontare totale massimo predefinito – attraverso una specifica componente tariffaria (A2), la cui entità è periodicamente determinata dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas ed è oscillata, negli anni, intorno a un valore medio dell'ordine di un decimo di centesimo di euro per chilowattora consumato (circa 295 milioni di euro nel 2015 – Fonte Autorità Energia Elettrica Gas e Sistema Idrico);
   ogni anno, sulla base di uno specifico «sistema regolatorio» deliberato dall'Aeegsi (Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico), vengono approvati sia un preventivo dei costi annuali da sostenere, sia il relativo consuntivo di quelli effettivamente sostenuti. Nel 2013, la «commessa nucleare» affidata a Sogin impegnava circa 366 milioni di euro. Il fabbisogno 2014, inserito nel piano finanziario trasmesso all'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico a dicembre 2013, era stimato in 390 milioni di euro;
   con la stessa componente tariffaria verranno coperti anche i costi di realizzazione del deposito nazionale dei rifiuti radioattivi, costi stimati intorno a 1,5 miliardi di euro, oltre a una cifra fino a un miliardo di euro, diversamente finanziata, per i progetti di ricerca del «parco tecnologico» in cui il deposito stesso dovrebbe essere inserito. Il Ministro dello sviluppo economico ha anche trasmesso i dati sulla composizione dei costi relativi al deposito:
    650 milioni di euro per la localizzazione, la progettazione e la realizzazione del deposito;
    700 milioni di euro per infrastrutture interne ed esterne;
    150 milioni di euro per la realizzazione del parco tecnologico;
   i programmi generali approvati nel 2013 dai nuovi organi della Sogin presentano, rispetto alla programmazione precedente, uno slittamento del termine degli smantellamenti che va da un minimo di due a un massimo di nove anni, a seconda del sito;
   nell'agosto 2014 la Sogin ha evidenziato che alcune tra le più importanti attività di progettazione e preparazione, che si riflettono, amplificandosi, sugli anni successivi, erano nettamente in ritardo rispetto a quanto programmato e pertanto, nel mese di ottobre, le attività previste per il quadriennio sono state ulteriormente ridotte di 120 milioni di euro complessivi, con un taglio del 42 per cento per il 2015 e del 37 per cento per il 2016;
   i nuovi tagli comportano un ulteriore ritardo sulle operazioni, con un conseguente aumento della spesa complessiva, aumento valutato in 150 milioni di euro;
   nella propria deliberazione del 30 aprile 2015, l'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico evidenzia come il programma quadriennale predisposto dalla Sogin presenti un quadro peggiorativo rispetto ai programmi precedenti, sia in termini di previsione di avanzamento delle attività di smantellamento, sia in relazione all'aumento dei costi di mantenimento in sicurezza; è inoltre evidenziato come l'Autorità, nell'approvare il programma, abbia pertanto ritenuto opportuno prevedere contestualmente la definizione di nuove misure per rafforzare l'efficacia del meccanismo di premio/penalità previsto nell'ambito dei criteri di efficienza economica definiti dall'Autorità stessa;
   la Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti non ha tuttavia aderito all'impostazione dell'amministratore delegato della Sogin, Casale, tendente ad attribuire a cause esterne, e non anche, se non soprattutto; a cause interne alla Sogin stessa, la lentezza del procedere delle attività e le dilatazioni dei tempi che si sono registrate nelle programmazioni via via succedutesi e che hanno tra l'altro inevitabilmente contribuito alla forte lievitazione dei costi;
   il presidente della Sogin, Giuseppe Zollino, e l'amministratore delegato, Riccardo Casale, separatamente auditi dalla commissione, hanno dato, in merito alle cause all'origine della situazione e alle possibilità di recupero dei ritardi, valutazioni divergenti;
   nell'audizione del 17 novembre 2014, l'amministratore delegato della Sogin aveva trasmesso un'immagine positiva di un'azienda coesa, che aveva corretto le cause di inefficienze derivanti da precedenti gestioni, che per il futuro aveva tracciato programmi seri e sostenibili e che attende alla loro attuazione con razionale, giustificato ottimismo;
   ha costituito un fatto inatteso per la commissione di inchiesta apprendere successivamente, e non senza qualche comprensibile disappunto, che la realtà già in atto nella Sogin era assai più complessa di quella che le era stata presentata. Infatti, in merito alla riprogrammazione, informazioni più dettagliate e ben diverse da quelle fornite alla stessa Commissione erano state date solo sei giorni prima, l'11 novembre 2014, nel corso di un'audizione innanzi alla commissione industria del Senato. In quella occasione, il dottor Casale aveva comunicato, o comunque era emerso nel dibattito, che la riprogrammazione consisteva in una riduzione delle attività di decommissioning programmate per il quadriennio 2014-2017, riduzione complessivamente pari a 250 milioni di euro;
   da parte di alcuni membri della Commissione del Senato si fece presente che quelle notizie contraddicevano sia il rendiconto semestrale della Sogin, sia quanto dichiarato pubblicamente dallo stesso dottor Casale solo poco tempo prima. In entrambi i casi era stata infatti evidenziata una rilevante accelerazione delle attività. A questa contestazione, l'amministratore delegato della Sogin rispose di avere preso atto dei gravi ritardi intervenuti solo dopo aver reso le dichiarazioni ottimistiche cui la Commissione faceva riferimento;
   il Presidente Zollino, convocato dalla commissione del Senato il successivo 19 novembre per integrare le informazioni fornite dal dottor Casale, ha indicato in criticità di gestione la principale causa dei ritardi verificatisi;
   alla luce di quanto emerso, il presidente e dodici componenti della commissione industria del Senato hanno inviato, il 22 dicembre 2014, una lettera al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico, esponendo le risultanze delle audizioni e chiedendo «rapide ed incisive iniziative per assicurare alla Sogin una gestione in grado di recuperare i ritardi, altrimenti onerosi per i consumatori, e di attuare gli obiettivi industriali nei tempi previsti»;
   a seguito della lettera si sono succedute ripetute voci, riportate dai mezzi di informazione, in merito ad un possibile commissariamento della Sogin;
   di fronte a una situazione sostanzialmente diversa da quella che le era stata prospettata, la commissione di inchiesta ha nuovamente convocato il presidente e l'amministratore delegato della Sogin per due diverse audizioni che si sono svolte rispettivamente il 24 febbraio e il 18 marzo 2015;
   nel corso della sua audizione, il professor Zollino ha pienamente confermato, illustrandone i dettagli, quanto era emerso dalle audizioni innanzi alla commissione industria del Senato precisando che i ritardi che avevano portato all'ulteriore taglio erano imputabili essenzialmente a cause interne alla Sogin: «In consiglio di amministrazione sono state individuate e discusse alcune criticità di gestione che sono la causa prevalente di questi ritardi, poi ci sono anche, in misura minore, cause esogene, legate a una non precisa risposta degli organismi delle autorizzazioni in senso lato (non necessariamente Ispra, posto che a volte basta semplicemente un cambio di una normativa locale per le autorizzazioni). Una quota di questi ritardi è imputabile a ragioni che non dipendono da noi, ma la parte preponderante, come dice la delibera adottata in consiglio di amministrazione, è riconducibile a problemi di gestione tecnica e amministrativa»;
   nel corso del 2015 il consiglio di amministrazione della Sogin ha controllato l'andamento della gestione, rilevando che le attività programmate avanzavano a rilento e richiedeva all'amministratore delegato di predisporre un rapporto tabellare con l'andamento delle attività in corso;
   nel mese di ottobre 2015 veniva presentato tale documento. Esso però mostrava un andamento delle attività di smantellamento a giudizio degli interpellanti privo di una progressione logica ed apparentemente improntato alla casualità. In numerosi parti si evidenziava che le attività eseguite non corrispondessero a quelle programmate facendo sorgere il fondato dubbio che l'obiettivo di bilancio fissato per il 2015 non si potesse raggiungere;
   il 26 ottobre 2015 l'amministratore delegato rassegnava il proprio mandato ed il 28 ottobre 2015 il Governo diramava un comunicato stampa con il quale assicurava che sarebbe stata garantita quanto prima una governance adeguata alle funzioni strategiche della Sogin s.p.a. Nello stesso tempo il consiglio di amministrazione della Sogin revocava all'amministratore delegato le deleghe sulla gestione del personale e sulla struttura organizzativa, nelle more delle annunciate determinazioni del Governo;
   il 12 gennaio 2016, il Ministro dell'economia e delle finanze inviava all'amministratore delegato della Sogin, e per conoscenza al Ministro dello sviluppo economico e al Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, una missiva in cui, in considerazione dell'importanza strategica della società e della necessità quindi di assicurare piena operatività alla stessa, ringraziando per il lavoro svolto, in accordo con la Presidenza del Consiglio e con il Ministero dello sviluppo economico, prendeva atto della disponibilità a rimettere il mandato. Di fronte a tale lettera però, lo stesso amministratore delegato ritornava sui propri passi e dichiarava al consiglio di amministrazione di non considerare la lettera del Ministro una dichiarazione di sfiducia e di non avere pertanto intenzione di formalizzare le proprie dimissioni, acuendo di fatto lo stato di grave crisi operativa e gestionale dell'azienda;
   nel mese di aprile 2016, il consiglio di amministrazione approvava il Bilancio consuntivo 2015, prendendo atto che delle attività pianificate per l'anno 2015, corrispondenti a costi esterni commisurati all'avanzamento del decommissioning pari a 77 milioni di euro, ne erano state effettivamente eseguite un quantitativo pari ad un valore di circa 44,5 milioni di euro (circa il 57 per cento). Ma va precisato che, oltre alle non sufficienti attività programmate, ne erano state eseguite altre non programmate per il 2015 o non previste su tutto il quadriennio 2015-18, scelte senza un preciso criterio di priorità, per ulteriori circa euro 24 milioni;
   le criticità emerse e consolidate per il 2015 sembrerebbero riconfermarsi anche per il 2016. Risulterebbe infatti che i consuntivi al 30 aprile 2016 delle attività di decommissioning, abbiano già scontato consistenti ritardi avendo raggiunto solo circa 12 milioni di euro a fronte di attività programmate per un corrispettivo di circa 100 milioni di euro per tutto il 2016;
   per effetto della progressiva riduzione annuale delle attività di decommissioning eseguite, in confronto a quelle programmate, appare assai probabile che nell'anno 2016 non si raggiungano i traguardi intermedi fissati per il 2016 dall'Autorità per l'Energia Elettrica il, Gas ed il sistema idrico e pertanto appare serio il rischio di una chiusura in perdita del bilancio della Sogin per un valore di alcuni milioni di euro;
   ciò, va detto, anche per effetto di una politica del personale attuata dall'amministratore delegato – ad avviso degli interpellanti non correlabile o addirittura sproporzionata rispetto ai risultati del decommissioning – il quale avrebbe deciso di incrementare, in poco più di due anni, di 137 unità (da 833 a 970) il personale diretto in organico, grazie ad un imponente piano di assunzioni (199 persone), a fronte di 62 cessazioni. Per completezza va detto che alle attuali 970 unità di personale diretto vanno aggiunte 57 unità di personale somministrato;
   anche il collegio sindacale della Sogin si è fatto carico delle questioni problematiche sopra descritte, segnalando ai Ministri competenti ed alla Presidenza del Consiglio le numerose criticità riscontrate nella sua azione di controllo e ribadendo più volte l'urgenza di individuare indifferibilmente un'adeguata governance per la Sogin;
   appare urgente rilanciare la Sogin per contenere i costi a carico dell'intera comunità nazionale, per porre definitivamente in sicurezza gli impianti ed i materiali derivanti dal pregresso utilizzo dell'energia nucleare pacifica, ma anche per la risoluzione del tema connesso al deposito nazionale. In tale ambito diventa ineludibile dotare la Sogin di una struttura seria, affidabile ed efficiente e di un vertice competente ed esperto, quale vera condizione di credibilità per affrontare concretamente le problematiche del decommissioning e della realizzazione del suddetto deposito nazionale;
   in tali circostanze, nell'imminenza del rinnovo dei vertici della Società in oggetto, potrebbe risultare utile e necessario, in ragione dell'importante lavoro di accertamento e di chiarezza svolto dall'attuale presidente della Sogin insieme al relativo Consiglio di Amministrazione, riconfermare in capo ai medesimi presidente e componenti del consiglio un nuovo mandato in maniera che possano completare le azioni di trasparenza e di riorganizzazione avviate azioni che – per essere realizzate – richiedono programmazione di medio-lungo periodo e un monitoraggio costante per anticipare e risolvere potenziali blocchi operativi di differente natura –:
   se siano a conoscenza delle questioni problematiche descritte in premessa, nonché delle effettive e progressive condizioni di criticità gestionale in cui versa la Sogin;
   se, nelle circostanze di ipotesi di riconferma della presidenza della Sogin indicata in premessa, non intendano adottare le necessarie iniziative e, se del caso, atti di indirizzo volti a garantire alla Sogin un'immediata ripresa delle attività operative, sia per il decommissioning sia per il deposito nazionale, allo scopo coinvolgendo nella relativa gestione l'attuale presidente per i motivi sopra richiamati.
(2-01406) «Di Gioia, Pisicchio».


Orientamenti ed iniziative, anche normative, in ordine alla strategia pubblicitaria sul web nota come clickbait, anche valutando l'opportunità di una limitazione del relativo utilizzo da parte di partiti, movimenti politici o rappresentanti istituzionali – 2-01413

E)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro della giustizia, per sapere – premesso che:
   il clickbait è una pratica promozionale basata sulla pubblicazione, soprattutto su social network, di contenuti web con titoli sensazionalistici o immagini accattivanti per attirare, talvolta in modo fraudolento, gli utenti sulla propria pagina web o su quella della propria azienda, al fine di aumentare gli accessi e, conseguentemente, gli introiti derivanti da contratti pubblicitari;
   l'utilizzo di questa pratica di marketing, sviluppata e diffusa da parecchio tempo, e in crescita esponenziale nel corso degli ultimi anni, ha costretto anche i gestori di alcuni social network molto noti – ad esempio Facebook nell'agosto 2014 – a rivedere la propria policy e l'algoritmo di funzionamento del proprio sistema, al fine di ridurre l'impatto del clickbait all'interno del portale o sito web;
   tale fenomeno ha trovato ampia diffusioni anche sul sito web di una nota forza politica che, attraverso i social network, ne ha fatto e ne fa ampio uso indirizzando gli utenti dalla pagina ufficiale su Facebook del Movimento 5 stelle verso siti web di proprietà personale come quello di Beppe Grillo, registrato a nome di Emanuele Bottaro, e successivamente indirizzati in maniera sistematica verso siti di proprietà aziendale, tra i quali si possono citare www.tzetze.it, www.la-cosa.it, www.lafucina.it, a loro volta di proprietà della Casaleggio Associati srl;
   la pratica del clickbait – letteralmente «esca da click» proprio per indicare in modo dispregiativo l'utilizzo anche in modo fraudolento di un contenuto web volutamente roboante per attirare il maggior numero possibile di utenti, al solo fine di aumentare le visite a un sito per generare rendite pubblicitarie online – appare oggi molto controversa sia sotto il profilo della tutela del consumatore, che spesso in modo del tutto inconsapevole si ritrova navigando su web bersagliato da contenuti pubblicitari indesiderati; sia sotto il profilo della tutela degli stessi inserzionisti, che potrebbero a loro volta essere involontariamente danneggiati dal fatto che i consumatori, attratti in modo fraudolento su un'immagine pubblicitaria, potrebbero ritenere l'inserzionista, a sua volta potenzialmente inconsapevole, responsabile della frode in atto;
   per le ragioni sopra dette tali pratiche destano, a giudizio degli interpellanti, maggior preoccupazione se poste in essere da appartenenti ad un partito o movimento politico, i cui rappresentanti siedono nelle sedi istituzionali, specie in assenza delle adeguate informazioni sul web di quanto sta per essere pubblicizzato –:
   quale sia in generale l'orientamento del Governo sulla correttezza e liceità della pratica del cosiddetto clickbait, posto che tali comportamenti possono costituire una moderna forma di pubblicità ingannevole, specie laddove siano coinvolte aziende private come nei casi citati in premessa;
   se non ritenga quanto prima necessario adottare iniziative, anche normative, per regolamentare la materia, tutelando gli interessi di tutti gli attori coinvolti, e valutando l'opportunità di una limitazione dell'utilizzo da parte di partiti, movimenti o rappresentanti istituzionali, specie in assenza delle opportune informazioni sulla diffusione pubblicitaria in atto;
   quale sia l'orientamento del Governo sull'utilizzazione del clickbait quale forma di finanziamento dei partiti politici e se, allo stato delle conoscenze tecnologiche attuali, sia possibile effettuare una stima del traffico di denaro che l'utilizzo di tale pratica riesce a generare.
(2-01413) «Coppola, Bonaccorsi, Carbone, Donati, Lattuca, Basso, Stella Bianchi, Piazzoni, Ermini, Famiglietti, Verini, Tullo, Carloni, Capone, Lauricella, Arlotti, Bruno Bossio, Rotta, Currò, Fiano, Simoni, Beni, Tacconi, Dallai, Raciti, Ascani, Boccadutri, Barbanti, Malpezzi, Pierdomenico Martino, Zardini, Burtone, Borghi, Lodolini, Ginato, Fregolent, Petrini, Giuditta Pini, Cristian Iannuzzi, Rampi, Anzaldi, Cominelli, Catalano, Prina, Cova, Crimì, Bergonzi, Cinzia Maria Fontana».


Intendimenti del Governo in merito ad interventi, anche in raccordo con gli enti territoriali, relativi al sistema idrico della regione Umbria ed iniziative di competenza a tutela dell'ambiente – 2-01418

F)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro della salute, per sapere – premesso che:
   nel comprensorio ternano-amerino, in provincia di Terni, è stato redatto il progetto definitivo dell'acquedotto «Sistema acquedottistico Ternano-Amerino – captazione risorsa e realizzazione adduttrice di collegamento con l'acquedotto della città di Terni, in corrispondenza del serbatoio di località Pentima», che prevede la captazione di una nuova risorsa idropotabile nei comuni di Scheggino e Ferentillo da addurre al serbatoio di Pentima (Terni);
   tale opera è da intendersi come un adeguamento del progetto Scheggino-Pentima redatto nel 2004 che rientrava tra gli interventi urgenti e necessari per fronteggiare la crisi idrica che ha colpito l'Umbria, previsti dall'articolo 2, comma 1, dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n.  3230 del 2002, ed approvato con ordinanza del presidente della giunta regionale del 26 novembre 2002, n. 126;
   l'opera non fu realizzata poiché le dimensioni del finanziamento regionale assegnato e dell'investimento richiesto al gestore del servizio idrico, SII s.c.p.a., non erano compatibili con la capacità di quest'ultimo di accesso al credito;
   l'intervento fu pertanto rinviato in attesa di migliori condizioni finanziarie tali da mantenere la sostenibilità della tariffa. La recente assegnazione da parte della regione Umbria di una significativa integrazione all'originale cofinanziamento ha comportato il venire meno di quelle criticità finanziarie che avevano portato alla sospensione del progetto;
   dal rinvio dell'opera ad oggi sono trascorsi 11 anni, e 13 ne sono passati dalla ha proclamazione dello stato di emergenza per la crisi dell'approvvigionamento idrico, motivo della prima stesura del progetto approvato con l'ordinanza regionale n.  126 del 2002;
   il sistema di approvvigionamento prevede la captazione di 400 litri al secondo dall'acquifero basale, costituito dal complesso del Calcare massiccio e della Corniola, mediante la realizzazione di un campo pozzi aventi profondità variabile fra 150 e 300 metri. A parere degli interroganti, ciò contrasta con quanto consigliato dall'ordine dei geologi della regione Umbria, che richiede di limitare le profondità dei prelievi (seppure di entità minore rispetto ad un acquedotto) per non danneggiare le falde profonde, in linea con quanto disposto dalle direttive europee;
   il sistema di captazione sarà costituito da 9 pozzi ubicati a Scheggino (5) e Ferentillo (4) e la condotta adduttrice sarà lunga circa 24 chilometri e collegherà il serbatoio di Renaria con quello di Pentima;
   inoltre, il campo pozzi sito nelle vicinanze di località Terna, comune di Ferentillo, verrà realizzato in un'area sede di un'ex discarica di RSU (rifiuti solidi urbani), di rifiuti speciali e inerti. Tali discariche furono attivate precedentemente al decreto del Presidente della Repubblica n.  915 del 1982;
   secondo le direttive indicate dalla Convenzione di Aahrus, gli interroganti denotano una grave mancanza se si considera l'omissione nel progetto dell'insistere su un'area facente parte di un'ex discarica di RSU; inoltre l'osservanza della convenzione è prerogativa fondamentale per l'ottenimento dei fondi europei ai progetti presentati;
   nel tragitto interessato dall'opera vengono occupati i percorsi del belvedere inferiore alla cascata delle Marmore, con conseguente danno all'economia turistica e mettendo tra l'altro a rischio la candidatura della stessa, ripresentata per la seconda volta, come patrimonio UNESCO;
   a parere degli interpellanti, la regione ha predisposto con fondi europei interventi contrastanti fra loro in quanto è stato disposto per il vecchio acquedotto del Narnese, che presenta perdite ingenti nella zona, un adeguamento alle nuove esigenze di riclassificazione per il rischio sismico ed idrogeologico, mentre con gli stessi fondi e le medesime condizioni del vecchio acquedotto nel tratto della Valnerina la regione ha disposto, nella zona protetta del parco fluviale del Nera un tipo di intervento, che potrebbe arrecare un ingente danno al parco stesso, nonché alla zona facente parte della rete Natura 2000, ZPS (zona di protezione speciale) e SIC (siti interesse comunitario). In tale zona dovrebbe essere calcolato l'impatto ambientale non sulla base della distanza «metrica» dal punto di prelievo fuori dal limite dell'area protetta (a cui dovrebbe essere aggiunta tra l'altro la fascia di rispetto che intercorre o corridoio), ma l'effetto di questo intervento sulla falda profonda che potrebbe produrre sull'elemento principe della zona SIC, ovvero il fiume ed il suo ecosistema, comportando per la verifica di impatto ambientale la presentazione di una VAS (valutazione ambientale strategica);
   la rete Natura 2000 è costituita dai siti di interesse comunitario, identificati dagli Stati membri secondo quanto stabilito dalla direttiva «habitat» (92/43/CEE), che vengono successivamente designati quali zone speciali di conservazione (ZSC), e comprende anche le zone di protezione speciale (ZPS);
   il progetto è soggetto ad una serie di direttive e normative comunitarie, le quali si considerano essenziali per la realizzazione di quest'ultimo; in particolare i riferimenti normativi sono: a) la direttiva 98/83/CE, del 3 novembre 1998, concernente la «qualità delle acque destinate al consumo umano» che ha come obiettivo la salvaguardia della salute umana dai potenziali effetti negativi causati dalla contaminazione delle acque; b) la direttiva 2000/60/CE, del 23 ottobre 2000, che rappresenta un quadro per la protezione delle acque superficiali interne, delle acque di transizione, delle acque costiere e sotterranee in materia di acque a tutela gli ecosistemi acquatici e terrestri dai rischi di inquinamento, e che incoraggia un utilizzo delle risorse idriche sostenibile; c) il decreto legislativo n.  31 del 2001 che ribadisce i medesimi concetti di tutela e salvaguardia relativamente alla qualità delle acque destinate al consumo umano in attuazione della citata direttiva europea 98/83/CE; d) la direttiva 2006/118/CE, del 12 dicembre 2006, sulla «Protezione delle acque sotterranee dall'inquinamento e dal deterioramento», che ha introdotto specifiche misure tese alla prevenzione ed al controllo dell'inquinamento delle acque sotterranee, ai sensi dell'articolo 17, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2000/60/CE;
   rispetto al 2002 lo stato meteorologico e quello idrogeologico sono variati e quindi, a parere degli interpellanti, non giustificano l'emergenza siccità, citata nella premessa del progetto, come motivo della realizzazione dello stesso. Tale cambiamento è stato segnalato e documentato dall'ordine dei geologi dell'Umbria con comunicazione del 9 giugno 2014, prot. 1396, relativa alla limitazione della profondità delle ricerche idriche nel territorio dell'Umbria, ed indirizzata alla presidente della regione. In tale comunicazione si evidenzia che il provvedimento disposto con l'ordinanza del presidente della giunta regionale del 26 novembre 2002, n.  126, non risponde alla situazione attuale ed inoltre circoscrive il periodo di emergenza come intercorso tra il 2002 ed il 31 dicembre 2004. Inoltre, si sottolinea una lacuna normativa, in quanto, come evidenziato fin dal 2009, si attende la normativa regionale sulle disposizioni per la tutela, ricerca, estrazione ed utilizzo delle acque sotterranee, la quale a distanza di 5 anni non ha ancora concluso il suo iter di approvazione;
   a giudizio degli interpellanti, le ragioni di «emergenza idrica» adottate dalla regione come motivazioni nel progetto, riferendosi all'ordinanza n.  126, non possono essere ritenute valide, dal momento che entra in totale contraddizione con la richiesta e l'ottenimento dei fondi a fronte di un'emergenza totalmente opposta, ovvero di eventi con precipitazioni eccezionali ed alluvioni, come riportato nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 23 marzo 2013, recante «Ripartizione delle risorse di cui all'articolo 1, comma 548, della legge 24 dicembre 2012, n.  228», il quale ha ripartito le risorse tra le regioni colpite dagli eventi alluvionali dell'11, 12 e 13 novembre 2012 assegnando alla regione Umbria la somma di 46.400.000 euro;
   captando la falde profonde del fiume, come è in progetto, se ne mette a rischio la vita. Non applicando il «principio di precauzione», insieme al Nera, pure l'economia turistica e le speranze per il futuro (ad esempio, candidatura UNESCO) della Valnerina e dei suoi abitanti verranno compromesse;
   lo stesso direttore del servizio idrico integrato, per giustificare l'acquedotto, parla di una presunta «sete» della conca ternana, ma non si capisce su quali dati reali si basi questa preoccupazione visto che a Terni attualmente la disponibilità media di acqua per ogni cittadino è di 195 litri/giorno, contro una media nazionale di 175 litri/giorno e europea di 163 litri/giorno e che qualora venisse attuato il progetto tale disponibilità salirebbe a 350 litri/giorno. Tra l'altro, con la chiusura delle aziende e delle industrie, rispetto ai tempi in cui è stato progettato l'acquedotto la domanda è calata;
   infine, i prelievi idrici previsti dai pozzi di Scheggino e di Ferentillo vanno attingere nello stesso sistema acquifero basale saturo che alimenta in alveo il Nera, mettendo in pericolo due sorgenti importanti per la vita del fiume: quella in zona Ceselli che versa nel fiume 1300 litri/secondo e quella di Terria con 350 litri/secondo. Infatti con l'emungimento dei pozzi questo apporto verrà a diminuire notevolmente e potrebbe arrivare a mancare del tutto, ciò porterebbe le acque del Nera sotto al deflusso minimo vitale che il Servizio idrico integrato ha calcolato in 2,7 metri cubi/secondo. Deflusso minimo vitale che verrà ulteriormente impoverito quando la regione Marche porterà al massimo il prelievo dalla sorgente del fiume di ulteriori 300 litri/secondo, senza considerare gli altri incrementi di prelievo che le regioni autorizzano alle varie attività produttive presenti in Valnerina, nonché l'aumento della captazione per l'acquedotto spoletino all'altezza di S. Anatolia;
   occorrerebbe verificare quali siano le motivazioni per cui nelle relazioni a corredo del progetto non sia stato considerato il fatto che i 9 pozzi preleveranno acqua in prossimità di un'area sulla quale era presente una discarica contenente rifiuti solidi urbani, nonché se attualmente persistano i fabbisogni idrici previsti dal piano regolatore regionale degli acquedotti dell'Umbria e dal piano di tutela delle acque, oppure se siano cambiate le previsioni socioeconomiche dei bacino di utenti servito;
   la presenza di una discarica sull'area di attingimento potrebbe essere ritenuta un fattore di rischio, in quanto probabilmente si preleverebbero acque con caratteristiche non adatte al consumo umano –:
   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti;
   se, anche per il tramite della competente autorità di bacino, si intenda verificare se siano ancora attuali i presupposti emergenziali, urgenti e necessari, per i quali era necessario attivarsi nel 2004 per fronteggiare la crisi idrica che ha colpito l'Umbria, e se il prelievo di 400 litri al secondo possa incidere sul deflusso minimo vitale e possa causare un deterioramento di qualità dei corpi idrici superficiali (fiume Nera) e sotterranei;
   quali iniziative, per quanto di competenza e in raccordo con le amministrazioni coinvolte, si intendano intraprendere al fine di tutelare i siti «Natura 2000» dell'Umbria, SIC IT5210046 «Valnerina», SIC IT5220010 «monte Solenne», SIC IT5220017 «cascata delle Marmore», e ZPS IT5220025 «bassa Valnerina tra monte Fionchi e cascata delle Marmore».
(2-01418) «Daga, Terzoni, Zolezzi, Mannino, Micillo, Busto, De Rosa, Vignaroli, Agostinelli, Alberti, Baroni, Basilio, Battelli, Benedetti, Massimiliano Bernini, Paolo Bernini, Nicola Bianchi, Bonafede, Brescia, Brugnerotto, Businarolo, Cancelleri, Cariello, Carinelli, Caso, Castelli, Cecconi, Chimienti, Ciprini, Colletti».