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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Lunedì 23 maggio 2016

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 23 maggio 2016.

  Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Amendola, Amici, Attaguile, Baldelli, Bellanova, Bernardo, Dorina Bianchi, Bindi, Biondelli, Bobba, Bocci, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Matteo Bragantini, Brambilla, Bratti, Bressa, Brunetta, Bueno, Businarolo, Calabria, Caparini, Capelli, Carbone, Casero, Castiglione, Antimo Cesaro, Cicchitto, Costa, D'Alia, D'Uva, Dambruoso, De Micheli, Del Basso De Caro, Del Grosso, Dell'Orco, Dellai, Di Gioia, Luigi Di Maio, Fava, Fedriga, Ferranti, Fico, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Franceschini, Galati, Garavini, Garofani, Gelli, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, La Russa, Locatelli, Lorenzin, Losacco, Lotti, Lupi, Madia, Manciulli, Marazziti, Merlo, Migliore, Nicoletti, Orlando, Paris, Pes, Gianluca Pini, Pisicchio, Prestigiacomo, Quartapelle Procopio, Rampelli, Ravetto, Realacci, Rigoni, Rosato, Domenico Rossi, Rughetti, Sanga, Sani, Scopelliti, Scotto, Tabacci, Velo, Vignali, Zanetti.

(Alla ripresa pomeridiana della seduta)

  Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Amendola, Amici, Attaguile, Baldelli, Bellanova, Bergamini, Bernardo, Dorina Bianchi, Bindi, Biondelli, Bobba, Bocci, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Matteo Bragantini, Brambilla, Bratti, Bressa, Brunetta, Bueno, Businarolo, Calabria, Caparini, Capelli, Carbone, Casero, Castiglione, Antimo Cesaro, Cicchitto, Costa, D'Alia, D'Uva, Dambruoso, De Micheli, Del Basso De Caro, Del Grosso, Dell'Orco, Dellai, Di Gioia, Luigi Di Maio, Fava, Fedriga, Ferranti, Fico, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Franceschini, Galati, Garavini, Garofani, Gelli, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, La Russa, Locatelli, Lorenzin, Losacco, Lotti, Lupi, Madia, Manciulli, Marazziti, Merlo, Migliore, Nicoletti, Orlando, Paris, Pes, Gianluca Pini, Pisicchio, Prestigiacomo, Quartapelle Procopio, Rampelli, Ravetto, Realacci, Rigoni, Rosato, Domenico Rossi, Rughetti, Sanga, Sani, Scopelliti, Scotto, Tabacci, Velo, Vignali, Zanetti.

Annunzio di proposte di legge.

  In data 20 maggio 2016 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
   SCOTTO ed altri: «Sospensione delle sanzioni previste per la violazione dei limiti di competenza e di spesa relativi alla contrattazione integrativa per il personale degli enti locali, di cui al comma 3-quinquies dell'articolo 40 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165» (3845);
   ZARATTI ed altri: «Modifiche al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, per la tutela dei lavoratori, la trasparenza nell'affidamento e la qualità dell'esecuzione degli appalti pubblici» (3846);
   BORGHI: «Modifiche alla legge 2 gennaio 1989, n. 6, in materia di ordinamento delle professioni di montagna» (3847).

  Saranno stampate e distribuite.

Adesione di deputati a proposte di legge.

  La proposta di legge PAOLA BOLDRINI ed altri: «Disposizioni per favorire l'applicazione e la diffusione della medicina di genere» (3603) è stata successivamente sottoscritta dalle deputate Carocci, Garavini, Iori, La Marca e Patrizia Maestri.

Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente.

  A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:

  I Commissione (Affari costituzionali):
   SCOTTO: «Disciplina dell'autonomia statutaria, amministrativa e finanziaria del comune di Napoli» (3801) Parere delle Commissioni V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), VII, VIII, IX, X, XI, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

  VI Commissione (Finanze):
  SCOTTO ed altri: «Modifiche al decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, e altre disposizioni in materia di comunicazione telematica all'Agenzia delle entrate dei dati relativi alle operazioni soggette all'imposta sul valore aggiunto, nonché destinazione delle maggiori entrate al Fondo per la lotta alla povertà e all'esclusione sociale» (3793) Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), V, X, XI, XII, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali;
   ZAPPULLA ed altri: «Istituzione di zone franche produttive nei siti contaminati di interesse nazionale e regionale, nonché agevolazioni previdenziali per i lavoratori operanti in tali aree» (3797) Parere delle Commissioni I, V, VIII, X, XI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, relativamente alle disposizioni in materia previdenziale), XIII, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

  VII Commissione (Cultura):
   S. 1349. – Senatori MARCUCCI ed altri: «Iniziative per preservare la memoria di Giacomo Matteotti» (approvata dalla 7a Commissione permanente del Senato) (3844) Parere delle Commissioni I e V.

  VIII Commissione (Ambiente):
   BENEDETTI ed altri: «Disposizioni concernenti il limite del contenuto di sostanze perfluoroalchiliche nelle acque superficiali e sotterranee e la diminuzione dell'immissione delle stesse nell'ambiente» (3744) Parere delle Commissioni I, V, X, XII, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

  X Commissione (Attività produttive):
   CONSIGLIO REGIONALE DEL PIEMONTE: «Modifiche agli articoli 7 e 70 del decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59, recante attuazione della direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno» (3700) Parere delle Commissioni I, V, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

  XI Commissione (Lavoro):
   SANNICANDRO ed altri: «Interpretazione autentica del comma 5 dell'articolo 9 della legge 11 marzo 1988, n. 67» (3727) Parere delle Commissioni I, V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), XIII e XIV.

  Commissioni riunite I (Affari costituzionali) e XI (Lavoro):
   ROCCELLA: «Norme in materia di videosorveglianza negli asili nido e nelle scuole dell'infanzia nonché presso le strutture ricreative pubbliche e private destinate ai minori e istituzione del Garante comunale dell'infanzia vulnerabile» (3818) Parere delle Commissioni II, V, VII, XII (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento) e della Commissione parlamentare per le questioni regionali;
   INVERNIZZI ed altri: «Disposizioni in materia di videosorveglianza negli asili nido e nelle scuole dell'infanzia nonché presso le strutture socio-assistenziali per anziani, disabili e minori in situazione di disagio» (3829) Parere delle Commissioni II, V, VII, XII (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento) e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Modifica dell'assegnazione di proposte di legge a Commissioni in sede referente.

  A norma dell'articolo 72 del Regolamento, le seguenti proposte di legge – già assegnate, rispettivamente, alla I Commissione (nn. 1037, 2705 e 3597) e alla XI Commissione (nn. 261, 2647 e 3629) – sono assegnate, in sede referente, alle Commissioni riunite I (Affari costituzionali) e XI (Lavoro), che ne hanno fatto richiesta:
   FUCCI: «Delega al Governo per l'adozione di norme volte a garantire il possesso dei requisiti di professionalità e di capacità psico-attitudinale da parte del personale educativo degli asili-nido» (261) Parere delle Commissioni V e XII e della Commissione parlamentare per le questioni regionali;
   GIAMMANCO ed altri: «Norme in materia di videosorveglianza negli asili nido e nelle scuole dell'infanzia nonché presso le strutture socio-assistenziali per anziani, disabili e minori in situazione di disagio» (1037) Parere delle Commissioni II, V, VII, VIII e XII (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento) e della Commissione parlamentare per le questioni regionali;
   VEZZALI ed altri: «Disposizioni in materia di videosorveglianza negli asili nido e nelle scuole dell'infanzia nonché presso le strutture socio-assistenziali per anziani, disabili e minori in situazione di disagio» (2705) Parere delle Commissioni II, V, VII, VIII e XII (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento) e della Commissione parlamentare per le questioni regionali;
   MINARDO: «Abrogazione dell'articolo 571 e modifiche all'articolo 572 del codice penale, in materia di maltrattamenti contro familiari e conviventi, nonché disposizioni concernenti l'installazione di dispositivi di videosorveglianza negli asili nido e nelle scuole dell'infanzia» (3597) Parere delle Commissioni II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), V, VII e XII (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento) e della Commissione parlamentare per le questioni regionali;
   DE GIROLAMO ed altri: «Disposizioni in materia di requisiti di idoneità psico-attitudinale dei docenti delle scuole dell'infanzia e primarie e del personale degli asili nido» (2647) Parere delle Commissioni V, VII e XII e della Commissione parlamentare per le questioni regionali;
   DE GIROLAMO: «Norme in materia di videosorveglianza negli asili nido e nelle scuole dell'infanzia nonché presso le strutture socio-assistenziali per anziani, disabili e minori in situazione di disagio e altre disposizioni in materia di requisiti di idoneità psico-attitudinale del personale scolastico e sanitario» (3629) Parere delle Commissioni II, V, VII e XII (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento) e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Trasmissione dal Presidente del Senato.

  Il Presidente del Senato, con lettera in data 18 maggio 2016, ha comunicato che la 6a Commissione (Finanze) del Senato ha approvato, ai sensi dell'articolo 144, commi 1 e 6, del Regolamento del Senato, una risoluzione sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (UE) n. 806/2014 al fine di istituire un sistema europeo di assicurazione dei depositi (COM(2015) 586 final) e sulla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, alla Banca centrale europea, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni «Verso il completamento dell'Unione bancaria» (COM(2015) 587 final).

  Questa risoluzione è trasmessa alla VI Commissione (Finanze).

Trasmissione dalla Corte dei conti.

  Il Presidente della Sezione del controllo sugli enti della Corte dei conti, con lettera in data 19 maggio 2016, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relazione riferite al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria dell'Autorità portuale di Livorno, per gli esercizi 2013 e 2014. Alla determinazione sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (Doc. XV, n. 391).

  Questi documenti sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio) e alla IX Commissione (Trasporti).

Trasmissione dal Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri.

  Il Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri, in data 16 maggio 2016, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6, comma 2, secondo periodo, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, un documento concernente la posizione del Governo nell'ambito della procedura di consultazione pubblica relativa al quadro normativo per le piattaforme, gli intermediari online, i dati e il cloud computing e l'economia collaborativa, che è trasmesso alla IX Commissione (Trasporti), alla X Commissione (Attività produttive) e alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

  Il Consiglio dell'Unione europea, in data 17 e 20 maggio 2016, ha trasmesso, ai sensi del Trattato sull'Unione europea, la posizione del Consiglio in prima lettura in vista dell'adozione della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio recante misure per un livello comune elevato di sicurezza delle reti e dei sistemi informativi nell'Unione (5581/16 REV 1), corredata dalla relativa motivazione (5581/16 REV 1 ADD 1), che è assegnata, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alla IX Commissione (Trasporti), con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).
  La Commissione europea, in data 20 maggio 2016, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, i seguenti progetti di atti dell'Unione stessa, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi, che sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle sottoindicate Commissioni, con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):
   Proposta di decisione del Consiglio relativa alla posizione che l'Unione deve adottare nel comitato misto istituito dall'accordo quadro globale di partenariato e cooperazione tra la Comunità europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Indonesia, dall'altra, in merito all'adozione del regolamento interno del comitato misto e all'istituzione di gruppi di lavoro specializzati (COM(2016) 266 final), corredata dai relativi allegati (COM(2016) 266 final – Annexes 1 to 2), che è assegnata in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri);
   Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sui potenziali rischi per la salute pubblica connessi all'uso di sigarette elettroniche ricaricabili (COM(2016) 269 final), che è assegnata in sede primaria alla XII Commissione (Affari sociali).

Trasmissione dal Consiglio regionale dell'Emilia-Romagna.

  La Presidente del Consiglio regionale dell'Emilia-Romagna, con lettera in data 19 maggio 2016, ha trasmesso una risoluzione, approvata dal medesimo Consiglio regionale il 19 maggio 2016, concernente indirizzi relativi alla partecipazione della regione Emilia-Romagna alla fase ascendente e discendente del diritto dell'Unione europea (sessione europea 2016).

  Questo documento è trasmesso alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

Comunicazione di nomine ministeriali.

  Il Ministro dello sviluppo economico, con lettera in data 19 maggio 2016, ha dato comunicazione, ai sensi dell'articolo 9 della legge 24 gennaio 1978, n. 14, della nomina del professor Federico Testa a presidente dell'Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile (ENEA) nonché del signor Mauro Libè e del dottor Alessandro Lanza a consiglieri di amministrazione del medesimo ente.

  Questa comunicazione è trasmessa alla X Commissione (Attività produttive).

Atti di controllo e di indirizzo.

  Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.

RELAZIONE SULLA CONTRAFFAZIONE NEL SETTORE DELLA MOZZARELLA DI BUFALA CAMPANA, APPROVATA DALLA COMMISSIONE PARLAMENTARE DI INCHIESTA SUI FENOMENI DELLA CONTRAFFAZIONE, DELLA PIRATERIA IN CAMPO COMMERCIALE E DEL COMMERCIO ABUSIVO (DOC. XXII-BIS, N. 5)

Doc. XXII-bis, n. 5 – Risoluzioni

   La Camera,
   esaminata la Relazione sulla contraffazione nel settore della mozzarella di bufala campana (Doc. XXII-bis, n. 5), approvata all'unanimità dalla Commissione parlamentare di inchiesta sui fenomeni della contraffazione, della pirateria in campo commerciale e del commercio abusivo nella seduta del 23 settembre 2015;
   premesso che:
    la Commissione parlamentare di inchiesta sui fenomeni della contraffazione, della pirateria in campo commerciale e del commercio abusivo ha scelto di approfondire il tema della contraffazione nel settore della mozzarella di bufala campana in quanto nel comparto agroalimentare italiano tale produzione riveste una notevole rilevanza per le caratteristiche di eccellenza di tale produzione, che fenomeni di contraffazione e frode possono seriamente compromettere;
    la relazione ha messo in luce come le problematiche di tale settore produttivo non trovino oggi una risposta adeguata nell'attuale assetto normativo di riferimento, mentre per preservare l'eccellenza della mozzarella campana è necessario definire un'adeguata architettura di base del sistema pubblico di supporto alle attività di allevamento, produzione e commercializzazione;
    la successione di normative, che hanno prima introdotto il principio della separazione degli stabilimenti per la lavorazione della mozzarella di bufala da quelli per la lavorazione di latte non bufalino, per poi abrogarlo, adottando la sola separazione dei locali e la tracciabilità delle lavorazioni, ha suscitato perplessità sulla reale efficacia dei controlli;
    elementi di perplessità riguardano l'efficacia dei sistemi di controllo, poiché in questa filiera, ove si applica il sistema dell'autocontrollo previsto dal 2006 per le aziende alimentari dal Reg. 852/04/CE, esteso anche alla produzione primaria (mungitura, coltivazione di vegetali, ecc.), si profila una situazione di conflitto di interesse, dato che gli enti preposti al controllo, soggetti privati o pubblici autorizzati dal MIPAAF ad espletare il controllo sulla STG «Mozzarella», sono individuati e pagati dall'azienda controllata;
    la mozzarella è un alimento richiesto tutto l'anno, ma con picchi costanti nei mesi estivi; poiché la produzione di latte si concentra nei mesi invernali e il disciplinare della mozzarella di bufala campana DOP esclude l'impiego di latte congelato, è evidente come il maggiore fabbisogno di latte nei mesi estivi, stante il vincolo imposto dalle norme, determina fenomeni di utilizzazione della materia prima anche attraverso forme illecite, importando latte o cagliate dall'estero, a prezzi irrisori, o utilizzando latte congelato durante l'inverno;
    deve pertanto essere affrontato, anche con misure agevolative, il tema di un'appropriata politica di destagionalizzazione della lattazione delle bufale, onde aumentare la produzione di latte di bufala nel periodo di maggiore domanda del mercato e non avere eccedenze invernali da congelare, per evitare che si superi nel disciplinare il vincolo delle 60 ore dalla mungitura per l'impiego del latte bufalino ai fini della preparazione della mozzarella;
    un altro fenomeno di particolare gravità, specie sui mercati esteri, è rappresentato dalla messa in circolazione di confezioni di mozzarella che recano indicazioni false o fallaci sull'origine, violando i marchi collettivi ovvero evocando una erronea origine italiana (cosiddetto Italian sounding), attraverso l'apposizione di simboli o confezionamenti che richiamano la qualità tradizionale della mozzarella italiana, venduta a prezzi ribassati, che causa danni economici rilevanti ai produttori che operano onestamente;
    occorre pertanto definire un modello di sviluppo per il settore, per orientare la «dimensione» produttiva e qualitativa delle aziende del settore, al fine sia di preservarne il carattere di artigianalità, sia di conciliare le esigenze di espansione della quantità prodotta, particolarmente verso i ricchi mercati internazionali, con quelle di agevolare un'attività orientata alla qualità, legata al territorio;
    fa propria la Relazione sulla contraffazione nel settore della mozzarella di bufala campana (DOC. XXII-bis, N. 5), approvata il 23 settembre 2015 dalla Commissione parlamentare di inchiesta sui fenomeni della contraffazione, della pirateria in campo commerciale e del commercio abusivo ed impegna il Governo, per quanto di competenza, a intraprendere ogni iniziativa utile, al fine di risolvere le questioni evidenziate nella relazione, con particolare riferimento alle seguenti azioni:
   a) migliorare, rendendo effettiva ed assoluta, la piena tracciabilità del latte bufalino, passando da forme volontarie a forme obbligatorie, accelerando l'attuazione di quanto previsto in merito dal decreto 9 settembre 2014 del MIPAAF; occorre infatti garantire agli operatori del settore e alle istituzioni di controllo l'immediata conoscenza del numero dei caseifici operanti in regime di DOP, del numero degli allevatori aderenti, di quanta produzione di latte bufalino sia stata già tracciata e quanta nell'area DOP, onde determinare con sicurezza, sulla scorta di dati inconfutabili, la reale capacità produttiva del settore, prevedendo altresì un adeguato apparato sanzionatorio;
   b) introdurre un sistema di controlli più efficaci, che preveda la redazione di un «Piano di Valutazione e Controllo», gestito dall'Autorità ad esso preposta, con dimensioni, indicatori e variabili e strumenti di rilevazione specificamente determinati e costruiti;
   c) potenziare la piattaforma informatizzata nel comparto, acquisendo tutti i dati in possesso degli operatori del sistema di produzione, diffusione e commercializzazione del prodotto e favorire gli incroci dei dati tra le forze di polizia per le attività di verifica e di controllo, valorizzando inoltre le migliori esperienze di verifica tecnica maturate in materia, quali quelle sviluppate dall'Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Mezzogiorno;
   d) garantire, attraverso specifiche campagne di comunicazione, una maggiore informazione sui rischi per la salute o per la perdita di valori nutrizionali conseguenti all'impiego di latte o cagliata non in possesso dei requisiti richiesti dalla legge per il confezionamento della mozzarella di bufala, derivante da fenomeni di contraffazione e di frode alimentare;
   e) promuovere nel mondo la qualità e le caratteristiche della mozzarella di bufala campana DOP, anche attraverso l'istituzione di un Osservatorio sulla mozzarella di bufala campana DOP, avente funzioni di promozione, controllo e monitoraggio di tale alimento;
   f) verificare l'opportunità, con il Consorzio per la tutela della mozzarella di bufala campana, di modifiche del disciplinare che, senza snaturare il carattere di artigianalità del prodotto, soddisfino le nuove esigenze del mercato, soprattutto in ambito HO.RE.CA.;
   g) introdurre un'etichetta trasparente per il consumatore, in luogo di quella generica che indica «latte, sale e caglio», indicando specificatamente tra gli ingredienti il tipo di cagliata utilizzata per la produzione di mozzarella, in modo da consentire al consumatore di orientare le proprie scelte disponendo di informazioni adeguate, atteso che il latte italiano si trova in competizione sul mercato con il latte fresco, congelato, in polvere, disidratato, già cagliato, semilavorato, ecc., proveniente da tutto il mondo, a prezzi irrisori;
   h) tutelare maggiormente le denominazioni di origine, operando in sede di tutela penale per una razionalizzazione dell'apparato sanzionatorio, prevedendo anche sanzioni interdittive delle autorizzazioni all'esercizio dell'attività di impresa per le aziende che operano illegalmente e ampliando la possibilità di applicare misure di carattere preventivo, secondo le linee indicate nella «Relazione su possibili proposte normative in materia penale in tema di contraffazione», approvata dalla Commissione il 4 agosto 2015, cui si rinvia;
   i) favorire un modello di sviluppo del settore in grado di preservarne il carattere di artigianalità, alla quale si deve il riconoscimento europeo di questo prodotto, proteggendo la tradizione e la riconoscibilità territoriale, la storia dei luoghi, la sapienza dei casari, come quella degli allevatori; a tal fine occorre garantire l'equilibrio tra produzione casearia e allevatori, onde evitare che la mancanza di una giusta remunerazione per gli allevatori determini la crisi irreversibile della produzione italiana di latte, favorendo l'ingresso massiccio di latte importato, comprato a basso costo, senza considerazione per la qualità del prodotto e l'impatto sull'economia agricola del nostro Paese;
   l) conciliare l'esigenza di garantire l'espansione della quantità prodotta, al fine di accedere ai ricchi mercati internazionali, con la necessità di mantenere ed agevolare una produzione orientata alla qualità, proponendo un modello che si caratterizzi sui mercati internazionali per l'autenticità di un'agricoltura basata sul rapporto con il territorio e sia frutto del lavoro di generazioni che coltivano una tradizione secolare.
(6-00246) «Russo, Catania».


   La Camera,
   premesso che:
    da un'analisi approfondita dalla Relazione XXII-bis n. 5 della Commissione parlamentare di inchiesta sui fenomeni della contraffazione, della pirateria in campo commerciale e del commercio abusivo, emerge una situazione preoccupante in materia di illeciti nella produzione e distribuzione di un prodotto eccellente quale la mozzarella di bufala campana, ad oggi strumento importante nel comparto produttivo dell'agroalimentare italiano;
    gli illeciti che si registrano attengono differenti fasi della produzione dall'impiego di cagliate congelate provenienti dall'estero e a basso costo, fino all'utilizzo di massicce dosi di vaccini per mascherare brucellosi, oltre a ripetute violazioni delle norme sulla corretta etichettatura e consumo informato;
    oltre alla grave situazione legata a frodi e contraffazioni, Coldiretti, nel settembre del 2015, denunciava che gli industriali «sottopagano il latte italiano e fanno chiudere le stalle, mentre il Made in Italy alimentare nel settore lattiero caseario è dominato da una multinazionale straniera che impone unilateralmente agli allevatori le proprie condizioni», verificandosi conseguentemente il paradosso che «gli italiani pagano un prezzo molto elevato per i formaggi e il latte fresco mentre agli allevatori si riduce la remunerazione senza tener conto della qualità del latte italiano. Lo dimostra il fatto che il prezzo del latte fresco moltiplica più di quattro volte dalla stalla allo scaffale con un ricarico del 329 per cento. (...) Il risultato è che oggi il latte agli allevatori italiani viene pagato meno di venti anni fa»;
    nonostante questo però dalla stessa Relazione emerge la constatazione che la «Bufala Campana Dop è anche un potente strumento che dà risalto ad un'agricoltura non aggressiva, capace di sostenersi nei territori, che consente in chiave non intensiva di allevare non più di quattro capi per ettaro, con un ridotto impatto ambientale ed un'evidente valenza sul piano etico. Si tratta di una modalità produttiva che costituisce un modello di sviluppo» e a bene vedere questo tipo di agricoltura è un esempio così virtuoso per il comparto agroalimentare italiano da auspicare che diventi volano di crescita per l'intero settore,

impegna il Governo:

   ad adottare ogni iniziativa formale capace di contrastare il fenomeno della contraffazione non solo in Italia, ma anche in sede europea per un corretto sviluppo del sistema;
    ad una revisione complessiva della normativa penale di riferimento in materia di frodi ed illeciti al fine di tutelare il Made in Italy.
(6-00247) «Ciracì, Palese».


MOZIONI PISICCHIO E PALESE N. 1-01192, VACCA ED ALTRI N. 1-01268 E CENTEMERO E OCCHIUTO N. 1-01283 CONCERNENTI INIZIATIVE VOLTE A FAVORIRE L'ACCESSO AGLI STUDI UNIVERSITARI, CON PARTICOLARE RIFERIMENTO AD UN'EQUA RIPARTIZIONE DELLE RISORSE SUL TERRITORIO NAZIONALE

Mozioni

   La Camera,
   premesso che:
    l'Italia nel 2014 è stato lo Stato membro dell'Unione europea con la minore percentuale di giovani laureati: con il 23,9 per cento si colloca, purtroppo, all'ultimo posto fra i 28 Stati membri, paragonato al 49,9 per cento della Svezia, al 47,7 per cento del Regno unito, ma anche al 31,3 per cento del Portogallo e al 25 per cento della Romania;
    sono dati inquietanti che fanno riflettere profondamente sullo stato di salute delle nostre università italiane e sulle scelte fatte negli ultimi vent'anni con la consapevolezza della necessità, non più procrastinabile, di analisi più approfondite sull'argomento ma anche di un complessivo ripensamento dell'indirizzo di governo che riguardi l'istruzione superiore che significa produzione culturale del Paese, formazione delle classi dirigenti e, in particolare, di quel capitale umano di qualità che è il fattore produttivo decisivo nell'economia di un Paese, specialmente in un paese così diverso al suo interno come l'Italia;
    l'Europa si è data l'obiettivo, nel 2020, di avere il 40 per cento di giovani laureati. L'obiettivo italiano alla stessa data è pari al 26-27 per cento, che continuerebbe a collocarla all'ultimo posto, rischiando di essere superata anche dalla Turchia. La regione con la percentuale maggiore di laureati, il Lazio (31,6 per cento), si colloca su livelli pari al Portogallo. Quattro regioni italiane, tutte del Mezzogiorno, sono fra le ultime dieci nella graduatoria delle 272 europee; la Sardegna (17,4 per cento) è penultima: la sua percentuale di giovani laureati è superiore solo alla regione ceca dello Severozápad;
    il nostro Paese nel giro di pochi anni, ha vissuto un disinvestimento molto forte nella sua università, in totale controtendenza rispetto a tutti i Paesi avanzati che continuano invece ad accrescere la propria formazione superiore. Mentre il finanziamento pubblico delle nostre università italiane si contraeva del 22 per cento, in Germania cresceva del 23 per cento; persino i Paesi mediterranei più colpiti dalla crisi hanno ridotto di meno il proprio investimento sull'istruzione superiore;
    i fondi del diritto allo studio universitario sono distribuiti alle regioni secondo criteri che generano gravi sperequazioni a danno delle regioni del Sud;
    per effetto di tale distribuzione il 75 per cento degli studenti che, secondo la Costituzione italiana, avrebbero diritto a beneficiare di borse di studio e non ne beneficiano sono iscritti nelle università del Sud;
    il rapporto della Fondazione Res, recentemente presentato, fotografa la condizione degli atenei italiani, da Nord a Sud, come un costante, inesorabile declino a cominciare dalla caduta delle immatricolazioni: dal 2003-04 si riducono di oltre 66 000 unità, fino a meno di 260 000 nel 2014-15 (-20,4 per cento). Fra tutti i Paesi avanzati solo la Svezia e l'Ungheria sperimentano un decremento più forte. Al contrario, gli immatricolati crescono sensibilmente nella media dei Paesi dell'Ocse e a ritmi particolarmente sostenuti, oltre che negli emergenti, in Germania e Regno unito. Il calo delle immatricolazioni, sempre dal 2003-04, è poi differenziato per territori: è particolarmente intenso nelle isole (-30,2 per cento), nel Sud continentale (-25,5 per cento) e nel Centro (-23,7 per cento, specie nel Lazio); più contenuto al nord (-11 per cento);
    è grave il fenomeno migratorio di diplomati che, in numero di 24 mila, ogni anno abbandonano le regioni del Sud per studiare in università del Centro e del Nord e questo aggrava la già depressa situazione del Meridione;
    la mobilità studentesca è un fenomeno estremamente positivo, perché rappresenta un'esperienza di vita indipendente per i giovani, consente la scelta del corso di studio più adatto e una competizione sana tra atenei, ma è una mobilità a senso unico, da Sud verso Nord. Nel 2014-15 oltre 55 000 studenti si sono immatricolati in una regione diversa da quella di residenza;
    al Nord questo fenomeno riguarda il 17,8 per cento degli immatricolati, che rimangono quasi tutti (5/6) all'interno della circoscrizione. Al Centro è meno rilevante (14,5 per cento degli immatricolati), specie per gli studenti toscani e laziali, ma orientata di più verso l'esterno: metà di chi cambia regione va al nord, un terzo rimane al Centro, un sesto va al Sud;
    al Sud la mobilità è molto maggiore: riguarda il 28,9 per cento degli immatricolati, 4 su dieci si spostano al Nord e altri 4 al Centro. È la mobilità dei circa 29 000 immatricolati (in un anno) meridionali il fenomeno più importante, con una mobilità interna al Mezzogiorno assai contenuta e un flusso in uscita dalla circoscrizione a cui non corrisponde un flusso in entrata;
    la mobilità solo in direzione d'uscita è negativa perché genera da una parte una perdita per le aree di origine in termini di capitale umano, dall'altra un trasferimento di reddito a favore delle regioni di entrata per il mantenimento dei figli fuori sede sostenuto dalle famiglie. La scelta del trasferimento è riconducibile a più fattori e, in particolare, a una più elevata capacità attrattiva di singoli atenei centro-settentrionali, nonché alle maggiori prospettive occupazionali nei mercati del lavoro del nord una volta conseguita la laurea;
    Molise (49,5 per cento), Trentino Alto Adige (47,8), Abruzzo (41,3) sono le regioni più piccole che nell'anno accademico 2014-15, hanno mostrato indici di attrattività più elevati spiegabili soprattutto con la qualità della vita urbana (Trento) o con la posizione geografica, come nel caso di Abruzzo e Molise. Le regioni medie e medio-grandi maggiormente attrattive sono tutte localizzate al nord: spiccano in particolare l'Emilia Romagna e la Lombardia. Al contrario risulta estremamente ridotta l'attrattività delle università meridionali, tutte largamente al di sotto della metà della media nazionale, ad eccezione della Basilicata che sfiora il 20 per cento, grazie alla specificità di alcuni indirizzi di studio;
    altro punto di grande criticità è quello dei docenti universitari che fra il 2008 e il 2015 si sono ridotti del 17,2 per cento; il calo è stato notevolmente più intenso di quello registrato in ogni altro comparto del pubblico impiego, ben cinque volte maggiore di quanto avvenuto nella scuola. La diminuzione del personale docente di ruolo è stata dell'11,3 per cento al nord, ma del 18,3 per cento nel Mezzogiorno e del 21,8 per cento nelle università del Centro a causa dei blocchi del ricambio, in presenza dei pensionamenti. Ad esempio nel triennio 2012-14 il turn over (assunzioni in percentuale dei pensionamenti) è stato pari al 27,3 per cento. Il blocco del turn over negli atenei ha comportato un sensibile invecchiamento del personale docente, attualmente i dati disponibili ci dicono che un terzo dei professori ordinari ha più di 65 anni;
    la spesa totale (pubblica e privata) per l'istruzione universitaria, riportata dal rapporto annuale Education at a Glance dell'Ocse (2014) e misurata rispetto al Pil (2011), è in Italia sui livelli più bassi fra tutti i Paesi dell'Ocse: gli unici Paesi con livelli comparabili sono Ungheria e Brasile; per tutti gli altri, europei ed extraeuropei, il livello è significativamente superiore. Nel 2011 il totale della spesa (pubblica e privata) era in Italia dell'1 per cento del Pil, contro una media ocse dell'1,6 per cento e dei Paesi europei membri dell'Ocse pari all'1,4 per cento: i grandi Paesi europei si collocano fra l'1,2 per cento e l'1,5 per cento; la stessa Turchia è all'1,3 per cento; gli scandinavi su livelli superiori, gli Stati uniti sono al 2,7 per cento;
     il fondo di finanziamento ordinario delle università (Ffo), nasce nel 1993, come veicolo di finanziamento «omnibus» all'interno del quale fare ricadere sia gli interventi per il funzionamento sia allocazioni «premiali» ed è stato proprio questo l'errore di fondo, sarebbe stato meglio fin da allora prevedere due diversi canali di finanziamento: uno destinato, appunto, alle spese ordinarie e un altro, con funzione premiale e incentivante. Fino al 2008 la dimensione del fondo cresce, anche se aumentano le quote relative degli atenei del Nord e del Sud, rispetto a quelli del Centro e delle isole. Con i provvedimenti presi a partire dal 2008, con la cosiddetta Riforma Gelmini (legge n. 240 del 2010), l'investimento destinato alle università si riduce drasticamente. Il fondo di finanziamento ordinario diminuisce ai livelli di metà anni novanta. Sul totale delle entrate degli atenei diminuisce sensibilmente il peso delle risorse attribuite dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca (e in particolare del fondo di finanziamento ordinario), a vantaggio della contribuzione studentesca e di finanziamenti di soggetti terzi, specie privati. Questo cambiamento produce un significativo impatto territoriale, perché colpisce in particolare le università collocate nelle aree meno ricche del Paese;
    l'analisi di tutti questi dati porta a delle conclusioni chiare, risulta necessario ed urgente ripensare questi meccanismi di finanziamento, basandosi su una distinzione netta fra fondi destinati al funzionamento del sistema universitario e fondi premiali destinati alla ricerca, ripristinando una sufficiente quota di finanziamento per tutti gli atenei, a copertura delle funzioni di didattica e di ricerca di base, e con l'allocazione di risorse aggiuntive, finalizzate alle grandi priorità di ricerca del paese, sulla base di criteri di valutazione della ricerca, abbandonando formule e algoritmi onnicomprensivi che hanno dimostrato negli ultimi anni di non essere adeguati alla complessità della realtà,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative per incrementare il fondo del diritto allo studio;
   ad assumere iniziative per modificare i criteri di distribuzione del fondo per il diritto allo studio applicando la regola delle quote capitarie e suddividendo quindi il fondo tra le regioni esclusivamente in base al numero di idonei ai benefici;
   ad assumere iniziative per incrementare sensibilmente il fondo di finanziamento ordinario delle università per avvicinarlo a quello degli altri Paesi europei;
   a promuovere una radicale revisione dei meccanismi di finanziamento per le attività di ricerca;
   ad assumere iniziative per immettere nuovi docenti e ricercatori a copertura dei previsti pensionamenti;
   ad adottare iniziative per applicare una deroga temporanea di almeno 5 anni per le università del Sud, in relazione alle norme restrittive inerenti al rapporto tra numero di docenti e attivazione dei corsi di studio, consentendo di attivare corsi di studio, indipendentemente dal numero dei docenti, per dare risposte alle esigenze ogni anno manifestate dai diplomati.
(1-01192)
(Nuova formulazione) «Pisicchio, Palese».


   La Camera,
   premesso che:
    gli articoli 33 e 34 della Costituzione pongono i princìpi fondamentali relativi all'istruzione con riferimento, rispettivamente, all'organizzazione scolastica e universitaria e ai diritti di accedervi e di usufruire delle prestazioni che essa è chiamata a fornire. Organizzazione e diritti sono aspetti speculari della stessa materia, l'una e gli altri implicandosi e condizionandosi reciprocamente. Non c’è organizzazione che, direttamente o almeno indirettamente, non sia finalizzata a diritti, così come non c’è diritto a prestazione che non condizioni l'organizzazione;
    l'articolo 33, dopo aver stabilito, al primo comma, che «l'arte e la scienza sono libere e libero ne è l'insegnamento» e, al secondo comma, che la «Repubblica detta le norme generali sull'istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi», prevede, tra gli altri per le università, «il diritto di darsi ordinamenti autonomi nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato». «Secondo la Costituzione, l'ordinamento della pubblica istruzione è dunque unitario ma l'unità è assicurata, per il sistema scolastico in genere, da “norme generali” dettate dalla Repubblica; in specie, per il sistema universitario, in quanto costituito da “ordinamenti autonomi”, da “limiti stabiliti dalle leggi dello Stato”»;
    gli «ordinamenti autonomi» delle università, cui la legge, secondo l'articolo 33 della Costituzione, deve fare da cornice, non possono considerarsi soltanto sotto l'aspetto organizzativo interno, manifestantesi in amministrazione e in normazione statutaria e regolamentare. Per l'anzidetto rapporto di necessaria reciproca implicazione, l'organizzazione deve considerarsi anche sul suo lato funzionale esterno, coinvolgente i diritti e incidente su di essi. La necessità di leggi dello Stato, quali limiti dell'autonomia ordinamentale universitaria, vale pertanto sia per l'aspetto organizzativo, sia, a maggior ragione, per l'aspetto funzionale che coinvolge i diritti di accesso alle prestazioni;
    in questo modo, all'ultimo comma dell'articolo 33 viene a conferirsi una funzione, per così dire, di cerniera, attribuendosi alla responsabilità del legislatore statale la predisposizione di limiti legislativi all'autonomia universitaria relativi tanto all'organizzazione in senso stretto, quanto al diritto di accedere all'istruzione universitaria, nell'ambito del principio secondo il quale «la scuola è aperta a tutti» (articolo 34, primo comma) e per la garanzia del diritto riconosciuto ai «capaci e meritevoli, anche, se privi di mezzi» «di raggiungere i gradi più alti degli studi» (articolo 34, terzo comma);
    la conclusione cui così si perviene attraverso la specifica interpretazione degli articoli 33 e 34 della Costituzione è, del resto, confermata e avvalorata dai «principi generali informatori dell'ordinamento democratico, secondo i quali ogni specie di limite imposto ai diritti dei cittadini abbisogna del consenso dell'organo che trae da costoro la propria diretta investitura» e dall'esigenza che «la valutazione relativa alla convenienza dell'imposizione di uno o di altro limite sia effettuata avendo presente il quadro complessivo degli interventi statali nell'economia inserendolo armonicamente in esso, e pertanto debba competere al Parlamento, quale organo da cui emana l'indirizzo politico generale dello Stato» (si confronti la sentenza n. 383 del 1998 della Corte costituzionale);
    non può negarsi che il diritto costituzionale allo studio, come ricostruito dalla riportata giurisprudenza costituzionale, imponendo scelte pubbliche d'insieme, inerenti alla determinazione delle risorse necessarie per il funzionamento delle istituzioni universitarie, per la garanzia del diritto alla formazione culturale (sancita dall'articolo 2 della Costituzione) e alle scelte professionali di ciascuno (articolo 4) risulti, soprattutto negli ultimi anni, drammaticamente compromesso;
    il sistema di finanziamento pubblico del diritto allo studio universitario avviene attraverso tre voci ovvero:
     a) il fondo integrativo statale;
     b) il gettito derivante dalla tassa regionale per il diritto allo studio;
     c) le risorse proprie delle regioni, pari almeno al 40 per cento dell'assegnazione del fondo integrativo statale;
    negli ultimi anni il diritto allo studio universitario è stato umiliato a causa del sempre più frequente fenomeno dello studente idoneo a percepire la borsa di studio ma non beneficiario a causa delle insufficienti risorse stanziate dallo Stato;
    nonostante le nuove regole sul diritto allo studio, conseguenti alla «riforma Gelmini» dell'università, abbia causato un numero di studenti idonei a percepire la borsa di studio inferiore rispetto al passato, le regioni non riescono, comunque, ad assegnare le borse a tutti i richiedenti che ne hanno diritto;
    l'Italia si colloca negli ultimi posti in Europa per investimenti sul diritto allo studio, tant’è che in diversi Stati dell'Unione europea l'iscrizione all'università è gratuita e la borsa di studio garantisce tutti gli studenti privi di mezzi;
    in Italia, a beneficiare di borse di studio è circa il 7 per cento degli studenti, per una spesa complessiva pubblica 258 milioni di euro, contro il 25,6 per cento della Francia (1,6 miliardi di euro), il 30 per cento della Germania (2 miliardi di euro) e il 18 per cento della Spagna (943 milioni di euro);
    in particolare, l'importo della tassa per il diritto allo studio è stabilito dalle regioni e dalle province autonome e può essere articolato in 3 fasce. La misura minima della fascia più bassa della tassa è fissata in 120 euro e si applica a coloro che presentano una condizione economica non superiore al livello minimo dell'indicatore di situazione economica equivalente corrispondente ai requisiti di eleggibilità per l'accesso ai livelli essenziali delle prestazioni (lep) del diritto allo studio. I restanti valori della tassa minima sono fissati in 140 euro e 160 euro per coloro che presentano un indicatore di situazione economica equivalente rispettivamente superiore al livello minimo e al doppio del livello minimo previsto dai requisiti di eleggibilità per l'accesso ai livelli essenziali delle prestazioni del diritto allo studio. Il livello massimo della tassa per il diritto allo studio è fissato in 200 euro;
    l'attuale normativa prevede che l'impegno delle regioni in termini economici maggiori rispetto a quanto previsto dall'articolo 18, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 29 marzo 2012, n. 68, sia valutato attraverso l'assegnazione di specifici incentivi nel riparto del fondo integrativo statale di cui al comma 1, lettera a), dello stesso decreto legislativo, e del fondo per il finanziamento ordinario alle università statali che hanno sede nel rispettivo contesto territoriale;
    i criteri per il riparto del fondo integrativo per la concessione di prestiti d'onore e di borse di studio sono stabiliti dall'articolo 16 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 9 aprile 2001;
    analogo discorso, circa i limiti che il legislatore statale deve porre all'autonomia degli atenei al fine di garantire la piena attuazione della Costituzione, deve riferirsi alla determinazione delle tasse d'iscrizione all'università. Attualmente anche la contribuzione richiesta agli studenti rappresenta, infatti, un ostacolo alla formazione;
    il decreto del Presidente della Repubblica n. 306 del 1997 regolamenta la disciplina in materia di tasse di iscrizione all'università a carico degli studenti. Tale regolamento prevede che ogni università abbia piena autonomia nella determinazione dell'entità e delle regole della tassazione studentesca rispettando criteri di equità, solidarietà e progressività, tenendo in considerazione la condizione economica dello studente;
    oltre ai contributi universitari, ogni studente è tenuto a versare all'università anche la tassa di iscrizione, fissata inizialmente in trecentomila lire ed aggiornata annualmente con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. L'importo della tassa di iscrizione è identica per tutti gli atenei italiani;
    la contribuzione totale versata dallo studente universitario è la risultante della somma tra la tassa di iscrizione definita annualmente dal Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca e i contributi universitari decisi autonomamente da ogni singola università;
    come contrappeso all'autonomia delle università, per evitare che queste possano stabilire importi contributivi troppo alti, il regolamento stabilisce che la somma delle contribuzioni versate da ogni singolo studente ogni anno alla propria università non possa eccedere il 20 per cento del finanziamento ordinario dello Stato all'ateneo;
    il citato regolamento stabilisce alcuni principi, seguendo criteri più specifici, che prevedono anche la garanzia dell'accesso ai capaci e ai meritevoli privi di mezzi e la riduzione del tasso di abbandono degli studi;
    tale disciplina in materia di contributi universitari è rimasta inalterata fino alle modifiche apportate dalla normativa sulla spending review (decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135), che ha disposto (con l'articolo 7, comma 42) l'introduzione dei commi 1-bis, 1-ter, 1-quater e 1-quinquies dell'articolo 5 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 306 del 1997;
    le modifiche apportate dal citato decreto-legge n. 95 del 2012 entrano nel merito dei limiti della contribuzione studentesca modificando i criteri per individuare la tassazione massima a carico dello studente. In sostanza, viene modificato il calcolo del limite del 20 per cento dell'ammontare della contribuzione studentesca totale (la somma di tutte le tasse pagate dagli studenti in un singolo ateneo) rispetto al finanziamento ordinario assegnato dallo Stato alla singola università;
    con le novelle introdotte dal decreto-legge n. 95 del 2012, ai fini del calcolo della contribuzione studentesca totale, è stata scorporata la contribuzione degli studenti fuori corso. Come conseguenza non sono più considerate, ai fini del calcolo della contribuzione totale versata dagli studenti alle università, le somme pagate dagli studenti fuori corso che, in media, rappresentano il 40 per cento degli iscritti;
    tale novità comporta, di fatto, un aumento del limite massimo di contribuzione sia per gli studenti in corso che per quelli fuori corso; inoltre, è eliminato qualsiasi limite alla determinazione dell'importo della contribuzione studentesca per gli studenti fuori corso;
    il citato decreto-legge n. 95 del 2012 prevede, inoltre, entro tre anni dalla entrata in vigore, un aumento significativo della tassazione per tutti gli studenti;
    il fondo per il finanziamento ordinario delle università (ffo) è relativo alla quota a carico del bilancio statale delle spese per il funzionamento e le attività istituzionali delle università, comprese le spese per il personale docente, ricercatore e non docente, per l'ordinaria manutenzione delle strutture universitarie e per la ricerca scientifica e della spesa per le attività sportive universitarie;
    negli ultimi anni il fondo per il finanziamento ordinario è sensibilmente diminuito; per questa ragione, le università che si sono trovate a superare il limite del 20 per cento sono numerose, ben due delle università statali su tre nell'anno accademico 2011/2012;
    alcune università (Insubria, Milano statale, Milano Bicocca, Napoli Partenope, Urbino, Venezia Ca’ Foscari, Venezia Iuav) hanno superato anche il 30 per cento e una (Bergamo) addirittura il 40 per cento;
    di fatto le modifiche apportate dal decreto-legge n. 95 del 2012 al decreto del Presidente della Repubblica 25 luglio 1997, n. 306, scaricano sugli studenti i tagli apportati al fondo per il finanziamento ordinario nel corso degli anni dai vari Governi alla guida del nostro Paese;
    gli atenei che, fino al 2013, non hanno rispettato il tetto massimo degli introiti derivanti da tasse e contribuzione studentesche previste dal decreto del Presidente della Repubblica 25 luglio 1997, n. 306, sono stati avvantaggiati dal reclutamento e dalle quote premiali, nonostante fossero in difetto fino all'entrata in vigore delle disposizioni normative introdotte dal decreto-legge n. 95 del 2012;
    dal 2007 alcune associazioni studentesche universitarie hanno avviato una serie di ricorsi amministrativi contro quegli atenei che superavano il limite del 20 per cento stabilito dall'articolo 5, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 25 luglio 1997, n. 306;
    dopo l'accoglimento, nel marzo del 2011, del primo ricorso sulla contribuzione studentesca presentato nel 2007 (registro generale 599) al tribunale amministrativo regionale dell'Abruzzo contro l'Università di Chieti Pescara, si sono moltiplicati i ricorsi in vari atenei italiani;
    di fatto, le disposizioni normative introdotte dal decreto-legge n. 95 del 2012 hanno rappresentato una sanatoria per le università che fino al 2012 non rispettavano quanto stabilito dal decreto del Presidente della Repubblica 25 luglio 1997, n. 306;
    si ritiene necessario, in considerazione di quanto esposto, prevedere l'esonero dal pagamento (della contribuzione studentesca per gli studenti meno abbienti introducendo una no tax area per indicatori della situazione economica equivalente al di sotto dei 20 mila euro. Secondo i dati forniti dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca l'ammontare del fondo di finanziamento ordinario 2017 si attesta intorno ai 7.003 milioni di euro, mentre il gettito complessivo della contribuzione studentesca intorno ai 1.497 milioni di euro;
    al fine di non ridurre le già esigue risorse destinate al sistema universitario, risulta doveroso rimborsare alle università il mancato gettito derivante dall'introduzione della no tax area attraverso un incremento dedicato del fondo di finanziamento ordinario,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative volte a modificare la disciplina attualmente vigente sulla contribuzione studentesca alle università statali stabilendo un'area di reddito entro cui lo studente sia esente dal pagamento della contribuzione (fascia no-tax) per tutti gli studenti con Isee al di sotto dei 20.000 euro;
   a dare pronta attuazione a quanto previsto dall'articolo 20 del decreto legislativo 29 marzo 2012, n. 68, attivando l'osservatorio nazionale per il diritto allo studio universitario e, in particolare, creando un sistema informativo, correlato a quelli delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, per l'attuazione del diritto allo studio, anche attraverso una banca dati dei beneficiari delle borse di studio;
   ad assumere iniziative normative, a garanzia dell'effettività del diritto allo studio sancito dalla Costituzione, volte ad incrementare le risorse destinate al diritto allo studio universitario con l'obiettivo di far sì che gli strumenti e i servizi per il conseguimento del pieno successo formativo nei corsi di istruzione superiore siano a disposizione di una platea di studenti che sia almeno corrispondente ad un quarto degli iscritti, in modo da allinearsi agli standard della Germania e della Francia;
   al fine di implementare l'utilizzo delle nuove tecnologie nonché di agevolare lo studio universitario a distanza, ad assumere iniziative per incrementare le risorse destinate alla didattica universitaria digitale;
   al fine di garantire il diritto alla prosecuzione degli studi e alla soddisfazione professionale di ciascuno, ad assumere iniziative per rimodulare l'attuale sistema di accesso per i corsi di laurea a numero programmato.
(1-01268) «Vacca, D'Uva, Brescia, Simone Valente, Luigi Gallo, Marzana, Di Benedetto, D'Incà».


   La Camera,
   premesso che:
    le norme in materia di diritto allo studio universitario trovano il loro fondamento nella Costituzione che all'articolo 3, comma 2, affida alla Repubblica il compito di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che limitando di fatto la libertà e l'uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese e, all'articolo 34, prevede, tra l'altro, che i capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi e stabilisce che la Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso;
    la Costituzione stabilisce, all'articolo 117, comma 2, lettera m), che è competenza dello Stato stabilire i livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale;
    alle regioni spetta in via esclusiva la potestà legislativa in materia di diritto allo studio;
    la legge delega n. 240 del 2010, cosiddetta riforma Gelmini, in attuazione delle norme costituzionali è intervenuta in materia prevedendo la revisione della normativa in materia di diritto allo studio e la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni che devono essere erogate dalle università italiane;
    tra gli obiettivi principali perseguiti dalla legge n. 240 del 2010 ci sono stati quelli di rafforzare le opportunità di accesso all'istruzione superiore per gli studenti provenienti da situazioni socioeconomiche sfavorite e di promuovere il merito tra gli studenti;
    in attuazione della delega è stato approvato il decreto legislativo n. 68 del 2012, che prevede la partecipazione di soggetti diversi, ciascuno nell'ambito delle proprie competenza, ad un sistema integrato di strumenti e servizi al fine di garantire il diritto allo studio;
    il finanziamento per il diritto allo studio universitario riesce a coprire appena il 73 per cento circa delle richieste e questa percentuale registra una tendenza a diminuire: dal 74,25 per cento del 2013/14 si è passati al 73,89 per cento del 2014/15;
    questi dati rappresentano la situazione a livello nazionale, ma la percentuale di copertura delle richieste non risulta omogenea tra le varie regioni e la distribuzione del fondo per il diritto allo studio evidenzia forti sperequazioni al livello regionale;
    il meccanismo di ripartizione dei fondi statali alle regioni è basata sulla loro ricchezza per cui quelle che riescono ad assegnare un maggior numero di borse di studio perché più ricche ottengono paradossalmente maggiori fondi dallo Stato; tale distribuzione attiva un circolo vizioso per cui alle regioni del Sud vanno meno risorse rispetto a quelle del Nord;
    un alto grado di istruzione rappresenta un aspetto fondamentale per il progresso sia economico sia sociale di un Paese, tanto più in un'economia globalizzata e basata sulla conoscenza, nella quale è necessario disporre di una forza lavoro qualificata per poter competere in termini di produttività, qualità e innovazione; livelli bassi di istruzione terziaria, infatti, agiscono da ostacolo per la competitività e possono compromettere la capacità del nostro Paese di generare «crescita intelligente»;
    ampliare l'accesso all'istruzione superiore aumentando la partecipazione ai corsi di istruzione terziaria in particolare del membri dei gruppi svantaggiati, appare una scelta necessaria anche in considerazione degli obiettivi che l'Unione europea ha indicato ai propri stati membri. La strategia Europa 2020 è stata adottata per innovare Lisbona 2001, per rispondere alle nuove priorità che la crisi economica ha posto e che hanno portato l'Unione europea a riconoscere l'urgenza di promuovere una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva caratterizzata da alti livelli di occupazione, produttività e coesione sociale. La Strategia Europa 2020 si è posta cinque obiettivi, tra questi investire in istruzione, innovazione e ricerca, per sviluppare una economia basata sulla conoscenza e sulla innovazione, indicando tra i traguardi prioritari da raggiungere entro il 2020 quello di portare almeno al 40 per cento la percentuale di popolazione in possesso di un diploma universitario o di una qualifica simile in età 30-34 anni;
    conoscenza, ricerca, sviluppo appaiono quindi quali tasselli fondamentali di un quadro strutturale generale volto a rispondere alle carenze strutturali che l'economia europea ha mostrato ma per poter raggiungere questi risultati l'Europa richiede ai Paesi membri di adottare a livello nazionale provvedimenti che si adattino alla specifica situazione locale; attraverso la crescita del livello generale di istruzione;
    la quota di popolazione con un'istruzione terziaria nella Unione europea dei 28 è in costante aumento ma tra i territori in cui si registra un andamento di segno inverso ci sono quattro regioni che si trovano nell'Italia meridionale: Basilicata, Campania, Sardegna e Sicilia;
    secondo il rapporto Education at a glance 2015 in Italia solo il 34 per cento dei giovani, a fronte di una media Ocse del 50 per cento, consegue un diploma d'istruzione terziaria,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative volte a garantire pari opportunità di accesso all'alta formazione universitaria, all'alta formazione artistica e musicale, agli istituti tecnici superiori, attraverso una effettiva implementazione del diritto allo studio, che valorizzi i talenti delle studentesse e degli studenti in linea con gli obiettivi della Strategia UE 2020 e i livelli europei ed internazionali;

   ad assumere le iniziative necessarie a portare l'investimento della quota di prodotto interno lordo nel comparto universitario al livello degli altri Paesi dell'Ocse, dell'Unione europea e del Consiglio d'Europa, potenziando le sinergie tra atenei, istituti per l'alta formazione ed istituti tecnici superiori, e tessuto produttivo, anche attraverso l'attuazione di un sistema duale sul modello europeo.
(1-01283) «Centemero, Occhiuto».
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga)