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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Giovedì 18 febbraio 2016

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 18 febbraio 2016.

  Adornato, Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Amendola, Amici, Artini, Baldelli, Baretta, Basilio, Bellanova, Bernardo, Dorina Bianchi, Bindi, Biondelli, Bobba, Bocci, Boccia, Bonafede, Bonifazi, Bonomo, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Brambilla, Bratti, Bressa, Brunetta, Bueno, Calabria, Caparini, Capelli, Casero, Castiglione, Catania, Antimo Cesaro, Cicchitto, Cirielli, Costa, Crippa, D'Alia, Dadone, Dambruoso, Damiano, De Menech, De Micheli, Del Basso de Caro, Dellai, Di Gioia, Luigi Di Maio, Epifani, Faraone, Fedriga, Ferranti, Ferrara, Fico, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Fraccaro, Franceschini, Galati, Garofani, Gentiloni Silveri, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, Guerra, La Russa, Lauricella, Locatelli, Lorenzin, Losacco, Lotti, Lupi, Madia, Manciulli, Marazziti, Mazziotti Di Celso, Merlo, Meta, Migliore, Monchiero, Orlando, Palmizio, Pes, Piccoli Nardelli, Piepoli, Gianluca Pini, Pisicchio, Portas, Rampelli, Ravetto, Realacci, Rosato, Domenico Rossi, Rughetti, Sanga, Sani, Scalfarotto, Schullian, Scopelliti, Scotto, Sereni, Sorial, Speranza, Tabacci, Tofalo, Valeria Valente, Velo, Villeco Calipari, Zanetti.

Annunzio di proposte di legge.

  In data 17 febbraio 2016 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
   CARNEVALI: «Norme per la promozione del parto naturale e per la tutela della salute e del benessere della donna e del neonato» (3614);
   MICCOLI ed altri: «Disposizioni concernenti il rilascio e il rinnovo delle concessioni demaniali marittime per i cantieri di costruzione e manutenzione di unità da diporto» (3615);
   PRATAVIERA ed altri: «Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema bancario e creditizio e sulla tutela dei risparmiatori» (3616);
   LIUZZI ed altri: «Modifiche al codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, in materia di comunicazioni commerciali indesiderate» (3617).

  Saranno stampate e distribuite.

Adesione di deputati a proposte di legge.

  La proposta di legge GELMINI: «Modifica all'articolo 52 del codice penale, in materia di difesa legittima» (3427) è stata successivamente sottoscritta dalla deputata Ravetto.

  La proposta di legge GREGORIO FONTANA: «Modifica all'articolo 52 e introduzione dell'articolo 52-bis del codice penale, concernente la legittima difesa nel caso di violazione di domicilio» (3434) è stata successivamente sottoscritta dalla deputata Ravetto.

Adesione di deputati a proposte di inchiesta parlamentare.

  La proposta di inchiesta parlamentare LABRIOLA: «Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sull'erogazione di trattamenti pensionistici, in applicazione del decreto legislativo 16 settembre 1996, n. 564, a lavoratori chiamati a ricoprire cariche sindacali» (Doc. XXII, n. 59) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Capelli.

Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente.

  A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:
   II Commissione (Giustizia):
  FAENZI: «Modifica all'articolo 52 del codice penale in materia di legittima difesa» (3424) Parere delle Commissioni I e X.

   VII Commissione (Cultura):
  CARLONI ed altri: «Istituzione della rete dei musei nazionali di scienza e tecnica (REMUNAST)» (3536) Parere delle Commissioni I, V e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

   IX Commissione (Trasporti):
  LOSACCO e BOCCADUTRI: «Delega al Governo per la disciplina della costruzione e della circolazione di veicoli aerei controllati a distanza o tramite autopilota» (3548) Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), IV, V, VI, VII, X, XI, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Trasmissioni dal Ministro della salute.

  Il Ministro della salute, con lettere in data 21 dicembre 2015 e 17 febbraio 2016, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 2, comma 2, del decreto-legge 23 aprile 2003, n. 89, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 giugno 2003, n. 141, le relazioni sull'attività svolta dalla fondazione Istituto mediterraneo di ematologia (IME), relative, rispettivamente, all'anno 2012 (Doc. CLXIX, n. 1), all'anno 2013 (Doc. CLXIX, n. 2) e all'anno 2014 (Doc. CLXIX, n. 3).

  Queste relazioni sono trasmesse alla XII Commissione (Affari sociali).

Trasmissione dal Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri.

  Il Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri, in data 16 febbraio 2016, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6, commi 4 e 5, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, la relazione in merito alla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la decisione quadro 2009/315/GAI del Consiglio per quanto riguarda lo scambio di informazioni sui cittadini di paesi terzi e il sistema europeo di informazione sui casellari giudiziali (ECRIS), e che sostituisce la decisione 2009/316/GAI del Consiglio (COM(2016) 7 final).
  Questa relazione è trasmessa alla II Commissione (Giustizia) e alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

  La Commissione europea, in data 17 febbraio 2016, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, la comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sullo stato di attuazione delle azioni prioritarie intraprese nel quadro dell'agenda europea sulla migrazione (COM(2016) 85 final), corredata dai relativi allegati (da COM(2016) 85 final – Annex 1 a COM(2016) 85 final – Annex 9), che è assegnata, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alla I Commissione (Affari costituzionali), con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

  Il Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri, in data 16 febbraio 2016, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6, commi 1 e 2, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, progetti di atti dell'Unione europea, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi.
  Questi atti sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle Commissioni competenti per materia, con il parere, se non già assegnati alla stessa in sede primaria, della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

  Con la predetta comunicazione, il Governo ha altresì richiamato l'attenzione sulla proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla concessione di assistenza macrofinanziaria supplementare alla Tunisia (COM(2016) 67 final), già trasmessa dalla Commissione europea e assegnata alle competenti Commissioni, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento.

Atti di controllo e di indirizzo.

  Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.

ERRATA CORRIGE

  Nell'Allegato A ai resoconti della seduta del 16 febbraio 2016, a pagina 4, prima colonna, righe decima e undicesima, deve leggersi: «di democrazia interna e di trasparenza» e non: «di democrazia interna e trasparenza» come stampato.

DISEGNO DI LEGGE: S. 1328 – DELEGHE AL GOVERNO E ULTERIORI DISPOSIZIONI IN MATERIA DI SEMPLIFICAZIONE, RAZIONALIZZAZIONE E COMPETITIVITÀ DEI SETTORI AGRICOLO E AGROALIMENTARE, NONCHÉ SANZIONI IN MATERIA DI PESCA ILLEGALE (APPROVATO DAL SENATO) (A.C. 3119-A)

A.C. 3119-A – Articolo 3

ARTICOLO 3 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Art. 3.
(Disposizioni in materia di servitù).

  1. I proprietari di strade private sono tenuti a consentire il passaggio di tubazioni per l'allacciamento alla rete del gas di utenze domestiche o aziendali, compresa l'installazione di contatori, nonché il passaggio di tubazioni per la trasmissione di energia geotermica. Ai fini del rispetto dell'obbligo di cui al presente comma, il sindaco del comune territorialmente competente, su richiesta degli interessati, autorizza l'esecuzione dei lavori di cui al primo periodo, tenendo in debita considerazione la stagionalità delle colture cui sono destinati i terreni agricoli adiacenti le strade private oggetto dei lavori, al fine di impedire o limitare gli eventuali danneggiamenti alle coltivazioni. L'applicazione delle disposizioni di cui al presente comma comporta l'obbligo di ripristino della strada nello stato antecedente il lavoro e l'eventuale risarcimento del danno causato dal medesimo lavoro alle coltivazioni e alle attrezzature di produzione.

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 3 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 3.
(Disposizioni in materia di servitù).

  Al comma 1, secondo periodo, sopprimere le parole:, tenendo in debita considerazione la stagionalità delle colture cui sono destinati i campi adiacenti le strade private oggetto dei lavori, al fine di impedire o limitare gli eventuali danneggiamenti alle coltivazioni.
3. 1. (ex 3. 7.) Russo, Catanoso, Fabrizio Di Stefano.

  Al comma 1, secondo periodo, sostituire la parola: adiacenti, con le seguenti: eventualmente adiacenti.
3. 2. (ex 3. 9.) Russo, Catanoso, Fabrizio Di Stefano.

  Al comma 1, terzo periodo, dopo le parole: alle coltivazioni, aggiungere le seguenti: ove presenti.
3. 3. (ex 3. 8.) Russo, Catanoso, Fabrizio Di Stefano.

  Dopo il comma 1, aggiungere il seguente:
  2. Nel caso di passaggio coattivo ai sensi dell'articolo 1051 del codice civile, insistente da almeno 15 anni, su richiesta degli interessati, è consentito un miglioramento strutturale e funzionale limitatamente al transito dei veicoli, nonché la progettazione e realizzazione di condutture elettriche o idrauliche sottoterra in proiezione della servitù di passaggio, qualora le stesse siano asservite a fabbricati ad uso agricolo.
3. 4. (ex 3. 3.). Lupo, Benedetti, Massimiliano Bernini, Gagnarli, Gallinella, L'Abbate, Parentela.

A.C. 3119-A – Articolo 4

ARTICOLO 4 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 4.
(Riduzione dei termini per i procedimenti amministrativi).

  1. All'articolo 14, comma 6, del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 99, al primo periodo, le parole: «entro centottanta giorni» sono sostituite dalle seguenti: «entro sessanta giorni».
  2. Al fine di garantire la trasparenza e la celerità dei procedimenti amministrativi relativi all'esercizio delle attività agricole e conformemente alle disposizioni di cui all'articolo 117 della Costituzione, nell'applicazione ai predetti procedimenti della disciplina sullo sportello unico per le attività produttive (SUAP), prevista dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 7 settembre 2010, n. 160, è fatta salva in ogni caso l'applicazione delle forme di semplificazione più avanzate previste dalle normative regionali e delle province autonome.

A.C. 3119-A – Articolo 5

ARTICOLO 5 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Art. 5.
(Delega al Governo per il riordino e la semplificazione della normativa in materia di agricoltura, silvicoltura e filiere forestali).

  1. Al fine di procedere alla semplificazione e al riassetto della normativa vigente in materia di agricoltura, silvicoltura e filiere forestali, fatta salva la normativa prevista in materia di controlli sanitari, il Governo è delegato ad adottare, entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi con i quali provvede a raccogliere in un codice agricolo ed in eventuali appositi testi unici tutte le norme vigenti in materia divise per settori omogenei e ad introdurre le modifiche necessarie alle predette finalità.
  2. I decreti legislativi di cui al comma 1 sono adottati sulla base dei seguenti princìpi e criteri direttivi:
   a) ricognizione e abrogazione espressa delle disposizioni oggetto di abrogazione tacita o implicita, nonché di quelle che siano prive di effettivo contenuto normativo o siano comunque obsolete;
   b) organizzazione delle disposizioni per settori omogenei o per materie, secondo il contenuto precettivo di ciascuna di esse, anche al fine di semplificare il linguaggio normativo;
   c) coordinamento delle disposizioni, apportando le modifiche necessarie per garantire la coerenza giuridica, logica e sistematica della normativa e per adeguare, aggiornare e semplificare il linguaggio normativo;
   d) risoluzione di eventuali incongruenze e antinomie tenendo conto dei consolidati orientamenti giurisprudenziali;
   e) revisione dei procedimenti amministrativi di competenza statale in materia di agricoltura, al fine di ridurre i termini procedimentali e ampliare le ipotesi di silenzio assenso con l'obiettivo di facilitare in particolare l'avvio dell'attività economica in materia di agricoltura;
   f) introduzione di meccanismi, di tipo pattizio, con le amministrazioni territoriali in relazione ai procedimenti amministrativi di loro competenza, al fine di prevedere tempi di risposta delle amministrazioni inferiori ai termini massimi previsti, ridurre i termini procedimentali e ampliare le ipotesi di silenzio assenso con l'obiettivo di facilitare in particolare l'avvio dell'attività economica in materia di agricoltura;
   g) armonizzazione e razionalizzazione della normativa sui controlli in materia di qualità dei prodotti, sulle produzioni a qualità regolamentata, quali le denominazioni di origine, le indicazioni geografiche registrate ai sensi della vigente normativa europea e la produzione biologica, e contro le frodi agroalimentari, al fine di evitare duplicazioni, di tutelare maggiormente i consumatori e di eliminare gli ostacoli al commercio e le distorsioni della concorrenza, nonché al fine di coordinare l'attività dei diversi soggetti istituzionalmente competenti sulla base della normativa vigente, fatte salve le competenze delle Autorità individuate dall'articolo 2 del decreto legislativo 6 novembre 2007, n. 193, e successive modificazioni, nonché del Ministero della salute ai fini dell'attuazione dell'articolo 41 del regolamento (CE) n. 882/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004;
   g-bis) revisione e armonizzazione della normativa nazionale in materia di foreste e filiere forestali, in coerenza con la strategia nazionale definita dal Programma quadro per il settore forestale, di cui al comma 1082 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, la normativa europea e gli impegni assunti in sede europea e internazionale, con conseguente aggiornamento o con l'eventuale abrogazione del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 227.

  3. I decreti legislativi di cui al comma 1 sono adottati su proposta del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, con il Ministro dell'economia e delle finanze e con i Ministri interessati, previa acquisizione del parere della Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e del parere del Consiglio di Stato, che sono resi nel termine di quarantacinque giorni dalla data di trasmissione di ciascuno schema di decreto legislativo, decorso il quale il Governo può comunque procedere. Lo schema di ciascun decreto legislativo è successivamente trasmesso alle Camere per l'espressione dei pareri delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari e della Commissione parlamentare per la semplificazione, che si pronunciano nel termine di sessanta giorni dalla data di trasmissione, decorso il quale il decreto legislativo può essere comunque adottato. Se il termine previsto per il parere cade nei trenta giorni che precedono la scadenza del termine previsto al comma 1 o successivamente, la scadenza medesima è prorogata di novanta giorni. Il Governo, qualora non intenda conformarsi ai pareri parlamentari, trasmette nuovamente i testi alle Camere con le sue osservazioni e con eventuali modificazioni, corredate dei necessari elementi integrativi di informazione e motivazione. Le Commissioni competenti per materia possono esprimersi sulle osservazioni del Governo entro il termine di dieci giorni dalla data della nuova trasmissione. Decorso tale termine, i decreti possono comunque essere adottati.
  4. Dall'attuazione delle disposizioni di cui al presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

A.C. 3119-A – Articolo 6

ARTICOLO 6 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Art. 6.
(Delega al Governo in materia di società di affiancamento per le terre agricole).

  1. Al fine di favorire processi di affiancamento economico e gestionale nell'attività d'impresa agricola nonché lo sviluppo dell'imprenditoria giovanile in agricoltura, il Governo è delegato ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, nel rispetto della normativa europea in materia di aiuti di Stato, un decreto legislativo per la disciplina delle forme di affiancamento tra agricoltori ultra-sessantacinquenni o pensionati e giovani, non proprietari di terreni agricoli, di età compresa tra i diciotto e i quaranta anni, anche organizzati in forma associata, allo scopo del graduale passaggio della gestione dell'attività d'impresa agricola ai giovani, in base ai seguenti princìpi e criteri direttivi:
   a) stabilire la durata del processo di affiancamento, per un periodo massimo di tre anni;
   b) prevedere criteri di assegnazione prioritaria delle agevolazioni e degli sgravi fiscali già previsti a legislazione vigente, a favore dell'agricoltore ultra-sessantacinquenne o pensionato e del giovane imprenditore agricolo;
   c) definire le modalità di conclusione dell'attività di affiancamento, prevedendo le seguenti alternative:
    1) la trasformazione del rapporto tra l'agricoltore ultra-sessantacinquenne o pensionato e il giovane imprenditore agricolo in forme di subentro;
    2) la trasformazione del rapporto in un contratto di conduzione da parte del giovane imprenditore agricolo;
    3) le forme di compensazione a favore del giovane imprenditore agricolo nei casi diversi da quelli contemplati ai numeri 1) e 2);
   d) definire le modalità di presentazione da parte del giovane imprenditore agricolo di un progetto imprenditoriale posto a base del rapporto di affiancamento, che deve essere sottoscritto da parte dell'agricoltore ultra-sessantacinquenne o pensionato, definendone i reciproci obblighi;
   e) stabilire le forme di compartecipazione agli utili dell'impresa agricola;
   f) definire il regime dei miglioramenti fondiari, anche in deroga alla legislazione vigente qualora apportati sulla base del progetto imprenditoriale presentato;
   g) prevedere forme di garanzia per l'agricoltore ultra-sessantacinquenne o pensionato e il giovane imprenditore agricolo, anche attraverso le necessarie coperture infortunistiche;
   h) stabilire il riconoscimento del diritto di prelazione in caso di vendita dei terreni oggetto del rapporto di affiancamento;
   i) prevedere forme di compensazione a favore del giovane imprenditore agricolo nei casi di recesso anticipato del rapporto di affiancamento;
   l) definire le forme di agevolazione a favore del giovane imprenditore agricolo per la gestione e l'utilizzo dei mezzi agricoli.

  2. Ai giovani imprenditori agricoli di cui al presente articolo è comunque fatto obbligo, entro il termine stabilito con il medesimo decreto legislativo di cui al comma 1, di dimostrare di aver apportato innovazioni ed aver investito in azienda eventuali provvidenze ad essi destinate.
  3. Al fine di agevolare il pieno trasferimento delle competenze dal soggetto ultra-sessantacinquenne o pensionato al giovane imprenditore agricolo, sono favorite tutte le azioni volte alla formazione e alla consulenza specializzata.
  4. Il decreto legislativo di cui al comma 1 è adottato su proposta del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previa acquisizione del parere della Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, che è reso nel termine di quarantacinque giorni dalla data di trasmissione dello schema di decreto legislativo, decorso il quale il Governo può comunque procedere. Lo schema di decreto legislativo è successivamente trasmesso alle Camere per l'espressione dei pareri delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari, che si pronunciano nel termine di trenta giorni dalla data di trasmissione, decorso il quale il decreto legislativo può essere comunque adottato. Se il termine previsto per il parere cade nei trenta giorni che precedono la scadenza del termine previsto al comma 1 o successivamente, la scadenza medesima è prorogata di novanta giorni.

PROPOSTA EMENDATIVA RIFERITA ALL'ARTICOLO 6 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 6.
(Delega al Governo in materia di società di affiancamento per le terre agricole).

  Al comma 1, dopo la lettera b), aggiungere la seguente:
   b-bis) prevedere l'esenzione dal pagamento dell'IMU sui terreni agricoli a favore dei giovani imprenditori e dell'agricoltore ultra-sessantacinquenne o pensionato, indipendentemente dalla ubicazione del terreno.
6. 1.(ex 6. 7.) Guidesi, Fedriga.

A.C. 3119-A – Articolo 7

ARTICOLO 7 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 7.
(Disposizioni per il sostegno dell'agricoltura e dell'acquacoltura biologiche).

  1. Gli articoli 6, 7, 8 e 9 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 220, sono abrogati.
  2. È istituito, nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e comunque senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, presso il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, previa intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, il Sistema informativo per il biologico (SIB), che utilizza l'infrastruttura del Sistema informativo agricolo nazionale (SIAN), al fine di gestire i procedimenti amministrativi degli operatori e degli organismi di controllo previsti dalla normativa europea relativi allo svolgimento di attività agricole e di acquacoltura con metodo biologico.
  3. I modelli di notifica dell'attività di produzione con metodo biologico, i programmi annuali di produzione, le relazioni di ispezione dell'attività di produzione e i registri aziendali, nonché la modulistica relativa al controllo delle produzioni zootecniche di cui all'allegato III del decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali 4 agosto 2000, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 211 del 9 settembre 2000, sono definiti, previa intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sentite le rappresentanze degli operatori biologici e degli organismi di certificazione autorizzati, con decreto del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, favorendo il ricorso all'uso dei sistemi informativi e lo scambio dei dati fra questi.
  4. Il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali istituisce l'elenco pubblico degli operatori dell'agricoltura e dell'acquacoltura biologiche, sulla base delle informazioni contenute nel SIB.
  5. Le regioni dotate di propri sistemi informatici per la gestione dei procedimenti relativi all'agricoltura e all'acquacoltura biologiche, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, attivano i sistemi di cooperazione applicativa della pubblica amministrazione necessari a garantire il flusso delle informazioni tra il SIB e i sistemi regionali. In mancanza dell'attivazione dei sistemi di cooperazione applicativa entro il predetto termine, gli operatori utilizzano il SIB.

A.C. 3119-A – Articolo 8-bis

ARTICOLO 8-BIS DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Art. 8-bis.
(Modifica all'articolo 35 della legge 24 novembre 2000, n. 340, in materia di controversie riguardanti i masi chiusi).

  1. Il comma 2 dell'articolo 35 della legge 24 novembre 2000, n. 340, è sostituito dal seguente:
  «2. Chi intende proporre in giudizio una domanda relativa al diritto a un adeguato mantenimento vita natural durante secondo le condizioni di vita locali e la capacità produttiva del maso chiuso, alla successione suppletoria, all'integrazione della quota riservata ai legittimari o alla divisione ereditaria, nei casi in cui il maso chiuso cada in successione, oppure all'usucapione del diritto di proprietà di un maso chiuso o di parte di esso, è tenuto ad esperire il tentativo di conciliazione ai sensi dell'articolo 11 del decreto legislativo 1o settembre 2011, n. 150, in cui la Ripartizione agricoltura della provincia autonoma di Bolzano si intende sostituita all'ispettorato provinciale dell'agricoltura. Alla proposizione della domanda si applica l'articolo 5, comma 1-bis, del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, e successive modificazioni».

A.C. 3119-A – Articolo 8-ter

ARTICOLO 8-TER DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Art. 8-ter.
(Disposizioni in materia di indennità espropriative giacenti).

  1. Al fine di favorire lo svincolo delle indennità espropriative giacenti, le ragionerie territoriali dello Stato competenti per territorio sono autorizzate a consentire alle articolazioni provinciali delle organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative a livello nazionale la consultazione dell'elenco delle indennità e dei dati personali degli aventi titolo, nonché a rilasciare ad esse copia della relativa documentazione. La consultazione è consentita esclusivamente al fine di utilizzare i dati per l'individuazione, tra gli associati o tra coloro che rilascino apposito mandato alle predette articolazioni, degli aventi titolo e per l'eventuale assistenza per la riscossione delle somme dovute.
  2. Per indennità espropriative giacenti si intendono le somme depositate da oltre dieci anni ai sensi della normativa in materia di espropriazione per pubblica utilità, ivi comprese quelle relative a occupazioni temporanee e d'urgenza, di aree non edificabili, per le quali si presume che sia ignota agli aventi titolo la relativa spettanza. Tale presunzione è ammessa qualora agli atti delle competenti ragionerie territoriali dello Stato non risultino pendenti azioni giudiziarie ovvero non vi siano istanze di aventi titolo, risalenti a meno di cinque anni, finalizzate alla riscossione dell'indennità.
  3. Dall'attuazione delle disposizioni del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

A.C. 3119-A – Articolo 8-quater

ARTICOLO 8-QUATER DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Art. 8-quater.
(Contributo al CONOE).

  1. Considerata la necessità di assicurare la regolare prosecuzione dell'attività di raccolta e trattamento dei grassi vegetali e animali esausti e al fine di garantire l'operatività del Consorzio nazionale di raccolta e trattamento degli oli e dei grassi vegetali e animali esausti (CONOE), di cui all'articolo 233, comma 1, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e di consentire la crescita e lo sviluppo del settore e delle attività imprenditoriali connesse alla gestione di tali rifiuti, a decorrere dall'anno 2017 il contributo di cui all'articolo 233, comma 10, lettera d), del citato decreto legislativo n. 152 del 2006 è determinato nelle seguenti misure, in relazione alle diverse tipologie di prodotti e tenuto conto della suscettibilità degli stessi a divenire esausti:
   a) oli di oliva vergini e olio di oliva, in confezioni di capacità superiore a cinque litri: euro 0,0102/kg;
   b) oli vegetali, diversi da quelli di cui alla lettera a), in confezioni di capacità superiore ad un litro: euro 0,0108/kg;
   c) grassi animali e vegetali in confezioni di capacità superiore a 500 grammi: euro 0,0005/kg;
   d) oli extravergini di oliva (nei soli casi indicati all'articolo 233, comma 3, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152): euro 0,0102/kg.

  2. Fatto salvo quanto previsto dal comma 1, il contributo ambientale è dovuto in occasione della prima immissione del prodotto, sfuso o confezionato, nel mercato nazionale ed è versato al CONOE con cadenza trimestrale, a decorrere, per il primo versamento, dalla fine del primo trimestre successivo alla data di entrata in vigore della presente legge. Del contributo è data evidenza riportando, nelle fatture di vendita, la dicitura: «Contributo ambientale sugli oli e grassi animali e vegetali per uso alimentare assolto», anche nelle fasi successive della commercializzazione. Il CONOE disciplina le procedure per la riscossione del contributo, i rimborsi e i conguagli e le eventuali fattispecie di esenzione.
  3. Sono esclusi dall'applicazione del contributo gli oli extravergini di oliva, fatta salva l'applicazione dello stesso quando sia dimostrato che il loro impiego o la loro gestione determinano la produzione di rifiuti oggetto dell'attività del CONOE. Restano, in ogni caso, esclusi dall'applicazione del contributo:
   a) gli oli di oliva vergini e l'olio di oliva in confezioni di capacità eguale o inferiore a cinque litri;
   b) gli oli vegetali diversi da quelli di cui alla lettera a), in confezioni di capacità eguale o inferiore a un litro;
   c) i grassi animali e vegetali in confezioni di capacità eguale o inferiore a 500 grammi;
   d) gli oli e i grassi animali e vegetali a denominazione di origine e ad indicazione geografica protette, nonché i prodotti alimentari con questi conservati;
   e) gli oli e i grassi animali e vegetali, nonché i prodotti alimentari con questi conservati, oggetto di vendita diretta effettuata dalle imprese agricole, di cui all'articolo 2135 del codice civile.

  4. La congruità del contributo e dei costi di riscossione è verificata con cadenza annuale dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e dal Ministro dello sviluppo economico, sulla base della documentazione tecnica trasmessa dal CONOE, che provvede ai sensi dell'articolo 233, comma 11, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152. L'entità del contributo resta invariata fino all'adozione del decreto di modifica.

PROPOSTA EMENDATIVA RIFERITA ALL'ARTICOLO 8-QUATER DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 8-quater.
(Contributo al CONOE).

  Al comma 2, primo periodo, dopo le parole: con cadenza trimestrale aggiungere le seguenti: ovvero al sistema alternativo di cui all'articolo 233, comma 9, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152,.

  Conseguentemente, al comma 4, aggiungere, in fine, le parole: ai sensi dell'articolo 233, comma 10, lettera d), del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.
8-quater. 300. La Commissione.
(Approvato)

A.C. 3119-A – Articolo 8-quinquies

ARTICOLO 8-QUINQUIES DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Art. 8-quinquies.
(Iscrizione ai consorzi e ai sistemi per la raccolta dei rifiuti previsti dal decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152).

  1. Le imprese agricole, singole o associate, di cui all'articolo 2135 del codice civile, quando vi siano obbligate, aderiscono ai consorzi e ai sistemi di raccolta previsti dalla parte IV del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, attraverso le articolazioni territoriali delle organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative a livello nazionale alle quali aderiscono, la cui iscrizione è efficace nei riguardi di tutti gli associati. L'iscrizione effettuata dall'articolazione territoriale ha effetto retroattivo e si considera efficace sin dal momento di insorgenza dell'obbligo a carico della singola impresa. Resta ferma la responsabilità delle singole imprese per gli adempimenti e gli oneri connessi alla gestione dei rifiuti. Entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, i consorzi e i sistemi di raccolta procedono all'adeguamento dei propri statuti e regolamenti, prevedendo le modalità per l'attribuzione delle quote di partecipazione delle articolazioni territoriali iscritte, in funzione della percentuale di settore rappresentata.
  2. Le imprese agricole che utilizzano o importano imballaggi non sono obbligate all'iscrizione ai consorzi di cui agli articoli 223 e 224 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e non sono soggette alla relativa contribuzione. Tale disposizione si applica con efficacia retroattiva.
  3. Il comma 1 dell'articolo 261 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, è sostituito dal seguente:
  «1. I produttori e gli utilizzatori che non adempiono all'obbligo di raccolta di cui all'articolo 221, comma 2, o non adottano, in alternativa, sistemi gestionali ai sensi del medesimo articolo 221, comma 3, lettere a) e c), sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria di euro 5.000».

PROPOSTA EMENDATIVA RIFERITA ALL'ARTICOLO 8-QUINQUIES DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 8-quinquies.
(Iscrizione ai consorzi e ai sistemi per la raccolta dei rifiuti previsti dal decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152).

  Aggiungere, in fine, il seguente comma:
  4. Le disposizioni in materia di circuiti organizzati di raccolta, come definiti dall'articolo 183, comma 1, lettera pp) del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, per i rifiuti di origine agricola, si applicano anche alle imprese che svolgono attività agromeccaniche come definite dall'articolo 5 del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 99.
8-quinquies. 1. (ex 1. 107.) Russo, Catanoso.

A.C. 3119-A – Articolo 8-sexies

ARTICOLO 8-SEXIES DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Art. 8-sexies.
(Esercizio dell'attività di manutenzione del verde).

  1. L'attività di costruzione, sistemazione e manutenzione del verde, pubblico o privato, affidata a terzi, può essere esercitata:
   a) dagli iscritti al Registro ufficiale dei produttori di cui all'articolo 20, comma 1, lettere a) e c), del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 214;
   b) da imprese agricole, artigiane, industriali o in forma cooperativa, iscritte al registro delle imprese, che abbiano conseguito un attestato di idoneità che accerti il possesso di adeguate competenze.

  2. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano disciplinano le modalità per l'effettuazione dei corsi di formazione ai fini dell'ottenimento dell'attestato di cui al comma 1, lettera b).
  3. Dall'attuazione delle disposizioni del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

A.C. 3119-A – Articolo 8-septies

ARTICOLO 8-SEPTIES DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Art. 8-septies.
(Costituzione di cauzioni verso lo Stato o altri enti pubblici).

  1. All'articolo 1, lettera b), della legge 10 giugno 1982, n. 348, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, ovvero da consorzi di garanzia collettiva dei fidi iscritti nell'albo degli intermediari finanziari, previsto dall'articolo 106 del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1o settembre 1993, n. 385, e sottoposti alla vigilanza della Banca d'Italia ai sensi dell'articolo 108 del medesimo testo unico».

A.C. 3119-A – Articolo 8-octies

ARTICOLO 8-OCTIES DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Art. 8-octies.
(Disposizioni per il rispetto di corrette relazioni commerciali in materia di cessione di prodotti agroalimentari).

  1. All'articolo 2 del decreto-legge 5 maggio 2015, n. 51, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 luglio 2015, n. 91, dopo il comma 2 è inserito il seguente:
  «2-bis. Le associazioni di categoria maggiormente rappresentative a livello nazionale nel settore lattiero, a norma dell'articolo 4 della legge 11 novembre 2011, n. 180, possono agire in giudizio per l'inserzione di diritto degli elementi obbligatori di cui al comma 2 del presente articolo nei contratti di cessione di latte crudo. In caso di azione proposta anche dalle imprese somministranti il latte crudo, si procede alla riunione dei giudizi».

PROPOSTA EMENDATIVA RIFERITA ALL'ARTICOLO 8-OCTIES DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 8-octies.
(Disposizioni per il rispetto di corrette relazioni commerciali in materia di cessione di prodotti agroalimentari).

  Dopo l'articolo 8-octies, aggiungere il seguente:
  Art. 8-novies. (Gestione delle emergenze per la prevenzione dei danni da fauna selvatica). 1. All'articolo 2, comma 2, della legge 11 febbraio 1992, n. 157 sono aggiunte, in fine, le parole: ”, fatta salva la possibilità per il Comune, in deroga alla procedura prevista dall'articolo 19, di adottare specifiche ordinanze per l'adozione di misure di controllo e di contenimento, quando sia riscontrata l'eccessiva diffusione di esemplari sul territorio e risulti opportuno intervenire tempestivamente, al fine di prevenire rischi o danni.
8-octies. 01. (ex 8. 019.) Mongiello.

A.C. 3119-A – Articolo 9

ARTICOLO 9 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Titolo II
DISPOSIZIONI PER LA RAZIONALIZZAZIONE E PER IL CONTENIMENTO DELLA SPESA PUBBLICA

Art. 9.
(Delega al Governo per il riordino e la riduzione degli enti, società e agenzie vigilati dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e per il riordino dell'assistenza tecnica agli allevatori e la revisione della disciplina della riproduzione animale).

  1. Al fine di razionalizzare e contenere la spesa pubblica, nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi del capo I e degli articoli 8, 16 e 18 della legge 7 agosto 2015, n. 124, e tenuto conto dei relativi decreti attuativi, il Governo è delegato ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi finalizzati al riordino degli enti, società ed agenzie vigilati dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, al riassetto delle modalità di finanziamento e gestione delle attività di sviluppo e promozione del settore ippico nazionale, nonché al riordino dell'assistenza tecnica agli allevatori, anche attraverso la revisione della legge 15 gennaio 1991, n. 30, in materia di disciplina della riproduzione animale, allo scopo di rendere maggiormente efficienti i servizi offerti nell'ambito del settore agroalimentare.
  2. Nella predisposizione dei decreti legislativi di cui al comma 1, relativamente al riordino degli enti, società ed agenzie vigilati dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, il Governo è tenuto ad osservare i seguenti princìpi e criteri direttivi:
   a) revisione delle competenze e riordino degli enti, società ed agenzie vigilati, anche a seguito dell'attuazione delle disposizioni dell'articolo 1, commi da 381 a 383, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, dell'articolo 1, commi da 659 a 664, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, e dell'articolo 1, comma 6-bis, del decreto-legge 5 maggio 2015, n. 51, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 luglio 2015, n. 91, prevedendo modalità di chiamata pubblica secondo criteri di merito e trasparenza che garantiscano l'indipendenza, la terzietà, l'onorabilità, l'assenza di conflitti di interessi, l'incompatibilità con cariche politiche e sindacali e la comprovata qualificazione scientifica e professionale dei componenti degli organi stessi nei settori in cui opera l'ente, società o agenzia;
   b) ottimizzazione nell'utilizzo delle risorse umane, strumentali e finanziarie a disposizione degli enti, società ed agenzie vigilati dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, riducendo ulteriormente il ricorso a contratti con soggetti esterni alla pubblica amministrazione e utilizzando prioritariamente le professionalità esistenti;
   c) utilizzo di una quota non superiore al 50 per cento dei risparmi di spesa, non considerati ai fini del rispetto dei saldi di finanza pubblica, derivanti dalla riduzione del numero degli enti e società disposta a legislazione vigente e dall'attuazione delle disposizioni di cui al presente comma per politiche a favore del settore agroalimentare, con particolare riferimento allo sviluppo e all'internazionalizzazione del made in Italy, nonché alla tutela all'estero delle produzioni di qualità certificata;
   d) riorganizzazione dell'Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA) anche attraverso la revisione delle funzioni attualmente affidate all'Agenzia medesima e, in
particolare, dell'attuale sistema di gestione e di sviluppo del Sistema informativo agricolo nazionale (SIAN) di cui all'articolo 15 della legge 4 giugno 1984, n. 194, nonché del modello di coordinamento degli organismi pagatori a livello regionale, secondo i seguenti indirizzi: sussidiarietà operativa tra livello centrale e regionale; modello organizzativo omogeneo; uniformità dei costi di gestione del sistema tra i diversi livelli regionali; uniformità delle procedure e dei sistemi informativi tra i diversi livelli. La riorganizzazione deve altresì favorire l'efficienza dell'erogazione dei servizi e del sistema dei pagamenti nonché ottimizzare l'accesso alle informazioni da parte degli utenti e delle pubbliche amministrazioni, garantendo la realizzazione di una piattaforma informatica che permetta la piena comunicazione tra articolazioni regionali e struttura centrale nonché tra utenti e pubblica amministrazione, attraverso la piena attivazione della Carta dell'agricoltore e del pescatore di cui all'articolo 7 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 1o dicembre 1999, n. 503;
   d-bis) riordino del sistema dei controlli nel settore agroalimentare, al fine di garantire maggiore unitarietà ed efficacia, anche assicurando la necessaria indipendenza dal soggetto erogatore, con conseguente razionalizzazione o soppressione della società AGECONTROL Spa, anche mediante il trasferimento della proprietà delle relative azioni al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali o ad agenzie da esso vigilate, ovvero la sua confluenza in enti, società o agenzie vigilati dal medesimo Ministero, previo espletamento di apposite procedure selettive per il personale, procedendo al relativo inquadramento sulla base di un'apposita tabella di corrispondenza e comunque prevedendo che i dipendenti della predetta società mantengano esclusivamente il trattamento economico fondamentale in godimento percepito alla data di entrata in vigore della presente legge, con corrispondente riduzione dei trasferimenti in favore dell'AGEA;
   d-ter) revisione della normativa istitutiva dell'Ente nazionale risi al fine di razionalizzarne l'organizzazione in funzione della competitività del settore:
   e) previsione dell'obbligo di pubblicazione annuale dei dati economici, finanziari e patrimoniali relativi all'ultimo esercizio nonché dei dati della rendicontazione delle attività svolte da ciascun ente, società o agenzia.

  2-bis. Nella predisposizione dei decreti legislativi di cui al comma 1, relativamente al riassetto delle modalità di finanziamento e di gestione delle attività di sviluppo e promozione del settore ippico nazionale, il Governo è tenuto a osservare i seguenti princìpi e criteri direttivi:
   a) riordinare le competenze ministeriali in materia di ippica, comprese quelle in materia di diritti televisivi relativi alle corse anche estere, e la disciplina delle scommesse ippiche a totalizzatore e a quota fissa, prevedendo per le scommesse a totalizzatore la destinazione di una percentuale non inferiore al 74 per cento della raccolta totale al pagamento delle vincite, la stabilità degli attuali livelli di gettito da destinare al finanziamento della filiera ippica, nonché le modalità di riduzione delle aliquote destinate all'erario a fronte di un eventuale aumento della raccolta delle suddette scommesse e l'introduzione della tassazione sul margine per le scommesse a quota fissa sulle corse dei cavalli, stabilendo che una parte dell'aliquota sia destinata alla filiera ippica, e prevedere un palinsesto complementare al fine di garantire ulteriori risorse in favore della filiera ippica;
   b) prevedere le modalità di individuazione, compatibilmente con la normativa europea, del soggetto incaricato di costituire un organismo, da sottoporre alla vigilanza del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, cui demandare le funzioni di organizzazione degli eventi ippici, di ripartizione e di rendicontazione delle risorse di cui alle lettere d) ed e), consentendo l'iscrizione al medesimo organismo agli allevatori, ai proprietari di cavalli e alle società di gestione degli ippodromi che soddisfano requisiti minimi prestabiliti, e prevedere che la disciplina degli organi di governo dello stesso organismo sia improntata a criteri di equa e ragionevole rappresentanza delle diverse categorie di soci e che la struttura organizzativa fondamentale contempli organismi tecnici nei quali sia assicurata la partecipazione degli allenatori, dei guidatori, dei fantini, dei gentlemen e degli altri soggetti della filiera ippica;
   c) prevedere, per i primi cinque anni dalla costituzione dell'organismo di cui alla lettera b), una qualificata partecipazione di rappresentanti dei Ministeri delle politiche agricole alimentari e forestali e dell'economia e delle finanze negli organi gestionali e, successivamente, la costituzione di un apposito organo di vigilanza sulla gestione del medesimo organismo, composto da rappresentanti degli stessi Ministeri;
   d) compatibilmente con la normativa europea, prevedere che le quote di prelievo sulle scommesse sulle corse dei cavalli destinate al settore ippico, nonché le risorse destinate all'ippica ai sensi dell'articolo 1, commi 281 e 282, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, e dell'articolo 30-bis, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, siano assegnate all'organismo di cui alla lettera b);
   e) prevedere che gli stanziamenti attualmente iscritti nel bilancio del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali per lo svolgimento delle competenze in materia ippica siano rideterminati e assegnati all'organismo di cui alla lettera b), tenuto conto delle funzioni a essa trasferite, stabilendo comunque una riduzione degli oneri a carico della finanza pubblica pari al 20 per cento nel primo anno successivo alla costituzione del medesimo organismo, al 40 per cento nel secondo anno, al 60 per cento nel terzo anno e all'80 per cento nel quarto anno e che, a decorrere dal quinto anno successivo alla costituzione dello stesso organismo, al relativo finanziamento si provveda, oltre che con le risorse di cui alla lettera d), con le quote di partecipazione versate annualmente dai soci.

  3. Nella predisposizione dei decreti legislativi di cui al comma 1, relativamente al riordino dell'assistenza tecnica agli allevatori e della disciplina della riproduzione animale e tenendo conto della normativa europea in materia, il Governo è tenuto ad osservare i seguenti princìpi e criteri direttivi:
   a) riorganizzazione del sistema di consulenza al settore, finalizzata al raggiungimento degli obiettivi stabiliti dalla politica agricola comune e dalle norme nazionali in materia, con l'obiettivo di qualificare e liberalizzare il servizio, tenendo conto della necessità di salvaguardare la biodiversità, la corretta gestione del patrimonio genetico delle razze di interesse zootecnico, il benessere animale e la valorizzazione delle produzioni di qualità;
   b) riconoscimento del principio per il quale l'iscrizione ai libri genealogici e ai registri anagrafici costituisce elemento fondamentale per l'individuazione della razza e per la certificazione d'origine;
   c) riconoscimento del principio della unicità e multifunzionalità del dato raccolto per la tenuta del libro genealogico o del registro anagrafico e definizione, con provvedimento del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, delle modalità di accesso da parte di terzi;
   d) riconoscimento del principio per il quale la gestione dei libri genealogici e dei registri anagrafici è necessario strumento della conservazione della biodiversità animale e della valorizzazione delle razze autoctone;
   e) soppressione dei riferimenti agli enti scientifici e strumentali soppressi a seguito delle normative di revisione della spesa pubblica;
   g) previsione della possibilità di integrare il finanziamento statale finalizzato alle attività gestionali dei Libri genealogici mediante fonti di autofinanziamento delle organizzazioni riconosciute nel rispetto della normativa europea in materia attraverso l'espletamento di servizi per i propri soci e utilizzo di marchi collettivi, con obbligo di impiegare i relativi proventi in attività e investimenti riconducibili all'obiettivo del miglioramento genetico;
   h) accessibilità dei dati necessari per la prestazione dei servizi di consulenza aziendale da parte degli organismi, pubblici o privati, riconosciuti ai sensi del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 116.

  4. I decreti legislativi di cui al comma 1 sono adottati su proposta del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, previo parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. Gli schemi dei decreti legislativi, corredati di apposita relazione tecnica da cui risultino, tra l'altro, i risparmi di spesa derivanti dall'attuazione delle disposizioni in essi contenute, sono trasmessi alle Camere per l'acquisizione del parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari, da rendere entro sessanta giorni dalla data di assegnazione. Qualora il termine per l'espressione dei pareri parlamentari scada nei trenta giorni che precedono la scadenza del termine per l'esercizio della delega o successivamente, quest'ultimo è prorogato di tre mesi.
  5. Il Governo, qualora non intenda conformarsi ai pareri parlamentari, ritrasmette i testi alle Camere con le sue osservazioni e con eventuali modificazioni, per il parere definitivo delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari, da rendere entro un mese dalla data di trasmissione. Decorso il predetto termine, i decreti possono essere comunque adottati in via definitiva dal Governo.
  6. Entro un anno dalla data di entrata in vigore del primo dei decreti legislativi in materia di riordino e riduzione degli enti, società ed agenzie vigilati di cui al comma 1, il Governo può adottare, nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi di cui al comma 2 e con le modalità e le procedure di cui ai commi 4 e 5, uno o più decreti legislativi recanti disposizioni integrative e correttive.
  7. Fatto salvo quanto previsto dal decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, al fine di favorire la trasparenza nella gestione degli enti, società ed agenzie vigilati dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, nonché di facilitare un efficace controllo della stessa, i predetti soggetti provvedono a pubblicare in modo visibile e facilmente accessibile agli utenti nel proprio sito internet o, in mancanza, nel sito internet del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali:
   a) il bilancio e gli altri atti approvati dagli organi amministrativi anche di livello dirigenziale che comportano una spesa a carico del bilancio medesimo;
   b) l'organigramma comprensivo degli incarichi di consulenza, con indicazione, per questi ultimi, della data di inizio, di conclusione e dei relativi costi.

  7-bis. Per consentire l'omogenea armonizzazione dei sistemi contabili, gli organismi pagatori regionali costituiti in attuazione dell'articolo 7 del regolamento (UE) n. 1306/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, relativamente alla gestione fuori bilancio dei fondi della Politica agricola comune (PAC) e dei correlati aiuti nazionali, statali e regionali, applicano le disposizioni del decreto legislativo 31 maggio 2011, n. 91, in accordo e nei tempi previsti per l'AGEA.
  8. Dall'attuazione delle disposizioni di cui al presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 9 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 9.
(Delega al Governo per il riordino e la riduzione degli enti, società e agenzie vigilati dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e per il riordino dell'assistenza tecnica agli allevatori e la revisione della disciplina della riproduzione animale).

  Al comma 2, lettera c), sostituire le parole: dall'attuazione delle disposizioni di cui al presente comma con le seguenti: dalla rigorosa attuazione delle disposizioni di cui al presente comma orientata al contrasto della contraffazione dei prodotti e alla violazione delle norme sulla commercializzazione degli stessi.
9. 1. Zaccagnini, Scotto.

  Al comma 2-bis, lettera a), dopo le parole: al finanziamento della filiera ippica aggiungere le seguenti: e delle attuali modalità di riparto tra i diversi attori della filiera.
9. 2. Bosco.

  Al comma 4, primo periodo, aggiungere, in fine, le parole: da rendere nel termine di quarantacinque giorni dalla data di trasmissione di ciascuno schema di decreto legislativo, decorso il quale il Governo può comunque procedere.
9. 300. La Commissione.
(Approvato)

A.C. 3119-A – Articolo 10

ARTICOLO 10 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Art. 10.
(Istituzione della Banca delle terre agricole).

  1. È istituita presso l'ISMEA, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica e, comunque, con l'utilizzo delle sole risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente, la Banca delle terre agricole, di seguito denominata «Banca».
  2. La Banca ha l'obiettivo di costituire un inventario completo della domanda e dell'offerta dei terreni e delle aziende agricoli, che si rendono disponibili anche a seguito di abbandono dell'attività produttiva e di prepensionamenti, raccogliendo, organizzando e dando pubblicità alle informazioni necessarie sulle caratteristiche naturali, strutturali ed infrastrutturali dei medesimi, sulle modalità e condizioni di cessione e di acquisto degli stessi nonché sulle procedure di accesso alle agevolazioni di cui al capo III del titolo I del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 185, e successive modificazioni.
  3. La Banca è accessibile a titolo gratuito nel sito internet dell'ISMEA per tutti gli utenti registrati secondo le modalità stabilite dalla Direzione generale dell'ISMEA ed indicate nel medesimo sito internet.
  4. In relazione ai terreni di cui al presente articolo, ai dati disponibili e ai relativi aggiornamenti, l'ISMEA può anche presentare uno o più programmi o progetti di ricomposizione fondiaria, con l'obiettivo di individuare comprensori territoriali nei quali promuovere aziende dimostrative o aziende pilota.
  5. Per le finalità di cui al presente articolo, l'ISMEA può stipulare apposite convenzioni con gli assessorati regionali e provinciali competenti e promuovere forme di collaborazione e di partecipazione con le organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative e con le università e gli istituti superiori. Nelle regioni e nelle province con minoranze linguistiche riconosciute, la maggiore rappresentatività delle organizzazioni locali è riconosciuta a quelle maggiormente rappresentative in ambito locale.
  5-bis. Sono fatte salve le disposizioni contenute nelle leggi regionali relativamente ai terreni incolti e abbandonati alla data di entrata in vigore della presente legge.

PROPOSTA EMENDATIVA RIFERITA ALL'ARTICOLO 10 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 10.
(Istituzione della Banca delle terre agricole).

  Dopo l'articolo 10, aggiungere il seguente:

Art. 10-bis.
(Gruppi di interesse per la gestione collettiva dei terreni e dei manufatti rurali).

  1. Le regioni, con propri provvedimenti, possono riconoscere gruppi di interesse costituiti nella forma di associazioni di promozione sociale, di cui all'articolo 2 della legge 7 dicembre 2000, n. 383, di seguito denominati «gruppi di interesse», che si impegnano nell'acquisto, nell'affitto o nella gestione in comodato d'uso gratuito dei predetti terreni e manufatti rurali in disuso, con la finalità della loro gestione collettiva.
  2. I gruppi di interesse di cui al comma 1 si impegnano a realizzare progetti pluriennali volti al consolidamento dei sistemi agricoli locali, alla tutela delle produzioni agricole contadine, alla preservazione delle risorse idriche, della biodiversità, dei paesaggi, del suolo e dell'aria, alla prevenzione dei rischi naturali e alla lotta contro l'erosione.
  3. I progetti pluriennali di cui al comma 2 prevedono:
   a) l'acquisto collettivo, l'affitto o il comodato gratuito di terreni e manufatti pubblici e privati per la promozione dell'occupazione in agricoltura e per la lotta contro l'isolamento e l'abbandono dei territori;
   b) lo sviluppo di pratiche agro-ecologiche ed ecocompatibili e di infrastrutture verdi secondo quanto previsto dalla comunicazione COM(2013) 249 della Commissione, del 6 maggio 2013;
   c) la gestione di un'area territoriale specifica da parte di aziende agricole contadine con priorità per quelle connotate da una maggioranza di donne o di giovani;
   d) lo sviluppo di azioni nell'ambito agro-ecologico per migliorare le prestazioni economiche, sociali e ambientali dei territori anche attraverso la promozione, l'innovazione organizzativa e tecnica e la sperimentazione agraria;
   e) lo sviluppo di reti e di filiere di vendita dei prodotti agricoli locali;
   f) il presidio idrogeologico del territorio e la tutela dell'ambiente, del paesaggio e dei beni culturali minori ivi collocati.

  4. I gruppi di interesse possono essere costituiti, oltre che da singoli cittadini, da agricoltori contadini e da altre persone fisiche o giuridiche, pubbliche o private.
  5. Il riconoscimento dei gruppi di interesse è concesso dalle regioni sulla base di una selezione pubblica, per la durata del progetto pluriennale. Le regioni adottano criteri di selezione ispirati alle finalità di cui al comma 2 riconoscendo priorità ai progetti presentati da gruppi di interesse caratterizzati da una presenza maggioritaria di donne o di giovani di età non superiore a trentotto anni.
  6. Le associazioni che partecipano alla selezione di cui al comma 5 si dotano di uno statuto i cui principi sono stabiliti dalle regioni con particolare riguardo all'obbligo di democrazia paritaria negli organi statutari.
  7. Le regioni favoriscono la partecipazione dei cittadini ai gruppi di interesse pubblicizzandoli nei rispettivi siti Internet istituzionali e istituendo un fondo al quale possono essere conferite risorse pubbliche e private per l'acquisto della terra da parte dei gruppi medesimi.
10. 01. (ex 10. 01.) Zaccagnini, Scotto, Parentela.

A.C. 3119-A – Articolo 11-bis

ARTICOLO 11-BIS DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Titolo III
DISPOSIZIONI PER LA COMPETITIVITÀ E LO SVILUPPO DELLE IMPRESE AGRICOLE E AGROALIMENTARI

Art. 11-bis.
(Contratti di rete nel settore agricolo, forestale e agroalimentare).

  1. All'articolo 3, comma 4-ter, numero 3), del decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 33, sono premesse le seguenti parole: «qualora la rete d'impresa abbia acquisito la soggettività giuridica ai sensi del comma 4-quater,».

PROPOSTA EMENDATIVA RIFERITA ALL'ARTICOLO 11-BIS DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 11-bis.
(Contratti di rete nel settore agricolo, forestale e agroalimentare).

  Dopo l'articolo 11-bis, aggiungere il seguente:
  Art. 11-ter. – 1. All'articolo 36, comma 5, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi:
  «Per i contratti di rete di cui al presente comma è richiesta all'Agenzia delle Entrate la registrazione telematica, nonché il contestuale pagamento telematico dell'imposta auto liquidata dalle imprese partecipanti. Con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle Entrate sono definite le modalità e le procedure di esecuzione per via telematica degli adempimenti di cui al presente comma.».
11-bis. 01. (ex 11. 09.) Russo, Catanoso, Fabrizio Di Stefano.

A.C. 3119-A – Articolo 12

ARTICOLO 12 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 12.
(Assunzione congiunta di lavoratori).

  1. Al comma 3-ter dell'articolo 31 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, le parole: «50 per cento» sono sostituite dalle seguenti: «40 per cento».

A.C. 3119-A – Articolo 13

ARTICOLO 13 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Art. 13.
(Disposizioni per agevolare la partecipazione ai programmi di aiuto europei).

  1. All'articolo 14 del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 99, sono apportate le seguenti modificazioni:
   a) dopo il comma 7 è inserito il seguente:
   «7-bis. Le pubbliche amministrazioni interessate, tenuto conto delle attribuzioni delle regioni e degli enti locali, nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, forniscono a titolo gratuito ai soggetti richiedenti i contributi europei le informazioni e l'assistenza necessarie, promuovono e attuano specifiche procedure di gestione delle nuove istanze che agevolano la fruizione degli aiuti e predispongono le circolari esplicative e applicative correlate»;
   b) al comma 8, secondo periodo, la parola: «prioritariamente» è soppressa.

  2. Al fine di assicurare che la produzione di latte sia pianificata e adeguata alla domanda e per consentire un miglior approccio collettivo di filiera nell'ambito dei piani di sviluppo rurale, alle organizzazioni di produttori costituite da produttori del settore del latte e dei prodotti lattiero-caseari di cui all'articolo 152, paragrafo 3, del regolamento (UE) n. 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, sono rese disponibili le informazioni relative ai propri soci contenute nel fascicolo aziendale e nella banca di dati nazionale dell'anagrafe zootecnica utilizzando le funzionalità disponibili del Sistema informativo agricolo nazionale e del sistema informativo veterinario.
  3. L'accesso alle banche di dati di cui al comma 2 da parte delle organizzazioni di produttori riconosciute è consentito limitatamente alle informazioni utili allo svolgimento delle funzioni a esse demandate ai sensi della normativa europea e su espresso mandato del socio produttore.
  4. Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministro della salute, sono disciplinate le modalità per l'accesso alle banche di dati ai sensi dei commi 2 e 3.
  5. All'attuazione delle disposizioni dei commi 2 e 3 si provvede nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

A.C. 3119-A – Articolo 14

ARTICOLO 14 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Art. 14.
(Interventi finanziari a sostegno delle imprese agricole, della pesca e dell'acquacoltura).

  1. All'articolo 2 della legge 23 dicembre 1996, n. 662, il comma 132 è sostituito dal seguente:
  «132. L'Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (ISMEA) effettua interventi finanziari, a condizioni agevolate o a condizioni di mercato, in società, sia cooperative che con scopo di lucro, economicamente e finanziariamente sane, che operano nella trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli, della pesca e dell'acquacoltura, compresi nell'Allegato I del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, nonché dei beni prodotti nell'ambito delle relative attività agricole individuati ai sensi dell'articolo 32, comma 2, lettera c), del testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917. L'ISMEA effettua interventi finanziari, a condizioni agevolate o a condizioni di mercato, in società il cui capitale sia posseduto almeno al 51 per cento da imprenditori agricoli, cooperative agricole a mutualità prevalente e loro consorzi o da organizzazioni di produttori riconosciute ai sensi della normativa vigente, o in cooperative i cui soci siano in maggioranza imprenditori agricoli, economicamente e finanziariamente sane, che operano nella distribuzione e nella logistica, anche su piattaforma informatica, dei prodotti agricoli, della pesca e dell'acquacoltura, compresi nell'Allegato I del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea. Nel caso di interventi a condizioni di mercato, l'ISMEA opera esclusivamente come socio di minoranza sottoscrivendo aumenti di capitale ovvero prestiti obbligazionari o strumenti finanziari partecipativi. Nell'ambito delle operazioni di acquisizione delle partecipazioni, l'ISMEA stipula accordi con i quali gli altri soci, o eventualmente terzi, si impegnano a riscattare al valore di
mercato, nel termine stabilito dal relativo piano specifico di intervento, le partecipazioni acquisite. Nel caso di interventi a condizioni agevolate, l'ISMEA interviene tramite l'erogazione di mutui di durata massima di quindici anni. I criteri e le modalità degli interventi finanziari dell'ISMEA sono definiti con decreto del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali. L'intervento a condizioni agevolate da parte dell'ISMEA è subordinato alla preventiva approvazione di apposito regime di aiuti da parte della Commissione europea».

  2. La legge 19 dicembre 1983, n. 700, è abrogata. All'articolo 2 della legge 23 dicembre 1996, n. 662, i commi 132-bis e 132-ter sono abrogati. All'articolo 23 della legge 7 agosto 1997, n. 266, i commi da 1 a 4 sono abrogati.

A.C. 3119-A – Articolo 15

ARTICOLO 15 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Art. 15.
(Delega al Governo per il riordino degli strumenti di gestione del rischio in agricoltura e per la regolazione dei mercati).

  1. Il Governo è delegato ad adottare, nel rispetto delle competenze costituzionali delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, attivando gli istituti di concertazione con le organizzazioni di rappresentanza agricola, ai sensi dell'articolo 20 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228, anche in attuazione della normativa dell'Unione europea per la politica agricola comune, uno o più decreti legislativi per sostenere le imprese agricole nella gestione dei rischi e delle crisi e per la regolazione dei mercati, sulla base dei seguenti princìpi e criteri direttivi:
   a) revisione della normativa in materia di gestione dei rischi in agricoltura, favorendo lo sviluppo di strumenti assicurativi a copertura dei danni alle produzioni, alle strutture e ai beni strumentali alle aziende agricole;
   b) disciplina dei Fondi di mutualità per la copertura dei danni da avversità atmosferiche, epizoozie, fitopatie e per la tutela del reddito degli agricoltori nonché per compensare gli agricoltori che subiscono danni causati da fauna selvatica;
   c) revisione della normativa in materia di regolazione dei mercati con particolare riferimento alle forme di organizzazione, accordi interprofessionali e contratti di organizzazione e vendita.

  2. I decreti legislativi di cui al comma 1 sono adottati su proposta del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. Lo schema di ciascun decreto legislativo è successivamente trasmesso alle Camere per l'espressione dei pareri delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari e della Commissione parlamentare per la semplificazione, che si pronunciano nel termine di sessanta giorni dalla data di trasmissione, decorso il quale il decreto legislativo può essere comunque adottato. Se il termine previsto per il parere cade nei trenta giorni che precedono la scadenza del termine previsto al comma 1 o successivamente, la scadenza medesima è prorogata di novanta giorni. Il Governo, qualora non intenda conformarsi ai pareri parlamentari, trasmette nuovamente i testi alle Camere con le sue osservazioni e con eventuali modificazioni, corredate dei necessari elementi integrativi di informazione e motivazione. Le Commissioni competenti per materia possono esprimersi sulle osservazioni del Governo entro il termine di dieci giorni dalla data della nuova trasmissione. Decorso tale termine, i decreti possono comunque essere adottati.
  4. Entro due anni dalla data di entrata in vigore del primo dei decreti legislativi di cui al comma 1, il Governo può adottare, nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi di cui al medesimo comma 1 e secondo la procedura di cui al presente articolo, uno o più decreti legislativi recanti disposizioni integrative e correttive.
  5. Dall'attuazione delle disposizioni di cui al presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

PROPOSTA EMENDATIVA RIFERITA ALL'ARTICOLO 15 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 15.
(Delega al Governo per il riordino degli strumenti di gestione del rischio in agricoltura e per la regolazione dei mercati).

  Al comma 2, primo periodo, aggiungere, in fine, le parole: ai sensi dell'articolo 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.

  Conseguentemente, all'articolo 25, comma 2:
   primo periodo, aggiungere, in fine, le parole:
ai sensi dell'articolo 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281;
   secondo periodo, sostituire le parole da: Gli schemi fino a: sono trasmessi con le seguenti: Lo schema di ciascun decreto legislativo è successivamente trasmesso.
15. 300. La Commissione.
(Approvato)

A.C. 3119-A – Articolo 16

ARTICOLO 16 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Art. 16.
(Disposizioni per lo sviluppo dei prodotti provenienti da filiera corta, dell'agricoltura biologica o comunque a ridotto impatto ambientale).

  2. In conformità alle disposizioni in materia di mercati agricoli di vendita diretta, di cui al decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali 20 novembre 2007, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 301 del 29 dicembre 2007, i comuni possono definire modalità idonee di presenza e di valorizzazione dei prodotti agricoli e alimentari a chilometro zero, provenienti da filiera corta, e dei prodotti agricoli e alimentari derivanti dall'agricoltura biologica o comunque a ridotto impatto ambientale e di qualità.

A.C. 3119-A – Articolo 17

ARTICOLO 17 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Titolo IV
DISPOSIZIONI RELATIVE A SINGOLI SETTORI PRODUTTIVI

Capo I
DISPOSIZIONI IN MATERIA DI PRODOTTI DERIVANTI DALLA TRASFORMAZIONE DEL POMODORO

Art. 17.
(Ambito di applicazione).

  1. Le disposizioni del presente capo si applicano ai derivati del pomodoro di cui all'articolo 18.
  2. Qualora le denominazioni di vendita di cui all'articolo 18 vengano utilizzate nella etichettatura dei prodotti e nella presentazione e nella relativa pubblicità, i prodotti medesimi devono corrispondere alle definizioni del medesimo articolo 18 e rispettare i requisiti di cui all'articolo 19.

A.C. 3119-A – Articolo 18

ARTICOLO 18 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 18.
(Definizione dei prodotti).

  1. I derivati del pomodoro sono prodotti ottenuti a partire da pomodori freschi, sani e maturi conformi alle caratteristiche del frutto di Solanum lycopersicum L., di qualsiasi varietà, forma e dimensione, sottoposti ad una adeguata stabilizzazione e confezionati in idonei contenitori, e si classificano in:
   a) conserve di pomodoro: prodotti ottenuti da pomodori interi o a pezzi con e senza buccia, sottoposti ad un adeguato trattamento di stabilizzazione e confezionati in idonei contenitori, che, in funzione della presentazione, si distinguono in:
    1) pomodori non pelati interi: conserve di pomodoro ottenute con pomodori non pelati interi;
    2) pomodori pelati interi: conserve di pomodoro ottenute con pomodori pelati interi di varietà allungate il cui rapporto fra altezza e diametro maggiore del frutto è superiore a 1,5 con una tolleranza del 10 per cento;
    3) pomodori in pezzi: conserve di pomodoro ottenute con pomodori sottoposti a triturazione o a taglio, con eventuale sgrondatura e parziale aggiunta di succo concentrato di pomodoro, privati parzialmente dei semi e delle bucce in modo che sia riconoscibile a vista la struttura fibrosa dei pezzi e dei frammenti. Il modo di presentazione è legato alle consuetudini commerciali e la relativa denominazione di vendita deve fornire al consumatore una chiara informazione sulla tipologia del prodotto, quali, fra le altre, polpa di pomodoro, pomodori tagliati, cubetti di pomodoro, filetti di pomodoro, triturato di pomodoro;
   b) concentrato di pomodoro: prodotti ottenuti dalla estrazione, raffinazione ed eventuale concentrazione di succo di pomodoro suddivisi in base al residuo secco. Le tipologie di prodotto concentrato sono stabilite dal decreto di cui all'articolo 19, comma 1. È ammesso il successivo passaggio da un residuo secco ad un altro mediante aggiunta di acqua o ulteriore concentrazione. Nel caso di raffinazioni che consentano il passaggio di bucce, di semi o di entrambi sono utilizzate denominazioni specifiche per caratterizzarne la presentazione o l'uso;
   c) passata di pomodoro: prodotto avente i requisiti stabiliti dal decreto del Ministro delle attività produttive 23 settembre 2005, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 232 del 5 ottobre 2005;
   d) pomodori disidratati: prodotti ottenuti per eliminazione dell'acqua di costituzione, fino al raggiungimento di valori di umidità residua che ne consentano la stabilità anche in contenitori non ermeticamente chiusi. Si distinguono in:
    1) pomodori in fiocchi o fiocchi di pomodoro: prodotto ottenuto da pomodori, tagliati in vario modo e parzialmente privati dei semi, essiccati mediante eliminazione dell'acqua di costituzione con mezzi fisici fino ad un residuo secco in stufa non inferiore al 93 per cento;
    2) polvere di pomodoro: prodotto ottenuto da concentrato di pomodoro, essiccato mediante eliminazione dell'acqua di costituzione con mezzi fisici fino ad un residuo secco in stufa non inferiore al 96 per cento, oppure dalla macinazione di fiocco di pomodoro;
   e) pomodori semi-dry o semi-secchi: prodotti ottenuti per eliminazione parziale dell'acqua di costituzione con uso esclusivo di tunnel ad aria calda senza aggiunta di zuccheri.

A.C. 3119-A – Articolo 19

ARTICOLO 19 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 19.
(Requisiti dei prodotti).

  1. I requisiti qualitativi minimi ed i criteri di qualità dei prodotti di cui all'articolo 18, nonché gli ingredienti, sono definiti con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, previo parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e previo perfezionamento, con esito positivo, della procedura di informazione di cui alla direttiva 98/34/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 giugno 1998, da adottare entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.
  2. I prodotti di cui al presente capo che non raggiungono i requisiti minimi fissati dal decreto di cui al comma 1 possono essere rilavorati, salvo quanto stabilito dal decreto stesso, per ottenere prodotti che abbiano le caratteristiche prescritte. La rilavorazione deve essere autorizzata dall'autorità sanitaria competente per territorio, che adotta le misure di vigilanza ritenute necessarie.

A.C. 3119-A – Articolo 20

ARTICOLO 20 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 20.
(Etichettatura e confezionamento).

  1. I prodotti di cui al presente capo sono soggetti alle disposizioni stabilite dalla normativa europea e nazionale in materia di etichettatura e informazione sugli alimenti ai consumatori.
  2. I prodotti di cui al presente capo sono confezionati in modo tale da assicurare la conservazione dei medesimi ed il mantenimento dei requisiti prescritti dal decreto di cui all'articolo 19, comma 1. I suddetti prodotti, salvo quanto previsto dal decreto di cui all'articolo 19, comma 1, qualora non vengano confezionati direttamente nei contenitori destinati alla vendita, sono conservati in recipienti atti a preservarne i requisiti prescritti.

A.C. 3119-A – Articolo 21

ARTICOLO 21 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 21.
(Sanzioni).

  1. Salvo che il fatto costituisca reato, la violazione delle disposizioni di cui al presente capo comporta l'applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria:
   a) da 3.000 euro a 18.000 euro, se riferita a lotti di produzione non superiori a 60.000 pezzi;
   b) da 9.000 euro a 54.000 euro, se riferita a lotti di produzione superiori a 60.000 pezzi.

  2. Le sanzioni amministrative pecuniarie previste dal comma 1 si applicano anche con riferimento alla passata di pomodoro di cui al decreto del Ministro delle attività produttive 23 settembre 2005, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 232 del 5 ottobre 2005.
  3. L'autorità competente a irrogare le sanzioni amministrative pecuniarie di cui al presente articolo è il Dipartimento dell'Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali.

A.C. 3119-A – Articolo 22

ARTICOLO 22 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 22.
(Abrogazioni).

  1. Sono abrogati:
   a) la legge 10 marzo 1969, n. 96;
   b) il regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 11 aprile 1975, n. 428, fermo restando quanto previsto all'articolo 24, comma 2, della presente legge;
   c) l'articolo 6 del decreto del Ministro delle attività produttive 23 settembre 2005, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 232 del 5 ottobre 2005.

A.C. 3119-A – Articolo 23

ARTICOLO 23 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 23.
(Clausola di mutuo riconoscimento).

  1. Fatta salva l'applicazione della normativa europea vigente, le disposizioni del presente capo non si applicano ai derivati del pomodoro fabbricati ovvero commercializzati in un altro Stato membro dell'Unione europea o in Turchia né ai prodotti fabbricati in uno Stato membro dell'Associazione europea di libero scambio (EFTA), parte contraente dell'Accordo sullo Spazio economico europeo (SEE).

A.C. 3119-A – Articolo 24

ARTICOLO 24 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 24.
(Disposizioni transitorie e finali del presente capo).

  1. Tutti i prodotti di cui al presente capo etichettati conformemente alla normativa vigente prima della data di entrata in vigore della presente legge possono essere commercializzati entro il termine di conservazione indicato in etichetta.
  2. Gli articoli 1, 2, 3 e 6 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 11 aprile 1975, n. 428, si applicano fino alla data di entrata in vigore del decreto di cui all'articolo 19, comma 1, della presente legge.
  3. Per gli adempimenti previsti dal presente capo le amministrazioni provvedono nell'ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili e comunque senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
  4. Le disposizioni di cui al presente capo sono soggette alla procedura di informazione di cui alla direttiva 98/34/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 giugno 1998.

A.C. 3119-A – Articolo 25

ARTICOLO 25 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Capo II
DISPOSIZIONI IN MATERIA DI SOSTEGNO AL SETTORE DEL RISO

Art. 25.
(Delega al Governo per il sostegno al settore del riso).

  1. Il Governo è delegato ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi per il sostegno del prodotto ottenuto dal riso greggio, confezionato e venduto o posto in vendita o comunque immesso al consumo sul territorio nazionale per il quale deve essere utilizzata la denominazione «riso», sulla base dei seguenti princìpi e criteri direttivi:
   a) salvaguardia delle varietà di riso tipiche italiane e indirizzo del miglioramento genetico delle nuove varietà in costituzione;
   b) valorizzazione della produzione risicola, quale espressione culturale, paesaggistica, ambientale e socio-economica del territorio in cui è praticata;
   c) tutela del consumatore, con particolare attenzione alla trasparenza delle informazioni e alle denominazioni di vendita del riso;
   d) istituzione di un registro per la classificazione delle nuove varietà, gestito dall'Ente nazionale risi;
   e) disciplina dell'apparato sanzionatorio per le violazioni delle disposizioni contenute nel decreto legislativo e individuazione dell'autorità competente all'irrogazione delle sanzioni nell'ambito delle strutture del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali;
   f) definizione in uno o più allegati tecnici, modificabili con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, delle varietà che possono fregiarsi della denominazione di vendita, delle caratteristiche qualitative per il riso e il riso parboiled con indicazione dei valori massimi riconosciuti, dei gruppi merceologici e delle caratteristiche qualitative, dei metodi di analisi per la determinazione delle caratteristiche del riso;
   g) abrogazione della legge 18 marzo 1958, n. 325, entro un anno dalla data di entrata in vigore del primo dei decreti legislativi di cui al comma 1 e previsione della possibilità di esaurimento delle scorte confezionate ai sensi della norma abrogata;
   h) esclusione dal campo di applicazione dei decreti legislativi del prodotto tutelato da un sistema di qualità riconosciuto in ambito europeo e del prodotto destinato all'estero.

  2. I decreti legislativi di cui al comma 1 sono adottati su proposta del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. Gli schemi di ciascun decreto legislativo, dopo l'acquisizione del parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono trasmessi alle Camere per l'acquisizione del parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari, da rendere entro sessanta giorni dall'assegnazione alle Commissioni medesime.
  3. Decorso il termine per l'espressione dei pareri di cui al comma 2, i decreti possono essere comunque adottati.
  4. Entro un anno dalla data di entrata in vigore del primo dei decreti legislativi di cui al comma 1, il Governo può adottare, nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi di cui al comma 1 e secondo la procedura di cui al presente articolo, uno o più decreti legislativi recanti disposizioni integrative e correttive.
  5. Dall'attuazione delle disposizioni di cui al presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

A.C. 3119-A – Articolo 25-bis

ARTICOLO 25-bis DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Art. 25-bis.
(Tracciabilità del prodotto e del processo produttivo nel settore del riso).

  1. Al fine di consentire al consumatore di ricevere un'adeguata informazione sulle varietà del riso e, nel caso di alimenti preconfezionati, sulla composizione, sulla qualità dei componenti e delle materie prime nonché sul processo di lavorazione dei prodotti finiti e intermedi, è favorito l'uso di sistemi informatici di tracciabilità del riso posto in vendita o comunque immesso al consumo nel territorio nazionale.
  2. I sistemi informatici di cui al comma 1, basati su codici unici e non riproducibili da apporre sulla singola confezione, contengono i dati fiscali del produttore, dell'ente certificatore della filiera del prodotto, del distributore e dell'azienda che fornisce il sistema dei predetti codici, nonché l'elencazione di ogni fase di lavorazione, e possono essere adattati per la lettura su rete mobile e per le applicazioni per smartphone e tablet.

A.C. 3119-A – Articolo 25-ter

ARTICOLO 25-ter DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Capo II-bis
DISPOSIZIONI IN MATERIA DI PRODUZIONE DEL BURRO

Art. 25-ter.
(Semplificazioni in materia di tenuta di registri di carico e scarico del burro).

  1. Dopo il sesto comma dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 1956, n. 1526, è inserito il seguente:
  «Sono esclusi dall'obbligo della tenuta del registro di cui al sesto comma gli imprenditori agricoli, singoli o associati, di cui all'articolo 2135 del codice civile aventi una produzione annua inferiore a 5 tonnellate di burro».

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 25-TER DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 25-ter.
(Semplificazioni in materia di tenuta di registri di carico e scarico del burro).

  Sostituirlo con il seguente:
  1. Il sesto comma dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 1956, n. 1526 è abrogato.
  2. Al comma 7 dell'articolo 1-bis del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 116, sono apportate le seguenti modificazioni:
   a) il primo periodo è soppresso;
   b) la lettera a) è soppressa.
*25-ter. 1. (ex 1. 20) Zaccagnini, Scotto.

  Sostituirlo con il seguente:
  1. Il sesto comma dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 1956, n. 1526 è abrogato.
  2. Al comma 7 dell'articolo 1-bis del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 116, sono apportate le seguenti modificazioni:
   a) il primo periodo è soppresso;
   b) la lettera a) è soppressa.
*25-ter. 2. (ex 1. 77). Russo, Catanoso, Fabrizio Di Stefano.

A.C. 3119-A – Articolo 25-quater

ARTICOLO 25-QUATER DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Capo II-ter
DISPOSIZIONI IN MATERIA DI APICOLTURA

Art. 25-quater.
(Disposizioni in materia di apicoltura e di prodotti apistici).

  1. Non sono considerati forniture di medicinali veterinari distribuiti all'ingrosso gli acquisti collettivi e la distribuzione agli apicoltori, da parte delle organizzazioni di rappresentanza degli apicoltori maggiormente rappresentative a livello nazionale, di presìdi sanitari per i quali non è previsto l'obbligo di ricetta veterinaria.
  2. È fatto obbligo a chiunque detiene alveari di farne, a proprie spese, denuncia e comunicazione di variazione alla banca dati dell'anagrafe apistica nazionale (BDA), di cui al decreto del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali 4 dicembre 2009, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 93 del 22 aprile 2010. Chiunque contravviene all'obbligo di denuncia della detenzione di alveari o di comunicazione della loro variazione all'anagrafe apistica nazionale è soggetto al pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 euro a 4.000 euro.
  3. Agli apicoltori colpiti dalla presenza del parassita Aethina tumida che, a seguito dei provvedimenti adottati dall'autorità sanitaria, hanno distrutto la totalità dei propri alveari è consentita l'immediata reintroduzione dello stesso numero di alveari perduti nella zona di protezione. Tali alveari devono provenire da allevamenti dichiarati indenni dalla presenza del parassita Aethina tumida ed essere accompagnati da idoneo certificato sanitario dei servizi veterinari territorialmente competenti.

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 25-QUATER DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 25-quater.
(Disposizioni in materia di apicoltura e di prodotti apistici).

  Al comma 2, primo periodo, sopprimere le parole: a proprie spese.
25-quater. 1. (ex 0. 25. 0500. 1) Zaccagnini, Scotto.

  Al comma 2, secondo periodo, sostituire le parole: da 1000 a 4000 euro con le seguenti: da 500 a 2000 euro.
25-quater. 2. (ex 0. 25. 0500. 3) Zaccagnini, Scotto.

  Aggiungere, in fine, i seguenti commi:
  4. Al numero 12 della parte I della tabella A allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni, dopo le parole «miele naturale» sono aggiunte le seguenti «e pappa reale».
  5. Le percentuali di compensazione ai sensi dell'articolo 34 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni, sono stabilite per la pappa reale nella misura del 8,8 per cento.
  6. Agli oneri derivanti dai commi 4 e 5, pari a 1.000.000 euro l'anno a decorrere dall'anno 2016, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2016-2018, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze a decorrere dall'anno 2016, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero.
25-quater. 3. (ex 1. 05.) Massimiliano Bernini, Benedetti, Gagnarli, Gallinella, L'Abbate, Lupo, Parentela.

  Aggiungere, in fine, il seguente comma:
  4. Ai sensi dell'articolo 2135 del codice civile, nella conduzione zootecnica delle api denominata apicoltura, è disposto, fino ad un massimo di 50 arnie, l'esonero dalla dichiarazione o segnalazione di inizio di attività della vendita diretta dei prodotti e non è altresì necessario il cambio di destinazione d'uso dei locali adibiti alle attività di smielatura e confezionamento, che possono essere effettuate in locali di uso temporaneo.
25-quater. 4. (ex 1. 38.) Massimiliano Bernini, Benedetti, Gagnarli, Gallinella, L'Abbate, Lupo, Parentela, Zaccagnini.

  Aggiungere, in fine, il seguente comma:
  4. Per i prodotti apistici di cui all'articolo 2, comma 2, della legge 24 dicembre 2004, n. 313, destinati all'alimentazione, deve essere indicato in etichetta il Paese o i Paesi di origine del prodotto. Chiunque contravviene all'obbligo di indicazione in etichetta dell'origine del prodotto, di cui al periodo precedente, è soggetto al pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria da 2.000 euro a 6.000 euro.
*25-quater. 5.(ex 29. 012.) Russo, Catanoso, Fabrizio Di Stefano.

  Aggiungere, in fine, il seguente comma:
  4. Per i prodotti apistici di cui all'articolo 2, comma 2, della legge 24 dicembre 2004, n. 313, destinati all'alimentazione, deve essere indicato in etichetta il Paese o i Paesi di origine del prodotto. Chiunque contravviene all'obbligo di indicazione in etichetta dell'origine del prodotto, di cui al periodo precedente, è soggetto al pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria da 2.000 euro a 6.000 euro.
*25-quater. 6. Bosco.

  Aggiungere, in fine, il seguente comma:
  4. All'articolo 4 della legge 24 dicembre 2004, n. 313, sono apportate le seguenti modificazioni:
   a) al comma 1, dopo la parola «fioritura» sono aggiunte le seguenti: «e di melata»;
   b) dopo il comma 1, sono aggiunti i seguenti:
  «1-bis. Sono vietati, in qualsiasi periodo dell'anno, i trattamenti antiparassitari condotti con l'utilizzo di prodotti fitosanitari ed erbicidi a base di neonicotinoidi, ovvero di pesticidi sistemici in grado di persistere nell'apparato vascolare della pianta.
  1-ter. Le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano provvedono, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, ad adeguare la propria normativa a quanto disposto al comma 1-bis.».
25-quater. 8. (ex 1. 06.) Massimiliano Bernini, Benedetti, Gagnarli, Gallinella, L'Abbate, Lupo, Parentela, Tripiedi.

  Dopo l'articolo 25-quater, aggiungere il seguente:
  Art. 25-quater. 1 (Distribuzione presìdi sanitari apicoltura). 1. L'acquisto e la distribuzione agli apicoltori di presìdi sanitari, per i quali non è previsto l'obbligo di ricetta veterinaria, da parte delle Organizzazioni di rappresentanza degli apicoltori maggiormente rappresentative a livello nazionale, sono da considerarsi forniture di piccoli quantitativi di medicinali veterinari non distribuiti all'ingrosso, ai sensi dell'articolo 65, paragrafo 1, secondo periodo, della Direttiva n. 2001/82/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 6 novembre 2001.
25-quater. 01. (ex 1. 78, 29. 010.) Russo, Catanoso, Fabrizio Di Stefano.

  Dopo l'articolo 25-quater, aggiungere il seguente:
  Art. 25-quater. 1 (Anagrafe apistica nazionale). 1. Ai sensi dell'articolo 6 della legge 24 dicembre 2004, n. 313, è fatto obbligo a chiunque detiene alveari di farne denuncia e comunicazione di variazione alla banca dati dell'anagrafe apistica nazionale (BDA) di cui al Decreto 4 dicembre 2009 del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali di concerto con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 22 aprile 2010, n. 93, recante disposizioni per l'anagrafe apistica nazionale.
  2. Chiunque contravviene all'obbligo di denuncia della detenzione di alveari o di comunicazione della loro variazione all'anagrafe apistica nazionale, di cui al comma 1, è soggetto al pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria da 500 euro a 3.000 euro.
  3. Gli adempimenti per l'anagrafe apistica nazionale relativi alla denuncia, alla registrazione, al censimento annuale degli alveari ed all'assegnazione del codice univoco identificativo, anche quando operati per il tramite dei servizi veterinari delle aziende sanitarie locali, sono effettuati senza oneri a carico del richiedente.
25-quater. 02. (ex 1. 78, 29. 09.) Russo, Catanoso, Fabrizio Di Stefano.

A.C. 3119-A – Articolo 25-quinquies

ARTICOLO 25-QUINQUIES DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE
Capo II-quater
DISPOSIZIONI IN MATERIA DI PRODUZIONE DELLA BIRRA ARTIGIANALE

Art. 25-quinquies.
(Denominazione di birra artigianale).

  1. All'articolo 2 della legge 16 agosto 1962, n. 1354, dopo il comma 4 è aggiunto il seguente:
  «4-bis. Si definisce birra artigianale la birra prodotta da piccoli birrifici indipendenti e non sottoposta, durante la fase di produzione, a processi di pastorizzazione e di microfiltrazione. Ai fini del presente comma si intende per piccolo birrificio indipendente un birrificio che sia legalmente ed economicamente indipendente da qualsiasi altro birrificio, che utilizzi impianti fisicamente distinti da quelli di qualsiasi altro birrificio, che non operi sotto licenza di utilizzo dei diritti di proprietà immateriale altrui e la cui produzione annua non superi 200.000 ettolitri, includendo in questo quantitativo le quantità di birra prodotte per conto di terzi».

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 25-QUINQUIES DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 25-quinquies.
(Denominazione di birra artigianale).

  Al comma 1, capoverso comma 4-bis, dopo il primo periodo aggiungere il seguente: È fatto obbligo di indicare in etichetta il luogo di produzione e confezionamento della birra e delle materie prime utilizzate per la sua produzione.
25-quinquies. 2. (ex 0.25.0501.3.) Zaccagnini, Scotto.

  Dopo comma 1, aggiungere il seguente:
  2. All'articolo 35 del decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, il comma 3-bis è sostituito dal seguente:
  3-bis. Per i piccoli birrifici indipendenti l'accertamento dell'accisa viene effettuato a seguito della fase di condizionamento.
25-quinquies. 6. (vedi 1. 012.) Gagnarli, Gallinella, Benedetti, Massimiliano Bernini, L'Abbate, Lupo, Parentela.

A.C. 3119-A – Articolo 25-sexies

ARTICOLO 25-SEXIES DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Art. 25-sexies.
(Filiera del luppolo).

  1. Il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, compatibilmente con la normativa europea in materia di aiuti di Stato e con le norme specifiche di settore, favorisce il miglioramento delle condizioni di produzione, trasformazione e commercializzazione nel settore del luppolo e dei suoi derivati. Per le finalità di cui al presente comma, il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali destina quota parte delle risorse iscritte annualmente nello stato di previsione del medesimo Ministero, sulla base dell'autorizzazione di spesa di cui alla legge 23 dicembre 1999, n. 499, dando priorità al finanziamento di progetti di ricerca e sviluppo per la produzione e per i processi di prima trasformazione del luppolo, per la ricostituzione del patrimonio genetico del luppolo e per l'individuazione di corretti processi di meccanizzazione.

PROPOSTA EMENDATIVA RIFERITA ALL'ARTICOLO 25-SEXIES DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 25-sexies.
(Filiera del luppolo).

  Al comma 1, secondo periodo, sopprimere le parole: dando priorità.
25-sexies. 300. La Commissione.
(Approvato)

A.C. 3119-A – Articolo 25-septies

ARTICOLO 25-SEPTIES DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Capo II-quinquies
DISPOSIZIONI IN MATERIA DI FUNGO CARDONCELLO E DI PRODOTTI DERIVATI

Art. 25-septies.
(Denominazione di fungo cardoncello e di prodotti derivati).

  1. Con la dizione «fungo cardoncello» o «cardoncello» si intende il fungo, spontaneo o coltivato, in qualunque modo trasformato e commercializzato, della sola specie Pleurotus Eryngii.

A.C. 3119-A – Articolo 25-octies

ARTICOLO 25-OCTIES DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Capo II-sexies
DISPOSIZIONI IN MATERIA DI FAUNA SELVATICA

Art. 25-octies.
(Modifiche all'articolo 7 della legge 28 dicembre 2015, n. 221).

  1. All'articolo 7 della legge 28 dicembre 2015, n. 221, sono apportate le seguenti modificazioni:
   a) al comma 1, dopo le parole: «ad eccezione delle» sono inserite le seguenti: «aziende agricole di cui all'articolo 17, comma 4, della legge 11 febbraio 1992, n. 157, delle zone di cui alla lettera e) del comma 8 dell'articolo 10 della medesima legge n. 157 del 1992,»;
   b) al comma 2, dopo la parola: «controllo» sono inserite le seguenti: «; il divieto non si applica alle aziende agricole di cui all'articolo 17, comma 4, della legge 11 febbraio 1992, n. 157, alle zone di cui alla lettera e) del comma 8 dell'articolo 10 della medesima legge n. 157 del 1992, alle aziende faunistico-venatorie e alle aziende agri-turistico-venatorie adeguatamente recintate di cui al comma 1 del presente articolo».

PROPOSTA EMENDATIVA RIFERITA ALL'ARTICOLO 25-OCTIES DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 25-octies.
(Modifiche all'articolo 7 della legge 28 dicembre 2015, n. 221).

  Sopprimerlo.
25-octies. 1. Gagnarli, Gallinella, Benedetti, Massimiliano Bernini, L'Abbate, Lupo, Parentela.

A.C. 3119-A – Articolo 29

ARTICOLO 29 DEL DISEGNO DI LEGGE ED ANNESSO ALLEGATO NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Capo III
DISPOSIZIONI IN MATERIA DI PESCA E ACQUACOLTURA

Art. 29.
(Modificazioni al decreto legislativo 9 gennaio 2012, n. 4, recante misure per il riassetto della normativa in materia di pesca e acquacoltura).

  1. Al decreto legislativo 9 gennaio 2012, n. 4, sono apportate le seguenti modificazioni:
   a) gli articoli da 7 a 12 sono sostituiti dai seguenti:
   «Art. 7. – (Contravvenzioni)1. Al fine di tutelare le risorse biologiche il cui ambiente abituale o naturale di vita sono le acque marine, nonché di prevenire, scoraggiare ed eliminare la pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata, è fatto divieto di:
   a) pescare, detenere, trasbordare, sbarcare, trasportare e commercializzare le specie di cui sia vietata la cattura in qualunque stadio di crescita, in violazione della normativa vigente;
   b) danneggiare le risorse biologiche delle acque marine con l'uso di materie esplodenti, dell'energia elettrica o di sostanze tossiche atte ad intorpidire, stordire o uccidere i pesci e gli altri organismi acquatici;
   c) raccogliere, trasportare o mettere in commercio pesci ed altri organismi acquatici intorpiditi, storditi o uccisi con le modalità di cui alla lettera b);
   d) pescare in acque sottoposte alla sovranità di altri Stati, salvo che nelle zone, nei tempi e nei modi previsti dagli accordi internazionali, ovvero sulla base delle autorizzazioni rilasciate dagli Stati interessati. Allo stesso divieto sono sottoposte le unità non battenti bandiera italiana che pescano nelle acque sottoposte alla sovranità della Repubblica italiana;
   e) esercitare la pesca in acque sottoposte alla competenza di un'organizzazione regionale per la pesca, violandone le misure di conservazione o gestione e senza avere la bandiera di uno degli Stati membri di detta organizzazione;
   f) sottrarre od asportare gli organismi acquatici oggetto dell'altrui attività di pesca, esercitata mediante attrezzi o strumenti fissi o mobili, sia quando il fatto si commetta con azione diretta su tali attrezzi o strumenti, sia esercitando la pesca con violazione delle distanze di rispetto stabilite dalla normativa vigente;
   g) sottrarre od asportare gli organismi acquatici che si trovano in spazi acquei sottratti al libero uso e riservati agli stabilimenti di pesca e di acquacoltura e comunque detenere, trasportare e fare commercio dei detti organismi.

  2. Il divieto di cui al comma 1, lettera a), non riguarda la pesca scientifica, nonché le altre attività espressamente autorizzate ai sensi delle normative internazionale, europea e nazionale vigenti. Resta esclusa qualsiasi forma di commercializzazione per i prodotti di tale tipo di pesca ed è consentito detenere e trasportare le specie pescate per soli fini scientifici.
  Art. 8. – (Pene principali per le contravvenzioni).1. Chiunque viola i divieti di cui all'articolo 7, comma 1, lettere a), b), c), d) ed e), è punito, salvo che il fatto costituisca più grave reato, con l'arresto da due mesi a due anni o con l'ammenda da 2.000 euro a 12.000 euro.
  2. Chiunque viola i divieti di cui all'articolo 7, comma 1, lettere f) e g), è punito, salvo che il fatto costituisca più grave reato, a querela della persona offesa, con l'arresto da un mese a un anno o con l'ammenda da 1.000 euro a 6.000 euro.
  Art. 9. – (Pene accessorie per le contravvenzioni). – 1. La condanna per le contravvenzioni previste e punite dal presente decreto comporta l'applicazione delle seguenti pene accessorie:
   a) la confisca del pescato, salvo che esso sia richiesto dagli aventi diritto nelle ipotesi previste dall'articolo 7, comma 1, lettere f) e g);
   b) la confisca degli attrezzi, degli strumenti e degli apparecchi con i quali è stato commesso il reato;
   c) l'obbligo di rimettere in pristino lo stato dei luoghi nei casi contemplati dall'articolo 7, comma 1, lettere b), f) e g), qualora siano stati arrecati danni ad opere o impianti ivi presenti;
   d) la sospensione dell'esercizio commerciale da cinque a dieci giorni, in caso di commercializzazione o somministrazione di esemplari di specie ittiche di cui è vietata la cattura in qualunque stadio di crescita, in violazione della normativa vigente.

  2. Qualora le violazioni di cui all'articolo 7, comma 1, lettere d) ed e), abbiano ad oggetto le specie ittiche tonno rosso (Thunnus thynnus) e pesce spada (Xiphias gladius), è sempre disposta nei confronti del titolare dell'impresa di pesca la sospensione della licenza di pesca per un periodo da tre mesi a sei mesi e, in caso di recidiva, la revoca della medesima licenza.
  3. Qualora le violazioni di cui all'articolo 7, comma 1, lettere a), d) ed e), siano commesse mediante l'impiego di un'imbarcazione non espressamente autorizzata all'esercizio della pesca marittima professionale, è sempre disposta nei confronti dei trasgressori la sospensione del certificato di iscrizione nel registro dei pescatori da quindici a trenta giorni e, in caso di recidiva, da trenta giorni a tre mesi.
  Art. 10. – (Illeciti amministrativi). – 1. Al fine di tutelare le risorse biologiche il cui ambiente abituale o naturale di vita sono le acque marine, nonché di prevenire, scoraggiare ed eliminare la pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata, è fatto divieto di:
   a) effettuare la pesca con unità iscritte nei registri di cui all'articolo 146 del codice della navigazione, senza essere in possesso di una licenza di pesca in corso di validità o di un'autorizzazione in corso di validità;
   b) pescare in zone e tempi vietati dalle normative europea e nazionale vigenti;
   c) detenere, trasportare e commerciare il prodotto pescato in zone e tempi vietati dalle normative europea e nazionale vigenti;
   d) pescare direttamente stock ittici per i quali la pesca è sospesa ai fini del ripopolamento per la ricostituzione degli stessi;
   e) pescare quantità superiori a quelle autorizzate, per ciascuna specie, dalle normative europea e nazionale vigenti;
   f) effettuare catture accessorie o accidentali in quantità superiori a quelle autorizzate, per ciascuna specie, dalle normative europea e nazionale vigenti;
   g) pescare direttamente uno stock ittico per il quale è previsto un contingente di cattura, senza disporre di tale contingente ovvero dopo che il medesimo è andato esaurito;
   h) pescare con attrezzi o strumenti vietati dalle normative europea e nazionale o non espressamente permessi, o collocare apparecchi fissi o mobili ai fini di pesca senza la necessaria autorizzazione o in difformità da questa;
   i) detenere attrezzi non consentiti, non autorizzati o non conformi alla normativa vigente e detenere, trasportare o commerciare il prodotto di tale pesca;
   l) manomettere, sostituire, alterare o modificare l'apparato motore dell'unità da pesca, al fine di aumentarne la potenza oltre i limiti massimi indicati nella relativa certificazione tecnica;
   m) navigare con un dispositivo di localizzazione satellitare, manomesso, alterato o modificato, nonché interrompere volontariamente il segnale, ovvero navigare, in aree marine soggette a misure di restrizione dell'attività di pesca, con rotte o velocità difformi da quelle espressamente disposte dalle normative europea e nazionale, accertate con i previsti dispositivi di localizzazione satellitare;
   n) falsificare, occultare od omettere la marcatura, l'identità o i contrassegni di individuazione dell'unità da pesca, ovvero, dove previsto, degli attrezzi da pesca;
   o) violare gli obblighi previsti dalle pertinenti normative europea e nazionale vigenti in materia di registrazione e dichiarazione dei dati relativi alle catture e agli sbarchi, compresi i dati da trasmettere attraverso il sistema di controllo dei pescherecci via satellite;
   p) violare gli obblighi previsti dalle pertinenti normative europea e nazionale vigenti in materia di registrazione e dichiarazione dei dati relativi alle catture e agli sbarchi di specie appartenenti a stock oggetto di piani pluriennali o pescate fuori dalle acque mediterranee;
   q) effettuare operazioni di trasbordo o partecipare a operazioni di pesca congiunte con pescherecci sorpresi ad esercitare pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata (INN) ai sensi del regolamento (CE) n. 1005/2008 del Consiglio, del 29 settembre 2008, in particolare con quelli inclusi nell'elenco dell'Unione delle navi INN o nell'elenco delle navi INN di un'organizzazione regionale per la pesca, o effettuare prestazione di assistenza o rifornimento a tali navi;
   r) utilizzare un peschereccio privo di nazionalità e quindi da considerare nave senza bandiera ai sensi del diritto vigente;
   s) occultare, manomettere o eliminare elementi di prova relativi a un'indagine posta in essere dagli ispettori della pesca, dagli organi deputati alla vigilanza ed al controllo e dagli osservatori, nell'esercizio delle loro funzioni, nel rispetto delle normative europea e nazionale vigenti;
   t) intralciare l'attività posta in essere dagli ispettori della pesca, dagli organi deputati alla vigilanza ed al controllo e dagli osservatori, nell'esercizio delle loro funzioni, nel rispetto delle normative europea e nazionale vigenti;
   u) violare gli obblighi previsti dalle pertinenti normative europea e nazionale relative a specie appartenenti a stock ittici oggetto di piani pluriennali, fatto salvo quanto previsto alla lettera p);
   v) commercializzare il prodotto della pesca proveniente da attività di pesca INN ai sensi del regolamento (CE) n. 1005/2008 del Consiglio, del 29 settembre 2008, fatta salva l'applicazione delle norme in materia di alienazione dei beni confiscati da parte delle Autorità competenti;
   z) violare gli obblighi previsti dalle pertinenti normative europea e nazionale vigenti in materia di etichettatura e tracciabilità nonché gli obblighi relativi alle corrette informazioni al consumatore finale, relativamente a tutte le partite di prodotti della pesca e dell'acquacoltura, in ogni fase della produzione, della trasformazione e della distribuzione, dalla cattura o raccolta alla vendita al dettaglio;
   z-bis) violare le prescrizioni delle normative europea e nazionale vigenti in materia di obbligo di sbarco.

  2. Fatte salve le specie ittiche soggette all'obbligo di sbarco ai sensi delle normative europee e nazionali vigenti, è fatto divieto di:
   a) detenere, sbarcare e trasbordare esemplari di specie ittiche di taglia inferiore alla taglia minima di riferimento per la conservazione, in violazione della normativa vigente;
   b) trasportare, commercializzare e somministrare esemplari di specie ittiche di taglia inferiore alla taglia minima di riferimento per la conservazione, in violazione della normativa vigente.

  3. In caso di cattura, accidentale o accessoria, di specie non soggette all'obbligo di sbarco, la cui taglia è inferiore alla taglia minima di riferimento per la conservazione, è fatto divieto di conservarne gli esemplari a bordo. Le catture di cui al presente comma devono essere rigettate in mare.
  4. In caso di cattura, accidentale o accessoria, di specie soggette all'obbligo di sbarco, la cui taglia è inferiore alla taglia minima di riferimento per la conservazione, è fatto divieto di trasportarne e commercializzarne gli esemplari al fine del consumo umano diretto.
  5. In caso di cattura accidentale o accessoria di esemplari di cui al comma 4, restano salvi gli obblighi relativi alla comunicazione preventiva alla competente Autorità marittima secondo modalità, termini e procedure stabiliti con successivo decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali.
  6. I divieti di cui ai commi 1, lettere b), c), d), g) e h), 2, 3 e 4 non riguardano la pesca scientifica, nonché le altre attività espressamente autorizzate ai sensi delle vigenti normative europea e nazionale. Fatto salvo quanto previsto all'articolo 6, comma 3, resta vietata qualsiasi forma di commercializzazione per i prodotti di tale tipo di pesca ed è consentito detenere e trasportare le specie pescate per soli fini scientifici.
  7. Fatto salvo quanto previsto al comma 1, lettera z), e fermo restando quanto previsto dall'articolo 16 del regolamento (CE) n. 1967/2006 del Consiglio, del 21 dicembre 2006, le disposizioni di cui al presente articolo non si applicano ai prodotti dell'acquacoltura e a quelli ad essa destinati.
  Art. 11. – (Sanzioni amministrative principali). – 1. Salvo che il fatto costituisca reato, chiunque viola i divieti posti dall'articolo 10, comma 1, lettere a), b), c), d), e), f), g), h), i), l), m), n), p), q), r), s), t), u) e v), ovvero non adempie agli obblighi di cui al comma 5 del medesimo articolo, è soggetto al pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria da 2.000 euro a 12.000 euro. I predetti importi sono raddoppiati nel caso in cui le violazioni dei divieti posti dall'articolo 10, comma 1, lettere a), b), c), d), e), f), g), h), p), q), u) e v), abbiano a oggetto le specie ittiche tonno rosso (Thunnus thynnus) e pesce spada (Xiphias gladius).
  1-bis. A decorrere dal 1o gennaio 2017, salvo che il fatto costituisca reato, chiunque viola il divieto di cui all'articolo 10, comma 1, lettera z-bis), è soggetto al pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria da 2.000 euro a 12.000 euro.
  2. Chiunque viola il divieto posto dall'articolo 10, comma 1, lettera o), è soggetto al pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 euro a 6.000 euro.
  3. Salvo che il fatto costituisca reato, chiunque viola il divieto posto dall'articolo 10, comma 1, lettera z), è soggetto al pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria da 750 euro a 4.500 euro.
  4. Salvo che il fatto costituisca reato, chiunque viola le disposizioni di cui all'articolo 10, commi 2, lettere a) e b), 3, 4 e 6, è soggetto al pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria compresa tra 1.000 euro e 75.000 euro, ovvero compresa tra 2.000 euro e 150.000 euro se le specie ittiche di taglia inferiore alla taglia minima di riferimento per la conservazione sono il tonno rosso (Thunnus thynnus) o il pesce spada (Xiphias gladius), e alla sospensione dell'esercizio commerciale da cinque a dieci giorni, da applicare secondo i criteri di seguito stabiliti:
   a) fino a 5 kg di pescato: sanzione amministrativa pecuniaria compresa tra 1.000 euro e 3.000 euro. I predetti importi sono raddoppiati nel caso in cui le specie ittiche di taglia inferiore alla taglia minima di riferimento per la conservazione sono il tonno rosso (Thunnus thynnus) o il pesce spada (Xiphias gladius);
   b) oltre 5 kg e fino a 50 kg di pescato: sanzione amministrativa pecuniaria compresa tra 2.500 euro e 15.000 euro e sospensione dell'esercizio commerciale per cinque giorni lavorativi. I predetti importi sono raddoppiati nel caso in cui le specie ittiche di taglia inferiore alla taglia minima di riferimento per la conservazione siano il tonno rosso (Thunnus thynnus) o il pesce spada (Xiphias gladius);
   c) oltre 50 kg e fino a 150 kg di pescato: sanzione amministrativa pecuniaria compresa tra 6.000 euro e 36.000 euro e sospensione dell'esercizio commerciale per otto giorni lavorativi. I predetti importi sono raddoppiati nel caso in cui le specie ittiche di taglia inferiore alla taglia minima di riferimento per la conservazione sono il tonno rosso (Thunnus thynnus) o il pesce spada (Xiphias gladius);
   d) oltre 150 kg di pescato: sanzione amministrativa pecuniaria compresa tra 12.500 euro e 75.000 euro e sospensione dell'esercizio commerciale per dieci giorni lavorativi. I predetti importi sono raddoppiati nel caso in cui le specie ittiche di taglia inferiore alla taglia minima di riferimento per la conservazione sono il tonno rosso (Thunnus thynnus) o il pesce spada (Xiphias gladius).

  5. Ai fini della determinazione delle sanzioni di cui al comma 4, al peso del prodotto ittico deve essere applicata una riduzione a favore del trasgressore pari al 10 per cento del peso rilevato. Eventuali decimali risultanti da questa operazione non possono essere oggetto di ulteriore arrotondamento, né è possibile tener conto di ulteriori percentuali di riduzione collegate all'incertezza della misura dello strumento, che sono già comprese nella percentuale sopra indicata.
  6. Fermo restando quanto stabilito all'articolo 10, commi 2, 3 e 4, non è applicata sanzione se la cattura accessoria o accidentale di esemplari di specie di taglia inferiore alla taglia minima di riferimento per la conservazione è stata realizzata con attrezzi conformi alle normative europea e nazionale, autorizzati dalla licenza di pesca.
  7. È soggetto al pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria da 2.000 euro a 6.000 euro chiunque esercita la pesca marittima senza la preventiva iscrizione nel registro dei pescatori marittimi.
  8. È soggetto al pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria da 4.000 euro a 12.000 euro chiunque viola il divieto di cui all'articolo 6, comma 3.
  9. È soggetto al pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 euro a 3.000 euro chiunque:
   a) viola le norme vigenti relative all'esercizio della pesca sportiva, ricreativa e subacquea. I predetti importi sono raddoppiati nel caso in cui la violazione abbia ad oggetto le specie ittiche tonno rosso (Thunnus thynnus) e pesce spada (Xiphias gladius);
   b) cede un fucile subacqueo o altro attrezzo similare a persona minore degli anni sedici, ovvero affida un fucile subacqueo o altro attrezzo similare a persona minore degli anni sedici, se questa ne faccia uso.
  10. Fermo restando quanto previsto dalla normativa vigente in materia di limitazione di cattura e fatto salvo il caso in cui tra le catture vi sia un singolo pesce di peso superiore a 5 kg, nel caso in cui il quantitativo totale di prodotto della pesca, raccolto o catturato giornalmente, sia superiore a 5 kg, il pescatore sportivo, ricreativo e subacqueo è soggetto al pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria compresa tra 500 euro e 50.000 euro, da applicare secondo i criteri di seguito stabiliti:
   a) oltre 5 kg e fino a 10 kg di pescato: sanzione amministrativa pecuniaria compresa tra 500 euro e 3.000 euro;
   b) oltre 10 kg e fino a 50 kg di pescato: sanzione amministrativa pecuniaria compresa tra 2.000 euro e 12.000 euro;
   c) oltre 50 kg di pescato: sanzione amministrativa pecuniaria compresa tra 12.000 euro e 50.000 euro.

  10-bis. Gli importi di cui al comma 10 sono raddoppiati nel caso in cui le violazioni ivi richiamate abbiano come oggetto le specie ittiche tonno rosso (Thunnus thynnus) e pesce spada (Xiphias gladius). Ai fini della determinazione della sanzione si applicano le disposizioni del comma 5.
  10-ter. Fermo restando quanto previsto dalla normativa vigente, agli esercizi commerciali che acquistano pescato in violazione delle disposizioni dei commi 9 e 10 si applica la sanzione della sospensione dell'esercizio commerciale da cinque a dieci giorni lavorativi.
  11. L'armatore è solidalmente e civilmente responsabile con il comandante della nave da pesca per le sanzioni amministrative pecuniarie inflitte ai propri ausiliari e dipendenti per illeciti commessi nell'esercizio della pesca marittima.
  Art. 12. – (Sanzioni amministrative accessorie) – 1. All'applicazione delle sanzioni di cui all'articolo 11, commi 1, 2, 3, 4, 7, 8, 9, lettera a), e 10, consegue l'irrogazione delle seguenti sanzioni amministrative accessorie:
   a) la confisca del pescato. Fatte salve le previsioni di cui all'articolo 15 del regolamento (UE) n. 1380/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2013, è sempre disposta la confisca degli esemplari di specie di taglia inferiore alla taglia minima di riferimento per la conservazione, stabilita dalle normative europea e nazionale;
   b) la confisca degli attrezzi, degli strumenti e degli apparecchi usati o detenuti, in contrasto con le pertinenti normative europea e nazionale. Gli attrezzi confiscati non consentiti, non autorizzati o non conformi alla normativa vigente sono distrutti e le spese relative alla custodia e demolizione sono poste a carico del contravventore;
   c) l'obbligo di rimettere in pristino le zone in cui sono stati collocati apparecchi fissi o mobili di cui all'articolo 10, comma 1, lettera h).

  2. Qualora le violazioni di cui all'articolo 10, comma 1, lettere h) ed i), siano commesse con reti da posta derivante, è sempre disposta nei confronti del titolare dell'impresa di pesca, quale obbligato in solido, la sospensione della licenza di pesca per un periodo da tre mesi a sei mesi e, in caso di recidiva, la revoca della medesima licenza, anche ove non venga emessa l'ordinanza di ingiunzione.
  3. Qualora le violazioni di cui all'articolo 10, commi 1, lettere b), c), d), e), f), g), h), p) e q), 2, 3, 4 e 5, abbiano ad oggetto le specie ittiche tonno rosso (Thunnus thynnus) e pesce spada (Xiphias gladius), è sempre disposta nei confronti del titolare dell'impresa di pesca, quale obbligato in solido, la sospensione della licenza di pesca per un periodo da tre mesi a sei mesi e, in caso di recidiva, la revoca della medesima licenza anche ove non venga emessa l'ordinanza di ingiunzione.
  4. Qualora le violazioni di cui all'articolo 10, commi 1, lettere a), b), c), d), g), h), s) e t), 2, 3, 4 e 5, siano commesse mediante l'impiego di una imbarcazione non espressamente autorizzata all'esercizio della pesca marittima professionale, è sempre disposta nei confronti dei trasgressori la sospensione del certificato di iscrizione nel registro dei pescatori da quindici a trenta giorni e, in caso di recidiva, da trenta giorni a tre mesi, anche ove non venga emessa l'ordinanza di ingiunzione.
  5. Con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali sono individuati modalità, termini e procedure per l'applicazione della sospensione di cui al comma 4»;
   b) l'articolo 14 è sostituito dal seguente:
   «Art. 14. – (Istituzione del sistema di punti per infrazioni gravi). – 1. È istituito il sistema di punti per infrazioni gravi di cui all'articolo 92 del regolamento (CE) n. 1224/2009 del Consiglio, del 20 novembre 2009, ed agli articoli 125 e seguenti del regolamento (UE) n. 404/2011 della Commissione, dell'8 aprile 2011.
  2. Costituiscono infrazioni gravi le contravvenzioni di cui all'articolo 7, comma 1, lettere a) e e), e gli illeciti amministrativi di cui all'articolo 10, commi 1, lettere a), b), d), g), h), n), o), p), q), r), s), t) e z-bis), 2, lettere a) e b), e 4.
  3. La commissione di un'infrazione grave dà sempre luogo all'assegnazione di un numero di punti alla licenza di pesca, come individuati nell'allegato I, anche se non venga emessa l'ordinanza di ingiunzione.
  4. Con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali sono individuati modalità, termini e procedure per l'applicazione del sistema di punti di cui al presente articolo, ferma restando la competenza della Direzione generale della pesca marittima e dell'acquacoltura del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali in ordine alla revoca della licenza di pesca.
  5. Il sistema di punti per infrazioni gravi si applica anche all'autorizzazione per l'esercizio della pesca subacquea professionale, secondo modalità, termini e procedure da individuare con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali»;
   c) l'allegato I è sostituito dall'allegato I annesso alla presente legge.

  2. Al fine di semplificare la normativa nazionale e di armonizzarla con quella europea, nonché per evitare disparità di trattamento tra gli operatori dei diversi Stati membri dell'Unione europea, all'articolo 89 del decreto del Presidente della Repubblica 2 ottobre 1968, n. 1639, le parole: «vongola (Venus gallina e Venerupis sp.) cm 2,5» sono soppresse.
  3. Si applicano le previsioni di cui agli articoli 100 e 101, commi 1 e 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1999, n. 507.

Annesso
(Articolo 29, comma 1, lettera c))

«Allegato I
PUNTI ASSEGNATI IN CASO DI INFRAZIONI GRAVI

N. Infrazione grave Punti
1 Violazione degli obblighi previsti dalle pertinenti norme europee e nazionali in materia di registrazione e dichiarazione dei dati relativi alle catture e agli sbarchi, compresi i dati da trasmettere attraverso il sistema di controllo dei pescherecci via satellite.
Violazione degli obblighi previsti dalle pertinenti norme europee e nazionali in materia di registrazione e dichiarazione dei dati relativi alle catture e agli sbarchi di specie appartenenti a stock oggetto di piani pluriennali o pescate fuori dalle acque mediterranee.
(Articolo 10, comma 1, lettere o) e p), del presente decreto in combinato disposto con l'articolo 90, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1224/2009 del Consiglio, del 20 novembre 2009, con l'articolo 42, paragrafo 1, lettera a), e con l'articolo 3, paragrafo 1, lettera b), del regolamento (CE) n. 1005/2008 del Consiglio, del 29 settembre 2008).
3
2 Pesca con attrezzi o strumenti vietati dalle pertinenti disposizioni europee e nazionali o non espressamente permessi.
(Articolo 10, comma 1, lettera h), del presente decreto, in combinato disposto con l'articolo 90, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1224/2009 del Consiglio, del 20 novembre 2009, con l'articolo 42, paragrafo 1, lettera a), e con l'articolo 3, paragrafo 1, lettera e), del regolamento (CE) n. 1005/2008 del Consiglio, del 29 settembre 2008).
4
3 Falsificazione, occultamento od omissione di marcatura, identità o contrassegni di individuazione dell'unità da pesca.
(Articolo 10, comma 1, lettera n), del presente decreto, in combinato disposto con l'articolo 90, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1224/2009 del Consiglio, del 20 novembre 2009, con l'articolo 42, paragrafo 1, lettera a), e con l'articolo 3, paragrafo 1, lettera f), del regolamento (CE) n. 1005/2008 del Consiglio, del 29 settembre 2008).
5
4 Occultamento, manomissione o eliminazione di elementi di prova relativi a un'indagine posta in essere dagli ispettori della pesca, dagli organi deputati alla vigilanza ed al controllo e dagli osservatori, nell'esercizio delle loro funzioni, nel rispetto della normativa europea e nazionale.
(Articolo 10, comma 1, lettera s), del presente decreto, in combinato disposto con l'articolo 90, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1224/2009 del Consiglio, del 20 novembre 2009, con l'articolo 42, paragrafo 1, lettera a), e con l'articolo 3, paragrafo 1, lettera g), del regolamento (CE) n. 1005/2008 del Consiglio, del 29 settembre 2008).
5
5 Detenzione, sbarco e trasbordo di esemplari di specie ittiche di taglia inferiore alla taglia minima di riferimento per la conservazione, in violazione della normativa in vigore.
Trasporto, commercializzazione e somministrazione di esemplari di specie ittiche di taglia inferiore alla taglia minima di riferimento per la conservazione, in violazione della normativa in vigore.
Trasporto, commercializzazione e somministrazione per consumo umano diretto di esemplari di specie ittiche di taglia inferiore alla taglia minima di riferimento per la conservazione, soggette all'obbligo di sbarco.
(Articolo 10, comma 2, lettere a) e b), e comma 4 del presente decreto, in combinato disposto con l'articolo 56, paragrafo 1, e con l'articolo 90, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1224/2009 del Consiglio, del 20 novembre 2009, come modificato dal regolamento (UE) 2015/812 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 maggio 2015, con l'articolo 42, paragrafo 1, lettera a), e con l'articolo 3, paragrafo 1, lettera i), del regolamento (CE) n. 1005/2008 del Consiglio, del 29 settembre 2008).
5
N. Infrazione grave Punti
6 Esercizio della pesca in acque sottoposte alla competenza di un'organizzazione regionale per la pesca, in violazione delle misure di conservazione o gestione e senza avere la bandiera di uno degli Stati membri di detta organizzazione.
(Articolo 7, comma 1, lettera e), del presente decreto, in combinato disposto con l'articolo 90, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1224/2009 del Consiglio, del 20 novembre 2009, con l'articolo 42, paragrafo 1, lettera a), e con l'articolo 3, paragrafo 1, lettera k), del regolamento (CE) n. 1005/2008 del Consiglio, del 29 settembre 2008).
5
7 Pesca con unità iscritte nei registri di cui all'articolo 146 del codice della navigazione, senza essere in possesso di una licenza di pesca in corso di validità o di un'autorizzazione in corso di validità.
(Articolo 10, comma 1, lettera a), del presente decreto, in combinato disposto con l'articolo 90, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1224/2009 del Consiglio, del 20 novembre 2009, con l'articolo 42, paragrafo 1, lettera a), e con l'articolo 3, paragrafo 1, lettera a), del regolamento (CE) n. 1005/2008 del Consiglio, del 29 settembre 2008).
7
8 Pesca in zone e tempi vietati dalla normativa europea e nazionale.
(Articolo 10, comma 1, lettera b), del presente decreto, in combinato disposto con l'articolo 90, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1224/2009 del Consiglio, del 20 novembre 2009, con l'articolo 42, paragrafo 1, lettera a), e con l'articolo 3, paragrafo 1, lettera c), del regolamento (CE) n. 1005/2008 del Consiglio, del 29 settembre 2008).
6
9 Pesca diretta di uno stock ittico per il quale è previsto un contingente di cattura, senza disporre di tale contingente ovvero dopo che il medesimo è andato esaurito.
(Articolo 10, comma 1, lettera g), del presente decreto, in combinato disposto con l'articolo 90, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1224/2009 del Consiglio, del 20 novembre 2009, con l'articolo 42, paragrafo 1, lettera a), e con l'articolo 3, paragrafo 1, lettera c), del regolamento (CE) n. 1005/2008, del Consiglio del 29 settembre 2008).
6
10 Pesca diretta di stock ittici per i quali la pesca è sospesa ai fini del ripopolamento per la ricostituzione degli stessi.
(Articolo 10, comma 1, lettera d), del presente decreto, in combinato disposto con l'articolo 90, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1224/2009 del Consiglio, del 20 novembre 2009, con l'articolo 42, paragrafo 1, lettera a), e con l'articolo 3, paragrafo 1, lettera d), del regolamento (CE) n. 1005/2008 del Consiglio, del 29 settembre 2008).
7
11 Pesca, detenzione, trasbordo, sbarco, trasporto e commercializzazione delle specie di cui sia vietata la cattura in qualunque stadio di crescita, in violazione della normativa in vigore.
(Articolo 7, comma 1, lettera a), del presente decreto, in combinato disposto con l'articolo 90, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1224/2009 del Consiglio, del 20 novembre 2009, con l'articolo 42, paragrafo 1, lettera a), e con l'articolo 3, paragrafo 1, lettere d) ed i), del regolamento (CE) n. 1005/2008 del Consiglio, del 29 settembre 2008).
7
12 Intralcio all'attività posta in essere dagli ispettori della pesca, dagli organi deputati alla vigilanza ed al controllo e dagli osservatori nell'esercizio delle loro funzioni nel rispetto delle pertinenti disposizioni europee e nazionali.
(Articolo 10, comma 1, lettera t), del presente decreto, in combinato disposto con l'articolo 90, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1224/2009 del Consiglio, del 20 novembre 2009, con l'articolo 42, paragrafo 1, lettera a), e con l'articolo 3, paragrafo 1, lettera h), del regolamento (CE) n. 1005/2008 del Consiglio, del 29 settembre 2008).
7
13 Operazioni di trasbordo o partecipazione a operazioni di pesca congiunte con pescherecci sorpresi a esercitare pesca INN ai sensi del regolamento (CE) n. 1005/2008, in particolare con quelli inclusi nell'elenco dell'Unione delle navi INN o nell'elenco delle navi INN di un'organizzazione regionale per la pesca, o prestazione di assistenza o rifornimento a tali navi.
(Articolo 10, comma 1, lettera q), del presente decreto, in combinato disposto con l'articolo 90, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1224/2009 del Consiglio, del 20 novembre 2009, con l'articolo 42, paragrafo 1, lettera a), e con l'articolo 3, paragrafo 1, lettera j), del regolamento (CE) n. 1005/2008 del Consiglio, del 29 settembre 2008).
7
14 Utilizzo di un peschereccio privo di nazionalità e quindi da considerare nave senza bandiera ai sensi del diritto vigente.
(Articolo 10, comma 1, lettera r), del presente decreto, in combinato disposto con l'articolo 90, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1224/2009 del Consiglio, del 20 novembre 2009, con l'articolo 42, paragrafo 1, lettera a), e con l'articolo 3, paragrafo 1, lettera l), del regolamento (CE) n. 1005/2008 del Consiglio, del 29 settembre 2008).
7
15 Violazione degli obblighi previsti dalle normative europea e nazionale vigenti in materia di obbligo di sbarco*.
(Articolo 10, comma 1, lettera z-bis), del presente decreto, in combinato disposto con l'articolo 90, paragrafo 1, lettera c), e con l'articolo 92, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1224/2009 del Consiglio, del 20 novembre 2009, come modificato dal regolamento (UE) 2015/812 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 maggio 2015.

* Si applica a decorrere dal 1o gennaio 2017, ai sensi dell'articolo 11 del regolamento (UE) 2015/812 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 maggio 2015.

3

».

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 29 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 29.
(Modificazioni al decreto legislativo 9 gennaio 2012, n. 4, recante misure per il riassetto della normativa in materia di pesca e acquacoltura).

  Al comma 1, lettera a), capoverso Art. 11, sostituire il comma 9 con il seguente:
  9. Al di fuori delle ipotesi specificate alle lettere a) e b) del presente comma, chiunque viola le norme che disciplinano l'esercizio della pesca sportiva, ricreativa e subacquea, è soggetto al pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria da 1000 a 3000 euro. I predetti importi sono raddoppiati nel caso in cui le richiamate violazioni abbiano ad oggetto le specie ittiche tonno rosso (Thunnus thynnus) e pesce spada (Xiphias gladius). Con specifico riferimento all'esercizio della pesca subacquea sportiva e amatoriale:
   a) è soggetto al pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria da 300 a 3000 euro chiunque ceda un fucile subacqueo a persona minore degli anni sedici, ovvero affidi un fucile subacqueo a persona minore degli anni sedici, se questa ne faccia uso;
   b) è soggetto al pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria da 50 a 500 euro chiunque, nell'esercizio della pesca subacquea, violi le disposizioni degli articoli 129 lettera a) e 130 decreto del Presidente della Repubblica 2 ottobre 1968, n.1639, ovvero le disposizioni legalmente emanate dall'autorità marittima in materia di segnalazione del pescatore subacqueo o di distanze minime dalla costa per l'esercizio della pesca subacquea.
29. 1. (ex 29. 2.) Guidesi, Fedriga.

  Al comma 1, lettera a), capoverso Art. 11, al comma 9, premettere le parole: Fate salve le ipotesi di cui al comma 9-bis.

  Conseguentemente, al medesimo capoverso, dopo il comma 9, aggiungere il seguente:
  9-bis. È soggetto al pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria da 50 a 500 euro chiunque, nell'esercizio della pesca subacquea, violi le disposizioni degli articoli 129, lettera a) e 130 decreto del Presidente della Repubblica 2 ottobre 1968, n. 1639, ovvero le disposizioni legalmente emanate dall'autorità marittima in materia di segnalazione del pescatore subacqueo o di distanze minime dalla costa per l'esercizio della pesca subacquea.
29. 2. Bosco.

A.C. 3119-A – Articolo 29-bis

ARTICOLO 29-BIS DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Art. 29-bis.
(Contrasto del bracconaggio ittico nelle acque interne).

  1. Al fine di contrastare la pesca illegale nelle acque interne dello Stato, è considerata esercizio illegale della pesca nelle medesime acque ogni azione tesa alla cattura o al prelievo di specie ittiche e di altri organismi acquatici con materiale, mezzi e attrezzature vietati dalla legge. È altresì considerata esercizio illegale della pesca nelle acque interne ogni azione di cattura e di prelievo con materiali e mezzi autorizzati effettuata con modalità vietate dalla legge e dai regolamenti in materia di pesca emanati dagli enti territoriali competenti. Ai fini della presente legge, sono considerati acque interne i fiumi, i laghi, le acque dolci, salse o salmastre delimitati rispetto al mare dalla linea congiungente i punti più foranei degli sbocchi dei bacini, dei canali e dei fiumi.
  2. Nelle acque interne è vietato:
   a) pescare, detenere, trasbordare, sbarcare, trasportare e commercializzare le specie di cui sia vietata la cattura in qualunque stadio di crescita, in violazione della normativa vigente;
   b) stordire, uccidere e catturare la fauna ittica con materiali esplosivi di qualsiasi tipo, con la corrente elettrica o con il versamento di sostanze tossiche o anestetiche nelle acque;
   c) catturare la fauna ittica provocando l'asciutta, anche parziale, dei corpi idrici;
   d) utilizzare reti, attrezzi, tecniche o materiali non configurabili come sistemi di pesca sportiva, ai sensi dei regolamenti e delle leggi vigenti;
   e) utilizzare attrezzi per la pesca professionale nelle acque dove tale pesca non è consentita o senza essere in possesso del relativo titolo abilitativo;
   f) utilizzare reti e altri attrezzi per la pesca professionale difformi, per lunghezza o dimensione della maglia, da quanto previsto dai regolamenti vigenti.

  3. Sono inoltre vietati la raccolta, la detenzione, il trasporto e il commercio degli animali storditi o uccisi in violazione dei divieti di cui al comma 2.
  4. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque viola i divieti di cui al comma 2, lettere a), b) e c) e al comma 3, è punito con l'arresto da due mesi a due anni o con l'ammenda da 2.000 a 12.000 euro. Ove colui che viola il divieto di cui al comma 3 ne sia in possesso si applicano la sospensione della licenza di pesca di professione per 3 anni e la sospensione dell'esercizio commerciale da cinque a dieci giorni.
  5. Salvo che il fatto costituisca reato, per chi viola i divieti di cui al comma 2, lettere d), e) e f) si applicano la sanzione amministrativa da 1.000 a 6.000 euro e, ove il trasgressore ne sia in possesso, la sospensione della licenza di pesca professionale per tre mesi.

  6. Per le violazioni di cui al comma 2, lettere a), b), c), d), e) e f), e al comma 3, gli agenti accertatori procedono all'immediata confisca del prodotto pescato e degli strumenti e attrezzi utilizzati, nonché al sequestro e alla confisca dei natanti e dei mezzi di trasporto e di conservazione del pescato anche se utilizzati unicamente a tali fini. Il materiale ittico sequestrato ancora vivo e vitale è reimmesso immediatamente nei corsi d'acqua. Delle reimmissioni effettuate è data certificazione in apposito verbale.
  7. Qualora le violazioni di cui ai commi 2 e 3 siano reiterate e qualora il trasgressore le commetta durante il periodo di sospensione della licenza di pesca professionale e dell'esercizio commerciale, le pene e le sanzioni amministrative e il periodo di sospensione delle licenze sono raddoppiati. Le disposizioni del presente comma si applicano anche nel caso di pagamento della sanzione amministrativa in misura ridotta.
  8. Per le violazioni di cui al presente articolo, ferma restando l'applicazione delle sanzioni amministrative, il trasgressore corrisponde all'ente territoriale competente per la gestione delle acque una somma pari a 20 euro per ciascun capo pescato in violazione del presente articolo per il ristoro delle spese relative all'adozione delle necessarie misure di ripopolamento delle acque. Tale somma è raddoppiata nel caso in cui il pescato risulti privo di vita.
  9. Ferme restando le disposizioni vigenti in materia di vigilanza e controllo delle acque interne, ai fini dell'applicazione delle sanzioni amministrative previste dal presente articolo, il rapporto di cui all'articolo 17 della legge 24 novembre 1981, n. 689, è presentato all'ufficio regionale competente.
  10. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, ove necessario, adeguano i propri ordinamenti alle disposizioni del presente articolo.
  11. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono agli adempimenti previsti dal presente articolo con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 29-BIS DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 29-bis.
(Contrasto del bracconaggio ittico nelle acque interne).

  Al comma 2, lettera f), dopo le parole: pesca professionale aggiungere le seguenti: oltre l'orario consentito nonché.
29-bis. 1. Guidesi, Fedriga, Catanoso, Franco Bordo.

  Al comma 2, lettera f), dopo le parole: della maglia aggiungere le seguenti: ovvero per quantità.

  Conseguentemente:
   al medesimo comma, aggiungere, in fine, la seguente lettera:

    g) trasportare, stabulare, commercializzare, cedere a qualsiasi titolo o conservare in aree private pesce vivo, da parte di privati, consorzi o associazioni, se non espressamente autorizzati dall'organo di sanità veterinaria e amministrativo competente per territorio;
   al comma 4, primo periodo, sostituire le parole da: al comma 2 fino a: due anni o con le seguenti: ai commi 2 e 3 è punito con l'arresto da sei mesi a tre anni e;
   al comma 4, sopprimere il secondo periodo;
   sostituire il comma 5 con il seguente:
  5. La condanna per le contravvenzioni previste e punite dal presente articolo comporta la pena accessoria, ove il trasgressore ne sia in possesso, della sospensione della licenza di pesca di professione per tre anni e la sospensione dell'esercizio commerciale da cinque a dieci giorni.;
   al comma 6, primo periodo, sostituire le parole: e f) con le seguenti:, f) e g);
   al comma 7, primo periodo, sopprimere le parole: e le sanzioni amministrative;
   al comma 7, secondo periodo, sostituire le parole: pagamento della sanzione in misura ridotta con le seguenti: sentenza emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale;
   al comma 8, primo periodo, sostituire le parole: sanzioni amministrative con le seguenti: pene pecuniarie;
   al comma 9, sopprimere la parola: amministrative.
29-bis. 25. Ferraresi, Tripiedi, Massimiliano Bernini, Gagnarli, Gallinella, L'Abbate, Lupo, Parentela, De Rosa, Catanoso.

  Al comma 2, lettera f), dopo le parole: della maglia aggiungere le seguenti: ovvero per quantità.
29-bis. 19. Ferraresi, Tripiedi, Benedetti, Massimiliano Bernini, Gagnarli, Gallinella, L'Abbate, Lupo, Parentela, De Rosa, Catanoso.

  Al comma 2, aggiungere, in fine, la seguente lettera:
   g) trasportare, stabulare, commercializzare, cedere a qualsiasi titolo o conservare in aree private pesce vivo, da parte di privati, consorzi o associazioni, se non espressamente autorizzati dall'organo di sanità veterinaria e amministrativo competente per territorio.

  Conseguentemente:
   al comma 5, sostituire le parole: e f) con le seguenti:, f) e g);
   al comma 6, primo periodo, sostituire le parole: e f) con le seguenti:, f) e g).
29-bis. 24. Ferraresi, Tripiedi, Benedetti, Massimiliano Bernini, Gagnarli, Gallinella, L'Abbate, Lupo, Parentela, De Rosa, Catanoso.

  Al comma 4, primo periodo, sopprimere le parole:, lettere a), b) e c).

  Conseguentemente:
   al medesimo comma, sopprimere il secondo periodo;
   sostituire il comma 5 con il seguente:
  5. La condanna per le contravvenzioni previste e punite dal presente articolo comporta la pena accessoria, ove il trasgressore ne sia in possesso, della sospensione della licenza di pesca di professione per tre anni e la sospensione dell'esercizio commerciale da cinque a dieci giorni.;
   al comma 7, primo periodo, sopprimere le parole: e le sanzioni amministrative;
   al comma 7, secondo periodo, sostituire le parole: pagamento della sanzione in misura ridotta con le seguenti: sentenza emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale;
   al comma 8, primo periodo, sostituire le parole: sanzioni amministrative con le seguenti: pene pecuniarie;
   al comma 9, sopprimere la parola: amministrative.
29-bis. 23. Ferraresi, Tripiedi, Benedetti, Massimiliano Bernini, Gagnarli, Gallinella, L'Abbate, Lupo, Parentela, De Rosa, Catanoso.

  Al comma 4, primo periodo, sopprimere le parole:, lettere a), b) e c).

  Conseguentemente, sopprimere il comma 5.
29-bis. 12. Bosco.

  Al comma 4, primo periodo, sopprimere le parole:, lettere a), b) e c).

  Conseguentemente:
   sostituire il comma 5 con il seguente:

  5. Per le violazioni di cui al comma 2, ove i trasgressori ne siano in possesso, oltre alle pene previste dal comma 4 si applica anche la sospensione della licenza di pesca professionale per sei mesi.
   sostituire il comma 7 con il seguente:
  7. Qualora le violazioni di cui al comma 2 fossero reiterate e qualora il trasgressore le commetta durante il periodo di sospensione della licenza di pesca professionale, le pene e il periodo di sospensione delle licenze sono raddoppiati. Qualora le violazioni di cui al comma 3 fossero reiterate e qualora il trasgressore le commetta durante il periodo di sospensione della licenza di pesca professionale e commerciale, le pene sono raddoppiate e la licenza di pesca viene sospesa definitivamente.
29-bis. 2. Guidesi, Fedriga, Catanoso.

  Al comma 4, primo periodo, sostituire le parole: da due mesi a due anni con le seguenti: da sei mesi a tre anni.
29-bis. 20. Tripiedi, Ferraresi, Benedetti, Massimiliano Bernini, Gagnarli, Gallinella, L'Abbate, Lupo, Parentela, Catanoso.

  Al comma 4, primo periodo, sostituire le parole: o con l'ammenda con le seguenti: e con l'ammenda.
*29-bis. 3. Guidesi, Fedriga, Catanoso.

  Al comma 4, primo periodo, sostituire le parole: o con l'ammenda con le seguenti: e con l'ammenda.
*29-bis. 21. Ferraresi, Tripiedi, Massimiliano Bernini, Gagnarli, Gallinella, L'Abbate, Lupo, Parentela, Catanoso.

  Al comma 4, primo periodo, sostituire le parole: da 2.000 a 12.000 con le seguenti: da 5.000 a 15.000.
29-bis. 22. Tripiedi, Ferraresi, Benedetti, Massimiliano Bernini, Gagnarli, Gallinella, L'Abbate, Lupo, Parentela, Catanoso.

  Al comma 4, secondo periodo, sostituire le parole da: il divieto fino alla fine del comma con le seguenti: i divieti di cui ai commi 2, lettere a), b) e c), e 3 ne sia in possesso si applicano la sospensione della licenza di pesca di professione rispettivamente per sei mesi e per tre anni e la sospensione dell'esercizio commerciale da cinque giorni a dieci giorni per il comma 3.
29-bis. 4. Guidesi, Fedriga, Catanoso.

  Al comma 5, dopo le parole: costituisca reato aggiungere le seguenti: e fatta salva l'applicazione delle fattispecie di cui alla legge 22 maggio 2015, n. 68, in materia di delitti contro l'ambiente.
29-bis. 5. Guidesi, Fedriga, Catanoso.

  Al comma 5, sostituire le parole: da 1.000 a 6.000 con le seguenti: da 2.000 a 12.000.

  Conseguentemente, sostituire le parole: tre mesi con le seguenti: sei mesi.
29-bis. 6. Guidesi, Fedriga, Catanoso.

  Dopo il comma 5, aggiungere il seguente:
  5-bis. Per le fattispecie richiamate ai commi 4 e 5, in caso di recidiva la licenza di pesca è definitivamente sospesa.
29-bis. 13. Bosco.

  Dopo il comma 5, aggiungere il seguente:
  5-bis. Per le fattispecie di cui al comma 3, in caso di recidiva la licenza di pesca è definitivamente sospesa.
29-bis. 7. Guidesi, Fedriga, Catanoso.

  Al comma 6, primo periodo, dopo le parole: anche se con le seguenti: di terzi e anche se non.
*29-bis. 8. Guidesi, Fedriga, Catanoso.

  Al comma 6, primo periodo, dopo le parole: anche se con le seguenti: di terzi e anche se non.
*29-bis. 14. Bosco.

  Al comma 7, primo periodo, sostituire le parole da: e il periodo di sospensione delle licenze sono raddoppiati con le seguenti: sono raddoppiate. Il periodo di sospensione delle licenze, per le violazioni reiterate di cui al comma 2, è raddoppiato mentre per quelle di cui al comma 3 la licenza di pesca è definitivamente sospesa.
29-bis. 9. Guidesi, Fedriga, Catanoso.

  Al comma 10, aggiungere, in fine, i seguenti periodi: Provvedono, altresì, ad introdurre, disposizioni volte ad assicurare l'equilibrata distribuzione delle licenze di pesca nelle acque interne, commisurandone il numero al prelievo sostenibile e assicurando una equilibrata distribuzione tra le realtà economico-sociali insistenti sul territorio. A tal fine le Regioni valutano l'opportunità di consentire alle associazioni di pesca riconosciute la gestione in regime concessorio delle aree.
29-bis. 16. Bosco.

  Al comma 10, aggiungere, in fine, il seguente periodo: Provvedono, altresì, ad introdurre, disposizioni volte ad assicurare l'equilibrata distribuzione delle licenze di pesca nelle acque interne, commisurandone il numero al prelievo sostenibile e assicurando una equilibrata distribuzione tra le realtà economico-sociali insistenti sul territorio.
29-bis. 17. Bosco.

  Al comma 10, aggiungere, in fine, il seguente periodo: Provvedono, altresì, ad introdurre, limitatamente alla prima richiesta di rinnovo, la misura di esclusione dei soggetti che abbiano subito la sospensione temporanea della licenza di pesca ai sensi del comma 4.
*29-bis. 11. Guidesi, Fedriga, Catanoso.

  Al comma 10, aggiungere, in fine, il seguente periodo: Provvedono, altresì, ad introdurre, limitatamente alla prima richiesta di rinnovo, la misura di esclusione dei soggetti che abbiano subito la sospensione temporanea della licenza di pesca ai sensi del comma 4.
*29-bis. 15. Bosco.

  Dopo il comma 10, aggiungere il seguente:
  10-bis. Le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano possono consentire l'introduzione, nelle acque interne regionali, di specie non locali e non invasive, senza pregiudizio per gli habitat naturali e per la fauna selvatica locale, ai soli fini della pesca sportiva o della riduzione della pressione di pesca gravante sulle popolazioni ittiche autoctone pregiate.
29-bis. 18. Russo, Catanoso.

  Dopo l'articolo 29-bis, aggiungere il seguente:

Art. 29-ter.
(Indici di congruità).

  1. Entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e con le organizzazioni datoriali e sindacali maggiormente rappresentative sul piano nazionale, adotta un decreto con il quale individua gli indici di congruità, articolati per settore economico, atti a definire il rapporto tra la qualità e la quantità dei beni e dei servizi offerti dai datori di lavoro, imprenditori e non imprenditori, e la quantità delle ore lavorate, nonché la deviazione percentuale dell'indice individuato che sia da considerare normale.
  2. Gli indici di cui al comma 1 sono oggetto di revisione ordinaria ogni tre anni al fine di adeguarli al settore di produzione ed alla singole realtà territoriali alle quali si riferiscono. Gli atenei e gli organi ispettivi operanti su territorio regionale sono invitati a partecipare, con finalità di supporto tecnico e scientifico, alla definizione degli indici di congruità ed alla revisione ordinaria degli stessi.
  3. La conformità agli indici di congruità del presente articolo è condizione per l'accesso a qualunque beneficio di carattere economico, fiscale e normativo, per la partecipazione a bandi o per il godimento di erogazioni a qualunque titolo, anche in forma indiretta, di fondi comunitari, nazionali e regionali, mentre la difformità dagli stessi, intesa come deviazione superiore ai limiti definiti nello stesso decreto di cui al comma 1, viene segnalata entro e non oltre sei mesi al datore di lavoro, imprenditore e non imprenditore, a opera degli assessorati regionali al lavoro.
29-bis. 01. (ex 30. 04.) Zaccagnini, Scotto.

  Dopo l'articolo 29-bis, aggiungere il seguente:

Art. 29-ter.
(Norme per la trasparenza e la legalità delle assunzioni nel settore agricolo).

  1. Presso i Centri per l'impiego su base territoriale sono istituite, ai fini dell'incontro tra domanda ed offerta di lavoro, liste di prenotazione gestite con procedura telematica, costituite da aspiranti lavoratori, dalle quali i datori di lavoro attingono, previa comunicazione telematica entro le ore 12 della giornata lavorativa all'INPS, per far fronte all'esigenze lavorative e produttive della propria attività.
  2. Gli stessi datori di lavoro sono tenuti a dare comunicazione telematica della avvenuta assunzione alla «Cabina di regia» di cui all'articolo 6, comma 2, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 116, entro e non oltre quarantotto ore dalla stessa.
  3. Entro novanta giorni dall'approvazione della presente legge, in via sperimentale sono istituiti sportelli di collocamento lavorativo operativi nell'arco dell'intera giornata abilitati alla validazione dei buoni-lavoro (c.d. voucher) che attestino l'effettivo orario impiegato per la prestazione lavorativa.
  4. A fini statistici e di comprensione del fenomeno di somministrazione fraudolenta ed illecita di manodopera, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali trasmette apposito rapporto annuale sullo stato di attuazione della presente legge alle competenti Commissioni parlamentari.
29-bis. 02. (ex 30. 05.) Zaccagnini, Scotto.

A.C. 3119-A – Articolo 30-bis

ARTICOLO 30-BIS DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE

Titolo V
DISPOSIZIONI IN MATERIA DI RIFIUTI AGRICOLI

Art. 30-bis.
(Modifica all'articolo 185 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, in materia di esclusione dalla gestione dei rifiuti).

  1. La lettera f) del comma 1 dell'articolo 185 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, è sostituita dalla seguente:
   «f) le materie fecali, se non contemplate dal comma 2, lettera b), del presente articolo, la paglia, gli sfalci e le potature provenienti dalle attività di cui all'articolo 184, comma 2, lettera e), e comma 3, lettera a), nonché ogni altro materiale agricolo o forestale naturale non pericoloso destinati alle normali pratiche agricole e zootecniche o utilizzati in agricoltura, nella silvicoltura o per la produzione di energia da tale biomassa, anche al di fuori del luogo di produzione ovvero con cessione a terzi, mediante processi o metodi che non danneggiano l'ambiente né mettono in pericolo la salute umana».

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 30-BIS DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 30-bis.
(Modifica all'articolo 185 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, in materia di esclusione dalla gestione dei rifiuti).

  Sopprimerlo.
30-bis. 1. Zolezzi, Mannino, Busto, Daga, De Rosa, Micillo, Terzoni, Vignaroli, Gallinella, L'Abbate, Gagnarli, Benedetti, Parentela, Tripiedi.

  Dopo l'articolo 30-bis, aggiungere il seguente:
  Art. 30-ter. (Modifiche al codice dell'ambiente in materia di impianti di essiccazione). – 1. Al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
   a) alla Parte V, allegato IV, parte I, numero 1), la lettera v-bis) è sostituita dalla seguente:
   «v-bis) stabilimenti di produzione di materiali vegetali essiccati e confezionati gestiti da imprese agricole o a servizio delle stesse con impianti di potenza termica nominale, per corpo essiccante, uguale o inferiore a 1 MW, se alimentati a biomasse o a biodiesel o a gasolio come tale o in emulsione con biodiesel, e uguale o inferiore a 3 MW, se alimentati a metano o a gpl o a biogas»;
   b) alla Parte V, allegato IV, parte II, numero 1), la lettera v-bis) è sostituita dalla seguente:
   «v-bis) stabilimenti di produzione di materiali vegetali essiccati e confezionati gestiti da imprese agricole o a servizio delle stesse non ricompresi nella parte I del presente allegato».
30-bis. 0200. Tentori.

A.C. 3119-A – Articolo 31

ARTICOLO 31 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Titolo VI
DISPOSIZIONI FINALI

Art. 31.
(Copertura finanziaria dei decreti legislativi).

  1. Gli schemi dei decreti legislativi adottati in attuazione delle deleghe contenute nella presente legge sono corredati di relazione tecnica che dia conto della neutralità finanziaria dei medesimi ovvero dei nuovi o maggiori oneri da essi derivanti e dei corrispondenti mezzi di copertura. In conformità all'articolo 17, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, e successive modificazioni, qualora uno o più decreti determinino nuovi o maggiori oneri che non trovino compensazione al loro interno, i medesimi decreti legislativi sono emanati solo successivamente o contestualmente alla data di entrata in vigore dei provvedimenti legislativi che stanzino le occorrenti risorse finanziarie.

A.C. 3119-A – Ordini del giorno

ORDINI DEL GIORNO

   La Camera,
   premesso che:
    il Protocollo di Nagoya, adottato nell'ambito della Convenzione sulla Biodiversità, riguarda tutte le risorse genetiche esistenti nel mondo;
    l'obiettivo del Protocollo consiste nella giusta ed equa condivisione dei benefici che derivano dall'utilizzazione delle risorse genetiche, ivi incluso l'appropriato accesso alle risorse genetiche e l'appropriato trasferimento delle relative tecnologie;
    la biodiversità è la variabilità delle forme di vita o varietà degli organismi e l'agrobiodiversità in quanto diversità dei sistemi agricoli coltivati (agro-ecosistemi) è una parte di tale variabilità; le risorse genetiche per l'alimentazione e l'agricoltura non incluse nell'Allegato I del Trattato internazionale sulle risorse genetiche vegetali per l'alimentazione e l'agricoltura possono essere considerate in parte ricadenti sotto la disciplina del Protocollo di Nagoya, comprese tutte quelle risorse genetiche di attuale o futuro impatto sul settore agricolo del Paese;
    le risorse genetiche per l'alimentazione e l'agricoltura sono in parte già oggetto di gestione e tutela a livello globale da parte della FAO;
    il Trattato internazionale sulle risorse genetiche vegetali per l'alimentazione e l'agricoltura, è un accordo internazionale con Io scopo principale di sostenere la sicurezza alimentare mondiale, permettendo a governi, agricoltori, istituti di ricerca e industrie di lavorare in comune, di mettere insieme le loro risorse genetiche e condividere i benefici derivanti dal loro utilizzo;
    il Trattato facilita l'accesso a queste risorse, le mette a disposizione senza costi per i ricercatori e consente la condivisione del beneficio commerciale futuro derivante dal loro utilizzo nel moderno miglioramento o nella biotecnologia;
    il Trattato internazionale della FAO sulle risorse genetiche vegetali per l'alimentazione e l'agricoltura (RGVAA) comprende nell'Allegato I un elenco di 64 specie ritenute essenziali per l'alimentazione umana il cui scambio deve essere accompagnato da un Sistema multilaterale di accesso e di ripartizione dei vantaggi;
    attualmente sono incluse per lo più specie cerealicole e foraggere mentre molte specie ortive e frutticole non sono state considerate;
    sebbene sia il Protocollo di Nagoya sia il Trattato internazionale FAO abbiano come scopo l'utilizzo delle risorse genetiche ai fini del benessere umano e la condivisione giusta ed equa dei benefici derivanti da questo utilizzo, le modalità che regolamentano queste attività sono ben diverse;
    nell'ambito del Protocollo di Nagoya, le condizioni per poter accedere al materiale richiesto comprendono l'ottenimento, tramite richiesta alle Autorità Nazionali Competenti, di un «consenso informato preventivo» (PIC), la compilazione di una «dichiarazione di dovuta diligenza» riguardo al rispetto delle regole inerenti l'accesso, la definizione delle condizioni dello scambio e della ripartizione dei benefici (MAT) e il «Certificato di Conformità Riconosciuto a livello Internazionale» (IRCC);
    il Trattato impedisce a coloro che ricevono le risorse genetiche vegetali di rivendicare diritti di proprietà intellettuale sulle risorse genetiche nella forma ricevuta e assicura l'accesso facilitato alle risorse genetiche e l'utilizzazione adeguata del materiale genetico vegetale oltre che una giusta condivisione dei benefici risultanti dal loro uso;
    attualmente nessun Paese al mondo è autosufficiente per quanto riguarda la biodiversità agricola e la dipendenza media fra i Paesi per le colture più importanti è molto alta;
    il miglioramento della produzione agricola è fortemente caratterizzato dallo sviluppo di colture alimentari che si adattino ai cambiamenti ambientali e che soddisfino la crescente richiesta di alimenti di una popolazione in costante aumento;
    per le risorse genetiche per l'alimentazione e l'agricoltura deve essere previsto un trattamento speciale in quanto sono di notevole importanza per tutto il settore agricolo del Paese;
    l'utilizzazione delle risorse genetiche per scopi scientifici e di ricerca nel settore dell'alimentazione e dell'agricoltura nonché le connesse attività di miglioramento genetico richiedono un regime di scambio trasparente e rispettoso dei diritti di tutti, ma allo stesso tempo rapido e facile;
    la conservazione, la ricerca, la raccolta, la caratterizzazione, la valutazione e la documentazione delle risorse fitogenetiche per l'alimentazione e l'agricoltura sono essenziali per il conseguimento degli obiettivi fissati nella Dichiarazione di Roma sulla sicurezza alimentare mondiale e nel Piano d'azione del vertice mondiale dell'alimentazione nonché per la realizzazione di uno sviluppo agricolo sostenibile per le generazioni presenti e future;
    con questo scopo l'Italia nel 2004 ha ratificato il Trattato internazionale sulle risorse fitogenetiche per l'alimentazione e l'agricoltura;
    secondo la FAO ci sono circa 800 milioni di persone che soffrono la fame e sradicare la fame è un obiettivo concreto raggiungibile nel giro di una generazione;
    «Fame zero» è stato uno dei grandi temi dell'Expo milanese, ed è il tema fondamentale dei nuovi obiettivi di sviluppo sostenibile, che raccolgono il testimone degli obiettivi del Millennio;
    nutrire il pianeta e distribuire le risorse limitate che abbiamo a disposizione significa sostenere l'ambiente garantendo cibo e condizioni di vita migliori per tutti;
    la sfida di Expo è stata di pensare al futuro, rendere più sostenibili agricoltura, allevamento e pesca nel rispetto dell'ambiente e intervenire sul consumo sostenibile per ridurre gli sprechi e mangiare più sano;
    l'obiettivo dell'ONU per i prossimi anni è aumentare la produzione e la produttività garantendo sistemi di produzione alimentare sostenibili che proteggano la biodiversità e rafforzino la capacità di adattamento ai cambiamenti climatici;
    in futuro l'agricoltura avrà più che mai bisogno di innovazione e la grande sfida del 2050 è produrre abbastanza cibo per una popolazione che raggiungerà i 9 miliardi di persone, producendo di più senza utilizzare più terra di quanto già facciamo e senza compromettere clima e ambiente, quindi puntando su nuove tecniche agricole, nuove varietà di piante, nuovi sistemi di irrigazione e fertilizzazione;
    l'eredità immateriale di Expo 2015 è la Carta di Milano: una carta di responsabilità e impegni concreti e misurabili rivolta a cittadini, governi, istituzioni, associazioni e imprese;
    la Carta di Milano ci obbliga ad assumerci impegni precisi in relazione al diritto al cibo che riteniamo debba essere considerato un diritto umano fondamentale, al fine di vincere le grandi sfide connesse al cibo: combattere la denutrizione e la malnutrizione, promuovere un equo accesso alle risorse naturali, garantire una gestione sostenibile dei processi produttivi;
    obiettivo fondamentale della Carta di Milano è garantire un equo accesso al cibo per tutti;
    una delle maggiori sfide dell'umanità è quella di nutrire una popolazione in costante crescita senza danneggiare l'ambiente, al fine di preservare le risorse anche per le generazioni future;
    gli impegni internazionali per sradicare la povertà e far fronte al cambiamento climatico richiedono il passaggio verso un'agricoltura più sostenibile e inclusiva, in grado di produrre rendimenti più elevati nel lungo periodo, che solo la ricerca può realizzare;
    in un contesto in cui la produzione alimentare dovrà crescere del 60 per cento per riuscire a nutrire nel 2050 un'accresciuta popolazione mondiale, la legge 1o dicembre 2015, n. 194, recante «Disposizioni per la tutela e la valorizzazione della biodiversità di interesse agricolo e alimentare», attribuisce una natura speciale alla biodiversità agricola o meglio all'agrobiodiversità,

impegna il Governo:

   ad adottare le opportune garanzie per escludere le risorse fitogenetiche vegetali di interesse, attuale o potenziale, agricolo, alimentare e forestale dall'applicazione del Protocollo di Nagoya;
   a garantire che l'accesso alle risorse fitogenetiche vegetali di interesse, attuale o potenziale, agricolo, alimentare e forestale avvenga secondo le procedure previste dal Sistema multilaterale di accesso del Trattato internazionale sulle risorse fitogenetiche per l'alimentazione e l'agricoltura;
   ad assumere ogni iniziativa volta a rendere facilmente accessibili le risorse fitogenetiche di interesse agricolo, alimentare e forestale che sono la base della sicurezza alimentare mondiale, secondo i principi ispiratori del Trattato internazionale.
9/3119-A/1Rostellato, Taricco, Carra, Prina, Romanini, Zanin, Cuomo, Fiorio.


   La Camera,
   premesso che:
    il Protocollo di Nagoya, adottato nell'ambito della Convenzione sulla Biodiversità, riguarda tutte le risorse genetiche esistenti nel mondo;
    l'obiettivo del Protocollo consiste nella giusta ed equa condivisione dei benefici che derivano dall'utilizzazione delle risorse genetiche, ivi incluso l'appropriato accesso alle risorse genetiche e l'appropriato trasferimento delle relative tecnologie;
    la biodiversità è la variabilità delle forme di vita o varietà degli organismi e l'agrobiodiversità in quanto diversità dei sistemi agricoli coltivati (agro-ecosistemi) è una parte di tale variabilità; le risorse genetiche per l'alimentazione e l'agricoltura non incluse nell'Allegato I del Trattato internazionale sulle risorse genetiche vegetali per l'alimentazione e l'agricoltura possono essere considerate in parte ricadenti sotto la disciplina del Protocollo di Nagoya, comprese tutte quelle risorse genetiche di attuale o futuro impatto sul settore agricolo del Paese;
    le risorse genetiche per l'alimentazione e l'agricoltura sono in parte già oggetto di gestione e tutela a livello globale da parte della FAO;
    il Trattato internazionale sulle risorse genetiche vegetali per l'alimentazione e l'agricoltura, è un accordo internazionale con Io scopo principale di sostenere la sicurezza alimentare mondiale, permettendo a governi, agricoltori, istituti di ricerca e industrie di lavorare in comune, di mettere insieme le loro risorse genetiche e condividere i benefici derivanti dal loro utilizzo;
    il Trattato facilita l'accesso a queste risorse, le mette a disposizione senza costi per i ricercatori e consente la condivisione del beneficio commerciale futuro derivante dal loro utilizzo nel moderno miglioramento o nella biotecnologia;
    il Trattato internazionale della FAO sulle risorse genetiche vegetali per l'alimentazione e l'agricoltura (RGVAA) comprende nell'Allegato I un elenco di 64 specie ritenute essenziali per l'alimentazione umana il cui scambio deve essere accompagnato da un Sistema multilaterale di accesso e di ripartizione dei vantaggi;
    attualmente sono incluse per lo più specie cerealicole e foraggere mentre molte specie ortive e frutticole non sono state considerate;
    sebbene sia il Protocollo di Nagoya sia il Trattato internazionale FAO abbiano come scopo l'utilizzo delle risorse genetiche ai fini del benessere umano e la condivisione giusta ed equa dei benefici derivanti da questo utilizzo, le modalità che regolamentano queste attività sono ben diverse;
    nell'ambito del Protocollo di Nagoya, le condizioni per poter accedere al materiale richiesto comprendono l'ottenimento, tramite richiesta alle Autorità Nazionali Competenti, di un «consenso informato preventivo» (PIC), la compilazione di una «dichiarazione di dovuta diligenza» riguardo al rispetto delle regole inerenti l'accesso, la definizione delle condizioni dello scambio e della ripartizione dei benefici (MAT) e il «Certificato di Conformità Riconosciuto a livello Internazionale» (IRCC);
    il Trattato impedisce a coloro che ricevono le risorse genetiche vegetali di rivendicare diritti di proprietà intellettuale sulle risorse genetiche nella forma ricevuta e assicura l'accesso facilitato alle risorse genetiche e l'utilizzazione adeguata del materiale genetico vegetale oltre che una giusta condivisione dei benefici risultanti dal loro uso;
    attualmente nessun Paese al mondo è autosufficiente per quanto riguarda la biodiversità agricola e la dipendenza media fra i Paesi per le colture più importanti è molto alta;
    il miglioramento della produzione agricola è fortemente caratterizzato dallo sviluppo di colture alimentari che si adattino ai cambiamenti ambientali e che soddisfino la crescente richiesta di alimenti di una popolazione in costante aumento;
    per le risorse genetiche per l'alimentazione e l'agricoltura deve essere previsto un trattamento speciale in quanto sono di notevole importanza per tutto il settore agricolo del Paese;
    l'utilizzazione delle risorse genetiche per scopi scientifici e di ricerca nel settore dell'alimentazione e dell'agricoltura nonché le connesse attività di miglioramento genetico richiedono un regime di scambio trasparente e rispettoso dei diritti di tutti, ma allo stesso tempo rapido e facile;
    la conservazione, la ricerca, la raccolta, la caratterizzazione, la valutazione e la documentazione delle risorse fitogenetiche per l'alimentazione e l'agricoltura sono essenziali per il conseguimento degli obiettivi fissati nella Dichiarazione di Roma sulla sicurezza alimentare mondiale e nel Piano d'azione del vertice mondiale dell'alimentazione nonché per la realizzazione di uno sviluppo agricolo sostenibile per le generazioni presenti e future;
    con questo scopo l'Italia nel 2004 ha ratificato il Trattato internazionale sulle risorse fitogenetiche per l'alimentazione e l'agricoltura;
    secondo la FAO ci sono circa 800 milioni di persone che soffrono la fame e sradicare la fame è un obiettivo concreto raggiungibile nel giro di una generazione;
    «Fame zero» è stato uno dei grandi temi dell'Expo milanese, ed è il tema fondamentale dei nuovi obiettivi di sviluppo sostenibile, che raccolgono il testimone degli obiettivi del Millennio;
    nutrire il pianeta e distribuire le risorse limitate che abbiamo a disposizione significa sostenere l'ambiente garantendo cibo e condizioni di vita migliori per tutti;
    la sfida di Expo è stata di pensare al futuro, rendere più sostenibili agricoltura, allevamento e pesca nel rispetto dell'ambiente e intervenire sul consumo sostenibile per ridurre gli sprechi e mangiare più sano;
    l'obiettivo dell'ONU per i prossimi anni è aumentare la produzione e la produttività garantendo sistemi di produzione alimentare sostenibili che proteggano la biodiversità e rafforzino la capacità di adattamento ai cambiamenti climatici;
    in futuro l'agricoltura avrà più che mai bisogno di innovazione e la grande sfida del 2050 è produrre abbastanza cibo per una popolazione che raggiungerà i 9 miliardi di persone, producendo di più senza utilizzare più terra di quanto già facciamo e senza compromettere clima e ambiente, quindi puntando su nuove tecniche agricole, nuove varietà di piante, nuovi sistemi di irrigazione e fertilizzazione;
    l'eredità immateriale di Expo 2015 è la Carta di Milano: una carta di responsabilità e impegni concreti e misurabili rivolta a cittadini, governi, istituzioni, associazioni e imprese;
    la Carta di Milano ci obbliga ad assumerci impegni precisi in relazione al diritto al cibo che riteniamo debba essere considerato un diritto umano fondamentale, al fine di vincere le grandi sfide connesse al cibo: combattere la denutrizione e la malnutrizione, promuovere un equo accesso alle risorse naturali, garantire una gestione sostenibile dei processi produttivi;
    obiettivo fondamentale della Carta di Milano è garantire un equo accesso al cibo per tutti;
    una delle maggiori sfide dell'umanità è quella di nutrire una popolazione in costante crescita senza danneggiare l'ambiente, al fine di preservare le risorse anche per le generazioni future;
    gli impegni internazionali per sradicare la povertà e far fronte al cambiamento climatico richiedono il passaggio verso un'agricoltura più sostenibile e inclusiva, in grado di produrre rendimenti più elevati nel lungo periodo, che solo la ricerca può realizzare;
    in un contesto in cui la produzione alimentare dovrà crescere del 60 per cento per riuscire a nutrire nel 2050 un'accresciuta popolazione mondiale, la legge 1o dicembre 2015, n. 194, recante «Disposizioni per la tutela e la valorizzazione della biodiversità di interesse agricolo e alimentare», attribuisce una natura speciale alla biodiversità agricola o meglio all'agrobiodiversità,

impegna il Governo:

   ad adottare le opportune iniziative per escludere le risorse fitogenetiche vegetali di interesse, attuale o potenziale, agricolo, alimentare e forestale dall'applicazione del Protocollo di Nagoya;
   a garantire che l'accesso alle risorse fitogenetiche vegetali di interesse, attuale o potenziale, agricolo, alimentare e forestale avvenga secondo le procedure previste dal Sistema multilaterale di accesso del Trattato internazionale sulle risorse fitogenetiche per l'alimentazione e l'agricoltura;
   ad assumere ogni iniziativa volta a rendere facilmente accessibili le risorse fitogenetiche di interesse agricolo, alimentare e forestale che sono la base della sicurezza alimentare mondiale, secondo i principi ispiratori del Trattato internazionale.
9/3119-A/1. (Testo modificato nel corso della seduta) Rostellato, Taricco, Carra, Prina, Romanini, Zanin, Cuomo, Fiorio.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 18 del provvedimento in esame prevede disposizioni dirette alla definizione dei prodotti come il pomodoro;
    le importazioni di pomodoro dal Marocco e dalla Tunisia sono raddoppiate rispetto al gennaio 2015 superando i contingenti di importazione fissati dall'accordo tra Unione europea e Marocco;
    l'accordo con il Marocco penalizza i produttori agricoli perché nel paese africano è permesso l'uso di pesticidi pericolosi per la salute, vietati in Europa, ma anche perché le coltivazioni sono realizzate con basso costo della manodopera;
    la Sicilia, leader in questo settore, subisce un grosso danno economico che rischia di ripercuotersi negativamente sul tessuto economico-produttivo dell'Isola;
    tra l'altro è da sottolineare che con le importazioni di pomodoro dal Marocco è aumentato il rischio di frodi con il pomodoro marocchino venduto come italiano;
    occorre, pertanto, salvaguardare un settore di grande rilevanza per l'economia della Sicilia, ma anche garantire ai consumatori un prodotto di qualità;
    è necessario, altresì, richiedere l'attivazione delle clausole di salvaguardia previste dall'accordo con il Marocco al fine di superare la grave perturbazione del mercato dovuta all'eccessivo aumento delle importazioni di pomodoro;
    è opportuno, infine, adottare iniziative dirette ad agevolare in sede europea i rapporti commerciali con paesi quali il Marocco e la Tunisia diretti a superare le criticità oggi esistenti nella produzione del pomodoro che penalizzano il nostro Paese,

impegna il Governo

ad adottare iniziative, per quanto di competenza, in sede europea affinché sia salvaguardata la produzione italiana del pomodoro e sia assicurata la tutela dei consumatori.
9/3119-A/2Bosco, Minardo.


   La Camera,
   premesso che:
    stando al Rapporto Svimez (Associazione per lo sviluppo dell'industria nel Mezzogiorno), sull'economia del meridione nel 2015, il Sud del Paese risulta essere a forte rischio di desertificazione industriale, con la conseguenza che l'assenza di risorse umane, imprenditoriali e finanziarie potrebbe impedire all'area meridionale di agganciare la possibile ripresa e trasformare la crisi ciclica in un sottosviluppo permanente. In tale contesto, però, un ruolo positivo lo può assumere l'agricoltura del Sud, la quale potrebbe essere un forte volano di crescita non solo per il Mezzogiorno, ma anche per lo sviluppo dell'intera economia nazionale;
    lo storico ritardo di alcune aree del Meridione e la marginalità dei soggetti sociali ed economici, secondo Svimez, possono essere affrontate e risolte puntando sull'agricoltura e sull'agroalimentare. In particolare, il Rapporto 2015 dell'economia del Mezzogiorno attesta un leggerissimo risveglio dell'economia meridionale: +0,1 per cento del Pil nel 2015 +0,7 per cento per il 2016 e a determinare questa mini inversione di tendenza, è stata in larghissima parte l'agricoltura, in sinergia con l'agroalimentare;
    per permettere al sistema agricolo ed agroalimentare del Mezzogiorno di svilupparsi in maniera durevole e competitiva, sarebbe necessaria una nuova politica di interventi per il settore primario adeguatamente supportata da apposite risorse economiche;
    a tal proposito si deve ricordare che nel 1994 è cessata l'operatività della legge pluriennale di spesa in agricoltura (legge n. 752 del 1986) ed è stata interrotta la politica degli interventi programmati su base pluriennale nonché la messa a punto di strumenti, quali i piani agricoli nazionali. Da questo periodo in poi la politica agraria nazionale è stata drasticamente ridimensionata, anche in ragione di specifiche cause, tra cui le nuove norme sugli aiuti di Stato approvate dall'Unione europea con il divieto da parte degli Stati membri di concedere aiuti alle imprese, a meno di una autorizzazione da parte della Commissione; il lungo e travagliato periodo di riforma del Ministero dell'agricoltura; la necessità di cofinanziamento dei programmi comunitari; le leggi finanziarie nazionali più rigorose dopo il Trattato di Maastricht, con ripercussioni negative sui finanziamenti per l'agricoltura;
    dal 1995 al 1998 il finanziamento della politica agraria nazionale è stato assicurato attraverso le leggi finanziarie dello Stato, senza nessuna legge pluriennale di programmazione;
    nel tentativo di giungere alla definizione di una nuova strategia di intervento in favore dell'agricoltura, nel 1997 fu istituito il «tavolo agricolo» cioè un tavolo di concertazione tra governo e parti sociali. Il principale risultato di quest'opera di concertazione fu raggiunto nel 1998 con la sottoscrizione di una «piattaforma programmatica per la definizione degli interventi di politica agraria». In coerenza con le linee di intervento in essa definite, fu approvato il decreto legislativo n. 173 del 1998, in materia di contenimento dei costi di produzione e per il rafforzamento strutturale delle imprese, noto come «decreto tagliacosti»;
    tale decreto prevedeva la possibilità di sostenere numerosi interventi: il contenimento dei costi energetici sostenuti dalle imprese agricole; la valorizzazione del patrimonio gastronomico nazionale; misure per agevolare lo smaltimento dei rifiuti agricoli; interventi in favore della meccanizzazione agricola e dei metodi di trasporto a basso impatto ambientale; sgravi di alcuni oneri previdenziali; interventi di rafforzamento strutturale delle imprese agricole e di quelle di trasformazione e commercializzazione;
    l'emanazione di provvedimenti come il decreto sopracitato e la messa in atto di interventi destinati a determinate aree territoriali, come quelli sostenuti attraverso i nuovi strumenti di programmazione, sono stati efficaci ai fini della messa a punto di una nuova e più articolata strategia di politica agraria, ma non hanno fornito una risposta alla richiesta, pressoché unanime, di poter contare su di una legge in grado di assicurare continuità pluriennale all'intervento pubblico nel settore agricolo;
    è per questi motivi che fu emanata la legge n. 499 del 1999, che ha rappresentato il riferimento programmatico per l'attuazione dell'intervento pubblico in agricoltura nel quadriennio 1999-2002 con risorse ammontanti a lire 499,3 miliardi per l'anno 1999, a lire 99,1 miliardi per l'anno 2000 e a lire 101,1 miliardi per ciascuno degli anni 2001 e 2002;
    le finalità di tale legge sono riassumibili in tre obiettivi principali:
   a) assicurare coerenza programmatica e continuità pluriennale agli interventi pubblici nei settori agricolo, agroalimentare, agroindustriale e forestale, favorendone l'evoluzione strutturale;
   b) accrescere le capacità concorrenziali del sistema agroalimentare italiano nel mercato europeo ed internazionale;
   c) promuovere le politiche di sviluppo e di salvaguardia del mondo rurale, attraverso il sostegno dell'economia multifunzionale.
    Le somme sopra citate sono state destinate a finanziare gli interventi previsti dal Documento programmatico agricolo, agroalimentare, agroindustriale e forestale nazionale, ossia il «Documento programmatico agroalimentare», che il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, sentite le organizzazioni professionali agricole, nonché le organizzazioni cooperative, le organizzazioni sindacali degli operatori agricoli, le associazioni dei produttori e dei consumatori e le organizzazioni agroindustriali di settore, e sentita, altresì, la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, è stato tenuto a presentare, previa espressione del parere da parte delle competenti Commissioni parlamentari, al Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE), ai fini della verifica della coerenza con la programmazione generale e della relativa approvazione;
    l'approvazione del Documento programmatico agroalimentare da parte del CIPE ha comportato la contestuale attribuzione dei fondi di cui sopra;
    il grande elemento di novità della legge n. 499 del 1999 è stato quello di riuscire a far sì che l'utilizzo delle risorse finanziarie avvenisse sotto l'indirizzo ed il coordinamento ministeriale e nel rispetto delle linee programmatiche fissate dal Ministero nel «Documento di programmazione di concerto con le regioni e le province autonome e con il concorso delle diverse associazioni ed organizzazioni di categoria tale concertazione da rendersi in sede di Conferenza Stato Regioni, il cui parere era obbligatorio per la definizione delle linee programmatiche;
    dal momento che gli effetti della legge n. 499 del 1999 hanno avuto termine con il consumarsi dei finanziamenti previsti per il quadriennio 1999-2002, risulterebbe quanto mai urgente rifinanziare la legge n. 499 del 1999 per un nuovo triennio e prevederne una più mirata applicazione per le regioni del Sud;
    in caso fosse attuato tale rifinanziamento, il privilegio per le regioni meridionali potrebbe essere soddisfatto assegnando le auspicate risorse secondo i criteri previsti dall'ex Fondo per le aree sottoutilizzate (FAS), oggi Fondo per lo Sviluppo e la Coesione (FSC), con la originaria percentuale di ripartizione, ossia l'85 per cento al Sud ed il 15 per cento al resto del Paese,

impegna il Governo

ad attivare ogni più utile iniziativa, se del caso di natura normativa ed alla prima occasione utile, affinché sia assicurato il rifinanziamento per un nuovo triennio della legge 23 dicembre 1999, n. 499, in particolare delle norme di cui all'articolo 1 della predetta legge, prevedendone la ripartizione delle risorse secondo i criteri previsti dal comma 3 dell'articolo 18 del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2 ed in tale ambito disponendo altresì che il «Documento programmatico agro alimentare» previsto dalla medesima legge n. 499 del 1999, contempli in maniera innovativa, specifiche destinazioni di risorse per le regioni del Mezzogiorno finalizzate allo sviluppo dell'olivicoltura, al rafforzamento della cerealicoltura, segnatamente il grano il grano duro, e del relativo sistema di stoccaggio e di logistica di conferimento e trasporto.
9/3119-A/3Vico, Mongiello, Michele Bordo, Boccia, Ventricelli, Grassi, Losacco, Capone, Mariano, Pelillo, Amoddio, Antezza.


   La Camera,
   premesso che:
    risulta che sia molto diffusa, nei punti vendita delle principali catene di Grande Distribuzione Organizzata, la prassi di collocare in unico contesto espositivo prodotti DOP-IGP e prodotti similari generici, con modalità tali da rendere difficile al consumatore distinguere con facilità i primi dai secondi;
    l'esposizione viene organizzata in modo tale da richiamare l'attenzione del consumatore sul prezzo del prodotto, in modo da far risaltare l'economicità dei prodotti generici rispetto ai prodotti DOP- IGP, senza che risulti agevole distinguere i secondi dai primi, anche grazie all'uso di particolari tecniche di packaging palesemente volte a confondere il consumatore;
    è evidente come le pratiche sopra descritte siano suscettibili di produrre effetti discriminatori tra i consumatori, inducendo quelli, tra questi ultimi, meno abbienti o con deficit conoscitivi in materia merceologica e linguistica, ad acquistare prodotti generici nella convinzione di acquistare prodotti DOP-IGP;
    l'Italia occupa un ruolo di primo piano, a livello internazionale, per i prodotti DOP-IGP, la cui commercializzazione è una voce fondamentale dell'economia nazionale;
    secondo quanto si legge in un documento della Confederazione Italiana Agricoltori, i prodotti DOP-IGP, «queste produzioni non hanno solo un cospicuo peso economico, ma sono anche una parte rilevante della nostra cultura, del nostro saper fare, dei valori legati al territorio, e spesso anche dei nostri paesaggi»;
    il Regolamento UE n. 1151/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 novembre 2012 sui regimi di qualità dei prodotti agricoli e alimentari prevede, tra le altre cose, che la tutela delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche vada «estesa ai casi di usurpazione, imitazione ed evocazione dei nomi registrati relativi sia a beni che a servizi, onde garantire un livello di tutela elevato e analogo a quello che vige nel settore vitivinicolo»;
    il Regolamento CE n. 510/2006 del Consiglio del 20 marzo 2006 relativo alla protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni d'origine dei prodotti agricoli e alimentari rileva l'opportunità di «favorire la diversificazione della produzione agricola al fine di ottenere un migliore equilibrio fra l'offerta e la domanda sui mercati» e rinviene nella «promozione di prodotti di qualità aventi determinate caratteristiche» un «notevole vantaggio per l'economia rurale, in particolare nelle zone svantaggiate o periferiche, sia per l'accrescimento del reddito degli agricoltori, sia per l'effetto di mantenimento della popolazione rurale in tali zone»;
    la prassi sopra descritta in merito alla collocazione dei prodotti DOP-IGT in uso presso molti punti vendita della Grande Distribuzione Organizzata risulta evidentemente dannosa non solo per i consumatori, ma anche, per i nostri agricoltori e per la valorizzazione, a livello interno e internazionale, delle specialità italiane nel settore agroalimentare,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di assumere ogni iniziativa di propria competenza per la prevenzione e la repressione di ogni iniziativa fraudolenta volta, in violazione della normativa europea, a confondere il consumatore in merito all'identificazione dei prodotti DOP-IGP nonché per la valorizzazione, anche tramite iniziative mediatiche, delle specialità italiane nel settore agroalimentare.
9/3119-A/4Gregorio Fontana.


   La Camera,
   premesso che:
    in Sicilia il Pil legato al settore agricolo ha fatto registrare cali significativi in particolare nel comparto agrumicolo;
    il lungo ciclo di crollo dei prezzi ha messo molti produttori in ginocchio soprattutto nella piana di Catania dove vi sono oltre 33 mila ettari di agrumeti: 1/3 dell'intera Sicilia;
    la produzione degli agrumi in quest'area è stata protagonista di un vero e proprio boom economico, in particolare con le arance rosse, che ha determinato fattori di attrattività anche imprenditoriale;
    il comparto è stato aggredito da una spietata concorrenza estera che associata a debolezze del mercato interno, alle diseconomie infrastrutturali e logistiche hanno determinato un autentico collasso tanto da spingere i produttori a non raccogliere il frutto dagli alberi perché non conveniente;
    tutto questo si traduce in un enorme spread tra i prezzi praticati 20 anni fa e quelli odierni in lavoratori stagionali che non arrivano a poter beneficiare neppure delle tutele previdenziali perché non raggiungono il minimo di giornate lavorate e dove i contratti a tempo indeterminato sono poche centinaia su una platea di migliaia di lavoratori;
    parliamo di un comparto che compresi i piccoli coltivatori e produttori interessa 100 mila persone,

impegna il Governo:

   a convocare in tempi rapidissimi uno specifico tavolo per l'agrumicoltura siciliana per affrontare le seguenti emergenze:
    a) concorrenza estera e adeguata tutela in sede comunitaria;
    b) incentivi alla produzione;
    c) promozione del prodotto;
    d) abbattimento diseconomie logistiche riduzione del costo del lavoro;
    e) certificazione di qualità;
    f) produzione accordi con la grande distribuzione;
9/3119-A/5Burtone, Albanella, Censore, Amato, Cova, Amoddio.


   La Camera,
   premesso che:
    nel provvedimento in esame è stata inserita una norma, articolo 25-octies, che modifica la legge n. 221 del 2015, recante «Disposizioni in materia ambientale per promuovere misure di green economy e per il contenimento dell'uso eccessivo di risorse naturali» nella parte che disciplina il rapporto e l'equilibrio tra presenza di fauna selvatica e attività agricola;
    il tema della delicata convivenza tra la fauna selvatica e l'economia basata su agricoltura e zootecnica appare di particolare attualità, anche alla luce della rinnovata attenzione alla presenza di lupi nel nostro territorio;
    il lupo è una specie protetta prioritaria ai sensi della direttiva Habitat (92/43/CEE) recepita dall'Italia con decreto del Presidente della Repubblica dell'8 settembre 1997, n. 357, della Convenzione di Berna, e della legge n. 157 del 1992, e ne è proibita la cattura, l'uccisione, il disturbo, la detenzione, il trasporto, lo scambio e la commercializzazione;
    negli ultimi tempi, complice una campagna di disinformazione che torna a considerare il lupo come un fattore di pericolo per l'incolumità delle persone e di danno per l'economia agricola e zootecnica, si è registrato un aumento degli atti di bracconaggio che rappresenta probabilmente la principale causa di mortalità del lupo in Italia, il numero complessivo di lupi rinvenuti morti, e la successiva esposizione intimidatoria delle carcasse;
    è fondamentale migliorare il livello di accettazione del lupo da parte dei diversi settori della società, anche attraverso il coinvolgimento delle comunità locali nel processo decisionale, in modo da evitare che la definizione delle politiche di gestione e conservazione della specie venga «calata dall'alto», determinando diffidenza e disagio negli ambiti territoriali;
    il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha predisposto un piano quinquennale d'azione nazionale per la conservazione del lupo, praticamente inapplicato,

impegna il Governo:

a redigere uno schema di monitoraggio nazionale della popolazione del lupo;
   a garantire, anche all'interno della revisione del piano di azione, la piena tutela dei lupi, quale elemento di equilibrio del patrimonio faunistico e di valorizzazione della biodiversità, vietando ogni azione finalizzata al loro abbattimento;
   ad intraprendere misure concrete di prevenzione e al contempo campagne di informazione e sensibilizzazione per ridurre drasticamente il conflitto tra l'uomo e il lupo;
   a valutare la possibilità di erogare incentivi alle aziende agricole e zootecniche che operano in aree di presenza del lupo, anche al fine di agevolare la realizzazione di recinzioni elettrificate e l'addestramento di cani da guardiania anti lupo.
9/3119-A/6Terzoni, Gagnarli, Mannino, Busto, Daga, De Rosa, Micillo, Zolezzi, Benedetti, Gallinella, Lupo, Parentela, L'Abbate, Vignaroli.


   La Camera,
   premesso che:
    nel provvedimento in esame è stata inserita una norma, articolo 25-octies, che modifica la legge n. 221 del 2015, recante «Disposizioni in materia ambientale per promuovere misure di green economy e per il contenimento dell'uso eccessivo di risorse naturali» nella parte che disciplina il rapporto e l'equilibrio tra presenza di fauna selvatica e attività agricola;
    il tema della delicata convivenza tra la fauna selvatica e l'economia basata su agricoltura e zootecnica appare di particolare attualità, anche alla luce della rinnovata attenzione alla presenza di lupi nel nostro territorio;
    il lupo è una specie protetta prioritaria ai sensi della direttiva Habitat (92/43/CEE) recepita dall'Italia con decreto del Presidente della Repubblica dell'8 settembre 1997, n. 357, della Convenzione di Berna, e della legge n. 157 del 1992, e ne è proibita la cattura, l'uccisione, il disturbo, la detenzione, il trasporto, lo scambio e la commercializzazione;
    negli ultimi tempi, complice una campagna di disinformazione che torna a considerare il lupo come un fattore di pericolo per l'incolumità delle persone e di danno per l'economia agricola e zootecnica, si è registrato un aumento degli atti di bracconaggio che rappresenta probabilmente la principale causa di mortalità del lupo in Italia, il numero complessivo di lupi rinvenuti morti, e la successiva esposizione intimidatoria delle carcasse;
    è fondamentale migliorare il livello di accettazione del lupo da parte dei diversi settori della società, anche attraverso il coinvolgimento delle comunità locali nel processo decisionale, in modo da evitare che la definizione delle politiche di gestione e conservazione della specie venga «calata dall'alto», determinando diffidenza e disagio negli ambiti territoriali;
    il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha predisposto un piano quinquennale d'azione nazionale per la conservazione del lupo, praticamente inapplicato,

impegna il Governo:

a proseguire e rafforzare il monitoraggio nazionale della popolazione del lupo;
   a garantire, anche all'interno della revisione del piano di azione, la piena tutela dei lupi, quale elemento di equilibrio del patrimonio faunistico e di valorizzazione della biodiversità, vietando ogni azione finalizzata al loro abbattimento con riserva di approfondimenti sul ricorso a deroghe previste dalla normativa vigente;
   ad intraprendere misure concrete di prevenzione e al contempo campagne di informazione e sensibilizzazione per ridurre drasticamente il conflitto tra l'uomo e il lupo;
   a valutare la possibilità di erogare incentivi alle aziende agricole e zootecniche che operano in aree di presenza del lupo, anche al fine di agevolare la realizzazione di recinzioni elettrificate e l'addestramento di cani da guardiania anti lupo compatibilmente con la disciplina europea in materia e fermo restando il rispetto dei vincoli di finanza pubblica.
9/3119-A/6. (Testo modificato nel corso della seduta) Terzoni, Gagnarli, Mannino, Busto, Daga, De Rosa, Micillo, Zolezzi, Benedetti, Gallinella, Lupo, Parentela, L'Abbate, Vignaroli.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 13 del provvedimento all'esame dell'Assemblea prevede interventi per agevolare la partecipazione di programmi di aiuto europei;
    in particolare, il disegno di legge, stabilisce disposizioni in favore delle organizzazioni dei produttori del settore del latte e dei prodotti lattiero-caseari;
    la zootecnia in Sicilia sta vivendo un periodo di crisi con prospettive sempre più incerte. Infatti il continuo aumento dei costi di produzione, l'incidenza della pressione contributiva e fiscale, hanno determinato una situazione di grave difficoltà per i produttori;
    il distretto produttivo siciliano lattiero-caseario è nato con l'obiettivo di realizzare un sistema capace di valorizzare e promuovere il settore lattiero caseario dell'isola e di organizzare, nel rispetto di diverse esigenze locali, l'intera filiera; senza trascurare il fatto che l'80 per cento del latte bovino prodotto in Sicilia proviene dalla provincia di Ragusa;
    oggi, pertanto, è necessario affrontare e tentare di risolvere le varie questioni per le quali gli imprenditori del settore hanno bisogno di risposte concrete ed urgenti per il superamento del difficile momento di crisi e per meglio gestire il rapporto con i mercati in termini di competitività e di difesa delle produzioni locali non sempre adeguatamente valorizzate; per superare altresì il problema dell'importazione non controllata dall'origine del prodotto importato come incontrollata è l'etichettatura dello stesso sovente spacciato per locale. Si tenga conto che solo in Sicilia ne sono stati istituiti otto distretti produttivi: avicolo, del dolce, agrumi di Sicilia, ficodindia, cereali, carni, pesca e appunto il lattiero caseario,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di intervenire, nell'ambito delle sue competenze, per valorizzare tutti i distretti produttivi dell'agroalimentare, con particolare riferimento al settore lattiero-caseario, al fine di realizzare un sistema capace di recuperare quei ritardi e quelle carenze strutturali che con un efficiente organizzazione, una efficace collaborazione tra pubblico e privato ed il razionale utilizzo delle risorse comunitarie, possono essere più facilmente superati.
9/3119-A/7Minardo, Bosco.


   La Camera,
   premesso che:
    l'agricoltura è un settore sempre più outsourcing, nel quale cresce in modo esponenziale il numero delle aziende agricole che affidano a imprese agromeccaniche diverse fasi della lavorazione dei terreni e della raccolta;
    il fenomeno del «contoterzismo» nasce da esigenze di razionalizzazione del lavoro e dei costi di produzione tanto che la quasi totalità delle aziende agricole italiane operanti nelle filiere principali – dai seminativi alle colture industriali – sceglie ormai di «terziarizzare» una o più operazioni in campo;
    l'ordinamento giuridico italiano ancora non riconosce la figura dell'imprenditore agromeccanico, tale vuoto legislativo determina una vera e propria discriminazione tra il soggetto che svolge l'attività agromeccanica con la qualifica di imprenditore agricolo e quello che la svolge professionalmente con l'attuale qualifica di artigiano;
    è pertanto auspicabile che si provveda senza ulteriori attese all'inquadramento formale dell'imprenditore agromeccanico nel settore primario, ponendo basi certe e trasparenti per un'efficace collaborazione tra tutti i soggetti della filiera e consentendo l'estensione di incentivi previsti per il settore agricolo, quali ad esempio, quelli relativi all'assunzione di giovani lavoratori, anche alle imprese agromeccaniche,

impegna il Governo

nelle more della predisposizione di una legislazione finalizzata a inquadrare l'insieme delle attività del comparto agromeccanico nel contesto del settore primario, a provvedere con il primo provvedimento utile a estendere a tale settore alcune norme di semplificazione applicate al settore primario, quali la disciplina in materia di prevenzione incendi per i depositi di prodotti petroliferi e la disciplina dei circuiti organizzati di raccolta dei rifiuti di origine agricola.
9/3119-A/8Carra, Romanini, Fiorio.


   La Camera,
   premesso che:
    l'agricoltura è un settore sempre più outsourcing, nel quale cresce in modo esponenziale il numero delle aziende agricole che affidano a imprese agromeccaniche diverse fasi della lavorazione dei terreni e della raccolta;
    il fenomeno del «contoterzismo» nasce da esigenze di razionalizzazione del lavoro e dei costi di produzione tanto che la quasi totalità delle aziende agricole italiane operanti nelle filiere principali – dai seminativi alle colture industriali – sceglie ormai di «terziarizzare» una o più operazioni in campo;
    l'ordinamento giuridico italiano ancora non riconosce la figura dell'imprenditore agromeccanico, tale vuoto legislativo determina una vera e propria discriminazione tra il soggetto che svolge l'attività agromeccanica con la qualifica di imprenditore agricolo e quello che la svolge professionalmente con l'attuale qualifica di artigiano;
    è pertanto auspicabile che si provveda senza ulteriori attese all'inquadramento formale dell'imprenditore agromeccanico nel settore primario, ponendo basi certe e trasparenti per un'efficace collaborazione tra tutti i soggetti della filiera e consentendo l'estensione di incentivi previsti per il settore agricolo, quali ad esempio, quelli relativi all'assunzione di giovani lavoratori, anche alle imprese agromeccaniche,

impegna il Governo

nelle more della predisposizione di una legislazione finalizzata a inquadrare l'insieme delle attività del comparto agromeccanico nel contesto del settore primario, a valutare la possibilità di provvedere con il primo provvedimento utile a estendere a tale settore alcune norme di semplificazione applicate al settore primario, quali la disciplina in materia di prevenzione incendi per i depositi di prodotti petroliferi e la disciplina dei circuiti organizzati di raccolta dei rifiuti di origine agricola.
9/3119-A/8. (Testo modificato nel corso della seduta) Carra, Romanini, Fiorio.


   La Camera,
   premesso che:
    in data 14 gennaio 2016 la Guardia Costiera francese ha sequestrato un peschereccio italiano (denominato «Mina») a largo tra Ventimiglia e Mentone, trainandolo nel porto di Nizza con l'accusa di aver pescato gamberi in acque territoriali francesi. Le autorità italiane non sono state preventivamente avvertite e all'equipaggio sarebbe stato impedito anche di comunicare con le rispettive famiglie, mentre la barca veniva requisita;
    secondo l'equipaggio della «Mina» e le autorità portuali italiane (in particolare la Direzione marittima della Liguria) il peschereccio avrebbe condotto invece l'attività della pesca in acque territoriali italiane;
    è emerso che l'azione della Guardia Costiera francese sarebbe stata intrapresa a seguito all'accordo bilaterale Italia e Francia del 21 marzo 2015 dove sono stati rivisti i confini marittimi delle due nazioni; tale accordo non è comunque ancora in vigore perché non ancora ratificato dal Parlamento italiano, in assenza della ratifica le Autorità francesi hanno ammesso che il sequestro del «Mina» è stato un errore;
    tale accordo, secondo le amministrazioni territoriali e le associazioni di categoria, sarebbe notevolmente peggiorativo per l'intero sistema della pesca italiana, ed in particolare della Liguria, in quanto cederebbe allo stato francese la celebre «fossa del cimitero» attualmente in acque italiane ricchissima di pesce pregiato e gamberi rossi, il tratto di mare interessato vede coinvolte, anche in altre attività di pesca ad esempio ai grandi pelagici (principalmente pesce spada) praticata con il sistema dei «palangari», non solo la marineria ligure ma anche quelle siciliana, sarda e toscana;
    le aziende interessate hanno sostenuto pesanti investimenti per ottenere l'abilitazione alla pesca entro le 40 miglia dalla costa andando di fatto ad operare in acque internazionali, se il trattato fosse approvato tali zone di pesca ricadrebbero sotto la giurisdizione francese e quindi risulterebbero precluse ai pescatori italiani;
    nel mar Mediterraneo, date le sue dimensioni ridotte, un ampliamento giurisdizionale generalizzato da parte di tutti gli Stati trasformerebbe la totalità delle sue acque in acque sotto la giurisdizione nazionale, con la scomparsa del cosiddetto alto mare,

impegna il Governo

prima dell'approvazione del trattato da parte del Parlamento, attraverso i Ministeri competenti ad intraprendere tutte le iniziative, nelle sedi comunitarie ed internazionali, per tutelare le imprese italiane che esercitano l'attività della pesca, al fine di apporre modifiche con l'obiettivo di tutelare il futuro delle nostre marinerie.
9/3119-A/9Tullo, Capodicasa, Francesco Sanna, Sani, Culotta, Mura, Cani, Fiorio, Basso, Oliaro, Agostini, Carocci, Ermini, Giacobbe, Amoddio.


   La Camera,
   premesso che:
    in data 14 gennaio 2016 la Guardia Costiera francese ha sequestrato un peschereccio italiano (denominato «Mina») a largo tra Ventimiglia e Mentone, trainandolo nel porto di Nizza con l'accusa di aver pescato gamberi in acque territoriali francesi. Le autorità italiane non sono state preventivamente avvertite e all'equipaggio sarebbe stato impedito anche di comunicare con le rispettive famiglie, mentre la barca veniva requisita;
    secondo l'equipaggio della «Mina» e le autorità portuali italiane (in particolare la Direzione marittima della Liguria) il peschereccio avrebbe condotto invece l'attività della pesca in acque territoriali italiane;
    è emerso che l'azione della Guardia Costiera francese sarebbe stata intrapresa a seguito all'accordo bilaterale Italia e Francia del 21 marzo 2015 dove sono stati rivisti i confini marittimi delle due nazioni; tale accordo non è comunque ancora in vigore perché non ancora ratificato dal Parlamento italiano, in assenza della ratifica le Autorità francesi hanno ammesso che il sequestro del «Mina» è stato un errore;
    tale accordo, secondo le amministrazioni territoriali e le associazioni di categoria, sarebbe notevolmente peggiorativo per l'intero sistema della pesca italiana, ed in particolare della Liguria, in quanto cederebbe allo stato francese la celebre «fossa del cimitero» attualmente in acque italiane ricchissima di pesce pregiato e gamberi rossi, il tratto di mare interessato vede coinvolte, anche in altre attività di pesca ad esempio ai grandi pelagici (principalmente pesce spada) praticata con il sistema dei «palangari», non solo la marineria ligure ma anche quelle siciliana, sarda e toscana;
    le aziende interessate hanno sostenuto pesanti investimenti per ottenere l'abilitazione alla pesca entro le 40 miglia dalla costa andando di fatto ad operare in acque internazionali, se il trattato fosse approvato tali zone di pesca ricadrebbero sotto la giurisdizione francese e quindi risulterebbero precluse ai pescatori italiani;
    nel mar Mediterraneo, date le sue dimensioni ridotte, un ampliamento giurisdizionale generalizzato da parte di tutti gli Stati trasformerebbe la totalità delle sue acque in acque sotto la giurisdizione nazionale, con la scomparsa del cosiddetto alto mare,

impegna il Governo

prima dell'approvazione del trattato da parte del Parlamento, attraverso i Ministeri competenti ad intraprendere tutte le iniziative, nelle sedi comunitarie ed internazionali, per tutelare le imprese italiane che esercitano l'attività della pesca, con l'obiettivo di tutelare il futuro delle nostre marinerie.
9/3119-A/9. (Testo modificato nel corso della seduta) Tullo, Capodicasa, Francesco Sanna, Sani, Culotta, Mura, Cani, Fiorio, Basso, Oliaro, Agostini, Carocci, Ermini, Giacobbe, Amoddio.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento reca disposizioni in materia di semplificazione, razionalizzazione e competitività nei settori agricolo, agroalimentare, della pesca e dell'acquacoltura;
    è condivisibile l'esigenza del riordino del sistema dei controlli nel settore agroalimentare mirato ad una maggiore unitarietà ed efficacia che dovrà essere realizzata attraverso:
     il coordinamento delle attività;
     la migliore definizione delle funzioni tra i soggetti interessati;
    tra i soggetti interessati è presente AGECONTROL, società deputata ai controlli nell'ambito della commercializzazione dei prodotti ortofrutticoli e di controlli derivanti da numerosi regolamenti comunitari;
    la stessa svolge con economicità e professionalità riconosciute le attività nel settore dei controlli, con una media di oltre 100 mila controlli all'anno eseguiti con piena soddisfazione dell'UE;
    è opportuno richiamare l'attenzione del Governo per garantire il mantenimento delle attuali prestazioni e livelli occupazionali,

impegna il Governo

nell'ambito del sistema dei controlli nel settore agroalimentare e nella PAC a riconoscere il ruolo svolto da AGECONTROL continuando a garantire la qualità delle attività svolte nel rispetto delle professionalità dei dipendenti e nella salvaguardia dei livelli occupazionali.
9/3119-A/10Ginefra, Mongiello, Vico.


   La Camera,
   premesso che:
    il procedimento all'esame dell'aula reca numerose disposizioni in materia di competitività del settore primario nell'ambito di una più ampia attività normativa messa in campo in questi anni dal Governo per il rilancio delle produzioni agricole e la tutela della qualità dei prodotti e della salute dei cittadini;
    in tale contesto con il decreto-legge 10 dicembre 2013, n. 136 sono state previste una serie di azioni per fronteggiare la grave situazione di emergenza ambientale, sanitaria e produttiva del territorio conosciuto come «Terra dei fuochi»; in particolare si prevede lo svolgimento di indagini tecniche per la mappatura dei terreni della regione Campania destinati all'agricoltura. In esito alle predette indagini, si prevede l'indicazione dei terreni che non possono essere destinati alla produzione agroalimentare, ma esclusivamente a colture diverse, nonché di quelli da destinare solo a particolari produzioni agroalimentari;
    il medesimo decreto-legge prevede l'analisi e la pubblicazione dei dati dello studio epidemiologico «Sentieri», relativo ai siti di interesse nazionale campani ed effettuato dal 2003 al 2009, nonché l'aggiornamento ed il potenziamento dei medesimi studi epidemiologici, relativi alle contaminazioni delle aree della regione Campania;
    in applicazione delle suddette norme è stato accertato che nei territori della «Terra dei fuochi» si riscontra un incremento delle patologie tumorali. In particolare, l'Istituto Superiore di Sanità, ai sensi della stessa norma, ha accertato che il quadro epidemiologico della popolazione residente nei 55 comuni della Terra dei fuochi è caratterizzato da una serie di eccessi della mortalità e dell'ospedalizzazione per diverse patologie a eziologia multifattoriale (che ammettono fra i loro fattori di rischio accertati o sospetti l'esposizione a un insieme di inquinanti ambientali, che possono essere emessi o rilasciati da siti di smaltimento illegale di rifiuti pericolosi e/o di combustione incontrollata di rifiuti sia pericolosi, sia solidi urbani);
    nell'insieme dei comuni della Terra dei fuochi della provincia di Napoli (32 comuni) e della provincia di Caserta (23 comuni) la mortalità generale è in eccesso in entrambi i generi. Nella provincia di Napoli SMR 110 per gli uomini e 113 per le donne. Nella provincia di Caserta SMR 104 per gli uomini e 106 per le donne;
    in particolare, è stato individuato che il gruppo di patologie per le quali sussiste un eccesso di rischio in entrambi i generi per tutti i tre indicatori utilizzati – mortalità, ricoveri, incidenza tumorale (quest'ultima disponibile per la sola provincia di Napoli) – è costituito da: tumori maligni dello stomaco, del fegato, del polmone, della vescica, del pancreas (tranne che nell'incidenza fra le donne), della laringe (tranne che nella mortalità fra le donne), del rene (tranne che nell'incidenza fra gli uomini), linfoma non Hodgkin (tranne che nella mortalità fra gli uomini). Il tumore della mammella è in eccesso in tutti i 3 indicatori. In provincia di Caserta eccessi in entrambi i generi per i due esiti disponibili (mortalità e ricoveri ospedalieri) riguardano i tumori maligni dello stomaco e del fegato; i tumori del polmone, della vescica e della laringe risultano in eccesso tra i soli uomini;
    per approfondire le questioni sopra descritte e fornire idonee e concrete risposte ai bisogni dei territori dei 55 Comuni interessati dall'emergenza della Terra dei fuochi, sarebbe necessario attivare gli specifici istituti di collaborazione istituzionale previsti dall'articolo 2, comma 203, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, in particolare gli «accordi di programma quadro»,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di intraprendere le adeguate iniziative affinché si possa istituire una specifica Conferenza provinciale permanente presso la Prefettura – ufficio Territoriale del Governo di Napoli – ai sensi dell'articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica 3 aprile 2006, n. 180 ed in conformità a quanto previsto dall'articolo 11, comma 3, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, ed in tale sede concorrere a far attivare un «Accordo di programma quadro» a norma dell'articolo 2, comma 203, lettera c), della legge 23 dicembre 1996, n. 662, tra il Dipartimento della Salute e della Sicurezza Alimentare della Regione Campania, le Aziende sanitarie locali, le Aziende Ospedaliere dei territori interessati ed i comuni della Terra dei fuochi, il quale preveda, tra l'altro, specifiche azioni capaci di meglio tutelare la salute e lo sviluppo delle aree interessate.
9/3119-A/11Sgambato, Tartaglione, Manfredi, Tino Iannuzzi, D'Incecco, Rocchi, Carocci, Oliverio, Rostan, Salvatore Piccolo.


   La Camera,
   premesso che:
    il procedimento all'esame dell'aula reca numerose disposizioni in materia di competitività del settore primario nell'ambito di una più ampia attività normativa messa in campo in questi anni dal Governo per il rilancio delle produzioni agricole e la tutela della qualità dei prodotti e della salute dei cittadini;
    in tale contesto con il decreto-legge 10 dicembre 2013, n. 136 sono state previste una serie di azioni per fronteggiare la grave situazione di emergenza ambientale, sanitaria e produttiva del territorio conosciuto come «Terra dei fuochi»; in particolare si prevede lo svolgimento di indagini tecniche per la mappatura dei terreni della regione Campania destinati all'agricoltura. In esito alle predette indagini, si prevede l'indicazione dei terreni che non possono essere destinati alla produzione agroalimentare, ma esclusivamente a colture diverse, nonché di quelli da destinare solo a particolari produzioni agroalimentari;
    il medesimo decreto-legge prevede l'analisi e la pubblicazione dei dati dello studio epidemiologico «Sentieri», relativo ai siti di interesse nazionale campani ed effettuato dal 2003 al 2009, nonché l'aggiornamento ed il potenziamento dei medesimi studi epidemiologici, relativi alle contaminazioni delle aree della regione Campania;
    in applicazione delle suddette norme è stato accertato che nei territori della «Terra dei fuochi» si riscontra un incremento delle patologie tumorali. In particolare, l'Istituto Superiore di Sanità, ai sensi della stessa norma, ha accertato che il quadro epidemiologico della popolazione residente nei 55 comuni della Terra dei fuochi è caratterizzato da una serie di eccessi della mortalità e dell'ospedalizzazione per diverse patologie a eziologia multifattoriale (che ammettono fra i loro fattori di rischio accertati o sospetti l'esposizione a un insieme di inquinanti ambientali, che possono essere emessi o rilasciati da siti di smaltimento illegale di rifiuti pericolosi e/o di combustione incontrollata di rifiuti sia pericolosi, sia solidi urbani);
    nell'insieme dei comuni della Terra dei fuochi della provincia di Napoli (32 comuni) e della provincia di Caserta (23 comuni) la mortalità generale è in eccesso in entrambi i generi. Nella provincia di Napoli SMR 110 per gli uomini e 113 per le donne. Nella provincia di Caserta SMR 104 per gli uomini e 106 per le donne;
    in particolare, è stato individuato che il gruppo di patologie per le quali sussiste un eccesso di rischio in entrambi i generi per tutti i tre indicatori utilizzati – mortalità, ricoveri, incidenza tumorale (quest'ultima disponibile per la sola provincia di Napoli) – è costituito da: tumori maligni dello stomaco, del fegato, del polmone, della vescica, del pancreas (tranne che nell'incidenza fra le donne), della laringe (tranne che nella mortalità fra le donne), del rene (tranne che nell'incidenza fra gli uomini), linfoma non Hodgkin (tranne che nella mortalità fra gli uomini). Il tumore della mammella è in eccesso in tutti i 3 indicatori. In provincia di Caserta eccessi in entrambi i generi per i due esiti disponibili (mortalità e ricoveri ospedalieri) riguardano i tumori maligni dello stomaco e del fegato; i tumori del polmone, della vescica e della laringe risultano in eccesso tra i soli uomini;
    per approfondire le questioni sopra descritte e fornire idonee e concrete risposte ai bisogni dei territori dei 55 Comuni interessati dall'emergenza della Terra dei fuochi, sarebbe necessario attivare gli specifici istituti di collaborazione istituzionale previsti dall'articolo 2, comma 203, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, in particolare gli «accordi di programma quadro»,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di intraprendere le adeguate iniziative affinché si possa convocare una specifica seduta della Conferenza provinciale permanente presso la Prefettura – ufficio Territoriale del Governo di Napoli – ai sensi dell'articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica 3 aprile 2006, n. 180 ed in conformità a quanto previsto dall'articolo 11, comma 3, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, ed in tale sede concorrere a far attivare un «Accordo di programma quadro» a norma dell'articolo 2, comma 203, lettera c), della legge 23 dicembre 1996, n. 662, tra il Dipartimento della Salute e della Sicurezza Alimentare della Regione Campania, le Aziende sanitarie locali, le Aziende Ospedaliere dei territori interessati ed i comuni della Terra dei fuochi, il quale preveda, tra l'altro, specifiche azioni capaci di meglio tutelare la salute e lo sviluppo delle aree interessate.
9/3119-A/11. (Testo modificato nel corso della seduta) Sgambato, Tartaglione, Manfredi, Tino Iannuzzi, D'Incecco, Rocchi, Carocci, Oliverio, Rostan, Salvatore Piccolo.


   La Camera,
   premesso che:
    la biodiversità zootecnica italiana è una grande risorsa per il nostro paese che ha ricadute sia per il comparto agricolo che per quello agroalimentare, contribuisce a generare quei prodotti agroalimentari che sono apprezzati in tutto il mondo;
    la legge 15 gennaio 1991 n. 30 ha avuto una tardiva applicazione e ha presentato molteplici problemi di applicazione con una complessità burocratica sia per gli allevatori e veterinari, sia per gli enti preposti alle registrazioni. La revisione della legge n. 30 del 1991 diventa ora un passaggio necessario per migliorare le lacune fino ad ora presentate;
    la recente approvazione del nuovo Regolamento del Parlamento Europeo e del Consiglio relativo alle condizioni zootecniche e genealogiche applicabili agli scambi commerciali e alle importazioni nell'unione di animali riproduttori e del loro materiale seminale pone nuove sfide per cercare di migliore e ottimizzare gli interventi di valorizzazione del nostro patrimonio genetico zootecnico;
    la crisi che ha investito e sta investendo il settore agricolo e quello degli allevatori, richiede risposte immediate con una gestione dei libri genealogici che deve essere al passo con le richieste e le necessità nella gestione del nostro patrimonio zootecnico nazionale. Un grande supporto alla consulenza aziendale saranno i dati fenotipici e genotipici raccolti e che devono diventare un patrimonio per tutti gli allevatori;
    la segnalazione dell'Autorità del Garante della Concorrenza e del Mercato pervenuta e protocollata alla Camera dei deputati in data 28 marzo 2013 indica il problema del conflitto di interesse tra il controllore e il controllato da parte di Enti gestori dei libri genealogici,

impegna il Governo:

   a rivedere l'attuale normativa in materia di controlli funzionali e valutazioni genetiche del bestiame al fine di garantire che l'esercizio di tali funzioni pubbliche avvenga nel rispetto dei principi della concorrenza;
   a prevedere il riconoscimento del principio che i soggetti che hanno la gestione dei libri genealogici e dei registri anagrafici, dei controlli funzionali fenotipici e le associazioni di razza non devono avere partecipazioni o interessi nella commercializzazione di materiale germinale e seminale.
9/3119-A/12Cova, Capozzolo, Senaldi, Oliverio, Falcone, Terrosi, Casati, Amato, Burtone, Palma, Crimi, Gasparini, Rostellato, Tentori.


   La Camera,
   premesso che:
    la legge delega al Governo in materia di semplificazione, razionalizzazione e competitività dei settori agricolo, agroalimentare, della pesca e dell'acquacoltura (AC 3119-A) prevede la disciplina, fra le altre cose, di forme di affiancamento tra agricoltori ultra-sessantacinquenni o pensionati e giovani, non proprietari di terreni agricoli, di età compresa tra i diciotto e i quaranta anni, anche organizzati in forma associata, allo scopo del graduale passaggio della gestione dell'attività d'impresa agricola ai giovani;
    in diverse regioni italiane (in particolare quelle del Mezzogiorno e le Isole) e con alta concentrazione nelle aree interne, molti terreni (4 milioni di ettari), in passato destinati all'uso agricolo e al pascolo risultano oggi incolti e abbandonati;
    fra questi ben 338 mila ettari sono di proprietà pubblica. Alcuni da sempre. Altri perché donati o concessi da proprietari privati, in particolare, ai Comuni nei cui ambiti territoriali, gli stessi insistono;
    considerata la particolare conformazione geografica dell'entroterra italiano (65 per cento del territorio nazionale è classificabile come area interna) diventa fondamentale restituire i terreni di cui sopra all'utilizzo agricolo, anche in considerazione delle potenzialità di sviluppo mostrate dai comparti agricolo e agroalimentare. Come dimostrano i dati relativi alle dinamiche di crescita del settore primario. E come è emerso chiaramente in occasione di Expo;
    sono sempre più numerosi i giovani, anche con alti livelli di istruzione e formazione, disponibili a intraprendere nel settore agricolo. Nel contempo, sono note le difficoltà del passaggio di proprietà e della conduzione agricola all'interno delle imprese famigliari;
    affinché il settore agricolo italiano, esprima al meglio le potenzialità che le sono proprie, necessita di una maggiore estensione di superficie agricola utilizzabile, e dell'investimento su una nuova generazione di agricoltori,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, in occasione dell'attuazione della delega di cui al provvedimento in esame o attraverso altri provvedimenti di propria competenza, di istituire, anche di concerto con le Regioni e gli Enti locali, strumenti e percorsi, destinati in particolare ai giovani, finalizzati al recupero dei terreni incolti e abbandonati a fini agricoli, con l'obiettivo di implementare i sistemi locali di produzione agricola, anche in un'ottica di difesa del territorio.
9/3119-A/13Mura.


   La Camera,
   premesso che:
    la legge delega al Governo in materia di semplificazione, razionalizzazione e competitività dei settori agricolo, agroalimentare, della pesca e dell'acquacoltura (AC 3119-A) prevede la disciplina, fra le altre cose, di forme di affiancamento tra agricoltori ultra-sessantacinquenni o pensionati e giovani, non proprietari di terreni agricoli, di età compresa tra i diciotto e i quaranta anni, anche organizzati in forma associata, allo scopo del graduale passaggio della gestione dell'attività d'impresa agricola ai giovani;
    in diverse regioni italiane (in particolare quelle del Mezzogiorno e le Isole) e con alta concentrazione nelle aree interne, molti terreni (4 milioni di ettari), in passato destinati all'uso agricolo e al pascolo risultano oggi incolti e abbandonati;
    fra questi ben 338 mila ettari sono di proprietà pubblica. Alcuni da sempre. Altri perché donati o concessi da proprietari privati, in particolare, ai Comuni nei cui ambiti territoriali, gli stessi insistono;
    considerata la particolare conformazione geografica dell'entroterra italiano (65 per cento del territorio nazionale è classificabile come area interna) diventa fondamentale restituire i terreni di cui sopra all'utilizzo agricolo, anche in considerazione delle potenzialità di sviluppo mostrate dai comparti agricolo e agroalimentare. Come dimostrano i dati relativi alle dinamiche di crescita del settore primario. E come è emerso chiaramente in occasione di Expo;
    sono sempre più numerosi i giovani, anche con alti livelli di istruzione e formazione, disponibili a intraprendere nel settore agricolo. Nel contempo, sono note le difficoltà del passaggio di proprietà e della conduzione agricola all'interno delle imprese famigliari;
    affinché il settore agricolo italiano, esprima al meglio le potenzialità che le sono proprie, necessita di una maggiore estensione di superficie agricola utilizzabile, e dell'investimento su una nuova generazione di agricoltori,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di istituire, anche di concerto con le Regioni e gli Enti locali, strumenti e percorsi, destinati in particolare ai giovani, finalizzati al recupero dei terreni incolti e abbandonati a fini agricoli, con l'obiettivo di implementare i sistemi locali di produzione agricola, anche in un'ottica di difesa del territorio.
9/3119-A/13. (Testo modificato nel corso della seduta) Mura.


   La Camera,
   premesso che:
    la cosiddetta «settima salvaguardia» è il provvedimento che interviene sulla materia delle deroghe ai requisiti previdenziali introdotti dalla legge Fornero nel dicembre 2011. Nata sulla base del disegno di legge unificato approvato dalla Commissione Lavoro della Camera dei deputati lo scorso 1o ottobre 2015, di cui ne costituisce una versione più limitata sotto diversi aspetti, la settima salvaguardia concede ad ulteriori lavoratori che si riconoscono in determinati e tassativi profili di tutela la possibilità di mantenere, in via eccezionale, le previgenti regole di pensionamento (dette per l'appunto ante Fornero). Beneficio che si traduce nella possibilità di accedere alla pensione prima della disciplina attualmente vigente;
    nel provvedimento «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016)» all'articolo 1 comma 146, si dispone che le disposizioni in materia di requisiti di accesso e di regime delle decorrenze in materia di pensioni, previgenti a quelle della cosiddetta «riforma delle pensioni Fornero», continuino ad applicarsi:
    a) nel limite di 6.300 soggetti, ai lavoratori collocati in mobilità o in trattamento speciale edile, a seguito di accordi stipulati entro il 31 dicembre 2011 o, nel caso di lavoratori provenienti da aziende cessate o interessate dall'attivazione delle vigenti procedure concorsuali, anche in mancanza dei predetti accordi, cessati dall'attività lavorativa entro il 31 dicembre 2014 e che perfezionano i requisiti vigenti prima della data di entrata in vigore del decreto-legge n. 201 del 2011;
    b) nel limite di 9.000 soggetti, ai lavoratori di cui all'articolo 1, comma 194, lettere a) ed f), della legge n. 147 del 2013, i quali perfezionano i requisiti entro il sessantesimo mese successivo alla data di entrata in vigore del decreto-legge n. 201 del 2011;
    c) nel limite di 6.000 soggetti, ai lavoratori di cui all'articolo 1, comma 194, lettere b), c) e d), della legge n. 147 del 2013, i quali perfezionano i requisiti utili a comportare la decorrenza del trattamento pensionistico, secondo la disciplina vigente prima della data di entrata in vigore del decreto-legge n. 201 del 2011, entro il sessantesimo mese successivo alla data di entrata in vigore del medesimo decreto-legge n. 201;
    d) nel limite di 2.000 soggetti, ai lavoratori di cui all'articolo 24, comma 14, lettera e-ter), del decreto-legge n. 201 del 2011, limitatamente ai lavoratori in congedo per assistere figli con disabilità grave, i quali perfezionano i requisiti entro il sessantesimo mese successivo alla data di entrata in vigore del medesimo decreto-legge n. 201;
    e) nel limite di 3.000 soggetti, con esclusione del settore agricolo e dei lavoratori con qualifica di stagionali, ai lavoratori con contratto di lavoro a tempo determinato e ai lavoratori in somministrazione con contratto a tempo determinato, cessati dal lavoro tra il 1o gennaio 2007 e il 31 dicembre 2011, non rioccupati a tempo indeterminato, i quali perfezionano i requisiti utili a comportare la decorrenza del trattamento pensionistico entro il sessantesimo mese successivo alla data di entrata in vigore del decreto-legge n. 201 del 2011. Detti benefici sono riconosciuti nel limite di 26.300 soggetti e nel limite massimo di 213 milioni di euro per l'anno 2016, 387 milioni di euro per l'anno 2017, 336 milioni di euro per l'anno 2018, 258 milioni di euro per l'anno 2019, 171 milioni di euro per l'anno 2020, 107 milioni di euro per l'anno 2021, 41 milioni di euro per l'anno 2022, 3 milioni di euro per l'anno 2023 (comma 151, primo periodo),

impegna il Governo:

a prevedere interventi, anche di carattere normativo, al fine di applicare la salvaguardia dall'incremento dei requisiti di accesso al sistema pensionistico ai lavoratori, anche stagionali, del settore agricolo.
9/3119-A/14Tripiedi, Massimiliano Bernini.


   La Camera,
   premesso che:
    la cosiddetta «settima salvaguardia» è il provvedimento che interviene sulla materia delle deroghe ai requisiti previdenziali introdotti dalla legge Fornero nel dicembre 2011. Nata sulla base del disegno di legge unificato approvato dalla Commissione Lavoro della Camera dei deputati lo scorso 1o ottobre 2015, di cui ne costituisce una versione più limitata sotto diversi aspetti, la settima salvaguardia concede ad ulteriori lavoratori che si riconoscono in determinati e tassativi profili di tutela la possibilità di mantenere, in via eccezionale, le previgenti regole di pensionamento (dette per l'appunto ante Fornero). Beneficio che si traduce nella possibilità di accedere alla pensione prima della disciplina attualmente vigente;
    nel provvedimento «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016)» all'articolo 1 comma 146, si dispone che le disposizioni in materia di requisiti di accesso e di regime delle decorrenze in materia di pensioni, previgenti a quelle della cosiddetta «riforma delle pensioni Fornero», continuino ad applicarsi:
    a) nel limite di 6.300 soggetti, ai lavoratori collocati in mobilità o in trattamento speciale edile, a seguito di accordi stipulati entro il 31 dicembre 2011 o, nel caso di lavoratori provenienti da aziende cessate o interessate dall'attivazione delle vigenti procedure concorsuali, anche in mancanza dei predetti accordi, cessati dall'attività lavorativa entro il 31 dicembre 2014 e che perfezionano i requisiti vigenti prima della data di entrata in vigore del decreto-legge n. 201 del 2011;
    b) nel limite di 9.000 soggetti, ai lavoratori di cui all'articolo 1, comma 194, lettere a) ed f), della legge n. 147 del 2013, i quali perfezionano i requisiti entro il sessantesimo mese successivo alla data di entrata in vigore del decreto-legge n. 201 del 2011;
    c) nel limite di 6.000 soggetti, ai lavoratori di cui all'articolo 1, comma 194, lettere b), c) e d), della legge n. 147 del 2013, i quali perfezionano i requisiti utili a comportare la decorrenza del trattamento pensionistico, secondo la disciplina vigente prima della data di entrata in vigore del decreto-legge n. 201 del 2011, entro il sessantesimo mese successivo alla data di entrata in vigore del medesimo decreto-legge n. 201;
    d) nel limite di 2.000 soggetti, ai lavoratori di cui all'articolo 24, comma 14, lettera e-ter), del decreto-legge n. 201 del 2011, limitatamente ai lavoratori in congedo per assistere figli con disabilità grave, i quali perfezionano i requisiti entro il sessantesimo mese successivo alla data di entrata in vigore del medesimo decreto-legge n. 201;
    e) nel limite di 3.000 soggetti, con esclusione del settore agricolo e dei lavoratori con qualifica di stagionali, ai lavoratori con contratto di lavoro a tempo determinato e ai lavoratori in somministrazione con contratto a tempo determinato, cessati dal lavoro tra il 1o gennaio 2007 e il 31 dicembre 2011, non rioccupati a tempo indeterminato, i quali perfezionano i requisiti utili a comportare la decorrenza del trattamento pensionistico entro il sessantesimo mese successivo alla data di entrata in vigore del decreto-legge n. 201 del 2011. Detti benefici sono riconosciuti nel limite di 26.300 soggetti e nel limite massimo di 213 milioni di euro per l'anno 2016, 387 milioni di euro per l'anno 2017, 336 milioni di euro per l'anno 2018, 258 milioni di euro per l'anno 2019, 171 milioni di euro per l'anno 2020, 107 milioni di euro per l'anno 2021, 41 milioni di euro per l'anno 2022, 3 milioni di euro per l'anno 2023 (comma 151, primo periodo),

impegna il Governo:

a valutare la possibilità, compatibilmente con gli obiettivi di finanza pubblica, di prevedere interventi, anche di carattere normativo, al fine di applicare la salvaguardia dall'incremento dei requisiti di accesso al sistema pensionistico ai lavoratori, anche stagionali, del settore agricolo.
9/3119-A/14. (Testo modificato nel corso della seduta) Tripiedi, Massimiliano Bernini.


   La Camera,
   premesso che:
    il patrimonio forestale nazionale rappresenta un bene economico-sociale di elevato interesse pubblico ed è parte costituente delle risorse ambientali e naturali del Paese ma anche del suo patrimonio storico-culturale, identitario ed economico;
    la materia forestale è un tema d'interesse strategico per l'Italia e trasversale a diverse politiche (economica, ambientale, sociale, culturale), in considerazione anche degli impegni internazionali sottoscritti dal Governo italiano e gli obblighi e le indicazioni comunitarie in materia ambientale e di sviluppo sostenibile che hanno influenzato e che influenzeranno le scelte politiche del nostro Paese;
    come noto, grazie all'inventario nazionale delle foreste e dei serbatoi di carbonio (INFC 2005), il patrimonio forestale nazionale copre oggi il 34 per cento della superficie nazionale, per un totale di oltre 10,5 milioni di ettari. Rispetto al secondo dopoguerra la superficie si è triplicata a discapito di aree agricole e pascolive abbandonate e si continua a registrare un trend positivo con un incremento di oltre 60 mila ettari annui nei soli ultimi 20 anni;
    di questa superficie, il 63 per cento è di proprietà privata e il 32 per cento di proprietà pubblica e in particolare, di questa quota il 66 per cento è in carico ai comuni, mentre il 24 per cento è proprietà delle regioni e dello Stato;
    l'80 per cento della risorsa bosco è ubicata nelle aree rurali e interne del paese, con problemi complessivi di sviluppo;
    l'86,6 per cento della superficie forestale nazionale è sottoposta a forme di regolamentazione vincolistica (vincolo idrogeologico, paesaggistico) e più del 25 per cento in aree sottoposte a tutela ambientale (parchi, riserve e Rete natura 2000);
    appena il 15,7 per cento dei boschi italiani è regolamentato da strumenti di pianificazione della gestione e si registra un abbandono colturale per oltre il 60 per cento dei boschi nazionali;
    gli interventi normativi internazionali, paneuropei e comunitari ribadiscono che la tutela e valorizzazione della risorsa forestale, in particolare in un contesto storicamente antropizzato come quello italiano, sia strettamente collegata a una attiva e sostenibile gestione (in contrapposizione all'abbandono delle attività colturali), strumento fondamentale a garantire nel medio lungo periodo, l'interesse dell'individuo e della collettività, la sicurezza e il presidio del territorio, la salvaguardia del paesaggio e della biodiversità, il contrasto dei fenomeni di abbandono e di declino demografico, il sostegno e il rilancio dei processi di sviluppo socioeconomico locale e del sistema Paese;
    la filiera foresta-legno si articola in Italia con oltre 125.000 imprese per un totale di circa 620 mila occupati e trova nella gestione forestale la sua base produttiva; il patrimonio forestale italiano rappresenta un'economia non delocalizzabile e i settori economici a esso collegato presentano importanti potenzialità, anche nell'ambito della green economy, produttive, occupazionali e di sviluppo in particolare per le aree montane e rurali, senza trascurare i benefici ambientali che una gestione attiva garantisce a tutta la società. Concetto ribadito anche dalla Strategia forestale europea del 2013 (COM(2013)659 final del 20 settembre 2013);
    è di tutta evidenza che il settore forestale e quello del legno italiano non esprimono pienamente le rispettive potenzialità, con gravi conseguenze anche per la salvaguardia dell'ambiente e il presidio del territorio; le politiche forestali sono demandate alle regioni le quali hanno legiferato esclusivamente in base alle caratteristiche peculiari dei diversi territori e delle diverse realtà che compongono il quadro del mondo forestale italiano; manca una politica unitaria nazionale in grado di armonizzare le attività di gestione sul territorio, valorizzare l'economia forestale italiana e presentare, a livello comunitario, una posizione unica che rappresenti l'intero Paese; il ruolo del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali (in coordinamento con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare), rimane quello di elaborare linee di programmazione e di indirizzo politico in materia forestale per questioni di valenza nazionale e sovranazionale, nonché quello di rappresentare l'Italia nelle preposte sedi comunitarie e internazionali e curare il raccordo delle misure stabilite in tali consessi a scala nazionale; considerando gli impegni in essere e prossimi in cui la materia forestale ha già e acquisterà sempre più rilevanza e trasversalità, l'opportunità di valorizzare le competenze e le funzioni oggi disarticolate e non riconosciute, costituisce un investimento operativo che ha la potenzialità di migliorare l'efficienza, la competitività, la sicurezza e la rappresentatività del Paese,

impegna il Governo:

ad attivare presso il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali un ufficio permanente di coordinamento forestale che rappresenti l'unico punto di riferimento e di indirizzo per le politiche forestali nazionali nel rispetto delle competenze e dei ruoli che la Costituzione definisce circa i rapporti fra Stato e regioni e svolga in modo continuativo le funzioni di coordinamento istituzionale e inter-istituzionale per le amministrazioni nazionali e regionali competenti in materia di politica e programmazione forestale.
9/3119-A/15Agostinelli, Massimiliano Bernini, Terzoni.


   La Camera,
   premesso che:
    il patrimonio forestale nazionale rappresenta un bene economico-sociale di elevato interesse pubblico ed è parte costituente delle risorse ambientali e naturali del Paese ma anche del suo patrimonio storico-culturale, identitario ed economico;
    la materia forestale è un tema d'interesse strategico per l'Italia e trasversale a diverse politiche (economica, ambientale, sociale, culturale), in considerazione anche degli impegni internazionali sottoscritti dal Governo italiano e gli obblighi e le indicazioni comunitarie in materia ambientale e di sviluppo sostenibile che hanno influenzato e che influenzeranno le scelte politiche del nostro Paese;
    come noto, grazie all'inventario nazionale delle foreste e dei serbatoi di carbonio (INFC 2005), il patrimonio forestale nazionale copre oggi il 34 per cento della superficie nazionale, per un totale di oltre 10,5 milioni di ettari. Rispetto al secondo dopoguerra la superficie si è triplicata a discapito di aree agricole e pascolive abbandonate e si continua a registrare un trend positivo con un incremento di oltre 60 mila ettari annui nei soli ultimi 20 anni;
    di questa superficie, il 63 per cento è di proprietà privata e il 32 per cento di proprietà pubblica e in particolare, di questa quota il 66 per cento è in carico ai comuni, mentre il 24 per cento è la proprietà delle regioni e dello Stato;
    l'80 per cento della risorsa bosco è ubicata nelle aree rurali e interne del paese, con problemi complessivi di sviluppo;
    l'86,6 per cento della superficie forestale nazionale è sottoposta a forme di regolamentazione vincolistica (vincolo idrogeologico, paesaggistico) e più del 25 per cento in aree sottoposte a tutela ambientale (parchi, riserve e Rete natura 2000);
    appena il 15,7 per cento dei boschi italiani è regolamentato da strumenti di pianificazione della gestione e si registra un abbandono colturale per oltre il 60 per cento dei boschi nazionali;
    gli interventi normativi internazionali, paneuropei e comunitari ribadiscono che la tutela e valorizzazione della risorsa forestale, in particolare in un contesto storicamente antropizzato come quello italiano, sia strettamente collegata a una attiva e sostenibile gestione (in contrapposizione all'abbandono delle attività colturali), strumento fondamentale a garantire nel medio lungo periodo, l'interesse dell'individuo e della collettività, la sicurezza e il presidio del territorio, la salvaguardia del paesaggio e della biodiversità, il contrasto dei fenomeni di abbandono e di declino demografico, il sostegno e il rilancio dei processi di sviluppo socioeconomico locale e del sistema Paese;
    la filiera foresta-legno si articola in Italia con oltre 125.000 imprese per un totale di circa 620 mila occupati e trova nella gestione forestale la sua base produttiva; il patrimonio forestale italiano rappresenta un'economia non delocalizzabile e i settori economici a esso collegato presentano importanti potenzialità, anche nell'ambito della green economy, produttive, occupazionali e di sviluppo in particolare per le aree montane e rurali, senza trascurare i benefici ambientali che una gestione attiva garantisce a tutta la società. Concetto ribadito anche dalla Strategia forestale europea del 2013 (COM(2013)659 final del 20 settembre 2013);
    è di tutta evidenza che il settore forestale e quello del legno italiano non esprimono pienamente le rispettive potenzialità, con gravi conseguenze anche per la salvaguardia dell'ambiente e il presidio del territorio; le politiche forestali sono demandate alle regioni le quali hanno legiferato esclusivamente in base alle caratteristiche peculiari dei diversi territori e delle diverse realtà che compongono il quadro del mondo forestale italiano; manca una politica unitaria nazionale in grado di armonizzare le attività di gestione sul territorio, valorizzare l'economia forestale italiana e presentare a livello comunitario una posizione unica che rappresenti l'intero Paese; il ruolo del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali (in coordinamento con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare), rimane quello di elaborare linee di programmazione e di indirizzo politico in materia forestale per questioni di valenza nazionale e sovranazionale, nonché quello di rappresentare l'Italia nelle preposte sedi comunitarie e internazionali e curare il raccordo delle misure stabilite in tali consessi a scala nazionale; considerando gli impegni in essere e prossimi in cui la materia forestale ha già e acquisterà sempre più rilevanza e trasversalità, l'opportunità di valorizzare le competenze e le funzioni oggi disarticolate e non riconosciute, costituisce un investimento operativo che ha la potenzialità di migliorare l'efficienza, la competitività, la sicurezza e la rappresentatività del Paese,

impegna il Governo:

ad attivare presso il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali un ufficio permanente di coordinamento forestale che svolga le funzioni di rappresentanza internazionali e comunitarie, di coordinamento e indirizzo istituzionale, per le amministrazioni nazionali e regionali competenti in materia di gestione e programmazione forestale.
9/3119-A/16Massimiliano Bernini, Terzoni, Gagnarli.


   La Camera,
   premesso che:
    il patrimonio forestale nazionale rappresenta un bene economico-sociale di elevato interesse pubblico ed è parte costituente delle risorse ambientali e naturali del Paese ma anche del suo patrimonio storico-culturale, identitario ed economico;
    la materia forestale è un tema d'interesse strategico per l'Italia e trasversale a diverse politiche (economica, ambientale, sociale, culturale), in considerazione anche degli impegni internazionali sottoscritti dal Governo italiano e gli obblighi e le indicazioni comunitarie in materia ambientale e di sviluppo sostenibile che hanno influenzato e che influenzeranno le scelte politiche del nostro Paese;
    come noto, grazie all'inventario nazionale delle foreste e dei serbatoi di carbonio (INFC 2005), il patrimonio forestale nazionale copre oggi il 34 per cento della superficie nazionale, per un totale di oltre 10,5 milioni di ettari. Rispetto al secondo dopoguerra la superficie si è triplicata a discapito di aree agricole e pascolive abbandonate e si continua a registrare un trend positivo con un incremento di oltre 60 mila ettari annui nei soli ultimi 20 anni;
    di questa superficie, il 63 per cento è di proprietà privata e il 32 per cento di proprietà pubblica e in particolare, di questa quota il 66 per cento è in carico ai comuni, mentre il 24 per cento è la proprietà delle regioni e dello Stato;
    l'80 per cento della risorsa bosco è ubicata nelle aree rurali e interne del paese, con problemi complessivi di sviluppo;
    l'86,6 per cento della superficie forestale nazionale è sottoposta a forme di regolamentazione vincolistica (vincolo idrogeologico, paesaggistico) e più del 25 per cento in aree sottoposte a tutela ambientale (parchi, riserve e Rete natura 2000);
    appena il 15,7 per cento dei boschi italiani è regolamentato da strumenti di pianificazione della gestione e si registra un abbandono colturale per oltre il 60 per cento dei boschi nazionali;
    gli interventi normativi internazionali, paneuropei e comunitari ribadiscono che la tutela e valorizzazione della risorsa forestale, in particolare in un contesto storicamente antropizzato come quello italiano, sia strettamente collegata a una attiva e sostenibile gestione (in contrapposizione all'abbandono delle attività colturali), strumento fondamentale a garantire nel medio lungo periodo, l'interesse dell'individuo e della collettività, la sicurezza e il presidio del territorio, la salvaguardia del paesaggio e della biodiversità, il contrasto dei fenomeni di abbandono e di declino demografico, il sostegno e il rilancio dei processi di sviluppo socioeconomico locale e del sistema Paese;
    la filiera foresta-legno si articola in Italia con oltre 125.000 imprese per un totale di circa 620 mila occupati e trova nella gestione forestale la sua base produttiva; il patrimonio forestale italiano rappresenta un'economia non delocalizzabile e i settori economici a esso collegato presentano importanti potenzialità, anche nell'ambito della green economy, produttive, occupazionali e di sviluppo in particolare per le aree montane e rurali, senza trascurare i benefici ambientali che una gestione attiva garantisce a tutta la società. Concetto ribadito anche dalla Strategia forestale europea del 2013 (COM(2013)659 final del 20 settembre 2013);
    è di tutta evidenza che il settore forestale e quello del legno italiano non esprimono pienamente le rispettive potenzialità, con gravi conseguenze anche per la salvaguardia dell'ambiente e il presidio del territorio; le politiche forestali sono demandate alle regioni le quali hanno legiferato esclusivamente in base alle caratteristiche peculiari dei diversi territori e delle diverse realtà che compongono il quadro del mondo forestale italiano; manca una politica unitaria nazionale in grado di armonizzare le attività di gestione sul territorio, valorizzare l'economia forestale italiana e presentare a livello comunitario una posizione unica che rappresenti l'intero Paese; il ruolo del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali (in coordinamento con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare), rimane quello di elaborare linee di programmazione e di indirizzo politico in materia forestale per questioni di valenza nazionale e sovranazionale, nonché quello di rappresentare l'Italia nelle preposte sedi comunitarie e internazionali e curare il raccordo delle misure stabilite in tali consessi a scala nazionale; considerando gli impegni in essere e prossimi in cui la materia forestale ha già e acquisterà sempre più rilevanza e trasversalità, l'opportunità di valorizzare le competenze e le funzioni oggi disarticolate e non riconosciute, costituisce un investimento operativo che ha la potenzialità di migliorare l'efficienza, la competitività, la sicurezza e la rappresentatività del Paese,

impegna il Governo:

ad adottare le opportune iniziative normative volte ad attivare presso il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali un ufficio permanente di coordinamento forestale che svolga le funzioni di rappresentanza internazionali e comunitarie, di coordinamento e indirizzo istituzionale, per le amministrazioni nazionali e regionali competenti in materia di gestione e programmazione forestale.
9/3119-A/16. (Testo modificato nel corso della seduta) Massimiliano Bernini, Terzoni, Gagnarli.


   La Camera,
   premesso che:
    il patrimonio forestale nazionale rappresenta un bene economico-sociale di elevato interesse pubblico ed è parte costituente delle risorse ambientali e naturali del Paese ma anche del suo patrimonio storico-culturale, identitario ed economico;
    la materia forestale è un tema d'interesse strategico per l'Italia e trasversale a diverse politiche (economica, ambientale, sociale, culturale), in considerazione anche degli impegni internazionali sottoscritti dal Governo italiano e gli obblighi e le indicazioni comunitarie in materia ambientale e di sviluppo sostenibile che hanno influenzato e che influenzeranno le scelte politiche del nostro Paese;
    come noto, grazie all'inventario nazionale delle foreste e dei serbatoi di carbonio (INFC 2005), il patrimonio forestale nazionale copre oggi il 34 per cento della superficie nazionale, per un totale di oltre 10,5 milioni di ettari. Rispetto al secondo dopoguerra la superficie si è triplicata a discapito di aree agricole e pascolive abbandonate e si continua a registrare un trend positivo con un incremento di oltre 60 mila ettari annui nei soli ultimi 20 anni; di questa superficie, il 63 per cento è di proprietà privata e il 32 per cento di proprietà pubblica e in particolare, di questa quota il 66 per cento è in carico ai comuni, mentre il 24 per cento è la proprietà delle regioni e dello Stato;
    l'80 per cento della risorsa bosco è ubicata nelle aree rurali e interne del paese, con problemi complessivi di sviluppo;
    l'86,6 per cento della superficie forestale nazionale è sottoposta a forme di regolamentazione vincolistica (vincolo idrogeologico, paesaggistico) e più del 25 per cento in aree sottoposte a tutela ambientale (parchi, riserve e Rete natura 2000);
    appena il 15,7 per cento dei boschi italiani è regolamentato da strumenti di pianificazione della gestione e si registra un abbandono colturale per oltre il 60 per cento dei boschi nazionali;
    gli interventi normativi internazionali, paneuropei e comunitari ribadiscono che la tutela e valorizzazione della risorsa forestale, in particolare in un contesto storicamente antropizzato come quello italiano, sia strettamente collegata a una attiva e sostenibile gestione (in contrapposizione all'abbandono delle attività colturali), strumento fondamentale a garantire nel medio lungo periodo, l'interesse dell'individuo e della collettività, la sicurezza e il presidio del territorio, la salvaguardia del paesaggio e della biodiversità, il contrasto dei fenomeni di abbandono e di declino demografico, il sostegno e il rilancio dei processi di sviluppo socioeconomico locale e del sistema Paese;
    la filiera foresta-legno si articola in Italia con oltre 125.000 imprese per un totale di circa 620 mila occupati e trova nella gestione forestale la sua base produttiva; il patrimonio forestale italiano rappresenta un'economia non delocalizzabile e i settori economici a esso collegato presentano importanti potenzialità, anche nell'ambito della green economy, produttive, occupazionali e di sviluppo in particolare per le aree montane e rurali, senza trascurare i benefici ambientali che una gestione attiva garantisce a tutta la società. Concetto ribadito anche dalla Strategia forestale europea del 2013 (COM(2013)659 final del 20 settembre 2013);
    è di tutta evidenza che il settore forestale e quello del legno italiano non esprimono pienamente le rispettive potenzialità, con gravi conseguenze anche per la salvaguardia dell'ambiente e il presidio del territorio; le politiche forestali sono demandate alle regioni le quali hanno legiferato esclusivamente in base alle caratteristiche peculiari dei diversi territori e delle diverse realtà che compongono il quadro del mondo forestale italiano; manca una politica unitaria nazionale in grado di armonizzare le attività di gestione sul territorio, valorizzare l'economia forestale italiana e presentare a livello comunitario una posizione unica che rappresenti l'intero Paese; il ruolo del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali (in coordinamento con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare), rimane quello di elaborare linee di programmazione e di indirizzo politico in materia forestale per questioni di valenza nazionale e sovranazionale, nonché quello di rappresentare l'Italia nelle preposte sedi comunitarie e internazionali e curare il raccordo delle misure stabilite in tali consessi a scala nazionale; considerando gli impegni in essere e prossimi in cui la materia forestale ha già e acquisterà sempre più rilevanza e trasversalità, l'opportunità di valorizzare le competenze e le funzioni oggi disarticolate e non riconosciute, costituisce un investimento operativo che ha la potenzialità di migliorare l'efficienza, la competitività, la sicurezza e la rappresentatività del Paese,

impegna il Governo:

ad attivare presso il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali un ufficio permanente di coordinamento forestale che recuperi quelle funzioni tecniche dell'ex CFS, funzioni strategiche per poter definire una efficace politica e conseguente programmazione forestale, volte alla tutela, gestione e valorizzazione del patrimonio forestale, nonché allo sviluppo delle filiere forestali.
9/3119-A/17Cozzolino, Massimiliano Bernini, Terzoni.


   La Camera,
   premesso che:
    il patrimonio forestale nazionale rappresenta un bene economico-sociale di elevato interesse pubblico ed è parte costituente delle risorse ambientali e naturali del Paese ma anche del suo patrimonio storico-culturale, identitario ed economico;
    la materia forestale è un tema d'interesse strategico per l'Italia e trasversale a diverse politiche (economica, ambientale, sociale, culturale), in considerazione anche degli impegni internazionali sottoscritti dal Governo italiano e gli obblighi e le indicazioni comunitarie in materia ambientale e di sviluppo sostenibile che hanno influenzato e che influenzeranno le scelte politiche del nostro Paese;
    come noto, grazie all'inventario nazionale delle foreste e dei serbatoi di carbonio (INFC 2005), il patrimonio forestale nazionale copre oggi il 34 per cento della superficie nazionale, per un totale di oltre 10,5 milioni di ettari. Rispetto al secondo dopoguerra la superficie si è triplicata a discapito di aree agricole e pascolive abbandonate e si continua a registrare un trend positivo con un incremento di oltre 60 mila ettari annui nei soli ultimi 20 anni; di questa superficie, il 63 per cento è di proprietà privata e il 32 per cento di proprietà pubblica e in particolare, di questa quota il 66 per cento è in carico ai comuni, mentre il 24 per cento è proprietà delle regioni e dello Stato;
    l'80 per cento della risorsa bosco è ubicata nelle aree rurali e interne del paese, con problemi complessivi di sviluppo;
    l'86,6 per cento della superficie forestale nazionale è sottoposta a forme di regolamentazione vincolistica (vincolo idrogeologico, paesaggistico) e più del 25 per cento in aree sottoposte a tutela ambientale (parchi, riserve e Rete natura 2000);
    appena il 15,7 per cento dei boschi italiani è regolamentato da strumenti di pianificazione della gestione e si registra un abbandono colturale per oltre il 60 per cento dei boschi nazionali;
    gli interventi normativi internazionali, paneuropei e comunitari ribadiscono che la tutela e valorizzazione della risorsa forestale, in particolare in un contesto storicamente antropizzato come quello italiano, sia strettamente collegata a una attiva e sostenibile gestione (in contrapposizione all'abbandono delle attività colturali), strumento fondamentale a garantire nel medio lungo periodo, l'interesse dell'individuo e della collettività, la sicurezza e il presidio del territorio, la salvaguardia del paesaggio e della biodiversità, il contrasto dei fenomeni di abbandono e di declino demografico, il sostegno e il rilancio dei processi di sviluppo socioeconomico locale e del sistema Paese;
    la filiera foresta-legno si articola in Italia con oltre 125.000 imprese per un totale di circa 620 mila occupati e trova nella gestione forestale la sua base produttiva; il patrimonio forestale italiano rappresenta un'economia non delocalizzabile e i settori economici a esso collegato presentano importanti potenzialità, anche nell'ambito della green economy, produttive, occupazionali e di sviluppo in particolare per le aree montane e rurali, senza trascurare i benefici ambientali che una gestione attiva garantisce a tutta la società. Concetto ribadito anche dalla strategia forestale europea del 2013 (COM(2013)659 final del 20 settembre 2013);
    è di tutta evidenza che il settore forestale e quello del legno italiano non esprimono pienamente le rispettive potenzialità, con gravi conseguenze anche per la salvaguardia dell'ambiente e il presidio del territorio; le politiche forestali sono demandate alle regioni le quali hanno legiferato esclusivamente in base alle caratteristiche peculiari dei diversi territori e delle diverse realtà che compongono il quadro del mondo forestale italiano; manca una politica unitaria nazionale in grado di armonizzare le attività di gestione sul territorio, valorizzare l'economia forestale italiana e presentare a livello comunitario una posizione unica che rappresenti l'intero Paese; il ruolo del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali (in coordinamento con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare), rimane quello di elaborare linee di programmazione e di indirizzo politico in materia forestale per questioni di valenza nazionale e sovranazionale, nonché quello di rappresentare l'Italia nelle preposte sedi comunitarie e internazionali e curare il raccordo delle misure stabilite in tali consessi a scala nazionale; considerando gli impegni in essere e prossimi in cui la materia forestale ha già e acquisterà sempre più rilevanza e trasversalità, l'opportunità di valorizzare le competenze e le funzioni oggi disarticolate e non riconosciute, costituisce un investimento operativo che ha la potenzialità di migliorare l'efficienza, la competitività, la sicurezza e la rappresentatività del Paese,

impegna il Governo

   ad attivare presso il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali un ufficio permanente di coordinamento forestale che elabori, avvalendosi anche delle competenze e del personale degli Enti di ricerca delegati e dell'ex CFS, linee unitarie nazionali di programmazione forestale, in attuazione della strategia forestale nazionale definita dal Programma Quadro per il Settore Forestale approvato in Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni il 18 dicembre 2008, coordinatamente alle attività delle altre Direzioni generali del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali in rapporto alle competenze delle Regioni e alle indicazioni del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, del Ministero per i beni e le attività culturali, del Ministero dello sviluppo economico, del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale.

9/3119-A/18Del Grosso, Massimiliano Bernini, Terzoni.


   La Camera,
   premesso che:
    la legge 26 maggio 1965, n. 590 recante «Disposizioni per lo sviluppo della proprietà coltivatrice» disciplina le modalità di esercizio di riscatto e prelazione, in particolare riguardo la possibilità di esercizio delle stesse da parte dei Coltivatori Diretti nell'acquisto dei fondi rustici;
    tra gli aggiornamenti alla legge ce ne è uno a firma Pertini (aggiornamento 4 – legge n. 2 dell'8 gennaio 1979) che esprime chiaramente, tra le altre cose, la volontà del legislatore di far decorrere i tempi di esercizio del diritto del riscatto (1 anno – qualora sorgesse controversia processuale in merito), dal giorno in cui la sentenza del giudice che deve riconoscere o meno detto diritto passa in giudicato;
    eguale provvedimento non è stato emesso per il diritto di prelazione. Infatti, qualora sorga controversia e ad un prelazionante sia contestata la possibilità di esercitare il diritto di prelazione (con causa aperta dall'aggiudicatario), egli ha massimo 1 anno dalla compravendita del fondo rustico per pagare il 100 per cento del bene;
    qualora sorga detta controversia non vi è alcun congelamento dei termini temporali. Al coltivatore prelazionante viene allora chiesto semplicemente di anticipare il valore del fondo, entro un anno dalla compravendita, aprendo un libretto bancario intestato al proprietario e depositando il 90 per cento del prezzo rimanente, visto che il 10 per cento era stato depositato per l'esercizio del diritto di prelazione all'inizio;
    in caso di disponibilità economiche, alla fine della causa civile (10-12 anni, in media) si vedrà se il coltivatore (se vince la causa) potrà prendere il suo bene e nella peggiore delle ipotesi il suo denaro svalutato (se perde la causa);
    è opinione dello scrivente che ci troviamo di fronte ad un palese «vuoto» legislativo che andrebbe prontamente colmato equiparando la situazione tra il riscatto e la prelazione,

impegna il Governo

   a intraprendere urgentemente ogni utile iniziativa, anche normativa, volta a colmare il vuoto normativo illustrato in premessa al fine di garantire che il versamento del prezzo da parte del coltivatore diretto prelazionante sia differito fino al passaggio in giudicato della sentenza relativa alla sussistenza del requisito di coltivatore diretto in capo all'affittuario del fondo e del rapporto di affitto.

9/3119-A/19Paolo Bernini.


   La Camera,
   premesso che:
    la legge 26 maggio 1965, n. 590 recante «Disposizioni per lo sviluppo della proprietà coltivatrice» disciplina le modalità di esercizio di riscatto e prelazione, in particolare riguardo la possibilità di esercizio delle stesse da parte dei Coltivatori Diretti nell'acquisto dei fondi rustici;
    tra gli aggiornamenti alla legge ce ne è uno a firma Pertini (aggiornamento 4 – legge n. 2 dell'8 gennaio 1979) che esprime chiaramente, tra le altre cose, la volontà del legislatore di far decorrere i tempi di esercizio del diritto del riscatto (1 anno – qualora sorgesse controversia processuale in merito), dal giorno in cui la sentenza del giudice che deve riconoscere o meno detto diritto passa in giudicato;
    eguale provvedimento non è stato emesso per il diritto di prelazione. Infatti, qualora sorga controversia e ad un prelazionante sia contestata la possibilità di esercitare il diritto di prelazione (con causa aperta dall'aggiudicatario), egli ha massimo 1 anno dalla compravendita del fondo rustico per pagare il 100 per cento del bene;
    qualora sorga detta controversia non vi è alcun congelamento dei termini temporali. Al coltivatore prelazionante viene allora chiesto semplicemente di anticipare il valore del fondo, entro un anno dalla compravendita, aprendo un libretto bancario intestato al proprietario e depositando il 90 per cento del prezzo rimanente, visto che il 10 per cento era stato depositato per l'esercizio del diritto di prelazione all'inizio;
    in caso di disponibilità economiche, alla fine della causa civile (10-12 anni, in media) si vedrà se il coltivatore (se vince la causa) potrà prendere il suo bene e nella peggiore delle ipotesi il suo denaro svalutato (se perde la causa);
    è opinione dello scrivente che ci troviamo di fronte ad un palese «vuoto» legislativo che andrebbe prontamente colmato equiparando la situazione tra il riscatto e la prelazione,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di intraprendere urgentemente ogni utile iniziativa, anche normativa, volta a colmare il vuoto normativo illustrato in premessa al fine di garantire che il versamento del prezzo da parte del coltivatore diretto prelazionante sia differito fino al passaggio in giudicato della sentenza relativa alla sussistenza del requisito di coltivatore diretto in capo all'affittuario del fondo e del rapporto di affitto.

9/3119-A/19. (Testo modificato nel corso della seduta) Paolo Bernini.


   La Camera,
   premesso che:
    il sistema dei controlli nel comparto agroalimentare in Italia è così suddiviso:
     al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali spetta un controllo prevalentemente di tipo qualitativo-merceologico, e viene svolto da ICQRF (Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari), dal Corpo forestale dello Stato, dal Comando dei Carabinieri delle politiche agricole (CCPA) e dalla Capitaneria di porto;
     al Ministero della salute spetta un controllo nell'ambito della sicurezza sanitaria per mezzo dei NAS, del Dipartimento degli alimenti, nutrizione e sanità veterinaria e dell'istituto superiore di sanità (ISS);
     il Ministero dell'economia e delle finanze per mezzo della Guardia di finanza e dell'Agenzia delle dogane effettua controlli di natura fiscale;
     infine presso le Amministrazioni locali di Regioni e Province autonome, aziende sanitarie locali, Istituti Zooprofilattici sperimentali e servizi di antisofisticazione vinicole si effettuano controlli per sicurezza sanitaria;
     in data 21 gennaio 2016 tramite il proprio sito internet il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali rende noto che con l'approvazione della Riforma della Pubblica Amministrazione (DDL Madia) nasce il Comando per la Tutela Forestale, Ambientale e Agroalimentare, attraverso la riorganizzazione del Corpo forestale dello Stato all'interno dell'Arma dei Carabinieri;
     con la riforma – ha dichiarato il Ministro Maurizio Martina – riorganizziamo le funzioni di polizia impegnate sul fronte agroambientale, dotando l'Italia di una moderna struttura in grado di assicurare sempre meglio prevenzione e repressione su questo fronte. Uniamo le forze e potenziamo gli strumenti operativi. Il nuovo Comando assicurerà professionalità, specializzazione e un ramificato presidio del territorio rappresentando di certo una delle esperienze più avanzate d'Europa;
     dalla riorganizzazione del Corpo forestale dello Stato nell'Arma dei Carabinieri nasce il Comando per la Tutela Forestale, Ambientale e Agroalimentare. Una grande forza che potenzia le capacità dell'Italia di preservare e difendere il suo patrimonio paesaggistico, ambientale e agroalimentare. Settemila uomini specializzati impiegati sul campo;
     l'Arma dei Carabinieri, per il modello organizzativo e operativo di presidio del territorio, garantisce il più alto livello di potenziamento della tutela agroambientale. Negli anni proprio i Carabinieri hanno sviluppato anche competenze specifiche in questo campo con Nuclei specializzati come i Nac (Nucleo Anticontraffazioni Carabinieri) e Noe (Nucleo operativo ecologico), oltre all'attività dei Nas (Nucleo anti sofisticazioni). Viene potenziato il livello di presidio del territorio attraverso il rafforzamento dell'attuale assetto con la cooperazione della capillare rete di strutture dell'Arma, delle sue capacità investigative e delle sue proiezioni internazionali per le attività preventive e repressive;
     all'articolo 10 «Autorità competente e pagamento delle sanzioni», dello Schema di decreto legislativo recante disposizioni sanzionatorie per la violazione del regolamento (UE) n. 29/2012 relativo alle norme di commercializzazione dell'olio di oliva e del regolamento (CEE) n. 2568/91 relativo alle caratteristiche degli oli d'oliva e degli oli di sansa d'oliva nonché ai metodi ad essi attinenti l'ICQRF ovvero il dipartimento dell'ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, nell'ambito delle risorse finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente, è designato quale autorità competente all'applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie previste dal presente decreto, restando ferme le competenze spettanti, ai sensi della normativa vigente, agli organi preposti al l'accertamento delle violazioni,

impegna il Governo

   al fine di potenziare e rendere più efficiente il sistema dei controlli merceologici nello strategico comparto agroalimentare italiano, a ricomprendere l'ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari tra gli enti facenti parte dell'annunciato Comando per la Tutela Forestale, Ambientale e Agroalimentare.
9/3119-A/20Fantinati, Massimiliano Bernini, Terzoni.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge n. 4 del 2015 ha modificato il testo relativo all'esenzione IMU per i terreni agricoli, «prevista dalla lettera h) del comma 1 dell'articolo 7 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504 rimandando ad un nuovo elenco emanato dall'ISTAT»;
    l'elenco redatto dall'ISTAT è stato oggetto di notevoli discussioni e polemiche derivanti dall'incoerenza della scelta dei comuni montani, parzialmente montani e non montani. L'incoerenza consisteva in paradossi che vedevano comuni classificati montani con altitudini minori rispetto a comuni classificati come parzialmente montani e non montani o comuni parzialmente montani con altitudini minori rispetto a comuni non montani;
    il decreto-legge n. 4 del 2015 viene sostanzialmente modificato dalla legge 28 dicembre 2015, n. 208 (legge di stabilità per il 2016), per una parziale abolizione dell'imposta;
    la sentenza non definitiva del 18 dicembre 2015 del TAR del Lazio ha visto l'invio degli atti che eccepivano la costituzionalità di tale classificazione alla Corte Costituzionale, ritenendo: «... rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale nella parte in cui prevede l'esenzione dall'IMU per i terreni ubicati nei comuni classificati totalmente montani o parzialmente montani»,

impegna il Governo

a rimborsare direttamente attraverso i fondi di solidarietà a sua disposizione tutti coloro che hanno versato l'IMU agricola per l'anno 2014 e l'anno 2015, lasciando però ai comuni la quota di spettanza per non metterli nelle condizioni di violare il patto di stabilità e come «indennizzo» per una mancanza direttamente proveniente dal legislatore per cui i municipi non hanno responsabilità.
9/3119-A/21Alberti, Massimiliano Bernini.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto interministeriale 4 dicembre 2009 (Gazzetta Ufficiale n. 93 del 22 aprile 2010), determina le modalità e le procedure operative per la gestione e l'aggiornamento della Banca Dati Apistica Nazionale (BDA) ed individua all'articolo 3 comma 4 i soggetti responsabili della gestione;
    la Banca Dati Apistica Nazionale (BDA) informatizzata è unica e rappresenta la fonte a cui dovrà fare riferimento chiunque vi abbia interesse;
    il suo aggiornamento assume una valenza prioritaria, sia in termini di qualità del dato, sia in termini di tempestività di segnalazione degli eventi;
    la Banca Dati Apistica Nazionale (BDA) garantirà, attraverso apposite procedure automatizzate e secondo le modalità della cooperazione applicativa, il ritorno verso la periferia dei dati contenuti nella BDA stessa che le Regioni, i servizi veterinari periferici nonché il Centro di referenza nazionale per le malattie delle api potranno utilizzare per ulteriori finalità anche di carattere sanitario;
    per raggiungere gli obiettivi di qualità ed efficienza necessari ad ottenere una banca dati informatizzata pienamente operativa, dovranno essere attivate procedure che ne assicurino l'aggiornamento in tempo reale. Il ricorso, da parte dell'apicoltore o suoi delegati, a procedure automatizzate interattive evidenzierà in tempo reale eventuali errori ed incongruenze e lo esonererà dalla presentazione, alle competenti autorità, dei modelli cartacei;
    le Regioni e le Province Autonome, fatta salva la completa equipollenza con il progetto nazionale sotto il profilo funzionale, possono dotarsi di autonomi sistemi informativi (nodi regionali) e stabilire criteri organizzativi propri purché risulti garantito, in tempo reale, l'aggiornamento della BDA attraverso le modalità della cooperazione applicativa così come prevista dal decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82 concernente il «Codice dell'amministrazione digitale»;
    le figure che possono richiedere l'attribuzione di un account per operare sul sistema dell'anagrafe apistica nazionale appartengono alle seguenti categorie:
     gli apicoltori (proprietari e detentori di alveari) o persone da loro delegate. Nello specifico per detentore deve intendersi qualsiasi persona fisica o giuridica responsabile degli alveari, anche temporaneamente;
     i Servizi Veterinari delle Aziende sanitarie locali;
     le Regioni e le province autonome;
     il Ministero della salute;
     il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali;
     gli Organismi pagatori Agea coordinamento e gli Organismi Pagatori Regionali;
     gli addetti delle Associazioni apicoltori e di altre associazioni di categoria e/o forme associate (Cooperative, Consorzi eccetera) cui gli apicoltori hanno assegnato apposita delega ad operare in nome e per conto loro nella comunicazione alla BDA degli eventi previsti all'articolo 6 del decreto citato;
    il Ministero della salute, di concerto con il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e le regioni e province autonome, con dispositivo della Direzione generale della sanità animale e dei farmaci veterinari fornisce, se ritenuto necessario, indicazioni tecniche in merito alla variazione della tipologia di movimentazioni, per le quali è prevista la registrazione in BDA all'identificazione dei singoli alveari;
    il 16 dicembre 2014, è stato pubblica in Gazzetta Ufficiale il decreto di approvazione del manuale operativo per la gestione dell'anagrafe apistica nazionale, in attuazione dell'articolo 5 del decreto 4 dicembre 2009, recante: «Disposizioni per l'anagrafe apistica nazionale»;
    le finalità della BDA sono la tutela economico-sanitaria e valorizzazione del patrimonio apistico, il supporto nella trasmissione di informazioni, a tutela del consumatore, del prodotto miele e degli altri prodotti dell'alveare, il miglioramento delle conoscenze del settore apistico sotto il profilo produttivo e sanitario, anche in riferimento alle politiche di sostegno e alla predisposizione di piani di profilassi e di controllo sanitario;
    la BDA è inquadrata nell'ambito del sistema dell'anagrafe zootecnica nazionale (Banca Dati Nazionale dell'anagrafe zootecnica), gestita dal Centro Servizi Nazionale (CSN) per conto del Ministero della Salute, è attivata la sezione dedicata agli apicoltori ed agli apiari esistenti sul territorio nazionale, detta Anagrafe apistica nazionale;
    la legislazione vigente inerente l'anagrafe apistica nazionale prevede che l'aggiornamento dei dati avvenga nel periodo che intercorre tra il 1o novembre ed il 31 dicembre di ogni anno, ma il Ministero della salute con nota prot. n. 1426 del 20 gennaio 2015, stante lo stato di implementazione dell'applicativo dedicato e le richieste da parte degli allevatori sopraggiunte negli ultimi giorni disponibili per la registrazione dei dati, ha inteso prorogare tale termine al 31 marzo 2016,

impegna il Governo

in accordo col Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, la Conferenza Stato-Regioni e il Ministero della salute, ad armonizzare i sistemi informatici e le proprie norme di attuazione con le norme regionali, affinché i dati a sistema sull'anagrafe apistica nazionale (BDA) non siano oggetto di ulteriori registrazioni regionali o provinciali, ma a seguito di un'unica registrazione, siano condivisi.
9/3119-A/22Mannino, Massimiliano Bernini.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto interministeriale 4 dicembre 2009 (Gazzetta Ufficiale n. 93 del 22 aprile 2010), determina le modalità e le procedure operative per la gestione e l'aggiornamento della Banca Dati Apistica Nazionale (BDA) ed individua all'articolo 3 comma 4 i soggetti responsabili della gestione;
    la Banca Dati Apistica Nazionale (BDA) informatizzata è unica e rappresenta la fonte a cui dovrà fare riferimento chiunque vi abbia interesse;
    il suo aggiornamento assume una valenza prioritaria, sia in termini di qualità del dato, sia in termini di tempestività di segnalazione degli eventi;
    la Banca Dati Apistica Nazionale (BDA) garantirà, attraverso apposite procedure automatizzate e secondo le modalità della cooperazione applicativa, il ritorno verso la periferia dei dati contenuti nella BDA stessa che le Regioni, i servizi veterinari periferici nonché il Centro di referenza nazionale per le malattie delle api potranno utilizzare per ulteriori finalità anche di carattere sanitario;
    per raggiungere gli obiettivi di qualità ed efficienza necessari ad ottenere una banca dati informatizzata pienamente operativa, dovranno essere attivate procedure che ne assicurino l'aggiornamento in tempo reale. Il ricorso, da parte dell'apicoltore o suoi delegati, a procedure automatizzate interattive evidenzierà in tempo reale eventuali errori ed incongruenze e lo esonererà dalla presentazione, alle competenti autorità, dei modelli cartacei;
    le Regioni e le Province Autonome, fatta salva la completa equipollenza con il progetto nazionale sotto il profilo funzionale, possono dotarsi di autonomi sistemi informativi (nodi regionali) e stabilire criteri organizzativi propri purché risulti garantito, in tempo reale, l'aggiornamento della BDA attraverso le modalità della cooperazione applicativa così come prevista dal decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82 concernente il «Codice dell'amministrazione digitale»;
    le figure che possono richiedere l'attribuzione di un account per operare sul sistema dell'anagrafe apistica nazionale appartengono alle seguenti categorie:
     gli apicoltori (proprietari e detentori di alveari) o persone da loro delegate. Nello specifico per detentore deve intendersi qualsiasi persona fisica o giuridica responsabile degli alveari, anche temporaneamente;
     i Servizi Veterinari delle Aziende sanitarie locali;
     le Regioni e le province autonome;
     il Ministero della salute;
     il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali;
     gli Organismi pagatori Agea coordinamento e gli Organismi Pagatori Regionali;
     gli addetti delle Associazioni apicoltori e di altre associazioni di categoria e/o forme associate (Cooperative, Consorzi eccetera) cui gli apicoltori hanno assegnato apposita delega ad operare in nome e per conto loro nella comunicazione alla BDA degli eventi previsti all'articolo 6 del decreto citato;
    il Ministero della salute, di concerto con il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e le regioni e province autonome, con dispositivo della Direzione generale della sanità animale e dei farmaci veterinari fornisce, se ritenuto necessario, indicazioni tecniche in merito alla variazione della tipologia di movimentazioni, per le quali è prevista la registrazione in BDA all'identificazione dei singoli alveari;
    il 16 dicembre 2014, è stato pubblica in Gazzetta Ufficiale il decreto di approvazione del manuale operativo per la gestione dell'anagrafe apistica nazionale, in attuazione dell'articolo 5 del decreto 4 dicembre 2009, recante: «Disposizioni per l'anagrafe apistica nazionale»;
    le finalità della BDA sono la tutela economico-sanitaria e valorizzazione del patrimonio apistico, il supporto nella trasmissione di informazioni, a tutela del consumatore, del prodotto miele e degli altri prodotti dell'alveare, il miglioramento delle conoscenze del settore apistico sotto il profilo produttivo e sanitario, anche in riferimento alle politiche di sostegno e alla predisposizione di piani di profilassi e di controllo sanitario;
    la BDA è inquadrata nell'ambito del sistema dell'anagrafe zootecnica nazionale (Banca Dati Nazionale dell'anagrafe zootecnica), gestita dal Centro Servizi Nazionale (CSN) per conto del Ministero della Salute, è attivata la sezione dedicata agli apicoltori ed agli apiari esistenti sul territorio nazionale, detta Anagrafe apistica nazionale;
    la legislazione vigente inerente l'anagrafe apistica nazionale prevede che l'aggiornamento dei dati avvenga nel periodo che intercorre tra il 1o novembre ed il 31 dicembre di ogni anno, ma il Ministero della salute con nota prot. n. 1426 del 20 gennaio 2015, stante lo stato di implementazione dell'applicativo dedicato e le richieste da parte degli allevatori sopraggiunte negli ultimi giorni disponibili per la registrazione dei dati, ha inteso prorogare tale termine al 31 marzo 2016,

impegna il Governo

in accordo col Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, la Conferenza Stato-Regioni e il Ministero della salute, ad adottare le opportune iniziative al fine di armonizzare i sistemi informatici e le proprie norme di attuazione con le norme regionali, affinché i dati a sistema sull'anagrafe apistica nazionale (BDA) non siano oggetto di ulteriori registrazioni regionali o provinciali, ma a seguito di un'unica registrazione, siano condivisi.
9/3119-A/22. (Testo modificato nel corso della seduta) Mannino, Massimiliano Bernini.


   La Camera,
   premesso che:
    i codici OCSE relativi ai trattori agricoli e forestali rappresentano un insieme di regole e procedure tecniche che, attraverso l'aggiornamento delle regole internazionali, permettono di certificare le strutture di protezione dei trattori;
    l'implementazione dei codici assicura che le prove sulle predette strutture di protezione siano effettuate seguendo criteri condivisi e riconosciuti dai Paesi aderenti, con l'obiettivo di incrementare la trasparenza e semplificare le procedure per la libera circolazione a livello internazionale dei trattori agricoli o forestali;
    i codici OCSE individuano a livello internazionale le procedure di prova per l'effettuazione dei test di resistenza su:
     dispositivi di prova in caso di capovolgimento (ROPS) da installarsi sui trattori agricoli o forestali e carrelli semoventi a braccio telescopico (telehandler);
     sistemi di ritenzione del conducente (cinture di sicurezza);
     dispositivi di protezione contro la caduta di oggetti (FOPS) da installarsi sui trattori agricoli o forestali;
    l'Autorità italiana designata in ambito OCSE per i codici relativi alle prove sui trattori agricoli e forestali è il Ministero delle politiche agricole ambientali e forestali attraverso il suo Dipartimento delle politiche europee e internazionali, Direzione generale delle politiche comunitarie e internazionali di mercato;
    ENAMA, Ente Nazionale per la Meccanizzazione Agricola, è un soggetto di diritto privato all'interno del quale sono rappresentati i costruttori di macchine agricole e rappresenta il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali in ambito OCSE ed effettua attività di coordinamento e controllo delle operazioni di certificazione OCSE dei trattori agricoli o forestali condotte da centri prove operanti in Italia;
    le componenti ENAMA sono il Ministero delle politiche agricole e forestali, le Regioni, l'Assocap, la Cia, la Coldiretti, la Confagricoltura, l'Unacma, l'Unacoma, l'Unima e come struttura operativa il CRA-ING – Consiglio per la Ricerca e la Sperimentazione in Agricoltura – Istituto Sperimentale per la Meccanizzazione Agricola;
    l'ENAMA è riconosciuto ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 2000 ed è la struttura operativa creata per offrire al settore meccanico agrario un efficace strumento di supporto per una migliore competitività, tecnologia e riconoscimento delle prestazioni e sicurezza delle macchine agli operatori;
    il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, attraverso apposito decreto n. 10499 del 19 dicembre 2000 recentemente pubblicato sul sito dello stesso dicastero, attribuisce ad ENAMA le funzioni di cui ai punti precedenti;
    INAIL (istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro) che nel 2010 ha assorbito l'ISPESL, ossia l'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro, un ente di diritto pubblico del settore della ricerca, sottoposto alla vigilanza del Ministero della salute, ha acquisto tra le sue competenze la ricerca, la sperimentazione, il controllo, la consulenza, l'assistenza, l'alta formazione, informazione e documentazione in materia di prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali, sicurezza sul lavoro e di promozione e tutela della salute negli ambienti di vita e di lavoro;
    l'INAIL, pur non essendo mai intervenuto direttamente ai lavori dell'OCSE, partecipa attivamente con propri esperti ai gruppi di normazione tecnica internazionali ISO e CEN ove sono trattate le stesse tematiche tecniche relative agli aspetti di sicurezza dei codici OCSE e possiede al suo interno le necessarie risorse umane e tecniche per rappresentare adeguatamente l'Italia ai gruppi di lavoro OCSE, tantoché il decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 (TU salute e sicurezza sul lavoro), attribuisce all’ex-ISPESL (oggi INAIL), specifiche competenze in materia di sicurezza sul lavoro. L’ex-ISPESL (oggi INAIL) ai sensi della normativa vigente (articolo 9 del decreto legislativo n. 81 del 2008) è l'organo tecnico scientifico di consulenza delle autorità nazionali in materia di sicurezza e per la verifica dei requisiti di sicurezza e salute dei prodotti messi a disposizione dei lavoratori. L'ESTAL possiede presso il Centro Ricerche di Monte Porzio Catone (provincia di Roma), esperti, mezzi e attrezzature dedicate alla ricerca e alla sperimentazione per la sicurezza nell'uso dei trattori e delle macchine agricole o forestali, e nello specifico, di un banco prova progettato e realizzato per l'effettuazione di tutti i test previsti dai codici OCSE;
    in tempi recenti l'INAIL ha chiesto al Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali di valutare l'opportunità di avvalersi dell'INAIL per l'espletamento delle attività di coordinamento e controllo in sede OCSE, ma il Ministero ha ribadito il conferimento ad ENAMA dell'incarico di rappresentanza;
    il Ministero avrebbe anche invitato L'ENAMA ad avvalersi della collaborazione dell'INAIL per assicurare una più adeguata rappresentatività in merito alle materie in oggetto, ma nonostante l'offerta disponibilità dell'ente pubblico non si è avviata alcuna collaborazione,

impegna il Governo

ad un nuovo intervento normativo attraverso il quale si rivedano le competenze interne e/o presenti in enti o istituti pubblici in merito alla rappresentanza del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali in ambito OCSE e di coordinamento e controllo delle operazioni di certificazione OCSE dei trattori agricoli o forestali condotte da centri prove operanti in Italia, dando maggior peso alle competenze afferenti all'INAIL, prevedendone anche l'inclusione nella struttura societaria di ENAMA nell'ambito dei «soci di diritto».
9/3119-A/23Nicola Bianchi, Massimiliano Bernini.


   La Camera,
   premesso che:
    i codici OCSE relativi ai trattori agricoli e forestali rappresentano un insieme di regole e procedure tecniche che, attraverso l'aggiornamento delle regole internazionali, permettono di certificare le strutture di protezione dei trattori;
    l'implementazione dei codici assicura che le prove sulle predette strutture di protezione siano effettuate seguendo criteri condivisi e riconosciuti dai Paesi aderenti, con l'obiettivo di incrementare la trasparenza e semplificare le procedure per la libera circolazione a livello internazionale dei trattori agricoli o forestali;
    i codici OCSE individuano a livello internazionale le procedure di prova per l'effettuazione dei test di resistenza su:
     dispositivi di prova in caso di capovolgimento (ROPS) da installarsi sui trattori agricoli o forestali e carrelli semoventi a braccio telescopico (telehandler);
     sistemi di ritenzione del conducente (cinture di sicurezza);
     dispositivi di protezione contro la caduta di oggetti (FOPS) da installarsi sui trattori agricoli o forestali;
    l'Autorità italiana designata in ambito OCSE per i codici relativi alle prove sui trattori agricoli e forestali è il Ministero delle politiche agricole ambientali e forestali attraverso il suo Dipartimento delle politiche europee e internazionali, Direzione generale delle politiche comunitarie e internazionali di mercato;
    ENAMA, Ente Nazionale per la Meccanizzazione Agricola, è un soggetto di diritto privato all'interno del quale sono rappresentati i costruttori di macchine agricole e rappresenta il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali in ambito OCSE ed effettua attività di coordinamento e controllo delle operazioni di certificazione OCSE dei trattori agricoli o forestali condotte da centri prove operanti in Italia;
    le componenti ENAMA sono il Ministero delle politiche agricole e forestali, le Regioni, l'Assocap, la Cia, la Coldiretti, la Confagricoltura, l'Unacma, l'Unacoma, l'Unima e come struttura operativa il CRA-ING – Consiglio per la Ricerca e la Sperimentazione in Agricoltura – Istituto Sperimentale per la Meccanizzazione Agricola;
    l'ENAMA è riconosciuto ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 2000 ed è la struttura operativa creata per offrire al settore meccanico agrario un efficace strumento di supporto per una migliore competitività, tecnologia e riconoscimento delle prestazioni e sicurezza delle macchine agli operatori;
    il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, attraverso apposito decreto n. 10499 del 19 dicembre 2000 recentemente pubblicato sul sito dello stesso dicastero, attribuisce ad ENAMA le funzioni di cui ai punti precedenti;
    INAIL (istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro) che nel 2010 ha assorbito l'ISPESL, ossia l'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro, un ente di diritto pubblico del settore della ricerca, sottoposto alla vigilanza del Ministero della salute, ha acquisto tra le sue competenze la ricerca, la sperimentazione, il controllo, la consulenza, l'assistenza, l'alta formazione, informazione e documentazione in materia di prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali, sicurezza sul lavoro e di promozione e tutela della salute negli ambienti di vita e di lavoro;
    l'INAIL, pur non essendo mai intervenuto direttamente ai lavori dell'OCSE, partecipa attivamente con propri esperti ai gruppi di normazione tecnica internazionali ISO e CEN ove sono trattate le stesse tematiche tecniche relative agli aspetti di sicurezza dei codici OCSE e possiede al suo interno le necessarie risorse umane e tecniche per rappresentare adeguatamente l'Italia ai gruppi di lavoro OCSE, tantoché il decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 (TU salute e sicurezza sul lavoro), attribuisce all’ex-ISPESL (oggi INAIL), specifiche competenze in materia di sicurezza sul lavoro. L’ex-ISPESL (oggi INAIL) ai sensi della normativa vigente (articolo 9 del decreto legislativo n. 81 del 2008) è l'organo tecnico scientifico di consulenza delle autorità nazionali in materia di sicurezza e per la verifica dei requisiti di sicurezza e salute dei prodotti messi a disposizione dei lavoratori. L'ESTAL possiede presso il Centro Ricerche di Monte Porzio Catone (provincia di Roma), esperti, mezzi e attrezzature dedicate alla ricerca e alla sperimentazione per la sicurezza nell'uso dei trattori e delle macchine agricole o forestali, e nello specifico, di un banco prova progettato e realizzato per l'effettuazione di tutti i test previsti dai codici OCSE;
    in tempi recenti l'INAIL ha chiesto al Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali di valutare l'opportunità di avvalersi dell'INAIL per l'espletamento delle attività di coordinamento e controllo in sede OCSE, ma il Ministero ha ribadito il conferimento ad ENAMA dell'incarico di rappresentanza;
    il Ministero avrebbe anche invitato L'ENAMA ad avvalersi della collaborazione dell'INAIL per assicurare una più adeguata rappresentatività in merito alle materie in oggetto, ma nonostante l'offerta disponibilità dell'ente pubblico non si è avviata alcuna collaborazione,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di rivedere le competenze interne e/o presenti in enti o istituti pubblici in merito alla rappresentanza del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali in ambito OCSE e di coordinamento e controllo delle operazioni di certificazione OCSE dei trattori agricoli o forestali condotte da centri prove operanti in Italia, dando maggior peso alle competenze afferenti all'INAIL, prevedendone anche l'inclusione nella struttura societaria di ENAMA nell'ambito dei «soci di diritto».
9/3119-A/23. (Testo modificato nel corso della seduta) Nicola Bianchi, Massimiliano Bernini.


   La Camera,
   premesso che:
    il primo ottobre 2012 è entrato in vigore il decreto ministeriale n. 2049 del 1o febbraio 2012 che istituisce il Sistema informativo biologico (SIB) per la gestione informatizzata della notifica bio; il SIB è ospitato dal SIAN (Sistema informativo agricolo nazionale);
    secondo la nota del 27 febbraio 2014 n. 0014651 del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, risultano alcune criticità sul funzionamento del sistema SIB; in particolare la nota si riferisce a possibili ritardi circa l'aggiornamento in tempo reale dell'elenco degli operatori dell'agricoltura biologica;
    anche se la nota del 27 febbraio 2014, n. 0014651, del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali evidenzia come dall'elenco aggiornato del SIB resteranno esclusi alcuni nuovi operatori, appare allo stesso modo evidente a giudizio degli interroganti, la possibilità che l'elenco non essendo aggiornato in tempo reale, di fatto non esclude chi ha perduto i requisiti necessari per risultare operatore dell'agricoltura biologica (certificazione che avviene esclusivamente attraverso gli enti certificatori);
    a causa della criticità del sistema SIB di cui all'oggetto della nota del 27 febbraio 2014, n.0014651, il controllo in tempo reale da parte di un'azienda che volesse verificare l'autenticità biologica di una seconda azienda non è possibile e ciò potrebbe generare, in modo inconsapevole, l'acquisto di prodotti non certificati biologici, creduti erroneamente biologici;
    la mancata cancellazione in tempo reale dall'elenco del SIB delle aziende che hanno perduto i requisiti per essere certificate biologiche, potrebbe causare possibili frodi da parte di quelle aziende nei confronti delle acquirenti,

impegna il Governo

ad efficientare il SIB affinché funzioni correttamente ed in tempo reale, diventando quell'efficace strumento per la gestione informatica della notifica di attività con metodo biologico, quale è stato progettato e finanziato, nonché strumento di tutela dalle frodi alimentari per gli operatori del settore biologico, i consumatori italiani e dell'Unione europea.
9/3119-A/24Grillo, Massimiliano Bernini.


   La Camera,
   premesso che:
    sono accolte con favore, seppur valutate insufficienti, le norme introdotte nel settore della birra artigianale;
    si ritiene che tale settore debba essere ulteriormente incentivato da parte del Governo anche in considerazione dell'interesse crescente dei giovani ad intraprendere la professione di mastro birrario e quindi a diventare piccoli imprenditori;
    l'accisa sulla birra viene attualmente conteggiata a monte del processo produttivo, in base al numero di ettolitri di mosto prodotto, misurato in gradi Plato (oP) e che normalmente durante le varie fasi del processo produttivo, una parte del mosto, che può andare dall'8 al 15 per cento, viene fisiologicamente perduta, ovvero non verrà mai trasformata in birra;
    considerato che l'articolo 3 della direttiva europea 92/83/CEE, successivamente aggiornato dall'articolo 6 della direttiva europea 92/84/CEE, prevede che l'accisa venga accertata a valle del processo produttivo, quindi sul prodotto finito che viene effettivamente messo in commercio,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di applicare quanto stabilito dalla citata normativa comunitaria prevedendo che il momento dell'accertamento dell'accisa cada a valle del processo produttivo ovvero sul prodotto finito realmente messo in commercio.
9/3119-A/25Pesco, Gagnarli.


   La Camera,
   premesso che:
    sono accolte con favore, seppur valutate insufficienti, le norme introdotte nel settore della birra artigianale;
    si ritiene che tale settore debba essere ulteriormente incentivato da parte del Governo anche in considerazione dell'interesse crescente dei giovani ad intraprendere la professione di mastro birrario e quindi a diventare piccoli imprenditori;
    l'accisa sulla birra viene attualmente conteggiata a monte del processo produttivo, in base al numero di ettolitri di mosto prodotto, misurato in gradi Plato (oP) e che normalmente durante le varie fasi del processo produttivo, una parte del mosto, che può andare dall'8 al 15 per cento, viene fisiologicamente perduta, ovvero non verrà mai trasformata in birra;
    considerato che l'articolo 3 della direttiva europea 92/83/CEE, successivamente aggiornato dall'articolo 6 della direttiva europea 92/84/CEE, prevede che l'accisa venga accertata a valle del processo produttivo, quindi sul prodotto finito che viene effettivamente messo in commercio,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, compatibilmente con gli obiettivi di finanza pubblica, di applicare quanto stabilito dalla citata normativa comunitaria prevedendo che il momento dell'accertamento dell'accisa cada a valle del processo produttivo ovvero sul prodotto finito realmente messo in commercio.
9/3119-A/25. (Testo modificato nel corso della seduta) Pesco, Gagnarli.


   La Camera,
   premesso che:
    sono accolte con favore, seppur valutate insufficienti, le norme introdotte nel settore della birra artigianale di cui all'articolo 25-quinquies;
    l'accisa è un'imposta che grava solo sui produttori di alcune tipologie di prodotti, ad esempio benzina, luce, gas, alcolici, tabacchi, ma viene trasferita al consumatore finale attraverso l'aumento del prezzo finale del prodotto;
    fra le bevande alcoliche da pasto, la birra è l'unica a scontare l'accisa in Italia, e per di più con livelli di tassazione di gran lunga superiori rispetto a quelli mediamente previsti in altri Paesi europei. Basti pensare che l'aliquota sulla birra in Italia è superiore al triplo di quella applicata in Germania e Spagna;
    negli ultimi 2 anni l'accisa sulla birra è stata aumentata in maniera indiscriminata passando da 2,35 euro/hl/oP (settembre 2013) a 3,04 euro/hl/oP (1o gennaio 2015);
    la direttiva europea 92/83/CEE, solo in parte recepita dal nostro ordinamento, stabilisce che gli Stati membri possono applicare aliquote ridotte di accisa il cui importo varia a seconda delle produzioni annuali delle birrerie indipendenti,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere una riduzione delle accise per piccoli birrifici indipendenti, così come definiti dall'articolo 25-quinquies anche attraverso la predisposizione di scaglioni di sconti di accisa crescenti col decrescere della capacità produttiva annuale dai diversi birrifici.
9/3119-A/26Gagnarli.


   La Camera,
   premesso che:
    sono accolte con favore, seppur valutate insufficienti, le norme introdotte nel settore della birra artigianale di cui all'articolo 25-quinquies;
    l'accisa è un'imposta che grava solo sui produttori di alcune tipologie di prodotti, ad esempio benzina, luce, gas, alcolici, tabacchi, ma viene trasferita al consumatore finale attraverso l'aumento del prezzo finale del prodotto;
    fra le bevande alcoliche da pasto, la birra è l'unica a scontare l'accisa in Italia, e per di più con livelli di tassazione di gran lunga superiori rispetto a quelli mediamente previsti in altri Paesi europei. Basti pensare che l'aliquota sulla birra in Italia è superiore al triplo di quella applicata in Germania e Spagna;
    negli ultimi 2 anni l'accisa sulla birra è stata aumentata in maniera indiscriminata passando da 2,35 euro/hl/oP (settembre 2013) a 3,04 euro/hl/oP (1o gennaio 2015);
    la direttiva europea 92/83/CEE, solo in parte recepita dal nostro ordinamento, stabilisce che gli Stati membri possono applicare aliquote ridotte di accisa il cui importo varia a seconda delle produzioni annuali delle birrerie indipendenti,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, compatibilmente con gli obiettivi di finanza pubblica, di prevedere una riduzione delle accise per piccoli birrifici indipendenti, così come definiti dall'articolo 25-quinquies anche attraverso la predisposizione di scaglioni di sconti di accisa crescenti col decrescere della capacità produttiva annuale dai diversi birrifici.
9/3119-A/26. (Testo modificato nel corso della seduta) Gagnarli.


   La Camera,
   premesso che:
    sono accolte con favore, seppur valutate insufficienti, le norme introdotte nel settore della birra artigianale di cui all'articolo 25-quinquies, considerato che i microbirrifici artigianali rappresentano una realtà produttiva che negli ultimi dieci anni ha conosciuto un inaspettato quanto meritato successo in termini di crescita economica e di visibilità del prodotto;
    il «movimento» della birra artigianale, sorto nel corso degli anni novanta sulla scia di una rinnovata attenzione alla produzione agroalimentare italiana, ha dato vita ad un crescente numero di piccole fabbriche dedite alla produzione di birra realizzata impiegando metodi artigianali, che utilizzano in maniera innovativa le materie prime, allo scopo di proporre un prodotto ricco di qualità organolettiche;
    grazie al costante impegno dei piccoli produttori di birra rivolto innanzitutto all'innovazione dei processi e prodotti, è in continua espansione il trend di crescita del settore, determinando, nel contempo, l'affermazione delle birre artigianali italiane nel mercato internazionale come prodotti altamente rappresentativi dell'eccellenza agroalimentare del nostro paese;
    il settore traina con sé un indotto, in particolare quello dell'agricoltura, che ha visto valorizzare le materie prime nazionali, quali l'orzo e, per la prima volta, il luppolo destinato alla produzione di birra;
    a fronte dei risultati conseguiti, sono molti ancora gli interventi normativi da realizzare per consentire a questo segmento produttivo di crescere e svilupparsi ulteriormente. A tal fine è necessario rimuovere alcuni ostacoli, sia di natura fiscale che burocratica, e dare respiro a tutta la filiera attraverso un sostegno non solo economico ma anche di crescita del know how, attraverso l'interazione con i Paesi dove la birra è un prodotto di maggior tradizione,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere un sostegno, non solo economico, all'intera filiera brassicola italiana, con particolare riguardo al settore artigianale, prestando attenzione anche alle problematiche dell'indotto, in particolare quello dell'agricoltura.
9/3119-A/27Colletti, Gagnarli.


   La Camera,
   premesso che:
    sono valutate positivamente le norme introdotte finalizzate al rilancio del comparto ippico le cui difficoltà sono dovute sia alla riduzione dei finanziamenti che alla diminuzione delle scommesse, ridottesi di oltre il 70 per centro negli ultimi cinque anni, e che pertanto un intervento del Governo basato su legalità e trasparenza, correttezza, equità nei trattamenti, rispetto delle regole e pari opportunità per tutte le componenti è ormai indispensabile;
    il settore ippico ha costituito per lungo periodo uno dei comparti dell'eccellenza nazionale, producendo cavalli straordinari e facendo dell'allevamento dei purosangue una vera e propria industria di successo;
    la legge di stabilità per il 2016 ha ulteriormente decurtato i finanziamenti rivolti al settore ippico e che invece ai fini del rilancio delle attività sono necessarie risorse aggiuntive,

impegna il Governo

a predisporre l'aumento fino a 35.000 euro della base d'asta di cui all'articolo 1, comma 932, lettera b) della legge 28 dicembre 2015, n. 208 al fine di destinare le maggiori risorse al settore ippico.
9/3119-A/28L'Abbate.


   La Camera,
   premesso che:
    sono valutate positivamente le norme introdotte finalizzate al rilancio del comparto ippico le cui difficoltà sono dovute sia alla riduzione dei finanziamenti che alla diminuzione delle scommesse, ridottesi di oltre il 70 per centro negli ultimi cinque anni, e che pertanto un intervento del Governo basato su legalità e trasparenza, correttezza, equità nei trattamenti, rispetto delle regole e pari opportunità per tutte le componenti è ormai indispensabile;
    il settore ippico ha costituito per lungo periodo uno dei comparti dell'eccellenza nazionale, producendo cavalli straordinari e facendo dell'allevamento dei purosangue una vera e propria industria di successo;
    la legge di stabilità per il 2016 ha ulteriormente decurtato i finanziamenti rivolti al settore ippico e che invece ai fini del rilancio delle attività sono necessarie risorse aggiuntive,

impegna il Governo

a valutare la possibilità, compatibilmente con gli obiettivi di finanza pubblica, di predisporre l'aumento fino a 35.000 euro della base d'asta di cui all'articolo 1, comma 932, lettera b) della legge 28 dicembre 2015, n. 208 al fine di destinare le maggiori risorse al settore ippico.
9/3119-A/28. (Testo modificato nel corso della seduta) L'Abbate.


   La Camera,
   premesso che:
    sono valutate positivamente le norme introdotte finalizzate al rilancio del comparto ippico le cui difficoltà sono dovute sia alla riduzione dei finanziamenti che alla diminuzione delle scommesse, ridottesi di oltre il 70 per centro negli ultimi cinque anni, e che pertanto un intervento del Governo basato su legalità e trasparenza, correttezza, equità nei trattamenti, rispetto delle regole e pari opportunità per tutte le componenti è ormai indispensabile;
    il risanamento e il rilancio del settore deve necessariamente passare per una efficace riforma della governance che comprenda tutti gli operatori del settore, dalle società di gestione degli ippodromi fino agli organismi tecnici,

impegna il Governo

ad intraprendere ogni utile azione volta a garantire:
   che le società di gestione degli ippodromi rispondano a criteri di capacità gestionale ed affidabilità patrimoniale con obbligo di certificazione del bilancio, certificazione di sistemi di gestione, bilancio sociale e solidità patrimoniale misurata da indici specifici;
   che gli organismi tecnici esprimano per le diverse specialità (galoppo, trotto e sella) pareri vincolanti su materie tecniche quali regolamento delle corse o delle gare, programmazione delle corse o delle gare, impianti e strutture tecniche degli ippodromi o dei centri ippici e che i componenti siano designati dalle rispettive associazioni – con rilevanza ed estensione dell'organizzazione e dell'attività sull'intero territorio nazionale e coerentemente con le finalità istituzionali di sviluppo e promozione del settore ippico – secondo modalità definite dalle stesse;
   la partecipazione di rappresentanti dei Ministeri agli organi sociali e che l'organo di vigilanza resti in funzione fino al mantenimento di forme di finanziamento pubblico;
   la rideterminazione degli stanziamenti attualmente iscritti nel bilancio del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali per lo svolgimento dell'attività ippica anche alla luce dei «residui attivi» (lodi arbitrali, prelievi e minimi garantiti), il prelievo erariale unico come disposto dall'articolo 30-bis della legge n. 2 del 2009 e rimborsi IVA
9/3119-A/29Scagliusi, L'Abbate.


   La Camera,
   premesso che:
    sono valutate insufficienti le misure introdotte per promuovere ed incentivare l'agricoltura biologica;
    le società di affiancamento per le terre agricole di cui all'articolo 6 rappresentano una forma interessante di promozione del ricambio generazionale in agricoltura e che nell'ambito delle stesse sarebbe utile incentivare tutte le forme di agricoltura non convenzionale tra cui in particolare il biologico,

impegna il Governo

a prevedere che l'obbligo in capo ai giovani imprenditori agricoli di cui al comma 2 dell'articolo 6 ricomprenda prioritariamente l'innovazione e gli investimenti nell'agricoltura biologica.
9/3119-A/30Parentela.


   La Camera,
   premesso che:
    sono valutate insufficienti le misure introdotte per promuovere ed incentivare l'agricoltura biologica;
    le società di affiancamento per le terre agricole di cui all'articolo 6 rappresentano una forma interessante di promozione del ricambio generazionale in agricoltura e che nell'ambito delle stesse sarebbe utile incentivare tutte le forme di agricoltura non convenzionale tra cui in particolare il biologico,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere che l'obbligo in capo ai giovani imprenditori agricoli di cui al comma 2 dell'articolo 6 ricomprenda prioritariamente l'innovazione e gli investimenti nell'agricoltura biologica.
9/3119-A/30. (Testo modificato nel corso della seduta) Parentela.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 3 del provvedimento in esame introduce una nuova tipologia di servitù coattiva a carico dei proprietari di strade private, i quali sono tenuti a consentire il passaggio di tubazioni per l'allacciamento alla rete del gas di utenze domestiche o aziendali, compresa l'installazione di contatori e per la trasmissione di energia geotermica;
    la disciplina del passaggio coattivo nel fondo intercluso richieda una puntualizzazione dei presupposti che legittimano la richiesta di ampliamento coattivo del passaggio sul fondo altrui,

impegna il Governo

a rivedere la disciplina in materia di ampliamento coattivo delle servitù di passaggio prevista dall'articolo 1051 del codice civile, prevedendo che la stessa sia consentita, decorsi almeno 15 anni, in termini di miglioramento strutturale e funzionale limitatamente al transito dei veicoli e alla progettazione e realizzazione di condutture elettriche o idrauliche sottoterra in proiezione della servitù di passaggio, è purché le stesse siano asservite a fabbricati ad uso agricolo.
9/3119-A/31Lupo.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 3 del provvedimento in esame introduce una nuova tipologia di servitù coattiva a carico dei proprietari di strade private, i quali sono tenuti a consentire il passaggio di tubazioni per l'allacciamento alla rete del gas di utenze domestiche o aziendali, compresa l'installazione di contatori e per la trasmissione di energia geotermica;
    la disciplina del passaggio coattivo nel fondo intercluso richieda una puntualizzazione dei presupposti che legittimano la richiesta di ampliamento coattivo del passaggio sul fondo altrui,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di rivedere la disciplina in materia di ampliamento coattivo delle servitù di passaggio prevista dall'articolo 1051 del codice civile, prevedendo che la stessa sia consentita, decorsi almeno 15 anni, in termini di miglioramento strutturale e funzionale limitatamente al transito dei veicoli e alla progettazione e realizzazione di condutture elettriche o idrauliche sottoterra in proiezione della servitù di passaggio, è purché le stesse siano asservite a fabbricati ad uso agricolo.
9/3119-A/31. (Testo modificato nel corso della seduta) Lupo.


   La Camera,
   premesso che:
    si ritiene indispensabile, ai fini di una duratura ripresa del settore, incentivare e favorire l'accesso al credito da parte delle aziende agricole;
    considerato che il decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito con modificazioni dalla legge 24 marzo 2012, n. 27 ha istituito un Fondo di credito finalizzato a potenziare l'offerta di credito a vantaggio delle aziende agricole, con particolare attenzione ai giovani, allo scopo di favorirne la crescita e l'ammodernamento;
    lo strumento si sostanzia nell'erogazione di finanziamenti agevolati a breve, medio e lungo termine in collaborazione con le banche e le regioni; il finanziamento è costituito da una quota a carico del fondo a tasso agevolato e una quota (non inferiore al 50 per cento del totale) a carico della banca a tasso di mercato;
    ad oggi sono ancora in via di definizione le modalità operative di attuazione del fondo poiché non è ancora stato emanato il regolamento da parte di ISMEA non ostante sia già stata siglata la convenzione tra l'Istituto e l'ABI,

impegna il Governo

ad intervenire con urgenza al fine di completare le procedure necessarie alla operatività del Fondo di credito di cui in premessa.
9/3119-A/32Gallinella.


   La Camera,
   premesso che:
    si ritiene indispensabile, ai fini di una duratura ripresa del settore, incentivare e favorire l'accesso al credito da parte delle aziende agricole;
    considerato che il decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito con modificazioni dalla legge 24 marzo 2012, n. 27 ha istituito un Fondo di credito finalizzato a potenziare l'offerta di credito a vantaggio delle aziende agricole, con particolare attenzione ai giovani, allo scopo di favorirne la crescita e l'ammodernamento;
    lo strumento si sostanzia nell'erogazione di finanziamenti agevolati a breve, medio e lungo termine in collaborazione con le banche e le regioni; il finanziamento è costituito da una quota a carico del fondo a tasso agevolato e una quota (non inferiore al 50 per cento del totale) a carico della banca a tasso di mercato;
    ad oggi sono ancora in via di definizione le modalità operative di attuazione del fondo,

impegna il Governo

ad intervenire con urgenza al fine di completare le procedure necessarie alla operatività del Fondo di credito di cui in premessa.
9/3119-A/32. (Testo modificato nel corso della seduta) Gallinella.


   La Camera,
   premesso che:
    gli articoli 25 e 25-bis delegano il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi per il sostegno del riso sulla base dei seguenti principi e criteri direttivi: tutela delle varietà di riso tipiche italiane e sostegno al miglioramento genetico delle nuove varietà in costituzione; valorizzazione della produzione del riso come espressione del valore culturale paesaggistico ed ambientale di un territorio; tutela del consumatore, ponendo attenzione alla denominazione di vendita del riso; istituzione di un registro per la classificazione delle nuove varietà; disciplina dell'apparato sanzionatorio ed individuazione dell'Autorità competente all'irrogazione delle sanzioni;
    purtroppo negli articoli sopra citati non si favorisce un'agricoltura sostenibile e rispettosa dell'ambiente anche nel settore risicolo. Proprio nel vercellese esistono delle sperimentazioni concrete portate avanti con la collaborazione della Provincia di Biella, il CRA e il Dipartimento di Produzione Vegetale dell'Università degli Studi di Milano, in merito all'agricoltura conservativa e a basso impatto ambientale, come la tecnica RSN, riso seconda natura, che riduce i costi di produzione di oltre il 50 per cento rispetto ai sistemi convenzionali, riduce i consumi dell'acqua di oltre due terzi e aumenta la biodiversità e la sostanza organica nelle risaie, quindi migliora il prodotto e la qualità del riso. Questo metodo, questa tecnica, tra l'altro, è stata anche premiata da Legambiente nel 2011, del resto l'agricoltura biologica è indicata da qualsiasi organizzazione come una priorità anche per questo settore,

impegna il Governo

ad incentivare e promuovere, anche attraverso mirate campagne informative dedicate ai risicoltori, in accordo con le regioni e con la collaborazione del Crea, la tecnica RSN nelle principali aree nazionali di produzione del riso.
9/3119-A/33Castelli, Busto.


   La Camera,
   premesso che:
    gli articoli 25 e 25-bis delegano il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi per il sostegno del riso sulla base dei seguenti principi e criteri direttivi: tutela delle varietà di riso tipiche italiane e sostegno al miglioramento genetico delle nuove varietà in costituzione; valorizzazione della produzione del riso come espressione del valore culturale paesaggistico ed ambientale di un territorio; tutela del consumatore, ponendo attenzione alla denominazione di vendita del riso; istituzione di un registro per la classificazione delle nuove varietà; disciplina dell'apparato sanzionatorio ed individuazione dell'Autorità competente all'irrogazione delle sanzioni;
    purtroppo negli articoli sopra citati non si favorisce un'agricoltura sostenibile e rispettosa dell'ambiente anche nel settore risicolo. Proprio nel vercellese esistono delle sperimentazioni concrete portate avanti con la collaborazione della Provincia di Biella, il CRA e il Dipartimento di Produzione Vegetale dell'Università degli Studi di Milano, in merito all'agricoltura conservativa e a basso impatto ambientale, come la tecnica RSN, riso seconda natura, che riduce i costi di produzione di oltre il 50 per cento rispetto ai sistemi convenzionali, riduce i consumi dell'acqua di oltre due terzi e aumenta la biodiversità e la sostanza organica nelle risaie, quindi migliora il prodotto e la qualità del riso. Questo metodo, questa tecnica, tra l'altro, è stata anche premiata da Legambiente nel 2011, del resto l'agricoltura biologica è indicata da qualsiasi organizzazione come una priorità anche per questo settore,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di incentivare e promuovere, anche attraverso mirate campagne informative dedicate ai risicoltori, in accordo con le regioni e con la collaborazione del Crea, la tecnica RSN nelle principali aree nazionali di produzione del riso.
9/3119-A/33. (Testo modificato nel corso della seduta) Castelli, Busto.


   La Camera,
   premesso che:
    lo scorso dicembre 2015 e nel 2013 una sequenza di eruzioni reiterate dell'Etna ha provocato una pioggia di cenere vulcanica nel territorio della provincia di Catania, Messina e Reggio Calabria. Notevoli sono stati i danni alle colture agricole (arance, clementine, mandarini, bergamotti, limoni) dall'area dello Stretto alla Piana di Rosarno-Gioia Tauro. Le polveri laviche si depositano sui frutti, creando una patina nerastra fortemente abrasiva tale da compromettere la qualità del prodotto, non accettato sui mercati, in quanto non gradito ai consumatori;
    l'amministrazione provinciale, effettuati i dovuti sopralluoghi per verificare l'estensione geografica delle aree colpite e l'entità dei danni, hanno trasmesso gli atti ai dipartimenti regionali perché venisse riconosciuto lo stato di calamità naturale e si procedesse ad attivare le misure di sostegno a beneficio degli agricoltori, come previsto dal Fondo di solidarietà nazionale in agricoltura;
    tuttavia si riscontra che tale tipologia di calamità naturale non è stata ancora riconosciuta dalla normativa italiana ed europea;
    a seguito del mancato riconoscimento della calamità da parte della regione Calabria, la Coldiretti ha svolto un idoneo e pertinente approfondimento, dal quale risulta che la normativa sugli interventi compensativi non prevede che la individuazione degli eventi sia stabilita nel Piano assicurativo. Anzi la disciplina è fondata sul principio inverso: «se un evento non è previsto fra quelli assicurabili può darsi corso agli interventi compensativi. La definizione dei medesimi comunque resta di competenza delle regioni»,

impegna il Governo

ad attivare, anche presso le competenti sedi europee, ogni utile azione volta a ricomprendere la pioggia di cenere vulcanica nell'elenco delle calamità naturali, in modo che gli agricoltori colpiti possano avvalersi del sostegno previsto dal fondo di solidarietà nazionale.

9/3119-A/34Dieni, Parentela.


   La Camera,
   premesso che:
    a seguito del rinvenimento del coleottero Aethina tumida avvenuto, nel settembre del 2014, nell'area di Gioia Tauro (Reggio Calabria), il Ministero della salute, competente in materia, ha disposto misure di eradicazione in detti territori. Lo scorso settembre, nella medesima zona di protezione, sono stati individuati altri 29 nuovi casi di infestazione, ora completamente distrutti;
    l'evoluzione del fenomeno, con la persistenza dell'infestazione, ha giustificato la convocazione di una riunione per approfondire il confronto con dette associazioni, il 1o dicembre 2014 presso il Ministero della salute. All'incontro parteciparono, oltre al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali che coinvolse anche i responsabili scientifici del CRA (oggi CREA) che si occupano della materia, gli assessorati agricoli delle regioni Calabria e Sicilia. Nel corso della riunione furono esaminati i dati più recenti sulla diffusione dell’Aethina tumida e si prospettò la necessità di studiare eventuali linee di intervento non più volte alla eradicazione, bensì solo al contenimento. A tal riguardo il Ministero della salute si dichiarò disponibile ad esaminare le condizioni normative europee per un adattamento della strategia, ferme restando le garanzie sul controllo della movimentazione da assicurare all'Unione europea;
    ad oggi l’Aethina tumida sembra circoscritta nell'area di rinvenimento originario. La strategia dell'eradicazione non ha portato al debellamento radicale, probabilmente è necessario un salto di qualità nella strategia di contenimento provvedendo da parte delle istituzioni a creare un corridoio di protezione sanitaria che isoli la zona interessata della Calabria dall'attività apistica;
    il Governo intese confermare nel 2014 il progetto denominato BEENET, nell'ambito del quale è stata definita una rete di monitoraggio nazionale sullo stato di salute degli alveari, anche al fine di approfondirne le cause di moria delle api e di spopolamento; è un progetto che ha coinvolto 3.000 alveari situati in ogni regione e provincia autonoma, attraverso periodici controlli e successive analisi di laboratorio sulle diverse matrici raccolte (api morte, api vive, covata, cera, polline);
    a supporto del monitoraggio ci sono poi le «segnalazioni» che permettono di rilevare eventi anomali in alveari che non fanno parte della rete. Il sistema delle segnalazioni prevede che l'apicoltore segnali al servizio veterinario dell'ASL competente per territorio l'episodio di mortalità e che lo stesso proceda al necessario sopralluogo con raccolta di campioni e al loro invio all'Istituto zooprofilattico sperimentale delle Venezie per le analisi del caso, in collaborazione anche con la rete BEENET;
    il progetto si è concluso a giugno 2015 e non è stato rifinanziato dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, nonostante sia stata avanzata dal gruppo di coordinamento la richiesta di dare seguito al progetto BEENET. È una grave mancanza che si protrae già da vari mesi e sarebbe incomprensibile una mancata conferma della continuità del progetto, viste le difficoltà che il mondo delle api sopporta e cui potrebbe incorrere in futuro,

impegna il Governo

ad istituire presso il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e di concerto con il Ministero della salute una commissione apistica permanente coinvolgendo competenze scientifiche del CREA, entomologi e delle associazioni apistiche, nonché di valutare, all'interno di una strategia complessiva di monitoraggio e tutela dello stato di salute delle api, di riconfermare il progetto BEENET ormai fermo nel giugno 2015.

9/3119-A/35Nesci, Parentela.


   La Camera,
   premesso che:
    a seguito del rinvenimento del coleottero Aethina tumida avvenuto, nel settembre del 2014, nell'area di Gioia Tauro (Reggio Calabria), il Ministero della salute, competente in materia, ha disposto misure di eradicazione in detti territori. Lo scorso settembre, nella medesima zona di protezione, sono stati individuati altri 29 nuovi casi di infestazione, ora completamente distrutti;
    l'evoluzione del fenomeno, con la persistenza dell'infestazione, ha giustificato la convocazione di una riunione per approfondire il confronto con dette associazioni, il 1o dicembre 2014 presso il Ministero della salute. All'incontro parteciparono, oltre al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali che coinvolse anche i responsabili scientifici del CRA (oggi CREA) che si occupano della materia, gli assessorati agricoli delle regioni Calabria e Sicilia. Nel corso della riunione furono esaminati i dati più recenti sulla diffusione dell’Aethina tumida e si prospettò la necessità di studiare eventuali linee di intervento non più volte alla eradicazione, bensì solo al contenimento. A tal riguardo il Ministero della salute si dichiarò disponibile ad esaminare le condizioni normative europee per un adattamento della strategia, ferme restando le garanzie sul controllo della movimentazione da assicurare all'Unione europea;
    ad oggi l’Aethina tumida sembra circoscritta nell'area di rinvenimento originario. La strategia dell'eradicazione non ha portato al debellamento radicale, probabilmente è necessario un salto di qualità nella strategia di contenimento provvedendo da parte delle istituzioni a creare un corridoio di protezione sanitaria che isoli la zona interessata della Calabria dall'attività apistica;
    il Governo intese confermare nel 2014 il progetto denominato BEENET, nell'ambito del quale è stata definita una rete di monitoraggio nazionale sullo stato di salute degli alveari, anche al fine di approfondirne le cause di moria delle api e di spopolamento; è un progetto che ha coinvolto 3.000 alveari situati in ogni regione e provincia autonoma, attraverso periodici controlli e successive analisi di laboratorio sulle diverse matrici raccolte (api morte, api vive, covata, cera, polline);
    a supporto del monitoraggio ci sono poi le «segnalazioni» che permettono di rilevare eventi anomali in alveari che non fanno parte della rete. Il sistema delle segnalazioni prevede che l'apicoltore segnali al servizio veterinario dell'ASL competente per territorio l'episodio di mortalità e che lo stesso proceda al necessario sopralluogo con raccolta di campioni e al loro invio all'Istituto zooprofilattico sperimentale delle Venezie per le analisi del caso, in collaborazione anche con la rete BEENET;
    il progetto si è concluso a giugno 2015 e non è stato rifinanziato dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, nonostante sia stata avanzata dal gruppo di coordinamento la richiesta di dare seguito al progetto BEENET. È una grave mancanza che si protrae già da vari mesi e sarebbe incomprensibile una mancata conferma della continuità del progetto, viste le difficoltà che il mondo delle api sopporta e cui potrebbe incorrere in futuro,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di istituire presso il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e di concerto con il Ministero della salute una commissione apistica permanente coinvolgendo competenze scientifiche del CREA, entomologi e delle associazioni apistiche, nonché di valutare, all'interno di una strategia complessiva di monitoraggio e tutela dello stato di salute delle api, di riconfermare il progetto BEENET ormai fermo nel giugno 2015.

9/3119-A/35. (Testo modificato nel corso della seduta) Nesci, Parentela.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 25-quater dispone che gli apicoltori calabresi colpiti dal parassita Aethina tumida possano reintrodurre nella zona di protezione lo stesso numero di alveari perduti a causa del parassita Aethina tumida;
    non è tuttavia prevista alcuna forma di agevolazione economica e fiscale per incentivare la reintroduzione, e molti apicoltori hanno ricevuto con notevoli ritardi solo gli indennizzi per il mancato reddito,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di prevedere, a favore degli apicoltori calabresi colpiti dal parassita Aethina tumida, sgravi fiscali volti ad incentivare la reintroduzione nella zona di protezione dello stesso numero di alveari perduti.
9/3119-A/36Brescia.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 25-quater dispone che gli apicoltori calabresi colpiti dal parassita Aethina tumida possano reintrodurre nella zona di protezione lo stesso numero di alveari perduti a causa del parassita Aethina tumida;
    non è tuttavia prevista alcuna forma di agevolazione economica e fiscale per incentivare la reintroduzione, e molti apicoltori hanno ricevuto con notevoli ritardi solo gli indennizzi per il mancato reddito,

impegna il Governo

compatibilmente con gli obiettivi di finanza pubblica e con la normativa europea, a valutare la possibilità di prevedere, a favore degli apicoltori calabresi colpiti dal parassita Aethina tumida, sgravi fiscali volti ad incentivare la reintroduzione nella zona di protezione dello stesso numero di alveari perduti.
9/3119-A/36. (Testo modificato nel corso della seduta) Brescia.


   La Camera,
   premesso che:
    le coltivazioni agrarie soffrono tutte di un fenomeno di immunocompressione, da circa 70 anni l'importanza della biodiversità dei biota microbico del suolo della pianta e del letame, è stato sottovalutato;
    il tipo di simbiosi più diffuso in natura – più del 90 per cento delle specie vegetali – in condizioni naturali, risulta micorrizzato. Addirittura sono stati trovati resti fossili che confermano l'esistenza di endomicorrize già 450 milioni di anni fa, contemporaneamente all'apparizione dei vegetali sulle terre emerse. Si ritiene che siano state fondamentali nel processo di colonizzazione dei continenti e, a tutt'oggi, sono ancora necessarie per la vegetazione contemporanea. Tuttavia negli ambienti antropizzati, come i campi coltivati, le micorrize sono spesso assenti, oppure presenti in forma molto ridotta, molto probabilmente a causa dell'inquinamento chimico dei terreni;
    ad oggi sono stati ammessi come fitofarmaci principi attivi che distruggevano insieme ai patogeni l'intera biodiversità microbica delle piante, che hanno creato nel tempo una comunità di piante immunocompresse, incapaci di difendersi da qualsiasi patogeno, preda di qualsiasi stress biotici o abiotici e parallelamente il Parlamento europeo ha emanato una legge che ha messo fuorilegge tutti i bioti microbici, compresi i bioti microbici contenuti nel letame fresco;
    le conoscenze scientifiche recenti danno grande importanza al mantenimento della diversità microbica intestinale ed attribuiscono alla diminuzione della biodiversità intestinale la responsabilità delle principali patologie umane emergenti, come i processi autoimmuni, il diabete mellito ed il fegato grasso;
    anche grazie alla ricerca del Centro colture sperimentali di Aosta, in collaborazione con il Consiglio nazionale delle ricerche (Istituto di Fisiologia di Pisa), il Centro colture sperimentali (CCS Aosta), la Confederazione italiana agricoltori (CIA) e la Federconsumatori, oggi le nuove conoscenze maturate sull'uso dei consorzi microbiologici della radice rendono possibile un nuovo sviluppo della filiera produttiva agricola per il miglioramento della salubrità e della qualità dei prodotti alimentari con i conseguenti risvolti positivi per la salute del consumatore;
    le piante, per assorbire dal terreno le sostanze nutritive necessarie per vivere, hanno bisogno dei microrganismi della rizosfera che cooperano con l'apparato radicale. La radice delle piante stabilisce unioni simbiotiche con i funghi micorrizici e collaborazioni con batteri, attinomiceti e funghi saprofiti, che coadiuvano la funzione di assorbimento delle sostanze nutritive e dell'acqua dal terreno; essi amplificano le capacità esplorative della radice di circa 600/800 volte, moltiplicando la normale estensione dell'apparato radicale, cambiando anche la fisiologia della pianta stessa;
    il ricercatore ha scoperto che l'utilizzo delle micorrize e dei batteri della rizosfera costituisce uno strumento sorprendentemente vantaggioso per ridurre il passaggio degli inquinanti chimici nella catena alimentare grazie al lavoro metabolico dei citocromi P450 e degli enzimi di coniugazione presenti nei funghi micorrizici e nei batteri della rizosfera,

impegna il Governo

a provvedere al riordino della materia relativa ai fertilizzanti al fine di normare l'uso dei bioti contenuto negli ammendanti, nei letami animali e nei compost per permettere la commercializzazione degli stessi nei microbici nell'ambito dei fertilizzanti.
9/3119-A/37Busto.


   La Camera,
   premesso che:
    le coltivazioni agrarie soffrono tutte di un fenomeno di immunocompressione, da circa 70 anni l'importanza della biodiversità dei biota microbico del suolo della pianta e del letame, è stato sottovalutato;
    il tipo di simbiosi più diffuso in natura – più del 90 per cento delle specie vegetali – in condizioni naturali, risulta micorrizzato. Addirittura sono stati trovati resti fossili che confermano l'esistenza di endomicorrize già 450 milioni di anni fa, contemporaneamente all'apparizione dei vegetali sulle terre emerse. Si ritiene che siano state fondamentali nel processo di colonizzazione dei continenti e, a tutt'oggi, sono ancora necessarie per la vegetazione contemporanea. Tuttavia negli ambienti antropizzati, come i campi coltivati, le micorrize sono spesso assenti, oppure presenti in forma molto ridotta, molto probabilmente a causa dell'inquinamento chimico dei terreni;
    ad oggi sono stati ammessi come fitofarmaci principi attivi che distruggevano insieme ai patogeni l'intera biodiversità microbica delle piante, che hanno creato nel tempo una comunità di piante immunocompresse, incapaci di difendersi da qualsiasi patogeno, preda di qualsiasi stress biotici o abiotici e parallelamente il Parlamento europeo ha emanato una legge che ha messo fuorilegge tutti i bioti microbici, compresi i bioti microbici contenuti nel letame fresco;
    le conoscenze scientifiche recenti danno grande importanza al mantenimento della diversità microbica intestinale ed attribuiscono alla diminuzione della biodiversità intestinale la responsabilità delle principali patologie umane emergenti, come i processi autoimmuni, il diabete mellito ed il fegato grasso;
    anche grazie alla ricerca del Centro colture sperimentali di Aosta, in collaborazione con il Consiglio nazionale delle ricerche (Istituto di Fisiologia di Pisa), il Centro colture sperimentali (CCS Aosta), la Confederazione italiana agricoltori (CIA) e la Federconsumatori, oggi le nuove conoscenze maturate sull'uso dei consorzi microbiologici della radice rendono possibile un nuovo sviluppo della filiera produttiva agricola per il miglioramento della salubrità e della qualità dei prodotti alimentari con i conseguenti risvolti positivi per la salute del consumatore;
    le piante, per assorbire dal terreno le sostanze nutritive necessarie per vivere, hanno bisogno dei microrganismi della rizosfera che cooperano con l'apparato radicale. La radice delle piante stabilisce unioni simbiotiche con i funghi micorrizici e collaborazioni con batteri, attinomiceti e funghi saprofiti, che coadiuvano la funzione di assorbimento delle sostanze nutritive e dell'acqua dal terreno; essi amplificano le capacità esplorative della radice di circa 600/800 volte, moltiplicando la normale estensione dell'apparato radicale, cambiando anche la fisiologia della pianta stessa;
    il ricercatore ha scoperto che l'utilizzo delle micorrize e dei batteri della rizosfera costituisce uno strumento sorprendentemente vantaggioso per ridurre il passaggio degli inquinanti chimici nella catena alimentare grazie al lavoro metabolico dei citocromi P450 e degli enzimi di coniugazione presenti nei funghi micorrizici e nei batteri della rizosfera,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative, anche in sede europea, al fine di provvedere al riordino della materia relativa ai fertilizzanti al fine di normare l'uso dei bioti contenuto negli ammendanti, nei letami animali e nei compost per permettere la commercializzazione degli stessi nei microbici nell'ambito dei fertilizzanti.
9/3119-A/37. (Testo modificato nel corso della seduta) Busto.


   La Camera,
   premesso che:
    il regime speciale IVA in agricoltura, disciplinato dal comma 1 dell'articolo 34 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 (regime naturale per cessioni di prodotti agricoli (Tabella A, parte I del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 72) effettuate da produttori agricoli) presenta queste caratteristiche:
     applicazione delle aliquote IVA ordinarie sulle fatture di vendita di prodotti agricoli (Tabella A, parte I);
     detrazione forfettaria IVA assolta sugli acquisti, in sede di liquidazione periodica, in base a «percentuali di compensazione» calcolate sulle vendite degli stessi prodotti agricoli;
     indetraibilità dell'IVA assolta sugli acquisti;
    l'imposta si applica con le aliquote proprie dei singoli prodotti, salva l'applicazione delle aliquote corrispondenti alle percentuali di compensazione per i passaggi di prodotti ai soggetti di cui al comma 2, lettera c), che applicano il regime speciale e per le cessioni effettuate dai soggetti di cui al comma 6, primo e secondo periodo;
    secondo l'articolo 34, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 per le cessioni di prodotti agricoli e ittici compresi nella prima parte dell'allegata Tabella A, effettuate dai produttori agricoli, la detrazione prevista nell'articolo 19 forfettizzata in misura pari all'importo risultante dall'applicazione, all'ammontare imponibile delle operazioni stesse, delle percentuali di compensazione stabilite, per gruppi di prodotti, con decreto del Ministro delle finanze di concerto con il Ministro per le politiche agricole;
    l'imposta si applica con le aliquote proprie dei singoli prodotti, salva l'applicazione delle aliquote corrispondenti alle percentuali di compensazione per i passaggi di prodotti ai soggetti di cui al comma 2, lettera c), che applicano il regime speciale e per le cessioni effettuate dai soggetti di cui al comma 6, primo e secondo periodo;
    le percentuali di compensazione, individuate inizialmente dal decreto ministeriale del 12 maggio 1992 e dal successivo decreto interministeriale del 30 dicembre 1997, sono state rideterminate dal decreto del Ministero dell'economia e delle finanze del 23 dicembre 2005, il quale ha rideterminato per alcuni prodotti agricoli le percentuali di compensazione,

impegna il Governo

a rivedere la normativa in materia di compensazioni IVA al fine di stabilire per la pappa reale la percentuale dell'8,8 per cento.

9/3119-A/38Benedetti, Massimiliano Bernini.


   La Camera,
   premesso che:
    il regime speciale IVA in agricoltura, disciplinato dal comma 1 dell'articolo 34 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 (regime naturale per cessioni di prodotti agricoli (Tabella A, parte I del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 72) effettuate da produttori agricoli) presenta queste caratteristiche:
     applicazione delle aliquote IVA ordinarie sulle fatture di vendita di prodotti agricoli (Tabella A, parte I);
     detrazione forfettaria IVA assolta sugli acquisti, in sede di liquidazione periodica, in base a «percentuali di compensazione» calcolate sulle vendite degli stessi prodotti agricoli;
     indetraibilità dell'IVA assolta sugli acquisti;
    l'imposta si applica con le aliquote proprie dei singoli prodotti, salva l'applicazione delle aliquote corrispondenti alle percentuali di compensazione per i passaggi di prodotti ai soggetti di cui al comma 2, lettera c), che applicano il regime speciale e per le cessioni effettuate dai soggetti di cui al comma 6, primo e secondo periodo;
    secondo l'articolo 34, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 per le cessioni di prodotti agricoli e ittici compresi nella prima parte dell'allegata Tabella A, effettuate dai produttori agricoli, la detrazione prevista nell'articolo 19 forfettizzata in misura pari all'importo risultante dall'applicazione, all'ammontare imponibile delle operazioni stesse, delle percentuali di compensazione stabilite, per gruppi di prodotti, con decreto del Ministro delle finanze di concerto con il Ministro per le politiche agricole;
    l'imposta si applica con le aliquote proprie dei singoli prodotti, salva l'applicazione delle aliquote corrispondenti alle percentuali di compensazione per i passaggi di prodotti ai soggetti di cui al comma 2, lettera c), che applicano il regime speciale e per le cessioni effettuate dai soggetti di cui al comma 6, primo e secondo periodo;
    le percentuali di compensazione, individuate inizialmente dal decreto ministeriale del 12 maggio 1992 e dal successivo decreto interministeriale del 30 dicembre 1997, sono state rideterminate dal decreto del Ministero dell'economia e delle finanze del 23 dicembre 2005, il quale ha rideterminato per alcuni prodotti agricoli le percentuali di compensazione,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di rivedere la normativa in materia di compensazioni IVA includendo nel regime speciale previsto per i prodotti agricoli anche la pappa reale con una percentuale di compensazione pari all'8,8 per cento.

9/3119-A/38. (Testo modificato nel corso della seduta) Benedetti, Massimiliano Bernini.


   La Camera,
   accolte con favore, seppur valutate insufficienti, le norme introdotte nel settore della birra artigianale e del luppolo in particolare;
   premesso che:
    all'articolo 25-sexies del provvedimento in esame si stabilisce che il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, compatibilmente con la normativa europea in materia di aiuti di Stato e con le norme specifiche di settore, favorisce il miglioramento delle condizioni di produzione, trasformazione e commercializzazione nel settore del luppolo e dei suoi derivati;
    nello stesso articolo si specifica altresì che il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali destina quota parte delle risorse iscritte annualmente nello stato di previsione del medesimo Ministero, sulla base dell'autorizzazione di spesa di cui alla legge 23 dicembre 1999, n. 499;
   visto che nella legge 23 dicembre 1999, n. 499, si prevede un finanziamento pluriennale per interventi pubblici in vari settori: agricolo, agroalimentare, agroindustriale e forestale, per favorire l'evoluzione strutturale, accrescere le capacità concorrenziali del sistema agroalimentare italiano nel mercato europeo ed internazionale, promuovere le politiche di sviluppo e di salvaguardia del mondo rurale;
   considerato che le dotazioni del suddetto fondo da cui si finanziano i predetti settori non consentono interventi cospicui su ognuno di essi, invece il settore del luppolo, essendo in fase primordiale di rinascita, necessita di risorse con urgenza,

impegna il Governo

ad inserire tra le priorità politiche del Governo il finanziamento di progetti di ricerca e sviluppo per la produzione e per i processi di prima trasformazione del luppolo, per la ricostituzione del patrimonio genetico del luppolo e per l'individuazione di corretti processi di meccanizzazione.

9/3119-A/39Della Valle, Gagnarli.


   La Camera,
   premesso che:
    il settore agricolo riflette la situazione economica generale italiana, ma a differenza di quanto si sta verificando nelle principali economie dell'Unione europea, non riesce ad uscire dalla fase di crisi che lo ha investito e che dura da molti anni;
    il testo del disegno di legge recante deleghe al Governo e ulteriori disposizioni in materia di semplificazione, razionalizzazione e competitività dei settori agricolo, agroalimentare, della pesca e dell'acquacoltura, collegato alla legge di stabilità 2014, reca una ampia serie di interventi su molteplici aspetti dell'economia agricola, con l'intento di semplificare la filiera e dare nuovo impulso ad un settore che deve tornare ad essere centrale nell'economia italiana;
    la Commissione di merito ha disposto la soppressione dell'articolo 30 del testo approvato dal Senato, che recava modifiche alla disciplina relativa alla Rete del lavoro agricolo di qualità, di cui all'articolo 6 del decreto-legge n. 91 del 2014, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 116 del 2014, in vista di una più esaustiva riconsiderazione degli interventi volti a rafforzare gli strumenti di contrasto allo sfruttamento dei lavoratori agricoli, nel quadro dell'esame del disegno di legge governativo Atto Senato n. 2217, recante disposizioni in materia di contrasto ai fenomeni del lavoro nero e dello sfruttamento del lavoro in agricoltura;
    tale settore, per la sua stessa natura legata agli eventi climatici, utilizza spessissimo assunzioni temporanee, impiegate per la raccolta della frutta e per la vendemmia, in periodi ristrettissimi e con scadenze particolarmente stringenti dettate dalle condizioni meteorologiche e dalle esigenze del mercato;
    non solo nel settore agricolo, sono molti i rapporti di lavoro nei quali le prestazioni vengono dichiarate in maniera distorta o incompleta rispetto alla realtà, non garantendo la completa tutela del lavoratore;
    è noto che diversi datori di lavoro, sotto il ricatto del licenziamento o della non assunzione, corrispondono ai lavoratori una retribuzione inferiore ai minimi fissati dalla contrattazione collettiva, pur facendo firmare al lavoratore, molto spesso, una busta paga dalla quale risulta una retribuzione regolare;
    tale prassi rappresenta un grave danno per i lavoratori i quali vengono non solo depauperati di parte del lavoro prestato, ma sono lesi nella loro dignità e nel diritto a una giusta retribuzione, in violazione degli articoli 1, 35 e, soprattutto, 36 della Costituzione. Al contrario, la corresponsione di una retribuzione inferiore si risolve in un vantaggio illecito per il datore di lavoro e in uno strumento di concorrenza sleale nei confronti di imprese che tutelano i propri lavoratori;
    un semplice meccanismo antielusivo potrebbe consistere nel rendere tracciabile il pagamento delle retribuzioni, prevedendo altresì che la firma della busta paga apposta dal lavoratore o dalla lavoratrice, non costituisce prova dell'avvenuto pagamento della retribuzione,

impegna il Governo

a prevedere opportune iniziative, anche legislative, al fine di introdurre modalità per il pagamento delle retribuzioni dei lavoratori subordinati, che vietano ai datori di lavoro o committenti di corrispondere la retribuzione per mezzo di somme contanti di denaro, indipendentemente dalle modalità di svolgimento della prestazione e dalla durata del rapporto e che comunque prevedano un meccanismo antielusivo al fine di contrastare il fenomeno delle false buste paga.

9/3119-A/40Di Salvo, Gnecchi, Damiano, Albanella, Arlotti, Baruffi, Boccuzzi, Casellato, Giacobbe, Gribaudo, Incerti, Patrizia Maestri, Miccoli, Paris, Tinagli, Zappulla.


   La Camera,
   premesso che:
    le funzioni di Buonitalia Spa, partecipata dal Ministero dell'agricoltura e posta in liquidazione nel 2011, sono state ex lege attribuite all'Agenzia per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane, di cui all'articolo 14 del decreto-legge n. 98 del 2011, convertito, con modificazioni, nella legge n. 111 del 2011;
    per quanto riguarda i dipendenti, l'articolo 12, comma 18-bis, della legge n. 135 del 2012 ha previsto che «Con ulteriore decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, da emanare entro sessanta giorni dalla chiusura della fase di liquidazione, è disposto il trasferimento delle eventuali risorse strumentali e finanziarie residue di Buonitalia Spa in liquidazione all'Agenzia.»;
    i dipendenti a tempo indeterminato in servizio presso la predetta società al 31 dicembre 2011, previo espletamento di apposita procedura selettiva di verifica dell'idoneità, da espletare anche in deroga ai limiti alle facoltà assunzionali, sono inquadrati, anche in posizione di sovrannumero rispetto alla dotazione organica dell'ente, riassorbibile con le successive vacanze, nei ruoli dell'ente di destinazione sulla base di un'apposita tabella di corrispondenza approvata con il richiamato decreto;
    successivamente al decreto 28 febbraio 2012, con il quale sono state trasferite all'Agenzia le risorse umane e strumentali, l'Agenzia medesima ha bandito le procedure selettive per la valutazione dell'idoneità per l'accesso nell'area II, III e Dirigenziale di II fascia;
    il bando ha previsto una vera e propria modalità assunzionale e non una mera procedura di verifica dell'idoneità, come invece era previsto dalla legge, e sul punto delle qualifiche d'inquadramento il bando è assolutamente carente, in quanto non ha previsto quali saranno i profili professionali dei soggetti destinatari dell'assunzione;
    il bando ha previsto all'articolo 5 che si svolgesse una prova pratica attitudinale articolata in un test e in un colloquio ma che le materie oggetto della prova scritta erano eccessivamente indeterminate e incoerenti con le professionalità di provenienza e di eventuale destinazione;
    anche le materie del colloquio, connesse alla specifica attività dell'ICE, sono risultate incongrue rispetto al fatto che l'acquisizione di competenze pratiche inerenti l'ICE dovrebbe essere conseguenza dell'attività da svolgersi all'interno dell'ICE stesso e quindi dopo l'assunzione;
    il bando ha indetto una vera e propria procedura concorsuale invece che una procedura selettiva idoneativa, come era previsto dall'articolo 12, comma 18-bis, del decreto-legge n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012, come modificato dall'articolo 1, comma 478, della legge n. 147 del 2013;
    tale ricostruzione risulta peraltro confermata anche dal fatto che le materie richieste per la selezione idoneativa degli ex dipendenti di Buonitalia Spa sono state più numerose rispetto a quelle del bando con il quale l'Agenzia ha indetto il concorso per l'assunzione di 107 dipendenti nella posizione economica C;
    il mancato superamento da parte di alcuno degli ex dipendenti di Buonitalia Spa della selezione, ad avviso dei presentatori alquanto anomalo, dimostra peraltro il particolare rigore della prova selettiva, se solo si considera che le funzioni esercitate dalla società in liquidazione sono confluite nella neonata Agenzia;
    sulla questione si è recentemente espresso il TAR del Lazio con sentenza n. 943 del 25 gennaio 2016, che, accogliendo le ragioni degli ex dipendenti di Buonitalia, ricorrenti contro gli esiti della procedura selettiva organizzata dall'Agenzia, ha ordinato alla medesima Agenzia di rieditare il bando per la procedura selettiva in maniera conforme alla legge,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative volte a dare piena esecuzione alla sentenza del Tar del Lazio richiamata in premessa.

9/3119-A/41Russo, Sani, Oliverio, Catanoso, Fabrizio Di Stefano, Riccardo Gallo.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 11, introdotto durante l'esame al Senato ed ora soppresso, inseriva ex lege, nel Programma delle infrastrutture strategiche (PIS) di cui alla legge n. 443 del 2001, una categoria di interventi prioritari finalizzati alla modernizzazione delle infrastrutture logistiche del comparto agroalimentare;
    in particolare gli interventi per la modernizzazione delle infrastrutture logistiche del comparto agroalimentare erano orientati alle seguenti finalità: modernizzazione della rete dei mercati all'ingrosso; sviluppo dei poli logistici rivolti al potenziamento dell'intermodalità; sviluppo di piattaforme innovative per l'esportazione; sostituzione del trasporto su gomma con il trasporto ferroviario e marittimo; implementazione di tecnologie innovative per il monitoraggio, la tracciabilità, la gestione dei traffici e l'integrazione con la rete europea;
    il miglioramento del processo di filiera nel settore agroalimentare all'interno del sistema della rete infrastrutturale della logistica, considerata la tuttora limitata diffusione dell’outsourcing logistico nel panorama italiano – specialmente per i settori più tradizionali, connessi alle produzioni del made in Italy – rappresenta un'esigenza particolarmente avvertita dagli operatori del settore coinvolti, che per questo si gioverebbero di una più marcata funzionalizzazione delle risorse esistenti;
    la legge 28 gennaio 2016, n. 11, recante «Deleghe al Governo per l'attuazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sull'aggiudicazione dei contratti di concessione, sugli appalti pubblici e sulle procedure d'appalto degli enti erogatori nei settori dell'acqua, dell'energia, dei trasporti e dei servizi postali, nonché per il riordino della disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture» all'articolo 1, comma 1, lettera sss), dispone il superamento delle disposizioni di cui alla legge 21 dicembre 2001, n. 443, prevedendo la riprogrammazione dell'allocazione delle risorse alle opere in base ai criteri individuati nel Documento pluriennale di pianificazione (DPP), previsto dall'articolo 2 del decreto legislativo 29 dicembre 2011, n. 228;
    nell'Allegato infrastrutture al Documento di economia e finanza 2015 si indica la scelta di individuare nel citato Documento pluriennale di pianificazione (DPP) lo strumento unico di programmazione che includerà e renderà coerenti tutti i piani e i programmi d'investimento per le opere pubbliche di competenza del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
    in vista della definizione del Documento pluriennale di pianificazione,

impegna il Governo

ad inserire gli interventi finalizzati alla modernizzazione e/o allo sviluppo delle infrastrutture logistiche del comparto agroalimentare tra le opere di interesse strategico considerate ai fini della programmazione nazionale da indicare nel Documento pluriennale di pianificazione (DPP), con priorità nel Mezzogiorno.

9/3119-A/42Antezza, Luciano Agostini, Capozzolo, Carra, Cova, Cuomo, Dal Moro, Falcone, Fiorio, Lavagno, Marrocu, Mongiello, Palma, Prina, Romanini, Sani, Taricco, Terrosi, Venittelli, Zanin, Vico, Amoddio.


   La Camera,
   premesso che:
    al fine di promuovere lo sviluppo di una produzione agricola di qualità ed ecocompatibile e ridurre i rischi per la salute degli uomini e degli animali e per l'ambiente, l'articolo 59 della legge n. 488 del 1999 ha istituito il Fondo per la ricerca nel settore dell'agricoltura biologica e di qualità; il Fondo è destinato al finanziamento di programmi annuali, nazionali e regionali, di ricerca in materia di agricoltura biologica, nonché in materia di sicurezza e salubrità degli alimenti;
    la dotazione del Fondo è costituita dalle entrate derivanti da un contributo annuale per la sicurezza alimentare dovuto da soggetti autorizzati alla vendita di prodotti fitosanitari e fertilizzanti da sintesi nella misura del 2 per cento del fatturato dell'anno precedente;
    per contenere la spesa pubblica, con la legge finanziaria del 2008 – articolo 2, comma 615 – è stata vietata la riassegnazione negli stati di previsione dei Ministeri competenti di parte delle entrate autorizzate da provvedimenti legislativi inseriti in un elenco allegato alla finanziaria 2008; tra questi l'articolo 59 della legge n. 488 del 1999 che istituiva il contributo annuale su fitosanitari e fertilizzanti destinato ad alimentare il Fondo per la ricerca nel settore dell'agricoltura biologica e di qualità;
    per effetto di questa disposizione la quota da assegnare a questo Fondo delle entrate derivanti da vendita di pesticidi è stata determinata forfettariamente a valere sulle risorse di un Fondo unico, iscritto sul cap. 2314/MIPAAF, il cui stanziamento, annualmente determinato in legge di bilancio, è stato soggetto nel tempo a tagli lineari per esigenze di risanamento della finanza pubblica;
    la dotazione si è stabilizzata (negli anni 2014 e 2015) a seguito delle numerose richieste avanzate dall'Amministrazione, in circa 3 milioni di euro in funzione delle somme da destinare al Fondo per la ricerca nel settore biologico in agricoltura; tali risorse non sono sufficienti per le finalità istitutive del Fondo, il finanziamento di programmi annuali, nazionali e regionali, di ricerca in materia di agricoltura biologica, e di programmi sulla sicurezza e salubrità degli alimenti, né è adeguato a sostenere un effettivo sviluppo dell'agricoltura biologica e di qualità;
    per incoraggiare la diffusione dei metodi di agricoltura biologica e di qualità, anche tra i piccoli imprenditori e coltivatori agricoli è essenziale favorire la semplificazione amministrativa in materia di certificazione e controllo dell'agricoltura biologica;
    a tutela dell'ambiente e dell'ecosistema l'articolo 12, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica n. 357 del 1997, ha vietato l'introduzione, la reintroduzione, e il ripopolamento in natura di specie e popolazioni non autoctone, che possano arrecare pregiudizio alla conservazione degli habitat o delle specie autoctone; in taluni casi – comprovati da evidenze scientifiche – l'introduzione, la reintroduzione, e il ripopolamento in natura di specie di specie non autoctone, possono essere efficaci nella lotta biologica che si avvale di antagonisti naturali, per il controllo di specie dannose accidentalmente introdotte (è questo il caso, ad esempio, della cinipide del castagno); in ogni caso l'introduzione, la reintroduzione, e il ripopolamento in natura di specie non autoctone possono essere ammesse a condizione che tali specie non autoctone non abbiano un impatto scientificamente rilevante sulla eventuale coorte di antagonisti naturali autoctoni che, seppure presenti, non sono in grado di contenere efficacemente la specie dannosa; l'introduzione delle specie non autoctone antagoniste delle specie dannose deve essere, anche in questi casi eccezionali, regolata dalla normativa vigente in materia,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di estendere le finalità del Fondo di cui all'articolo 59 della legge n. 488 del 1999, destinando le risorse che ad esso affluiscono anche allo sviluppo della produzione agricola biologica mediante incentivi agli agricoltori e agli allevatori che attuano la riconversione del metodo di produzione, nonché mediante adeguate misure di assistenza tecnica e codici di buona pratica agricola per un corretto uso dei prodotti fitosanitari e dei fertilizzanti; all'informazione dei consumatori sugli alimenti ottenuti con metodi di produzione biologica, sugli alimenti tipici e tradizionali, nonché su quelli a denominazione di origine protetta, in modo da incentivare il consumo di tali prodotti;
   a valutare l'opportunità, a tal fine, di rendere congrua la dotazione del citato fondo, destinando ad esso l'intero ammontare del gettito derivante dal contributo annuale per la sicurezza alimentare dovuto da soggetti autorizzati alla vendita di prodotti fitosanitari e fertilizzanti;
   a valutare l'opportunità con opportuno provvedimento, di attribuire alle regioni, sentito il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, la facoltà di concedere specifiche deroghe alla normativa nazionale in materia di esecuzione delle attività di controllo, sulla modulistica relativa alle ispezioni, sulle procedure di rilascio della certificazione, esclusivamente a definiti gruppi di operatori biologici, la cui organizzazione sia in grado di garantire, per ciascuna azienda agricola partecipante al raggruppamento, il rispetto e l'applicazione delle medesime condizioni prescritte dalla normativa vigente in materia di certificazione e controllo dell'agricoltura biologica; in questo caso, il gruppo di operatori biologici organizzato potrà essere costituito da agricoltori, che operino in aree geografiche omogenee, che producono o trasformano alimenti o mangimi, e che svolgano l'attività agricola su una superficie massima di 5 ettari, oppure, nel caso di colture in serra o altre produzioni intensive sotto coperture protettive, su una superficie massima di 0,5 ettari o, nel caso di prati esclusivamente permanenti, su una superficie complessiva non superiore a 15 ettari; lo stesso gruppo di operatori biologici, costituito con personalità giuridica, potrà prevedere, al suo interno, un comitato di controllo delle attività agricole dei singoli operatori costituenti il gruppo; il sistema dei controlli interni dovrà prevedere, una serie documentata di attività e procedure di controllo eseguite dal comitato volte alla verifica del pieno rispetto della normativa vigente in materia di certificazione e controllo dell'agricoltura biologica;
   a valutare l'opportunità – e con tutte le opportune cautele – di autorizzare l'introduzione, la reintroduzione e il ripopolamento in natura di specie non autoctone, per le quali esistano evidenze scientifiche che comprovino l'utilità del loro impiego nella lotta biologica attraverso l'uso di antagonisti naturali, per il controllo di specie dannose accidentalmente introdotte; tali specie non autoctone non devono avere un impatto scientificamente rilevante sulla eventuale coorte di antagonisti naturali autoctoni che, seppure presenti, non sono in grado di contenere efficacemente la specie dannosa.

9/3119-A/43Terrosi, Fiorio, Luciano Agostini, Antezza, Capozzolo, Carra, Cova, Cuomo, Dal Moro, Falcone, Lavagno, Marrocu, Mongiello, Palma, Prina, Romanini, Sani, Taricco, Venittelli, Zanin, Tentori, Cenni, Albini, Cenni.


   La Camera,
   premesso che:
    al fine di promuovere lo sviluppo di una produzione agricola di qualità ed ecocompatibile e ridurre i rischi per la salute degli uomini e degli animali e per l'ambiente, l'articolo 59 della legge n. 488 del 1999 ha istituito il Fondo per la ricerca nel settore dell'agricoltura biologica e di qualità; il Fondo è destinato al finanziamento di programmi annuali, nazionali e regionali, di ricerca in materia di agricoltura biologica, nonché in materia di sicurezza e salubrità degli alimenti;
    la dotazione del Fondo è costituita dalle entrate derivanti da un contributo annuale per la sicurezza alimentare dovuto da soggetti autorizzati alla vendita di prodotti fitosanitari e fertilizzanti da sintesi nella misura del 2 per cento del fatturato dell'anno precedente;
    per contenere la spesa pubblica, con la legge finanziaria del 2008 – articolo 2, comma 615 – è stata vietata la riassegnazione negli stati di previsione dei Ministeri competenti di parte delle entrate autorizzate da provvedimenti legislativi inseriti in un elenco allegato alla finanziaria 2008; tra questi l'articolo 59 della legge n. 488 del 1999 che istituiva il contributo annuale su fitosanitari e fertilizzanti destinato ad alimentare il Fondo per la ricerca nel settore dell'agricoltura biologica e di qualità;
    per effetto di questa disposizione la quota da assegnare a questo Fondo delle entrate derivanti da vendita di pesticidi è stata determinata forfettariamente a valere sulle risorse di un Fondo unico, iscritto sul cap. 2314/MIPAAF, il cui stanziamento, annualmente determinato in legge di bilancio, è stato soggetto nel tempo a tagli lineari per esigenze di risanamento della finanza pubblica;
    la dotazione si è stabilizzata (negli anni 2014 e 2015) a seguito delle numerose richieste avanzate dall'Amministrazione, in circa 3 milioni di euro in funzione delle somme da destinare al Fondo per la ricerca nel settore biologico in agricoltura; tali risorse non sono sufficienti per le finalità istitutive del Fondo, il finanziamento di programmi annuali, nazionali e regionali, di ricerca in materia di agricoltura biologica, e di programmi sulla sicurezza e salubrità degli alimenti, né è adeguato a sostenere un effettivo sviluppo dell'agricoltura biologica e di qualità;
    per incoraggiare la diffusione dei metodi di agricoltura biologica e di qualità, anche tra i piccoli imprenditori e coltivatori agricoli è essenziale favorire la semplificazione amministrativa in materia di certificazione e controllo dell'agricoltura biologica;
    a tutela dell'ambiente e dell'ecosistema l'articolo 12, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica n. 357 del 1997, ha vietato l'introduzione, la reintroduzione, e il ripopolamento in natura di specie e popolazioni non autoctone, che possano arrecare pregiudizio alla conservazione degli habitat o delle specie autoctone; in taluni casi – comprovati da evidenze scientifiche – l'introduzione, la reintroduzione, e il ripopolamento in natura di specie di specie non autoctone, possono essere efficaci nella lotta biologica che si avvale di antagonisti naturali, per il controllo di specie dannose accidentalmente introdotte (è questo il caso, ad esempio, della cinipide del castagno); in ogni caso l'introduzione, la reintroduzione, e il ripopolamento in natura di specie non autoctone possono essere ammesse a condizione che tali specie non autoctone non abbiano un impatto scientificamente rilevante sulla eventuale coorte di antagonisti naturali autoctoni che, seppure presenti, non sono in grado di contenere efficacemente la specie dannosa; l'introduzione delle specie non autoctone antagoniste delle specie dannose deve essere, anche in questi casi eccezionali, regolata dalla normativa vigente in materia,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di estendere le finalità del Fondo di cui all'articolo 59 della legge n. 488 del 1999, destinando le risorse che ad esso affluiscono anche allo sviluppo della produzione agricola biologica mediante incentivi agli agricoltori e agli allevatori che attuano la riconversione del metodo di produzione, nonché mediante adeguate misure di assistenza tecnica e codici di buona pratica agricola per un corretto uso dei prodotti fitosanitari e dei fertilizzanti; all'informazione dei consumatori sugli alimenti ottenuti con metodi di produzione biologica, sugli alimenti tipici e tradizionali, nonché su quelli a denominazione di origine protetta, in modo da incentivare il consumo di tali prodotti;
   a valutare l'opportunità, a tal fine, di rendere congrua la dotazione del citato fondo, destinando ad esso l'intero ammontare del gettito derivante dal contributo annuale per la sicurezza alimentare dovuto da soggetti autorizzati alla vendita di prodotti fitosanitari e fertilizzanti;
   a valutare l'opportunità – e con tutte le opportune cautele – di autorizzare l'introduzione, la reintroduzione e il ripopolamento in natura di specie non autoctone, per le quali esistano evidenze scientifiche che comprovino l'utilità del loro impiego nella lotta biologica attraverso l'uso di antagonisti naturali, per il controllo di specie dannose accidentalmente introdotte; tali specie non autoctone non devono avere un impatto scientificamente rilevante sulla eventuale coorte di antagonisti naturali autoctoni che, seppure presenti, non sono in grado di contenere efficacemente la specie dannosa.

9/3119-A/43. (Testo modificato nel corso della seduta) Terrosi, Fiorio, Luciano Agostini, Antezza, Capozzolo, Carra, Cova, Cuomo, Dal Moro, Falcone, Lavagno, Marrocu, Mongiello, Palma, Prina, Romanini, Sani, Taricco, Venittelli, Zanin, Tentori, Cenni, Albini, Cenni.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 19-bis della legge 25 novembre 1971, n. 1096, sulla disciplina dell'attività sementiera, prevede che agli agricoltori che producono le varietà di sementi iscritte nel registro nazionale delle varietà da conservazione, nei luoghi dove tali varietà hanno evoluto le loro proprietà caratteristiche, siano riconosciuti il diritto alla vendita diretta e in ambito locale di sementi o di materiali di propagazione relativi a tali varietà e prodotti in azienda, nonché il diritto al libero scambio all'interno della Rete nazionale della biodiversità di interesse agricolo e alimentare, secondo quanto disposto dal decreto legislativo n. 149 del 2009, e dal decreto legislativo n. 267 del 2010, fatto salvo quanto previsto dalla normativa vigente in materia fitosanitaria;
    lo sviluppo delle conoscenze sulla sequenza e sul funzionamento dei genomi vegetali, richiedono un'adeguata regolamentazione della materia, che affronti anche le problematiche relative ai rischi percepiti dall'opinione pubblica in relazione all'uso delle piante transgeniche e che possa contribuire alla riduzione dei timori associati all'uso delle biotecnologie in agricoltura;
    non esiste ancora una regolamentazione compiuta e sostanzialmente uniforme della tecnologia e dei prodotti derivanti da cisgenesi, intragenesi, genome editing;
    in Europa, l'Efsa (European food safety authority) ha recentemente segnalato che le piante cisgeniche presentano rischi simili a quelli ottenuti con il miglioramento genetico convenzionale, mentre i rischi delle piante ottenute per intragenesi sono assimilabili a quelli delle piante transgeniche (Efsa Panel on genetically modified organisms (gmo) 2012a),

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità, per le finalità di cui al citato articolo 19-bis della legge 1096 del 1971, sulla disciplina dell'attività sementiera, di attribuire alle regioni la facoltà di riconoscere agli operatori biologici, in forma singola o associata, purché in possesso di competenze in materia documentate o documentabili e di adeguate capacità organizzative, la qualifica di produttori di sementi di varietà da conservazione, nonché il diritto alla vendita diretta e il diritto al libero scambio;
   nelle more della definizione di specifiche normative a livello comunitario, a valutare l'opportunità di vietare l'utilizzo di prodotti ottenuti o derivati da cisgenesi e intragenesi e tecniche di gene-editing, in agricoltura biologica come alimenti, mangimi, ausiliari di fabbricazione, prodotti fitosanitari, concimi, ammendanti, sementi, materiali di riproduzione vegetativa, microrganismi e animali.

9/3119-A/44Fiorio, Terrosi, Luciano Agostini, Antezza, Capozzolo, Carra, Cova, Cuomo, Dal Moro, Falcone, Lavagno, Marrocu, Mongiello, Palma, Prina, Romanini, Sani, Taricco, Venittelli, Zanin, Cenni.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 19-bis della legge 25 novembre 1971, n. 1096, sulla disciplina dell'attività sementiera, prevede che agli agricoltori che producono le varietà di sementi iscritte nel registro nazionale delle varietà da conservazione, nei luoghi dove tali varietà hanno evoluto le loro proprietà caratteristiche, siano riconosciuti il diritto alla vendita diretta e in ambito locale di sementi o di materiali di propagazione relativi a tali varietà e prodotti in azienda, nonché il diritto al libero scambio all'interno della Rete nazionale della biodiversità di interesse agricolo e alimentare, secondo quanto disposto dal decreto legislativo n. 149 del 2009, e dal decreto legislativo n. 267 del 2010, fatto salvo quanto previsto dalla normativa vigente in materia fitosanitaria;
    lo sviluppo delle conoscenze sulla sequenza e sul funzionamento dei genomi vegetali, richiedono un'adeguata regolamentazione della materia, che affronti anche le problematiche relative ai rischi percepiti dall'opinione pubblica in relazione all'uso delle piante transgeniche e che possa contribuire alla riduzione dei timori associati all'uso delle biotecnologie in agricoltura;
    non esiste ancora una regolamentazione compiuta e sostanzialmente uniforme della tecnologia e dei prodotti derivanti da cisgenesi, intragenesi, genome editing;
    in Europa, l'Efsa (European food safety authority) ha recentemente segnalato che le piante cisgeniche presentano rischi simili a quelli ottenuti con il miglioramento genetico convenzionale, mentre i rischi delle piante ottenute per intragenesi sono assimilabili a quelli delle piante transgeniche (Efsa Panel on genetically modified organisms (gmo) 2012a),

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità, per le finalità di cui al citato articolo 19-bis della legge 1096 del 1971, sulla disciplina dell'attività sementiera, di attribuire alle regioni la facoltà di riconoscere agli operatori biologici, in forma singola o associata, purché in possesso di competenze in materia documentate o documentabili e di adeguate capacità organizzative, la qualifica di produttori di sementi di varietà da conservazione, nonché il diritto alla vendita diretta e il diritto al libero scambio;
   nelle more della definizione di specifiche normative a livello comunitario, a valutare la possibilità di adottare iniziative volte a vietare l'utilizzo di prodotti ottenuti o derivati da cisgenesi e intragenesi e tecniche di gene-editing, in agricoltura biologica come alimenti, mangimi, ausiliari di fabbricazione, prodotti fitosanitari, concimi, ammendanti, sementi, materiali di riproduzione vegetativa, microrganismi e animali.

9/3119-A/44. (Testo modificato nel corso della seduta) Fiorio, Terrosi, Luciano Agostini, Antezza, Capozzolo, Carra, Cova, Cuomo, Dal Moro, Falcone, Lavagno, Marrocu, Mongiello, Palma, Prina, Romanini, Sani, Taricco, Venittelli, Zanin, Cenni.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame dispone deleghe rilevanti in materia di pesca;
    nell'ambito del provvedimento sono disciplinate deleghe al Governo e ulteriori disposizioni in materia di semplificazione, razionalizzazione e competitività dei settori agricolo, agroalimentare, della pesca e dell'acquacoltura;
    risultano disciplinate deleghe per le seguenti materie:
     1. eliminazione di duplicazioni e semplificazione della normativa in materia di pesca e acquacoltura;
     2. coordinamento, adeguamento ed integrazione della normativa nazionale con quella europea in materia di pesca e acquacoltura, anche ai fini di tutela e protezione dell'ambiente marino;
     3. razionalizzazione della normativa in materia di controlli e di frodi nel settore della pesca e dell'acquacoltura al fine di tutelare maggiormente i consumatori;
     4. coerenza della disciplina in materia di pesca non professionale con la normativa europea in materia di pesca;
     5. sviluppo della multifunzionalità delle imprese della pesca e dell'acquacoltura, privilegiando le iniziative dell'imprenditoria locale, soprattutto giovanile e femminile;
    al Capo III del provvedimento in esame si disciplina il contesto nazionale e l'applicazione normativo internazionale in materia di pesca e acquacoltura;
    in particolar modo risulta disciplinata la parte relativa alla sovranità nell'ambito marittimo: pescare in acque sottoposte alla sovranità di altri Stati, salvo che nelle zone, nei tempi e nei modi previsti dagli accordi internazionali, ovvero sulla base delle autorizzazioni rilasciate dagli Stati interessati. Allo stesso divieto sono sottoposte le unità non battenti bandiera italiana che pescano nelle acque sottoposte alla sovranità della Repubblica italiana;
    a tal proposito emergono in tutta la sua evidenza gli effetti dell'accordo sottoscritto il 21 marzo 2015 a livello internazionale tra l'Italia e la Francia in materia di competenze e sovranità marittime;
    a metà gennaio un motopeschereccio veniva bloccato e fermato dalle autorità francesi nelle acque internazionali davanti alla Liguria;
    il motopeschereccio Cecilia della marineria di Golfo Aranci ha pubblicamente denunciato che le autorità francesi gli hanno intimato di non oltrepassare un asserito nuovo confine marittimo che, a detta della guardia costiera francese, sarebbe stato deciso da un accordo internazionale tra Italia e Francia il 21 marzo del 2015;
    tale divieto è apparso da subito una violazione non solo del diritto internazionale ma anche di quello marittimo, considerato che tale divieto veniva imposto in acque notoriamente e pacificamente riconosciute internazionali;
    alla luce di questo fatto gravissimo, senza che le autorità italiane abbiano niente comunicato alle imbarcazioni operanti storicamente nell'area, è stato fatto riferimento all'accordo sottoscritto dal Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale Gentiloni con il suo omologo francese Fabius il 21 marzo 2015 nella regione della Normandia a Caen;
    tale accordo ratificato dallo Stato francese risulta lesivo del diritto degli operatori italiani e sardi della pesca di operare nelle acque pacificamente individuate come acque internazionali;
    con l'accordo richiamato vengono di fatto modificati i confini delle acque internazionali sino a registrare a nord della Sardegna un'estensione delle acque territoriali francesi da 12 miglia ad oltre 38 miglia;
    l'accordo internazionale è stato sottoscritto senza coinvolgere in alcun modo, né le regioni interessate, a partire dalla Sardegna e la Liguria, né tantomeno le categorie produttive direttamente coinvolte nell'attività di pesca tradizionale in quegli specchi acquei;
    l'accordo va revocato in quanto appare in contrasto con lo stesso principio alla base del provvedimento in esame che disciplina appunto l'utilizzo delle acque territoriali comprese quelle di altri Stati;
    è fin troppo evidente che se tale accordo venisse ratificato dal Parlamento sarebbero sottratte alla disciplina medesima specchi acquei prima internazionali e poi, invece, affidate ad altro Stato;
    le autorità francesi hanno bloccato reiteratamente i pescatori liguri e sardi;
    l'accordo siglato a Caen il 21 marzo del 2015 è stato fatto scattare nei giorni scorsi in modo unilaterale dalla Francia, considerato che lo ha già fatto ratificare al proprio Parlamento;
    si tratta di un accordo che stravolge tutti gli accordi precedenti e soprattutto cede alla Francia una parte rilevante di specchio acqueo a nord-est della Sardegna, comprendendo nella cessione gran parte delle acque internazionali da sempre utilizzate dai pescatori sardi;
    il limite territoriale delle 12 miglia marine è adottato dalla maggior parte degli Stati mondiali e si applica, nella stessa misura, anche per lo spazio aereo sovrastante, per il fondo e il sottofondo marino, a meno di un limite inferiore imposto per problemi geografici di delimitazione riferito alle brevi distanze tra Stati, come nel caso delle Bocche di Bonifacio;
    il diritto internazionale di geopolitica degli spazi marittimi, sancito nella Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (Montego Bay – 10 dicembre 1982), definisce i limiti territoriali degli Stati nella misura delle 12 miglia marine, a partire dalla linea batimetrica di 1,50 metri dalla costa;
    l'Italia ha esteso a 12 miglia il proprio mare territoriale con la legge 14 agosto 1974, n. 359, ampliando il precedente limite di 6 miglia previsto dall'articolo 2 del codice della navigazione del 1942. Il nostro Paese ha stipulato accordi di delimitazione con la Francia, per la fissazione delle frontiere marittime nell'area delle Bocche di Bonifacio, e con la Jugoslavia (cui sono succedute Croazia e Slovenia), per la delimitazione del golfo di Trieste;
    il decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1977, n. 816, ha stabilito un «sistema di linee di base» articolato in 38 segmenti complessivi, che ha portato ad una notevole semplificazione del margine esterno del mare territoriale, passato ad uno sviluppo lineare inferiore a 5.000 chilometri, rispetto ad uno sviluppo costiero effettivo di 7.418 chilometri;
    la delimitazione delle acque territoriali tra l'Italia ed i Paesi confinanti, inoltre, è stata attuata con la Convenzione di Parigi del 28 novembre 1986, tra Italia e Francia, relativa alla delimitazione delle frontiere marittime nell'area delle Bocche di Bonifacio – (l'accordo definisce i limiti delle acque territoriali posti tra la Sardegna e la Corsica mediante una linea composta di 6 segmenti);
    l'accordo, fortemente lesivo degli interessi nazionali e delle categorie interessate, siglato dall'Italia riconosce di fatto a totale vantaggio della Francia il cosiddetto diritto alla zona economica esclusiva (esercitabile esclusivamente al di fuori delle acque territoriali del Paese che ne fa richiesta);
    la zona economica esclusiva è un'area esterna al mare territoriale, immediatamente dopo la zona contigua, che non può invadere i limiti territoriali di un altro Stato e che si estende fino a 200 miglia marine – (e cioè: a partire sempre dalla linea di base dalla quale è misurata l'ampiezza delle acque territoriali di 12 miglia, con una estensione massima di 188 miglia marine);
    all'interno delle zone economiche esclusive lo Stato costiero esercita giurisdizione funzionale in specifiche materie. Secondo l'articolo 58, paragrafo 1, della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, tutti gli altri Stati, sia costieri che privi di litorale, godono della libertà di navigazione (marittima), di sorvolo, di posa in opera di condotte e cavi sottomarini e di altri usi del mare leciti in ambito internazionale;
    i maggiori poteri spettano in questo caso allo Stato costiero titolare della zona economica esclusiva che ha la titolarità dei diritti sovrani sulla massa d'acqua sovrastante, il fondo marino ai fini dell'esplorazione e dello sfruttamento, la conservazione e la gestione delle risorse naturali, viventi e non viventi (e dunque soprattutto la pesca), compresa la produzione di energia delle acque e delle correnti, la giurisdizione in materia di installazione e uso di isole artificiali o strutture fisse, ricerca scientifica in mare e protezione, come è la conservazione dell'ambiente marino;
    l'Italia non ha mai proposto e attuato una propria zona economica esclusiva, favorendo di fatto l'operazione francese,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative per revocare e/o rivedere tale accordo che costituirebbe un danno economico rilevante per il mondo della pesca a partire da quello sardo;
   ad assumere con somma urgenza iniziative affinché le autorità francesi rispettino le norme vigenti, ribadendo con la necessaria chiarezza che l'accordo di Caen del 21 marzo 2015 non è in vigore e non ha nessuna efficacia né giuridica né operativa;
   a segnalare formalmente i fermi, perpetrati dalle autorità francesi a danno delle imbarcazioni sarde e non solo, in tratti di mare di competenza internazionale;
   assumere, nell'ambito della delega, iniziative per attivare la zona economica esclusiva a favore del mondo della pesca a partire da quella sarda.
9/3119-A/45Pili, Pastorino, Vella, Molteni, Occhiuto.


   La Camera,
   premesso che:
    l'ultimo rapporto di Eurispes che ha misurato l'indice di organizzazione criminale nell'ambito del quarto Rapporto Agromafie con Coldiretti e l'Osservatorio sulla criminalità nell'agricoltura e sul sistema agroalimentare ha fatto registrare una serie di dati da tenere nella dovuta considerazione politica ed istituzionale;
    la misurazione sulla base di alcuni criteri economici e sociali a fronte di una media nazionale calcolata in 29,1 punti di IOC vede anche Avellino tra i territori a maggior rischio con un indice pari a 42,3, oltre 13 punti rispetto alla media;
    emerge quindi un inquietante quadro di pervasività criminale anche nel settore agricolo dell'entroterra campano ed in particolare irpino che va affrontato,

impegna il Governo

a fronte di tali dati e nell'ambito dell'esercizio della delega che viene approvata mediante il provvedimento in esame a prevedere uno specifico tavolo istituzionale, con il coinvolgimento di tutti i soggetti interessati, per la provincia di Avellino al fine di contrastare la presenza criminale nel settore agricolo che rischiano di minare le prospettive di una delle voci economiche principali di questo territorio.
9/3119-A/46Famiglietti.


   La Camera,
   premesso che:
    l'ultimo rapporto di Eurispes che ha misurato l'indice di organizzazione criminale nell'ambito del quarto Rapporto Agromafie con Coldiretti e l'Osservatorio sulla criminalità nell'agricoltura e sul sistema agroalimentare ha fatto registrare una serie di dati da tenere nella dovuta considerazione politica ed istituzionale;
    emerge quindi un inquietante quadro di pervasività criminale anche nel settore agricolo dell'entroterra campano ed in particolare irpino che va affrontato,

impegna il Governo

a fronte di tali dati e nell'ambito dell'esercizio della delega che viene approvata mediante il provvedimento in esame a prevedere uno specifico tavolo istituzionale, con il coinvolgimento di tutti i soggetti interessati, per la provincia di Avellino al fine di contrastare la presenza criminale nel settore agricolo che rischiano di minare le prospettive di una delle voci economiche principali di questo territorio.
9/3119-A/46. (Testo modificato nel corso della seduta) Famiglietti.


   La Camera,
   premesso che:
    le aziende che lavorano alcool etilico ad accisa assolta e come materia prima ad uso alimentare sono costrette a detenere e a compilare dei registri cartacei ed informatici con descritte giornalmente le contabilità dei prodotti alcolici;
    queste imprese pagano l'alcool al produttore (distilleria) o al grossista (deposito fiscale) comprensivo dell'accisa, che poi provvedono a versare all'Erario;
    l'obbligo di detenere la contabilità specifica con registri sia cartacei che informatici per queste imprese, risulta essere di una farraginosità e complessità tale da mettere in difficoltà tutte le aziende con inutili perdite di tempo considerato che l'accisa è stata pagata alla fonte cioè al momento dell'acquisto dell'alcool;
    l'abolizione dei registri cartacei ed informatici per tutte le aziende che lavorano alcool etilico ad uso alimentare ad accisa assolta non produrrebbe alcun danno all'Erario, né inciderebbe sulla disciplina dei controlli – in quanto questi vengono fatti a monte – ma sarebbe una importante semplificazione per le aziende già fortemente penalizzate da oneri burocratici che potrebbero, quindi, dedicarsi al loro specifico lavoro incentivando ricavi, occupazione e in sostanza maggior ricchezza per il Paese,

impegna il Governo

a prevedere provvedimenti, anche di carattere legislativo, affinché non sia previsto l'obbligo della tenuta della contabilità specifica eseguita sia su registri cartacei che informatici per le imprese che utilizzano alcool etilico a scopo alimentare ad accisa assolta.

9/3119-A/47Allasia, Guidesi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 6 prevede che il Governo emani un decreto legislativo che disciplini le forme di affiancamento tra agricoltori ultra-sessantacinquenni o pensionati e giovani di età compresa tra i 18 e i 40 anni. La finalità dell'affiancamento è il graduale passaggio della gestione dell'attività d'impresa agricola ai giovani;
    la legge di stabilità 2016 ha stabilito che in merito all'IMU sui terreni agricoli siano, tra gli altri, esentati i terreni agricoli posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali indipendentemente dalla loro ubicazione,

impegna il Governo

a prevedere nelle more di attuazione del provvedimento misure di esenzione dal pagamento dell'IMU sui terreni agricoli per i soggetti, giovani e ultra-sessantacinquenni o pensionati, che si avvalgono dell'affiancamento, di cui all'articolo 6, indipendentemente dalla ubicazione del terreno agricolo.

9/3119-A/48Borghesi, Guidesi.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 8-bis dell'articolo 36 del decreto-legge n. 179 del 2012, convertito dalla legge n. 221 del 2012, al fine di rendere più efficienti le attività di controllo relative alla rintracciabilità di prodotti agricoli e alimentari ha previsto l'obbligo, per i produttori agricoli di cui all'articolo 34, sesto comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, di comunicare annualmente le operazioni rilevanti ai fini IVA attraverso la comunicazione telematica all'Agenzia delle entrate;
    i produttori agricoli che nell'anno solare precedente hanno realizzato o, in caso di inizio di attività, prevedono di realizzare un volume d'affari non superiore a 7.000 euro, costituito per almeno due terzi da cessioni di prodotti, fino all'approvazione del suddetto comma 8-bis, erano esonerati dal versamento dell'imposta e da tutti gli obblighi documentali e contabili, compresa la dichiarazione annuale (IVA), fermo restando l'obbligo di numerare e conservare le fatture e le bollette doganali;
    la giustificazione alla suddetta norma, concernente la volontà di rendere più efficienti le attività di controllo relative alla rintracciabilità dei prodotti agricoli e alimentari, non appare coerente con le disposizioni del regolamento europeo di riferimento (regolamento (CE) n. 178/2002) richiamato dalla stessa, che attribuisce funzioni e compiti all'Autorità europea per la sicurezza alimentare in collaborazione con gli Stati membri e che obbliga gli operatori ad individuare chi abbia fornito loro un «alimento» e obbliga ad individuare le imprese alle quali abbiano fornito i loro prodotti, attraverso sistemi e procedure da loro disposti;
    la suddetta disposizione obbliga le aziende agricole di piccole dimensioni a rivolgersi a soggetti che possono espletare telematicamente la comunicazione a fini IVA. Si tratta, in sostanza, di un ulteriore ed incoerente aggravio burocratico che confligge con il regime speciale IVA;
    come è noto, il tessuto imprenditoriale agricolo nazionale è notevolmente frazionato. La cura e la protezione dell'ambiente e del territorio, in aggiunta alla capacità produttiva di tali imprese, è quindi «affidata» a moltissime «micro imprese» che hanno un volume di affari annuo inferiore ai 7 mila euro,

impegna il Governo

a prevedere provvedimenti di carattere legislativo che prevedano per i produttori agricoli di cui all'articolo 34, sesto comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, la non obbligatorietà di comunicare annualmente le operazioni rilevanti ai fini IVA attraverso la comunicazione telematica all'Agenzia delle entrate, così come previsto dal comma 8-bis dell'articolo 36 del decreto-legge n. 179 del 2012, convertito dalla legge n. 221 del 2012.

9/3119-A/49Invernizzi, Guidesi.


   La Camera,
   premesso che:
    i produttori agricoli con volume d'affari annuo inferiore a 7 mila euro, beneficiano di un regime di esonero dagli adempimenti fiscali ai fini IVA, disciplinato dall'articolo 34, comma 6, del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972;
    tali produttori possono comunque scegliere di uscire dal regime di esonero, svolgendo, da quel momento, tutti gli adempimenti IVA previsti per gli altri imprenditori agricoli, compresa la produzione della dichiarazione annuale IVA;
    l'articolo 2, comma 3, della legge n. 77 del 1997, dispone l'esonero dall'iscrizione al Registro imprese, tenuto dalle camere di commercio, per le imprese agricole che nell'anno solare precedente non hanno superato il volume d'affari di 7 mila euro, a prescindere dall'opzione della tenuta della contabilità IVA;
    alcune camere di commercio, però, hanno interpretato tale disposizione non legandola al limite dell'importo del volume d'affari prodotto nell'anno precedente, ma alla scelta dell'imprenditore di entrare in contabilità IVA;
    un'ampia fetta delle imprese agricole non raggiunge i 7 mila euro di volume d'affari, pertanto non sarebbe obbligata ad adempiere agli obblighi contabili IVA, e quindi alla produzione della dichiarazione IVA annuale;
    le stesse imprese non hanno le condizioni di tempo lavoro e reddito, necessarie all'iscrizione previdenziale del conduttore quale coltivatore diretto o imprenditore agricolo professionale. Peraltro, per poter ottenere i premi alla produzione di cui al regolamento UE 1307/2013, gli stessi imprenditori sono tenuti ad uscire dal regime di esonero di cui al comma 6 dell'articolo 34 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, tenere la contabilità IVA, e presentare annualmente la dichiarazione annuale IVA;
    premi ed aiuti che, seppure in situazioni limitate ad alcune centinaia di euro, oltre a rappresentare un diritto dell'imprenditore, rappresentano comunque un supporto economico non trascurabile per le attività dei richiedenti e per la permanenza degli stessi nel territorio;
    gli oneri conseguenti alla tenuta della contabilità IVA e della produzione della dichiarazione annuale IVA, in aggiunta agli atti conseguenti alla pretesa iscrizione al Registro delle imprese e del diritto annuale dovuto allo stesso Registro, rendono assolutamente diseconomica la richiesta. Spesso quanto erogato quale aiuto comunitario, non copre tali oneri,

impegna il Governo

a prevedere provvedimenti di natura anche legislativa i quali stabiliscano chiaramente che le imprese che beneficiano di un regime di esonero dagli adempimenti fiscali ai fini IVA, disciplinato dall'articolo 34, comma 6, del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, siano esonerate dall'iscrizione al Registro delle imprese e con essa dagli oneri conseguenti, a prescindere dall'esercizio dell'opzione prevista dal quarto periodo dal comma 6 dell'articolo 34 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972.

9/3119-A/50Busin, Guidesi.


   La Camera,
   premesso che:
    i produttori agricoli con volume d'affari annuo inferiore a 7 mila euro, beneficiano di un regime di esonero dagli adempimenti fiscali ai fini IVA, disciplinato dall'articolo 34, comma 6, del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972;
    tali produttori possono comunque scegliere di uscire dal regime di esonero, svolgendo, da quel momento, tutti gli adempimenti IVA previsti per gli altri imprenditori agricoli, compresa la produzione della dichiarazione annuale IVA;
    l'articolo 2, comma 3, della legge n. 77 del 1997, dispone l'esonero dall'iscrizione al Registro imprese, tenuto dalle camere di commercio, per le imprese agricole che nell'anno solare precedente non hanno superato il volume d'affari di 7 mila euro, a prescindere dall'opzione della tenuta della contabilità IVA;
    alcune camere di commercio, però, hanno interpretato tale disposizione non legandola al limite dell'importo del volume d'affari prodotto nell'anno precedente, ma alla scelta dell'imprenditore di entrare in contabilità IVA;
    un'ampia fetta delle imprese agricole non raggiunge i 7 mila euro di volume d'affari, pertanto non sarebbe obbligata ad adempiere agli obblighi contabili IVA, e quindi alla produzione della dichiarazione IVA annuale;
    le stesse imprese non hanno le condizioni di tempo lavoro e reddito, necessarie all'iscrizione previdenziale del conduttore quale coltivatore diretto o imprenditore agricolo professionale. Peraltro, per poter ottenere i premi alla produzione di cui al regolamento UE 1307/2013, gli stessi imprenditori sono tenuti ad uscire dal regime di esonero di cui al comma 6 dell'articolo 34 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, tenere la contabilità IVA, e presentare annualmente la dichiarazione annuale IVA;
    premi ed aiuti che, seppure in situazioni limitate ad alcune centinaia di euro, oltre a rappresentare un diritto dell'imprenditore, rappresentano comunque un supporto economico non trascurabile per le attività dei richiedenti e per la permanenza degli stessi nel territorio;
    gli oneri conseguenti alla tenuta della contabilità IVA e della produzione della dichiarazione annuale IVA, in aggiunta agli atti conseguenti alla pretesa iscrizione al Registro delle imprese e del diritto annuale dovuto allo stesso Registro, rendono assolutamente diseconomica la richiesta. Spesso quanto erogato quale aiuto comunitario, non copre tali oneri,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di prevedere provvedimenti di natura anche legislativa i quali stabiliscano chiaramente che le imprese che beneficiano di un regime di esonero dagli adempimenti fiscali ai fini IVA, disciplinato dall'articolo 34, comma 6, del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, siano esonerate dall'iscrizione al Registro delle imprese e con essa dagli oneri conseguenti, a prescindere dall'esercizio dell'opzione prevista dal quarto periodo dal comma 6 dell'articolo 34 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972.

9/3119-A/50. (Testo modificato nel corso della seduta) Busin, Guidesi.


   La Camera,
   premesso che:
    il mercato del latte ha perso oltre il 20 per cento nel giro di un anno e mezzo e il prezzo riconosciuto agli allevatori non riesce a coprire neanche i costi per l'alimentazione degli animali;
    nella prima riunione del Comitato consultivo previsto dall'accordo di filiera per il sostegno al comparto lattiero caseario siglato al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali il 26 novembre 2015, è stato definito il sistema base di indicizzazione del prezzo del latte, attraverso un meccanismo oggettivo che tiene conto dei costi di produzione e dell'andamento dei prezzi del latte e dei formaggi sul mercato interno ed estero;
    certamente questo accordo è un importante passo avanti per la stabilità e sostenibilità del settore lattiero-caseario anche se le questioni legate al futuro prezzo del latte restano ancora aperte. È necessario arrivare nel più breve tempo possibile alla determinazione di un prezzo giusto da pagare agli allevatori che nel frattempo continuano a chiudere le loro attività;
    i Paesi di tutta Europa stanno aumentato la produzione di latte mentre il nostro Paese è deficitario, questo condurrebbe inevitabilmente a eventuali importazioni di latte estero a prezzi più bassi,

impegna il Governo

ad adottare provvedimenti volti alla tutela dei produttori del latte affinché questi non continuino a chiudere le loro attività a causa di una remunerazione del latte ancora inferiore rispetto ai costi di produzione e delle importazioni di latte proveniente da Paesi esteri che ha costi e qualità decisamente inferiori a quello italiano.
9/3119-A/51Guidesi.


   La Camera,
   premesso che:
    il mercato del latte ha perso oltre il 20 per cento nel giro di un anno e mezzo e il prezzo riconosciuto agli allevatori non riesce a coprire neanche i costi per l'alimentazione degli animali;
    nella prima riunione del Comitato consultivo previsto dall'accordo di filiera per il sostegno al comparto lattiero caseario siglato al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali il 26 novembre 2015, è stato definito il sistema base di indicizzazione del prezzo del latte, attraverso un meccanismo oggettivo che tiene conto dei costi di produzione e dell'andamento dei prezzi del latte e dei formaggi sul mercato interno ed estero;
    certamente questo accordo è un importante passo avanti per la stabilità e sostenibilità del settore lattiero-caseario anche se le questioni legate al futuro prezzo del latte restano ancora aperte. È necessario arrivare nel più breve tempo possibile alla determinazione di un prezzo giusto da pagare agli allevatori che nel frattempo continuano a chiudere le loro attività;
    i Paesi di tutta Europa stanno aumentato la produzione di latte mentre il nostro Paese è deficitario, questo condurrebbe inevitabilmente a eventuali importazioni di latte estero a prezzi più bassi,

impegna il Governo

ad adottare provvedimenti volti alla tutela dei produttori del latte affinché questi non continuino a chiudere le loro attività anche a causa delle ragioni strutturali connesse ai costi di produzione e all'andamento dei prezzi.
9/3119-A/51. (Testo modificato nel corso della seduta) Guidesi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 29, capoverso «Art. 11», al comma 9 prevede che è soggetto al pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 euro a 3.000 euro chiunque viola le norme vigenti relative all'esercizio della pesca sportiva, ricreativa e subacquea;
    il meccanismo sanzionatorio utilizzato sino ad oggi non ha mai rispettato il principio di proporzionalità delle sanzioni, prevedendo importi identici per violazioni di gravità molto diverse, come ad esempio la pesca notturna o lo sforamento pesante dei limiti di cattura, violazioni spesso in nesso teleologico con la vendita abusiva, e l'allontanamento eccessivo dalla boa di segnalazione, sintomo, al più, di scarsa responsabilità;
    soprattutto, questo meccanismo non è mai stato proporzionato/armonizzato con le sanzioni previste per violazioni analoghe poste in essere da altre tipologie di utenza del mare costiero, quali i diportisti;
    nel caso degli obblighi di segnalazione, i soggetti coinvolti sono due: subacqueo e diportista. Sebbene il subacqueo se non segnala correttamente la propria posizione corre il rischio per la propria incolumità o vita, la sanzione amministrativa per la sua violazione è 5 volte superiore a quella prevista per il diportista, che con la propria imprudenza, negligenza o imperizia, violando la distanza di rispetto, mette a repentaglio l'incolumità altrui;
    anche con riferimento alle distanze da costa non c’è ragione che possa spiegare perché la violazione di precetti analoghi da parte dei diportisti sia sanzionata con un importo molto contenuto mentre nel caso dei pescatori subacquei sia punita con sanzioni così afflittive;
    a ben vedere, il bene tutelato è sempre l'incolumità dei bagnanti e le eliche delle imbarcazioni non sono certo meno pericolose dei fucili subacquei come le cronache dimostrano,

impegna il Governo

a prevedere misure legislative volte a disporre una rimodulazione delle sanzioni per la violazione delle distanze minime dalla costa e degli obblighi di segnalazione per l'esercizio della pesca subacquea, stabilendo importi più idonei per quelle meno gravi, al fine di rispettare il principio di proporzionalità delle sanzioni nonché armonizzarle con quelle previste per violazioni dei diportisti.

9/3119-A/52Gianluca Pini, Guidesi.


   La Camera,
   premesso che:
    il Regolamento UE 1151/2012 del Parlamento e del Consiglio del 21 novembre 2012 relativo alla protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni di origine dei prodotti agricoli ed alimentari protegge su tutto il territorio dell'Unione i prodotti registrati come DOP-IGP da ogni tentativo di imitazione, usurpazione, evocazione della denominazione, dall'impiego commerciale diretto o indiretto del nome registrato per prodotti che non abbiano diritto al suo utilizzo, dalle indicazioni false ed ingannevoli relative all'origine di prodotti apparentemente simili ma non registrati, ed, infine, da qualsiasi prassi che possa indurre in errore il consumatore sulla vera origine dei prodotti;
    l'articolo 2 del disegno di legge all'esame, soppresso durante l'esame in Commissione, prevedeva modifiche al codice penale e al codice di procedura penale, in particolare, in relazione al delitto di contraffazione di alimenti a denominazione protetta, previsto dall'articolo 517-quater del codice penale;
    con decreto ministeriale del 20 aprile 2015 viene istituita presso il Ministero della giustizia una commissione per l'elaborazione di proposte di intervento sulla riforma dei reati in materia agroalimentare, presieduta dal dottor Gian Carlo Caselli, per procedere alla predisposizione di uno schema di disegno di legge di riforma della disciplina degli illeciti agroalimentari;
    la commissione ha concluso i suoi lavori il 14 ottobre 2015 consegnando nella mani del Ministro della giustizia uno schema di disegno di legge recante «Nuove norme in materia di reati agroalimentari» e le relative Linee guida illustrative;
    allo stato attuale non risulta che sia stato depositato presso il Parlamento il disegno di legge governativo risultante dai lavori della suddetta commissione;
    il fenomeno di illeciti nel settore agroalimentare richiede urgenti misure anche di carattere penale, per invertire un trend pericoloso, che nel corso degli ultimi anni sta negativamente caratterizzando un importante settore che rappresenta un pilastro nell'economia italiana,

impegna il Governo

ad accelerare la presentazione del suddetto disegno di legge, al fine di conoscere quali siano le risultanze del lavoro della suddetta commissione che ha proceduto alla rielaborazione del sistema sanzionatorio contro le frodi alimentari, in quanto i prodotti DOP e IGP sono alimenti che costituiscono espressione della cultura e tradizione dei luoghi di provenienza e vanno, quindi, tutelati e valorizzati.

9/3119-A/53Rondini, Guidesi.


   La Camera,
   premesso che:
    la tutela delle denominazioni di origine e tipiche è una delle battaglie decisive su cui si gioca il futuro del Paese e di uno dei settori strategici per lo sviluppo economico dell'Italia;
    la diffusione della conoscenza presso i consumatori dei veri prodotti Dop è una delle azioni prioritarie che possono favorire da un lato la difesa delle peculiarità gastronomiche della nostra terra e dall'altro a contrastare il fenomeno delle frodi alimentari;
    nel contesto della ristorazione, relativamente ai formaggi a pasta dura grattugiati, senza pre-imballaggio e utilizzati per il consumo immediato, ancora non è obbligatorio fornire indicazioni precise quando il questo formaggio rientra tra i prodotti Dop;
    l'articolo 39, comma 1, del Regolamento (UE) n. 1169/11 prevede l'adozione di provvedimenti nazionali per definire le indicazioni obbligatorie complementari per tipi o categorie specifici di alimenti, se motivati da: protezione della salute pubblica; protezione dei consumatori; prevenzione delle frodi; protezione dei diritti di proprietà industriale e commerciale, delle indicazioni di provenienza, delle denominazioni d'origine controllata e repressione della concorrenza sleale,

impegna il Governo

a favorire, nelle sedi opportune, l'adozione di una iniziativa tesa a introdurre, per i formaggi grattugiati che beneficiano di una denominazione di origine protetta offerti al consumatore finale senza imballaggio nei pubblici esercizi o destinati alle collettività, l'indicazione della denominazione di origine protetta sui contenitori – nello specifico sulla formaggiera – o nel menu.

9/3119-A/54Romanini, Carra, Antezza, Amoddio.


   La Camera,
   premesso che:
    nel disegno di legge in esame «Deleghe al Governo e ulteriori disposizioni in materia di semplificazione, razionalizzazione e competitività dei settori agricolo, agroalimentare, della pesca e dell'acquacoltura A.C. 3119-A», sono presenti norme (all'articolo 1-bis) secondo le quali lo statuto dei consorzi agricoli di tutela (delle denominazioni di origine protetta, delle indicazioni geografiche protette e delle attestazioni di specificità) deve prevedere che il riparto degli amministratori da eleggere sia effettuato in base a un criterio che assicuri l'equilibrio tra i generi;
    l'articolo 1-bis assicura anche un progressivo regime transitorio che precede la piena applicazione delle norme presenti utile a consentire l'adeguamento a norme già applicate nel nostro Paese a società quotate in borsa, a partecipate e non solo;
    nel compatto primario, secondo gli ultimi dati ufficiali disponibili, sono oltre 530 mila le «conduttrici» di aziende agricole (circa il 33 per cento del totale dei conduttori) e quasi 500 mila «capo azienda» (circa il 31 per cento del totale capo azienda);
    va aggiunto, in questo contesto, che circa 749.000 donne (39 per cento del totale della componente femminile «dell'universo familiare») non lavorano in azienda, ma sono legate al conduttore da rapporti di parentela (coniuge e altri familiari che non lavorano in azienda);
    per quanto riguarda la specializzazione produttiva la distribuzione delle aziende gestite dalle donne ci dice che sono maggiormente diffuse tra le aziende con coltivazioni permanenti (32 per cento del campione capo donne), in particolare vitivinicoltura di qualità e alla olivicoltura, e tra le specializzate in seminativi (25 per cento);
    i dati testimoniano quindi la presenza diffusa delle donne nei vari comparti dell'agricoltura: dal vino all'agriturismo, dal biologico all'agricoltura sociale. Si tratta di aziende, nella maggior parte dei casi, innovative, economicamente solide, sensibili alla compatibilità ambientale e con maggiore propensione ad instaurare, tramite progetti di «filiera corta», un rapporto diretto con il consumatore;
    come ricordato anche da un recente studio Unioncamere le donne imprenditrici hanno contribuito e continuano a contribuire in misura notevole a quella componente dei Made in Italy di qualità per la quale il nostro Paese è noto in tutto il mondo;
    di particolare rilievo è la presenza di tante imprenditrici nel settore del vino, caratterizzata da una grande vivacità nella produzione di qualità, e nel contesto della promozione internazionale,
    anche se alcune donne figurano oggi anche alla guida di importanti consorzi, come noto i numeri e le esperienze sopra richiamate non sono da sempre adeguatamente rappresentate;
    per tutte le ragioni sopra richiamate, la norma in oggetto, salvaguarda anche nel settore agricolo, in coerenza con gli articoli 3 e 52 della Costituzione, l'equilibrio tra i generi nella rappresentanza degli organi amministrativi dei consorzi di tutela, e contemporaneamente accresce l'attenzione necessaria da mettere in campo, anche con politiche adeguate, affinché gli obiettivi della democrazia paritaria in ogni ambito produttivo e sociale sia raggiunta;
    alcuni consigli di amministrazione dei consorzi di tutela sono già fortemente caratterizzati da presenze femminili mentre, per realtà associative di altri prodotti, le norme presenti all'articolo 1-bis dell'atto in esame potranno favorire una futura maggiore presenza delle donne nei organi di amministrazione;
    assumere questi orientamenti significa, anche in sintonia con tutti gli indirizzi dell'Unione europea e mondiali, la crescita della presenza femminile nel mondo agricolo, sostenere le organizzazioni agricole, le organizzazioni di produttori, le organizzazioni e le associazioni di donne nel mondo agricolo, i consorzi stessi nel supporto all'attività di impresa, alla formazione professionale e nel sostegno a politiche efficaci di conciliazione per le imprenditrici e per il personale femminile operante nel settore,

impegna il Governo:

   a) ad applicare le norme presenti all'articolo 1-bis del provvedimento in esame con la flessibilità e la gradualità necessarie a non bloccare l'attività di consorzi ad oggi caratterizzati da una presenza molto bassa di donne nei consigli di amministrazione, sostenendo le azioni utili a favorire l'ingresso di un numero maggiore di donne in ogni livello di impegno nella filiera produttiva, e nella guida di associazioni e nei consorzi;
   b) ad attivare tutte le iniziative utili a supportare il percorso di crescita professionale e di sostegno alle imprenditrici agricole, anche attraverso iniziative di valorizzazione delle professionalità femminili, e di formazione delle donne in agricoltura con particolare attenzione alle giovani donne.

9/3119-A/55Cenni, Terrosi, Tentori, Albini.


   La Camera,
   premesso che:
    nel disegno di legge in esame A.C. 3119-A, sono presenti norme in materia di competitività del settore agricolo e agroalimentare, volte a tutelare gli, agricoltori, gli allevatori e il patrimonio rurale;
    con il regolamento (CE) n. 1782/03 – che introduceva la riforma cosiddetta «di medio termine» della Politica agricola comune (PAC), entrata in vigore nell'anno 2005, tramite il «disaccoppiamento» degli aiuti comunitari rispetto alle specifiche produzioni agricole – erano stati fissati titoli con valori che derivavano dall'ammontare medio degli aiuti percepiti nel triennio 2000-2002 per gli agricoltori dell'Unione, con ovvie differenze del valore dei titoli fra le aziende in ragione delle colture precedenti;
    il meccanismo del disaccoppiamento dei, premi comunitari dalle produzioni effettivamente coltivate, e dei differenti valori dei titoli a fronte di analoghe produzioni, ha creato le condizioni per una frequente falsificazione del mercato degli affitti dei fondi agricoli mediante un procedimento di affitto e subaffitto in cui i terreni affittati sono dichiarati, ai fini dei premi o contributi europei, da soggetti diversi dagli effettivi utilizzatori;
    quindi, soprattutto nelle realtà di montagna, le proprietà di estese superfici a pascolo dei comuni – in molti casi si tratta di lotti di centinaia di ettari – sono diventate oggetto di attenzione da parte di imprese agricole con carico di bestiame per il quale non dispongono di una superficie sufficiente in conduzione, necessaria ad un corretto utilizzo agronomico di tali superfici; in seguito alla stipula del contratto con, gli enti locali proprietari delle superfici a pascolo, si procedeva al subaffitto delle stesse anche se la disposizione di cui all'articolo 21 della legge n. 203 del 1982, sui contratti agrari, ne fa espresso divieto;
    il meccanismo diffusosi in questi anni del subaffitto delle superfici pubbliche a pascolo ha determinato una totale alterazione del mercato degli affitti ed un vantaggio speculativo, ma anche un improprio utilizzo agronomico di tali superfici a detrimento dell'assetto del territorio e delle economie rurali locali;
    gli impegni relativi alla «condizionalità» che le imprese agricole devono rispettare per l'accesso agli aiuti comunitari diretti della PAC prevedono che le superfici a pascolo permanente debbano essere effettivamente pascolate;
    sulla vicenda sarebbero in corso indagini da parte della magistratura competente con il reale rischio di un interessamento da parte della Corte dei conti europea, che potrebbe contestare e richiedere a molte aziende italiane la restituzione di ingenti somme, indebitamente percepite;
    negli anni, anche numerose regioni hanno segnalato la questione al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, chiedendo soluzioni;
    per superare la situazione in commento, l'AGEA l'11 ottobre 2013 con circolare n. ACIU.2013.979 ha dettato «Istruzioni applicative generali per la presentazione della domanda unica di pagamento ai sensi del Regolamento (CE) 1782/03 - Pascolamento da parte di terzi» stabilendo che «a partire dalla domanda unica presentata per la campagna 2014, in riferimento al cap. 7.1.1 - titoli ordinari (pagina 36) della citata circolare, ai fini dell'ammissibilità delle superfici dichiarate a pascolo magro non è possibile considerare il pascolamento da parte di terzi»;
    nonostante tale circolare continuano a pervenire segnalazioni, in particolare dalle aree montane, in merito a subaffitto delle superfici pubbliche a pascolo con conseguente alterazione del mercato degli affitti e vantaggio speculative, e all'improprio utilizzo agronomico di tali superfici,

impegna il Governo

a verificare la corretta applicazione della norma in vigore e impedire un improprio utilizzo delle superfici dichiarate a pascolo magro con conseguente danno all'economia e alla tutela del patrimonio rurale.
9/3119-A/56Tentori, Cova, Cenni, Terrosi.


   La Camera,
   premesso che:
    che la Legge 24 dicembre 2004, n. 313: disciplina dell'apicoltura all'articolo 1 «riconosce l'apicoltura come attività di interesse nazionale utile per la conservazione dell'ambiente naturale, dell'ecosistema e dell'agricoltura in generale ed è finalizzata a garantire l'impollinazione naturale e la biodiversità di specie apistiche, con particolare riferimento alla salvaguardia della razza di ape italiana e delle popolazioni di api autoctone tipiche o delle zone di confine»;
    che la stessa legge n. 313 all'articolo 6 – Denuncia degli apiari e degli alveari e comunicazione dell'inizio dell'attività – prevedeva al fine della profilassi e del controllo sanitario, l'obbligo a chiunque detenga apiari e alveari di fame denuncia, anche per il tramite delle associazioni degli apicoltori operanti nel territorio, specificando collocazione e numero di alveari, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge e, successivamente, entro il 31 dicembre degli anni nei quali si sia verificata una variazione nella collocazione o nella, consistenza degli alveari in misura percentuale pari ad almeno il 10 per cento in più o in meno. Chiunque intraprenda per la prima volta l'attività nelle forme di cui all'articolo 3 è tenuto a darne comunicazione ai sensi del comma 2 del presente articolo;
    che il decreto legislativo 16 marzo 2006, n. 158 (che sostituiva il decreto legislativo n. 336 del 1999) all'articolo 14 – Autocontrollo – prevedeva che «il titolare dell'azienda di cui all'articolo 1, comma 3, lettera a), se non già registrato presso il servizio veterinario dell'azienda unità sanitaria locale competente per territorio ai sensi delle normative vigenti, deve chiedere la registrazione presso il predetto servizio»;
    che all'articolo 25-quater della presente legge – Disposizioni in materia di apicoltura e di prodotti apistici – al comma 2, fa «obbligo a chiunque detiene alveari di fame, a proprie spese, denuncia e comunicazione di variazione alla banca dati dell'anagrafe apistica nazionale (BDA)» prevedendo che chi «contravviene all'obbligo di denuncia della detenzione di alveari o di comunicazione della loro variazione all'anagrafe apistica nazionale, è soggetto al pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 euro a 4.000 euro»;
    che la previsione a «a proprie spese» rischia di aggravare i costi in capo alle aziende apistiche delle varie regioni, stante il fatto che allo stato attuale la situazione in merito al costo di detta operazione sul territorio è molto diversificata;
    che in alcune regioni sono previste altre registrazioni regionali oltre all'anagrafe apistica nazionale (BDA), e che gli allevatori apistici che si avvalgono della determinazione del reddito imponibile in relazione al reddito agrario, sono comunque tenuti all’ obbligo di tenuta del registro cronologico di carico e scarico degli animali allevati di cui all'articolo 18-bis decreto del Presidente della Repubblica n. 600/1973, pur essendo questo dato già presente nella BDA e quindi nella piena disponibilità della P.A,

impegna il Governo

ad individuare, in un prossimo provvedimento, in accordo con la Conferenza stato regioni, una norma, o una procedura, finalizzata a definire le tariffe previste per la registrazione presso la banca dati dell'anagrafe apistica nazionale (BDA), che siano contenute ed armonizzate su tutto il territorio nazionale, e ad armonizzare i sistemi informatici e le proprie norme di attuazione con le norme regionali, affinché i dati a sistema sull'anagrafe apistica nazionale non siano oggetto di ulteriori registrazioni regionali o provinciali, e che, a seguito di unica registrazione, siano condivisi.
9/3119-A/57Taricco, Antezza, Zanin, Romanini, Amoddio.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento appena approvato ha previsto specifiche disposizioni di semplificazione in favore del comparto agricolo dell'ulivicoltura e, più in generale, prevede una delega al Governo per adottare uno o più decreti legislativi al fine di riordinare gli strumenti di gestione del rischio in agricoltura e per la regolazione dei mercati, a tale scopo favorendo lo sviluppo di strumenti assicurativi a copertura dei danni alle produzioni e alle strutture agricole, disciplinando inoltre i Fondi di mutualità per la copertura dei danni da avversità atmosferiche, epizoozie e fitopatie;
    a proposito delle fitopatie, si ricorda che la Xylella fastidiosa, nonostante le misure già adottate, continua ad avanzare in Puglia. Dopo il nuovo focolaio scoperto dal laboratorio del Cnr di Lecce ad Avetrana, l'Osservatorio fitopatologico della Regione Puglia ha individuato, la scorsa settimana, ulteriori pericolosi focolai a San Donaci, San Pancrazio Salentino, San Pietro Vernotico e Cellino, in provincia di Brindisi,

impegna il Governo

ad adottare, con i provvedimenti ritenuti idonei, iniziative utili per il rafforzamento delle misure in atto al fine di potenziare l'azione di prevenzione, controllo e eradicazione del batterio Xylella fastidiosa.
9/3119-A/58Matarrelli, Brignone, Civati, Andrea Maestri, Pastorino, Artini, Baldassarre, Bechis, Segoni, Turco.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento appena approvato ha previsto specifiche disposizioni di semplificazione in favore del comparto agricolo dell'ulivicoltura e, più in generale, prevede una delega al Governo per adottare uno o più decreti legislativi al fine di riordinare gli strumenti di gestione del rischio in agricoltura e per la regolazione dei mercati, a tale scopo favorendo lo sviluppo di strumenti assicurativi a copertura dei danni alle produzioni e alle strutture agricole, disciplinando inoltre i Fondi di mutualità per la copertura dei danni da avversità atmosferiche, epizoozie e fitopatie;
    a proposito delle fitopatie, si ricorda che la Xylella fastidiosa, nonostante le misure già adottate, continua ad avanzare in Puglia. Dopo il nuovo focolaio scoperto dal laboratorio del Cnr di Lecce ad Avetrana, l'Osservatorio fitopatologico della Regione Puglia ha individuato, la scorsa settimana, ulteriori pericolosi focolai a San Donaci, San Pancrazio Salentino, San Pietro Vernotico e Cellino, in provincia di Brindisi,

impegna il Governo

ad adottare, nell'ambito delle proprie competenze istituzionali, con i provvedimenti ritenuti idonei, iniziative utili per il rafforzamento delle misure in atto al fine di potenziare l'azione di prevenzione, controllo e eradicazione del batterio Xylella fastidiosa.
9/3119-A/58. (Testo modificato nel corso della seduta) Matarrelli, Brignone, Civati, Andrea Maestri, Pastorino, Artini, Baldassarre, Bechis, Segoni, Turco.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 14 della legge 21 dicembre 1999, n. 526, stabilisce che i Consorzi di Tutela riconosciuti dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali hanno funzioni di tutela, promozione, valorizzazione, informazione del consumatore;
    il decreto legislativo 8 aprile 2010, n. 61, reca disposizioni per la «Tutela delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche dei vini, in attuazione dell'articolo 15 della legge 7 luglio 2009, n. 88»;
    l'attività dei consorzi costituisce la chiave strategica competitiva per tutelare, valorizzare e promuovere il patrimonio agroalimentare italiano frutto della tradizione e cultura del nostro Paese, l'attività di tutela dei consorzi delle produzioni di qualità, contribuisce al perseguimento e al consolidamento di una posizione vincente del nostro patrimonio agroalimentare sul piano internazionale e comunitario;
    la normativa vigente prevede che la partecipazione al consorzio è libera e che il voto all'interno del Consorzio di tutela debba essere individuato con riferimento al valore ponderale del voto rapportato alla quantità di prodotto ottenuto per ogni segmento della produzione;
    il complesso della normativa soprarichiamata chiarisce dunque che titolo per l'acquisizione della qualifica che consente la partecipazione ad un Consorzio di tutela è lo svolgimento della relativa «attività produttiva» e la connessa «quantità di prodotto ottenuto»;
    occorre comunque garantire all'interno dei consigli di amministrazione dei consorzi dei vini Doc, come dei prodotti alimentari Dop e lgp, una rappresentanza che preveda un crescente interesse delle donne verso l'imprenditoria agricola;
    tale innovazione potrà garantire una forma di espressione di democrazia paritaria e attuativa di un principio costituzionalmente garantito (articolo 51 cost.);
    l'articolo 1-bis del testo in esame prevede l'applicazione anche ai consorzi di tutela delle disposizioni relative alla composizione degli organi di amministrazione in modo da rispettare l'e disposizioni di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 novembre 2012, n. 251;
    le misure innovative in materia di parità di genere dovrebbero tenere conto anche di criteri idonei a garantire un adeguata rappresentanza delle categorie dei soggetti che compongono la filiera all'interno degli organi sociali dei consorzi in ragione delle specificità evidenziate,

impegna il Governo

a monitorare gli effetti applicativi delle disposizioni di cui all'articolo 1-bis del disegno di legge in esame al fine di valutare, anche in eventuali prossime iniziative legislative, la possibilità di adottare disposizioni integrative volte ad assicurare che il riparto degli amministratori da eleggere all'interno dei consorzi di tutela sia effettuato in base a criteri che contemperino maggiormente le esigenze di tutela degli operatori di filiera con quelle di un'adeguata rappresentanza di genere.
9/3119-A/59Cuomo, Prina, Carra, Taricco, Romanini, Zanin, Fiorio.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, nel testo licenziato per l'Aula, individua specifiche soluzioni per singoli settori produttivi con l'obiettivo di sostenerne e favorirne la crescita e lo sviluppo;
    le fitopatie attaccano le colture dei nostri settori produttivi mettendo a rischio la sussistenza delle nostre eccellenze agroalimentari con conseguenze importanti anche sul versante della tutela del paesaggio e del patrimonio arboreo nazionale;
    l'insetto Popillia japonica Newman per i gravi danni che può arrecare è inserito tra gli organismi da quarantena compresi nell'allegato A Parte II della direttiva del Consiglio dell'8 maggio 2000 n. 2000/29/CE per cui ne è vietata l'introduzione nella Comunità europea e l'ulteriore diffusione; inoltre è nella lista A2 dell'EPPO;
    Popillia japonica è una specie estremamente polifaga. Gli stadi larvali colpiscono principalmente i prati stabili e i tappeti erbosi in genere. Gli adulti invece attaccano in forma gregaria la parte aerea delle piante scheletrizzando le foglie e danneggiando fiori e frutti;
    nel corso del 2014 la presenza di Popillia japonica è stata accertata per la prima volta in Lombardia ed in Piemonte e nel corso del 2015 le attività di monitoraggio e di contenimento attivate sia dalla Regione Lombardia che dalla Regione Piemonte hanno evidenziato una crescita esponenziale delle popolazioni. L'area interessata dalla presenza dell'insetto è significativa in entrambe le regioni;
    il trend di incremento dell'insetto registrato quest'anno fa prevedere, per il 2016, una crescita esponenziale della popolazione di Popillia japonica, con prevedibile comparsa di danni alle coltivazioni e alla flora spontanea. Inoltre potrebbero prefigurarsi gravi conseguenze per le aziende vivaistiche delle zone infestate che potrebbero essere soggette a misure di blocco della commercializzazione;
    nel 2015 i Servizi Fitosanitari delle Regioni Lombardia e Piemonte hanno provveduto a definire ed attuare le necessarie misure fitosanitarie, anche in assenza di misure comunitarie e nazionali, delimitando il territorio; definendo un piano di lotta regionale; creando una rete di monitoraggio/cattura massaie; coinvolgendo il Parco del Ticino, le OOPP agricole e l'Ordine degli Agronomi; attivando misure fitosanitarie nei confronti dei vivai e monitoraggi preventivi presso le aree aeroportuali di Malpensa e Cameri, per evitare che l'insetto possa essere veicolato in aree indenni attraverso il traffico aereo;
    la conferenza delle regioni e delle province autonome lo scorso 25 novembre ha approvato un Ordine del giorno che impegna il Governo ad una serie di interventi per contrastare Popillia japonica; in tale documento si afferma che anche a livello nazionale potrebbero esserci ricadute molto negative in quanto, malgrado l'impegno finora profuso dai Servizi fitosanitari regionali, non è possibile escludere un rischio di diffusione di Popillia japonica nel resto della Unione Europea e che «nella malaugurata ipotesi che ciò accadesse verrebbe ulteriormente compromessa la credibilità del sistema fitosanitario italiano nei confronti della Commissione Europea, degli Stati membri e dei Paesi terzi che importano i nostri prodotti vegetali, già messa a dura prova dalle recenti emergenze fitosanitarie;»
    il Ministero per le politiche agricole alimentari e forestali ha predisposto una bozza di Decreto, approvata in data 26-27 novembre 2015 nella riunione del Comitato fitosanitario nazionale (istituito ai sensi dell'articolo 52 del Decreto legislativo 214/2005), «Misure d'emergenza per impedire l'introduzione e la diffusione di Popillia japonica Newman nel territorio della Repubblica Italiana» al fine di definire le misure obbligatorie di intervento;
    fra queste misure è prevista la rottura dei prati che sono il luogo in cui l'insetto è presente come larva nel periodo tra l'ovodeposizione e lo sfarfallamento (da agosto a fine maggio). In tali colture, al momento attuale, il danno non è sui prati stessi ma le aziende che coltivano prati pascolo per la produzione di foraggio per il bestiame verranno obbligate a rompere i prati pascolo permanenti perché sono il luogo in cui si trovano le larve in quantità molto numerosa. La rottura dei prati risulta per ora la misura che ha la maggior efficacia e il minore impatto ambientale;
    tali aziende si troverebbero ad avere un forte danno e a dover anticipare nella totalità l'acquisto del foraggio già per l'annata in corso. Pertanto servono le risorse finanziarie per sostenere l'economia di tali aziende agricole. L'intervento di rottura dei prati di tali aziende rappresenta un intervento fondamentale al servizio della collettività per abbassare in modo massiccio la popolazione dell'organismo nocivo e contenerne la diffusione a beneficio non solo del Piemonte ma dell'Italia e dell'intera Comunità europea.

impegna il Governo

  ad attivare con urgenza un Tavolo istituzionale con la regione Piemonte e la regione Lombardia per:
   avviare tutte le iniziative necessarie per gestire l'emergenza fitosanitaria da Popillia japonica che, stante il potenziale di crescita manifestato, l'estrema adattabilità dell'insetto agli ambienti infestati e l'elevato numero di specie vegetali attaccabili rischia di provocare gravi danni alle produzioni agricole ed alle attività vivaistiche;
   prevedere un adeguato sostegno finanziario per l'attuazione delle misure di lotta fitosanitaria obbligatorie da parte delle Regioni Lombardia e Piemonte a partire dall'urgente rottura dei prati;
   prevedere un sostegno finanziario per risarcire i danni alle imprese agricole e vivaistiche che saranno oggetto dei provvedimenti fitosanitari obbligatori che le Regioni dovranno adottare, anche mediante forme di credito agevolato e l'accesso a fondi di garanzia;
   pianificare le iniziative da intraprendere con la Commissione Europea sia per evitare l'adozione di misure di emergenza eccessivamente penalizzanti per i territori coinvolti sia per attivare specifici piani di lotta che possano beneficiare del finanziamento comunitario.
9/3119-A/60Fregolent, Taricco, Fiorio, Gribaudo, Patriarca, Bargero.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, nel testo licenziato per l'Aula, individua specifiche soluzioni per singoli settori produttivi con l'obiettivo di sostenerne e favorirne la crescita e lo sviluppo;
    le fitopatie attaccano le colture dei nostri settori produttivi mettendo a rischio la sussistenza delle nostre eccellenze agroalimentari con conseguenze importanti anche sul versante della tutela del paesaggio e del patrimonio arboreo nazionale;
    l'insetto Popillia japonica Newman per i gravi danni che può arrecare è inserito tra gli organismi da quarantena compresi nell'allegato A Parte II della direttiva del Consiglio dell'8 maggio 2000 n. 2000/29/CE per cui ne è vietata l'introduzione nella Comunità europea e l'ulteriore diffusione; inoltre è nella lista A2 dell'EPPO;
    Popillia japonica è una specie estremamente polifaga. Gli stadi larvali colpiscono principalmente i prati stabili e i tappeti erbosi in genere. Gli adulti invece attaccano in forma gregaria la parte aerea delle piante scheletrizzando le foglie e danneggiando fiori e frutti;
    nel corso del 2014 la presenza di Popillia japonica è stata accertata per la prima volta in Lombardia ed in Piemonte e nel corso del 2015 le attività di monitoraggio e di contenimento attivate sia dalla Regione Lombardia che dalla Regione Piemonte hanno evidenziato una crescita esponenziale delle popolazioni. L'area interessata dalla presenza dell'insetto è significativa in entrambe le regioni;
    il trend di incremento dell'insetto registrato quest'anno fa prevedere, per il 2016, una crescita esponenziale della popolazione di Popillia japonica, con prevedibile comparsa di danni alle coltivazioni e alla flora spontanea. Inoltre potrebbero prefigurarsi gravi conseguenze per le aziende vivaistiche delle zone infestate che potrebbero essere soggette a misure di blocco della commercializzazione;
    nel 2015 i Servizi Fitosanitari delle Regioni Lombardia e Piemonte hanno provveduto a definire ed attuare le necessarie misure fitosanitarie, anche in assenza di misure comunitarie e nazionali, delimitando il territorio; definendo un piano di lotta regionale; creando una rete di monitoraggio/cattura massaie; coinvolgendo il Parco del Ticino, le OOPP agricole e l'Ordine degli Agronomi; attivando misure fitosanitarie nei confronti dei vivai e monitoraggi preventivi presso le aree aeroportuali di Malpensa e Cameri, per evitare che l'insetto possa essere veicolato in aree indenni attraverso il traffico aereo;
    la conferenza delle regioni e delle province autonome lo scorso 25 novembre ha approvato un Ordine del giorno che impegna il Governo ad una serie di interventi per contrastare Popillia japonica; in tale documento si afferma che anche a livello nazionale potrebbero esserci ricadute molto negative in quanto, malgrado l'impegno finora profuso dai Servizi fitosanitari regionali, non è possibile escludere un rischio di diffusione di Popillia japonica nel resto della Unione Europea e che «nella malaugurata ipotesi che ciò accadesse verrebbe ulteriormente compromessa la credibilità del sistema fitosanitario italiano nei confronti della Commissione Europea, degli Stati membri e dei Paesi terzi che importano i nostri prodotti vegetali, già messa a dura prova dalle recenti emergenze fitosanitarie;»
    il Ministero per le politiche agricole alimentari e forestali ha predisposto una bozza di Decreto, approvata in data 26-27 novembre 2015 nella riunione del Comitato fitosanitario nazionale (istituito ai sensi dell'articolo 52 del Decreto legislativo 214/2005), «Misure d'emergenza per impedire l'introduzione e la diffusione di Popillia japonica Newman nel territorio della Repubblica Italiana» al fine di definire le misure obbligatorie di intervento;
    fra queste misure è prevista la rottura dei prati che sono il luogo in cui l'insetto è presente come larva nel periodo tra l'ovodeposizione e lo sfarfallamento (da agosto a fine maggio). In tali colture, al momento attuale, il danno non è sui prati stessi ma le aziende che coltivano prati pascolo per la produzione di foraggio per il bestiame verranno obbligate a rompere i prati pascolo permanenti perché sono il luogo in cui si trovano le larve in quantità molto numerosa. La rottura dei prati risulta per ora la misura che ha la maggior efficacia e il minore impatto ambientale;
    tali aziende si troverebbero ad avere un forte danno e a dover anticipare nella totalità l'acquisto del foraggio già per l'annata in corso. Pertanto servono le risorse finanziarie per sostenere l'economia di tali aziende agricole. L'intervento di rottura dei prati di tali aziende rappresenta un intervento fondamentale al servizio della collettività per abbassare in modo massiccio la popolazione dell'organismo nocivo e contenerne la diffusione a beneficio non solo del Piemonte ma dell'Italia e dell'intera Comunità europea.

impegna il Governo

  compatibilmente con gli obiettivi di finanza pubblica, ad attivare con urgenza un Tavolo istituzionale con la regione Piemonte e la regione Lombardia per:
   avviare tutte le iniziative necessarie per gestire l'emergenza fitosanitaria da Popillia japonica che, stante il potenziale di crescita manifestato, l'estrema adattabilità dell'insetto agli ambienti infestati e l'elevato numero di specie vegetali attaccabili rischia di provocare gravi danni alle produzioni agricole ed alle attività vivaistiche;
   prevedere un adeguato sostegno finanziario per l'attuazione delle misure di lotta fitosanitaria obbligatorie da parte delle Regioni Lombardia e Piemonte a partire dall'urgente rottura dei prati;
   prevedere un sostegno finanziario per risarcire i danni alle imprese agricole e vivaistiche che saranno oggetto dei provvedimenti fitosanitari obbligatori che le Regioni dovranno adottare, anche mediante forme di credito agevolato e l'accesso a fondi di garanzia;
   pianificare le iniziative da intraprendere con la Commissione Europea sia per evitare l'adozione di misure di emergenza eccessivamente penalizzanti per i territori coinvolti sia per attivare specifici piani di lotta che possano beneficiare del finanziamento comunitario.
9/3119-A/60. (Testo modificato nel corso della seduta) Fregolent, Taricco, Fiorio, Gribaudo, Patriarca, Bargero.


   La Camera,
   Premesso che:
    in data 8 aprile 2009 è stato sottoscritto a Verona da diversi soggetti tra i quali la Regione Friuli Venezia Giulia e il Ministero dell'Agricoltura il Protocollo d'intesa finalizzato al coordinamento degli interventi per la valorizzazione della nuova DOC Interregionale PROSECCO;
    tale Protocollo prevede un piano organico di interventi finalizzati al sostegno dell'attività vitivinicola legata al Prosecco e interventi di supporto a questo settore nella provincia di Trieste, dove si trova la località Prosecco;
    alcuni degli interventi previsti – anche di carattere finanziario – sono in capo al Ministero dell'Agricoltura, da realizzare direttamente o in collaborazione con la regione Friuli Venezia Giulia;
    ad oggi è cioè ad un mese dalla sua scadenza del Protocollo il Ministero risulta del tutto inadempiente, non avendo rispettato nessuno degli impegni previsti, nonostante diversi solleciti in questo senso;
    tale situazione sta determinando un notevole disagio tra gli altri soggetti sottoscrittori del Protocollo ed in particolare tra le associazioni rappresentative dei viticoltori, e sta provocando un danno irreparabile all'attività vitivinicola del Carso triestino;

impegna il Governo

procedere insieme alla Regione Friuli Venezia Giulia ad una rapida ricognizione degli impegni assunti con il Protocollo ed alla definizione di un piano concreto per il loro adempimento. Nel caso sussistano degli impedimenti, anche in conseguenza di nuove leggi e direttive europee, a rivedere e rimodulare insieme agli altri soggetti coinvolti l'accordo stipulato nel 2009.
9/3119-A/61Blazina.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 8 del disegno di legge in esame, nel testo approvato dal Senato della Repubblica e soppresso durante l'esame in sede referente presso la Commissione Agricoltura, recava un'integrazione al codice dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, disponendo che l'affidamento dei servizi di importo inferiore a 20.000 euro annui ad imprenditori agricoli le cui aziende sono ubicate in comuni montani o svantaggiati non costituiscono subappalto;
    tale previsione avrebbe facilitato l'affidamento di determinate attività di modico valore agli imprenditori agricoli, i quali in molti territori montani si sono da sempre occupati, per conto dei comuni, di attività come la spalatura della neve o la falciatura dell'erba, utilizzando i propri macchinari e potendo così ottenere un'integrazione del proprio reddito;
    la normativa in materia di contratti pubblici sarà oggetto di revisione nell'ambito del recepimento della direttiva europea 2014/24/UE in materia di appalti pubblici attraverso l'attuazione della relativa delega di cui alla legge 28 gennaio 2016, n. 11;
    in base all'articolo 1 della legge 28 gennaio 2016, n. 11, il Governo è delegato ad adottare entro il 18 aprile 2016 un decreto legislativo per il recepimento delle direttive europee 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE, il quale sostituirà il codice attualmente vigente, ossia il decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163;
    la soppressione del predetto articolo 8 era motivata dal fatto che la revisione della materia degli appalti pubblici e, quindi, l'abrogazione del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, sarebbero avvenute in periodo antecedente all'entrata in vigore della presente provvedimento, per cui lo stesso articolo 8 sarebbe stato inutile,

impegna il Governo

a tenere conto in sede di adozione del decreto legislativo di cui all'articolo 1 della legge 28 gennaio 2016, n. 11, della previsione di cui al soppresso articolo 8 del provvedimento in esame e di escludere l'affidamento di servizi di importo inferiore a 20.000 euro annui ad imprenditori agricoli le cui aziende sono ubicate in comuni montani o svantaggiati dalla disciplina del subappalto.
9/3119-A/62Schullian, Taricco, Romanini, Oliverio, L'Abbate.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 6, contiene norme volte a favorire gestionale nell'attività d'impresa agricola, nonché lo agricoltura e, in particolare, al comma 1, una delega legislativo che disciplini le forme di affiancamento pensionati e giovani imprenditori agricoli;
    la lettera h) del comma 1 prevede come criterio diritto di prelazione a favore del giovane imprenditore terreni oggetto del rapporto;
    la disciplina attualmente vigente in materia di prelazione agraria prevede, all'articolo 8 della legge 26 maggio 1965, n. 590, il diritto di prelazione favore dell'affittuario, mezzadro, colono o compartecipante in caso di trasferimento a titolo oneroso o di concessione in enfiteusi di fondi agricoli, purché coltivi il fondo da almeno due anni;
    tale diritto di prelazione 7 stato esteso a norma dell'articolo 7 della legge 14 agosto 1971, n-SI7, anche al coltivatore diretto proprietario di terreni confinanti;
    sembra opportuno, al fine di garantire la certezza del diritto, di coordinare il diritto di prelazione a favore del giovane imprenditore agricolo affiancante con gli istituti di prelazione già in vigore;

impegna il Governo

    a coordinare in sede di adozione del decreto legislativo di cui all'articolo 6, comma 1, del provvedimento in esame il diritto di prelazione a favore del giovane imprenditore agricolo con la disciplina vigente in materia di prelazione agraria, prevedendo in particolare criteri preferenziali nell'ipotesi di più aventi diritto.

9/3119-A/63Plangger, Gebhard, Alfreider, Ottobre, Marguerettaz.


   La Camera,
   premesso che:
    il Parlamento europeo sta approvando il nuovo Piano pluriennale di ricostituzione del tonno rosso nell'Atlantico orientale e nel Mediterraneo;
    in base ai testi, attualmente, approvati evince che lo stock ittico del tonno rosso ha avuto un notevole incremento anche grazie alla razionalizzazione e limitazione della pesca di questo esemplare;
    l'ICCAT con la raccomandazione del novembre 2014 n. 14-04, ha previsto un aumento graduale triennale della quota disponibile da assegnare, che alla fine del periodo porterà ad un risultato complessivo superiore ai 60 per cento rispetto alla quota assegnata per l'anno 2014;
    in linea con le raccomandazioni ICCAT il Parlamento europeo ha approvato nel mese di dicembre 2015 il via libera all'aumento di quote tonno del 20 per cento per l'anno 2016;
    riguardo all'aspetto delle assegnazioni delle nuove quote di pesca del tonno rosso, il Parlamento europeo ha richiesto agli Stati nazionali che i criteri di assegnazione di dette quote sia improntati alla «trasparenza ed all'oggettività di tipo ambientale, sociale ed economico, rivolgendo particolare attenzione alla tutela e alla prosperità dei pescatori che svolgono attività di pesca su piccola scala, artigianale e tradizionale»,

impegna il Governo

a recepire il chiaro indirizzo europeo e rivedere il sistema di attribuzione delle quote tonno già dal 2016, redistribuendo l'aumento di quota concesso per gli anni 2016 e 2017 a favore della pesca artigianale con i palangari ed in particolare predisporre un contingente specifico indiviso per le imbarcazioni autorizzate alla pesca del pescespada che praticano la pesca accessoria del tonno rosso.
9/3119-A/64Catanoso, Russo.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 9 del disegno di legge in esame delega il Governo al riordino e alla riduzione degli enti, delle società e delle agenzie vigilati dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, alla revisione della normativa del settore ippico nazionale, nonché alla revisione della legge n. 30 del 1991 in materia di riproduzione animale;
    per quanto attiene il riordino dell'assistenza tecnica degli allevatori e della disciplina della riproduzione animale, la suddetta norma prevede, in particolare: la liberalizzazione del settore, fermo restando la salvaguardia e la valorizzazione della biodiversità, del benessere animale e delle produzioni di qualità; l'iscrizione ai libri genealogici e ai registri anagrafici come elemento fondamentale per l'individuazione e la valorizzazione delle razze autoctone; l'unicità e la multifunzionalità del dato raccolto per la tenuta del libro o del registro; la possibilità di autofinanziamento delle associazioni degli allevatori attraverso l'espletamento di servizi ai soci e l'utilizzo di marchi collettivi;
    la regione Sardegna, grazie a un perfetto equilibrio tra passione e vocazione allevatoriale ha sviluppato nel corso dei decenni un proprio coerente progetto selettivo che ha condotto alla creazione di una varietà locale della razza anglo-araba denominata anglo-arabo sarda, inserita a pieno titolo tra le produzioni anglo-arabe di maggior rilievo internazionale, essendo la Sardegna, insieme alla Francia, il maggior produttore di cavalli anglo-arabi a livello mondiale. Sul territorio regionale sardo si produce, infatti, la quasi totalità dei cavalli anglo-arabi allevati in Italia e, in ogni caso, la piccola quota di questa razza prodotta in altre regioni origina quasi interamente dalle linee parentali della Sardegna;
    il comma 9 dell'articolo 23-quater del decreto-legge 95 del 2012 dispone la soppressione dell'ASSI, a sua volta subentrata all'UNIRE nel 2011, e chiamata a svolgere compiti relativi al miglioramento delle razze equine, alla gestione dei libri genealogici, alla programmazione delle corse e dei programmi di allevamento, alla gestione del servizio di diffusione delle riprese televisive delle corse;
    in attuazione della suddetta disposizione, venivano emanati il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 21 gennaio 2013 e il decreto del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali n. 11177 del 31 gennaio 2013 recanti il trasferimento delle funzioni e delle risorse umane, strumentali e finanziarie dell'ex ASSI allo stesso Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e all'Agenzia delle dogane e dei monopoli;
    anche in conseguenza di tali provvedimenti, negli ultimi anni la gestione del cavallo anglo-arabo si è rivelata insufficiente e inadeguata rispetto alle reali esigenze dell'allevamento, essendo totalmente mancata qualunque politica e indirizzo selettivo specificamente riservata alla razza;
    in conseguenza della mancanza di obiettivi finalizzati al miglioramento genetico e all'incremento qualitativo e quantitativo delle produzioni, aggravata dalla crisi che ha colpito il comparto ippico equestre nazionale, la razza del cavallo anglo-arabo ha subito una contrazione drammatica che ne sta minacciando l'estinzione;
    l'utilizzo indiscriminato delle migliori linee della razza anglo-araba per la produzione di soggetti di razza da sella italiana, finalizzati quasi esclusivamente al salto degli ostacoli, ha impoverito geneticamente la stessa razza anglo-araba, compromettendo irrimediabilmente il valore genetico e la qualità raggiunta in un lunghissimo processo selettivo;
    nell'interesse dell'allevamento e dell'economia che ne deriva, è necessario riprendere con urgenza politiche selettive adeguate alla crescita, sviluppo e consolidamento della razza e delle sue molteplici attitudini, anche incontrando le spinte del mercato per le discipline del galoppo, endurance e concorso completo di equitazione sinora purtroppo trascurate;
    l'Associazione nazionale allevatori del cavallo anglo-arabo e derivati – A.N.A.C.A.A.D. è l'unica organizzazione di allevatori con sede in Sardegna in possesso di tutti i requisiti previsti dalle norme nazionali e comunitarie vigenti per la tenuta dei libro genealogico;
    l'eventuale gestione nel territorio regionale del libro genealogico del cavallo anglo-arabo dove ha sede l'allevamento consentirebbe evidenti economie collettive e soggettive e un miglioramento dell'efficienza nell'attività di consulenza, nella registrazione anagrafica e nell'emissione delle certificazioni, tutte competenze di cui oggi l'allevamento lamenta l'inefficienza e l'inadeguatezza,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere, nel rispetto della normativa nazionale ed europea, misure volte ad affidare le attività gestionali dei libri genealogici delle razze equine sportive alle organizzazioni riconosciute di allevatori, con conseguente riduzione ovvero trasformazione delle strutture e delle dotazioni organiche del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali.
9/3119-A/65Vargiu.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 2135 del codice civile definisce l'imprenditore agricolo come colui che esercita una delle seguenti attività; coltivazione del fondo, selvicoltura, allevamento di animali e attività connesse, e che per attività connesse si intendono le attività, esercitate dal medesimo imprenditore agricolo, dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione che abbiano ad oggetto prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall'allevamento di animali, nonché le attività dire e alla fornitura di beni o servizi mediante l'utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell'azienda normalmente impiegate nell'attività agricola esercitata, ivi comprese le attività di valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale c forestale, ovvero di ricezione ed ospitalità come definite dalla legge;
    l'articolo 16, comma 1, lettera a), della legge 11 febbraio 1992, n. 157, prevede che le regioni, entro il limite del 15 per cento del proprio territori agro-silvo-pastorale, possono autorizzare, regolamentandola, l'istituzione di aziende faunistico-venatorie, senza fini di lucro, soggette a tassa di concessione regionale, per prevalenti finalità naturalistiche e faunistiche con particolare riferimento alla tipica fauna alpina e appenninica, alla grossa fauna europea e a quella acquatica;
    che le aziende faunistica-venatorie, sia per tipologia ambientale del territorio che per il tipo di conduzione agraria si dotano di appositi piani di gestione del territorio volti al ripristino, la conservazione e gestione ambientale per la riqualificazione del patrimonio faunistico;
    l'inserimento delle attività faunistico venatorie tra le attività connesse a quelle agricole, oltre che dar valore alla multifunzionalità dell'agricoltura potrebbe generare un valore economico aggiunto, generando un aumento di attività imprenditoriali produttive di reddito con positiva ricaduta sul bilancio dello Stato;
    l'agricoltura multifunzionale può dare un contributo importante a salvaguardare il territorio, ad aumentare il reddito delle imprese e, sopra tutto, a incrementare l'occupazione giovanile, lasciando intatte le potenzialità dell'ambiente,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative normative affinché le attività di fornitura di beni e servizi svolte da aziende faunistico-venatorie ed effettuate mediante l'utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell'azienda, normalmente impiegate nell'attività agricola esercitata, rientrino tra le attività connesse di cui all'articolo 2135 del codice civile.
9/3119-A/66Mongiello, Sani, Vico, Antezza.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 25-quater del provvedimento in esame reca disposizioni in materia di apicoltura e di prodotti apistici, con particolare riferimento alla problematica rappresentata dai focolai di Aethina Tumida (comma 3);
    ad oggi l’Aethina Tumida sembra circoscritta nell'area di rinvenimento originario. La strategia dell'eradicazione non ha portato al debellamento radicale, probabilmente è necessario un salto di qualità nella strategia di contenimento provvedendo da parte delle istituzioni a creare un corridoio di protezione sanitaria che isoli la zona interessata della Calabria dall'attività apistici;
    riguardo al settore apistico in generale, il Governo intese confermare nel 2014 il progetto denominato BEENET, nell'ambito del quale è stata definita una rete di monitoraggio nazionale sullo stato di salite degli alveari, anche al fine di approfondirne le cause di moria delle api e di popolamento;
    BEENET è un progetto che ha coinvolto 3.000 alveari situati in ogni regione e provincia autonoma, attraverso periodici controlli e successive analisi di laboratorio sulle diverse matrici raccolte (api morte, api vive, covata, cera, polline);
    a supporto del monitoraggio ci sono poi le «segnalazioni» che permettono di rilevare eventi anomali in alveari che non fanno parte della rete. Il sistema delle segnalazioni prevede che l'apicoltore segnali al servizio veterinario dell'ASL competente per territorio l'episodio di mortalità e che lo stesso proceda al necessario sopralluogo con raccolta di campioni e al loro invio all'Istituto zooprofilattico sperimentale delle Venezie per le analisi del caso, in collaborazione anche con la rete BEENET;
    il progetto si è concluso a giugno 2015 e non è stato rifinanziato dal Mipaaf, nonostante sia stata avanzata dal gruppo di coordinamento la richiesta di dare seguito al progetto;
    si tratta di una grave mancanza che si protrae già da vari mesi e sarebbe incomprensibile una mancata conferma della continuità del progetto, viste le difficoltà che il mondo delle api sopporta e cui potrebbe incorrere in futuro,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ogni iniziativa di competenza finalizzata a garantire un immediato rifinanziamento del progetto BEENET.
9/3119-A/67Kronbichler, Zaccagnini, Scotto.


   La Camera,
   premesso che:
    è partita il primo di settembre 2015 la «Rete del lavoro agricolo di qualità» voluta dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e che punta a contrastare caporalato e altri fenomeni di irregolarità nel settore del lavoro agricolo;
    sono emerse una serie di criticità segnalate dalle associazioni sindacali in merito ai criteri di appartenenza alla Rete del lavoro agricolo di Qualità;
    tali requisiti, difatti, potrebbero non bastare per tener fuori dalla rete le aziende che sfruttano o che si rivolgono ai caporali. L'idea di una rete del lavoro agricolo di qualità è quella di dare una sorta di «bollino etico» alle aziende che desiderano aderire all'iniziativa;
    tuttavia, il rischio è che il bollino non attesti realmente un lavoro di qualità sperato. La Rete manca di contenuti nella misura in cui non dice cosa deve fare l'impresa per avere questo bollino perché i tre punti che prevedono l'iscrizione dicono che non bisogna avere condanne penali, ne procedimenti, ma non dicono con esattezza quali sono i criteri per essere pienamente in regola;
    una volta entrati nella rete, le aziende hanno, poi, un ulteriore vantaggio: meno controlli, a discapito di chi non ha aderito;
    come denunciato dai sindacati, vi è, dunque, un pericolo oggettivo in termini di contrasto al lavoro nero e al caporalato che la semplice iscrizione alla Rete non riesce a risolvere,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di introdurre le opportune iniziative normative volte a migliorare lo strumento di contrasto del caporalato introdotto con la «Rete del lavoro agricolo di qualità» anche attraverso un maggiore coinvolgimento delle associazioni sindacali e delle associazioni impegnate nel contrasto al fenomeno del lavoro nero nell'agricoltura.
9/3119-A/68Melilla, Zaccagnini.


   La Camera,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di introdurre le opportune iniziative normative volte a migliorare lo strumento di contrasto del caporalato introdotto con la «Rete del lavoro agricolo di qualità» anche attraverso un maggiore coinvolgimento delle associazioni sindacali e delle associazioni impegnate nel contrasto al fenomeno del lavoro nero nell'agricoltura.
9/3119-A/68. (Testo modificato nel corso della seduta) Melilla, Zaccagnini.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 9 del provvedimento in esame reca disposizioni di delega al Governo per il riordino e la riduzione degli enti, società e agenzie vigilati dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, con conseguente cambio di denominazione degli stessi;
    a seguito dell'entrata in vigore dei decreti legislativi inerenti la riforma della Pubblica Amministrazione è previsto che anche il Ministero delle politiche agricole, alimentare e forestali cambi denominazione ufficiale in Ministero dell'agroalimentare;
    si tratta di una decisione assunta direttamente dal Presidente del Consiglio dei ministri che non è stata caratterizzata da alcun passaggio parlamentare, che avrebbe al contrario meritato un diretto interessamento delle Commissioni parlamentari competenti;
    l'integrazione della filiera alimentare soprattutto in alcuni settori è un importante valore aggiunto e lascito di Expo;
    appare tuttavia importante evitare qualsiasi fuga in avanti e scongiurare l'assunzione di un approccio che favorisce preferenzialmente il modello agro-industriale. Peraltro, il dicastero dell'Agricoltura dovrebbe comunque mantenere al centro della propria attività la tutela della biodiversità, la qualità dell'agricoltura tradizionale, la multifunzionalità degli agricoltori e la tutela dei lavoratori e dell'ambiente,

impegna il Governo

nelle more dell'esercizio della delega in materia di riordino degli enti e delle società vigilati dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, così come in sede di entrata in vigore dei decreti legislativi inerenti la riforma della Pubblica Amministrazione, a valutare l'opportunità di adottare ogni iniziativa tesa a far sì che possibili nuove ridenominazioni di tali soggetti vengano debitamente concordate e sottoposte al vaglio del Parlamento.
9/3119-A/69Zaccagnini, Scotto.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca una serie di disposizioni volte al contrasto di fenomeni a carattere criminoso nel campo dell'agricoltura e della pesca, tra i quali l'articolo 29-bis, che reca disposizioni in materia di contrasto del bracconaggio ittico nelle acque interne e l'articolo 30, che fa riferimento al contrasto del lavoro sommerso nel settore agricolo;
    il business delle agromafie ha superato i 16 miliardi di euro nel 2015, come emerge dal quarto «Rapporto sui crimini agroalimentari» in Italia elaborato da Eurispes, Coldiretti e Osservatorio sulla criminalità nell'agricoltura e sul sistema agroalimentare, presentato oggi a Roma;
    come segnalato dal rapporto, per raggiungere l'obiettivo i clan ricorrono a tutte le tipologie di reato tradizionali; usura, racket estorsivo e abusivismo edilizio, ma anche a furti di attrezzature e mezzi agricoli, abigeato, macellazioni clandestine o danneggiamento delle colture con il taglio di intere piantagioni. Con i classici strumenti dell'estorsione e dell'intimidazione impongono la vendita di determinate marche e determinati prodotti agli esercizi commerciali, che a volte, approfittando della crisi economica, arrivano a rilevare direttamente. Non solo si appropriano di vasti comparti dell'agroalimentare e dei guadagni che ne derivano, distruggendo la concorrenza e il libero mercato legale e soffocando l'imprenditoria onesta, ma compromettono in modo gravissimo la qualità e la sicurezza dei prodotti, con l'effetto indiretto di minare profondamente l'immagine dei prodotti italiani e il valore del marchio Made in Italy;
    gli aspetti patologici dell'indotto agroalimentare, come la lievitazione dei prezzi di frutta e verdura fino a 4 volte nella filiera che va dal produttore al consumatore, sono la conseguenza non solo dell'effetto dei monopoli, ma anche delle distorsioni e speculazioni dovute alle infiltrazioni della malavita nelle attività di intermediazione e trasporto, secondo l'analisi della Direzione investigativa antimafia,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, nell'adozione di misure efficaci e non più differibili per il contrasto alle agromafie, di introdurre una disciplina organica inerente la lotta alla contraffazione dei prodotti agricoli, con particolare riferimento ai fenomeni del cosiddetto Italian sounding e Italian laundering, anche sulla base di quanto proposto dall'Osservatorio su la criminalità nell'agricoltura e sul sistema agroalimentare.
9/3119-A/70Scotto, Zaccagnini.


   La Camera,
   in sede di esame del disegno di legge recante «Deleghe al Governo e ulteriori disposizioni in materia di semplificazione, razionalizzazione e competitività dei settori agricolo, agroalimentare, della pesca e dell'acquacoltura» (C 3119-A Collegato alla manovra di finanza pubblica);
   premesso che:
    il Trattato sottoscritto da Francia e Italia il 21 marzo 2015 ridefinisce i confini marittimi vigenti – al largo del confine fra Ventimiglia e Mentone e fra Sardegna e Corsica – dal 1892;
    tale trattato non risulta essere stato ratificato dalle Camere;
    fonti giornalistiche – fra le quali Fatto Quotidiano, La Nuova Sardegna, L'Unione sarda – e testimonianze dirette riferiscono dell'intervento della Douane francese nei confronti di un peschereccio ligure e di uno sardo, ai quali sarebbe stato intimato di abbandonare l'area marina, considerata francese, in ossequio al trattato sopra citato;
    le aree individuate dal trattato, al largo delle coste liguri e sarde, sono considerate fra le più ricche e proficue per le attività di pesca;
    alle presenti condizioni, qualora ratificato, il trattato rischierebbe di produrre un significativo danno economico per le attività dei pescatori liguri e del nord della Sardegna;

impegna il Governo

   a valutare le eventuali conseguenze dell'applicazione del trattato sopra citato sull'attività economica degli operatori della pesca liguri e sardi;
   ad operare presso la sede internazionale affinché – nelle more della effettiva ratifica del trattato – le autorità francesi non procedano oltre nelle attività di fermo e respingimento delle imbarcazioni italiane;
   a valutare l'opportunità di sostenere le eventuali attività emendative del Parlamento volte a salvaguardare la prosecuzione del diritto degli operatori italiani della pesca a continuare a svolgere la loro attività anche successivamente all'entrata in vigore del trattato medesimo.

9/3119-A/71Piras, Quaranta.


   La Camera,
   in sede di esame del disegno di legge recante «Deleghe al Governo e ulteriori disposizioni in materia di semplificazione, razionalizzazione e competitività dei settori agricolo, agroalimentare, della pesca e dell'acquacoltura» (C 3119-A Collegato alla manovra di finanza pubblica);
   premesso che:
    il Trattato sottoscritto da Francia e Italia il 21 marzo 2015 ridefinisce i confini marittimi vigenti – al largo del confine fra Ventimiglia e Mentone e fra Sardegna e Corsica – dal 1892;
    tale trattato non risulta essere stato ratificato dalle Camere;
    fonti giornalistiche – fra le quali Fatto Quotidiano, La Nuova Sardegna, L'Unione sarda – e testimonianze dirette riferiscono dell'intervento della Douane francese nei confronti di un peschereccio ligure e di uno sardo, ai quali sarebbe stato intimato di abbandonare l'area marina, considerata francese, in ossequio al trattato sopra citato;
    le aree individuate dal trattato, al largo delle coste liguri e sarde, sono considerate fra le più ricche e proficue per le attività di pesca;

impegna il Governo

   a valutare le eventuali conseguenze dell'applicazione del trattato sopra citato sull'attività economica degli operatori della pesca liguri e sardi;
   ad operare presso la sede internazionale affinché – nelle more della effettiva ratifica del trattato – le autorità francesi non procedano oltre nelle attività di fermo e respingimento delle imbarcazioni italiane.

9/3119-A/71. (Testo modificato nel corso della seduta) Piras, Quaranta.


   La Camera,
   premesso che:
    esaminato il nuovo testo del disegno di legge recante «deleghe al Governo e ulteriori disposizioni in materia di semplificazione, razionalizzazione e competitività dei settori agricolo, agroalimentare, della pesca e dell'acquacoltura», collegato alla Legge di stabilità 2014, già approvato dal Senato della Repubblica;
    rilevato che il provvedimento reca una ampia serie di interventi su molteplici aspetti dell'economia agricola, con l'intento di semplificare la filiera e dare nuova impulso ad un settore che deve tornare ad essere centrale nell'economia italiana;
    rilevato, in particolare, che la XII Commissione Agricoltura ha disposto la soppressione dell'articolo 30 del testo approvato dal Senato, che recava modifiche alla disciplina relativa alla Rete del lavoro agricolo di qualità, di cui all'articolo 6 del decreto-legge n. 91 del 2014, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 116 del 2014, in vista di una più esaustiva riconsiderazione degli interventi volti a rafforzare gli strumenti di contrasto allo sfruttamento dei lavoratori agricoli, nel quadro dell'esame del disegno di legge governativo Atto Senato n. 2217, recentemente presentato presso l'altro ramo del Parlamento, recante disposizioni in materia di contrasto ai fenomeni del lavoro nero e dello sfruttamento del lavoro in agricoltura;
    nelle more dell’iter parlamentare del suddetto provvedimento e considerando i tempi lunghi di approvazione urge intervenire sulla disciplina del lavoro accessorio applicato al lavoro agricolo modificando gli articoli 48, comma 3, e 49, commi 1 e 2, del decreto legislativo n. 81 del 2015, Disciplina organica dei contratti di lavoro e revisione della normativa in tema di mansioni, a norma dell'articolo 1, comma 7, della legge 10 dicembre 2014, n. 183 affinché si consenta di evitare l'impiego improprio di tale modalità contrattuale con la trasformazione di contratti di lavoro in rapporti pagati fittiziamente con voucher,

impegna il Governo

ad adottare una riforma del lavoro accessorio e ogni utile iniziativa volta a contrastare la trasformazione di contratti di lavoro in rapporti pagati fittiziamente con voucher.
9/3119-A/72Paolo Nicolò Romano.


   La Camera,
   premesso che:
    esaminato il nuovo testo del disegno di legge recante «deleghe al Governo e ulteriori disposizioni in materia di semplificazione, razionalizzazione e competitività dei settori agricolo, agroalimentare, della pesca e dell'acquacoltura», collegato alla Legge di stabilità 2014, già approvato dal Senato della Repubblica;
    rilevato che il provvedimento reca una ampia serie di interventi su molteplici aspetti dell'economia agricola, con l'intento di semplificare la filiera e dare nuova impulso ad un settore che deve tornare ad essere centrale nell'economia italiana;
    rilevato, in particolare, che la XII Commissione Agricoltura ha disposto la soppressione dell'articolo 30 del testo approvato dal Senato, che recava modifiche alla disciplina relativa alla Rete del lavoro agricolo di qualità, di cui all'articolo 6 del decreto-legge n. 91 del 2014, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 116 del 2014, in vista di una più esaustiva riconsiderazione degli interventi volti a rafforzare gli strumenti di contrasto allo sfruttamento dei lavoratori agricoli, nel quadro dell'esame del disegno di legge governativo Atto Senato n. 2217, recentemente presentato presso l'altro ramo del Parlamento, recante disposizioni in materia di contrasto ai fenomeni del lavoro nero e dello sfruttamento del lavoro in agricoltura;
    nelle more dell’iter parlamentare del suddetto provvedimento e considerando i tempi lunghi di approvazione urge intervenire sulla disciplina del lavoro accessorio applicato al lavoro agricolo modificando gli articoli 48, comma 3, e 49, commi 1 e 2, del decreto legislativo n. 81 del 2015, Disciplina organica dei contratti di lavoro e revisione della normativa in tema di mansioni, a norma dell'articolo 1, comma 7, della legge 10 dicembre 2014, n. 183 affinché si consenta di evitare l'impiego improprio di tale modalità contrattuale con la trasformazione di contratti di lavoro in rapporti pagati fittiziamente con voucher,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare una riforma del lavoro accessorio e ogni utile iniziativa volta a contrastare la trasformazione di contratti di lavoro in rapporti pagati fittiziamente con voucher.
9/3119-A/72. (Testo modificato nel corso della seduta) Paolo Nicolò Romano.


   La Camera,
   in sede di esame dell'A.C. 3119-A;
   premesso che:
    nel corso dell'esame in Commissione è stato introdotto un articolo aggiuntivo (articolo 29-bis) in materia di contrasto al bracconaggio ittico nelle acque interne; sono definiti tali i fiumi, i laghi, le acque dolci, salse o salmastre delimitati rispetto al mare dalla linea congiungente i punti più foranei degli sbocchi dei bacini, dei canali e dei fiumi;
    per il contrasto della pesca illegale nelle acque interne dello Stato, sono stabilite sanzioni penali ed amministrative, ferme restando le disposizioni vigenti in materia di vigilanza e controllo delle acque interne;
   considerato che:
    la pesca illegale effettuata in acque interne in alcuni casi è in grado di provocare danni anche irreparabili agli ecosistemi di fiumi e laghi,

impegna il Governo

a monitorare l'effettività e, a conclusione dell'anno solare, gli esiti derivanti dall'applicazione dell'articolo 29-bis del provvedimento al fine di verificare l'efficacia dell'apparato sanzionatorio ivi previsto nell'azione di contrasto al fenomeno del bracconaggio ittico in acque interne e nella protezione dell'ambiente.
9/3119-A/73Venittelli, Carra, Crivellari, Romanini, Bratti, Paola Boldrini, Pagani, Gandolfi, Iori, Incerti, Marchi, Baruffi, Ghizzoni.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame reca disposizioni in materia di semplificazione, razionalizzazione competitività dei settori agricolo e agroalimentare;
    è recente la notizia dell'avvio, da parte delle competenti istituzioni dell'Unione europea, del processo di revisione delle norme che disciplinano l'etichettatura dei vini. Parrebbe infatti imminente l'ipotesi di una modifica, da parte della Commissione europea, del regolamento CE n. 607/2009 sulle «denominazioni di origine protette e le indicazioni geografiche protette, le menzioni tradizionali, l'etichettatura e la presentazione di determinati prodotti vitivinicoli»;
    il mondo della viticoltura italiana è in allarme perché, nella fase di preparazione della proposta di modifica del regolamento, la Direzione generale Agricoltura e Sviluppo Rurale della Commissione europea avrebbe ipotizzato di liberalizzare l'uso nell'etichettatura di tutti i vini, compresi quelli senza indicazione geografica, di quei nomi di varietà che oggi sono riservati in virtù delle norme comunitarie vigenti;
    il che vorrebbe dire che potrebbe essere consentito anche ai vini stranieri di riportare in etichetta nomi quali Aglianico, Barbera, Brachetto, Cortese, Fiano, Lambrusco, Greco, Nebbiolo, Picolit, Primitivo, Rossese, Sangiovese, Teroldego, Verdicchio, Negroamaro, Falanghina, Vermentino o Vernaccia, solo per fare alcuni esempi;
    in pratica si tratta di consentire l'uso di denominazioni senza un riferimento geografico ma con solo il nome del vitigno, banalizzando alcune tra le più note denominazioni nazionali che si sono affermate sul mercato nazionale e in quello estero grazie al lavoro dei vitivinicoltori italiani;
    ad essere in pericolo è il futuro dell'agricoltura italiana ed europea, che dipende dalla capacità di promuovere e tutelare le distintività territoriali, che hanno determinato l'affermazione e il successo dell'Italia nel settore del vino;
    nel 2015, il nostro Paese ha superato la Francia ed è diventato il primo produttore mondiale di vino con un quantitativo di produzione stimato a 48,9 milioni di ettolitri. La produzione made in Italy è destinata per oltre il 45 per cento ai 332 vini a denominazione di origine controllata (Doc) e ai 73 vini a denominazione di origine controllata e garantita (Docg), quasi il 30 per cento ai 118 vini a indicazione geografica tipica (Igt) riconosciuti in Italia e il restante a vini da tavola. In Italia il vino genera quasi 9,5 miliardi di fatturato solo dalla vendita del vino e che dà occupazione a 1,25 milioni di persone. I vini made in Italy identificati da denominazioni che rischiano ora di essere oggetto della liberalizzazione dell'uso nell'etichettatura varrebbero almeno 3 miliardi,

impegna il Governo

a vigilare in merito all'eventuale avvio di un processo di revisione delle norme comunitarie che disciplinano l'etichettatura dei vini e, in ogni caso, ad intraprendere, in particolare in sede europea, ogni opportuna iniziativa per tutelare il mondo della viticoltura italiana, ed evitare che si proceda ad una liberalizzazione dell'uso nell'etichettatura, che danneggerebbe in maniera pericolosa e determinante l'intero settore, fiore all'occhiello del nostro Paese.
9/3119-A/74Occhiuto, Russo, Catanoso.


   La Camera,
   premesso che;
    il disegno di legge in esame reca disposizioni, in materia di semplificazione, razionalizzazione competitività dei settori agricolo e agroalimentare;
    è dovere del Governo adottare ogni opportuna iniziativa volta a tutelare le produzioni agricole del Paese;
    di recente l'olio di oliva italiano, preso scientemente di mira, è stato oggetto di un servizio televisivo sui prodotti alimentari italiani andato in onda nei primi giorni del 2016 negli Stati Uniti, in cui è stato chiaramente trasferita ai consumatori americani la percezione di un Paese in cui l'olio di oliva è quasi sempre fasullo, di bassa qualità e pericoloso, in quanto in mano alla «Mafia»;
    il nostro olio ne esce profondamente screditato, così come altri prodotti di eccellenza;
    è del tutto evidente la volontà di diffondere un sentimento negativo sui prodotti italiani a vantaggio di altre origini. Tra l'altro sappiamo bene quale ruolo importante e impunito continuino a giocare i produttori stranieri nel popolare l’italian-sounding;
    nel settore oleario si fa sempre più strada l'idea d disinvestire e trasferire i propri impianti di lavorazione in altri Paesi. Qualche importante marchio italiano ha già delocalizzato parte dei propri impianti negli Usa e in Spagna e non è difficile immaginare che i vantaggi economici convincano altre aziende a farlo nei prossimi anni,

impegna il Governo

ad adottare ogni iniziativa volta a tutelare la produzione di olio extravergine italiano di qualità, a salvaguardare la reputazione costruita in tanti anni di sacrifici e investimenti da parte degli operatori di questo Paese.
9/3119-A/75Crimi, Catanoso, Russo.


   La Camera,

impegna il Governo

ad adottare ogni iniziativa volta a tutelare la produzione di olio extravergine italiano di qualità, a salvaguardare la reputazione costruita in tanti anni di sacrifici e investimenti da parte degli operatori di questo Paese.
9/3119-A/75. (Testo modificato nel corso della seduta) Crimi, Catanoso, Russo.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 6 prevede la delega al Governo in materia di società di affiancamento per le terre agricole ed in particolare la lettera i) prevede forme di compensazione a favore del giovane imprenditore agricolo nei casi di recesso anticipato del rapporto di affiancamento,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di specificare in senso inequivocabile che la compensazione debba avvenire se a recedere anticipatamente dal rapporto di affiancamento sia l'agricoltore ultra-sessantacinquenne o pensionato.
9/3119-A/76Elvira Savino.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 8-bis del provvedimento all'esame, approvato durante l'esame in sede referente presso la Commissione Agricoltura, introduce una modifica all'articolo 35 della legge 24 novembre 2000, n.340, in materia di controversie riguardanti i masi chiusi;
    lo stesso articolo era stato di recente modificato con la legge di Stabilità, precisamente dell'articolo 1, comma 917, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, a decorrere dal primo gennaio 2016, con il quale l'originario comma 3, è stato sostituito dagli attuali commi 3 e 3-bis chiarendo la particolarità dell'istituto del maso chiuso e la conseguente applicazione della normativa fiscale;
    si ricorda che l'istituto del maso chiuso è disciplinato dalla legge della Provincia autonoma di Bolzano 28 novembre 2001, n. 17 e costituisce per molti aspetti un'eccezione nell'ordinamento giuridico italiano per via del principio dell'indivisibilità dello stesso, sia nei trasferimenti tra vivi, sia per causa di morte;
    la nuova disciplina introdotta dal comma 3, ha chiarito che tutti gli atti, i documenti e i provvedimenti relativi ai procedimenti, anche esecutivi, cautelari e tavolari relativi alle controversie in materia di masi chiusi, nonché quelli relativi all'assunzione del maso chiuso, in seguito alla successione, sono esenti dall'imposta di bollo, di registro, da ogni altra imposta e tassa e dal contributo unificato;
    il successivo comma 3-bis ha invece previsto che quanto disposto dal comma 3 si possa applicare per i periodi di imposta per i quali non siano ancora scaduti i termini di accertamento e di riscossione ai sensi della normativa vigente;
    i due commi in questione risultano avere una portata differente; mentre il comma 3 stabilisce esenzioni dalle imposte per procedimenti relativi ai masi chiusi validi per il futuro, il comma 3-bis, costituisce mera norma transitoria, estendendo l'applicazione della disciplina di cui al comma 3 anche gli atti in riferimento ai quali non siano ancora scaduti i termini di accertamento e riscossione,

impegna il Governo

a chiarire, ove necessario, in uno dei prossimi provvedimenti all'esame del Parlamento, che il comma 3 dell'articolo 35 della legge 24 novembre 2000, n. 340 reca il trattamemo fiscale ai fini dell'imposta di bollo di registro e di ogni altra imposta e tassa in riferimento agli atti futuri, intervenendo se del caso, anche con una norma di interpretazione autentica.

9/3119-A/77Gebhard, Schullian, Plangger, Alfreider, Ottobre, Marguerettaz.


   La Camera,
   premesso che:
    la coltivazione, la distribuzione, il mercato e tutto l'indotto che ruota intorno alla produzione del pomodoro di Pachino IGP sta vivendo una profonda crisi strutturale. La grande distribuzione e le importazioni di pomodoro dai Paesi del nord Africa (Marocco e Tunisia) e dalla Turchia hanno saturato il mercato e abbattuto i prezzi. Oggi si calcola che la quotazione del pomodoro oscilla tra i venti centesimi ed i sessanta centesimi di euro al chilo. Si tratta di un crollo drastico del mercato che penalizza gli agricoltori con perdite economiche irreparabili se si calcola che per produrre un chilo di pomodoro italiano occorrono tra i sessanta ed i settanta centesimi. A questo si somma la concorrenza sleale delle produzioni dei Paesi esteri che, non vincolate dalle rigide norme europee sulla produzione e sulla qualità del prodotto, sono più aggressive sul mercato perché possono contare su un milione e mezzo di lavoratori minori, su un salario medio di 5 euro e sull'utilizzo di prodotti fitosanitari che in Europa non sono più consentiti da 15 anni. Se si confrontano i dati sulle importazioni di pomodoro si registra immediatamente un dato allarmante: le esportazioni di pomodoro dal Marocco sono aumentate del 75/100 per cento rispetto l'anno precedente, un incremento molto superiore a quanto stabilito dal Patto Unione europea-Marocco. L'accordo commerciale con il Marocco prevedeva si l'aumento delle quote di scambio per alcuni prodotti importati a tariffe doganali basse (55 per cento sui prodotti agricoli), ma bilanciava con una serie di misure di salvaguardia tra le quali la variabilità stagionale delle quote di scambio per evitare distorsioni sul mercato e l'obbligo per i prodotti marocchini di rispettare gli standard sanitari europei. Purtroppo, questo non è avvenuto e questa concorrenza spietata, sta invadendo il mercato con un prodotto che sembra simile all'IGP di Pachino ma che costa infinitamente meno e non garantisce in termini di qualità. Il pomodoro di Pachino, eccellenza gastronomica e vanto del made in Italy in tutto il mondo, rischia di restare sulle piante perché mancano gli ordini dai mercati europei. La tutela dei prodotti IGP dovrebbe costituire obiettivo prioritario dell'azione istituzionale sia in ambito nazionale che in quello comunitario ed internazionale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di assumere iniziative idonee al fine di tutelare la produzione di questo importante prodotto italiano anche in sede di Unione europea, per attuare la clausola di salvaguardia prevista dal trattato commerciale.
9/3119-A/78Amoddio.


   La Camera,
   premesso che:
    la razza anglo-araba e tra le razze equine internazionali, come il purosangue inglese e il purosangue arabo, diffuse in molti Paesi del mondo e che vengono utilizzate come miglioratrici di altre razze di cavalli;
    nell'anno in corso ricorrono i 140 anni dall'istituzione (1874), nella città di Ozieri, del Regio deposito stalloni della Sardegna, destinato, principalmente, a garantire il servizio della riproduzione equina per i reparti di cavalleria dell'esercito e tale istituzione e quelle che ne sono derivate sino ai giorni nostri, hanno dato vita e continuità alla storia ultracentenaria del cavallo anglo-arabo sardo;
    la Sardegna, grazie a un perfetto equilibrio tra passione e vocazione allevatoriale, sostenuto dalla lungimirante guida pubblica, ha sviluppato nel corso di oltre cento anni un proprio coerente progetto selettivo che ha condotto, mediante sapienti incroci, selezione e meticciamento delle razze parentali con la popolazione indigena di fattrici sardo-arabe, alla creazione di una varietà locale della razza anglo-araba denominata anglo-arabo sarda;
    nel tempo, la razza anglo-arabo sarda ha acquisito notorietà internazionale per le sue caratteristiche di adattabilità ambientale e versatilità nelle discipline sportive equestri, nella corsa e nell'equitazione di campagna;
    per la Sardegna, il cavallo anglo-arabo sardo occupa una posizione importante quale produzione zootecnica, ma anche come risorsa culturale, identitaria e con un ruolo sociale affatto trascurabile;
    la razza anglo-arabo sarda è inserita a pieno titolo tra le produzioni anglo-arabe di maggior rilievo internazionale, essendo la Sardegna insieme alla Francia il maggior produttore di cavalli anglo-arabi a livello mondiale;
    la nostra regione produce pressoché la totalità dei cavalli anglo-arabi allevati in Italia e, in ogni caso, la piccola quota di cavalli anglo-arabi prodotti in altre regioni originano quasi tutti geneticamente dalle linee parentali della Sardegna;
    l'anglo-arabo sardo è la razza che per la nostra isola ha rappresentato anche il punto di partenza per la creazione di soggetti da sella derivati;
    in Sardegna è nata e ha sede l'Associazione nazionale allevatori del cavallo anglo-arabo e derivati (ANACAAD), dotata di personalità giuridica;
    la Sardegna siede con propri autorevoli rappresentanti negli organi direttivi della Confederazione internazionale dell'anglo-arabo;
   sottolineato che:
    la Regione, per il tramite del suo ente strumentale Istituto incremento ippico della Sardegna, ha tenuto sino al 1990 il Libro di selezione, gli archivi anagrafici e la banca dati relativa alla razza anglo-araba;
    nel 1988 veniva approvato il Regolamento del libro genealogico del cavallo da sella italiano e, alla seconda sezione dello stesso, veniva ricondotta la razza anglo-arabo sarda;
    a seguito dell'entrata in vigore della legge n. 30 del 1991 sulla riproduzione animale, mediante la quale sono state ridefinite le competenze istituzionali relative anche alla selezione, gestione e tenuta dei Libri delle razze equine, l'Istituto incremento ippico della Sardegna ha dovuto cedere la propria banca dati all'Ente nazionale del cavallo italiano (ENCI) con sede in Roma incaricato della tenuta del Libro genealogico del cavallo da sella italiano;
    il decreto ministeriale 30 agosto 1988 mediante il quale è stato approvato il Regolamento del Libro genealogico del cavallo da sella italiano;
    la legge 15 gennaio 1991, n. 30 (Disciplina della riproduzione animale) nella quale al capo 1, articolo 3, comma 1, che affida all'Ente nazionale del cavallo italiano (ENCI) la tenuta del Libro genealogico del cavallo sella italiano;
    il decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 529, recante «Attuazione della direttiva 94/174/CEE»;
    il decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 529, recante «Attuazione della direttiva 91/174/CEE» e, in particolare, l'articolo 2, comma 1 che prevede che il Ministro dell'agricoltura e delle foreste stabilisca con proprio decreto i requisiti che devono possedere le associazioni nazionali di specie o di razza per poter tenere i libri genealogici e i registri anagrafici;
    il decreto ministeriale 26 luglio 1994, n. 186 (Attuazione dell'articolo 3 della legge 15 gennaio 1991, n. 30, sulla «Disciplina della riproduzione animale») che stabilisce i requisiti tecnico organizzativi che devono possedere le associazioni nazionali di specie o di razza per poter tenere i libri genealogici e i registri anagrafici;
    la decisione n. 92/353/CEE della Commissione dell'11 giugno 1992 che determina i criteri di approvazione o di riconoscimento delle organizzazioni e associazioni che tengono o istituiscono libri per gli equidi registrati;
    il decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 449, mediante il quale l'ENCI è soppresso e le sue funzioni vengono attribuite all'Unione italiana incremento razze equine (UNIRE);
    la procedura d'infrazione 2004/2069 ex articolo 226 del Trattato CE (Decisione CE del 17 ottobre 2007) della Comunità europea a carico del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, e quindi dell'UNIRE, mediante la quale sono state emanate precise disposizioni per la separazione delle tre sezioni del Libro genealogico del cavallo da sella italiano in altrettanti libri genealogici e, quindi, nella specifica creazione del Libro genealogico del cavallo anglo-arabo;
    il decreto del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali 12 giugno 2008, n. 3580, mediante il quale il Libro genealogico del cavallo da sella italiano è stato denominato «Libro genealogico dei cavalli di razza: Orientale, Anglo-Arabo e Sella Italiano»;
    la legge 15 luglio 2011, n. 111 mediante la quale l'UNIRE è stata soppressa e al suo posto è stata istituita l'Agenzia per lo sviluppo del settore ippico (ASSI) che ha assunto tutte le funzioni e obbligazioni del disciolto ente;
    il decreto ministeriale 31 gennaio 2013, mediante il quale si dispone il trasferimento delle funzioni dell'ASSi (soppressa ex legge 7 agosto 2012, n. 135) al MiPAAF e all'Agenzia delle dogane e dei monopoli;
    il Collegato agricoltura alla legge di stabilità dello Stato per il 2014 e, in particolare, il punto 3 del comma f) dell'articolo 9 recante «previsione della riallocazione della funzione di tenuta del Libro genealogico delle razze equine sportive alle relative Associazioni di Allevatori»;
    lo Statuto dell'Associazione nazionale allevatori del cavallo anglo-arabo e derivati (ANACAAD);
    l'ANACAAD è l'unica associazione di allevatori di cavalli anglo-arabi e derivati, che ha sede in Sardegna, dove è presente pressoché la totalità dell'allevamento dell'anglo-arabo, e che è in possesso di tutti i requisiti previsti dalle norme nazionali e comunitarie vigenti per la tenuta del Libro genealogico;
    particolarmente negli ultimi dieci anni, la gestione dell'anglo-arabo da parte dell'ente affidatario del Libro si è rivelata insufficiente e inadeguata rispetto alle reali esigenze dell'allevamento, essendo totalmente mancata qualunque politica e indirizzo selettivo specificamente riservata alla razza;
    in conseguenza della mancanza di obiettivi finalizzati al miglioramento genetico e all'incremento quali-quantitativo delle produzioni, la razza ha subito una contrazione drammatica, che l'ha posta a serio rischio di estinzione, essendo oramai il numero di fattrici in produzione al di sotto della soglia dei 1000 capi indicata dalla classificazione FAO;
    l'utilizzo indiscriminato delle migliori linee della razza anglo-araba per la produzione di soggetti di razza sella italiana, finalizzati quasi esclusivamente al salto ostacoli, ha impoverito geneticamente la stessa razza anglo-araba, compromettendo irrimediabilmente, per alcune famiglie, il valore genetico e la qualità raggiunta in un lunghissimo processo selettivo;
    a seguito delle disposizioni derivanti dalla procedura d'infrazione della Commissione europea, il MiPAAF si è limitato a suddividere solo nominalmente i libri genealogici delle varie razze, mantenendo l'organizzazione delle vecchie tre sezioni, soggiacenti a obiettivi unici ma incompatibili con obiettivi di crescita e sviluppo di razze totalmente differenti per genetica, morfologia e attitudine sportiva;
    il rischio di estinzione del cavallo anglo-arabo sardo venutosi a determinare per i motivi sopra ricordati e accelerato dalla pesante crisi del settore ippico ed equestre che ha colpito l'Italia e anche la Sardegna, creando devastanti conseguenze oltre che sui processi selettivi anche su quelli commerciali ed economici diretti e indiretti dell'allevamento del cavallo nella nostra regione;
    che allo stato attuale il Libro genealogico dell'anglo-arabo è tenuto direttamente dal MiPAAF, in conseguenza della soppressione dell'agenzia ASSI, e che, al contrario, la Legge di stabilità del 2014 ha previsto espressamente, nel Collegato per l'agricoltura, che i libri genealogici vengano assegnati alle relative associazioni di razza;
    che è assolutamente necessario, nell'interesse dell'allevamento e dell'economia che ne deriva, riprendere con urgenza politiche selettive adeguate alla crescita, sviluppo e consolidamento della razza e delle sue molteplici attitudini, anche incontrando le spinte del mercato per le discipline del galoppo, endurance e concorso completo di equitazione sinora scandalosamente trascurate;
    che l'eventuale gestione nel territorio regionale del Libro genealogico del cavallo anglo-arabo, dove ha sede l'allevamento, consentirebbe evidenti economie collettive e soggettive e un miglioramento dell'efficienza nell'attività di consulenza, nella registrazione anagrafica e nell'emissione delle certificazioni, tutte competenze di cui oggi l'allevamento lamenta l'inefficienza;
    considerato che il MiPAAF, a seguito di tre successive istanze, corredate anche da migliaia di firme di portatori d'interesse, rivoltegli dall'ANACAAD per l'ottenimento della tenuta del Libro genealogico del cavallo anglo-arabo, ha opposto fino ad oggi diniego non supportato però da fondate argomentazioni,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di ricondurre ad una «governance» sarda la gestione del Libro genealogico del cavallo anglo-arabo mediante l'affidamento della tenuta del Libro genealogico alla competente associazione nazionale della razza e la relativa concessione della gestione del libro genealogico alla competente associazione nazionale della razza e la relativa concessione della banca dati.
9/3119-A/79Giovanna Sanna.


   La Camera,
   premesso che:
    il seguente provvedimento reca deleghe in materia di semplificazione, razionalizzazione e competitività dei settori agricolo e agroalimentare,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità che la produzione di birra agricola rientri a pieno titolo, e quindi anche ai fini IVA, tra i prodotti agricoli riconosciuti tali in ambito fiscale.
9/3119-A/80Mucci, Pili.


   La Camera,
   premesso che:
    il seguente provvedimento reca deleghe in materia di semplificazione, razionalizzazione e competitività dei settori agricolo e agroalimentare,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, compatibilmente con gli obiettivi di finanza pubblica, che la produzione di birra agricola rientri a pieno titolo, e quindi anche ai fini IVA, tra i prodotti agricoli riconosciuti tali in ambito fiscale.
9/3119-A/80. (Testo modificato nel corso della seduta) Mucci, Pili.